Dionigi (Barletta).
Filosofo. Grice: “I like Dionigi; for one, he wrote on Cratylo, which I love!”
– Grice: “In Plato’s Cratylo there’s possibly all the vocabulary you need to
understand Peirce! As if Plato foreshadows C. W. Morris!” -- “Postmodern
Italians like Donigi, and they created a cocktail in his honour! His
philosophising on Socrates philosophising with Cratilo on semeiosis proves
Whiteheads’s dictum that all pragmatics is footnotes to Grice, and all Grice is
footnotes to Plato!” Si laurea a Barletta. Il suo primo saggio, sotto Althuser,
Bachelard. La "filosofia" come ostacolo epistemologico. Insegna Bologna.
Centrale, nella sua riflessione, e Nietzsche (Il doppio cervello di Nietzsche),
analizzato sia in chiave ermeneutica che logico-filosofica. Anche Bataille e un
lucido bilancio di Marx ("L'uomo e l'architetto”). Il processo di
ripensamento della sinistra italiana lo vide di nuovo impegnarsi in prima
persona. Si accostò poi alla filosofia analitica e alla svolta
"linguistica", vista come approfondimento della critica della
metafisica. Le saggi si concentrano sull'ermeneutica ("Nichilismo
ermeneutico”), sulla semiotica, segnatura, semantica antica (Nomi Forme Cose.
Intorno il “Cratilo” di Platone) e soprattutto sul pensiero di Wittgenstein (Definite
descriptions – descrivere -- La fatica di descrivere. Itinerario di
Wittgenstein nel linguaggio della filosofia), del quale condivideva pienamente
l'esigenza di ripensare il linguaggio (segnatura) come la "cosa
stessa" della filosofia. “Cocktail
Dionigi” e un documentario contenente testimonianze di alcuni dei maggiori
pensatori italiani su Dionigi, tra i quali Berardi, Bonaga, Picardi, Eco, Cacciari,
Marramao. Altre opere: Bachelard. La
"filosofia" come ostacolo epistemologico, Il doppio cervello di
Nietzsche, Bologna, Cappelli Editore, Nomi Forme Cose. Intorno al Cratilo di
Platone, La fatica di descrivere. Itinerario di Wittgenstein nel linguaggio
della filosofia: “Un filosofo tra Platone e il bar” – cf. Speranza, “Grice: un
filosofo tra Aristotele e il pub”. su
ricerca.repubblica, Cocktail Dionigi. The
development of Plato’s “Cratilo”. Commentaries on the Cratilo nella filosofia
romana antica. Cicerone e il Cratilo. Κρατύλος -- Sulla correttezza --
dei nomi. Personaggi: Socrate, Cratilo, Ermogene. Il Cratilo è un dialogo di
Platone. In esso è trattato il problema del linguaggio, o meglio, della “correttezza”
-- dei nomi o espressioni. Protagonisti del dialogo sono Socrate, Ermogene e
Cratilo. La maggior parte dei filosofi concorda sul fatto che venne
scritto principalmente durante il cosiddetto periodo di mezzo di Platone. Incontro
tra Socrate, Ermogene e Cratilo. Formulazione del problema e delle due tesi
sulla ‘correttezza’ – corretto – lo corretto – di una espressione o nome.
Socrate incontra Ermogene e Cratilo, che stanno discutendo attorno al problema
del ‘corretto’di una espressione e viene messo a parte da Ermogene delle teorie
di cui sono sostenitori. Cratilo afferma infatti che una espressione e “per
natura” – physei -- ossia rispecchia realmente il reale; Ermogene crede invece
che l’espressione e non naturale, ma arbitrario (lo naturale, physikos;
l’arbitrario – thetikos --. deciso dall’uso e dalla convenzione.
Confutazione della tesi di Ermogene: Una espressione racchiude in sé qualcosa
della cosa (il reale) a cui si riferisce. Socrate comincia a confutare la tesi
di Ermogene, mostrando che una espressione non e solo convenzioni, ma anzi
rappresentano un qualcosa della cosa o del reale a cui si riferiscono; contiene
cioè una qualche caratteristica che la rende perfetta nell'adattarsi alla cosa
descritta. Lo dimostra il fatto che esistono un discorso vero e un discorso
falso. Poiché l’espressione (A, B) è parte del discorso (A e B, S e P), è
evidente che l’espressione utilizzata nel discorso vero deve essere ‘corretta’.
Quella usata nel discorso falso non lo e. Colui che ha deciso l’espressione, il
legislatore, uomo sapiente (the master) ha infatti rivolto la sua attenzione
all' ‘idea’ o concetto (implicatum) dell’espressione, adattandolo poi a questa
o quella necessità descrittiva, adoperando sillabe e lettere differenti. Il legislatore
crea una espressione solo corretta, basandosi proprio sulla natura della cosa,
del reale. Ha qui inizio una sezione etimologica. Vengono presi in
considerazione l’espressione di dèi come “Tantalo” e “Giove” e viene
parallelamente sviluppato un eguale ragionamento sull’espressione delle qualità
dell'uomo, come l' “anima” o il “corpo”. In seguito si passa ad analizzare il
‘corretto” dell’espresione degli astri, dei fenomeni naturali. Il ragionamento
si dilunga sulle qualità morali dell'uomo. Il corretto di una espressione
si misura in base al corretto degli elementi che lo compongono, le fonemi Dopo
questa disquisizione Socrate spiega ad Ermogene che l’espressione fino ad
adesso analizzato e una espressione composta (complexus). Questa caratteristica di essere un compost
(complexus) la rende suscettibili di un'ulteriore indagine: quella degli
elementi che lo compongono, come le fonemi. Le fonemi, o, più in generale, l’elemento
morfo-sintattico che forma l’espressione (“Fido is hairy-coated”, Fido was
hairy coated, Fido and Rex ARE hairy coated – l’espressione, deve infatti
riprodurre l'essenza della cosa, del reale, giacché è al reale che si riferisce.
Inizia qui l'analisi di alcune fonemi come rho e lambda. Cratilo si oppone a
questa tesi di Socrate. Sostiene che una espressione è sempre giusta, corretta,
propria, vera, perché è della stessa natura delle cose che descrive. Una sbagliatura
non è una espressione. Socrate comincia a confutare la tesi di Cratilo. Non è
possibile infatti dire che l’espressione e il reale a cui si riferisce siano la
stessa cosa. L’espressione “Fido is hairy coated” e il fatto che Fido is hairy
coated e proprio hanno qualcosa in comune, così come un ritratto di Alcebiade
racchiude qualcosa d’Alcebiade che reproduce. Tuttavia non sono due cose
uguali. Se si ammette questo fatto (e Cratilo, seppur poco convinto, lo fa)
bisogna allora ammettere anche che esistono sbagliatura e l’espressione corretta,
vera, giusta. Del resto un ritrattista può nelle intenzioni riprodurre
Alcebiade e poi essere dissimile. Cratilo contesta ancora a Socrate il
problema della conoscenza tramite il linguaggio. Se l’uomo conosce e apprende
il reale attraverso l’espressione, è evidente che non potrebbe esistere nessuna
conoscenza se l’espressione non fosse corretta, vera, giusta, propira, cioè se
l’espressione non fossero della stessa natura delle cose. Socrate sostiene
allora che un legislatore, all’adopere una espressione, non è detto che avesse
un'opinione giusta corretta vera del reale. Il legislatore infatti non poté
apprendere attraverso l’espressione, perché ancora non era stata inventata (cf.
muon). È possibile allora che abbia fatto dell’errore e ciò è dimostrato dal
fatto che una espressione puo non essere corretta, giusta, vera – atomo, anima,
ecc. Esiste un modo migliore per conoscere: non attraverso l’espressione, ma
attraverso il reale; solo il reale puo non essere contraddetto, mentre
l’espressione si presta a molteplici interpretazioni. La possibilità di una
conoscenza (opinione vera e giustificata) e del corretto dell’espressione
risiede nella stabilità del reale. Poiché la natura è stabile, e rimane sempre
uguale, allora è possibile denominarla con precisione. Cratilo si mostra
poco convinto e alla fine si allontana da Socrate insieme ad Ermogene. Ermogene
simboleggia la concezione sofistica del linguaggio. Per il sofista, a partire
dal italico Protagora, se “l'uomo è misura di tutte le cose”, ogni tipo di
espressione si adatta a seconda delle condizioni poste dall'uso. L’espressione
“Fido is hairy-coated” è puramente arbitraria – convenzionale. E possibile che
non c'è nulla in comune tra una espressione ed il reale (traspassa la fase
iconica). Tuttavia l'uso comune fra il mittente e il recettore ha permesso
quest'accettazione (arbitraria da parte del mittente) e si reputa ‘corretto’
spiegare che Fido è ‘hairy-coated (shaggy)’. Tuttavia ugualmente bene andrebbe
l’espressione "scoiattolo" o "cicala" giacché non sussiste
nessuna somiglianza tra l’espressione (“shaggy”) e il reale
(hairy-coatedness). Cratilo simboleggia invece la concezione naturale
(pre-iconica) della communicazione. Esiste un'assoluta identità tra espressione
e espressum, explicatura ed explicatum, implicatura ed implicatum, profferenza
e profferito. L’espressione è vera sempre, perché racchiude in sé la stessa natura
che pervade il reale segnato per il segno che e primariamente iconico. Ogni
espressione è un “indizio” (index, traccia, segnale) di conoscenza, di una
conoscenza meravigliosa, divina, quasi sacrale. Il segno è giusto perché il
primo legislatore a segnare il segnato fu come un dèo che, essendo perfetto,
assegna un segno (fa un segno – significa) perfetti al segnato. Una sbagliatura
non e un segno; Non tutto e un segno -- . Platone fonda la sua concezione
della communicazione sull'ontologia. Per Platone è immediatamente evidente che
esista un segnato al di fuori del segno; è il segnato stesso a cui il segno si
riferisce. Bisogna infatti che esista un segnato perché esista una segnabilita.
Senza questo segnato, senza quest'essenza, rimarrebbe inutile segnare, giacché
non si dovrebbe indicare “nulla” con il segno, perché non ci sarebbe nulla da
indicare. Platone allora comincia dal Cratilo ad elaborare una teoria dell’idea
immutabile: di un'essenza stabile nella natura, che rimanga uguale ed
inalterata nel tempo e che renda valida la segnabilità. Più volte Platone fa
riferimento alla figura del legislatore e a quella del dialettico. La figura
del legislatore è la figura di colui che adopera il segno per riferirsi al
segnato. Si utilizza il termine legislatore in senso molto ampio, intendendolo
sia come uomo sia come divinità, secondo la concezione naturalistica di
Cratilo. Tuttavia si è visto come Socrate alla fine dubiti della infallibilità
del legislatore, poiché egli ha assegnato anche un segno errato. La figura del
dialettico rappresenta invece la nuova concezione del linguaggio elaborata da
Socrate. Secondo Cratilo non esiste altra conoscenza al di fuori del segno.
Platone invece è convinto che la vera conoscenza sia al di là del segno,
nell'essenza stessa del segnato. Se il legislatore è colui che crea il segno
sulla sua opinione riferendosi alla natura del segnato, il dialettico conosce
il segnato e in maniera approfondita e, di conseguenza, sa quale segno attribuire
al segnato (H2O). Tale segno (H20) sarà per forza corretto. Genette,
nell'opera Mimologie. Viaggio in Cratilia, parte dal discorso di Platone per
argomentare l'idea di arbitrarietà del segno. Secondo questa tesi, sostenuta da
Grice con il suo “Deutero-Esperanto” e il nuovo “High-Way Code”, il
collegamento tra il segno e il segnato non ha necessita di essere naturale (“A
segna che p” no implica “p”). Le idee sviluppate nel Cratilo, benché datate,
storicamente sono state un importante punto di riferimento nello sviluppo della
prammatica. Sulla base del Cratilo Licata ha ricostruito, nel saggio Teoria
platonica del linguaggio. Prospettive sul concetto di verità (Il Melangolo), la
concezione platonica della semantica, in base alla quale il segno avrebbero un
legame naturale, una fondatezza essenziale, col loro segnatum. Sedley,
Plato's Cratylus, Cambridge. Bibliografia ̈ Ademollo, ‘The Cratylus of Plato. A
Commentary’, Cambridge.. Gaetano Licata, Teoria platonica del linguaggio. Prospettive
sul concetto di verità, Genova: Il Melangolo, Luigi Speranza, “Platone e il
problema del linguaggio” seminario. Lettura e commentario di testi di filosofia
antica. testo completo in italiano e lingua greco antico. Traduzione integrale
del Cratilo su filosofico.net, su intratext.com. Il testo greco presso il
Perseus Project, su perseus.tufts.edu. Sedley, Plato's Cratylus, in Zalta (a
cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language
and Information (CSLI), Università di Stanford. Bibliografia su Cratilo. Dialoghi
di Platone I tetralogia Eutifrone Apologia di Socrate · Critone ·
FedonePlato-raphael.jpg II tetralogiaCratilo · Teeteto · Sofista · Politico III
tetralogia Parmenide Filebo Simposio (o Convivio) Fedro IV tetralogia Alcibiade
primo · Alcibiade secondo Ipparco Amanti V tetralogiaTeage · Carmide · Lachete
· Liside VI tetralogia Eutidemo Protagora Gorgia Menone VII tetralogia Ippia
maggiore Ippia minore Ione Menesseno VIII tetralogia Clitofonte La Repubblica Timeo
Crizia IX tetralogia Minosse · Leggi · Epinomide · Lettere Opere spurie
Definizioni Sulla giustizia Sulla virtù Demodoco Sisifo Erissia Assioco
AlcioneEpigrammi. Linguistica Categorie: Opere letterarie in greco antico Dialoghi
platonici Opere letterarie del IV secolo a.C. CRÀTYLVS PLATONIS, VEL DE RECTA NOMINVM
RATIONE: TRANSLATVS Ficino Florentino, ad Petrum Medicem uirum clariſſimum. A
MARSILIO ec HERMOGENES. CRATYLVS, SOCRATES. Is igitur sermonem nostrū et cum
hoc Socrate conferamus: CRAT. Vo : Io equidem, si tibi uidetur. HER. Cratylus
hic ô Socrates, rebus singulis ait natura inesse rectam nominis rationem, neqid
esse nomen, quod quidã ex constitutione vocant, dum vocis suæ particulam quandā
pronunciat, sed rectam rationem aliquam nominū & græcis et barbaris eandé
omnibus innatam. Percontor itags ipsum, num revera Cratylus sit eius nomen.
Ipfe fatetur. Socrati vero quod nomen, inquam :Socratesait.Nónne cæteris
omnibus,inquã ,id eft nomen quo quenquocamus.Illenõ tibi tamen ait Hermogenes
nomen eſt,nec etiã ſi omnes homines teita uocarint. Dumýobfecro ut ſciſcitanti
mihi quidnamdicat aperiat, nihil prorſus declarat, sed me ludens, simulatſeſe
aliquid uerſareanimo,quali nõnihil hac de re intelligat,quod li uellet
exprimere,cogeret meidipfumfateri,eadēý dicere quæ ipſe dicit. Quamobrem
libenter ex te audirem , siqua ratione Cratyli uaticiniâ potes conījce
se.libentius tamen fencentiam tuam denominum rectitudine,fiquidem
tibiplacet,audi rem.soc.Hipponici fili Hermogenes,ueteriprouerbio fertur.
Pulchra eſſe cognitü Prouerbia e difficilia.Atquiilla nominū notitia haud parua
res eft.Equidem ſi ex Prodico illa quin quaginta drachmarum demonſtrationě iam
olim audiffem , in cuius traditione etiã hæc inerant,ut ipſeteſtatur, nihil
prohiberet quin tu ſtatim nominū rectitudiné intelligeres. cam porrò nun
audiui, fed illamdrachmæunius duntaxat. Quare quid in his uerû ſit, neſcio
,inueftigare autem tecum ſimul &cum Cratylo paratus ſum .Quodautem dicit ti
bi noneſſe reuera nomen Hermogenes,quod à lucro dicitur, mordetteputo quaſi
pecu niarum auidus ſis , & impos uoti. Verum ,ut modo dicebam, diſficilia
hæc cognicu ſunt. Oportet autem rationes utring in medium adducendo
perquirere,utrum ita sit ut dicis ipse, an potius ut Cratylus ait. HER.Enimuero
ô Socrates,licet frequenter cum hoc cær terisc permultis iam diſputauerim
,nondum tamen perſuaderimihi poteft aliã eſſe no minisrectitudinem ,
conuentionemipfam conſenlionemě.Mihi quidē uidetur quod cungnomen quis cuig
imponit,id eſſerectů.Acſi rurſus comutat,aliudó imponit, ni hilominus o primum
, quod illi ſuccedit nomen rectấexiſtere, quemadmodüſeruis no mina cómutare solemus:
nulli quippe rei natura nomē ineſſe,fed lege &uſu illorum qui fic uocare
conſueuerunt.Quod quidem ſi aliter ſe habet,paratus ſum non à Cratylo tan tum
,uerumetiã àquouis alio diſcere ac audire.soc.Forte'aliquid dicis Hermogenes:
Conſideremusitap.quodcũq imponit quis cuinomen uocato , id illi nomen effe af
feris:HER .Mihi ſane'ita uidetur. Soc.Et ſiue priuatus uocet, ſiue civitas. HER.
Affero . soc. Quid vero si ipſerem aliqua vocem, veluti fi quem nunc hominem vocamus
, ego “equum” nominē, quem'ue equum , hominē: publice quidem erit eidē homo
nomen, pricatim “equus”, &priuatim rurſus homo, publice “equus”. Ita
loqueris: HER .Ita uider.soc. Diciterum num aliquid nuncupes vera loqui, aliquid
loquifalſa .HER. Equidem . Soc. Nónne illa quidem uera erit orario,hæcaūtoratio
falſa : HER.Ita prorſus. So c.Illa uero Quæ oratio oratio quæ existentia dicit
ut exiſtűt, vera est ,quæ ut no exiſtűt, falsa: HER.Certe. soc. uera, quæ Est
autem hoc,oratione,ea quæ ſunt, & quæ non ſunt,dicere?HER.Idipfum .soc.
Ora- falfa cio quæ uera eſt,utrum tota quidem eft uera,partes non
uerærher.Imò&partes ueræ . soc. Vtrữ partes magnæ ueræ ,exiguæ uero
particulæ fallæ ,an ueræ ſunt omnes. HER. Omnes arbitror.soc.Habes
orationispartem aliquã minorēnominer HER.Nequaç , Orationis hęceſ pars
minima.so c.Etnomen quidē hoc pars orationis ueræ.H ER.Proculdubio. pars minio
soc.Pars utiq uera,utais ipſe.HER.Vera.soc.Pars autem falfa.HER.Aio. soc. Licet
ma eſt nos ergonomen uerű , & nomen falſum dicere, fiquidē &
orationem.HER. Quid prohibet, men soc. Quod quis cuiq nomen esse ait,id &
cuiq; nomen eft ? HER. Idipſum . soc. An etiam quotcungquis nomina cuique
tribuit,totidem erunt:ac etiam quandocuno tri buit HERM. Haud equidem habeo
Socrates, aliquam præter hanc nominis rectitudinem am rerum ipſas effe
dinens,utuidelicetliceatmihi quidē alio rem uocare quodipfe
impoſuinomine,tibiay tem alio quod tuimpoſuifti. Ita equidem in ciuitatibus
uideo eorundem ppria quædam haberinomina, & Græcis ad alios Græcos,&
Græcis ad Barbaros. soc. Animaduerta. musHermogenes,utrum resipilaita se habere
tibiuideantur, utpropria rerum apudu Sententia numquenq effentia fit,
quemadmodum Protagoras tradidit: rerum omnium dicens ho Protagoræ minem
effemenſuram , ita ut qualiamihiquæq uidentur,talia & mihiſint: item
qualiad circa eflenti big& tibi talia. An potius quædam eſſe putes, quæ
effentiæ ſuæ quandã habeant firmita rém.HER.QuandogóSocrates,dubitansad hæc
deductusfum , quæ tradit Protagoras. Ita tamen effe haud fatis mihi perſuadeo.soc.
Nunquid & ad hoc aliquando es dedu ctus, ut tibinequaquam uideretur aliquem
eſſe hominem omnino malum : her . Non per louem.imò fæpenumero ita fum
affectus,utexiſtimarem hominesnonnullosomni nomalos effe, & quidem
plurimos.soc. Prorſus autem boninulliadhuc cibi ufi funt HER. Admodum pauci.
soc. Viſi ergo ſunt aliqui.HER. Aliqui.soc. Quaratione hociudicaschac ne omnino
quidem bonos eſſe,omnino prudêtes: prorſus vero prauos imprudentes omnino:
HER.Mihi fane'ita uidetur.soc. Si Protagoras uera dixit, eſto hæcipfa
ueritas,ut qualia quæą cuiq uidentur,talia ſint fieri'ne poteft,ut alij hominum
prudentes ſint,imprudentes alí :HER.Nequaquam.soc.Atqui hæc, ut arbitror,tibi
omnino uidentur,cum uidelicet prudentia quædam & imprudentia fic,Protagorā
baud omnino uera loquipoffe.Neqenim alter altero reuera prudētiorerit,fi
quæcuiquiden Sententia tur,cui uera erunt.HER.Ita eft.Atneqz
Euthydemoaffentiris, utarbitror,dicenti om Euthydemi, nia omnibus eſſe
ſimiliter ac ſemper.Nec enim ali boni,alí mali effent,fiſemper & æ
nibuselle û que omnibus & uirtus ineffet & prauitas. HER. Vera
loqueris. soc. Ergo fineqom . militer, ac nia omnibus inſunt ſemper ato
ſimiliter,ne cuiq proprium unumquodq , cõſtat res femper quæ effentiam quandam
firmam in fe habent,ne® quo ad nosneæ ànobis per imaginationem ſurſum deorfumą
diſtractæ , fed fecundum feipras quoad ipfarum elfen tiam utnatura inftitutæ
ſunt permanentes.HER. Idem mihi quoq uidetur Ô Socrates. soc.Vtrum res ipfæ ita
natura conſiſtunt,actiones autem illarum non ita,ſed aliter: an & actiones
ipfæ fimiliter quædam rerum fpecies ſunt:HER.Et ipfæ omnino. soc. Er go
actiones ipfæ fecundum naturam ſuam ,non ſecundum opinionem noftram fiunt.
Quemadmodum finosrem quampiam diuidere ftatuamus,utrum ſic diuidēdares quæ que
eft,utnos uolumus, & quo uolumus: an potius ſi unumquodqs diuidamus ſecun
dum naturam qua diuidere & diuidioportet, item eo quo ſecundum naturam
diuiſio fieri debet,diuidemus utiqrecte, & aliquid proficiemus,ac recte
iftud agemus: Sinau tem præternaturam ,aberrabimus,nihilg proficiemus? HER. Mihi
quidem ita uidetur. soc.Atqueetiam ſicomburere aliquid aggrediamur,non fecundum
omnem opinio nem comburereoporter,fed fecundum opinionem rectam . hæc autem eſt
qua ratione naturaliter quode comburi debet atæ comburere,& quo debet. HER.
Vera hæcfunt. soc.Nónne eadem decæteris ratio : HER . Eadem .Soc. Annon &
dicere una quæ dam operationữeſt: HER.Eft plane.soc.Vtrum rectedicet, qui ut
ſibi dicendum ui detur, ita dicitran potius qui ita dicit,utipſa rerum natura
dicere diciç requiritiet fi quo natura exigit,eo & dicat,aliquid dicendo
proficiet:ſin aliter,aberrabic:nihilós efficier. HER.Ita equidem
utais,exiſtimo.soc.An non dicendipars quædam est nominare: & quinominant, loquuntur
quodamodo? HER.Omnino.soc. Etnominareactio quæ dam eft: quandoquidem &
dicereactio quædam circa res eft. HER . Prorſus. soc.A. Ationes autem nobis
apparuerunthaud ad nos reſpicere,fed propriam quandam ſui ha bere naturam. Her.
Est ita.so c.Nominandű itaq; ea ratione qua rerum ipſarum natu . ra
nominareacnominaripoftulat,& quopoftulat,nõ autem pro noftræ uoluntatis
arbi trio ,liftandum eſt in his quæ dicta ſunt. HER. Sic eſt.s o c.Ato ita
aliquid peragemus, nominabimusý ,aliter uero nequaquam . HER. Apparet. soc.
Quod incidendum eſt, aliquo incidendű.HER. Aliquo.soc. Etquod texendữ, aliquo
certe texendű, quodue perforandum ,aliquo perforandū.HER.Plane.so c.ltem quod
nominandũ,aliquono minandum.HER.Sic oportet.soc. Quid illud ,quo aliquid
perforareoportet? HER. Terebrum.soc.Quid quo texere: HER . Radius pecteng. soc.
Quid quo nomina. Reč HER.Nomen.soc.Beneloqueris,ideog inſtrumentum aliquod
nomen eft.HERErt Eft.soc.Siquærerē quod inſtrumentū eſt radiuspectený
,reſponderes quo teximus: HER.Non aliud.soc.Texentes uero quid facimus, an non
fubtegmen & ſtamina con fuſa ,radio diſcernimus. HER.Iſtuc ipſum.so c.Idem
de terebro ac cęteris reſpondebis: HER. Idem .soc.Potes & circa nomen
ſimiliter declarare, quid facimusdum nomine Nomen, res ipfo quod inſtrumentū
eſt,aliquid nominamus. HER.Nequeo.so c.Nűquid docemus tias docen's inuicem
aliquid ,acres ut ſunt diſcernimus. HER .Nempe. soc. Nomen itaqrerű ſub di
diſcernen Itantiasdocendidiſcernendig inſtrumentū eſt ,ficutpecten & radius
ipſe telę.HER.Sic diğinftru eft dicendű.soc.Radiusporrò textorių eſt
inſtrumentū.HER. Quid nir'sOCR.Texcor mentum icaç radio ac pectinerecte
uterur,recte,inquā,ſecundű texendirationē.Ille uero quido cet,nomine utetur,
& recte,recte uidelicet ſecundű docendipropriâ rationē: HER. Cer te.soc.
Cuius artificisoperebene uteturtextor,quando radio pectineś utetur: HER. Fabrilignari.
soc.Quiſque'nelignarius faber,an potius quiartē habet? HER.Quiha .
betartē.soc.Cuius item opere recte perforator utetur? HER.Aerarijfabri.soc. Num
quiſqz eſt faberærariusè an potius quihabet artem: HER .Quiartē. soc.
Ageergo,dic cuius opere ipſe doctorutatur,quotiesnomine uticur.HER .Neſcio.soc.
Allignare & hocneſcis: quis nobis traditnomina quibus utimur.Her.Ignoro
& hoc.soc. Nónne lex tibiuidet nobis nominaſtatuiſſe HER. Videtur. soc.
Ergo legislatoris utet opere doctor,quádo nomineipfoutetur.HER.Opinor.soc.
Códitor legis quilibettibiæque uidetur,an quiarte eſtpræditus.HER.Arte
præditus.soc. Quarenö cuiuſcunq uiri eſt Hermogenesnomen imponere,uerũ cuiuſdam
nominữautoris. hic autem etiam , ut ui detur,nominữ inſtitutor ,
quirarioromniartifice interhominesreperit.HER.Apparet. Soc. Animaduerte obſecro
, quô reſpiciens nominü inſtitutor,nomina rebus imponit: imòſuperiorű exempla
dýjudica,quò reſpiciens faber radium pecteng cõficit.nonnead tale aliquid quodad
texendum natura fit aptum: HER.Prorſus. soc. Siin ipſo operera dius hic
frangatur, utrum alium iterű fabricabit ad fracti iſtius imaginēžan potius ad
ſpe ciem ipfam reſpiciet, ad cuius exemplar radium qui fractus eſt,fecerat: HER
. Adipſam ut arbitror, speciem .soc. Nónneſpeciem ipfam merito ipſius radij
rationé,ipſum pra dium maximenominabimus: HER.Opinor.soc. Siquãdo oportet
cõficiendæ ueſtite nuiuelcraſſiori lineęſiue laneę,ſiue cuiuis alteriradiữ
apparare, radios singulosoportet ſpeciem radīj ipſius habere:qualis uero
cuiqznaturaliter eſt accómodatiſſimus,talem ad opus peragendű ,ut natura
poftulat,adhibere.HER.Oportet ſané.soc.Eadem de cætè ris inſtrumétis eftratio
.Nam quod natura cui & congruit; instrumentũadinueniendum eſt,atq id
illiattribuendű,ex quo efficitno qualecunq uult quifabricat, ſed quale natu ra
ipſa exigit. Terebrum nam cuiæ accommodatum ſcire oportetin ferro perficere.
HER. Patet. soc. Radium quinetiam singulis competentem in ligno. Her. Vera hæc
ſunt.soc.Quippeipfa rationenature alius radius telæ alteri competit, & in
alijs eodem modo.HER. Sane. soc. Oportet quoguir optime, ucillenominum
inftitutor nomen Quomố no natura rebus ſingulis aptű in uocibus & fyllabis
exprimat, ad idý reſpiciés quod ipſum minabit qui nomen eſt, ſingula nomina
fingat,atque attribuat, li reuera nominum autor eſt futurus. recte nomi Quod
ſinonñſdem ſyllabis quiſq nominum conditornomen exprimit,animaduerten dum eſt,
quod neq fabriomnesærarñ eodem in ferro id faciunt, quoties eiuſdem gratia idem
fabricant inftrumentum. Verum quatenus eandem ideam attribuunt, licet in alio ,
& alio ferro ,eatenus recte ſe habet inſtrumentum ,ſiuehic,fiue apud
Barbaros fabricēt. Nónne; HER.Maxime. soc.Nónne & eodem modo cenſebis,donec
inſtitutor no minum quiapud nos eſt, & qui apud Barbaros, nominis speciem
cuim cõpetentem tria buunt,in quibuslibet fyllabis nihilo deteriorem efle unű
altero in nominibus imponena dis: HER. Equidem. SOCR. Quis cogniturus eſt utrum
conueniens radij species cui cunqueligno fitimpreſſar num faber qui efficit: an
textor uſurus. HER . Probabile eft ô Socrates,magis eữ quieſt uſurus,
cognoſcere.soc. Quis lyræ fabricatoris opereuti tur:nonne ille qui fabricantem
inſtruere poteft, & opus recte'ne an cótra factâ fit,iudia care: HER. Omnino.soc.Quis
ergo: HER.Cithariſta.soc.Quis autem opere ſtructo . ris nauiữ.
HER.Gubernator.soc.Quis item nominữ conditoris operioptime præſides, bit, &
expletû dijudicabit & apud Græcos & apud Barbaros: Nónne & quiuteſ:
HER. Is certe.so c.Annõ is eſt qui interrogare ſçitç HER . Iſte. $ 0 c.Idem
quog reſpondere, HER nabic zi HER. Nempe. $ o c. Eum uero qui interrogare ſcit
ato reſpondere,aliumuocas i diale Dialecticus nouit recte cticum :
HER.Dialecticum profecto.socr. Fabri ita opuseſt temonem facere guber impofita
no natore præcipiente,li bonus futuruseſt temo. HER. Apparet. soc. Nominum quoq
au minarebus torisnomen, monentedialectico uiro, ſi modo recte ponenda ſunt
nomina. HER. Vera ſint, necne hæc funt. Soc. Apparet ergo Hermogenes haud leue
quiddam ,utipfecenſes,nominis impoſitionem eſſe,neæ id effe imperitorum
&quorumuis hominum opus.NempeCra tylus uėra loquitur,cum nomina dicit
natura rebus competere,neg unum quemuis eſſa nominum autorem, sed illum
duntaxat quiad nomen reſpicit, quod natura cuiq conue. nit, pofteag ſpeciem eâ
literis ſyllabisq inſerere. Her. Neſcio Socrates qua ratione his quæ
dixiſti,lit repugnandã:forte'uero non facile eſt ſubito fic perſuaderi. Videor
autem mihi hâc in modumtibi potius aſſenſurus,fi oftenderis quam dicaseſſe
natura rectano. minis rationem . soc. Equidem ô beate Hermogenes,adhucnullam
dico , ferme'nama è memoria excidic quod dixerā suprà, meuidelicet
hocignorare,uerum una tecum per quirere. Nunc aucem mihi &tibi limul
inueftigantibus hoc duntaxat præter ſuperiora compertõeſt, rectitudinem aliquã
natura nomen habere , nec quemlibetpoffenomen rebus accommodare.Nónne:
her.Valde.soc.Conſiderandum reſtat, ſi noſſe deſide. ras, quænã ipſius ſit
nominis rectitudo,id eftratio recta. Her. Deſidero equidem .soc. Animaduerte
igitur. HER. Quauia inueſtigandâmones. soc. Rectissima estô amice, consideratio,ab
his qui ſciūt hæc perquirere,oblatis pecunis, & gratöjs inſuper actis:hi
uero ſophiſtæ ſunt, quibus frater tuus Callias multis erogatis pecunijs, ſapiês
euafiffe ui detur.Poftquam uero in res paternas iusnon habes,reliquũ eſt
fratrem ſupplex ores, ut te doceatnominârectitudinem quam à Protagora didicit.
HER.Quàm abſurda hæcel Veritas no, ſet petitio Socrates, fi cum illam Protagoræ
ueritatem nullomodo recipiã ,ea quæ ex uc men ſcripci,ritate illa
dicuntur,alicuius precí æſtimarē.soc.Acuero ſi tibi hæc non placent,ab Ho aut
ironicũ mero cæterisý poetis est diſcendum . HER. Quid de nominibus, & ubi
Homerus ô Socrates,tradic:so c.Paſimmulta, maximauero & pulcherrimaſuntilla
,in quibus diftin guitcirca eadem quæ nomina homines, &quæ dö ipfi
inducunt. Annoncenfes ipſum in his magnificum alíquid & mirandumde recta
ratione nominữ tradere: Constat enim deos nominibus illis ad rectitudinem ipfam
uti, quæ natura conſiſtunt. Annon putas: HER. Certe equidem fcio ,fiqua dij
uocant,recte eos admodum nominare. Verum quæ nam ista: Soc. An ignoras quod de Troiano
flumine, quod ſingulari certamine ca Vul cano pugnauit, inquit: quod Xanthứdijuocant,
uiriScamandrum.HER.Scio. SOCR. Annoncenſes magnificum quiddam cognitu
eſſehoc,qua ratione rectius fit flumen il lud Xanthű, quam Scamandrâ nominare. Item
fi uis, animaduerte &iftud, quod auem eandem dicit Chalcidem quidêa dřs,
Cymindin uero ab hominibus nominari. Leuem cognitionem hanc putas,ut fciat
quanto rectius fit eandem auem Chalcidem quam Cy mindin nuncupare, uel Batieam
aros Myrinen , alias permulta &apud huncpoetam &apud alios talia: Verum
iſtarữrerum inuentio acutius ingenium quam noſtrũ exigit. Scamandrius autē
&Altyanax quid ſignificent,humano ingenio, utmihiuidetur, com
prehendi,facile & percipi poteſt,quam rectitudinem eſſeHomerusuelit in his
nomini bus quibus Hectoris filium nuncupat. Scis ea carmina quibusinfunt,quæ
dico: HER. Omnino.soc. Vcrum iſtorum nominâ putasHomerum exiſtimaſſe conuenire
magis puero, Aſtyanacta'ne,an Scamandriã: HER. Ignoro. soc. Sicautem
conſidera:liquis te interrogaret, utrữ putes fapientiores rectius nomina rebus
imponere, an minus ſapien. tes,reſponderes ucią ſapientiores.HER. Sic certe.soc.Vtrũmulieresin
urbibus sapientiores eſſe tibi uidenč, an uiri : quantı ad genus attinet. HER.
Viri.so c.Neſcisquod in quit Homerus, Hectoris filium a Troianis Altyanacta,a
mulieribus Scamandriū nuncu patum : quandoquidem uiri illum Aſtynacta uocare
conſueuerűt. Her . Videtur, soc. Nónne Homerus Troianos uiros fapientiores,
quam mulieres eorũ exiſtimauit: HER . Arbitror equidem. SOCR. Aſtyanacta
igiturrectius quàm Scamandrium nominatum - esse cenſuit, HER .Apparet.SOCR.
Animaduertamusquam ipſe denominationishuius cauſam affert, Solus enim, inquit,
ciuitatem ipſis cutatus eſt amplas mænia . Quapro prer decet, ut uidetur,protectoris
filium nominare &svavaxta, id est regem urbis, urbis, inč ,eius, quam pater
ipſiusſeruauit;ut inquit Homerus. HER. Idem mihi quocuider : Soc.Quod aức hoc
maxime;porrò &ipfe nondum fatisintelligo, ô Hermogenes. Tu vero percipis:
HER. Nõ perlouem.soc.Arqui & Hectori ó boneuir,nomen ipfeHo meras impoſuit.
HER. Quamobrem : soc.Quoniã mihi uidet id nomen Hector Aſtya
sactieſſequamproximum : ferme'enim idemſignificant, putanta Græciutraq hæcno
mina regiaeffe. Cuiuſcunæ enim quis avaş, id eſt rex extitit,eiufdem eft &
fxTue,id eſt poſtelfor.Conftat enim dominari illi,pofliderecſ , & habere.An
forte'nihil tibidicere ui deor meg fallit opinio, quaHomeriſcientiam circa
nominum rectitudinem, ceu per ue ftigia quædam attingere cöfidebam : HER.Nullo
modo, ut arbitror. forte enim nonni hil actingis. SocR .Decet,utmihiuidetur,
leonis filiū leonem ſimiliter nominare, equi filium equum haud certe dico,
liquid tanquammonſtrum exequo nafcatur aliud quid dam quám equus:fed cuius
generis ſecundum naturam eſt quod naſcitur, hoc dico.Sies nim bouis fecundum
naturam filius equũ gignit,non uitulus qui naſcit, ſed pullus equi nus eſt
nuncupándus.Et fi equus præter naturam gignit úitulum ,non pullus equinus di
cendus eſt hic ,fed uitulus. Neqetiam ſi ex homine alia proles quam humana
producit , quodnaſciturhomo uocari debet.Idemg eſt dearboribus,dešcæteris
omnib. iudican dum.Probas hæc: HER.Probo equidem.soc.Obſerua me nequid
defraudem . Eadem quippe ratione,fiquis exrege naſcitur, rex eſt nominandus: in
alíis uero & alíjs ſyllabis idemlignificari,nihil intereſt, neck referc
ſiue addatur litera aliqua,ſiue etiã ſubtrahatur, donec eſſentia reiſignificatæ
in ipſo nomine dominacur.HER. Qui iſtucais:'soc. Nihil mirum nouum'ue dico,
uerű ita ut in elementis fieri cernis, ſcis enim quod elementora nomina
dicimus,ipfa uero elementa nequaç, quacuor duntaxat exceptis.dicimus enim
&utonów, o fixpou & whéya. Cæteris autem tam uocalibus quam non
uocalibus alias addentes liceras ,ut Båtte 4.7.c. nomina conſtituimus,atq;ita
proferimus. Verum quo uſg elementi ipſius uim declarată inſerimus, conuenit
nomen illud uocare ipſum quod nobis fignificet elementum , ut in Bizu apparet,
ubi additis 8. 7.éc, nihil obftitit quin in tegro nomine natura
elementiilliusoſtenderetur, cuiusnominum autor uoluit:uſquea deo ſcite
literisnominadedit. Her. Vera mihi loqui uideris.soc.Nónne eadē derege ratio
erit : Erit ex regerex , ex bonobonus, ex pulchro pulcher, &in cæteris
omnibus fimiliter ex quolibet genere alterữ quiddam tale,niſi monſtrữ fiat,
eademq dicendano : mina.Variare autem licet per fyllabas,ut uideantur homini
rudi,quæ ſunteadem ,eſſe di Gería. quemadmodữ pharmaca medicorũ coloribus
&odoribusuariata ſæpe cã eadem fint,nobis diuerſa uidentur : Medico aūt uim
pharmacorũ conſideranti eadem iudican tur ,neß eum additamēta perturbant.
Similiter forte qui eſt in nominibus eruditus, uim illorum conſiderat,neq; eius
turbaſiudicium, liqua litera addita eſt, uel tranſmutata,uel dempta, uelin
alijs literisac multis eadē uis nominisreperitur.Vteanomina quæ fuprà diximus,
Altyanax &Hector, liceras omnino diuerſas,præter folum habent, idem ta
menſignificant. Item quod &exémolis, id eſt,princeps ciuitatis dicitur,
quam literarum communionẽ cum duobus ſuperioribushabet: Idem nihilominus
infert. Multaq; ſunt alia, quæ nihil aliud quam regem ſignificant. Multa
præterea ſunt, quæ exercitus du cem ſignificant,ut čys, worém cedoOMG , .Alia
item quæ medicinæ profefforem declarant,ut ictportas, a xecik @ poro. Aliaó
permulta reperiri poflunt,fyllabis & literis diſcordantia, ui autem
fignificationis penitus conſonantia. Sic ne & ipſe putas, an alia ter :
HER. Sic certe.SOCR. His profecto quæ fecundum naturam fiunt, eadem tribu enda
ſuntnomina.HER. Omnino. SOCR. Quoties uero præter naturam hominesali quifiunt
in quadam fpecie monftri , uelut quum ex bono pioq uiroimpius generatur,
quigenitus eft,non genitoris nomen ſortiri debet, ſed eius in quo ipfe eft
generis:quem admodum ſuprà diximus,ſi equusbouisprolem generet,non equum
eiusfilium ,fedbo uem denominandum .HER. Siceſt. Socr. Homini igitur impio ex
pio genito, non pa rentis, sed generis nomen attribuendum . HER . Vera hæc
ſunt.soc.Neque igitur6tocosia Agy , id eft Deiamicum, nex uygoitzoy, id eſt Dei
memorem, uel talem aliquem huiuſmo diuocarefilium talem decet, Ted cótraria
ſignificantibus nominibus appellare, ſi modo recte nomina inſtituta effe
debent.HER. Sic prorſusagendum ô Socrates. soc. Profe dio Oreſtinomen recte,o Hermogenes,uidetur
impoſitum , fiue aliqua ſors illi nomen dedit, liue poeta quidā, ferinam cius
naturã agreſtē &moncanã nomine eo ſignificās. HER.Sic apparet,Socrates.soc.
Viderur &patri eius ſecundum naturam nomen esse. HER. Apparet.soc. Apparet
utiq talis efTe Agamemnon,utſibi laborandũcenſeat,to lerandumý, &in ijs
quædecreuit,per uirtutem perfeuerandã.Argumentũuerotoleran tiæ ſuæ apud Troiam
tanto cum exercitu perduratio prębuit. Quod igitur mirabilisper feuerantia uir
hic fuerit, nomen ſignificai Agamemnon , quali ayasos 967 oli ümrovlu . Fortè
uero & Atreusrecte eft nominatus.Nexenim Chryfippi, & crudelitas
aduerſus Thyeſten ,noxiữ perniciofumo illum demonſtrant.Vnde cognominatio
parumperde clinat, & clam innuit,ut non quibuslibet naturam huius uiri declarent:his
autem qui no minum periti ſunt, ſatis Atrei ſignificatio pater. Dicitur enim
ſecundum erogès, afeger's atypów, quaſiindomitus, inexorabilis, noxius
contumeliofusq fuerit. Videtur & Pelopi nomen haudab re tributum. Hominem
quippe quæ prope ſunt uidentem ,nomen iſtud congrue significat. HER. Cur illi
id conuenit: socR. Quoniam in Myrtilicæde, utfer tur, prouiderenihil potuit,
nec eminus pſpicere quãta toti generi ex hoc calamitas im mineret. Quæ enim
antepedeserant, &ad præsentia tantum respiciebat, hoc autem eſt prope
aſpicere: quod & fecit, cum Hippodamiæ coniugium omniconatu inire conten
dit. Vnde Pelopinomenawines, id eft,prope,& ontos, quodad uiſionem
pertinet. Tan talo quinetiam nomen natura ipſa uidetur impofitum , ſi uera ſunt
quæ circunferuntur. HER. Quænam iſta : soc. Quoduiuentiadhuc illi aduería
plurima &grauia contige runt,tandemý patria eius omnis fubuerſa eſt.
Defuncto præterea faxum in caput immi. net, ſors certe duriffima. hæcprorſuscum
nomine congruar, perinde ac fi quis nomina re THION to you ,id eft,
inteliciſſimű uoluiffet, fed paulo locutus obſcurius, pro Talancato Tantalum
poſuifler. Taleutiæ nomen fortuna eius aduerſa ipſorumore gentium præ buiſſe
uidetur. Quinetiam patri eius loui recte nomen eſt indicum ,nec tamen facileco.
gnitu.Eftenim uelut oratio quædam louis nomen , quod quidcm bifaijā
partientes,par tim una,partim altera parte utimur. Quidamfive , quidamdia,
uocani. Quæpartes in unumcópofitæ, naturam dei ipſius oftendűt,
quodmaxiinedebernomen efhcere por ſe. Nulla enim nobis cæterisomnibus
uiuendimagis cauſa eſt, quam princeps, rexo omniữ. Quapropter decens nomen eſt
hic Deus fortitus, per quem uita íemper uiuent bus omnibus ineſt.Sectum autem
in duo eft unum, ut diccbam ,nomen ,in diæ uidelicet ata awa. Hinc Saturnifilium
cum quis audiat, forte inſolentem contumelioſumópu tarit. Verű probabile
eft,magnæ cuiuſdam intelligentię piolem louem elle. Quod enin Hóp - dicitur,non
puerum ſignificat,ſed puritatem mentisipfius, & fynceram integria tem. Est
aurem is opavo, id eft, cæli filius,ut fertur. Quippeafpectus ad ſupera merijo
z pane uocatur, quafi opacz zecvw. Vnde affirmant,o Hermogenes, 17 qui
derebusiutli mibusagunt,puram mentem adeffe, & recevo, iure nomen
impofitum.Siautem genealo giam deorum ab Hefiodo traditam mente tenerem , &
quos horum progenitores indu. cic,recordarer,haudquaq ceſſarem oftendere
tibérecte illis nomina infcripta fuiffe ,quo ad huius fapicntie periculü
facerem ,liquid ipſa proficiat peragator, & an deficiatnecne, quæ mihi tam
ſubito ignoro equidem unde nuper illuxit . HER. Profecto mitttiden som Ô
Socrates iliareorum quinumine capitatur, protinus oracula fundere. soc. Reor
equidem ,ô Hermogenes,hanc in me ſapientiam ab Euclıyphrone Pantij filio
emanalie. Illi fiquidem aſtiti a matutino affiduus,auresó porrexi. Patet igitur
eum deo plenú non modo aures meas beata ſapientia impleuiſle, uerumetiam animum
occupalle. Sic utico agendum arbitror, ut hodie quidem utamur ipfa, &
reliqua quæ ad nomina pertinet, ini dagemus. Cras uero,fiin hoc conſenſerimus,excutiamuscam
, expiemusý ,aliquem par ſcrutati,ſiuefacerdotem , feu ſophiſtam qui purgare
hæc ualeat. HER. Probo hæc maxi. me Socrates. libentiſſime nang quæ de
nominibus reſtant, audirem. soc. Ira prorſus agendum. Vnde igitur potiffimum
exordiendű iudicas,poftquam formulam quandam præfcripfimus,ut pernoſcamusſi
etiã nomina nobis ipía teſtantur non caſu quodama. » ata fuiſſe,uerum
rectitudinem aliquam continere:Nomina quidem heroum atq;homi / num nos forte
deciperent. horum nang multa ſecundum cognomenta maiorum pofita) ſunt, &
fæpe nequağ conueniüt , quemadmodã in principio diximus.Multa uero ex uo ') to
homines nomina tribuunt,ut UtuXidmW, owciQ , Itópinoy, alia “ permulta.Talia
itaq ) prætermittenda cenſeo.decens eñconſentaneumg maxime reperire nos quæ in
rebus ſempio Lempiternis &naturæ ordine cõſtitutis recte ſunt poſita. Nam
circa iſta in condendis no minibus ftuduiffe maxime decet.Forte'uero
ipſorūnonnulla diuiniore quadam poten tač humanaſunt inſtituta. HER. Præclare
mihi loqui uideris,ô Socrates. soc.Nonne pareſtabipfisdíjs incipere ,rationemý
inueſtigare qua bcos uocati ſunt: Her.Nempe, soc.Equidem ita
conício.Videnturutiq mihi Græcorű priſci deos ſolos putaffe eos, quos etiam his
temporibus Barbarorű plurimiarbitrantur, solem, luna, terrram, stellas, calum. Cum
ergo hæc omnia perpetuo in cursu esse coſpicerent,ab hac natura moldatu få
nominalle uidentur,deinde &alios animaduertêtes omneseodem nominenuncu
pale.Habeoquod dico uerifimile aliquid, nec'ne HER . Habetcerte. soc. Quid poft
hac inucftigandum : Conſtat de dæmonibus heroibusø &hominibus quærendum
eſſe, HER . Dedæmonibusprimum. soc. Proculdubio Hermogenes.quidlibi uultdæmo.
nun nomen animaduertenum aliquid dicam .HER.Dicmodo.soc.Scis'nequos Hes Liolus
claipovas effe inquit, HER.Non.soc.Nec etiam , quod aureum genus hominum zitin
principio extitiſſe ? HER.Hoc equidem noui. Soc. Ait enim ex hocgenerepoſt
przſentis uitæ fara fieri dæmones ſanctos,terreſtres,optimos,malorũ
expullores,& cu licdes liominum.HCR . Quid cum: soc.Nempe arbitror uocare
illum aureum genus; no ex auro conſtitutū, ſed bonum atos præclarum.quod inde
conſcio, genus noftrum fereum eſſe dicit. HER . Vera narras. Soc. Annon putas
ſiquis nunc ex noſtris bonus fc ,aureihunc generis ab Heliodo æftimari? HER. Conſentaneum
eſt.soc. Boni autem anj sprudentes: HER. Prudentes. $ o c.Idcirco,ut
arbitror,eosdæmones præcipuenup cupat,quia fapiêtes d'ahuontsó erant.Et ex
noſtraiſtud priſca lingua nomen exiſtit. Qua obrem &is, & cæteripoetæ
permultipræclare loquuntur,quicunq aiunt uidelicet,poft quambonusaliquis uita
functus eſt, maximam dignitatem præmiumý ſortitur,fic & dæ monſecundum
ſapientiæ cognomentūIca & ipfe affero dæmuova, id eſt ſapientemom- nem efle
hominem , quicung ſitbonus,eumódæmonicum effe ,id eſt felicem ,uiuenten » acc
defunctũ, recteý dæmonem nũcupari.HER Videor . mihi ô Socrates, in hoctecum s
maxime conſentire. soc. newsautem quid lignificar: Id nequaſ inuentu
difficile.paur lo enim heroumnomen ab originediſtac,indicans generationem
illorum čre WTO manaſſe. HER.Qua rationeid ais: s o c.Anignoras ſemideos heroas
effe : HER. Quid tum : soc.Omnesutiq heroes uel ex amore deorũ erga mulieres
humanas, uel amore uirorum erga deas ſuntgeniti.Prætereaſi hocfecundã priſcam
Acticorum linguam con fideraueris ,magis intelliges.reperies enim quòd
pauliſper mutatū eſt nominis gratia ex UTO ,undeſunt heroes geniti:quod'ueaut
hincheroum nomen eſt ducium ,aut ex eo quòd fapientes ,rhetores fuerunc.facundi
uidelicet, & ad interrogandữ diſſerendűó promptiflimi,ziedy Aang dicere
eft:Quare,ut mododicebamus,Attica uoce heroes the tores quidam ,&
diſputatores&amatori uidentur. Vnderbetorum ſophiſtarum gee nusheroica
prolesexiſtit. Verum nõ iſtud quidem difficile cognitu,imò illud obfcurű,
quamob cauſam homines ävbewmoinominantur.habesipfe quid afferas: HER.Vndeid
habeābone uir: Quin ſi reperire quoquo modo poffim ,nil cotendo, ex eo quòdtemo
lius facilius“ quammereperturum ípero.so c.In Euthyphronis inſpiratione
confider se mihiuideris.HER.Abſc dubio.soc.Ec merito quidem confidis.Nam belle
nimium mihi nunc uideor cogitafle,ac periculü eſt niſi caueam ,nehodie
ſapiêtior quam deceat, uidear euafiffe. Attende ad ea quædicã. Hoc in primis
circa nomina animaduertere de serves cet, quòd ſępe literas addimus,lepe ctiam
demimus pro arbitrio,dum nominamus, & a cuta ſæpenumero tranſmutamus,utcum
dicimus dicíres: hoc ut pro uerbo nomen nor bis foret,alterum , inde
excerpfimus, & pro acuta fyllaba media, grauem pronūciamus. Jn alijs
quibuſdam literasinterſerimus,alia uero grauiora proferimus. HER. Vera refers.
soc.Hoc & in ävegen O côtingit,utmihi quidem uidetur.Nam ex uerbo nomen con
ftitutum eſt,uno a excepto,grauiorig fine effecto.HER.Quomodo iſtud ais 's o c.
Itak" hominis nomen illud ſignificat, quod cætera quidem animalia quę
uident,non confide rant,neq; animaduertunt,nec contemplantur: homoautem &
uidet ſimul &contemu platur,animaduertito quod uider.Hincmerito solus ex
omnibus animátibus homočvrse @puro eſt nuncupatus, qualiaabeau contemplans,quæ
ön WT5, id est, uidit. Quid poft ce haqquæram :Anuidelicet quodlibenter
perciperem HER: Maxime.SOC. Succede D teftas reſtatim ſuperioribusmihi
uideturdeanima & corpore cõſideratio .Nam anima& cor pusaliquid hominis
funt.HER.Sine cótrouerſia.soc.Conemurhæcquemadmodū ſu: periora diſtinguere.
Quærendum primodeanima putas, utrecte Luxá nominata fuerit deindede corpore:
HER :Equidem.soc.Vtigitur ſubito exprimarn quod primumm . hinunc ſe
offert,arbitror illos qui ſicanimāuocitarunt,hocpocillimum cogitaffe, quod »
hæc quoties adest corpori, caula est illi uiuendi, reſpirandi,&
refrigerandi uim exhibês: 9 & cum primūdelierit quodrefrigerat,diffoluitur
corpus,& interit.Vnde fuxlu noni 21 naffeuidentur,quaſi awatúzov, reſpirando
refrigerans.Atuero, si placet, fifte parumper. Videor mihi aliquid inspicere
probabilius apud eos quiEuthyphronem ſequütur,nım iftud quidem aſpernarenf,ut
arbitror, & durû quiddã eſſe cenferent. ſed uidean hoc ibi sit placiturű
.HER. Dicmodo.soc. Quid aliud animatibiuidetur corpus continae, uehere, &
utuiuat & gradiatur efficerer HER. Nil aliud.soc. Annon Anaxagoræ ce
dis,rerum naturam omniẩmente quadam & anima exornari ſimul & contineri:
HIR . Credo equidem.soc.Pareſt igitur eam potentia nominare quelw.quæ quan,naturan,
oxa & xe , id eft uehit & continet.politius autem fuxó proferſ.HER .
Siceſtomninoji detur & mihiiſtud artificiofius effe .soc. Eft
profecto.Ridiculum aữc quia apparere, si ita ut pofitüfuit, nominaret. Quod
uero pofthoc ſequiſ corpusnonne owua nücupis: HER.Certe.soc. Atquiuidełmihiin
hocnominepauliſper ab origine declinari. nen . pe corpushoc animæ omua, sepulchrâ
quidam eſſe tradunt:qualiipfa præſenti in tempo se ſic ſepulta:ac etiam quia
animaper corpus omualvd,ſignificat quæcung ohelwa lign ficare poteſt.idcirco
& rivec iure uocari. VidenturmihiprætereaOrpheiſectatores no mēhocobid
potiſſimữpoſuiffe,q anima in corpore hoc delictorũ det pænas, & hocci:
cũſepto uallo claudatur,uelut in carcere quodā ,utolor ferueſ. Effeitac
uolunthoc ita utnominat,animęoãu ce ſeruandigratia clauſtrữ, quoad debita quæQ
expendar,neq literam aliquã adăciendam putant. HER .Dehis fatis dictum ô
Socrates,arbitror. Veri denominibusaliquorû deorum poſſemus ne ita
utdeloueactum eſt,conſiderare,fecun dum quam rectitudinēnomina lint impoſica :
soc. Per Iouem nos quidē ſimentem ha beremus Hermogenes,precipuũrectitudinismodấarbitraremur,faceri
nihil nos de dijs cognofcere,ne deipſis inquam , neq deipſorīnominibus quibus
iplifeuocant. Con ſtar enim illos quidem ueris ſenominibusnuncupare.Secundâ
uero recte denominatio nis modum exiſtimo, utquemadmodülex in uotis ftatuit
precarideos, quomodocung nominarihis placet,ita & nos ipfos uocemus,tanğ
nihil aliud cognoſcētes.Recte não , utmihiuidetur,eft decretū.Quare, li uis ,ad
hanc inueſtigationēpergamus,primo quidē díjs præfati,nosnihilde iplis
conſideraturos: neq; enim poſſe confidimus:fed de homini bus potius, qua
potiſfim opinionecirca deosaffectinomina ipfis inſtituerunt. Hoceñ à diuina
indignatione procul.HER.Modeſte loquiuideris ô Socrates, atqita prorfusa
gendum.soc. Nónneà Vesta fecundum legem incipiendű. HER. Sicutim decet. soc.
Quaratione éstav hanc nominatam dicemus HER. Per Iouem haud facile iftud inuen
9) tu.soc.VidenturprobeHermogenes priminomināautores non hebetes quidā fuisse, verum
acuti fublimium rerum inueſtigatores HER. Quamobrem : soc. Talium quo rundam
hominum inuentione nomina apparent impofita.ac ſi quisperegrinaconlide.
retnomina,nihilominus quod
ſibiuult,unumquodq;reperiret.quemadmodőhocquod nos días, eſſentiam
nominamus, quidam golov nuncupant,alij wvia .Primo quidem ſecundum alterum
nomen iſtorum ,haud procula rationeuidetur rerum effentiam ésiav uocari. &
quia nos quod efteffentiæ particeps ésiav uocamus,ex hocrecte éstæ poffet
denominari.Superioresnoftriquondam šriav,tola uocabant.Quinetiã ſi quis facrorí
ritusanimaduerterit,exiſtimabit ſic eosputaſſe quihæc poſuerűt.Etenim ante
deosom nes Veltæ facra faceredecet eos, qui effentiam omnium Veſtam
cognominarunt. Qui item wola nominarunt,hifermeſecundâ Heraclitum cenfuerüc
fluere omnia femper, nihilo conſiſtere.Cauſam igitur & ipſorum originem
ducem ipſum wow , quod impel lit.quaproptermerito ipſum wola impellentēcauſam
nominari.Dehis hactenusitalic dictų ,uelut ab ijs quinihil intelligunt.Poft
Veftam aất, deRheaato Saturno conſidera reconuenit,quanğ de Saturninomine in
ſuperioribus diximus.Forte'uero nihildico. HER.Curnam ô Socrates: soc. O
boneuir,ſapientiæ quoddam examen animaduer ti. HER . Quale iſtud: soc.
Ridiculum dictu.habet tamen nonnihilprobabile.HER : Quid ais: & quo pacto
probabile.so c.Infpicere mihiHeraclitum uideor,iã pridem ſa pienter nonnulla de
Saturno Rhea tradentem , quæ & Homerus dixerat. HER. Quid iftud ais:'s o
c.Ait enim Heraclitus fluere omnia,nihilo manere,rerum ipſarum pro - ce greflum
amnis fluxuicomparás,haud fieri poffe inquit,utbis eandem in aquam temerou
gas.HER.Vera hæcſunt.soc.An uidetur tibi ille ab Heraclito diſſentire , qui
aliorum a deorum progenitoribus inſeruitRheam atą Saturnữ :Nunquid putas temere
illum no mina iſtis impoſuiſſe.Quin & HomerusOceanum deorum originem
inſtituit, & The tyn genitricem.Idemouoluit,utarbitror, &
Heſiodus.Aitpræterea Orpheus, Oceanű primum pulchrifluum cõiugium inchoaſſe,
quicum Tethy germana ſeſua commiſcuit. Vide ő maximehæc inuicem cõfonant,omniağ
in opinionēHeracliti redeunt. HER. Viderismihialiquid dicere Socrates. Tethyosautem
nomēhaud fatis quid ſibiuelit, in telligo.soc.Hocutißidem
fermeſignificar:quoniam fontis nomēeſt reconditů.Nam doctons & xlsus ,id
eſt ſcaturiens & tranſiliens,fontis imaginem præ ſe ferunt, ex utrif
queuero hiſce nominibusnomen tudúceſt compoſitum . HER.Hoc quidem belliſi mum
eſt ô Socrates.soc..Quid ni? Verum quid deinceps:Deloue profecto diximus. HER. Siceſt.soc.Fratres
autem eius dicamusNeptunum atq Plutonē,nomeno aliud quo ipfum
uocant.HER.Prorſus.soc. VideturNeptunusab eo qui primum nomina uit,idcirco
mooddãy uocatusfuiſſe, quia euntem ipſum marisnatura detinuit,nec pro ,
grediultra permitit,ſed qualiuincula pedibus ipfius iniecit.Maris ita principem
rood @ væ uocauit, quaſi qosideouov, id eſt pedum uinculũ .& uero decoris
gratia forte adie ctum fuit. Forſitan nő hoc fibiuult,fed pro ar, a primo fuit
pofitum, quafi dicat mom sidós, id eftmultanofcens Deus,Fortaſſis ab eo quod
dicitur códy, id eft quatere,okwu ideft quatiens eſtnominatus, cuiw & d
fuitadiectū . Plutonem autem quali zašto, id eſt diuitiarī datorem dicimus,
quoniam diuitiæ ex terræ uiſceribus eruuntur:& dxs uero multitudo
interpretatur, quali addis, triſte tenebroſum'ue. Atæ hocnomen horrentes
Plutonem uocitant.HER.Tuuerò quid fentis Socrates. soc. Videnturmihi homines
circa potētiam Deiiftiusmultifariam errauiſſe,eumg exhorruiſſeſemper,cum minime
deceat.Porrò quiſ ex hocpertimeſcit,quòd nemo poftquam defunctus eſt,hucredit,
quod'ueanimanudata corpore,illucabit.Cæterum hęcomnia & regnum & nomen
hư ius dei,eodem tenderemihiuidentur.HER.Quo pacto :soc.Dicam quod fentio . Dic
age. Vtrữ horũualidiusuinculâ eft ad quoduis animal alicubidetinendű ,
neceſſitas'ne, an cupiditas? HER.Longeô Socrates,præſtat cupiditas.soc.Annõ
plurimi,&dw quo tidie ſubterfugerent,niſi fortiſſimo uinculo eos
quiillucdeſcendunt,uinciret: HER. Vi delicet. Soc. Quare cupiditate quadam
eos,utuidetur,potius ő neceffitate deuincit, fi modouinculo
nectitfortiſſimo.Her.Apparet.soc.Nónne rurſus multæ cupiditates funt
HER.Multę.so c.Ergo uehemētiſlimaoñiữ cupiditate nectit eos, fimododebet
inſolubilinodo conectere.HER. Certe.soc.Eft'neuehemētiorulla cupiditas, ş ea
qua quiſcrafficitur,dum alicuius conſuetudinemeliorem feuirūſperat euadere:
HER.Nul..“ lamehercle Socrates.so C.Hacdecaufa dicendűHermogenes,neminem
hucillincuel lereuerti,nec etiã Syrenesipfas, imò & eas & cæterosomnes
ſuauiſſimis Plutonis ora tionibusdemulceri.Éſtý ,utratio hæcteſtat,deus is
ſophiſta proculdubio diſertiſſimus & ingentia confert his quipenes ipſum
habitãtbeneficia, qui uſ adeo diuitñs affatim abundat,uttantanobis bona
ſuppeditet,unde & Pluto eſt nuncupatus. Annõ philoſo . phitibiuidet
officium , q nolithominibus corpora habentibus adhærere, sed tūc demữ
admittateos, cũanimus illorum eft corporeis omnibusmalis cupidinibus* purgatus:
Excogitauitnempehic deus hacratione fe animosmaxime detenturũ,ſi uirtutis eos
aui ditate uinciret. Eosautem quiftupore & infania corporis
ſuntinfecti,nepater quidem Plutonis Saturnus ipfe,fuis illis uinculis coercere
ualeret,fecumý tenere.HER .Nonni hil loquiuiderisÔ Socrates.soc.Longeabeft
Hermogenes utnomē& dos, quali cudes id eft trifte tenebroſum'uefit
dictâ,imoab eò trahiturquod eft sid qvac, id eſt noſle omia pulchra.Ex hoc itaq
deus ifteà nominữ conditore &dys eſt nấcupatus.HER.Quid præ terea dicimusde
Cereris nomine, Iunonis“ , Apollinis & Minervæ,Vulcanig &
Martis,cæterorumýdeorum : soc. Ceres quidem dwuktor nuncupatur ab ipſa
alimentorī largitione, quaſi didolæ pektyg ,hoc est exhibensmáter. Kex uero,id
eſt Iuno, quali fatá, id eft amabilis,propter amorem quo Iupiter in eam
afficit.Forte'etiam ſublimeſpectans quihoc nomen inſtituit,aeram ,spav denominauit,
& obſcurelocutus est, ponensin fine principiữ quod quidem
patebittibi,finomen illud frequenter pronüciaueris. DefélQKT say,id eſt
Proſerpinam ,& denómwnominare nõnulliuerent,propterea quòdillis ignota eſt
nominum rectitudo. Enimuero permutantes degregóvlw ipsam considerant,graue id illis
apparet. hocautēdeæ ipsius sapientia indicat. Sapientia utic eft quæ
resfluentes attingit,& aſſequi poteft.Quamobrem gegéraqemerito dea
hæcnominaretur,propter fapientiam , & Encolu , id eſt contacta , qepomlis,
id elt eius quod fertur, ueltale aliquid, Quocirca adhæret illi ſapiens ipſe
édes, quia ipſa talis eſt .Nunc autem nomen hocde. clinant,pluris facientes
prolationis gratiam ueritatem, utqepiqastav nominēt. Idem quoq circa Apollinis
nomen accidir. nam pleriq id nomen exhorrent, quasiterribile ali quid preſeferat.Annõ
noſti:HER.Vera penitus loqueris.soc.Hocaūt,utarbitror,hu ius dei potentięmaxime
cõuenit.HER. Quarationeso c.Conabor sententia meam ex primere.Nullű profecto
nomen aliud unum quatuorhuiusdei potentijs reperiri conue nientius potuiſſet,
quod & cöprehenderet omnes, & iplius quodammodo declaret musicam,
uaticinium, medicinam , & sagittandiperitiam. HER. Aperias iam .Mirum
quiddã nomen effe id ais.soc.Congrue quidem compoſitõeſt, conſonatý ,utpote
quod ad de um pertinet muſicum . Principio purgatio purificationesø &
ſecundum medicinam ,& ſecundum uaticinium ,item quæ medicorum pharmacis
peraguntur, ac uatum incanta tiones expiationes , lauacra, & afperſiones,
unum hocintendunt, purum hominem & corpore & anima reddere. HER. Sic
omnino. soc. Nónnedeus qui purgat, ipse erit aro aówn & Ösp núwy,id eft abluensa
malis, solvens ,q Apollo ipfe ſignificat? HER. Abſque Tubio.soc. Quatenusitap
diluitata soluit, uttaliū medicus, åpnvwy merito nuncupa tur. Secunda vero
divinationem uerumg &moww, id est simplex, quod idem eft, recte more Theſſalicorűnominarehuncpoſſumus.hinempe
omnes deum hunc ámró uocãt. Quatenusaấtási Boda wy, id eft ſemper iaculando
arcu uehemens eft,ás Badawy dicipo teſt,hoc eſt ,perpetuus iaculator.Secundữueromuſicam
, dehoc eſt cogitandū quemad modum de eo quod dicit & nórolo & «
xomis,id eftpediſſequus,comes, & uxor, in qui. bus& ur & in
alijsmultis, idem quod ſimul ſignificat.Hic quoq && zónas ſignificant
uerfionem quæ ſimul & unaperagitur, quam cöuerfionem dicamus.Ea in cælis
eft,quæ per eos fit quos sónos uocamus:in cantu uero & quovia , quam
dicimus ovuqwricw . Quia in his, uttraduntmuſicæ & aſtronomiæ
periti,harmonia quadā ſimulomnia cõuertunt. Hicaấtdeusharmoniæ præfidet
omonwy,id eft fimuluertenshæc omnia,& apuddeos & apud
homines.Quemadmodum igitoorkeudoy & Oxóxosniv , id eft ſimuleuntem &
ſimul iacentē,uocauimus anonovlov & KOITIY, o in « permutantes, ita
Apollinem nomi navimuseum qui erat &Mortondy, altero a interiecto , quia
æquiuocũfuiſſetduro cum no mine.quod & his temporib. ſuſpicati pleriq , ex
eo q non recteuim nominishuius ani maduertűt, perindehocmetuunt, ac si
perniciem quandã fignificaret.Sed reueranomen hocomneshuiusdei uires
cõplectitur, quemadmodūſupra diximus. Significat eſlim plicem
,perpetuũiaculatorem , expiatorē & conuertentem .Muſarā uero & muſicæno
men,ab eo quod dicitpães, id eft inquirere,indagatione & ftudio ſapientiæ
tractõelt. agtá,id eſtLatona,à manſuetudine dicit,quia fic edereuwy, id eſt
prompta & expofita & Tibens ad id quodpetit quiſqs exhibendű.
Forte'uero ut peregriniuocãt:multinamga, tú nomināt, quod nomen tribuiſſe
uident,quia non rigida illi mens,ſed mitis,ideo agli, quali neopress,id eftmos
lenis & mitis ab illo cognominat. opruis, id est Diana, ex eo quòd aprejés,
quali integra modeſtaciz sit propter uirginitatis electionē. Forſitā etiã qua
fiageplisoge,id eft uirtutis conſciã,uocauit nominis inftitutor.Fortaffis etiã
dicta eft'Ar temis,quafi apo u des Chocous,id eft quafiilla cõgreſſum oderit
uiricum muliere.Vel enim propterhorâ aliquid ,uel propteromnia huiuſmodinomen
eſt inſtitutű .HER: Quidue ro dióvvoos & espositor's O.Magna petis
Hipponici fili.Atqui eſtnominâ ratio his díjs inpoſitorâ gemina,ſeria uidelicet
& iocoſa.Seriã quippe ab alñs quære,iocofam aứcni hil prohibetrecenſere. locoſi
fanè & difunt: Dionyſuso eft didòs i ciroy id eſt uinida tor, qual tor,
quafi nobivuosioco quodã cognominatus. Vinum autem merito uocari potest oto 18s
quod efficiatut bibentes pleriq mentealienati,oisdocevouü exay, ideftmentem
habe rele putent.DeVenere Hefiodorepugnarenon decet,ſed concedere propter ipfam
ex dogo, hoc eſt ex ſpuma, generationē đopoditlw uocari.HER.Acuero Minerua, ô
Socra tes,Vulcanūča & Martem ,cum fis Atheniēlis,ſilentio nõ
præteribis.soc.Haudquais decet.HER.Non certe.soc.Alterâ quidem eius nomen
quamobrē ſit impofitũ , haud difficile dictu.HER.Quod: soc. Palladē eam
uocamus.HER . Planè.soc.Nomen hoc cenſendum eſt à faltatione in bello ductum
fuiſſe.porro uelfefe,uel aliud à terra attolles re ſeu manibusaliquid
efferre,dicimus cámay, & wameat,id eſt uibrare,agitare & agitari,&
ſaltare, & ſaltationem perpeti.HER.Ablo controuerſia,Palladem hac ratione
uocamus,acmerito.Her.Alterű eiusnomē quo pacto interpretaris: so c . állwaữ quæris:
HER. Id ipsum.soc. Grauiushocamice: vident prisci å blwaw exiſtimare,quemad ,
modum hiquihis temporibusin Homeri interpretationibus ſunteruditi.Nam iftorum
plurimiHomerữexponuntåbwaw tano mentem cogitationemg finiſſe . Et qui nomi na
inuenit,tale aliquid de illa fenfiffe uidetur,imò etiam altius eam
extollēs,utDeimen tem induxit, perinde ac fi diceret sleovõu , hoc eftutens æ
pro y externo quodam ritu , s uero & o detrahens,fortè'uero non ita , ſed
IGavónas, id eft,utpote quæ diuina cogno ſcat,præ cæterisomnibus deoroli , id
eſt diuina cognoſcentē, uocauit.Neqab re erit,li di xerimus uoluiſſe illũappellareeam
klovólw , qualiipſa in more intelligentia fit. Ipſe poſt modữ,uel eciam
pofteriores in pulchrius,ut uidebat,aliquid producendo,Athenean de
nominarunt.HER.Quid de Vulcano quem aquusov nominãt: so'c. Quidais:Num ge
neroſum ipſum páso- isogæ ,id eſt luminispræfidem quæris? HER.Hâc quæliffe
uideor. soc.Hic utcuiq patere poteft , quiso eft,& x ſibiuendicat.Vnde igas
id est,lu minis preſes eſtdictus.HER. Apparet: niſitibiquoq modo adhucaliter
uideaf.s o c.An neuideatur aliter de Marte,interroga.HER .Interrogo.soc.Siplacet,õpys,
id eft Mars, dicitur fecundâ ãgger,id eſt maſculã, & av dogov,id eſt forte
. Quinetiã fi uolueris ob na turam quandãaſperam ,duram atq
inuictã,immutabilemý, quod totumägøæby appella tur,ogy uocatum fuiffe,hoc quo
& Deo penitusbellicoſo cõueniet.HER. Prorſus.Soči Deosiam mittamus per deos
obsecro.Nãdehis diſſerere uereor.Adalia uero quecung uis,meprouoca,ut
qualesEuthyphronisequiſunt,noueris.HER.Faciam utpetis,ſi unű deme
quæfiuero.meliquidē CratylusHermogenē eſſe negat. Inueſtigemus ita quid épus,id
eft Mercurii nomen fignificet,ut fiquid ueri hicloquit,uideamus.soc. équis, id
eſtMercurius,adſermonēpertinere uidetur, quatenus égjelw rús eft,hoc eſt
interpres & nuncius, furtiuús inloquendo ſeductor,ac uehemens concionator.
Totum id circa fer monem uerfatur.profecto quemadmodum in fuperioribus diximus,
kedy ſermonis eſt uſus.Sæpeuero dehocHomerusait £ukcal, id eft machinatuseſt. Ex
utriſq igitur no. men huius dei componit,tum ex eo quod loquieſt,tum ex eo
quodmachinari & exco gitare dicenda, perindeac ſi nominis autornobis
præciperet: Pareſt, ô viri, ut deum illa quiaipfufukcal, id eſtloquimachinatus
eſt, sipíulw uoceris. Nos aấtarbitratiſice legan tius eloqui, éguli uocamus. Quinetiam
ies, ab eo quod apdu , id eſt loqui, nomen habet, propterea quod nuncia eſt. HER.Probemediusfidius
Hermogenē elleme Cratylus ne gauilfe uidetur. Adorationis enim inventionem
hebes ſum .Soc. Conſentaneâ quoc amice, wową biformem filium efle Mercurî
.HER.Qua rationer'soc. Scis quòd fermo # aw,id eftomne ſignificat,circuitý
& uoluit ſemper,eſtó geminus uerusuidelicetac fal ſus: HER.Equidem . soc.
Annon id quod eſt in ſermoneuerum ,leue eftatæ diuinâ, ſu praç in
dñshabitans.Contrà quod falſum ,infrà in hominữmultis,afperű ato tragicũ :
Hincenim fabularum comenta & falfa & plurimacirca tragicam uitam
reperiunt.HER . Sic eft omnino.soc.Merito igitur quiefttaw , id eft totâ
nuncians, & æs monasy, id eſt femper uolutans,7 dezóros biformisMercurij
filiusdiceret, ex ſuperioribus partibus lenis ac delicatus, ex inferioribus
aſper atok hircinus.Eftg Panuelipſe ſermo,uel ſermo nis frater,fiquidem eſt
Mercurij filius.Fratrem uero fratri limilem effe quid mirum :Ce terüiã o beate,
ut & paulo ante rogabā, ſermonem dedñshunc abrumpamus.HER.Ta. les quidem
deos,li uis,mittamuso Socrates,huiuſmodiuero quædam percurrere quid
prohibet.Solem ,lunam , ftellas,terram ,ætherem ,aerem,ignem, aquam, ver & annum
: D soc. Multa funt acmagna quæ poftulas. Sicamen gratum tibi futurum
eſt,obfequar. HER.Pergratum plane.soc. Quid primum poſcis: an utipſenarrabas in
primis stov , id eft folem; HER.Profecto.soc.Manifeſtius id fore uidetur,li
Dorico nomine quis uta tur.Dorici enim asoy uocant,ato ita uocatur ſecundữ
&nizdv, id eſt ex eo quodcongre gat in unum homines,cum exoritur. Item ex
eo quod circa terram &scina, id eſt ſemper reuoluitur.Præterea quia uariat
circuitu ſuo quæ terra naſcuntur. Variareautem & duo. agy idem eft. HER .
Quid uero de anlws, id eft luna,dicendum : soc.Nomen hocui detur Anaxagoram premere.
HER.Cur.soc. Quoniam præ se aliquid fert antiquius, quod ille nuperdixit,
quodlunaà fole lumen haurit.HER.Quo pactors o coenas idem eſt quod lumen; HER .
Idem . SocR.Lumen hocperpetuo circa lumen voy & güvoy eſt id eſt nouum ac
uetus,limodo Anaxagoriciuera loquuntur:nam circûluſtranseam con tinue
renouatur, Vetusautem eſtmenſis præteritilumen.HER.Vtig.soc.Lunam qui dem
odavalav mulcinominant. HER.Certe. soc. Quoniam uero lumen nouum acue tus
ſemperhabet,merito uocarideberetadægurteoddam Nunc autem conciſo uocabulo
ahavice uocatur. HER . Dithyrambicum nomen hoc eſt, ô Socrates. Verum uave, id
eftmenſem :& äspe quomodo interpretaris. soc. Menſis quidem várs recteab
vas. atroce, id eſtàminuendo, iure nuncuparetur. Astra uero & sectic, id
eſt coruſcationis co gnomentum habent. « Soekautem quia au o ads avasosqe,
ideft uiſum ad fe conuer. tit, ánæspon á dici deberet, nunc cõcinnioriuocabuloaspauinominal.
Her.Vnde no men trahil mie& idap, id eft ignis & aqua :'Soc. Ambigo
equidē,uideturg autMuſa meEuthyphronisdeſeruiſſe, authocarduum quiddam effe. Aduerte
obſecro quò confu giam in omnibus quæcunq dubito. HER. Quonam : soc. Dicam
tibi.ſcis ipſe qua ratio ne wüe nominat: HER.Non hercle.soc . Vide quid dehoc
ſuſpicer.Reor equidêmul ta nomina Graecos a Barbaris, eos preſertim quiſub
Barbaris ſunt, habuiſſe. HER. Quor ſum hæc.soc.Siquis rectam iſtorũ
impoſitionem fecundum græcã uocem quærat,non ſecundum eam qua eſt nomen inuentũ
nimirum ambiget.HER. Verifimile id quidem . soc. Vide itaç nenomen hoc
quebarbaricum ſit.neo enim facile eft iſtud græcæ lin guæ accomodare ,
conſtataita hocPhrygios nominare parum quid declinantes, & ý. dwg &
xuías,id eft canes,alia permulta. HER. Vera hæc sunt. soc. Ergo distrahereiſta
nihil oportet, quandoquidem deipſis nihil dicere quiſquã poteſt.Quapropter
nomina illa ignis & aquæ huncinmodum reñcio kázautēſic eft dictus
Hermogenes, quia quæ circa terram ſunt, deed,id eſteleuat.uel quia aega , hoc
eft ſemperfluit,uel quia eiusflu xu ſpiritusconcitatur.Poetæ quippe flamina
aktasnuncupant.Forte igitur aer dicitur quali avocTócow , agzóſſow id eſt
ſpiritus fluens, uel fluens flamen , dedica præterea fic exponendum arbitror,
quoniã đa dicirca ãégæ pêwy, id eft ſemper currit circa aerem fluens, quocirca
čeddeks dicipoteft.gæ autē, id eſt terra,planius fenſum exprimit,ſigara dicatur.yaa
enim recte görkodea, id eltgenitrix dicipoteft,utait Homerus.Nãquod gazdan
dicit, genitum in re,inquit.Quid reftat deinceps. HER . Ver & annus, ô
Socra tes. soc. Spore quidē, id eftueris temporapriſca & Attica uoce
dicendaſunt,ſi uis quod conuenienseſt,cognoſcere. Horæ nanquocant, quia ief80,
id eſt terminant hyemem atçæftatem uentosca & fructus ex terra nafcentes.
giveau tos aất & čnos, id eft annus,idem effe uidet.Quod eñ in lumen
uiciſlim educit,quęcung naſcunifiunto exterra,ipſum in ſeipſo examinat &
diſcernit,annus eft: & ut ſupra louis nomen diximus in duo ſectű, ab
aliquibus Pavæ ,ab alijs diæ uocari,ita & annữ quidam giardy yocant,quia in
ſeipſo, quidā quia examinat.Integra uero ratio eft ipfum q in ſeipſo
examinat.Vndeexo ratiõeunanominaduo ſelecta funt.quòd eñ limuldicit,co giairū
étolov,id eft in ſeipſo examinās, diſtinctum dicitur griaunos, & £70s, id
est annus. HER. Atuero Ô Socrates,iam longe pgrederis.soc.Longiusequidēin
philoſophia uideor euagari. HER . Quinimò. soc.Forte'magis cöcedes.Her.Verum
pofthancfpeciē libentiſlime contêplarer ,qua rationerectenomina iſta præclara
uirtutūſint impofira,ut ogórkas,id eft prudentia,cuir as, intelligentia,
xacoou's,iuftitia, ac reliqua huius generisomnia.so c.Haud conte. mnendum genus
nominū ſuſcitas,ô amice. Veruntamen poſto leoninā pellem ſum in dutus,haud
deterreridecet,imò præclara ipfa,utais,nomina prudentiæ ,intelligentię,co
gitationis ſciêtiæ cæterorūphuiuſmodicõliderare.HER.Quin profecto prius
deſiſtere nullo mododebemus.Soc. Ædepolnõmalemihide eo conijcere uideor, quod
modo conſiderabam ,antiquiflimos uidelicet illos nominữ autores, ut &
fapientiâ noftrorum plurimis accidit,ob frequentem ipfam in rebus
perueftigandis reuolutionem, præter ceteros in cerebri vertiginem incidiſſe:quo
factum puto utres ipsæ proferri & vacillareil lis apparerēt.opinionis autem
huius caufam.haud interiorem uertiginem ,ſed exterior ? cc ipfarum rerű
circuitum arbitrātur:quas ita natura habere ſe putāt , ut nihil in eis firmum .
ZE & ftabile fic,fed fluantomnesferanturo ,& omnifariam agitentur,
ſemperø gignantur.PC & defluant. Quod quidem in his nominibus, quæ
nuncrelata ſunt, conſpicio . HERM.CC Quo pacto Socrates.soc. Haudaduertiſti
superior nomina rebus qualidelatis, fluentibus, & iugigenerationetranslatis
impofita fuiſſe: HERM.Nă ſatis percepi.soc.Prins cipio quod primûretulimus,ad
aliquid huius generis attinet.HERM . Qualeiſtud: soc. apórnois,id eſt prudétia
eft,qopás a govórous, id eſt lacionis & fluxus animaduerſio. Signi ficare
quog poteſt,recipere övnou dopás,id eſt lationisutilitatê.Tádem circa ipfam
agita tionem uerſatur. Quinetia liuis yvaus id eft cogitatio fignificat govis
várnoip ,id eft gene rationis cõliderationem.you cû quippecõſiderare eſt.
voxois autem , id eft intellectio , eſt réov čois,id eft nouideſideriũ.nouas
uero res eſſe,ſignificat eas fieri ſemper.atqß hoc deſi derare & aggredi
animum indicat qui nomēillud inuenitvsotow .principio nang vósois,
nõdicebatur,fed pro ,duo se proferēda erant,ut rebois, quafivéov , id eſt noui
toisappe. titio & aggreſſio.ow poowy,id eſttemperātia illius quodmodo
diximus Opornotus , id eſt prudêtiæ ,falus & conſeruatio eft. udtskun,id
eſt ſcientia ,ab eo quod inftar & fequit tra &tum eſt,quafi res
fluentesſolas animusperſequatur,inſtetø & comitetur:at negexmo tra poſterior,neæ
præcurſioneſicprior.Quare& interiecto shylew uocare decet ouisas tanquam
fyllogiſmus,id eft ratiocinatio quædam eſſe uidetur.Cum autem owibrac dici
tur,idem intelligiturac fi diceretur etiska . Nam oftendit cum rebusanimum
congre dirogix , id eft fapiêtia ,agitationis eft tactus.Obſcurius autem ,
& alieniushoc à nobis. Verum animaduertendữeſt in poetis,
quotiesuoluntaduentantem aliquem & irruen tem exprimere,ovulo.id eſt
erupit,profiljjt,dicere.Quin & illuftricuidam apud Lacedæ. moniosuiro nomen
erat oös,id eſt præpes.Sic enim Lacedæmones cõcitationis impe tum indicant.
Qualiitaqomnia perferantur,huiusipſiusagitationis, quę eo quod oos di
citur,ſignificatur,iniqw,id eft tactum perceptionem aſophia demonſtrat..yglóxid
eſt bonum cuiufqsnaturæ « y« sóy,id eft mirabile,amabile,delectabile
ſignificat.Enimuero poſtos fluuntomnia,partim celeritas, partim tarditas
ineſt.Eft igiturnon omneuelox, fed ipſius aliquid « y « soy.Quod quidēayasov
ipfius& yali nomine declaratur.ductoo uby, ideft iuſtitia ,quod xaiov
oubsou ideſt iuſti intelligentiam importet, facile conijcere pol fumus. Quid
autem ipſum singu op fibi uelit, difficile cognitu.Videtur autem huculoa multis
quod dictum eſt cocellum ,reliquum uero dubium .Etenim quicung totum mobile
arbitrantur, plurimum agitari ipſum exiſtimāt,per omnealiquid permanare quo
fingula fiant, quod'ue tenuiſlimum fit & uelociſſimum.Nec enim per
omniadiſcurrere polle,nifiadeo tenuelit ut nihil possit
obliſterepenetráci,& adeo uelox, ut cæteris quafi ſtancibus utatur.Quoniam
uero gubernatomnia, dlačov , id eſt diſcurrens & permanans, merito dinglov
eft appellatū, x uno politioris prolationis gratia interiecto. Hactenus quod
modo diximus, inter plurimosconftat hoceffe iuftum.Ego autem Hermogenes urpo te
diſcēdideſiderio flagranshæc omnia perfcrutatus ſum ,& in arcanis
percepiquod hoc ipſum iuftum ſit, & cauſa.quo enim res ipfæ fiunt,hoc eſt
caufa:proprieś ita uocariiſtud debere quiſpiam tradidit.Cum uero ab his iam
auditis iftis nihilominus diligenter ex ., quiro quid ipfum iuftum ſit, quando
quidem ita fehabet, uideor iam ulterius quam decet exigere, & caueam
,utdicitur,uallūý ſupergredi.Satis enim femperrogaſſeme & audiſ- Prouerbia
fereſpondent,meg uolentes explere alius aliud afferre conantur,neo ultra
coſentiunt. Quidam ait iuſtű hoc, folem effe.Solâ quippe folem diſcurrendo
calefaciendog omnia gubernare. Cum uero hoc alacer cuiquam qualipræclarum
audierim , refero, ftatim ille meridet, quærito nunquid exiftimem post solis
occaſum iuftűnihil hominibus superef le: Percontanti itaq mihiquid ille
fentiret,ipfum ait ignem iuftâ exiſtere.neqid cogni tu
facile,quarealius,inquit,nõignem ipſum ſed ipſum potius innatum
ignicalorē.Alius hæc omnia pro nihilo habet.eſſe enim iuſtā mētem illâ quâ
induxit Anaxagoras. Dominam certe illam fuapte natura,necalicuimixtam exornare
omnia inquit, per omnia pe netrantem .Hic quidem ô amice in maiorēambiguitaté
fum prolapſus, quàm antea dum nihil deiuſtitia ſclſcicabar.Cæterű utredeamus ad
id cuiusgratia diſputaus,nomēillicale propter hæc, quale diximus,eft tribucũ
.her. Videris Ô Socrates, ex aliquo audiſſe hæc, nec ex tua officinaruditer
deprompſiffe. soc. Quid alia: HERM. Non ita.s o c.Atten de igitur;
forte'nançsin reliquis te deciperem , quali quæ afferam non audierim.Poſtiu
ftitiam quid reſtare avdgíay,id eft fortitudinēnondum peregimus.iniuſtitia
faneobſtacu lum eiuseſt quoddilcurrit per omnia, dvd piæ in pugnauerfatur.pugna
in rebus fi quidē fluunt nihilaliud fluxusipfe contrarius. Quapropter fi quis d
ſubtraxerit ex nomine hocadipiæ,nomen quod reftat aveia, opusipſum declarat.
constat planè quòd non flu xus cuiuſqz contrarius gom id eſt fluxus,fortitudo
eft,fed oppoficus illi quipræter iuſtum ficfluxui.Neqzenim aliterfortitudo
eſſet laudabilis.žeệw autem ,ideft mas, & civip,uir à ſimili quodã ducâtoriginē,ſcilicet
ab ävw gom,id eſt ſurſum fluxu .pusuero,id eſtmulier, quafi jová, id eſt
fæcunda & generatrix,bãiv,id eft fæmina.cn ? Begrãs,id eſt papilla dici
tur,oxå saấcuideturHermogenes dici,quia retraçúc, ideft germinare pullulareg
facit,ut irrigans ea quæ irrigantur.HERM.Sicapparet,ô Socrates.SOCR.Idride,id
eſt uireſcere, adoleſcere, floreſcere ,augmentum'iuuenum repræſentat, quaſi
uelox quiddam & fu bicum , quod innuitille quinomen conflauit ex leiv , id
eſt currere, & &Ma, id eft faltare. Animaduertismeuelui extra curſum
delatâ,poftquãplana ac peruia nactus ſum : Mul ta quoqz ſuperſunt quæ ad ſeria
pertinere uident.HERM.Veraloqueris.soc. Quorữu num eft utuideamus quid de xuwid
eſt ars importet. HERM. Prorſus.SOCR.Nonnehoc şuu vä , id eſt habitum mentis
oſtendit, ſi z demitur,interſerifautêomediữ inter x & v,& interv &
nézován: HERM. Aridenimiū Socrates & inculte.soc.Anignorasbeateuir no mina
uetera diſtracta iam effe,atq cõfuſa à ſermonis tragiciſtudioſis,elegantiæ
gratia ad« dentibus & fubtrahentibus literas,ac partim tēporis diuturnitate
, partim exornationis& ftudio undiq peruertēcibus ucecce in na rów,id eft
fpeculo, abſurdű eft ipliusaddi “ tamentū : Talia certe,ut
arbitror,faciâtquioris illecebras pluris æſtimantő ueritatem. Quamobré cũ multanominibus
ipſis adiecerint,tãdem effecerűt, utnemoiam nominūdu fenfum
animaduertat.Quemadmodãdum o qizæ,id eſtmõſtrum quoddã proferunt,cūcl oqiya
pronunciare deberēt,ac cæteramulta. Profecto fidareturcuiş arbitratu ſuo &
de mere& addere,magna utic eſſet licentia, & quodlibetnomē cuiæ rei
unuſquiſq tribueu ret:HERM.Veranarras, so CR.Vera plane, ſed enim mediocritatem
quandam aros decorum ſeruare te decet præsidem sapiętem
.HERM.Outinam.soc.Atqui& ipſe,o Her mogenes, opto uerum ne exacta nimium
diſcuſſione, uir felix , exquiras, neuim meam prorſus exhaurias.Afcendam
quippead ſupradictorum apicen: posto post artem cõli. derauerimus Myjavlw ,id
eftmachinationéexcogitationemg ſolertem . Videtautem li gnificare idem
quodmultum pertingere & aſcēdere.Componitur ergo ex his duobus, púxos, id
eſtlonge & multum, & dvey,id eft aſcendere,penetrare,pertingere.
Sedutmo. do dicebam , adſummam dictorum perueniendum eft, quærendum quid nomina
iſta significant, opeta, id est uirtus, & xcxiæ ,id eft prauitas.Alterum
quidem nondum reperio, alterum patere uidetur.Nam ſuperioribusomnibus
conſonar,nempetanquam eancom nia:Kards sok ,id eſt male uadens:xariæ ,id
eft,prauitas erit . quarecum animamale adres ipfas accedet,communiter praua
dicetur. proprie uero acmaximeprocedendihæcfa. culcas inoshiq ,id eſt
timiditate patet, quam nondum declarauimus. prætermiſimuse nim.Oportebatautem
continuopoft fortitudinem ipfam inferre.Multa inſuper alia prę
teriſſeuidemur.ddníc ſignificat durum animæ uinculum.domés enim uinculum
eſt.nian uero forte quiddam durumg ſignificat.quare timiditasuehemensacmaximum
eſt ani mæ uinculum : quemadmodum & exeíc ,id eſt defectus inopia , dubium
,malum quiddã eſt,ac fummatim quodcuną progreſſus ipfius impedimentum ,idé male
progredi uide tur oſtendere,in ipſa uidelicetmotione impediri atą detineri.
Quod cum animaſubit, prauitate plena dicit.Quod ſi illud prauitatis nomen
talibus quibuſdam cõpecit,contra rium osti,id eſt uirtus ſignificabit.In primis
quidē facilē agilemą progreffum , deinde folutum & expeditū animæ bonæ
impetum effe oportet. Quamobréabloaz impedimēto obſtaculog és béov,id eſt
ſemperfluens iure cognominari poffet adgfútn.fortè uero & αριτίω degerli
uocatquis,quia litaliftas aép&TUTTys,id eftmaxime eligendæ . Verum colliſo
uocabulo obetxdenominatur.Forſitan mefingere dices:ego autem aſſero, ſimodo no
men illud prauitatis quod retuli,recte eſt inductum ,recte quoc & iſtud
uirtutis nomen induci.HERM.Arranów ,id eftmalum ,per quod in ſuperioribusmulta
dixiſti, quid ſibi uult: so c.Extraneum quiddam per louem ,ac inuétu difficile.
Icaq ad hoc etiam machi namentum illud fuperiusafferam.HERM. Quid iſtud: SOCR .
Barbaricum quiddam & hoc esse dicam .HERM.Probeloquiuideris.soc.Cæterum
hæciam fi placet mittamus, nominauero iſta menon & degeóv, id eſt pulchrum
& turpe, conſideremus. Quid degepon innuat, fatis mihipatere
uidetur.Nempecum ſuperioribus conuenit. uidetur quinomi na ſtatuit,paſſim
agitationis impedimentum uituperare.utecce,és igorri zion pouw , id eft femper
impedientifluxum nomen dedit aegóggow . Nuncuero collidentes degsów
appellant.HERM. Quid nonoy, id eſt pulchrum : soc.Hoc cognitu difficilius,
quanquam ip ſum ita deducitur,utharmoniæ duntaxat & longitudinis gratia
ipſum æ ſit productum . HERM.Quo pacto: soc. Nomen hoc cogitationis cognomentum
quoddam esse videtur. HERM .Quiiſtud ais:'soc. Quam tu cauſam appellationis rei
cuiuſ cenſes: an nó quod nominatribuit: Herm.Omnino.so c.Nónne causa hæc
cogitatio est veldeorũ, vel hominum ,uel amborum : HERM. Nempe.soc.Ergo xaréoa
,ideft quoduocatres, & kxaóv,idem accogitatio ſunt.HERM.Apparet.soc.
Quæcunq mens & cogitatio a gunt,laudanda ſunt:quæ
non,uituperanda.HERM.Prorſus.soc. Quod medicinæ par . ticeps,medicinæ opera
efficit:quod fabrilis artis,fabrilia.Tu vero quid fentis ? HERM .
Idem.soc.Pulchrum ita pulchra.HERM.Decet.so c.Eft autem hoc,ut diximus,cogi
tatio. HERM.Maxime.soc.Nomen ita @ hoc naróv, id eſt pulchrum ,merito erit pru
dentiæ cognomentum ,talia quædam agencis, qualia affirmantes pulchra
eſſe,diligimus. HERM. Sicapparet.SOCR . Quid ultra generis huius reftat
inveſtigandum : HER M. Quæ ad bonum & pulchrum ſpectant,conferentia
uidelicet, utilia, conducibilia, emo lumenta,horum contraria . soc. Quid our
popov ,id eſt conferens ſit ,ex ſuperioribus ip ſeinuenies. Nam nominis illius
quodad ſcientiam attinet, germanum quiddam appa ret.Nihil enim præ ſe ferc
aliud quam qopav,id eſt lationem animæ ſimul cum rebus, quæ ue hinc
proueniunt,uocari orredoporre & ovu qopa, id eſt conferentia,ex eo quod
fimul circumferuntur.Herm . Videtur.soc.Losdantov autem ,id eft emolumentum : 7
koše dos,id eſt lucro.xopdos uero,li quisv prod nominihuic inferat, quod uult
exprimit. Ná bonum alio quodam modo nominai. Quod enim omnibus xopavuutui, id
eſt miſcetur diffuſum per omnia,hanc ipfam eiusuim fignificansnomen illud excogitauit
pro vap ponens,ac Kopdo pronunciauit. HERM. Quid autem vorzask,id eft utile
soc.Vides tur Ô Hermogenes,non ſicut cauponeshoc utuntur, idcirco Avantasy
uocari, quia avesa a whece despaúx, id eſt ſumptusuitat & minuit:uerum quia
cum velocissimum sit, res ftareno finit,neq permittit lationem réao-,id eft
finem progreſſionis accipere atæ ceffare : ſed ſoluitfemper ab illa fugató ,fi
quis terminusfuperueniat, ipfamós indeſinentem immor talemg præbet.hac
rationebonum avame18yuocatū arbitror.ipſum enim motionis aú ou do río , id eft
foluens terminum ,avandou uocari uidetur.coénomoy uero, id eſt con
ducibileperegrinum nomēeſt, quo ſæpenumero Homerus eſt uſus. Eftauté hocaugen
difaciendio cognomētum.Her.Quid de horâ contrarijs eſt dicendûrsoc. Quæ per ne
gationem iſtorum dicuntur,tractarenequaquam oportet.HER.Quænã iſtar'sOc.co.uk
gogov ,kiw deres davandés,axopdes.HERM.Vera loqueris.s o c .Sed Brabopov &
yusão s, id eft noxium & damnofum . HERM. Certe.soc.Braboooy quidembacitou
tou how effe dicit,id eſt quod uult& nav, id eſtimpedire & coercere:pšu
id eft fluxum :hocautem passim uituperat:quodő uultanlay góp pouw , recte
bonomopou appellaret.uerum ornatus gratia Brabopón arbitrornominatū. HERM.Varia
tibifuboriâtur,ô Socrates,nomina.at quimihi uideris in pralentia, quali Palladiæ
legispraeludiữ quoddã præcinuiſſe,dum no men Bracoitopöy pronunciares. so.Nõego
in cauſa ſum Hermogenes,fed quinomēip ſum inſtituerunt.HERM. Vera loqueris.
Verum Cauãdoquid : soc. Quid effe debeat {#ubades dicam Hermogenes: & uide
uere loquar,quoties dico quod addētes ac de mētes literas lõge nominū ſenſum
uariant,adeo ut ſæpe exiguâ quidmutantes, cótraria ſignificationéinducãt.quod
apparethoc in nomine dear,id eſt opportunữ. uenithocnu permihiin mētem deeo
quod di& urus ſum cogitanti.Recēs eſt profecto uoxnobispul chra
illa,coegitý côtrarium ſonare nobis d'top & {mps&d ov,fenſum ipſum
cõfundens.Ve tus autem quid nomen utrung uulc, explicat. HERM. Qui iftucais:
soc.Dicam equi. dem.haud præteritmaiores noſtrosfrequentero & d
utiſolitos,necrariusmulieres,quæ maximepriſcam uocem feruant.Nunc autem pro
uelipfum & uelx adhibent, produe. ro ( quali hæcmagnificentius quiddam
ſonent.HERM .Quo pactorsoc. Vtecceuetu ftiſſimiuiriin op'a diem
uocabant,pofteriores autem partim čuopov ,partim su'épow ,co cant.HERM.Vera hæc
funt. soc.Scis igitur uetufto illo nomine tantum mentem eius quinomen impoſuit
declarari.Nam ex eo quod imeipzory , id eſt deſiderantibus homini bus
gratulantibus etenebris lumen emicuit,diem inopor cognominarunt. HERM.Ap
paret.so c.Nunc autem illa tragicisdecantata quid ſibiuelit suopa,nequaquam
intelli. gas.quanquam arbitrantur nõnullispopov dici,quod kuopa,id eftmāſueta
quæg efficiat. HERM.Itamihi uidetur.soc.Neq te fugitueteres Puyóv,id eft iugum
, dvozov uocauiſ fe.HERM.Planè.soc.Enimuero luzów nihil aperit.at d'voyou
,divoiy dywylw ,id eſt duori conductionem ligandi ſimul gratia,monftrat.Idemø
eftdemultis alijs iudicandű.HER. Patet.soc.Eadem rationediopita pronunciatum
cótrarium nominum omniâ quæ ad bonum ſpectant oſtendit.porro boniſpecies
exiſtens,déondeouós,id eft uinculum quod dam & impedimētum proceſſionis
effe uidet,tanquam Bag Bopo,id eftnoxij affine quid dam
.HERM.Icamaximeapparet,ô Socrates.Soc.Verum nõſicin nomineueteri, quod
ueriſimilius eſtrecte inſtitutum fuiffe, quàm noftrum. Nempe cum ſuperioribus
bonis conſenties,fi pro 4,1 uetus reſtituas.Nec enim deby ;ſed toy bonum illud
ſignificat,quod ſemper nominūlaudat inuentor:Atą ita fecũipſenõdiſſidet, imòad
idem ſpectat,d'ion, quali δίομ, ώφέλιμομ, λυσιτελών, κάρδιαλέον, αγαθόν ,
συμφόβου, εύπορου, ideft facile ad pro , greffum.uniuerſü
hocdiuerlisnominib.innuit aliquid per omnia penetrās, omniaq pe rornans,idő
ubiq laudatü : qd uero obftat & detinet, improbata . Quinetiã nominehoc
{Butãds,liyeterű mored profpoſueris ,apparebit tibinomen iſtud disutisè boy, id
eft li ganti fiftentiç quod pergit,impofitum .unde & Musãdes cognominandum
eſt .Herm. Quid ádura,númy, uslupia ,uoluptas ſcilicet,dolor, cupiditas,
Socrates, & huius generis reliqua: soc.Haudnimis obſcura mihi uidentur Hermogenes,
šidbvi,id eſt uoluptas lir quidem actionis illiusnomen eſt, quæ adóvgay, id eſt
utilitatem emolumentumo tendit duero adiectum facit,ut pro eo quod eſt
sova,údova proferatur.Ajax, id eftdolor,à Stanús Gews,id eſtdiſſolutione
corporis trahi uidetur.Nam in huiuſmodi paflione corpus diffol uitur.xvíc , id
eſt triſtitia , quod impeditigio ,id eft ire,demonftrat.& aguda , id eft
crucia tus,peregrinum nomen uidetur,ab ängdvö dictum.éduig,id eft dolor &
afflictio,ab güdlü Oews,id eft ingreſſionedoloris denominatur. HERM. Videtur.so
Cårigoló ,id eftmoe ror languor ,lationis grauedinem tarditatemg ſignificat.
ãxto enim onuselt.ioy uero pergens.xapod uero ,id eſt lætitia gaudium ,à
diazúrews,id eft profuſione, & progias,id eft facilitate,poas, id
eſtmotionis animæ,dicitur. Tosalesid eſt delectatio,ab toptivs,id eft
oblectamento ducitur.Topavoy autem à trom,id eft inſpiratione delectationis in
animā Quaremerito uocaretur égaršv,id eſt inſpirans. Temporis autem interuallo
ad Top Arvo deuentum eſt.cuqpoouis,id eſthilaritas & alacritas, quam ob
cauſam dicatur,aſſignareni hil opus.Nam cuicp patet hocnomen trahiab eo
quod dicitur eü , id eſt bene. oum @ opeally id eft unaſequi qualidicat
animabeneres affequi.Vnde cu poporubs uocarideberet:ta men Bagooutlw appellamus.Sed
neg difficile est assignare quid üsgutta, id eſtcupidi. tas ſibiuelit.Nomen
quippehocuim tendentem in Ovuoy, id eft animam & iram & fu rorem
oftendit. Ovuós autem à lúoews& toews,id eft flagrantia, feruore,&
impetu animę. proindeiupo ,id eft fuauis & blandaperfuſio,dicitur,jm ,id
eſt fluxu animam uehemen ter alliciente.ex eo enim quodiulio ga ,ideft
incitatusrerumgappetens fluit,animam uehementerattrahitpropter impetum ſiue
incitamērum fluxus.ab hac tota uiHimeros eſt nuncupatus.Præterea Pothos uocatur,id
eſt deſiderium , quod fane'præfentem fuaui tatem nõ reſpicit, quemadmodū iuepo
,fed abfentem ardet. Vnde wale_diciturqualiá wóvrG ,id eft abſentis
cócupiſcentia.Idem ipſe in id quod gratñeſt animinixus,præ ſente co quod
cupitur iuopo ,abſente wólo denominatur.iews autem , id eſt amor,quia doga,id
eft influit extrinſecus,neg propria eſt habēti gas,id eſt fluxio ilta,fed
infuſa per oculos. Quapropterabcogar,id eſt influere,čopo , id eft influctio
,amor ab antiquis no ftris appellabat,nam opro wutebantur.nuncautem
épwsdicitur,wproo interpoſito . Ve. rum quid deinceps conſiderandum
præcipis?HERM. dlófæ, id eft opinio ,& talia quædã, undenomen
habentisoc.déke,uel à diwa,id eſtperſecutione dicit, qua pergit & pro
ſequituranima,conditionem rerum inueftigans:uelà tófo Borm,id eft arcus iactu .
uides turautem hinc potiusdependere.oinois, id eft exiſtimatio ,huic confonat.
oftendit quip pecioiy,id eſt ingreſſum animæin unumquodß conſiderandum ,oioy,id
eſt quale fic:quê admodum & bons,id eft uoluntas a Borá,id eſt iactu
dicitur: & Bóns, id eſt uelle , pro pter ipſum attingendinixum ſignificat
etiamélis,id eſt cupere:& Bonbuch , id eſt cõſu lere.Omniahæcopinionem
fequentia,Boras ipfius, id eſt iactus & nixus imagines eſſe
uidentur.quemadmodum contrarium , & boniæ,id eſt priuatio
uoluntatis,defectusquidã conſequendiimpos apparet, quali non contendat, neq
etiam quod intendit,uult, cupit, inueftigat,adipiſcatur.HERM.Frequentiora hæc
congerere uideris, ô Socrates. Quare finis iam fic fauence deo. Volo tamen
adhuc,ávéyxlu & Exšonoy,id eſt neceſſarium & uo luntarium
declarari.Nempe ſuperioribusilta ſuccedunt.socRéxóozoy equidem eft si noy,id
eſtcedensneg renitens,hocfiquidem nomine declaratur zinoy lestorti, id eſt ces
denseunti, quod'ue ex uoluntate perficitur. avayeccoy uero, id eſt neceſſarium
& obfi ſtens,cum præter uoluntatem ſit,circa errorem infcitiam
uerſabitur.deſcribiturautem ex proceſſu ſecundum neceſſitatem , quoniam in uia
aſpera denſa inceffum prohibent. Vndeavaysazov dictum eſt ,quali per &
yroscop ,id eſt per uallē uadēs.Quouſ uero uiget robur,ne deſeramus. Quamobré
interrogaamabo, ne deſiſtas. HERM. Ecce rogo quæ maxima ſunt& pulcherrima:«
aksaa ,id eft ueritatem , & fordo ,id eftmendacium , & öy,id eft ens,
& quareid quodehicagimus,övoua,id eft nomen ,dicitur.SOCR. Quid vo casmaksa:
HERM.Voco equidem inquirere.so c.Videtur nomen hoc ex sermone illo conflatum,
quo dicicuröv, id eſt ens esse ,cuiusnomen inquiſitio eſt. Quod clarius certe
comprehendes in eo quod dicimus óvojasóy, id eſt nominandum . hic enim exprimitur
nomen quid ſit, entisuidelicet inquiſitio. &ikbļa uero ficut & alia
componiuider.Nam diuina entislatio ,nominehocincluditur,ankódæ , quaſi
exiſtensOscarx,id eft diuina que dam uagatio.Foido- autem contrarium
motionis.Rurſushic uſurpatur agitationis obs ftaculum , quod'ue ſiſtere
cogit.Nam à reboudw, id eſt dormio dicitur. 4 uero adiectum ſenſum nominis
occulicouuero & Xoia , id estens et essentia ,cum & rx66ą, id
eſtueritate , congruunt: fic apponatur.namrov,id elt uadens ſignificat.Atdrøv
id eſt non ens,quidam nominant xxcov, id eſt non uadens. HERM. Hæcmihiuideris,
6 Socrares, fortiter admo dum discussisse. Verum si quiste perconteturquæ
fitrecta iſtorum interpretatio, quæ di cuntur čov, id eſt uadens:géov,id eft
fluens,doww,id eſt ligansac detinens, quid illi potiſſi. mum reſpondebimus:
habes'ne: Socr. Habeo equidem.profecto nuper ſuccurrit no bis aliquid ,
cuiusreſponſione quicquam uideamur afferre. HERM . Quale iſtud : soc.
Viquodminimecognoſcimus,barbaricum eſſe dicamus. fortè enim partim reuera talia
ſunt: forte'uero partim , ac præſertim nomina prima,temporum confuſione infcru
. “ tabilia.Etenim cum paflim uocabula diſtrahantur,nihilmirum eſſet ſi
priſcalingua cum Ç noſtra collatanihilo à barbarica uoce differret. HERM .haud
alienum eſtà ratione quod a dicis. Socr . Conſentanea quidem affero , non tamen
idcirco certamen excuſationem uideturadmittere.Sed conemur hæc diſquirere, ato
ita conſideremus: fiquis femper uerbailla per quænomen dicitur,quæreret,rurſus
illa per quæ dicuntur uerba, ſciſci taretur, pergeretob ita perquirere,non'ne
qui refpondet, defatigari tandem & renuere cogeretur:
HERM.Mihiſane'uidetur. S O CR. Quando ita quireſponſum denegar, merito
ceſſabit: An non poftquam ad nominailla peruenerit, quæ cæterorum ſunt&
ſermonum & nominum elementarHæcutio fi elementa funt,ex alñsnominibus com
pofita uiderinon debent.quemadmodum ſupra & yalóy,id eſt bonâ diximus, ex «
y så, id eſtiucundo amabilio , & 805,id eftueloci compofitum.gooy rurſus ex
alijs conftare di cemus,illağ ex alijs.ſed poftquam ad id peruenerimus quod
ultra ex alíisnominibusno coſtituitur,merito nosad elementű perueniſfe
dicemus,nec ulteriusbocin alia nomina , referendum. HERM .Scite
mihiloquiuideris.soc. Annon ea de quibuspaulo ante in terrogabasnomina eleméta
funt oportet rectam illorõrationem aliter quam reliquorum inueftigare. HER. Probabile
id quidem.soc.Probabile certeHermogenes. Supe riora itaq omnia in hæcredacta
uidentur:ac ſi ita ſe res habet,utmihiuidetur, rurſusage hic unamecum
conſidera, neforte delirem dum rectam primorum nominum rationem exponeretento.
HERM. Dicmodo. ego nang pro viribus meditabor. soc . Arbitror equidem in hoc
tecõſentire,unam efferectam & primi& ultiminominisrationem, nul lumğ
illorum eo quod nomen est, ab alio diſcrepare.HERM.Maxime.so c.Etenim om 2 nium
quæ ſuprà retulimusnominum recta ratio in hoc cõſticit, ut qualis quæ res litin
7) dicaretur.HERM . Proculdubio. soc. Hocutio non minus prioribus quam
pofteriori. bus competere debet sinomina fucura sunt.HERM. Prorſus.so-c
.Atquipoſteriora no. minaper priora hocefficere poterant.HERM. Apparet. soc.
Primauero quibus alia nõ præcedunt, quo pacto quam maximeres ipsas nobisoftendēt,
ſi nomina effe debet: Adhoc mihireſponde. ſiuoce & lingua
caruillemus,uoluiffemusgres inuicem declara re,nonneperindeac nuncmuti,manibus
capite & cæterismembris ſignificare tenta uiſſemus? HERM. Haud aliter Socrates,
soc. Ergo supernữ quippiam ac leue demon. ftraturi,cælum uerſusmanum
extuliffemus, ipſam rei naturam imitantes: inferiora uero & grauia
deiectione quadã humiinnuillemus. quinetiã currentem equũuelaliud quic quam
animalium indicaturi,corporum noftrorum geftus figuras ad illorum ſimilitudi
nem quamproximequiſo finxiſſet.Herm .Neceſlariû quod ais eſſemihiuidetur.soc.
Huncinmodűutarbitror his corporis partibus ostensum eſſet, corpore videlicet
quod quifq monstrare voluerat imitante. Herm. Ita certe.soc. Postquá uero uoce,
lingua, & ore declarare uoluimus, nónne ita demum per hæcoſtenſio fiet,li
per ea circa quodli bet,facta fuerit imitatio : HERM.Neceſſarium puto .
soc.Nomen itaq eſt, urapparet, imitatio uocis, qua quiſquis aliquid
imitatur,per uocem imitat & nominat. HER.Idem mihi quoq uidetur.soc. Nondum
tamen recte dictum existimo. HERM .Quamobrē: Soc. Quoniam hos ouiū &
gallorum cæterorum animalium imitatores fateri cogere. murnominare eadem quæ
imitantur.HERM .Vera loqueris. SOCR .Decereid cenſes: HERM . Nequaquam sed
quænam ô Socrates imitatio nomen erit: s o c.Non talisimi. tatio qualis quæ
permuſicam fit ,quamuis uoce fiat,nec etiã eorundem quorum & mu. fica
imitatio eſt,nec enim permuſicam imitationem nominareuidemur. Dico autê ſic:
Adeſtrebusuox & figura colorø plurimus. HERM.Omnino.soc.Videturmihiſiquis
hæcimitetur,neq circa imitationes iftas nominandifacultas cõfiftere.hæfiquidem
ſunt partim muſica, partim uero pictura.jnonne.HERM. Plane. soc. Quid ad hoc:
nonne essentia eſſe cuiq putas, quemadmodú colori & cæteris quæ ſuprà
diximus: an nõ ineſt coloriacuocieſſentia quædam ,& alijs omnibus quæcunc
essendi appellationefundi. gna: HERM. Mihi quidem uidetur. soc. Siquis cuiuſą
eſſentiam imitari literisfylla. biscß ualeret,nonne quid unumquodo fit
declararet: HERM . Maximequidem . Soci Quem hunc eſſe dices: ſuperiores quidem
partim muſicum ,partim pictorem cognomi nabas,hũcuero quomodouocabis? HERM.
Videturhicmihiô Socrates quem iamdiu quærimus nominandiautor. soc. Siuerum hoc
eſt,conſiderandum iam denominibus illis quæ tu exigebas, pess, ideſt fluxu
,igra ,id eſt ire, géoews, id eſt detentione,utrumli teris ſyllabisą luis
reuera effentiam imitantur,nec'ne.Herm .Prorſus. soc. Ageuidea musnunquid
hæcſola primanominaſint,an fint & alia præterhæc. HER.Alia equidem
arbitror. Soc. Consentaneum est cæterum quis diſtinguendimodusunde imitari
incir pitimitator:Nónne quãdoquidem literis ac ſyllabis eſſentiæ fitimitatio ,
præſtatprimu elementa diſtinguere : quemadmodum qui rhytmis dant operam ,
elementorum primo uiresdiſtinguunt,deinde fyllabarum tanium ,rhythmoscandem
iprosaggrediuntur,pri usnequaquam . HERM. Vtiq.soc.Annon ita &
nosprimooportetliteras uocales die ſtinguere,poftea reliquas ſecundum
ſpecies,mutas & femiuocales: Ita enim in his erudi ti uiri
loquuntur.acrurſus uocales quidem ,non tamen ſemiuocales, & ipſarű uocalium
ſpecies inuicem differentes.Etpoftquam bæcbene omnia diſcreuerimus,rurſus
induce, renomina,conſiderareg ſi ſuntin quæ omnia referuntur,quemadmodum
elementa,ex quibuscognoſcere licet& ipfa, & fi in ipſis ſpecies
continentureodem modo ficutiner lementis.His omnibusdiligenter cogitatis,Icire
oportet afferre secüdum fimilitudinem unumquodą ,ſiueunum uniſit admouendum, ſeu
mulcą inuicem commiſcenda:ceuph Storesctores similitudinem volentes exprimere,
interdum purpureum duntaxat coloré adhi bent,interdum quemuis alium colorem ,
quandoq multoscômiſcent,ueluti cum imagi nem uiri quam ſimilimam effingere uolunt,uel
aliud quiddãhuiuſmodi, quatenus ima goqueo certis coloribusindiget. haud ſecus
& noselementa rebusaccomodabimus,& unum uni, quocunq egere maxime
uideatur :oumbona “ , id eſt coniecta conficiemus, quas ſyllabasuocant. Quas
ubiiunxerimus, ex eisö nominauerba constituerimus, rur fusex nominibusac
uerbismagnum iam quiddam & pulchrum & integrum conſtrue mus:&
quemadmodum totum ipſum compoſitum pictura animal uocat, ita noscontes xtum
huncintegrű ; orationem uel nominandi peritia ,uel rhetorica fábricatam ,uel
alia quauis quæ id efficiatarte.Imòno nos iſtudagemus.modūnamą loquendo
tranſgref fus fum , quippe ueteres ita conflarunt,fi ita eſt conſtitutum
.Nosautem oportet,fimodo artificiofe conſideraturiſumus,ipſa omnia fic
diſtinguentes , fiue ut conuenit primano mina & pofteriora ſint poſita,ſiue
non,ita excogitare.Aliter autem cõnectere uidendű eft ôamice Hermogenes,ne
forte ſit error.Her. Forte per louem ô Socrates. soc.Nun quid ipfe cöfidis ita
te posse diſtinguere:Ego enim mepoſſe diffido . HEŘ .Multo igitur magis ipſe
diffido.soc.Dimittemus igitur?an uis utcun @ ualemus experiamur,et ſi pa rum
quid horum noſſe poffumus,aggrediamur,ita tamen utfuprà,dis præfati:ucq illis
ediximus,nihil nosueriintelligentes opiniones hominūdeillis conñcere:ita & nấcper
gamusnobiſipſi ſimiliter prædicentes, quod fi quam optime diſtinguenda hæc
fuiffent, uel ab alio quopiam ,uela nobis,ſic certe diſtinguereoportuiſſet:
nuncautem ,ut fertur, puiribus ifta nostractare decebit.Admittishęc'uel quid
ais.HER. Sic prorſusopinor. soc.Ridiculum uiſum iri ô Hermogenes,arbitror, quod
res ipfæ imitatione per literas fyllabas a factamanifeſta fiát.Neceſſarium
tamen:nec enim meliushochabemus quic quam ,ad quod reſpicientes deueritate
primorum nominū iudicemus:niſi forte quemad modum Tragiciquoties ambigunt,
cõmentiris quibuſdam machinamentis ad deosco fugiunt,ita & nos ocyusrem
expediamus,dicentes deos primanominapoſuiſſe, & idcir corecte inſtituta
fuiſſe.nunquid potiſſimusnobis hic fermoran ille,quod ipſa a barbaris quibuſdam
accepimus:Nobis quippe antiquiores ſuntbarbari,uelquòd ob uetuftatem ita ea
diſcerninequeuntut & barbara: Tergiuerſationeshæ ſunt, & belliſſimæ
quidem , illorum quicunq nolint derecta impoſitione primorum nominû reddere
rationem . Ete nim quiſquis rectam primorā nominum rationem ignorat, ſequentium
cognoſcerene quit.hæcporrò ex illis declaranda ſunt,illa autē is ignorat. quin
potius neceffe eft fequê tium peritiam profitentem ,multo prius &
abfolutius antecedentia comprehendiffe,por feq oſtendere,aliter autem ſciredebet
fe in fequentibus deliraturũ.an aliter ipſe confess HER.Haud aliter
Socrates.soc.Quæ ego ſenſideprimis nominibus, inſolentia ridicu lag admodum
eſſe mihiuidentur,eaç tecû , ſi uelis, comunicabo . Siquid uero tumelius
inueneris,mecum & ipſe comunica. HER. Efficiam.fed diciam forti animo.
soc.Princi pio ipſum g uelut inftrumentum omnismotuseſſe uidetur.Curautem
motuslivrosap pelletur,non diximus.patet tamen quoditors ,id eftitio eſſe
uult.Non enim » quondam , fedeutebamur.principiữautē ab liay, id eſtire,
quodperegrinum nomen eft,& igra ,id eſtire ſignificat.Quare fi priſcum
eiusnomen reperiatur in uocem noftram translatum , recte i'eois
appellabitur.Núc autem ab kiau nomineperegrino , & ipfiusy conmutatione,
& vipſius interpofitionelivyoisnuncupatur.Oportebat autem sidingoy uel any
dicere . súčas,id eft ftatio,negatio ipfius iga , id eft ire eſle uult, ſed
ornatuscaufa séas denomi natur.Elementū itaq ipſum qopportunűmotusinſtrumentum
,utmodo dicebā ,uiſum eſt nominum autori ad ipfam lationis fimilitudiné
exprimendā : paflim itaggad motus expreſſionē utitur.In primo quidem ipſo jau
& goñ, id eſtfluere, fluxuğ per literampla tioně imitatur,deinde in touw,id
eft tremore,& baya aſpero .item in uerbis huiufmodi, kódy
percutere,&gaver uulnerare , oʻúrdy trahere, @ gúndu frangere eneruareg ,
kopuerto siddy incidere,pêué du uacillare, irritare, & circumuerſare. Hæcomnia
ut plurimâperpad fimilitudinémotionis effingit.Mitto enim quod lingua in hac
litera pronunciadamini meimmoratur, quin potius cocitatur . Quocirca ad iſtorũ
expreſſione iplo s potiſſimữ uſus fuiffe uider. Vfus eft & , scilicetiota, ad
tenuia quæ per omniamaximepenetran tia.idcirco igra & icadou , id eft
ireprogredió per o imitatur . Quéadmodū per 4.0, quæ E literæ uehementioris
fpiritus ſunt,talia quædam nominum autor exprimit, fuzeów frigt dum, ( soy
feruens, osoatare concuti, & communiter aconoy, concuſſionē quaffationem :
quoties uehemens quippiam &fpiritu plenum imitari uult nominum inftitutor,
tales utplurimum literas adhibet.Quinetiam ipſiusd cõpreſſionem aco,linguæ
& uelut ha . rentis retractionem ,peropportunã exiſtimaſſe
uideturaduinculi&ftationis potentiâ exprimendam.Etquia in a proferendo
maximelingua prolabitur, idcirco per hoc uelur ex fimilitudine quadam nominauit
nga , id eſt lenia & órcdaerah labi , & noMūdeslie quidum ,Ascrapov
pingue, cætera huiuſmodi.Quiauero labentem linguam y remoratur eo interiecto
formauityhioggoy lubricum , gauxudulce , yrādes uiſcoſum , luculentum.
Animaduertens quo&ipfius v ſonum imoin gutture detineri, eo nominauit so
výdby & te gutos, id eſtąd intus eſt,& quæ intrinfecusſunt, utres per
literas repræſentarer.Ipſum uero w ,meyer@ ,id eſt magno tribuit &ipſum %
ukus ,id eſt longitudini, quoniamma. gnäliteræ ſunt.in nomineautem spozzinoy,
id eft rotundum ,ipfo o indigens, o ut pluri mummiſcuit. Eadem ratione cętera
ſecundum literas ac ſyllabas rebus ſingulis accom modare uidetur nominum
autor,ſignữnomenoconſtitués,ex his deinde ſpecies iamre liquas per
ſimilitudinem conſtituere.Hæc mihi Hermogenes recta uidetur effe nomina ratio,
niſi quid aliud Cratylus hic afferat. H ER.Etenim ở Socrates,fæpemeturbat Craty
lus hic, uc à principio dixi,dum eſſe quandã afferit rectam nominû rationem ,
quæ uero sit, non explicat, utdiſcernere nequeam utrum de induſtria , nec'ne
adeòfit obſcurus. In præſentia igitur Ô Cratyle,coram Socrate dicas , utrum
placeant ea tibi quæ Socrates de nominibuspredicat,an preclarius aliquid
afferre poffis:quodfi potes,adducas in me dium, ut uel a Socrate diſcas,uel nos
ambos erudias. CRAT. Videtur'netibi Hermoge nes facile eſſe tam breui percipere
quoduis atque docere,nedum rem tantam, quæ maxi mum quid demaximis æstimatur. HER.
Non mihi per louem , quinimò ſcite loquutum Heliodum arbitror, quod
operęprecium ſit paruum paruo addere.Quare fi quicquamli cet exiguum perficere
uales,ne graueris, fed & Socratem istum iuua ,& me insuper.de. bes
enim.soc. Equidem ô Cratyle,nihil eorum quæ ſupra comemoraui;aſſererē.Nem
peutcunq; uiſumeſt, cum Hermogenehocindagaui. quocirca aude fi quid melius ha
bes, exprimere,tanquã ſim libenter,quod dixeris,ſuſcepturus.Neqz enimmirarer
liquid tu hiſcehaberespræclarius. Videris porrò &ipfe talia quædã
conſideraffe, &ab alijs di diciſſe. Siquid ergo præstantius dixeris, me
interdiscipulos tuos circa rectam nominā rationem unum connumerato. CRAT. Certe
mihi ô Socrates,utais , curæ hæc fuerunt,ac forte diſcipulum te efficerem
.Vereortamen ne contrà omnino ſe res habeat.Conuenic mihi nuncidem erga te
dicere, quodaduerſus Aiacem in ſacris Achilles inquit.Genero. Iliadosi
fe,ait,Aiax Telamonie populorũ princeps, omnia mea ex ſententia protulifti.Ita
cu quo queô Socrates, nostra exmente uaticinari uideris, fiue ab Euthyphrone
fueris inſpira tus,ſiue Muſa quædam tibipridem inhærens nuncte protinus
concitauerit. soc. O uir bone Cratyle, ego quoß fapientiam meam iampridem admiror,neq
nimis confido.qua re examinãdum quid dicam ,exiftimo.Namaſeipſo decipi
grauiſſimum eſt.nimis enim 2 periculoſa res eft, quum ſeductorabeſt nunquam ſemperdeceptum
proximecomita, tur.Oportetitao superiora
frequêter animaduertere, & utpoeta ille ait, ante illa retros
conſpicere.Atqui &in præsenti videamus quid à nobis sit dictum. Rectam
diximus no minis rationem , quæqualisquæqres fit, oftendit.Nunquid ſufficienter
eſſe dictâ afferi mus: CRAT. Ego quidem aſſero .soc. Docendi igitur gratia
nomina ipfa dicuntur: CRAT. Prorſus.soc. Annon & artem eſſe hancdicimus,
& ipfius artifices : CRAT. Maxime. soc.Quos.CRAT.Quos à principio tu legum
&nominum conditores co gnominabas.soc.Vtrum hanc artem ſimiliter atą alias
ineſſe hominibus, an aliter arhi tramur:Idautem eft quoduolo.pictores quidam
deteriores ſunt,quidam pręſtantiores? CRAT.Sunt.soc. Nónne præſtantiores opera
ſua pulchriora faciunt, figuras uidelicet animalium: cætericontra:
Aedificatoresquoq ſimiliter partim pulchriores, partim tur piores domos efficiūt:
CRAT.Sic eſt.soc. Nónne et legum ipsarī autores partim opera suapulchriora, partim
turpiora efficiunt: CRAT.Haud ampliusiftud admitto.soc. Non ergo leges
aliæmeliores,deteriores aliæ tibiuidentur.CRAT.Non.soc.Nec etiã nomen
utapparet, aliud melius,aliud deteriusimpoſitum arbitraris. CRAT. Negiſtud. soc.Ergo
omnia nomina recte poſita ſunt. CRAT. Quecunqueuidelicet nominaſunr. soc.Quid
de huius Hermogenisquod ſupra dictum eſt,nomine:Vtrum dicendű non effeilli iftud
impoſitum ,niſiquod équo geridews,id eft Mercurijgenerationis illicompe
car:Animpoficum quidem ,non tamen recte:CRAT.Nec impofitum eſſe ô Socrates,
arbitror,fed uideri.eſſe autem alterius cuiusdā nomen, cui natura inest quæ
nomine con cinetur.soc.Vtrum nequementicur quisquis Hermogenem eſſe eum
dicit:Nec enim hoc eft dubitandum , quin eum dicatHermogenem eſſe,cum non
fit.CRAT. Quaratig ne id ais : so c . Nunquid ex eo quod non datur dicere falſa
,ſermo tuus conftat, & circa id uerſacur.permulci nempeô amice Cratyle,
& nunc prædicant, & quondam aſſerue runt.CRAT.Quo pacto ó Socrates,dum
dicit quis quod dicit quod non eſt dixerit; An non hoc eſt falla dicere,quæ nõ
ſunt dicere: soc.Præclarior hic fermoamice ,quam con dicio mea & ætas
exigat.Attamen mihi dicas,utrum loqui falſa non poſſe aliquis tibi ui
detur,fariautē pofle? CRAT.Neq fari.soc.Acetiam nec dicere,nec apppellare, falu
tare:Quemadmodum liquis tibi obuiushoſpitalitatis iure manu te prehendens dicat
Salue hoſpes Athenienſis, Šmicrionisfili Hermogenes.illeloqueretiſta,uel fari
dicere tur,uel diceret,uel falutaret,appellaretę ita, non te quidem ,ſed hunc
Hermogenem ,aut nullum: CRAT.Videtur mihi ô Socrates,incaſſum hæc iſte
uociferare.so c.Šat habeo. utrū uera uociferat,qui ita clamat, an falſa: Anpartim
uera, partim falſa: Namhoc quo queſufficiet.CRAT. Sonare huncego dicam feipfum
fruſtra mouentem , ceu fiquis æra pulſer.soc.Animaduerte Cratyle ,utrum quoquo
modo conueniamus.Nõne aliud no men, aliud cuius nomen eſt,effe dicis: CRAT. Equidem.
soc. Etnomen rei ipsius imita tionem quandam effe: CRAT.Maxime omniū . So
c.Etpicturas alio quodam modo re rumquarundam imitationes: CRAT. Certe.so c. Ageuero,force'ego
quid dicas, non fa tis intelligo,tu autem forſitã recte loqueris.poffumus has
imitationes utraſą &picturas & nomina rebus his quarű imitaciones
ſunt,attribuere,nec'ne: CRAT.Poſſumus. SOC. Adverte hocin primis,nunquid poffit
aliquisuiri imaginē uiro, &mulieri mulieris tri buere, & in alijs eodem
pacto : CRAT.Sic certe.soc.Num &contra ,uiri imaginem mu lieri,&
mulieris uiro : CRAT. Ethoc. soc.An utræquediſtributioneshuiuſmodirectæ sunt:
uelpotiusaltera,quæ cuiæ proprium fimileg attribuit: CRAT.Mihi quidem uide
tur.SOC.Ne igitur ego actu cum ſimusamici,in uerbis pugnemus, aduerte quod
dico. Talemego diſtributionem in imitationibus utriſqz tam nominibuső picturis
rectã uo co . & in nominibus nõrectam modo,fedueram. Alteramuero
diſsimilisipſius tributio nem illationem non rectam ,& in nominibus
præterea falſam. CRAT. Atuide ô Socra tes,nefortè in picturis duntaxat id
contingere poſſit,ut quis male diſpertiat, in nomini bus autem minime,fed
neceſſariū ſit recte femper adſcribere.soc.Quid ais: quo ab illo hoc differt:
Nonefieri poteſt ut cuipiam uiro quis obuius dicat,hæctua figuraeſt, oſten
datók illi forte'uiri illius figuram, forte'etiã mulieris: Oftendere,inquam
,ſenſibus oculo rum offerre.CRAT.Certe.soc.Nónneiterum ut eidem factus obuiam
dicat, nomen id tuum est. Imitatio quippe aliqua nomen est ,quemadmodũ &
figura. Dico autéita.Nón ne licebit illi dicere,nomen hoctuum eft: deinde in
aurē idem infundere,fortè'eius imi tationem dicendo quod uir eſt ,forte' uero
fæminæ cuiuſdã generis humani imitationē, dicendo quod mulier: Non uidetur
tibihoc aliquãdo fieripoffe: CRAT.Concedere ti bi uolo, o Socrates,licefto.soc.Recte
facis amice.acſi id ita fe habet, controuerſia iam tolletur. Porrò si in his
huius modi quædã partitio fit, alterâ uereloqui,alterữloqui falſa uocamus.Si
hocaccidit , & poſſumus non recte nomina diſtribuere, & quænon propria
funt cuic reddere,fimiliter in uerbis aberrare licebit.Sinautem uerba nominağ
ita con gerere datur, necesse est et orationes similiter. Oratio
quippe,utarbitror, eſt uerborum &nominum cõpoſitio. Quid ad iſta Cratyle:
CRAT. Quod & tu.probe namg loqui ui deris.soc. Quinetiã si prima nomina ad
literas ipſas quadã imitatione referimus,cótin . gere poteſt in his quemadmodã
in picturis ,in quibusaccidit ut congruas omnes figuras coloresg;
adhibeamus.Item ( ut non omnes,fed partim ſuperaddamus,partim ſubtraha
mus,plura & pauciora exhibeamus. Nõne fieri hoc potest? CRAT. Proculdubio.so..
Quicóuenientia oſia tribuit,pulchras literas & imagines reddit.Quiuero
addit,uel au fert,liceras quidem ac imagines &ipſe facit, fedmalas,CRAT. Nempe.
soc. Qui autem per literas ac syllabas rerum eſſentiam imitatur,nónne eadem
ratione fi comperētia om nia tribuit,pulchram imaginem efficit: Idautem nomen
exiſtic.finautem in paucás defi, ciatuelexcedat,imago quidem efficietur, sed
non pulchra:Quamobrem nomina quæ. dam beneinſtituta erunt, quædam contra.CRAT.
Forte. soc.Forſican ergo nominum hicbonus erit artifex
,illemalus.CRAT.Profecto.soc.Nónne huic nomen erat nomi numcõditor:
CRAT.Plane.so c.Erititag in hocquemadmodū in cæteris artibus con . ditor
nominum bonus unus,alius uero non bonus,limodo fuperiora illa inter noscon
ftant. CRAT. Vera hæc funt. Verum cernis ô Socrates, quotiens has literas «
& B & quoduis elementorű nominibus per artē grammaticamattribuimus,
ſiquid auferimus, ueladdimus, uel etiam permutamus, quod nomen quidem
ſcribimus;non tamen recte, imò uero id nullo modo fcribimus,quin potius ſtatim
aliud quiddã eſt ,cũ primum horű aliquid patitur.soc.Videndű Cratyle,ne
force'minusrecte hoc pacto conſideremus. CRAT. Quo pacto:so c. Fortaſſis
quæcune aliquo ex numero conſtare uel non cõsta reneceſſe eſt,idquod ais
perpetiuntur, quemadmodūdecem ,autquiuis alius numerus. Nam quilibet numerus
quocûç additouel ablato,alius ſtatim efficitur. Fortè uero qua litatis
cuiuslibet & imaginis haud eadēratio eſt, ſed diuerſa. Neg enim omnia imago
ba bere debet quæcũą illud cuius imago eſt, li modoeſt imago futura.
Animaduerte num aliquid dicam .Anduoquædam hęcerunt,Cratylus uidelicet, &
ipfius imago, ſiquis deo rum nõmodo colorem tuum figuramß expreſſerit,ut
pictores ſolent,ſed interiora quò que omnia fimilia tuis effecerit,mollitiem
eandem ,caloremý,motum ,animā, fapientiā; &ut breui complectar,talia
prorſus effinxerit omnia,qualia tibiinſunt: Varum , inquá, alterum iſtorum Cratylus
erit,alterum Cratyli ipsius imago:AnCratyli potius gemini: CRAT.Cratyli ô Socrates,
ut arbitror, duo.soc.Cernis amicealiam imaginis rationem eſſe quærendam ,
quàmillorum quæ paulo ante diximus.'ne cogendum effe liquiduel additum
,uelablatum fuerit ,ut non ampliusſit imago Annonſentis quantã deeſt ima
ginibus,ut eadem habeantquæ & illa quorû imagines sunt: CRAT. Equidem.soc.Ri.
diculum aliquid Cratyle exnominibus contingeret his quorum nomina ſunt, fi
prorfus illis fimilia redderentur.Gemina quippe omniafierent, neutrumą
illorūutrum effetpo tius dici poffet ,res'ne ipſa annomen. CRAT. Vera loqueris.
soc. Ingenueitaqz fatearis o uirgeneroſe,nominum aliud bene,aliud contra
pofitum effe :nec cogas omnes literas continere,adeò ut penitus tale fit, quale
& id cuius eft nomen :ſed mitte literá quoq mi nus congruam afferri quãdoq:ſi
literam , &nomen ſimiliter in ſermone: ſi in fermoneno men,ſermonem inſuper
nequaq connenientem rebus tribui, et rem ipsam nihilominus nominari diciç
,quoad rei ipſiuscuius fermo eft figura,inſit: quemadmodü in elemento rum
nominibus quæ nuper ego &Hermogenes comemorauimus,lirecordaris. CRAT.
Recordor equidem ,soc. Benehercle igitur quandocung hocinerit, quamvis non om
nia conuenientia prorſus adſint, dicetur.bene quidem, cum omnia:male uero, cum
pau ca.Diciitap ô beate,mittamus,nequemadmodû qui in Aegina noctu circumuagãtur,
fero iter peragūt, ita &nos hoc pacto ad res ipfas reuera ſerius quàm
deceat, perueniſſe uideamur,uelfalutem aliam quandã exquiras rectam nominis
rationem ,nec confitea. ris declarationem rei literis ac fyllabis facta,nomen
effe.Porrò ſi ambo hæc dixeris, tibi ipfe conſtare &conſentire non poteris.
CRAT. Viderismihi probeloqui ô Socrates.at que ita pono.soc.Poſtquam de his
conſentimus, quod reſtat diſcutiamus.Si bene no men poſitum eſſe debet,oportere
diximus literas fibi cõuenientes ineſſe. CRAT. Plane. soc.Conuenit autem ut
literæ rerum fimiles inſint. CRAT. Omnino. soc. Quæigi tur recte ſunt poſica
ita pofita ſunt.Siquid autem non recte poſitum eſt ut plurimum qui demex
conuenientibus ſimilibusý literis conſtat, fi quidem imago eſt.habet auté &
ali quidnon conueniens,propterquod non rectâ eſt,nerecte nomen eſt
inſtitutű,Sic'ne an aliter dicimus:"CRAT.Nihileft ô
Socrates,utarbitror,contendendã:neq enim mihi placet,utņomen quidem eſſe
dicatur,non tamērecte poſitű . soc.Vtrum hoc tibi non placet,quodnoměreiipfiusdeclaratio
lit :CRAT. Placet.soc.At vero nomina partim ex primis constituta esse, partim
esse primanon probedictâ putas:CRAT.Probe.soo Enimuero prima ſi quorundā
declaraciones effe debent, habes'ne modû commodiore quo id fiat, qa li talia fiát,qualia
illa funt quæ declarari volumus:Anmodus iſte pocius ei bipla. i biplacet,qué Hermogenesalijý plurimi
tradunt,quòd uidelicet nomina conuentiones quædam lint ijs qui ita
coſtituerunt,acresipfa præcognouere,aliquid referentes:rectas nominis ratio in
cõuentioneconſiſtat,nec interſit utrum quis ita utnunc ftatutű eſt de cernat,
an contra:ut uideliceto, quod nunc o paruũuocatur, o magnum cognominetur, wuero
quodmodow magnum , w paruum dicatur : Vter iftorum magis tibimodus pla cer:
CRAT. Pręſtatomninoô Socrates,fimilitudine referre quod quis oftendere uult,
quouis alio. soc. Scice loqueris.Nõnelinomen rei ſimile eſt,neceſſe eſt elemēra
ex qui bus prima nomina cõponuntur,natura ipſa rebus eſſe fimilia: Sic autem
dico: an aliquis quandox picturā iz ſupra diximus,rei cuiuſquã ſimilem
effinxiſſet,niſi colores ipfi qui bus cõſtatimago,efTentnatura reiillius
ſimiles quam pictoris ſtudium mitatur : Anno impoſſibile: CRAT.Impoſſibile
plane.soc.Eadem rationenomina ipſanun alicuius fimilia fierent,niſi illa quibus
nomina cõponuntur, limilitudinem aliquam haberent ea rum rerű , quarum nomina
imitationes ſunt. Ea vero quibus conſtant nomina , elemen ta funt.CRAT. Sane .
soc . lam tu ſermonis eiuseſto particeps,cuiusnuperHermoge nes.An
rectediceretibi uili ſumus, quod ipſum plationi,motui,aſperitati congruit?
CRAT.Rectemihi quidem.soc.Ipfum aūta leni & molli, accæteris quæ
narrauimus: CRAT. Profecto.so c.Scis'ne quod idem ,id eſt aſperitasipſa nobis
quidē oxigpótys uo icatur, Eretrienſibus uero oxi spóryg: CRAT.Vting.soc. Vtrữambo
hæclp& o, eidem fimilia uidentur,idemg oſtendűc tam illis per ipliuse
determinacionē,quam nobis pero nouiſſimű,uel alteris noſtrum nihil referunt:
CRAT. Vtriſą plane demonſtrant. soc. Vtrum quatenus fimilia ſuntp & o ,uel
quatenus diſſimilia: CRAT. Quatenus fimilia . soc. Nunquid penitus ſimilia
ſunt,ad lacionē æque ſignificandā : quin & ipſum a inie ctum ,cur non
contrariū aſperitatis ipſius ſignificat: CRAT. Forte'non recte iniectữeſt ô
Socrates, quamadmodūea quæ tu in ſuperioribus cum Hermogenehoc tractabas,dum
&auferebas &inferebas literas ubimaximeoportebat. Acrecte mihi facere
uidebaris. &nunc forte pro 1, s apponendű eſt.so.Probeloqueris. Quid uero
nuncuc loqui nihil percipimus inuicé, quando quis orangón pronunciat : nec tu quidnuncego
dicã, intelligis: CRAT.Intelligo equidem propter conſuetudiné.soc.Ouir
lepidiſſime,cum confuetudinem dicis , quid aliud præter conuentionem dicere
putas. An aliud conſuetu dinem uocas, quàm quodego cum id pronuncio,illud
cogito,eu quoc quod ipſe cogítē percipis :Nonhocdicis: CRAT. Hoc ipsum.soc.S
;id mepronunciante cognoscis, per mne tibi fit declaratio ,ex diſſimili
uidelicet eius quod ipſe cogitans profero: quãdoquide ipſum , diſſimile eft
eius quo tu ordygótym, id eſt aſperitatem úocas. Si hoc ita ſe habet, profecto
ipfe ad id teipfum aſſuefacis, & ex hac conuentione rectam tibi nominis
ratio nem proponis ,poſtộ tibi idem tã diſſimiles of ſimiles literæ repræſentãt
propter ipfum conſuetudinis & conuentionis acceſſum.Sinautem conſuetudo
conuentio minime fit; haudadhuc recte dici poterit ſimilitudinē eſſe
declarationem, imò cõſuetudinem dicere oportebar. Siquidē ex
ſimilitudine&diſſimilitudine conſuetudo declarat , Hisaricco ceffis,ô Cratyle
nempe ſilentiñ tuum pro cõceſſioneponam) neceſſe eſt conſuetudině cca aliquid
conuentionēģconcere,conferreġ ad eorû quæ ſentimus& loquimur expreſſio
nem.Nam ſi uelis ,optime uir,ad numerorũ conſiderationem defcendere, quo
pactoſpe ras, adeò propria reperturű te nomina ut ſingulis numeris ſimile nomen
attribuas, ſi no permiſeris cõcefſionem tuam , conuentionemý autoritatê aliquam
circa nominū ratio nem habere: Mihi quidē et illud placet,ur nomina quoad fieri
poteſt, rebus fimilia ſinta Coc Vereor tamen neforte,utdicebatHermogenes,
tenuis quodãmodoſic iſtius ſimilitudi nis uſurpatio , cogamurg & oneroſa
hacre,cõuentioneuidelicet uti, ad recta nominum rationem :quoniã tunc forte pro
uiribus optime diceretur,cum uel omnino ,uel maxima ex parte ſimilibus,id eſt
cõuenientibus diceremus,turpiſſime uero cữ contrà . Hocautē poft hæc inſuper
mihi dicas: quã nobis uim habētnomina, quid'ue pulchrâ perhec effi. cinobis
afferimus:'CRAT.Doceremihi quidē nomina uident,ô Socrates,idý fimplicia ter
aſſerendű , quòd quiſquis nomina ſcit, & res itidē ſciat.so. Forte ô
Cratyle,tale quid cuc dam dicis, q cũnoueritaliquisquale ſitnomē,eſt aūt tale
qualis &res exiſtit, rem quoq ipſam agnoſcet, quandoquidē nominis eft res
ſimilis. Arsaūtuna eadem eſt omniüin cor ter ſe ſimiliū .Hac ratione
inductusdixiſſe uideris; quod quiſquis nomina cognoſcit, res ecc quoghi quoq
ipfas agnoſcet.cRAT.Veraloqueris.soc.Age ,uideamus quismodus docenda rum rerum
iſte ſit ,quem ipſenuncdicis, & utrum alius prætereaſit,hic tamen potior ha
beatur,uel alius præcerhuncnullus. utrum iſtorum pocius arbitraris: CRAT. Hoccerte,
quòd nullusuidelicet alius ſit,fed hic folus & optimus.soc.Vtrum uero &
resipſas ita reperiri cēſes,ut quicung nomina reperit,ea quoq quorum nomina
ſunt,inueniat: An quærendum potiusalium modum quendā,hunco
diſcendű.CRAT.Maximeomniale cundum iſtahuncipfum & quærendű &
inueniendum . soc.Age,ita conſideremus,ô Cratyle: ſiquis dum res
inueſtigat,nominaipſa ſequitur,rimatur; quale unãquodą uule elle,uides maximum
decepcionis pericula ſubit:CRAT. Quo pacto: soc.Quoniam qui principio nominapoſuit,
quales effe resopinatus est, talia quoq nomina,ut diceba mus,effinxit.Nonne
itar CRAT.Ita prorſus. Soc.Siergo illenõrecteſenlit, & ut ſenlie
inſtituit,nõne & nos fequentes eius ueftigia deceptos iri exiſtimasť
CRAT.Haud ita elt imòneceffe ſciencem fuiffe illum quinomina poſuit.Aliter
autem ,ut iamdudâdicebam , nomina nequaſ effent.Euidentiſlimoautem argumento id
eſſe tibipoteſt, haudà ueri tate aberrauiffe nominum autorē,quòd ſimale
ſenſiſſet,nequaq libiita omnia conſona. rent.An non aduertiſti & ipfe, cum
diceresomnia in idem tendere 'soc.Nihil ifta obo. neCratyle,ualet defenſio
.Quid enim mirum eft, li primodeceptus nominâ institutor, se quentia rurſusad
primum ui quadã traxit,& ipfi conſonare coegit:Quemadmodücirca figuras
interdűexiguo quodam primo ignoto falſof exiſtente , reliqua deinceps multa
Circa prin , inuicem conſonant . Debetenim quiſo circa rei cuiuſ principium
ſtatuendű differere » cipium ſta , multa,diligentiſſime conliderare,utrum recte
decernat,nec ne . quo quidem fufficiens tuendă diſ ter examinato ,cætera iam
principium fequidebent, Miror tamen ,fi nomina libímet con i ſereremulta
gruunt. Conſideremus iterum quæ ſupra retulimus. diximus profecto ita nomina
effen. oportet tiam ſignificare qualiomnia currat,ferant & defluant.
Ita'nelignificare cenſes ? CRAT. Ita certe. & recte quidē.soc.Videamusitaqs
ex illis aliqua repetentes . Principio nom hocwrshug,id eſt ſcientia ambiguum
eſt,magis a ſignificare uidetur, quod istory,ideft fiftit in rebus animam , ĝ
quod cum rebus pariter circumfertur:rectiusos eſſe uidetur, ut principium
eiusutnuncüdishulu dicamus, per e ipſius eiectionem , & pro 4, 5 potius
adijciamus. Deinde Bébajok , id eſt firmum dicitur, quoniam badoows &
scotas, ideft firmamenti, et status potius quam lationis est imitation. Præterea
igoelæ ad forte ſignifi cat quod isgor t powi, id eft ſiſtit fluxum , &
ipſum nisov,id eſt credendum , isaw , id eſtfira mare omnino
ſignificat.Quinetiã uykusid eſtmemoria,oftendit prorſus quod in anima
nõagitatio eft,fedpovni,id eft quies,ſtabilise permanſio. Atquifiquis nomina
ipſaobler ueta écueapariæ & ovuqoça ,id eft error & cótingentia caſus
,idem uidebuntinferre,quod owens & ufiskur, id est intelligentia at
scientia, & cætera nomina quæ præclarisſunt rebus impoſita.ltem cualíc
& cronacíc , id eſt inſcitia & intêperantia ,proxima hisui dentur
.icuclic quidē importareuidetur,&cket demi loves aegear, id est simul cum
deo eun tis progreſſum . cronæriæ uero omnino quandam ipfarum rerum
arodubiav,id eft perſe. cutionem atq cogreffum .At ita quæ rerum turpiſſimarű
nominaeffe putamus,nomi num illorû quę circa pulcherrimaſunt,
ſimillimauidebuntur.Arbitror & aliamultare periri poffe,fiquis ad hæc
incumbat, ex quibus iterum iudicabit nominữautorêno cur rentes delataso res,imò
ftabiles indicare. CRAT.Verūtamen multa o Socrates ſecundi agitationis
ſignificationē uides illum conſtituiffe.soc. Quid agemusô Cratyle : Nun quid
fuffragiorû calculorum inſtarnomina ipſa dinumerabimus : at ad hancnormă
derecta ratione nominū iudicabimus,ut ea tandem uera ſint,quibus significationes
plu rium nominum fuffragantur: CRAT.Haud decet . soc. Non certe amice. Sed his
iam omiſſis,redeamus illuc unde digreffifumus.
Dixiſtinuper,firecordaris,neceffariñelle, illűquinomina ſtatuit,prænouille ea
quibus nomina tribuebat:perſtasadhuc in ſenten tia ,nec'ne'CRAT. Adhuc.so
c.Nunquid & illum quiprimanominapoſuit,nouiſicais dum poneret: CRAT. Nouiſſe.soc.Quibusex
nominibus resueldidicerat,uel invene rat, quando necdâ primanomina fuerāt
inftitutar cum dicta ſit impossibile esse resuelig vuenire, uel diſcere,niſi
qualia nominaſint,didicerimus,uelipfinosinuenerimus. CRAT: Videris mihinonnihil
ô Socrates, dicere. soc.Quo igitur pacto dicemus eos ſcientes, nomina
poſgillexuellegum & nominü conditores ante poſitionem cuiuslibet nominis
extitille extitiffe, eosý res antea cognouiffe,fiquidem nõ aliter quam ex
nominibus diſcires por finer"CRAT. Reor equidem Socratesueriſsimum eum
effe fermonem quo diciturex.co cellentiorem quandam potentiam quam humanam
primarebus nomina præbuiffe, quo neceffarium lit ut recte fuerint diſtributa .
soc. Nunquid putas cótraria libijpfipofuif-cc ſe nominum autorē li dæmõ aliquis
ueldeusextitit: an nihiltibi fupra dixiffe uidemur: CRAT.Forte'nondum alterum
iftorum nomina erant. soc. Vtraigitur erantuir opti me; num quæ ad ftatum uerguntian
quæ ad motum potius Neq enim , utmodo dixi mus,multitudineiudicabitur. CRAT.Sic
decet Socrates.soc.Cum itaque diſſentiant contendanto de ueritate inuicem
nomina, & tam hæcquàm illa uero propinquiora effe feafferant,cuiusadnormam
dijudicabimus.Quò nos uertemus: Nec enimad alia no mina confugiemus, quia
præterhæcnulla. Verum alia quædam præter nomina quæren da funt,quæ nobis
oftendantabſque nominibus,utra iſtorum uera ſint, rerum uidelicet monſtrantia
ueritatem . CRAT.Itamihiuidetur.soc.Si hæc uera ſunt Cratyle , pof
ſunt,utuidetur, res line nominibus percipi. CROT. Apparet. soc. Per quid
potiſsi mum aliud fperas res ipfas percipere:Nónne per quod conſentaneum ac
decenseft: pet mutuam illarum communionem , fcilicet fiquomodo inuicem cognatæ
sunt, & perse ipsas maxime. Quod enim aliud eft ab illis , aliud quiddam
non illas significat. CRAT. Vera loquiuideris.soc.Dicobſecro nonne iam fæpe
conceſsimus,nomina quæ recte pofita funt,fimilia illorum eſſe quorum
ſuntnomina,rerão imagineseffe: CRAT. Con ceſsimus planè.soc.Si ergo
licetrespernominadiſcere , acetiam per ſeipfas, quæ præ ftantior erit lucidiorý
perceptio :Num si ex imagine cogitetur et imago ipſa utrum re cteexpreſſa fit,
& ueritas cuiushæc eftimago: Anpotiusfi ex ueritate tam ueritas ipſa . quàmipſius
imago,nunquid decenter imago ad eam fueritinſtitucar CRAT. Siexueri tate.soc. Qua
ratione res vel per doctrinam vel per inventione comprehendendęſint; iudicare, maioris
quàm meum ac tuūſit, ingenñ opus esse uidetur. Sufficiat autem nunc internos
conftitiffe quod non ex nominibus,immoex ſe ipſis potiusdifcendæ quæren dæg
ſunt.ERAT. Sicapparet ô Socrates .soc.Animaduertamus & hocpræterea,në mulra
hæcnomina in idem tendentia nosdecipiant, cũ quiilla impofuerunt, currere om
nia semper flueresputauerint,ato ea cõſideratione
poluerint:uidenturnempemihiita exiftimaffe:quorû camēopinio fi talis
extitit,falſahabêda eſt.profecto illiuelut in quan dam delapfi uertiginem ,
& ipfi uacillant iactanturcs, & nosin eadem rapientes immer gunt. Cõlidera
uir mirifice Cratyle quod ego sæpenumero fomnio , utrum dicendû est: esse
aliquid ipſum pulchrum ac bonum ,& unum quodas exiſtentium ita,nec ne.CRAT.
Mihiquidem ô Socrates eſſe uidetur.so c .Illud igitur ipſum cõſideremus, non ſi
uul cus quidam aut aliquid taliú pulchrum eſt, quippe hæc omnia fluunt:ſed
ipſum pulchrữ dicimus,nonneſemper tale quale eſt perfeuerat : CRAT. Neceſſe
eſt.soc. Nunquid possibile eft ipſum recte denominare si ſemper fubterfugit,
acprimo quid illud fic dein de quale ſit dicereruelneceſſariû eſt,dum loquimur
aliudipſum ftatim fieri,iugitero dif fugere,nec tale amplius eſſe: CRAT. Neceflarium.soc.
Quo pacto aliquid illud erit, quod nunquam eodem modo ſe habet: Sienim quandoq
eodem modo fe habet , eo in tempore minimepermutatur:fin autem ſemper eodémodo
ſe habet;idemg exiſtit , quo modo tranfituelmouetur, cum ideam ſuam non
deferat: CRAT. Nullo pacto: so ca Præterea ànullo cognosceretur. dum enim
cognitura uis ipsum aggrederetur, aliud alie numosfieret.quare quid ſit aut
quale cognoſcinõpoffet .nam cognitionulla ita réper cipit, utnullo modo fe
habentem percipiat. CRAT. Eft ut ais.soc . Sed ne cognitio nem ipfam effe
affirmandẫeſt ô Cratyle ſi deciduntomnia,nihilg permanet.Sienim co gnitio ex eo
quod cognitio eſtnon decidit, permanebit semper, ac ſemper eritcognitio irautem
cognitionis ſpeciesipſa diſcedit,ſimul & in aliam cognitionis fpeciem
delabe tur,neæ cognitio erit.Quod fi perpetuomigrat , ſempernon erit cognitio.
Aro hacra . tionenew quod.cogniturum eſt,nec quod cognoſcen lum ,ſemper erit.
Sinautem fem per eſt quod cognoſcit,eft quod cognoſcitur,eft pulchrű,eft &
bonum , eſtý deniq exi. Itențium unűquod & quæ in præſentia dicimus,fluxus
lationis ſimilia non uidentur.Vtrum uero hæcita ſint,an ut
dicebantHeraclitiſectatores, alijg permulti,haud facile di ſcerni poteſt.Nec
hominis ſanæmentis eft feipfum animumg luū nominibuscredere; & autorem
nominum sapientem asseverare, atqz ita de ſeipſo rebus omnibus maleſen 9 )
tire,ut putet nihil integrum firmumą exiftere,ied omnia uelutfictilia fluere
atg conci. v dere, &quemadmodum homines deſtillationibus capitisęgrotantes,fimiliter
quoqres w ipsas affici iudicet, adeo ut deſtillatione et fluxu omnia
comprehendantur. Forteộ Cratyle ita eſt,forteetiã aliter:forti animo
&diligenti ſtudio inueftiganda res eſt.neqením fácile aſſentiendum.Iuuenis
adhuces , arque tibi fufficitætas. Et liquid inveneris inda gando, mihi quog
impartiri debes. CRAT. Nauabo operam Socrates. Ac certe {cito meetiam in
præfentia non torpere,immocogitāti mihi et multa animo reuoluenti mul tomagis
ita ut dicebas ipse, quam ut Heraclitus,res ſeſe habere uidentur.soc.Dein ceps
amice poftquam redieris me docero . Nuncautemut conſtituiſti in agrum perge.
Atqui & Hermogenes hicte comitabitur. CRAT. Fietutmones Socrates.Verum tu
quoque iam de his cogita. Roberto Dionigi. Keywords: ermeneutica, svolta linguistica,
cratilo, linguaggio, la forma del linguaggio, forma logica. Nietzsche. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Dionigi” – The Swimming-Pool Library.
Disertori (Trento).
Filosofo. Grice: “I like Disertori; especially his ‘studi platonici’ on the
archer, and, ‘under the sky (or is it heaven – ‘cielo’ is a trick) of Saturn!” Frequenta
il Ginnasio liceo Prati. Si iscrive poi a Firenze e quindi si trasferisce a Genova,
dove si laurea con “Fisio-patologia del sistema nervoso centrale”. Si
trasferisce a Milano e si specializza in neurologia e psichiatria con Besta.
Torna a Trento, dove esercita la libera professione: la carriera pubblica e
ospedaliera gli era preclusa in quanto privo della tessera del Partito
Nazionale Fascista. Antifascista da
sempre, negli anni quaranta partecipa attivamente alla Resistenza, incontrando
fra gli altri Reale, Pacciardi, Battisti, Bacchi, e Manci. -- è costretto a
riparare in Svizzera. Finita la guerra ritorna in Italia e, a Trento, diventa
primario nel reparto di neurologia dell'ospedale Santa Chiara e docente sia di
neurologia e psichiatria a Padova, sia di socio-psichiatria e criminologia a Trento. Pubblica più di 300 saggi di filosofia. Per tutto il secondo dopoguerra si occupa
attivamente di politica, ricoprendo la carica di presidente regionale del
Partito Repubblicano. Diventa inoltre presidente della Croce Rossa .Altre
opere: “Il libro della vita”; “Trattato delle nevrosi”; “De anima”; “Trattato
di psichiatria e socio-psichiatria”; “Sfida al secolo, 1975. La collezione si
trova già chiaramente ordinata e organizzata dal Disertori stesso, con un ricco
carteggio con scienziati, personalità politiche e del mondo della cultura,
documenti sull'attività scientifica e pubblicazioni; cronache e materiali
raccolti durante i viaggi; recensioni alle sue opere e materiali di ricerche
scientifiche. Coppola, Passerini,
Zandonati. SIUSA. G. Coppola, A. Passerini e G. Zandonati , Un
secolo di vita degli Agiati. “Sotto il segno dell'uomo” Beppino Disertori. Atti
del convegno di studio, Trento, Palazzo Geremia, Pensiero e opera letteraria di
Beppino Disertori, Manfrini, Calliano (TN), L. Menapace et al. , Note
biografiche, R. Bacchi et al. , Biografia, Accademia del Buonconsiglio, Trento,
Beppino Disertori. Giuseppe Disertori. Keywords: libro della vita (why do we
live?), il messagio di Timeo, itinerari pitagorici, pitagora e aligheri –
tensione dell’arco vuolo – eraclito – platone – politeia di Platone – Grice on
Plato’s Republic – plato carmide e la medicina – dell’anima – psicologia
teoretica -- sul segno dell’uomo, de anima. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Disertori” – The Swimming-Pool Library.
Dòdaro (Bari).
Filosofo. Grice: “Dòdaro is an interesting one –
totally cryptic of course! It is as if he were Nowell-Smith, Austin, and Donne,
combined into one! Recall Nowell-Smith’s challenge to Austin: “Donne is
incomprehensible,” “He surely ain’t!” Costretto
a riparare a Turi per sfuggire ai bombardamenti. A Bari si legò a Maglione,
Castellano, Piccinni e, assieme allo zio Silvio, prendeva parte agli incontri
artistici e letterari del caffè-pasticceria Il Sottano (in quegli anni
frequentato da Moro, Albertazzi, Scotellaro, Bodini, Calò ecc.), fondato da Scaturchio,
e agli incontri di Laterza e del circolo La Scaletta di Matera. Nello stesso
periodo conobbe Nazariantz, il quale rappresentò per Dòdaro una sorta di guida,
fu lui, infatti, a introdurlo per la prima volta agli incontri del Sottano dove
ebbe modo di stringere amicizia con Bodini, Calò, Scotellaro. Abbandonò presto
Bari, tentando una prima fuga a Parigi, città in cui sarebbe tornato a vivere
altre volte, prima di tornare a Bari per poi trasferirsi a Lecce. Altre tappe,
prima del trasferimento a Lecce, furono Milano e Bologna. Divenne allievo di Morandi,
presso l'accademia, infatti, prime espressioni della sua attività artistica
furono la pittura, praticata per una manciata di anni, e il teatro, poi diluito
nelle successive esperienze poetiche e narrative. Come pittore produsse alcuni
quadri in cui all'informale materico univa le combustioni, applicate, di fatto:
Verri riporta in suo intervento: arriva con la novità dei colori
"bruciati". Di questo ciclo di opere faceva parte "Svergognato incantesimo
di barca", che gli valse, successivamente, la segnalazione presso il
premio "Il maggio di Bari". Prima del trasferimento a Lecce, lavora presso
l'ufficio stampa della Fiera del Levante, a stretto contatto con Fiore, figlio
di Tommaso, venendo influenzato dal meridionalismo. Sempre nel clima della
Fiera del levante, strinse un ottimo legame con Tot. Al suo arrivo a Lecce riallacciò
i rapporti con Bodini e Calò, oltre che con Suppressa, conosciuto in occasione
del premio Il Maggio di Bari, entrò, inoltre, in contatto con quelli che
sarebbero stati poi suoi amici e compagni artistici: Durante, Massari, Candia, Pagano.
Ebbe frequentazioni con Bene e strinse importanti sodalizi amicali e letterari
con Verri, Gelli, Caruso, il quale, in corrispondenze private, ebbe modo di
rinominare la loro amicizia e collaborazione come il "sodalizio Caruso-Dòdaro".
A Leccesi rese protagonista, con Candia, di un grande falò in cui i due
bruciarono tutti i quadri realizzati fino a quel momento. Per quanto riguarda
l'opera pittorica "Svergognato
incantesimo di barca", insieme a pochi altri, si salvò dal falò perché
all'epoca custodito presso la casa dello zio Silvio. Dopo questo iniziale
periodo di ricerca e sperimentazione, abbandona la scena artistica per circa
vent'anni, anni in cui si dedicò allo studio intenso nel tentativo di scoprire
il perché del linguaggio, rompendo il silenzio con la fondazione del Movimento
di Arte Genetica con sede a Lecce, Genova e Toronto. Con tale movimento, rintracci
l’origine dell’italiano o romano nel battito materno ascoltato in età fetale,
teorizzando il romano o italiano come una congiunzione volta a rifondare la
dualità dell’essere umano non un regressus ad uterum, bensì la coppia, la
dualità, ovvero la dimensione originaria della comunione con l’altro e come lutto,
annodandolo alla mancanza di Lacan. Il movimento si doterà di due riviste:
“Ghen”, giornale modulare ideato da Dòdaro con sede a Lecce, e “Ghen Res
Extensa Ligu” con sede a Genova e diretta da Mignani. L’idea del modulo come
unità di misura sarà alla base della struttura modulare di “Ghen” oltre che
della concezione dello spazio, mutuata sempre dagli studi sulla dimensione pre-natale,
fino a sfociare nel manifesto "Incliniamo l’orizzonte”. L’italiano o il
romano diventa una congiunzione, una dichiarazione onomatopeica in cui si
alimentava il trionfo del lutto e la mancanza. L’orizzonte diventa orizzonte
mediale: poesie per i treni, per gli altoparlanti e più in là romanzi in tre
cartelle, romanzi su cartolina, collane spaginate, poesie e poesie visive da
proiettare per le strade, poesie per internet, net.poetry, narrazioni su
leaflet, romanzi da muro-narrativa concreta, romanzi di cento parole da
pubblicare in store, nelle vetrine dei negozi. Al Movimento di Arte Genetica
aderirono, o ruotarono attorno alle sue riviste e attività, un numero considerevole
di autori provenienti dalle sperimentazioni poetiche e poetico-visive,
performative, sonore, plastiche: Miccini, Marras, Mignani, Fontana, Munari,
Fiore, Dramis, Perfetti, Pagano, Gelli, Noci, Greco, Lorenzo, Marocco, Massari,
Miglietta, Center of Art and Communication (Toronto), Giorgio Barberi
Squarotti, Toshiaki Minemura, Xerra, Sicoli, Souza, Alternativa Zero,
Experimental Art Foundation (South Australia), Block Cor (Amsterdam),
Genetet-Morel, Lepage, Martini, Valentini, Restany, Etlinger, Caruso, Verri,
Miglietta, Nigro ecc. Con la nascita del movimento di Arte Genetica,
avvia una personale riflessione sull'oggetto-libro e le sue modalità fruitive,
avviava il progetto "Archivio degli operatori pugliesi", per una
catalogazione degli operatori estetici e culturali. Crea e anima «il centro di
ricerca 1.4.7.8. (strutturato, nel nome, sulle coordinate della Classificazione
Decimale Dewey, ad indicare i percorsi di ricerca: filosofia, linguistica,
arte, letteratura), ospitato dalla Libreria Adriatica di Lecce, e con il quale
coinvolge numerosi operatori del territorio (docenti universitari, il gruppo
Gramma, il Centro ricerche estetiche fondato a Novoli da Greco e Lorenzo, il
gruppo Oistros di Durante e Santoro, gli autori del gruppo di Arte Genetica da
lui fondato ecc). Ha diretto la casa editrice Conte di Lecce, ha fondato a
Lecce, il movimento letterario New PageNarrativa in store. La sua attività letteraria
ed editoriale è stata caratterizzata da
uno spiccato senso per la formazione di gruppi e la ricerca di autori da
lanciare, rappresentando sul territorio pugliese un autentico volano per
operazioni di ampio respiro che andavano spesso a coinvolgere autori del
panorama letterario internazionale. Idea e dirige una mole notevole di
collane editoriali volte al rinnovamento dell’oggetto-libro, fra queste:
«Scritture» (Parabita, Il Laboratorio), «Spagine. Scritture infinite»
(Caprarica di Lecce, Pensionante de' Saraceni) scritture di ricerca formato
poster, spaginate, «Compact Type. Nuova narrativa» (Caprarica di Lecce,
Pensionante de' Saraceni) ovvero romanzi in tre cartelle, «Diapoesitive.
Scritture per gli schermi» (Caprarica di Lecce, Pensionante de' Saraceni)
scritture di ricerca da proiettare, «Mail Fiction» (Caprarica di Lecce,
Pensionante de' Saraceni) romanzi su cartolina, «Wall Word» (Lecce, Conte
Editore,)tradotta in giapponese ed esposta all’Hokkaido Museum of Literature di
Sappororomanzi da muro, ovvero collana di narrativa concreta, «International
Mail Stories» (Lecce, Conte Editore), «Internet Poetry» (Lecce, Conte Editore)
una delle primissime esperienze italiane di net poetry, «Walkman Fiction.
Romanzi da ascoltare» (Lecce, Argo), «E 800 European Literature», in 5 lingue
(Lecce, Conte Editore), «Pieghe narrative» (Lecce, Conte Editore), «Pieghe
poetiche» (Lecce, Conte Editore), «Pieghe della memoria» (Lecce, Conte Editore),
«Foglie nude» (Doria di Cassano Jonio), «Locandine letterarie» (Lecce, Il
Raggio Verde), «Romanzi nudi» (Lecce) in unico esemplare, «Carte letterarie»
(Lecce, Astragali), «792 Mail Theatre» (Lecce, Astragali), «New Page. Narrativa
in store», (Lecce) narrativa breve, poi anche poesia e teatro, in cento parole,
collana che guarda alla comunicazione pubblicitaria con i testi applicati su
crowner, pannelli cartonati in uso nella comunicazione pubblicitaria, ed
esposti in store, nelle vetrine dei negozi. Nell'ambito della poesia
verbo-visiva e del libro-oggetto, è presente in numerose manifestazioni di
«Nuova scrittura»: Ma il vero scandalo è la poesia. Un salto di codice,
Ferrara, Ipermedia; Attorno a noi poeti in gruppo, Strudà (Lecce), Ospedale
psichiatrico; Dentro fuori luogo, Casarano, Palazzo D'Elia; Centro
internazionale Brera, Documenti di gestione alternativa. Appunti sulla Puglia,
Milano, Chiesa San Corpoforo; Artigianare '81, Lecce,1981; Cercare Bodini, Bari
/ Lecce, Ab origine, Martina Franca; Parola fra spazio e suono. Situazione
italiana, Viareggio; Le brache di Gutenberg, Caruso, Visco, Livorno; Far libro.
Libri e pagine d' artsta in Italia, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Il
segno della parola e la parola del segno, Milano, Mercato del sale, Breton et
le poeme-objet, Ugo Carrega, Milano, Mercato del sale, Le porte di Sibari, Sibari,
Visibile Language. Numero speciale sulla poesia visuale. Sezione Italia, E.
Minarelli, USA; Cartoline d'artista, Livorno, Belforte, Terra del fuoco.
Intersezioni per Adriano Spatola, QuartoNapoli, La parola dipinta. Rassegna di
poesia visuale, Belluno, Comune di Gallarate Civica galleria d'arte moderna.
Casa d'EuropaSede di Gallarate, Pagine e dintorni, Libri d' artis ta, Gallarate,L.
Pignotti, “La poesia visiva”, L'immaginazione (Lecce), S-covando l'uovo,
Firenze, Terra del fuoco, QuartoNapoli, Musei Civici di Mantova, Poesia totale.
Dal colpo di dadi alla Poesia visuale. Mantova, Sarenco, Palazzo della Ragione,
Archivio libri d' artista. Laboratorio 66, G. Gini e F. Fedi, Milano, È
presente in Musei, Biblioteche, Archivi. Tra i più importanti: Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze“Libri e pagine d'artis ta”con l’opera Mar/e
amniotico, 1983; Galleria d’arte moderna di Gallarate, con le opere Mourning
Processes. The word, 1991 e Processi di lutto. Notizen: dis, 1991; Museo S.
Castromediano di Lecce, con l'opera Matram psicofisica, Archivio Sackner, Miami
Beach, e Archivio Della Grazia di nuova scrittura, Milano, con varie opere;
Hokkaido Museum of Literature, con la collane “Wall Word”, nteramente tradotta
in giapponese; Imago mundi-Visual poetry in Europe (Fondazione Benetton, ) ecc.
Altre opere: Dichiarazione onomatopeica (Lecce); Progetto negativo (Lecce,);
Disianza Congiuntiva (Livorno); Disperate Professore (Parabita); dis/adriatico
(Caprarica di Lecce); Tracce di un discorso amoroso (Caprarica di Lecce);
Compact Type. Nuova narrative Con A. Verri, (Caprarica di Lecc); Sconcetti di
luna (Caprarica di Lecce); Mail Fiction. Free Lances Con A. Verri(Caprarica di
Lecce); Navigli (Caprarica di Lecce); Void Fiction (Sibari,); Street Stories
(Lecce)tradotto in giapponese(SapporoJapan); Parole morte. Dead Words (Lecce);
L’addio alle scene (Lecce); Antonio Verri. Schegge del contestocon M. Nocera
(Lecce); 18 i titoli pubblicati su leaflets (Lecce), 16 «Pieghe narrative» e 2
«Pieghe poetiche»: “Pieghe narrative”: Vento, vento, I colombi della clausura,
Il figlio dell'anima, La Balilla , Graziato, Il monumento, Dove volano i
gabbiani, La mimosa, Ricordanze zigane, Franco, Joe Cocker, All'ombra del
grande vecchio, Reparto «P», Il tradimento, 27 marzo, L'esame. “Pieghe
poetiche”: Rosa virginale, Il solista; Dichiarazione d'innocenza (Lecce); 7 i
«Romanzi nudi», titoli in unico esemplare (Lecce, Dis, Era d’autunno, Il falò, L’Objet
trouvé, Silenzi, Why, Ballata migrante, Uscita in marasma (Lecce); Di viole. D’incanti.
Astragali teatro (Lecce ); New Page: In un bosco di frammenti (Lecce), La
parola tramava (Lecce); Le prime notti stellate (Lecce) interrogatorio violento
(Lecce, ) I suoi ramaggi (Lecce, ). Grigiori dell’anima (lecce, ), Di un
solstizio d’amore (Lecce, ), Maria la magliaia (Lecce, ), Teresa. L’Altrove,
(Lecce, ), La mer. Ma mère (Lecce, ), Una notte senza stelle (Lecce). Le
distese di grano, (Lecce), Gastronomia da asporto (Lecce), Una sua lettera
(Lecce), Trincee matricali (Lecce), Compagno d’accademia (Lecce). Tra i
gabbiani (Lecce), Cioccolatini di Chicago (Lecce), Cantata duale (Lecce). La
tromba dell’altrove (Lecce), Il nipote violoncellista (Lecce); ‘Operatori
culturali contemporanei in Puglia. Archivio storico divulgativo, Lecce); “Ambivalenze
genetiche”, Ghen (Lecce) ora in “Genetic Ambivalencie”, Art Communication
Edition, Toronto-Canada) “Links”, Ghen (Lecce), “Il complesso di Edipo e quello
di Caino”, Quotidiano (Lecce); “I processi di lutto. La Weltanschauung ghenica”
in , La parola tra spazio e suono. Situazione italiana, Viareggio, “Codice yem:
le origini del linguaggio, ovvero la rifondazione della coppia”, Ghen (Lecce) (ora
in Regione Puglia, Creatività e linguaggio. Atti del Convegno, Maglie);
“Dis-astro”, in A. Massari, Dis-astro. Loos, Lecce, “L’area inter-media”, in F.
Gelli, Transitional Objects. Mutter Fixerung, Lecce; “Ipotesi interpretativa
del fenomeno droga, formulata da una coscienza che opera nella poetica. Della
scissione. Della prevenzione” in Tossico-dipendenza: progetto di lotta per gli
anni ’80Centro studi giuridici M. Di Pietro. Convegno. Lecce; “Mater
externata”, in L. Caruso, Mater: poesia. Madre e signora dell’acqua, Lecce;
“Lontananze genetiche. Ad cantus enclitico”, in Manifesto mostra gruppo
Ghen, Milano; Progetto negativo, Galatina (ora in Ab origine. Presenze pugliesi
nell’arte contemporanea, Roma-Bari); “La letterarietà di Caruso”, in E. Giannì,
Poiesis: Ricerca poetica in Italia, Arezzo; “La poesia totale di Spatola. Il
convegno di Celle Ligure”, On Board, Lecce; “Wall Word: parole da muro, romanzo
da muro”, in F.S. Dòdaro, Street stories, Lecce; “Dodici haiku. Dodici punti di
rilevamento”, in E. Coriano, A tre deserti dall’ultimo sorriso meccanico. Three
deserts from the shadow of the last mechanical smile, Lecce; “Una pagina
diversa, up to date”, in Pieghe narrative, Lecce; Schede d'arte contemporanea. Implicatura
e Mappatura schedografica degli Autori contemporanei, Lecce; “L’ampliamento
della flessione”, in Archivio libri d’artista. Laboratorio 66, Milano; “Le
anime narranti di Alberto Tallone”, in Alberto Tallone. Manuale tipografico,
Alpigiano (Torino), New Page (Lecce); L'ortografia è morta. L'apparato
pausativo, in New Page (Lecce). Francesco Aprile, Già così tenera di folla, in
Intrecci, Napoli, Oèdipus, Edoardo, un
cavaliere senza terra, su bit. Antonio Verri, Edoardo, Un cavaliere senza
terra, su bit. Francesco Aprile, Poesia
qualepoesia/06: Un’altra pagina. Le ricerche intermediali a Lecce, su Puglia
libre, Testi di teoria letteraria/editoriale, su utsanga. Archivio di nuova scrittura, su verbo visual
virtuale.org. Cantata duale, Imago
mundi-Visual poetry in Europe, su imagomundiart.com. Antonio Verri, Una stupenda generazione,
SudPuglia, Antonio Verri, Edoardo, un cavaliere senza terra, SudPuglia, Francesco
Aprile, Già così tenera di folla, Napoli, Oèdipus, Francesco Aprile, La parola intermediale:
lineamenti di un itinerario pugliese, in Aprile F.-Caggiula C. , La parola
inter-mediale: un itinerario pugliese, Cavallino, Biblioteca Gino Rizzo, Aprile, Fra parola e new media, in Aprile
F.-Caggiula C. , La parola intermediale: un itinerario pugliese (atti del
convegno), Cavallino, Biblioteca Gino Rizzo,
Cristo Caggiula, Intersezioni asemiche nel movimento di Arte Genetica,
in Aprile F.-Caggiula C. , La parola intermediale: un itinerario pugliese ,
Cavallino, Biblioteca Gino Rizzo, Visual
poetry: A short anthology, in utsanga, L'ortografia è morta. L'apparato
pausativo, in utsanga, Testi di teoria letteraria/editoriale, Codice Yem, le origini del linguaggio: ovvero
la rifondazione della coppia, in utsanga, Letterarietà di Caruso, in utsanga,
La poesia totale di Spatola/Il convegno di Celle Ligure, in utsanga Francesco
Aprile, Il rapporto Dòdaro-Verri attraverso la critica, in utsanga Francesco
Aprile, Dal modulo all'internet poetry, in utsanga, Aprile, L’Arte Genetica, in
utsanga, Aprile, New Page: Narrativa, Poesia, Teatro, Scavi in store, in
utsanga, Aprile, New Page: la poiesi come approccio etnografico, Cavallino, Biblioteca
Gino Rizzo, Aprile, New Page, collana di critica letteraria, Sondrio, Edizioni
CFR, Intervista a Vincenzo Lagalla,
Francesco Aprile, in utsanga Lamberto Pignotti, Introduzione, L'addio alle
scene, Lecce, Argo,ora in utsanga Lamberto Pignotti, Rebus, iper-rebus. Parole
da vedere, immagini da leggere, in utsanga, Caruso, Frammento, in utsanga
Julien Blaine, Omaggio alla "O" in Francesco Saverio Dòdaro, in
utsanga Ruggero Maggi, Dedica, utsanga Alessandro Laporta, cercarlo dove non
appare, in utsanga, Mignani, Ghen against again. Risarcimento dei supporti o
della signatura dei segni, in utsanga Egidio Marullo, F. S. Dòdaro. L'ultimo
mentore, in utsanga Omaggio, in
utsanga Cantata plurale, materiali 01,
Caprarica di Lecce, Utsanga. Francesco Saverio Dòdaro. Keywords: mappatura,
signature, segnatura, cantata duale, cantata plurale, origine del romano,
edipo, caino, mancanza di Lanca, communicazione inter-mediale, communicazione
inter-mediale e luto, immagine e signo, sensibilia, visibilia, Freud, Jakobson,
Levi-Strauss, Magritte, “silenzo silenzo silenzo silenzo” Catullo poema rima
ritmo batto cuore figlio madre padre orale genitale ma-ma etymology of ‘altro’
– Hegel on conscience of ego and conscience of alter, Sartre on ‘nous’ and love
affair – infinito – lingua a codice – codice come ripetizione – ripetizione dei
suoni del cuore – ontogenesi ripete filogenesi – commune, vacuum del ventre
della madre, etimologia di termine chiave, fonema, unita etica, unita emica,
Speranza, Schultz, unita emica come classe di unita etica – criterio: un
accordo o codice di relevanza – l’intenzione del mittente. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Dòdaro” – The Swimming-Pool Library.
Donà (Venezia).
Filosofo. Grice: “Well, Donà has philosophised on almost anything – I drank
wine; he philosophises on it – ‘bacchiana,’ he calls it – he has also
philosophised on ‘eros’ for which he uses the very Italian idea of ‘sesso.’ –
And he has also punned with ‘di-segnare’ – ‘di-segno’ – In sum, a genius!” Si
laurea a Venezia sotto Severino, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
dell'Venezia, iniziai a pubblicare diversi saggi per riviste e volumi
collettanei, partecipando, lungo il corso degli anni ottanta, a diversi
convegni e seminari in varie città italiane. A partire dalla fine degli anni
ottanta, collabora con Massimo Cacciari presso la cattedra di Estetica a
Venezia e coordina per alcuni anni i seminari dell'Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici di Venezia. Sempre a partire dalla fine degli anni ottanta,
inizia la sua collaborazione con la rivista di architettura Anfione-Zeto, della
quale dirige ancora oggi la rubrica Theorein. In quegli stessi anni, fonda, con
Massimo Cacciari e Romano Gasparotti, la rivista Paradosso. Negli anni novanta,
invece, ha insegnato Estetica presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia.
Attualmente insegna Metafisica e Ontologia dell'arte presso la Facoltà di
Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È inoltre
curatore, sempre con Romano Gasparotti e Massimo Cacciari, dell'opera postuma
del filosofo Andrea Emo. Dirige per la casa editrice AlboVersorio le collane
"Libri da Ascoltare" e "Anime in dettaglio" ed è membro del
comitato scientifico del festival La Festa della Filosofia. Ha scritto diversi
saggi e articoli per riviste, settimanali e quotidiani di vario genere.
Collabora con il settimanale "L'Espresso". Attività musicale In
qualità di musicista, dopo aver esordito, ancor giovane, con Giorgio Gaslini e
con Enrico Rava, forma un suo gruppo: i Jazz Forms, di cui è leader. In seguito
sviluppa il suo linguaggio trasformando l'idioma ancora bop dei primi anni in
una scrittura più articolata in cui entrano in gioco elementi tratti dalla
musica rock e da molte esperienze etniche maturate nel frattempo con diversi
gruppi musicali. Si esibisce in diverse città italiane con un sestetto, in cui
ad accompagnarlo sono una chitarra, una batteria, un basso, delle percussioni e
una tastiera. Nasce così il Massimo Donà Sextet. Suona con musicisti che
sarebbero diventati protagonisti della scena musicale italiana. Suona in jam
session anche con alcuni padri storici del jazz, come Dizzy Gillespie, Marion
Brown, Dexter Gordon e Kenny Drew. Riprende a suonare professionalmente e forma
un nuovo gruppo: il Massimo Donà Quintet, con il quale si esibisce in Italia e
all'estero. Il quintetto diventa quindi un quartetto; che è la formazione con
cui Donà suona da almeno tre anni. A tutt'oggi il nostro ha all'attivo ben
sette CD incisi con suoi gruppi. La sua etichetta di riferimento è sempre la "Caligola
Records", il cui responsabile artistico è Claudio Donà, fratello di
Massimo e importante critico musicale jazz. Altre opere: “Il 'bello, o di
un accadimento. Il destino dell'opera d'arte” (Helvetia, Venezia); “Le forme
del fare” (Liguori, Napoli); “Sull'assoluto (Per una reinterpretazione
dell'idealismo Hegeliano” (Einaudi, Torino); “Aporia del fondamento” (La Città
del Sole, Napoli); “Fenomenologia del negative” (Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli); “Arte, tragedia, tecnica” (Raffaello Cortina Editore,
Milano); “L' Uno, i molti : Rosmini-Hegel un dialogo filosofico” (Città Nuova,
Roma); “Aporie platoniche. Saggio sul ‘Parmenide’” (Città Nuova, Roma); “Filosofia
del vino” (Bompiani, Milano); Magia e filosofia (Bompiani, Milano); Joseph
Beuys. La vera mimesi, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano); Sulla
negazione, Bompiani, Milano); Serenità: una passione che libera, Bompiani,
Milano); La libertà oltre il male” (Città Nuova, Roma); Il volto di Dio, la
carne dell'uomo, con Piero Coda, AlboVerosio, Milano); Dell'arte in una certa
direzione” (Supernova, Venezia); “Filosofia della musica, Bompiani); Il mistero
dell'esistere: arte, verità e insignificanza nella riflessione teorica di Magritte”
(Mimesis, Milano); L'essere di Dio. Trascendenza e temporalità” (AlboVersorio,
Milano); Dio-Trinità. Tra filosofi e teologi” (Bompiani, Milano); Arte e filosofia”
(Bompiani, Milano); “L'anima del vino. Ahmbè, Bompiani, Milano); “Non uccidere”
(AlboVersorio, Milano); L'aporia del fondamento, Mimesis, Milano), “I ritmi
della creazione” (Bompiani, Milano); La "Resurrezione" di Piero della
Francesca, Mimesis, Milano); Il tempo della verità, Mimesis, Milano ; Non avrai
altro Dio al di fuori di me” (AlboVersorio, Milano); “Il conciliabile e L'inconciliabile.
Restauro Casa D'Arte Futurista Depero” (Mimesis, Milano-Udine PANTA decalogo” (Bompiani, Milano); Filosofia.
Un'avventura senza fine, Bompiani, Milano); Comandamenti. Santificare la festa”
(il Mulino, Bologna Abitare la soglia.
Cinema e filosofia, Mimesis, Milano-Udine); “Eros e tragedia, AlboVersorio,
Milano); “Il vino e il mondo intorno. Dialoghi all'ombra della vite” (Aliberti
Editore, Reggio Emilia Figure
d'Occidente. Platone, Nietzsche e Heidegger” (AlboVersorio, Milano); “Le verità
della natura, AlboVersorio, Milano”; “Filosofia dell'errore” – errore vero, la
verita come errore relative – “Le forme dell'inciampo, Bompiani, Milano); “Parmenide.
Dell'essere e del nulla” (AlboVersorio, Milano); “Eroticamente: per una
filosofia della sessualità” (il prato, Saonara (Padova) Misterio grande. Filosofia di Giacomo
Leopardi, Bompiani, Milano); “Pensare la Trinità. Filosofia europea e orizzonte
trinitario” (Città Nuova, Roma Erranze
(Alfredo Gatto), AlboVersorio, Milano); L'angelo musicante. Caravaggio e la
musica” (Mimesis Edizioni, Milano-Udine); “Parole sonanti. Filosofia e forme
dell'immaginazione” (Moretti & Vitali, Bergamo J. Wolfgang Goethe, Urpflanze. La pianta
originaria; Albo Versorio, Milano); La terra e il sacro. Il tempo della verità,
Luca Taddio, Mimesis, Milano); Teomorfica. Sistema di estetica” (Bompiani,
Milano); “Sovranità del bene. Dalla fiducia alla fede, tra misura e dismisura,
Orthotes, Salerno); “Senso e origine della domanda filosofica, Mimesis,
Milano-Udine); “La filosofia di Miles Davis. Inno all'irrisolutezza” (Mimesis,
Milano-Udine); “Dire l'anima. Sulla natura della conoscenza” (Rosenberg &
Sellier, Torino); “Tutto per nulla. La filosofia di William Shakespeare” (Bompiani,
Milano); “Pensieri bacchici. Vino tra filosofia, letteratura, arte e politica”
(Edizioni Saletta dell'Uva, Caserta); “In Principio. Philosophia sive
Theologia. Meditazioni teologiche e trinitarie, Mimesis, Milano-Udine); “Di
un'ingannevole bellezza. Le "cose" dell'arte” (Bompiani-Giunti,
Milano); “La filosofia dei Beatles” (Mimesis, Milano-Udine); “Un pensiero
sublime: saggi su Gentile” (Inschibboleth, Roma); “Dell'acqua” (La nave di
Teseo, Milano); “Essere e divenire: riflessioni sull'incontraddittorietà a
partire da Fichte” (Mimesis, Milano-Udine); “Di qua, di là. Ariosto e la
filosofia dell'Orlando Furioso” (La nave di Teseo, Milano); “Miracolo naturale.
Leonardo e la Vergine delle rocce” (Mimesis, Milano); "Arte e
Accademia", in Agalma; New Rhapsody in blue, Caligola Records; For miles
and miles, Caligola Records; Spritz, Caligola Records; “Cose dell'altro mondo.
Bi Sol Mi Fa Re, Caligola Records); Ahmbè, Caligola Records; Big Bum, Caligola
Records; Il santo che vola. San Giuseppe da Copertino come un aerostato nelle
mani di Dio, Caligola Records
Iperboliche distanze. Le parole di Andrea Emo, Caligola Records. Il
mistero della bellezza svelato da Massimo Donà. Intervista Alberto Nutricati,
in L'Anima Fa Arte Blog e Rivista di Psicologia Video-intervista sul mistero
dell'esistenza, su asia. "Arte e Accademia", in Agalma, Massimo Donà.
Keywords: eroticamente, per una filosofia della sessualita. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Donà” – The Swimming-Pool Library.
Donatelli (Roma). Filosofo. Grice: “I like Donatelli – his titles
can be too expansive, like the one about ‘philosophy and common experience,’ as
a subtitle, which incorporates the all too controversial notion of experience
simpliciter!” L’etica, la sua storia e le problematiche contemporanee sono al
centro dei suoi interessi. Studia a Roma, dove ha conseguito la laurea e il dottorato.
Insegna alla Luiss Guido Carli. Insegna a Roma. La sua ricerca spazia dalla
ricognizione dei classici dell’etica alla filosofia morale contemporanea. Si
occupa della riflessione sulla vita umana, in bioetica e nel pensiero teoretico
e politico, e del pensiero ambientale. Nel dibattito bio-etico ha difeso una
concezione laica delle istituzioni. La sua proposta si situa nella filosofia di
ispirazione wittgensteiniana (Cavell, Diamond, Murdoch) che fa incontrare con i
temi del pensiero democratico e perfezionista nella scia della filosofia di
Mill. Dirige la rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica (il Mulino). È
membro di numerosi comitati, tra cui del comitato scientifico di Bioetica. Rivista
Interdiscliplinare ed Etica & Politica. Altre opere: “Filosofia morale.
Fondamenti, metodi, sfide pratiche” (Milano, Le Monnier, Il lato ordinario della vita. Filosofia ed
esperienza comune” (Bologna, il Mulino,
Etica. I classici, le teorie e le linee evolutive, Torino, Einaudi); “Quando
giudichiamo morale un’azione?” (Roma-Bari, Laterza); Decidere della propria
vita, Roma-Bari, Laterza); “La vita umana in prima persona duale” (Roma-Bari,
Laterza); “Manuale di etica ambientale” (Firenze, Le Lettere); “James Conant e
Cora Diamond, Rileggere Wittgenstein , Roma, Carocci); “Mill, Roma-Bari,
Laterza); “Virtù” (Roma, Carocci); Immaginazione e la vita morale , Roma,
Carocci); La filosofia morale, Roma-Bari, Laterza); Wittgenstein e l’etica,
Roma-Bari, Laterza);Etica analitica. Analisi, teorie, applicazioni” Milano,
LED,I destini dell'etica Bioetica e
progresso morale dell'Italia, su
ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica. Bioetica Consulta di bioetica Piergiorgio Donatelli. Keywords: let’s
cooperate (cooperiamo), let’s make the strongest utterance; let’s trust each
other; let’s be relevant (siamo relevanti), let’s be perspicuous (siamo
perspicui), prima persona, prima persona duale – noi – nostro – numero nel
verbo greco: singolare, duale, plurale, Mill,
virtu, Conant, ambi, both – the dual – Both conversationalists must
cooperate towards a mutual goal. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Donatelli” –
The Swimming-Pool Library.
Donati (Budrio). Filosofo. Grice: “I like
Donati; most of what he says is very basic, and he says it from what he thinks
is a scientific perspective – but then he writes about morality and you start
to wonder – anyhow, his central concept is that of reflexitvity, which he
multiplies into goal-centred, rule-centred, means-centred, and value-centred –
Since my oeuvre dwells on rellexivity I feel a lot of affection for Donati and
his approach!” Nella sua filosofia occupano una posizione centrale la tematica
epistemologica inerente alla ri-fondazione della ‘sociologia filosofica’, re-interpretata
alla luce della "svolta relazionale”. Su tali basi, vengono svolte l'analisi
del concetto di ‘cittadinanza’, del fenomeno associativo della società civile e
della politiche di welfare state nelle società altamente differenziate;
l'analisi del ruolo dell’istituzione sociale che emergono dai processi di morfo-genesi
sociale, in particolare nelle sfere di terzo settore; l'apertura di una nuova
prospettiva negli studi sul capitale sociale e sui processi di “riflessività” in
rapporto alla legittimazione di nuove forme di democrazia deliberativa. L'elaborazione
di una ‘sociologia filosofica relazionale' è andata di pari passo con la
fondazione filosofica di un nuovo e più generale ‘paradigma relazionale' che si
pone come superamento della contrapposizione fra realismo e costruttivismo, fra
l’individualismo o intersoggetivismo metodologico e olismo o collettivismo metodologico.
Questa prospettiva porta alla elaborazione di nuovi concetti come quelli di “critica
della ragione relazionale” e bene relazionali, come soluzioni rispettivamente
dei problemi inerenti a idiosincrasie culturale e alla mercificazione del
welfare nelle società. L'etichetta "sociologia filosofia relazionale"
viene usata, oltre che da Donati, da vari filosofi. Emirbayer ha scritto un
‘Manifesto di sociologia relazionale' elaborato in maniera del tutto
indipendente rispetto a Donati. Crossley usa la medesima etichetta. Alcuni
studiosi assimilano la sociologia relazionale alla network analysis (Crossley, Mische
), altri tracciano delle differenze fra questi due modi di intendere l'analisi
della società (Donati, Terenzi, Tronca). Indipendentemente dalla filosofia di
Donati, esistono gruppi e reti di sociologia relazionale in vari paesi, tra cui
il Canada (si veda il sito della Canadian Sociological Association,,
l'Australia (si veda il sito della Australian Sociological Association,). In
Italia, gli filosofi vicini a Donati si riconoscono nel network Relational
Studies in Sociology,). Donati ha prodotto numerosi saggi di carattere
teorico ed empirico. Propone una teoria generale per l'analisi della società:
la “sociologia filosofica relazionale”. Insegna a Bologna, direttore del Centro
Studi di Politica Sociale e Sociologia Sanitaria). Presidente dell'Associazione
Italiana di Sociologia. Direttore dell'Osservatorio Nazionale sulla Famiglia.
Ha fatto parte del comitato scientifico di Biennale Democrazia. Fondatore e
Direttore della Rivista “Sociologia e politiche sociali”, editore FrancoAngeli.
Membro del Comitato Scientifico della Rivista "Sociologia", Istituto Luigi
Sturzo, Roma. Ha ricevuto il riconoscimento dell'ONU come membro esperto
distinto nel corso dell'Anno Internazionale della Famiglia. Premio Capri San
Michele per "Pensiero sociale
cristiano e società post-moderna" (Ave, Roma). Premio San Benedetto per la
promozione della Vita e della Famiglia in Europa. Attraverso la sua filosofia,
Donati mostra con specifiche indagini empiriche in che modo la società possa
essere conosciuta e interpretata come una semplice “relazione sociale” diadica
-- e non come un prodotto culturale. La sociologia relazionale (o teoria
relazionale della società) viene per la prima volta esplicitata con “Introduzione
alla sociologia relazionale”. Questa “Introduzione” è nata come una sorta di
“Manifesto della sociologia relazionale”, anche se da allora pochi se ne sono
accorti. I punti essenziali di quel Manifesto sono varie. La sociologia
relazionale consiste nell'osservare che una società, ovvero qualsiasi fenomeno
o formazione sociale (la famiglia, una impresa o società commerciale, una
associazione, una società nazionale), la società globale, non è né una idea (o
una rappresentazione o una realtà mentale soggetiva) né una cosa materiale (o
biologica o fisica in senso lato), ma è una relazione sociale – una
intersoggetivita. L’intersoggetivo è né un “sistema”, più o meno pre-ordinato o
sovrastante i singoli fatti o fenomeni, né un prodotto di una azione soggetiva,
ma un altro ordine di realtà. L’intersoggetivo è relazione. L’interosggetivo è
fatto di una relazioni fra un soggetto S1 e un soggetto S2, che distinguono la
forma e i contenuti di ogni concreta e specifica “diada. L’intersoggetivo – la
relazione intersoggetiva -- deve essere concepito non come una realtà accidentale,
secondaria o derivata dall’altre entità: il soggetto S1 e il soggetto S2),
bensì come un levello ontologico differente sui generis, appunto,
‘l’intersoggetivo’. Affermare che “la società è relazione” può sembrare quasi
ovvio, ma non lo è affatto ove l'affermazione sia intesa come presupposizione
epistemologica generale e quindi si abbia coscienza delle enormi implicazioni
che da essa derivano. Ogni filosofo parlano dell’intersoggetivo della relazione
di una diada fra soggeto S1 e soggetto S2 (Aristotele: ogni uomo e politico,
Marx, Durkheim, Weber, Simmel, Parsons, Luhman, Grice), ma quasi nessuno ha
compiuto l'operazione che viene proposta dalla sociologia
relazionale: partire dal presupposto che “all'inizio c'è la relazione”,
ossia che ogni realtà sociale emerge da un contesto di relazioni e genera un
contesto di relazioni essendo essa stessa ‘relazione sociale'. Ciò non
significa in alcun modo aderire ad un punto di vista di relativismo. Si tratta
esattamente del contrario: la sociologia relazionale si fonda su una ontologia
dell’intersoggetivo relazionale, e dunque su una ontologia dell’intersoggetivo
della relazione che vede nella relazioni il costitutivo di ogni realtà sociale
seconda la loro propria natura. La sociologia relazionale e una forma del relazionismo
filosofico. Per l’intersoggetivo (la relazione) intende l’intersoggetivo nel
spazio-tempo, dell'inter-umano, ossia ciò che sta fra un soggetto agente S1 e
un soggetto agente S2 chi collaborano, o cooperano. e checome tale costituisce
il loro orientarsi e agire reciproco (o riflessivo, al modo di Grice), per
distinzione da ciò che sta nel singolo attore individualo o collettivo considerati
come poli o termini della relazione. Questa «realtà dell’intersoggetivo – che
Donati chiama ‘il fra’ -- fatta insieme di due soggetti che collaboron, è la
sfera in cui vengono definite sia la distanza sia l'integrazione dei due
soggetti che stanno in società: dipende da questo ‘fra’ – fra tu e me -- (la
relazione sociale in cui le due soggetti si trovano) se, in che forma, misura e
qualità le due soggetti può distaccarsi o coinvolgersi rispetto agli altri
soggetti più o meno prossimi, alle istituzioni e in generale rispetto alle dinamiche
della vita sociale. La teoria relazionale della società ha elaborato nuovi
concetti che sono stati utilizzati non solo da filosofi, ma anche in altri
campi, come il diritto, la legislazione sociale, l'economia. I concetti originali
elaborati da Donati sono varie. Il concetto di ‘privato sociale’ e applicato in
molte leggi dello Stato italiano. Il concetto di ‘cittadinanza societaria è
stato utilizzato dal Consiglio di Stato (Sezione consultiva per gli atti
normativi, Adunanza, N. della Sezione: in importanti deliberazioni. Il concetto
di ‘beni relazionali’ è stato ripreso in campo economico da filosofi come
Zamagni e Bruni. Il concetto di un ‘servizio relazionale’ è stato ripreso nella
legislazione regionale e nazionale in Italia, anche in relazione alla buona
pratica nelle politiche familiari analizzate con le ricerche svolte per
l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il concetto di ‘lavoro relazionale’ e
il concetto di ‘contratto relazionale’ sono importanti. Il concetto di ‘welfare
relazionale’ e usanto in buona pratica nei servizi alle famiglie (utilizzato dal
Centro studi Erickson). Il concetto di ‘differenziazione relazionale’ si
applica in particolare alla problematica della conciliazione fra lavoro e
famiglia. Il concetto di una critica della ‘ragione relazionale’ e dato come
una possibile soluzione ai problemi dei conflitto. Il concetto di capitale
sociale come relazione sociale con una ridefinizione degli studi sociologici si
applica nel capitale sociale. Il concetto di "riflessività
relazionale" si applica per superare il concetto puramente soggettivo di
riflessività come mera riflessione interiore. Il concetto di "genoma
sociale della famiglia" s’applica nella evoluzione. Ha affrontato una
serie di tematiche di ricerca il cui sviluppo è ancora in corso. La prima e più
estesa riguarda la tematica della sociologia della famiglia. Si vedano I saggi
di Donati, Lineamenti di sociologia della famiglia. Un approccio relazionale
all'indagine sociologica, Carocci, Roma, Donati, Manuale di sociologia della
famiglia, Laterza, Roma-Bari). Si vedano anche i Rapporti Cisf sulla famiglia
in Italia, per gli aspetti applicativi: Sociologia delle politiche familiari,
Carocci, Roma, è il più recenteDonati "La famiglia. Il genoma che fa
vivere la società", Soveria Mannelli, Rubbettino. Un'altra tematica è
quella della salute: si veda Donati Manuale
di sociologia sanitaria” (La Nuova Italia Scientifica, Roma); Sui giovani e le
generazioni nella società dell'indifferenza etica: “Giovani e generazioni.
Quando si cresce in una società eticamente neutral” (il Mulino, Bologna); Sul
cittadinanza e welfare: La cittadinanza societaria, Laterza, Roma- Bari); Sul
welfare state e le politiche sociali, “Risposte alla crisi dello Stato sociale”
(Franco Angeli, Milano); “Lo Stato sociale in Italia: bilanci e prospettive”
(Mondadori, Milano); “Sul privato sociale o terzo settore e la società civile:
Sociologia del terzo settore” (Carocci, Roma); sulla società civile: “La
società civile in Italia, Mondadori, Milano; Generare “il civile”: nuove
esperienze nella società italiana, il Mulino, Bologna); Il privato sociale che
emerge: realtà e dilemmi, il Mulino, Bologna, Sul lavoro: Il lavoro che emerge,
Bollati Boringhieri, Torino); I rapporti fra sociologia relazionale e pensiero
sociale cristiano: Pensiero sociale cristiano e società post-moderna, Editrice
Ave, Roma, La matrice teologica della società, Rubbettino, Soveria Mannelli. Sul
capitale sociale: Donati, Terzo settore e valorizzazione del capitale sociale
in Italia: luoghi e attori, FrancoAngeli, Milano, Donati, I. Colozzi, Capitale
sociale delle famiglie e processi di socializzazione. Un confronto fra scuole
statali e di privato sociale (FrancoAngeli, Milano). Attraverso queste saggi,
la sociologia relazionale ha sviluppato un nuovo quadro teorico e ne ha
dimostrato la validità sia sul piano della ricerca empirica, sia sul piano
delle applicazioni concrete (in termini di legislazione e di programmi di
intervento sociale). La conoscenza sociologica che la sociologia relazionale
intende perseguire non rifiuta a priori nessuna teoria, né vuole “unificare”
tutte le teorie sotto un'unica bandiera, ma tutte le prende in considerazione e
le valuta per mettere in evidenza quelle verità, anche parziali, che ciascuna
di esse contiene. Tuttavia, perché di solito una teoria offre una visione
limitata, se non riduttiva della realtà, la sociologia relazionale è in grado
di inserire ogni teoria in un quadro concettuale più ampio, nel quale ritrovare
le verità parziali ad un livello più elevato, coerente e consistente di
conoscenza della realtà sociale. Terenzi, Percorsi di sociologia
relazionale, FrancoAngeli, Milano, .
Luigi Tronca, Sociologia relazionale e social networks analysis. Analisi
delle strutture sociali, FrancoAngeli, Milano.Enzo Paci, Dall'esistenzialismo
al relazionismo, D'Anna, Messina-Firenze. Per un nuovo welfare locale “family
friendly”: la sfida delle politiche relazionali, in Osservatorio nazionale
sulla famiglia, Famiglie e politiche di welfare in Italia: interventi e
pratiche. I, il Mulino, Bologna,
Politiche sociali e servizi sociali di fronte al modello sociale europeo: lo
scenario del “welfare relazionale”, in C. Corposanto, L. Fazzi , Il servizio
sociale in un'epoca di cambiamento: scenari, nodi e prospettive, Edizioni Eiss,
Roma, Quale conciliazione tra famiglia e lavoro? La prospettiva relazionale, in
Donati , Famiglia e lavoro: dal conflitto a nuove sinergie, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo, La valorizzazione del capitale sociale in Italia: luoghi e
attori Donati, I. Colozzi , FrancoAngeli, Milano, Altre opere: “L'enigma della
relazione” Mimesis, Milano); “La famiglia. Il genoma che fa vivere la società”
(Rubbettino, Soveria Mannelli); “Sociologia della riflessività. Come si entra
nel dopo-moderno, il Mulino, Bologna); “I beni relazionali. Che cosa sono e
quali effetti producono (Bollati Boringhieri, Torino); “La matrice teologica
della società, Rubbettino, Soveria Mannelli); “Teoria relazionale della
società: i concetti di base, FrancoAngeli, Milano); “La società dell'umano,
Marietti, Genova-Milano); “Il capitale sociale degli italiani. Le radici
familiari, comunitarie e associative del civismo” (FrancoAngeli, Milano); “Oltre
il multiculturalismo. La ragione relazionale per un mondo comune, Laterza,
Roma-Bari); “Manuale di sociologia della famiglia, Laterza, Roma-Bari); “Sociologia
delle politiche familiari, Carocci, Roma); “Il lavoro che emerge. Prospettive
del lavoro come relazione sociale in una economia dopo-moderna, Bollati
Boringhieri, Torino); “La cittadinanza societaria” (Laterza, Roma-Bari); Teoria
relazionale della società, FrancoAngeli, Milano, 1991 La famiglia come
relazione sociale, FrancoAngeli, Milano, La famiglia nella società relazionale.
Nuove reti e nuove regole, FrancoAngeli, Milano); “Introduzione alla sociologia
relazionale, FrancoAngeli, Milano); “Risposte alla crisi dello Stato sociale.
Le nuove politiche sociali in prospettiva sociologica, FrancoAngeli, Milano); “Famiglia
e politiche sociali. La morfogenesi familiare in prospettiva sociologica,
Angeli, Milano); “Pubblico e privato: fine di una alternativa?” (Cappelli,
Bologna). Pierpaolo Donati. Keywords: relazionalismo, internal conversation,
l’intersoggetivo, realta fra, il fra, fra tu e io, intersoggetivismo
metodologico, communicazione come realta fra, implicatura, reflessivita,
reciprocita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Donati” – The Swimming-Pool
Library.
Dondi (Chioggia). Filosofo.
Grice: “I like Dondi and I like a watch
chain!” Figlio di Jacopo,
studia filosofia a Padova. Insegna a Padova. Si trasferì a Pavia. Dopo un
periodo a Firenze, vi ritorna come filosofo di corte dei Visconti. Insegna a Pavia. Scrittore di rime, amico e corrispondente di Petrarca,
fu anche tra i pionieri dell'archeologia. In occasione di un viaggio a Roma,
descrisse e misura monumenti classici, copiò iscrizioni e trascrisse i dati
rilevati nel suo ‘'Iter Romanorum'’. La
sua fama è legata soprattutto all'astrario da lui progettato a Padova e
costruito a Pavia, dove, era conservato, nel castello di Pavia, presso la
biblioteca Visconteo-Sforzesca.
L'astrario è un orologio astronomico che mostra l'ora, il calendario
annuale, il movimento dei pianeti, del Sole e della Luna. Per ogni giorno sono
indicati l'ora dell'alba e del tramonto alla latitudine di Padova, la
"lettera domenicale" che determina la successione dei giorni della
settimana e il nome dei santi e la data delle feste fisse della Chiesa. L'orologio
astronomico (o astrario) di Dondi è andato distrutto, ma è ben conosciuto
perché il suo ideatore ne dette una particolareggiata descrizione nel saggio
“Astrarium”, trasmesso da due manoscritti. Si tratta di un congegno mosso da
pesi, di piccole dimensioni (alto circa 85 cm, largo circa 70), racchiuso in un
involucro a base eptagonale. Grazie ad una serie di ingranaggi l'astrario
riproduce i moti del Sole, della Luna e dei cinque pianeti. Esso indicava anche
la durata delle ore di luce alla latitudine di Padova. Come misuratore del
tempo esso, oltre all'ora, indicava (forse per la prima volta tra gli orologi
meccanici) anche i minuti, a gruppi di dieci. La presenza di trattati di
astrologia nella biblioteca di Dondi fa sospettare che la progettazione sia stata
influenzata da astrologi antichi. L'orologio astronomico che si può tuttora
ammirare sulla Torre dell'Orologio, Padova, in Piazza dei Signori, è una copia
non dell'astrario di Dondi, ma dell'orologio costruito dal padre Jacopo. Secondo
la tradizione sarebbe stato Dondi ad introdurre a Padovala gallina col ciuffo,
oggi nota come gallina padovana. In realtà, il giornalista padovano Franco
Holzer in una sua ricerca ha potuto stabilire che non vi è documentazione alcuna
che attesti che Dondi abbia mai avuto contatti con la Polonia o che l'abbia mai
visitata. A lui è dedicata una delle statue che adornano il Prato della Valle,
a Padova. Il Circolo Numismatico Patavino gli ha dedicato una medaglia
commemorativa opera dello scultore bellunese Massimo Facchin. A Giovanni
De'Dondi è dedicata la ballata iniziale di Mausoleum. Siebenunddreißig Balladen
aus der Geschichte des Fortschritts del poeta tedesco Hans Magnus Enzensberger.
Altre opere: Rime, Antonio Daniele, Neri Pozza, Vicenza); “Astrarium, E.
Poulle, CISST); Opera omnia Jacobi et
Johannis de Dondis, corpus pubblicato sotto la direzione di Emmanuel Poulle.
Padova. Andrea Albini, Op. La Biblioteca Visconteo Sforzesca, su collezioni.
Musei civici.pavia. Andrea Albini, L'astrario di Giovanni Dondi, su
Museoscienza. Ricerche d'Archivio riguardanti la famiglia Dondi dall'Orologio.
Di Franco Holzer. Andrea Albini, Machina
Mundi. L'orologio astronomico di Giovanni Dondi, Create Space, Astrario, Gabriele
Dondi dall'Orologio Università degli studi di Padova. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Replica in scala 1/2 dell'Astrario,
su clock maker. Replica in scala ¼, su pendoleria. com. Grice: “I thought it
was a good idea of the Anglo-Normans to retain the Anglo-Saxon idea of ‘time’
(as stretch – a rather English root – cf. German ‘zeit,’ our ‘tide’ --, and
borrow from Latin, ‘tempus’, which gives us ‘temporary’, as I use in my ‘Personal
Identity,’but also ‘tense’ – This tense is better than by vice/vyse, since vice
and vyse are both cognate with violence. But tense and tense are not. One is
cognate with Latin tension. The other is just a mispronounciation of Fremch
‘temps,’ Latin/Roman ‘tempus’ – So as Cicero would have it, it’s ‘tempus’ we
should care about!” -- Giovanni Dondi dall’Orologio. Giovanni De Dondi.
Keywords: Leibniz’s Law, time-relative identity, total temporary state (Grice:
“I’m thinking of Hitler”); Wiggins, Myro, The Grice-Myro Theory of Identity,
sameness and substance, Mellor, filosofia del tempo, Prior, Creswell, Mellor –
logica cronologica, ‘tense logic’ ‘tense implicature’ -- “iter romanorum”. Refs:
Luigi Speranza, “Grice e Dondi” – The Swimming-Pool Library.
Dorfles (Trieste). Filosofo. Grice:
“Must say my favourite Dorfles is his ‘artificio e natura,’ on the
doryphoros!”. Nato a Trieste nell'allora Austria-Ungheria da padre goriziano di
origine ebraica e madre genovese, si laurea a Trieste. Si dedica allo studio
della pittura, dell'estetica e in generale delle arti. La conoscenza
dell'antroposofia di Steiner, acquisita grazie alla partecipazione a un ciclo
di conferenze a Dornach, orienta la sua arte pittorica verso il misticismo,
denotando una vicinanza più ai temi dominanti dell'area mitteleuropea che a
quelli propri della pittura italiana coeva. Isegna a Milano, Cagliari e
Trieste. Fonda il Movimento per l’Arte Concreta (vs. arte astratta). del quale
contribuì a precisare le posizioni attraverso una prolifica produzione di
articoli, saggi e manifesti artistici. Prende parte a numerose mostre in Italia
e all'estero: espone i suoi dipinti alla Libreria Salto di Milano e in numerose
collettive, tra le quali la mostra alla Galleria Bompiani di Milano,
l'esposizione itinerante, e la grande mostra "Esperimenti di sintesi delle
arti", svoltasi nella Galleria del Fiore di Milano. Risulta
componente di una sezione italiana del gruppo ESPACE. Diede il suo contributo
alla realizzazione dell'Associazione per il Disegno Industriale. Si dedica
quindi in maniera pressoché esclusiva all'attività critica. Con la personale
presso lo Studio Marconi di Milano, torna a rendere pubblica la propria produzione
pittorica. L'arte non prescinde dal tempo per esprimere semplicemente lo spirito
della Storia universale, bensì è connessa al ruolo delle mode e a tutti gli
ambiti del gusto. Considerevole è stato il suo contributo allo sviluppo dell'estetica
italiana, a partire dal Discorso tecnico delle arti, cui hanno fatto seguito
tra gli altri Il divenire delle arti e Nuovi riti, nuovi miti. Nelle sue
indagini critiche sull'arte contemporanea si è sovente soffermato ad analizzare
l'aspetto socio-antropologico del fenomeno estetico e culturale, facendo
ricorso anche agli strumenti della linguistica. È autore di numerose monografie
su artisti di varie epoche (Bosch, Dürer, Feininger, Wols, Scialoja). Pubblicato
due volumi dedicati all'architettura (Barocco nell'architettura moderna,
L'architettura moderna) e un famoso saggio sul disegno industriale (Il disegno
industriale e la sua estetica). è il primo a vedere tendenze barocche
nell'arte moderna (il concetto di neobarocco sarà poi concettualizzato da Calabrese)
riferendole all'architettura moderna in: Barocco nell'architettura moderna. Contribuisce
al Manifesto dell'antilibro, presentato ad Acquasanta, in cui esprime la
valenza artistica e comunicativa dell'editoria di qualità e il ruolo del
lettore come artista. A Genova si occupa anche del lavoro di Costa. Partecipa
alla presentazione del libro Materia Immateriale, biografia di Costa, Miriam
Cristaldi, di cui Dorfles ha scritto la prefazione. L'editore Castelvecchi ha
pubblicato Horror Pleni. La (in)civiltà del rumore, in cui analizza come la scoria
massmediatica ha soppiantato le attività culturali; Conformisti e Fatti e
Fattoidi. Pubblica un inedito d'eccezione, “Arte e comunicazione”, in cui mette
la teoria alla prova con alcune applicazioni concrete particolarmente rilevanti
e problematiche come il cinema, la fotografia, l'architettura. è uscito
Irritazioni: un'analisi del costume contemporaneo, uscito nella collana Le navi
dell'editore Castelvecchi. Con la sua ironia ha raccolto le prove della sua
inconciliabilità con i tempi che corrono. Nel saggio c'è una critica sarcastica
e corrosiva all'attuale iperconsumismo. NComunicarte Edizioni, pubblica 99+1
risposte di Dorfles nella collana Carte Comuni. Un'intervista "lunga un
secolo" con la quale il critico ripercorre la sua vita e alcuni incontri
d'eccezione: da ISvevo a Warhol, da Castelli a Fini. La Triennale di
Milano ospita la mostra "Vitriol, disegni" Aldo Colonetti e Luigi
Sansone; V. I. T. R. I. O. L. è un
simbolo alchemico, acronimo del motto rosa-crociano “Visita Interiora Terrae
Rectificando Invenies Occultum Lapidem”. Assieme ad artisti e autori come
Anceschi, Enrico Baj, Marchesi, Mulas e Niccolai, partecipa al numero
quattordici di BAU.. Muor e a Milano, nella sua casa di piazzale
Lavater. Zio di Piero Dorfles, critico letterario della trasmissione televisiva
Per un pugno di libri (il padre di Piero, Giorgio, era fratello di
Gillo). Tra i riconoscimenti ricevuti: Compasso d'oro dell'Associazione
per il Design Industriale, Medaglia d'oro della Triennale, Premio della critica
internazionale di Girona, Franklin J. Matchette Prize for Aesthetics. È stato
insignito dell'Ambrogino d'oro dalla città di Milano, del Grifo d'Oro di Genova
e del San Giusto d'Oro di Trieste. È stato Accademico onorario di Brera e
Albertina di Torino, membro dell'Accademia del Disegno di Città del Messico,
Fellow della World Academy of Art and Science, dottore honoris causa del
Politecnico di Milano e dell'Università Autonoma di Città del Messico. Palermo
gli conferì la laurea honoris causa in Architettura. Ricevette dall'Cagliari la
laurea honoris causa in Lingue moderne. Onorificenze Cavaliere di gran
croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nastrino per uniforme
ordinariaCavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica
italiana, Di iniziativa del Presidente della Repubblica» Medaglia d'oro ai
benemeriti della cultura e dell'arte nastrino per uniforme ordinaria Medaglia
d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte. Altre opere: “Barocco
nell'architettura moderna” (Studi monografici d'architettura, Libreria Editrice
Politecnica Tamburini, illustrazioni); “Discorso tecnico delle arti, Collana
Saggi di varia umanità, Pisa, Nistri-Lischi,Il pensiero dell'arte, Milano,
Marinotti); “L'architettura moderna, Collana serie sapere tutto, Milano,
Garzanti); “Le oscillazioni del gusto e l'arte moderna” (Forma e vita, Milano,
Lerici); “Il divenire delle arti, Collana Saggi, Torino, Einaudi, ed.
accresciuta, Torino, Einaudi; Collana Reprints Einaudi, Bompiani); “Ultime
tendenze nell'arte”, Collana UEF, Milano, Feltrinelli); XXVII ed., UEF, Milano,
Feltrinelli); “Simbolo, comunicazione, consume” (Torino, Einaudi, Il disegno
industriale e la sua estetica, Bologna, Cappelli, Kitsch e cultura, in Aut Aut,
Nuovi riti, nuovi miti” (Torino, Einaudi, Milano, Skira, L'estetica del mito
(da Vico a Wittgenstein), Milano, Mursia, Kitsch: antologia del cattivo gusto,
Milano, Gabriele Mazzotta Editore); “Artificio e natura” (Torino, Einaudi); Milano,
Skira, Le oscillazioni del gusto. L'arte d'oggi tra tecnocrazia e consumismo, Torino,
Einaudi, Milano, Skira, “Senso e insensatezza nell'arte d'oggi, ellegi
edizioni, L'architettura moderna. Le origini dell'architettura contemporanea; I
quattro grandi: Wright, Le Corbusier, Gropius, Mies van der Rohe); Dall'espressionismo
all'organicismo razionalizzato, dall'ornamented modern al brutalismo, ai più
avveniristici tentativi attuali, I Garzanti, Milano, Garzanti, Dal significato
alle scelte, Torino, Einaudi, Massimo Carboni, Collana I Timoni, Roma, Castelvecchi,
Il divenire della critica, Collana Saggi, Torino, Einaudi); “Le buone maniere,
Milano, Mondadori, Mode & Modi, Collana Antologie e saggi, Milano,
Mazzotta, II ed. riveduta, Mazzotta, Introduzione al disegno industriale.
Linguaggio e storia della produzione di serie” (Torino, Einaudi, L'intervallo
perduto, Collana Saggi, Torino, Einaudi, Milano, Skira, I fatti loro. Dal
costume alle arti e viceversa, Milano, Feltrinelli, Architettura ambigue. Dal
Neobarocco al Postmoderno, Bari, Dedalo, La moda della moda, Collana I
turbamenti dell'arte, Genova, Edizioni Costa & Nolan, La (nuova) moda della
moda), Costa & Nolan, Elogio della disarmonia: arte e vita tra logico e
mitico” (Milano, Garzanti, Milano, Skira, Itinerario estetico, Milano, Studio
Tesi, Itinerario estetico. Simbolo mito metafora, Luca Cesari, Bologna, Editrice
Compositori); “Il feticcio quotidiano” (Milano, Feltrinelli, Massimo Carboni,
Collana I Timoni, Roma, Castelvecchi, Intervista come auto-presentazione, con
VII tavole di Giulio Paolini, Collana Scritti dall'arte, Tema Celeste Edizioni,
Preferenze critiche. Uno sguardo sull'arte visiva contemporanea, Bari, Dedalo, Design:
percorsi e trascorsi” (Design e comunicazione, Bologna, Lupetti, Fulvio
Carmagnola, Lupetti, Conformisti, Roma, Donzelli, Fatti e fattoidi. Gli pseudo-eventi
nell'arte e nella società, Vicenza, Neri Pozza, Massimo Carboni, Roma, Castelvecchi,
Irritazioni. Un'analisi del costume contemporaneo, Collana Attraverso lo
specchio, Luni, Massimo Carboni, Roma, Castelvecchi, Scritti di Architettura, L.
Tedeschi, Milano, Mendrisio Academy Press, Flavia Puppo, Dorfles e dintorni, Milano,
Archinto, Lacerti della memoria. Taccuini intermittenti, Bologna, Editrice
Compositori, L'artista e il fotografo, Verso l'Arte, Conformisti. La morte
dell'autenticità, Massimo Carboni, Roma, Castelvecchi, Horror Pleni. La
(in)civiltà del rumore, Collana I Timoni, Roma, Castelvecchi); “Arte e
comunicazione: comunicazione e struttura nell'analisi di alcuni linguaggi
artistici” (Milano, Mondadori Education, Inviato alla Biennale, A. De Simone,
Milano, Scheiwiller, 99+1 risposte, Lorenzo Michelli, Trieste, Comunicarte Edizioni,
Movimento Arte Concreta, Luigi Sansone e N. Ossanna Cavadini, Milano, Mazzotta,
Poesie, Campanotto Editore, L'ascensore senza specchio, Quaderni di prosa e di
invenzione, Milano, Edizioni Henry Beyle, Kitsch: oggi il kitsch, Aldo
Colonetti et al., Bologna, Editrice Compositori, Arte con sentimento. Conversazione,
Marco Meneguzzo, Collana Polaroid, Milano, Medusa Edizioni, Essere nel tempo,
Achille Bonito Oliva, Milano, Skira, Gli artisti che ho incontrato, Luigi
Sansone, Milano, Skira, La logica dell'approssimazione, nell'arte e nella vita,
Aldo Colonnetti, Silvana, Estetica senza dialettica. Scritti, al , Luca Cesari,Milano,
Bompiani, Paesaggi e personaggi, Enrico Rotelli, Milano, Bompiani, La mia
America, Luigi Sansone, Milano, Skira; "Interviene Gillo Dorfles", in
alterlinus "Calligaro: parole e immagini", in Preferenze critiche,
Dedalo, "Né moduli, né rimedi", in Agalma, "Disarmonia, asimmetria, wabi,
sabi", in Agalma, "Feticcio", in Agalma, "Barozzi", in Da Duchamp agli Happening.
Il Mondo di Pannunzio e altri scritti, Campanotto Editore, Traduzioni Rudolf
Arnheim, “Arte e percezione visive” (Milano, Feltrinelli, Rudolf Arnheim,
Guernica. Genesi di un dipinto, Milano, Feltrinelli); Addio a Gillo Dorfles:
«La mia vita infinita da Francesco Giuseppe agli smartphone», su corriere. Aldo
Cazzullo: la mia vita infinita da Francesco Giuseppe agli smartphone, Corriere
della sera, 1 il Redazione, Novità formali e riesumazioni di precedenti esempi,
il contemporaneo è un linguaggio nuovo di un sapere condiviso, QM, su quid
magazine, biografia sul sito delle Edizioni Il Bulino, Galliano Mazzon, Mostra
antologia: Civico Padiglione d'Arte Moderna, MMilano, Civico Padiglione d'Arte
Moderna, Mostra antologia di Galliano Mazzon : Civico Padiglione d'Arte Moderna,
Milano, Luciano Caramel, Arte in Italia, su Dioguardi Gianfranco, Processo
edilizio e progetto: vecchi attori alla ricerca di nuovi ruoli, Milano: Franco
Angeli, Studi organizzativi. Fascicolo, Corriere della Sera, Cfr. la raccolta
degli scritti raccolti in Architetture Ambigue: Dal Neobarocco al Postmoderno,
Dedalo, Bari Di Giovanni Marilisa, Il corpo, nuova forma: la “body art”; Cheiron
: materiali e strumenti di aggiornamento storiografico. Lecta web, arte e
comunicazione. Vitriol Triennale, Sussidiaria: GPS/GaPSle Forbici di Manitù
(BAU14). Celeste Prize BAU 14 Antonio Gnoli, Gillo Dorfles, il rivoluzionario
critico d'arte, La Repubblica, Bucci,
Morto, critico poliedrico. Corriere della Sera, Addio ad Alma Dorfles, signora
di cultura, Il Piccolo, Sito web del Quirinale: dettaglio decorato., su
Quirinale, dettaglio decorato., su Quirinale, Intervista su conoscenza.rai.
Sergio Mandelli, Capire l'arte contemporanea su youtube.com Gillo Dorfles ,«Mi
sveglio, lavoro. Amo il vino», in Corriere della Sera, Aldo Cazzullo, la mia vita infinita da Francesco Giuseppe
agli smartphone, in Corriere della Sera.
Gillo Dorfles. Angelo Eugenio Dorfles. Keywords: “Artificio e Natura,
natura, artificio, communicazione, mito, simbolo, segno, linguaggio,
interpretazione, semiotica, disarmonia, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Dorfles” – The Swimming-Pool Library.
Doria (Genova). Filosofo. Grice:
“I love Doria: a nobleman who should be sailing off Portofino, is writing a
‘progetto di metafisica’ after discussing the ‘filosofia degl’antichi’ – you
HAVE to love him! Plus, he philosophised WHILE sailing!” Figlio di Giacomo e
Maria Cecilia Spinola, appartenente alla nobile casata dei Doria Lamba dalla quale
provennero ben quattro dogi della repubblica di Genova, ha un'infanzia
travagliata segnata a cinque anni dalla morte del padre. L'uscita dalla famiglia
delle tre sorelle lo fa rimanere solo con la madre che influenza negativamente
il suo carattere melanconico ma vivace, il suo desiderio di virtù e Gloria. La
madre, che egli accusa esser stata de' miei errori la prima e principal cagione,
si era disinteressata del figlio limitandosi ad affidarne l'educazione a
filosofi bigotti che lo fano crescere con la paura delle malattie e della
morte, che gli viene indicata dai suoi educatori gesuiti come un positivo
castigo all’uomino re. Divenne quindi vivace e grazioso nelle
conversazioni affabile con tutti, facile e condiscendente con gli amici e allo
stesso tempo pieno di sé e fatuo divenendo un Petit Maitre disinvolo e alla
moda, e prende per idea di virtù vera ed esistenta ogni vanità e molte volte prende
con l’idea di virtù il vizio ancora! Pieno di sé e fatuo. Compì con la madre il
“grand tour” – Firenze, Capri, Girgentu -- dei ‘viri’ ben nato dal quale ne
usce libero dall’inibizione religiosa, ma con un nuovo abito di un anima
viziosa, la quale lo fa mirare come idea di virtù la rilassatezza nel senso, la
prepotenza con i deboli e la vendetta. Tornato a Genova, la trovò bombardata
dal mare dalle navi di Luigi XIV. In quell'occasione conosce il conte di Melgar
che l’avvia nell’arte militare e lo introduce nel giro del patriziato
mondano. Innamoratosi fortemente di una meritevole donna che muore poco
tempo dopo, cadde in depressione e per distrarsi dal dolore riprese i suoi
dispendiosi viaggi. Ridotto in ristrettezze economiche si reca a Napoli per
recuperare certi suoi crediti ma dove lottare per districarsi dalla palude di
leggi e cavillose procedure al punto che si mise a studiare filosofia con un
certo profitto per ottenere dal tribunale quanto gli spetta. La sua fama
di spadaccino gli fa guadagnare la simpatia del patriziato napoletano che
ritiene massime di cavagliero che fusse atto di disonore e di vergogna il non
punire un uomo a sé inferiore quando si ha da quello qualche offesa ricevuto, e
che il perdonare generosamente fusse vergogna. Ma poscia era massima d'estrema
vergogna il non chiamare a duello un nobile a sé uguale quando da quello
si era qualche offesa ricevuta. Si diede quindi a duellare per qualsiasi
puntiglio cavalleresco tanto da essere messo in prigione aumentando così la sua
fama di duellista e vendicativo presso la nobiltà locale. Comincia a
disgustarsi di questa sua vita fatua e falsa trasformandosi in filosofo
metafisico ed entrando nella cerchia degli intellettuali cartesiani e
gassendisti che caddero sotto l'attacco della Chiesa preoccupata che il loro
sensismo approdasse a un conclamato materialismo. La posizione della Chiesa fu
esplicitata dal grande processo contro gl’ateisti, quegli intellettuali che si
erano illusi di poter modernizzare la dottrina cattolica. Si schierò con
questi frequentando il salotto filosofico Caravita che si era già battuto
contro l'Inquisizione e che era divenuto il centro di diffusione della
filosofia cartesiana. Qui il Doria ebbe modo di conoscere il protetto di
Caravita, quel Giambattista Vico che scriverà del genovese che «fu il primo con
cui poté cominciare a ragionar di metafisica» nella quale si intravedevano
«lumi sfolgoranti di platonica divinità. Per organizzarsi contro le polemiche
dei tradizionalisti, sostenuti dalla Chiesa cattolica, il Caravita pensò di
fondare un'associazione di intellettuali modernisti che, dopo diverse
difficoltà, finalmente vide la luce col nome di Accademia Palatina e che
annoverava fra i 18 soci fondatori anche Doria che pronunzia in quella sede
lezioni concernenti la teoria politica (Sopra la vita di Claudio imperadore)
dove sostene la superiorità della nobiltà per virtù e non per nascita, e dove
contestava la base valoriale dell'aristocrazia fondata sull'uso delle armi
(Dell'arte militare, Del conduttor degl'eserciti, Del governatore di piazza,
Della scherma). La guerra, scriveva Doria, non e un privilegio della nobiltà di
spada ma un'attività che richiede l'applicazione di una tecnica e il comando
affidato a ufficiali competenti nel dirigere l'animo umano (Il capitano
filosofo, Napoli) Pubblica la Vita civile e l'educazione del principe,
criticata da alcuni per alcuni fraintendimenti sul pensiero di Cartesio. Non ha
inteso il Cartesio, o ad arte ne tronca
o perverte il senso. Critica la politica di Tacito e Machiavelli sostenendo che
questa va basata non sopra l'idea degli uomini quali sono ma sulla virtù, il giusto
e l'onesto». Lo Stato anda guidato, come dettava l'insegnamento platonico, dal
filosofo facendosi così sostenitore, secondo le nuove idee riformatrici che
cominciavano a circolare in Europa, di un assolutismo moderato nel Regno di
Napoli. Doria cominciò ad interessarsi a temi scientifici mandando alle stampe
le sue Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili e de'
corpi insensibili (Augusta) e una Giunta d iM. Doria al suo libro del Moto e
della Meccanica. Opere queste, dove si critica il metodo di Galilei e si mette
in discussione la distinzione cartesiana fra res extensa e res cogitans in nome
del principio neo-platonico dell'Uno immateriale, che non ebbero il successo
sperato e vennero anzi aspramente criticate da più parti. Divenne un personaggio
ambito da nobili e femmes savantes che lo invitavano nei loro circoli culturali
dove riceve numerosi attestati di stima. Per ricambiare le nobili dame, sue
discepole, pubblica i Ragionamenti ne' quali si dimostra la donna, in quasi
tutte le virtù più grandi, non essere all'uomo inferior. La donna ha gli stessi
diritti naturali dell’uomo e puo governare e fondare grandi imperi ma non e
adatte fisiologicamente a formulare leggi per le quali occorre una sapienza
storica e filosofica. Cartesio infatti aveva errato nel credere che Dio avesse
dato a tutti eguale abilità per intender le scienze, mentre iddio non ha
ugualmente a tutti gli uomini distribuito e perciò vediamo che molti non son
capaci nelle scienze. Quindi la donna che egli ammirava moltissimo e che lo ricambiavano
con tante lodi, deve tuttavia accontentarsi di poter dirigere lo stato ma non
puo essere legislatrice. Un rapporto questo con l'altro sesso che rimase
problematico per Doria che non volle mai sposarsi ritenendo il matrimonio una
legge dura che non trova precisa corrispondenza nella teologia. Si considera
ormai un filosofo metafisico e mattematico che adottando il platonismo ha
pressoché distrutto li saggi di filosofia del signor Giovanni Locke ed in parte
ancora la filosofia di Renato Des-Cartes. Compiva un capovolgimento delle sue
convinzioni moderniste passando nel campo degli antichi quando il suo Nuovo
metodo geometrico (Augusta) e i Dialoghi ne' quali s'insegna l'arte di
esaminare una dimostrazione geometrica, e di dedurre dalla geometria sintetica
la conoscenza del vero e del falso (Amsterdam), furono aspramente criticati da
parte della rivista Acta eruditorum. Ancora più aspre le contestazioni ricevute
a Napoli che gli costarono un sonetto denigratorio che così recitava. Di rispondere
a te nessun si sogna /de' nostri, e strano è assai che Lipsia mandi/ risposta a
un uom che 'l matto ognun lo noma. Illustrazione
alla recensione pubblicata sugli Acta Eruditorum al Capitano filosofo. Gl’Oziosi,
dove profuse tutte le sue energie nel criticare i moderni, seguaci del pensiero
filosofico di Locke, dell'Accademia delle scienze di Celestino Galiani che
aveva detto di lui «il Doria ha ristampato tutte in un corpo le sue
coglionerie. Con l'avvento del re riformista Carlo III di Borbone nel Regno di
Napoli, si trova completamente isolato col suo platonismo pratticabil che
continua a difendere scrivendo “Il Politico alla moda”. Si rendeva ormai conto
di come fosse irrealizzabile il suo ideale di un governo ad opera del concetto
di “sovrano virtuoso” e di “filosofe legislatore.” Il magistrato, il capitano,
il sacerdote e tutti gli ordini che governano hanno diviso la filosofia dalla
politica per unire alla politica la sola prattica; ormai i principi scriveva vogliono
governare lo stato colla politica del mercadante, e non con la politica del
filosofo. Constatava come vi fosse ormai una generale crisi dei valori perché
in questo nostro tempo si corre dietro solamente alla perniciosa filosofia di
Locke e di Newton e si pratica solamente la politica mercantile. Completamente
ignorato dall'ambiente intellettuale, Doria malato e in difficoltà economiche
muore indicando nel suo testamento la volontà che fosse pubblicata a spese di
un suo cugino, a saldo di un debito da questi contratto, l'opera “Idea di una
perfetta repubblica”. Quando il saggio e infine edito fu condannato dai
revisori ad essere bruciato per il suo contenuto contro Dio, la religione e la
monarchia. In realtà contesta il celibato ecclesiastico, l'indissolubilità del
matrimonio, la castita, l'eternità delle pene inflitte ai dannati e l'ideologia
etico-politica dei gesuiti. Il governo perfetto doveva essere a imitazione
di quello della Roma repubblicana, perché posto il governo in mano agli uomini,
è forza che sia moderato da un magistrato ordinato alla difesa del popolo
contro la tirannia. Gli unici a esecrare il rogo del saggio furono proprio i giuristi
napoletani difendendo i libri di quel savio e cordato vecchio di Doria, di cui s'infama
la venerata memoria. E al centro del saggio “La distruzione della fiducia e le
sue conseguenze economiche a Napoli”. Si argumenta che il governo nell'azione
di depredazione del Regno di Napoli ha spogliato i loro sudditi della virtù e
della ricchezza, introducendo al posto loro ignoranza, infamia, divisione e
infelicità. Altra azione, che si rivelerà in seguito disastrosa per la società
napoletana e in genere per il Mezzogiorno, fu lo smantellamento dei rapporti
inter-personali di fiducia tra le diverse classi, necessari per lo sviluppo dei
commerci e dell'iniziativa privata e l'introduzione di una cultura dell'onore
attraverso l'infoltimento dei ranghi nobiliari, il rafforzamento
dell'Inquisizione, l'inasprimento della segretezza dell'attività di governo,
l'incremento delle cerimonie religiose e di devozione ritualizzata, l'aumento
della diseguaglianza davanti alla legge e infine l'indebolimento apertamente
perseguito del rapporto armonioso che si era creato in passato tra i diversi
ordini del Regno: tutto ciò al fine di scoraggiare, minando la fede pubblica,
l'ascesa di una classe imprenditoriale-commerciale che avanzasse i propri
diritti e rompesse l'equilibrio dei poteri tra la corte e il patriziato locale
che gli spagnoli intendevano mantenere. Tutti questi fattori, lesivi di quel
rapporto di fiducia tra le classi necessario per l'avvio e il consolidamento
dell'attività di co-operazione e di intrapresa economica, non tarderanno a
produrre effetti duraturi sulla società meridionale, non solo a livello
mentale-culturale, e di converso a livello economico, costituendo uno dei
fattori prodromici dell'arretratezza socio-economico-culturale del Mezzogiorno
d'Italia. Altre opere: “Considerazioni sopra il moto e la meccanica de'
corpi sensibili, e de' corpi insensibili, In Augusta [i.e. Napoli?, Daniello
Hopper); “Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili, e
de' corpi insensibili. Giunta, In Augusta [i.e. Napoli?, Daniello Hopper; Dialoghi,
Amsterdam, Esercitazioni geometriche, In Pariggi, Duplicationis cubi
demonstration” (Venezia); “Discorso apologetico” (Venezia); “Soluzione del
problema della trisezione dell'angolo” (Venezia); “Vita civile” (Napoli, Angelo
Vocola. Pierluigi Rovito, Dizionario Biografico degli Italiani. “L’arte di conoscer se stesso, in De Fabrizio
, Manoscritti napoletani. Autobiografia, in Cristofolini , Opere filosofiche, R.
Ajello, Diritto ed economia, Vita civile, ed. Augusta, S. Rotta in Politici ed
economisti del primo Settecento. Dal Muratori al Cesarotti, V, Milano-Napoli,
L'arte di conoscere se stesso. Eugenio Di Rienzo, GALIANI, Celestino in
Dizionario Biografico degli Italiani, V. Ferrone, Scienza natura religione.
Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo Settecento, Napoli, Manoscritti,
La Politica mercantile, Manoscritti, Idea di una perfetta repubblica "accorato" Ajello. Segnatamente: Del commercio del Regno
di Napoli, in E. Vidal, Il pensiero civile di Paolo Mattia Doria negli scritti
inediti, Istituto di Filosofia del diritto dell'Roma; Della vita civile,
Torino; Massime del governo spagnolo di Napoli, V. Conti, Guida, Napoli Contenuto
nel volume miscellaneo Diego Gambetta, Le strategie della fiducia, Einaudi,
Torino, D. Gambetta, Pierluigi Rovito, «DORIA, Paolo Mattia», in Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roberto
Scazzieri, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero Economia, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giulia Belgioioso, Il Contributo
italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . E. Vidal, Il pensiero civile di Paolo Mattia Doria negli scritti
inediti, Istituto di Filosofia del diritto dell'Roma. Paolo Mattia Doria.
Keywords: co-operazione, duelo – duel, the duelists, cooperation – il sensismo,
roma repubblicana, la aristocrazia romana, Romo, aristocrazia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Doria” – The
Swimming-Pool Library.
Dottarelli (Bolsena). Filosofo.
Grice: “I like Donatelli; he is an Etruscan, from Balsena, and it’s only
natural that he is obsessed with the one and only Etruscan philosopher,
Musonio!” Si è formato alla Facoltà di Filosofia dell'Perugia, dove ha studiato
con Cornelio Fabro e si è laureato con una tesi sul dibattito epistemologico
del Novecento (K. PopperFeyerabend, I. Lakatos, T. Kuhn) sotto la guida di
Massimo Baldini. Si è poi specializzato in Filosofia all'Urbino, dove ha avuto
come maestri Italo Mancini e Pasquale Salvucci, con cui ha discusso una tesi
sulle implicazioni epistemologiche della filosofia di Immanuel Kant. Ha
insegnato nei Licei ed è stato docente a contratto di Filosofia della scienza,
Filosofia morale, Bioetica nelle Università della Tuscia, di Macerata e Firenze.
Ha sempre coniugato il lavoro didattico e di ricerca con l'impegno civile. Per
13 anni consecutivi è stato Sindaco della città di Bolsena (VT). Eletto la
prima volta nel 1986, con una lista civica di sinistra, è stato successivamente
confermato nel 1990 e nel 1995. Dal 2005 al
ha ricoperto il ruolo di Direttore generale della Provincia di Viterbo e
in tale veste, oltre al coordinamento e alla sovrintendenza della gestione
complessiva dell’Ente, ha avuto la responsabilità diretta della formazione e organizzazione
delle risorse umane, del percorso di certificazione EMAS, del processo Agenda
21 locale e del progetto Arco Latino, strumento per la definizione di una
strategia integrata di sviluppo dell’area del Mediterraneo. Con Pasquale
Picone, filosofo e psicoanalista junghiano, nel 2004 è stato cofondatore della
Società Filosofica Italianasezione di Viterbo, di cui è attualmente
vicepresidente. Nel ha costituito il
Club per l’UNESCO Viterbo Tuscia, di cui è presidente. I suoi interessi
teorici si sono rivolti all'epistemologia, all'etica, alla filosofia politica e
alla pratica filosofica. In Popper e il gioco della scienza ha svolto
un'analisi critica dell'epistemologia falsificazionista, mostrando come
l'ultimo Popper, pur rendendosi conto della coerenza dello sviluppo
evoluzionistico della propria epistemologia, arretrasse e resistesse dal trarne
le estreme conseguenze, restando fedele al paradigma del razionalismo critico,
difendendolo sino in fondo, ma con ragioni sempre più deboli. Nei suoi lavori
su Immanuel Kant (Kant e la metafisica come scienza, Abitare un mondo comune.
Follia e metafisica nel pensiero di Kant) ha evidenziato sia il proposito
kantiano di fondare come una scienza rigorosa la metaphysica generalis, prima
parte della metafisica come era intesa nella tradizione razionalistica tedesca,
sia il carattere che viene ad assumere la metaphysica specialis, dopo la
critica: un pensare congetturale e analogico che è anche prassi, vita. In
questa prospettiva la filosofia kantiana viene valorizzata per la sua peculiare
dimensione "cosmica", come «scienza della relazione di ogni
conoscenza e di ogni uso della ragione umana con lo scopo essenziale di essa»,
e viene ricollegata alla filosofia come era praticata soprattutto nell'antichità:
arte di vivere, esercizio spirituale. Il filosofo pratico, il maestro di
saggezza tramite l’insegnamento e l’esempio, è così «l’autentico filosofo»,
che, nel quadro della complessiva ed originale riorganizzazione kantiana
dell’orizzonte utopico di derivazione platonica e rousseauiana, diventa esso
stesso un ideale regolativo, al quale colui che più si è avvicinato è stato
Socrate, per via della sua esemplare coerenza di vita. In Freud. Un filosofo
dietro al divano, il lavoro del fondatore della psicoanalisi viene letto come
un episodio della lunga tradizione che ha interpretato la filosofia come
"medicina per l'anima". Il rapporto di Freud con la filosofia si
nutre di una profonda ambivalenza: da un lato un'irresistibile attrazione;
dall'altro quasi la necessità di rassicurare se stesso e gli altri su una
propria «incapacità costituzionale» (Autobiografia, 1924) alla pura
speculazione e sulla sua ferma volontà di sottrarsiproprio lui, formidabile
affabulatoreal fascino delle narrazioni filosofiche. La riflessione di Freud
non trascura nessuna delle dimensioni fondamentali della ricerca filosofica.
Neanche quella teoretica, volta a costruire visioni complessive dell’uomo e del
mondo; quella che gli appare la più rischiosa, perché la più astratta, la più
esposta alla frequentazione della metafisica e della religione, sempre in
procinto di cadere nella trappola della verità assoluta. Più a suo agio Freud
si sente invece nel lavorare lungo un'altra linea d’impegno tradizionale della
filosofia: la riflessione critica sui saperi e sulle pratiche umane. Nell'opera
di smascheramento dei meccanismi con cui le ideologie e le prassi individuali e
sociali ammantano la loro miseria “umana, troppo umana”, le potenzialità della
psicoanalisi si esprimono al meglio. Masecondo l'interpretazione di Luciano
Dottarellila fatica intellettuale di Freud trova la propria collocazione più
appropriata nella dimensione della ricerca filosofica che interpreta se stessa
come un’attività in cui l’uomo si dedica alla cura e alla fioritura di sé, alla
coltivazione della propria umanità. Questa dimensione della filosofia come arte
di vivere è stata approfondita da Luciano Dottarelli attraverso la
ricostruzione della vita e del pensiero del filosofo stoico Musonio Rufo nella
monografia su Musonio l'Etrusco. La filosofia come scienza di vita.
Testimonianza della vitalità della tradizione culturale etrusca in epoca
romana, la filosofia di Musonio è espressione significativa di quel crogiolo di
idee ed esperienze di ricerca della felicità che è l'ellenismo della tarda
antichità, in cui si rispecchierà poi la civiltà medievale e soprattutto quella
umanistico-rinascimentale. Musonio ha dato il tono di fondo all'impegno
prevalente nella tradizione filosofica della Tuscia: ricerca di una scienza di
vita, studio di perfezione, imitazione di Dio, àskesis, esercizio per
sviluppare la conoscenza e la coltivazione di sé, finalizzata alla fioritura
dell’autentica esistenza umana. L’adesione del filosofo di Volsinii allo
stoicismo è decisamente sotto il segno di Socrate: la filosofia può proporsi
come arte regia in quanto, in primo luogo, è arte di governare se stessi.
L’ideale dell’autosufficienza del saggio si traduce nella predilezione per
l’agricoltura, come attività più appropriata per il filosofo. «La terra in
effettiaffermava Musonioricambia con i frutti più belli e più giusti coloro che
si prendono cura di essa, dando molte volte tanto quel che riceve ed offrendo
grande abbondanza di tutto quanto è necessario per vivere a chi ha la volontà
di faticare: e tutto questo con decenza, nulla di ciò con vergogna». Ad un
analogo sentimento di appartenenza al cosmo e ad un profondo rispetto per gli
altri esseri umani e per tutti i viventi, sono ispirate anche le sue
riflessioni sui rapporti sociali, sulla schiavitù, sulle donne, sulla
nonviolenza, sull'alimentazione, sul vestire e sull'abitare. Riflessioni che
Musoniosecondo la concorde testimonianza dei contemporaneiseppe tradurre con
coerenza esemplare in una efficace pratica di elevazione spirituale, diretta a
coinvolgere, insieme, il corpo e l’anima. Sobrietà, rispetto, universalità e
condivisione sono le parole di riferimento di una visione etica che anticipa in
modo sorprendente istanze fondamentali della moderna sensibilità ecologista. La
visione della filosofia come arte di maneggiare gli assoluti è approfondita nel
libro Maneggiare assoluti. Immanuel Kant, Primo Levi e altri maestri. «La
filosofiasostiene Luciano Dottarellianche quella più incline a farsi
coinvolgere nell'impresa di estinguere la sete dell’assoluto, contiene in sé,
nella propria vocazione alla ricerca di una comune verità mediante il dialogo,
un antidoto indispensabile al rischio distruttivo che può annidarsi in ogni
tentativo umano, tanto umano di cogliere la totalità, l’infinito, Dio. Anche le
grandi tradizioni religiose, quelle che da secoli sono impegnate a tracciare
sentieri, trovare parole, celebrare liturgie per saziare la fame di assoluto
che agita il cuore e la mente degli uomini non possono fare a meno di intessere
un intenso dialogo con questa tradizione di ricerca, soprattutto nei momenti
cruciali, quando diventa urgente addomesticare i dèmoni che una frequentazione
inadeguata del sacro può evocare. Dèmoni che portano il nome di fanatismo,
intolleranza, totalitarismo e di cui la storia degli uomini alla ricerca della
verità assoluta, della totalità autentica ed incondizionata, dell’esperienza
integrale è purtroppo costellata. La consapevolezza che anche la filosofia non
possa dichiararsi storicamente innocente, non cancella ma spinge a ritrovare sempre
di nuovo la vocazione più profonda di quest’originale forma di esercizio
spirituale: una ricerca appassionata del bene e della verità, capace di
resistere alla suggestione del possesso compiuto e di mantenersi in quella
apertura alla possibilità dell’errore che è presidio di autentica libertà per
sé e per gli altri». Altre opere: “Il gioco della scienza” (Massari);
“Metafisica non scienza” (Massari); “Abitare un mondo comune: follia e
metafisica nel pensiero di Kant (Introduzione al Saggio sulle malattie
dell’anima di I.Kant” (Massari); “Utopia e ragione come luoghi del incontro
dell’ego ed il tu”, in Le ragioni della
speranza” (La Piccola Editrice); “L’assoluto e il relative” (Il Prato); “Musonio”
(Annulli Editori); Freud. Un filosofo dietro al divano, Annulli Editori, Riverberi Di Tuscia e d’altro, Annulli
Editori); “La farfalla dell’anima e la libertà , Armando Editore. Luciano
Dottarelli. Keywords: Musonio, Etruscan influence on Roman philosophy, Why
Roman philosophy is not Greco-Roman – The Etrurian connection. Etrurian as
‘antique’ – Etrurian as exotic for Indo-European Aryan Latins (Romans). Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Dottarelli” – The Swimming-Pool Library.
Duni (Matera). Filosofo. Grice: “I like Duni; but of
course he errs, as Kant does – for how can a ‘sitte’ a mere costume, become
‘universal’ – yet that’s the oxymoronic title of his tract, ‘scienza dei costume,
ovvero, diritto universale’. Figlio di Francesco, maestro di cappella della
cattedrale di Matera, e fratello dei compositori Egidio Romualdo ed Antonio,
nell'ambiente familiare impara la musica scrivendo anche alcune composizioni da
gravicembalo, pur se non seguì le orme dei fratelli maggiori in campo musicale,
e fu avviato agli studi religiosi nel Seminario della città di Matera. Si laurea
in Napoli. Torna a Matera dove aveva già intrapreso la pratica di avvocato
presso la Regia Udienza e dove, chiamato da Lanfranchi, fu insegnante presso il
Seminario; lo stesso Palazzo del Seminario divenne in seguito sede del Liceo
Classico di Matera, che fu a lui intitolato. Dopo la morte del padre, lascia
Matera trasferendosi dapprima a Napoli e successivamente a Roma. Presso l'Università degli Studi La Sapienza
fu docente di diritto canonico e di diritto civile, e pubblica un Commentarius
in cui esponeva la dottrina giuridica del codicillo, con una dedica a Benedetto
XIV che in seguito lo sostenne nella sua nomina alla cattedra universitaria; a
Roma entrò in contatto con le opere di Vico, del quale divenne un convinto
sostenitore. Eleggendo Vico a suo maestro, si propose di realizzare un
programma di diritto universale come fonte di tutte le leggi e costumi umani. Partendo
dalla sua formazione cattolica, crede in Dio creatore del mondo e suo
legislatore, e non distinse l'etica e la giurisprudenza considerandole
integrative in quanto tendenti allo stesso fine, cioè a dare il senso della
vita, e quindi facenti parte entrambe della filosofia. Nacque così il “Saggio sulla
giurisprudenza universale”; sua opera fondamentale, dedicato al promotore della
politica riformatrice del Regno meridionale, il ministro Tanucci. Il “Saggio”
indica esclusivamente nel vero il principio unitario delle conoscenze umane, a
cui ricondurre anche la fondazione delle scienze morali. Il bene o vero morale
(Cicerone e buono), che differisce dal vero metafisico perché comporta anche
l'elezione volontaria del vero conosciuto, si esprime come onestà e come
giustizia. La morale propone l'honestum, cioè il bene secondo coscienza, e
opera dall'interno, invece il diritto indica la via per andare al giusto,
regolando i rapporti tra gli individui o soggetti e quindi la vita sociale. Successivamente
al Saggio, scrisse un'opera sul rapporto tra filosofia e filologia nell'ambito
della storia di Roma, ed in seguito una Risposta ai dubbi proposti da Finetti
in cui polemizzava contro Finetti difendendo la memoria del Vico. Pubblica a
Napoli la “Scienza del costume o Sia sistema del diritto universale”, dedicata
a Antonelli, in cui prosegue l'opera iniziata con il Saggio. Opere: “De veteri
ac novo iure codicillorum commentaries; “Saggio sulla giurisprudenza
universale”; “Origine e progressi del cittadino e del governo civile di
Roma”; “Scienza del costume o sia sistema
del diritto universale”. LA A falſa
comune opinione adotta ta co me un'affioma dai Politici , che le So cieti
Civili naſcono colla forma di Governo Monarchico , diede occaſione non meno
agli antichi , che moderni Scrittori della Storias Romana di formare di queſta
Nazione tutt ' altra idea di quella , che fu realmente . I vo caboli di Re e di
Regno appreſi nel ſenſo di quei tempi , in cui viſſero gli Storici , quando già
fioriva in Roma la Monarchia , gli traſportarono a credere , che il Governo
cominciaſſe fin dal tempo di Romolo colla , forma Monarchica . Taluni peraltro
convinti da’ fatti contrari della Storia furono obbligati a confeflare che ne'
primi tempi di Roma quantunque regnaffe la Monarchia , pure.que Ita non poteſſe
dirá alſoluta ma che folle accom DI ROMA . 17 accompagnata , e mifta di
Ariſtocrazia , ' é, Democrazia ; ' e che in conſeguenza i Patrizi inſieme co '
Plebej rappreſentaſsero qualche dritto nel Governo , di cui peraltro la ſomma
foſse preſso de' Re . L'Idea adunque che tam luni Scrittori fecero del Governo
di Roma fin dal fuo nafcere , fu di conſiderare Romolo co'ſuoi Succeſsori o per
veri Monarchi ; o per Monarchi, che aveſsero comunicato parte
dell'amminiſtrazione ai due Ceti di Patrizi, e Plebej , riputando i Patrizi e
Senatori , come Ceto di Cittadini illuſtri ricchi e favj , im piegati dai Re
nelle cariche più gelofe del lo Stato , ed i Plebej per Ceto anche di Cit
tadini ma ignoranti e vili , che ſerviſsero per le faccende ruſtiche , e per la
guerra ; e che aveſsero qualche parte anche ne' pubblici affari . Venne , come
diſi , tal falfa opinione fo ſtenuta da quel comune errore , che tutte le
Società Civili non poſsano altrimenti comin ciare , fe non con la forma Monarchica
, non fapendo eſli immaginare con qual altra for ma di Governo poſsa mai unirli
, e comporli Tom. II. B un > 7 18 DEL GOVERNO CIVILE un Ceto di famiglie a
convivere tra loro , ed a formare un corpo . Imperciocchè , dico no efli , non
è poſſibile di concepire il prin cipio di tal unione , ſenzachè qualcuno di
eſſi, o per violenza , o per fraudolente ambizione induca gli altri alla di lui
foggezione e Si gnoria ; tantoppiù che non ſi faprebbe in al tra maniera
immaginare , come i Padri di fa miglia, i quali prima di entrare in Società Ci
vile , facendo ſenza dubbio la figura di Mo narchi nella propria famiglia ,
pofsano ſenza il mezzo della violenza , o dell'inganno , ab bandonare la
propria Signoria col foggettarfi al Governo Civile . Su queſta mal fondata ,
opinione incontrandoſi nel fatto della Nazio ne Romana , in cui intefero
parlare di Re , e di Regno nel ſenſo appreſo di Monarca , e Monarchia non
dubitarono punto di defi nire il Governo fotto Romolo , e Tuoi fuccef fori per
Monarchico . Ma poichè i fatti ſteſſi della Storia realmente non s'uniformano
all ' Idea di una perfetta Monarchia , furono co ftretti ad ainiettere una Mon
: irchia mitta di Ariſtocrazia inſieme , e Democrazia . Tutte DI- ROMA . 19
Tutte le ragioni politiche , che ſogliono ads durſi dagli Scrittori nel
pretendere , che le So cietà Civili non poſſano altrimenti nafcere che colla
forma Monarchica , fono a mio giu dizio tanto lontane dal dimoſtrarla , che
anzi provano tutto il contrario , cioè , che la unione de' Padri di famiglia ,
nel comporre la Società Civile , debba neceſsariamente pro durre forma di
Governo Ariſtocratico , e non Monarchico ; poichè fe effi non fanno im maginare
, come tali particolari Monarchi di famiglia poſsano ſoggettarſi alla pubblica
, Podeſtà ſenza frode o violenza di qualcuno di loro , io al contrario non ſo
concepire , .come tal violenza o frode d' un ſolo por fa eſser valevole ad
obbligare un Ceto in tiero di Padri di famiglia avvezzi a ſignoreg . giare in
caſa propria per ſoggettarſi al Mo narca , Qualunque voglia figurarfi la frode
o la violenza d'un folo , egli è chiaro che tali mezzi non faprebbero indurgli
a foffrire di buon animo un totale cambiamento di con dizione , quanto, lo è il
paſsare da quella , in cui trovavanli di Signori aſsoluti , a queſta di B 2 fud
20 DEL GOVERNO CIVIL E fudditi, trattandoſi di cambiare condizione in
tieramente oppofta ; ed ognun fa , quanto rin . : creſce al Signore il paſſare
di fatto dallo ſta to di comandare a quello di ubbidire . Che ſe mi diceffero ,
che ciò nafce dalla violenza, cui non ſi può reſiſtere , io gli riſpondo , che
nei naſcimenti delle Repubbliche la for za d'un ſolo non è , ne può eſſere
parago nabile alle forze unite di tanti Padri di fa miglia , quanti converranno
ä formare la So cietà . Sicchè tanto è fupporre , che la forza d'un folo baſti
per opprimere gli altri , quan to è dire , che molti non fiano in grado di
vincere la violenza d' un folo ; ciò che o non è affatto poſſibile , o almeno
lo potrà eſſere in qualche caſo troppo raro , e ſtravagante ; ma la ſtravaganza
e la rarità non può in durre un ſiſtema generale . Quindi il preten dere , che
le Società Civili debbano necella riamente cominciare colla forma di Governo
Monarchico , è lo ſteſso , che fupporre la violenza , o la frode d' un folo maiſempre
ſuperiore alla forza , ed alla deſtrezza di mol ti ; e ciò non baſta , perchè
biſognerebbe an che > DI ROMA . 21 1 che ſupporre , che al numero di molti
non fc gli preſenti mai occaſione favorevole per re fiftere , e liberarſi dall'
uſurpato potere di un ſolo ; cioche realmente s’oppone ad ogni no ftra
immaginazione. Se poi vorranno fingere, che dopo la violenza , o frode uſata
dal Mo narca per ſoggettare gli altri , poffa ſeguire il compiacimento degli
ſteſſi ſoggetti , forſe perché il Monarca ſia dotato di virtù tali , che
baſtino ad innamorargli , oltreché une tal ſupporto non ſi può ammettere
general, mente , incontra il maſſimo oſtacolo di non poterſi concepire , come
gli Uomini avvezzi a dominare poſſano cosi preſto invogliarſi della condizione
oppofta di ubbidire per qualunque ammirazione di virtù nella perſona del Moia.
narca . Ma poi non è poſſibile il concepire nel Monarca virtù degna di
ammirazione preſo co loro , che naturalmente, non fanno ſpogliarli di fatto del
proprio carattere di dominare , ſenzaché entrino almeno a parte della pub blica
amminiſtrazione ; fe pure non vogliamo fingerli per Uomini affatto ftolidi ed
alieni dalla maſſima delle Umane paſſioni . B 3 Qui 22 DEL GOVERNO CIVILE Qui
potrei co ' monumenti pervenutici de gli antichiſsimi Popoli dimoſtrare col
fatto l? inſuffiſtenza di un tal ſentimento dei Politici col riconoſcere nelle
origini delle Nazioni tutt altra forma di Governo , che la Monar chica ; e che
laddove eſli ſuppongono , che la Monarchia ſia ſtata la prima a forgere nel le
Società Civili , fi troverà maiſempre l'ulti tima a venire dopo l' Ariſtocrazia
, e Demo- ' crazia ; perché la naturalezza delle Umane vicende è tale , che i
Padri di Famiglia nel formare la Società Civile dovendo decadere da quella
podeſtà afloluta , che eſercitavano in Caſa , cercheranno di cedere il meno che
ſia poſſibile dell'antica Signoria ; poichè l'Uo mo per natura non fa mutarſi
di fatto da , uno ſtato ad un altro direttamente oppoſto al primo , e perciò
quando trovali nella contin genza di dover paſſare da una condizione ſuperiore
all' inferiore , procura ſempre di paſſarci per gradi , e non di ſalto . Quin
di è , che fe vogliamo ragionare a ſeconda , dell'idee Umane , dobbiam dire ,
che tali Pa dri di famiglia qualora li vedranno obbligati dalla DI R O M A. 23
dalla neceſſitii di laſciare la Monarchia del ta loro famiglia , ſebbene
converranno vo lentieri in Società Civile per trovare mag gior ſicurezza
coll'erezione della poteſtà pub blica compoſta di forze unite , e per confi
gliare ai vantaggi, e comodi della vita ; pu Te non ſi diſporranno mai a cedere
dell'anti ca poteſta , fe non quanto biſogna per reg gerſi il Corpo Civile , e
quanto meno liane poflibile di quella dominazione , che lafciano . Or la forma
di governo , che dovranno fce gliere , farà certamente l'Ariſtocratica , come
quella , in cui fi cede il meno dell'anticas Signoria , formandoſi una Podeſtà
pubblica che riſiede nondimeno preſſo gli iteſi mem bri , che la compongono , e
nel tempo ſtello col Governo Ariſtocratico ſieguono a ſignorega giare ſul Volgo
, e ſulla Plebe , che ſi ricovera ſotto la loro protezione . Che ſe poi vorremo
fare un' efatto giudizio , come coll' andar del tempo dall'una forma di Governo
ſi fuol para ſare all'altra , poſſiamo qul accennare breve. mente , che
ſtabilitaſi la Societ : Civile nella ſua origine colla forma Ariſtocratica ,
che dee ellere 1 B 4 priva d'ogni dritto Civile i Indi l'oppreſſo 24 - DEL
GOVERNO CIVILE eſsere la prima a naſcere , gli Ottimati na turalmente faranno
traſportati dall’amor pro prio ad opprimere , e tirannizzare il Volgo , o ſia
la Plebe , che ricoverandoſi ſotto la lo ro protezione, per ſoſtentare la vita
, rimane Volgo creſciuto in numero , maſſime col mez zo della procreazione ,
pel deſiderio iſpiratoci dalla Natura di fottrarci dall' altrui tirannia ,
cogli ammutinamenti e ſedizioni cerca di li berarſene ; e quindi avviene , che
dall' Ari ftocrazia ſi paſſa alla Democrazia . Finalmente il Popolo tutto reſo
partecipe del Governo , naturalmente ſi divide in fazioni , le quali agi
tandoſi continuamente tra loro , non trovano altro ſcampo per ſalvarſi dalle
guerre Civili , che di ricoverarſi ſotto la Monarchia . E que Ito ſembra il
corſo ordinario e naturale delle Origini e de' progreſſi delle Nazioni tutte
uniforme altresì alle memorie pervenuteci del le antichiſſime Nazioni. Ma per
non partirci dal noſtro argomento , ci conviene di fermarci ſull' eſame del Go
verno Civile di Roma . E ſulla prima fa duo po DI ROMA: 25 po di ſviluppare
dalle tante incoerenze , che troviamo nella Storia , quella prima forma di
Governo , che venne iſtituita ſotto Romolo nel naſcimento della Città Romána .
Dicia ino adunque , che la prima forma diGover no iſtituita fin dal tempo di
Romolo tanto è lungi , che fofle ftata Monarchica , o miſta di Monarchia , che
anzi ſi riconoſce chiaramen te Ariſtocratica delle più feverè , che mai li
poſſa immaginare , come realmente lo furono le Nazioni tutte nei loro
forgimenti . E pri mieramente l'efferſi attribuita a Romolo , e ſuoi Re
fucceffori la Monarchia , nacque fo vratutto , come diſli , dalla falſa
intelligen-. za della voce Rex , col di cui nome vennero chianati tutti quei ,
che da Romolo fino al la creazione de' due Conſoli Annali ebbero la cura di
preſedere , e far da Capi del Se nato regnante . La voce Rex nei tempi , in cui
gli Storici, come Livio e Dioniſio 'com pilarono la Storia Romana , fu
certamente appreſa in ſenſo di Monarca , come temps , in cui fioriva. la
Monarchia e con un tal Suppoſto non ſapendo neppur eſi immagina. re 26 DEL GOVERNO
CIVILE re altra forma di Governo nel naſcimento della Città Roinana , andarono
a credere , che o in tutto , o in parte regnaſſe la Monarchia . Ma ſe vogliamo
inveſtigare la vera originaria fignificazione della voce Rex , troveremo ,
ch'ella viene da reggere , e ſoſtenere , e che propriamente dinotava un Capo e
Dace del la Repubblica , e non un Monarca di pode Atà aſſoluta . La ſtella
eſpreſſione di Rex tro viamo uſurpata in tutte le altre Nazioni , di cui ci è
pervenuta la Storia ; ma il Governo del le niedeſime non ſi può attribuire a
Monar chia ſenza ſmentire i fatti medefimi, dai quali ſcorgeſi , che tali Re
altro realmente non era no , che Capi, e Duci delle Repubbliche : per che
inſieme colla perſona del Re troviamo i Senati , da cui definivanfi gli affari
pubblici dello Stato . Soleaſi per altro diſtinguere l' incombenza dei Re in
pace ed in Città da quella , che rappreſentavaſi in guerra ; poi che qualora
erano in piegati a far da Capita ni Generali a comandare l'eſercito , ſpiega
vano certamente una podeſtà affoluta , come quella , ch'è troppo necelaria nel
Capitan Gen DI ROMA 27 Generale per lo buon regolamento delle fac cende
militari . Trattaſi in guerra di porre in eſecuzione all'iſtante le opere
militari , le qua li non ſoffrono dilazione , e richieggono la più rigoroſa
ſegretezza per forprendere l'ini mico , ed in conſeguenza i Re in guerra per
natura dell'impiego medeſimo ſpiegavano po teſtà aſſoluta , perchè non giova di
eſercitarſi colla dipendenza dal volere degli altri , è maf fimamente de'
Cittadini, come lontani e che non poſſono eſſer preſenti alle diſpoſizioni mi
Jitari , e perciò non ci dee far maraviglia , fe per conſigliare al pubblico
bene fafi co ſtumato di concedere al Re , quando coman da in guerra , una
poteſtà indipendente e Monarchica . Ma di qualunque carattere ftata foſſe lae
poteftà dei Re in guerra , non dobbiamo con fonderla colla podeſtà da effi loro
praticata in pace e nel Governo Civile dello Stato . In fatti Tacito narrando i
coſtumi degli antichi Germani ci fa ſapere che prello tali antis chi Popoli ſi
diſtinguevano i Re propriamen te 1 28 DEL GOVERNO CIVILE te detti nel ſenſo di
reggere la Repubblica dai Capitani Generali ; poichè i primi fi eleg gevano dal
Ceto degli Ottimati e . Signori , ed i ſecondi fi ſceglievano tra quei , che li
erano reſi celebri pel valore , ' I Re , dices egli , ſi eleggono dal Ceto de'
Mobili , e per Capitani Generali ſi ſcelgono i più celebri nel valore ; Ma i Re
non rappreſentano pode fà libera ed illimitata (a ) ; quanto a dire che la qualità
di Re preflo gli antichiſſimi Germani non produceva poteſtà fuprema , e
Monarchica , tuttoche Tacito gli aveſſe at tribuito il nome di Rex . Dioniſio
parlando degli antichi Re della Grecia fcrive , che i Re delle antiche Greche
Nazioni , preffo di cui il Principato era ereditario , o pure elettivo ,
governavano col conſiglio degli Ottimati , come lo atteſtano Omero , e gli
antichiſſimi Poeti. Nè quei tali antichi Re eſercitavano il Prin cipato con
poteſtà aſſoluta , come veggiamo a tempi (a ) Tacit. de moribus Germanorum 9.
VII. Reges ex nobilitate , duces ex virtute fumunt . Nec Regi bus infinita ,
aut libera poteftas . DI ROMA . 29 tempi noftri (a ) . La voce Rex adunque
nell' originaria ſignificazione Latina dinotava une Capo di qualunque Ceto , o di
Repubblica , e non un Monarca z e queſto Capo qualora veniva deſtinato a
comandare in guerra ; al lora fpiegava la poteſtà aſſoluta ; Ma nei tem pi
poſteriori , quando le Nazioni pervennero allo ſtato di Monarchia fi ritenne la
ſteffa voce Rex , che paſsò a ſignificare il Monarca , quan to a dire , che il
nome di Rex attribuito a Romolo , ed agli altri Re ſucceſſori, non può eſſere
un argomento per definire il Governo Monarchico nel naſcimento della Città Ros
mana . Parliamo ora ad eſaminare i fatti narratici dagli Storici , dai quali
unicamente dipende lo ſchiarimento di queſto articolo . Dioniſio , il quale a
differenza degli altri s'impegna a de ( a ) Dioniſio Antiq. Rom . lib . 2.
Graecanici Reges çerte , qui haereditarium Principatum fumerent , quolve Populus
fibi ipfe praeficeret , confilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus , &
antiquitlimi quique Poetarum teftantur .. neque ( ut fit in noſtro feculo )
veteres illi Reges ex ſui tantum animi fententia poo feſtatem exercebant . 30
DEL GOVERNO CIVILE deſcriverci minutamente l'origine del Govere no Civile ſotto
Romolo , febbene non ſeppe , formare un' eſatto e coſtante giudizio della forma
del Governo , pure ci ſomminiſtra ba . ftanti lumi , onde poſſiamno ſcovrire il
vero . E ſulla prima introduce un allocuzione fatta da. Romolo ai ſuoi Compagni
ſul propoſito di doverſi ſtabilire una forma di Governo che foſſe più utile , e
più atta per tener lon tana la Città dalle fedizioni Civili , e per di fenderla
dagl' inſulti dei Popoli eſteri . E qui ci rappreſenta Romolo per Uomo ben
iltrutto ed erudito delle Nazioni Greche , e delle Barbare , delle forme del
loro Governo della difficoltà nello ſcegliere la migliore ; indi gli conſiglia
a riflettere maturamente l' affare , affinchè poteſſero riſolvere , se piutto
fto voleano ubbidire a un ſolo , o pure a pochi, moſtrandoſi pronto e pieno di
moderazione a ſeguire il loro volere (a) . Dopo una ſpe cio ( a) Dioniſio
antiq. Rom. lib. 2. Quum autem diffi çilis fit earum ( vitae uempe rationum )
electio , juf lit DI ROMA . 31 ciofa allocuzione i compagni di Romolo te. nendo
conſiglio tra loro , non dubitarono di preſcegliere la forma del Goveno Regio
in perſona dello ſteſſo Romolo , non ſolamente perchè l' aveano ſperimentata la
migliore per quanto l'aveano inteſo approvare dai loro Maggiori , ma perchè
giudicavano , che con una tal forma di Governo ſi otteneffero i due maſimi
vantaggi , cioè la libertà propria , e · l' impero preſſo degli altri (a) . Da
un tal racconto ognun vede , che Dio. nilio fit eos re per otium conſiderata
dicere , NUM UNI RECTORI , AN PAUCIS PARERE MALINT . Etenim , inquit ,
quamcumque Reipublicae formain in ftitueritis , ad eam recipiendam paratus fum
, nec principatu me indignum cxiſtimans , nec detrcaans imperata facere . (a)
Dioniſio loc.cit.Illi, communicato inter fe con filio, reſponderunt in hunc
moduin : nobis nova Reid publicae forma non eft opus ; nec a majoribus proba
tam , & per manus traditam mutabimus , fed & pri fcorum conlilium
fequimur, quos non ſine inſigni prů. dentia illam Reipublicae formam
inſtituiſſe credimus, & praefenti fortuna contenti ſumus ; cur enim illam
in. cuſemus , quum fub Regibus contingerint nobis bona , quae apud homines
habentur praecipua , LIBERTAS ET IMPERIUM IN ALIOS Haec eft noftra de Republica
fententia &c. 32 DEL GOVERNO CIVILE niſio compoſe tali narrazioni piuttoſto
allas maniera , com'egli avrebbe penſato di fare , che con quella , che Romolo
realmente ufaf ſe preſſo i lnoi compagni'. E tralaſciando di riflettere le
tante improprietà di ſimile allo cuzione , in cui ci propone Romolo per Uo mo
iſtrutto delle Barbare , e delle Greche Na zioni, anzi delle varie forme del
loro Gover no ; quando al contrario , come dimoſtraremo a fuo luogo , i Romani
per molti ſecoli fu rono affatto ſconoſciuti ed ignoti , mallime alle Greche
Nazioni , ci giova quì di notare quell'eſpreſſione , che il Governo Regio po
tea loro conſervare il pregio della libertà , il quale certamente non ſi può
ottenere colla Mo narchia preſa nel ſuo vero fenfo di podeſa d' un ſolo
aſſoluta , ed arbitraria; poiché an che ſul ſuppoſto d'un Monarca dotato della
più retta politica ę ſaviezza , e di coſtumi i più ſublimi ed innocenți , il
Popolo non può godere altro pregio di libertà , ſe non quello, che deriva dalla
rettitudine dell'animno dalla ſaviezza del Monarca medeſimo ; mais non ſi può
pretendere ſotto la Monarchia di 1 DI ROMA . 33 godere il dritto e la libertà
di reſiſtere , ed oppora al di lui ſentimento e comando ; poiché la forma
Monarchica , come tale , racchiude la fuprema poteſtà preſſo di una folo ; e
tutto il reſto del popolo potrà fo lamente eſercitare quell'autorità , che pia
ce rà al Monarca di comunicargli ; ficchè ſi conſidera allora ' tale autorità
come dipen dente e ſoggetta maiſempre al voler del Monarca e non libera del
popolo , che l' eſercita per comando del Principe . Ed ecco cheDioniſio leffo
finora ci propone il Gover no Regio non già in ſenſo di Monarchia , ma di Capo
e Duce d ' un ceto d' Uomi ni , che intendono d'eſser membri del Go verno
medeſimo , per eſſere anch'eſſi a par te della libertà di comandare . Siegue
indi Dioniſio a narrare la diviſione del Popolo in Tribù , e Curie , inſieme
colla egual partizione de' campi , e de' terreni tralle Curie ; e poi paſſando
alla diviſione de' Ceti fatta in Padri e Plebe , nel riferire il carat tere che
i Patrizi doveano rappreſentare nella Repubblica , chiaramente ci atteſta ,
Tomo II. С che 34 DEL GOVERNO CIVILE che ai Patrizi apparteneva la cura dei
Sacri , l'eſercizio de' Magiftrati, l'amministrazione della Giuſtizia , ed il Governo
della Repubblica unitamente con Romolo (a ). Ę poco dopo narran do l'erezione
del Senato dal Ceto de? Patrizj replica lo ſteſſo , cioè , che Romolo avendo ri
dotto le coſe in buon ordine , immediatamen- : te creò dal Ceto de' Patrizj i
Senatori , i quar. li doveſſero ſeco lui amminiſtrare la Repubbli 64 (b) . E
queſta ' erezione di Senato l'affomi glia alle Repubbliche delle antiche
Nazioni Greche ſulla teſtimonianza di Omero , e di altri Poeti Greci , che
fanno menzione di fimi li Senati regnanti, cui preſedeva il Re , il qua le per
altro facea da Capo e Duce, in ma niera $ (a) Dionifo loc. cit. Romulus porro
poftquam difcre vit potiores ab inferioribus, mox legibus latis praefcri plit ,
quid utriſque faciendum effet : ut Patricii facra curarent, Magiſtratus
gererent , jus redderent ,SECUM REMPUBLICAM ADMINISTRARENT. ( b ) Dioniſio loc.
cit. Ceterum Romulus poftquam haec in decentem ordinem redegit , confeftim
decrevit Se fatores creare , ut ellent , QUIBUS CUM ADMINI STRARET REMPUBLICAM
. DI ' ROMA . 35 niera però , che il Governo della Repubblica riſedelle prello
il Senato compoſto degli Ot timati , come per l'appunto furono i Patrizi di
Roma (a) . Indi riferiſce le particolari in combenze attribuite a Romolo , come
Capo del Senato , cioè , che prello di lui eſſer do veſſe la principal cura dei
Sacrifizj e del le coſe Sacre : che doveſſe aver cura delle Leggi e de' Coſtumi
Patri ; che ſi riſerbaf ſe il giudizio per gli delitti più gravi, e de' minori
ne giudicaſſero i Senatori ; che foſſe di ſua incombenza di convocare il Senato
ed il Popolo tutto , colla prerogativa di dover eſſere il primo a profferire il
ſuo ſentimento , ma che le determinazioni del Senato dovef ſero dipendere dalla
pluralità dei fuffragi ; e finalmente , che poteſſe ſpiegare Poteſtà aſſo luta
in guerra ( b) , Paſſando poi a ſpiegare , C 2 qua (a) Dioniſio 796x it.
Graecanici Reges certe > qui hereditarium Principatum fumerent, quoſve
populus fibi ipfe praeficeret , conlilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus
& antiquiſſimi quique Poetarum teſtantur &c. ( b) Dioniſio loc.cit. His
conſtitutis, honorcs, & potefta tes in fingulos Ordines diſtribuit . Regi
quidem eximia mune 36 DEL GOVERNO CIVILE quale eller doveſſe l'autorità del
Senato , fcri ve , che gli affari del Governo ſi doveſſero dal Re proporre al
Senato, preſo di cui non di meno doveſſe riſedere la potefta fuprema di
decidere col mezzo della pluralità dei ſuf fragj , ſoggiungnendo inoltre, che
un tal fix ſtema di Governo folle ftato appreſo dalla Repubblica dei Lacedemoni
, ( fempre col falfo fuppofto , che Romolo in tali tempi aveſſe avuto
cognizione de' Papoli della Gre cia ) in cui i Re non erano Monarchi , nè Die
{potici del Governo , ma ſemplici Capi del Senato il quale fpiegava la fuprema
pote ftate munera fuerunt haec: Primum , ut Sacrificiorum , & re liquorum
Sacrorum penes eum eflet principatus, per quem çumque gereretur quidquid ad
placandos Deos attinet ; deinde uit legum ac conſuetudinum Patriarum haberet
cuſtodiam , omniſque Juris , quod vel natura di&ar , vel pacta & tabula
fanciunt curam ageret ; utque de graviſſimis delictis ipſe decerneret , leviora
permitteret Senatoribus , providendo interim , ne quid in judiciis pece caretur
; utque Senatum cogeret , Populum in concio nem vocaret , primus fententiam diceret
, quod pluçi bus placuiſſet , ratum haberet . Haec Regi attribuit mu nia ,
& practerea fummum in bello Imperium , DROMA. 37 ( be neppur ftà
nell'amminiſtrazione della Repubblica (a ). Da tutto queſto racconto di
Dioniſio non v'è chi pofſa negare , che Romolo non eb l'ombra, della poteſtà
Monarchica; poichè colla coſtituzione del Senato la poteità ſuprema riſedeva
preſſo il Senato medeſimo , e preſſo gli Ottimati ; e che tutto quello , che fu
attribuito alla perſona del Re , conſiſte va nel fare da Capo del Senato
Regnante col la ſemplice prerogativa di poter proporre gli affari, e di eſſere
il primo tra i Senatori 2 profferire il ſuo fentimento ; ma che la poteſtà di
determinargli riſedeſſe preſſo il Ceto dei Senatori , in maniera che le
determinazioni ſi coſtituivano colla pluralità de' Suffragj, a cui il Re
medeſimo dovea foggiacere ; ciocchè non ſolamente eſclude ogni idea di
Monarchia , ma C3 ci (a ) Dioniſio loc. cit. Senatui vero dignitatem ac po
teſtatem hanc addidit , ut is s de quibus à Rege ad ipſum referretur , de his
decerneret , & ferret calculum, ita ut ſemper obtineret plurium ſententia .
Id quoque a Laconica Republica defumtuin eſt; Lacedaemonio, rum cnim Reges non
erant fui arbitrii , ut, quidquid vellent , facerent ; fed penes Senatum erat
tocà publi cæ adminiftrationis poteftas . 38 DEL GOVERNOICI V ILE ro ci
manifeſta chiaramente una perfetta Ariſto crazia compoſta di Senatori , i quali
furono eletti dal Ceto nobile de' Patrizj. Egli è ve che il Re di Roma ſpiegava
la poteſtà aſſoluta ſoltanto in guerra ; ma queſta , come dicemmo , non toglie,
nè s’ oppone alla for ma del Governo mero Ariſtocratico , perchè in tutte le
Ariſtocrazie troviamo tal poteſtà ſuprema nella perſona del Capitan Generale ,
per la ragione di non poterſi altrimenti eſer citare con felice effetto il
comando del Du ce dell' Eſercito : E qui giova d' oſſervare , che ſebbene nelle
Ariſtocrazie il Capitan Ge nerale faccia ufo di poteſtat aſſoluta in guer ra ;
pure la dichiarazione della guerra , e tut to ciò , che appartiene al ſiſtema
generale di eſercitarla , dipende dal volere dello ſteſſo Se nato regnante ,
quatito a dire , che tutta live poteſtà ſuprema del Capitan Generale ſi ridu ce
ad eſeguire gli ſteſſi ordini del Senato éd a riſolvere all'iſtante da ſe
medeſimo ciò che non ſoffre dilazione , e l'attendere l'ora colo del Senato
ſarebbe inutile e dannoſo Del rimanente la forma del Governo ſi diſtin gue ITDI
ROMÀ. 9. 39 gue non già dall'uſo della poteſtă , che ſi eſercita in guerra , ma
dalla ragione delle pubbliche determinazioni , le quali , qualora dipendono
dall' arbitrio di quei pochi , che compongono il Senato , ci manifeſtano chiara
mente l'Ariſtocrazia , e non la Monarchia , anzi neppure un miſto dell'una è
dell'altra ; perchè la coſtituzione d'un Capo del Senato , ſempreche tutte le
pubbliche determinazioni ſono riſerbate alla pluralità de' Suffragj dei
Senatori s non ſi può aſcrivere , che ad un più ordinato regolamento del Senato
mede ſimo , come avviene in tutti i Ceti di per fone , in cui vi ſia un Capo ,
il quale ſembra effer neceſſario , affinchè ſia meglio regolato il Corpo
intiero di quei , che lo compongo ño ; ma non già che la coſtituzione del Capo
vaglia à mutare o alterare in minima parte il fiftemå del Ceto medeſimo. So
bene , che anche nelle Monarchie fogliono eſſervi i Se nati , maſlime de Grandi
dello Stato ma cali Senati ſono di gran lunga diverſi da quello, che fu
ſtabilito in Roma forto Romolo ; poi chè il Monarca talvolta ſuole commettere a
C4 quals 40. DEL GOVERNO CIVILE 0 qualche Geto di Perſoné la deliberazione de
gli affari , o pubblici , o privati ; ma tali de liberazioni non oltrepaſſano i
confini d'un mero configlio , ſicchè rimane maiſempre al Monarca la facoltà di
approvare , di repu diare la deliberazione ; quanto a dire , che la determinazione
dipende maiſempre dall' arbitrario fuo volere e non dai ſentimenti dei ſuoi
Conſiglieri; ragion, per cui nelle Mo narchie ſi trovano talvolta ſtabiliti
tali Ceti di perſone , che ſogliono aver nome di Con ſiglieri del Monarca .
All'incontro il Senato di Roma era compoſto di perſone , di cui ognu na
ſpiegava uguale autorità a quella di Ro molo per le pubbliche determinazioni ,
e queſta tal ſorta di Senato Regnante è quel la propriamente , che coſtituiſce
la vera forma di Governo Ariſtocratico . Quindi pof ſiamo francamente affermare
, che dove re gna la Poteſtà fuprema nel Senato , ivi non vi può eſſere neppur
l'ombra della Monar chia , ed al contrario dove regna la Monar chia , ivi non
può eſſervi Senato di poteftà ſuprema; perchè l'una e l'altra forma di Go verno
DI ROMA . 4.1 3 come verno non ſi diſtinguono in altro , ſe non che nella
Monarchia la poteſtà fuprema riſiede in un folo , e nell' Ariſtocrazia in molti
. Ma per eſſer meglio convinti d'una tal ve rità , ci conviene di eſaminare con
maggior diſtinzione quel Capo di Poteítà , che riguar da lo ſtabilimento delle
Leggi , il quale più d'ogni altro fa diſtinguere la Monarchia dal? Ariſtocrazia
, ſecondo che venga eſercitata da un ſolo , o da molti , è che ſecondo il ſenti
mento di tutti i Politici ſi conſidera la maſſima nell' amminiſtrazione dello
Stato . In fatti tra tutte le pubbliche deliberazioni la più ſpecioſa ed
importante è certamen te quella , che diceſi poteſtà Legislativa ; poi chè lo
ſtabilimento delle Leggi , come quel lo , che più d'ogni altro riguarda
l'intereſſe e la pubblica tranquillità , è il punto più ge lofo , che poſſa
eſſervi nel regolamento del le Società Civili , e come tale ci manifeſta , e ci
fa diſtinguere ad un tratto la Monarchia dall'Ariſtocrazia . La ragione ſi è ,
perchè pre ſcriver la Legge allo Stato altro non è , che obbligare e ſoggettare
tutti i particolari mes 42 DEL GOVERNO CIVILË membri del Corpo Civile alla
cieca obbedien za di ciò , che la Legge comanda ; e perciò ñon li può
riconoſcere poteſtà più ſublime di quella di poter comandare la Legge . Or fen
za biſogno di ſoggettarci ſu tale articolo ai ſentimenti degli Storici ;
qualora ci riuſciſſe di dimoſtrare , che la Poteſtà Legislativa di fat. to
riſedeva non nella perſona di Romolo , ma preſſo l'Ordine del Senato regnante ,
non ci rimarrà luogo da dubitare , che l'iſtituzio ne del Governo folle di
forma mera Ariſto craticào É qul fa d’uopò di ricorrere alla narrazio ñê del
Giureconfulto Pomponio nella Legge feconda de Origine juris į ove impreſe con
particolari cura à trattare dell'origine delle Leggi Romane · Ci fa egli ſapere
, che ſul principio il Popolo Romano ſi regolava ſenzos leggi certe e
determinate ; ma che tutto ſi go Bernava col mezzo della dutorità del Re (a) .
A tal (a ) L. 2. 9.1. de Orig. Juris : Et quidem initio Ci vitatis noftrae
Populus fine lege cerca , fine jure certo pri DI R O M A. 43 A tal narrazione
di Pomponio gl' Interpreti del Dritto Civile , valutando aſſai più la di lui
Autorità , che quella di Dioniſio li dettero a credere che realmente il Governo
iſtituito fotto Romolo folle itato Monarchico , poichè (dicono eſli ) ſe ne
primi principi della fonda zione di Roma al dir di Pomponio non v'era no leggi
ſtabilite , e determinate , ma tutto li regolava collº autorità del Re , ne liegues
neceſſariamente , che la forma del Governo cominciare dalla Monarchia . Ma io
non sò , come tali Interpreti poſſano formare da quelle parole di Pomponio un
tal giudizio , quando dall' altre , che ſeguono , li dimoſtra il con trario .
Indi ( fiegue Pomponio ) eſſendoſi ing qualche maniera ingrandita la città ,
dicéſi , che lo ſtesſo Romolo aveſſe diviſo il Popolo in trenta parti ,
chiumate CURIE a motivo , che allo primum agere inſtituit , omniaque manu Regis
guber nabantur . NellePandette Fiorentine leggefi MAŇU A REGIBUS GUBERNABANTUR
ma de ciocchè fregue , e dall' eller direito il diſcorſo di Pomponio alla
perfona di Romolo , dee fi piuttosto abbracciare la lezio ne volgata , omniaque
manu Regis gubernabantur. 44 DEL GOVERNO CIVILE allora Spediva gli affari della
Repubblica coi ſentimenti , e colle determinazioni delle medeſime Curie ; ed in
tal maniera promulgò egli alcune leggi dette CVRIATE , come fecero altresì i Re
ſuoi ſucceſſori (a ) . Or fe folle vero , che Romolo cominciaſſe a governare la
Città colla fornia Monarchica , dovrebbe eſſer falſo , che lo ſteſso Romolo
indi ſtabiliſſe la Repubbli ca degli Ottimati , con attribuire al Senato l'
Autorità ſuprema di diſporre degli affari pub blici per mezzo della pluralità
de' Suffragi . Nè vale il ſupporre , che Romolo regolaſſe , la Città coi
ſentimenti delle CURIE di puro conſiglio , quafi che ſi riſerbaffe l'arbitra
rio volere di ſeguire , o di ripudiare tali fen timenti . Imperciocchè lo
ſtello Pomponio chia ramente s'eſprime , che gli affari ſi determi navano per
Sententias partium earum , che in buon ( a ) Poftea au&a ad aliquem modum
Civitate ipfum Romulum traditur , Populum in triginta partes divififfe , quas
partes Curias appellavit , propterea quod tunc Reipublicae curam per Sententias
partium caruni expediebat ; & ita leges quaſdam & ipfe Curiatas ad
Populum tulit. Tulerunt & fequentes Reges . DI ROMA . 45 buon latino non
poſſono ſignificar Configlio ; ed oltracciò le Leggi ſi chiamarono Curiato non
per altra ragione , fe non perchè le de terminazioni venivano preſcritte co'
ſentimens ti delle ſteſse Curie , e non dall' arbitrario vo lere di Romolo .
Egli è vero , che tali Leggi coll'andar del tempo furono anche dette Regie a
cagion che ſi proponevano dai Re ne' Co mizj Curiaci; ma poichè tutti gli
Storici con vengono nell'affermare , che gli affari li de terminavano dalSenato
a relazione degli ftelli Re , come Capi di quella adunanza , non ci dee far
maraviglia , ſe le Leggi ſi foſſero dette anche Regie ; perchè venivano
propoſte dal Capo del Senato , cui ſi dette il nome di Re . Dunque fe vogliamo
credere più a Pompó nio , che a Dioniſio , pure ſiamo obbligati coll'autorità
dello ſteſſo Pomponio di ammet tere ne' tempi di Romolo l ' Ariſtocrazia , u
non la Monarchia ; perché altrimenti non ſi potrebbero comporre le prime colle
ſeguen ti parole del Giureconſulto . All'incontro egli farebbe coſa ridicola il
ſupporre , che pri ma di ſtabilirſi le leggi certę , Romolo go f ver 46 DEL
GOVERNO CIVILE vernaſse da Monarca , e che poi iſtituiſſe l' Ariſtocrazia ; e
quando anche potefle'aver luogo una tal fuppoſizione , non dobbiamo at tenerci
a quel che foſſe ſeguito , prima che ſi dalle una certa forma al Goveșno , la
quale non fi dee ripetere , fe non dal tempo , in cui la Città preſe i ſuoi
certi regolamenti. Ма ,per meglio chiarirci di tal verità, con „ viene di
riflettere , che quella eſpreſione di Pomponio , cioè , che fu i principi della
cit tà non v'erano leggi certe , ma che tutto ve niva regolato coll'autorità di
Romola , non può ſignificare forma di Governo Monarchi co , come è itata
appreſa dagl' Interpreti. E qut fa d 'uopó d'inveſtigare la vera ſignifi
çazione di quelle parole , Omniaque manu Regis gubernabantur . La voce Manus ,
è vero , che per traslato • ſtata anche appreſa da' Latini in ſenſo di poteftà
(a) ; pure non hanno 1 ( a ) I Latini quandą apprefero la voce Manus in senſo
di POTESTA' , s' avvalſero di quelle locuzioni IN MANU ESSE , HABERE, IN MANUM
CON VE DI ROMA , 47 hanno mai detto gubernare manu in ſenſo di governarc ,
colla poteſtà ; nè mai trovaremg gubernare , o regere , o altre fimili parole
in ſieme colla voce manu , per ſignificare poteſta nel governo , Molto meno può
adattarſi alla voce manus la ſignificazione di arbitrio , o la diſpotiſmo ,
come piacque ad altri Inter preti ; perché un tal difpotiſmo altro non è , che
poteft fuprema , ed indipendente ; ma comunque ſi apprenda tal poteſtà , ſiamo
pur troppo ſicuri , che nel linguaggio latino quel gubernare many non ſi può
apprendere in ſen ſo di poteft . In queſta eſpreſſione adunque di Pomponio la
voce manus deeſi riferire a tutt'altra intelligenza , che a quella di po teſtà
; e poichè tal voce è ſtata anche appre fa dai Latini in ſenſo di forza , e di
valore di corpo , o d'animo , come la troviamo in tan te locuzioni (a) , non
poſſiamo fpiegare il detto VENIRE > DARE , MANU MITTERE fimili . ( a) Nel
fenſo di FORZA , VALORE , E CO RAGGIO i Latini han detto MANUS MILITARIS , MA
48 DEL GOVERNO CIVILE detto di Pomponio , ſe non nel ſenſo d ' ef ferli in
quelle prime origini della Città re golati gli affari colla forza , col valore
, e col la guida di Romolo , come quegli , che tra quelle poche perſone , che
ſi unirono ſeco lui nella fondazione della Città , facea la fi gura di Capo e
Duce . E queſta intelligen za ci fa intendere altresì tutto il compleſſo del
racconto di Pomponio ; poichè , dic'egli, che ne' principi il Popolo vilfe
ſenza legge certa , fine lege serta , fine jure certo ; perché prima di
ſtabilirſi moltitudine cale di abitanti, che formafle un corpo abile a comporre
una Società Civile , non v'era biſogno di formare leggi e regolamenti pubblici
, ma tutto re golavaſi con quei medeſimi coſtumi , fecon do i quali erano ſtati
educati quegli ſteſli , che unironſi con Romolo ; e perciò dice Pomponio , che
ſi vivea ſenza Leggi certe , perché MANUS ARMATA , MANUM CONSERERE, IN JICERE ,
INFERRE MANUM ALICUI REI IMPONERE , MANU DOCERE , e fimili . E noz Italiani
abbiamo ritenuta l'eſpreſione di MANO RE GIA per hgnificare la forza legittima
dello Stato di pronta , e spedita eſecuzione . D'L ROMA . 49 perchè allora la
Legge era la voce mede ſima del Capo dell'unione , il quale poteva occorrere ad
ogni diſordine . Ma quando poi crebbe la moltitudine degli Abitanti , allora
biſognava di ſtabilire le Leggi , non poten doli regolare un Corpo Civile colla
fola voce parlante del Duce . In fatti le Leggi certe e ſtabilite altro non
ſono , che voci mute di chi governa ; e ſiccome per regolare i pic coli Corpi
può baltare la voce parlante di chi gli regge , cosi moltiplicataſi l'unione degli
abitanti , e pervenuta al grado di formarli un Corpo conſiderabile richiede
neceſariamente lo ſtabilimento di Leggi certe , le quali pre ſtino l'uffizio
della voce medelima di quel Ceto , preſso di cui riſiede la pubblica pote ftà .
Ciò ſuppoſto , fino a tanto che Roina ven ne abitata da piccol numero di
perſone , la vo çe parlante di Romolo baſtava per regolare gli affari ; ma
moltiplicatoſi il numero , fi do vette venire alle determinazioni delle Leggi
certe , non potendoſi altrimenti ſoſtenere un Corpo Civile . Ma prima di
ſtabilirfi tali Leg gi non poſſiamo ſupporre , che Romolo co Tom . 11. D man 50
DEL GOVERNO CIVILE mandaffe coll'arbitrario fuo volere ; perchè lo Steffo Po
mponio ci aficura , che quando ci fu biſogno di stabilire le Leggi certe , furono
queſte determinate colla pluralità de' fuffragi delle Curie , o ſia del Senato
; e poichè non è poſſibile l'immaginare , che il Governo per coså breve tempo
dipendeſse dal voler del Mo barca , e che immediatamente poi paffalle nella
poteſtà Ariſtocratica , perciò dobbiams conchiudere coll' autorità dello ſteſſo
Pompo nio , che fin dal principio la Città fu eretta colla forma del Governo
Arittocratico . Ne G può conoſcere altra divertità tra quel tempo , in cui fi
vivea ſenza Leggi certe , e quell' altro , che venne immediatamente, in cui
furo no ftabilite le Leggi , fe non che in quello la poteſtà degli Ottimati
ſpiegavafi colla voce parlante di Romolo , manu Regis , laddove in quefto il
Senato fpiegava la ſua poteſtà colla voce muta delle ſtabilite Leggi; ma l' uno
e l' altro tempo riconobbe la medeſima forma , Ariſtocratica ; Quindi è ancora
, che quelle locuzioni di Pomponio ſine Lege certa , fine's jure certo , non si
poſſono apprendere , come fecea DIROMA . 51 fecero alcuni Interpreti , quaſiché
il regola mento in quel tenipo folle vario ed inco ftante , perché non ſi può
fingere ſocietà di Uomini , che vivano ſotto un yario fiftema di Regolamento ,
ma ſi debbono riferire a quella intelligenza , che meritano , cioè che tutto
veniva preſcritto a voce ſecondo le opportu nità delle contingenze , che
ſpiegavali col mezzo di Romolo loro Capo ; perché non v ' era biſogno ancora di
ſtabilirſi leggi certe , come figui poi colla moltiplicazione degli abitanti ,
Siegue Pomponio a narrare , che eſéndoli diviſo il Popolo in trenta Curie , coi
di cui ſentimenti li determinavano gli affari , allo ra cominciaffero a
ſtabilirli le. Leggi cere te , che furono perciò dette Curiate , come fecero
altresi i Re fuoi fucceffori : Et ita le ges quafdam cuo ipſe Curiatas ad Populam
tri lit , tulerunt eam fequcntes Reges : 1 qut gł Interpreţi del Dritto Romano
per ſoſtenere la fognata Monarchia di Romolo caddero in tun'al tro equivoco
nell'apprendere l'eſpreſſione di Pomponio di ferre legem ad populum in fente D2
d'ef 52 DEL GOVERNO CIVILE d'eſſerſi comandate le leggi da Romolo , e dai Re
fuoi fucceffori . E febbene una tale interpretazione ſi oppone direttamente a
cioc. chè lo ſteſſo Pomponio riferiſce nelle parole antecedenti , cioè che il
governo della Re pubblica ſi amminiſtrava per mezzo de' fen timenti delle Curie
: propterea quod tuma Reipublicæ curam per ſententias earum partium expediebat
; pure abbagliati da quel guberna bantur manu Regis , ſi videro obbligati a
rico noſcere nella perſona di Romolo e degli al tri Re la poteſtà fuprema di
comandare le leggi . Siminaginarono dunque , che lo ſta bilimento delle Curie
non toglieva al Re la poteſtà Monarchica , poichè febbene il Sena to
interveniva nelle deliberazioni dello Stato, pure i ſentimenti delle Curie ſi
debbono ri ferire piuttoſto a ragion di conſiglio , e che in conſeguenza la
poteſtà di comandare le Leggi riſedeſſe preſſo di Romolo , e ſuoi Re
ſucceſſori. Or (dicono eſli) ſe la poteſtà di co mandare le Leggi , al dir di
Pomponio , fpie gavaſi dal Re , ne ſiegue , che la forma del Governo debbafi
attribuire anzi a Monarchia , che , DI ROMA . 53 ! che ad Ariſtocrazia . Ma io
non só intendere con qual fondamento poſſano afcrivere l'e ſpreſſione latina di
ferre legem ad populum al fenſo di comandare , e preſcrivere la legge , quando
al contrario egli è coſa notiſlima pref fo i Latini , che il ferre legem nella
ſua vera intelligenza ſignifica ſemplicemente il propor re la legge per
determinarji , o ripudiarſi , e non il preſcriverla , e comandarla ; anzichè
qualora dagli Scrittori Latini al ferre legem fi aggiligne ad populum , ad
plebem , e ſimili , non v'è eſempio , che foſſe ſtata mai tal lo cuzione
appreſa in ſenſo di comandare la leg ge al Popolo , alla Plebe, ma ſempre nel
ſen ſo di proporla , per determinarſi dal Ceto del Popolo , o della Plebe ( a )
. E quando la lega ge propoſta veniva coi fuffragi ſtabilita v preſcritta ,
allora diceaſi lex juſſa , condita ; ſic chè altro era il ferre , altro il
jubere legem ; il ferre fignificava proporre , ed il jubere pro D 3 pria ( a )
Vedi Briſſonio de Formulis lib. 2. cap. 17. 2 109. il quale traſcrive i laoghi
degli Scrittori Latini ſu sale articolo . 54 DEL GOVERNO CIVILE priamente
dinotava la determinazione , o sia le juffione della legge . Tra gli altri
Scrittori Latini ſono innumerabili i luoghi di Livio , in cui cgli îi avvale
dell' eſpreſsione di ferre legem , o pure rogationem , nel ſuo vero ſenſo di
propar re , e non già di comandare , e ſoprattutto quando riferiſce le
pretenſioni de' Tribuni del la Plebe , in cui fa uſo della voce ferre ine fenſo
ſempre di proporre o promuovere , e lis mili , e non mai di preſcrivere , o
comandare, perchè i Tribuoi della Plebe non aveano altra facoltà , fe non
quella di promuovere , e di eſporre le petizioni del Ceto plebeo , e non già di
comandarle . Ma per eller convinti di queſto vero ſenſo ſecondo l'originaria
fua fi gnificazione baſta un luogo folo di Livio , in eui eſpreſamente ſi
addita la differenza tra "! ferre , e jubere legem . Racconta egli , che
pell'anna 372. il Senato -ordinà , che ſi fosſe pro poſto al Ceto plebeo la
deliberazione d' intimark la guerra a' Popoli di Veletri . I Patrizi co
nofcendo d' eſſerſi laſciata più volte impunitra la ribellione de' cittadini di
Veletri , decreta rono, che al più preſto che fosſe poſſibile, ſi pro poneffc
DI ROMA SS ponefe,al Ceto plebeo l'affare d' intimarye loro la guerra , e che
propoftafi una tal delibera zione tutte le Tribù conſentirono a coman dare' , e
determinare una tal guerra . E qui Livio eſpreſſamente fi avvale della voce fer
re , quando parla di proporſi l'affare al Ceto plebeo , e della voce jubere ,
quando riferiſce la juffione della guerra ſeguita coi fuifragj di tutte le
Tribù (a ). Egli è vero , che l' eſpreſ Gone di ferre legem é ſtata poi dai
Latini tra ſportata anche a fignificare la promulgazione della legge in quelle
locuzioni Lata lex eft , e limili ; ma neppure "la trovaremo uſurpata in
queſto ſenſo , quando ci ſi aggiugne ad Populum , ad plebem c. perchè allora
ritie ne l' originaria ſignificazione di proporre , e non di promulgare (.b ) .
Comunque però fi D4 ap ( a ) Liviv lib. 6. Cap. 21. Id Patres rati contemptu
accidere , quod Veliternis Civibus ſuis tamdiu impuni ' ta dete &tio effet
, decreverunt , ut primo quoque rem pore ad populum FERRETUR de bello cis indicen
do ...... Tum , ut bellum JUBERENT , latum ad Populum eft ; & nequidquam
diffuadentibus Tribu nis Plebis , omnes Tribus bellum JUSSERUNT . ( b) Tum ut
bellum juberent , LATUM AD PO PULUM EST . Livio loc. cit. 56 DEL GOVERNO CIVILE
apprenda , o in ſenſo di proporre , o di pro mulgare , egli è fuor di dubbio ,
che non mai può ſignificare juffione è determinazione della legge . Ciò
ſuppoſto , per ritornare ora a Pomponio, ognun vede , che le di lui parole : Et
ito leges quaſdam & ipfe Curiatas ad populum tue lit ; tulerunt ex
Sequentes Reges non pofſono apprenderli nel ſenſo , che Romolo , e gli altri Re
aveſſero preſcritte le leggi Curiate ſe non vogliamo tacciare il Giureconſulto
per ignorante del linguaggio latino , ma quel tu lit ad populum deeſi riferire
a quella facoltis che riſedeva ſoltanto preſso la perſona del Re , di proporre
gli affari pubblici in Senato , ed in conſeguenza le leggi , la di cui juffio
ne nondimeno dipendeva dal fuffragio delle Curie medesime per fententias earum
partium , e non dall'arbitrario volere del Re ; e le leg gi fi diſſero Curiate
non per altra ragione , ſe non perché vennero preſcritte , e comandate dalle
Curie , e non dal volere del Re , quan tunque egli come. Capo del Senato , e
come riconoſciuto per lo più abile e favio trai Senapa " DI ROM A 57
Senatori godeſſe la facoltà di proporre cioc chè gli ſembrava più eſpediente
per l'ottimo regolamento dello Stato ; ma' una tal prero gativa fu fpiegata'
altresì dopo il diſcaccia- , mento de'Re dai Conſoli , dai Tribuni mili tari di
poteſtà Confolare , dai Ditcatori , e da altre Magiſtrature di ſublime
autorità, le quali tutte proponevano al Senato , alla Plebe , al Po polo tutto
, le determinazioni degli affari pub blici , e maſſime delle leggi ; niuno però
fin è ſognato finora di aſcrivere la forma del Go verno ſotto i Conſoli a
Monarchia , perchè la ragione di Capo d'un Popolo ſenza carat tere di poteſtà
aſſoluta non può produrre Monarchia , fe non vogliamo confondere ! idea del
Governo Monarchico coll' Ariſtocra tico e Democratico . winno Conchiudiamo
adunque. Gli Scrittori chepiù degli altri ci narrano con qualche diſtinzione la
forma del Governo tenuta ſotto Romolo , fo no Dioniſio , e Pomponio . Il primo
ci de fcrive chiaramente la coſtituzione del Senato , dal di cui arbitrio
dipendevano le determina zioni degli affari e l'intiero regolamento dello 58
DEL GOVERNO CIVILE dello Stato , ciocchè eſclude di fatto ogniom bra
diMonarchia in perfona di Romolo . Il fecondo non ſolamente non fi oppone a
quan to riferiſce Dioniſio , anziché ce lo conferma più chiaramente , prima col
riferirci , che nel naſcimento della Città non v'erano leggi cer te e
preſcritte , ma che tutto regolavaſi col conſiglio e guida di Romolo , ed indi
cot narrarci, che creſciuta in qualche maniera la moltitudine degli abitanti ,
fu neceffario di venirli allo ſtabilimento delle leggi certe . Quali leggi
inſieme col reſto de' pubblici af fari , eſſendoſi diviſo il Popolo in trenta
Cu rie , furono preſcritte col fuffragio delle me defime ; ragion , per cui fi
diſsero leggi Cum riate; e che finalmente la prerogativa di Rom molo , come
Capo del Senato , fi riduceaus alfa - facoltà di proporre predo il Ceto de Se
natori ciocchè gli ſembrava opportuno per determinarli gli affari dal Senato
medeſimo per ſententias carum partium . In fomma, che Je leggi col reſto delle
pubbliche determinazia -ai fi ſtabilivano colla juſsione delle Curie , o fia
del Senato , non si può negare per l'alt torita DI ROM A . 1 59 torità di
Pomponio , di Dioniſio , di Livio , e di tutti gli Storici , i quali
concordemente combinano ſu tale articolo . Il determinarli gli affari per
ſententias delle ſteſſe . Curie e de Senatori , in buon latino non può
fignifica re pareri confultivi , ma juſsione per mezzo della pluralità de*
fuffragi. Quel tulit leges ad populum attribuito a Romolo , ed ai Re fuc celori
, altro non contiene , che la facoltà del Re nel proporle , e non già nel
comandarle , e prefcriverle . Dunque dai detti degli ſteffi Storici siamo
convinţi , che la forma del Gom verno iſtituita fatto Romolo non ebbe nep pur
l'ombra dellaMonarchia , perché doves vi è Senato , preffo di cui rilieda la
poteftà. ſuprema di decidere gli affari dello Stato , ivi non vi può regnare il
Monarca . E per ultimo troviamo nella Storia Civile di Romaun fatto
incontraſtabile , che di ſya natura ci dimoſtra , quanto foffe lontano dalla
Monarchia il Governo Civile iſtituito foto Romolo . Egli è troppo noto il
dritto di Pa tria poteſtà , che eſercitavaſi in Caſa dal Citta dino Romano
ſulla ſua famiglia ſenza limiti, @fen . 60 DEL GOVERNO CIVILE 3 e fenza la
minima dipendenza dal Re, o dal Senato . Non intendā io qui di quella potefta
patria praticataſi nei tempi poſteriori , e maf fime fotto gl’Imperatori , ma
di quell'affolu to Impero Paterno eſercitato fin dalla fonda zione di Roma , e
che dai Decemviri fu tra- . ſcritto nelle xir. Tavole , come riferiſce Dio-,
niſio (a ) . Era certamente la Patria poteſtà di quel tempo fornita d'un
aſſoluta dominazio ne ſulla ſua famiglia , finanche verſo i pro prj. Figli , fovra
di cui il ' Padre eſercitava dritti di vera Monarchia, com'era l'effer di
ſpotico della vita , e della morte loro (b) , eltre dell'arbitraria facoltà di
poterli vende re , in manierachè dopo la terza vendita i Fi gli di liberavano
dal diſpotiſmo Paterno ( c) . Or queſto dritto Patrio , che con vera efpref
fione ( a) Antiq. Rom. lib. 2. ( b ) Sull' autorità di Dioniſio gl' Interpreti
del dritco Romano compoſero quel capo di legge delle mit . Tavole con quelle
parole : ENDO LIBERIS JUSTIS VITAE NECIS VENUM , DANDIQUE POTE STAS EI ESTO .
(c ) SI PATER FILIUM TER VENUM DUIT , FILIUS A PATRE LIBER ESTO : altro capa
delle ? DI ROMA. 61 fione da Valerio Maſſimo ( a) e da Quintilia no (b) venne
detto Patria Majeſtas , fu eſerci tato dai Romani non ſolamente dal teropo
della promulgazione delle XII. Tavole , ma fin da’ pri ra , delle xir . Tavole
riferito da Ulpiano tit. 10.5. 1. E Dionifio loc. cit: Romanorum autem
legislator ( inc tende di Romolo ) omuem ur breviter dicam , pour teſtatem
patri dedit in filium , idque toto vitae tem pore , five in carcerem eum
detrudere ; five fla gris caedere , five vinctum ablegare ad ruſtica ope five
necare libeat , etiamli filius tractet Rempue. blicam , etiamfi Magiftratus
gefferit maximos , etiamſi fudii erga Rempublicam laudem fit promeritus. Jux ta
hanc certe legem illuſtres viri pro roftris favente plebe concionantes in
Senatus invidiam , fruenteſque aura populari, detracti e ſuggeſto , abducti
ſunt apa tribus , poenas daturi ex ipforum fententia ; quos , duin per forum ducerentur
, nemo adftantium eripere poterat , non Conſul , non Tribunus , non ipſa turba
, cui tuin adulabantur , licet omnem poteſtatem ſua minorem exi ftimans . Taceo
, quot viri fortes necati Gnt . a patri bus &c . ... Nec contentus hanc
poteſtatem parentibus dediffe Legislator Romanus , permifit etiam vendere fi
lium .. Majorem largitus poteſtatem patri in filium , quam hero in mancipiuin ;
lervus eniin ſemel venditus , deinde libertatem adeptus , in poſterum fui juris
eſt ; fi lius vero a patre venditus , fi liber fieret , rurſum fub ра tris
poteftatem redigebatur ; iterum quoque venunda tus , & liberaçus , fervus
patris crat tertiam demum yendiționem eximebatur e patris po teſtare & c .
(a) Lib. 7. Cap. 7 . ( b ) Declamat. 378 . , ut ante ? poſt 62 DEL GOVERNO
CIVILE primi tempi di Roma , poichè Ulpiano ( a ) afferma d'ellerli introdotto
moribus , cioè , non per legge ſcritta , ma per antichillimo coftu me Patrio ;
Dioniſio (6) lo riferiſce ad una legge di Romolo ; e Papiniano (c) l' attri
buiſce ad una legge Regia . Ma Ulpiino a mio giudizio l'indovina meglio di
tutti , coll' affermare d'eſerli tal dritto di Patrią poteſtå ricevuto per
coſtume ; e la ragione ſi è , perchè una tal poteſtà diſpotica del Padre di
famiglia dobbiamo fupporla nata inſieme col la coſtituzione delle Famiglic
medefime , e prima che quefte conveniſſero a formare So cietà Civile , ſicchè
troyandofi tal coſtuine già introdotto nello Stato di famiglie , natu ralmente
fu conſervato e ritenuto dalle Fa miglie , che convennero con Romolo nella fon
dazione di Roma . In fatti tal coſtume trovali quaſi uniforme in tutte le
Nazioni ne'loro for gimenti per le chiare teſtimonianze degli an tichi (a) L.
8. de his , qui ſunt fui , vel alieni juris. ( b ) Loc. cit. ( c ) Collar. leg.
Mofaic. tit. 4. ). 8 . DI KO MA . 63 3 tichi Scrittori (a ) . E ſebbene
Triboniano (b ) credette , che folle queſto dritto proprio de' Romani , pure
s'inganno , forſe dall' avere of fervato , che ne’tempi , in cui i Romani eſer
citarono queſto dritto con aſſoluta poteſtà , e. nel maſſimo ſuo rigore ,
l'altre Nazioni l'avea. no già raddolcito con ridurlo a limiti più be. nigni ed
umani , come avvenne altresì pref fo gli itefli Romani , mallime fotto gl'Im
peradori , nella di cui età la poteità Patria decadde in buona parte
dall'antico fuo ri gore . Comunque sia , quanto al preſente ar gomento çi baſta
di potere afficu are colla tea ftimonianza di tanti Scrittori , che il Diſpo
tilmo Patrio fu eſercitato da'Romani fin dai primi tempi di Romolo . Qui cade
in acconcio di riflettere ciocche gli Storici ci narrano dell'accuſa d'Orazio
per aver ucciſa la Sorella in atto , che ritornava trion ( a) Ariftotele
Nicomache lib . 8. cap. 10. Cefare lib. 6. de bell. Gill. cap. 9. Plutarco in
Lucullo · Giustiniane Novel la 1 34 • ( b ) Inf . lib . 1. tit. 9. 1. 2 . 64 :
DEL GOVERNO CIVILE trionfante per la vittoria contro i Curiazi . Dioniſio
fembrami', che racconti il fatto al ſai meglio di Livio , allorchè cinarra
l'accuſa , e'l giudizio d'Orazio , in cui non fa men zioné né del Giudizio de'
Duum viri , nè dell' appellazione propoſta da Orazio al Popolo , che ſono le
due circoſtanze che fi leggo no in Livio (a ) ; ma ſemplicemente ci rac conta ,
che füll'accuſa propoſta da taluni con tro Orazio al Re Tullo , il Padre di
Orazio , oltre di aver dichiarato di non meritare fuo Figlio la minima pena ,
pretendeva, che un tal giudizio apparteneſſe privativamente alla di lui
cognizione , tractandoſi d'un fatto acca duto tra i ſuoi figli , e che in
confeguen za per dritto di poteſtà Patria dovea egli ef fere il giudice di
queſta Cauſa (b) . Ma il Re per una parte credeva anch'egli di doverli af
fólann (a) Lib. 1. cap 26. (b) Dioniſ. Antiquit. Romanarum lib. 3. Pater contra
patrocinabatur filio , acculans filiam , & negans eam dicendam cædem , fed poenam
verius , poftulabatque fibi de fuis malis permitçi Judicium ut qui ambo rum
effet Pater . 2 • Í Ř OM Å 68 folvere Orazio io benemerenza della vittoria ed
in conſiderazione dell'inſulto di parole fat to dalla Sorella al Fratello in
tempo , che aſpettava dà lei piùcche da ogni altro lode , ed applauſo per
un'opera egregia preſtata alla Pa tria ; è molto più à cagione , che il Padre
preſſo di cui rifedevå fecondo i coſtumi di que' tempi l'indipendente poteſtà
di giudica re ſulle perſone de propri Figli fi era dichia rato d'averlo già
adoluto (a ) .Dall'altra parte il Re temeva il tumulto Popolare eccitato dagli
emuli , ed inimici d'Orazio . Tra tali dubbiezze pensò di prendere l'eſpediente
di rimettere la cognizione della Caufa al Popo lo , il quale confermò il
giudizio Paterno con affolvere l' accufato Orazio . Un tale rac conto è molto
più verifimile di quel ; che ci narra Livio fúl giudizio de ' Duumviri, e dell'
appellazione propoſta da Orazio al Popolo ; poichè in que' tempi l'Impero
Paterno eras Tomo 11. E nel ( a ) Dioniſ. loc. cit. Praeſertim patrc quoque
ipſum abfolvente , quem potiſſimum Filiae ultorem jus * natura fecerar : 66 DEL
GOVERNO CIVILE nel ſuo miglior vigore ; nè il Re fenza of fendere le leggi del
Patrio Impero potea to gliere il giudizio di queſta Cauſa dallauto gnizione del
proprio Padre , e tasferirlo ai Duumviri , e molto meno in ſimili Cauſe era
permello al Popolo di prenderne cognizio ne in pegiudizio del dritto Paterno ;
Ma la contingenza ſtraordinaria d ' eſſerſi mella, la Città in rivolta per
queſto fatto , produſela neceflità di ſedarſi il tumulto coll’eſpedien te
politico di rimettere l'affare al giudizio del Popolo , e l' Impero privato del
Padre dovette cedere alla ragione della pubblica tranquillità ... E quindi
intendiamo ancora la ragione , per cui Dioniſio riferiſce , che que Ita fu la
prima volta , in cui il Popolo preſe cognizione d ' un giudizio Capitale (a) ,
non gia perchè prima di queſto tempo non aveſſe mai il Senato giudicato di
delitti capitali , come (a) Pion. lor. cit. Populus autem Romanus tum pri mum
Capitalis Judicii poteftatem nactus , compro bavit Patris fententiam Juvenemque
abſolvit a cac dis crimine , DI ROMA .. 67 come ſe prima non foſſero mai
accadute con tingenze fimili o fe al Senato , che gode vala ſuprema poteſtà del
Governo folle mancata fino allora quella di poter giudica re di delitti
Capitali ; Ma l'eſſere ſtata que. fta la prima volta , in cui eſercitoſli dal
Po polo il dritto di giudicare d ' un delitto Ca pitale , deeſi riferire al
fatto particolare , di cui ſi trattava , cioè alla poteſtà di giudicare d'un
Figlio di Famiglia contro il ricevuto ca ſtume dell'Impero Paterno , a cui
privativa mente ne apparteneva la cognizione . Or per tornare al noſtro
propoſito diciamo, che fe que? Scrittori, i quali s'immaginarono , che Romolo
infieme coi Re ſucceſſori fpiegaro no carattere di Poteſtà Monarchica, aveſsero
fat to oſſervazione ſull'Impero Patrio , e familia re praticato da ’ Romani fin
dalla fondazione della Città , ſi ſarebbero accorti dell' impof ſibilità di
poterſi unire inſieme Monarchia , Civile prello del Re , e Monarchia familiare
preſſo i privati Cittadini ; poichè chi dice Monarchia familiare prello de'
privati Citta dini cfclude ogni ombra di Monarchia preſſo E 2 il 68 DEL GOVERNO
CIVILE ma dello il Re ; e la ragione ſi è , perchè fe i Padri di famiglia ſenza
la minima dipendenza non folamente del Capo del Senato fteſſo Senato regnante
erano gli aſſoluti Mo narchi dell'intiera loro famiglia , ſia de ' figli, fia
dei fervi , e famoli , come mai poſſiamo figurarci , che tali Monarchi
familiari foſſero nel tempo ſteſſo ſoggetti alla Monarchia Ci vile ? Chiamaſi
Monarchia Civile quello fta TO , in cui tutto l'intero Corpo Civile in tutte le
ſue faccende pubbliche e private trovali ſoggetto all'autorità fuprema d'un
folo che comanda . Or chi non vede la manifeſta diſſonanza e contradizione nel
ſupporre il Ceto 'de' Cittadini fornito di po* teftà ſuprema, ed indipendente
nella fua fa miglia , é foggetto nel tenipo Ateſo al Mo narca ? E come mai
poſſono fingerfi unite in ſieme poteſtà fuprema , e foggezzione ? In tutte le
Società Civili , ove regna la Monar chia , non trovaremo mai poteftà familiare
in dipendente dal Monarca , perchè l'una eſclu de direttamente l'altra . In
fatti tali poteft:s private in perſona de' Cittadini non pollonio altri 3 1 1 1
DI ROMA . 69 altrimenti eſercitarſi , fe non in quelle Socie tà Civili , che
ſiano governate colla formas Ariſtocratica perchè tal forma di Gover no
ſolamente può comportare diviſioni di po teſtà pubblica , e privata ; pubblica
preſso il Ceto degli Ottimati e privata preſo le perſone particolari degli
ſteſſi rappreſentan ti della Repubblica , i quali ſpiegano la po teſtà pubblica
, quando uniti inſieme com pongono l'autorità regnante , e la privata , quando
ſeparatamente regolano gli affari para ticolari delle loro famiglie : Or quanto
tal diviſione di poteftà pubblica , e privata è comportabile call' Ariſtocrazia
, altrettanto fi oppone direttamente alla Monarchia veggiamo colla ſperienza ,
la quale coſtan temente ci atteſta , che la Monarchia non mai ammette un tale
impero paterno nelle famiglie , come in fatti avvenne preſſo i Ro mani in tempo
, che la Repubblica cadde nella poteſtà aſſoluta del Monarca . Ne poſliamo
figurarci , che la poteſtà fa niliare de' Romani foſſe ſtata in qualche ma
niera ſubordinata alla poteſtà pubblica ; pero E 3 chè 9 come / 70 DEL GOVERNO
CIVIL E ché ſono troppo chiare le teſtimonianze de gli Storici, come abbiam
veduto , dalle quali Siamo a ſacurati , che l'Impero Paterno de' Romani in que'
tempi avea carattere di po teſtà aſſoluta ; ed indipendente ; e quando al tro
mancaffe il dritto vite e necis , e di vendere i propri figli ci dimoſtra
chiaramen te , che non potea eſſere un dritto ſubordina to ; poichè i dritti
ſubordinati , e dipendenti riconoſcono neceffariamente certi confini, ol tre
de' quali non lice di eſercitarli; ma qualo ra ſi tratta di dritto ſulla vita ,
ch' ċ l'ulti mo termine di ogni poteſtà aſſoluta ſi poſſa uſare ſulle perſone ,
ceſsa ogni ſoſpetto di ſubordinazione ; ed oltracciò colle chiare teſtimonianze
degli Storici ſiamo convinti , che l'impero paterno di fatto fu eſercitato da’
Romani ſenza la minima dipendenza del la poteſtà pubblica . Dunque non abbiam
cam po da fuggire da quel dilemma , cioè , che o fi dee ammettere per punto di
Storia certa , che quei Padri di famiglia eſercitavano poteſtà fuprema in caſa
, e non poſſiamo fingere poteſtà Monarchica Civile ; o fe vogliamo nega DI ROMA
. 71 negare tal poteſtà familiare ai Padri di fami glia , allora ci ſi chiude
affatto la ſtrada di fapere la Storia Civile di Roma ; perchè fe voglianio
mettere in dubbio i punti di Sto ria confermatici concordemente da tutti gli
Scrittori, non ſiamo più in grado di dar fe de a tutto il reſto. Grice:
“Unfortunately, Duni, being the elitist he is, spends more time on the monarchy
than the republic, and focuses on the concept of ‘citizen.’ Emanuele
Duni. Keywords: diritto universale – diritto filosofico -- Vico, filologia,
Roma, universalita – Cicerone e buono. Cicerone e onesto – Cicerone dice la
verita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Duni” – The Swimming-Pool Library.
Duso (Treviso). Filosofo. Grice: “While Duso is right
that Hegel makes constitution and freedom analytically connected, the Romans
didn’t! -- Grice: “My favourite Duso is his study of Hegel on freedom and the
constitution – but Duso, who could have drawn from ‘diritto romano’ doesn’t!” Studioso
dei concetti della politica moderna e riconosciuto per i suoi interventi su
Althusius e sul giusnaturalismo. Studia a Padova. Si laurea con “Hegel
interprete di Platone” (cf. “L’influenza di Hegel su Platone”). Assistente di
Storia della filosofia e Professore di Storia della logica. Insegna a Padova.
Dirige un Gruppo di ricerca sui concetti politici. È stato membro della
redazione delle riviste "Il Centauro" e Laboratorio politico. Membro
della Direzione della rivista "Filosofia politica", membro fondatore
dell'associazione "Centro di ricerca sul lessico politico europeo",
insieme a Roberto Esposito, Alessandro Biral, Adone Brandalise, Nicola Matteucci
e altri. Fonda con alcuni colleghi il Centro Inter-Universitario di Ricerca sul
Lessico Politico e Giuridico Europeo (CIRLPGE), con sede presso l'Istituto suor
Orsola Benincasa a Napoli, di cui è Direttore. Ha tenuto corsi di Storia della
Filosofia politica, di Filosofia politica e di Analisi dei Linguaggi e dei
Concetti Politici a Padova. In occasione della sua ultima lezione
"ufficiale", gli allievi del gruppo di ricerca padovano sui concetti
politici hanno edito in suo onore il volume "Concordia discors”. Il 27 maggio
l'Universidad Nacional de San Martín gli conferisce la laurea honoris
causa per il suo lavoro accademico in quanto "costituisce un fondamento
teorico indispensabile per comprendere l'attualità" -- è tra i principali
fautori italiani di una riflessione sui concetti del politico, che si inserisce
nel solco della Begriffsgeschichte tedesca di Brunner, Conze, Koselleck. Nei
confronti di quest'ultima il gruppo padovano coordinato da Duso ha elaborato
una originale linea di ricerca caratterizzata in modo duplice dalla filosofia:
in primo luogo in quanto i concetti che si affermano e si diffondono con la
Rivoluzione francese sono esamila loro genesi, che avviene nell'ambito delle
dottrine del ‘contratto’sociale e dei sistemi di ‘diritto’ naturale; ma
soprattutto perché filosofico è il movimento di pensiero di chi pratica una
storia concettuale consistente nell'interrogare e mettere in questione (nel
senso dell'elenchos socratico) il concetto (‘diritto’, ‘ius’, ‘uguaglianza’,
‘libertà’ ‘potere’ ‘democrazia’) che sono in genere ritenuti ovvii sia nel
dibattito intellettuale, sia nella lotta politica. La storia concettuale
consiste in questo modo nel comprendere la genesi, la logica e le aporie dei
fondamentali concetti politici. "Storia dei concetti"
(Begriffsgeschichte) compare per la prima volta nelle “Vorlesungen über die
Philosophie der Geschichte” diHegel. Stanti le caratteristiche di quel testo,
non si sa se ‘Begriffsgeschichte’ sia di conio hegeliano, o non piuttosto
frutto di interpolazione. Esso allude ad una delle tre modalità storiografiche
discusse da Hegel, ed in particolare alla "storia interpretativa" (“reflektierte
Geschichte”), che indirizza la storia generale o storia del mondo o storia
universale (“Weltgeschichte”) alla filosofia, da un punto di vista universale.
Quest'uso della “Begriffsgeschichte” resta senza seguito. La tradizione
storico-concettuale evolve invece, tra il XVIII secolo ed il XIX, nell'alveo della
lessicografia filosofica. Nella
riflessione di Duso, la filosofia politica da una parte coincide con il lavoro
critico della storia concettuale, e dall'altra tende, sulla base delle aporie
emerse, a trovare linee di orientamento per un nuovo pensiero della politica.
In tal modo viene messa in questione la modalità generalmente accettata di
pensare la politica, che ha la sua radice nello sviluppo teorico che va dalla
nascita della sovranità sulla base del concetto di ‘libertà’ ai concetti
fondamentali delle nostre costituzioni democratiche, in particolare ‘sovranità
del popolo’ e ‘rappresentanza politica’. Il lavoro critico sul concetto ha
perciò una sua ricaduta nella messa in questione del dispositivo formale sia
della ‘democrazia rappresentativa’ che della ‘democrazia diretta’, e nel
tentativo di pensare la politica mediante nuove categorie. Altre opere: “Hegel e Platone, Padova; Contraddizione
e dialettica nella formazione in Fichte, Argalìa, Urbino; Weber: razionalità e
politica Arsenale, Venezia; La politica oltre lo Stato: Carl Schmitt Arsenale,
Venezia; Il contratto nella politica (Il Mulino, Bologna); Filosofia politica e
pratica del pensiero: Eric Voegelin, Leo Strauss e Hannah Arendt”
(FrancoAngeli, Milano); “Il potere. Per la storia della filosofia politica
modernaCarocci, Roma (disponibile su cirlpge); “La logica del potere. Storia
concettuale come filosofia politica” (Laterza, Roma-Bari (Polimetrica, Monza (disponibile su cirlpge); “La libertà nella
filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling e
Hegel (ed. con G. Rametta), Milano, FrancoAngeli); “La rappresentanza politica:
genesi e crisi del concetto, Franco Angeli Milano, cirlpge)(Duncker &
Humblot, Berlin, 2006 (disponibile su cirlpge); “Oltre la democrazia. Un
itinerario attraverso i classici” (Carocci, Roma); Sui concetti giuridici e
politici della costituzione dell'Europa (ed. con S. Chignola), FrancoAngeli,
Milano, Polimetrica, Monza; Ripensare la
costituzione. La questione della pluralità, (ed. con M. Bertolissi e Antonino
Scalone), Polimetrica, Monza, (disponibile su cirlpge) Storia dei concetti e
filosofia politica, (con Sandro Chignola), FrancoAngeli, Milano; Come pensare
il federalismo? Nuove categorie e trasformazioni costituzionali (ed. con A.
Scalone), Polimetrica, Monza (disponibile
su cirlpge). Santander, Il concetto di ‘libertà’ e costituzione repubblicana
nella filosofia politica di Kant, Polimetrica, Monza, (disponibile su cirlpge) Ripensare la
rappresentanza alla luce della teologia politica, in «Quaderni fiorentini per la
storia del pensiero giuridico moderno», (centropgm.unifi) Libertà e
costituzione in Hegel” (FrancoAngeli, Milano,
Parti o partiti? Sul partito politico nella democrazia rappresentativa,
in «Filosofia politica» cirlpge); “Buon governo e agire politico dei governati:
un nuovo modo di pensare la democrazia? (A proposito di Rosanvallon, Le bon
gouvernement), in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno»,
centropgm.unifi. libri scaricabili
gratuitamente in formato dal sito del Centro Interuniversitario di Ricerca sul
Lessico Politico e Giuridico Europeo. Nello stesso sito sono disponibili
inoltre altri saggi dello stesso autore.
Carl Schmitt Georg Wilhelm Friedrich Hegel Johann Gottlieb Fichte
Roberto Esposito Alessandro Biral Adone Brandalise Gianfranco Miglio. CIRLPGE:
Sito Ufficiale. Grice: “I consider myself, like Rawls, a contractualist – my
steps towards a quasi-contractualism, are formulated elsewhere.” Grice: “I
should not be confused with Grice – a FULL-BLOWN contractualist!” Grice: “’May’
only has one sense – it may rain, you may run. Credibility and desirability
modalities are not Fregeian senses! ‘may’ is aequi-vocal. In Latin it is more
obvious, since there is only ‘possum’ for ‘I may’. ‘Can’ is of course a
solecism!” Giuseppe Duso. Bepi Duso. Keywords: Plato-Hegel, Aristotle-Kant –
Plathegel, Ariskant – zoon politikon – contratto sociale – democrazia –
repubblica – il primo contrattualista cita Aristotele – Contratto nel diritto
romano – aporia della rappresentazione – concetto di politica, concetto di
soveranita – concetto di potere – io posso – concetto di liberta – la filosofia
politica italiana – l’influenza di Fichte nell’idealismo rivoluzionario del
risorgimento --. Regime di governo – storia del concetto – aporia del concetto
-- Welsh philosopher Geoffrey Russell
Grice, modalita, verbo modale, verbo servile, verbo aussiliare, puo, posso,
possiamo. Modalita aletica o doxastica (posso passarti la sale) e deontica
(puoi ma non puoi – you can but you may not --. Contract, pact, compact.
Foundations of morality – contract in ethics, meta-ethics, politics,
meta-politics. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Duso: zoon politikon” – The Swimming-Pool Library.
ECO. (Alessandria). Filosofo. Grice: “Eco thought that his
“Guglielmo da Bascavilla” was a clever composite of Holmes, who deciphered the
enigma of the Baskervilles, and William Occam – and has his tutee claim that he
died of the black plague – but Gal has now discovered he did not!” -- Eco
philosophised at the oldest varsity, BolognaGrice: “Of course, ‘varsity’ is
over-rated, as I’m sure Cicero would agree!” -- Grice: “I would not call Eco a
philosopher, since his dissertation is on aesthetics in Aquinas! Plus, he wrote
a novel!” -- scuola bolognese-- possibly, after Speranza, one of the most
Griceian of Italian philosophers (Only Speranza calls himself an Oxonian,
rather!“Surely alma mater trumps all!”). Figlio di Giulio,
un impiegato nelle Ferrovie, e Rita Bisio, conseguì la maturità al liceo
classico Giovanni Plana di Alessandria, sua città natale. Tra i suoi compagni
di classe, vi era il fisarmonicista Gianni Coscia, con il quale scrisse
spettacoli di rivista. In gioventù fu impegnato nella GIAC (l'allora ramo
giovanile dell'Azione Cattolica) e nei primi anni cinquanta fu chiamato tra i
responsabili nazionali del movimento studentesco dell'AC (progenitore
dell'attuale MSAC). Abbandonò l'incarico (così come avevano fatto Carlo
Carretto e Mario Rossi) in polemica con Luigi Gedda. Durante i suoi studi
universitari su Tommaso d'Aquino, smise di credere in Dio e lasciò
definitivamente la Chiesa cattolica; in una nota ironica, in seguito commentò:
«si può dire che lui Tommaso d'Aquino mi abbia miracolosamente curato dalla
fede». Laureatosi in filosofia a Torino (agli esami riportò sempre
30/30, anche con lode, tranne quattro casi: filosofia teoretica e letteratura
latina, in cui ottenne 29/30, e storia della letteratura italiana e pedagogia,
entrambi superati con 27/30) con
relatore Pareyson e tesi sull'estetica di San Tommaso d'Aquino (controrelatore
Augusto Guzzo), cominciò a interessarsi di filosofia e cultura medievale, campo
d'indagine mai più abbandonato (vedi il volume Dall'albero al labirinto), anche
se successivamente si dedicò allo studio semiotico della cultura popolare
contemporanea e all'indagine critica sullo sperimentalismo letterario e
artistico. Pubblicò il suo primo libro, un'estensione della sua tesi di
laurea dal titolo Il problema estetico in San Tommaso. Partecipò e vinse
un concorso della Rai per l'assunzione di telecronisti e nuovi funzionari; con
Eco vi entrarono anche Furio Colombo e Gianni Vattimo. Tutti e tre
abbandonarono l'ente televisivo entro la fine degli anni cinquanta. Nel
concorso successivo entrarono Emmanuele Milano, Fabiano Fabiani, Angelo
Guglielmi, e molti altri. I vincitori dei primi concorsi furono in seguito
etichettati come i "corsari" perché seguirono un corso di formazione
diretto da Pier Emilio Gennarini e avrebbero dovuto, secondo le intenzioni del
dirigente Filiberto Guala, "svecchiare" i programmi. Con altri
ingressi successivi, come quelli di Gianni Serra, Emilio Garroni e Luigi
Silori, questi giovani intellettuali innovarono davvero l'ambiente culturale
della televisione, ancora molto legato a personalità provenienti dall'EIAR,
venendo in seguito considerati come i veri promotori della centralità della RAI
nel sistema culturale italiano. Dall'esperienza lavorativa in RAI,
incluse amicizie con membri del Gruppo 63, Eco trasse spunto per molti scritti,
tra cui il celebre articolo Fenomenologia di Mike Bongiorno. Codirettore
editoriale della casa editrice Bompiani. Pubblicò il saggio Opera aperta che,
con sorpresa dello stesso autore, ebbe notevole risonanza a livello
internazionale e diede le basi teoriche al Gruppo 63, movimento d'avanguardia
letterario e artistico italiano che suscitò interesse negli ambienti
critico-letterari anche per le polemiche che destò criticando fortemente autori
all'epoca già "consacrati" dalla fama come Carlo Cassola, Giorgio
Bassani e Vasco Pratolini, ironicamente definiti "Liale", con
riferimento a Liala, autrice di romanzi rosa. Ebbe inizio anche la sua
carriera universitaria che lo portò a tenere corsi, in qualità di professore
incaricato, in diverse università italiane: Torino, Milano, Firenze e, infine,
Bologna dove ha ottenuto la cattedra di Semiotica, diventando Professore.
All'Bologna è stato fra i fondatori del primo corso di laurea in DAMS, poi è
stato direttore dell'Istituto di Comunicazione e spettacolo del DAMS, e in
seguito ha dato inizio al corso di laurea in Scienze della comunicazione.
Infine è divenuto Presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici,
fondata nel 2000, che coordina l'attività dei dottorati bolognesi del settore
umanistico, e dove ha ideato il Master in Editoria Cartacea e Digitale.
Nel corso degli anni ha insegnato come professore invitato alla New York
University, Northwestern University, Columbia University, Yale, Harvard (Norton
lectures sponsored by the Department of Romance Languages), University of
California-San Diego, Cambridge, Oxford – Weidenfeld lectures at the
female-only St. Anne’s, São Paulo e Rio de Janeiro, La Plata e Buenos Aires,
Collège de France, École normale supérieure (Parigi). Nell'ottobre 2007 si è
ritirato dall'insegnamento per limiti di età. Dalla fine degli anni
cinquanta, Eco cominciò a interessarsi all'influenza dei mass media nella
cultura di massa, su cui pubblicò articoli in diversi giornali e riviste, poi
in gran parte confluiti in Diario minimo e Apocalittici e integrati. Apocalittici
e integrati (che ebbe una nuova edizione) analizzò con taglio sociologico le
comunicazioni di massa. Il tema era già stato affrontato in Diario minimo, che
includeva tra gli altri il breve articolo Fenomenologia di Mike Bongiorno.
Sullo stesso tema, ssvolse a New York il seminario Per una guerriglia
semiologica, in seguito pubblicato ne Il costume di casa e frequentemente
citato nelle discussioni sulla controcultura e la resistenza al potere dei mass
media. Significativa fu anche la sua attenzione per le correlazioni tra
dittatura e cultura di massa ne Il fascismo eterno, capitolo del saggio Cinque
scritti morali, dove individuava le caratteristiche, ricorrenti nel tempo, del
cosiddetto "fascismo eterno", o "Ur-fascismo": il culto
della tradizione, il rifiuto del modernismo, il culto dell'azione per l'azione,
il disaccordo come tradimento, la paura delle differenze, l'appello alle classi
medie frustrate, l'ossessione del complotto, il machismo, il "populismo
qualitativo Tv e Internet" e altre ancora; da esse e dalle loro
combinazioni, secondo Eco, è possibile anche "smascherare" le forme
di fascismo che si riproducono da sempre "in ogni parte del
mondo". In un'intervista del 24 aprile mise in evidenza la sua visione rispetto a ,
della quale Eco si definiva un "utente compulsivo", e al mondo
dell'open source. Pubblicò il suo primo libro di teoria semiotica, La
struttura assente, cui seguirono il fondamentale Trattato di semiotica generale
e gli articoli per l'Enciclopedia Einaudi poi riuniti in Semiotica e filosofia
del linguaggio. Fondò VersusQuaderni di studi semiotici, una delle
maggiori riviste internazionali di semiotica, rimanendone direttore
responsabile e membro del comitato scientifico fino alla morte. È anche stato
segretario, vicepresidente e dal 1994 presidente onorario della IASS/AIS
("International Association for Semiotic Studies"). È stato invitato
a tenere le prestigiose conferenze Tanner (Cambridge), Norton (Harvard), Goggio
(Toronto), Weidenfeld lectures on comparative literature and translation,
sponsored by the female-only college St. Anne’s (Oxford,) e Richard Ellmann
(Università Emory). Collaborò sin dalla sua fondazione, nel 1955, al
settimanale L'Espresso, sul quale tenne in ultima pagina la rubrica La bustina
di minerva (nella quale, tra l'altro, dichiarò di aver contribuito
personalmente alla propria voce su ), ai giornali Il Giorno, La Stampa,
Corriere della Sera, la Repubblica, il manifesto e a innumerevoli riviste
internazionali specializzate, tra cui Semiotica (fondata da Thomas Albert
Sebeok), Poetics Today, Degrès, Structuralist Review, Text, Communications
(rivista parigina del EHESS), Problemi dell'informazione, Word & Images, o
riviste letterarie e di dibattito culturale quali Quindici, Il Verri (fondata
da Luciano Anceschi), Alfabeta, Il cavallo di Troia, ecc. Collaborò alla
collana "Fare l'Europa" diretta da Jacques Le Goff con lo studio La
ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, in cui si espresse a favore dell'utilizzo
dell'esperanto. Tradusse gli Esercizi di stile di Raymond Queneau (nel 1983) e
Sylvie di Gérard de Nerval (entrambi presso Einaudi) e introdusse opere di
numerosi scrittori e di artisti. Ha anche collaborato con i musicisti Luciano
Berio e Sylvano Bussotti. I suoi dibattiti, spesso dal tono divertito,
con Luciano Nanni, Omar Calabrese, Paolo Fabbri, Ugo Volli, Francesco Leonetti,
Nanni Balestrini, Guido Almansi, Achille Bonito Oliva o Maria Corti, tanto per
nominarne alcuni, hanno aggiunto contributi non scritti alla storia degli
intellettuali italiani, soprattutto quando sfioravano argomenti non consueti (o
almeno non ritenuti tali prima dell'intervento di Eco), come la figura di James
Bond, l'enigmistica, la fisiognomica, la serialità televisiva, il romanzo
d'appendice, il fumetto, il labirinto, la menzogna, le società segrete o più
seriamente gli annosi concetti di abduzione, di canone e di classico.[senza
fonte] Grande appassionato del fumetto Dylan Dog, a Eco è stato fatto
tributo sul numero 136 attraverso il personaggio Humbert Coe, che ha affiancato
l'indagatore dell'incubo in un'indagine sull'origine delle lingue del mondo. È
stato inoltre amico del pittore e autore di fumetti Andrea Pazienza che fu suo
allievo al DAMS di Bologna, e ha scritto la prefazione a libri di Hugo Pratt,
Charles Monroe Schulz, Jules Feiffer e Raymond Peynet. Scrisse la presentazione
di "Cuore" a fumetti, di F. Bonzi e Alain Denis, pubblicata su "Linus".Esordì
nella narrativa. Il suo primo romanzo, Il nome della rosa, riscontrò un grande
successo sia presso la critica sia presso il pubblico, tanto da divenire un
best seller internazionale tradotto in 47 lingue e venduto in trenta milioni di
copie. Il nome della rosa è stato anche tra i finalisti del prestigioso Edgar
Award nel 1984 e ha vinto il Premio Strega.[26] Dal lavoro fu tratto anche un
celebre film con Sean Connery. Pubblicò il suo secondo romanzo, Il
pendolo di Foucault, satira dell'interpretazione paranoica dei fatti veri o
leggendari della storia e delle sindromi del complotto. Questa critica
dell'interpretazione incontrollata viene ripresa in opere teoriche sulla
ricezione (cfr. I limiti dell'interpretazione). Romanzi successivi sono L'isola
del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina
Loana, Il cimitero di Praga () e Numero zero (), tutti editi in italiano da
Bompiani. Nel è stata pubblicata
una versione "riveduta e corretta" del suo primo romanzo Il nome
della rosa, con una nota finale dello stesso Eco che, mantenendo stile e
struttura narrativa, è intervenuto a eliminare ripetizioni ed errori, a
modificare l'impianto delle citazioni latine e la descrizione della faccia del
bibliotecario per togliere un riferimento neogotico. Molte opere furono
dedicate alle teorie della narrazione e della letteratura: Il superuomo di massa,
Lector in fabula, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Sulla letteratura, Dire
quasi la stessa cosa (sulla traduzione). È stato inoltre precursore e
divulgatore dell'applicazione della tecnologia alla scrittura. In
contemporanea alla nomina di "guest curator" (curatore ospite) del
Louvre, dove organizzò una serie di eventi e manifestazioni culturali, uscì per
Bompiani Vertigine della lista, pubblicato in quattordici paesi del
mondo. Nel Bompiani pubblicò una
raccolta dal titolo Costruire il nemico e altri scritti occasionali, che
raccoglie saggi occasionali che spaziano nei vari interessi dell'autore, come
quello per la narratologia e il feuilleton ottocentesco. Il primo saggio
riprende temi già presenti ne Il cimitero di Praga. Muore nella sua casa
di Milano a causa di un tumore del pancreas che lo aveva colpito due anni
prima. I funerali laici si sono svolti nel Castello Sforzesco di Milano, dove
migliaia di persone si sono recate per l'ultimo saluto. Sono state eseguite due
composizioni alla viola da gamba e al clavicembalo: Couplets de folies (Les
folies d'Espagne) dalla Suite n. 1 in re maggiore dai Pièces de viole, Livre II
di Marin Marais e La Folia dalla Sonata per violino e basso continuo in re minore,
di Arcangelo Corelli. Nel proprio testamento Eco ha chiesto ai suoi familiari
di non autorizzare né promuovere, per i dieci anni successivi alla sua morte alcun
seminario o conferenza su di lui. Il corpo di Eco è stato infine cremato. La
moglie, Renate Eco-Ramge, rifiutando la proposta di tumularne le ceneri nel
Civico Mausoleo Garbin, ex edicola privata del Cimitero Monumentale di Milano
ora provvista di piccole cellette destinate a ceneri o resti ossei di
personalità artistiche illustri, ne ha preferito la conservazione privata, con
il progetto di costruire un'edicola di famiglia nel medesimo cimitero. Nei suoi
romanzi, Eco racconta storie realmente accadute o leggende che hanno come
protagonisti personaggi storici o inventati. Inserisce nelle sue opere accesi
dibattiti filosofici sull'esistenza del vuoto, di Dio o sulla natura
dell'universo. Attratto da temi piuttosto misteriosi e oscuri (i
cavalieri Templari, il sacro Graal, la sacra Sindone ecc.), nei suoi romanzi
gli scienziati e gli uomini che hanno fatto la storia sono spesso trattati con
indifferenza dai contemporanei. L'umorismo è l'arma letteraria preferita
dallo scrittore di Alessandria, che inserisce innumerevoli citazioni e
collegamenti a opere di vario genere, conosciute quasi esclusivamente da
filologi e bibliofili. Ciò rende romanzi come Il nome della rosa o L'isola del
giorno prima un turbinio variopinto di nozioni di carattere storico,
filosofico, artistico e matematico. Centrale ne Il nome della rosa è la
questione del riso, post-modernisticamente declinata. Ne Il pendolo di
Foucault Eco affronta temi come la ricerca del sacro Graal e la storia dei
cavalieri Templari, facendo numerosi cenni ai misteri dell'età antica e
moderna, rivisitati in chiave parodistica. Ne L'isola del giorno prima
l'umanità intera è simboleggiata dal naufrago Roberto de la Grive, che cerca
un'isola al di fuori del tempo e dello spazio. In Baudolino dà vita ad un
picaresco personaggio medioevale tutto dedito alla ricerca di un paradiso
terrestre (il regno leggendario di Prete Giovanni). Ne La misteriosa
fiamma della regina Loana riflette sulla forza e sull'essenza stessa del
ricordo, rivolto, in questo caso, ad episodi del XX secolo. Il cimitero
di Praga è incentrato sulla natura del complotto e, in particolar modo, sulla
storia 'europea' del popolo ebraico. Il suo ultimo romanzo, Numero zero,
riprendendo temi da sempre cari all'autore (il falso, la costruzione del
complotto e delle notizie) si sofferma sulla storia italiana recente, narrando
fatti realmente accaduti, ma riletti attraverso una chiave
complottistica. Fu tra i 757 firmatari della lettera aperta a L'Espresso
sul caso Pinelli e successivamente della autodenuncia di solidarietà a Lotta
Continua, in cui una cinquantina di firmatari esprimevano solidarietà verso
alcuni militanti e direttori responsabili del giornale, inquisiti per
istigazione a delinquere. I firmatari si autodenunciavano alla magistratura
dicendo di condividere il contenuto dell'articolo. Peraltro le severe critiche
di Eco al terrorismo e ai vari progetti di lotta armata sono contenute in una
serie di articoli scritti sul settimanale L'Espresso e su Repubblica, specie ai
tempi del caso Moro (articoli poi ripubblicati nel volume Sette anni di
desiderio). In effetti l'arma che ha caratterizzato l'impegno politico di Eco è
diventata l'analisi critica dei discorsi politici e delle comunicazioni di
massa. Questo impegno è sintetizzato nella metafora della guerriglia
semiologica dove si sostiene che non è tanto importante cambiare il contenuto
dei messaggi alla fonte ma cercare di animare la loro analisi là dove essi
arrivano (la formula era: non serve occupare la televisione, bisogna occupare
una sedia davanti a ogni televisore). In questo senso la guerriglia semiologica
è una forma di critica sociale attraverso l'educazione alla ricezione. Partecipa
alle attività dell'associazione Libertà e Giustizia, di cui è uno dei fondatori
e garanti più noti, partecipando attivamente tramite le sue iniziative al
dibattito politico-culturale italiano. Il suo libro A passo di gambero contiene
le critiche a quello che lui definisce populismo berlusconiano, alla politica
di Bush, al cosiddetto scontro tra etnie e religioni. Nel , nelle settimane
delle rivolte arabe, durante una conferenza stampa registrata alla Fiera del
libro di Gerusalemme, scatena una polemica politica la sua risposta a un
giornalista italiano che gli domanda se condivida il paragone fra Berlusconi e
Mubarak, avanzato da alcuni: "Il paragone potrebbe essere fatto con
Hitler: anche lui giunse al potere con libere elezioni";[36] lo stesso
Eco, dalle colonne de l'Espresso, smentirà tale dichiarazione chiarendo le circostanze
della sua risposta. Eco faceva parte dell'associazione Aspen Institute Italia. Cavaliere
di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della
Repubblica italiana — Roma, 9Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della
cultura e dell'arte — Roma. Onorificenze straniere Commendatore dell'Ordine
delle Arti e delle Lettere (Francia)nastrino per uniforme ordinariaCommendatore
dell'Ordine delle Arti e delle Lettere (Francia), Cavaliere dell'Ordine pour le
Mérite für Wissenschaften und Künste (Repubblica Federale di Germania)nastrino
per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine pour le Mérite für Wissenschaften
und Künste (Repubblica Federale di Germania), Premio Principe delle Asturie per
la comunicazione e l'umanistica (Spagna)nastrino per uniforme ordinariaPremio
Principe delle Asturie per la comunicazione e l'umanistica (Spagna), Ufficiale
dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) nastrino per uniforme
ordinariaUfficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia), Gran croce al
merito con placca dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di
Germanianastrino per uniforme ordinariaGran croce al merito con placca
dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania, Commendatore
dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) nastrino per uniforme ordinaria Commendatore
dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia), Parigi. Cittadinanze onorarie Monte
Cerignone, Nizza Monferrato, San Leo, 11 giugno . Torre Pellice, . Lauree Eco
ha ricevuto 40 lauree honoris causa da prestigiose università europee e americane,
come quella del , che gli è stata conferita dall'Università federale del Rio
Grande do Sul, di Porto Alegre, in Brasile. In occasione della laurea in
comunicazione conferita da Torino, Umberto Eco ha rilasciato severi giudizi sui
social del Web che, a suo dire, possono essere utilizzati da «legioni di
imbecilli» per porsi sullo stesso piano di un vincitore di un Premio Nobel. Le
affermazioni di Eco hanno suscitato approvazioni ma anche vivaci discussioni. Affiliazioni
e sodalizi accademici Umberto Eco è stato membro onorario (Honorary Trustee)
della James Joyce Association, dell'Accademia delle Scienze di Bologna,
dell'Academia Europea de Yuste, dell'American Academy of Arts and Letters,
dell'Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique,
della Polska Akademia Umiejętności ("Accademia polacca della Arti"),
"Fellow" del St Anne's, Oxford e socio dell'Accademia Nazionale dei
Lincei. Eco è stato inoltre membro onorario del CICAP. Altro Gli è stato
dedicato l'asteroide 13069 Umbertoeco, scoperto nel dall'astronomo belga Eric
Walter Elst. Il 12 aprile 2008 è stato nominato Duca dell'Isola del
Giorno Prima del regno di Redonda dal re Xavier. Nel il comune di Milano ha deciso che il suo nome
venga iscritto nel Pantheon di Milano, all'interno del cimitero monumentale.
Eco ha scritto numerosi saggi di filosofia, semiotica, linguistica,
estetica: Il problema estetico in San Tommaso, Torino, Edizioni di Filosofia,
poi Il problema estetico in Tommaso
d'Aquino, 2ª ed., Milano, Bompiani, Filosofi in libertà, come Dedalus, Torino,
Taylor, poi in Il secondo diario minimo. Sviluppo dell'estetica medievale, in
Momenti e problemi di storia dell'estetica, I, Dall'antichità classica al Barocco,
Milano, Marzorati, Arte e bellezza nell'estetica medievale, Milano, Bompiani, Storia
figurata delle invenzioni. Dalla selce scheggiata al volo spaziale, e con G. B.
Zorzoli, Milano, Bompiani, Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle
poetiche contemporanee, Milano, Bompiani, Diario minimo, Milano, A. Mondadori
(include i saggi Fenomenologia di Mike Bongiorno e Elogio di Franti)
Apocalittici e integrati, Milano, Bompiani, Il caso Bond. [Le origini, la
natura, gli effetti del fenomeno 007], e con Oreste del Buono, Milano,
Bompiani, Le poetiche di Joyce. Dalla "Summa" al "Finnegans
Wake", Milano, Bompiani (ed. modificata sulla base della seconda parte di
Opera aperta) Appunti per una semiologia delle comunicazioni visive, Milano,
Bompiani (poi in La struttura assente) L'Italie par elle-meme. A portrait of Italy.
Autoritratto dell'Italia, e con Giulio Carlo Argan, Guido Piovene, Luigi
Chiarini, Vittorio Gregotti e altri, Milano, Bompiani, La struttura assente,
Milano, Bompiani, La definizione dell'arte, Milano, Mursia, L'arte come
mestiere, a cura di, Milano, Bompiani, I sistemi di segni e lo strutturalismo
sovietico, e con Remo Faccani, Milano, Bompiani, L'industria della cultura, a cura
di, Milano, Bompiani, Le forme del contenuto,
Milano, Bompiani, I fumetti di Mao, e con Jean Chesneaux e Gino Nebiolo, Bari,
Laterza, Cent'anni dopo. Il ritorno dell'intreccio, e con Cesare Sughi, Milano,
Bompiani, Documenti su il nuovo Medioevo, con Francesco Alberoni, Furio Colombo
e Giuseppe Sacco, Milano, Bompiani, Estetica e teoria dell'informazione, a cura
di, Milano, Bompiani, I pampini bugiardi. Indagine sui libri al di sopra di
ogni sospetto: i testi delle scuole elementari, e con Marisa Bonazzi, Rimini,
Guaraldi, Il segno, Milano, Isedi; Milano, A. Mondadori, Il costume di casa.
Evidenze e misteri dell'ideologia italiana, Milano, Bompiani, Beato di Liébana.
Miniature del Beato de Fernando I y Sancha. Codice B.N. Madrid Vit. 14-2, testo
e commenti alle tavole di, Milano, Franco Maria Ricci, Eugenio Carmi. Una
pittura di paesaggio?, Milano, Prearo, Trattato di semiotica generale, Milano,
Bompiani, Il superuomo di massa. Studi sul romanzo popolare, Roma, Cooperativa
Scrittori, Milano, Bompiani, Stelle & stellette. La via lattea mormorò,
illustrazioni di Philippe Druillet, Conegliano Treviso, Quadragono Libri, Storia
di una rivoluzione mai esistita. L'esperimento Vaduz. Appunti del Servizio opinioni,
Roma, Rai, Servizio Opinioni, Dalla periferia dell'impero, Milano, Bompiani, Come
si fa una tesi di laurea, Milano, Bompiani, Carolina Invernizio, Matilde Serao,
Liala, con altri, Firenze, La nuova Italia, Lector in fabula, Milano, Bompiani,
De bibliotheca, Milano, Comune di Milano, Postille al nome della rosa, Milano,
Bompiani, Il segno dei tre, Milano,
Bompiani, Sette anni di desiderio. [Cronache], Milano, Bompiani, 1983. Semiotica
e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, Sugli specchi e altri saggi, Milano, Bompiani,
Lo strano caso della Hanau 1609, Milano, Bompiani, Saggio in Leggere i Promessi
sposi. Analisi semiotiche, Giovanni Manetti, Milano, Gruppo editoriale Fabbri-Bompiani-Sonzogno,
I limiti dell'interpretazione, Milano, Bompiani, Vocali, con Soluzioni felici
di Paolo Domenico Malvinni, Napoli, Collana "Clessidra" di Alfredo Guida
Ed., Il secondo diario minimo, Milano, Bompiani, Interpretation and Overinterpretation,
Cambridge, Cambridge University Press, La memoria vegetale, Milano, Rovello, La
ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Roma-Bari, Laterza, Sei
passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Povero Pinocchio. Giochi linguistici di
studenti del Corso di Comunicazione, a cura di, Modena, Comix, In cosa crede
chi non crede?, con Carlo Maria Martini, Roma, Liberal, Kant e l'ornitorinco,
Milano, Bompiani, Cinque scritti morali, Milano, Bompiani, Talking of Joyce,
con Liberato Santoro-Brienza, Dublin, University College Dublin Press, Serendipities.
Language and Lunacy, New York, Columbia University Press, Tra menzogna e
ironia, Milano, Bompiani, La bustina di minerva, Milano, Bompiani, Riflessioni sulla bibliofilia, Milano, Rovello,
Diario minimo, Secondo diario minimo, Bustina di minerva e altre parodie da raccolte in tedesco) Sulla
letteratura, Milano, Bompiani, Guerre sante, passione e ragione. Pensieri
sparsi sulla superiorità culturale; Scenari di una guerra globale, in Islam e
Occidente. Riflessioni per la convivenza, Roma-Bari, Laterza, Bellezza. Storia
di un'idea dell'Occidente, CD-ROM a cura di, Milano, Motta On Line, Dire quasi
la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano, Bompiani, Mouse or Rat?,
Translation as Negociation, London, Weidenfeld & Nicolson (Experiences in
translation e saggi selezionati da Dire quasi la stessa cosa) Storia della
bellezza, a cura di, testi di Umberto Eco e Girolamo de Michele, Milano, Bompiani,
Il linguaggio della Terra Australe, Milano, Bompiani, Il codice Temesvar,
Milano, Rovello, Nel segno della parola, con Daniele Del Giudice e Gianfranco
Ravasi, a cura e con un saggio di Ivano Dionigi, Milano, BUR, 2A passo di
gambero. Guerre calde e populismo mediatico, Collana Overlook, Milano, Bompiani,
La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, Milano, Rovello, Sator
Arepo eccetera, Roma, Nottetempo, Storia della bruttezza, a cura di, Milano,
Bompiani, La cospirazione impossibile, con Piergiorgio Odifreddi, Michael
Shermer, James Randi, Paolo Attivissimo, Lorenzo Montali, Francesco Grassi,
Andrea Ferrero e Stefano Bagnasco, Massimo Polidoro, Casale Monferrato, Piemme,
Dall'albero al labirinto. Studi storici sul segno e l'interpretazione, Milano, Bompiani,
Historia. La grande storia della civiltà europea, e con altri, 9 voll., Milano,
Motta, Storia della civiltà europea, e con altri, 18 voll., Milano, Corriere
della Sera, Nebbia, e con Remo Ceserani, con la collaborazione di Francesco
Ghelli e un saggio di Antonio Costa, Torino, Einaudi (antologia letteraria di
racconti a tema) Non sperate di liberarvi dei libri, con Jean-Claude Carrière,
Milano, Bompiani, Vertigine della lista, Milano, Bompiani, Il Medioevo, a cura
di, 4 voll., Milano, Encyclomedia, La grande Storia, a cura di, 28 voll.,
Milano, Corriere della Sera, . Costruire il nemico e altri scritti occasionali,
Milano, Bompiani, Scritti sul pensiero medievale, Collana Il pensiero
occidentale, Milano, Bompiani, L'età moderna e contemporanea, a cura di, 22
voll., Roma, Gruppo editoriale L'Espresso, -. Storia delle terre e dei luoghi
leggendari, Milano, Bompiani, Da dove si comincia?, con Stefano Bartezzaghi,
Roma, La Repubblica, . Riflessioni sul dolore, Bologna, ASMEPA, La filosofia e
le sue storie, e con Riccardo Fedriga, 3 voll., Roma-Bari, Laterza, Pape Satàn
Aleppe. Cronache di una società liquida, Milano, La nave di Teseo, Come
viaggiare con un salmone, Milano, La nave di Teseo, Sulle spalle dei giganti,
Collana I fari, Milano, La nave di Teseo, Il fascismo eterno, Collana Le onde,
Milano, La nave di Teseo, Cinque scritti morali, Bompiani, Sulla televisione.
Scritti, Gianfranco Marrone, Collana I fari, Milano, La Nave di Teseo, Narrativa
Il nome della rosa, Milano, Bompiani, Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani,L'isola
del giorno prima, Milano, Bompiani, Baudolino, Milano, Bompiani, La misteriosa
fiamma della regina Loana. Romanzo illustrato, Milano, Bompiani, Il cimitero di
Praga, Milano, Bompiani, Numero zero, Milano, Bompiani, Narrativa per
l'infanzia La bomba e il generale, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano,
Bompiani, I tre cosmonauti, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani,
1966. Ammazza l'uccellino, come Dedalus, illustrazioni di Monica Sangberg,
Milano, Bompiani, Gli gnomi di Gnu, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani,
Tre racconti, Milano, Fabbri (raccolta
dei tre precedenti) La storia de "I promessi sposi", raccontata da,
Torino-Roma, Scuola Holden-La biblioteca di Repubblica-L'Espresso, Traduzioni
Raymond Queneau, Esercizi di stile, Torino, Einaudi. Claudio Gerino, Morto lo
scrittore Umberto Eco. Ci mancherà il suo sguardo nel mondo, in la Repubblica, Massimo
Delfino e Emma Camagna, Alessandria piange Umberto Eco, in La Stampa, Cosimo Di
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Umberto Eco", Firenze, Èco, Umberto, in TreccaniEnciclopedie on line,
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LINCEI, ENRICO MENESTO' E UMBERTO ECO NUOVI SOCI DELL'ACCADEMIA, su
tuttoggi.info. 30 ottobre . 'Il nome
della rosa' debutta su Rai1 e conquista gli ascolti della prima serata, su la
Repubblica, 5 marzo . 30 gennaio .
quotidiano la Stampa; Gianni Coscia: «quando suono col mio amico Umberto
Eco», su genova.mentelocale. «È il lato dolente e angoscioso di un uomo che è
cresciuto nell'Azione Cattolica, che l'ha lasciata in polemica con il grande
Gedda; un uomo, Eco, che ha studiatodiconoTommaso d'Aquino, e che un giorno se
n'è uscito dalla Chiesa proclamandosi orgogliosamente ateo, o se si preferisce,
agnostico.» (In Rassegna stampa cattolica: Mario Palmaro, Eco è solo un refuso,
2 «His new book touches on politics, but also on faith. Raised Catholic, Eco
has long since left the church. "Even though I'm still in love with that
world, I stopped believing in God in my 20s after my doctoral studies on St.
Thomas Aquinas. You could say he miraculously cured me of my
faith..."» «Il suo nuovo libro tratta di politica, ma anche di fede.
Cresciuto nel cattolicesimo, Eco ha lasciato da tempo la Chiesa. "Anche se
io sono ancora innamorato di quel mondo, ho smesso di credere in Dio durante i
miei anni 20, dopo i miei studi universitari su Tommaso d'Aquino. Potete dire
che egli mi ha miracolosamente curato dalla mia fede..."» (Articolo
in Time) Liukkonen, Petri, Umberto Eco. Pseudonym:
Dedalus in . Eco, quando l'Torino gli
consegnò il libretto con 27 in letteratura italiana, su la Repubblica, 2Antonio
Galdo, Saranno potenti? Storia, declino e nuovi protagonisti della classe
dirigente italiana, Sperling & Kupfer, Milano Giuseppe Antonio
Camerino, ECO, Umberto, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. "Riparte il Master in
Editoria, ideato da Umberto Eco"
Capozzi Bondanella, Cinque scritti morali, Bompiani Intervista a Umberto
EcoWikinotizie, su it.wikinews.org.
Umberto Eco, Ho sposato ?, «l'Espresso», 4Con lo pseudonimo di Dedalus:
Dedalus e il manifesto, su ilmanifesto, Ostini, Sclavi citazione: "Sto
leggendo un libro [In cosa crede chi non crede, N.d.R.] di Umberto Eco che mi è
arrivato dall'Italia. Curioso no? Ha il mio stesso nome e il cognome è
l'anagramma del mio..." Umberto Eco,
su premiostrega.Italian Writer Umberto Eco is the Louvre's New Guest
Curator Emma Camagna, La morte di Eco,
il ricordo di Gianni Coscia, in La Stampa. L'ultimo saluto a Umberto Eco:
"Grazie maestro", in La Stampa, Marco Del Corona, «Follie di Spagna»:
ecco che cos'è la musica suonata per Umberto Eco, su Corriere della Sera. Umberto
Eco, la richiesta nel testamento: "Non autorizzate convegni su di me per i
prossimi 10 anni", su Il Fatto Quotidiano. La lettera della vedova Eco al
Comune, in Corriere della Sera. Pinelli, Calabresi e l'eskimo in redazione
Archiviato il 19 gennaio in ., opinione,
Bruno Pischedda, Come leggere Il nome della rosa di Umberto Eco, Mursia, La struttura
assente, "Eco a Gerusalemme attacca
il Cavaliere. È polemica", di Francesco Battistini (dal Corriere della
Sera) Corriere della Sera Berlusconi,
Hitler e io, su l'Espresso. Comitato Esecutivo | Aspen Institute Italia, su
aspeninstitute. 20 fSito web del Quirinale: dettaglio decorato. Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. Umberto
Eco all'Eliseo onorato da Sarkozy con Legion D'Honneur, su liberoquotidiano). Curriculum Vitae, su umbertoeco. Unibo e
Brasile: Laurea ad honorem a Eco, su magazine.unibo. Umberto Eco contro i social:
"Hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli", su Il Fatto
Quotidiano. Il problema di Umberto Eco con internet, su Il Post. Imbecilli e non, tutto il mondo è social, su
LaStampa. 2Serena Vitale e Umberto Eco entrano nell'Accademia dei Lincei, , Il Giornale.
Decise all'unanimità le 15 personalità illustri da iscrivere nel
Pantheon di Milano, su comune.milano, Opere: Bondanella, Peter, Umberto Eco and the Open Text: Semiotics,
Fiction, Popular Culture Capozzi, Rocco, Eco's Prophetic Vision of Mass Culture
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Kupfer, Milano Alberto Ostini , Umberto
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paure, Milano, Euresis, 1998. Tiziano Sclavi, Bruno Brindisi, Lassù qualcuno ci
chiama, Dylan Dog n. 136, Milano, Sergio Bonelli Editore, Film Walt Dey e
l'ItaliaUna storia d'amore (): viene mostrata un'intervista durante lo
"speciale Walt Dey" con Ettore Della Giovanna e Gianni Rodari Luigi Bauco, Francesco Millocca, Dizionario
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presentazione della sua teoria semiotica, su signosemio.com). Approfondimento,
su italialibri.net. Curiosità (anche la "cacopedia"in PDF) , su bibliotecheoggi.
Opere in TecaLibri/1, su tecalibri.info. Opere in TecaLibri/2, su
tecalibri.info. Considerazioni su: "Non sperate di liberarvi dei
libri", su antonietta.philo.unibo ). Golem L'indispensabile (il sito della
rivista)rivista online diretta da Umberto Eco, Renato Mannheimer, Carlo
Bertelli, Danco Singer Un articolo di Eco su , su espresso.repubblica.
encyclomedia, su encyclomedia. Il «questionario Proust» a Umberto Eco, su
elapsus. Umberto Eco, in Perlentaucher, Perlentaucher Medien GmbH. Opere di
Umberto Eco V D M Vincitori del Premio Strega V D M Vincitori internazionali
del Prix Médicis V D M Vincitori del Premio Bancarella V D M Vincitori del
Premio Cesare Pavese V D M Vincitori del Premio di Stato austriaco per la
letteratura europea V D M Vincitori del Premio Mediterraneo per stranieri, Europeana
agent/base/ Filosofia Giallo Giallo
Letteratura Eco provides a bridge
between Graeco-Roman philosophy and Grice! Eco is one of the few philosophers
who considers the very origins of philosophy in Bolognaand straight from RomeOn
top, Eco is one of the first to generalise most of Grice’s topics under
‘communication,’ rather than using the Anglo-Saxon ‘mean’ that does not really
belong in the Graeco-Roman tradition. Eco cites H. P. Grice in “Cognitive constraints
of communication.” Umberto b.2,
philosopher, intellectual historian, and novelist. A leading figure in
the field of semiotics, the general theory of signs. Eco has devoted most of
his vast production to the notion of interpretation and its role in
communication. In the 0s, building on the idea that an active process of
interpretation is required to take any sign as a sign, he pioneered
reader-oriented criticism The Open Work, 2, 6; The Role of the Reader, 9 and
championed a holistic view of meaning, holding that all of the interpreter’s
beliefs, i.e., his encyclopedia, are potentially relevant to word meaning. In
the 0s, equally influenced by Peirce and the
structuralists, he offered a unified theory of signs A Theory of
Semiotics, 6, aiming at grounding the study of communication in general. He
opposed the idea of communication as a natural process, steering a middle way
between realism and idealism, particularly of the Sapir-Whorf variety. The
issue of realism looms large also in his recent work. In The Limits of
Interpretation 0 and Interpretation and Overinterpretation 2, he attacks
deconstructionism. Kant and the Platypus 7 defends a “contractarian” form of
realism, holding that the reader’s interpretation, driven by the Peircean
regulative idea of objectivity and collaborating with the speaker’s
underdetermined intentions, is needed to fix reference. In his historical
essays, ranging from medieval aesthetics The Aesthetics of Thomas Aquinas, 6 to
the attempts at constructing artificial and “perfect” languages The Search for
the Perfect Language, 3 to medieval semiotics, he traces the origins of some
central notions in contemporary philosophy of language e.g., meaning, symbol,
denotation and such recent concerns as the language of mind and translation, to
larger issues in the history of philosophy. All his novels are pervaded by
philosophical queries, such as Is the world an ordered whole? The Name of the
Rose, 0, and How much interpretation can one tolerate without falling prey to
some conspiracy syndrome? Foucault’s Pendulum, 8. Everywhere, he engages the
reader in the game of controlled interpretations. “Il nome della rosa” is about
the dark ages in Northern Italy, where the monks were the only to find a slight
interest in philosophy, unlike the barbaric Lombards!” -- Umberto Eco. Keywords: lingua perfetta;
semiotica. Refs.: Umberto Eco on H. P. Grice in “Cognitive constraints on
communication,” Luigi Speranza, "Grice ed
Eco: semantica filosofica," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Emiliani (Lugo). Filosofo. Grice: “I like Emiliani; of course in
proper English we don’t pluralise ‘meanings’! But he speaks of ‘significati,’
which is literate! The vernacular Italian is ‘segno,’ and the ‘ficare’ is also
learned latinate! Gotta love him!” Dio è
la mia speranza Anch'io vivo nella speranza di avere amici in cielo che pregano
per me e che attendono di unirsi a me nella nostra comune patria. Dobbiamo
sempre ricordare che questa vita terrena è soltanto un passaggio verso la
nostra vera patria che è quella celeste. La Madonna è apparsa e ha parlato a
moltissimi veggenti di molti popoli e nelle più svariate circostanze, come una
persona viva, che promette, annunzia, loda, esorta, profetizza, prega, guida e
protegge dai pericoli, risana i malati, opera i miracoli, piange, invita alla
conversione ed alla penitenza, aiuta ad avvicinarsi a Cristo, suo Figlio. La
mia sicura bussola è camminare sulla strada della carità in ogni circostanza
della vita. La presenza in noi dello Spirito Santo è la caparra della nostra
vita eterna futura. Solo Dio resta. Egli è l'unica roccia a cui mi posso
aggrappare per non essere travolto dai flutti tempestosi in mezzo ai quali
galleggio. Alessandro Emiliani, Dio è la
mia speranza, Edizioni Studio Domenicano. Nel suo
saggio sul segnato, valore, communicazione e ragionamento, Emiliani presenta
un'analisi del ‘segnato,’ topico della semiotica. Il segnato è un modo di una correlazione astratta posta dall'attività razionale
intersoggettiva e cooperativa con cui un contenuto e intenzionato e strutturato
in ordine al valore della profferenza e alla correttezza del ragionamiento
conversazionale. La forme logica non è innata,
né e un atto o evento psichico soggettivo, ma una struttura intersoggetiva
astratta e relazionale, invariante intersoggettivamente. Il segnato (non il
‘segno’) fonda la correttezza del ragionamiento conversazionale (colloquenza –
dialettica), segnato dal segno di una operazione (negans, negatum, negatore; connettivi,
-- conjunctum, congiutivo, disjunctum, disgiuntivo, ‘if’ filoniano, il quantificatore
universale o totale (ogni), il quantificatore parziale o essitenziale (G.
jemand), il descrittore, descriptum) non è
privo di ‘segnato’. Il segno di negazione, p. es., ‘non’, segna la negazione.
‘Non piove’ segna che non è il caso che piove.
Il segno (‘non’) ha come UNICO segnato quello che s’esprime nella forma logica
(explicatura, no implicatura). L’intensionale e il contenuto nozionale di ciò
che è mentato o segnato, distinto dal segnato estensionale o funzionale – e
spiegabile in una teoria di mondi possibili. Pensatile sempre dentro e mediante
una determinata struttura logicha. L’atto de denotare (referire) e l’atto di
predicare sono le due elementi di un complesso proposizionale (“Fido is
shaggy”). Un oggetto dell'universo di riferimento, considerato reale nel modo
più ampio (valore di una variabile). Il valore di una profferenza è spiegato da
una teoria della correpondenza. Il valore di soddisfacibilità e parte del meta-languaggio che presuppone la sintassi, la
semantica, e la prammatica. Lo scopo del griceanismo: il segnato. Fondamento
della introduzione del segnato, simbolo mono-semantico, simbolo bi-semantico,
simbolo tri-semantico, segnato del termine, segnato della formula del
linguaggio. Relazione estensione/intensione, referenza e predicazione. Il
valore della profferenza di soddisfacibilità e
meta-linguistico. Rapporto tra sintassi, semantica e pragmmatica – linguaggi-
oggeto e meta-linguaggio. Il linguaggio di una teoria del ragionamiento
formalizzata elementare – Sistema G-hp. Calcolo di predicati di primo ordine
con identità.
Sintassi di una generica teoria del ragionamento normalizzata
elementare. Simbolo primitivo. Definizione ricorsiva del termine, definizione
ricorsiva della formula del sistema G-hp. Termine aperto e termine chiuso.
Formula aperta e formula chiusa. Profferenza semplice, proferrenza complessa.
Componente deduttivo, induttivo ed adduttivo di una generica teoria del
ragionamiento elementare (G. R. I. C. E. – gruppo per la ricerca dell’inferenza
e la comprensione elementare). Il segnato di una profferenza in romano ed
italiano (Piove). Il segnato intenzionale di una profferenza semiotica
comunicativa, distinzione tra atto intenzionale dell'io e forma intenzionale
con cui ciò che è segnato e compressibile dal ‘tu’, intenzionalità e
consapevolezza, forma intenzionale, contenuto intenzionato. Profferenza e modalità
intenzionale. Tre dimensioni del segnato nella profferenza comunicativa; Il
segnato della profferennza assertiva (il simbolo di Frege),L’assertivo di una
profferenza semplice. Segnato intensionale (il senso fregeiano) di una
profferenza semplice. Il topico o denotatum di una profferenza semplice (“The
dog is shaggy”). Il segnato logico del termine, il segnato intensionale del
termine, il segnato referenziale del termine, ragioni che giustificano
l'introduzione di una descrizione chiusa nel Sistema G-hp di una teoria del
ragionamento Normalizzata elementare. Il segnato logico, intensionale e
referenziale del segno predicativo (‘shaggy’), il segnato logico del segno
predicativo, il segnato intensionale del segno predicativo, Relazione tra
segnato logico e segnato intensionale del segno predicativo. Il segnato
referenziale del segno predicativo, rapporti tra il segno intensionale e il
referente o denotatum or relatum di un segno predicativo. Il segnato del segno mono-sematico.
Il segnato logico del segno del negare
(cf. Grice, “Negation and Privation”). Il segnato logico di una operazione di
connessione fra sintagme: le particelle coordinante ‘e’, ‘o,’ e subbordinante,
‘se’, il segnato del segno di quantificazione totale o universale, ‘ogni’ – il
segnato del segno di quantificazione sustituzionale parziale o esistenziale
(Ex), Il segnato del segno dell’articolo definito (‘il’), descrizione, el
segnato logico dei segni ausiliari, il segnato intensionale e referenziale di
una profferenza complessa, il segnato intensionale di una profferenza
complessa; il denotatum di un profferenza complessa. Refutazione delle
impostazione convenzionalista (in termini di implicatura convenzionale) di
Strawson circa l'interpretazione del formalismo. Ragioni della inadeguatezza
dell’approccio di Strawson, interpretazione logica, interpretazione intensionale
e interpretation referenziale della semantica di una teoria dell’inferenza elementare,
interpretazione intensionale del linguaggio di una teoria, interpretazione
referenziale del linguaggio di una teoria, il valore di satisfactorieta di una
profferenza nel sistema G-hp nel quadro del meta-linguaggio. I requisiti della
definizione del valore di soddisfacibilità; condizioni
che rendono la definizione di ‘soddisfacibile’ adeguata al contenuto della
nozione intuitiva, condizioni che devono essere soddisfatte perché la
definizione del valore sia formalmente sana. Il valore di soddisfacibile associato
a una profferenza del sisstema G-hp. Considerazioni sulla definizione del
valore di soddisfacibile, distinzione tra concetto di soddisfacibilità e criterio di soddisfacibilità. Il valore di soddisfacibilità associato ad una profferenza non è ‘segnato’ dalla
profferenza o profferente a cui è associata, il soddisfacibile rispetto alla
profferenza a cui a associate non e ‘segnato’, ma un valore. Il soddisfacibile è
meta-linguistico, profferenza soddisfacibile, relazione tra profferenza
soddisfacibile e ragionamento sano. Il principio di bivalenza (Tertium non
datur – il terzo incluso). Stato del problema: la polemica Grice/Strawson. Il valore
di soddisfacibilità è associabile soltanto
alla profferenza per la quale il communicatore o profferente (implicans,
implicaturus) segna che p o q, il valore di soddisfacibilità e associabile a
ogni profferenza. Critica di un sistema bivalente che accetta la categoria
confuse di “lacuna” di valore di soddisfacibilità. Bivalenza e il sistema considerato
poli-valente. Bivalenza e l’intuizionismo di Lemmon e Dummett. Communicazione e
segnato, rapporto tra materia e forma dell’espressione per la quale il communicatore
o profferente o implicaturus segna (empiega) che p o q e il rispettivo
segnato. Il segnato come criterio per
determinare la primitività di un simbolo, Le
regole o teoremii di formazione sintattica d’introduzione e eliminazione, il
teorema del ragionamiento sano definito dalla sintassi e il segnato logico.
Communicazione naturale, segnare artificiale, arbitrario, non naturale, e
segnato. Natura, genesi, funzione e invarianza della forma e struttura logica. Natura,
genesi e funzione della forma predicativa (“Fido is shaggy”), natura, genesi e
funzione della forma soggettiva o topica, natura, genesi e funzione della forma
logica semplice, Natura, genesi e funzione della forma logica espressa da un
simbolo mono-semantico di operazione logica, Rapporto tra l'attività dell'io
intenzionante (implicaturus, e la struttura logica intesa come modalità con cui
il contenuto e intenzionato (“He went to bed and took off his boots”).
L'invarianza della forme o struttura logica. Grice: “Alessandro Emiliani
should be distinguished from Alessandro Emiliani. Alessandro Emiliani is a
philosopher; Alessandro Emiliani is a semiotician!” Alessandro Emiliani.
Keywords: Dr. Wilde. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Emiliani” – The
Swimming-Pool Library.
Enriques (Livorno).
Filosofo. Grice: “I like Enriques; of course his “Problemi della scienza’
implicates that philosophy does not have any!” Il Dipartimento
"Federigo Enriques" di Matematica dell'Università degli Studi di
Milano, via Saldini, Milano. Nato in una famiglia ebrea, si trasferì a Pisa.
Suo fratello Paolo Enriques, uno zoologo, fu padre di Enzo Enriques Agnoletti e
Anna Maria Enriques Agnoletti. Dopo gli studi liceali, compì gli studi
universitari a Pisa e la Scuola Normale Superiore. Si laurea. Frequenta in
seguito un anno di perfezionamento a Pisa e uno a Roma, dove ebbe modo di
incontrare e collaborare con Castelnuovo. Inizia inoltre a collaborare con
Cremona, Segre e Amaldi. Lincei. Insegna a Bologna. Fu invitato presso
l'Roma, per occupare la cattedra di matematiche superiori e di geometria
superiore. Venne invitato da Neurath a divenire un collaboratore
dell'Encyclopaedia of Unified Science, la cui pubblicazione era stata
individuata come lo strumento per lo sviluppo del movimento per l'unità della
scienza (cf. Grice, “Einheit des Wissenschaft”). Quando però furono promulgate
le leggi razziali anti-ebraiche, e espulso dall'insegnamento e da qualsiasi
altra occupazione legata all'attività culturale. Durante l'occupazione tedesca
fu dapprima nascosto in casa di Frajese
e poi a San Giovanni in Laterano. Insegna a Roma nella scuola ebraica clandestina
fondata da Castelnuovo per i giovani ebrei estromessi dalle università
italiane, e riusce a pubblicare alcuni articoli in forma anonima sul Periodico
delle Matematiche, di cui era stato direttore. Torna a insegnare. Tra i
fondatori della scuola italiana di geometria algebrica, allarga gli orizzonti
del dibattito scientifico occupandosi di filosofia, storia e didattica della
matematica. Fonda la Società filosofica italiana (di cui fu presidente),
assieme a Bruni, Dionisi, Rignano e Giardina fonda la rivista internazionale Rivista
di Scienza ed e nominato direttore del Periodico di matematiche, organo della
Mathesis. Diresse, tra l'altro, la sezione di matematica dell'Enciclopedia
Italiana. Fu un filosofo di notevole livello e la sua fama fu
internazionalmente riconosciuta. I suoi contributi allo sviluppo della
geometria algebrica furono rilevanti, per importanza e originalità. Il periodo
in cui si trova a vivere era un periodo di cambiamenti epocali, cambiamenti che
interessarono anche i concetti base della matematica e della fisica. Enriques
recepì immediatamente la portata delle novità introdotte dalle opere di Einstein,
che fu da lui invitato a tenere una conferenza a Bologna. Nel campo dei
fondamenti della matematica si ricordano i testi scolastici di grande
diffusione, rivolto all'insegnamento nei licei e scuole superiori, nei quali la
geometria euclidea, l'algebra elementare e la trigonometria vengono presentate
con il metodo razionale deduttivo. Fra le sue opere più diffuse di matematica
elementare si ricordano: Questioni riguardanti le matematiche elementare,
Questioni riguardanti la geometria elementare, Bologna Zanichelli); Elementi di
Geometria ad uso delle scuole superiori (con U. Amaldi), Zanichelli Bologna e
successive edizioni e ristampe); Nozioni
di matematica ad uso dei licei moderni (con U. Amaldi), Zanichelli Bologna); Gli
elementi di Euclide e la critica antica e moderna (Roma e Bologna, Le
matematiche nella storia e nella cultura, Bologna. Come opere principali di
matematica superiore si ricordano in particolare: Lezioni di geometria
proiettiva, (it, de). Lezioni di geometria descrittiva, Bologna, Lezioni sulla
teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche. Bologna. Lezioni
di geometria descrittiva, Le superficie algebriche, Oltre alla sua attività
come matematico, sviluppa significative ricerche di epistemologia, storia della
scienza e filosofia della scienza. Questo suo impegno per il rinnovamento della
cultura, avvenne in un periodo non facile, sia per gli eventi bellici, sia per
la cultura dominante nella prima metà del Novecento, caratterizzata dalla
filosofia idealistica e dal ridotto interesse verso la cultura scientifica. Fra
le sue numerose saggi in queste materie si ricordano: Problemi della
scienza” (Zanichelli, Bologna); “Razionalismo e storicismo in "Rivista di Scienza",
Zanichelli, Bologna, Il pragmatismo in "Scientia", Zanichelli,
Bologna); “Scienza e razionalismo, Zanichelli, Bologna. Matematiche e teoria
della conoscenza in "Scientia", Zanichelli, Bologna); “Per la storia
della logica, Zanichelli, Bologna. Storia del pensiero scientifico, Bologna, scritta
con G. Santillana. Il significato della storia del pensiero scientifico,
Bologna, ripubblicato da Barbieri, La teoria della conoscenza scientifica da
Kant ai nostri giorni, Bologna. Le dottrine di Democrito d'Abdera. Testi e
commenti, con M. Mazziotti, ripubblicato per Edizioni immanenza. Sviluppò una
corrente di pensiero vicina al razionalismo. Assieme a Peano si può considerare
uno dei principali filosofi italiani che si sono dedicati allo studio della
logica e della filosofia della scienza nella prima metà del Novecento. Ha messo
in luce due aspetti fondamentali del pensiero scientifico nella prima metà del sec XX: la sempre
maggiore specializzazione delle discipline fisiche, tecniche, ecc. e la
tendenza al rinnovamento che si è avuta sia nei fondamenti della matematica,
sia nella fisica moderna. Assieme a Bruni, Dionisi, Giardina e Rignano,
fonda la rivista di ricerca e divulgazione scientifica Rivista di scienza
(rinominata successivamente Scientia), con l'obiettivo dichiarato di superare
le divisioni disciplinari in nome dell'unità del sapere e contro l'eccessiva
specializzazione accademica. Contro codesti criterii ristretti intende reagire
soprattutto il movimento nuovo di pensiero verso la sintesi; una Filosofia
libera da legami diretti coi sistemi tradizionali, sorge appunto a promuovere
la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie, e ad
affermare un apprezzamento più largo dei problemi della Scienza. Pel quale il
particolarismo stesso viene compreso in un aspetto più adeguato nella interezza
del processo scientifico. (Programma, Rivista di Scienza). Condusse la rivista,
quando un articolo di Rignano sulle cause della guerra lo costrinse a
rassegnare le dimissioni. Torna alla direzione alla morte di quest'ultimo e
sotto sua esplicita richiesta fino al’anno delle leggi razziali. Abbandonato
ogni incarico, ritorna infine alla guida di Scientia a due anni dalla morte. Il
primo saggio significativo dedicato da Enriques a questioni di metodo e
filosofia della conoscenza è l'opera Problemi della scienza nella quale compie
un'analisi articolata delle varie discipline della matematica, della geometria,
della meccanica, della fisica edella chimica alla fine del XIX secolo. Mette in
evidenza l'importanza che lo scienziato deve analizzare con la massima
attenzione, sia i fondamenti logici e sperimentali delle diverse
discipline, sia il contesto storico e le situazioni in cui i principi
scientifici sono stati scoperti. In quest'opera Enriques indica che una
visione dinamica della scienza, porta naturalmente nel terreno della storia. I
fondamenti della scienza quindi non possono essere capiti completamente se non
si analizza anche il contesto storico e culturale nel quale sono stati
formulati. L'opera ebbe maggiore fortuna e diffusione all'estero, che non in
Italia, dominata agli inizi del Novecento dalla cultura letteraria e della
filosofia idealistica. Il suo pensiero trova riscontro nelle teorie
elaborate dai massimi epistemologi filosofi fra cui Popper, Lakatos e Kuhn. In
particolare nel pensiero di Lakatos e di Kuhn viene sviluppata la concezione
della formazione storica dei concetti scientifici, come opera di più autori e
ricercatori, che in un determinato periodo storico elaborano una serie di
principi-base sui quali viene sviluppata una teoria ipotetico-deduttiva e le
successive verifiche sperimentali. Importante è anche la presa di
posizione sia rispetto alla filosofie idealistiche del ‘900, che hanno
tralasciato gli aspetti della filosofia della scienza, sia la sua posizione
critica rispetto alla filosofia di Kant. In particolare, critica il concetto di
giudizio sintetico a priori di Kant (Critica della ragion pura). Secondo
Enriques, i principi fondamentali delle scienze sono elaborazioni razionali
derivate per induzione dall'esperienza e dalla percezione sensoriale e non sono
giudizi sintetici a priori. In questo saggio porta alcuni esempio fondamentali.
I postulati della geometria sono generalizzazioni, per astrazione, di semplici
esperienze geometriche, che ogni allievo compie fin dalle prime osservazioni
razionali del mondo esterno, svolte anche in ambito scolastico. I principi
della geometria sono generalizzazioni di esperienze sensoriali concrete.
Allo stesso modo anche i principi della Fisica e della Chimica derivano
direttamente da generalizzazioni di esperimenti reali. Ad esempio la Legge di
conservazione della massa dovuta a Lavoisier non è un giudizio sintetico a
priori, come crede Kant. È noto infatti che deriva da semplici esperimenti
fisici, svolti pesando i composti chimici prima e dopo una reazione
chimica. La nuova impostazione razionalistica e storica fu avviata in
Italia da Enriques, in Francia da Duhem e in Austria da Mach e da altri autori
riunitisi intorno al Circolo di Vienna. Fu poi sviluppata ulteriormente in
Italia da Geymonat e dalla sua scuola milanese che ha ripreso gli studi di
Enriques, sviluppando i temi di storia della scienza e di filosofia della scienza.
Un'altro saggio fondamentale è Per la storia della logica che mette in evidenza
l'importanza della deduzione, della induzione e gli altri aspetti
interpretativi ed epistemologici della logica. Il saggio ha un approccio
storico e descrittivo della logica è ricco di citazioni originali, e affronta
questo difficile argomento anche con una certa ironia ed eleganza letteraria.
Nell'opera, sono illustrati in modo semplice e sintetico i contributi portati a
questa disciplina dai vari filosofi nelle varie epoche. Si può considerare uno
dei pochi testi in cui la materia è esposta in modo chiaro, essenziale e
interessante. Di notevole interesse per le fonti storiche citate e per la
narrazione della genesi dei concetti scientifici sono la serie di opere
dedicate alla storia della scienza. Il primo saggio fu la “Storia del pensiero
scientifico” scritto in collaborazione con G. Santilana. Quest'opera ripercorre
la storia delle scienze matematiche, geometriche, astronomiche, meccaniche e
fisiche dall'antica Grecia fino ai giorni nostri, con numerose citazioni e
fonti storiche degli autori originari. A esso seguirono altri testi di
approfondimento, fra cui, “Il significato della storia del pensiero scientifico
e La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni; Lineamenti
di filosofia della scienza. Dei numerosi saggi dedicati agli aspetti filosofici
della scienza si desumono i principali lineamenti del suo pensiero
razionalista, che, a titolo orientativo si possono cercare di sintetizzare nei
seguenti punti: Equilibrio fra intuizione e ragionamento logico. Nelle
opere scientifiche gli argomenti sono esposti in modo intuitivo, evidenziando i
motivi sperimentali e oggettivi alla base di alcuni concetti astratti. Dopo la
descrizione dei suoi principi, si sviluppa poi la materia con criteri logici,
deducendo razionalmente le principali leggi, teoremi e applicazioni. Questo
carattere, comune anche ai grandi scienziati del passato (Galilei, Cartesio,
Newton, Eulero, Coulomb, ecc.) contraddistingue il metodo di Enriques, rispetto
agli indirizzi formalisti che si sono avuti nella logica e nella
matematica del XX secolo. Problema della specializzazione delle scienze: ha
colto questo aspetto critico delle numerose edeterogenee discipline
scientifiche nel XIX e XX secolo. Per superare il problema della eccessiva
frammentazione del sapere ha proposto di ripensare i concetti fondamentali
della fisica, della geometria, della matematica e delle altre scienze naturali
con criteri unitari, approfondendone il significato intuitivo, sperimentale e
la sua genesi storica. Approccio storico alla conoscenza scientifica. Questo
aspetto caratterizza il metodo di Enriques, che ha sviluppato con passione e
impegno moltissimi aspetti di storia della scienza. La storia della scienza fa
parte della scienza stessa. Per capire veramente un teorema non è sufficiente
capire solo la sua dimostrazione, ma anche il contesto storico nel quale è
stato formulato, quali sono stati i problemi tecnici che hanno portato alla sua
formulazione e come sono stati risolti tali problemi con l'applicazione delle
teorie scientifiche. Sviluppato in Italia il nuovo approccio di storia della
scienza avviato da Mach e da Duhem, precursori del gruppo di filosofi e
scienziati Professore del Circolo di Vienna. Valenza fisica dei concetti
geometrici. La geometria può essere considerata come il primo capitolo della
fisica, diversamente dai matematici e filosofici formalisti che la considerano
una scienza astratta. L'orientamento formalista nella geometria è stato
delineato da Kant (Critica della ragion pura) per il quale i postulati
geometrici non derivano solo dall'esperienza visiva, ma sono giudizi sintetici
a priori di carattere soggettivo e indipendenti dalle percezioni sensoriali. La
tesi di Kant è stata discussa dai massimi esperti di filosofia teoretica con
orientamenti contrastanti. Nel XIX secolo in opposizione a Kant si è delineato
un approccio fisico-sperimentale ai principi geometrici, al quale hanno aderito
molti storici e filosofi della scienza. Ha contribuito alla riscoperta del
significato più autentico, di carattere storico, intuitivo e sperimentale alla
base della geometria, della matematica e delle scienze fisiche. Contributi su
Scientia Articoli “Eredità ed evoluzione” su amshistorica.cib.unibo. “I numeri
e l'infinito” su amshistorica.cib.unibo. “Il pragmatismo” su
amshistorica.cib.unibo. “Il principio di ragion sufficiente” su
amshistorica.cib.unibo. “Il problema della realtà” su amshistorica.cib.unibo. “Il
significato della critica dei principii nello sviluppo delle matematiche” su
amshistorica.cib.unibo. “Importanza della storia del pensiero scientifico nella
cultura nazionale” su amshistorica.cib.unibo.
su amshistorica.cib.unibo. “L'infinito
nella storia del pensiero” su amshistorica.cib.unibo. La filosofia positiva e
la classificazione delle scienze, I motivi della filosofia di Eugenio Rignano,
su amshistorica.cib.unibo. Recensioni (in francese) Ailly (D'),Imago mundi, Aliotta, A. L'esperienza
nella scienza, nella religione e nella morale, su amshistorica.cib.unibo. Archibald, R. C. Outline of the History of
Mathematics, su amshistorica.cib.unibo.
Bignone, E. L'Aristotele perduto
e la formazione filosofica di Epicuro, su amshistorica.cib.unibo. Blanche, R. Le rationalisme de Wewell, su
amshistorica.cib.unibo. Bouasse H.Bachot
et bachotage, su amshistorica.cib.unibo.
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dell'età moderna, su amshistorica.cib.unibo.
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et des evenements dans les temps modernes, su amshistorica.cib.unibo. Crowter, J. G.British Scientists of the
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l'art d'ecrire un traite: a propos d'un traite de mathematiques, su
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l'histoire de la science hellène, su amshistorica.cib.unibo. Wind, E. Das Experiment und die Metaphysik,
su amshistorica.cib.unibo. Wolf, A. A
History of Science, Technology and Philosophy in the 16 and 17 Centuries, su
amshistorica.cib.unibo.L'autore ha curato una decina di manuali didattici di
geometria e algebra elementare e oltre 20 trattati di matematica superiore. Ha
inoltre pubblicato un'ampia serie di testi di storia e di filosofia della
scienza e numerosi articoli specializzati. L'elenco completo delle sue opere
comprende oltre 300 titoli, fra saggi, articoli e trattati
scientifici. Questo testo proviene
da Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di
Storia della Scienza di Firenze Spoglio di articoli e recensioni disponibile
sul Catalogo Italiano dei Periodici (ACNP). Informazioni sulla storia
editoriale di Scientia. Silvia Haia Antonucci e Giuliana Piperno Beer, Sapere
ed essere nella Roma razzista. Gli ebrei nelle scuole e nell’università, Roma,
Gangemi editore, Collana Roma ebraica-7,
Tina Nastasi,Federico Enriquez e la civetta di Atena, ed plus,Pisa, Comunità
ebraica di Livorno. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Federigo Enriques / Federigo
Enriques (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Federigo Enriques, su MacTutor,
University of St Andrews, Scotland. Federigo Enriques, su Mathematics Genealogy
Project, North Dakota State University. Opere di Federigo Enriques, su Liber
Liber. Opere di Federigo Enriques, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Federigo Enriques, Gaspare Polizzi,
ENRIQUES, Federigo, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Edizione nazionale delle
opere. Digitalizzazione completa di Scientia e Rivista di Scienza su AMS
Historica. Sito ufficiale del Centro Studi Enriques di Livorno. "Le
Armonie Nascoste", un recente documentario su Enriques su lalimonaia.pisa.
Coloro che s'immergono
nella dialettica, dice Aristone di Chio, fanno come i mangiatori di gamberi:
per un boccone di polpa perdono il loro tempo sopra un mucchio di scaglie. Ma Hamilton,
riportando il motto, vi aggiunge un’osservazione che non sembra aver perduto
valore ai nostri giorni. Da noi, dice, il filosofo perde il tempo senza nemmeno
gustare un boccone di polpa. Infatti il filosofo che ha percorso gli studi
romani antichi classici, domanderebbe invano alla dialettica che gli fu
insegnata, un concetto adeguato di quello che è l’ordinamento di un calcolo
deduttiva come la geometria, nonché una spiegazione del significato e del
valore dei principi che s’incontrano in la geometria. Che cosa e una
definizione, un’assioma, un postulato? Che posto occupano nell’organismo della
teoria dialettica? Quali sono i criteri che presiedono alla loro scelta o che
permettono di giudicare della loro accettabilità? Tutte queste domande rimangono
senza risposta, pel filosofo, se pure ad esse si alluse vagamente da qualche
oscura dottrina del concetto. Certo esse non ricevono lume dalle minute
classificazioni sillogistiche, per mezzo delle quali egli vien abilitato,
quando mai, a verificare ciò che non ha alcun bisogno di verifica, cioè la
coerenza formale di una dimostrazione geometrica. Ora è essenziale rilevare che
il filosofo, ponendosi il problema dell’ordinamento della propria disciplina, si
ritrova in faccia alla dialettica nella posizione stessa dei filosofi che hanno
lavorato a costruirne l’edifizio, giacche lo sviluppo della dottrina del ragionamento
procede appunto dalla critica dei filosofi che hanno riflettuto intorno alla
natura e all’ordine della consequenza logica. Come padre della dialettica viene
designato Aristotele. Ma Aristotele non può essere ritenuto se non raccoglitore
e sistematore di ciò che nella dialettica e elaborato prima di lui, qualunque
sia il contributo originale che può aver recato al sistema. L'affermazione
precedente apparirà tosto giustificata quando si ricordi che le matematiche avevano
raggiunto, già all’epoca di Platone, uno sviluppo assai elevato, [Il vanto che
Aristotele dà a sè stesso (al termine degli Elenchi Sophistici) di aver creato
una nuova scienza, appare, a chi legga tutto il paragrafo, riferirsi in modo
stretto alla scienza della discussione o dialettica o collequenza e ad ogni
modo non prova nulla contro il nostro asserto. La logica degli anlichi fiacche
— a partire da Ippocrate di Chio — si cominciò a scrivere trattazioni dei suoi
Elementi. Anche, che anzi, proprio all'epoca di Platone, ed in più o meno
stretta connessione coll’accademia da cui pure usce Aristotele, alcune teorie
aritmetiche furono oggetto di una profonda elaborazione critica (Eudosso,
Teeteto...), che costituisce il precedente storico degli Elementi d'Euclide.
Anche, che, d’altra parte, la dialettica aveva ricevuto uno straordinario
sviluppo nelle discussioni dei Sofisti, sia presso i primi insegnanti salariati
che presero tal nome, filosofi — come Protagora dì Abdera — sostenitori dell’
empirismo avverso il razionalismo metafisico del circolo di Velia, sia, più
specialmente, presso i Megarici ed altri pensatori affini, che, in connessione
coi circoli socratici, ripresero e svolsero in un modo formalistico la veduta
veliatica. La finezza di alcuni sofismi attribuiti a filosofi di Velia,
basterebbe da sola a testimoniare della profondità dell’analisi da essi
ragggiunta, di fronte a cui fanno talora meschina figura le spiegazioni o
confutazioni d’Aristotele negli Elenchi Sophistici. Aggiungasi che le stesse
polemiche aristoteliche contro avversari non nominati (per esempio, intorno
alla necessità e al carattere dei principi negli Analytica posteriora) valgono
ad indicare che il problema logico dell’ordinamento di un calcolo
analitico-deduttivo si dibatte secondo vedute diverse, alcune delle quali si
riveleranno — ad un esame approfondito — più vicine alle vedute moderne, in
confronto a quelle adottate dal filosofo di Stagira. I trattati d’Aristotele,
che furono raccolti sotto il nome comprensivo di Organo, manifestano la doppia
origine, dalla critica dell’aritmetica e dalla pratica della colloquenza.
Infatti, i primi due saggi (Categoriae e De Interpretatione) si riferiscono
alla classificazione o tassonomia delle espressione isolate e della
proposizione, formando quasi una introduzione a tutta l’opera. I due saggi successivi
(Analytica priora e Analytica posteriora) svolgono appunto la colloquenza come
calcolo, quale risulta dall’analisi del ragionamento. Invece i due saggi
(Topica ed Elenchi Sophistici) concernono l’arte della colloquenza o argomentare,
mirante — non all’analitico ma soltanto al ‘desirabile’ ed al ‘credibile’ o ‘probabile’
in rapporto alla pratica della colloquenza. Aristotele ritiene per quest’arte
il nome eleatico-platonico di ‘colloquenza’, mentre distingue col nome di
propedeutica analitica – lo studio dell’analitico -- l’esame del procedimento
della scienza dimostrativa, in cui dalla possibilità della scienza si desumono
le condizioni del suo ordinamento questo senso è stato ripreso da Kant in
quella parte della Critica della ragion pura che costituisce l’Analitica
trascendentale. L’espressione ‘logicus’ è usato dal nostro per designare
procedimenti del discorso che, non partendo da principi, non hanno valore
dimostrativo. Ma quest’espressione s'incontra, già prima, [Quest’osservazione è
fatta da Pranll, Geschichte der Logik. La logica degli antichi nel titolo di un
saggio di Democrito d’Abdera: rtepi
Xoytxwv i) xavwv. E nella misura in cui si può ammettere che Aristotele ne
abbia conservato il ‘significato’, rivelerebbe una diversa cocezione (più
relativa e formale) del ragionamento: la quale s’incontra di fatto dopo
Aristotele, e spalmente presso gli Stoici. Ora questi filosofi, appunto a
partire da Zenone Cizio, designano come “to logikón” quella parte della
filosofia che ha relazione al “logo” o discorso, e che comprende questioni
attinenti al ragionamento e questioni rettoriche o di grammatical della
profundita; mentre la scuola contemporanea di Epicuro ha tratto sicuramente da
Democrito il nome di canonica, con cui designa le regole del metodo. Siffatte
osservazioni, tendono a mostrare che l’influenza della vasta opera aristotelica
sui successori, non fu così esclusiva come di solito si ammette, e c’inviterà a
ricercare in questi stessi successori il riflesso delle opinioni più antiche,
ed in particolare di quelle del maestro d’Abdera. Per formarsi un concetto
dell’origine della logica, sarebbe interessante di ricercare se e quali
([Diels, Die Fragmente der Vorsokraliker: Dem.A 33, B. 10^. Diog. Laert. VII,
33 (In Arnim, Diogenes, 16). CO Aggiungeremo che Prantl opina che il nome
proprio vj , come appellativo della scienza del ragionamento, o come nome comprensivo
di esso e della rettorica, introduca piuttosto dai tardi peripatetici che dagli
stoici] rapporti sieno interceduti fra la critica dei matematici e le sottili
disquisizioni e implicature dei sofisti. Clairaut, per spiegare il rigore del
ragionamento di Euclide, notta: ce geomètre avait à convaincre des Sophistes obstinés
qui se faisaient une gioire de se lefuser aux vérités le plus évidentes. Houel
ripette che la forma dogmatica d’Euclide è dovuta a “sa préoccupation de fermer
avant tout la bouche à des sophistes que la Grece avait le tori de prendre au
sérieux.” “De là,” egli aggiunge, “son habitude de demontrer toujours qu' une
chose ne peul pas ótre au lieu de demontrer qu’ elle est.” Queste affermazioni
sono state frequentemente contestate, giacche è difficile riconoscere che i
sofisti abbiano esercitato un'influenza diretta, non dico sopra Euclide, ma
nemmeno sopra i geometri, suoi predecessori, che hanno elaborato criticamente
la scienza matematica. Tuttavia si può citare, a questo proposito, qualche
accenno ad una polemica antimatematica di Protagora e di Antifonte tendente a
restituire (avverso la filosofia razionalistica) il carattere empirico (alla
Mills, i. e., sintetico, non analitico) ai concetti della geometria: argomenti
dello [Elementi de geometrie, Parigi] [Essai critique sur les Principes
fondamenlaux de la Géométrie” Parigi] Nondimeno i rapporti amichevoli di
Protagora col matematico Teodoro di Cirene sono attestati da Platone: Teeteto
161 b 162 a. (Aristotele, Met. II, 2. (20). Cfr. Simplicio in Aristotele Phys.:
Diels B. 13. La logica degli antichi] stesso genere vedonsi comunemente
ripetuti dagli empiristi» e — per quanto concerne l'antichità — si trovano
raccolti da Sesto Empirico (‘). Ma, qualunque veduta si abbia intorno alle idee
espresse da Clairaut e da Hoiiel (che sono errate almeno per quel che concerne
la svalutazione del movimento sofistico I), un altro nesso, più importante,
appare fra la critica logica dei matematici e la dialettica dei sofisti, poiché
l’una e l’altra sono generate insieme dalla filosofia di Velia. Infatti Zenone
di Velia, è additato, dallo stesso Aristotele, come inventore di quell’arte
litigiosa che è la dialettica e, d’altra parte, l’analisi penetrante di Tannery
e di Zeuthen sui celebri argomenti intorno al moto (la dicotomia, l’Achille, la
freccia, ecc.), ha messo in evidenza il loro significato e valore matematico,
sicché il sottile dialettico in cui la tradizione non ha veduto che un
ragionatore ‘paradossale’, si scopre ai nostri occhi come iniziatore di quell’
ordine di considerazioni che costituisce l'analisi infinitesimale. Ed é
sommamente istruttivo riconoscere che proprio dalle considerazioni
infinitesimali — in cui il pensiero i trova esposto a non sospettate fallacie —
trae origine la critica del ragionamento, onde ne esce fuori la sco¬ perta del
principio di contraddizione e il procedimento [Adversus Aialhcmaticos, I. III.
( 2 ) Cfr. Diog., L., Vili, 57; Sesto Adv., Math., VII, 6 (in Diels, Zenone, A,
IO); Aristotele ed. Didot] di riduzione all'assurdo, o eliminazione della
negazione. Democrito che spingerà innanzi l’analisi infinitesimale, scoprendo
il volume della piramide, viene parimente ricordato da Diogene Laerzio come
prosecutore della dialettica zenoniana. Ma importa spiegare, sia pure con
brevità, come le origini dell’analisi infinitesimale si riattacchino ad un
critica dei principi della geometria, a cui pertanto viene a connettersi lo sviluppo
della logica. La dimostrazione delle cose che qui asseriamo si troverà nei
lavori degli storici sopra citati, ed anche in altri nostri scritti, in cui abbiamo
trattato più particoiar-mente questo soggetto. Secondo le notizie che ci
vengono fornite da Proclo, nel commento al primo libro dell' Euclide, le principali
teorie geometriche che costituiscono gli Elementi furono elaborate dai pitagorici
e ricevettero già a Crotone uno sviluppo dimostrativo. Zeuthen suppone che il
punto di partenza di questo sviluppo sia stato il tentativo di stabilire in
generale la relazione fra i quadrati dell’ipotenusa e dei cateti del triangolo
rettangolo, nota sotto il nome di teorema di Pitagora. D’altronde vi sono
numerosi indizi che la geometria pitagorica avesse come fondamento una teoria
delle proporzioni (symmetria, o della misura o analogia), basata sopra un
concetto EMPIRICO del punto-esteso, preso come [Cfr. Enriques, Il procedimento
di riduzione all'assurdo, Bollettino della Mathesis ».Cfr. in ispecie Tannery,
Pour la Science hellcne , cap. X. La logica degli antichi] elemento unitario di
tutte le cose (monade). Così l’affermazione pitagorica che le cose sono numeri è
da interpretare nel senso che un corpo, o una figura geometrica, che in questo
stadio della filosofia si pensa in maniera concreta, e un aggregato di punti,
cioè unità aventi posizione. Ma l’ipotesi monadica traeva con se la commensurabilità
(simmetria) di due segmenti qualsiansi, che appunto rendeva senz' altro possibile
la misura, e questa conseguenza doveva urtarsi — nel stesso circolo pitagorico—
colla scoperta che la diagonale e il lato del quadrato sono incommensurabili.
Ora, mentre i pitagorici si affaticavano intorno a questa difficoltà, altri
filosofi che del resto sono usciti dai medesimi circoli, iniziano la critica
dei concetti geometrici, riconoscendo che un ragionamento, il quale voglia
mantenersi immune da contraddizioni, deve riguardare il punto come privo di
estensione, la linea come lunghezza senza larghezza, la superficie senza
spessore, e di qui vengoo naturalmente condotti alle prime considerazioni
infinitesimali. Questi critici razionalisti sono i filosofi di Velia: Parmenide
e il suo discepolo, l’italiano Zenone. La loro speculazione segna un punto
decisivo nella storia della filosofìa, perocché essa proclama nettamente, per
la prima volta, i diritti della ragione: il ragionamento coerente viene assunto
[Parmenide è annoverato fra i pitagorici nel catalogo di Giarablico (Diels,
Pyth, 45, A.) e delle sue relazioni con altri pitagorici ci viene attestato da
Diogene Laerzio. Senz’ altro a misura della verità, cioè dell' esistenza
metafisica, distinta e contrapposta all’ opinione probabile che si riferisce
alla realtà sensibile. Da questo razionalismo, per cui il pensiero non esita a
staccarsi dalle apparenze fenomeniche per serbare rigida fede ai suoi principi,
nasce — come si è detto — il metodo dialettico, che è il germe della logica. La
quale ebbe a svilupparsi di poi, mentre fervevano le controversie fra empiristi
e razionalisti, e — per opera di questi — si proseguiva lo sviluppo dell
analisi infinitesimale (Democrito), e se ne indagava criticamente i principi
(Eudosso). Ma, poiché questa critica — toccando alla teoria fondamentale degli
incommensurabili e delle proporzioni — veniva ad involgere l’intiero problema
dell’assetto rigoroso della geometria, la ricerca logica non poteva limitarsi
all’ analisi dei sottili procedimenti implicaturali della deduzione, anzi
doveva naturalmente estendersi all’ordinamento della scienza e alla valutazione
dei suoi principi. In rapporto a ciò che precede riescono sommamente espressivi
ed interessanti i giudizii di Plato ne, sebbene forse, si sia esagerata dallo
Zeuthen l’influenza che il filosofo ateniese può. “Sur la riforme qu' a subie
la malhématique de Platon à Euclide et gràce à laquelle elle est devenue
Science raisonnée, “Memorie dell’ Accademia di Copenhagen”)] avere esercitato
su pensatori matematici quali Eudosso Teeteto, allorché designa il movimento
critico el tempo col nome di riforma platonica dèlle matematiche. Riferiamo
alcuni passi della Republica 510. Quelli che si occupano di geometria e di
aritmetica ecc. assumono il “pari” ed il “dispari”, e le figure e tre specie di
angoli, e altri simili supposti nelle dimostrazioni; e come avendone certa
scienza questi supposti li prendono per base, e quasi fossero evidenti non
pensano affato a darne alcuna ragione, nè a se stessi, nè agli altri; anzi, di
qui partendo, ordinatamente dimostrano lutto il resto giungendo infine a ciò
che si proponevano di dimostrare. Essi si valgono, per ciò, di figure visibili,
e ragionano su di esse, non ad esse pensando, ma a quelle di cui queste sono l’immagine,
ragionando sul quadrato in se stesso e sulla sua diagonale, anziché su quello o
quella che disegnano; e cosìutte le figure che formano o disegnano (quasi ombre
o immagini specchiate dall' acqua), tutte le adoperano come rappresentazioni,
cercando di vedere attraverso di esse i loro originali, che non sono visibili
se nndall’intelligenza (5:cV3ix).... ». (511). Questa specie invero io la
dicevo intelligibile, e intendevo dire che l’anima nell’ investigazione di
essa, è costretta a valersi di remesse. Ci valiamo dell’ed. Didot e della trad.
it. edita da Laterza, che riportiamo con lievi modificazioni. non procede al
principio, perchè non è in grado di andare oltre alle premesse, ma si vale,
come d’ immagini, degli originali appartenenti al mondo di quaggiù, da esse
imitali, valutandoli e stimandoli come eidenti di fronte a quelle,” mentre “il
ragionamento che usa la forza della dialettica, considerando le remesse non
come principi ma soltanto come pre¬ esse — quasi punti d’ appoggio e di partenza
— giunge a ciò che più non ha premesse, cioè al principio universale, e
raggiuntolo e tenendosi fermo alle conseguenze che ne derivano, perviene al
fine senza far uso di nessun sensibile, cioè procede dalle idee stesse alle
idee attraverso le idee, per finire alle idee. Di qui la distinzione posta fra
la ragione del dialettico (vo’jc, vóy}oic) e l’intelligenza del geometra
(3:xvo:s() che sta di mezzo fra l’opinione e la ragione”. La stessa distinzione
ritorna in : Rep. (533c,...): la geometria e le scienze affini sognano rispetto
all’ essere, ma è imposibile che lo vedano ad occhi aperti, intanto che si
valgono di postulati e li tengon fermi, mentre non sanno renderne conto.
Veramente la disciplina, che ignora il suo principio, e che ha la fine e il
mezzo legato a ciò che non sa, come si potrebbe chiamarla scienza ?... » .Vi è
qualche difficoltà a comprendere queste vedute. Anzitutto giova respingere l’
interpretazione più comune, che stabilisce una differenza radicale fra la
ragione del dialettico e l’intelligenza del geometra, giacché non si riesce a
dare alcun significato alle idee platoniche, se non ammettendo che esse
esistano nello stesso modo in cui si afferma l’esistenza di rapporti o di forme
matematiche nella natura. L' apparente contraddizione fra questo modo d'intendere
la dottrina e le parole del testo sopra accennato, si toglie ammettendo che il
posto inferiore attribuito alle matematiche di fronte alla dialettica, si
riferisca non tanto alle matematiche pure, costruibili come scienze (pafW’yiJ.aT*)
secondo l’ideale del nostro, quanto alle matematiche considerate come arti
(zl'/yy.:). Ed in appoggio a tale veduta si possono citare altri passi dello
stesso dialogo, p. es.: Rep. (527) anche
coloro che sono poco profondi in geometria, non metteranno in dubbio che questa
scienza è tutto il contrario di quanto parrebbe dalla terminologia che usano
quelli che la professano. È una terminologia troppo ridicola e misera, perchè —
quasi si trattasse di scopo pratico — parlano sempre di quadrare, di prolungare
o di aggiungere. Invece tutta la scienza si coltiva collo scopo di conoscere”. Ma
qual’ è l’ordinamento della geometria vagheggiato da Platone? su che base
vorrebbe egli edificarne i principi? I passi citati indicano assai chiaramente
che per conferire alla scienza un valore razionale, il filosofo [Cfr. G.
Milhaud: Les philosophes géometres de la Grece. Parigi, Alcan; Enriques:
Scienza e razionalismo, Bologna, Zanichelli] vorrebbe eliminare quelle domande
che si pongono a fondamento delle dimostrazioni, sotto il nome di postulati
(axioma), mercè cui si assume la possibilità di certe costruzioni, facendo
appello ad operazioni pratiche sopra modelli sensibili. La base della
geometria, edificata secondo i criteri della dialettica, consisterebbe duue in
pure definizioni (il procedimento dialettico ha appunto come scopo di definire
i concetti !) o in principi evidenti — quali gli assiomi — che Platone
riguarderebbe come conoscenze innate, giusta la teoria della reminiscenza (annamnesis)
esposta nel Menone. In tal guisa le proprietà elementari che una figure
visibile ha porto occasione di riconoscere, merce 1 intelligenza ideahzzatrice
(dianoia), apparirebbero fondate sulla pura ragione (nous). Rivolgendoci agli
Analytica di Aristotele, vi troveremo notizie più precise sui criteri adottati
dai geometri nell ordinamento logico della scienza, criteri che sara
interessante di raffrontare a quelli che appaiono, in atto, negli Elementi
euclidei. Già al principio degli Analytica priora, l’autore definisce il
concetto della scienza di cui imprende lo studio. Anzitutto e da dire il
soggetto e lo scopo di questo studio: il soggetto è la dimostrazione e lo scopo
è la scienza dimostrativa (à~:a~y.tirj à7to8sM~:xf/). Quindi, negli stessi
Analytica priora, viene a stabilire la teoria del sillogismo (teorico o
aletico, e pratico o volitivo), e passa poi ad esaminare — nei posteriora —
l’ordinamento delle scienze deduttive, riferendosi perciò continuamente alle matematiche.
Quest’ ultimo trattato, che qui occorre specialmente esaminare, si apre coll’
enunciato che ogni conoscenza razionale, sia insegnata, sia acquistata, deriva
sempre da conoscenze anteriori. L'osservazione mostra che ciò è vero di tutte
le scienze. Infatti questo è il procedimento delle matematiche e, senza eccezione,
di tutte le altre arti. Ora dal concetto stesso del sapere segue
necessariamente che la scienza dimostrativa procede da principi veri, da principi
immediati, più noti che la conclusione, di cui sono la causa ed a cui precedono.
Aristotele (ibidem, 1, 3) esamina e respinge le obiezioni di due specie di
avversari di questa dottrina, i quali pretendono o che non vi sieno principi e
però che la dimostrazione riesca impossibile, dando luogo ad un regresso all’
infinito; o, all' opposto, che il procedimento della dimostrazione sia affatto
relativo, sicché i principi possano provarsi partendo dalle conclusioni, così
come le conclusioni dai principi: ciò che egli dice dar luogo ad un circolo
vizioso. Sarebbe assai interessante conoscere gli avversari [Cfr. Enriques: Il
concetto della Logica dimostrativa secondo Aristotele in « Rivista di filosofia
») An. post. I, 2 (6). a cui il nostro si riferisce. Forse la prima obiezione
apparteneva alla polemica antimatematica di filosofi empiristi, mentre la seconda
potrebbe essersi presentata nei circoli megarici (imbevuti del relativismo
veliatico) ovvero a Democrito o ad altri matematici, critici dei principi della
scienza. Ad ogni modo, della veduta qui espressa — che è solo apparentemente
illogica — ci colpisce l'analogia che essa presenta con talune vedute moderne.
Aristotele combatte questo relativismo, poiché tutta la sua metafisica,
ispirata alla dottrina platonica delle idee, e soggiacente alla sua logica,
reagisce appunto alle tendenze relativistiche delle speculazioni, che dalla scienza
presocratica erano passate nel dominio del costume e delle credenze religiose,
in guisa da minacciare le condizioni della vita sociale nel mondo ellenico. Il
parallelismo che i veleiatici avevano scorto fra il logo o ragione e l’essere,
e che i sofisti (avversari e prosecutori) avevano interpretato nel modo di
proiettare nella realtà l’arbitrario che è proprio della libera critica,
riceve, nella dottrina socratico-platonica, una interpretazione inversa. Infattim la teoria ontologica delle idee, suppone un
ordine assoluto di consistenza che stanno di fronte alla ragione come dati,
sopra cui esso ha da modellare l’ordine della propria scienza. Così dunque
Platone vede nella classificazione delle forme geometriche un modello della
gerarchia delle specie naturali, la quale si rispecchia nquel procedimento più
generale di “divisione” (diaresis) e di definizione (horismos) che costituisce
la dialettica. Ed analogamente per Aristotele, il rapporto necessario ed irrversibile
fra causa ed effetto, offerto dalla natura, si riflette nel rapporto fa
premesse (p) e conseguenze (q) della scienza dimostrativa (p implicat q); la
quale perciò possiede un ordine naturale che non può essere invertito, onde i
suoi principi appariscno assolutamente indimostrabili, An. post. I, 2 (9):
Bisogna che i principi da cui si parte sieno indimostrabili. Altrimenti, non
possedendone la dimostrazione, on potrebbero ritenersi noti, poiché sapere in
modo non accidentale le cose di cui la dimostrazione è posibile, è possederne
la dimostrazione, Ora, proseguendo l’esame degli Analityca posteriora, veniamo
istruiti più precisamente che i principi della scienza, si lasciano distinguere
in più specie. Primo, i Termini o definizioni (3 poi), cioè supposizioni del ‘significato’
(semiosis,segno) dell’espressione (in linguaggio moderno: assunzioni di
concetti primitivi non definiti) e definizione propriamente detta. Secondo, Supposizioni
d’esistenza del genere e delle sue modificazioni, cioè delle cose designate dai
termini. Terzo, Proposizioni immediate che occorre necessariamente [La teoria
logica della definizione è trattata da Aristotele in An. post. II, e specie nei
Capi 9 e 12: dove si pscrive la regola di restringere successivamente l’estensione
del genere aggiungendo — nell’ordine naturale — la differenza specifica che lo
delimitano, fino a che esse circoscrivano, nel loro insieme, l’estensione del soggetto
da definire] riamete conoscere per apprendere qualsiasi cosa, le quali vengono
chiamate assiomi (ófiwpaTsc) giacché vi sono proposizioni di tal natura e ad
esse si riserva abitualmente questo nome. Infine anche ipotesi o postulati
(odr^i-istra), che s'introducono effettivamente nell’ insegnameto delle
matematiche (o anche nella discussione) domandando al discente di ammettere
l'esistenza di qualche cosa di cui egli non abbia alcuna idea, ovvero abbia
un’idea contraria. Qui d concetto d Aristotele riesce alquantscuro, iacché da
una parte egli sembra ammettere (come Platone) che un postulato potrebbe essere
eliminato * postulato... e ciò che si pone senza dimostrazione, quantunque
potrebbe dimostrarsi, e di cui ci si serve senz’ averlo dimostrato » (I, 10 (8)
) ; e d’ altra parte (riferendo evidentemente le vedute dei geometri) egli
avverte che una definizione non e un’ ipotesi perchè non dice se la cosa
definita esista oppur no. Ma probabilmente il suo pensiero è che il sapere
dovrebbe edificarsi su quelle sole supposizioni d'esistenza che hanno carattere
di necessità, essendo vere di per sé stesse (xaO’ alili), le quali non si
possono considerare come ipotesi o postulati.. (1, 10(7)), imperocché la
dimostrazione si rivolge non alla parola esteriore, ma alla parola interiore
dell’animo. Con ciò il Nostro fa appello a quel sentimento d’evidenza del
pensiero che Platone. Usalo dai pitagorici secondo Giamblico (in Diels, D, 6). ha
rappresentato come intima sincerità nel Teeteto, servendosi quasi delle stesse
parole. Tuttavia Aristotele critica la teoria platonica della reminiscenza, negando
che vi siano conoscenze innate. La conoscenza universale dei principi viene per
lui acquisita indubbiamente dalla sensazione. Essa si produce mercè l’unità
dell’ esperienza che sussiste nell' anima, nonostante la molteplicità degli
oggetti, in forza della facoltà di fissare ciò che vi è di simile o d’identico
nei particolari e di riconoscerlo come dato del pensiero. (An. post. 11, 15
(5,6, 7)). Ciò non toglie all’ assoluta verità che l'intelligenza idealizzatrice
(òtavaa), fondamento della scienza, conferisce ai suoi principi (II, 1-5 (8)). Alle
dottrine d’Aristotele giova paragonare quelle che appariscono nell’ ordinamento
degli Elementi di Euclide: Il ragionare è un discorso che l'anima rivolge a sè
stessa, per sè, intorno alle cose che consideri nemmeno in sogno hai ardito
dire a te stesso che il dispari è pari, o altra simile cosa. An. priora II, 21 (7)
e An. post. I, I (7). Heiberg, Euclidis opera omnia, Teubner, Lipsia, Secondo
le indicazioni del commentatore Proclo di Bisanziom Euclide sarebbe vissuto in
Alessandria al tempo del re Tolomeo. Le opere di Aristotele che conosciamo sembrano
appartenere all’ultimo decennio della sua vita. Nei quali si trovano tre specie
di principi : 1) termini o definizioni (Spot): 2) postulati 3) nozioni comuni
(y.otvof Ivvoiat). Non è qui il luogo per sottoporre ad un’analisi appiofondita
queste premesse, che — a dir vero — sono lungi dall’apparire soddisfacenti,
tanto che da Tannery si è perfino messo in dubbio la loro autenticità ; solo,
riferendoci alla critica che ne ha fatto lo Zeuthen, Limiteremo ad alcune
osservazioni logiche. Ma anzitutto vogliamo arrestarci un momento sopra una
questione di parole. Non pochi si meravigliano che Euclide usa l’espressione
‘nozione comune’ per designare quelli che Aristotele chiama (coi matematici
pitagorici) * assiomi», tanto più che — si dice — l’espressione « evvow »
compare solo più tardi nel linguaggio degli Stoici. Ora non è fuor di luogo
rilevare che la stessa espressione si trova pure in Democrito. Il rilievo
assume interesse per la circostanza che Democrito compose, circa cent’anni
prima d’ Euclide, degli Elementi, che non sono annoverati nel sunto storico di
Proclo, ma di cui Trasillo ci ha conservato i titoli ( :J ) ; tanto più che
questi lasciano (*) Clr. Hisloire dea malhimallquea traci, dal danese di Mascari
(Parigi, Gauthier-Villars): n. 14, 69 94. Cfr. Sesto in Diels, A, III. ( 3 )
rsti>|isi?t>t(óv (A, li ?), Api0|io£, IIspl à/.dyfev Ypxfijitòv stai
vxowùv A, li (cfr. Diels B, II", II 0 , I |P)] scorgere un ordinamento della
materia simile a quello adottato dallo stesso Euclide. Non sembra fuor di luogo
congetturare che nella terminologia democritea gli assiomi venissero appunto
designati come nozione o nozione comune, e che il geometra alessandrino, imprendendo
a sistemare la stessa materia, in rapporto ai progressi critici del secolo,
abbia conservato la denominazione del suo illustre predecessore: al quale di
preferenza doveva guardare. Diciamo ora che la distinzione fra le nozioni
comuni o gli assiomi, e i postulati, viene spiegata da Gemino in Proclo come
analoga a quella fra teoremi e problemi, o fra identità e equazioni, in quanto
i primi porgono delle relazioni, per cui certe proprietà resultano conciute
come conseguenza di altre date, laddove i secondi assegnano costruzioni
elementari, ciò che, nel concetto dei antichi, significa affermare l’ esistenza
di enti particolari cui s’impongono certe condizioni. Questo carattere costruttivo
sembra mancare soltanto al post. 4 (tutti gli ngoli retti sono uguali fra loro)
; ma Zeulhen spiega come in tale affermazione debba vedersi un complemento del
post. 2, nel modo di affermare che il prolungamento di una retta è unico. In
appoggio della nostra veduta può valere, forse, un passo del noto commento. Prodi
Diadoclii in primum Euclidis Elemenorum librato commentarii (ed. Friedlein), in
cui sembra che Proclo alluda all'uso dei geometri di chiamare nozione comune
ciò che Aristotele chiama assioma. Cfr. Vailati, Scritti, Proclo osserva pure
che gli assiomi e i postulati differiscono anche per essere: questi, principi
particolari della geometria, e quelli, principi comuni alle varie scienze;
infatti si tratta qui delle proprietà generali dell uguaglianza e
diseguaglianza fra grandezze. Infine la distinzione fra le due specie di principi
si accorda anche col criterio d'Aristotele, che riconosce negli assiomi delle verità
cessarie ed indimostrabili, perchè evidenti di per se (xocS' èx jvx), e nei
postulati delle verità — partecipanti ad un’ altra specie di evidenza
(sensibile) — che non risultano ugualmente dviyxw dal significato dei termini
che vi figurano : la natura del principio, enunciato da Euclide come nozione
comune, sembra infatti rispondere a questo criterio. Ma se taluni geometri (al
dire dello stesso Proclo) recusavano di distinguere assioma e postulato,
mancano tuttavia indizi per affermare che essi respingessero il significato che
Aristotele e probabilmente altri ancora (secondo la metafisica del senso
comune) attaccavano a codesta distinzione, così come lo respinge la critica
moderna, che per tale motivo appunto — considera ugualmente le proposizioni
primitive della scienza quali postulati, da ricevere, in una qualsiasi teoria
deduttiva, come dati anteriori allo sviluppo della teoria stessa. Un piccolo
lume ci è recato in tali questioni dal riferimento dello stesso Proclo circa un
tentativo di dimostrare l'assioma I (cose uguali ad una terza sono uguali fra
loro), che sarebbe stato fatto da Apollonio. Infatti della tentata dimostrazione
viene porto il seguente cenno. Sia a uguale a b, e b uguale a c; dico che a è
uguale a c. Invero a occupa Io stesso luogo (córto;) di b, e così b occupa lo
stesso luogo di c; quindi anche a occupa lo stesso luogo di c. Questo
ragionamento indicherebbe forse che Apollonio voleva ricondurre il concetto
euclideo di ‘eguaglianza’ geometrica al caso della sovrapponibilità delle
figure, facendo appello ad esperienze ideali di movimento, mercè cui poteva
iludersi di ridurre ad una pura proposizione identica la proprietà transitiva
di quella relazione. Mentre il ricorso a siffatte esperienze ci avverte appunto
(con Helmholtz e Stolz) che il detto assioma 1 ha un significato o carattere sintetico
e non può ritenersi come una semplice proposizione analitica (vera per definizione).
Comunque il rifermento accennato lascia presumere che la critica dei principi
sia stata spinta innanzi da Apollonio, dopo Euclide, con quella penetrazione di
cui volentieri siamo disposti ad accreditare il grande geometra iPerga.
Ritorniamo all' Euclide per esaminare, in breve, i principi eh' egli ha
designato col nome horós: termine o definizione. Se essi vengono considerati
come definizione, non si può a meno di rilevarne la manchevolezza, poiché non
offrono, spesso, che descrizioni atte a indicare la genesi psicologica dei concetti.
Così, p. es., in 3 e 3, dove si dice che gli estremi di una linea sono punti, e
che gli estremi di una superficie sono linee. Ma, verosimilmente, queste ed
altre spiegazioni sono da considerare in rapporto alla tradizione storica
precedente, come un richiamo dei caratteri per cui gli enti delia geometria
razionale appaiono idealizzazioni dell'esperienza: p. es. le I, 2, 5 stanno a
ricordare che — secondo il risultato della critica veliatica il punto è
inesteso, la linea è lunghezza senza larghezza, e la superficie non ha
spessore. Anche quelle che si presentano come definizioni propriamente dette,
non ottemperano sempre al criterio fondamentale enunciato da Aristotele, che
l’insieme degli attributi restringa l’estensione del genere in guisa da non appartenere
ad alcun concetto più esteso. Per questo motivo sembra insufficiente la def. 4,
inea retta è quella che e posta ugualmente rispetto ai suoi punti. Imperocché,
se s interpreta come si usa comunemente, retta è quella linea che è divisa in
due parti uguali da qualsiasi uo punto’, si enuncia una proprietà non
caratteristica della retta, che appartiene anche all’elica (cfr. Apollonio in
Proclo: 105, 5). Ora conviene aggiungere che Euclide, non soltanto suppone l’esistenza
di ciò che viene immediatamente designato da alcuni termini, ma sembra anche
introdurre surrettiziamente alcune ipotesi esistenziali, per mezzo di
definizioni, laddove — per analogia coi criteri seguiti in altri casi — si
sarebbe aspettata l'esplicita introduzione di un postulato. Ciò accade, in
ispecie, per quel che riguarda le intersezioni di rette e circoli, le assunoni
adoperate nelle prop. I, 12, 22 sembrando giustificarsi (secondo che osserva )
Cfr. Proclo 1. linea II] Zeuthen) mediante la definizione (15) del circolo come
figura piana compresa da una sola linea. Ma non giova insistere su tali
difetti, che apparten¬ gono all’esecuzione e non modificano i criteri logici
del disegno. Restando nell’ordine d’idee euclideo, avremmo soltanto da
completare i postulati coll’ enunciare esplicitamente i casi d'esistenza delle
interse¬ zioni di rette e cerchi o di due cerchi, che si offrono nelle
costruzioni elementari. Interessa piuttosto di rile¬ vare come queste ipotesi
esistenziali, che la geometria antica introduceva nei singoli casi, mercè
appropriate costruzioni, oggi si lasciano dedurre da un unico principio
generale di continuità, onde l'affermazione d’esistenza si libera dalla ricerca
dei mezzi costruttivi, complicantisi colla natura del problema. E questo un
progresso conforme all'indirizzo preconizzato da Platone, che— come si è visto
— repugnava appunto da ciò che sa di pratico o di meccanico nella formu¬
lazione dei postulati. Nota. A complemento di quel che si è detto intorno alla
geometria euclidea, aggiungeremo che Archimede (5) sembra classificare e
distinguere i principi in modo diverso, poiché (in una lettera a (Cfr. p. e*.
I* art. 5° di G. Vii a li nelle Questioni riguardanti le matematiche elementari
raccolte e coordinate daF. Enriques Voi. J, Bologna, Zahelli. De sphaera et
cilindro in « Archiinedis opera omnia cum commentari^ Eutocii », ed. Heiberg.
Lipsia, 1910. Cfr. The Work* of Archimedes, e. Heath, Cambridge, Capitolo I
Dositeo) chima «assiomi» (à^:ih\i.xTx) le definizioni accompagnate da
supposizioni d’esistenza : p. es. esi¬ stono linee piane che giacciono tutte da
una parte ecc., e queste si dicono concave ; mentre poi dà il nome di *
assunzioni » (Aa|l3*V0;xsva) a taluni principi (teoremi precednemente stabiliti
o postulati, assai eleganti) da cui muove la sua trattazione: p. es. la retta è
la linea più breve tra due punti. Il commento d’Eutocio restituisce agli
àfjuojtara archimedei il nome di opy. ConsiderazioSe ora, riguardando
soprattutto ai secondi Analitici d’Aristotele e agli Elementi d’Euclide,
cerchiamo di esprimere le nostre impressioni in un giudizio sintetico sulla
logica degli antichi, domandandoci fino a che punto i loro criteri ci sembrino
accettabili o esaurienti, siamo condotti alle seguenti riflessioni. La logica
dei antichi suppone un ingenuo realismo per cui il pensiero appare come la
copia o la visione di una natura esterna. Così il numero dai pitagorici e lo
spazio continuo dagli eleati, sono pensati in concreto, ad imitazione di quella
sostanza cosmica che viene figurata costituire il sostrato naturale (la epa:;)
di tutte le cose. La supposizione realistica è tipicamente espresa nella teoria
delle idee di Platone, che (orma infine la metafisica soggiacente alla logica
d'Aristotele. Da essa deriva il carat¬ tere di necessità dei principi, e quindi
la pretesa di un ordine naturale della scienza, facente capo a pre- messe
assolutamente indimostrabili; la qual pretesa viene corretta, almeno in parte,
nelle vedute dei geometri. Ma dallo
stesso realismo, ha origine la radicale manchevolezza della teoria della
definizione. Poiché le oscunta del trattato di Aristotele e le imperfezioni
dell’Euclide, in enere gli errori della critica che si riscontrano in tali
opere, si possono riattaccare a codesto presupposto, quasi a comune radice. Si
ammette infatti che le parole rispondano ad enti di un mondo intelligibile
trascendente il soggetto, che si tratta di fissare univocament Di qui il
criterio che la deduzione logica debba tener presenti, non soltanto le premesse
esplicitamente enunciate come assiomi o postulati, bensì anche il significato
dei termini su cui si ragiona, vedendo, attraverso di essi, quella realtà
(geometrica ecc.) che è oggetto del pensiero. Ma ciò significa autorizzare nel
ragionamento inconfessati appelli all' intuizione, che, dichiarati, si
tradurrebbero in nuovi assiomi. Ora, se l'intuizione (o visione del
significato) rimane sempre presupposta nel ragionamento, quando mai potremo
assicurarci che gli assiomi formino un sistema completo? A stretto rigore di
tale domanda non si riesce neanche a definire il senso ! E quindi non si
comprende perchè si senta il bisogno di enunciare — a preferenza di altri —
alcuni fra gli assiomi, che pure sono dichiarati evidenti, necessari ecc. ecc. Aggiungiamo
che anche l’analisi aristotelica del ragionamento, facente capo alla teoria del
sillogismo (An. priora) sta pure in relazione col presup¬ posto metafisico
della logica. E specialmente colla circostanza che i Greci, in generale,
immaginarono la realtà intelligibile rappresentata dalla scienza, sul tipo statico
della classificazione delle forme geome¬ triche : tale è infatti il carattere
dell’ ontologia eleatica, che imprime il suo suggello sulla dottrina platonica
non superata veramente da Aristotele. Soltanto Democrito, come diremo più
avanti, si solleva al concetto di una scienza razionale del moto, ma le sue
vedute filosofiche non trovano adeguato sviluppo se non due mila anni più
tardi, all epoca della Rinascita. Qui conviene rilevare che le critiche mosse
alla teoria sillogistica dagli empiristi inglesi (da Bacone a Mill), opponenti
alla deduzione 1 induzione generahzzatrice dell’esperienza, hanno fatto perder
di vista ciò che manca all’ analisi aristotelica del ragionamento, pur
riguardato nelle forme rigorose, che sole appartengono — secondo il concetto
del filosofo greco alla logica dimostrativa propriamente detta. Infatti i brevi
cenni che Aristotele dedica all’induzione (completa), negli Analylica priora,
non suppliscono certo all’analisi delle operazioni logiche costruttive
(significate da particelle come « e », o » ecc.) che accanto al sillogismo
ricorrono nello sviluppo delle dimostrazioni matematiche. La quale lacuna torna
a (i) Cfr. Cli. Werner, Aristotele et V ideallsme plalonicien, Alcan, Parigi]
riflettersi sulla teoria delle definizioni, che appunto esprimono codesto lavoro
costruttivo del pensiero. Infine giova rilevare che l’anzidetto realismo si
riflette in una concezione ingenua del linguaggio: la filosofia greca — sia che
abbia ammesso l'origine naturale della lingua (come Platone nel Cratilo), sia
che abbia rilevato ciò che vi è di convenzionale nelle parole (come Democrito e
Aristotele) — non riesce a scorgere la varietà essenziale delle lingue, che
tiene ai diversi modi di rappresentazione delle cose ed esprimendo la libera
attività del soggetto, dà origine all'intraducibilità. Dice infatti Aristotele:
De Inlerpretatione, 1. Una espressione e una l'immagine delle modificazioni
dell'anima. L’espressioni differiscono fra loro. Ma una modificazione
dell’anima, di cui l’espressione e i SEGNO immediato, e identica per tutti gli
uomini, come sono identiche per tutti le cose che quelle modificazioni
esattamente rappresentano. E chiaro come una siffatta dottrina spieghi quella
confusione fra analisi logica e analisi del linguaggio, Proclo, nel commento al “Cratilo”, riferisce
appunto questa opinione di Democrito, basata auiromonimia e la sinonimia di una
espressione E1 e una espressione E2, sul cambiamento dei nomi e sul difetto di
analogia nella formazione di certe espressioni verbali. (Cfr. le note al Cratilo
di Cousin). De Interpretatione, 2 (1), che culmina nel concetto aristotelico di
trarre dalla forma o materia dell’espressione grammaticale una classificazione o tassonomia di questa o
quella categoria. In ciò che precede ci siamo fermati a studiare il pensiero
degli antichi traverso le sistemazioni scientifiche che sono a noi pervenute.
Ma, per l’intelligenza dello sviluppo ulteriore che la logica riceve nelle
scuole filosofiche dopo Aristotele, conviene tener conto dell'influsso che i
predecessori del Stagirita sembrano aver esercitato sul movimento delle idee.
Infatti codesto sviluppo si lascia definire, nlle sue linee generali, come
tendente a liberare il pensiero dall ontologismo, che pure sopravvive in
qualche modo alla ideologia platonico-aristotelica, nella misura in cui tale
filosofia esprime la metafisica del senso comune. E l’anzidetta tendenza
liberatrice si esplica in un progresso verso il formalismo logico, che procede
dallo studio degli schemi discorsivi, formante oggetto degli Analytica priora.
Questo progresso si avverte già nei primi paripatetici, come Eudemo, lo
scrittore di una storia delle matematiche, e Teofrasto il raccoglitore delle
opinioni dei fisici, ma più largamente ancora negli Stoici, in cui è pure
passata 1 eredita dei dialettici megarici. Questo progresso si avverte anchein
una revisione dei principi della teoria della conoscenza, che ha per oggetto
l’origine e il valore dei concetto generale da cui muove la scienza dimostrativa:
qui soprattutto vengono in luce delle vedute che debbono essere riattaccate ai
grandi predecessori di Platone e di Aristotele; sulle quali l’interesse della
questione c invita a fermarci. Ora, se ci volgiamo a riostruire induttivamente
le idee di codesti predecessori, la figura di Democrito d'Abdera, deve
attirare, sovra ogni altra, la nostra attenzione. Democrito, vissuto 40 anni
dopo Anassagora e 25 anni dopo il suo concittadino Protagora che è il maggiore
rappresentante della sofistica), deve esser considerato come un contemporaneo di
Platone. Così, soltanto i pregiudizii dominanti la ricostruzione della storia
della filosofia greco-romana nel secolo decimonono, hanno impedito di stdare
più da vicino i rapporti fra Democrito e Platone, relegando Democrito tra i pre-socratici
e perfino tra i pre-sofisti, in onta alla cronologia. Democrito è il ande
fondatore dell’atomismo, in cui ha tuttavia come precursore Leucippo, e che fu
svolta da lui come una teoria cinetica cosmologica. Attraverso questa dottrina
Democrito agiunse ad una rigorosa concezione del determinismo meccanico, e
verosimilmente he alla scoperta di principi (massa, inerzia) chalileo. Fanno eccezione
Windelband e Burnel, che restituiscono airAbderita il suo posto cronologico, ma
che tuttavia non sembrano arne un apprezzamento proporzionato all' importanza
del suo lavoro scientifico] ha riostruito due mil’ anni più tardi, riprendendo
le intuizioni fondamentali del lontano predecessore. Per il suo rigido
meccanicismo, con esclusione di ogni teleologia, Democrito viene considerato
come il padre del materialismo, e da ciò appunto ha origine il pregiudizio da
cui in ispecie la storia svoltasi sotto l’nfluenza hegeliana, nel secolo
decimonono, non ha saputo mai emanciparsi completamente. Quantunque un esame
accurato avrebbe permesso di riconoscere ello stesso Democrito anche il padre
dello spiritualismo (così come Leibniz sembra avere intuito!) e forse anche di
far risalire a lui l’argomento per l’immortalita dell’anima basato sulla sua
semplicità o in-divis-ibilità, che s'incontra nel Fedone 78, b, c. Le opere di
Democrito, di cui ci sono trasmessi i titoli da Trasillo, formano una mole
imponente e si riferiscono ai più svariati argomenti, dalle matematiche alla
fisica, alle scienze naturali, all’agricoltura, alla teoria dei segno e
dell’espressione, la dialettica, la grammatica, alla poetica, alla teoria della
conoscenza ecc. ecc.; fra i frammenti più belli sono da annoverare quelli
morali, conservatici da Stobeo. La posizione filosofica di Democrito, per ciò
che concerne la teoria della conoscenza, resulta dalla testimonianza di Sesto
Empirico, laddove egli parla di Democrito e Platone sostenitori della verità
degli intelligibili (ià vorjra) in contraddizione con Protagora [Di ciò mi
propongo fornire altrove la prova col confront dei testi aristotelici] aora. Si
tratta dunque di un razionalismo, che si contrappone all’ empirismo protagoreo.
Ma, poichè a sua volta questo empirismo dei sofisti era sorto come una reazione
di caratere “positivistico” al razionalismo metafisico della scuola di Velia, è
naturale che Democrito avesse a tener conto dell’ esigenza fondamentale che i
sofisti avevano formulato. Democrito non posse semplicemente riprendere come
materia della scienza una Verità (£M)0s:a) indifferente rispetto all’opinione
(doxa) che si riferisce alle cose sensibili, ma doveva invece cercare una
razionalizzazione dell’empirico, cioè una verità atta a salvare i fenomeni
(ofttTe'.v ~ì 6|JtSV«); e siffatta veduta si poteva esprimere nel linguaggio
tecnico del tempo, dando per compito alla scienza l’opinione vera, o inverata
mediante il ragionamento. Appunto questa teoria della scienza come lii^x (isià
Xóyo'j, viene riferita e discussa da Platone nel “Teeteto”, ed una comparazione
analitica del testo con altri dello stesso Platone e di Aristotele, prova che
il riferimento deve essere attribuito a Democrito. Ma, poiché la spiegazione
razionale dei fenomeni suppone dei concetti, per mezzo dei quali si unifichi la
rappresentazione delle cose del mondo empirico, si può domandare su che
Democrito ne basasse il ossesso da parte dal soggeto percipiente. Qui soccorono
alcune indicazioni. / . ' ( l ) Diel. A. 59 i eh. A. 114. ( ! ) Cfr. Enriques:
La teoria democritea delta scienza nel dialoghi di 'Platone, Rivista di
Filosofia, n. I. 1) Anzitutto Democrito viene additato da Aristotele come il
primo a trattare delle definizioni di cose fisiche, mentre ei ci dice che con
Socrate crebbe l'uso del definire e si estese soprattutto alle nozioni morali. Conviene
intendere che Democrito inizia quel modo di definire proprio della scuola socratica,
in cui si ricercano i caratteri comuni delle cose che rispondono al definito; è
più difficile dire se lo stesso Democrito, come Socrate, facesse anche appello
alla nozione comune che tutti gli uomini si formano in rapporto a dati oggetti;
e tuttavia questo criterio ei ben poteva derivare da Eraclito, cui lo stesso Socrate
sembra avere attinto. In un frammento della già citata opera logica di
Democrito rtsp: àoyrxtòv noi xzvwv che ci è statmandato da Sesto, vengono
distinte due speecie, di conoscenza, l’una relativa all’intelligenza (à7j;
Siavaas), l’altra alla sensazione (Ò:à rwv aìofi^oetov). Dice precisamente
Democrito: “Vi sono due forme della conoscenza : una conoscenza pura o legittima
(yvyjafyj) ed una adombrata spuria (av.v.ri). Appartengono a quest’ ultima
forma adombrata spuria le cinque sensi: la vista (visum), l’udito (uditum), il
gusto (gustatum), l’odorato (odoratum), il tattoo (tactum). Ma la conoscenza pura
è completamente distinta. Ed aggiunge ce questa conoscenza pura è relativa ad
un (') Mtt. I, 4, (3), De Partibus Animalium I, 1 (ed. Didot, t. IH, pag. 223,
2). ( ! ) In Diel» B. II) orbano di pensiero più raffinato che prende il posto
di un vedere o di un udire o gustare o odorre o tastare nel più piccolo
(mettendoci così in rapporto colla vera natura delle cose, cioè cogli atomi. Anche
in altri modi Democrito esprime la relazione fra le due forme del conoscere;
per esempio ove dice che « apparenza (vòptoi) il colore, apparenza il dolce,
apparenza l'amaro. In realtà soltanto gli atomi e il vuoto. Ma poi, facendo
parlare i sensi contro l’intelligenza, soggiunge povera me, prendendo da noi la
tua fede, tu vuoi confonderci ; la tua vittoria è la tua caduta. Troviamo qui
una notizia estremamente interessante. Democrito, al pari di Platone e di
Aristotele, e prima di loro, dibatteva il problema dell'origine dell’idea.
Democrito non si fermava, come il filosofo ateniese alla supposizione della
conoscenze innata (teoria della reminiscenza -- anamnesis), anzi piuttosto
sembra derivare la idea dalla sensazione, sicché è lecito pensare che a lui
possa aver attinto Aristotele la veduta che gli abbiam visto esprimere in An.
Post. Il, 15. Ma, mentre in Aristotele non si vede come possa conciliarsi
questa dottrina colla dignità attribuita alla nozione induttivamente
acquistata, che debbe costituire le premesse necessarie della scienza dimostrativa,
ciò che sappiamo intorno alla teoria delle sensazione di Democrito (in rapporto
alla fondamentale (*) Galeno in Die!» B. 125; cfr. Sesto in Diels B. 9.] supposizione
atomica) e ben atto a sciogliere la difficoltà. Ammetteva infatti il Nostro, che la sensazione in generale derivassero da
piccole immagini (sKoiXa) emesse dai corpi e proprie ad impressionare gli
organi dei cinque sensi ed anche lo stesso pensiero in quella guisa in cui la
luce impressiona una lastra fotografica. L’immagini rispondente alla conoscenza
inteligibile partenti direttamente dagli atomi — sono di natura più fine. Si
comprende quindi che esse possano liberarsi dalla mescolanza colle immagini più
grossolane che colpiscono i cinque sensi, quando il confronto di sensazioni
ripetute, in rapporto ad una molteplicità di cose, permette di fissare i
caratteri comuni che definiscono il concetto. Che effettivamente Democrito riconoscesse
il valore logico del concetto, quasi come anticipazioni dell'esperienza,
resulta anche dalla testimonianza di Diotimo in Sesto (VII, 1401), che egli
assumeva come criterio della comprensione delle cose oscure il fenomeno, e come
criterio della ricerca'il concetto, èvvoia xpurr/pwv Z,r\vtpzwq. Qui è notevole
lo del termine. Ivvotoe che già notammo a proposto della designazione di
y.oiw.l Ivvs:% adoperata da Euclide per gli assiomi, giacche abbiam pur detto
che codesto termine non si trova nella [Cfr. p. et. Aetiui in Diel», A. 30. ( 2
) Diels, A. III. 37]letteratura filosofica di Platone ed Aristotele, ma invece,
più tardi, presso gli Stoici. Appunto ad un’opera di Crisippo 7tepì £?jT^7S(0£
sembra fare allusione Plutarco presso Olimpiodoro, dove dice che gli Stoici
allegano a causa di ciò (cioè della possibilità di arrivare a cose che non si
conoscono) le nozioni fisiche: tàj qjuaixà; èvvofa?. D’altronde Diogoene
Laerzio (VII, 54) (c’informa che Crisippo dice esservi DUE criteri della
verità, la sensazione e il concetto. Qui in cambio di svvoia viene adoperata
l’espressione TtpóXvjtjt:?, che ricorre anche presso gli Epicurei, designando
l’anticipazione dell’esperienza. Ora il significato preciso che gli Stoici
davano alle ÈVV 3 tati, si può rilevare, per esempio, da un passo del De
Civitate Dei di S. Agostino dove si parla di coloro che riposero la verità nei
sensi, cioè degli Epicurei e degli stessi Stoici. Qui cum vehementer aaerint
sollertiam disputando quam dialecticam nominant, a corporis sensibus eam
ducendam putarunt, hinc asseverantes animum concipere notiones, quas appellant
èvvo'st;, earum rerum scilicet quas definiendo explicant. Da questi riferimenti
sembra potersi dedurre che gli Stoici abbiano adottato, al pari di Aristotele,
la dottrina democritea dell’ origine sensibile dei concetti – nihil est in
intellectu quod prior non fuerit in sensi ( l ) Cfr. Arnim, Stoicorum veterani
fragmenta. Voi. II, n. 104. Crisippo, discepolo di Zenone Cizio (280-209 a.
C.).In Arnim, op. c. 105. In Arnim, 106. (cui soltanto gli Epicurei
conservarono come fondamento l’ipotesi delle piccole immagini), ma spogliando i
concetti di quella dignità superiore che il razionalista cerca conferire agli
intelligibili ; così, per loro, la dimostrazione scientifica (àiróSs:^;) viene
ridotta, per dirla con Cicerone, ad una “ratio, quae ex rebus perceptis ad id,
quod non percipiebatur, adducit.” In
corrispondenza di queste vedute, di carattere più empirico, è interessante
rilevare come si modifichi la dottrina democritea della scienza, che Zenone
Cizio dice essere una comprensione sicura e ferma e immutabile dalla ragione »
(à,u£-*sov ùttò Àóyo j /./.- ovvero anche un possesso immutabile dalla ragione,
nell’accoglienza delle rappresentazioni » (èv a>xvT5tTO)v r.ozz- a&o. Pertanto
gli Stoici non giunsero a quello schietto empirismo, che si vede accolto da
Epicuro, per cui è accettata sempre come vera ogni sensazione o apparenza:
richiesero anzi che all apparenza si aggiunga 1 assenso volontario dell animo, che
per il saggia ha motivo nell identità fra la ragione individuale e la Ragione o
logos universale. Così il concetto eracliteo del logos, che la scuola Arnim,
111. ( ) Riferimenti di Sesto e Diogene Laerzio in Arnim : Zeno- Citius, n. 68.
(' ) Cfr. Sesto e Cicerone in Arnim : Zeno Citius, nn. 63 e 61 . 3] stoica ha fatto proprio, doveva pur sempre
conservare al pensiero una certa dignità, e quindi facilitare il trapasso alla
veduta posteriore degli eclettici (Cicerone), per cui le commune notio vengono
ritenute non più come uniformità della natura bensì come idea innata,
attestanti la reminiscenza della vera origine divina dell' uomo, onde la teoria
stoica (ritornando in effetto a Platone) viene a fondersi colla neoplatonica.
Più direttamente degli Stoici (che pure ne derivarono il principio del
determinismo universale) si riattaccano a Democrito gli Epicurei, che ne adottarono
la teoria atomica, spogliata bensì del suo più profondo significato meccanico.
Ma, come abbiamo già accennato, Epicuro e lungi dal razionalismo del maestro
d’Abdera. La sua “Canonica” comprende poche regole di cui abbiamo chiaro riferimento
da Sesto Empirico, e che Gassendi ha ricostruito con precisione nella sua
Logica. Riferiamo la parte essenziale dei canoni epicurei così formulate.
Sensus nunquam fallitur. Opinio est consequens sensum, sensiomque superadiecta,
in quam veritas aut falsitas cadit. Opinio illa vera est, cui vel suffragata, vel
non refragatur sensus evidentia. Petri Gassendi Opera Omnia, Firenze. 1277,
Voi. 1. Pari 1, De Logicae origine el varietale]. Omnis quae in mente est
anticipatio, seu prae-notio, dependet a sensibus, idque vel incursione, vel
proportione, vel similitudine, vel compositione. (Questo stesso modo di
formazione dei concetti appare negli Stoici). Anticipatio est ipsa rei nodo,
sive definitio. Est anticipatio in omni ratiocinadoe principium. Quod inevidens
est, ex rei evidenti anticipaticele demonstrari debet. Qui è notevole 1 appello
all’evidenza sensibile (ev%ex) che viene così assunta come criterio di verità.
Nonostante la modificazione subita, è facile riconoscervi lo stesso criterio di
Democrito che contrapponendo la conoscenza pura o legittima alla conoscenza
oscura, viene appunto a ritenere la chiarezza delle idee come segno del loro
valore: senonchè quella che per Democrito era chiarezza di concepimento,
diviene per Epicuro chiarezza sensibile. Toccherà poi a Descartes di ritornare
al criterio dell’evidenza (cf. Grice, “Descartes on clear and distinct
perception) rispetto al pensiero, riguardando come vera la idea chiara e
distinta (l’aggiunta deriva dal Teeteto 209c-2l0). Dopo aver parlato degli
Stoici e degli Epicurei, ci convien dire degli [Notisi che già in Teofrasto si
applica il criterio dell’evidenza tanto all’intelligenza che al senso. (Cfr.
Sesto Adv. Malh.)] scettici i qual per verità non formano ugualmente una setta
o scuola chiusa, ma — a partire da Pirrone d’Elide e dal suo amico Timone —
ofno tuttavia una certa continuità di tradizione critica, mantenendo di fronte
alle filosofie dogmatiche un atteggiamento di dubbio metodico. No Diogene, ma Arcesilao
di Pitane e Carneade (che venne ambasciatore a Roma nel 155 a. C.), portarono
la filosofia scettica nella media Accademia – e che fascina a Scipione! Più
tardi incontriamo Enesidemo di Cnosso, Agrippa, e finalmente Sesto Empirico che
riassume tutto questo movimento nella sua opera pregevole, fonte cospicua di
notizie per la storia della filosofia romana. I rapporti esteriori che la
tradizione segnala fra Pirrone e qualche democriteo come Nausifane, nonché le
tendenze scettiche che si attribuiscono ad altri democritei (Metrodoro,
Anassarco) indicano già una certa dipendenza della scepsi da Democrito.
D’altronde il legame appare prima di tutto nel motivo morale che ispira la
riserva degli scettici di fronte alla vera natura delle cose, giacche la
sospensione del giudizio mirava a conquistare quella atarassia o imperturbabilità
dell' animo, che si riduce infine alla vittoria sulle passioni, inculcata
dall'Abderita. Ma il apporto teorico della scepsi con Democrito resulta da ciò
che questi aveva ridotto la realtà alla materia indifferente degli atomi,
negando le qualità sensibili; un passo ulteriore della critica (riportantealla
posizione di Protagora) doveva naturalmente estendere il dubbio anche a quelle
proprietà primarie in cui il grande atomista aveva scorto l'oggetto intel¬
ligibile della conoscenza. E certo questo sviluppo era suggerito dal contrasto
fra le vedute dei due razio¬ nalisti, sorti a combattere l’empirismo
protagoreo: Democrito e Platone. Giacche questi riteneva proprio come
intelligibili quelle stesse qualità (ipostatizzate sotto il nome di idea) che 1
altro aveva con¬ siderato vane apparenze. Inoltre, anche nello stesso sistema
democriteo, si può riconoscere 1 origine della critica che investirà gli
intelligibili, se — come siamo stati tratti induttivamente ad ammettere — l’Abderita
faceva pur nascere 1 intelligenza dai sensi. In tal guisa il pensiero antico
avrebbe percorso una via non lon¬ tana da quella per cui il pensiero moderno
giunse dalla posizione di Galileo, di Descartes e di Locke (i quali ripresero
la distinzione fra la qualità primaria e le qualità seconda) alla critica di
Berkeley, che — attraverso la teoria della visione - riusciva a negare anche il
significato trascendente di codesto sostrato geometrico della materia. La
teoria degli scettici, si noti, non nega affatto il mondo fenomenico, bensì
oppugna la pretesa dei dogmatici di affermare qualcosa della verità o della
natura delle cose in se stesse. La critica che essi svolgono a tale scopo,
rilevando ciò che vi è di relativo nei criterii della verità, costituisce in
gran parte un acquisto durevole per la dottrina della conoscenza : lo La logica
degli antichispirito che l’anima è affine a quello del positivismo moderno,
salvo il sentimento che la veduta di una scienza più progredita ispira oggi ai
critici della metafìsica. Ma per la storia della logica interessa soprattutto
esaminare gli argomenti di Carneade contro il concetto aristotelico della
dimostrazione : intorno ai quali siamo informati da Sesto Empirico. Ricompare
qui l’idea, già affacciata dai predecessori di Aristotele e da questi
oppugnata, che ogni prova dia luogo ad un regressus in infmitum, poiché ogni
premessa deve essere dedotta da un’altra premessa. E questo argo¬ mento prende
forza dalla negazione di ogni certezza immediata, alla quale gli scettici
pervengono (come si è accennato) mercè la veduta che i concetti su cui si
ragiona traggono pure origine dal senso, onde 1 incer¬ tezza della sensazione
si riflette anche sull intelligenza. Quindi viene presa in esame l'opinione che
sia lecito fondare la scienza sopra ipotesi, e che queste sieno fatte ferme e
valide dalla verità delle conseguenze che se ne deducono. Il passo di Sesto che
critica questa opinione non dice chi ne sia l’autore ; ma resulta assai chiaro
che essa deve riferirsi particolar¬ mente ai fìsici matematici, e vi è forse
qualche motivo di attribuirla già a Democrito, che per primo propose alla
scienza il compito di spiegare razionalmente i feno¬ meni. Infatti abbiamo già
accennato che questi appunto (i) Adv. Math. VII, 159-189 e Vili in ispecie
367-463. ( s ) Vili, 375] potesse essere preso di mira da Aristotele, ove
eicontesta che voler provare le premesse mediante le conclusioni costituisce un
circolo vizioso (*). Di nuovo Cameade riprende la tesi aristotelica, notando
che dal vero si può dedurre il falso ; e certo l'argomento — in stretta logica
— non potrebbe essere confutato. Ma, per quanto o scettico sia portato a dare
il maggior peso a questa constatazione negativa, Cameade non vi si arresta.
Dopo aver negato l'esistenza di criteri assolutamente certi del vero e del
falso, egli accorda pure alla conoscenza un valore probabile; e questo valore
lo riconosce, in primo luogo, ad ogni rappresentazione dotata di sufficiente
evidenza, ma in grado più alto alle catene di rappresentazioni legate 1’una
all'altra in un sistema logico (ibidem, VII, 176 e seg.). Non diverso è, in
ultima analisi, il cri¬ terio positivo con cui anche oggi possiamo giudicare il
valore delle teorie scientifiche : soltanto appare, ai nostri tempi, un
atteggiamento più fiducioso, che è in rapporto collo sviluppo della trattazione
matematica della fisica; mentre il sentimento degli scettici risponde ad una
scienza meno evoluta, ed anche — piuttosto che alla mentalità di matematici — a
quella dei circoli medici, in cui Io scetticismo antico ebbe acco¬ glienza.
Effettivamente l’uso di ipotesi, il cui valore probabile viene desunto dalla
verifica sperimentale delle conseguenze che ne dipendono, caratterizza il
metodo deduttivo-sperimentale della scienza moderna. L. c. An. posi., I, 2] quale
si disegna in Kepler, Galileo e Descartes. L' esame intorno allo sviluppo della
logica post-aristotelica, in cui abbiamo cercato l'influsso delle idee di
qualche predecessore, ci ha mostrato che in verità il realismo logico di
Aristotele è stato superato dallo stesso pensiero greco; il quale ha toccato
posizioni affatto conformi alle più alte vedute moderne. Ma della critica
speciaente istituita dai geometri dopo Euclide, abbiamo notizie troppo scarse per
misurarne il significato; e secondo le apparenze dobbiamo ammettere che le fini
ricerche di Apollonio su questo soggetto non abbiano trovato prosecutori.
D’altra parte l’opera dei filosofi che hanno riflettuto sulla scienza, nella
filosofia romana, non aderendo propriamente ad uno sviluppo scientifico, e
tanto meno matematico, prese spesso quella forma negativa che nel modo più
raffinato ci presenta la dottrina scettica. Infatti per osservatori cui non sia
dato di riprendere e di proseguire il pensiero profondo dei più antichi filosofi
matematici, la confutazione di un ordine di verità necessario, quale è affermato
da Aristotele, deve apparire una confutazione dell stessa possibilità della
scienza. Resta nondimeno un esempio pieno d’interesse nella storia, quello che
ci viene offerto dalla scuola stoica, per cui la trattazione formale della
logica si associa ad una dottrina empirica della conoscenza. E, se codesto
sviluppo formale approda ad un arido schematismo (di fronte a cui comprendiamo
il disprezzo della dialettica manifestato dallo stoico Aristone di Chio),
tuttavia non si può disconoscere il valore dell’analisi logico-grammaticale
dell’espressione, mercè cui si riesce a scorgere in qualche modo nel
linguaggio, l’espressione di una attività costrittiva. Fino a che punto gli
stici sieno proceduti su questa via, non vogliamo qui esaminare. Ma certo si
scopre in essi quella distinzione fra subiettivo ed inter-soggettivo, che
riapparire agli inizii dell’epoca moderna, come fondamento della filosofia.
Dalla storia della filosofia romana si passa, senza indugiarci al movimento
delle idee che accompagna la rinascita della scienza, agli inizi dell’ Evo
moderno. Basta rilevare il carattere generale degli sviluppi che la dialettica riceve
nel periodo intermedio (medius aevus), arido se non del tutto infecondo. Diremo
per ciò come la logica aristotelico-stoica fu introdotta dal filosofo romano
Boezio presso i Romani. La traduzione di Boezio del greco al romano dei primi
due trattati dell’Organum (Categoriae e De Interpretatione – the only two that
Grice lectured on with J. L. Austin and P. F. Strawson), nonché dell’Isagoge di
Porfirio [arbor griceana], e i commenti con cui egli stesso ed altri scrittori
neo-platonici accompagnarono codesti scritti (nel senso della tecnica formale,
secondo la tradizione stoica), costituiscono il fondamento della cultura del
più antico (alto) Medio Evo. Del resto, la cultura generale sembra ^ppjesentata
da un certo numero di enciclopedie clella bassa antichità, come quella di Marciano
Capella, nelle quali si tratta delle sette artes liberales che, nel tirocinio
scolastico, formarono il trivio (I. grammatica, II. Rettorica, III. Dialettica)
ed il quadrivio (IV. Aritmetica. V. Geometria. VI. Astronomia. VII.
Musica). Specialmente degno di nota che
questa prima parte del Medio Evo non ha conosciuto, nè le altre opere (logiche,
fisiche ecc.) di Aristotile, nè le opere originali di Platone, fuori del “Timeo”,
tradotto in romano da Calcidio. Più tardi, il Rinascimento umanistico doveva
venir fecondato mercè una conoscenza diretta dei testi, in seguito alla caduta
dell’impero romano d'Oriente, che addusse numerosi profughi segnatamente in
Italia. Ora nella logica scolastica due aspetti sono degni di nota. Primo,la
progressiva elaborazione della tecnica formale, acuitasi mercè sottili distinzioni.
Secondo, la grande questione della realtà degli universali, di cui a stento
riusciamo a comprendere il carattere drammatico, traverso la forma aridamente
schematica delle discussioni. Sorvoleremo affatto sul primo punto, sebbene sarebbe
interessante per la storia della dialettica, di mostrare, per esempio, in
Buridano il riconoscimento della proprietà distributiva della particella
(adverbium) ‘non’ (~) rispetto a “et” (/\) e “vel” (\/). non (p et q), ~ (p /\
q) ≡ non p vel non p (~p \/ q). (notizia
segnalatmi da Vacca) o di cercare simili analisi in Paolo Veneto. Ma, quanto
alla questione della realta degl’universale, diremo che si tratta dell'antica
questionollevata dalla ideologia platonico-aristotelica, se all’idea generali
corrisponde una realtà. La quale questione fu riaccesada un passo dell’Isagoge
di Porfirio (I, 3). “E anzitutto, per ciò che riguarda il genero o la specie,
io evito di ricercare se esiste di per sè, ovvero se esiste soltanto come pure
nozione; e — ammettendo che esista di per sè — se apartengano alla cosa
corporea o incorporee; e infine se abbiano esistenza separata ovvero solo nella
cosa corporea sensibile. E una questione troppo profonda che esigerebbe uno
studio differente da questo e troppo este. Nel vasto intreccio della polemica
medioevale appare che il nominalista (negante la realtà dell’universale)
rappresentano, in generale, le tendenze scientifiche, avverso il misticismo
platonizzante del realista. Ciò è vero soprattutto per riguardo ai rinnovatori del
nominalismo nel secolo come Guglielmo Occam e Giovanni Buridano, rettore
dell'Università di Parigi, ai quali è dovuta la teoria che ha preso il nome di
terminismo. Il terminista (che si accosta al concettualismo di Abelardo)
ritiene i concetto (o termino) come un segno intersoggettivo (signa) della
singola cose, o di una classe di cose, realmente esistenti. La dialettica si
riferisce soltanto alle reazione di questo segno della cose (Occam, Quodlibeta
V. 5). Occam avverte pue che l’espressione assume il suo proprio significato
nella proposizione, e spesso in unione a qualche altro termine. Terminus
conceptus est intentio seu passio animae aliquid NATURALITER SIGNIFICANSaut
consignificans, nata esse pars propositionis. Sifftta dottrina supera lo
stretto nominalismo e tuttavia nega il realismo: cioè nega che il ‘significato’
(o ‘signato’) dell’espressione sia da
cercare nella sua comprensione o connotazione, ossia nell’ insieme delle note o
attributi, di cui esso esprimerebbe l'unità sostanziale; e
si afferra invece all’estensione o denotazione (denotatum, relatum), cioè all’
insieme delle cose rappresentati dall’espressione (‘homo’), che — sotto la
specie di certe reali somiglianze — vengono vramente unificati. Al lume di
questa veduta, la definizione scolastica, discendente dal astratto generale universale
al concreto particulare individuo, e la logica stessa perdono importanza: onde
è fatto invito a volgersi dalla spiegazione dell’espressione al concreto della
esperienza. Ciò spiega abbastanza l’interesse appassionato della polemica
intorno agli universali che nel mondo sociale e morale deve rivendicare la
libertà dell'individuo soffocata dalla tirannia delle istituzioni e dall'autorità
delle credenze e dell’insegnamento tradizionale. Nulla sembra più proprio a
favorire un tale affrancamento degli spiriti, che abbattere alla radice
l’albero della deduzione infeconda, triviale, analitica, ricostruendo induttivamente
tutto il sapere. Onde la stessa tendenza si continua ed esplica nella reazione
anti-aristotelica (platonista) degli umanisti italiani purificatori della
logica dalla sottigliezza o implicatura scolastica (Valla, Agricola, Vives) e
si manifesta poi in nuove forme nella rinascita del movimento scientifico. Federigo
Enriques. Keywords: unity of science, history of logic, foundations of
mathematics, the synthetic a priori. Grice e Enriques su Peirce. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice ed Enriques” – The Swimming-Pool Library.
Enzo (Burano). Filosofo. Grice: “I like
Enzo; for one, his “Ubi es?” is a classic – only in Italy they take the Bible
so seriously – “Ubi es” can be interpreted literally – sans implicature. And
that’s what Enzo does.”. Figlio di Alessandro, vetraio a Murano, un mestiere
estremamente usurante, morirà appena cinquantenne. Uomo concreto e critico
nella sua essenziale bontà. La madre,
Flaminia Vio, è una bravissima maestra merlettaia. Da lei apprende il rigore e
lo spirito di rispetto verso l'istituzione. È lei, una cattolica laica, che
vive al servizio della Chiesa, ad accompagnarlo dalle suore perché serva come chierichetto
alla prima Messa. È lei che accoglie la proposta del parroco di mandarelo in
seminario a Venezia per permettergli di continuare gli studi, ma preferisce
ritardarne l'entrata e chiede alla nipote di ospitare a Venezia il cugino che
posse così frequentare i primi anni come esterno. Negli anni di studio
ginnasiale, si imbatte per la seconda
volta nella lettura della Bibbia. Il primo contatto era stato quando, aveva
deciso di leggere ai fratelli, nella traduzione di Martini, una vecchia Bibbia
trovata in casa, per accompagnarli al sonno. Il contatto è più corposo e
sistematico, ma come la lettura lo entusiasma e nello stesso tempo lo delude,
intuisce infatti la mancanza di adeguate conoscenze e strumenti concettuali per
poter penetrare pienamente il messaggio biblico. Ha la stessa reazione anche
quando, finito il liceo, sceglie gli studi, dove la lettura della Bibbia è
seria e critica, ma rimane, per importanza, sempre la seconda o la terza materia
dopo la dogmatica e la morale. Viene mandato a fare cura pastorale come vicario
cooperatore a Caorle, dove accoglie 350 alluvionati del Polesine. Qui, meta
preferita di turisti tedeschi, studia da auto-didatta la lingua tedesca per
meglio servire la Chiesa. Viene trasferito con lo stesso incarico nella vicina
frazioncina di Ca' Cotoni per divergenze con il parroco di Caorle e nella
popolare parrocchia di S. Giuseppe di Castello a Venezia. Aveva conosciuto
questa comunità quando vi era stato per una stazione quaresimale con il
patriarca Piazza e l'accoglienza ostile degli operai verso una personalità
vista come filo0fascista aveva reso necessaria la scorta della polizia. A S.
Giuseppe di Castello compera un appartamento, indebitandosi, per fare patronato
con doposcuola tutti i pomeriggi sino alle 20, e a sera gli incontri con i
ragazzi più grandi. Insegna al Lido e poi nella vicina "P.F.Calvi",
organizzando anche uno spettacolo per un concorso al teatro "Goldoni".
Il vicario generale Gottardi, dopo essersi consultato con monsignore Capovilla,
segretario del cardinale Roncalli, gli comunica che andrà a studiare a Roma. Gottardi
era stato suo insegnante di teologia e scienze bibliche in seminario e aveva
conosciuto il suo profondo interesse per gli studi biblici, ne aveva poi apprezzato
il saggio, “La 'Giustificazione' nella Lettera ai Romani” in cui analizza le
varie interpretazioni bibliche in maniera dia-cronica risalendo sino alle
tradizioni patristiche. Le due omelie di Carlo a S. Giuseppe di Castello ascoltate
dallo stesso vicario generale avevano poi confermato quella scelta. A Roma è ospite presso il Pontificio Collegio
Nepomuceno in via Concordia ed è lì che lo viene a prelevare Capovilla per una
visita guidata alla città, alla vigilia del Conclave da cui uscirà papa Roncalli.
A fargli da cicerone è proprio il futuro papa Giovanni XXIII e le bellezze
della città illustrate da una guida tanto preziosa assieme al paterno congedo
di Capovilla costituiranno il ricordo più bello della sua vita. Consegue la Licenza
con una tesi su "I Carismi" e contemporaneamente i corsi in scienze
bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico, dove perfeziona lo studio
dell'ebraico già iniziato in seminario, ma soprattutto ha l'incontro, decisivo
per i suoi studi, con il grande biblista Schoekel. Segue i corsi del quinto
anno che gli avrebbero permesso di redigere il saggio su "Grazia e
benevolenza" per la laurea, tesi che non può però portare a termine perché
torna a Venezia, chiamato da Urbani a svolgere la funzione di vicerettore del
Seminario Patriarcale, nel burrascoso periodo tra il rettorato di Vecchi e Villa.
Da vicerettore del seminario insegna anche scienze bibliche, diviene in seguito
pro-rettore, sino a quando chiede di essere sollevato dall'incarico per poter assistere
la madre paralizzata ed è quindi ascritto alla parrocchia di S. Zaccaria, dove
abiterà con la madre. Qui si fa promotore dell'allestimento e della conduzione
di un teatro, dell'organizzazione del cinema per ragazzi, del cineforum,
dell'istituzione della biblioteca, mentre cura anche l'esecuzione di opere di
risanamento e ristrutturazione di tutti gli ambienti frequentati dai ragazzi.
Continua ad insegnare in seminario, e dal rettore viene mandato nel
Benedektiner Kloster di Metten a Degendorf (Germania) per preparare alla
maturità i seminaristi che studiano la lingua italiana. Compensa l'esiguo
stipendio con l'insegnamento nella scuola pubblica, come il liceo classico
"M. Polo", dove matura la sua sottoscrizione delle tesi del "Manifesto".
Viene nominato patriarca di Venezia Luciani e pochi giorni dopo il suo
insediamento emerge il suo diverso sentire con Enzo, che, nella mensile lezione
culturale al clero, trattando il tema della "Consumatio saeculi" o
secolarizzazione nella Bibbia, provoca una dura reazione del presule. Dà le
dimissioni dall'insegnamento in seminario, dapprima ritirate, perché lui, che da tempo nella santa messa
pratica l'omelia dialogata, non si sente in consonanza con le direttive
indicategli. Sino a questo momento i patriarchi veneziani che avevano conosciuto
Carlo, Piazza, Agostini, Roncalli ed Urbani, gli avevano dimostrato la loro
stima. Proprio Urbani aveva chiesto ad Enzo un commentario al Vangelo di Marco.
Sin dagli inizi, accompagna la vita sacerdotale di Carlo una costante e intensa
cura pastorale, rivolta sia ai ragazzi che agli adulti, e non solo nelle sue
sedi parrocchiali. Più che trentennale è a questo proposito la collaborazione
che gli chiede Marangoni nella parrocchia di Marghera, nel quartiere Cita, nei
difficili anni Settanta e, dagli anni Ottanta, a San Giacomo dell'Orio a
Venezia, a testimoniare la stima e l'affetto maturati dagli anni del seminario.
Si laurea a Venezia con “Alle origini dell'utopia messianica. Insegna a
Venezia, Oriago, Mestre e Giudecca. Va in pensione dall'insegnamento. Tiene a Venezia dei cicli di seminari di
esegesi biblica nell'ambito dei corsi tenuti dal prof. Arnaldo Petterlini, da
Madera, e allo IUAV di Venezia seminari di antropologia biblica ed esegesi
invitato da Rizzi. Sudia filosofia scolastica, propedeutica alla teologia. Nel
manuale di Calcagno, "Elementa philosophiae scolasticae" trova il
capitolo dedicato alla filosofia immanentistica, che considera Dio la natura o
non considera affatto Dio e considera solo la natura. Lo colpisce Spinoza per
la sua vita nascosta, dimessa, umile, scriveva infatti solo per gli amici. Ne
legge l"Ethica more geometrico", commentata da G. Gentile, più facile
a reperire perché considerata meno sospetta del "Tractatus theologicus politicus"
che studia in seguito, dedicando particolare attenzione al capitolo "De
interpretatione". Spinoza afferma che la Bibbia va letta e interpretata con
la Bibbia, era quanto Enzo aveva intuito sin da ragazzo, ma aveva abbandonato
quella strada in seminario dove si praticava il metodo storico-critico. A Roma,
il Nuovo Testamento viene studiato ed interpretato secondo il metodo della
storia delle forme che applica al testo biblico le regole dello scrivere
greco-latino, mentre per il Vecchio Testamento si segue la teoria dei generi letterari.
Incontra Schoekel, insegnante di teologia, esegesi ed ermeneutica biblica, che ha
un'attenzione speciale alle particolarità stilistiche e semantiche del lessico
biblico che schiudono un nuovo orizzonte metodologico e tematico. Considera
fondamentale per la comprensione dell'intera Bibbia lo studio dei primi tre
capitoli di Genesi e incoraggia Enzo, verso cui dimostra profonda stima e
un'amicizia che durerà sino alla propria scomparsa, ad affinarne l'esegesi e a
continuare il suo lavoro. Torna a Venezia con l'intenzione di mettere a frutto
quanto appreso applicando le indicazioni metodologiche spinoziane. Gli studi su
Genesi 1-3 vengono pubblicati in "Biblica". La interpretazione di
Genesi è alla base di diversi testi, dalla tesi di laurea, all'articolo su Servitium,
al testo "Adamo dove sei?" In parallelo decide di approfondire la
connessione tra i testi di Genesi e il vangelo di Matteo e scrive diversi
appunti che continuamente rivede nel corso degli anni. Da questi nasce il
progetto "La generazione di Gesù Cristo nel vangelo di Matteo". Altre
opere: “Testo e interpretazione in Weber e Bultmann, Unicopli, Milano); Alle
origini dell'utopia messianica, Antenore, Padova); Sulla nascita della
filosofia medievale, Venezia 1984 Sitz im Leben e interpretazione, Venezi); “Individuo
e comunità, nella riflessione biblica delle scritture antiche Servitium:
Quaderni di ricerca spirituale, Adamo dove sei?, il Saggiatore, Milano); La
terza delle dieci parole di “Esodo” 20 nell’interpretazione di Gesù in Le
parole dell'essere: per Emanuele Severino Petterlini A., Brianese G. e Goggi
G., Pearson Italia S.p.a Il Progetto di Mondo e di Uomo delle Generazioni di
Israele (Genesi 1-4), Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel
Vangelo secondo Matteo. I. Gli Inizi, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù
Cristo nel Vangelo secondo Matteo. II. La Legge, Mimesis, Milano, Le prime
dieci parole di YHWH a Israele in Panta , Decalogo, Donà M. e Toffolo R.,
Bompiani, La Generazione di Gesù Cristo
nel Vangelo secondo Matteo. III. La Regola dell'Apostolo, Mimesis, Milano, La
Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. IV. Il Regno dei Cieli,
Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. V.
La Ecclesia di Gesù Cristo, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel
Vangelo secondo Matteo. VII. La consegna del figlio dell'Adamo, Mimesis,
Milano, Genere adamico. Riflessioni sui testi fondativi della tradizione
spirituale occidentale che si trovano nei primi quattro capitoli di Genesi,
Servitium: Quaderni di ricerca spirituale,
Interventi alla radio Giuda: consegnare e tradire: Marco 14,43-52 con
Ludwig Monti, 3 marzo Sulla barca le
parole del regno Matteo 13, con Romano Madera, Le parole del regno Matteo 13; Due
lezioni bibliche: Il “mondo” del nostro Dio, Rovato e L’ “uomo” del nostro Dio,
Rovato, Lo Spirito di Cristo nel
progetto messianico, comunità della parrocchia di S. Giacomo, Venezia La
rivelazione secondo la Bibbia, Università degli studi di Venezia, Dipartimento
di filosofia e Teoria della scienza, Seminario sul “Der Mann Moses und die
monotheistische religion”, Incontro tra Carlo Enzo e Romano Madera, 13 marzo ,
IUAV (Venezia) ‘ôLaM, il progetto consegnato, Le decadi, dieci incontri con
pensatori eccellenti sul tema “Le potenze invisibili”, IUAV (Venezia) Scritti
su Carlo Enzo e testimonianze Tagliapietra A. La Bibbia, libro sempre “aperto”,
Gazzettino Tattara G. e altri Per una rilettura del vangelo di Matteo, Mosaico
di pace (on line), Madera R. Date al
cielo quello che è del cielo, L’Unità, Gnoli A. Rileggere la Bibbia, La
Repubblica Della Pergola F. Parola di biblista,
Della Pergola F. La Bibbia svelata,
e in Left, Lamonaca L. Su una nuova lettura della Genesi, Patrignani C.
Laicità: il biblista Carlo Enzo batte i marxisti ratzingheriani, MorettoUn mondo possibile, Della Pergola F.
Il problema dell’unicità e della trascendenza di Dio nella Bibbia ebraica, Della
Pergola F. Il Dio del nulla Tattara G. e altri Gesù e le donne nel vangelo di
Matteo, Della Pergola F. La lunga
battaglia contro la Bibbia e in Left, 1 aprile
Video Da Burano a Roma, parte I, dal progetto Memoro. La Banca della
Memoria La prima visita di Roma, parte II, dal progetto Memoro. La Banca della
Memoria Dal Biblico a Baruch Spinoza, parte III, dal progetto Memoro. La Banca
della Memoria Gesù Maestro ed Elohîm dell'Ecclesìa, parte IV, dal progetto
Memoro. La Banca della Memoria Vai, vai per te, parte V, dal progetto Memoro.
La Banca della Memoria Dalla Bibbia Ebraica alla generazione di Gesù Cristo.
Un'intervista di Romano Màdera La Bibbia non dice quello che ci hanno fatto
credere. Un’intervista a Carlo Enzo Date
al cielo quello che è del cielo di Romano Madera, in L'Unità, Rileggere la
Bibbia di Antonio Gnoli, in La Repubblica. Grice: “Enzo should concentrate a
bit on how the ancient Romans dealt with their civil religion. Roma and
romanitas. Carlo Enzo. Keywords: essegesi, ermeneutica, i quattro sensi – from
Genesis to Revelations: a new discourse on metaphysics, eschatology – perhaps
Moses got more than the 10 comm from Sinai --. Ebraismo e romanita – romanita
pagana – la teologia naturale dei romani antichi – la religione civile dei
romani – I simboli della religione romana pagana --. La religione ufficiale
della Roma antica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Enzo” – The Swimming-Pool
Library.
Epicoco (Mesagne).
Filosofo. Grice: “I like Epicoco; he has a way with words – e.g. ‘only the sick
heal.” Is that synthetic a priori?” Grice: “My favourite is Epicoco’s emphasis
on some symbols, like blood, and Canova’s Eros – and ‘l’amore che decide.’
Insegna a San Carlo Borromeo all'Aquila. Altre opere: Vergine Madre figlia del tuo figlio; Itaca
editrice; Jesu dulcis memoria; Itaca editrice; Il grido di Benedetto XVI; con
Michele G. Masciarelli; Tau editrice; Futuro presente. Contributi
sull'enciclica Spe salvi di Benedetto XVI; con Angelo Amato e Paola Bignardi;
Tau editrice; L'Immacolata perfezione. Sentieri in preparazione alla festa
dell'Immacolata; Tau editrice Io vedo il
tuo volto. Arte e liturgia; Tau editrice
Ex coelesti virtute. Miscellanea di studi in onore di S. E. Mons.
Giuseppe Molinari nel Suo 50º di Sacerdozio; Tau editrice Etty Hillesum. Introduzione ad una donna; Tau
editrice Piccola introduzione alla
Bibbia; Tau editrice Qualcuno accenda la
luce. Conversazioni sull'Enciclica Lumen Fidei di papa Francesco; Tau
editrice Giovanni Paolo II. Ricordi di
un papa santo; con Mons. Piero Marini; Tau editrice La misericordia ha un volto. Il Giubileo
straordinario della Misericordia secondo papa Francesco; Tau editrice Preghiere di ogni giorno; Tau editrice Nati per amare. I giovani raccontano la
famiglia; LUP Solo i malati guariscono.
L'umano del (non) credente; San Paolo, Milano
Educare è meglio che curare; Tau editrice, La malattia è un dono di vita. Storia di
Teresa Ruocco; Tau editrice La stella,
il cammino, il bambino. Il natale del viandante; San Paolo, Milano Quello che sei per me. Parole sull'intimità;
San Paolo, Milano Amen. La Parola che
salva; San Paolo, Milano Sale non miele.
Per una fede che brucia; San Paolo, Milano . Telemaco non si sbagliava. O del
perché la giovinezza non è una malattia; San Paolo, Milano L’amore che decide; Tau editrice, Camminando tra pastori e Re Magi. Trenta
piccole meditazioni e un "quaderno" per la riflessione personale: un
percorso di preparazione al Natale, San Paolo, Cinisello Balsamo, Qualcuno a cui guardare. Per una spiritualità
della testimonianza, Città Nuova, Roma, . Note
A L'Aquila Epicoco diventa il nuovo preside dell’Istituto Superiore
Scienze Religiose, Giovani: don Epicoco (filosofo), “proporre un incontro che
può cambiare la loro vita”, in Servizio Informazione Religiosa, 11 settembre . Intervista a Il Faro di Roma Scheda in Itaca
libri Scheda sito San Paolo Scheda del docente nel sito dell'Università
Pontificia Articolo incarichi
diocesani Intervista a Credere Sito della Parrocchia Universitaria L'Aquila Incarichi nel Sito Ufficiale della Diocesi, su
diocesilaquila. Scheda sul profilo di don Luigi Maria Epicoco Radio Radicale Comunicato stampa Sito Rai Caterpillar Rai Due intervento a NemoNessuno escluso in
prima serata Membri Cavalieri della Luce
Archiviato il 18 gennaio in . Testimonianza nella rivista Credere Roma Sette sul nuovo Messalino edito da San
Paolo Intervista e nuovo libro sul sito
Aleteia La prefazione di Massimo
Recalcati al libro di don Luigi Maria Epicoco
Don Epicoco nuovo preside dell’Issr L’Aquila Conferenza di don Luigi Maria Epicoco a Nizza
il 13 novembre . Grice: “The Italians take ‘natural theology’ for granted; at
Oxford, as Webb pointed out in his very first Wilde lecture on natural
theology, things ain’t that easy, and they are not meant to be easy by the
lecture founder, Dr. Wilde. Webb analyses Wilde’s letter in some detail.
There’s naturalism and natural theology, there’s revealed theology, but there’s
also civil theology, and it’s nice Webb’s main source is Varro!” Grice: “Most
of the best Italian philosophers have been very much ANTI-ROMA; in part influenced
by classical culture, but more so by the German protestant movement, which also
had affinities with the Italian passion for ‘l’antico’” “Ironically, Roma is
considered hardly a representative of romanita!” Cf. the neo-paganism of Evola,
which is meant to represent romanita. -- Luigi Maria Epicoco. Keywords: Wilde
readership in natural religion. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Epicoco” – The
Swimming-Pool Library.
Ercole -- (Spinazzola). Filosofo. Grice: “I like it when
Ercole emphasizes that bit in De Interpretatione which I love – every ‘logos’
is ‘significant’ (significativo, semantikos, -- adds Ercole quoting from the
Greek) of this or that – even a prayer!” -- Grice: “I must say I love Ercole;
for one, he expands on my idea of the longitudinal unity of philosophy, being
an Oxfordian Hegelian, almost, he thinks history can be regarded LOGICALLY:
scepticism has to follow dogmatism – this is pretty interesting; for another,
he tutored for years on the very same topics I did, notably “De interpretation”
and “Categoriae” – The former being a theory of semiotics, of course!” – Studia
a Napoli. Si interessa per Hegel. A Berlino si perfeziona sotto Michelet, Trendelenburg,
e Mommsen. Adere anche alla "Società filosofica hegeliana". Insegna a
Pavia e Torino. Dall'hegelismo iniziale, con l'affermarsi del positivismo,
passa a posizioni di adesione all'evoluzionismo di Darwin e di Spencer.
Polemizza con il teismo, giudicato contraddittorio e illusorio, manifesta interesse
per la riforma del liceo classico secondo Pestalozzi (Ercole attaca Pestalozzi
e defende Fröbel. Altre opere: Alcune proposte di riforma nella istruzione
secondaria, Pavia, Stabilimento tipografico Successori Bizzoni); “La pena di
morte e la sua abolizione dichiarate teoricamente e storicamente secondo la
filosofia hegeliana, Milano, U. Hoepli); “Il teismo filosofico cristiano.
Teoricamente e storicamente considerato, con speciale riguardo a Tommaso e al teismo
italiano” (Torino, Loescher); “L'educazione del bambino secondo Pestalozzi,
Fröbel e Spencer” (Roma, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei);
“L'origine del pitagorismo” (Roma, Tipografia Terme Diocleziane di G. Balbi); “La
filosofia della natura di Ceretti” (Torino, Unione tipografico-editrice); “La
panlogica di Ceretti” (Torino, Fratelli Bocca); “L'esologia di Ceretti”; “L’essologia
di Ceretti”, “La sinautologia di Ceretti”, “Cerettiana”; La logica
aristotelica, la logica kantiana ed hegeliana e la logica matematica (Torino,
Vincenzo Bona), “La logica algebraica”. Dizionario Biografico degli Italiani.
How can people speak of ‘mathematical logic’ when Russell says that mathematics
rests on logic?!” – logica aritmetica, aritmetica logica – His exposition of
‘logica aristotelica’ is impressive, and overlaps with Grice/Strawson’s
seminars on Categoriae and De Interpretatione. His editorial work on Ceretti is
excellent. He has written on some other Italian philosophers, too. Pasquale
D’Ercole. Keywords: panlogica, esologia, essologia, sinautologia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Ercole” – The
Swimming-Pool Library.
Esposito (Piano di Sorrento). Filosofo. Grice:
“I like Esposito; of course, his ‘origine della filosofia italiana’ owes a bit
to the historians of Roman literature and that infamous embassy of the very
best of Grecianism: Carneade, Critolao, and Diogene!” 599 ab urbe condita!”. Parte
dalla constatazione dell'esaurirsi del tradizionale lessico della politica e
dalla consapevolezza della necessità di una sua diversa formulazione. Su questo
presupposto, si incentra sulla ripresa e sulla rielaborazione di questa
tradizione all'interno di nuove esigenze, a partire da una re-interpretazione
delle categorie classiche della filosofia. A tal fine nelle sue opere lascia
interagire saperi e linguaggi differenti, dalla filosofia alla letteratura,
all'arte, alla poesia, all'antropologia, alla teologia. Dopo i primi studi su Vico e Machiavelli, il
suo lavoro si è concentrato intorno a quattro nuclei tematici. L'impolitico
viene inteso come rovescio impensato dalla politica. Le riflessioni su questo
tema sono confluite in “Categorie dell'impolitico” (il Mulino, Bologna), Nove
pensieri sulla politica (Bologna, il Mulino), “L'origine della politica” (Roma,
Donzelli). La filosofia della comunità e
biopolitica sono confluite in una trilogia. “Communitas: origine e destino
della comunita” (Einaudi, Torino)” è un tentativo concettuale di ridefinire il
concetto di comunità, al di fuori di ogni riferimento ai comunitarismi passati
e presenti, privilegiando piuttosto gli filosofi da Rousseau a Kant, da
Heidegger a Bataillein cui prevale una concezione della comunità in quanto
legge comune dell' “essere insieme”, ma anche la coscienza tragica di ciò che
contiene di irrealizzabile da un punto di vista politico. “Immunitas:
protezione e negazione della vita” (Einaudi, Torino) è una lettura biopolitica
dei conflitti in seno al corpo sociale. “Immunitas” persegue il lavoro di scavo
teorico cominciato in Communitas e pone la categoria dell'immunità al centro di
questa riflessione sulle contraddittorie strategie di difesa della società
rispetto ai rischi, reali e immaginari, che la insidiano. In questo senso
l’immunizzazione è allo stesso tempo una protezione e una negazione della vita
che rischia sempre di diventare una sorta di malattia immune del corpo sociale.
“Bios: biopolitica e filosofia” (Einaudi, Torino) è una rilettura, a partire di
Foucault, della storia del pensiero biopolitico alla luce del concetto d'immunità.
Essendo l'immunitas una protezione negativa della vita, la biopolitica che ne
incorpora le procedure è sempre a rischio di trasformarsi in tanato-politica.
Ciò non toglie che possa profilarsi una, sia pur problematica, nozione
affermativa di bio-politica. Al concetto
di persona e di impersonale ha dedicato “Terza persona: politica della vita e
filosofia dell’impersonale” (Einaudi, Torino) e “Due. La macchina della
teologia politica e il posto del pensiero” (Einaudi, Torino) e “Le persone e le
cose” (Einaudi, Torino). A partire da una critica del concetto, giuridico
romano di persona, inteso come un dispositivo che separa la vita umana da se
stessa, l’impersonale è inteso come la forma di una possibile ri-unificazione
tra corpi. e persona. Nel dittico
costituito da “Pensiero vivente. Origine a attualità della filosofia italiana”
(Einaudi, Torino) e “Da fuori. Una filosofia per l'Europa” (Einaudi, Torino) ha
ricostruito i caratteri prevalenti della tradizione filosofica italiana, a
partire da Machiavelli, Bruno e Vico, fino a quella che viene definita Italian
Theory. Essi riguardano la connessione tra le categorie di storia, politica e
vita. Altre opere: La politica e la storia. Machiavelli e Vico (Liguori, Napoli);
Termini della politica. Comunità, immunità, biopolitica (Mimesis, Milano); “Politica
e negazione: per una filosofia affermativa” (Einaudi, Torino); “La filosofia
italiana come problema: da Spaventa
all’Italian Theory, "Giornale Critico di Storia delle Idee"; “Protezione
e negazione della vita (Einaudi, Turin), più largamente, documenti di tutti gli
interventi ripresi, con le risposte dell'autore).Politiche della vita sul
margine pericoloso dell'impersonale, di Ciccarelli per il «Centro per la
Riforma dello Stato». Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
The category of
applicational generality relates to Esposito’s concept of the im-PERSONAL. La
terza persona is not a person like “I” and “thou”. Grice uses ‘person’ generally, “Someone (i.
e. I) is hearing a noise). “Someone” is (Ex) with the addition of ‘person’. A
sock is not a someone; a rose bush is not a someone – a dog is not for Grice a
someone. But then ‘someone’ is a solecism.
Esposito considers the communication and community alla Tonnies. Grice
knows the connection community and communication, when he criticizes Stevenson
for trying to define the Anglo-Saxon ‘meaning,’ circularly, in terms of
‘communication. – The problem of the third person is fascinating. Obviously a
grammarian’s mistake – a grammarian usually not knowing anything about philosophy,
used philosophical concepts – such as person – first person for “I” is ok,
second person for “Thou” is okay – when it comes to verbs, and pronouns, “The
chair is comfy” (La sedia e comoda.) – there is nothing personal about a chair
being personal. It is not true that someone is comfortable (jemand). – there’s
nothing personal about this. Since Homer, prosôpon [πϱόσωπоν], etymologically
“what is opposite the gaze,” has designated the human “face” in particular, and
then, metaphorically, the “façade” of a building, and synechdochically, the
whole “person” bearing the face. Another remarkable semantic extension is that
of the theatrical “mask” (Aristotle, Poetics 1449a36), leading in turn to the
meaning “character in a drama” (Alexandrian stage directions for dramatic works
regularly included the list of the prosôpa tou dramatos [πϱόσωπα τоῦ δϱάματоς]),
and then to a narrative. Its Latin equivalent, persona, refers in its turn to
the mask that makes the voice resonate (personare), before it designates a character,
a personality, and a grammatical person (Varro). The meaning of the compound
prosôpopoiein [πϱоσωπо-πоιεῖν]—“to compose in direct discourse,” that is, to
make the characters speak themselves—clearly shows that the dramatic meaning of
prosôpon had a particularly great influence on the history of the word. In any
event, it seems quite likely that when grammarians adopted prosôpon to
designate the grammatical “person,” they were thinking of the dialogue
situation characteristic of the theatrical text, which makes use of the
alternation “I-you”: the face-to-face encounter between person(age)s is rooted
in the category of the “person” (see SUBJECT, Box 6). Whereas terms like
“tense” (chronos [χϱόνоς]) and “case” (ptôsis [πτῶσις]) are attested before
they appear in strictly grammatical texts, this is not the case for prosôpon
used to refer to the “person” as a linguistic category. On the other hand, in
the earliest grammatical texts, and in a way that remains perfectly stable
later on, prosôpon is adopted to describe both the protagonists of the dialogue
and the marks, both pronomial and verbal, of their inscription in the
linguistic material. In fact, the main difficulty encountered by grammarians
regarding the notion of prosôpon seems to have been how properly to articulate
reference to real persons occupying differentiated positions in linguistic
exchange (speaker, addressee, other) with reference to the person as a
grammatical mark. This difficulty occurs notably in a quarrel about definition.
In the Technê attributed to Dionysius Thrax (Grammatici Graeci 1.1 [chap. 13,
p. 51.3 Uhlig = 57.18 Lallot]), the verbal accident of prosôpon is defined as
follows: Prosôpa tria, prôton, deuteron, triton; prôton men aph’ hou ho logos,
deuteron de pros hon ho logos, triton de peri hou ho logos [Пϱόσωπα τϱία, πϱῶτоν,
δεύτεϱоν, τϱίτоν· πϱῶτоν μὲν ἀφ’ оὗ ὁ λόγоς, δεύτεϱоν δὲ πϱὸς ὃν ὁ λόγоς, τϱίτоν
δὲ πεϱὶ оὗ ὁ λόγоς]. There are three persons: first, second, third. The first
is the one from whom the utterance comes, the second, the one to whom it is
addressed, the third, the one about whom he is speaking. This minimal
definition clearly sets forth the two protagonists of the dialogue,
distinguishing them by their position in the exchange, and introduces without
special precaution a third position, characterized as constituting the subject
matter of the utterance. The parallelism of the three definitions—a simple
pronoun for each “person”—masks the lack of symmetry between the (real) first
and second persons and the third person; the latter, as Benveniste pointed out
(Problèmes de linguistique générale, 228), may very well not be a “person” in
the strictest sense. This definition, which remained canonical for several
centuries, was attacked by Apollonius Dyscolus, who completed it as follows (I
adopt the formulation in Choeroboscos [Grammatici Graeci 4.2 (p. 10.27 Uhlig)],
a Byzantine witness to the Alexandrian master): Prôton men aph’ hou ho logos
peri emou tou prosphônountos, deuteron de pros hon ho logos peri autou tou prosphônoumenou,
triton de peri hou ho logos mête prosphônountos mête prosphônoumenou [πϱῶτоν μὲν
ἀφ’ оὗ ὁ λόγоς πεϱὶ ἐμоῦ τоῦ πϱоσφωνоῦντоς, δεύτεϱоν δὲ πϱὸς ὃν ὁ λόγоς πεϱὶ αὐτоῦ
τоῦ πϱоσφωνоυμένоυ, τϱίτоν δὲ πεϱὶ оὗ ὁ λόγоς μήτε πϱοσφωνοῦντος μήτε πϱоσφωνоυμένоυ].)
The first person is the one from whom the utterance comes meaning me, the
speaker, the second, the one who to whom the utterance is addressed meaning the
addressee himself, the third the one about whom the utterance speaks and who is
neither the speaker nor the addressee. Apollonius’s arrangement contributes
useful explanations: (a) each “person,” including the first two, can be the
subject of the utterance; (b) the third is defined negatively as being neither
the first nor the second (which implicitly opens up the possibility that it is
a “person” only in an extended sense, insofar as it does not need to be
competent as an interlocutor); (c) the overlap of enunciation and enunciated is
explicit: there is a first person when the utterance refers to the
enunciator-source, a second person when it refers to the addressee, and a third
when it refers to someone or something else. Despite the incontestable advance
represented by Apollonius’s revision, it nonetheless leaves an ambiguity
regarding the designatum of prosôpon: are we talking about extralinguistic
entities, “persons” engaging in dialogue or not, or are we talking about
linguistic entities, “accidents” of the conjugated verb and the pronomial
paradigm (personal pronouns)? Apparently the former, which is surprising coming
from a grammarian who prides himself on correcting another grammarian. In fact,
there is hardly any doubt that in Apollonius, the ambiguity I mentioned is
still attached to the term prosôpon. Consider the following text, taken from
Apollonius’s Syntax 3.59 (Grammatici Graeci 2.2 [p. 325.5–7 Uhlig]): Ta gar
meteilêphota prosôpa tou pragmatos eis prosôpa anemeristhê, peripatô,
peripateis, peripatei [τά γὰϱ μετειληφότα πϱόσωπα τоῦ πϱάγματоς εἰς πϱόσωπα ἀνεμεϱίσθη,
πεϱιπατῶ, πεϱιπατεῖς, πεϱιπατεῖ]. The persons who take part in the act [of
walking] are distributed into persons: I walk, you walk, he/she walks. We can
interpret this to mean that in a group of persons—extralinguistic entities— who
are walking, every utterance concerning the walk will elicit the appearance of
verb endings distributing the walkers among the three grammatical persons: such
is the alchemy of Apollonius’s prosôpon. Jean Lallot BIBLIOGRAPHY Benveniste,
Émile. “Structure des relations de personne dans le verbe.” Chap. 18 in
Problèmes de linguistique générale, 225–36. Paris: Gallimard, 1966. Translation
by M. A. Meek: Problems in General Linguistics. Coral Gables, FL: University of
Miami Press, 1971. Grammatici Graeci. Edited by A. Hilgard, R. Schneider, G.
Uhlig, and A. Lentz. Leipzig: Teubner, 1878–1902. Reprint, Hildesheim, Ger.:
Olms, 1965. Lallot, Jean. La grammaire de Denys le Thrace. Paris: Le Centre
National de la Recherche Scientifique, 1998. Roberto Esposito. Keywords: Vico,
Spaventa, Machiavelli, Bruno. Tanato-ethics, tanato-politica, three features of
the conversational imperative: generality: formal generality, applicational
generality, conceptual generality. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Esposito” –
The Swimming-Pool Library.
evola: (Roma). Filosofo. Grice: “Evola was
a bit of a linguistic philosopher; I enjoyed his rambling on the proper use of
“Latin” versus “Roman;” Evola notes that the implicatures differ. ‘Roman’ he
links with Spartan, and he opposes to the formation, ‘greco-romano’ o ‘classico’
– “Latin” he applies to “lingua romana,” as Orazio and Tacitus had done!” –
Grice: “If I had to think of the equivalent linguistic analysis by an English
philosopher, I can only think of DeFoe, and his satire on what constitutes an
Englishman! Later parodied by Gilbert and Sullivan and put to good effect in
“Chariots of Fire,” where Abrams is seen referred to as “HE IS.. an Englishman!
For he himself has said it!” -- - Italian philosopher – Figlio di Vincenzo e Concetta Mangiapane, barone
di Castropignano. Studia a Roma. Manifesta un'opposizione a Roma, soprattutto
in riferimento alla teoria del peccato e della redenzione, del sacrificio
divino e della grazia. Studia filosofia. Entra in contatto con alcuni esponenti del
Futurismo quali Balla e Marinetti. Partecipa alla esposizione futurista a
Palazzo Cova, Milano. Rientra a Roma dopo il conflitto ed attraversa una
profonda crisi esistenziale che lo porta al bordo del suicidio. Aderisce al Dadaismo ed entra in contatto
epistolare con Tzara. Fonda “Bleu” Esce un saggio sull'idealismo magico. Si
deve superare i limiti dell'umano per andare verso “l'oltre-uomo”.Studia la teoria
e fenomenologia dell'individuo assoluto.
Nel “L'uomo come Potenza” compare una concezione dell'io ispirata
ai dettami del tantrismo e del taoismo. Queste ultime opere segnano
un'ulteriore svolta: passaggio da una posizione filosofica di tipo teoretico ad
una di tipo pragmatico. Cerca infatti di individuare strumenti concreti per
mezzo dei quali calare nella vita quotidiana la teoria dell'Individuo assoluto.
Inizia un'intensa esperienza giornalistica: partecipa alla redazione di Lo
Stato democratico e collabora a riviste come Ultra, Bilychnis, Ignis, Atanor e
Il mondo. Frequenta i circoli esoterici romani e partecipa alla vita notturna
della capitale. Disumano qual è, gelido architetto di teorie funambolesche,
vanitoso, perverso, s'è trovato dinanzi a me come a cosa tutta viva, tutta
schietta, mentre aveva fantasticato chissà quale avventura necrofila. E questa
cosa tutta schietta l'ha turbato, l'ha commosso, segretamente. Coordina “Ur”, che
si occupa di esoterismo. Conosce Reghini. Pubblica “Paganesimo.” Attacca
violentemente Roma ed esorta a ritrovare la grandezza della civiltà romana. Oserà
dunque Italia assumere qui, qui donde già le aquile imperiali partirono per il
dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare, regale, oserà qui
riprendere la fiaccola della tradizione mediterrane? Influenzato da Guénon
abbandona in seguito le tesi estremiste a favore del concetto di “tradizione"
e fonda “La Torre” destinata a difendere principi sovrapolitici, in realtà una
tribuna di filosofi che si battevano per una Italia più radicale e più
intrepida. Critiche mosse ad alcuni personaggi del Regime dalle pagine de La
Torre, provocano l'intervento di Starace che prima diffida Evola dal continuare
la pubblicazione, poi proibisce a tutte le tipografie romane di stampare la
rivista la cui pubblicazione, alla fine, viene sospesa. Viene sorvegliato
dal regime in quanto accusato di affiliazione all'Ordo Templi Orientis ed è
costretto ad assumere alcune guardie del corpo (come testimoniato da Massimo
Scaligero) . In Meditazioni delle vette, intende l'alpinismo come pratica
ascetica e meditazione spirituale: superamento dei limiti della condizione umana
attraverso l'azione e la contemplazione, che divengono due elementi
inseparabili, un'ascesa che si trasforma in ascesi. Successivamente pubblica
due saggi La tradizione ermetica e Maschera e volto dello spiritualismo. “La
tradizione ermetica” è una disamina dell'aspetto magico, esoterico e simbolico
dell'alchimia. “Il volto e la maschera” è un saggio critico su quella filosofia
che invece di elevare l'uomo dal razionalismo e dal materialismo, lo portano
ancora più in basso: spiritismo, teo-sofia, antropo-sofia e psicoanalisi. In “Rivolta
contro il mondo” traccia un affresco della storia letta secondo lo schema
ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella
tradizione occidentale. Analizza le categorie qualificanti l'uomo della
tradizione e le anticha "razza divina” Esamina a fondo Il mistero del
Graal e le sue implicazioni dottrinarie nelle visioni dei diversi periodi
storici, impostando tutta la sua disamina sul concetto di "tradizione
ghibellina dell'impero", cercando di svincolare il Graal e la sua portata
simbolica da Roma. Collabora attivamente con la Scuola di mistica da Giani,
tenendo alcune conferenze e figurando nel comitato di redazione della rivista
Dottrina. La maggior parte degli interventi di Evola in conferenze e scritti,
riguardano principalmente il concetto di “razza divina”, argomento che trova
appoggio da parte di Giani. Il concetto di “mistica” rappresenta
un'incongruenza potendo parlare, al più, di “etica.” Questo perché in realtà la
dottrina non affronta il problema dei valori superiori, i valori del sacro,
solo in relazione ai quali si può parlare di mistica. Evola ravveda nella
mistica un elemento rilevatore di una spiritualità lunare e del polo femminile.
E infatti il sottotitolo di Diorama filosoficola pagina prima mensile e poi
quindicinale curata da Evola nel quotidiano Il Regime è: Problemi dell’etica. Una
serie di scritti di Evola relativi alla scuola di mistica, sono stati
pubblicati dall'editore Controcorrente e aiutano in parte a chiarire le posizioni
assunte dal filosofo all'interno della suddetta corrente. Sia in fatto o
nell’ideale, esiste una opposizione fra l'uomo ariano e tradizionale europeo e
l’altri. L’ariano e capace di concepire e di realizzare un'armonia fra corpo ed
anima (“La civiltà occidentale”, Augustea). In “Mito del Sangue ricostruisce le
concezioni sulla razza dalle civiltà fino alle teorie di Gobineau, Woltmann, de
Lapouge, e Chamberlain. L'ariano (da "Arya") appartiene al corpo e lo
spirito. Si esprime negativamente sul colonialismo giudicando l'Etiopia
conquistata dall'Italia nient'altro che una contraffazione degenerescente di un
organismo tradizionale. Critic ail materialismo zoologico. Ha una concezione
dell'uomo come essere costituito da corpo, anima e spirito, dove lo spirito
deve avere il primato sull’anima e il corpo. L’opportunità di questa
formulazione risiede nel fatto che una razza può degenerare, anche restando
biologicamente pura, se lo spirito è diminuito o obnubilat, se ha perso la
propria forza, come presso certi tipi nordici. Un corpo di una data razza si
liga in un individio lo spirito di un'altra razza. Respinge ogni teorizzazione
del razzismo in chiave “zoologica”! ponendo il pensatore tradizionale tra
coloro che «imboccata una certa strada, la seppero percorrere, in confronto con
tanti che scelsero quella della menzogna, dell'insulto, del completo
obnubilamento di ogni valore culturale e morale, con dignità e persino con serieta.
Non è il solo a prendere le distanze dal razzismo zoologico. Altre note figure
della cultura del tempo, come Acerbo, e meno note, come Mazzei, se ne
dissociano. L'impostazione critica data da De Felice su questo passaggio del
pensiero di Evola è particolarmente apprezzata dagli autori filo-evoliani.
Anche Orano sviluppa, secondo taluni, una forma di razza divina etico-sociale
che rinvia a Il mito del sangue di Evola. Primo, in ordine di tempo fu Orano. Dietro
di lui, con una vena più scadente, comparvero Romanini ed Evola. C’e tre ordini
di razza: corpo, anima, spirito. Dunque, Evola riprende, seppur in maniera meno
esplicita, alcune delle teorie del de Gobineu che cercano di identificare una
gerarchia ideale nei gruppi delle razze umane. Cio non impedisce ad Evola di
avere una "doppia affiliazione" ed essere pure membro della
Massoneria. Evola non aderisce al Partito e tale mancata adesione gli impedisce
di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda
guerra mondiale. Critica del germanismo tuttavia l'incompletezza
nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai
principi della "Tradizione".Per esempio una difesa della razza e improntata
giuridicamente e il potere e derivato dal popolo e non un potere regale di
origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini. Teorizza
dunque il tradizionalismo puro, ideale e radicale, capace di attuare i propri
principi e di far trionfare la cultura romana pagana delle origini -- un impero
europeo e pagano sotto la guida egemonica della Roma di Cesare. Fa ritorno
nell'Italia liberata solo al termine della guerra. Essendo rigorosamente
contrario all'abrogazione della Monarchia e alla trasformazione dell'Italia in
una Repubblica, intraprende tentativi di influenza.Si occupa di studiare e
combattere le trame occulte e antitradizionali della massoneria. Pubblica
“Impero”.Scrive Evola: “Io potevo aver difeso e potevo continuare a
difendere certe concezioni in fatto di dottrina dello Stato. Si era liberi di
fare il processo a tali concezioni. Ma in tal caso si dovevano far sedere sullo
stesso banco degli accusati: Platone, un Metternich, un Bismarck, il Dante del
De Monarchia e via dicendo.” Si tenta di effettuare una "doppia
lettura" dei suoi testi: una lettura palese per il volgo ed una "esoterica"
per gli "iniziati". Pubblica “Gli uomini e le rovine” che esercita
grande influenza negli ambienti della destra italiana nel quale spiega la
decadenza del mondo moderno in seguito alla distruzione del principio di
autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del
razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della tradizione. In
“Metafisica del sesso” tratta la forza magica e potentissima dell'atto
sessuale, attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. L'«Operaio»
in Jünger. “Cavalcare la tigre”. Scrive sul concetto metafisico ed immanente di
tradizione, come Il Ghibellino. “Gli uomini e le rovine” e “Cavalcare la tigre”
sono considerati due testi fondamentali grazie ai quali c'è una fattiva
adesione al ribellismo anti-sistema”Pubblica Il cammino del cinabro, la sua
autobiografia, e L'arco e la clava. Assiste alla costituzione dei
“dioscuri”, sodalizio dedito al ripristino della cultualità romana ed italica,
di cui è uno degli ispiratori, attraverso i suoi scritti sulla romanità, il
paganesimo e le idee imperiali, oltre che attraverso un particolare rapporto di
intimità con i dioscuri. Solstitivm. Evola è propugnatore del
Tradizionalismo, un modello ideale e sovratemporale di società caratterizzato
in senso spirituale, aristocratico e gerarchico. Tale modello si riscontra, da
un punto di vista storico, in la civiltà romana. La civiltà romana non si basa
su criteri economici, materiali e biologici, ma e suddivisa e gestita in base a
criteri di gerarchia sociale di carattere ereditario e spirituale. Ogni
azione che avviene durante la vita biologica (il divenire) rispecchia
direttamente una medesima azione di carattere metafisico (l'essere) e dunque
imperitura e sovratemporale. Il cammino dell'uomo avviene attraverso un
percorso di tipo circolare. Traccia di questa teoria la si trova, ad esempio,
nella teoria delle *cinque età* (dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli
eroi, del ferro). La civiltà romana, ritenuta superiora da Evola si basa dunque
su una più elevata dimensione metafisica e spirituale dell'esistenza, anziché
su criteri di ordine materiale. L'uomo ha la possibilità di elevarsi alla sfera
divina e metafisica attraverso precise strade (il rito e l'iniziazione),
utilizzando determinati strumenti (l'azione e la contemplazione) all'interno di
contesti sociali predeterminati (la casta, l'impero). Non esiste differenza
quantitativa tra l'uomo e il dio. Ogni uomo è un dio mortale. Ogni dio un uomo
immortale. La razza e "spirituale". Rifiuta una visione zoological,
in favore di un patrimonio di tendenze e attitudini che, a seconda delle
influenze ambientali, giunge rebbero o meno a manifestarsi compiutamente.
L'appartenenza a questa razza spiritual si individuerebbe dunque sulla base dello
spirito, e in seguito del corpo, diventandone col tempo questo ultime il segno
visibile. E un concetto metafisico di razza. La romanita spirituale del quale
parla Evola parte appunto dal dato biologico, che gli pare ancora troppo zoologico,
rozzo e deterministico, per sublimarlo e portarlo a pieno compimento sul piano
dello spirito – non romano, ma romanita -- , ossia sul piano metafisico. Intendeva
potenziare e nobilitare la romanita, avvolgendolo in una nebulosa
filosofeggiante e scrostandolo di quel tanto di ruvido zoologismo. Vengono
ritrovate sette lettere da Evola a Croce (più una indirizzata all'editore
Laterza. Evola invia inizialmente a Croce la richiesta di intercedere presso Laterza
per la pubblicazione dei “Idealismo magico” e “Teoria dell'individuo assoluto”.
La seconda e una cartolina postale di Croce ringraziandolo per il giudizio di
apprezzamento sul lato formale dei due manoscritti dell’Idealismo magico e
Teoria dell’individuo assoluto. Laterza, nonostante l'appoggio favorevole
di Croce, Laterza scrive una lettera in
cui precisa di volersi riservare la massima libertà di decidere anche nei
riguardi di autorevoli amici. Evola scrive a Croce chiedendo aiuto per “La
tradizione ermetica”, un saggio sull'alchimia. In una quarta lettera, Evola
ringrazia Croce per l'interessamento. “La tradizione ermetica” esce per i tipi
dell'editore barese. Evola invia quattro lettere a Gentile. Nonostante le
marcate divergenze sul piano filosofico Evola si discosta dall'attualismo
gentiliano in favore di una rigida codificazione teoretica (l'idealismo magico)
il pensatore tradizionale cerca un confronto con uno dei massimi esponenti del
mondo accademico. Tale confronto non produce risvolti interessanti sotto il
profilo speculativo in quanto i due filosofi sono su posizioni eccessivamente
distanti, ed anche i presupposti dottrinali sono inconciliabili. Il
tentativo di Evola di aprire un colloquio costruttivo rimane un fiore che non sboccia.
Evola cerca di costruire, pur senza risultati apprezzabili, un punto di
riferimento culturale alternativo al gentilismo. Nel Cammino dei cinabro tenta
di spiegare così le ragioni di questo mancato incontro.“Ogni riferimento
extra-filosofico di cui il mio sistema filosofico e ricco sirve come un comodo
pretesto per l'ostracismo. Si poteva liquidare con un'alzata di spalle un
sistema che accordava un posto perfino al mondo dell'iniziazione, della
"magia" e di altri relitti superstiziosi. Che tutto ciò da me fosse
fatto valere nei termini di un rigoroso pensiero speculativo, a poco sirve.
Però anche da parte mia vi e un equivoco, nei riguardi di coloro ai quali, sul
piano pratico, la mia fatica speculativa posse servire a qualcosa. Si tratta di
una introduzione filosofica ad un mondo non filosofico, la quale posse avere un
significato nei soli rarissimi casi in cui la filosofia ultima avesse dato
luogo ad una profonda crisi esistenziale. Ma vi e anche da considerare (e di
questo in seguito mi resi sempre più conto) che i precedenti filosofici, cioè
l'abito del pensiero astratto discorsivo, rappresentano la qualificazione più
sfavorevole affinché tale crisi potesse essere superata nel senso positivo da
me indicato, con un passaggio a discipline realizzatrici.” Gentile tuttavia
riconosce ad Evola una certa competenza in campo esoterico-alchemico ed infatti
chiede al filosofo della tradizione di curare la voce “atanor” per
l'Enciclopedia Italiana. Anche alcuni allievi di Gentile riconoscono ad Evola
una certa stima, in particolare Calogero. Giuli successivamente riporta altre
informazioni, relative al carteggio Evola-Gentile, reperite all'interno della
"Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici", occupandosi
dei saggi che Evola invia con dedica a Gentile. Invia sette lettere a
Schmitt che mette in luce da una parte alcune amicizie e conoscenze in comune
tra i due pensatori (Jünger, Mohler e il principe di Rohan), dall'altra il
tentativo di proporre la pubblicazione in italiano del saggio di Schmitt sul
tradizionalista Cortes.Tale tentativo non va in porto, così come fallisce anche
il secondo progetto di pubblicare un'antologia schmittiana. Di rilievo,
all'interno dello scambio epistolare, le due divergenti visioni rispetto al
ruolo dell'uomo politico e la sua autonomia. Evola interpreta il concetto di
dittatura incoronata come «necessità di un potere che decida assolutamente, ma
ad un livello di una dignità superiore, indicata dall'aggettivo incoronata. Per
Schmidt, invece, esiste prima di tutto un passaggio significativo che porta dal
concetto della legittimità del regnare a quello della dittatura. La dittatura
incoronata significa solo un pis-aller pratico mai ha concepito questo
espediente pragmatico come una forma di salvezza. E in questo caso così come
già ampiamente esposto in Rivolta contro il mondo moderno, il costante rimando di
Evola ad un fondamento trascendente dell'ordine politico rimane quell'ineliminabile
discrimine che non può essere in alcun modo occultato o minimizzato. L'epistolario
assume rilievo in relazione al tentativo di fornire di solidi contrafforti
ideologici e culturali il mondo conservatore che, nel dopoguerra italiano, si
trovava a combattere la sua battaglia politica. Entra in contatto epistolare
con Benn, appartenente alla cosiddetta Rivoluzione conservatrice. Il primo incontro
risale durante la tappa berlinese di un viaggio che Evola effettua in Germania.
Da quell'incontro scaturisce una recensione-saggio di Benn alla versione di “Rivolta
contro il mondo moderno” che appare in “Die Literatur di Stoccarda”. Nel
presentare “Rivolta contro il mondo moderno”, Benn espone le sue teorie
convergendo con la visione del mondo di Evola. Si ha rintracciato tre lettere
da Evola a Benn. Le lettere sono importanti in quanto chiariscono la comunanza
di vedute dei due autori rispetto al tema della tradizione e di una visione del
mondo conservatrice, oltre al fatto che entrambi non si riconoscono nel
establishment. “Sono sempre più convinto che a chi voglia difendere e
realizzare senza compromessi di sorta una tradizione spirituale e aristocratica
non rimanga purtroppo, oggi e nel mondo moderno, alcun margine di spazio; a
meno che non si pensi unicamente a un lavoro elitario». E un tentative di
riprendere, nel dopoguerra, i rapporti con i filosofi conservatori. Invia
lettere a Tzara. Si tratta di una trentina di documenti tra lettere e
cartoline. Molte tappe del cammino artistico del filosofo romano sono già note
prima del rinvenimento della corrispondenza con Tzara: in parte perché lo stesso
Evola ne parla nella sua autobiografia, in parte perché dedotte dai critici e
dagli studiosi nelle partecipazioni, in qualità di articolista, che ha in
alcune riviste d'arte dell'epoca: Noi, Cronache d'Attualità, Dada e Bleu. Ciò
che invece non è noto prima del rinvenimento della corrispondenza, sono le
modalità dell'avventura evoliana nella sfera artistica, ovvero come essa si
attuò, come fu vissuta, a che mirava. L'archivio della corrispondenza tra i due
artisti ha, inoltre, il pregio di colmare il vuoto di un periodo poco
conosciuto di Evola. Questo vuoto si colma sia attraverso la ricostruzione di
tappe cronologiche (il recupero di alcune date, partecipazioni a mostre,
riviste, incontri) sia attraverso il recupero di tappe più specificamente psicologiche.
In particolare quelle che portano Evola ad annunciare il proprio suicidio e che
raccontano di un uomo colto nel pieno male di vivere, di una sperimentazione
del travaglio interiore che l'artista vive, dove la sofferenza acuta si alterna
alla disperazione. Altre opere: “Arte astratta, posizione teorica” (Roma,
Maglione e Strini); La parole obscure du paysage intérieur, Roma-Zurigo,
Collection Dada); Saggi sull'idealismo magico, Todi-Roma, Atanòr); L'individuo e il divenire del mondo, Roma,
Libreria di Scienze e Lettere); “L'uomo come potenza, Todi-Roma, Atanòr, “Teoria
dell'individuo assoluto, Torino, Bocca); “Imperialismo pagano, Todi-Roma,
Atanòr); “Fenomenologia dell'individuo assoluto” (Torino, Bocca); “La
tradizione ermetica, Bari, Laterza); “Maschera e volto dello spiritualismo
contemporaneo, Torino, Bocca); “Rivolta contro il mondo moderno, Milano,
Hoepli); “Tre aspetti del problema” (Roma, Mediterranee); “Il mistero del
Graal, Bari, Laterza); “Il mito del sangue, Milano, Hoepli); “Indirizzi per una
educazione” Napoli, Conte); “Sintesi di dottrina” (Milano, Hoepli); La dottrina
del risveglio, Bari, Laterza); “Lo Yoga della potenza, Torino, Bocca); “Orientamenti,
Roma, Imperium”; “Gli uomini e le rovine, Roma, Edizioni dell'Ascia); “Metafisica
del sesso, Todi-Roma, Atanòr); L'«Operaio» in Jünger, Roma, Armando); “Cavalcare
la tigre, Milano, Vanni Scheiwiller); Il cammino del cinabro, Milano, Vanni
Scheiwiller); “Saggio di una analisi
critica” (Roma, Volpe); “L'arco e la clava, Milano, Vanni Scheiwiller); “Raâga
Blanda, Milano, Vanni Scheiwiller); “Il taoismo, Roma, Mediterranee); Ricognizioni.
Uomini e problemi, Roma, Mediterranee); Lao Tze, Il libro della via e della
virtù, Lanciano, Carabba, Cesare Della Riviera, Il mondo magico de gli heroi, Bari,
Laterza, René Guénon, La crisi del mondo moderno, Milano, Hoepli, Emanuel Malinski , Léon De Poncins, La guerra
occulta, Milano, Hoepli, Gustav Meyrink, Il Domenicano bianco, Milano, Fratelli
Bocca Editori, Gustav Meyrink, La notte di Valpurga, Milano, Fratelli Bocca
Editori); Johann Jakob Bachofen, La virilità (Torino, Bocca); Gustav Meyrink,
L'Angelo della finestra d'Occidente, Milano, Fratelli Bocca Editori, Mircea
Eliade, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, Milano, Fratelli Bocca
Editori, Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, Otto
Weininger, Sesso e carattere, Milano, Bocca, Oswald Spengler, Il tramonto
dell'occidente, Milano, Longanesi,
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I Versi d'Oro” (Todi-Roma, Atanòr); Lao Tze, Il Libro del Principio e della sua
azione, Milano, Ceschina, Gabriel Marcel, L'uomo contro l'umano, Roma, Volpe, E.
Jünger, Al muro del tempo, Roma, Volpe, Hans-Joachim Schoeps, Questa fu la
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Volpe); Theodor Litt, Le scienze e l'uomo, Julius Evola, Roma, Armando, Pascal
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La Monarchia nello Stato moderno, Julius Evola, Roma, Volpe) Robert Reininger,
Nietzsche e il senso della vita” (Roma, Volpe); Arthur Avalon, Il mondo come
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Ar, I saggi della "Nuova Antologia", Padova, Edizioni di Ar, L'idea
di Stato, Padova, Edizioni di Ar, Gerarchia e democrazia, Padova, Edizioni di
Ar, Meditazioni delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, Diario, Genova,
Centro Studi Evoliani, Etica aria, Genova, Centro Studi Evoliani, L'individuo e
il divenire del mondo, Carmagnola, Edizioni Arktos, Simboli della Tradizione
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oriente e occidente, Roma, Fondazione Julius Evola, Fenomenologia della sovversione
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d'avanguardia, Roma, Fondazione Julius Evola, Esplorazioni e disamine, gli scritti
di " fascista,” Parma, Edizioni all'insegna del veltro, Julius Evola,
Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista", Parma, Edizioni
all'insegna del veltro, Lo Stato, Roma, FondazioneEvola, La tragedia della
Guardia di Ferro, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Scritti per
"Vie della Tradizione" Palermo, Edizioni Vie della Tradizione, Carattere,
Catania, Il Cinabro, L'idealismo realistico, Roma, Fondazione Julius Evola, Idee
per una destra, Roma, Fondazione Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Roma,
Mediterranee, Evola, Il "mistero iperboreo". Scritti sugli
Indoeuropei, Roma, Fondazione Julius Evola, Critica del costume, Catania, Il
Cinabro, Julius Evola, Augustea, La Stampa, Roma, Fondazione Julius Evola, Anticomunismo
positivo. Scritti su bolscevismo e marxismo, Napoli, Controcorrente, ulius
Evola, Il Mondo alla Rovescia (Saggi critici e recensioni), Edizioni Arya,
Genova, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertàm Napoli,
Controcorrente, Julius Evola, Le sacre radici del potere, Edizioni Arya,
Genova. Evola, Civiltà americana. Scritti sugli Stati Uniti, Napoli, Controcorrente,
Evola, Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova .Julius
Evola, Par delà Nietzsche, Torino, Nino Aragno Editore, Evola, Fascismo
Giappone Zen. Scritti sull'Oriente, Roma, Pagine, Julius Evola, Ernst Jünger.
Il combattente, l'operaio, l'anarca, Passaggio al Bosco,, Rigener Azione Evola,
Evola, Il Fascismo e l'idea politica tradizionale, Documenti per il Fronte
della Tradizione Fascicolo n. 7, Raido,
Julius Evola, Mussolini e il razzismo, Documenti per il Fronte della
Tradizione Fascicolo, Raido, Evola, Le SS. Guardia e Ordine della rivoluzione
nazionalsocialista, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo, Raido, Julius Evola, I "Castelli
dell'Ordine" e i nuovi Junker, Documenti per il Fronte della Tradizione
Fascicolo Raido, Il significato di Roma
per lo spirito "olimpico" germanico, Documenti per il Fronte della
Tradizione Fascicolo, Raido, Julius
Evola, La Dottrina aria di Lotta e Vittoria, Documenti per il Fronte della
Tradizione Fascicolo, Raido, Etica AriaOrizzonte Tradizionale, Edizioni Arya,
Genova . Raccolte di lettere e carteggi Julius Evola, Lettere di Julius Evola a
Girolamo Comi, Gianfranco De Turris, Roma, Fondazione Evola, Lettere di Julius
Evola a Tristan Tzara, Elisabetta Valento, Roma, Fondazione Julius Evola,
Lettere a Croce, Roma, Fondazione JEvola); La biblioteca esoterica. Evola Croce
Laterza. Carteggi editoriali, Antonio Barbera, Roma, Fondazione Evola, Lettere
a Carl Schmitt, Roma, Fondazione Julius Evola, Lettere a Gentile, Roma, Fondazione
Julius Evola. Julius Evola, La Torre. Foglio di Tradizioni varie e di
espressione una, Marco Tarchi, Milano, Il Falco, Claudio Mutti, Julius Evola
sul fronte dell'Est, in Quaderni del Veltro, Gianfranco De Turris, La
corrispondenza tra Julius Evola e Gottfried Benn, su centrostudilaruna, Gianfranco
De Turris, Profilo di Julius Evola, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo
moderno, Roma, Mediterranee, Registro degli atti di nascita di Roma, Archivio
di Stato di Roma Registro degli atti di
nascita di Cinisi, Archivio di Stato di Palermo
Registro degli atti di nascita di Cinisi, Archivio di Stato di
Palermo Registro degli atti di matrimonio
di Cinisi, Tribunale di Palermo Registro
degli atti di nascita di Roma Archivio di Stato di Roma Il Barone Immaginario Il Barone
Immaginario, Gianfranco De Turris, Ugo
Mursia Editore, Milano, Catalogus Baronum,
pagina Vanni Scheiwiller, Nota dell'editore, in Julius Evola, Il cammino del
cinabro, Milano, Scheiwiller); Julius Evola, Il cammino del cinabro, Catalogo
della mostra con tutte le opere in:
Grande Esposizione Nazionale Futurista, Milano, Le Presse, Claudio
Bruni, Evola Dada, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Roma,
Mediterranee. Julius Evola, Il cammino
del cinabro. Egli prende la terra come terra, pensa alla terra, pensa sulla
terra, pensa 'Mia è la terra' e si rallegra di ciò: e perché? Perché egli non
la conosce, dico io. L'estinzione vale a lui come estinzione, allora egli deve
non pensare all'estinzione, non pensare sull'estinzione, non pensare 'Mia è
l'estinzione', non rallegrarsi dell'estinzione: e perché? Perché impari a conoscerla,
dico io.” Lettere a Tzara, Roma, Edizioni Fondazione Julius Evola, Carlo
Fabrizio Carli, Evola pittore tra futurismo e dadaismo, su juliusevola. Claudio
Bruni, Evola Dada. Per un approfondimento: Vitaldo Conte, Maschere di Evola
come percorso controcorrente, Atti del convegno di studi "Julius Evola e
la politica", Alatri Emiliano Di Terlizzi. Luciano De Maria, Introduzione
a: FT. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori,Per un
approfondimento sulla produzione pittorica di Evola si rimanda a due cataloghi:
Evola e l'arte delle avanguardie. Tra Futurismo, Dada e Alchimia, Roma,
Fondazione Julius Evola, e Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte come alchimia,
mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Julius Evola, Il cammino del
cinabro. Poi ristampati sotto forma di antologia: Gruppo di Ur, Introduzione
alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, 1955. Per una trattazione esaustiva dell'argomento
si rimanda a Renato Del Ponte, Evola e il magico gruppo di Ur, Borzano, Sea R, Evola,
Il cammino del cinabro. Francesco Lamendola, Alcuni aspetti del pensiero
filosofico di Julius Evola. Fenomenologia dell'Individuo assoluto, Roma,
Mediterranee, Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino,
Giuseppe Gangi, Misteri esoterici. La tradizione ermetico-esoterica in
occidente, Roma, Mediterranee, Evola, Renato Dal Ponte , Meditazioni delle
vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, Francesco Demattè, Julius Evola,
Meditazioni delle vette, in Secolo d'Italia, Gianfranco De Turris, Biografia,
in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Julius Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Alain de Benoist, Julius Evola, reazionario radicale e metafisico
impegnato, in Julius Evola, Gianfranco De Turris , Gli uomini e le Rovine e
Orientamenti, Roma, Mediterranee, La scuola di mistica fascista. Scritti di
mistica, ascesi e libertà, Napoli, Controcorrente, Il fascismo quale volontà di
impero e il cristianesimo, in Critica Fascista, Silvio Bertoldi, Salò. Vita e morte della
Repubblica Sociale Italiana, Milano, Rizzoli, Roberto Vivarelli, Fascismo e
fascismi, in Nuova storia contemporanea, Evola stipendiato dal Duce, in
Avvenire, Marco Tarchi, Evola e il fascismo: note per un percorso non
ordinario, in Cultura e fascismo.
Letteratura, arti e spettacolo di un ventennio, Firenze, Ponte alle Grazie, Giuseppe
Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione, in Julius Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani
sotto il fascismo, Il Fascismo, saggio di un'analisi critica dal punto di vista
della Destra, Volpe, Roma, Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico
sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Pino Rauti e
Rutilio Sermonti, Storia del fascismo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, Giuseppe
Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione. Cfr. anche, sulla critica
allo stato educatore, Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Fascismo e Terzo Reich.
Gianfranco De Turris, Nota del curatore, in Julius Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Per un elenco completo delle collaborazioni giornalistiche:
Gianfranco De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su
Evola, Julius Evola, Il mito del sangue, Milano, Hoepli, Evola, L'esposizione
antiebraica di Monaco, "Il Regime fascista", Julius Evola, I testi
del Corriere Padano, Padova, Edizioni di AR, Franco Cuomo, I Dieci. Chi erano
gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, Milano, Baldini
Castoldi Dalai, Julius Evola, Il mito del sangue. Julius Evola, Il mito del
sangue. Il cammino del cinabro. Evola, Il cammino del cinabro, Franco Rosati,
Un pessimismo giustificato? Intervista a Evola, in La Nation Européenne, Renzo
De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Renzo
de Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Gianfranco
De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Edizioni Mediterranee e Vanni
Scheiwiller, Note dell'editore in Julius Evola, Il cammino del cinabro. Tale è
l'opinione di un'importante testata giornalistica italiana del tempo: Il
Giornale d'Italia (l'articolo è firmato
da Adone Nosari). Il rif. si trova in: Renzo De Felice, Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo, opAttilio Milano, Storia degli ebrei in Italia,
Torino, Einaudi, Francesco Germinario, Razza del Sangue, razza dello Spirito: Evola,
l'antisemitismo e il nazionalsocialismo, Torino, Bollati Boringhieri, Alberto
Lombardo, Razza del sangue, razza dello spirito, Centro Studi La Runa. Francesco
Cassata, A destra del fascism: profilo politico di JEvola, Torino, Bollati Boringhieri.
Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario. Evola e la leggenda
dell'antisemitismo spirituale, Catanzaro, Rubbettino, Furio Jesi, Cultura di
destra, Milano, Garzanti,Guido Caldiron, Un filosofo buono per tutte le destre,
in Avvenire, Furio Jesi. Luca Leonello Rimbotti, Linea, Massoneria e fascism: dall'intesa
cordiale alla distruzione delle Logge: come nasce una «guerra di religione»,
Castelvecchi, Julius Evola, Per un allineamento politico-culturale dell'Italia
e della Germania, in Lo Stato. Il cammino del cinabro. Fra queste la Piccola
Treccani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giorgio Bocca, La
Repubblica di Mussolini, Roma-Bari, Editori Laterza, Bruno Zoratto , Julius
Evola nei documenti segreti dell'Ahnenerbe, Roma, Fondazione Julius Evola, G. De Turris, Julius Evola. Un Filosofo in
Guerra, Milano, Mursia, Il cammino del cinabro, Fondazione Julius Evola, Una
biografia di Julius Evola, su Fondazione Julius evola. Gianfranco De Turris ,
Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi, Roma, Fondazione Julius Evola, Francesco
Carnelutti, In difesa di Giulio Evola, in L'Eloquenza, Julius Evola, Autodifesa, Roma, Edizioni Fondazione
Julius Evola, Pino Rauti, Evola: una guida per domani, in Civiltà, Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Evola,
Roma, Mediterranee, Gianfranco De Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, op. Julius
Evola, Razzismo e altri orrori (compreso il ghibellinismo), in L'Italiano, Gianfranco
De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola, Felice Pallavicini, Evola,
traditore dello spirito, in Corriere della Sera, Gianfranco De Turris , Elogio
e difesa di Julius Evola. Pino Tosca, Il cammino della Tradizione, Rimini, Il
Cerchio, La via romana, Centro Studi sulle Nuove Religioni. Julius Evola, Statuto
della Fondazione Julius Evola, su juliusevola, Riccardo Paradisi, Gli Arya
seggono ancora al picco dell'avvoltoio, in Giovanni Conti, Evola tascabile, Roma,
Settimo Sigillo, Amalia Baccelli, Ricordo dell'uomo, in Civiltà, //lastampa// edizioni/ aosta/la-nostra- fuga- dagli-sul-
monte-rosa- per- seppellire- le-ceneri-di-evola- Julius Evola, Franco
Freda Orientamentiundici punti, Padova,
Edizioni di Ar, Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Enzo Collotti, Il
fascismo e gli ebrei, Bari-Roma, Laterza, Alessandro Barbera , La biblioteca
esoterica. Carteggi editoriali Evola-Croce-Laterza, Roma, Fondazione Julius
Evola, Cesare Medail, Julius Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della
Sera, Cfr. la prefazione del testo
Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce, pubblicato dalla Fondazione Evola. Guglielmo Savelli, Cronache di un incontro
mancato. Gli ardui rapporti tra l'attualismo e l'idealismo magico, su
italiasociale.org, Stefano Arcella, Gentile amico e nemico, "L'Italia
Settimanale", Margarete Durst, Il contributo di Julius Evola
all'"Enciclopedia Italiana", in Il Veltro, Guido Calogero, Come ci si orienta nel pensiero
contemporaneo? Sansoni, Firenze, Alessandro Giuli, Evola-Gentile-Spirito:
tracce di un incontro impossibile, in Annali della Fondazione Ugo Spirito. I
volumi sono: Saggi sull'idealismo magico, Teoria dell'individuo assoluto,
Imperialismo pagano e Fenomenologia dell'individuo assoluto. Alberto Lombardo, Caro conservatore ti
scrivo, su centrostudilaruna, Si tratta del saggio Donoso Cortes in gesamteuropäischer
Interpretation, poi pubblicato in Carl Schmitt, Donoso CortésInterpretato in
una prospettiva paneuropea, Milano, Adelphi, Julius Evola, Ricognizioni. Uomini
e problemi, Roma, Mediterranee, C. Schmitt, Donoso Cortes Interpretato in una
prospettiva paneuropea, Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Giovanni
Damiano, Evola e l'utonomia del politico, Atti del convegno di studi "Evola
e la politica", Alatri, Emiliano Di Terlizzi, Antonio Caracciolo, Due
atteggiamenti di fronte alla modernità, in Antonio Caracciolo , Lettere di
Julius Evola a Carl Schmitt, Roma, Fondazione Evola. Essere e divenire, in
Julius Evola, Rivolta contro il mondo modern. Evola, infatti, oltre a Benn,
scrive a Guénon, Eliade e Schmitt e Jünger. Julius Evola, Il cammino del
cinabro, Lettere a Tzara, Roma, Fondazione Evola, Elisabetta Valent. In italiano Adriano Tilgher, Giulio Evola, in
Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra, Modena, Guanda, Gianfranco De Turris, Omaggio a Julius Evola,
Roma, Volpe, Gianfranco De Turris, Testimonianze su Evola, Roma, Mediterranee,Maura
Del Serra, L'avanguardia distonica del primo Evola, in Studi Novecenteschi, Pier
Luigi Aurea, Evola e il nichilismo, Palermo, Edizioni Thule, Piero Vassallo,
Modernità e tradizione nell'opera evoliana, Palermo, Edizioni Thule, Philippe
Baillet, Julius Evola e l'affermazione assoluta, Padova, Edizioni di Ar, Marcello
Veneziani, La ricerca dell'assoluto in Julius Evola, Palermo, Edizioni Thule, Gian
Franco Lami, Introduzione a Julius Evola, Roma, Volpe, Marcello Veneziani, Julius Evola tra filosofia
e tradizione, Roma, Ciarrapico editore, Roberto Melchionda, Il volto di
Dioniso, Roma, Basaia, Giovanni Ferracuti, Julius Evola, Rimini, Il Cerchio, Anna
Maria Jellamo, Julius Evola. Il filosofo della tradizione, in La destra radicale,
Milano, Feltrinelli, Piero Di Vona, Evola e Guénon. Tradizione e Civiltà,
Napoli, Società Editrice Napoletana, Marguerite Yourcenar, Incontri col
Tantrismo, in Il tempo grande scultore, Torino, Einaudi, Gennaro Malgieri,
Modernità e Tradizione, Roma, Settimo Sigillo, Tradizione e/o Nichilismo,
letture e ri-letture di "Cavalcare la tigre", Milano, Società
Editrice Barbarossa. Antimo Negri,
Julius Evola e la filosofia, Milano, Spirali, Luca Lo Bianco, Evola, in
Dizionario biografico degli italiani,
43, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, Marco Fraquelli, Il
filosofo proibito, tradizione e reazione nell'opera di Julius Evola, Milano,
Terziaria, Pablo Echaurren, Evola in Dada, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco De
Turris, Adolfo Morganti;, Julius Evola, mito, azione, civiltà, Rimini, Il Cerchio,
Elisabetta Valento, Homo Faber, Julius Evola fra arte e alchimia, Roma, Fondazione
Julius Evola, Renato Del Ponte, Evola e il magico "Gruppo di UR",
Borzano, SeaR, Sandro Consolato, Julius Evola e il buddismo, Borzano, SeaR, Delle
rovine ed oltre, saggi su Julius Evola, Roma, A. Pellicani. Gianfranco De
Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, il Barone e i terroristi, Roma,
Mediterranee,Adriano Romualdi, Su Evola, Roma, Fondazione Julius Evola, Giovanni
Damiano, La filosofia della libertà di Evola, Padova, Edizioni di Ar, Gigi
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Edizioni di Ar); Francesco Germinario, Razza del sangue, razza dello spirito,
Torino, Bollati Boringhieri, Patricia Chiantera Stutte, Julius Evola. Dal
dadaismo alla rivoluzione conservatrice, Roma, Aracne, Francesco Cassata, A
destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola, Torino, Bollati Boringhieri,
Giovanni Damiano , L'ora che viene. Intorno a Evola e a Spengler, Padova, Edizioni
di Ar, Sandro Consolato, Julius Evola trentanni dopo, Roma, I libri del Graal,
2004. Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte
come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Thomas Dana, Julius
Evola e la tentazione razzista, Mesagne, Sulla rotta del sole, Alberto
Lombardo, Evola, gli evoliani e gli antievoliani, Roma, Nuove Idee, Gianfranco
De Turris, Esoterismo e fascismo, Roma, Mediterranee, Hans Thomas Hakl, La
questione dei rapporti fra Julius Evola e Aleister Crowley, in Arthos, n. 13,
2006, 269-289. Gianni Scipione Rossi, Il
razzista totalitario, Catanzaro, Rubbettino, 2Marco Iacona, Il maestro della
tradizione. Dialoghi su Julius Evola, Napoli, Controcorrente,Alessandra
Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Marco Iacona, Julius
Evola e le vicende processuali legate ai Far (1951-54), in Nuova Storia Contemporanea,
Fabio Venzi, Julius Evola e la libera muratoria, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco
De Turris, Evola. Un filosofo in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore, Rene
Guenon, Lettere a Julius Evola, edizioni Arktos, Heliodromos, Speciale Evola,
Catania. Documentari Dalla Trincea a Dada di Maurizio Murelli. DVD dalla Società Editrice Barbarossa di Milano,
della durata di 101 min., che ripercorre il periodo artistico di Evola. Con
musiche di: Ain Soph, Kaiserbund, Roma, Wien, Zetazeroalfa. Pio
Filippani Ronconi, Reghini, Parise, Pitagorismo Tradizionalismo, Paganesimo,
Via romana agli dei, Fondazione Julius evola.
Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Rigenerazion
Evola, Centro Studi La Runa. Vatimmo, “Evola, un filosofo scomodo per tutti”; Approfondimenti
sul pensiero Francesco Rosati, Intervista a Evola, su juliusevola, Giovanni
Monastra, Evola tra la seduzione e l’aristocrazia. Michele Ognissanti, Luci ed ombre
su Evola, su salpan.org, Alberto Lombardo, Da Rivolta contro il mondo moderno a
Gli uomini e le rovine. Mario Polia, Linee per una critica al concetto di
tradizione in Evola, Giano Accame, Evola e la Konservative Revolution, Luca
Lionello Rimbotti, Evola così com'era, Vitaldo Conte, Maschere di Evola come
percorso controcorrente, Aleksandr Dugin, Astrazione e differenziazione in
Julius Evola, Opere dadaiste, futur-ism. 2artericerca. 29 dicembre . Interviste
Intervista a Julius Evola, su youtube 29 dicembre . Intervista a Salvatore
Tringali, su youtube Intervista a Gian Franco Lami, su youtube Quando Evola
intervistò il conte Kalergi, su rigenrazione evola. The Germans do not have the
concept of virility. Evola’s concept of ‘maschio’ is very complex – vir sums up
best. Julius Evola. “Giulio Cesare Andrea Evola”. Keywords: virilita. pitagora, roma,
origini di roma, romolo, romanita, virilita, pitagora canti d’oro, ercole, male
bonding, virilita, vir, Dioscuri, castore e policce, Weininger, Buehler,
homoerotic, intergenerational male bonding, tutor/tutee, hero, Aryan, European
– Roma, Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Evola," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Fabri:
(Spinata
di Brisighella). Filosofo. Grice: “I like Fabri; especially the ardour by which
he fought Duns Scotus – a furriner! – and his malignant influence on the
Continent – he was a thoroughbred Aristotelian, like me!” Insegnò a Padova.
Critica Pico e Galilei, in difesa di Aristotele, dell'unità della metafisica e
della separazione di matematica e fisica. Altre opere: Disputationes
theologicae de restitutione et extrema unction (Venezia). “Adversus impios
atheos” – PHILIPPI FABRI FAVENTINI ORD. MINOR. CONVENT.
Jn Universitate Patauina Olim Sacrae Theologiae Professoris EXPOSITIONES, ET
DISPVTATIONES In XII. Lib. Arist. MATAPHYSICORVM; QVIBVS DOCTIRNA IO. DVNS.
SCOTI Magna cum facilitate illustratur, [et] contra Aduersarior omnes tam
Veteres, quam Recentiores defenditur His Praeijt Auctoris Vita a MATHEO
VEGLENSI, Nunc Sacrum Theologiam in eadem Vniuersitate Publice docente,
Conscripta. Cum Duplici Disputationum, [et] Rerum Memorabilium Indice . Ad
EMINENTIS. ET REVERENDIS. PRINCIPEM D. Dominum FRANSCISCVM CARDINALEM
BARBERINVM S.R.E. Vicecancellarium. Il valore della
"Metafisica" di Aristotele e la distinzione delle scienze
speculative. In: Innovazione filosofica e università tra Cinquecento e primo
Novecento. Filippo Fabri. Filippo Fabbri. His comment on Aristotle’s
metaphysics is a gem. It’s divided in dissertatio – and chapters for each
little unit. The following should serve as kewyords. DISPVTATIO
PRIMA. contrarium solution cap, il Yorum appetitus addat aliquid supra
facultatem, cuius De Structura Metaphysicorum est appetitus, & idem de
concupicibile, & irascibile . cap. III P. 22 BIECTIO ' Adversariorum
Aristotelis contra scientiam Metaphy DISPVTATIO VIL sicorum . Cap. I Excellentia
Metaplıyl. explicatur. V trum inter omnes senſus magis senſum visus Cap. 11 diligamus,
o hoc quia vilusfaciat nos Excellentia Merappyf. inductine din magis scire .
scurrendo per diversas (ciencias, & questa varia pub. Cap. III pag. Is
Rationes, quibusallata propositio Aristoteli videtur Adraciunes Adversariorum
Arist. cap.1111 falla Declaratur alata propositio, & soluuntur rationes
DISPVTATIO II . adduciæ . cap . II DC Inscriptione, Сар. Рnicит, DISPUTATIO
VIII . DISPVTATIO II. Utrum in Brutis sit prudential. Utrum. Metaphys. sit
scientia subalternans, Cap. Quid sit dicendum reiectis opinionibus contrariis,
Рівіскі . cap. Vnicum . P. 34 DISPVTATIO IIII DISPVTATIO, VINNI . De Subiecte
Metaphysicorum. Utrum ex experimentis generetur ars, siue scientia. Aliorum
opiniones adducuntur, & reijciuntur, cap.1. Opinio Arist. & Scoti cum
suis fundamentis brevi. ter explicatiil'. cap . I P: 36 Vera Opinio cap.nl p.21
Obiectiones contra opinionem Aristot.ex! Antiquis Heraclito, Platone, &
Avicenna , & earum con DISPVTATIO. V. futatio, & Solutio . cap . II
Obiectiones aliorum contra quædam dicta in 1. cap. Vtrum ens habeat peras
causas, principia. & eorum solutio Vtruy verum sit quod expertus non habens
artein , Quid sit dicendum . cap. 1 p. 22 nec scientiam certius operetur
habente , & scienti. Obiectiones aliorum præfertim contra distinctionem
ang, sed inexpertè , formalçın soluuntur . cap. I I p. 22 DISPVTATIO X.
DISPVTATIO VI. Vtrum AEtiones sint circa singularia . vide lib.7. Vtrum illa
propositio Aristot. Omnes homines Diput. natura scire dederant, sit vera, de quo
auctitu DISPVTATIO XI. Opinio Thomist. & quorumdam aliorum adducitur, Vtrum
aliquis SENSVS INTERNVS dividat, come & refellitur ponat , a discurrat ,
Opinio Scoti, & eius Comprobatio, & rationum in P.38 Di OPERA 15 Opinietur
. Opinio D. Tho . ac Sectatorum refellitur, & Opinio Quid sit dicendum.c.
vnic. 02 Scoti explicatur.c. Vdic DISPVTATIO DISPVTATIO V. XII. Vtrum detur Regressus,
yorum obiectum per se sensus sit aliquid fub ra. tione singulariiatis. DISPVTATIO
VI. DISPVTATIO XIII . Vtrum sit ponere Stutum in omni genere catfitri ... ptrum
ad Metaphyf. pertineat cognoscere omnes Quæ fine causæ essentialiter ordinatæ,
& quæ acci. quidditates rerum in particulari. dentaliter, & quæ per se,
& quæ per accidés.c. 1,93 Resolutio quæstionis secund. Scotum . c.2 Aliotum
Opiniones adducuntur , & refelluntur. Obiectiones contrarationes Scoti ,
& Propoſitioné 49 Arift .& carundem folutio.c.3 Opinio Scoti explicatur
, & rationes in oppofitum Coluuntu. DISPVTATIO. VII. DISPVTATIO XIV . Vtrum
cauſæ ſecunde pendeant in sua causalitate ab aliis causis secundis
superioribus, vt Vtrum magis universalia sint difficiliora cogni agentia hæc inferiora
d cælo . DISPVTATIO Opinionibus Contrariis conſideratis, quid sit dicen X V.
dum Itatuitur. Quomodo Celum sit causa lucis, luminis, & caloris trum
metaphyſicæ sit scientia practica, vel Spe. permotum, vbi de generatione
caloris quoque culatiúl, ego idem de logica. agitur. c.2 Quid sit dicendum de
Metaphyſ. breviter explica- Quomodo Cçlu producat calore per lumé.c.z. SS Quid
sit dicendum de Logica DISPVTATIO VIII. SVPER LIBRVM SECVNDVM. Vtrum infinitum
possit à nobis cognolci. DISPVTATIO PRIMA . An poßit à nobis cognosci infinitum
esse in rebus Vtrum prima principia Complexa vel illud de quo- An intellectus
creatus poflit infinitum secundú quod libet perum est AFFIRMARE, VEL NEGARE, de
nullo infinitum cognoscere. Opinio Suarez cun fais amboſimul, sint nobis naturaliternota.
fundamentis Opinio allata reijcitur. Opinio Scoti explicatur, & ra Quid sit
dicendum. ciones in oppositum foluuntur.c.3 An A Genfus principiorum sit actus
distinctus ab apprehensione , & quædam alia dubia mota a Scoto SVPER LIBRVM
TERTIVM . in hac quæst.&non soluta, Coluuntur. DISPVTATIO PRIMA. DISPVTATIO
II. Utrum immobilitas sit causa efficiens, o finalis Vtrum difficultas cognoscendi
resfit ex parte intellectus, vel ex parte rerum cognoscibilium. Quid sit
dicendum breviter explicatur. cOpinio Averr. Thomist. & aliorum cum suis
fundamentis DISPVTATIO II. Opinio Scoti comprobatur, & allaræ refelluntir.
Vtrum genus prædicetur de differentia per se, Opinio Scoti explicatur ,
&rationes Aduerfariorum Quid sit dicendum. Cap. Vnicum ſoluuntur DISPVTATIO
III SUPER LIBRVM QVARTVM rio. DISPVTATIO PRIMA. Utrum substantiæ abstracta
immateriales possint cognosci secundum suas quidditates ab Vtrum ens uni-voce prædicetun
de Deare creaturis intelle &tu nostro pro Aatu iſto. Opinio Thomist.
adducitur substantia, e accidente: vbiquæ ad hancmate, & refellitur riam
spe &tent quæq; tractata sint explicantur, Thomist. responsiones refelluntur.
quædam observanda adduntur. Opiniones Auerr.Themistij, simplicii, &
Platonicorum, ac Avicennæ adducuntur, & refelluntur Utrum ců Univocatione
entis stet ANALOGIA An Analogum mediet inçer UNIVOCVM, & æquivocu. Explicatur
Opinio Scoti, & rationes in oppositum DISPVTATIO IIII DISPVTATIO II. .
Vtrum Privatio , Negatio sit ens rationis, In quo sit felicitas, & summum
bonum hominis se iundum Aristotelem, alios Philosophos. Opinio Aucrc.D. Thoin,
& sectatorium.c Cap. 2 soluuntur Opinio untur .C.2 IX . E Opinio Scoti,
& solutio rationum pro Adversariis DISPVTATIO IX DISPVTATIO 111 Vtrum
vniversale pro prima intentione sit in solo intellectu, an in rebus, a quo fiat,
ứ quid sit. Vtrum cognitionem negatio habeat ab affirmatione
diftinétamcuiformalitatem opponitur ., ca Status quæftionis aperitur, &
opinio Nominal. addu citur, & confutatur Quid sit formalitas Opinio Thomiſt
. & multorum aliorum adducitur, & Quomodo formalitas ſeù
conceptibilitas negationis refellicur.c.2 189 Te habeat ad formalitatein
affirinationis Opinio Scoti Quomodo privatio per affirmatione , & privatio
An intellectus agens, vel possibilis faciat universale, per positiuuin cognoscatur
solutio trium quæftionum à Porphirio excitata rum in Proemio Prædicabil. DISPVTATIO
IV. Rationes pro aliis opinionibus adductæ soluuntur. De ente rationis, e
fecundis intentionibus. DISPVTATIO X. An fir ens rationis, & quotuplex sit Quotuplex
sit ens rationis, Aliorum opiniones reijci Utrum verum ſit paſſio entis , &
quid fit Opinio Scoti explicatur , & rationibus primo capite DISPVTATIO XI
. addictis reſpondetur Quid fit ens rationis,& fecundaintentio. Opinio A.
Vtrum bonum sit passio entis, & quid sit liorum, & eorumdem confutatione
Quid sit ens rationis, & secunda intentio secundum DISPVTATIO XII. Scorú,
& quomodo formatur,& an formetur a voluntate, & fenfitiua potential
Vtrum preter vnum, verum, bonum den An: prædicametu undecimú debcat constitui,
in quo tur aliæ passiones entis entia rationis reponantur Quid sit dicendum
breviter declaratur . c . vnic DISPVTATIO V. DISPVTATIO XIII . virum ens habeat
veras paſſiones , cproprietates. Vtrum iftud principium ,impoſſibile eſt id
eniſimul Variæ opiniones cum eorum fundamentis eſje; non efje fit firmiſſimim .
Allara opinio refellitur Opinio Scoti explicatur, & rationes Aduerſarlorum
Veritas breviter explicatur, & quædam obicctiones ſoluuntur soluuntur
.c.vnic DISPVTATIO ATTO DISPVTATIO VI . XIV Vtrum propria paſio distinguatur
realiter vtrum hoc principium inpossibile est idem fimulef à Juo subiecto. fes
nonesse sit simpliciter primum principi um , e prima omnium dignitatum . Opinio
& Auerroiſt Nominal. quorumdam . breuiter reijcitur cum fuis , & opinio
fundamentis Thom. . Au principiun iſtud ſit diuerſum ab alijs principijs, &
explicatur.c. præſertim ab illo , de quolibet verum eft affirmare 201
velnegare.c.1 Allata opinio reijcitur, & opinio Scoti, quæ eft etiam Auert.
Comprobatur Opinio Allerentium primum principium ſimpliciter Rationes Aduerſariorum
foluuntur elle illud de quolibet verum ett affirinare ,vel nega Rationes
Aduerſariorum contra diftinctionem for re , retellitur. malem inter ſubiectuin
, & paflionem adducuntur, ConGdecancur opinio Antonij Andreæ, obiectiones
& foluuntur.C.4 176 Aduerfarioruin , & quæfituin reſolutur.c.3 204
DISPVTATIO V11. DISPVTATIO XV . V trum vnü quod eft paffio entis, dicat quid
poſitivi Vtrum inter contradictoria detur medium. Opinio Auicennæ reijcitur,
& opinio D.Thom .& re . Quomodo vera fit hæc propofitio , &
aſſertio , inter ctatorum explicatur cum ſuus fundamentis.c.1.177
contradictoria datur mediam explicatur , & ebie Opinio D.Thom . &
ſectatorum refellitar.c.2 179 ctiones quædamin contrario foluuntur. C.1.206 208
Opinio Scoti explicatur , & rationes pro Aduerſarijs Argumenta quædam
contraria toimuntur.c.2. foluuntur SUPER LIBRVM QVINTVM. DISPVTATIO VIII .
DISPVTATIO I. De Vnitate indiuiduali, seu de principio individuationis . Vtrum
cauſæ ſint tantum quatuor . Quierlain adduntur ad ea , quæ in Philoſopbia
naturali Quæ fit diffinitio propria principij, & caufæ , & quod dicta
ſunt de principio indiuiduationis contra Sua corum difcrimen. Suarez, &
opinio Scoti magis confir. Vtrum fint plura quá quatuor genera cauſarú ,vbide
caula XCII Di 202 D D INDE X. 1 c. 308 299 - . caufi fine quanon ,decauſa
diſpoſitiua , obiectiva cxemplaridiecimur.c. 2 Vera explicatio difficultatis
propofitæ ,& rationen in oppofitum folutio. Verum cauſa exemplaris fit
genas diſtinctuin caufæ à quatuorgeneribuscaularum pofitis ab Aristotelis. DISPVTATIO
VIII. C. 3 DISPVTATIO II. Vtrum caufe ſint ſibi inuicem cauſa . in quo
conſiſtat cauſalitascauſamaterialis, forma. Quæſtio breuiter reſoluitur,
&quædam obiectiones lis , efficientis . in contrarium foliuntur.c.vnico DISPVTATIO
IX. Opinio aliorum.com 237 Allatæ Opinio opiniones vera cuin luis refelluntur fundamentis,
& folutio racionú verum neceſſaria habeant caufam fui esse Aducrſariorum. DISPVTATIO
X. DISPVTATIO III. Vtrum ens diuidatur in decem prædicamenta per De cauſa
finali. modos prædicandi, vel per modos eßendi. Caula finalem ele caulam realem
, & caulam caliſa- Quid fitmodus rei, & quid modi intrinſeci, aliorum
fum opinionibus reiectis,explicatur.c. I 305 An finis caufct , & moueat
fecundum fuum elle rea . Opinio Scoti.c. 2 le, an secundum elle cognitum in
inente, DISPVTATIO XI . Antinis caulec Meraphorice ,vel efficienter Viruin
ratio formalis conftitutiua finis in proxiina di ſpoſitione ad caufandam
larbonitas tin:s,& Ancau Vtrumſecunda diuiſio vnius , quæ eft in vnum nu
lalitas tinis babeat lociun in diuinis actionibus, in mero, unum specie, unum
genere, & vnum propor mediis relationibus prusacion.bus, & in naturali
tione sit conveniens .bus DISPVTATIO XII DISPVTATIO IV. Vtrum plura accidentia
solo numero diucrſapoſfint De causa instrumentali ere simul in eodem fubie&
to Opinio D. Thomz, & Thomist., cum suis fundamen- Opinio Thoiniſt. cum
fuis fundamentis Alaca opinio celicitur, & opino Scoti explicatur, & conriimtur Allaca opinio refellitur ,
& opinio Scoti explicatur Obectiones quęd.ım ex Suarez adducuntur, &
folur Vtrum inſtrumenta Artium habcant vim activa n . tur, & ndiciva deeius
speratione fertir Plures relaciones diltiactis numcroelli dc facto in co Opinio
Scoti adducitur,& rationes Aduerſariorun , dei lubiecto contraaduerfarios
prob cap.adductæ Coluuntur Rationes Aduerfariorum primo capite adducte lol
muntur DISPVTATIO V. DISPVTATIO XIII . Vtrum onus effe &tus poſſit
prouenire à pluribus caufis. V trum propria ratio quantitatisſit diuiſibilitas.
Quaeslio quoad criamembra, & tres fenfus,breuitcr Diffinitio quantitatis
explicatur cxplicatur Virum quantitas molis fit entitas distincta à ſubstan .
Vtrum idem effectus poflit effe fimul a pluribus cull cia materiali, &
qualitatibusillius ſis totalibus eiuſdeni generis, & ordinis sive speci
Viruin ratio menſuræ fit ratio torinalis quantitaris.De principali quæfito , An
divisibilitas sit ratio esé . DISPVTATIO VI cutis quantitates Qienum fic excentio in quanticate , &
quomodo ina Anidem indiuiduum poſſit produci à diue'ſis agen Ten yenda dit.c.s
tibus , idem numero reproduci naturaliter. DISPVTATIO XIV. An idem effectus
poflit eſſe à pluribus saufis rotali bus divisim, seu Anidem indiuiduum numeio
por Vtrum punctum linea, superficies sint entia rear fit produci à diuerſis
agentib ila vel railonis , An idem numero tam in fubftantia, quam in acciden te
poflit reproduci naturaliter Opinio nominalium negantiuneſſe entiz realia cum
iuus fundamcntis. DISPVTATIO VII . Opin o alaia reiicitur, & finul appo.iti
, quod iint evtia rcalia, que elt com 10HS comprobitiir Vtrum cauſa
particularisin a&u, &ſuus effe &tius in aftuſimulfint, & non
fint :vel fub alio titulo . Opinio Sco: i , & folutio rationum in oppoſituin.
Vtrum caufa fitprior ſuo effectu Quorundam opiniones adducuntur,
&reijciuntur DISPV pas T Opinio Scoti cum fuis fundamentis. DISPVTATIO XV .
Rationes crietani contra hanc opinionem , & rationem Scoti so trum
quantitas discreta ſit proprieſpecies Opinio allata caietani cum suis fundamentis,
& re . quantiiati, sponſionibus refellitur Soluuntur rationes aliorum.c4
Opinio negatiua cum fuis fundamentis Allata opinio refellitur & oppofita
comprobatur , DISPVTATIO XX11 Opinio Scoti , & communis explicatur , &
rationes Vtrum ad relationem realem tria fuffi in oppofitum foluunturçiant ,
Virum in ſpiritualibus tie quantitas diſcreta , & in dili nis fit numerus Relationem habere cauſam efficientem, &
finalem, quæ sunt extrema & relationem multiplicari ad DISPVTATIO XVI multiplicationcm
fubicctorum , & potentialem el fercaliter diftinctam ab actuali. Vtrum
qualitas rectè diftinguatur in qua., De Distinctione fubiecti , &
fundamenti in relation tuor ſpecies ne .c.2 393 Vtrum fundamentum , &
terminus in relatione reali Proponuntur difficultatesquædam generales circa do
neccfiario diftingui debeant realiter. Vbi opinio ctrinam Ariftotelis de
qualitatis ipecicbus.c.de Gregorij, Auscoli, & Okan apperiuntur, & rejciuntur
Quid dicendum circa allatas difficultates DISPVTATIO DISPVTATIO XXIII, XVII. Vtrum
dentur Relationes extrinfecus ad V trum locus fit quantitas . menientes ,
Explicatur quęnio 2. Q.101.b. Scoti, vbi de distin- Opin o Scoti explicatur cum
ſuis fundamentis ctione loci, de existenia duorum corporum in eo dein oco
difertur , & obicctiones Aducrtariorum Rationes aliorurn adduantur , &
rcfelluntur retelluntur Locum non cfle vacuum , quamuis vacuum poflit da Rationes
allaræ foluuntur leteffe ipeciem quantitates Solutio argumentorum conrra
fecundam , & tertiam opinionem DISPVTATIO XVIII, DISPVTATIO XXIV. Vtrum
motus, tempus fint species quantitatis.VNICUMI. Vtrum una relatio possit fundari
in alia keliiione . DISPVTATIO XIX Opinio D. Thomæ cum ſuis fundamentis
refellitur, Utrum relatio distinguatur à fundamento , vbi de distinctione reail
, mondo, contra hea Opinio Scoti, & folutio rationum pro præcedenti opi
cenciures un puitur . nioneadductorum Opinio eorum , qui aſſerunt relationein
non distingui DISPVTATIO XX a fundamento. Opinio præcedenci capite allata,
& doctrina de ditın Virum tres modi relativorum sint reétè clione reali
Suarez iciclisur. allignati ab Aristotele. Opinio alionum allerenijum relaciones
non diſting.is realiter à fundamento. Anomncs relationes fufficienter
contineantur in his Opinio alioulin aflerenuun relationes eſſe idenirea a b
smodis Tejatiliorum.c. I liter cuin fundamento , led dittingu rationc addu Vuum
primus modus relatiuorum Git ſufficienter ani citur , & refellilur. gnaliis
Opiniones aliorum foluuntur Yorum lccundus , & tertilis modus relatiuorum
fic rectè aſiignatus.C.) DISPVTATIO XX. SUPER LIBRVM SEXTVM. Vtrum omnis
relatio contineatur in predica mento relationis , an rerò aliqui fint
DISPVTATIO PRIMA Transcandentales. Per quid scientia speculatina distingua.
Opinio aliorum qui allerunt relationes rationis repo tur à Practica . nu in
prædicamento relationis adducitur, & reijci tul Adversariorum ſententiæ; An
açtus intellectus sie Que tint relationes prædicamentales, & quæ tran
praxis adducuntur , & refellunur scendentales. Opinio Thomittarun a quo
habitus, & scientia di. catur practica cum lius fundamentis DISPVTATIO XXI.
Allaca opinio retellicur , & rationes pro ça Coluuntur, Virum relatiuum
terminetur ad ſuum correlatiuum . DISPV Scou one CRUCI DI De conexione virtutum
moralium acqui ſitarum inter fe . Opiniones aliorum refelluntirr.c.i SOI Opinio
D. Tho. & aliorum refelluntur. Opinio Scoti, & dolutio rationuin sos
DISPVTATIO X. DISPVTATIO III. Utrum scientiam sit una qualitas simplex. Opiniones
aliorum refelluntur, & opinio Scoti ex plicatur Verum ſcientia: n totalis
vt Philoſophia naturalis, vel Mertaph fit vna nuinero fimplex qualitas Opinio
D. Thomæ Opinio Suarez Quomodo opinio nominalium Gt vera, Relponſio caierani
retellitur Pugna inter Suarez & Vaſquez
DISPVTATIO IV De connexione virtutum moralium cum prudentia, Opinio
Henrici, & aliorum reijcitur , & opinio Scou ti explicatur CI sog
Opiniones Aliorum refutantur, & opinio Scoti con firmatur. i foluuntur . 6.4 vtrum trimembris diuifio.ſcientia
ſpeculatiuæ in DISPVTATIO XI . Phisicam Mathematica, de methaphysicam , fut
bona. Vtrum necesse sit ponere charitatem creatam for maliter inherentem naturæ
Beatifica Rationes quibus prædicta diuifio Arist, non vide Diſput. merè Thologica
, cur conueniens Resolucio Difficultatis, & folutio rationum. cap.z.
Homines iuſtificari per iuftitiam inherentem animæ pag. 460 formaliter, non
autem per imputatiuain , contra hæ feticos breuiter probatur DISPVTATIO V.
Opinio Magiſtri adducitur , & refellitur. Opinio catholica explicatur,
& comprobatur ex Do Vtrumfit necefle ponerein habiturationem (trina Scoti. principi
a &tiui reſpectu actus Quid fit dicenduin deſententia Magiſtri quo ad fubftantiam
. Rationes pro opinione Magiftri adductæ coluntur cos 531 Duiz opinioncs adducuntur,
& refelluntur.c. Opinio D. Thomæ Aureoli , & Durandi' refellitur .
DISPVTATIO XI R. Opin o Scoti explicatur, & probatur. Utrum gratia fit
virtus, quæ eſt charitas . Obiectiones contra opinionem Scoti adducuntur, &
469 Exponitur opinio D. Thomæ Vaum habitusgeneretur per a & tus, &
quomodo opi Allara opinio reijcitur. nio alioruni.cos 474 Exponitur opinio
Scoti, &rationibus aliorum tisaltir. DISPVTATIO VI . DISPVTATIO XIII. Vtrum
habitus moralis in quantum virtusſit aliquo modo principium aétiuum refpectu bo
Vtrum gratia fit in eſentia animæ tamquam in ſur nitatis in actu , biecto vel
in potentys . Opinio Scoti cum ſuis fundamentis. Exponitur opinio illorum qui
dicunt gratiain effe in Obiectiones caictani,& ipfius Scoti contra fe : c.
2 effentiam animæ.c , I 540 480 Rationes in oppofitum foluuntur DISPVTATIO :
XIV . Rationes caietani, & aliorum adducuntur, & refeilun 484 Virum in
patria remaneat habitus fidei . DISPVTATIO VII . Opinio aliorum refellitur,
& Scoti explicatur. cap. SAS De ſubię to babituum , DISPVTATIO XV. Opinio
Scoti defenditur , & comprobatur , C. vnic. pag. 486 De connexione vtrum
intelleétualium inter fe , & Moralium cum Theologicis , Theolo DISPVTATIO
VIII . gicarum inter fe . De subiecto virtutum. Quod fit dicendum. In quo
conueniant Scoti D Tho. & alij. DISPVTATIO XVI. Opinio ai lara refellitur,
& fimulopinió Scotiproba 492 Vtrum an anıma dertur alij habitus preter
virtue Opinio Scoti explicatur, & rationes aliorum ſolaun tes morales
intelectuales , C Theologicas. vbi de damnis Spiritus Sanéti beatitudi nibus ex
fruitibus, pofiiis a Theo IX . Logis differitur , b 2 Opinio 1 pag. cur.c.4
vnic. DISPVTATIO ill tio DIE llill. Opiniones aliorum
refelluntur Vtrum accidens in concreto primo ſignificet fubięz Opinio Scoti
explicatur.c .. čtum vt eft lub tali forina ; & an accidens in abftrą cto Gt
ens incompletum . DISPVTATIO XVII DISPVTATIO IV. Utrum angumentum cum
intentionefiat fema per per ačtum intenfiorem . Vtrum ſubstantia fit prior
accidente tempore Opinio D.Thomæ . c.1 . $ 57 Opiniones aliorum refelluntur Opinio
Scou explicatur. Opinio Scotiexplicatur , & aliorum ſoluitur DISPVTATIO
XVIII . DISPVTATIO V. De modo augumenti, & remissionis, & Utrum
substantia prior sit accidente diffinitione coruprionis -habitus Opinio Thomiſtarum
fefellitur .com ili Opinio aſſerentium in intentione habitus nihilpræ Opinio
Scou explicatum ibid . exiftentis habicusremanere , & eiuldem confutae
DISPVTATIO VI . Opino D. Thomæ , & aliorum refellitur Opinio Suarez
ieiicitur. y trum ſubſtantia fit prior accidente cognitione . Quomodo habitus
dimmuttur , & corumpitur.cap . Cina ini' 4 : S75 Subſtanțiam ,effe priorem
cognitione accidentibus DISPVTATIO XIX Vtrum de e ne per accidens detur
fcientia , DUI SPYT A FIO VIL Quid fit dicendum de ente per accidens quod
prijat Dediuigone ſubſtantiæ in primam , & ſecundam , & perlelden neut
a.c. cil 577 diferentiam inter prim.im fullt untiam , & ſuppoſi Deente per
accidens quod contingenter non neceta 653 fio caulatur. De comparatione primæ
subftantiæ ad suppositum, & ad lubfiftçocian leu perionalitatem DISPYTAȚIO
XX , Quomodo inteligaty wla propofitio , actiones funç uppulitoruim.c.3 651
Vtruinens verum debe at ſeparari a, confideratione Quomodo mielligatur Axioma
illud, actiones fins Merhapbojica . c.vnico lingubahuin.com SVPER LIBRVM
SEPTIMYM , Rick SPVTATIO vill, DISPVTATIO PRIMA. Vtrum formafit prior compoſito
: V trạm inherentia ſit de eſſentia accidentis. Aduerfariorum opinio fefélitur
, & vera comproba. 664 Quid fit dicendum de inherentia accepta pro per ſe
Rationes in oppofitum ſoluuntur.c.2 666 Tignificato , ieu pro accidentalitate
quæ circuit no nein piedicaincnta. DISPVTATIO IX . Quud lii dicendum de
accidente pro denominaco quod eit relatio . C.2 623 Vtrummateria ſitens, Vtrum
inherentia actualis fit de ejentia ac , DISPY TATIO cidentis abjoluti . V trữ
quod quid est sit idein chillo cüius ejt.c.1.667 Opinio Scoti, & aliorum
reiicitur.C.3 Inherenţiam actualem non ele de jellentia acciden- Explicatur
fenllis verus illius proportionis ,c.2. 669 usabloluti DISPVTATIO XI ,
DISPVTATIO II . Vtrum genita ex putri , “ſemine ſint eiufdem ratio y trum ens
finitum Prima ſui diuiſione diuida . 672 tur in dccem preurcamenta , o
qualisfit bac diuifio , Ü eius analogia DISPVTATIO XII Opiniones aliorum
adducuntar Vtrum Cælum in generatione animalium ex putri Allara opinioncs
refeliuiiur , & opinio Scoti expli materia ſit principale a cris . ibido
Callir.c.2 633 Au rationes adversariorum DISPVTATIO XIII DISPVTATIO III Vtrum
compositum per se generetur Veritas questionis explicain & opinio Scoti
defendi Vtrum accidens in ſe confideratum fit ens . tur .C.2 673 Rationes pro
aliis opinionibus foluuntur, & opinio Veritas aperitur confutata opinione aliorum
Suare , & Zimaræ diluuntur.c.3 675 DISPV : IS 1 ** 31 tur hos 624 nis DISPVTATIO
XIII : Opinio quorundam refellitur. Allaca opinio refelitur , opinio Scoti
explicatur, & ra De Ideis platonis an ſint Admittende. tiones in oppofitum foluuntur.c.2
720 Germina opinio Platonis. DISPVTATIO III . Rationes Arift . contra Platonem
, & solutio rationú in oppositum.C.2 691 De ſubie &to accidentium .
DISPVTATIO XV An hoc fit potentia qnæ lam paſſiua in . herens (abſtantiæ .
Vtrum forme niturales de potentia matteriæ educantur Opinio Thomiſt. refellitur
Opiniones illorum qui formas naturales produci ab Opinio quorumdam aliorum.c.2
725 agence leparatu, velab intelligentia vel a Celo ale runt.C.2 688 Vtrum poum
accidens poffit effe fubie &tum Opinio Sco.& Solutio rationum alterius
accidentis. DISPVTATIO XV I. Opinio Scoto , & folutio rationum . C.3 Vtrum
materia fit pars quidditatis re DISPVTATIO IV . rum naturaliuin . Vtrum ad
formationem prolis mater concurrat Quid sit dicendum . ci vnic. 694 active DISPVTATIO
XVII . DISPVTATIO V. 1 728 Vtrum fingulare ſitper ſe a nobis cognoſcibile.
Vtrum cælum fit compoſitum ex mate . rid , forni. DISPVTATIO XVIII . Næc Celum,
nec animam rationalem , nec Angelam eiſe compoſica exmateria , & forma
contra quoſ daw recentiores Scouſtas . C. Vnic. 731 Vtrum conceptus generis fit
alius à concept u diffe rentie , speciei.Thomiltarú , & aliorú opinio ,
& confutatio Opinio Scoto, & folutio aliorun. DISPVTATIO VI DISPVTATIO
XIX. Vtrum omnis creatura fit compoſita ex materia , como foruba , ex potentib
, autu Virum differentia diuifiuig? neris inferioris inclu . Opinio afferentium
omnes creaturas eſſe compoſi. dat differentiam gencris juperioris formaliter .
tas ex materia , & forın potentia & actu refellitur & opinio Scoti explicatur
Opiniones alioruin. Obiectiones A tucrinorum contra doctrinam alli Alata opinio
retellitur , & vin statutis.c. 733 cam Scoti lefel iniur, DISPVTATIO XX DISPVTATIO
VII . Virum universale sit aliquid in rebus.
DISPVTATIO Utrum ex materia, e forma fiat unum per se. Aliorum
opinionibus confutatis exponitur opinio Scou.c. Voici XXI Utrum in compoſito
ſubstantiali fint plures forme ſubſtantiales. 704 SVPER LIBRVM NON VM .
DISPVTATIO XXII . DISPVTATIO I. 1 Verum totum eſſentiale diſtinguatur a luis
partibus ; De diuiſione entis in potentiam , actum , in ef fimulfunptis. Seniamy
w exiſtentiam , SVPER LIBRVM OCTAVVM . Vitum potentia , & actus opponantur,
&quaoppo tucione ; vbi op.no Henrici de cflentia , & ex DISPVTATIO
PRIMA Itentia conturauir Opinio Thomiſt. de diſtinctione en is in potentia,
Vtrum in motu alterationis oporteat manere idem & actum retelitur , &
opinio Scoti explicatur . fubie &tum fiinpliciter ſub zeroq; terminorum ,
757 Rationes Aduerſariorum primo , &ſecundo capite Quid fit dicendum ,
& reſoluțio objęđionum in con adductæ foluuntur Obiectio ex Saclano,&corundem
reiectio DISPVTATIO II. DISPVTATIO 11 . Vtrum essentia, existentia in ente
creato actuanter onijiente distinguuntur. Utrum accidens sit compoſitum
intrixſece Eficntiam trariuin Blora afikas JIPEL " SI Essentiam, &
existentiam non realite , nec ratione c'tantum, sed formaliter distingui, &
opinionem Scoti elleveram defenditur . c. I Quid ſit exifteptia creaturæ ,
& an habeat aliquas cau DISPVTATIO I. Tās , & causalitates, & quædam
aliæ quæstiones de existentia enodantur Utrum verum ſit illud Axioma,primum
invnogue que genere eft metrum , o menfura omnium , que DISPVTATIO III. ſuntin
illo genere : y trum potentia ſuficienter diuidat!ır in actiuam , Quid Ge
menſura,& quæ conditiones eius vbi de du o paſiuam , earum diffinitiones
ſint ratione,de æternitate, & to , & aliis inenfuris agi reita
aſſignatæ . tul Verus intellectus propofitiAxiomatis Obicctiones cótra vtráq ;
partem adducútur Diuifionem potentiæ in actiuam, & pafſiuain eſte
DISPVTATIO II . difficientem , & diffiniționės vtriuſq; potenciæ ef de l'ecrè
allignatas Vtrum vnum , multa opponantur contrarie, vbi DISPVTATIO IV . de
paſſionibus entis agitur : 1 Firew.idem moreripoſſit à ſeipſo,velvt alij loquit
Quomodo vnum lic paflio ſimplex , & difuncta en tir' , Vtrum potentia
actiua , & paffiua jem tis, qualis fit diuitio entis in vnum , & multa,
& qua per ré , ú ſubiecto differant. lis ipforum oppofitio.c.vbic , 819
Opinio Thomiſt. & aliorum tenenrium parcein nega DISP V TATIO II.1 ) tiua
,nimirú ide à feipfo moueri non pofle Allata opinio refellitur V ti
un,ptáralitas ſei diuifibilitas fit prior Rationes pro Aduerfariis primo capite
a iductæ ſol vno , jer indiuiſibílı, oc. uunub. DISPVTATIO V. Quid fit dicendum
breuiter aperitur . c.vnic. Vtrum omnis potenti 1.fite tantum attina, veltātum
DISPVTATIO paliud ,vel aliqua fit fimul actiua, o pajuna . V trum à priuatione
ad habitum ſit poſibilis Quedamquæſtiunculæ de potentia tractaræ à Scoto
regreſſus jeù tranſmutatio : an hoclibro Nono breuiter explicantur ic. i 784
Eamdem potentiam poffe efle actiuam , & paffiuan Ruid fit dicendup .
c.ynic, i $ 23 nedyn selpecriducrforum ,led relpectu tuijpfi us , & quomodo
DIS P Y TATIO YA D'ISP V TATIO VI . Vtrum identitas abſoluta , a relatiua fint
eadem V tim potentia paſina diuidatur in potentiã notu . entitas an distinci e
realiter . i ralerno upernaturalé,jei obediétialé,a violétă . Opinio
Aduerſariorum refellitur cum ſuis fundansé Diftinctionem allatam eſſe de
potentia paffiua, non tis, & opinio Scoti explicatur, & prob.c.ynic,
8.24 actina. L'orenciain obedientialem acuvam non da. ri , & membra omnia
fecundum doctrinam Scori DISPVTATIO VI elle intelligenda . C. vnic. Vtrum idem,
& diuerſuin habeant inediú. c.vnic.DISPVTATIO VII . DISP V TATIO VII . V
trum aétus ſit prior potentia .. V triem media cõt: ariorū ſint cöpoſita ex
terninis : 10 cuo ſenſu ſit vera , & quid dicendum explicatur. Duæ
contrariæ opiniones adducuntur in propoſita DISPVTATIO VIII . questione , &
an duo contraria poflint elle in co. dem fubiecto.c.I 828 Vtrum actio fit in
agente, vel in paflor 791 Quid fit dicendum de vtraque, opinio allata , &
opiu nio Scoti explicatur. DISPVTATIO IX . Quodam alia adducuntur ad majorem
declaratione; Kanduio contaria in fumino de potentia Dei ab y trum differentia
,quam alignat Philofophus inter ſoluta pollint elle fimul. c.; potentias
rationales , e irrationales fit conuenienter poſita . DISPVTATIO VIII. Rationes
contra allaraw differentiam aßignatam ab Vtrum formæ ſubſtantiales formaliter repugnantes,
Anttotele opponantur oppoſitione contrarietatis . Resolutio quæstionis. Arguincita
primo capite adducta ſoluiuntur.C.3.794 Opinio aferens formas ſubstantiales
eſſe contrarias cțiin tus fundamencis. DISPVTATIO X. Fundamenta quædam pro
veritate inueftiganda , vbi de natura oppofitorum agitur. Utrum detur aliquis
aétus malus in voluntate ſine Solutio principalis dubitationis, & rationes
pro pri vlla ignorantia in inielletin maopinione DISPUTATIO IX. Obiectio quid
tun'ex Scoto ipfo ,& ex recentioribus aduerſus ſecundam partem quartz
conclufionis fit l'trum corruptibile , e incorruptibile differant perius
probatæ , probans rarionc naturali pode de pluſquam genere monftrari Deum
eſtepropriè omnipotentem ,reij. Citur SVPER LIB. VNDECIMVM . Alixrationes exrecentiotibiis
ad idem adducuntur, & foluuntur. DISPVTATIO PRIMA. An verum sit Deum posse
saccreomze illud , quot non implicat contradictionem. Vtrum primæ quatuor
qualitates fint for , An Deus ponit facere fimul omnia quæ poteft , & an me
ſubſtancialeselementorum . poſit facere in infiniçum Opinio affirmatiua cu
niluls fundamentis DISPVTATIO VIII . i Fundamenta pro opinione Græcorum.c Primaratio
contra opinionem Græcoram adduci- vtrum potentiæ in Deo diſtinguatur abtur.C.3
tia ,& voluntatealiquomodo,fie cius fcien Aliæ rationes ad idem . C.4 8.46
Intellectum , &voluntatem detur potentia efe Quædam ali rationes ad
idem.c.s 848 cutiua in Dco , quid in Angelis . 0 Solutio rationum in oppoſitum Deopinione
Auerroes.c.7 , s'agi ! 855 Opiniones aliorum cum fuis fundamentis.c.r924
Explicatio opinionis Scoti ; & confutatio aliarum DISPVTATI II Vtrum
generatio , corruptio fiant in inftanti DISPVTATIO Opinio áfferentium
ſubſtantiam ?ſucceſſiuélgenera. Quid comprahendati fub'obie & o
omnipotentiæ : ricum ſuis tuntamientis Opinio allata refellitur , & omnem
generationem An omnipotentia se extendar'adactis notionales ſe ſubſtantialem
fieri in inſtanci cum Arift.defendi cundum Theologos . cLimas. Anomnipotentia
fe extendat ad creationem Angelo Rationes aduerfariorun foluuntur . C32.862 :
rum , & quid fit dicendum fecunduin Theologos, 00061: Jorcu & quid
fecundum Philosophos.c.2 SVPER LIB. DVODECIM VM . Lupe pie DISPVTATIO X.
Disputatio Vtrum Deusfit ſimplex, & omnis creatura ſit com DISPVTATIO IV .
politan. Utrum omnis productio , velindu &tio cuiufcumque DISPVTATIO XI.
forma sit univoca , ſoue à fuo ſimili perrun solum Deus sit inmutabilis. Quid
sit dicendun aperitur. Rationes in oppositum foluantur, & quomodo meti13
Deum in ſe ele irmutabilem probatut rationibus fit caula caloris Philofophorum,
& Theologorum.co.Analiquid aliud á Deo habeat immutabilitatem , DISPVTATIO
V IWA quid lenſerincPhilofophi Obiectionescontradeterminata tisperivis, &
opinio Vtrum animarationalis it'immortalis . eorum, qui dicunt Deum agere
libere ad extraie cundum Philosophos, & endem confutatio DISPVTATIO VI Rationes
pro' opinione Philoſophorum , quod Deus Venum detur vnum primum ens infinitum ,
quod eſt agat necefario ad extra ,& quod dcntiraiiqua ca Deus,in qua
rationibusnaturalibus demonftratiuis tia ex fe neceffe eiſe ,adducantur , &
eadein opinio proceditur , contra Atheiſtas. retelliill's Cof Quædam præambulæ
conclufiones ad probanda'n Deum effe immutabilem quoad intellectun, & volú
primamens ex triplici primitate prædicta elle in tatem , & quomodo. finitum
præmittunur. Rationes pro Philofophis foluuntur. Primum ens triplici primitate
præmiffa effe infinitú Quæ virtutes cx ijs que conſequentar voluntatein $ erat
fecundum principale intencū prob.c.7 . 399 Tint in Deo. Rationes D. Thom .
& aliorum , quibus probant Deā elle infinitum ,adducuntur, &
reijciuntur. DISPVTATIO XII DISPVTATIO VII . V trum dctur infinitum actu in
permanenti bis , c filceclivis . Vtrum Deum eſſe omnipotentem poſſit natnrali
ratione , neceſjaria demonſtrari . Status queſtionis , & rationes quaſdam
recentiorü , quod mundus non pocucrit elle ab æterno , non có Explicatur
çitalis quæftionis , & quid fit dicendan. cludcre oftendicar , c . 960
quoad demonſtrationem propter quid. Opmio eorunqai affcrun dari infinitum aétu
tam Quid dicendum quoad demonftrationem quia , tam in permanentibus,gratia
fuccelifuis adducitur , & fecundum Philoſophos , quam fecundum Theolo
reijcitur & quoinodo diſcrepent Philosophi à Theolo . Pofitio Scoti, &
folutio rationum in contrariain . gis DDISPVTATIO XXVI. DISPVTATIO XIII. Vtrum attributa diſtinguantur
inter ſe , ab eſſentia Dei DISPVTATIO XIV, De voluntate Dei. Aſignantur loca in
quibus præcipuię difpufationes pertinentes ad voluntatem Dei ab Auctore tracta
. tur, & oftenditur Deum amare le , & alia extra ſe , & quomodo .
Caput Vnicum . i DISPVTATIO XXVII Utrum Deus fit Immenſus. DISPVTATIO X V. An
voluntas Dei semper implicatur
DISPVTATIO XXVIII. INDI Diſputatio primacontra Atheos. DISPVTATIO XVI.
Diſputatio ſecunda contra Atheos . DISPVTATIO XVII . An Deus contingenter velit
, & eius voluntas abalie quo determinetur. DISPVTATIO XXIX. Diſputatio
tertia contra Atheos. De alijs fubjt antiis.è prima distinctis. DISPVTATIO
XVIII. Naturalitatione porce probari dari ſubftantiasabſtra & tas , &
rationes in oppofiuum efle nullas Diſputatio quarta contra Atheos. DISPVTATIO
XIX . Si Aristoteles demonstravit Mundum elle æternum Devi DISPVTATIO XXX . DISPVTATIO
XX . Utrum Angelus, Anima rationalis dif ibi serant specie, OS Opiniones
aliorum . Opinio Scoti, & AnimcellectualitasAngeli , & Ani mæ
rationalis ſpecie diſtinguantur , &An potentiç ſpecie diftinctæ poflint
veulari circa idem object. Utrum primum cælum moueatur immediate a primo motore
DISPVTATIO XXI DISPVTATIO XXXI. Utrum
Philosophus posuerit omnes intelligentias ejse vigoris infiniti. DISPVTATIO
XXII. Utrum Anima intellectiva in corpore habeat pro priumeße existentiæ
diſtincim ab elle compos Jiii , len vtaly ducuntsAn in corpore fubfiftatvel vt
quo , vel vt quod . Opinio D. Thomæ ratiqpibus Scoti confutatur , &
eiuſdein ſententia explicatur , cap.I Defenſio Thomiliarlim . cap . 2 Allata opinio
refellitar , cap.3 Virum Cælum ſit animatum. DISPVTATIO XXIII. Utrum Deus sit
invisibilis, incompræbensibilis, & ineffabilis. DISPVTATIO XXXII Nils An Deus
fit viſbilis oculo corporeo, & quid de his tribus attributis sit dicentum.
DISPVTATIO XXIV. Urum separatio Anime rationalis a corpor , cu Status animæ
rationalis exiia corpus violenter, an naturaliter.compeiani animæ rationali ;.
Opinio Thomiftarum , & Sequaciun cum liris fun damnentis Opinio Scoti
explicatur , & præcedens refellitur . cap.2 V trum Dcus ſit ſubstantia
viuens intellectua lis , felicissima Attributa prædicta competere Deo probatur
DISPVTATIO XXV. DISPVTATIO XXXIII De scientia dei. Utrum omnes potentiæ animæ
rationalis inſint anim & icparita Quid Git dicendum de Vegetativa, &
Sensitiva , reiecta opinione affirmativa. cap . Vnic. Quomodo scientia ponatur in Deo, quomodo
Intellectus, Intellectio, & intellectuin in eo sint idem An scientia sit de
cilentia Dei in primo modo dicendi per se Vtrum secundum Aristotelem Deus
habeat cognitio nein aliarum rerum extra se. DISPVTATIO XXXIV. De cognitione
animæ separate. An anima separata cognoscat quidditates, & res, quas
coniuncta cognoscebat, & quid dicendum reiectis opinionibus opposiris. Filippo
Fabri. Filippo Fabbri. Keywords: The 34 disputationes. Galilei, Pico,
aristotelismo, anti-aristotelismo, platonismo, l’unita della metafisica,
distinzione tra matematica e fisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fabri” – The
Swimming-Pool Library.
Fabro
(Flumignano). Filosofo. Grice: “I like Fabro; my favourite of his
essays is on Giorgio Hegel, “La dialettica,” which is really about Socrates and
Alcibiades! My Athenian Dialectic which I turned into Oxonian!”. Studia al
seminario degli stimmatini. Si laurea a Roma sotto Reverberi con “Il concetto
di ‘causa’” e la critica di D. Hume. Insegna a Roma. Si dedica quindi allo
studio della biologia filosofica. Pubblica “La partecipazione”. Insegna a Napoli
e Perugia. Si inscrive nell'alveo della neoscolastica, o, più precisamente, del
neotomismo. Il suo apporto più profondo alla metafisica classica, sulle orme di
san Tommaso d'Aquino, è la distinzione reale tra "essenza" e "atto
d'essere”. È questa tesi che lo porterà a riconoscere con sicurezza le
debolezze e le aporie dall'immanentismo del cogito cartesiano, che sfocia
ineluttabilmente nell'ateismo. Trova l'origine dell’ateismo in Cartesio e Spinoza,
nasce nel concetto di "immanenza" contro "trascendenza”.Critica
Severino e Rahner. Valorizza l’esistenzialisto anti-idealista di Kierkegaard. Altre
opere: “Partecipazione in Platone, Aristotele e Aquino, S.E.I., Torino);
“Neotomismo” Piacenza) “La fenomenologia della percezione, Vita e Pensiero,
Milano); “Percezione e pensiero, Vita e Pensiero, Milano), “L’esistenzialismo,
Vita e Pensiero, Milano); “Esistire” (Vallecchi, Firenze); “Dio” (Studium,
Roma); “L'Assoluto nell'esistenzialismo” (Miano-Catania); “L'anima” (Studium,
Roma); “Dall'essere (essuto, suto) all'esistente” (Morcelliana, Brescia); “Il
Tomismo” (Desclée, Roma); “Hegel: La dialettica, La Scuola Editrice, Brescia);
“Partecipazione e causalità, S.E.I., Torino); “Feuerbach-Marx-Engels.
Materialismo dialettico e materialismo storico (La Scuola Editrice, Brescia); “L’ateismo”
Studium, Roma); “L'uomo e il rischio di Dio, Studium, Roma); “Esegesi
tomistica, Pontificia Università Lateranense, Roma); “Tomismo” Pontificia Università
Lateranense, Roma); “La svolta antropologica di Rahner” (Rusconi, Milano); “L'avventura
del progressismo” Rusconi, Milano); “La fede di Kierkegaard” La Scuola
Editrice, Brescia); “La trappola del compromesso storico: da Togliatti a Berlinguer,
Logos, Roma); La preghiera” Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); “L'alienazione
dell'Occidente. Osservazioni sul pensiero di Severino, Quadrivium, Genova); Momenti
dello spirito I, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», AssisiS.
Damiano; Momenti dello spirito II, Sala Francescana di cultura «P. Antonio
Giorgi», Assisi S. Damiano); Aquino, Ares, Milano); La libertà, Maggioli,
Rimini); Gemma Galgani), Il sopra-naturale, Cipi, Roma); L'enigma Rosmini,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli); Le prove dell'esistenza di Dio, La
Scuola, Brescia); Commento al Pater Noster” Pontificia Accademia di San Tommaso
d'Aquino, Città del Vaticano); Cristianesimo, L'Aquila, Japadre). Essere e
libertà. Studi in onore di Cornelio Fabro, Maggioli, Rimini); Giuseppe Mario
Pizzuti , Veritatem in caritate. Studi in onore di C. Fabro, Ermes, Potenza); Rosa
Goglia, La novità metafisica in Cornelio Fabro, Marsilio, Venezia); Federico
Costantini, Fabro e il problema della libertà, Forum, Udine); Elvio Celestino
Fontana, Fabro all'Angelicum, EDIVI, “Segni (EDIVI) Fabro e l'Esistenzialismo, EDIVI, Segni. Rosa
Goglia, Fabro. Profilo biografico, cronologico, tematico da inediti, note di
archivio, testimonianze, EDIVI, Segni, . Ariberto Acerbi , Crisi e destino della
filosofia. Studi su Fabro, EDUSC, Roma, . Note
Goglia, Rosa, Fabro : profilo biografico cronologico tematico da
inediti, note di archivio, testimonianze, EDIVI, Kierkegaard Neotomismo Ateismo. Fondo Fabro
presso la Biblioteca della Pontificia Università della Santa Croce., su pusc. Cornelio Fabro. Keywords. essere, e, essente,
esuto, suto. L’uomo allo specchio. Dialettica di hegel, tomismo, essere atto
d’essere – immanenza – trascendenza -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fabro” –
The Swimming-Pool Library.
Faggin
(Isola
Vicentina). Filosofo. Grice: “I like Faggin: he is obsessed with love; he
translated Fedro, he selected some passages from the Roman philosopher Plotino
and titled it, implicaturally “Dal bello al divino,” but surely for Plotino,
via hypernegation, the divine IS beautiful – and finally, being an Italian, he
became interested in “Dutch Protestantism” – “il Pellegrino cherubico”!” Si
laurea a Padova sotto Troilo. Insegna a Padova, Bassano del Grappa, Campobasso,
Vicenza. Studioso del platonismo, della
tradizione mistica e dell'occultismo, commenta le Enneadi di Plotino. Altri
suoi lavori riguardano Meister Eckhart e la mistica medioevale, Schopenhauer,
la stregoneria e l'occultismo rinascimentale.
Altre opere: “Van Gogh, Padova, CEDAM); Plotino, Milano, Garzanti); “Eckhart
e la mistica” Bocca, Milano); “Schopenhauer: il mistico senza Dio, Firenze, La
nuova Italia); “Le streghe: trentatré incisioni dell'epoca, Milano, Longanesi
& C.); “Gli occultisti dell'età rinascimentale, Milano, Marzorati); “Storia
della filosofia: ad uso dei licei classici, Milano, Principato); “Dal
Rinascimento a Immanuel Kant, Milano, Principato); “La filosofia antica”
(Milano, Principato); “Diabolicità del rospo” (Vicenza, Neri Pozza); “Dal
Romanticismo alla scuola di Francoforte, Milano, Principato); “Enneadi” Milano,
Istituto Editoriale), “Sulla libertà del volere”; “Sul fondamento della morale”
(Torino, Boringhieri); Eckhart, Trattati e prediche, Milano, Rusconi); Inni
orfici, Giuseppe Faggin, Roma, Āśram Vidyā). Giuseppe Faggin. Keywords:
philosophy of the toad – rospo – l’orfismo nella Roma antica; filosofia antica
– l’antico nel rinascimento italiano – occultismo – misticismo – protestantismo
italiano – Italia contro Roma. Fedro – Dal bello al divino – Il peregrine
cherubico – l’arbero come simbolo – il fuoco come simbolo – la luce come
simbolo – canti orfici – sul bello -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Faggin” –
The Swimming-Pool Library.
Falamonica – (Taggia). Filosofo. Grice: “It seems
every philosopher has a catabasis – as Eneas did!” “Falamonica spends a
‘stagione’ in hell, too!” -- “I do like Falamonica – the way he makes
‘Aristoteil’ rhyme! “E vidi alfin colui, che fra’ mortali / più degno par di
tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e batter l’ali; / dico
Aristotil.” – Grice: Falamonica is interesting: there is Socrates teaching
Alcibiades, and Socrates teaching Plato, and Plato teaching Aristotle, and
Aristotle teaching Alexander!” Figlio di Pancrazio Falamonica Gentile e
Violantina Piccamiglio. Venne in contatto coll’astrologia. Compose i Canti,
poema dottrinale in terzine di 42 canti, chiaramente derivato dalla Commedia di
Dante. Grice: “It is a fun philosophical comedy: “E vidi alfin colui, che fra’
mortali / più degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e
batter l’ali; / dico Aristotil.” Opere: “Canti. Dizionario Biografico degli
Italiani. Falamonica. Bartolomeo Fallamonica Gentile. Keywords: parodies of the
Divine Comedy, Raimondo Lullo, Bruno e Lullo, il libro dell’amante e
dell’amato, ars amative. Commedia filosofica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Falamonica” –
The Swimming-Pool Library.
Falciglia.
(Salemi).
Filosofo. rice: “I like Falciglia; for one, he took dialectic seriously, as any
Aristotelian does! So he wrote on sensus compositum, on ‘definitio,’ on
‘demonstratio,’ and he even ventured on moral philosophy – in a nutshell, the
perfect Aristotelite!” -- Studia a Salemi
per essere poi trasferito a Padova per proseguine negli studi sotto Paolo da
Venezia e Giovanni di Cipro. Insegna a Siena, Bologna, Rimini. Altre opere: “Statuta
pro conventu Parisiensi”; “De sensu composito”; “De medio demostrationis” , “De
sophistarum regulis, Terminorum moralium, tractatus singularis, Definitiones et
additions super constitutions, necnon formularium et privilegia ordinis -- Dizionario
biografico degli italiani. Grice: Falciglia’s “De sensu composito” should not be mistaken with “De sensu composito et
diviso” by another Philosopher – Paolo di Pergamo -- Giuliano Falciglia.
Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Falciglia” – The Swimming-Pool
Library.
Falzea.
(Messina). Filosofo. Grice: “I like Falzea; for one he applies
Apollonian principles to H. L. A. Hart’s analysis of ‘discorso giuridico’ –
alla ‘discorso musicale’ – after all, there is ‘armonia’ in justice!” – Si
laurea sotto Pugliatti a Messina. Insegna a Messina. Lincei. Sua costante
preoccupazione è stata quella di integrare, sempre ed opportunamente, la
prospettiva astratta logico-formale e filosofica con quella pragmatica del
diritto mirante a fornire quel necessario ordine giuridico indispensabile alla
co-esistenza pacifica di vita materiale, vita spirituale e vita sociale. Fra i
suoi maggiori risultati, la centralità della nozione dell’’intersoggettivo”,
“l’interazione” – “l’interpersonale” -- pensato sia astrattamente che in
relazione alle correlative persone la fondazione di una etica giuridica e
l'elaborazione di una assiologia del diritto, frutto rispettivamente della sua
incisiva indagine critica ed ampia comprensione concettuale delle nozioni di
”valore“ da porre, al centro della sua filosofia giuridica, assieme a quello di
“interesse” (cf. Prichard), e di “categoria giuridica” formale, quali nuclei
fondanti del corpus dottrinario della giurisprudenza. Da qui, la constatazione
di principio secondo cui “il giuridico”, nella sua accezione più ampia come
fatto storico-sociale dinamico e non statico, si analizza nelle sue due
componenti principali, quella ”formale“ e quella “materiale”, da considerarsi
sempre in un reciproco, razionale equilibrio co-relativo garante di quella
realtà umana fattuale del interesse e del valore. Il perno epistemologico
dell'impianto teorico, quale presupposto ineludibile per l'esistenza di un
qualsiasi “stato di diritto”, è quello che fa leva sull'imprescindibile ruolo
formalizzante che ogni determinazione giuridica cogente deve avere nel
catturare, indi razionalizzare (forma), quel nucleo affettivo-emotivo (materia)
insito in ogni fatto umano consuetudinario della vita. Il diritto, come realtà
assiologica, è quella naturale concezione cui si perviene allorché si abbandona
quella riduttiva visione formalistica ed astratta della giurisprudenza la
quale, invece, deve guardare alla realtà fattuale ed alle sue dinamiche
complesse e multi-fattoriali, ai suoi contenuti pragmatici, di valore ed d’interesse.
Da qui, la necessaria interdisciplinarità cui deve sottostarepur mantenendo la
propria autonomia la costante giurisprudenza per non cadere in un anacronistico
e sterile formalismo privo di materia. La forte, quasi esasperata dimensione
teoretica (ma mai grettamente dogmatica) espressa non solo da un punto di vista
meramente logico-formale ma sempre contestualizzata alla variegata
problematicità e storicità della realtà umana, si evince, in tutta la sua
evidenza, dagli scritti dedicati ai problemi di teoria generale del diritto,
affrontati, oltre che in alcuni suoi lavori monografici, in certe voci la lui
redatte per l'Enciclopedia del Diritto, sì da costituire dei classici della
letteratura giuridica contemporanea: fra queste, accertare, apparire, efficacia
giuridica, fatto giuridico. Fra i molti contributi dati da Falzea
all'elaborazione teorica dell'ordinamento giuridico, in raccordo a quanto detto
sopra, degno di nota è l'aver egli richiamata l'attenzione nella voce ”I fatti
del sentimento“, sulla scia di parte del pensiero di Pugliatti sulla rilevanza
giuridica del sentimento, inteso non come un principio generale
dell'ordinamento, bensì come un vero e proprio sentimento soggetivo ed
intersoggetivo – shared feelings -- fattualmente rilevante per l’interazione
interpersonale, che la norma giuridica, specie quelle del diritto civile,
classificano come un valore positivo, da rispettare dunque, o negativo (“disvalore”),
da reprimere invece. Da questa presupposizione quindi, con metodo
contraddistinto da ampiezza dell'indagine storica e improntato al rigore
concettuale, consegue uno dei suoi maggiori risultati, riguardante l'analisi
del concetto generale di diritto, quale diritto positivo, cioè effettivamente
vigente, incardinato entro un sistema assiologico fondato su un ordine
razionale intersoggetivo che rispetta il valore di una determinate intersoggetivo
in un assegnato luogo ed in un certo tempo (storicità del diritto), secondo una
scala della loro importanza. Quest'ordinamento razionale è un tratto distintivo
sia del sistema intersoggetivo che dei suoi sottosistemi, fra i quali
preminenti son oil sistema di comunicazione, e quello giuridico, che è il
sistema normativo attualizzato dell'interazione. Da questa prospettiva, anche
sulla base di un parallelo analogico-concettuale con la struttura della logica,
perviene, tra l'altro, ad una elementare quanto fondamentale distinzione meta-giuridica
fra teoria generale del diritto e dogmatica giuridica, argomentando
solidamente a favore della tesi per cui la teoria generale del diritto opera ad
un livello superiore di generalità rispetto a quello in cui si colloca la
dogmatica giacché quest'ultima è sempre inerente a diritti positivi
storicamente attualizzati, oggetti di studio della teoria generale che, in
quanto tale, non discende dunque da alcun diritto positivo particolare, e
quindi neppure dalla dogmatica. La teoria generale del diritto è piuttosto
riflessione meta-teorica su quei particolari sistemi vigenti di diritto
positivo, sistemi che verranno quindi interpretati speculativamente e spiegati
razionalmente (interpretazione giuridica) tramite metodi centrati sulla
individuazione e ordinazione concettuale. Solo in questi termini, si può allora
più propriamente parlare di ”filosofia del diritto”. Altre opere:
“L’intersoggetivo giuridico” Dott. A. Giuffrè Editore, Milano);
“L’intersoggetivo giuridico, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); La separazione
personale, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); L'offerta reale e la liberazione
co-attiva del debitore, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Il fatto naturale,
CEDAM-Casa Editrice Dott. Antonio Milani, Padova); Voci di teoria generale del
diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Il gene giuridico” Dott. A. Giuffrè
Editore, Milano, Introduzione alle giurisprudenza filosofica”. “Il concetto di
diritto” Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Teoria generale del diritto, Dott.
A. Giuffrè Editore, Milano,Ricerche di teoria generale del diritto e di
dogmatica giuridica, Dogmatica
Giuridica, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,
Scritti d'occasione, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano. giuscivilista. Il civilista. Il nesso fra la
fattispecie, ossia la premessa normativa (ovvero, il caso particolare
fattuale), e la conseguenza, ossia il suo possibile effetto giuridico. norma giuridica Diritto e interpretazione.
Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto. Il diritto può essere consuetudinario.
consuetudine. Antropologia giuridica. diritto civile, Oltre il ”positivismo giuridico“,
regola giuridica. Motivi volontaristici e imperativistici sono presenti nel
pratico e volitivo spirito dei romani. Nemmeno tra i romani tuttavia troviamo
formulate dottrine filosofiche che si propongano di ricondurre compiutamente il
diritto alla volontà o al comando. Il lato imperativistico del diritto emerge
piuttosto in singole tesi o massime di giuristi. Si ricordi il noto passo di
Modestino riportato nel Digesto: « Legis virtus haec est: imperare, vetare,
permittere, punire" (D. 1, 3, 7); o l'altro detto, di Ulpiano, ancora piu
indicativo sotto il profilo volontaristico che sottolinea l'importanza della
volonta del sovrano per la validita della legge: "quod principi placuit
legis habet vigorem" (D. 1, 4, 1). Ma le espressione forse piu
significative si trovano in un luogo di Gaio, nel quale egli, dopo aver
distinto varie fonti del diritto romano, le caratterizza cosi: "Lex est quod
populus iubet atque constituit. Plebiscitum est quod plebs iubet atque
constituit ... Senatusconsultum est quod Senatus iubet atque constituit"
(Gai 1, 3, 5). Il rapporto regola giuridica-commando risulta ormai fissato in
maniera esplicita, mentre e IMPLICITAmente enunciato il rapporto tra il comando
(iubere) e l'imperativo (constituere). Rientra in questa configurazione
volontaristica e imperativistica del diritto la concezione della consuetudine
come iussum populi, un comando del popolo alla stessa stregua della legge: lex
lata sine suffragio. Ma e con la compilazione giustinianea che, associato al
processo politico dell'epoca imperiale, il volontarismo giuridico ottiene la
sua prima grande e compiuta affermazione. A cio concorsero due fattori
strettamente collegati. La volonta d'onde promana la regola giuridica e adesso
individuata e circoscritta nella persona dell'imperatore. La netta separazione,
su piano empirico, tra interpretazione e applicazione della legge e la regolar
rigorosa che riservava allo stesso imperatore il POTERE INTERPRETATIVO (nel
senso di risoluzione dei casi dubbi) esaltano il peso della volonta imperiale,
impedendo che altri, giurista o giudice che sia, possa sustituirsi, alterandola
o integrandola, a quella volonta. E ben noto il monito che Giustiniano, sulla
presunzione della completezza e perfezione della propria opera di legislatore,
rivolgeva ai giuristi: « ... nullis iuris peritis in posterum audentibus
commentarios illi adplicare et verbositate sua supra dicti codicis
compendium confundere: quemadmodum et in antiquioribus temporibus factum est,
cum per contrarias interpretantium sententias totum ius paene conturbatum est
sed sufficiat per indices tantummodo et titulorum subtilitatem quae paratitla
nuncupantur quaedam admonitoria eius facere nullo ex interpretatione eorum
vitio oriundo" (C. 1, 17, 1, 12); e quello ancor piu energico e perentorio
che gia in precedenza era stato fato ai giudici da Valentiniano e da Marciano:
"Si quid vero in idsem legibus latum fortassis obscurius fuerit, oportet
id imperatoria interpretatione patefieri duritiamque legum nostrae humanitati
incongruant emendari" (C. 1, 14, 9). La prassi non poteva non smentire
questo ambizioso proposito, la cui formulazione, tuttavia, giova a chiarire
come una concezione volontaristica possa trovare un effetivo riscontro nella
realta solo a patto che la VOLONTA legistlativa venga aggiunta a fonte unica
del diritto al di fuori di ogni condizionamento esterno e risultati garantita
nella sua fedele applicazione ed esecuzione. Grice: “Falzea interprets,
correctly, Roman law as imperativistic or better, volitive – volontarismo
giuridico – My reflections on “Aspects of Reasons” point to the same direction.
Indeed my focus is on the conversational IMPERATIVE!” Angelo Falzea. Keywords:
interesse, valore, disvalore, assiologia, accertare, apparire, efficacia, interesse,
does moral philosophy rest on a mistake, duty cashes on interest, on desire.
‘sentimento condiviso’ -- H. L. A. Hart. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Falzea” – The Swimming-Pool Library.
Fano (Trieste).
Filosofo. Grice: “I like Fano; for one, he took very seriously Plato’s Cratilo
– “origine e natura del linguaggio,’ he has also explored a rather extravagant
trend for Italian philosophers, when philosophy is reduced to ‘analisi del
linguaggio’!” Neo-idealista, appartene a quel gruppo di artisti, letterati, e
scrittori che hanno reso famosa Trieste. Legge in modo originale l'opera di
Croce e Gentile. Sottolinea l'importanza delle scienze naturali e della
matematica, che nel suo sistema non sono governate dagli pseudo-concetti. Da
molta importanza agli aspetti più semplici e ferini dello spirito seguendo le
riflessioni di Vico. Suo padre Guglielmo era un medico affermato, sua madre
Amalia Sanguinetti. Il padre fu uno dei pochi ebrei di allora che passano al
cattolicesimo per sincera fede. Ma tale conversione e accompagnata da manie
religiose e disordini mentali precoci. Fin dall'adolescenza Fano ha un
impulso di rivolta contro gli adulti, il loro conformismo, il loro spirito
oppressivo. Nel romanzo Quasi una fantasia di Ettore Cantoni si parla di due
ragazzi, in cui è facile riconoscere l'autore Ettore e Fano, che viaggiano e
arrivano addirittura in Africa, appunto per sfuggire all'atmosfera pesante
instaurata dagli adulti. Fu un ragazzo ribelle, non volle accettare la
disciplina della scuola. Un episodio contraddistingue il suo carattere, quando
getta nella stufa il registro di classe. Frequenta la scuole austriaca con
scarso profitto. Afferma che una parte delle sue difficoltà era dovuta al fatto
di avere poca memoria (non quella concettuale, in cui eccelleva, ma quella
specifica, dettagliata, necessaria ad es. nello studio della storia e della
geografia). Così abbandona gli studi assai prima di aver conseguito la
maturità. Ritiratosi da scuola, i suoi congiunti gli procurarono un posto
di impiegato. Ma abbandonò l’impiego e affitta, assieme ad alcuni coetanei, una
cameretta sul colle di Scorcola, dove si dedica non solo a discussioni senza
fine con gli amici, ma passò ore e ore a studiare filosofia. Più tardi a Vienna
poté sentire le lezioni universitarie di alcuni luminari del tempo. Fu la
lettura dei classici tedeschi, da Leibnitz a Schopenhauer, da Kant a Fichte e
Hegel, a dare al suo pensiero un indirizzo al quale sarebbe rimasto fedele per
tutta la vita, a fargli trovare le armi per la sua personale battaglia contro
il dogmatismo, il fideismo, il clericalismo del proprio ambiente
familiare. Certo alla formazione di Fano ha contribuito anche l'ambiente
eccezionale della Trieste di allora. Fu suo amico Poli, il cui pseudonimo,
Saba, fu inventato proprio da lui. Si ispira certamente alla figura di
Fano anche il sesto de I prigioni di Saba: «L’Appassionato/Natura, perché ardo,
m’ha di rosso/pelo le guance rivestite e il mento./ Non è una brezza lo
spirito: è un vento /impetuoso, onde anche il Fato è scosso. /…../ Ero Mosè che
ti trasse d’Egitto, / ed ho sofferto per te sulla croce. / Mi chiamano in
Arabia Maometto». Saba e Fano comprano in società la libreria antiquaria
Mayländer, la futura "Libreria antica e moderna", ma non andano
d’accordo, perché Fano non era persona da accollarsi diligentemente troppi
compiti "noiosi". Così i due decisero di separarsi e, poiché entrambi
volevano rimanere proprietari, Fano propose di giocare questo diritto a testa o
croce e vinse. Ma Saba, che era amante e cultore di libri antichi, non accettò
il verdetto della sorte e convinse l’amico a cedergli ugualmente la libreria. Un'altra
persona dell'ambiente triestino con cui Fano ebbe grande amicizia è stato Giotti.
E un incontro come di un artista toscano con un profeta ebreo. Io ne ebbi un
grande giovamento. Egli leggeva a quel tempo Zola, Maupassant e Flaubert che io
non conosco. Per il suo carattere indolente, in molte cose esteriori della vita
fece ciò che gli consigliavo io. Se ne venne via da Trieste, poi fece venire la
famiglia a Firenze e cose simili. Ma l'amicizia fra i due subì un tremendo
contraccolpo a causa delle drammatiche vicende in cui fu coinvolta Maria, sorella
di Virgilio, che Fano sposa. Ebbero un figlio minorato mentale, Piero, che fu
ucciso dalla madre, la quale si tolse a sua volta la vita. Fu una tragedia che
scosse profondamente tutto Trieste. Sposa Anna Curiel, da cui ebbe un figlio di
nome Guido. Durante il periodo della grande guerrafu irredentista, come
molti dei suoi amici, Benco, Saba, Giotti, Schiffrer e altri. In seguito il suo
atteggiamento fu molto simile a quello di Croce, e per analoghi motivi
ideologici. Gli ideali egalitari non facevano presa su di lui e gli sembrava
utopistico, e comunque non desiderabile, l’instaurare una società comunista.
Anzi si oppose con decisione al socialismo massimalista e turbolento di allora,
tanto da dimostrare, per un breve periodo, una certa comprensione per la
reazione fascista. Ma, già prima di Croce, divenne un antifascista, che non
perdeva alcuna occasione per manifestare apertamente le sue opinioni. Si
laurea in filosofia a Padova con “Dell’universo ovvero di me stesso: saggio di
una filosofia solipsistica” pubblicata sulla Rivista d’Italia. Probabilmente
non frequenta le lezioni universitarie a Padova, anche perché era già sposato e
doveva pensare a mantenere la sua famiglia. Semmai la sua formazione si compì,
oltre che a Vienna, a Firenze, dove aveva trascorso qualche anno prima della
guerra e dove aveva frequentato l’ambiente de La Voce. Professore di
filosofia presso vari licei di Trieste, Fano aspira tuttavia all’insegnamento
universitario, a cui giunse dopo molte traversie causate da intralci posti
dalle autorità. Il motivo di queste difficoltà si deve alla fama di
antifascista che egli si procurò quando, commemorando il cugino Enrico Elia,
volontario nella grande guerra e morto sul Podgora, tenne un discorso in cui
traspariva, in maniera non molto velata, la convinzione che il sacrificio di
tante vite per la libertà veniva rinnegato dal regime politico allora
dominante. Questa sua presa di posizione gli costò alcuni giorni di carcere
nella fortezza di Capodistria e la fama di antifascista si ripercosse sulla sua
carriera universitaria. Attorno a quegli anni a Trieste si andavano diffondendo
le idee della psicoanalisi di Weiss, discepolo di Freud. A Fano non piaceva
questa teoria, affermando che si basava su supposte attività del pensiero immaginarie
e non verificabili. Il concetto di inconscio non posse venir accettato da chi
come lui basava tutto sull' ‘auto-coscienza’. Studioso di Croce, che conosce, pubblicò
vari articoli sulla filosofia crociana. Il saggio “La negazione della filosofia
nell’idealismo” gli procurò l’attenzione di Radice, che gli offrì un posto di
assistente a Roma. Da notare che nel suo primo saggio viene esposto
organicamente il suo pensiero, Il sistema dialettico dello spirito. Dopo
l'invasione tedesca trova rifugio a Rocca di Mezzo, in Abruzzo. La tranquilla
sicurezza, la noncuranza dei pericoli non gli vennero mai meno, né per il
rischio di venir scoperti dai tedeschi (lui e la moglie avevano falsificato le
carte d’identità), né per i bombardamenti alleati. I tedeschi lo usarono spesso
come interprete e poiché la sua casa stava proprio sulla strada maestra, spesso
la cucina era piena di soldati che avevano bisogno di qualcosa. Lì, in quella
cucina mal riscaldata, incurante dei rischi immediati, lavora forse più di
quanto non avesse mai fatto in precedenza e portò a termine l'opera: La
filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema
dialettico dello spirito. Finita la guerra ritrovò il suo posto a Roma. Nel saggio
sul Croce aveva rivendicato l'importanza delle scienze empiriche, che nella
filosofia crociana non avevano dignità conoscitiva. In Teosofia orientale e
filosofia greca troviamo una descrizione
dello sviluppo storico del pensiero umano, in cui tra l'altro viene rivendicata
l'importanza della matematica, mentre Croce sostene che la matematica è uno
pseudo-concetto. Inoltre cura la traduzione integrale dei Prolegomena ad ogni futura
metafisica di Kant. Infine le sue ricerche lo portarono ad esaminare il
problema dell'origine della lingua, su cui espresse il suo pensiero nel Saggio
sulle origini del linguaggio, poi riedito accresciuto a cura di Guido Fano.
Altre opere: “Il sistema dialettico dello spirito” *Roma, Servizi editoriali
del GUF/); “La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un
sistema dialettico dello spirito” (Milano, Istituto editoriale italiano); “Teosofia
orientale e filosofia greca. Preliminari ad ogni storiografia filosofica”
(Firenze, La nuova Italia); “Saggio sulle origini del linguaggio. Con una
storia critica delle dottrine glottogoniche” (Torino, Einaudi); “Origini e
natura del linguaggio” (Torino, Einaudi); “Neo-positivismo, analisi del
linguaggio e cibernetica” (Torino, Einaudi);
“Prolegomeni ad ogni futura metafisica” (Firenze, G. C. Sansoni). Ettore
Cantoni, Quasi una fantasia: romanzo, Milano, Treves, Cantóni, Ettore, su
treccani. Giorgio Voghera su Il Piccolo.
Viene venduta a Giorgio Fano e Umberto Poli, il poeta Umberto Saba, che ne
diventa proprietario unico. Dice che una teoria può essere accettata solo se si
prospettano anche delle ipotesi — che poi appariranno assurde e non si
verificheranno concretamente — nelle quali essa dovrebbe venir respinta. La
psicanalisi, invece, si mette accuratamente al coperto da ogni prova contraria.
L'estetica nel sistema di B. Croce, L'Anima, da filosofia di B. Croce, Giornale
critico della filosofia italiana, Un episodio illustra bene sia l’importanza
che egli annetteva al suo lavoro, sia il suo coraggio. Una mattina, scendendo
in cucina, che e diventata il suo studio, la trova invasa da soldati tedeschi
che cercano acqua ed altro. Con l’abituale tono tranquillo, dimenticando con
chi aveva a che fare, lui l’ebreo, col suo viso di profeta, addita ai soldati
della Wehrmacht la porta. Prego, dice in tedesco se lor signori avessero la
compiacenza di andare da un’altra parte. Io ho da lavorare. Senza fiatare, i
soldati infilano la porta ed egli si rimise tranquillamente al suo tavolo di
lavoro per battagliare con Croce, dimentico che la più superficiale inchiesta e
sufficiente a convogliarlo assieme alla sua famiglia verso i campi di sterminio.
L'ottimismo di Fano e il pessimismo di Voghera. Brani da lettere e testi,
Milano, Mimesis, Silvano Lantier, La filosofia del linguaggio (Trieste, Riva);
Silvano Lantier, “Vico e Fano: motivi di un'affinità ideale, Udine, Del
Bianco); Dizionario biografico degli italiani, Roma. Giorgio Fano. Fano insists
that the semiogonia, i. e. the origin of meaningful gestures will provide a
clue as to the essence of the semiotic communication. He relies on Morris,
Ferruccio Landi, Peirce, and Croce. He is interested in Croce’s views on
‘expression’ and Landi’s views on ‘lavoro.’ Fano is critical of Peirce. This is
going on at the same time as Grice is giving seminars on Peirce at Oxford.
Grice: “I agree with Fano that ontogenesis repeats phylogenesis, and that we
should concentrate on utterances which are meaningful generally – ‘signare’ is
a good verb in Italian for that.’ Grice: “In my view, it is the agent who signs
that… ‘signa che’ – signat quod. The ‘-ficare’ only complicates things. A dark
cloud ‘signa’ rain. And, by my hand gesture, I sign that going out is not a
good day in view of the coming rain. Keywords: glossogonia, glottogonia, teoria
glottogonica, dottrina glottogonica, teoria glossogonica, dottrina
glossogonica, semiotics of the tongue, Croce. La glossoRefs.: Luigi Speranza,
“Grice e Fano” – The Swimming-Pool Library.
Fardella.
(Trapani).
Filosofo. Grice: “I like Fardella; for one, he is a systematic philosopher; for
another, he compares Aristotle (‘demonstratio peripatetica’) with Cartesio, as
the Italians call him (‘demonstratio cartesiana’) – And while Italians consider
him a reactionary Cartesian, I deem him
a closet Aristotelian!”. Studia a Messina sotto Borelli, dal quale accetta
l’atomismo di Lucrezio, ma abbracciò il pensiero di Cartesio, dopo averne
appreso gli insegnamenti durante il suo soggiorno a Parigi, grazie alle
conversazioni con Arnauld, Malebranche e Lamy.
Insegna matematica a Roma, Modena, e Padova. Tenne corrispondenza con
Leibniz e polemizza con Giorgi attacca il cartesianesimo. Il suo razionalismo,
per quanto riconosca che solo Cartesio trova, fra gli antichi e i moderni, il
retto e naturale metodo di filosofare, è tuttavia relativo, adeguato com'è al
platonismo. Il mondo è organizzato secondo principi d’aritmetica e geometria.
Ogni cosa ha peso, numero e misura, ossia secondo le leggi statiche,
aritmetiche e geometriche. Mediante l’aritmetica e la geomtria si comprende il
mondo e si comprende così la logica. Nel
punto, che non ha peso, non ha grandezza, non è divisibile, è tuttavia l'origine
di ogni estensione. Nel punto, come il numero nell'unità, si risolve
l'estensione. L'anima, che non ha estensione (non e ‘res extensa’), è un punto.
Non è possibile dimostrare l'esistenza indipendente della realtà materiale. La
stessa esperienza ci insegna che spesso nel sogno percepiamo oggetti che
veramente non possiamo ammettere realmente esistenti. Quante volte, la notte,
mentre dormo, vedo splendere il sole sopra l'orizzonte e vedo muoversi in vari
modi moltissime cose prodigiose, che non sono niente extra ideam? Dunque, quel
che sento e *vedo* non può in nessun modo essere dedotto come realmente
esistente. E se si obbietta che una cosa è sognare, altra cosa è la veglia, per
lui le cose che percepiamo nella veglia potrebbe anche essere soltanto cose
percepite con maggiore chiarezza, distinzione e ordine, benché non siano niente
in sé. I sensi non danno certezza del mondo, la quale può ritrovarsi soltanto
in la legge dell’aritmetica e della geometria.
Altre opere: “Universae philosophiae systema, in qua nova quadam et
extricata Methodo, Naturalis scientiae et Moralis fundamenta explanantur
(Venezia); “Universae usualis mathematicae theoria” (Venezia); “Utraque
dialectica rationalis et mathemathica”; “Animae humanae natura ab Augustino
detecta in libris de Animae Quantitate, decimo de Trinitate, et de Animae
Immortalitate” (Venezia); Pensieri (Napoli); “Lettera antiscolastica” (Napoli).
Recensito immediatamente dopo la pubblicazione del primo e unico volume sulla
rivista scientifica Acta Eruditorum Universae Philosophae Systema, Descartes e
l'eredità cartesiana in Italia” Dizionario biografico degli italiani. Fardella
elaborated a Cartesian philosophy of language, pretty much avant Chomsky, but
using the same sources: Arnauld. While Chomsky focuses on Harris and others, he
could at least have dropped the “Fardella” name! Grice: “He possibly did have
some Italian friends in the Bronx!” -- Michelangelo Fardella. Keywords:
metafisica, ontologia, razionalismo, aritmetica, geometria, solipsismo,
percezione, vedere – sentire – atomismo di lucrezio, sensismo di Giorgi –
Cartesio is actually borrowing it all from Platone’s Timeo – for whom the world
is also only interpretable ‘more geometrico’. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Fardella” – The Swimming-Pool Library.
FASSÒ. (Bologna). Filosofo. Grice: “I like Fassò;
for one, he was, like my friend H. L. A. Hart, a philosophical lawyer! But
unlike Hart, Fassò, being a Roman, knew what he was talking about!” “My
favourite is his explication of Bruto’s reaction when being brought the corpses
of his two sons!” Fassò, mi viene a conforto col suo ottimo lavoro, che dà una
diligentissima ed acuta interpretazione ed esposizione del corso non già logico
ma storico, o per meglio dire, psicologico della formazione della Scienza
nuova; esposizione che è utile possedere e che si segue con curiosità. Con pari
bravura è condotta la ricerca di quel che Vico attinse o credette di attingere
ai quattro suoi autori. Croce, Illusione degli autori sui “loro” autori,). Figlio
di Ernesto, generale dell'esercito, e Caterina Barbieri, discendente dalle
famiglie Barbieri (il di lei nonno era Lodovico Barbieri) e Dallolio (Maria
Sofia, moglie di Lodovico, era sorella di Alberto e Alfredo Dallolio), trascorre
i suoi primi anni, fino all'adolescenza, fra il Piemonte (Mondovì),
l'Emilia-Romagna (Parma) e la Lombardia (Mantova). Temperamento religioso,
ereditato dall'educazione famigliare e dalla frequentazione con un anziano
sacerdote, si caratterizza sempre per il rigore negli studi (perciò Mazzetti,
suo compagno di gioventù, poté definirlo schivo degli incontri e quasi della
società, teso in un impegno di chiarezza mentale, di serietà e finezza di
sentire. Conseguita la maturità classica al Virgilio di Mantova, si laurea a Bologna,
sotto Borsi con “L'elemento demografico nelle provvidenze assistenziali a
favore dei lavoratori: la legislazione del lavoro”. Dopo aver rinunciato ad
impiegarsi come funzionario nell'Unione industriale, ottiene anche la laurea in
Filosofia, sotto Saitta, con “Vico e Michelet”. Confiderà poi al suo allievo,
Enrico Pattaro, che la scelta della filosofia, lungi dall'essere redditizia, è
un matrimonio con «madonna povertà», cui egli, tuttavia, non volle sottrarsi,
non essendo versato, come rivelò a Fausto Nicolini, nella «professione
forense». Svolse, quindi, l'attività di docente di storia e filosofia,
inizialmente come supplente al "Galvani" di Bologna, poi a Forlì e,
infine, al Liceo scientifico "Augusto Righi" di Bologna. Il suo saggio,
dedicato a Il Vico nel pensiero del suo primo traduttore francese, che, però, a
causa dell'indisponibilità degli editori, sarebbe stato pubblicato, grazie
all'intervento di Giuseppe Saittacome memoria dell'Accademia delle scienze
dell'Istituto di Bologna. Vicino al Partito Liberale Italiano, a guerra
conclusa accetta di candidarsi, per il medesimo partito, alle elezioni comunali
bolognesi. Divenuto assistente volontario di Filosofia del diritto
nell'Ateneo felsineo, fu convinto da Felice Battaglia a concorrere per la
libera docenza, che ottenne nel 1949. Nel medesimo anno, all'Parma, gli viene
quindi assegnato l'incarico in Filosofia del diritto. Aggiudicatosi
l'ordinariato, si trasferì successivamente a Bologna , dove insegnò filosofia
giuridica, presso la Facoltà di Giurisprudenza, e Storia delle dottrine
politiche, nella Facoltà di Lettere e Filosofia. Si occupò di studi
vichiani (della cui validità scientifica è testimonianza una epistola di Gioele
Solari del 17 maggio 1949, in cui si apprende che «l'interpretazione giuridica
della Scienza nuova proposta da Fassò supera la visione Croce-Nicolini»,
ponendosi al livello qualitativo di quelle del Fubini e del Donati) e groziani,
della cura e traduzione dei Prolegomeni al diritto della guerra e della pace di
Grozio e scrisse Vico e Grozio, nonché, la Storia della filosofia del diritto
in tre volumi, giudicata da Bobbio come la «storia della filosofia del diritto più
completa» esistente «sulla faccia della terra». Oltre Croce, Fassò
criticò anche Gentile, autore di una «concezione speculativa indubbiamente
grandiosa», che si risolveva, però, in «vana retorica», negante, entro la
dialettica dello spirito, la realtà del fenomeno giuridico. Fra le altre opere,
La democrazia in Grecia; Il diritto naturale; dello stesso anno è La legge
della ragione, considerata una «tra le opere migliori di filosofia del diritto
uscite in Italia» al tempo, e consistente in una «appassionata rivalutazione»
del diritto naturale; Società, legge e ragione, apparso nell'anno della morte
(i due ultimi volumi citati, tuttavia, ripropongono scritti precedenti). Le
pubblicazioni in cui si esprime con più chiarezza l'ispirazione teoretica di
Fassò sono, invece, La storia come esperienza giuridica (in cui, ha commentato Bobbio, si dimostra che
tutti i rapporti che l'uomo ha con gli altri uomini, contengono un germe di
organizzazione, e quindi sono istituzioni giuridiche») e Cristianesimo e
società, che susciterà un vivace dibattito nell'ambiente cattolico, incontrando
financo il favore di Prezzolini. Il suo testament disponeva funerali semplici,
«senza fiori e senza seguito di estranei». In un codicillo, inoltre,
soggiungeva che, «se si trovassero miei scritti incompiuti, manoscritti o
dattilografati, non si stampino, perché non possono essere stati riveduti come
avrei ritenuto necessario», congiuntamente all'invito a non raccogliere «in
volume opuscoli sparsi o "scritti minori", operazione che non
dovrebbe mai esser fatta se non dall'autore». Alla memoria di Fassò, oltre che
a quella di Augusto Gaudenzi, è intitolato il Centro Interdipartimentale di
Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica
Giuridica a Bologna,. Benché Fassò abbia apprezzato il Romano sostenitore della
concezione non normativistica del diritto, egli non poté tacerne il limite,
consistente nell'assenza di una «definizione esauriente» dell'istituzione,
dovuto alla volontà di Romano di tenersi «fuori dal campo della filosofia». Il
più limpido storico del giusnaturalismo». Formatosi filosoficamente nella
temperie culturale neoidealistica, Fassò se ne distaccò, rifiutandone
soprattutto l'immanentismo, con La storia come esperienza giuridica, opera
ispirata dalle suggestioni istituzionalistiche di Santi Romano (ma di questi
deplorerà, nella successiva Storia della filosofia del diritto, il circolo
vizioso, per cui una «istituzione è giuridica [solo] quando è giuridica» A
Croce, che faceva coincidere storia e filosofia, Fassò replicava con
l'identificazione di storia e giuridicità, estendendo il concetto di
istituzione — contrariamente a quanto aveva fatto Romano, e risolvendone così
il «circolo vizioso» — a «tutti gli aspetti della vita sociale, cioè della vita
dell'uomo nella storia, che è sempre vita dell'uomo in società». L'elisione
dell'identità fra realtà storica e razionalità filosofica non implica la
rimozione dell'Assoluto, ma egli ne negava ogni possibilità conoscitiva,
ricadendo la «concreta unità del reale» (sotto l'aspetto gnoseologico) nell'ambito
del privo di senso, sebbene restasse attingibile in uno slancio mistico,
descritto, in una pagina de La legge della ragione, come partecipazione
dell'«uomo al Valore divino, ma solo quando si faccia anch'egli Dio per unirsi
a lui, trascendendo la propria umanità, la propria soggettività empirica,
storica». È importante tener fermo come Fassò, quantunque abbia legato
l'Assoluto a uno slancio mistico, non si sia fatto teorico di un irrazionalismo
misticheggiante, ma — giusta l'osservazione di Lombardi Vallauri — abbia
formulato un «dittico» in cui si afferma, da un lato, la «sopragiuridicità dell'etica
intesa come esperienza religiosa» e, dall'altro, «la funzione essenziale della
ragione giuridica nel mondo». Proprio il riconoscimento della centralità della
ragione giuridica nel governo della «concreta molteplicità del reale» costituì,
per Fassò, un ulteriore motivo critico nei confronti dell'anti-gius-naturalismo
crociano, da cui, dopo l'approfondimento della storia del giusnaturalismo,
prese più convintamente le distanze. La concezione giusnaturalistica fassoiana,
infatti, cerca di non cadere nell'errore proprio della tradizione precedente
(errore che nella Storia della filosofia del diritto, non esitò a indicare
quale «difetto capitale» della scuola del diritto naturale, consistente
nell'«astrattismo e nel conseguente antistoricismo»), intendendo il diritto
naturale quale «ordine che nasce dalla storia, e nel quale l'uomo non può non
essere inserito proprio per la sua dimensione storica, che è la sua dimensione
essenziale». Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della
scuola della cultura e dell'arte. B. Croce, Illusione degli autori sui “loro”
autori , su Quaderni della Critica, Laterza, Ora anche in Id., Indagini su
Hegel e schiarimenti filosofici, A. Savorelli, Napoli, Bibliopolis, Cfr. E.
Garin, Cronache di filosofia italiana, Bari, Laterza. La sua ricerca di Saitta,
anche storica, sembra inscindibile da una polemica e da una protesta. Polemica
e protesta che attraversano ugualmente l'attività così del Calogero come dello
Spirito, annoverati talora col Saitta fra gli esponenti della
"sinistra" gentiliana, e come lui accusati a volte, e non certo
benevolmente, di crocianesimo». E.
Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò.
Fassò segue con particolare attenzione i corsi di Saitta, che gli suggerì di
approfondire Michelet, che lo avrebbe condotto a Vico. Scheda senatore Dallolio Alberto, su Scheda
senator Dallolio Alfredo, su senato. Le parole di Mazzetti sono riportate in Faralli,
Il maestro e lo studioso, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il
Mulino, Elenco dei laureati e diplomati nell'Anno Scolastico, in Annuario dell'Anno
Accademico, Bologna, Società Tipografica già Compositori,Elenco dei laureati e
diplomati nell'Anno Scolastico, in Annuario dell'Anno Accademico. Bologna,
Tipografia Compositori, E. Pattaro, Alcuni ricordi personali e cenni sulla
gnoseologia, ontologia e concezione della filosofia di Fassò, in Rivista di
filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino. “Mi disse che ci sarebbe stato un
concorso per assistente ordinario alla cattedra e mi chiese se fossi
interessato a partecipare. Ma mi prevenne con due avvertimenti sui quali avrei
dovuto meditare prima di dargli una risposta. Essi sono: "chi fa filosofia
del diritto in una facoltà di Giurisprudenza sposa madonna povertà e nell'università
occorre sapere ingoiare amaro e sputare dolce perché l'intelligenza degli
accademici è di regola superiore a quella dei comuni mortali, e ciò implica che
essi siano capaci di cattiverie più raffinate e perfide di quelle di cui sono
capaci i comuni mortali. La citazione è tratta dal carteggio Fassò-Nicolini,
richiamato da E. Pattaro, nel suo Sull'Assoluto. Contributo allo studio del
pensiero di Guido Fassò, premesso. In altre lettere allo stesso Nicolini, scrive
di non sentire nessuna vocazione per la professione forense. Curriculum vitae
di Andrea Fassò, Consiglio Nazionale del Notariato.. Gli studi vichiani di
Guido Fassò , in Bollettino del Centro Studi Vichiani, 5, Napoli, Guida, Ha ultimato Il Vico nel
pensiero del suo primo traduttore francese nel ma causa la difficoltà di
trovare un editore — non gli fu possibile pubblicarlo allora: soltanto poté
presentarlo all'Accademia delle scienze di Bologna per il tramite di Giuseppe
Saitta. E. Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero dFassò,
in G. Fassò, Scritti di filosofia del diritto, E. Pattaro, C. Faralli, G. Zucchini, 1, Milano, Giuffrè. Dopo i disagi della
guerra, aveva ripreso le proprie ricerche incoraggiato da Felice Battaglia, che
lo convinse ad affrontare l'esame di libera docenza in filosofia del diritto. Conseguita
la libera docenza in filosofia del diritto, nello stesso anno Fassò ebbe il suo
primo incarico in questa materia, all'Parma. Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, F. Battaglia, Guido Fassò:
in memoria, in Rivista internazionale di filosofia del diritto [giunse] alla
libera docenza, e nello stesso anno lo abilitarono a tenere l'incarico della
filosofia del diritto nella Parma, ove divenne professore della materia. Passa
all'Bologna, dove rimase titolare della disciplina, tenuta con alto prestigio e
qualificata dignità fino alla morte che ne chiuse la laboriosa giornata». Enrico Pattaro, Gli studi vichiani di Guido
Fassò, in Bollettino del Centro Studi Vichiani, Napoli, Guida. Tra le carte
personali di Guido Fassò ho trovato una cartolina postale, vergata fitta fitta
da Gioele Solari. In essa, tra le altre cose, è scritto: ‘Da tempo ero convinto
della verità della interpretazione giuridica della Scienza Nuova: ma Lei ne ha
dato ampia, profonda, persuasiva dimostrazione. La cautela con cui è sostenuta
è frutto della Sua modestia, e della Sua serietà di studioso. Il suo saggio sui
quattro autori può stare a paro cogli scritti vichiani del Donati e del Fubini
e supera la visione Croce-Nicolini che sul punto della genesi giuridica della scienza
nuova stanno ancora sulle generali. Finalmente esiste in Italia (dico in
Italia, ma potrei dire sulla faccia della terra) una storia della filosofia del
diritto, non angustamente scolastica, non puramente nozionistica e per di più
complete. Così Bobbio saluta la Storia della filosofia del diritto. In tutta la
filosofia del Gentile si ha una concezione speculativa indubbiamente grandiosa,
ma che si risolve in vana retorica, negante l'esperienza della realtà
effettuale. Non è tuttavia dalla negazione della molteplicità dei soggetti che
discende la negazione della realtà del diritto nella filosofia gentiliana. Come
in quella del Croce, essa è compiuta in relazione alla dialettica dello spirito,
cioè del soggetto assoluto. È importante, infine, sottolineare il valore di
impegno civile che il filosofo bolognese riconosceva al testo e che ad esso
venne riconosciuto dalla traduzione greca. Thessalonike, Poseidonas], all'epoca
della dittatura militare in Grecia». Bobbio,
Giusnaturalismo e positivismo giuridico, prefazione di Luigi Ferrajoli,
Roma-Bari, Laterza, Norberto Bobbio, La
filosofia del diritto in Italia , in Jus, Milano, Faralli, I momenti della riflessione critica
su Guido Fassò, Prezzolini chiosa Cristianesimo e società sia in un articolo su
Il resto del carlino sia nel libro Cristo e/o Machiavelli. Conservo la prima edizione
di Cristianesimo e società, egli scrive. La volli come compagna perché dovevo
moltissimo a quel libro, cioè non dirò l'apertura, ma la conferma dotta,
serena, eppure appassionata di un punto di vista importante. Prezzolini ritiene
di aver trovato in Fassò, argomentate con un'alta filologia, sempre al corrente
della produzione critica e accompagnata dalla conoscenza dei testi filosofici,
quelle stesse idee che anch'egli aveva manifestato ‘lanciate piuttosto da un
intuito che da un sapere storico Annuario, Bologna, Tipografia Compositori, E.
Pattaro, Ricordo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Centro
Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia
del Diritto e Informatica Giuridica, sStoria della filosofia del diritto, edizione
aggiornata C. Faralli, Roma-Bari,
Laterza. Romano si tiene deliberatamente fuori dal campo della filosofia, non
sfruttando neppure quegli indirizzi di essa, primo fra tutti quello del Croce,
che potevano valere a suffragar la sua tesi. Questa è sostenuta unicamente sul
terreno della considerazione empirica del diritto, e non vuole avere né
premesse né conclusioni che stiano al di fuori o al di sopra di essa.Neppure il
Romano dà del concetto di istituzione una definizione esauriente». G. Marini, Il giusnaturalismo nella cultura
filosofica italiana del Novecento, in Storicità del diritto e dignità dell'uomo,
Napoli, Morano, Cfr. N. Matteucci, recensione a G. Fassò, Cristianesimo e
società, Giuffrè, Milano, in Il Mulino, «L'esigenza filosofica fondamentale che si palesa
nei lavori del Fassò è quella di uscire dallo storicismo immanentistico dei
Croce e dei Gentile che vedeva nella storia la manifestazione di un principio assoluto
(lo Spirito, l'Atto. Cfr. E. Pattaro, In che senso la storia è esperienza
giuridica: l'istituzionalismo trascendentale, in appendice a G. Fassò, La
storia come esperienza giuridica, C. Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino. L'esperienza
che Fassò aveva avuto della filosofia idealistica egemone in Italia nella prima
metà del secolo, la quale all'interno dei suoi precedenti studi vichiani,
condotti in chiave di storia della filosofia, non necessariamente costituiva
un'ipoteca con cui dover fare conti precisi, in sede teoretica, sia pure di
filosofia del diritto, venne chiamata ad un inevitabile redde rationem. G.
Fassò, Storia della filosofia del diritto, edizione aggiornata C. Faralli, Roma-Bari,
Laterza, Il giudizio, tuttavia, è già presente in G. Fassò, La storia come
esperienza giuridica. È proprio questo, del resto, il punto debole della
dottrina del Romano, che fu subito rilevato dai suoi critici: il circolo
vizioso in cui egli si aggira, presupponendo la giuridicità di quella
istituzione che poi identifica con il diritto. In altre parole, il Romano
afferma che sono istituzione, ossia ordinamento giuridico, ossia diritto,
quegli enti o corpi sociali che hanno carattere giuridico. B. Croce, Logica
come scienza del concetto puro, C. Farnetti, con una nota al testo di G. Sasso,
Napoli, Bibliopolis, B. Croce, La storia come pensiero e come azione, M.
Conforti, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis, «Si può dire
che, con la critica storica della filosofia trascendente, la filosofia stessa,
nella sua autonomia, sia morta, perché la sua pretesa di autonomia era fondata
appunto nel carattere suo di metafisica. Quella che ne ha preso il luogo, non è
più filosofia, ma storia, o, che viene a dire il medesimo, filosofia in quanto
storia e storia in quanto filosofia: la filosofia-storia, che ha per suo
principio l'identità di universale ed individuale, d'intelletto e intuizione, e
dichiara arbitrario o illegittimo ogni distacco dei due elementi, i
quali realmente sono un solo. La storia come esperienza giuridica. L'esperienza
giuridica non è altro che l'esperienza umana nella sua totalità, la storia
stessa insomma dell'uomo. In che senso la storia è esperienza giuridica:
l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, «La concreta unità del reale,
l'universale concreto, è un residuato della grandiosa retorica metafisica
idealistica. Fassò, con l'onore delle armi, lo colloca nella dimensione che gli
compete, ossia dell'inconoscibile, indicibile, incomunicabile per definizione:
dell'indiscutibile che è tale non perché sia vero o certo di là da ogni
ragionevole dubbio, bensì perché non è possibile oggetto di discorso, non è
suscettibile di ragionamento, sfugge ad ogni comprensione e spiegazione
razionale. Lo colloca nella dimensione del privo di senso. Enrico Pattaro, In
che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale. Resti
chiaro, peraltro, che Fassò rinvia sì al piano mistico l'unità del reale,
l'assoluto, l'universale concreto, ecc., ma che, non per questo, egli professa
una filosofia mistica intuizionistica. Il giudizio di Lombardi Vallauri è
espresso nel suo Amicizia, carità, diritto, Giuffrè, Milano. Considerata nel suo
arco complessivo, forma un dittico, che da un lato ribadisce rigorosamente la
sopragiuridicità della esperienza cristiana giunta al suo culmine (identificato
nella carità), e dall'altro lato riconosce la funzione preziosa della ragione
giuridica ‘nel mondo, dove ogni individuo limita e contraddice l'altro e dove
una norma di coesistenza è indispensabile’») e accolto in Guido Fassò, Società,
legge e ragione, Milano, Edizioni di Comunità, Enrico Pattaro, In che senso la
storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido
Fassò, La concreta molteplicità del reale, il flusso eracliteo dei particolari
concrerti, l'eterogeneo continuum di cui parla richiamando Ross, è la realtà
empirica, fenomenica: molteplicità infinita di eventi originali e irripetibili,
non essendovi nello spazio, e più ancora nel tempo, due fenomeni perfettamente
identici. Sulla posizione crociana rispetto al giusnaturalismo cfr., per
esempio, Croce, Filosofia della pratica. Economica ed etica, M. Tarantino, con
una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis. Contraddittorio è altresì
il concetto di un codice eterno, di una legislazione-limite o modello, di un
diritto universale, razionale o naturale, o come altro lo si è venuto
variamente intitolando. Il diritto naturale, la legislazione universale, il
codice eterno, che pretende fissare il transeunte, urta contro il principio
della mutevolezza delle leggi, che è conseguenza necessaria del carattere
contingente e storico del loro contenuto. Se al diritto naturale si lasciasse
fare quel che esso annunzia, se Dio permettesse che gli affari della Realtà
fossero amministrati secondo le astratte idee degli scrittori e dei professori,
si vedrebbe, con la formazione e applicazione del Codice eterno, arrestarsi di
colpo lo svolgimento, concludersi la Storia, morire la vita, disfarsi la
realtà. Sulla presa esplicita di distanza di Fassò da Croce, cfr. Società,
legge e ragione. Ho continuato a ripetere la stessa cosa. Il diritto nasce
dalla natura umana, la quale è natura storica e natura sociale. Ho rifiutato
dapprima, sotto la suggestione dell'anti-gius-naturalismo del tempo in cui ero
cresciuto, di chiamare naturale un siffatto diritto. Più tardi, dopo avere
approfondito la conoscenza storica del gius-naturalismo ed essermi meglio
chiarito la parte che esso ha avuto nella difesa della libertà contro
l'assolutismo politico, mi sono deciso a designare con quell'aggettivo in
realtà equivoco il diritto che la ragione trova nella natura della società. Laddove,
invece, si è riscontrata coincidenza cronologica, si è preferito seguire
l'ordine alfabetico. Altre opere: “I quattro auttori del Vico: saggio
sulla genesi della Scienza nuova” (Milano, Giuffre); “La storia come esperienza
giuridica, Carla Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Cristianesimo e
società” (Milano, Giuffrè); “La democrazia in Grecia, Carla Faralli, Enrico
Pattaro e Giampaolo Zucchini (Milano, Giuffrè); “Il diritto naturale” (Torino,
ERI, “La legge della ragione, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo
Zucchini (Milano, Giuffrè); “Storia della filosofia del diritto, Roma-Bari,
Laterza); “Vico e Grozio” (Napoli, Guida); “Società, legge e ragione” (Milano, Edizioni
di Comunità); “Scritti di filosofia del diritto” (Milano, Giuffrè); Diritto della
guerra” (Napoli, Morano). Dizionario biografico degli italiani,.Gli studi
vichiani di Guido Fassò, Centro Studi Vichiani,
5, Napoli, Guida),“Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di
Guido Fassò” , “In che senso la storia è esperienza giuridica:
l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò”, “Lo storicismo di Guido
Fassò”, “Sulla annosa e ricorrente disputa tra positivisti e giusnaturalisti”,
“Un itinerario filosofico tra diritto e natura umana”. Guido Fassò. Keywords:
ius, Grice on Hart, Hart’s failure as a jurisprudentialist – “La filosofia
romana” “La giurisprudenza romana” la genesi logica della scienza nuova di
Vico, la genesi storica della scienza nova di vico, Michelet, filosofo uganotto
discipolo di Vico, Croce su Fasso, Fasso su Gentile, Fasso su Romano –
iurisprudenza, ius-naturalismo – legge e raggione, legge raggione, societa –
positivismo – storia come esperienza giuridica, l’assoluto giuridico – natura
umana – grozio e vico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fassò” – The
Swimming-Pool Library.
Fazzini.
(Vieste). Filosofo. Grice: “I like Fazzini; he can be too theological, but
that’s okay!” Divulgatore
di materie filosofiche e il fondatore
dell'omonima scuola private a Napoli, una delle più celebri nel Regno delle Due
Sicilie. Figlio di Tommaso e Porzia Medina, che appartenevano a due delle
famiglie più agiate della città. Il suo talento per la matematica fu notato fin
dai primi anni; i genitori decisero quindi di far proseguire i suoi studi in
ambienti che potessero garantire una formazione adeguata. Fazzini si trasferì a
Foggia, poi a Benevento e in ultimo nel seminario di Nusco. Qui trascorse
l'adolescenza approfondendo anche lo studio dei classici. Terminato il
seminario, torna a Vieste. Lì, poco dopo il suo rientro, recita in Duomo
un'orazione in lode dell'Arcangelo Michele che fu molto apprezzata dal clero e
dai fedeli. Il rientro nella città natale fu comunque di breve durata. Desiderando
continuare i suoi studi, Fazzini si trasferì a Napoli. Venne ordinato sacerdote
e nello stesso anno ebbe come insegnante Fergola. La scuola di quest'ultimo era
un rinomato centro per la formazione e un punto di incontro per studiosi e
ricercatori del Mezzogiorno. Ne fu uno degli allievi più illustri. Proseguì
anche gli studi in filosofia. Si era avvicinato al sensismo (empirismo). Ottenne
dalla Chiesa il permesso di acquisire testi proibiti sul sensismo, a patto che
non ne divulgasse i contenuti. Questo aspetto della formazione filosofica influirà
sulla sua docenza e sulla sua personalità, determinando una contraddizione che,
secondo le testimonianze di allievi e amici, lo accompagnò per tutta la
vita. Apre una scuola privata in cui venivano insegnate filosofia,
matematica e fisica. La scuola aveva sede nella Strada nuova dei Pellegrini,
nel quartiere di Montecalvario, e divenne uno dei centri di studio più rinomati
di Napoli. Nel periodo di maggior
successo La Fazzini arrivò a contare tra i 300 e i 400 allievi. In una data non
precisabile, dovette quindi spostare la scuola in una sede più grande, in via
Magnacavallo, nello stesso quartiere. Anche dopo aver aperto la propria
scuola, comunque, insegnò presso altre scuole private. Dedica all'insegnamento
sei o sette ore al giorno. La maggior parte del tempo di insegnamento di
Fazzini e dedicata alla matematica. Al servizio di questa attività Fazzini
pubblica aritmetica, geometria piana e geometria solida. Oltre all'insegnamento
della filosofia, si dedica alla ricerca e alla divulgazione. Al servizio di
queste tre attività allestì anche un laboratorio scientifico, considerato
all'epoca uno dei migliori di Napoli. Per Fazzini venne composta da Gaetano
Donizetti una Messa da Requiem oggi perduta, mentre Basilio Puoti recitò un
elogio di Fazzini, di cui era amico. Si occupa a lungo di ricerche scientifiche
in vari campi della fisica. In particolare, studiò l'induzione
elettromagnetica, il magnetismo in generale e la relazione tra luce e
magnetismo. Non pubblica però quasi nulla a proposito di queste ricerche, che
sono note soprattutto attraverso le testimonianze di Tellini e di Gaetano
Fazzini. Era convinto che diverse delle forze naturali allora note, e in
particolare il calorico, la luce, l’elettricismo, il galvanismo e il
magnetismo, fossero in realtà diverse manifestazioni di un'unica forza. Partendo
da questa idea di base, studia soprattutto il magnetismo, e in particolare due
fenomeni di induzione, oggi spiegati in base alla Legge di Faraday, che erano
stati scoperti negli anni immediatamente precedenti: il magnetismo di
rotazione, scoperto da Arago -- il fenomeno per cui un ago magnetico posto
sopra un disco di rame in rotazione inizia a sua volta a ruotare -- l'induzione
tellurica, scoperta da Faraday: la generazione di una corrente elettrica
indotta in un circuito che si muove attraverso il campo geo-magnetico
Per quanto riguarda il magnetismo
di rotazione, ripeté e approfondì le esperienze di Arago notando che la
rotazione dell'ago magnetico si verificava anche quando al di sopra del disco
di rame si sovrapponeva materiale isolante, mentre non si verifica se il disco
di rame veniva sostituito da un disco di materiale isolante. Per quanto
riguarda l'induzione tellurica, ne identifica con maggiore chiarezza le
modalità. Cerca poi di combinare lo studio di questo fenomeno con quello del
magnetismo di rotazione, costruendo per questo tre diversi apparecchi. Una
ricostruzione dettagliata del modo in cui gli apparecchi operano è fornita sulla
base delle testimonianze lasciate da Cirelli e Gaetano Fazzini. Descrisse una
delle sue esperienze sull'induzione tellurica in una lettera a Faraday.Questa
lettera è l'unica descrizione lasciata da Fazzini in persona riguardo ai propri
esperimenti. Eseguì inoltre esperimenti sul rapporto tra luce e magnetismo,
proiettando raggi di luce su un ago magnetico. Le testimonianze rimaste, tutte
indirette, non permettono però di ricostruire in modo sicuro le intenzioni di
Fazzini e i risultati dei suoi esperimenti. Opere: “Elementi di geometria
piana” (Napoli), “Geometria solida: la sfera e il cilindro (Napoli); Elementi
di aritmetica (Napoli). Dizionario biografico degli italiani. Lorenzo Fazzini. Laurentis
Maria Antonius. Keywords: la matematica di Pitagora, Platone, aritmetica,
geometria, definizione di assioma, problema, lemma, numero, demonstrazione,
ragione, postulato, ecc. Grice. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fazzini” – The
Swimming-Pool Library.
Feliceto
search.
Ferdinando.
(Mesagne). Filosofo. Grice: “I like Ferdinando; for one he describes himself as
a ‘philosophus,’ which is good – second, he deals with ‘philosophia’ in terms
of this or that ‘theorema,’ which is good, and third he follows Aristotle!” Definito
dai suoi concittadini “Socrate Salentino”, studia grammatica, poetica, greco e
latino sotto Riccio, intimo amico di Paolo e Aldo Manuzio. Si trasferì successivamente
a Napoli dove studia filosofia. Si laurea in filosofia. Ebbe dieci figli. Tra
le saggi principali del Ferdinando grande rilievo assumono i “Teoremi
Filosofici”, dedicati alla sua amata città natale; Morso della tarantola, che
testimonia l'importanza del tarantismo e della tradizione salentina nel suo
pensiero; Centum Historie o Casi Medici, raccolta di cento casi clinici più
peculiari analizzati dal medico nella sua vita professionale; infine Antiqua
Messapographia, attenta e appassionata analisi della storia di Mesagne. Dal punto di vista culturale, l'opera di
riferimento per eccellenza del Ferdinando è fuor di dubbio Centum Historiae, dedicata
a Giulia Farnese, Marchesa di Mesagne, di cui l'autore fu medico di fiducia,
intimo amico e compagno di viaggio, come quello che li condusse a Roma dove
Epifanio conobbe Cinzio Clemente, medico di Paolo V e fu contattato, per la sua
fama, da noti scienziati e medici romani dell'epoca tra cui Marco Aurelio
Severino, con cui ebbe una disputa riguardo al metodo migliore di operare
l'incisione della salvatella, la vena presente sul dorso della mano che parte
dalla base del mignolo e si connette con la vena ulnare. Profondo conoscitore dei classici e seguace
non solo delle teorie di Ippocrate di Kos e Galeno, ma anche di quelle
formulate da Mercuriale, Eustachio, Falloppia e Fracastoro, attento alle
tradizioni della sua terra, propose un nuovo metodo di insegnamento con lezioni
al letto del malato, in una perfetta sinergia tra lo studio teorico e la sua
applicazione clinica. Per la sua grande cultura e competenza fu richiesto non
solo in tutta la provincia, ma anche a Bari, Napoli e Lecce. Noto fra i
concittadini per la sua bontà d'animo, curava anche senza compenso
somministrando farmaci costosi pure ai poveri. Nelle sue diagnosi si
concentrava sull'importanza delle analisi del sangue valutandone consistenza,
opacità, densità e colore e riteneva centrale per la terapia attenersi ad una
adeguata dieta. Per curare i suoi pazienti si serviva non solo di salassi,
purghe e clisteri, secondo la prassi ordinaria, ma preparava anche dei farmaci
di origine vegetale ottenuti miscelando quantità variabili di erbe mediche a
seconda della terapia. Nella sua vita si occupò anche di due casi di interesse
neurologico e pediatrico, descritti nei particolari nelle Centum Historiae, e
nutre anche uno spiccato interesse nei confronti del tarantismo e della musica
come terapia “certissima”. Grazie alle sue opere, in cui l'impostazione
medico-scientifica si compenetra con quella storica, grazie ad uno stile
tendente al genere narrativo, ed ai contatti che mantenne con i medici napoletani,
fu uno dei più importanti intermediari fra la cultura medica napoletana e quella
di Terra d'Otranto. Studiosi, soprattuto Ferdinando, si sono interrogati sulla
natura del tarantismo, o tarantolismo, dopo essere venuti a conoscenza delle
cure previste dalla tradizione popolare per questo morbo, tra cui la più
importante di tutte è senza dubbio la “musico-terapia”somministrata al malato
da vere e proprie orchestre composte da violinisti, chitarristi e soprattutto
tamburellisti a pagamento. Proprio il tamburello assume una funzione
fondamentale in questo tipo di terapia poiché scandisce il tempo modificando
via via il ritmo del brano che, divenuto frenetico, viene assecondato dai
movimenti della danza del tarantato. La credenza vuole che il malato dopo
essere stato morso dovesse espellere il veleno scatenandosi a ritmo di musica,
ma non di una qualunque. Il tema musicale doveva essere scelto in base al
colore della tarantola responsabile del morso. Il primo documento che
testimonia il legame tra musica e taranta è il Sertum Papale de Venenis
redatto, presumibilmente da Guglielmo di Marra da Padova, nel primo anno del
pontificato di Urbano V. Il secondo a documentare per esperienza diretta questa
connessione fu Ferdinando. Nelle sue Centum Historiae analizza, tra gli altri,
il caso di un suo giovane concittadino, tale Pietro Simeone, pizzicato mentre
dormiva di notte in un campo. Il medico credette fermamente nella musica come
terapia “certissima” criticando chi sosteneva che il tarantismo non fosse
necessariamente scatenato da un morso tanto reale quanto velenoso. Inoltre, fu
il primo a proporre come metodo di cura per i tarantati morsi da tarantole le
malinconiche (nenie funebri). Kircher
riferisce nel suo Magnes un episodio accaduto ad Andria, nel barese, talmente
singolare da destare ragionevoli sospetti su quanto starebbe alla base di
questa terapia. Come il veleno stimolato dalla musica spinge l'uomo alla danza
mediante continua eccitazione dei muscoli, lo stesso fa con la tarantola; il
che non avrei mai creduto se non l'avessi appreso per testimonianza dei Padri
ricordati, che son degnissimi di fede. Essi infatti mi scrivono che in
proposito fu tenuto un esperimento nel palazzo ducale di Andria, in presenza di
uno dei nostri Padri, e d tutti i cortigiani. La duchessa infatti, per mostrare
nel modo più adatto questo ammirabile prodigio della natura, ordina che si
trovasse a bella posta una taranta, la si collocasse, librata su una piccola
festuca, in un vasetto colmo d'acqua, e che fossero quindi chiamati i
suonatori. In un primo momento la taranta non dette alcun segno di muoversi al
suono della chitarra. Ma poi, allorché il suonatore dette inizio ad una musica
proporzionata al suo umore, la bestiola non soltanto faceva le viste di
eseguire una danza saltellando sulle zampe e agitando il corpo, ma addirittura
danzava sul serio, rispettando il tempo. E se il suonatore cessa di suonare
anche la bestiola sospendeva il ballo. I Padri vennero a sapere che ciò che in
Andria ammirarono in quella circostanza come episodio straordinario, era a
Taranto fato consueto. Infatti i suonatori di Taranto, i quali erano soliti
curare con la musica questo morbo anche in qualità di pubblici funzionari
retribuiti con regolari stipendi (e ciò per venire incontro ai più poveri, e
sollevarli dalle spese), per accelerare la cura dei pazienti in modo più certo
e più facile, sogliono chiedere ai colpiti il luogo dove la taranta li ha
morsicati, e il suo colore. Dopo ciò i medici citaredi sogliono portarsi subito
sul luogo indicato, dove in gran numero le diverse specie di tarante si
adoperano a tessere le loro tele: e quivi tentano vari generi di armonie, a
cui, cosa mirabile a dirsi, or queste or quelle saltano. E quando abbiano
scorto saltare una taranta di quel colore indicata dal paziente, tengono per
segno certissimo di aver trovato con ciò il modulo esattamente proporzionato
all'umore velenoso del tarantato e adattissimo alla cura, eseguendo la quale
essi dicono che ne deriva un sicuro effetto terapeutico. Altre opere:
Theoremata philosophica (Venezia); “De vita proroganda seu iuventute conservanda
et senectute retardanda” (Neapoli); “Centum Historiae seu Observationes et
Casus medici” (Venezia); Aureus De Peste Libellus (Napoli); “Libellus de
apibus”; “Tractatus de natura leporis”; “De coelo Messapiensi”; “De bonitate
aquae cisternae”; “Libellus de morsu tarantolae.” Ernesto De Martino La terra
del rimorso,Milano,Est, Magnes sive de arte magnetica opus tripartitum, Le
notizie biografiche sono tratte da:
Mario Marti e Domenico Urgesi , Epifanio Ferdinando, medico e storico
del Seicento. Atti del convegno di studi, Besa Editrice, Nardò, Altre
fonti: Atanasio Kircher, Magnes sive de
arte magnetica opus tripartitum, Ernesto De Martino, La terra del rimorso, Est,
Milano, M. Luisa Portulano Scoditti, A. Elio Distante, Roberto Alfonsetti, Enzo
Poci. Edizione Assessorato alla Cultura Città di Mesagne, Mesagne, Nicola
Caputo, De tarantulae anatome et morsu, Lecce, M. Luisa Portulano Scoditti e
Amedeo Elio Distante, La peste, traduzione italiana del De peste aureus
libellus, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio
Ferdinando Le centum historiae e la medicina del suo tempo, Città di MesagnM.
Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio FerdinandoDe Vita
Proroganda, Città di Mesagne, traduzione italiana del De Vita Proroganda seu
juventute conservanda..., Napoli, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio
Distante, , Atti del XLI Congresso Nazionale della Società Italiana Storia
della Medicina, Mesagne, Epifanio Ferdinando. Keywords: mito, taranta,
tarantella, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferdinando” – The Swimming-Pool
Library.
Fergnani.
(Milano). Filosofo. Grice: “I love Fergnani; especially his “Il gesto e la
passione,” which I apply to them extravagant Victorian male-only interactions!”
Si laurea a Milano sotto Banfi. Insegna a Crema e Bergamo, Milano. Saggi in “Il
pensiero critico”, “Rivista di filosofia”, “aut aut”, “Rivista critica di
storia della filosofia” e “Nuova corrente”. Fu figura di spicco nell’esistenzialismo. Si
dedica a Sartre, Marx, Merleau-Ponty, Bloch, Lukács, Althusser, Heidegger,
Lévinas, Bergson. Altre opere: “Marx” (Padus, Cremona); “Un critico di se stesso”;
“More geometrico” (TET, Torino, “Prassi di Gramsci” (Unicopli, Milano); “Materialismo”
(il Saggiatore, Milano); “La dialettica dell’esistere” Feltrinelli, Milano); L'essere e il nulla” (Il Saggiatore, Milano);
“Da Heidegger a Sartre, Farina Editore, Milano, “Sartre sadico” (Farina Editore,
Milano); “Esistire” (Farina Editore, Milano); Kierkegaard (Farina Editore,
Milano); “Il gesto e la passione” Farina Editore, Milano, “Merleau-Ponty”,
Farina Editore, Milano . “L’Esistenzialismo”
Farina Editore, Milano, “Sartre” (Farina Editore, Milano); “Jaspers, Farina
Editore, Milano); F. Manzoni, “Il filosofo
che ci “spiega” Sartre”, Corriere della Sera.
La lezione di Franco Fergnani", in Materiali di Estetica,Massimo
Recalcati, L'ora di lezione, Einaudi, Torino, F. Papi. Franco Fergnani. Keywords, exist,
Grice on ‘a is’ Grice on ‘a exists’ – E-committal – Peano on ‘existent’ –
esistono – es gibt, there is/there are, some, or at least one, il y a, c’e,
Warnock on ‘exist’ -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fergnani” – The Swimming-Pool
Library.
Ferrabino.(Cuneo). Filosofo. Grice: “I like Ferrabino; if I were not into
the unity of philosophy, I would say he is a philosophical historian – and a
Roman historian, too! Strictly, a philosopher of Roman history, alla Gibbon!” “Si compie il mio ottantesimo anno. Declinano
le stelle della sera sulla diuturna milizia di storia e di magistero che fu la
mia vocazione, non tradita ma superata. Misticamente m'accoglie la dimora del
Verbo dove l'Io s'incontra col suo Dio nascosto.” Figlio di Angelica Toesca,
donna sensibile e generosa e di Vincenzo Agostino, funzionario dello Stato,
uomo dalla natura affettuosa e sobria e di idee agnostiche, che per questo
motivo non volle far battezzare i figli. Compì il primo ciclo di studi dimostrandosi
subito allievo modello e con rare doti di intelligenza. Prosegue gli studi
classici a Cremona, e quando la famiglia dovette nuovamente trasferirsi in Alessandria,
terminato il Liceo, si iscrisse a Torino. Inizia a frequentare assiduamente
l'ambiente universitario dedicandosi con il massimo impegno allo studio e dando
lezioni private per non dover pesare troppo sulle finanze paterne. Il suo
tutore fu Graf. Verso il terzo anno iniziò a seguire con crescente interesse la
filosofia antica frequentando le lezioni di Sanctis, sotto il quale si laurea con
“Kalypso”. Insegnò a a Torino, Palermo, Napoli, e Padova. Fu rettore dell'Ateneo
fino al anno in cui ottenne la cattedra di filosofia romana presso a Roma. Morta
la prima moglie Mercedes, Ferrabino concluse il suo periodo di avvicinamento
alla religione cattolica facendosi battezzare. Sposa Paola Zancan, proveniente
da agiata e cattolica famiglia, con la quale si stabilì a Roma. Inizia in quel
periodo a frequentare "La Cittadella di Assisi" diventando grande
amico di Rossi, fondatore di “Pro Civitate Christiana” e “La Rocca”. Ad Assisi,
Ferrabino prese l'abitudine di trascorrere con la moglie e le nipoti lunghi
periodi durante le vacanze estive alternate a quelle trascorse a Fregene. Venne
eletto senatore per la Democrazia Cristiana e rimase al Senato. Divenne
presidente della Enciclopedia Italiana, incarico che detenne, insieme a quello
di direttore scientifico. Era stato
intanto incaricato di presiedere al Consiglio Superiore delle Accademie e promosse
il Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le
informazioni bibliografiche diventandone il presidente. Divenne corrispondente dell'Accademia del
Lincei e corrispondente nazionale della stessa e presidente dell'Istituto
italiano per la storia antica. Presidente
della Società Nazionale "Dante Alighieri" e insieme a Vincenzo
Cappelletti, fonda "Il Veltro".
Pubblica sull'Italia romana, l'età dei Cesari, la filosofia fatalistica
della storia. Alter opere: “Calisso: la storia di un mito” (Bocca, Torino) –
with a section on the myth among the
Latins, and a later section on the treatment by Roman authors, “Arato di
Sicione e l'idea federale” (Le Monnier, Firenze); “L'impero ateniese” – note
that it’s Roman empire and impero ateniense, but BRITISH empire not London
empire, and American empire, rather than Washington empire – “La dissoluzione
della libertà nella Grecia antica” (Cedam, Padova); “L'Italia romana”
(Mondadori, Milano); “Giulio Cesare” (Unione Tipografica, Edizione Torinese);
“La vocazione umana” (Nuova Edizione
Ivrea, Ivrea); “L'esperienza Cristiana” (Libreria Draghi, Padova); “Le speranze
immortali” (Casa Editrice Società per Azioni, Padova); “Trilogia del Cristo” (Casa
editrice Le tre venezie); “Adamo” (Morcelliana, Brescia); “Le vie della storia
romana” (Sansoni, Firenze, “Rivelazione e cultura” (La Scuola, Brescia); “Storia
dell'uomo avanti e dopo Cristo” (Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi);
“L'essenza del Romanesimo” (Tumminelli, Roma); “L'inno del Simposio di S.
Metodio Martire” (G. Giappichelli, Torino); “Storia di Roma” (Tumminelli,
Roma); “La filosofia della storia” (G. C. Sansoni); “Trasfigurazioni” (Aldo
Martello, Milano); “Pagine italiane, Il
Veltro, Roma); “Misticamente” (Stamperia Valdonega, Verona); “La bonifica
benedettina” (Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enciclopedia dell'Arte
Antica: Classica e Orientale, (presidente), Istituto della Enciclopedia
Italiana, Roma, Dizionario Enciclopedico Illustrato, Jannaccone, Sturzo, Istituto della
Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, Nel Centenario Della
Battaglia Del Volturno, Ente Autonomo Volturno, Napoli. Prefazione in Misticamente, Verona, L'Erma di Bretschneider,
Il figlio dell'uomo (nella testimonianza di S. Matteo) II : Il figlio di Dio
(nella testimonianza di S. Giovanni) III : Il risorto (nella testimonianza di
S. Paolo), Lincei, Roma. Treccani, Dizionario biografico degli italiani. Aldo
Ferrabino. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrabino” – The
Swimming-Pool Library.
Ferrando (Roma). Filosofo. Grice: “I like
Ferarndo; for one, he is what I would call an Anglo-Italian – cf.
Anglo-Argentine; so he philosophised on Otello, Coroliano, la creazione di
Carpenter and the forces of Prentice Mulford; on Byron’s Manfredi, and more
beyond!” Si laurea a Pisa. Insegna a Firenze. Direttore della Biblioteca
Filosofica. In qualità di filosofo s’interessa a Bergson, il misticismo, il
transcendentalism (saggi per L’Annuario Filosofico), come filosofo anglista
s'interessa a Shakespeare (“Otello”, “Corolliano”), e S. T. Coleridge, Carpenter
(“La creazione”), Coleridge, Byron (“Manfredi”), “Le forze che dormono in noi”
(Prichard). dando di alcuni di questi anche delle versioni. Fu inoltre studioso
di psicologia e redattore della rivista Psiche. Collabora con Salvemini alla
propaganda antifascista e firmò il Manifesto di Benedetto Croce. Espatriò a New
York, dove continuò la sua attività antifascista, divenne professore d'italiano
e filosofia presso il e sposa Wilhelmina Anieka Leggett, con cui adottò la
figlia Vasanti. Contribuì più tardi a fondare la Besant Hill School di Ojai,
California, praticandovi l'insegnamento more socratico. L’istruzione è un
processo d'indagine dove gli studenti imparano *come* pensare, non *cosa*
pensare". RootsWeb's World Connect
Project: LEGGETT of ELY, CAMBRIDGESHIRE, ENGLAND and WEST FARMS (BRONX), NEW
YORK Guido Ferrando appointed Chairman
of italian dept. in «Vassar Miscellany News», Besanthill. Opere: Saggi, “La
Voce” -- Guido Ferrando. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrando” –
The Swimming-Pool Library.
ferrari: (Milano). Filosofo. Grice: “Ferrari
is important in at least two fronts: as a philosopher, he promotes what has
been called a ‘critical illuminism’ – and who but an Italian philosopher can
have as a claim to fame a treatise on ‘the philosophy of revolution’? The
second front is my proof of the latitudinal unity of philosophy; for Ferrari
counts as the best interpreters, with his ‘La strana sorte di Vico,’ of Vico!” essential
Italian philosopher. Federalista, repubblicano, di posizioni democratiche e socialiste,
fu deputato della Sinistra nel Parlamento italiano per sei legislature e senatore
del Regno. Nato da una famiglia borghese il padre era medico -- dopo la morte
dei suoi genitori poté godere di una rendita grazie alla quale visse senza
particolari problemi economici. Fece i suoi studî nel ginnasio S.
Alessandro, fu poi alunno dell'Almo Collegio Borromeo. Si laurea a Pavia. Fu
però più interessato dalla filosofia, che coltivò nel cerchio di
Romagnosi. Giunto a posizioni irreligiose e scettiche, nutre per la
cultura filosofica, storica e politica francese un'ammirazione che lo porta a
Parigi. Si laurea in filosofia alla Sorbona, con “Sull’errore, ossia, De
religiosis Campanellae opinionibus. Nella prima parte presenta positivamente la
filosofia di Campanella. Nella seconda parte giunge ad una conclusione scettica
a proposito dei giudizî. Un giudizio infatti non consente di giungere alla
verità oggettiva. Grice: “The problem with Ferrari’s analysis is etymological.
For the Romans, indeed the Indo-Europeans – cf. German irren --, to err was to
wander FROM THE TRUTH. It’s a metaphor, a figure of speech. Un giudizio è
indissolubilmente intrecciato a questo che Ferrari chiama un “errore”. Ferrari
define un ‘errore’ come ‘un vero’ – un vero relativo, non assoluto.
Similarmente, il vero e un errore relativo – giudizio vero relativo al soggetto
– errore intersoggetivo. -- una vero
relativo. Speaking of relative/absolute allows you to avoid ‘objective’ and
‘subjective’, but we do want to use ‘subjective’ and inter-subjective. An error
can still be inter-subjective, for Ferrari, un ‘vero relativo’ a S1-S2. Introdotto
nei circoli intellettuali di Parigi da lettere di presentazione di Peyron e Valerio
(due allievi piemontesi di Cattaneo) e di Ballanche, Ferrari frequenta Cousin,
Thierry, Fauriel, Michelet e Quinet, come pure gli che si riunivano nel Palazzo
Belgiojoso. Insegna a Rochefort-sur-mer e Strasburgo dove, attaccato da Roma per
le affermazioni irreligiose e scettiche espresse nel suo corso sulla filosofia
del Rinascimento e per la sua presentazione favorevole della Riforma luterana,
fu anche accusato di insegnare dottrine atee e socialiste e sospeso
dall'insegnamento, e, benché avesse ottenuto la cittazidanza francese e il
titolo di "professore di filosofia” che lo abilita ad insegnare non fu più reintegrato nell'insegnamento, poiché
la raccomandazione di Quinet per una sua nomina a professor al Collège de
France, benché accettata dalla Facoltà, fu rifiutata dal ministero
dell'Educazione. L'allontanamento di Strasburgo fu all'origine del suo rapporto
con Proudhon che, avendo appreso il "caso Ferrari" dalla stampa,
s'interessò a lui e ai suoi scritti e dette inizio ad un'amicizia. Ferrari fu
tra gli avversari repubblicani della monarchia orleanista, con Schoelcher. Durante
il sollevamento delle cinque giornate di Milano contro il governo austriaco fu
accanto a Cattaneo ma, deluso dai risultati della rivoluzione, fece rientro in
Francia, dove fece un altro tentativo infruttuoso (per l'opposizione di Cousin)
di ottenere una cattedra a Strasburgo. Insegna filosofia a Bourges. Divenne
il colpo di Stato che mise fine alla repubblica e porta al trono Napoleone III.Ricercato
come repubblicano, si rifugia à Bruxelles. Ritorna definitivamente a Milano per
partecipare alle vicende che porteranno all'unificazione e alla nascita dello
stato italiano. Fu eletto deputato al Parlamento del Regno di Sardegna nel
collegio di Luino (elezioni suppletive), confermato nelle elezioni (eletto in
secondo scrutinio nello stesso collegio di Luino, nel frattempo allargato a
Gavirate). Sedette ala Camera dei deputati sui banchi della sinistra per sei
legislature. Fu pure eletto nel primo collegio di Como, ma si mantenne fedele
ai suoi primi elettori. Il suo programma politico può essere riassunto
nella formula: "irreligione e legge agraria", cioè lotta contro Roma
e il clericalismo e riforma della proprietà terriera dei latifondi, con la
distribuzione di terre coltivabili ai contadini. Roma e i proprietari terrieri,
sostenendosi a vicenda sono i nemici naturali dell’uguaglianza. Per quel
che concerne la forma dello stato italiano, Fdomandava una costituzione federale,
con un esercito, delle finanze e delle leggi federali comuni, ma anche con la
più ampia de-centralizzazione amministrativa possibile. Dopo essersi
recato sul posto, scrisse una relazione parlamentare sul Massacro di
Pontelandolfo e Casalduni. Fu nominato dal re Cavaliere Ufficiale
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e rimanda immediatamente il decreto
di nomina al ministro della Pubblica Istruzione, che glielo aveva inviato. Ma
la nomina era irrevocabile, essendo stata pubblicata nella Gazzetta
ufficiale. Nominato professore di filosofia a Milano, benché non ci fosse
a quel tempo nessuna indennità parlamentare e i parlamentari non godessero di
nessun beneficio, rinuncia allo stipendio per poter rimanere in Parlamento pur
continuando a insegnare. Prese posizione in sede di discussione
sull'intitolazione degli atti del governo, contro la denominazione di secondo,
e non primo re d'Italia, assunta da Vittorio Emanuele, a più riprese contro uno
stato unitario, in favore di una costituzione federale e dell'autonomia delle
regioni, in particolare del Mezzogiorno. Nonostante riconoscesse
nell'articolo che l'unità italiana non esiste che nelle regioni della
filosofia. In una regione astratta come e la filosofia, non si trova un popolo,
non si posse reclutare un esercito, non si può organizzare nessun governo.
Esprime l'auspicio che l'Unità Italiana si potesse prima o poi realizzare.
L’Italia tutta deve domandare alla libertà. La liberta non ha leggi, né costumi
politici, essa non appartiene a se medesima; essa non è né una né confederata;
essa non progredirà se non col cominciare a chiedere costituzioni, poi la
confederazione, indi la guerra, da ultimo l’Unità, se la fatalità lo permette.
Nel Parlamento di Torino sconfessa queste sue parole dicendo. “Io non muto
d'avviso.” “Sono stato avversario dell'unità italiana.” “Credo l’unita tragica
nell'azione sua, destinata a creare immemorabili martirii e crudelissimi
disinganni, benché necessaria come gli scandali alla storia, come i sacrifizi e
gli olocausti alle religioni.” Si è pure pronunciato contro la cessione di
Nizza e della Savoia alla Francia, contro il trattato di commercio con la
Francia e contro gli accordi con il governo francese per la ripartizione del
debito già pontificio (lui, "francese al peggiorativo", come ama definirlo
il suo irriducibile avversario, Mazzini), in difesa di Garibaldi per i fatti
d'Aspromonte in favore della Polonia e dello spostamento della capitale da
Torino a Firenze, prese parte attiva ai dibattiti parlamentari sulla
proclamazione di Roma capitale, sul brigantaggio, sulla situazione finanziaria
del nuovo regno. E fatto senatore. Assolutamente
solitario e totalmente estraneo ad ogni gruppo politico e ad ogni consorteria, non
ebbe seguito. è una delle illustrazioni del parlamento, ma non esprime se non
che le sue idee individuali. La sua azione parlamentare è stata così caratterizzata
e riassunta. Sedeva suo banco della Sinistra difendendo le opinioni liberali,
combattendo gli arbitri e gli errori dell'amministrazione, denunciando nel
piemontesismo l'indebita preminenza di una consorteria, vagheggiando la
demolizione di ogni privilegio romano, e per tutto questo poteva sembrare
d'accordo con i suoi colleghi dell'Estrema, anche se talvolta si divertiva a
pungerli e sgomentarli con l'indisciplinata libertà dei suoi atteggiamenti; ma
intimamente non era con loro. Discorsi: Contro la cessione di Nizza e della
Savoia alla Francia. Contro le annessioni incondizionate. Sulla interpellanza
del deputato Audinot intorno alla questione romana. Interpellanza relativa alle
condizioni delle province meridionali. Il battesimo del Regno. Contro il
prestito di 500 milioni, La questione romana e le condizioni delle province
meridionali. La ferrovia da Gallarate al Lago Maggiore. Sull'esercizio
provvisorio (bilancio, Interpellanza sul proclama del Re (Aspromonte) Interpellanza
sugli affari di Roma. Sulla questione della Polonia. Contro il trattato di
commercio con la Francia. Intorno al bilancio dell'Interno. Sulla situazione
del Tesoro e sulle condizioni finanziarie del Regno. Il trasporto della
capitale. sul giuramento politico. sulle giornate di Torino, Interpellanza al
Ministero sulla crisi del Ministero Ricasoli. Contro la convenzione col governo
francese per l'assunzione del debito pubblico degli ex Stati pontifici. Contro
le trattative con Roma e la nomina dei vescovi da parte del Papa. Sulla
violazione del diritto del non intervento, Interpellanza su Mentana. Inchiesta
sul corso forzoso. Per la guardia nazionale. Legge sul macinato. Sulla
sospensione dei professori all'Bologna. Sulla Regia cointeressata dei tabacchi.
Sull'assassinio di Monti e Tognetti. Sui disordini per la legge sul macinato. Inchiesta
sulla Regia. Sul bilancio dell'Interno. Sul consiglio Superiore d'Istruzione. I
fatti di Francia. Contro la convalidazione del decreto di accettazione del
plebiscito di Roma. Interpellanza per la pubblicazione del Libro verde. Contro
la politica estera. Sulla nomina dei vescovi. Interpellanza intorno al divieto
del comizio popolare al Colosseo, Sulla politica estera. Sul ripristinamento
dell'appannaggio al principe Amedeo. La soppressione degli ordini religiosi in
Roma. Gli arresti di Villa Ruffi.Carriera universitaria, Professore supplente
di storia all'Strasburgo. Professore onorario dell'Napoli. Professore di
Filosofia della storia all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, Professore
di Filosofia all'Torino. Professore di Filosofia della storia all'Istituto di
studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Direttore e fondatore
della rivista L'Ateneo. Membro corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze
e lettere di Milano.Membro ordinario della Società reale di Napoli. Membro
effettivo dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano. Membro
straordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Membro
ordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Socio
corrispondente della Deputazione di storia patria per le antiche province
modenesi. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma. Onorificenze
Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoianastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoia, Ufficiale dell'Ordine dei
Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine
dei Santi Maurizio e Lazzaro, Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia nastrino
per uniforme ordinaria Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia. Come tutti
i socialisti italiani, Ferrari è fortemente influenzato dall'Illuminismo e da
Proudhon. Il suo socialismo si costituisce come una radicalizzazione del
principio di uguaglianza affermato dalla rivoluzione francese. Riconosce
come unico fondamento della proprietà il lavoro. Propone quindi un socialismo
che, non strettamente in opposizione al liberalismo, fosse fondato sul merito
individuale e sul diritto di godere dei frutti del proprio lavoro. Più che con la
nascente borghesia, si pone dunque in contrasto con i residui feudali ancora
presenti in Italia, e auspica uno sviluppo industriale e una rivoluzione
borghese. Partecipa anche attivamente al dibattito risorgimentale. Contrario
all'unificazione della penisola, propone come obiettivo la formazione di una “federazione”
di repubbliche, in modo da tutelare le particolarità e l'unicità delle singole
regioni. Questo progetto dove essere attuato attraverso un'insurrezione armata,
aiutata dall'intervento francese. Al contrario della maggioranza dei teorici
risorgimentali (in particolare Mazzini), i quali credevano che l'Italia avesse
una missione storica, credeva abbastanza pragmaticamente che fosse necessario
l'intervento di uno stato estero per sconfiggere gli eserciti organizzati dei
diversi stati italiani. L'opinione pubblica dove essere preparata alla
rivoluzione (che dove avvenire spontaneamente e non guidata da un gruppo di cospiratori)
da un partito di stampo democratico, repubblicano, federalista e socialista. La
questione sociale era infatti inscindibile da quella istituzionale. Il stato
federale dei republiche regionali sarebbe stato gestito da un'assemblea
nazionale e da tante assemblee regionali. Insieme a Pepe elaborò il “neo-guelfismo”
-- per sottolineare il carattere re-azionario di restaurare la presenza attiva
di Roma nella vita politica d’Italia. Critico verso la formula liberale Libera
Chiesa in libero stato, e afferma la superiorità dello stato d’Italia rispetto
alla Roma, corrispondente alla superiorità della ragione rispetto alla credenza
religiosa, un rapporto Stato-Roma che si riallaccia alla politica ecclesiastica
di Giuseppe II in Lombardia e a quella di Leopoldo I di Toscana. Consta
dai registri della Parrocchia di S. Satiro , che Giuseppe Michele Giovanni
Francesco dei coniugi Giovanni e Rosalinda Ferrari nacque. Cenno su Giuseppe
Ferrari e le sue dottrine", di Luigi Ferri. Altre opere: “Romagnosi” (O. Campa,
Milano); “Sulle opinioni religiose di Campanella” (Milano, Franco Angeli);
"La fede in Dio è l'ERRORE più primitivo, più NATURALE del genere umano.”
“La religione è la pratica della servitù.” “Roma presenta tutti i vizi della ri-velazione
sopra-naturale.” “Roma conduce alla dominazione dell'uomo sull'uomo.” “Il
romano cè morto, l'uomo deve nascere, è nato, ha già respinto dallo Stato gli
apostoli e la Chiesa”. Filosofia della rivoluzione, in: Scritti politici di
Giuseppe Ferrari, Silvia Rota Ghibaudi, Torino, UTET, Camera dei Deputati, Atti
del Parlamento Italiano sessione, discussioni della Camera dei Deputati,
Torino, Eredi Botta, Atti del parlamento italiano, Le più belle pagine di
Scrittori italiani scelte da scrittori viventi. Giuseppe Ferrari, Milano,
Garzanti, Altre opere: “Romagnosi”; “Vico”; “La Federazione repubblicana”; “Filosofia
della rivoluzione”; “L'Italia dopo il colpo di Stato”; “Opuscoli politici e
letterari”; “La mente di Giambattista Vico, Corso sugli scrittori politici
italiani, Corso sugli scrittori politici italiani; Il governo a Firenze, “Giannone”;
Lettere chinesi sull'Italia, Storia delle Rivoluzioni d'Italia; Teoria dei
periodi politici, L'aritmetica nella storia; Proudhon (Andrea Girardi, Napoli,
Edizioni Immanenza);La Rivoluzione e i rivoluzionari in Italia, Il genio di
Vico, I partiti politici italiani, Le più belle pagine, Opere (Ernesto Sestan);
Scritti politici, Silvia Rota Ghibaudi, I filosofi salariati, L. La Puma, “Scritti di filosofia” e di politica, M.
Martirano, Il genio di Vico, Sulle opinioni religiose di Campanella, Epistolario
Franco Della Peruta, "Contributo all'epistolario di Giuseppe
Ferrari", in: Franco Della Peruta, I democratici e la rivoluzione
italiana, Milano, Franco Della Peruta (ed.),"Contributo all'epistolario di
Ferrari", Rivista storica del socialismo, Lettere a Proudhon, Annali
dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli, C. Lovett, "La Questione
Meridionale con lettere inedite", Rassegna storica del Risorgimento”; “Milano
e la Convenzione di Settembre dalla corrispondenza inedita di Ferrari",
Nuova rivista storica, Lombardia dalla corrispondenza inedita di Ferrari",
Nuova rivista storica, Lovett, "Il Secondo Impero, il Papato e la
Questione Romana. Lettere inedite di Wallon a Ferrari", Rassegna storica
del Risorgimento e la politica interna della Destra. Con un carteggio inedito, Milano.
Altro A. Agnelli, "Giuseppe Ferrari e la filosofia della
rivoluzione", in: Per conoscere Romagnosi, Robertino Ghiringhelli e F.
Invernici. La vita sociale e politica nel collegio di Gavirate-Luino", in:
Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano,
Milano, Luigi Ambrosoli, "Cattaneo e Ferrari: l'edizione di Capolago delle
opere di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il
nuovo stato italiano, Milano, Paolo Bagnoli, "Ferrari e Montanelli", in: Silvia Rota Ghibaudi, e
Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Bruno
Barillari, "Ferrari critico di Mazzini", Pensiero mazziniano, Francesco
Brancato, Ferrari e i Siciliani, Trapani, Bruno Brunello, Ferrari, Roma, Bruno
Brunello, "Ferrari e Proudhon", Rivista internazionale di filosofia
del diritto, Michele Cavaleri, Ferrari, Milano, Cosimo Ceccuti, "Ferrari e
la Nuova antologia: il destino della Francia repubblicana", in: Silvia
Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano,
Milano, Arturo Colombo, "Il Ferrari del Corso", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Luigi
Compagna, "Ferrari collaboratore della "Revue des deux mondes",
in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo
stato italiano, Milano, Maria Corrias Corona, "Il filosofo
"rivoluzionario" visto da Giorgio Asproni", in : Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo
stato italiano, Milano, Carmelo D'Amato, Ideologia e politica in Giuseppe
Ferrari", Studi storici, Carmelo D'Amato, "La formazione di Giuseppe
Ferrari e la cultura italiana della prima metà dell'Ottocento", Studi
storici, Franco Della Peruta, "Il socialismo risorgimentale di Ferrari,
Pisacane e Montanelli", Movimento operaio, Franco Della Peruta, Un
capitolo di storia del socialismo risorgimentale: Proudhon e Ferrari",
Studi storici, Franco della Peruta, "Ferrari", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano,
Milano, Aldo Ferrari, Giuseppe Ferrari, Saggio critico, Genova, Luigi Ferri,
"Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine", in: Ferrari, La mente
di G. D. Romagnosi, Milano. Gian Biagio Furiozzi, " Angelo Oliviero
Olivetti e Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino
Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Paolo
Virginio Gastaldi, "Nella galassia dell'Estrema", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo
stato italiano, Milano, Robertino Ghiringhelli, Robertino Ghiringhelli,
"Romagnosi e Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli,
Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Carlo G. Lacaita, "Il problema
della storia in Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli,
Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Eugenio Guccione, "Il laicismo
politico di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari
e il nuovo stato italiano, Milano, Anna Maria Lazzarino Del Grosso, "Il
Medioevo in Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari
e il nuovo stato italiano, Milano, Lovett, "Europa e Cina nell'opera di
Giuseppe Ferrari", Rassegna storica del Risorgimento, Maurizio Martirano,
“Ferrari, interprete di Vico”. Maurizio Martirano, Filosofia, storia,
rivoluzione. Saggio su Ferrari, Napoli, Liguori, Gilda Manganaro Favaretto,
Angelo Mazzoleni, Ferrari. Il pensatore, lo storico, lo scrittore politico,
Roma, Angelo Mazzoleni, Ferrari. I suoi tempi e le sue opere, Milano, Antonio Monti,
"La posizione di Ferrari nel primo Parlamento italiano", Critica politica,
Giulio Panizza, L'illuminismo critico di Ferrari, Giulio Panizza, "La
teoria della fatalità nell'Histoire de la Raison d'Etat", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Giacomo
Perticone, "La concezione etico-politica di Ferrari", Rivista
internazionale di filosofia del diritto, Luigi Polo Friz, "Ferrari e Frapolli:
un rapporto di amore e odio tra due interpreti del Risorgimento Italiano",
in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano,
Milano, Nello Rosselli, "Italia e Francia in Ferrari", Il Ponte, Silvia
Rota Ghibaudi, Ferrari, lFirenze, Silvia Rota Ghibaudi, "Ferrari e la
Teoria fatalista dei periodi politici", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino
Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano,
Milano, Luciano Russi, "Pisacane e Ferrari: esiti socialisti dopo una
rivoluzione fallita", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari
e il nuovo stato italiano, Milano, M. Schiattone, Alle origini del federalismo
italiano, Ferrari, Nicola Tranfaglia, "Ferrari e la storia d'Italia",
Belfagor, Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il
nuovo stato italiano, Milano, Luigi Zanzi, "un
filosofo"militante", in:Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino
Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Stefano Carraro,
"Alcuni aspetti del pensiero politico", BAUM, Venezia. Gian Domenico
Romagnosi Carlo Cattaneo Cinque giornate di Milano Lodovico Frapolli
Pierre-Joseph Proudhon Giuseppe Mazzini Carlo Pisacane Federalismo. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giuseppe Ferrari, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
Opere di Giuseppe Ferrari, su Liber Liber. Il primo radicalsocialista
italiano, dal sito del Movimento RadicalSocialista. Giuseppe
Ferrari. Giuseppe Michele Giovanni Francesco Ferrari. Keywords. Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Ferrari," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ferrari: (Arcola).
Filosofo. Grice: “I like Ferrari; he was a philosopher AND a poet – a combo we
don’t find too often at Oxford!” -- Ferrari
(alias Novatore) Renzo Novatore «Oggi cerco un'ora sola di furibonda anarchia
e per quell'ora darei tutti i miei sogni, tutti i miei amori, tutta la mia
vita.» Refrattario a ogni disciplina fin da giovanissimo, frequenta la
scuola soltanto per alcuni mesi prima di abbandonarla definitivamente ed essere
costretto dal padre a lavorare nei campi. Il suo profondo desiderio di
conoscenza, unito ad una notevole forza di volontà, lo spinse però ad un
personalissimo studio da autodidatta che lo portò a leggere Stirner, Nietzsche,
Palante, Wilde, Ibsen, Schopenhauer, Baudelaire. Non rinunciò comunque ad
elaborare una visione autonoma, che costruì giorno dopo giorno, come ricorda il
suo amico Auro D'Arcola, attraverso una costante attività meditativa. Si
sposa con Emma Rolla e con lei ebbe tre figli, uno dei quali morto in tenera
età. Gli altri due, Renzo e Stelio, proseguirono sulle orme paterne una
personalissima riflessione esistenzialista che svilupparono nell'ambito della
produzione artistica e letteraria. Questo nonostante fosse contrario alla
famiglia tradizionale e alla visione idealizzata della donna: «O ciniche
prostitute, o espropriatrici audaci, ergetevi sopra la putredine ove il mondo
sta immerso e fatelo impallidire sotto la luce perversa dei vostri grandi occhi
profondi. Voi siete il sole più bello che oggi il sole bacia. Voi siete di
un'altra razza. E l'anima vostra è un canto, un sogno la vostra vita.
Scardinate il mondo o libere prostitute, o espropriatrici audaci. Io canterò
per voi. Il resto è fango!” (Le mie sentenze) L'anarchico disertore La
prima volta in cui le cronache s'interessarono di lui fu nel 1910, quando un
incendio distrusse la chiesa della Madonna degli Angeli nella notte tra il 15 e
il 16 maggio: le indagini dei regi carabinieri portarono infatti a identificare
i responsabili del gesto in un gruppo di giovani anarchici del posto, tra i
quali anche Abele Ferrari. Contrario alla guerra, nel 1915 venne
richiamato sotto le armi ma si rese irreperibile. Venne dunque imputato di
diserzione e condannato in contumacia alla pena di morte. Sarà poi arrestato e
scarcerato in seguito ad amnistia. “E le rane partirono... Partirono
verso il regno della suprema viltà umana. Partirono verso il fango di tutte le
trincee. Partirono.... E la morte venne! Venne ebbra di sangue e danzò
macabramente sul mondo. Danzò con piedi di folgore... Danzò e rise... Rise e
danzò... Per cinque lunghi anni. Ah, Come è volgare la morte che danza senza
avere sul dorso le ali di un'idea... Che cosa idiota morire senza sapere il
perché.” (Dal poema Verso il nulla creatore) Anarchico individualista, assunto
lo pseudonimo di Renzo Novatore, fu protagonista con i suoi compagni Dante
Carnesecchi e Tintino Persio Rasi di alcuni dei più importanti episodi della
lotta operaia del biennio rosso nella Provincia della Spezia: episodi la cui
importanza non si comprende se non tenendo conto che allora La Spezia era una
delle più importanti roccaforti militari italiane, circondata da una serie di
forti e polveriere che ne dominavano il golfo, e caratterizzata dalla presenza
di un arsenale militare e di alcune delle più importanti industrie belliche. In
quel periodo molti lavoratori anelavano a "fare come in Russia",
tanto che era in molti anarchici, come Errico Malatesta, la convinzione che la
rivoluzione fosse dietro l'angolo e bastasse dare solo una spallata
decisa. L'antifascismo e la morte Coerente fino alla fine nella prima
lotta al nascente fascismo, entrò nel mirino delle camicie nere, coadiuvate
dalla polizia di Stato, e dovette fuggire per garantirsi l'incolumità; per
sopravvivere si unì al bandito piemontese Sante Pollastri che era noto anche
per proteggere e finanziare gli anarchici con la sua banda di rapinatori, data
la simpatia politica che aveva per loro e il suo odio per il fascismo. Qualche
tempo dopo la banda di Pollastri rapinò un importante cassiere di una banca,
che portava una borsa piena d'oro: durante la colluttazione il ragionier
Achille Casalegno venne colpito da un proiettile e morì; sebbene probabilmente
fu Pollastri, che aveva già diversi omicidi di poliziotti e fascisti alle
spalle, ad esplodere il colpo, al processo del 1931 costui avrebbe accusato il
defunto Novatore. Le forze dell'ordine, su incarico del governo
Mussolini, intensificarono la caccia alla banda Pollastri. Un mezzogiorno, il
maresciallo Lupano e i carabinieri Corbella e Marchetti entrarono in abiti
civili nell'Osteria della Salute di Teglia, nel genovese, perché avevano
individuato Pollastro ed intendevano arrestarlo. Novatore era seduto accanto al
celebre bandito e ad un altro componente del gruppo, e probabilmente fu proprio
lui il primo a sparare sui carabinieri, scatenando la risposta di quest'ultimi.
Nello scontro a fuoco rimasero uccisi il maresciallo Lupano e un amico del
bandito, il cui corpo crivellato di colpi si rivelò essere quello
dell'anarchico Abele Ricieri Ferrari, noto come Renzo Novatore, ricercato per
attività sovversiva e antifascismo, mentre Pollastri e l'altro compagno
riuscirono a scappare. Novatore, al momento della morte, aveva con sé una
pistola Browning, due caricatori di riserva, una bomba a mano ed un anello con
spazio nascosto contenente una dose letale di cianuro, per suicidarsi se fosse
caduto vivo nelle mani dei fascisti, oltre ad un documento falso recante il
nome di Giovanni Governato. Si define anarchico individualista. Lotta per
la libertà e per i diritti delle masse, ma era anche sicuro, dopo il fallimento
delle insurrezioni del 1919, che non si potesse fare affidamento sul
popolo: «Le masse che sembrano adoratrici di Errico Malatesta sono vili e
impotenti. Il governo e la borghesia lo sanno e sogghignano.» «Io so, noi
sappiamo, che cento uominidegni di questo nomepotrebbero fare quello che
cinquecentomila "organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai
capaci di fare.» Il suo pensiero nichilista, anticlericale, anarchico e
iconoclasta si caratterizzava soprattutto per il fortissimo individualismo, un individualismo
fine a sé stesso che lo pose spesso in conflitto con altri membri del movimento
anarchico di quegli anni, come Camillo Berneri (di ispirazione
anarco-comunista). «L'individualismo com'io lo sento, lo comprendo e lo
intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il Comunismo, né l'Umanità.
L'individualismo ha per fine sé stesso.» (Dallo scritto Il mio
individualismo iconoclasta in Iconoclasta!) «L'anarchia è per me un mezzo per
giungere alla realizzazione dell'individuo; e non l'individuo un mezzo per la
realizzazione di quella. Se così fosse anche l'anarchia sarebbe un fantasma. Se
i deboli sognano l'anarchia per un fine sociale; i forti praticano l'anarchia
come un mezzo d'individuazione.» «Nella vita io cerco la gioia dello
spirito e la lussuriosa voluttà dell'istinto. E non m'importa sapere se queste
abbiano le loro radici perverse entro la caverna del bene o entro i vorticosi
abissi del male. Nessun avvenire e nessuna umanità, nessun comunismo e nessuna
anarchia valgono il sacrificio della mia vita. Dal giorno che mi sono scoperto
ho considerato me stesso come meta suprema.» Rimaneva salda nel suo
pensiero la convinzione che agire e schierarsi fosse una necessità
irrinunciabile tanto che di lui si disse che scriveva come un angelo, combatteva
come un demonio. Su di lui restò sempre fortissima l'ispirazione di Max
Stirner e di Nietzsche. Opere scritte Le opere e il ricordo del
Novatore sono state in gran parte distrutte dal regime fascista e
sostanzialmente a lungo dimenticate anche da alcune parti del movimento
anarchico. Le sue firme compaiono con molti pseudonimi diversi (oltre al
già citato "Renzo Novatore", anche "Mario Ferrento",
"Andrea Del Ferro", "Sibilla Vane", "Brunetta l'Incendiaria")
su svariate pubblicazioni anarchiche dell'epoca, tra cui Il Libertario
(pubblicato a La Spezia), Gli Scamiciati (Pegli), Cronaca Libertaria (Milano),
Il Proletario (Pontremoli), Pagine Libertarie, Iconoclasta! (Pistoia),
L'Avvenire Anarchico, Vertice (La Spezia), Nichilismo, L'Adunata dei Refrattari
(New York) e Veglia (Parigi). Da ricordare inoltre due libri di
pubblicazione postuma: "Verso il nulla creatore" e "Al di sopra
dell'arco". Libri ed opuscoli Renzo Novatore, prefazione de Il
figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, Siracusa, "Figli
dell'Etna", Renzo Novatore, prefazione biografica di Auro d'Arcola,
appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco,
Siracusa, "Figli dell'Etna", Renzo Novatore, prefazioni di Virginio
De Martin e Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, New York, Renzo
Novatore, prefazione di Auro d'Arcola, Il mio individualismo iconoclasta, Firenze,
Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, Camillo da Lodi [Camillo Berneri], Mario
Senigallesi, Polemica, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, prefazioni
di Totò Di Mauro, Tito Eschini e Lato Latini, illustrazioni di G. Scaccia, Al
di sopra dell'arco, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, prefazione
biografica di Auro d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G.
Scaccia, Al di sopra dell'arco, Torino, Reprint Assandri, “Verso il nulla
creatore, Catania, Centrolibri, RAlberto Ciampi, Un fiore selvaggio. Scritti
scelti e note biografiche, Pisa, BFS Edizioni, Renzo Novatore, Toward the
Creative Nothing, Portland, Venomous Butterfly Publications, Renzo Novatore,
introduzione di Alfredo M. Bonanno, Verso il nulla creatore, Trieste, Edizioni
Anarchismo. Renzo Novatore, Novatore, Ardent Press, . Renzo Novatore, Le rose,
dove sono le rose?, Gratis Edizioni, . Renzo Novatore, Flores silvestres,
Lisbona, Textos Subterraneos. Novatore: una biografia Archiviato iRenzo
NovatoreAnarchopedia, su ita.anarchopedia.org. dal personaggio di Sybil Vane,
presente nel romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde Maurizio Antonioli (diretto da), Dizionario
biografico degli anarchici italiani, Biblioteca Franco Serantini, Massimo
Novelli, La furibonda anarchia. Renzo Novatore poeta, Bra (CN), Araba Fenice, Scritti,
citazioni e aforismi di Renzo Novatore Archivio di testi di Renzo Novatore . ‘Renzo
Novatore’ -- Abele Ricieri Ferrari (Arcola), filosofo. Keywords. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Ferrari” – The Swimming-Pool Library.
Ferraris (Galatone). Filosofo.
Grice: “I like Ferraris – he analyses all the implicata of The Lord’s Prayer – pretty
complicated – my favourite is his excursus on the implicatum of ‘thy will be
done’” Figlio Pietro De Ferraris e Giovanna d'Alessandro. Studia a Nardò. Passa
quindi a Napoli. Molte sono le conoscenze che fa all'Accademia. Entra in
contatto con Gareth detto il Chariteo, Attaldi, Pontano, Gaza, Caracciolo,
Pardo, Lecce, Sannazaro. Si laurea a Ferrara, dove soggiorna. Si trasferì poi a
Venezia per poi ritornare a Napoli ed entrare nel giro della reggia partenopea,
nella corte di Ferdinando I. Si adatta a Gallipoli, dove si sposa Maria
Lubelli dei baroni di Sanarica. La serenità della sua vita fu turbata dall'invasione
di Otranto da parte dei Turchi. Cerca rifugio a Lecce annotando gli eventi
drammatici che in seguito sarebbero stati il canovaccio per un'opera composta
in latino. Si sposta ripetutamente fra Napoli, apprezzato dottore al servizio
della corte aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di residenza. Inizia
anche a scrivere, inizialmente in forma epistolare. Manda i ringraziamenti a
Ermolao Barbaro per la dedica ricevuta; è seguente la redazione di Altilio
Galateus εὐ πράττειν e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum de distinctione
humani generis et nobilitate; e una seconda epistola a Barbaro e il saggio Ad
Marinum Pancratium de dignitate disciplinarum. Dopo la morte di
Ferdinando e Alfonso II, abbandona Napoli non prima di avere composto
l’Antonius Galateus medicus in Alphonsum regem epitaphium. Torna a Lecce dove
forma assieme L’Accademia dei lupiensi. Scrisse Ad Chrysostomum De villae
incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi che era andata distrutta
dal fuoco. Fu a Napoli, convocato dal re Federico d’Aragona che lo volle con
sé, ma l'inasprimento del conflitto con Francia lo spinse a ritornare nella provincia
salentina. Godette dell'ospitalità di Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo
di comporre in latino lavori di filosofia, filosofici. Una delle pochissime
trasferte dal Salento fu quella che effettuò a Roma presso Giulio II, a cui
offrì una copia dell'atto di Donazione di Costantino, che era conservata nella
biblioteca di Casole. Fu uno studioso che, come gli intellettuali suoi
contemporanei, riuscì a coniugare una vasta erudizione umanistica con nozioni
scientifiche. Le sue conoscenze erano di ampio respire. Il suo bagaglio
filosofico include la cultura classica di Aristotele, Platone ed Euclide.
Considera che la filosofia classica era stata traviata dai filosofi come
Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò solo Boezio e
la sua Consolatio philosophiae. Prediligeva la civiltà classica e autori come
Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca, Svetonio,
Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di Dante,
Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. Si interessa anche delle opere di
Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò Ippocrate
e Galeno.Non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e
descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando
con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue
opere. Ma non sfuggì a Ferraris il quadro generale della società dei suoi tempi
e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa
soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle cattive
consuetudini. Il suo De Situ Japygiae e un autorevole trattato
storico-geografico sul Salento. Mentre era a Bari ha notizia della
"Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna
tredecim equitum. Altre opere: Oltre a saggi e trattatelli, compose le
seguenti epistole: Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi, Ad Accium
Sincerum de villa Laurentii Vallae, Ad Franciscum Caracciolum de beneficio
indignis collato, Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopus, Antonio Ptolomaeo
Lupiensi episcopo, De Heremita, De podagral, Ad Chrysostomum, suo salutem de
nobilitate, Ad Chrysostomum de morte fratris, Ad illustrem comitem Potentiae,
Ad comitem potentiarum, Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis
militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi
Apuliae, Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae,
ad Chrysostomum de pugna tredecim
equitum, Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani, Ad Prosperum Columnam, ad
Chrysostomum de Prospero Columna, phiilosophi praestantissimi de situ
elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium, Esposizione del Pater noster De
educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam, ad Antonium de Caris Neritinum
episcopum, regem Ferdinandum, Beatissimo
Iulio II pontifici maximo; philosophi epraestantissimi De situ Japigiae
ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati, Ad Nicolaum
Leonicenum medicum, Petro Summontio De suo scribendi genere, Summontio suo
bonam valetudinem Callipolis description, Pyrrum Castriotam, Illustri viro
Belisario Aquevivo, (Vituperatio litterarum), Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas,
Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. La Iapigia. Itinerari e luoghi
dell'antico Salento (Lecce, Messapica Editrice), “Gallipoli” (Lecce, Messapica
Editrice). Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il
poeta nel marzo con l’apposizione in
Piazza Crocefisso di una lapide dedicata alla sua memoria. Dizionario
biografico degli italiani, TreccaniEnciclopedie, Galatone, in Treccani Enciclopedie.
Antonio De Ferraris, Antonio De Ferrariis. Galateo. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Ferraris e
Grice” – The Swimming-Pool Library.
Ferraris (Torino). Filosofo. Grice:
“Ferraris is what the in the Renaissance used to be called a ‘Renaissance man.’
My favourite of his essays is “La svolta testuale” – he is into Derrida and
Yale, but I’m into Grice and Harvard, and I still connect!” Si laurea a Torino
sotto Vattimo. Insegna a Macerata, Trieste, Torino al Laboratorio di Ontologia
dal Centro interdipartimentale di
ontologia. Studiato a Torino.In ambito teorico, ha legato il suo nome al
rilancio dell'estetica come teoria della “sensibilità” a un'ontologia sociale
intesa come ontologia dei documenti (documentalità) e a un superamento del
postmodernismo attraverso la proposta di un nuovo realismo. Centro
interuniversitario di Ontologia Teorica e Applicata.I primi interessi di
Ferraris si rivolgono alla filosofia post-strutturalista (“Differenze”;
“Tracce” e “La svolta testuale”). Specificamente a Derrida, Ferraris ha dedicato:
Postille a Derrida, Honoris causa a Derrida Introduzione a Derrida, Il gusto
del segreto e, infine, Jackie Derrida. Ritratto a memoria.Lavorando invece a
contatto con Gadamer, a partire dai primi anni Ottanta si rivolge
all'ermeneutica, scrivendo: Aspetti dell'ermeneutica, Ermeneutica di Proust,
Nietzsche e la filosofia del Novecento, e soprattutto Storia dell'ermeneutica.Ferraris
sviluppa un'articolata critica alla tradizione heideggeriana e gadameriana (si
veda in particolare Cronistoria di una svolta, dpostfazione alla conferenza di
Heidegger La svolta), che fa valere, in particolare, l'apporto del
post-strutturalismo come contestazione del retaggio romantico e idealistico che
condiziona tale tradizione. La conclusione di questo percorso critico sfocia
nella riconsiderazione del rapporto tra lo spirito e la lettera e in un
ribaltamento della loro contrapposizione tradizionale. Spesso i filosofi e gli
uomini comuni disprezzano la letterale norme e i vincoli che sono istituiti
attraverso documenti e iscrizioni di vario genere anteponendole lo spirito il
pensiero e la volontà e riconoscendo la libera creatività del secondo rispetto
alla prima. Per Ferraris è la lettera a precedere e fondare lo spirito.Abbandona
il relativismo ermeneutico e la decostruzione di Derrida per abbracciare una
forma di oggettivismo realistico secondo cui l'oggettività e realtà,
considerate dall'ermeneutica radicale come principi di violenza e di
sopraffazione, sono di fatto e proprio in conseguenza della contrapposizione
tra spirito e lettera di cui si è dettola sola tutela nei confronti
dell'arbitrio.Questo principio, valido in ambito morale, ha nel riconoscimento
di una sfera di realtà indipendente dalle interpretazioni il suo fondamento
teorico.Il mondo esterno, riconosciuto come inemendabile, e il rapporto tra
schemi concettuali ed esperienza sensibile (l'estetica, riportata al suo
significato etimologico di “scienza della percezione sensibile”, acquisisce una
rilevanza primaria si vedano, in particolare, Analogon rationis, Estetica (con
altri autori), L'immaginazione , ed Estetica razionale sono temi dominant.Rilegge
Kant attraverso la fisica ingenua del percettologo triestino Paolo Bozzi (Il
mondo esterno e Goodbye Kant!La “ontologia critica” ferrarisiana riconosce il
mondo della vita quotidiana come largamente impenetrabile rispetto agli schemi
concettuali. Il mancato riconoscimento di questo principio risale alla
confusione tra ontologia (la sfera dell'essere) ed epistemologia (la sfera del
sapere), di cui Ferraris articola una tematizzazione critica fondata
sulcarattere di inemendabilità che è proprio dell'essere rispetto al sapere (si
vedano in particolare: Ontologia e Storia dell'ontologia.La sua riflessione
sul realismo sfocia nell'elaborazione del Manifesto del New Realism. L'esito
naturale dell'ontologia critica è il riconoscimento accanto al mondo
inemendabile di un dominio di oggetti in cui la filosofia trascendentale
kantiana trova la sua adeguata applicazione: gli oggetti sociali,
l’intersoggetivo (Dove sei? Ontologia del telefonino, Babbo Natale, Gesù adulto, Sans Papier, La
fidanzata automatic, Il tunnel delle multe.La tesi di fondo è che la
distinzione tra ontologia ed epistemologia, unita al riconoscimento
dell'autonomia ontologica dell’intersoggetivo, della sfera degli oggetti
sociali (regolata dalla legge costitutiva “oggetto = atto iscritto”), consente
di correggere la tesi derridiana secondo cui "nulla esiste al di fuori del
testo" (letteralmente, e a-semanticamente, “non c'è fuori testo”) per
teorizzare che “niente di sociale esiste fuori del testo”. Documentalità.
Perché è necessario lasciar tracce.In seguito la sua si arricchisce di piccole ma significative
metafisiche dei costumi artistici e scritturalifin anche ultratecnologici con
Piangere e ridere davvero e Filosofia per dame, vere e proprie grammatologies,
insomma, ma ri-viste, e robustamente visionarie, oltre che re-visionate, come
del resto tutti gli articoli di intervento culturale (si cfr. esemplarmente
quelli per Alfabeta e Alfabeta). La svolta realista compiuta da partire
dalla formulazione dell'estetica non come filosofia dell'arte, ma come ontologia
della percezione e dell'esperienza sensibile trova un'ulteriore declinazione
nel Manifesto del nuovo realism. Il Nuovo realismo, i cui principi sono
anticipati da Ferraris in un articolo uscito su Repubblica l'8 agosto e che avvia un imponente dibattito, è in
primo luogo un consuntivo di alcuni fenomeni storici, culturali, politici
(l'analisi del postmoderno sino al suo deteriorarsi in populismo mediatico). Da
queste considerazioni consegue la messa in chiaro degli esiti prodotti dalle
derive del postmoderno nel pensiero contemporaneo (l'interpretazione dei
realismi filosofici e delle “teorie della verità” che si sviluppano a partire
dalla fine del secolo scorso come reazione a una devianza del rapporto tra
individuo e realtà).Da questo scaturisce la proposta di un antidoto alla
degenerazione dell'ideologia postmodernista, alla prassi degradata e mendace
della relazione con il mondo che questa ha indotto.Il Nuovo Realismo si
identifica infatti nell'azione sinergica di tre parole-chiave, Ontologia,
Critica, Illuminismo. Il Nuovo Realismo è stato oggetto di discussioni e
convegni nazionali e internazionali e ha sollecitato una serie di pubblicazioni
che implicano il concetto di realtà come paradigma anche in ambiti
extrafilosofici. In effetti, il dibattito sul nuovo realismo, per
quantità di contributi e media implicati, non ha equivalenti nella storia
culturale recente, tanto da essere stato assunto 'case study' per analisi di
sociologia della comunicazione e linguistica. Il nuovo realismo ha sollecitato
una serie di pubblicazioni che ne discutono le tesi, a cominciare da Della
realtà: fini della filosofia, Milano, Garzanti
di Vattimo e Inattualità del pensiero debole, Udine, Forum, di Rovatti sino a Il senso dell'esistenza.
Per un nuovo realismo ontologico, Roma, Carocci, , di Markus Gabriel,
Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in discussione (M. De Caro e M. Ferraris),
Torino, Einaudi, e a Sociologia e nuovo
realismo, Milano-Udine, Mimesis, di Luca
Martignani (che fa parte della collana “Nuovo Realismo” diretta da Ferraris e
De Caro, che conta numerose pubblicazioni). Al Nuovo Realismo di Ferraris
hanno aderito sia filosofi di formazione analitica, come Mario De Caro (cfr.
Bentornata Realtà, a c. di De Caro e Ferraris), sia filosofi di formazione continentale,
come Mauricio Beuchot (Manifesto del realismo analogico, ), Luca Taddio (Verso
un nuovo realismo) e Markus Gabriel (Campi di senso. Un'ontologia neo-realista),
che ha raccolto il sostegno di pensatori come Umberto Eco, Hilary Putnam e John
Searle, e che si incrocia con altri movimenti realisti sorti in modo
indipendente ma rispondendo a esigenze affini, come il “realismo speculativo”
di Meillassoux e di Harman. Per il nuovo realismo, il fatto che sia sempre più
evidente che la scienza non è sistematicamente la misura ultima della verità e
della realtà non comporta che si debba dire addio alla realtà, alla verità o
alla oggettività, come aveva concluso molta filosofia del secolo scorso.
Significa piuttosto che anche la filosofia, così come la giurisprudenza, la
linguistica o la storia, ha qualcosa di importante e di vero da dirci a
proposito del mondo. In questo quadro, il nuovo realismo si presenta anzitutto
come un realismo negativo: la resistenza che il mondo esterno oppone ai nostri
schemi concettuali non va considerata come uno scacco, ma come una risorsa,
come una prova dell'esistenza di un mondo solido e indipendente. Se le cose
stanno in questi termini, però, il realismo negativo si trasforma in un
realismo positivo (Cfr. M. Ferraris, Realismo Positivo, Rosenber e Sellier ):
nella sua resistenza la realtà non costituisce soltanto un limite, ma offre
anche delle possibilità e delle risorse, il che spiega come, nel mondo
naturale, forme di vita differenti possano interagire nello stesso ambiente
senza condividere alcuno schema concettuale; e come, nel mondo sociale, le
intenzioni e i comportamenti umani siano resi possibili da una realtà che è
anzitutto data, e che solo in un secondo momento potrà essere interpretata e,
se necessario, trasformata. Esauritasi la stagione del postmoderno, il nuovo
realismo ha intercettato un diffuso bisogno di rinnovamento in ambiti
extradisciplinari come l'architettura, la letteratura, la pedagogia, la
medicina. L'ultima corrente filosofica inaugurata ha provocato resistenze
e critiche da parte dei sostenitori del postmodernismo e del pensiero
debole. Altre opere: “Differenze. La filosofia dopo lo strutturalismo”
Milano: Multhipla); “Tracce. Nichilismo moderno postmoderno, Milano: Multhipla);
Mimesis, La svolta testuale. Il decostruzionismo in Derrida, Lyotard, gli “Yale
Critics”, Pavia: Cluep); L’ermeneutica (Genova: Marietti); Proust, Milano:
Guerini e associati, Storia
dell'ermeneutica, Milano: Bompiani);Nietzsche (Milano: Bompiani; Cronistoria di
una svolta, in Martin Heidegger, La svolta, Genova: il Melangolo (traduzione e
conclusione, Postille a Derrida, Torino:
Rosenberg & Sellier); La filosofia e lo spirito vivente, Roma-Bari:
Laterza); Mimica. Lutto e autobiografia da Agostino a Heidegger, Milano: Bompiani);
“Storia della volontà di potenza, Milano: Bompiani) Analogon rationis, Milano:
Pratica filosofica, 1nterpretazione ed
emancipazione. Milano: Raffaello Cortina); L'immaginazione, Bologna: il
Mulino); Estetica, (con altri autori), Torino: Utet); Il gusto del segreto, con
Jacques Derrida, Roma-Bari: Laterza); Estetica razionale, Milano: Raffaello
Cortina); Honoris causa a Derrida, Torino: Rosenberg & Sellier); Una Ikea
di università, Milano: Raffaello Cortina); Il mondo esterno, Milano: Bompiani);
L'altra estetica, (con altri autori), Torino: Einaudi); Derrida, Roma-Bari:
Laterza); Ontologia, Napoli: Guida); Goodbye Kant!, Milano: Bompiani); “Dove
sei? Ontologia del telefonino, Milano: Bompiani); “Babbo Natale, Gesù adulto.
In cosa crede chi crede?, Milano: Bompiani); Sans papier. Ontologia
dell'attualità, Castelvecchi: Roma); La fidanzata automatica, Milano: Bompiani);
Il tunnel delle multe. Ontologia degli oggetti quotidiani, Torino: Einaudi); Storia
dell'ontologia, Milano: Bompiani, Una
Ikea di università. Alla prova dei fatti, nuova edizione, Milano: Raffaello
Cortina; “Piangere e ridere davvero. Feuilleton, Genova: Il melangolo);
Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari: Laterza); Ricostruire
la decostruzione. Cinque saggi a partire da Jacques Derrida, Milano: Bompiani);
Filosofia per dame, Parma: Guanda); Anima e iPad, Parma: Guanda); Manifesto del
nuovo realismo, Roma-Bari: Laterza, Bentornata
Realtà. Il nuovo realismo in discussione , con Mario De Caro, Torino: Einaudi);
Lasciar tracce: documentalità e architettura, F. Visconti e R. Capozzi, Milano:
Mimesis); Filosofia Globalizzata, con Leonardo Caffo, Milano: Mimesis); Realismo
Positivo, Torino: Rosenberg & Sellier); Spettri di Nietzsche, Guanda: Parma);
Mobilitazione Totale, Roma-Bari: Laterza); I modi dell'amicizia, con Achille
Varzi, Napoli-Salerno: Orthothes); Emergenza, Torino: Einaudi); L'imbecillità è
una cosa seria, Bologna: il Mulino); Filosofia teoretica, con Enrico Terrone,
Bologna: il Mulino, Postverità e altri
enigmi, Bologna: il Mulino); Il denaro e i suoi inganni, con John R. Searle,
Torino: Einaudi); Intorno agli unicorni. Supercazzole, ornitorinchi, ircocervi,
Bologna: il Mulino); Il capitale documediale. Prolegomeni, in Scienza Nuova.
Ontologia della trasformazione digitale, Torino: Rosenberg&Sellier. Responsabile
scientifico di "Pensiero in movimento", Pearson Libri in collana di
quotidiani: Oltre che diverse curatele e interventi per il "Caffè
Filosofico" del settimanale l'Espresso e la collana "Capire la
Filosofia" de la Repubblica si segnalano: "Felicità. Cos'è la ricerca della
felicità?", Roma, la Repubblica, "Libertà.
Quando si è davvero liberi?", Roma, la Repubblica, "Arte. Perché certe cose sono opere
d'arte?", Roma, la Repubblica, "Male. È possibile vivere senza il
male?", Roma, la Repubblica, "Uguaglianza. C'è qualcuno più uguale
degli altri?", Roma, la Repubblica, "Bellezza. C'è una regola del
bello?", Roma, la Repubblica, s
"Mente. La mente è soltanto il cervello?", Roma, la Repubblica,
"Morale. C'è un solo modo giusto di
vivere?", Roma, la Repubblica, "Potere. Perché si lotta per il
potere?", Roma, la Repubblica, "Pensiero. Che cosa significa
pensare?", Roma, la Repubblica, "Violenza: La violenza è
inevitabile?", Roma, la Repubblica, "Passione: Chi decide, la ragione o la
passione?", Roma, la Repubblica, "Senso: Che cosa ci manca quando diciamo
che la vita non ha senso?", Roma, la Repubblica, "Linguaggio: Si può pensare senza
parole", Roma, la Repubblica, s"Scienza: Che cosa sanno gli
scienziati?", Roma, la Repubblica, v "Filosofia: A cosa servono i
filosofi?", Roma, la Repubblica, sha curato, oltre a partecipare con
singoli interventi, la seconda serie del "Caffè Filosofico" di
Repubblica curandone gli epiloghi. Nel biennio - ha diretto e condotto
tre serie del programma televisivo Zettel Filosofia in movimento in onda su Rai
Scuola. Nel e nel ha continuato tale lavoro nel programma
televisivo "Lo stato dell'arte", in onda su RAI5. Ha condotto la
rubrica di Rai cultura "Opera aperta", in onda sullo stesso
canale. "Maurizio Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe ,
Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani, "Maurizio Ferraris", la Repubblica, Per una rassegna completa del dibattito sorto
intorno al "Manifesto del New Realism" si veda Copia archiviata, su
labont. Nuovo Realismo | Il sito ufficiale della rassegna nuovo realismo R. Scarpa, Ilcaso Nuovo Realismo. La lingua
del dibattito filosofico contemporaneo, Milano-Udine, Mimesis,Reperibileonline,
fascicolo di Giugno. Questi ealtri riferimenti, con resoconti e presentazioni
degli incontri, sono quireperibili: nuovorealismo Si vedano ancora, tra gli
altri, Emiliano Bazzanella, La filosofia e il suo consumo. Il nuovo New
Realism, Trieste, Asterios, ; Perché essere realisti? Una sfida filosofica,
Andrea Lavazza e Vittorio Possenti, Milano-Udine, Mimesis, ; L. Somigli (a
curadi), Negli archivi e per le strade. Il ritorno alla realtà nella narrativa
di terzo millennio, Roma, Aracne, ; Architettura e realismo, Milano Maggioli, Il Caffè Filosofico. La filosofia raccontata
dai filosofi Lo stato dell`arteIl di RAI Cultura dedicato alla filosofia, in
Il di RAI Cultura dedicato alla
filosofia. "Maurizio
Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe , Filosofi italiani contemporanei,
Milano: Bompiani, "Ontologia
analitica e ontologie continentali: Maurizio Ferraris e i filosofi italiani di
impostazione analitica", in C. Esposito ePorro , Filosofia contemporanea,
Roma-Bari: Laterza, dal Rassegna Stampa Nuovo Realismo, sul sito del
Labont: raccolta estesa di tutti gli interventi a proposito della proposta
teorica sul realism. Documentalità Ontologia Ermeneutica Realismo. Treccani. CTAOCentro
Interuniversitario di Ontologia Teoretica ed Applicata, LABONT Laboratorio di
Ontologia, su labont. Il «questionario Proust» a Maurizio Ferraris, su elapsus.
Maurizio Ferraris, il Nuovo Realismo, sul
RAI Filosofia, su filosofia.rai. Maurizio Ferraris. Keywords: the
ontology of the intersubjective – intersoggetivo – a functionalist approach to
the inter-subjective – Grice as an ‘intersubjectivist’ – Grice as a
meta-theorist of the inter-subjective. The intersubjective conditions for the
understanding of pretty subjective utterances like, “That pillar-box seems red
to me.” Collective intentionality, shared intentionality, and the
inter-subjective – inter-subjective and inter-personal. ‘conversational’ as
short for ‘inter-subjective’ and ‘inter-personal’. Grice’s definition of
‘implicature’ as relying on utterer AND addressee. Grice’s definition of
communication as relying, obviously, on utterer and addressee. Ferraris
reccognises the rhapsodies of Austin needed some systematization, and whie
Ferraris refers to Grice, he does so superficially -- and Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Ferraris” – The Swimming-Pool Library.
FERRERO.
(Torino). Filosofo. Grice: “Just for having written on the influence of
Pythagoras on the Roman world, Ferrero is highly commendable! Pythagoras is
crucial for Plato; and Pythagoras taught of course at what would be a Roman
cives, ‘Croto.’ So it all relates!” -- Italian philosopher, author of
“Pigatorismo nel mondo romano.” La Storia del Pitagorismo nel mondo romano vide
la luce grazie al contributo della Fondazione Parini-Chirio e della Facoltà di
Lettere dell’Torino e rappresenta ancora oggi uno dei contributi più alti alla Storia
della Filosofia Romana. Animato da uno spirito che potrebbe senza dubbio
definirsi per mezzo del sentimento dell’importanza maggiore, nella storia delle
idee dell’Antichità, di coloro che Aristotele chiamava “i filosofi italiani”,
di coloro che hanno fatto fiorire sulla terra d’Italia uno dei rami più
vigorosi del pensiero filosofico occidentale. Ricco di elementi ed agile nella
prosa, il libro è uno dei più importanti, se non l’unico, contributo che rende
ragione della relazione tra filosofia romana e
pitagorica, rinvenendo l’importanza del pensiero speculativo alla base
della cultura romana classica. Su questa
base l’a. arriva a sostenere l’idea nuova ed originale dell’ideale che
l’organizzazione pitagorica ha, in ogni tempo, proposto alla classe dirigente
romana che l’accolto e realizzato, non dimenticando che il fine della filosofia
pitagorica è la formazione del politico.
Il piano dell’opera è semplice e chiaro. Due parti e cinque capitoli
solamente permettonodi abbracciare una storia che si estende sui secoli storici
della Roma antica, arricchite da un’ampia consultazione delle fonti e da un
indice analitico che ne facilita la consultazione. Si laurea con Rostagni, a Torino. Insegna a
Trieste. Ferrero is not the first to
claim Italianita and Romanita for Pythagoras. After all Pythagoras’s father was
an Etruscan! Numa learned from him! Cicero corrects here – it’s the tradition
that counts – Livio also notes that a book by Numa was destroyed: by that time,
the republic had an official religion and Pythagorianism was not part of it!
The Cusano thought that the Holy Trinity is Pythagorean. Ficino claims Plato is
Pythagorean via his tutor who was Pythagoras’s tutee – Pico asks Ficino for
advice on these maters. Caparelli thinks it’s all Pythagoreian. The important
bit is politic, and ethnic. Pythagoreanism became popular in the rest of Europe
via Italy, that always showed more of an interest for ancient history than the
Germanic peoples – perhaps because runes do not give so easily to history! Leonardo
Ferrero. Keywords: pitagorismo romano. Cf. uomo, scuola pitagorica, filosofia
italiana, filosofia italica, il pitagorismo comparato con altri scuole. Cf.
Luigi Ferri, L’interpretazione dei filosofi italiani sull’origine del
pitagorismo. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Ferrero” – The Swimming-Pool Library.
FERRETTI:
(Brusasco). Filosofo. Grice: “I like Ferretti,
for one, he wrote on intersubjectivity which is a problem for Husserl:
cogitamus; nobody speaks of ‘cogitamus --; one has to distinguish between my
favoured –‘inter-subjectivity’ and ‘alterity’!” – Grice: “Ferretti has also
philosophised on the infinite, which poses a problem to my principle of conversational
helpfulness.” Si laurea a Milano. Insegna a Milano, Torino, Macerata. Altre
opere: Persona (Milano). Storia della filosofia romana (SEI, Torino),
“L’ntersoggettivo (Macerata); “L’ontologia di Kant” (Rosenberg & Sellier,
Torino). Giovanni Ferretti. While subjectivity and objectivity are pompous,
intersubjectivity seems fine, only that it can always be replaced by the
Italian ‘l’intersoggetivo’. “The inter-subjective” sounds Butlerian in English!
Keywords: ‘l’intersoggetivo’ -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferretti” – The
Swimming-Pool Library.
FERRI.
(Bologna).
Filosofo. Grice: “I love Ferri; for one, he wrote on Ficino’s ‘dottrina
dell’amore,’ which is of course Plato’s – and which I may call the most
complicated philosophical doctrine of love ever conceived!” Insegna a Firenze e
Roma. Linceo. Discusse in tre lettere le
“Confessioni di un metafisico” di Mamiani ed elabora in tre memorie le sue concezioni. Pubblica la “Rivista italiana di filosofia.” La filosofia
platonica poggia su due basi: cioè sulla dottrina dell’idea e sulla dottrina dell'amore.
Da esse provengono le teoria del vero e del bene, l'ordine dialettico e
l'ordine morale in ogni sistema che accolga i principii e il metodo di Platone
o della sua scuola. Ne segue che per conoscere in modo sufficientemente
esatto la dottrina dell’amore di Ficino, non basta di esaminare la sua dottrina
delle idee e dell'intelletto; conviene eziandio studiare i suoi pensieri sull'amore. Consideriamone
adunque con lui la natura, l'oggetto, il fine, le specie, gli effetti, le
attinenze coll'uomo, col mondo e con Dio; osserviamolo o immaginiamolo, com'
egli fa, in se stesso e nei varii ordini degli enti; seguiamo rapidamente sulle
sue traccie la splendore del bello e l'efficacia dell'amore nell'Antropologia,
nella Cosmologia, nella Teologia, cioè nell'intera enciclopedia filosofica da
lui percorsa nel suo Commento al Simposio platonico. (v. il fascicolo preceden
to Conf. La Dottrina dell'amore secondo Platone, lezione e note, questa Rivista. Questa esposizione Firenze.
Dopo d'allora fu pubblicata da Giovanni. L'amore generalmente considerato è
desiderio del corpo bello, e il bello è una grazia che risulta da
corrispondenza delle parti del corpo o da unità. Questa corrispondenza delle
parti o unità del corpo bello è di tre specie; o è affatto spirituale e
consiste nell'armonia delle virtù interiori dell'animo, o è percettibile
mediante li sensi ed è composto di una forma corporea o di voci. Dal che segue
che il bello, non essendo riferibile se non ai sensi, altra facoltà e esclusa
dal privilegio di conseguir e di goder il bello, e quindi che l'amore non ha altri
strumenti da applicare. Grato è a noi, dice Ficino, il vero e ottimo costume
dell'animo; grata è la speziosa figura del corpo bello. E perchè queste tre
cose, l'animo Università di Palermo un'analisi accurata del Commento di
Ficino sul Simposio platonico. Il lettore la troverà nelle sue Lezione di
Filosofia (Palermo). Di questo Commento che è unito alla traduzione romana e
italiana delle opere di Platone si hanno tre edizioni in toscano. Due sono del
medesimo anno, delle quali una fatta in Venezia senza nome di stampatore: “Il
Commento di Marsilio Ficino sopra il Convito di Platone e il esso Convito
tradotlo in lingua toscana per Hercole BARBARASA da Terni con dedica al
maguifico messer Gio. Battista Grimaldi”. Il Convito platonico vi è
effettivamente tradotto in toscano ed unito al Commento. Un'altra è di Firenze,
per Neri DORTELATA con dedica di un Bartoli al Duca Cosimo de' Medici. La terza
è pure di Firenze e dovuta a GIUNTI. Entrambe queste ultime hanno per titolo
“Sopra lo Amore ouver Convito di Platone”. Vi è premessa una dedica di Marsilio
Ficino a Bernardo del Vero, cad Antonio Manetti, da cui risulta che la versione
in lingua Toscana del Commento edito a Firenze dal Dortelata e riprodotto dal
Giunti è opera propria di Ficino. Le citazioni fatte in questa esposizione
come gli estratti dati nell'appendice sono tolti da essa. « come a lui
accomodate e quasi incorporali di più prezzo « assai stima che l'altre tre, però
è conveniente che egli più avidamente queste ricerchi, con più ardore abbracci,
con più veemenza si maravigli. E questa grazia di virtù, figura o voce che
chiama l'animo a sè e rapisce per mezzo della ragione, viso e udito, rettamente
si chiama il bello (pulchrum, to kalon). Se si vuole conoscere la vera natura
d'amore occorre, secondo Ficino, formarsi un giusto concetto del suo oggetto. I
ragionamenti di Ficino su questo punto meritano di essere riferiti. Trovandosi
il bello nella forma del corpo bello, è mestieri che il bello sia una essenza
comune. Non sarà dunque corporea, altrimenti non converrebbe agli animi; anzi
tanto manca che il bello possa dirsi corporeo, che il bello da noi ammirato in
una ‘forma’ non procede dalla ‘materia’, ma da un principio diverso ed è esso
pure incorporale. Difatto, il corpo puo perdere il suo bello. Quantunque,
la ‘materia’ del corpo sostanzialmente non cambi, e può conservaro la stessa
grandezza o la stessa piccolezza diventando brutto. La condizione del bello non
corrisponde alla condizione della quantità e dell'estensione. Il bello e le sue
vicende non dipendono punto dalla natura corporea e dai suoi più essenziali attributi. Nè
si dica come fanno alcuni, che il bello è una certa posizione di tutti i membri
del corpo o veramente commisurazione – simmetria -- e proporzione “pro
portione” – portio cognate with Greek parao, to divide in parts --– analogia --
con qualche soavità di colori. [ocr errors] (")
Objectum placitum res piacere Oggetti
e piaceri del gusto, dell'odorato e del tatto relativi alla nutrizione, conservazione
e generazione. Questa opinione non è ammissibile, imperocchè essendo
questa disposizione delle parti solo nell’organismo o cosa o corpo composto, nessuna
cosa semplice sarebbe speciosa. Ma noi veggiamo « i puri colori, i lumi, una
voce, un fulgor d'oro, il candor « dell'argento, la scienza, l'anima, la mente
e Dio, le quali « cose sono semplici, esser belle. (bello naso romano) --. Il
bello pue dunque esser in un composto, ma non s'anifica col composto, può
essere nella pro-porzione, ma non s'identifica con essa. Avviene che stando
ferma la medesima proporzione e misura della membra, un corpo non piace quanto
prima. Certamente oggi nel corpo bello è la figura medesima che l'anno passato
e non la medesima “grazia” – non genera il medisimo gratitudo -- Nessuna
cosa più tardi invecchia che la figura, nesssuna più tosto invecchia che la
grazia. E per questo è manifesto non essere tutt'uno figura e il pulcro. E
ancora spesso veggiamo essere in alcuno più retta disposizione di una parte e
misura che in un altro; l'altro nondimeno non sappiamo per che cagione si
giudica più “formoso” e più ardentemente si ama. E questo ci ammonisce che
dobbiamo stimare la forma bella essere
qualche altra cosa, oltre alla disposizione de' membri. La medesima ragione ci
ammae stra che noi non sospettiamo il pulcro essere soavità di colori : perchè
spesse volte il colore in Socrate è « più chiaro , e in un giovane Alcibidiade
è maggior grazia. E negli uguali di età alcuna volta accade che quello
che supera l'altro di colore è superato di grazia e di bellezza. Il bello non è
dunque nè mistione di figure e colori, nè proporzione di parti, nè materia, nè
quantità, e quantunque apparisca in un corpo bello, non ne risulta come da sua
causa ; il bello si conferma ancora considerando le condizioni del suo
conoscimento nell’amante; imperocchè cid che piace, ciò che desta il senso
della grazia è la specie o immagine dell’amato accolta nell'animo; e questa
specie è incorporale poichè è dentro allo spirito ; essa è una similitudine di
un corpo bello – una statua --, non il corpo bello stesso, dal suo concorso o
forma proviene il sentimento estetico di piacere e non dalla materia incapace
di conferircelo fintantochè la sua forma non e posta in relazione con noi
mediante li sensi. Infinita è la differenza fra la piccolezza della pupilla e
l'ampiezza del cielo, ma in un punto solo lo spirito ne accoglie l'immagine e
l'ammira. Finalmente mentre l’istinto corporali si acquietano e soddisfano
mediante un determinato conseguimento del loro fine (l’orgasmo mistico),
l'amore è insaziabile, e il suo andamento ci prova che havvi qualche cosa di
superiore al corpo bello e al finito in lui stesso e nel suo oggetto. Difatto
in che guisa si genera l'amore? In che modo commossi dal bello ne ammiriamo lo
splendore? Eccolo. L'animo porta come impresse nel segreto di sua sostanza le
ragioni delle cose ; quivi sono le primitive idea del vero, del bello,
dell'onesto, dell' utile: quivi le cause più profonde di nostro desiderio, le
norme universali e spontanee che guidano il giudizio degli incolti, e formano
di verità il senno naturale e istintivo dell' uomo. Se l'immagine di una
persona passando nell' animo concorda con quella figura dell'uomo che l'animo
porta in sè stampata come un sigillo, subito piace, e come bello si ama.
Per a qual cosa accade che alcuni scontrandosi in noi, subito ci piacciono,
benchè « noi non sappiamo la cagione di tale effetto. Perchè l'animo « impedito
dal ministerio del corpo, non riguarda le forme « che sono per natura dentro a
lui, ma per la naturale e « occulta sconvenienza o convenienza, seguita che la
forma della cosa esteriore, con la immagine sua pulsando la forma della cosa
medesima, che è dipinta nell'animo consuona, e da questa occulta offensione, ovpero
allettamento, 'l'animo commosso, la detta cosa ama. Il bello è dunque
corrispondenza di un corpo alle loro idea, e quella eziandio che risplende nel
corpo bello è un certo atlo di vivacità e di grazia che dipende dal loro
influsso. Poichè ordine. modo e specie, cioè distanza commisurata di parti,
debita grandezza di membri, conveniente qualità di linee e di colori concorrono
ad abbellire la figura umana, quando convengono fra loro e nella unità del suo
tipo, quando concordano con le ragioni di ciascuna parto e con quella del
tutto. L'amore osservato in noi è dunque rivolto a un oggetto intelligibile; il
bello che egli ricerca è cosa spirituale ; l'idea, la verità, a cui si
riferisce la sua più profonda inclinazione tende a separarlo dal corpo bello, a
innalzarlo sopra gli enti sensibili, a trasportarlo sulle ali della mente fra
gli oggetti divini e immutabili. Ma che cosa è adunque allora l'ainore in sè,
l'amore come principio di tutti gli amori; è egli dunque un Dio, è egli
perfetto e beato, felice, ricco, virtuoso, bastante a se stesso? Ovyero
continuando a rappresentarlo sotto la forma del mito, dobbiamo figurarcelo ,
secondo il Convito di Platone, come un “demone”, cioè sotto la specie di
un ente imperfetto, di un genio tramezzante il divino e l'umano, bello e
brutto, ricco e povero, sapiente e ignorante, felice e infelice, nato dalla
povertà e dall’abbondanza il giorno che i celesti celebravano i natali di Venere?
Ficino ammette l'uno e l'altro concetto, ma dà più importanza al primo che al
secondo e quest'ordine è conforme allo spirito generale del suo sistema. Mentre
Platone nel Convito lasciando l'amore nel punto della sfera del finito che
tocca l'infinito, ne fa soltanto un “demone” che aspira alla perfezione, ma che
non giunge a conseguirla, Ficino, unendo il demiurgo del Timeo all'amore del
convito, ravvisa in lui un demone e un dio, e più spesso il secondo che il
primo, anzi egli attribuisce positivamente l'amore all'essere infinito. Il Dio
del Timeo, che non ha invidia , mentre vuole il mondo perchè ne ama l'idea; il
Dio di Filone e per Ficino il vero Dio, il suo Dio è come quello di Aligheri un
amore infinito che spande la bellezza nell' uni verso. Ma prima di
salire con lui alla regione più alta in cui possa recarsi la filosofia
dell'amore, rimaniamo per qualche tempo ancora in terra e rendiamoci conto
della sua vera natura nell'uomo. A malgrado della tendenza mistica che
distingue tutta la dottrina di Ficino ed era profondamente radicata nelle sue abitudini
e nel suo carattere, a malgrado dell'indirizzo spirituale e religioso che in
tutto il suo commento al Convito platonico egli si sforza di dare all' amore, è
per altro ben costretto di confessare che oltre al desiderio della verità e di
quell bello che si attiene alla mente, un'altra inclinazione l'accompagna, un
altro istinto e un altro fine ne determina nell' uomo le fasi e lo svolgimento.
Cosicchè dopo averlo definito semplicemente “desiderio del bello”, corregge con
Platone l’analissi quando si tratta di applicarla all’amante e ammette che è “appetito
– cupido -- di generare nel subbietto bello, per conservare vita perpetua nelle
cose mortali. Questo è il fine del nostro amore, questo è l'amore degli uomini
viventi in terra. Ne segue che egli pure debba con Socrate distinguere i
due influssi di Venere celeste o urania e di Venere volgare (sub-lunary) , dividere
fra esse l'attività umana; le nostre aspirazioni e i nostri bisogni; che debba
attribuire all’amore volgare o sub-lunare la tendenza alla generazione e al
godimento materiale, all'amore celestial il desiderio della contemplazione e
dei piacere virtuoso, e che congiungendo questa doppia direzione dell' amore
con la triplice forma della vita sensibile, attiva e contemplativa di cui
l'uomo è capace, egli ravvisi nell'uva delle due Veneri la causa che ci innalza
dalla voluttà al godimento della virtù e della scienza, nell'altra la cagione
che ci abbassa dalla scienza e dalla virtù al piacere materiale; in quella la
forza che ci fa salire per gli ordini della perfezione, in questa l'impulso che
ci fa discendere i gradi della decadenza morale. Ficino svolge con compiacenza
il concetto di questa opposizione e insiste lungamente sulla superiorità
dell'amore celestiale ; il sentimento cho lo guida, la qualità del suo
carattere, l'indole stessa della sua filosofia, i fini che egli si propone
scrivendo dell'amore, gliene ne fanno per così dire una legge. E per fermo
nella sua filosofia lo spirito signoreggia talmente che il corpo (soma) bello diventa
una sua creazione, che l'anima dimora nella materia come ospite e
prigioniera, finchè ne abbia infranto per così dire i cancelli e sia tornata
nella regione sopra-celeste (non sub-lunare) fra le anime beate. Immensa è la
catena degli spiriti che Ficino, guidato dalla mistica, stende fra la terra e
il cielo, e come ce ne convinceremo fra poco, l'Angelologia non è meno connessa
presso di lui con la dialettica dell' amore che con quella
dell'intelletto. Inoltre il sentimento religioso e l'onestà della
coscienza lo spinsero a combattere la scostumatezza dei contemporanei, a
portare l'amore verso la meta più alta, a sollevarlo dal fango delle passioni
epicuree. Difatto, sogliono i mortali, quelle cose che generalmente o spesso fanno,
dopo lungo uso, farle bene, e quanto più le frequentano farle meglio. Questo
per la nostra stoltiza falla in amore.
Tutti continuamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo *male*, e quanto
più amiamo, tanto peggio amiamo e cid avviene perchè entriamo in questo
faticoso viaggio d'amore, senza conoscer ne il termine e i passi. È dunque
nella cognizione di questo termine che si travaglia la sua filosofia. Trasmessa
da Socrate a Platone essa viene significata da Ficino ai suoi concittadini per
innalzare la loro mente al vero fine della vita. Ed egli è talmente persuaso
della importanza della sua missione che l'insegnamento platonico su questo
soggetto è per lui l'effetto d'un decreto della provvidenza, una vera
rivelazione dello Spirito divino, un mezzo onde l'amore infinito riduce a sè
gli amori erranti dei mortali, e li guida al godimento della bellezza assoluta.
E così in questa coine nelle altro parti della sua filosofia si ritrova
quel miscuglio entusiastico di Platonismo e di Cristianesimo indefinito e largo
che senza dubbio era frutto dei tempi, ma forse più ancora si atteneva al suo
intelletto e a un'indole ondeggiante fra i dogmi alquanto incerti di una
erudizione non sempre ben coordinata e precisa. Ma prima di giudicare la
dottrina di Ficino sull'amore e di additare la causa dei suoi pregi e dei suoi
difetti, facciamo di esporla il più completamente possibile. Arriviamo
con lui al termine della dialettica e prima vediamo che via convien tenere per
conseguirlo. È quella medesimá che Platone insegnò nel Convito sotto il nome di
Diotima, mostrando come l'animo nostro dai vestigii esteriori della bellezza
sparsa nei corpi di una medesima specie, raccolga l'idea di uno bello solo e
limitato, poi come delle bellezze distinte e coordinate delle specie corporee
formi la bellezza più estesa di un solo genere ; poscia in che guisa passando
dall'ordine fisico allo spirituale, dalle bellezze visibili alle invisibili,
componga le specie, poi il genere del bello intellettuale e morale sparso nelle
virtù, nelle scienze, nelle facoltà e doti tutte dell'essere spirituale,
fintantochè accorgendosi che i due ordini partecipano a una medesima idea di
perfezione e beltà infinita , sciolta da ogni limitazione, superiore ad ogni
genere e specie, la mente si riposi nell'assoluta unità, e quella ami senza
modo e misura. Tale è finalmente il termine della salita d'amore, tale è la
fonte in cui si appaga la sua sete inestinguibile. « Bi« sogna, dice Ficino,
cercarla altrove che nel fiume della ma« teria, e nei rivoli della quantità,
figura e colori. O miseri « amanti in che luogo vi volgerete voi ? Chi fu
quello che [ocr errors][ocr errors] « accese l'ardentissima fiamma nei
vostri cuori ? Qui è la « grande opera, qui è la fatica. Io ve lo dirò, ma attendete.
La divina potenza superiormente allo universo, agli « angeli, e agli animi da
lei creati, clementemente infonde, « siccome a suoi figliuoli, quel suo raggio,
nel quale è virtù « feconda a qualunque cosa creare. Questo raggio divino in «
questi, como più propinqui a Dio, dipinge l'ordine di « tutto il mondo, molto
più espressamente che nella materia « mondana. Per la qnal cosa questa pittura
del mondo, la « quale noi veggiamo tutta, negli angeli e negli animi è più «
espressa che innanzi agli occhi. In quella è la figura di « qualunque specie,
del sole, luna, stelle, degli elementi , « pietre, alberi e animali. Queste
pitture si chiamano negli « angeli esemplari e idee, negli animi ragioni e
notizie, nella « materia del mondo immagini e forme. Queste pitture son «
chiare nel mondo, più chiare nell'animo e chiarissime sono « nell'angelo. Adunque
un medesimo volto di Dio riluce in « tre specchi posti per ordine nell'angelo,
nell'animo e nel « corpo mondano. Così Ficino congiunge la sua dottrina degli
enti con quella dell'amore, la sua Angelologia con la sua Estetica ; così egli
unisce il suo dogmatismo mistico con le belle osservazioni e i profondi
concetti che ha ricavati da Platone e dalla scuola d’Alessandria ; così egli
varia gli aspetti della filosofia dell'amore, non senza dilettare o abbagliare
l'immaginazione e fornire all'animo poetico e religioso un pascolo dilettevole
quantunque non sempre con uguale profitto per la so da scienza. Di tre
simboli si serve principalmente Ficino per espri mere la relazione della
bellezza divina colle bellezze create e la sua diffusione nel mondo; il lume,
lo specchio e il cerchio. Ora seguendo le traccie di Platone egli ci
rappresenta Dio come un sole intelligibile che non diversamente dal sole
sensibile produce un lume universale, crea colle forze fecondate dal suo calore
l'occhio e la facoltà di vedere, suscita e rende visibili nella materia le
forme che l'adornano; ora volgendosi a considerare l'idealità delle cose
mondane e a significarne l'origine, ce la rappresenta come un raggio che uscito
dalla mente divina accende l'intelletto puro degli angeli, vi produce come in
ispecchio gli esemplari degli enti, e di là si ripercuote come in altro
specchio nei corpi, per giungere così riflesso all'animo nostro ed unirsi con
quello che ci viene direttamente da Dio. Ora finalmente ci figura Dio come un
centro posto in mezzo ai quattro cerchi concentrici della mente, dell'anima ,
della natura e della materia, ce lo dipinge come una forza infinita che da un
punto solo raggia a tutti i punti delle circonferenze l'essere e la verità, il
bene e la bellezza. Unità assoluta Dio penetra per tutto senza dividersi,
proroca e regola il moto senza muoversi, produce il multiplo e il vario senza
uscire di sua perfetta semplicità. Con un medesimo lume con una medesima
efficacia egli raggia nel cerchio delle menti angeliche le idee o verità , in
quello delle anime le ragioni o pensieri; nel cerchio della natura i semi; in
quello della materia le forme. In questi cerchi sono tre mondi che
mediante la divina virtù passano dal nulla all'essere, dal caos all'ordine,
dall'ordine alla perfezione; i mondi cioè della mente, delle anime e dei corpi.
Ciascuno di essi è creato, attratto e perfezionato da Dio, il quale come
fattore è principio, come perfezionatore è fine, come potenza attrattiva è
mezzo universale degli enti. E il ternario della vita universale, mentre si
manifesta nel ritmo cosmico della creazione, attrazione, e perfeziono delle
cose, si palesa eziandio nella sostanza dei tre mondi della mente, dell'anima e
della materia, e più alto ancora nel triplice attributo di Dio: Bontà, il bello
e Giustizia. La Bontà crea, la Bellezza attrae, la Giustizia consuma l'opera
dell'una e dell'altra. Cosicchè per ultimo tutto procede fontalmente da Dio,
tutto è a Dio rapito e in lui tutto ritorna e consiste per atto terminativo o
perfetto; tutto viene dall'unità e all'unità si riduce; e la causa principale
di questo movimento è la bellezza, l'atto per così dire centrale di questa
circolazione della vita è l'amore, amore perfetto e pieno possessore del bello
in Dio, amore imperfetto e ricettore meno ampio del suo splendore nel mondo e
nell'uomo, nell'angelo, nell'anima e nel corpo. « Con essa (bellezza)
dice Ficino, Dio rapisce a se il mondo « e il mondo è rapito da lui; un certo
continuo attraimento è « tra Dio e il mondo; che da Dio comincia e nel mondo «
trapassa, e finalmente in Dio termina, e come per un « certo cerchio, d'onde si
ripartì, ritorna. Sicchè un cerchio « solo è quel medesimo da Dio nel mondo, e
dal mondo in « Dio, e in tre modi si chiama. In quanto ei comincia in « Dio o
alletta, Bellezza; in quanto ei passa nel mondo o « quel rapisce, Amore; in
quanto, mentre che ei ritorna nello « autore, a lui congiunge l'opera sua,
dilettazione. Lo amore « adunque cominciando dalla bellezza, termina in
dilettazione». Egli è a questa dilettazione o beatitudine che Ficino ci
chiama, facendosi interprete della religione che suol chiamarsi naturale,
del Cristianesimo e del Platonismo; egli ce la promette nella vita
sopramondana; in quell' Iperuranio che Platone da sublime poeta dipinge nel
Fedro, in quel Cielo che il genio di Dante sparge di luce e letizia crescente
di sfera in sfera fino alla bellezza sfolgorante dell'Empireo e alla maestà del
trono divino. Nella sua immaginazione, riscaldata dal misticismo, i due
concetti si fondono, i due cieli si unificano, le due religioni si mescolano in
una essenza comune, e la intuizione poetica guida e signoreggia la mente del
filosofo. Il linguaggio di Dante e di Platone viene successivamente e
promiscuamente sulle sue labbra; poichè ora egli vede l'amor divino menar gli
animi alla mensa dei celesti abbondante di ambrosia e di nettare, ora contempla
l'ordine in cui il medesimo amore dispone per così dire i loro scanni, e la
distribuzione con cui li rende quieti e beati. Ficino ammira la perenne
effusione e letizia di un affetto che sempre si rinnova e si bea nella sua
fonte eterna; congiungendo la terra al cielo, la vita mondana alla celeste,
egli ravvisa nell'amore il vincolo dell'una e dell'altra, una medesima forza
che si svolge e si perfeziona e quasi un medesimo dramma che s'inizia nella
prigione del corpo e si compie in una esistenza pienamente libera e spirituale.
Imperocchè i gradi di quelli che seggono nel convito celeste, dice Ficino,
seguitano i gradi degli amanti; quelli che più eccellentemente Dio amarono, di
più eccellenti vivande quivi si pascono. Ciascuno lo göde sotto un aspetto, e
cioè sotto quel medesimo che più amd e imitd sulla terra; in lui la giustizia,
la fortezza, la temperanza contempla il beato e fruisce secondo la virtù che lo
distinse, secondo il mezzo onde il suo amore si sublimo, e l'idea onde la sua
mente fu più inva ghita. Ma qualunque sia il principio che informa la
beatitudine di ciascun'anima, esso è sempre un aspetto di Dio, e per così dire
uno splendore del suo volto; cosicchè la gerarchia delle idee divine
costituisce i gradi della beatitudine e la medesimezza della divina natura ne
forma l'unità. Ecco ora spiegato l'enigma dell'amore secondo Marsilio
Ficino; nell'ultima parte di questa dottrina voi ravvisate un predominio del
sentimento religioso e dell'intuizione poetica sulla ragione filosofica,
un'abitudine di dogmatizzare che si sostituisce all'atto schietto
dell'osservare e del ragionare, o nondimeno una sintesi di concetti e di
rappresentazioni che formano un tutt'insieme elevato e degno della nostra
ponderata considerazione; sopratutto per le sue attinenze coi fini che Marsilio
si proponeva, colla causa della religione allora cosi decaduta nei costumi e
nelle credenze, e alla quale ogli si consacrava; colla poesia pazionale che
mercè do'suoi commenti si ricongiungera all'Estetica di Platone; finalmente
coll'arte che nella patria di Giotto e del Beato Angelico conseguira, mediante
i suoi lavori, una coscienza più piena della propria idealità, e una
spiegazione più compiuta delle sue inspirazioni. Grau differenza certo è
fra Platone c colui che volle essere suo schietto discepolo, ma non vi riuscì,
nè poteva impedito dal suo proposito di conciliare la dottrina del filosofo
Atoniese col Neoplatonismo degli Alessandrini e l'uno e l'altro col
Cristianesimo. Platone avera bensì additato all'anima umana la bellezza
incrcata e perfetta como termino supremo della sua contemplazione; aveva egli
detto veramente che il corpo è una prigione per essa, e che la sua vita
comincia colla morte corporeil ; aveva insegnato como un sublime do [ocr
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idee, e qualche altro pronunciato si troverebbe ancora nelle sue opere che
divenne pei posteri germe prolifico di dottrine mistiche ed esclusive. Ma egli
aveva pure fatto dell'amore un demone, e come un mediatore fra l'uomo e Dio,
una sintesi dei contrarii, un misto di perfezione e d'imperfezione; per cui
innalzandolo al cielo non lo separava dalla terra, rendendogli le ali non lo
dividera dalle passioni e dagli istinti che nei suoi miti stupendi sono
rappresentati dai cavalli del cocchio dell'anima e si connettono con le
necessità, i fini e le vicende della vita terrena. Egli definisce 'propriamente
l'amore il desiderio di generare nella bellezza, e dividendo questa generazione
in materiale e spirituale, egli vede soggiacere all'impero e al connubio
fecondo dell'amore e del bello la vita filosofica, religiosa, morale artistica
e fisica dell'umanità ; per lui le opere belle e buone provengono tutte
dall'idea e dall'amore, e la unione e fecondità di entrambi si scorgono nella
vita dei grandi poeti, dei fondatori della religione, dei legislatori più
sapienti, dei filosofi più sublimi, come nelle leggi secrete che astringono la
vita del mondo al mantenimento dell'ordine universale e nei moti istintivi che
portano gli animali all'accoppiamento e alla perpetuazione della specie.
Così è, Platone, a malgrado della tendenza profondamente idealistica della sua
filosofia, non separa l'amore dalla realtà, e anzi talvolta lo lascia
cosiffattamente errare fra gli scogli dei costumi e della società greca, che vi
rompe spesso e perde le penne leggiere che debbono volgerlo all' alto e
portarlo dalla terra al cielo. Nella dottrina platonica il carattere
religioso dell'amore si fondava sul razionale, rimaneva dialettico e non
si tramutava in un processo mistico. Sotto la guida dell'intelletto saliva
dall'umano al divino per ricongiunger questo a quello, benchè i due termini non
vi fossero uniti in quella intimità profonda che la trascendenza delle idee
platoniche non poteva ammettere. La separazione originaria dell'intelligibile
dal sensibile vi apriva bensì un adito al misticismo, come un mezzo di supplire
alla insufficienza speculativa della metessi o partecipazione, ma non
l'introduceva se non accessoriamente col mito e la immaginazione, chiamati a
simboleggiare i misteri dell'oltretomba e a rappresentare artisticamente
concetti scientifici sulle attinenze dell'anima col corpo e sulla produzione
del mondo. Ma la dialettica ontologica di Ficino foggiata su quella di Proclo
non poteva mantenersi in questi confini. Presso di lui l'amore sembra non
avere altr'ufficio sulla terra che di indirizzarci al cielo, i suoi ministerii
antropologici, sociali, artistici, scientifici non valere che a rispetto della
sua meta suprema. Era questi mezzi Ficino ne distingue principalmente quattro,
la poesia, la religione, la divinazione o dono profetico e l'amor divino, e,
nel suo modo di vedere, l'opera del sentimento predomina in essi talmente sulla
ragione che dilatando il concetto attribuito dal Socrate platonico nel Fedro a
Stesicoro e applicato nello Jone specialmente alla facoltà poetica, egli chiama
furori gli affetti dai quali dipendono e misura i loro pregi dall'impulso
entusiastico col quale concorrono ad unificar l'animo, toglierlo all'agitazione
e al moto, accostarlo all'immobilità dell'angelo, e finalmente rapirlo in
estasi sopra la moltitudine delle cose mondane fino all'essenza e unità divina
('). M) A conferma del carattere mistico del Commento di f'icino si
aggiunga che nell'orazione quarta detta dal Landino il grazioso mito. In
Platone l'amore collegandosi colle simpatie naturali e colle tendenze ideali
nobilitava gli istinti, stendeva un velo di bontà morale sulla passione,
rendeva gli amanti intenti al reciproco, perfezionamento, desiderosi della
vicendevole felicità, ammiratori di una comune bellezza; di guisa che in forza
della efficacia ideale, dell' amore, un raggio di poesia e di virtù si stendeva
sulle sue condizioni reali, ne purificava le funzioni e i fini, ne connetteva
i' risultamenti col bene dell'individuo e della società. Questo aspetto
stupendo dell'affetto umano in cui risplende il bene pratico e civile, che si
connette con l'eroismo e la gloria, con le virtù operative e feconde, o è stato
trascurato o almeno non ha ricevuto il necessario srolgimento nella dottrina di
Marsilio. Egli ci ammonisce per vero che dobbiamo, amar Dio in tutte le cose, e
tutte le cose in Dio, e che per gịungere a questa purificazione dell'amore ci è
mestieri di contemplare la pura essenza delle cose nella luce dei loro tipi
ideali, che sono il raggio immediato della Verità e Bontà divina. Là noi
troveremo il vero uomo , là vedremo la natura e il fine degli enti, il vero
oggetto di tutti i nostri ufficii. Ma in che modo questi bei precetti possono
essi applicarsi alla vita ? Ficino non ce lo dice; Ficino non discende da
quest'altezza. Mentre Platone segue l'amore nelle sue fatiche e nelle sue
ansie, mentre abbracciando con ardore il doppio ordine della degli
Androgini esposto da Aristofane nel Convito platonico è nel Commentu di Ficino
trasportato dalla integrità e divisione dell'uomo alla integrità o divisione
delle relazioni della conoscenza o attività psichica col lume sopranaturale e
naturale. Separata. da Dio e aflidata al solo lame ingenito l'anima è come
ridotta alla metà di se stessa, frutto della sua superbia. Essa non ritrova
l'altra sua metà e non si reintegra che ritrovando il lume sopranaturale.
vita attiva e contemplativa lo conduce di grado in grado ad ammirare le
bellezze del mondo ideale per farne penetrare la luce nelle operazioni e nelle
forme del mondo reale, Ficino si contenta d'allontanarlo il più possibile dal
corpo e dai suoi piaceri, di persuaderlo che la vista, l'udito e l'intelletto
sono i soli mezzi di cui possa giovarsi al suo vero scopo. Ottimi intendimenti,
eccellenti consigli, e certamente efficaci sugli animi ben naturati, quando
vadano congiunti a due importanti condizioni, e cioè 1° di non dimezzare la
natura umana dimenticandone gli imperiosi bisogni, gl' istinti e i fini
provvidenziali, e 2o d'aprire all'umana attività una carriera in cui le sue
passioni abbiano sfogo regolandosi colle norme della scienza della virtù. No,
le idee non son fatte soltanto per essere vagheggiate da solitarii ed egoisti
contemplativi, ma eziandio per essere recate all'atto, e sposate per così dire
al mondo con fecondo connubio. L'idealismo non può essere la guida della
umanità senza l'appoggio del realismo; l'uno e l'altro presi isolatamente sono
esclusivi; la loro unione soltanto è vera e feconda. Invano Ficino rapito dalla
idea della bellezza assoluta e vedendola scaturire dall'unità divina, mi
traccia la via d'amare e mi consiglia di cercarne l'oggetto nell'unità degli
enti spirituali, salendo dal corpo (forma) all'anima, dall'anima all'angelo,
dall'angelo a Dio; in questa salita in cui la scienza gli rimprovera di
realizzare l'astratto, separando la mente dall'anima per crear l'angelo, e di trasportare
le tradizioni religiose nelle dottrine filosofiche, il cuore umano separato
dalla realtà gli domanda imperiosamente di far ritorno alle sue vere
condizioni; egli vuol essere innalzato, ma al patto di riportar tosto dalle sue
peregrinazioni celesti, e, per cosi dire dal convito dei beati, [ocr
errors][ocr errors][merged small] quel nettare e quell' ambrosia che spargono
di giustizia e bellezza le relazioni della vita, che pascono lo spirito di
verità ideale per renderlo efficace operatore di beni e di virtù reali. Invano
Ficino conforta i suoi contemporanei a contentarsi, nell'amore, degli atti
della vita contemplativa; inutilmente egli deplora i corrotti costumi di una
società scettica e dimentica del dovere. La baldanza trionfante dei sensi e della
materia resiste alla sua voce come a quella del Savonarola. Lorenzo il
magnifico non si distoglie dal suo epicureismo, e la gioventù fiorentina
concorre avida e frequente a crescere il numero dei suoi imitatori. L'ascetismo
del frate riformatore e il misticismo del sacerdote filosofo sono rimedii
troppo superiori alle abitudini della società contemporanea. Essi sarebbero
insufficienti a ricondurre qualunque altra società a quelle virtù che
rampollando dalle nostre relazioni colla famiglia, colla patria e coll'umanità,
innalzano l'amore pei gradi di una gerarchia disposta dalla natura fra
l'individuo e l'autore del mondo morale. In questo ordine non bene apprezzato
dall'idealismo stesso di Platone, consiste la vera salita d'amore; in queste
sfere egli pud essere ad un tempo divino e umano, religioso e civile; egli pud
diventar sublime senza cessare di essere pratico, prender per guida l'idea
senza perdere di vista la realtà; in esse può spiegarsi la sua forza dal
modesto affetto che nudrisce e veglia la vita infante delle mortali generazioni
fino all'eroismo che rapito dalla bellezza della giustizia sacra e immola se
stesso al trionfo della libertà e del diritto. A questo segno aveva
mestieri di essere condotta Firenze, a questa meta avrebbe dovuto rivolgersi
l'Italia sulla fine del 400, per rifare le proprie convinzioni, per
correggere i suoi costumi, per dare alla forza materiale un
fondamento incrollabile nella forza morale. In questo modo essa avrebbe
dovuto provvedere per tempo a se medesima, e opporre l'usbergo della virtù e
del coraggio allo straniero che stava per immergerle il ferro nel seno. Egli
venne attratto dalla sua bellezza; la trovò mal difesa, la vinse e se ne
insignor). Videro i sapienti di quel tempo lo strazio ch'egli ne fece schernendo
la sua debole resistenza, e Ficino era fra essi. Lagrimò il pio sacerdote
su tanto male, ricordd agli uomini i loro trascorsi e i segni del cielo forieri
di punizione; gl'invitd a rassegnarsi e a pentirsi. Un altro conforto egli
porse a Firenze afflitta, interponendosi fra essa e Carlo VIII, e con orazione
più informata a carità che a fermezza, si sforzo di volgere l'animo di lui a
miti e clementi consigli. Cristiane intenzioni, pietosi ufficii! Ma altri
aiuti, altri difensori richiedevano i tempi, e l'energia di Capponi mostrd di
che tempra sono gli animi da cui dipende la salvezza dei popoli. Il libro di
Ficino sopra l'Amore consta di Orazioni che espongono e commentano con
indirizzo neoplatonico, quelle che sono contenute nel Convito di Platone. Ficino
stesso narra nel capitolo primo l'origine e lo scopo del suo lavoro.
Platone spird (secondo la tradizione) in un convito nell'ottantunesimo anno di
sua età il 7 di ottobre, giorno anniversario della sua nascita, cosicchè gli
antichi platonici, ogni . anno, celebravano cotesto giorno in un convito. Abbandonato
per mille e dugento anni da Porfirio in poi il rito solenne, fu restaurato con
regale apparato per ordine di Lorenzo il Magnifico nella villa di Caregri,
sotto la direzione di Francesco Bandini che ne fu costituito
Architriclino. I convitati furono 9, pari cioè al numero delle muse.
Sette figuransi le orazioni dette e corrispondono a quelle che sono contenute
nel Convito platonico. Si trassero a sorte le parti da sostenersi e la sorto
presaga dell'intenzione del vero commentatore le distribui precisamente nel
modo più conveniente alle qualità dei personaggi del nuovo Simposio. Cosicchè
la orazione di Fedro, bello e giovane retore, tocca a Giovanni Cavalcanti, che
per virtù e nobiltà di animo come per bellezza esteriore fu chiamato l'eroe del
Convito; la seconda detta da Pausania ad Antonio degli Agli vescovo di Fiesole,
la terza di Erissimaco medico a Ficino; la quarta di Aristofane a Cristoforo
Landino; la quinta di Agatone a Carlo Marsuppini, la sesta di Socrate a Tommaso
Benci, la settima di Alcibiade a *Cristoforo* Marsuppini. Ma il vescovo e il
medico debbono partire per la cura delle anime e dei corpi e commettono le
loro disputazioni a Giovanni Cavalcanti. Ficino non poteva essere più cortese coi
suoi discepoli e amici platonici. In questo banchetto reale la cui fatica
ideale e commemorativa è tutta sua egli si è ecclissato. Anche il Nuti e il
Bandini che insieme cogli oratori compiono il numero sacro delle nove muse non
sono da lui dimenticati. Al Bandini ordinatore del banchetto non aveva bisogno
di attribuire altra parte che quella assegnatagli da Lorenzo. Dal Nuti suppose
fatta la lettura del Simposio platonico premessa ai commentarii. Secondo
Bandini sarebbe Cavalcanti che avrebbe persuaso Ficino a scrivere il dialogo
dell’amore per invogliare la gioventù del celeste bello. La versione
toscana del Commento di Ficino al Convito essendo divenuta ziuttosto rara, e
desiderando far conoscere con qualche particolarità le speculazioni del
filosofo fiorentino sull'Amore, stimo opportuno di aggiungere alcuni estratti
alle citazioni contenute nel testo. Definizione della Bellezza e dell'
Amore. Il bello è una certa grazia, la quale massimamente e il più delle
volte nasce dalla corrispondenza di più cose; la quale corrispondenza è di tre
ragioni. Il perchè la grazia che è negli animi è per la corrispondenza di più
virtù. Quella che è nei corpi, nasce per la concordia di più colori e linee. È
ancora grazia grandissima ne' suoni, per la consonanza di più voçi. Adunque di
tre ragioni è la bellezza; cioè degli animi, de' corpi e delle voci. Quella
dell'animo con la mente sola si conosce : quella de' corpi con gli occhi ;
quella delle voci non con altro che con gli oreochi si comprende. Considerato
adunque che la mente e il vedere e lo udire son quelle cose, con le quali sole
noi possiamo fruiro essa bellezza ; e lo amore di fruire la bellezza desiderio
sia ; bo. Amore sempre della mente, occhi è orecchi é contento. Lo appetito che
gli altri sensi seguita, non amore, ma piuttosto libidine o rabbia si
chiama. Finalmente che cosa è un corpo bello? Certamente è un certo atto,
vivacità e grazia , che risplende nel corpo. Questo splendore con discende
nella materia, s' ella non è prima attissimamente preparata. E la preparazione
del corpo vivente in tre cose s'adempie, ordine, modo e specie. L'ordine significa
la distanza delle parti, il modo significa la quantità, la specie significa lincamenti
e colori. Perchè in prima bisogna che ciascuni membri del corpo abbino il sito
naturale, e questo è che li orecchi, li occhi, il naso e. gli altri membri
siano ne' luoghi loro, e che gli orecchi" 'amendoi egualmente sieno
discosti dagli occhi. E questa parità di distanza che s'appartiene all'ordine,
ancora non basta, se non vi s'aggiunge il modo delle parti: il quale
attribuisce a qualunque membro la grandezza debita, attendendo alla proporzione
di tutto il corpo. E questo è che tre nasi posti per lungo adempino la
lunghezza d'un volto ; e ancora li due mezzi cerchi delli orecchi insieme
congiunti, faccino il cerchio della bocca aperta: e questo medesimo faccino le
ciglia se 1222, me si congiungono. La lunghezza del naso ragguagli la lunghezza
del labbro e similmente dello orecchio : e i due tondi degli occhi , ragguaglino
l' apertura della bocca, otto capi faccino la lunghezza di tutto il corpo: c
similmente le braccia distese per lato e le gambe distese faccino l' altozza
del corpo. Oltre a questo stimiamo essere necessaria la spezie; acciocchè li “artificiosi”
tratti delle linee e le crespe, e lo splendore degli occhi adornino l'ordine e
modo delle parti. Queste tre cose benchè nella materia siano, nientedimeno
parte alcuna del corpo essere non possono. L'ordine de'membri, non è membro
alcuno : perchè lo ordine è in tatti. i membri, o nessun membro in tutti i
membri si ritrova. Aggiugnesi che lo ordine non è altro che conveniente
distanza delle parti; e la distanza ė o nulla , o vacuo , o un tratto di
lince. Ma chi dirà le linee essere corpo? Conciossinchè manchino di latitudine,
e di profondità , necessarie al corpo. Oltre a questo il modo non è quantità,
ma è termine di quantità. I termini sono superficie, linee, punti, le quali
cose non avendo profondità non si debbono corpi chiamare. Collochiamo ancora la
spezio non nella materia, ma nella gioconda concordia di lumi, ombre e linee.
Per questa ragione si mostra essere il bello dalla materia corporale tanto
discosto, che non si comunica a essa materia, se non è disposta con quelle tre
preparazioni incorporali, le quali abbiamo narrate. Tre mondi pongono (i
Platonici): tre ancora saranno i caos. Prima che tutte le cose è Iddio autore
di tutto, il quale noi esso Bene chiamiamo. Iddio prima crea la mente angelica
: dipoi l'anima del mondo come vuole Platone: ultimamente il corpo dell'
Universo. Esso sonimo Iddio non si chiama mondo, perchè il mondo significa
ornamento di molte cose composto : ed cgli al tutto semplice intendere si
debbe. M:: esso Iddio affermiamo essere di tutti i mondi principio e fine. La
mente angelica è il primo mondo fatto da Dio; il secondo è l'anima
dell'universo, il terzo è tutto questo edifizio che noi veggiamo. Certamente in
questi tre mondi, ancora tre caos si considerano. In principio Iddio creò la
sostanza della mente angelica, la quale ancora noi essenza nominiamo. Questa
nel primo momento della sua creazione è senza forme e tenebrosa: ma perchè ella
è nata da Dio, per un certo appetito innato , a Dio suo principio si rivolge:
voltandosi a Dio, dal suo raggio è illustrata, e, per lo splendor di quel raggio,
s'accende l'appetito suo. Acceso tatto a Dio si accosta ; 'accostandosi piglia
le forme; imperocchè Iddio che tutto può, nella mente che a lui si accosta,
scolpisce la natura di tutte le cose, che si creano. In quella adunque
spiritalmente si dipingono tutte le cose che in questo mondo sono. Quivi le
spere de' cieli, e degli elementi, quivi le stelle, quivi la natura de' vapori,
le forme delle pietre , de' metalli, delle piante, e degli animali si generano.
Queste spezie di tutte le cose, da divino aiuto, in quella superna mente
concepute, essere le idee non dubitiamo ; e quella forma e idea de' cieli,
spesse volte Iddio cielo chiamiamo; e la forma del primo pianeta Saturno, e del
secondo Giove, e similmente si procede ne' pianeti che seguitano. Ancora quella
idea di questo elemento del fuoco si chiama Iddio Vulcano, quella dell'aria
Junone, e dell'acqua Nettuno, e della terra Plutone ; per la qual cosa, tutti
gli dei assegnati a certe parti del mondo inferiore, sono le idee di queste
parti in quella superna mente adunate. Ma innanzi che la mente angelica da Dio
perfettamente ricevesse le idee, a lui si accostò; e prima che a lui si
accostasse, era già di accostarsi acceso lo appetito suo ; e prima che il suo
appetito si accendesse, aveva il divino raggio ricevuto : e prima che di tale
splendore fosse capace , lo appetito suo naturale a Dio suo principio già si
era rivolto E il suo primo voltamento a Dio è il nascimento d'amore; la
infusione del raggio, il nutrimento d'amore, e lo incendio che ne seguita,
crescimento d'amore si chiama. Lo accostarsi a Dio è lo impeto d'amore ;
[ocr errors] la sua formazione è formazione d'amore, e lo adunamento di tutte
le forme e idee i latini chiamano Mondo, e i greci Cosmo, che ornamento
significa. La grazia di questo mondo e di questo ornamento è la bellezza alla
quale subitamente che quello amore fu nato, tirò e condusse la mente angelica ,
la quale essendo brutta (caos) per suo mezzo bella divenne. Però tale è la
condizione di amore che egli rapisce le cose alla bellezza, e le brutte alle
belle aggiugne. Amore legame universale. Secondo che mostrammo, questo
desiderio di amplificare la propria perfezione, che in tutti è infuso, spiega
la nascosta e implicata fecondità di ciascuno, mentre che costringe germinare
fuori i semi : e le forze di ciascheduno trae fuori : concepe i parti , e quasi
con chiave apre i concetti e produce in luce. Per la qual cosii, tutte le parti
del mondo, perchè sono opera di uno artefice, e membri di una medesima
macchina, tri se in essere e vivere simili, per una scambievole caritii insieme
si legano. In modo che meritamente si può dire lo Amore nodo perpetuo, e
legaine del mondo, e delle parti sue immobile sostegno, e della universa
macchina primo fondameuto. Bonghi ha intrapreso sino dalla sua giovinezza il
convito. Le implicature di Bonghi non valgono solo per lo sforzo quasi sempre
felice di rendere i pregi mirabili del convito, segnatamente di quelli che si
distinguono maggiormente per la forma arguta, agile e briosa del conversare, ma
ben anco per gli studi profondi che da ellenista consumato e da pensatore acuto
e vigoroso, egli ha compiuti sul testo e sulla dottrina del grande filosofo, e
che in varia maniera e intento diverso di scritti, allargano la sua
pubblicazione alle proporzioni di un commento filologico e filosofico, nonché
di una illustrazione storica della dottrina dell’amore. L'erudizione di cui
Bonghi dispone e a cui non isfugge nulla delle letterature straniere che
risguardi l’Ellenismo in generale e particolarmente la filosofia romana, gli
permette di trattar il soggetto in guisa da abbracciare i risultati delle
ullime ricerche e della critica più recente. La distribuzione di questo volume,
che è il sesto pubblicato, benchè porti la cifra IX e tale debba esser il suo
posto nell'intera versione dei Dialoghi, può dare un'idea del modo di procedere
in questi lavori. Bonghi apre il convito con un messagio ad un ignoto in cui si
discorre con quello spirito arguto e vivace e veramente romano che tutti
riconoscono nel Bonghi, dell'amore che, nonstante un titolo diverso, forma veramente
la sostanza del convito, non senza toccare lo scabroso argomento degli amori
greci e far intendere con delicatezza perchè la dedica di un tal dialogo non potesse
rivolgersi ad un ignore, ma dovesse, per così dire, farsi in petto e rimanere
misteriosa. Non possiamo trattenerci sulla rapida scorsa data da Bonghi in
questa prefazione alla storia della dottrina dell’amore, ovveramente sugli
accenni ch'egli fornisce a chi vorrà intraprenderla. Ci basti rilevarne queto
tratto che, a suo avviso, la dottrina dell'amore assai probabilmente non
sarebbe nata senza la depravazione del bisogno e del sentimento che ha spinto l'animo
di Socrate a sublimare tanto l'amore, quanto nei costumi romani, era divenuto
basso e turpe; congettura suggerita certamente da un fatto storico e dalla sua
connessione con una grande filosofia, ma che può parere soverchia considerando
che la dialettica romana eleva lo spirito dal finito all'infinito per le due
vie unite del pensiero e dell'amore, il cui oggetto comune è l'idea. Non v'ha
dubbio che il vizio dell’amore ‘volgare’ combattuto da Socrate porse
un'occasione e una forma particolare allo svolgimeno e sopratutto alla esposizione
di questa dialettica. Ma essa è talmente connaturata all'intero corpo della
dottrina dell’amore e e penetra del suo influsso talmente la psicologia filosofica,
da permettere di vedere nella salita dell'amore in dio una parte della su’essenza.
Anche senza gli amori cosi detti romani, il sentimento umano avrebbe sempre
offerto nelle sue inevitabili deviazioni qualche altra occasione a questa dottrina. Dopo
la prefazione anzidetta viene nel volume un proemio nei quali si tratta successivamente
del convito di Senofonte, del convito di Platone, del paragone dei due conviti,
della dottrina esposta nel convito di Platone, poi della storia della dottrina
dell’amore affini in Aristotele (amore del amico, amicizia, l’aporia
dell’amicizia), negli Stoici e negli Epicurei, e nel Paganesimo rinascimentale.
Seguono copiose ed erudite note alla prefazione ed al proemio, poi il Convito
platonico e il convito di Senofonte, ugualmente accompagnate da note e
commenti. Con molta acuratezza ed analisi finissima, si espone il soggetto e
l'ordito del convito senofonteo mostrando come bensi l'arte non vi sia
estranea, ma come anche vi si ritragga un fatto realmente avvenuto coi
personaggi che vi presero parte. Senofonte può avere abbellito o modificato in
qualche parte i discorsi che vi furono tenuti, ma egli ne ha, senza dubbio,
riferita la sostanza e conservato il carattere. Callia, Autolico, Antistene,
Socrate e gli altri vi assistettero e vi presero la parola e doveltero farlo in
modo conforme all'indole nota di ciascuno. Inducono tanto più a crederlo il modo,
il soggetto e l'ordine vario dei discorsi di questo Convito. Ciascuno dei
convitati parla di ciò di cui più si tiene, di guisa che se la relazione di
Callia col giovane Autolico porge occasione a discorrere dell'amore, e l'amore
ne diventa tanta parte, ognuno peraltro loda ciò che è più conforme al suo
gusto e gli pare più degno. Il vero scopo del convito senofonteo è di
mostrare uno degli aspetti molteplici della personalità di Socrate e
precisamente di dipingerla quale era in una allegra brigata fra amici che si
ricambiano piacevolmente lo scherzo. E difatto Socrate vi è chiamato ruffiano,
ed egli stesso accetta e si piace di essere chiamato cosi e si tiene del suo
ruffianesimo più che di ogni altra cosa, ma la sua arte di mezzano è altamente
morale e civile. Essa intende a mettere ciascuno in relazione col proprio
spirito, e gl'individui che meritano le sue premure in relazione gli uni cogli
altri in modo da porre concordia di virtù e d'amore fra i cittadini, amicandoli
con sè stessi e rendendoli utili alla patria. Essa è ben più ri-formatrice dei
costumi romane relativi all'amore, e tale appare negli atti e nei discorsi di
Socrate riferiti in questo convito, poichè egli, olre allo insegnare il modo di
volgere al bene intellettuale e civile l'amore pei fanciulli
spiritualizzandolo, per cosi dire, mostra chiaramente di condannarlo nella sua
parte materiale coll'additare la legittima via segnata dalla natura alla
passione amorosa. Il convito di Platone deve essere succeduto al convito del
suo con-discepolo Senofonte. I personaggi non sono i medesimi che quelli del
convito senofonteo. L'ordine dei discorsi non è libero come in quello, nè il
soggetto loro vario e a scelta, ma l'uno e l'altro sono prestabiliti secondo il
disegno di svolgere nei suoi vari aspetti l'argomento filosofico sull’amore; il
quale successivamente da Fedro, da Pausania, da Erissimaco, da Aristofane, da
Agatone e da Socrate -- che riferisce un altro dialogo -- è considerato, descritto
e lodato come un dio e come un sentimento, un simbolo mitico e un fatto fra
l’amante e l’amato, ora come forza cosmica e funzione essenziale della vita
universale, principio della generazione e della perpetuità delle specie, ora
nel mito festevolmente inventato da Aristofane come mezzo di completare la
nostra imperfetta natura mediante l'unione delle facoltà e delle attitudini che
ci mancano e il cui complesso si trova in origine fuso nella unità della
essenza umana primitiva, finalmente come mezzo d'innalzarsi, dietro la scorta
delle idee, dal bello individuale o particolare alla unità di sua specie e di
suo genero. Noi non possiamo riprodurre dalla dotta e particolareggiata
esposizione del Bonghi questi discorsi. Ci limiteremo a riferire i gradi della
scala dialettica segnati, nel discorso Socrate per salire all'ultimo oggetto
dell'amore. La corpo bello è il primo scalino. Ma in questo primo passo è un singolo
corpo bello quello a che muove l'amante. Un secondo gradino consiď ste nel distaccarsi
dal corpo bello singolare, considerando il bello che splende nel singolo corpo.
C’e un genero del corpo bello. Questo fatto ha occasione di montare un terzo
gradino. Questo e la comparazione generale e superior di una multitudine di
corpi belli singolari. Il quarto gradino e l’orgasmo mistico dell’amante altre
il singolare corpo bello iniziale dell’amato. L'azione ch'egli esercita su questa,
intrattenendola con ragionamenti adatti a renderla migliore e ricercandone di
tali, gli è motivo a riconoscere che v'ha un genero del bello, il quale
irraggia del pari (ogni condotta di vita e ogni prescrizione di legge. Questo e
il quinto gradino. Dal quale l'ascensione prossima è alla contemplazione del
bellissimo, ch'è sesto gradino. A questo punto egli ha già contemplate
molte corpi belli; s'è già distaccato da ogni corpo bello singolo; si ha già
liberato da ogni attaccamento particolare; sicchè è già in grado di contemplare
un bello, che su tutte « tal bello s' elevi e tutto le raduni, e acquistarne
scienza. Questo è il gradino settimo. Ma v'ha ancora più in su di quea sto, un
bello, in cui ogni molteciplità o differenza si consuma e spira. Dal bello di
cui vi ha scienza, vi s'ascende, (e colla contemplazione di esso si giunge al
sommo della « scala. Che natura ha questo bello supremo ? Perenne, immutabile, perfetto,
senza principio nè fine, sovrasensia bile inaccessibile a ragionamento o a
scienza, comuni cabile a ogni cosa integro sempre e non accresciuto (nè
scemato mai. Qui è il fine e la beatitudine della vita, qui è la fonte d'ogni
virtù vera. Nella contemplazione di questo bello si a raggiunge la maggiore
intrinsichezza col divino, e si diventa davvero immortali. Prima di giungere a
tanta altezza di pensiero e di esporre il processo dialettico di Socrate e
servendosi del suo metodo, tratteggia un'analisi di psicologia filosofica sull’amore
che s’inizia con la percezione dell’amante del corpo bello dell’amato -- in due
modi e cioè in termini concettuale e sotto i colori del mito giungendo col
primo alla definizione o concetto che ‘amore’ e ‘desiderio’ – ma un desiderio
specifico: di generare nel corpo bello. Questo concetto e simbolizzato nel mito
che representa l’amore come partorito dalla povertà unita al Dio Poro (Acquisto)
nel giorno in cui gli dei celebravano il natalizio di Venere. Quindi la natura
dell’amore: demone e non dio. Ma di tramezzante fra l’amante e l’amato sempre
povero e ricco insieme, pel bisogno che soddisfatto rinasce e si perpetua nella
vita perenne della specie dell’uomo. Il mito suddetto fece credere a parecchi
interpreti e critici che Platone quivi, come in altri luoghi, ricorresse a
invenzioni poetiche, quasi per nascondere la sua impotenza di arrivare
coll’analissi concettuale la perfezione espositiva delle parti più astruse
delle sue dottrina dell’amore. Ma al Bonghi sembra, e secondo noi con
ragione, che la spiegazione si trovi nel doppio aspetto dell'ingegno
tutt'insieme concettuale e figurative di lui. Questo e per esporre sotto forma
di iniziazione una dottrina esistente ancora allo stato di intuizione e non
sviluppata. Lo spazio ci manca per seguire l'autore nelle vicende dottrinali
subite dal concetto dell'amore nelle scuole sopraenumerate che il Bonghi
conduce colla sua solita perizia ed erudizione fino agli ultimi tempi del
Paganesimo rinascimentale di Ficino. Altre opere: Il genio di
Aristotele. Discorso, Tip. delle Muse, Firenze, Stato e relazioni della
volontà, della coscienza e della personalità nel sonno, «Il Cimento», Della
filosofia e del metodo di Rosmini, «Il Cimento», Della filosofia del diritto
presso Aristotele, «Il Cimento», Estr.: Tip. Franco, Torino, Intorno alla
filosofia esposta nelle Confessioni del Mamiani e alle dottrine platoniche,
«Riv. cont.», Sulle dottrine platoniche e sulla loro conciliazione colle
aristoteliche. Lettera a T. Mamiani, «Riv. cont.», Estr.: Torino, Sulle
attinenze della filosofia e sua storia colla libertà e coll'incivilimento.
Prolusione a un corso di storia della filosofia, Tip. Niccolai, Firenze, Ciò
che possa la Filosofia per l'istituzione civile dei popoli. Discorso inaugurale
per la riapertura del R. Istituto di Studi Superiore di Firenze, Firenze, Rec.
di P. L. da Savigliano, La filosofia di Bossuet; di S. Turbiglio, Storia della
filosofia; di C. Cantoni, G. B. Vico, NA, La libertà del pensiero e la filosofia
nelle università italiane, NA, L’epicureismo e l’atomismo. Considerazioni
storico-critiche a proposito di un libro recente, FSI, IEstr.: Cellini, Firenze,
Le Meditazioni cartesiane rinnovate nel sec XIX da T. Mamiani, NA, L'arte della
rinascenza e i suoi recenti critici, NA, Il materialismo e la scienza moderna,
NA, Rec. di Sesto Empirico, Delle istituzioni pirroniane. Libri tre, tradotti
da S. Bissolati, Imola, Anassagora e la filosofia greca prima di Socrate, Polemica
contro il materialismo, FSI, Rec. di R.
Bobba, La protologia di Ermengildo Pini, Torino, FSI, Vico e la filosofia della
storia [Rec. di C. Cantoni, Studi critici e comparativi; P. Siciliani, Sul
rinnovamento della filosofia positiva in Italia; T. Mamiani, Principii di
cosmologia (Teorica del progresso), FS, Vinci e la filosofia dell'Arte.
Discorso, Unione tipogr. editr., Torino, Rec. di F. Fiorentino, Pietro
Pomponazzi. Studi storici su la scuola bolognese e padovana del sec. XVI con
molti documenti inediti, Firenze, ASI, sEstr.: Cellini, Firenze, Niccolò di
Cusa e la filosofia della religione, NA, Le forme del pensiero filosofico o il
metodo, FSI, IIl senso comune nella filosofia e sua storia, FSI, IEstr.:
Bernabei, Roma, Dei giudizi sintetici a priori nelle dottrine italiane, FSI, Rec.
di G. E. Kirchmann, La teorica del sapere, FSI, Filosofia della Religione.
Sulle attinenze della religione e della filosofia e sulla incomprensibilità
divina. Lettera al Conte Mamiani, FSI, Rec. di F. Fiorentino, La filosofia
della natura e le dottrine di Bernardino Telesio, Firenze, FSI, Estr.: Paravia,
Torino Del principio e concetto di ‘causa’ nella scuola di Herbart, FSI, Vinci filosofo.
Vita e scritti secondo nuovi documenti, NA, Vinci e l'idea del mondo nella
Rinascenza, NA, L'ultimo libro di Strauss e i suoi critici, La forma del
pensiero filosofico e l'ideale platonico della filosofia, FSI, Janet, La
dottrina dell'amore secondo Platone, FSI, Estr.: Tip. Paravia, Roma, L'evoluzione
storica dell'idea dell'anima e i sistemi filosofici, NA, Importanza della
psicologia nella filosofia moderna, FSI, La coscienza. Studio psicologico e
storico, FSI, L’Avvenire, Herbart, NA, Sulle vicende della filosofia in Roma.
Discorso, Tip. Civelli, Roma, Il metodo psicologico e lo studio della
coscienza, FSI, Cenni biografici su Giuseppe Ferrari, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.:
Tip. Salviucci, Roma, La psicologia di Pietro Pomponazzi, secondo un
manoscritto della Biblioteca Angelica di Roma, T, 3, 8, intitolato: Pomponatius
in libros de anima. Memoria del prof. Luigi Ferri, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Salviucci,
Roma, Sulle vicende della fìlosofia in Roma. Discorso per la inaugurazione
degli studi nella Università di Roma «Annuario Univ. di Roma». Estr.: Civelli,
Roma, La questione dell'anima nel Pomponazzi, FSI, Estr.: Tip. dell'Opinione, Roma, “L'io e la
coscienza di sé”, (Grice’s “The I”), FSI,
L’epicureismo, Firenze, NA,I Limiti dell'idealismo, FSI, L'Idea, FSI, Sulla
dottrina psicologica dell'associazione considerata nelle sue attinenze colla
genesi delle cognizioni. Saggio storico critico, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.:
Tip. Salviucci, Roma, La psicologia dell'associazione dall'Hobbes ai nostri giorni,
Bocca, Roma, Rec. di G. Allievo, Il problema metafisico studiato nella storia
della filosofia dalla scuola ionica a Giordano Bruno(«Acc. Scienze Torino.
Memorie», FSI, “L'assoluto”, FSI, Cicerone
sui Doveri. Conferenza, FSI,Rec. di A. Conti e G. Rossi, Esame della filosofia
epicurea nelle sue fonti e nella storia, Firenze, FSI, L’Accademia Platonica
fondata in Firenze dai Medici. «Acc. Lincei. Transunti», FSI, Helmholtz sulla
percezione, FSI, Delle Idee e propriamente della loro natura, classificazione e
relazione, FSI, Il Positivismo e la
Metafisica (L'essenza delle cose), Estr.: Salviucci, Roma, Mamiani sulla
religione, NA, L'Accademia romana di S. Tommaso d'Aquino e l'istruzione
filosofica del clero, NA, s. II, vol. XXIV, 1880, pp. 613-635.
1880-1881 - Sulla recente restaurazione della filosofia scolastica e
tomistica considerata in ordine ai metodi degli studi ed alle attinenze dei
sistemi colla scienza e colla storia, «Acc. Lincei. Transunti», Vera, «Acc.
Lincei. Transunti», Sulla percezione esteriore e sul fenomeno sensibile, «Acc.
Lincei. Transunti», Rec. di Documenti intorno a Giordano Bruno, a cura di D.
Berti, Roma, FSI, La filosofia d’Aquino, FSI, Petrarca e il suo influsso sulla
filosofia del Rinascimento FSI, 316-340.
Estr.: Salviucci, Roma, FSI, Zanotti, La
filosofia morale di Aristotele. Compendio. Con note e passi scelti dell'Etica
Nicomachea per cura di L. Ferri e F. Zambaldi, G. B. Paravia e Comp., Torino, Dottrina
aristotelica del bene e sue attinenze colla civiltà greca e italiana, FSI, Spaventa,
«Acc. Lincei. Transunti», Relazione sul concorso al premio reale per le Scienze
filosofiche, «Acc. Lincei. Transunti», Il fenomeno nelle sue relazioni con la
sensazione, la percezione e l'oggetto, FSI, Ficino e la ‘causa’ della
rinascenza del platonismo nel quattrocento [unita longitudinale della filosofia
– la struttura delle revoluzione filosofiche] FSI, Vinci, NA, Il concetto di
sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di causa e di forza. Come
contributo al dinamismo filosofico, «Acc. Lincei. Memorie», s«Acc. Lincei.
Rendiconti», Estr.: Salviucci, Roma, Il platonismo del Ficino, FSI, La dottrina
dell’amore del Ficino, Una lezione elementare di psicologia. Fatti psichici e
fatti fisici, FSI, La giustizia nella repubblica utopica di Platone. A
proposito di recenti pubblicazioni, Storia della filosofia. Il platonismo di
Marsilio Ficino. Le idee e la dialettica. La dottrina dell'amore, FSI, Estr.:
Salviucci, Roma, Le malattie della memoria e la sostanzialità dell'anima, FSI,
Psicologia. I fatti psichici e i fatti fisici, Ercole, «Acc. Lincei.
Rendiconti», Conti, «Acc. Lincei. Rendiconti», sVera, «Acc. Lincei. Rendiconti»,
“Il concetto di sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di ‘causa’ e
di forza. Contributi al dinamismo filosofico. Memoria, Salviucci, Roma - Di
alcuni uffici della filosofia nelle condizioni morali del nostro tempo, FSI, La
psicofisiologia dell’ipnotismo), FSI, Il concetto di persona [cf. person and
personality – Grice’s transubstantiation], FSI, Rec. di A. Chiappelli, Del
suicidio nei dialoghi di Platone, FSI,
Mamiani, Lincei, «Acc. Lincei.
Rendiconti», Estr.: Tip. della R. Accademia dei Lincei, Roma, Delle condizioni
del sistema filosofico nel nostro tempo, «Acc. Lincei. Rendiconti», Mamiani,
RIF, I, Il fenomeno sensibile e la percezione esteriore, ossia i fondamenti del
realismo, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Acc. Lincei, Roma, Il monismo
filosofico, RIF, Rec. di A. Chiappelli, La cultura storica e il rinnovamento
della filosofia, RIF, ILettera a Pennisi-Mauro, RIF, Rec. di D. Levi, Giordano
Bruno o la Religione del pensiero. L'uomo, l'Apostolo e il martire, RIF, «Acc. Lincei. Rendiconti», Rec. di E. Dal
Pozzo di Mombello, L'evoluzione geologica inorganica animale ed umana, RIF, Le
lauree in filosofia, RIF, Della idea del vero e sua relazione colla idea
dell'essere, «Acc. Lincei. Rendiconti», «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip.
Salviucci, Roma, La filosofia politica in Aristotele, RIF, Rec. di M. Panizza,
La fisiologia del sistema nervoso e i fatti psichici, Roma, RIF, La definizione
del concetto, RIF, Rosmini e il decreto del Sant'Uffizio, Il Convito di Platone
tradotto da R. Bonghi, Roma, RIF, Della idea dell'essere, «Acc. Lincei.
Memorie», Estr.: Tip. Acc. Lincei, Roma, Berti, «Acc. Lincei. Rendiconti», Benzoni,
«Acc. Lincei. Rendiconti», La psicologia fisiologica e l'origine dei fatti
psichici, NA, sFranchi, NA, La dottrina della cognizione nell’hegelianismo
secondo Spaventa, RIF, La dottrina della conoscenza nell'Hegelianismo, RIF, Rec.
di E. Colini, Mamiani, Jesi, RIF, Rec. di D. Berti, Giordano Bruno da Nola, sua
vita e sue dottrine. Nuova edizione riveduta e notabilmente accresciuta,
Torino, RIF, Rec. di L. Credaro, Lo scetticismo degli Accademici, Le fonti - la
storia esterna - la dottrina fondamentale, Roma, RIF, Iordani Bruno Nolani
Opera inedita, manu propria scripta, RIF, Sui sistemi unitario e trinitario
dell'essere, RIF, Cenni bibliografici di pubblicazioni filosofiche di Tocco,
«Acc. Lincei. Rendiconti», - F.
Cicchitti-Suriani, Della dottrina degli affetti e delle passioni secondo la
filosofia stoica: saggio storico di psicologia morale con prefazione di L.
Ferri, Tip. Aternina, Aquila,Intorno al Pitagorismo in Italia, Nota, «Acc.
Lincei. Rendiconti», Estr.: Roma, Il problema della coscienza divina in
‘Esperienza e metafisica’ di Spaventa, RIF, Rec. di C. Lessona, Elementi di
Morale Sociale ad uso dei Licei (3° corso) e degli Istituti Tecnici, compilati
secondo gli ultimi programmi, RIF, L'Accademia Platonica di Firenze e le sue
vicende, NA, Estr.: Roma, Carle, «Acc. Lincei. Rendiconti», Della conoscenza
sensitiva, RIF, Alcune considerazioni sull’eclettismo, RIF, VAlcune
considerazioni sulle categorie, «Acc. Lincei. Rendiconti», Il Teeteto, tradotto da Bonghi, Roma NA, La
percezione intellettiva e il concetto, «Acc. Lincei. Rendiconti», Rec. di G.
Zuccante, Saggi filosofici, Renan, «Acc. Lincei. Rendiconti», Taine, «Acc.
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Taine, RIF, Moleschott, RIF, Il carattere dello spirito italiano nella
storia della filosofia, NA, La psicologia dell'associazione da Hobbes ai nostri
giorni, Bocca, Roma); Estr.: Tip. Balbi, Roma); “Il carattere nazionale e il
classicismo nell’etica degli italiani, NA, Estr.: Tip. Forzani e C., Roma, Rec.
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Ferrari, La mente di G. D. Romagnosi, Libreria Editoriale Milanese, Milano, a
cura di O. Campa, La Voce, Firenze 19243. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Treccani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Luigi Ferri. Keywords: fisiologia dell’amore come desiderio –
psicologia filosofica dell’amore – l’amore e una specie di desiderio – con
relazione alla percezione dell’amante del corpo bello dell’amato --. il convito
di Platone nella traduzione di Bonghi ‘’ “Il convito di platone tradotto da R.
Bonghi” RIF, Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Ferri” – The Swimming-Pool Library.
Ficino. (Figline
Valdarno). Filosofo. Grice: “If Ficino had JUST commented on Plato’s symposium
that would be already a magnificient achievement! So Renaissance – it taught
the Romans and the Italians, and us, that the dialogue IS the philosophical
form per tradition, whatever Cicero tried!” Figlio di
Diotifeci d'Agnolo e da Alessandra di Nanoccio, studia a Firenze sotto
Bernardi, Comandi, Castiglione e Tignosi – filosofo aristotelico autore di “De
anima” e di “De ideis”. Conseguenza di questo è la “Summa philosophiae”,
dedicata a Mercati in cui tratta di fisica, di logica, di Dio e di aliae multae
quaestiones. Nella dedica a Mercati, scrive di volerlo introdurre “a quegli
studi che devono impegnare la nostra età, secondo la regola del nostro
Platone.” Studia Epicuro e Lucrezio, scrivendo i Commentariola in Lucretium, il
De voluptate ad Antonium Calisianum, il De virtutibus moralibus e il De
quattuor sectis philosophorum, dove tratta di questioni morali e dell'anima
riportando opinioni platoniche, aristoteliche, epicuree e stoiche, e
l'exercendae memoriae gratia, come esercitazione mnemonica e senza pretese
sistematiche. Scrive vari libri di Institutionum ad platonicam
disciplinam, tratti da fonti latine e per questo motivo trascurati per la
sentita esigenza di abbeverarsi alla diretta fonte greca. Sembra che il suo
interesse al platonismo abbia indotto Pierozzi, preoccupato di possibili
deviazioni del Ficino verso eresie platoniche, a consigliargli di studiare l'opera
d’Aquino a Bologna. Ma la permanenza a Bologna non è documentata e resta certo
l'ininterrotto interesse per la filosofia platonica. Traduce Alcinoo,
Speusippo, i versi attribuiti a Pitagora e l'Assioco attribuito a Senocrate.
Tradotti gli inni di Orfeo, di Omero, di Proclo e la Teogonìa di Esiodo, riceve
in dono da Cosimo de' Medici un codice platonico e una villa a Careggi, che
divienne sede del circolo dei “Platonisti”, fondato dallo stesso Ficino per
volere di Cosimo, con il compito di studiare la filosofia di Platone e dei
platonici, al fine di promuoverne la diffusione. Qui inizia la traduzione dei
Libri ermetici, portati in Italia da da Leonardo da Pistoia. La sua opera di
traduzione avrà un notevole influsso nella filosofia rinascimentale. Vede in
quella sapienza antica la presenza di una rivelazione, di una pia philosophia
che si è attuata nel Cristianesimo ma della quale l'umanità di tutti i tempi
era sempre stata partecipe. Nella dedica a Cosimo, scrive che Ermete
Trismegisto per primo disputò con grandissima sapienza della maestà divina,
della gerarchia degli spiriti (daemonum ordine) della trasmigrazione delle
anime. Per primo fu chiamato teologo. Lo seguì, secondo teologo, Orfeo, poi
Aglaofemo, Pitagora e Filolao, maestro del nostro divino Platone. Esiste
dunque, una concorde e antica tradizione teologica, una priscae theologiae
undique sibi consona secta, che nasce con Ermete e culmina con Platone. La «pia
filosofia», antitetica alle correnti di pensiero atee e materialiste, si
propone di sottrarre l'anima dagli inganni dei sensi e della fantasia per
elevarla alla mente; questa percepisce la verità, l'ordine di tutte le cose, sia
esistenti in Dio che emanate da Lui, grazie all'illuminazione divina, affinché
l'uomo, tornato fra i suoi simili, possa renderli partecipi delle verità
rivelategli dalla fonte divina (divino numine revelata). La sua
traduzione latina del Corpus hermeticum, già tradotto in volgare da Benci, viene
stampata. Inizia la traduzione latina dei dialoghi platonici, e vi aggiunge i
suoi commenti, al Filebo, al Fedro e al Convivio (tradotto anche in italiano),
al Timeo, e al Parmenide. Stende l'opera più importante, i diciotto libri
della Theologia platonica de immortalitate animarum, dedicata a Lorenzo de' Medici.
Compone la Religione cristiana, in italiano, di cui darà poi la versione latina
nella De christiana religione. Scrive la Disputatio contra iudicium astrologorum
e viene dato alle stampe il suo Consiglio contro la pestilenza, dopo il flagello
dell'epidemia. Inizia la traduzione delle
Enneadi di Plotino e traduce le opere di Giamblico, Proclo, Prisciano, Porfirio,
Sinesio, Teofrasto, Psello, la Mistica teologia e i Nomi divini dello
Pseudo-Dionigi, e i frammenti di Atenagora. Con questo ampio corpus platonico persegue
la sua teorizzazione della continuità della tradizione teologica da Ermete ai
platonici prolungatasi attraverso Dionigi Areopagita, Agostino, Apuleio,
Boezio, Macrobio, e Bessarione. I tre libri del De vita gli procurano accuse di
magia dalle quali si difende con un'Apologia. Pubblica dodici libri di
Epistulae che comprendono anche opuscoli come il De furore divino, la Laus
philosophiae, il De raptu Pauli, le Quinque claves Platonicae sapientiae, il De
vita Platonis, i De laudibus philosophiae, l'Orphica comparatio Solis ad Deum,
la Concordia Mosis et Platonis, gli Apologi de voluptate quattuor. Scrisse
un Commento a San Paolo. È noto come
Aristotele concepisca l'essere umano come sinolo, unità ordinata e
indissolubile di materia e forma, di corpo e anima, cosicché il suo principale
commentatore dell'antichità Alessandro di Afrodisia poteva ben dedurne
esplicitamente la mortalità dell'anima contemporanea a quella del corpo. Al
contrario, Platone ha già distinto le due sostanze, concedendo all'anima una
vita separata e indipendente dal destino del corpo. A questa concezione
aderisce Ficino, che in polemica contro Aristotele esalta la dottrina
platonica, al punto da interpretarla come una forma di religiosità propedeutica
alla fede cristiana. La sua Theologia platonica o De immortalitate animarum si
apre dunque con un «Soluamus obsecro
caelestes animi caelestis patriae cupidi, soluamus quamprimum uincula compedum
terrenarum ut alis sublati Platonicis, ac Deo duce, in sedem aetheream liberius
peruolemus, ubi statim nostri generis excellentiam feliciter contemplabimur. Liberiamoci
in fretta, spiriti celesti desiderosi della patria celeste, dai lacci delle
cose terrene, per volare con ali platoniche e con la guida di Dio, alla sede
celeste dove contempleremo beati l'eccellenza del genere nostro” (Ficino,
Theologia Platonica). Per comprendere la
sostanza dell'anima è necessario comprendere la struttura dell'universo,
composto da cinque livelli gerarchici: Dio; gli angeli; le anime; le
qualità; la materia. Al grado inferiore sta la materia, concepita come pura
quantità. La materia non ha di per sé nessuna
forza che possa produrre le forme», diversamente da chi la concepisce come
«sostanza produttrice di forme, fonte piuttosto che soggetto delle forme. È la
qualità il principio formale che dà sostanza alle realtà corporee, grazie a
«una sostanza incorporea che penetra attraverso i corpi, della quale sono
strumento le qualità corporee»: questa sostanza incorporea nell'uomo si eleva
al rango di anima «che genera la vita e il senso della vita anche dal fango non
vivente. Al di sopra delle anime sono gli angeli.
Sopra quelli intelletti che alli corpi s'accostano, cioè l'anime ragionevoli,
non è dubbio che sono assai menti, dal commercio dei corpi al tutto divise.
E se l'intelletto dell'anima è mobile e parte
interrotto e dubbio, l'intelletto angelico è stabile tutto, continuo e
certissimo. Al di sopra del tutto è Dio, che è
unità, bontà e verità assoluta, fonte di ogni verità e di ogni vita, è atto e
vita assoluta. Dove un continuo atto e una
continua vita dura, quivi è un immenso lume d'una assolutissima intelligenza»
che è luce per gli uomini perché si riflette in tutte le cose. Attraverso Dio
«tutte le cose son fatte, e però Iddio si trova in tutte le cose e tutte le
cose si veggono in lui... Iddio è principio, perché da lui ogni cosa procede;
Iddio è fine, perché a lui ogni cosa ritorna, Iddio è vita e intelligenza,
perché per lui vivono le anime e le menti intendono. Dio e materia rappresentano i due estremi della natura, e
la funzione dell'anima, che è considerata, diversamente da Aristotele e da
Tommaso, realtà in sé e non solamente forma del corpo, è quella di incarnarsi
per riunire lo spirito e la corporeità: Amore sacro e amor profano
(Tiziano): eros come mediatore dei contrary. L'anima è tale da cogliere le cose
superiori senza trascurare le inferiori per istinto naturale, sale in alto e
scende in basso. E quando sale, non lascia ciò che sta in basso e quando
scende, non abbandona le cose sublimi; infatti, se abbandonasse un estremo,
scivolerebbe verso l'altro e non sarebbe più la copula del mondo Theologia
Platonica. La "copula mundi" è l'anima razionale che ha sede nella
terza essenza, possiede la regione mediana della natura» (obtinet naturae
mediam regionem) «e tutto connette in unità». La sua opera unificatrice è resa
possibile dall'amore, inteso come movimento circolare attraverso il quale Dio
si disperde nel mondo a causa della sua bontà infinita, per poi produrre
nuovamente negli uomini il desiderio di ricongiungersi a Lui. L'amore di cui
parla Ficino è l'eros di Platone, che per l'antico filosofo greco svolgeva
appunto la funzione di tramite fra il mondo sensibile e quello intelligibile,
ma Ficino lo intende anche in un senso cristiano perché, a differenza di quello
platonico, l'amore per lui non è solo attributo dell'uomo ma anche di Dio.
Lo stesso Platone viene interpretato in una chiave di
lettura che oggi definiamo piuttosto neoplatonica, sebbene Ficino non faccia
distinzione tra platonismo e neoplatonismo. Per
lui esiste una sola filosofia, che consiste nella riflessione su quelle verità
eterne, le Idee, che in quanto tali restano inalterate nel tempo e trascendono
la storia. Congiungendo tutti i campi del reale secondo una concezione propria
peraltro dell'astrologia e della magia, a cui Ficino rivolge notevoli interessi
in virtù dell'unione vitale del mondo da essi presupposta, filosofia e
religione si fondono così in una visione d'insieme di reciproca
complementarità, sottolineata anche nell'accostamento di termini come «pia
philosophia», o «teologia platonica». Strumento dell'amore nel suo farsi
portavoce dell'uno è il bello. Nel pensiero di Marsilio Ficino, Gesù Cristo è
considerato un maestro spirituale spirito-guida, inviato da Dio per il bene
dell'umanità. Cos'altro era Cristo se non una specie di manuale di etica, cioè
di filosofia divina, il quale visse come un inviato dal cielo, essendo lui
stesso una divina Idea di virtù, manifestata agli occhi degli uomini. De
Christiana religione. Elevando il cristianesimo a religione suprema, Ficino
asserì che l'Incarnazione del Cristo era avvenuta anche perché Dio si potesse
riunire «a tutti gli aspetti della creazione». Pur esercitando un fortissimo
impulso al rinnovamento del panorama filosofico dell'Europa, in cui da diversi
paesi si faceva costante richiesta delle sue opere, dopo la fine del Rinascimento
venne commentato sempre meno, fino ad essere accusato, immeritatamente, di un
ritorno al paganesimo. In Italia, dove è riconosciuta la sua influenza sull'ermetismo
cinquecentesco, e in particolare su Bruno, e Vico a raccogliere nel Settecento
l'eredità platonica di Ficino, di cui lesse l'opera di traduzione,
rammaricandosi del fatto che la filosofia moderna si fosse allontanata da lui,
rinchiudendosi nelle angustie mentali di Cartesio. Sottoposto ad attacchi nel corso del Novecento che
giudicarono retorici e privi di valore» i suoi scritti, è stato rivalutato como
uno «psicologo del profondo» e «precursore della psicologia junghiana», per il
suo incitamento a leggere e interpretare ogni affermazione proveniente dai
campi più disparati, sia della scienza che della teologia, nell'ottica
dell'esperienza psicologica dell'anima, la quale viene vista cioè come mediazione
e compendio» dell'universo. La conoscenza dell'anima è infatti la quintessenza
del neoplatonismo italiano, in cui giacciono sepolte le fantasie mistiche di
questo strano uomo che suonava inni orfici sul liuto, che studiava la magia e
componeva canti astrologici, quest'uomo gobbo, bleso, politicamente timido,
senza amore, malinconico traduttore di Platone, Plotino, Proclo, Esiodo, dei
Libri Ermetici, autore lui stesso di alcuni tra gli scritti più diffusi e
influenti (Commento al Simposio) e scandalosamente pericolosi (Liber de vita)
del suo tempo. La centralità attribuita da Ficino all'anima, per la quale,
ancora ragazzo, Cosimo de' Medici lo considerava prescelto alla cura delle
anime come suo padre medico lo era dei corpi, convinse che egli ebbe un impatto
paragonabile per estensione ed intensità solo a quello prodotto oggi dalla
psicoanalisi. Notevole è ad esempio l'intuizione di Ficino del potere
psicosomatico nella cura delle malattie, e in quello che la medicina moderna considera
un effetto placebo. Io sono del parere che l'intenzione dell'immaginazione
abbia il suo peso su immagini e medicine, non tanto al momento della
preparazione, quanto in quello dell'applicazione: ad esempio, se un tale, a
quel che si dice, porta indosso un'immagine fatta nei modi debiti, o
certamente, se facendo uso analogo di una medicina, desidera intensamente
soccorso da quella e crede senza ombra di dubbio e spera con incrollabile
fermezza, da questo atteggiamento deriva certo il massimo di incremento
all'aiuto che essa può dare. De vita. Altre opere: “De Voluptate; De Amore o
Commentarium in Convivium Platonis; De religione Christiana et fidei pietate; Theologia
Platonica de immortalitate animarum; Compendium in Timaeum; De triplici vita;
De lumine; In Epistolas Pauli commentaria (Venezia) El libro dell'amore De vita
Teologia platonica; Sopra lo amore ovvero Convito di Platone La religione
cristiana Epistolarum familiarum, liber I. R. Zerilli, Marsilio Ficino:
alla lente dell'astrologia, Edizioni Capone, Ove non diversamente riportato, le
notizie sulla vita e la dottrina ono tratte da Garin, Storia della filosofia
italiana, I, Einaudi, Giuseppe Saitta,
Marsilio Ficino e la filosofia dell'umanesimo, Fiammenghi & Nanni, Giornale
storico della letteratura italiana, Francesco Novati, Egidio Gorra, Vittorio
Cian, Giulio Bertoni, Carlo Calcaterra, Loescher, Giorgio Bàrberi Squarotti,
Storia della civiltà letteraria italiana: Umanesimo e Rinascimento, UTET, Giovanni Semprini, I platonici italiani,
Edizioni Athena, La Letteratura italiana: Storia e testi, E. Garin, Riccardo Ricciardi Editore, A.
Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto di Studi Superiori
Pratici e di Perfezionamento in Firenze, Eugenio Garin, Ermetismo del
Rinascimento, Ed. Riuniti, «Primus de
maiestate Dei, daemonum ordine, animarum mutationibus sapientissime disputavit.
Primus igitur theologiae appellatus est autor. Eum secutus Orpheus, secundas
antiquae theologiae partes obtinuit. Orphei sacris initiatus est Aglaophemo
successit in theologia Pythagoras, quem Philolaus sectatus est, divi Platonis
nostri praeceptor. Andrea Cusimano, Storia del pensiero occidentale, Lulu.com,
. L'immenso lavoro di traduzione compiuto da Marsilio Ficino è stato
documentato in particolare da Paul Oskar Kristeller, in Supplementum
ficinianum: Marsilii Ficini florentini philosophi platonici Opuscula inedita et
dispersa, Firenze, Leo S. Olschki, Cfr. anche: Arnaldo Della Torre, Storia
dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto di Studi Superiori Pratici e di
Perfezionamento in Firenze, Alessandro di Afrodisia, L'animaAccattino eDonini,
Roma-Bari, Laterza, Parodos. I sentieri della
ragione, Le divine lettere del gran Marsilio Ficino, S. Gentile, Edizioni di
storia e letteratura, Sopra lo amore o ver' Convito di Platone, G. Ottaviano,
S. Gentile, Trad. in Storia sociale e culturale d'Italia: La cultura filosofica
e scientifica, Guido Ceriotti, Bramante,
IoanCouliano, Eros and the Magic in the Reinassance, University of Chicago
Press,Il termine "neoplatonismo" è stato coniato solo nel XIX secolo
per indicare le interpretazioni platoniche che si erano andate via via
sovrapponendo a partire dall'età ellenistica, ma che erano sempre state
identificate col pensiero stesso di Platone, ritenuto quasi un loro capostipite
(cfr. Cenni sulla tradizione platonica). Sebastiano Gentile, Il ritorno di
Platone, dei platonici e del "corpus" ermetico. Filosofia, teologia e
astrologia nell'opera di Marsilio Ficino, in C. Vasoli, Le filosofie del Rinascimento,
P.C. Pissavino, Milano, Bruno Mondadori, La prospettiva storiografica, di E. Lo
Presti, Università degli Studi di Bologna. Battista Mondin, Storia della
teologia: epoca moderna, Edizioni Studio Domenicano, Citazione da A. C.
Grayling, Una storia del bene. Alla riscoperta di un'etica laica, Storia e
civiltà, Bari, Edizioni Dedalo, Cesare
Vasoli, Quasi sit deus: studi su Marsilio Ficino, Cfr. anche A. Jugegno, Bruno e l'influenza, in
«Rivista critica di storia della filosofia. Hillman, Plotino, Ficino e Vico,
precursori della psicologia junghiana, J. Hillman13, ivi. Aneddoto rintracciabile in Coenobium, Casa Editrice del Coenobium. De vita, trad
it, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone. Marsilio Ficino, Commentarius
in Convivium Platonis, in Venetia, Giovanni Farri e fratelli, De christiana
religione, Firenze, Nicolò di Lorenzo, Marsilio Ficino, De triplici vita,
Lugduni, apud Gulielmum Rouillium sub scuto Veneto, Theologia Platonica De
immortalitate animorum, Gilles Gourbin, apud Aegidium Gorbinum, Opera omnia,
Torino, Bottega d’Erasmo, Marsilio Ficino, Opere. Lettere e carteggi, in
Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, Marsilio Ficino, Opere. Lettere
e carteggi, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, De vita libri
tres, Albano Biondi e Giuliano Pisani, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, Scritti
sull'astrologia, Ornella Pompeo Faracovi, Milano, Il neoplatonismo nel
Rinascimento, Roma. Il ritorno a Platone, Firenze, con ficiniana). Tamara Albertini, Marsilio
Ficino. Das Problem der Vermittlung von Denken und Welt in einer Metaphysik der
Einfachheit, Monaco, Cesare Catà, Il Rinascimento sulla via di Damasco. Il
ruolo della teologia di San Paolo in Marsilio Ficino e Nicola Cusano, in
“Bruniana & Campanelliana”, Cesare Catà, L'idea di “anima stellata” nel
Quattrocento fiorentino. Andrea da Barberino e la teoria psico-astrologica in
Marsilio Ficino, in “Bruniana & Campanelliana” Gian Carlo Garfagnini,
Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, Olschki, Garin,
Storia della filosofia italiana, I, Einaudi, James Hankins, Plato in the Italian
Renaissance, Leida, Paul Oskar
Kristeller, Il pensiero filosofico, Firenze,Paul Oskar Kristeller, Il pensiero
filosofico, Le Lettere, T. Moore, Pianeti interiori. L'astrologia psicologica,
Moretti & Vitali, Erwin Panofsky, Il movimento neoplatonico a Firenze e
nell'Italia settentrionale, in Studi di iconologia, Einaudi, Torino), A. Polcri,
L'etica del perfetto cittadino: la magnificenza a Firenze tra Cosimo de'
Medici, Timoteo Maffei e Marsilio Ficino, in "Interpres: rivista di studi
quattrocenteschi" Roma–Salerno, Michele Schiavone, Problemi filosofici,
Milano, Zerilli, Alla lente dell'astrologia, Edizioni Federico Capone, Torino. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Progetto Gutenberg.
di Marsilio Ficino, su Internet Speculative Fiction Database, Al von
Ruff. Marsilio Ficino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Sito della società ficiniana, su ficino. Marsilio
Ficino: dalla cristianizzazione della magia alla "magicizzazione" del
cristianesimo, su aispes.net. Eugenio Garin , Una sintetica presentazione del
pensiero di Ficino, RAI. James Hillman, Plotino, Ficino e Vico precursori della
psicologia Junghiana , su rivista psicologi analitica. Il mito greco alla corte
dei Medici. IL CONVITE (traduzione al toscano di
Hectore Barrabasa). Apollodoro: Credo proprio di essere ben preparato per
soddisfare la vostra curiosità. L'altro giorno, infatti, venivo in città da
casa mia, al Falero, quando uno che conosco, dietro di me, mi chiama da lontano
in tono scherzoso. Ehi tu, del Falero, Apollodoro, mi aspetti un momento? Mi
fermo e l'aspetto. E quello: Apollodoro, t'ho cercato ovunque. Volevo
domandarti dell'incontro di Agatone, di Socrate, di Alcibiade e degli altri che
erano con loro al simposio, e così sapere quali discorsi lì si sono fatti
sull'amore. Mi ha già raccontato qualcosa un altro, che ne aveva sentito
parlare da Fenice, il figlio di Filippo; mi ha detto che tu eri al corrente di
tutto, ma lui, purtroppo, non poteva dir niente di preciso. E quindi ti prego,
racconta: nessuno meglio di te può riportare i discorsi del tuo amico. Ma
dimmi, per cominciare. Eri presente a quella riunione o no? Si vede bene,
rispondo io, che quel tizio non ti ha raccontato niente di preciso, se credi
che la riunione che ti interessa sia avvenuta da poco, e io abbia potuto parteciparvi.
Io credevo così. Ma com'è possibile, Glaucone? Sono molti anni. Non lo sai?
-che Agatone manca da Atene. E poi sono passati meno di tre anni da quando io
frequento Socrate e sto attento tutti i giorni a quello che dice e che fa. Prima
me ne andavo di qua e di là, credendo di fare chissà che cosa, ed ero invece
l'essere più vuoto che ci sia, come te adesso, che credi che qualsiasi
occupazione sia meglio della filosofia. Non mi prendere in giro, disse, e dimmi
piuttosto quando c'è stata quella riunione. Noi eravamo ancora dei ragazzini,
gli rispondo. Fu quando Agatone vinse il premio con la sua prima tragedia, il
giorno successivo a quello in cui offrì, con i coreuti, il sacrificio in onore
della sua vittoria. Ma allora son passati molti anni. E a te chi ne ha parlato?
Socrate stesso? No, per Zeus, dico io, ma la stessa persona che l'ha raccontato
a Fenice, un certo Aristodemo, del demo Cidateneo, uno mingherlino, sempre
scalzo. C'era anche lui alla riunione: era uno degli ammiratori più appassionati
di Socrate, allora, a quel che sembra. Io poi non ho certo mancato di chiedere
a Socrate su ciò che avevo sentito da Aristodemo. E lui stesso mi ha confermato
che il suo racconto era esatto. E allora racconta, presto. La strada per la
città sembra fatta apposta per chiacchierare, mentre andiamo. Ed eccoci dunque
in cammino, parlando di queste cose. è per questo che sono così preparato, come
v'ho detto all'inizio, per parlarne adesso. Se dunque questo racconto deve
essere fatto anche a voi, son ben felice di farlo. Del resto, quando parlo io
di filosofia, o altri ne parlano in mia presenza, provo la gioia più grande. Al
contrario, quando sento parlare certe persone, e soprattutto i ricchi, gli
uomini d'affari, la gente come voi, allora mi annoio e ho anche un po' pena per
voi, che credete di fare chissà cosa e invece fate cose che non valgono
niente. Da parte vostra, del resto, mi giudicate un poveretto, e forse lo sono
davvero. Ma che siate voi dei poveretti, questo non lo sapete affatto, e io invece
lo so.Amico di Apollodoro: Sei sempre lo stesso, Apollodoro. Dici sempre male
di te e degli altri. Tu hai l'aria di pensare che, Socrate a parte, tutti gli
altri siano dei poveretti, a cominciare da te stesso. Da dove ti viene il
soprannome di Tranquillo, proprio non si sa. Tu non cambi proprio mai. Ce l'hai
sempre con te stesso e con tutti gli altri, a parte Socrate. Ma carissimo, non
è evidente? Questa opinione che ho di me e degli altri non prova forse quanto
sia folle, quanto deliri? Dai, Apollodoro, non val la pena adesso di star qui a
litigare. Fa' piuttosto quel che ti abbiamo chiesto e raccontaci: che discorsi
si fecero quella notte? E va bene, ti racconterò più o meno cosa si disse. Ma
forse è meglio che parta dall'inizio e cerchi di rifare per voi, a mia volta,
il racconto di Aristodemo. Incontrai Socrate, mi disse, che usciva dal bagno e
si era messo dei sandali, contro le sue abitudini. Gli domandai, dove andasse,
visto che si era fatto così bello. E lui mi rispose, Vado a cena da Agatone.
Ieri alla festa in onore della sua vittoria me ne son venuto via, perché mi
dava fastidio tutta quella gente. Ma ho accettato di andar da lui oggi e così
mi son fatto bello. Voglio esser bello per andare da un bel giovane. E tu? Che
ne pensi di venire anche se non sei stato invitato? Io risposi, Ai tuoi ordini.
Allora seguimi, mi disse. Per questa volta faremo una piccola modifica al
proverbio e diremo che le persone per bene vanno a cena senza invito dalle
persone per bene. Del resto anche Omero non solo l'ha modificato questo
proverbio, ma ha quasi rischiato di capovolgerlo. Rappresenta Agamennone come
un guerriero di prim'ordine e Menelao come un guerriero senza coraggio. Ma poi
al pranzo offerto da Agamennone dopo un sacrificio ci fa vedere che arriva
anche Menelao, che viene alla festa senza esser stato invitato. L’uomo che val
poco che va al festino di un uomo valoroso. E a questo Aristodemo mi disse di
aver risposto così. Allora corro proprio un bel rischio, ma non per quel che
dici tu, Socrate; credo piuttosto di essere, come in Omero, il pover'uomo che
si presenta senza invito dal grand'uomo. Vedrai tu che mi ci porti quali scuse
trovare, perché io non dirò certo di non essere stato invitato, dirò che mi hai
invitato tu. Due che vanno insieme, mi rispose, l'uno provvede all'altro. E allora
andiamo, che per via penseremo a cosa dire. E con questo proposito, mi disse,
ci mettemmo in cammino. Ma Socrate, concentrato nei suoi pensieri, rimaneva
indietro. Quando l'aspettavo, mi diceva di andar pure avanti. Arrivo da Agatone,
la porta è aperta e mi trovo subito in una situazione un po' comica. Uno
schiavo mi viene incontro dalla casa e mi porta nella sala dove gli altri
avevano già preso posto, già pronti per la cena. Mi vede Agatone e mi dice. Aristodemo,
arrivi al momento gusto per cenare con noi. Se sei venuto per qualcos'altro,
rimanda tutto a più tardi, perché ieri ho cercato di invitarti ma non t'ho trovato.
E Socrate? non è con te?Allora mi volto, mi disse Aristodemo, e non lo vedo
più. Non mi era dietro. Spiego dunque di essere venuto con Socrate, e che era
stato lui ad invitarmi alla cena. Ben fatto, disse Agatone. Ma lui dov'è? Era
dietro a me sino ad un istante fa. Dove può essere finite? Ragazzo, disse
allora Agatone ad un servo, va ben a vedere dov'è Socrate e portalo da noi. Tu
Aristodemo intanto prendi posto su questo divano a fianco d'Erissimaco. E
raccontava che mentre un domestico gli lava i piedi per potersi stendere sul
divano, un altro arriva dicendone una nuova. Questo Socrate di cui parlate s'è
rintanato nel vestibolo dei vicini, ed è fermo là. Ho avuto un bel chiamarlo,
non è voluto venire. Certo che è ben strano, disse Agatone. Ritorna subito a
chiamarlo e non lasciarlo lì. Non fate niente, dissi io, lasciatelo là
piuttosto. E' un'abitudine che ha quella di mettersi in un angolo, non importa
dove, e di restare là dov'è. Verrà presto, penso; non disturbatelo, lasciatelo
tranquillo. E va bene, facciamo così, disse Agatone, se lo dici tu. Quanto a
noi, ragazzi portateci da mangiare. Voi portate sempre da mangiare quel che vi
pare, quando non c'è nessuno a controllare - cosa che io peraltro non ho mai
fatto nella mia vita. Ma oggi, fate finta che io e i miei amici siamo vostri
invitati e portateci il meglio, tanto da meritare i nostri complimenti. E così,
disse Aristodemo, eccoci a tavola, ma Socrate non veniva. Agatone insisteva
tutti i momenti per mandarlo a chiamare, ma io lo fermavo. Alla fine arrivò,
diciamo verso la metà del pranzo, senza essersi poi fatto troppo aspettare,
come spesso faceva. Allora Agatone, che si trovava da solo sull'ultimo divano,
gli disse subito. Vieni qui, Socrate, mettiti accanto a me, che io possa
apprendere subito per contatto diretto i tuoi pensieri là nel vestibolo. A qualcosa
devono pure aver condotto le tue riflessioni, se no saresti ancora là. Socrate
si siede e fa. Sarebbe una buona cosa, Agatone, se i pensieri potessero
scivolare da chi ne ha più a chi ne ha meno per contatto diretto, quando siamo
accanto, tu ed io. Come l'acqua che, attraverso un filo di lana, passa dalla
coppa più piena alla più vuota. Se è così, voglio subito mettermi al tuo
fianco, perché la tua grande e bella saggezza possa riempire la mia coppa. Che
per la verità è un po' così, incerta come un sogno, mentre la tua sapienza è
limpida e può sfavillare ancora di più, lei che ha brillato con lo splendore
della tua giovinezza e ier l'altro ha fatto faville davanti a più di trentamila
greci, che prendo tutti a miei testimony. Che fai, mi prendi in giro, Socrate?,
disse Agatone. Sulla saggezza faremo i conti più tardi, te ed io, e prenderemo
Dioniso a nostro giudice. Ma intanto pensiamo a cenare. E così, disse
Aristodemo, Socrate prese posto sul divano. Dopo aver cenato, e gli altri con
lui, e dopo aver fatto le libagioni, i canti in onore del dio e le cerimonie
d'uso, ci si preparò a bere. Fu Pausania, allora, a prendere la parola per dire
più o meno così. Carissimi, come si fa adesso a bere senza star male? Io, ve lo
dico subito, non mi sento troppo bene dopo la festa di ieri, perché ho bevuto
un po' troppo e vorrei andarci piano stasera. Del resto voi dovreste essere più
o meno tutti nelle mie condizioni, perché c'eravate anche voi ieri. Allora,
come possiamo fare per bere senza star male? Intervenne Aristofane. Ben detto,
Pausania. Ti do proprio ragione, anch'io vorrei andarci piano a bere perché
sono di quelli che ieri sera hanno forse un po' esagerato. A queste parole,
disse Aristodemo, intervenne Erissimaco, il figlio di Acumeno. Avete ragione,
disse, ma sentiamo gli altri: tu che ne dici, Agatone, hai ancora la forza di
bere? Per nulla, rispose, non ce la faccio proprio. A quanto sembra, disse
Erissimaco, è proprio una fortuna per tutti - per me, per Aristodemo, per
Fedro, per tutti quanti - che voi, i migliori bevitori, dobbiate adesso
rinunciare, perché noi non ce la faremmo a starvi dietro. Farei un'eccezione
per Socrate. è tanto bravo a bere che a non bere, per lui andrà sempre bene,
qualunque cosa decidiamo. E, visto che nessuno qui mi sembra disposto a bere
del gran vino, forse riuscirò a non essere sgradito a nessuno dicendovi la
verità sull'ubriachezza. Come medico devo subito dirvi che è evidente che
ubriacarsi fa male. Del resto io non mi sento portato a bere fuori misura, né a
consigliare ad un altro di farlo, soprattutto se ha la testa ancora pesante per
il giorno prima. Poi intervenne Fedro, quello di Mirrinunte. Quanto a me, io ti
credo sempre se parli di medicina, ma oggi ti crederanno tutti, se non sono
matti. Queste parole furono ascoltate e all'unanimità si decise che non si
sarebbe passata la serata ad ubriacarsi e che ciascuno avrebbe bevuto quanto si
sentiva. E dunque, riprese Erissimaco, visto che siamo d'accordo che ciascuno
beva quanto vuole, senza nessun obbligo, io proporrei adesso di congedare la
nostra giovane flautista che è appena entrata: per stasera suoni da sola o, se
lo desidera, per le donne di casa. Noi, invece, passeremo la serata
chiacchierando. Di cosa possiamo parlare? Io quasi quasi un'idea ce l'avrei, se
volete ve la dico. Tutti furono d'accordo, disse Aristodemo, e chiesero a
Erissimaco di fare la sua proposta. Questi riprese dicendo. Parlerò, per
cominciare, alla maniera della Melanippe di Euripide, perché non son mie queste
parole, che adesso vi dirò, ma di Fedro, che è lì. Lui mi dice sempre, tutto
indignato. Non è strano, Erissimaco, che per tutti gli altri dèi vi siano inni
e peana composti dai poeti e che in onore dell’amore, un dio così potente, così
grande, non vi sia stato ancora un solo poeta, tra tutti, che abbia composto il
più piccolo elogio? Prendi, se vuoi, i sofisti di fama. Scrivono in prosa
l'elogio di Eracle, e d'altri ancora, come ha fatto l'ottimo Prodico. Ma c'è di
peggio. Non mi è capitato l'altro giorno di vedere il libro di un sapiente che
faceva l'elogio del sale, per la sua utilità? Ed altre cose dello stesso
genere, lo sappiamo, sono state fatte oggetto di elogio. Ci si è data molta
pena di trattare di parecchi argomenti, ma l'amore, lui non ha trovato ancora
nessuno sino ad ora che abbia avuto il coraggio di onorarlo come merita. Ecco
come ci si dimentica di un grande dio. Ebbene, io credo che su questo Fedro
abbia ragione. Desidero dunque, da parte mia, portare il mio contributo
onorandolo, facendo qualcosa che gli sia gradito. Adesso quindi potremmo fare
tutti un elogio di questo dio. Se siete d'accordo, avremmo così un argomento
senza alcun dubbio davvero assai interessante con cui passare il nostro tempo.
Potremmo, cominciando da sinistra verso destra, fare un elogio dell'amore, il
più bell'elogio di cui siamo capaci. Fedro parla per primo, perché è al primo
posto ed è allo stesso tempo il padre di quest'idea. Nessuno, mio caro
Erissimaco, disse Socrate, voterà contro la tua proposta. Non sarò io ad
oppormi, che dichiaro subito di non saper nulla di nulla, ma dell'amore son
proprio esperto. Non Agatone o Pausania, e certo neppure Aristofane, che
trascorre tutto il suo tempo fra Dioniso e Afrodite, né gli altri che vedo qui
stasera. Certo il compito è più difficile per noi che occupiamo gli ultimi
posti. Ma se quelli che parlano prima di noi lo faranno davvero bene, ne saremo
soddisfatti. Che Fedro cominci, con i nostri auguri. che faccia l'elogio
dell'amore. Furono subito tutti d'accordo e tutti si unirono all'invito di
Socrate. Aristodemo non si ricordava più esattamente ciò che ciascuno disse e
io stesso non ricordo più bene ciò che lui mi raccontò. Le cose più importanti,
o quel che a me è sembrato più degno di essere ricordato, adesso ve lo
riporterò nella forma in cui ciascuno l'ha detto. E così, secondo Aristodemo,
il primo a parlare fu Fedro, cominciando il suo discorso più o meno in questi
termini. E' un gran dio l'amore, un dio che merita tutta l'ammirazione degli
uomini e degli dèi per diverse ragioni, non ultima la sua origine. E'
annoverato tra i più antichi dèi, e questo, aggiunse, è un onore. Di questa
antichità abbiamo una prova. L’amore non ha né padre né madre, e nessuno, né in
poesia né in prosa, glielo ha mai attribuito. Esiodo ci dice che innanzitutto
vi fu il Caos, e la Terra dall'ampio seno, sicura sede per tutti i viventi e l'amore.
E, in accordo con Esiodo, anche Acusilao dice che dopo il Caos sono nati questi
due esseri, la Terra e l'amore. Quanto a Parmenide, parlando della generazione
dice che di tutti gli dèi, l’amore fu il primo che la dea partorì. Così c'è
ampio accordo nel dire che l'amore è uno degli dèi più antichi. Essendo così
antico, è per noi la sorgente dei più grandi beni. Per me, io lo affermo, non
c'è più grande bene nella giovinezza che avere un amante virtuoso e, se si ama,
trovare eguale amore in chi si ama. Infatti i sentimenti che devono guidare per
tutta la vita gli uomini destinati a vivere nel bene non possono ispirarsi né
alla nobiltà della nascita né agli onori né alla ricchezza, né a null'altro:
devono ispirarsi all’amore. Ora, mi chiedo, quali sono questi sentimenti? La
vergogna per l’azione cattiva, l'attrazione per l’azione bella. Senza questo,
nessuna città, nessun individuo potranno far mai nulla di grande e di buono.
Così, io lo dichiaro, un amante, un uomo che ama, se sorpreso in flagrante a
commettere un'azione malvagia o a subire per vigliaccheria, senza difendersi,
una grave offesa, soffre certamente se a scoprirlo saranno suo padre o i suoi
amici o chiunque altro. Ma soffrirà molto di più se a scoprirlo sarà il suo
amante, il suo amato. Ed è lo stesso per l'amato. è davanti al suo amante, noi
lo sappiamo bene, che l’amato sente la più grande vergogna, quando sarà
sorpreso a fare qualcosa di cui vergognarsi. Se esistesse un mezzo per mettere
insieme una città o un esercito fatti solo da amanti e dai loro amati, essi si
darebbero certamente il miglior governo che ci sia. Allontanerebbero infatti da
loro tutto ciò che è cattivo e rivaleggerebbero sulla via dell'onore. E se
questi amanti combattessero l'uno di fianco all'altro potrebbero vincere,
per così dire, il mondo intero, anche se fossero soltanto un piccolo gruppo,
perché sarebbero molto uniti tra loro. Infatti per un amante innamorato sarebbe
più intollerabile abbandonare i ranghi o gettare le armi sotto gli occhi del
suo amato che sotto gli occhi del resto dell'esercito. Preferirebbe piuttosto
morire cento volte. Quanto ad abbandonare l’amato chi si ama, a non aiutarlo in
caso di pericolo, nessuno è così vigliacco che l'amore non riesca a ispirargli
una forza divina rendendolo eguale a quelli che per natura hanno grande
coraggio. Esattamente come in Omero l’amore viene a ispirare l'ardore per la
battaglia a certi eroi, così l'amorefa questo dono agli amanti innamorati, ed
essi lo accettano da lui. Meglio ancora: morire per l'altro. Soltanto l’amante
accetta questo. La figlia di Pelia, Alcesti, ha dato un esempio chiarissimo di
ciò che dico. Soltanto essa acconsentì a morire per il suo sposo, che pure
aveva un padre e una madre. La sua figura si eleva così in alto su di loro per
la forza nata dal suo amore da farli apparire estranei al loro stesso figlio,
senza altro legame con lui che il nome. Avendo agito in questo modo, il suo
gesto è sembrato bellissimo, non solo agli uomini ma anche agli dèi. Essi
concedono davvero a pochi il privilegio di richiamare in vita la loro anima dal
fondo dell'Ade, una volta morti. Ebbene fra tanti eroi, autori delle più belle
azioni, concessero questo privilegio proprio ad Alcesti ricordandosi del suo
gesto che avevano tanto ammirato. A tal punto gli dèi onorano la dedizione e il
coraggio al servizio dell'amore. Al contrario essi mandarono via dall'Ade
Orfeo, figlio di Eagro, senza ottenere nulla. Gli mostrarono soltanto
un'immagine della donna per la quale era venuto, senza concedergliela. La sua
anima, infatti, sembrava loro debole, perché altri non era che un suonatore di
cetra; non aveva avuto il coraggio di morire, come Alcesti, per il suo amore,
ma aveva cercato con tutti i mezzi di penetrare da vivo nel regno dei morti. E'
certamente per questa ragione che essi gli hanno inflitto questa punizione e
hanno fatto in modo che morisse per mano delle donne. Non hanno agito nello
stesso modo con Achille, il figlio di Teti. L’hanno trattato con onore,
aprendogli la via per le isole dei beati. Achille infatti, avvertito dalla
madre che sarebbe morto se avesse ucciso Ettore, e sarebbe invece tornato a
casa finendo i suoi giorni da vecchio se non lo avesse fatto, scelse con
coraggio di restare al fianco di Patroclo, il suo amante, vendicandolo: scelse
non di morire per salvarlo, perché era già stato ucciso, ma di seguirlo sulla
via della morte. Così gli dèi, pieni di ammirazione, gli hanno tributato onori
eccezionali, per aver posto così in alto il suo amante. Eschilo scherza quando
pretende che Achille sia l'amante di Patroclo. Achille era più bello non
soltanto di Patroclo, ma anche di tutti gli altri eroi messi insieme. Era un
ragazzo, non aveva ancora la barba, ed era quindi assai più giovane di
Patroclo, come dice Omero. Così se gli dèi onorano soprattutto questo
particolare tipo di coraggio che si mette al servizio dell'amore, essi
ammirano, stimano, ricompensano ancor di più la tenerezza dell'amato per
l'amante che quella dell'amante per i suoi amati. L'amante, infatti, è più
vicino al dio dell'amato, perché un dio lo possiede. Ecco perché gli dèi
hanno onorato Achille, aprendogli la via per le isole dei beati. Ecco dunque,
io lo dichiaro, l'amore è tra gli dèi il più antico e il più degno, ha i
maggiori titoli per guidare l'uomo sulla via della virtù e della felicità, sia
in vita che nel regno dell'aldilà. Fu questo pressappoco, secondo Aristodemo,
il discorso di Fedro. Dopo Fedro parlarono altri, ma lui non si ricordava bene.
Non me ne ha parlato e invece mi ha riportato il discorso di Pausania, che si
espresse in questi termini. Io credo, Fedro, che l'argomento sia mal posto
quando ci si domanda semplicemente di fare l'elogio dell'amore. Se dell’amore ve
ne fosse uno solo, potrebbe anche andar bene. Ma non è così. Non ce n'è uno
soltanto, e allora è bene prima spiegare di quale amore dobbiamo tessere
l'elogio. Cercherò dunque, da parte mia, di chiarire le cose su questo punto,
di precisare innanzitutto quale amore si debba lodare e quindi pronuncerò un
elogio che sia degno di questo amore. Tutti sappiamo che non c'è Venere senza
amore. Se dunque non vi fosse che una Venere, non vi sarebbe che un solo amore.
Ma Venere è duplice, e quindi, necessariamente, abbiamo due amori. Come negare
che esistano due Venere? Una Venere, senza dubbio la più antica, non ha madre:
è figlia di Urano, e la chiamiamo quindi la dea del cielo, Venere Urania.
L'altra Venere, la più giovane, è figlia di Zeus e di Dione, e la chiamiamo quindi
la dea popolare, Venere Pandemia. E allora necessariamente l'amore che serve
Venere Pandemia dovrà chiamarsi Amore Popolare (o volgare) Pandemio.
Quell’amore che serve Venere Urania Amore Uranio. Certo, bisogna lodare tutti
gli dèi. Ma, detto questo, qual è il dominio dei due amori? E' questo che
dobbiamo provare a dire. Ogni azione si caratterizza per questo, che in sé non
è né bella né brutta. In quello che adesso facciamo, bere, cantare,
chiacchierare, non c'è nulla di bello in sé. è piuttosto il modo in cui si
compie un'azione a dar questo o quel risultato, e così seguendo la regola del
bello e della rettitudine un'azione con rettitudine diventa bella, al contrario
senza rettitudine l’azione diventa brutta. E lo stesso avviene per l'atto o
l’azione dell’amore (l’amore). Non tutto l'amore è bello e degno di elogio: lo
è soltanto quello che porta all’azione di “amare bene”, la azione dell’amore e
bella. Ora l'amore volgare, compagno di Venere popolare, certo è volgare e
opera a casaccio: è proprio degli uomini da poco. Questi uomo si innamora di un
ragazzo. Poi, l’amante ama il corpo bello. Voglie arrivare dritto al loro
scopo. Capita quindi che si imbattano nel bene, e capita anche il contrario.
Come è ovvio, quest’amore volgare, dell’uomo volgare, si unisce alla più
giovane delle due dee, che sin dal suo concepimento partecipa sia del maschile
che del femminile. L'altro Eros, invece, partecipa dell'Afrodite Urania che da
sempre è estranea all'elemento femminile e partecipa soltanto del maschile; e
poi è la più antica e non conosce alcun impulso brutale. Per questa ragione,
l’uomo che e ispirato dall’amore volgare Eros e attrato dall'elemento maschile.
Ama teneramente il sesso per natura più forte. E proprio da questa inclinazione
ad innamorarsi di un ragazzo si posse riconoscere quanto e posseduto con purezza
da quest’amore volgare, perché l’uomo volgare non ama i giovani prima che
abbiano dato prova d'intelligenza. Ora, questo è impossibile che accada prima
che il giovane sia abbastanza grande da avere la prima barba. E' questa l'età
dell’efebo in cui è bene cominciare a rivolgere ad essi attenzioni d'amore, per
restare poi con loro per tutta la vita, per legare le proprie esistenze,
piuttosto che abusare della credulità di un giovane sciocco, farsi gioco di lui
e piantarlo poi per correre dietro ad un altro. Ci vorrebbe una legge che proibisse
di amare un ragazzo troppo giovane. Così non si sprecherebbero tante cure
per un risultato imprevedibile. Non è infatti possibile prevedere che cosa ne
sarà di un ragazzino, se avrà vizi o virtù nel corpo efebo. L'uomo che vale si
pone senza dubbio da sé, e di buon grado, questa legge. Ma bisognerebbe anche
che chi coltiva l’amore volgare abbia un limite. E proprio quest’ amante
volgare, infatti, che hanno screditato l'amore e dato a certuni il coraggio di
dire che è una vergogna cedere ad un amante. Chi dice questo, lo fa perché ha
davanti agli occhi la mancanza di tatto e di onestà di quest’amante volgari,
mentre nessun gesto al mondo merita d'essere criticato quando la convenienza e
la legge sono rispettate. Ancora di più. La regola di condotta, per quel
che concerne l'amore, è facile da comprendere nelle altre città, perché la sua
definizione è semplice. Nell'Elide, presso i Beoti, e nelle altre città in cui
gl’uomini non sono abili nel far grandi discorsi, la regola ammessa è semplice.
è un bene cedere all’amante e nessuno dirà mai che c'è da vergognarsi. Il fine è
di evitare l'imbarazzo di dover convincere il giovane con la parola, perché non
e gran parlatore. Nella Ionia, al contrario, e in diverse altre zone, la regola
dice che questo non va bene.Sono paesi dominati dai barbari. Presso i barbari,
infatti, a causa dei loro regimi tirannici, il giudizio comune è che ci sia da
vergognarsi a cedere a un amante. Lo stesso giudizio si dà per l'amore per
l'esercizio fisico. Senza dubbio, ai loro capi non conviene che nascano grandi
intelligenze tra i sudditi, e neppure una grande amicizia saldamente unita,
come in effetti l'amore, più di ogni altra cosa al mondo, sa produrre. Di
questo hanno fatto esperienza anche i tiranni qui da noi. L’amore di
Aristogitone e l'amicizia di Armodio, sentimenti solidi, hanno distrutto il
loro potere. Così là dove si ritiene che ci sia da vergognarsi a cedere a un
amante, questa convinzione è nata dalla debolezza morale dell’uomo: desiderio
di dominio presso i capi, vigliaccheria presso i sudditi. Là invece dove la
regola ammette in tutta semplicità che è cosa buona, essa è nata per la pigrizia
dell'animo di quell’uomo. Presso di noi la regola è molto più bella e, come ho
detto, non è facile da comprendere. C'è da rifletterci, in effetti. è più
bello, si dice, amare apertamente piuttosto che in segreto, e soprattutto amare
il giovane di nascita migliore e di meriti più alti, anche se meno belli di
altri; di più, chi è innamorato è straordinariamente incoraggiato da tutti, e
nessuno pensa che faccia qualcosa di cui vergognarsi: il successo è il suo
onore, lo scacco è la sua vergogna. E nei tentativi di conquista la regola
elogia l’amante per delle stravaganze che esporrebbero alle critiche più severe
chiunque osasse comportarsi così per altri scopi. Supponiamo infatti che uno
voglia ottenere del denaro da qualcuno, che voglia esercitare una magistratura,
o una qualsiasi funzione importante. Se accetta di fare ciò che fanno l’amante
per il suo amato - assillarli con preghiere e suppliche, pronunciare grandi
giuramenti, dormire dietro le loro porte, abbassarsi volontariamente ad ogni
sorta di schiavitù che nessuno schiavo accetterebbe di buon grado - ebbene
tutto questo gli e impedito sia dai suoi amici che dai suoi nemici. L’amico gli
rimprovera la sua adulazione e la sua bassezza; il nemico lo fa ragionare e
arrossiranno per lui. Queste cose, invece, sono ben viste per l'innamorato e la
nostra regola non le critica affatto. E qualcosa che si sta ad ammirare. E la
cosa più strana è, secondo il detto popolare, che lui solo può giurare e
ottenere grazia davanti agli dèi se tradisce i suoi giuramenti. Dinanzi a
Venere, a quanto si dice, nessun giuramento vale. Così l’uomini danno
all’innamorato una libertà totale: lo dice la nostra regola. E questo porta a
pensare che la regola nella nostra città giudichi cose perfette il bello e
l'amore, e l'amicizia che ricompensa l’amante.
Ma quando d'altra parte un padri fa sorvegliare da un pedagogho il suo
figliolo innamorato, in modo che non possa parlar d'amore con il suo amante. Quando
i giovani della loro età, i loro amici, li rimproverano per il loro amore. Quando
gli adulti non si oppongono a queste critiche e non le biasimano come fuori
luogo. Allora se si considera tutto questo si potrebbe credere, al contrario,
che questo tipo di amore goda presso di noi di cattiva fama. Ecco, io
credo, come stanno le cose. La faccenda non è per nulla semplice, come ho già
detto all'inizio. In se stessa non è né bella né brutta. E' bella se l’azione
d’amar bene rettamente e bella, è brutta se l’azione d’amare male sono brutte.
E' cosa brutta cedere ad un uomo cattivo e per un cattivo motivo. è cosa bella
cedere ad un uomo di valore e per un bel motivo. Ora chi si comporta male è,
come prima dicevo, l'amante volgare, che ama il corpo bello. Non ha costanza,
perché l'oggetto del suo amore – il corpo bello -- è incostante.
All'affievolirsi del bello del corpo che
ama, "s'invola e va via", e tradisce senza vergogna alcuna tante
belle parole, tante promesse. Ma l’uomo chi ama il carattere di una persona per
le sue alte qualità, resta fedele tutta la vita perché il suo amore riposa su
qualcosa di costante. La nostra regola si propone di mettere l’uomo alla prova
della serietà e dell'onestà, perché si ceda al’uomo che valgono e si fuggano
gli altri. Incoraggiano quindi a sceglier bene tra il cedere e il fuggire,
creando delle prove che permettano di riconoscere di che natura sia l'amante.
Su questo si fonda evidentemente la massima: «a cedere subito c'è da vergognarsi».
Più tempo passa, infatti, più si ha la prova, sembra, della serietà dell'amore.
Una seconda massima, poi, dice che c'è da vergognarsi a cedere per denaro o per
averne vantaggi politici, sia che ci si intimorisca di fronte ad un'azione
decisa, che rende incapaci di reagire, sia che non si respingano con sdegno le
lusinghe della ricchezza e del successo politico: niente di tutto ciò ha l'aria
d'essere solido e stabile, e dunque non può venirne alcuna generosa amicizia. Non
resta dunque, secondo la nostra regola, che una sola via onesta perché l'amato
possa cedere all'amante. Presso di noi la regola è la seguente. Come tra gli
amanti non c'è nulla di umiliante nel far di se stessi degli schiavi
consenzienti, secondo quella forma di schiavitù che prima dicevo, e non c'è il
rischio di essere criticati, nello stesso modo rimane una sola altra forma di
schiavitù volontaria che sfugga a ogni critica: quella che ha la virtù come
proprio oggetto. La nostra regola infatti dice questo, che se si accetta di
essere al servizio di un altro pensando di diventare migliori grazie a lui, in
la virtù, questa servitù liberamente accolta non ha niente di cattivo e non è
umiliante. Bisogna dunque riunire in una sola regola, che riguarda l'amore dell’uomo
verso i ragazzo. Vogliamo che si abbia un bene dal fatto che l'amato ceda
all'amante. Infatti quando le vie dell'amante e dell'amato si incontrano, ed
essi insieme seguono la stessa regola, il primo di rendere al suo amato tutti i
servizi compatibili con la giustizia, il secondo di dare all'uomo che cerca di
farlo diventare buono tutte le forme di assistenza compatibili con la
giustizia. L’uno potendo contribuire a dare la virtù, l'altro avendo bisogno di
progredire nell'educazione, allora in verità quando queste regole convergono, e
in questo caso solamente, questa coincidenza fa sì che sia cosa bella che
l'amato ceda all'amante. Altrimenti, è da escludere. Nel bene, anche se chi
cede è completamente vittima della situazione, non c'è alcun disonore, ma in
tutti gli altri casi, che si sia vittime o meno, c'è di che vergognarsi. Infatti
se c'è qualcuno che per arricchirsi ha ceduto a un'amante che crede ricco, e
viene poi ingannato e non ottiene nulla, perché il suo amante si rivela povero,
la cosa rimane riprovevole anche se si è una vittima. Un simile uomo sembra
mostrare il fondo della sua anima: per denaro si presta a tutto verso il primo
venuto, e questo non è affatto bello. Secondo lo stesso ragionamento, se si
cede a qualcuno credendolo pieno di qualità e pensando di diventare migliori
legandosi a questo amante, e se in seguito ci si trova ingannati scoprendo la
sua malvagità, quanto sia povero nella virtù, ebbene chi è stato ingannato non
ha nulla di cui vergognarsi. Anche in questo caso, infatti, sembra rivelarsi la
qualità dell'anima. La virtù e il progresso morale, in tutto e per tutto, sono
l'oggetto della propria passione - e questa è la cosa più bella che ci sia.
Quindi è bellissimo cedere, quando si cede per la virtù. Quest’amore viene da
Venere Urania, ed è davvero divino e prezioso per la città come per l’uomo,
perché esige dall'amante e dall'amato che entrambi veglino su se stessi, per
essere ricchi di virtù. Quanto agli altri, essi rivelano il legame con l'altra
dea, la Venere volgare. Ecco, mio caro Fedro: io non ho fatto che improvvisare;
è questo il mio tributo per l’amore. Dopo la pausa di Pausania - uso questo
gioco di parole sullo stile dei maestri della parola - era venuto il turno di
Aristofane. Ma caso volle che, o per la cena troppo abbondante o per qualche altra
ragione, avesse il singhiozzo e non riuscisse a parlare. Chiese allora a
Erissimaco di parlare lui al posto suo. Bisogna, Erissimaco, o che tu fermi il
mio singhiozzo, o che tu parli al mio posto in attesa che mi passi. E va bene,
rispose Erissimaco, farò l'uno e l'altro. Parlerò al tuo posto e tu parlerai al
mio quanto ti sarà passato il singhiozzo. Mentre parlo, se trattieni a lungo il
respiro il tuo singhiozzo si deciderà ad andarsene. Se non se ne va, fai dei
gargarismi con dell'acqua. E se non se ne va ancora, cerca qualcosa per
solleticarti il naso e starnutire. Se lo farai una o due volte, per quanto
tenace sia il tuo singhiozzo, se ne andrà. A te parlare, dunque, disse
Aristofane, io seguirò i tuoi consigli. Allora Erissimaco prese la parola.
"Io credo che dopo un buon inizio tu non abbia risposto del tutto alle
esigenze del soggetto trattato, ed è quindi necessario che io cerchi, da parte
mia, di completare il suo discorso. La tua distinzione tra i due tipi di amore
mi sembra eccellente. Ma essa non riguarda soltanto l’uomini nei loro rapporti
con le persone belle. Riguarda anche i rapporti tra altri oggetti d'amore, tra
altri esseri, che si tratti dei corpi degli animali o delle piante che la terra
nutre: in una parola, riguarda tutti gli esseri viventi. La medicina, la nostra
arte, credo mi consenta questa osservazione. Essa permette di vedere che
l’amore è un grande dio, un dio meraviglioso, e che la sua azione si estende su
tutto, sia nell'ordine dell'umano che del divino. Comincerò dalla medicina, per
fare onore alla mia arte. La natura dei corpi comporta un duplice amore. Ciò
che è sano nel corpo è ben diverso e dissimile da ciò che è malato, questo lo
ammettono tutti. Ora, il dissimile ama e desidera il dissimile. L'amore che è
proprio della parte sana è dunque diverso dall'amore che è proprio della parte
malata. Dunque, proprio come Pausania diceva che è cosa bella accordare i
propri favori agli uomini che se lo meritano ed è cosa brutta cedere ai
dissoluti, così quando si tratta dei corpi stessi favorire ciò che vi è di
buono e di sano in ciascuno è cosa bella e necessaria, ed è questo che
chiamiamo medicina, mentre bisogna rifiutarsi di favorire ciò che è malvagio e
malsano, se si vogliono seguire le regole dell'arte. La medicina infatti, se
vogliamo definirla in una parola, è la scienza dei fenomeni d'amore propri dei
corpi, nei loro rapporti con il riempirsi e il vuotarsi, e chi da questi
fenomeni sa diagnosticare il buono e il cattivo amore, ebbene questi è il
miglior medico. Chi sa operare dei cambiamenti grazie ai quali si
acquista un amore al posto dell'altro; chi sa far nascere l'amore nei
corpi in cui manca e sa eliminarlo quando è di troppo; ebbene costui è davvero
padrone di quest'arte. Senza alcun dubbio. Il medico deve essere capace di
ristabilire l'amicizia e il mutuo amore tra gli elementi del corpo che più si
odiano. Ora, gli elementi che più si odiano sono quelli contrari: il freddo e
il caldo, l'amaro e il dolce, il secco e l'umido, e così via. E' per avere
saputo mettere l'amore e la concordia tra questi elementi che il nostro antico
padre Asclepio - a quel che dicono i nostri poeti, e io lo credo - è il
fondatore della nostra arte. La medicina è dunque, come dicevo, tutta
quanta governata da questo dio. E questo vale anche per la ginnastica e per
l'agricoltura. Quanto alla musica, non occorre una grande riflessione per
vedere che è la stessa cosa. Senza dubbio è questo che vuol dire Eraclito,
benché la sua espressione non sia felice. Egli dichiara infatti che l’uno «in
sé discorde con se stesso si accorda, come l'armonia dell'arco e della
lira56».Ora, è molto illogico affermare che l'armonia consiste in una
opposizione o che essa è composta da elementi che si oppongono ancora. Ma egli
voleva forse dire che a partire da una opposizione originaria, tra l'acuto e il
grave, i due elementi in seguito si accordano e l'armonia si realizza grazie
alla musica. Infatti, se veramente l'acuto e il grave si opponessero ancora,
non si vede come potrebbe nascere l'armonia. L'armonia infatti è una
consonanza, e una consonanza è una sorta di accordo. Ora, l'accordo di elementi
opposti, se permangono opposti, è impossibile, e d'altro canto non può esserci
armonia tra ciò che si oppone e non si accorda: nello stesso modo il ritmo
nasce dal rapido e dal lento, cioè da elementi all'inizio opposti che in
seguito si accordano. E come prima la medicina, adesso è la musica che
introduce l'accordo tra tutti questi elementi, creando amore reciproco e
accordo. E dunque la musica è essa stessa, nell'ordine dell'armonia e del
ritmo, una scienza dei fenomeni dell'amore. Ora, se nella costituzione
dell'armonia e del ritmo i fenomeni dell'amore possono essere osservati
facilmente, questo accade perché non vi sono due specie d'amore. Ma quando per
il pubblico si eseguono ritmi e armonie, sia componendole (in quella che si
chiama composizione musicale) sia servendosi a seconda dei casi di composizioni
melodiche o metriche composte da altri (in quella che si chiama educazione
musicale), allora la cosa diventa difficile e si ha bisogno di un uomo del
mestiere, che sia abile. Ecco allora tornare il discorso di prima: se bisogna
cedere, è bene farlo con uomini dai costumi ben regolati, proprio per
migliorarsi quando ancora non si hanno le stesse qualità; l'amore di questi
uomini deve essere ben difeso e bisogna quindi rivolgersi all'Eros bello,
all'Eros Uranio, quello della Musa Urania. L'altro è quello di Polimnia, l'Eros
Pandemio57, che bisogna offrire con prudenza a chi viene ad offrirlo a noi, in
modo da trarne piacere senza strafare; è come nella nostra arte, la medicina,
che deve saper ben dosare il gusto per la buona cucina, per imparare a goderne
senza ammalarsi. Così dunque in musica, in medicina, in tutto l'ordine delle
cose divine e umane, è necessario proteggere nella misura del possibile l'uno e
l'altro amore, poiché vi si trovano entrambi. Anche l'ordine delle stagioni
dell'anno è riempito da questi due amori, e quando gli elementi di cui parlavo
prima - il caldo e il freddo, il secco e l'umido - incontrano nei loro
reciproci rapporti l'amore ben regolato, essi si armonizzano combinandosi nella
giusta misura, allora portano l'abbondanza e la sanità agli uomini, agli
animali, alle piante, senza causare alcun danno58. Ma quando nelle stagioni
dell'anno prevale l'amore senza misura, rovina ogni cosa ed è causa di grandi
disastri. La pestilenza, infatti, ha origine da questi fenomeni e così le più
varie malattie che aggrediscono animali e piante: gelo, grandine, i mali delle
piante, provengono dal desiderio senza limiti e misura nelle relazioni
reciproche fra questi fenomeni, governate dall'amore. C'è una scienza che
tratta nello stesso tempo del movimento degli astri e delle stagioni dell'anno:
si chiama astronomia. Tutti i sacrifici, poi, e tutto ciò che ha a che fare con
la divinazione (cioè tutto ciò che mette in comunicazione gli dèi e gli uomini)
non hanno altro scopo che quello di proteggere l'amore e di guarirlo. L'empietà
nasce abitualmente dal non cedere all'amore ben regolato, dal non onorarlo, dal
non riverirlo con ogni propria azione, ma dall'onorare l'altro amore, nei
rapporti sia con i propri genitori, viventi o morti, sia con gli dèi. Questo è
il compito assegnato alla divinazione: sorvegliare coloro che amano e guarirli.
Ed è ancora lei, la divinazione, che permette l'amicizia tra gli dèi e gli
uomini, perché essa conosce, nell'ordine degli umani, quei fenomeni d'amore che
tendono al rispetto degli dèi e alla pietà.Questa è la molteplice, l'immensa o
piuttosto l'universale potenza che è propria dell'Eros. E' lui ad agire, con
moderazione e giustizia, per produrre delle opere buone, sia tra noi che tra
gli dèi, con la più grande potenza: ci procura ogni felicità e ci rende capaci
di vivere in società, di legare con vincoli di amicizia gli uni con gli altri
ed anche con quegli esseri a noi superiori, gli dèi. Anch'io, senza dubbio, ho
tralasciato alcune cose nel mio elogio dell'Eros, ma non l'ho fatto apposta. Se
ho dimenticato qualche punto, spetta a te, Aristofane, di colmare la lacuna.
Però, se ti proponi di lodare il dio in un altro modo, fai pure, visto che il
tuo singhiozzo se n'è andato."Allora, disse Aristodemo, Aristofane prese
la parola. Il fatto è che se n'è sì andato, ma ho dovuto proprio applicare il
tuo rimedio e starnutire. Non è strano che il buon ordine del mio corpo abbia
bisogno di rumori e di solletico per starnutire? Sta di fatto, però, che il
singhiozzo è passato appena ho starnutito. Aristofane, amico mio, che dici?,
riprese Erissimaco. Ci fai ridere prendendomi in giro un attimo prima di fare
il tuo discorso? Così mi costringi a sorvegliare bene le tue parole, che tu non
abbia ad esser comico proprio quando puoi parlare in tutta tranquillità. Aristofane
si mise a ridere e disse. Hai ragione Erissimaco, ritiro tutto. Ma non mi sorvegliare.
Nel discorso che farò, infatti, dovrò dire non poche cose che faranno un po'
ridere - e questo è un vantaggio, perché così la mia Musa si troverà su un
terreno familiare -, ma ho proprio paura di essere un po' preso in giro! Eh,
Aristofane, tu prima lanci una frecciatina, poi te ne vuoi scappare, non è
vero? Ma t'avverto, parla piuttosto come un uomo che deve rendere conto di quel
che dice! Sta' tranquillo, però, da parte mia ti farò grazia, ma solo se
vorrò!"Discorso di Aristofane "A dir la verità, Erissimaco -
disse Aristofane -, ho intenzione di parlare diversamente da te e da Pausania.
Infatti mi sembra che gli uomini non si rendano assolutamente conto della
potenza dell'amore. Se se ne rendessero conto, certamente avrebbero elevato
templi e altari a questo dio, e dei più magnifici, e gli offrirebbero i più
splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è oggi,quando nessuno di questi
omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe più importante, perché è il dio
più amico degli uomini: viene in loro soccorso, porta rimedio ai mali la cui
guarigione è forse per gli uomini la più grande felicità. Dunque cercherò di
mostrarvi la sua potenza, così potrete essere maestri a vostra volta. Ma innanzitutto
bisogna che conosciate la natura della specie umana e quali prove essa ha
dovuto attraversare. Nei tempi andati62, infatti, la nostra natura non era
quella che è oggi, ma molto differente. Allora c'erano tra gli uomini tre
generi, e non due come adesso, il maschio e la femmine. Ne esisteva un
terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. Il nome si è conservato sino
a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l'ermafrodito, un essere che per
la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina.
Oggi non ci sono più persone di questo genere.Quanto al nome, ha tra noi un
significato poco onorevole.Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e
il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro
mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati
dell'unica testa. [190] Avevano quattro orecchie, due organi per la
generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in
posizione eretta, come noi63, nel senso che volevano. E quando si mettevano a
correre, facevano un po' come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan
le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo
la ruota. La ragione per cui c'erano tre generi è questa, che il maschio aveva
la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i
caratteri d'entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole
che della Terra64. La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare,
proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l'essere
terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono
gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda anche gli uomini
di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli
dèi.Allora Zeus e gli altri dèi si domandarono quale partito prendere. Erano
infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucciderli tutti e distruggerne
la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perché questo avrebbe
significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro
dagli uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver
laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un'idea. «lo credo - disse - che abbiamo
un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che
rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse -
io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà
più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più
grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora
arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due,
in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri65». Detto
questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per
conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato
uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte
del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che
avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire
il resto66. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo d'ogni parte la pelle
verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva
un nodo al centro del ventre non lasciando che un'apertura - quella che adesso
chiamiamo ombelico. Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava
con esattezza il petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per
spianare le grinze del cuoio. Lasciava però qualche piega, soprattutto nella
regione del ventre e dell'ombelico, come ricordo della punizione subita.Quando
dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due
parti desiderava ricongiungersi all'altra. Si abbracciavano, si stringevano
l'un l'altra, desiderando null'altro che di formare un solo essere. E così
morivano di fame e d'inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza
l'altra. E quando una delle due metà moriva, e l'altra sopravviveva,
quest'ultima ne cercava un'altra e le si stringeva addosso - sia che
incontrasse l'altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi
chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la
specie si stava estinguendo. Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo
espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora
infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si
riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus
trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e
fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l'uomo
con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo
avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si
sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi
avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e
sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro
esistenza. E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è
innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della
nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la
natura dell'uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione68 dell'essere umano
completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è
complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le
sogliole69. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua
parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da
quel composto dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle
donne, e tra loro ci sono la maggior parte degli adulteri; nello stesso modo,
le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa
specie; ma le donne che derivano dall'essere completo di sesso femminile,
ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta
piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche.
I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano
i maschi. Sin da giovani, poiché sono una frazione del maschio primitivo, si
innamorano degli uomini e prendono piacere a stare con loro, tra le loro
braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché per natura
sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è falso. Non
si tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è i loro ardore, la
loro virilità, il loro valore che li spinge a cercare i loro simili. Ed eccone
una prova: una volta cresciuti, i ragazzi di questo tipo sono i soli a
mostrarsi davvero molto bravi nell’occuparsi di politica. Da adulto, ama il
ragazzo. Il matrimonio e la paternità non li interessano affatto - è la loro
natura; solo che le consuetudini li costringono a sposarsi ma, quanto a loro,
sarebbero ben lieti di passare la loro vita fianco a fianco, da celibi. In una
parola, l'uomo cosi ffatto desidera un ragazzo e li ama teneramente, perché è
attratto sempre dalla specie di cui è parte. Quest’uomo - ma lo stesso,
per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se
stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria
emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con
l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per
così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli
uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dire cosa desiderano l'uno
dall'altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie del far
l'amore: non possiamo immaginare che l'attrazione sessuale sia la sola ragione
della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C'è
qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa
esprimere, ma che intuisce con immediatezza. Se, mentre sono insieme, Efesto si
presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse:
"Che cosa volete l'uno dall'altro?", e se, vedendoli in imbarazzo,
domandasse ancora: «Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona,
tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi né di giorno
né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in
un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi
come una persona sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell'Ade, voi non
sarete più due, ma uno, e la morte sarà comune. Ecco: è questo che desiderate?
è questo che può rendervi felici?» A queste parole nessuno di loro - noi lo
sappiamo - dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos'altro. Ciascuno
pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo senza dubbio
desiderava: riunirsi e fondersi con l'amato. Non più due, ma un essere solo. La
ragione è questa, che la nostra natura originaria è come l’ho descritta. Noi
formiamo un tutto: il desiderio di questo tutto e la sua ricerca ha il nome di
amore. Allora, come ho detto, eravamo una persona sola; ma adesso, per la
nostra colpa, il dio ci ha separati in due persone, come gli Arcadi lo sono
stati dagli Spartani77. Dobbiamo dunque temere, se non rispettiamo i nostri
doveri verso gli dèi, di essere ancora una volta dimezzati, e costretti poi a
camminare come i personaggi che si vedono raffigurati nei bassorilievi delle
steli, tagliati in due lungo la linea del naso, ridotti come dadi a metà. Ecco
perché dobbiamo sempre esortare gli uomini al rispetto degli dèi: non solo per
fuggire quest'ultimo male, ma anche per ottenere le gioie dell'amore che ci
promette Eros, nostra guida e nostro capo. A lui nessuno resista - perché chi
resiste all'amore è inviso agli dèi. Se diverremo amici di questo dio, se
saremo in pace con lui, allora riusciremo a incontrare e a scoprire l'anima
nostra metà, cosa che adesso capita a ben pochi. E che Erissimaco non insinui,
giocando sulle mie parole, che intendo riferirmi a Pausania e Agatone: loro due
ci sono riusciti, probabilmente, ed entrambi sono di natura virile. Io però
parlo in generale degli uomini dichiaro che la nostra specie può essere felice
se segue Eros sino al suo fine, così che ciascuno incontri l'anima sua metà,
recuperando l'integrale natura di un tempo. Se questo stato è il più perfetto,
allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è
tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l'anima a
noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno
il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto:
ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci
innamorare della persona che ci è più affine; ad Eros, che per l'avvenire può
aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dèi, ci
riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di guarire la nostra
ferita, di darci gioia e felicità. Ecco, Erissimaco, questo è il mio discorso
in onore di Eros. T'ho già pregato, non prendermi in giro per quel che ho
detto. Dobbiamo ancora ascoltare, non dimenticarlo, i discorsi degli altri, di
quelli che restano, Agatone e Socrate."Erissimaco, riferì Aristodemo,
rispose così:"Sì sì, farò proprio come dici tu, perché il tuo discorso mi
è piaciuto molto e anzi, se non sapessi che Socrate e Agatone sono gran maestri
nelle cose d'amore, penserei quasi quasi che siano a corto di argomenti, tante
sono le cose che sono state dette. Ma ho piena fiducia in loro".E Socrate
allora disse. Dici così perché hai già fatto la tua parte, Erissimaco. Ma se
fossi al mio posto, ora o peggio ancora dopo il discorso di Agatone - che ti
figuri se non sarà bellissimo -, avresti una gran paura e saresti proprio in
imbarazzo, come me in questo momento"."Non mi fido mica di te
Socrate, disse Agatone, tu vuoi farmi tremare all'idea che il nostro pubblico
sarà attentissimo e si aspetta da me un discorso stupendo. Ma Agatone, rispose
Socrate, vuoi che mi dimentichi di tutte le volte che ti ho visto sul palco coi
tuoi attori, sicuro di te, mentre ti rivolgevi ad un gran pubblico per
presentare una tua opera? Non eri per niente emozionato, affatto,e adesso
dovrei credere che lo sei davanti a noi, che siamo così pochi?""Come,
Socrate? disse Agatone. Non mi crederai, spero, così innamorato del teatro da
non capire che agli occhi di un uomo di buon senso poche persone intelligenti
sono più da temere di una folla ignorante?""Farei molto male se lo
credessi, mio buon Agatone, rispose Socrate, una simile mancanza di stile non
ti si addice. Io so bene, invece, che se trovi gente che ritieni saggia, dai
loro molta più importanza che alla folla. Però non credo affatto che noi siamo
saggi. Perché c'eravamo anche noi tra il pubblico, là tra la folla. Ma se
trovassi altra gente, dei saggi veri, ti vergogneresti,senza dubbio, davanti a
loro al pensiero di far qualcosa di cui ci sia da vergognarsi. Che ne
dici?""E' vero", rispose."Ma davanti alla folla non ti
vergogneresti se pensassi di fare qualcosa di cui ci sia da
vergognarsi?"Fedro a questo punto prese la parola e disse:"Mio caro
Agatone, se rispondi, a Socrate non importerà proprio nulla se la conversazione
prenderà una piega o l'altra, perché a lui basta avere qualcuno con cui
chiacchierare, soprattutto se è un bel ragazzo. Ora, a me piace moltissimo
ascoltare Socrate quando discute, ma adesso dobbiamo proprio occuparci
dell'Eros, dobbiamo raccogliere il tributo da ciascuno di noi: i nostri
discorsi in suo onore. Pagate il vostro debito verso il dio, poi tornerete a
chiacchierare tra voi". Discorso di Agatone"Hai proprio ragione,
Fedro, disse Agatone, e in effetti niente mi impedisce di rimandare la risposta
perché avrò ancora ben l'occasione di chiacchierare con Socrate! C'è
tempo.Voglio dirvi subito come intendo condurre il mio discorso, prima di
cominciare. Tutti coloro che hanno già parlato non hanno per nulla, mi sembra,
fatto l'elogio del dio. Hanno chiamato felici gli uomini per i beni che gli
devono, ma chi egli sia esattamente, per aver fatto loro questi doni, ecco questo
nessuno l'ha detto. Ora, il solo modo corretto per fare un elogio, qualunque
sia l'argomento, è quello di spiegare la natura dell'oggetto del discorso e la
natura di ciò di cui è responsabile. E così dobbiamo procedere anche noi
nell'elogio dell'Eros: mostrando innanzitutto la sua natura e quindi i doni che
ci ha fatto.Dichiaro dunque che tra tutti gli dèi, esseri felici, Eros - mi sia
permesso dirlo senza risvegliare la loro gelosia - è il più felice, perché è il
più bello e il migliore. E' il più bello perché questa è la sua natura.
Infatti, mio caro Fedro, è il più giovane tra gli dèi. Una grande prova
dimostra che quel che dico è vero, e ce la offre lui stesso: Eros fugge la
vecchiaia, che è rapida, si sa, e ci sorprende prima di quanto dovrebbe. L'Eros,
è chiaro, la odia e non le si avvicina nemmeno da lontano. Ma è sempre in
compagnia della giovinezza, le resta vicino. Ha ragione il vecchio detto:
"Il simile cerca il simile". Io sono spesso d'accordo con Fedro, ma
non trovo giusto dire che Eros sia più antico di Cronos e di Giapeto. Io
dichiaro, al contrario, che è il più giovane tra gli dèi, che è sempre giovane
e che le vecchie lotte tra gli dèi di cui parlano Esiodo e Parmenide sono
figlie della Necessità, ma non di Eros, se questi poeti hanno detto il vero.
Infatti gli dèi non si sarebbero mutilati l'un l'altro, non si sarebbero messi
in ceppi né fatto tanta violenza se l'Eros fosse stato tra loro. Avrebbero
conosciuto invece l'amicizia e la pace, come adesso, nel tempo in cui sugli dèi
l'Eros stende il suo dominio. Dunque, l'Eros è giovane, e non soltanto è
giovane ma anche delicato. A lui è mancato un poeta, un Omero, che ne sapesse
far vedere la delicatezza. Omero dice di Ate che essa è una dea e allo stesso
tempo che è delicata, o almeno che lo sono i suoi piedi. Dice: "Son
delicati i suoi piedi e non sfiorano il suolo, ella avanza sfiorando le teste
degli uomini". Un chiaro indice della sua delicatezza, ai miei occhi: la
dea non posa i piedi sul duro, ma sul morbido. Utilizzeremo anche noi a proposito
dell'Eros lo stesso indizio per affermare che è delicato: non cammina infatti
sulla terra, né sulle teste, che poi tanto morbide non sono, ma si muove e
abita in ciò che è più tenero al mondo. Eros infatti ha stabilito la sua dimora
nel cuore e nell'anima degli uomini e degli dèi. Ma non senza distinzione in
tutte le anime. Se ne incontra una che abbia un carattere duro, fugge via e va
ad abitare in quelle in cui trova dolcezza. E' sempre a contatto, coi piedi e
con tutto il suo essere, con ciò che tra tutte le cose tenere è più tenero, ed
è quindi assai delicato, necessariamente. Ecco dunque, l'Eros è il più
giovane e il più delicato degli esseri. E inoltre dobbiamo ricordare la
flessibilità della sua forma, perché non potrebbe andare dappertutto né passare
inosservato quando penetra nelle anime e quando ne esce, se fosse rigido.
Dell'armonia, della duttilità della sua natura, ebbene di questo la sua grazia
ne dà una prova eclatante, quella grazia che l'Eros possiede in massimo grado
perché tra l'aspetto sgraziato e l'Eros la reciproca ostilità c'è da sempre. E
che dire della bellezza della sua carnagione? Eros indugia tra i fiori. Su ciò
che non fiorisce, sul fiore appassito, nel corpo o nell'anima o in ogni altra
cosa, Eros non si posa: ma là dove i fiori e i profumi abbondano, là si posa,
là sceglie la sua casa. Sulla bellezza del dio basta così, anche se davvero
resta ancora molto da dire. Vorrei adesso parlare delle sue virtù. Ecco la più
importante: Eros non fa né subisce ingiustizia, non fa torto a nessuno, uomo o
dio, e non ne subisce da nessuno, né uomo né dio. La violenza non ha alcuna
parte in ciò che subisce, ammesso che subisca qualcosa, perché la violenza non
ha presa sull'Eros; non ne ha bisogno in tutto quel che fa perché tutti in
tutto si mettono di buon grado al suo servizio. E gli accordi che si fanno di
buon grado sono chiamati giusti dalle «leggi, le regine della città86».E con la
giustizia ecco la più grande temperanza. La temperanza, si sa, è dominare
piaceri e desideri. Ora, non c'è piacere più grande dell'Eros: gli altri
piaceri sono più deboli e possono essere dominati dall'Eros; dominando piaceri
e desideri, allora l'Eros deve essere temperante in massimo grado.Quanto al
coraggio, «Ares stesso non può lottare contro Eros87». Infatti non è Ares che
domina su Eros, ma Eros possiede Ares, se è vero che è innamorato di Afrodite,
come dicono. Ora colui che si impadronisce di qualcuno, è più forte di lui e
chi riesce a possedere un altro che è pieno di coraggio deve avere ancora più
coraggio di lui89.Fin qui ho parlato della giustizia, della temperanza e del
coraggio del dio. Rimane la sua scienza e, nella misura della mie forze, devo
proprio completare il mio elogio. Innanzitutto, poiché desidero onorare la mia
arte come Erissimaco ha fatto con la sua, dirò che il dio è poeta così sapiente
che rende poeti gli altri, a sua volta. Ogni uomo infatti diventa poeta quando
l’Eros lo possiede, «anche se prima non conosceva le Muse». Questo fatto, è
chiaro, deve essere per noi una prova che Eros è abilissimo in tutte le arti
governate dalle Muse. Infatti ciò che non si ha, o non si sa, non lo si
può certo dare o insegnare agli altri. Meglio ancora, nella creazione degli
esseri viventi, di tutti, chi oserà negare che l'Eros possiede una scienza grazie
a cui nascono e crescono tutti i viventi? Osserviamo d'altra parte la pratica
delle arti: non sappiamo forse che l'uomo che ha avuto questo dio come maestro
diviene celebre e illustre mentre quello che Eros non ha nemmeno sfiorato non
ha alcun successo? E certo: il tiro con l'arco, la medicina, la divinazione
sono delle abilità che Apollo deve al desiderio e all'amore che lo guida; così
questo dio può dirsi discepolo dell'Eros, come le Muse lo sono per le arti che
portano il loro nome, Efesto per l'arte di forgiare i metalli, Atena per la
tessitura e Zeus infine «per il governo degli dèi e degli uomini». Così tutti i
conflitti tra gli dèi si sono appianati all'apparire di Eros tra loro,
dell'amore per il bello, certo, perché Eros non si lega mai a ciò che è brutto.
Ma prima di questo, come ho detto all'inizio, ogni specie di orribili eventi
erano accaduti tra gli dèi, secondo quanto narrano le antiche storie, perché
regnava la Necessità. Quando poi nacque questo dio, dall'amore per le cose
belle nacque ogni bene, per gli dèi come per gli uomini. Ecco perché, mio caro
Fedro, posso dire che l'Eros è pieno del bello, e bontà al più alto grado ed è
quindi, per tutti gli esseri, la fonte dei più alti beni. Vorrei dirlo in
versi, questo: Eros è il dio che dà «la pace agli uomini, la calma al mare, la
tregua ai venti, il riposo al dolore». E' lui a liberarci dall'odio, lui a
donarci l'amicizia; di tutti i conviti, come il nostro adesso, è il fondatore;
nelle feste, nei cori, nei sacrifici, è lui a farci da guida; vi porta la
dolcezza, allontana ogni rancore, generosissimo di ogni bene, non sa cosa sia
la malvagità, propizio ai buoni, esempio ai saggi, ammirato dagli dèi, è
cercato da chi non ha amore, prezioso per chi lo possiede. Il Lusso, la
Delicatezza, la Voluttà, le Grazie, la Passione, il Desiderio sono i suoi
figli. E' pieno di attenzione verso i buoni ma si allontana dai malvagi, e nel
dolore, nella paura, nel desiderio, nel discorso, egli è sempre lì, pronto a
combattere. E' il nostro sostegno, la nostra salvezza per eccellenza. E'
l'onore di tutti gli dèi, di tutti gli uomini; è la guida più bella, la
migliore, e ogni uomo deve seguirlo, celebrare la sua gloria con splendidi inni
e cantare con lui quel canto con cui conquista i cuori di tutti gli dèi e di tutti
gli uomini.Ecco il mio discorso, carissimo Fedro: che sia la mia offerta al
dio! La lieta fantasia e la grave serietà vi hanno avuto ciascuna la sua
parte94, bilanciate come meglio è stato in mio potere fare. Quando Agatone ebbe
finito di parlare tutti applaudirono perché si era espresso da par suo, in modo
davvero degno del dio Eros. Allora Socrate si voltò verso Erissimaco e gli
disse. Erissimaco, figlio d'Acumeno, non avevo forse ragione? Non ho parlato in
modo profetico prima, quando ho detto che Agatone avrebbe parlato divinamente e
io, dopo, sarei stato in imbarazzo?""Sul primo punto - rispose
Erissimaco - sei stato buon profeta, io credo, dicendo che Agatone avrebbe
parlato bene. Ma che tu sia in imbarazzo adesso, questo non lo credo proprio.""E
come si potrebbe non esserlo, carissimo Erissimaco, - riprese Socrate - dovendo
parlare dopo un discorso così bello, così seducente! Non è stato tutto
perfetto, questo è vero; ma nella conclusione chi può non esser stato preso
dall'incanto delle parole e delle frasi? Io mi riconosco subito incapace di
avvicinarmi a tanta bellezza con le mie parole, e per un po' ho anche pensato
di sgattaiolare via senza dir nulla. Ma non è possibile farlo. Il discorso di
Agatone mi ha ricordato Gorgia, al punto da farmi temere quel che dice Omero:
ho quasi creduto che Agatone alla fine del suo discorso gettasse sulla mia la
testa di Gorgia, il terribile oratore, e mi trasformasse in pietra, facendomi
diventare muto95. Ho capito allora di esser stato proprio un ingenuo quando
vi ho promesso di fare anch'io, al mio turno, l’elogio di Eros, e quando ho
detto di essere ben esperto delle cose d'amore: in effetti, devo confessare di
non sapere affatto fare un elogio. Credevo, nella mia piena ignoranza, che si
dovesse dire la verità sull'oggetto del proprio elogio, che questo fosse
fondamentale: che bisognasse scegliere le verità più belle e disporle
nell'ordine più elegante. Ero, naturalmente, tutto fiero al pensiero che avrei
parlato bene: non conoscevo forse la vera maniera di fare un elogio? Ma, stando
a quanto ho sentito, il metodo corretto di fare un elogio non è questo: bisogna
piuttosto attribuire all'oggetto del proprio discorso le più grandi e le più
belle qualità - che le abbia davvero o non le abbia non importa affatto. A quanto
sembra il nostro accordo era di giocare a far le lodi di Eros, non di lodarlo
veramente per quel che è. Ecco perché, io penso, voi muovete cielo e terra per
attribuire ad Eros ogni cosa bella e proclamare l'eccellenza della sua natura
come la grandezza delle sue opere: voi volete così farlo apparire il più bello
e il più buono possibile - ma non si ingannano coloro che sanno. E certo è una
bella cosa un elogio simile. Ma io ignoravo evidentemente questo modo di far le
lodi, e siccome lo ignoravo, promisi anch'io di pronunciare un elogio al mio
turno: «ma la lingua promise, non certo il mio cuore97». Dunque, addio alla mia
promessa! Io un elogio così non ve lo faccio, non ne sono capace. Però, a
condizione di dir solo la verità, se lo desiderate io accetto di prendere la
parola, alla mia maniera e senza rivaleggiare con l'eleganza dei vostri
discorsi, perché non ho nessuna intenzione di diventare ridicolo. Vedi tu,
Fedro, se c'è ancora bisogno di un discorso di questo genere, che lasci
intendere la verità su Eros - ma con le parole e lo stile che mi verranno al
momento.Allora - disse Aristodemo - Fedro e gli altri lo pregarono di parlare
come riteneva di dover fare."Ancora un momento, Fedro, - disse Socrate -:
lasciami porre alcune piccole domande ad Agatone, in modo che possa mettermi
d'accordo con lui prima di cominciare il mio discorso.""Ti lascio
fare - disse Fedro -; domanda pure."E così - disse Aristodemo - Socrate
cominciò pressappoco con queste parole:"Per la verità, mio buon Agatone,
io dico che tu hai aperto bene la via dichiarando che bisognava innanzitutto
mostrare qual è la natura dell'amore e come agisce: io trovo questo inizio
davvero eccellente. Andiamo avanti, però, ti prego; dopo tutto quello che hai
detto di bello e di buono sulla natura di Eros, rispondi a questa domanda: è
nella natura dell'Eros essere amore di qualche cosa, oppure di niente? Io non
ti domando se la sua natura è di essere amore per una madre o un padre, perché
sarebbe comico domandare se l'Eros è una forma d'amore che si rivolge a una
madre o a un padre. Ma se, a proposito del padre in quanto padre io domandassi:
il padre è padre di qualcuno o no?,tu mi risponderesti senza dubbio - se
volessi darmi una buona risposta - che il padre è padre di un figlio, o di una
figlia. Non è vero?""Certo", disse Agatone."E non dirai la
stessa cosa della madre?" - Agatone ne convenne."Rispondi ancora -
disse Socrate - ad alcune domande, per meglio comprendere dove voglio arrivare.
Se io domandassi: «Il fratello, in quanto fratello, è fratello di qualcuno o
no?»Rispose che lo era."Dunque è fratello di un fratello o di una
sorella?" - Agatone fu d'accordo."Prova allora - riprese Socrate - a
far la stessa domanda per l'Eros: Eros è amore di niente o di
qualcosa?""Di qualcosa, evidentemente".[200] "Tieni bene a
mente questo carattere dell'Eros, allora, e dimmi ancora se egli desidera ciò
che ama". "Lo desidera certamente", disse."Quando possiede
ciò che desidera, è allora che l'ama, o quando non lo possiede?""Quando
non lo possiede: è probabile che sia così" - disse. "Ma pensa
bene - disse Socrate - se invece che probabile non è una certezza: non dobbiamo
forse dire che desidera ciò che non possiede, e che non desidera affatto ciò
che possiede già? Per me, mio caro Agatone, questo è chiarissimo. Tu che ne
pensi?""Sono dello stesso avviso", disse."E fai bene ad
esserlo. Dunque un uomo che è grande potrà forse desiderare di esser grande? O
di esser forte se è forte?""E impossibile, visto quel che abbiamo
detto.""Non potrebbe infatti mancare di queste qualità, poiché ce le
ha.""E così.""Però supponiamo - disse Socrate - che un uomo
forte voglia esser forte, che un uomo agile voglia esser agile, che un uomo in
buona salute voglia essere in buona salute. Si potrebbe forse pensare, per quel
che riguarda queste qualità e tutte quelle dello stesso genere, che gli uomini
che le hanno desiderano averle ancora. Lo dico per difenderci contro questo
possibile errore. Se ci pensi, Agatone, è necessario che essi abbiano, al
momento, ciascuna delle qualità che hanno, che le vogliano o meno: com'è
possibile desiderare ciò che si ha già? Ma se qualcuno ci dicesse «Io sono
adesso in buona salute, e desidero esserlo; io sono ricco, e desidero esserlo,
desidero possedere quel che già possiedo», allora noi gli risponderemmo: «Tu
hai la ricchezza, la salute, la forza; quel che desideri, è di averle ancora in
futuro, perché per il presente, che tu lo voglia o no, le hai già. Dunque
quando dici: io desidero ciò che adesso ho già, queste parole significano
semplicemente: ciò che io ho adesso, desidero averlo anche per l'avvenire». Sei
d'accordo, non è vero?Agatone - disse Aristodemo - lo riconobbe, e Socrate
proseguì: "Se tutto questo è vero, desiderare le cose che non si
hanno ancora, che non si possiedono, non è forse volere per l'avvenire che
queste cose ci siano conservate?""Certo", disse. "Quindi
l'uomo che si trova in questa situazione, e cioè chiunque provi un desiderio,
desidera ciò che non ha ancora e che non è nel presente. E ciò che egli non ha,
ciò che egli stesso non è, quel che gli manca, insomma, ecco l'oggetto del suo
desiderio e del suo amore." "Sicuramente è così" -
disse."Andiamo avanti, allora - disse Socrate. Ricapitoliamo i punti su
cui siamo d’accordo. Non è forse vero, innanzitutto, che l'Eros si indirizza
verso certe cose e, in secondo luogo, che queste cose sono quelle di cui sente
la mancanza?""Sì", disse. "E adesso, Agatone, ricordati
cosa hai detto nel tuo discorso sulle cose verso cui si indirizza l'Eros. Se
vuoi, te lo ricordo io stesso: più o meno, tu ci hai detto, credo, che gli dèi
hanno risolto i loro conflitti grazie all'amore per la bellezza, perché non ci
può essere amore verso quel che è brutto. Son più o meno le tue parole, non è
vero?""Certo", disse Agatone."Tu rispondi come si deve, mio
caro - disse Socrate -, e se le cose stanno come tu ci hai detto, l'Eros
dovrebbe amare il bello, non certo la bruttezza, non è vero?"Agatone fu
d'accordo."Ma non ci siamo trovati d'accordo anche su questo, che si ama
ciò di cui si sente la mancanza e che non si possiede?""Sì",
ammise."L'Eros manca quindi della bellezza e non la
possiede?""Per forza", disse."Ma come? Chi manca della
bellezza e non la possiede affatto, tu lo chiami bello?""No di
certo.""E allora, se le cose stanno così, sei ancora dell'avviso che
Eros sia bello? Temo proprio - disse Agatone - di aver parlato senza sapere
quel che dicevo"."Però il tuo discorso era molto elegante, Agatone.
Ma ancora una piccola domanda: le cose buone sono allo stesso tempo belle,
secondo te?""Lo sono, a mio avviso"."Allora se all'Eros
manca la bellezza e se le cose buone sono anche belle, all'Eros deve per forza
mancare anche la bontà"."Di sicuro, Socrate - disse Agatone -, io non
sono in grado di contraddirti: ammetto quel che tu dici"."No,
carissimo Agatone - disse Socrate -, non me, ma la verità tu non puoi
contraddire: Socrate, lui sì che è facile contraddirlo. Adesso ti lascerò un
po' in pace. Ecco il discorso su Eros che ho ascoltato un giorno da una donna
di Mantinea, Diotima, molto competente su questo come su tanti altri argomenti.
Fu lei che una volta, prima della peste, fece fare agli Ateniesi quei sacrifici
che ritardarono di dieci anni l'epidemia. Proprio lei mi ha fatto capire molte
cose su Eros. Adesso cercherò di fare del mio meglio per riportarvi le sue
parole, partendo da tutto quello su cui Agatone ed io ci siamo trovati
d'accordo. Come tu stesso hai detto, Agatone, bisogna innanzitutto chiarire la
natura dell'Eros, i suoi attributi e le sue azioni. Forse la cosa più semplice
è seguire nella mia esposizione lo stesso ordine che seguì la straniera
nell'esame che mi fece. Io, infatti, le rispondevo un po' come adesso ha fatto
Agatone con me: io dichiaravo che Eros è un grande dio e che ama le cose belle.
Lei mi dimostrava che ero in errore con le stesse argomentazioni di cui mi sono
servito discutendo con Agatone: Diotima diceva che Eros non è né bello, per
usare le mie parole, né buono. E io le dicevo: «Ma come Diotima? Allora Eros è
cattivo e brutto?»«Che dici? Questa è una bestemmia! - mi rispose -. Credi
forse che tutto ciò che non è bello debba essere per forza brutto?»«Ma
certo!»[202] "E perché mai? Chi non è sapiente deve per forza essere
ignorante? Non ti sei mai accorto che c'è una via di mezzo tra la sapienza e
l'ignoranza102?» «E qual è?»«Avere un'opinione giusta, senza però saperla
giustificare. Questo non è vero sapere: come posso parlare di scienza, se non
so dimostrare che è vero quello che penso? Ma non è neppure piena ignoranza,
perché per caso la mia opinione potrebbe corrispondere ai fatti. L'opinione
giusta è quindi, suppongo, simile a quel che dicevo: sta a metà strada tra la
piena conoscenza e l'ignoranza103».«E' vero», risposi.«Dunque chi non è bello
non per questo è per forza brutto, né chi non è buono deve essere cattivo. E
così è per l'Eros: poiché tu sei d'accordo con me che non può essere né buono
né bello, non devi per questo credere che sia necessariamente cattivo e brutto.
Eros - così mi disse Diotima - è a metà tra questi estremi».«Però - ripresi io
- tutti concordano nel pensare che Eros sia un dio potente».«Dicendo tutti,
parli degli ignoranti o di coloro che parlano sapendo cosa dicono?»«Io parlo
proprio di tutti».Diotima si mise a ridere. «Come possono dire di lui che è un
dio potente se dicono che non è affatto un dio?» «Ma chi dice questo?» dissi
io.«Tu per esempio - disse - ed anch'io!»Ed io: "Ma cosa dici?»«E' tutto
semplice - rispose -. Dimmi: non sei forse convinto che tutti gli dèi sono
felici e belli? o oseresti sostenere che qualcuno degli dèi non è né bello né
felice?»«lo non oserei proprio», risposi.«Ma chi è felice? non è chi possiede
cose buone e belle?»«Certo».«Ma tu hai riconosciuto che Eros, mancando delle
cose buone e belle, le desidera proprio perché gli mancano».«È vero, ero
d'accordo con te su questo».«E allora come può essere un dio se le cose buone e
belle gli mancano?»«Sembra impossibile, in effetti».«Come vedi - disse -, anche
tu ritieni che Eros non sia un dio».«Chi sarà dunque Eros? un mortale?»«No di
certo».«E allora?»«E come negli esempi precedenti, la sua natura è a mezza via
tra il mortale e l'immortale».«Che vuoi dire, Diotima?»«E' un dèmone potente,
Socrate. I demoni, infatti, hanno una natura intermedia tra quella dei mortali
e quella degli dèi. Ma qual è il suo potere», chiesi.«Eros interpreta e
trasmette agli dèi tutto ciò che viene dagli uomini, e agli uomini ciò che
viene dagli dèi: da un lato le preghiere e i sacrifici degli uomini, dall'altro
gli ordini degli dèi e i loro premi per i sacrifici compiuti; e in quanto è a
mezza via tra gli uni e gli altri, contribuisce a superare la distanza tra
loro, in modo che il Tutto sia in se stesso ordinato e unito. Da lui viene
l'arte divinatoria107, ed anche il sapere dei sacerdoti sui sacrifici, le
iniziazioni, gli incantesimi, tutto quel che è divinazione e magia. Il divino
non si mescola con ciò che è umano, ma, grazie ai dèmoni, in qualche modo gli
dèi entrano in rapporto con gli uomini, parlano loro, sia nella veglia che nel
sonno. L'uomo che sa queste cose è vicino al potere dei dèmoni, mentre chi sa
altre cose - chi possiede un'arte, o un mestiere manuale - resta un artigiano
qualsiasi o un operaio. Questi dèmoni sono numerosi e d'ogni tipo: uno di essi
è Eros».«Chi è suo padre - domandai - e chi sua madre? E' una lunga storia - mi
disse -. Adesso te la racconto. Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si
radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros110, il figlio di
Metis. Dopo il banchetto, Penìa era venuta a mendicare, com'è naturale in un
giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto
molto nettare (il vino, infatti, non esisteva ancora) e, un po' ubriaco, se ne
andò nel giardino di Zeus e si addormentò. Penìa, nella sua povertà, ebbe
l'idea di avere un figlio da Poros: così si sdraiò al suo fianco e restò
incinta di Eros. Ecco perché Eros è compagno di Afrodite e suo servitore:
concepito durante la festa per la nascita della dea, Eros è per natura amante
della bellezza - e Afrodite è bella.Proprio perché figlio di Poros e di Penìa,
Eros si trova nella condizione che dicevo: innanzitutto è sempre povero e non è
affatto delicato e bello come si dice di solito, ma al contrario è rude, va a
piedi nudi, è un senza-casa, dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle,
per strada davanti alle porte, perché ha la natura della madre e il bisogno
l'accompagna sempre. D'altra parte, come suo padre, cerca sempre ciò che è
bello e buono, è virile, risoluto, ardente, è un cacciatore di prim'ordine,
sempre pronto a tramare inganni; desidera il sapere e sa trovare le strade per
arrivare dove vuole, e così impiega nella filosofia tutto il tempo della sua
vita, è un meraviglioso indovino, e ne sa di magie e di sofismi. E poi, per
natura, non è né immortale né mortale. Nella stessa giornata sboccia rigoglioso
alla vita e muore, poi ritorna alla vita grazie alle mille risorse che deve a
suo padre, ma presto tutte le risorse fuggono via: e così non è mai povero e
non è mai ricco. Vive inoltre tra la saggezza e l'ignoranza, ed ecco come
accade: nessun dio si occupa di filosofia e nessuno desidera diventare
sapiente, perché tutti lo sono già. Chiunque possieda davvero il sapere,
infatti, non fa filosofia; ma anche chi è del tutto ignorante non si occupa di
filosofia e non desidera affatto il sapere. E questo è proprio quel che non va
nell'essere ignoranti: non si è né belli, né buoni, né intelligenti, ma si
crede di essere tutte queste cose. Non si desidera qualcosa se non si sente la
sua mancanza».«Ma allora chi sono i filosofi, se non sono né i sapienti né gli
ignoranti?»«E' chiaro chi sono: anche un bambino può capirlo. Sono quelli che
vivono a metà tra sapienza ed ignoranza, ed Eros è uno di questi esseri. La
scienza, in effetti, è tra le cose più belle, e quindi Eros ama la bellezza: è
quindi necessario che sia filosofo e, come tutti i filosofi, è in posizione
intermedia tra i sapienti e gli ignoranti. La causa di questo è nella sua
origine, perché è nato da un padre sapiente e pieno di risorse e da una madre
povera tanto di conoscenze quanto di risorse. Così, mio caro Socrate, è fatta
la natura di questo dèmone. L'idea, però, che tu ti eri fatta dell'Eros non mi
sorprende per nulla: da quel che capisco dalle tue parole, tu credevi che Eros
fosse l'amato, non l'amante. Per questa ragione, senza dubbio, ti sembrava che
fosse pieno di ogni bellezza. Infatti l'oggetto dell'amore è sempre bello,
delicato, perfetto, sa dare ogni felicità. Ma l'essenza di chi ama è
differente: è quella che ti ho prima descritto117». Io allora ripresi:«E sia,
straniera: tu hai proprio ragione. Ma se questa è la natura dell'Eros, a cosa
può esser utile a noi uomini? Adesso cercherò di spiegartelo, Socrate. Eros ha
dunque questo carattere e questa origine: ama il bello, come tu ben sai. Ora,
prova a domandarti: che cos'è l'amore per le cose belle? o più chiaramente: chi
ama le cose belle, le desidera; ma in che cosa consiste esattamente il desiderio
che si prova quando si ama? Noi desideriamo che l'oggetto del nostro amore
ci appartenga, risposi io. Questa tua risposta - disse - apre un nuovo
problema: che cosa accade all'uomo che possiede le cose belle? Io dichiarai che
non ero affatto capace di rispondere a una domanda simile. E allora -
disse lei - parliamo del bene invece che del bello. Cosa mi dici se ti domando:
chi ama le cose buone, le desidera: ma cosa desidera? Che siano sue»,
risposi.«E cosa accade all'uomo che le possiede? In questo caso posso
rispondere più facilmente - dissi -: sarà felice. In effetti proprio possedere
ciò che è buono fa la felicità delle persone. Così non abbiamo più bisogno di
domandarci che cosa vuole chi vuole essere felice, perché parlando della
felicità abbiamo già toccato il fine ultimo del desiderio».«E' vero»,
dissi."Ma questa volontà, questo desiderio, tu pensi sia comune a tutti
gli uomini? Tutti vogliono sempre possedere ciò che è buono? Dimmi cosa ne
pensi»,«E' così, questa volontà è comune a tutti».«Ma allora, Socrate - riprese
-, perché non diciamo che tutti gli uomini amano, se tutti desiderano sempre le
stesse cose? Come mai, al contrario, diciamo che alcuni uomini amano ed altri
non amano affatto?"«Sono stupito anch'io di questo», risposi.«Non devi
stupirti, però - disse -. Il fatto è che l'amore ha molte forme, ma noi
prendiamo una sola di queste forme e le diamo il nome generico di amore come se
fosse l'unica. Questo nome andrebbe dato a tutte, ma per le altre forme usiamo
nomi diversi».«Mi fai un esempio?», chiesi.«Certo. Tu sai che la capacità
creativa delle persone può manifestarsi in molti campi. La creatività entra in
gioco tutte le volte che qualche cosa viene prodotta, perché prima non c'era e
poi c'è; così le opere degli artigiani, in tutti i campi, sono frutto della
creatività e gli uomini che le fanno sono tutti dei creativi, degli
artisti."«E' vero».«Però - continuò - tu sai che non li chiamiamo tutti
artisti, ma diamo loro altri nomi. Tra tutti quelli che svolgono attività che
hanno a che fare con la creatività, soltanto ad alcuni diamo il nome di
artisti, di poeti: solo a quelli che compongono musica e versi. In realtà tutti
lo sono. Solo i versi in musica chiamiamo arte, e soltanto questo è il dominio
che riconosciamo agli artisti».«E' vero», dissi.«Ed è lo stesso per l'amore. In
generale, ogni desiderio di ciò che è buono, che è bello, è per tutti
"amore possente, Eros ingannevole. Il desiderio umano ha mille forme
diverse: alcune persone hanno la passione del denaro, o dello sport, o dello
studio, ma noi non diciamo che amano, che sono innamorati. Altri, che seguono
una particolare forma d'amore, ebbene solo per loro usiamo le parole che
dovremmo usare per tutti: amore, amare, innamorati. Sei proprio convincente»,
risposi.«Molti dicono, però, che “amare” significa cercare la propria metà. Io
non sono d'accordo, perché non c'è affatto amore né per la metà né per
l'intero, mio buon amico, se l'oggetto del nostro desiderio non è buono: le
persone accettano di farsi tagliare anche i piedi o le mani, se sono convinte
che queste parti possono portare dei mali. Io non credo affatto che ciascuno si
affezioni a ciò che gli appartiene, a meno che non sia convinto che ciò che è
suo sia buono e ciò che gli è estraneo sia cattivo. Gli uomini, infatti, non desiderano
altro che il bene. Non la pensi così anche tu?» «Certo, per Zeus»,
risposi.«Allora possiamo dire semplicemente che gli uomini desiderano ciò che è
buono?»«Sì».«E non dobbiamo forse aggiungere che essi desiderano possedere ciò
che è buono?»«Certo che dobbiamo».«E non soltanto possederlo, ma possederlo
sempre». «Dobbiamo aggiungere anche questo».«Quindi - disse - l'amore è il
desiderio di possedere sempre ciò che è buono? E' così», dissi.Se è dunque
chiaro - disse - che l'amore è questo, dimmi in quale forma, in quale genere di
attività, l'ardore, la tensione estrema che accompagna lo sforzo di raggiungere
questo fine, deve ricevere il nome di amore. Di quale tipo d'azione si tratta?
Me lo sai dire? » «Certamente no - risposi -. Se lo sapessi, non sarei così
pieno d'ammirazione davanti al tuo sapere e non verrei da te come allievo per
imparare quel che sai».«Allora - riprese -, te lo dirò io: amare, per il corpo,
significa creare nella bellezza». «Bisognerebbe essere degli indovini per
capire cosa vuoi dire con queste parole, e io non lo sono affatto». «Mi
esprimerò più chiaramente. Tutti gli uomini, mio caro Socrate, hanno capacità
creative sia nel corpo che nell'anima. Tutti noi, quando abbiamo raggiunto una
certa età, per natura proviamo il desiderio di generare, ma non si può generare
nulla nella bruttezza: si può solo nella bellezza. Nell'unione dell'uomo e
della donna c'è qualcosa di creativo, qualcosa di divino. Tutte le creature
viventi sono mortali, ma in loro c'è una scintilla d'immortalità: è la
fecondità dei sessi, la capacità di generare nuovi esseri viventi. Ma questo
non può avvenire se non c'è armonia123: e non c'è armonia tra la bruttezza e tutto
ciò che è divino, perché solo la bellezza è in armonia con gli dèi. Dunque nel
concepire una nuova vita, la dea della Bellezza fa da Moira e da Ilitia124, la
dea della nascita. Per questo, chi ha dentro di sé qualcosa di creativo, quando
si avvicina a ciò che è bello prova gioia nel suo cuore, si apre al fascino
della bellezza. E' il momento della generazione: egli crea. Ma quando si
avvicina a ciò che è brutto, allora si chiude in se stesso scuro in volto e
triste, cerca di allontanarsi, e così non crea affatto, anche se porta ancora
dentro il suo seme fecondo,e ne soffre. Per questo chi sente la propria
creatività pronta alla vita, è fortemente attratto dalla bellezza: soltanto chi
possiede la bellezza è libero dalle sofferenze che ogni atto creativo comporta.
E dunque Eros - concluse - non desidera affatto la bellezza, mio caro Socrate,
come tu credi. E cosa allora?»«Desidera creare e far nascere nuova vita nella
bellezza. Ammettiamolo», dissi.«E proprio così - ripeté -. Ma perché creare
nuova vita? Perché per qualsiasi essere mortale l'eternità e l'immortalità
possono consistere solo in questo: nel creare nuova vita. [Ora, il desiderio
d'immortalità accompagna necessariamente quello del bene - lo sappiamo, ormai -
se è vero che l'amore è desiderio di possedere per sempre il bene. E così da
tutto quello che abbiamo detto segue questo, che l'amore ha come proprio
oggetto l'immortalità126».Ecco quello che Diotima mi insegnava, parlando delle
cose d'amore. Un giorno mi chiese:«Quale pensi che sia, Socrate, la causa
dell'amore e del desiderio? Non vedi in che strano stato sono gli animali,
quando il loro istinto li spinge a procreare? Tutti gli animali - che si
muovano sulla terra o volino nell'aria - sembrano impazziti, l'amore li
tormenta, e li spinge ad accoppiarsi. Poi quando viene il momento di nutrire i
loro piccoli, sono sempre pronti a combattere per difenderli: anche i più
deboli affrontano animali più forti di loro e sono pronti a sacrificarsi per
amore dei loro piccoli. Soffrono loro le torture della fame, pur di sfamare i
figli e far tutte le altre cose necessarie. Presso gli uomini si può pensare
che tutto questo sia il frutto di una riflessione razionale. Ma presso gli
animali, da dove proviene questo amore che li mette in tale stato? Puoi dirmelo?»Ancora
una volta risposi che non ne sapevo nulla. E allora riprese:«E tu pensi di
diventare un giorno davvero esperto nelle cose d'amore senza sapere questo? Ma
è ben per quello, Diotima, come ti dico sempre, che ti sto vicino, perché so di
avere bisogno di una guida. Allora dimmi perché accade tutto questo e
quant'altro riguarda l'amore». «Se sei convinto - disse - che l'oggetto
naturale dell'amore è quello sul quale abbiamo più volte discusso, non devi
certo meravigliarti. Infatti su questo punto la natura mortale segue sempre lo
stesso principio quando cerca, nella misura dei suoi mezzi, di perpetuare la
vita e divenire immortale. E non può farlo che in questo modo, attraverso
l'amore, che fa sì che un nuovo essere prenda il posto del vecchio. Riflettiamo:quando
si dice che ciascun essere vivente rimane se stesso (per esempio che dalla
nascita alla vecchiaia permane la sua identità), ebbene questo essere non ha
mai in sé le stesse cose. Diciamo sì che è sempre lo stesso, ma in realtà non
cessa mai di rinnovarsi ogni momento in certe parti, come i capelli, le ossa,
il sangue, insomma in tutto il suo corpo. E questo non è vero soltanto per il
suo corpo, ma anche per la sua anima: i sentimenti, il carattere, le opinioni,
i desideri, i piaceri, i dolori, i timori, niente di tutto questo rimane
costante per ciascuno di noi, ma tutto in noi nasce e muore. E accadono cose
più strane ancora. Non solo in generale certe conoscenze nascono in noi mentre
altre spariscono - e quindi nel campo della conoscenza noi non rimaniamo mai
gli stessi -, ma ciascuna conoscenza in particolare subisce la stessa sorte.Infatti
noi dobbiamo esercitarci nello studio proprio perché alcune conoscenze ci
sfuggono continuamente: le dimentichiamo, tendono ad andare via, e con lo
studio, inversamente, fissando nella memoria ciò che vogliamo ricordare, le
conserviamo. E' per questo che sembrano le stesse: in realtà le conserviamo
rinnovandole. E' così che tutti gli esseri mortali si conservano: non sono
sempre esattamente se stessi, come l'essere divino. Sembrano conservare la loro
identità perché ciò che invecchia e va via è subito sostituito da qualcosa di
nuovo, molto simile. Ecco in che modo - Socrate - ciò che è mortale partecipa dell'immortalità,
nel suo corpo e in tutto il resto; l’immortale vi partecipa in modo del tutto
diverso128. Non meravigliarti dunque se ciascun essere è dominato dall'amore e
si preoccupa tanto dei propri figli, perché questo è nella natura dei viventi:
è al servizio dell'immortalità129». Queste parole mi riempirono di stupore e
glielo dissi: «Ma come, saggia Diotima, le cose stanno veramente così?»Ella mi
rispose col tono serio di chi insegna:«Devi esserne certo, Socrate. Pensa alle
ambizioni che hanno molte persone e ti meraviglierai senza dubbio della loro assurdità;
se rifletti, meditando sulle mie parole, ti accorgerai di quanto è strano lo
stato di coloro che desiderano diventare celebri e acquistare gloria immortale
per l'eternità: sono disposti per questo a correre ogni rischio, più ancora che
per difendere i loro figli. Sono pronti a mettere in gioco il loro denaro, ad
affrontare tutti i disagi, a rischiare la loro stessa vita. Pensi forse che
Alcesti sarebbe morta per Admeto, che Achille avrebbe seguito Patroclo sulla
via della morte, che il vostro re Codro avrebbe affrontato la morte per
conservare il regno ai suoi figli, se essi non avessero creduto di lasciare
l'immortale ricordo del loro valore, che è giunto sino a noi? E' così, disse. A
mio avviso, è per rendere immortale il loro valore, per acquisire un nome
glorioso, che gli uomini fanno quel che fanno, e questo tanto più se le loro
qualità personali sono alte - perché è l'immortalità che essi desiderano.
Allora, disse, gli uomini fecondi nel corpo pensano soprattutto alle donne: il
loro modo d'amare è tutto nel cercare di generare dei figli e così assicurare
alla loro persona l'immortalità - questo essi credono - e la memoria di sé e la
felicità per tutto il tempo a venire. Altre persone, però, sono feconde
nell'anima: c'è infatti una fecondità propria del nostro spirito che a
volte è superiore a quella del corpo. Ecco qual è: è la forza creativa della
saggezza e delle altre virtù in cui il nostro spirito eccelle. Questa fecondità
eccelle nei poeti e in tutte le altre persone che per il loro mestiere devono
usare la creatività. Ma dove la saggezza tocca le vette più alte e più belle è
nell'ordinamento e nell'amministrazione della città attraverso la prudenza e la
giustizia. Quando un uomo fecondo nel suo animo, simile agli dèi, coltiva sin
da giovane il proprio spirito, e divenuto adulto sente il desiderio di mettere
a frutto le sue capacità, allora cerca in ogni modo la bellezza - perché mai
potrà essere creativo nella bruttezza. I suoi sentimenti si dirigono allora
verso le cose belle piuttosto che verso le brutte, proprio perché la sua anima
è feconda. Se incontra un'anima bella e generosa e sensibile, allora le dà
tutto il suo cuore: davanti a lei saprà trovare le parole giuste per esprimere
la sua forza interiore, per esaltare i doveri e le azioni di un uomo che vale:
così potrà guidarla educandola. E secondo me, attraverso il contatto con la
bellezza dell'anima dell'altro, con la sua costante presenza, potrà venire alla
luce quanto di meglio portava in sé da tempo: in questo senso la sua anima crea,
genera nuova vita. Che sia presente o assente, il suo pensiero va sempre
all'altro che ama e così nutre ciò che nel rapporto con lui in sé ha generato.
Tra gli esseri di questa natura si crea così una comunione più intima di quella
che si ha con una donna quando si hanno dei bambini, un affetto più solido.
Sono più belle, in effetti, ed assicurano meglio l'immortalità, le creature che
nascono dalla loro unione. Chiunque vorrà senza dubbio mettere al mondo simili
creature piuttosto che bambini, se si pensa ad Omero, ad Esiodo e agli altri
grandi poeti. Si osserverà con invidia quale discendenza essi hanno lasciato,
capace di assicurare loro l'immortalità della gloria e della memoria, perché
anche i figli spirituali di quei grandi sono immortali. O ancora, se vuoi -
disse -, puoi pensare quale eredità Licurgo abbia lasciato agli Spartani per la
salvezza della loro città e, si può dire, della Grecia intera. Per le stesse
ragioni voi onorate Solone il padre delle vostre leggi, e in tutti i paesi -
greci e barbari - sono onorati gli uomini che hanno prodotto grandi opere,
mettendo a frutto le più alte capacità del loro spirito. In onore di quello che
queste persone hanno saputo creare si sono già innalzati molti templi135,
mentre questo non è mai accaduto fino ad oggi, per i figli nati dall'amore di
un uomo e di una donna. Ecco, Socrate, le verità sull'amore alle quali tu
puoi certamente essere iniziato. Ma le rivelazioni più profonde e la loro
contemplazione - il fine ultimo della ricerca su Eros - non so se sono alla tua
portata. Voglio però parlartene egualmente, senza diminuire il mio sforzo.
Cerca di seguirmi, almeno finché puoi. Chi inizia il cammino che può portarlo
al fine ultimo, sin da giovane deve essere attento al bel corpo. In primo
luogo, se chi lo dirige sa indirizzarlo sulla giusta strada, si innamorerà di
una sola persona e troverà con lei le parole per i dialoghi più belli. Poi si
accorgerà che la bellezza sensibile della persona che ama è sorella della
bellezza di tutte le altre persone: se si deve ricercare la bellezza che è
propria delle forme sensibili, non si può non capire che essa è una sola,
identica per tutti. Capito questo, imparerà a innamorarsi del bello di tutte le
persone belle e a frenare il suo amore per una sola: dovrà imparare a non valutare
molto questa prima forma dell'amore, a giudicarla di minor valore. Poi,
imparerà a innamorarsi della bellezza delle anime piuttosto che della bellezza
sensibile: a desiderare una persona per la sua anima bella, anche se non è
fisicamente attraente. Con lei nasceranno discorsi così belli che potranno
elevare i giovani che li ascoltano. E giunto a questo punto, potrà imparare a
riconoscere la bellezza in quel che fanno gli uomini e nelle leggi: scoprirà
che essa è sempre simile a se stessa, e così la bellezza dei corpi gli apparirà
ben piccola al confronto. Dalle azioni degli uomini, poi, sarà portato allo
studio delle scienze, per coglierne la bellezza, gli occhi fissi sull'immenso
spazio su cui essa domina. Cesserà allora di innamorarsi della bellezza di un
solo genere, d'una sola persona o di una sola azione - una forma d'amore che lo
lascia ancora schiavo - e rinuncerà così alle limitazioni che lo avviliscono e
lo impoveriscono. Orientato ormai verso l'oceano infinito della bellezza142,
che ha imparato a contemplare, le sue parole e i suoi pensieri saranno pieni
del fascino che dà l'amore per il sapere143. Finché, reso forte e grande per il
cammino compiuto, giungerà al punto da fissare i suoi occhi sulla scienza
stessa della bellezza perfetta, di cui adesso ti parlerò. Sforzati - mi disse
Diotima - di dedicarti alle mie parole con tutta l'attenzione di cui sei
capace. Guidato fino a questo punto sul cammino dell'amore, il nostro uomo
contemplerà le cose belle nella loro successione e nel loro esatto ordine;
raggiungerà il vertice supremo dell'amore e allora improvvisamente gli apparirà
il bello nella sua meravigliosa natura, quella stessa, Socrate, che era il fine
di tutti i suoi sforzi: eterna, senza nascita né morte145. Essa non si accresce
né diminuisce, né è più o meno bella se vista da un lato o dall'altro. Essa è
senza tempo, sempre egualmente bella, da qualsiasi punto di vista la si
osservi. E tutti comprendono che è bella. Il bello non ha forme definite: non
ha volto, non ha mani, non ha nulla delle immagini sensibili o delle parole.
Non è una teoria astratta. Non è uno dei caratteri di qualcosa di esteriore,
per esempio di un essere vivente, o della Terra o del cielo, o non importa di
cos'altro. No, essa apparirà all'uomo che è giunto sino a lei nella sua
perfetta natura, eternamente identica a se stessa per l'unicità della sua
forma. Tutte le cose belle sono belle perché partecipano della sua bellezza, ma
esse nascono e muoiono - divenendo quindi più o meno belle - senza che questo
abbia alcuna influenza su di lei. Iniziando il proprio cammino dal primo
gradino della bellezza sensibile, l'uomo si eleva coltivando il suo fecondo
amore per i giovani e così impara a percepire in loro i segni della pura e
perfetta bellezza: allora potrà dire di non essere lontano dalla meta. Così, da
soli o sotto la guida di un altro, la perfetta via dell'amore ha inizio con la
bellezza sensibile ed ha per fine la contemplazione della Bellezza pura: l'uomo
deve salire come su una scala, da una sola persona bella a due, poi a tutte,
poi dalla bellezza sensibile alle azioni ben fatte e alla scienza, fino alla
pura conoscenza del bello, e ancora avanti sino alla contemplazione del bello in
sé. Questo, mio caro Socrate - mi disse la straniera di Mantinea -, è il
momento più alto nella vita di una persona: l'attimo in cui si contempla la
Bellezza pura. Se la vedrai un giorno, al suo confronto sfioriranno le
ricchezze, i bei vestiti, i bei ragazzi che ti fanno girare la testa: eppure tu
e tanti altri accettereste di non mangiare né bere, per così dire, pur di
poterli ammirare e poter stare con loro148. Cosa proverà l'anima
allora nel fissare la Bellezza pura, semplice, senza alcuna impurità, del
tutto estranea all'imperfezione umana, ai colori, alle vanità sensibili? Cosa
proverà il nostro spirito nel contemplare la Bellezza divina nell'unicità della
sua forma? Credi forse che possa ancora essere vuota la vita di un uomo che
abbia fissato sulla Bellezza il suo sguardo, contemplandola pur nei limiti dei
mezzi che possiede, ed abbia vissuto in unione con essa? Non pensi, disse, che
solamente allora, quando vedrà la bellezza con gli occhi dello spirito ai quali
essa è visibile, quest'uomo potrà esprimere il meglio di se stesso? Non una
falsa immagine149 egli contempla, infatti, ma la virtù più autentica, in piena
verità150. Egli coltiva in sé la vera virtù e la nutre: non sarà forse per
questo amato dagli dèi? non diverrà tra gli uomini immortale?» Ecco,
Fedro, e voi tutti che mi ascoltate, quel che mi disse Diotima. Ed è riuscita a
convincermi, così come io - a mia volta - cerco di convincere gli altri: per
dare alla natura umana il possesso di ciò che è bene, non si troverà miglior
aiuto dell'Eros. Così - io lo dichiaro - ogni uomo deve onorare Eros; io onoro
l'amore che è in me, io mi consacro all'Eros ed esorto gli altri a fare
altrettanto. Per quanto è in mio potere fare, ora e sempre voglio esaltare la
forza dell'Eros, e il suo valore. Ecco il mio discorso, Fedro. Consideralo, se
vuoi, un elogio dell'Eros, altrimenti dagli il nome che vorrai". Questo
disse Socrate. Mentre tutti si complimentavano con lui e Aristofane cercava di
dirgli qualcosa perché Socrate di sfuggita aveva fatto una allusione al suo
discorso151, ecco che si sentì bussare alla porta dell'atrio, e un gran vociare
di gente allegra, e la voce di una suonatrice di flauto. "Ragazzi - disse
Agatone - andate a vedere, presto. Se è uno dei miei amici, invitatelo ad
entrare. Altrimenti dite che abbiamo già finito di bere e che stiamo andando a
dormire." Un istante più tardi si sentì nell'atrio la voce di Alcibiade,
non più molto in sé per il vino, che urlava a squarciagola. Domandava dove
fosse Agatone, voleva essere accompagnato da lui. E così lo accompagnarono
nella sala e stava in piedi solo perché una flautista e qualcun altro dei suoi
compagni lo sostenevano. Fermo sulla soglia, portava in capo una corona di
edera e di viole, la testa avvolta nei nastri. "Signori - disse - buona
sera! Accettereste un uomo completamente ubriaco per bere con voi? oppure
dobbiamo limitarci a mettere questa corona in testa ad Agatone e andar via
subito? Siamo venuti per questo, infatti. Ieri, in effetti non sono potuto
venire. Vengo adesso con i nastri sulla testa per passarli dalla mia alla testa
dell'uomo che - nessuno si offenda - è il più sapiente e il più bello: voglio
proprio incoronarlo. Ah, ridete di me perché sono ubriaco! Ridete, ridete,
tanto lo so che è vero. Allora, mi volete rispondere? posso entrare o no?
volete o no bere con me?" Allora tutti si misero ad applaudirlo, e gli
dissero di entrare e prendere posto in mezzo a loro. Agatone lo chiamò,
Alcibiade si diresse verso di lui, aiutato dai suoi compagni, e cominciò a
togliersi i nastri dalla fronte per incoronare Agatone. Anche se ce l'aveva
sotto gli occhi non si accorse di Socrate e andò a sedersi accanto ad Agatone,
quasi addosso a Socrate che dovette fargli posto. Si sedette dunque in mezzo a
loro, abbracciò Agatone e gli mise la corona sulla testa. "Ragazzi - disse
Agatone - slacciate i sandali ad Alcibiade, che sia terzo in mezzo a
noi.""Benissimo - disse Alcibiade -, ma chi è terzo con noi?"
Dicendo così si voltò e c'era Socrate. Appena lo vide fece un balzo indietro e
disse: "Per Eracle, chi c'è qui? Socrate? Che tiro mi hai teso! sdraiato
accanto a me! Ti par questa la maniera di comparire quando uno meno se
l'aspetta? E che ci vieni a fare qui? Potevi metterti accanto ad Aristofane o a
un altro che voglia far lo spiritoso! E' che tu hai trovato il modo di
sdraiarti accanto al più bello della compagnia!" "Agatone, per favore
difendimi tu - dice Socrate -. Essere in amore per quest'uomo non mi costa
certo poco. Dal giorno in cui mi sono invaghito di lui non ho più il diritto di
guardare un solo bel ragazzo, nemmeno di rivolgergli la parola. E' geloso,
invidioso, mi fa delle scene, me ne dice di tutti i colori e poco manca che me
le dia. Dunque, attenzione, che non faccia adesso una scenata! Tenta di
riconciliarci tu o, se tenta di picchiarmi, difendimi perché la sua ira e la
sua follia d'amore mi fanno una paura terribile." "No - disse
Alcibiade -, è impossibile: tra te e me nessuna riconciliazione. E per quel che
hai detto faremo i conti un'altra volta. Per il momento, Agatone, passami
qualcuno di quei nastri, che cinga la sua testa, questa testa meravigliosa.
Voglio evitare che poi si lamenti che ho incoronato te mentre ho lasciato senza
corona lui, che per i suoi discorsi vince tutti sempre, e non solamente una
volta come te ieri." Dicendo questo prese dei nastri, incoronò Socrate e
poi si sdraiò. Si mise comodo e disse:"Amici miei, avete proprio l'aria di
voler far gli astemi. Ma questo non vi è permesso: bisogna bere, l’abbiamo
convenuto tra noi! Sarò io il re del simposio, finché voi non avrete bevuto a
sufficienza. Allora, Agatone, fammi portare una coppa, una grande, se c'è. No,
no, non c'è bisogno. Ragazzo dice - portami quel vaso per tenere il vino in
fresco." Ne aveva appena visto uno, che teneva otto cotili153 abbondanti.
Lo fece riempire e bevve per primo. Poi ordinò di servire Socrate, dicendo:
"Con Socrate, amici miei, non c'è niente da fare: quanto vorrà bere berrà,
e non ci sarà verso di farlo ubriacare."Il servo allora portò il vino a
Socrate che si mise a bere, mentre Erissimaco chiedeva:"E poi cosa
facciamo, Alcibiade? Restiamo così, senza parlare di niente, la coppa in mano,
senza cantare niente? beviamo soltanto, come degli assetati?"
"Erissimaco - gli fa Alcibiade -, grande figlio di un padre grande e
saggio, io ti saluto.""Ti saluto anch'io - dice Erissimaco -. E
adesso cosa dobbiamo fare?""Siamo tutti ai tuoi ordini perché un
medico, da solo, vale molti uomini. Obbediremo dunque ai tuoi
desideri.""E allora ascoltami - dice Erissimaco -. Prima che tu
arrivassi, avevamo deciso che ciascuno al suo turno, andando da sinistra verso
destra, avrebbe fatto un discorso sull'Eros, il più bel discorso d'elogio. Noi
l'abbiamo già fatto, adesso tocca a te, perché hai bevuto ed è giusto che anche
tu faccia il tuo discorso. Poi ordina a Socrate quel che vuoi, e lui farà lo
stesso con chi sta alla sua destra e così via.""Ben detto, Erissimaco
- risponde Alcibiade -. Solo che se uno ha bevuto troppo, non può dire cose che
stanno alla pari con chi è sobrio. E poi c'è Socrate: credi forse una sola
parola di quel che ha appena detto? non lo sai che è tutto il contrario? Perché
lui, se in sua presenza faccio l'elogio di qualcuno, d'un dio o di un'altra
persona che non sia lui, non ci pensa due volte a menarmi.""Ma che
dici!", gli fa Socrate."Per Poseidone - dice Alcibiade -, è inutile
che protesti, perché in tua presenza io non posso fare l'elogio di nessuno, se
non di te.""E allora fa così - dice Erissimaco -, se vuoi: fa un
elogio di Socrate."Che dici? - riprese Alcibiade - tu credi che dovrei...
Vuoi che me la prenda con un tipo così e mi vendichi davanti a
voi?""Ma ragazzo, che ti passa per la testa? - dice Socrate. Perché
mai vuoi fare il mio elogio? per prendermi in giro?""Voglio solo dire
la verità: a te accettare o meno.""La verità? Benissimo, allora
accetto. Anzi ti chiedo io di dirla." "Presto fatto - dice Alcibiade
-. Quando a te, ti assegno un compito: se dico qualche cosa che non è vera,
tronca a metà le mie parole, se vuoi, e dimmi che su quella cosa lì io mento,
perché io volontariamente non racconterò certo delle balle. Però mescolerò un
po' tutto nel mio discorso, e tu non meravigliarti, perché tu sei proprio un
bel tipo e non è certo facile, nello stato in cui sono, ricordare con ordine
proprio tutto. Discorso di Alcibiade: Per fare l'elogio di Socrate, amici,
ricorrerò a delle immagini. Sono sicuro che lui penserà che voglia scherzare, e
invece sono serissimo, perché voglio dire la verità. Io dichiaro dunque che
Socrate è in tutto simile a quelle statuette dei Sileni che si vedono nelle
botteghe degli scultori, con in mano zampogne e flauti. Se si aprono, dentro si
vede che c'è l’immagine di un dio. E aggiungo che ha tutta l'aria di Marsia155,
il satiro: eh sì, Socrate, gli somigli proprio, non vorrai negarlo! E non solo
nell'aspetto! Ascoltami bene: non sei forse sempre tracotante? Se lo neghi, io
produrrò dei testimoni. Ma, si dirà, Socrate è forse un suonatore di flauto?
Sì, e ben più bravo di Marsia. Lui incantava tutti con quel che riusciva a fare
col flauto, tanto che ancora oggi chi vuol suonare le sue arie deve imitarlo.
Anche le musiche di Olimpo, io dico che erano di Marsia, il suo maestro. Le sue
arie, suonate da un grande artista o da una ragazzina alle prime armi, sono
sempre le sole capaci di incantarci, di farci sentire quanto bisogno abbiamo
degli dèi: ci vien voglia di essere iniziati ai misteri, perché quelle musiche
sono divine. Tu, Socrate, sei diverso da Marsia solo in questo, che non hai
affatto bisogno di strumenti musicali per ottenere gli stessi risultati: ti
bastano le parole. Una cosa è certa e dobbiamo dirla: quando ascoltiamo un
altro oratore, il suo discorso non interessa quasi nessuno. Ma ascoltando te, o
un altro - per mediocre che sia - che riporta le tue parole, tutti, ma proprio
tutti, uomini, donne, ragazzi, siamo colpiti al cuore: qualcosa che non ci fa
star tranquilli si impadronisce di noi. Quanto a me, amici, non vorrei
sembrarvi del tutto ubriaco, ma bisogna che vi dica - come se fossi sotto
giuramento - quale impressione ho avuto nel passato, ed ho ancora, ad ascoltare
i suoi discorsi. Quando lo sento parlare, il mio cuore si mette a battere più
forte di quello dei Coribanti158 in delirio e mi emoziono sino alle lacrime: e
ne ho vista di gente provare le stesse emozioni. Ora, ascoltando Pericle ed
altri grandi oratori, mi accorgevo certo che parlavano bene, ma non provavo
niente di simile: la mia anima non era travolta, non sentiva il peso della
schiavitù in cui era ridotta. Ma lui, questo Marsia, mi ha spesso messo in un
tale stato da farmi sembrare impossibile vivere la mia vita normale - e questo,
Socrate, non dirai che non è vero. E ancora adesso - lo so benissimo - se
accettassi di prestar ascolto alle sue parole, non potrei farne a meno:
proverei le stesse emozioni. Socrate con i suoi discorsi mi obbliga a
riconoscere i miei limiti: io non cerco di migliorare me stesso, e continuo lo
stesso ad occuparmi degli affari degli Ateniesi160. Devo quindi fare violenza a
me stesso, tapparmi le orecchie come se dovessi fuggire dalle Sirene, devo
andar via per evitare di passare con lui il resto dei miei giorni. Soltanto
davanti a lui ho provato un sentimento che nessuno si aspetterebbe di trovare
in me: io ho avuto vergogna di me stesso. Socrate è il solo uomo davanti al
quale io mi sia vergognato. E questo perché mi è impossibile - ne sono
perfettamente cosciente - andargli contro, dire che non devo fare quello
che mi ordina; ma appena mi allontano, cedo al richiamo degli onori della folla
intorno a me161. Allora mi nascondo, come uno schiavo scappo via, ma quando lo
rivedo mi vergogno per quel che prima ero stato costretto ad ammettere. Ci sono
volte che non vorrei più vederlo al mondo, ma se questo accadesse so che sarei
infelicissimo. Così, io non so proprio che cosa fare con quest'uomo. Ecco
l'effetto delle sue arie da flauto, su di me e su tanti altri: ecco cosa questo
satiro ci fa subire. Ma ascoltate ancora: voglio proprio mostrarvi come somigli
alle statuette a cui l'ho già paragonato, e come il suo potere sia
straordinario. Sappiatelo per certo: nessuno di voi lo conosce davvero e io,
siccome ho già cominciato, voglio mostrarvelo sino in fondo. Guardatelo:
Socrate ha un debole per i bei ragazzi, non smette mai di girar loro attorno,
perde la testa per loro. D'altra parte lui ignora tutto, non sa mai niente -
questa almeno è l'immagine che vuol dare. Non è questa la maniera di fare di un
Sileno? Sì certo, perché questa è l'immagine esterna, come quella della
statuetta di Sileno. Ma all'interno? Una volta aperta la statuetta, avete idea
della saggezza che nasconde? Amici miei, sappiatelo: che uno sia bello, a lui
non interessa affatto, non se ne accorge neppure - da non credersi - e lo
stesso accade se uno è ricco o ha tutto quello che la gente ritiene invidiabile
avere. Per lui, tutto questo non ha alcun valore, e noi non siamo niente ai
suoi occhi163, ve lo assicuro. Passa tutta la sua giornata a fare il sornione,
trattando con ironia un po' tutti. Ma quando diventa serio e la statuetta si
apre, io non so se avete mai visto che immagini affascinanti contiene. Io le ho
viste, simili agli dèi, preziose, perfette e belle, straordinarie: e così mi
son sentito schiavo della sua volontà. Ero giovane, e credevo seriamente che
lui fosse preso dalla mia bellezza; ho creduto fosse una fortuna per me, e
un'occasione da non lasciar scappare. Ero veramente fiero della mia bellezza e
così speravo che, ricambiando il suo interesse, avrei potuto aver parte della
sua saggezza. Convinto di questo, una volta allontanai il mio servitore - di
solito ce n'era sempre qualcuno quando vedevo Socrate, e non eravamo mai soli -
e così restai da solo con lui. Devo proprio dirvi tutta la verità: ascoltatemi
bene, e tu Socrate, se non dico bene correggimi. Eccomi dunque con lui, amici,
da soli. Io credevo che avrebbe ben presto cominciato a parlare come si parla
fra innamorati, e ne ero felice. Invece non fa assolutamente niente. Parla con
me come sempre, restiamo tutto il giorno insieme, poi se ne va. Allora lo
invitai a far esercizi di ginnastica con me, e così ci esercitavamo insieme: io
speravo proprio di concludere qualcosa. Facemmo ginnastica insieme per un
certo tempo, e spesso facevamo la lotta, ed eravamo soli. Che dirvi? Nessun
passo avanti. Non riuscendo a niente con questi sistemi, pensai allora di
puntar dritto al mio scopo. Non volevo affatto lasciar perdere, dopo essermi
lanciato in questa impresa: dovevo subito vederci chiaro. Lo invito dunque a
cena, come un innamorato che tende una trappola al suo amato167. Ma non accettò
subito, anzi ci mise un po' di tempo a convincersi. La prima volta che venne,
volle andar via subito dopo cena. Io, che mi vergognavo un po', lo lasciai
andare. Ma feci un secondo tentativo: e in quell'occasione dopo cena io
prolungai la conversazione, senza tregua, fino a notte fonda. Così quando lui
volle andarsene, con la scusa che era tardi lo convinsi a restare. Era
dunque coricato sul letto accanto al mio, là dove avevamo cenato, e nessun
altro dormiva con noi. Fin qui, quel che ho raccontato potrei dirlo davanti a
tutti. Ma quel che segue voi non me lo sentireste affatto dire se, come dice il
proverbio, nel vino (bisogna o no parlare con la bocca dell'infanzia?) non ci
fosse la verità. Del resto non mi par giusto lasciare in ombra quel che di
meraviglioso fece Socrate, proprio adesso che ne sto facendo l'elogio. E poi io
sono come uno morso da una vipera: queste persone, si dice, non raccontano
affatto quel che han passato, se non ad altri che sono stati anch'essi morsi,
perché solo loro possono comprendere, e scusare tutto ciò che si è osato fare o
dire per l'angoscia del dolore. E io son stato morso da un dente più
crudele, e in una parte della persona che aumenta la crudeltà: nel cuore,
nell'anima (poco importa il nome). La filosofia con i suoi discorsi mi ha
trafitto col suo morso, che penetra più a fondo del dente della vipera168
quando si impadronisce dell'anima di un giovane non privo di talento e gli fa
fare e dire ogni sorta di stravaganze - ed eccomi qua con Fedro, con Agatone,
con Erissimaco, con Pausania, con Aristodemo, ed anche con Aristofane, senza
parlare di Socrate, e con tanti altri, tutti attenti come me al delirio
filosofico e alla sua forza dionisiaca. Vi chiedo dunque d'ascoltarmi perché
certo mi perdonerete per quel che ho fatto allora e per quel che dico oggi. E
voi servitori, voi tutti che siete profani, se state ascoltando, tappatevi le
orecchie con le porte più spesse. E allora, miei amici, quando la lampada fu
spenta e i servi se ne furono andati, io pensai che non dovevo più giocare
d'astuzia con lui, ma dire francamente il mio pensiero. Gli dissi allora,
scuotendolo: "Dormi, Socrate?" "Per nulla", rispose.
"Sai cosa penso?" "Che cosa?" "Penso che tu saresti un
amante degno di me, il solo che lo sia, e vedo che esiti a parlarne. Quanto ai
miei sentimenti, mi son convinto di questo: che è stupido, io credo, non cedere
ai tuoi desideri in questo, come in ogni cosa in cui tu avessi bisogno, la mia
fortuna o i miei amici. Niente, infatti, è più importante ai miei occhi che
migliorare il più possibile me stesso, e io penso che su questa strada nessuno
mi può aiutare più di te. Quindi mi vergognerei dinanzi alle persone sagge di
non cedere ad un uomo come te più di quanto mi vergognerei dinanzi alla massa
degli ignoranti di cedere." Mi ascolta, prende la sua solita aria ironica
e mi dice: "Mio caro Alcibiade, se quel che dici sul mio conto è vero, se
ho davvero il potere di renderti migliore, devo dire che ci sai proprio fare.
Tu vedi senza dubbio in me una bellezza fuori del comune e ben differente dalla
tua. Se l'aver visto questo ti spinge a legarti a me e a scambiare il bello con
il bello, il guadagno che tu pensi di fare alle mie spalle non è affatto
piccolo. Tu non vuoi più possedere l'apparenza della bellezza, ma la bellezza
reale, e quindi sogni di scambiare - non c'è dubbio - il bronzo con l'oro. Eh
no, mio bell'amico, guarda meglio! T'illudi sul mio conto: io non sono
niente171. Lo sguardo della mente comincia davvero a esser penetrante quando
gli occhi cominciano a veder meno: e tu sei ancora molto lontano da quel
momento." Al che io rispondo: "Per quel che mi riguarda, sia ben
chiaro, io non ho detto niente che non penso. A te, adesso, decidere ciò che è
meglio per te e per me." "Hai ragione - mi fa -. Nei prossimi giorni
noi ci chiariremo, e agiremo nella maniera che sembrerà migliore ad entrambi,
su questo punto come su tutto il resto." Dopo questo dialogo, io credevo
di aver lanciato un dardo che l'avesse trafitto. Mi alzai e, senza permettergli
di reagire, stesi su di lui il mio mantello - era inverno - e mi allungai sotto
il suo, ormai vecchio, e presi tra le mie braccia quest'essere veramente meraviglioso,
demonico173, e restai con lui tutta la notte. Adesso non dirai che mento,
Socrate. Ma tutto questo dimostra quanto lui fosse più forte: non degnò di uno
sguardo la mia bellezza, non se ne curò affatto, fu quasi offensivo in questo.
E dire che credevo di non essere affatto male, miei giudici (sì, giudici della
superiorità di Socrate). Ebbene sappiatelo - ve lo giuro sugli dèi e sulle dee
- io mi alzai dopo aver dormito a fianco di Socrate senza che nulla fosse
accaduto, come se avessi dormito con mio padre o con mio fratello maggiore.
Immaginate il mio stato d'animo! Certo, mi ero quasi offeso, ma apprezzavo il
suo carattere, la sua saggezza, la sua forza d'animo. Avevo trovato un essere
dotato di un'intelligenza e di una fermezza che avrei credute introvabili: e
così non potevo prendermela con lui e privarmi della sua compagnia, né d'altra
parte vedevo come attirarlo dove volevo io. Sapevo bene che era totalmente
invulnerabile al denaro, più di Aiace davanti alle armi. Sul solo punto in cui
credevo si sarebbe lasciato catturare, ecco, era appena fuggito175. Insomma,
completamente schiavo di quest'uomo, come mai nessuno lo è stato d'altri, gli
giravo vanamente attorno. Tutto questo accadde prima della spedizione di
Potidea. Entrambi vi partecipammo, e prendemmo anche i pasti insieme. Quel che
è certo, è che resisteva alle fatiche non solo meglio di me, ma di tutti gli
altri. Quando capitava che le comunicazioni fossero interrotte in qualche
punto, e in guerra succede, e noi restavamo senza mangiare, nessun altro aveva
tanta resistenza alla fame. Al contrario, se eravamo ben riforniti, sapeva
approfittarne meglio degli altri, in particolare per bere; non che ci fosse
portato, ma se lo si forzava un po', lui poi superava tutti e - cosa assai
strana - nessuno ha mai visto Socrate ubriaco. E credo che questa notte stessa
avrete la prova di quanto dico. Quanto al freddo - e nella zona di Potidea gli
inverni sono terribili - Socrate è del tutto straordinario. Vi racconto un
episodio. Era un giorno di terribile gelo, quanto di peggio potete immaginare,
uno di quei giorni in cui tutti evitano di uscire e se lo fanno si infagottano
tutti, i piedi avvolti in panni di feltro o in pelli di agnello. Socrate se ne
uscì coperto solo dal mantello che porta sempre andando a piedi nudi sul
ghiaccio con più tranquillità di quelli che avevano le scarpe: e così i soldati
lo guardavano di traverso, perché pensavano li volesse umiliare. E c'è
dell'altro da dire. "E' straordinario ciò che fece e sopportò il forte
eroe", laggiù in guerra: vale veramente la pena di sentire la storia che
ho da raccontare. Un giorno si mise a meditare sin dal primo mattino, e restava
fermo a seguire le sue idee. Non riusciva a venire a capo dei suoi problemi, e
così stava lì, in piedi, a riflettere. Era già mezzogiorno e gli altri soldati
l'osservavano, stupiti, e la voce che Socrate era in piedi a riflettere sin dal
mattino presto cominciò a circolare; finché, venuta la sera, alcuni soldati
della Ionia dopo cena portarono fuori i loro letti da campo - era estate - e si
sdraiarono al fresco, a guardar Socrate, per vedere se avrebbe passato la notte
in piedi. E così fece, sino alle prime luci del mattino. Solo allora se ne
andò, dopo aver elevato una preghiera al Sole. Adesso, se volete, dobbiamo dir
qualcosa della sua condotta in combattimento - perché anche su questo punto
bisogna rendergli giustizia. Quando ci fu lo scontro per il quale i generali mi
assegnarono un premio per il mio coraggio, riuscii a salvarmi proprio per
merito suo. Ero ferito, lui si rifiutò di abbandonarmi e riuscì a salvare sia
me che le mie armi. Allora io chiesi ai generali di assegnare il premio a te:
non potrai certo, Socrate, dire adesso che io mento, e neppure rimproverarmi
per quel che dico. Ma i generali, considerando la posizione in cui ero,
volevano dare a me il premio, e tu hai personalmente insistito più di loro
perché il premio invece andasse a me. Ricordo un'altra occasione, amici, in cui
valeva la pena di vedere Socrate: fu quando il nostro esercito a Delio179 fu
messo in rotta. In quell'occasione fu il caso a farmelo incontrare. Io
ero a cavallo, e lui era oplita. Stava ripiegando insieme a Lachete180, tra le
truppe sbandate, quando io capito lì per caso, li vedo e per incoraggiarli dico
loro che non li avrei abbandonati. In quell'occasione ho potuto osservare
Socrate ancora meglio che a Potidea, perché avevo meno da temere, essendo a
cavallo. Aveva più sangue freddo di Lachete - e quanto! - e dava l'impressione
(uso le tue parole, Aristofane) di avanzare come se si trovasse in una strada
d'Atene "sicuro di sé, gettando occhiate di fianco", osservando con
occhio tranquillo amici e nemici e facendo vedere chiaramente, e da lontano,
che si sarebbe difeso sino in fondo se qualcuno avesse voluto attaccarlo. E
così andava senza mostrare alcuna inquietudine, insieme con il suo compagno:
gli opliti che, in simili situazioni, si comportano in questa maniera di solito
non vengono affatto attaccati dai nemici, che invece inseguono chi scappa in
disordine. Molti altri aspetti del carattere di Socrate potrebbero essere
oggetti di un elogio, perché sono veramente ammirevoli. Riguardo a queste cose,
però, anche altri uomini probabilmente meritano gli stessi elogi. C'è qualcosa
in Socrate, invece, che lo rende meravigliosamente unico, assolutamente diverso
da tutti gli altri uomini del passato e del presente. Infatti, volendo, si può
trovare l'immagine di Achille in Brasida e in altri, Pericle può ricordare
Nestore o Antenore, e questi casi non sono isolati: si possono fare paragoni
simili a proposito di tanti altri. Ma l'incredibile di quest'uomo è che
lui e i suoi discorsi non hanno paragoni né nel passato né oggi, per quanto si
cerchi con attenzione, a meno che non lo si voglia paragonare come facevo io
prima: non ad altri uomini, ma ai Sileni e ai Satiri - che si tratti di lui o
delle sue parole. Sì, perché c'è una cosa che ho dimenticato di precisare:
anche i suoi discorsi sono simili alle statuette dei Sileni che si aprono.
Infatti, se si ascolta quel che dice Socrate, a prima vista le sue parole
possono sembrare quasi comiche, tutte intrecciate con strani discorsi:
esteriormente ricordano proprio gli intrecci della pelle di un satiro
insolente. Parla di asini da soma, di fabbri, di sellai, di conciatori di
pelli, ed ha sempre l'aria di dire le stesse cose con le stesse parole. Chi non
sa o è poco attento, c'è caso che rida dei suoi discorsi. Ma se li apri e li
osservi bene, penetrandone il senso, scopri che solo le sue parole hanno un
loro senso profondo: parla come un dio, e la folla delle immagini che usa,
affascinanti, rimandano sempre alla virtù. Chi lo ascolta è portato verso le
cose più alte; anzi, meglio, è guidato a tenere sempre davanti gli occhi tutto
quel che è necessario per diventare un uomo che vale. Ecco, amici, il mio
elogio di Socrate. Quanto ai rimproveri che ho da fargli, li ho mescolati al
racconto di quel che mi ha combinato. Del resto non sono il solo che ha
trattato in questo modo: ha fatto lo stesso con Carmide, il figlio di Glaucone,
con Eutidemo, il figlio di Dioele, tutta gente che ha ingannato con la sua aria
da innamorato, con la conseguenza che furono loro ad innamorarsi di lui. Io ti
avverto, Agatone: non farti ingannare da quell'uomo! Che la nostra esperienza
ti sia di monito! Che non accada come dice il proverbio: "l'ingenuo
fanciullo non impara che soffrendo." Quando Alcibiade ebbe parlato così,
l'ilarità fu generale, anche perché s'era capito ch'era ancora innamorato di
Socrate. E così Socrate gli disse: "Tu non hai affatto l'aria d'aver bevuto,
Alcibiade. Altrimenti non avresti fatto un discorso così sottile, tutto fatto
per nascondere il tuo vero obiettivo, che è venuto fuori solo alla fine: ne hai
parlato come se fosse una cosa secondaria, e invece tu hai fatto tutto un lungo
discorso solo per cercare di guastare l'amicizia tra Agatone e me. E tutto
perché sei convinto che io debba amare solo te, nessun altro che te, e che
Agatone debba essere amato soltanto da te, da nessun altro che da te. Ma non
t'è andata bene: il tuo dramma satiresco, la tua storia di Sileni, abbiamo
capito tutti cosa significhi. E allora, mio caro Agatone, bisogna che lui non
vinca a questo gioco: sta ben attento che nessuno possa mettersi tra me e
te." E Agatone di rimando:"Hai detto proprio la verità, Socrate. E ne
ho le prove: si è venuto a sdraiare proprio tra te e me, per separarci. Ma non
ci guadagnerà niente a far così, perché io torno proprio a mettermi accanto a
te." "Oh, bene, - disse Socrate - ti voglio proprio vicino! Per Zeus,
- disse Alcibiade - quante me ne fa passare quest'uomo! Pensa sempre come fare
per aver l'ultima parola con me. Socrate, sei proprio straordinario! Ma lascia
almeno che Agatone stia tra noi due. E' impossibile - disse Socrate -. Perché
tu hai appena fatto il mio elogio, e io devo a mia volta far quello della
persona che sta alla mia destra. Quindi, se Agatone si mette al tuo fianco,
alla tua destra, dovrà mettersi a fare il mio elogio prima che io abbia fatto
il suo. Lascialo piuttosto stare dov'è, mio divino amico, e non essere geloso
se faccio il suo elogio, perché desidero proprio cantare le sue lodi. Bravo! -
disse Agatone -. Lo vedi tu stesso, Alcibiade: non è proprio possibile che
resti qui. Voglio a tutti i costi cambiar posto, e ascoltare il mio elogio da
Socrate". "Ecco - disse Alcibiade -, finisce sempre così. Quando c'è
Socrate, non c'è posto che per lui accanto ai bei ragazzi. Guarda che razza di
ragione ha saputo trovare adesso per farselo stare vicino!" Agatone si era
alzato per andarsi a mettere accanto a Socrate, quando all'improvviso tutta una
banda di gente allegra spuntò dalla porta. Qualcuno era uscito e l'avevano
trovata aperta, e così erano entrati e s'erano uniti alla compagnia. Gran
baccano in tutta la sala: senza più alcuna regola, si bevve allegramente un
sacco di vino. Allora, mi disse Aristodemo, Erissimaco, Fedro e qualcun altro
andò via. Lui, Aristodemo, fu preso dal sonno e dormì tanto, perché le notti
erano lunghe. Si svegliò ch'era giorno e i galli già cantavano.
Alzatosi, vide che gli altri dormivano o erano andati via. Solo Agatone,
Aristofane e Socrate erano ancora svegli e bevevano da una gran coppa che si
passavano da sinistra a destra. Socrate chiacchierava con loro. Aristodemo
non ricordava, mi disse, il resto della conversazione, perché non aveva potuto
seguire l'inizio e dormicchiava ancora un po'. Ma in sostanza, disse, Socrate
stava cercando di convincere gli altri a riconoscere che un uomo può riuscire
egualmente bene a comporre commedie e tragedie, e che l'arte del poeta tragico
non è diversa da quella del poeta comico. Loro furono costretti a dargli
ragione, ma non è proprio che lo seguissero del tutto: stavano cominciando a
dormicchiare. Il primo ad addormentarsi fu Aristofane, poi, ormai in pieno
giorno, s'addormentò anche Agatone. Allora Socrate, visto che si erano
addormentati, si alzò e andò via. Aristodemo lo seguì, come sempre faceva.
Socrate andò al Liceo, si lavò e passò il resto della giornata come sempre
faceva. Dopo, verso sera, se ne andò a casa a riposare. Marsilio
Ficino. Keywords: desire, love, beauty, il bello, amore, cupido, desiderio,
platonismo, walter pater – Plathegel e Ariskant, sensibile, percezione, “I
platonisti” -- --. Refs.: Ficino’s “Commentaries on Plato,” Tatti -- Luigi Speranza, "Grice e Ficino," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
fidanza: (Bagnoregio).
Filosofo. Grice: “Italians call Fidanza an ‘anti-dialectician’ but then they
have Aquinas, who is an hypoer-dialectiician!” essential Italian philosopher. Figlio di Giovanni di Fidanza, medico, e di Rita. Inizia i suoi studi al convento di San
Francesco "vecchio". Si recò a Parigi a studiare nella facoltà delle
Arti. Ddvenne maestro e ottiene la licenza d'insegnare. Francesco predica agli uccelli. Intervenne nelle
lotte contro l'aristotelismo. Attacca quelli
che erano a suo parere gli errori dell'aristotelismo. Morì a causa di un
avvelenamento. è considerato uno dei filosofi maggiori, che anche grazie a lui
si avviò a diventare una vera e propria scuola di filosofia. Combatté apertamente l'aristotelismo, anche se ne acquisì
alcuni concetti, fondamentali. Inoltre
valorizza alcune tesi del platonismo. La distinzione della filosofia in
‘filosofia naturale’ (res) (fisica, matematica, meccanica), filosofia razionale
(signa, segni) (logica, retorica, grammatica) e filosofia morale (azione) (politica,
monastica, economica) riflette la distinzione di res, signa ed actiones -- la
cui verticalità non è altro che cammino iniziatico per gradi di perfezione
verso l'unione mistica. La parzialità delle arti è non altro che il rifrangersi
della luce con la quale Dio illumina il mondo. Nel paradiso, Adamo sapeva
leggere indirettamente Dio nel Liber Naturae (nel creato), ma la caduta è stata
anche perdita di questa capacità. Per aiutare l'uomo nel recupero della
contemplazione della somma verità, Dio ha inviato all'uomo il Liber Scripturae,
conoscenza supplementare che unifica ed orienta la conoscenza umana, che
altrimenti smarrirebbe se stessa nell'auto-referenzialità. L’intelletto agente
è capace di comprendere la verità inviata dall'intelletto passivo. Nel “Itinerario della mente" spiega che la filosofia
serve a dare aiuto alla ricerca umana, e può farlo riportando l'uomo all'anima.
La "scala" dei 3 gradi e un “primo grado”
esteriore, è necessario prima considerare il corpo. L’anima ha anche tre diverse direzioni. La prima direzione si
riferisce al corpo, e la sensibilità o animalita. La seconda direzione
dell’anima ha per oggetto lo spirito, rivolto in sé e a sé. La terza direzione ha
per oggetto la “mente” -- che si eleva spiritualmente sopra di sé. Tre
indirizzi che devono disporre l'uomo a elevarsi a Dio, perché ami Dio con tutto
il corpo, l’anima, e la mente. La sinderesi è la disposizione pratica al
bene. Cf. Moore – ‘external world’ – mondo del corpore. Tre modi. Il primo modo e il vestigium (vestigio) o
improntum. Il secondo modo e l’immagine, che si trova solo nell’uomo, l’unica
creatura dotata d'intelletto, in cui risplendono la memoria, l’intelligenza e la
volontà. Il terzo modo e la “similitudine”, che è qualità propria di una buona
persona, una creature giusta, animata di benevolenza e carità. La natura e un segno sensibile. «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le
pietre.»» (Lc, 19,38-40). The stones
will shout. The shout of the stone MEANS that thou shalt be benevolent. Una
creatura, dunque, e una impronta o
vestigio, una immagine, una similitudine (Per Lombardo, ‘imago e similitude’ is
redundant). La pietra "grida" – la pietra e una impronta – la pietra
significa – la pietra segna che p. Altre opere: “Breviloquio; Raccolte
su dieci precetti; Raccolte sui sette doni dello Spirito Santo; Raccolte nei Sei
Giorni della Creazione, Commentari in quattro libri delle sentenze del maestro
Pietro Lombardo, Il mistero della Trinità; questione disputata, La perfezione
della vita alle sorelle, La riduzione della arti alla teologia), Il Regno di
Dio descritto nelle parabole evangeliche, La conoscenza di Cristo ed il mistero
della Trinità, Le sei ali dei Serafini, La triplice via, Itinerario della mente
verso Dio, La leggenda maggiore di San Francesco, La leggenda minore di San
Francesco, L'Albero della vita, L'Ufficio della passione del Signore, Questioni
sopra la perfezione evangelica, Soliloquio, Complesso di teologia, La vite
mistica. Eletto Ramacci, S. Bonaventura e il Santo Braccio, Bagnoregio,
Associazione Organum, Oggi del convento restano solo i ruderi. Grado Giovanni Merlo, Storia di frate
Francesco e dell'Ordine dei Minori, in Francesco d'Assisi e il primo secolo di
storia francescana, Torino, Einaudi, G. Bosco, Storia ecclesiastica ad uso
della gioventù utile ad ogni grado di persone” (Torino, Libreria Salesiana Editore,
con l'approvazione di Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino, Cesare
Pinzi,Storia della Città di Viterbo,Tip.Camera dei Deputati, Roma, Pinzi parla
dettagliatamente degli interventi di Bonaventura a Viterbo in occasione del
Conclave e dell'amicizia con Gregorio X.
Testi: Bonaventura da Bagnorea presunto, Meditationes vitae Christi,
Venezia, Nicolaus Jenson, Legenda maior, Milano, Ulrich Scinzenzeler, Opera
omnia, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da
Bagnorea, Expositiones in Testamentum novum, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre;
Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Sermones de tempore ac de sanctis,
Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea,
Opuscula, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, Opuscula, Lyon,
Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea,
Commentaria in libros sententiarum, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre ;
Arnaud, Laurent, Commentaria in libros sententiarum, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ;
Arnaud, Laurent, 1668. Studi Bettoni E., S. Vita e Pensiero, Milano, Bougerol
J.G., Introduzione a S. Bonaventura, trad. it. di A. Calufetti, L.I.E.F.,
Vicenza, Corvino F., Bonaventura da Bagnoregio francescano e filosofia, Città
Nuova, Roma, Cuttini E., Ritorno a Dio. Filosofia, teologia, etica della “mens”
in Fidanza. Rubbettino, Soveria Mannelli, Di Maio A., Piccolo glossario
bonaventuriano. Prima introduzione al pensiero e al lessico di Bonaventura da
Bagnoregio, Aracne, Roma, Barbara Faes, da Bagnoregio, Biblioteca Francescana,
Milano, Mathieu V., La Trinità creatrice secondo san Bonaventura, Biblioteca
francescana, Milano 1994. Moretti Costanzi T., San Bonaventura, Armando, Roma, Ramacci
Eletto, S. Bonaventura e il Santo Braccio, Associazione Organum, Bagnoregio, Todisco
O., Le creature e le parole in sant'Agostino e san Bonaventura, Anicia, Roma, Vanni
Rovighi S., Vita e Pensiero, Milano); Raoul Manselli, Dizionario biografico degli italiani, 11, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Emiliano Ramacci, Un Inno, Associazione Organum, Bagnoregio, Emiliano
Ramacci. TreccaniEnciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Bonaventura
da Bagnoregio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Bonaventura
da Bagnoregio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. (DE) Bonaventura da Bagnoregio, su ALCUIN,
Ratisbona. Opere. Audiolibri di Bonaventura da Bagnoregio, su LibriVox. Bonaventura
da Bagnoregio, su Santi, beati e testimoni, santiebeati. Biografia di San
Francesco d'Assisi , su assisiofm. scritta da San Bonaventura da Bagnoregio
Itinerario della mente in Dio , su lamelagrana.net. Itinerarium mentis in Deum, Peltiero Edente,
su documentacatholicaomnia.eu. San
Bonaventura online, su dionysiana.wordpress.com. L'Opera omnia nell'edizione
dei padri francescani di QuaracchiSalvador Miranda. Findanza. Keywords:
Lc. 19:38-40 ‘grideranno le pietre’ ‘la pietra grida’ – i segni trinitari - primo grado: vestigio o impronta; secondo
grado: immagine; terzo grado: similitudine --. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Fidanza," per Il Club Anglo-Italiano,
The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
FIGLIUCCI
(Siena).
Filosofo. Grice: “Of course I love Figliucci, who doeesn’t? Of course, there is
Figliucci and [Vincenzo] Figliucci, both moralists at Siena; what I love about
Figliucci is that he championed the big ones: Plato’s Fedro – with the
charismatic metaphor of the winged warrior; and then Fedro is an interesting
character for maieutica; and Aristotle’s ethical ‘books,’ which we hope he
instilled on Alexander!” – Studia a Padova. Dopo aver vissuto le piacevolezze mondane
della corte, entrò nel convento domenicano di Firenze. Altre opere: “Del bello”
(Roma); “Ficino” (Venezia); “Le undici Filippiche di Demostene con una Lettera
di Filippo agli Ateniesi. Dichiarate in lingua Toscana” (Roma, Appresso Vincenzo
Valgrisi); “Della Filosofia morale d'Aristotile” (Roma); “Della Politica,
ovvero Scienza civile secondo la dottrina d'Aristotile, libri VIII scritti in
modo di dialogo” (Venezia, Gio. Battista Somascho); “Catechismo, cioè
istruzione secondo il decreto del Concilio di Trento”; TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. FIGLIUCCI,
“IL FEDRO O VERO IL DIALOGO DEL Bello di Platone, Tradotto in lìngua Toscanà
per Felice Figliucci Sense. IN ROMA Con
priuilegio del Sommo Ponstefice per anni X.IL FEDRO. Ó VERO il D/4iWa id Bello
di Telatone. TRADOTTO in lingua Tofcana» Perfone del Dialogo, SOCRATE, ET
FEDRO. O Fedro mio caro,doue uai tu,ac Soc. donde uieni ^ F E D. Socratc,io
uego da cafa di Lifia figliuolo di Cefalo,flC hora me ne uh un poco à fpafTo
fuor della città : per ciò che buona peza feco à ragionar fedendo, da quefta
mattina per tempo, per fino à hora fon dimorato. Et hora,c(rendo à ciò ftato
perfuafo,da Acumeno tuo amico, fiC mio,fò caminando efTercitio : il qual modo
di efTercitarfi, egli affai più facile, CC molto più gjoueuole giu:sdica, che
laftaticarfi nel correre, come molti fanirsno. SOCR. Certamente Fedro mio, eh*
egli ti configlia bene^ma fecondo il tuo dirc,Lifu dee elTere nella città, è
uero ^ F E D, Ve^sro,fi£ alloggia infieme con Epicrate nella cafa di
Morico,uicino al Tempio di GioueOlimpiót SOCR. rimali di gratia,clie faceuate
uoi quiui f Inuitouui forfè Lifia al parto delle fuc orationii' F E D. Tu lo
fapra!,par clic tu babbi tempo di uenire i(ifieme coumeco^fin che io te l
habbia narrato . SOCR. Che dici tu.^ Hor Don penfi tu, che io proponga à ogni
mia facen <ìa ( come di^Te Pindaro) il ragionamento di Li:s fia,fl£iltuo?
FED, Seguitami adunque S 0,C R. Di pure^ F E D. Et fappi Socra;^ tc.che quella
difputa, che nacque fra Lifia^a ine.è {lata à punto degna delle tue orecchie.
Per ciò che il parlare,che Ci\ ùilto,(ìx in un cers; to modo tutto intorno alle
cofe d'amore ;.pcr ciò che Lifia haueua fcritto una oratioue doftiG::
fima,fi£eIegantiflima,manoDÌn fauore d'uno 'amante,anzi pier quello era
artificiofa.fi: Icggias: dra,che egli in quella prouaua,che più toftofi dee far
ccfa grata à chi non ama, che à chi ama» S O C . O huomo certamente digniffuno
; uo:s lefTe lddio,che egli haueffe fcritto,che fi hauefe fe à fave bene più
tofto à unpoueio.che à un ricco, ftàunuecchio, che à un giouane,aà
moltialtrijiquali in molte altre cofe fono mal condotti, come me : per ciò che
fe tale fufTe fta^ ta la fua oratione .all' bora fi poteua degnametc ^nc ce
piaccuole.a utile . Non di meno anchora che ella non fia (lata cefi, egli m'è
foptags giunta una fi gran uogliad' udirla, che (e tu cdis minando te ne
andaflj perfino à Mcgara,flC fc ( comeècoftume di Hcrodico ) tofto che alle
mura della città fiifli giunto .indietro te ne tornaflì,io per queflo fon
difpofto di non ti aK? bandonarmai. FED, Che dici tu Socrate^' Penfi turche io
giouane inefperto poffa hora narrarti, flC ramentarti quelle cofe,chc Lifia moi
te più dotto di quanti Sìcrittori hoggi fi troua:^ no, in molto tempo à fua
commodità compofe/ Sappi,che io fono affai lontano da quello ti uoglio dire,chc
iouorrei più prefto fimil cofa faper fare, che effer d' infinite riccheze
poffeffo? re. SOCR. Fedro cparrebbe.cheip non fi conofcefL , non fai tu, che
tanto à me farebbe il non fapere chi tu fei, quanto lo fcordarmi di me
medefimo.^ Delle quali^ofe neffuna è uera: per ciò che io fo beniflimo,che tu
non udirti una uolta fola quefta Oratione di Lina,ma te U facefli replicare
affai uolte. Et Lifia fo io, che uo lentieri ti ubidiua: ne quefto anchora ti
fu affair ma fattoti al fine dare m mano il libro. doue eri
fcritta,confiderafti ineffo tutte quelle cofe,U quali maggiormente defideraui
fapere : il che come hauedi fatto, fianco di hauere in quel Iugo fi fungamciife
fedufo,(i partifti per andare tene a fpafTo . Et io giiiraréi,che bora tela
mefe teui alla memoria, fé gii non fufTeftata troppo lunga, te neandaui fuor
della città^perconi fiderare date ftefloà quello, che haueui letto» Ma poi che
tu ti fei abbatuto ì un'huomo pazo di udire fimili ragjonamèti,come fono
io,toflo che iMiaiucduto, ti fei oltra modo rallegrato, quafi che tu fufli
certo di hauerc uno, che dei niederimo,che tu,tecori hauefli à rallfgrare,flc
fare feft^,flC cofi mi bai commefTo.che io uenea teco. Quindi pregato da me
defiderofiflimo di ud/rti, che à dir cominciaflj, bai finto ciò efTerti
difficile, come fe tu non hauefli bauto uoglia di raccontarmi quefta cofa : flC
io fon certo, che. al fine, quando alcuno qui non fuffe ftato,che ti haueffe
per fe fteflo uoluto udire, tu haueui tan ta uoglia di dire quello, che haueui
udito, che tu cri per sforzare qualunque fi fuffe.à udirti à fuo mal grado. Et
però Fedro mio caro, non tt fare pregare à mia fòdisfatione di fare queU lo,
che eri ogni modo per fare fenza che alcuno te ne ricercaffe^ F ED. Sarà
adunque me;s gbo dirti quefla cofa, come jo faprò,purcbc io la dica ; per ciò
che e mi pare, che tu non fia per abbandonarmi mai, fin che non Thabbia
fentita. <^ Sccr. I o S O C R. Certamcnfe che tu hai^buon credtere* F E Cofi
adunque faro : ma per dirti il uero Socrate, io non ho imparate le parole tutte
à mente, ma io mi ricordo bene quafi di tutte le ragioni, flC argomenti : per
li quali egli dimcftra un'amante efferdifTimile da chi no ama, fiC cofirdì fon
deliberato nan-artele tutte ordinatamen:? te. S O C Moftrami di gratia prima
quel, che tu hai nella man fiftiftra fotto il mantello, che à dirti il uero, io
dubito che tu non habbia quel libro proprio : il che fe è uero, pen(à che io ti
ftimo afTai ; non di meno fe io poffo udire jLifia,non uoglio ftarc à udir te.
Ma che fai tu, che ncn me' 1 moftrif F E D • Deh fta fermo: tu m'hai leuato
d'una grande fperanza o Socrais te, che io haueua di efercitait hoggi il mio
ingc^ gno con teco: ma poi che io non poffo farlo, po niamcd à federe , per
leggere doue più fi piace • S O C Aridiamocene, prima che à leggere.
cominciamo,dj U dal fìume Iliffo, ftquiui ci porremo à federe, doue più ci
parrà FED. A tempo mi truouo difcalzo,ma fu non uai mai altrimenti : & però
ci farà ageuole paiTare quefta piccola acqua, ne anchora ci douerà difpiaccre,
tnaflimamente in quefta ftagionc,&à quefta hcra. SOCR. Va uia adunque, ft
in tanto confiderà , doue po(&amo federe » F £ Vedi tu quel Platano cofi
alto S O G R . Si ueggo. F E D. Qoiui è una piaceuolc ombra, •fiC un uentolino
fcaue.flC l'herba tenera in ogni parte: fi che pofTjamo porci à federe,© à
giacere, doue più ci piacerà. S O C R . Va Ij^adaquc. F E D, Dimmi un pooc
Socrate, non fi dice egli, che già in quefto luogo Borea rapì Oriss
fhia,uicinoaI fiume Iliffoi' S O C R, Col; fi dice» F E D. Non ti pare egh, che
qui fi uegga una acquetta grata, pura, fiC chiara, nella quale commodatamcte
pofTano le fanciulle fcher zarci' SOCR» Non é quefto il luogo, ma po co più di
fotto, lontano due ò uero tre ftadi,do:s ue habbiamo trouato il Tempio di
Diana, flc in quel medefimo luogo è un certo altare fatto ad honore di Borea. F
E D . Io non fq bene quc ftacofa. Ma dimmi per tua fe Socrate, penfi tu che
quefta fauola fia ftata uera t S O C R . Se -io non penfafli^che fuffc uera,
come fanno an^s chora tutte le perfone fauie.non per quefto farei da elTere
ftimato fcioccho: ma non uolendola in tutto negare, potrei fingermi quefta
cofa,fiC dire, che il uento Borea ulcito da quefte pietre ui:s cine à
(chcrzare.flC foUazarfi con Farmacia, fi ina; contro in Onthia,cCla
fecegrauemente à terra cadere, della qual cola ella ne. mori: OC di qui hanno
finto, che ella fò rapita da Borea , non già da qiiefto luogo, ma dallo
Ariopago.doue bora fi giudicano le caufe : per ciò che è /ama affai da quefta
diuerfa^che ella non fu rapita da quello^ . ma da quel luogo. Hora io Fedro
mio, giudico certamente quelle cofe molto diletteuoli, ma da huomini troppo
curiofi, & folkcjti di quello» che poco importa, fiC da perfone anzi poco
fortunate, che non: le quali fe per altro non hauefs fimo à chiamare infelici,
quefta però farebbe cas:gione giuftf/Tima^che eglino tégono cofa neceffarla,
che bifogni interpretale la forma de i Centauri, delle Chimere, flC di molte
altre fintioni inutili. Et non folo fi truouano quefte fi fatte figure, ma à
chi fi intrica in fimili cofe.gli pio^ uonoà doffo.k turbe de i Serpenti, delle
Gorgoni,fiC la bugia del cauallo Pegafo,& di moU te altre forme contrafatte
; onde fe alcuno di quefti cofi diligenti non crederà, che quefte co^ fe fienò
flate nel modo, che fi narrano, ma uorrà Qgni cofa ridurre alla fua allegoria,
& al fenfo più, fecondo lui,conuenienfe,coftui certo bara otio d'auanzo,flf
fi fiderà di elTér ricordato per uia d'una fcientia roza,flc di poco memento»
Maio,à dirti il uero,non ho tempo à cercare (i^ mili ccfe ; perche non anchora
pc/To ccnofcerc me fl:e(ro,ri come ci infegna clie dobbiamo fare 1 oracolo Delfico
. Et per qnefto à me pare cofa da ridere, il uoler cercare di fapere le cofe d
altri,' Don conofcendblhcTìora quelle, che à me fi ap35 partengono,flf che fono
in me ftefTo. Per il che laiciate andar quefte cofe.ft crededo paramene» te à
quello, che credono gli altri intorno à qucfto,non perdo il tempo nella
cqnfidcrafione Io ro,malo metto à confiderare me {lefTo. ft^cofi ^ taì'hora fra
me dico. Sono io una beftia più (u^ riofa,flC più rabbiofa,che non fu il
gigante det^ to Tifone,© pure ( come è uero ) fono nato ani^ m^ile più
placabile, fiC humano,fiC più femplice; participc per natura della mente
diu{na,fiC nato per godere al fine uno ftafo.ft una forte felicif^s fimar Ma
non è egli quefl:o,al quale ragionado, fiamoarriuati, quello albero, doue tu
mimenas ui^ FED, Quefto é d elfo . SOCR. Cerato che quefto è flato un viaggio
degno: per ciò che quefto Platano hai rami larghifTimi.fiC è molto alto,£( la
alteza di qpcllo Agnol cafto; infieme con l'ombra che fa, è bella oltra modo,'
ficpiaceuole : fichoraè il tempo, nel quale più che mai,fiorifce : per il che
il luogo tutto intorbi noe ripieno di foauiflìmo odore. Oltra ciò, è quefto
fonte,che fotlo il Platano la terra riganjs s ^ do. (io bagna, cliiariflìmo, CC
di acqua frefca puc afrai,comeripaoconofcerenel metterci dren^ to un piede. Et
le fanciullesche quiui fcolpitc j] ueggono.&lealfre belle
imagini.dimoftra:? no chiaramente, che il fonte c ftatofagratoak le
Ninfe.&ad Acheloo. Non ti accorgi olfra di quefto, quanto gioconda,
écfoanefia Taura^ (che quiui fpjrar fi lente r Oltra ciò/i ode una
moifitu'crine di cicale : ìe quali, fecondo il temrs po cantando, ne fanno
fentiie un concento non fo come fcaue.fiC piaceiiole. ma più dbgni altra
'Cofa,mj pare degna deffcr lodata quefta tenera herbetta,Iaquale.4 mirarla,
pare che ella beni:s griamenteafpetfi, che altri ripofiil capo fopra 4/ lei
perriceuerlo.tìcfoftenerlo commodiffima mente . Per il che Fedro mio caro, fu
mi hai me nato hcggi qui, doue io fono come foreftiero, per farmia ftare più
uolenfierijl che hai fatto prudentemente. F E D. Chi ti.fentifre.crede:^ rebbe
che tu fufli huomo da pochiTIimo: flC cer:s tamente a quel. che tu dici, tu
pari più prefto un foreftiero.che uno del paefe : talmente di^ moftn non hauer
mai pafTato i noftri confini, ne effer mai ufcito delle noftre porte, S OCR,
Perdonamf Fedro mio da bene,|) ciò che io, coxnc (u fai^foiamente defidero
imparare:& fu bea falche gli alberi, fiele unie,& li campì, non ttìì
pofTono ifegnare cofa alcuna, ma fi bene gli huo >mini , che habitano la
città . Ma tu , fecondo me> hai truouato un modo da allettarmi all'ufcircì
qualche uolta : per ciò che fi come coloro , che à *gli animali moftrano
frondi,ac porgono frutti, li menano doue uogliono : cofi tii,moftrando5 mi
queftolibro,mi menareftiper tuttq il contar no d' Atene, doue tu uoleffj . Hora
poi che fias mo giunti qui, mi pare di pormi à federe : fiC tu acconciatoti in
quel n(iodo,che più commodo ti parrà , comincerai à leggere , F E D * Odi
adunque» • I N Q^V E S T O (lato certamente fi trubuano le cofe mie : flC
quefto.comc fai,p0:s co fì intefo da me,penfo che m' babbi à gioua:^ re affai .
Hora io uoglio che fappi , che io ftimp, ce giudico, fecoia alcuna io ti
domanderò, dos: uerla da te per quefta cagione impetrare, per ciò che io non
fon prefo del tuo amore • Et che ciò Ca il aero, tu fai che gl'amanti, come
prima han no la lor libidine fatiata,fi pentono de i benefiis cii,che ti hanno
mai fatti : ma quelli, che dall'ai mor legati non fono, non fi pentono per
tempo alcuno, la ragione è quefta, Che eglino fanno li bcneficii per fe fteflì
penfatamente, fiC fecondo che pofTono.fif che le facalfà loro compocifanot
& non fono à ciò sforzati, còme gli amanti . Ob tra cib,gli amanti alle
uolte tra fe ftcflj penfand quanto negligentemente dall'amore impediti J
habbino le lor faccende condotte à fine,ft quaa li beneficii habbino con troppo
danno loro à gli amati fatto.flC quanti affanni,» quante fati^ che habbino
fofferto : fif per quefta cagione mai hanno da gli amati bene alcuno,tengonù
per certo non glie n'effere obligati.mahauera gliene per J'addietro dato degno
guiderdone^ Ma coloro, che dall'amore non fi truouanoinii ' - gannafi,nonfi
lamentano di effere ftati pccd accorti nelle faccende lóro: non gli duol delle
paffate' fatiche, non fi rammaricano, per cagion deiramato,hauer con li parenti
fatte grauiHime nimicitie,come fpeffe uolte fuol auuenire . Onai k de tolti uia
tanti mali, che à gli amati fòlamenie interuengono, refta folo,che quelli, che
non amano, come fo io. fieno fempre pronti,» para^ tiffimi à fare tutte quelle
cofe ,che penfano potergli arrecare giouamento. Sono molti che dicono,che per
quefta cagione fi douerebbond affai gli amanti appiezare : per ciò che grandif^
fima è la carità , che uerfo gli amati loro hanno « tutte le bore, flC che fempre
apparecchiati fi truo «ano à ubbidire air amato, ec a fargli cofagri!* fa ce
con le parole, & con le opere, anchora che perqucfto ceruffimi fuffcro,
doucre offendere pgni altra perfona. il qual parere di qui faciU xncnfe fi può
confidcrare non edcr uero.chè Ic^s uafa alle uoltc la beneuolentia da uno,* in
ua^ litro portala, affai più confo de i nuoui amanti 0inno,chc di quelli, che
prima haucuano : fiC che pm,fequefti amanti più frcfchi gli el com mette/fero,
diuentarieno c^udeh/Tjmi inimici de Ipaffati. Etin qual modo pofTjamo noi dirc^
che ne gli amanti fia cofi ardente amore, efTenj: do à quella infelicità, &
calamità fottopofii, dals: la quale perfona alcuna quantunque fauia,& acs:
corta, mai potrebbe rimuouerhV Et quefto è, che codoro ccnfeffano per loro
fleffi effere anzi fuor di loro, che non^ft dicono conofcere la loro
fcioccheza,a: pazia,ft non di meno non poa» tjfrfene rifenere,o i;ifliuouerc.
Et pero gli huoismini faui, come potranno approuare,& giudicar hiioai i
configli ,fiC i pareri di perfone da tal mancamento macchiate.'' Olfra CIO, fe
tu uorrai fciogliere un'huomo in ogni parte perfetto tra gli amanti, bifognerà
che tu faccia quella fcelfà tra pochi, che pochi fono quelli, che amantifi
poffano dircma fe tu uorrai procacciarti ungami tò.ì)totnpagfio,recòr)(5ofl
Mi^ctio tuo,^acl t^nicofa atto;&accommodato^tra quelli, chè non amano Jo
potrai più fàcilmente fare :pct tiòchc tra molte petfone ti ùd toncefTo
fctrglict lo:^ più debbi fpcrare di bauere un buono ami co tra molti, cHc tra
pochi, à trotianc- Et fe al fi* ne tu temi,» fuggi, come debbi fjre,l'in6mf*
publica.i8C il biafimo unuierfale, quale per òrdi ration delle leggi fi può
ffTet dato.ti & bifos^ gno ramf n(arti,che gli amanti\li quali per quel la
cagione uoriebbono tfTer^ amati ^ per \m quale amanoilogliono poi che al
defiderato fint fi ueggono giunti, gloriarfi, OC uantarfi alla fco3f perta,che
eglino non hanno m uano ncHorol «more confumato il tempo. Ma quelli,che noft
tìmano, con ciò fvache facilmente pofTano taccsi re,a: tenerfi di due quel ,
che hanno fatto, han^a no coftume di cercar più toilo quel, che penfa^j no
eflérottim.o per loro.fiì per lamico^che Tefa fer dalla moUitudine,fiC dal
nolgo ricordati,^! portati per bocca. Aggiugnc anchora à que^s fto.che
acccrgendofi la plebe, che un'aman:^ te fegua un' amatorie afliduaménte in ogni
cofa Mclcntierrgli ubbidifca,^< fimilmente gif compiace a, fubito entra in
fofpùlto^ che tr* loro non fu flato, o nori fia càttiuo defidcdQ^ ma non ha già
ardire di bafitnarc le amicitie dr coloro, che non amano : per ciò che ben fa,
che à gli huomini fa di bifogno ben fpelfo infieme ritroiiarfi.ò uero per
cagione di amicitia,ò uera per qualche lorocommodità. Etfe forfè tu teis fnefTì
di quelli, che non amano, fic penfaffi, che fuffecofa diffìcile, che con quei
tali Tamicitia durafTe, anzi nata qualche guerra, ò nimicitia, du^jitafTe che
ne ne fu(Te per uenire danno deU r uno, ài deir altro : CC (e poi tu ,
concedendo i un, che non t'ama, quello che più d'ogni altra Éofa apprezi,ne
uenifli per quello non poco ofss fefo,fiC faccfTì non piccola perdita, facendo
cofa grata à chi poco, ò niente ti appreza, ti dico^^che per quefta cagione
barai maggiormente da te^s mere gli amanti.per ciò che molte cofe fon quel le,
che gli offendono, CC fenipre penfano che ciò the fi fa, per danno loro fia
fatto» Et per quefto uietano à gli amanti loro il conuerfare tra gli aU fri,
temendo fempre che quel l'i, che di loro più ricchi fono, non li fuperino de
benefici!, ò uero che gli huomini dotti non li uincano di fape:^^ re . Et in
fomma fe perfona conofcono. che in fc babbi cofa alcuna di buono, quàto più
poffono, fi sforzano da coftui rimuouere gli amici, flC cofi perfuadendoli, che
da fimil pratiche fi guardi^ no. no,à poco à poco li prfuanó di tutti gli
amfciv^ ^ Hora le tu penlerai bene à te, « a quelJo,chc>i fi conuiene,flC Te
farai miglior deliberafione di loro, non fi appiglierai al parer loro, ma te ne
difcofterai quanto potrai . AlT incontro coloro^ che del tuo amore non fon
preri,ma fanno quei le cofe,che ueggonoefTer conuenienti,& fi fcr^ uono ne
i bifogni,folo per operare uirtuofameij te,(5f efortati à ciò da una mrtù,a:
bontà d'ani:? mo, non ti haranno inuidia,fe ti ucdranno prassticar con altrui,
ma piu tofto quelli harani>ojp odio, che à te non fi uor ranno accoftare,penfando
( come è uero ) che coftoro li fprczino,£Ì gli amici ti giuouino,à; aiutino :
flC per qucftp^ molto maggiore fperanzafi dee hauerc,che da quefta praticane
uengano amicitic,che inimù citie.Aqueftecofe fi può aggiugnere,che la maggior
parte de gli aitanti, prima defiderano pofrcdere,flC godere il corpo dell
amato.che hab biano conofciuti li coftumi fuoi,ò l'altre cofe^ che debbono in
un'amato ritrouarfi. Et di quì uiene.che fi dubita,fe latiatala uoglia loro,dei
bano nella amicitia perleuerare. Ma traquelli^^ che non amano , li quali
efTcndo per T addietro flati amici, non laceuano quelle fimihcofe in bf neficio
dell' amico, per che eglino fuffero trop:? po afFcttionatl urrfo Ai hì^t cofa
ragicneuolc, che l amieitia fia minore : ima bifogna ben cons; fefEire,chc i
beneficii, che Tannargli facciano, accio che per quel mezo habbiano à efier
iicor:s ciati daqnelli,che dopo loro iierranno,doue gli amanti ad altro, che al
prefente,no attendono. ©Ifra di quefto(credi à nfie)diuenterai affai nusj gliore,fc
afcolterai un che non ti ama, che fe à un amante prederai le orecchie : per ciò
che gli amanti con lodi infinite inalzano oltra modo tutte le cofe,che fu fai,
odici : parte per che te:J tnono,fecendo altrimenti di non ti offendere : parte
per che dallo ardente defiderio loroacce:^ catione! giudicare fi ingannano :
per ciò che la^ more fa, che coloro, che ne i cafi d'amore poco fortunati Ci
ritruouano, fono sforzati à giudicare quelle cofe trjfte.ft infelici, chea gli
altri non darebbono moleflia alcuna ^ Et per il contrario quelli^che hanno
buona fortuna^flf che dtll'as worlofo fi godono, a mal ior grado fonconrx dotti
a lodar quelle co(è, come fauoieuoli.fiC gioconde, che non meritano, ne poffono
fare ftar contento huomo alcuno : ££ però più toflo farebbe di b/fogno di
quelli tali hauer compaf? fione. che fegui tarli ♦ Hora fe tu uorrai credere .
alle ter alle mie parole, io primieramente uoglio effe* tuo amico,ac darti
apprcfro,non per il piac^re^t che di te al prefente potrei haiiere, ma per la
utf lifà,che la mia amicitja per Io auuenire ti potrà dare. Et non farò quefto,
legato, òuinto.ò fog^ gietto all' amore, ma uorrò effer patrone di mcs ftefTo :
a non douerai temere, che io per cagiost ne alcuna, ben che leggiera, habbia
fra noi à (xt nafcerc grauiffime nimicifie,anzi fc pure alle- uolfe mi altererò
alquanto, non lo farò fenza grandiflìma cagione. Et non di menoqnclli er:s rori
che inauuertentemente mi uetran fatti, al fine liconofcerò : ft quelh,nelii
quali uolontariamente incorrerò, mi sforzerò emendare, AC»- fchifare.flCquefli
fono ucri fegni d'unaami^ dtia,che habbia lungamente à durare . Etfe for fé tu
pcnfi,che non pofla truouarfi una ueia^CC ' durabile amfcitia,fe dall'amore non
è cagtona^. fa, debbi confiderare,che per quefta medefinia cagione noi non
appiezeremo gli figliuoli, ne ameremo li padri, ne terremo cari, flC fedeli
co:s, loro.che per buoni ufficii,a: beneficii fattici, d fuffero diuentati
amici, fe da quefto ardore amo rofo non haueflcro hauto principio ♦ Potrecs ftr
dirmi. Si dee fempre fare bene à queU li huomini^ che ne hanno più di bifogno;
ft però è cofa conucnientc.non cercar di giouars rcàglihuonnini,chepcr fe
fteflì hanno, mai quelli, che fono più bifognofi : per ciò che co:^ ftoro^fe da
me ne i maggior bifogni loro farani; no aiutati, mi renderanno Tempre infinite
gra:^ tie. Aqueftofirifpondo,chefe ciò fuffe uero, nelle fpefe^che priuatamcte
facciamo,fiC ne i do ©eftici conuiti, non haremo à inai tare gli amis; Ci.ma
più torto gli affamati, fiC li mendichi : per che coftoro molto più
apprezeranno un tal bcis ,neficio,ti feguiteranno,ti corteggieranno, ti fanno
fefl:a,ti ringratieranno infinitamente, fiC pregherano iddio per te. Onde tu
puoi uedere, che fi conuiene non compiacere à i bifognofi principalmente, ma fi
bene à quelli, che ti pof:^ fono riftorare . Et per quefto non à gli amanti^
comeà bifognofi, ma à quelli, che mentano, debbi far piacere : & non debbi
fodisfare à quei lische della tua belleza fi delettano,maà queU lische anchora
quando farai uccchio,ti fono per dare utile : ft non debbi giouare à quelli, i
quali hauendo il defideno loro adempiuto, fcoperta^: mente fe ne uanteranno^ ma
a quelli, che uer:^ gognofi taceranno. Et non debbi far cofa gra^s ta à coloro,
che per ifpafio di breue tempo ti ho BorerAoao.ma a quelli^che tutto il tempo
dell* uifa tua ugualmente ti ameranno : 6C non debb accarezare coloro,! quali,
fpeto l'ardore del loro sfrenato defiderio,cercherano Tempre cagioni di far
nafcere nimicitie^ma quelli,! quali ( anchora che la belleza manchi ) Tempre moftrano
la fcrj: meza^flCla conftantialoro. Ricorderatì aduns: que di quelle cofe, che
io ti ho dette, flC penfej: rai che gli amanti fono da i loro amici riprefi,fiC
accufati,per chc.ramoreècofa brutta, OC inde^ gna,ma nenuno uitupera,ò biafima
quelle, che non ama, dicendogli, che egli fi gouerni male, come fi può dire à
gl'amanti. Foife mi domane: derai.fe io fi uoglioconfegliare.che tu debbia
ubidire à tutti quelli, che non tramano. Al che io ti rifpondo,di nò : perciò
che io focerto^chc iimilmentc un tuo amante con ti comandereb be.chc tu à un
medefimo modo amafli tutti quelli che ti amanorper ciò che quelli, che han no
da hauere gli benefici! da te, non meritano tutti ugualmete.nc à te farebbe
cofa facile coms: piacere à tutti, fe uolefll che uno non s'accorgef fi
dell'altro ;&bifogna che di quefto feruirc nonne uenga danno alcuno, ma fi
bene/che r uno a l'altro ne cauì qualche utilità. Hora io penfo hauer detto à
baftanza : fe à te pare, che io ci debbi aggiugnere qualche coU ,Aor.uujgi
da,ch^ io ti fodisfarò. Cloe ti pare di quefla Ora fione Socrate r' Non é ella
fiC nelle altre cofe,& nelle parole comporta mirabilmen ter S O C R* Ella è
tanto marauigliofa, che mi ha fatto ft(i:s pire,fif tutto, per tua cagione
Fedro mio, mi (os no fentito commouere, mentre che io guardauj gli attrae i
gefti,chc nel leggere quefta Oratio^: ne faceui . Et però penfando che tu
meglio, che io, conofca^flC intenda fimili cofe,ho hautoad ufcir di me per
troppa allegreza infieme con tes: co^ F E D. Inqueftomodo mi uuoi burss lare ?
S O C R. Adunque parti, che io ti burhf' Non penfi tu,ch'io dica da aero/ F E
D. , Non certo: Ma dimmi un poco per tua fe^penss fi tn,che altro Greco intorno
à fimil materia po fede dire più cofe,« pia d9ttes* S O C R, Pen
fiamonoi.chcfia da effer lodato uno Scrittore folamente per che gh babbi detto
quelle cofe, che fono ftate necefTarier'òpure diremo, che me^: riti lode, per
che egli babbia tutte le fue paroledifpcfl:e,£( ordniate chiaramente,
numeroiamen te, a elcgantementes' Se à te pare, che bifogni lodare Lifia per la
inuentione, IO per farti pia^: cere, tei concederò ma io per la mia fciocche^:
za,(S( ignorantia,non Tho in luì conofciuta.pcr ciò che folamente ho attefo
alla eloquentia dei • pariate : al che poter perfettamente fare, io non penfo
che Ljfia fteffo hc'^bbia penfato d' efier fla fo bafteuole. Et cerfainenfe à
irìeè parfo( fé già '^tu non uolefh dire il contrario) che egli habbia
leph'cato dne,flC tre uolte le medefime cofe.co^ me fe gli fufTe fnacata copta
di faper dire diuerfe cofe fopra una mcdefima materia.ò uero uoglia^ 'imo dire,
che egli no babbi hauto Ibcchio à quc fto. A me certo, fe tu uuoi,cheio ti dica
la mia cpintone,è parfo che egli habbia uolufo parere •^di faper moftrare
elegantemente in ogni modo, *cKe à lui pareua quella cofa,che fi metteua à dl^
chiarare, dicendola bora in uno,& hora in un' al tro modo. F E D . Socrate
tu no dici niente: per ciò che quella Oratione h*a in fe quefto,chc neffuna
cofa ha lafciato in dietro di quelle, che intorno à tal fuggietto accomodar fi
poteuano: "onde io giudico, che neffuno poffa di quefto me defimo più cofe
dire.tt phi uerifimili di quelle, che egli ha dette. S O CR. Quefta cofa non
'fi poffo io hormai più concedere, per ciò che gì' huomini raui,chc ne tempi
paffafi furono, flC le donne, che di queflo hanno parfato.ficfcritto mi
riprenderebbono,* mi arguirebbono con:? 1ra,fe io per la tua fodisfàttionc tei
concedeffi ^ J £ D . Chi fono eglino quefti huomini, flC qiicftc donne Et
douchai tu udite migliori cofc diqueftes' SOCR. Al prcfente io non me ne
ricordo cofi bene, ma fappia cerfo,che io non fo in che luogo ho letto,flC
udito quel, che io ti dico, & potrebbe efTere.che fufTe ò nelle opere
della^èlla Saffo. buero ne libri del fa:5 aio Anacreonte,ò uero d'altri
Scrittori: fiC faps; pi, che non per altra cagione fo ioquefta coniet
4ura,cheper fentirmi pieno d'altri argomenti non forfè peggiori de fuoi,che
intorno à ciò fi potrebbonp addurre , Et per che io conofco be^ ni/Timo la mia
ignoranza, fiC confcfTo che io non fo cofa alcuna, fenon per hauerla ueduta in
aU tri^fiCnonperhauerla imparata da me, hi fogna che io confeffi di hauere
attinte quefte cofe daU le fonti d'altrui à guifa di un uafo : ma per U piia
rQizeza,mi fono fcordato da chi io le habbù .iaiparate,flCinche modo. F E D. O
Socrate da bene, tu fai bene à dir cofi.ne uoglio che tu ,dica anchor che io
te'l.comanda(ri.dachi,fi( eoa? .me babbi quefte cofe apprefe : ma uaglio benc^
che tu mi moftri ( come confeffi di poter fare.) .quelle ragioni, che dici, che
fai più efficaci, OC più dì quelle che Lifia intorno a ciò fcriffe.ll che fe
farai, non dicendo le cofe, che diffe Lifu^ ti prometto confegrare in Delfo una
ftatuadcl mcdefimo pefo,chc fci tu j1 che fcgliono fare i none noftri
Magiflrati,come fai» SOCR* Tu mi uuoi Fedro caro un gran bene,& fei uc^^
ramente d'oro,fe tupenfi che io poffa dirti, che Lifia habbia errato, ftche fi
pofTano fcriuerc cofe migliori di quelle, che egli ha fcritto. Io uo glio che
tu fappia,che io non direi, che ciò po:5 tefTe accadere à un uiliflTimo
Scrittore, non che i lui. Ma per dirti anchora quelle cofe,che io fo, non già
per riprendere lui, primieramente parlando folo di quello. che fi appartiene à
quc ftonoftro ragionamento, penfi tu che colui, che uorra prouarc.che fi habbia
più tofto à fare pia:^ cere à chi non ama, che à chi ama.fe prima^nbh
prouerà,chechi non ama,fia fauio,flf pruden:? te,ft l'amante infano, flC fe
quello non loderà, flC queflo non biafimerà ( le Squali cofe fenza dù bio
alcuno, ne uengono di neceffità ) poffi nel proceder fuo dir cofa alcuna, che
alle prime fia corrifpondente (Non di meno io giudico, che quefte fimili cofe,
che di neceflìtà ne fegucno, fi habbiano à rimettere nella uolòta de gli Scrit
tori,ficfe non le dicono, gli fi pofTa perdonare: per ciò che di queftj tali
non fi dee lodare la in:^ uentione,man bene la difpofitfone.Ma di quel le
cofe,che neceffanamente non fi concedono, flCcIie difficilmente
firitruouano,non foìo pèfì55 fo io, che fi babbi à lodare la difpofitione^niala
muentione anchora. F E D. Ti concedo che fu uero quello, che tu dici: per che
mi pare, che tu habbia detto apprcfTo che bene, OC ioanchora intendo non
indugiare k fare quefto.che hai detto : « però ti concedo^che tu prefupponga,
che un' amante fia peggio trattato, che uno che Jima. Hora fe tu nelle altre
cofe,che dirai, mi fass rai fentire p/u dotte ragioni, flC più degne parole che
egli nò fece, ti prometto, che ti farò una ftass tua d'oro nella Olimpia
apprcfTo alle ftatue de gli fucceffori diCipfelo. SOCR. Tu liai Fedro forfè
hauto per male, eh' io habbia ripres: fo un'huomo tantoàtecaro,ma io mi burlaua
teco. E penfi forfè tu, che io fia per pigliare(la:i fciamo andar le baic)un
imprefa di hauere à di^ recofa alcuna più elegantemente di Iui,che.c
fauifrimo,C£dottiffimorF ÈD. Tu fei ritor* nato Socrate mio in un medeftmo,
dicendo que fte parole. Tu hai da dire in ogni modo quel, che tu fai;ft eoe
potrai: flcfopra tutto auuertifct^ che in quefto noftro ragionamento non ci
con:» uenga fare quel, che fanno coloro, che recitano le Comedie.ciÒTè
rifponderci troppo fpeiTo T un 1 altro;il che é.fccondo me.mokftjflimo. E non
far fi, che io fja sforzato à dire, come tiJ,pòco fi dicefti. Se ici no fapefli
chi fufle Socrate, potrei dire dj non conofcere anchora me ftefTotperchc
certamente fo,che tu hai defidcrio di fodisfarmi: ma tu uuoi fingere, che
quefta cofa ti fia difficii k,'Et per dirtela, finalmente tu hai da penfare,
che tu non Tei per partirti di qui ^ prima che tu non mi habbi dette tutte
quelle cofe ,che tu dirs ceui fapere migliori di quelle, che hai udite: pei!
ciò che tu uedi,che nei fiamo foli,(3C in luogo re moto.fiC regreto,fiC io fon
più giouane,(!f più ga gliardo di te. Si che per quefte cofe tu puoi ìn^
tendere per difcrctione quel, che io uoglia infes? rire : ne uoler più tofto hauere
i ragionare sfor^> zatOjChe di tua uolontà.. S O C Io lo fo mal uolentieri
.-perche io conorco,chc io farò degno delTer beffato, fe io, che fon rozo flC
fciòc co al poflibIle,uorrò coptcdere con uno cofi per fetto Scrittore, flC fe
io uorròalla fprouifta difpu tare di quel mcdefimo,di che eglipenfafamentc ha
ragionato . F E D , Sai tu f^gmc la co(a ua^ Lafcia andar quefte cofe meco: per
che io credo quafi hauer trouato una uia,|) la quale io ti con durrò.flC
sforzerò à dir quel, ch'io defidero , Soc. Non mei dire di gratia. Fed.Come no
mei diref anzi Io uoglio dire , io mi uolterò alli giurameff^ poi che alfro non
mi naie . Io ti giuro per qatW iddio clie tu uuoi, flC anchora,fe ti pare, per
quc fto Platano, che fe tu non dici quel, che tu fai al la fua prefentia,fiC
fotto quefta fua ombra, io da qui innanzi non ti moftrerò.ne ti manifefterò mai
più oratìone di perfona alcuna. S O C R. OfceIerato,chehaitudettor'Ocomc bene
hai ritrouato il modo di sforzare un'huomo defide» rofo di udire orationi,come
fono io,à fare queU lo,che ti fuffe in piacere, FE D. Hora fe tu ne fei, come
dici,cori defiderofo,che indugi tu più? S O C R. Io nonindugierò più lunga^
mente, poi che tu4iai fatto un fimil giuramen:? to : per che come potrei io
uiuere.fe io fuffe pri uo di cofi dolce cibo ? FED. Hor dì aduns: que. SOCR,
Saituqucl,cheiouogliofa5: re ? F E Che cofa t' S O C R. Io dirò quel,che io
intendo dire, col uolto.fiCcol capo coperto, per dire più pretto : per che fe
io mirafs fi a te, farei impedito dalla uergogna. F E Di Pur che tu dica, fa
quello, che fi piace. S O C R; Hor fu dunque ò Mufe dolci, il qual cognome ui
fi dà perii modo del uóftro cantare, ò uero perladolceza della Mufica uoftra,la
quale fi dolcemente fuona,fauoritc ui prego,& aiutate quello mio ragionamento,
il quale mi sforzai éitt quefto huòino da bene : accio che poi che mi harà
udito^giudichi anchora molto più pru^ dente il fuo caro amico Lina, che prima
cefi uìó gli pareua* T V haicla fapere,chefik già un fanciullo^anzi pure un
giouane di gen:i tiliflìmoafpetto:coftui haueua molti amanti^ tra li quali
un'huomo certamente allato gli diede ad intendere, che non Tamaua^nc per ciò
punto meno de gli altri il fencua caro, fif gli uo leuabenc.Hora auucnne.che un
giorno egli lo pregò , che al fuo defideno compiacer doucli fe,flC per
impetrare quello, che egli domanda» ' ua,gliprouò che maggiormente fi
doueuafare cofa grata à colui, che non amaua,che à colui^ che amaua • Et per
farglielo intendere, gliCi moflrò con quefte ragioni » In tutte le còfe fall
v^>^^> ciuUo mio à coloro, che confultar bene,ò difpuf-^'^-^\ tar
uorranno,fa di bifogno hauere un folo.qjìj roedefimo principio, quale è il
conofcere,flC insK ^ ^/ tendere che cofa fu quella, intorno alla quale fl'^;:^
^o' confulta, ce difputa: altrimenti è neceffario in tutto errare» E
fonomolti,chenonfi accorga:» no di non conofcere, ne fapcre la fuftantia della
cofa, della quale ragionano; fif cofi come fc egli» nolafapeffero^nel principio
della difputaloro ' altrimenti non la dichiarano: tal chenel lor pioi^ cedere
ne feguc,come è hccefTario che inferuerii: ga.che eglino dicano cofe fuor del
loro propos: fito^adagli altri male intefe. Adunque acciò che ne à me, ne à tc
interiienga quei, che in al:: ^rui biaCimiamo,pofcia che egli è hora
differctiìi tra noi, Te fi dee più tofto pigliare Tamicitiadi colui, che non
ama, che di colui, che ama, farà buono che uediamo, che cofa fia amore, &
che forza egli habbia, dandogli qualche difFinifio^ ne, alla quale l'uno, fif l
altro di noi acconfenta» tt cofi dipoi, hauendo fcmpre 1 occhio, flC ogni .
fìoftio argomento drizandoà quella dijffinitio:: ne, confideraremo fé egli
dannoso utile near^ reca. E adunque ccfa manifefta a ciafcuno,che l'amore altro
non è, che un certo defiderio. Sap piamo anchora,che fimilmente queni,che non
ainano, hanno queflo defiderio di cofe belle, fiC buone . Per intendere aduBque
in che fia diffe^ rente l'amante da quel, che non ama, tu dei fa:5 pere, che in
ogni perfona fono due idee, le quali ci fignoreggiano,ó: doue più li piacerci
uolta^ no Je quali noi fumo à feguitare sforzati ouunis que elle ci conducono .
Vna delle quali infiemc con noi è nata.fiCqucftaè j1 defiderio de i piacer ri,
L altra T-habbiamodopo il nafcimento noftro acquiftata ; fiC quella è quella
opinionc,che ne gli ììiiomfni (5el fonimo Wne fi ut je,per fa qn* ic tanto
afìetfuofamc'jntc lò defider/arho. Qaeftft: alle uoltefono in noi fra loro
amiche, alle uoltèi' in difcordia fi truouano,& bora quefla uince^ feor
fupera quella Quando adunque quella opf fìione del fortìmo bene, cÌ>e difopra
hò detto^ dalla ragione guidafa,à qrfel'lo ciie è nero b^nc^; •ci conduce,
uincendo il defideriode i .piacen\ quefto'nTodo di uiirere fi domanda
femperanfiaS ma quando quello sfrenato defiderio, lontano al tutto dalla
ragione, ci fpingc.flf sforza à feguià tare ipiaceri,& amai grado noftro fi
fa di nof ^padrone, quello fuo imperio fi domanda libidi^si w : ài efTcndo h
libidine di moìu fòrti, £( ha^j uendo molte parti, anchorà è nominata in molss
li modi. Et di quelle molte forti di libidine, chfi io dico, quella cbe più
ch'altra T alc'unb fi ritrud ua,dj à colui quel nome,col quale ella é chiais
mata me può à coloro, li quali ella fignoregà già, nome alcun dare bonefto,ò
buono- per chè quel defiderio, che intorno alli cibi uince &Ia ragione, fiC
ogni altra uoglia,fi domanda golo^s fità : 8C colui ;che ha in fe quefto alt
pigi ian:^ do il.nome medcfimo, fi chiama golo(o, Anà chora quel deficlcno, che
intorno al bere,d'ù'à no fi impadronifcc^è co(a chiara, flC maiiifefta^donic fi
douerà chiamare, fiC anchora che nome liauerà colui, che da tal noglia fi
lafcerà uincere: àfimilmentc pofTono cfTer chiarina manifefti . ì nomtde gli
altri defiderii congiunti à quefti. Hora io penfo,che quafi fia
fcoperto.perqual ca gionc 10 ti habbia dette quefte cofc, ma uoglio io tacerlo.
òuoglio dirlo.'' Io lo dirò pure, per elle più fi intende una cofa à dirla, che
à non dirla. Et pero dicp,che quel defiderio priuo di ragione, il qual
fupera,&: uince quella opinion: ne, che è Tempre al giufto,fiC all' honefto
indirirs zata,a ci rapifce à cercare il piacer della belles: za, quindi col
moftrarci quei diletti, che dalìa bellezadiun corpo fi cauano, pigliando non
piccole forze. fiC rinfrancandofi, ci uincealtutrs to>flC ^^^p^t^aquel
defiderio, dico é detto ^§cù9» ciòèamore,daf 6J/^K?,che uuol dire gagliardia.
Parti egli, tedio mio caro,comc ì me, eh' io habbia détto diuinamente T F E D »
Certamente ò Socrate che fuor del tuo folito,ti fei non fo co:5 me più
ampiamente allargato. S O C R . Taci adunque,^ odimi ; per ciò che qucfto luogo
è certamente diuino,flC pero non ti marauigliare, fe nel parlare farò dalle
Ninfe di quefto luogo iafpirato à dire cofe diuinc : fif tu puoi hauer co
fiofciuto,chequci]o,che iopocofa,diceua,non fono Tono (late molto difllmili da
i uerfi Ditirambi ' che fogliono dire le facerdoti di Bacco all'horaj^, che dal
loro iddio fono ripiene di diuinità^ FED. Tudiciiluero. SOCR. Di que? (le cofe
ne fei cagion tu fenza dubio alcunormk odi quelle cofe, che reftano, accio che
io non nji fcordi di quello, che hora me fouuenuto,al che fo certo io che iddio
mi aiuterà, ft no mi ufciran no di mente. Et pero ritorniamo, feguitando il
ragionamcto noftro,al fanciullo,col quale. diao zi parlaua.Hora fanciullo mio,
noi habbiamo detto flC dichiarato che cofa fia quella, della quacs le noi
ragioniamo. Adunque hauendo feraprc- I occhio à quefto.confideriamo .lora quel,
che nercftaà dire,flCquefto è,Chegiouamento,Ó: che danno fia per uenirc per
cagion di un aman te,ò di un che non ami,à colui, che gli ubidirà. E adunque
neceffario.chc un' huomo uinto dal la libidine, Sedato alli piaceri, cerchi
femprc con ogni fuo sforzo, che ramato più che altra cofa,gli babbi da piacere.
Sai àhchora che ad uno che é infermo,gli piacciono, flC gli fon gra^ te tutte
quelle cofe, che alla uolontà fua non re:^ pugnano, f5C quelle gli
fonomo(efte,fi£ difpia^ ceuoli^che fono di lui migliori, ò feno migliori,
ugualmente buone /£t pero efTendo T amante \t)fcmo,fìon potrà mai pafifc,clìe
uno amato jpaà lui uguale, ò da pia, anzi cercherà femprc- ^^uanto potrà, fìflo
da manco di lui.a più bifors ' ^^nofo. Et per che tu fai, che un ignorante è
d:a^ manco che un dct(o,8C d'un forte un'timìdo,* 'id'un oratore,© olequente
uno inelegante. fi( po^ co atto adire,» d'uno acuto, «uiuo ingegna
kinofcmplice,er fcioccho.fe qaefti,»: molti ali. |ri mancamenti dell' animose
per natura conofcè; Ìitfóuar(ì,ò per ufo in un'amato efTcr nati, ali Thora
godeva fi rallegra lamantetS: non gli bi ìftando quello, fi sforza anchor de
gli altii pro^:^ cacciargliene ;altrimenti non gli pare poter ca^ Ilare dell'
amor fuo piacer alcuno . E adunque- HeccfTario, che un amante habbia Tempre
inui* ^laall'amato & rimoucndolo da ogni amicitia,^ ite da ogni
efercitio^per il quale "pò te (Te diuenà tare eccellente, bifogna che
grandemente glii inuoca; a k non gli nocelle per altro, per quei, ■fio al meno
gli è dannofc,che lo prfua di queli |a co6,che ne fa prudentflimr. Per cièche
la di iiina fìlofofia è quella.per la quale ueniamo pru^ "déntiffimi'dalla
ì]*tiafc lamanfe e sforzato rfmua ll^rc quanto può ì' amato, temendo Tempre di'
•pon effcre'fprezato da lui, fé pm prudente chft; V ?li nQO è.diuentaiTe ,.CC
in fomnia fi sforza f?r« ogni cofa,'pèr la qaale egli al fu((o ignorate dh
uenga.&fimaraiiigli folo di quelle parti, che ramante pofTiede. Qriando
adunque farà tale la niato,airhora farà ali amante carilIìmo,ma dans: nofiffimo
a fe ftefTo : fiC cofi puoi uedere,che in torno à quelle cofc,che al fapere fi
appartengo:?. no,è lamicitia con un'amante nocina. Debbia^ mo bora confiderare
in che modo colui, che c sforzato à anteporre il dilefteuole al buono, hab bia
da hauer cura di quel corpo, che egli ama,ca fo che a lui fuffe una tal cura
commefTa . Certas: mente che egli defiderà che quel corpo non fia fchietto,fiC
duro, ma delicato. & molle, non nus: , trito.aauuezo al Sole nelle fatiche,
ma fottò - l'ombra nelle dchcateze. Vorrà che fiaalleuato lontano da futri Ij
pericoli,» fatiche, che non habbia mai prouato fudore,» lo farà uiuere con cibi
feminili.ac delicati . Lo auezerà à crnarfi di colorila fàccia,» di
ftranieri,fiC nuoui ucftimeti la perfona,» à fimili altre cofe,le quali tutte
eù fendo dishonefte,» brutte à raccontare pia lun gamente,perpafrare ad altro
le lafciercmo an:? dare.Vn corpo adunque fi fattamente allcuato^ nelle guerre,»
in ogni altra pericolofa necefll^ ta,incmicì ficuramente uincono; onde li faci
amici,» gli amanti hanno femprc più paura, che à coftui qualche male n5
interuenga^che ad *ltri : ma qiicftacofa.efTcndo per fc fteffa cliias
ra.lapoflTiamolafciarc andare. Hora habbiama da dire che dannoso che giouamcnto
nelle co^ fesche di fuor uengonojaamicitia.flC laguar^: dia d* un amante ci
arrechi, Qnefto adunque è chiaro à tutti, flC nnafiime à un amante, che egli '
defidera.che il fuo amato fia priuato di tutte quelle cofe.che egli pofTjcdeJe
quali amiciflì^ lfte»gratiffime,tì:peift:ttiffimegli fono: perciò che egli
defidera, che gh fieno tolti li parenti,, Ce gli amici, penfan do che quelli
gli dieno gran df impedimento à goder la dolceza della ami^ citia dell'amato,
Ol tra ciò penfa,che un fanciul lo ricco dbro.o di qual fi uogli altra cofa,non
poffi cofi facilmente effere prefo d'amore : flC fe pure è prefo.uede che
troppo lungamente in quello amore non può durare . Et pero bifogna che
un'amante^comejnuidiofo,fi dolga della felicità dell' amato, flC fi rallegri
della miferia del medefimo, Defidera anchora,che lungo tempo uiua fenw moglie,
fenza figliuoh\OC fenza cala^ bramando goderfi quel pucere,che quando co:^ (Ifi
ritruouano,foIamente e/fj fentono. Sono ^^n(;hora molti altri mali in quefto
amore, ma nel ia maggior parte di quefti mali, come prima (i comincia i amar
qualche fpirita diuino,mefco5i. la fubifo un certo piacere, come ha fatto à uno
adulatore, il quale è certamente una dannofifljs: ma fiera, fiC una grandifljma
calamità : non di meno la natura ha mefcolato con quefta adulai tione un non
foche di piacere non al tutto da fprezare . Oltra di quefto farà alcuno, che
biafi:s mera le meretrici, come cofa noceuole^fiC altri fimili animali, ò uero
fi fatti ftudi, quali foglio:? no al prefente deiettarci, douc 1 amante non fo^
lamente è noceuole^ma anchora nel praticarlo c moleftifTimo • Per ciò che tu
fai , che il prouerbio antico è. Che li pari facilmente con li pari s*a^
nifconorper ciò che la ugualità dei tempo, della età di due(con ciòfiache per
lalomiglian za de gli anni conduca gh huomini à delet^ tarfi de i medefimi
piacerijpartorifce facilmente 1 amicitia.Ma ne gli amanti la età non pure non
genera amicitia.ma arreca un faftidio troppo grande : per che la neceflìtà in
ogni cofa à cia^ . fcuno è mole{la,la quale più che ogni altra cofa è in uno
amante uerfo T amato, accompagnata dalla difTomiglianza de gli anni , Et che
fia il uc ro,tu fai, che amando una perfona attempata qualche giouane,mai ne il
dì, ne la notte per fc ftcffo da Uh partir fi uorrebbe,ma è coftretto dal la
necefljtà.à; dalla pafFionc amorofa^tt è fcm^prc dalle carcze de i piaceri
allctfato.lc quali nel ucdcre, l'amato gufta , ft pruoua nell' udirlo, ne!
toccarlo. fiC in fomma nel goderlo con qual fi uogli fciitimento : tale che con
grandifTimo fuo piacere fempre fi ftudia compiacergli. Ma r amato da qual forte
di piacere, ò da qual follai zo potrà effer trattenuto, che in ogni modo egli
non fu da grandilTima molcftia oppreiTo.^ Eflcn do fempre sforzato mirare una
feccia d' un huos ino di tempo,flCbrutto.<5C molte altre cofe.che Don folo à
colui fono molcfte.à chi elle intera ncngono,maanchoraà chi l'ode.tiouatc folo
per una certa neceflità.che ha l'amante di farfi r amato bèneuolo : flC qucfto
è l'effer fempre disf lìgentemcnte guardato quanti pafll faccia, l'udì re ogn'
hora quelle faftidiofe lodi.tt quelle ima portune riprcnfioni, delle quali
fempre gl'aman* ti abbondano, flC con le quali ogni giorno li ma ' Iettano : le
quali cofe accafcandoà uno, che fia padron di fe.fono però intollerabili : ma à
uno, the è fuor di fe,come uno amante, non folo fos no intollerabili .ma
anchora per la troppa licerla tia,chefj pigliano di dire apertamente quel, che-
gli' pare, fono brutttffime. Oltra di quefto men» tre che uno ama, è fempre
dannofo.flC importa* no : ina quando poi ha l'aujor fine.diuenta perI auuenirc
contra dj quello poco fedele, quale . ,.con molti giuramenti, flc preghi, &
promcflc ^ pena potè condurre. che egli dalla fpeme di pre mioàciòperfuafo.fidifponcflj
à Apportare la moIeftafuaamicitia.Ai fine quandòpur glie concelTo ritornare in
fe.fi rifolucà pigliare un nuouo padrone,ac ubidire ad altro fignore : £C cofi
in uece dell'amore.a: della pazia.feguita lo intcllctto.a la ragione.* la
temperanza ; onde ùtto un altro,cerca fempre dall' amato fuggire, <f
afcondcrfi. All'hora l'amato ricordandofi del* le cofc die tra loro fi fono
dette flC fatte, de i dati beneficii la mercede domanda, penfando che la mate
habbia feco à ufar le mcdefime parole,chc prima ufaua . Ma l'uno per la
ucrgogna non ar* difce confe/Tare d'elTer mutato,ne fa tronarc in ' che modo
egli fodis6cci alli giuramenti, A pro:^ mefle,che mentre fotto la crudel
fignoria d'amo refi ffouaua.inconfideratamenfc fece : « teme, «flendo già diuentato
temperato. & nhidictc alli ragione, facendo le medefime cofe che prima.di
non diuétare il medefimo.che dianzi era. £t di qui nafce.che colui. che poco
fa. amaua, bora ua da fuggcndo.ac fchifando l'amato.ft mutatofi di fantafu.fi
allontani da lui.come fe un di coloro |u|fc,a cui il gittato uafo fw cafcato à
contrailo. tome ben fai.clic nel giuoco infcrutène, elici noftri fanciulli
foglion fare. L altro all'incontro è sforzato à feguifare T amante. flC
parendogli pur mal ageuclc cfler lafciato/j uolta al fine alle ma* le parole.
Ne ciò gli accade contra ragione.per ciò che nel principio quefto tale no
fapeuaquan tomai fi conuenifle, ce quanto poco lecito.» honefto fufTe à
un'amante far cofa grata. quale è di neceffità fuor di mente.» quanto ben fatto
fu (Te compiacere à un'huomo dall'amor libero, che fuor di fe non fi ritrouaffe
. Ne tonofccns dofimilmente.che fidandofi di un'amante .G fida d'un huomo
fttano.inuidiofo, moleflo, dannofo.a inutile, prima alla roba. «poi ai corpo.ma
molto più noceuole alla fcientia del* ■ l'aoimo.della quale nefTuna cofa è
certamente . pia oenerabile a appreffo Dio,» apprelTo gii huomini. Qucfte cofe
adunque douiamo fans ciullo mio confiderare.CC oltra di quefto fi ha da
luuertirc.chc l'aroicitia d' uno amante da bene» uolcntia alcuna non nafce, ma
da una certa aui» diùdi faturfi.comc gli a ffamati : & però ben diffe colui
in quelli uet6, fe^omeillupo l'agnello. Cefi un giouin l' amante ardendo brama.
Qiiefte fono ò Fedro quelle cofc.che io h Uf ua promcffo narrarti : flC però non
uoglio pa bora dire altro, ma farò fine al mio ragionamens: to,anchòra che io
penfaua d efTer folamcff giun toalmezodcl mio parlare, flC ci reflaffe à dire
altrettanto di quelle, che non ama,&piouarc che più torto fi haiièffi ad
ubbidire i un tale: oltra di quefto penfaua hauere i raccontare di quanti beni,
flC di quante utilità uno, che non ama,fia ripieno, F E D, Perche adunque fi
reftii' SOCR. Non hai tu confiderato,chc io non fo più quei uerfi Ditirambi,
che dianzi m'ufciuano di bocca,quantuque il mio ragiona:? meto fin qui fia
flato nel uituperarei* Hoia le io feguitado uolefli lodare quel, che n6ama,quan
tohobiafimato l'amante, che penfi turche io dice/Iìf' Non ti accorgi tu, che io
fono aiutato,, flC ripieno di fpirito dalle Ninfe di quefto iuos^ go,fiCper
tuagratia,fiC per aiuto diurno l'Per la qualcofaio concluderò breuemente,che
tanti beni fono in quello, che non ama, quanti mali ti ho moftrato truouarfi in
un'amante ; ft però iion ci bifogna far più lungo ragionamento, ha:? uendo già
dell' uno, fiC deiTaltrò a bailaiiza ra^ gionato. Et pare à me, che la noftra
fauola hab^ bla hauto quel fine, che era conuenientc & pcs^ "
ròpaffando d fiunic^mi uoglio partire, prima D i i i the fu mi %(orz\ atìirc
quatcKc altra cofa piuvfm portante , F E D • Non ti partire anchora So^ crate,
prima che il caldo non fe ne uada:n6 uedi tu,chehoraè à punto il mezo giorno,
nel qual tempo è il caldo grandiflimoi^ Et peròafpettani: <Joqui^ 6C
ragionando infieme delle cofe, che habbiamo dette, come prima il caldo farà mcinrs
cato, ci partiremo. SOCR. Certamente Fe^ dro, che nelle tue parole tu (ci
diuino,fiC uerais mente mirabile : flC però io penfo certo^che dcU
JeOrationi.qualialtuoìtempo fonoftafe fatte, nefTuno ne habbia dato più
cagione, che tu,flC neiTuno altro à più Thabbi potuto pcrfuadere.ò aero
conletue efoifationii quello conducenrs |Cloli,ò uero in qualche altro modo
sforzandoli • Et certamente m quefto(cauatonc SimiaTebac no)tu auanzi tutti gli
altrirJC bora 'fecondo me) tu folo fei (lato cagione, che io habbia à dire di
nuouo,non fo checofe,che nella mente mi fo^ no fopraggiunte. Il che facendo tu,
pollo dire, che tu mi facci una guerra. FED, Etinche modo ti fo io guerra flC
che cofe fon quefte.chc tu mi uuoi.dire^ SOCR. In quel, che io uo leua paffare
il fiume, quel mio fpìnto fohto,chc tu faì,paiuc che mi faccffe lufato cenno :
il che ogni uol tacche mi accade^ nò è uietato fare quel lo.cJic fogia
farpeniaua,Quindi mi paruc udi:^ re una uocejaquafe mi liietana il partire.
prima che io non lùuefTe placato gli dei,cofl:ie fe con^:
fradiIoroIiaueflìconiiiìe(To qualche errore. Io adunque fono fcnzadubiohoggi
indouino,fiC flC fe io non fono cofi de buoni, fono al meno di forte^che forfè
à me farà affai, come battano, anchora le poche lettere a coloro, che male le
hanno apprefe , Lt però Fedro mio, hormai ip chiammente concfco il mio fallo :
per ciò che c ,mi pare hauer neiranimo un no fo che, che mi indouini r
erfor,che,^ ho fatto . Et quefta cofa dianzi,mentre che ioragionaua,mi turbò
tnt^ to : per il che io cominciai in un certo modo à temere di non acquiftarmi
gloria apprefFo gli huomini del mcndo^all'hora che io contra gli iddìi
grauemente erraua ( fecondo che già dilTe Ibico nella fua opera )flc bora al
fine conofco, come t'ho detto T error mjp. f £ D , Qnale er^ rorc è quefto/ S O
C R, Ò Fedro.un trillo ra:^ gionamento.un tritio ragionamento edro hai hoggi
mcfTo in carapo.fic sforzatomi i ragiona|C ne. FED. In che modqj' S O C R. E
(lata cofa ftoIta.dC empia, della quale che fi può egli più tpfto.a: noccuolc
ritrouarcs' FED. N is cnte.fc tu dici iJ uero. SOCR. Ohimè, non fai tu quel,
che fia amore i Non è egli fi^ gliuolodi Venerei Non penfi tu,che^gli fu uno
iddio 1^ F ED. Cofi fi tiene per certo. S O C R . Et non di meno Lifia non ha
detto .quefto^nc manco il tuo ragionamento, il quale non io, ma tu hai fatto :
per ciò che tu me T hai à forza canato di bocca, come per incanto, Hora fc
[amore è Dio, come e certamente, ò uero qual che cofa diuina.non può efler
cattiuo,& non di meno noi habbiamo parlato di lui, come fe fuÉ: fe cattiuo.
In quefta cofa adunque habbiamo peccato contra amore. Et certamente quefte no
ftre qùeflioni fono moho fuor di propofito,an^ chora che forfè paiano piaceuoli
: le quali non ritenendo in fe cofa alcuna di fincero,ò di uero, nondi meno fc per
cafo faranno approuate da qualche huomiciuolo di poco fapere, quelli, che le
fanno, fe ne gloriano, come fe fulTero di granrs de importanza. Hcraàme fa di
bifcgno per quefto errore, placare gli iddii : & hai da fapere^ che a
quelli, che nel ragionare, ò nello fcriuerc errano,è ordinato un certo modo di
placare gli iddii antico, il quale Homeronon feppe cono^ fcert.mafi bene
Steficoro : per ciò che efTendo (lato priuato de gli occhi, per che haueua
uituis perata Helena, conobbe come huomo amico del le Mufe.pfrqual cagione
cieco fu/Te diuentafo, il che non fece Homero ; per il che fubito fece quei
uerfi,>^Non fu uer quel parlarne in l'alfe naui Fuggendo, andafle alle
troiane mura. Et cofi fatto un'altro poema di nuouo al conai trario di quello,
che prima comporto haueua,fu bitoglifurendutoil uedere.Ma io in quefto farò più
fauio d'ambe due loro, per ciò che in^ ^ nanzi che male alcuno mi interuenga
per il hh fimo, che all'amore ho dato, mi sforzerò dire il contrario di quello,
che tu hai udito r il che fa^ ' cendo mi uogli fcoprire il capo, flC non uoglio
tenerlo per uergogna afcofo,come ho fatto nel mio primo ragionamento. F E D. Tu
non mi puoi fare ò Socrate il maggior piacer di ques fto. SOCR.
Telcredo,perchetu tidebbi ricordare con quanta poca uergogna habbiamo letto
quelle cofe.che il libretto di Lifu contess "^Tieua,fiC quanto anchora
fciocchamente io hab^ bia ragionato di amore. Per che fe qualche huo mo di
generofo animo, modello, che al pre:s fente ama(Te qualche fuo uguale, ò uero
per lo addietro l'hauede amato, ci haueffe fentito dire, che gli amanti fanno
per Iteui cagioni nafcerc grandiiTime nimicitie^flc che fono huomini in^
niàìofi^a noccuolia gli amati, certo clic egli harebbc pcnfato udire tanti
huomini auuezi fo Io,flCalIeuati dentro alle naui,liquali nonco:s nobbero mai
un uero,fiC gentile ancore : CC unaperfonafauia non ci concederà in modo
alcuno, che quelle cofe fieno Licre, che in biafmio d'sts: more habbiamo
ritrouate . F E D . Certo che ,io crcdo^chc tu dicail ueio per mia fe. S O C R.
Et però temendo, che qualche huomo cofi fat^i lo, non rhabbia à fapcre,
fichauendo anchorz paura d' amore, defidero lauare^fli nettarela mea tc.ÓL le
orecchie noftrc di quello amaro, flC no^, ceuole ragionamento, cbe habbiamo
fatto, con qualche altro più foaue parlare, & al gufto no:2 ^ftro più
giocondo. Lo fo anchora pergiouare à lifia,perfuadèdogli che cglifubito debbia
fcri:^ ucre.che più toftofi habbia da fodisfarc à unoamante,che à uno che non
ama, quando l'amor re è tra li fimili. F E D . Sappi certo, che egli lo farà ,
per ciò che dipoi che ti barò fenti to lo;: .dare l'amante, farà necefrario,che
io lo sforzi à criuereanch egliii medefimo. S O C So certo, che ti uerrà 6tto
fin che durerai dVfferc co mefei alprefente, F E D. Hor dì adunque arditamente.
S O C R. Hor fu ; douc è egli quel fanciullo, col quale dianzi ragionaua,ac:s
ito clic egh oofi ancìiora cfue^o mio nuouo pire lare, che fe forfè non
infendelTe altro cIa me^ cercarcbbe anch' egli lemerariamente fare pia:: éere
a.chi non Tama, F E D. QLieftofaticiulis lohauendotelo finto,tì è
femprcappreflo : gni uolti^che louuoif SOGR. Fa aduns: quc conto fanciullo mio
gentilesche il mio pr^ mo ragionamento Cu flato detto dà Fedro Mirjs
rinefe,figh(ioIo di Pitoclc,ÒC queflo che hora di ro^da Steficoro.figkuolo di
Eufemio,fauomo degno d' eiTere daciaiciino amato .il qual ragio namcnto in
quefto modo cominceifemo. Q^V E L ragionamento non è uero,ìneI ^uale fi è
detto, che per edere l'anì^inte pieno di fiiWc^À quello, che non ama da tal
furore lifae^s ro,fi debba mjggriormente fare cofa grata m pri feotia d^i
un'amante, à chi non ama, che per iì contrario : per ciò che fe fuflè in tutto
uero^che il furoretuifecattiuo,haremo per certo ragioncj» uolmente parlato. Ma
io ti uoglio dife,,ch^mol tì.ac grandiffimi beni ci intcraengonoper mcjs zo del
furore, concefTo certamente folo iptxbt^ neficiodiuino.Etchcfia il uero^ucdiche
pri-? ma quella Sacerdote, che in Delfo predice il futuro, fiC qudla altra
apprefTo Gioae Dodosc nco . fono cefliflimamente ripiène di furóre^non di meno
hanno Tempre date molte, C( gran diflimc commodità i gli huomini di Grecia flC
priuataniente,flf publicamcnte: ma mentre che da tal furore fon libererei fanno
o poco, ouero nefTuno giouamento. Et fc io uoleflì horara^s gionare delle
Sibille, &dituttiquegli altri^chc hanno per uirtù diuina indouinato il
futuro, flC feiotiuolefli dire cjuanfo eglino predicendo molte cofe da
uenirc,habbino giouafo, troppo farei nel mio parlare lungo, ol tra che io direi
co fa chiara à ciafcuno. Non di meno par cofagiu^ (la dimofl:rare,che li noftri
antichi, li quali pos: fcròi nomi alle cofc.uiddero.fif conobbero, che il
furore non era cofa brutta, o uituperofa.che fc gli haue(Tero altrimenti
penfato,non harebbo:^ ^ noqucfta arte perfettiflima^con la quale il fu:s turo
fi conofce, chiamata ^àyiKHv » che tanto uuol dire, quanto furore diurno : per
eie che il furore uiene à gli huomini peruolontà diuina, & pero parendo k
coftoro,chc fufle come è quers. fto furore, un gran bene,à quefta fi honcfta
arte uolfero mettere un fi honorato norhe . Ma hogs gi quefti pia moderni
interponendo i quella uoce un poco confideratamentc hanno qn erto furore
chiamato fuy-v7JH«f , che uuot ^ire arte di ifadouinare.d: non furore. Et hai
da fapcrc,chc il modo dello indoufnarc il /ufuro^' che hanno gli huomini priui
di quel furore dis aino,pcr uiadegh* uccelh^flf delle conietturc, parendo à
efli,chc procedere da difcorfo huma^ nojl domandarono oÌovohsìkh : ma quelli,
che fon uenuti dipoi, mutando Io piccolo nel Io6)grande,]' hanno con più honefta
uocc chiamato oiqvisihm • Et pero quanto è più perfetto,a: più nobile lo
indouinare per uirtù dinina,chc per coieffure,flC per uccelli, tt qiun fo il
nome diuino,chc è /xocvmK? , c più de^ gnocheThumano^cheè fMy^Kug, ftpiuun
opera, che l'altra perfetta, tanto i noftri antichi hanno detto, che il furore,
che uiene dal ciclopc più degno, che la prudentia^flC l'arte humana. Tu debhi
purfapere,che già per riparare alle grandi infirmiti. che ueniuano,flC per
liberarci da qualche auuerfità troppo grande, che alle uolte per gli antichi
errori li popoli minacciai uano,ueniua à una certaforted'huominique^ (lo furore
diuino non fo donde. Et da quellconfigliati,queirimedii ritrouauano,che erano
alla falute loro neceffarii^facendoli quel furore ricorrere alli uoti.&
alli preghi, al raccoman^ darfi à Dio : per quefla uia impetrando mife^ f
icordia/i rendeuano da ogni infirmità.dCpe^ rìccio fahii CT per quel te nripo,*
pcrquc1To,chc haueua da uenifc : K cofi acquiftauano.fiC rice:^
iieuancpfrmczodi qucfto furore dal' cielo la sflblutione del II errori loro,
pur che di furore de gno,&: buono fuffeflo ripieni. Il terzo furore è
quello,che uien? dalie Mufe, il quale rapifcc .J'i^nima altrui, anchor dafimile
forza non più of fefa,a cefi la fjfiieglia.flC k infpira. Per il che è per uu
di cantico facccdo qualche t^pbile poe fia, ornando con Ufuoi numeri,
fiffcriucndouirs finiti ùtti òc gli antichi, per tal uiainfegnaà colorii, che
dopo Ihì uerranno. #Jf quello, che fenzail furc^l■ delle Muk ha ardire di
accoftarfi pure alla porta delb poefia,fidajndofi per quaU che fuaingfgnofà
arte haiieicà diuentar buoi^ poeta^ti d'jco,che qiicfto tale 4 fine farà tenu:^
to fciocco: a lapoefia di un'hUdmoda que:s furore hbero , «i^fce finalmente
uana , fit, fenza fugo alcuno, i couipararione d/ quella^ che da un' huorao
funofo è ritruouata . Tut:^ quefli , a molti altri' nobilj/Timi effetti del.
furor djuifìo tipofloio raccontare: per la qual cofà noi non hsbbiamo hoimai
più da temersi rè ua furiofo.Ne aTgomento-^ò neramente ra:?- gioac alQU<w.CJllM
da fpau.Gntarc^moftrandoci clìepiu foflo fi Iiabbfa ad eleggere un'amico
prudente, & fano,che uno incitato, flC furiofo*. Ma lafciamo andare
quefto.jMoftiimi coIlui,fc può, flC in quefto uincami, che i' ancore non fia da
Dio (lato truouato per utilità dell' aman^s le.flC dell'amato. Doae io hora per
il contrae rìogli uog!iomoflTare,chequcflo tal furore e flato dato da Dio à gli
huomini per una gran^ difllma (cìicità.LsL qual mia dimoflratione à quelli,
chehtigiofi fono, & che ogni cofa tropss po minutamente uogliono' fapere,tt
che ogni cofa uituperano,fiCà ogni cofa appongofièf.fàà rà forfè incredibile :
ma afii faui farà il con^ frario. Ma prima che à quefto ucnga,ci fa di
bifogno,confiderando bene le operationi,fiC gli affetti dell'anima humana, fiC
diuina, troitare la uerità di quello, che intorno à lei fi può ra^ gionare,flC
difputarc. Sari adunque il princi:? pio di queda mia dimoftratione cofi fatto.
OGNI anima c immortale, per ciò che quella cofa, che fcmpre da fe fi
muoue^queU. la douiamo direefTere immortale : ma quella co^ fa,che altri
muouc,tì: da altro è mofra,con ciò fia che ilfuomoto fia terminato, ha anchora
il termine, 6: il fine della fua uita. Et pe:sr rò folamente quella cofa^ che
fe (leda muoue/ per ciò che mai non fi abbanclona.nonfi rcfta mai di
muouere^anzi quella e fonte, ££ principi pio del moto di tutte le altre
cofe.che fi muos: iiono.Ettufai,cheil principio è fenzanakis: mento alcuno ;
per ciò che egli è neceffario, che tutte le cofe^che fi generano, nafchino da
un principio, flC quel pnncipio non ha altro prin^s cipio : per ciò che sci
principio nafceffe da qual che altra cofa, non potrebbe gii nafceredaun
principio, cfTendo il principio egli • Ma cfTendo il principio fenza
nafcimento.è necffTario che ;inchorafia fenza mancamento, o fine alcuno; per
ciò che fe il principio mancaffe,© morilTc^ non potrebbe più ne egli nafcere da
un'altro,, tie un'altro rifufcitare da lui, con ciò fia che fu neceffario, che
tutte le cofe nafchino da un pria cipio. Se adunque il principio è un moto,chc
inuoue fe ftefro,queflo principio non può ne mancarcene nafcere da un'altro*
& fe altrimenti fuffe, farebbe neceffario, che tutto il cielo man:s caffè,
a fi diftruggeffe,flC ogni altra cofa creata» ^oltra di quello non fi potrebbe
mai fapere on^ de quefte cofe nafchino, & da chi fieno moffe^ Adunque
effendo chiaro, che quella cpfa^che fc flefla muoue^è immortale, non harà da
temere di due il falfo.chi affermerà che la fuftantia del l'anima è cofi
fatta;Ia ragione è quefi:a,chc ogiiìi corpo, che ha il nìoto da altri ,è corpo
inanima:^ to. Ma quel corpo, che ha il moto in fe ileffo^ . & per (e fi
miioue, quello è animato : fimilc» adunque puoi penfare,che fia la natura
dell'ara nima . Et però (e gli è uero.che altra cofa non fi truoui,che in fe fle/Tafi
muoua, fuor che Tanis: ma,di neceflìta ne fegue, che I anima Tia fenzi
principio, fiC immortale. Dell' immortahtà dela l'anima habbiamo detto affai .
Voglio bora u:: gionare della fua ideà;ò aero della fua forma,» ìmagine in
quefta guifa . Se io uolefli narrarti tutte le Tue qnalità,CJ
particularità,bifognareb:à becheio (i\([ì un'huomo diuino, fiC poi farei troppo
lungo. Ma può bene un'huomo motà tale,comcfonio,defcriuere una certa fimilitua
dine,flC figura di quefta anima, flC quella porre dauanti à gli occhi ; & à
far quefto,fari cofa pia breue,che à entrare nelle altre diffic ulta, che nel
ragionar di lei fi ritruouano. Et però diremo per bora cofi, Facciamola per
quefta uolta fimi^i le à un carro alato, che habbia il fuo rettore : la qua!
figura ci è affai nota, flf (a intendiamo be:s nifijmo. Hai adunque
dafapere.che tutti li cast :Ualh\flC li rettori de i carri de^li iddii fon buo^
ni,tt nati df buoni •De gli altri^che non fona fddii, parte fono buoni, &
parte non . Primierajf. mente colui, che dell'anima. della mente norx j ftra
tiene il gouerno, raffrena, guida, flf corrfg:^ geli duecaualli,cbe il carro
noftro tirano con . le briglie in mano.Oltra diquefl:o,un di quefti duecaualliè
buono.fiC bello,flC nato di ftmilfó Taltro è il contrario, & nato di
contrarii. Per ii che accade, che quefta noftra moderatione,flf reggimento di
caualli fia di ncceflifà difficile • Horamiuoglio sforzare moftrarti
breuementc. perqual cagione fia detto un'animale mortale, 6: uno immortale ,
Ogni anima ha cura di tuts?: i to il corpo inanimato, flc difcorre per tutto il
cielo bora pigliando una forma, bora un' aU fra ; fiC mentre che ella è anchora
perfetta, « riaij tiene le fue ale intere inalza in alto,fiC gouer:P na air
bora tutto il mondo. Ma quella anima, alla quale fieno per qualche cafo, come
ti dirò^ cafcatc le 3lc,rouiDa al bado, ne mai fi ferma, fin che non fi intoppi
in qualche corpo fohdo,clic la ritenga. Quando poi quella anima ha trouas^ to
doue habitare,* ha per fua ftanza prefo qual che corpo (errenp ( il qual corpo
fabitp che ha, in fe quefta anima, par che comincia à muo^^ ucrfi,macpera
lapotentia della anima, che lomuoue} muoue) ali 'bora tatto qucfto fi chiama
ani? male : & qucfta anima unita infieme con un cor po terreno ( come ho
detto ) U un'animale.il quale fi domanda mortale. Ma il corpo immorj: tale fi
conofce non per ragione alcuna per ora' didifcorfo ritruouafa.ma quel, che fi
dices'd fingono gli huomini da fe ftefli ; perciò che quefto corpo non lo
habbiamo mai ueduto. ne à baftanza ci è maj flato dato ad intendere, Ids dio
adunque è un certo animale immortale il quale fenzadubioha ranima.flcfimilmentc
il corpo,flCquefte due cole fono liate per natura in fempiterno infieme
congiunte. Ma queflc cofé bifogna dire che fieno, come piace i Id* dio, a ragionandone,
à lui bifogna' riferirfcne. Hora ci rcfta à dire per qual cagione le ale caa
(chino all'anima. Tu ha» da fapere,che la nas tura.ef il proprio delle ale di
quefta anima.é il- leuare il graue in alto uerfo quella parte del'cics lo, la
doue habilano gli iddiU Sappi anchos ra, che di tutte le cofe.chc in un corpo
fi nst truouano, ranima,piu d'ogni altra cofa.della diurna cognitione è
participe. Qiiefta diuinità tengo io che fi pofli dire, che fia cofa bella.iaa
uia, bHona,flC ciò che i tali cofe c fimilc.Da quc* (lo adunque prindpaimclìfc
fc ale dell'anima fono nutrite,* per quefto più che per altro crc:s fcono,flC
mchora per le cofe brutte, flC trifte>ac per le altre à quelle'contrarie,
che di fopra ti ho dette, mancano, fl£ uengono à niente. Oltra di quefto hai da
intendere, che in cielo è un gran Principe^il quale fi chiama Gioue . Coftui
pd^ mo à tutti gli altri, guida con uelocità un fuo carro alato, ornando, fiC
affettando ciafcuna cofa,. ce con fomma diHgentia al tutto procurandoé Dopo
coftui feguita lefercito de gli altri iddiì^ femidei,fiC fpiriti diuini,
diuifo, flC ordinato in undici parti, 6C folamènte nella cafa de gli iddii f
cfta la Dea Vefta . Ma gli altri iddii ( dico fola^ mente quelli, li quali fono
poftì nel numero de j dodici ) fe ne uanno ordinatamente, fecondò che fono
difpofti,& ordinati . Et hai da fapere^ che dentro al cielo fono molti
fpettacoli,fiC mol ti uiaggi,difcorrendo Intorno fi fanno diuinifTì^ mi,&
beatifTjmi : alli quali i beati iddii femprc ftanno intenti, & ciafcuno fa
quello ufficiosa! quale è fl:ato pofto,CC che gli fi conuiene.fiC cofi ua
feguitando ciafcuno iddio fempre potendo ugualmente,* uolendo : per ciò che dal
diuin choro è femprc ogni inuidia,* ogni maleuolen tia lontana, Quando poi fe
ne uanno al celeftc cofluifo, ce à guflarc le diuinc uiuande, all'ho:: ra
inalzate, & già in alfo afcendendo^caminano per la circunfèrentiade i
cieli. Li carri delli do5 dici iddìi bene accónci, flC aflettati, con le
briglie de i caualli uguali, flf parimente da ogni banda pefando, fàcilmente
caminano. Ma gli altri carri che cofì no fi truouano.à fatica fi poflono muo
uere : per cicche quel caualio trifto è dalli uitii aggrauato,6C cofi uerfo la
terra fi p^^ga, & feco il carro, & il rettore à forza tira.fiC quefto à
quelsj li rettori interuiene,che j1 caualio non buono, hanno troppo
ingraflato,fiC alThora patifcono le anime una fatica eftrema^fic fono in un
graridifs fimo combattimento . Per ciò che quelle anime; che fon chiamate
immortali, ciò è quelle, che no fono dal trifto caualio sforzate, quando
allafom miti giunte fono,allontanatefi dalle altre, fi fer mano nel dorfo del
cielo, fiC quiui pofatc,fono dalla circunferentia attorno rotate : ft quefte
fos: no quelle anime, che ueggono quelle cofe,chc fuor del cielo fono pofte, Et
quel diuino luogo (opra tutti li cieli non è anchorada alcuno dei noftri Poeti
flato fin qui lodato: ne alcuno fi tro uerà,che mai quanta egli menta, lodar lo
pofla. Quefto luogo è fatto in un tal modc(& mi met^: to i dire quefto ;
per che parlando della uerità, pofTo tiene hiuctt ardire di dire il acro ) è
adun que fcnza colore, fenza figtira alcuna. non fi può toccare.è una cfTcntia
; la quale fola fi può dire.chc ucramcntc fiaft qucfta effentia fola» mente li
Icrue dello intelletto, guida, flf gouer^ Inadore dell'anima, il quale
intelletto femprc fta in continoua contemplatione del (omwo bello^Etla uera
fcientia, flCil perfetto fapere altro luogo non ha, che quello, che c pofto
ins: torno i quefta effentia ucra,£c nella fuacognfc ttònc. Come adunque il
penficro^a: la contems plationc diuina è poftafolo intornò i un'ina
tellettopuro,fiCà una fcicntia immaculata, cefi il penfiero, flc la
contemplatione d'ogni ani^: ' ìna,che habbia i pigliare che corpo, ò forma fi
uoglia ( pur che à lei fia conuenientc ) rifguarp dando per qualche tempo in
quella efienfia, che io dico, che fola fi può dire che fia contea!? ta della
contemplatione della uerità,di quella fi nutrifcc,a: di quella fi con tenta,
fin che un'aia: tra uolta la circa nfercntia aggirandola, non la ritorni in
quclmedefimo luogo.Et in quefto fuo aggiramento uede la giuftitia, con tempia
la temperanza, fcorgc la fciehtia, K non uedc (jueftc uirlù come
generate/flCpoftein uno,ò^in un'alfrc (Ti comé potiamo dire ) che fiend quelle.
che noi qua giù confiderandaci paio^ nouirtù,ft cofi le chiamiamo, ma uede
quella iiera fcientia, che è in colui, che folamcntcfi può dire che
fia.-flCinquefto medefimo mo:s do ucde, flC contempla tutte le altre uirtù,chc
fono uirtù ueranente. Quindi di quefti cibi nutrita, a fatia. ritornando di
nuouo dentro al cielo, fc ne ritorna à cafa, dalla quale dianzi fi parti : flC
dipoi che è ritornata, il Rettore mets: fendo li cauallr nella ftalla à
ripofarc.gli da :per cibo T Ambrofia. (JC gli fa bere il Nettati :rc,fif quefta
è la uità de gli iddii/te altre ani^ .-jne poi, alcuna che dirittamente ha gli
iddìi feguitato,6tta che è à lorofimile, fa tanto, che :4inchora ella inalza il
capo del fuo Rettore à ^uedere quel bellifllmo luogo, che iotihodet^: oefTer
fopra li cieli rftcofi ancho ellainfies» me con gli iddii è dalla
circunferentia de i cicjs li aggirata, a portata, ma à T ultimo dalli cauals:
li e trafportata fuor della uia : talmente che à grandiflìma fatica può mirare
quelle cofe, che in quelli Iuoghj,di uentà piene fi ritruouais no* Alcuna altra
anima hora il capo del Ret^ Jore in alto leua^tt hora la abbafTa : onde daU £
ini Ifcaiialli sforzata, parfe ucde quel bcne,flf parte non . Et le altre anime
tutte ugualmente defiderando ftar di fopra.feguitano quefte tutte ins , fj fiemc
confufamente: a non potendo in alto le:: I uarfi,premendofi tra loro, fono à
torno portate: ! fCcalcandofi^ficrunaialtra fpingendo,ft ciafcu i :na quanto
più può di pafTare innanzi sfor7an5; dofi, fanno tra loro grandiffima contefa
:.onde j ne nafce un romore,un. combattimento, una fafica grandiffjma: nella
qual con(éfa,per uitio, ce difetto de i rettori, molte fi azoppano, molte delle
altre rompono le penne delle ale,a al fin tutte dopo un;i lunga, flC gran
fatica, fen za p 0:5 ter pur uedcre quella effentia diuina.che io di:^ , co,
che è ueramente,fi partono, flC dopo quefta lor partita fi pafcono folo
d'opinione, non potendo quel fommo bene per altra uia conofcerc: a ciafcuna fi
sforza, quanto può, di poter haue:5 re quefto cibo,defiderando conofcere doue
fia il bel campo della uerità. Per ciò che di quefto prato la natura dell'anima
per fe fteffa ottima, xaua conucniente cibo,Cf di quefto fi nutrifcc la natura
delle ale,con le quali in alto fi leua^ La potentia diuina poi ( la qual non
può in al:^ <un modo fallire ) tiene quefta regola, che cia:^ felina animaja
quale mentre che gli iddii ac:$compagnaua.C6mpagnaua,puotc ucdèrc qualche
fcintiTIa del la uerità ,quefta tale dico, uuolc che per fin che un'altra uolta
non fia dalla circunferentia aggi^ rata ( come ho detto difopra ) fia fuor del
perb xólo di perder le ale, òdi riceuere danno alcu» no:fiC fe Tempre potefle
girando quella uerità uc •dere,non farebbe mai in parte alcuna offefa,Ma fe non
potendogli iddii Seguitare, non fi fuffc potuta condurre i uedere quel fommo
bene,flC per qualche cafo contrario ripiena d' ebliuione, ce di malignità fuffe
dalli uitii al baffo aggraua:^ ta,flC in queftoabbaffarfi.a deprimcrfi rompete
fi le ale, fiC cefi rouinando in terra cafcafre,al2s rhora la diuina legge uieta,che
quefta tale anb ma la prima uolta, che qua giù à forma alcuna -s accoda, fi
uada ad accompagnare con la natus ra di beftia alcuna fenza ragione, ma uuolc,
che •quella anima, che molte cole fa in cielo habbia uedute^uadaà trouare
lageneratione d'un huo tno,che habbia da effer Filofofo,ò uero defiders rofo di
belleza,ò uero Mufico,ò uero d' un huo modato alle ccfe d'amore. C^ell'altra,
che non ^quanto la prima habbia ueduto, ma nel fecon:5 do luogo fu pofta,
comanda quefta legge, che difcendainuncorpo,chehabbia da effereRc per legge,
fiC ragioneuolmete.ò uero in un bua iao dato alle guerre, flC atto ad efferc
Impera^s <lore,ò Capitano ♦Quelle poi, che nel terzo Iuoj: go fi
fruouano.ordjna che fi mettino jn un huomo.chc habbia da efTere gouernatore d'una
Rcpubhca^òuero in uno, che debba difpenfa^ re,ft diftribuire la robba.ft hauer
cura della fajs miglia, ò in uno,chefia dato al guadagno. Quel k.chcpiugiu
tengono il quarto luogo, fe ne uarino in un huov(}o,Ql}€ hsihbìà da durar ùth
.ca,òaeroin uno, che fi habbia daefercitare in^: torno alla Medicina, fif alla
cura de i corpi .Quel Ic,che più di foltonel quinto luogo fon pofte, é
s'accoftanoà coloro, che debbono fare l'arte di indouinarc,òuero di augurare
per uia di facrb jficii,ò d'altri mifteri, Quelle, che la fefta fede
tengono,defcendono in un'huomo,che hab:s bia da diuentare pQeta,ò ucro in uno
di coloro, che fono nati ad imitare altrui. Quelle, che fono le feftime dalle
prime, uanno;fn uno.che habs biada efTere òartefii^e^ò agricoltore. Le ottauc
in un fofifta,òucro in una perfona plebea.flC iiile. Quelle finalmente, che nel
nono, flfultis: mo luogo fi ritruouano.fc ne uanno a diuentare uno, che debbia
efTer tiranno. Et in tutti quefli •fiati di Ulta qualunque giuftamente
haràmes». -fiato i giorni fuoi.dopo la morte harà miglior forte, clic quelli,
che friftamcnte fono uirtuH: flf quelli, che ingiufti fono flafi,uannOÌ pcg:^
|fóré fl'a(o,che colore), che fono ftafi buòni : pei d'oche non ritoma
Tiinimatn quel medefimo luogo,dcnde prima fi partì. più preflo che ih fpatio di
dieci hhirlia anni .Per ciò che auanti i queftofpatiodifefnponon può
racquiflare le àie, fuor che l'anima di coluj,che uitiendo hà fenzauitio alcuno
atfefo alla Filofofia,òuer«5: mcnfeha amato la helleza^fiC infieme grande^
ifnente defiderafo la fapienfia : per ciò che quei ftefali arfime/enza dubio
alcuno, dipoi che ^treuolte fono paiTate mille anni ( purché efs Icno^ uoglino
dopo la prima morte, tre uolte tornare in quefta uita ) all' bora hauendo rac»
quiftate le ale dopo tre milia anni,al cicl uo^ landò fi partono. MoHé altre
aniine, morte che fono, la prima uolta fono da Iddio gJu^ dicate, a dannate r
ttcofi giudicate, altre an^- dando fh^un'iù'ògo,il qaaTé ne! cèntro dcU la
terra è porta per punit»one delle anime cgitti tiue.quiui patono del fallir
loro meritcnoli pe:» he. Altre pòi dal giudicio dìuino innalzai te, in certo
luogo del cielo forio in quel modo trattate, che fi hannoqnagiu in terra uiucns
do meritato : flf poi tra mille anni qucfte due- forti d'anime, ritornando al
mondo fi eleggono una feconda uita,ec ciafcuna può pigli^rfi queU la forma, che
uuole. Quindi uienc, che l'anima humaha pafTa alla uita d'una beftia^flC dipoi
dunabeftiadiuenta di nuouo huomo,pur che quella anima fia (lata un'altra iiolta
in un'huo mo. Per ciò che quella anima, che non harà mai ucdutaìauerità,òpoco,b
a(rai,non potrà mai pigliare la humana figura : per che bifogna che quello, che
l'huomo mtende, l'intenda per me:s zo delle fpetie delle cofe,che dauanti gli
ii ap:5 prefentano.a quefte fpetie per uia di molte, ÒC uarie cognitioni nella
mente noftra raccolte, fo^ ijoalfine con difcorfo infieme pofte,eCc9m5s prefe.
Et quefta cofa altro non è, che la rimems: branza di quelle cofe,che già Y
anima noftra in C4elouidde,air bora che infieme con iddio era perfetta.-a
quando ella fprezaua quelle cofe,che noi fcioccamente diciamo che fono,riuolta
fola:? mente allcontemplatione di colui, che è uera^ mente . Per la qual cofa
l'anima folo del Filofoss fo meritamente racquifta le ale.per ciòchequan to p-r
un'huomo è poflibile,fempre con la mera móna fi riflringe,flC fi accofta à
quelle cofe^allc quali accoftandofi,(5f riftrfngendofi iddio, è di^ uino» Colui
adunque, che farà quefta confide^, ratione din'ttamenfe,&
ragioneuoImente,flC cefe cherà fempre di nempirfi la mente di qucfti cofi
pcrfet(i,fi£ fanti mifteri, quefto folo diucnterà perfetto. Et cefi diiiifo
dalli ftu di, che fanno gli altri huomini,flf accoftandofi alla diuinità,è th
prcfo,flC morfo dal uolgo,comc fe egli fufle ufci to di fe. Ma egli ripieno, flC
ebbro della contem plationc di Dio, non fi lafcia cònofcere alla mol titudine.
Per quefto adunque ho fatto io qùc^ fto mio ragionamento, il quale è porto
intorno alla quarta forte di furore-peri! qual furore quan do alle uolte uno di
quefti tali nel uederequa giù qualche belleza, fi ricorda di quella uera, che
gii uìde in cielo,rimettc fubito ralc,fiC cofi rimelTe che V ha, fi
sforza,quanto puo,uolando al cielo inalzarfi. Ma non potendo ciò fare^coje me
gli uccelli po(rono,guarda,flC confiderà pur uerfo il cielo, fprezando qucfte
cofe bade «onde ne è biafimato fiC ne riporta uergogna,dicendo:j gli
ciafcuno,che egli è poco fauio,flC ripieno di furore . Per la qual cofa quefta
diuina feparatio:^ • ne dell'anima dal corpo è fopra tutte le altre, che interuehire
ne poffano migliori, Et da ca:^ gioni ottime nata,d: non folo è gioueuole à chi
in tuttolapo(riede,ma à chi qualche poco ne participa. Et coiui,che di quefto
iurore fanto.tt |>uotio è ripiano, con ciò fia clic egli afmrla bel:?
ilcxa.quefìo ueramente fi può dire arhantc. Per ciò che, fi come ho difbpra
detto.ogni anis ma huroana già ha iieduto quelle cofe , che ue^ ramente fono :
per ciò che fe non le haueffe uc jàiite, non farebbe difcefa in quefto animale
hu mano: & non, è f^c^le i tutte le anime ricor:i darfidclfecòfedilàfù.per
uedere quelle/cbc qui fono. Et prima lo poflono mal fare quelle; che per breue
fpatto di tempo fù in ciclo gli fu conceffo uederic : dipoi non è conccfTo
anchora ^ quelle, che nel mondo uenendofono fiate ina felici, ce Ila nno hauto
mala fortuna: di modo che corrotte da alcuni coftumi cattiui.che qui
pjgliano/ifccrdano in tutto di molte cofe (st^ gre,©: buone, nelle quali in
cielo erano gii ammacftrate. Perii che poche anime fi ritruor? uano,che
àbaflan2a delle cofe celefti fi ricors dino. Ma quelle poche quando tal'hora
qua giù- fcorgono qualche iomiglianza di quelle cofe^^ che in cielo gii
urdderò, fi ftupifcono, ftquafi cfcono di fe. Et non di meno non fanno don^ de
quefto lor mouimcnto proceda ; per ciò che non conofcono in tutto la uerità.ne
a baftanza fe ne ricordano. Ne pct/amonoi fcorgere,menp tKchcqyagiàftiaDoioin
quelle fi^ure,« imaa gini,fplrndòrucro alcuno di giuflitia, di tfmp< ranza ,
fiC delle altre uirtù ,che gl'animi npftji J)<^ norano.flC amano. Ma per certi
inftruirenti,fiC fxìczi imperfetti ofcuri à pena pochiflimi huomini
accoftandofi pure alle imagi ni> di iq^cl le uirtùcelefti,che nel mondo fi
ritruQuano, tifguardanoin qaelle imagini quella forte, di uirtù,che fimile
imagine gli. rapprefej?ta. ali' hora ci era lecitc,<X conceffo uedere una
chi^ riflima^flC pmiflìma belleza, quando con quel beato choro fegiutando noi
quella felice uìGq:» ne, 6: quella fanti/Tjma contemplatione. della quale
dianzi fi ragionai, noi infiemc conGio:^ ut ,& ìt aìttc 2nitrìc inficmecon
qualche altro iddio , fecodo che era ordinato, pQtcmo con teni:^ piare la
diuiniti : flC quando à quelli miftcri,fl£ cofc fagre dauamo opera, li quali
potiamo ragio iicuolmentc dire efTer più di tutti gli altri miftc ri fagri,flC
beati, alli quali all'hora noi poteuamq attendere, quando anchora immaculati.
flC nò of fefi da mille mali efauamo,che poi habbianio in quefto modo
prouati.Onde confiderando all'ho ra quelli celeftì fpcttacoli cafti
,femplici,durabi li^tt beafi^poteuamo beniflìmoà tal fanto efcr^l tic fcruirc
ftado noiin una luce pura pun^ttfen M machia alcuaa,Iib^ri,&fciolti da
c^uedo^chcWtor chiamiamo <;orpo,il qiul crbifogna ì torno portarci noftro
mal grado, efTendo à quello le:5 gati,6f in quello rinchmfi à guifa d'oftnchej
ce quefte cofc non fi fanno, feno per uia di mc^: nicria,per che noi ci ueniamo
à ricordare delle cofe padatecdallaqual ricordaza hora io fon fpin to : ce
efortato perii defiderio) che ho di quelle xofe.che già ho altre uolteuedute,
ti ho fàtto queflo ragionamento, Hora la belleza( come ti ho detto ) quando già
erano le anime in cielo,^ Infieme con loro caminando rifplcndeua,fiC di poi,
chequi fumouenuti.rhahbiamo riconos fciuta, per ciò che ella chiariffimamente
rifplen:? de,& fi moftraà quel fenfo dellj noftri,che più •di tutii gli
altri ha in noi forza, flC quefto é il feri fo del uedere : per ciò che quello
é il più acuto di tutti gl'altri noftri fenfi^che permezo del tòVpo fon
cagionati, col qual corpo, flC con li quali fenfi non fi può cognofcere.nc
uedcria fapientia: per ciò che ella farebbe nafcere in noi ìun'ardentiffimp
amore di po(rcderla,fe un qual chcfimulachro,òimagine di ki dauanti à gli occhi
manjfefìamcnte ci fi pofgefTe: fiC il medefi mò potiamo dire di tutte l'altre
cofe,che fono degne de/Tere amate. Non dimenolabellezsi fok ha jpiu dellaltre
haute quella preminentfa^^ che ella più ;d- ogni altra ci fi fa uederc,&
piu che ogni altra cofa ad amarla ci muoue. Et però colui, che dianzi non
atteie à quelli fagri miftc;? ri, ch'io ti difli,anzi più tofto e, dando qua
gm^ corrotto da quefte cofe bafle^non cofi preftofi inuoue,fiC leua ranimo all'
amor di quella bels: Ieza,anchor che qui uegga una certa fc^iglian za di
quella, che da quella eterna il^ nome pi:^ ghando.pur belleza fi chiama. £t per
quello nel uederla non l'ha in ueneratione,flC non l'ha nora,maà guifa d' una
beftia.dato folamente al piacere, uorrebbe pure à quella belleza acco:5 ftarfi,
flC generare, & produrre figliuoli : fiC cofi importunamente afTaltandola,
non teme punto fargli difpiacere.ne.fi ucrgogna dandofi in prc:? dai quel fuo
difordinato appetito, pafTar gli or^s dini della natura , Ma colui , che alli
detti mifte;^ ri poco fa diede opera, fiC che già in ciclo con^ tempio, molte
cofe degne, flC (ante, quando egli uede un uolto ben fatto,ft di belleza diuina
ot^ nato, il quale perfettamente quella diuina, & uc ra belleza
rapprefenta,ò uero quando contems? pia nò pure il uolto, ma qualche altra parte
ben fatta del corpo, primieramente fi empie dihorrs rore,fiC tofto teme di lui,
come fe fufleunacofa (ckfte già dalui pa altri tempi u^duta: quindi più
minutamente rifguarclandolò come Iddio lifaonora.flC fé egli non temefTc di
edere accuiaj«; to per matto, ti dico che egli non altrimenti aUj l amato fuo
facrifìcarebbe^chc farebbe à una fta^r tua di iddio. Et mentre che egli pure il
contem pla/ifentequcU'hprrore. del quale era pieno, in fudore,fl( in ardore
conuertire, dal quale in brcuc tempo tutto fi truoua occupato. Per ciqr che air
hora,che egli per gli occhi beue quclU bcllcia Cubito tutto dentro fi riicalda
: dal qual caldo la natura delle penne della lua anima é co me matfiata,a dipoi
che egli è bene infuocai^ to,fi intcncnkono quelle parti delle ale,clic
pullular doueuano.ac che dalla dureza riftrctte, metano alle penne il poter
gernpogliare. Qjiianp do poi per gli occhi e ben penetrato il nutrìs; nicnto di
queftc alenali' hora il germoghar delle penne, che prima comincia dalla radice
i ingrof (àfC,ìmpetuo{amente per tutta 1 anima moftrarfi (i sterza per ciò che
Tcinima era già tutta dalle pcnne copcita.fif da quelle io alto foftenuta}
tak^^ in quello tempo ci anima tutta in grao dèiiìmo leiuore^tt uonebbe pure
inaizarii : flC non aitranrti che làccino ifanciuUt. quali allW u che pruni
mcttoiìo i depti^t^no da on certo iociOiC iMfitfi, aiiiciué dà un dolore delie
gicQ gfc moleftatì.cofi l anima iicl meffere le penne tutta fi commuoucflffi
riempie in un tempo dj piacere,» di moleftia. Per il che mentre che eia la uede
un giouane bello, beucndo per gli ocs chi quel piacere, «quel defiderio.chc da
lu|'t uiene,airhora inaflìata.come ho detto, fi rifcalr da,flC all'hora nó fi
duole. ma fi rallegra cifra mo do. Ma quando poi egli s allontana.flC che
quefcl li meati fi rifeccano.per li quali l'ala uoleua ufcir fuon.allliora
andi.fif riftretti.uiefano il gcrmoa gliare delleale : di modo che quefta ala
infieme2i con quello amorofo defiderio, parendogli elTcr dentro rinchiufa,
uolendo pur' "faltar fuori dai (e flcfTa, richiude quei meati.donde ufcìr
po* trcbbe.fif fa che di nuouo ne nafce ali anirra nó poco dolore. Et pe^quéfto
è tutta l'anima da ogni banda oii'efa,fiC grandemente dimoiata,» mal trattata
Ma ricordandofi poi di nuouo del? la ueduta belleza,in quello fi diletta.» di
quel Io folo fi rallegra. Et cofi da ambe due queftc paffioni infiemc mefcolate.ciò
è da quello sfor* zamento.ec impeto di rimettere le ale. & dalU maraiiiglia
della piacciuta belleza è in un fems po moleftata.Onde piena di
anfietà,<urio(à d/» licnfa flCè daqucftofuror in tal modo condotta, che ne
la notfc può dormire, ne il giorno in lue go alcuno fermarfi, ma quinci, 6f
quindi fi ags gira,fiC fi fbatte,mofra pure dal defidcrio di riue dcre quella
bcUeza, la quale di nuououedcn^ tìo,& beuendoquel defiderioamorofo per gli
occhi, CQmc ti ho detto, all' hora di nuouo apre, & ageuola quelle parti
delle fue penne, che prtp ma erano infieme riftrette.fic chiù fé : fiC cefi àh
poiché ella ha cominciato à rifpirare,fiCriha2: uerfi,à poco à poco fi hbera da
quelli ftimoli'i ft da quelli dolori, dalli quali prùr^a era offef^é Tale che
da quefto foaui/Tjmo piacere 6nto è in quei tempo uinta,che mai per fe da
quelli allet^: tamenti non fi partirebbe, ne altra perfona più appreza,chc
l'amato, ma fi fcorda del padre, CC della madre, de i fratelli, fif di tutti
gli amici ' fuoirttfe tal' bora (come interuiene ) manda in quefto amoremale.ft
confuma il fuo,non fe ne cura punto. Oltra di quefto fpreza tutte le
'.amicitie,flC dignità, che haueua fuo padre, delle quali gli fi farebbe tra
gli altri gloriato,^ fole fi contenta di feruire^fiC diefler foggietto àogni
''«olontà dell' amato, pur cbe egli pofTa efferaps: prefTo al fuo fuoco • Per
ciò che non folo honoi^ ra,ficha in ueneratione quefto b^llo,chc tgli ama^ma
anchora Io truoua ottimo medico d' gni fiu grauifTima paflionc. Quefto afFetto
adun qac,2(quefl:o mouimento,b giouane gentile, gìihuomini l'hanno chiamafc
ef^SiDC cioè amore. Et fe io ti dicelTe in che modo quefto amore è chiamato fu
in cielo dalli dei, certamen te,che per cfTer tu giouane, harefli ragione di
ridere. Et che fi^il uero, certi imitatori d' Hos: fnero compofero già due
iierfi fopra quefto amo re.cauati ( come penfo ) dalli fecreti.flC mifteri
diuini,delliquali unoèin uenti affai goffo,flC poco elega n te, flC dicono
cofi, Chiamano amor uolatore i mortali. Li dei alato, per che à forza uola. , ^
A quefti uerfi in ^arte fi può credere, in parte non : ma fia come (ì uoglia,un
tratto quefta^ che io di fopra ho detta, è la aera cagione damo rc,fiC lo
affetto, flC la paffione de gli amanti ; Ci però tutti quelli, che ameranno, h
quali già fe^ guitarono Gioue,po(fono più fauiaméte,fiC più conftanfemente
portare il pefodi quello alato, che io ti ho detto. Ma coloro, che già
honoraro^ no Marte, Ce fu in cielo infieme con lui andoro^ no intorno, poi che
dall' amore allacciati fi truo^ uano,fe mai penfano di riceuere dall' amato in^
giuria alcuna, facilmente corrono à far dei ma^ lc,fi£ à uccidere ; cefi
furiofamente ò fe ftefli, è gTi amati loro priuano uifa/SimìImfnfc eia fcuno
honoraquel roedefimo iddio, col quale già andò in fchicra: flC quello cerca
fcmprc quan to più può, in Ulta fua di imitare, fin che egli non fi lafda da i
uifii corrompere. & in quefto modo mena i giorni della prima fua uita,t3C
cofi fafto a gli amati fuoi^flC à gli altri Tempre fi mos: ftra , Et però
cfaicu nò, fecondo i coltumi fuci.fi elegge à amare uno, che à lui paia bello .
Qujns: di,comc fé quello fufTe il fuo iddio, fe ne labri^ ca una imagine.fiC
quellaorna & fa bella in quel modp,che fe à quclla,flC non ad altro idolo
ha:? uedeà dare honcri,flCà facrificare» Onde co:5 loro.che di GiòUe furono
feguaci ,flf che quello honorarono, cercano d'amare uno . che Simiù mente
habbia T animo giouiale : fiC per quefto / confiderano , prima che l'amino ,
molto bc5: nc,fe quefto tale è atto per naturatila FìIoì: fofia, òueramente al
regnare , alle quali cofe Gioue inclina. Et poi che conofcmto(o,fiC ri:^
truouatolo tale, lo amano, fi sforzano con ogni ftudiodi farlo diuentare fimile
al fuo iddio. Et fe forfè eglino non fapeffero per loro quel, che à gli altri
uogliono inregnare,airhora ol:? tra modo fi sforzano, flC cercano di imparar
fem:5 pre qualche co(à per qualunque uia gli è con:s cef?o : flf coli infiemtf
con gli amati à queftrf coli honcfta.flclodeuole opera fi mettono, (alt che
diligentemente ricercando, fif in fc fteffi inue^ ftjgando la natura di quello
iddiojl quale ad honorarc fono inclinati tanto fanno. che al fu: re pur uengono
a capo di quefto loro honc;^ ftodcfiderio. Etnon'c ciòmarauiglia,per ciò che
eglino fono dall' angore sforzati à dirizarc la mente, ftconfiderare con
intentione gran^ dilTjnia à quel fuo iddio : di modo che pur al fine
ricordandofene, fono fubito di undiuino fpiiito ripieni : il quale fpirito fa,
che eglino pt^ .glino coftumi, fif ftudi tali, che in brcuc tem^s pofi fanno
participi della cognitione di Dio, tanto però, quanto à un'huomo è lecito. Et
per che di tutte quefte cofe fanno che ne è cas: gione l'amato, ogni giorno più
ardentemente nel fuo amore fi accendono. Et fe cclloro th ceuono quefta
diuinità da Giouc ( come anchoss ra le Sacerdoti di Baccho,cheda lui di furor
fono ripiene ) infondendola tutta ncir animo dell'amante, in breuefpatio di
tempo, quanto poffono.à Gioue lor proprio iddio, fimilifTimo Io rendono. Tutti
quelli poi, che già in cielo feguitarono Giunone, cercano per amato loro un
giouane d'animo regio: ilqual poi che han^ ìfìo frbuato.dfucntano Cmili à
*q!iclli\che di fos prati ho detto.fiC uerfo di quello operano in quel mcdefimo
modo» Oltra di quefto, quelli, che honorano Apollo, ò qualunque altro iddio,
ciafcuno il fuo proprio iddio, imitando, cercano ' tutti un giouanc.che per
natura habbi il medcsi fimoanimq^chc loro : il quale poi che hanno trouato,
prima il lor proprio iddio imitando, poi alli giouani pcrfuadendo,che li
medehmo faccino,flC moderandogli in ogni loro cperatio:? ne, fecondo il lor
fine, quanto le forze loro com portano, di condurlo fi sforzano alla imitatione
del proprio loro iddio, fiC alle loro fimili operai troni «Non portano coftoro
alli fuoi giouani ìnis uidia,òmaleuolentia alcuna, ma con ogniftu^ dio fi sforzano
di conformarli alla loro perfetta Ulta, ùmilmente a quella di quello iddio^ che
ambe due naturalmente honorano . La cura ' adunque, & il fine di quelli,
che ueramente fo5 no amanti ( pur che eglino fi conducano à poÉs federe
quel,che io ti ho detto, che defidcrano ) fenza dubio alcuno altra non è, che
qucftachc io ti ho defcritta . Et è quefto fine per cagion del Tamtete per amor
furiofo in ultimo all'amato lodeuole, 2C feliciflìmo.fe quefto amato farifi^
inamente prefo d'amore, £t per che tu fappu irCome un amafo fi conofce dallamor
uinto.te Io ;:dirò. In quefto inodo adunque qualunque ama ^(ofarà d'amor
prelo,fi conolceri. Nel prii ci pio di quefta noftr^. fintione diuidemmo ogni
anima in tre parti, flfdimoftrammo li caualli di ;due lorti.ò: cofi ppncmo^fpiDjC
due parti dell'ai fili ma, li Rettore fu poi la terza parte . Quefte me ;defime
cofe ci fa di bifogno cònfiderare al pre:? rfente,Già tu fai, che di quelli
caualli uno ne è buono, flc uno trjrto; ma qual.uirtù habbia quel ivjibuon
cauallo,fi( qual fia la malignità del trifto non Thabbiamo ar)chor detto^flf
però bora deb biamo dirlo. Il caual buono è di perfonapiu ^ j.grande,(Sf più
ben formato, ben compofto,flCà »^artei parte tutto ben fatto, con la tefta
alta, le narici affai bene aperte, come quelle dell' Aqui^ 'la, di color
bianchifTimo.coJi gli occhi negri, . defiderofo folamente di honore, fiC
ripieno di temperantia,fiC di uergcgna, & amiciffimo del { aero; non ha
bifogno di ftimulc^òdifprone al:» ccuno^ma folamente fi regge, fl£ guida con l'
efor .Catione, & con la ragione. L'altro poi è torto, uario,CC malifTimo
fatto, di una oftinata "oglia, }{b col collo bado, ha il modaccio
fpàanato,^^ fchiaciato di color fuko,cò gl'occhi brutti,flC di color fanguigno
macchiatile garofo^bcftiale, con le orecchie pelofe OC forde^flf à pena
ubedi> fcc alle battiture, fiCalli ftimoli .Oliando adun^ quc il Rettore
uede un uolfo degno defTer ama to.fiC infiamma tutta I anima del piacere, che
ne fente,è fubito da una certa allegreza commofc fo, flC da certi ftimoli di
defiderio. all'hora quel cauallo, che delìi due è al rettore ubedienfe,co me è
fuo coftume, dalla uergogna raffrenato da fe fte/To indietro fi ritin per non
andar' ali amac (oàd doflo. Ma l'altro non fi può far reftare ne con gli
ftimoli.ne con le battiture, anzi auanti fi fcaglia,ft per forza il cauailo,che
è feco con^s giunto, ac il rettore infiemc rcompigIia,flCà/cit mal grado li
tira à uoler fentire il piacere, che da Venere fi caua . Ma quelli due nel
principio no l'ubidifcono,fdegnati che dal rio cauallo à cofc indegne &
ingiufte fieno à forza tratti.finalmefc lìoncefTando quello importuno diùxcil
peg^: g/o, che j può, sforzati purfilafciano portare, flC cofi gli cedono,
& Io contentano di fare quello^ che à lui piace; (ale che in qucfto modo fi
ucn^i gono ad accodare al piaciuto bello, flC uaghegs .giano tutti infiemc il
charo afpetto di quella, Ilqualpoiche ha bene il Rettorconfiderato, a poco à
poco della uera natura di quella bclleza Ti uien ricordando^& cofi un'
altra uolta^come già in del fece, col pènderò riiiede.mà u^clc quella nera
dalla temper^ntia accompagnata, fiC ftabilita nel fermo fondamenfo della
caftjia : però parendogli pur iiedcre quella uera,& diui na t'elfeza,
comincia di lei riucrentcmente à tc^r mere ; flc dairhonoiT.che gli porta
uintojn tcx^ ra hufnilmente fi lalcia andare.-fiC facèdo qucfto, c sforzato di
tal forfè tirare le briglie delli due ca ual!(,che bifogna che k forra dieno
dellegropsc pe in ferrala uno di quelli per fe flelfc,ptf ciò che non fa ali'
incontro sforzo alcuno, ft l' altro, che è tiif(o,fiC beftiale,C! na al tatto
contrafua fcogliartì ariojifanandod poi da quella belleza^ iìV dì quelli per la
uergogna,d marauiglia grafi che hahauta,tuttaranifnadi fudor lafcial^a gnatafiC
laltro libero da quel' dolore, di che il tia rar del freno,5C il cafcar in
terra Thaiiea ripieno,i fatica può tr^it* il fiato.-ma poi eli e tn fe r
itornaK)', tutto da fdtgno comoffo il Rettore, & il cauallo feco congiunto
riprede, che per paura, fiC da po^ cagine di là fi fieno pattiti, doue egli
tirati gl'ha ue*i.Quindi non uolcdo però eglino ritornargli, di nuouo
sforzadcglf ,pur al fine à fatica gli con cede, che con preghi da lui
impetrino, che per fino all'altro giorno fi indugi à ntornare!il quale ordinato
tempo'uentndo, fingono di non (e nt ricordare ;.ma egli con tutto cicgh el
rammcna ta,ftdi nuouo sforzandoli, 2f gridandoli, flf df nuouo à forza feco
tiradoli , pur li conduce à uo Icr dire all'amato le medefime parole, che hieri
gli differo. Ma dipoi che più appre/Tati fi fono, egli
torcendofi.flCabbafTandofi (tendendo la co da,ftringeil freno, flCcofi
furiofamcntc feco li tira. Ma il Rettore. che l'altra uolta affai mags
giormentehaueua lemedefimc forze fofFerto. pur in altra parìe uoltandofi, molto
più forte, . che dianzi, le briglie ritirala: cofi sforza la dura bocca del
triftocaiiallo, flC bagnandoli in que^s fto modo la brutta linguacce le
mafcelle di fan^i gue,lo butta al fuo difpetto di nuouo à ferra, fiC còfi del
fuo errore gli fa patir le pene, il che poi the più uolte hail trifto cauallo
fofFerto,lafcia pur al fine la fua pazia,fif cofi horamai diuenu:^ to
piaceuoIe,ubidifce alla prouidentia del Ret^ tore.flCinfiemecon lui, quando
l'amato bello rifguarda, tutto per la paura trema : di modo che affai
fpeffoauuienc, che egli feguiti le pe:^ date dell'amante con reuerentia, flC
honorc.flC quelle dell'amato con timore . L amato aduns que connfcendo efTer
dall'amante fuo, come fe à iddio fufTc uguale, ubbedito, flCofreruatò,fl£
ucdendo che egli no finge, ma è à ciò fare dalla inore sfor2ato(ac maffime che
ogni perfona ho^ fiorata, per natura pare che fia amica di colui,' che r honora
) al fine fi diTpone hauer la mcdc^ fima uoiontà,che l'amante. Et ben che
pnipai tt dalli amici fuoi,CC da quelli, che infieme feco ftudiauano,flC da gli
altri, forfè per dargli biafis ino,fufli flato ingannato, elTendcgli da quei
tali detto efTercofa brutta, che un giouane appreffo al fuo amante fia ueduto,
fl£ per quefto forfè habbia già l'amante da fe fcacciato,non di me^ no air
ultimo per fpatio di tempo &' la età, fiC r ordine debito delia natura del
fuo amante lo rendono amico : per ciò che non fi trouò mai, che un trifto non
fufTe amico d' un trifto,flC un buono d' un buono. Et però poi che un gioua-*
ne comincia à praticare col fuo amante, & afcoU ta i fuoi ragionamenti,
airhora facendo lamanar te ogni giorno più il fuo amore conofcere,sfor:j za
ramato à marauigliarfenc nel confiderare: che fe la beneuolentia de i parenti,
flC di tutti gli altri amici à paragon fi metterà di quella di un' amante
ripieno di furore, a di fpirito diui:? no, farà per certo di pochifTimo,© di
nefTuno momento. Et fe quello huomo di più età, che (ara amante, feguiterà in
queftaguifa per quaU che tempora: fempre « nelle fchuole,ft in fijs miìi altri
luoghi apprefTo all' amato cercherà ri^ frcnaifi,alI*hora il fonte di quel
liquore f quale già G ione, quando dall'amor di Ganimede fu prefo, dicono che
chiamò inf]ufroarDororo)qua le nell amante dall'amato belìo. più abbondanti
temente, che nell'amafo è infufo, parte nelTarJ mante fi uùz^Ct parte di fuor
traboccndo fi fpar ge.flC cofi in quel modo,che fapiamo fare laerc. ^ flC
quella ucce,ché chiamiamo Eccho,qua!e da qualche corpo c)heue,òfòIfdo
percoda/tn quel luogo, donde prjma fi partì, ritorna: cofi quello influffo amcrcfo
ritornando per uia de gli rechi i in quel bello. donde già fi lcuò,p€r li quah
egli hacoftume di penetrare alTanima noftra,di tali) forte inaffia,& bagna
i meati delle penne della anima delTamafo/che facilmente po/Tono.fiC co
minciano à germcgliare : flc cofi T amante lanist model fuo amato ikmpie d'un
corntpondentc ^ amore. Et di qui uiene, che egli ama, ma non fa certo quel,che
egli ami, ne conofce quefta fua paflicne.ne la può, ò (a dire. Ma ;ion
altrimenti che fe perlagiiaLdafLU-i d'uno, che hauc/Tegli cechi mal fàni, fi
fei] ti ffe hmiimcnte gli occhi fuoiguafti, cofi non fa .dire ia cagione di
quella Uia infirmiti, ne fi accorge, che egli uede.a ua4 gbeggia fe ftcfTo
nell'amante. come in uno fpec «hia*Oi:ide cientre.che gli ci amante prcfente^ fcnfc
anch' egli mancare il dolore : fic quan dog, poi r ha lontano, in quel modo,
che egli é defi^ dèrato, altrui defidera: flC cofi in fe haiiendo unt ìmaginfe
ucra d' un cortifpon dente amore , non- più amore, ma amicitia la chiama, flc
cofi penfa^ chefia* Defidera adunque quafi quanto Ta^ mante ( hen che alquanto
più moderatamente) uederlo, goder (empre deirefTer con lui,fiC femprechegli è
concelTo» cerca, flcfj sforza di farlo. Per jl che durando quella pratica tra
co:$ ftoro,iI cauallo trifto dell'amante al Rettore ri* uolto, domanda per
tante fue fatiche un breue, flCinhonefto piacere . Il cauallo all'incontro del
giouane non fa quello,che fi habbia à dire, ma tutto anfio^fiC nell'amor
commoflo,ama raman te tanto,quanto egli é amato.à: fi gode di luti uer uno
ritruouato^che tanto lo ami,£C di qucU io con lui fa fefta,&fi rallegra. Et
ftando iti quefta conuerfatione.è paratiiTimo quanto à lui è poiTibile à ogni
defideno dell' amante fcdif^ fare : ma l'altro cauallo col Rettore
inficroe.dalis la uergogna,à: dalla ragione ammaefiirati/ems pre in fimili cofe
gli tono contrani. Per la qual cofa fe coftoro, fecondo un giuftomodo di
uiuerc, fi: fecondo li ftudi della Filofofia^ fi empieranno di buom^belii^ft
Unti pcijiien^^ .meneranno la uita loro feliciffima, flcbeata^con concordia
grandiffima.di loro fteflì padronf;^K in ogni loro affare modefti. Hauendo
quella parte foggiogata, OC uinta, nella quale fta tutto il ultio dell anima
noftra,a: per il contrario quel là altra libera, alla quale la prudentia,&
la bon^ tà fi appartiene . Et cofi al fine di quefla uita ha^s '^uejidogià le
ale racquifl.ate,ueloci al cielo uo^ landò fe n'anderanno, con ciò fia che
habbino uinto un combattimento delli tre, nelli quali fi fono ri{rouatì,come
hai innanzi udito, quale bc ne fi può dire efTere della maniera, che fon quel
li, che olimpici fi domandano ; del quale bene nefTuno più degno può à gli
huomini arrecare l'humana temperantia,ò uero quel diuino furo^ re,chehabbiamo
detto. MafeqMeftì tali fegui^; fcranno nell'amor loro una uita brutta. fiC in
tut lo di Filofofia priua,& non di meno piena d am bitione,gli potrà
auuenire,che li intemperati cauallj asfalteranno le poco auucrtite anime lo^:
ro,nnientre che ò à qualche difordinato defideno fodisfaranno,ò mentre che in
qualche altra ma:: -niera licentiolamente perderanno tempo:& con ^ducendoli
pure à delettarfi di quelli piaceri^ nel liquali gli hanno troaati (ommerfi^lj
sforzerano ri fejguitare qudk forte di follazo^chc è dal uoU go perfettifTimo
giudicato. Tale che poi femprc fi daranno inuol(i,flf occupati nella fantafia
fodjsfare à quel trifto defidcrio. Ma haranno queftafodisfattione,che cercano
di rado: per ciò che il penfiero deir animo non confente tutto à far qucfto,
& però quefti fimili amici anchora f ben che manco amicitia fia la loro che
quella, che di fopra ho detto) fiC mentre che 1 amor loro bolle, fiC poi che
egli è eftinto infieme amrche^ uolmente uiuono; per ciò che tengono per cer^j
to di hauerfi lun 1 altro data una ftabiliffima ks de : flC però giudicano eder
cpfa ingiufta quel^ la fede rompere, flc doue già erano amici, inimiss ci
diuenìre. Finalmente quando poi alla natura cedono, fiC dal mondo fi partono,
non hauendo anchor mefTe le ale, ma folo hauendo cominciai to à mettere le
penne, non riportano poco pre^t .mio del loro amorofo furore. P^r, ciò. che la
diui^ na legge non uuole,che coloro, che già haueua no cominciato à caminare
per quel uiaggio,chc al ciel può condurre,difcendino nelle tenebre fottola
terra.Ma quelli, che qualche lodeuolc uita fanno, mentre che infiemc uiuono
amore^ uolmente, ac infieme rimettono le ale.comanda (}ue(U legge.che fieno
beati : di queflo ne c folo cagione amoVe. Tante adunquc^fl: fi fatte utilità
giouancmio gentile, dall' amicitia d'u^» fio amante, come da cofa diuina ti
faranno dars t2,Ma la compagnia di coluiche non ama,con:s / giunta folamente
con la temperantia del mons: do,fiC non con la diuina, come è lamicitia d uno
amante , & data in tutto ad atti,ft operationi mortali, fiC uili, genererà
nell'animo del fuo ami co quella licentia di parlare, che pare al uolgo
uirtù:fiC farà fi che dopo la fua morte preftamens: teanderànoue miliaanni
intorno allaterra,fiC fotto aggirandon,& errando . Quefta nuoua can zona,ò
amatiflimo amore, flc contraria in tutto à quella, che prima detta haueua.
quanto più dottamente, fif in quel migliore modo, che ho U puto,con paroIe,flC
figure poetiche, pereforta:/ (ione di Fedro in tuo honore ho cantato ; per il
che perdona à quelle parole,che prima diffu , Etqqefte cofc afcoltan do, dette
da me con gra^s to ànimo^ benigno, flcfauoreuole mi ti moftra^ fiC non mi
priuare per qualche fdegno dell' arte damare, la quale già m'hai conceffa, ne
manco punto fcemar la uogli.anzi più tofto fammi gra tia,che per Tauuenire io
fia per que(la cofa più apprezato^chc per 1 adictro ftato non fono.oUra eli
qucflo fe io.ò Fedro co/à alcuna foco degna del tue bel nome habbiamo
det(o,accofa di ciò lifia.il quale fu primo autore del noftro ragios
namento.acfa.che egli per lo auueiiire più di fimili cofc non patii : JC riuoltalo
alla Filorofia, ' ^ome il fuo fratello Polemarco.acciò che Fes
dro.chcfommamentc io ama, non habbia da tenere bora una opinione, fic bora un'
altra, co* me fino à hoggi ha fatfo,ma più torto nello ftu dio dell'amore.
& della Filofofia meni / giorni della Ulta fua. F E£>. Ioanchora.fe gh è
il •meglio, prego Iddio, che ciò mi conceda. Ma io ti dico benejl uero. che io
flupifco del ragios Bar, che hai fatto, ucdendo di quanto babbiauanzato quel di
piima : tale che io comincio à dubitare.che il parlare di Xifia non mi babbi à
parer ba(ro,«humile.fe forfè un nuouo ragios mmento facendo, à qucfto tuo lo
uorrà aiToes oiigliare , Et uoglio che tu fappi,che pochiffB mi giorni fono,
che un certo noftro cittadino lo uituperò grandemente, folamente per qucs fto
fuo fcriuere.* in tutu la fua accufationc lo chiamaua, per largii ingiuria.
Scrittore d'oratio* ili. Tale che per qucfto potrebbe forfe,fe egli c punto
defidcrqib di. hpnore.per lo aiuenire •fteocriidircriucrc, $ 0 C R. Fedro que»
Ha tua opinione c degna certamente di rifo, ficfarcftimolto lontano dalla
fàn(afia, & dals la mente di Lifia.fe tu pcnfafli. chc eglifufs fc cofi
timido . Ma forfè che tu credi, che quel fuo accufatore dicefli il nero in
tutte quelleco* fe;checon(raLifiadiflc. FED. Certamente Socrate che à me parue
cofi.ne anchora à te è oc culto, che gl'huomini grandi, flC nobili delia no
(Ira Republica temono, fiC fi guardano di coms porre orationi.flC no
uogliono.chc fieno uedutc fcritte,per non moftrarc à quelli, che uerranno,
dcÀTcr flati fofifti.effcndocofa facile lo fcriuerc ttnaOratione. SOCR. A
quefto modo ò Fedro tu non intendi il prouerbio del gombito dolce, ilqual
prouerbioc tratto dal lungo, fiC trifto gombito del Nilo.flC debbi pen fare,
che ^ , dicendofi dolce, fia facile, come pare che tu cress da, anchora che il
fare Orationi fia di poca fiti* ca.eiTtndo però di grandi (Ti ma. Et ne
folamens te iiò fai quefta cofa.ma anchora penfo che non ti fia noto.che quelli
cittadini. li quali per pruss dcntia fono eccellenti, attendono grandemente à
fcriuerc Orationi.CC à fare che quelli, che uers ranno,le po/Tino uedere.
Etqueftì tali di mo* do amano quelle perfone, che lodano le compo iitioni
loro,che la prima cofa di quelli fanno mentione.meutione.che hano ufanza dir
bene delli fcrifs ti daltrui.douc 11 truouano. F E D. Come dici tu queftoJ'Io
non ti intendo a mio modo •r. SOCR, Non fai tu,chc nel principio d'un libro,
che da qualche huomociuile fia corapo^ fto.fi fa fempre mentione di colui, che
l'ha lo^ dato? FED, Inchcmodof* SOCR* La primacofa,che,dicono,cquefta. La
opinione noftra,òuerolanofl:rafcrittura fu appruouafa dal Senato, ò dal popolo,
ò da ambe duerquindi con una certa ambitiofa ricordatone di loro ftef fi,
mettono per ordine tutte quelle parole, che quei tali in fauor loro hanno dette,
fempre dando colui, à cui è il lor parere piaciuto .Dopo quefto dicono quello,
che intendono di fcriucj^ re; fempre faccendo moftra del lor faperc à cos^
loro, che li lodano, flC quefto lo fanno affai uol^s te : ce non folo nel
principio, ma anchora dipoi che una lunghiffima Orationc haranno detta. Parti
egli quefto altro, che uno fcriuerc Oratici ni? FED. Ccrtamentcnon. SOGR. Ho
rafe queftò dir loro è approuato,fubitOj d' allc:s greza ripieni, fi partono
dal Senato,comc fareb bc un Poeta dal Teatro, fe la fua Comedia fuffe ^
piaciuta. Ma fe per forte fuffe riprouato,ò rifiu^s Wo^ac il lor configlio non
fuffe ammeffo, ne ri:s pìlfafo dfgfiò di cffere fcritfò con gTi àlfrf /non
foJofi cnvpfono di triftitìaqufi tali, ma li loro amici anchora. F E D. Sitrattnftano
certa:* in rn te non pòco. SOCR. In queflo mo^ do adunque dimcftrànò,chc eglino
non fanno poco conto di qnefto efercitio di fcriuerc,anzi diapprczirloafTai.
FED. Grandemente cer toloftimano. S OC Dimmi un poco, Se qualche grande
Oratore, ò ucro uu Re/i haueCs feacquiftata t^nta facultà,a: tanta fcientia nel
dire, che come Ligurgo, Solonc.o Dario, pote& fe degnamente nella fna città
efTer tenuto Scritii tore perfettifllmo^flC immortale, non gli parria f/Tcre,
mentre che anchor qua giù uinefTe quafl fimile^ò uguale à Iddio / Et quelli,
che dopo luiuengono,conriderandoIeccfe,che egli ha lafciato Tcritto, non hanno
di lui quel medefi^ mocrcderer' FED. CertifTimo. SOCR. Pcnfi tu adunque, che
alcuno ( fia pur quanto fi lioglia trillo, ft inuidicfo) Uituperi quefto flu
dio dì fcriuerc? E E D. Per quelle core,chc tu hai dette, non par conucniente:
per che eia:» {cuno,pare à me,uituperarcbbc quelle cofe,del le quah egli fi
diletta. SO CR. Etperòque^ fto può efferc à ciafcuno chiaro, che alcuno non c
daelTerc uituperato folamentc per che egli i • fciiua. fcriua. F E D. Per che
adunque f SOCR. Ma quello c bene, come io penfo, brutto, par:^ lare, a fcriuere
cofe brutte, ftcattìuc. T E D. Quefto è ccrtiflimo . S O C R , Qual farà adun
qtie la ragione dj fciiuerc benc,tt male f Non penfi tu Fedro, che ci facci di
bifogno di firoili cofe domandarne Lifia^ò qualunque altri, che ò nero habbia à
qualche tempo fcritto qualche cofa.ò uerohabbiada fcriueie ò qualche fatto
publico d una citta, ò qualche faccéda priuata, quefto lo facci in uerfi, come
Pceia,ò uero in profa come perfona priuata f E E D. Mi doman di fe io penfo,chc
facci di bifogno domandare, & cercar di fapere quefla Cofaf' Dimmi un pocd,
nó fono alcuni, che uiucndo ad altri piaceri non , attcdono,che à quelli di domandare
K di uoler da ciafcuno fapere la ragioe delle cofef Et quefti tali come faui,
nò attendono nella loruitaà quel li piaceri,]^ quali di ncceflltà hanno prima
quaU chedifpiacere,altrimeti il piacere no fi potrebbe godere.il quale effetto
interuiene quafi à tutti li piaceri del corpciflfp quello ragioneuolmetc fo no
chiamati piaceri uili H di poco momcio. Soc. Noi habbiamo tepo ÓC cfio aliai,
& ancora mi par ueder,che quefte cicaie,<:he fopr'il Capo noftro ,
.cantano^com'è ufan«Joio:ncl caJdo,att^ndar^o à quefta noftra difputa . Se
adunque elleno ci uedefTcro addormentati, come fpeffo molti altri fanno, li
quali nel mezo giorno non difputan:: do, ma più prefto dormendo, fono al fonno
per poca anuertenza loro da quelle allettati, merita^ mente fi potrebbono
ridere di noi,confideran2: do,fl£uedendo che dal fonno uinti fuffimo. Ma fe
elleno ci uedranno difputare,fiC conofce^: tanno, che noi non fiamo flati uinti
dà loro(co:5 me fono alcuni dalle Serene, per il che non pof fono pigliar porto
) forfè che uolentieri ci donc fanno quel premio, del quale per gratia de gli
iddii poffono à gli huomini fare dono. F E Chedonoèquefto? A me non pare
hauerlo mai intefo. SOCR. Non fi conuiene,che uno huomoftudiofo,flC amico delle
Mufe, come fci tu, non fappi una fimil cqfa. Si narra che quc^: (le cicale
inanzi che fuffero le mufe, crono huo mini : ma nate che furono le Mufe,fiC poi
che il canto hebbero moftrafo,fi dice che ad alcuni di quelli tanto quel canto
piacque, che per cantare non fi curauano di mangiare, ne di bere : £C cofi
imprudentemente fi lafciarono mancare la uita: delti quali nacque la fpetie
delle cicale, le quali hanno dalle Mufe quefta gratia,che non han bi fogno di
nutrimento alcuno.ma mentre che ui iooà uono, foci lO'lOOf IfìOt Sì nono,
ftmprc cantando fi mantengono fcnza mangiare,flC fenza bere, Dipoi finiti i lor
gior^ ni, (e ne uanno à trouar le U iife per dargli no^ titia,fl: informare
quali fieno quegli huoniini^ che qua giù amano più una Mufa,che un'altra» Per
il che dimoftrando. à^.Tcrficore quelli, che ^iu che in altro, ne i canti, flC
nelle fefte femprc fi ritruouano, gliela rendono propitia, OC fauo^ reuole, A
Erato poi moftrano tutti coloro, che ne i càfi amorofi Vitrouandofi, hanno il
fuo ftu:: dio&ìmitato,6Chonorato.Et cofi fimilraentc fanno con le altre
Mufe,flC gli mettono in gratia coloro, che più che h altri lamano.Rapportano
anchoraà Calliope, OC à Vrania,che fippreflogli ua,la uita.flC i fitti di
coh)ro,che nella Filofofia fi efercitano;fiC honorano la loro fcientia.Lc qua
li oltra tutte le altre Mufe*hanno cura della cojs - gnitione del cielo, ficfi
efercitano in ragionai menti cofi diuini, come humani con uocifoa^ uiflime* Et
però per molte cagioni dobbiamo dir qualche cofa,ne in modo alcuno habbiamo nel
mezo dì a dormire . F E D , Habbiamo à dire per certo. S.O C R . E adunque
hormai tempo di dichiarare quello, di che poco fa ordisi nammo di difputare,ciò
è in che modo un'huo inofcriua,ò parli bene, fiC non bene, £ £ Qocfto c propfo
quello, fopra il qnalf ha da eù: fere il noflro ragionamento. S O C R. Non
pcnfi turche fia neceffario^chc colui, che habx^ fcia da dire qualche cofa/e ne
uorrà ragionare a pieno, fiC bene, habbiapiena^flCuera cognitio::
ne^flCintelIigcntia di quella coia, della quale pirlaf' F ED. Io c Socrate, ho
udito dire, che a uno, che debbi diuentare Oratore, non e nes: ceflario il
fapcre quali fieno quelle cofe.che ue^s ramentc fieno giufte, ma debba
folamente quel le conofcerc,che al giudicio del uolgo parran:: no cofi : ne
manco debba fapere quelle cofe^ che ueramente fono buone, « hcnefte,nia quel
Ie,chc compaiono. Perciò che dicono quefti tali, che per uia di quefte cofe non
uere^fi può più facilmente perfuadere.che ccn la uerità, ^. OCR. Mai òf
fdromio,non fi hanno da iprezare li detti de gli huomini faui,anzi fi deedil/gentemente
considerare quel, che fignifichi:? :iio. Et però à me non pare di iafciar
pacare quel le parole,che hai poco fa dette, F E D. Tu parli bene, S o C R.
Confideriamo adunque quefta cola in quefte modo • T ED. Cowtf S O C R. Cefi, Se
io per cafo fi uolefFi perfuasi dcre,che tu fuffiper uinceregli tuoi inimici.
;quando tu haueffi un buon cauallo,nc alcuno Ai noi f^ipein che coA Me quefto
cauallo,m4'tb fohtfìtnìt tkpm:chc kù ndtì fai gii come uh tJiaalfo fia fatto,
ma che tu penfi ,ch'C egli fià ti*» ànimale domefì/co con gì Wcxhi gridi. F E
Dv Sequeftofu/fe/ceftameinte farebbe cofa da rr* <ìere . S O C R , N òn ^t^u
cfto non bafta . Ma quando io con ogni sforzo nìi ?ngegfìaffi di pet fuaderti (
non f^pendo nt tu^nfc io àltfC ) chè quello anÌTTidefurti^ un cauàlJo/a per
quefto iò liaue^S compóflÀ nna Òrationeìn lode dell'Afiis no, chiamando quello
anrm^lè càuàilo, afferà mando efTere animale pérfètdfTinìo, utile per ca fa,
perle facccnde/tSc prontiiTimo/fiiore aib battaglia, atto à p citar fome.'fiC à
molte altre cofe tommodiffiiT>o> f ED. CJi^^efto fi /che farebì be
fuòrd^* pfopofitóalpònTjble. S |0 C K. Kon è egli meglio, che un'amico fia
ficetó,fit piaceuò!e,5Cche faccia ridere, che ftrano,ttdi malanimof F '£ O.Cofi
par à me. S OG.Qnan do adunque un oratore ignorate del male,tt deì bene
perfuade i una città fimilmenre ignoranti non con una oratione compofta in
lodxr d'uno Afino, penfando che fia un Caudillo, ma ragion Dando. flC difputado
del male,cr€dedo che quel lo fia bcnetflC cofi tirando à Tua diiiotionc le opf
n oni del uolgo, metta in quella citta tìn'ufanzà dì far male in cambio dì
b'efie,che ricolta pcnfi tu che un fimile oratore facci della fua (cmtiìUi FED.
Non troppo buona. SOCR. Non confeffihoratu,chc noi habbiamo uitupcrato l'arte dell'orare
un. poco più fcioccamcnte.chc non fi conueniuai' Et fc per cafo ella ci haucfle
fentifo, flf bora fiuoltafTc à noi, «ci dicertr* Seteuoiimpazati Socrate, fiC
Fedro mici cari^ 10 n5 sforzo alcuno à orare, che prima non hab bia cognitione
del uero : ma fé gli huomini fa;? ranno à mio modo,airhora mi imparerano quan
do la ueriti haranno cpnofciufa.fiC io ui pofTo af fermare quefto con uerifà (
il che è certamente gran co(à)che anchor fenza l'aiuto mio, pur che uno fappi
render ragione delle cofe.flC le cono:? fca,harà in fe ogni modo l'arte del
perfuadcre 5, Se coftei dicerte cofi,non harebbe ella ragione-^ F ED. Io
te'lconfertb^purche molte ragion ni, che io ho intefo, faccino teftimonio,che
il fa per folamente fia arte ; per che è mi pare hauer^ udito certe ragioni,
che prouano^che l'arte del dfre fenza il fapere dicendo d'eflèr l'arte, nò dice
11 uero : per cièche altro non è, che un' ufo fen za arte . Et Lacone difre,che
la uera arte del dire fenza la uerità trouar non fi può, ne mai fi tro^s uerà .
Qtjefte ragioni ò Socrate fanno hor di bi? fogno, flC però adducendole moftrami
un po^ coqucl,checoftoro dicano, flCin qual modot^ S O C R , Soccorrlnmi
adunque, ft ucngano -in mio faiiore tutti gli animali generofi.fiC pcrsx
iiiadinoà Fedro, che fc egli non attenderà alla Filofofia^non faperà mai di
cofa alcuna à baftan ■ za ragionare, flC Fedro mi rifponda ogniuolta, che io lo
domanderò . F E D. Domandami adunque • S O C Dimmi un poco,la Ret^ torica non
diremo noi, che (la una arte, che per mezo delle parole alletti gli animi de
gli huos mini^ Et queflo lo fa non folamcnte dauanti al li giudici, flC nelk
altre publiche raunate di huo mini.maanchoraquefta medefima arte difpu^ .terà
nelli priuati ragionamenti Mi ciafcunacofa cofi d'importantia,comc non . Per
ciò che nien^ te è più honoreuoie,ò più degno il parlare con arte nelle materie
grandi,che fia nelle piccole* Hai tu mai udito dire quefto.^ F E D . Non io
certamente,anzi ho intefo,che quefta arte fola^ mente (ì efercita nelli
giudicii,flC nelle Orationi al populo,ne ho mai udito, che ella fi di^lenda più
in la. S O C R • Hai tu mai intefo ragion tiare della grande arte del dire, che
Neftore,fiC VlifTe efercitauano, mentre che erano à Troia? Hai intefo quella di
Palamede 1* F E D. Non io,fe gii tu nò uoleffe dire che Gorgia fuffe Nes
ilore,£C Kimilmente che Trafimaco^ Teodoro fttfléio \Wc . $ O C R . forfè che
io !o pos» ♦rei dire. Ma Ufciamo andate ccfloro.fiC rifpon» aiini à quefto, ISe
i gindicii gliauuerfani^cb* liàtaftcìoi «gUno r Non cercheranno feinprc dt
cònfradire à tutto quello ^che dice la parfc con;* frariac Puoi tu dire,che
.faccino altro;' F E I>. Quefto ianno.ft non altro. SOCR. Non contendono,
& djfputano fempre cjual fia il giù ftoi,« qua! fu k) iingiiifto f f E D .
Cofi è, j^P C R . Colui.che faprà fare quefta cofa con jirtc,i.ion potrà fare
anchora che a quelli mede» fin^i pai» uni cola ficflahora giufta.fthora in;s
giufta,.^ f E I>. lo potrà fare per certa» / S O C R.. Ijtfuwlmeute egli
orerà in pu*» l>ljco,potrà fàre,cheaHi fuoi cittadini le medes fitBCCQf?
parranno Upra buone, <SC hora triftc;* F E , Cerfaaiente. SOCR. Et quefta
nonèsnarauigliofo.perchc noi habbiamo rn* tefo.ehe.i^aUiBede Eleaf€,eol fuo
artificio del dire era fclito far fi che à chi,!f)..udÀua.pareflero ie noe defw«.<pfe
bora fimili.Sf bofa'diuerfe,ho ta una c.o{a,iibU,ft hor» wp] te-, bora che ogni
cq. fafufreiaiwobile.&hora che i'ufliuerfa fcms: pre fteffe i,n moto, f E D
. l' ho intefo ans ^' io pei certQ. S Q C R , Adunque quefta jppteftUa, di
confradiKiik fiofe d^tte innanzi^ . non folo è porta nélli giud/di, ft nelle
pubfi^' che radunate, ma anchora^come ti ho moflratoj fi truoua in ogni
ragionamenfo,che fi fa: per ciò che dò che fi dice tutto è un'arte, con la qui
le ciafcuno potrà fingere, flc dare ad intendere à ogni perfona, che tutte le
cofe fieno fimih'^ac faperi trouare i nìodi di moftrare quefta cofa,fl(
intenderà come habbia a fare, chiare quefte. fo:*. miglianze. F E D. In che
modouuoi tu,' che fi facci quefto.^ S O C R. In quefto* Dimmi un poco,rngannanfi
gii huomini in quelle cofe, che fono tra loró molto differenti, ò in quelle.
che fono poco? F E D. Inquelle^ che poco fono diffimili , S Ò C R , Bene ha(
rifpofto. Hora fe tua poco i poco pafferaida un fimile all' altro, più
facilmente potrai inganni naregli auditori,che fe in un tratto dfalterai^* F E
D . Chi dubita di queftof' S O C.Adunquc bifogna.che ogniuno,che uorrà
ingannare un* altro, facci prima in modo, che no fia ingannata egli . Et però
farà necefrario,'che conofca beijiJ(fi ino le fomigliaze flf le diffomigllanze
delle cofe* F E D , Quefto è neceffario, S O C R. Potrà adunque uno che fia
ignorate della uerftà di eia fcuna cofa dar giuditio della fimilif udine ò gran
de^ò piccola di quella cofa eh egli non cooofcc/ FED. Qnéftocimpofribile. SOCR.
Et però c cofa chiara, che coloro, che hanno qual^s che opinione fuor del
naturale, ò credono il fal^ fó di qualunche 'cofa, non per altra cagione fo^ no
in quella fantafia, flCin quel falfo parere, che per qualche finiilitudine,che
gif ha ingan^ mti. FED. Cofi interuiene. SOCR. Potrai tu dire adunque che
alcuno, fé farà di quellocheuorriadifputare ignorante, pofTa con con arte,flC
aftutamente à poco à poco rimuoue^ re uno dal uero,fiC fargli credere il falfo
per uia di qualche firnilitudinej'ò crederai, che quefto tale poffa fardi non
cafcarc nell'errore, nel qua^? Ic'cerca gli altri condurre FED. Certo che io
noi crederò mai. SOCR. Et per quefta cagione qùàlutìque perfona farà ignorante
della uerità dolina cofa, & folo dairopinione fi lafirie* rà guidare, coftui
dimoftrerà di hauere un'arte di dire fciocca.flC più da fare altrui ridere, che
buona ad altro, FED. Cefi mi pare certe. S D C R . V noi tu hora uedere, ft
confiderare flC neiroratione di Ljfia,che hai in mano,& nel feritire il mio
ragionamento, douc fi parli artifi^t. ciofamentc,a: doue fénza arte^" FED
. Que^i fto uorrei io più che altra cofa ♦ Per ciò che al prefcnU noi
ragioniamo troppo feccamcnte.no potendo pofendo dimoftrarc ercnopi chiari di
quelle co* fc. che diciamo. SOCR. Si.ma ionogho, che tu fappia.chc la maggior
parte delle Ora* tioni fon dette à cafo.come è manifefto: le quaxs li ci
moftrano chiaramente, che un' huomo.chc appia bene.flc conofca la uerità delle
cofe.men tre che egli con parole fcherza, ec fenza punto penfarci.ragiona.conduce
l'audifore à quello, che uuole. Et io certamente Fedro, penfo che gliiddìi di
quello luogo habbiano hoggi cagio nato in me quefto effetto di perfuaderti.ft
forfè potrei anchor dire.che le cicale interpreti delle Mufe.le quali fopra di
noi cantano,mi habbias no fatto quefta gratia. per che in foma in me nó è arte
alcuna di dire. F E D . Sia come tu uuoi. pur che tu mi moftri qucl.che mi hai
promelfo. SOCR. Leggi adunque il proemio dell' Os catione di Lifia. FED. «■ IN
Q^V E S T O (lato certamente fi truouano le cofe mierflC quefto.come hai poco
fa intefo da me, penfo che mi babbi à gjouarc affai . Hcra io uoglio che
fappia.chc io ftimo,a: giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò.doucrs la da te
per quefta cagione impetrare : per ciò che 10 nó fon prefo del tuo amore. Et
che ciò fu iluero,tu fai che gli amanti, come prima han*; 1)0 la !or libidine
faflata/i pentono de i benefis ci.che t'hanno mai fatti . S O C R . Non legge/
pili . Bifogna bora dire in che cofa coftm erri.flC quel, che dica fenza artt.
Nò ti par cofi:' F E D. Certamente. SOCR. Dimmi un poco, non è quefto chiaro à
ciafcuno.che in molte cofe ne i ragionamenti noftri tutti crediamo à un modo,
fi( in molte altre non habbiamo il medefimo ere derei? F E D. Ben che mi paia
intendere quel, che tu dici, però io uorrei che lo diceffi più chia ro. SOCR.
Quando unofa mentione del fer ro,ò dell' argento, tutti fubito intendiamo una
incdefima cofa. F E D. Certo. SOCR. Inter uiene egli cofi.quado fentiamo il
nome del giù fto.ò del buono, nò crede all' bora ciafcuno dis uerfamente ? Et
non pure non ci accordiamo con l'opinione de gli altri .ma anchora fiamo in
dubio della noflra. F E D. Cofi ua. S O C R. tt però in molte cofe
acconfentiamo tutti à un inedefimo.flC in molte fiamo di uarie opinioni . 5 E
D. Cofi è., S 0 C R. Doue potiamo noi più facilméte effere ingannati. « in qual
d,i que ftc cofe ha la Rettorica più forza:* F E D . E cofa chiara, che in.
quelle. delle quali più dubis(iamo.piu ha forza l'arte del dire. S O C R , Et
per quefto fa di bifognoi colui, che uuolc ini* . parare. jwirare, R
atrquiflare la Retorica, prima di uederc quefte cofe tutte ordinatamente, &
feparare Tuss na dair altra, & gli è neccflàrio ccnofcere di quaf forte
fieno le cofe tatte,intorno alle quali fi può . ragionare, ò uero della forte
delle dubitò pero delle certe:fiC fapere doue maggiormete il uolgo poffi elTere
ingannato,fiC doue nà, J^Jf. U. Ccf tamente Socrate che colui, che col penfiero
^ja^ piffe quefta cofa,che tu dici,harel)l>c una bella cognitione. SOCR»
Dipoi io penfo, che quc fto tale debbia fapere la natura diciafcunacofa, acciò
che dj quella quado gh' farà bifognOjpofFa render ragione : fiC uoglioche
ingegnofamente intenda di qual forte, fiC di che genere fia quella cofa,
intorno alla quale fi debba ragionare ò delle dùbie,Q delle certe. F E D.
Perche noni S O C R. Diremo noi, che 1 amore fia poftq tra le cofe certe, ò tra
le dubiei' F E D.Trale dùbiecertamente . S O C, Penfi tu ch'egli fi conceda
.maliche tu dica di lui quelle cofe, che poco, fa .hai dettecelo è eh egli fia
noceuole all' amato, flC ali amante Et dipoi ch'egli fia il maggior bene
chefitruoui:'' F ED, Tu parli bene. SOC, (Ma dimmi un poco anchora quefta cofa,
per cheÀdirti il uerojo non mene ricordo troppo bene Ì>er effer ^ato io nel
ragionamcto mioi occupato a uinto da quella diuinifà,clic fu (af. Ho io nel
principio della mia difpufa difBnifo^chc cofa fia amore? F E D. Si hai,flC
beniflimo. S O C O quanto tu dimoftri ( dicendo che io fi bene rho diffinito )
che le Ninfe d' Acheloo.flC Pan figliuolo di Mercurio, fono più ingegnofi al
comporre Orationi, che no fu Lifu,per ciò che quefti mi hanno fatto dire. Non
ti pare egli, che iodica il ueroi' Ma Lifiaanchora nel principio della fua
Oratione ci sforzò ad intendere, che la more ( come egli uoleua ) era un non fo
che po fto fra le cofe dubbie, flC incerte ; flC cefi accom:^ modando a quefta
cofa tutto il feguente fuo ra^ gionamento,fini la fua Oratione • Vuoi tu, che
un'altra uolta leggiamo il fuo principio.'' F ED . Come tu uuoi,ben che
quel,che tu cerchi, ih efTo non ci fia • S O C R . Leggi , acciò che io loda. F
ED^ I N Q^V E S T O flato certamente fi truouano le cofe mie : ft quefto,come
hai po:s co fa intefoda me^penfo che mi babbi à gioua^ re affai . Hora io
uoglio, che fappi,che io iiimo, ce giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò,
do:s uerla da te per quefta cagione impetrarerper ciò che io non fon prefo del
tuo amore ♦ Et che ciò fu il uero^tu fai che gì' amanti^come prima haa DO la
lor libidine fatiata,fì pentono de i bcnes: fìci , che ti hanno mai fatti . S O
C R • Egli c molto lontano, fecondo me, da quello, che noi cerchiamo r perciò
che egli pare, che fi sforza di ordinare il fuo ragionamento, non cominciando
dal principio, ma dal fine, con un certo modo à contrari0,ac fotto fopra» Et
che fu il ucro,uedi che comincia da quelle cofe,che l'amante rin^j fàccia al l'
amato , dipoi che T ancore è eftinto , "N 5 tifare egli.che 10 habbia
detto il uero^ F E D. Senza dubio che quello, di che egli nel princirs pio
ragiona,è.il fine. SOCR. Che diremo noi delle altre cofer Non ti pare egli, che
tutte le parti di qiiefla Oratione fieno fparfe confufa:? mente Pcnfi tu che
quello, ch^ egli nel fecon;? do luogo ha detto della fua Oratione, egli V hab
bia congiunto con la prima parte, conofcendo cheneceffariamentegli
bifognaffefàrlor Et fi:: milmentc le altre cofe,che^egIi ha dette, credi tu,
che le habbia con ordinc,flC con modo difpo fte^ Per ciò chea me, che fono
dbgp.i cofa igne rante.pare che tutte le cofe,che da uno fcrittore fono dette,
non debbano cfler dette, flC ordinate fenza cagione . £ t però uedi , fe tu
fapefli truo;? uare qualche cagione nectffaria^per la quale noi
potiamo.dirc,che egli fi fia mcflo à ordinare,flC H ili djTporrc il fuo
ragionamento nel moclo,chc hib biamo ucdiifo. FED, Troppofareblfc ò So crafe,fe
io cefi fcttilmente fapeffi dare giudicio dellifcritti d'altrui* SOCR. Io
penfopu:^ rechebjTogneri,che al meno tu dica,a:con5: fe/Tj quefio^cbe tutta
un'Orationc debbia ciictc come Ufi animale, fiC debbia bauete il fuo corpo, i\
quale non fia fenza capone non gli manchi:^ no li piedi, ma che gli babb/a
ciafcuna fua parJe conuemente,a: coirifpondente al tutto . F ED. Che uuoitu
dire per qucfto?' SOCR. Cons: fiderà ti prego, fc TOratione del tuo amico Ga
fatta cofi,c) altrimcnte,truouerai che ella none punto difterenfe da quello
Epigramma Jl^ua^s le alcuni dicono,che fu fatto (opra il fepolcro diMida
Frigio. F E Che Epigramma è ques fto,ftdicheforte/ SOCR, Odilo,egli di^
ccuacofi, Son fu' 1 fepolcro una Vergìn di Mida/ Fin ch'andran T acque, &
fien le piante ucrdi. Qui dando, ammonirò cialcun che pafTj, Che nel mefto
fepolcro Mida giace . tìora 10 penfo, che per te fteffo beniffimo co nofca, che
non importa qua! parte di quello •ponghi prima^flC qual dopo^ ^F E D . A ques:
fto modo ò Socrate^ tu bufimi,fi£ mordi la no^ ftra Oràtiòìiè S O C R .
Lafciamo adunque àhdare.acciòche tu non (i corrucci meco, ben che in efTa fi
potrebberotroirarcmolti efempi, li qaali confidcrati^ci uerrebbe quefta
utilità, che non imitafiTimofinrili modìdi dire. Ma pafe fiamo alle Orationi di
certi altri, le quali certa:^ irierife hanno in fe qualche ccfa degna d' cfTerc
offeruata da coloro, che di quefta arte fono fturs dioG. F E D. Che cofa è
quella, che in que:s fte Orafionifj pnoofTeruarer S D C R. Queftc' Oratfoni
erano tra loro contrarie, per c òchc una irfFernnaua,cbe un giouane aniato fi
douefle ac:? coftare alTamante : <3C un'altra à uno, che non amafTe. F E D.
Beniflimo certamefc. S O C R: Io penraua,chc tu rifpondeflj con più uerità,flC
che tu diceffi non bcniflimo^ma pazamente,flC furiofamenfe certifTimo/non di
meno quel, che 10 uoglio dire flC che io cercaua,che tu diccffi nò può efTerc
alfritnenti^come fi ixìoftrerò. Nò hab biamo noi detto che lanDore abro non è,
che un certo furerei' ÌF E D.Cofl hàbbiam detto. Soc; Horaio pogo due forti di
furore J'una delle qua 11 èda mancamèto humano cagionata, lai tra prò cede da
una diuina alienatone dr menfe^per la quale è l'huomo rapifoflC leuato d^lla fu
a ordina Ila uita. F BD. Cofi è per certo. Soc. le parti adunque di qucfto
furor diuino fon quattro, aU le quali anchora quattro iddii fono propoftjrpcr
dò che noi diciamo, che Apollo fia di quella inrs fpiratione cagione, che à
quelli Sacerdoti uiene, che poi indouinano quel, che debbe efTere nel tempo
auuenire, Dionifio della cognitione di quelli mifteri,che fono più occulti, flC
delle co^ fe, che s appartengono al culto diuino. Le Mu fc della Poefia,
Venere, & Amore dell'amorofo furore affai migliore di tutti gli altri, £C
io non fo in che modo,metre che dianzi uolfi con imagi^ fìijflC fimilitudini
moftrar l'effetto d' amore /orfc può cffcre che io habbia detto qualche
uerità,flC forfè anchora ho trapaffati li termini del uero. Et
perqueflomefcolandocofi quelle cofe,chc hora ho dette, quel mioragionamento, il
quale non fu al tutto da efler biafimato,tu fai, ch'io or dinai,flC compofi
quella mia fabulofa diceria, flC quafi fcherzando,fiC per giuoco, modeflamentc
lodai il tuo, ce mio Signore Amore, protettore de giouani gentil* & belli,
come fei tu , F E D. Qiiefle cofc l'odo molto uolentieri. S O C Et però bora da
quella mia Oratione potremmo cauare,fiCfapereinchemodo la noftra difputa
uenifTe dal biafimo,onde la cominciamo, alle iodi* F E Etcomeuuoitu fare
queflof SÒCR, A mccertamchff pare, che fin qui habbiamo parlato per burla . Ma
fe farà alcuno, che artificiofamente conofca la forza delle due forti, flc
delli due modi di difpufare, nelle quali bora fiamo à cafo incorfi,coftui certo
harà fatto un'opera degna. & bella* F E D . Che forti, fiC che modi di dire
fono qriefl:i,che tu dkii S O C La prima è qucfta. Che colui, che uuol
dirputare,facendofi nella mVnte un'idea di tutte le cofe,che uuol dire:&
hauendo à quel [a folamente l'occhio, metta infieme tutte le co^ fe,che fono
fparfe fif diuife, acciò che uedendole tutte raccolte, dando poi la uera
dìffinitione di ciafcuna.quello facci chiaro,& manifeftp,intor:3 no al
quale fi difputerà : come al prefente hab:* biamo fatto noi, che habbiamo
diffinito che cofa fia amore, flC ò bene, ò male, che Thabbiamo fat^ to,hai pure
hauuto la noftra difputa,per quefta cagione una chiareza, flC una concordanza
in tutte le cofe,che dipoi fi fono dette. F E Le altre forti di direnò modi,
quali iiuoi tu che Heno ò Socrate.'' S O C R . L altro modo é quc fto. Che come
egli ha tutte le cofe raunatein uno, di nuouo parte per parte, fecondo la natu^
ra loro, le diuida,flC parta, flf non fpezi,ògua{|ti membro alcuno del fuo
ragionamento, come farhora li cuocKi mài pratichi fogliono farc,rna faccia quel
medefimo.che habbiamo fatto noi ne i ragionamenti pafTati ; nelli quali
habbiamo tntefo quella mutati6e,ò alienatione della mtrte generalmente, ac con
parola commane, anchora che fia buona,& cattiua, Ma fi come in un cot^ po
quelle membra, che fono doppie, fi chiama:? nocol medefimo nome. ma uno é detto
dcftro; raltrofiniftro",ccfi qiicfta forma della aliena:: tione deliamente
noftra,la quale è dall'amor cagionata, è per natura fua in noi una foIa;flC
cefi babbiamo detto nel ragionamento noftro. Et pero quel pripio parlare,che
facemmo, diuij dendola parte finiftra di quella alienatione, ò mouimento della
mente, fiC di nuouo poi pars: fèndola,non fi reftò,fin che egli ritruouò unais
mor finiflro.il quale conofciuto come cofa non conueneuolfe, uìtuperò. L'altro
ragionamene: fo/he dipoi habbiamo fatto, ci con du (Te à co:s nofcere la deftra
parte di qucfto furore, doue un amor ritruouando inquanto al nome fimile al
fJrimo, inquanto à gh effetti diuinojo lodò, & ingrandì con parole, come
cagione di gran^s diffimi noftri beni . F ED. Tu dici il uero. SiÒGR. Io
certamente o Fedro fon molfo. imito di quefle dmifioni, fiC diquefti
raccogli:?* tendere quel, che io ucgl/o più facilmente ;Ò[ meglio ne polfa
ragionare . Et fé mai io ueggo alcuno, che fo penfi^ che egh* fia atto a
confide^ ' fare bene prima quella idea unfueifale,chc io fi ho detto, pei
particolarmente la moltrfudinc delle cofe fecondo la Datura tero di coftai io
feguito le. pedate, ftgli uo dietm mn altrias menti, che fi fuffe diuino :
& colcrO;che tal eoa: fa fono atti à fare, io gli cKiiimo Dialettici, fc io
li chiamoo bene,o male. Iddio lo fa lui . . Ho:* ra dimmi tu di grafia in che
modo /fecondo il parer tuo , ò di Lifia ,tu chiamavcfti coftoro . pare à te
quefta q^iella'^arte del dire, che ufb Trafi^ maco,'flC molti altri faui, li
quali per il dir lo? ìfo furono fenzadubio fiut,coiiìeho detto, flC anchora
fecero gli altris" Talmente che q^ielli^ che da loro impaiono, uorrehbero
o'fterirgli do:? *)i,come fi fuol fare à grvndifTimi Re • F E t), Certamente
che cometudici.qucUi tali huo* mini fonodiqncllo honore meriteucli,chealli Re
darfi uediamo,ma non per qaeflo fon dotti in quelle cofe, delle quali hoxa tu
domandi. Ma à me pare, che qnefto fìuouo modo di ragiò nare,tt di difputare^che
hai truccato, il quale tu chiami Dialettica Jo chiami cofi r^ioneuob
mcntc.manon per qucdo fappiamo anchora;' ihccofafialaRettorica.ma fi bene la
Dialets fica. S O C R . Come dici tu quefto !" Penfi tu che cofa alcuna
bella,ò ben detta pofli efTerc giudicata, che quefti miei ordini non feguitf,
quantunque con arte fi impari i Hora per ciò che queftofolononbafta.non uoglio
che noi lafciamo à dietro quello.che oltra ciò nella Ret torica faccia di
bifogno. F E D . Molte cofe ò Socrate fonoftate lafciafe fcritte ne i libri,
che dell'arte del dire fono flati compofti . S O C R . Hai detto beniflimo ,
Pcnfo aduque.che il proc mio fi debbi dire la prima parte della Oratione^ Non
domandi tu quefte fimili cofe gli orna* menti iieri di quefta arte;' F E D .
Senza diibs tio . S O C R . Seguita nel fecondo luogo la fiarrationé.flC
infieme il produrre de i teftimos ni , nel terzo ucngono le conietture.flC nel
quar to gli argomenti, cauati da cofe uerifimili . Et pa re à mecche un gran
compofitor d'Orationi.chc fu da Bizantio,ci mettelTe anchora le pruoue,CC le
ragioni, che faceuanoper colui, chcoraua. F E D ; Tu uuoi dire Teodoro, che fu
fi eccels lente, è ucro;" S O G R . Si certamente . Coftui anchora trojiò
nella accufatione,fiC nella difens fione^i argomèti raddoppiati, £t per che non
faciamo fìoi ricordanza di Euano Parìo? il qùàfc prima à tuffigli altri frouò
le dichiarafioni : flC cifra di quefto fu inucntorc delle Oratiohi.chc in lode
d'altrui fi fanno, fiC non mancano molti che dicano, che egli per meglio à
memoria ntc^ nerlc,tramezaua le fuc Orationi con certe uifua pcrationi fatte in
uerfi. Et di ciò non è da mara^ uigliarfi^per che egli è un huomo fauio.Lafcia^
mo pur andare Tifia,flC Gorgia, li quali propone gonoil uerifiHiile al aero,
flc con la forza delle Orationi fanno le cofe grandi parer piccole, flC le
piccole grandi,* fimilmcnte che le cofe uec:s chic moftrino effcr nuoue,&
le nuouc uecchie, hanno trouato una breuità di parlare moza, ft poi per il
contrario una infinita lunghcza di parole ♦ Le quali cofe gii fentendomi
raccontare Prodico,fe ne rife,a moftromi.chc egli folo ha:^ ucua trouafo, quali
parole à quella arte (àceffe;* ro di bifogno ; & mi difTe^chc ella 'non
haucua di bifogno di molte, ne di pochc^ma fi gouer^ naua in quel mezo. F E D .
Sauiamentc difTcProdico. SO CR. Non fa di bifogno ricor^s dare Hippia,per che
io penfo,chc con lui s'ac* cordi anchora il noftro hoftc Helienfe. F E Non
bifogna per certo ♦ SOCR, Che dirc^ mo noi della confonante concordanza.che ha
rif rollato Toh? il q irate In qu arte introcìufjs le repllcationi delle parole
Je fent?tie,le com paratìoni Je fi m i li fri di ni, & Tufo de i nomi con.
elegantia in quel n5odo,che egli da Lidmnionc l'apprefTe.F D D. Dimmi un poco
Socrate^ li (critti di Protcìgora non erano quafi fimilià Èjuefti.^ S O C R .
f^edro mio, il parlar di Pros rtagora è buono, fif propio,££ nel luo ftilc fi
truo uaJiomoltecofcnurauigliofe.tTia nel niuouerc à pietà, fiC a
milericordia^ccl ricorJfe41i iiecchie za^ò la pouerfà lorafore di Calccdonia fù
cccel:r Jente , & aiicliora ikH' incitare ,fl£ mitigare l' ira ^cra potentifiìnio^fii
non altrimenti placaua una .ifato^che fe egli liane/Te adoperato li incanti :
fa anchcra fopia tutti gl'altri nel difendeifri,fif pur garfi dalle calumnie
dateli, & nel darle ad aU tri ogni uolta,che gli bilognaua. Ip forno al
fi:? ne delloratione pare a mecche tutti s accordino infieme^ma-ino^ti chiamano
quello fìne,Repe;{ titione,5( molti Ju altro modo. F F D . Voi tU che li fine
fu il ridurre nella memoria alli audi:^ toribrtuemente tutte k cofe^che difopra
fono fiate detter S O C R . Q^ieflo uoglio che fia^, Ci fe tu inforno à ciò
fapeifi qualche altra ccfa; dillà,cheiouolentieri ti. afcolfo» F ED. Io
certamente non fo fenoa cofe di poco moipens! to,ac non degne d'efTer
rfcordafe. SO CR.^ le cofe di poca importanza lafciamole andare;' flC pm predo
attendiamo à dichiarare che forza habbia qiiefta arte quando quefta arte fi pot
ficonofccre. F E Grande certamente, fes; condo me,è.la forza della oratoria
apprefTo alla moltitudine, flf al uolgo, S O C R. Grande per certo. Ma
confiderà un poco di gratia,co^ me fo io, come queftì Oratori, uanno con tutu
quefta loroarte.non di meno male in ordine, flC mefchinamente, FED. Dimmi un
poco^ quefta cofacome uaf' S O C R. Stammià udì:: te, Se fuffe unoxhe trouando
il tuo amico Lifi:^ inaco,gli djccfli in quefto modo ( o uero a fuo padre
Acumeno ) Io ui dico, che io fo beniffi;: 8ìo,flC conofco quelle cofe, che
accoftate à nn corposo uero da un corpo adoperate ufate,fa rò chea mio fenno
quel corpo fi rifcalderà^flC raffredderà .oltra di quefto io fo prouocare il uo
mito,fo fare reuacuatione,fo ordinare lepurga^. tioni,& intedo molte altre
cofe funili : per il che io fo profeffione di Medico, flC dico di poter fare
diuetare Medico ciafcuno che uprrà. Se uno gli parlalTi cofi,che penfi tu che
gli rifpondeffero^ •Ped.Che uuoi tu ch'io dica altro, fenó ch'eglino
i'^auefferoàdomadareje anco egli fa à quali per fonc.in che fempi.ft fin quanto
queftc tali co* fe.chc egli dice fapere.fic conofcere/i hauefles ro à operare,
fif ordinare. SOC'R. Seaduns quc colui gli rifpondeflé.che egli di qucfto nó
(àpe/Tj render ragione. ma che faccfTc di bifos gno.che colui che hauelTe
imparato da lui quel le cofe che egli fa/apeffe per fe fteflo.fiC potcfle fare
il rcfto.fiC conofcefle i tempi, £t le perfonc, uerfo di chi.fic quando fi
haucfTerà à mandare à effetto . Se quefto tale gli dicelTe cofi.che penfi
tu.che eglino gli rifpondelTero.'' FED. Cers tamente che altro non potrebbono
dire.fenon che quefto (al'huomo fiifTe fuor di fe, con ciò fia.che hauendo
folamente da qualche libro di Medicina udito una pocp cofa.ft elfendogli nel
leggere uenutoalle mani qualche modo di mes dicare, & non di meno non
intendendo di quel la arte cofa alcuna, penfi per quefto effere diuen tato
Medico . S O C R . Ma che diretti tu.fe fulfe uno,che.andaffe à dite a Sofocle,
flf à Èus ripide.che egli fa i -una piccola cofa fare un lungo parlamento, ec
per il contrario fopra una grande parlar breuemeute.'' Oltra di quefto che ogni
yolta.ehe uuole.fa commouerc gli audis tori à mifericordia ; flC fimilmentc all'ira.che
è fua centuria, fa far nafcere horrore.ec fpauento/ fa minacciarci fa fare
fimili altre còfc, fiCchc fieli' infegnarle egli penia faper moftrare Tartc, ce
la Poefia Tragica • F E D . Io penfo , che co ftoro fimilmcnte fi riderebbero
di lui,uedendo che egli teneffe per fernìO,che la Tragedia folas niente fi
conteneffe nel far quelle cofc^chc egli dice fapere.CC non peniaffe^chc la uera
Trage:? dia uuole tutte quefte cofe bene infieme compo fte,a ordinate, fic
uuole hauere tutte le parti tra loro corrifpondenti.flC conuenicnti alla
materia, CCalfubiettodellacofa* SOCR. Etnopea fo io, che per quefto eglino lo
riprendeffero uiU lanefcamentc, ma farebbero come un Mufico, che fi abbatteffe
in un'huomo,che fi pcnfafTe d'efTer Mufico folo per fapere in che modo le corde
fi faccino fonare, hor bafre,hor alte.Que^ fto Mufico, che fi deffe in
coftui,non gli direb^: be con un mal uolto, O pouero \ te, tu impazi ( iome
ogn' altro forfè farebbe ) ma come Mu^i fico.h quali fono tutti piaceuoli.cofi
più amo$ reuolmente lo ammonirebbe. O huomo da be^ ne,colui che debba effer
Mufico, bifogna che fappia quelle cofe, che fo io: £C colui, che fa deU la
Mufica quello^che fai tu/i può dire, che non ne fappia cofa alcuna : per ciò
che tu folamente conofci quelle cofe, che dauanti all'armonìa fof^ no
nfceffaric^ma della armonia ne fefignoranfc; F E D , Beniflimo, S O C R .
Similmcnfe potrebbe Sofocle dire à colui, che gli fi facciTe incontro, come io
ti ho detto, ciò è, che egli più predo fapcfTe quelle cofe,che uanno innanzi alla
Tragedia, che eghconofceffe, che cofa fuflc Tragedia. Et fimilmente Acunieno
Medico po trebbe dire à quello altro, che egli fapcffe queU le cofe,che uanno
innanzi alia Medicina, ma che la Medicina non la intendere • F E Cofièper
certo. SOCR, Ma fe lo clegans: tifljmo Adraflo,flC Pericle udifTero quelle
parole fcelte, ftartificiofe, quelli parlari mozi, quelle fimilitudini,fi£
quelle altre cofe,chepocol'arac contauamo,fiC narrandole giudicauamo effer da
confiderare^ penfiamo noi, che eglino ( come forfè faremo noi ) fi adiraffero
con coloro, che tal cofc infegnando,penfafrero infegnare l'arte ora^
toria,òpure uogliamo dire, che eglino, come più faui di noi,in quefto modo
dicendo ci ris: prendefferoi'O Socrate, Fedro Je fonoalcu:? tti.che elTendo
ignoranti dell' arte della Diale t^ tica non pofrono,ne fanno diffinireche
cofafia Rcttorica,con coftoronon dobbiamo adirarci, ma più tofto hauergh
compaflione, ££ perdos: nargli • Et fono aUuni^chc ftandofi in quella lo ro
fgnorantia, mentre ch'eglino folamenfepof^s^^ggono,fiCfanno gli
amniacftramcnfi, che quel lecofe inlegnano, che uanno innanzi all'arte della
Rettorica,fi uantano,fiC gloriano di hauer troua(a,ec di faper perfettanìente
la Rettorica! ce infegnando folamente quelle cofe che fanno, ^penfano,tt dicono
di infegnare l'arte dell'orai fc perfettamente. Ma poi il modo di teffeie in^j
Cerne, 6f commettere tutte quelle cofe in un cor po,in tal modo, che à chi
rafcoIta,po(rano per:? fuadere, dicono che fa di bifogno,che lo fcho;s lare fe
lo guadagni, fiC per fe ftelTo Timpari^cois me le à ciò non fi facelle di
bifogno il maeftro, F £ D. Tale certamente, fecondo me,èquellaarte, che coftoro
in cambio di Rettorica infegna no,a: fcriuono ; & mi pare, che tu habbia
detto il uero . Ma dirami un poco in che modo,flC per che uia potremmo noi
acquiftare l'arte d'uno Oratore.flCd'unperfuaforeuero S O C Egh è cofa
conueniente Fedro, & forfè neceffa^ ria, che fi come in ogni altra
cofa,cori in quefta un'huomochclauuole acquifl:are,fia in ogni parte perfetto .
Per ciò che fe la natura ti incih nera à effere oratore, fc poi ci aggiugnerai
la dot trina,a la efercitatione,diuenterai un'oratore ec celiente, Ma fe una di
quelle due cofe,prarte,ò la natura tì nianclicri.noii farai perfetto. Hora
quanto quefta arte fia grande, non fi puojecod do me, per quella uia fapere,chc
Gorgia.A Tra:s fimaco feguifarono.ma per altra. F E D . Per qualef' SOCR, Non
fenza cagione Pericle è flato giudicato il più perfetto Oratore,che mai
fufTe/FED. Perches' SOCR. Tutte le arti granxij hanno di bifogno della
efercitatione nella Dialettica, & della contemplatione delle cofe
celefti,fiC della cognitione della natura del le cofe : per ciò che quella
alfeza^che nella men te noftra fi uede,flC quella efficace forza di po^:
tereciafcunaimprefa cominciata condurre à ne, pare che nafchi in noi per Io
ftimolo^chc quefte cofe baffe^fiC terrene ci danno, il che Pe^^ ride congiunfe
con la fottiglieza del fuo inge^ gno : per ciò che fidatofi nella
domefticheza,CC amicitia di AnafCigora ritrouafore di fimili cofe, n de in
tutto alla contemplatione,tt cofi com^ prefe^^ imparò la natura della mente
noflra^flC anchora del mancamento di quella, il quale •Anaffagora copiofamente
dichiarò,flC di quiui ca uò tutto quello, che à lui parue,che fuffe al prp
porito,flC utile per l'arte della Rettorica. F E D. Come andò queftacofa^ SOCR.
'Tu fai, <he il modo di medicafe^flC di orare è quafi il medefimo»
Hiedefimo. FED. ìnchcmodo^ SÒCR. In ambe due ijfticftc arti fcifogha diuidcrc
la na tura, ma in una fi parte la naturi del corpo, nek l'altra quella della
anima. Pur che non fole per uia di efercitio^flC di far buona, & moderata
ui^ fa.maanchora con Tarte habbia un Medico à dare à un corpo & medicine,
ÓCcibi, di forte che Io faccia fano, ac rcbufto diuentare.Et fimik niente,pur che
fi habbia à metteré in una anà ma la urrtii.flf la perfùafione per ragioni, flC
per giufte,fiC legittime ordinatiorri. F E Cofi ò Socrate fi dee credere che
fia . S O C R • Uo^ ra penfi tn,chefi pòfll conofcere la natura di djuefta
stnitn^t bafteuolmente,fenza là cognitiòij ne di tutto quefto noftro
compofto.il quald chiamiamo huomor F E t). Se fi debba crcs^ dcre a Hippocratc
fucceffore di AfcIepo,non fo lamenfe diremo che non fi pofla conofcere la n*
turi! della a'tìima fenza quella cognittónc,che ta dici,maalnchorache non fi
poffa fapcre queib del corpo. S O G R . Dottamente parlò Hip:^ pocrate. Hòra è
bifògria^ eòrifiderare,fe quefta cofa,ché io t'ho detto, fa al propofito della
no^ ftradifputa. FED. Faccificome tu uuoi. S O C R. Attendi adunque qitello,che
non iblo Hipjpocrate^i^ia anchora la uera ragione di^cario di
qucftainucftfgationc della na(uta,cli€ IO t'ho detto. Cofi adunque la natura di
ciafcurs nacofa fi ha da confiderare* Principalmentehabbiamo da uederc.fe
quella cora,,della quale noi uorremmo fapere 1 attera: ad altri ifegnarla,
èYcn)plice,flC d'una loia natura, ò pure di molte forti. Dipoi cafo che fia
fempUce,fi ha da confi derare, che natura fia la Tua neiradoperarri,ac nel
fare, conìe anchora nell'effere adcperata,fiC nel patire.Mafequefta cola harà
più capi,diui dendoh* prima tutti ;& raccontandoh ordinata^ mente, in
ciafcuno habbiamo à cercare particors larmcnte quella fua natura, & intorno
al farc,flC intorno al patire. F E D. Cofi pare, che s'hab bia da fare . S O C
Et fenza far quefto fasi fi il procedere di colui , come il caminó d' un cieco
. Ma colui, che qualche cofa tratta con ar^ , non fi harà adafTomigliare à un
decorò à un Tordo, anzi bifognerà dire, che qualunque farà, che con arte parli
à un altro, prima cercherà chia ramente moftrarc la natura di colui, al quale
parlerà, flC quefto altro no è che lanima. F E D,; Senza dubbio* S O C R, Dimmi
un poco, • Vno che parli ccaarte ad un' altro, non fi sforss za egli fopra ogni
altra cofa perfuadergli tutto ^ fluello,che auolei* F E D. Certamente, S O
C.'Et péro c cola chiara.che Trafimaco.Cf qualuns que altro attende à infegnare
la Reftorica, prima donerà con (omnia dilic;entia defcriuere.ìBC di^ chiarare
fe l'anima è per natura Tua una cofi fo^ la^ficfimile tutta afe fl:e(Ta,òuero
fe à fimilitu^ dine del corpo , fia di pia forti . Per ciò che qtian do 10
dico, che fi debba moftrare la natura della anima, non uogiio intendere altro,
che quefto# F E U . Cofi douerà fare certamente. S O C Patto che farà quello,
bifognerà che egli dimo^: ftri che potentia fia la fua,fiCuerfo che cofc la
polTi ufare,C(à che paffioni ella fia fottopofta^ r E D. Certamente. S O C R.
Dipoi ha:^ ucndo già diftinte,CC diuife tutte le forti degli affetti
dell'animala de li difcorfi, & ragionai menti fuoi,gli farà di bifogno
raccontare tutte le cagioni, per le quali tali affretti in lei nafcono,
accommodando fempre le cagioni a gli affetti fuoi,& infegnando le qualità
dell'anima, Cf che difcorfi fiano I fuoi,fiCper che cagione qucfta ftia
fcmprcin confideratione,flC in nioto,flC quel la mal à contemplatione alcuna ne
fi leui,flC fem pre fi ftia ferma . F E D • Quefta farebbe una cofa
ingegnofiHima.Soc.Et perciò ti dico, che no fi potrìmai dire, che uno fratti, ò
ragioni bene di cofa alcuna, non pur di quefta, di che t'ho ragio mtòjc
alfrimcti procccJèrà.Ma li fcritfbri Ai qut fta arte de i noftri tepidi quali
tu anchora puoi haucre uditi, fono aftuti.flC conofccndo beniffi^: mo quefta
natura deiranima,chc io dico, non di meno ce la afcondono,flC non ce la uoglionomoftrare.
Et io ti dico, che fé eglino non parler ranno^flCnon fcriueranno.feguitando il
modo mio, non dirò maliche con arte, ò bene fcriua^ no. FED Qual modo dici tu
SOCR. Io non ti potrei cofi facilmente dire le parole, che ci uanno,ma in che
modo ci bifognaffe feri ucre,fe l'hauefTemo à fare,te'l dichiareiò in quel
miglior modo, che mi farà poffibile. FED* Dillódì grafia, SOCR. Poi che noi
hab:s biamo ueduto^che la fcientia del dire altro non è, che un tirare à fegP
animi, flC un dikttarfi,bi^ fogna che colui, che debba effere Oratore, cono^j
(ca quante parti habbia quefto animo . Hora quc fte fono affai, flC di molte,
flC uarie qualità, fiC for^ ti,per le quali gli huomini uengono anch' efli
diucrfi.ft di molte qualità. Confiderate quefte cofCiCjpuiamo dire, che fieno
tante forti di Oras: ' tioni,fl( di parlari, di quante forti fono le qua:: •
liti delle anime noftre.Etperò quelli animi, che peir le qualità loro fono à
qualche lor parti:? «olar dcfiderio difpofti/fàcilmente con quellimodi di dire
fi perfuadono, che alla natura loro fieno fimili : doue che fe tu in un modo
parler rai,a; 1 anime di chi ti ode, fia altrimenti difpo:? fto,non lo
perfuaderai mai. Et però à colui, che harà bene quefte cofc confiderato,poi che
hariueduto,flf conofciuto la natura d'uno, flC le ope:: re,fif le attioni
comprefe.farà di bifogno potere in un fubito nel Tuo ragionamento a{regnare,flC
dimoftrare ijuefte Tue attieni, flc dimeftrare di conofcerle: ft fe altrimenti
farà, potrà dire di no Tapere altro che quelle core,che già dalli maeftri gli
furono infegnafe. Ma colui, che può con uc rità dire,flCconofcecon qual forte
di parole fi può ciafcuno huomo perruadere,flC ingegnofa^ mente
auuertifce,checolui,che gli è dauanti,c di quello ingegno, flc di quella
natura, della qua le egli ha dimoftrato,flC fapendo fimilmentc, che un tale
huomo ha bifogno di parole tali^ quale egli è ^per uolerlo condurre à far
quelle co fe,alle quali egli è dalla fua natura inchnato^co^ ftui dico, che
cefi farà ammae (Irato, all' hora po trà u erame n te affermare di poffedere
qneftaarte del dire. Quando aggiugneràà quefte cofe,che
iotihodettedifopra,ilfapere quando fi habs bia à tacere, ce quando à parlare,
quando fi habsj bia à effer breue nel direna quando non^Oltca di qucfto quando
conofccrà, quando fi haràda -uCire una Commiferatione, & qciando una uehe
mcntia di parlare più afpra, quando s'habbia da fare una Amplificaticnc,flC
qtiando in fomma fa , prà in quefto fimil modo uiarc tutte le altre par ti
della Oratione,che fono dalli maeftn (late in:5 degnate : flf prima che tal
cofa non fappia^non potrà in modo alcuno e(Ter detto Oratore . flC co^ lui^al
quale una di quelle cofe.qual fi fia^mans; cheràònel dire,ò nello
rcriucrè.òhello infe:? gnare,flC non di meno affermerà parlare con ar:?
tc.airiioraquel tale, che tenia eller perfuafo fi partirà da lui, fi potrà dire
uincitore. Ma forfè qualcuno di queftì Sciittoridi Rcttorica ci po^ trebbe
direnò Socrate, & Fedro. peniate uoi che l'arte del dire fi habbiaa
imparare in quefto mo do.flC non in altroi' FED. Socrate à me pare
impoffibiìe/he fi pcffi intendere altiimcnti, quantunque quefta dimodri eflere
una opera, & una fatica gianiffima, SOCR. Tu dici il acro, per ciò che ella
è, come tu dici.dilfi:: Cile. bifogna parlando, & ri£arlando di quefta.
cala più uolte,ceicare,tt confiderare fe forfè po teffjmo ntrouare una uia,che
più facilmente, fl£ in più breue tempo iui ci pofc/Ie menare, acciò che noi
noli ^iidiaaioinconfideratamente er;i rando ' ranJo per ufa lunga, d:
difficile, pofendo noi ca minare per una piana, & breue : per il che fé a
qucfta cofa tu mi pcteffi dare qualche aiuto coiji quelle cofe^che hai ò da
Iifia,ò da altri imparai te,uedi di ricordartene, & dichiaramele» F ED.
Potrei forre, per prnnare k mi riufcifle/arquci; che tu dici , ma non in queflo
tempo. S O C Vuoi adunque,che io ti racconti un ragionai irento^che io gii non
fo quando, udì intorno a queftacofaf FÉD, Digratia, SOCR. E fi dice.che egh
ègiufto iddio quello, che uno ha neir animo, come coloro, che pagano quelli
danari alla fiatuii di Lupo, come (ai, F E D. Cefi uoglio che ^cci , S O C R .
Dicono ^diin qne coftoro,clie non fa di bilbgno tanfo con pa role inalzare (e
cofe,che un dice, ne con lunga Oratione ingrandirle, come fare fi fuole :
perciò che uogliono quefti tali ( come habbiamo det^s to nel pnijcipio del
ncftfo ragionam.ento)chc à uno,che habbia da eHere Oratori, non faccia di
bifogno ccncfcere la uerifà delle ccfe giufte, & buone A dicendo quefto,
intendono cofi/dcl le cofe,come de gli hucmini òper naturalo pcf ufo giudi. Et
allegganoquefla ragione à prora uare che non bifognjfapere,che cofa Ca il gitH
&o: per che ueJii gmcUcu h Oiatori nò fogliono hauer cura dimoftrarc la
uerità,ma pia prefto at fendono à pcrfuaderc l'opinioni Io . C£ pero dico. Ilo,
che è cofa uerifimile à credere che ia perfuac iìone fola fia quella, alla
quale debba indrizar la mete colui, che con arte uorrà faper dire . Et che» fii
il ucro, dicono cofloro che nefTuna cofa fi ere àttì mai che fia (lata fatta,
fé prima non farà mo ftrato effer cofa probabile fiC aerifimile,che pcfTì
<ffercaccaduta. Ma pure uogliono coftoro,chc -jpiu tofto fi habbino à
addurre le cofe uerifimili neiraccufare.che nel difendere: flC cofi afferma-
no, che un' Oratore fa poco conto della uerità, & che folo feguita il uerifimile^flC
uogliono che fe quello loro Oratore feruerà in tutte le fue Ora tioni quefto
ordine di moftrare il uerifimile,fi pofli dire, che egli moftri di faperc l'
arte orato^ ria beniflimo • F £ D . Socrate tu hai raccon^ fato quelle cofe,
che fogliono dire coloro, che fanno profeffione di infegnare la Rettorica.Et io
mi ricordo.che nel ragionamento noftro po^ co fa toccammo un poco di quella
cofa*& quel, che haidetto,foche debba parere cofa troppo grande à coloro,
che in quella arte fi efercitano . Ma io ti fo dire, che tu hai dato una buona
ba^ donata à Tifia. S O C R • Poi che tu mi hai ticordatoTifia^uorrei che egli
mi dice/Te, fe e pcnfa.chcii probabile, flC il ucrifimilc fia alfro;^ che
quello, che pare al uolgo. F ED, Che uuoi fu che riaaltrof* S O C R. Trono
olxra di quefto, fecondo me, Tifia qucfta altra cofabeU la,& degna di lui,
& la fcrifle anchora. Et que:* fto è, che fé per cafo un'huomo debole, ma
au^ dace.che hauc/Te battuto, flC fpogiiatouD'huoi^ mo forte, flC timido^fafTe
menato in giudicio, , uiiole TiTia che nefTuno dicoftoro habbia à con fefTare
il uero,ma uuole che il timido dica.chc egli non è (lato battuto folamente
dall'audace, & 1 audace l'ha à negare,* moftrare d effer ft^ (0 folo,flC
pigliare quefto argomento. Come uo^ leteuoi,chcio,chefon debole, habbia
aflalita coftni,che è gagliardo^Ma quel timido no coraj fefTerà per quefto la
fua timidità, ma penfando, ritruouando qualche falfità,cercherà di accu^ fare
Tanuerfario, Et cofi fimilmcntc in molte altre cofe accafcono fimili cafi,
nclli quali( dicc^ ua Tifia ) bifogna haucrc quella arte. Non ti p;i re egli
cofi FedroJ' F E D , Cofi certo. S O O quanto aftutamente dimoftra
TifiadihauejCieritruouata un'arte afcofa,* diffìcile, ò ueroqua^ lunche altro
(ìa (lato, che habbia tenuta quefta Tua opinione, ft habbia nonfe^comc £i
uoglU»! Ma uuoi tu, ch'io dica quefta coiàio od^ JF £ p« '
Chccofaèqucfla.clicfu uuofdìre^ SOCR. 'Io uoglio parlare un pcco con Tifia.O
Tifia ih» «anzi che tu ueniffi con quefta tua atte, noi tes ncuamo per certo,
che quefto probabile ,fiC ucris fimile.nonfipotefii al uolgo per altro iTiodo
moftrarc.checonlafomiglianza della ucrità.fiC pcnfauamo.che quelle fomiglianie
del uero fos lo da colui potefTero cfTer trouate,chc peifettas niente la uerif
a ccnofceffi . Per il che fé tu cidi'raiintorno àqiicfta arte qualche altra
cofa.uo* lentieri ti afcol faremo: ma Te non dirai altro, noi ci ftarenso à
quello, che poco fa habbiamo defcs to.ft^ 9^*^^*^ crederemo. Et quefto è.chc fe
• uno non conofcerà bene gli ingegni delli audfe tori.ft fe quelli l'un da
l'ahro non. diftinguerà, a fe non diuiderà le cofe.di che egli ha da pars lare
nelle fue parti fe quindi di tutte un'idea fola facendo, in quel modo non le
comprendes rà auefto tale nó potri mai acqui{lar*e quella ars te del dire. che
può hauere un'huonrto. Etques > fta cofa non la può imparare fenza,un lungo
uu, dio. Nella qua! cofa un' huomo prudente nófo lamentc fi affaticherà per
poter dùe.a orare in modo, che piaccia a gi'huomini , ma anchora ut cherà di
poter djre.a tare quelle cofc.chc habs jj^j^jano da e(ftr gxate a Dio . Per
cièche io uoglioche tu fappia Tifia/he quelli Iiuomini,chc fors no flati più
faui di noi, bino detto che un'huo mo fauio non debba follmente penfare di (om^
piacere à tutte le bore à quelli, che feco fono fa un niedefimo fcruitio, ma fi
ha da cercar di ubi dire à buoni Signori . Per il che non ti maraui^: gliarc.fe
io ufoquefta lunghcza di parole, per ciò che gh è neceffario che io fia
lungo^efTcndo le cofc,che io tratto, di importanza, il che forfè tu non credi.Etfappi,che
( come fi fuol dire ) che dalle cofe buone ne nafcono le buone, cofi anchor
dalle uere pofTono uenirne le uerifimili. F E D . Qyefta cofa pare à me che fia
beniffimo detta. SOCR. Egli è certo difficile, ma egl'è anchora cofa
hoaorata,flf degna lo sforzaifi (em predi aitiuare air acquifto di cofe
eccellenti, fl( degnerà patire tutti quelli difagi ,che in tale sforzo ne
interuengcno. F E Tu hai ragio ne. SOCR, Habbiamo horaà baftanza ra^ gionato
della arte j ce del trifto modo del comrs porre Orationi . F E D • A baftanza
per certo* SOCR. Ci refla bora à ragionare intorno alla bclleza dello
fcnuere^flC à dire onde nafca labru teza dell'orare, F E D . Quefto ci refla. S
O C. Sai tu in che modo ò ragionandolo orando lì f offa nelle parole piacere a
Iddio f' F £ D , Non ccrfo^ft tu? Spc. Io ho udito dire no fo che cog. fc, le
quali già furono infegnate dalli noflri anti chiamala uerità di qucfta cofa la
fanno cffi^fif ilo io . Hora fe noi ritrouaffemo modo di piacer nel parlate a
iddio, pefi tu che ci bifognafTe più haucre cura di quello,che gl'hucmini
intorno a ciò fciocamente pcnfanor F E D. Qnefla tua do ìiiada è da ridere. Ma
raccontami un poco quellecofe^chc tu dici hauere udite • S O C lo - ho udito,
che là prefTo al Naucrato di Egitto; fu già un certo iddio de gli antichi. al
quale e dedicato quello uccello, che chiamano Ibin^flC quefto iddio é detto
Theute. Quefto dicono, che fu il primo^che trouòii numerosa la com:?
putatione,flf raccpglimento de i numeri, non folo uogliono che fuffi ritrouatore
di quefta co::^ fa, ma anchora della Geometria, & della Aftrono miarritrouò
anchora- fecondo loro, Tufo de i das di.fiCil mododi fare le forti, flC
finalmente fu inuenfore delle lettere. Era in quel tempo Re di tutto r Egitto
Tamo,2C ftaua in quella granr: di/Tima, CL nobilifTima Città, che chiamano li
Greci Thebe di'Egitto ; flC queftì popoli hannp po(]:o nome à Iddio Ammone. A
quello Reue nendo Theute, gli moflrb le fue arti, flf gli diC^ (e.che farebbe
flato buono, che egli à poco à pp co le diftribuifcc à tuffi li popoli dì
Egitto. Ma egli domandò a Thcute,che utilità ciafcuna di quelle arti à gli
huomini apportai » Il che di^ chiarandoli Thcute,Tamo approuaua quello,) che
gli pareua ben detto : quello poi, che non gli piaceua.lo biafimaua.fiC all'
hora fi dice.che Tamo dichiarò^a moftrò à Theute intorno à eia fcuna arte molte
cofe,flC per una parte^ & per la altra; le quali fe io tutte uolcffi
nan-arti/arei trop po lungo. Ma poi che uennero al ragionar dcU le lettere^
di/Te Theute, Sappi Re.chequeftadifciphnafaràdiuentaregli Egitfii più faui^flC
di maggior memoria: per ciò che ella è ftata tro:j uata per rimedio della
fapientia^ft della memo:^ riamai che egli rifpofe, Aftutiflimo Theute uo:s glio
che (àppia,che fono alcuni^che fono atti k ^ fabricare gli inftrumentijchc per
una arte fono neceflarii,ac buoni ; alcuni altri faranno poi più pronti à
giudicare che dannoso che utile quelli arte debba an:ecare. Matu,chefci padre
delle lettere, forfè perla troppa bcneuoIcntia,che gli porti,haidimofl:ratodi conofcer
poco la forza loro,hauendo affermato che elle cagionano in noi quello
efFetto,del quale niente é uero,anzi fanno il contrario. Per ciò che T ufo
delle lettere facendo che noi poco ci curiamo di tenere à me moria
co(aa!cuna,pàrtoriTcfnciram eli chi fe impara^obliaionc di ciafcuna cofa • Et
qiìefto ne auuicne,pcr db che confidati nelli fcritti dal tri,non uogliamo
cercare di rauuoUarci troppo ncir animo le cofe : per il che tu non puoi dire
d'haucr troiiato il rimedio della memoria, tna più tofto d' un rammentarfi
delle cofe già fapuis (e.Oltra di quefto à me pare, che tu più preda infegni
alli tuoi fcholari una opinioe della Icien ha , che la uerità : per ciò che
hauendo quelli fen za la dottrina del maeftro lette, flC imparate mol:^ te
cofe^parràal uolgo.anchor che fieno ignors ranfi,che non di meno molte cofe
fappiano,oU fra di queflo diueterànno nel praticarli più mos:
lefti,flcfafl;idiofi,ne ciòauuerrà fenza cagione: per ciò che efFi non
pofTederanno la ucra fapien tiajfhapiutofto feranno ripieni d' un"
opiniors ne di hauerla. ¥ ED. O Socrate, tu con po^ ca fatica fingi, che li
Egittii parlano, ft qualunis que altro più ti piace, pur che ti uenga bene^ S O
C Qaefta non è gran cofa, per che an:^ chora quelli, che ftanno nel Tempio di
Giouc Dodoneo, affermano che le prime parole del fufuro indouine, che effi
udirtera,ufcirono d'una Querele : li che à quelli popoli del tempo anti^ co (
per CIÒ che eghno non erano cofi faui.co^ TOC fetc uot del dì d'^hoggi )
baftaua pci fr disfare alla loro fcioccheza udire ie^.pktrf ^i) k Qucrcie.pur
che elle gli diceflero il uero* Ma (i5 peni! che importi qualche cofa chi fia.ò
d'onde lia qucllo,ckc parlj . Et ciò ti auuiene,pcr >ch^ tu non confideri
folo fe qucUo.che parla, dice il uero,ò non, ma uuoi udire parlare i p^erfone à
tuo modo, F E P. Ragion^uolmcntc finii h«ii riprefo • fif à me certamente pare,
che nelle letiP tere interaenga quello, che fecondo il tuo dire, diceua
Tama;chc à coloro accadeua.chc U (ape tiano* S O C R.- Et pero qualunque
perfona penfa fcriuendo intorno à quefta arte, 6 quelle cofc imparando. che da
gli altri di lei fono itatc fcritte , per queftoche dalli fuoi fcritti fi habs»
bla certeza alcuna i cauare.ò uero per il fuo im^ parare,douer faper cofa
ucra.coftui certamente c fciocco,a: di poco ceruello.flc fi può dire, che egli
fia in tutto ignorante dello Oracu lo di Gìq ue Ammonio, con ciò fia che egli
penfi^che le Orationi fcritte pifi poffuio,che non potrà uno chcdafe fteffo
fappia quelle cole, delle quali Quelle Orationi ragionano. F £ BeùiSì^, tno. S
O C Queftoo Fedro ha la fcnttura piena di grauità,& dignità, che ella è
fimihdl^ ina alla pittura : per ciò cIk ie^opere della pittUiP ra pare clic
fìcno ufue^ma fc tu gli domanderai qualche cofa, uergognofam ente fi taceranno.
Hon altrinienti delle Orationi potrai dire,fif ti parrà, che elleno intendendo
qualche cola, U polfano anchora dire,ft moftrarc. Ma fe poi for^ (e di
laperdefiderofo, gli domanderai di quaU che fuo detto la cagione^ femprc ti
diranno una cofa, & ^<^»^pre ti lignificheranno il medefimo:
<3CogniOratione,comeellaè feritta una uolta, Tempre. flf in ogni luogo la
medéfima lì ritruo^ ua,fiC moftra le cofe fue à quelli, che fanno,* à gh' altri
,'alli quali forfè niente importa, flC non faella,o puo dire à chi bifogni
manifeftarfi, 6 àchi nonb]fogni,2(fe mai gh è ingiulla:^ mente fatto ingiuria,©
detto mal di lei,femprc ha bifogno dell'aiuto di fuo padre, ciò è di chi rha
fcritta,per ciò che ella al .nemico non rcpu? gna,ne à fe fteffa può dare
aiuto. • F E D.Quc Ite còfc anchora pare à me, che fieno ueriffimc,. S O C R .
Ma che dirai tu à quello? Credi tu, che fi polU uedere un'altra forte di
parlare fras: tello di i^ueftof Et che fi polfa concfcere come quello, che io
ti dico,fia legittimo, fiC quello del quale habbumo ragionato badando, &
quanto migliore, flC più potente nafcai' F E D. Che parlare è queltof CC come
uuoi tu che fi facciaf^ tu' ' Soc* S O G R . Qucfto parlare è queIIo,chc fi kwt
ncir animo di chi impara per mezo della fcipnjs tia,flC è migliore, per che
quefto può aiutare à fc flefro,fif conofce co qua] forte di p<rfonc fi bia a
parlare., flC con quale à tacere . F E D . Xji uuoi dire il parlare d' un
dotto, che fia uiuo,flC che habbia fpirito,deI quale una Oratione fcri(» ta
ragioneuolmente potremo chiamare un fimu^s lacro. S O C R. Quefto dico fenza
dubbio. Ma dimmi anchora quefta altra cofa, Vno agr(^ culflcre che fia fauio^
credi tu che uorrà fpargerc^ ft gettare nel tempo della ftate quelli femi.chc
egli bara più cari.ft delti quali egli afpetta con defiderioil frutto, ne gli
horti d'Adone, cor» ogni ftudio,fiC diligentia,acciòche perfpatio di otto
giorni ne pQ)[fi uedcre i fiorii ( comelai^chc miracolofamenfe in quel terreno
ìnteruiene) ò nero dirai, che fe egli pure il farà, Io farà per pat fac tempo
in qualche giorno di fefta.fif per darfi piacere, fiC no per cauarne utile
alcuno^Ma quan do egli farà da uero, ce che uorrà "attendere alla
agricuItura,non li feminerà in quelli horti,ma in terreni conueneuoli,flC gli
parrà hauere affair fc con interuallo di otto meli, flC non d otto gior ni la
fuafementafi maturerà. F E D. Certas mente Socrate, che come tu dici, quel tale
femi;? fi^^è gfi WrH (!• AcJdftc pft btirla.ft per foU lazt),^ nel terreno
buono da uero^ S O C R . t>^jf nfaremo noi, che un^huomo. ch^ (appia xke
toù'fu il giudo, Ce il buono, ft« rhonefl-o, fi^ iiello fj^argere la fua
fementa pia fciocco d u fio-agricultorer F B In neffuno modo, O C R Ef pero
egli no femmerà i (noi detti ftudiòfamente con la penna nell'acqua negra,
^órtmietten doli alle fcritturc,fapendo egli che ft'mai poi portaflero pericolo
alcuno non gli po tra dare aiuto : flC conofcendo anchora^che con lèfcriuere
non fi può moftrare à pieno la ueri:? ti. F E D. Certo ch^ il feminare^come hai
dctfe,è fuor di propofifo. S O C R^ Certo, ma prahìerà beh coilui gli horti
delle lettere per darfi in quella follazo,fiC per pafTarc il tempo/ ce in
quelli feminerà^ftcofi fcriuerà qualche co Éi^t'Af pofcia che fi uederà hauerc
fcritto,terrà qùéli fuoi (catti per mcmoria,&' gli harà cari, come fe fu
(fero tefori atti à fargli fcordaie gli afi^ tìnni/che gli ha da arrecare la
futura uecchieza. Etnonfelopenferà,chcgli habbino à cagioni rtàrecjUefto in
lui^ma in tutti coloro'^che feguis teranno le fue pedate, ecinfieme fi
rallegrerà di tiedere già nati i fuoi teneri frutti: fif mentre che Ili altri
huomini uanno pur altri piaceri fegui» tando. tando,cclebràndo conuit?,&
fimili altri cU; :»*ti% egli lafciate quefte cofe folamcntc attenderà a ui nere
nclli piaceri^ che danno li piaceuolj,& "dotti ragionamenti* FED,
Socrate tu mi nioftli un trattenimento molto più degno di molti altri,cheà me
paiono nili, narrandomi quei di co^ lui, che può Tempre hauer piacere ne i
ragionamenti, a disputare della giuftitia,«di quelle altre cofe, che tu dici •
SO CR* Cofièccrtamente Fedro mie caro, ma molto più degno ftio c quello di
quefti tali ( fecondo me ) quan^ do alcuno, poi che ha ritrouata un animala
quel locheegh intende infegnarli afta, ufaudo Tarlc della Dialettica, piantala:
femina in quella ani^; male fue parole con la fcienfia : le quali parol^c
fonobafteuoliàgiouarà fe ftefre,& à colui, che le pianta : per ciò che non
folamentc portano fc co grandilTinìO frutto, ma anchoia il if me doa^s de nuoui
frutti pedano nalcetc.Onclt^ pafTando poi quefte paroÌe,6: quefte fcientie
<A]ixn hixf:^ mo in un' altro, mantengono qucftft.gtiecic^ dono immortale :
colui, che Ila in fe tal do:? no, pongono in qdello ftato di beatitudine, che è
^oflibile à un'huomo. F E D, Qaxtlh è an^ chora molto più degno, &
honoreuole* S o Hormaio Fedro hauendg noi le cofe^ che Labe L un biamo dette
diTopra conceflc, potiamo beniflirs- ino confiderarc quelle cofe,che^tu fai . F
E D . Quali S O C Qijelle, che per conofccrlc fin giù habbiamo ragionato,
ilqual ragionamen tb non habbianìo per altro fatto, che per poter ^ confxderare
il modo di uitupcrare Lifia tuo in^ quanto all'arte dello fcriuere : non
folamcte Liria,ma anchora tutte quelle Orationi.che con arte.ò fenza arte fi
fcriuono .Età me pare, che già à baftanza habbiamo dichiarato , chi fia colui,cheartificiofofipofli
dire, ficchi quello, che fia priuo d' arte • F E D . Cofi pare à me • SOC R. Et
però bifogna di nuouo ricor^ darfi,che alcuno non può perfettamente faperc
l'arte del dire,ò uoglila faperc per perfuaderc Viltrni,òper infegnarla ( fi come
le ragioni di fo |)ra ci hanno dichiarato )fc prima non conors fcerà la uerità
di quelle cofe.ch' egli dice,òfcri^: uc t ce fe non faprà diffinire tutta la
materia deU la cofa,che tratta : fl£ fatta qùeftà diffinitione,di nuouó
diuidere tutte le parti, tenendo alle co:s fc particolari, ftindiuidue,fl£cofi
contemplanti do,flC confiderando in quefto modo un'anima, alla quale habbia da
perfuadere qual fi uogli co • fa,ac haucdo quelle cofc ritrouate,che con ogni
forte di ingegni fi accompagnano, flC fono con:: ' uenienti. 'ucjjJenti.cofi
fopra fu«o ordini^ fi: acconci il fuo parlare, che co un' anima uaria.fi: di
diuerle fantafie.accommodi parole, & modi di dire uas rii.flC di molte
forti.flt con una anima femplice, fi£ di un fol uolere ufi parole femplici.fl£
pure. FED. Cofifièdetto. SOCR. Chedires mo hora noi di quella queftionc, che di
fopra habbiamotocco.ciòè feegli è cofa honefta.ò bratta il comporre
Orationi.fi: in che modo qucfto ftudio fi poffi ragioneuolmente uituperarc, a
in che modo non . Non ti pare egli,che le ras gioni dette di fopra ci habbiano
dichiarato ques fto paHb i baftanza ^ P E D. QjaaU ragioni ? SOCR. Quefte.che
fe Lifia.ò altri.Ccfiachi uuole ignorante della uerità fcyfTe mai.ò ucro ■fcnue
al prefente.ò fcriuerà cofa alcuna priuatas rmcnte.ò ucro che fi appartenga al
publico.cos me farebbeno certe ordinationi ciuili.ó fimili cofe ,flC che coftui
penfi.che di quefti fuoi fcritti fe ne poffa cauare unacerteza.flC una
fermiflima ftabilità.quefta tal cofa T uno fcrittore fe fi ha da giudicare che
fia^brutta.Dichinlo le perfonc.ò noi dichino.chequefto imparta poco:|> ciò
che il non fapere,che cofa fia il uero.ne il falfo intot no alle cofe
giufte.fiC ingiufte, buone, CCtriftc, (anchora che il uolgo tutto lodoiTe
quefta igno .twifia}non può pero effefc.che confidcrarK^o il uero non fu
bruttiflima. F E D. Bruftiflima pcrccrfo. SOCR. Perii contrario poi. colui che
penfa che fu neceflàrio qualche uolta per trattenimento, fif per fcherzo
fcriuere^at nó giù <ljca che Oratione alcuna oin profa.o iq ucrfi mcrti^che
fi perdi un gran tempo nel comporta '{come fanno quelh. che fenza
confidcratione al tuna.CC fcnza dottrina, folamentc per daxad ins tendere una
cola.fogliono alle uolte recitare ucr fi)ma terrà per certo.chc li fcritti,che
buoni fi poflono dirc.fieno flaticompofti folo à quelli, chefanno.ma faprà che
nelli ragionamenti, che fi &nno per cagione di imparare.fif di infegnarc
adaltri.fifchc jicrauientc fi fcriuono.fiCimpria: ^tnono nell'animo d' uno.li
quali trattano delle cofe gi"uftc,hcnefte.abuone,in quelli folas mente è
ia uera chiareza flC la pcrfettione. A quc ragionamenti foli tienc^che mcntino
ftudio, ttquefti/olifuoi figliuoli legittimi chiama.dt di queftl ragionamenti
primieramente appr/za quello.chc m fe ftefTo efler conofcc(pur che in fe h
ntroui}dipoi tutti quelji,che di quel fuo parto.comc %lmoli,Cf fratelli,© nel
fuo ania wo.ó nell'altrui menti fono nati : fic. tutti gl'als tri difpreza, a
difcaccia, quefto tale, dico, pare 4 me mt telile fia tale,qualc <3a noi fi
potrcì>fyé^8drK!*« rare. F E D. lo acmi ò S cerate, efièr conife t:olui,cIic
ttì ilici di queflo ne priego Aìhàtas mente Iddio. SOCR. Ma fia detto aflai^cl
r^rte del dire per qaefta uolta^iiauendo noiparr lato più
per{ratteiiimtnto,-clTe per altra cagioine . E t però tu potrarf dire à Lifia ,
ciré ncrtlTenfi do andati doue è il fonte delle Ninfe, ideile
Mufe,habi>iaino uditi certi ragion ameti, li cpali hanno comandato, che noi
dtcfatno A à itif » ^(à tutti gli altri Scrittori d' Orat foni : ol tra dì
quefto à Honicro,ò;fe altri è (lato che c qualche ftuda,CC bada Poefia babbi
compofl:o,ó pùre or nata, fiC niimerofa,ul{irnaoien(e à Solone/fiCi tutti gii
altri^che delle ordinationi tiiiili hanno fcritto,che fe eglino tali<cofe
<:onìpofero con faji peucli della ue<ità,flC col difputarc, pofTono dì:
difendere le cofe^cbe eglino hanno trattato ,iÓC con ragioni fa^r fi ,chc li
fcritti dinioftrano c{{ctc dainanco,ft pia uili delle parole loio,fif dclU noce
uiua,fe quefto che io dico, faranno • Farei ine,<he habbiano à pigliare il
nome ne da quel le cofe,che con la penna fcrifTero^twa pio prcftat da quello,
che doftamete ccnfiderarono.F E U. Etchc cognome lata quefto, <££ in the
modelli lo darai tui' S O C il gran ccgncMM ài piente folo à iddio/ccondo me,
fi conufener flC pero à qucfti tali huomi ni, ch'io tlio difopradc^ fcritti,gli
porrci più conucnicntemete il cogno:: medi Filofofo,ò di qualche altra uoce
fimile. F E D, Certo che quefto no fi difconuerrebbc. S OCR. Et pero dimmi un
poco, chiamerai tu ragioneuolmcnte Poeta, ò vero fcritfore d'Os: rationi.òdi
leggi colui, che in fé cofa alcuna no habbia migliore di quelle, che ha
fcrittof' Et che lungo tempo rauuollendofi, fiC aggirandofi il ceruelIo,con una
affidua emendafione finalmen te habbia fatto una compofitionef F E D. Che uuoitudircperquefto?
SOCR. Voglio di re,chetudica tutte quefte cofe al tuoLifia. F ED^ Et tu non
farai il medefimo col tua amico. ^ per che in uero non mi pare da lafciarlo
andare. SOCR. Q^ale amico dici tu^ F E Dico Tfocratcgiouanc perfetto. Che dirai
tu à coftui Socrate Chi diremo noi, che egli fia (SOCR. Ifocrate ò Fedro, è
anchora giouanetto^ma io non uoglio lafciarc di dire quek
lo,cheioindouinodilui, FED. Che cofa f S O C R. A me pare, che egli fia di
migliore ingegno,chenon dimoftra d'eflcrLifia per li fuoi Sritti, & oltra
di quello di più gencrcfi cofiumi ornato» Per il che io non mi marauigliarci
punto. punto,fccrcfcendoinIuigIi anni, egli diuens tafTc più eccellente
nelTarte del dire, nella qua le hora fi efercita di quànti mai à quella fi fono
dati : flC credo, che egli non contento di queftc cofe per un
certoinftintodiuino,cheè in lui, fi inalzerà ad imprefe maggiori ; per ciò che
io uo glio che fappi,che nel fuo ingegno è (lata daU la natura poftain un'
certo modo la Filofofia, Quefte cofe adunque, che da quefti iddìi hofa^
pute,manife(leròal mio amicilTimo irocrate,& tu dirai al tuo cariffimo
Lifia quelle altre cofe. F E D. Cofì farò. Ma partiamoci di qui,con ciò fia che
il caldo fu hormai calatto à fatto* S O C« InnanziportajrCjò trarre feco,fen6colui,che
fia t» perato, Penfi tu che fi debba domandare altro ò Fedro ^ A me par hauerc
con preghi domandato uclfo,cbefaceuadi fxifognó, F E Pieg afichoia,che quel
trcdcfmio conccdinoa me : pei* ciò che tra gli amici cani cola è conh SOCR*
Partiamoci Adunque.
Felice Figliucci. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Figliucci” – The
Swimming-Pool Library.
FILANGIERI.
(San Sebastiano). Filosofo. Grice: “The importance of Filangieri
is in the concept of ‘ragione retorica;’ indeed, on the footsteps of Vico, Filangeri
‘posseduto della ragione,’ shows that illuminism is incompatible with the
ancien regime!” Dei principi di Arianello, figlio di Cesare, principe di
Arianiello, e di Marianna Montalto, figlia del duca di Fragnito, nacque in Villa
Filangieri, nel Casale di San Sebastiano di Napoli. Nella medesima villa Filangeri
morì Giovan Gaetano Filangieri: il nonno dell'illuminista. Da una delle
famiglie più antiche della nobiltà partenopea: lo zio arcivescovo era Serafino
Filangieri. Riceve un'educazione severa che si svolse privatamente nel Palazzo
Filangieri di Largo Arianello. Se ne occuparono lo zio Serafino, e soprattutto
Luca. Si dedica alla filosofia. Si laurea. A seguito della carica di gentiluomo
di camera presso Ferdinando IV, si dedica al progetto della riforma di
giustizia e divenne ufficiale di marina. Il suo illuminismo è considerato
napoletano in quanto non assimilato dall'esterno. Si tratta di un illuminismo
prodotto nella Napoli. La città partenopea si era dimostrata sì come uno dei
maggiori laboratori di idee d'Italia, ma in essa allo stesso tempo esistevano
sempre i privilegi feudali e il lusso sfrenato di nobiltà, mentre la massa
plebea continua a vivere nell'ignoranza. Si parla a questo proposito di
"questione meridionale" in quanto vi si impediva non solo il
progresso, ma si metteva in discussione anche l'esistenza di una civiltà, dato
che il tessuto sociale era ridotto a brandelli. In tale contesto rappresenta la
voce riformatrice, la cui efficacia e tuttavia limitata dalla precoce morte,
prima delle vicende rivoluzionarie. Scrisse un saggio, “Morale de'
legislatori”, nel quale dichiara di essere favorevole alla pena di morte,
mettendo in discussione le tesi di Beccaria. Afferma infatti che nello “stato
di natura” – non lo stato civile -- ciascuno ha il diritto di togliere la vita
a tutti per proteggere la propria ingiustamente minacciata". Tali temi
vengono poi ripresi e trattati ne “La scienza della legislazione”. Stampa a
Napoli le riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano. Le riflessioni
riguardano la riforma dell'amministrazione della giustizia. In particolare
afferma la necessità, per il magistrato, di motivare la propria sentenza in
base alla legislazione scritta nel regno, permettendo in questo modo di eliminare
gli abusi e i privilegi per il giudice. L'Illuminismo napoletano di Filangieri emerge
in particolar modo in “La Scienza della Legislazione”. Analizza le linee sistematiche di una scienza
pratica destinata a essere guida delle riforme legislative e basata sulla *felicità
individuale* del cittadino come premessa *utilitaristica* allo stato buono.
Filosofi come d'Alembert e Montesquieu, con il loro spirito di classici
dell'Illuminismo, contribuirono a influenzare Filangieri. Ottenuta la
dispensa dal servizio di corte, si trasferì a La Cava, poco lontano da Napoli.
Qui si dedica interamente alla filosofia. Arrivano le prime condanne da parte
dell'Inquisizione, anche se la Chiesa romana non contesta la legittimità dei
provvedimenti assunti dal governo borbonico sulla scorta delle proposte
contenute in “La scienza della legislazione”. Divene capitano di fanteria. Consigliere
del Supremo Consiglio delle Finanze e, preso dagli impegni politici, non riusce
“La Scienza”. Si ritira a Vico Equense. Essendo
stato iniziato in massoneria in una loggia napoletana, ebbe solenni funerali
massonici, ai quali parteciparono delegazioni di tutte le logge napoletane. A
Filangieri e intitolato il carcere minorile di Napoli. A Milano è intitolata la
piazza antistante il carcere di San Vittore. Composta da otto libri, “La
Scienza della legislazione” è un'opera di alto e innovativo valore in materia
di filosofia. E così apprezzata per la sobrietà della critica e per la concreta
esposizione sul piano giuridico. Espose una filosofia frutto della grande
cultura napoletana antecedente all'Unità d'Italia, rappresentata in particolare
da Vico e Giannone, che interpola con
Montesquieu e Rousseau. Porta alla luce le ingiustizie sociali che
affliggevano Napoli, pervasa dal lusso sfrenato dei privilegi feudali di
aristocrazia, sfruttatori del popolo. Al tempo stesso essa chiede alla Corona
di farsi portatrice di una rivoluzione pacifica, una sorta di modello di
monarchia illuminata, secondo i canoni illuministici, da conseguire attraverso
una seria azione riformatrice da attuarsi sugli strumenti giuridici.
Importanti l'affermazione dell'esigenza di attuare una codificazione delle
leggi e di una riforma progressiva dalla procedura penale, la necessità di
operare un'equa ripartizione delle proprietà terriere e anche un miglioramento
qualitativo dell'educazione pubblica oltre ad un suo rafforzamento su quella
privata. Per ciò che attiene al diritto criminale dà un'innovativa
definizione di delitto. Una azione A puo essere contraria alla legge L ma non
un ‘delitto’. Un agente che commette A (non delitto) non e un ‘delinquente’. Un’azione
A disgiunta dalla volontà V non è imputabile dallo stato civile. La volontà V disgiunta
dall'azione A non è punibile dallo stato civile. Un delitto consiste dunque in
una azione che viola la legge L, accompagnata dalla *volontà* dell’agente
‘delinquente’ di violar la legge L. Tratta le principali proposte di riforma,
nel campo politico-economico (abolizione del privilegio feudale, ecc.), penale,
dei rapporti tra religione e legislazione, e, in modo particolare, nel campo
educativo. Essa comprende il Libro I, dedicato a “Le regole generali” della
scienza legislativa, il Libro II a “Leggi politiche ed economiche”; Libro
III, “Leggi criminali (procedura; delitto e
pena), Libro IV, “Leggi che riguardano l'educazione, i costumi – Kant
‘zitte’ Varrone, mos, ethos -- e
l'opinione pubblica), Libro V, “Leggi che riguardano la religione”; Libro VI,
“Leggi relative alla proprietà, rimase abbozzato (ne fu steso soltanto il sommario),
e Libro VII, (Leggi sulla famiglia). Tra le varie tesi esposte in questo libro
emerge la considerazione che ha dell'agricoltura. Sotto l'influenza di
Genovesi, di Verri e dei fisiocratici, la considera un settore importante del
sistema economico e propose la rimozione di ogni ostacolo giuridico, fiscale ed
economico al suo sviluppo e alla libertà del commercio dei suoi prodotti,
sostenendo altresì l'imposta unica sul prodotto della terra. Il trattato
fu messa all'Indice dalla Chiesa romana per le sue idee giacobine. Infatti
critica l'atteggiamento di Roma, ritenendo appunto che questa pesasse sulla
società e si avvalesse di privilegi. Ha messo in campo proposte (giustizia
sociale e giuridica, uguaglianza, pubblica istruzione, espropriazione dei beni
ecclesiastici donati dai fedeli, ecc.) miranti al progresso in senso
rivoluzionario attraverso un'azione legislativa fondata sulla ragione (non la
fede) e rivolta ad un altrettanto presunto sviluppo della realtà di Napoli, ma
con i metodi tipicamente giacobini basato su coercizione e sentimento massonico
e anti-romano. Stampa altri due saggi, i quali ebbero grande successo, con
elogi entusiastici rivolti all'autore, come quello di Franklin, il quale avviò
una corrispondenza con Filangieri e lo tenne presente per la stesura della
Costituzione. Suscita interesse e discussioni anche grazie all'attenzione
dedicatagli da Constant. Altre opere: “Riflessioni politiche su l'ultima legge
del sovrano, che riguarda la riforma dell'amministrazione della giustizia” (Napoli);
“La scienza della legislazione” (Napoli); “Il mondo nuovo e le virtù civili: l'epistolario”
(Napoli. Ricca); “Discorso genealogico dei Filangieri estratto dall'istoria del
feudo di Lapio” (Napoli, Bernardo Cozzolino); “San Sebastiano: un itinerario
storico artistico e un ricordo” (Poseidon Editore, Napoli); “Signore di Lapio,
Rogliano e Arianello, Patrizio Napoletano aggregato al Seggio di Capuana, fu
decorato con diploma imperiale di Carlo VI d'Asburgo, col titolo di principe di
Arianello. Vittorio Gnocchini, “L'Italia dei liberi muratori. Brevi biografie
di massoni famosi” (Roma-Milano, Erasmo Editore-Mimesis); Giampiero Buonomo,
Quei lumi accesi nel Mezzogiorno, in Avanti!, BECCHI, PAOLO. De Luca, S. Il
Pensiero Politico di Gaetano Filangieri. Un'Analisi Critica. Il Pensiero
Politico; Firenze, Seelmann, Kurt. La proporzionalità fra reato e pena.
Imputazione e prevenzione nella filosofia penale dell'Illuminismo” (Società
editrice il Mulino); Trampus, Antonio, Diritti e costituzione” (n.p.: Soc. Ed.
Il Mulino, Domenico
Valente,"Poliorama Pittoresco", Conferenza tenuta dal comm. Giovanni
Masucci al Circolo giuridico di Napoli, n.p.: Napoli, Tip. gazz. Diritto e
giurisprudenza, Gerardo Ruggiero, Un
uomo, una famiglia, un amore nella Napoli del Settecento, Alfredo Guida Editore
Pecora Gaetano, Il pensiero politico. Una analisi critica, Rubbettino Editore, Ferrone
Vincenzo, La società giusta ed equa. Repubblicanesimo e diritti dell'uomo, Roma-Bari,
Laterza, Cozzolino Bernardo, San Sebastiano: Un itinerario storico artistico e
un ricordo” (Edizioni Poseidon, Napoli 2006 Giancarlo Piccolo, “Cappella
Filangieri. Indagini sulla Parrocchia Immacolata e Sant'Antonio, Cercola (NA),
IeS Edizioni, Cercola F.S. Salfi, Franco
Crispini, Elogio, Cosenza, Pellegrini, "Frontiera d'Europa" (Rivista
storica semestrale, Esi editore Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), intitolato
“Studi filangieriani” Berti, F., Il repubblicanesimo, Pensiero politico Mongardini,
C., Politica e sociologia, Giuffrè, Trampus, A. e Scola, M., Diritti e
costituzione. Pensiero politico. Ascione Gina Carla e Cozzolino Bernardo,
Cappella di San Vito Martire a San Domenico: Il restauro del dipinto della
Madonna del Carmelo di Giovanni Antonio d’Amato, Pref. S.E. Card. Crescenzio
Sepe, San Sebastiano. Filangieri Illuminismo in Italia. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Open MLOL, Horizons
Unlimited srl. Il pensiero politico di .Una analisi critica, su politica magazine.
Gaetano Filangieri. Keywords: ‘stato naturale’ ‘stato civile’ – costume – il
romano – le costume dei romani – devere e volonta – implicatura deontica –
passione e ragione – illuminismo – anti-clericalism – anti-Roman – Grice:
“Catholicism gives a bad name to ‘Roman’!” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Filangieri” – The Swimming-Pool Library.
FILLIPIS
–
(Tiriolo). Filosofo. Grice: “Fillippis is an interesting one, for one there is
a Palazzo De Fillippis; for another he was into the philosophy of mathematics;
he was executed, but not for this.”
Martire della Repubblica Napoletana. Nato in una famiglia di piccoli
proprietari terrieri, studia al Real Collegio di Catanzaro. Si recò a Napoli
dove fu allievo del grande economista Genovesi. Ebbe modo di frequentare gli
ambienti illuministici entrando in contatto fra gli altri Pagano. Proseguì in
seguito gli studi in filosofia a Bologna sotto Canterzani. Insegna a Catanzaro.
Fu fra i principali artefici della Repubblica Napoletana. Entra nel governo
come ministro degli Interni. Con la caduta della Repubblica, venne messo a
morte per impiccagione in Piazza Mercato. Scrisse importanti opere di
filosofia, quali “Etica”; “Metafisica”, Vite degl'Italiani benemeriti della
libertà e della patria, Torino, Bocca); Albo illustrativo della Rivoluzione
Napoletana; B. Croce, G. Ceci, M. D'Ayala, S. Di Giacomo, Napoli, Morano); La Repubblica
napoletana” Roma, Newton), Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo
De Filippis. Keyowords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fillipis” – The
Swimming-Pool Library.
FINESCHI:
(Siena). Filosofo. Grice: “Fineschi shows
how COMPLEX Marx’s theory of cooperation is!” -- Grice: “I like Fineschi; when at Harvard I
played with ‘cooperation’ I didn’t really know what I was talking about!
Fineschi does! He calls me a Marxist – and that’s why I dubbed my ontological
occam’s razor as ‘ontological marxism’!” Studia a Siena sotto Mazzone con “Marx
rivisitato”. Per il suo dottorato, svoltosi sotto Domanico a Palermo, si occupa
del rapporto Marx-Hegel. Ha vinto la prima edizione del premio
David-Rjazanov-Preises. Altre opere: “Ripartire da Marx. Processo storico ed
economia politica nella teoria del “capitale”, Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici La Città del Sole, Napoli); “Marx: rivisitazioni e prospettive, Mimesis,
Milano (Itinerari filosofici) “Marx e Hegel. Contributi a una relectura”
(Carocci editore, Roma); “Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la
nuova edizione storico critica” Carocci editore, Roma). Roberto Fineschi.
Keywords: Grice’s ontological Marxism, implicatura filologica – Kantotle,
Plathegel. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fineschi” – The Swimming-Pool
Library.
Fioramonte.
(Roma). Filosofo. Grice: “Fioramonti, like Hart, and myself, has
philosophised on human right, legal right, moral right.” Frequenta il liceo a Roma,
situato nel quartiere di Tor Bella Monaca. Si laurea a Roma con una tesi in
Storia della economia filosofica, incentrata sul ruolo dei diritti di proprietà
ed individuali. Studia Politica comparata a Siena. Insegna a Pretoria, ed
è direttore del Centro per lo studio dell'innovazione Governance (GovInn) dello
stesso ateneo. È inoltre membro del Center for Social Investment dell'Heidelberg,
della Hertie School of Governance e dell'Università delle Nazioni Unite.
Si occupa di economia e integrazione economica europea. Per il Financial Times,
sostiene che il PIL è "non solo uno specchio distorto in cui vedere le
nostre economie sempre più complesse, ma anche un impedimento a costruire
società migliori". I suoi articoli sono inoltre apparsi su The New
York Times, The Guardian, Harvard Business Review, Die Presse, Das Parlament,
Der Freitag, Mail & Guardian, Foreign Policy e open democracy.net. Ha una
rubrica mensile nel Business Day. È stato co-direttore della rivista
scientifica The Journal of Common Market Studies. è inoltre coautore e
co-editore di diversi libri. Oltre ai best seller Gross Domestic Problem: “La politica
dietro il numero più potente del mondo e Il modo in cui i numeri governano il
mondo: l'uso e l'abuso delle statistiche nella politica globale, pubblica “Economia
del benessere: successo in un mondo senza crescita, Presi per il PIL. Tutta la
verità sul numero più potente del mondo e Il mondo dopo il PIL: economia,
politica e relazioni internazionali nell'era post-crescita. Ha avuto
un'esperienza come assistente parlamentare, collaborando a titolo gratuito con
Antonio Di Pietro (IdV) a sviluppare politiche per i giovani nelle
periferie. Viene resa nota la sua candidatura col Movimento 5 Stelle alle
imminenti elezioni politiche di marzo, risultando eletto alla Camera dei
deputati nel collegio uninominale di Roma-Torre Angela con il 36,65% dei
voti. è stato nominato sottosegretario presso il Ministero
dell’istruzione, dell'università e della ricerca nel Governo Conte I. Nominato Dino
Giarrusso suo segretario particolare, affidandogli l'incarico di coordinare la
comunicazione del suo ufficio e curare le relazioni istituzionali. L'onorevole
ha inoltre aggiunto di aver chiesto a Giarrusso di aiutarlo anche ad evadere le
segnalazioni inviate al Ministero sulle presunte irregolarità che si verificano
all'interno dei concorsi universitari. Il 13 settembre il Consiglio dei ministri, su proposta di Bussetti,
lo ha nominato vice ministro all'istruzione, università e ricerca. Proposto
il 4 settembre come ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel Governo Conte II, viene
nominato ufficialmente. All'inizio del suo mandato ha istituito un comitato
scientifico di consulenza, composto tra gli altri da Shiva. Nel mese di ottobre intervenendo ai microfoni della trasmissione
radiofonica Un giorno da pecora ha affermato di "credere in una scuola
laica" e di essere favorevole alla rimozione del crocifisso nelle scuole,
per sostituirlo piuttosto con una mappa del mondo. In seguito, e criticato
dalla Conferenza Episcopale Italiana. Annuncia l'introduzione in Italia, primo
Paese al mondo, dello studio del cambiamento climatico e dello sviluppo
sostenibile come materia scolastica. Dichiara di essere pronto a
rassegnare le proprie dimissioni qualora nella Legge di bilancio non fossero stati trovati fondi per 3
miliardi di euro da destinare all'istruzione. Invia al Presidente del Consiglio
Giuseppe Conte una lettera in cui annuncia le proprie dimissioni e dichiara
che, a proprio avviso, sarebbe opportuno rivedere l'IVA al fine di incassare i
fondi che chiedeva per il proprio ministero. Comunica la propria uscita
dal Movimento 5 Stelle e la propria adesione al Gruppo Misto alla Camera.
Annunciato la fondazione del nuovo partito politico Eco. Eco rappresenta
un'ipotesi, un'idea guidata dalla volontà di costituire una entità in
collaborazione tra società civile e parlamentari, ma la cui concretizzazione in
una nuova realtà non è ancora certa. Entra a far parte di Green Italia,
insieme all'onorevole Rossella Muroni e Elly Schlein, vicepresidente
dell'Emilia Romagna. Dopo che il quotidiano il Giornale ha pubblicato
alcune dichiarazioni fatte nel passato su Twitter da Fioramonti, ritenute
inappropriate per la carica da ministro, diversi partiti (tra cui Lega, FI e
FdI) chiedono le sue dimissioni dal dicastero, annunciando il deposito in
Parlamento di una mozione di sfiducia È stata effettivamente depositata? Che ne
è stato? Il ministro ha quindi dichiarato sui social che tali opinioni erano
state scritte di getto e si è quindi scusato. Nello stesso periodo
suscita polemica il fatto che, secondo quanto riportato dalle chat di alcuni
genitori, il ministro avrebbe scelto di iscrivere il figlio alla scuola inglese
e di non fargli fare l'esame di italiano. A seguito di tale notizia, scrive un
post sui social in cui si definisce turbato come padre e cittadino ed annuncia
di voler presentare un esposto al garante della privacy. Altre opere:
Diritti umani 50 anni dopo. Aracne); “Fuori. Fermento, . Poteri emergenti
nell'economia politica e internazionale. Il caso di India, Brasile e Sudafrica
. ETS, . Presi per il PIL. Tutta la verità sul numero più potente del mondo.
L’Asino d’oro edizioni, . Il mondo dopo il Pil. Economia e politica nell'era della
post-crescita. Edizioni Ambiente, . Un'economia per stare bene. Dalla pandemia
del Coronavirus alla salute delle persone e dell'ambiente. Chiarelettere. Vincenzo
Bisbiglia, chi è il candidato M5S: dalla laurea in Filosofia alla critica al
pil. Con tappa alla Rockefeller foundationIl Fatto Quotidiano, in Il Fatto
Quotidiano, Professor Lorenzo Fioramonti, su up.ac.za. Has GDP become an
impediment to a better society?, su Financial Times. 1World needs a new Bretton
Woods with Africa in the lead, su bdlive.co.za, Business Day. Eligendo: Camera
[Scrutini] Collegio uninominale 05 ROMA ZONA TORRE ANGELA (Italia) Camera dei
Deputati Ministero dell'Interno, su Eligendo. F.Q., Governo, nominati 45 tra
viceministri e sottosegretari: Castelli e Garavaglia al Mef. Crimi
all'Editoria. Dentro anche SiriIl Fatto Quotidiano, in Il Fatto Quotidiano, Università,
dietrofront su Giarrusso. Fioramonti: "è solo il mio segretario, non un
controllore", in Repubblica, Governo: Galli, Rixi e Fioramonti nominati
viceministriTgcom24, in Tgcom24, Crocifisso a scuola, la Chiesa contro il
ministro Fioramonti che vorrebbe toglierlo dalle classi, su Repubblica, Fioramonti:
da settembre il clima sarà materia di studio a scuola Fioramonti: 3 miliardi per l'istruzione o
confermo le mie dimissioni -, su Orizzonte Scuola, Il ministro dell’Istruzione
Fioramonti ha dato le dimissioni, Corriere della sera, Fioramonti lascia il
gruppo M5S: «C'è diffuso sentimento di delusione», Il Messaggero, 30 L’ex
ministro Fioramonti: «Un altro governo non è un tabù. Ora un’area civica
progressista», su Il Manifesto. Bufera su Fioramonti per alcuni tweet. Meloni
chiede le dimissioni, per Lega e Pd deve chiarire, su L'HuffPost, Bufera su
Fioramonti per offese web, ministro si scusa Politica, su Agenzia ANSA, Chi è
Lorenzo Fioramonti, nuovo ministro del MIUR, su theitaliantimes, Governo Conte
II Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica
Italiana. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Openpolis,
Associazione Openpolis. Radio
Radicale. PredecessoreMinistro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana Successore
MinisteroIstruzione. png Marco Bussett, Giuseppe Conte (ad interim) PredecessoreViceministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana Successore
MinisteroIstruzione. Anna Ascani. Lorenzo Fioramonti. Keywords. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fioramonte: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library.
FIORE. (Celico).
Filosofo. Grice: “If you are thinking that Fiore is the source for the
Cistercians, you are wrong – actually Fiore WAS a Cisctercian until he wasn’t
one! Pretty much like St. John’s!” -- da Floris, Italian philosopher, the
founder the order of Ciscercian order of San Giovanni in Fiore (vide, Grice,
“St. John’s and the Cistercians”). He devoted the rest of his life to
meditation and the recording of his prophetic visions. In his major works Liber
concordiae Novi ac Veteri Testamenti,: Expositio in Apocalypsim and Psalterium
decem chordarum. Da Floris illustrates
the deep meaning of history as he perceived it in his visions. History develops
in coexisting patterns of twos and threes. The two testaments represent history
as divided in two phases ending in the First and Second Advent, respectively.
History progresses also through stages corresponding to the Holy Trinity. The
age of the Father is that of the law; the age of the Son is that of grace,
ending approximately in 1260; the age of the Spirit will produce a spiritualized
church. Some monastic orders like the Franciscans and Dominicans saw themselves
as already belonging to this final era of spirituality and interpreted
Joachim’s prophecies as suggesting the overthrow of the contemporary
ecclesiastical institutions. Some of his views were condemned by the Lateran
Council. Gioacchino da Fiore Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search «… E lucemi dallato, il calavrese abate Giovacchino di
spirito profetico dotato» (Dante Alighieri, Paradiso, Canto XII, vv.
140-141) Gioacchino da Fiore Joachim of Flora.jpg. Filosofo. NascitaCelico,
1130 MortePietrafitta, 30 marzo 1202 BeatificazioneNuncupato Santuario
principaleAbbazia Florense Manuale Gioacchino da Fiore (Celico, 1130 circa –
Pietrafitta) è stato un abate, teologo e scrittore italiano. È venerato come
beato da parte dei florensi e dei gesuiti bollandisti, anche se non c'è mai
stata una beatificazione ufficiale da parte della Chiesa cattolica.
Le condizioni economiche della famiglia di Gioacchino erano agiate; il
padre Mauro, infatti, era tabulario o notaio. In passato si era ritenuto che la
famiglia avesse origini ebraiche, forse per spiegare l'atteggiamento benevolo
di Gioacchino nei confronti dell'Ebraismo. Gioacchino nacque a Celico; la
sua casa natale viene collocata storicamente dove sorge attualmente la chiesa
dell'Assunta, edificata sicuramente prima del 1421 sul perimetro della casa
natale dell'abate Gioacchino. Ricevette le prime nozioni di educazione
scolastica nella vicina Cosenza. Ben presto fu mandato dal padre a lavorare,
sempre a Cosenza, presso l'ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di
contrasti insorti sul posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di
Cosenza. In seguito il padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la corte
normanna a Palermo, dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della
zecca, poi con i notai Santoro e Pellegrino e infine presso il Cancelliere di
Palermo, arcivescovo Stefano di Perche. Entrato in disaccordo anche con Stefano,
si allontanò definitivamente dalla corte reale di Palermo per compiere un
viaggio in Terrasanta. Gli inizi Forse nel corso di questo viaggio maturò
un profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre
Scritture. Al ritorno in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei
pressi di un monastero posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo
compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto
ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di
aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re (cioè
"il Signore Dio nostro") Visse per circa un anno presso
l'abbazia di Santa Maria della Sambucina, da cui si allontanò per andare a predicare
dall'altra parte della valle, vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del
torrente Surdo, vicino a Rende. Poiché al tempo la predicazione di un
laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove
il vescovo locale lo ordinò sacerdote. Durante il tragitto da Rende a Catanzaro
si fermò nel monastero di Santa Maria di Corazzo, dove incontrò il monaco Greco
che lo pose davanti alla parabola dei talenti, rimproverandolo di non mettere a
frutto le sue doti. Tornò a predicare nuovamente a Rende, con l'abito di
sacerdote. Poco tempo dopo vestì l'abito monastico, entrando nel monastero di
Santa Maria di Corazzo. Questa abbazia benedettina, guidata dal beato
Colombano, aspirava a seguire la regola cistercense. Elezione ad abate
Secondo le fonti più accreditate, nel 1177 Giovanni Bonasso venne eletto abate
di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò, scappando dapprima nel monastero della
Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri. Gioacchino non
ambiva a diventare abate, ma a studiare le Sacre Scritture. Gli uomini più
potenti di quel tempo, riunitisi con lui a Sambucina, lo convinsero ad
accettare la carica di abate di quel monastero, all'epoca poverissimo. A
Corazzo l'abate Gioacchino cominciò a scrivere la prima delle sue opere, La
Genealogia, impiegando come suoi scribi frate Giovanni e frate Nicola.
Teologo e scrittore In qualità di abate compì un viaggio all'abbazia di Casamari.
Durante questo periodo incontrò il papa Lucio III, che gli concesse la licentia
scribendi. Con l'aiuto degli scribi Giovanni, Nicola e Luca, iniziò già a
Casamari la stesura delle sue opere principali: la Concordia tra il vecchio e
il nuovo testamento e l'Esposizione dell'Apocalisse. In quello stesso periodo
Gioacchino interpretò innanzi al papa una profezia ignota, trovata tra le carte
del defunto cardinale Matteo d'Angers. Da qui scaturì l'incoraggiamento del
pontefice Lucio III a scrivere le sue opere. Nel 1186-1187 si recò a
Verona, dove incontrò il papa Urbano III. Al ritorno si ritirò a Pietralata, una
località sconosciuta, abbandonando definitivamente la guida dell'abbazia di
Corazzo. I suoi monaci non tolleravano il suo girovagare e lo stare sempre
distante dall'abbazia e pertanto fecero una petizione per risolvere la
questione presso la Curia romana. A seguito di ciò, nel 1188 ottenne
l'affiliazione dell'abbazia di Corazzo all'abbazia di Fossanova e il papa
Clemente III lo prosciolse dai doveri abbaziali, autorizzandolo a continuare a
scrivere. Pietralata e protomonastero di Fiore Vetere Magnifying glass
icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Abbazia Florense. A Pietralata,
presumibilmente una contrada nei pressi di Marzi-Rogliano, da lui ribattezzata
Petra Olei, cominciarono a pervenire molti seguaci. Il primo fu Raniero da
Ponza, che in seguito fu legato apostolico in Francia e Spagna sotto papa
Innocenzo III. Pietralata divenne presto un luogo incapace di ospitare la
moltitudine di gente che accorreva a sentire Gioacchino; pertanto nell'autunno
del 1188 Gioacchino salì in Sila alla ricerca di un territorio che si potesse
abitare. Dopo varie perlustrazioni, si fermò nel luogo oggi denominato Jure
Vetere Sottano, attualmente nel comune di San Giovanni in Fiore. A sei mesi di
distanza dalla perlustrazione, abbandonò Pietralata e si trasferì con i suoi
discepoli in Sila sul luogo prescelto. Pietralata è un luogo avvolto nel
mistero e ancora oggi non identificato con sufficienti certezze. Dopo sei
mesi dal trasferimento, il re Guglielmo il Buono morì e gli subentrò sul trono
normanno Tancredi, già conte di Lecce. Furono proprio i funzionari di Tancredi
a contestare a Gioacchino l'insediamento in Sila, per cui l'abate dovette
recarsi a Palermo (primavera 1191) per discutere con il nuovo re. Dopo un
complesso confronto tra i due, durante il quale Tancredi propose all'abate di
trasferirsi presso l'abbazia della Matina «allora in stato di grave declino»
(proposta rifiutata in maniera decisa da Gioacchino), gli fu concesso di
restare in Sila[3], nel luogo prescelto, facendogli dono di un vasto tenimento
posto nelle adiacenze, aggiungendo 300 pecore e 30 some di grano per il
sostentamento della comunità religiosa. Da qui in avanti cominciò a costruire
il protomonastero di Fiore Vetere. Nel 1194, dopo la morte di Tancredi,
subentrò nel regno Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, il quale concesse
a Gioacchino un vasto tenimento in Sila e privilegi sovrani su tutta la
Calabria. La Congregazione florense Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Ordine florense e Florensi. In questo periodo,
dopo il diploma concesso da Enrico VI, Gioacchino fondò i monasteri di
Bonoligno e Tassitano e acquisì altri monasteri già italo-greci. Forte del
patrimonio terriero ed ecclesiale acquisito, Gioacchino si recò a Roma
ricevendo da papa Celestino III l'approvazione della Congregazione florense e
dei suoi istituti il 25 agosto del 1196. I florensi continuarono a
colonizzare il territorio assegnato e, affinché Fiore venisse articolato
secondo lo schema della Tav. XII, misero a coltura i territori di Bonolegno e
di Faradomus, facendosi aiutare molto probabilmente da gruppi di laici che
condividevano il progetto del novus ordo. Pertanto, con le acque del fiume
Garga, attraverso il canale cosiddetto badiale, fecondarono dapprima Bonolegno
e poi Faradomus. Da qui insorsero delle liti con i monaci greci del monastero
dei tre fanciulli, ubicato in prossimità di Caccuri, che contestarono ai
florensi l'occupazione di territori che secondo loro detenevano da tempi
immemorabili. I poveri florensi furono bastonati, malmenati e gli edifici in
costruzione distrutti. Tuttavia l'azione di costruzione dell'insediamento non
si fermò, fintanto che l'abate rimase in vita. Gioacchino morì il 30
marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta[4] e fu seppellito nel monastero florense
di San Martino di Canale. Il suoi resti furono traslati nell'abbazia di San
Giovanni in Fiore verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in
costruzione. L'abate Matteo Vitari, successore di Gioacchino, continuò l'opera
ampliando le fondazioni florensi; nel periodo del suo abbaziato, l'ordine
florense vantava oltre cento filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese,
ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparsi in Calabria,
Puglia, Campania, Lazio, Toscana e rendite che provenivano anche dalle lontane
terre di Inghilterra, Galles e Irlanda. I grandi benefattori dell'abate
Gioacchino e dell'Ordine florense La Congregazione florense prima e l'Ordine
florense poi ebbero molti benefattori; fra i tanti vale la pena
ricordare: Signore di Oliveti: diede a Gioacchino la possibilità di
vivere nel ritiro di Pietralata. Tancredi il Normanno: concesse a Gioacchino il
Locum Floris, il Tenimentum Silae, 300 pecore e 112,5 quintali di grano annui.
Enrico VI di Svevia: concesse a Gioacchino il Tenimentum Floris e tanti
privilegi imperiali. Gilberto, vescovo di Cerenzia: concesse il tenimento
Montemarco con la relativa abbazia e filiazioni dipendenti. Celestino III:
riconobbe la Congregazione florense e i suoi istituti religiosi. Costanza
d'Altavilla: ratificò a Gioacchino tutti i beni posseduti dal Monasterio Sancti
Johanni de Flore. Umfredo Colino e Simone de Mamistra, Giustiziere Regio della
Calabria: concessero a Gioacchino la tenuta di Caput Album (capo Arvo).
Ugolino, cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina, Legato Apostolico in Sicilia:
concesse a Gioacchino la tenuta Albetum in Caput Gratium (Albeto di Capo
Crati). Federico II di Svevia: concesse a Gioacchino le tenute Caput Album e
Caput Gratis. Andrea, arcivescovo di Cosenza: concesse a Gioacchino la chiesa
di San Martino di Jove in Canale (Pietrafitta). Stefano, vescovo di Tropea,
Gattegrima e Simone de Mamistra (Giustiziere Regio della Calabria), signori di
Fiumefreddo: concessero a Giacchino la chiesa di Santa Domenica, con tutte le
sue dipendenze, compreso i tenimenti Flumen Frigidum e Barbaro. Culto
Gioacchino da Fiore con l'aureola, affresco della fine del sec. XVI, cattedrale
di Santa Severina I seguaci di Gioacchino, subito dopo la sua morte, raccolsero
la biografia, le opere e le testimonianze dei miracoli ottenuti per sua
intercessione per proporne la canonizzazione. Questo primo tentativo
probabilmente abortì a seguito delle disposizioni del Concilio Lateranense IV,
che nel 1215 dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo contenute in
un libello accreditato ingiustamente a Gioacchino da Fiore. Tuttavia la seconda
Costituzione Conciliare sull'errore dell'abate Gioacchino dichiarò anche:
"Con ciò, però, non vogliamo gettare un'ombra sul monastero di Fiore, in
cui lo stesso Gioacchino è stato maestro, poiché ivi l'insegnamento è regolare
e la disciplina salutare. Tanto più che lo stesso Gioacchino ci ha inviato
tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti secondo il giudizio
della Sede apostolica. Ciò egli fece con una lettera, da lui dettata e
sottoscritta di proprio pugno, nella quale egli confessa senza tentennamenti di
tenere quella fede che ritiene la chiesa di Roma, madre e maestra, per volontà
di Dio, di tutti i fedeli" (Cost. 2). Dante Alighieri, nella Divina
Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel paradiso (canto XII, versi
139-141), tra la schiera dei beati sapienti, corrispondenti agli odierni
dottori della Chiesa, accanto ai santi Bonaventura da Bagnoregio, Rabano Mauro
e Tommaso d'Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante, emesso 110
anni circa dopo la morte dell'abate calabrese. Un secondo tentativo
d'avvio della canonizzazione fu compiuto dall'abate Pietro del monastero
florense, che si recò ad Avignone per portare al Sommo Pontefice tutta la
documentazione relativa alle grazie e ai miracoli ottenuti tramite l'abate
Gioacchino, sia durante la sua vita sia dopo la sua morte. È risaputo che
i cistercensi venerarono come beato l'abate Gioacchino, elaborandone perfino
l'antifona per il 29 maggio. Si ritiene che ciò sia avvenuto quando i florensi
furono fatti confluire nella Congregazione cistercense calabro lucana. I
gesuiti bollandisti nel loro calendario liturgico e nel loro messale avevano incluso
l'abate Gioacchino come beato, fissando per lui nell'anno due festività celebrative. Il
vescovo di Cosenza, Gennaro Sanfelice, denunciò all'Inquisizione i monaci
cistercensi di San Giovanni in Fiore poiché tenevano continuamente accesa una
lampada sull'altare vicino al sepolcro dell'abate Gioacchino. Tale denuncia
causò una serie di problemi relativi al culto e alle reliquie.
All'approssimarsi dell'VIII centenario della morte dell'abate Gioacchino, il 25
giugno 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziò nuovamente l'iter per la
canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase diocesana. Postulatore della
Causa è stato nominato il don Enzo Gabrieli. Opere Dialogi de
prescientia Dei Gioacchino, esortato da papa Lucio III, mise per iscritto la
sua originale interpretazione delle Sacre Scritture. Le sue opere principali
sono: Concordia Novi ac Veteris Testamenti Expositio in Apocalypsim
Psalterium decem chordarum A queste vanno aggiunte: Adversus Iudaeos-
edizione Adversus Iudeos, Fonti per la storia d'Italia 95, Roma, Istituto
storico italiano per il Medio Evo Roma, Apocalypsis Nova De Articulis Fidei -
edizione De articulis fidei, Fonti per la storia d'Italia 78, Roma, Tipografia
del Senato, 1936. URL consultato il 30 aprile 2015. De prophetia ignota De
Septem Sigillis Dialogi de Praescientia Dei et de praedestinatione electorum -
edizione Dialogi de prescientia Dei et predestinatione electorum, Fonti per la
storia dell'Italia medievale. Antiquitates 4, Roma, Istituto storico italiano
per il Medio Evo Roma, Enchiridion super Apocalypsim Epistulae Inteligentia
super calathis ad abbatem Gaufridum Testamentum Universis Christi fidelibus
Exhortatorium Iudeorum Genealogia Liber Figurarum (scoperto da Leone Tondelli)
Poemata duo (Visio admirandae historiae, Hymnus de patria coelesti) Prefatio in
Apocalypsim Professio fidei Quaestio de Maria Magdalena Sermones Soliloquium
Tractatus super quattuor Evangelia - edizione Tractatus super quatuor
evangelia, Fonti per la storia d'Italia 67, Torino, Bottega d'Erasmo. Tractatus
in expositionem et regulae beati Benedicti Ultimis Tribulationibus Sono inoltre
conosciuti: Testi apocrifi: Liber contra Lombardum Super Hieremiam
Praemissiones e Super Esaiam De oneribus prophetarum Expositio super Sibillas e
Merlino Vaticinia de Summis Pontificibus (di dubbia provenienza) Altri
manoscritti vari, chiamati Opuscoli. Le intuizioni di Gioacchino da Fiore
Secondo Gian Luca Potestà nella sua recensione a Refrigerio dei Santi,
Gioacchino da Fiore, "segna comunque una svolta nella coscienza
escatologica medievale, in quanto è il primo a rompere il "tabù
agostiniano" riguardo ad Apocalisse 20 e ad avanzare, in modo cauto ma
netto l'idea che la ligatio Sathane per annos mille vada riferita al tempo
imminente di pace terrena, situato fra la prossima venuta dell'Anticristo e le
persecuzioni finali di Gog e Magog." Sulla stessa linea si pone Robert E.
Lerner che evidenza come il teorema di Sant'Agostino, della suddivisione della
storia in tre periodi: Ante legem, sub lege, sub gratia, viene rivisto da
Gioacchino che introduce nel dramma il quarto atto: Itaque tempus ante legem,
secundum sub lege, tertium sub evangelio, quartum sub spiritali
intellectu", dimostrando così la sua straordinaria originalità
interpretativa delle Sacre Scritture. Gioacchino da Fiore tra le tante
ebbe tre interessanti e originali intuizioni. Ha cercato e provato che
esistono diverse forme di concordia tra l'Antico e il Nuovo Testamento, il
primo indissolubilmente legato al periodo del Padre, il secondo indissolubilmente
legato al periodo del Figlio. Da questo concetto, noto come modello
"binario della teologia della storia", data la piena proporzionalità
da lui riscontrata, intuisce la possibilità di "proiettare con fiducia il
corso della storia cristiana oltre l'età apostolica sino al presente, e da qui
verso il futuro." (Lerner) Sulla base di questo sistema di concordanza tra
i due Testamenti, attraverso lo studio accurato delle Scritture, ritiene di
poter scrutare nel futuro, assicurando che i due Testamenti assicuravano le
medesime certezze. Dopo di che passa ad interpretare l'Apocalisse, l'ultimo
libro del Nuovo Testamento, e anche qui ritrova a suo modo di dire la
continuità dell'intera storia della chiesa, passata, presente e futura.
Gioacchino ha sempre sostenuto a chiare lettere di essere un interprete
ispirato della Scrittura, piuttosto che un profeta, egli, infatti, rifuggì dal
rappresentare il tempo finale con parole diverse da quelle direttamente tratte
dalla Scrittura. Da questo concetto binario, Gioacchino elabora un
"modello ternario", connesso strettamente alla santissima Trinità,
dimostrandolo con alcuni concetti fondamentali attraverso l'analisi
teologico-iconografica delle lettere "ALFA" e "OMEGA".
Dallo sviluppo di queste due concezioni basilari Gioacchino approdò allo
sviluppo dei concetti riferiti alle "tre Età della Storia terrena",
sostenendo che se c'era stato il tempo in cui ha operato prevalentemente il
Padre e il tempo in cui ha operato prevalentemente il Figlio, allora doveva esserci
anche un tempo in cui opererà prevalentemente lo Spirito Santo, che procede da
Padre e dal Figlio. La scansione del tempo che l'abate di Fiore elabora si basa
sulle tre epoche fondamentali: Età del Padre: corrispondente alle narrazioni
dell'Antico Testamento, estesa nel tempo che va da Adamo ad Ozia, re di Giuda
(784-746); Età del Figlio: rappresentata dal Vangelo e compresa dall'avvento di
Gesù, estesa nel tempo che va da Ozia fino al 1260; Età dello Spirito Santo:
estesa nel tempo che va dal 1260 fino alla fine del "millennio
sabbatico", ovvero quel periodo in cui l'umanità attraverso una vita
vissuta in un clima di purezza e libertà avrebbe goduto di una maggiore grazia.
In questa età, una nuova Chiesa tutta spirituale, tollerante, libera, ecumenica,
prende il posto della vecchia Chiesa dogmatica, gerarchica, troppo
materiale.[6] L'età dello Spirito ricomprende le età precedenti in un regno
dove i conflitti sono pacificati, le guerre eliminate e l'uomo rigenerato dallo
svelamento dei misteri e s-secondo alcune interpretazioni- il ricongiungimento
di cristiani ed ebrei, fino ad ora divisi dalla parziale illuminazione di
Antico e Nuovo Testamento. Con tale teorema Gioacchino estende il tempo
della storia, proponendo la dilazione del tempo della salvezza. Gioacchino
elabora pertanto, prima il modello dell'albero dei due avventi, poi i tre
alberi, quello sviluppato nell'età del Padre, quello sviluppato nell'età del
Figlio e quello che si svilupperà nell'età dello Spirito Santo. Gioacchino
crede di vivere nella fase finale di una sesta età, cui ne seguirà una settima
e ultima, tutta intrastorica, fatta dell'incremento dei doni dello Spirito fino
al compimento del sabato eterno, stagione della pienezza della grazia donata.
Nell'età dello Spirito l'etica non ha più il carattere punitivo e rigido
dell'età del Padre: il disvelamento è una progressiva apertura verso un Dio
benevolente, essenzialmente Amore, in cui si muove da una Padre dell'Antico
Testamento, che è giudice/Dio guerriero/padrone dell'uomo e della natura severo-vendicativo
e misterioso/trascendente, al Figlio che dona la vita per la salvezza dell'uomo
mostrandosi come Amore e Verità, allo Spirito che completa questa dimensione
rivelata. L'inesorabilità della storia, secondo Gioacchino, è data da un
ossessionante computo delle generazioni, che a volte valgono un'estensione di
tempo a volte no. Con questo meccanismo complesso elabora una sorta di
"linea del tempo", che va dalla "Genesi" al "Giudizio
Universale". I due capi segnano i confini estremi della storia della
salvezza che si sviluppa all'interno di questa linea del tempo. Gioacchino si
chiede quanto è lunga questa linea del tempo e a quale punto di questa linea
egli si trova, quindi da qui sviluppa una serie di calcoli e combinazioni
teologiche del tutto originali. Robert E. Lerner sostiene che "Nella sua
visione, ciò poteva essere conseguito soltanto con lo studio il più
approfondito della Scrittura ed egli si sentiva fiducioso che, mediante nuove
strategie di lettura, sarebbe stato in grado di portare alla luce messaggi
predittivi della Scrittura, che sino ad allora erano rimasti segreti."
Tutta la sua attività ha finito per qualificarlo come un ambizioso pensatore
cristiano, ricercatore irrefrenabile di parallelismi, allusioni e predizioni.
Il filosofo Giovanni Giraldi sottolinea invece l'aspetto in cui Gioacchino da
Fiore parla di Età dello Spirito riferendosi esplicitamente ad un ordo
spiritualis monachorum, una sorta di chiesa privilegiata di monaci - spiriti
superiori - in seno alla Chiesa di Cristo, e quindi non una chiesa
alternativa[7]. Nel suo Monasterium delinea una struttura sociale,
ovviamente a carattere teologico, ma dove gli umani trovano la loro
collocazione non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma in base
alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative,
persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute,
studiosi etc) e sotto la pacifica guida di un abate. Il Monasterium ipotizza
una riforma radicale e una ristrutturazione che mette in crisi l'organizzazione
della chiesa che condanna pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio
Lateranense del 1215: per l'affermazione di un disvelamento progressivo di Dio
in tre epoche che mette in crisi l'idea dell'Unità delle Tre Persone divine,
per la teoria di fondo secondo cui la verità non si esaurisce col
cristianesimo, ma occorre un altro evento che ripari la storia, permettendo
agli uomini di godere di un'età di perfezione. Monasterium All'interno
dei suoi ossessionanti calcoli cronosofici e millenaristi Gioacchino da Fiore
elabora anche uno schema di vita religiosa per il tempo futuro, quello dello
Spirito, riassunto nella tavola XII del Liber Figurarum. Esso descrive una
congregazione religiosa, raggruppata in un insediamento denominato Monasterium,
formata da persone con diversa spiritualità, raggruppate sapientemente in sette
oratori[1]: Oratorio della Santa Madre di Dio e della Santa Gerusalemme:
in tale oratorio si trova l'abate Oratorio di San Giovanni Evangelista: dedicato
alla vita contemplativa Oratorio di San Pietro: dedicato agli anziani o ai
deboli di salute, lavori manuali leggeri Oratorio di San Paolo: dedicato allo
studio Oratorio di San Stefano: dedicato a chi ha inclinazione per la vita
attiva Oratorio di San Giovanni Battista: per sacerdoti e clerici Oratorio del
santo patriarca Abramo: per laici coniugati e le loro famiglie Al Monasterium
potevano quindi partecipare laici coniugati e non, clero secolare e
conventuale, monaci spirituali. Tutti vivono sotto la guida di un unico abate
che presiede l'istituto religioso, disponendo e regolando, per i gruppi e per
ognuno, una sorta di scala d'accesso al Paradiso, da conquistare vivendo nella
comunità. L'insediamento religioso è strutturato a modello di nuova Gerusalemme
terrena con schema somigliante alla Gerusalemme dei cieli. Il Monasterium
gioachimita delinea diversi aspetti comportamentali e sociali che rispettati
saranno utili a varcare la porta d'accesso alla vita eterna. Il passaggio da un
oratorio ad un altro si conquista glorificando il Padre eterno, ognuno per le
proprie possibilità e a seconda del grado spirituale concesso ad ogni singolo
individuo da Dio. Il progresso spirituale non è precluso a nessuno, per cui
tutti possono aspirare ad accedere al Paradiso. Il modello proposto dal
Monasterium rappresentò una rivoluzione per due aspetti: esso affranca
ampi strati della società sia dalla feudalità ecclesiastica sia da quella
"baronale"; esso coinvolgeva tutti i modelli religiosi integrando nel
Monasterium perfino i laici, che al tempo erano ai margini della vita religiosa
e della società civile. Questo modello monastico fu quindi osteggiato anche
all'interno della chiesa del XIII secolo. Diffusione del pensiero
gioachimita Concilio Lateranense e prime reazioni La complessa e innovativa
teologia della storia generò tensioni, specialmente nella scuola teologica di
Parigi, storicamente a lui avversa. Nel 1215, il Concilio Lateranense IV
dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo di un'opera sulla Trinità
falsamente attribuita a Gioacchino. Da questo equivoco se ne generarono altri,
fintantoché lo stesso Papa Innocenzo III con bolla del 2 dicembre 1216 informa
il vescovo di Lucca di non infamare l'abate Gioacchino, giacché l'Abate è
considerato dalla Curia Romana un vero Cattolico (eum virum catholicum
reputamus). Con parole dello stesso tenore si espresse Papa Onorio III con la
Bolla del 5 dicembre 1220 con cui dà mandato all'arcivescovo di Cosenza (Luca
Campano) di difendere i Monaci Florensi dalle false accuse rivolte al loro
fondatore. Neo Gioachimiti e il Gioachimismo Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Gioachimismo. Nei secoli, il pensiero
di Gioacchino da Fiore è stato studiato, divulgato e diffuso. Si possono distinguere
due gruppi di studiosi: i gioachiniani e gioachimiti, che hanno
rispettato fedelmente le opere originarie; gli pseudo gioachimiti o
gioachimisti, che hanno recepito solo in parte le tesi proposte, spesso
aggiungendo teoremi teologici estranei al pensiero originario. Tra i più grandi
sostenitori dell'abate calabrese furono certamente i monaci florensi che ne
seguirono la dottrina e l'esempio, ma egli suscitò interesse anche presso
alcuni monaci cistercensi tra i quali: Luca Campano: il primo dei seguaci
eloquenti, egli fu scriba dell'abate nell'abbazia di Casamari, poi abate della
Sambucina e infine Arcivescovo di Cosenza; a lui si ascrive una “vita” di
Gioacchino Raniero Da Ponza: monaco vissuto a stretto contatto con Gioacchino,
come “socio”, a Pietralata e a Fiore, tra il 1188 e il 1195; egli fu poi
nominato da Papa Innocenzo III legato Apostolico in Francia meridionale e
Spagna e in quelle terre diffuse la teologia di Gioacchino da Fiore, spargendo
in quelle terre diversi semi che germineranno nel corso del secolo XIII.
l'abate Matteo da Fiore de la Tuscia, che fu il suo primo successore e guidò la
Congregazione Florense, finché non fu eletto arcivescovo di Cerenzia. Egli ebbe
il merito di far copiare, ricopiare, ovvero duplicare tante volte tutte le
opere di Gioacchino per diffonderle nei principali centri religiosi della
penisola italiana e in tutta Europa. Se le opere di Gioacchino da Fiore sono
giunte fino ai nostri giorni gran merito va all'abate Matteo da Fiore e agli
scriba e amanuensi florensi che si adoperarono in questo immane lavoro di
copiatura e duplicazione. La teologia di Gioacchino grazie a questi tre uomini
si diffuse rapidamente, specialmente presso i Francescani spirituali francesi e
italiani in vario modo. Tra questi: Il provenzale Ugo de Digne, Giovanni
da Parma, discepolo di Ugo e Gerardo di Borgo San Donnino, discepolo a sua
volta di Giovanni da Parma, che si fece promotore del concetto relativo al
Vangelo Eterno; scomunicato per eresia, fu condannato al carcere a vita Tra gli
altri, si avvicinarono al pensiero di Gioacchino: Salimbene de Adam da
Parma, l'inglese Ruggero Bacone, la suora dell'ordine delle Umiliate Guglielma
la Boema, la consorella Maifreda da Pirovano e il teologo laico di questo
gruppo milanese Andrea Saramita, il francescano francese Pietro di Giovanni
Olivi (1248-1298), che influenzò Giovanni di Rupescissa (Jean de Rochetaillade)
(1300/1310-1366) e Giovanni di Bassigny. il provenzale Raymond Geoffroi, Ministro
generale francescano. Ubertino da Casale, immortalato nelle pagine di Dante,
era insieme a Pietro di Giovanni Olivi in Santa Croce a Firenze, il pesarese
Angelo Clareno, riconosciuto fondatore dei Fraticelli della vita povera, e i
seguaci di quest'ultimo, amico di Ubertino da casale. Michele da Cesena e Jacopone
da Todi, l'eclettico spagnolo Arnaldo de Villanova, Francesco d'Appignano
(Francesco della Marchia) (1285-90- dopo il 1344), l'inglese Guglielmo di
Ockham, il francese Jean de Jandun (Giovanni di Janduno) (ca.1280-1328),
Marsilio da Padova, Bernard Délicieux, Gentile da Foligno, priore generale
degli agostiniani nel 1332. Michele Berti da Calci. Papa Celestino V, Cola di
Rienzo, il sassone Federico di Brunswick, lo spagnolo Francesc Eiximenis, Nicola
di Buldesdorf (?- 1446), Girolamo Savonarola (1452-1498) Certo quest'elenco è
solo una piccola parte di un numero molto più folto di uomini colti che sono
stati influenzati dalla sua teologia. Nonostante molti francescani
spirituali abbiano subito condanne e reclusioni come filo gioachimiti o ritenuti
tali, l'influenza di Gioacchino nell'ordine dei fraticelli d'Assisi rimase
viva, sia nella prima fase sia nei periodi successivi. La prova più eclatante è
la presenza di Gioacchino nell'arte medievale: Nell'apparato scultoreo e
figurativo del Duomo di Assisi, Nella Divina Commedia Gioacchino e le sue idee
vengono citate direttamente o indirettamente diverse volte Paradiso, Canto XII,
la struttura urbanistica che i francescani dettero alle prime fondazioni
americane, quali Puebla de Los Angeles, Veracruz, Los Angeles, ecc. la
struttura compositiva elaborata da Michelangelo Buonarroti nella Cappella
Sistina, secondo lo studio di H. W. Pfeiffer S.J. Anche nella Chiesa cattolica
contemporanea, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, diversi osservatori
individuano il fiorire della ecclesia spiritualis di concezione gioachimita.
Secondo l'analisi accurata di Henri-Marie de Lubac, teologo gesuita e poi
cardinale, fra questi protagonisti della storia recente influenzati dal
gioachimismo abbiamo[8]: papa Giovanni XXIII con la sua invocazione a
<<una nuova Pentecoste», contrapponendo lo «spirito» del Concilio alla
sua «lettera» e nuova Chiesa «spirituale» al posto di quella vecchia «carnale»;
la <<Chiesa dei poveri>> del cardinale Giacomo Lercaro e del suo
teologo don Giuseppe Dossetti, la corrente intellettuale dominante nel
cattolicesimo italiano della seconda metà del secolo XX; Ignazio Silone su papa
Celestino V, «figlio degli Abruzzi e di un cattolicesimo popolare impregnato di
gioachimismo»; la "teologia della speranza" del gesuita Michel de
Certeau e del protestante Jürgen Moltmann, ispirate dalle concezioni
escatologiche di Ernst Bloch. Barack Obama fece del pensiero di Gioacchino da
Fiore, un punto di riferimento: il presidente degli Stati Uniti d'America Barack
Obama, nella stesura della sua tesi di laurea, lo citò a più riprese durante la
sua campagna elettorale per le presidenziali[9], che definisce come
"maestro della civilta' contemporanea" e "ispiratore di un mondo
più giusto", usato non come citazione generica ma con specifico
riferimento al moto "change we can", <<per indicare la
necessità di un cambiamento radicale della storia.[...], citando il
portabandiera di una società più giusta, e pensando all'apertura di un'epoca
straordinaria, in cui lo spirito riuscirà a cambiare il cuore degli
uomini>> Centro Internazionale Studi Gioachimiti Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Centro Internazionale di Studi
Gioachimiti. Il Centro Internazionale Studi Gioachimiti cura l'edizione critica
delle opere scritte da Gioacchino da Fiore, conservate in diversi codici
manoscritti sparsi in diversi luoghi del mondo. Esso opera attraverso un
Comitato Scientifico Internazionale e un Comitato Editoriale Internazionale e
promuove ogni cinque anni un Congresso Internazionale di Studi a tema, relativo
a Gioacchino dal Fiore e al Gioachimismo. A cadenza annuale stampa la rivista
Florensia che contiene studi connessi a Gioacchino e al Gioachimismo.
Causa di Beatificazione e celebrazioni dell'VIII centenario della morte Nel
2001 l'arcivescovo di Cosenza-Bisignano Giuseppe Agostino ha riaperto il
processo di canonizzazione. Nello stesso anno il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali ha istituito il Comitato per le celebrazioni dell'VIII
centenario della morte dell'Abate Gioacchino da Fiore per promuovere la
conoscenza di Gioacchino e del suo pensiero. Il programma fu redatto da Cosimo
Damiano Fonseca, Professore di Storia Medioevale all'Università degli Studi di
Bari, Accademico dei Lincei e direttore del Comitato scientifico del Centro
Internazionale Studi Gioachimiti. Il comitato che ha agito, ha promosso tre
congressi: il primo itinerante da Roma a San Giovanni in Fiore, passando
per Casamari, Fossanova, Anagni, Cosenza, Luzzi e Pietrafitta, il secondo a
Bari, il terzo a Palermo. Il Comitato per le Celebrazioni ha anche promosso
l'edizione della raccolta dei Codici Gioachimiti, l'Atlante delle Fondazioni
Florensi, un libro sulle vicende dell'Ordine Florense, un altro relativo ai
Vaticini, conservati presso la biblioteca del duomo di Monreale.
Gioacchino da Fiore e il Carattere Meridiano del Movimento Francescano in
Calabria Editor il testo Luca Parisoli Note ^ Gustavo Valente
"Chiese conventi confraternite e congreghe di Celico e Minnito" Frama
Sud ^ Pasquale Lopetrone, La Domus che dicitur mater omnia, soveria Mannelli,
Rubbettino, 2006. ^ Il tempo dell'apocalisse, Lopetrone, San Martino di Giove a
Canale di Pietrafitta-restauri, San Giovanni in Fiore, Pubblisfera, Gioacchino
da Fiore - Manuale di storia della filosofia medievale ^ S. Magister,
Riletture. Su Gioacchino da Fiore non tramonta mai il sole, chiesa.espressonline.it,
Filmato audio Giovanni Giraldi, Giovanni Giraldi: dialogo con De Lubac su
Gioacchino Da Fiore, su YouTube, H. De Lubac, Posterità spirituale di
Gioacchino da Fiore, II. Da Saint-Simon ai nostri giorni", Jaca Book,
Milano, L'eretico obamita-Il profeta democratico si ispira a Gioacchino da
Fiore, mistico medioevale Con la sua idea (fraintesa) del paradiso in terra
aveva irretito la modernità, su il Foglio, di Mattia Ferraresi USA: DON BAGET
BOZZO, INTERESSANTE CHE OBAMA CITI GIOACCHINO DA FIORE-una finezza culturale
che vorrei capire meglio, di don Gianni Baget Bozzo, a Adnkronos, Roma. Bibliografia:
Gioacchino da Fiore, Sull'Apocalisse, (a cura di Andrea Tagliapietra),
Feltrinelli, Milano, Gioacchino da Fiore, Introduzione all'Apocalisse,
(prefazione di Kurt-Victor Selge, traduzione di Gian Luca Potestà), Viella,
Roma, 1996. Gioacchino da Fiore, Commento ad una profezia ignota, (a cura di
Matthias Kaup, traduzione di Gian Luca Potestà), Viella, Roma, 1999. Gioacchino
da Fiore, Trattato sui quattro vangeli, (a cura Gian Luca Potestà, traduzione
di Letizia Pellegrini), Viella, Roma, 1999. Gioacchino da Fiore, Dialoghi sulla
prescienza divina e predestinazione degli eletti, (a cura di Gian Luca
Potestà), Viella, Roma, 2001. Gioacchino da Fiore, Il Salterio a dieci corde,
(a cura di Fabio Troncarelli), Viella, Roma, Gioacchino da Fiore, Sermoni, (a
cura di Valeria de Fraja), Viella, Roma, 2007. Gioacchino da Fiore, I sette
sigilli/De septem sigillis, (a cura di J.E. Wannenmacher, traduzione di Alfredo
Gatto), con un saggio di Andrea Tagliapietra, Mimesis, Milano, Studi Antonio
Maria Adorisio, La “leggenda” del santo di Fiore / Beati Ioachimi abbatis
miracula, Vechiarelli, Manziana, 1989. Ernesto Buonaiuti, Gioacchino da Fiore:
i tempi, la vita, il messaggio, Collezione meridionale, Roma, Carmelo Ciccia,
Dante e Gioachino da Fiore, in “La sonda”, Roma, dicembre 1970; poi incluso nel
libro dello stesso autore Impressioni e commenti, Virgilio, Milano, Carmelo
Ciccia, Dante e Gioacchino da Fiore, con postfazione di Giorgio Ronconi,
Pellegrini, Cosenza, 1997. Carmelo Ciccia, La santità di Gioacchino da Fiore
(Par. XII), in Allegorie e simboli nel Purgatorio e altri studi su Dante,
Pellegrini, Cosenza, Carmelo Ciccia, Saggi su Dante e altri scrittori:
Gioacchino da Fiore..., Pellegrini, Cosenza, Luigi Costanzo, Il profeta
calabrese, Direzione della Nuova Antologia, Roma, Antonio Crocco, Gioacchino da
Fiore e il gioachimismo, Liguori, Napoli, Francesco D'Elia, Gioacchino da Fiore
un maestro della civiltà europea- antologia dei testi gioachimiti tradotti e
commentati-, Rubbettino, Soveria Mannelli, Valeria de Fraja (a cura di),
Atlante delle fondazioni Florensi, vol. II, Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli, 2006. Valeria de Fraja, Oltre Cîteaux. Gioacchino da Fiore e l'ordine
florense, Viella, Pietro De Leo, Gioacchino da Fiore: aspetti inediti della
vita e delle opere, Rubbettino, Soveria Mannelli, Henri de Lubac, La posterità
spirituale di Gioacchino da Fiore, Jaca Book, Milano, Francesco Foberti,
Gioacchino da Fiore, Sansoni, Firenze, 1934. Enzo Gabrieli, Una Fiamma che
brilla ancora, La Fama sanctitatis dell'Abate Gioacchino, Comet Editor Press,
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Leipzig-Berlin, Herbert Grundmann, Gioacchino da Fiore. Vita e opere, a cura di
G. L. Potestà, traduzione di S. Sorrentino, Viella, 1997. Pasquale Lopetrone,
Monastero di San Giovanni in Fiore-Repertorio del cartulario, S. Giovanni in
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dell’archicenobio florense: strutture originarie e superfetazioni storiche, in
«Florensia», Bollettino del Centro Internazionale Studi Gioachimiti, Comunicazioni
al 5º Congresso Internazionale di Studi Gioachimiti – San Giovanni in Fiore-
Settembre 1999, Gioacchino da Fiore tra Bernardo di Clarvaux e Innocenzo III»,
Edizioni Dedalo, Bari, Pasquale Lopetrone, La chiesa abbaziale florense di San
Giovanni in Fiore, Librare, Pasquale Lopetrone, La localizzazione del
protomonastero di Fiore. Cronaca dell’attività ricognitiva in «Florensia»,
Bollettino del Centro Internazionale Studi Gioachimiti, Pasquale Lopetrone, Il
proto monastero florense di Fiore, origine, fondazione, vita, distruzione,
ritrovamento, in «Abate Gioacchino» Organo trimestrale per la causa di
canonizzazione del Servo di Dio Gioacchino da Fiore, Tipografia grafica cosentina,
Cosenza, Pasquale Lopetrone, La «Domus que dicitur mater omnium» - Genesi
architettonica del proto Tempio del Monasterium florense, in (a cura di) C. D.
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fondazione monastica di Gioacchino da Fiore, Rubettino, Soveria Mannelli, Pasquale
Lopetrone (a cura di), Atlante delle fondazioni Florensi, vol. I, Rubbettino Editore,
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dell’archicenobio florense di San Giovanni in Fiore- Cronologia, in «Abate
Gioacchino» Organo trimestrale per la causa di canonizzazione del Servo di Dio
Gioacchino da Fiore, Tipografia grafica cosentina, Cosenza, Pasquale Lopetrone,
Il modello della Chiesa Florense sangiovannese, in (a cura di) C. D. Fonseca, I
Luoghi di Gioacchino da Fiore- Atti del primo Convegno internazionale di
studio- Casamari, Fossanova, Carlopoli-Corazzo, Luzzi-Sambucina, Celico,
Pietrafitta- Canale, San Giovanni in Fiore, Cosenza, Viella, Roma, Pasquale
Lopetrone, Il Cristo fotoforo florense Pubblisfera, San Giovanni in Fiore, Pasquale
Lopetrone L'effigie dell'abate Gioacchino da Fiore, in VIVARIUM - Rivista di
Scienze Teologiche- Anno XX- n.3, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore (Cs) Pasquale
Lopetrone, San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta-restauri, Pubblisfera,
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presentazione di Gianfranco Ravasi, postfazione di Piero Coda, Libreria
editrice vaticana, Città del Vaticano, Andrea Tagliapietra, Gioacchino da Fiore
e la filosofia, il Prato, Saonara, Leone Tondelli, Il libro delle figure
dell'abate Gioachino da Fiore, 2 voll. (in collaborazione con Marjorie E.
Reeves e Beatrice Hirsch-Reich), S.E.I., Torino, 1953 (1ª edizione 1940). Fabio
Troncarelli, Il ricordo del futuro-Gioacchino da Fiore e il gioachimismo
attraverso la storia, Adda Editore, 2006. Voci correlate Ordine Florense
Abbazia Florense Ernesto Buonaiuti Herbert Grundmann Leone Tondelli Antonio
Piromalli Gioachimismo Giovanni apostolo ed evangelista Riforma spirituale
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Luigi Speranza, “Grice e Fiore: implicature” – The Swimming-Pool Library.
FiormonteDomenico
FIORENTINO. (Sambiase). Filosofo. Grice: “I like Fiorentino; for one, he influenced Gentile –
Fiorentino managed to write two important tracts: a systematic ‘manuale’, of
‘elementi di filosofia’ with a section on semantics, communication, and
language – his view of the latitudinal history of philosophy – and a ‘storia
della filosofia,’ again seen as a manual, literally handbook! Both very clear
and to the right audience!” Figlio di Gennaro, chimico e farmacista, e da
Saveria Sinopoli. Fu educato da Giorgio e Bruno Sinopoli, rispettivamente zio e
fratello di sua madre, entrambi sacerdoti, e venne influenzato dal pensiero e
dagli scritti di Capocasale e Galluppi. Studia filosofia a Nicastro, sotto
Marco e Crecca, insigni filosofi e latinisti. Trascorre il suo tempo libero nel
caffè letterario "Cherry Plum", luogo d'élite che attira gli
filosofi. Iniziò a farsi conoscere tra i coetanei di Sambiase, costruendosi una
discreta reputazione. Si trasferì a Catanzaro dove intraprese gli studi di
giurisprudenza. Sarebbe probabilmente divenuto un avvocato se la filosofia non
fosse stata la sua innata passione. All'indomani dell'ignominosa resa del
generale Ghio e dei suoi dodicimila soldati borbonici a Soveria Mannelli,
nell'incontrare Garibaldi a Maida, Fiorentino gli si avvicinò per congratularsi
del successo ottenuto gridando: «Viva l'annessione, vogliamo
l'annessione!» Dopo l'Unità d'Italia, venne nominato, con decreto regio,
professore di filosofia a Spoleto. La sua fama di intellettuale e filosofo
aveva varcato i confini della sua natia regione. Si iniziato in
Massoneria, nella Loggia Felsinea di Bologna. Da Spoleto presto passa a
Maddaloni, dove approfondì sempre più i suoi studi. Pubblica Il “panteismo” di Bruno.
Rivedeva molto di sé nel carattere e nel martirio di Bruno. La stessa affinità
che, sia pure in chiave politica, ritrova Gioberti, grande statista. Il saggio
su Bruno gli valse la cattedra a Bologna che era stata di Spaventa. Si occupa della
storia della filosofia romana, contemporaneamente si interessò dell'epoca
risorgimentale mettendo in risalto filosofi pocco conosciuti, quale A B C D ed
E. Scrosse “La filosofia romana”; Pomponazzi; e “Scritti varii”. Seguì l'opera
su Telesio data alle stampe in Firenze. Si trasferì a Napoli e Pisa. A
Pisa pubblica “Elementi di filosofia” e il Manuale di Storia della
Filosofia. Di lui risaltava lo stile incisivo e spigliato. Fonda il
Giornale Napoletano. con le sue prefazione e note, pubblicò "Poesie Liriche
edite ed inedite di Tansillo" (Domenico Morano, Napoli). Altre opere: “Volgarizzazione
dell'Itinerario della mente a Dio di S. Bonaventura, dei Libri del Maestro,
Dell'immortalità dell'anima e Del libero arbitrio di S. Aurelio Agostino, del
Proslogio di Anselmo d’Aosta, Messina, Sul panteismo di Giordano Bruno”
(Napoli); Saggio storico sulla filosofia greca” (Firenze); “Pomponazzi, studi
storici sulla scuola bolognese e padovana del secolo XVI” (Firenze); “Telesio,
ossia studi storici sull'Idea della Natura nel Risorgimento [Rinascimento]
italiano” (Firenze); “La filosofia contemporanea in Italia, Napoli, Scritti
vari di letteratura, poesia e critica, Napoli); “Elementi di filosofia,
Napoli); “Della vita e opere di Grazia, Napoli); “Manuale di storia della
filosofia, Napoli); “Il Risorgimento filosofico nel Quattrocento, Napoli, L. Lo
Bianco, Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, G.
Galati, Interpretazione dell'opera, in «Archivio storico della filosofia
italiana», G. Oldrini, “La cultura filosofica napoletana dell'Ottocento” (Bari);
Di Giovanni, A cento anni dalla nascita dell'idealismo italiano, in «Bollettino
della Società Filosofica Italiana», Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Il contributo italiano alla sFilosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Formazione del linguaggio. Il linguaggio e la prerogativa umana. Tra
tutti gli animali l’uomo solo parla : e poiché l’uomo solo è forsia (li'u^wujqko
aito (Vi ntoli ia'ciiz a, è naturale che tra cotesti due fatti |uU£li^tJtp si) cercato
di trovare un nesso necessario. Ammessa questa mutua connessione, la domanda
che naturalmente ne deriva, è questa. L’uomo parla perchè ragiona? o, al rovescio,
ragiona perchè parla? Teoria K tradizionalistica sull’origine del linguaggio e
sua critica. Le due opposte sentenze hanno trovato sostenitori. Una scuola
detta de’ tradizionalisti non solo ha ammesso la necessità della parola per
pensare, ma, com’era inevitabile, ha riconosciuto necessaria la rivelazione divina
per la origine del linguaggio umano. Il corollario e perfettamente logico. Se
l’uomo non può inventar nulla senza pensare; e se, per pensare, c’è (i)
[Principale rappresentante moderno del tradizionalismo è il francese visconte
Luigi de Bonald). Jrr*“ ilwlWuii) 6 JL^XÒru) di mestieri la parola, il
linguaggio non poteva più derivare dall’uomo; e quindi a lui doveva essere
stato rivelato da Dio. Una difficoltà molto ovvia non è stata però tenuta in
conto. Come si fa a capire il linguaggio, se non è opera nostra, e se al suono
esteriore non risponde nell’animo nostro il pensiero associatovi? Perchè il
cavallo, il cane, benché odano il suono delle parole, non ne comprendono il
significato! Gioberti, che rinfresca il tradizionalismo, cerca di evitare questo
scoglio, distinguendo il pensiero p rimitivo, intuitivo, che precede il
linguaggio, dal pensiero riflesso, che gli tien dietro e lo presuppone. Il linguaggio,
per Gioberti, non è il fattore delle idee, ma l’istrumento indispensabile,
perchè esse siano ripensate. Poiché però le idee nell’intuito mancano di
distinzione, anche lui dovette sostenere la rivelazione per l’origine del
linguaggio umano. Senza entrare in risposte astruse, noi opponiamo a questa
dottrina un fatto molto comune. Poiché l’intuito delle idee è sempre presente,
e poiché il suono del linguaggio colpisce il bambino fin dal suo primo nascere,
perchè questi noi comprende subito, nò subito parla? Dati i due co-efficienti,
l’intuito dell’idea e il suono esterno della parola, l’intelligenza dovrebbe
immantinenti balzar fuora; ed intanto non è così, e ci vuole un lavoro lento ed
assiduo, prima d’ intendere il valore del linguaggio. A (oM^Y^O l*< Tt.cC))
Teoria r azionale y. Lasciando dunque la mistica spiegazione di una rivelazione
divina, la quale s’impiglierebbe in altre difficoltà, a spiegare, p. es., come
Iddio, puro spirito, possa sensibilmente parlare, veniamo alla spiegazione
umana . Linguaggio e universali. L’uomo parla soltanto q uando è capace di idee
generali. Perciò noi abbiamo a<mr>v fatto seguire alla formazione di
queste la formazione del linguaggio , che n 7 è la conseguenza. Come l’individuo
è chiuso in sè ed irrelativo, così JL^ la sensazione, che vi corrisponde, è
muta. Il linguaggio è comuni chevolezza tra spirito e spirito, e ciò che v ? ha
T di comune tra loro è, e non può essere altro, che l’universale. 1***^*» (s) I
nomi. L’universale ha però diversi gradi, e sul primo formarsi non esprime
altro che limi rappresentazione comune a più individui percepit i. In questo si
fonda l’imposizione dei nomi, che si desume sempre da quella proprietà che più
ha colpito l’immaginazione di un mainili <U*^fvTcj. popolo. Così, p. es.,
guardando il mare, imo può { rimanere più scosso dalla sua mobilità, un altro
dalla nr ] sua ampiezza , un altro dal suo colore ; e da ciascuna di queste
proprietà può imporgli un nome diverso. Le altre note rimangono in seconda
linea. Fermarsi sopra di una nota, a preferenza di un’altra , dipende poi dal
diverso genio del popolo che si crea il linguaggio. Perciò non senza ragione la
filologia moderna s’ingegna d’indovinare le concezioni nascenti devòlversi
popoli dalle radici delle parole primitive. Il con questo metodo, riscontrando
talune parole sanscrite, greche e latine, che si trovano le stesse, appresso
tre rami di una sola razza, dimostra a che grado di civiltà essi fossero
pervenuti prima di sparpagliarsi per varie ragioni. Comune, p. es., è la parola
che significa il umo. Dunque, prima di dividersi, questi popoli avevano appreso
ad estrarre il succo dalle uve. (A^tVvJ — Vc^fi IktcrrtsblC?
<&Jt*/fl'n'tT tZjÉXjjrtmu Z Ain . f"r2rH^-££ RaA^ L ^ia^AA*-****
t^x<^ 7 r •<!T- J e /e altre parti del discorso. L’imposizione de’ nomi
costituisce però la materia greggia di una lingua; e corrisponde appunto alla
virtù rappresentativa dello spirito. L’attività dello spirito stesso è *signi-ficata*
dal verbo, che è perciò l’elemento organico, e dalla cui più perfetta
determinazione dipende la perfezione maggiore di una lingua. Le altre
particelle, — preposizioni, congiunzioni, avverbi, — esprimono l’elemento formale
e categorico del pensiero. Esprimono astrattamente le relazioni di cui sono capaci
tanto gli oggetti, quanto l’attività medesima del nostro pensiero. [ >*<0
non x 3) Radici e flessioni. Nel nome e nel verbo si distingue la
rappresentazione originaria da quelle determinazioni che dip oi, nel processo
del linguaggio, le si sogliono aggiungere; c’è quindi in entrambi la radice e
la flessione. Quando la lingua è sul nascere, il nome ed il verbo sono e
spressi da un mono-sillabo, che rinchiude, come in un germe, la
rappresentazione primitiva di una cosa o di un’azione . Quando poi si comincia
a distinguere meglio le determinazioni che scampagnano .* o la cosa o Fazione,
allora le varie modificazioni della 1 radice primitiva esprimono i numeri , i
generi, i casi, le persone, il tempo; e tali flessioni si dicono declinazioni -
1 — : ^ — . — V i i ... ., coniugazioni , secondo che modificano il nome o il 7
verbo. Di questi due elementi fondamentali del nostro linguaggio, il verbo va
congiunto con la categoria di tempo, il nome no. La ragione di tal divario è
questa, che. , il verbo esprime l’azione , la quale senza il tempo non si
potrebbe classificare con precisione; laddove il porne , esprimendo il soggetto
o l’oggetto de l’azione, stessa, *signi-fica* qualcosa di iienjnuignte, e si
circoscrive piuttosto con le relazioni spaziali. Nelle lingue più ricche,
difatti, tra i casi, che esprimono le diverse modificazioni de’nomi, si suole
trovare quello che i grammatici chiamano locative, e indica il luogo dove la
cosa si trova. Quanto più numerose e sottili sono le flessioni che fissano le
varie sfumature dell’azione , tanto più ricca e più precisa è una lingua;
quanto più fine sono le gradazioni dell’azione, che lo spirito può cogliere, e
rivelare nel linguaggio; tanto è maggiore l’attitudine artistica e scientifica.
Dove, invece, si arriva appena a significare 1’azione in una forma rozza, e
quasi direi all’ingrosso, quivi manca il genio artistico e la speculazione. La
perfezione dell’organismo sintattico rivela la potenza creatrice ed inventiva
di un popolo. La lingua greca mostra l’eccellenza di quella coltissima nazione:
e criterio di quella eccellenza è la compiuta forma del verbo, che in quella
lingua basta ad esprimere ogni più delicata e fuggevol forma del pensiero. Le
particelle. Condizione primissima del filosofare è una lingua la quale jgossa
astrarre, e fissare le relazioni in sfe, ed indipendentemente dai proprii
termini. Quindi le particelle, che diciamo preposizioni, congiunzioni ed
avverbii, e che sono come le giunture del linguaggio, diventano un aiuto
potentissimo, anzi un istrumento indispensabile della speculazione. Per esse
noi pensiamo le relazioni di tempo e di spazio, di causa e di effetto, di mezzo
e di fine, e simili, non solo in quanto si trovano, dirò così, incorporate coi
termini fra cui tramezzano; ma le pensiamo sci o lte da ogni rappresentazione e
come concetti puri. Il dove, il quando, il di, il da, il per, esprimono il
luogo, il tempo, la proprietà, la provenienza, il mezzo, come categorie a se ,
che noi applichiamo ai nomi ed ai verbi, producendo così l’organismo del *period*.
L’abbondanza di tali particelle è parimenti indizio della perfezione di una
lingua. pajth'cfiiU'- i) C’ è dunque nella lingua tre gradi. C’è la ra
ppresentazione della cosa o dell’azione, espressa dalla nuda radice. C’è la
rappresentazione determinata per mezzo de’ concetti puri, espressa dalla flessione;
e ci sono infine i concetti puri, in s&J astratti da ogni rappresentazione,
e sono le particelle invariabili. 4. Sviluppo delle lingue .I linguaggi barbari
e rozzi ( si arrestano alle prime, alle radici mono-sillabiche, alle semplici
rappresentazioni; o, tutto al più, riescono a con-glutinarle insieme. Le lingue
sviluppate hanno flessioni; hanno cioè nomi e verbi perfettamente determinati;
e Analmente hanno un ricco corredo di part i cell e^signiflcabrici delle
relazioni universali. Delle particelle, di cui parliamo, due lingue hanno forse
maggior copia, la greca fra le antiche, la tedesca fra le moderne; onde Xmo viene
la loro maggiore attitudine a *sig-nificare* i concetti speculativi. Gli
elementi delle lingue secondo M, Miiller. In conformità alle osservazioni da
noi riferite finora, giova allegare l’autorità di Max ]\IiUl er J ), il quale,
dopo sottili indagini, conclude, che tutte le lingue, senza eccezione di sorta,
passate pel crogiuolo della grammatical comparata, sono risultate composte di
due elementi (Max Miiller, Letture sulla scienza del linguaggio , e Nuove
letture, trad. in ital. da Nerucci]. costitutivi; di radici *attributive*,
" cioè , e radici *dimostrative*. Le radici attributive servono a *sig-nificare*
una meidesima qualità primitiva, che si attribuisce ad un qualche essere. Le
radici dimostrative, invece, servono ad esprimere una determinazione meramente
formale. Lq j flessioni, consistenti nelle declinazioni de’ nomi, e nelle
coniugazioni de’ verbi, nascono dalla unione organica delle due differenti
specie di radici in una sola parola. Di modo che, anche filologicamente,
apparirebbe manifesta la distinzione originaria di un *elemento attributivo* e
di un *elemento dimostrativo* nella lingua ; che corrisponderebbero al
contenuto (o materia) il primo, ed alla *forma* del pensiero il secondo. La
compenetrazione di questi due elementi primitivi non è uguale in tutte le
famiglie delle lingue che si parlano. è perfetta, e perciò a mala pena discernibile
nelle lingue ariane; è imperfetta, e perciò più facilmente riconoscibile, nelle
lingue semitiche. Apprendimento delle lingue . — Altra è la funzione, che si
richiede a formare la lingua; altra è quella dello impararla, formata che sia;
benché le due funzioni abbiano, e debbano avere, alcunché di comune. Prevale
rimmaginazione produttiva nella formazione primitiva dei linguaggi; prevale la
ri-produttiva nella loro apprensione. Il bambino che nasce in una società
progredita non deve far altro, che assimilarsi il linguaggio materno così coin
7 è stato tramandato. Egli impiega in questo lavoro assimilativo i primi cinque
anni della sua fanciullezza, durante il qual tempo impara più, come diceva Gian
Paolo), che non in altrettanti anni eli accademia. La sua mente vergine e
robusta si arricchisce ben presto di quel tesoro tradizionale, eh’ ei si appropria
e fa suo, riponendolo nella fresca e tenace memoria. L’apprendimento delle
lingue, già si facile in questa prima età, si va poi di mano in mano rendendo
malagevole, perchè la memoria con gli anni si affievolisce, e diviene men
facile a ricevere, e men fedele nel ritenere. ly [Gian Paolo Riehter, grande
scrittore umorista, tedesco] .Francesco Fiorentino.
Keywords: idealismo, l’idea di natura in Talesio, panteismo di Bruno, filosofo
maiore, filosofo minore, Aosta, Agostino, filosofia roma antica, Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fiorentino” – The Swimming-Pool Library.
FIORETTI. (Mercatale). Filosofo. – Grice:: “I like Fioretti; thought-provoking;
he says Plato should never have chosen ‘dialogue’ as a philosophical genre, and
he is right; in my long tutorial life at Oxford I NEVER asked a tutee to write
a dialogue for me! If Plato were the standard, that’s what we’d do!” Autore di
“Pro-Ginnasmo” (pro-ginnasio, ginnasio – cf. Deutsche progrymnasium), un'ampia
raccolta di note critiche su autori di varie epoche, dai greci e latini agli
scrittori italiani del XVI secolo, da cui emergono la straordinaria versatilità
e ricchezza interessi dell'autore. Come moralista, scrisse “Osservazioni di creanze
e Esercizi morali. Critico acerrimo di Aristotele ed Ariosto, ed altri autori
classici. È stato anche co-fondatore degl’Apatisti. Ha una vita indisciplinata.
Il conte Giovanni Bardi, il feudatario di Vernio, lo ammonì ad una vita più
contenuta. Ma ha risposto alle minacce con una satira che raggiunse le mani del
conte, che immediatamente ordinò l'arresto di Fioretti. Ma Fioretti accorto
fuggì, e i partigiani del conte trovarono solo un'iscrizione nella casa del
prete che recita: Resurrexit, non est hic.
Infatti, si era rifugiato a Firenze, dove, nel tempo, cambiò
completamente stile di vita. Si dedicò alla filosofia. Rimase nel Palazzo di
Oriuolo e cambia anche il nome diventando Udeno Nisieli, che significa "di
nessuno, ad eccezione di Dio".
Pubblica numerosi saggi. Si dimostra diligente filologo e critico
critico. Il suo capolavoro è la raccolta di poesie “Proginnasmi” (cf. ginnasio,
pro-ginnasio, Deutsche pro-gymnasium), contenente critiche ai poeti romani. E
stato dimenticato dalla letteratura nel tempo, forse perché era eccessivamente
franco. Al suo pseudonimo era solito
aggiungere la qualifica di "accademico apatita", come ad indicare la
mancanza di passione nelle sue considerazioni poetiche. La totale imparzialità
dei suoi giudizi era una condizione essenziale per sentirsi membro di questa
accademia immaginaria, che più tardi, con la generosità di Coltellini, si
concretizzò con l'obiettivo di riunire filosofi con abitudini salutari e
politici impegnati. Lasciò come ela sua
biblioteca e i suoi scritti alla Chiesa di San Basilio. Altre opere: “Polifemo
Briaco” Proginnasmi poetici” (Firenze, appresso Zanobi Pignoni, Firenze, nella
Stamperia di Zanobi Pignoni), definita come "un'opera di grande
erudizione, che pesa i meriti dei grandi scrittori dell'universo, e rivela i
più singolari artifici della Poetica". Esercizi morali, Rimario e
Sillabario, Firenze, per Zanobi Pignoni. Raffaello Ramat, La critica ariostesca,
Firenze, e anche in Walter Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca,
Tiraboschi. Luca, Scheda Biografica su
Centro Ricerche Pratesi, Carmine Jannaco e Martino Capucci, Storia letteraria
d'Italia: Il Seicento. Gian Vittorio
Rossi, Pinacotheca, Colonia, Giulio Negri, Istoria degli scrittori fiorentini”
(Ferrara, per Bernardino Pomatelli); Giovanni Mario Crescimbeni, Comentarij...,
Venezia Giovanni Mario Crescimbeni, L'Istoria della volgar poesia, Venezia;
Giovanni Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, II, Venezia, Giusto Fontanini, “Della
eloquenza italiana” (Roma Domenico Moreni,
storico-ragionata della Toscana ..., I, Firenze Giovan Battista
Corniani, I secoli della Letteratura italiana dopo il suo Risorgimento
Commentario di G. B. Corniani, S. Ticozzi, II, Milano, Francesco Inghirami,
Storia della Toscana, Biografia, Fiesole, Ciro Trabalza, La critica letteraria,
Milano, Umberto Cosmo, Le polemiche letterarie, la Crusca e Dante, in Con Dante
attraverso il Seicento, Bari, Benedetto Croce, Storia dell'età barocca, Bari, Walter
Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca Raffaello Ramat, La critica ariostesca,
Firenze, Franco Croce, La discussione sull'Adone, in La Rassegna della
letteratura italiana, Letteratura italiana (Marzorati), I minori, Milano Carmine
Jannaco, Martino Capucci, Il Seicento, MilanoPio Rajna, Le fonti dell'Orlando furioso,
Firenze, Gianfranco Formichetti, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Anton
Angelo de Cavanis e Marcantonio de Cavanis, “Il giovane istruito nella
cognizione dei libri” Venezia, per Giuseppe Picotti, Girolamo Tiraboschi,
Storia della letteratura italiana, 8,
Roma, per Luigi Perego Salvioni Stampator Vaticano, Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Belloni, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Benedetto
Fioretti, noto anche come Udeno Nisiely e Fracastoro. Keywords. Refs.: Oriuolo,
progrinnasio, ginnasio, tre tipi di ginnasio: paides, 12-14, nuoi, 15-18, 18+
efebi --. Terme – ginnasio e terme – giocchi nudi – nudita atletica – nudita
eroica. Luigi Speranza, “Grice e Fioretti” – The Swimming-Pool Library.
FISICHELLA. (Catania). Filosofo. Grice: “I
love Fisichella; for one, he was a nobleman; for another, he died during
Messina’s earthquake – leaving unfinished quite a few essays – he philosophised
on both ‘nature’ and ‘convention,’ and the rationalist basis of his theory of contract
is Griceian in nature, even if he fills it with charming Roman detail!” Appartenente
alla nobile famiglia siciliana dei Fisichella, fu autore di famose saggi. Fu
responsabile della Biblioteca Civica di Catania. Insegna a Messina. Morì vittima
del terremoto di Messina. Altre opere: “Roma e il Mondo” (Eugenio Coco); “Pena temporaria,
pena perpetua”; “Il concetto d’ “obbligazione naturale””; “Il concetto del
divorzio secondo la filosofia di Enrico VIII” (Carmelo de Stefano);
“Matrimonio, questione di stato – la legge di matrimonio”. Fu nominato
"bibliotecario onorario" Federico De Roberto, che scrisse in uno
scrittoio a schiena d'asino ancora conservato molte pagine del suo romanzo I
Viceré. Francesco Fisichella. Keywords: “del
contratto” – giocco come contratto – wrestling as a contract, fencing as a
contract, contract bridge as a contract -- pena temporaria, pena perpetua,
divorzio, matrimonio, stato, legge, devere naturale, obbligazione naturale. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Fisichella” – The Swimming-Pool Library.
flew
FLORIDI. (Roma). Filosofo. Grice: “’To inform’
was first used by some Roman! It surely ain’t Grecian!” -- Eessential Italian
philosopher. He has explored aspects of Grice’s use of the expression ‘inform,’
‘mis-inform,’ in terms of ‘factivity.’ Insegna a 'Ferrara. Conosciuto per
il suo lavoro in due aree di ricerca filosofica: la filosofia dell'informazione
e l'etica informatica. Si laurea a a Roma. Insegna a Bari e
Ferrara. Conosciuto per i suoi studi sulla tradizione scettica (scetticismo),
ma principalmente per il suo lavoro di fondazione della filosofia
dell'informazione e dell'etica informatica, due campi che ha contribuito a
costituire. Fondatore un gruppo di ricerca interdipartimentale sulla filosofia
dell'informazione. Durante la laurea a Roma, studiato da classicista e da
storico della filosofia. Si è interessato di filosofia della logica ed
epistemologia. Si è quindi occupato di diversi argomenti filosofici
tradizionali, alla ricerca di una nuova metodologia, con l'obiettivo di
riuscire ad avvicinarsi ai problemi contemporanei in una prospettiva che fosse
efficace dal punto di vista euristico e potesse allo stesso tempo anche
costituire un arricchimento intellettuale nell'affrontare le questioni
filosofiche dei nostri giorni. Molto presto, inizia a distanziarsi da quello
che Grice chiama la filosofia analitica “classica”. Secondo Floridi, il
movimento analitico ha perso la sua spinta iniziale ed era ormai un paradigma
sempre più debole, scolasticizzato – “specialmente ad Oxford!” --. Per questo
motivo, ha concentrato i suoi interessi su una nuova fondazione dell'epistemologia.
Anda alla ricerca di un concetto di "conoscenza” “indipendente-dal-soggetto",
vicino a ciò che oggi definisce informazione semantica. è necessario
sviluppare una filosofia costruzionista, all'interno della quale il design, la
creazione di modelli e le implementazioni sostituiscano analisi frivole e esami
cavillosi (e.g. sull’uso di ‘informare,’ ‘disinformare,’ ecc.) In questo modo,
la filosofia ha la speranza di non chiudersi in un angolo sempre più angusto,
fatto di ricerche griceiane auto-sufficienti e che interessano solo a sé
stesse, e di riacquistare un punto di vista più ampio sui problemi che sono
realmente determinanti nella vita umana fuori di Oxford! Così, lentamente, è
giunto a prendere in considerazione la filosofia dell'informazione, una nuova
area di ricerca emersa dalla svolta computazionale, avvicinandola da due
prospettive, quella puramente teorica della semantica, pragmatica, sintassi,
semiotica, logica e dell'epistemologia, e quella più tecnica dell'informatica, in
particolare dell'etica, della teoria dell'informazione di Shannon -- e della
humanities computing. Il filosofo ha bisogno di acquisire conoscenze di
IT necessarie per fare uso del computer in maniera efficace. Anche il filosofo
posse essere interessato ad acquisire le conoscenze di sfondo indispensabili
per la comprensione critica dell’era digitale e dunque iniziare a lavorare
sulla branca della filosofia che si va formando, proprio la Filosofia
dell'informazione, che si augura un giorno possa diventare parte integrante
della cosiddetta “philosophia prima,” o prote philosophia della sua fase
romana!. Da allora, Philosophy of Computing and Information è diventata il suo
maggiore interesse di ricerca. In PI, sostiene che ci sia bisogno di un
concetto più ampio di elaborazione e di “flusso” causale dell'informazione –
alla Dretske -- che includa la computazione, ma non solo. Questa prospettiva
fornisce una cornice teorica molto efficace all'interno della quale inserire e
dare significato alle differenti linee di ricerca. Il secondo vantaggio è la
prospettiva diacronica, che permette di inquadrare lo sviluppo della filosofia
nel tempo. PI fornisce infatti un punto di vista molto più ampio e profondo su
ciò che la filosofia avrebbe cercato di fatto di realizzare nel corso dei
secoli. Altre opere: “InfosferaFilosofia e Etica dell'informazione” (Torino:
Giappichelli Editore); “La quarta rivoluzione, Milano: Raffaello Cortina
Editore); “Pensare l'infosfera” (Milano: Raffaello Cortina Editore); “Il verde
e il blu” (Milano: Raffaello Cortina Editore, OII: digital ethicslab. oii.ox.ac.uk,//digital
ethicslab.oIEG philosophy of information.net/ pdf/auto.pdf the newatlantis.com/publications/why-information-matters Onlife openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Opere di Luciano Floridi, .Oxford Institute, su oii.ox.ac.uk. Home page e
articoli online, su philosophyofinformation.net. Intervista e lezione durante
l'IoE talks (Internet of EverythingRoma ) La lecture su "Intelligenza
artificiale, dobbiamo preoccuparci?" presso il Centro Nexa del Politecnico
di Torino Biografia e intervista su Rai Media Mente, su media mente rai.
Biografia e intervista per l'American Philosophical Association , Cervelli in Fuga, Roma, Accenti. Keywords: Dretske,
knowing, causing, cervello in fuga; modal disimplicature, “I’m telling you”,
“for your information” submodes of the indicative mode, ‘exhibitive’ and
‘protreptic’ -- influence, inform. Conversation as rational cooperation –
‘false’ “information” no information!” -- Refs.: Luigi Speranza,
"Informazione ed implicatura: Grice e Floridi," per Il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
FONNESU. (Milano). Filosofo. Grice: “I
like Fonnesu; especially, on inter-subjectivity: “I cooperate with you; you
cooperate with me” – or rather, “I co-operate with thee; thou cooperates with
me! We cooperate!” -- Luca Fonnesu (Milano),
filosofo. Professore di filosofia a Pavia.
Fonnesu si è laureato in Filosofia a Firenze con Cesa, dove ha poi conseguito
il titolo di dottore di ricerca in Filosofia. Prima di conseguire la laurea, borsista della
Fondazione Robert E. Schmidt di Heidelberg. Borsista del Deutscher Akademischer
Austauschdienst svolgendo la sua attività di ricerca presso il Leibniz Archiv
di Hannover. Borsista ‘post-doc' a Firenze. Ricercatore a Pisa. Insegna a
Pavia. È inoltre socio dell'Associazione di cultura e politica "il
Mulino", membro della Leibniz-Gesellschaft, della Fichte-Gesellschaft,
della Società italiana di studi kantiani, della Hegel-Vereinigung, della
Società italiana di filosofia analitica e del Comitato editoriale di
"Studi settecenteschi". Il professor Fonnesu è inoltre il
coordinatore del Corso di dottorato di ricerca in Filosofia a Pavia, fa parte
del Consiglio scientifico di Verifiche e del Comitato direttivo della
"Rivista di filosofia". Temi di ricerca I principali temi di
ricerca dell'attività accademica del professor Fonnesu possono essere sostanzialmente
ricondotti alla filosofia morale e alla filosofia classica tedesca. Per quanto
concerne la filosofia classica tedesca tra Kant e Hegel si è concentrato sulle
strutture concettuali, le fonti e la ricezione nella tradizione filosofica
approfondendo inoltre la presenza dell'etica kantiana nel dibattito
contemporaneo. Ha poi studiato il dibattito sulla teodicea nella tradizione
filosofica, l'illuminismo europeo, la tradizione analitica e le altre
tradizioni nell'etica contemporanea. In quest'ultimo ambito ha sviluppato in
modo particolare la tematica del libero arbitrio e della responsabilità nella
filosofia moderna e contemporanea. è un esperto di storia dell'etica.
Altre opere: “Antropologia e idealismo. La destinazione dell'uomo nell'etica di
Fichte” (Roma-Bari, Laterza); “Dovere, Scandicci, La Nuova Italia); “Storia
dell'etica: da Kant alla filosofia analitica” (Roma, Carocci); “Per una
moralità concreta: studi sulla filosofia classica tedesca” (Bologna, Il
Mulino); “Fichte, Fondamento del diritto naturale secondo i principi della
dottrina della scienza” (Roma-Bari, Laterza); “Diritto naturale e filosofia
classica tedesca” (Pisa, Pacini); “La verità. Scienza, filosofia, società”
(Bologna, Il Mulino); “Etica e mondo in
Kant” (Bologna, il Mulino); “Le ragioni della filosofia” (Firenze, Le Monnier);
“Diritto, lavoro e "Stände": il modello di società di Fichte, in
"Materiali per una storia della cultura giuridica", Rousseau e la
filosofia come "médecine du monde". A proposito di un saggio recente,
in "Intersezioni", Ragione pratica e “ragione empirica” in Kant, in
"Annali filosofia, Firenze", “Weber e l'etica” ("Iride"); Le
edizioni kantiane e la riflessione "Sul senso interno", "Studi
kantiani”; “Sullo stato degli studi fichtiani” (“Cultura e scuola"); “La
società concreta: considerazioni su Fichte e Hegel” ("Daimon. Revista de
filosofia", Murcia); “Sul pensiero di Luporini, in "Giornale critico
della filosofia italiana"); “Kant, Leibniz e la "Aufklärung":
ottimismo e teo-dicea, in Kant e la filosofia della religione (N. Pirillo,
Brescia, Morcelliana); “L'ideale dell'estinzione dello Stato in Fichte” ("Rivista
di storia della filosofia"); “Sul concetto di felicità in Hegel” in Fede e
sapere. Hegel, R. Bonito Oliva e G. Cantillo (Milano, Guerini); “Metamorfosi
della libertà nel ‘Sistema di Etica' di Fichte” (“Giornale critico della
filosofia italiana”); “Sui doveri verso se stessi”; “A partire da Kant”; “La
libertà e la sua realizzazione nella filosofia di Fichte, in G. Duso G. Rametta,
La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant,
Fichte, Schelling e Hegel” (Milano, Angeli); “Sulla 'seconda natura' in
Fichte”, in R. Bonito Oliva G. Cantillo Natura e cultura, Napoli, Guida); “Preti
e le tradizioni etiche, in Parrini L. M. Scarantino, “Preti” (Milano, Guerini);
“Errori dell'ontologia. Percorsi della meta-etica tra Russell e Mackie”; in L.
Ceri S. F. Magni, Le ragioni dell'etica, Pisa, ETS, Rousseau tra filosofia e
botanica. Una nota, in M. Ferrari , I bambini di una volta. Problemi di metodo.
Studi per Egle Becchi, Milano, Franco Angeli, Presentazione, in R. M. Hare,
Scegliere un'etica, Bologna, il Mulino, Presentazione, in Foot, La natura del
bene, Bologna, il Mulino, Sulla morale kantiana, in C. La Rocca, Leggere Kant.
Dimensioni della filosofia critica” (Pisa, ETS); Presentazione, in Foot, Virtù
e vizi, Bologna, il Mulino, Etica e concezione etica del mondo in Albert Schweitzer,
Humanitas, Punto di vista morale e moralità, in “Il ponte”, Cesare Luporini, Maria
Moneti). Comandi e consigli nella filosofia pratica moderna, in S. Bacin ,
Etiche antiche, etiche moderne. Temi in discussione, Bologna, Il Mulino); “Harry
Frankfurt, in “Rivista di filosofia”, Etica, in L'universo kantiano, S. Besoli,
C. La Rocca e R. Martinelli (Macerata, Quodlibet); “Kant e l'etica analitica” in
Continenti filosofici. La filosofia analitica e le altre tradizioni, M. De Caro
e S. Poggi (Roma, Carocci); Fichte critico di Kant: moralità e religione nel
‘Saggio di una critica di ogni rivelazione', in Critica della ragione e forme
dell'esperienza, L. Amoroso, A. Ferrarin e C. La Rocca (Pisa, ETS Edizioni);
“La felicità e il suo tramonto: dall'illuminismo all'idealismo, in “Filosofia
politica”, Libertà e responsabilità: dall'utilitarismo classico al dibattito
contemporaneo, in M. De Caro, M. Mori, E. Spinelli, Il libero arbitrio (Roma,
Carocci); “Genealogie della responsabilità, in Quando siamo responsabili?
Neuroscienze, etica e diritto, M. De Caro, A. Lavazza e G. Sartori, Torino,
Codice. Luca Fonnesu. Keywords: free will, Kant, freedom, free, practical
reason, the good, meta-ethics, Mackie, Hare, Fichte, Hegel, happiness in
Aristotle, Kant, and Hegel, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fonnesu” – The
Swimming-Pool Library.
FORNERO. (Vigone). Filosofo. Grice: “I like Fornero; he surely understands
the longitudinal unity of philosophy; ‘filosofare is con-filosofare,’ I love
that: philosophy as philosophy of conversation – witness Socrates and
Alcebiades.” Si è occupato di ambiti disciplinari
diversi, che vanno dalla storia della filosofia alla bioetica, dalla laicità al
diritto. Ha compiuto studi filosofici a Torino. Si laurea con una tesi
sull'esistenzialismo italiano. Dopo aver insegnato per alcuni anni, in seguito
ha svolto un'attività di libero scrittore, curando, su incarico di Abbagnano,
una serie di aggiornamenti della sua celebre storia della di filosofia. In un
secondo momento a conferma del fatto che egli non è soltanto uno storico della
filosofia, bensì un filosofo dai molteplici interessi si è dedicato allo studio
della bio-etica, della laicità e del diritto, con saggi che hanno suscitato
ampi dibattiti e che costituiscono dei contributi importanti su queste
tematiche. Abbagnano aveva pubblicato un Compendio di storia della filosofia
per i licei che, dopo un periodo di notevole diffusione, alla fine degli anni
settanta era quasi sparito dalla scuola. Da ciò la necessità di una profonda
revisione dell'opera, che decise di affidare a Fornero. Nasceva così l'Abbagnano-Fornero,
che, anche grazie ai continui aggiornamenti e ampliamenti, è tuttora il manuale
di filosofia più diffuso. Fra le sue numerose edizioni e versioni ricordiamo: “Filosofi
e filosofie nella storia”; “Protagonisti e testi della filosofia”; “Itinerari
della filosofia”; “La filosofia”; “La ricerca del pensiero”; “Percorsi di
filosofia”; “L'ideale e il reale”; “Con-Filosofare” e “I nodi del pensiero.” In
questi lavori segue e sviluppa in modo creativo l'impostazione metodologica di
Abbagnano, mirando a un modo di fare storia della filosofia che si qualifica
per un'informazione accurata, una profonda empatia con le tematiche trattate e
l'astensione da valutazioni ideologiche e di parte. Ha inoltre condiretto
alcune collane di destinazione liceale e universitaria: “i Sentieri della
filosofia” e i Sentieri della pedagogia di Paravia e, “I fili del pensiero” di
Bruno Mondadori. Fra le grandi storie della filosofia quella pubblicata da Abbagnano
presso la Utetil cosiddetto Abbagnano grande, uscito in prima edizione costituisce
un'opera di riferimento fondamentale, che è stata universalmente apprezzata. Dopo
la morte di Abbagnano, è uscito, sempre presso Utet, un quarto volume di questa
storia, dedicato al pensiero contemporaneo. Anche in questo caso, era stato lo
stesso Abbagnano a incaricare Fornero di proseguire il suo lavoro, che si
interrompeva con l'esistenzialismo e presentava solo un ultimo, sintetico
capitolo su alcuni degli sviluppi più recenti. In questo nuovo volume,
Fornero punta a una ricostruzione chiara e scientifica al tempo stesso. Una
ricostruzione che, basandosi su una conoscenza diretta (o "di prima
mano") degli autori trattati, si caratterizza per obiettività e rispetto
delle posizioni di cui dà conto, evitando valutazioni teoretiche che non
spettano allo storico. Al pari del suo maestro, Fornero insiste sull'autonomia
della filosofia, che non si può dissolvere nelle scienze umane, nella politica
o in altre discipline. Ma gli impetuosi sviluppi della filosofia novecente non
erano esauriti in quel volume. Di conseguenza, pubblica un secondo tomo del
volume quarto della Storia della filosofia. Con questo contributo l'opera si
configura finalmente come una trattazione esauriente dell'intera storia della
filosofia dell’Europa occidentale. Abbagnano pubblica presso la Utet la
prima edizione del Dizionario di filosofia, un vastissimo elenco di lemmi
tematici affrontati con grande attenzione allo sviluppo concettuale e con
straordinaria capacità di sintesi. Ne curava una riedizione ampliata. Il Dizionario
restaun punto fermo della storiografia filosofica, ma iniziava ormai a mostrare
dei limiti cronologici. Così, ha provveduto, co-adiuvato da un gruppo di
specialisti da lui coordinato e diretto, a redigerne una nuova edizione.
L'impostazione di fondo voluta da Abbagnano è conservata, cosicché vengono
escluse le voci biografiche a favore dei lemmi concettuali. Sono centinaia le
voci aggiornate, mantenendo la separazione fra il contributo originale di
Abbagnano e l'aggiornamento, e le nuove voci inserite. L'opera continua così a
proporsi come uno dei più ampi strumenti di consultazione. Pubblica presso
Bruno Mondadori Le filosofie del Novecento, una delle più ampie e sistematiche
ricostruzioni storiche del pensiero contemporaneo. L'opera muove dal
pensiero nietzschiano inteso come crocevia della modernità e presenta una serie
di capitoli che danno conto, seguendo un'organizzazione tematica, di tutti i
principali autori e filoni della riflessione filosofica contemporanea: dalle
grandi correnti del primo Novecento (neo-positivismo, positivism logico,
neo-empirismo, filosofia analitica, filosofia analitica del linguaggio
ordinario, neocriticismo, spiritualismo, neoidealismo, pragmatismo), al
marxismo e all'esistenzialismo in tutte le loro declinazioni, per giungere alle
più recenti formulazioni dello strutturalismo, del postmodernismo, dell'epistemologia,
della teologia, dell'ermeneutica e delle teorie politiche ed etiche. Forte
degli studi storiografici ormai accumulati e sempre in linea con i sopraccitati
presupposti metodologici, pubblica, presso Bruno Mondadori, “Bioetica cattolica
e bioetica laica”. Si concentra sulle posizioni della bioetica cattolica
ufficiale e su quelle della bioetica laica. Attraverso uno studio analitico e
puntiglioso dei testi e a un metodo improntato a una sostanziale imparzialità, giunge
a definire alcuni punti nodali che a suo avviso oppongono strutturalmente la
bio-etica cattolica e quella laica (sebbene non manchino posizioni intermedie e
alternative). Punti che si sintetizzano nella tesi cattolica della
indisponibilità della vita e nella tesi laica della disponibilità della
vita. Da un punto di vista contenutistico Fevita di prendere posizione a
favore dell'uno o dell'altro modello. Tuttavia, il suo contributo produce una
notevole chiarificazione delle posizioni in campo e ha il merito di porre
empateticamente sotto gli occhi del lettore le strutture teoriche e concettuali
che stanno alla base dei due "paradigmi"merito che gli è stato
riconosciuto da Vattimo, che ha parlato di «rispettosa capacità di ascolto», e
da Possenti, che parla di «giustizia intellettuale nel descrivere le varie
posizioni in gioco». Questo saggio ha originato un ampio dibattito, sia
negli studi specialistici, sia nel mondo dell'informazione (come testimoniano
le recensioni e i numerosi interventi apparsi sui quotidiani). Dibattito
continuato sia in “Laicità debole e laicità forte” sia in “Laici e cattolici in
bioetica: storia e teoria di un confront”. Quest'ultimo saggio completa il
trittico. In esso si dà conto della nuova fase del dibattito sui concetti di
bio-etica cattolica e laica e si offre una serie di chiarificazioni e
ampliamenti storico-concettuali, fra cui spicca l'approfondimento della nozione
di "paradigma" che, partendo da Kuhn ma andando al di là di Kuhn,
applica in modo originale alla bioetica. Fra le novità del volume vi è l’ammissione,
da parte di alcuni autorevoli studiosi cattolici, dell'esistenza di una
diversità paradigmatica fra la bioetica di matrice cattolica e la bio-etica di
matrice laica. Diversità di cui si auspica da molte parti il superamento con
una serie di ipotesi ampiamente documentate nel saggio -, ma che di fatto
esiste e condiziona, sia sul piano teorico sia sul piano pratico, la vita
odierna. Gli studi sulla bioetica hanno trovato una continuazione e uno
sviluppo nel lavoro di Luca Lo Sapio Bioetica cattolica e bioetica laica
nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato? (Utet, Milano ) in cui
l'autore affronta il tema delle ripercussioni bio-etiche del pontificato di
Bergoglio, mettendone in luce i tratti di novità e continuità rispetto al
passato. Il saggio è preceduto da un saggio di Fornero, in cui offre una
sintesi aggiornata delle sue idee circa i paradigmi della bio-morale cattolica
e laica. Alcune delle questioni poste in Bioetica cattolica e bioetica
laica toccano il generale argomento della laicità. Tant'è che Laicità debole e
laicità forte prosegue l'analisi in questa direzione, oltrepassando l'ambito
limitato della bio-etica, pur continuando a usarlo come campo esemplare di
indagine. Ragionando in termini teorici e non solo storici, elabora una
prospettiva filosofica sulla laicità che muove dalla distinzione analitica fra
due diverse accezioni del concetto di "laicità": una larga e una
ristretta. Distinzione che ritiene indispensabile per fare ordine e chiarezza
intorno al concetto in questione e per giustificare, senza i consueti
riduzionismi, i diversi modi con cui ci si può definire "laico” (English:
lay). In senso largo la laicità allude a una serie di atteggiamenti metodici
(autonomia discorsiva, libero confronto delle idee, pluralismo, ecc.) che, in
virtù del loro carattere procedurale, possono essere fatti propri da chiunque,
a prescindere dal fatto di essere credenti o meno (tant'è che oggi, nell'ambito
di questa accezione di “laico”, si parla comunemente di "laico
credente" e di "laico non credenti"). In senso stretto, il
‘laico’ allude invece a quella determinata visione del mondo che è propria di
coloro che non si limitano a seguire i sopraccitati criteri metodici, ma che
pensano e vivono a prescindere da Dio e dall'adesione a un determinato credo
religioso (tant'è, che oggi, nell'ambito di questa accezione del laico, si
parla comunemente di “credenti e laici” o, in Italia, di “cattolici e
laici”). Per denominare l'accezione larga, usa l'espressione "laico
debole", mentre per denominare l'accezione ristretta adopera l'espressione
"laico forte", avvertendo che in questo contesto “debole” e “forte” non
hanno il significato ordinario e valutativo di "meno consistente" o
"più consistente", ma un significato tecnico e descrittivo, allusivo
di un minore o maggiore grado di radicalità. In altri termini, il laico in
senso largo è denominata "debole" poiché possiede una valenza
essenzialmente formale o *metodologica*, mentre il laico in senso stretto è
denominato "forte" poiché possiede una valenza di tipo materiale o *sostanziale*
(in quanto allusiva della visione del mondo propria di un non credente).
L'originalità consiste quindi nel ritenere legittimi entrambi i significati
(teorici e storici) del concetto di "laico" e nell'aver insistito più
di ogni altro studioso in Italia sul fatto che non si deve
"censurare" l'accezione ristretta o “forte” del concetto (cf. Grice
on ‘weak’ and ‘strong’ – the ‘strong’ theorist, the weak theorist). Insistenza
che non gli impedisce di evidenziare come il laico proprio dello Stato italiano
pluralista e democratico coincida con il laico debole o largo, ossia con quella
capace di ospitare in sé tutte le visioni del mondo, sia quelle di matrice
religiosa sia quelle di matrice agnostica o atea. -- è vivamente persuaso
del valore e della necessità della filosofia. Da ciò il suo costante impegno ad
argomentare con chiarezza questa tesi, mediante una proposta la cui peculiarità
consiste nel ritenere che, prima di chiedersi (come si fa solitamente) se la
filosofia sia utile o meno, bisogna chiedersi se da essa si possa prescindere o
meno, ossia se sia davvero possibile, per l'uomo, vivere senza filosofare. Su
questo punto non ha dubbi: la filosofia è un'esigenza che sgorga dalla vita
stessa e dalle sue ineludibili domande, al punto che l'uomo, come non può fare
a meno di respirare e pensare, così non può fare a meno di fare filosofia.
Queste considerazioni vengono più organicamente sviluppate in “Utilità della
filosofia”. Tra filosofia e diritto: indisponibilità e disponibilità della
vita. è uscito per i tipi di Utet un nuovo volume, forse il più importante
della sua produzione saggistica dal titolo Indisponibilità e disponibilità
della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e
dell'eutanasia volontaria. Si tratta di una vasta indagine filosofico giuridica
che approfondisce con chiarezza una
delle dicotomie fondamentali della cultura contemporanea, quella tra
indisponibilità e disponibilità della propria vita. E ciò non solo sul piano
storico-descrittivo (nel cui ambito offre comunque una documentazione
amplissima che va dalla filosofia alla bioetica, dal diritto alla giurisprudenza
italiana) ma anche e soprattutto su quello teorico-propositivo. Esaminando
a vario titolo questo binomio e mostrandone le rilevanti concretizzazioni
giuridiche e penalistiche, l'opera approfondisce il tema del "diritto di
morire", che viene definito come il diritto di congedarsi volontariamente
dalla propria vita e studiato nelle sue tipologie più note (suicidio, rifiuto
delle cure e morte assistita). Nella parte centrale del saggio si mette
organicamente a fuoco il nesso fra il diritto di vivere e il diritto di morire,
inteso, quest'ultimo, come il versante negativo del diritto di vivere. Su
questa base,perviene a prendere apertamente posizione a favore della morte
medicalmente assistita, che viene originalmente configurata come un nuovo e
peculiare "diritto di libertà" giuridicamente articolato. Insiste
sulla "inaggirabilità" della filosofia anche in ambito giuridico,
soprattutto in rapporto alle complesse e cruciali questioni del fine
vita. La filosofia contemporanea, IV*, Utet, Torino, Storia della
filosofia, La filosofia contemporanea, IV**, Utet, Torino, Dizionario di
filosofia, Utet, Torino, Le filosofie del Novecento, B. Mondadori, Milano, Opere
su bioetica, laicità e diritto Bioetica cattolica e bioetica laica, B.
Mondadori, Milano, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, Laici
e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto (in collaborazione con
M. Mori), Le Lettere, Firenze
Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico
giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria, Utet, Torino .
Articoli e interventi su bioetica e laicità Un passo in avanti. Risposte a
Mordacci e Corbellini, in Vale ancora la contrapposizione tra bioetica
cattolica e bioetica laica?, «Politeia», Due significati irrinunciabili di
laicità, in La laicità vista dai laici,
E. D'Orazio, EgeaUniversità Bocconi Editori, Milano, Etsi non daretur, laicità
e bioetica da Scarpelli a Lecaldano, in Eugenio Lecaldano. L'etica, la storia
della filosofia e l'impegno civileDonatelli e M. Mori, Le Lettere, Firenze, Bioetica,
laicità e "bioetica laica", in Diritto, Bioetica e Laicità. Commenti
a Bioetica tra "morali" e diritto diBorsellino, «Politeia», Non
esiste solo la "bioetica cattolica". Nota sui rapporti fra i valdesi
e la bioetica, «Bioetica. Rivista interdisciplinare», Il "maggior bio-eticista
cattolico". Considerazioni sul paradigma bioetico di Sgreccia e sulle sue
peculiarità e differenze rispetto ad altri modelli bioetici di matrice
cattolica, in Vita, ragione, dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia,
Cantagalli, Siena,Risposte ai critici, in Il dibattito su bioetica laica e
bioetica cattolica. Commenti a Laici e cattolici in bioetica di G. Fornero e M.
Mori, «Politeia»,Scarpelli e il tema della laicità, in L’eredità di Uberto
ScarpelliBorsellinoS. SalardiM. Saporiti, Giappichelli, Torino , Voce Laicità,
in Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica, diretta da E. SgrecciaA.
Tarantino, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Bioetica cattolica e
bioetica laica: tra passato e presente, in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e
bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, con un saggio
di G. Fornero, UTET, Milano, Magistero bioetico cattolico e bioetica
laico-secolare: tra passato e futuro, in
Bioetica tra passato e futuro. Da van Potter alla società 5.0, E.
LargheroM. Lombardi Ricci, Edizioni Effatà, Cantalupa (TO), Manuali Filosofi e
filosofie nella storia, Paravia, Torino, Protagonisti e testi della filosofia,
Paravia, Torino, Itinerari di filosofia, Paravia, Torino 2002 La filosofia,
Paravia, Torino, La ricerca del pensiero, Paravia, Torino Percorsi della filosofia, Paravia,
Torino L'ideale e il reale, Paravia,
Torino Con-Filosofare, Paravia,
Torino I nodi del pensiero, Paravia,
Torino. «La Stampa», 2 «Avvenire», Filosofia, bioetica, laicità e diritto. Sito
ufficiale, su giovannifornero.net. Giovanni Fornero. SWIF Sito web italiano per
la filosofia, su swif.uniba. Giovanni Fornero. Keywords. “Che cosa e la
filosofia analitica? Ryle, Wisdom, Strawson, Austin, Grice.” Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fornero” – The Swimming-Pool Library.
FORMAGGIO. (Milano). Filosofo.
Grice: “I like Formaggio; for one, he philosophised on aesthetics – estetica
filosofica, he calls it – along phenomenological lines – on the other, he took
very seriously the idea of Latin ‘ars’ – and concludes that an ‘artificium’ is
meant as ‘communicative’.” Inizia a lavorare in fabbrica quando trova impiego
alla Brown Boveri di Milano. Ben presto però la sua indole portata allo studio,
supportata da una vivace intelligenza, lo spronò a iscriversi alle scuole
serali. Quest'esperienza, che accomunava lo studio al lavoro, dura ma anche
formativa (nel frattempo aveva cambiato lavoro, passando alle Orologerie Binda
per avere più tempo libero da dedicare allo studio), acuì sempre più la sua
sensibilità verso i problemi sociali, che costituiranno in seguito, anche
quando diventerà professore a Milano e Pavia, il soggetto prevalente del suo
percorso culturale, sia filosofico che umano. Venne trasferito a Motta
Visconti. Pur insegnando, proseguì gli studi a Milano, dove si laurea, relatore
Banfi, con “L’arte come comunicazione. Fenomenologia dell'arte” o “rapporto tra
arte e tecnica nelle estetiche europee contemporanee, avveniristica per quei
tempi, incentrata com'era sul tema della “tecnica” artistica. Nei primi anni del dopoguerra, dopo aver
partecipato attivamente alla lotta partigiana, entra a far parte
dell'Università Statale di Milano come assistente alla cattedra di Estetica. Collabora
anche alla rivista Studi filosofici e pubblica alcuni saggi, come “Fenomenologia
della tecnica artistica”, riprendendo e ampliando la sua tesi di laurea. In
virtù di questo saggio, si aggiudica l'incarico alla cattedra di Estetica di
Pavia. Si trasferì in Veneto, dopo aver vinto il concorso a cattedra a Padova,
in un periodo molto difficile per tutto il mondo accademico italiano e in modo
particolare per quello di Padova a causa delle forti tensioni causate dalla
rivolta studentesca prima, e dal nascente terrorismo armato poi, assumendo
dapprima l'incarico di preside della Facoltà di Magistero e poi quella di
pro-rettore. Ricoprì la cattedra a Milano, della quale fu poi professore
emerito. Gli allievi pubblicarono un libro in suo onore Il canto di Seikilos.
Scritti per Dino Formaggio. Gli fu conferito il premio Lion d'Or International
1996 nell'arena romana di Nîmes per le pubblicazioni di filosofia e il suo
impegno civile. A Teolo, comune della provincia di Padova, gli è stato dedicato
il Museo di arte contemporanea, la cui nascita è stata resa possibile da alcune
donazioni all'ente effettuate grazie al suo interessamento, e la cui collezione
comprende opere di autori del XIX e Professore quali Dino Lanaro, Aligi Sassu,
Medardo Rosso e Renato Birolli. Il Fondo librario Dino Formaggio è stato
donato dagli eredi alla Biblioteca di Filosofia di Milano nel ed è costituito dalla consistente biblioteca
filosofica di studio (oltre 2200 volumi). Il fondo è stato recentemente catalogato
ed è ora disponibile alla consultazione e in parte, al prestito. Tutti i volumi
sono stati associati al possessore, riportano lo stato della copia e segnalano
la presenza di note, commenti, dediche, firme autografe. Sono in fase di
catalogazione i periodici. Potete trovare le notizie bibliografiche di tutti i
testi della ricca biblioteca nel Catalogo di Ateneo. Altre opere: “Fenomenologia
della tecnica artistica” (tecnica tecnica arte artistico); Piero della
Francesca; Il Barocco in Italia; L'idea di artisticità – arte artistico
artisticita – tecnica tecnicista, tecnicisticita; Arte; La morte dell'arte e
dell'estetica; Van Gogh in cammino; I giorni dell'arte; Problemi di estetica; “Separatezza
e dominio; Filosofi dell'arte del Novecento; Il canto di Seikilos. Scritti per
Dino Formaggio, Guerini, Milano. Pierluigi
Panza, Padre dell'Estetica Fenomenologica italiana, in Corriere della Sera, Museo
di Arte Contemporanea "Dino Formaggio" di Teolo, Introduzione al
Museo, su//comune.teolo.pd. Scuola di Milano Museo di arte contemporanea Dino
Formaggio. "Arte ed
Emozioni"Intervista a Dino Formaggio, su emsf.rai. 3 Museo d'arte
contemporanea Dino Formaggio, su turismopadova. "Filosofo dell'arte e
maestro di vita" di Vladimiro Elvieri, Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani Elio Franzini, Ricordo, Davide Eugenio Daturi,
"Il perché e il come dell'arte: l'estetica di Dino Formaggio", sito
della mostra bibliografico-documentaria Milano. Dino Formaggio. Keywords:
natura, arte, artistico, tecnica, l’arte come comunicazione, segno della
natura, segno dell’arte, segno naturale, segno artificiale – artificiale –
segno di natura, segno di arte, ‘phuseos’ ‘theseos’ – per natura, per positione
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Formaggio” – The Swimming-Pool Library.
FRACASTORO. (Verona).
Filosofo. Grice: “I love Fracastoro; for one, I love a physician, since I came
to know quite a few – at Richmond!” “Grice: “I love Fracastoro; he
philosophised on mainly three topics: the ‘soul’ – in a philosophical dialogue
entitled after him, Fracastoro; on poetics, in a dialogue which he named after
his poet friend Navagero; and third, on ‘intellezione,’ in a dialogue which he
named after another friend, one Torre, “Torrius,” – Grice: “The fact that Gerolamo,
or Girolamo, is still at Verona, is fascinatingly charming!” Considerato uno
dei più grandi filosofi di tutti i tempi. Insegna logica a Padova. Fu archiatra
di Paolo III, al quale dedica “Homocentrica”. A lui è dedicato il cratere
Fracastoro presente sulla Luna. Fondatori della patologia (teoria del patire).
Fu il primo ad ipotizzare e verificare che una infezione e dovuta a un germe
portatore di una malattia, con la capacità di moltiplicarsi nel corpo dell’organismo
e di contagiare altri attraverso la respirazione o altre forme di contatto. “Sifilide,
ossia sul “mal francese,” sotto forma di poemetto in esametri e il trattato
"Sul contagio e sulle malattie contagiose.” Il trattato è all'origine
della patologia, o teoria del patire. Fu il primo a scoprire che le code
cometarie si presentano sempre lungo la direzione del Sole, ma in verso opposto
ad esso. Descrisse uno strumento in funzione astronomica, poi realizzato da
Galilei: il cannocchiale. Scrisse tre dialoghi filosofici: Naugerius sive de
Poetica (dialogo di estetica), Turrius sive de Intellectione e l'incompiuto
Fracastorius sive de Anima. Fracastoro,
con il nome di Giroldano, viene incontrato da Dago, personaggio di un fumetto
argentino creato da Robin Wood e Alberto Salinas, in una delle sue avventure,
per la precisione nel n. 10 anno XIV del mensile, proprio mentre Girolamo
interroga una prostituta in cerca di informazioni per il suo poema sulla
sifilide. Una leggenda sul Fracastoro fa
parte della storia popolare veronese. Una sua statua è posta su un arco alla
fine di via Fogge, che da nord si innesta in Piazza dei Signori (comunemente
detta anche Piazza Dante). La statua rappresenta la sua figura intera con in
mano il mondo, che il popolo del tempo ha ribattezzato la bala de Fracastoro,
dove bala è il termine dialettale che indica palla. In quella strada vi era il
passaggio per il vecchio tribunale da parte di giudici e avvocati ed era vicina
a tutti i palazzi del potere di quel tempo. La bala è legata ad una profezia:
cadrà sulla testa del primo galantuomo che passerà sotto. Finora non è mai successo.
Il popolo di Verona usa questa storia per sbeffeggiare gli uomini del potere. Enrico
Peruzzi, Dizionario Biografico degli Italiani, Ettore Bonora, Il
"Naugerius" del Fracastoro, Milano,Garzanti, Storia della Letteratura
italiana, Dal Piaz Giorgio, Padova e la Scuola Veneta nello sviluppo e nel
progresso delle Scienze geologiche. Mem. R. Ist. Geologia Univ. Padova, Dal
Piaz Giorgio, Cenni sulla vita e le opere di carattere geologico di Antonio
Valleri senior. In: “Il metodo sperimentale in Biologia da Valleri ad oggi”,
Simposio nel III Centenario della nascita di Antonio Valleri, Univ. Studi
Padova e Acc. Patavina Sci. Lett. Arti, Questo testo proviene in parte dalla
relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo
Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Girolamo
Fracastoro, Patavii, excudebat Josephus Cominus, Opere, Venetiis, apud Iuntas, Homocentrica,
Venetiis, Sifilide Tiziano, Ritratto di Girolamo Fracastoro. Enciclopedia
Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enrico Peruzzi,
«FRACASTORO, Girolamo», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Girolamo Fracastoro. Keywords. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Fracastoro” – The Swimming-Pool Library.
FRANCESCO. (Diano Marina).
Filosofo. Grice: “I like Francesco; for one, he philosoophised, like I do, on
“I” and “We” – ‘first person’, ‘personal identity,’ and so on!” Insegna a
Milano e Pavia. Collabora alla pagina culturale del Sole 24 Ore, è stato
presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica e presidente della
European Society for Analytic Philosophy. Altre opere: “La mente” (Mondadori,
Milano . Che fine ha fatto l'io?” (Editrice San Raffaele, Milano); “La mente”
(Carocci, Roma); “La coscienza” (Laterza, Roma Bar); “L'io e i suoi sé: identità
della persona e smente” (Cortina, Milano); “La mente” (Nuova Italia
Scientifica, Roma); “Il Realismo Analitico” (Guerini e associati, Milano); “Russell”
(Laterza, RomaBari); “Il soggeto communica al altro soggeto di un oggetto:
senso e riferimento” (Edizioni Unicopli, Milano); “Sgnificato e riferimento”
(Edizioni Unicopli, Milano). Rettore dello Iuss di Pavia. Michele Di Francesco.
Keywords: unicorno, unicornis, adj. later noun, nome sustantivo, nome aggetivo,
nome proprio, nome commune – unicorn – Meinong, Grice, “Vacuous Names”, vacuous
descriptions, Priest, Read, persona, an Etruscan concept, the grammar of
‘referring’ – the grammar of ‘senso’, the grammar of ‘significato’ -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Francesco” – The Swimming-Pool Library.
FRANCHINI. (Napoli). Filosofo.
Grice: “I like Franchini; for one, he wrote on the ‘metaphysics of love;’ for
another, he wrote on ‘historical reason’: I collect reasons, pure reason,
practical reason, communicative reason, historical reason…” -- Figlio di Vincenzo
e Anna Scalera, si laurea sotto le armi: visse una drammatica esperienza
bellica che lasciò un segno per la vita. Studia all’Istituto Italiano di Studi
Storici, fondato da Croce a Napoli, dove ha tenuto in seguito conferenze e
lezioni. Insegna a Messina e Napoli. Fonda la Hegel-Internationale Vereinigung,
è stato socio delle Accademie napoletane nella Società nazionale di Scienze,
Lettere e Arti e dell’Istituto Lombardo di Milano. Intensa è la sua attività di
pubblicista e di scrittore. Collaborò nell’immediato dopoguerra a giornali come
“La Voce”, “L’Azione”, “Il Giornale”, e in seguito al “Mattino” di Napoli, al
“Tempo” di Roma e alla “Gazzetta di Parma”. Scrisse sul “Mondo” di Mario
Pannunzio, contribuì assiduamente alla “Rivista di Studi Crociani”. Diresse la
nuova serie filosofica della rivista “Criterio”, fondata a Firenze da Ragghianti.
Sin da adolescente frequenta la casa di Croce, scoprendone via via la lezione
di alta umanità e di profondo significato etico-politico. Une alla vocazione
filosofica la militanza politica in nome dei valori della liberal-democrazia.
Partecipa attivamente a “Nord e Sud” di Compagna e alla “Realtà del Mezzogiorno”
di Macera. Cultore delle arti visive, di cinema e di teatro, di musica e di
poesia, si cimenta tra l’altro nella scrittura di 99 Aforismi, antologizzati
nel volume degli “Scrittori italiani di aforismi”. Redasse nel preziose “Note
biografiche di Croce”, raccolte dalla viva voce del filosofo, che furono
oggetto di alcune trasmissioni radio-foniche. La sua vasta biblioteca è a Napoli.
Il nocciolo della sua filosofia sta nel tema del “giudizio”, storico, politico,
prospettico. Alla lezione di Croce, che considera un classico della storia
delle idee, si e costantemente ispirato, riconoscendogli il merito, per lo più
sottaciuto, di aver calato il pensiero nel vivo dell’esperienza storica. In “Esperienza
dello storicismo” distingue, in continuità ideale con gli studi di Antoni, lo
storicismo di matrice vichiano-crociana dal “Historismus” tedesco,
prevalentemente filologico, nella convinzione peraltro che la filosofia dello “spirito”
non fosse una pura e semplice ripresa dell’idealismo hegeliano. Indaga il
nucleo logico della filosofia di Croce individuando, nel nesso delle categorie
conoscitive (teoretica, aletica) e pratiche (buletica, volitiva), l’*uni*-cità or
‘aequi-vocalita’ della dialettica, di opposti e distinti. Fu tra i primi a
confrontarsi con le nuove correnti della fenomenologia, dell’esistenzialismo,
del neo-positivismo e la filosofia analica del linguaggio ordinario, segnalando
nel tema del ‘nulla’ lo scacco definitivo del sistema, insieme con il bisogno
di qualificare l’ ‘irrazionale’ (il pre-razionale), che è il vasto mondo della
non filosofia. Elabora una esaustiva storia del concetto di “dia-lettica” dai
Greco-Romani ai contemporanei (Le Origini della dialettica), approdando infine
alla forma moderna della filosofia nel passaggio dalla “metafisica teologica” alla
metodologia della storia. Ha appreso da Hegel che la dialettica *è* la logica
della filosofia, distinta dalla scienza. Alla tradizione del criticismo
kantiano collega il concetto di “giudizio”, in special modo nella forma della
riflessione estetico-teleologica della terza Critica. Gli si aprirono nel
frattempo squarci significativi sul fattore esistenziale e storico del “non
essere ancora” (il potenziale, l’attuale, il divenire) che lo indusse ad
analizare il concetto di “progresso” tra la crisi del ideale dell’ illuminismo
e la dimensione etico-politica del giudizio “prospettico” – il pre-spettico, lo
spettico, il prospettico -- tra passato, divenire, e avvenire. Il futuro è in
qualche modo pre-vedibile nella prospettiva individuale di chi è chiamato ad
agire in una situazione in sviluppo. Altra cosa sono l’astratta profezia,
l’oracolo, le prassi scientifica, la scommessa (the bet), il “caso” -- che sono
forme di pre-visioni utili, finanche necessarie, ma non trascendentale (Pre-visione).
Proclama il diritto alla filosofia, la lotta per il diritto all’esercizio della
ragione contro il sofisma che limita la libertà, per ridare dignità alla ri-vendicazione
dei diritti umani (Il diritto alla filosofia). Tratta sul rapporto di filosofia
e scienza, riconoscendo a ogni sapere una funzione paritaria nella differenza
della materia e della forma. Non ha punti di partenza né approdi finali, ma
poggia sulla spontaneità creatrice del vitale nel quale Croce, in perenne confronto
critico con Hegel, indica l’origine della dialettica e una scoperta di alta
Eticità. Nell’Utile, da Croce elevato al livello dello spirito, indaga gli
aspetti ineludibili di buona parte della vita umana (la volontà, la passione,
la classificazione), per una comprensione ad ampio raggio del senso del
terrestre. Altre opere: “Critica della ragione storica” (Giannini,
Napoli); “Storicismo” (Giannini, Napoli); “Metafisica e storia” (Giannini,
Napoli); “La linea ed il circolo -- Il progresso: storia di un’idea – storia
lineale, storia ciclica -- La Nuova Accademia, Milano; L’idea di progresso.
Teoria e storia, Giannini, Napoli, “La dia-lettica e la co-loquenza”, Giannini,
Napoli, La materia della filosofia, Giannini, Napoli, Teoria della previsione,
ESI, Napoli; seconda Giannini, Napoli, “Croce interprete di Hegel” Giannini,
Napoli); “Il concetto di storia in Croce, Morano, Napoli; E.S.I., Napoli, Renata
Viti Cavaliere La logica della filosofia, Giannini, Napoli); “Il sofisma e la
libertà” Giannini, Napoli, “Autobiografia minima, Bulzoni, Roma, Interpretazioni.
Da Bruno a Jaspers, Giannini, Napoli “Consenso e dissenso” (Sansoni, Firenze); Intervista
su Croce, A. Fratta, SEN, Napoli, Il diritto alla filosofia, SEN, Napoli, Critica
delle crisi: filosofia, scienze, rivoluzioni” (Cadmo, Roma); “Il progresso
della filosofia, Storia della filosofia con testi e ricerche, Ferraro Napoli, Eutanasia
dei principii logici, Loffredo, Napoli); “Il potere e l’ipotesi. Tappe di una
filosofia delle funzioni, Morano, Napoli, Pensieri sul “Mondo”, R. Viti
Cavaliere, C. Gily, R. Melillo, presentazione di G. Cotroneo, Luciano, Napoli);
“Teoria della previsione, G. Cotroneo e G. Gembillo, Armando Siciliano,
Messina, Le origini della dialettica, F. Rizzo, Rubbettino, Soveria Mannelli,
Scritti su “Criterio”, Introduzione, testi e indici R. Viti Cavaliere e R.
Peluso, Scripta Web, Napoli. "Dizionario Biografico", su
treccani. quartotempoblog, Biografia di
Carmen Moscariello Quarto Tempo, altervista.org. critica M. Biscione,
Interpreti di Croce, Giannini, Napoli G. Gembillo, Un itinerario filosofico, La
Nuova Cultura, Napoli Coppolino, La “scuola” crociana, La Nuova Cultura,
Napoli, V. Mathieu, Storia della filosofia: La filosofia del Novecento, Le
Monnier, Firenze, G. M. Pagano, “Storicismo e azione” (Cadmo, Roma); G.
Cantillo, Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, Napoli, E. Paolozzi, il
valore dei dettagli, in L'identità liberale di una società in trasformazione,
Napoli, La tradizione critica della filosofia. G. Cantillo e R. Viti Cavaliere,
Loffredo, Napoli, R. Viti Cavaliere, Postfazione, La teoria della storia di Croce,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Viti Cavaliere, Profilo in Ead., “Il
giudizio e la regola” (Loffredo, Napoli); “Il diritto alla filosofia, G.
Cotroneo e R. Viti Cavaliere, Rubbettino, Soveria Mannelli R. Viti Cavaliere, Una scelta di lettere di
Carlo Antoni in "Logos", Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
//store.rubbettinoeditore/raffaello-franchini/ Fondo Franchini, Università
“L’Orientale” di Napoli. Raffaello Franchini. Keywords: vitale, avvenire,
divenire, storia, historismus, ragione storica, spirito, dialettica, opposti,
l’opposto, il distinto, aequi-vocalita della dialettica – dialettica come
metodo della filosofia, non della scienza; prospettico, prespetico, spetico,
giudizio, l’utile, storia ciclica, storia lineale, filosofia analitica,
historimus philologicus, critica della ragione storica; Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Franchini” – The Swimming-Pool Library.
FRANCI. (Ferrara). Filosofo. Grice: “I like Franci; for one, he
philosophises and calls his thing ‘studi linguistici,’ for another, he teaches
in a varsity older than mine!” Insegna a Bologna. i suoi interessi si sono
concentrati principalmente sullo studio delle molteplici manifestazioni della
spiritualità. Dopo essersi laureato a Bologna con Heilmann, ha poi compiuto
studi di perfezionamento a Roma sotto la supervisione di Tucci. Direttore del
Dipartimento di Studi Linguistici, presidente dell'Accademia delle Scienze e
direttore della Biblioteca di Discipline Umanistiche presso l'Bologna. È stato
inoltre Accademico effettivo dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di
Bologna; Socio ordinario dell'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo
Oriente, Roma; Membro dell'European Society for Asian Philosophy, Nottingham, Socio
Onorario e membro del Comitato Scientifico dell'Associazione Italia-India;
Consigliere dell'Associazione Italiana di Studi Sanscriti; Vicepresidente del
Centro di Documentazione e Iniziativa per la Pace «Giovanni Favilli»; Membro
del Comitato Direttivo del Centro Studi, Iniziative e Informazioni «Amilcar
Cabral»; Membro del Coordinamento nazionale per l'insegnamento delle culture
afro-asiatiche nella scuola secondaria; Direttore della collana «Studi e testi
orientali». Ha inoltre insegnato presso le Calcutta per tre anni nei primi anni
sessanta e di Firenze. Insegna: Sanscrito
Lingue Arie Moderne dell'India Storia dell'India Moderna e Contemporanea
Filosofie, Religioni e Storia dell'India e dell'Asia Centrale. Gli interessi di
Franci si rivolgano principalmente all'India classica e, in particolare, allo
studio del pensiero mistico (bhakti) e dell'Advaita Vedānta shankariano. Egli
non ha mancato comunque di approfondirne anche gli aspetti moderni e
contemporanei: il ruolo dell'induismo
nell'India d'oggi; problematiche relative alla questione linguistica, con
particolare attenzione alle letterature in bengali e in inglese; studi sul
pensiero classico nell'India d'oggi e i pensatori moderni in generale come
Aurobindo. Altre opere: L'Upadesasahasri (Gadyabhaga) di Sankara: contributo
allo studio del Kevaladvaita” (Bologna); “Recenti sviluppi delle questioni linguistiche
indiane, Bologna); “Alcuni problemi e tendenze della filosofia comparata”
(Bologna); “Yoga ed esicasmo, Trapani, “Saggi indologici, Bologna, La Bhakti:
l'amore di Dio nell'induismo, Fossano); “Studi sul pensiero indiano, Bologna, Piero
Martinetti e "Il sistema Sankhya", Contributi alla storia
dell'orientalismo, Giorgio Renato Franci, Bologna, Luigi Heilmann linguista, indologo,
umanista, Bologna, La benedizione di Babele: contributi alla storia degli studi
orientali e linguistici, e delle presenze orientali, a Bologna, Bologna, L'induismo,
Bologna, Il Mulino, Induismo, prefazione di Gianfranco Ravasifotografie di
Andrea Pistolesi, Milano, Touring Club Italiano, Il Buddhismo, Bologna, Il
Mulino, Yoga, Bologna, Il Mulino, Filosofia indiana Induismo, Treccani
L'Enciclopedia italiana". Giorgio Renato Franci. Keywords: Staal, Grice on
Indian Philosophy – ‘the Indian philosophical culture” “The Western European
philosophical culture” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Franci” – The
Swimming-Pool Library.
FRANCIA. (Firenze). Filosofo. Grice: “Francia is a good one; for
one, he philosophised on ‘not’: “il rifiuto.”” Grice: “Italians use rifiute and
confute – as we do!” – Grice: “Ryle used to say, to provoke Popper, that ‘to
refute’ is pretentious, when “to deny” does!” Figlio
del generale e geografo Orazio e di Gina Mazzoni, dopo gli studi liceali si
laurea Firenze con Carrara, di cui diviene. Insegna a Firenze. Al contempo,
svolse attività di ricerca all'Istituto Nazionale di Ottica di Arcetri, diretto
da Vasco Ronchi. Lavora presso il centro di ricerca ottica della Ducati di
Bologna fino al 1951 quando divennne professore straordinario di onde
elettromagnetiche all'Firenze, quindi ordinario della stessa disciplina nel
1954 all'Istituto Nazionale di Ottica (Arcetri), dopo due anni di ricerca e di
insegnamento all'Rochester. Passa all'Firenze, come ordinario di ottica su una
cattedra appositamente creata per lui. Contemporaneamente, collaborò con
l'Istituto di ricerca sulle microonde del CNR di Firenze, fondato da Nello
Carrara. Fonda e diresse sia l'Istituto di ricerca sulle onde
elettromagnetiche, oggi Istituto di Fisica Applicata del CNR, che l'Istituto di
Elettronica Quantistica (sempre del CNR). Ordinario di fisica superiore presso
l'Firenze rimanendovi fino al 1991, anno del pensionamento, quindi ebbe la nomina
a professore emerito. Altresì presidente della Società italiana di fisica
dal 1968 al 1973, della International Commission for Optics della Società italiana
di logica e filosofia della scienza, del Forum per i problemi della pace e
della guerra e della Scuola di musica di Fiesole, oltre l'ambito scientifico
Torando di Francia ebbe vasti interessi culturali, occupandosi
approfonditamente tra l'altro di filosofia della scienza. Socio nazionale
dell'Accademia Nazionale dei Lincei, era anche un appassionato dantista.
Era padre dell'architetto Cristiano Toraldo di Francia. Si occupa
variamente di fisica matematica, di ottica, di microonde, di laser, di meccanica
quantistica, di elettrodinamica, di fondamenti della fisica, di epistemologia,
di informatica. Tra i suoi contributi principali sono da ricordare, nel campo
dell'ottica, la formulazione del concetto di super-risoluzione (Toraldo
filters) e del principio dell'interferenza inversa (prodromico alla nozione di
olografia), nonché la dimostrazione sperimentale dell'esistenza delle onde
evanescenti (evanescent waves). I suoi contributi più recenti hanno
riguardato la didattica della fisica, la divulgazione della filosofia della
scienza e i rapporti tra scienza e società nonché tra cultura scientifica e
cultura umanistica. Tra l'altro, in collaborazione ha curato e tradotto in
italiano il noto trattato La fisica di Feynman, opera didattica di Richard
Feynman. Altre opere: Fisica per architetti, Edizioni Universitarie, Firenze);
“Onde elettromagnetiche, Zanichelli, Bologna); “Radiazione, Istituto di Fisica,
Università degli Studi di Firenze, Firenze, “Diffrazione” (Einaudi, Torino);
“Il fotone e l’elettrone”; Istituto di Fisica, Università degli Studi di
Firenze, Firenze, “L’accelerazione della particella” Istituto di Fisica,
Università degli Studi di Firenze, Firenze); “Elettrodinamica e radiazione” Istituto
di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze. “Il metodo geometrico ed
il metodo aritmetico della fisica” Istituto di Fisica, Università degli Studi
di Firenze, Firenze, “Radiazione”, Istituto di Fisica, Università degli Studi
di Firenze, Firenze, “Il fisico (Einaudi, Torino); “Il fisico” (Guaraldi, Firenze-Rimini,
Il rifiuto. Considerazioni semiserie di un fisico sul mondo di oggi e di
domani, Einaudi, Torino, Problemi dei fondamenti della fisica, Scuola
Internazionale di Fisica, Varenna sul Lago di Como, Società Italiana di Fisica,
Editrice Compositori, Bologna, Le teorie fisiche. Un'analisi formale (Bollati
Boringhieri, Torino); “L'amico di Platone. L'uomo nell'era scientifica”
(Vallecchi, Firenze); “Le cose e i loro nomi” (Laterza, Roma-Bari); Fisica per il licei” (La Nuova Italia,
Firenze); “La grande avventura della scienza, Istituto di Fisica, Università
degli Studi di Firenze, Firenze, “La scimmia allo specchio. Osservarsi per conoscere”
(Laterza, Roma-Bari); “Un universo troppo semplice. La visione storica e la
visione scientifica del mondo, Feltrinelli, Milano); “Tempo, cambiamento,
invarianza” (Einaudi, Torino, Dialoghi di fine secolo. Ragionamenti sulla
scienza e dintorni” (Giunti, Firenze); “Ex absurdo. Riflessioni di un fisico
ottuagenario, Feltrinelli, Milano); “In fin dei conti, Di Renzo Editore, Roma);
“Il pianeta assediato. Conversazione di fine millennio” Le lettere, Firenze, Nascita
di un uomo moderno, Edizioni CNSL, Recanati, Introduzione alla filosofia della
scienza” (Laterza, Roma-Bari, Metodi matematici della fisica, Edizioni IFAC,
Firenze, . Elettrodinamica e teoria della radiazione (Renzo Vallauri e Daniela
Mugnai), Edizioni IFAC, Firenze. Per le notizie biografiche qui riportate, ci
si riferisce a R. Pratesi, L. Ronchi Abbozzo, "Breve nota sul contributo
scientifico di Giuliano Toraldo di Francia", Quaderni della Società
Italiana di Elettromagnetismo, cfr. anche
aif/fisico/biografia-giuliano-toraldo-di-francia/ Elenco dei Professori di Firenze Archiviato, Florence, Italian
Physical Society, Editrice Compositori, Bologna, R. Pratesi, L. Ronchi Abbozzo,
"Breve nota sul contributo “ ", Quaderni della Società Italiana di
Elettromagnetismo, E. Castellani,
"Nodi d'invarianti: l'eredità", scienziato umanista, Le Scienze, E. Agazzi, "Ricordo", Epistemologia,
Breve nota sul contributo, su elettromagnetismo. Piero Angela, Dialoghi di fine
secolo: ragionamenti sulla scienza e dintorni, Giunti Editore, In ricordo, Riccardo Pratesi, Società italiana
di fisica. Giuliano Toraldo di Francia. Keywords: ex absurdo; scientific
realism, philosophy of physics, foundations of the phystics; geometry and
arithmetics as the methods in physics; observation and perception, ‘what the
eye no longer sees’ – ‘we see with our eyes”; Eddington’s two tables – teoria
relativistica, theory of relativity – theory of the absolute. Particella,
relativita, assoluto/relativo – relative-assoluto – Galilei – H. P. Grice’s
discussion of the ‘relative-absolute’ distinction vis-à-vis R. M. Hare (‘there
are no absolute values’) as cited by colonial philosopher J. L. Mackie in
‘Inventing right and wrong’ ‘absolute value’ ‘relative value’ -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Francia” – The
Swimming-Pool Library.
FRANZINI. (Milano). Filosofo. Grice:
“I like Franzini; for one, he philosophised on aesthetics and passions
(‘passioni’). Sir Geoffrey [Warnock] and I philosophised on the former, if not
the latter!” Si laurea con Giovanni Piana e Dino Formaggio. Insegna a Milano e l'Udine.
Studia Husserl e la fenomenologia, nonché della filosofia francese, ha indagato
sul fronte storico e teoretico alcuni temi cruciali dell'estetica, quali la “creazione”;
“simbolo” (‘to throw two things together, so that the recipient compares
them!); “immagine”; “experienza estetica
inter-soggetiva”. Sulla scorta di una ricognizione della genesi settecentesca
dell' “estetica”, vista quest'ultima come punto di incontro tra doxa ed
episteme, fra sentimento e ragione, fra il noetico e l’estetico, -- “La noetica
di Grice” -- indaga lo statuto dell’estetica e della noetica, approfondendo il
valore volitivo/giudicativo (noetico, contenuto, p) della dimensione pre-categoriale
dell'esperienza (l’estetico). Questo percorso trovato una sintesi che mira alla
definizione di una "fenomenologia del noetico”, no dell’estetico; ossia di
una ‘noesi’ che sappia de-cifrare la ricchezza simbolica dell’estetico –
rappresentazione, immagine. Altre opere: “Dall’estetico al noetico” (Milano,
Unicopli); “Sul bello naturale” (Milano, Guanda); “Il bello naturale creato di
Dio (phusei); il bello ART-ificiale creato dall’ART-ista Vinci (thesei – ex
positione)” (Milano, Unicopli); La figura del diavolo, il discorso del diavolo”
(Milano, Mimesis); “In principio erat verbum” Favola: dal mito al logos
(Milano, Guerini); “In-scriptum, De-scriptum, ex-criptum – (Milano, Cuem); “Le
leggi del cielo, l’estetico e il patico (Milano, Guerini); “Metafora, mimesi,
morfo-genesi, progetto. Architettitura filosofica (Milano, Guerini). La
Fenomenologia” (Milano); “Differenze nello spirito romano” (Milano, Edizioni
dell'Arco); “Mondo possibile: l’interpretazione dell’espressione comunicativa
(Milano, Guerini); “Il senso, il sensibile, il sentimentale, l’ingenuo”
(Milano, Mondadori); “Il senso, sentire, sentimento” (Milano, Bruno Mondadori);
“Percezione e immagine” (Milano, Il Castoro), “Piacere, dispiacere, Gusto e
disgusto” (Milano, Nike); “Fenomenologia pura, fenomenologia impura,
fenomenologia mista – il misto, il puro, l’impuro (Einaudi, Torino); “Cezanne a
Liguria”; “Fenomenologia del noetico: Al di là dell'immagine” (Milano,
Cortina); “Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli enciclopedisti,
Palermo, Aesthetica; "Estetica del bello, noetica del brutto, Palermo,
Aesthetica, Immagine e verita: e vero che il sole si ferma) (Milano, Il
Castoro); “L’estetico dell’espressione comunicativa” (Firenze, Le Monnier);
“L’unicita della ragione; La cosedetta “altra ragione” – il buletico e il
creditum: sensibilità, immaginazione, forma naturale, forma artificiale, forma
create dall’art-ista, Milano, Il Castoro); Il simbolico e il noetico (to throw
to things to be compared, say an Italian flag, and the love of country); Simbolo: figura, materia, e
forma – simbolo materiale – forma noetica – hyle-morphismo” (Milano, Il
Saggiatore); “La lume dell’altre ragione” (Milano, Bruno Mondadori); La
rappresentazione dello spazio – spatium (Milano, Mimesis); ntroduzione
all'estetica, Bologna, Il Mulino); “Arte, bello e interpretazione della natura”
(Milano, Mimesis); Non sparate sull'umanista. La sfida della valutazione (Milano,
Guerini e Associati); “Filosofia della crisi” (Milano, Guerini e
Associati, pre-moderno, Moderno e
postmoderno. Un bilancio, Milano, Raffaello Cortina Editore, ti dà il
benvenuto, su eliofranzini. L'estetica aujourd'hui. Conversazione» Il rasoio di
Occam MicroMega Estetica, filosofia,
vita quotidiana. Conversazione in MicroMega, su unimi Entra in carica oggi, il
rettore su unimi, contiene l'articolo Il
nuovo rettore della Università Statale di Milano prevede di mantenere a Città
Studi un polo di dipartimenti scientifici
Edmund Husserl Fenomenologia Scuola di Milano Elio Franzini. Keywords: Sibley, Strawson,
‘Bounds of Sense” -- simbolo, rappresentazione, immagine, noetico, estetico,
natura, bello, forma, materia, arte. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Franzini”
– The Swimming-Pool Library.
Frixione. (Genova). Filosofo. Grice:
“The Grecians were pretty clear – and Cicero followed suit – surely if I say
‘He made it,’ there is no implicature that he is a poet, even if ‘poeien’ is
strictly, ‘make’!” -- Grice: “Poetry is a good place to apply the idea of
implicature, as in Donne – Nowell-Smith’s favourite obscure poet, and Blake –
mine!” –Insegna a Salerno, Milano, Genova. I suoi interessi di ricerca
includono il linguaggio. Le sue ricerche riguardano il ruolo delle forme di
ragionamento non monotòno nell'ambito e il rapporto tra l’illusione del
perceptum ed il ragionar invalido. Si è anche occupato di modelli di
rappresentazione. È noto anche per la sua attività di poeta d'avanguardia
(segnalata, tra gli altri, da Sanguineti) e per aver fondato e fatto parte del
“Gruppo ‘93”. Altre opere: “Il Significato” FrancoAngeli); “La Funzione e la computabilità”
(Carocci); “Come Ragioniamo, Laterza Editore, Lista delle pubblicazioni da DBLP
Computer Science Bibliography, Universität Trier; Diottrie, Piero Manni,
Ologrammi, Editrice Zona, Insegnamenti Scuola di Scienze Umanistiche, Uiversità
di Genova.. Guida dello Studente, Corso
di Laurea in Filosofia, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Governing
Boards of the Italian Association of Cognitive Sciences. A Cognitive Architecture
for Artificial Vision., in Artificial Intelligence, Elsevier. Francesco Prisco,
Sanguineti: «La letteratura è un gioco che può ancora scandalizzare», in Il
Sole 24 Ore, Angelo Petrella, GRUPPO 93. L'antologia poetica Angelo Petrella,
in Editrice Zona, . Marcello Frixione
scheda nel sito Genova, Dipartimento di Antichità, Filosofia e Storia, Come
ragioniamo recensione di Dario Scognamiglio, ReF Recensioni Filosofiche. Marcello
Frixione. Keywords: poetry, Ezra Pound, Alighieri, “speranza, tela” – Tesauro –
Folco -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Frixione” – The Swimming-Pool Library,
Villa Speranza.
Frontino (catalogued by
it.wiki under “filosofi romani”and ‘scrittori romani’
Frontone
FROSINI. (Catania). Filosofo.
Grice: “I like Frosini; only in Italy a professor of jurisprudence – the
Italian H. L. A. Hart – would care to provide a theatrical ‘reduction’ of a
Sicilian ‘romanzo’! Genial – He has also written on Risorgimento families!” -- «Il progresso tecnologico è la nuova
democrazia di massa» (Vittorio Frosini in'intervistaalla trasmissione RAI
Mediamente ). Considerato il padre dell'Informatica in Italia, si devono a lui
le prime riflessioni generali sulle implicazioni esistenti tra diritto,
tecnologie e attività giudiziarie. Laureatosi alla a Pisa in filosofia e
studia a Catania. Studia la regolamentazione dell'informatica; ha presieduto
l'Associazione Italiana di Diritto dell'Informatica e di Giuritecnica e
l'Istituto di Teoria dell'interpretazione e di informatica giuridica presso la
Facoltà di Giurisprudenza dell'Roma "La Sapienza". Teorico di un
"umanesimo tecnologico" attento ai diritti civili, ha avviato una
ricostruzione sistematica dei problemi dell'informatica consapevole delle
diverse implicazioni economiche e sociali della regolamentazione giuridica. Nel
confronto costante tra diritto e tecnologie, il progresso produce una
evoluzione sociale continua che si riflette nel campo giuridico ed economico
come nei miglioramenti qualitativi dei diversi rapporti con le istituzioni,
favorendo un continuo e immediato confronto fra amministratori e amministrati
entro un rapporto diretto a carattere orizzontale, mentre prima era a carattere
“verticale” e così il cittadino diventa veramente attore della vita civile e
non più suddito. Di qui il profilarsi di una nuova democrazia di massa in cui si
realizza con apparente paradosso una nuova forma di libertà individuale, un
accrescimento della socialità umana che si è allargata sull'ampio orizzonte del
nuovo circuito delle informazioni, un potenziamento, dunque, dell'energia
intellettuale ed operativa del singolo vivente nella comunità». L'opera
centrale di Vittorio Frosini, Professore ed emerito di filosofia del diritto e
di informatica giuridica è indubbiamente “La struttura del diritto”. Il saggio
ebbe immediati riconoscimenti e una notevole fortuna in Italia dove ebbe
sei riedizioni pressoché inalterate. Quale suo autore ricevette un premio
dall'Accademia Nazionale dei Lincei dalle mani del Presidente della Repubblica
Italiana, Antonio Segni. Frosini è peraltro autore di saggi fondamentali
sul rapporto tra tecnologia e diritto quali: “Cibernetica: diritto e
società”; “Informatica, diritto e società” (Milano); “Giuffrè Il giurista e le
tecnologie dell'informazione” (Roma, Bulzoni); “La democrazia nel XXI secolo)”
(Roma, Ideazione ed.; , Macerata, Liberilibri); “La lettera e lo spirito della
legge” (Milano): Giuffrè Teoria e tecnica dei diritti umani” (Napoli, Edizioni
scientifiche Italiane; “Fondamentali sono anche i suoi scritti sulla rivista Informatica
e Diritto: “L'automazione elettronica nella giurisprudenza e nell'Amministrazione
Pubblica”; “La giuritecnica: problemi e proposte”; “Giustizia e informatica”; “La
protezione della riservatezza nella società informatica”; “L'esperienza OCSE
nel potenziamento degli scambi tecnologici connessi alla gestione delle
informazioni”; “L'informatica nella società contemporanea; “Riflessioni sui
contratti d'informatica”; “Il giurista nella società dell'informazione Riconoscimenti
A Vittorio Frosini sono dedicati: il premio nazionale di informatica
giuridica "Vittorio Frosini" della rivista Il diritto
dell'informazione e dell'informatica; la collezione di strumenti di calcolo e
di elaborazione automatica dei dati, utilizzati presso l'Istituto di Teoria
dell'Interpretazione e di Informatica Giuridica dell'Università "La Sapienza"
di Roma. MediaMente: "Il progresso tecnologico e ‘la nuova democrazia di
massa’", su mediamente.rai. "Net freedoms: i diritti di libertà in
rete" Dibattito sul diritto dell'informazione e dell'informatica | RadioRadicale Cfr. Frosini in una lucida testimonianza su
Università, Normale e Collegio Mussolini, Raimondo Cubeddu e Giuseppe
Cavera. Sabino Cassese, Vittorio Frosini
e lo spirito della legge, Il Sole; Frosini, La democrazia nel XXI secolo,
Macerata, Liberi libri, . Fondazione
Piero Calamandrei, Roberto Russano, degli scritti, Milano, A. Giuffrè, Vittorio
Frosini, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. La ‘morfogenesi dell’ordinamento giuridico’
in Vittorio Frosini, in "L'Ircocervo. Rivista elettronica italiana di
metodologia giuridica, teoria generale del diritto e dottrina dello stato"
Genesi filosofica e struttura giuridica della Società dell'informazione,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, su edizioniesi. Vittorio Frosini.
Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Frosini” – The Swimming-Pool Library,
Villa Speranza.
FUSARO. (Torino). Filosofo. Grice: “I like Fusaro –
he philosophised on a critique of conversational reason!” Diplomato al liceo Alfieri
di Torino, si laurea con “Marx” a Torino. Studia a Milano. Insegna Gramsci a
Harvard. Insegna a Milano. Cura “La
ragion populista” su Casa Pound. Membro del Risorgimento Meridionale per l'Italia.
Fonda Vox Italia. Si considera allievo
di Hegel e Marx. Tra gli italiani predilige Gramsci e Gentile. Tra i moderni
cita Spinoza, Fichte e Heidegger, con un'attenzione costante per le origini
romani della filosofia. Si occupa inoltre di storia della filosofia. Tra gli
filosofi studiati ci sono Koselleck, Blumenberg, oltre ai già citati Marx,
Hegel, Gramsci, Gentile, Spinoza e Fichte.
Tratta Marx nell'ottica dell'idealismo, accostando alla critica del
sistema capitalistico elementi dalla tradizione del comunitarismo e del
sovranismo. Segue le orme di Preve. Altre opere: “Speranza: un saggio
filosofico” (Il Prato); “La farmacia di Epicuro: la filosofia come terapia” (Il
Prato). “L’atomismo di Lucrezio: alle radici del materialismo” (Il Prato); “La
schiavitù salariata” (Il Prato); “Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero
rivoluzionario” – cfr. “Bentornato Grice! Rinascita della prammatica” (Bompiani);
“Essere senza tempo: il concetto filosofico d’accelerazione” (Bompiani); “Minima
mercatalia: il capitalismo” (Bompiani); “L'orizzonte in movimento. Modernità e
futuro in Koselleck, Il Mulino); Coraggio, Cortina); “Idealismo e prassi in Gentile”
(Il Melangolo); “Rivolta, dissidenza, scissione” (Barney); “Il futuro è nostro:
filosofia dell'azione” (Bompiani); “Stato commerciale chiuso” (Il Melangolo); “Essere-nel-mondo
e passione” (Feltrinelli); “Europa e capitalismo. Per riaprire il futuro”
(Mimesis); “Peccato nei Grundzüge” (Il Melangolo); “Altrimenti: il dissenso
conversazionale” Einaudi, “Coscienza del precariato” Bompiani “L’ordine
dell’amore” (Rizzoli); Processo alla Rivoluzione (Il Ponte Vecchio); “Marx
idealista: una lettura eretica del materialismo storico” Mimesis); “La notte del
mondo: arte e technica in Heidegger” tecnocapitalismo, UTET, Glebalizzazione.
La lotta di classe al tempo del populismo” (Rizzoli); “Il naturalismo di
Lucrezio” (Bompiani, Marx); “Il Lavoro salariato e capitale, Bompiani, Marx,
Forme di produzione pre-capitalistiche, Bompiani, Marx Friedrich Engels, Manifesto e princìpi
del comunismo, Bompiani, Marx Friedrich Engels, Ideologia” Bompiani, Johann
Gottlieb Fichte, “Missione del dotto, Bompiani); “L’epicureismo romano –
piacere” AlboVersorio, ESE, su uniese. Arriva al Teatro GiordanoFoggia ZON, in
Foggia ZON Curriculum Harvard, Department of Romance Languages, Rai Filosofia,
Diego Fusaro presenta Filosofico.net, su Il
di RAI Cultura dedicato alla filosofia. Diego Fusaro, Il Fatto
Quotidiano, su Il Fatto Quotidiano. 17 febbraio . Diego FusaroL'Interesse Nazionale, su diegofusaro.com. Passa dal marxismo 2.0 alla rivista più
vicina ai cattolici conservatori di CL, in Giornalettismo, Chiude Tempi,
licenziamento immediato per redazione e dipendenti, in L’Huffington Post, La
conversione del filosofo comunista: scriverà per la rivista di estrema destra,
su libero quotidiano, Author at Radio Radio, su Radio Radio. 14 marzo . Perché le turbo-stupidaggini di Fusaro non
fanno ridere ma sono pericolose, su The Vision, Gioia Tauro risultati elezioni
comunali , su corriere. Foligno, ecco l’eventuale giunta M5s: Assessore in
pectore alla cultura, su umbria Comunali Area ITALIA Regione UMBRIA Provincia
PERUGIA Comune FOLIGNO, elezionistorico,
"Valori di destra, idee di sinistra". Fusaro a bomba: nuovo
movimento ultra-sovranista, è l'anti-Salvini?, su libero quotidiano. Il
filosofo che difende il governo del cambiamento. E sogna la guerra tra popolo
ed élite, in Tiscali Notizie, Fusaro, Il capitale: un trionfo dell'idealismo tedesco,
Consorzio Festival filosofia, Il filosofo populista Panorama, in Panorama, In memoria di Preve. Anti-europeismo Euro-scetticismo,
Meridionalismo, protezionismo, questione meridionale Revisionismo del marxismo,
revisionismo del Risorgimento, socialismo nazionale, teoria del ferro di
cavallo, sovranismo diegofusaro.com.
YouTube. openMLOL, HorizonsRadio Radicale. Filosofico.net La filosofia e i suoi eroi. Diego
Fusaro. Keywords: Lucrezio, italianita, romanita, Gramsci, Gentile, arte,
technica, filosofia della storia, peccato. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Fursaro: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library.
FUSCHI. (Cesena). Filosofo. – Grice:
“I like Fuschi, and so does Eco, Rota, and Carlini! Fuschi opposes Aquina’s
truths and turns them into mistakes – since they involve things about the past
– where the apostles kept property – it’s all pretty unverifiable, -- still
Fuschi was thoroughly heretic!” – Grice: “Fuschi is the Italians’ Ockham!” -- Michele da Cesena Affresco di Andrea di
Buonaiuto nel Cappellone degli Spagnoli di Firenze. Al centro c'è papa
Innocenzo VI; in primo piano, tre ecclesiastici che discutono: Guglielmo da
Ockham, Michele da Cesena e l'arcivescovo di Pisa Simone Saltarelli.
Rispettivamente alla destra e alla sinistra del papa vi sono Egidio Albornoz e
Carlo IV di Lussemburgo. Di grande rilievo nelle vicende politiche ed
ecclesiastiche, noto soprattutto per essere stato ministro generale dell'Ordine
francescano. Dopo avere studiato a Parigi, venne eletto alla più alta
carica dell'Ordine francescano durante il capitolo generale tenuto a Napoli.
Durante quel capitolo vennero anche approvate le rinnovate Costituzioni dell'Ordine,
note (per essere state preparate da un gruppo di frati ad Assisi) come
Constitutiones Assisienses. Si distinse subito per una decisa persecuzione
nei confronti degli “spirituali, sostenitori dell'assoluta povertà di Gesù
Cristo e della necessità di una altrettanto rigorosa povertà dell'ordine
francescano. In questa opera di repressione, e appoggiato da Giovanni XXII. Con
le lettere bollate Sancta Romana e Gloriosam Ecclesiam Giovanni XXII
riprova e scomunicava tutti gli spirituali. Si voleva così chiudere il
"caso" della frattura tra gli spirituali e il resto dell'Ordine
francescano (la cosiddetta "comunità"), sospingendo i primi
nell’eresia e nella marginalità. Incalzati dalla persecuzione, Ubertino da
Casale e Angelo Clareno, i maggiori esponenti della corrente spirituale,
dovettero lasciare l'Ordine. A Marsiglia, per la prima volta erano stati bruciati
sul rogo quattro spirituali. Tuttavia, anche i rapporti tra Michele e
Giovanni XXII si deteriorarono. Il papa, infatti, aveva riaperto il dibattito a
proposito della povertà di Cristo, e finì per abolire (con la lettera bollata
Inter nonnullos) la "finzione" giuridica, in vigore fin dal tempo di Niccolò
III (regolamentata con lettera bollata Exiit qui seminat), secondo la quale i francescani
non possedevano nulla né come singoli, né come conventi, né come Ordine, ma era
la Santa Sede a detenere la proprietà di tutti i loro beni che poi venivano
gestiti per mezzo di procuratori. Durante il capitolo di Perugia i Francescani
difesero le loro tesi sulla povertà di Cristo e degli Apostoli, come singoli e
in comune. Il manifesto francescano di Perugia (più precisamente, due lettere
encicliche scritte dal Capitolo e indirizzate a tutti i frati) venne però
condannato dal papa. Ormai lo scontro tra Fuschi e Giovanni XXII era
irreversibile. Il ministro generale venne convocato dal papa ad Avignone e
sospeso dalla sua carica. Venne confermato dai Francescani alla carica di
ministro generale nel capitolo di Bologna. Giovanni XXII gli impose una residenza
forzata ad Avignone, ma fuggì con un piccolo gruppo di frati, tra i quali Occam
e Bonagrazia da Bergamo. I fuggitivi si imbarcarono nel porto di Aigues-Mortes
e raggiunsero a Pisa il campo di Ludovico il aro, candidato al trono del Sacro
Romano Impero. Il papa depose Fuschi dal suo ruolo di ministro generale
con la lettera bollata Cum Michaël de Caesena. Con la lettera bollata Dudum ad
nostri, Fuschi, Occam, e venivano scomunicati. Tale condanna venne rinnovata con
la lettera bollata Quia vir reprobus Michaël de Caesena. Durante il
capitolo generale convocato a Parigi venne eletto ministro generale Oddone. Una
parte comunque minoritaria dell'ordine francescano rimase fedele a Fuschi,
rifiutando di riconoscere l'autorità d’Oddone e del papa stesso, ritenuto
eretico e quindi ipso facto decaduto (nel suo scontro con il papa per la
successione al trono imperiale, Ludovico il aro face eleggere papa Rainalducci
da Corbara con il nome di Niccolò V. Esponente, con Occam e Marsilio da Padova,
del gruppo di intellettuali schierati sul fronte ghibellino e protetti da Ludovico
il aro, Fuschi visse alla corte. Nomina Occam suo successore e vicario,
affidandogli il sigillo dell'Ordine che era ancora in suo possesso. M.
Niccoli nella Enciclopedia Italiana, », C. Dolcini nel Dizionario Biografico
degli Italiani riporta. L’ultimo appello di M. fu pubblicato a Monaco e non si
hanno notizie su di lui. Altre opere: “Appellatio monacensis, Armando Carlini,
Fra Michelino e la sua eresia, prefazione di Renato Serra, Bologna, Nicola
Zanichelli, Cattività avignonese Disputa sulla povertà apostolica, “Il nome
della rosa”; Ordine francescano Riforma spirituale medioevale. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Michele da Cesena e michelisti, -- michelismo e
tomismo -- la voce nel Dizionario del pensiero cristiano alternativo, sito
Eresie Medioevo ereticale: la disputa sulla povertà, su mondi medievali.net.
Predecessore Ministro generale dell'Ordine dei Frati MinoriSuccessoreFrancescocoa.png
Alessandro Bonini Gerardo Odonis Francescanesimo Disputa sulla povertà apostolica
Filosofia. Michele Fuschi. Keywords: “Occam
excommunicated” -- Modified Occam’s Razor”, “Cristo e povero” --
italiani eretici, tomismo, michelismo – Occam scommunicato. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fuschi” – The Swimming-Pool Library.
Gaetani
(Martano).
Filosofo. Grice: “I like Gaetani, for one, he is a duke – and kept beautiful
gardens at Martano – he philosophised on the ‘ottocento’, as any philosopher
from the Novecento would!” Figlio di Carlo, conte di Castelmola, e Giuseppina
Chiriatti. La famiglia Gaetani annovera oltre al ramo dei Castelmola, anche
quello dei Laurenzana, di cui si ricorda il Barone Di Laurenzana, esponente del
movimento radicale. L'insegna araldica dei Castelmola è costituita da uno scudo
forgiato di due strisce blu ondeggianti che lo attraversano in senso
trasversale. I Gaetani, prima Caetani, vantarono alcuni papi, tra cui Bonifacio
VIII. Il padre, Carlo, avvocato, fu
ripetutamente eletto tra le file dei radicali nel Consiglio comunale di Napoli.
Da Napoli attiene, fino a tutta la Grande Guerra, alla cura del patrimonio
fondiario in Martano, acquisito dal matrimonio con Chiriatti. Questa infatti si
era trasferita a Napoli dopo l'uccisione del facoltosissimo padre Paolo,
nell'ambito di una torbida vicenda che vide infine coinvolta la madre di lei,
Maria Fortunato, quale mandante, assieme al prete Mariano, dato che i due erano
in tresca. Diviso il patrimonio tra le due figlie Giuseppina e Paolina
Chiriatti, e la madre stessa, vennero iniziati i lavori di costruzione del palazzo
Chiriatti-Gaetani. A Palazzo Chiriatti-Gaetani la famiglia venne a dimorare mentre
man mano la gestione delle fortune familiari passava in capo a Gaetani, che si
impegna in un'ardua opera di bonifica e di razionalizzazione colturale,
culminata con l'acquisto di diversi macchinari ad alta tecnologia. E però
proprio il malfunzionamento dell'attrezzatura finalizzata all'estrazione
dell'acqua dai pozzi, bene capitale nelle aride campagne della zona, a
determinare l'infiacchimento del capitale di famiglia e il progressivo
indebitamento verso il Banco di Napoli, che culmina con la fine del
fascismo. Frattanto Gaetani, che si fregiava del titolo di duca, a
seguito del matrimonio con la duchessa d'Ascoli, Leopoldina, si dedica alla
filosofia, mentre, del resto, ebbe a ricoprire la carica di Provveditore a
Potenza. La sua filosofia e ispirata dalla Francia, della che fu un grande
amatore, nonostante il fascismo e nonostante la sua adesione al regime, che ad
un certo punto ne impedì la circolazione in Italia. Crociano, segue lo schema
tracciato dal maestro, mentre l'ultimo ricordo della natia Martano fu un canto
dedicato alle tradizioni grike, di cui raccomandava appassionatamente la
conservazione e il culto. Nei giorni
furenti che precedettero il Referendum istituzionale appoggiò in pubblici
comizi la Monarchia, e per questo pagò dazio dovendosi allontanare all'indomani
del voto e rifugiarsi in Napoli, tutto teso negli studi letterari. Altre opere: Villon (Napoli); “Un carteggio
inedito di F. Bozzelli (S. Gaetani, F.Bozzelli), L'Aquila, Masseria, Martano
(Lecce); “Un bilancio letterario” (Roma); “Per onorare un maestro: il Torraca,
Napoli); “Catullo” (Roma); L'Ottocento” (Napoli); La bancarotta del rosso: commedia
in tre atti, Lecce); Per la venuta del Duce” (Lecce); “Bernardo Bellincioni,
Galatina (Lecce); “Il benedettino-cistercense d. Mauro cassoni nel Tempio,
nella scuola, negli studi: ), Leccel “Ricordi di Benedetto Croce, Napoli); Vicende
tipi e figure del Casino dell'Unione, Napoli); Napoli ieri e oggi: passeggiate e
ricordi, Milano-Napoli); Apud Neapolim..., Napoli); Fonti storiche e letterarie
intorno ai martiri di Otranto, Napoli.
Martano Caetani. Salvatore Gaetani. Keywords: l’implicatura di croce --
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gaetani” – The Swimming-Pool Library, Villa
Speranza.
Gagliardi.
(Marino).
Filosofo. Grice: “I like Gagliardi;
I spent some time with medics at Richmond, talking Greek! Anyhow, Gagliardi
shows why the Angles prefer physician – since ‘medicare’ is such a trick!” –
Grice: “Philosophically interesting bit is that Gagliardi applies ‘medico’ and
qualifies it with ‘morale’!” –Nacque a Marino, feudo dei Colonna, nell'area dei
Colli Albani, come riferisce lMoroni nel suo Dizionario di erudizione, e come
riferito dallo stesso Gagliardi nel in "L'idea del vero medico fisico e
morale formato secondo li documenti ed operazioni di Ippocrate" (Roma). In
effetti, il cognome Gagliardi esiste all'epoca a Marino ed è tuttora
tramandato. Fu impegnato in ricerche morfologiche, microscopiche ed anatomo-patologiche
a proposito delle ossa, compiendo importanti scoperte in questo campo: in “Anatomia
delle ossa illustrata con le nuove scoperte", Roma) descrisse per primo la
struttura lamellare delle ossa. Inoltre effettua alcuni esami e ricerche comparative
tra le ossa umane e quelle del vitello. Descrisse probabilmente per primo un
caso di tubercolosi ossea. La sua opera fu piuttosto lodata, e l' “Anatomia” fu
ristampato. Fece importanti studi sul "mal di petto". Filosofa
sull'educazione morale. Diede anche ammonimenti contro i guaritori ciarlatani e
fornì alcuni suggerimenti deontologici.
Abitava nel rione Sant'Angelo, presso via delle Botteghe Oscure. In
questa strada un suo servo fu ucciso misteriosamente nottetempo. Durante le
villeggiature dei papi presso la Villa Pontificia di Castel Gandolfo Gagliardi
ha il privilegio di offrire la frutta al papa. Alessandro VIII gli conferì un
titolo nobiliare, ma non sappiamo quale.
I suoi lavori, conservati nelle maggiori biblioteche di Roma, rivestono
un particolare interesse se anche duecento anni dopo la loro scrittura, il
vice-direttore dell'Ospedale San Martino di Genova, Arata, diede alle stampe
una lettera inedita del Gagliardi sull'itterizia. Si ha svolto un proficuo lavoro
di ricerca su Gagliardi, scoprendo anche una firma del medico in margine ad un
saggio discusso all'Università La Sapienza.
Altre opere: “L'infermo istruito nelle scuole” (Roma); “Consigli
preventivi e curativi in tempo di contagio dati in forma di dialogo” (Roma); “Relazione
de' Mali di Petto che corrono presentemente nell'Archiospedale di Santo Spirito
in Sassia” (Roma); “L'educazione morale” (Roma). “Come sopra l'influenza
catarrale che presentemente regna in Roma e Stato ecclesiastico” (Roma). Note: Si
veda l'annotazione di “Due baiocchi” in "Castelli Romani", Bossi,
Dell'Istoria d'Italia antica, Enciclopedia TreccaniGagliardi, Domenico, Luciano
Sterpellone, I protagonisti della medicina, Girolamo Tiraboschi, Storia della
letteratura italiana, Lucarelli,
Domenico Gagliardi, Giornale de'
letterati d'Italia, Guillermo Olagüe de Ros, La "Relazione de' Male di
Petto" en el ambiente anatomo-clínico romano, in Dynamis: Acta hispanica
ad medicinae scientiarumque historiam illustrandam, Gaetano Moroni, Dizionario
di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Tipografia Emiliani, Antonia
Lucarelli, Memorie marinesi, 1ª ed., Marino, Biblioteca di interesse locale
"Girolamo Torquati", Ordinamento universitario dello Stato Pontificio
Tubercolosi ossea Domenico Gagliardi, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Domenico
Gagliardi. Keywords: “a dull (if at a certain level adequate) answer to the
fundamental question about the conversational categoric imperative”; moralia,
etica, mos, ethos – Grice on morality – morals – educazione – “We learn not to
tell lies from our parents” Hardie, Ethica Nichomachaea, la formazione del
carattere. “Empirical fact we’ve learned
since childhood and it would be difficult to diverge from the practice” – “This
is a dull empirical.” -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gagliardi” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Galetti Enea?
Galilei (Pisa). Filosofo.
Galileo Galilei. Grice: “His father was, like mine, a musician.” – “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si
può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i
caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i
caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali
mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto”. Personaggio chiave della rivoluzione
scientifica, per aver esplicitamente introdotto il metodo scientifico (detto
anche "metodo galileiano" o "metodo sperimentale"), il suo
nome è associato a importanti contributi in fisica e in astronomia. Di primaria
importanza fu anche il ruolo svolto nella rivoluzione astronomica, con il
sostegno al sistema eliocentrico e alla teoria copernicana. I suoi principali
contributi al pensiero filosofico derivano dall'introduzione del metodo
sperimentale nell'indagine scientifica grazie a cui la scienza abbandonava, per
la prima volta, quella posizione metafisica che fino ad allora predominava, per
acquisire una nuova, autonoma prospettiva, sia realistica che empiristica,
volta a privilegiare, attraverso il metodo sperimentale, più la categoria della
quantità (attraverso la determinazione matematica delle leggi della natura) che
quella della qualità (frutto della passata tradizione indirizzata solo alla
ricerca dell'essenza degli enti) per elaborare ora una descrizione razionale
oggettiva[N 6] della realtà fenomenica. Sospettato di eresia e accusato di
voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture,
Galilei fu processato e condannato dal Sant'Uffizio, nonché costretto, il 22
giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche e al confino nella
propria villa di Arcetri. Nel corso dei secoli il valore delle opere di Galilei
venne gradualmente accettato dalla Chiesa, e 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992,
papa Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle
scienze, riconobbe "gli errori commessi" sulla base delle conclusioni
dei lavori cui pervenne un'apposita commissione di studio da lui istituita nel
1981, riabilitando Galilei. La casa natale di Galilei Abitazione
all'800 Abitazione in via Giusti Dal libretto di battesimo di Galileo
riportante come luogo "in Chapella di S.to Andrea", si credeva fino
alla fine dell'800 che Galileo potesse essere nato vicino alla cappella di
Sant'Andrea in Kinseca nella fortezza San Gallo, il che presumeva che il padre
Vincenzo fosse un militare. In seguito fu identificata casa Ammannati, vicino
alla Chiesa di Sant'Andrea Forisportam, come la vera casa natale. Nacque a
Pisa, figlio di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Gli Ammannati,
originari del territorio di Pistoia e di Pescia, vantavano importanti origini; Vincenzo
Galilei invece apparteneva ad una casata più umile, per quanto i suoi antenati
facessero parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo era nato a Santa
Maria a Monte, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di
valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo all'esercizio dell'arte della musica,
per necessità di maggiori guadagni, la professione del commercio. La
famiglia di Vincenzo e di Giulia, contava oltre Galileo: Michelangelo Galilei,
che fu musicista presso il granduca di Baviera, Benedetto Galilei, morto in
fasce. Dopo un tentativo fallito di inserire Galileo tra i quaranta studenti
toscani che venivano accolti gratuitamente in un convitto di Pisa, fu ospitato
"senza spese" da Tebaldi, doganiere della città di Pisa, padrino di
battesimo di Michelangelo Galilei, e tanto amico di Vincenzo da provvedere alle
necessità della famiglia durante le sue lunghe assenze per lavoro. A Pisa,
Galilei conobbe Bartolomea Ammannati che curava la casa del rimasto vedovo
Tebaldi il quale, nonostante la forte differenza d'età, la sposò, probabilmente
per metter fine alle malignità, imbarazzanti per la famiglia Galilei, che si
facevano sul conto della giovane nipote. Successivamente fece i suoi primi
studi a Firenze, prima col padre, poi con un maestro di dialettica e infine
nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa, dove vestì l'abito di
novizio. Vincenzo iscrisse il figlio a Pisa con l'intenzione di fargli studiare
medicina, per fargli ripercorrere la tradizione del suo glorioso antenato
Galileo Bonaiuti e soprattutto per fargli intraprendere una carriera che poteva
procurare lucrosi guadagni. Nonostante il suo interesse per i progressi
sperimentali di quegli anni, la sua attenzione fu presto attratta dalla semiotica,
la logica, e la matematica – lo studio del segno -- che comincia a studiare
dall'estate del 1583, sfruttando l'occasione della conoscenza fatta a Firenze
di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Tartaglia. Caratteristica
del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica:
non di una scienza astratta o formale, ma di una disciplina materiale che
servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche
ingegneristiche. Fu, infatti, la linea di studio "Tartaglia-Ricci"
(prosecutrice, a sua volta, della tradizione facente capo ad Archimede) a
insegnare a Galileo l'importanza della precisione nell'osservazione dei dati e
il lato ‘prammatico’ della ricerca scientifica. È probabile che a Pisa abbia
seguito anche i corsi di filosofia naturale (fisica) tenuti dall'aristotelico
Bonamici. Durante la sua permanenza a Pisa arriva alla sua prima, personale
scoperta, che chiama l' “iso-cronismo” nelle oscillazioni di un pendolo.
Rinuncia a proseguire gli studi di medicina e anda a Firenze, dove approfondì i
suoi nuovi interessi, occupandosi di meccanica e di idraulica. Trova una
soluzione al "problema della corona" di Gerone inventando uno
strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei “corpi”. L'influsso di Archimede e dell'insegnamento
del Ricci si rileva anche nei suoi studi sul centro di gravità dei solidi.
Cerca intanto una regolare sistemazione economica: oltre a impartire lezioni
private a Firenze e a Siena, andò a Roma a richiedere una raccomandazione per
entrare nello Studio di Bologna a Clavius, ma inutilmente, perché a Bologna gli
preferirono alla cattedra Magini. Su invito dell'Accademia Fiorentina tenne due
Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno, difendendo le ipotesi
già formulate da Manetti sulla
topografia dell'Inferno. Galilei si rivolse allora a Monte, matematico
conosciuto tramite uno scambio epistolare su questioni matematiche. Monte e fondamentale
nell'aiutare Galilei a progredire nella carriera universitaria, quando,
superando l'inimicizia di Giovanni de' Medici, un figlio naturale di Cosimo de'
Medici, lo raccoma al fratello cardinale Francesco Maria Del Monte, che a sua
volta parlò con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la
sua protezione, ebbe un contratto triennale per una cattedra a Pisa, dove
espose chiaramente il suo programma, procurandosi subito una certa ostilità
nell'ambiente accademico di formazione aristotelica. Il metodo che sigue e
quello di far dipendere quel che si dice da quel che si è detto, senza mai
supporre come vero quello che si deve spiegare. Questo metodo me l'hanno
insegnato i miei matematici, mentre non è abbastanza osservato da certi
filosofi quando insegnano elementi fisici. Per conseguenza quelli che imparano,
non sanno mai le cose dalle loro cause, ma le credono solamente per fede, cioè
perché le ha dette Aristotele. Se poi sarà vero quello che ha detto Aristotele,
sono pochi quelli che indagano; basta loro essere ritenuti più dotti perché
hanno per le mani maggior numero di testi aristotelici [...] che una tesi sia
contraria all'opinione di molti, non m'importa affatto, purché corrisponda alla
esperienza e alla ragione”. Frutto dell'insegnamento pisano è “De motu
antiquiora”, che raccoglie una serie di lezioni nelle quali egli cerca di dar
conto del problema del movimento. Base delle sue ricerche è il trattato,
pubblicato a Torino, “Diversarum speculationum mathematicarum liber d
Benedetti, uno dei fisici sostenitori della teoria dell'impeto come causa del
moto violento. Benché non si sapesse definire la natura dell’impeto impresso a
un corpo, questa teoria, elaborata da Filopono e poi sostenuta dai fisici parigini,
pur non essendo in grado di risolvere il problema, si opponeva alla
tradizionale spiegazione aristotelica del movimento come prodotto del mezzo nel
quale il corpo animato stesso si muove. A Pisa Galilei non si limitò alle
sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questo periodo le sue “Considerazioni
sul Tasso” che avrebbero avuto un seguito con le Postille all'Ariosto. Si
tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi
volumi della Gerusalemme e dell'Orlando furioso dove, mentre rimprovera al
Tasso la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del
verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar
rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico
di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del
fantasma poetico. La morte del padre lo lasciando l'onere di mantenere tutta la
famiglia: per il matrimonio della sorella Virginia, dovette provvedere alla
dote, contraendo dei debiti, così come avrebbe poi dovuto fare per le nozze
della sorella Livia con Galletti, e altri denari avrebbe dovuto spendere per
soccorrere le necessità della numerosa famiglia del fratello Michelangelo. Del
Monte intervenne ad aiutare nuovamente, raccomandandolo al prestigioso Studio
di Padova, dove era ancora vacante una catedra dopo la morte di Moleti. Le autorità
della Repubblica di Venezia emanarono il decreto di nomina, con un contratto,
prorogabile, di quattro anni e con uno stipendio di 180 fiorini l'anno. Tenne a
Padova il discorso introduttivo e dopo pochi giorni cominciò un corso destinato
ad avere un grande seguito presso gli studenti. Vi sarebbe restato per diciotto
anni, che avrebbe definito «li diciotto anni migliori di tutta la mia età.
Arriva a Venezia solo pochi mesi dopo l'arresto di Bruno a Venezia. Nel
dinamico ambiente di Padova (risultato anche del clima di relativa tolleranza
religiosa garantito dalla Repubblica veneziana), intrattenne rapporti cordiali anche con
personalità di orientamento filosofico lontano dal suo, come Cremonini,
filosofo rigorosamente aristotelico. Frequenta anche i circoli colti e gli
ambienti senatoriali di Venezia, dove strinse amicizia con Sagredo, che Galilei
rese protagonista del suo Dialogo sopra i massimi sistemi, e Sarpi, esperto di
semiotica. È contenuta proprio nella lettera
al frate servita la formulazione della legge sulla caduta dei gravi. Gli
spazii passati dal moto naturale esser in proportione doppia dei tempi, e per
conseguenza gli spazii passati in tempi eguali esser come ab unitate, et le
altre cose. Et il principio è questo: che il mobile naturale vadia crescendo di
velocità con quella proportione che si discosta dal principio del suo moto.
Galileo tiene a Padova lezioni di meccanica: il suo “Trattato di meccaniche” dovrebbe
essere il risultato dei suoi corsi, che avevano avuto origine dalle “Questioni
meccaniche” di Aristotele. A Padova Galileo attrezza con l'aiuto di un
artigiano che abitava nella sua stessa casa, una officina nella quale eseguiva
esperimenti e fabbricava strumenti che vendeva per arrotondare lo stipendio.
Perla macchina per portare l'acqua a livelli più alti ottenne dal Senato veneto
un brevetto ventennale per la sua utilizzazione pubblica. Da anche lezioni
private e ottenne aumenti di stipendio: dai 320 fiorini percepiti annualmente
passa ai 1.000. Una nuova stella fu
osservata d’Altobelli, il quale ne informò Galilei. Luminosissima, fu osservata
successivamente anche da Keplero, che ne fece oggetto di uno studio, il De Stella
nova in pede Serpentarii. Su quel fenomeno astronomico Galileo tenne tre
lezioni, il cui testo non ci è noto, ma contro le sue argomentazioni scrisse un
opuscolo Lorenzini, sedicente aristotelico originario di Montepulciano,su
suggerimento di Cremonini, e intervenne a sua volta con un opuscolo anche
Capra. Interpreta il fenomeno della ‘nuova stella’ come prova della mutabilità
dei cieli, sulla base del fatto che, non presentando la "nuova
stella" alcun cambiamento di parallasse, essa dovesse trovarsi oltre
l'orbita della Luna. A favore della tesi si pubblica “Dialogo de Cecco di
Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova. Ronchitti difende la
validità del metodo della parallasse per determinare la distanza minima di cose
accessibili all'osservatore solo visivamente, quali sono gli astri. Rimane
incerta l'attribuzione del dialogo, se cioè sia opera dello stesso Galilei o di
Spinelli. Compose due trattati sulla fortificazione, la Breve introduzione
all'architettura militare e il Trattato di fortificazione. Fabbricò un compasso,
che descrisse in “Le operazioni del compasso geometrico et militare” (Padova). Il
compasso era strumento già noto e, in forme e per usi diversi, già utilizzato,
né Galileo pretese di attribuirsi particolari meriti per la sua invenzione; ma
Capra lo accusa di aver plagiato una sua precedente invenzione. Ribalta le
accuse di Capra, ottenendone la condanna da parte dei Riformatori dello Studio
padovano e pubblicò una Difesa contro alle calunnie et imposture di Baldessar
Capra milanese, dove ritorna anche sulla precedente questione della nuova
stella. L'apparizione della nuova stella crea grande sconcerto nella società e
Galileo non disdegna di approfittare del momento per elaborare, su commissione,
oroscopi personali, al prezzo di 60 lire venete. Peraltro, e messo sotto accusa
dall'Inquisizione di Padova a seguito di una denuncia di un suo
ex-collaboratore, che lo aveva accusato precisamente di aver effettuato
oroscopi e di aver sostenuto che gli astri determinano le scelte dell'uomo. Il
procedimento, però, fu energicamente bloccato dal Senato della Repubblica
veneta e il dossier dell'istruttoria venne insabbiato, così che di esso non
giunse mai alcuna notizia all'Inquisizione romana, ossia al Sant'Uffizio. Il
caso venne probabilmente abbandonato anche perché Galileo si era occupato di
astrologia natale e non di astrologia pro-gnostica o previsionale. La sua
fama come autore di oroscopi gli portò richieste, e senza dubbio pagamenti più
sostanziosi, da parte di cardinali, principi e patrizi, compresi Sagredo,
Morosini e qualcuno che si interessava a Sarpi. Scambia lettere con Gualterotti,
e, nei casi più difficili, con Brenzoni. Tra i temi natali calcolati e
interpretati figurano quelli delle sue due figlie, Virginia e Livia, e il suo
proprio, calcolato tre volte. Il fatto che si dedicasse a questa attività anche
quando non era pagato per farlo suggerisce che egli vi attribuisse un qualche
valore. Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che
credono in quello che vedono. (if you see that p, because you want that p). Non
sembra che, nella polemica sulla "nuova stella", Galilei si fosse già
pubblicamente pronunciato a favore della teoria elio-centrica di Copernico. Si
ritiene che egli, pur intimamente convinto copernicano, pensasse di non
disporre ancora di prove sufficientemente forti da ottenere invincibilmente l'assenso
della universalità dei filosofi. Tuttavia, espressa privatamente la propria
adesione al copernicanesimo a Keplero – che aveva pubblicato il suo Prodromus
dissertationum cosmographicarum scriveva. Ho già scritto molte argomentazioni e
molte confutazioni degli argomenti avversi, ma finora non ho osato pubblicarle,
spaventato dal destino dello stesso Copernico, nostro maestro. Questi timori,
però, svaniranno proprio grazie al cannocchiale, che Galileo punterà per la
prima volta verso il cielo. Di ottica si erano occupati già Porta nella sua
Magia naturalis e nel De refractione e Keplero negli Ad Vitellionem
paralipomena, opere dalle quali era possibile pervenire alla costruzione del
cannocchiale. Lo strumento fu costruito indipendentemente da Lippershey, un
ottico tedesco naturalizzato olandese. Galileo decise allora di preparare un
tubo di piombo, applicandovi all'estremità due lenti, ambedue con una faccia
piena e con l’altra sfericamente concava nella prima lente e convessa nella
seconda. Quindi, accostando l’occhio alla lente concava, percepii l’astro
abbastanza grande e vicino, in quanto essi apparivano tre volte più prossimi e
nove volte maggiori di quel che risultavano guardati con la sola vista
naturale. Presenta l'apparecchio come sua costruzione al governo di Venezia
che, apprezzando l'invenzione, gli raddoppiò lo stipendio e gli offrì un
contratto vitalizio d'insegnamento. L'invenzione, la riscoperta e la
ricostruzione del cannocchiale non è un episodio che possa destare grande
ammirazione. La novità sta nel fatto che Galileo è il primo a portare questo
strumento, usandolo in maniera prettamente logica e concependolo come un
potenziamento del sentire – il vedere. La grandezza di Galileo nei riguardi del
cannocchiale è stata proprio questa. Supera tutta una serie di ostacoli
concettuali (cf. Galileo sees that the star is nice +> without a telescope –
I could see the cow from the window) -- utilizzando suddetto strumento per
rafforzare le proprie tesi. Grazie al cannocchiale, Galileo propone una
nuova visione del mondo celeste. Giunge alla conclusione che, alle stelle
visibili ad occhio nudo, si aggiungono altre innumerevoli stelle mai scorte
prima d’ora. L'Universo, dunque, diventa più grande; Non c’è differenza di
natura fra la Terra e la Luna. Galileo arreca così un duro colpo alla visione
aristotelico-tolemaica geo-centrica del mondo, sostenendo che la superficie
della Luna non è affatto liscia e levigata bensì ruvida, rocciosa e costellata
di ingenti prominenze. Quindi, tra gli astri, almeno la Luna non possiede i caratteri
di assoluta perfezione che ad essa erano attribuiti dalla tradizione. Inoltre,
la Luna si muove, e allora perché non dovrebbe muoversi anche la Terra che è
simile dal punto di vista della costituzione? Vengono scoperti i un satellite
di Giove, che Galileo denomina “la stelle medicea”. Questa consapevolezza l’offre
l'insperata visione in cielo di un modello più piccolo dell'universo
copernicano. Le scoperte furono pubblicate nel Sidereus Nuncius, una copia del
quale Galileo invia a Cosimo II, insieme con un esemplare del suo cannocchiale
e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da Galileo in un primo tempo
Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera («pianeti medicei»). È evidente
l'intenzione di Galileo di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, molto
probabilmente non soltanto ai fini del suo intento di ritornare a Firenze, ma
anche per ottenere un'influente protezione in vista della presentazione, di
fronte al pubblico degli studiosi, di quelle novità, che certo non avrebbero
mancato di sollevare polemiche. Chiede a Vinta, Primo Segretario di Cosimo
II, di essere assunto allo Studio di Pisa, precisando. Quanto al titolo et
pretesto del mio servizio, io desidererei, oltre al nome di Matematico, che S.
A. ci aggiugnesse quello di “filosofo”, professando io di havere studiato più
anni in filosofia, che mesi in matematica pura. Il governo fiorentino comunica
a Galileo l'avvenuta assunzione come «Matematico primario dello Studio di Pisa
et di” “Filosofo” del Ser.mo Gran Duca, senz'obbligo di leggere e di risiedere
né nello Studio né nella città di Pisa, et con lo stipendio di mille scudi
l'anno, moneta fiorentin. Galileo firma il contratto e raggiunse Firenze.
Qui giunto si premura di regalare a Ferdinando, figlio del granduca Cosimo, la
migliore lente ottica che aveva realizzato nel suo laboratorio organizzato
quando era a Padova dove, con l'aiuto dei mastri vetrai di Murano confezionava
occhialetti sempre più perfetti e in tale quantità da esportarli, come fece con
il cannocchiale mandato all'elettore di Colonia il quale a sua volta lo prestò
a Keplero che ne fece buon uso e che, grato, concluse la sua opera Narratio de
observatis a se quattuor Jovis satellitibus erronibus, così scrivendo. “Vicisti
Galilaee” -- riconoscendo la verità delle scoperte di Galilei. Ferdinando ruppe
la lente. Galilei gli regala qualcosa di meno fragile: una calamita armata, cioè
fasciata da una lamina di ferro, opportunamente posizionata, che ne aumenta la
forza d'attrazione in modo tale che, pur pesando solo sei once, il magnete sollevava
quindici libbre di ferro lavorato in forma di sepolcro. In occasione del trasferimento
a Firenze lascia la sua convivente, la veneziana Marina Gamba, conosciuta a
Padova, dalla quale aveva avuto tre figli: Virginia e Livia, mai legittimate, e
Vincenzio, che riconobbe. Affida a Firenze la figlia Livia alla nonna, con la
quale già convive l'altra figlia Virginia, e lascia Vincenzio a Padova alle
cure della madre e poi, dopo la morte di questa, a Bartoluzzi. In
seguito, resasi difficile la convivenza delle due bambine con Ammannati,
Galileo fece entrare le figlie nel convento di San Matteo, ad Arcetri
(Firenze), costringendole a prendere i voti non appena compiuti i rituali
sedici anni. Virginia assunse il nome di suor Maria Celeste, e Livia quello di
suor Arcangela, e mentre Virginia Galilei si rassegna alla sua condizione e
rimase in contatto epistolare con il padre, Livia non accetta mai
l'imposizione. La pubblicazione del Sidereus Nuncius suscita apprezzamenti ma
anche diverse polemiche. Oltre all'accusa di essersi impossessato, con il
cannocchiale, di una scoperta che non gli apparteneva, fu messa in dubbio anche
la realtà di quanto egli asseriva di aver scoperto. Sia Cremonini, sia Magini,
che sarebbe l'ispiratore del libello “Brevissima peregrinatio contra Nuncium
Sidereum” da Horký, pur accogliendo l'invito di Galilei a guardare attraverso
il telescopio che egli aveva costruito, ritennero di *non* vedere alcun
supposto satellite di Giove. Solo più tardi Magini si ricredette e con
lui anche Clavius, che aveva ritenuto che i satelliti di Giove individuati da
Galilei fossero soltanto un'”illusione” prodotta non direttamente dal corpo di
Galileo mai dalla lente del telescopio. Quest’obiezione e difficilmente
confutabile. Conseguente sia alla bassa qualità del sistema ottico del primo
telescopio, sia all'ipotesi che la lente potessero deformer la vision natural
all’occhio nudo. Un appoggio molto importante fu dato a Galileo da Keplero,
che, dopo un iniziale scetticismo e una volta costruito un telescopio sufficientemente
efficiente, verifica l'esistenza effettiva dei satelliti di Giove, pubblicando
a Francoforte la “Narratio de observatis a se quattuor Jovis satellitibus
erronibus quos Galilaeus Galilaeus mathematicus florentinus jure inventionis
Medicaea sidera nuncupavit”. Poiché i gesuiti del Collegio Romano sono considerati
tra le maggiori autorità scientifiche del tempo, si recò a Roma per presentare
le sue scoperte. Fu accolto con tutti gli onori da Paolo V e da Cesi, che lo
iscrisse nei Lincei. Galileo scrive a Vinta che i gesuiti avendo finalmente
conosciuta la verità dei nuovi Pianeti Medicei, ne hanno fatte da due mesi in
qua continue osservazioni, le quali vanno proseguendo; e le aviamo “riscontrate
con le mie” e si rispondano giustissime. Però, a quel tempo non sapeva ancora
che l'entusiasmo con il quale anda diffondendo e difendendo le proprie scoperte
e teorie suscita resistenze e sospetti precisamente in ambito
ecclesiastico. Bellarmino incarica i matematici vaticani di approntargli
una relazione sulle nuove scoperte fatte da un valente matematico per mezo d'un
istrumento chiamato cannone overo ochiale e la Congregazione del Santo Uffizio precauzionalmente
chiese all'Inquisizione di Padova se fosse mai stato aperto, in sede locale,
qualche procedimento a carico di Galilei. Evidentemente, la Curia Romana
comincia già a intravedere quali conseguenze avrebbero potuto avere questi singolari
sviluppi della filosofia sulla concezione generale del mondo e quindi,
indirettamente, sui sacri principi del cristanensimo. Scrisse il Discorso
intorno alle cose che stanno in su l'acqua, o che in quella si muovono, nel
quale appoggiandosi alla teoria di Archimede dimostra, contro Aristotele, che i
corpi galleggiano o affondano nell'acqua a seconda del loro peso specifico non
della loro forma, provocando la polemica risposta del Discorso apologetico
d'intorno al Discorso di Galileo Galilei di Colombe. Al Pitti, presenti il
granduca, la granduchessa Cristina e Barberini, allora suo grande ammiratore,
diede una pubblica dimostrazione sperimentale dell'assunto, confutando
definitivamente Colombe. Galilei accenna anche alle macchie solari, che
sosteniene di aver già osservate a Padova, senza però darne notizia: scrisse
ancora, l'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti,
pubblicata a Roma dall'Accademia dei Lincei, in risposta a tre lettere di Scheiner
che, indirizzate a Welser, duumviro di Augusta, mecenate delle scienze e amico
dei Gesuiti dei quali era banchiere. A parte la questione della priorità della
scoperta, Scheiner sosteneva erroneamente che le macchie consistevano in sciami
di astri rotanti intorno al Sole, mentre Galileo le considerava materia fluida
appartenente alla superficie del Sole e ruotante intorno ad esso proprio a
causa della rotazione stessa della stella. L'osservazione delle macchie
consentì, quindi, a Galileo la determinazione del periodo di rotazione del Sole
e la dimostrazione che il cielo e la terra non erano due mondi radicalmente
diversi, il primo solo perfezione e immutabilità e il secondo tutto variabile e
imperfetto. Infatti, ribadì a Federico Cesi la sua visione copernicana
scrivendo come il Sole si rivolgesse «in sé stesso in un mese lunare con
rivoluzione simile all'altre de i pianeti, cioè da ponente verso levante
intorno a i poli dell'eclittica: la quale novità dubito che voglia essere il
funerale o più tosto l'estremo e ultimo giudizio della pseudofilosofia,
essendosi già veduti segni nelle stelle, nella luna e nel sole; e sto
aspettando di veder scaturire gran cose dal Peripato per mantenimento della
immutabilità de i cieli, la quale non so dove potrà esser salvata e celata».
Anche l'osservazione del moto di rotazione del Sole e dei pianeti era molto
importante: rendeva meno inverosimile la rotazione terrestre, a causa della
quale la velocità di un punto all'equatore sarebbe di circa 1700 km/h anche se
la Terra fosse immobile nello spazio. La scoperta delle fasi di Venere e
di Mercurio, osservate da Galileo, non era compatibile col modello geocentrico
di Tolomeo, ma solo con quello geo-eliocentrico di Tycho Brahe, che Galileo non
prese mai in considerazione, e con quello eliocentrico di Copernico. Galileo,
scrivendo a Giuliano de' Medici il 1º gennaio 1611, affermava che «Venere
necessarissimamente si volge intorno al sole, come anche Mercurio e tutti li
altri pianeti, cosa ben creduta da tutti i Pittagorici, Copernico, Keplero e
me, ma non sensatamente[N 36] provata, come ora in Venere e in Mercurio». Difese
il modello eliocentrico e chiarì la sua concezione della scienza in quattro
lettere private, note come "lettere copernicane" e indirizzate a
padre Benedetto Castelli, due a monsignor Pietro Dini, una alla granduchessa
madre Cristina di Lorena. L'horror vacui Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Vuoto (filosofia). Secondo la dottrina
aristotelica in natura il vuoto non esiste poiché ogni corpo terreno o celeste
occupa uno spazio che fa parte del corpo stesso. Senza corpo non c'è spazio e
senza spazio non esiste corpo. Sostiene Aristotele che "la natura rifugge
il vuoto" (natura abhorret a vacuo), e perciò lo riempie costantemente;
ogni gas o liquido tenta sempre di riempire ogni spazio, evitando di lasciarne
porzioni vuote. Un'eccezione però a questa teoria era l'esperienza per la quale
si osservava che l'acqua aspirata in un tubo non lo riempiva del tutto ma ne
rimaneva inspiegabilmente una parte che si riteneva fosse del tutto vuota e
perciò dovesse essere colmata dalla Natura; ma questo non si verificava.
Galilei rispondendo a una lettera inviatagli nel 1630 da un cittadino ligure
Giovan Battista Baliani confermò questo fenomeno sostenendo che «la ripugnanza
del vuoto da parte della Natura» può essere vinta, ma parzialmente, e che,
anzi, «lui stesso ha provato che è impossibile far salire l’acqua per
aspirazione per un dislivello superiore a 18 braccia, circa 10 metri e mezzo. Galilei
quindi crede che l'horror vacui sia limitato e non si chiede se in effetti il
fenomeno fosse collegato al peso dell'aria, come dimostrerà Evangelista
Torricelli. La disputa con la Chiesa Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Disputa tra Galileo Galilei e la Chiesa. La
denuncia del domenicano Tommaso Caccini. Il cardinale Roberto Bellarmino Il 21
dicembre 1614, dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze il frate domenicano
Tommaso Caccini lanciava contro certi matematici moderni, e in particolare
contro Galileo, l'accusa di contraddire le Sacre Scritture con le loro concezioni
astronomiche ispirate alle teorie copernicane. Giunto a Roma, il 20 marzo 1615,
Caccini denunciò Galileo in quanto sostenitore del moto della Terra intorno al
Sole. Intanto a Napoli era stato pubblicato il libro del teologo carmelitano
Paolo Antonio Foscarini, la Lettera sopra l'opinione de' Pittagorici e del
Copernico, dedicata a Galileo, a Keplero e a tutti gli accademici dei Lincei,
che intendeva accordare i passi biblici con la teoria copernicana
interpretandoli «in modo tale che non gli contradicano affatto». Bellarmino,
già giudice nel processo di Giordano Bruno, tuttavia affermava che sarebbe
stato possibile reinterpretare i passi della Scrittura che contraddicevano
l'eliocentrismo solo in presenza di una vera dimostrazione di esso e, non accettando
le argomentazioni di Galileo, aggiungeva che finora non gliene era stata
mostrata nessuna, e sosteneva che comunque, in caso di dubbio, si dovessero
preferire le sacre scritture. L'anno dopo il Foscarini verrà, per breve
tempo, incarcerato e la sua Lettera proibita. Intanto il Sant'Uffizio stabilì,
il 25 novembre 1615, di procedere all'esame delle Lettere sulle macchie solari
e Galileo decise di venire a Roma per difendersi personalmente, appoggiato dal
granduca Cosimo: «Viene a Roma il Galileo matematico» – scriveva Cosimo II al
cardinale Scipione Borghese – «et viene spontaneamente per dar conto di sé di
alcune imputazioni, o più tosto calunnie, che gli sono state apposte da' suoi
emuli». Il papa ordinò a Bellarmino di convocare Galileo e di ammonirlo
di abbandonare la suddetta opinione; e se si fosse rifiutato di obbedire, il
Padre Commissario, davanti a un notaio e a testimoni, di fargli precetto di
abbandonare del tutto quella dottrina e di non insegnarla, non difenderla e non
trattarla». Il cardinale Bellarmino diede comunque a Galileo una dichiarazione
in cui venivano negate abiure ma in cui si ribadiva la proibizione di sostenere
le tesi copernicane: forse gli onori e le cortesie ricevute malgrado tutto,
fecero cadere Galileo nell'illusione che a lui fosse permesso quello che ad
altri era vietato. Comparvero nel cielo tre comete, fatto che attirò
l'attenzione e stimolò gli studi degli astronomi di tutta Europa. Fra essi il
gesuita Orazio Grassi, matematico del Collegio Romano, tenne con successo una
lezione che ebbe vasta eco, la Disputatio astronomica de tribus cometis anni
MDCXVIII: con essa, sulla base di alcune osservazioni dirette e di un
procedimento logico-scolastico, egli sosteneva l'ipotesi che le comete fossero
corpi situati oltre al «cielo della Luna» e la utilizzava per avvalorare il
modello di Tycho Brahe, secondo il quale la Terra è posta al centro
dell'universo, con gli altri pianeti in orbita invece intorno al Sole, contro
l'ipotesi eliocentrica. Galilei decise di replicare per difendere la
validità del modello copernicano. Rispose in modo indiretto, attraverso lo
scritto Discorso delle comete di un suo amico e discepolo, Mario Guiducci, ma
in cui la mano del maestro era probabilmente presente. Nella sua replica
Guiducci sosteneva erroneamente che le comete non erano oggetti celesti, ma
puri effetti ottici prodotti dalla luce solare su vapori elevatisi dalla Terra,
ma indicava anche le contraddizioni del ragionamento di Grassi e le sue erronee
deduzioni dalle osservazioni delle comete con il cannocchiale. Il gesuita
rispose con uno scritto intitolato Libra astronomica ac philosophica, firmato
con lo pseudonimo anagrammatico di Lotario Sarsi, attaccava direttamente
Galilei e il copernicanesimo. Galilei a questo punto rispose direttamente:
fu pronto il trattato Il Saggiatore. Scritto in forma di lettera, fu approvato
dagli accademici dei Lincei e stampato a Roma. Dopo la morte di papa Gregorio
XV, con il nome di Urbano VIII saliva al soglio pontificioBarberini, da anni
amico ed estimatore di Galileo. Questo convinse erroneamente Galileo che risorge
la speranza, quella speranza che era ormai quasi del tutto sepolta. Siamo sul
punto di assistere al ritorno del prezioso sapere dal lungo esilio a cui era
stato costrett, come scritto al nipote del papa Francesco
Barberini. Galileo resenta una teoria rivelatasi successivamente erronea
delle comete come apparenze dovute ai raggi solari. In effetti, la formazione
della chioma e della coda delle comete, dipendono dall'esposizione e dalla direzione
delle radiazioni solari, dunque Galilei non aveva tutti i torti e Grassi
ragione, il quale essendo avverso alla teoria copernicana, non poteva che avere
un'idea sui generis dei corpi celesti. La differenza tra le argomentazioni di
Grassi e quella di Galileo era tuttavia soprattutto di metodo, in quanto il
secondo basava i propri ragionamenti sulle esperienze. Galileo scrisse infatti
la celebre metafora secondo la quale la filosofia è scritta in questo
grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi “(io dico
l'universo)” mettendosi in contrasto con Grassi che si richiamava all'autorità
dei maestri del passato e di Aristotele per l'accertamento della verità sulle
questioni naturali. Giunse a Roma per rendere omaggio al papa e strappargli
la concessione della tolleranza della Chiesa nei confronti del sistema
copernicano, ma nelle sei udienze concessegli da Urbano VIII non ottenne da
questi alcun impegno preciso in tal senso. Senza nessuna assicurazione ma con
il vago incoraggiamento che gli veniva dall'esser stato onorato da papa Urbano
– che concesse una pensione al figlio Vincenzio – Galileo ritenne di poter
rispondere finalmente, nel settembre del 1624, alla Disputatio di Francesco
Ingoli. Reso formale omaggio all'ortodossia cattolica, nella sua risposta
Galileo dovrà confutare le argomentazioni anticopernicane dell'Ingoli senza
proporre quel modello astronomico, né rispondere alle argomentazioni
teologiche. Nella Lettera Galileo enuncia per la prima volta quello che sarà
chiamato il principio della relatività galileiana: alla comune obiezione
portata dai sostenitori della immobilità della Terra, consistente
nell'osservazione che i gravi cadono perpendicolarmente sulla superficie
terrestre, anziché obliquamente, come apparentemente dovrebbe avvenire se la
Terra si muovesse, Galileo risponde portando l'esperienza della nave nella
quale, sia essa in movimento uniforme o sia ferma, i fenomeni di caduta o, in
generale, dei moti dei corpi in essa contenuti, si verificano esattamente nello
stesso modo, perché «il moto universale della nave, essendo comunicato all'aria
ed a tutte quelle cose che in essa vengono contenute, e non essendo contrario
alla naturale inclinazione di quelle, in loro indelebilmente si
conserva».[65] Dialogo Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento
in dettaglio: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Galilei comincia
il suo nuovo lavoro, un Dialogo che, confrontando le diverse opinioni degli
interlocutori, gli avrebbe consentito di esporre le varie teorie correnti sulla
cosmologia, e dunque anche quella copernicana, senza mostrare di impegnarsi
personalmente a favore di nessuna di esse. Ragioni di salute e familiari
prolungarono la stesura dell'opera. Dovette prendersi cura della numerosa
famiglia del fratello Michelangelo, mentre il figlio Vincenzio, laureatosi in
legge a Pisa si sposa con Sestilia Bocchineri, sorella di Geri Bocchineri, uno
dei segretari del duca Ferdinando, e di Alessandra. Per esaudire il desiderio
della figlia Maria Celeste, monaca ad Arcetri, di averlo più vicino, affitta
vicino al convento il villino «Il Gioiello». Dopo non poche vicissitudini per
ottenere l'imprimatur ecclesiastico, l'opera venne pubblicata. Nel
Dialogo i due massimi sistemi messi a confronto sono quello geo-centrico e
quello elio-centrico. Tre sono i protagonisti: due sono personaggi reali, amici
di Galileo, Salviati e Sagredo, nello cui palazzo si fingono tenute la
conversazione. Il terzo protagonista è ‘Simplicio,’ un commentatore di
Aristotele, oltre a sottintendere il suo semplicismo scientifico. Simplicio è
il sostenitore del sistema geo-centrico, mentre l'opposizione elio-centrica è
sostenuta da Salviati e Sagredo. Il Dialogo ricevette molti elogi, ma si
diffusero le voci di una proibizione. Riccardi scrive ad Egidi che per ordine
del Papa il “Dialogo” non doveva più essere diffuso. Gli chiedeva di
rintracciare le copie già vendute e di sequestrarle. Il Papa adirato accusa
Galileo di aver raggirato i ministri che avevano autorizzato la pubblicazione.
L’Inquisizione romana sollecita quella fiorentina perché notificasse a Galileo
l'ordine di comparire a Roma entro il mese di ottobre davanti al Commissario
generale del Sant'Uffizio. Galileo, in parte perché malato, in parte perché
spera che la questione potesse aggiustarsi in qualche modo senza l'apertura del
processo, ritarda per tre mesi la partenza; di fronte alla minacciosa
insistenza del Sant'Uffizio, parte per Roma in lettiga. Il processo
comincia con il primo interrogatorio di Galileo, al quale Maculano contesta di
aver ricevuto un precetto con il quale Bellarmino gli avrebbe intimato di abbandonare
la teoria elio-centrica, di non sostenerla in nessun modo e di non insegnarla. Nell'interrogatorio
Galileo nega di aver avuto conoscenza del precetto e sostenne di non ricordare
che nella dichiarazione di Bellarmino vi fossero le parole “quovis modo” (in
qualsiasi modo) e “nec docere” (non insegnare). Incalzato dall'inquisitore,
Galileo non solo ammise di non avere detto cosa alcuna del sodetto precetto, ma
anzi arriva a sostenere che nel detto Dialogo mostra il contrario di detta
opinione del Copernico, e che le ragioni di Copernico sono invalide e non
concludenti. Concluso il primo interrogatorio, Galileo fu trattenuto, pur sotto
strettissima sorveglianza, in tre stanze del palazzo dell'Inquisizione, con
ampia e libera facoltà di passeggiare. Il giorno successivo all'ultimo
interrogatorio, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria
sopra Minerva, presente e inginocchiato Galileo, fu emessa la sentenza dai inquisitori
generali contro l'eretica pravità, nella quale si riassume la lunga vicenda del
contrasto fra Galileo e il cristanesimo, cominciata con lo scritto Delle
macchie solari e l'opposizione dei cristiani al modello Copernicano. Nella
sentenza si sostiene poi che il documento fosse un'effettiva ammonizione a non
difendere o insegnare la teoria copernicana. Imposta l'abiura con cuor
sincero e fede non finta e proibito il Dialogo, e condannato al carcere formale
ad arbitrio nostro e alla pena salutare della recita settimanale dei sette
salmi penitenziali per tre anni, riservandosi l'Inquisizione di moderare, mutare
o levar in tutto o parte le pene e le penitenze. Se la leggenda della frase di
Galileo, «E pur si muove», pronunciata appena dopo l'abiura, serve a suggerire
la sua intatta convinzione della validità del modello copernicano, la conclusione
del processo segna la sconfitta del suo programma di diffusione della filosofia,
fondata sull'osservazione rigorosa dei fatti e sulla loro verifica sperimentale
– contro il cristenesimo che produce esperienze come fatte e rispondenti al suo
bisogno senza averle mai né fatte né osservate – e contro i pregiudizi del
senso comune, che spesso induce a ritenere reale qualunque apparenza: una
filosofia che insegna a non aver più fiducia nell'autorità, nella tradizione e
nel senso commune e che vuole insegnare a pensare. La sentenza di condanna
prevedeva un periodo di carcere a discrezione del Sant'Uffizio e l'obbligo di
recitare per tre anni, una volta alla settimana, i salmi penitenziali. Il
rigore letterale fu mitigato nei fatti. La prigionia consistette nel soggiorno
coatto per cinque mesi presso Palazzo Niccolini, a Trinità dei Monti e di qui,
in Palazzo Piccolomini a Siena. Quanto ai salmi penitenziali, Galileo incarica
di recitarli, con il consenso della Chiesa, la figlia Livia, suora di clausura.
Piccolomini favore Galileo, permettendogli di incontrare personalità della
città e di dibattere questioni scientifiche. A seguito di una lettera che
denunci l'operato, il Sant'Uffizio provvide, accogliendo una stessa richiesta
avanzata in precedenza da Galilei, a confinarlo nell'isolata villa del
Gioiello, che possede nella campagna di Arcetri. Si l’intima di stare da solo,
di non chiamare ne di ricevere alcuno, per il tempo ad arbitrio di Sua Santita.
Solo i familiari poaaono fargli visita, dietro preventiva autorizzazione: anche
per questo motivo gli fu particolarmente dolorosa la morte di Livia. Poté
tuttavia mantenere corrispondenza con amici ed estimatori: a Diodati consolandosi
delle sue sventure che l'invidia e la malignità “mi hanno machinato contro” con
la considerazione che l'infamia ricade sopra i traditori e i costituiti nel più
sublime grado dell'ignoranza. Da Diodati seppe della versione in latino che
Bernegger anda facendo a Strasburgo del suo Dialogo e gli riferì di Rocco, purissimo
peripatetico, e remotissimo dall'intender nulla di filosofia che scrive a
Venezia mordacità e contumelie contro di lui. Questa, e altre lettere,
dimostrano quanto poco Galileo avesse rinnegato le proprie convinzioni
copernicane. Dopo il processo scrive e pubblica “Discorsi e dimostrazioni
matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la mecanica e i moti locali”,
organizzato come un dialogo che si svolge in quattro giornate fra i tre
medesimi protagonisti del precedente Dialogo dei massimi sistemi: Sagredo,
Salviati e Simplicio. Nella prima giornata si tratta della resistenza dei
materiali. La diversa resistenza deve essere legata alla struttura della
particolare materia e Galileo, pur senza pretendere di pervenire a una
spiegazione del problema, affronta l'interpretazione atomistica di Democrito,
considerandola un'ipotesi capace di rendere conto di fenomeni fisici. In
particolare, la possibilità dell'esistenza del vuoto – prevista da Democrito –
viene ritenuta una seria ipotesi scientifica e nel vuoto – ossia
nell'inesistenza di un qualunque mezzo in grado di opporre resistenza – Galileo
sostiene giustamente che tutte le cose discendeno con eguale velocità, in
opposizione con Aristotele che ritiene l'impossibilità concettuale di un moto
in un vuoto. Dopo aver trattato della statica e della leva nella seconda
giornata, nella terza e nella quarta si occupa della dinamica, stabilendo le leggi
del moto uniforme, del moto naturalmente accelerato e del moto uniformemente
accelerato e delle oscillazioni del pendolo. Intraprende corrispondenza
con Bocchineri. La famiglia Bocchineri di Prato aveva dato una giovane, di nome
Sestilia, sorella di Alessandra, per moglie al figlio di Galilei,
Vincenzio. Quando Galilei incontra Bocchineri, questa è una donna che si
è affinata e ha coltivato la sua intelligenza, sposa di Buonamici, un
importante diplomatico che diventerà buon amico di Galilei. Bocchineri e
Galilei si scambiano numerosi inviti per incontrarsi e Galilei non manca di
elogiare l'intelligenza di Bocchineri dato che sì rare si trovano donne che
tanto sensatamente discorrino come ella fa. Con la cecità e l'aggravarsi delle
condizioni di salute è costretto talvolta a rifiutare gli invite NON *SOLO* per
le molte indisposizioni che mi tengono oppresso in questa mia gravissima età,
ma perché son ritenuto ancora in carcere, per quelle cause che benissimo son
note. L'ultima lettera mandata di
"non volontaria brevità". «Vide / sotto l'etereo padiglion rotarsi /
più mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese /
sgombrò primo le vie del firmamento. E tumulato nella Basilica di Santa Croce a
Firenze. Il Cristenesimo mantenne la sorveglianza anche nei confronti degli
allievi. Quando i seguaci diedero vita al Cimento, esso intervenne presso il Granduca,
e il Cimento e sciolto. Convinto della correttezza della cosmologia
copernicana, Galileo era ben consapevole che essa fosse ritenuta in contraddizione
con il testo cristiano che sostenevano invece una concezione geocentrica dell'universo.
Il cristanesimo considera le Sacre Scritture ispirate dallo Spirito Santo, la
teoria eliocentrica poteva essere accettata, fino a prova contraria, soltanto
come semplice ipotesi (“ex supposition”) o modello matematico, senza alcuna
attinenza con la reale posizione dei corpi celesti. Proprio a questa condizione
il “De revolutionibus orbium coelestium” di Copernico non e condannato dalle
autorità ecclesiastiche e menzionato nell'Indice dei libri proibiti. Galileo si
inserì nel dibattito sul rapporto fra scienza e fede con la lettera a Castelli.
Difese il modello copernicano sostenendo che esistono *due* verità
necessariamente non in contraddizione o in conflitto fra loro. La Bibbia è
certamente un testo sacro di ispirazione divina e dello Spirito Santo, ma
comunque scritto in un preciso momento storico con lo scopo di orientare il
lettore verso la comprensione della vera religione. Per questa ragione, come
già avevano sostenuto molti esegeti tra i quali *Lutero* e Keplero, i fatti
della Bibbia sono stati necessariamente scritti in modo tale da poter essere
compresi anche dagli antichi e dalla gente comune. Occorre quindi discernere,
come già sostenuto da Agostino, il messaggio propriamente basato nella fede
dalla descrizione, storicamente connotata ed inevitabilmente narrativa e
didascalica, di fatti, episodi e personaggi. Dal che seguita, che qualunque
volta alcuno, nell'esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono litterale, splicito,
potrebbe, errando esso, far apparire nelle Scritture non solo contraddizioni e
proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora. Poi che
sarebbe necessario dare a Dio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti di un
corpora quasi-umanio, come d'ira, di pentimento, d'odio ed anco tal volta la
dimenticanza delle cose passate e l'ignoranza delle future.” Lettera alla granduchessa
di Toscana. Il noto episodio biblico della richiesta di Giosuè a Dio di fermare
il Sole per prolungare il giorno era usato in ambito ecclesiastico a sostegno
del sistema geo-centrico. Galileo sostenne invece che in quel modo il giorno
non si sarebbe allungato, in quanto nel sistema geo-centrio la rotazione diurna (giorno/notte)
non dipende dal Sole, ma dalla rotazione del Primum Mobile. La Bibbia deve
essere re-interpretata e bisogna “alterar” il “senso” delle parole, e dire che
quando la Scrittura dice che Dio ferma il Sole, voleva dire che ferma 'l primo
mobile, ma che, per accomodarsi alla capacità di quei che sono a fatica idonei
a intender il nascere e 'l tramontar del Sole, lo Spirito Santo dice al
contrario di quel che avrebbe detto parlando a uomini sensati. Nel sistema
elio-centrico la rotazione del Sole sul proprio asse provoca sia la rivoluzione
della Terra attorno al Sole, sia la rotazione diurna (giorno/notte) della Terra
attorno all'asse terrestre. Quindi l'episodio biblico ci mostra manifestamente
la falsità e impossibilità del mondano sistema aristotelico e Tolemaico, e
all'incontro benissimo s'accomoda co 'l Copernicano.. Infatti se Dio avesse
fermato il Sole assecondando la richiesta di Giosuè, ne avrebbe necessariamente
bloccato la rotazione assiale (unico suo movimento previsto nel sistema
copernicano), provocando di conseguenza - secondo Galileo - l'arresto sia della
(ininfluente) rivoluzione annuale, sia della rotazione terrestre diurna
prolungando quindi la durata del giorno. A questo proposito, è interessante la
critica proposta da Koestler, in cui sostiene che Galileo sape meglio di
chiunque altro che se la terra si fermasse bruscamente, montagne, case, città,
crollerebbero come un castello di carte. Il più ignorante dei frati, senza
sapere nulla del momento di inerzia, sape benissimo quel che succedeva quando i
cavalli e la carrozza frenavano di colpo o quando una nave finiva contro gli
scogli. Se si interpreta la Bibbia secondo Tolomeo, il brusco arresto del Sole
non aveva effetti fisici degni di nota e il miracolo rimaneva credibile al pari
di qualsiasi altro miracolo. In base all'interpretazione di Galileo, Giosuè
avrebbe distrutto non soltanto gli Amorrei, ma la terra intera! Sperando di far
passare queste sciocchezze penose, Galileo rivela il suo disprezzo per gli
avversari. Fece analoghe considerazioni in lettere a Dini, le quali destarono
preoccupazione negli ambienti conservatori per le idee innovative, il carattere
polemico e l'ardimento coi quali Galilei sostene che alcuni passi della Bibbia
dovessero venir re-interpretati alla luce del sistema copernicano. Le Sacre Scritture
si occupano di Dio. La filosofia naturale, che fa indagini sulla Natura si fondarsi
su «sensate esperienze» e «necessarie dimostrazioni». La Bibbia e la Natura non
possono contraddirsi perché derivano entrambe da Dio. Di conseguenza, in caso
di discordia apparente, non sarà la scienza a dover fare un passo indietro,
bensì gli interpreti del testo sacro che dovranno cercare al di là del “significato”
splicito superficiale (explicatura). Le Sacre Scritture sono conforme soltanto
"al comun modo del volgo", ossia si adatta non già alle competenze
degli "intendenti", ma ai limiti conoscitivi dell'uomo comune,
velando così con una sorta di “allegoria” il “senso più profondo” di un
enunciato.. Se il “messaggio” “letterale” diverge da un enunciato del filosofo
naturale, non lo può mai il suo “contenuto” "recondito" e più
autentico, ricavabile dall'interpretazione delle Sacre Scriture oltre i suoi “significato”
più epidermico. Circa il rapporto tra filosofia e la rivelazione, celebre è la
sua frase: «intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado,
l'*intenzione* dello Spirito Santo essere d'*in-segn-arci* come si vadia al
cielo, e non come vadia il cielo», usualmente attribuita Baronio. Si noti che,
applicando tale criterio, Galileo non avrebbe potuto usare il passo biblico di
Giosuè per cercare di dimostrare un presunto accordo tra testo sacro e sistema
copernicano o la supposta contraddizione tra la Bibbia e il modello tolemaico.
Deriva invece proprio da tale criterio la teoria di Galileo secondo la quale
esistono *due* sorgenti di *conoscenza* che sono in grado di rivelare la stessa
verità che proviene da Dio. Il primo è le
Sancte Scritture, scritte dal spirito santo in termini comprensibili al
"volgo", che ha essenzialmente valore salvifico e di redenzione
dell'anima, e richiede quindi un'attenta inter-pretazione delle affermazioni
relative ai fenomeni naturali che in essa sono descritti. Il secondo è questo
grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico
l'universo), scritto in simboli», che va letto (decifrato) secondo la ragione
(non la fede) e non va pos-posto alle Sancte Scriture ma, per essere *ben* o
corretamente interpretato, deve essere studiato con gli strumenti di cui Dio –
nostro genitore -- ci ha dotati: sentire, il giudicare, il discorrire. Nella
disputa filosofica di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalla
autorità di luoghi delle Sancte Scritture, ma dall’esperienza sensata (a
posteriori) e dalla di-mostrazioni necessaria (dall’assiomi, a priori): perché,
procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la Natura – la fisi
dei grecchi --, quella come ‘dettatura’ (dictature – dettato ed impiegato) dello
Spirito Santo, e questa ‘dettatura’ come osservantissima esecutrice de gli
ordini di Dio, nostro genitore.” La filosofia – regina scientiarum – La
‘materia’ della filosofia la rende d'importanza primaria (metafisica come
filosofia prima, filosofia naturale come filosofia seconda. La flosofia non pretendere
di pronunciare giudizi su una verità specifica (la porta e chiusa). Al contrario,
se una certa esperienza non si accorda con un assioma, allora e quest’assioma
che deve essere ri-letti alla luce della experienza. Non vi può essere, in
definitiva, dis-accordo tra ragione ed experienza, essendo, per definizione,
entrambe vere. Ma, in caso di *apparente* contraddizione su un fenomeno
naturale, occorre modificare l'interpretazione dell’assioma per adeguarla
all’esperienza. Aristotele – con il suo geo-centrimo -- non differe
sostanzialmente da Galileo. Aristotele ammetteva la necessità di rivedere
l'interpretazione dell’esperienza. Ma nel caso del sistema elio-centrico, Bellarmino
sostenne, ragionevolmente, che non vi fossero una prova conclusive a suo
favore. Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro
del mondo (o nostro sistema pianetario) e la terra nel terzo cielo, e che il
sole (elio) non circonda la terra (gea), ma la terra circonda il sole, allhora
bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono
contrarie, e più tosto dire che “non l'intendiamo” – cf. Grice on metaphor and
‘My neighbour’s three-year old is an adult”), che dire che sia “falso” (‘You’re
the cream in my coffee”, “My neighbour’s three-year old understands Russell’s
Theory of Types”) quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal
dimostratione, fin che non mi sia mostrata. L’ esperienzia di visione –
osservazione -- con gli strumenti allora disponibili, della parallasse stellare
(che si sarebbe dovuta riscontrare come l’effetto dello spostamento della Terra
rispetto al cielo delle stelle fisse) costituiva invece evidenza contraria alla
teoria elio-centrica. In tale contesto, Aristotele ammetteva quindi che si
parlasse di una teoria o ipotesi o modello elio-centrico solo “ex suppositione”
(come ipotesi matematica geometrica o aritmetica). La difesa di Galileo ex
professo (con cognizione di causa e competenza, di proposito e intenzionalmente)
della teoria geo-centrica quale “reale” descrizione fisica del sistema solare e
delle orbite dei pianete si scontrò quindi, inevitabilmente, con la posizione
ufficiale d’Aristotele. Tale contrapposizione sfociò nel processo a Galilei, che
si concluse con la condanna per veemente sospetto di eresia" e l'abiura forzata
delle sue concezioni astronomiche. RiAl di là dal giudizio storico,
giuridico e morale sulla condanna a Galilei, le questioni di carattere
epistemologico filosofico e di “ermeneutica” che furono al centro del processo
sono state oggetto di riflessione da parte di Grice.
che spesso ha citato la
vicenda di Galileo per esemplificare, talora in termini volutamente
paradossali, il suo pensiero in merito a tali questioni. Contro Feyerabend,
sostenitore di un'anarchia epistemologica, Grice sostenne che Aristotele si
attenne alla ragione più che Galilei, e prese in considerazione anche le
conseguenze etiche e sociali della teoria elio-centrica. La sentenza
aristotelica contro Galilei e razionale e giusta, e solo per motivi di
opportunità politica se ne può legittimare la revision. Questa provocazione sarà
poi ripresa da Ratzinger, dando luogo a contestazioni da parte dell'opinione
pubblica. Ma il vero scopo per cui Grice espresso tale provocatoria
affermazione e "solo mostrare la contraddizione di coloro che approvano
l’eliocentrismo di Galileo e condannano il geo-centrismo aristotelico, ma poi
verso il lavoro dei loro contemporanei sono rigorosi come lo erano
gl’aristotelichi ai tempi di Galileo. Nel corso dei secoli che seguirono,
l’aristotelismo modifica la propria posizione nei confronti di Galilei. Il Sant'Uffizio
concesse l'erezione di un mausoleo in suo onore nella chiesa di Santa Croce in
Firenze. Benedetto XIV olse dall'Indice i libri che insegnavano il moto della
Terra (“e pur si muove”) con ciò ufficializzando quanto già di fatto aveva
fatto Alessandro VII con il ritiro di un dicreto. La definitiva
autorizzazione all'”in-segna-mento” del moto della terra e dell'immobilità del
sole arriva con un decreto della Sacra Congregazione dell'inquisizione
approvato da Pio VII. Particolarmente significativo risulta il contributo
di Newman, a pochi anni dalla abilitazione dell'insegnamento dell'eliocentrismo
e quando le teorie di Newton sulla gravitazione risultavano ormai affermate e
provate sperimentalmente. Newman riassume il rapporto dell'elio-centrismo con Aristotele.
«Quando il sistema copernicano comincia a diffondersi, quale aristotelico non
sarebbe stato tentato dall'inquietudine, o almeno dal timore dello scandalo,
per l'apparente contraddizione che esso implicava con una certa autorevole tradizione?
Generalmente si accetta che la terra e immobile e che il sole, fissato in un
solido firmamento, ruota intorno alla terra. Dopo un po' di tempo, tuttavia, e
un'analisi completa, si scoprì che Aristotele non aveva deciso quasi niente su
questioni come questa e che la scienza fisica poteva muoversi in questa sfera
di pensiero quasi a piacere, senza timore di scontrarsi con l’adagio, “Master
dixit””. Newman compie della vicenda Galileo come conferma, e non negazione, di
Aristotele. E certamente un fatto molto significativo, considerando con quanta
ampiezza e quanto a lungo fosse stata sostenuta dai aristotelichi una certa
interpretazione di questa affermazione fisica geo-centrica, che Aristotele non
l'abbia formalmente riconosciuta (la teoria del geocentrismo, ndr). Guardando
alla questione da un punto di vista umano, e inevitabile che essa dovesse far
propria quell'opinione. Ma ora, accertando la nostra posizione rispetto
all’esperienza, troviamo che malgrado gli abbondanti commenti che fin
dall'inizio essa ha sempre fatto su Aristotele, com'è suo compito e suo diritto
fare, tuttavia, è sempre stata indotta a spiegare formalmente Aristotele o a
dar loro un senso di autorità che l’esperienza può mettere in discussione. Paolo
VI fece avviare la revisione del processo e con l'intento di porre una parola
definitiva riguardo a queste polemicheGiovanni Paolo II auspicò che fosse
intrapresa una ricerca interdisciplinare sui difficili rapporti di Galileo con
la Chiesa e istituì una Commissione per lo studio della controversia
tolemaico-copernicana nella quale il caso Galilei si inserisce. Il papa ammise,
nel discorso in cui annuncia l'istituzione della commissione, che"Galileo
ebbe molto a soffrire, non possiamo nasconderlo, da parte di uomini
aristotelichi. Si cancella la condanna e chiarì la sua interpretazione sulla
questione teologica scientifica galileiana riconoscendo che la condanna di Galilei
fu dovuta all'ostinazione di entrambe le parti nel non voler considerare le
rispettive teorie come semplici ipotesi non comprovate sperimentalmente e,
d'altra parte, alla mancanza di perspicacia, ovvero di intelligenza e
lungimiranza, dei filosofi aristotelichi che lo condannarono, incapaci di
riflettere sui propri criteri di interpretazione di Aristotele e responsabili
di aver inflitto molte sofferenze a Galilei. Come dichiara Giovanni Paolo II, come
la maggior parte dei suoi avversari aristotelichi, Galileo non fa distinzione
tra quello che è l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione
sulla natura, di ordine “filosofico”, che esso generalmente richiama. È per
questo che Galilei rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare
come un'ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse
confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un'esigenza del metodo
sperimentale di cui egli fu l’iniziatore. Il problema che si posero dunque i
aristotelichi era quello della compatibilità dell'eliocentrismo e Aristotele.
Così l’esperienza, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi
suppongono, obbligava gl’aristotelichi ad interrogarsi sui loro criteri di
interpretazione di Aristotele. La maggior parte non seppe farlo. Il giudizio
pastorale che richiedeva la teoria copernicana e difficile da esprimere nella
misura in cui il geocentrismo sembrava far parte dell’insegnamento stesso
d’Aristotele. Sarebbe stato necessario contemporaneamente vincere delle
abitudini di pensiero e inventare una pedagogia capace di illuminare il popolo.
La storia del pensiero scientifico del Medioevo e del Rinascimento, che si
comincia ora a comprendere un po' meglio, si può dividere in due periodi, o
meglio, perché l'ordine cronologico corrisponde solo molto approssimativamente
a questa divisione, si può dividere, grosso modo, in tre fasi o epoche,
corrispondenti successivamente a tre differenti correnti di pensiero: prima la
fisica aristotelica; poi la fisica dell'impetus, iniziata, come ogni altra
cosa, dai Greci ed elaborata dalla corrente dei Nominalisti; e infine la fisica
galileiana. Fra le maggiori scoperte che Galilei fece guidato dagli
esperimenti, si annoverano un primo approccio fisico alla relatività, poi noto
come “relatività galileiana”, la scoperta delle quattro lune principali di
Giove, dette appunto “satelliti galileiani” (Io, Europa, “Ganimede” e
Callisto), il principio di inerzia, seppur parzialmente. Compì anche studi
sul moto di caduta dei gravi e riflettendo sui moti lungo i piani inclinati
scoprì il problema del "tempo minimo" nella caduta dei corpi
materiali, e studia varie traiettorie, tra cui la spirale paraboloide e la
cicloide. Nell'ambito delle sue ricerche di matematica – geometria ed
aritmetica -- si avvicinò alle proprietà dell'infinito introducendo un celebre
paradosso di Galileo. Galilei incoraggiò Cavalieri a sviluppare le idee del
maestro e di altri sulla geometria con il metodo degli indivisibili, per
determinare aree e volumi: questo metodo rappresentò una tappa fondamentale per
l'elaborazione del calcolo infinitesimale. Quando Galilei fece rotolare le
sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto da lui stesso, e
Torricelli fece sopportare all’aria un peso che egli stesso sapeva già uguale a
quello di una colonna d’acqua conosciuta fu una rivelazione luminosa per tutti
gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò
che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che essa deve costringere
la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi guidare da lei, per
dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso
e senza un disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria. Galilei
fu uno dei protagonisti della fondazione del metodo scientifico espresso con
linguaggio matematico e pose l'esperimento come strumento a base dell'indagine
sulle leggi della natura, in contrasto con Aristotele e la sua analisi
qualitativa del cosmo. Hanno sin qui la maggior parte dei filosofi creduto che
la superficie della luna fosse pulita tersa e assolutissimamente sferica, e se
qualcuno disse di credere, che ella fusse aspra e muntuosa fu reputato parlare
più presto favolusamente, che filosoficamente. Ora io questa istessa lunare asserisco
il primo, non più per immaginazione, ma per sensata esperienza e necessaria
dimostrazione, che egli è di superficie piena di innumerevoli cavità ed
eminenze, tanto rilevate che di gran lunga superano le terrene montuosità. Già
nella lettera a Welser a proposito della polemica sulle macchie solari, Galilei
si domandava che cosa l'uomo nella sua ricerca vuole arrivare a
conoscere. «O noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera
ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in
notizia d'alcune loro affezioni» Ed ancora: per conoscenza intendiamo
l'arrivare a cogliere i principi primi dei fenomeni o come questi si
sviluppano? «Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e
per fatica non men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle
remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro della sustanza
della Terra che della Luna, delle nubi elementari che delle macchie del Sole;
né veggo che nell'intender queste sostanze vicine aviamo altro vantaggio che la
copia de' particolari, ma tutti egualmente ignoti, per i quali andiamo vagando,
trapassando con pochissimo o niuno acquisto dall'uno all'altro. La ricerca dei
principi primi essenziali comporta dunque una serie infinita di domande poiché
ogni risposta fa nascere una nuova domanda: se noi ci chiedessimo quale sia la
sostanza delle nuvole, una prima risposta sarebbe che è il vapore acqueo ma poi
dovremo chiederci che cos'è questo fenomeno e dovremo rispondere che è acqua,
per chiederci subito dopo che cos'è l'acqua, rispondendo che è quel fluido che
scorre nei fiumi ma questa «notizia dell'acqua» è soltanto «più vicina e
dependente da più sensi», più ricca di informazioni particolari diverse, ma non
ci porta certo la conoscenza della sostanza delle nuvole, della quale sappiamo
esattamente quanto prima. Ma se invece vogliamo capire le «affezioni», le
caratteristiche particolari dei corpi, potremo conoscerle sia in quei corpi che
sono da noi distanti, come le nuvole, sia in quelli più vicini, come l'acqua. Occorre
dunque intendere in modo diverso lo studio della natura. «Alcuni severi
difensori di ogni minuzia peripatetica», educati nel culto di Aristotele,
credono che «il filosofare non sia né possa esser altro che un far gran pratica
sopra i testi di Aristotele» che portano come unica prova delle loro teorie. E
non volendo «mai sollevar gli occhi da quelle carte» rifiutano di leggere
«questo gran libro del mondo» (cioè dall'osservare direttamente i fenomeni),
come se «fosse scritto dalla natura per non esser letto da altri che da
Aristotele, e che gli occhi suoi avessero a vedere per tutta la sua posterità.
Invece i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra
un mondo di carta.A fondamento del metodo scientifico quindi ci sono il rifiuto
dell'essenzialismo e la decisione di cogliere solo l'aspetto quantitativo dei
fenomeni nella convinzione di poterli tradurre tramite la misurazione in numeri
così che si abbia una conoscenza di tipo matematico, l'unica perfetta per
l'uomo che la raggiunge gradatamente tramite il ragionamento così da eguagliare
lo stesso perfetto conoscere divino che la possiede interamente e
intuitivamente. Però...quanto alla verità di che ci danno cognizione le
dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina. Il
metodo galileiano si dovrà comporre quindi di due aspetti principali: sensata
esperienza, ovvero l'esperimento distinto dalla comune osservazione della
natura, che deve infatti seguire a un'attenta formulazione teorica, ovvero a
ipotesi (metodo ipotetico-sperimentale) che siano in grado di guidare
l'esperienza in modo che essa non fornisca risultati arbitrari. Galileo non
ottenne la legge di caduta dei gravi dalla mera osservazione, altrimenti ne
avrebbe dedotto che un corpo cade più rapidamente tanto più è pesante (un sasso
nell'aria arriva prima a terra di una piuma per via dell'attrito). Studiò
invece il moto dei corpi in caduta controllandolo con un piano inclinato,
costruendo cioè un esperimento che gli permettesse di ottenere risultati più
precisi. Anche l'esperimento mentale può essere un utile strumento di
dimostrazione e permise a Galileo di confutare le dottrine aristoteliche sul
moto. necessaria dimostrazione, ovvero un'analisi matematica e rigorosa dei
risultati dell'esperienza, che sia in grado di trarre da questa risultati
universali e ogni conseguenza in modo necessario e non opinabile espressi dalla
legge scientifica. In questo modo Galileo concluse che tutti i corpi nel vuoto
precipitano con una velocità proporzionale al tempo di caduta, anche se
chiaramente non aveva effettuato esperimenti considerando tutti i possibili
corpi con differenti forme e materiali. La dimostrazione va ulteriormente
verificata, con ulteriori esperienze, ovvero il cosiddetto cimento che è
l'esperimento concreto con cui va sempre verificato l'esito di ogni
formulazione teorica. Sintetizzando la natura del metodo galileiano, Rodolfo
Mondolfo infine aggiunge che: «Il vincolo stabilito da Galileo tra
osservazione e dimostrazione le esperienze fatte mediante i sensi e le
dimostrazioni logico-matematiche della loro necessità – era un vincolo
reciproco, non unilaterale: né le esperienze sensibili dell’ osservazione
potevano valere scientificamente senza la relativa dimostrazione della loro
necessità, né la dimostrazione logica e matematica poteva raggiungere la sua
"assoluta certezza oggettiva" come quella della natura senza
appoggiarsi all’ esperienza nel suo punto di partenza e senza trovare la sua
conferma in essa nel suo punto d’ arrivo. È questa l'originalità del metodo
galileiano: avere collegato esperienza e ragione, induzione e deduzione,
osservazione esatta dei fenomeni e elaborazione di ipotesi e questo, non
astrattamente ma, con lo studio di fenomeni reali e con l'uso di appositi
strumenti tecnici. La terminologia scientifica in Galilei Fondamentale è
stato il contributo di Galileo al linguaggio scientifico, sia in campo
matematico, sia, in particolare, nel campo della fisica. Ancora oggi in questa
disciplina molto del linguaggio settoriale in uso deriva da specifiche scelte
dello scienziato pisano. In particolare, negli scritti di Galileo molte parole
sono tratte dal linguaggio comune e vengono sottoposte ad una "tecnificazione",
cioè l'attribuzione ad esse di un significato specifico e nuovo (una forma,
quindi, di neologismo semantico). È il caso di "forza" (seppur non in
senso newtoniano), "velocità", "momento",
"impeto", "fulcro", "molla" (intendendo lo
strumento meccanico ma anche la "forza elastica"),
"strofinamento", "terminatore", "nastro". Un
esempio del modo in cui Galileo nomina gli oggetti geometrici è in un brano dei
Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze: «Voglio
che ci immaginiamo esser levato via l'emisferio, lasciando però il cono e
quello che rimarrà del cilindro, il quale, dalla figura che riterrà simile a
una scodella, chiameremo pure scodella. Come si vede, nel testo ad una
terminologia specialistica ("emisferio", "cono",
"cilindro") si accompagna l'uso di un termine che denota un oggetto
della vita quotidiana, cioè "scodella". Galilei è ricordato nella
storia anche per le sue riflessioni sui fondamenti e sugli strumenti
dell'analisi scientifica della natura. Celebre la sua metafora riportata nel
Saggiatore, dove la matematica viene definita come il linguaggio (o la
semiotica, o i ‘signi’ – il segno -- in cui è scritto libro della natura:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se
prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è
scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un
oscuro laberinto. In questo brano Galilei mette in collegamento le parole
"matematica", "filosofia" e "universo", dando
così inizio a una lunga disputa fra i filosofi della scienza in merito a come
egli concepisse e mettesse in relazione fra loro questi termini. Ad esempio,
quello che qui Galileo chiama "universo" si dovrebbe intendere,
modernamente, come "realtà fisica" o "mondo fisico" in
quanto Galileo si riferisce al mondo materiale conoscibile matematicamente.
Quindi non solo alla globalità dell'universo inteso come insieme delle
galassie, ma anche di qualsiasi sua parte o sottoinsieme inanimato. Il termine
"natura" includerebbe invece anche il mondo biologico, escluso
dall'indagine galileiana della realtà fisica. Per quanto riguarda
l'universo propriamente detto, Galilei, seppur nell'indecisione, sembra
propendere per la tesi che sia infinito: «Grandissima mi par l’inezia di
coloro che vorrebbero che Iddio avesse fatto l’universo più proporzionato alla
piccola capacità del loro discorso che all’immensa, anzi infinita, sua potenza»
Egli non prende una posizione netta sulla questione della finitezza o infinità
dell'universo; tuttavia, come sostiene Rossi, «c'è una sola ragione che lo
inclina verso la tesi dell'infinità: è più facile riferire l'incomprensibilità
all'incomprensibile infinito che al finito che non è comprensibile». Ma Galilei
non prende mai esplicitamente in considerazione, forse per prudenza, la
dottrina di Giordano Bruno di un universo illimitato e infinito, senza un
centro e costituito di infiniti mondi tra i quali Terra e Sole che non hanno
alcuna preminenza cosmogonica. Lo scienziato pisano non partecipa al dibattito
sulla finitezza o infinità dell'universo e afferma che a suo parere la
questione è insolubile. Se appare propendere per l'ipotesi della infinitezza lo
fa con motivazioni filosofiche in quanto, sostiene, l'infinito è oggetto di
incomprensibilità mentre ciò che è finito rientra nei limiti del comprensibile.
Il rapporto fra la matematica di Galileo e la sua filosofia della natura, il
ruolo della deduzione rispetto all'induzione nelle sue ricerche, sono stati
riportati da molti filosofi al confronto fra aristotelici e platonici, al recupero
dell'antica tradizione greca con la concezione archimedea o anche all'inizio
dello sviluppo nel XVII secolo del metodo sperimentale. La questione è
stata così ben espressa dal filosofo medievalista Moody. Quali sono i
fondamenti filosofici della fisica di Galileo e quindi della scienza moderna in
genere? Galileo è sostanzialmente un platonico, un aristotelico o nessuno dei
due? Si limitò, come sostiene Duhem, a rilevare e perfezionare una scienza
meccanica che aveva avuto origine nel Medioevo cristiano e i cui principi
fondamentali erano stati scoperti e formulati da Buridano, da Nicola Oresme e
dagli altri esponenti della cosiddetta "fisica dell’ impetus" del XIV
secolo? Oppure, come sostengono Cassirer e Koyré, voltò le spalle a questa
tradizione dopo averla brevemente processata nella sua dinamica pisana e
ripartì ispirandosi ad Archimede e Platone? Le controversie più recenti su
Galileo sono consistite in larga misura in un dibattito circa il valore
fondamentale e l’ influsso storico che su di lui avevano esercitato le
tradizioni filosofiche, platoniche e aristoteliche, scolastiche e antiscolastiche.
Galileo viveva in un'epoca in cui le idee del platonismo si erano diffuse
nuovamente in tutta Europa e in Italia e probabilmente anche per questa ragione
i simboli della matematica vengono da lui identificati con entità geometriche e
non con numeri. L'uso dell'algebra derivato dal mondo arabo nel dimostrare
relazioni geometriche era invece ancora insufficientemente sviluppato ed è solo
con Leibniz e Isaac Newton che il calcolo differenziale divenne la base dello
studio della meccanica classica. Galileo infatti nel mostrare la legge di
caduta dei gravi si servì di relazioni e similitudini geometriche. Da una
parte, per alcuni filosofi come Alexandre Koyré, Ernst Cassirer, Edwin Arthur
Burtt (1892–1989), la sperimentazione fu certamente importante negli studi di
Galileo e giocò anche un ruolo positivo nello sviluppo della scienza moderna.
La sperimentazione stessa, come studio sistematico della natura, richiede un
linguaggio con cui formulare domande e interpretare le risposte ottenute. La
ricerca di questo linguaggio era un problema che aveva interessato i filosofi
sin dai tempi di Platone e Aristotele, in particolare rispetto al ruolo non
banale della matematica nello studio delle scienze della natura. Galilei si
affida a esatte e perfette figure geometriche che però non possono mai essere
riscontrate nel mondo reale, se non al massimo come rozza
approssimazione. Oggi la matematica nella fisica moderna è utilizzata per
costruire modelli del mondo reale, ma ai tempi di Galileo questo tipo di
approccio non era affatto scontato. Secondo Koyré, per Galileo il linguaggio
della matematica gli permette di formulare domande a priori prima ancora di
confrontarsi con l'esperienza, e così facendo orienta la stessa ricerca delle
caratteristiche della natura attraverso gli esperimenti. Da questo punto di
vista, Galileo seguirebbe quindi la tradizione platonica e pitagorica, dove la
teoria matematica precede l'esperienza e non si applica al mondo sensibile ma
ne esprime la sua intima natura. La visione aristotelica Altri studiosi di
Galilei, come Stillman Drake, Pierre Duhem, John Herman Randall Jr., hanno
invece sottolineato la novità del pensiero di Galileo rispetto alla filosofia
platonica classica. Nella metafora del Saggiatore la matematica è un linguaggio
e non è direttamente definita né come l'universo né come la filosofia, ma è
piuttosto uno strumento per analizzare il mondo sensibile che era invece visto
dai platonici come illusorio. Il linguaggio sarebbe il fulcro della metafora di
Galileo, ma l'universo stesso è il vero obbiettivo delle sue ricerche. In
questo modo secondo Drake, Galileo si allontanerebbe definitivamente dalla
concezione e dalla filosofia platonica per accostarsi invece alla filosofia
aristotelica per cui ogni realtà deve avere in sé stessa le leggi del proprio
costituirsi. La sintesi tra platonismo e aristotelismo Secondo Eugenio Garin
Galileo invece, con il suo metodo sperimentale, vuole identificare nel fatto
osservato "aristotelicamente" una necessità intrinseca, espressa
matematicamente, dovuta al suo legame con la causa divina "platonica"
che lo produce facendolo "vivere". Alla radice di gran parte della
nuova scienza, da Leonardo a Galileo, accanto al desiderio tutto rinascimentale
di non lasciare intentata via alcuna, è viva la certezza che il sapere ha
aperta innanzi a sé la possibilità di una salda cognizione. Se noi
ripercorriamo la Teologia platonica, vi troviamo al centro questa tesi,
largamente e minutamente discussa nel libro secondo: alla mente di Dio sono
presenti tutte le essenze; la divina volontà, che poteva non creare, ha
manifestato la sua generosità col dare concreta e mondana realizzazione alle
eterne idee facendole vivere. La fecondità del concetto di creazione si rivela
nel dono della vita che Dio ha dato, e poteva non dare. Ma la volontà non tocca
quel mondo razionale che costituisce l'eterna ragione divina, il verbo divino,
cui dunque si conforma e si adegua questo mondo il quale, platonicamente,
rispecchia l'ideale razionalità per il tramite dell'intermediario matematico:
"numero, pondere et mensura". La mente umana, raggio del Verbo
divino, è nelle sue radici impiantata essa pure in Dio; è in Dio partecipe in
qualche modo dell'assoluta certezza. La scienza nasce così per il
corrispondersi di questa struttura razionale del mondo, impiantata nell'eterna
sapienza divina, e della mente umana partecipe di questa luce divina di
ragione. Studi sul moto La descrizione quantitativa del movimento
Rappresentazione dell'evoluzione moderna dei diagrammi utilizzati da Galileo
nello studio del moto. Ad ogni punto di una linea corrisponde un tempo e una
velocità (segmento giallo che termina con un punto blu). L'area gialla della figura
così ottenuta corrisponde quindi allo spazio totale percorso nell'intervallo di
tempo (t2-t1). Dilthey vede Keplero e Galilei come le massime espressioni nel
loro tempo di "pensieri calcolatori" che si disponevano a risolvere,
tramite lo studio delle leggi del movimento, le esigenze della moderna società
borghese: «Il lavoro degli opifici urbani, i problemi sorti
dall’invenzione della polvere da sparo e dalla tecnica delle fortificazioni, i
bisogni della navigazione relativamente ad apertura di canali, a costruzione e
armamento di navi, avevano fatto della meccanica la scienza preferita del
tempo. Specialmente in Italia, nei Paesi Bassi e in Inghilterra, questi bisogni
erano assai vivaci, e provocarono la ripresa e continuazione degli studi di
statica degli antichi e le prime ricerche nel nuovo campo della dinamica,
specialmente per opera di Leonardo, del Benedetti e dell'Ubaldi. Galilei fu
infatti uno dei protagonisti del superamento della descrizione aristotelica
della natura del moto. Già nel medioevo alcuni autori, come Giovanni Filopono
nel VI secolo, avevano osservato contraddizioni nelle leggi aristoteliche, ma
fu Galileo a proporre una valida alternativa basata su osservazioni
sperimentali. Diversamente da Aristotele, per il quale esistono due moti "naturali",
cioè spontanei, dipendenti dalla sostanza dei corpi, uno diretto verso il
basso, tipico dei corpi di terra e d'acqua, e uno verso l'alto, tipico dei
corpi d'aria e di fuoco, per Galileo qualunque corpo tende a cadere verso il
basso nella direzione del centro della Terra. Se vi sono corpi che salgono
verso l'alto è perché il mezzo nel quale si trovano, avendo una densità
maggiore, li spinge in alto, secondo il noto principio già espresso da
Archimede: la legge sulla caduta dei gravi di Galileo, prescindendo dal mezzo,
è pertanto valida per tutti i corpi, qualunque sia la loro natura. Per
raggiungere questo risultato, uno dei primi problemi che Galileo e i suoi
contemporanei dovettero risolvere fu quello di trovare gli strumenti adatti a
descrivere quantitativamente il moto. Ricorrendo alla matematica, il problema
era quello di capire come trattare eventi dinamici, come la caduta dei corpi,
con figure geometriche o numeri che in quanto tali sono assolutamente statici e
sono privi di alcun moto. Per superare la fisica aristotelica, che considerava
il moto in termini qualitativi e non matematici, come allontanamento e
successivo ritorno al luogo naturale, bisognava dunque prima sviluppare gli
strumenti della geometria e in particolare del calcolo differenziale, come
fecero successivamente fra gli altri Newton, Leibniz e Cartesio. Galileo riuscì
a risolvere il problema nello studio del moto dei corpi accelerati disegnando
una linea ed associando ad ogni punto un tempo e un segmento ortogonale
proporzionale alla velocità. In questo modo costruì il prototipo del diagramma
velocità-tempo e lo spazio percorso da un corpo è semplicemente uguale all'area
della figura geometrica costruita. I suoi studi e le sue ricerche sul moto dei
corpi aprirono inoltre la via alla moderna balistica. Sulla base degli studi
sul moto, di esperimenti mentali e delle osservazioni astronomiche, Galileo
intuì che è possibile descrivere sia gli eventi che accadono sulla Terra che
quelli celesti con un unico insieme di leggi. Superò quindi in questo modo
anche la divisione fra mondo sublunare e sovralunare della tradizione
aristotelica (per la quale il secondo è governato da leggi diverse da quelle
terrestri e da moti circolari perfettamente sferici, ritenuti impossibili nel
mondo sublunare). Il principio d'inerzia e il moto circolare Sfera sul
piano inclinato Studiando il piano inclinato, Galilei si occupò dell'origine
del moto dei corpi e del ruolo degli attriti; scoprì un fenomeno che è
conseguenza diretta della conservazione dell'energia meccanica e porta a
considerare l'esistenza del moto inerziale (che avviene senza l'applicazione di
una forza esterna). Ebbe così l'intuizione del principio di inerzia, poi
inserito da Isaac Newton nei principi della dinamica: un corpo, in assenza d'attrito,
permane in moto rettilineo uniforme (in quiete se v=0) fino a quando forze esterne
agiscono su di esso. Il concetto di energia non era invece presente nella
fisica del Seicento e solo con lo sviluppo, oltre un secolo più tardi, della
meccanica classica si arriverà ad una precisa formulazione di tale
concetto. Galileo pose due piani inclinati dello stesso angolo di base θ,
uno di fronte all'altro, ad una distanza arbitraria x. Facendo scendere una
sfera da un'altezza h1 per un tratto l1 di quello a SN notò che la sfera,
arrivata sul piano orizzontale tra i due piani inclinati, continua il suo moto
rettilineo fino alla base del piano inclinato di DX. A quel punto, in assenza
d'attrito, la sfera risale il piano inclinato di DX per un tratto l2 = l1 e si
ferma alla stessa altezza (h2 = h1) di partenza. In termini attuali, la
conservazione dell'energia meccanica impone che l'iniziale energia potenziale
Ep = mgh1 della sfera si trasformi - man mano che la sfera discende il primo
piano inclinato (SN) - in energia cinetica Ec = (1/2) mv2 sino alla sua base,
dove vale mgh1 = (1/2) mvmax2. La sfera si muove quindi sul piano orizzontale
coprendo la distanza x tra i piani inclinati con velocità costante vmax, fino
alla base del secondo piano inclinato (DX). Risale poi il piano inclinato di
DX, perdendo progressivamente energia cinetica che si trasforma nuovamente in
energia potenziale, fino a un valore massimo uguale a quello iniziale (Ep =
mgh2 = mgh1), al quale corrisponde velocità finale nulla (v2 = 0). Rappresentazione
dell'esperimento di Galileo sul principio d'inerzia. Si immagini ora di
diminuire l'angolo θ2 del piano inclinato di DX (θ2 < θ1),e di ripetere
l'esperimento. Per riuscire a risalire - come impone il principio di
conservazione dell'energia - alla medesima quota h2 di prima, la sfera dovrà
ora percorrere un tratto l2 più lungo sul piano inclinato di DX. Se si riduce
progressivamente l'angolo θ2, si vedrà che ogni volta aumenta la lunghezza l2
del tratto percorso dalla sfera, per risalire all'altezza h2. Se si porta
infine l'angolo θ2 ad essere nullo (θ2 = 0°), si è di fatto eliminato il piano
inclinato di DX. Facendo ora scendere la sfera dall'altezza h1 del piano
inclinato di SN, essa continuerà a muoversi indefinitamente sul piano
orizzontale con velocità vmax (principio d'inerzia) in quanto, per l'assenza
del piano inclinato di DX, non potrà mai risalire all'altezza h2 (come
prevederebbe il principio di conservazione dell'energia meccanica). Si
immagini infine di spianare montagne, riempire valli e costruire ponti, in modo
da realizzare un percorso rettilineo assolutamente piano, uniforme e senza
attriti. Una volta iniziato il moto inerziale della sfera che scende da un
piano inclinato con velocità costante vmax, questa continuerà a muoversi lungo
tale percorso rettilineo fino a fare il giro completo della Terra, e
ricominciare quindi indisturbata il proprio cammino. Ecco realizzato un
(ideale) moto inerziale perpetuo, che avviene lungo un'orbita circolare,
coincidente con la circonferenza terrestre. Partendo da questo
"esperimento ideale", Galileo sembrerebbe erroneamente ritenere che
tutti i moti inerziali debbano essere moti circolari. Probabilmente per questo
motivo considerò, per i moti planetari da lui (arbitrariamente) ritenuti
inerziali, sempre e solo orbite circolari, rifiutando invece le orbite
ellittiche dimostrate da Keplero. Dunque, ad essere rigorosi, non pare essere
corretto quanto afferma Newton nei "Principia" - fuorviando così
innumerevoli studiosi - e cioè che Galilei avrebbe anticipato i suoi primi due
principi della dinamica. Misura dell'accelerazione di gravità
File:Isocronismo.webm Spiegazione del funzionamento dell'isocronismo nella
caduta dei gravi lungo una spirale su un paraboloide. Galileo riuscì a
determinare il valore che egli credeva costante dell'accelerazione di gravità g
alla superficie terrestre, cioè della grandezza che regola il moto dei corpi
che cadono verso il centro della Terra, studiando la caduta di sfere ben
levigate lungo un piano inclinato, anch'esso ben levigato. Poiché il moto della
sfera dipende dall'angolo di inclinazione del piano, con semplici misure ad
angoli differenti riuscì a ottenere un valore di g solamente di poco inferiore
a quello esatto per Padova (g = 9,8065855 m/s²), nonostante gli errori
sistematici, dovuti all'attrito che non poteva essere completamente
eliminato. Detta a l'accelerazione della sfera lungo il piano inclinato,
la sua relazione con g risulta essere a = g sin θ per cui, dalla misura
sperimentale di a, si risale al valore dell'accelerazione di gravità g. Il
piano inclinato permette di ridurre a piacimento il valore dell'accelerazione
(a < g), facilitandone la misura. Ad esempio, se θ = 6°, allora sin θ =
0,104528 e quindi a = 1,025 m/s². Tale valore è meglio determinabile, con una
strumentazione rudimentale, rispetto a quello dell'accelerazione di gravità (g
= 9,81 m/s²) misurato direttamente con la caduta verticale di un oggetto
pesante. Misura della velocità della luce Guidato dalla similitudine con il
suono, Galileo fu il primo a tentare di misurare la velocità della luce. La sua
idea fu quella di portarsi su una collina con una lanterna coperta da un drappo
e quindi toglierlo lanciando così un segnale luminoso ad un assistente posto su
un'altra collina ad un chilometro e mezzo di distanza: questi non appena avesse
visto il segnale, avrebbe quindi alzato a sua volta il drappo della sua
lanterna e Galileo vedendo la luce avrebbe potuto registrare l'intervallo di
tempo impiegato dal segnale luminoso per giungere all'altra collina e tornare
indietro.Una misura precisa di questo tempo avrebbe consentito di misurare la
velocità della luce ma il tentativo fu infruttuoso data l'impossibilità per
Galilei di avere uno strumento così avanzato che potesse misurare i
centomillesimi di secondo che la luce impiega per percorrere una distanza di
pochi chilometri. La prima stima della velocità della luce fu opera, nel
1676, dell'astronomo danese Rømer basata su misure astronomiche. Apparati
sperimentali e di misura Termometro di Galileo, in un'elaborazione
successiva. Gli apparati sperimentali furono fondamentali nello sviluppo delle
teorie scientifiche di Galileo, che costruì diversi strumenti di misura
originalmente o rielaborandoli sulla base di idee preesistenti. In ambito
astronomico costruì da sé alcuni esemplari di cannocchiale, provvisti di
micrometro per misurare quanto distasse una luna dal suo pianeta. Per studiare
le macchie solari, proiettò con l'elioscopio l'immagine del Sole su un foglio
di carta per poterla osservare in sicurezza senza danni alla vista. Ideò anche
il giovilabio, simile all'astrolabio, per determinare la longitudine usando le
eclissi dei satelliti di Giove. Per studiare il moto dei corpi si servì invece
del piano inclinato con il pendolo per misurare intervalli temporali. Riprese
anche un rudimentale modello di termometro, basato sulla dilatazione dell'aria
al variare della temperatura. Il pendolo Schema di un pendolo Galileo
scoprì nel 1583 l'isocronismo delle piccole oscillazioni di un pendolo; secondo
la leggenda l'idea gli sarebbe venuta mentre osservava le oscillazioni di una
lampada allora sospesa nella navata centrale del Duomo di Pisa, oggi custodita
nel vicino Camposanto Monumentale, nella Cappella Aulla. Questo strumento è
semplicemente composto da un grave, come una sfera metallica, legato ad un filo
sottile e inestensibile. Galileo osservò che il tempo di oscillazione di un
pendolo è indipendente dalla massa del grave e anche dall'ampiezza
dell'oscillazione, se questa è piccola. Scoprì anche che il periodo di
oscillazione {\displaystyle T}T dipende solo dalla lunghezza del filo
{\displaystyle l}l:[135] {\displaystyle T=2\pi {\sqrt {\frac
{l}{g}}}}T=2\pi {\sqrt {\frac {l}{g}}} dove {\displaystyle g}g è
l'accelerazione di gravità. Se ad esempio il pendolo ha {\displaystyle
l=1m}{\displaystyle l=1m}, l'oscillazione che porta il grave da un estremo
all'altro e poi di nuovo indietro ha un periodo {\displaystyle
T=2,0064s}{\displaystyle T=2,0064s} (avendo assunto per {\displaystyle g}g il
valore medio {\displaystyle 9,80665}{\displaystyle 9,80665}). Galileo sfruttò
questa proprietà del pendolo per usarlo come strumento di misura di intervalli
temporali. La bilancia idrostatica Galileo nel 1586, all'età di 22 anni quando
era ancora in attesa dell'incarico universitario a Pisa, perfezionò la bilancia
idrostatica di Archimede e descrisse il suo dispositivo nella sua prima opera
in volgare, La Bilancetta, che circolò manoscritta, ma fu stampata postuma
«Per fabricar dunque la bilancia, piglisi un regolo lungo almeno due braccia, e
quanto più sarà lungo più sarà esatto l'istrumento; e dividasi nel mezo, dove
si ponga il perpendicolo [il fulcro]; poi si aggiustino le braccia che stiano
nell'equilibrio, con l'assottigliare quello che pesasse di più; e sopra l'uno delle
braccia si notino i termini dove ritornano i contrapesi de i metalli semplici
quando saranno pesati nell'acqua, avvertendo di pesare i metalli più puri che
si trovino. Viene anche descritto come si ottiene il peso specifico PS di un
corpo rispetto all'acqua: {\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname
{peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname
{peso\;in\;acqua} }}}{\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname
{peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname {peso\;in\;acqua}
}}}. Ne La Bilancetta si trovano poi due tavole che riportano trentanove pesi
specifici di metalli preziosi e genuini, determinati sperimentalmente da
Galileo con precisione confrontabile con i valori moderni. Il compasso
proporzionale Una descrizione dell'uso del compasso proporzionale fornita
da Galileo Galilei. Il compasso proporzionale era uno strumento utilizzato fin
dal medioevo per eseguire operazioni anche algebriche per via geometrica,
perfezionato da Galileo ed in grado di estrarre la radice quadrata, costruire
poligoni e calcolare aree e volumi. Fu utilizzato con successo in campo
militare dagli artiglieri per calcolare le traiettorie dei proiettili. Galilei
e l'arte Letteratura Gli interessi letterari di Galilei Durante il periodo
pisano Galileo non si limitò alle sole occupazioni scientifiche: risalgono
infatti a questi anni le sue Considerazioni sul Tasso che avranno un seguito
con le Postille all'Ariosto. Si tratta di note sparse su fogli e annotazioni a
margine nelle pagine dei suoi volumi della Gerusalemme liberata e dell'Orlando
furioso dove, mentre rimprovera al Tasso «la scarsezza della fantasia e la
monotonia lenta dell'immagine e del verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo
lo svariare dei bei sogni, il mutar rapido delle situazioni, la viva elasticità
del ritmo, ma l'equilibrio armonico di questo, la coerenza dell'immagine
l'unità organica – pur nella varietà – del fantasma poetico. Galilei scrittore.
D'altro più non si cura fuorché d'essere inteso» (Giuseppe Parini) «Uno
stile tutto cose e tutto pensiero, scevro di ogni pretensione e di ogni
maniera, in quella forma diretta e propria in che è l'ultima perfezione della
prosa.» (Francesco De Sanctis, Storia della Letteratura Italiana) Dal
punto di vista letterario, Il Saggiatore è considerata l'opera in cui si
fondono maggiormente il suo amore per la scienza, per la verità e la sua
arguzia di polemista. Tuttavia, anche nel Dialogo sopra i due massimi sistemi
del mondo si apprezzano pagine di notevole livello per qualità della scrittura,
vivacità della lingua, ricchezza narrativa e descrittiva. Infine Italo Calvino
affermò che, a suo parere, Galilei è stato il maggior scrittore di prosa in
lingua italiana, fonte di ispirazione persino per Leopardi. L'uso della lingua
volgare L'uso del volgare servì a Galileo per un duplice scopo. Da una parte
era finalizzato all'intento divulgativo dell'opera: Galileo intendeva
rivolgersi non solo ai dotti e agli intellettuali ma anche a classi meno colte,
come i tecnici che non conoscevano il latino ma che potevano comunque
comprendere le sue teorie. Dall'altro si contrappone al latino della Chiesa e
delle diverse Accademie che si basavano sul principio di auctoritas,
rispettivamente biblico ed aristotelico. Si viene a delineare una rottura con
la tradizione precedente anche per quanto riguarda la terminologia: Galileo, a
differenza dei suoi predecessori, non trae spunti dal latino o dal greco per
coniare nuovi termini ma li riprende, modificandone l'accezione, dalla lingua
volgare. Galileo, inoltre, dimostrò atteggiamenti diversi nei confronti delle
terminologie esistenti: terminologia meccanica: cauto accoglimento;
terminologia astronomica: non respinge i vocaboli che l'uso abbia già accolto o
tenda ad accogliere. Li utilizza, però, come strumenti, insistendo sul loro
valore convenzionale ("le parole o imposizioni di nomi servono alla
verità, ma non si devono sostituire a essa). Lo scienziato poi segnala gli
errori che nascono quando il nome travisa la realtà fisica o che nascono dalla
suggestione esercitata dagli usi comuni di un vocabolo sul significato figurato
assunto come termine scientifico; per evitare questi errori, egli fissa
esattamente il significato dei singoli vocaboli: sono preceduti o seguiti da
una descrizione; terminologia peripapetica: rifiuto totale che si manifesta con
la sua messa in ridicolo, servendosene come puri suoni in un gioco di
alternanze e rime. Arti figurative «L'Accademia e Compagnia dell'Arte del
Disegno fu fondata da Cosimo I de' Medici nel 1563, su suggerimento di Giorgio
Vasari, con l'intento di rinnovare e favorire lo sviluppo della prima
corporazione di artisti costituitasi dall'antica compagnia di San Luca. Annoverò
tra i primi accademici personalità come Buonarroti, Bartolomeo Ammannati,
Agnolo Bronzino, Francesco da Sangallo. Per secoli l'Accademia rappresentò il
più naturale e prestigioso centro di aggregazione per gli artisti operanti a
Firenze e, al tempo stesso, favorì il rapporto fra scienza e arte. Essa
prevedeva l'insegnamento della geometria euclidea e della matematica e
pubbliche dissezioni dovevano preparare al disegno. Anche uno scienziato come
Galileo Galilei fu nominato membro dell'Accademia fiorentina delle Arti del
Disegno. Galileo, infatti, prese pure parte alle complesse vicende riguardanti
le arti figurative del suo periodo, soprattutto la ritrattistica, approfondendo
la prospettiva manieristica ed entrando in contatto con illustri artisti
dell'epoca (come il Cigoli), nonché influenzando in modo consistente, con le
sue scoperte astronomiche, la corrente naturalistica. Superiorità della pittura
sulla scultura Per Galileo nell'arte figurativa, come nella poesia e nella
musica, vale l'emozione che si riesce a trasmettere, a prescindere da una
descrizione analitica della realtà. Ritiene inoltre che tanto più dissimili
sono i mezzi usati per rendere un soggetto dal soggetto stesso, tanto maggiore
l'abilità dell'artista. Perciocché quanto più i mezzi, co' quali si imita, son
lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è maravigliosa.” Ludovico
Cardi, detto il Cigoli, fiorentino, fu pittore al tempo di Galileo; ad un certo
punto della sua vita, per difendere il suo operato, chiese aiuto al suo amico
Galileo: doveva, infatti, difendersi dagli attacchi di quanti ritenevano la
scultura superiore alla pittura, in quanto ha il dono della tridimensionalità,
a discapito della pittura semplicemente bidimensionale. Galileo rispose con una
lettera. Egli fornisce una distinzione tra valori ottici e tattili, che diventa
anche giudizio di valore sulle tecniche scultoree e pittoriche: la statua, con
le sue tre dimensioni, inganna il senso del tatto, mentre la pittura, in due
dimensioni, inganna il senso della vista. Galilei attribuisce quindi al pittore
una maggiore capacità espressiva che non allo scultore poiché il primo, tramite
la vista, è in grado di produrre emozioni meglio di quanto faccia il secondo
mediante il tatto. “A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa
gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno
dipinti che scolpiti, perché ella gli scolpe e gli colora.” Il padre di Galileo
era un musicista (liutista e compositore) e teorico musicale molto noto ai suoi
tempi. Galileo fornì un contributo fondamentale alla comprensione dei fenomeni
acustici, studiando in modo scientifico l'importanza dei fenomeni oscillatori
nella produzione della musica. Scoprì anche la relazione che intercorre fra la
lunghezza di una corda in vibrazione e la frequenza del suono emessa. Nella
lettera a Lodovico Cardi, Galileo scrive: «Non ammireremmo noi un musico,
il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d'un amante ci
muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? ... E molto
più lo ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti
patetici musicali, ciò facesse...» (Opere XI) mettendo sullo stesso piano
la musica vocale e quella strumentale, dato che nell'arte sono importanti solo
le emozioni che si riescono a trasmettere. Dediche Banconota da 2.000
lire con la raffigurazione di Galileo 2 euro commemorativi italiani per
il 450º anniversario della nascita di Galileo Galilei A Galileo sono stati
dedicati innumerevoli tipi di oggetti ed enti, naturali o creati
dall'uomo: la Galileo Regio, una regione della superficie del satellite
Ganimede; l'asteroide 697 Galilea; una sonda spaziale, la Galileo; un sistema
di posizionamento spaziale, il sistema Galileo; il gal (unità di
accelerazione); il Telescopio Nazionale Galileo (TNG), situato sull'isola di La
Palma (Spagna); l'aeroporto internazionale "Galileo Galilei" di Pisa;
un gruppo musicale giapponese, Galileo Galilei; un album degli Haggard dal
titolo "Eppur si muove"; una canzone scritta e interpretata dal
cantautore pugliese Caparezza intitolata "Il dito medio di Galileo";
il sottomarino Galileo Galilei; una nave da guerra italiana, la Galileo
Galilei; la banconota da 2.000 lire; una canzone Messer Galileo cantata da
Edoardo Pachera durante la 52ª edizione dello Zecchino d'Oro; una società,
produttrice di strumenti scientifici, ottici ed astronomici e denominata
Officine Galileo; una moneta commemorativa da 2 euro nel 2014 per il 450º
anniversario della sua nascita; un supercomputer di potenza di calcolo pari a
circa 1 PetaFlop, installato presso il consorzio interuniversitario CINECA e
classificato per diverso tempo fra le prime 500 strutture di calcolo al mondo;
una cattedra di storia della scienza dell'Università di Padova, detta appunto
cattedra galileiana, istituita per Enrico Bellone a cui poi successe William R.
Shea che la resse fino al 2011, più la Scuola Galileiana di Studi Superiori
della stessa università, nonché l'Accademia galileiana di scienze, lettere ed
arti di Padova. Galileo Day Galileo Galilei viene ricordato con celebrazioni
presso istituzioni locali il 15 febbraio, il Galileo Day, giorno della sua
nascita. Altre opere: La bilancetta (postuma), Tractatio de praecognitionibus
et precognitis and Tractatio de demonstration. Le mecaniche, Le operazioni del
compasso geometrico et militare, Sidereus Nuncius, Discorso intorno alle cose che stanno in su
l'acqua, Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti
(pubblicato dall'Accademia dei Lincei), 1613 (su archive.org, BEIC) Discorso
sopra il flusso e il reflusso del mare, Roma, Il Discorso delle Comete, Il
Saggiatore, Roma, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Firenze, Due
nuove scienze, Leida, Trattato della sfera, Roma 1656 (su BEIC) Lettere Lettera
al Padre Benedetto Castelli, Lettera a Madama Cristina di Lorena, Lettera a Pietro
Dini, Edizione nazionale Opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale, a cura
di Antonio Favaro, Firenze, G. Barbera, Le opere di Galileo Galilei. Edizione
nazionale sotto gli auspicii di Sua Maestà il Re d'Italia. Firenze, Tipografia di G. Barbera, Le opere di
Galileo Galilei, Edizione Nazionale, Appendice, Firenze, Giunti, 2013 ss. in
quattro volumi: Vol. 1: Iconografia galileiana, a cura di F. Tognoni, Carteggio,
a cura di M. Camerota e P. Ruffo, con la collaborazione di M. Bucciantini, Testi,
a cura di A. Battistini, M. Camerota, G. Ernst, R. Gatto, M. Helbing e P.
Ruffo, Documenti, a cura di M. Camerota e P. Ruffo (Edizione digitale delle
Opere Letteratura e teatro Vita di Galileo è il titolo di un'opera teatrale di Brecht
in più versioni, a partire dalla prima risalente agli anni 1938-39. Gli ultimi
anni di Galileo Galilei è il titolo di un'opera teatrale giovanile di Ippolito
Nievo. Galileo è uno spettacolo teatrale del 2010 di Francesco Niccolini e
Marco Paolini. Film Galileo Galilei è un cortometraggio sullo scienziato
pisano. Galileo è un film di Cavani. Galileo si chiama anche il film di Joseph
Losey tratto dal dramma Vita di Galileo di Bertolt Brecht. Per testuali parole
di Puccianti, Galileo fu veramente cultore e propugnatore della Natural
Filosofia: in effetti egli fu matematico, astronomo, fondatore della Fisica nel
senso attuale di questa parola; e queste varie discipline considerò sempre e
trattò come intimamente connesse tra loro, e insieme ad altri studi vari, come
diversi aspetti e atteggiamenti di una stessa attività dello spirito: filosofo
dunque, anche perché portò su questa attività la riflessione e la critica; ma
non incurante delle conseguenze o, come ora si direbbe, delle applicazioni
pratiche. I problemi più importanti e centrali lo impegnarono per tutta la
durata della sua vita scientifica, non con continua opera su ciascuno di essi,
ma con ritorni successivi sempre più approfonditi e più generali, e in fine
risolutivi» (da: Luigi Puccianti, Storia della fisica, Firenze, Felice Le Monnier,
Fondamentali furono inoltre le sue idee e riflessioni critiche sui concetti
fondamentali della meccanica, in particolare quelle sul movimento. Tralasciando
l'ambito prettamente filosofico, dopo la morte di Archimede, il tema del
movimento cessò di essere oggetto di analisi quantitativa e discussione formale
allorché Gerardo di Bruxelles, vissuto nella seconda metà del XII secolo, nel
suo Liber de motu riprese la definizione di velocità, già peraltro considerata
dal matematico del III secolo a.C. Autolico di Pitane, avvicinandosi alla
moderna definizione di velocità media come rapporto fra due quantità non
omogenee quali la distanza e il tempo (cfr. Gerard of Brussels, "The
Reduction of Curvilinear Velocities to Uniform Rectilinear Velocities",
edito da Clagett, in Grant, A Source Book in Medieval Science, Cambridge (MA),
Harvard University Press, e Mazur,
Zeno's Paradox. Unraveling the Ancient Mystery Behind the Science of Space and
Time, New York/London, Plume/Penguin Books, Ltd., Achille e la tartaruga. Il
paradosso del moto da Zenone a Einstein, a cura di Claudio Piga, Milano, Il
Saggiatore, Grazie al perfezionamento del telescopio, che gli permise di
effettuare notevoli studi e osservazioni astronomiche, fra cui quella delle
macchie solari, la prima descrizione della superficie lunare, la scoperta dei
satelliti di Giove, delle fasi di Venere e della composizione stellare della
Via Lattea. Per maggiori notizie, si veda: Luigi Ferioli, Appunti di ottica
astronomica, Milano, Editore Ulrico Hoepli, Cfr. pure Vasco Ronchi, Storia
della luce, IBologna, Nicola Zanichelli Editore, Dal punto di vista storico,
un'ipotesi autenticamente "eliocentrica" fu quella di Aristarco di
Samo, poi sostenuta e dimostrata da Seleuco di Seleucia. Il modello copernicano
invece, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, è
"eliostatico" ma non "eliocentrico" (vedi nota seguente).
Il sistema di Keplero, poi, non è né "eliocentrico" (il Sole occupa
infatti uno dei fuochi dell'orbita ellittica di ciascun pianeta che gli ruota
attorno) né "eliostatico" (a causa del moto di rotazione del Sole
attorno al proprio asse). La descrizione newtoniana del sistema solare, infine,
eredita le caratteristiche cinematiche (i.e., orbite ellittiche e moto
rotatorio del Sole) di quella kepleriana ma spiega causalmente, tramite la
forza di gravitazione universale, la dinamica planetaria. ^ A proposito del
modello copernicano: «È da notare che, sebbene il Sole sia immobile, tutto il
sistema [solare] non ruota intorno ad esso, ma intorno al centro dell'orbita
della Terra, la quale conserva ancora un ruolo particolare nell'Universo. Si
tratta cioè, più che di un sistema eliocentrico, di un sistema eliostatico.»
(da G. Bonera, Dal sistema tolemaico alla rivoluzione copernicana, E non più
soggettiva, come era stata fino ad allora condotta. ^ Secondo Giorgio Del
Guerra, nella casa sita al n. 24 dell'attuale via Giusti in Pisa (G. Del
Guerra, La casa dove, in Pisa, nacque Galileo Galilei, Pisa, Tipografia
Comunale. Verosimilmente, Galileo non dovette avere buoni rapporti con la madre
se non ricorda mai gli anni della sua infanzia come un periodo felice. Il
fratello Michelangelo ebbe occasione di scrivere a questo proposito a Galileo,
quasi augurandosene l'ormai imminente dipartita: «[...] di nostra madre intendo,
con non poca meraviglia, che sia ancora così terribile, ma poiché è così
discaduta, ce ne sarà per poco, sì che finiranno le lite.» Un Tommaso Ammannati
fu fatto cardinale da Clemente VII nel 1385, mentre il fratello Bonfazio
Ammannati ottenne la porpora da uno dei successori di Clemente, l'antipapa
Benedetto XIII; quanto a Giacomo Ammannati Piccolomini, cardinal, fu umanista,
continuatore dei Commentarii di Pio II e autore di una Vita dei papi che è
andata perduta. ^ Si ricorda un Tommaso Bonaiuti, che fece parte del governo di
Firenze dopo la cacciata del Duca di Atene e un Galileo Bonaiuti, medico noto
al suo tempo e gonfaloniere di giustizia, il cui sepolcro nella Basilica di
Santa Croce divenne la tomba dei suoi discendenti; a partire da Galileo Bonaiuti,
il cognome della famiglia cambiò in Galilei. ^ Così scriveva Muzio Tedaldi a
Vincenzo Galilei: «per la vostra ho inteso quanto havete concluso con il vostro
figliuolo [Galileo]; et come, volendo cercar di introdurlo qua in Sapienza, vi
ritarda il non esser la Bartolomea maritata, anzi vi guasta ogni buon pensiero;
et che desiderate che la si mariti, e quanto prima. Le considerationi vostre
son buone, et io non ho mancato né manco di far quell'opera che si ricerca; ma
sino a qui son venuti tutti partiti, per non dir obbrobriosi, poco aproposito
per lei… Per concludere, ardisco di dire che credo che la Bartolomea sia così
casta come qual si vogli pudica fanciulla; ma le lingue non si possono tenere;
pure io crederrò, con l'aiuto che do loro, di levar via tutti questi romori et
farli supire; per il che a quel tempo potrete facilmente mandare il vostro
Galileo a studio; et se non harete la Sapienza, harete la casa mia al vostro
piacere, senza spesa nessuna, et così vi offero et prometto, ricordandovi che
le novelle son come le ciriegie; però è bene credere quel che si vede, e non
quel che si sente, parlando di queste cose basse.» Obbligatoriamente
l'iscrizione doveva avvenire per gli studenti toscani in quell'Università. Chi
voleva andare in un'altra Università avrebbe dovuto pagare una multa di 500
scudi stabilita da un editto granducale per scoraggiare la frequenza in un
ateneo diverso da quello pisano (In: A. Righini, Op. cit.). ^ Lo
testimonierebbe la coincidenza di argomentazioni esistente tra gli Juvenilia,
gli appunti di fisica abbozzati da Galileo in questo periodo, e i dieci libri
del De motu del Bonamico. (In: Storia sociale e culturale d'Italia, La cultura
filosofica e scientifica, La filosofia e le scienze dell'Uomo, La storia delle
scienze, Milano, Bramante Editrice, Ne descrive i dettagli nel breve trattato
La bilancetta, circolato prima fra i suoi conoscenti e pubblicato postumo nel
1644 (Annibale Bottana, Galileo e la bilancetta: un momento fondamentale nella
storia dell'idrostatica e del peso specifico, Firenze, Leo S. Olschki Editore).
Studi riportati nel Theoremata circa centrum gravitatis solidorum, pubblicato
in appendice ai Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove
scienze attinenti alla meccanica e ai moti locali. ^ Galileo sottopose a
Clavius una sua insoddisfacente dimostrazione della determinazione del
baricentro dei solidi. (Lettera a Clavius). Giovanni de Medici aveva progettato
una draga per il porto di Livorno. Su questo progetto il granduca Ferdinando
aveva chiesto una consulenza a Galilei che dopo aver visto il modellino affermò
che non avrebbe funzionato. Giovanni de Medici volle comunque costruire la
draga che in effetti non funzionò. (Giovan Battista de Nelli, Vita e commercio
letterario di Galileo Galilei, Losanna, con tale Benedetto Landucci che Galilei
raccomandò a Cristina di Lorena riuscendo a fargli ottenere nel 1609 il posto
di pesatore al saggio; il lavoro, consistente nel pesare gli argenti che
venivano venduti, procurava un guadagno di circa 60 fiorini. Lettera a Cristina
di Lorena (Ed. Naz., Vol. X, Lettera N., Alla dote per la sorella Livia avrebbe
dovuto contribuire anche il fratello Michelangelo. (Lettera a Michelangelo
Galilei, Michelangelo ... fu versatissimo nella musica e la esercitò per
professione; essendo stato buon liutista non v'è dubbio che fosse allievo egli
pure di suo padre Vincenzo. visse in Polonia al servizio di un conte palatino;
nel 1610 era a Monaco di Baviera ove insegnava musica, e in una lettera datata
del 16 agosto di quell'anno, egli pregava il fratello Galileo, di acquistargli
grosse corde di Firenze per suo bisogno et dei suoi scolari...» (Dizionario
universale dei musicisti, Milano, Casa Editrice Sonzogno). Le spese per i
viaggi in Polonia e Germania furono sostenute da Galileo. Michelangelo appena
sistematosi in Germania volle sposarsi con Anna Chiara Bandinelli e, anziché
saldare il debito per la dote che aveva con il cognato Galletti, spese tutto il
denaro che aveva in un lussuoso ricevimento nuziale. ^ «Mi dispiace ancora di
veder che V.S. non sia trattata second'i meriti suoi, e molto più mi dispiace
che ella non habbi buona speranza. Et s'ella vorrà andar a Venetia questa
state, io l'invito a passar di qua, che non mancarò dal canto mio di far ogni
opera per aiutarla e servirla; chè certo io non la posso veder in questo modo.
Le mie forze sono deboli, ma, come saranno, io le spenderò tutte in suo
servitio. (Lettera di Guidobaldo Del
Monte a Galilei. In: Ed. Naz., Vol. X, Lettera N. 35, Ancora vivente, Galileo
fu ritratto da alcuni dei più famosi pittori del suo tempo, come Santi di Tito,
Caravaggio, Domenico Tintoretto, Giovan Battista Caccini, Francesco Villamena,
Ottavio Leoni, Domenico Passignano, Joachim von Sandrart e Claude Mellan. I due
ritratti più famosi, visibili alla Galleria Palatina di Firenze e agli Uffizi
sono invece di Justus Suttermans che rappresenta Galileo ormai anziano come
simbolo del filosofo conoscitore della natura. ( In "Portale
Galileo") ^ Per moto «naturale» s'intende quello di un grave, ossia di un
corpo in caduta libera, diversamente dal moto «violento», che è quello di un
corpo che sia soggetto ad un «impeto». ^ L'esatta formulazione della legge è
stata data da Galileo nel successivo De motu accelerato: «Motum aequabiliter,
seu uniformiter, acceleratum dico illum, qui, a quiete recedens, temporibus
aequalibus aequalia celeritatis momenta sibi superaddit», ove l'accelerazione
di gravità è indicata essere direttamente proporzionale al tempo e non allo spazio.
(Ed. Naz.) ^ Con lettera da Verona, l'Altobelli riferiva a Galileo, senza dar
credito, che la stella, «quasi un arancio mezzo maturo», sarebbe stata
osservata. In verità, dietro Antonio Lorenzini (da non confondere col vescovo
Antonio Lorenzini) si celava il Cremonini; cfr. Uberto Motta, Antonio
Querenghi. Un letterato padovano nella Roma del tardo Rinascimento,
Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Vita e
Pensiero, «Nacque in Padova intorno al 1580. Poco più che ventenne professò i
voti nell’Ordine Benedettino, e nei primi anni del secolo XVII si trovava nel
monastero di S. Giustina di Padova, legato in molta intimità col Castelli,
insieme col quale fu discepolo di Galileo, prendendo le parti del Maestro nelle
questioni relative alla stella nuova dell’ottobre 1604.» (Da Museo Galileo). Usus
et fabrica circini cuiusdam proportionis, per quem omnia fere tum Euclidis, tum
mathematicorum omnium problemata facili negotio resolvuntur, opera & studio
Balthesaris Capræ nobilis Mediolanensis explicata. (In: Patauij, apud Petrum
Paulum Tozzium, 1607) ^ Alcuni calcoli astrologici, anche risalenti al periodo
fiorentino, furono conservati da Galileo e compaiono nel volume 19 dell'Opera
omnia (sezione "Astrologica nonnulla", pp. 205-220). Da notare che
per lo più si tratta di calcoli del tema natale, solo in qualche caso
accompagnati da interpretazioni o pronostici. ^ È stata ritrovata una lista
della spesa dove Galilei, insieme a ceci, farro, zucchero, ecc., ordinava di
acquistare anche pezzi di specchio, ferro da spianare e quanto di utile per il
suo laboratorio ottico. (Da una nota di una lettera di Ottavio Brenzoni conservata nella Biblioteca Centrale di
Firenze) ^ Espressione tradizionalmente attribuita da scrittori cristiani
all'imperatore pagano Flavio Claudio Giuliano che in punto di morte avrebbe
riconosciuto la vittoria del Cristianesimo: «Hai vinto o Galileo» riferendosi a
Gesù nativo della Galilea. ^ Il comportamento di Galileo è stato variamente
giudicato: vi è chi sostiene che egli le chiuse in convento perché «doveva pensare
a una loro sistemazione definitiva, cosa non facile perché, data la nascita
illegittima, non era probabile un futuro matrimonio» (come se egli non potesse
legittimarle, come fece con il figlio Vincenzio e come se una monacazione
coatta fosse preferibile a un matrimonio non prestigioso; cfr. Sofia Vanni
Rovighi, Storia della filosofia moderna e contemporanea. Dalla rivoluzione
scientifica a Hegel, Brescia, Editrice La Scuola), mentre altri ritengono che
«alla base di tutto stava il desiderio di Galileo di trovare per esse una
sistemazione che non rischiasse di procurargli in futuro alcun nuovo carico
[...] tutto ciò nascondeva un profondo, sostanziale egoismo» (cfr. Ludovico
Geymonat,). ^ «quel mirare per quegli occhiali m'imbalordiscon la testa», avrebbe
detto Cremonini secondo la testimonianza di Paolo Gualdo. (Da una lettera del
Gualdo a Galilei. Scheiner pubblicò ancora sull'argomento il De maculis
solaribus et stellis circa Iovem errantibus. La priorità della scoperta
andrebbe all'olandese Johannes Fabricius, che pubblicò a Wittenberg, il De
Maculis in Sole observatis, et apparente earum cum Sole conversione. Cioè con i
sensi, con l'osservazione diretta. ^ «Egli pensava infatti che una colonna
d’acqua troppo alta tendeva a spezzarsi sotto l’azione del suo stesso peso,
così come si spezza una fune di materiale poco resistente quando, fissata in
alto, viene tirata dal basso. Fu quindi proprio questa analogia fondata
sull’esperienza osservativa a portare il Galilei fuori strada.» (in IL VUOTO – Elisa
Garagnani – Isis Archimede). Salmi che la figlia di Galileo, suor Maria
Celeste, s'incaricò di recitare, con il consenso della Chiesa. Baretti, in una
sua ricostruzione, avrebbe fatto nascere la leggenda di un Galilei che una
volta alzatosi in piedi, colpì la terra e mormorò: "E pur si muove!"
(In Giuseppe Baretti, The Italian Library). Tale frase non è contenuta in alcun
documento contemporaneo, ma nel tempo fu ritenuta veritiera, probabilmente per
il suo valore suggestivo, a tal punto che Berthold Brecht la riporta in
"Vita di Galileo", opera teatrale dedicata allo scienziato pisano
alla quale egli si dedicò a lungo. ^ In Paschini è riportato che: «secondo le
norme del Sant'Offizio» questa condizione «era equiparata ad una prigionia per
quanto egli facesse per ottenere la liberazione. Si ebbe il timore
probabilmente ch'egli riprendesse a fare propaganda delle sue idee e che un
perdono potesse significare che il Sant'Offizio si fosse ricreduto a proposito
di esse» (cfr. pure Alceste Santini, "Galileo Galilei", L'Unità). Conceditur
habitatio in eius rure, modo tamen ibi in solitudine stet, nec evocet eo aut
venientes illuc recipiat ad collocutiones, et hoc per tempus arbitrio Suae
Sanctitatis.» (Ed. Naz.) ^ A Galileo era infatti proibito stampare qualunque opera
in un paese cattolico. ^ Fonti di questa corrispondenza si trovano in: Paolo
Scandaletti, Galilei privato, Udine, Gaspari editore, Antonio Favaro, Amici e
corrispondenti di Galileo Galilei, Alessandra Bocchineri, Venezia,
Pubblicazioni del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Valerio Del
Nero, Galileo Galilei e il suo tempo, Milano, Simonelli Editore, A. Righini,
Galileo: tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, 2008, p.
150 e sgg.; Geymonat, Giorgio Abetti, Amici e nemici di Galileo, Milano,
Bompiani, Banfi, «Galileo fu invitato
alla villa di S.Gaudenzio, sulle colline di Sofignano, alla fine di luglio del
1630, ospite di Giovanni Francesco Buonamici, che con lo scienziato vantava una
parentela da parte della moglie Alessandra Bocchineri: la sorella di lei,
Sestilia, aveva sposato a Prato l'anno prima il figlio di Galileo, Vincenzo.»
(In Comune di Vaiano) Fu permessa a Galilei l'assistenza del giovane allievo
Vincenzo Viviani e, dall'ottobre 1641, anche di Evangelista Torricelli. ^ «La
prego a condonare questa mia non volontaria brevità alla gravezza del male; e
le bacio con affetto cordialissimo le mani, come fo anche al Signor Cavaliere
suo Consorte.» (In Le Opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri,
Firenze, Società Editrice Fiorentina, 1848, p. 368) Anfossi
pubblicava–anonimamente–in Roma un libro in cui le leggi di Keplero e di Newton
erano presentate come «cose che non meritano la menoma attenzione» e si
chiedeva come mai «tanti uomini santi» ispirati dallo Spirito Santo, «ci han
detto ottanta e più volte che il Sole si muove senza dirci una volta sola che è
immobile e fermo?» (Sebastiano Timpanaro, Scritti di storia e critica della
scienza, Firenze, G.C. Sansoni, L'edizione curata da Favaro si basava sulle copie
allora disponibili, perché l'originale non era stato ritrovato (Avvertimento. Il
manoscritto originale è stato scoperto nell'agosto 2018 e pubblicato come
appendice a Michele Camerota, Franco Giudice, Salvatore Ricciardi, "The
reapparance of Galileo's original letter to Benedetto Castelli". L'effetto
di parallasse stellare, che dimostra la rivoluzione della Terra attorno al
Sole, sarà misurato da Friedrich Wilhelm Bessel solo nel 1838. Per il testo
della condanna, vedi: Sentenza di condanna di Galileo Galilei, su
it.wikisource.org. Per il testo dell'abiura, vedi: Abiura di Galileo Galileisu
it.wikisource.org. ^ Questa frase è stata citata in un intervento molto
criticato di Joseph Ratzinger (cfr. "La crisi della fede nella
scienza" in Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei
rivolgimenti, Roma, Edizioni Paoline. Ratzinger aggiunge da parte sua che:
«Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa
apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della
razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in
una ragionevolezza più grande. Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che
evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto
oggi la scienza e la tecnica.» ^ Già chiaramente indicati nella Lettera a
Madama Cristina di Lorena granduchessa di Toscana. L'Accademia del Cimento, fra
le più antiche associazioni scientifiche al mondo, fu la prima a riconoscere
ufficialmente, in Europa, il metodo sperimentale galileano. Fu fondata a
Firenze da alcuni allievi di Galileo, Evangelista Torricelli e Vincenzo
Viviani. Si lasci alla storiografia stabilire, caso fosse mai possibile, se
Galileo concepisse il moto inerziale unicamente come circolare [...] o se
ammettesse anche la possibilità in natura della prosecuzione indefinita del
moto rettilineo, anche perché in Galileo non si può sensatamente parlare di
formulazione del principio d'inerzia come se fossimo nell'ambito della moderna
fisica newtoniana, ma solo di alcune considerazioni preliminari al principio
della relatività del moto.» Portale Galileo, su portalegalileo.museogalileo.it.Testi
non compresi nella prima edizione dell'Edizione Nazionale curata da Antonio
Favaro, ma in quella curata da William F. Edwards e Mario G. Helbing, con
Introduzione, Note e Commenti di William A. Wallace, per Le opere di Galileo
Galilei. Edizione Nazionale, Appendice al Volume III: Testi, Firenze, G.C.
Giunti. Bibliografiche Abbagnano, Albert Einstein, Leopold Infeld,
L'evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla
relatività e ai quanti, Torino, Editore Boringhieri, Mario Gliozzi,
"Storia del pensiero fisico", in: Luigi Berzolari (a cura di),
Enciclopedia delle matematiche elementari e complementi, Vol. III, Parte II, Milano,
Editore Ulrico Hoepli, Paolo Straneo, Le teorie della fisica nel loro sviluppo
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mondo fisico, Torino, Giulio Einaudi editore, George Gamow, Biografia della
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stamparia di Lorenzo Pasquati, 1605. ^ Antonio Favaro, "Galileo Galilei ed
il «Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova».
Studi e ricerche", Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed
arti, Enciclopedia Treccani alla voce "Ronchitti, Cecco di" ^ Difesa
di Galileo Galilei nobile fiorentino, lettore delle matematiche nello studio di
Padova, contro alle calunnie & imposture di Baldessar Capra milanese,
usategli sì nella «Considerazione astronomica sopra la Nuova Stella del
MDCIIII» come (& assai più) nel pubblicare nuovamente come sua invenzione
la fabrica & gli usi del compasso geometrico & militare sotto il titolo
di «Usus & fabrica circini cuiusdam proportionis & c.» (In: Venetia,
presso Tomaso Baglioni). ^ Antonio Favaro, "Galileo astrologo secondo
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Galileo Galilei Cannocchiali di Galileo Casa di Galileo Galilei Domus
Galilaeana Fisica Galilei (famiglia) Isocronismo La favola dei suoni Meccanica
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galileiana Villa Il Gioiello Vincenzo Galilei Virginia Galilei Vita privata di
Galileo Galilei. Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
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sito dell'Accademia, su adcrusca.it.Fondo "Antonio Favaro", su
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the east” “the sun sets in the west” “you’re the cream in my coffee”
‘disimplicature’ -- esperienza, observazione, visione, nature, aristotele,
filosofia naturale, fisis, natura, interpretazione, semiotica, segno naturale, Refs: Luigi
Speranza, “Galileo, Grice e il saggiatore,” The Swimming-Pool Library, Villa
Grice.
Galimberti. (Monza). Filosofo. Grice: “I
like Galimberti: he has philosophised on amore, amicus, amicizia – all topics
of my interest – while I am into vyse, he is into the seven capital vyses! He
also has spoken about speech: the ‘parole nomade,’ and the ‘equivoci’ of the
‘anima.’ – In general his philosophy is about nihilism and the idea of man in
the age of ‘techne’ (ars).” Il suo maggior contributo
riguarda lo studio del inconscio e il simbolo (contractio), inteso come la base
primeva e più autentica dell’uomo – ‘logica simbolica’. Nasce a Monza, la
mamma maestra di elementari e il padre deceduto. Le necessità della famiglia l’obbligano
a lavorare. Frequenta le scuole superiori in seminario. Terminati gli studi
liceali classici, si iscrive al corso di
laurea in Filosofia a Milano. Si laurea quindi
con Emanuele Severino con lode, con “La logica di Jaspers”. Fra i suoi maestri,
anche Bontadini. Studia fenomenologia del corpo con Borgna a Novara. Insegna a
Monza e Venezia. Studia con Trevi.“E se "filo-sofo" non volesse dire
"amante del sagio" ma "saagio dell'amore", così come
"teo-logo" vuol dire dotto *su* Dio e non ‘parola di Dio’, o come
"metro-logo" vuol dire scienzato delle misure e non misura della
scienza?” “Perché per la forma greca ‘filo-sofo’ questa *inversione* della
morfologia nella implicatura? Perché il filosofo greco si struttura come un
logico che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per
rinchiudersi nell’academia, dove, tra iniziati, si trasmette da maestro a
discepolo quesso che lo face un ‘sagio,” e che non ha nessun impatto
sull'esistenza e sul modo di condurla. E per questo cheda Socrate, che indica
come la sua condotta "l'esercizio di morte", ad Heidegger, che tanto
insiste sull' “essere-per-la-morte”, il filosofo si e innamorato più del saper
morire che del saper vivere. Al centro della
sua riflessione sta il corpori degli uomini, che, in un mondo sempre più
dominato dalla tecnica, si sentono un "mezzo" nell'"universo dei
mezzi", riuscendogli sempre più difficile trovare e dare un senso alla sua
vita, alla sua esistenza. Si deve trovare un senso al radicale disagio, alla
tragicità del suo esistere, anche attraverso il recupero dell'ideale antico
greco-romano, evitando mitologie. Il suo maggior contributo consiste nel
porre la dimensione del simbolo (coniactum – the idea is that you throw two
things together so that the recipient may compare them, one becomes the
‘symbol’ – coniactum – of the other – cf. Grice on Peirce on symbol) alla base
primordiale della ragione conversazionale, che ha inteso ordinare il simbolo
(mito, no logos) – dunque l’ambilavenza delle cose ma non l’equivalenza
generale di significati. Il simbolo (coniactum) è il sustratto pre-razionale.
Rappresenta un caos originario che ragione tenta di arginare. Siamo razionali
(apolineo) per difenderci dal simbolo dionisiaco. Il concetto fondamentale del
simbolo non è l’equi-valenza generale, ma l’ambi-valenza. Riprende Freud e Jung,
fondendone con Nietzsche, Severino e Heidegger. Importante è stato il costante
riferimento a Husserl e Jaspers. Il filosofo cerca la “comprensione”
(verstaendnis – cf.. Grice on ‘understand’ – ‘understanding,’ literally, slang
for a leg) e non la spiegazione (verklaerung) del comportamento umano. La psicologia
filosofica o rationale (l’anima di Aristotele) non può operare una
trasposizione tout-court dei metodi e dei modelli concettuali delle scienze
naturali perché, così facendo, l'uomo verrebbe ridotto a mero evento naturale,
fisico, come ha luogo, per esempio, in psichiatria. Contrario, poi, al
dualismo di Cartesio, Galimberti ha anche fatto riferimento al metodo
fenomenologico e al funzionalismo per consentire altresì, alla psicologia
filosofica o rationale, la comprensione e la descrizione fenomenologica di
quelle strette relazioni che intercedono fra nostri corpori assieme al
significato che queste relazioni comportano. E e tutto ciò lo porterà ad
abolire, di conseguenza, ogni distinzione concettuale fra ”salute“ e
”malattia.” Insiste sull'inconsistenza della contrapposizione tutta occidentale
fra scienza e fede – fiducia -- individuando come questa seconda – la fiducia,
cf. English ‘trust,’ truth’ -- sia in realtà l'elemento fondativo dell'intera
coscienza occidentale, all'interno anche della scienza e della tecnica. Scienza
e fede non dovrebbero mai confliggere, è importante che nessuna delle due
invada il campo dell'altra. Tematizza innanzitutto il passo della Genesi
in cui Adamo è definito "dominatore della Terra, sui pesci dei mari e
sugli uccelli del cielo", collocando l'uomo in una posizione privilegiata
rispetto agli animali e la Natura in sé e legittimandolo a operare su di essi
per alimentare la propria esistenza. In quanto il progresso è l'affermazione di
questo primato umano, la tecnica (Greco techne, Latino, ars) è indubbiamente
l'ipostasi che sigilla costantemente quest'affermazione sull'indifferenza
naturale. La coscienza della techne (Latin ‘ars’) tecnica è formulata come una
risposta alle fatiche naturali, si appellerebbe, dunque, a una condizione
strutturale di eminenza consegnata da Dio e propugnata dalla persistenza di un
animale sui generis. Riconosce la cristianità come il carattere di una
scansione temporale che identifica il passato come spazio del peccato, il
presente dell'espiazione, il futuro della redenzione e salvezza. Questo
semplice modello triadico ha una ricorrenza quasi ossessiva nelle forme
occidentali, fra le quali la medicina (malattia, diagnosi, cura), psicoanalisi
(disturbo, terapia, guarigione), scienza (ignoranza, sperimentazione,
scoperta). La triade è il "coefficiente a-storico" necessario a
profilare la possibilità di un progresso, che si esercita eminentemente nello
scenario tecnico. Qui, l'uomo che soccombe alle fatiche naturali della
sopravvivenza, del parto e del lavoro (così come minacciato nella Bibbia) ha
modo di riscattare la propria difficoltà attraverso mezzi che ne purificano
endemicamente l'opera, al costo di un esaurimento delle risorse naturali. Ma,
in fondo, la loro esistenza è preposta a questo. Non si definisce né
"credente" (in senso cattolico) né "non-credente", ma
"greco-romano", nel senso di colui che vuole recuperare la visione del
mondo della civiltà greco-romana, in modo nietzschiano e heideggeriano (si veda
anche Il detto di Anassimandro, un noto saggio di Heidegger sul pensiero greco
arcaico), fondendola però con la pur antitetica visione cristiana: la morte e
la vita vanno pertanto prese sul serio, e non minimizzate pensando a un'altra
vita ultraterrena. La ragione è importante perché, come nel detto "Conosci
te stesso", fornisce all'uomo il senso del proprio limite. Approfondisce
molto la tematica del concetto di tempo e del suo rapporto con l'uomo. La sua
indagine evidenzia come nell'età degli antichi – eta greco-romana, eta classica
-- non si pensasse al tempo come lineare ed escatologico, tanto meno vi era
associata l'idea di progresso. Essi concepivano l'essere come kyklos (tempo
ciclico, l’eterno ritorno di Nietzsche), come un ciclo in cui ogni evento è
destinato a ripetersi. Nella filosofia greco-romana antica era impensabile che
l'uomo potesse esercitare un controllo sul cosmo, o di imporre su di esso i
propri fini. La dimensione dell'uomo era inserita armonicamente all'interno dei
cicli naturali che si susseguivano necessariamente e senza alcuno scopo. Nel
ciclo infatti il fine (in greco telos) viene a coincidere con la fine e la
forza propulsiva (in greco energheia, actus) porta all'attuazione dell’ergon,
l'opera, ciò che è compiuto. Il ciclo si manifesta dunque con l'esplicitarsi
dell'implicito.Il seme diventerà frutto solo alla fine del ciclo di crescita e
maturazione stagionale, e il frutto coinciderà con il fine del seme, con il
dispiegarsi completo dell'energia e delle potenzialità implicitamente contenute
in esso. Nel ciclo, in cui tutto si ripete, non si dà progresso: di conseguenza
divengono fondamentali la memoria dei cicli passati e quindi la parola dei
vecchi, deposito di esperienza, e l'educazione, come trasmissione della memoria
e dell'esperienza passata. Tuttavia, l'uomo è da sempre tentato di conciliare
il tempo ciclico della natura con il tempo umano, che è un tempo “scopico” (dal
greco skopein, che indica un guardare mirato). Con questa operazione l'uomo
vuole reintrodurre scopi umani nel tempo naturale, naturalmente privo di scopi.
Emerge qui dunque la necessità propriamente umana di progettarsi, cioè di
gettarsi-fuori di sé verso un obiettivo, cercando di dotare di senso la propria
esistenza. Questa tendenza tuttavia, può armonizzarsi con il “kyklos” solo se
l'uomo vive con la consapevolezza tragica di non poter oltrepassare i limiti
posti dalla natura, primo tra tutti la sua mortalità. In caso contrario, egli
si macchierà di hybris (superbia), la tracotanza, l'unico vero peccato riconosciuto
dalla saggezza greco-romana.In termini esemplificativi, il cacciatore esercita
il suo guardare mirato nel bosco (skopos) e solo in questo tempo progettuale e
nella compresenza di mezzi e fini, il suo arco diventa strumento e la lepre
l'obiettivo. Si tratta di un tempo lineare che si muove tra due estremi: i
mezzi e i fini (la ragione come phronesis or prudentia).V'è tuttavia un elemento
che si inserisce tra questi termini, impossibile da controllare, ovvero il kairos,
il tempo opportuno, che è anche imprevedibilità, e che può determinare o meno
l'incontro tra mezzi e fini. Non è dunque nelle possibilità dell'uomo il
tessere il proprio destino. Egli deve saper cogliere il kairos, la circostanza
favorevole, e in essa espandere sé stesso. Questo equilibrio tra tempo
naturale, umano e del kairos è stato sconvolto dall'uomo nell'età della
tecnica: obiettivo di quest'ultima è infatti quello di ridurre fino ad
annullare la distanza tra mezzi e scopi (in cui si inseriva il kairos,
l'imprevedibile) per realizzare così un controllo e un dominio assoluti sul mondo,
che da cosmo a cui accordarsi è divenuto natura da dominare, e per portare a
compimento una tirannia completa del tempo umano. Con l'età della tecnica
abbiamo scatenato il Prometeo che gli dèi avevano incatenato, determinando il
trionfo del potere della techne sulla necessità (in greco ananke) della natura,
fino alla paradossale situazione in cui la tecnica non è più strumento nelle
mani dell'uomo ma è l'uomo a trovarsi nella condizione di mero
ingranaggio, funzionario inconsapevole dell'apparato tecnico. Riflettendo
sulle modalità in cui l'uomo abita il mondo, approfondisce il concetto di
‘corpori.’ Studiando genealogicamente il concetto di corpo dal periodo romano
antico – quale e la etimologia di corpo? Quella di Platone e terribile: soma
sema -- mette in contrasto le diverse
modalità in cui esso è stato osservato. I corpori – corpus romano, pl. corpora
– corpore -- sono visto come organismi da sanare per la scienza, come forza
lavoro da impiegare per l'economia (body-abled man), come carne da redimere per
la religione, come inconscio (id) da liberare per la psicoanalisi, come
supporto di segni (semiotica corporale – la semiotica dei corpi) -- da trasmettere
per la sociologia – un segno e un medio fisico – l’immagine e percipita per un
corpo – un corpo mittente – un corpo che recive il messagio – semiotica fisica.
L'uomo e capace di cappire significatum ambi-valente (uno senso Fregeiano e una
implicatura – “He is a fine friend +> He is a scoundrel). Questo
significatum ambivalente e fluttuante e quello che il corpo ha da sempre
assunto. Questa ambivalenza del segno fra corpo 1 e corpo 2 nasce dal suo
sottrarsi all'uni-vocità (or aequi-vocita – or aequi-segno) di una teoria
psicologica categorizzante, concedendosi invece una “con-fusione” de un codex
di senso fregiano e un codex di implicatura, con i quali i corpori sono costituito.
Per salvarsi di un panico creato da questa ambivalenza (significatum fregeano,
significatum griceianum), si sigue il principio d'identità, collocando i
corpori di volta in volta sotto un equi-valente generico che gli garantisse uni-vocità
o aequi-vocita (quando l’implicatura e cancellata). Cogliendo lo sfondo in cui
i corpori si mostrano, si evidenzia la legge fondamentale che lo governa,
ovvero lo “scambio” (o ‘con-versazione’) simbolica – il simbolo e il
significatum griceiano -- in cui tutto è re-versibile e non vi è demarcazione
tra significati – questo che Grice chiama la ‘indeterminazione disgiontiva
infinita: il corpo significa che p1 o p2 o p3 o … L'ambivalenza del segno è una
legge inclusiva per cui ciò che è, è sì sé stesso (principio d’identita), ma
anche altro da sé (principio della negazione – diaphoron). In questo modo i corpori conservano la sua
oscillazione simbolica tra vita e morte: oscillazione che non posse eliminarsi
tracciando una violenta disgiunzione tra vita e morte, tra ciò che è (l’ente,
il ‘being’ di Grice) e ciò che non è (vide Grice, “Negazione e privazione).Proposito
conclusive è quello non tanto di emancipare o liberare i corpori dalla
restrizione impostagli dal senso apolineo fregeiano (che non avrebbe altro
effetto che confermare i limiti in cui i due corpori sono reclusi), bensì
quello di restituire i corpori alla sua originaria innocenza. Si è sempre
schierato su posizioni fortemente anticapitaliste, esprimendosi e professandosi
inequivocabilmente comunista. è stato ufficialmente richiamato da Venezia a
volersi attenere alle corrette regole di citazione degli scritti di altri
autori. Questo per aver riportato alcuni brani di altri autori senza citarli
in. Tutto ha avuto inizio quando in seguito a un articolo de Il Giornale è emerso
che aveva copiato "una decina di brani" di Sissa per un saggio. Ha
ammesso di aver violato il diritto d'autore riservandosi di riparare al danno. Ciò
non ha comunque soddisfatto Sissa perché “quello non chiedere scusa, piuttosto
un cercare delle scuse, un patetico arrampicarsi sugli specchi. Con il passare
del tempo sono emersi altri precedenti analoghi. Infatti anche per il saggio su
Heidegger, copia Zingari. I due arrivarono a un accordo che prevedeva
l'ammissione da parte di Galimberti dell'indebita appropriazione intellettuale
nelle successive edizioni del libro e da parte di Zingari l'impegno "a non
tornare più sulla questione". Oltre a Sissa e Zingari sono stati copiati
testi di Cresti, Natoli e Bradatan. Per difendersi, dice che "in ogni ri-elaborazione
però, c'è uno scatto di novità". L'inchiesta giornalistica de Il Giornale ha
accertato che due dei saggi, presentati al concorso a Venezia erano stati
copiati da altri autori. La commissione giudicante composta all'epoca non si
accorse del fatto. Il rettore ha detto che "non ho, ora come ora, estremi
per sollecitare il ministero, deve essere un professore del raggruppamento a
farlo. Di mio posso dire che in ambito umanistico si producono troppi testi e
che questo è uno dei fattori che causano l'impossibilità di fare controlli
accurati. Nello specifico, secondo me dovrebbe essere Galimberti, nel suo
interesse, a chiedere la convocazione di un giurì o comunque a rispondere e a
specificare le sue posizioni.”Nel giugno
la rivista L'indice dei libri del mese ha pubblicato nel proprio sito un
lungo articolo su altri copia-incolla. In particolare il saggio sul mito è
stato indicato come costituito al 75% da un "riciclaggio" di suoi
scritti precedenti, per il restante 25%, una ristesura di intere frasi e
paragrafi, presi da altri autori, quasi identici agli originali. Le accuse
mosse a Galimberti sono poi diventate un saggio, “La mistificazione
intellettuale (Coniglio Editore, ), in Bucci, elenca i nomi dei pensatori da
cui avrebbe tratto parti di testi senza citare la fonte. Vattimo ha dichiarato
al Corriere della Sera: «si scrive anche a distanza d'anni dalla lettura; la
spiegazione è plausibile. Lui cita l'autore la prima volta; poi ci mette quelle
frasi che ricorda anche senza virgolettarle. Il sapere umanistico è retorico.
Noi si lavora su altri testi, si commenta. Platone e Aristotele sono stati
saccheggiati da tutti. Nella filosofia è tutto un glossare. C'è chi copia dagli
altri e chi da sé stesso».Altre opere: ROMA SERMO ROMANVM -- Milano, Mursia). Agire
(Milano, Apogeo); Amore. Assisi,
Cittadella Editrice, .Tra il dire e il fare. – dire e una forma di fare -- Il viandante della filosofia, con Marco
Alloni, Roma, Aliberti, .Parole d'ordine, Milano, Apogeo, . Amore. Milano, AlboVersorio. Amante, amato,
amico --” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes, . “Il bello” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes,
. Eros e follia, Mariapia Greco, Lecce, Milella Editore. Fenomenologia del corpo,
Milano, Feltrinelli – cf. Grice on ‘body’ – in “Personal Identity” “I fell from
the stairs” -- Dall'inconscio al simbolo, Milano, Feltrinelli, 2“Equivoci” (Milano,
Feltrinelli); Parole nomadi, Milano, Feltrinelli; I vizi capitali e i nuovi
vizi, Milano, Feltrinelli. Amore, Milano, Feltrinelli. Treccani. Umberto
Galimberti. Keywords: Why did the Romans need to distinguish between ‘amatus’
and ‘amicus’? -- amore, follia, Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Galimberti” – The Swimming-Pool Library.
Galli. (Carru). Filosofo.
Celestino Galli. Interesting philosopher. Not to be confused with Galli.
Galli. (Montecarotto). Filosofo. Compiute gli
studi classici con assoluta regolarità, si iscrive alla Facoltà di Filosofia a Roma,
dove ha come maestri, tra gli altri,
Varisco e Barzellotti. Da Varisco apprende il rigore del metodo negli
studi filosofici. Da Barzelotti aprende la passione per le ricerche storiche e
le vaste esplorazioni letterarie. Si laurea sotto Barzellotti con il massimo
dei voti dopo aver discusso “Kant e Rosmini” (Lapi, Citta di Castello); Insegna
a Senigallia, Bologna, e Firenze. In “I principii della scuola, con particolare
riguardo alla scuola elementare” (Il Risveglio Scolastico, Milano). Insegna a
Cagliari e Torino. Figura centrale della filosofia italiana, Galli esordisce
con una ricerca sullo sviluppo della filosofia kantiana e quella di Rosmini;
temi che non solo non si stanca mai di ampliare ma affina in ulteriori indagini.
Esegue vaste indagini sulla storia della filosofia. Socrate, Platone,
Aristotele, Cartesio, Bruno, Leibniz, e Renouvier. «L'uno e i molti” (Chiantore, Torino)
certifica la teoria. Gli procura l'interesse di larga parte del mondo filosofico
italiano per le conclusioni sui rapporti tra il sentimento e la reflessivita.
Ampie le discussioni, e talora vivacissime, su autori contemporanei, dai quali
esige rigore, chiarezza e intransigenza speculativa. Organo di polemiche e di
interventi nella vita della cultura italiana contemporanea è «Il Saggiatore»,
da lui fondata, Privo di ambizioni mondane, sempre affabile, ama la compagnia
delle persone colte e la conversazione delle anime semplici, destinate al bene
e alla verità. Confida soprattutto nella scuola, veicolo ideale per dare alle
generazioni nuove volontà, serietà, cultura adeguata ai tempi. Una scuola che
studia, senza divagare e che sappia attingere costantemente alle fonti del
sapere, ama ripetere. Grazie al suo ininterrotto lavoro di studioso, il mondo
accademico italiano ha beneficiato di un numero impressionante di sue
pubblicazioni, fatto di saggi, manuali per le scuole, opuscoli e articoli per
riviste specializzate. Si dedica all'arte e alla religione, completando, in
questa maniera, il panorama delle sue indagini. La Scuola media statale di
Montecarotto ha aggiunto all'intestazione il nome di "Gallo
Galli". Altre opere: La filosofia
teoretica dei manuali, Oderisi, Gubbio, Dialettica dello spirito” (I., Oderisi,
Gubbio); “Lineamenti di filosofia, Azzoguidi, Bologna; La dimostrazione
dell'esistenza del mondo esterno e il valore pratico delle qualità sensibili
secondo Cartesio, Oderisi, Gubbio); Renouvier. II. La legge del numero, D. Alighieri,
Milano, Le prove dell'esistenza di Dio in Cartesio (Valdes, Cagliari); :La
dottrina cartesiana del metodo, D. Alighieri, Milano); “La filosofia di Leibniz:
Facoltà di Magistero, Torino, Statuto, Torino); “Studi cartesiani, Chiantore,
Torino); “Cartesio, Chiantore, Torino, “Dall'essere alla coscienza, Chiantore,
Torino); “L’idealismo” (Gheroni, Torino); “PComenio, Gheroni, Torino); “La Filosofia
greca: I sofisti, Socrate, Platone. Torino. Facoltà di Magistero. heroni,
Torino, Leibniz, Cedam, Padova); “Carlini ed altri studi; da Talete al
"Menone" di Platone; il problema di Cartesio, per la fondazione di un
vero e concreto immanentismo, Gheroni, Torino, Corso di storia della Filosofia:
Aristotele, Gheroni, Torino, Da Talete al menone di Platone, Gheroni, Torino, Tre
studi di filosofia: pensiero ed esperienza, sulla persona, su Dio e sull'immortalità,
Gheroni, Torino Socrate ed alcuni dialoghi platonici: Apologia, Convito,
Lachete, Eutifrone, Liside, Jone, Giappichelli, Torino, Linee fondamentali
d'una filosofia dello spirito, Bottega d'Erasmo, Torino, L'idea di materia e di
scienza fisica da Talete a Galileo, Giappichelli, Torino, L'uomo nell'assoluto,
Giappichelli, Torino, La vita e il pensiero di Giordano Bruno, Marzorati,
Milano Sguardo sulla filosofia di Aristotele, Pergamena, Milano, Platone, Pergamena,
Milano 1974. Di carattere pedagogico Filosofia (Oderisi, Gubbio). Idealismo,
spiritualismo ed esistenzialità nella metafisica in Galli; Cartesio, in Italia.
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 51, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Persée. Portail de revues en
sciences humaines et sociales, su persee.fr. There is another Galli, who also
did philosophical studies – but his brother was more famous, the author of
Tabula philological. Gallo Galli. Keywords: l’uno e i molti, unum et multa –
the one and the many – Plato – Aristotle – Parmenides’s aporia – D. F. Pears,
“Universals” in Flew. Rosmini, Bruno, Carlini, idealismo, idealismo critico,
dialettica dello spirito, Renouvier. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galli” –
The Swimming-Pool Library.
GALLUPPI. (Tropea). Filosofo. “Gallupi is a
great one; and much can be philosophised about his philosophy of the ‘parola
come segno del pensiero’” – Grice: “On top, he was a Baron!” -- Eessential
Italian philosopher. Figlio del barone Vincenzo e della nobildonna Lucrezia Galluppi,
entrambi della stessa famiglia Galluppi, una delle antiche famiglie patrizie di
Tropea. Dopo lo studio della lingua latina, apprese filosofia sotto
Ruffa. Trasferitosi a Santa Lucia del Mela, compì il corso elementare di
filosofia e presso il Seminario vescovile della cittadina peloritana.
Intraprese dunque lo studio a Napoli sotto Conforti. Sposa Barbara
d'Aquino, da cui ebbe quattordici figli, otto maschi e sei femmine.
Trascorreva le giornate di libertà nella residenza privata di famiglia, cioè
Palazzo Galluppi, sulla Strada Provinziale a Caria, frazione di Drapia, alla
biblioteca o al giardino. Pubblicò a Napoli “Sull'analisi e la sintesi”.
Durante i moti aderì alla causa liberale sostenendo la riforma costituzionale
dello Stato e protestando quindi contro l'intervento repressivo degli
Austriaci. Si riavvicina alla monarchia. Insegna Filosofia a Napoli. Membro
dell'Accademia Sebezia e dell'Accademia Pontaniana di Napoli, dell'Accademia degli
Affatigati di Tropea, di quella del Crotalo di Catanzaro e della Florimentana
di Monteleone. Il suo merito maggiore consiste nell'avere introdotto in
Italia Kant. Le Lettere filosofiche furono definite il primo saggio in Italia
di una storia della filosofia. A Pasquale Galluppi sono dedicati il
Convitto nazionale, il Liceo Classico di Catanzaro e il Liceo Classico di
Tropea. A Tropea, la sua città natale, è attivo il Centro studi
Galluppiani, associazione culturale dedita alla ripubblicazione dell'opera
omnia del filosofo e che di recente ha decretato l'ampliamento dei fini
statutari, fino ad accogliere e curare altre interessanti iniziative di un
certo spessore culturale. Periodicamente, il Centro organizza il
Congresso degli Studi Galluppiani, importante appuntamento di respiro
nazionale, animato da studiosi e saggisti provenienti da tutta Italia.
L'attuale presidente è Luciano Meligrana. Altre personalità di notevole
importanza nella storia del Centro studi Galluppiani sono stati Pugliese e Cane,
filosofo, appassionatissimo studioso dell'opera di Galluppi. Una vera
dedizione, la sua che non è mai venuta meno fino alla fine della sua vita.
Organizzatore infaticabile di seminari, simposi e conferenze, ha cercato di far
conoscere il pensiero del Galluppi, favorendo la pubblicazione dell'opera
inedita "La Filosofia della Matematica" la cui edizione lo ha visto
anche quale curatore. Su Galluppi ha pubblicato numerosi saggi ed articoli in
quotidiani e riviste specializzate. Altre opere: “Memoria apologetica”
(Napoli, Vincenzo Mozzola-Vocola); “Grice, ovvero, Sull'analisi e la sintesi”
(Napoli, Verriento); “La conoscenza, o sia analisi distinta del pensiere umano,
con un esame delle più importanti questioni dell'Ideologia, del Kantismo e
della Filosofia trascendentale” (Napoli, Sangiacomo); “Filosofia” (Messina,
Pappalardo); “Lettere filosofiche sulle vicende della filosofia, relativamente
a' principii della conoscenza umana da Cartesio insino a Kant inclusivamente” (Messina,
Pappalardo); “Logica”; “Metafisica” (Firenze, Tipografia della Speranza); “La
volontà” (Napoli, Giachetti); “Storia della filosofia” (Napoli); “Opera
compresa in nove capitoli a cui si aggiunge l ‘Elogio funebre scritto da Errico
Pessina, autore del Quadro storico dei sistemi filosofici” (Milano, Gio.
Silvestri); “Autobiografia”, “Scritti”
(Milano, Dumolard); La filosofia del Galluppi e le sue relazioni col
Kantismo, (Napoli, Morano); “Lettere filosofiche” (Bonafede, Palermo); “Epistolario
Lettere private. Inedite e rare, Franco Ottonello, Milano, Franco Angeli
("Filosofia e scienza nell'età moderna" Collana a cura della Sezione
di Milano dell'Istituto per la storia della filosofia. Dizionario biografico
degli italiani. Pasquale Galluppi. “Galluppi errs in calling natural semiotics,
‘il linguaggio dell natura,’ since no tongue is involved!” But we can forgive
him for that since he genially realizes, unlike King Alfred, that one can use
‘dire’, ‘con questo moto del ditto, egli dice al compagno che vada da B in C”
Segno figurato, motto dei bracci quando imito il moto de pesare para figurar
paragonare. – Grice: “Gallupi’s scheme is a complex, and much better than
Locke. He notes that ‘natural’ can apply to ‘sign’, and it is a natural fact
that men will start using ‘natural’ signs in an artificial way – this he calls
‘natural sign’ – in that it is already an utterer making the gesture, as when
he sneezes, intentionally. Galluppi has always in mind the dyad, what he calls
il ‘compagno’ – so he plays with fifty variants on a theme. A makes a gesture –
with the finger, with the arm --. Galluppi speaks of the ‘proposizione’ being
communicated even in these cases – a ‘grido’ is equivalent to the proposizione
that the compagno is to ‘turn his attention towards the utterer’ – In the
‘natural’ sign, as used in communication, we are already in the realm of the
artificial – only a black cloud naturally means rain – Galluppi hardly dwells
on a ‘grido’ signifying pain in a natural way. He notes that we progress. And
he keeps looking for the reasons in the utterer and the addressee for all this.
So like me, he looks for a motivational rationale – a ‘semantic’ freedom – or
‘prammatica’ as he would say. Since he is an illuminista, he is only concerned
about this in terms of a minimal taxonomy of signs. So between the signs used
in communication he distinguishes three types: the imitative, the indicative
(different criteria) and the figured sign – not figurative – ‘segno figurato’ –
when a lot of pantomime takes place. It is only THEN that he explores the
arbitrariness: one loses one’s compagno, and utters, “Where are you?” – so
since this worked, they agree that ‘Where are you’ will mean, “I lost you –
where are you?” --. And then we have a full lingo – or semiosis. He rightly
thinks that his is an improvement over Lucrezio!” Keywords: gesto, grido, gemito, moto del
ditto, dolore, causa del dolore, circustanza, segno naturale, segno istituito, segno
commune (istituito per la comprensione mutua), segno arbitrario, segno
artificiale, segno imitative, segno indicatore, segno figurato, segno
analogico, segno figurativo -- gesto della mano, lo sguardo, communicare,
sentire, volere. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Galluppi," per Il
Club Anglo-Italiano,The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Galvano. (Torino).
Filosofo. Grice: “I like Galvano; he has philosophised on aesthetics, on
‘spirit and blood,’ and on polytheism, citing Sallust!” Frequenta la scuola a
via Galliari, animata da Casorati. Fonda
L'Unione Culturale di Torino. Promuove
il “Movimento Arte Concreta” – cf. Arte Astratta – Insegna all’Accademia Albertina.
Dizionario Biografico degli Italiani.Albino Galvano. Keywords: Gallupi, Peirce,
Grice. By uttering x (gestus), U means that p” gesto, gestus, Grice’s use of gesture.
il concreto, l’astratto. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Galvano: implicatura concreta”– The Swimming-Pool Library. Luigi
Speranza, “Grice e Galvano:
Gangale (Cirò Marina). Filosofo. Grice: “I
like Gangale; the fact that I taught for years in front of the martyrs memorial
helps!” Porta a termine gli a San Demetrio Corone. Si iscrive alla facoltà di
Filosofia di Firenze. Si laurea con “La logica della probabilita”. Iniziato in
Massoneria, nella Gran Loggia d'Italia .
Porta avanti la difesa dell’idioletto e del dialetto. Opere "Rivoluzione Protestante"
(Torino, Gobetti); “Calvino (Roma, Doxa); “Apocalissi della cultura arabresca”
(Roma, Doxa); “Il Protestantesimo in Italia” (Roma, Doxa); “Il dio straniero” (Milano,
Doxa); “Giacomo della Marca” (Napoli); “Salve regina”; “Fragmenta ethnologica
arberesca medio-calabra, Soveria Mannelli, Rubbettino. “L’arbërisht: l’utopia. Giuseppe
Gangale. Giuseppe Tommaso Saverio Domenico Gangale. Keywords: idiolect,
dialect, ethno-lect, idio-letto, dia-letto, ethno-letto. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Gangale: dall’idioletto al dia-letto” – The Swimming-Pool Library.
Garbo. (Firenze). Filosofo. Grice: “I like
Garbo; for one I like Firenze, for another I like a Renaissance man – I’m one!”
Grice: “Garbo is extremely interesting at a time when physis did mean ‘nature’
– the physicist and the physician were the natural philosophers! At Oxford
Transnatural philosophy was created against Natural Philosophy,” – Grice:
“Garbo made the greatest comment on “Love unrequited” by G&S – by focusing
on a ditty by Cavalcanti – Boccaccio loved the pretentious prose by Garbo on
‘eros,’ ‘amore,’ and ‘cupidus.’ –“ Studia sotto Alderotti
a Bologna. Figlio di Bono, medico e chirurgo. Sotto
il consiglio del padre, fu allievo a Bologna di Alderotti, suo cognato, poi uno
dei più importanti rappresentanti di un riorientamento della filosofia, all che
Garbo diede un contributo importante. Studia sotto Alderotti per un breve
period. Torna presso la casa paterna a Firenze a seguito della guerra tra Bologna
e Ferrara e fu iscritto, a fianco del padre, nella gilda di Firenze di medici e
farmacisti. Le condizioni politiche migliorate gli consentirono di riprendere i
suoi studi e si laurea, successivamente si sposta a Bologna, dove insegna.
Quando Orsini scomunicò Bologna e, quindi, escluse i
cittadini bolognesi dal frequentare lo studio generale, fu, ancora una volta,
costretto a lasciare Bologna. Si transferice a Siena, con l'insolitamente alto
stipendio di 90 fiorini d'oro come "dotore del chomune di Siena". Saltuariamente
si recasse a Bologna nonostante la scomunica. E
fu a Bologna che completa il suo commento su una parte del libro IV del Canon
di Avicenna, tanto da guadagnare il soprannome di "espositore.” Torna a
Bologna, inizia la sua “Dilucidatorium totius pratice scientie” un commento sul
Libro I del Canon. Insegna a Padova, a causa del "propter malum statum
civitatis Paduae" (come afferma nel suo commento ad Avicenna), riprese a
peregrinare tra un'università e l'altra (anche se è un percorso poco chiaro, a
causa delle scarse informazioni fornite dai biografi e dell'assenza dei documenti).
Torna a Firenze e completa Dilucidarium. Sulla scia dell'esodo della Facoltà di
Filosofia da Bologna a Siena, venne nuovamente nominato dal Comune di Siena,
questa volta con uno stipendio annuo esorbitante di 350 fiorini d'oro, più 100
fiorini, perché teneva letture a casa sua, la sera. Lavora al suo commento al
trattamento con piante medicinali nel libro II di Avicenna, Canon, cioè
"l'Expositio super canones generales de virtutibus medicamentorum
simplicium secundi canonis Avicennae", che complete dopo il ritorno a Firenze.
Commenta sul “Donna mi prega” di Cavalcanti. Questo commento è conservato in un
manoscritto di Boccaccio ed è stata tradotta in una versione in lingua “volgare”. A causa dell'invidia dei suoi colleghi di
Bologna, fu accusato di essersi appropriato del commento a Galeno di
Torrigiani. Le lezioni riscuotevano molto successo, allora i suoi
colleghi, invidiosi, dettero il compito a un allievo che viveva con il medico
di spiarlo; quest'ultimo scoprì che prepara le sue lezioni basandosi sul
comment a Galeno di Torrigiani, che conserva segretamente. Il plagio e reso
pubblico, addiruttura Cecco D'Ascoli ne fece scherno con i suoi allievi, e
Garbo e costretto a allontanarsi da Bologna. Sia Tiraboschi che Colle notarono
delle incongruenze cronologiche della vicenda. Torrigiani
e co-etaneo e collega del medico alla scuola di Aldreotti, e successivamente si
fece certosino in tarda età e solo da quel momento, o dopo la sua morte,
avrebbe potuto prendere i suoi scritti. L'episodio,
probabilmente, indica l'atmosfera ostile – tossica -- in cui era immerso Garbo
a Bologna, per questo è plausibile che decidesse di accettare l'offerta di Padova,
che dopo la crisi causata dalla guerra contro Enrico VII, cerca insegnanti di
fama. Tornato a Firenze, incontra Mussato in preda a un malanno, che
probabilmente aveva conosciuto in precedenza a Padova e che era a Firenze in
veste di ambasciatore di Padova. A Firenze, la sua stima di filosofo si riprese
dai colpi bassi inflitti dai bolognesi; mostra un ritratto cordiale, sapiente
ma non scontroso, con un atteggiamento affidabile e umano, che cercava di
capire i segreti della natura e molto disponibile, questa era la maniera in cui
appariva ai fiorentini. Descritto come una persona arguta in episodi riportati
da Petrarca, che non conosceva direttamente, ma che aveva avuto contatti con Garbo.
Pesso un cimitero, rispose a dei vecchi che lo volevano schernire con queste
parole. La disputa è ingiusta, qui: infatti voi siete più coraggiosi perché
siete a casa vostra. (Rerum memorandum libri, risposta simile a quella di Cavalcanti
nel Decameròn. Un altro episodio, invece, fu la volta in cui un uomo prende in
giro il suo piccolo cavallo dicendogli: "e gli insegni a camminare, ma
dove hai imparato quest'arte?", e Garbo rispose: "A casa
tua". Quanto torna scrisse le "Recollectiones in Hippocratem de
natura foetus" (Venezia), con la "Expositio super capitula de generatione
embryonis" di Tommaso Del Garbo, suo figlio, e la "Expositio in
Avicennae capitulum de generatione embrionis" di Torre. Il trattato di
Garbo mostra quanto fosse dipendente dall'astrologia araba. Distingue
l'anatomia dalla fisiologia. Indaga la causa delle malattie ereditarie, dicendo
che dipendono da un vizio organico del cuore, dal quale ha origine lo spirito
che il seme del padre trasmette al nascituro. Tratta anche di argomenti molto
discussi dai filosofi del secolo, come la trasmissione dell'intelligenza tra
generazioni, dell'origine del calore animale e della nascita di piante e
animali per “fermentazione.” Dice nell'Expositio che torna a Firenze non per la
crisi di Siena, ma per altri motivi di cui non si hanno documentazioni. Per
Tiraboschi e Colle, Garbo non sarebbe mai uscito dall'Italia, mentre De Sade
dice che ad Avignone avrebbe incontrato Ascoli.
Quest'ultimo è il motivo della grave colpa di cui Garbo, insieme al figlio, fu
macchiato dopo il plagio già nominato. Ascoli venne allontanato da Bologna e
sospeso dall'insegnamento poiché accusato di eresia, successivamente giunse a
Firenze con la fama di mago e negromante, al servizio del duca Carlo di
Calabria. Ascoli scrisse "Commentarii in Sphaeram Mundi Ioannis de
Sacrobosco", che si ritiene fosse trattato che egli porta sul rogo,
trattato che fu aspramente criticato da Garbo che gravemente accesi di rabbia e
d'odio contro di lui, perché invidiosi che d'Ascoli fosse preferito come medico
dal duca Carlo. I. Garbo accusa Ascoli di fronte al vescovo d'Aversa e
successivamente lo denuncia all'inquisizione. Questo spinse il duca di Calabria
ad allontanare Ascoli dalla sua corte e dopo fu arrestato dall'inquisitore Bonfantini.
L’accusa era di essere "alieno dal vero dogma della fede". Ascoli fu
bruciato sul rogo. E evidente la responsabilità di Garbo in questa condanna,
per invidia e non per motivi religiosi. Garbo
muore poco dopo l'esecuzione d’Ascoli. Questo, dice Grice, e causato da un
incantesimo di vendetta lanciato da Ascoli. Altre opere: La figura di Del
Garbo campeggia se non come il più grande filosofo di Firenze, sicuramente come
quello più nominato, sia nel bene che nel male, a prescindere dal valore che possono
avere le sue opere a livello della storia della filosofia, infatti rappresenta,
nell'opinione comune, il tipo ideale di filosofo, sia con i suoi pregi, che con
i suoi difetti. Tra le opere che sicuramente possiamo attribuirgli ci
sono ricettari, commenti e trattati. Tra i vari, ci sono
i "Super IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae
Dilucidatorium totius practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur"
(Venezia), dedicati agli studenti bolognesi che l'avevano seguito a Siena; "Chirurgia
cum tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de emplastris et
unguentis" (Ferrara) insieme ad un trattato sulla lebbra di Gentile da
Foligno e uno sulle giunture ossee di Gentile da Firenze, ampio commento ad
Avicenna, Abū l-Qāsim az-Zahrāwī e ar-Rāzī. In questo e in altri testi, rileva
molte inesattezze di Avicenna e parla con tono di ammirazione dei antichi
greco-romani. Altre opere invece non sono state stampate: "De
militia complexionis diversae"; una "quaestio" sulla flebotomia
secondo Ugo da Siena (Bergamo, Biblioteca civica) "Recolectiones super cirurgia
Avicennae" (Modena, Bibl. Estense); Tractatus podagre (San Candido, Bibl.
della Collegiata). E non va dimenticato il commento alla canzone "Donna mi
prega" di Cavalcanti: "Scriptum super cantilena Guidonis de
Cavalcantibus" ("De natura et motu amoris venereis cantio cum
enarratione Dini de Garbo", Venezia, introvabile). Il commento riguardo a
“Donna mi prega” considera l'amore (eros) da un punto di vista strittamente patologico,
come passione, e anche se a volte tende a sovrapporsi a “Donna mi prega”,
esponendo le idee sull'amore di se stesso (“amore proprio”) che quelle di
Cavalcanti, resta un importante document. Suddivide
il testo in tre parti. Nella prima parte, Garbo dimostra quante e che sono le
cose, che dello amore si dicono. Nella seconda parte, Garbo filosofa di quelle,
che esser ne determina. Nella terza parte, la chiusa, Garbo dimostra la
sufficienza di quelle cose, ch'egli ha dette. Nella seconda parte, la più
importante, si segue la dimostrazione sulle *otto* caratteristiche dell'amore: I)
dove si produce (nell’appetito sensitivo); II) chi lo genera? la disposizione
naturale del corpo dell’amante – per non fare menzione digli influssi di Marte
su Venere. III) quale virtù ha l’amore, dato che è passione d'appetito? Nulla.
IV) Quale e l’effetto dell’amore? La
morte che impedisce le operazioni della virtù vegetativa; V) quale e l’essenza
dell’amore? E una passione naturale. VI). Che alterazione provoca? Infermità,
malinconia, morte. VII) Che spinge a filosofare sull’amore, dato che non si può
celare la passione? Lo spirito platonico. VIII) Se l'amore (o strittamente,
l’amare) si dimostri via il sentire? Si. È evidente che parli come filosofo
aristotelico. Per Garbo, l'amore è una malattia, una passione dell'appetito
sensitivo, che può causare a sua volta molte altre malattie, e per questo va
curata, con la dimenticanza e l'allontanamento, l'"accidente fero" di
Cavalcanti è il maligno influsso di Marte, in congiunzione col Toro e la Bilancia,
quando si trova nella casa di Venere. Altre opere: “Dynus super quarta
Fen primi cum tabula” (Venezia: Lucas Antonius Giunta Florentinus); “Expositio
super tertia, quarta, et parte quintae fen IV. libri Avicennae” (Venezia:
Johann Hamann für Andreas Torresanus); “Dilucidatorium totius pratice
medicinalis scientie Expositio super canones generales de virtutibus
medicamentorum simplicium secundi canonis Avicennae (Venezia); “Recollectiones in
Hippocratem de natura foetus; “Dilucidatorium Avicennae (Ferrara) Expositio
super parte quintae Fen quarti Canonis Avicennae (Ferrara, André Beaufort); “Super
IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae Dilucidatorium totius
practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur (Venezia); Chirurgia cum
tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de emplastris et unguentis
(Ferrariae); “De militia complexionis diversae; di cui un saggio è pubblicato
da Puccinotti; Recolectiones super cirurgia Avicennae (Modena, Bibl. Estense); De
generatione embrionis; Dizionario biografico degli italiani. Aldrobrandino Del
Garbo. Keywords: appetitus, appetitus sensitives – spiegatura dell’amore in
termine aristotelichi – amare, sentire, il patico – fornicazione –
latino/volgare – Boccaccio – Petrarca – Alighieri – Cavalcanti --. de militia
complexionis diverae, eros, amore, malattia, Aristotele, passione, ragione,
appetite sensitive, amore, sentire – re-cognosenza da parte dell’amato
dell’amore dell’amante – via senso? Marte – self-love, other-love, amore
proprio, amore a se stesso, amore all’altro. Refs.: Luigi Speranza, “Garbo e
Grice: amore, passione, implicatura” – The Swimming-Pool Library.
Gargani. (Filosofo). Genova. Grice: “I
like Gargani; many of his essays are pretty interesting: he’s written on the
‘sense’ of ‘true,’ and on the ‘endless phrase,’ – la frasse infinita – which
according to Griceian principles, must rely on implicature, since it involves a
communicational impossibility!” -- «È un fatto che gli uomini hanno prodotto
assai più cose di quanto siano propensi ad ammettere; ma ciò che essi hanno
eretto nella forma di costruzioni concettuali elevate e sublimi, come se
fossero separate dal caso e dal disordine, corrisponde ad un uso che essi hanno
fatto della propria vita.” Aldo Giorgio Gargani (Genova), filosofo. Si laurea a
Pisa sotto Barone.
Collaborando con Lepschy, allora
professore all'University College di Londra, e conducendo le sue ricerche al
Queen's sotto la guida di Geordie McGuinness.
È stato il massimo studioso italiano di Vitters, e ha contribuito alla
diffusione della filosofia di D. F. Pears. I suoi ambiti di studio sono stati
prevalentemente la filosofia del linguaggio, l'estetica, l'epistemologia, e la
psicoanalisi. Di particolare interesse è anche il suo tentativo di una
scrittura filosofica narrativa, come in Sguardo e destino” (Laterza,
Roma-Bari); “L'altra storia” (il Saggiatore, Milano); Il testo del tempo”
(Laterza, Roma-Bari). Altre opere:
“Esperienza in Vitters” (Le Monnier, Firenze); “Hobbes” (Einaudi, Torino);
“Vitters” (Laterza, Roma-Bari); “Il sapere senza fondamenti. La condotta
intellettuale come strutturazione dell'esperienza commune” (Einaudi, Torino );
“Vitters a Cambridge” (Stampatori Editore, Torino); “Kafka” (Guida, Napoli);
“Lo stupore e il caso” (Laterza, Roma-Bari); “La frase infinita” (Laterza, Roma-Bari); “Il
coraggio di essere” (Laterza, Roma-Bari); “Stili di analisi” (Feltrinelli,
Milano); “L'organizzazione condivisa. Comunicazione, invenzione, etica”
(Guerini, Milano); “Il pensiero raccontato” (Laterza, Roma-Bari); “Una donna a
Milano” (Marsilio, Venezia); “Il filtro creative” (Laterza, Roma-Bari); “Dalla
verità al senso della verità” (Plus, Pisa); “Mondi intermedi e complessità”
(Ets, Pisa); “Il gesto” (Cortina, Milano); “La filosofia della cura” (ASMEPA
Edizioni, Bentivoglio); “L'arte di esistere contro i fatti” (Lamantica
Edizioni, Brescia); “Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere
e attività umane” (Einaudi, Torino). Altri contributi Relazione d'aiuto,
sintonia comunicativa e organizzazione sociale, in Il vaso di Pandora, Dialoghi
in psichiatria e scienze umane, Fondazionalismo e antifondazionalismo, Relativismo
e nuovi paradigmi filosofici, Inquietudine, empatia, identità e narrazione
(Pordenone). Aldo Giorgio Gargani. Keywords. scambio, organisazzione condivisa
– communicazione – implicatura come condivisa – empatia – d. f. pears --.
Mcguinness -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gargani” – The Swimming-Pool
Library.
Garin.
(Rieti). Filosofo. Grice: “Garin is a serious student of what we may call the
longitudinal, rather than latitudinal, unity of Italian philosophy! If ever
there is one!” -- Italian philosopher,
author of a very rich, “La cultura filosofica del rinascimento italiano.” And
“L’umanesimo italiano”Grice was Lit. Hum. Oxon, so he knew. Linceo. Studia sotto Limentani. Frequenta il Liceo classico
Galileo. Si laurea sotto Limentani. Vari studi sull'Illuminismo che confluiranno
nel volume sui moralisti inglesi. Subito dopo la laurea sostenne e vinse il
concorso per insegnare nei licei, cosa che continuò a fare fino a quando vinse
la cattedra da ordinario all'università. Tra i commissari del concorso liceale
c'era Guzzo, una figura che costituirà un punto di riferimento per Garin quanto
meno fino ai primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti culturali non erano
costituiti da intellettuali e politici come Gramsci, ma da filosofi di matrice
spiritualista e cattolica come Lavelle,
Senne, Castelli Gattinara di Zubiena, Michele Federico Sciacca e lo
stesso Guzzo. Iscritto al Partito Nazionaledal 1931, pronuncia al Lyceum di
Firenze una commemorazione a Gentile. Una svolta nelle prospettiva politica,
filosofica e storiografica (le tre cose non vanno separate) si ha con l'uscita
dei Quaderni del carcere di Gramsci, che hanno fortemente influenzato la sua
filosofia nel costante riferimento alla concretezza del pensiero, e con la
pubblicazione delle Cronache di filosofia italiana”, fortemente sollecitato da
Laterza. Storico della filosofia molto legato al rigore filologico e al lavoro
sui testi, rifiuta la definizione di filosofo; è tuttavia considerabile tale
proprio in virtù delle sue polemiche anti-speculative e come influente teorico
della storiografia filosofica. Insegna a Firenze. Si ttrasferì a Pisa a causa dei perduranti disordini della
rivolta studentesca iniziata nel '68, di cui non condivideva le modalità di
lotta e che considerava espressione di astratto rivoluzionarismo. La sua
infaticabile avidità di letture filosofiche lo rese consigliere prezioso. L’Accademia
dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per la Filosofia. Altre
opere: “Giovanni Pico della Mirandola. Vita e dottrina”; “Gli illuministi
inglesi. I Moralisti; “Il Rinascimento italiano”; “L'Umanesimo italiano”;
“Medioevo e Rinascimento”; “Cronache di filosofia italiana”; “L'educazione in
Europa”; “La filosofia come sapere storico”; “La filosofia nel Rinascimento italiano”;
“La cultura italiana tra Ottocento e Novecento”; “Scienza e vita civile nel
Rinascimento italiano”; “Storia della filosofia italiana”; “Dal Rinascimento
all'Illuminismo” “Filosofi italiani”; “
Rinascite e rivoluzioni”; “Lo zodiaco della vita”; “Tra due secoli”;
“Cartesio”; “L’Ermetismo del Rinascimento”; “Gli editori italiani tra Ottocento
e Novecento”; “La cultura del Rinascimento”. Ciò non toglie che l'importanza
della interpretazione del Rinascimento che Garin ci dà nei suoi scritti e ci documenta
nelle sue edizioni, pubblicazioni, finissime traduzioni di testi umanistici di
ogni tipo (filosofico, politico, critico, letterario) possa essere, senza
iperbole, confrontata con l'importanza della evocazione del Burckhardt» in
Cantimori, Studi di storia, Torino, Einaudi, la Repubblica, Mecacci L., La
Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, su lincei.
Fondo Eugenio Garin, Il percorso storiografico di un maestro, Firenze, Le
Lettere, Marino Biondi, Dopo il diluvio. Eugenio Garin, l'ombra di Gentile e i
bilanci della filosofia, in Un secolo fiorentino, Arezzo, Helicon, ,Olivia
Catanorchi e Valentina Lepri , Dal Rinascimento all'Illuminismo (Atti del
convegno Firenze), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, . Michele Ciliberto,
Eugenio Garin. Un intellettuale nel Novecento, RomaBari, Laterza, . Raffaele
Liucci, Quelle ombre sul delitto Gentile in "Treccani Magazine", La
Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, "Il
Gramsci di Eugenio Garin", in Archetipi del Novecento. Filosofia della
prassi e filosofia della realtà, Napoli, Bibliopolis, Umanesimo e umanesimi.
Saggio introduttivo alla storiografia di Garin, Milano, FrancoAngeli, TreccaniEnciclopedie
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Eugenio Garin, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di Eugenio Garin, .
Eugenio Garin. Keywords: cicerone come umanista – umanesimo e unamenismi
– garin, umanista del Novecento – umanisti e il ritorno dei filosofi antichi –
umanesimo, ovvero, il primo secolo del rinascimento – il ritorno dei filosofi
antichi – retorica umanista – castelli e garin -- le griceianisme est un
humanism!” humus, human, homo sapiens, homo sapiens sapiens, human vs. person,
sapientia, persona -- human, umano, umanesimo – filosofia romana -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Garin – umano, troppo umano – The Swimming-Pool
Library.
garron
garroni. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Garroni; he writes very
Griceianly: on lying, on Pinocchio, on semiotics, on Kant – ‘quasi-Kant’ --,
and on sense perception (‘senso e paradosso’, ‘immagine, figura,
communicazione’). Inizia la sua attività in Rai, dove era entrato per un invito
di Gualainsieme come intervistatore e autore di trasmissioni sulla filosofia.
Affianca a questo lavoro l'opera intellettuale di critica e di riflessione
sull'estetica, grazie anche alla sua frequentazione del mondo artistico
dell'epoca anni cinquanta, redigendo anche presentazioni e cataloghi
d'arte. Insegna a Roma. Pur essendosi tenuto fino a quel momento ai
margini della vita accademica, con “La crisi semantica dell’arte” (Roma,
Officina), insegna estetica. Porta un rinnovamento dell'estetica italiana dopo
Croce, culminante in una innovativa traduzione della Critica della facoltà di
giudizio di Kant tesa a sottolinearne la co-appartenenza di tematiche estetiche
(l’estetico) ed epistemologiche (il noetico). Cura Arnheim, Macherey, Mannoni,
Lukács, Brandi, Dufrenne, akobson e del Circolo linguistico di Praga e
collaborato alla rivista Rassegna di filosofia, alle riviste cinematografiche
Cinema Nuovo e Filmcritica e alla Enciclopedia Einaudi.Cura Benedetto,
Bottari, Melis, Fieschi, Vacchi, Greco
ecc. L’estetica è una "filosofia non speciale" il cui compito
non deve limitarsi allo studio delle espressioni artistiche ("il
bello", “l’arte” e “la natura”), ma è finalizzato ad una visione e ad una
"costruzione" del mondo fondata sull'esperienza del “senso” (il
sensibile, sentire, sensate). Ciò che va rivendicata è la portata iudicativa (e
non solo volitiva) delle riflessioni kantiane, che trascendono lo stato empirico
delle scienze e vivono operanti nel
meglio degli indirizzi novecenteschi, magari di ciò inconsapevoli. (L’orizzonte
di senso). Altre opere: “Il mito negative” (Roma, Officina); “Semiotica ed
estetica. L'eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinematografico” (Bari,
Laterza); “Progetto di semiotica: il concetto di messagio” (Roma-Bari,
Laterza); “Pinocchio uno e bino” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica ed
epistemologia. Riflessioni sulla "Critica del Giudizio"” (Roma,
Bulzoni); “Ricognizione della semiotica” (Roma, Officina); “Estetica e
linguistica” (Bologna, Il Mulino); “Senso e paradosso. L'estetica, filosofia
non speciale” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica. Uno sguardo-attraverso” (Milano,
Garzanti); “Sul mentare e il mentire” (Castrovillari, Teda); “Altro dall'arte. Saggi
di estetica” (Roma-Bari, Laterza); “Senso e storia dell'estetica: studi offerti
a Emilio Garroni” (Pietro Montani, Parma, Pratiche Editrice);
"Interpretare", in Il testo letterario. Istruzioni per l'uso,
Roma-Bari, Laterza); “Critica della facoltà di giudizio” (Torino, Einaudi);
“Immagine e figura” (Roma-Bari, Laterza); “Scritti sul cinema: pubblicati dalla
rivista "Filmcritica"; Edoardo Bruno e Alessia Cervini, Torino,
Aragno, Creatività, introduzione di Paolo Virno, Macerata, Quodlibet); “La
macchia gialla’ (Milano, Lerici, Dissonanzen quartett. Una storia” (Parma,
Pratiche); “Racconti morali, o Della vicinanza e della lontananza, Roma, Editori
riuniti); “Sulla morte e sull'arte: racconti morali, Parma, Pratiche); Lettere
alla TV”, Monteleone, Storia della Radio e della Televisione italiana,
Marsilio; Una puntata del 1961, tratta da Rai Teche, del programma TV "Arti
e Scienze", in cui Garroni parla del Bauhaus e intervista Zevi e Gropius Presentazione della mostra dell'Autoritratto;
Articolo de La Repubblica; Intervista che riassume la nozione di estetica come
"filosofia non speciale". L'intervista fa parte dell'Enciclopedia
multimediale delle scienze filosofiche. Treccani
L'Enciclopedia italiana". Legalità / Creatività.: Garroni legge Kant di
Romeo Bufalo, in Studi di estetica, Bologna. Emilio Garroni. Keywords: Freges
Sinn – Germanic ‘sinn’ *not* via Latin cognate ‘sentire’ -- senso, senso
fregeiano – senso freegan – “Fregean sense” – Do not multiply senses -- mentire/mentare/meinen/mean -- messagio,
message, semiotic – sender, recipient, message, emittente, mittente,
recipiente, message, emission, utterance, emitire, to utter – to ‘out’ -- ‘to ex-press’ ---- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Garroni” – The Swimming-Pool Library.
Gatti. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Gatti. Gatti is a
good’un; for one, he philosophised on Aristotle’s Poetics, something we hardly
do at Oxford! And many other things, too!!” -- Nato di Stanislao e Marianna De
Nigro. Studia a Napoli sotto Puoti ed ebbe, come colleghi, Cusani e Sanctis.
Collabora a “Il concetto di progresso.”
E a “Filosofia,” il baluardo del hegelianismo a Napoli. Le
fondamenta del suo pensiero sono da ritrovarsi nell'eclettismo di Cousin, sul
quale scrisse “Di una risposta di Cousin ad alcuni dubbi intorno alla sua
filosofia.” Sostiene che vi sia un fondo di verità comune a tutte le scuole
filosofiche e reputa indispensabile fonderle in un'unica sintesi. Abbandona la
filosofia cousiniana avvicinandosi in maniera decisa all'Idealismo tedesco. Dall’idealismo
nasce la convinzione secondo la quale lo sviluppo interiore della coscienza e
l'evolversi della storia provengono entrambe da un principio comune: la legge
universale della ragione. Influenzato da Hegel e da Schelling, considera la
filosofia attuabile solo all'interno della realtà storica in quanto è la
scienza generale di tutto l'esistente. Si indirizza verso l'estetismo in
“L’arte.” Critica la dottrina aristotelica secondo la quale l'arte è una
riproduzione (mimesi) della natura, contrapponendole la filosofia hegeliana che
ritiene l'arte riproduzione (mimesi) del sovra-sensibile, delle idee, del
noetico. (“L’estetico e mimesi del noetico). In “Della filosofia in Italia” si
sofferma sul pensiero e la cultura italiani contestualizzandoli nella filosofia
europea. Esauritosi il periodo florido della diffusione della scuola hegeliana,
la rivista del Gatti andò incontro ad un lento declino e fallì anche nella
creazione di una nuova testata editoriale chiamata Rivista napoletana di
politica, letteratura, scienze, arti e commercio. Altre opere: “Della fenomenologia”; “Fichte e
il concetto di scienza; “La filosofia della storia in Grecia”;“Filosofia”. Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. treccani. Stanislao Gatti. Keywords: Vico, Filosofia
Italiana, Scritti filosofici – implicature italiane – il vico di Gatti -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Gatti” – The Swimming-Pool Library.
Gelli. (Firenze). Filosofo. Grice:
“I like Gelli; he is a difficult philosopher, in a typical Italian fashion,
mixing semiotics, philosophy, philology, and literature! His reflections on
Adam’s tongue (lingua adamitica) is genial – and he proposes a distinction,
which I often ignored, as Austin did, between ‘sweet language’ (lingua dolce,
qua expression, or materia) and ‘content’ (forma) – The issue was central for
Italians: Tuscan Italian was THE lingua because it was the sweetest – at least
to Florence-born Gelli’s ears!” “Ricordati un poco di Matteo Palmieri, che era
tuo vicino, che fece sempre lo speziale, e non di manco s'acquistò tante
lettere ch'e' fu mandato da' Fiorentini per imbasciadore al Re di Napoli; la
quale degnità gli fu data solamente per vedere una cosa sì rara, che in un uomo
di sì bassa condizione, cadessono così nobili concetti di dare opera agli
studi, senza lasciare il suo esercizio; e mi ricorda avere inteso che quel re
ebbe a dire: pensa quel che sono a Firenze i medici, se gli speziali vi son
così fatti.”. Figlio di Carlo, un agiato mercante di vini originario di
Peretola e trasferitosi a Firenze col fratello, nacque in San Paolo. Esercita per tutta la vita il mestiere di
calzolaio e studia filosofia da amateur – cf. Grice, “Gioccatore di cricket
amateur e filosofo profesionale” -- Discepolo di Francini, Verini, 3 Ficino e
poeta di ispirazione savonaroliana, e vicino alla filosofia piagnona, participa,
anche se in disparte, alle riunioni dell'Accademia, agli Orti Oricellari.
Fedele a Cosimo I, ricopre cariche pubbliche di scarso rilievo, dapprima in
qualità di magistrato delle arti, poi come membro del collegio dei dodici
Buonomini, organo consuntivo del governo mediceo. Membro degli Umidi. Ne
approva la trasformazione in Accademia Fiorentina l'anno successivo e ne fu
console. Ivi tenne la sua prima lezione, commentando un passo sulla lingua di
Adamo, tratto dal canto XXVI del Paradiso di Dante. Tenne saltuariamente
lezioni su Dante e Petrarca. Le sue opere più famose sono I capricci del
bottaio, ragionamenti fra un bottaio e la propria anima (inserito nel primo
indice dei libri proibiti) e La Circe, un dialogo fra Ulisse e i propri
compagni trasformati in animali. Tra le tesi sostenute nelle sue opere vi sono
quelle della discendenza diretta da Noè dei fondatori di Firenze, dovuta
probabilmente all'influenza sul Gelli degli “Antiquitatum variarum volumina
XVII”; un falso confezionato da Annio da Viterbo, e quella della superiorità
della lingua fiorentina sulle altre. ---
nominato da Cosimo I lettore ordinario della Commedia presso l'Accademia e
recita nove letture dantesche, pubblicate con cadenza annuale, che ebbero
grande influenza sugli interpreti di Dante durante tutto il Cinquecento fiorentino.
Altre opere: “L'apparato et feste nelle nozze dello Illustrissimo Signor Duca
di Firenze et della Duchessa sua Consorte”; “Egloga per il felicissimo giorno 9
di gennaio nel quale lo Eccellentissimo Signor Cosimo fu fatto Duca di
Firenze”; “La sporta” “Dell'origine di Firenze”; “I capricci del bottaio”; “La
Circe”; “Ragionamento sopra la difficultà di mettere in regole la nostra
lingua”; “Lo errore”; “Polifila”; “Lezioni pubblicate”; “Il Gello sopra un
luogo di Dante, nel XVI canto del Purgatorio della creazione dell'anima
rationale”; “La prima lettione di Gelli fatta da lui l'anno, sopra un luogo di Dante
nel XXVI capitol del Paradiso”; “Il Gello sopra un sonetto di M. Franc.
Petrarca”; “Il Gello sopra que'due Sonetti del Petrarcha che Lodano il ritratto
Della Sua M. Laura” “Il Gello sopra ‘Donna mi viene spesso nella mente’ di M.
F. Petrarca, Tutte le lettioni di Gelli, fatte da lui nell'Accademia
Fiorentina, Letture sopra la Commedia di Dante, Delmo Maestri, Opere di Giovan
Battista Gelli, UTET, Claudio Mutini, I dialoghi morali di Giambattista Gelli
in "Storia generale della letteratura italiana V", Federico Motta
Editore, Delmo Maestri, op. cit. Claudio
Mutini, op. cit. Giovan Battista Gelli,
Dialoghi, Scrittori d'Italia 240, Bari, Laterza, F. Reina , Delle opere di G.
B. Gelli, Società tipografica de' classici italiani, B. Gamba, , G. B. Gelli,
La Circe, Venezia, Tip. d'Alvisopoli, G. B. Gelli, La Circe e i Capricci del
Bottaio (Milano, Silvestri); A. Gelli , Opere di G. B. Gelli, Firenze, Le
Monnier, C. Negroni , “Lezioni petrarchesche” (Bologna, Romagnoli); C. Negroni
, Letture edite e inedite di sopra la Commedia di Dante, Firenze, Bocca, A.
Fabre , La Circe di G. B. Gelli, Torino, Tip. Salesiana, M. Barbi, “Trattatello
dell'origine di Firenze” di Giambattista Gelli (nozze Gigliotti-Michelagnoli),
Firenze, Tip. Carnesecchi, A. Ugolini, Le opere di Giambattista Gelli, Pisa,
Tip. Mariotti, C. Bonardi, Giovan Battista Gelli e le sue opere, Città di
Castello, Tip. Lapi, A. Ugolini , G. B. Gelli, Scritti scelti, Milano,
Vallardi, U. Fresco, G. Battista Gelli. I Capricci del Bottaio, Udine, Tip. Del
Bianco. M. Bontempelli , G. B. Gelli. La Circe e i Capricci del Bottaio, Istituto
editoriale italiano, I. Sanesi ,Opere di G. B. Gelli (Torino, UTET, R. Tissoni
, G. B. Gelli, Dialoghi, Bari, Laterza, A. Corona Alesina , G. B. Gelli, Opere,
Napoli, Fulvio Rossi, Bonora, “Retorica e invenzione” (Milano, Rizzoli); A.
Montù, “Gelliana”. Dizionario biografico degli italiani. Giovan Battista Gelli.
Keywords: lingua, linguaggio, Grice on English, idiolect, dialect, Language,
---. Noe – origine della lingua, la lingua di Adamo – la lingua fiorentina -- Accademia
agli Orti Oricellari; Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gelli” – The
Swimming-Pool Library.
Gemmis. (Terlizzi). Filosofo. Grice:
“I love Gemmis.” Grice: “Gemmis is a good example of how an Italian philosopher
differs from a philosophy don at Oxford – ‘don’ is derogatory; whereas de’
Gemmis is a barone! – And he writes about ‘reason,’ ‘ragione’ – with Abate
Genovesi --; unlike a ‘don’ at Oxford who would over-do reason to keep a post
at his college!” – Grice: “In them days, Italian illuminists took reason very
seriously, and possibly ‘light,’ too!” Ferrante de Gemmis (Terlizzi), filosofo.
Figlio del Barone di Castel Foce Tommaso de Gemmis e di Francesca Bruni dei
baroni di Cannavalle, fu fratello di Gioacchino, rettore dell'Altamura, di
Giuseppe de Gemmis, Presidente della Regia Camera della Sommaria, e di Giovanni
Andrea, Consigliere della Suprema Corte di Giustizia. Si trasferì in Napoli affidato al prozio, il
potente Ministro Ferrante Maddalena, dove studia dai più prestigiosi
precettori. Fu allievo di Genovesi, di cui divenne amico e con cui mantenne una
cospicua corrispondenza epistolare raccolta nelle Lettere familiari del celebre
illuminista. Si laurea a Napoli, il ministro Maddalena lo introdusse negli
ambienti più esclusivi della corte partenopea istituendolo erede universale con
la clausola di aggiungere il suo cognome, obbligo mai rispettato dai
discendenti. Morto il pro-zio, e nominato dal sovrano giudice a Cava de'
Tirreni e fu malvisto a corte poiché rinunzia alla carica per ritirarsi a
Terlizzi, per stare vicino al padre malato. Qui si dedica ai suoi studi di
filosofia e da vita ad una fervida attività culturale rivelandosi l'esponente
primario dell'illuminismo. Istituì una Accademia, vero e proprio cenacolo
culturale con scopo di ricerca scientifica e di attuazione pratica di
conoscenze in campo agricolo. Purtroppo, non ottenendo l'approvazione Reale
perché sospetto centro di idee liberali, l'Accademia dovette chiudere, ma gli
incontri culturali proseguirono ufficiosamente per anni grazie anche all'incoraggiamento
epistolare di Genovesi. Sposa Caterina Lioyi, di nobile famiglia di orientamento
massonico. Fu governatore de promosse il riscatto della città dal diritto di
molitura che aveva la duchessa di Giovinazzo donna Eleonora Giudice. Fonda il
Conservatorio delle Orfanelle a la scuola pubblica con reale approvazione. Fu
inoltre incaricato da Ferdinando I di Borbone al riordinamento
dell'amministrazione della Città, che fu divisa in tre ceti in base ai ranghi.
Ebbe sette figli, tra cui Tommaso de Gemmis Maddalena, capitano dei R. R.
eserciti e governatore militare di Terlizzi; Elisabetta, moglie di Giuseppe de
Samuele Cagnazzi, fratello del celebre Luca de Samuele Cagnazzi; Cecilia,
sposatasi con Pietro Lupis e Giuseppe, sposato a Donna Maria de Introna, dalla
cui discendenza avrà origine il ramo di Gennaro de Gemmis. De Gemmis scrisse
numerose opere letterarie e filosofiche, che volle pubblicate anonime per
modestia e che oggi sono andate perdute, salvo “Tavole cronologiche della
Storia Universale” (Napoli, Samperia della Soc. Letteraria e tipografica).
Gaetano Valente Feudalesimo e feudatari Terlizzi nel Settecento, Molfetta,
Mezzina, 2Cabreo de Gemmis, Biblioteca Provinciale "de Gemmis", Bari
Ruggiero Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli»
meridionali del '700 , Gangemi Editore, Roma. Ferrante de Gemmis. Keyowords:
tavola cronologica della storia universal. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Gemmis” – The Swimming-Pool Library.
Genovese. (Napoli). Filosofo. Grice:
“I like Genovese; for one, he has explored the philosophy of ‘vincoli,’ which
is all that my theory of communication is about!” Grice: “Genovese has explored
the etymology of ‘tribe,’ as originating with Romolo!” Gricce: “Genovese has
punned on Kant’s silly ‘pure reason,’ surely what Kant meant was a pure
critique of reason – since ‘pure’ is hardly synonymous with ‘theoretical,’ which
the treatise is all about! When Kant goes on to write Part II, he qualifies
‘reason,’ as ‘practical,’ HARDLY impure!” – Studia a Pisa e Parigi sotto
Foucault al Collège de France. Interessato alla teoria dei sistemi, entra in
contatto con Luhmann. La teoria sociologica costituirà da allora una parte
importante della sua riflessione. Membro della Fondazione per la critica
sociale, fa parte della redazione della rivista La società degli individui e
lascia la redazione di Il Ponte per contrasti sulla direzione della
rivista. Formatosi in una prospettiva hegelo-marxista vicina alla Scuola
di Francoforte, se ne allontana progressivamente (come si può osservare già in
“Dell’ideologia inconsapevole. attraverso Schopenhauer, Nietzsche, Adorno”
(Napoli, Liguori), assumendo sempre più nettamente una postura
scettico-relativista con un’attenzione alle scienze sociali e, in esse, alla
funzione, appunto relativistica, svolta dall’antropologia culturale. Indicativo
di questo passaggio è l’articolo su “Hume e la filosofia antropologica” in “Tra
scetticismo e nichilismo” (Pisa, Ets), in cui nel contempo si nota l’interesse
per la teoria dei sistemi. La forma
compiuta dell’evoluzione della sua filosofia si trova in “La tribù
occidentale”, “Per una nuova teoria critica” (Torino, Bollati Boringhieri), e :Un
illuminismo autocritico. La tribù occidentale e il caos planetario” (Torino,
Rosenberg e Sellier), in cui, nella presa di distanze dalla soluzione di
Habermas (v. Speranza, “Grice e Habermas”), si profila una logica dell’ibridazione
e del paradosso come fuoriuscita dalla dialettica di marca hegeliana. Questa linea è approfondita, in senso più
strettamente politico con il rilancio di un’idea di socialismo, nel successivo “Convivenza
difficile” (Milano, Feltrinelli), “L’Occidente tra declino e utopia” (Milano,
Feltrinelli), e soprattutto, facendo i conti finali con la teoria dei sistemi,
nel “Trattato dei vincoli. Conoscenza, comunicazione, potere” (Napoli,
Cronopio), a tutt’oggi la sua opera teoricamente
più significativa. Si è dedicato in modo particolare ai temi politici e civili
con “Che cos’è il berlusconismo” (Roma, Manifesto); “Il destino
dell’intellettuale” (Roma, Manifesto), “Totalitarismi e populismi” (Roma,
Manifesto) -- tutti pubblicati dalla casa editrice Manifesto di Roma, e
intervenendo regolarmente in rete nel sito “Le parole e le cose” e in quello
della rivista Il Ponte. I suoi interessi estetico-letterari si esprimono
dapprima con “Teoria di Lulu. L’immagine femminile e la scena intersoggettiva”
– keywords: scena intersoggetiva – (Napoli, Liguori), in cui, nel rivisitare il
mitico personaggio teatrale, e poi anche filmico, creato da Wedekind, affronta
il tema della cosiddetta lotta dei sessi, ripreso con un romanzo breve in forma
epistolare (“L’anti-eros”, Firenze, Ponte alle Grazie) in cui sono presenti sia
una chiara vena satirica sia il tentativo di fare filosofia in altro modo, in
una vaga ispirazione kierkegaardiana. Seguono i libri di viaggio, o
apparentemente tali nella miscela di finzione narrativa e saggismo, Falso
diario e Tango italiano (Torino, Bollati Boringhieri); “L’Occidente (“Roma,
Manifestolibri), e ancora quello che probabilmente è il suo libro più sofferto,
insieme documento di una crisi e stravolta autobiografia visionaria, “Ci sono
le fate a Stoccolma. Dal diario dell'esilio mentale” (Reggio Emilia, Diabasis).
Altre opere: “Modi di attribuzione” (
Napoli, Liguori); “Figure del paradosso” (Napoli, Liguori); “Critica della
ragione impure” (Milano, Bruno Mondadori); “Gli attrezzi del filosofo” (Roma,
Manifesto). “L'idea, o forse dovrei dire il gesto, mi sembra felice: invece di
scrivere un saggio su x (ideologico, politico, storico) scrivere di sé come
turista a disagio che vorrebbe scrivere un libro su x», G. Bollati a R.
Genovese, leGiulio Bollati. Lo studioso, l'editore, Torino, Bollati
Boringhieri, A. Tricomi, La Repubblica delle Lettere, Macerata, Quodlibet. “Genovese
è quasi costretto non semplicemente ad alternare, ma addirittura a sovrapporre,
ad arricchire l'uno con le peculiarità degli altri, e infine a rendere, più che
reversibili, indistinguibili, registri argomentativi e stilistici tra loro
assai diversi. Ci sono le fate a Stoccolma diventa perciò il libro di un filosofo, senza che mai si possano individuare
luoghi del testo in cui una delle anime che lo ispirano prenda nettamente il
sopravvento». Rino Genovese. Keywords: attribution, self-ascription,
ascription, labelling, power, language, illuminism, critical illuminism,
critical theory, critica della ragione impura; tribu occidentale; Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Genovese” – The Swimming-Pool Library.
Genovesi. (Castiglione del
Genovese). Filosofo. Grice: “I like Genovesi.” Grice: “Genovesi is a good’un –
he reminds me of Oxford – his treatise on logic he called ‘per gli giovenetti,’
which is, as Piaget would say, as it would.” Grice: “Genovesi reminds me of
Strawson, or rather of myself teaching logic to Strawson back in that infamous
term of 1938!” – Grice: “I like Genovesi; I don’t think Socrates taught logic
to Alcebiades; he couldn’t teach since the ‘dialogue’ is hardly the way to do
it; and then Socrates did not teach logic to Plato; Plato did not teach logic
to Aristotle, since the dialogue is not the way to go – so it is possibly
Aristotle who first ‘taught’ logic to Alexander – this would indicate that he
felt the need to change the form from silly dialogical exchanges to actual
propositions that Alexander could swallow – “Sign” is what stands for something
– a word is the sign of an idea – the idea is the sign for a thing.” – and so
on. “Some things imply others; others IMPLICATE others.” – Grice: “Genovesi has
an interesting bunch of things to say about logic, but then any writer of a
‘tractatulus’ in logic would: so he explores the natural/conventional
distinction as applied to signs, and then the affirmation and negation, and
pragmatic concerns with obscurity and ambiguity – and sophismata – and complex
‘causal’ propositions, -- quite a genius – and if a palaeo-Griceian, if I may
myself say so!” Figlio di Salvatore, calzolaio e piccolo imprenditore, e di
Adriana Alfinito di San Mango. Il padre lo indirizza in tenera età verso gli
studi. E affidato agli insegnamenti di Niccolò Genovese, un congiunto, medico
tornato da Napoli, il quale lo istruì in filosofia peripatetica per due anni e
in quella cartesiana per un anno. Nel corso degli studi filosofici, si innamora
di Angela Dragone. Questo amore non trovò l'approvazione del severissimo
genitore il quale condusse immediatamente il figlio a Buccino, dove abitavano
alcuni parenti, presso il convento dei Padri Agostiniani dove seguì gli
insegnamenti filosofici di Abbamonte, appassionandosi al latino di Catone e
Varrone. Insegna retorica a Salerno dove incontra Doti, dal quale riceve lezioni
di perfezionamento nel latino.Si trasferì a Napoli, dove intraprese dapprima la
carriera forense, che lasciò presto. Fonda una scuola privata di metafisica e
teologia. A Napoli fu in contatto con Vico e ottenne la cattedra di metafisica.
Alcune sue posizione contenute in “Elementa Metaphysicae” furono dai suoi
nemici considerate eretiche, e dovette servirsi dell'intervento
dell'arcivescovo di Taranto Celestino Galiani, e di Benedetto XIV per
conservare l'abito talare. In seguito a queste denunce lascia l'insegnamento
della metafisica a Napoli, per passare all'etica, cattedra che era stata tenuta
in passato da Vico. L'evoluzione dalla metafisica- all'etica prosegue con
il passaggio all' “economia” quando si compì la trasformazione 'da metafisico a
mercante', come egli stesso ebbe a scrivere nella sua autobiografia. Insegna'commercio
e meccanica, con fondi privati da Intieri, la prima cattedra di economia di cui
si abbia traccia in Europa, se non consideriamo cattedre di economia quelle
istituite negli anni venti Professorei n Prussia nell'ambito della tradizione
camerale. Il suo lavoro come economista è stato quello più fecondo, tanto che
Genovesi divenne un autore fondamentale. Si diffondevano in quel tempo i primi
accenni di rivolta allo spirito e al costume della Contro-Riforma: gli spunti
di polemica antigesuitica e anticlericale, la ripresa della lotta in difesa dell'autonomia
di un sato laico contro ogni interferenza del cattolicesimo, ai primi elementi
di una teoria delle monarchie illuminate e del regime paternalistico, nonché,
sul piano letterario, l'avvento di una poetica e di una critica più aperte e
coraggiose. In pratica, fu l'inizio della vera rivoluzione culturale che
si attuò nella seconda metà del Settecento sotto il segno dell'Illuminismo
caratterizzata dalla necessità di trasformare integralmente i cardini dciviltà
in tutte le sue manifestazioni. In questo ambito, la filosofia politica di
Genovesi e decisamente di tipo riformatore, un anglofilo sotto spoglie francesi.
Nella sua filosofia, persegue un compromesso tra idealismo ed empirismo,
cercando ad ogni costo di salvare gli essenziali valori religiosi della
filosofia cristiana. Riceve l'influenza del nuovo panorama culturale
italiano, con la voglia di cercare con studi ed esperimenti il concetto della
pubblica felicità, consistente nel far uscire l'uomo dallo stato di
"oscurità" (Illuminismo, che in Francia era già in atto: Les
Lumières). Prese coscienza della decadenza culturale, materiale e spirituale
dopo il periodo d'oro del Napoletano e, quindi, si rese conto della necessità
di intervenire per riportare le arti, il commercio e l'agricoltura a nuovi
splendori. “Io, che era cominciato a tediarmi di questi intrighi teologici
e che cominciava ad avere in orrore studi si turbolenti, e spesso sanguinosi,
feci di più: mi ripresi i miei manoscritti, e deliberai permanentemente di non
pensare più a queste materie.» Per tale motivo, abbandona la metafisica e
si dedica all’economia affermando tra le altre cose, che l’economia deve
servire ai governi per alimentare la ricchezza e la potenza del stato. Ritiene
che per favorire il benessere “sociale” sia necessario promuovere la cultura e
la civiltà, per questo motivo è il primo cattedratico ad impartire le sue
lezioni in italiano. Docente di economia politica, occupa una cattedra
istituita appositamente per lui di “commercio e meccanica” a Napoli da Intieri.
Soggiorna più volte nel palazzo proprio di Intieri a Massaquano per lunghi
periodi dove si rifugiava per trovare "la musa ispiratrice" e lì
infatti scrisse alcune sue opere. Sostiene che anche le donne e i
contadini abbiano diritti alla cultura poiché questa è uno strumento
fondamentale per realizzare l'ordine e l'economia nelle famiglie, e di
conseguenza nella società, è inoltre importante anche l'educazione degli uomini
e in particolar modo lo sviluppo delle arti e delle scienze, contrapponendosi
all'idea di Rousseau per il quale il progresso costituisce la fonte di tutti i
mali. Denuncia anche la presenza di un numero eccessivo di persone che vivono
esclusivamente di rendita e affronta tematiche importanti come problemi di
debito pubblico, inflazione e circolazione monetaria. Il suo pensiero economico
è espresso in Lezioni di commercio o sia di economia civile e considerate una delle prime opere di
filosofia economica. Cerca, così, di indicare la via per alcune riforme
fondamentali: dell'istruzione, dell'agricoltura, della proprietà fondiaria, del
protezionismo governativo su commerci e industrie. Tenne sempre le sue lezioni
in italiano grazie alla sua passione per il civile: viene ricordato per essere
stato il primo docente a esprimersi in italiano durante i suoi corsi e per
essere stato tra i primi a scrivere trattati di metafisica e di logica in
italiano. Così operò, anche e soprattutto, per diffondere lo studio
dell'Economia e delle scienze nel popolo: in questo atteggiamento Genovesi è
ancora una volta in piena continuità con gli umanisti, giudicando anche questo
un mezzo di incivilimento. Altre opera: Lezioni di commercio (Milano,
Fondazione Mansutti). Altre opera: Elementa metaphysicae mathematicum in morem
adornata, Napoli; Elementorum artis logicae-criticae libri quinque Gli elementi
dell'arto logico-critica, Venezia) Meditazioni filosofiche; Lettere
filosofiche; Lettere Accademiche;
Memorie Autobiografiche; Lezioni di commercio o sia d'economia civile; Della
diceosina o sia della Filosofia del Giusto e dell'Onesto; Delle Scienze
Metafisiche per li giovanetti 1767; Altre opere da ricordare sono La logica per
i giovanetti, Istituzioni di Metafisica per Principianti e Lettere familiari,
che testimoniano l'intensa corrispondenza epistolare tra l'abate e il letterato
dell'epoca Ferrante de Gemmis, uno dei pochi testimoni dell'illuminismo
pugliese. Corpaci, F., Antonio Genovesi; note sul pensiero politico,
Giuffrè, Peter Jones , Reception of David Hume in Europe, Continuum, Palatano,
Rosario; Genovesi, Antonio. Antonio Genovesi: teoria del commercio, LUISS
University Press, .Antonio Genovesi, in Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 10 maggio . Lucio Villari, Il pensiero economico di Antonio
Genovesi, Le Monnier, Chines, Loredana. Su alcuni aspetti linguistici degli
scritti di Genovesi, Pensiero politico, Davide Alessandra, Antonio Genovesi:
uno dei padri dell'illuminismo meridionale, su historiaiuris.com, . M.
Bonomelli (a cura di, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia
dell'assicurazione, Fondazione Mansutti, schede bibliografiche di C. Di
Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, Luigino Bruni, Voce
"Antonio Genovesi" in Il Pensiero Economico Italiano, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana Treccani.
Luigino Bruni e Stefano Zamagni, Economia civile, Il Mulino, Bologna, .
A. M. Fusco, Antonio Genovesi e il suo mercantilismo "rinnovato", in
A. M. Fusco, Visite in soffitta. Saggi di storia del pensiero economico, Napoli,
Editoriale Scientifica, Giuseppe Galasso, Il pensiero religioso di Antonio
Genovesi, Rivista storica italiana, G. Genovese, Contro le "Penelopi della
filosofia". Note sulle Lettere accademiche di Antonio Genovesi,
L'acropoli, G. Genovese, Tra Vico e Rousseau: le autobiografie di Antonio Genovesi,
L'acropoli, D. Ippolito, Antonio Genovesi lettore di Beccaria, Materiali per
una storia della cultura giuridica, C. Passetti, Una fragile armonia: felicità
e sapere nel pensiero di Antonio Genovesi, Rivista storica italiana, M.L.Perna,
Eluggero Pii e l'edizione delle opere di Antonio Genovesi Dialoghi e altri
scritti. Intorno alle Lezioni di Commercio, Il pensiero politico: rivista di
storia delle idee politiche e sociali, A. M. Rao, Etica e commercio: i Dialoghi
di Antonio Genovesi nell'edizione di Eluggero Pii, Il pensiero politico:
rivista di storia delle idee politiche e sociali, Wolfgang Rother, Antonio Genovesi, in
Johannes Rohbeck, Wolfgang Rother : Grundriss der Geschichte der Philosophie,
Die Philosophie des 18. Jahrhunderts, Italien. Schwabe, Basel, Rosario Villari,
Antonio Genovesi e la ricerca delle forze motrici dello sviluppo sociale, «Studi
Storici», E. Zagari, Il metodo, il progetto e il contributo analitico di
Antonio Genovesi, Studi economici, 2V. Gleijeses, Napoli nostra e le sue
storie, Società Editrice Napoletana, Napoli, Pietro Napoli Signorelli, Treccani,
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Genovesi, sConferenza Episcopale
Italiana. Opere di Antonio Genovesi /
Antonio Genovesi (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere
di Antonio Genovesi, . Luigino Bruni,
Genovesi, Antonio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Economia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Saverio Ricci, Genovesi, Antonio, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . 13 novembre . Corrado Barbagallo, Antonio
Genovesi, Estratto da: Rassegna Storica Salernitana. Antonio Genovesi.
Keywords: critica della ragione economica, scambio conversazionale --. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice e Genovesi: critica della ragione economica” -- per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Gentile.
(Castelvetrano).
Filosofo. Grice: “Do not multiply the senses of ‘state’ (normative,
prerogative) beyond necessity.” Grice: “It’s difficult to assess the philosophy
of Gentile; he is a Peirceian, like me –. He ie into ‘conventional sign’ and
‘natural sign’ – and considers intersubjectivity as a way to suprass the type
of Berkeleyan idealism – his tradition is Plathegel, mine is Ariskant!” Grice:
“The roots of Gentile’s philosophy are in Hegel’s logic, as are Bradley’s,
Bosanquet, and Collingwood’s! – and Croce’s!” -- idealist philosopher. He
taught philosophy at Pisa. Gentile rejects Hegel’s dialectics as the process of
an objectified thought. Gentile’s actualism or actual idealism claims that only
the pure act of thinking or the transcendental subject can undergo a
dialectical process. All reality, such as nature, God, good, and evil, is
immanent in the dialectics of the transcendental subject, which is distinct
from the empirical subject. Among his major works are “La teoria generale dello
spirito come atto puro” and “Sistema di logica come teoria del conoscere.”
Gentile sees conversation is a concerted act that overcomes the apparent
difficulties of inter-subjectivity and realizes a unity within two
transcendental subjects. Actualism was pretty influential. With Croce’s
historicism, it influenced two Oxonian idealists discussed by H. P. Grice:
Bernard Bosanquet and R. G. Collingwood (vide: H. P. Grice, “Metaphysics,” in
D. F. Pears, The Nature of Metaphysics, London, Macmillan). Insieme a Croce uno dei maggiori esponenti del idealismo,
nonché un importante protagonista della cultura, fonda L’Istituto dell'Enciclopedia
Italiana e artifice della riforma della pubblica istruzione (Riforma Gentile). La
sua filosofia è detta attualismo. Inoltre fu figura di spicco del
fascismo italiano. In seguito alla sua adesione alla Repubblica Sociale
Italiana, fu assassinato durante la seconda guerra mondiale da alcuni
partigiani comunisti dei GAP. «Era un omone che ispirava grande simpatia;
con la pancia incontenibile, i bei capelli brizzolati sopra un faccione rosso
acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché un filosofo: così mi apparve,
benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi Discorsi di religione, freschi di
lettura. Bonario, familiare (paternalista), mi fece l'impressione di un
vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua autorità sull'indiscusso ruolo di
patriarca” (Geno Pampaloni, Fedele alle amicizie. Figlio di Giovanni e Teresa
Curti. Frequenta il ginnasio/liceo "Ximenes" a Trapani. Vince quindi
il concorso per posti di interno di Pisa, dove si iscrive alla facoltà di
lettere e filosofia. A Pisa ha come maestri, tra gli altri, Ancona, professore
di letteratura, legato al metodo storico e al positivismo e di idee liberali, Crivellucci,
professore di storia, e Jaja, hegeliano seguace di Spaventa, che influirono
molto su Gentile. Dopo la laurea, con massimo dei voti e ottenimento del
diritto di pubblicazione della tesi, ed un corso di perfezionamento a Firenze, ottiene
una cattedra in filosofia presso il convitto nazionale Pagano di Campobasso. Si
sposta a Napoli. Sposa Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro
matrimonio nasceranno Federico Gentile, i gemelli Gaetano Gentile e Giovanni
Gentile junior, Giuseppe Gentile, e Tonino Gentile Ottiene la libera docenza in
filosofia teoretica. Ottiene poi la cattedra a Palermo, dove frequenta il
circolo di Pojero e fonda “Nuovi Doveri.” A Pisa e Roma. Insegna a Palermo, Pisa,
Roma e Milano. Durante gli studi a Pisa incontra Croce con cui intratterrà un
carteggio continuo. Uniti dall'idealismo (su cui avevano comunque idee
diverse), contrastarono assieme il positivismo e le degenerazioni dell'università
italiana. Insieme fondano “La Critica” al
rinnovamento della cultura italiana. L'attualismo ha configurazione
sistematica. Divenne membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione. All'inizio
della prima guerra mondiale, tra i dubbi della non belligeranza, si schiera a
favore della guerra come conclusione del Risorgimento. Rivela a sé stesso la
passione politica che gli stava dentro e assunse una dimensione che non era più
soltanto quella del filosofo che parla “ex cathedra”, ma quella dell'"intellettuale" militante,
che si rivela al pubblico. Partecipa attivamente al dibattito politico e
culturale. E tra i firmatari del manifesto del “Gruppo Nazionale Liberale”, che,
insieme ad altri gruppi nazionalisti e di ex combattenti forma l' “Alleanza” per
le elezioni politiche, il cui programma politico prevede la rivendicazione di
uno stato forte, anche se provvisto di larghe autonomie regionali e comunali,
capace di combattere la metastasi burocratica, il protezionismo, le aperture democratiche
alla Nitti, rivelatosi «inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione,
incapace di cogliere e tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e
nobili». Fonda il “Giornale critico della filosofia italiana”. Diviene consigliere comunale al Municipio di
Roma, mentre l'anno successivo viene nominato anche assessore supplente alla X
Ripartizione, A. B. A., ovvero alle “Antichità” e alle “Belle Arti”, sempre del
Municipio di Roma. Diviene socio dell'Accademia dei Lincei. Gentile non mostra
particolare interesse nel confronto del fascismo. Fu solo allora che prese
posizione in merito, dichiarando di vedere in Mussolini un difensore di un “liberalismo”
risorgimentale nel quale si riconosce.“Mi son dovuto persuadere che il ‘liberalismo’,
com'io l'intendo e come lo intendeno gli uomini della gloriosa destra che guida
l'Italia del Risorgimento, il liberalismo della libertà nella legge, e perciò
nello stato forte, e nello stato concepito come una realtà etica, non è oggi
rappresentato in Italia dai ‘liberali’, che sono più o meno apertamente contro
di Lei, ma per l'appunto, da Lei.” (Lettera a Mussolini). All'insediamento del
regime viene nominato ministro della Pubblica Istruzione, attuando La Riforma
Gentile, fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla
legge Casati di più di sessant'anni prima! Diviene senatore del Regno. Si iscrive
al Partito Nazionale con l'intento di fornire un programma ideologico e
culturale. Dopo la crisi Matteotti, date le dimissioni da ministro, Gentile
viene chiamato a presiedere la Commissione dei Quindici per il progetto di
riforma dello Statuto Albertino (poi divenuta dei Diciotto per la riforma dell'ordinamento
giuridico dello stato). Resta fascista e pubblica il “Manifesto degli
intellettuali” in cui vede la filosofia come un possibile motore della rigenerazione
degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento. Questo
manifesto sancisce l'allontanamento di Gentile da Croce, che gli risponde con
un tipico “contro-manifesto”. Promuove la nascita dell'Istituto di Cultura. Per
le numerose cariche, esercita un forte influsso sulla cultura italiana,
specialmente nel settore filosofico. È imembro dell'Istituto Treccani. A
Gentile si devono in gran parte il livello culturale e l'ampiezza della visione
dell'Enciclopedia Italiana. Invita infatti a collaborare alla nuova impresa
3.266 filosofi di diverso orientamento, poiché nell'opera si deve coinvolgere
tutta la cultura italiana, compresi molti studiosi notoriamente anti-fascisti,
che ebbero spesso da tale lavoro il loro unico sostentamento. Riesce in tal
modo a mantenere una sostanziale autonomia, nella redazione dell'Enciclopedia
Italiana, dalle interferenze del regime. È coinvolto nell'istituzione del
Giuramento di fedeltà al regime che causerà l'allontanamento di alcuni
dall'Università. Inaugura a Genova l'Istituto mazziniano. Fonda il Centro
nazionale di studi manzoniani. Fonda la Domus Galilaeana a Pisa. Non
mancano comunque i dissensi col regime. In particolare, la sua filosofia subisce
un duro colpo alla firma dei Patti Lateranensi tra il cattolicesimo e lo stato.
Sebbene riconosca il cattolicesimo come una forma della spiritualità , ritiene
di non poter accettare uno stato NON laico. Questo evento segna una svolta nel suo
impegno politico militante, è inoltre contrario all'insegnamento del
cattolicesimo nel ginnasio e nel liceo. Il Sant'Uffizio mette all'”Indice” le
sue opere a causa del loro riconoscimento, nel solco dell'idealismo, del
cattolicesimo come una mera "forma dello spirito” -- totalmente inferiore
alla filosofia: ‘theologia ancilla philosophiae.” “La mia religione, in cui vi
sono anche alcune velate critiche al cattolicesimo e ispirata da Alighieri,
Gioberti e Manzoni.” Degna di nota anche la sua difesa di Bruno, il filosofo
eretico condannato al rogo dall'Inquisizione, al quale dedica una apologia,
impegnandosi anche presso Mussolini perché la statua di Bruno in Campo de'
Fiori e opera dello scultore anticlericale Ettore Ferrarinon fosse rimossa,
come richiesto da alcuni cattolici. Comincia una lunga polemica contro
Vecchi, che Gentile accusa di “inquinare la cultura”.“Roma non ebbe mai un'idea
che fosse esclusiva e negatrice.”“Roma accolse sempre e fuse nel suo seno, idee
e forze, costumi e popoli.” “Così poté attuare il suo programma di fare dell'urbe,
l'orbe.” “La Roma antica volgendosi con accogliente simpatia e pronta e
conciliatrice intelligenza a ogni persona a ogni forma di vivere civile, niente
ritenendo alieno da sé che fosse umano.”“Sono i popoli – come i longobardi! -- piccoli
e di scarse riserve quelli che si chiudono gelosamente in se stessi in un nazionalismo
schivo e sterile.”In La mia religione dichiara di essere credente nello stato
laico – ‘stato no laico e una contradictio in terminis’ -- Nel Discorso
del Campidoglio esorta all'unità. Si ritira a Troghi, dove filosofa su la “Genesi
e struttura della società” nel nel quale teorizza su la politica
dell’umanesimo. Considera “Genesi e struttura della societa” il coronamento dei
suoi studi speculativi tanto che mostrando il manoscritto, scherzando disse. "I
vostri amici possono uccidermi ora se vogliono.”“Il mia missione nella vita è
compietata.”La caduta di Mussolini non preoccupa particolarmente Gentile che
intese il tutto come un avvicendamento al governo. Inoltre la nomina nel primo
governo Badoglio di alcuni ministri che precedentemente erano stati suoi
collaboratori lo conforta. In particolare la amicizia con Severi spinse Gentile
ad inviargli una lettera di auguri per la nomina e a sottoporgli alcune questioni
rimaste in sospeso con il governo precedente. Severi rispose a Gentile
lanciandogli un duro e inatteso attacco. Travisandone volontariamente i
contenuti evitando però di renderli noti avvalorò l'idea che Gentile gli si
fosse proposto come consigliere ponendolo quindi in obbligo a respingerne la
proposta. Gentile replica a Severi e rassegna le dimissioni da Pisa. Gentile
respinse in un primo tempo la proposta di Biggini di entrare al Governo, dopo
un incontro con Mussolini sul lago di Garda si convinse ad aderire alla
Repubblica Sociale Italiana. Divenne presidente della Reale Accademia d'Italia,
con l'obiettivo di riformare L’Accademia dei Lincei che fu assorbita
dall'Accademia. “Venne qui tempo fa un amico a cercarmi, ed io dissi francamente
i motivi politici per cui desideravo restare in disparte.”“Ma egli mi assicurò
che io potevo benissimo restare in disparate.”“Ma dovevo fare una visita al mio
amico che desidera vedermi ed era addolorato di certe manifestazioni recenti,
ostili alla mia persona.”“Negare questa visita non era possibile.”“Feci comodamente
il viaggio con Fortunato.”“Ebbi un colloquio di quasi due ore, che fu
commoventissimo.”“Dissi tutto il mio pensiero, feci molte osservazioni, di cui
comincio a vedere qualche benefico aspetto”“Credo di aver fatto molto bene
all’Italia.”“Non mi chiese nulla, non mi fece offerta.”“Il colloquio fu a
quattr'occhi.”“La nomina fu poi combinata col ministro amico e portata qui da
me da un Direttore generale.”“Non accettarla sarebbe stata suprema vigliaccheria
e demolizione di tutta la mia vita.”Sostenne la chiamata alle armi e la
coscrizione militare dei giovani nell'esercito della RSI, auspicando il ri-pristino
dell'unità nazionale sotto la guida ancora una volta di Mussolini.
Intanto il figlio, Federico Gentile, capitano d'artiglieria del Regio Esercito,
era stato internato dai tedeschi in un campo di prigionia a Leopoli in condizioni
particolarmente severe.Federico Gentile e l'unico ufficiale italiano del campo
a non ricevere la posta di ritorno. Federico Gentile aveva aderito alla RSI, ma
non aveva accettato l'arruolamento nell'Esercito Nazionale Repubblicano,
preferendo tornare in Italia da civile.Gentile elogia pubblicamente al "Condottiero
della grande Germania", e lodando l'alleanza italiana con le Potenze
dell'Asse.Pochi giorni dopo, Federico Gentile, venne trasferito in un campo
meno duro.Infine, gli fu permesso il ritorno. Per il suo appoggio dichiarato
alla leva per la difesa della RSI, riceve diverse missive contenenti minacce di morte. In
una in particolare era riportato: "Tu sei responsabile dell'assassinio dei
cinque". L'accusa era riferita alla fucilazione di cinque renitenti alla
leva rastrellati dai militi della R. S. I. -- fucilazione orchestrata da Carità,
che detesta Gentile, ricambiato. Ha infatti minacciato di denunciare le
eccessive violenze del suo reparto allo stesso Mussolini.Gentile non e assolutamente
collegato con tale evento. Il governo repubblicano gli offre quindi una scorta
armata che però Gentile declina.“Non sono così importante, ma poi se hanno
delle accuse da muovermi sono sempre disponibile.”Considerato in ambito
resistenziale come il filosofo del regime, apologo della repressione e di un
regime ostaggio di un esercito occupante, e ucciso isulla soglia di Villa di
Montalto al Salviatino, da gappisti di ispirazione comunista. Il commando si
apposta circa nei pressi della villa.Appena giunse in auto, il gappista
Fanciullacci si avvicina, tenendo sotto braccio un libro di filosofia – “Apperance
and Reality,” di Bradley -- per nascondere la rivoltella e farsi così credere
un filosofo.Abbassa il vetro per prestare ascolto.E subito raggiunto dai colpi
della rivoltella. Fuggito il gappista in bicicletta, l'autista si diresse
all'ospedale Careggi per trasferirvi il filosofo moribondo.Gentile, colpito
direttamente al cuore e in pieno petto, in breve spira.Fu un episodio che divise
lo stesso fronte di resistenza e che è al centro di polemiche non sopite,
venendo infatti già all'epoca disapprovato dal CLN toscano con la sola
esclusione del Partito Comunista, che ri-vendicò l'esecuzione. Fu sepolto nella
basilica di Santa Croce, il foscoliano tempio dell'itale glorie. Dopo
l'attentato, le autorità della R. S. I., dopo aver sospettato all'inizio lo stesso
Mario Carità promisero mezzo milione di lire in cambio di informazioni su
Fanciulacci.Venne disposto l'arresto di cinque, indicati da come i mandanti
morali.Grazie al diretto intervento della famiglia, gli arrestati sono rimessi
in libertà. All'interno di Santa Croce si inaugura un convegno di studi
gentiliani. La filosofia di Gentile fu da lui denominata “attualismo” o idealismo
attuale.L'unica vera realtà è un “atto” puro del «pensiero che pensa», cioè
l'auto-coscienza, in cui si manifesta lo spirito che comprende tutto l'esistente.Solo
quello che si realizza tramite lo spirito rappresenta la realtà in cui il
filosofo si riconosce. Il Pensiero è attività perenne in cui all'origine non
c'è distinzione tra “soggetto” e “oggetto” – dunque l’intersoggetivita e un
pseudo-problema. Avversa pertanto ogni dualismo rivendicando il monismo e l'unità
di natura (corpo, materia) e spirito (anima, forma) (monismo).Al'interno, assieme
al primato, la auto-coscienza è vista come “sintesi” della tesi del soggeto e
l’antitesi dell’oggetto.Questo e un atto in cui il primo, la tesi, il soggetto,
pone se stesso e pone il secondo (auto-concetto).In ciò consiste l'”autoctisi”
–Non hanno quindi senso un orientamento solo spiritualista o solo materialista
(naturalista).Non ha senso la divisione netta tra spirito (l’astratto) e
materia (astrazzione) del platonismo, in quanto la realtà è Una.Qui è evidente
l'influsso dell’aristotelismo (hyle-morphe) e il panteismo rinascimentale e
anche dell’ “immanentismo” (contro il transcendentalismo) più che
dell'hegelismo.Di Hegel, a differenza di Croce, che era fautore di uno
storicismo assoluto (o idealismo storicista), per cui tutta la realtà è “storia”
e non “atto” in senso aristotelico (energeia/dunamis – actus – cf. Grice, “What
is actual”), non apprezza tanto l'orizzonte storicista, quanto l'impianto
idealistico relativo alla auto-coscienza.La auto-coscienza è considerata il fondamento
del reale. Anche vi è un errore in Hegel nella formulazione della “dialettica”.
Ma questo non consiste unicamente, come afferma Croce. Croce infatti sostiene che
"tutto è Spirito". La critica di Croce non è sufficiente.Gentile
sostiene che Hegel confunde la dialettica del “implicare” (‘impiegare”) (che ha
individuato correttamente) con la dialettica dell’ “implicatum” ‘empiegato’. Lascia
forti residui della dialettica dell’impiegato,cioè quella del determinato e
delle scienze. Gentile inoltre non accetta la “dialettica dei distinti” (A
distinto da B) che Croce, in base al adagio che "non ogni negazione è
opposizione") introduce posto accanto alla “dialettica degli opposti"
(A opposto B). Infatti Gentile ritiene la
‘dialettica dei distinti’ un'aggiunta arbitraria, che snatura la dialettica
propria.Questa invece si esplica in un “atto” in cui utilizza la dialettica (A
opposto B, sintesi C) in un atto puro.Questa dialettica si esplica quindi nel
rapporto dell’impiegare e l’impiegato.Recuperando La Dottrina della scienza di
Fichte, Gentile afferma che lo spirito (anima, forma) è fondante in quanto
unità di autocoscienza, atto; l'atto puro –, è il principio e la forma della
realtà diveniente, non esistente (Gott im Werden – dall’divenire all’essere). La
dialettica dell'atto puro e l’opposizione tra la soggettività (il soggeto)
rappresentata dall'espressione --
intention-based semantics -- (tesi) e l'oggettività (oggeto) – cf.
inter-soggetivo -- rappresentata dal positivism scientism. (antitesi), cui fa
da soluzione nell’atto puro (sintesi). L'atto puro si fonda sull'opposizione
della «logica del pensiero pensante» e la «logica del pensiero pensato” – cfr.
implicans – implicatum. impiegatore – impiegante – impiegato --. La prima è una
dialettica materiale– implicans/impiegante --, la seconda una logica formale –
l’impiegato --.Gentile dedica la sua attenzione al tema della soggettività
dell'espressione nel vivere del spirito. Se da un lato l'espressione è il
prodotto di un sentimento soggettivo o una intenzione, dall'altro l’espressione
è un atto puro “sintetico” – “composito” -- non analitico – or divisso -- che
coglie tutti i momenti della vita dello spirito, acquistando dunque alcuni
caratteri del questo che Grice chiama il discorso razionale o la conversazione
come cooperazione razionale. Sviluppando fino in fondo la filosofia di
Spaventa, la filosofia dell’atto puro, per il quale la realtà esiste solo
nell'atto puro che pensa la realta.è stato interpretato come un idealismo
soggettivo (una forma di soggettivismo – o intersoggetivismo), sebbene Gentile
tende a respingere tale definizione, non essendo quell'atto preceduto né dal “soggetto”
né tantomeno dall'”oggetto” -- bensì coincidente con l'Idea stessa, e a
differenza di Fichte, in cui l'Infinito (come aveva già affermato Hegel) è un
"cattivo infinito" è in realtà immanente (non trascendente) all'esperienza,
proprio perché l’atto puro e creatore d una esperienza (datum). Gentile e un
ideologo del regime.La filosofia politica di Gentile è fortemente attivista e attualista (cioè
trasponte l'attualismo del atto puro nel campo veramente inter-soggetivo dello
scambio sociale.La politica coniughi «prassi e pensiero» (lo pratico e lo
speculative) che sia insieme «una azione a cui è immanente una ‘dottrina’
condivisa.’”Essendo insoddisfatto di fronte alla realtà, in Gentile troviamo il
primato del futuro, l’utopia, l’ideale regolativo. Ma, allo stesso tempo, un
recupero della concezione romantica illuminsita di una Ragione intesa come
Spirito universale che tutto pervade, avversa al materialismo e alla ragione
meramente strumentale mezzo-fine. In questo, l’analogia con Grice e obvia. Per
Gentile, ad esempio, il «modo generale di concepire la vita» proprio della sua
dottrina è di tipo «spiritualistico». La dottrina non è la sola qualificazione
politica che dà dello speculative.Gentile infatti e un ‘liberale’ -- nonostante
sembri respingere quasi in toto il ‘liberalismo ottocentesco’ ne La dottrina del
regime.Difatti la sua concezione politica riprende la concezione di Hege di un
stato etico o morale -- per cui ‘libero’ (free) non è primariamente l'individuo
o persona atomisticamente e materialisticamente inteso, ma soltanto lo stato stesso
nel suo processo storico. Un individuo e ‘libero’ se esplica la sua moralità nella
forma istituzionale di suo stato libero -- come chiarisce nella 'Enciclopedia
italiana. L'individuo esprime la sua libertà individuale personale solo
all'interno di un stato libero ("libertà nella legge" – lo giuridico
-- ), con ciò a dire in un contesto istituzionale organizzato (positivismo
kelseniano). Un esempio di questa concezione lo si può trovare nella destra
storica, la quale governa l'Unità d'Italia.Impone un governo autoritario (concezione
ereditata poi dalla sinistra storica di Crispi) che riusce a moderare
l'individualità dei singoli, quella che Gentile definisce come la spinta alla
disgregazione.Questo modello di governo forte è giusto (lo giuridico) in quanto,
per definizione, un stato libero e un stato etico, definito alla Mazzini come
"stato educatore". Se Gentile voglia uno stato totalitario vero e
proprio è questione invece incerta.Di certo nella sua fase prettamente del
regime, Gentile fa riferimento a un ‘stato totale", l'organismo che
accoglie tutto in sé.Con il regime si può avere vero "liberalismo" in
quanto riporta al valore primigenio del Risorgimento. Gentile dimostra un forte
approccio storicistico, secondo il quale il regime trade la sua legittimazione
dalla storia, sarebbe appunto una vera fase storica, non una mera mistica o
dottrina o ideologia. Il Risorgimento non e olo un'operazione politica, ma un
"atto di fede".Il campione di suddetto atto di fede e Mazzini:
anti-illuminista e romantico, anti-francese, spiritualista e nemico dei
principi materialistici. Lo stato giolittiano rappresenta invece un tradimento
dei valori risorgimentali.Per rompere questo “status quo” degenerativo del
processo italiano e necessario una rivoluzione. Porta un nuovo assetto, ma
anche statale, perché va a colmare una lacuna che vige nel sistema del stato. Insiste
molto sulla novità di questa rivoluzione. è un modo nuovo di concepire una nazione,
ha una consapevolezza mistica di ciò che sta compiendo. Un duce viene perciò
dipinto come un vero eroe idealistico. La missione della rivoluzione è quella
di creare l'Uomo nuovo: un uomo di fede, spirituale, anti-materialista, volto a
grandi imprese. Questo nuovo tipo di uomo e anti-tetico al carattere che Giolitti
tentò di imprimere a una nazione e che connota l'Italia come una nazione scettica,
mediocre e furbastra. In quanto ideologo, Gentile sostiene che la dottrina
revoluzionaria si deve istituzionalizzare: ciò avverrà nei fatti attraverso
l'istituzione del Gran Consiglio. La dottrina si deve inoltre far assorbire
dall'italianità (e non il contrario). Il fine è che nella società italiana non
vi siano più contra-dizioni, nessuna differenza tra cultura italiana e cultura
della dottrina. Bisogna arrivare ad una comunità omogenea e compatta anche in
ambito lavorativo. Attraverso
l'istituzione della cooperative e la corporazione,
la quale deve sanare la frattura sindacati-datori di lavoro tramite la
collaborazione o cooperazione di classe. Anche qua Gentile riprende le teorie di
Mazzini, oltre che il distributismo. Il corporativismo (di cui le estreme
realizzazioni saranno la democrazia organica e la “socializzazione” dell'economia,
progettate nella R. S. I.) permette di giungere ad uno stato di fatto in cui i
problemi economici si risolveranno all'interno della corporazione stessa, senza
provocare fratture all'interno della società, ed evitando una lotta di classe
(classe bassa, casse media, classe alta) grazie alla “terza via” della
dottrina. Gentile sostenne, opponendosi all'ala estrema e intransigente l'idea
una riconciliazione, la più ampia possibile, di tutti gli italiani.Pur riconoscendosi
nella R. S. I., invita pubblicamente il “popolo sano” ad ascoltare “la voce
della Patria”, esortandolo alla pacificazione e ad evitare una “lotta
fratricida", di cui comunque non vedrà la fine. Il gentilismo fu una
delle cinque correnti culturali del regime, assieme alla sinistra "rivoluzionario"
di Malaparte, Maccari, Bottai, e Marinetti; la dottrina clericale; la mistica
di Giani, Arnaldo, e Mussolini; e il neo-ghibellinismo pagano di Evola. Per
l'idealista Gentile, a differenza di Croce, che ritene il Marxismo solo
"passione politica", causata da uno sdegno morale a causa delle
ingiustizie sociali, il marxismo è una filosofia della storia derivata da
Hegel. Gentile afferma infatti che la concezione materialistica della storia è
costruita da Marx sostituendo la Materia -- la struttura economica -- allo
Spirito. Per Hegel lo Spirito è l'essenza di tutta la realtà, che comprende la
materia (all'interno della Filosofia della natura), come momento del suo
sviluppo.Secondo Marx invece, avendo scambiato il relativo con l'assoluto, si
finisce con l'attribuire a un mero momento (la materia, cioè, il fatto
economico) la funzione dell'Assoluto che per Hegel si sviluppa dialetticamente
ed è determinato a priori rendendo così determinato a priori l'empirico: la
struttura economica. Nonostante che la filosofia della storia marxiana sia
pertanto una errata filosofia della storia hegeliana "rovesciata",
però la filosofia di Marx possiede ugualmente un pregio: è una "filosofia
della prassi". Nelle Tesi su Feuerbach, che Gentile cura, il
"Moro" infatti critica il materialismo volgare.Questo concepisce
metafisicamente l'oggetto come dato e il soggetto come mero ricettore
dell'essenza-oggetto. Nonostante ciò, secondo Gentile, Marx, attribuisce alla “prassi”,
considerata come attività sensibile umana, la funzione di far derivare a torto
il pensiero medesimo.I filosofo di Treviri infatti considera il pensiero una
forma derivata dell'attività sensitiva e non un atto che ponga l'oggetto. Gentile
sostiene invece (contro Marx e il Marxismo) come sia l'atto del pensiero ,come
atto puro a porre l'oggetto, e quindi, in ultima istanza, a crearlo.Gentile
riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la pedagogia con la
filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della prima,
negandone i nessi con la psicologia e con l'etica. L'educazione deve essere
intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che realizza così
la propria autonomia. L'insegnamento è spirito in atto, di cui non si possono
fissare le fasi o prescrivere il metodo.Il metodo è il maestro o tutore, il
quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma affrontare questo
compito sulla scorta delle proprie risorse interiori. Programmare la didattica
sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e diveniente dello spirito che è
alla base dell'educazione. Al maestro o tutore è richiesta una vasta cultura e
null'altro.Il metodo verrà da sé, perché il metodo risiede nella Cultura stessa
che si forma continuamente da sé nel suo processo infinito di creazione e
ri-creazione.Il dualismo scolaro-maestro (tutore/tutee) deve risolversi in
unità – il dialogo socratico -- attraverso la comune partecipazione alla vita
dello spirito che tramite la cultura muove l'educatore (tutore) verso l'educando
(tutee – Gentile qui usa una forma romana, ‘educando’ – cfr. ‘implicandum’ -- e
lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. «Il maestro è il
sacerdote, l'interprete, il ministro dell'essere divino, dello spirito». Il
maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo (l’educando, il tutee, lo
scolareo) deve allora entrare in sintonia nell'ascolto col maestro, proprio per
partecipare anche lui dell'attuarsi dello spirito, per farsi libero ed
autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi (auto-diddatica),
facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.Questi concetti ispirano
la riforma scolastica attuata da Gentile in veste di ministro della Pubblica
istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri.
Altri principi della filosofia di Gentile presenti nella riforma scolastica
sono in particolare la concezione della scuola come membro fondamentale dello stato
(viene infatti istituito un esame di stato che sancisce la fine di ogni ciclo
scolastico, anche se gli studi sono effettuati in un istituto privato) e il
predominio delle discipline del gruppo umanistico-filologico.Gentile fu
ministro della pubblica istruzione e mise in atto la sua riforma scolastica, e
definita da Mussolini "la più riformante delle riforme", in
sostituzione della vecchia legge Casati. Essa era fortemente meritocratica e
censitaria; dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione
della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di
tipo piramidale, cioè pensata e dedicata ai migliori e rigidamente suddivisa a
livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo ‘professionale’
per il popolo. I gradi più elevati erano riservati agli alunni più meritevoli,
o comunque a quelli appartenenti ai ceti più abbienti. Furono istituite borse
di studio perché gli studenti dotati di famiglia povera potessero proseguire
gli studi (cf. Grice, a “Midlands scholarship boy bound to Corpus!”). La logica
e messa in secondo piano, poiché e una materia priva di valore universale, che ha la sua importanza
solo a livello ‘professionale’.Difatti Giovanni Gentile, a differenza di Croce
che sosteneva l'assoluta preponderanza sociale delle materie classiche sulla
scienza, pur criticando gli eccessi del positivismo e considerando anch'egli le
materie letterarie come superiori, intrattenne anche rapporti, improntati al
dialogo, con matematici e fisici italiani (come Majorana, collaboratore di
Enrico Fermi nel gruppo dei "ragazzi di via Panisperna", che divenne
anche amico del figlio Giovanni Gentile jr., coetaneo del Majorana) e cercò di
instaurare un confronto costruttivo con il scientism.L'”obbligo” scolastico fu
innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni.
L'allievo che termina la scuola elementare ha la possibilità di scegliere tra
il ginnasio/liceo classico e la scuola scientifica oppure un istituto tecnico.Solo
il ginnasio-liceo permette l'accesso alla faculta di filosofia nella universita
di Bologna.In questo modo però viene mantenuta una profonda divisione tra classi
– l’elite, la classe alta, la classe media, e la classe basssa (questo vincolo
fu rimosso completamente).
Ciò anda incontro alla visione
patriarcale del Duce.Anche Gentile nel complesso mostrò posizioni poco
ricettive verso il femminismo ("il femminismo è morto" dirà), sebbene
più sfumate, sostenendo che i licei dovessero formare i "futuri capi"
guerrieri.Nel triennio dell'istruzione classica viene poi introdotta, in
sostituzione, la filosofia, adatta alla elite o classe dominanti e alla futura
classe dirigente, ma non al popolo minuto. Gentile è un filosofo della
secolarizzazione e della risoluzione della trascendenza in prassi in ciò
accomunato a Marx -, determinante addirittura per lo stesso comunismo italiano
attraverso la ripresa che ne fece Gramsci. Da sottolineare che già sulla
rivista L'Ordine Nuovo, Gobetti nota sche Gentile «format la cultura filosofica
italiana.”. Di tutt'altro avviso Sasso, secondo il quale a dover essere
rivalutata non è affatto la disastrosa prassi politica di Gentile, la cui «passionale»
adesione alla dottrina «fu filosofica, forse, a parole ma nelle cose no». Ciò
che merita ancora di essere studiato, sostiene Sasso, è invece «la filosofia
dell'atto in atto», e tra essa «e la dottrina non c'è, né ci può essere, alcun
nesso». La filosofia di Gentile e la «fascistizzazione dell'attualismo» e
pertanto una «deformazione dell'idealismo”. Al di là della sua appartenenza politica,
si attribuisce comunque a Gentile un notevole spessore filosofico. Gentile fu
fascista e pagò con la vita la sua fedeltà alla dottrina. Ma fu anche profondo
pensatore. Lo riconobbero, nel primo dopoguerra, persino Gramsci e Togliatti. Per
approfondire gli studi sull'opera di Gentile e create l' “Istituto di studi
gentiliani” e la "Fondazione Giovanni Gentile" a Roma. La filosofia
gentiliana è stimata anche dal Severino, che ravvisandovi una condivisione del
sostrato filosofico tecno-scientifico del nostro tempo la considera uno dei tratti
più decisivi della cultura mondiale. Gentile e certamente un romantico, forse
l'ultima più vigorosa figura del Romanticismo europeo.Gli venne dedicato un
francobollo delle Poste italiane, unico tra le personalità di primo piano del
regime ad avere questa celebrazione da parte della Repubblica Italiana. L'assassinio
di Gentile fu una carognata ingiusta e vigliacca. Gentile non era fascista. Che
gli antifascisti furono dei acasotto perché uccisero un grande e inerme
filosofo mentre non ebbero il coraggio di sminare i ponti di Firenze che i
tedeschi avevano minato.Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone
dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei Santi
Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone
dell'ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di
gran croce insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italia, Cavaliere
di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania nazista)nastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca
(Germania). “L'atto del pensare come atto puro; La riforma della dialettica hegeliana”
(Firenze, Sansoni); La filosofia della guerra; Teoria generale dello spirito
come atto puro, Firenze, Sansoni); I fondamenti della filosofia del diritto; “Sistema
di logica come teoria del conoscere; Guerra e fede (raccolta di articoli
scritti durante la guerra) Dopo la vittoria (raccolta di articoli scritti
durante la guerra) Discorsi di religione; Il modernismo e i rapporti tra
religione e filosofia; Frammenti di storia della filosofia”; “La filosofia
dell'arte”; “Introduzione alla filosofia”; “Genesi e struttura della società” “L'attualismo
V. Cicero e con introduzione di E. Severino, Bompiani, Milano Di carattere storiografico Delle commedie di
Antonfrancesco Grazzini detto il Lasca”; “Rosmini e Gioberti”; “Marx”; “Dal
Genovesi al Galluppi”; “Telesio; “Studi vichiani” “Le origini della filosofia
contemporanea in Italia”; “Il tramonto della cultura siciliana; Giordano Bruno
e il pensiero del Rinascimento; Frammenti di estetica e letteratura; La cultura
piemontese; Gino Capponi e la cultura toscana del secolo XIX; Studi sul
Rinascimento; I profeti del Risorgimento italiano: Mazzini e Gioberti; Bertrando
Spaventa; Manzoni e Leopardi; Economia ed etica; Giovanni Gentile un filosofo
scomodo; L'insegnamento della filosofia nei licei; Scuola e filosofia; Sommario
di pedagogia come scienza filosofica” “I problemi della scolastica e il
pensiero italiano; Il problema scolastico del dopoguerra; La riforma dell'educazione,
Bari, Laterza); Educazione e scuola laica; La nuova scuola media; La riforma
della scuola in Italia; “Manifesto degli intellettuali”; Che cos'è la cultura?
Origini e dottrina”; “La mia religione”; “Discorso agli Italiani”; “Essenza” la
prima parte si trova nella Civiltà Fascista, Torino U.T.E.T.: la prima e la
seconda si trovano in l’Essenza del Fascismo, Libreria del Littorio, Roma; un'altra
opera in cui si trova questo testo è in Origini e dottrina del fascismo,
istituto nazionale fascista di cultura, Roma; altro testo in cui si trova si
intitola Lo stato etico corporativo). La filosofia del fascismo (Origini e
dottrina del fascismo; si trova in Politica e Cultura, oppure lo si può trovare
le libro intitolato L’Identità” un altro libro in cui si trova si chiama,
Italia d’oggi, edizioni de Il libro italiano del mondo, Roma); Che cosa è il
fascismo-discorsi e polemiche (Firenze, Vallecchi). Fascismo al governo della
scuola; Giovanni Gentile Scritti per il Corriere. Note Vi è chi attribuisce al neoidealismo di
Gentile e Croce il motivo che avrebbe posto l'istruzione scientifica in un
ruolo subordinato rispetto a quella filosofico letteraria ( L'Italia della
scienza negata, in Il Sole; altri invece respingono questa interpretazione,
ricordando che durante l'egemonia gentiliana nacquero numerosi enti scientifici
( Croce e Gentile amici della scienza, in Corriere della Sera. 10 giugno
.). Cit. di Geno Pampaloni tratta da
Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Marcello Staglieno, Milano, Rizzoli. Manifesto
cit. in Eugenio Di Rienzo, Storia d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande
Guerra alla Repubblica, Firenze, Le Lettere, Cfr. Vito de Luca, Un consigliere
comunale di nome Giovanni Gentile. Attività amministrativa a Roma e linguaggio
politico, "Nuova Storia contemporanea", Dello stesso autore,cfr.
"Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico
del filosofo, dell'assessore e del ministro", Chieti, Solfanelli, ,Scheda
senatore GENTILE Giovanni Paolo Simoncelli41. Amedeo Benedetti,
"L'Enciclopedia Italiana Treccani e la sua biblioteca", Biblioteche
Oggi, Milano, Testo qui Ripubblicato nel
1991 come Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, ed. Le Lettere,
collana La nuova meridiana. S. saggi cult. cont. Giordano Bruno. LE VICENDE DELLA STATUA «De Vecchi, Cesare Maria», Treccani
Paolo Simoncelli207. La scelta di campo,
Marco Bertoncini, Giovanni Gentile, la razza e le bufale, l'Opinione, 30
marzo Paolo Mieli, Gentile criticò in
pubblico l'antisemitismo del regime. Uno sforzo vano Paolo Simoncelli43. Paolo Simoncelli40. Paolo Simoncelli34. Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo; "Giovanni Gentile" di Gabriele Turi; Giovanni Gentile in
“Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia”Treccani Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo23. Francesco Perfetti,
Assassinio di un filosofo24. Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo, Luciano Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile,
Palermo, Sellerio, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo26. Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Editrice
Italiana, Roma, Simonetta Fiori, dirigere la casa editrice Sansoni esecondo la
testimonianza dell'ex interermania.html Io, italiano prigioniero in Germania,
in La Repubblica, Antonio Carioti, Quando Gentile s'inchinò a Hitler per
salvare il figlio, in Corriere della Sera, Renzo Baschera, "Chiese la
grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", "Historia",
Raffaello Uboldi, Vigliacchi perché li uccidete?, Storia Illustrata; Arnoldo
Mondadori Editore, Milano56: "Gentile, sdegnato, ha minacciato di
denunciarlo a Mussolini" Elio Chianesi,
La Benvenuti non volle mai raccontare i precisi particolari, dal suo punto di vista:
«Questa è una cosa che non dirò mai. Perché potrei fare rovesciare tutte le
cose. Perché non è come è stato detto. Come è andata l’azione dei Gap io non lo
voglio dire. Me l’hanno chiesto in tanti ma non l’ho rivelato mai a nessuno».
Vedi un intervento della Benvenuti anche in M. C. Carratù (). Paolo Paoletti, "Il Delitto
Gentile" esecutori e mandanti, Ed. Le Lettere, L'omicidio raccontato da
Giuseppe Martini "Paolo" uno dei due esecutori
materiali"...Sicuramente (Fanciullacci l'altro esecutore) gli chiese se
era il professore e subito dopo gli sparammo insieme dalla stessa parte, non
attraverso i due finestrini posteriori..."
Resistenza: "Angela", la ragazza col fiore rosso Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi
che Gentile doveva morire, in Corriere della Sera, «Per fare in modo che i gappisti incaricati
dell'agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso
l'Accademia d'Italia della Rsi, che lui dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai
partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile
imbarazzo.» (Teresa Mattei)
Luciano Canfora, "Giovanni Gentile nella RSI" in La Repubblica
Sociale Italiana Poggio, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia, Antonio
Carioti, Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire, sul Corriere
della Sera,: "L'omicidio di Gentile, anziano e inerme, suscitò una forte
impressione e fu disapprovato dal CLN toscano, con l'astensione dei comunisti.
Tristano Codignola, esponente del Partito d'Azione, scrisse un articolo per
dissociarsi." Maria Cristina
Carratù, E dopo 70 anni nuovi scenari dietro l'esecuzione di Giovanni Gentile,
La Repubblica, 24 aprile Renzo
Baschera, "Chiese la grazia per molti partigiani ma non riuscì a
salvarsi", articolo su "Historia", Ecco le carte che assolvono
l'archeologo Romano302. Gabriele Turi, "Giovanni Gentile" Così
Gaetano Gentile ricordò il suo intervento presso la prefettura: «Quella sera
stessa, per desiderio di mia Madre, io mi recai dal capo della Provincia e gli
parlai della voce [di rappresaglie] diffusasi in città, esprimendogli la ferma
e calda preghiera di mia Madre che quel proposito, se effettivamente esisteva,
venisse abbandonato e anzi gli arrestati rilasciati. Dissi anche, naturalmente,
come a me sembrasse in fondo superfluo dover esprimere tale preghiera proprio
in quella stanza in cui ancora quella mattina la voce di mio Padre si era
levata a deplorare la tragica inutilità di un metodo, dal quale non poteva
seguire che il ripetersi indefinito di una crudele successione di attentati e
rappresaglie. Era ovvio poi che, indipendentemente dalla eventuale
giustificazione politica o militare di atti simili, nulla del genere poteva
aver luogo in occasione della morte di mio Padre, alla quale si doveva da parte
del Governo e delle autorità fiorentine questo gesto di rispetto delle sue
convinzioni e del suo costante atteggiamento».
Firenze: due consiglieri, via tomba Giovanni Gentile da Santa Croce, su
liberoquotidiano. 15 novembre 16
novembre ). «Attualismo», Enciclopedia
Treccani Diego Fusaro , Giovanni Gentile
Sull'importanza della riforma della dialettica idealista di matrice
hegeliana in Gentile, si veda quest'intervista a Gennaro Sasso. L'intervista è
compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche. Bruno Minozzi, Saggio di una teoria
dell'essere come presenza pura, Il Mulino, Gentile quindi contestava a Fichte
la trascendenza dell'Io assoluto rispetto al non-io, e di restare così in un
dualismo,che non viene mai superato dall'attualità del pensiero, ma solo da un
agire pratico dilatato all'infinito ("cattivo infinito"), fermo alla
contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un
idealismo soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Discorsi di
religione, Firenze, Sansoni). Giovanni Gentile, Benito Mussolini, La
dottrina del fascismo. Nicola Abbagnano,
Ricordi di un filosofo, Marcello Staglieno, Nella Napoli nobilissima, Milano,
Rizzoli, Vito de Luca, Giovanni Gentile e il liberalismo, Mussolini, Gioacchino
Volpe, Giovanni Gentile, Fascismo, Enciclopedia Italiana. Augusto Del
Noce, L'idea del Risorgimento come categoria filosofica in Giovanni Gentile, in
"Giornale Critico della Filosofia Italiana", G. Belardelli, Il
fascismo e Giuseppe Mazzini Giovanni Gentile, Manifesto degli
intellettuali fascisti Giovanni Gentile,
"Ricostruire" in Corriere della Sera, Cfr. Libertà e liberalismo
("Conferenza tenuta all'Università di
Bologna"), in Scritti Politici, tratti da Politica e Cultura H.A.
Cavallera, Firenze, Le Lettere, Il pensiero pedagogico di Giovanni
Gentile La riforma Gentile, su pbmstoria. Si veda anche ne Il fascismo al
governo della scuola, in Annali, Milano, Istituto Giangiacomo Feltrinelli, «[Boffi:] Qual è il criterio su cui si è
fondata Vostra Eccellenza nella limitazione delle iscrizioni? — Gentile: Questa
limitazione non c'è nella scuola complementare come non ci sarà nella scuola
d'arte e nelle scuole professionali; essa è propria delle scuole di cultura e
risponde alla necessità di mantenere alto il livello di dette scuole
chiudendole ai deboli e agli incapaci; dipende anche dalla riduzione del numero
degli scolari nelle singole classi fatta per evidenti ragioni didattiche,
quelle stesse che hanno consigliato l'abolizione delle classi aggiunte; ma
soprattutto dalla necessità di consigliare agli italiani un diverso indirizzo
nella loro attività. Noi abbiamo troppi ed inutili, quando non son
valenti, professionisti, ed abbiamo invece molto bisogno di industriali, di
commercianti, di artieri, di minuti professionisti, che portino nella
esplicazione delle loro arti e dei loro mestieri quello spirito fine della
Nazione che finora li ha spinti a disertare le scuole industriali, commerciali
e professionali per seguire la scuola umanistica.» ( R.Sandron, Il fascismo
al governo della scuola, iscorsi e interviste, Ferruccio E. Boffi, Giuseppe
Spadafora, Giovanni Gentile: la pedagogia, la scuola: atti del Convegno di
pedagogia e altri studi, Armando Editore, 1997261. Enrico Galavotti, La filosofia italiana e il neoidealismo
di Croce e Gentile, Homolaicus. Il
mistero di Ettore Majorana Eleonora Guglielman, Dalla scuola per
signorine alla scuola delle padrone: il Liceo femminile della riforma Gentile e
i suoi precedenti storici, in Da un secolo all'altro. Contributi per una
"storia dell'insegnamento della storia" (M. Guspini), Roma, Anicia, Una
parte del lavoro è stata in precedenza pubblicata, con alcune varianti, sulla
rivista "Scuola e Città" con il titolo Il liceo femminile Manacorda D'Amico,
Katia Romagnoli , Donne, la Resistenza "taciuta". L'esclusione delle
donne nella società fascista G. Gentile,
La donna nella coscienza moderna, in La donna e il fanciullo. Due conferenze,
Firenze, Sansoni, De Grazia, Le donne nel regime fascista, G. Ricuperati, La scuola italiana e il
fascismo, Bologna, Consorzio Provinciale Pubblica Lettura, De Grazia, Le donne
nel regime Giovanni Gentile, La riforma della scuola in Italia, Milano citata
in: Manacorda Le omissioni, qui tra parentesi tonde, sono nel testo di
Manacorda. Noce, Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia
contemporanea, Bologna, il Mulino, Giovanni Bedeschi, Il ritorno del maestro, sta
in Il Sole 24 ore Domenica, 1Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile,
Bologna, il Mulino, Martin Beckstein,
Giovanni Gentile und die 'Faschistisierung' des Aktualismus. Zur Deformation
einer idealistischen Philosophie, in «Acta Universitatis Reginaehradecensis, Humanistica
I» Filosofia: A Firenze Convegno Studi Gentiliani Fondazione Gentile | Dipartimento di
Filosofia | SapienzaRoma Liberiamo la filosofia di Giovanni Gentile dalla
faziosità del '900 Emanuele Severino:
Ecco perché la giovane Italia sta andando in malora, da Il Fatto
Quotidiano È Gentile il profeta della
civiltà tecnica. «I nemici di Giovanni
Gentile», puntata de Il tempo e la storia, documentario Rai Emanuele Severino, dalla quarta di copertina
de L'attualismo, Milano, Giunti, Nicola
Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Nella Napoli nobilissima, Milano, Rizzoli,
"La partigiana Fallaci fa a pezzi l'antifascismo", pubblicato da Il
Giornale. Monografie principali Armando Carlini, Studi gentiliani, VIII di Giovanni Gentile, la vita e il
pensiero a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli Studi filosofici,
Firenze, Sansoni, Aldo Lo Schiavo, Introduzione a Gentile, Bari, Laterza, Sergio
Romano, Giovanni Gentile. La filosofia al potere, Milano, Bompiani, Luciano
Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo, Sellerio,Augusto
del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione transpolitica della storia
contemporanea, Bologna, Il Mulino, Hervé A. Cavallera, Immagine e costruzione
del reale nel pensiero di Giovanni Gentile, Roma, Fondazione Ugo Spirito, Gennaro
Sasso, Filosofia e idealismo. IIGiovanni Gentile, Napoli, Bibliopolis, Hervé A.
Cavallera, Riflessione e azione formativa: l'attualismo di Giovanni Gentile,
Roma, Fondazione Ugo Spirito, Giorgio Brianese, Invito al pensiero di Gentile,
Milano, Mursia, Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile, Bologna, il Mulino,
1998 Gennaro Sasso, La potenza e l'atto. Due saggi su Giovanni Gentile,
Firenze, La Nuova Italia, 1998 Hervé a. Cavallera, Giovanni Gentile. L’essere e
il divenire, SEAM, Roma, Paolo Mieli, Una rilettura liberale di Giovanni
Gentile, da "Le storie, la storia", Milano, Rizzoli, Daniela Coli, Giovanni Gentile, il Mulino, Sergio
Romano, Giovanni Gentile, un filosofo al potere negli anni del regime, Milano,
Rizzoli, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo. Anatomia di un omicidio
politico, Firenze, Le Lettere, Gabriele Turi, Giovanni Gentile. Una biografia,
Torino, UTET, Hervé A. Cavallera, Ethos, Eros e Tanathos in Giovanni Gentile,
Pensa Multimedia, Lecce, Hervé A. Cavallera, L’immagine del fascismo in
Giovanni Gentile, Pensa MultiMedia, Lecce, Marcello Mustè, La filosofia
dell'idealismo italiano, Roma, Carocci, Alessandra Tarquini, Il Gentile dei
fascisti. Gentiliani e antigentiliani nel regime fascista, Bologna, il Mulino,
2009 Davide Spanio, Gentile, Roma, Carocci, . Paolo Bettineschi, Critica della
prassi assoluta. Analisi dell'idealismo gentiliano, Napoli, Orthotes, . Paolo
Simoncelli, "Non credo neanch'io alla razza". Gentile e i colleghi
ebrei, Firenze, Le Lettere, . Luciano Mecacci, La Ghirlanda fiorentina e la
morte di Giovanni Gentile, Milano, Adelphi,
A. James Gregor, Giovanni Gentile: Il filosofo del fascismo, Pensa,
Lecce, Guido Pescosolido, Ancora sulla
morte di Giovanni Gentile. A proposito di un recente volume, in Nuova Rivista
Storica, Carmelo Vigna, Studi gentiliani, Orthotes, Napoli-Salerno . Valentina Gaspardo,
Giovanni Gentile e la sfida liberale, AM Edizioni, Vigonza (PD) . Altri
studi Charles Alunni, Giovanni Gentile
ou l'interminable traduction d'une politique de la pensée, Paris, Lignes, Michel
Surya, Les Extrême-droites en France et en Europe Charles Alunni, Ansichten auf
Italien oder der umstrittene Historismus, in Streuung und Bindung über Orte und
Sprachen der Philosophie, Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 1987 Charles Alunni, Heidegger, la piste italienne,
Paris, in Libération, (en collaboration avec Catherine Paoletti pour
l'interview de Ernesto Grassi), Charles Alunni, Giovanni GentileMartin
Heidegger. Note sur un point de (non) ‘traduction’, Paris, Cahier nº 6 du
Collège International de Philosophie, Éd. Osiris Charles Alunni,
Archéobibliographie. Eugenio Garin, Paris, Préfaces, Charles Alunni, Giovanni
Gentile, Ernesto Grassi & Bertrando Spaventa, Paris, Dictionnaire des
Auteurs Laffont-Bompiani, Robert Laffont Charles Alunni, Attualità, attuosità
(le vocabulaire italien de l'actualité-réalité) Paris, Vocabulaire européen des
philosophies. Dictionnaire des intraduisibles, [dir. Barbara Cassin], Le
Seuil-Robert, Antonio Cammarana,
Proposizioni sulla filosofia di Giovanni Gentile, prefazione del Sen. Armando
Plebe, Roma, Gruppo parlamentare MSI-DN, Senato della Repubblica, Pagine,
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Antonio Cammarana, Teorica della
reazione dialettica: filosofia del postcomunismo, Roma, Gruppo parlamentare
MSI-DN, Senato della Repubblica, Pagine, Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, Nicola D'Amico, Un libro per Eva. Il difficile cammino dell'istruzione
della donna in Italia: la storia, le protagoniste, Milano, Franco Angeli, Vito
de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività
amministrativa a Roma e linguaggio politico in "Nuova Storia
Contemporanea", Vito de Luca, "Giovanni Gentile. Al di là di destra e
sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro",
Chieti, Solfanelli, . Antonio Fede, Giovanni Gentile tra attualità e
attualismo, Pagine Alessandro Ialenti, La Logica come Teoria del conoscere in
Gentile. Un'opera anticipatrice di istanze postmoderne?, Dialegesthai. Rivista
telematica di filosofia, Mario Alighiero Manacorda, Storia dell'educazione,
Roma, Newton & Compton, Vittore Marchi, La filosofia morale e giuridica di
Giovanni Gentile, Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Myra E.
Moss, Il filosofo fascista di Mussolini. Giovanni Gentile rivisitato, Armando
Editore, Antonio Giovanni Pesce, La fenomenologia della coscienza in Giovanni
Gentile, in Quaderni Leif, Antonio Giovanni Pesce, L'interiorità
intersoggettiva dell'attualismo. Il personalismo di Giovanni Gentile, Roma,
Aracne, . Antonio Giovanni Pesce, La filosofia della nuova Italia. Il progetto
etico-politico del giovane Gentile, Viagrande, Algra, . Vincenzo Pirro, Regnum
hominisl'umanesimo di Giovanni Gentile, Roma, Nuova Cultura, Vincenzo Pirro, Dopo Gentile dove va la
scuola italiana, Firenze, Le Lettere Vincenzo
Pirro, Filosofia e Politica in Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Rossana Adele
Rossi, La presenza e l'ombra. La pedagogia del giovane Gentile, Roma, Anicia,
Giovanni Rota, Intellettuali, dittatura, razzismo di Stato, Milano, Franco
Angeli, 2008 Primo Siena, Gentile. la critica alla democrazia, Volpe editore,
1966 Primo Siena, Giovanni Gentile. Un italiano nelle intemperie, Solfanelli, Michele Tringali, L'attualismo è sempre
attuale. Saggio su Giovanni Gentile nel 130° della nascita, Vittorio Vettori,
Giovanni Gentile, Roma, Editrice Italiana, Marcello Veneziani , Giovanni
GentilePensare l'Italia, Le Lettere, Firenze,
Attualismo (filosofia) Fascismo Idealismo italiano Manifesto degli
intellettuali fascisti Riforma Gentile Uccisione di Giovanni Gentile Ugo
Spirito, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giovanni Gentile, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Gentile, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giovanni Gentile, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Giovanni Gentile, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni
Gentile, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. HGiovanni
Gentile. Keywords: Reale Accademia d’Italia -- Refs.: Luigi Speranza, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice – Luigi Speranza, “Grice e Gentile:
implicatura conversazionale” -- Conversation and inter-subjectivity. – Villa
Speranza.
Gentile (Trieste). Filosofo. Grice:
“I love Gentile; like me, he is interested in Aristotle’s immotum motor, and
the idea of number in Plato – but he extends his views to all the rest of
philosophy of language; if Vitters wrote a ‘trattato,’ so did Gentile!” – Si
laurea a Pisa sotto Carlini. Insegna a Mantova, Vigevano, Padova e Trieste. Fonda
il Bollettino filosofico. Considerato il fondatore della "scuola
padovana" di metafisica neo-aristotelica.
Altre opera: “La dottrina platonica delle idee numeri e Aristotele” (Pisa
: Tip. Pacini-Mariotti); “I fondamenti metafisici della morale di Seneca”
(Milano : Vita e pensiero); “La metafisica presofistica; con un'appendice su Il
valore classico della metafisica antica, Padova : CEDAM); “La politica di
Platone, Padova : CEDAM); Institutio : sommario storico di filosofia
dell'educazione, Verona : La Scaligera); “Umanesimo e tecnica, Verona : Arti
grafiche Chiamenti); “Bacone, Brescia : La Scuola); “Didattica : testo ad uso
degli istituti magistrali e dei giovani maestri, Milano : Marzorati); “Filosofia
e umanesimo, Brescia : La scuola); “Il problema della filosofia moderna,
Brescia : La scuola); “Come si pone il problema metafisico, Padova : Liviana); I
grandi moralisti, Torino : Edizioni Radio Italiana); “La riforma silenziosa
della scuola : il completamento dell'istruzione primaria ma inferiore, Bologna
: G. Malipiero); “Se e come è possibile la storia della filosofia, Padova :
Liviana); “Storia della filosofia ( I : Periodo antico e medioevale; II : Dal Rinascimento fino a Kant; III : La filosofia contemporanea), Padova :
RADAR); Saggi di una nuova storia della filosofia, Padova : CEDAM); Breve
trattato di filosofia, Padova : CEDAM). Dizionario biografico degli italiani. Marino
Gentile. Keywords: storia della filosofia period antico – filosofia romana -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Gentile” – The Swimming-Pool Library.
Gentili. (Valnontone).
Filosofo. Grice: “I love Gentile, and Austin and Ryle do too – he is a
classicist – from central Italy therefore he FEELS Roman – he has explored the
beginnings of philosophical thinking in Lazio, as opposed to the old schools of
Velia, Crotone, and Agrigento --.” Si laurea
a Roma sotto Mercati e Perrotta. Isegna a Urbino. Fonda Il Centro di
studi sulla metrica latina. Figlio di Attilio e Giuseppina Cicciarelli. Frequent
il Liceo Classico "Ovidio" di Sulmona. Studia a Roma sotto Romagnoli,
laureandosi sotto Mercati con “Un Studio critico intorno alla storia di Agatia
e alla sua tradizione manoscritta”. Insegna a Roma, al Liceo Classico
"Virgilio" di Roma. Quando Perrotta si avvicendò a Romagnoli a Roma,
Gentili ne fu subito conquistato e Perrotta lo volle come assistente.
Dal suo maestro Gentili apprese l'arte
della filologia e la passione per la metrica latina (“Metrica e ritmica”). Influenza
significativamente gli allora giovani della filologica latina capitolina, tra
cui Rossi e Privitera che ricorda come quelle "lezioni non avevano il tono
pacato delle lezioni ex cathedra. Come docente, Gentili era bifronte. Si può,
anzi, dire che bifronte fosse sempre; secondo i casi poteva essere flessibile o
intransigente, giocoso o severo" . Le sue erano esercitazioni, erano seminari.
Bbasava l'insegnamento sulle sue ricerche. Gli anni '50 non sono facili, sono anni di
studio intensi e febbrili per lo studioso che culmineranno, insieme ai volumi
sulla metrica, con una serie di lavori sui lirici: oltre alla già ricordata
antologia Polinnia, il saggio Bacchilide. Studi e l'edizione di Ancreonte, Insegna
a Lecce dove ebbe modo di frequentare Prato insieme al quale divenne coautore
della teubneriana edizione dei Poetae elegiaci.La svolta decisiva, tuttavia, fu
rappresentata dalla chiamata a Urbino dove nello stesso anno venne inaugurata
la Facoltà di Lettere grazie all'impegno di Bo. Cura la Medea di Seneca
(Istituto Nazionale del Dramma Antico, Mazara del Vallo). Altre opere: “Lo
spettacolo nel mondo antico, Roma, Bulzoni); “Storia e biografia nel pensiero
antico” Bari-Roma, Laterza. Cfr. Bruno Gentili, Eric R. Dodds mentitore? “La
idea della comunicazione nella tradizione classica" Treccani, Bruno
Gentili. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentili” – The Swimming-Pool
Library.
Gerratana. (Scicli). Filosofo.
Grice: “I like Gerratana; for one, he translated Rousseau, and I have been
called a contractualist, if not like Grice [G. R. Grice].” Grice: “Gerratana
carefully edited Pintor’s oeuvre.” – Grice: “I like Gerratana; they – Italian
philosophers, generally -- philosophise on the working people – operaio --; at
Oxford we usually do not!” Partecipa alla resistenza a Roma, nelle file dei
GAP, legandosi a Salinari e Pintor, conosciuto al corso allievi ufficiali di
Salerno, e ricordato in “Sangue d'Europa.” Prende parte alla ricostruzione del
PCI romano e si laurea a Roma. Insegna a Salerno e Siena. Studioso sobrio e
rigoroso del marxismo, cura Labriola e Gramsci. La sua edizione, con
un'accurata ricostruzione cronologica, archiviò definitivamente l'edizione
tematica. Gerratana mette in luce lo stile "frammentario" e
"antidogmatico" di Gramsci. Altre opera: “L'eresia di Rousseau, Roma,
Editori Riuniti), Il marxismo, Roma, Editori Riuniti); “Labriola di fronte al
socialismo giuridico, Milano, Giuffrè editore); “Gramsci. Problemi di metodo,
Roma, Editori Riuniti); “Quaderni dal carcere. Treccani L'Enciclopedia
italiana". Biografia di Gerratana nel sito dell'ANPI Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia. Valentino Gerratana. Keywords. Rousseu, Grice on
social justice, Gramsci, Labriola, Grice’s ontological Marxism, eresia di
roussea, labriola a fronte del socialismo, il metodo di gramsci – gappismo – G.
A. P. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gerratana” – The Swimming-Pool Library.
Geymonat. (Torino). Filosofo. Grice:
“I like Geymonat – he calls himself a neo-rationalist, like Canova – whereas I
go for the real thing! Plato!” – Grice: “Geymonat has explored the origin of
infinity in the triangle of Tartaglia.” – Grice: “Geymonat has explored what he
calls ‘the images of man’ – Grice: “Geymonat has a curious essay on darkness
(‘tenebre’) – and a longer essay on ‘reason.’ – Grice: “Like me, Geymonat has
explored the philosophy of probability – from Latin ‘probare’ – and he was an
anti-fascista1” –Figlio di Giovanni Battista, un geometra liberale di origini
valdesi, e da Teresa Scarfiotti. Frequenta la scuola privata del Divin Cuore e
poi l'Istituto Sociale, un liceo classico torinese gestito dai gesuiti, dal
quale fu espulso l'ultimo anno di corso a causa di un tema su Giovanna d'Arco
non in linea con l'ortodossia e così conseguì la maturità nel Liceo classico
Cavour. Si laurea a Torino con “Il problema della conoscenza nel positivism”
sotto Pastore e sotto Fubini lcon “Sul teorema di Picard per le funzioni
trascendenti intere”. La sua scelta di unire, nella sua ricerca, filosofia e
logica, tenute separate in Italia dall'imperante cultura idealistica del tempo,
quella gentiliana che, con la sua riforma della scuola, privilegia la cultura
umanistica, e quella crociana, con la sua concezione svalutativa della scienza,
creatrice, ad avviso del filosofo abruzzese, di un “pseudo-concetto”, mostra
l'apertura europea delle prospettive di ricerca intravista allora da Geymonat e
la sua estraneità al provincialismo culturale italiano. Un rifiuto che egli
estese anche alla politica del regime allora dominante. Assistente di Analisi
algebrica nell'Torino ma avversario del fascismo, rifiutò l'iscrizione al
partito fascistacio è di prendere la cosiddetta tessera del pane vedendosi così
preclusa la possibilità di una carrier statale. Si avvicinò altresì a Martinetti, non tanto per comunanza di
prospettive filosofiche quanto per averlo riconosciuto un esempio di impegno
civile e morale, essendo stato tra i pochissimi filosofi a rifiutare il
giuramento di fedeltà al Fascismo. Come Ayer. Anda in Vienna per approfondire la
dottrina del Circolo di Schlick, e
pubblica “La filosofia della natura”
e “Nuovi indirizzi della filosofia.” e iscritto clandestinamente
al Partito comunista, si guadagna da vivere insegnando matematica nella scuola
privata «Giacomo Leopardi» di Torino, dove Pavese insegna italiano. Con il nome
di battaglia Luca fu partigiano in Piemonte nella 105ª Brigata Carlo Pisacane
e, dopo la Liberazione, assessore comunista al Comune di Torino, quando, vinto
il concorso a cattedra, e nominato professore a Cagliari. Insegna a Pavia e
Milano. Fonda il Centro di studi metodologici a Torino. Ebbe uno stile di
pensiero razionalista ateo. La sua filosofia può essere inquadrata nel filone
del neopositivismo (ebbe diversi contatti con il Circolo di Vienna), da lui ri-elaborato
nell'ottica del marxismo! Nell'evoluzione della sua filosofia, si possono
tracciare due fasi. Nella prima fase, approfondisce temi tipici del
positivismo. Nella seconda fase, si sforza di analizzare la realtà oggettiva ed
a questo scopo utilizza concetti caratteristici del materialismo
dialettico. Interpreta la concezione della matematica di Galilei come un strumento
d'interpretazione della realtà. Approfondisce alcuni temi teorici come quello
della causalità, il fondamento della probabilità, il continuo, l’intuizione,
centrali nell'epistemologia. Politicamente fu vicino inizialmente al Partito
Comunista Italiano, da cui si allontanò poi per aderire a Democrazia Proletaria
e successivamente ai movimenti che diedero vita al Partito della Rifondazione
Comunista. Nel corso di questo viaggio politico ha partecipato alla Fondazione,
a Roma, dell'Associazione Culturale Marxista e collabora nella rivista Marxismo
Oggi (editore Teti). Ha compiuto alcune ricerche sul teorema di Picard e
sul teorema di Carathéodory per le funzioni armoniche. In “Neo-razionalismo”,
spiega che un'indagine efficace della realtà, e svolta solamente tramite lo
strumento della ragione. Per fare
questo, propose di scarnificare la razionalità di ogni verità e da ogni sistema
di riferimento assoluti. Il neoilluminismo, capeggiato da Abbagnano e coinvolgente
numerosi altri filosofi italiani, rappresentò per Geymonat il suo corso del neo-razionalismo,
che avrebbe dovuto accogliere i metodi e i risultati della scienza, perseguendo
un duplice obiettivo: ummanizare la scienza e concretizzare la filosofia – e
l'utilizare un'impostazione storicistica al posto di quella metafisica. Per
storicismo, intese l'analisi storica della struttura di un modello scientifico. Pur
condividendo inizialmente l'anti-idealismo di Popper, sostenne che vi era la più
manifesta e totale incompatibilità tra il marxismo e l'epistemologia
popperiana. Alle sue accuse di essere il filosofo ufficiale
dell'anti-comunismo, reo di difendere i regimi liberali, Popper gli rispose: “I
nostri intellettuali dicono che vivono in un inferno, mentre di fatto questo
mondo non è stato, fin da Babilonia, mai così vicino al paradiso come lo è ora
il mondo occidentale. Per contrasto, in Unione Sovietica, si dice alla gente
che vivono in paradiso, e tanti lo credono e sono moderatamente contenti; è
questo, credo, l'unico aspetto per il quale la società sovietica è migliore
della non-sovietica. Si deve a Geymonat l'introduzione in Italia di Kuhn.
Altre opera: “Il problema della conoscenza nel positivismo” (Torino, Bocca); La
nuova filosofia della natura in Germania, Torino, Bocca, “Per un nuovo
razionalismo, Torino, Chiantore, Neo-razionalismo. Torino, Einaudi, Galileo
Galilei, Collana Piccola Biblioteca Scientifica, Torino, Einaudi, La filosofia
della scienza, Feltrinelli, Milano); Filosofia nella storia della civiltà, con
Renato Tisato, Garzanti, Milano, Storia della filosofia, Garzanti, Milano, Il materialismo
dialettico, Editori Riuniti, Roma, Scienza e realismo, Feltrinelli, Milano); “Paradossi
e rivoluzioni. scienza e politica, Giulio Giorello e Marco Mondadori, Il
Saggiatore, Milano, La probabilita, con Feltrinelli, Milano, Kuhn e Popper,
Dedalo, Bari. Lineamenti di filosofia della scienza, Mondadori, Milan); “Le
ragioni della scienza” (Laterza, Roma-Bari, La libertà, Rusconi, Milano, La
società come milizia, Minazzi, I sentimenti, Rusconi, Milano, Filosofia,
scienza e verità, Rusconi, Milano, La Vienna dei paradossi. Controversie
filosofiche e scientifiche nel Wiener Kreis, Mario Quaranta, Il poligrafo,
Padova, Dialoghi sulla pace e la libertà, cCuen, Napoli, La ragione, con
Minazzi e Sini, Piemme, Casale Monferrato, Attualità del Marxismo. Quaderni di
Città Futura, Ancona); “Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale, Bollati
Boringhieri, Torino. Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia
di una lunga amicizia», «AppendiceL'Associazone Culturale Marxista», in
Attualità del Marxismo. Filosofia e dintorni, Intellettuali non fate ideologia.
L'Occidente non è quest'inferno, Dario Antiseri, articolo su «Il Mattino di
Padova», lincei. Geymonat Mario Quaranta, Geymonat filosofo della contraddizione,
Sapere, Padova, Mangione , Scienza e filosofia. Saggi in onore di Geymonat,
Garzanti, Milano, Pasini, Rolando , Il neo-illuminismo italiano. Cronache di
filosofia, Il Saggiatore, Milano, Minazzi, Scienza e filosofia in Italia negli
anni Trenta: il contributo di Persico, Abbagnano e Geymonat. Norberto Bobbio,
Ricordo, "Rivista di Filosofia" Silvio Paolini Merlo, Consuntivo
storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino, Pantograf
(Cnr), Genova, Minazzi, “La passione
della ragione” Thélema Edizioni Milano-Mendrisio, Mario Quaranta, Una ragione
inquieta, Seam, Formello, Minazzi , Filosofia, scienza e vita civile inGeymonat,
La Città del Sole, Napoli, Fabio Minazzi, Contestare e creare. La lezione
epistemologico-civile di Geymonat, La Città del Sole, Napoli, Silvio Paolini
Merlo, Nuove prospettive sul "Centro di Studi Metodologici" di
Torino, in «Bollettino della Società Filosofica Italiana», Bruno Maiorca ,Scritti
sardi. Saggi, Cagliari, Minazzi , Ludovico Geymonat, un Maestro del Novecento.
Il filosofo, Edizioni Unicopli, Milano, Pietro Rossi, Avventure e disavventure
della filosofia. Saggi sul pensiero italiano del Novecento, il Mulino, Bologna,
Minazzi, Geymonat epistemologo, Mimesis Edizioni, Milano Positivismo logico Circolo di Vienna Scuola
di Milano. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Geymonat,
in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Massimo Mugnai, Scienza e filosofia:
Geymonat e Preti, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Articoli della stampa
italiana su L. Geymonat, dal Sito Web Italiano per la Filosofia L'eredità
intellettuale di Ludovico Geymonat (C.Preve). Ludovico Geymonat. Keywords: temperament
romano – concretto – pratico – Catone – il trionfo di Catone con la lingua
latina – la gioventu romana entusiasta con Carneade – I Scipioni ellenisane –
la gioventu delle megliore familie – grand tour a Grecia! -- il teorema di
Picard, il teorema di Caratheodory per le funzione armoniche. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Geymonat” – The Swimming-Pool Library.
Ghersi: iphilosopher --
curator of The Swimming-Pool Library at Villa Grice, Liguria, Italia. Ghersi
has an interest in Grice’s philosophybut finds Strawson pretty enjoyable, too!Theere’s
something about the Oxonian nonsensical philosophical humour that Ghersi
appreciates like none other. Ghersi often makes candid fun of some of Grice’s
inventions, such as that of the conversational “common-ground status”!Ghersi
enjoys the full-time paradoxes of the bald king of France. Ghersi’s favourite
humorist is J. K. Jerome, but also enjoys Wodehouse.And finds Dodgson just
fascinatingThe Swimming-Pool Library is mainly organised along Ghersis’s
personal tastes, as a personal library should!Ghersi is not particularly
appreciative of poetry, but will enjoy the ballad set to piano! Ghersi’s
favourite genre is drama, since “it is so clear in implicature.” Grice is a
frequent contributor to cultural circles and societies and a host like none
otherVilla SperanzaSperanza appreciates Ghersi’s talent to infuse enthusiasm in
all type of endeavours --. Keywords: love, soul, life, inghilterra. Refs.:
Ghersi e GriceGrice e Watson --. Refs. BANC MSS 90/135c. Vide Speranza.Vide
SperanzaVide SperanzaVide Speranza.
Ghezzi. (Milano). Filosofo. Grice:
“I love Ghezzi: he has explored ‘turdus,’ as in ‘sturdy,’ ‘drunk as a thrush’ –
but also a count who was condemned by the church; he has explored the history
of masonry – in Italy it started in Calabria – from a semiotic point of view,
‘il segno del compassso,’ – and he has explored on Ayax’s ‘nichilismo razioale’
– among many other topics – also an ‘epistemology of willing’ – epissttemologia
della volonta --.” Grice: “Typically of Italian philosophers, he has explored
Italian history, ‘ceneri del diritto,’
and a confrontation between people and ‘stato’. Si laurea a Milano sotto Bobbio
con “La Filosofia del Diritto.” Gran Maestro Onorario del Grande Oriente
d'Italia. Marginalità e Società, ell'Università
degli Studi dell'Insubria (sede di Como). Sociologia della Devianza. Studia il
positivism giuridico dal punto di vista del concetto di diritto. Affrontato il
tema del pluralismo dei valori e degli ordinamenti giuridici, del federalismo, criminalità,
devianza, marginalità e pluralismo nell'ambito della Sociologia del Diritto
Penale, sulla giustizia e sulla legittimità degli ordinamenti giuridici, con
particolare riferimento alla figura del "deviante giuridico",
introducendo i concetti che porteranno alle teorie della "divergenza”
sociale, marginalità, Si rileva essersi principalmente dedicato al tema del
nichilismo giuridico, proponendo una visione nichilista, definite come
“l’assenza del valore” -- del tutto neutra circa la potenzialità “regolatrice”
e la potenzialita ordinatrice di una norma. L’approfondimento del nihilismo assiologico
o valuativo risulta essersi svolto attraverso il confronto con filosofi
contemporanei di questo ambito, tra cui Ferrari, Severino, e Giorello. Scetticismo.
La Rivoluzione del Diritto come Estetica, in estensione del suo libro Il Diritto
come Estetica. Nel volume è stata inclusa, come Appendice, una Raccolta di diversi
saggi di filosofi contenenti riflessioni ed approfondimenti interamente
riferiti a Ghezzi. Altre opera: “Socialismo e sociologia giuridica:
"Centro lombardo studi socialisti, Milano, “Devianza tra fatto e valore
nella sociologia del diritto” (Giuffrè, Milano); “Federalismo, I e II, Patera Palermo Editore, Diversità e pluralismo. La sociologia del
diritto penale nello studio di devianza e criminalità, Raffaello Cortina,
Milano, “Il segno del compasso. La massoneria e i suoi persecutori attraverso
simboli, idee, fatti e processi, Mimesis, Milano. “Le Ceneri del Diritto. La
dissoluzione dello Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano . Le lacrime di
Hiram. Autobiografia incompleta di un Libero Muratore, Edizioni della
Confraternita Sufi Jerrahi Halveti in Italia, Milano “La Scienza del dubbio.
Volti e temi di sociologia del diritto, Mimesis, Milano Federalismo laico e democratico, Mimesis,
Milano; “I tordi ubriachi” Un viaggio iniziatico, Mimesis, Milano , Sociologia giuridica del lavoro, Mimesis,
Milano , Il Diritto come Estetica. Epistemologia della conoscenza e della
volontà: il nichilismo/nihilismo del dubbio, Mimesis, Milano Della vita e della
morte. Vulnerant omnes ultima necat, Mimesis, Milano; “Nichilismo razionale e
mistico. Indicazioni per il nuovo mondo, Mimesis, Milano); “Stranieri, ospiti,
alieni, alienati e pluralismo culturale” (Mimesis, Milano); “Nichilismo come
valore senza valori, Mimesis, Milano); “Abusi di stato: Risarcimento del danno
al cittadino, Mimesis, Milano); In ricordo di Riccardo Bauer, di Ghezzi e Arduino,
C.R.E.A., Milano; “Educare alla democrazia e alla pace. Bauer. Scritti scelti, L.I.D.U.,
edizioni Raccolto, Alle origini
dell'Umanitaria, Ghezzi e Canavero Raccolta Edizioni-Umanitaria, L'immagine
pubblica della Magistratura italiana, di Ghezzi Giuffrè, Milano Curatele . “Etica
contro politica”; Morris L. Ghezzi, edizione Iesi, Ferrari, Ghezzi,‘’Diritto,
cultura e libertà. Atti del convegno in memoria di Renato Treves’’ (Milan),
Giuffrè, Milano, Studi preliminari di sociologia del dirittoTheodor Geiger,
Morris L. Ghezzi, Nicoletta Bersier Ladavac e Michele Marzulli, traduzioni di
Leonie Schröder, Mimesis, Milano); “Criminologia” (Mimesis, Milan). Pubblica
amministrazione. Diritto penale. Criminalità organizzata, Osservatorio
permanente sulla criminalità organizzata, Carola Parano, Giuffrè Editore, Stefano
Carluccio, In ricordo di Morris Ghezzi, anima della Società Umanitaria, su
CriticaSociale.net. 1 Dei delitti e delle pene. Rivista dell'Agenzia del
territorio, L'Agenzia, rif. Archivio Università degli Studi dell’Insubria. Cura
“Studi preliminari di sociologia del diritto” (Mimesis, Milano); “Socialismo e sociologia
giuridica: introduzione Arduino, Centro lombardo studi socialisti); La scienza
del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Legge di Hume e tesi
giusnaturalistica: un’antitesi teorica nel pensiero di Norberto Bobbio , su
dialettica e filosofia. Etica contro
politica, di Elias Diaz, Ghezzi, edizione Iesi,
L' immigrato extracomunitario non marginale. Una ricerca empirica sul territorio
Milanese, in ‘’Marginalità e Società’ Berzano, Renzo Gallini, Giovani E “Violenza:
Comportamenti Collettivi in Area Metropolitana, Ananke, con richiamo ad art. Di
Ghezzi in “Marginalità e Società, II”. Le
ceneri del diritto. La dissoluzione dello Stato democratico in Italia, Mimesis,
Milano, al Ghezzi fa riferimento Rosario Minna in Crimini associati, norme
penali e politica del diritto: aspetti storici, Giuffrè Editore, Morris L.
Ghezzi, Federalismo Laico e Democratico, Mimesis, Milano Arturo Colombo, Franco
Della Peruta “et al.”, in Carlo Cattaneo: i temi e le sfide, Ed. Casagrande, Milano,
Con riferimento al Federalismo del Ghezzi: “mentre ci sarà chicome Ghezzi pur
con tagli molto diversi, collegherà la prospettiva degli Stati Uniti d'Europa con
l’altra formula cattaneana degli Stati Uniti d’Italia.» Edmondo Bruti Liberati in
"PostfazionePotere e Giustizia", richiama Morris L. Ghezzi 3 in:
Governo dei giudici. La Magistratura tra diritto e politica, E. Bruti Liberati
et al., Ed. Feltrinelli, Berzano, Gallini, cita di Ghezzi “Alle origini della
labelling theory e del concetto di devianza”, da Marginalità e società, Ghezzi
e Simonetta Balboni, Mimesis, Milano , Cirus Rinaldi fa suo il concetto di
Devianza di Ghezzi. “come sostiene Ghezzi essa svolge un ruolo euristico
[empirico] non solo nella spiegazione di fenomeni di stigmatizzazione di intere
categorie, ma anche penetrando nella marginalizzazione, che agisce all’interno
delle categorie” in Devianze e crimine. Antologia ragionata di teorie classiche
e contemporanee, Cirus Rinaldi e Pietro Saitta, PM edizioni, Scrive M. Marzulli,
BRÜCKE als sein Ordinamento sociale come ponte tra tradizione e futuro nella
descrizione del diritto come estetica, in Ermeneutica del "Ponte".
Materiali per una ricerca, Silvio Bolognini, Mimesis, Ferrari, in Ciò che
resta. Le ultime parole diGhezzi, in Sociologia del Diritto, Fascicolo gennaio
, ed. F. Angeli, Emanuele Severino, nel capitolo 4 di Dispute
sulla verità e la morte (Rizzoli) prende a riferimento un libro di Ghezzi (Il
Diritto come Estetica) e s’intrattiene lungamente sul pensiero
dell’autore. Giulio Giorello si
intrattiene sul testo del Ghezzi (“Il Diritto come Estetica”), lo commenta, ne
riporta il pensiero, secondo cui « "la morale non è altro che una forma
dell’estetica"» e ricorda la figura "nihilista" dell'autore. Da
"Introduzione" di Giorello, Piacere, Diritto e Burocrazia. In ricordo
di Morris Ghezzi, inGhezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come
estetica, Furio S. Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis, Milano, Il Diritto come
Estetica. Epistemologia della conoscenza e della volontà: il nichilismo/nihilismo
del dubbio, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica
(Domenico Mazzullo, ‘’Prefazione’’, “Appendice“: saggi di: Isabella Merzagora,
Riflessioni di una criminologa prestata alla filosofia del diritto, Claudia
Roxana Dorado, El devenir del derecho: reflexiones acerca de las concepciones
jurídicas de Ghezzi, Il futuro del
diritto: riflessioni sulle concezioni giuridiche di Ghezzi, Metodo di ricerca sul rischio sociale, Marco A. Quiroz Vitale, Esistenzialismo e Nihilismo come confini
aperti del Giurispositivismo; Enrico Damiani di Vergata Franzetti, Il Diritto
come Estetica, Emanuele Severino,
Dispute sulla verità e la morte, Rizzoli, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione
del diritto come estetica, Simonetta Balboni e Furio S. Ghezzi, Mimesis, Milano
, “Prefazione” di Domenico Mazzullo, “Introduzione” di Giulio Giorello, In
“Appendice” saggi di: Isabella Merzagora, Claudia Roxana Dorado, Marco A.
Quiroz Vitale, Damiani di Vergata Franzetti. Michele Marzulli, "BRÜCKE als
sein” Ordinamento sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione
del diritto come estetica." in Ermeneutica del "Ponte".
Materiali per una ricerca, Silvio Bolognini, Mimesis , Vincenzo Ferrari, Ciò che resta. Le ultime
parole diGhezzi, in Sociologia del Diritto, Fascicolo, ed. F. Angeli, Cirus
Rinaldi e Pietro Saitta (a cura) in Devianze e crimine, Antologia ragionata di
teorie classiche e contemporanee, a cura di, PM edizioni, ,Rosario Minna,
Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti storici,
Giuffrè Editore, Sociologia del diritto
Filosofia del diritto Criminologia Morris
Lorenzo Ghezzi. Morris L. Ghezzi. Keywords: “drunk as a thrush/newt” turdus
ubriacus – sturdy – I turdi -- nihilism about values, Mackie, Inventing right
and wrong, Hare, emotivism, Grice, The conception of value, valitum – valore –
axiology -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghezzi: l’implicatura del tordo” –
The Swimming-Pool Library.
Ghisleri. (Cascina
Sant’Alberto). Filosofo. Grice: “Whereas to many, Ghisleri’s best work is that
on Ancient Rome and counter-revolution, I treasure the details: ‘the pen is
like a sword’ – ‘the pen and the sword.’ “The pen is my sword.’ Note that the
first is a mere simile – as used by Ghisleri, but his executor turns it into a
metaphor just by eliding the ‘like’ (“come”). Grice: “I like Ghisleri – a
typical Italian philosopher; wrote on geography, on ‘la penna d’oca,” and a
fabulous history of Roman philosophy!” -- “He was into politics, too!” L'Italia non è
studiata, non è conosciuta dagli italiani. Dobbiamo rifare la nostra educazione
politica e civile sulla base di una nuova e più razionale conoscenza del nostro
paese. Dobbiamo studiare l'Italia regione per regione nella natura del suolo,
nella sua topografia, ne' suoi prodotti nelle sue industrie, ne' suoi dialetti,
nelle sue tradizioni, nelle sue varie necessità politiche e sociali.” Fonda La
Società dei Liberi Pensatori (L’'Associazione Nazionale del Libero Pensiero
"Giordano Bruno") di chiare simpatie democratiche e repubblicane. Iniziato
in Massoneria, l'anno seguente entrò nella Loggia "Pontida" di
Bergamo e nel 1906 fu affiliato alla Loggia "Carlo Cattaneo" di
Milano. Ghisleri diede alle stampe una
nuova rivista mensile, Cuore e critica, rivolta all'educazione civile e agli
studi sociali ed espressione di un'avanguardia intellettuale impegnata nella
costruzione di una coscienza repubblicana e progressista. Sorta a Savona, la
redazione della rivista si trasferì a Bergamo, in coincidenza con il trasferimento
del Ghislèri al Sarpi di quella città. Si dedica con assiduità agli studi di
geografia e di cartografia, che aveva cominciato a coltivare quando insegnava a
Matera. Allora si era sentito mortificato nel constatare che nelle scuole
italiane venivano adottati atlanti stranieri, assai carenti nel trattare la
geografia storica dell'Italia. Dopo aver pubblicato il “Piccolo manuale di
geografia storica” (Bergamo) volle perciò cimentarsi in un'impresa che non era
mai stata tentata: la realizzazione di un testo-atlante che desse il dovuto
rilievo all'evoluzione storico-geografica dell'Italia. Al progetto fu
interessato lo stabilimento "Fratelli Cattaneo di Bergamo" che,
grazie al successo delle iniziative editoriali promosse da Ghisleri, si
trasformò in Istituto italiano d'arti grafiche e s'impose nel settore della
cartografia. Ghisleri concepì il suo atlante in modo da offrire per una stessa
regione molteplici carte e cartine con le denominazioni e le divisioni
topografiche proprie di ogni epoca. L'apparizione dell'atlante fu salutata
dalle lodi di esperti e studiosi, ma suscitò anche riserve di parte del mondo
accademico, che rimproverava al Ghisleri superficialità e la commistione tra la
geografia fisica e la storia dei popoli, delle civiltà, delle esplorazioni, dei
commerci. Commistione del resto ricercata dal Ghisleri che, in polemica con il
tradizionale approccio alla geografia e senza sentirsi condizionato dai limiti
angusti dei programmi scolastici di allora, perseguiva metodi nuovi nello
studio e nell'insegnamento della materia. Tenne la cattedra di filosofia nel
Liceo di Lugano. Giornalista, fu direttore di «La geografia per tutti» e «Le
comunicazioni di un collega».Di idee mazziniane, recepite soprattutto nella versione
che ne proponeva Saffi, in campo politico fu vicino ai movimenti rivoluzionari
e collabora con Gaudenzi alla fondazione del Partito Repubblicano Italiano.
Tuttavia Ghisleri non fu un ideologo sistematico: una sistematizzazione del suo
pensiero è soprattutto opera di Conti.
Diresse la rivista Preludio di stampo filosofico positivista e
progressista. Diresse L'Italia del popolo.
Al Congresso del Partito Repubblicano, tenuto a Forlì, intervenne con
una relazione su La questione meridionale e la sua logica soluzione. Demofonti,
La riforma nell'Italia del primo Novecento: gruppi e riviste di ispirazione evangelica,
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Vittorio Gnocchini, L’Italia dei Liberi
Muratori, Milano-Roma, Mimesis-Erasmo. Altre opera: “La Scapigliatura
democratica: carteggi” ( Pier Carlo Masini,Milano), L'archivio di Ghisleri fu
ritrovato da Pier Carlo Masini ed è depositato presso la Domus Mazziniana di
Pisa. Democrazia come civiltà. Il carteggio Ghisleri-Conti , Antonluigi Aiazzi,
Libreria Politica Moderna, Firenze, Tripolitania e Cirenaica dai più remoti
tempi sino al presente, Emporium, novembre, Tripolitania e Cirenaica, dal
Mediterraneo al Sahara, monografia storico-geografica, Società Editoriale
Italiana, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Le meraviglie del globo
esplorato e le zone non ancora conosciute Letture geografiche Società Editoriale
Italiana, Milano, Bagdad e la Mesopotamia nel passato e nell'avvenire,
Emporium, giugno, Lombroso nella vita intima, Emporium, luglio 1917 L'ultima
colonia africana della Germania, Emporium, Atlante scolastico di Geografia
moderna astronomica-fisica-antropologica,Istituto Italiano d'Arti Grafiche,
Bergamo (a cura dei professori Magg. G.Roggero, G.Ricchieri, A.Ghisleri) Saffi.
La vita, gli studi, l'apostolato, Libreria politica moderna, Roma, La questione
meridionale nella soluzione del problema italiano, Libreria politica moderna,
Roma, “Testo-atlante di geografia storica generale e d'Italia in particolare,
espressamente compilato per le scuole italiane conforme ai loro programmi- I
Mondo Antico; II Storia Romana; Fratelli Cattaneo e poi Istituto di Arti
Grafiche, Bergamo. Medio Evo, Evo Moderno e contemporaneo Atlante d'Africa,
Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Antipode, a Radical Journal of
Geography, Berardi, Verso un nuovo Risorgimento. Il Carteggio tra Ghisleri e
Belloni, Acireale-Roma, Bonanno, Dizionario biografico degli italiani, L'Italia risorgimentale di Ghisleri, Milano,
Angeli, Aroldo Benini, Vita e tempi di Ghisleri, con appendice bibliografica,
Manduria, Lacaita, Tomasi, Scuola e liberta in Arcangelo Ghisleri: con una
scelta di lettere inedite dell'archivio Ghisleri, Pisa, Nistri-Lischi, Ghisleri:
mente e carattere: L'Italia e la rivoluzione italiana, Milano, Sandron Editore,
Treccani. Arcangelo Ghisleri, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Arcangelo Ghisleri, su Liber
Liber. Opere di Arcangelo Ghisleri, su
openMLOL, Horizons Arcangelo Ghisleri. Keywords. tavola I, tavola II, tavola
III, -storia romana, eta romana – classe V ginnasiale -- storia romana e
filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghisleri: storia romana e filosofia”–
The Swimming-Pool Library.
Giacchè. (Perugia).
Filosofo. Grice: “I like Giacché; for one, he philosophises on theatre, which
any Sheldonian should appreciate!” Grice: “Giacché is what I would call a
philosophical anthropologist.” Grice:”Giacché has an ability with language:
“l’altre vision dell’altro,” for example – difficult to translate, but genial
nonetheless, or perhaps genial because uneasily translatable!” – “He has
philosophised on spectator and participant, which is conversational in tone –
there’s no monologue, but dialogue --.” “He has criticised authoritarian types
of performances like traditional teaching which he has compared to religion!”
Insegna a Perugia. Si occupa di varie problematiche socio-culturali quali
condizione giovanile, devianza, comunicazione di massa, solitudine abitativa,
politica culturale. Opere: Una nuova solitudine. Vivere soli fra integrazione e
liberazione, Roma, Lo spettatore partecipante. Contributi per un'antropologia
del teatro, Guerini e Associati, Milano, Carmelo Bene. Antropologia di una
macchina attoriale, Bompiani, L'altra visione dell'altro. Una equazione fra
antropologia e teatro, Ancora del Mediterraneo, Napoli, Ci fu una volta la
sinistra. Ovvero il silenzio dei post-comunisti, Edizioni dell'asino,
Roma, Piergiorgio Giacchè. Keywords:
Clifton, religion and education, ego et tu. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Giacchè: A Cliftonian implicature” – The Swimming-Pool Library.
Giacomo. (Avola). Filosofo. Studia
estetica. Il rapporto tra estetica e figura, immagine, rappresentazione. Si
laurea sotto Garroni. Insegna a Parma e Roma. Fonda la Società Italiana
d'Estetica. Nell'affrontare il concetto di ‘immagine’ è necessario rifiutare sia
l'interpretazione che vede una'immagine come lo specchio di una cosa
(“Fido”-Fido). E necessario rifiutare anche quella interpretazione del concetto
di ‘imagine’ che la considera esclusivamente come un segno significante di se
stesso. Il concetto di ‘rap-presentazione’ implica qualcosa che si mostra e nel
manifestarsi resta ‘altro' dalla ‘percivibilita’ della rappresentazione stessa.
Così, nel ‘presentare’ se stessa, una immagine manifesta l'altro del
perceptible, del rappresentabil. Quell'altro che si rivela nel perceptibile,
nascondendosi a esso. Ed è proprio così che una immagine si fa un ‘icono’ di
quello che e altro il perceptibile. Afferma la tendenziale perdita di ‘figurativita’
di una immagine e del continuare a sussistere dell'immagine stessa. Una
immagine, infatti, è una segno e insieme una non-segno. E il paradosso di una
“irrealta reale”. Si riferisce al tentativo di scindere la natura ancipite
dell'immagine negli elementi che la compongono. Da una parte in un “readymade”
(come l’urinale di Duchamp), nel quale la dimensione rap-presentativa si
dissolve in una dimensione puramente PRE-sentativa, e dall'altra in una pura
immagine soggetiva, dotata di un debole supporto materiale. Una immagine e una
meta-immgine: l’immagine di una immagine (homuncular regressus ad infinitum of
Griceian theories of representation, according to Cummings, but not Grice!). Di
questo modo, una immagine non e neppure propriamente immagini quanto piuttosto una
‘simul-azioni’, simile allo imperceptibile, un “simul-acro”. Non a caso una immagine, in quanto ri-produzione
(doppia) ha uno scarso valore di immagine, giacché quello a cui tende è l’assumere
dell’ ‘aspetto’ di una cosa. L’immagine
perde così quella connessione di ‘trasparenza’ o ‘opacità’ che caratterizza una
immagine autentica. Di qui, appunto, la questione di realizzare una immagine
vera e propria. Troviamo il superamento della dimensione epifanica che è
propria dell'icona, dove appunto il perceptibile è il luogo di mani-festazione
di la cosa impercetibile – l’Assoluto di Bradley. Emerge una concezione
dell'immagine che, nella consapevolezza dell'impossibilità di ogni pretesa di
esaurire ‘il reale’ e insieme di ‘manifestare’ l'Assoluto, può essere
interrogata come testimonianza di quanto non si lascia ‘tradurre’ (translation)
in immagine: testimoniare, infatti, è raccontare ciò che è impossibile
raccontare del tutto. In questo modo, la testimonianza fa tutt'uno *non* con la
memoria in quanto conformità con l'accaduto, ma con l’immemoriale -- qualcosa
che non possiamo né ricordare né dimenticare, che non è “dicibile” né
“indicibile”. Insomma, il testimone “parla” (spiega, dispiega) soltanto a
partire da l’impossibilità concettuale di spiegare o dispiegare. Che l'immagine
valga allora come testimonianza significa che il tentativo di dire l'indicibile
(spiegare l’inspiegabile) è un compito infinito. La questione dell'immagine è
una questione di fidanza, di etica. In una immagine, non essendoci alcuna
compiutezza, non si dà alcuna redenzione né alcuna pacificazione nel confronto
col reale. Analissare l’immagine come testimonianza equivale a vedere
l’immagine come il luogo di una tensione sempre irrisolta tra memoria e oblio, e
quindi come l'espressione del dover essere (il possibile) del senso in un
orizzonte, come l’attuale. quale sempre di più sia il mondo che l'arte sembrano
essere abbando il NON-senso. Altre opera: “Dalla logica all'estetica”
(Parma, Pratiche); “Icona” “L’immagine tra presentazione e rappresentazione” (Palermo,
Centro internazionale studi di estetica); Estetica e letteratura. Il grande
romanzo tra Ottocento e Novecento, Roma-Bari, Laterza. Introduzione a Paul
Klee, Roma-Bari, Laterza, "Ripensare le immagini", Mimesis,
Milano, "Volti della memoria", Mimesis, Milano,
Narrazione e testimonianza. Quattro scrittori italiani del Novecento, Milano,
Mimesis, "Malevic. Pittura e filosofia dall'Astrattismo al
Minimalismo", Carocci, Roma, Fuori dagli schemi. Estetica e figura
dal Novecento a oggi, Laterza, Roma-Bari, "Arte e modernità. Una
guida filosofica", Carocci, Roma, "Una pittura filosofica: l'informale",
Mimesis, Milano, "F. Nietzsche. L'eterno ritorno", Alboversorio,
Milano, Media e divulgazione Art
and Perspicuous Perception in Wittgenstein’s Philosophical Reflection, L’immagine-tempo
da Warburg a Benjamin e Adorno. Il saggio più importante per il rapporto tra
estetica e letteratura è Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra
Ottocento e Novecento, Laterza, Cf. "Dalla logica all'estetica”, "Alle
origini dell'opera d'arte contemporanea" “Astrazione e astrazioni”, "La questione dell'aura tra Benjamin e
Adorno", Rivista di Estetica, “Volti della memoria”. Giuseppe Di Giacomo.
Keywords: aura; ‘impiegatura como spiegatura dell’inspiegabile” -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Giacomo: impiegatura come spiegatura dell’inspiegabile” –
The Swimming-Pool Library.
Giamnetti
Gia
GIAMETTA. (Frattamaggiore).
Filosofo. Grice: “Giammetta is a
good’un, but you gotta be an Italian to appreciate him fully, or at least have
gone to Clifton, as I did!” -- Grice:
Giametta’s philosophy is full of Italianateness: ‘il volo d’Icaro,’ and then
there’s his ‘Croceian heterodoxies,’ and most Italianate of all, the Dantean
reference to Nisso, Chiron, and Folo in the “Inferno”! Sublime!” Cura Nietzsche
a Firenze. Ha scritto saggi di critica "eterodossa" su Croce. Cura
Cesare. È anche romanziere, estraneo a scuole o correnti, con storie dalla
forte valenza filosofica e morale; attitudine
stilistica: la prosa di Giametta pare quella di un centauro: sorprendente
incontro di letteratura e filosofia. Nella
"Trilogia dell'essenzialismo" (composta da “Il Bue squartato” -- L'oro prezioso dell'essere e Cortocircuiti),
elabora un proprio sistema di filosofia erede del naturalismo rinascimentale.
L’Essenzialismo è una nuova filosofia, fondata esclusivamente sulla natura,
intesa nei suoi due aspetti, sia come “naturans” (cf. Grice, implicans,
implicaturus) sia come “naturata” (cf.
Grice implicatum, implicatura, implicaturus, implicata). Grice: “The problem:
‘is ‘naturare’ a good verb?’ --. L’essenzialismo descrive la condizione umana
come determinata dalla combinazione di due elementi eterogenei: dall’essenza di
tutto ciò che esiste, che è divina, e dalle condizioni di esistenza, che sono
spesso fin troppo diaboliche, a cui sono sottoposte tutte le creature. Il con-temperamento
di questi due elementi (essenza ed esistenza), diverso in ogni individuo,
spiega le ragioni per cui si afferma o si nega la vita, si è ottimisti o
pessimisti...". Alter opera: “Oltre
il nichilismo” (Tempi moderni, Napoli); “Poeta e filosofo” (Garzanti, Milano); Palomar,
Han, Candaule e altri. Scritti di critica letteraria, Palomar, Bari Nietzsche e
i suoi interpreti. – cfr. ‘Grice interprete di se stesso” – “Erminio; o, della
fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete. Spirali, Milano); “Saggi
nietzschiani” (La Città del Sole, Napoli); “Croce” (Bibliopolis, Napoli); “Il mondo”
(Palomar, Bari); “Madonna con bambina e altri racconti morali, BUR, Milano);
“Commento allo Zarathustra” Mondadori Bruno, Milano); “Filosofia come dinamita”
BUR, Milano), “Croce, il pazzo” (La Città del Sole, Napoli); “Eterodossie
crociane” (Bibliopolis, Napoli); “La caduta di Icaro” (Il Prato, Padova); Introduzione
a Nietzsche. Opera per opera, BUR, Milano, Il bue squartato e altri macelli. La
dolce filosofia, Mursia, Milano . L'oro dell'essere. Saggi filosofici, Mursia,
Milano . Cortocircuito e implicatura -- Mursia, Milano . Adelphoe, Unicopli,
Milano . Il dio lontano, Castelvecchi, Roma); “Tre centauri, Saletta dell'Uva,
Napoli . Filosofi, Saletta dell'Uva, Napoli . Una vacanza attiva, Olio Officina,
Milano . Grandi problemi risolti in piccoli spazi. Codicillo
dell'essenzialismo; Bompiani, Milano . Colli, Montinari e Nietzsche, BookTime,
Milano . Capricci napoletani. Pagine di diario (Marco Lanterna), OlioOfficina,
Milano; “Il colpo di timpano, Saletta dell'Uva, Napoli); “Dio impassibile” (Babbomorto,
Imola . Contromano, BookTime, Milano. Il bue squartato e altri macelli, Mursia,
Milano . La passione della conoscenza. Pensa
Multimedia, Lecce, . Marco Lanterna, Le grandi oscurità della filosofia risolte
in lampeggianti parole. Marco Lanterna, Contributo alla critica di Sossio (in
Giametta, Capricci napoletani, OlioOfficina, Milano ). Friedrich Nietzsche Arthur Schopenhauer
Giorgio Colli Mazzino Montinari. Sossio Giametta. Keywords: l’implicatura di
Croce – eterodossie crociane – Cosi parlo Zoroaster; cosi
implico!”—cortocircuito e implicature, la pazzia di Croce, il pazzo di Croce –
la caduta di Icaro? No, il vuolo di Icaro! – Colli e Montanari! -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giametta: cortocircuito ed implicatura” – The Swimming-Pool
Library.
Giandomenico.
(Carunchio). Filosofo. Grice: “I like Giandomenico; he makes
excellent commentary on Bernard’s controversial, deterministic idea of life –
from amoeba to man, in Russell’s words --.” Grice: “Surely this has connections
with my method in philosophical psychology, from the banal to the bizarre,
which actually starts with philosophical BIO-logy!” Grice: “Giandomenico shows
that while Bernard never thought he had to provide a ‘conceptual analysis’ of
‘vivente,’ he does propose this or that criterio: for one he tries to prove
that self-nourishment cannot be the criterion – but I’m not sure what the
positive he poes, if any!” Si laurea con Corsano all’istituto di filosofia di Bari.Insegna
a Brindis, Lecce, Foggia, e Bari. Studia l'insegnamento di Filosofia nei Licei. Studia filosofia della
comunicazione. Fonda il Laboratorio di Epistemologia Informatica e il Centro per
la Metodologia della Sperimentazione. Studia pragmatica computazionale e
Informatica umanistica. Membro della Società Filosofica Italiana. Si occupato della
storia della fisiologia, la storia sdell’informatica, l’informatica pragmatica,
teoria della comunicazione, teoria dell’implicatura conversazionale, e teoria
del segno. Pubblicato uno studio su Tommasi, che aderì alla sperimentazione. Ha
trattato il contributo scientifico di Pende. Analizza i fondamenti
dell'informatica nei suoi rapporti con le teorie filosofiche, mettendo in
evidenza le strutture epistemiche reciprocamente significative. “Filosofia ed informatica”,
Inoltre, ha sperimentato applicazioni delle tecnologie informatiche nella ricerca
umanistica. Le ricerche condotte nell'ambito dell'informatica linguistica
si sono proposte l'analisi linguistico-computazionale. L'obiettivo è stato
quello di andare al di là del livello “lessicografico” – il filosofese – o
terminologia filosofica, como ‘implicatura’ -- e di implementare una rete
sintattica automatica con l'ausilio di software dedicati. Il primo progetto
ha riguardato l'analisi della conversazione nel “Dialogo sopra i due massimi
sistemi” di Galileo. Usando un software, creato dal Laboratorio di
Epistemologia Informatica di Bari, ricava un “vocabolario” (filosofese,
terminologia filosofica, vocabolario filosofico) galileiano, procedere ad una
prima valutazione dello stile ed avviare l'analisi “semantica” di un “concetto”
utilizzato da Galileo. Ha raccolto, infine, questi spunti in una riflessione
sui linguaggi dell'artificiale, intersecati con quelli della vita, sulle nuove
tecnologie della comunicazione e sull'etica. Altre opera: “Tommasi, filosofo,
Bari, Adriatica; “Filosofia e sperimento” Bari, Adriatica; “Scienza, filosofia,
letteratura, Verona, Bertani; “ Introduzione a Charcot, Fasano, Schena); “Epistemologia
informatica, Bologna, Transeuropa); “ Filosofia e informatica. Bari: G. Laterza);
“L'uomo e la macchina trent'anni dopo: Filosofia e informatica, Società Filosofica
Italiana, Bari, G. Laterza); “Dall'offerta formativa alla creazione di un nuovo
lavoro: la laurea umanistica” in Convegno per il corso "Informatica
umanistica” BARI: G. Laterza); “Laboratori di psicologia tra passato e futuro, Lecce,
Pensa Multimedia); “La prosa di Galileo: la lingua la retorica la storia,
Lecce, Argo); “La filosofia come strumento di dialogo tra le culture, Bari,
Mario Adda Editore); La Società Filosofica Italiana, Roma, Armando, . Note M. Triggiani, Cultura, un fronte unico.
Università e Comune per una rete dei contenitori, in Gazzetta del Mezzogiorno, 3
A.L., Dopo la laurea faccio il master in orecchiette, in Specchio. Supplemento
di La Stampa, F. Di Trocchio, Dall'archivio al futuro, in L'Espresso,de Ceglia,
l. Dibattista, Semi di storia della scienza. Milano, Franco Angeli, Mauro Di Giandomenico.
Keywords: “How Pirots Karulise Elatically” – pirots karulise elatically –
pirots karulise – ‘implicazione’ – aperture semantica -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Giandomenico: l’implicatura conversazionale: ‘Pirots karulise
elatically; therefore, pirots karulise!” – The Swimming-Pool Library.
Giamnetti
Giani.
(Muggia). Filosofo. rice: “It’s hard for me to judge Giani’s
philosophy because I fought against the Italians during the so-called ‘second
world war,’ so-called!” Grice: “But I would be willing to expand: if Giani
developed what he aptly called a ‘mystique’ – so did we at Oxford – Churchill
surely held his ‘mystique.’ Of course the Italian, being more scholastic, had
to call it ‘scuola di mistica,’ – and the idea was that of an all-male chivalry
order – aptly set at Milan!” Fonda la corrente filosofica nota come
"Mistica". Partì come volontario di guerra e morì sul fronte. Dopo
aver frequentato il Liceo ginnasio Dante Alighieri di Trieste si trasferì a
Milano, dove si iscrisse a Milano e quindi ai Gruppi Universitari, laureandosi.
Anticipa l'imminente apertura della scuola sul foglio dei Gruppi Universitari,
"Libro e moschetto" della Scuola di Mistica. Ne divenne direttore,
carica che lasciò alla fine dell'anno seguente dopo aver scritto il suo ampio
discorso da tenersi a Roma in occasione dellaI iunione della Società Italiana
per il Progresso delle Scienze che coincideva anche con il decennale della
Marcia su Roma in cui enuncia i principi della nuova scuola. Su impulso
di Giani si comincia inoltre a pubblicare i Quaderni della scuola di
mistica. Poche settimane dopo la riunionesi dimise da direttore con una
lettera inviata a Mussolini, per contrasti interni con il segretario politico dei
Gruppi Universitari. Imputa le dimissioni al mancato trasferimento della Scuola
nella vecchia sede de Il Popolo d'Italia chiamato anche "Il covo" La
richiesta di entrare in possesso de "Il Covo" puntava ad ottenere il
possesso di uno degli ambienti più importanti dell'immaginario fascista.
Continua quindi a collaborare con diversi quotidiani come "Il Popolo
d'Italia" e "Gerarchia". "Lineamenti sull'ordinamento
sociale dello Stato" gli fece ottenere la libera docenza e e quindi la
cattedra di Storia a Pavia ma parte volontario per la guerra d'Etiopia
arruolandosi col grado di capomanipolo della Milizia Volontaria per la
Sicurezza Nazionale nel CXXVIII Battaglione"Vercelli".
Rientrato in Italia, riassunse la guida della scuola, qui in occasione della
chiusura dell'anno scolastico nell'aula della casa del Fascio di Milano.
Rientrato in Italia riassunse la carica di direttore della "Scuola di
Mistica" lanciando due importanti iniziative, rilancia la pubblicazione
della serie di "Quaderni" che affrontavano differenti problematiche e
sempre per sua iniziativa fu creata nell'ambito della scuola la rivista
mensile, Dottrina che divenne l'organo ufficiale della Scuola, in cui pubblica il "Decalogo dell'italiano nuovo”. Si
dedica inoltre al giornalismo diventando direttore a Varese di "Cronaca
prealpina" e collaborando a diverse testate, tra cui Tempo (Direttore:
Alfredo Acito). Dalle pagine di "Cronaca prealpina" prese parte alla
campagna fondata sui propri convincimenti del ‘spirito’ contrapposto al
"biologico" La Cronaca
prealpina dopo la nomina di Giani a direttore arriva a quadruplicare la tiratura.
L'incontro a Roma con Mussolini in cui si decise la cessione del
"Covo" ai "mistici" della Scuola. Su impulso di Giani, con
una cerimonia presieduta di Starace, la sede ufficiale della Scuola di Mistica
si spostò nel medesimo edificio che ospitò ai suoi primordi il giornale Il
Popolo d'Italia, chiamato "il Covo". Il "Covo" negli anni era
stato trasformato in una galleria. La palazzina e proclamata monumento nazionale
con tanto di guardia d'onore svolta da
squadristi e combattenti. Per esplicita decisione di Mussolini, fu ufficialmente
consegnata ai mistici della scuola. L'evento fu vissuto come una autentica
consacrazione dei insegnanti riuniti intorno a Giani. In realtà la consegna era
già stata disposta come risulta da un foglio d'ordini del PNF e in
quell'occasione il consiglio direttivo era stato ricevuto a Roma da Mussolini.
Mussolini li aveva spro continuare nella loro attività. A Milano, in
occasione del decennale dalla fondazione della scuola, organizzò il
"Convegno nazionale di mistica" che nelle sue intenzioni avrebbe
dovuto essere il primo della serie. Obiettivo che sfumò a causa dell'entrata in
guerra. L'incontro vide oltre 500 partecipanti ed ebbe l'adesione della maggior
parte degli filosofi dell'epoca. Come gran parte dei "mistici",
partecipa nuovamente come volontario alla seconda guerra mondiale, conflitto
nel quale vedeva il presagio di una rivoluzione in vista di una nuova
era. Inquadrato nell'11º reggimento alpini prese parte alla battaglia
delle Alpi Occidentali contro la Francia e venendo decorato con la medaglia
d’argento al valor militare.Terminata la campagna di Francia in seguito
all'armistizio tornò alla vita civile ma incominciata nel frattempo la guerra
in nord Africa richiese più volte di partire volontario senza ottenere
soddisfazione. Alla fine ottenne di partire
come corrispondente di guerra de Il Popolo d'Italia, della Cronaca
prealpina e de L'Illustrazione Italiana presso i reparti della Regia
aeronautica. Per quest'ultima realizza anche diversi servizi fotografici. All'attività
di giornalista affiance anche quella di militare prendendo parte ad alcune
azioni e ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare. E richiamato in
Italia dove riassunse la guida de "La cronaca prealpina".Nuovamente
incorporato nell'11º reggimento alpini riparte infine come volontario per la
campagna di Grecia, dove cadde sul fronte greco-albanese nella battaglia per la
conquista della Punta Nord del Mali Scindeli. Si offre volontario per una pericolosa
missione che prevede la conquista di una munita postazione greca. L'attacco
ebbe inizialmente successo con la conquista della posizione ma riorganizzatisi
i greci condussero un contrattacco. Nello scontro cadde. Il periodico
L'Illustrazione Italiana scrisse, senza riportare dove o come avrebbe potuto
registrare tali parole, che l'ufficiale greco che lo aveva colpito a morte
avrebbe raccontato che nello scontro Giani gli si era parato davanti "come
un dio o un demone". Il corpo di Giani andò disperso e gli altri
assaltatori che avevano preso parte all'attacco dovettero ritirarsi rapidamente
incalzati dai soldati greci. Fu pochi giorni dopo incaricato delle ricerche Carati
che era anche vice-direttore della Scuola di mistica. Le ricerche a causa della
perdurante situazione di guerra furono nulle, e riuscì solo ad individuare il
luogo in cui era caduto. In quell'occasione, richiesta un'udienza al
Duce, chiese che potessero partire per l'Albania il cognato Guido Giani e il
fratello Aldo Sampietro. Questi ultimi rinvennero la salma sepolta in maniera
anonima in territorio greco. Di qui la salma fu translata nel piccolo cimitero
militare di Klisura. Mussolini fu preso come principale punto di
riferimento dalla Scuola di Mistica. Elabora un discorso programmatico in cui
enuncia i principi fondanti della Scuola e della Mistica fascista. Compito nostro
deve essere soltanto quello di coordinare, interpretare ed elaborare il
pensiero del Duce. Ecco perché è sorta una Scuola di mistica ed ecco il suo
compito: elaborare e precisare i nuovi valori che sono nell'opera del Duce. (Giani in La marcia sul mondo). Inizialmente i
principi esposti da Giani facevano parte di un discorso più ampio da tenersi a
Roma in occasione di una riunione della Società Italiana per il Progresso delle
Scienze. L'ampio discorso fu poi pubblicato nella serie dei
"Quaderni" voluti da Giani con il titolo "La marcia sul mondo
della Civiltà". Si impone un ritorno alle origini, ovvero al movimentismo
rivoluzionario, riallacciandosi idealmente all'esperienza delle prime squadre
d'azione e degli arditi della Grande Guerra quindi, secondo Veneziani "una
più radicale rivoluzione coniugata al recupero di una più integralistica
tradizione". Ma più che legati agli enunciati politici del manifesto di
sansepolcro i mistici di quella esperienza esaltavano soprattutto la lotta contro
la borghesia affaristica del primo dopoguerra. La mistica si considera rappresentante
proprio di questo mondo ispirato dall'amore di patria e posta a guardia della
rivoluzione permanente e in contrasto con gli opportunisti e i trasformisti. Individuava
nell'epoca contemporanea *quattro* principali mistiche, destinate ad apportare
in un primo tempo dei benefici ma poi a fallire: liberale, democratica,
socialista e comunista. Liberalismo, democrazia, socialismo e comunismo
sono le quattro mistiche dominanti nella societa. Il bilanciolo abbiamo già
visto è per tutte negativo. Il liberalismo porta all'anarchia. La democrazia porta
all'instabilità politica e sociale. Il socialism porta alla otta civile. Il
comunismo porta alla vita primitiva. Queste quattro mistiche sono pertanto anti-storiche.
A fronte di esse l'unica mistica in grado di superare tali crisi era quella come
sviluppato nel capitolo intitolato "La marcia ideale" la cui
conoscenza e diffusione presso le masse era compito della élite. Medaglia
d'argento al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'argento al
valor militare «Volontario nella guerra d'Africa ove prese parte volontario a
diverse pattuglie esploratori, chiese ed ottenne di essere anche in quest
guerra assegnato ad un reparto combattente. Destinato all'11º alpini volontario
a due azioni del battaglione Bolzano chiese di partecipare alla ardita discesa
di due compagnie del battaglione Trento effettuata in una valle occupata dal
nemico e avanzò con la prima pattuglia sotto intenso bombardamento, sprezzante
del grave pericolo di sorprese e di accerchiamento nemico, esempio trascinante
a ufficiali e soldati, e prova di dedizione alla patria, di alta fede e di
valore.» Medaglia di bronzo al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia
di bronzo al valor militare «Corrispondente di guerra presso una squadra aerea
disimpegnava il suo particolare e delicato servizio con alto senso di
responsabilità. Spesso presente sugli aeroporti più avanzati e maggiormente battuti
dall'offesa nemica allo scopo di rendersi conto di ogni particolare,
partecipava volontariamente a difficili e rischiose missioni di guerra, dando
sicura prova anche nelle più critiche circostanze di sereno sprezzo del
pericolo e completa dedizione al dovere.» Medaglia d'oro al valor militarenastrino
per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare «Volontariamente, come
aveva fatto altre volte, assumeva il comando di una forte pattuglia ardita,
alla quale era stato affidato il compimento di una rischiosa impresa.
Affrontato da forze superiori, con grande ardimento le assaltava a bombe a
mano, facendo prigioniero un ufficiale. Accerchiato, disponeva con calma e
superba decisione gli uomini alla resistenza. Rimasto privo di munizioni, si
lanciava alla testa dei pochi superstiti, alla baionetta, per svincolarsi.
Mentre in piedi lanciava l'ultima bomba a mano ed incitava gli arditi col suo
eroico esempio, al grido di: «Avanti Bolzano! Viva l'Italia», veniva
mortalmente ferito. Magnifico esempio di dedizione al dovere, di altissimo
valore e di amor di Patria.» — Punta NordMali Scindeli (Fronte greco), 14 marzo
1941. Opere: “La via della gloria, anni 20 La marcia sul mondo della
Civiltà Fascista, Lineamenti su l'ordinamento sociale dello Stato, Giuffré ed. La
mistica come dottrina. Perché siamo, A. Nicola. Perché siamo mistici. Mistica
della rivoluzione. Antologia di scritti, Il Cinabro, Longo, “I vincitori della guerra perduta”
(sezione su Giani), Edizioni Settimo
sigillo, Roma.Carini, Giani e la scuola di mistica fascista, Mursia, Antonellis, Come doveva essere il
perfetto, su storia illustrate,Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su
storia illustrate, Tomas Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore,
Pinerolo,Carini, Giani e la scuola di
mistica, Mursia,Tomas Carini, Giani e la scuola di mistica, Mursia, Carini, Giani
e la scuola di mistica fascista, Mursia, Tomas Carini nella prefazione su Giani,
La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Grandi, Gli eroi, Giani e la
Scuola di mistica, Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia, una cui
sommaria sintesi è nel sito varesenews Archiviato. Tomas Carini nella
prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Il
saggio, edito da Dottrina Fascista, riporta in forma integra la conferenza inaugurale
tenuta da Giani per l'inaugurazione del corso per maestri della Scuola di
Mistica. Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia in Aldo Grandi, Gli
eroi di Mussolini, BUR, Milano, Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su
storia illustrate, Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia,
Sugarcoedizioni, Varese, Longo, Gli eroi della guerra perduta, edizioni settimo
sigillo, Roma, L'Illustrazione italiana,
Grandi, Gli eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cAldo
Grandi, Gli eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cNiccolò
Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella
prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Marcello
Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarcoedizioni, Varese, Giani,
La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella
prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Tomas
Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore,
Pinerolo, Tomas Carini, Giani e la
Scuola di mistica, prefazione di Marcello Veneziani, Mursia, Milano, Grandi,
Gli eroi di Mussolini. Giani e la Scuola di mistica, BUR Biblioteca Univ.
Rizzoli, RaidoSpeciale Scuola di Mistica, Raido, Roma, Arnaldo M., Coscienza e dovere
Niccolò Giani. Keywords: mistico, il mistico – la mistica del liberalismo – la
mistica del comunismo – la mistica della democrazia – la mistica del socialismo
– filosofia politica – dottrina liberale – dottrina comunista – dottrina
democratica – dottrina socialista --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giani” –
The Swimming-Pool Library.
Giani.
(Torino). Filosofo. Grice: “I love Giani; for one, he was less
fanatic than Nietzsche, even if it is Nietzsche’s fanaticism that attracts
Strawson! For one Giani is more careful: if ‘music’ comes from the muses, which
are Apollonian, why has Nietzsche to emphasise in a piece of bad rhetoric, that
tragedy has its birth in the ‘spirit’ of “music” – surely Nietzsche means
‘Dionysian,’ but there’s no ‘music’ in Dionysus, only noise! Trust an Italian
to correct Nietzsche on that point!” --
Appartene ad una famiglia dell'alta borghesia torinese con spiccate
inclinazioni per la musica e per l'arte: lo zio Giuseppe (Cerano
d'Intelvi) fu pittore piuttosto noto, docente all'Accademia Albertina, così
come il figlio di lui Giovanni (Torino). Si dedica al violino e condusse
contemporaneamente gli studi fino alla
laurea. Si interessa inoltre al fermento filosofico di fine Ottocento, a Spencer,
ma soprattutto Nietzsche: di Così parlò Zarathustra eavrebbe in seguito dato
una traduzione, a partire dalla seconda edizione italiana (Torino, Bocca). Si
appassiona, inoltre, al teatro musicale di Wagner, così come altri intellettuali
torinesi, e lo difende. Risale la fondazione, per opera sua e dell'amico
editore Bocca, della Rivista musicale italiana, in cui inizialmente hanno parte
preponderante gli scritti di Giani, soprattutto recensioni sul teatro musicale
contemporaneo e note sui testi poetici da musicare, anche se va probabilmente
ascritto a Giani anche l'editoriale programmatico del primo numero, all'interno
di una rivista che si propone di ospitare scritti musicologici ispirati al
metodo positivistico diffuso tra i due secoli, pur restando aperta all'apporto
di altre correnti filosofiche quali quelle dell'idealismo. In “Per l'arte
aristocratica”, dimostra le doti di polemista che lo avrebbero accompagnato per
tutta la vita: in esso si confuta un giudizio di Torchi e si afferma che la
cosiddetta "arte per l'arte" non solo non è immorale, ma è anzi la
naturale evoluzione e conclusione dello sviluppo storico di questa
manifestazione dello spirito umano. Dedica un saggio al “Nerone” di Boito,
che egli da allora considerò incondizionatamente un maestro: al tempo Boito
aveva reso pubblico il solo testo del Nerone, che venne accolto molto
vivacemente e con alterna fortuna dall'ambiente letterario italiano. La
posizione intorno al Nerone è singolare e indicativa di quali fossero i
requisiti che la cerchia di Giani e Bocca ricercava nell'opera musicale. Questa
tragedia farebbe parte del novero delle tragedie vere, quelle in cui ritmo,
suono della parola, gesto, musica concorrono alla creazione di un che di
superiore. Tuttavia, quando la musica del Nerone fu resa nota postuma, dichiara
una certa delusione. Uomo dalla cultura enciclopedica, versato con competenza
anche negli studi di letteratura, Giani cura L'estetica di Leopardi. Vede inLeopardi
il luogo in cui le immagini della sua poesia si comporrebbero in un universo
etico ed estetico coerente. All'interno della storia della critica leopardiana,
pare avvicinabile ora alla posizione di Croce, di distinzione tra il momento
della poesia e il momento della riflessione, ora a quelle positivistiche.
Singolarmente,parla di musica e dell'analogia tra il ruolo del coro greco e il
ruolo del coro nelle Operette morali solo nella conclusione, benché in termini
acuti. Avrebbe contribuito ad un ulteriore campo degli studi letterari,
quello della musica nel mondo antico. Apparve “Gli spiriti della musica nella
tragedia” -- Fin dal saggio, si richiama alla nota opera di Nietzsche, “La
nascita della tragedia dallo spirito della musica”. Giani non condivide
l'opinione di Nietzsche secondo cui il razionalismo del teatro di Euripide
avrebbe spento la portata dionisiaca della tragedia. La tragedia di Euripide
permane ad un livello musicale altissimo. Per affermare questo ricostruisce il
ruolo della musica nei testi tragici sulla base delle fonti antiche,
dedicandosi alle singole parti e forme musicali dei drammi, sempre attento a
sottolineare la valenza estetica complessiva della tragedia o melodramma, ma
nel contempo senza trascurare le posizioni metodologiche della scuola
filologica. Fino ad allora non aveva stretto profondi legami con i
musicisti coevi (eccettuato Boito), si avvicina sempre più alle compositori.
Saluta con favore Bastianelli e Pizzetti, approvandone principalmente le
posizioni estetiche e la ricerca di una certa spiritualità nella music, tipica
dei due esponenti del circolo fiorentino della Voce, ma prese le distanze ben
presto dalle loro prove compositive, in particolare dai drammi musicali di Pizzetti,
che non parvero a opere d'arte totalmente compiute. Un legame creativo e
biografico molto più stretto strinse con Ghedini, anche per via delle comuni
frequentazioni torinesi: per Ghedini, che sta ancora cercando una personale
posizione estetica e anda raggiungendo progressivamente le conquiste di stile e
di linguaggio che lo avrebbero reso famoso, Giani valse come una sorta di
pigmalione, suggerendo testi da musicare per le liriche e esaminando con occhio
critico le composizioni di Ghedini. Giani stesso fu librettista. Ridusse
L'Intrusa di Maeterlinck, musicata da Ghedini ma mai rappresentata, e scrisse
Esther per Pannain.Verso il termine della sua vita, divenne molto noto in tutta
Italia per i suoi scritti di radicale confutazione di Croce. Non era particolarmente
ostile all'idealismo di Croce, anzi considerava la teoria dell'arte come
intuizione una delle chiavi per la valutazione della creatività anche musicale
e teatrale. Tuttavia, a mano a mano che l'estetica di Croce veniva
sistematizzata dal suo stesso autore, ma soprattutto da alcuni suoi pedestri
seguaci mal tollerati dal nostro, attaccò tale concezione con il bellicoso
pseudonimo di Luigi Pagano in La fionda di Davide, criticando che in essa non
vi fosse posto per il lato tecnico e materiale della creazione e che
addirittura la stessa musica non fosse stata debitamente considerata da Croce
al medesimo livello delle altre arti che diedero lustro al passato
italiano. Il posto di Giani nella storia della musicografia è tutto
particolare.Pestalozza vi ha addirittura visto un predecessore della
“fenomenologia musicale.”In realtà, ad un attento esame quantitativo dei suoi
scritti, pare essersi dedicato assai poco a questa o quella musica in
particolare, mentre il suo contributo fu assolutamente preponderante nei temi
di estetica musicale.Fu una voce originale, fuori dal coro, che inizialmente
difese il dramma di Wagner, quindi auspice fermamente all'interno dei testi
musicati dai compositori qualità come la purezza e la letterarietà, infine spronò,
pur da lontano, i compositori ad una libertà adogmatica e ad una ricerca
continua di stile e di linguaggio, rendendoli attenti alla peculiarità della
musica, che doveva essere cosa che egli ripete spessissimo nei suoi scrittila
"figuratrice dell'invisibile", cioè l'elemento che dà corpo alle
sensazioni, alle suggestioni, alle fantasie suscitate dai testi musicati e non
immediatamente in essi esplicate. Una posizione la sua che può essere
paragonata a quella del "critico-artista" teorizzata da Wilde, che
Giani ben conosceva: un "critico-artista" nel senso di ri-creatore
dei percorsi attraverso cui la composizione è venuta alla luce, e ignoti al
compositore stesso, ma nei quali quest'ultimo riesce a identificarsi una volta
che il critico li rivela a lui e al mondo. Dispose per testamento che i
suoi libri venissero donati "ad una biblioteca di piccola Città preferibilmente
Pinerolo" e proprio presso la Biblioteca Civica "Camillo
Alliaudi" di Pinerolo ora si trovano, presso il Fondo che prese il suo
nome. Altre opera: “Per l'arte aristocratica (in proposito di uno studio
di Luigi Torchi), in “Rivista Musicale Italiana”, Il “Nerone” di Arrigo Boito,
in “Rivista Musicale Italiana”, L'estetica di Leopardi, Torino, Bocca, con lo
pseudonimo di Anticlo: Gli spiriti della musica nella tragedia greca, in
“Rivista Musicale Italiana”,Milano, Bottega di Poesia, L'amore nel Canzoniere
di Francesco Petrarca, Torino, Bocca, con lo pseudonimo di Luigi Pagano:
La fionda di Davide. Saggi critici (Boito, Pizzetti, Croce), Torino, Bocca.Dizionario
Biografico degli Italiani Cesare Botto Micca, in morte di Romualdo Giani, in
“Rivista Musicale Italiana”, Annibale Pastore, In memoria,, in “Rivista Musicale
Italiana”, Massimiliano Vajro, “Rivista Musicale Italiana”, Luigi Pestalozza,
Introduzione a «La Rassegna Musicale». Antologia, Luigi Pestalozza, Milano,
Feltrinelli, Guido M. Gatti, Torino musicale del passato, in «Nuova Rivista
Musicale Italiana». Guglielmo Berutto, Il Piemonte e la musica, Torino, in
proprio, ad vocem. Stefano Baldi, “Fotografare l'anima” -- Romualdo Giani e
Giorgio Federico Ghedini, in “Bollettino della Società Storica Pinerolese”, Paolo
Cavallo ,La vita, il fondo musicale, le collaborazioni musicologiche e gli
interessi letterari, Pinerolo, Società Storica Pinerolese, . Con contributi di
Casagrande, Baldi, Betta, Cavallo,
Balbo, Fenoglio.Romualdo Giani. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Giani” – The Swimming-Pool Library.
Giannantoni.
(Perugia).
Filosofo. Grice: “I love Giannantoni; for one, he believes, with me, that there
is Athenian dialectic, Roman dialectic, Florentine dialectic and Oxonian
dialectic; like me, he has explored mostly ‘Athenian dialectic,’ and he has
noted that its birth (‘nascita’) is in the ‘dialogo socratico,’ so it should
surprise nobody that I have based my philosophy on the facts of conversation!” Si
laurea a Roma sotto Calogero. In “Il dialogo di Socrate e la dialettica di
Platone” attribuisce a Socrate una concezione molto laica della divinità e
della religiosità («Religiosità, che Socrate, il quale era certamente una
personalità religiosa, intendeva in modo del tutto diverso da come comunemente
era sentita a quell'epoca»). La sua dottrina storico-filosofica si fonda sul
principio che ogni seria riflessione filosofica si debba basare su un'accurata
e rigorosa ricerca filologica delle fonti. Questo spiega l'enorme dispiego di tempo
dedicato all'elaborare la sua opera monumentale, “Reliche di Socrate” (“Socratis
et Socraticorum reliquiae”). Giannantoni ha sempre seguito il criterio di Croce
e Gramsci, secondo cui l'esposizione di un filosofo debba avvenire tramite
l'esame storico cronologico (unita longitudinale) delle sue opere, allo scopo
di prendere consapevolezza dell'evoluzione della dottrina e di separare da
questa ogni sovrapposizione interpretativa personale non adeguatamente basata
sulle fonti. Convinto dell'onestà
intellettuale come valore fondamentale cui deve rifarsi ogni interprete della
storia della filosofia, capace perciò di rinunciare di fronte alla
ricostruzione filologica dei testi anche alle proprie più profonde convinzioni
personali. Traccia un profilo “ideale” dello «storico autentico» della
filosofia, che ha il «dovere di farsi filologo rigoroso per avvicinarsi il più
possibile al mondo del filosofo da lui studiato», ben sapendo che ciò «non
basta ancora se non è accompagnato da una sensibilità filosofica e da una
consapevolezza teoretica e storica insieme. Di qui conclude il fascino di una
ricerca che, rendendoci consapevoli di una grande quantità di problemi altrimenti
inavvertiti, termina in un autentico arricchimento spirituale. Il suo
insegnamento è stato caratterizzato dalla volontà di essere semplice e chiaro
nell'espressione del pensiero considerando questo un dovere morale
dell'intellettuale nei confronti degli altri studiosi. Anche allo scopo di realizzare una scrittura
filosofica quanto più scientificamente precisa, ha compiuto studi approfonditi
sulla logica di Aristotele e sulla storia della semantica filosofica (teoria
del segno). Nella sua vita e nella
dottrina si è sempre impegnato nel mettere in pratica l'insegnamento socratico,
così come fece il suo maestro Calogero: insegnando la conversazione basatio
sulla regola d’oro: il rispetto verso il co-conversazionalista. Cura I Presocratici
di Diels e Kranz. Altre opere Aristotele: la metafisica / G. Giannantoni, W.
Kullmann, E. Lledò.[Roma] : Rai Trade, [1 DVD, Aristotele teoretico.Roma:
Istituto della enciclopedia italiana, Aristotele teoretico, interviste a
Gabriele Giannantoni, Andreas Kamp, Wolfang Kullmann, Emilio Lledó. Che cosa ha
veramente detto Socrate / G. Giannantoni.Roma: Ubaldini, Cirenaici: raccolta delle
fonti antiche e studio introduttivo / Gabriele Giannantoni.Firenze: Sansoni, Considerazioni
su un convegno militante / Epicureismo romano:
atti del Congresso internazionale: Napoli, Gabriele Giannantoni e Marcello Gigante.Napoli:
Bibliopolis, Epicuro: opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita / Ettore
Bignone; introduzione di Gabriele Giannantoni.Bari: Laterza, La filosofia greca
dal 6. al 4. secolo / Armando Plebe, Pierluigi Donini].Milano: Vallardi;
Padova: Piccin, Le filosofie e le scienze contemporanee, Torino: Loescher, Le
filosofie e le scienze contemporanee, schede di laboratorio Francesco
Aronadio.Nuova ed.Torino: Loescher, I fondamenti della logica di Aristotele /
Guido Calogero; nuova edizione con appendici integrative di G. Giannantoni e G.
Sillitti. Firenze: La nuova Italia, Le forme classiche / Torino: Loescher, “Volpe
/ Gabriele Giannantoni.Roma: Editori riuniti, Socrate. Tutte le testimonianze:
Da Aristotfane e Senofonte ai Padri cristiani; Bari: Laterza, Aristotele.
Opere; introduzione e indice dei nomi, Roma; Bari: Laterza, Epicuro. Opere,
frammenti, testimonianze sulla sua vita; Bignone; .Bari: Laterza, I
presocratici: testimonianze e frammenti / Bari: Laterza, Profilo di storia
della filosofia, Torino: Loescher. La razionalità moderna, Torino: Loescher, Socratis
et Socraticorum Reliquiae. Collegit, disposuit, apparatibus notisque instruxit
G. Giannantoni, 2090, quattro volumi,
Bibliopolis 1991. Note Anthropine
Sophia. Studi di filologia e storiografia filosofica in memoria di Gabriele
Giannantoni; Introduzione di Francesco Adorno: per Gabriele Giannantoni: un
dialogo, Editore Bibliopolis (collana Elenchos), 2009 Deputati della V, VI, VII legislatura. Op.cit. Bruno Centrone, ed.Bibliopolis, Enciclopedia
Treccani, Bruno Centrone, Bibliopolis , Edizioni di filosofia, ILIESI CNR La traduzione dei Presocratici da parte di
Giannantoni è stata criticata da Giovanni Reale nell'introduzione alla sua
nuova traduzione dei Presocratici del 2006, critiche riportate in due
articoli-intervista comparsi sul "Corriere della Sera" nei quali Giannantoni, di formazione gramsciana veniva
accusato come curatore della "vecchia" edizione laterziana di avervi
perpetrato «una certa manomissione del sapere filosofico», in ossequio
all'ideologia e all’egemonia culturale marxista. Interpretazioni del pensiero
di Socrate#Socrate: l'interpretazione di Giannantoni Guido Calogero La teoria sul
pensiero greco arcaico. Gabriele Giannantoni. Keywords: Epicuro a Roma -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giannantoni” – The Swimming-Pool Library.
Giannetti.
(Albiano
di Magra). Filosofo. Grice: “I like Giannetti; for one, he is the only
philosopher I know whose first name is ‘Pascasio.’ He taught at Pisa, but not
in the tower – Oddly, while he is from Tuscany, there is a street (‘via’) in La
Spezia named after him!” – Grice: “His logic was considered heretic, at least
by the duke, who diligently expelled him from any obligation of teaching!” –
Insegna a Pisa. Quando lascio la cattedra, gli successe Grandi. Di formazione galileiana,
fu un acceso nemico dei Gesuiti. Sollecitato da Grandi, che lo aveva anche
introdotto a Newton, cura Galilei (Firenze). Rimosso da Pisa da Cosimo III de'
Medici, vi fece rientro alla morte di quest'ultimo. NC. Preti, Dizionario Biografico degli
Italiani, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica
e moderna Lunigiana, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 54, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Pascasio Giannetti. Keywords: implicature
corpuscolare, Isaaco Newton, Galilei, Grandi, Giannetti -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Giannetti: implicatura corpuscolare – The Swimming-Pool
Library.
Giannetta search – another
time?
GIANNONE. (Ischitella).
Filosofo. Grice: “Giannone is an interesting philosopher. He philosophised on
the ‘citta terrena,’ which is a back-fromation from ‘celestial city,’ and by
which he meant Rome! – Then he compared men – in their collectivity, to apes,
even if ingenious ones!” “Non solo i
corpi, ma, quel che è più, anche le anime, i cuori e gli spiriti de' sudditi si
sottoposero a' suoi piedi e strinse fra ceppi e catene.” Esponente di spicco
dell'Illuinismo italiano, discendente da una famiglia di avvocati (anche se il
padre era uno speziale), lasciò il paese natale per intraprendere gli studi a
Napoli. Si laurea entrando ben presto in contatto con filosofi vicini a
Vico. Fu praticante presso Argento, che disponeva di una vasta biblioteca, la
frequentazione della quale fu essenziale per la sua formazione. I suoi
interessi non si limitarono soltanto al diritto ed alla filosofia,
appassionandosi anche agli studi storici e dedicandosi alla stesura della sua
opera storica più conosciuta Dell'istoria civile del regno di Napoli, che gli
causò tuttavia numerosi problemi con la Chiesa per il suo contenuto.
Costretto a riparare a Vienna, ottenne protezione e sovvenzioni da Carlo VI, il
che gli permise di proseguire indisturbato i suoi studi filosofici. Il
suo tentativo di rientrare in patria fu ostacolato dalla Chiesa, nonostante i
buoni uffici dell'arcivescovo di Napoli recatosi a Vienna per convincerlo a
tornare a Napoli. Fu costretto a trasferirsi a Venezia dove, apprezzatissimo
dall'ambiente culturale della città, rifiutò sia la cattedra a Padova, sia un
posto di consulente giuridico presso la Serenissima. Il governo della
Repubblica lo espulse, dopo averlo sottoposto a stretti controlli spionistici,
per questioni inerenti alle sue idee sul diritto marittimo e nonostante la sua
autodifesa con il trattato Lettera intorno al dominio del Mare Adriatico.
Dopo aver vagato per l'Italia (Ferrara, Modena, Milano e Torino), giunse a Ginevra,
dove compose un altro lavoro dal forte sapore anticlericale “Il Triregno: il
regno terreno, il regno celeste, e il regno papale, che gli costò nuovamente la
persecuzione delle alte sfere ecclesiastiche culminate con la sua cattura in un
villaggio della Savoia, ove fu attirato con un tranello. Rimasto nelle prigioni
sabaude, fu costretto a firmare un atto di abiura che non gli valse tuttavia la
libertà. Fu tenuto prigioniero nella fortezza di Ceva, dove scrisse alcuni dei
suoi componimenti più famosi. Trasferito alla prigione del mastio della Cittadella
di Torino. +“Dell'istoria civile del regno di Napoli” ebbe enorme fortuna mentre
la Chiesa ne avversò le tesi ponendola all'Indice dei libri proibiti,
comminando al filosofo una scomunica la quale obbligava Giannone a riparare
all'estero. I temi trattati nell'Istoria, sviluppati su precisi riferimenti
giuridici, forniscono una lucida descrizione dello stato di degrado civile del
Regno di Napoli, attribuendone le cause all'influenza preponderante della Curia
romana. Auspica in primis con quest'opera, «il rischiaramento delle nostre
leggi patrie e dei nostri propri istituti e costumi». Nel Triregno, opera
aspramente avversata anch'essa dagli ambienti ecclesiastici, presenta la
religione secondo un prospetto evolutivo: la Chiesa, col suo "regno papale",
si contrappone al "regno terreno" degli Ebrei ma anche a quello
"celeste" idealizzato dal Cristianesimo e il superamento del male,
che lo Stato Pontificio così incarna, si realizzerà soltanto attraverso un
cambiamento di rotta deciso, mediante ulteriore consapevolezza individuale
raggiunta dall'uomo nel corso della sua vicenda Storica. Indi teorizza uno
Stato laico capace di sottomettere l'istituzione papale, anche mediante
un'espropriazione dei beni materiali del clero. La Chiesa porta avanti una
forma di negazione di quella libertà individuale che deve essere posta come
fondamento giuridico e sociale. Al filosofo sono intestati vari istituti
scolastici, tra cui lo storico Liceo classico Pietro Giannone di Caserta,
quello di Benevento, quello di Foggia, e quello di San Marco in Lamis. Nel Capitolo settimo della Storia della
colonna infame, Manzoni dedica al Giannone ampio spazio elencandone i
numerosissimi plagi e gli errori che anche Voltaire gli rimprovera. Inizia
paragonandolo a Muratori e indicandolo come "scrittore più rinomato di
lui" , poi aggiunge un lungo elenco (e raffronto) delle opere plagiate e
degli autori, tra cui Nani, Sarpi, Parrino, Bufferio, Costanzo e Summonte:
"...e chissà quali altri furti non osservati di costui potrebbe scoprire chi
ne facesse ricerca". E conclude che se non si sa se fosse "pigrizia o
sterilità di mente", fu certo "raro il coraggio". Altre
opera: Autobiografia: i suoi tempi, la sua prigionia, appendici, note e
documenti inediti, Augusto Pierantoni, Roma, E. Perino, I discorsi storici
sopra gli Annali di Tito Livio, Apologia dei teologi scolastici Istoria del
pontificato di Gregorio Magno, “L'Ape ingegnosa” “Istoria civile del Regno di
Napoli. 1, Napoli, Giovanni Gravier); Pietro Giannone, Istoria civile del Regno
di Napoli. 2, Napoli, Giovanni Gravier, Pietro Giannone, Istoria civile del
Regno di Napoli. 3, Napoli, Giovanni Gravier, Pietro Giannone, Istoria civile
del Regno di Napoli. 4, Napoli, Giovanni Gravier, Pietro Giannone, Istoria
civile del Regno di Napoli. 5, Napoli, Giovanni Gravier, aprile . Note
Pietro Giannone, Istoria civile del regno di Napoli, Capolago,
Tipografia Elvetica, l Ibidem, note da 80 a 89 Fausto Nicolini, La fortuna di Pietro
Giannone: ricerche bibliografiche, Bari, Laterza, Marini, Il giannonismo (Bari,
Laterza). Vigezzi, PGiannone riformatore e storico. Milano, Feltrinelli, 1Giannoniana:
autografi, manoscritti e documenti della fortuna di Giannone, Sergio Bertelli,
Milano-Napoli, Ricciardi, Giuseppe Ricuperati, L'esperienza civile e religiosa
di Giannone., Milano-Napoli, Ricciardi, Mannarino, Le mille favole degli
antichi. Ebraismo e cultura europea nel pensiero religioso di Giannone,
Firenze, Le Lettere, Giuseppe Ricuperati, La città terrena di Pietro Giannone:
un itinerario tra crisi della coscienza europea e illuminismo radicale,
Firenze, Olschki, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Vita scritta da lui medesimo, Feltrinelli, testo in versione digitale
della Biblioteca Italiana, 2003.//filosofico.net/giannone.htm. Pietro Giannone.
Keywords: autobiografia, ego-grafia – Vico, Giannone, Genovesi – Liguria –
commento su Livio – regno terreno, regno celeste, regno papale --. Storia di
roma antica -- giannonismo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giannone” – The
Swimming-Pool Library.
GIOBERTI. (Torino). Filosofo. Grice:
“I like Gioberti; he published ‘Del bene, del bello,’ suggesting they are
etymologically connected, and they are: BONUS alternates with BENE in Roman,
and the dimintuvie, BENETULUS, gives ‘bellus’ – So the Roman implicature is
that the ‘bello’ is a ‘little’ ‘bene’ – or gracious, comfortable, and
proportionate, rather than having to do with ‘bene’ itself. – “like bene” – and
affectionate diminutive, one hopes!” – Laureato, e parzialmente influenzato da
Mazzini, lo scopo principale della sua vita divenne l'unificazione dell'Italia
sotto un unico regime: la sua emancipazione, non solo dai signori stranieri, ma
anche da concetti reputati alieni al suo genio e sprezzanti del primato morale
e civile degli italiani. Questo primato era associato alla supremazia del Papa,
anche se inteso in un modo più letterario che politico. Carlo Alberto di
Savoia lo nomina suo cappellano. La sua popolarità e l'influenza in campo
privato, tuttavia, erano ragioni sufficienti per il partito della corona per
costringerlo all'esilio; non era uno di loro e non poteva dipendervi. Sapendo
questo, si ritirò dal suo incarico ma fu arrestato con l'accusa di complotto e bandito
dal Regno sabaudo senza processo. Andò a Parigi e Bruxelles per insegnare
filosofia. Nonostante ciò, trovò il tempo per filosofare con particolare
riferimento al suo paese e alla sua posizione. Essendo stata dichiarata
un'amnistia da Carlo Alberto, divenne
libero di tornare in patria. Al suo ritorno a Torino, fu ricevuto con il più
grande entusiasmo. Rifiutò la dignità di senatore che Carlo Alberto gli aveva
offerto, preferendo rappresentare la sua città natale nella Camera dei
deputati, della quale fu presto eletto presidente. Cadde il governo. Il
re nominò Gioberti nuovo presidente del Consiglio. Il suo governo terminò. Con
la salita al trono di Vittorio Emanuele II lla sua vita politica giunse alla
fine. Ebbe un posto nel consiglio dei ministri, anche se senza portafoglio, ma
un diverbio irriconciliabile non tardò a maturare. Fu allontanato da Torino con
l'affidamento di una missione diplomatica a Parigi, da cui non fece più
ritorno. Rifiutò la pensione che gli era stata offerta e ogni promozione
ecclesiastica, visse in povertà e passò il resto dei suoi giorni a Bruxelles,
dove si trasferì dedicandosi agli studi filosofici. I primi due licei istituiti
a Torino celebrarono uno l'opera diplomatica di Cavour (il Liceo classico
Cavour) e l'altro il pensiero, anche politico, di Gioberti (il Liceo classico
Vincenzo Gioberti). Gli scritti sono più importanti della sua carriera
politica; come le speculazioni di Rosmini-Serbati, contro cui scrisse, sono
state definite l'ultima propaggine del pensiero medievale. Anche il sistema di
Gioberti, conosciuto come “ontologismo”, più nello specifico nelle sue più
importanti opere iniziali, non è connesso con le moderne scuole di pensiero.
Mostra un'armonia con la fede che spinse Victor Cousin a sostenere che la
filosofia italiana era ancora fra i lacci della teologia e che Gioberti non e
un filosofo. Il metodo per lui è uno strumento sintetico, soggettivo e
psicologico. Ricostruisce, come afferma, l'ontologia e comincia con la formula
ideale, per cui l'Ens crea l'esistente ex nihilo. Dio è l'unico ente Ens. Tutto
il resto sono pure esistenze. Dio è l'origine di tutta la conoscenza umana (le
idee), che è una e diciamo che si rispecchia in Dio stesso. È intuita
direttamente dalla ragione, ma per essere utile vi si deve riflettere, e questo
avviene tramite i mezzi del linguaggio. Una conoscenza dell'ente e delle
esistenze (concrete, non astratte) e le loro relazioni reciproche, sono
necessarie per l'inizio della filosofia. Gioberti è, da un certo punto di
vista, un platonico. Identifica la religione con la civiltà e nel suo trattato
Del primato morale e civile degli Italiani giunge alla conclusione che la
chiesa è l'asse su cui il benessere della vita umana si fonda. In questo afferma
che l'idea della supremazia dell'Italia, apportata dalla restaurazione del
papato come dominio morale, è fondata sulla religione e sull'opinione pubblica.
Tale opera e la base teorica del neoguelfismo. In “Rinnovamento e Protologia” si
dice che abbia spostato il suo campo sull'influenza degli eventi. La sua
prima opera aveva una ragione personale per la sua esistenza. Un amico, avendo
molti dubbi e sfortune per la realtà della rivelazione e della vita futura, lo
ispirò alla stesura de “La teorica del sovrannaturale”. Dopo questa, sono passati in rapida
successione dei trattati filosofici. La “Teorica” è seguita dalla “Filosofia”, dove
afferma le ragioni per richiedere un nuovo metodo e una nuova terminologia. Qui
riporta la dottrina per cui la religione è la diretta espressione dell'idea in
questa vita ed è un unicum con la vera civiltà nella storia. La Civiltà è una
tendenza alla perfezione mediata e condizionata, alla quale la religione è il
completamento finale se portato a termine. È la fine del secondo ciclo espresso
dalla seconda formula, l'ente redime gli esistenti. I saggi “Del bello” e
“Del buono hanno” seguito l'introduzione. Del primato morale e civile
degl'Italiani e Prolegomeni sulla stessa e a breve trionfante esposizione dei
Gesuiti, Il Gesuita moderno, pubblicato clandestinamente a Losanna da Bonamici,
ha senza dubbio accelerato il trasferimento di ruolo dalle mani religiose a
quelle civili. È stata la popolarità di queste opere semi-politiche, aumentata
da altri articoli politici occasionali e dal suo Rinnovamento civile d'Italia,
che lo ha portato ad essere acclamato con entusiasmo al ritorno nel suo paese
natio. Tutte queste opere sono state perfettamente ortodosse e hanno
contribuito ad attirare l'attenzione del clero liberale nel movimento che è
sfociato, sin dai suoi tempi, nell'unificazione italiana. I Gesuiti, tuttavia,
si sono raduttorno al Papa più fermamente dopo il suo ritorno a Roma e alla
fine gli scritti di Gioberti furono messi all'indice. I resti delle sue opere,
specialmente “La filosofia della rivelazione” e la Prolologia espongono i suoi
punti di vista maturi in molte parti. Tutti gli scritti giobertiani, tra cui
quelli lasciati nei manoscritti, sono stati pubblicati daMassari (Torino). Il
Ministero dei beni culturali ha affidato la redazione dell'edizione nazionale
all'Istituto di Studi Filosofici "Enrico Castelli", presso
l'Università La Sapienza di Roma. Altre opera: Prolegomeni del Primato morale e
civile degli italiani, Enrico Castelli; Primato morale e civile degli italiani,
Ugo Redanò; Introduzione allo studio della filosofia, Alessandro Cortese; Teorica
del sovrannaturale, Alessandro Cortese; Del rinnovamento civile d'Italia; Vincenzo
Gioberti, Del rinnovamento civile d'Italia, Del rinnovamento civile d'Italia,
Scrittori d'Italia Bari, Laterza. Cfr. lettera di V. Gioberti a G. Leopardi in Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi
dalle carte napoletane, Firenze, Successori Le Monnier. Gioberti visse in Rue
des marais S. Germain, hotel du Pont des Arts n° 3. In lingua latina: "dal nulla", vedi
anche la locuzione Ex nihilo nihil fit di Lucrezio. Antonio, su Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Istituto Castelli-Roma
in . Anteprima disponibile su Anteprima della II edizione disponibile su
books.google. Giuseppe Massari, Vita di
Gioberti, Firenze, Antonio Rosmini Serbati, Gioberti e il panteismo, Milano, Spaventa,
La Filosofia di Gioberti, Napoli, Achille Mauri, Della vita e delle opere di
Gioberti, Genova, Giuseppe Prisco, Gioberti e l'ontologismo, Napoli, Pietro
Luciani, Gioberti e la filosofia nuova italiana, Napoli, Domenico Berti,
Di Gioberti, Firenze, Giorgio Rumi, Gioberti,
Bologna, Il mulino, Mario Sancipriano, Gioberti: progetti etico-politici nel Risorgimento,
Roma, Studium, Francesco Traniello, Da
Gioberti a Moro: percorsi di una cultura politica, Milano, Angeli, Gianluca
Cuozzo, Rivelazione ed ermeneutica. Un'interpretazione di Gioberti, Milano,
Mursia, Mustè, La scienza ideale. Filosofia e politica in Gioberti, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Mustè, Il governo federativo, Roma, Gangemi, Alessio
Leggiero, Il Gioberti Frainteso. Sulle tracce della condanna, Roma, Aracne, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo Gioberti. Keywords: estetico, il bello,
metessi, implicatura metessica – mimesi – Plato on mimesis and metexis,
protologia, ontologismo, statua all’aperto, Milano -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Gioberti," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia
GIOIA. (Piacenza). Filosofo. Grice:
“I joked with the maxim, ‘be polite’ – surely it’s difficult to make that
universalisable into the conversational categoric imperative (‘be helpful
conversationally) – but apparently Italians are less Kantian than I thought!”
-- Grice: “I love Gioia; he is like me, an economist when it comes to
pragmatics – see my principle of ECONOMY of rational effort; I studied
thoroughly his fascinating account about the origin of language, before I
ventured with my pritological progressions!” Dopo gli studi nel Collegio
Alberoni veste l'abito talare, mantenendo tuttavia un orientamento di pensiero
tutt'altro che ortodosso tanto in filosofia, per l'influenza dell'utilitarismo
di JBentham, dell'empirismo di Locke e
del sensismo di Condillac, quanto in teologia per l'influenza del pensiero
di Giansenio. Il suo interesse si rivolge ben presto anche alle questioni
politiche. Vince il concorso bandito dalla Società di Pubblica Istruzione di
Milano sul tema "Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità
d'Italia", alla quale partecipano 52 concorrenti. La sua dissertazione, in
cui sostiene la tesi di un'Italia libera, repubblicana, retta da istituzioni
democratiche e basata su comuni elementi geografici, linguistici, storici e
culturali, prefigura, come la maggioranza di quelle presentate, l'unità
italiana, benché questa tesi non sia gradita ai francesi che in quel periodo
occupano il nord Italia. La notizia del premio ricevuto gli giunge però in
carcere. Nel frattempo è stato arrestato con l'accusa di aver celebrato a scopo
di lucro più di una messa al giorno, anche se sono in realtà le sue idee
politiche giacobine a renderlo inviso all'autorità. Viene scarcerato grazie,
forse, alle pressioni di Bonaparte, e ripara a Milano. Il Trattato di
Campoformio, con la cessione di Venezia ad Austria da parte della Francia in
cambio del riconoscimento austriaco della Repubblica Cisalpina, lo spinge però
ben presto a diventare oppositore della Francia. Dopo aver rinunciato al
sacerdozio, si impegna nella professione giornalistica fonda "Il Giornale
filosofico politico", stroncato dalla rigida censura austriaca per le
posizioni sempre più apertamente patriottiche che Gioja vi sostiene. Dalle
colonne del "Giornale Filosofico Politico" scrive una lettera aperta
al duca Ferdinando d'Asburgo-Este, in cui denuncia i danni patiti in carcere.
Bonaparte viene sconfitto dalle truppe austriache nella Battaglia di Novi
Ligure e Gioia viene arrestato nuovamente dagli austriaci, per essere
scarcerato in seguito alla vittoria francese a Marengo. Viene nominato
storiografo della Repubblica Cisalpina: l'anno successivo pubblica "Sul
commercio de' commestibili e caro prezzo del vitto" , ispirato dai tumulti
per il rincaro del pane, e "Il Nuovo Galateo". Viene rimosso dalla
carica per le polemiche seguite alla pubblicazione e alla difesa del suo
trattato "Teoria civile e penale del divorzio, ossia necessità, cause,
nuova maniera d'organizzarla" L'apprezzamento per i suoi solidi e
realistici studi di economia e di statistica, ai quali sono prevalentemente
rivolti il suo interesse e la sua attività, gli valgono però la nomina alla
direzione del nascente Ufficio di Statistica: in questa veste inizia una
febbrile attività fatta di studi corredati da tabelle, quadri sinottici,
raffronti demografici, causa di nuove ed accese polemiche e della rimozione
dall'incarico. Tale attività gli rese uno dei primi studiosi ad applicare i
concetti di Statistica alla gestione economica dei conti pubblici (ad esempio
per le tasse, gabelle, e così via). Grazie alle sue conoscenze statistiche
ed economiche elabora concetti fortemente innovativi per l’epoca che ne fanno il
precursore del moderno dibattito giuridico in materia di risarcimento del danno
alla persona con una concezione che supera la questione patrimoniale.
Notissima in medicina legale la sua regola del calzolaio, che anticipa il
concetto di riduzione della capacità lavorativa specifica: "...un
calzolaio, per esempio, eseguisce due scarpe e un quarto al giorno; voi avete
indebolito la sua mano che non riesce più che a fare una scarpa; voi gli dovete
dare il valore di una fattura di una scarpa e un quarto moltiplicato per il
numero dei giorni che gli restano di vita, meno i giorni festivi.."
. E ancora, seppur meno noti, concetti come: "Ne' casi
d'indebolimento o distruzione di forze industri, considerando il
soddisfacimento come uguale al lucro giornaliero diminuito o distrutto,
moltiplicato per la rimanente vita utile dell'offeso, noi restiamo molto al di
sotto del valore reale, giacché una forza umana può essere riguardata come
Mezzo di sussistenza Mezzo di godimento Mezzo di bellezza Mezzo di difesa
Filosofia della Statistica (libro originale) “Rendendo paralitico, per
es., l'altrui braccio destro o la mano, voi togliete al musico il mezzo con cui
si procura il vitto divertendo gli altri, al proprietario il mezzo con cui si
sottrae alla noia divertendo se stesso, alla donna il mezzo con cui
gestisce e porge con grazia, a chiunque il mezzo con cui si schernisce da
mali eventuali difendendosi". Si tratta di principi rivoluzionari
per l’epoca, forse frutto di quel particolare mix di cultura che deriva dalla
sua formazione che inizia da sacerdote e approda a concezioni rivoluzionarie; è
il primo che riesce a prefigurare nell’uomo non solo una sorta di macchina che
produce reddito, ma anche un soggetto che attraverso il lavoro realizza la
propria personalità. In Italia oltre un secolo e mezzo dopo, negli anni
’80 del novecento, in sede giuridica inizierà il dibattito sul superamento del
risarcimento del mero danno patrimoniale per tener conto degli aspetti
relazionali e dinamici della persona riassunti nel concetto di danno biologico.
Sul filone di queste tematiche gli veniva intestata a Pisa un'ssociazione
scientifica medico giuridica che raccoglie giuristi, medici legali e
assicuratori. Il "Nuovo Galateo" Testo fondamentale nella
storia dei Galatei, il "Nuovo Galateo" di Gioja fu scritto per
contribuire alla civilizzazione del popolo della Repubblica Cisalpina. Il testo
conosce ben tre edizioni. La prima si sofferma in particolar modo sulla
definizione laica di "pulitezza" – cf. Grice, ‘be polite’ -- intesa
come ramo della civilizzazione, arte di modellare la persona e le azioni, i
sentimenti, i discorsi in modo da rendere gli altri contenti di noi e di loro
stessi. È divisa in tre parti: "Pulitezza dell'uomo privato",
"Pulitezza dell'uomo cittadino", "Pulitezza dell'uomo di
mondo". Nella seconda edizione, Gioja ridimensiona il concetto di
"pulitezza" come l'arte di modellare la persona, le azioni, i
sentimenti, i discorsi in modo da procurarsi l'altrui stima ed affezione. La
vecchia ripartizione è sostituita da: "Pulitezza Generale",
"Pulitezza Particolare", "Pulitezza Speciale". Nella
terza edizione risale, a differenza dell'edizioni precedenti, enfatizza
l'importanza del concetto di "ragione sociale", considerato
dall'autore il fondamento etico del galateo che avrebbe portato felicità e pace
sociale mediante le buone maniere. Fu membro della Loggia massonica "Reale
Amalia Agusta" di Brescia, che prese il nome dalla moglie del principe
Eugenio di Beauharnais, primo Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia. A lui è
intestata la loggia N. 1114 di Piacenza all’obbedienza del Grande Oriente
d’Italia. Crollato il dominio napoleonica, Gioja produce le sue opere maggiori:
il "Nuovo prospetto delle scienze economiche”; il trattato "Del
Merito e delle Ricompense"; "Sulle manifatture nazionali";
"L'ideologia". Gli ultimi tre libri vengono messi all'Indice e il suo
fecondo lavoro è interrotto da un nuovo arresto per aver cospirato contro
l'Austria partecipando alla setta carbonara dei "Federati". Dopo
quest'ultima peripezia, nonostante i sospetti da parte del governo austriaco,
ha finalmente davanti a sé qualche anno di serenità e compone la sua ultima
opera, "La filosofia della statistica.” Nel cimitero della Mojazza fra
tante ossa ignorate dormono senza fasto di mausoleo le ceneri di Melchiorre
Gioia. Prende il suo nome il Liceo Classico di Piacenza. Rosmini, suo
avversario in politica come in religione, lo accusò di pretendere di proporre
un codice morale, fondato su principi palesemente opportunistici, mentre con
disinvoltura richiedeva sussidi e regali dai titolari del potere politico per
elogiarne le benemerenze nelle proprie pubblicazioni periodiche, e lo dichiara
pubblicamente un "ciarlatano". Altre opera: Del merito e delle
ricompense, 2, Filadelfia, s.n.,
Riflessioni sulla rivoluzione. Scritti politici, Nuovo Galateo, Il Nuovo
prospetto delle scienze economiche, Distribuzione delle ricchezze, Milano,
presso Gio. Pirotta in santa Radegonda, Melchiorre Gioia, Produzione delle
ricchezze, 2, Milano, presso Gio.
Pirotta in santa Radegonda, Consumo delle ricchezze, Milano, presso Gio.
Pirotta in santa Radegonda, Melchiorre Gioia, Azione governativa sulla
produzione, distribuzione, consumo delle ricchezze, 2, Milano, presso Gio. Pirotta in santa
Radegonda, Sulle manifatture nazionali,
Dell'ingiuria, dei danni, del soddisfacimento e relative basi di stima
avanti i tribunali civili. L’Ideologia. Filosofia della statistica. Note:
Francesca Sofia nel Dizionario Biografico degli Italiani. Ettore Rota nella Enciclopedia Italiana, Cfr.
Solmi, L'idea dell'unità italiana nell'età di Napoleone in Rassegna storica del
Risorgimento, Fonte: Francesca Sofia, Dizionario Biografico degli Italiani,
rTreccani L'Enciclopedia Italiana, riferimenti in . Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi
Muratori,Mimesis-Erasmo, Milano-Roma, Ignazio Cantù, Milano, nei tempi antico,
di mezzo e moderno: Studiato nelle sue vie; passeggiate storiche, Antonio
Saltini, Maria Teresa Salomoni, Stefano Rossi, Via Emilia. Percorsi inusuali
fra i comuni dell'antica strada consolare , Il Sole, Barucci, Il pensiero
economico di Gioia, Milano, Giuffre, Manlio Paganella, Alle origini dell'unità
d'Italia: il progetto politico-costituzionale di Gioia, Milano, Ares,Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Nicola
Pionetti, Melchiorre Gioia: il progetto politico per un'Italia unita e
repubblicana, Piacenza, EdizioniLir, . Luisa Tasca, Galatei. Buone maniere e
cultura borghese nell'Italia dell'Ottocento, Firenze, Le Lettere, Gioia
(metropolitana di Milano). Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. MEnciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Melchiorre
Gioia, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Melchiorre Gioia, Melchiorre Gioja. Keywords: galateo, pulitezza, Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Gioia” – The Swimming-Pool Library.
GIORELLO. (Milano). Filosofo. – Grice: “I like Giorello: he philosophises on
evil and good – the devil wrestles with the angel – but also on Mickey Mouse
that he calls ‘topolino’ – “la filosofia del topolino” – and perhaps ore
exotically for us Oxonians, on ‘la filosofia di Tex,’ a ‘fiumetto’ of 1948!”
–Si laurea a Milano sotto Geymonat). Insegna a Milano. Membro de la Società
Italiana di Logica” e de la Societa Italiana di Filosofia della Scienza. Giorello
divise i suoi interessi tra lo studio di critica e crescita della conoscenza
con particolare riferimento alle discipline fisico-matematiche e l'analisi dei
vari modelli di convivenza politica. Dalle sue prime ricerche in filosofia e
storia della matematica, i suoi interessi si erano poi ampliati verso le
tematiche del cambiamento scientifico e delle relazioni tra scienza, etica e
politica. La sua visione politica e di stampo liberal democratico e si ispira,
tra gli altri, a Mill. Si occupa anche di storia della scienza in
particolare le dispute novecentesche sul "metodo"e di storia delle
matematiche (“Lo spettro e il libertino”). Cura “Sulla libertà” di Mill. Ateo,
filosofa in “Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo.” Altre opere: Opere
Filosofia della matematica, Milano, L’nfinito, Milano, UNICOPLI, Lo spettro e
il libertino. Teologia, matematica, libero pensiero, Milano, A. Mondadori, Le ragioni della scienza, Roma-Bari, Laterza,Filosofia
della scienza, Milano, Jaca Book, Le stanze della ricerca, Milano, Mazzotta, Europa
universitas. sull'impresa scientifica europea, Milano, Feltrinelli, La filosofia
della scienza, Milano, R.C.S. libri & grandi opere, Quale Dio per la
sinistra? Note su democrazia e violenza, Milano, UNICOPLI, La filosofia della
scienza, Roma-Bari, Laterza, “Lo specchio del reame: riflessioni sulla
comunicazione: Longo, Epistemologia applicata. Percorsi filosofici, e Milano,
CUEM, I volti del tempo, e Milano, Bompiani,
Prometeo, Ulisse, Gilgameš. Figure del mito, Milano, Cortina, Di nessuna chiesa. La libertà del laico,
Milano, Cortina, Dove fede e ragione si incontrano?, con Bruno Forte, Cinisello
Balsamo, San Paolo, La libertà della vita, Milano, Cortina, Il decalogo. I dieci comandamenti commentati
dai filosofi, II, Non nominare il nome di Dio invano, Milano, Albo Versorio, Giulio
Giorello relatore al convegno internazionale "Science for Peace",
Milano, La scienza tra le nuvole. Da Pippo Newton a Mr Fantastic, Milano,
Cortina, Kos. Rivista di medicina, cultura e scienze umane, 4: Dio, Patria e Famiglia, Milano, Editrice
San Raffaele, Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti, Milano, Bompiani,
Il peso politico della Chiesa, Cinisello
Balsamo, San Paolo, Viaggio intorno all'Evoluzione, Mascella, Zikkurat Edizioni
& Lab, Harsanyi visto da Giorello, Milano, Luiss University press, Lo
scimmione intelligente. Dio, natura e libertà, Milano, Rizzoli, Ricerca e
carità. Due voci a confronto su scienza e solidarietà, Milano, Editrice San
Raffaele, Introduzione a Apostolos
Doxiadis e Christos H. Papadimitriou, Logicomix, Parma, Guanda, Lussuria. La passione della conoscenza,
Bologna, Il Mulino, . Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo, Milano, Longanesi,
. Il tradimento. In politica, in amore e non solo, Milano, Longanesi, . Premio
Nazionale Rhegium Julii Saggistica. La filosofia di Topolino, Parma, Guanda,
. Noi che abbiamo l'animo libero. Quando
Amleto incontra Cleopatra, Milano, Longanesi, TreccaniEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giulio
Giorello. Keywords, implicatura speculativa – specchio e il reame: la
communicazione -- “il fantasma e il desiderio” “lo spettro e il libertino” “lo
specchio del reame” – “il libertino” “lo scimmione intelligente” -- -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giorello” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
GIORGI. (Cavallino).
Filosofo. Si laurea a Perugia con Givone con “L’estetico” --. studia con Seppilli
e Arcangeli Studia etnomusicologia della “Grecìa salentina”, rivalutando i
brani in "grico". Altre opere: “Pizzica e rinascita”, La Gazzetta del
Mezzogiorno”. Cura “La danza delle spade e la tarantella. Insegna a Lecce. “Le
strade che portano al Subasio passando dal Salento” (Ed. Del Grifo, Lecce), “Tarantismo
e rinascita: i riti musicali e coreutici della pizzica-pizzica e della
tarantella” (Lecce, Argo); “La danza delle spade e la tarantella: saggio
musicologico, etnografico e archeologico sui riti di medicina” (Argo, Lecce). “Pizzica-Pizzica,
la musica della rinascita. La tarantella del tarantismo e la sua resurrezione:
struttura musicale, stato dell'arte e neotarantismo” (Lecce, Pensa MultiMedia);
“L'estetica della tarantella: pizzica, mito e ritmo, Congedo Editore, Galatina);
“Pizzica e tarantismo: la carne del mito dall'etnomusicologia all'estetica
musicale, Galatina, Edit Santoro); “Il tarantismo come mito: dagli errori di De
Martino alla rivalutazione del pensiero mitico, Galatina, Congedo); “Il mito
del tarantismo: dalla terra del rimorso alla terra della rinascita, Galatina,
Congedo); “I poeti del vino, Galatina, Congedo); “La pizzica, la taranta e il
vino: il pensiero armonico, Galatina, Congedo, “La rinascita della pizzica,
Galatina, Congedo); Husserl e la Krisis,
3ª in “Segni e comprensione”, Milano); Il francescanesimo tra idealità e
storicità, 3ª in “Segni e comprensione”, Porzincula (S.Maria degli Angeli); “Il
canto popolare salentino, in Convegno Di Studi Demologici Salentini, Copertino.
F. Noviello e D. Severino, Capone, Cavallino Pierpaolo De Giorgi, Il tarantismo
secondo Schneider: nuove prospettive di ricerca, in , Quarant'anni dopo De
Martino: il tarantismo, Atti del Convegno, Galatina, La iatromusica carne del
mito: la pizzica pizzica tra etnomusicologia ed estetica musicale, in , Mito e
tarantismo Pellegrino, Pensa MultiMedia, Lecce, La pizzica pizzica immensa
risorsa culturale del Sud, in , Terra salentina: i Sud e le loro arti,
materiali del Convegno di Arnesano, La Stamperia, Leverano, Pierpaolo De
Giorgi, “Il ritorno di Dioniso” a proposito di un libro diPellegrino, in “Segni
e comprensione”, Fra aborigeni e tarantismo, in , Settimana di promozione
culturale pugliese C. Minichiello, Pensa MultiMedia, Lecce, Le tradizioni
popolari nei disegni di Nino Severino, greco, Copertino, Diario di bordo, in ,
La czarda e il vento: antologia di autori salentini, G. Conte, Congedo Pierpaolo
De Giorgi, Poesia sintetica, in , Il cuore di Amleto: testi, grafiche e
fotografie di autori contemporanei salentini e ungheresi, nota introduttiva di
G. Conte, traduzioni di F. Baranyi e A. Menenti, Veszprém, Pierpaolo De Giorgi,
I fogli, in “L'Immaginazione”; Chiedendo e schiodando, La vita amico è l'arte
dell'incontro e Maestà delle volte, in Omaggio al Salento, Torgraf, Galatina, In
marcia di pace verso Assisi e Trilogia del molto e ben comunicare, in Omaggio a Maglie cuore del Salento, Torgraf,
Galatina, Fantastica pizzica, in , Salentopoesia, festival nazionale di poesia
con musica e danza, Gallipoli, Conte, Lecce, Gheriglio in disegno e preghiera,
in , Salentopoesia, festival nazionale
di poesia con musica e danza, Lecce, 5Conte, Lecce, Isola nel Trasimeno, in , Salentopoesia, festival
nazionale di poesia con musica e danza, Monteroni, Conte, Lecce, Pierpaolo De
Giorgi, S'è cambiato il mondo? e Leggeri Cieli da Leggere, in Luigi Marzo:
mostra di pittura, Spello, catalogo, Spello, Lascio un cielo di luce cinica, in
Sulle ali di Pegaso senza mai cadere. Marzo: mostra di pittura, Città della Pieve,
Tipografia Pievese, Città della Pieve 1998. Discografia Album Fantastica
Pizzica (MCDiscoexpress) Pizzica e Trance (MCDiscoexpress) Pizzica e Rinascita
(CDSorriso) Il tempo della taranta: pizzica d'autore (CDDrim) 5Pizzica grica:
to paleo cerò (CDPlanet Music Studio) Pizzica e RinascitaRistampa (CDC&M) Taranta
Taranta (CDIrma records). Pierpaolo De Giorgi. Keywords: il ritorno di Dioniso;
mito. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giorgi” – The Swimming-Pool Library.
GIORGI. (Vernole). Filosofo. Grice: “Giorgi discovered a phenomenon I often
overlooked: meta-trust: ‘la fiducia nella fiducia e, alla Parsons, la fiducia
di ego con alter, e alter con ego. Grice: “I love Giorgi, for various reasons;
unlike Sir Geoffrey Warnock, or me, who base our Kantian-type morality on
trust, Giorgi recognises a very apt distinction between trust and ‘meta-trust’
– fiduccia nella fiduccia: fiduccia nell’altro!” Insegna a Salento. Si laurea a
Roma con “il giuridico e il deontico” – Fonda il Centro Studi sul Rischio a Lecce.
Studia i sistemi sociali. Altre opera: “Sociologia del diritto” Manuale di
diritto del lavoro e legislazione sociale” “Azione e imputazione” “La società”;
“Diritto e legittimazione” “Mondi della società” o, con Stefano Magnolo” “Filosofia
del diritto” “Futuri passati” Raffaele De Giorgi. Keywords. il giuridico, il
deontico, imputazione, azione, fiduzia nella fiducia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Giorgi” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
GIOVANNI. (Napoli). Filosofo. Grice: “The Italians love ‘divenire’ as in
‘being and becoming’ – but if I say Mary is becoming a princess, ain’t Mary
being?” Grice: “I like Giovanni; only in Italy, you write an essay on Marx on
cooperation and on Kelsen; and then of course an Italian philosopher HAS to
philosophise on Vico: ‘divvenire della ragione,’ Giovanni calls what I would
call a critique of conversational reason!” Ha aderito successivamente alla Rosa
nel Pugno. Simpatizzò per la monarchia e
l'11 giugno 1946 fu tra coloro che presero parte agli scontri che causarono la
strage di via Medina; in seguito avrebbe spiegato la sua partecipazione con
queste parole: “Già leggevo Hegel ero monarchico perché credevo all'unita dello
Stato.” “Scappai quando la situazione s'incanaglì». Si laurea a Napoli con la
tesi “Vico: natura e ius.” Insegna a Bari.
Direttore di “Il Centauro. Rivista di filosofia". Altre opere: “L'esperienza
come oggettivazione: alle origini della scienza”; “La teoria delle classi
sociali nel Capitale di Marx”; “Hegel e il tempo storico della società borghese”;
“Marx e la costituzione della praxis”; “Marx dopo Marx” (cf. Luigi Speranza, “Grice dopo Grice.”
Impilcature: Not Grice! --; “La nottola di Minerva”; “Dopo il comunismo”; “L'ambigua
potenza dell'Europa”; “Da un secolo all'altro: politica e istituzioni”; “La
filosofia e l'Europa”; “Sul partito democratico. Opinioni a confronto”; “A
destra tutta. Dove si è persa la sinistra?” “Elogio della sovranità politica,
Editoriale scientifica, “Le Forme e la storia. Scritti in onore di Giovanni, Napoli,
Bibliopolis, La parabola di Giovanni.
Biagio di Giovanni. Keywords: essere/divenire – dall’essere al divenire -- divenire
della ragione conversazionale: Vico, Hegel, Marx, nottola di Minerva; monarchia
– stato -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giovanni: il divennire della ragione
conversazionale” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
GIRALDI. (Ventimiglia).
Filosofo. Grice: “Only a Ligurian philosopher would philosophise on Hegel’s
real logic and lobsters!” -- Grice: Grice: “One good thing about Giraldi is
that he is from Ventimiglia and moved to Noli – the most charming corners of
Italy!” – Grice: “Giraldi calls his position ‘romatnic essentialism;’ having
born in Ventmiglia he would, wouldn’t he?”“I like Giraldi; nobody in England
would dare write “The son of Peter Pan,” but Giraldi, otherwise known as the
author of ‘Essenzialismo,’ did write ‘Il figlio di Pinocchio’”! Il padre di
Giovanni Giraldi, originario di Dolceacqua e di estrazione contadina, dopo il
servizio militare riuscì la scalata del successo al Casinò di Monte Carlo,
affermandosi anche come uomo di grande saggezza e religiosità. La madre invece
era originaria di Ventimiglia, dove Giraldi stesso nacque e trascorse la sua
infanzia. Sebbene la famiglia fosse benestante, egli soffriva per la grande
conflittualità interna, continuamente vessato dalla sorella maggiore che non
esitava ad usare violenza nei suoi confronti, mentre la madre non faceva parola
con il padre di quanto assisteva. Racconta che in questo periodo riusciva a
trovare pace solo in chiesa. Con una
bugia astuta riuscì a scappare di casa, entrando in un collegio, dunque l'anno
successivo si trasferì in un altro collegio di Roma, ove tuttavia non riuscì a
trovare la tranquillità sperata. Riuscì a compiere studi classici a Roma,
iscrivendosi poi all'Università. Non frequenta le lezioni delle materie
filosofiche curricolari, ma studia per conto proprio. Tuttavia sigue abbastanza
regolarmente le lezioni di Ponzo, anche se non era materia d'esame. Si laurea e
presta servizio militare durante la seconda guerra mondiale. Si laurea in
filosofia discutendo molto animatamente la tesi con Spirito, il quale ironizzò sulle sue pretese
di "fare una nuova filosofia". Insegna a Milano. Partendo dalla
teoria gentiliana, che vede in tutto una “mediazione”, e da quella di Consentino,
che sostiene al contrario la totale "immediatezza", afferma che anche
l'atto puro, in quanto nuovo e spontaneo, non può che nascere senza alcuna
mediazione, quindi è l'equivalente dell'immediatezza, o del sentire puro. Pertanto
prova a risolvere le contraddizioni di entrambe le posizioni in una sintesi
hegeliana che possa superare sia il “divenirismo,” sia il coscienzialismo
antidivenirista. La soluzione è che l'immediatezza sarebbe sostanziata di
mediazione, e viceversa.L'immediatezza è così colma di mediazione, perché senza
di essa sarebbe cieca e una mediazione senza una immediatezza sarebbe nulla.
Inoltre, per avere una identità distinguibile, si dovrebbe avere già dentro di
sé quanto necessario per identificarsi e per distinguersi. In Etica del sentiment, ancorando il
principio morale proprio alla sfera sentimentale, si focalizza sul sentimento
di libertà e propone nuove argomentazioni alla tesi di derivazione stoica del
sentirsi responsabili, pur entro un tutto già dato. In Gnoseologia del
Sentimento, parte proprio dalla
posizione del Consentino per ripercorrere gli itinerari di una filosofia
dell'essere indiveniente e per affrontare gli aspetti dinamici e volontaristici
dell'Io. In Filosofia giuridica espone la concezione di diritto naturale quale
sentimento fondamentale giuridico, condizione trascendentale di ogni diritto
positive. Pertanto il diritto naturale non sarebbe un codice sovrapponibile ad
altri codici, ma la precondizione che permette alle leggi positive di essere
leggi e non atti religiosi, estetici, scientifici o di altro tipo. Si occupa anche
della riflessione su temi politici. L'opera Storiografia come rettorica tende
ad inquadrare l'unitarietà artistica e scientifica della ricostruzione storica,
coerentemente con la tesi di Cicerone della historia opus oratorum maxime e con
quella aristotelica dell'entimema, in altre parole quel sillogismo retorico che
si differenzia da quello della necessità. In Epistemologia invoca una
"demitizzazione" anche delle teorie cosmologiche e scientifiche più
accreditate (l'evoluzionismo, la teoria del Big Bang, la meccanica quantistica),
poiché tenderebbero pure esse a cadere in paralogismi e contraddizioni logiche,
nonostante gli apprezzabili sforzi a riferirsi alla filosofia da parte di
alcuni notevoli scienziati. Ad esempio nota che anche i migliori epistemologi
che irridono il concetto di sostanza, di fatto, riferiscono i dati sperimentali
ad una sottintesa sostanza soggiacente. In numerose opere dedicate alla
religione, analizzata nelle molteplici forme di spiritualità, avanza la tesi
che il proprium della religione sia la soteriologia, quindi non tanto il
contenuto di una dottrina, ma la speranza di salvazione dal negativo della vita
e della morte. Il principio cardine diventa dunque la speranza, e non più la
fede, che viene ricondotta ad un ruolo funzionale alla realizzazione della salvezza. L'analisi della religiosità tenta perciò di
emanciparsi dagli usuali preconcetti filosofici: se alla religione è stato
assegnato per oggetto l'uomo immediatamente e Dio mediatamente, alla teologia
Dio si dà immediatamente e l'uomo mediatamente. Altresì in Immortalità
dell'anima mostra come sia improponibile lo sforzo di svincolare l'unità del Pensiero
con la determinazione individualizzata della persona. Il Dizionario di Estetica
e Linguistica generale, con alcune integrazioni filologiche presenti in alcune
successive pubblicazioni, alcune in Sistematica, si distingue anche per
l'attenzione dedicata all'estetica e sulle concezioni dei primitivi "di
ieri e di oggi". La proposta
avanzata per una filosofia della scelta e decisione si apre con una riflessione
sul dogmatismo e l'agnosticismo, dalle quali l'autore vuole prendere le
distanza. Non si considera dogmatico, perché il suo metodo gli consente di
aderire ad un'idea solamente dopo la caduta di ogni riserva, ma ciò non lo
porta neppure ad approdare ad una concezione scettica né agnostica, in quanto
la non possibilità di dimostrare (ad esempio l'immortalità, la vita
ultraterrena o l'esistenza di Dio) non equivale ad affermare la loro non
esistenza. Tra le numerose acquisizioni
che lo difenderebbero dalle accuse incrociate di scetticismo e agnosticismo
enumera la consapevolezza di un patrimonio di verità circa le possibilità di
pensiero; la ricchezza dell'atto di conoscenza anche nelle forme meno
esplicate; l'emancipazione dalla divisione del conoscere in intuizioni e
concetto, sensazione e concetto; la pretestuosità di coloro che esigono una purezza
del conoscere senza inquinamenti sentimentali; le aporie di una scienza
oggettivante e insieme soggettivante al massimo e dell'arte che, mentre il
mondo odierno nega il reale, si riferisce continuamente ad essa,
particolarmente nella negazione. Non potendosi
dare una irruzione nel trascendente, è tuttavia possibile affermare la vasta
pregnanza del trascendentale, in altre parole di un terreno comune per l'esperienza
e il pensiero. Si considera pertanto idealista, nel senso che non esiste
pensiero senza pensiero, spirito senza spirito, “ideato” (significato) senza “ideante”
(significans). Tuttavia, differentemente dalle posizioni di Gentili, non crede
che affatto il pensiero sia liquido, tutt'altro; proprio perché l'idea diventa
comune, e in essa il Pensiero trova la sua pace, occorre una verità
fondamentalmente ferma, non mobilizzabile. Da questi presupposti sorge così una
debita attenzione per la scelta e la decisione.
Distinguendo le scelte apparenti, che sono totalmente arbitrarie, da
quelle reali, quando al termine dell'analisi si opera con un atto di buona
volontà, una decisione autentica ci si trova di fronte ad un bivio metafisico:
impossibilità di afferrare la realtà dei tre nominati reali (Dio, Anima e
Mondo) e impossibilità di negarli. Sorge appunto la decisione autentica, cui si
arriva solamente secondo una corretta formulazione di intenti e seguendo una
fine immanente ad ogni forma di scelta. Aristotelicamente e anche kantianamente
la causa finale riveste una primaria importanza. Se ogni uomo sceglie per sé,
nessuna scelta avrebbe una portata teoretica di cogenza, ma aprirebbe le vie
della libertà vera, dalla quale ne derivano conseguenze radicali e speculazioni
abissali a partire da una decisione, che può essere quella dell'anima unica
immortale, o quella del pensiero che viene ad essere dopo la materia, o la non
esistenza di Dio. Ciò permetterebbe anche di evitare il depauperamento
culturale, con una rivitalizzazione delle esperienze antiche. La decisione personale propende per una
concezione dell'anima unitaria, di stampo aristotelico. Se l'immortalità
naturale di tomistica memoria è da lui considerata "la più materialistica,
e più grezza", preferisce pensare ad una immortalità conseguita, oppure
chiesta a Chi può donarla e concessa a chi la chiede. Sul mondo reale fisico
resta una indecisione, ma propende verso un residuo di natura mentale, una
sorta di noumeno mentale sulla scia di Kant e Galluppi oltre il grande telone
dei fenomeni. In questo caso però occorrerebbe rapportarlo ad una mente divina,
perché parlare di mondo senza Dio non avrebbe connotazioni filosofiche. Infine,
riguardo l'esistenza di Dio, punto in cui la scelta diviene decisione pura,
egli tende a negare la validità delle dimostrazioni, pur scorgendo in esse una
bella prova della potenza della mente umana. La conclusione non è però la non
esistenza di Dio, ma la non dimostrazione della sua esistenza. Chi ammette l'esistenza di Dio, tuttavia,
deve assumere la radicalità di tale affermazione "guardando il mondo dagli
occhi di Dio" e non facendo etsi deus non daretur. Chi prendesse la scelta
teistica dovrebbe tacersi per sempre e rinunciare ad intenderlo. Giraldi mette
in risalto anche la Volontà, definendola potenza fattiva dell'Idea, e
constatandone il carattere generativo-spermatico, per collocare in una
prospettiva differente il vitalismo dell'élan vital bergsoniano e della Wille
di Schopenhauer. Questo permette di pensare l'Idea non solo quale conoscenza
filosofica, ma anche negli aspetti attivi, vitali e di sentimento. Ad essere
eroicamente divini non sono pertanto solo i pochi giunti al massime vette di
autocoscienza teoretica, ma anche gli umili che vivono inconsapevoli della
propria dignità divina, folgoranti però di una autocoscienza morale. Bàrel Dal punto di vista poetico, l'opera
principale di Giovanni Giraldi è il Bàrel, iniziato negli anni trenta e sorto
dall'ispirazione di un progetto di Papini esposto nell'autobiografia Un uomo
finito per un poema apocalittico, mai scritto. Altri spunti furono la lettura
di Lord of the World di Robert Hugh Benson e dell'Apocalisse. Il primo dei tre volumi di cui si compone il
Bàrel, terminato in versi nel 1937, fu presentato a Eugenio Giovannetti de Il
Giornale d'Italia, che propose come titolo Il Dio Eroico. Gli anni seguenti,
segnati dalla Seconda Guerra Mondiale, furono l'occasione per trasporlo in
prosa. Questa versione, appena terminata la guerra, fu proposta a vari editori
ma che per una serie di sfortunate coincidenzeMondadori non disponeva della
carta, e dopo alcuni anni, quando la carta è disponibile, cambia idea sulla
pubblicazione; la casa editrice Api di Mazzucchelli nel frattempo fallìl'idea
di pubblicazione venne temporaneamente accantonata. Nel frattempo alcuni versi
furono pubblicati frammentariamente. Il 1964 fu l'anno del riordino delle due
versioni in un unico libro che contenesse sia versi, sia prosa, in uno spiccato
pluristilismo sperimentale. La pubblicazione avverrà, in tre libri, tra gli
anni sessanta e gli anni settanta sotto lo pseudonimo I. Tanarda e poi in raccolte
unitarie successive. Il tema è insolito
e il contenuto, con riferimenti religiosi e culturali di ogni tipo, non è di
semplice accessibilità. Se il primo libro può essere collocato in un momento
simbolico dell'arte, il secondo è classico e il terzo romantico, nei canoni
dell'estetica hegeliana. Nel primo, Apocalisse grande, il protagonista Bàrel
sovrappone le passioni alle idee; nel secondo, La cerca di Barel, ritorna in
proporzioni umane e nel terzo, La morte degli dèi, scende negli abissi vertiginosi
del Pensiero, che la poesia tenta di inseguire. È stato tradotto anche in
lingua francese dalla poetessa e latinista Geneviève Immè dell'Pau. Altre
opera: “Organon Philosophicum”, Ironia, morale, educazione, Editrice Gheroni,
Torino, “Etica del sentiment” Edizioni
di "Filosofia dell'Unicità", Gnoseologia del sentimento, Pergamena
Editrice, La filosofia giuridica, Edizioni di "Filosofia dell'Unicità",
Milano “Filosofia della religione”. Lezioni accademiche, Edizioni di "Filosofia
dell'Unicità", Epistemologia. Una nostra riforma della Logica Hegeliana,
Pergamena Editrice, La Metafisica. Pergamena Editrice, Iesous Eléutheros. La
liberazione di Gesù: lettera sistematica ai miei figli, Pergamena Editrice, Dizionario di Estetica, Pergamena Editrice,
Studi successivi anel periodico Sistematica. Res Publica. Educazione civica,
Pergamena Editrice, Res Publica. Teoria dell'Ineguaglianza, Pergamena Editrice,
Nel Pleròma. Da Dio alla Materia, Pergamena Editrice, Storiografia come
rettorica. Autobiografia come filosofia, Pergamena Editrice, Memoriale
Ambrosiano e Memoriale Italico, Pergamena Editrice, Dio, Pergamena Editrice, Estetica
della Musica, Pergamena Editrice, scon Colloquia Edizioni. Meditazioni Hegeliane,
Pergamena Editrice, Meditazioni Platoniche, Pergamena Editrice, Capitoli sulla
Scienza Moderna, Pergamena Editrice, L'immortalità dell'anima, Pergamena
Editrice, Ricerche filosofiche La filosofia del sentimento di A. Consentino, in
Quaderni, Milano, Rabelais e l'educazione del principe, Edizioni Viola, Milano;
ora in Paideia grande. Un mistico bergamasco: Sisto Cucchi, Secomandi, Amiel
Morale, Il Saggiatore, Torino,
L'educazione dei ciechi, Armando Editore, Roma, Società e Stato da Spedalieri a
Marx, Pergamena Editrice, L'estetica
italiana nella prima metà del secolo XX : figure e problemi., Nistri-Lischi,
Pisa, Storia della pedagogia, Armando Editore, Roma "le edizioni successive alla X sono state
scempiate da interventi dell'Editoreriporta Giraldi in Sistematica). Il
pensiero politico tra Ottocento e Novecento, Pergamena Editrice, Adolfo
Ferrière. Psicologia, attivismo, religione, Armando Editore, Roma, Giuseppe
Lomabardo Radice tra poesia e pedagogia, Armando Editore, Roma, Gentile.
Filosofo dell'educazione Pensatore politico Riformatore della Scuola, Armando
Editore, Roma Raffaello Lambruschini. Armando Editore, Roma, Silvio Tissi
filosofo dell'ironia, Pergamena Editrice, Moralistica francese, Pergamena
Editrice, Saggi su Francesco di Sales, il Quietismo, La Rochefoucault, Prevost.
Filosofi teoretici e Morali, Pergamena Editrice, saggi su Condillac, Senancour,
Rensi, Hume, Camus, Barié, Galli, Lazzarini, Castelli, Capitini. Gramsci e
altri miti, Pergamena Editrice, Storia della filosofia, Trevisini Editore,
Milano L'Italia nella dittatura e nella non democrazia, Pergamena Editrice, Paideia
Grande, Pergamena Editrice, Rabelais, Rosmini, Boncompagni, Gentile. Storia del
Liberalismo nel sec. XX, Pergamena Editrice, Riviste Moltissimi saggi e studi
di politica, religione, filosofia, filologia e critica sono stati pubblicati
nelle seguenti riviste fondate da Giraldi stesso: L'Idea Liberale, Sistematica, attiva sino al .
Filologia Giovanni Michele Alberto Carrara, De fato et fortuna. Giovanni
Giraldi, Tipografia A. Ronda, Milano, Studi sul Rinascimento, Pergamena Editrice, Saggi
su: Seneca e la filologia; Petrarca viaggiatore; Leonardo scrittore; Le fonti
del Pontano lirico; Gli errori di Dante in un poema umanistico inedito; Il
Rinaldo di T. Tasso; Il T. Tasso corregge il Floridante; Rime inedite di Cecco
d'Ascoli. G. M. A. Carrara, I, Giovanni
Giraldi, Pergamena Editrice,G. M. A. Carrara,
II, Armiranda. Inedito umanistico, Giovanni Giraldi, Pergamena Editrice,
Commedia inedita, testo latino e traduzione G. M. A. Carrara, III, De choreis Musarum, Pergamena Editrice,
1984. Testo sistematico latino. Segue un Saggio monografico sull'umanista. G.
M. A. Carrara, IV, Sermones
objurgatorii, Pergamena Editrice, Sui tragici greci. Da mio diario filologico,
Pergamena Editrice, Filologia. Teoria e saggi, Pergamena Editrice. Su Dante con
verità, Pergamena Editrice, Il Manzoni, in Sistematica, Pergamena Editrice, Gesù,
Pergamena Editrice, . Poesia e prosa d'arte Collana dei "Tredici". La
Scala, novelle e poesie; Casa Editrice Mutarsio, Torino Bàrel. I. Apocalisse
grande, La cerca di Bàrel, La morte degli dèi; Pergamena Editrice.
Hendecasyllabi aliaque scripta, Pergamena Editrice, L'aragosta. Romanzo Ligure,
Pergamena Editrice, Il figlio di Pinocchio, Pergamena Editrice, Fratelli
Frilli, Il dono delle Muse. Cento novelle,
Pergamena Editrice, Quadri Intemelii, Pergamena Editrice, Miniature. Codex
aureus, Codex recens. Codex quadraticus, Pergamena Editrice, Cento tavole,
alcune con testi latini parzialmente editi in Hendecasyllabi. Il Codex recens
presenta soggetti del Bàrel; il Codex aureus è a soggetto libero e vario; il
Codex quadraticus comprende le figure degli scacchi. Con rubriche annesse che
spiegano tempi, temi, tecniche. Pergamene Musa latina, Pergamena Editrice, Il ramo d'oro, Pergamena Editrice, Scritti in
Italiano, Latino, Francese, Romanesco, Biblico. Profili di gente nel mio tempo,
Pergamena Editrice, 1993. Splendido novellare, Pergamena Editrice, Cento
racconti e novelle. Musis amicus, Pergamena Editrice, Versi e prose in Latino.
Mimì o E tutto è amore, Pergamena Editrice, Sorridono i gigli. Liriche e
restauro filologico di Saffo, Pergamena Editrice, Tevere amico, Pergamena
Editrice, Pedagogia e Filosofia esposte nel dialetto Romanesco da un popolano
di Trastevere. Paradiso, Pergamena Editrice, Faust mediterraneo, Pergamena
Editrice, Atlantidos persis, Pergamena Editrice, François Villon, Il
Testamento, traduzione e saggio critico Giovanni Giraldi, Pergamena Editrice, Amitiés
françaises, Pergamena Editrice, Nel Sublime, Pergamena Editrice, Il mio Ponente,
Pergamena Editrice, . Letture belle, Pergamena Editrice, . Piero Pastorino,
Pinocchio, un figlio nato da una bugia, in La Repubblica, sez. Genova. «Giraldi, nato a Ventimiglia, docente
universitario a Milano di Storia generale della filosofia, è stato
ripetutamente consulente all'Accademia di Svezia per il conferimento dei Nobel
per la letteratura. Ha al suo attivo un dizionario di estetica e linguistica,
una storia della pedagogia e ha scritto novelle raccolte in due volumi. Vive a
Noli, di cui è cittadino onorario.». Piotr
Zygulski, È morto Giraldi, filosofo liberale, in Termometro Politico Giraldi37.
Giraldi43. Pierre-Philippe Druet,
Giovanni Giraldi, Silvio Tissi, filosofo dell'ironia, Revue Philosophique de
Louvain, John Dudley, Giovanni Giraldi,
Sui tragici greci. Dal mio diario filologico, Revue Philosophique de Louvain, Giraldi,
Giovanni, Da "Autobiografia come filosofia" (Milano) e pagine
integrative in Sistematica, Milano, Pergamena, Angelo Grimaldi, Illuministi
inglesi e francesi, in Disegno storico del costituzionalismo moderno, Roma,
Armando, Giancarlo Ottaviani, La scuola del Risorgimento. Cinquant'anni della
scuola italiana 1860-1910, Roma, Armando, Giovanni Semerano, La favola
dell'indoeuropeo, Milano, Paravia Bruno Mondadori. Giovanni Battista Giraldi.
Keywords. essenzialismo, essenzialismo romantico, storia della filosofia
romana, etica del sentimento, autobiografia come filosofia, mio ponente, filosofia
ligure, ‘l’aragosta’ – romanzo ligure -- Riviera di ponente -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Girardi” – The Swimming-Pool Library.
GIRGENTI. (Girgenti). Filosofo. Grice:
Ritter thinks Girgenti is related to the Velia – and Pareto to the Crotone – so
it’s amazing that Bruto never liked those three Greeks of the Athenian embassy
seeing that most pre-Platonic philosophy came from Magna Grecia, that is,
Italy! Some must have remained in the genes!” -- Grice: “I like Girgenti;
obviously Mussolini didn’t!” Grice: “I love Girgenti – he philosophised in
verse, not prosa – rhyme being unexistant, it was all about the metre – he
talks of ‘amicizia,’ which is none other than Love that unites all things! And
then he fell in the Etna!” “Mussolini thought it was rude of the Girgentians to
call their land ‘Girgenti,’ so he formulated a self-referential ‘decretto’:
“From now on, Girgentians shall be called Agrigentians.’” Peano objected: “Your
decree is self-contradictory or invokes a vicious regressus ad infiniutum!” --
filosofo italiano. Siceliota. Nacque da una famiglia
antica, nobile e ricca di Girgenti.Come suo padre Metone, che ebbe un ruolo
importante nell'allontanamento del tiranno Trasideo, egli partecipò alla vita
politica della città, schierandosi dalla parte dei democratici e contribuendo
al rovesciamento dell'oligarchia formatasi all'indomani della fine della
tirannide, un governo chiamato dei "Mille". La tradizione gli attribuisce uno spirito severo
verso gli aristocratici. Dai suoi nemici fu poi esiliato nel Peloponneso. Tra i
suoi discepoli vi fu anche Gorgia. Successivamente Empedocle abolì anche
l'assemblea dei Mille, costituita per la durata di tre anni, sì che non solo
appartenne ai ricchi, ma anche a quelli che avevano sentimenti democratici. Anche Timeo nell'undicesimo e nel dodicesimo
libro - spesso infatti fa menzione di lui - dice che Empedocle sembra aver
avuto pensieri contrari al suo atteggiamento politico. E cita quel luogo dove
appare vanitoso ed egoista. Dice infatti: 'Salve: io tra di voi dio immortale,
non più mortale mi aggiro'. Etc. Nel tempo in cui dimorava in Olimpia, era
ritenuto degno di maggiore attenzione, sì che di nessun altro nelle conversazioni
si faceva una menzione pari a quella di Empedocle. In un tempo posteriore,
quando Girgenti era in balìa delle contese civili, si opposero al suo ritorno i
discendenti dei suoi nemici; onde si rifugiò nel Peloponneso ed ivi morì. Si
iscrisse alla Scuola di Crotone, divenendo allievo di Telauge, il figlio di
Pitagora. Seguì la dieta pitagorica e rifiutò i sacrifici cruenti. Secondo la
leggenda, dopo una vittoria olimpica alla corsa dei carri, per attenersi
all'usanza secondo cui il vincitore doveva sacrificare un bue, ne fece
fabbricare uno di mirra, incenso ed aromi, e lo distribuì secondo la
tradizione. Secondo altri seguì gli insegnamenti di Brontino e di
Epicarpo. La sua oratoria brillante, la sua conoscenza approfondita della
natura, e la reputazione dei suoi poteri meravigliosi, tra cui la guarigione
delle malattie, e il poter scongiurare le epidemie, hanno prodotto molti miti e
storie che circondano il suo nome. coppiata una pestilenza fra gli abitanti di
Selinunte per il fetore derivante dal vicino fiume, sì che essi stessi perivano
e le donne soffrivano nel partorire, pensò allora di portare in quel luogo a
proprie spese le acque di altri due fiumi di quelli vicini. Con questa mistione
le acque divennero dolci. Così cessa la pestilenza e mentre i Selinuntini
banchettavano presso il fiume, apparve Empedocle; essi balzarono, gli si
prostrarono e lo pregarono come un dio. Volle poi confermare quest'opinione di
sé e si lanciò nel fuoco. Si diceva che fosse un mago e capace di controllare
le tempeste, e lui stesso, nella sua famosa poesia Le purificazioni sembra
avesse affermato di avere miracolosi poteri, compresa la distruzione del male, e
il controllo di vento e pioggia. I sicelioti lo veneravano come profeta e
gli attribuivano numerosi miracoli. Le numerose testimonianze che
riguardano la sua biografia sono alquanto discordanti e non consentono di
attribuire un'identità precisa alla sua figura. A conferma di ciò sono le
numerose leggende sul suo conto. I suoi amici e discepoli raccontano ad esempio
che alla morte, essendo amato dagli dèi, fu assunto in cielo. Mentre Eraclide
Pontico, Luciano di Samosata e Diogene Laerzio sostengono che si suicidò gettandosi
nel cratere dell'Etna. Il vulcano avrebbe eruttato, dopo qualche istante, uno
dei suoi famosi sandali di bronzo.In realtà non sappiamo neanche se sia morto
in patria o forse nel Peloponneso. Si afferma che visse fino all'età di 109. Una
biografia di Empedocle scritta da Xanto, suo contemporaneo, è andata perduta. A
Empedocle la tradizione attribuisce numerose opere, fra cui anche alcuni
trattati – sulla medicina, sulla politica e sulle guerre persiane – e tragedie.
A noi sono giunti però solo frammenti dei due poemi: “Sulla natura” e “Purificazioni”.
Di “Sulla natura”, di carattere cosmologico e naturalistico, sono rimasti circa
400 frammenti. Delle “Purificazione”, di carattere teologico e mistico, abbiamo
poco meno di un centinaio. Il timore di Girgenti appare fin dalle prime righe
di “Sulla natura”. “O dèi, stornate dalla mia lingua follia di argomenti,
e da sante labbra fate sgorgare una limpida sorgente, e a te, musa agognata, o
vergine dalle candide braccia, io mi rivolgo. Ciò che spetta agli effimeri
ascoltare, tu porta, guidando avanti il carro ben governato dell'amore devoto.
Ma non ti turbi il cogliere fiori di nobile gloria fra i mortali con un
discorso, ricolmo di santità, che sia ardimentoso; e allora tu giunga leggera
alla vetta della saggezza. La filosofia di Empedocle si presenta come un tentativo
di combinazione sintetica delle precedenti dottrine ioniche, pitagoriche,
eraclitee e parmenidee. Distingue la realtà che ci circonda, mutevole, dagli Quattro
elementi primi, immutabili, che la compongono. Chiama tali elementi
"radici", non nate ed eternamente uguali e afferma che sono in tutto solo quattro,
associando ognuno di essi a un particolare dio, sulla base di concezioni
orfiche e misteriche proprie dei riti iniziatici allora in uso presso la
Sicilia. I quattro elementi (e i rispettivi dèi associati) dunque sono:
fuoco (Giove), aria (sua moglie, Era), terra (Edoneo), ed acqua (Nesti). L'unione
delle quattro radici (Giove-Era-Edoneo-Nesti) determina la nascita di una cosa.
Si tratta perciò dell’ *apparente* nascita di una cosa, dal momento che
l'Essere (le quattro radici) non si crea. “Ma un'altra cosa ti dirò: non vi è
nascita di nessuna cosa. Solo c'è mescolanza.” In questo modo, i primi principi si empiono
così dell'essenza e del soffio vitale del potere divino. In Empedocle, Amore
(Φιλότης) e la «natura divina che tutto unisce e genera la vita. Are, o Marte, e
il dio del conflitto. Per Empedocle, l'uomo, essendo di origine divina,
raggiunge la vera felicità che quando si riune alla compagnia di Deo. Accanto
alle quattro "radici", e motore del loro divenire nei molteplici cose
della realtà, si pongono due ulteriori principi: Amore ed Odio (Discordia,
Contesa). Amore ha la caratteristica di "legare", "congiungere",
"avvincere" («Amore che avvince.” L’Odio ha la qualità di
"separare", "dividere" mediante la
"contesa". Così Amore
nel suo stato di completezza è lo Sfero, immobile, uguale a se stesso e
infinito. Amore è Dio e le quattro "radici" le sue
"membra", e quando Odio distrugge lo Sfero, tutte, l'una dopo
l'altra, fremevano le membra del dio. Infatti sotto l'azione dell'Odio, presente
alla periferia dello Sfero, le quattro radici si separano dallo Sfero perfetto
e beante, dando origine al cosmo e alle sue creature viventi. Prima bi-sessuate
e poi sotto l'azione determinante di Odio, si differenziano ulteriormente in
maschi e non-maschi, e ancora in esseri mostruosi e infine in membra isolate. Alla
fine di questo ciclo, Amore riprende l'iniziativa e dalle membra isolate,
nascono esseri mostruosi e a loro volta maschi e non-maschi, poi esseri bi-sessuati
che finiscono per riunirsi, con le quattro radici che li compongono, nello
Sfero. Nelle Purificazioni, sostiene la metempsicosi, affermando l'esistenza di
una legge di natura che fa scontare agli uomini le proprie colpe attraverso una
serie continua di nascite, tramite cui l'anima, di origine divina, trasmigra da
un essere vivente all'altro. In questo poema gli esseri viventi, parti
costitutive dello Sfero di Amore divengono dèmoni errando nel cosmo. “È
vaticinio della Necessità, antico decreto degli dèi ed eterno, suggellato da
vasti giuramenti: se qualcuno criminosamente contamina le sue mani con un
delitto o se qualcuno per la Contes abbia peccato giurando un falso giuramento,
i demoni che hanno avuto in sorte una vita longeva, tre volte diecimila
stagioni lontano dai beati vadano errando nascendo sotto ogni forma di creatura
mortale nel corso del tempo mutando i penosi sentieri della vita. L'impeto
dell'etere invero li spinge nel mare, il mare li rigetta sul suolo terrestre,
la terra nei raggi del sole splendente, che a sua volta li getta nei vortici
dell'etere: ogni elemento li accoglie da un altro, ma tutti li odiano. Anch'io
sono uno di questi, esule dal dio e vagante per aver dato fiducia alla furente
Contesa.” L'Amore non interviene nella storia delle peregrinazioni del demone decaduto?
Con ogni probabilità, è l'Amore stesso che ci parla in questo frammento.
L'"io" dei due ultimi versi è l'autore del poema. Ma è anche, se
andiamo più a fondo, l'Amore. I demoni esiliati lontano dagli dèi saranno
allora dei frammenti espulsi dalla massa centrale dell'Amore e condannati a
errare tra i corpi cosmici sotto l'influenza separatrice del suo nemico, la
Discordia. Quando le parti dell'Amore che sono i demoni si riuniscono
nell'unità immobile della sfera, il mondo stesso diviene un essere vivente. Sotto l'influenza di Amore il mondo stesso si
trasforma in dio. Questa concezione conduce al rifiuto assoluto dei sacrifici,
poiché in ogni essere vivente vi è un'anima umana, che sta compiendo il suo
ciclo di reincarnazione. Se nel corso di questo ciclo l'anima si è comportata
secondo giustizia, al termine potrà tornare nella sua condizione divina. Dal
che, come Pitagora, anche a Empedocle ripugnano i sacrifici animali e
l'alimentazione carnea. “Onde, uccidendoli e nutrendoci delle loro carni,
commetteremo ingiustizia ed empietà, come se uccidessimo dei consanguinei; di
qui la loro esortazione ad astenersi dagli esseri animali e la loro
affermazione che commettono ingiustizia quegli uomini «che arrossano l'altare
con il caldo sangue dei beati», ed Empedocle dice in qualche luogo: Non
cesserete dall'uccisione che ha un'eco funesta? Non vedete che vi divorate
reciprocamente per la cecità della mente?” “Il padre sollevato l'amato figlio,
che ha mutato aspetto, lo immola pregando, grande stolto! e sono in imbarazzo
coloro che sacrificano l'implorante; ma quello sordo ai clamori dopo averlo
immolato prepara l'infausto banchetto nella casa. E allo stesso modo il figlio
prendendo il padre e i fanciulli la madre dopo averne strappata la vita mangiano
le loro carni.” Rispetto alla sua precedente opera vi sono delle contraddizioni
che è stato difficile per i suoi esegeti conciliare. Ad esempio, ad una visione
naturalistica del poema Sulla natura si contrappone la teoria della
reincarnazione delle Purificazioni: nel primo scritto l'anima è anche detta
mortale, mentre è definita immortale nel secondo. C'è chi ha spiegato tali
incongruenze con la versatilità di Empedocle, scienziato e profeta al tempo
stesso, medico e taumaturgo. C'è invece chi ha ipotizzato una paternità diversa
delle due opera. Uno dei busti ritrovati nella Villa dei Papiri a Ercolano,
identificato dapprima come Eraclito, solo più recentemente con Empedocle. Lo
stile di Empedocle viene lodato dagli antichi. “Dicantur ei quos physikoús
Graeci nominant eidem poetae, quoniam Empedocles physicus egregium poema
fecerit» «Siano pure detti poeti anche coloro che i greci chiamano fisici,
dal momento che il fisico Empedocle scrisse un poema egregio» (Cicerone,
De Oratore 1, 217) «padre della retorica» (Aristotele fr. 1, 9, 65)
Lucrezio (De rerum natura 727 ss.) lo prende addirittura come modello.
Renan lo definisce «uomo di multiforme ingegno, mezzo Newton e mezzo Cagliostro»
Gli viene intitolato il Regio Liceo Classico di Girgenti, dove studiarono, fra
gli altri, Pirandello e Camilleri. Secondo le discordanti fonti sulla
vita di Empedocle la cronologia andrebbe fissata tra il 484-1 e il 424-1.Cfr.
Gabriele Giannantoni, I presocratici. Roma-Bari). Secondo Bignone (“Empedocle”,
Torino) Empedocle sarebbe vissuto tra il 492 a.C. e il 432 a.C. Anche Robin
ritiene che la sua vita sembra sia scorsa tra il primo decennio del secolo V e
il 430 circa. Schiefsky ritiene che Empedocle sia nato nel 490 a.C. e morto nel
430 a.C. Platone, Parmenide, 127 B
Platone, Parmenide, 127 C.
Diogene Laerzio, VIII. 51 Diogene
Laerzio, VIII. 73. Timeo, ap. Diogene
Laerzio, VIII. 64, comp. 65, 66.
Aristotele ap. Diogene Laerzio, VIII. 63; cfr. Timeo, ap. Diogene
Laerzio, 66, 76. Diogene Laerzio, VIII,
66, 67. Mannucci, La cena di Pitagora,
Carocci editore. Satiro, ap. Diogene Laerzio, VIII. 78; Timeo, ap. Diogene
Laerzio, 67. Diogene Laerzio, VIII. 60,
70, 69. Plutarco, de Curios. Princ.,
Adv. Colote, Plinio, HN XXXVI. 27, e altri.
Così nella letteratura antica, come riferisce Bertrand Russel nella sua
Storia della filosofia occidentale, citando un poeta anonimo: «Grande Empedocle
che, l'anima ardente, saltò in Etna, ed è stato arrostito intero». Diogene Laerzio, VIII. 67, 69, 70, 71;
Orazio, ad Pison. 464, ecc. Ippoboto riferisce che egli, levatosi, si diresse
all'Etna e, giunto ai crateri di fuoco, vi si lanciò e scomparve, volendo
confermare la fama che correva intorno a lui, che era diventato dio.
Successivamente fu riconosciuta la verità, poiché uno dei suoi calzari fu
rilanciato in alto. Infatti, egli era solito usare calzari di bronzo.”
(Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, 8.68-69). Cfr. anche Eraclide Pontico, fr.
83 Wehrli. “E questo tutto abbrustolito chi è? - Empedocle. Si può sapere
perché ti gettasti nel cratere dell'Etna? Per un eccesso di malinconia. No: per
orgoglio, per sparire dal mondo e farti credere un dio. Ma il fuoco rigettò una
scarpa e il trucco fu scoperto. (Luciano di Samosata, I dialoghi). Timeo ci
attesta esser lui finito di morte naturale. Dicono alcuni che trovandosi egli
in Messina a cagion di una festa sia ivi caduto da un carro, e rottasi la
coscia, sia morto. Credono altri che in mare naufragasse: altri che si fosse strangolato
da sé. Scinà, Memorie sulla vita e filosofia d'Empedocle gergentino, GERENTI –
no GIRGENTI -- ed. Lo Bianco, Palermo – empedocle gergentino -- Apollonio, ap.
Diogene Laerzio, VIII. 52, comp. 74, 73.
Wolfgang Haase, 2, Principat ; 36, Philosophie, Wissenschaften, Technik
6, Philosophie (Doxographica [Forts.]), ed. Walter de Gruyter, Franco Volpi,
Dizionario delle opere filosofiche, Bruno Mondadori). Jori, Empedocle in
Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Bruno Mondadori. Avverte infatti il
Jaeger. Dobbiamo guardarci dal prendere per pura metafora poetica l'espressione
della religiosità che lo trattiene dal seguire sino in fondo i predecessori
troppo sicuri di sé.” Cardin, Empedocle, in Enciclopedia filosofica, Milano, Bompiani,
Reale, Storia della filosofia greca e romana, vol.1 p.213 D-K 31 B 7.
D-K 31 B 17 Kingsley, Misteri e
magia nella filosofia antica. Empedocle e la tradizione pitagorica, Il Saggiatore,
In corrispondenza con le quattro primarie anti-tesi del caldo (fuoco), del
freddo (aria), dell'asciutto (terra), e dell'umido (acqua). Le quattro radici di
Empedocle risultano essere poi i quattro elementi di Aristotele e Tolomeo. Edoneo è un appellativo proprio del dio degli inferi
Ade, cfr. in tal senso Esiodo Teogonia, 913; o anche inno omerico A
Demetra. Forse si riferisce a Persefone;
per una dotta riflessione su questo nome, certamente un teonimo poco
conosciuto, si rimanda a Gallavotti in Empedocle, Poema fisico e lustrale,
Milano, Mondadori/Lorenzo Valla. Secondo Empedocle (B 62; 63) i due sessi (maschi,
non-maschi) furono determinati dalla separazione di creature "di natura
integra", che si erano a loro volta evolute da forma di vita più
primitive. Un papiro di recente ritrovamento, contenente aforismi di Empedocle,
ha consentito tuttavia di integrare le due versioni, portando a ritenerle
complementari. Le due opere, quindi, farebbero forse parte di uno stesso
trattato o poema filosofico. In tempi più recenti, è stata avanzata l'ipotesi
che si tratti di Empedocle gergentino. Tale proposta trova conforto sia nella
notizia di Diogene Laerzio in merito alla folta chioma del personaggio sia alla
specifica collocazione del bronzo all'interno della villa dove faceva pendant
con il bronzo raffigurante Pitagora (inv. 5607), che fu suo maestro» (Museo
archeologico Nazionale di Napoli. “Sulle
origini”. Ne conservavamo trecentocinquanta versi.”Martin ha consegnato
complessivi settantaquattro esametri dei quali venticinque coincidono con
quelli già posseduti. “Ma da ogni parte
è uguale a se stesso, e ovunque senza confini, lo sfero rotondo che gioisce di
avvolgente solitudine.» (Empedocle, D-K 31 B 28, Poema fisico e Lustrale,
Milano, Mondadori, 1975. Tonelli, Empedocle di Agrigento. Frammenti e
testimonianze. “Origini,” “Purificazioni,” con i frammenti del papiro di
Strasburgo” (Milano: Bompiani). Bignone, Empedocle. Studio critico, traduzione
e commento delle Testimonianze e dei Frammenti, ristampa, Roma, L'Erma di
Bretschneider, [Torino: Bocca]. Colli, Empedocle, Pisa, La Goliardica, Traglia,
“Studi sulla lingua di Empedocle” Bari, Adriatica, Bodrero, “Il principio
dell’amore nella filosofia d’ Empedocle” Roma, G. Bretschneider, La lingua di
Empedocle, Bari, Levante, Volpi, Empedocle: i suoi misteri rivelati in una
biblioteca, 13 novembre 1996. Empedocle
di Agrigento (PDF), su Università di Milano,1.
Filosofi: Empedocle, scoperto papiro a Strasburgo. Per gli studiosi è
l'unica testimonianza diretta, Strasburgo, Adnkronos, Grice: “If people
call William of Ockham, Surrey, Occam, I shall call Empedocles of Agrigentum
Agrigentum, or Agrigento simpliciter in the vulgar.” Vide “Italic
Griceians”While in the New World, ‘Grecian philosophy’ is believed to have
happened ‘in Greece,’ Grice was amused that ‘most happened in Italy!’ Empedocle
da Girgenti – Keywords: Girgenti -- Refs.: Luigi
Speranza, "Grice ed Empedocle," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
GIRGENTI. (Palermo). Filosofo.
Grice: “I love Girgenti for many reasons! For one, he has edited Boezio ‘as he
is’! – then he has elaborated on Socratic irony, a concept that needs some
elucidation, if ever one did! Also, he has edited the ‘logica retorica’ of
Cicero, which is welcome!”Frequenta gli studi classici a Palermo, sotto
Brighina, Franchina, Armetta, Mirabelli e Puglisi) e poi si è trasferito a
Milano sotto Bontadini, Bausola, Melchiorre e Giussani. Si laurea sotto Reale
con “Platonismo e Cristianesimo in San Giustino Martire” – Studia “Porfirio tra
henologia e ontologia riproponendo la questione degli universali come origine
del "pensiero forte". Insegna a Milano I suoi studi sono concentrati sul
rapporto tra filosofia greco-romana e Cristianesimo, e in particolare
nell'influenza che il platonismo ha esercitato sui Padri della Chiesa. Per
analizzare questo tema, applica due categorie ermeneutiche: la "storia
del’effetto" e la "fusione dell’orizzonte”. Secondo la storia
dell’effeto, la Patristica latina deve essere considerata una fase importante
della storia del platonismo antico, che fa da tramite rispetto alla filosofia
medioevale. Secondo la fusione dell’orizzonte, il rapporto tra platonismo e
Cristianesimo deve essere analizzato superando due opposte posizioni: la
"praeparatio evangelica" di Eusebio di Cesarea, secondo cui la
filosofia pre-cristiana sarebbe stata di per sé una preparazione al
Cristianesimo e la "Ellenizzazione del cristianesimo" di Adolf von
Harnack, secondo cui nell'incontro con la filosofia, il Cristianesimo avrebbe
smarrito la vocazione originaria (e dovrebbe pertanto “de-“ellenizzarsi,
de-filosofarsi). Una posizione mediana potrebbe contribuire a superare le rigidità
del cristianesimo cattolico e le chiusure del cristianesimo protestante
non-cattolico. Altre opera: “Porfirio: catalogo ragionato” (Vita e Pensiero,
Milano); “Giustino Martire, il primo cristiano platonico” Vita e Pensiero,
Milano); “Porfirio, Vita e Pensiero, Milano); Porfirio, Laterza, Roma-Bari; “Platone,
G. Girgenti, Rusconi, Milano, Incontri con Gadamer, G. Girgenti, Bompiani,
Milano “Platone” G. Girgenti, Bompiani, Milano; Atene e Gerusalemme. Una
fusione di orizzonti, Il Prato, Padova ; Il bue squartato e altri macelli. La
dolce filosofia, libro-intervista con Sossio Giametta, Mursia, Milano. G.
Giorello, Corriere della Sera, 1ºScheda biografica, curriculum e nel sito dell'Università Vita-Salute San
Raffaele, su unisr. Giuseppe Girgenti. Keywords: Giustino martire. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Girgenti” – The Swimming-Pool Library.
GIROTTI. (Adria). Filosofo. Grice:
“I like Girotti; for one, he has explored the idea of ‘beauty,’ which Sibley
should, but did not!” Si laurea a Padova, sotto Santinello e Berti. Pubblica
“Filosofia” (La Scuola, Brescia). Pubblica: “Gouhier e la sua storia storica
della filosofia” (Unipress, Padova). “Comunicazione filosofica” “Società
Filosofica Italiana.” Altre opera: Aristotele, dal platonismo all’autonomia,
Polaris, Faenza, La filosofia di Schopenhauer, Polaris, Faenza; “Modelli di
razionalità nella filosofia”, Sapere, Padova; Discorso sui metodi, Pensa,
Lecce; Medioevo vs oggi: tra tabula rasa e innatismo, Sapere, Padova; Riforma
Gelmini e filosofia Sapere, Padova; Essere e volere, Pensa multimedia, Lecce; Siamo
completamente liberi di volere ciò che vogliamo?, Il Giardino dei Pensieri,
Bologna; Aristotele, Diogene Multimedia, Bologna . Hegel, Diogene Multimedia,
Bologna . Schopenhauer, Diogene Multimedia, Bologna; Bellezza e responsabilità,
Diogene Multimedia, Bologna . Kant, Diogene Multimedia, Bologna; Cercasi anima
disperatamente, Diogene Multimedia, Bologna; Giovanni Gentile; Diogene
Multimedia, Bologna; Il fico proibito dell’Eden e la giustificazione del male,
Diogene Multimedia, Bologna; Un viaggio intorno all’io: Da Atene a Delfi
dialogando, Diogene Multimedia, Bologna; Sul permesso di morire, Diogene
Multimedia, Bologna; Comunità di ricerca, Gouhier in Enciclopedia Filosofica
Bompiani, La collana si chiama Briciole
di Filosofia “una storia storica che si fermi all’esibizione dei dati diventa
semplice una ‘cronaca’; infatti, nel momento in cui si espone la filosofia di
Grice, per poter abbracciare l'oggettività si dovrebbe rimanere all’interno di
un'asettica descrizione, quella che Girotti definisce como “fenomenologia dello
spirito metafisico.”Girotti distingue “la fenomenologia” (come metodo) e “lo
spirito metafisico” (come oggetto). Seguendo il metodo della fenomenologia, il
filosofo-storiografo sarebbe invitato a fermarsi alla lettura del dato per descrivere
ciò che esso mostra. Seguendo “lo spirito metafisico”, il filosofo- storiografo
ritroverebbe l'”oggetto” (topico) della sua ricerca, cioè il “fatto
spirituale.” È su questo “fatto
spirituale” che Girotti refina Gouhier in quanto trova che Gouhier, quando ha
messo le vesti dello “storico” della “storia storica” della filosofia, sia
scivolato in una loro descrizione bergsoniana, ammessa anche da Gouhier. Cf.
Grice on the longitudinal history of philosophy. “We should treat those who are
dead and great as if they were great and living – it’s a matter of introjecting
into his shoes, or sandals!” -- “La distillazione filosofica” Armando Girotti.
Keywords: storia storica, non filosofica – unita longitudinale – longamiranza,
distillizione filosofica -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Girotti” – The
Swimming-Pool Library.
GIUDICE. (Napoli). Filosofo. Grice:
Grice: “Giudice amply proves my trust in the worth of the longitudinal unity of
philosophy, for Giudice has unearthed some philosophical minutiae in Bruno –
like his tract to Sir Philip Sidney on ‘Atteone,’ which are jewels of
implicature!” -- “For Italian philosophy, Bruno is interesting: it’s not all
saints like Aquinas; they had hereetics, too – and usually the heretics had a
better philosophical background – into what the Italians called the lovely
‘hermetic tradition’ – we used to have one at Oxford in pre-lib days!” -- Grice:
“If I am a Griceian, Giudice is a Brunoian – the Italians prefer ‘brunista’ or
‘bruniano,’ but I follow Katz is respecting the full surname – if it is
‘bruno,’ you add things, you don’t substract things!” Essential
Italian philosopherwho has studied in depth the origin of philosophy in the
Eleatic school. Guido del Giudice (Napoli),
filosofo. Si laurea a Napoli e studia Bruno e la filosofia del rinascimento. Fonda
la Societa Giordano Bruno.
Altre opera: “Bruno” (Marotta
e Cafiero Editori, Napoli); “La coincidenza degli opposti” (Di Renzo Editore,
Roma); “Bruno, Rabelais e Apollonio di Tiana, Di Renzo Editore, Roma); “Due
Orazioni. Oratio Valedictoria e Oratio Consolatoria, Di Renzo Editore, Roma, “La
disputa di Cambrai. Camoeracensis acrotismus, Di Renzo Editore, Roma); “Il Dio
dei Geometri” quattro dialoghi, Di Renzo Editore, Roma); “Somma dei termini
metafisici”; “Tra alchimisti e Rosacroce, Di Renzo Editore,Roma, “Io dirò la
verità. Intervista a Giordano Bruno, Di Renzo Editore, Roma, “Contro i
matematici, Di Renzo Editore, Roma, “Il profeta dell'universo finite” – “Epistole
latine, Fondazione Mario Luzi, . Scintille d'infinito” (Di Renzo Editore, Refs.: Luigi Speranza,
"Grice, del Giudice, e la filosofia greco-romana," per il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Guido
del Giudice. Keywords: universe finite, infinito, geometrici, alchimisti,
matematici – rinascimento – scintilla d’infinito” -- Refs: Luigi Speranza, “Grice e Giudice:
implicatura e scintilla” – The Swimming-Pool Library.
GIUDICE. (Lucera). Filosofo. Grice:
“Riccardo del Giudice is a philosopher; he wrote an essay on Telesio.” Allievo e collaboratore di Gentile, si laurea
in filosofia, rivelando i suoi vasti e solidi interessi culturali, che, insieme
ad una rara volontà di studio e ad una seria attività politica formarono il suo
principale merito. Apprezzato per le doti oratorie e l'accuratezza nella
scrittura, fu parlamentare di chiara fama nella
Camera dei Deputati. Di profonda ed esemplare preparazione filosofica.
Insegna a Roma. Riccardo Del Giudice. Keywords: Telesio. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Giudice: l’implicatura di Telesio” -- The Swimming-Pool Library.
GIUDICE. (Antillo). Filosofo. Grice: “Giudice has written an essay that
poses a conceptual query for Austin’s conceptual query. It’s “Sull pudore” –
“But do we have that in ordinary language?”” – Grice: “Giudice has also written
on more standard forms of philosophy of language, and Nietzsche.” Dopo aver
espletato studi classici si laurea con la tesi “Ideologia e Sociologia” --
Ricercatore all'Istituto di Filosofia di Messina. Direttore della collana
"Filosofia Teoretica". Altre opera: La Nuova Filosofia, Messina,
Sortino editore, “Il discorso filosofico” “Gli echi del corpo” Verona, Edizioni
del Paniere, “Il lessico di Nietzsche” Roma, Armando, Nietzscheana. Esercizi di
lettura, Messina, Alfa, “Il tribunale filosofico” di Heine, Nietzsche e i simboli
delle cose più alte, Fedeltà alla terra, Profili della contemporaneità,
Cosenza, Pellegrini Editore, “Stare insieme” Cosenza, Pellegrini Editore, La filosofia
del finito, Cosenza, Pellegrini Editore, Nietzsche e gli echi del corpo,
Cosenza, Pellegrini Editore, Il Corpo e l'espressione, Cosenza, Pellegrini Editore,
Scritti di filosofia ed etica, Cosenza, Pellegrini Editore, Emozioni e
cognitività in Nietzsche. Un approccio fisiologico, Cosenza, Pellegrini
Editore, Sul pudore -- Sul pudore e sull'osceno, Cosenza, Pellegrini Editore, Breve
documento sulla "nuova filosofia", Cosenza, Pellegrini Editore, , Scritti
di filosofia ed etica, Cosenza, Pellegrini Editore, Su Messina e altri scritti,
Cosenza, Pellegrini Editore, Morelli,
Puoi fidarti di te, Milano, Edizioni Mondadori, Battaglia, Storia e cultura in Popper,
Cosenza, L. Pellegrino, Battaglia, Guicciardini tra scienza etica e politica,
Cosenza, L. Pellegrino, , varie Giovanni
Coglitore, Kant: cristianesimo come impegno morale, in Il contributo, L'Espresso, Studi etno-antropologici e
sociologici, . Santi Lo Giudice. Keywords: corpo, espressione, pudore, osceno
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Giudice: corpi ed espressioni” – The Swimming-Pool Library.
Giuliano – Grice: “When I
think Giuliano, I think Donizetti – and Poliuto’s lions!” -- Flavio Claudio
Giuliano (in latino: Flavius Claudius Iulianus; Costantinopoli), filosofo. L’ultimo
sovrano dichiaratamente pagano, che tentò, senza successo, di riformare e di
restaurare la religione romana dopo che essa era caduta in decadenza di fronte
alla diffusione del cristianesimo.
GIUSSANI. (Desio). Filosofo. Grice:
“I like Giussiani; of course at Oxford he would be a no-no, being a Catholic;
but he understands the pragmatics of conversation!” Ricevette la prima introduzione
dalla madre Angelina Gelosa, operaia tessile; il padre Beniamino, disegnatore e
intagliatore, era un socialista. Entra nel seminario diocesano San Pietro
Martire di Seveso dove frequenta i primi quattro anni di ginnasio. Si trasferì
a Venegono Inferiore, nella sede principale del seminario dove frequenta
l'ultimo anno di ginnasio, i tre anni del liceo e dove svolse i successivi
studi di filosofia. Ebbe come docenti, fra gli altri, Colombo, Corti,
Carlo, e Figini. In quella sede conobbe i compagni di studio Manfredini e
Biffi. Si interessò di Leopardi e delle chiese ortodosse. Il 26 maggio
1945 Giussani, ventitreenne, ricevette l'ordinazione sacerdotale dal cardinale
Ildefonso Schuster. Dopo l'ordinazione, rimase nel seminario di Venegono
come insegnante e si specializzò nello studio della teologia orientale (specie
sugli slavofili), della teologia protestante e della motivazione razionale
dell'adesione alla Chiesa. Lascia l'insegnamento in seminario per quello
nelle scuole superiori. Inizia l'insegnamento della religione nelle scuole
superiori a Milano dove fu suo alunno Giorello. Le riunioni di suoi studenti si
tennero con il nome di Gioventù Studentesca (GS), che fonda insieme a Ricci e
che fece parte dell'Azione Cattolica. Inizia anche un'attività
pubblicistica volta a porre attenzione sulla questione educativa. Redasse la
voce "Educazione" per l'Enciclopedia Cattolica. Sotto Colombo continuò gli studi di teologia
protestante per i quali soggiornò per cinque mesi negli Stati Uniti. Ottenne la
cattedra di Introduzione alla Teologia a Milano. :Lo Spirito Santo ha suscitato
nella Chiesa, attraverso di lui, un Movimento, il vostro, che testimoniasse la
bellezza di essere cristiani in un'epoca in cui andava diffondendosi l'opinione
che il cristianesimo fosse qualcosa di faticoso e di opprimente da vivere. Giussani
s'impegnò allora a ridestare nei giovani l'amore verso Cristo "Via, Verità
e Vita", ripetendo che solo Lui è la strada verso la realizzazione dei
desideri più profondi del cuore dell'uomo, e che Cristo non ci salva a dispetto
della nostra umanità, ma attraverso di essa. Il movimento da lui creato prese
il nome di Comunione e Liberazione; ne assunse la guida presiedendone il
consiglio generale. Il Pontificio Consiglio per i Laici riconobbe la
Fraternità di Comunione e Liberazione e Giussani ne guidò la Diaconia
Centrale. Contribuì alla costituzione della Fondazione Banco Alimentare.
Fra le sue numerose opere vi è la trilogia del Per Corso, redatta a partire
dagli appunti delle lezioni di religione che aveva tenuto negli anni cinquanta
al liceo Berchet e in seguito all'Università Cattolica. L'opera, pubblicata in
successive edizioni prima da Jaca e poi da Rizzoli, è composta da “Il senso
religioso, All'origine della pretesa cristiana e Perché la Chiesa. Propone la
concezione della fede e dell'esperienza cristiana come incontro con Cristo
attraverso la Chiesa cattolica. La fede è un «riconoscere una Presenza» ed
occupa ogni singolo spazio della vita individuale (i rapporti umani,
l'esperienza lavorativa, la vita sociale e politica). Da ciò nasce anche una
critica alla ragione illuminista. L'idea della ragione come principale
strumento offerto all'uomo nel rapporto con la realtà e della fede come metodo
di conoscenza sono le premesse metodologiche per un'analisi dell'esperienza
religiosa. Dopo la morte, sono stati dedicati a Giussani: Desio:
nel paese natale di Giussani, la piazza retrostante il municipio e un monumento
opera di Cristina Mariani a Milano: parcoGiussani, in predenza parco Solari
Trivolzio: il piazzale adibito all'accoglienza delle auto dei pellegrini alla
chiesa parrocchiale che ospita le spoglie di San Riccardo Pampuri. Finale
Ligure: l'ultimo tratto del sentiero che porta all'antica chiesa di San Lorenzo
di Varigotti: lì si tennero alcuni dei primi incontri di Comunione e
Liberazione, che ancora si chiamava Gioventù Studentesca Castronno (VA): un
largo presso la rotatoria all'uscita dell'Autostrada dei laghi. Ascoli Piceno:
la scuola primaria e dell'infanzia "Giussani". Portofino: la
piazzetta del faro Kampala (Uganda): la scuola secondaria Giussani Pozzolengo:
il parco comunale adiacente al castello San Leo: un basso-rilievo in bronzo, opera
dell'artista riminese Ceccarellia, sulla facciata del convento di Sant'Igne Rimini:
la rotonda davanti al Palacongressi, nei pressi dell'area della demolita Fiera
dove si sono svolte le prime edizioni del Meeting per l'amicizia fra i popoli Chiavari:
un tratto del lungoporto Verona: i giardini presso ponte Garibaldi a Borgo
Trento Cinisello Balsamo: un largo urbano nei pressi del comune Segrate: il
centro sportivo della frazione di Redecesio Strade comunali sono state
intitolate a don Giussani a Cagliari, Morrovalle, Rapallo, Treviglio, Mestre,
ecc. La maggior parte delle opere deriva dalla trascrizione di dialoghi,
conversazioni e lezioni svolte in pubblico durante raduni, convegni, esercizi
spirituali. I suoi libri sono stati pubblicati dall'editore milanese Jaca. Rizzoli
ha iniziato a rieditare i testi di Giussani in nuove edizioni aggiornate dotate
spesso di un nuovo apparato di note e di nuovi contenuti editoriali e a volte
con titoli diversi. Rizzoli ha anche pubblicato le opere inedited e volumi
antologici di conversazioni precedentemente disponibili sotto forma di
fascicoli pro manuscripto o di redazionali per varie riviste. Volumi di inediti
o di riedizioni di testi sono poi usciti
anche per altri editori, tra i quali Marietti,
San Paolo, SEI, Piemme e Messaggero di Sant'Antonio. Trascrizioni di
conversazioni e lezioni nel corso di incontri con i responsabili di Comunione e
Liberazione, di esercizi spirituali e di incontri con appartenenti ai Memores
Domini sono state di norma pubblicate come inserti redazionali o allegate come
fascicoletti nelle riviste Tracce (precedentemente nota come CL-Littere
Communionis, organo ufficiale del movimento), Il Sabato e 30 giorni nella
Chiesa e nel mondo. Un gran numero di questi testi è stato poi pubblicato in
volumi antologici. -- è iniziata la catalogazione sistematica dei testi e
degli scritti di Giussani. Giussani Scritti, curato dalla Fraternità di
Comunione e Liberazione, inizia la pubblicazione di schede riassuntive dei
testi. Ha diretto la collana editoriale I libri dello spirito cristiano per la
Biblioteca Universale Rizzoli. La collana e poi sostituita da un'analoga iniziativa
sotto il nome di Biblioteca della spirito cristiano, ha pubblicato titoli
scelti fra quelli che più hanno segnato l'esperienza di Giussani e di Comunione
e Liberazione. Ha diretto la collana discografica Spirto gentil, CD musicali di
«introduzione alla musica» con allegato un booklet di norma contenente una nota
introduttiva di Giussani, una scheda storica sui compositori o sui musicisti e
una guida all'ascolto. Altre opere: “Il senso religioso: all'origine della
pretesa cristiana, Perché la Chiesa e Il rischio educativo. “Il senso
religioso, Jaca, Reinhold Niebuhr, Jaca Book, Teologia protestante, La Scuola
Cattolica, Jaca Book, Marietti, “L'impegno del cristiano nel mondo, con Hans
Urs von Balthasar, Jaca Book, Tracce di esperienza e appunti di metodo
cristiano, Jaca Book, Dalla liturgia vissuta: una testimonianza, Jaca, San
Paolo, Il rischio educativo, Jaca, SEI, Rizzoli, Tracce d'esperienza cristiana,
Jaca Book, Decisione per l'esistenza, Jaca Book, L'alleanza, Jaca Book, Il
senso della nascita, colloquio con Testori, BUR Rizzoli, Moralità: memoria e
desiderio, Jaca, Alla ricerca del volto umano, Jaca Book, Rizzoli, Pregare,
illustrazioni di Marina Molino, Jaca Book, La fede e le sue immagini,
illustrazioni di Marina Molino, Jaca Book, La coscienza religiosa nell'uomo
moderno, Jaca, Il senso religioso, PerCorso,
Jaca Book, Rizzoli, All'origine della pretesa Cristiana, Jaca Book, Rizzoli, Perché
la Chiesa, Jaca, Rizzoli, Un avvenimento di vita, cioè una storia, EDITIl
Sabato L'avvenimento cristiano, BUR Rizzoli, Il senso di Dio e l'uomo moderno,
BUR Rizzoli, Si può vivere così?, BUR Rizzoli, Rizzoli Il PerCorso, Jaca,
Opere: Jaca Book, Il tempo e il tempio, BUR Rizzoli, Realtà e giovinezza: la
sfida, SEI; Rizzoli, . Il cammino al vero è un'esperienza, SEI, Rizzoli, Le mie
letture, Rizzoli, Si può (veramente?!) vivere così?, BUR Rizzoli, Porta la
speranza, Marietti Riconoscere una presenza, San Paolo, Lettere di fede e di
amicizia a Majo, San Paolo, Generare tracce nella storia del mondo, con Alberto
e Prades, Rizzoli, L'uomo e il suo destino, Marietti Scuola di Religione, SEI, L'io,
il potere, le opere, Marietti Tutta la terra desidera il Tuo volto, San Paolo, Che
cos'è l'uomo perché te ne curi?, San Paolo, Avvenimento di libertà, Marietti L'opera
del movimento. La Fraternità di Comunione e Liberazione, San Paolo, Il miracolo
dell'ospitalità, Piemme,Il Santo Rosario, San Paolo, Egli solo è. Via Crucis,
San Paolo, La libertà di Dio, Marietti, Come si diventa cristiani, Marietti La
familiarità con Cristo, San Paolo, Vivere intensamente il reale, Editrice La
Scuola, . Spirto gentil, BUR Rizzoli, . Cristo compagnia di Dio all'uomo,
Edizioni Messaggero Padova, Collana Quasi Tischreden "Tu" (o dell'amicizia),
BUR Rizzoli, Vivendo nella carne, BUR Rizzoli, L'attrattiva Gesù, BUR Rizzoli, L'auto-coscienza
del cosmo, BUR Rizzoli, Affezione e dimora, BUR Rizzoli, Dal temperamento un
metodo, BUR Rizzoli, Una presenza che cambia, BUR Rizzoli, Collana L'Equipe
Dall'utopia alla presenza BUR Rizzoli, Certi
di alcune grandi cose, BUR Rizzoli, Uomini senza patria BUR Rizzoli, Qui e ora BUR
Rizzoli, “L'io rinasce in un incontro” BUR Rizzoli, Ciò che abbiamo di più
caro, BUR Rizzoli, Un evento reale nella vita dell'uomo BUR Rizzoli, In cammino
BUR Rizzoli, Collana Cristianesimo alla prova Una strana compagnia, BUR
Rizzoli, La convenienza umana della fede, BUR Rizzoli, La verità nasce dalla
carne, BUR Rizzoli, Un avvenimento nella vita dell'uomo, BUR Rizzoli, Interviste Comunione e Liberazione.
Interviste Robi Ronza, Milano, Jaca Book, Un caffè in compagnia. Conversazioni
sul presente e sul destino, colloqui conFarina, Milano, Rizzoli. Il fondatore: Comunione
e Liberazione. Camisasca "C’altro Sessantotto", da
"L'Osservatore Romano" ORIGINE, in Banco Alimentare, Elemedia
S.p.A.Area Internet, Il mistero di don Giussani. Rivelato dai suoi scritti, su
chiesa.espresso.repubblica. Oggi l'addio a don GiussaniIl Tirreno, in
ArchivioIl Tirreno.Società Coop. Edit. Nuovo MondoVia Porpora, Milano Tracce
N.10,«Cristo è veramente tutto, è il compiersi dell’umano», su tracce. Repubblica
» politica » Milano, i funerali di Don Giussani, su repubblica Milano,
profanata la tomba di don Giussani, Corriere della Sera su corriere. Chiesta
l'apertura della causa di beatificazione e canonizzazione, in Tracce, Società
Coop. Edit. Nuovo Mondo, Passo avanti verso la beatificazione di don Giussani,
in Tempi, Società Coop. Edit. Nuovo Mondo, Savorana, Don Luigi Giussani,
fondatore di CL, nominato monsignore, in Avvenire, Don Giussani: vince il
premio della cultura cattolica, in Adnkronos, Mia giovinezza, in Tracce, Coop.
Editoriale Nuovo Mondo, Premio Isimbardi Città metropolitana di Milano.Tettamanzi,
La famiglia a scuola, in Tracce, Coop. Editoriale Nuovo Mondo, La Festa dello
StatutoEdizione Sigilli longobardi, su Consiglio Regionale della Lombardia. Desio,
rinasce il monumento per don Giussani a dieci anni dalla scomparsa, in Il
Cottadino, Il parco Solari sarà dedicato
a Giussani, in Il Giornale, Tornielli, Don Giussani nel solco di San Pampuri,
in La Provincia Pavese, Finale: intitolazione strada a Giussani, in Savona News, Castronno, intitolata a Don Giussani la
nuova rotonda, in Varese News, 2Emidio Cagnucci, al musicista ascolano
intitolata una scuola, in il Quotidiano,Francesca Nacini, Don Giussani «faro»
di Portofino, in Il Giornale, Uganda. La Luigi Giussani High School inaugurata
a Kampala tra i canti delle donne del Meeting Point, su AVSI, 16 febbraio . 30
gennaio (archiviato il 30 gennaio
). Pozzolengo, raid vandalici nei
parchi, in qui Brescia, Un bassorilievo per don Giussani a San Leo, in Rimini
Today, Rotatoria del Palacongressi dedicata a Don Luigi Giussani, in Altarimini,
Chiavari, lungoporto don Giussani per il fondatore di Cl, in Il Secolo XIX, In
Borgo Trento giardini intitolati al fondatore di CL, in Verona Notte, Melati,
Jaca Book. Santa editrice della rivoluzione, in Il Venerdì di Repubblica,
Gruppo Editoriale L'Espresso SpA, Le opere di Comunione e Liberazione. Chi siamo, su Giussani
Scritti, Fraternità di Comunione e Liberazione. Collana I libri dello spirito cristiano, Comunione
e Liberazione. Collana musicale Spirto gentil, di Comunione e Liberazione. Bosco,
Giussani, Torino, Elledici, Guy Bedouelle; Graziano Borgonovo; Olivier Clément;
Antonio Olinto; Julien Ries, Gli uomini vivi si incontrano: scritti per
Giussani, Milano, Jaca Book, Camisasca, Comunione e Liberazione: Le origini Cinisello
Balsamo, Edizioni San Paolo, Massimo Camisasca, Comunione e Liberazione: La
ripresa, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo,Elisa Buzzi , Scola, Un pensiero
sorgivo, Marietti DPerillo , Caro Giussani. Dieci anni di lettere a un padre, Piemme,
Camisasca, Comunione e Liberazione: Il riconoscimento, Appendice, Cinisello
Balsamo, Edizioni San Paolo, Farina, Giussani. Vita di un amico, Piemme, Farina, Maestri. Incontri e dialoghi sul senso
della vita, Piemme, Ceglie, Giussani. Una religione per l'uomo, 1ª ed., Cantagalli,
AGamba , Allargare la ragione, Vita e Pensiero, Massimo Camisasca, Giussani. La
sua esperienza dell'uomo e di Dio,Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo,Savorana,
Vita di don Giussani, 1ª ed., Milano, Rizzoli Editore, Savorana , Un'attrattiva
che muove, 1ª ed., Milano, BUR Saggi, Scholz-Zappa, Giussani e Guardini. Una lettura
originale, Milano, Jaca Book, Marta Busani, Gioventù studentesca. Storia di un
movimento cattolico dalla ricostruzione alla contestazione, 1ª ed., Roma,
Edizioni Studium, Massimo Camisasca, L'avventura di Gioventù Studentesca, fotografie
di Elio Ciol, Milano, Mondadori Electa, G. Paximadi, E. Prato, R. Roux e A.
Tombolini , Giussani. Il percorso teologico e l'apertura ecumenica, Siena, Edizioni
Cantagalli Eupress FTL. Scritti di
Giussani, su Giussani Scritti, Fraternità di Comunione e Liberazione. Giussani
su Comunione e Liberazione, Fraternità di Comunione e Liberazione. Luigi
Giovanni Giussani. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giussani” – The
Swimming-Pool Library.
GIUSSO. (Napoli). Filosofo. Grice:
“I like Giusso: he has explored philosophers from his country like Leopardi and
Bruno, and tdhe whole ‘tradizione ermetica nella filosofia italiana,’ but also
French – Bergson – and especially “Dutch,” i. e. Deutsche or tedesca –
Spengler, and Nietsche – All very Italian!” Nato in una famiglia aristocratica,
dal conte Antonio Giusso e da Maria Imperiali d'Afflitto. La sua maturazione
culturale avvenne in un terreno fertile, costituito da un ambiente familiare
che aveva contribuito allo sviluppo non solo culturale della città (il nonno,
Girolamo Giusso, uno dei fondatori del quartiere Bagnoli, ne era stato sindaco).
Si laurea in filosofia a Napoli sotto Aliotta. Seguì con passione l'attualismo
gentiliano e proprio il suo carattere passionale lo portò anche nel campo filosofico
ad un tipo di critica "scenografica", così come fu definita. Le sue
"frizioni" con Croce, inizialmente orientate su temi politici,
presero più tardi una forma "sotterranea", genericamente orientata
contro l'idealism. Giusso si richiamava al fatalismo di Leopardi, al demiurgo
di Nietzsche, allo storicismo di Dilthey, al nichilismo dello Spengler: e a
causa di quest'ultimo, oltre che per la sua interpretazione della Scienza nuova
vichiana (che si attirò una severa recensione dello stesso Croce, Giusso fu
criticato dall'ambiente crociano. Giusso critico e storico delle idee
s'identificava con la visione della vita di autori che sentiva a lui vicini per
temperamento ed interessi come Bruno, Vico (dall'analisi degli scritti del
quale nacque l'infastidita reazione di Croce), Giacomo, Bacchelli, Barilli,
Papini, Soffici, Palazzeschi, Borgese, Gozzano, che molto ispirò la sua
composizione poetica Don Giovanni ammalato. I suoi Tafferugli a Montecavallo
meriterebbero forse di essere più conosciuti. Tra le due guerre, egli partecipò
all'atmosfera culturale della Napoli segnata dal cenacolo di Croce, da cui
molto presto si distaccò (comeTilgher, che egli difese e mostrò di apprezzare)
assumendo posizioni "eretiche" e ispirandosi piuttosto a un ideale di
vitalismo romantico che risulta evidente dai numerosi autori e dalle molte
opere cui dedicò la sua attenzione: in particolare in una fase iniziale, Spengler
e Nietzsche. Intelligenza precoce, prima
di intraprendere l'insegnamento universitario che lo avrebbe allontanato da
Napoli portandolo ad insegnare Filosofia a Bologna, Pisa, e Cagliari, Giusso
avviò una copiosa pubblicazione di articoli, collaborando con numerosi
quotidiani icome Il Popolo d'Italia, Il Secolo, Il Mattino, Il Resto del
Carlino, ed ancora il Giornale, Il Tempo, Il Messaggero, La Gazzetta di
Sicilia, La Stampa ed altri ancora.
Giornali questi dove fu autore di elzeviri, volti alla diffusione dei
più diversi aspetti della cultura europea e alla conoscenza dei suoi principali
esponenti, soprattutto scrittori. Nel dopoguerra, superati i miti
dell'irrazionalismo e dell'energia vitalistica, si riavvicinò alla fede
Cristiana. Era sua intenzione realizzare una revisione del pensiero italiano
dal Rinascimento all'età barocca, approfondendo in particolare lo studio e
l'interpretazione dell'umanesimo, inteso come vasto tentativo sincretistico
volto a ravvicinare la filosofia della Roma antica e quello cristiano. In chiave revisionista rispetto alla
tradizione laica si era avvicinato anche alla figura di Bruno. Di ritorno da un
viaggio nella sua adorata Spagna morì a A Napoli gli venne intitolata una
strada. Opere: “Le dittature
democratiche dell'Italia” Milano, Alpes, Leopardi, Stendhal, Nietzsche, Napoli,
Guida, Tre profili: Dostojewsky, Freud, Ortega y Gasset, Napoli, A. Guida, Idealismo
e prospettivismo, Napoli, A. Guida, Leopardi e le sue due ideologie, Firenze,
Sansoni, Spengler, Roma, società anonima La nuova antologia, Cadenze di
Sigismondo nella Torre, Modena, Guanda, G. B. Vico fra l'Umanesimo e l'Occasionalismo,
Roma, Perrella, Wilhelm Dilthey e la
filosofia come visione della vita, Napoli, R. Ricciardi, Elegie del torso della
saggezza mutilata, Milano, Corbaccio, Il viandante e le statue: saggi sulla
letteratura contemporanea, Roma, Cremonese, Nietzsche, Milano, Fratelli Bocca, Lo
storicismo, Milano, F.lli Bocca, Gioberti, Milano, A. Garzanti, Bergson, Milano,
Bocca, L'anima e il cosmo, Milano,
Bocca, “La tradizione ermetica nella
filosofia italiana, Milano, Ed. F.lli Bocca, Due scritti sul nazionalsocialismo,
Roma, Settimo Sigillo, Quaderno, Napoli, Università degli Studi Suor Orsola
Benincasa, . Tafferugli a Montecavallo, La Finestra editrice, Lavis, L. Giusso, Il fascismo e Benedetto Croce, "Gerarchia",
"La Critica", rist. in Nuove
pagine sparse, Panteismo e magia in G. Bruno / Sassari, Scienze e filosofia in
G. Bruno, Napoli Roma,Enciclopedia Italiana III Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Fabrizio Intonti, «GIUSSO, Lorenzo» in Dizionario Biografico degli
Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002. Necrologio in Corriere
della sera, La Fiera letteraria, Giornale di metafisica,F. Bruno, L. G., in
Italia che scrive, Filiasi Carcano, in Logos, IE. Falqui, Di noi contemporanei,
Firenze 1940, ad indicem; G. Villaroel, Gente di ieri e di oggi, Bologna, ad
indicem; L. Fiumi, Giunta a Parnaso, Bergamo 1954, ad indicem; G. Artieri,
Romantico napoletano, in Il Tempo, R. Maran, L. G. e la ricerca d'un sistema,
in Sophia, A. Spaini, Ricordo di L. G., in Il Messaggero, 1° febbr. 1960; G.
Toffanin, G. e Ortega, in Nuova Antologia, Boni Fellini, G. dieci anni dopo, in
L'Osservatore politico letterario, Diz. della letteratura mondiale dLorenzo
Giusso, in Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli italiani, Lorenzo
Giusso. Keywords: il vico di giusso. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giusso” –
The Swimming-Pool Library.
GIVONE. (Buronzo). Filosofo. Grice: “I like Givone, especially his two
essays on ‘eros’: ‘eros and ethos’ and the more controversial, ‘eros and
knowledge.’ Si laurea
Torino sotto Pareyson. Insegnato a Perugia, Torino e Firenze. Alcuni suoi
lavori riguardano la poetica e l’estetica all’ombra del nichilismo. Da questa
riflessione nasce anche la sua ricerca sulla “Storia naturale del nulla” -- e sulle implicazioni sullo tragico. In sua
estetica e forte è ancora il richiamo filosofico. Il malinconico, ‘l’ibrido --
Altre opere: La storia della filosofia secondo Kant” (Milano, Mursia); “Hybris
e Malinconia: Studi sulle poetiche del Novecento, Milano, Mursia); “William Blake.
Arte e religione, Milano, Mursia, “Ermeneutica e romanticismo, Milano, Mursia, Dostoevskij
e la filosofia, Roma-Bari, Laterza, Storia dell'estetica, Roma-Bari, Laterza, Disincanto
del mondo e il tragico, Milano, Il Saggiatore, La questione romantica, Roma-Bari, Laterza, Storia
del nulla, Roma-Bari, Laterza, Favola delle cose ultime, Torino, Einaudi, Eros/ethos,
Torino, Einaudi, Nel nome di un dio barbaro, Torino, Einaudi, Prima lezione di estetica, Roma-Bari, Laterza,
Il bibliotecario di Leibniz. Torino, Einaudi, Non c'è più tempo, Torino, Einaudi, Premio Metafisica
della peste. Colpa e destino, Torino, Einaudi, .Luce d'addio. Dialoghi
dell'amore ferito, Firenze, Olschki, Sull'infinito, il Mulino, Pantragismo Treccani.
Grice: “I like Givone; he philosophises on ‘eros,’ but fails to notice that for
Butler there’s self-love and other love; instead, Givone prefers to contrast
‘eros’ with ‘ethos’!” “His ramblings on Phanes are fun, though!” -- Sergio
Givone. Keywords: phanes. eros/ethos; storia naturale dell nulla, unelongated
history of negation; Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Givone” – The Swimming-Pool Library.
GOBETTI. (Torino). Filosofo. Grice:
“Italian philosophy is political in a way pinko Oxonian one ain’t: Gobetti is
the exception that DISproves the rule!” -- “Lo Stato non professa un'etica, ma
esercita un'azione politica.” (La Rivoluzione Liberale.) Considerato un
degno erede della tradizione filosofico-politica post-illuminista e liberale
che aveva guidato molte delle migliori menti dell'Italia dal Risorgimento fino
a poco tempo prima, purtuttavia di stampo profondamente sociale e sensibile
alle istanze del socialismo e di conseguenza alle rivendicazioni del movimento
operaio, fondò e diresse le riviste Energie Nove, La Rivoluzione liberale e Il
Baretti, dando fondamentali contributi alla vita politica e culturale, prima
che le sue condizioni di salute, aggravate dalle aggressioni subite, ne
provocassero la morte prematura a nemmeno 25 anni durante l'esilio francese. Gaetano
Salvemini «Era alto e sottile, disdegnava l'eleganza della persona, portava
occhiali a stanghetta, da modesto studioso: i lunghi capelli arruffati dai
riflessi rossi gli ombreggiavano la fronte. (Levi, in «Introduzione agli
Scritti politici di Gobetti»,). Figlio unico di Giovanni Battista, commerciante,
e di Angela Canuto, una «piccola donna bruna e tonda, gentile e modesta, capace
tuttavia non solo di grande abnegazione per il figlio unico che adorava, ma
anche di strenuo lavoro e di sagace giudizio». I suoi genitori, originari
entrambi di Andezeno, avevano aperto nel capoluogo piemontese una drogheria nella
centrale via XX Settembre. “Mio padre e mia madre avevano un piccolo commercio.
Lavoravano diciotto ore al giorno. Il mio avvenire era il loro pensiero
dominante. L'impegno del loro lavoro era di arricchire permettersi e
permettermi una vita dignitosa. In quanto a me pensavano di dovermi dare
un'istruzione, quella che essi non avevano potuto avere.” Dopo gli studi
elementari presso la scuola Giacinto Pacchiotti, s'iscrive al ginnasio Cesare
Balbo: scrive di sé di quegli anni, in terza persona, che «gli pesava
un'amarezza, uno sconforto, che nei ragazzi di dodici anni segnano inquietudini
fruttuose. Si vedeva troppo poco stimato, troppo solo, troppo malsicuro del domani.
Aveva dei dubbi strani sulle sue stesse attitudini. Un'adolescenza che
s'ispirava a motivi così integrali doveva dargli una tragica forza. Trasferitosi
poi presso il liceo classicoVincenzo Gioberti, dove conosce Prospero, sua
futura moglie, ha per professori Cosmo e Giuliano, un gentiliano che collabora
alla rivista L'Unità Salvemini. Questi
gli ispira quei sentimenti di patriottismo e di interventismo democratico che
sono propri del Salvemini, spingendolo ad anticipare di un anno l'esame di
maturità per poter così andare, libero da impegni, volontario nella prima
guerra mondiale. Luigi Einaudi La guerra è ormai conclusa s'iscrive a Torino,
la stessa che egli aveva già frequentato, ancora liceale, per seguirvi alcuni
corsi di filosofia. Tra i suoi insegnanti vi sono Einaudi, da cui «rafforza il
suo primitivo, spontaneo anti-statalismo, in cui s'incontrano liberalismo,
liberismo e quello stesso libertarismo che gli è congeniale --, Farinelli,
Mosca, Prato, Ruffini e Solari, con il quale sosterrà la tesi di laurea, “La
filosofia politica di VAlfieri. Non solo: a settembre aveva scritto
all'amica Ada di aver deciso di fondare un periodico che s'occuperà di filosofia,
questioni sociali è fatto di soli giovani si tratta di opera di intensificazione
di cultura e di azione e tutti i giovani devono aiutarla. Esce il primo numero
del quindicinale “Energie Nove” nel quale scrive di voler «ortare una fresca
onda di spiritualità nella gretta cultura di oggi non c'è mai momento inopportuno
per lavorare seriamente. Ispirata alle
idee liberali di Einaudi, è vicina all'Unità di Salvemini, del quale riporta,
nel secondo numero, l'aspra critica alla classe dirigente. L'Italia ha vinto.
Ma se avesse avuto una classe dirigente meno incolta, più consapevole delle sue
tradizioni e dei suoi doveri, meno avida moralmente, l'Italia avrebbe vinto
assai prima e assai meglio. È finita o sta per finire una guerra. Ne comincia
un'altra. Più lunga, più aspra, più spietata. L'altra «guerra più lunga e
spietata è quella della riforma del Paese, una riforma che dev'essere, nelle sue
intenzioni Gobetti, innanzi tutto culturale e morale, e per la quale occorre
serietà e intensità al lavoro secondo i motivi di quellidealismo militante che
ha animato La Voce di Prezzolini, altro nume ispiratorei. Era doveroso
partecipare in prima persona al dibattito politico e intellettuale
contemporaneo. Levi, in «Introduzione agli Scritti politici di Piero Gobetti. Sospende
la pubblicazione della rivista per poter partecipare, a Firenze, al I Congresso
degli Unitari, i sostenitori della rivista di Salvemini, della quale egli è
fondatore e rappresentante del Gruppo torinese. Può così conoscere di
persona l'intellettuale pugliese e ne è entusiasta. “Salvemini è un
genio.” “Me lo immaginavo proprio così. L'uomo che sviscerale questioni, che la
fa smettere agli importuni e ti presenta tutte le soluzioni in due minuti,
definitive.” “Un'altra persona di cui sono entusiasta è Prezzolini, franco, semplice,
pratico.” “Editore propriamente come lo pensavo io.” “L'editore più
intelligente d'Italia.” A seguito del Congresso, gli Unitari fondano la Lega
democratica per il rinnovamento della politica nazionale, una formazione
politica che non riuscirà nemmeno a presentarsi alle elezioni e avrà vita
breve. Alle elezioni politiche dell'anno seguente, Salvemini si candiderà con
successoin una formazione di ex-combattenti. Salvemini deve aver compreso
le qualità di Gobetti se arriva a offrirgli la direzione de L'Unità, una proposta
che però, lascia cadere. Non si sente pronto per tanto impegno, come scrive nel
suo diario: “Com'è vasta la cultura che devo conquistare!” E non basta
conquistare il vecchio. Sono giovane e devo anche produrre, creare quel po' che
si può creare. Ho tutta la vita davanti per sedermi in campagna, davanti al
camino, a mangiare pane e noci. Ho una responsabilità. Devo espormi in prima
persona. Perciò faccio la rivista. Voglio impormi nel lavoro». E s'impone un
piano di studi. “Gentile, ciò che non conosco ancora, rileggerò Croce avvierò
lo studio del Marxismo. Per ora non mi preme. Basta che mi formi un'idea
generale di Marx e della critica marxista (Sorel, Labriola, ecc.). “D'altra
parte studio il bolscevismo, minutamente». Un suo grande ispiratore fu
certamente il socialista Jaurès. Il primo numero di Energie Nove
Queste note sembrano riflettere anche la polemica che, appena riprese le
pubblicazioni, Energie Nove aveva avuto con L'Ordine Nuovo al tempo
sprezzantemente definito dallo stesso Gobetti un «giornaletto torinese di
propaganda» di Togliatti, che aveva accusato Gobetti di idealismo astratto, e
di Gramsci, che aveva definito velleitaria la Lega democratica, un ricettario
per cucinare la lepre alla cacciatora senza la leper. Ora ivi è il segno di
un'inquietudine nuova, provocatagli dall'esperienza della rivoluzione russa e
dallo sviluppo del movimento operaio, molto attivo a Torino. Pubblica due
numeri unici sul socialismo, conosce personalmente Gramsci, stimandolo e
venendone apprezzato, del quale pubblica un articolo, studia il russo con la
fidanzata Ada insieme curano “Il figlio dell'uomo” di Andreev, pubblicato
dall'editore Sonzogno ed scrive, criticando la politica sviluppata da d'Annunzio
in forma di retorica, che la politica oggi deve essere realizzata come forma di
educazione. La simpatia che io provo per Trotzchi [sic] e Lenin sta nel fatto
che essi in un certo modo sono riusciti a realizzare questo valore. Sebbene
restio a sposarla (emblematica fu la risposta «Grazie, non fumo…»), nella
considerazione del rapporto con la fidanzata si rivela anche la sua profonda
maturità e serietà morale: Ho dovuto rifarmi un senso morale, un senso della
vita forte a sedici anni, in gran parte a diciassette, e siccome me lo son
fatto pensando a lei, gliene sarò grato sempre. Una fanciulla come io la
sognavo sola poteva darmi un senso immediato di elevazione. Ho creduto in lei e
la amo tanto perché mi fa credere ancora adesso. La rivista Energie Nove cessa
le pubblicazioni. Sentivo bisogno di maggiore raccoglimento e pensavo una
elaborazione politica assolutamente nuova, le cui linee mi apparvero di fatto
nel settembre al tempo dell'occupazione delle fabbriche. Devo la mia
rinnovazione dell'esperienza salveminiana al movimento dei comunisti torinesi
da una parte (vivi di un concreto spirito marxista) e dall'altra agli studi sul
Risorgimento e sulla rivoluzione russa che ero venuto compiendo in quel tempo»,
e in giugno si consuma anche il distacco con la Lega democratica degli amici di
Salvemini. Continua le traduzioni dal russo ed intraprende quelle dal francese
dei modernisti Blondel e Laberthonnière lo studio sulla filosofia di
quest'ultimo gli è suggerito da Solarie cerca di rintracciare le radici del
Risorgimento italiano studiando la cultura piemontese del
Sette-Ottocento. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che
realmente costruiscono un ordine nuovo. Non sento in me la forza di seguirli
nell'opera loro, almeno per ora. Ma mi par di vedere che a poco a poco si
chiarisca e si imposti la più grande battaglia del secolo. Allora il mio posto
sarebbe dalla parte che ha più religiosità e spirito di sacrificio. (Piero
Gobetti, lettera ad Ada Prospero). Quando, ai primi di settembre, la FIAT e le
altre maggiori fabbriche torinesi sono occupate dagli operai, Gobetti scrive: Qui
siamo in piena rivoluzione. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che
realmente costruiscono un mondo nuovo il mio posto sarebbe necessariamente
dalla parte che ha più religiosità e volontà di sacrificio. La rivoluzione si
pone oggi in tutto il suo carattere religioso. Si tratta di un vero e proprio
grande tentativo di realizzare non il collettivismo ma una organizzazione del
lavoro in cui gli operai o almeno i migliori di essi siano quel che sono oggi
gli industriali». Si tratta, a suo avviso, di una rivoluzione che se non
rinnoverà gli uomini, e perciò neanche la nazione, potrà almeno rinnovare lo
Stato, creando una nuova classe dirigente: «si può rinnovare lo Stato solo se
la nazione ha in sé certe energie (come ora appunto accade) che improvvisamente
da oscure si fanno chiare e acquistano possibilità e volontà di
espansione». La presa di distanza dall'azione politica di Salveminila sua
ammirazione personale nei suoi confronti resterà comunque intattaè ora piena:
gli rimprovera, come scriverà pochi anni dopo, diintendere l'azione politica
unicamente come «una questione di morale e di educazione»: il suo «moralismo
solenne, mentre costituisce il suo più intimo fascino, appare il segreto delle
sue debolezze, La sua concezione razionalista si risolve in un'azione di illuminismo
e di propagandismo, che può riuscire utile a una società di cultura, non a un
partito». Prosegue i suoi studi sul Risorgimento e sulla Russia,
terminando in ottobre La Russia dei Soviet: è la volontà di comprendere
funzioni e limiti di due esperienze rivoluzionarie, al cui centro è sempre il
problema della formazione della classe politica che diriga un Paese e dei suoi
rapporti con la popolazione. Ne conclude che il Risorgimento non può
considerarsi un'esperienza rivoluzionaria, dal momento che i dirigenti politici
che espresse rimasero estranei rispetto al popolo, diversamente dalla
rivoluzione sovietica che, a suo avviso, ha espresso dirigenti come Lenin e
Trotskij, che non sono soltanto dei bolscevichi, ma «uomini d'azioni che hanno
destato un popolo e gli vanno ricreando un'anima» e, del resto, la creazione
dal basso di un nuovo Stato, nel quale il popolo abbia fiducia proprio in
quanto avvertito come opera propria, «è essenzialmente un'affermazione di
liberalismo» Sono concetti ripresi in un articolo pubblicato su
L'Educazione nazionale, il Discorso ai collaboratori di Energie Nove, nel quale
individua nel movimento operaio un «valore nazionale»: la novità, venuta dalla
Russia e che sembra farsi strada anche in Italia, consiste nel fatto che «il
popolo diventa Stato. Nessun pregiudizio del nostro passato ci può impedire la
visione del miracolo. Questo non avrebbero fatto i liberali, questo non possono
fare dei marxisti. Il movimento operaio è un'affermazione che ha trasceso tutte
le premesse. È il primo movimento laico d'Italia. È la libertà che
s'instaura». Il suo avvicinamento alle posizioni dei giovani comunisti
dell'Ordine Nuovo ha anche il concreto effetto di una collaborazione e Gobetti
diventa il critico teatrale della rivista. A luglio, a Torino, deve assolvere
gli obblighi di leva: «la vita militare è la consacrazione di tutti gli egoismi
e di tutte le meschinità la meccanicità pervade ogni forma di vita; tutto si
riduce a elemento, a vegetazione. La caserma è l'antitesi del pensiero. Esce il
primo numero della sua nuova rivista settimanale, La Rivoluzione liberale, in
cui collaboreranno spesso anche Fortunato, Gramsci e Sturzo: l'obiettivo, come
indicato nell'Avviso ai lettori, è pur sempre quello di Energie Nove, ossia di
formare una classe politica nuova ma, ora si aggiunge, che sia cosciente delle
esigenze sociali nascenti dalla partecipazione del popolo alla vita dello Stato.
E poiché l'Unità di Salvemini ha cessato le pubblicazioni, La Rivoluzione Liberale
intende proseguire quegli sforzi di riorganizzazione morale che nell'Unità si
avvertirono. E nel Manifesto inaugurale espone il programma della rivista. La
Rivoluzione Liberale pone come base storica di giudizio una visione integrale e
rigorosa del nostro Risorgimento; contro l'astrattismo dei demagoghi e dei
falsi realisti esamina i problemi presenti nella loro genesi e nelle loro
relazioni con gli elementi tradizionali della vita italiana; e inverando le
formule empirico-tradizionaliste del liberismo classico all'inglese, afferma
una coscienza moderna dello Stato, che prenda in considerazione anche i più
sottili, ma non di certo trascurabili, trapassamenti dialettici della storia. Vi
pubblica la Storia dei comunisti torinesi scritta da un liberale e a maggio
dedica un numero intero all'emergente movimento fascista. Il mese successivo
consegue la laurea e, l'anno seguente, pubblicherà la sua tesi sull'Alfieri. E vivamente
colpito dagli scritti del patriota e federalista italiano Cattaneo, del quale è
uscita in quei giorni un'antologia curata da Salvemini, che egli incontra a
Torino. Su Cattaneo ci siamo intesi, egli è assai vicino alle idee che gli ho
espresso. Su Cattaneo scrive un articolo sull'Ordine Nuovo sono i giorni della
devastazione fascista della sede della rivista comunista firmandosi Giuseppe
Baretti: rappresentante della critica del processo unitario risorgimentale,
Cattaneo fu emarginato dalla classe dirigente moderata. Eppure Cattaneo avversò
non l'unità, ma l'illusione di risolvere con il mito dell'unità tutti i
problemi che invece si potevano intendere soltanto nella loro specifica realtà
autonoma, regionale senza atteggiarsi a profeta, senza l'enfasi dell'apostolo,
capì che il fondare una nazione non era impresa di letterati entusiasti, cercò
nelle tradizioni un linguaggio di serietà, un ammaestramento di cautela. E lo
condannarono alla solitudine e all'impopolarità, e diedero a lui, uomo positivo
e realista, un ufficio di Cassandra, predicante al deserto. Favorito
dall'inerzia dei Savoia e dalla complicità dei dirigenti liberali, il fascismo
procede alla conquista del potere e Gobetti non s'illude che con esso si possa
venire a compromessi e lo si possa acquistare alla causa democratica. Scrive
L'elogio della ghigliottina: bisogna sperare «che i tiranni siano tiranni, che
la reazione sia reazione, che ci sia chi abbia il coraggio di levare la
ghigliottina, che si mantengano le posizioni fino in fondo. Chiediamo le
frustate, perché qualcuno si svegli, chiediamo il boia, perché si possa veder
chiaro» e che «noi siamo come la dura scorza di una noce: proteggeremo i nostri
ideali dalla sopraffazione con tutte le nostre forze e fin quando possibile».
Sposa Prospero: vanno ad abitare nella sua casa natale di via XX Settembre 60,
che diviene anche la sede della casa editrice che egli fonda, col suo nome: la Gobetti
editore, che pubblicherà, in poco più di due anni, oltre cento titoli. In
qualità d'editore, Gobetti porta in Italia, traducendoli, alcuni dei libri e
degli autori simbolo del pensiero liberale classico, come Mill. È tra i primi a pubblicare i libri di Einaudi
ed è lui a pubblicare la prima edizione di Ossi di seppia, una delle più famose
raccolte di poesia di Montale. I libri editi furono in molti casi dati alle
fiamme o comunque distrutti sotto il fascismo e, per questo motivo, sono in
molti casi introvabili, come il volume dedicato al socialista Matteotti, di cui
esistono pochissime copie. Tutti i suoi libri riportano in copertina un
motto liberale, scritto in greco antico in modo circolare, che recita
testualmente "Cosa ho a che fare io con gli schiavi?". Gobetti e Prospero
si trasferiranno poi in via Fabro 6, attuale sede del Centro di studi a lui
intitolato. E arrestato perché sospetto di appartenenza a gruppi sovversivi che
complottano contro lo Stato. Rilasciato cinque giorni dopo, subisce un nuovo
arresto , provocando un'interrogazione parlamentare alla quale il governo
risponde che era stato redattore dell'Ordine Nuovo di Torino, giornale anti-nazionale;
la rivista che egli dirige, conduce da tempo una campagna contro le istituzioni
e il governo fascista; il prefetto si è perciò sentito in diritto di far
operare una perquisizione e il fermo di Gobetti per misure di ordine
pubblico». Gobetti replica con una lettera ai giornali, ribadendo la sua
funzione di oppositore del fascismo, e aggiunge, nei libri stampati dalle sue
edizioni, il motto «Che ho a che fare io con gli schiavi?». Dopo aver preso le
distanze dal Prezzolini, che ha scelto il disimpegno di fronte al fascismo, rinnega
anche il suo originario gentilismo. Gentile è incapace di dar ragione di ogni
fatto politico, nel suo semplicismo pratico la filosofia gentiliana mostra
caratteristicamente i suoi limiti e la nessuna aderenza al reale. Le tematiche
liberali maggiormente sentite trovano una prima e ultima sistemazione in La
rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, frutto maturo
delle esperienze giornalistiche precedenti, dato alle stampe. L'opera è divisa
in quattro parti: L'eredità del Risorgimento, La lotta politica in Italia, La
critica liberale, Il fascismo. La fretta con cui vuol dare alle stampe questo
saggio di lucida analisi politica gli impedisce di curare bene le parti
marginali. Così succede che "L'eredità del Risorgimento" venga
solo abbozzata: «Il problema italiano non è di autorità, ma di autonomia:
l'assenza di una vita libera fu attraverso i secoli l'ostacolo fondamentale per
la creazione di una classe dirigente, per il formarsi di un'attività economica
moderna e di una classe tecnica progredita. Un Risorgimento calato dall'alto,
che di popolare non aveva nulla. La sfida era riempire di liberalità le
istituzioni liberali formalmente create. Nel primo dopoguerra assiste a
qualcosa di assolutamente nuovo: la nascita dei partiti di massa (Partito
Popolare Italiano e Partito Comunista d’Italia saranno una prima versione dei
due partiti più importanti della cosiddetta Prima Repubblica. Ma questo non
basta. Per anni la lotta politica non riuscì a dare la misura della lotta
sociale. Una cosa erano le questioni politiche, un'altra le esigenze sociali,
ma queste «non possono essere separate dalla politica al pari di come un felino
astuto non si ciberà del formaggio ma ne farà da esca per il topo». La seconda
parte si divide in sei capitoli. Ciascun capitolo è un fattore della lotta
politica: sono presenti liberali e democratici, popolari (sviluppate le figure
di Toniolo, Meda e Sturzo), socialisti, comunisti (grande spazio dato a Antonio
Gramsci), nazionalisti (emblematico il pensiero di Alfredo Rocco) e repubblicani. La
terza parte è il cuore pulsante del saggio: una proposta concreta per fare
politica senza dimenticare la società. La lotta di classe è per Gobetti
strumento di formazione di una nuova élite, una via di rinnovamento popolare.
Insomma, la lotta politica deve essere lotta sociale. In politica
ecclesiastica, si rifà alla pregiudiziale cavouriana della laicità, come
necessità da mantenere (cosa che verrà invece negata dai Patti Lateranensi).
Per la discussione sulle modalità d'elezione, è convinto fautore della proporzionale. Il
collegio uni-nominale aveva corrotto il rappresentante in tribuno. Solo
con la proporzionale gli interessi si organizzano, così che l'economia venga
elaborata dalla politica. Di grandissima attualità è la parte dedicata al
problema dei contribuenti. Il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato.
Non ha coscienza di esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana.
L'imposta gli è imposta. Una rivoluzione di contribuenti in Italia in queste
condizioni non è possibile per la semplice ragione che non esistono
contribuenti. Era quindi necessario per lui raggiungere una maggiore maturità
economica e sociale. Il popolo doveva comprendere l'importanza di contribuire
nello Stato, e imparare il valore dell'onestà. Per questo richiama attenzione
sul problema scolastico. In un mondo fatto per grossa parte da analfabeti o
semi--analfabeti, la questione era fondamentale. Manca un numero sufficiente di
maestri, perciò si sarebbe dovuto mobilitare chiunque in grado di saper
insegnare (anche preti, massoni, bolscevichi e così via). La questione
non evita di trattare l'aspetto economico. Contro il parassitismo pensa che
fosse utile tagliare stipendi e investimenti, così da distinguere la vocazione
all'insegnamento dalla vocazione al parassitare. In politica estera prospetta
un ruolo importante per l'Italia a Versailles. E convinto della possibilità di
ottenere un buon accordo attraverso una mediazione. Nella quarta ed ultima
parte vi è una rapida esposizione del perché si oppone con ogni mezzo al
fascismo. Si è detto che per l'autore la lotta sociale deve essere portata in
Parlamento e dar vita a una lotta politica efficiente ed efficace. Mussolini
invece fece in modo da soffocare la lotta politica, quando questa più di ogni
altra cosa era necessaria all'Italia. Così il Duce e «l'eroe rappresentativo di
questa stanchezza e di questa aspirazione di riposo» che si esplicava nel
tacito consenso della popolazione allo sradicamento di ogni lotta politica
nella nazione. In modo profetico, da esperto conoscitore del pensiero di Hegel
qual era, prevede e mette in guardia delle conseguenze della concessione del
potere a Mussolini secondo le dinamiche della dialettica “servo-signore”
ipotizzando una guerra civile imminente. Il saggio è fortemente militante.
Nella nota a conclusion, è chiaro: cerca collaboratori, non lettori. vuole la
"rivoluzione liberale", cioè un nuovo liberalismo; nutre una forte
avversione per il fascismo, anche perché non è qualcosa di nuovo ma, anzi, il
risultato ottenuto da coloro che hanno governato l'Italia: è quindi una
condanna della vecchia classe dirigente liberale. Il fascismo nasce
dall'invadenza del cattolicesimo e dalla demagogia dell'Italia liberale: Fascismo
come autobiografia della nazione, il fascismo è, insomma, solo l'incancrenirsi
dei mali tradizionali della società italiana. La società tradizionale
italiana re-agisce sostenendo una forza conservatrice come quella del fascismo,
anche se in realtà qualcosa di buono nell'Italia del primo dopo-guerra vi era
stato: il proletariato (soprattutto quello torinese) che tenta di assumere su
di sé la responsabilità di mutare lo stato delle cose. La borghesia ha perso
ogni funzione propositiva. La borghersia è una classe parassitaria che si è
adagiata e aspetta tutto dallo Stato. Si blocca così ogni istanza di
rinnovamento. La funzione liberale e libertaria è assunta dal proletariato. Le
considerazioni politiche di risentono della sua opinione sulla storia italiana,
in “Risorgimento senza eroi” Gobetti descrive questo periodo come un'epopea
patriottarda di cui simbolo è Mazzini (tante parole, pochi fatti): al
Risorgimento sono mancati il pragmatismo e il realismo. Ci sono due eroi
nel Risorgimento e sono Cattaneo e Cavour, due figure assai distanti tra loro
ma accomunabili per il loro pragmatismo: Cattaneo gli piace a per la sua
volontà di operare, per la capacità di propugnare istanze pragmatiche e vuote
di retorica. Cavour è uomo che media per raggiungere degli obiettivi, ha mire
di lungo periodo. Il Risorgimento di Cattaneo è sconfitto, ma non quello di
Cavour. Entrambi, però, hanno instillato nella società italiana lo spirito
della competizione e l'ideale di assunzione di responsabilità. La società
italiana si regge su ruoli e cariche già predefiniti, è statica e stagnante: il
proletariato, però, si ribella a ciò, rifugge situazioni già prestabilite per
costruire una società nuova in cui ciascuno sarà libero di esprimersi. La
persecuzione, l'esilio e la morte. Si reca in Francia, a Parigi e poi a Palermo,
per incontrare alcuni amici conosciuti durante il recente viaggio di nozze. I
suoi spostamenti sono seguiti dalla polizia italiana e, Mussolini telegrafa al
prefetto di Torino, Palmieri: “Mi si riferisce che noto Gobetti sia stato
recentemente a Parigi e che oggi sia a Palermo. Prego informarmi e vigilare per
rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore di governo.” Il
prefetto obbedisce. Viene percosso, la sua abitazione perquisita e le sue carte
sequestrate. Come scrive a Lussu, la polizia sospetta che egli intrattenga
rapporti in Italia e all'estero per organizzare le forze antif-asciste. È
il giorno che precede la scomparsa di Matteotti, il cui corpo verrà ritrovato
solo in agosto, ma subito si ha la certezza che si tratti di un omicidio
perpetrato da sicari fascisti. Ne traccia un profile. Non ostenta presunzioni
teoriche: dichiara candidamente di non aver tempo per risolvere i problemi
filosofici perché doveva studiare i bilanci e rivedere i conti degli amministratori
socialisti vide nascere nel Polesine il movimento fascista come schiavismo
agrario, come cortigianeria servile degli spostati verso chi li paga; come
medievale crudeltà e torbido oscurantismo Sente che per combattere utilmente il fascismo
nel campo politico occorre opporgli esempi di dignità con resistenza tenace.
Farne una questione di carattere, di intransigenza, di rigorismo. Auspica,
dalle colonne della sua rivista, la formazione di "Gruppi della
Rivoluzione Liberale", formati da uomini di tutti i partiti anti-fascisti,
che combattano il fascismo, questo fenomeno politico che trae i motivi del suo
successo e della sua conservazione dalla creazione di «un esercito di parassiti
dello Stato». Occorre, a questo scopo, formare un'economia moderna con
un'industria libera da ogni protezionism e da ogni paternalismo di Stato e con una
classe proletaria politicamente intransigente aiutare i partiti seri e moderni
a liberarsi dei costumi giolittiani. La guerra al fascismo è questione di
maturità storica, politica, economica. Questi articoli e quello in cui accusa
il deputato fascista, grande invalido di guerra, Delcroix, di manovre
parlamentari definite aborti morali, provocano il sequestro della rivista ed
una violenta aggressione da parte di uno squadrone fascista. Persino un
articolo di Fiore contro il criminale fascista Dumini, apparso su La Rivoluzione
Liberale, fornisce il pretesto al prefetto di Torino di sequestrare la rivista.
Con Fiore e conDorso pubblica un Appello ai meridionali e con il Saluto
all'altro Parlamento appoggia l'iniziativa aventiniana, dalla quale si aspetta
un'opposizione intransigente e un esempio di rinnovamento dei costumi
parlamentari italiani. Fonda una nuova rivista, Il Baretti, alla quale
collaborano, tra gli altri, Monti, Sapegno, Croce e Montale. Come La
Rivoluzione Liberale è dedicata a temi storico-politici, così la nuova rivista
vuole essere riservata alla critica letteraria e all'estetica. Il riferimento a
Baretti, letterato italiano vissuto a lungo all'estero, e alla sua Frusta
letteraria, esempio di polemica vivace e irriverente, sottintende, scrive nel
numero d'esordio, «una volontà di coerenza con le tradizioni di battaglia
contro culture e letterature costrette nei limiti della provincia, chiuse dalle
frontiere di dogmi angusti e di piccole patrie». In ossequio alle
direttive mussoliniane, proseguono i sequestri della sua rivista. Rimedieremo
ai sequestri rifacendo l'edizione, scrive Gobetti e anche quel numero viene sequestrato
con il pretesto di scritti diffamatori dei poteri dello Stato e tendenti a screditare
le forze nazionali. Cura La Libertà di Mill, con la prefazione di Einaudi, il
quale scrive che quando, per fiaccare la voce dei ribelli, si assevera dai
dominatori la unanimità del consenso, giova rileggere i grandi libri sulla
libertà. Anche produrre citazioni di scrittori del passato che non collimino
col pensiero del Regime può essere tendenzioso e perciò provocare il sequestro
della rivista. E arrestato Salvemini, che ha pubblicato sul foglio clandestino
Non Mollare l'articolo Mussolini il mandante. Altri sequestri de La Rivoluzione
Liberale avvengono. Un periodo di serenità per Piero e la moglie Ada che
aspetta un bambino è rappresentato da un viaggio a Parigi e a Londra. A Parigi
pensa di stabilire una sua casa editrice: «Credo che solo da Parigi, solo in
francese, solo con la solidarietà dello spirito francese un italiano possa fare
con utilità un'opera pratica di intelligenza europea. S'intende senza
chauvinisme francese. D'altra parte, intende ancora rimanere in Italia. Rimarrò
in Italia fino all'ultimo. Sono deciso a non fare l'esule. A metà agosto fanno ritorno a Torino e è
nuovamente vittima dei pestaggi squadristi, ma è ancora intenzionato a rimanere
in Italia. Bisogna amare l'Italia con orgoglio di europei e con l'austera
passione dell'esule in patria, scrive nell'articolo Lettera a Parigi, per
capire con quale serena tristezza e inesorabile volontà di sacrificio noi
viviamo nella presente realtà fascista. Le nostre malattie e le nostre crisi di
coscienza non possiamo curarle che noi. Dobbiamo trovare da soli la nostra
giustizia. E questa è la nostra dignità di anti-fascisti. Per essere europei
dobbiamo su questo argomento sembrare, comunque la parola ci disgusti,
nazionalisti. Poiché i ripetuti
sequestri a nulla hanno valso, e che il periodico in parola, sotto l'aspetto di
critiche e di discussioni politiche, economiche, morali e religiose, che
vorrebbero assurgere ad affermazioni e sviluppi di principi dottrinari, mira in
realtà, con irriverenti richiami, alla menomazione delle Istituzioni
Monarchiche, della Chiesa, dei Poteri dello Stato, danneggiando il prestigio
nazionale, e nel complesso può dar motivo a reazioni pericolose per l'ordine
pubblico, persistendo in violazioni sempre più gravi ai vigenti decreti sulla
stampa», il prefetto d'Adamo diffida «il Direttore responsabile del periodico
La Rivoluzione Liberale, ai sensi e per
gli effetti di cui all'art.” ad adeguarsi alle direttive del Regime e poiché
l'8 novembre la rivista disattende l'ordine, il prefetto ingiunge la cessazione
definitiva delle pubblicazioni e la soppressione della stessa casa editrice per
attività nettamente anti-nazionale. D'ora in avanti sarò palesatamente costretto
all'infelice dissenso. La libertà d'opinione è stata soppressa come una rete
che viene sradicata: senza possibilità di dialogare sono destinato ad essere
sopraffatto. A cosa serve più, ora, fare finta? Gobetti, che ora soffre anche
di scompensi cardiaci,
provocati o aggravati dalle violenze subite, pensa di lasciare l'Italia per
proseguire in Francia l'attività editoriale. Nasce a Torino il figlio Paolo, che
durante la seconda guerra mondiale diventerà partigiano e poi giornalista per
l'Unità, oltreché storico del cinema. Scrive una lettera a Fortunato. Parto per
Parigi dove farò l'editore francese, ossia il mio mestiere che in Italia mi è
interdetto. A Parigi non intendo fare del libellismo, o della polemica
spicciola come i granduchi spodestati di Russia; vorrei fare un'opera di cultura,
nel senso del liberalismo europeo e della democrazia moderna. Parte da solo per
Parigi. Alla stazione di Genova viene a salutarlo Montale. Si ammala di una bronchite, che
esacerba gravemente i suoi problemi cardiaci. Trasportato in una clinica di Neuilly-sur-Seine,
vi muore assistito da Fausto, Nitti, Prezzolini e Emery. È sepolto nel cimitero
parigino di Père-Lachaise. Opere: “La filosofia politica di Alfieri”
(Torino, Gobetti); “La frusta teatrale, Milano, Corbaccio, Felice Casorati. Pittore,
Torino, Gobetti, “Dal bolscevismo al fascismo. Note di cultura politica” (Torino,
Gobetti); Il teatro di Enrico Pea, in Enrico Pea, Rosa di Sion, Torino,
Gobetti, Matteotti, Torino, Gobetti, Postfazione di Marco Scavino, Edizioni di
Storia e Letteratura, col titolo Per Matteotti. Un ritratto, Il Melangolo,
Genova, “La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia,
Bologna, Cappelli, Opere edite e
inedited; “Risorgimento senza eroi” “Piemonte nel Risorgimento, Torino,
Edizioni del Baretti, Paradosso dello spirito russo, Torino, Edizioni del
Baretti, Opera critica “Arte, religione, filosofia, Torino, Baretti, ITeatro,
letteratura, storia, Torino, Baretti, Scritti attuali, Roma, Capriotti, 1945.
Coscienza liberale e classe operaia, Paolo Spriano, Torino, Einaudi,Opere
complete di Piero Gobetti I, Scritti politici, Paolo Spriano, Torino, Einaudi, Scritti storici, letterari e filosofici, Spriano,
Torino, Einaudi,III, Critica teatrale,
Guazzotti e Gobetti, Torino, Einaudi, L'editore ideale. Frammenti
autobiografici con iconografia, Franco Antonicelli, Milano, All'insegna del
pesce d'oro, Energie nove, Torino, Bottega d'Erasmo, Il Baretti, Torino,
Bottega d'Erasmo, Lettere dalla Sicilia, nota di Giovanna Finocchiaro Chimirri,
introduzione di Nicola Sapegno, Palermo, Nuova editrice meridionale, Nella tua breve esistenza. Lettere on Ada
Gobetti, Ersilia Alessandrone Perona, Collana NUE Torino, Einaudi, Nuova ed.
riveduta e integrata, Collana Piccola Biblioteca.Nuova serie, Einaudi, Con
animo di liberale. Gobetti e i popolari. Carteggi Bartolo Gariglio, Milano, F.
Angeli, Dizionario delle idee, Bucchi, Roma, Editori Riuniti, Antifascismo
etico. Elogio dell'intransigenza, M. Gervasoni, Milano, M&B Publishing,
Carteggio Ersilia Alessandrone Perona, Torino, Einaudi, Che ho a che fare io
con i servi? Zibaldone politico, Reggio Emilia, Aliberti, Il giornalista arido Articoli Collana Classici
idel giornalismo, Torino, Aragno, Carteggio Ersilia Alessandrone Perona, Torino,
Einaudi, , Biografia di Gobetti M. Brosio, Riflessioni su Gobetti, Gobetti, L'editore
ideale,P. Gobetti, L'editore ideale, c N. Bobbio, Italia fedele. Il mondo di
Gobetti, Nella tua breve esistenza. LettereGobetti, Energie Nove, Lettera ad Ada Prospero, Nella tua breve
esistenza, Diario, Piero Gobetti L'editore ideale, Carlo Levi, in
«Introduzione agli Scritti politici di Piero Gobetti», Togliatti, I parassiti
della cultura, in «L'Ordine Nuovo», Gramsci, Contributi a una nuova dottrina
dello Stato e del colpo di Stato, in «L'Ordine Nuovo»,Nella tua breve
esistenza, cAlberto Cabella, Elogio della libertà. Biografia di Piero Gobetti,
Torino, Il Punto, L'editore ideale, Gobetti, Rivoluzione liberale, Nella tua
breve esistenza, Gobetti, La Rivoluzione liberale, in «Scritti politici», Scritti
politici, Nella tua breve esistenza, Manifesto
della Rivoluzione Liberale, Nella tua
breve esistenza, La rivoluzione Liberale, Elogio della Ghigliottina, Dizionario Biografico degli Italiani La Rivoluzione Liberale, I miei conti con
l'idealismo attuale, Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica
in Italia, cCarlo Levi, in «Introduzione agli Scritti politici di Gobetti», La
Rivoluzione Liberale, Gruppi della Rivoluzione Liberale, La Rivoluzione
Liberale, Come combattere il fascismo,Arturo Colombo, Hutchings, Gobetti,
GOBETTI AND MATTEOTTI, Il Politico, In ,
La cultura francese nelle riviste e nelle iniziative editoriali di Gobetti, Lettera
ad Prospero, Basso, Anderlini, Le riviste di Gobetti, Feltrinelli,Prezzolini,
Gobetti e «La Voce», Firenze, Sansoni, Manlio Brosio, Riflessioni su Piero
Gobetti, Quaderni della Gioventù liberale italiana di Torino, Giancarlo
Bergami, Guida bibliografica degli scritti su Piero Gobetti, Collana Opere
diGobetti, Torino, Einaudi, Paolo Spriano, Gramsci e Gobetti, Torino, Einaudi, Antonio
Carlino, Politica e dialettica in Gobetti, Lecce, Milella, Paolo Bagnoli, Gobetti. Cultura e politica di un liberale
del Novecento, Firenze, Passigli, Umberto Morra di Lavriano, Vita di Piero
Gobetti, pref. di N. Bobbio, Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Piero
Gobetti e la Francia, Milano, Franco Angeli, Luigi Anderlini, Gobetti critico,
in Letteratura italiana. I critici, Milano, Marzorati, Gobetti e gli
intellettuali del Sud, Napoli, Bibliopolis, Giacomo De Marzi, Piero Gobetti e
Benedetto Croce, Urbino, Quattroventi, Alberto Cabella, Elogio della libertà.
Biografia di Piero Gobetti, Torino, Il Punto, Marco Gervasoni, L'intellettuale
come eroe. Piero Gobetti e le culture del Novecento, Firenze, La Nuova Italia, Bagnoli,
Il metodo della libertà. Piero Gobetti tra eresia e rivoluzione, Reggio Emilia,
Diabasis, Gariglio, Progettare il postfascismo. Gobetti e i cattolici, Milano,
Franco Angeli, Virgilio, Gobetti. La cultura etico-politica del primo Novecento
tra consonanze e concordanze leopardiane, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, Angelo
Fabrizi, «Che ho a che fare io con gli schiavi?». Gobetti e Alfieri, Firenze,
Società Editrice Fiorentina, Flavio Aliquò Mazzei, Piero Gobetti. Profilo di un
rivoluzionario liberale, Firenze, Pugliese, Bartolo Gariglio , L'autunno delle libertà Lettere
ad Ada in morte di Gobetti, Torino, Bollati Boringhieri, Erba, Piero Gobetti,
in Intellettuali laici nel '900 italiano, Padova, Grasso editore, Ciampanella,
Senza illusioni e senza ottimismi. PGobetti. Prospettive e limiti di una
rivoluzione liberale, Roma, Aracne, Socialismo liberale Liberalismo
socialeSalvemini Amendola Croce AlfieriMatteotti Il Baretti La Rivoluzione
liberale. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Opere di Piero Gobetti, su Liber Liber.
Opere di Piero Gobetti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Piero Gobetti, . Il Centro Studi Piero
Gobetti, su centrogobetti. «La Rivoluzione Liberale» online, su erasmo.Gobetti,
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Piero Gobetti, su radicalsocialismo. La casa di Gobetti in via XX Settembre a
Torino, su multimedia.lastampa. Piero Gobetti. Keywords. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Gobetti” – The Swimming-Pool Library.
Gobbo -- Federico Gobbo – esperantista
-- He has collaborated with philosophers.
GONELLA. (Bari). Grice: “Like
Foucault, and a few English philosophers who explored the conceptual
intricacies of the ‘justification’ of punishment, Gonnella’s oeuvre is
brilliant!” Opere: “Il diritto (non) ci salverà, Il Manifesto, Detenuti stranieri in Italia. Norme, numeri e
diritti, Editoriale Scientifica, . Carceri. I confini della dignità, Jacabook,
. La tortura in Italia, Derive Approdi, . Jailhouse Rock, cento musicisti
dietro le sbarre, Arcana, . Il carcere spiegato ai ragazzi, Il Manifesto libri,
. Patrie galere, Carocci, Sviluppo urbano e criminalità a Roma, Sinnos, Il collasso delle carceri italiane. Sotto la
lente degli ispettori europei, Sapere Consiglio d'Europa, Bisogna aver visto.
Il carcere nella riflessione degli antifascisti, Edizioni dell’Asino, . I
paradossi del diritto. Scritti in omaggio a Resta, Roma TrE-Press, Giustizia e carceri secondo papa Francesco, Jaca
Book, . Onorare gli impegni. L'Italia e le norme contro la tortura, Sinnos, Inchiesta
sulle carceri italiane, Carocci, Il Carcere trasparente. Primo rapporto
nazionale sulle condizioni di detenzione, Castelvecchi, Patrizio Gonnella. Keyword:
sanction, punishment. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gonella” – The
Swimming-Pool Library.
GORETTI. (Torino). Filosofo. Si laurea a Torino sotto Solari. Fequenta
Milano, dove incontra Martinetti. Segretario delCongresso Nazionale di
Filosofia, organizzato dalla Società filosofica italiana. Il Congresso è sciolto
dalle autorità dopo appena due giorni. Firmano la lettera di protesta
indirizzata al rettore Luigi Mangiagalli, nel quale si "protesta in nome
della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di
violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica.” Al momento
del giuramento di fedeltà, necessario per entrare nella carriera universitaria
o per proseguirla, si rifiuta e resta così al di fuori della carriera
accademica; svolge attività professionale a Milano, e collabora alla
"Rivista di filosofia" (anche quale componente del comitato
direttivo). Frequenta Palazzo Fossati in Via Ciro Menotti a Milano. In
prossimità della morte, Martinetti lascia la sua biblioteca privata in legato a
Ruffini, Solari e Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi
eredi alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica
" di Torino; oggi nel palazzo presso la Biblioteca della Facoltà di Filosofia. Goretti
è riammesso nel mondo universitario e assume per concorso la cattedra di
Filosofia del diritto; insegna all'Ferrara fino alla morte. Il Comune di
Ferrara ha intitolato una via a Cesare Goretti,
"filosofopatriota". L'animale come soggetto di diritto
Prolifico filosofo del diritto, autore di scritti su Kant, Sorel, Bradley, cura
Špir, Bradley, Green), a Goretti si deve il primo intervento che qualifica
l'animale come “soggetto di diritto”. Martinetti pubblica “L’animo del
animale” in cui aveva sottolineato che il animale possede intelletto e
coscienza e, in generale, un animo, come emergeva dagli lo studio dello “atteggiamento, gesto, la
fisionomia.” Questo animo e vita animale è “forse estremamente diversa e
lontana” da quella del homo sapiens” ma “ha anch'essa la carattere della
coscienza e non può essere ridotta ad un semplice meccanismo fisiologico. Goretti
va oltre, fino ad affermare che l’ animalee vero e proprio un “*soggetto*
(“soggetoodi diritto” e che l'animale ha una “coscienza giuridica” e una
percezione del giuridico. In tal modo, anticipa tematiche proprie della
bioetica e dell'etologia. Nonostante l'originalità e l'innovatività delle posizioni
assunte, il suo manifesto non ha avuto fortuna ed è stato del tutto trascurato
dal dibattito animalista e negli studi di etologia. Come non possiamo
negare all'animale in modo sia pure crepuscolare l'uso della categoria della
causalità, così non possiamo escludere che l'animale partecipando al nostro
mondo non abbia un senso di quello che può essere la proprietà e l'obbligazione.
Casi innumerevoli dimostrano come un cane e custode geloso della proprietà del
suo padrone e come ne compartecipa all'uso. Dve operare in esso questa visione
della realtà esteriore come cosa propria, che nell’homo sapinens arriva alle
costruzioni raffinate dei giuristi. È assurdo pensare che l'animale che rende
un servizio al suo padrone che lo mantiene agisca soltanto istintivamente. Deve
pure sentire in sé in modo sensibile questo rapporto di servizi resi e
scambiati – cf. Grice, lo scambio conversazionale --. Naturalmente l'animale
non potrà arrivare al concetto di ciò che è la proprietà e l'obbligazione.
Basta che dimostri di fare uso di questi principî che in lui operano ancora in
modo osensibile.» (“ L’animale quale soggetto – e soggeto di diritto”). Nella
filosofia del diritto si individuano tre teorie dell'"istituzionalità nel
giuridico": istitutismo: teoria del diritto quale insieme di istitutito e
concepito come una sorta di azione co-ordinata, costituente un equilibrio
tipico e costante di finalità che si fissa in un complesso di mezzi, una
costruzione. Per l istituzionalismo la istituzione (Romano, Hauriou).
neo-istituzionalismo: il diritto è rappresentato da un “fatto” istituzionale
(McCormick, Weinberger). Altre opera: “Il carattere formale della filosofia
giuridica” (Casa Editrice Isis, Milano); “Il sentimento giuridico” (Casa
Editrice "Il Solco", Città di Castello); “Sorel” (Athena, Milano); “I
fondamenti del diritto, Libreria Editrice Lombarda, Milano); “Il liberalismo
giuridico” (Tip. Editrice L. Di Pirola, Milano); “La norma giuridica e l’atto
giuridico” (Tip. G. Bianciardi, Lodi); “L’istituto giuridico” (Tip. G.
Bianciardi, Lodi); “Normatività giuridica” (CEDAM, Padova);
“Green”, in A. C. Bradley,
Thomas Green Hill, Etica, Bocca, Torino); La filosofia politica di Spinoza,
"Rivista di filosofia", L'animale, soggetto, e soggeto di diritto,
"Rivista di filosofia", Recensione di Schmitt, Die Diktatur. Von den
Anfängen des modernen Souveränitätsgedankens bis zum proletarischen
Klassenkampf, Duncher & Humblot, München-Leipzig, "Rivista di
Filosofia", Recensione di R. Smend,
Verfassung und Verfassungsrecht, "Rivista di Filosofia", Introduzione
a A. Spir, La giustizia, Libreria Editrice Lombarda, Milano, Il saggio politico
sulla costituzione del Württenberg, "Rivista di filosofia", “Sul
valore della distinzione tra legge e norma, "Rivista di filosofia", La
filosofia pratica W. Schuppe, "Rivista di filosofia", “F. H. Bradley, "Rivista di
filosofia", IBrentano e la conoscenza etica, "Rivista di
filosofia", L'idea di patria, "Rivista di filosofia", L'idealismo
rappresentativo diHamelin, "Rivista di filosofia", Recensione di P+Calamandrei,
Elogio dei giudici scritto da un avvocato, in "Rivista di filosofia",
La metafisica della conoscenza in Green, "Rivista di filosofia", Il dolore nel pessimismo di A. Spir, "Rivista
di filosofia", Il valore dell'individualità, "Rivista di
filosofia", Dal Saint-Simon al neo-saintsimonismo, "Rivista di
filosofia", Diritti e doveri giuridici in relazione alla norma giuridica,
"Archivio della Cultura italiana", L'istituzione dell'eforato in
Sparta, "Archivio della Cultura italiana", “La valutazione tecnica
della realtà, "Archivio della Cultura italiana", Martinetti, "Archivio
della Cultura italiana", L'impiego delle categorie o dei concetti puri ed
il valore della co-azione e inter-azione -- e dei postulati nella filosofia
giuridica kantiana, "Annali della Ferrara", Recensione diCandian, Avvocatura, Milano, in
"Annali della Ferrara", Il liberalismo, "Rivista internazionale
di filosofia del diritto", L’istituzione in senso tecnico ed l’istituto
giuridico nel realismo di Romano, "Annali della Ferrara", Il valore delle massime di equità,
"Scritti giuridici in onore di Carnelutti", I, Filosofia e teoria generale del diritto,
Cedam, Padova, L'umanesimo critico di France, "Rivista di filosofia del
diritto", Recensione di Erzbach, "Rivista trimestrale di diritto e
procedura civile", Rileggendo il Filomusi Guelfi, "Rivista
internazionale di filosofia del diritto", La filosofia di Martinetti,
"Memorie dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di
Scienze Morali", Bologna, Alcune considerazioni critiche sul diritto
sociale, "Annali della Ferrara", Scienze Giuridiche. Il valore dell'acquisto ideale nella
filosofia giuridica di Kant, "Rivista di filosofia del diritto", Sulla
sociologia della diada e del gruppo sociale”. "Scritti di sociologia e
politica in onore di Sturzo", Zanichelli, Bologna, Isu luigisturzo. Scritti su Cesare Goretti
Gioele Solari, Recensione di C. Goretti, I fondamenti del diritto, in "Rivista
di filosofia", Norberto Bobbio, Cesare Goretti in "Rivista
internazionale di filosofia del diritto", Giulio Bruni Roccia, Filosofia e
realizzazione spirituale in Cesare Goretti, in "Rivista internazionale di
filosofia del diritto", Orecchia, voce “Goretti” della Enciclopedia
filosofica, Venezia-Roma, Istituto per
la Collaborazione culturale, Goretti, in Orecchia, Maestri italiani di
filosofia del diritto, Bulzoni editore, Roma, Castignone, I diritti animali: la
prospettiva utilitaristica, "Materiali per una storia della cultura
giuridica", D'Agostino, I diritti degli animali, "Rivista
internazionale di filosofia del diritto", Pocar, Gli animali non umani,
Laterza, Roma-Bari, Martinetti, Pietà verso gli animali (Alessandro Di Chiara),
Il melangolo, Genova, Lucia, Goretti e la bioetica e l'etologia, "Annuario
di itinerari filosofici", "Piacere, dolore, senso", Mimesis,
Milano, Lorini, Atti giuridici istituzionali, in Lorini (cur.), L’atto giuridico,
Adriatica, Bari, Paolo Di Lucia, Filosofia del diritto, Raffaello Cortina
Editore, Milano); Colombo, La filosofia come soteriologia: l'avventura spirituale
e intellettuale di Martinetti, Vita e Pensiero, Milano, Carlo Galli, Schmitt
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problematica, "Storicamente", , n. 6 testo online, su storicamente.org.
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Goretti vs l'a priori giuridico in Adolf Reinach, in Francesca De Vecchi
(cur.), Fenomenologia del diritto. Adolf Reinach, Mimesis, Milano, Attilio Pisanò, Diritti deumanizzati:
animali, ambiente, generazioni future, specie umana, Giuffrè, Milano, Lettera, Martinetti
e Goretti a Luigi Mangiagalli in Martinetti Lettere Firenze, Massimo Mori,
Rivista di filosofia, -- "Segni e comprensione", sBrixia Sacra.
Memorie storiche della Diocesi di Brescia, Solari, Fossati, Necrologio, "Rivista di
filosofia", Colombo, La filosofia come soteriologia: l'avventura
spirituale e intellettuale di Piero Martinetti, Vita e Pensiero, Milano, Luigi
FossatiArchivi del Garda, in Archivi del Garda. Paolo Di Lucia, Filosofia del
diritto, Raffaello Cortina editore, Milano, Attilio Pisanò, Diritti
deumanizzati: animali, ambiente, generazioni future, specie umana, Giuffrè,
Milano, Piero Martinetti, La psiche degli animali in Saggi e discorsi, Paravia,
Torino, ore in Pietà verso gli animali (Alessandro De Chiara), Il Melangolo,
Genova); “L'animale come soggetto di diritto, in Rivista di filosofia, per
estratto in Paolo Di Lucia, Filosofia del diritto, Raffaello Cortina editore,
Milano, Paolo Di Lucia, Filosofia del diritto, Raffaello Cortina editore,
Milano, Attilio Pisanò, Diritti deumanizzati: animali, ambiente, generazioni
future, specie umana, Giuffrè, Milano, Istitutismo è un neologismo coniato da
Pietro Piovani, Mobilità, sistematicità, istituzionalità della lingua e del
diritto, Giuffré, Milano, cfr. Giuseppe Lorini, Dimensioni giuridiche
dell'istituzionale, Cedam, Padova, Lorini, “La dimensione giuridica
dell'istituzionale, Cedam, Padova, 2Cosa resta dell'istituzionalismo giuridico,
“L'ircocervo”, Lorenzo Passerini Glazel,
“Tetracotomomia dell’ istituzionale” in René-Georges Renard, "Saggi in
ricordo di Tanzi", Giuffré, Milano, Massimo Brutti, Alcuni usi del
concetto di struttura nella conoscenza giuridica, "Quaderni fiorentini per
la storia del pensiero giuridico moderno", McCormick/Weinberger, Il
diritto come istituzione, M. La Torre, Milano, M. Torre, “Norma,
l’istituzionale, il valore: Per una teoria istituzionalistica del diritto,
Bari. Cesare Goretti. Grice: “I like Goretti: I rather casually referred to
‘the institution of a decision’ as the end of a conversational exchange –
notably involving buletic conversational moves; Goretti makes a whole system
out of this. His example is his conversation with his dog: ‘Surely my dog knows
that he is providing me a service – guarding my territory – and he is rightly
deemed as a ‘subject’ in my exchange with him – as we ‘institute a decision’ that
there is a reciprocity involved.” Keywords: “the institution of decisions” --
l’istituzionale, A. C. Bradley, La massima d’equita; “segni e comprensione” -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Goretti” – The Swimming-Pool Library.
GORI. (Roma). Filosofo. Grice: “My favourite Gori are “L’eroe e la
falce” and “Il mantello d’Arlecchino” – nothing can be italianita with that!”. Opere: “Il mantello
di Arlecchino (Roma); “Il libbro rosso de la guera” (Roma); “Le bruttezze della
Divina Commedia” (Alatri); “Le bellezze della Divina Commedia” (Milano);
“Estetica dell'irrazionale” (Milano); Il mulino della luna (Milano);
L'irrazionale, in due volumi: Filosofia ed estetica. Sistema di una nuova
scienza del bello; “Il bello” -- L'eroe e la falce. Scorcio architettonico di
letteratura europea dalle origini ai nostri giorni (1924); Cagliostro (Milano);
Il teatro contemporaneo e le sue correnti caratteristiche di pensiero e di vita
nelle varie nazioni (Torino-Milano-Roma); L'oca azzurra (Roma); Il grande amore
(Firenze); Scenografia. La tradizione e la rivoluzione contemporanea (Roma); Il
grottesco nell'arte e nella letteratura (Milano). P.D. Giovanelli, Gino Gori. L'irrazionale e il
teatro, Roma, Bulzoni, U. Piscopo, Gino Gori, in E. Godoli , Dizionario del
futurismo, Firenze, U. Piscopo, Gori,
Gino, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Gino Gori. Keywords: bello, eroe, falce, irrazionale, mantello
dell’arlecchino – bellezza -- Gori.
Refs: Luigi Speranza, “Grice e Gori” – The Swimming-Pool Library.
GRAMSCI. (Ales). Filosofo. Grice: “Some Italians don’t consider Gramsci
Italian on account of the fact that Gramsci is not an Italian last name!” Fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia,
divenendone esponente di primo piano e segretario, ma venne ristretto dal
regime fascista nel carcere di Turi. In seguito al grave deterioramento delle
sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in
clinica, dove trascorse gli ultimi anni di vita. Considerato uno dei più
importanti pensatori del XX secolo, nei suoi scritti, tra i più originali della
tradizione filosofica marxista, analizza la struttura culturale e politica di
Italia. Elaborò in particolare il concetto di egemonia, secondo il quale le
classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a
tutta la società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un
senso comune condiviso da tutte le classi sociali, comprese quelle
subalterne. Gli antenati paterni derano originari della città di Gramshi
in Albania, e potrebbero essere giunti in Italia durante la diaspora albanese
causata dall'invasione turca. Documenti d'archivio attestano che nel Settecento
il trisavolo Gennaro Gramsci, sposato con Domenica Blajotta, possedeva a
Plataci, comunità ‘’arbëreshë’’ del distretto di Castrovillari, delle terre poi
ereditate da Nicola Gramsci. Questi sposò Maria Francesca Fabbricatore, e dal
loro matrimonio nacque a Plataci Gennaro Gramsci, che intraprese la carriera
militare nella gendarmeria del Regno di Napoli e, quando era di stanza a Gaeta,
sposò Teresa Gonzales, figlia di un avvocato napoletano. Il loro secondo figlio
fu Francesco, il padre di Antonio Gramsci. Le origini albanesi erano conosciute
dallo stesso Gramsci, che tuttavia le immaginava più recenti, come scriverà
alla cognata Tatiana Schucht dal carcere di Turi: «o stesso non ho alcuna
razza; mio padre è di origine albanese (la famiglia scappò dall'Epiro durante
la guerra del 1821, ma si italianizzò rapidamente). Tuttavia la mia cultura è
italiana, fondamentalmente questo è il mio mondo; non mi sono mai accorto di
essere dilaniato tra due mondi. L'essere io oriundo albanese non fu messo in
giuoco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese.” Ghilarza:
casa museo Antonio Gramsci Francesco era studente in legge quando morì il
padre; dovendo trovare subito un lavoro, partì per la Sardegna per impiegarsi
nell'Ufficio del registro di Ghilarza. In questo paese, che allora contava
circa 2.200 abitanti, conobbe Marcias, figlia di un esattore delle imposte e
proprietario di alcune terre. La sposò malgrado l'opposizione dei familiari,
rimasti in Campania, che consideravano i Marcias una famiglia di rango inferiore
alla propria dal punto di vista sociale e culturale: Giuseppina aveva studiato
fino alla terza elementare. Dal matrimonio nascerà Gennaro e, dopo che
Francesco Gramsci fu trasferito da Ghilarza ad Ales, Grazietta ed Emma. Gramsci
nasce secondo il registro delle nascite dello stato civile del comune e
registrato con i nomi di Antonio, Francesco. Scondo il registro dei battesimi
della parrocchia di San Pietro nasce il giorno dopo, e viene registrato con i nomi di Antonio,
Sebastiano, Francesco. Il padre fu trasferito, come gerente dell'Ufficio
del Registro, a Sorgono e qui nacquero gli altri figli, Mario, Teresina, e
Carlo. Antonio si ammala del morbo di Pott, una tubercolosi ossea che in pochi
anni gli deformò la colonna vertebrale e gli impedì una normale crescita:
adulto, non supererà il metro e mezzo di altezza; i genitori pensavano che la
sua deformità fosse la conseguenza di una caduta e anche Antonio rimase
convinto di quella spiegazione. Ebbe sempre una salute delicate. Soffrendo di
emorragie e convulsioni, fu dato per spacciato dai medici, tanto che la madre
comprò la bara e il vestito per la sepoltura. Il padre Francesco fu
arrestato , con l'accusa di peculato, concussione e falsità in atti, e venne
condannato al minimo della pena con l'attenuante del «lieve valore»: 5 anni, 8
mesi e 22 giorni di carcere, da scontare a Gaeta. Priva del sostegno dello
stipendio del padre, la famiglia trascorse anni di estrema miseria, che la
madre affrontò vendendo la sua parte di eredità, tenendo a pensione il veterinario
del paese e guadagnando qualche soldo cucendo camicie. Proprio per le sue
delicate condizioni di salute Gramsci comincia a frequentare la scuola
elementare soltanto a sette anni: la concluse ncon il massimo dei voti, ma la
situazione familiare non gli permise di iscriversi al ginnasio. Già dall'estate
precedente aveva iniziato a dare il suo contributo all'economia domestica
lavorando 10 ore al giorno nell'Ufficio del catasto di Ghilarza per 9 lire al
mese l'equivalente di un chilo di pane al giornos muovendo «registri che
pesavano più di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il
corpo». Grazie a un'amnistia, il padre anticipò di tre mesi la fine della
sua pena: inizialmente guadagnò qualcosa come segretario in un'assicurazione
agricola, poi, riabilitato, fece il patrocinante in conciliatura e infine fu
riassunto come scrivano nel vecchio Ufficio del catasto, dove lavorò per il
resto della sua vita. Così, pur affrontando gli abituali sacrifici, i genitori
poterono iscrivere il quindicenne Antonio nel Ginnasio cdi Santu Lussurgiu, «un
piccolo ginnasio in cui tre sedicenti professori sbrigavano, con molta faccia
tosta, tutto l'insegnamento delle cinque classi». Con tale preparazione
un poco avventurosa, riuscì tuttavia a prendere la licenza ginnasiale a
Oristano e a iscriversi al Liceo classico Giovanni Maria Dettori di Cagliari,
stando a pensione, prima in un appartamento in via Principe Amedeo 24, poi,
l'anno dopo, in corso Vittorio Emanuele 149, insieme con il fratello Gennaro, il
quale, terminato il servizio di leva a Torino, lavorava per cento lire al mese
in una fabbrica di ghiaccio del capoluogo sardo. La modesta preparazione
ricevuta nel ginnasio si fece sentire, perché inizialmente Gramsci nelle
diverse materie ottenne appena la sufficienza, ma riuscì a recuperare in
fretta: del resto, leggere e studiare erano i suoi impegni costanti. Non si
concedeva distrazioni, non soltanto perché avrebbe potuto permettersele solo
con grandi sacrifici, ma anche perché l'unico vestito che possedeva, per lo più
liso, non lo incoraggiava a frequentare né gli amici, né i locali pubblici. A
scuola, mostrò uno spiccato interesse per le discipline umanistiche e per lo
studio della storia, anche perché il cattivo insegnamento ricevuto in matematica
gli fece perdere l'interesse per la materia. Nel frattempo, il giovane
Gramsci, iniziò a seguire le vicende politiche. Il fratello Gennaro, che era
tornato in Sardegna militante socialista, divenne cassiere della Camera del
lavoro e segretario della sezione socialista di Cagliari: «Una grande quantità
di materiale propagandistico, libri, giornali, opuscoli, finiva a casa. Nino,
che il più delle volte passava le sere chiuso in casa senza neanche un'uscita
di pochi momenti, ci metteva poco a leggere quei libri e quei giornali».
Leggeva anche i romanzi popolari di Carolina Invernizio, di Barrili e quelli di
Deledda, ma questi ultimi non li apprezzava, considerando folkloristica la
visione che della Sardegna aveva la scrittrice sarda; leggeva Il Marzocco e La
Voce di Prezzolini, Papini, Emilio
Cecchi «ma in cima alle sue raccomandazioni, quando mi chiedeva di ritagliare
gli articoli e di custodirli nella cartella, stavano sempre Croce e
Salvemini». Alla fine della seconda classe liceale, alla cattedra di lettere
italiane del Liceo salì Garzia, radicale e anticlericale, direttore de L'Unione
Sarda, quotidiano legato alle istanze sarde, rappresentate, in Parlamento da Cocco-Ortu,
allora impegnato in una dura opposizione al ministero di Luigi Luzzatti.
Gramsci instaurò con il Garzia un buon rapporto, che andava oltre il naturale
discepolato: invitato ogni tanto a visitare la redazione del giornale,
ricevette la tessera di giornalista, con l'invito a «inviare tutte le notizie
di pubblico interesse. Ebbe la soddisfazione di vedersi stampato il suo primo
scritto pubblico, venticinque righe di cronaca ironica su un fatto avvenuto nel
paese di Aidomaggiore. In un tema dell'ultimo anno di liceo, che ci è
conservato, Gramsci scriveva, tra l'altro, che «Le guerre sono fatte per il
commercio, non per la civiltà la Rivoluzione francese ha abbattuto molti
privilegi, ha sollevato molti oppressi; ma non ha fatto che sostituire una
classe all'altra nel dominio. Però ha lasciato un grande ammaestramento: che i
privilegi e le differenze sociali, essendo prodotto della società e non della
natura, possono essere sorpassate». La sua concezione socialista, qui
chiaramente espressa, va unita, in questo periodo, all'adesione
all'indipendentismo sardo, nel quale egli esprimeva, insieme con la denuncia
delle condizioni di arretratezza dell'isola e delle disuguaglianze sociali,
l'ostilità verso le classi privilegiate del continente, fra le quali venivano
compresi, secondo una polemica mentalità di origine contadina, gli stessi
operai, concepiti come una corporazione elitaria fra i lavoratori
salariati. Poco dopo Gramsci conoscerà da vicino la realtà operaia di una
grande città del Nord: il conseguimento
della licenza liceale con una buona votazione tutti otto e un nove in
italianogli prospetta la possibilità di continuare gli studi all'Università. Il
Collegio Carlo Alberto di Torino bandì un concorso, riservato a tutti gli
studenti poveri licenziati dai Licei del Regno, offrendo 39 borse di studio,
ciascuna equivalente a 70 lire al mese per 10 mesi, per poter frequentare Torino.
Fu uno dei due studenti di Cagliari ammessi a sostenere gli esami a
Torino. «Partii per Torino come se fossi in stato di sonnambulismo. Avevo
55 lire in tasca; avevo speso 45 lire per il viaggio in terza classe delle 100
avute da casa». Conclude gli esami: li supera classificandosi nono; al secondo
posto è uno studente genovese venuto da Sassari, Palmiro Togliatti. Si
iscrive alla Facoltà di Lettere, ma le settanta lire al mese non bastano
nemmeno per le spese di prima necessità: oltre alle tasse universitarie, deve
pagare venticinque lire al mese per l'affitto della stanza di Lungo Dora
Firenze 57, nel popolare quartiere di Porta Palazzo, e il costo della luce,
della pulizia della biancheria, della carta e dell'inchiostro, e ci sono i
pasti«non meno di due lire alla più modesta trattoria»e la legna e il carbone
per il riscaldamento: privo anche di un cappotto, «la preoccupazione del freddo
non mi permette di studiare, perché o passeggio nella camera per scaldarmi i piedi
oppure devo stare imbacuccato perché non riesco a sostenere la prima gelata».
Sono frequenti le richieste di denaro alla famiglia che però, da parte sua, non
se la passava di certo molto meglio. L'Università degli Studi di Torino
vantava professori di alto livello e di diversa formazione: Luigi Einaudi, Ruffini,
Manzini, Toesca, Loria, Solari e poi Bartoli, che si legò di amicizia con
Gramsci, come fece anche l'incaricato di letteratura italiana Cosmo, contro il quale indirizzò però un
articolo violentemente polemico. Anni dopo, durante la dura esperienza in
carcere, continuò comunque a ricordarlo con simpatia«serbo del Cosmo un ricordo
pieno di affetto e direi di venerazione era e credo sia tuttora di una grande
sincerità e dirittura morale con molte striature di quella ingenuità nativa che
è propria dei grandi eruditi e studiosi»ricordando anche che, con questi e con
molti altri intellettuali dei primi quindici anni del secolo, malgrado
divergenze di varia natura, egli avesse questo in comune: «partecipavamo in
tutto o in parte al movimento di riforma morale e intellettuale promosso in
Italia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo, che l'uomo moderno
può e deve vivere senza religione rivelata o positiva o mitologica o come altro
si vuol dire. Questo punto anche oggi mi pare il maggior contributo alla
cultura mondiale che abbiano dato gli intellettuali moderni italiani. Si
ritrovò a casa per le elezioni politiche, dopo la fine della guerra italo-turca
contro l'Impero ottomano per la conquista della Libia; votavano per la prima
volta anche gli analfabeti, ma la corruzione e le intimidazioni erano le stesse
delle elezioni precedenti. In Sardegna, il timore che l'allargamento della base
elettorale favorisse i socialisti portò al blocco delle candidature di tutte le
forze politiche contro i candidati socialisti, indicati come il comune nemico
da battere. In quest'obiettivo, "sardisti" e "non-sardisti"
si trovarono d'accordo e deposero le vecchie polemiche. Gramsci scrisse di quest'esperienza
elettorale al compagno di studi Tasca, dirigente socialista torinese, il quale
affermò che Gramsci «era stato molto colpito dalla trasformazione prodotta in
quell'ambiente dalla partecipazione delle masse contadine alle elezioni, benché
non sapessero e non potessero ancora servirsi per conto loro della nuova arma.
Fu questo spettacolo, e la meditazione su di esso, che fece definitivamente di
Gramsci un socialista». Tornò a Torino, andando ad affittare una stanza
all'ultimo piano del palazzo di via San Massimo 14, oggi Monumento nazionale;
dovrebbe datarsi a questo periodo la sua iscrizione al Partito socialista. Si
trovò in ritardo con gli esami, con il rischio di perdere il contributo della
borsa di studio, a causa di «una forma di anemia cerebrale che mi toglie la
memoria, che mi devasta il cervello, che mi fa impazzire ora per ora, senza che
mi riesca di trovare requie né passeggiando, né disteso sul letto, né disteso
per terra a rotolarmi in certi momenti come un furibondo». Riconosciuto
«afflitto da grave nevrosi» gli fu concesso di recuperare gli esami nella
sessione di primavera. Prese anche lezioni di filosofia da Pastore, il quale
scrisse poi che «il suo orientamento era originalmente crociano ma già mordeva
il freno e non sapeva ancora come e perché staccarsi voleva rendersi conto del
processo formativo della cultura agli scopi della rivoluzione come fa il pensare
a far agire come le idee diventano forze pratiche». Gramsci stesso scriverà di
aver sentito anche la necessità di «superare un modo di vivere e di pensare
arretrato, come quello che era proprio di un sardo del principio del secolo,
per appropriarsi un modo di vivere e di pensare non più regionale e da
villaggio, ma nazionale» ma anche «di provocare nella classe operaia il superamento
di quel provincialismo alla rovescia della palla di piombo come il Sud Italia e
generalmente considerato nel Nord che aveva le sue profonde radici nella
tradizione riformistica e corporativa del movimento socialista». L'iscrizione
al partito gli permise di superare in parte un lungo periodo di solitudine: ora
frequentava i giovani compagni di partito, fra i quali erano Tasca, Togliatti,
Terracini. “Uscivamo spesso dalle riunioni di partito mentre gli ultimi
nottambuli si fermavano a sogguardarci continuavamo le nostre discussioni,
intramezzandole di propositi feroci, di scroscianti risate, di galoppate nel
regno dell'impossibile e del sogno». Nell'Italia che ha dichiarato la propria
neutralità nella Prima guerra mondiale in corsoneutralità affermata anche dal
Partito socialistascrive per la prima volta sul settimanale socialista torinese
Il Grido del Popolo l'articolo Neutralità attiva e operante in risposta a
quello apparso il 18 ottobre sull'Avanti! di Mussolini Dalla neutralità
assoluta alla neutralità attiva e operante, senza però poter comprendere quale
svolta politica stesse preparando l'allora importante e popolare esponente
socialista. Sostenne quello che
sarà, senza che lo sapesse ancora, il suo ultimo esame all'Università; il suo
impegno politico si fece crescente con l'entrata in guerra dell'Italia e con il
suo ingresso nella redazione torinese dell'Avanti!. Trascorse gran parte
delle sue giornate all'ultimo piano nel palazzo dell'Alleanza Cooperativa
Torinese al numero 12 di corso Siccardi (oggi Galileo Ferraris), dove, in tre
stanze, erano situate la sezione giovanile del partito socialista e le
redazioni de Il Grido del Popolo e del foglio piemontese dell'Avanti!, che
comprendeva la rubrica della cronaca torinese, Sotto la Mole; in entrambi i
giornali Gramsci pubblicava di tutto, dai commenti sulla situazione interna ed
estera agli interventi sulla vita di partito, dagli articoli di polemica
politica alle note di costume, dalle recensioni dei libri alla critica
teatrale. Dirà più tardi di aver scritto in dieci anni di giornalismo «tante
righe da poter costituire quindici o venti volumi di quattrocento pagine, ma
esse erano scritte alla giornata e dovevano morire dopo la giornata» e di aver
contribuito «molto prima di Tilgher» a rendere popolare il teatro di
Pirandello: «ho scritto sul Pirandello tanto da mettere insieme un volumetto di
duecento pagine e allora le mie affermazioni erano originali e senza esempio: Pirandello
era o sopportato amabilmente o apertamente deriso». Della commedia di
Pirandello Pensaci, Giacomino! scrisse che «è tutto uno sfogo di virtuosismo,
di abilità letteraria, di luccichii discorsivi. I tre atti corrono su un solo
binario. I personaggi sono oggetto di fotografia piuttosto che di
approfondimento psicologico: sono ritratti nella loro esteriorità più che in
una intima ricreazione del loro essere morale. È questa del resto la
caratteristica dell'arte di Luigi Pirandello, che coglie della vita la smorfia,
più che il sorriso, il ridicolo, più che il comico: che osserva la vita con
l'occhio fisico del letterato, più che con l'occhio simpatico dell'uomo artista
e la deforma per un'abitudine ironica che è l'abitudine professionale più che
visione sincera e spontanea», mentre considerò Liolà «il prodotto migliore dell'energia letteraria
di Luigi Pirandello. In esso il Pirandello è riuscito a spogliarsi delle sue
abitudini retoriche. Il Pirandello è un umorista per partito preso troppo
spesso la prima intuizione dei suoi lavori viene a sommergersi in una palude
retorica di una moralità inconsciamente predicatoria, e di molta verbosità
inutile». Il fu Mattia Pascal, secondo Gramsci, è una sorta di prima
stesura del Liolà che, liberato dalla zavorra moralistica della vita, si è
rinnovato diventando una pura rappresentazione, «una farsa che si riattacca ai
drammi satireschi della Grecia antica, e che ha il suo corrispondente pittorico
nell'arte figurativa vascolare è una
vita ingenua, rudemente sincera una efflorescenza di paganesimo naturalistico,
per il quale la vita, tutta la vita è bella, il lavoro è un'opera lieta, e la
fecondità irresistibile prorompe da tutta la materia organica». Severo fu
invece il giudizio sul Così è (se vi pare): dalla tesi pseudo-logistica che la
verità in sé non esista, Pirandello «non ha saputo trarre dramma e neppure
motivo a rappresentazione viva e artistica di caratteri, di persone vive che
abbiano un significato fantastico, se non logico. I tre atti di Pirandello sono
un semplice fatto di letteratura [puro e semplice aggregato di parole che non
creano né una verità né un'immagine il vero dramma l'autore l'ha solo
adombrato, l'ha accennato: è nei due pseudopazzi che non rappresentano però la
loro vera vita, l'intima necessità dei loro atteggiamenti esteriori, ma sono
presentati come pedine della dimostrazione logica». Rivolgendosi ai
giovani, scrisse da solo il numero unico del giornale dei giovani socialisti La
Città future. Qui mostra la sua intransigenza politica, la sua ironia, anche
contro i socialisti riformisti, il fastidio verso ogni espressione retorica ma
anche la sua formazione idealistica, i suoi debiti culturali nei confronti di
Croce, superiori perfino a quelli dovuti a Marx: «in quel tempo»scriverà«il
concetto di unità di teoria e pratica, di filosofia e politica, non era chiaro
in me e io ero tendenzialmente crociano». Lo zar di Russia Nicola II è
facilmente rovesciato da pochi giorni di manifestazioni popolari, per lo più
spontanee, che chiedono pane e la fine dell'autocrazia: viene instaurato un
moderato governo liberale e, insieme, si ricostituiscono i Soviet, forme di
rappresentanza su base popolare già creati nella precedente Rivoluzione russa
del 1905; le notizie giungono in Italia parziali e confuse: i quotidiani
«borghesi» sostengono che si tratta dell'avviamento di un processo di
democratizzazione in Russia, sull'esempio della grande Rivoluzione francese,
mentre Gramsci è convinto che «la rivoluzione russa è un atto proletario ed
essa naturalmente deve sfociare nel regime socialista i rivoluzionari socialisti non possono essere
giacobini: essi in Russia hanno solo attualmente il compito di controllare che
gli organismi borghesi non facciano essi del giacobinismo». Con il ritorno in
Russia di Lenin, che pone subito il problema della pace immediata e della
consegna del potere ai Soviet, la lotta politica si radicalizza. Gramsci è
convinto che Lenin abbia «suscitato energie che più non morranno. Egli e i suoi
compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare
il socialismo». Gramsci nega esplicitamente la necessità dell'esistenza di
condizioni obiettive affinché una rivoluzione trionfi, quando scrive che i
bolscevichi «sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non
evoluzionisti. E il pensiero rivoluzionario nega il tempo come fattore di progresso.
Nega che tutte le esperienze intermedie tra la concezione del socialismo e la
sua realizzazione debbano avere nel tempo e nello spazio una riprova assoluta e
integrale». È l'anticipazione dell'articolo, più famoso, che scriverà subito
dopo la notizia del successo della Rivoluzione d'ottobre. Anche in Italia
la guerra interminabile, costata già centinaia di migliaia di morti e di
mutilati, la penuria dei generi alimentari, la sconfitta di Caporetto e la
stessa eco provocata dalla rivoluzione russa portarono a insofferenze che a
Torino sfociarono in un'autentica sommossa spontanea duramente repressa dal
governo: oltre 50 morti, più di duecento feriti, la città dichiarata zona di
guerra con la conseguente applicazione della legge marziale, arresti a catena
che colpirono non solo i diretti responsabili ma, indiscriminatamente, anche
gli elementi politici d'opposizione e segnatamente l'intero nucleo della
sezione socialista, con l'accusa di istigazione alla rivoluzione. In
conseguenza dell'emergenza venutasi a creare, la direzione della Sezione
socialista torinese venne assunta da un comitato di dodici persone, del quale
fece parte anche Gramsci, il quale rimane l'unico redattore de Il Grido del
Popolo che cesserà le pubblicazioni. I bolscevichi avevano preso il potere in
Russia ma per settimane in Europa giunsero solo notizie deformate, confuse e censurate,
finché l'edizione nazionale dell'Avanti! uscì con un editoriale dal titolo La
rivoluzione contro il Capitale, firmato da Gramsci: «La rivoluzione dei
bolscevichi è materiata di ideologia più che di fatti essa è la rivoluzione
contro il Capitale di Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei
borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale
necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un'era
capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale prima che il
proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni
di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti
hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia
avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico se i bolscevichi rinnegano alcune affermazioni
del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente, vivificatore. Essi non
sono «marxisti», ecco tutto; non hanno compilato sulle opere del Maestro una
dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il
pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del
pensiero idealistico italiano e tedesco, che in Marx si era contaminato di
incrostazioni positivistiche e naturalistiche». In realtà Marx, almeno negli
ultimi anni, non aveva escluso che un Paese arretrato potesse giungere al
socialismo saltando fasi di sviluppo capitalistico: ma qui interessa rilevare
tanto la visione di Gramsci ancora idealistica, volontaristica, dell'azione
politica, quanto la critica che di fatto Gramsci rivolgeva ai dirigenti
socialisti europei, e italiani in particolare, di concepire lo sviluppo storico
in modo meccanicistico. Finita la guerra e usciti dal carcere i dirigenti
torinesi del partito, Gramsci lavorò unicamente all'edizione piemontese
dell'Avanti!, che allora si stampava in via Arcivescovado 3, insieme con alcuni
giovani colleghi: Giuseppe Amoretti, Alfonso Leonetti, Mario Montagnana, Felice
Platone; ma egli e altri giovani socialisti torinesi, come Tasca, Togliatti e
Terracini, intendevano ormai esprimere, dopo l'esperienza della rivoluzione
russa, esigenze nuove nell'attività politica, che non sentivano rappresentate
dalla Direzione nazionale del partito: «L'unico sentimento che ci unisse, in
quelle nostre riunioni, era quello suscitato da una vaga passione di una vaga
cultura proletaria; volevamo fare, fare, fare; ci sentivamo angustiati, senza
un orientamento, tuffati nell'ardente vita di quei mesi dopo l'armistizio,
quando pareva immediato il cataclisma della società italiana». Uscì il primo
numero dell'Ordine nuovo con Gramsci segretario di redazione e animatore della rivista. La
rivista ebbe un avvio incerto: all'inizio «il programma fu l'assenza di un
programma concreto, per una vana e vaga aspirazione ai problemi concreti nessuna
idea centrale, nessuna organizzazione intima del materiale letterario
pubblicato» Tasca intendeva farne una pubblicazione culturale: «per
"cultura" intendeva "ricordare", non intendeva
"pensare", e intendeva "ricordare" cose fruste, cose
logore, la paccottiglia del pensiero operaio fu una rassegna di cultura
astratta, di informazione astratta, con la tendenza a pubblicare novelline
orripilanti e xilografie bene intenzionate; ecco cosa fu l'Ordine nuovo nei
suoi primi numeri». Gramsci intendeva invece definirlo su posizioni nettamente
operaistiche, ponendo all'ordine del giorno la necessità d'introdurre nelle
fabbriche italiane nuove forme di potere operaio, i consigli di fabbrica,
sull'esempio dei Soviet russi: «Ordimmo, io e Togliatti, un colpo di Stato
redazionale; il problema delle commissioni interne fu impostato esplicitamente
nel n. 7 della rassegna il problema dello sviluppo della commissione interna
divenne problema centrale, divenne l'idea dell'Ordine nuovo; era esso posto
come problema fondamentale della rivoluzione operaia, era il problema della
"libertà" proletaria. L'Ordine nuovo divenne, per noi e per quanti ci
seguivano, "il giornale dei Consigli di fabbrica"; gli operai amarono
l'Ordine nuovo perché negli articoli del giornale ritrovavano una parte di se
stessi, la parte migliore di se stessi; perché sentivano gli articoli dell'Ordine
nuovo pervasi dallo stesso loro spirito di ricerca interiore: "Come
possiamo diventar liberi? Come possiamo diventare noi stessi?". Perché gli
articoli dell'Ordine nuovo non erano fredde architetture intellettuali, ma
sgorgavano dalla discussione nostra con gli operai migliori, elaboravano
sentimenti, volontà, passioni reali». Diversamente dalle Commissioni interne,
già esistenti all'interno dalle fabbriche, che venivano elette soltanto dagli
operai iscritti ai diversi sindacati, i Consigli dovevano essere eletti
indistintamente da tutti gli operai e avrebbero dovuto, nel progetto degli
ordinovisti, non tanto occuparsi dei consueti problemi sindacali, ma porsi
problemi politici, fino al problema della stessa organizzazione, della gestione
operaia della fabbrica, sostituendosi al capitalista: nel s, alla FIAT furono
eletti i primi Consigli. La Confindustria, nella sua Conferenza nazionale,
espresse chiaramente «la necessità che la borghesia del lavoro attinga in se
stessa il mezzo per un'energica azione contro deviazioni e illusioni» e il 20
marzo i tre maggiori industriali torinesi, Olivetti, De Benedetti e Agnelli
fecero presente al prefetto Taddei la loro volontà di ricorrere all'arma della
serrata delle fabbriche contro «l'indisciplina e le continue esorbitanti
pretese degli operai». Così quando in occasione di una controversia sindacale
nelle Industrie Metallurgiche tre membri delle commissioni interne furono
licenziati e gli operai protestarono con lo sciopero, l'Associazione degli
industriali metalmeccanici rispose il 29 marzo con la serrata di tutte le
fabbriche torinesi. La lotta si estese fino allo sciopero generale proclamato a
Torino e in alcune province piemontesi,
mentre il governo presidiava il capoluogo con migliaia di soldati. I tentativi degli
ordinovisti di allargare la protesta, se non in tutta l'Italia, almeno nei
maggiori centri industriali del paese, fallì e alla fine d'aprile gli operai
furono costretti a riprendere il lavoro senza avere ottenuto nulla. Lo
sciopero fallì per la resistenza degli industriali ma anche per l'isolamento in
cui la Camera del Lavoro, controllata dai socialisti riformisti, contrari alla
costituzione dei Consigli operai, e lo stesso Partito socialista lasciarono i
lavoratori torinesi; l'8 maggio Gramsci pubblicò sull'Ordine Nuovo una sua
relazione, approvata dalla Federazione torinese, che denunciava l'inefficienza
e l'inerzia del Partito. Dopo aver sostenuto che era matura la trasformazione
dell'«ordine attuale di produzione e di distribuzione» in un nuovo ordine che
desse «alla classe degli operai industriali e agricoli il potere di iniziativa
nella produzione», alla quale si opponevano gli industriali e i proprietari
terrieri, appoggiati dallo Stato, Gramsci rilevava che «le forze operaie e
contadine mancano di coordinamento e di concentrazione rivoluzionaria perché
gli organismi direttivi del Partito socialista hanno rivelato di non
comprendere assolutamente nulla della fase di sviluppo che la storia nazionale
e internazionale attraversa nell'attuale periodo il Partito socialista assiste
da spettatore allo svolgersi degli eventi, non ha mai un'opinione sua da
esprimere non lancia parole d'ordine che possano essere raccolte dalle masse,
dare un indirizzo generale, unificare e concentrare l'azione rivoluzionaria il
Partito socialista è rimasto, anche dopo il Congresso di Bologna, un mero
partito parlamentare, che si mantiene immobile entro i limiti angusti della
democrazia borghese». Il numero dell'11 dicembre 1920 Rilevò la
mancanza di omogeneità nella composizione del partito, in cui continuavano a
essere presenti riformisti e «opportunisti», contrari agli indirizzi della III
Internazionale. Non solo: «mentre la maggioranza rivoluzionaria del partito non
ha avuto una espressione del suo pensiero e un esecutore della sua volontà
nella direzione e nel giornale, gli elementi opportunisti invece si sono
fortemente organizzati e hanno sfruttato il prestigio e l'autorità del Partito
per consolidare le loro posizioni parlamentari e sindacali se il Partito non
realizza l'unità e la simultaneità degli sforzi, se il Partito si rivela un
mero organismo burocratico, senza anima e senza volontà, la classe operaia
istintivamente tende a costituirsi un altro partito e si sposta verso tendenze
anarchiche ». Il Partito socialista non svolge alcuna funzione di
educazione e di spiegazione di quanto sta avvenendo nella scena internazionale,
dalla quale esso è assente, non partecipando nemmeno alle riunioni
dell'Internazionale comunista, le cui tesi non sono riportate nell'Avanti!.
Analogamente, le edizioni socialiste non stampano le pubblicazioni comuniste:
«valga per tutte il volume di Lenin Stato e rivoluzione». Occorre pertanto,
secondo Gramsci, che il Partito socialista acquisti «una sua figura precisa e
distinta: da partito parlamentare piccolo borghese deve diventare il partito
del proletariato rivoluzionario che lotta per l'avvenire della società
comunista i non comunisti rivoluzionari devono essere eliminati dal Partito ogni
avvenimento della vita proletaria nazionale e internazionale deve essere immediatamente
commentata per trarne argomenti di propaganda comunista e di educazione delle
coscienze rivoluzionarie le sezioni devono promuovere in tutte le fabbriche,
nei sindacati, nelle cooperative, nelle caserme la costituzione di gruppi
comunisti l'esistenza di un Partito comunista coeso e fortemente disciplinato
[.è la condizione fondamentale e indispensabile per tentare qualsiasi
esperimento di Soviet il Partito deve lanciare un manifesto nel quale la
conquista rivoluzionaria del potere politico sia posta in modo esplicito ». La
risoluzione dell'Internazionale comunista che chiedeva ai partiti socialisti
l'allontanamento dei riformisti, venne disattesa dal Partito Socialista
Italiano. Infatti, a dispetto dell'approvazione e dell'avallo ottenuto dagli
ordinovisti da parte di Lenin nel corso del II Congresso dell'Internazionale, alla
quale il PSI aveva aderito con il congresso di Bologna tenuto nell'ottobre del
1919, i vecchi dirigenti del partito erano riluttanti di fronte alla svolta
politica e sociale realizzatasi nel dopoguerra. In Italia, le
rivendicazioni salariali, rese necessarie dall'elevato indice d'inflazione, non
trovavano accoglienza presso gli industriali. Il 30 agosto 1920, a Milano, a
seguito della serrata dell'Alfa Romeo, 300 fabbriche furono occupate dagli
operai: la FIOM appoggiò l'iniziativa, ordinando l'occupazione di tutte le
fabbriche metalmeccaniche d'Italia, con la speranza che una tale, estrema
iniziativa provocasse l'intervento del governo a favore di una soluzione delle
trattative. All'inizio di settembre tutte le maggiori fabbriche d'Italia erano
occupate da mezzo milione di operai, parte dei quali armati, sia pure in modo
rudimentale; alla FIAT di Torino, tuttavia, ci fu una novità: dell'ufficio di Giovanni
Agnelli prese possesso l'operaio comunista Giovanni Parodi e i Consigli di
fabbrica decisero di continuare la produzione, per dimostrare che una grande
fabbrica poteva funzionare anche in assenza del proprietario.
Giovanni Giolitti Di fronte alla neutralità del governo Giolitti e alla
decisione della Confindustria di non cedere, il 10 settembre, nell'assemblea
milanese che vide riuniti i dirigenti del Partito socialista e della Camera del
Lavoro, questi ultimi si dimisero lasciando la gestione della difficile
situazione al Partito, che tuttavia non aveva alcuna intenzione di prolungare
l'agitazione: la proposta estrema dell'allargamento delle occupazioni a tutte
le fabbriche del paese e alle campagne fu respinta dalla maggioranza dei
rappresentanti. Un accordo salariale raggiunto con la mediazione di Giolitti
pose termine, alla fine di settembre, alle occupazioni delle fabbriche.
Quell'esperienza dimostrò tanto la mancanza di una strategia dei dirigenti
socialisti quanto l'impreparazione degli stessi operai a iniziative
rivoluzionarie, per le quali occorrevano organizzazione e disciplina. In
previsione del prossimo XVII Congresso del Partito socialista, Gramsci scrisse che
«la costituzione del Partito comunista crea le condizioni per intensificare e approfondire
l'opera nostra: liberati dal peso morto degli scettici, dei chiacchieroni,
degli irresponsabili, liberati dall'assillo di dover continuamente, nel seno
del Partito, lottare contro i riformisti e gli opportunisti, di dover sventare
le loro insidie, di dover analizzare e criticare i loro atteggiamenti equivoci
e la loro fraseologia pseudo-rivoluzionaria, noi potremo dedicarci interamente
al lavoro positivo, all'espansione del nostro programma di rinnovamento, di
organizzazione, di risveglio delle coscienze e delle volontà». NSi riunì
a Milano il gruppo favorevole alla costituzione di un partito comunista e
Amadeo Bordiga, Luigi Repossi, Bruno Fortichiari, Gramsci, Nicola Bombacci,
Francesco Misiano e Umberto Terracini costituirono il Comitato provvisorio
della frazione comunista del Partito Socialista. La fondazione del
Partito comunista Il congresso di Livorno La scissione si realizzò , nel
Teatro San Marco di Livorno, con la nascita del «Partito Comunista d'Italia,
sezione italiana dell'Internazionale». Il comitato centrale fu composto dagli
astensionisti (Amadeo Bordiga, Ruggero Grieco, Giovanni Parodi, Cesare Sessa,
Ludovico Tarsia e Bruno Fortichiari), dagli ex-massimalisti (Nicola Bombacci,
Ambrogio Belloni, Egidio Gennari, Francesco Misiano, Anselmo Marabini, Luigi
Repossi e Luigi Polano) e dagli ordinovisti Gramsci e Terracini. Diresse
l'Ordine nuovo, divenuto ora uno dei quotidiani comunisti insieme con Il
Lavoratore di Trieste e Il Comunista di Roma, quest'ultimo diretto da Togliatti.
Non venne eletto deputato alle elezioni: Gramsci non ha capacità oratorie, è
ancora giovane e anche la sua conformazione fisica non lo agevola
nell'apprezzamento di molti elettori. Alla fine di maggio partì per
Mosca, designato a rappresentare il Partito italiano nell'esecutivo
dell'Internazionale comunista. Vi arrivò già malato e nell'estate fu ricoverato
in un sanatorio per malattie nervose di Mosca. Qui conobbe una degente russa,
Eugenia Schucht, membro del Partito, figlia di Apollon Schucht, dirigente del
Pcus e amico personale di Lenin, che aveva vissuto alcuni anni in Italia e,
attraverso di lei, la sorella Giulia (Julka) che, violinista, aveva abitato diversi anni a
Roma diplomandosi al Conservatorio Santa Cecilia. Giulia, ventiseienne, è
bella, alta, ha un aspetto romantico; Gramsci ne è conquistato: ricorderà «il
primo giorno che non osavo entrare nella tua stanza perché mi avevi intimidito al
giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino alla grande strada
attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per vederti allontanare
tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande strada, verso il mondo
grande e terribile ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi
hai dato l'amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso
cattivo e torbido. E quell'immagine di
lei, viandante in un mondo grande e terribile, con il suo senso doloroso di
distacco, ritornerà ancora dal carcere: «Ricordi quando sei ripartita dal bosco
d'argento ti ho accompagnata fino all'orlo della strada maestra e sono rimasto
a lungo a vederti allontanare così ti vedo sempre mentre ti allontani a passi
brevi, col violino in una mano e nell'altra la tua borsa da viaggio, così
pittoresca». Si sposano e avranno due figli, Delio e Giuliano. Il figlio di
quest'ultimo porta il nome del nonno, vive a Mosca e pratica la musica
medievale. Giulia membro della OGPU, il servizio di Sicurezza sovietico. La
moglie di Gramsci e i figli Delio e Giuliano A differenza di Bordiga, tutto inteso
a salvaguardare la «purezza» programmatica del partito, e perciò contrario a
qualunque iniziativa al di fuori della dittatura del proletariato, Gramsci
guardava anche a obiettivi democratici, intermedi, raggiungibili utilizzando le
contraddizioni presenti negli strati sociali e le forze che potevano
rappresentare elementi di rottura, come il movimento sindacale cattolico di
Guido Miglioli e l'intellettualità progressista liberale di cui Piero Gobetti è
allora tra i maggiori rappresentanti. Tuttavia nei suoi scritti fino al 1926
ribadisce che l'obiettivo finale era la eliminazione dello stato borghese e la
dittatura del proletariato e anche nei suoi scritti successivi non si
riscontrano critiche al regime sovietico. Nel III Congresso dell'Internazionale
comunista, di fronte al riflusso dell'ondata rivoluzionaria rappresentata dalle
sconfitte delle esperienze comuniste in Germania e in Ungheria, si decise la
tattica del fronte unito con la socialdemocrazia. Bordiga e la maggioranza dei
dirigenti comunisti italiani si oppose, elaborando le Tesi di Roma, base
programmatica del II Congresso del Partito, tenuto a Roma. Gramsci vi aderì ma
scrisse di aver «accettato le tesi di Amadeo perché esse erano presentate come
una opinione per il Quarto Congresso [dell'Internazionale comunista] e non come
un indirizzo di azione. Ritenevamo di mantenere così unito il partito attorno
al suo nucleo fondamentale, pensavamo che si potesse fare ad Amadeo questa
concessione senza nuove crisi e nuove minacce di scissione nel seno del nostro
movimento». Nel IV Congresso dell'Internazionale, di fronte all'avvento al
potere di Mussolini, ai delegati comunisti italiani fu posta con ancora maggior
forza la necessità di fondersi con corrente socialista degli internazionalisti,
capeggiata da Giacinto Menotti Serrati, e di costituire un nuovo Esecutivo,
mettendo in minoranza Bordiga, sempre contrario a ogni accordo. Lo stesso
Bordiga fu arrestato al suo rientro in Italia nel febbraio 1923 e, in
settembre, a Milano, furono incarcerati anche i rappresentanti del nuovo
Esecutivo: Gramsci restò così il massimo dirigente del Partito e si trasferì a
Vienna per seguire più da vicino la situazione italiana. Fu allora che egli
ritenne necessario rompere con la politica di Bordiga: «Il suo stesso carattere
inflessibile e tenace fino all'assurdo ci obbliga a prospettarci il problema di
costruire il partito ed il centro di esso anche senza di lui e contro di lui.
Penso che sulle quistioni di principio non dobbiamo più fare compromessi come nel
passato: vale meglio la polemica chiara, leale, fino in fondo, che giova al
partito e lo prepara ad ogni evenienza». Uscì a Milano il primo numero del
nuovo quotidiano comunista l'Unità e dal primo marzo la nuova serie del
quindicinale l'Ordine nuovo. Il titolo del giornale, da lui scelto, venne
giustificato dalla necessità dell'«unità di tutta la classe operaia intorno al
partito, unità degli operai e dei contadini, unità del Nord e del Mezzogiorno,
unità di tutto il popolo italiano nella lotta contro il fascismo».Alle elezioni
venne eletto deputato al parlamento, potendo così rientrare a Roma, protetto
dall'immunità parlamentare. Quello stesso mese, nei dintorni di Como, si tenne
un convegno illegale dei dirigenti delle Federazioni comuniste italiane: pubblicamente,
si fingevano dipendenti di un'azienda milanese in gita turistica, con tanto di
pubblici discorsi fascisti e inni a Mussolini, mentre, a parte, discutevano dei
problemi del partito. Nel convegno si affrontò il «caso Bordiga», il
quale aveva rifiutato la candidatura al Parlamento, era in rotta con la
maggioranza dell'Internazionale e rifiutava ogni azione politica comune con le
altre forze politiche di sinistra. Delle tre mozioni presentate, che
rispecchiavano le tre correnti in seno al Partito, la corrente di destra di
Tasca, di centro di Gramsci e Togliatti, e di sinistra di Bordiga, questa
raccolse l'adesione della grande maggioranza dei delegati, confermando la
notevole importanza di cui il rivoluzionario napoletano godeva nel Partito.
Il 10 giugno un gruppo di fascisti rapì e uccise il deputato socialista Giacomo
Matteotti; sembrò allora che il fascismo stesse per crollare per l'indignazione
morale che in quei giorni percorse il Paese, ma non fu così; l'opposizione
parlamentare scelse la linea sterile di abbandonare il Parlamento, dando luogo
alla cosiddetta Secessione dell'Aventino: i liberali speravano in un appoggio
della Monarchia, che non venne, i cattolici erano ostili tanto ai fascisti che
ai socialisti e questi ultimi erano ostili a tutti, comunisti compresi. Gramsci
avanzò al «Comitato dei sedici»il nucleo dirigente dei gruppi aventinianila
proposta di proclamare lo sciopero generale che però fu respinta; i comunisti
uscirono allora dal «Comitato delle opposizioni» aventiniane il quale, secondo
Gramsci, non aveva alcuna volontà di agire: ha una «paura incredibile che noi
prendessimo la mano e quindi manovra per costringerci ad abbandonare la riunione».
Giacomo Matteotti Malgrado le divisioni dell'opposizione antifascista, Gramsci
credeva che la caduta del regime fosse imminente: «Il regime fascista muore
perché non solo non è riuscito ad arrestare, ma anzi ha contribuito ad
accelerare la crisi delle classi medie iniziatasi dopo la guerra. L'aspetto
economico di questa crisi consiste nella rovina della piccola e media azienda il
monopolio del credito, il regime fiscale, la legislazione sugli affitti hanno
stritolato la piccola impresa commerciale e industriale: un vero e proprio
passaggio di ricchezza si è verificato dalla piccola e media alla grande
borghesia. L'apparato industriale ristretto ha potuto salvarsi dal completo
sfacelo solo per un abbassamento del livello di vita della classe operaia
premuta dalla diminuzione dei salari, dall'aumento della giornata di lavoro. La
disgregazione sociale e politica del regime fascista ha avuto la sua piena
manifestazione di massa nelle elezioni del 6 aprile. Il fascismo è stato messo
nettamente in minoranza nella zona industrial. Le elezioni del 6 aprile segnarono
l'inizio di quella ondata democratica che culminò nei giorni immediatamente
successivi all'assassinio dell'on. Matteotti le opposizioni avevano acquistato
dopo le elezioni un'importanza politica enorme; l'agitazione da esse condotta
nei giornali e nel Parlamento per discutere e negare la legittimità del governo
fascista si ripercuoteva nel seno dello stesso Partito nazionale fascista,
incrinava la maggioranza parlamentare. Di qui l'inaudita campagna di minacce
contro le opposizioni e l'assassinio del deputato unitario”. “Il delitto Matteotti
dette la prova provata che il Partito fascista non riuscirà mai a diventare un
normale partito di governo, che Mussolini non possiede dello statista e del
dittatore altro che alcune pittoresche pose esteriori; egli non è un elemento
della vita nazionale, è un fenomeno di folklore paesano, destinato a passare
alla storia nell'ordine delle diverse maschere provinciali italiane, più che
nell'ordine dei Cromwell, dei Bolívar, dei Garibaldi». S'ingannava, perché
l'inerzia dell'opposizione non riuscì a dare alternative del blocco sociale in
cui la piccola borghesia teme il «salto nel buio» della caduta del regime e i
fascisti riprendono coraggio e ricominciano le violenze squadriste: in una
delle tante viene aggredito anche Gobetti. E dopo il 12 settembre, quando il
militante comunista Giovanni Corvi uccide in un tram il deputato fascista
Armando Casalini, per vendicare la morte di Matteotti, la repressione
s'inasprisce. Il 20 ottobre Gramsci propose vanamente che l'opposizione
aventiniana si costituisca in «Antiparlamento», in modo da segnare nettamente
la distanza e svuotare di significato un Parlamento di soli fascisti; ipartì
per la Sardegna, per intervenire al Congresso regionale del partito e per
rivedere i famigliari. Il 6 novembre si congedò dalla madre, che non avrebbe più
rivisto. Il deputato comunista Repossi rientrò in Parlamento, dove sedevano
solo i deputati fascisti e i loro alleati, per commemorare Matteotti a nome di
tutto il suo partito; il 26 vi rientrò anche tutto il gruppo parlamentare
comunista, a segnare l'inutilità dell'esperienza aventiniana. Il quotidiano di
Giovanni Amendola Il Mondo pubblicò le dichiarazioni di Cesare Rossi, già capo
ufficio stampa di Mussolini, a proposito del delitto Matteotti: «Tutto quanto è
successo è avvenuto sempre per la volontà diretta o per l'approvazione o per la
complicità del duce» e Mussolini, in un discorso rimasto famoso, a confermare
quella testimonianza, dichiara alla Camera dei deputati di assumersi «la
responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto», dando il
via a una nuova azione repressiva. In febbraio Gramsci andò a Mosca, per
stare con la moglie e conoscere finalmente il figlio Delio. Tornato in Italia a
maggio, il 16 tenne il suo primoe unicodiscorso in Parlamento, davanti all'ex
compagno di partito Mussolini, ora Primo ministro, che aveva descritto l'anno
prima come un capo che «è divinizzato, è dichiarato infallibile, è preconizzato
organizzatore e ispiratore di un rinato Sacro Romano Impero. Conosciamo quel
viso: conosciamo quel roteare degli occhi nelle orbite che nel passato
dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e
oggi al proletariato. Conosciamo quel pugno sempre chiuso alla minaccia.
Mussolini è il tipo concentrato del piccolo-borghese italiano, rabbioso, feroce
impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale da vari secoli di
dominazione degli stranieri e dei preti: non poteva essere il capo del
proletariato; divenne il dittatore della borghesia, che ama le facce feroci
quando ridiventa borbonica». Con il pretesto di colpire la Massoneria, il
governo aveva predisposto un disegno di legge per disciplinare l'attività di
associazioni, enti e istituti: continuamente interrotto, Gramsci respinse il
pretesto che il governo si era dato, «perché la Massoneria passerà in massa al
Partito fascista e ne costituirà una tendenza, è chiaro che con questa legge
voi sperate di impedire lo sviluppo di grandi organizzazioni operaie e
contadine». E ironizzando: «Qualche fascista ricorda ancora nebulosamente
gli insegnamenti dei suoi vecchi maestri, di quando era rivoluzionario e
socialista, e crede che una classe non possa rimanere tale permanentemente e
svilupparsi fino alla conquista del potere, senza che essa abbia un partito e
un'organizzazione che ne riassuma la parte migliore e più cosciente. C'è
qualcosa di vero, in questa torbida perversione degli insegnamenti
marxisti». Concluse: «Voi potete conquistare lo Stato, potete modificare
i codici, potete cercar di impedire alle organizzazioni di esistere nella forma
in cui sono esistite fino adesso ma non potete prevalere sulle condizioni
obbiettive in cui siete costretti a muovervi. Voi non farete che costringere il
proletariato a ricercare un indirizzo diverso da quello fin oggi più diffuso
nel campo dell'organizzazione di massa. Ciò noi vogliamo dire al proletariato e
alle masse contadine italiane, da questa tribuna: che le forze rivoluzionarie
italiane non si lasceranno schiantare, il vostro torbido sogno non riuscirà a
realizzarsi». Si svolse clandestinamente a Lione il III Congresso del
Partito. Vi parteciparono 70 delegati, con tutti i maggiori responsabili,
Bordiga, Gramsci, Tasca, Togliatti, Grieco, Leonetti, Scoccimarro: vi era anche
Serrati, che aveva lasciato da poco il Partito socialista di cui era stato a
lungo dirigente di primo piano. Assisteva, a nome dell'Internazionale, Jules
Humbert-Droz. Gramsci presentò le Tesi congressuali elaborate insieme con
Togliatti. Con un capitalismo debole e l'agricoltura base dell'economia
nazionale, in Italia si assiste al compromesso fra industriali del Nord e
proprietari fondiari del Sud, ai danni degli interessi generali della
maggioranza della popolazione. Il proletariato, in quanto forza sociale
omogenea e organizzata rispetto alla piccola borghesia urbana e rurale, che ha
interessi differenziati, viene visto, nelle Tesi, «come l'unico elemento che
per la sua natura ha una funzione unificatrice e coordinatrice di tutta la
società.» Secondo Gramsci il fascismo non è, come invece ritiene Bordiga,
l'espressione di tutta la classe dominante, ma è il frutto politico della
piccola borghesia urbana e della reazione degli agrari che ha consegnato il
potere alla grande borghesia, e la sua tendenza imperialistica è l'espressione
della necessità, da parte delle classi industriali e agrarie, «di trovare fuori
del campo nazionale gli elementi per la risoluzione della crisi della società
italiana» che tuttavia permette, per la sua natura oppressiva e reazionaria,
una soluzione rivoluzionaria delle contraddizioni sociali e politiche; le due
forze sociali idonee a dar luogo a questa soluzione sono il proletariato del
Nord e i contadini del Mezzogiorno. A questo scopo, il Partito andrà
bolscevizzato, ossia organizzato per cellule di fabbrica caratterizzate da una
"disciplina di ferro" negando al suo interno la possibilità
dell'esistenza delle frazioni. Il Congresso approvò le Tesi a grande
maggioranza (oltre il 90%) ed elesse il Comitato centrale con Gramsci segretario
del Partito. Da allora, la sinistra comunista di Bordiga non ebbe più un ruolo
influente nel Partito. Le Tesi di Lione, realizzate da Gramsci, ribadirono con
una certa durezza le posizioni del Pcd’I «la socialdemocrazia sebbene abbia
ancora la sua base sociale, per gran parte, nel proletariato per quanto
riguarda la sua ideologia e la sua funzione politica cui adempie, deve essere
considerata non come un'ala destra del movimento operaio, ma come un'ala
sinistra della borghesia e come tale deve essere smascherata». In questa
relazione venne sviluppata la cosiddetta bolscevizzazione del partito: «spetti
al partito russo una funzione predominante e direttiva nella costruzione di una
Internazionale communista. La organizzazione di un partito bolscevico deve
essere, in ogni momento della vita del partito, una organizzazione
centralizzata, diretta dal Comitato centrale non solo a parole, ma nei fatti.
Una disciplina proletaria di ferro deve regnare nelle sue file. La
centralizzazione e la compattezza del partito esigono che non esistano nel suo
seno gruppi organizzati i quali assumano carattere di frazione. Un partito
bolscevico si differenzia per questo profondamente dai partiti
socialdemocratici».Tornato a Romada via Vesalio si era trasferito in via
Morgagniebbe il tempo di passare alcuni mesi con la famigliala moglie Giulia e
il piccolo Delio, oltre alle cognate Eugenia e Tatianache abitano tuttavia in
un altro appartamento, in via Trapani: le squadre fasciste, superato da tempo
lo smarrimento provocato dal delitto Matteotti, avevano piena libertà d'azione
e non era prudente coinvolgere i familiari in loro possibili aggressioni; a
Firenze, era stato ucciso l'ex-deputato socialista Gaetano Pilati, la stessa
casa di Gramsci era stata messa a soqquadro dalla polizia il 20 ottobre. Mentre
gli esponenti dell'opposizione antifascista prendevano la via dell'emigrazione
Gobetti, che muore ia Parigi, in conseguenza delle bastonate squadriste,
Amendola, Salveminiun processo farsa condannava a una pena simbolica gli
assassini di Matteotti, difesi dal capo-squadrista Roberto Farinacci. La
moglie Giulia, che aspettava il secondo figlio Giuliano, lasciò l'Italia e il
mese dopo fu la volta della cognata Eugenia a tornare a Mosca con il figlio
Delio: Gramsci non l'avrebbe più rivisto. Giustino Fortunato
Elaborando temi già affrontati nelle Tesi di Lione, in settembre Gramsci iniziò
a scrivere un saggio sulla questione meridionale, intitolato Alcuni temi sulla
quistione meridionale, in cui analizzò il periodo dello sviluppo politico
italiano dal 1894, anno dei moti dei contadini siciliani, seguito nel 1898
dall'insurrezione di Milano repressa a cannonate dal governo Di Rudinì. Secondo
Gramsci, la borghesia italiana, impersonata politicamente da Giovanni Giolitti,
di fronte all'insofferenza delle classi emarginate dei contadini meridionali e
degli operai del Nord, piuttosto che allearsi con le forze agrarie, cosa che
avrebbe dovuto comportare una politica di libero scambio e di bassi prezzi
industriali, scelse di favorire il blocco industriale-operaio, con la
conseguente scelta del protezionismo doganale, unita a concessione di libertà
sindacali. Di fronte alla persistenza dell'opposizione operaia,
manifestatasi anche contro i dirigenti socialisti riformisti, Giolitti cercò un
accordo con i contadini cattolici del Centro-Nord. Il problema è allora di
perseguire una politica di opposizione che rompa l'alleanza
borghesia-contadini, facendo convergere questi ultimi in un'alleanza con la
classe operaia. La società meridionale, secondo Gramsci, è costituita da
tre classi fondamentali: braccianti e contadini poveri, politicamente
inconsapevoli; piccoli e medi contadini, che non lavorano la terra ma dalla
quale ricavano un reddito che permette loro di vivere in città, spesso come
impiegati statali: costoro disprezzano e temono il lavoratore della terra, e
fanno da intermediari al consenso fra i contadini poveri e la terza classe,
costituita dai grandi proprietari terrieri, i quali a loro volta contribuiscono
alla formazione dell'intellettualità nazionale, con personalità del valore di Croce
e di Fortunato e sono, con quelli, i principali e più raffinati sostenitori
della conservazione di questo blocco agrario. Croce e Fortunato sono, per
Gramsci, «i reazionari più operosi della penisola», «le chiavi di volta del
sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi figure della
reazione italiana». Per poter spezzare questo blocco occorrerebbe la formazione
di un ceto di intellettuali medi che interrompa il flusso del consenso fra le
due classi estreme, favorendo così l'alleanza dei contadini poveri con il
proletariato urbano. Tuttavia Gramsci non aveva un'opinione positiva sui contadini,
scrisse: «Il solo organizzatore possibile della massa contadina meridionale è
l'operaio industriale, rappresentato dal nostro partito» «Non ho mai voluto
mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a
stare in prigione vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non
potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta
devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro
onore e la loro dignità di uomini» (Antonio Gramsci, Lettera alla madre)
In Unione Sovietica è in corso la lotta fra la maggioranza di Stalin e Bucharin
e la minoranza di sinistra del Partito comunista, guidata da Trotskij, Zinov'ev
e Kamenev, che critica la politica della NEP, la quale favorisce i contadini
ricchi a svantaggio degli operai, e la rinuncia alla rivoluzione socialista
mondiale attraverso la costruzione del «socialismo in un solo paese» che
porterebbe all'involuzione del movimento rivoluzionario. Il dissidio, che porta
all'esclusione di Zinov'ev dall'Ufficio politico del Partito sovietico, si era
fatto sempre più aspro con la costituzione in frazione della minoranza e si era
esteso anche all'interno del Partito comunista tedesco, provocando una
scissione. Il New York Times, forse su ispirazione di Trotsky, pubblicava il
testamento di Lenin, con i suoi noti rilievi sul carattere di Stalin e sul
pericolo rappresentato dal troppo potere che la carica di segretario del
Partito gli concedeva. Su incarico dell'Ufficio politico, Gramsci scrisse a
metà ottobre una lettera al Comitato centrale del Partito sovietico. Egli si
mostra preoccupato per l'acutezza delle polemiche che potrebbero portare a una
scissione che «può avere le più gravi ripercussioni, non solo se la minoranza
di opposizione non accetta con la massima lealtà i principi fondamentali della
disciplina rivoluzionaria di Partito, ma anche se essa, nel condurre la sua
lotta, oltrepassa certi limiti che sono superiori a tutte le democrazie
formali». Riconosciuto ai dirigenti sovietici il merito di essere stati
«l'elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie di tutti i
paesi», li rimprovera di star «distruggendo l'opera vostra, voi degradate e
correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il partito comunista
dell'URSS aveva conquistato per l'impulso di Lenin: ci pare che la passione
violenta delle quistioni russe vi faccia perdere di vista gli aspetti
internazionali delle quistioni russe stesse, vi faccia dimenticare che i vostri
doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel quadro
degli interessi del proletariato internazionale. Nel merito del fondamento del
contrastola contraddizione di un proletariato formalmente «dominante» in URSS,
ma in condizioni economiche molto inferiori alla classe «dominata»Gramsci
appoggia la posizione della maggioranza, rilevando che «è facile fare della
demagogia su questo terreno ed è difficile non farla quando la quistione è
stata messa nei termini dello spirito corporativo e non in quelli del
leninismo, della dottrina dell'egemonia del proletariato è in questo elemento
la radice degli errori del blocco delle opposizioni e l'origine dei pericoli
latenti che nella sua attività sono contenuti. Nella ideologia e nella pratica
del blocco delle opposizioni rinasce in pieno tutta la tradizione della
socialdemocrazia e del sindacalismo che ha impedito finora al proletariato
occidentale di organizzarsi in classe dirigente». Gramsci concludeva
esortando all'unità: «I compagni Zinov'ev, Trockij, Kamenev hanno contribuito
potentemente a educarci per la rivoluzione sono stati tra i nostri maestri. A
loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili dell'attuale
situazione perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del comitato
centrale del partito comunista dell'URSS non intenda stravincere nella lotta e
sia disposta a evitare le misure eccessive. L'untà del nostro partito fratello
di Russia è necessaria per lo sviluppo e il trionfo delle forze rivoluzionarie
mondiali; a questa necessità ogni comunista e internazionalista deve essere
disposto a fare maggiori sacrifizi. I danni di un errore compiuto dal partito
unito sono facilmente superabili; i danni di una scissione o di una prolungata
condizione di scissione latente possono essere irreparabili e mortali». Togliatti,
allora a Mosca quale rappresentante italiano all'Internazionale, criticò le
ultime considerazioni che ripartivano, seppure in modo diseguale, le
responsabilità delle due fazioni, credendo ancora nella illusoria possibilità
di una compattezza del gruppo dirigente sovietico: a suo avviso, invece, «d'ora
in poi l'unità della vecchia guardia leninista non sarà più o sarà assai
difficilmente realizzata in modo continuo». Non ci sarà tempo e occasione per
approfondire la questione: lo stesso giorno in cui il Comitato centrale
comunista doveva riunirsi clandestinamente a Genova, Mussolini subì a Bologna
un attentato senza conseguenze personali, che provoca una tale pressione
poliziesca da far fallire il convegno. L'attentato Zamboni costituì il pretesto
per l'eliminazione degli ultimi, minimi residui di democrazia: il governo
sciolse i partiti politici di opposizione e soppresse la libertà di stampa. L'8
novembre, in violazione dell'immunità parlamentare, Gramsci venne arrestato
nella sua casa e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Il giorno successivo fu
dichiarato decaduto, insieme agli altri deputati aventiniani. Dopo un periodo
di confino a Ustica, dove ritrovò, tra gli altri, Bordiga, fu detenuto nel
carcere milanese di San Vittore. Qui ricevette, in agosto, la visita del
fratello Mario, le cui scelte politiche erano state opposte alle suegià
federale di Varese, ora si occupava di commercioe, soprattutto, quella della
cognata Tatiana, la persona che si manterrà sempre, per quanto possibile, in
contatto con lui. L'istruttoria andò per le lunghe, perché vi erano difficoltà
a montare su di lui accuse credibili: fu anche fatto avvicinare da due agenti
provocatoriprima un tale Dante Romani e poi un certo Corrado Melanima senza
successo. Il processo a ventidue imputati comunisti, fra i quali Umberto
Terracini, Mauro Scoccimarro e Giovanni Roveda, iniziò finalmente a Roma;
Mussolini aveva istituito il Tribunale Speciale Fascista. Presidente è un
generale, Saporiti, giurati sono cinque consoli della milizia fascista,
relatore l'avvocato Buccafurri e accusatore l'avvocato Isgrò, tutti in
uniforme; intorno all'aula, «un doppio cordone di militi in elmetto nero, il
pugnale sul fianco ed i moschetti con la baionetta in canna» Gramsci è accusato
di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e
incitamento all'odio di classe. Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua
requisitoria con una frase rimasta famosa: «Bisogna impedire a questo cervello
di funzionare per venti anni»; e infatti Gramsci venne condannato a venti anni,
quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Raggiunse il carcere di Turi, in
provincia di Bari. Fin da quando si trovava in carcere a Milano, era
intenzionato a occuparsi «intensamente e sistematicamente di qualche soggetto»
che lo «assorbisse e centralizzasse la sua vita interiore». Il detenuto 7.047
ottenne finalmente l'occorrente per scrivere e iniziò la stesura dei suoi
Quaderni del carcere. Il primo quaderno si apre proprio con una bozza di 16
argomenti, alcuni dei quali saranno abbandonati, altri inseriti e altri ancora
svolti solo in parte. Caratteristico era il suo modo di lavorare. Quasi tutti i
giorni, per alcune ore, camminando all'interno della cella, rifletteva sulle
frasi da scrivere e poi si chinava sul tavolino, scrivendo senza sedersi, un
ginocchio appoggiato sullo sgabello, per riprendere a camminare e a pensare. A
fare da tramite tra Gramsci e il mondo esterno, e in particolare con Sraffa e
tramite questi col Pcus e il PCd'I, fu la cognata Tatiana Schucht, essendo la
moglie di Gramsci tornata in Unione Sovietica. Intanto, il Congresso
dell'Internazionale comunista, tenutosi a Mosca aveva stabilito l'impossibilità
di accordi con la social-democrazia, che veniva anzi assimilata allo stesso
fascismo. Era la tesi di Stalin il quale, liquidata l'opposizione di Trockij,
eliminava anche l'influenza di Bucharin che, già suo alleato contro la sinistra
di Trockij, era rimasto il suo principale oppositore da destra. Al nuovo
orientamento dell'Internazionale, riaffermato nel X Plenum del Comitato
esecutivo ndovevano adeguarsi i Partiti nazionali, espellendo, se necessario, i
dissidenti. Il Partito comunista d'Italia si adeguò alle scelte
dell'Internazionale, espellendo Angelo Tasca in settembre e in successione, ma
con l'accusa di trotskismo, prima, iBordiga, poi, ifu la volta di Leonetti,
Tresso e Ravazzoli. Teneva, durante l'ora d'aria, dei
"colloqui-lezioni" con i compagni di partito: non esistono dirette
testimonianze delle opinioni espresse da Gramsci riguardo alla «svolta»
politica del movimento comunista, ma può costituire un indiretto riferimento un
rapporto che un suo compagno di carcere, Athos Lisa, amnistiato, inviò subito al
Centro estero comunista. Secondo quella relazione, riferì la teoria della
necessità dell'alleanza fra operai del Nord e contadini meridionali che già
stava elaborando nei suoi Quaderni: «L'azione per la conquista degli alleati
diviene per il proletariato cosa estremamente delicata e difficile. D'altra
parte, senza la conquista di questi alleati, è precluso al proletariato ogni
serio movimento rivoluzionario». Qui s'intende che il proletariatola classe
operaiadebba allearsi con i contadini e la piccola borghesia: «Se si tiene
conto delle particolari condizioni nei limiti delle quali va visto il grado di
sviluppo politico degli strati contadini e piccoli borghesi in Italia, è facile
comprendere come la conquista di questi strati sociali comporti per il partito
una particolare azione. La lotta per la conquista diretta del potere è un passo
al quale questi strati sociali potranno solo accedere per gradi il primo passo
attraverso il quale bisogna condurre questi strati sociali è quello che li
porti a pronunciarsi sul problema istituzionale e costituzionale. L'inutilità
della Monarchia è ormai compresa da tutti i lavoratori a questo obiettivo deve
improntarsi la tattica del partito senza tema di apparire poco rivoluzionario.
Deve fare sua prima degli altri partiti in lotta contro il fascismo la parola
d'ordine della Costituente». Ma l'azione del partito «deve essere intesa a
svalutare tutti i programmi di riforma pacifica dimostrando alla classe
lavoratrice come la sola soluzione possibile in Italia risieda nella
rivoluzione proletaria». La richiesta di una Costituente, e dunque di
un'iniziativa politica che si ponesse obiettivi intermedi, avrebbe comportato
necessariamente una convergenza, per quanto temporanea, con altre forze
antifasciste, e se è difficile considerare tale linea politica come «social-democratica»,
durante le discussioni nel cortile del carcere qualche suo compagno arrivò a
sostenere che egli era ormai fuori del Partito comunista. Probabilmente le
reazioni di alcuni erano esasperate dal clima di detenzione» ma certo le
posizioni dovevano apparire in contrasto con la linea politica indicata in
quegli anni dal Partito comunista. È in questo periodo chevenne a contatto con
Pertini, esponente del PSI e detenuto anch'egli alla Casa Penale di Turi. I
due, nonostante i pensieri politici differenti, divennero grandi amici e
Pertini, anche dopo la scarcerazione, ricordò spesso nei suoi discorsi il
compagno di prigionia e le tristi condizioni di salute che lo stroncavano. Gramsci,
oltre al morbo di Pott di cui soffriva fin dall'infanzia, fu colpito da
arteriosclerosi e poté così ottenere una cella individuale; cercò di reagire
alla detenzione studiando ed elaborando le proprie riflessioni politiche,
filosofiche e storiche, tuttavia le condizioni di salute continuarono a
peggiorare e in agosto ebbe un'improvvisa e grave emorragia. Anche la
moglie, in Russia, era sofferente di una seria forma di depressione e rare
erano le sue lettere al marito che, all'oscuro dei motivi dei suoi lunghi
silenzi, sentiva crescere intorno a sé il senso di un opprimente isolamento.
Scriveva alla cognata: Non credere che il sentimento di essere personalmente
isolato mi getti nella disperazione io non ho mai sentito il bisogno di un
apporto esteriore di forze morali per vivere fortemente la mia vita tanto meno
oggi, quando sento che le mie forze volitive hanno acquistato un più alto grado
di concretezza e di validità. Ma mentre nel passato mi sentivo quasi orgoglioso
di sentirmi isolato, ora invece sento tutta la meschinità, l'aridità, la
grettezza di una vita che sia esclusivamente volontà. Quando la madre morì, i
familiari preferirono non informarlo. Ebbe una seconda grave crisi, con
allucinazioni e deliri. Si riprese a fatica, senza farsi illusioni sul suo
immediato futuro. Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire, pessimista con
l'intelligenza e ottimista con la volontà. Oggi non penso più così. Ciò non
vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma significa che non
vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna riserva di
forze». Eppure lo stesso codice penale dell'epoca, all'art. 176, prevedeva la
concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi condizioni di
salute. A Parigi si costituì un comitato, di cui fecero parte, fra gli altri,
Rolland e Barbusse, per ottenere la liberazione sua e di altri detenuti politici,
ma venne trasferito nell'infermeria del carcere di Civitavecchia e poi nella
clinica del dottor Cusumano a Formia, sorvegliato in camera e all'esterno. Mussolini
accolse finalmente la richiesta di libertà condizionata, ma Gramsci non rimase
libero nei suoi movimenti, tanto che gli fu impedito di andare a curarsi
altrove, perché il governo temeva una sua fuga all'estero; solo il poté essere
trasferito nella clinica "Quisisana" di Roma, dove giunse in gravi
condizioni, poiché oltre al morbo di Pott e all'arteriosclerosi soffriva di
ipertensione e di gotta. Passò dalla libertà condizionata alla piena
libertà, ma era ormai in gravissime condizioni: morì di emorragia cerebrale,
nella stessa clinica Quisisana. Il giorno seguente la cremazione si svolsero i
funerali, cui parteciparono soltanto il fratello Carlo e la cognata Tatiana. Le
ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono trasferite nel Cimitero
acattolico di Roma, nel Campo Cestio. I 33 Quaderni del carcere, non destinati
da Gramsci alla pubblicazione, contengono riflessioni e appunti elaborati
durante la reclusione. Furono definitivamente interrotti a causa della gravità
delle sue condizioni di salute. Furono numerati, senza tener conto della loro
cronologia, dalla cognata Schucht, che li affidò all'Ambasciata sovietica a
Roma da dove furono inviati a Mosca e, successivamente, conseg Palmiro Togliatti.
Dopo la fine della guerra i Quaderni, curati dal dirigente comunista Platone sotto
la supervisione di Togliatti, furono pubblicati dall'editore Einaudi unitamente
alle sue Lettere dal carcere indirizzate ai familiarii n sei volumi, ordinati
per argomenti omogenei, con i titoli “Il materialismo storico e la filosofia di
Croce”; “Gli intellettuali e l'organizzazione
della cultura”; “Il Risorgimento”; “Note sul Machiavelli, sulla politica e
sullo Stato moderno”; “Letteratura e vita nazionale”; “Passato e
presente”. I Quaderni furono pubblicati
Valentino Gerratana secondo l'ordine cronologico della loro elaborazione. Sono
stati raccolti in volume anche tutti gli articoli scritti da Gramsci
nell'Avanti!, ne Il Grido del Popolo e ne L'Ordine Nuovo. Conquistare la
maggioranza politica di un Paese vuol dire che le forze sociali, che di tale
maggioranza sono espressione, dirigono la politica di quel determinato paese e
dominano le forze sociali che a tale politica si oppongono: significa ottenere
l'egemonia. Vi è distinzione fra direzione egemonia intellettuale e
morale e dominio esercizio della forza repressive. Un gruppo sociale è
dominante dei gruppi avversari che tende a liquidare o a sottomettere anche con
la forza armata, ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale
può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo
(è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere. Dopo,
quando esercita il potere ed anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa
dominante ma deve continuare ad essere anche dirigente. La crisi dell'egemonia
si manifesta quando, anche mantenendo il proprio dominio, le classi sociali
politicamente dominanti non riescono più a essere dirigenti di tutte le classi sociali,
non riuscendo più a risolvere i problemi di tutta la collettività e a imporre
la propria concezione del mondo. A quel punto, la classe sociale sub-alterna,
se riesce a indicare concrete soluzioni ai problemi lasciati irrisolti dalla
classe dominante, può diventare dirigente e, allargando la propria concezione
del mondo anche ad altri strati sociali, può creare un nuovo «blocco sociale»,
cioè una nuova alleanza di forze sociali, divenendo “egemone.” Il cambiamento
dell'esercizio dell'egemonia è un momento rivoluzionario che inizialmente
avviene a livello della sovra-struttura in senso marxiano, ossia politico,
culturale, ideale, morale –, ma poi trapassa nella società nel suo complesso
investendo anche la struttura economica, e dunque tutto il «blocco storico»,
termine che indica l'insieme della struttura e della sovra-struttura, ossia i
rapporti sociali di produzione e i loro riflessi ideologici. Analizzando
la storia di Italia e il Risorgimento in particolare, rileva che la classe
popolare non trova un proprio spazio politico e una propria identità, poiché la
politica dei liberali di Cavour concepì l'unità nazionale come un allargamento
dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia, non come movimento
nazionale dal basso, ma come conquista regia. Rritiene che l'azione della
borghesia avrebbe potuto assumere un carattere rivoluzionario se avesse
acquisito l'appoggio di vaste masse popolari, in particolare dei contadini, che
costituivano la maggioranza della popolazione. Il limite della rivoluzione
borghese in Italia consistette nel non essere capeggiata da un partito
giacobino, come in Francia, dove le campagne, appoggiando la Rivoluzione,
furono decisive per la sconfitta delle forze della reazione aristocratica.
Il partito politico italiano allora più avanzato fu il “Partito d'Azione” di
Mazzini e Garibaldi, che non seppe impostare il problema dell'alleanza delle
forze borghesi progressive con la classe contadina. Garibaldi in Sicilia
distribuì le terre demaniali ai contadini, ma gli stessi garibaldini repressero
le rivolte contadine contro i baroni latifondisti. Per conquistare l'egemonia
contro i moderati guidati dal liberale Cavour, il “Partito d'Azione” avrebbe
dovuto legarsi alle masse rurali, specialmente meridionali, essere giacobino specialmente
per il contenuto economico-sociale. Il collegamento delle diverse classi rurali
che si realizza in un blocco reazionario attraverso i diversi ceti
intellettuali legittimisti-clericali poteva essere dissolto per addivenire ad
una nuova formazione liberale-nazionale solo se si faceva forza in due
direzioni: sui contadini di base, accettandone le rivendicazione di base e
sugli intellettuali degli strati medi e inferiori». Al contrario, i cavourriani
liberali seppero mettersi alla testa della rivoluzione borghese, assorbendo
tanto i radicali che una parte dei loro stessi avversari. Questo avvenne perché
i moderati cavourriani ebbero un rapporto organico con i loro intellettuali che
erano proprietari terrieri e dirigenti industriali come i politici che essi
rappresentavano. Le masse popolari restarono passive nel raggiunto compromesso
fra i capitalisti del Nord e i latifondisti del Sud. Il Piemonte assunse
la funzione di classe dirigente, anche se esistevano altri nuclei di classe
dirigente favorevoli all'unificazione. Questi nuclei non volevano dirigere
nessuno, cioè non volevano accordare i loro interessi e aspirazioni con gli
interessi e aspirazioni di altri gruppi. Volevano dominare, non dirigere e
ancora. Volevano che dominassero i loro interessi, non le loro persone, cioè
volevano che una forza nuova, indipendente da ogni compromesso e condizione,
divenisse arbitra della Nazione: questa forza fu il Piemonte, che ebbe una
funzione paragonabile a quella di un partito. Questo fatto è della massima importanza
per il concetto di “rivoluzione passive”, che cioè non un gruppo sociale sia il
dirigente di altri gruppi, ma che uno stato, sia pure limitato come potenza,
sia il dirigente del gruppo che di esso dovrebbe essere dirigente e possa porre
a disposizione di questo un esercito e una forza politica-diplomatica. Che uno
Stato si sostituisca ai gruppi sociali locali nel dirigere la lotta di
rinnovamento è uno dei casi in cui si ha la funzione di “dominio” e non di
dirigenza di questi gruppi: dittatura senza egemonia. Il concetto di “egemonia”
si distingue da quello di “dittatura”. La dittatura uesta è solo dominio,
quella è capacità di direzione. Non prese mai posizione contro la “dittatura
del proletariato” né espresse critiche significative al regime sovietico in
Russia. Le classi subalterne Gustave Courbet, Lo spaccapietre Le
classi subaltern esotto proletariato, proletariato urbano, rurale e anche parte
della piccola borghesianon sono unificate e la loro unificazione avviene solo
quando giungono a dirigere lo stato, altrimenti svolgono una funzione
discontinua e disgregata nella storia della società civile dei singoli stati,
subendo l'iniziativa dei gruppi dominanti anche quando ad essi si
ribellano. Il "blocco sociale", l'alleanza politica di classi
sociali diverse, formato, in Italia, da industriali, proprietari terrieri,
classi medie, parte della piccola borghesia, non è omogeneo, essendo
attraversato da interessi divergenti, ma una politica opportuna, una cultura e
un'ideologia o un sistema di ideologie impediscono che quei contrasti di
interessi, permanenti anche quando siano latenti, esplodano provocando la crisi
dell'ideologia dominante e la conseguente crisi politica dell'intero sistema di
potere. In Italia, l'esercizio dell'egemonia delle classi dominanti è ed
è stata parziale. Tra le forze che contribuiscono alla conservazione di tale
blocco sociale è la Chiesa, che si batte per mantenere l'unione dottrinale tra
fedeli colti e incolti, tra intellettuali e semplici, tra dominanti e dominati,
in modo da evitare fratture irrimediabili che tuttavia esistono e che essa non
è in realtà in grado di sanare, ma solo di controllare. La Chiesa è sempre
stata la più tenace nella lotta per impedire che ufficialmente si formino due
religioni, quella degli intellettuali e quella delle anime semplici, una lotta
che ha fatto risaltare la capacità organizzatrice nella sfera della cultura del
clero che ha dato derte soddisfazioni alle esigenze della scienza e della
filosofia, ma con un ritmo così lento e metodico che le mutazioni non sono
percepite dalla massa dei semplici, sebbene esse appaiano
"rivoluzionarie" e demagogiche agli "integralisti" ».Anche
la dominante cultura d'impronta idealistica, esercitata dalle scuole
filosofiche di Croce e Gentile, non ha «saputo creare una unità ideologica tra
il basso e l'alto, tra i semplici e gli intellettuali, tanto che essa, anche se
ha sempre considerato la religione una mitologia, non ha nemmeno «entato di
costruire una concezione che potesse sostituire la religione nell'educazione
infantile, e questi pedagogisti, pur essendo non religiosi, non confessionali e
atei, concedono l'insegnamento della religione perché la religione è la
filosofia dell'infanzia dell'umanità, che si rinnova in ogni infanzia non
metaforica. La cultura laica dominante utilizza la religione proprio perché non
si pone il problema di elevare le classi popolari al livello di quelle
dominanti ma, al contrario, intende mantenerle in una posizione di sub-alternità.
Le classi dominanti hanno derubricato a “folklore” la cultura della classe sub-alterna.
Annota nel I Quaderno, che il “folklore”
non deve essere concepito come una bizzarria, una stranezza, una cosa ridicola,
una cosa tutt'al più pittoresca; ma deve essere concepito come una cosa molto seria
e da prendere sul serio, e va studiato in quanto «oncezione del mondo e della
vita di certi strati della società determi tempo e nello spazio, cioè del
popolo inteso come l'insieme della classi strumentale e sub-alterna di ogni
forma di società finora esistita». È dunque necessario mutare lo spirito delle
ricerche folkloriche, oltre che approfondirle ed estenderle. La frattura tra
gli intellettuali e i semplici può essere sanata da quella politica che non
tende a mantenere i semplici nella loro filosofia primitiva del senso comune,
ma invece a condurli a una concezione superiore della vita. L'azione politica
realizzata dalla «filosofia della prassi» così chiama il marxismo, non solo per
l'esigenza di celare quanto scrive alla repressiva censura carceraria opponendosi
alle culture dominanti della Chiesa e dell'idealismo, può condurre i subalterni
a una superiore concezione della vita. Se afferma l'esigenza del contatto tra
intellettuali e semplici non è per limitare l'attività scientifica e per
mantenere una unità al basso livello delle masse, ma appunto per costruire un
blocco intellettuale e morale che renda politicamente possibile un progresso
intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali. La via che
conduce all'egemonia del proletariato passa dunque per una riforma culturale e
morale della società. Tuttavia l'uomo attivo di massa, cioè la classe
operaia, non è, in generale, consapevole né della funzione che può svolgere né
della sua condizione reale di sub-ordinazione, Il proletariat non ha una chiara
coscienza di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo
trasforma. La sua coscienza anzi può essere in contrasto col suo operare. Esso
opera praticamente e nello stesso tempo ha una coscienza ereditata dal passato,
accolta per lo più in modo acritico. La reale comprensione di sé avviene attraverso
una lotta di egemonie politiche, di direzioni contrastanti, prima nel campo
dell'etica, poi della politica per giungere a una elaborazione superiore della
propria concezione del reale. La coscienza politica, cioè l'essere parte di una
determinata forza egemonica, è la prima fase per una ulteriore e progressiva
auto-coscienza dove teoria e pratica finalmente si unificano. Ma auto-coscienza
significa creazione di un gruppo di intellettuali, organici alla classe, perché
per distinguersi e rendersi indipendenti occorre organizzarsi, e non esiste
organizzazione senza intellettuali, uno strato di persone specializzate
nell'elaborazione concettuale e filosofica. Già Machiavelli indica nei moderni
Stati unitari europei l'esperienza che l'Italia avrebbe dovuto far propria per
superare la drammatica crisi emersa nelle guerre che devastarono la penisola
dalla fine del Quattrocento. “Il Principe” di Machiavelli non esisteva nella
realtà storica, non si presentava al popolo italiano con caratteri di
immediatezza obiettiva. E una pura astrazione dottrinaria, il simbolo del capo,
del condottiero ideale. Ma gli elementi passionali, mitici si riassumono e diventano
vivi nella conclusione, nell'invocazione di un principe realmente esistente. In
Italia non si ebbe una monarchia assoluta che unificasse la nazione perché
dalla dissoluzione della borghesia comunale si creò una situazione interna
economico-corporativa, politicamente la peggiore delle forme di società
feudale, la forma meno progressiva e più stagnante. Mancò sempre, e non poteva
costituirsi, una forza giacobina efficiente, la forza appunto che a Francia ha
suscitato e organizzato la volontà collettiva nazional-popolare e ha fondato lo
stato moderno. A questa forza progressiva si oppose in Italia la «borghesia
rurale, eredità di parassitismo lasciata ai tempi moderni dallo sfacelo, come
classe, della borghesia comunale. Forze progressive sono i gruppi sociali
urbani con un determinato livello di cultura politica, ma non sarà possibile la
formazione di una volontà collettiva nazionale-popolare, se le grandi masse dei
contadini lavoratori non irrompono simultaneamente nella vita politica. Ciò
intendeva Machiavelli attraverso la riforma della milizia, ciò fecero i
giacobini nella Rivoluzione francese. In questa comprensione è da identificare
un giacobinismo precoce del Machiavelli, il germe, più o meno fecondo, della
sua concezione della rivoluzione nazionale. Modernamente, il Principe invocato
dal Machiavelli non può essere un individuo reale, concreto, ma un organismo e
questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il partito politico: la
prima cellula in cui si riassumono dei germi di volontà collettiva che tendono
a divenire universali e totali. Il partito è l'organizzatore di una riforma
intellettuale e morale, che concretamente si manifesta con un programma di riforma
economica, divenendo così la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione
di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume. Perché un partito esista, e
diventi storicamente necessario, devono confluire in esso tre elementi
fondamentali. Primo, un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui
partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito
creativo ed altamente organizzativo essi sono una forza in quanto c'è chi li
centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si
sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente. Secondo, L'elemento
coesivo principale dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e
disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva da solo questo
elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo
elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più
facile formare un esercito che formare dei capitani». Terzo, Un elemento medio,
che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo
fisico, ma morale e intellettuale. Gramsci negli scritti compresi ribadì i
principi espressi dalla Terza Internazionale, insistendo sulla disciplina
ferrea del partito e contestando qualsiasi forma di frazionismo. Socialisti e
sindacalisti venivano pesantemente criticati e messi sullo stesso piano del
regime fascista. Tutti gli uomini sono intellettuali, dal momento che non
c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale. Nn
si può separare l'homo faber dall'homo sapiens, in quanto, indipendentemente
della sua professione specifica, ognuno è a suo modo un filosofo, un artista,
un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole
linea di condotta morale, ma non tutti gli uomini hanno nella società la
funzione dell’ intellettuale. Storicamente si formano particolari categorie
di intellettuali, specialmente in connessione coi gruppi sociali più importanti
e subiscono elaborazioni più estese e complesse in connessione col gruppo
sociale dominante. Un gruppo sociale che tende all'egemonia lotta per
l'assimilazione e la conquista ideologica degli intellettuali tradizionali tanto
più rapida ed efficace quanto più il gruppo dato elabora simultaneamente i
propri intellettuali organici. L'intellettuale tradizionale è il letterato, il
filosofo, l'artista e perciò i giornalisti, che ritengono di essere letterati,
filosofi, artisti, ritengono anche di essere i veri intellettuali, mentre
modernamente è la formazione tecnica a formare la base del nuovo tipo di
intellettuale, un costruttore, organizzatore, persuasorema non assolutamente il
vecchio oratore, formatosi sullo studio dell'eloquenza motrice esteriore e
momentanea degli affetti e delle passioni il quale deve giungere dalla
tecnica-lavoro alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza
la quale si rimane specialista e non si diventa dirigente. Il gruppo sociale
emergente, che lotta per conquistare l'egemonia politica, tende a conquistare
alla propria ideologia l'intellettuale tradizionale mentre, nello stesso tempo,
forma i propri intellettuali organici. L'organicità degli intellettuali si
misura con la maggiore o minore connessione con il gruppo sociale cui essi
fanno riferimento. Essi operano tanto nella società civilel'insieme degli
organismi privati in cui si dibattono e si diffondono le ideologie necessarie
all'acquisizione del consenso, apparentemente dato spontaneamente dalle grandi
masse della popolazione alle scelte del gruppo sociale dominante quanto nella
società politica, dove si esercita il dominio diretto o di comando che si
esprime nello Stato e nel governo giuridico. Gli intellettuali sono così i
commessi del gruppo dominante per l'esercizio delle funzioni sub-alterne
dell'egemonia sociale e del governo politico, cioè, primo, del consenso spontaneo
dato dalle grandi masse della popolazione all'indirizzo impresso alla vita
sociale dal gruppo fondamentale dominante; secondo, dell'apparato di
coercizione statale che assicura legalmente la disciplina di quei gruppi che
non consentono. Come lo Stato, nella società politica, tende a unificare gli
intellettuali tradizionali con quelli organici, così nella società civile il
partito politico, ancor più compiutamente e organicamente dello Stato, elabora i
propri componenti, elementi di un gruppo sociale nato e sviluppatosi come
economico, fino a farli diventare intellettuali politici qualificati,
dirigenti, organizzatori di tutte le attività e le funzioni inerenti
all'organico sviluppo di una società integrale, civile e politica. Il compito
della riforma intellettuale e morale non potrà che essere ancora degli
intellettuali organici, non cristallizzati, che la determineranno e
organizzeranno, adeguando la cultura anche alle sue funzioni pratiche,
addivenendo a una nuova organizzazione della cultura. Il partito comunista si
pone come sintesi attiva di questo processo: intellettuale collettivo di
avanguardia, la direzione politica di classe lotterà per l'egemonia. Il partito
comunista, per Gramsci, è intellettuale collettivo; e l'intellettuale comunista
è organico alla classe e dunque a questo collettivo perché fa parte del blocco
storico-sociale che deve costruire il nuovo mondo. Pur essendo sempre
stati legati alle classi dominanti, ottenendone spesso onori e prestigio, gli
intellettuali italiani non si sono mai sentiti organici, hanno sempre
rifiutato, in nome di un loro astratto cosmopolitismo, ogni legame con il
popolo, del quale non hanno mai voluto riconoscere le esigenze né interpretare
i bisogni culturali. In molte linguein russo, in tedesco, in franceseil
significato dei termini «nazionale» e «popolare» coincidono: «in Italia, il
termine nazionale ha un significato molto ristretto ideologicamente e in ogni
caso non coincide con popolare, perché in Italia gli intellettuali sono lontani
dal popolo, cioè dalla nazione e sono invece legati a una tradizione di casta,
che non è mai stata rotta da un forte movimento popolare o nazionale dal basso:
la tradizione è libresca e astratta e l'intellettuale tipico moderno si sente
più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese
o siciliano. Si è assistito a un fiorire della letteratura popolare, dai
romanzi di appendice del Sue o di Ponson du Terrail, ad Alexandre Dumas, ai
racconti polizieschi inglesi e americani; con maggior dignità artistica, alle
opere del Chesterton e di Dickens, a quelle di Victor Hugo, di Émile Zola e di
Honoré de Balzac, fino ai capolavori di Dostoevskij e di Tolstoj. Nulla di
tutto questo in Italia. In Italia, la letteratura non si è diffusa e non è
stata popolare, per la mancanza di un blocco nazionale intellettuale e morale
tanto che l'elemento intellettuale italiano è avvertito come “più straniero
degli stranieri stessi”. Fa eccezione,
per Gramsci, il melodrama verista (“Cavalleria rusticana”, “Pagliacci”), che ha
tenuto in qualche modo in Italia il ruolo nazionale-popolare sostenuto altrove
dalla letteratura. Il pubblico icerca la sua letteratura all'estero perché la sente
più sua di quella italiana: è questa la dimostrazione del distacco, in Italia,
fra pubblico e scrittori. Ogni popolo ha la sua letteratura, ma essa può venirgli
da un altro popolo può essere subordinato all'egemonia intellettuale e morale
di altri popoli. È questo spesso il paradosso più stridente per molte tendenze
monopolistiche di carattere nazionalistico e repressivo: che mentre si
costruiscono piani grandiosi di egemonia, non ci si accorge di essere oggetto
di una egemonia straniera. Così come, mentre si fanno piani imperialistici, in
realtà si è oggetto di altri imperialism.. Hanno fallito nel compito di
elaborare la coscienza morale del popolo, non diffondendo in esso un moderno
umanesimo. La insufficienza dell’intelletuale è «uno degli indizi più
espressivi dell'intima rottura che esiste tra la religione e il popolo. Questo
si trova in uno stato miserrimo di indifferentismo e di assenza di una vivace
vita spirituale. La religione è rimasta allo stato di superstizione l'Italia
popolare è ancora nelle condizioni create immediatamente dalla Contro-Riforma.
La religione, tutt'al più, si è combinata col folclore pagano ed è rimasta in
questo stadio. Sono rimaste famose le note di Gramsci sul Manzoni: lo scrittore
più autorevole, più studiato nelle scuole e probabilmente il più popolare, è una
dimostrazione del carattere elitista della letteratura italiana. Ecco le parole
dai Quaderni del carcere, confrontandolo con Tolstoj. Il carattere
aristocratico di Manzoni appare dal compatimento scherzoso verso le figure di
uomini del popolo (ciò che non appare in Tolstoj), come fra Galdino (in
confronto di frate Cristoforo), il sarto, Renzo, Agnese, Perpetua, la stessa
Lucia i popolani, per Manzoni, non hanno vita interiore, non hanno personalità
morale profonda; essi sono animali. Manzoni è benevolo verso di loro proprio
della benevolenza di una società di protezione di animali niente dello spirito
popolare di Tolstoi, cioè dello spirito evangelico del cristianesimo primitivo.
L'atteggiamento di Manzoni verso i suoi popolani è l'atteggiamento della Chiesa
Cattolica verso il popolo: di condiscendente benevolenza, non di immediatezza
umana vede con occhio severo tutto il popolo, mentre vede con occhio severo i
più di coloro che non sono popolo; egli trova magnanimità, alti pensieri,
grandi sentimenti, solo in alcuni della classe alta, in nessuno del popolo non
c'è popolano che non venga preso in giro e canzonato. Vita interiore hanno solo
i signori: fra Cristoforo, il Borromeo, l'Innominato, lo stesso don Rodrigo il
suo atteggiamento verso il popolo e elitista ed aristocratico. Una classe che
muova alla conquista dell'egemonia non può non creare una nuova cultura, che è
essa stessa espressione di una nuova vita morale, un nuovo modo di vedere e
rappresentare la realtà; naturalmente, non si possono creare artificialmente
artisti che interpretino questo nuovo mondo culturale, ma «un nuovo gruppo
sociale che entra nella vita storica con atteggiamento egemonico, con una
sicurezza di sé che prima non aveva, non può non suscitare dal suo seno
personalità che prima non avrebbero trovato una forza sufficiente per esprimersi
compiutamente. Intanto, nella creazione di una nuova cultura, è parte la
critica della civiltà letteraria presente, e vede nella critica svolta da Sanctis
un esempio privilegiato. La critica di Sanctis è militante, non frigidamente
estetica, è la critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti tra
concezioni della vita antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica
della struttura delle opere, cioè della coerenza logica e storica-attuale delle
masse di sentimenti rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta
culturale: proprio in ciò pare consista la profonda umanità e l'umanesimo di Sanctis.
Piace sentire in lui il fervore appassionato dell'uomo di parte che ha saldi
convincimenti morali e politici e non li nasconde. Sanctis opera nel periodo
risorgimentale, in cui si lotta per creare una nuova cultura: di qui la
differenza con Croce, che vive sì gli stessi motivi culturali, ma nel periodo
della loro affermazione, per cui la passione e il fervore romantico si sono
composti nella serenità superiore e nell'indulgenza piena di bonomia. Quando
poi quei valori culturali, così affermatisi, sono messi in discussione, allora
in Croce sub-entra una fase in cui la serenità e l'indulgenza s'incrinano e
affiora l'acrimonia e la collera a stento repressa: fase difensiva non
aggressiva e fervida, e pertanto non confrontabile con quella di Sanctis. Una
critica letteraria marxistica può avere nel critico campano un esempio, dal
momento che essa deve fondere, come Sanctis fece, la critica estetica con la
lotta per una cultura nuova, criticando il costume, i sentimenti e le ideologie
espresse nella storia della letteratura, individuandone le radici nella società
in cui quegli scrittori si trovavano a operare. Non a caso, progettava
nei suoi Quaderni un saggio che intendeva intitolare «I nipotini di padre Bresciani»,
dal nome di Bresciani, tra i fondatori e direttore della rivista La Civiltà
Cattolica e scrittore di romanzi popolari d'impronta reazionaria; uno di essi,
L'ebreo di Verona, fu stroncato in un famoso saggio di Sanctis. I nipotini di padre Bresciani sono gli
intellettuali e i letterati contemporanei portatori di una ideologia reazionaria
con un «carattere tendenzioso e propagandistico apertamente confessato». Fra i
«nipotini»individua, oltre a molti scrittori ormai dimenticati, Antonio
Beltramelli, Ugo Ojetti, la codardia intellettuale dell'uomo supera ogni misura
normale, Panzini, Bellonci, Bontempelli, Fracchia, Baratono -- l'agnosticismo
del Baratono non è altro che vigliaccheria morale e civile -- teorizza solo la
propria impotenza estetica e filosofica e la propria coniglieria – Bacchelli --
nel Bacchelli c'è molto brescianesimo, non solo politico-sociale, ma anche
letterario: la Ronda fu una manifestazione di gesuitismo artistico -- Salvator
Gotta --di Salvator Gotta si può dire ciò che il Carducci scrisse del
Rapisardi: Oremus sull'altare e flatulenze in sagrestia; tutta la sua
produzione letteraria è brescianesca», Ungaretti. La vecchia generazione
degli intellettuali è fallita (Papini, Prezzolini, Soffici, ecc.) ma ha avuto
una giovinezza. La generazione attuale non ha neanche questa età delle
brillanti promesse, Rosa, Angioletti, Malaparte, ecc.). Asini brutti anche da
piccoletti. Croce, il più autorevole intellettuale dell'epoca, da alla
borghesia italiana gli strumenti culturali più raffinati per delimitare i
confini fra gli intellettuali e la cultura italiana, da una parte, e il
movimento operaio e socialista dall'altra; è allora necessario mostrare e
combattere la sua funzione di maggior rappresentante dell'egemonia culturale
che il blocco sociale dominante esercita nei confronti del movimento operaio
italiano. Come tale, Croce combatte il marxismo, cercando di negarne validità
nell'elemento che egli individua come decisivo: quello dell'economia. Il Capitale
di Marx sarebbe per Croce un'opera di morale e non di scienza, un tentativo di
dimostrare che la società capitalistica è immorale, diversamente dalla
comunista, in cui si realizzerebbe la piena moralità umana e sociale. La non-scientificità
dell'opera maggiore di Marx sarebbe dimostrata dal concetto del “plusvalore.” Per
Croce, solo da un punto di vista morale si può parlare di “plusvalore” rispetto
al “valore”, legittimo concetto economico. Questa critica del Croce è in
realtà un semplice sofisma. Il “plusvalore” è esso stesso valore, è la
differenza tra il valore delle merci prodotte dal lavoratore e il valore della
forza-lavoro del lavoratore stesso. Del resto, la teoria del valore di Marx
deriva direttamente da quella dell'economista liberale Ricardo la cui teoria
del valore-lavoro non sollevò nessuno scandalo quando fu espressa, perché
allora non rappresentava nessun pericolo, appariva solo, come era, una
constatazione puramente oggettiva e scientifica. Il valore polemico e di
educazione morale e politica, pur senza perdere la sua oggettività, dove acquistarla
solo con la Economia critica. La filosofia crociana si qualifica come
storicismo, ossia, seguendo Vico, la realtà è storia e tutto ciò che esiste è
necessariamente storico ma, conformemente alla natura idealistica della sua
filosofia, la storia è storia dello Spirito, dunque storia speculativa, di astrazionistoria
della libertà, della cultura, del progresso non è la storia concreta delle
nazioni e delle classi. La storia speculativa può essere considerata come un
ritorno, in forme letterarie rese più scaltre e meno ingenue dallo sviluppo
della capacità critica, a modi di storia già caduti in discredito come vuoti e
retorici e registrati in diversi libri dello stesso Croce. La storia
etico-politica, in quanto prescinde dal concetto di blocco storico, in cui
contenuto economico-sociale e forma etico-politica si identificano
concretamente nella ricostruzione dei vari periodi storici, è niente altro che
una presentazione polemica di filosofemi più o meno interessanti, ma non è
storia la storia di Croce rappresenta figure disossate, senza scheletro, dalle
carni flaccide e cascanti anche sotto il belletto delle veneri letterarie dello
scrittore. L'operazione conservatrice di Croce storico fa il paio con quella di
Croce filosofo. Se la dialettica dell'idealista Hegel era una dialettica dei
contrariuno svolgimento della storia che procede per contraddizioni la
dialettica crociana è una dialettica dei distinti: commutare la contraddizione
in distinzione significa operare un'attenuazione, se non un annullamento dei
contrasti che nella storia, e dunque nelle società, si presentano. Tale
operazione si manifesta nelle opere storiche di Croce. La sua Storia d'Europa,
iniziando e tagliando fuori il periodo della Rivoluzione francese e quello
napoleonico, non è altro che un frammento di storia, l'aspetto passivo della
grande rivoluzione che si iniziò in Francia nel 1789, traboccò nel resto
d'Europa con le armate repubblicane e napoleoniche, dando una potente spallata
ai vecchi regimi e determinandone non il crollo immediato come in Francia, ma
la corrosione riformistica che durò fino al 1870. Analoga è l'operazione
operata dal Croce nella sua Storia d'Italia la quale affronta unicamente il
periodo del consolidamento del regime dell'Italia unita e si «prescinde dal
momento della lotta, dal momento in cui si elaborano e radunano e schierano le
forze in contrasto in cui un sistema etico-politico si dissolve e un altro si
elabora in cui un sistema di rapporti sociali si sconnette e decade e un altro
sistema sorge e si afferma, e invece Croce assume placidamente come storia il
momento dell'espansione culturale o etico-politico. Gramsci, fin dagli anni
universitari, fu un deciso oppositore di quella concezione fatalistica e
positivistica del marxismo, presente nel vecchio partito socialista, per la
quale il capitalismo necessariamente era destinato a crollare da sé, facendo
posto a una società socialista. Questa concezione mascherava l'impotenza
politica del partito della classe subalterna, incapace di prendere l'iniziativa
per la conquista dell'egemonia. Anche il manuale del bolscevico russo Nikolaj
Bucharin, eLa teoria del materialismo storico manuale popolare di sociologia,
si colloca nel filone positivistico. La sociologia è stata un tentativo di
creare un metodo della scienza storico-politica, in dipendenza di un sistema filosofico
già elaborato, il positivismo evoluzionistico è diventata la filosofia dei non
filosofi, un tentativo di descrivere e classificare schematicamente i fatti
storici, secondo criteri costruiti sul modello delle scienze naturali. La
sociologia è dunque un tentativo di ricavare sperimentalmente le leggi di
evoluzione della società umana in modo da prevedere l'avvenire con la stessa
certezza con cui si prevede che da una ghianda si svilupperà una quercia.
L'evoluzionismo volgare è alla base della sociologia che non può conoscere il
principio dialettico col passaggio dalla quantità alla qualità, passaggio che
turba ogni evoluzione e ogni legge di uniformità intesa in senso volgarmente
evoluzionistico. La comprensione della realtà come sviluppo della storia umana
è solo possibile utilizzando la dialettica marxiana della quale non vi è
traccia nel Manuale del Bucharin perché essa coglie tanto il senso delle
vicende umane quanto la loro provvisorietà, la loro storicità determinata dalla
prassi, dall'azione politica che trasforma le società. Le società non si
trasformano da sé. Già Marx aveva rilevato come nessuna società si ponga
compiti per la cui soluzione non esistano già le condizioni almeno in via di
apparizione né essa si dissolve, se prima non ha svolto tutte le forme di vita
che le sono implicite. Il rivoluzionario si pone il problema di individuare
esattamente i rapporti tra struttura e sovrastruttura per giungere a una
corretta analisi delle forze che operano nella storia di un determinato
periodo. L'azione politica rivoluzionaria, la prassi, è anche catarsi che segna
l passaggio dal momento meramente economico (o egoistico-passionale) al momento
etico-politico cioè l'elaborazione superiore della struttura in super-struttura
nella coscienza degli uomini. Ciò significa anche il passaggio dall'oggettivo
al soggettivo e dalla necessità alla libertà. La struttura, da forza esteriore
che schiaccia l'uomo, lo assimila a sé, lo rende passivo, si trasforma in mezzo
di libertà, in strumento per creare una nuova forma etico-politica, in origine
di nuove iniziative. La fissazione del momento catartico diventa così il punto di partenza di tutta la filosofia
della prassi; il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono
risultate dallo svolgimento dialettico. La dialettica è dunque strumento di
indagine storica, che supera la visione naturalistica e meccanicistica della
realtà, è unione di teoria e prassi, di conoscenza e azione. La dialettica è dottrina
della conoscenza e sostanza midollare della storiografia e della scienza della
politica e può essere compresa solo concependo il marxismo come una filosofia
integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo
mondiale in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali)
sia l'idealismo che il materialismo tradizionali espressione delle vecchie
società. Se la filosofia della prassi [il marxismo] non è pensata che
subordinatamente a un'altra filosofia, non si può concepire la nuova
dialettica, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime. Il
vecchio materialismo è metafisica; per il senso comune la realtà oggettiva,
esistente indipendentemente dall'uomo, è un ovvio assioma, confortato
dall'affermazione della religione per la quale il mondo, creato da Dio, si
trova già dato di fronte a noi. Ma va rifiutata «la concezione della realtà
oggettiva del mondo esterno nella sua forma più triviale e acritica» dal
momento che «a questa può essere mossa l'obbiezione di misticismo». Se noi
conosciamo la realtà in quanto uomini, ed essendo noi stessi un divenire
storico, anche la conoscenza e la realtà stessa sono un divenire. Come
potrebbe esistere un'oggettività extrastorica ed extraumana e chi giudicherà di
tale oggettività? La formulazione di Engels che l'unità del mondo consiste
nella sua materialità dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia
e delle scienze naturali contiene appunto il germe della concezione giusta,
perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva. Oggettivo
significa sempre umanamente oggettivo, ciò che può corrispondere esattamente a storicamente
soggettivo. L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per
tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario;
ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle
contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono
la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie. C'è
dunque una lotta per l'oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e
fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l'unificazione culturale del
genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano spirito non è un punto di partenza
ma di arrivo, l'insieme delle soprastrutture in divenire verso l'unificazione
concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario». La
formazione linguistica di Antonio Gramsci inizia durante gli anni universitari
a Torino con la frequentazione delle lezioni di Bartoli. Gramsci apprende che
la lingua è un prodotto “sociale" e che non può essere studiata senza
tenere conto della storia generale: ciò vuol dire che non è possibile comprendere
i mutamenti di una lingua senza riflettere sui mutamenti sociali, culturali e
politici della popolazione che la parla. È stato notato che fece aderire le
teorie apprese da Bartoli alle letture filosofiche che lo formarono
politicamente; in primo luogo all'Ideologia Tedesca di Marx, dove Marx afferma
che il tessco, come la coscienza dei tedesci, appartiene alla sfera degli
istituti sovra-strutturali, cioè al mondo dell'organizzazione politica e
giuridica della società. Le più interessanti riflessioni linguistiche
gramsciane sono contenute nei Quaderni del carcere e riguardano da una parte la
questione delle lingue in Italia, ovvero lo studio delle ragioni che hanno reso
difficile la diffusione di una lingua per la nazione o tutta la poppolazione,
dall'altra il tema dell'insegnamento linguistico nelle scuole primarie.
Soprattutto il secondo tema è di fondamentale importanza per Gramsci, perché
riguarda direttamente il riscatto culturale delle grandi masse popolari e la
creazione di uno spirito nazionale in grado di superare ogni forma di
particolarismo regionale. I Quaderni del carcere sono costellati in
maniera asistematica di molte note dedicate a problemi di caratteri
linguistico; queste note tracciano una vera e propria storia della lingua
italiana e racchiudono le riflessioni di Gramsci in merito alla cosiddetta
questione della lingua in Italia. Questo tipo di argomento si riallaccia a un
altro importante tema dei Quaderni ovvero lo studio delle responsabilità degli
intellettuali italiani per la formazione di uno spirito nazionale unitario. A
tal proposito Gramsci scrive: «mi pare che, intesa la lingua come elemento
della cultura e quindi della storia generale e come manifestazione precipua
della nazionalità e popolarità degli intellettuali, questo studio non sia ozioso
e puramente erudito». Nell'affrontare una ricostruzione storica delle vicende
linguistiche italiane Gramsci cerca dei termini di confronto con altri paesi
europei come la Francia: mentre in Francia il volgare viene usato per la prima
volta nella storia per redigere un documento ufficiale di carattere
politico-istituzionale, in Italia il volgare appare per la registrazione di
documenti privati legati al commercio o a questioni giuridiche:
«l'origine della differenziazione storica tra Italia e Francia si può trovare
testimoniata nel giuramento di Strasburgo, cioè nel fatto che il popolo
partecipa attivamente alla storia (il popolo-esercito) diventando il garante
dell'osservanza dei trattati tra i discendenti di Carlo Magno; il
popolo-esercito garantisce giurando in volgare, cioè introduce nella storia
nazionale la sua lingua, assumendo una funzione politica di primo piano,
presentandosi come volontà collettiva, come elemento di una democrazia
nazionale. Questo fatto demagogico dei Carolingi di appellarsi al popolo nella
loro politica estera è molto significativo per comprendere lo sviluppo della
storia francese e la funzione che vi ebbe la monarchia come fattore nazionale.
In Italia i primi documenti di volgare sono dei giuramenti individuali per
fissare la proprietà su certe terre dei conventi, o hanno un carattere
antipopolare («Traite, traite, fili de le putte»).» (Quaderni del
carcere, V. Gerratana, Torino, Einaudi) In Francia i gruppi dirigenti si
rendono conto dell'importanza del popolo negli affari di Stato: la demagogia di
cui parla Gramsci è da intendere, oltre che come strumento di propaganda, anche
come un nuovo atteggiamento politico in grado di crearsi «una propria civiltà
statale integrale», in cui si stabilisce un rapporto diretto tra governati e
governanti: il popolo diventa testimone di un fatto storico legittimato dal suo
giuramento. Ricorda nei suoi appunti come in Italia l'uso del volgare si
diffonda con l'avvento dell'età comunale, non solo per la redazione di
documenti privati, tipo atti notarili o giuramenti, ma anche per la creazione
di opere letterarie: in particolare, il volgare toscano, lingua della
borghesia, ottiene un certo successo anche nelle altre regioni. Firenze
esercita una egemonia culturale, connessa alla sua egemonia commerciale e
finanziaria. Bonifazio VIII dice che i fiorentini sono il quinto elemento del
mondo. C'è uno sviluppo linguistico unitario dal basso, dal popolo alle persone
colte, rinforzato dai grandi scrittori fiorentini e toscani. Dopo la decadenza
di Firenze, l'italiano diventa sempre più la lingua di una casta chiusa, senza
contatto vivo con una parlata storica.” Da questo momento si verifica una
cristallizzazione della lingua. I promotori del nuovo volgare, provenienti
dalla borghesia, non scrivono più nella lingua della loro classe d'origine
perché con essa non intrattengono più nessun rapporto, nella visione di Gramsci
essi “vengono assorbiti dalle classi reazionarie, dalle corti, non sono letterati
borghesi, ma aulici.” In questo senso, vede sciupata l'occasione di una
diffusione graduale del volgare toscano su scala nazionale, occasione
compromessa soprattutto dalla frammentazione politica della penisola e dal
carattere “elitario” del ceto intellettuale italianio. Affronta con maggior
vigore la questione delle lingue in relazione al periodo post-unitario. Nella
seconda metà dell'Ottocento, lo stato e per gran parte “dialettofono”, mentre
la lingua della nazione venne usata solo a livello letterario e come lingua
delle istituzioni. La scarsa diffusione di una lingua per la nazione testimonia
la frammentazione politica e culturale della popolazione italiana. Questo
fenomeno venne avvertito come un problema politico, soprattutto da molti
intellettuali di tendenze democratiche come Manzoni. Nella sua ricostruzione
storica Gramsci scrive che “anche la questione delle lingue posta da Manzoni riflette questo problema, il problema
della unità intellettuale e morale della nazione e dello stato, ricercato
nell'unità della lingua.” Eppure, sebbene Gramsci riconosca al Manzoni di aver
compreso la questione linguistica italiana come una questione politica e
sociale, si distingue da lui nel modo di interpretare la risoluzione del problema. Durante
il suo apprendistato glottologico presso Bartoli a Torino ha modo di
confrontare le posizioni del Manzoni con quelle di Ascoli, del “Archivio Glottologico.”
Mentre Manzoni prevede la diffusione di una lingua per la nazione sul modello
fiorentino imposta per decreto statale e per mezzo di maestri di scuola di
origine toscana, Ascoli concepiva la nascita di una lingua nazionale come il frutto
di un'unificazione culturale prima ancora che linguistica. Secondo Ascoli
l'unità culturale e linguistica, prima di tutto, deve avere un centro
irradiante, cioè un determinato 'municipio' in cui si concentrano e da cui
provengono gli elementi essenziali della vita nazionale: beni di consumo,
stimoli culturali, mode, ritrovati della tecnica, istituti statali e giuridici,
ecc. Se quel dato municipio riuscirà a stabilire un primato politico, economico
e culturale su tutta la nazione, riuscirà anche a diffondere, per conseguenza,
il suo particolare idioma. Per Ascoli, una lingua nazionale altro non può e non
deve essere, se non l'idioma vivo di una data città. Deve cioè per ogni parte
coincidere con l'idioma spontaneamente parlato dagli abitatori contemporanei di
quel dato municipio, che per questo capo viene a farsi principe, o quasi
stromento livellatore, dell'intiera nazione. Ascoli, nel suo Proemio, prende la
Francia come esempio per avvalorare la sua tesi. Infatti, l'unità linguistica
di Francia corrisponde all'egemonia politico-culturale di Parigi. La Francia
attinge da Parigi la unità della sua favella, perché Parigi è il gran crogiuolo
in cui si è fusa e si fonde l'intelligenza della Francia intera. Dal
vertiginoso movimento del municipio parigino parte ogni impulso dell'universa
civiltà francese. Viene da Parigi il nome, perché da Parigi vien la cosa. E la
Francia avendo in questo municipio l'unità assorbente del suo pensiero, vi ha
naturalmente pur quella dell'animo suo; e non solo studia e lavora, ma si
commuove, e in pianto e in riso, così come la metropoli vuole. E quindi è
necessariamente dell'intiera Francia l'intiera favella di Parigi. Gramsci
ricalca la lezione ascoliana nei suoi Quaderni. Poiché il processo di
formazione, di diffusione, e di sviluppo di una lingua nazionale unitaria
avviene attraverso tutto un complesso di processi molecolari, è utile avere
consapevolezza di tutto il processo nel suo complesso, per essere in grado di
intervenire attivamente in esso col massimo di risultato. Questo intervento non
bisogna considerarlo come decisivo e immaginare che i fini proposti saranno
tutti raggiunti nei loro particolari, che cioè si otterrà una determinata
lingua unitaria. Si otterrà una lingua unitaria, se essa è una necessità e l'intervento
organizzato accelera i tempi del processo già esistente. Quale sia per essere
questa lingua non si può prevedere e stabilire. Alla nota Focolai di
irradiazione linguistiche nella tradizione e di un conformismo nazionale
linguistico nelle grandi masse, compila un elenco di tutti gli strumenti utili
alla diffusione di una lingua unitaria. Primo, La scuola. Secondo, i giornali.
Terzo, gli scrittori d'arte e quelli
popolari. Quarto, il teatro e il cinematografo sonoro. Quinto, la radio. Sesto,
le riunioni pubbliche di ogni genere, comprese quelle religiose. Settimo, I rapporti
di ‘conversazione’ tra i vari strati della popolazione più colti e meno colti.
Ottavo, i dialetti locali, intesi in sensi diversi (dai dialetti più
localizzati a quelli che abbracciano complessi regionali più o meno vasti: così
il napoletano per l'Italia meridionale, il palermitano o il catanese per la
Sicilia ecc. Al primo posto di questo elenco troviamo la scuola. Per
tradizione, a scuola, gli insegnanti introducono gli alunni allo studio di una
lingua attraverso la grammatica “normativa”. Gramsci definisce la grammatica
normativa come una fase esemplare, come la sola degna di diventare,
organicamente e totalitarmente, la lingua comune di una nazione, in lotta e in
concorrenza con le altre fasi e tipi o schemi che esistono già. Le riflessioni
gramsciane in materia di grammatica si pongono in netto contrasto con la
riforma della scuola realizzata da Gentile, di basi griceiana. La riforma, in
linea con l'impianto idealista gentiliano, prevede che l'apprendimento della
lingua della nazione nelle classi elementari si basasse su quello chi Gentile
chiama la “espressione” viva o parlata e non sulla grammatical normativa, considerata
questa come una disciplina “astratta” e meccanica. Nell'ottica di Gramsci il metodo
apparentemente liberale di Gentile-Grice, racchiude uno spiccato carattere “classista”
o elitist, in quanto gli scolari appartenenti alle classi sociali più alte sono
avvantaggiati dal fatto che apprendono l'italiano in famiglia, mentre gli
scolari del basso popolo possono contare su una comunicazione familiare
realizzata esclusivamente in “dialetto” --. In questo senso la grammatica normativa
si presenta come uno strumento in grado di livellare le differenze sociali permettendo
a tutti la conoscenza della lingua della nazione. Secondo Gramsci la
conoscenza della lingua della nazione presso le classi sub-alterne è
fondamentale per la loro organizzazione politica. Un proletariato “dialettofono”
non può partecipare alla vita politica di una nazione e non può sperare di
crearsi un ceto intellettuale in grado di competere con i ceti intellettuali
tradizionali. Il dialetto non deve sparire, ma restare funzionali a un tipo di
comunicazione familiare o locale che non può garantire, per cause interne al
suo sistema, «la comunicazione di un contenuto culturale ‘universale’,
caratteristico della nuova cultura esercitata dal proletariato. Gramsci
prestò attenzione anche alla lingua dell’impero romano. Espresse in più
occasioni che lo studio del latino fosse particolarmente utile nella formazione
filosofica, in quanto abituare il filosofo allo studio rigoroso e a pensare
storicamente. Contesta il “nazionalismo” degli studi e criticò ripetutamente
gli intellettuali che, durante la prima guerra mondiale, chiedevano che fossero
messe al bando le edizioni dei testi romani e la grammatica latina compilate da
autori tedeschi! Anche nei Quaderni del carcere si sofferma sulla questione e
ribadì l'utilità intrinseca della antica lingua romana, osservando che e uno
strumento importante nella fase della formazione filosofica nella quale è
necessario un insegnamento "disinteressato", cioè non legato a
questioni pratiche. Però, sottolineò anche che in futuro lo studio delle lingue
morte avrebbe dovuto essere sostituito da altre materie: era un cambiamento
difficile, ma necessario, per promuovere la formazione di un nuovo tipo di
intellettuale.Scrisse nel Quaderno 12: Bisognerà sostituire il latino e
il greco come fulcro della scuola formativa e lo si sostituirà, ma non sarà
agevole disporre la nuova materia o la nuova serie di materie in un ordine
didattico che dia risultati equivalenti di educazione e formazione generale
della personalità, partendo dal fanciullo fino alla soglia della scelta professionale.
In questo periodo infatti lo studio o la parte maggiore dello studio deve
essere (e apparire ai discenti) disinteressato, non avere cioè scopi pratici
immediati o troppo immediati, deve essere formativo, anche se «istruttivo»,
cioè ricco di nozioni concrete. Machiavelli influenzò fortemente la teoria
dello Stato di Gramsci. Marx, filosofo, storico, critico dell'economia politica
e fondatore del materialismo storico Engels Lenin, Labriola, primo notevole
teorico marxista italiano, riteneva che la principale caratteristica del
marxismo fosse quella di aver creato uno stretto nesso fra la storia e la
filosofia. Sorel — sindacalista che ha respinto il principio dell'inevitabilità
del progresso storico. Pareto — economista e sociologo italiano (nato a Parigi
di madre francese), noto per la sua teoria sull'interazione fra masse ed élite.
Croce — liberale italiano, filosofo anti-marxista e idealista il cui pensiero
fu sottoposto da Gramsci a critica attenta e approfondita. Pensatori
influenzati da Gramsci. Gramscianesimo. Zackie Achmat Eqbal Ahmad Jalal
Al-e-Ahmad, Althusser Perry Anderson, Giulio Angioni Michael Apple Giovanni
Arrighi Zygmunt Bauman Homi K. Bhabha, Gordon Brown Alberto Burgio, Butler Alex
Callinicos Partha Chatterjee Marilena Chauí, Chomsky Alberto Mario Cirese Hugo
Costa Robert W. Cox Alain de Benoist Biagio de Giovanni Ernesto de Martino, Eco
John Fiske, Foucault Paulo Freire, Garin Eugene D. Genovese Stephen Gill Paul
Gottfried Stuart Hall Michael Hardt Chris Harman David Harvey Hamish Henderson
Eric Hobsbawm Samuel Huntington Alfredo Jaar Bob Jessop, Laclau, Mariátegui, Mouffe,
Negri, Nono, Omi, Pasolini, Pigliaru, Pira, Portantiero, Poulantzas Gyan
Prakash William I. Robinson Edward Saïd Ato Sekyi-Otu Gayatri Chakravorty
Spivak, Sraffa Edward Palmer Thompson Giuseppe Vacca Paolo Virno Cornel West
Raymond Williams Howard Winant, Wittgenstein Eric Wolf Howard Zinn. Gramsci
al cinema e in televisione Il delitto Matteotti, regia di Vancini, Antonio
GramsciI giorni del carcere, regia di Fra, Gramsci, regia di Maielloserie TV, Gramsci,
film in forma di rosa, regia di Gabriele Morleocortometraggio, Gramsci, regia di
Emiliano Barbucci, Nel mondo grande e terribile, regia di Daniele Maggioni,
Maria Grazia Perria e Laura Perini. Gramsci nel teatro Compagno Gramsci, di
Maricla Boggio e Franco Cuomo, regia di Maricla Boggio, Gramsci nella musica
Quello lì (compagno Gramsci), canzone di Claudio Lolli contenuta nell'album Un
uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita, Piazza Fontana, canzone dei Yu
Kung contenuta nell'album Pietre della mia gente Nino, canzone dei Gang
contenuta nell'album Sangue e Cenere () Gramsci, il teatro e la musica È nota
la passione di Gramsci per il teatro e per la musica, che si può leggere nelle
lettere scritte a Tania. Egli ha scritto circa il melodrama “verdiano” che per
lui segnava l’apertura dei teatri al pubblico, svolgendo una funzione
conoscitiva, pedagogica e politica in senso generale. Per Gramsci l’opera
diviene l’arte più popolare e i teatri aperti i luoghi dove si esercitava parte
del conflitto politico. Una frase quasi ironica di Gramsci da citare, per
quanto riguarda l’importanza dell’opera per l’Italia: “siccome il popolo non è
letterato e di letteratura conosce solo il libretto d'opera ottocentesco,
avviene che gli uomini del popolo melodrammatizzino”. Nelle sue lettere si può
leggere anche riguardo alla moda europea del jazz; egli sostiene che questa
musica aveva conquistato uno strato dell’Europa colta e aveva creato un vero
fanatismo: Opere: “Alcuni temi della questione meridionale, in Lo Stato
Operaio, Opere, Lettere dal carcere,
Torino, Einaudi, premio Viareggio, con centodiciannove lettere inedite, I
quaderni dal carcere, Il materialismo storico e la filosofia di Croce” (Torino,
Einaudi); “Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura” Torino, Einaudi,
Il Risorgimento, Torino, Einaudi, Note sul Machiavelli sulla politica e sullo
stato moderno, Torino, Einaudi, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi,Passato
e presente, Torino, Einaudi, L'Ordine Nuovo. Torino, Einaudi, Scritti
giovanili. Torino, Einaudi, Sotto la mole. Torino, Einaudi, Socialismo e
fascismo. L'Ordine Nuovo, Torino, Einaudi, La costruzione del Partito comunista.
Torino, Einaudi, L'albero del riccio, Milano, Milano-sera, 1Americanismo e
fordismo, Milano, Ed. cooperativa Libro popolare, Ultimo discorso alla Camera.
Padova, R. Guerrini, Antologia popolare degli scritti e delle lettere di
Antonio Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Il Vaticano e l'Italia, Roma, Editori
Riuniti, Note sulla situazione italiana, Milano, Rivista storica del
socialismo, 2000 pagine di Gramsci Nel tempo della lotta. Milano, Il
Saggiatore, Lettere edite e inedite. Milano, Il Saggiatore, Elementi di politica,
Roma, Editori Riuniti, La formazione dell'uomo. Scritti di pedagogia, Roma,
Editori Riuniti, Scritti politici La guerra, la rivoluzione russa e i nuovi
problemi del socialismo italiano, Roma, Editori Riuniti, Il Biennio rosso, la
crisi del socialismo e la nascita del Partito comunista, Roma, Editori Riuniti,
Il nuovo partito della classe operaia e il suo programma. La lotta contro il
fascismo, Roma, Editori Riuniti, Scritti Milano, I quaderni de Il corpo, Dibattito
sui Consigli di fabbrica, Roma, La nuova sinistra, Paolo Spriano , Scritti
politici, Roma, Editori Riuniti, L'alternativa pedagogica, Firenze, La nuova
Italia, I consigli e la critica operaia alla produzione, Milano, Servire il
popolo, La lotta per l'edificazione del Partito comunista, Milano, Servire il
popolo, Il pensiero di Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Il pensiero filosofico e
storiografico di Antonio Gramsci, Palermo, Palumbo, Resoconto dei lavori del
III congresso del P.C.D.I. (Lione), Milano, Cooperativa editrice distributrice
proletaria, Scritti sul sindacato, Milano, Sapere, Aul fascismo, Roma, Editori
Riuniti, Quaderni del carcere Quaderni, Torino, Einaudi, Quaderni, Torino,
Einaudi, 1975. Quaderni, Torino, Einaudi, Apparato critico, Torino, Einaudi, La
rivoluzione italiana, Roma, Newton Compton, Arte e folclore, Roma, Newton Compton,
Scritti Inediti da Il Grido del Popolo e dall'Avanti. Con una antologia da Il
Grido del Popolo, Milano, Moizzi, Ricordi politici e civili, Pavia,Scritti
nella lotta. Dai consigli di fabbrica, alla fondazione del partito, al
Congresso di Lione, Livorno, Edizioni Gramsci, Scritti sul sindacato, Roma,
Nuove edizioni operaie, A Delio e Giuliano, Milano, N. Milano, I consigli di fabbrica, Milano, Amici della
casa Gramsci di Ghilarza, Centro milanese, Favole di libertà, Firenze, Vallecchi,
Scritti, Cronache torinesi. Torino, Einaudi, La città futura. Torino, Einaudi,
Il nostro Marx. Torino, Einaudi, L'Ordine nuovo, Torino, Einaudi, Nuove lettere
di Antonio Gramsci. Con altre lettere di Piero Sraffa, Roma, Editori Riuniti, Forse
rimarrai lontana.... Lettere a Iulca, Roma, Editori Riuniti, Gramsci al confino di Ustica. Nelle lettere di
Gramsci, di Berti e di Bordiga, Roma, Editori Riuniti, Le sue idee nel nostro
tempo, Milano, l'Unità, Lettere dal carcere, con nuove lettere in parte
inedite, Roma, l'Unità, Il rivoluzionario qualificato. Scritti, Roma, Delotti, Il
giornalismo, Roma, Editori Riuniti, Lettere, Torino, Einaudi, Per una
preparazione ideologica di massa: introduzione al primo corso della scuola
interna di partito, aNapoli, Laboratorio politico, Scritti di economia
politica, Bollati Boringhieri, Torino, Vita attraverso le lettere, Torino,
Einaudi, Disgregazione sociale e
rivoluzione. Scritti sul Mezzogiorno, Napoli, Liguori, Piove, Governo ladro.
Satire e polemiche sul costume degli italiani, Roma, Editori Riuniti, Contro la
legge sulle associazioni segrete, Roma, Manifestolibri, Lettere, Torino,
Einaudi, Le opere, Roma, Editori Riuniti, Critica letteraria e linguistica,
Roma, Lithos, Il lettore in catene. La critica letteraria nei Quaderni, Roma, Carocci,
La nostra città futura. Scritti torinesi,Roma, Carocci, Pensare l'Italia, Roma,
Nuova iniziativa editoriale, Scritti sulla Sardegna. La memoria familiare,
l'analisi della questione sarda, Nuoro, Ilisso, Scritti rivoluzionari. Dal
biennio rosso al Congresso di Lione, O. Micucci, Camerano, Gwynplaine, Quaderni
del carcere. Edizione anastatica dei manoscritti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana-Cagliari-L'Unione
Sarda, Epistolario, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Epistolario, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Antologia, Antonio A. Santucci,
prefazione di Guido Liguori, Roma, Editori Riuniti university press, . Il
teatro lancia bombe nei cervelli. Articoli, critiche, recensioni, F. Francione,
Mimesis Edizioni . La taglia della storia. Idea e prassi della rivoluzione,
NovaEuropa Edizioni, .Note Luigi Manias, Antonio Sebastiano Francesco
Gramsci, Marmilla Cultura, International Gramsci Society, su international
gramsci society.org. Genealogia dei
Gramsci (JPG), su albanianews. Luigi Manias,
Ma quando è nato Gramsci?, Marmilla Cultura,
Manias, Ales. La sua storia. I suoi problemi, Marmilla Cultura, Così
Gramsci ricordava con ironia l'episodio, nella lettera dal carcere alla cognata
Tatiana, aggiungendo che «una zia sosteneva che ero risuscitato quando lei mi
unse i piedini con l'olio di una lampada dedicata a una Madonna e perciò,
quando mi rifiutavo di compiere gli atti religiosi, mi rimproverava aspramente,
ricordando che alla Madonna dovevo la vita»
«Noi eravamo tutti molto piccoli. Lei dunque doveva anche accudire alla
casa. Trovava il tempo per i lavori di cucito rinunziando al sonno». Così
ricordava quegli anni la sorella Teresina Gramsci, in Fiori, Lettera a Tatiana
Schucht, così scriveva per invitare la cognata a non eccedere nelle sue
preoccupazioni sulla sua vita di carcerato. La lettera prosegue infatti: «Ho
conosciuto quasi sempre solo l'aspetto più brutale della vita e me la sono
sempre cavata, bene o male» Lettera a
Tatiana Schucht, Numerose sono le richieste di denaro al padre: gli scrive di essere «proprio indecente con
questa giacca che ha già due anni ed è spelacchiata e lucida [oggi non sono
andato a scuola perché mi son dovuto risuolare le scarpe» e, il 16 febbraio,
che «per non farvi vergognare non sono uscito di casa per dieci giorni
interi» Fonzo, Testimonianza in Fiori, Testimonianza
della sorella Teresina in Fiori, Fiori, L'articolo è riportato in Fiori, Riportato
in A. Gramsci, Scritti politici Antonio
Gramsci, Dizionario di Storia, Treccani
[«io pensavo allora che bisognava lottare per l'indipendenza nazionale
della regione: "Al mare i continentali". Poi ho conosciuto la classe
operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le
cose di Marx che avevo letto prima per curiosità intellettuale». Cfr. A.
Gramsci, lettera a Giulia Schucht, in A. Gramsci, Lettere. Gramsci e l'isola
laboratorio, La Nuova Sardegna A.
Gramsci. Lettere. Progettando, in carcere, uno studio di linguistica comparata,
mai realizzato, in una lettera dal carcere dalla cognata Tatiana, ricorda come
«uno dei maggiori "rimorsi" intellettuali della mia vita è il dolore
profondo che ho procurato al mio buon professor Bartoli dell'Torino, il quale
era persuaso essere io l'arcangelo destinato a profligare definitivamente i
"neogrammatici"» della linguistica. Tuttavia già l'economista Amartya
Sen aveva avanzato l'ipotesi che il passaggio ai giochi linguistici di Ludwig
Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche fosse stato ispirato dai Quaderni dal
carcere. Nel suo recente studio Gramsci and Wittgenstein: an intriguing
connection, Pipero ha aggiunto nuovi elementi che dimostrano il collegamento
fra Gramsci e Wittgenstein tramite Sraffa. Infatti il filosofo viennese venne a
conoscenza del Quaderno 29, grazie proprio al suo amico Sraffa che aveva conosciuto
a Cambridge . Lettera dal carcere : in essa Gramsci ricorda ancora un simpatico
e patetico episodio. Dopo la rottura avvenuta a causa di quell'articolo che
fece «piangere come un bambino e stette chiuso in casa il Cosmo per alcuni
giorni», essi s'incontrarono nel nell'Ambasciata d'Italia a Berlino, dove il
professore era segretario: «il Cosmo mi si precipitò addosso, inondandomi di
lacrime e di barba e dicendo a ogni momento: Tu capisci perché! Tu capisci
perché! Era in preda a una commozione che mi sbalordì, ma mi fece capire quanto
dolore gli avessi procurato nel 1920 e come egli intendesse l'amicizia per i
suoi allievi di scuola» Lettera dal carcere
a TSchucht In Fiori, In A. Gramsci,
Scritti politici, I56-59 Davico12. Lettera dal carcere a Tatiana Schucht Lettera
dal carcere a Tatiana Schucht, Recensione Recensione Recensione Spriano, Note
sulla rivoluzione russa, ne Il Grido del Popolo, in Gramsci, I massimalisti russi, ne Il Grido del Popolo, iSpriano,
La rivoluzione contro il «Capitale», nell'Avanti!, Nella lettera Marx scriveva
a Vera Zasulič che la tipica proprietà comune agricola russa poteva essere
salvata dalla distruzione minacciata dallo sviluppo dei rapporti capitalistici:
«Per salvare la comune russa, occorre una rivoluzione russa. Se la rivoluzione
scoppierà a tempo opportuno, se l'intelligencija concentrerà tutte le forze
«vive del paese» nell'assicurare alla comune agricola un libero spiegamento,
allora la comune ben presto evolverà come elemento di rigenerazione della
società russa e, insieme, di superiorità sui paesi ancora asserviti dal regime
capitalistico». Inoltre, nella prefazione all'edizione russa del Manifesto,Marx
ed Engels avevano scritto che «l'odierna proprietà comune potrà servire di
partenza per una evoluzione comunista». È anche vero, tuttavia, almeno nel caso
della lettera alla Zasulič, che Gramsci all'epoca non poteva conoscerne il
contenuto. (Cfr. Cinella, L'altro Marx, Della Porta Editori, Pisa-Genova, A.
Gramsci, Ordine Nuovo, A. Gramsci, ibidem
Corriere della Sera, Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., Dir. Gen.
PS, Ordine Nuovo, 8 maggio 1920, in Scritti politici, IConcluso con un ordine
del giorno che prospettava la conquista violenta del potere e la dittatura del proletariato Per un rinnovamento del Partito socialista,
ne L’ordine Nuovo, in Gramsci, Lenin, nel suo discorso all'Internazionale
Comunista, invitando a espellere dal partito socialista l'ala destra
riformista, disse che «all'indirizzo dell'Internazionale Comunista corrisponde
l'indirizzo dei militanti dell'Ordine Nuovo e non l'indirizzo dell'attuale
maggioranza dei dirigenti del partito socialista e del loro gruppo parlamentare».
Lenin, Opere, Ordine Nuovo, in Scritti politici, GRAMSCI La sposa mandata da Lenin Lettera, in A. Gramsci, Lettere Lettera dal
carcere. Un profilo di Antonio Gramsci junior, su channelingstudio.ru. Su alcune note di uno sconosciuto bolscevico
Vladimir Diogotche sosteneva, fra l'altro, di essere a conoscenza di un
tentativo di rovesciamento della monarchia italiana da parte di Nitti in
accordo con i socialistilo storico Jaroslav Leontiev ha sostenuto nche la
conoscenza tra Gramsci e la Schucht sia stata "pilotata" da Lenin in
persona: cfr. Link archivio del Corriere
Amendola, In Togliatti, In
Togliatti, Lettera di Gramsci a Giulia Schucht, Lettera a Giulia Schucht, La crisi italiana,
ne L’Ordine Nuovo, 1º settembre 1924, in Gramsci, Camera dei Deputati, XXVII
legislatura del Regno d'Italia, "Capo" , in L'Ordine Nuovo, pubblicato
successivamente col titolo di Lenin capo rivoluzionario, in l'Unità, «Capo», ne
L’ordine Nuovo, in Gramsci, Anche alle autorità francesi fu nascosto lo
svolgimento del Congresso. Sul III CongressoSpriano, Storia del Partito
comunista italiano, Spriano, Spriano, Spriano, Spriano, Antonio Gramsci, Tesi di Lione,
Lione, Antonio Gramsci, La questione meridionale, Editori Riuniti, «Alcuni temi della quistione meridionale».
Stato operaio, Citato in Rosario
Villari, Il Sud nella Storia d'Italia. Antologia della Questione meridionale,
Roma-Bari, Laterza, Antonio Gramsci, Cinque anni di vita del partito, L'Unità, Fiori, Spriano, Aurelio Lepre, Il
prigioniero. Vita di Antonio Gramsci, Editori Laterza, Bari, La lettera, non
datata, si ritiene sfu pubblicata per la prima volta in Francia da Tasca. Su
tutta la questione della lotta interna nel partito comunista sovietico di
questo periodoSpriano, cit., II, ca 3 e 5
A. Gramsci, Lettere Lettera di Togliatti a Gramsci, Commissione di
assegnazione al confino di Roma, ordinanza dcontro Antonio Gramsci (“Dirigenti
e deputati del PCd'I dichiarati decaduti”). In Pont, Carolini, L'Italia al
confino, Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni
provinciali (ANPPIA/La Pietra), Tornata Camera dei deputati Fiori, In Fiori, Sentenza contro Antonio Gramsci e
altri (“Ricostituzione di partito disciolto, propaganda, cospirazione,
istigazione alla lotta armata ecc.”). In Pont, Carolini, L'Italia dissidente e
antifascista. Le ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di
consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo,
Milano (ANPPIA/La Pietra),
Amendola142. Spriano, Lettera a
Tatiana Schucht, Fiori, Fiori, Fiori, Risoluzione
per l'espulsione di Amedeo Bordiga
Fiori, Pubblicato in «Rinascita», In «Rinascita», cit. Dalla biografia di Pertini pubblicata nel
sito web del Circolo Sandro Pertini di Genova: «Chiesi al maresciallo dei
carabinieri che comandava la scorta se poteva dirmi dove mi portavano. Quando
questi fece il nome di Turi me ne rallegrai. Ero contento perché sapevo che là
avrei incontrato Antonio Gramsci, un uomo che avevo sempre ammirato per il suo
coraggio». A Turi incontrai Gramsci in un angolo del cortile dove coltivava
un'aiuola di fiori; era piccolo di statura e con due gobbe: una davanti ed una
di dietro. Mi avvicinai a lui, mi presentai, gli affermai che venivo da Santo
Stefano e che ero onorato di fare la sua conoscenza. Gli davo del lei e lo
chiamavo Onorevole Gramsci. Lui si mise a ridere, dicendomi: "Perché mi
dai del lei? Siamo antifascisti, vittime del Tribunale speciale tutti e due. Io
gli ricordai che per loro, i comunisti, noi eravamo dei social-traditori. Disse
di lasciar stare quella polemica penosa. Ci vedemmo dopo qualche giorno e parlò
di Turati e Treves in maniera che mi sembrò offensiva ed io risposi con durezza.
Il giorno dopo si scusò, dicendo che il suo era un giudizio politico, non aveva
avuto intenzione di offendere le persone, e capiva la mia reazione in favore di
due compagni che si trovavano in Francia. Da allora diventammo buoni amici.
Parlavamo a lungo insieme anche perché era stato isolato dai suoi. Per certi
versi costoro lo consideravano un traditore e chiedevano la sua espulsione dal
partito, come poi fecero anche con Ravera. In cella Gramsci era perseguitato
dai carcerieri. L’ordine di non lasciarlo dormire arrivasse direttamente da
Roma. Io andai dal direttore del carcere a protestare perché i carcerieri, ogni
volta che Gramsci si addormentava, lo svegliavano facendo scorrere sulle sbarre
della finestra dei bastoni, con la scusa di controllare che le sbarre non
fossero state segate per un'evasione. Dissi al direttore che se la situazione
non fosse cambiata, avrei scritto una lettera al ministero. Il risultato fu che
Gramsci, già gravemente malato di tubercolosi poté dormire tranquillo. Le mie
proteste costrinsero il direttore del carcere di Turi a concedere a Gramsci
anche alcuni quaderni, delle matite, un tavolino ed una sedia. Così poterono
nascere i quaderni dal carcere. La mia amicizia mi mise in contrasto con il
direttore del carcere e forse non fu estraneo al mio trasferimento a Pianosa. Lettera
a Tatiana Schucht, Lettera a Tatiana Schucht,
Alla fine degli anni settanta cominciò a circolare la voce secondo la
quale Gramsci in punto di morte si sarebbe convertito alla fede cattolica. Tale
affermazione venne però ritrattata dallo stesso religioso che l’aveva
inavvertitamente messa in circolazione, chiamando a supporto della smentita
l’allora cappellano della clinica Quisisana. Nonostante le chiare
argomentazioni della rettifica, trent’anni dopo la medesima tesi fu riproposta
da un altro sacerdote. Essendo priva di riscontri documentali e di prove
testimoniali, la teoria della conversione di Gramsci non è mai stata avvalorata
dagli storici. Cfr. S.Fio., Gramsci e il sacerdote pentito, La Repubblica,
Il Vaticano: «Gramsci trovò la fede», Il Corriere della Sera, C. Daniele ,
Togliatti editore di Gramsci, Carocci, Quaderni del carcere, Il Risorgimento,
Einaudi, Torino, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce Quaderni
del carcere, Quaderni del carcere, ed. Gerratana, Cirese, Baratta, Giulio Angioni, Gramsci e il
folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle
culture, Il Maestrale, Note sul Machiavelli,
Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Quaderni del carcere,
cLetteratura e vita nazionale, Il materialismo storico e la filosofia di Croce,
L. Rosiello, Problemi e orientamenti linguistici negli scritti di Antonio
Gramsci, Quaderni dell'Istituto di glottologia di Bologna,A. Gramsci, V. Gerratana,
Torino, Einaudi, A. Gramsci, Quaderni del carcere, V. Gerratana, Torino,
Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, Gramsci,
Gerratana, Torino, Einaudi, G. I. Ascoli, Proemio, AGI, Gramsci, 'Quaderni del
carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, Quaderni del carcere, V. Gerratana,
Torino, Einaudi, 'Quaderni del carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, L.
Rosiello, Lingua nazione egemonia, Rinascita Il Contemporaneo, Rapone,
Leonardo, Cinque anni che paiono secoli : Gramsci dal socialismo al comunismo, 1a
ed, Carocci, , Fonzo, Maria Luisa Bosi, Antonio Gramsci, su
scuolalo divecchio. giovannicarpinelli, Gramsci e la musica, su Palomar, La
passione sconosciuta di Gramsci per la musica, in L’Huffington Post. Premio
letterario Viareggio-Rèpaci, Amendola, Storia del Partito comunista italiano Roma,
Editori Riuniti, Perry Anderson, Ambiguità di Gramsci, Bari, Laterza, Giulio Angioni,
Gramsci e il folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il
diverso nelle culture, Il Maestrale, Francesco Aqueci, Il Gramsci di un nuovo
inizio, Quaderno, Supplemento al n. 19 di «AGON», Rivista Internazionale di Studi
Culturali, Linguistici e Letterari, Francesco Aqueci, Ancora Gramsci, Roma,
Aracne, . Nicola Auciello, Socialismo ed egemonia in Gramsci e Togliatti, Bari,
De Donato, Nicola Badaloni e altri, Attualità di Gramsci, Milano, Il
Saggiatore, Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente,
Roma, Carocci, Bobbio, Saggi su Gramsci, Milano, Feltrinelli, Calamandrei e Calogero,
La conoscenza di Gramsci in Inghilterra. Una lettera di Guido Calogero e una
nota di Franco Calamandrei, in «L'Unità» Mauro Canali, Il tradimento. Gramsci,
Togliatti e la verità negata, Venezia, Marsilio, . Antonio Carrannante,
Sull'uso di 'galantuomo' in Gramsci, in "Studi novecenteschi", Antonio Carrannante, Antonio Gramsci e i
problemi della lingua italiana, in "Belfagor", Iain Chambers, Esercizi di potere. Gramsci,
Said e il postcoloniale, Roma, Meltemi editore, Cirese, Intellettuali,
folklore, istinto di classe, Torino, Einaudi, Marco Clementi, Le ceneri di
Gramsci in Stalinismo e Grande Terrore, Roma, Odradek, Guido Davico Bonino,
Gramsci e il teatro, Torino, Einaudi, Biagio De Giovanni e altri, Egemonia
Stato partito in Gramsci, Roma, Editori Riuniti, D'Orsi, Gramsci. Una nuova
biografia, Torino, Einaudi, . Dubla,Giusto (a cura), Il Gramsci di Turi, Testimonianze
dal carcere, Chimienti editore, Michele Filippini, Gramsci globale. Guida
pratica agli usi di Gramsci nel mondo, Bologna, Odoya, .Giuseppe Fiori, Vita di
Gramsci, Bari, Laterza, Fiori, Gramsci Togliatti Stalin, Roma-Bari, Laterza, Erminio
Fonzo, Il mondo antico negli scritti di Gramsci, Salerno, Paguro, Eugenio
Garin, Con Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Valentino Gerratana, Gramsci.
Problemi di metodo, Roma, Editori Riuniti, Noemi Ghetti, Gramsci nel cieco
carcere degli eretici, Roma, L'Asino d'Oro Edizioni, Gramsci jr., La storia di
una famiglia rivoluzionaria, Roma, Editori Riuniti-University Press. Gruppi, Il
concetto di egemonia in Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Hobsbawm, Gramsci in
Europa e in America, Roma-Bari, Laterza,Aurelio Lepre, Il prigioniero. Vita di
Antonio Gramsci, Bari, Laterza, Liguori e Voza , Dizionario Gramsciano, Roma,
Carocci, Piparo, “I due carceri di Gramsci”, Donzelli, Roma, Losurdo,Gramsci.
Dal liberalismo al comunismo critico, Roma, Gamberetti editrice, Mario
Alighiero Manacorda, Il principio educativo in Gramsci. Americanismo e
conformismo, Roma, Editori Riuniti, Michele Martelli, Gramsci filosofo della
politica, Milano, Unicopli, Mondolfo, Da Ardigò a Gramsci, Milano, Nuova
Accademia, Raul Mordenti, Gramsci e la rivoluzione necessaria, Roma, Editori
Riuniti University Press, Omar Onnis e Manuelle Mureddu, Illustres. Vita, morte
e miracoli di quaranta personalità sarde, Sestu, Domus de Janas, Paggi, Gramsci
e il moderno principe, Roma, Editori Riuniti, Pastore, Gramsci. Questione sociale
e questione sociologica, Livorno, Belforte, Portelli, Gramsci e il blocco
storico, Bari, Laterza,Rapone, Cinque anni che paiono secoli. Antonio Gramsci
dal socialismo al comunismo, Carocci, Roma, Rossi, Vacca, Gramsci tra Mussolini
e Stalin, Roma, Fazi editore, Angelo Rossi, Gramsci da eretico a icona. Storia
di un "cazzotto nell'occhio", Napoli, Guida editore, . Angelo Rossi,
Gramsci in carcere. L'itinerario dei Quaderni, Napoli, Guida editore, Santhià,
Con Gramsci all'Ordine Nuovo, Roma, Editori Riuniti, Santucci, Gramsci. Palermo,
Sellerio, Spriano, Storia di Torino operaia e socialista, Torino, Einaudi, Paolo
Spriano, Storia del Partito comunista italiano,I, Torino, Einaudi, Spriano,
Storia del Partito comunista italiano,II, Torino, Einaudi, Spriano, Gramsci e
Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino, Einaudi, Paolo Spriano,
Gramsci in carcere e il partito, Roma, Editori Riuniti, Elettra Stamboulis,
Gianluca Costantini, Cena con Gramsci, Padova, Becco Giallo, . Giuseppe
Tamburrano, Gramsci: la vita, il pensiero e l'azione, Bari-Perugia, Lacaita,
1963. Palmiro Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del Partito
comunista italiano Roma, Editori Riuniti, Togliatti, Scritti su Gramsci, Roma,
Editori Riuniti, Vacca, Gramsci e Togliatti, Roma, Editori Riuniti. Treccani, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Casa museo Gramsci
a Ghilarza, Fondazione Istituto Gramsci. Antonio Sebastiano Francesco Gramsci.
Antonio Gramsci. Grice: “When Austin speaks of ‘ordinary language,’ he knows
what he is talking about; when Gentile, Gramsci, and Ascoli, do, they don’t!”
-- Grice: “Elites are so relative; when I came to Oxford, I was regarded as a
‘Midlands scholarship boy’ and thus assigned Corpus; there was no way I would
socialise with Hampshire, Austin, and the others who were philososophising at
All Souls on Thursday evenings – I had just been born on the wrong side of the
track. So it was particularly obtuse for me when Gellner started to criticise
me as elitist! Perhaps he had read too much Gramsci!?” Keyword: “Grice, elite”
– Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gramsci”
GREGORIO.
(Roma). Filosofo. Da
roma -- il grande: Grice: “For one, he is the punning Pope!” Grice: “What WAS Gregorio’s implicatura? A
complex one, since he uses the counterfactual: “si angeli fuessent.” Grice: “In
The Sellars/Yeatman rewrite, the meta-implicata is that you must have read
Bede!” Grice: “Poor Gregorio Magno had to fight with the Lonbards, and the sad
thing is he lost!” -- Grice takes inspiration on Shropshire’s
argument for the immortality of the soul from Gregorio Magno (Dialogo, IV). Figlio di Gordiano, appartenente all'aristocrazia
senatoriale, la classe dominante dell'antica Roma che ha mantenuto prestigio
economico e sociale, nonostante la caduta dell'Impero, e di Silvia,
appartenente a una ricca famiglia siciliana. La sua "ars grammatica"
fu limitata e lo stile che denota i suoi scritti è in linea con quello degli
scrittori tardo-antichi. Di questi imitava, in particolare, solo poche figure
retoriche come l'anafora ed il gusto dell'esempio e dell'aneddoto moralizzante.
La sua conoscenza del diritto si centra in Cicerone, da cui riprende anche
definizioni e nozioni filosofiche del stoicismo. Insegna su colle Celio. Secondo
la tradizione, mentre Gregorio attraversava, alla testa della processione, il
ponte che collegava l'area del Vaticano con il resto della città (chiamato
allora "Ponte Elio" o "Ponte di Adriano", oggi Ponte
Sant'Angelo), ebbe la visione dell'Arcangelo Michele che, in cima alla Mole
Adriana, rinfoderava la sua spada. La visione (che secondo alcune fonti fu
condivisa da tutti i partecipanti alla processione) venne interpretata come un “segno”
celeste pre-annunciante l'imminente fine dell'epidemia, cosa che effettivamente
avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare la Mole Adriana
"Castel Sant'Angelo" e, a ricordo del prodigio, posero più tardi
sullo spalto più alto la statua di un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora
oggi nel Campidoglio è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi
che, secondo la tradizione, sarebbero quelle lasciate da Michele quando si
fermò per annunciare la fine della peste. Vede alcuni giovani schiavi
britannici esposti per la vendita, bellissimi di aspetto e pagani, tanto da
aver esclamato, rammaricato: "Non Angli, ma Angeli dovrebbero esser
chiamati…". Comunque in meno di due
anni diecimila Angli, compreso il re del Kent Ethelbert – e la famiglia di
Grice -- si convertirono.Obiettò invece sulla proibizione ai soldati imperiali
di diventare «soldati di Cristo», ovvero di entrare a far parte del clero. Gregorio
avrebbe dettato i suoi canti a un monaco, alternando la dettatura a lunghe
pause; il monaco, incuriosito, avrebbe scostato un lembo del paravento di
stoffa che lo separava dal pontefice, per vedere cosa egli facesse durante i
lunghi silenzi, assistendo così al miracolo di una colomba (che rappresenta
naturalmente lo Spirito Santo), posata su una spalla del papa, che gli dettava
a sua volta i canti all'orecchio. Opere: “Expositio super Cantica canticorum –
“Cantico dei cantici”; “Moralia in Job (Giobbe); “Homiliae in Evangelia”, omelie
sui Vangeli; Homiliae in Hiezechihelem prophetam, oomelie su Ezechiele; A
Sacramentarium Gregorianum con cui riformò il canone della messa, rendendola
più semplice ma più solenne; Antiphonarius centola nuova redazione del libro
dei canti liturgici; Dialoghi; Libro su santi italiani a lui coevi; “San
Benedetto da Norcia” “Sul destino dell'anima” “Su alcune profezie”; “Regula
Pastoralisun manuale per la vita e l'opera dei vescovi e in generale di coloro
che ricoprono il ministero pastorale; Le Epistolaeun registrum,«12 marzoA Roma
presso san Pietro, deposizione di san Gregorio I, papa, detto il grande, la cui
memoria si celebra il 3 settembre, giorno della sua ordinazione.» «3
settembreMemoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere
intrapreso la vita monastica, svolse l'incarico di legato apostolico a
Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le
questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre.”“Si mostrò
vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i bisognosi,
nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque la fede,
scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale.”Il Proprio del
santo in rito romano contiene la seguente colletta:[ «Deus, qui pópulis tuis
indulgéntia cónsulis et amóre domináris, da spíritum sapiéntiae, intercedénte
beáto Gregório papa, quibus dedísti régimen disciplínae, ut de proféctu
sanctárum óvium fiant gáudia aetérna pastórum. Per Dominum nostrum Iesum
Christum» La Chiesa di Manduria custodisce un frammento d'osso del suo
braccio destro. La Chiesa di Casola custodita un frammento d'osso della sua
mano destra. G. Pepe, Il Medio Evo barbarico d'Italia, Dizionario Biografico degli ItalianiVolume
59, Roma, Claudio Mareschini, Gregorio Magno e la cultura classica” Gregorio
scrisse di sé «ego quoque tunc urbanam praeturam gerens pariter subscripsi», ma
poiché in una variante del testo praeturam è sostituita da praefecturam, dalle
sue epistole non è possibile sapere con esattezza se fu "prefetto
dell'Urbe" o piuttosto "pretore dell'Urbe". S. Gasperri, Italia longobarda, Laterza, Dialogi,
Roma, Tipografia del Senato, Dizionario biografico degli italiani, Opera Omnia
dal Migne patrologia Latina con indici analitici. Gregorio da Roma – Grice:
“Gregory did not know what those were: ‘angeli,’ his companion answered.
Adamant, Gregory corrected him: “No. They are Anglicans, they are not angels!”
-- Gregorio il Grande, Gregorio I – Gregorio Magno. Keywords: ars grammatical –
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gregorio: implicatura e grammatica.”
GRANDI. (Cremona). Filosofo. Grice: “I like
Grandi – and Grandy – for one, Grandi (if not Grandy) proves that geometry is a
branch of mathematics with his rose curve – a geniality!” – Figlio di Piero
Martire, ricamatore, e Caterina Legati, compì
i suoi primi studi di grammatica sotto la guida di Canneti e poi nel locale
Collegio dei Gesuiti, dove ebbe come maestro Saccheri. Entra nel monastero
camaldolese di Classe in Ravenna, assumendo il nome Guido in sostituzione degli
originari Francesco Lodovico, e qui ritrovò il maestro Canneti. Proseguiti gli studi a Roma e Firenze, insegna
a Firenze. Pubblica “La quadratura del cerchio” “La quadrature dell'iperbole”
al cui interno scopre il paradosso: la somma parziale di una serie (“serie di
Grandi) a segni alterni di numeri può non convergere (serie di Grandi). Divenne
membro della corte presso il granduca di Toscana. Insegna a Pisa. Studia la
curva algebrica da lui chiamata "rodonea" per la forma che ricorda il
rosone delle chiese e fu autore degli Elementi di Geometria di Euclide (Venezia,
Savioni). Fu il primo l’analisi degli infiniti. Altre opera:“De infinitis
infinitorum”; “Trattato delle resistenze” (Firenze) Geometrica demonstratio
Vivianeorum problematum” (Florentiae, ex Typographia Iacobi de Guiduccis propè
Conductam); “De infinitis infinitorum, et infinite parvorum ordinibus
disquisitio geometrica, Pisis, ex Typographia Francisci Bindi impress.
archiepisch., Epistola mathematica de momento gravium in planis inclinatis,
Lucae, typis Peregrini Frediani, Dialoghi circa la controversia eccitatagli
contro dal sig. Alessandro Marchetti, In Lucca, ad istanza di Francesco Maria
Gaddi librajo in Pisa, Prostasis ad exceptiones clari Varignonii libro De
infinitis infinitorum ordinibus oppositas circa magnitudinum
plusquam-infinitarum Vallisii defensionem et anguli contactus, Pisis, ex
Typographia Francisci Bindi impress. archiepisch., Del movimento dell'acque
trattato geometrico, Firenze. Relazione delle operazioni fatte circa il padule
di Fucecchio, In Lucca, per Leonardo Venturini, Trattato delle resistenze,
Firenze, per Tartini e Franchi, Compendio delle Sezioni coniche d'Apollonio con
aggiunta di nuove proprietà delle medesime sezioni, In Firenze, nella Stamperia
di S.A.R. per gli Tartini e Franchi, Instituzioni meccaniche, In Firenze, nella
Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano Tartini e Santi Franchi, Istituzioni di
aritmetica pratica, In Firenze, nella Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano
Tartini e Santi Franchi, Sectionum conicarum synopsis, Florentiae, ex
typographio Ioannis Paulli Giovannelli. Idraulici italiani , "Rodonea"
deriva dal greco Ροδή, rosa. La curva rodonea è anche chiamata "rosa di
Grandi" in suo onore. Giammaria
Ortes, Vita del padre D. Guido Grandi, abate camaldolese, matematico dello
Studio Pisano, Venezia, Giambatista Pasquali, Nicola Mangini, Guido Grandi, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. 20 luglio . Amedeo Agostini, Guido Grandi, in Enciclopedia Italiana,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Rodonea Sofisma algebrico TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Luigi Guido Grandi, su accademicidellacrusca.org, Accademia della
Crusca. Opere di Luigi Guido Grandi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Carteggi
del padre camaldolese matematico Guido Grandi, su internetculturale. Francesco
Lodovico Grandi – Grice: “I like Grandi: I have two ways to deal with ‘mean’:
‘no sneaky intention allowed, including this – (o) all intentions are open
ones, including this one – self-reference; or ‘optimal infinite’ potential
infinite/actual infinite – titular versus de facto. In any case, both are
better than pseudo-Schiffer!” Grice: “While I say, “Schiffer and others,” it
should be pointed out that the first to show this was, of all people, my tutee
Strawson – Stampe and Patton came close! (I love them guys! Patton is a
gentleman, and Stampe, too! Both brilliant philosophical gentlemen, too!” -- Luigi
Guido Grandi. Keywords: infinite implicature – Refs.: “Grice e Grandi:
implicatura infinita”
Grassi. (Milano). Filosofo. Grice:
“I like Grassi. He philosophised, like I did, on the metaphysics of Plato.”
Grice: “Grassi has the gift of the gab: ‘metafora inaudita,’ ‘potenza
dell’imagine,’ –“ Grice: “Grassi has mainly explored Heidegger.” – Grice: “I
like Grassi’s general use of ‘imago’ to re-approach rhetoric!” -- Si laurea a
Milano sotto Martinetti. Opere: “Metafisica platonica” (Laterza, Bari) – cf. A.
D. Code on H. P. Grice on the axioms of metaphysical Platonism --. “Apparire ed
essere” (La Nuova Italia, Firenze). “Il bello e l’antico” (Paravia, Torino).“Heidegger
e il problema dell'umanesimo” (Guida, Napoli). “La preminenza della metafora”
(Mucchi editore, Modena). “La filosofia dell'umanesimo. Un problema epocale” (Tempi
Moderni, Napoli). “La follia -- Umanesimo e retorica” (Mucchi, Modena) “Potenza
dell'immagine. Rivalutazione della retorica” Guerini e associati, Milano) “La
metafora inaudita, Massimo Marassi, Aestetica, Palermo “Potenza della fantasia”
Guida, Napoli Filosofare noetico non metafisico (Congedo Editore, Galatina “Vico
e l'umanesimo” Guerini e associati, Milano Il dramma della metafora. Ovidio,
Massimo Marassi, L'officina tipografica, Roma,“Arte e mito”La Città del Sole,
Napoli, “Retorica come filosofia. La tradizione umanistica”, Massimo Marassi,
La Città del Sole, Napoli; “Tra antropologia, logica e ontologia”; “l'incidenza
di Vico nell'antropologia di Grassi”; “Platone nell’onto-antropo-logia di
Ernesto Grassi, Dizionario Biografico degli Italiani, Ernesto Grassi. Keywords:
metafora, Vico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grassi e Grice: il Vico di Grassi:
metafora come implicatura” – The Swimming-Pool Library.
GRASSI. (Mascali). Filosofo. Grice: “I like Grassi; he wrote on Faust!”
Inizia gli studi ginnasiali presso il seminario di Acireale fino alla terza
ginnasiale, proseguendoli poi a Catania, presso il liceo "Nicola
Spedalieri". Assiduo frequentatore
della sala di lettura dell'Catania, conobbe Rapisardi, cui lo legò una profonda
stima ed affinità. Si laurea a Napolia
con “La memoria delle immagini acustica e visiva della parola in rapporto
specialmente al tempo di "fissazione", suggeritagli da Bianchi
(Rivista di Freniatria). Si trasferì a Messina dove divenne assistente di
Weiss. Comincia a provare le prime grosse delusioni per l'inconciliabile
contrasto fra le esigenze pratiche della professione, che rischiavano di
piegarlo a umilianti compromessi, e le alte aspirazioni della sua anima. Muta bruscamente indirizzo, iscrivendosi alla
facoltà di scienze naturali, conseguendo così la laurea con Mingazzini
sostenendo una tesi intorno ai pesci di Ganzirri e Faro, che poi fu pubblicata
su una rivista veneziana. Mingazzini, chiamato a Bologna, era felice di averlo
come assistente. Il suo spirito inquieto cercò altre vie ed altri sbocchi, e
così intraprese a frequentare le lezioni che si tenevano nella facoltà di
filosofia a Catania, nel Palazzo Grassi, a Via Firenze. Pprofondamente
influenzato dalle precedenti frequentazioni messinesi dove campeggiavano figure
come Pascoli, col quale strinse amicizia, Cesca, Barbi, Mancini, Ardigò, Dandolo
e Salvemini. Si laurea in filosofia presso l'ateneo catanese, con “L'unità dei
fatti psichici fondamentali” (Muglia, Messina). Insegna a Caltagirone e
Catania. Inizia un'intensa attività che vide tra i suoi maggiori corrispondenti
Gentile eSturzocon i quali intrattenne un copioso carteggiooltre al letterato
Villaroel, Farinelli, Varisco, Majelli, Carabellese e Fassò. Fonda Prisma a cui collaborò, tra gli altri,
anche Manlio Sgalambro. Altre oopere: “Preludi
a un commento alla vita del Faust” (Catania, Studio Editoriale Moderno); “Commento
alla vita di Faust, Torino, F.lli Bocca Editori); “Preludi storico attualistici
alla Critica della ragion pratica” (Catania, Crisafulli Editore); “Medico
mancato, Catania, Studio editoriale La Legione); “L’assoluto”, Roma,
Enciclopedia Treccani); “L’assoluto” Roma, Enciclopedia De Carlo). “Giornale critico
della filosofia italiana” “Logica e metafisica”. Membro della Fondazione
Giovanni Gentile per gli Studi Filosofici. Un filosofo dall'anima di poeta, Teoresi
Rivista di cultura Filosofica. Leonardo Grassi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Grassi” – The Swimming-Pool Library.
GRATAROLI. (Bergamo).
Filosofo. Grice: “I like Grataoroli, the Pope called him ‘infamous heretic,”
which is a good start! He wrote a book on ‘semiotics’ of the times, but it got
lost – you cannot understand Bruno unless you do Grataroli – he philosophised
on many subjects, including dreams and alchemy!” –Di una famiglia benestante
dedita al commercio di tessuti di lana con la città di Venezia. Questa,
originaria del borgo di Oneta, frazione di San Giovanni Bianco in val Brembana,
oltre a possedere gran parte della contrada e dei terreni circostanti (tra cui
anche l'edificio che attualmente ospita la casa di Arlecchino), annoverava tra
i suoi membri una folta schiera di "phisici", tra i quali si
segnalarono il nonno di Grataroli, fondatore del collegio dei fisici di
Bergamo, e il padre di Grataroli, Pellegrino, fisico presso la città orobica.
Publica una dispensa inerente osservazioni sul mondo della natura. Straparla de
le cose pertinenti a la fede et di essa fede et de la autorità del papa, nega
il purgatorio, le indulgenze, i suffragi per i defunti, la venerazione dei
santi, la presenza del corpo di Cristo nell'eucaristia. Eeretico pertinace et
scandaloso et infame, peste contra la fede. Insegna a Basilea. Presso
l'ingresso dello studio aè presente un suo busto. Noti sono i suoi trattati sul
potenziamento e il mantenimento della memoria, sulle epidemie di peste, sulle
proprietà del vino, su erboristeria e veterinaria. Vi sono anche alcuni scritti
inerenti all'alchimia. Si segnala per la teoria fisiognomica. Argomenta su
Pomponazzi e da indicazioni sia per il mantenimento della salute che per
l'utilizzo dei bagni termali, nonché un saggio in cui vengono raccontati i suoi
viaggi e forniti consigli ai viaggiatori di quel tempo. Altre opera: De
memoria reparanda, augenda ser-vandaque. De salute tuenda. De regimine iter
argentium, vel aequitum, vel peditum, vel navi, vel curru, seu rheda”; “Turba Philosophorum”;
“De literatorum et eorum qui magistratibus funguntur conservanda
praeservandaeque valetitudine compendium, Pietro Perna, Basilea); “Veræ
alchemiæ artisque metallicae, citra aenigmata, doctrina, certusque” (Pietro Perna,
Basilea); “De fato, libero arbitrio et providentia Dei” (Pietro Perna,
Basilea); “Alchemiae, quam vocant, artisque metallicae, doctrina, certusque
modus” (Pietro Perna, Basilea); “De balneis” (Bergamo). Quaderni brembani[collegamento
iStoria di Milano Flavio Caroli, Storia
della fisiognomica Arte e psicologia da Leonardo a Freud Marco Meriggi e Alessandro Pastore , Le
regole dei mestieri e delle professioni: Alberto Castoldi (coordinamento di),
Bergamo ed il suo territorio. Bergamo, Bolis edizioni, Giovanni Battista
Gallizioli, Della vita degli studi e degli scritti di Gulielmo Grataroli
filosofo ( In Bergamo, dalla Stamperia Locatelli); Marco Meriggi, Le regole dei
mestieri e delle professioni: Cesare Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, Tarcisio
Bottani e Wanda Taufer, Storie del Brembo. Fatti e personaggi dal Medioevo al
Novecento, Ferrari editrice, 1Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura
italiana, Napoli, Nella Stamperia de' classici. Fisiognomica Mnemotecnica
Peste. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl.Guglielmo Grataroli. Keywords: de
balneis, turba philosophorum.
GRAZIA. (Mesoraca). Filosofo. Grice:
“Grazia is important to understand Galileo, whom Italians consider a
philosopher!” Grice: “Grazia also wrote about architecture – a truly
Renaissance man!”. Studia a Napoli dove venne condotto, dalla natia Calabria,
da uno zio dell'ordine dei Teatini. Si laurea a Napoli. Studia filosofia. Si
oppose al Criticismo kantiano e all'Idealismo hegeliano in nome dell'esperienza.
Opere: “Discorso su l'architettura del teatro” (Napoli : dai torchi di Saverio
Giordano); “La scienza umana” (Napoli : Dalla tipografia Flautina); “Logica
speculative” (Napoli : Dalla tipografia de' Gemelli); “Filosofia: eterodossa ed
ortodossa” (Napoli : Stab. tip. del Poliorama pittoresco); “Considerazioni di
m. Vincenzo Di Grazia sopra 'l discorso di Galileo Galilei intorno alle cose
che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss. ed
Eccellentiss. Sig. don Carlo Medici, In Firenze, presso Zanobi Pignonj). “Della
vita e delle opera: Dizionario Biografico degli Italiani, XXXVI (on-line). Vincenzo Di Grazia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Grazia” --
GREGORY. (Roma). Filosofo. Fellow of the British Academy. Grice: “I like
Gregory; being a Roman, he studied Roman philosophy in one of the most
interesting epochs: the thirties! Then he explored what he calls the ‘lessico
filosofico,’ which Austin detested – “Why do we need the philosopheer’s ‘volition’
when we have ‘would’??” Si laurea a Roma con Nardi. Insegna a Roma. Direttore
di Ricerche storico-filosofiche. Direttore della sezione di Storia della filosofia
Lessico Italiano. Diresse la collana "I filosofi.” Opere: “Anima mundi” (Firenze,
Sansoni); “Platonismo” (Roma); “Scetticismo ed empirismo” (Bari, Laterza);
“L'idea di natura”, “La filosofia della natura (Passo della Mendola, Firenze, Sansoni); “L’atomismo”,
“Aristotelismo” “Il genio maligno”; “Mundana sapientia. Theophrastus redivivus.
Erudizione e ateismo” (Napoli, Morano); “Il libertinismo: la filosofia
clandestine” (Firenze, La Nuova Italia), “L’Etica della critica libertine” (Napoli,
Guida); “Forme di conoscenza” (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura); “Lo
spazio come geografia del sacro” Della sobria ebbrezza”; “La terminologia
filosofica” (Firenze, Olschki); “Speculum natural” ( Roma, Edizioni di Storia e
Letteratura); “Principe di questo mondo. Il diavolo” (Roma-Bari, Laterza); “Della
modernità, Pisa, Edizioni della Torre); “Vie della modernità” (Firenze, Le
Monnier Università). Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Tullio Gregory. Keywords: clandestino – cognate with celare and
occolto -- terminologia filosofica, libertinismo, filosofia clandestina. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Gregory: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library.
GRIFFERO.
(Asti). Filosofo: Grice: “I like Griffero; for one, he has a taste for neologisms,
like his atmospherelogy – He has understood that aesthesis, qua sensatio, is
the basis for aesthetics, and he has explored the philosophies of Tarso,
Spranger, and Schelling!” Insegna a Roma. Studia a Torino, dove si laurea sotto
la guida di Vattimo con “L’ermeneutica.” Studia Betti (“Interpretare. La teoria
di Betti e il suo contesto” -- Rosemberg & Sellier, Torin) ed il concetto
di Spirito e forma di vita. La filosofia della cultura (Franco Angeli, Milano). Si
dedica al rapporto tra arte e mito, scrivendo poi Senso e immagine. Simbolo e
mito (Guerini & Associati, Milano), Cosmo Arte Natura. Itinerari (Cuem, Milano), nel quale si concentra sulle
caratteristiche del real-idealismo, e infine una ricostruzione dell'apporto
dato da questo autore all'estetica filosofica (Estetica -- Laterza, Roma-Bari).
La nozione di "immaginazione transitiva", è invece affrontata in “Immagini
Attive: beve storia dell'immaginazione transitiva (Le Monnier, Firenze). Ricostruisce
la storia della "credenza" secondo cui una fantasia particolarmente
forte sarebbe in grado di agire, cambiando o addirittura generando la realtà
esterna. In Realismo e Idealismo (Nike, Segrate-Milano) analizza il Pietismo
Speculativo. La corporeità spirituale è il "fine ultimo delle opere di
Dio. L'ampia storia del concetto e esposta in Il corpo spirituale. Ontologie
"sottili" (Mimesis, Milano). La ricerca sulla fenomenologia del
corpo e della percezione e l'estetica delle atmosfere è affrontata in “Atmosferologia.
Estetica degli spazi emozionali (Laterza, Roma). Nel libro Quasi-cose. La
realtà dei sentimenti (Bruno Mondadori, Milano ) Griffero indica e analizza
sulla scorta dei un'estetica neofenomenologica i sentimenti atmosferici, il
dolore, la vergogna, lo sguardo, il crepuscono, il corpo vissuto come
quasi-cose, entità aggressive e decisive per la nostra esistenza senza essere
riducibili al paradigma cosale tipico della tradizione occidentale Il
libro Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica (Guerini &
Associati, Milano ) delinea, a partire dalla nozione estetico-fenomenologica di
“atmosfera”, i contorni di un'estetica orientata non allo gnosico ma al patico,
che non tematizza un oggetto (come una espressione) speciali come le opere
d'arte ma il modo in cui “ci si sente” quando ci si espone, soprattutto
involontariamente, ai sentimenti presenti nell'ambiente circostante. Il
tema è sviluppato, esteso a considerazioni sull'atmosfericità del linguaggio, sulla
presenza e la inter-soggettività re-interpretate in chiave fenomenologica.
Altre opera: Storia dell'estetica (Edizioni Nuova Cultura, Roma). Tonino
Griffero. Keywords: Betti, ermeneutica, fenomenologia, Vico, il circolo
dell’implicatura -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Griffero” – The
Swimming-Pool Library.
Grimaldi. (Cava de’ Tirreni).
Filosofo. Grice: “I have spoken of ‘magic’ – “two kinds of magic’ – actually,
for Grimaldi there are THREE: ‘black magic,’ ‘artificial magic,’ and my
favourite, ‘natural magic’!” Nacque da nobile famiglia locale di origini
genovesi. Compì i suoi studi avvicinandosi a Cartesio, di cui fu seguace e fece
parte del gruppo chiamato degli epigoni dell'Accademia degli Investiganti. Fu Consigliere
Regio. Scrisse numerose opere, raccolte
poi in "Istoria dei libri di don Costantino Grimaldi. Scritta da lui
medesimo". Tra quelle più note si possono elencare le “Considerazioni
intorno alle rendite ecclesiastiche del Regno di Napoli” (Napoli), le “Discussioni
filosofiche” (Lucca), la “Dissertazione sulle tre magie, naturale, artificiale
e diabolica (Roma). Morì a Napoli nel
1750. Il figlio gli dedicò "Ragioni
genealogiche a' favore della Famiglia Grimaldi del Sig. Cons. D. Costantino
Grimaldi. Colli signori Grimaldi di Seminara, e con quelli patrizj di Catanzaro"
F. A. Meschini, nel Dizionario Biografico degli Italiani, indica Napoli come
città natale. Memorie di un
anticurialista del Settecento. Testo, introduzione note V.I. Comparato.
Firenze, Olschki, Biblioteca dell'«Archivio storico italiano», Franco Aurelio Meschini, Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Anticurialismo Costantino Grimaldi. Opere, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Costantino Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi:
implicatura peripatetica”– The Swimming-Pool Library.
Grimaldi-di-Messimeri -- (Seminara).
Filosofo. Grice: “He was of a noble family – he was into the free market – so
his is a philosophical economy.” Domenico Grimaldi (Seminara), filosofo. Esponente
dell'illuminismo napoletano. Francesco Mario Pagano. Nato in una famiglia
aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota famiglia di
Genova, ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un
uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi
nelle sue proprietà terriere, peraltro non molto estese, di Seminara. Non
essendo molto ricco, il padre lo avviò agli studi giuridici, in previsione di
una possibile professione forense, all'Napoli. Nella capitale napoletana
Domenico fu raggiunto dal fratello minore Francescantonio, fece parte con il
fratello dell'Accademia dell'Arboscello, frequenta le lezioni di economia di
Genovesi. Si trasferì a Genova, dove ottenne la riammissione nel patriziato
della Repubblica di Genova, ottenendo così il permesso di esercitare alcune
magistrature. In Liguria, tuttavia, Grimaldi ebbe modo di approfondire gli
aspetti tecnici, economici e sociali legati all'agricoltura il cui studio lo
spinse a viaggi in Francia, specie in Provenza, in Piemonte e in Svizzera. Si
interessò in particolare alla colture dell'ulivo e del gelso per l'allevamento
dei bachi da seta. Venne accolto fra l'altro nell'Accademia dei Georgofili, che
premiò una memoria, nella Società economica di Berna, un centro di cultura
fisiocratica, e nella Société royale d'agriculture di Parigi. Saggio di
economia campestre per la Calabria Ultra François Quesnay, maggior
rappresentante della fisiocrazia Frutto delle sue ricerche fu il Saggio di
economia campestre per la Calabria Ultra, esposizione di un piano che, partendo
dalle condizioni di arretratezza dell'economia calabrese del XVIII secolo,
secondo la dottrina fisiocratica, ne indica i mezzi atti a la trasformare
situazione economica della Calabria. All'epoca il settore produttivo più
importante era l'agricoltura in quanto i posti nell'industria erano pochi, le
alternative limitate all'edilizia, ai lavori pubblici e al settore terziario;
l'agricoltura era tuttavia quasi esclusivamente di sussistenza, e lo scarso
reddito determinava un esodo massivo dalle campagne. Per Grimaldi
l'ammodernamento dell'agricoltura e l'integrazione tra agricoltura e
allevamento erano le condizioni prime per avviare la produzione industriale e
il commercio. il successivo aumento del reddito agrario avrebbe dovuto essere
reinvestito nell'industria tessile e in quelle serica, lattiero-casearia e
olearia. La presenza di industrie avrebbe innescato un circolo virtuoso in
quanto avrebbe potuto richiamare un afflusso di capitali per la ristrutturazione
fondiaria e l'aumento delle dimensioni delle aziende agricole, con successiva
formazione e sviluppo di attività miste agricolo-manifatturiere, specialmente
alimentari, con impiego di mano d'opera locale. L'imprenditore
Vecchio frantojo ligure dismesso Attorno al 1770 Grimaldi si impegnò a tradurre
in pratica questi progetti, con l'aiuto finanziario del padre, impegnandosi nel
miglioramento della coltivazione degli olivi, chiamate dalla Liguria maestranze
e tecnici per creare a Seminara nuovi frantoi "alla genovese"; rese
poi pubblici i progetti e i risultati delle sue innovazioni con un'opera del
1773, edita nuovamente nel 1777 con una dedica a Beccadelli, marchese della
Sambuca. Si dedicò più tardi alla produzione della seta. Grimaldi, che inizialmente
intendeva assegnare l'ammodernamento dell'agricoltura all'iniziativa privata,
si rese conto che l'approccio utilizzato per l'ammodernamento dell'industria
olearia (in questo caso, introduzione in Calabria della lavorazione della seta
alla "piemontese") non sarebbe stato sufficiente nella lavorazione
della seta per ostacoli di natura fiscale nel regno di Napoli, ossia del dazio
sulla seta calabrese. Diede pertanto inizio a vivace polemica nei confronti dei
controlli oppressivi doganali e dei monopoli statali nei settori delle
manifatture e del commercio. Il politico Sir John Acton La
riflessione sull'influenza dello stato nel mercato della seta, diede avvio al
dibattito sul problema della libertà nel commercio internazionale, in particolare
nel commercio del grano che aveva assunto una notevole importanza dopo la
carestia del 1764. Una delle proposte più importanti di Domenico Grimaldi fu la
costituzione, nella Calabria Ultra, di società economiche concepite come centri
promotori il miglioramento della tecnica agraria; ma la proposta non trovò il
necessario sostegno né nei proprietari terrieri né nel clero. In seguito
allargò lo sguardo dalla Calabria Ultra all'intero Regno, proponendo di
svolgere un'attività conoscitiva sulla struttura economica del Regno mediante
la predisposizione di piani di visite alle province napoletane affidati a
ispettori di nomina regia, con proposte di azione sulle "cause
fisiche" dell'arretratezza, principalmente la mancanza di strutture per
l'irrigazione innanzitutto nelle Puglie, per le quali suggeriva il ricorso
anche al lavoro coatto. Gaetano Filangieri Grazie alla notorietà
raggiunta con i suoi saggi Grimaldi fu nominato dal primo ministro John Acton
assessore al neocostituito Supremo Consiglio delle Finanze assieme a
Filangieri, Palmieri, Delfico e Galanti. Il terremoto che causò gravi danni e
lutti alla famiglia Grimaldi. Grimaldi fu favorevole all'istituzione della
Cassa sacra, proponendo che ricostruzione fosse eseguita secondo un piano
pubblico che prevedesse iniziative strutturali per l'ammodernamento della
produzione agricola e industriale. Si adoperò per l'apertura a Reggio Calabria
di un istituto professionale nel quale si insegnasse "l'arte di tirar la
seta alla piemontese"; la scuola, diretta dal Grimaldi, ebbe un certo
successo, ma venne chiusa nel L'interruzione negli anni novanta dell'attività
riformatrice di Ferdinando IV di Napoli in seguito alla crisi collegata alla
rivoluzione francese comportò un atteggiamento di sospetto, da parte del
governo napoletano, nei confronti dell'intellettualità progressista. A Grimaldi
venne rifiutata la nomina, proposta dal Galanti, di presidente della
costituenda Società patriottica per la Calabria in quanto massone. Fu
addirittura arrestato, come gran parte dei massoni reggini (una cinquantina
circa) in seguito all'assassinio del governatore di Reggio, Giovanni Pinelli e
trasferito nel carcere di Messina dove si trovava alla nascita della Repubblica
Napoletana. Suo figlio Francescantonio aderì alla Repubblica Napoletana. Opere:
“Memoria diretta all'Accademia de' Gergofili da Genova sopra di una certa
specie di pianta pratense chiamata sulla” (Firenze); “Saggio di economia
campestre per la Calabria Ultra, Napoli: presso Vincenzo Orsini, 1770
Istruzione sulla nuova manifattura dell'olio introdotta nella Calabria, In
Napoli: presso Raffaele Lanciano); “Osservazioni economiche sopra la
manifattura e commercio delle sete del Regno di Napoli alle sue finanze,
scritte dal marchese Domenico Grimaldi; con alcune riflessioni critiche sopra
del Bando delle Sete” (Napoli: presso Giuseppe Maria Porcelli); “Piano di
riforma per la pubblica economia delle provincie del Regno di Napoli, e per
l'agricoltura delle Due Sicilie, scritto dal marchese d. Domenico Grimaldi” (Napoli:
presso Giuseppe Maria Porcelli librajo); “Piano per impiegare utilmente i
forzati, e col loro travaglio assicurare ed accrescere le raccolte del grano
nella Puglia, e nelle altre provincie del Regno scritto dal marchese d.
Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese” (Napoli: a spese di
Giuseppe-Maria Porcelli); “Memoria del marchese Domenico Grimaldi di Messimeri
patrizio genovese, diretta al supremo consiglio di finanze per lo
ristabilimento dell'industria olearia, e dell'agricoltura nelle Calabrie, ed altre
provincie del Regno di Napoli” (Napoli: presso Giuseppe-Maria Porcelli); “Memoria
sulla economia olearia antica e moderna e sull'antico frantoio da olio trovato
negli scavamenti di Stabia” (Napoli: nella Stamperia Reale); “Relazione d'un
disimpegno fatto nella Ulteriore Calabria con alcune osservazioni economiche
relative a quella provincial” (Napoli: Giuseppe Maria Porcelli). Franco Venturi
, Illuministi italiani, V: Riformatori
napoletani, Napoli : Ricciardi, Antonio Piromalli, La letteratura calabrese: Dalle
origini al posivitismo, Cosenza : LPE, Istruzioni
sulla nuova manifattura dell'olio introdotta nel Regno di Napoli dal marchese
Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese, socio ordinario, e
corrispondente dell'Accademia de' Georgofili di Firenze, della Società di
Agricoltura di Parigi, e di Berna, In Napoli : presso Vincenzo Orsini, a spese
di Giuseppe Maria Porcelli, Osservazioni economiche sopra la manifattura e
commercio delle sete del Regno di Napoli alle sue finanze, scritte dal marchese
Domenico Grimaldi, con alcune riflessioni critiche sopra del Bando delle Sete”
(Napoli : Porcelli); “Relazione d'un disimpegno fatto nella Ulteriore Calabria
con alcune osservazioni economiche relative a quella provincial” (Napoli :
Porcelli); “Piano di riforma per la pubblica economia delle provincie del Regno
di Napoli, e per l'agricoltura delle Due Sicilie, scritto dal marchese don
Domenico Grimaldi, Napoli : Porcelli); Piano per impiegare utilmente i forzati,
e col loro travaglio assicurare ed accrescere le raccolte del grano nella
Puglia, e nelle altre provincie del Regno scritto dal marchese don
Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese” (Napoli : Porcelli); “Relazione
d'una scuola da tirar la seta alla piemontese stabilita in Reggio per ordine di
Sua Maestà, sotto la direzione del M. Grimaldi, e l'approvazione del Vicario
generale delle Calabrie don Francesco Pignatelli” (Messina per Giuseppe di
Stefano). L'opera apparve anonima ed è attribuita a Domenico Grimaldi da Gaetano
Melzi, Note bibliografiche del fu D. Gaetano Melzi, edite per cura di un
bibliofilo milanese con altre notizie, H-R,
Milano : Tip. Bernardoni) Giuseppe Maria
Galanti, Giornale di viaggio in Calabria; introduzione di Luca Addante, Soveria
Mannelli : Rubbettino, A. Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e
Francescantonio Grimaldi. Testi di Laurea. Università degli Studi di Salerno,
Facoltà di Magistero. M.L. Perna, Dizionario Biografico degli Italiani, LIX, Roma: Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, A. Basile, «Un illuminista calabrese: Domenico Grimaldi da Seminar»a,
in: Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, Gaetano Cingari, Giacobini e
Sanfedisti in Calabria, Reggio Cal., "Casa del libro", Cesare
Morisani, Massoni e Giacobini a Reggio Calabria, Reggio Cal., F. Morello, Domenico Romeo, Alcune precisazioni su
Domenico Grimaldi: un riformatore Calabrese del '700, in "Historica",
Antonio Piromalli , L'attualità del pensiero e delle opere del marchese
Domenico Grimaldi, Cosenza: L. Pellegrini, Domenico Luciano , Domenico Grimaldi
e la Calabria, Salerno, Beniamino Carucci. Grimaldi, Domenico la voce nella
Treccani L'Enciclopedia Italiana. Domenico Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Grimaldi” – The Swimming-Pool Library.
GRIMALDI. (Seminara). Filosofo.
Grice: “Grimaldi for some reason did some deep research on cynicism – a
wonderful etymology, too!” -- Esponente dell'illuminismo. Fratello minore di
Domenico Grimaldi, filosofo. Nato in una famiglia aristocratica che faceva
risalire le proprie origini alla nota famiglia di Genova, dei principi di
Monaco, ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un
uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi
nelle sue proprietà terriere (peraltro non molto estese). Fu inviato a Napoli,
dove conobbe Genovesi. Comincia a interessarsi alle vicende culturali e
politiche della Repubblica di Genova: volle anch'egli essere iscritto fra i
patrizi di Genova, esprimendo la convinzione che l'aristocrazia genovese
avrebbe dovuto riprendere la funzione, svolta nei secoli precedenti, di classe
dirigente della Repubblica. Studia il diritto testamentario romano. Fu pertanto
fautore del “fedecommesso” istituzione risalente a Roma antica e prediletta
dalla classe aristocratica. Maestro venerabile
della loggia massonica di Genova. Partendo dalla filosofia romana, cerca di
analizzare l’interazione umana. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei
"sentimenti fisici", diventerebbe “un vero bruto” – “como Romolo” --.
Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza
umana”. Sostenne che, in natura, gli uomini non sono uguali e che le
differenze, sia fisiche che morali, ha origini soprattutto ambientali (per es.,
il clima, la diffusione delle malattie). La inter-azione non e uno stato di corruzione, ma lo stato
"naturale" dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime era
giustificata dall'ineguaglianza degli uomini. L’ducazione non sarebbe riuscita
ad appianare tale disuguaglianza. Scrive gli Annali del Regno di Napoli. Fa una
Descrizione de' tremuoti accaduti nella Calabria. Altre opere: “De
successionibus legitimis in vrbe Neapolitana systema. Pars prima in qua ius
Graecum Neapolitanum vetus, & ius omne Romanum a 12 tabulis ad Iustinianum vsque
absolutissime expenditur” (Neapoli: ex typographia Simoniana); “Lettera sopra
la musica all'eccellentissimo signore Agostino Lomellini già doge della
serenissima repubblica di Genova (Napoli); “La vita di Ansaldo Grimaldi
patrizio genovese, illustrata con riflessioni politiche, e morali, e con una
brieve narrazione del governo politico della Repubblica di Genova dalla sua
origine” (Napoli: nella Stamperia Raimondiana); “La vita di Diogene Cinico” (Napoli:
nella stamperia di Vincenzo Mazzola-Vocola); “Riflessioni sopra l'ineguaglianza
fra gli uomini” (Napoli: presso Vincenzo Mazzola-Vocola, impressore di sua
maestà). (Franco Crispini, Vibo Valentia : Sistema Bibliotecario Vibonese)
Annali del Regno di Napoli dedicati a Ferdinando IV. re delle Due Sicilie.
Epoca I. Dal primo anno dell'edificazione di Roma sino alla fine del quarto
secolo dell'era cristiana., Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Annali
del Regno di Napoli” -- Epoca II. Dall'anno 409. dell'era volgare, sino
all'anno 1211, Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Descrizione
de' tremuoti accaduti nelle Calabrie” (Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli.
(Saverio Napolitano, Bordighera: Manago). La vita di Ansaldo Grimaldi patrizio
genovese, Napoli : Raimondiana, De
successionibus legitimis in urbe Neapolitana, Neapoli : Simoniana, Nico
Perrone, La Loggia della Philantropia. Un religioso danese a Napoli prima della
rivoluzione. Con la corrispondenza massonica e altri documenti, Palermo,
Sellerio, La vita di Diogene Cinico, Napoli : Mazzola-Vocola, Fulvio Tessitore,
«Francesco Antonio Grimaldi e l'ineguaglianza». In : Fulvio Tessitore, Nuovi
contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, Roma : Edizioni di storia
e letteratura, M. A. Tallarico, «CESTARI (Cestaro), Giuseppe». In Roma :
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Franco Crispini, Appartenenze
illuministiche : i calabresi Francesco Saverio Salfi e Francesco Antonio
Grimaldi, Cosenza: Klipper, 2 M.L. Perna, Dizionario Biografico degli Italiani,
Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giuseppe Boccanera, «Grimaldi
Francesc'Antonio». In: Emilio Amedeo De Tipaldo, Biografia degli italiani
illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo 18., e de' contemporanei,
compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore
Emilio De Tipaldo, Venezia : dalla
tipografia di Alvisopoli, Melchiorre Delfico, Elogio del marchese don
Francescantonio Grimaldi dei signori di Messimeri, patrizio di Genova e
assessore di Guerra e Marina, In Napoli : presso Vincenzo Orsino (ristampato in
Opere complete di Delfico, a cura dei professori Giacinto Pannella e Luigi
Savorini, ITeramo: Giovanni Fabbri0).
Roberto Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e Francescantonio
Grimaldi. Tesi di Laurea in Filosofia italiana. Università degli Studi di Salerno,
Facoltà di Magistero, Francescantonio
Grimaldi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Francescantonio Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi:
implicatura ed inter-azione” – The Swimming-Pool Library.
GRUPPI. (Roma). Filosofo. Grice:
“Gruppi is an Italian philosopher; at Oxford, someone who writes only on
politics is not considered usually one!” -- Il concetto di egemonia in Gramsci
Incipit Antonio Gramsci è senza alcun dubbio quello che, tra i teorici del
marxismo, ha maggiormente insistito sul concetto di egemonia; e lo ha fatto in
modo particolare richiamandosi a Lenin. Anzi, direi che, se vogliamo vedere il
punto di contatto più costante, più scavato, di Gramsci con Lenin, questo mi
pare essere il concetto di egemonia. L'egemonia è il punto di approccio di
Gramsci con Lenin. Citazioni La scienza
si ha quando si supera il dato immediato, l'apparenza; si ha con un salto
dialettico. In tutte le analisi che Gramsci conduce, io trovo la presenza di un
filo rosso che le guida, presente in tutti i Quaderni. Luciano Gruppi, Il
concetto di egemonia in Gramsci, Editori Riuniti, Roma. Luciano Gruppi. Keyword:
egemonia della filosofia del linguaggio ordinario -- Refs.: Luigi Speranza:
Grice e Gruppi” – The Swimming-Pool Library.
GUASTELLA. (Misilmeri). Filosofo. Grice: “Guastella is an interesting
philosopher. A system-builder! He wrote on epistemology and metaphyusics in a
clear style.” Cosmo Guastella (Misilmeri), filosofo. Figlio di Vincenzo
farmacista e da Marianna Piazza, uno dei quattro figli della coppia, ancorché
di famiglia borghese non ebbe un'infanzia agiata. Sudia con l'ausilio di borse
di studio fino a laurearsi a Palermo. È ritenuto il capostipite del
fenomenismo. Insegna a Palermo. Opere: “La conoscenza”; “Metafisica”; e “Il fenomenismo”. Fonda la Biblioteca filosofica.
Dizionario Biografico degli Italiani, Dizionario di filosofia, openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Cosmo Guastella. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Guastella: tra fenomenismo e noumenismo” – The Swimming-Pool Library.
GUICCIARDINI. (Firenze).
Filosofo. Guicciardini. Grice: “Guicciardini is what I call an Italian classic;
some like Machiavelli, as Austin used to say, “but Guicciardini is MY
Renaissance man!” – Grice: “There are various topics of interest: the italian
of Machiavelli and Guicciardini in the development of a philosophical political
lexicon; there’s the trope of the centaur –‘all’ombra del centauro.’ – Pure
political philosophy of the type enjoyed by members of the Debating Union at
Oxford!” Terzogenito dei Guicciardini,
famiglia tra le più fedeli al governo mediceo. Dopo una prima formazione
umanistica in ambito familiare dedicata alla lettura dei grandi storici
dell'antichità (Senofonte, Tucidide, Livio, Tacito), studia a Firenze seguendo
le lezioni di Pepi. Soggiornò a Ferrara per poi trasferirsi a Padova per
seguire le lezioni di docenti di maggior importanza. Rientrato a Firenze,
esercita l'incarico di istituzioni di diritto civile. Nominato capitane dello
Spedale del Ceppo. Inizia la stesura delle Storie fiorentine e dei Ricordi.
Esattamente dieci anni prima, ossia con l'anno 1498, si chiudono quelle
Cronache forlivesi di Leone Cobelli che espongono le premesse degli avvenimenti
riguardanti Caterina Sforza e Cesare Borgia di cui Guicciardini si occupa,
nelle sue Storie, per i notevoli riflessi che hanno sulla politica fiorentina. In
occasione della guerra contro Pisa, venne chiamato a pratica dalla signoria,
ottenendo l'avvocatura del capitolo di Santa Liberata. Questi progressi
portarono il Guicciardini anche ad una rapida ascesa nella politica, ricevendo
dalla Repubblica Fiorentina l'incarico di ambasciatore presso Ferdinando il
Cattolico. Da questa sua esperienza nell'attività diplomatica nacque la
Relazione, e anche il "Discorso di Logrogno", un'opera di teoria
politica in cui Guicciardini sostiene una riforma in senso aristocratico della
Repubblica fiorentina. Fece parte degli Otto di Guardia e Balia ed entra a
far parte della signoria, divenendo, grazie ai suoi servigi resi ai Medici, avvocato
concistoriale e governatore di Modena, con la salita al soglio pontificio di
Giovanni de' Medici, col nome di Leone X. Il suo ruolo di primo piano nella
politica emiliano-romagnola si rinforza con la nomina a governatore di Reggio
Emilia e di Parma. Nominato commissario
generale dell'esercito pontificio, alleato di Carlo V contro i francesi,
matura quell'esperienza che sarebbe stata cruciale nella redazione dei suoi
Ricordi e della Storia d'Italia. Alla morte di Leone X, si trova a
contrastare l'assedio di Parma, argomento trattato nella Relazione della difesa
di Parma. Dopo l'assunzione al papato di Giulio de' Medici, col nome di
Clemente VII, venne inviato a governare la Romagna, una terra agitata dalle
lotte tra le famiglie più potenti. Diede ampio sfoggio delle sue notevoli
abilità diplomatiche. Per contrastare lo strapotere di Carlo V, propaganda
un'alleanza fra gli stati regionali allora presenti in Italia e la Francia, in
modo da salvaguardare in un certo qual modo l'indipendenza della penisola.
L'accordo fu sottoscritto a Cognac, ma si rivelò ben presto fallimentare; di
questo periodo è il Dialogo del reggimento di Firenze, in cui si ripropone il
modello della repubblica aristocratica. La Lega subì una cocente disfatta e
Roma fu messa al sacco dai Lanzichenecchi, mentre a Firenze veniva instaurata la
repubblica. Coinvolto in queste vicissitudini, e visto con diffidenza dai
repubblicani per i suoi trascorsi medicei, si ritira nella villa Guicciardini di
Finocchieto, nei pressi di Firenze. Qui compose due orazioni, l'Oratio
accusatoria e la defensoria, ed una Lettera Consolatoria, che segue il modello
dell'oratio ficta, nella quale espose le accuse imputabili alla sua condotta
con le adeguate confutazioni, e finse di ricevere consolazioni da un amico. Scrisse
le Considerazioni intorno ai "Discorsi" del Machiavelli "sopra
la prima deca di Livio", in cui accese una polemica nei confronti della
mentalità pessimistica dell'illustre concittadino. Completa anche la redazione
definitiva dei Ricordi. Lasce Firenze e ritorna a Roma, per rimettersi di
nuovo al servizio di Clemente VII, che gli offrì l'incarico di diplomatico a
Bologna. Dopo il rientro dei Medici a Firenze, fu accolto alla corte medicea
come consigliere del duca Alessandro e scrisse i Discorsi del modo di riformare
lo stato dopo la caduta della Repubblica e di assicurarlo al duca Alessandro. Non
fu tenuto tuttavia in altrettanta considerazione dal successore di Alessandro,
Cosimo I, che lo lascia in disparte. Si ritira nella sua villa Guicciardini di
Santa Margherita in Montici ad Arcetri. Rriordina i Ricordi politici e civili,
raccolse i suoi Discorsi politici e scrisse la “Storia d'Italia. Morì ad
Arcetri, quando da circa due anni si era ormai ritirato a vita privata. Guicciardini
è noto soprattutto per la Storia d'Italia, vasto e dettagliato affresco delle
vicende italiane tra l’anno della discesa in italia del Re francese Carlo VIII e
il anno della morte di Papa Clemente VII. -- è un monumento al ceto italiano e
più specificamente alla scuola fiorentina di filosofi di cui fecero parte anche
Machiavelli, Segni, Pitti, Nardi, Varchi, Vettori e Giannotti. L'opera
districa la rete attorcigliata della politica degli stati italiani del
Rinascimento con pazienza ed intuito. L'autore volutamente si pone come
spettatore imparziale, come critico freddo e curioso, raggiungendo risultati
eccellenti come analista e filosofo (anche se più debole è la comprensione
delle forze in gioco nel più vasto quadro europeo). Guicciardini è l'uomo
dei programmi che mutano "per la varietà delle circunstanze" per cui
al saggio è richiesta la discrezione (Ricordi), ovvero la capacità di percepire
"con buono e perspicace occhio" tutti gli elementi da cui si
determina la varietà delle circostanze. La realtà non è quindi costituita da
leggi universali immutabili come per Machiavelli. Altro concetto saliente del
pensiero guicciardiniano è il particulare (Ricordi) a cui si deve attenere il
saggio, cioè il proprio interesse inteso nel suo significato più nobile come
realizzazione piena della propria intelligenza e della propria capacità di
agire a favore di se stesso e dello stato. In altre parole, il particulare non
va inteso ego-isticamente, come un invito a prendere in considerazione
solamente l'interesse personale, ma come un invito a considerare
pragmaticamente quanto ognuno può effettivamente realizzare nella specifica
situazione in cui si trova (dottrina che collima con quello di Machiavelli).
In netta polemica, Pitti scrisse l'opuscolo Apologia dei Cappucci, a difesa della
fazione dei democratici. E considerato il progenitore della storiografia
moderna, per il suo pionieristico impiego di documenti ufficiali a fini di
verifica della sua Storia d'Italia. La reputazione di Guicciardini poggia
sulla Storia d'Italia e su alcuni estratti dai suoi aforismi. I suoi
discendenti aprirono gli archivi di famiglia e diedero incarico a Canestrini di
pubblicare le sue memorie. Furono pubblicati i suoi Carteggi, che contribuirono
ad un'accurata conoscenza della sua personalità. «L’angolo di prospettiva
dal quale si prese a considerare, nella prima metà del secolo XVII,
l’opera guicciardiniana, la posizione di questa nel giudizio dei lettori
secenteschi, sono bene indicati da uno spirito acuto dell’epoca, A. G. Brignole
Sale. “Quindi non per altro, a mio giudizio, porta pregio il Guicciardini sopra
il Giovio, sol che questi, qual pittor gentile, de’ soggetti ch’egli ha per le
mani colorisce agli occhi altrui con vivacissimi ritratti, senza inviscerarsi,
la superficie, quegli per contrario, qual esperto notomista, trascurando anzi
dilacerando la vaghezza della pelle, vien con l’acutezza della sua sagacità
fino a mostrarci il cuore e il cervello de’ famosi personaggi ben penetrato.” All’affiatamento
con lo spirito dell’opera guicciardiniana si accompagnò, sul piano letterario,
una migliore intelligenza del suo stile, di cui si cominciò ad ammirare,
superando le pedanti riserve linguistiche, la scorrevolezza, l’intima misura e
precisione pur nel tono sostenuto. Tuttavia, proprio dal più accreditato
esponente letterario del tacitismo, Boccalini, fu formulato un giudizio tra i
meno benevoli alla Storia.» Il giudizio di Francesco De Sanctis
Copertina di un'antica edizione della Storia d'Italia Francesco De Sanctis non
ebbe simpatia per Guicciardini ed infatti non nascose di apprezzare
maggiormente il Machiavelli. Nella sua Storia della letteratura italiana il
critico irpino mise in evidenza come Guicciardini fosse, sì, in linea con le aspirazioni
di Machiavelli, ma se il secondo agì in linea con i suoi ideali, il primo
invece "non metterebbe un dito a realizzarli". De Sanctis affirma:“Il
dio del Guicciardini è il suo particolare.” “Ed è un dio non meno assorbente
che il Dio degli ascetici, o lo stato del Machiavelli.” “Tutti gli ideali
scompaiono.” “Ogni vincolo religioso, morale, politico, che tiene insieme un
popolo, è spezzato.” “Non rimane sulla scena del mondo che l'INDIVIDUO.” “Ciascuno
per sé, verso e contro tutti.” “Questo non è più corruzione, contro la quale si
gridi: è saviezza, è dottrina predicata e inculcata, è l'arte della vita”. E
poco più in basso aggiunse. “Questa base intellettuale è quella medesima del
Machiavelli, l'esperienza e l'osservazione, il fatto e lo «speculare» o
l'osservare. Né altro è il sistema. Guicciardini nega tutto quello che il
Machiavelli nega, e in forma anche più recisa, e ammette quello che è più
logico e più conseguente. Poiché la base è il mondo com'è, crede un'illusione a
volerlo riformare, e volergli dare le gambe di cavallo, quando esso le ha di
asino, e lo piglia com'è e vi si acconcia, e ne fa la sua regola e il suo
istrumento". Nel Romanticismo, la mancanza di evidenti passioni per
l'oggetto dell'opera era infatti vista come un grave difetto, nei confronti sia
del lettore che dell'arte letteraria. A ciò si aggiunga che Guicciardini vale
più come analista e filosofo che come scrittore. Lo stile è infatti prolisso,
preciso a prezzo di circonlocuzioni e di perdita del senso generale della
narrazione. "Qualsiasi oggetto egli tocchi, giace già cadavere sul tavolo
delle autopsie". Altre opera: Scritti autobiografici e rari
(Laterza), Storie fiorentine; Discorso di Logrogno, Considerazioni sui Discorsi
del Machiavelli, Ricordi politici e civili Dialogo del Reggimento di Firenze, Storia
d'Italia, Scritti sopra la politica di Clemente VII dopo la battaglia di Pavia
(Firenze, Olschki); Le cose fiorentine, R. Ridolfi , Firenze, Olschki, Carteggi,
presso Zanichelli, Bologna; presso Istituto per gli studi di politica, Firenze;
presso Istituto storico italiano, Roma; presso G. Ricci, Roma. "Donna di
grandissimo animo e molto virile", secondo il Guicciardini (Storie
fiorentine). Natalino Sapegno, Compendio
di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, A. G.
BRIGNOLE-SALE, Tacito abburatato, Genova, «Or chi non vedescriveva il
Tassoniche questo è uno stil maestoso e nobile, quale appunto conviensi alla
grandezza delle cose proposte e alla prudenza politica dell’Istorico che le
tratta? e che non ostante i periodi sien tutti numerosi e sostenuti, per esser
ben collocate le parole fra loro, e però l’ordine, e ’l senso facile e piano in
maniera che ’l lettore non trova scabrosità né intoppi, come nello stil di Villani,
che va saltellando e intoppando a ogni passo etc... ». A. TASSONI, Pensieri
diversi, Venezia, Il legame del pensiero
politico tassoniano con quello di Guicciardini (incluso, a differenza del
Machiavelli, tra gli storici della «prima schiera» con Comines e Giovio, ossia
considerato pari agli antichi; v. Pensieri) e del Machiavelli è noto: i due
fiorentini, come dice il Fassò, furono «i due poli» a cui si volse la sua
riflessione politica. (Introduz. a TASSONI, Opere, Milano-Roma, T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso e Pietra
del paragone politico, I, Bari, Walter
Binni, I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino,
Nuova Italia, Testi Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, Bari, Gius.
Laterza & Figli, Historia di Italia, Pisa, presso Niccolò Capurro; Historia
di Italia. Libri, In Venetia, appresso
Giorgio Angelieri, Guicciardini, Scritti autobiografici e rari, Bari, G.
Laterza e Figli, Guicciardini, Scritti
politici, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
1, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, Bari, G. Laterza, Storie fiorentine, Bari, G.
Laterza, Studi R. Ridolfi, 'Vita', Milano, Rusconi Treves, Il realismo
politico, Firenze, R. Ramat, Guicciardini e la tragedia d'Italia, Firenze, V.
De Caprariis, Guicciardini. Dalla politica alla storia, Napoli, (ristampa
Bologna, G. Sasso, Per Francesco Guicciardini. Quattro studi, Roma, E.
Cutinelli-Rèndina, Guicciardini, Roma, Famiglia Guicciardini. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Liber
Liber. openMLOL, Horizons Propositioni, overo Considerationi in materia di cose
di Stato, sotto titolo di Avvertimenti, Avvedimenti Civili, & Concetti
Politici di Guicciardinii, Lottini, Sansovini, Venezia, Presso Altobello
Salicato, Opere illustrate da Giuseppe Canestrini, Firenze, Barbera, Bianchi e
Comp.,Bari, Gius. Laterza & figli,/biblioteca italiana/indice. Francesco
Guicciardini. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guicciardini: l’implicatura
particolarizzata” – The Swimming-Pool Library.
GUZZI. (Roma). Filosofo. Grice:
“Myy favourite is his dictionary of the unheard tongue – with a foreword like
sounds like Blair on newspeak!” -- Marco Guzzi (Roma), filosofo. Studia al
Liceo classico statale Giulio Cesare. Direttore dei seminari del Centro studi Eugenio
Montale. La poetica di Guzzi, fin dall'inizio, si è concepita come
un'esperienza spirituale, una ricerca di stati più dilatati della coscienza,
sulla scia della linea che da Hölderlin, e attraverso Rimbaud, arriva fino al
nostro migliore ermetismo. La ricerca teoretica di Guzzi ha affrontato, in
particolare nel saggio filosofico La svolta, significativamente sottotitolato
"La fine della storia e la via del ritorno", il tema del cambiamento
epocale che a suo avviso l'uomo è chiamato a conoscere e riconoscere, dentro e
fuori di sé. Opere: Raccolte di poesia Anima in vetrina, Il Giorno, Scheiwiller, Teatro Cattolico,
Jaca Book, Figure dell'ira e dell'indulgenza, Jaca Book, Preparativi alla vita terrena, Passigli, Nella
mia storia Dio, Passigli, Parole per nascere, Edizioni Paoline, Saggi di filosofia e di religione La Svolta,
Jaca Book, Rivolgimenti, Marietti, L'Uomo Nascente, Red, Passaggi di millennio,
Edizioni Paoline, L'Ordine del Giorno, Edizioni Paoline, Cristo e la nuova era,
Edizioni Paoline, La profezia dei poeti, Moretti e Vitali, Darsi pace, Edizioni
Paoline, La nuova umanità, Edizioni Paoline, Per donarsi, Edizioni Paoline, Yoga
e preghiera cristiana, Edizioni Paoline, Dalla fine all'inizio, Edizioni
Paoline, Dodici parole per ricominciare,
Ancora Il cuore a nudo, Edizioni
Paoline, Buone Notizie, Ed. Messaggero Imparare ad amare, Edizioni Paoline L'Insurrezione dell'umanità nascente,
Edizioni Paoline, Fede e Rivoluzione,
Edizioni Paoline Il profilo dell'Uomo di
Dio, Edizioni Paoline Alla ricerca del
continente della gioia, Edizioni Paoline
“Dizionario della lingua inaudita” Lingua e Rivoluzione, Edizioni Paoline.
Marco Guzzi. Grice: “Guzzi plays with ‘lingua inaudita’ – literally ‘unheard
of’ – but ultra-literally turns his dictionary into a magical oxymoron! Keywords:
lingua inaudita, lingua audita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guzzi”
GUZZO. (Napoli). Filosofo. Grice: “I admire Guzzo; he founded
‘Filosofia,’ a philosophy magazine and led a school at Torino, but he selected
‘pagine di filosofi per i giovani italiani.’ He wrote interesting essays on
“Gli hegeliani d’Italia” and Croce versus Gentile – a very systematic
philosopher. The logo of his revista shows Oedipus and thes sphynx – that says
it all!” Si
laurea a Napoli, dove fu allievo di Maturi. Insegna a Torino e Pisa. Fonda
"Erma”. Esponente dell'idealismo, si avvicinò all'attualismo di Gentile. È
considerato quindi uno dei più grandi esponenti dello spiritualismo. Opere:
“Spinoza”; “Kant”; “Verità e realtà. Apologia dell'idealismo”; “Idealisti ed
empiristi”; “Aquino”, “Bruno”; “Storia della filosofia”, “L'uomo” (Brescia, Morcelliana);
“L'io e la ragione”; “Moralità”; “Scienza”; “Arte”; “Religione; “Filosofia” – Pietro
Fernando Quarta, “Guzzo e la sua scuola, Urbino, Argalìa; Dizionario Biografico
degli Italiani, Treccan. Augusto Guzzo. Keywords: il Vico di Guzzo, il Galluppi
di Guzzo -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guzzo: tra idealismo ed empirismo”
Gronda Hösle. (Milano).
Filosofo. Grice:
“I like Hösle – for one, he helped me understand Vico
when stating that what Vico is after is a ‘science of the inter-subjective
world;’ since I’m also into that I suppose I am Vico!” – Figlio di Johannes
Hösle, direttore del Goethe Institut, e Carla Gronda –, vero «enfant prodige»
della filosofia, precoce e profondo conoscitore delle lingue antiche (greco,
latino, sanscrito, ma anche pali e avestico) e di numerose lingue occidentali
(ne parla sette ed è in grado di leggerne dodici). Si laura con la tesi “Verità
e storia: uno studio sulla struttura della storia della filosofia sulla base di
un'analisi paradigmatica dell'evoluzione da Parmenide di Velia a Platone” (Milano,
Guerini e Associati, A. Tassi, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,
Hegeliana). Alla «scoperta» di Hösle contribuì in modo determinante l'Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici, che lo chiamò a Napoli. Imposta in maniera
originale il problema dei rapporti tra dimensione sistematica (unita
latitudinale) e dimensione storica (unita longitudinale) della filosofia,
analizzando lo sviluppo da Parmenide di Velia a Platone. In “Il
compimento della tragedia nell'opera tarda di Sofocle: un’osservazione
storico-estetica” (A. Gargano, Napoli, Bibliopolis, Memorie dell’Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici) combina l'approccio estetico con l'approccio
filosofico, cerca di individuare una logica di sviluppo nella storia della tragedia
e, in contrasto con l'approccio consueto, considera Sofocle come il compimento sintetico
di questa storia. Il pensiero fondamentale espresso nell'opera tarda di Sofocle
è sintesi dei principi che sono alla base dell'arte di Eschilo e di Euripide,
principi che vengono fatti valere insieme da Sofocle e così portati alla loro
verità". Alievo di Toth, si occupa anche del problema della
matematica in Platone (“ I fondamenti dell'aritmetica e della geometria in
Platone” – Milano, tr. E. Cattanei, Vita e pensiero). In “Interpretare Platone”
(Milano, Guerini e Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), e in “Il dialogo filosofico. Poetica di un
genere” analizza il genere del dialogo mettendo in connessione il punto di
vista filosofico con il punto di vista letterario. Al problema della tragedia è
dedicato “La gerarchia dei tragici). A Napoli tenne una serie di seminari
sull'idealismo (“Lo Stato in Hegel”, La città del Sole). La riflessione sull'idealimo
si sviluppa in stretta connessione colla "fondazione ultima riflessiva"
e con la soluzione fornita a tale problema dalla pragmatica trascendentale.
L'unica alternativa consistente al relativismo scettico, dominante nel panorama
della filosofia contemporanea ed assurto oggi ad una sorta di principio
dell'opinione pubblica, consiste nell'impostazione riflessiva presente negli
idealisti, che è necessario sviluppare. Alla “pragmatica” trascendentale va
riconosciuto il merito di aver riproposto la "fondazione ultima
riflessiva". Tale fondazione va ripensata nella sua portata ontologica, superando
il formalismo nella direzione di una formulazione ri-elaborata dell'idealismo
(“La fondazione dell'idealismo” – Milano, Guerini e Associati, Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici, Hegeliana). Della pragmatica trascendentale,
in relazione al problema di questa “fondazione ultima riflessiva” Hösle torna
in “La crisi della contemporaneità e la responsabilità della filosofia”. Apel
viene analizzato all'interno delle più importanti tendenze della filosofia
contemporanea, viene esposta in modo dettagliato la "prova" della
fondazione ultima riflessiva ("prova apagogica") e vengono discussi
questioni relative al linguaggio privato, alla controversia “spiegare-comprendere
e alla fondazione dell'etica. Cura “La Scienza nuova” di Vico, compito
affidatogli dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. La cura è
preceduta da “Introduzione a Vico: l’inter-soggetivo” (Milano, Guerini,
Istittuo Italiano per gli Studi Filosofici).
-- una introduzione filologica e teoretica in cui Hösle illustra il
significato della concezione vichiana per una teoria delle scienze della
cultura filosoficamente fondata. La rilessione culmina nella ri-formulazione
dell'idealismo: “L’intersoggettivo” (Napoli, La Scuola di Pitagora). Sostiene che
l'aporia di Hegel consiste nell'aver tras-curato l’inter-soggetivo nella logica,
la parte fondativa del Sistema. Qesta lacuna comporta un grave squilibrio nella
struttura complessiva del sistema, in particolare, nel concetto dello spirito
oggettivo e nel concetto dello spirito assoluto, che restano scoperte sul piano
logico, senza un co-rispettivo categoriale in grado di fondare la struttura inter-soggettiva
di cui trattano. Questa aporia è alla radice di sub-aporie come, ad esempio,
l'appiattimento del “dover-essere” sull'”essere” con la conseguente visione
passatista e la questione della conclusione del sistema. Cerca di mostrare come
l'idea fondamentale dell'idealismo sia indispensabile sia per fondare in modo
rigoroso il“discorso” sia per superare la scissione tra scienze della natura e
scienze dello spirito che caratterizza in modo aporetico il pensiero moderno e
contemporaneo, promossa dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e per "La
scuola di Pitagora", è uscita una Postfazione. Sposta la sua
riflessione dalla "filosofia prima" alla "filosofia
seconda", occupandosi di problemi morali e politici, tra cui ha un posto
di rilievo la questione dell'ecologia (“Filosofia della crisi ecologica” –
Torino, Einaudi). I suoi studi delle moderne scienze sociali, politologia ed
economia soprattutto, sono poi confluiti “Morale e politica. Fondamento di
un'etica politica”. Vanno ricordati, innanzi tutto, i lavori sul significato
filosofico della teoria dell'evoluzione (“Portata e limiti della teoria evoluzionistica
della conoscenza” – Napoli, La Città del Sole). Altre opera: “Aristotele e il
dinosauro” (Torino, Einaudi); “Sulla comicità” a riprova del costante interesse
nutrito per le forme d'arte, come il teatro e il cinema, in cui l'inter-soggettività
-- la categoria centrale della sua riflessione -- gioca un ruolo
determinante. “Il concetto di filosofia della religione” (Napoli, "La
Scuola di Pitagora"); “La legittimità del politico” (Milano, Guerini e
Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici); “Per una lettura non riduttiva
di Platone” (Napoli , La scuola di Pitagora). Vittorio Gronda Hösle. Keywords:
“L’inter-soggetivo di Vico” “filosofia prima” “filosofia seconda”. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Hösle: l’implicatura di Vico.”
IACONO. (Girgenti). Filosofo. Grice:
“I love Iacono; for one, he has taken Marx’s chapter on cooperation in Das
Kapital seriously; but as he notes, Marx subverts the order, the symbolic
interaction becomes a super-structure! Iacono recognises the perplexities of shared
intentionality, and finds ways to deal with them conceptually –Insegna a Pisa.
Fra i filosofi che si sono interessati ai rapporti storici e teorici della
filosofia con l’antropologia e la politica. Si occupa di epistemologia della complessità
(“L'evento e l'osservatore”, Bergamo). Fonda “Ichnos,” Laboratorio filosofico
sulla complessità. La sua ricerca mostra un costante confronto con la filosofia
antica: al riguardo, si dedica all’analisi di nozioni quali feticismo, paura e
meraviglia, e all'indagine epistemologica sul tema dell'osservatore. Tali
ricerche gravitano attorno ad una riflessione sul tema dell'”altro” nelle
relazioni storico-sociali e politiche: da qui i saggi sulle triadi concettuali
autonomia, potere, minorità e storia, verità, finzione. Ne “Il borghese e
il selvaggio” analizza l'influenza la figura di Robinson Crusoe nei paradigmi
filosofico-economici di Turgot e Adam Smith rilevando gli elementi di
antropologia occidentalista là dove la rappresentazione teorica della società e
della storia si mostrava nei suoi aspetti apparentemente semplici, ovvi e
trasparenti tali da nascondere con l'evidenza i presupposti del punto di vista
coloniale. In “Il feticismo” (Milano) studia la genealogia del concetto dalla
sua origine nell'illuminista Charles de Brosses fino a Marx, a Freud e al
pensiero contemporaneo, ha contribuito, sul piano metodologico, all'idea di una
storia della filosofia interpretata attraverso concetti e, sul piano
interpretativo, alla messa in evidenza dei mutamenti semantici del concetto di
“fetice”, di origine coloniale che si è trasformato con Marx e con Freud in due
modi di operare, rispettivamente sul mondo storico-sociale e sul mondo della
psiche, basati sulla pratica teorica di un'antropologia dall'interno. Le
fétichisme. In “Paura e meraviglia: storie filosofiche” (Catanzaro) i temi
storiografici dell'illuminismo e del fetice vengono ripresi e ridiscussi alla
luce del pensiero contemporaneo. Il problema filosofico e politico
dell'antropologia dall'interno è stato sviluppato attraverso la questione
epistemologica dell'osservatore. Influenzato da Marx, ma anche da Foucault e da
Bateson, analizza le teorie della storia di Bossuet, Vico e Droysen attraverso
il tema del ruolo dell'osservatore che interpreta gli eventi sociali e naturali
nella loro storicità. Interessato alle teorie contemporanee dell'”auto-organizzazione”
biologica (Atlan, Maturana, Varela), cercato di reinterpretare il senso
epistemologico della storia, la parzialità dei punti di vista impliciti
dell'osservatore e delle sue visioni del mondo, la questione dell'altro, il
rapporto tra scienze storico-sociali e scienze naturali, alla luce del concetto
di complessità. In questa chiave, in “Tra individui e cose” (Roma) raccoglie i
risultati di ricerche che, all'interno dei rapporti fra filosofia, antropologia
e politica, si interrogava attraverso Bateson sull'idea del ‘pensare per
storie' come momento metodologico e critico di un'antropologia dall'interno in
una società come quella occidentale moderna dove le cose si sostituiscono
feticisticamente agli uomini e il conformismo si mostra incessantemente e
paradossalmente come l'irrompere del nuovo. Il problema della critica
sociale e dell'autonomia individuale come decisivo in una società occidentale
che domina il mondo dichiarandosi libera e democratica è al centro di “Autonomia,
potere, minorità” (Milano). Partendo dallo scritto di Kant “Che cos'è
l'Illuminismo?, Iacono si chiede perché in una società istituzionalmente
‘libera' e ‘democratica', all'indomani della fine dei regimi socialisti, il
desiderio di uscire dallo stato di minorità non riesce a vincere il
contrastante desiderio di rimanere nello stato di minorità, perché in sostanza
è così forte la paura di essere autonomi. La questione dell'autonomia lo
ha portato a interessarsi ai temi della verità, dell'illusione e dell'inganno.
Per un'antropologia dall'interno occorre vedere con altri occhi e per vedere
con altri occhi è necessario acquisire uno sguardo d'altrove. I temi
dell'universalismo e della questione dell'altro sono discussi in quest'ottica
in “Storia, verità, finzione” (Roma). La meraviglia che connota il tono emotivo
della conoscenza filosofica deve passare attraverso lo straniamento: essere
straniero a te stesso affinché l'altro non sia straniero a te. L'autonomia può
realizzarsi soltanto nella relazione con l'altro e non, come se l'è immaginato
il pensiero moderno, recidendo ogni legame per poi andarlo a costituire da
padroni. Ma un'antropologia dall'interno è continuamente in tensione con un
senso comune che, conservando le verità condivise ovvero i pregiudizi, tende a
mostrarle come ovvie, naturali, eterne, uniche, a renderle dunque salde e
indiscutibili. Ci si dimentica allora che viviamo in molti mondi, in mondi
intermedi (“Mondi intermedi e complessità” -- Pisa), e che siamo capaci, con la
coda dell'occhio, di percepire sempre un mondo altro da quello in cui siamo
immersi. Perdendo questa percezione perdiamo la nostra capacità di uscire da
noi stessi e dunque la facoltà di essere autonomi. L'illusione, attraverso cui
ci si approssima alla verità, che è consapevolezza critica di un'illusione
stessa (Nietzsche, Pirandello), si trasforma in inganno e in auto-inganno,
sulle cui basi si produce il rischio della costituzione delle regole del
consenso, in una società libera ma senza autonomia. Un'altra direzione di studi
riguarda le genealogie dell'immagine della finestra e del concetto
di illusione nella storia del pensiero occidentale. In quest'ambito di
riflessione Iacono realizza Con altri occhi. Iacono dirige il bimestrale
di politica e cultura Il Grandevetro. Ha collaborato per anni al quotidiano il
manifesto. Fa parte del Comitato scientifico della Scuola di formazione e
ricerca sui conflitti Polemos. Fa parte del comitato scientifico della
Fondazione Collegio San Carlo di Modena. Ha laureato molti studenti al
polo universitario universitario penitenziario della casa circondariale Don
Bosco di Pisa e tuttora collabora a progetti e iniziative per un'effettiva
opera di recupero del detenuto che sconta la pena. Altre opera: L'illusione
e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare” (Bruno Mondadori, Milano);
“Il sogno di una copia. Del doppio, del dubbio, della malinconia” (Guerini
Scientifica, Milano); “Storie di mondi intermedi” (Edizioni ETS, Pisa); “Marx.
La cooperazione, l'individuo sociale, le merci, Edizioni ETS, Pisa); Filosofia
alle elementari”; “Le domande sono ciliegie, Manifestolibri, Roma, Per mari
aperti. Viaggi tra filosofia e poesia nelle scuole elementari, Roma); Filosofia
alle scuole superiori”; “La giustizia è l'utile del più forte? Incontro con gli
studenti del Liceo classico «Empedocle» di Agrigento, Pisa; Ra Racconti
L'accelerato, in Favolare Antonia Casini e Giovanni Vannozzi, MdS editore,
Pisa, La scelta, in Gabbie, Michele
Bulzomì, Antonia Casini, Giovanni Vannozzi, MdS editore, Pisa PSYCHOMEDIA JOURNAL OF EUROPEAN
PSYCHOANALYSIS. Alfonso Maurizio Iacono. Keyword: feticismo conversazionale. Il
Vico di Iacono. Il Pirandello di Iacono. Luigi Speranza, “Grice ed Iacono:
l’implicatura dell’intermezzo” – The Swimming-Pool Library.
ILLUMINATI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Illuminati, especially his essay on Rousseay,
between solipsism and conversation!” -- La città e il desiderio. Viene meno un
modo di fare in cui la soggettività potente si appropria il mondo subordinando
le altre potenze soggettive e realizza la sua essenza destinale mediante
adeguati meccanismi di rappresentazione e manipolazione tecnica. ( 108-109)
Come utilizzare regole pubblicamente valide senza colpevolizzare e controllare
dall'altro le forme di vita degli uomini è precisamente l'antinomia della
cittadinanza. La politicizzazione di sfere inabituali va insieme alla
diserzione di istituzioni sclerotiche. Una ricaduta pratica ne è l'integrazione
delle strutture rappresentative con nuove lobbies o la richiesta di quote per
minoranze Nel lasciar-essere che si contrappone alla tracotanza istituzionale
convivono cosi l'ancora-non-rappresentato che cerca lobbisticamente
rappresentazione, e rifiuto radicare di rappresentazione. Augusto Illuminati.
INCARDONA. (Roma). Filosofo.Grice: “I like Incardona; for one, he gave seminars on ‘la
costanza dell’io,’ as I did! Second, he used Greek freely, as I do! Third, he
is slightly incomprehensible, as I am SAID to be!” Insegna a Palermo. Studia nel
Liceo classico Ruggero Settimo. Direttore del Giornale di Metafisica, fondato
da Sciacca. La tematica fondamentale di Incardona è la "filosofia del
principio", un percorso nella storia della filosofia sul volto
all'interrogazione riguardo al fondamento e all'archè. Le due categorie
concettuali attraverso cui legge la storia della filosofia sono l'arcaicità,
identificata con Aristotele, e l'arcaismo, identificato con Hegel. Aristotele
ed Hegel sono infatti nella filosofia del principio le due porte, l'inizio e la
fine, l'elemento e il compimento della filosofia. Il percorso della filosofia e
un percorso aporetico, in cui la dialettica assume l'aspetto di un dialogo
senza soluzione fra tensione naturale alla conoscenza e fallimento destinale
dell'impresa conoscitiva. Ha influenza che nel campo dell'ermeneutica. Il suo contributo
determinante è stata la sua riflessione non scettica ma aporetica sull'archè. La
questione aristotelica del ‘principio’ (ontologico ed epistemologico, di non
contraddizione e teologico come Dio) viene colta ed elevata da questione logica
a questione esistenziale. Compagni di strada naturali, sebbene fortemente criticati
da Incardona, sono, in questa sorta di teologia negativa, Derrida e Heidegger.
In essi è infatti rintracciabile la tematica privativa e mistico-antirazionale
del rapporto con l'assoluto. L'unica cosa che si può dire dell'assoluto è che
esso non è alla nostra portata, esso nasconde al filosofo il volto come
all'esule è nascosta la patria. Sebbene veda nella filosofia post-hegeliana una
sorta di "pleonasmo" che non ha più alcuna utilità nella società
contemporanea (antifilosofia), sembra che le sue intuizioni più originali e più
feconde nascano proprio da una rielaborazione personale delle tematiche
ermeneutiche di Heidegger. Opere:
Idealismo della filosofia ed esperienza storica” (L'Epos, Palermo); “Idealismo
tedesco e neo-idealismo italiano, L'Epos, Palermo); “Gli inferi del principio.
Interrogazione e invocazione” (L'Epos, Palermo); “Karpòs” (L'Epos,
Palermo); “Meditatio in curriculo
mortis” (L'Epos, Palermo); “Kéntron, L'Epos, Palermo); "L'inclusione
dell’altro. Profilo di Giuseppe Nicolaci", Epekeina. International Journal
of Ontology, History and Critics. Nunzio Incardona. Keyword: principio,
principio conversazionale, arcaismo, arcaico, arcaita – principium – imperative
– Kant – Hegel – Aristotle --.
INFANTINO. (Gioia Tauro). Filosofo. Grice:
“I like Infantino: for one, he prefaced an essay on ‘the perils of solidarity,’
which is all my conversational pragmatics is about!” Insegna a Roma. La sua
filosofia si svolge infatti nel solco tracciato da Hayek che coniuga le acquisizioni di
Mandeville e dei moralisti scozzesi con quelle della Scuola Austriaca di
Economia. Cura Menger, Boehm-Bawerk, Mises e Hayek. Pubblica “L’ordine
senza piano: le ragioni dell’individualismo metodologico” (Roma, NIS) “Ignoranza
e libertà” (Soveria Manneli, Rubbetino); “Individualismo, mercato e storia
delle idee”; “Potere. La dimensione politica dell’azione umana” (Soveria
Manneli, Rubbettino). Vede nelle conseguenze inintenzionali delle azioni umane
intenzionali l’oggetto delle scienze sociali, che vengono in tal modo
affrancate da qualsiasi psicologismo. È il tema sollevato da Mandeville e dai
moralisti scozzesi, ripreso poi con forza da Menger e Hayek. Non sono le
intenzioni dei singoli (o quelli che sono stati infelicemente chiamati “spiriti
animali”) a spiegare i fenomeni sociali. Occorre piuttosto individuare le
condizioni che rendono possibile o impossibile un dato evento. Tale tradizione
di ricerca ha come suo presupposto il riconoscimento dell’ignoranza e della
fallibilità umane. Da cui discende l’abbattimento del mito del “Grande
Legislatore”, il cui posto viene occupato dal processo sociale, cioè dalla co-operazione
volontaria. Questa costituisce un procedimento di esplorazione dell’ignoto e di
correzione degli errori. Ed è su tale teoria della società che Infantino si
muove per spiegare il fenomeno del potere, da lui studiato come potere infra-sociale,
derivante cioè dall’inter-azione, e il potere pubblico, ossia il potere
d’intervento dello Stato nella vita sociale. La competizione minimizza il
potere infra-sociale, perché non c’è un unico agente che offre o un unico
agente che richiede. Il potere pubblico si minimizza o si limita, attribuendo
allo Stato un’esclusiva funzione di servizio nei confronti della cooperazione
sociale volontaria. Pubblicato “Cercatori di Libertà” (Soveria Mannelli, Rubbettino,
), in cui è ospitato un suo scritto che ha fatto da introduzione a “A proposito
di Rousseau”, dedicato da Hume alla rottura dei suoi rapporti con Rousseau. Gli
altri saggi della raccolta si occupano di Constant, Mises, Hayek (Luigi
Einaudi). Cubeddu e Reichlin hanno
curato “Individuo, liberta, e potere: studi in onore di Infantino” (Rubbettino
Editore) di scritti in suo onore, a cui hanno contribuito numerosi studiosi di
ispirazione liberale. Altre opera: Sociologia dell'imperialismo:
interpretazioni liberali, Milano, FrancoAngeli); “Dall'utopia al totalitarismo:
Marx, Dio e l'impossibile, Roma, Borla); “La societa aperta, Roma, Quaderni del
Centro di metodologia delle scienze socialiLUISS Guido Carli; “Metodo e
mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Destra: una parola ormai inutile” Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Scuola austriaca di economia: album di famiglia , Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Le ragioni degli sconfitti: nella lotta per la scuola
libera, Roma, Armando); “Le scienze sociali” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Individualismo,
mercato e storia delle idee, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Idee di libertà.
Economia, diritto, società” (Soveria Mannelli, Rubbettino); Cercatori di
libertà, Soveria Mannelli, Rubbettino); Infrasocial Power. Political Dimensions
of Human Action, Palgrave MacMillan, New York, . trad, inglese di Potere: la
dimensione politica dell'azione umana, Rubbettino, Soveria Mannelli. Lorenzo
Infantino. Keyword: co-operazione. Il diadismo metodologico, diadismo
conversazionale. Luigi Speranza, “Grice ed Infantino: il diadismo
conversazionale”.
IORIO. (Seravezza). Filosofo. Grice: “The line and
the circle is what Chomsky would call a NP, but there’s two books on it by
Italian philosophers! Oddly, I visited Sorrento on my way to Greece!” Si laurea
a Pisa con Campioni. Studia filosofia antica. Opere: La linea e il circolo” (Genova,
Pantograf). Genesi, critica, edizioneD'Iorio e N. Ferrand, Pisa.
jadelli: essential Italian philosopher.
jadelli (n.), filosofo – but difficult to find!
JAJA. (Conversano). Filosofo. Grice: “I like Jaja – of course you cannot understand Jaja
unless you understand Fiorentino, Croce, Spaventa and Gentile! The
quintessential Italian philosopher!” – Grice: “Jaja is a sensualist, like me.”
–Grice: “My favourit essential Italian philosopher. Figlio di Florenzo Jaja (a
cui è dedicato l'Ospedale Civile di Conversano). Si trasferì a Napoli, dove studiò
sotto la guida di Fiorentino. Si sposta a Bologna, dove si laurea per seguire
il suo maestro. Il suo incontro filosofico
principale fu con Spaventa. Col trasferimento di Jaja a Napoli i rapporti con
Spaventa divennero regolari. Insegna a Pisa.
Jaja non è stato mai considerato un filosofo particolarmente originale,
ma ha avuto il merito storico d'introdurre Gentile allo studio di Spaventa,
merito che l'allievo riconoscerà sempre.
Opere: “Origine storica ed esposizione della Critica della ragion pura”
“Studio critico sulle categorie e forme dell'essere”; “Dell'apriori nella
formazione dell'anima e della coscienza,” “ L'unità sintetica e l'esigenza
positivista,” “Sentire e pensare,” “Identita e Semiglianza ed identità”’“
Sentire, pensare, conoscere,” “ L'intuito nella coscienza.” Cesare Preti, Jaja
filosofo europeo oltre Gentile, su ricerca.repubblica, . treccani. Jaja:
neoidealismo italiano, su orthotes.com. Jaja,
Giovanni Gentile, Memoria su Donato Jaja, su sba.unipi, Bertrando Spaventa
Giovanni Gentile Idealismo italiano, Jaja, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Giovanni Gentile, Memoria su Donato Jaja, su sba.unipi.
Donato Jaja. Grice on “Sentire” e Pensare. Rupert Brooke: “I love Grice: “I
feel,’ never ‘I think’!” – “If a is a, is a LIKE a” – a knife is not like a
knife, but something that is not a knife
can be like a knife.” Implicature!”
jammelli – essential Italian
philosopher, but difficult to find!
JAVELLI. (S. Giorgio di Canavese).
Filosofo. Grice: “I love Javelli – he is, like
me, an Aristotelian; being a northern Italian, he is a Thomstic Aristotelian,
which I’m not sure I am!” Grice: “One good thing about Javelli is that he
commented on MOST works by Aristotle!” -- Essential Italian philosopher. Studia
a Bologna. Fu esegeta. Argomentò contro Lutero. Opera omnia, stampata a Lione
presso gli eredi di Giunta. Partecipò al dibattito sul Tractatus de
immortalitate animae di Pomponazzi, di cui scrisse, su richiesta di Pomponazzi
stesso una confutazione, che apparve nella riedizione dell'opera. Partecipa al
dibattito sul divorzio di Enrico VIII, esponendosi a favore della scelta del
sovrano. Michael Tavuzzi, in "Angelicum",
DBI, 62 (2004). Giovanni Crisostomo
Javelli, o Iavelli, o Giavelli, da Casale (Monferrato), i. e. S. Giorgio di
Canavese.
JEROCADES. (Parghelia). Filosofo. Grice: “I would consider Jerocades more of a poet than a
philosopher, but then he was a priest and a Mason!” Essential Italian philosopher.
Scrisse il saggio “Dell'umano sapere”, di stampo illuministico, che verrà
successivamente pubblicato a Napoli, e “La partenza delle Muse”, edito na
Messina. Si trasferì a Napoli. Dietro
raccomandazione di Genovesi, col quale era entrato in corrispondenza, venne
assunto al "Collegio Tuziano" di Sora come maestro d' “ideologia”. Frequenta
gli ambienti massonici. Secondo il clero sorano, tuttavia, quelle opere non si
attagliavano ai giovani del collegio, tant'è che prima della rappresentazione
di “Il ritorno di Ulisse” -- che conteneva alcuni intermezzi ridicoli e di
stampo anticlericale, in particolare il Pulcinella da Quacquero, il vescovo emise
un editto di censura: ne seguì un processo per eresia e sedizione, con la
reclusione di Jerocades nel carcere vescovile. Scarcerato dopo sette mesi, lasciò
Sora per tornare a Napoli, dove divenne popolare come poeta improvvisatore. Fu
in Calabria: qui si dedicò alla composizione delle raccolte Quaresimale poetico
e La lira focense, testimonianza di un «illuminismo massonico». Insegna a
Napoli. Fonda la Società Patriottica Napoletana, coagulo dei principali
esponenti del giacobinismo e dell'antigiurisdizionalismo partenopeo (ovvero che
miravano a costituire una repubblica), cosa che determinò la sua incarcerazione
a Castel dell'Ovo e il processo per apostasia, ma riebbe presto la libertà,
avendo deciso di ritrattare. Anche per il conflitto interiore causato da una
siffatta scelta, sostenne attivamente le idee rivoluzionarie, che però, in
seguito alla breve esperienza della Repubblica Napoletana, gli costarono
nuovamente il carcere, e quindi l'esilio a Marsiglia. Ritornato a Napoli razie all'amnistia
prevista dalla pace di Firenze compose l'elogio di suo padre e di suo fratello,
motivo che indusse a farlo rinchiudere nel convento dei Liguorini di Tropea.
Opere: “Esercizii spirituali in compendio ossia il filosofo in solitudine”
Napoli); “Il Paolo, o sia l'umanità liberata poema” (Napoli: presso Giuseppe
Maria Porcelli, Inni di Orfeo esposti in versi volgari, Napoli, La
gigantomachia, ovvero La disfatta de' giganti, Napoli: La lira focense, Napoli:
si vende da Gennaro Fonzo, strada Forcella, Olinto e Sofronia, dedic. Orazione
per l'apertura della Scuola di Economia e Commercio, Napoli, Orazione recitata
ne' funerali solenni di Marcello Accorinti morto in Messina nel terremoto.
Napoli, Phaedrus, Esopo alla moda, ovvero delle fauole di Fedro, Parafrasi
Italiana di Antonio Jerocades, In Napoli: presso il Porsile, Quintus Horatius
Flaccus, Le odi di Q. Orazio Flacco esposte in versi volgari da Antonio
Jerocades, Napoli, Pindarus, Le odi di
Pindaro tradotte ed esposte in versi volgari da Antonio Jerocades, Napoli: presso
Nicola Russo, Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, D.
Martuscelli, tomo IV, Gervasi, Napoli B. Croce, La rivoluzione napoletana Biografie,
storie, racconti, Laterza, Bari L.
Alonzi, Il giacobinismo napoletano, in Idem, Il Vescovo-prefetto. La diocesi di
Sora nel periodo napoleonico, Sora, A. Piromalli, Illuminismo massonico, La
letteratura calabrese, I, Pellegrino
editore, Cosenza, B. Croce, D. Ambrasi, Il clero a Napoli tra rivoluzione e
reazione, in A. CestaroA. Lerra , «Il Mezzogiorno e la Basilicata fra l'età
giacobina e il Decennio francese», Atti del Convegno, Maratea, I, Venosa, B.
Croce, La rivoluzione napoletana, Biografie, Racconti, Ricerche, Bari, Laterza,
1953. A. Jerocades, Saggio dell'umano sapere, D. Scafoglio, Vibo Valentia,
Sistema Bibliotecario Vibonese,A. Jerocades, La lira focenseː Antonio
Jerocades, un abate poeta in loggia, A. Piromalli e G. S. Bravetti, Foggia,
Bastogi. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Antonio Jerocades. Keywords: ‘repubblica romana” “repubblica
partenopea” – Grice on Plato’s Republic.
JERVOLINO. (Sorrento). Filosofo. Grice: “I like
Jervolino, but then I like any philosopher of language! He is a Ricoeurian, and
I’m a Griceian!”essential Italian philosopher. Allievo di Piovani. Insegna a
Napoli. Collabora con diverse riviste specialistiche di filosofia (Filosofia e
Teologia, Studium). Esamina aspetti riguardanti a Ricoeur, tra cui: la ricerca di un filo conduttore unitario
all'interno della sterminata ermeneutica (“Il cogito e l'ermeneutica: La
questione del soggetto e la inte-azione” (Procaccini, Napoli). Messa in questione
del soggetto chomskyano auto-centrato e auto-trasparente. Ricoeur appare nei suoi studi come
caratterizzato dall'attenzione verso le peripezie del Cogito che, ferito e
spezzato nella sua autosufficienza, cerca di ritrovare sé stesso attraverso un
lavoro ermeneutico. Individua come centrale il paradigma della trans-ductio,
trans-implicatura, trans-patia, come modello fondato sulla co-ospitalità
conversazionale e la co-apertura all'altro conversazionale. Altre opera:“Il
cogitamus e l'ermeneutica. La questione del soggetto e sui interazione” (Procaccini,
Napoli); “La filosofia senza assoluto, Athena, Napoli) – cfr. H. P. Grice,
“Absolutes” --; “Logica del concreto,
logica dell’abstracto” -- “Eermeneutica della vita morale.” Newman, Blondel,
Piovani, Morano, Napoli); “L'amore” (Studium, Roma); “Il segno della prassi.
Saggi di ermeneutica, Città del sole, Napoli). Morcelliana, Brescia),
“Trans-ductio, trans-implicatura” (Morcelliana, Brescia) Cura: “Ermeneutica ed
implicatura” -- Guerini, Milano, La
traduzione, la traditio -- etica, Morcelliana, Brescia, “Etica e morale,
Morcelliana, Brescia, Ricoeur e la psico-analisi, FrancoAngeli, Milano 2007.
Note Quei ragazzi di nome Fausto
Bertinotti Boys -- ArchivioPanorama Domenico
Jervolino. “Two cartesian egos”. “Peripezie conversazionale”. “Peripezia ed
implicatura”. “Cogitamus.”
JOMMELLI. (Roma). Filosofo. Essential Italian philosopher. Mattei riporta il
seguente aneddoto sul suo soggiorno in questa città: Jommelli, andato in visita
a padre Martini (già considerato come uno dei più sapienti musicisti d'Italia),
si era presentato a lui come allievo, chiedendo di entrare nella sua scuola. Il
maestro gli diede un soggetto di fuga che egli trattò con molta abilità. -«Chi
siete voi?», chiese Martini, «volete burlarvi di me? Sono io che voglio
apprendere da voi!» - «Il mio nome è Jommelli, sono io il maestro che deve
scrivere l'opera per il teatro di questa città» - «È un grande onore per questo
teatro avere un musicista filosofo come voi, ma vi auguro di non trovarvi in
mezzo a gentaglia corruttrice del gusto musicale».
JULIA. (Acri). Filosofo. Grice: “Julia was
more of a poet than a philosopher; but then for Heidegger, philosophy IS poetry
and vice versa!” -- essential Italian philosopher. Figlio di Antonio e da Maria
Giuseppa Balsàno. Studia a Cosenza sotto la guida di Focaracci. Direttore del
Telesio, periodico. Strinse grande amicizia Padula. Opere: La temperie
culturale in ambito locale vedeva la difficoltà della Calabria a integrarsi
nella nuova entità politica. Area essenzialmente contadina, la regione aveva
una classe dirigente che preferiva assoggettarla al clientelismo e alla sua
arretratezza piuttosto che metterla al passo con zone del Paese più avanzate e
progredite; perciò il mondo intellettuale d'avanguardia, deluso dalle speranze
del 1848 e conscio del sottosviluppo, si volse verso il positivismo e il
socialismo. Julia visse tra il tardo romanticismo e l'affermarsi
delle innovative correnti costituite dal naturalismo e dal verismo, nella scia
di Carducci e Verga. Le contraddizioni della sua epoca lo formarono come un
intellettuale spiritualista che rifiutava il materialismo e in parte il mondo
contemporaneo, e d'altra parte un sostenitore degli ideali socialisti, del
riscatto delle masse disagiate e della glorificazione del passato della
Calabria a partire dall'assedio degli Aragonesi nel 1462e dei suoi conterranei
coevi illustri, fra i quali Biagio Miraglia, VPadula, Quattromani, Tocco, oltre
a Campanella. Accostatosi in un primo tempo al misticismo di Gioberti, si
convertì al verismo, alla ricerca del pragmatismo e di un modello di poesia di
alto civismo che lo stesso Julia proclama nei suoi Sonetti e liriche. Parte dai
miti popolari e dalle ballate della tradizione romantica per marcare
orgogliosamente la storia della sua terra.
Considerato il padre della letteratura calabrese, si interessò alle
origini della cultura letteraria della regione analizzando anche alcune opere a
lui precedenti. Il suo impegno regionalistico si concretizzò in uno studio su
Selvaggi, nel quale si individuava un collegamento fra Galeazzo di Tarsia e le
produzioni romantiche dell'Ottocento. Vi fu poi un saggio su Padula e un esame
delle liriche riferibili all'Accademia Cosentina. Lo scrittore calabrese seppe però spaziare
oltre i confini delle sue terre, fino a richiamare Milton nel suo scritto
dedicato a Padula. Oltre a uno studio su Monti, produsse dei lavori anche su
Mazzini, Poerio, Correnti, legati dall'attenzione alle tematiche relative al
Risorgimento e perciò in convergenza con il proprio pensiero, che dal punto di
vista della poetica si richiama ai modelli che il letterato individua in
Leopardi, Berchet e Giusti, oltre che in Prati. Antonio Piromalli, La
letteratura calabrese, Luigi Pellegrini
Editore, Cosenza, Monografia su calabriaonline, su calabriaonline.com. Digital
Storytelling su Vincenzo Julia a cura degli studenti del Liceo V. Julia di
Acri, CS. Vincenzo Julia.
JUVALTA. (Chiavenna). Filosofo. Grice: “At Harvard, I said I was ‘enough of a
rationalist,’ but perhaps Juvalta would say that wasn’t enough!” – Grice:
“Juvalta has explored the limits of rationalism, in connection with value and
reason: if value is irrational, how can co-operation be rational in terms of an
accord to follow conversational maxims?” essential Italian philosopher. Juvalta
(n.), filosofo -- «Ogni sforzo di derivare una
valutazione morale da qualche cosa di cui non sia già riconosciuto il valore
morale è dunque vano e illusorio. O non dà quel che si cerca, o presuppone quel
che si pretende di fondare.» I genitori erano il barone Corrado Juvalta,
cancelliere della locale pretura originario di Villa di Tirano, e Teresa
Zanetti di Tirano. Dopo gli studi liceali trascorsi tra Como e Sondrio, si
iscrisse a Pavia dove si laureò con una tesi su Spinoza, sotto la guida di Cantoni.
Successivamente insegna a Caltanissetta, Potenza, Spoleto. Vinse il concorso
per la cattedra di filosofia a Torino. Le tematiche accademiche prevalentemente
trattate riguardarono soprattutto i valori di “libertà” e di “giustizia” con
ampie riflessioni etiche. Convinto della loro generalità e universalità, arriva
ad auspicarne una loro applicazione anche nello studio delle categorie politiche
ed economiche. La filosofia di Juvalta è
una profonda riflessione sull'etica portata avanti con il metodo dell'analisi.
Anche se, come risulta dalla sua , non troviamo nei suoi scritti importanti
contributi sul piano gnoseologico ed epistemologico, dal momento che il suo
principale campo d'indagine fu prevalentemente il Sistema morale, possiamo
affermare senza dubbio che sia il kantismo che il Positivismo costituirono il
nucleo di fondo della sua posizione, da cui sviluppò la sua impostazione
metodologica. Il positivismo, in particolare, è stato il primo grande
sistema filosofico con cui si è misurato nella prima fase della sua elaborazione
concettuale. Tuttavia Juvalta sarà costretto a prendere presto le distanze da
una siffatta visione della morale. I motivi di questa rottura sono da imputare
principalmente al suo fermo rifiuto di accogliere come sostenibile la pretesa
positivistica di fondare l'etica sulla scienza. Il giudizio con il quale si
afferma il valore di un oggetto è diverso e non deducibile dal giudizio col
quale ne afferma l'esistenza o la possibilità o la connessione modale o
condizionale con altri soggetti. Apprendere come le cose sono, è tutt'altra
cosa dal valutarle. Dal momento che l’etica si concreta nella costruzione di una
teoria ed in particolare di un sistema coerente di valori morali, il giudizio
che sta alla base di una qualsivoglia teoria etica deve configurarsi come “un
giudizio originario” che ha una natura eminentemente etica, quindi non
scientifica né tantomeno metafisica. Se però una etica scientifica appare
insostenibile per il motivo dell'indebita derivazione di un giudizio di valore,
di natura morale, dal giudizio ‘aletico,’ di natura fattuale, è indubbio che la
costruzione di un sistema morale debba essere condotta con criteri di
scientificità. Nella misura in cui ogni teoria si basa su criteri logico-deduttivi
e viene definita dalle relazioni logiche che intrattengono in essa i propri
elementi costitutivi, così anche la costruzione di un sistema etico deve
seguire la stessa metodologia e mostrare possibilmente l'identica costruzione
formale. Questo sistema di valori ha l'obbligo di mantenere al loro interno un
imprescindibile grado di coerenza, se vogliono risultare sostenibili ed essere
così accettati dalla ragione (pratica). Quando parla di ‘teoria’ dell’etica lo
fa proprio pensando a questo carattere logico-deduttivo dei valori all'interno
di un sistema. In particolare vede garantita la coerenza di un sistema morale
nella misura in cui un coerente insieme di valori viene rigorosamente derivato (volitativamente)
da un postulato, imperativo categorica, o assioma, di valore morale capace di
fungere da premessa all'intero sistema (allora come insieme di massime
universalisabili). Una volta prese le distanze dai positivisti, si avvicina successivamente
al Kantismo; in particolare accoglierà, anche se con alcune riserve, molte
delle posizioni assunte dal cosiddetto Neokantismo, il movimento di pensiero
che ha come obiettivo la ri-valutazione piena del filosofo di Konisberg
riadattando i contenuti del suo pensiero ad esigenze e problematiche tipiche della
contemporaneità. Vede in Kant il più grande filosofo della modernità, colui che
meglio di qualsiasi altro pensatore ha saputo cogliere il vero senso
dell'autonomia della morale, svincolando per sempre l'etica dai saperi di natura
conoscitiva (aletica, pura, o giudicativa), i quali, proprio in quanto si
rivolgono all'ambito del fenomeno, non riescono a coglier interamente tutto ciò
che ha a che fare con la sfera dei valori (come per esempio la scienza e in generale
l'ambito teoretico). L'indipendenza e l'indeducibilità del valore morale da
qualsiasi speculazione teoretica fu, come tutti sanno, riconosciuta e
affermata, nella forma più esplicita e con grandissimo vigore dal Kant. Kant ha
il grande merito di consegnare alla morale uno speciale statuto di autonomia e di
indipendenza. La morale esprime questo suo carattere di autonomia e di “auto-assiomaticità”
per poter continuare ad essere coerente e allo stesso tempo attendibile sotto
il profilo puramente teorico. Abbracciare l'idea di autonomia della morale
significa accettare una visione anti-fondazionalista dell'etica. L’etica non
può prendere le mosse che da se stessa. Ogni tentativo di fondare l’etica su
ambiti del sapere diversi da quello morale, finisce con il configurarsi come
un'indebita pretesa di intromissione da parte di chi si illude di derivare un
contenuto del valore morale da una premessa fattuale o metafisica o estetica.
Alla base di un sistema coerente del valore morale, cioè un sistema morale
costruito deduttivamente, deve esserci un postulato originario (assioma o
imperative categorico) di natura etica e non di natura aletica o peggio ancora
metafisica, e questo per questioni eminentemente logico-analitiche, che
impongono ad ogni sistema coerente di evitare la fallacia logica della petitio
principii, cioè l'errore di voler caparbiamente dimostrare ciò che invece
abbiamo già implicitamente accettato nelle premesse. Una volta
riconosciuto il contenuto di quel postulato morale e pensato come un valore che
può essere vissuto ed accettato da un soggetto agente e concreto, allora si
creano i presupposti di base perché una coscienza riconosca in esso
un'intrinseca validità, che trova una sua precisa giustificazione solo a
partire dalla sua intima natura assiologica. È proprio questo suo riferimento
al contenuto del valore morale che lo costringe a rivedere i limiti di una
filosofia morale incardinata su binari formalistici e a non accettare tout
court la filosofia morale di Kant. L'ambito della giustificazione e
l'ambito esecutivo. Assumere come principi della ricerca etica l'autonomia,
l'antifondazionalismo, l'antiformalismo porta Juvalta a distinguere l'ambito della
giustificazione, cioè il momento riflessivo che ci vede impegla ricerca di
ragioni che possano difendere razionalmente la scelta di un fine e di un valore
morale, dall'ambito esecutivo che invece coinvolge il momento motivazionale
dell'azione ed è fortemente condizionato da elementi contingenti legati al
momento storico, inter-soggetivo, e culturale nel quale il soggeto si trova ad
agire. Con un atteggiamento tipicamente moderno difende la possibilità
dell'esistenza di una pluralità di fini morali sia sul piano teorico che
pratico, e con la stessa energia cerca di trovare una soluzione per definire le
precondizioni teoriche che rendano possibile una compatibilità tra i diversi
valori. La modernità define un passaggio epocale e pieno di tensione nel
campo della filosofia morale ed ha segnato il tramonto di un'unica, grande e
coerente visione dell'etica. Con l'avvento dell'epoca moderna si è fatta strada
l'idea del tutto legittima dell'accettazione di differenti sistemi di valori e
di diverse visioni del mondo, i quali trovano, da questo momento, una loro
precisa dignità e legittimità in virtù delle ragioni che le diverse dottrine
filosofiche hanno saputo elaborare in favore della loro sostenibilità. Invita a
prendere coscienza di questo cambiamento di prospettiva e a considerarlo,
asetticamente, come un passaggio dal vecchio problema della morale, in cui il
fine principale era la ricerca di una fondazione dell'etica e di una
giustificazione dell'esigenza del bisogno di moralità all'interno di ogni
coscienza, al nuovo problema della morale riassumibile nella domanda; come
possiamo decidere i beni e i valori desiderabili in sé una volta che abbiamo
accertato l'esistenza di una pluralità dei postulati di valutazione
morale? La scelta del fine supremo e i limiti del razionalismo etico
Juvalta vede nel momento della determinazione della scelta del fine supremo, il
cui contenuto costituisce la base per il postulato di valore primario, il
principale limite del razionalismo etico. La razionalità può solamente
giustificare, cioè portare ragionamenti a favore di una tesi, o stabilire
relazioni e deduzioni tra elementi di un sistema, in questo caso valori, che
sono legati dalla loro stessa natura; ma essa non può imporre i fini. La
razionalità accetta, per così dire, il giudizio di valore morale come un dato,
ma non lo può stabilire lei in via preliminare perché nel campo etico la
razionalità non riesce a cogliere interamente la natura dei nostri giudizi di
valore. La ragione dei mezzi per quanto si faccia non dà valori; la
ragione esige la coerenza; teorica: dei giudizi fra di loro e con i principi e
i dati su cui si fondano; pratica: delle valutazioni derivate e mediate con le
valutazioni direttamente o postulate, e delle azioni con le valutazioni. Le valutazioni
sono, come espressioni di una esperienza interiore sui generis, valide di per
sé…” I valori ultimi di Libertà e Giustizia Tuttavia il messaggio di
Juvalta contiene anche un aspetto propositivo, non secondario. Anche se esiste
una pluralità di valori che la coscienza può scegliere come fini, i quali si
costituiscono come le linee guida della nostra condotta individuale, una volta
adottato il criterio razionale di ‘universalizzazione’ del valore è possibile
intuire che le scelte si riducono rispetto a quelle che la ragione può
immaginare come possibili e, soprattutto, viene meno la completa arbitrarietà
della scelta originaria. E convinto che due valori su tutti debbano essere
visti come i fini supremi su cui improntare la nostra vita e organizzare
le nostre società, vale a dire, primo, il valore morale della libertà; secondo
il valore morale della giustizia. Libertà e giustizia costituiscono le pre-condizioni
della vita morale e gli unici due valori morali, tra quelli possibili, che
risultano “universalizzabili”. Essi sono le sole precondizioni che permettono
ad ogni essere umano di realizzare il proprio fine e di raggiungere i propri
beni (valori), in vista di una totale e piena realizzazione della natura umana,
senza limitare la ricerca della moralità dell’altro. Libertà e giustizia
rappresentano per così dire i cardini di ogni sistema morale con i quali poter
impostare se non un vero e proprio ripensamento di ogni pratica umana almeno
una profonda critica ai modelli di società dominanti quali l'individualismo
liberale, l'autoritarismo o la proposta socialista. La libertà esprime
l'esigenza delle condizioni inter-soggettive necessarie a fare dell'uomo una
persona padrona di sé di fronte a sé e di fronte ad ogni altro. La giustizia
esprime l'esigenza delle condizioni inter-soggetive necessarie all'esercizio
universalmente efficace di questa libertà. Non fu un pensatore sistematico e
non cercò mai di definire un sistema filosofico che rendesse ragione
dell'organicità del suo pensiero. E sostanzialmente contrario a ingabbiare la
riflessione filosofica in grandi narrazioni o in arbitrari sistemi, dal momento
che era fermamente convinto che il pensiero soprattutto etico sfuggisse per
così dire all'idea di sistematicità e organicità che aveva così profondamente
caratterizzato la maggior parte del lavoro filosofico ottocentesco. D'altra parte questo non significa che non
esiste un'evoluzione all'interno della sua riflessione, o che la sua proposta
nel campo della filosofia morale non trovi una sua coerenza e una struttura di fondo
ben definita. Opere: “I due limiti del razionalismo etico: liberta e giustizia”
(Einuadi, Torino). Contiene:“ Prolegomeni a una morale distinta dalla
filosofia,” Tip. Bizzoni, Pavia, “Le dottrine delle due etiche” in «Rivista
filosofica», Per una scienza normativa morale, in «Rivista filosofica», Il fondamento intrinseco del diritto” Su i
limiti della morale,Bocca, Torino, Il metodo dell'economia pura nell'etica, in
«Rivista filosofica», Postulati etici e postulati metafisici, in «Rivista di
filosofia», “Postulati etici e imperativo categorico,” «Atti IV congresso
internazionale di filosofia» (Bologna) III, Formiggini, Genova. Su la pluralità dei
postulati di valutazione morale, in «Atti del IV congresso della società
filosofica» (Genova), Formiggini, Genova, Il vecchio e il nuovo problema della
morale, Zanichelli, Bologna. In cerca di chiarezza. Questioni di morale. I. I
limiti del razionalismo etico, Lattes, Torino, Per uno studio dei conflitti
morali, in «Rivista di filosofia», Osservazioni sulla dottrina morale di
Spinoza, in «Rivista di filosofia»,Scritti su Erminio Juvalta D. Basciani, Juvalta
e l'etica della giustizia, Desclèe, Roma, F. Picardi, Morale e filosofia della
morale in Juvalta, (pubblicazioni dell'istituto di filosofia. Genova), Marzorati,
Milano Maurizio Viroli, L'etica laica do Juvalta, Franco Angeli, Milano. Juvalta,
«Rivista di storia della filosofia», Franco Angeli, Milano, PDizionario Biografico
degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, Guido
Scaramellini, Chiavennaschi nella Storia, Chiavenna, Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Erminio Juvalta, su Liber Liber. openMLOL, Horizons Unlimited Erminio Volfango
Francesco Juvalta. Herren von Juvalt – Grice: “Unlike me, Juvalta is a baron,
from the ‘grigioni’ – i. e. the grey league – because of the grey wool they
wore --. ‘grissone,’ as in my surname, so in a way we ARE related!” ” Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Juvalta on the categorical imperative,” The
Swimming-Pool Library, Villa Grice.
LABRIOLA.
(Cassino). Filosofo. Grice:
“Labriola is good; he reminds me of pinko Oxford!” -- Essential Italian
philosopher -- Con particolari interessi nel campo
del marxismo. Nacque da Francesco Saverio, insegnante ginnasiale di
lettere, e da Francesca Ponari. Il padre, oriundo di Brienza, era nipote
diretto di Pagano. Si iscrisse alla facoltà di filosofia di Napoli, città
nella quale la famiglia si era trasferita. Qui studia con Vera e Spaventa, il
cui appoggio gli procura un posto di applicato di pubblica sicurezza nella segreteria
del prefetto. Scrive Una risposta alla prolusione di Zeller, un'opera in
cui osteggia il neokantismo contro ogni ipotesi di un ritorno a Kant. Rivendica
l'attualità dell'hegelismo. Conseguì il diploma di abilitazione e insegnò nel
ginnasio Principe Umberto di Napoli. Il suo saggio, premiato dall'Napoli, sull'”Origine
e natura delle passioni”: una significativa presa di distanze dall'idealismo in
favore del materialismo. Scrive “La dottrina di Socrate secondo Senofonte,
Platone ed Aristotele”, premiata dalla
Reale Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli. Consegue la libera
docenza in filosofia della storia e si mette in aspettativa in attesa di
ottenere un incarico nell'Università; scrive la dissertazione “Esposizione critica
della dottrina di G. B. Vico” e collabora con il giornale svizzero "Basler
Nachrichten", al quale invia corrispondenze politiche, al quotidiano
napoletano "Il Piccolo", fondato e diretto da Rocco De Zerbi, futuro
deputato e leader dell'Unione liberale, un gruppo politico al quale Labriola
aderisce. Entra anche nella redazione della "Gazzetta di Napoli" e,
nel febbraio 1872, in quella de L'Unità Nazionale, diretta da Ruggiero Bonghi,
al Monitore di Bologna e alla Nazione di Firenze, nella quale escono
nell'estate del 1872 le sue dieci Lettere napoletane. Nel 1873 si dichiara
herbartiano in psicologia e in morale, pubblicando a Napoli i saggi Della
libertà morale, dedicata ad Arturo Graf e Morale e religione.
Trasferitosi nel 1873 a Roma, ove muore di difterite il figlio Michelangelo,
supera nel 1874 il concorso alla cattedra di filosofia e pedagogia all'Roma.
Nel 1876 pubblicò il saggio Dell'insegnamento della storia e l'anno dopo è
direttore del Museo di istruzione e di educazione: sono anni in cui Labriola
mostra un particolare impegno verso il miglioramento del livello professionale
degli insegnanti e la diffusione dell'istruzione di base della popolazione,
inteso come primo passo per una maggiore democrazia del paese. A questo scopo
s'informa sugli ordinamenti scolastici dei paesi europei: nel 1880 pubblica gli
Appunti sull'insegnamento secondario privato in altri Stati e nel 1881
l'Ordinamento della scuola popolare in diversi paesi. Contemporaneamente
Labriola abbandona le convinzioni politiche di moderato liberalismo per
approdare a posizioni radicali: oltre alla lotta all'analfabetismo, auspica
l'intervento dello Stato nell'economia, una politica sociale di assistenza ai
poveri, il suffragio universale che permetta anche a candidati operai
l'ingresso al Parlamento. Nel 1887 ottiene la cattedra di filosofia della
storia all'Roma e inizia un corso di storia del socialismo. A seguito di
notizie che danno imminente la stipula del Concordato con il Vaticano, Labriola
tiene all'Università la conferenza Della Chiesa e dello Stato a proposito della
conciliazione, considerando una minaccia per la libertà di pensiero ogni
accordo con la Chiesa, temendone l'ingerenza nella vita pubblica italiana; il
18 novembre 1887 il quotidiano romano La Tribuna pubblica una sua lettera in
cui, tra l'altro, scrive di essere «teoricamente socialista ed avversario
esplicito delle dottrine cattoliche» e il 22 gennaio 1888, nella conferenza Della
scuola popolare, auspica l'abolizione dell'insegnamento religioso. Il 2
marzo 1888, sul giornale Il Messaggero, depreca l'uso della forza pubblica
contro le manifestazioni; il 16 dicembre tiene agli operai di Terni un discorso
su Le idee della democrazia e le presenti condizioni dell'Italia, in cui
afferma di impegnarsi personalmente in politica e dichiara di desiderare un
«governo del popolo mediante il popolo stesso» e la formazione di un grande
partito popolare. Il 2 maggio 1890 scrive che «I parlamenti, come forma
transitoria della vita democratica d'origine borghese, spariranno col trionfo
del proletario» e il 20 giugno tiene nel Circolo operaio romano di studi
sociali il discorso Del socialismo commemorando la Comune di Parigi.
Nell'ottobre Labriola saluta il congresso della socialdemocrazia tedesca a
Halle scrivendo che «Il proletariato militante procederà sicuro sulla via che
mena diritto alla socializzazione dei mezzi di produzione ed l'abolizione del
presente sistema di salariato, fidando solo nei suoi propri mezzi e nelle sue
proprie forze». Nel 1890 entra in rapporto epistolare con Engels, che
conoscerà nel 1893 a Zurigo, e con i maggiori dirigenti socialisti europei,
Kautsky, Liebknecht, Bebel, Lafargue, mentre rimprovera a Filippo Turati, il
più prestigioso leader socialista italiano e direttore della rivista Critica
sociale, superficialità teorica e arrendevolezza nei confronti degli avversari
politici. Vuole che il Partito socialista, che deve nascere ufficialmente con
il Congresso di Genova del 14 agosto 1892, sia un partito di operai e non di
intellettuali positivisti borghesi. Vede nei Fasci siciliani un concreto
esempio di socialismo popolare e rivoluzionario e lamenta che il marxismo non
riesca a essere compreso in Italia. Nell'anno accademico 1890-1891 fa
lezione sul Manifesto di Marx ed Engels e scrive a quest'ultimo, nel gennaio
del 1893, di star facendo un nuovo corso «su la genesi del socialismo moderno»
ma di non riuscire a risolversi a scriverne un saggio per l'ignoranza su tanti
«fatti, persone, teorie, etc, che sono tante fasi, tanti momenti né sentiti né
conosciuti in Italia», come ribadisce il 7 maggio a Victor Adler che «il
marxismo non piglia piede in Italia». Su sollecitazione del Sorel, scrive
In memoria del Manifesto dei comunisti, il primo dei suoi saggi sulla
concezione materialistica della storia, terminato il 7 aprile 1895, che esce in
francese sulla rivista del Sorel, Le Devenir social; lo spedisce a Engels in
luglio, ricevendone le lodi. Anche il giovane Croceche ne promuove la stampa in
Italiane è influenzato tanto da attraversare il suo pur breve periodo di
adesione al marxismo. Nei due anni successivi Labriola scrive altri due saggi,
Del materialismo storico, dilucidazione preliminare e Discorrendo di socialismo
e di filosofia. È sepolto presso il cimitero acattolico di
Roma. Schematicamente, possiamo suddividere il percorso filosofico e
politico di Labriola in tre diversi momenti: innanzitutto fu propugnatore
dell'idealismo hegeliano (influenzato da Bertrando Spaventa, del quale fu
allievo a Napoli); successivamente, possiamo distinguere una fase
contrassegnata dal rifiuto dell'idealismo in nome del realismo herbartiano, ed
infine, il momento della maturità, in cui aderisce pienamente al
marxismo. L'approccio di Labriola al marxismo è influenzato da Hegel e
Herbart, per cui è più aperto dell'approccio di marxisti ortodossi come Karl
Kautsky. Egli vide il marxismo non come una schematizzazione ideologica ed
autonoma dalla storia, ma piuttosto come una filosofia autosufficiente per
capire la struttura economica della società e le conseguenti relazioni umane.
Era necessario aderire alla realtà sociale del proprio tempo storico se il
marxismo voleva considerare la complessità dei processi sociali e la varietà di
forze operanti nella storia. Il marxismo doveva essere inteso come una teoria
‘critica', nel senso che esso non asserisce verità eterne ed immutabili ed è
pronto ad interpretare le contraddizioni sociali secondo le diverse fasi
storiche, avendo al centro della sua analisi il lavoro e le condizioni dei
lavoratori e dunque la concreta e materiale "prassi" umana. La sua
descrizione del marxismo come "filosofia della prassi" verrà ripresa
nei Quaderni dal carcere di Gramsci. In pedagogia Labriola avvertì
l'esigenza collettiva dei tempi nuovi, il bisogno di una scuola popolare che
servisse da reale tessuto connettivo dell'Italia post-unitaria, una lotta
dunque per la civiltà, mezzo e fine dell'evoluzione morale (e complessiva)
delle classi subalterne. Nella monografia Dell'insegnamento della storia,
del 1876, dedicata alle più importanti questioni della pedagogia generale,
Labriola aveva asserito la centralità dell'educazione alla socialità: il metodo
pedagogico doveva essere quello della ricerca critica e di dibattito e di
sperimentazione, unica via capace di condurre alla padronanza del pensiero
logico-razionale e in grado di formare personalità aperte alla ricerca e al
confronto (non a caso i primi studi di Labriola erano stati rivolti a Socrate e
al metodo socratico). Traducendo in un linguaggio pedagogico moderno, per
Labriola era necessaria un'attenzione maggiore ai prerequisiti logici piuttosto
che alla struttura interna disciplinare, che comunque va indagata attraverso
quella che egli chiama un'epigenesi analitica. Celebre fu una sua
conferenza tenuta nell'Aula Magna dell'Roma, discorso sollecitato dalla stessa Società
degli Insegnanti della capitale, che poi ne curò la pubblicazione in
opuscolo. Era necessario dare concretezza a piani di istituzioni scolastiche
entro le quali le didattiche si sviluppassero non da una deduzione della
teoria, ma come risultato di lotte politiche, di ideali sociali, di tradizioni
storiche, di condizioni ambientali. Per Labriola proprio l'azione dell'ambiente
storico sociale sugli uomini e la loro reazione ad esso costituiscono il tema
dell'educazione. Per cui « le idee non cascano dal cielo ». Il metodo deve
partire dalla prassi, dalla pratica e non dalle idee, dai principi
astratti. Il nucleo essenziale della pedagogia della « prassi » sta nella
percezione della connessione dell'opera educativa con le condizioni dello
sviluppo economico-sociale. Trockij conobbe «con entusiasmo» l'opera di
Labriola nel 1898, quand'era detenuto nel carcere di Odessa. Egli scrive nelle
sue memorie che «come pochi scrittori latini, Labriola possedeva la dialettica
materialistica, se non nella politica, dov'era impacciato, certo nel campo
della filosofia della storia. Sotto quel dilettantismo brillante c'era vera
profondità. Labriola liquida egregiamente la teoria dei fattori molteplici che
popolano l'olimpo della storia guidando di lassù i nostri destini». Trockij
aggiunge che dopo 30 anni continuava a rimanergli in mente «il ritornello Le
idee non cascano dal cielo». Opere Una risposta alla prolusione di Zeller,
Origine e natura delle passioni secondo l’Etica di Spinoza, La dottrina di
Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, Napoli, Stamperia della Regia
Università, Della libertà morale,
Napoli, Tipografia Ferrante-Strada, Morale e religione, Napoli, Tipografia
Ferrante, 1873. Dell'insegnamento della storia. Studio pedagogico, Roma,
Loescher, L'ordinamento della scuola popolare in diversi paesi. Note, Roma,
Tip. eredi Botta, I problemi della
filosofia della storia. Prelezione letta nella Roma il 28 febbraio 1887, Roma,
Loescher, 1Della scuola popolare. Conferenza tenuta nell'aula magna della
Università, Roma, Fratelli Centenari, Al comitato per la commemorazione di G.
Bruno in Pisa. Lettera, Roma, Aldina,Del socialismo. Conferenza, Roma, Perino, Proletariato
e radicali. Lettera ad Ettore Socci a proposito del Congresso democratico,
Roma, La cooperativa, Saggi intorno alla
concezione materialistica della storia I, In memoria del manifesto dei comunisti,
Roma, Loescher, Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare, Roma,
Loescher, Discorrendo di socialismo e di filosofia. Lettere a G. Sorel, Roma,
Loescher, B. Croce, Bari, Laterza, Da un
secolo all'altro. Considerazioni retrospettive e presagi, Bologna, Cappelli, L'università
e la libertà della scienza, Napoli, Tipi Veraldi, A proposito della crisi del
marxismo, in "Rivista italiana di sociologia", Scritti varii editi e
inediti di filosofia e politica, raccolti e pubblicati da Benedetto Croce,
Bari, Laterza, 1906. Socrate, Benedetto Croce, Bari, Laterza, La concezione
materialistica della storia, con un'aggiunta di B. Croce sulla critica del
marxismo in Italia, Bari, Laterza, re prelezioni sulla storia e il materialismo
storico; In memoria del Manifesto dei comunisti, Brescia, Studio Editoriale
Vivi, Lettere a Engels, Roma, Rinascita, Democrazia e socialismo in Italia,
Milano, Cooperativa del libro popolare, Opere, Luigi Dal Pane, I, Scritti e
appunti su Zeller e su Spinoza, Milano, Feltrinelli, La dottrina di Socrate
secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, Milano, Feltrinelli, Ricerche sul
problema della libertà e altri scritti di filosofia, Milano, Feltrinelli, Scritti
di pedagogia e di politica scolastica, Dina Bertoni Jovine, Roma, Editori
Riuniti, Saggi sul materialismo storico, Valentino Gerratana e Augusto Guerra,
Roma, Editori Riuniti, introduzione e cura di Antonio A. Santucci, Il
materialismo storico, antologia sistematica Carlo Poni, Firenze, Le Monnier,
1968. Pedagogia e società. Antologia degli scritti educativi, scelta e
introduzioni di Demiro Marchi, Firenze, La nuova Italia, 1970. Scritti
politici. Valentino Gerratana, Bari, Laterza, Opere, Franco Sbarberi, Napoli,
Rossi, Scritti filosofici e politici, Franco Sbarberi, Torino, Einaudi, Lettere
a Benedetto Croce. Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, Dal secolo
XIX al secolo XX. Dall'era della concorrenza al monopolio. Nascita e lotte del
socialismo. IV saggio, incompiuto, della concezione materialistica della
storia, Lecce, Milella, Scritti liberali, Bari, De Donato, Scritti pedagogici,
Nicola Siciliani De Cumis, Torino, UTET, Epistolario Roma, Editori Riuniti, Roma,
Editori Riuniti, Roma, Editori Riuniti, Lettere inedite. Roma, Istituto storico
italiano per l'età moderna e contemporanea, La politica italiana Corrispondenze
alle “Basler Nachrichten”, a cura e con introduzione di Stefano Miccolis,
Napoli, Bibliopolis, Del materialismo storico e altri scritti, Milano, M&B
Publishing, Del socialismo e altri scritti politici, Milano, UNICOPLI, Giordano
Bruno. Scritti editi e inediti Napoli, Bibliopolis, Fra Dolcino, Pisa, Edizioni
della Normale, . Tutti gli scritti
filosofici e di teoria dell'educazione, Milano, Bompiani Il pensiero occidentale,
. Edizione nazionale La casa editrice Bibliopolis ha in corso di pubblicazione
l'edizione nazionale delle opere di Antonio Labriola, istituita con decreto del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Tra Hegel e Spinoza. Scritti, A.Savorelli
e A. Zanardo, Bibliopolis, I problemi della filosofia della storia e recensioni
G. Cacciatore e M. Martirano, Bibliopolis, Da un secolo all'altro. Stefano
Miccolis e Alessandro Savorelli, Bibliopolis, . Copia archiviata , su
archividifamiglia-sapienza.beniculturali. 3 settembre 21 settembre ). L. Trotzkij, La mia vita,Carlo Fiorilli,
Antonio Labriola. Ricordi di giovinezza, in «Nuova Antologia», Giuseppe Berti,
Per uno studio della vita e del pensiero di Antonio Labriola, Roma, Ernesto
Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani: Milano, Luigi
Cortesi, La costituzione del Partito socialista italiano, Milano, Sergio Neri,
Antonio Labriola educatore e pedagogista, Modena, 1968. Luigi Dal Pane, Antonio
Labriola, la vita e il pensiero, Bologna, 1968. Demiro Marchi, La pedagogia di
Antonio Labriola, Firenze, Luigi Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e
nella cultura italiana, Torino, Stefano Poggi, Antonio Labriola. Herbartismo e
scienze dello spirito alle origini del marxismo italiano, Milano, Giuseppe
Trebisacce, Marxismo e educazione in Antonio Labriola, Roma, Filippo Turati,
Socialismo e riformismo nella storia d'Italia. Scritti politici, Milano, 1979.
Nicola Siciliani de Cumis, Scritti liberali, Bari, Stefano Poggi, Introduzione
a Labriola, Roma-Bari, Beatrice Centi, Antonio Labriola. Dalla filosofia di
Herbart al materialismo storico, Bari, 1984. Franco Livorsi, Turati.
Cinquant'anni di socialismo italiano, Milano, Franco Sbarberi, Ordinamento
politico e società nel marxismo di Antonio Labriola, Milano, Antonio Areddu,
Sulle lettere di Antonio Labriola a Benedetto Croce, Firenze, Renzo Martinelli,
Antonio Labriola, Roma, Antonio Areddu, A. Labriola e B. Croce nelle vicende
del marxismo teorico italiano, in “Behemoth”,Antonio Areddu, A. Labriola e B. Croce
nelle vicende del marxismo teorico italiano, in “Behemoth”, X, Luca Michelini,
"Antonio Labriola e la scienza economica. Marxismo e marginalismo",
in "Marginalismo e socialismo nell'Italia liberale M. Guidi e L. Michelini, Annali della
Fondazione Feltrinelli, Milano, Alberto Burgio, Antonio Labriola nella storia e
nella cultura della nuova Italia, Macerata, Antonio Areddu, Il pensiero di A.
Labriola, "Il Cronista", Antonio Labriola e la sua Università. Mostra
documentaria per i Settecento anni della “Sapienza” A cento anni dalla morte di
Antonio Labriola, Nicola Siciliani de Cumis, Roma, 2005. Nicola D'Antuono,
Saggio introduttivo e commento a A. Labriola, Discorrendo di socialismo e
filosofia, Bologna, Nicola Siciliani de Cumis , Antonio Labriola e «La
Sapienza». Tra testi, contesti, pretesti 2005–2006, con la collaborazione di A.
Sanzo e D. Scalzo, Roma, 2007. Stefano Miccolis, Antonio Labriola. Saggi per
una biografia politica, Alessandro Savorelli e Stefania Miccolis, Milano, .
Nicola Siciliani de Cumis, Labriola dopo Labriola. Tra nuove carte d'archivio,
ricerche, didattica, Postfazione di G. Mastroianni, Pisa, . Alessandro Sanzo,
Studi su Antonio Labriola e il Museo d'Istruzione e di educazione, Roma, , Alessandro Sanzo, L'opera pedagogico-museale
di Antonio Labriola. Carte d'archivio e prospettive euristiche, Roma, Pietro
Mandré. Antonio Labriola, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Antonio Labriola, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Antonio Labriola, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Antonio Labriola, su Liber
Liber. Opere di Antonio Labriola, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Labriola, . Opere di Antonio
Labriola, su Progetto Gutenberg.
L'Archivio Antonio Labriola, su marxists.org. Alberto Burgio, Antonio
Labriola, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Roma. Antonio Labriola. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Labriola," “Grice e
il Vico di Labriola” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library,
Villa Grice, Liguria, Italia.
LAGALLA. (Padula). Filosofo. Grice:
“I love Lagalla: the fact that he was an Aristotelian when everybody in
Florence was a Platonist!” -- Giulio Cesare Lagalla (Padula), filosofo. Figlio
di Roberto, alto funzionario della burocrazia vicereale, e Vittoria Rosa.
Studia filosofia. Ancora bambino, perdette i genitori e fu affidato con i
fratelli alla tutela di uno zio paterno, Girolamo Lagalla, che lo avviò agli
studi di filosofia. Volle trasferirsi a Napoli per proseguire nella sua
formazione. Si iscrisse ai corsi di filosofia dello Studio ed ebbe come maestri
G. Stillabota, F.A. Vivoli e B. Longo. Affidato dal Collegio degli archiatri a
G. Provenzale e G. Caro per un periodo di tirocinio, sembra vi si fosse
condotto con una tale competenza da meritare, nel 1589, i gradi accademici
"nulla pecuniarum solutione". Nello stesso anno, grazie a Longo,
divenne l'ufficiale sanitario di una squadra navale pontificia di stanza a
Napoli, con la quale si diresse verso le coste laziali, per giungere poi a
Roma. A Roma avrebbe conseguito una
nuova laurea, in seguito alla quale entrò al servizio di Santori, per il cui
interessamento ottenne da Clemente VIII l'incarico di lettore di filosofia
presso la Sapienza romana. Cura per Facciottola stampa di un commento ad
Aristotele, “De immortalitate animae ex sententia Aristotelis libri septem”, precoce
manifestazione di un interesse verso la questione dell'anima, intorno alla
quale Lagalla si interrogò per buona parte della sua vita intellettuale e che
contribuì ad attirargli sospetti di eterodossia. Altre opera: “La circuncisione di Cristo”. Al
problema dell'anima Lagalla. dedicò corsi della lettura ordinaria di filosofia,
che tenne alla Sapienza. Queste lezioni furono raccolte in un manoscritto dal
titolo “De anima commentarii”. Allo stesso argomento è dedicato il penultimo
volume dato alle stampe dal L., il “De immortalitate animorum ex Aristotelis
sententia libri tres” (Roma). Lagalla, pur riaffermando le posizioni della
tradizione tomistica sulla questione dell'anima umana, secondo le quali l'anima
intellettiva è “forma informans” del corpo ed è molteplice, accetta quelle di
Alessandro di Afrodisia a proposito dell'animazione dei cieli, ritenendo che
non abbiano l'intelligenza come forma assistente che li muove eternamente, ma
piuttosto come “forma informante”. Morto Santori, Lagalla si fosse avvicina a Pietro
Aldobrandini, entrando al suo servizio. Conobbe Cesi, al quale fu legato da una
cordiale amicizia. Se questa non diede luogo a un'ascrizione all'Accademia dei
Lincei, malgrado una precisa richiesta da parte di Lagalla., fu solo a causa
della sua marcata professione aristotelica[. Cesi lo presentò comunque a
Galilei quando quest'ultimo si recò a Roma per sottoporre il suo telescopio e
le scoperte con esso realizzate al giudizio degli autorevoli astronomi del
Collegio romano, nonché di influenti membri della Curia pontificia e dello
stesso Paolo V. Ne derivarono alcuni incontri, durante i quali Lagalla.,
incuriosito dall' "occhialino" galileiano, lo sperimentò e fu
intrattenuto da Galilei con l'esibizione delle "pietre lucifere di
Bologna". Da ciò che vide, trasse spunto per due scritti, pubblicati in un
unico volume, il “De phoenomenis in orbe Lunae novi telescopii usu a d.
Gallileo Gallileo nunc iterum suscitatis physica disputatio… nec non de luce et
lumine altera disputatio” (Venezia).
Atteso con impazienza da Galilei, che fu costantemente informato da Cesi
dei progressi nella composizione, il libro deluse l'ambiente linceo. Nel primo dei due scritti, pur difendendo la
verità ottica di ciò che mostrava il telescopio, cerca di spiegare l'irregolare (la scabrosità
della superficie lunare) come prodotto del regolare, attraverso una sorta di
estensione di un principio di regolarità (invariabilità dei cieli e dei corpi e
fenomeni inclusi in essi), cui risponde l'intera fisica celeste aristotelica.
Le asperità lunari dovevano dunque consistere in parti più dense di
"etere", più opache alla luce, e in parti meno dense, più chiare. Nel
secondo scritto Lagala. racconta una discussione sulla natura della luce avuta
con Galilei, Cesi, G. De Misiani e G. Clementi: dopo aver ribadito che la luce
non è una sostanza, ma un accidente o una qualità reale, tratta delle
"pietre lucifere" e, contro l'interpretazione di Galilei, osserva che
la luminescenza delle pietre non è una proprietà del minerale non trattato, ma
una conseguenza del processo di calcificazione, che rende la pietra porosa e in
grado di assorbire una certa quantità di fuoco e di luce, poi lentamente
rilasciata; con ciò esclude che possa essere il prodotto della riflessione
della luce solare sulla Terra da parte della Luna. A proposito del primo dei due scritti,
Galilei meditò di fornire una risposta pubblica, sollecitata dallo stesso Lagalla,
di cui le note di lettura al volume in questione, sembrano essere il lavoro
preparatorio. Tale risposta non arrivò, ma i rapporti tra i due divennero più
stretti, forse per effetto di un lento avvicinamento delle rispettive posizioni
scientifiche. In occasione dell'osservazione di una cometa, scrisse il
Tractatus “de metheoro quod die nona novembris anni presentisin Urbe apparuit
sopra collem Pincium” e poiché quest'opera pareva, in alcuni punti, accogliere
le posizioni di Galilei, fu attaccato di scarso aristotelismo. Si convinse così
a chiedere a Galilei e a Cesi il sostegno per una lettura a Psa. Pur non
mancando l'occasione (la morte di Papazzoni aveva reso vacante un posto), non
se ne fece niente, ma anche in questo caso i rapporti tra i tre uomini rimasero
saldi. Aumenta intanto la sua
insofferenza verso gli ambienti romani che lo guardavano con crescente
sospetto. La sua “De coelo animato disputatio” e in Germania, per l'interessamento
di Allacci. Non rinunciò a coltivare la speranza di ottenere un adeguato
incarico al di fuori della capitale pontificia, tanto da valutare con
attenzione la proposta di trasferirsi alla corte di Sigismondo III. Le
compromesse condizioni di salute (soffriva di una malattia urinaria, forse una
ipertrofia prostatica con complicanze) e il timore che l'inclemente clima
polacco potesse peggiorarle lo portarono a rifiutare. Continua a praticare la filosofia,
l'astronomia, e seguì il suo protettore Aldobrandini, in diversi viaggi in vari
luoghi d'Italia. Gli è stato dedicato il cratere Lagalla sulla Luna. Altre opere:
“De phaenomenis in orbe lunae novi telescopii usu nunc iterum suscitatis”
(Venezia); “De metheoro quod die nona novembris anni presentisin Urbe apparuit
sopra collem Pincium”; “De luce et lumine altera disputatio”; “De Immortalitate
animorum ex Aristot. Sententia”(Roma). (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 323;
cfr. Kristeller, II,444 cfr. Edizione naz. delle opere) (Firenze, Biblioteca nazionale, Galil., pFavaro,
nell'Ed. naz. delle opere di Galileo Galilei, Xindica una stampa apparentemente
irreperibile, Roma) (s.l. [ma Heidelbergae])
Bibliografia Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Giano Nicio Eritreo [Gian Vittorio Rossi], Pinacotheca imaginum
illustrium doctrinae vel ingenii laude virorum, I, Coloniae Agrippina, Leone
Allacci, Iulii Caesaris Lagallae vita, Parisiis, Tommaso Maria Alfani, Istoria
degli anni santi, Napoli; Nuovo Dizionario istorico, XV, Napoli Francesco
Colangelo, Storia dei filosofi e dei matematici napolitani, III, Napoli
1834,162; Stefano Gradi, Leonis Allatii vita, in Novae patrum bibliothecae, VI,
a cura di Angelo Mai, Romae, Emil Wohlwill, Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano
Bruno, Messina, Gennaro De Crescenzo, Dizionario storico-biografico degli
illustri e benemeriti salernitani, Salerno, Charles H. Lohr, Latin Aristotle
commentaries, II, Firenze, I maestri della Sapienza di Roma, a cura di Emanuele
Conte, Roma, ad ind.; Massimo Bucciantini, Contro Galileo, Firenze, Italo
Gallo, Figure e momenti della cultura salernitana dall'umanesimo ad oggi,
Salerno, Paul Oskar Kristeller, Iter
Italicum, Lettere del Lagalla, o di altri con notizie su di lui, si trovano
nell'Edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro,
Firenze 1929-39, ad indices (nel vol. III,309-399, è pubblicato il
“De phoenomenis in orbe Lunae” con postille di Galilei) Giuseppe Gabrieli,
Carteggio linceo, Roma. Collegamenti esterni openMLOL, Horizons Open Library,
Internet Archive. Giulio Cesare Lagalla. “Un aristotelico che dialogava con
Galilei”.
LALLA MILLUL. (Trieste).
FIlosofo. Grice: “I have been called a Darwinist, which offended de Lalla!” -- Figlio unico di
Achille de Lalla Anna Millul. Il padre, nato a Napoli da famiglia
originaria di Tolve, aveva intrapreso la carrriera militare, giungendo a
ricoprire il grado di Tenente colonnello dell'esercito e congedandosi con il
grado di Generale dell'esercito. Prese parte alla Prima guerra mondiale nonché
alla Seconda guerra mondiale, dove rimase ferito alla spalla destra in Russia.
Fu in seguito Dirigente dell'Istituto per la Ricostruzione Industrial. Achille
de Lalla era figlio di Ludovico e di Maria Buonomo, figlia a sua volta di
Alfonso Buonomo, compositore e musicista napoletano di fama. La madre Anna Millul era nata a Roma in una
famiglia ebrea originaria di Livorno. SI
laurea, allievo dinKalinowski di cui tradusse in italiano il saggio "Interpretazione
giuridica e logica delle proposizioni normative". Scappò a Parigi, prendendo parte al Maggio. Tuttavia,
fu tra i primi ad intuire che il Partito Comunista francese non aveva alcuna
seria intenzione politica di sostenere la Contestazione e, in anticipo sul
fallimento dell'iniziativa giovanile, lasciò la Francia rientrando in Italia
deluso. Fu studioso di Evoluzionismo e Politologia, e sarà proprio sulle sue
teorie sull'Evoluzione umana e sul pensiero di Darwin che scrive l'opera “La
selezione sessuale”. Insegna a'Siena e Napoli. A testimonianza del grande
successo che riscuotevano i suoi corsi universitari, rimane la petizione
indetta dagli studenti affinché il Senato Accademico li prorogasse per un
biennio. Gli ultimi anni Ritiratosi a
vita privata, muore a Napoli nella tarda serata del 25 settembre d'infarto mentre attendeva alla redazione
della sua ultima opera.Est Deus in nobisContributo alla Nuova Evangelizzazione
e, nelle intenzioni dell'autore, avrebbe dovuto costituire il completamento
della trilogia iniziata con Evoluzione e proseguita con La Comunità
Democratica.Convinto assertore della superiorità del Diritto pubblico rispetto
a quello privato, si è sempre posto a tutela delle prerogative statuali. Convinto assertore dei rischi della dilagante
esterofilia in campo politico e fondamentalmente euroscettico negli ultimi anni
di riavvicinamento al cattolicesimo, ideò un progetto di edificazione di un
nuovo partito politico che, nelle sue teorizzazioni avrebbe assunto il nome di
PARTITO CRISTIANO COMUNITARIO (DEMOCRATICO) ITALIANO PCC(D)I. Opere: “Il concetto legislativo di azione
penale,” Ed. Jovene, Napoli, “La scelta del rito istruttorio,” Ed. Jovene,
Napoli, “Logica delle Prove penali,” Ed. Jovene Napoli, “Saggio sulla
specialità penale militare,” Ed. Jovene, Napoli, “Topografia politica della
seconda repubblica,” Edizioni Scientifiche Italiane Napoli, “Idee per un
"completamento istruttorio" del giudice nelle indagini preliminari in
"Riv. it. dir. e proc. pen." “Evoluzione,” “Darwin e la selezione sessuale,
Ed. Salerno, Roma, “ Evoluzione e selezioneTemi e problemi del darwinismo,” Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli “La Comunità Democratica: idee per una politica
nuova, Guida Editori, Napoli, “Comunitarismo politico, Guida Editori,
Napoli Filosofia della musica
occidentale, Guida Editori, Napoli
Composizioni musicali Per pianoforte Sonata n.° 1 Suite
"italiana" Sonata n.° 2 Sonata n.° 3 "napoletana" Musica da
camera Sonata per violino e violoncello Sonata per violino e pianoforte Sonata
per violini, viola e violoncello Note de
Lalla F., Una famiglia borghese, Ed. Ibiskos
de Lalla F., op. cit. in "Il
foro penale" XXIII 1968
ilcambiamento,//ilcambiamento/articoli/evoluzione_2_darwin_de_lalla_millul. ateneapoli,//ateneapoli/news/archivio-storico/reintegro-del-prof-de-lalla-il-consiglio-di-facolta--si-esprime-negativamente. petizioni.com/petizione_pro_prof_paolo_de_lalla.
Paolo de Lalla. Keywords: evolutionary, sexual selection.
LAMANNA. (Matera). Filosofo. Grice: “I like Lamanna – a very systematic
philosopher especially interested in the longitudinal history of philosophy –
he wrote on economics during controversial times, too!” Linceo. Figlio di Angelo
Raffaele Lamanna, calzolaio, e da Maria Bruna Pizzilli, filandaia. Fece i primi
studi in seminario e poi nel Liceo classico della sua città. Si trasferì a
Firenze, laureandosi con Sarlo. Insegna a Messina e Firenze. Pubblicò un
commento alla Dottrina. Autore di un fortunato manuale di storia della
filosofia. Membro dell'Accademia nazionale dei Lincei. Diresse la "Collana
di Filosofia" delle Edizioni Morano di Napoli. Stabilito, per Lamanna, che
la religiosità sia un'esigenza naturale dello spirito umano, egli rileva le
contraddizioni percepite dalla coscienza fra l'”essere” (“is”) e il dover
essere (“ought”) -- fra l'esigenza di una realtà concepita come razionalità e
ordine, e la percezione di una realtà che appare irrazionale e disordinata,
così come fra la concezione dell'assolutezza dello spirito e la concreta
limitatezza della realtà umana. Da queste contraddizioni deduce la necessità
dell'esistenza di Dio. Analoga antinomia
gli sembra esistere tra morale e politica che a suo avviso può essere risolta
trasportando nell'attività pratica la riconosciuta razionalità dell'ordine
trascendente e divino, che è di per sé bene assoluto. In questo modo l'operare
umano si fa etico ossia, secondo Lamanna, realmente politico, realizzandosi
concretamente nell'ordinamento giuridico e, così come nell'operare razionale si
concreta la vita morale, da questa si raggiunge l'armonia in cui consiste la
bellezza. Opere: “La religione nella vita dello spirito, Firenze, Kant, Milano, Umanesimo e scienza politica,
Milano, Storia della filosofia, Firenze, La filosofia del Novecento, Firenze, Il
bene per il bene, Firenze, Studi sul pensiero morale e politico di Kant,
Firenze, Scritti storici e pensieri sulla storia, Padova, Studi Pietro Piovani,
Sulla prospettiva filosofica di Lamanna, Torino, Pietro Piovani, ETra etica e storia, Napoli, Giuseppe Martano, L'esperienza speculative, in
«Filosofia», Giovanni Calò, Il pensiero, Napoli, Giovanni Calò, Studi e
testimonianze, D. Carbone, Matera, Dizionario biografico degli Italiani, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani. Eustachio Paolo Lamanna.
LAMI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Lami; he has written
interesting approaches to Plato and Aristotle.” Si laurea e insegna a Roma.
Opere: "La ragione degli antichi” (Giuffrè, Roma); "La Politica di
Platone” (Rubettino, Cosenza); "Tra utopia e utopismo" (Il Cerchio,
Rimini) "Qui ed ora. Per una filosofia dell'eterno presente" (Il Cerchio,
Rimini); "Il libro Manifesto Per una nuova oggettività" (Heliopolis,
Pesaro, . (Gian Franco Lami), Giovanni Sessa, "Il pensiero di Eric
Voegelin a 50 anni dalla pubblicazione di Ordine e Storia”, Franco Angeli,
Roma, Filosofia politica Filosofia della storia Nuova Destra Note Gian Franc.Letteratura e Tradizione//miro
renzaglia.org letteratura-tradizione-il-resoconto/ Scuola Romana di Filosofia Politica//centro studilaruna
Fondazione Julius evola Gian Franco Lami.
LANDI. (Milano). Filosofo. Grice:
“I would call Landi a Griceian; but he’d call me a Landian!” Studioso della
dottrina del ‘segno,’ vis-à-vis- scienze umane e antropologia, apportato un
notevole contributo agli sviluppi alla semantica (senso) e la pragmatica
(prassi, pratica – ragione pratica) -- crt, cercando di unificare la dialettica
romana e fiorentina con quella oxoniense.
Diplomato al Regio Liceo Ginnasio Alessandro Manzoni, si laurea a Milano. Studia a Pavia. Insegna a
Padova, Lecce. Riceve, e Trieste. La sua
opera si può suddividere in tre fasi. La prima
riguarda studi su la prassi (ragione pratica), nonché l'analisi dei
processi di “segno.” La seconda fase propone una teoria della “produzione” del
segno intendendola come teoria del lavoro cui fondamento è l'omologia tra la
teoria del segno e so-miscalled aeco-nomia. (cf. Grice, P. E. R. E.). La terza
fase studia l'intricato rapporto tra il segno e la ideologia e teorizza l'”alienazione”
dell’usuario del segno (ego/alter/alien). Opere: Pratica communicativa (Bocca,
Milano); “Segno” (Manni, Lecce); “Significato, comunicazione e parlare comune,”
– cfr. Grice, “SignificARE, communicARE, impiegare, implicARE, -- ‘common’ is
Landi for Grice’s ‘ordinary’ as opposed to extra-ordinario. Marsilio, Padova.
La semiotica e “Segnare” come lavoro e mercato,
-- cf. Grice against an utilitarian and pro a Kantian account of the rational
effort – but remarks in the “Retrospective Epilogue” about his concern with
‘rationality’ as being co-operative. And Grice’s remarks about the independence
of the two thesis: semiosis as rational and semiosis as cooperatively rational.
Bompiani, Milano, Segno ed ideologia (Bompiani, Milano), “Segnare” (Bompiani,
Milano); “Ideologia” (Mondadori, Milano); “Metodica filosofica e semiotica -- scienza
dei segni, o teoria? – cf. Grice on philosophical psychology,’ folk science of
psychology – ceteris paribus – ‘law’ of the science of psychology --. The laws
of psychology – “That’s why we call them ‘psycho-logical’ concepts, or
theoretical terms, -- psychological theory --. Theory Th. (Bompiani, Milano). Cf. Grice on the
boundaries of ‘mean,’ and the idea of ‘consequence,’ y is a consequence of x, x
means y. Il corpo del testo tra riproduzione sociale ed eccedenza, Scritti su
G. Ryle e la filosofia analitica” (il Poligrafo, Padova); “Semiotica Filosofia
del linguaggio su ferrucciorossilandi.c om.
Ferruccio Rossi-Landi. Grice: “Landi takes economics seriously, as did
Aristotle – unfortunately, those researching onto Landi hardly quote from
Aristotle!” “While the Italians think that Landi is being very Original, we at
Oxford don’t! Game theory, strategy theory, and efficiency theory are all basic
to ‘oeconomica’ in most pragmatic models of efficient communication –
“Information is like money!” -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Landi,” The
Swimming-Pool Library, Villa Grice. Luigi Speranza, “Grice e Rossi-Landi a
Oxford.” Luigi Speranza, “Grice’s principle of economy of rational effort and
Rossi-Landi’s economical semiotics.” Luigi Speranza, “Grice and Rossi-Landi:
over-informativeness and excess: the implicature.”
LANDINO. (Firenze). Filosofo. Grice:
“I love the way a philosopher can be judged by his fellow citizens and by
furriners: Landino’s “De Anima” fascinates the Germans, for example! While his
poetry fascinates the Americans, as I Tatti testifies!” Nacque da una famiglia
originaria di Pratovecchio, nel Casentino, e compì gli studi in materie
letterarie e giuridiche a Volterra. Gli venne affidata presso lo Studio
fiorentino la cattedra di oratoria e poetica che era stata del suo maestro
Marsuppini: Landino, sostenuto dai Medici, era stato avversato da non pochi
personaggi in vista, come Alamanno Rinuccini e Donato Acciaiuoli. Tra i suoi
allievi ci furono Poliziano e Ficino. In quel periodo ricoprì anche incarichi
pubblici, facendo parte della segreteria di Parte guelfa e della prima
Cancelleria. Tra i suoi viaggi, spicca quello a Roma. La sua prima
attività fu poetica, con la Xandra, una raccolta di componimenti dedicata
inizialmente ad Alberti e de' Medici. In campo filosofico scrisse tre dialoghi:
il De anima, le Disputationes Camaldulenses e il De vera nobilitate. La maggiore fama nei
secoli di Landino fu però legata alla sua attività di commentatore dei
classici. Diede alle stampe il Comento sopra la Comedia di Dante, su Orazio e
su Virgilio. Traduttore dal latino in fiorentino della Storia natural di Plinio
e la Sforziade di Giovanni Simonetta Il volgarizzamento pliniano fu un vero e
proprio evento: per la prima volta anche chi non conosceva il latino poteva
leggere la più importante e vasta enciclopedia del mondo antico (tra i suoi
lettori Pulci, Colombo e Vinci). Per i meriti acquisiti, la Signoria
fiorentina gli assegnò una torre nel Casentino e una pensione. Venne
ritratto tra illustri fiorentini a lui contemporanei da Domenico Ghirlandaio
nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella. Altre opera: “Orazione
alla Signoria fiorentina Incipit della Historia naturale tradocta di
lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino,; Xandra De
anima Disputationes Camaldulenses De vera nobilitate Comento sopra la Comedia
di Dante Commento a Orazio Commento a Virgilio Historia naturale di Caio Plinio
Secondo tradocta di lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino
fiorentino al serenissimo Ferdinando re di Napoli Orazione alla Signoria
fiorentina quando presentò il suo Commento di Dante, Firenze, Niccolò di
Lorenzo, Formulario di epistole, Firenze, Bartolomeo de' Libri, Il testo si può
leggere in edizione critica: Christophori Landini Carmina omnia ex codicibus
manuscriptis primum edidit A. Perosa, Florentiae. Cristoforo Landino,
Disputationes CamaldulensesLohe, Firenze, Sansoni, CDe vera nobilitate, M. T. Liaci,
Firenze, Olschki, R. Cardini, La critica del Landino, Firenze, Sansoni, Dallo
stesso studioso è stata allestita la raccolta: C. Landino, Scritti critici e
teorici, I-II, R. Cardini, Roma, Bulzoni, Comento sopra la Comedia,
I-IVProcaccioli, Roma, Salerno editrice, Questo commento è stato solo
parzialmente edito (la sezione relativa all'Ars poetica): Cristoforo Landino,
In Quinti Horatii Flacci Artem poeticam ad Pisones interpretationes, G. Bugada,
Firenze, Sismel, R. Fubini, Quattrocento fiorentino. Politica, diplomazia,
cultura, Pisa, R. M. Comanducci, Nota sulla versione landiniana della Sforziade
di Giovanni Simonetta, «Interpres» Uno studio complessivo (sia filologico sia
storico-culturale) dell'opera in A. Antonazzo, Il volgarizzamento pliniano di
Cristoforo Landino, Messina, Centro di Studi Umanistici, . Questo testo proviene in parte dalla relativa
voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo.
Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Cristoforo Landino, In
Quinti Horatii Flacci Artem poeticam ad Pisones interpretationes. Gabriele
Bugada, Firenze, Sismel-Società internazionale per lo studio del Medioevo
latino Edizioni del Galluzzo, Carlo
Dionisotti, «Landino, Cristoforo», in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani,Dizionario Biografico degli Italiani, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Antonino Antonazzo, Il volgarizzamento
pliniano di Cristoforo Landino, Messina, di Studi Umanistici, TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Cristoforo Landino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Cristoforo Landino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica,
Inc. Simona Foà, Cristoforo Landino, in
Dizionario biografico degli italiani,
63, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Cristoforo Landino, su
Dictionary of Art Historians, Lee Sorensen. Cristoforo Landino / Cristoforo
Landino (altra versione), su ALCUIN, Ratisbona. Cristoforo Landino, suopenMLOL,
Horizons Cristoforo Landino. Grice: “I love Landino; for one he wrote the first
Italian philosophical dialogue, “Disputationes” – for another, I love the setting!” Keywords:
dialettica fiorentina – implicatura fiorentina --..
LANDUCCI. (Sarzana). Filosofo.
Grice: “If I had in Hardie a wonderful mentor to Aristotle, I missed Landucci’s
mentoring me into Kant!” – Si laurea a Pisa con Luporini. Insegna a Firenze. Opere
principali: “Cultura e ideologia in Sanctis” (Milano, Feltrinelli); “I filosofi
e i selvaggi” (Bari, Laterza); “L’origine della scienza sociale” (Firenze,
Sansoni); “Hegel: la coscienza e la storia” (Firenze, La nuova Italia); “La
contraddizione in Hegel, Firenze, La nuova Italia); “La teodicea nell'età
cartesiana, Napoli, Bibliopolis, “La Critica della ragion pratica” (Roma, NIS),
Sull'etica di Kant, Milano, Guerini, La
mente in Cartesio, Milano, F. Angeli, I
filosofi e Dio, Roma-Bari, Laterza, La doppia verità: conflitti di ragione e
fede tra Medioevo e prima modernità, Milano, Feltrinelli, Antonio Gnoli,
Intervista, "Repubblica", Scheda biografica su Einaudi. Sergio
Landucci. Grice: “Basically, Landucci covers all the topics of my interests,
including that of the alleged ambiguity in Kant’s idea of a ‘reason’!”
LATINI. (Firenze). Filosofo. Grice: “Latini reminds me of Hardie; he was Aligheri’s
mentor; Hardie mine!” -- Grice: “People say it all starts with Alighieri; but
the real ‘filosofo’ behind Alighieri surely is Burnetto – he has chapters on
‘Platone,’ ‘Aristotele,’ and the rest of them.” «Poi si rivolse, e parve di
coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde» (Divina Commedia). Figlio di
Buonaccorso e nipote di Latino Latini, appartenente ad una nobile famiglia. Le
fonti storiche e una serie di documenti autografi testimoniano la sua attiva
partecipazione alla vita politica di Firenze. Come egli stesso narra nel
Tesoretto, fu inviato dai suoi concittadini alla corte di Alfonso X per
richiedere il suo aiuto in favore dei guelfi. Tuttavia, la notizia della
vittoria dei ghibellini a Montaperti lo costrinse all'esilio in Francia. I cambiamenti politici
conseguenti alla vittoria di Carlo I da Benevento sconsentirono il suo ritorno in Italia. Fu risarcito del torto
subito, con il titolo di Segretario del Consiglio della repubblica, stimato ed
onorato dai suoi concittadini. La sua influenza divenne tale che a
partire si trova a malapena nella storia di Firenze un avvenimento pubblico
importante al quale non abbia preso parte. Contribuì notevolmente alla
riconciliazione temporanea tra guelfi e ghibellini detta "pace di
Latino". PPresiedette il congresso dei sindaci in cui fu decisa la
rovina di Pisa. Fu elevato alla dignità di Priore. Questi magistrati, in numero
di dodici, erano stati previsti nella costituzione. La sua parola si fa
frequentemente sentire nei Consigli generali della repubblica. Era uno degli
arringatori, od oratori, più frequentemente designati. Nel Canto XV
dell'Inferno Dante lo incontra tra i sodomiti, violenti contro Dio nella
natura. Siamo nel terzo girone del settimo cerchio; Dante e Virgilio camminano
su un piano rialzato rispetto alla landa desolata in cui i dannati procedono.
Alighieri, che era stato allievo di Latini, è profondamente scosso, e non
nasconde verso il maestro una persistente ammirazione. Latini è il primo nella
Commedia a toccare fisicamente Alighieri, tirandolo per la veste. Altre
opera:“Il Tesoretto,” poema (incompiuto o mutilo) scritto in volgare
fiorentino, in settenari a rima baciata, narrato in prima persona. L'autore definisce l'opera Tesoro, ma il nome
Tesoretto è presente già nei manoscritti più antichi, presumibilmente per distinguerla dalle
traduzioni italiane del Tresor. Il protagonista, sconfortato dalla notizia
della disfatta di Montaperti, si perde in una "selva diversa". Nella
sua peregrinazione si imbatte nelle personificazioni della Natura e delle
Virtù, che gli illustrano la composizione del Mondo e i modelli di comportamento
cortesi. Il Tesoretto si interrompe nel momento in cui il protagonista incontra
Tolomeo, che sta per spiegargli i fondamenti dell'astronomia. Influenzato
da un lato dal romanzo cortese, dall'altro dai poemi allegorici, Latini realizza
un'opera che da una parte della critica è ritenuta tra i precursori diretti
della Commedia (Venezia, Melchiorre Sessa il Vecchio); “Li livres dou Tresor” e
la più celebre, scritta durante l'esilio in Francia, in lingua vernaculare,
perche "è la parlata più dilettevole e più comune tra tutte le lingue.” Consta
di tre libri e risulta la prima enciclopedia volgare in senso proprio. Altri
testimoni sono stati segnalati in seguito da Squillacioti, Divizia eGiola.
Il primo libro tratta dell’origine di tutto; tra gli argomenti affrontati vi
sono un'ampia storia universale, dalle vicende dell'Antico e del Nuovo
Testamento alla battaglia di Montaperti, elementi di medicina, fisica,
astronomia, geografia, e architettura, e un bestiario. Si trova, in questo primo
libro, una delle menzioni più antiche che conosciamo di una bussola e
l'indicazione della sfericità della terra. Nel secondo libro si tratta
dei vizi e delle virtù, attingendo sostanzialmente dall'Etica Nicomachea.
Il terzo libro riguarda principalmente la retorica. Latini utilizza come fonti
Platone, Aristotele, Senofane, il romano Publio Vegezio e Cicerone. Altre
opera: è inoltre autore di un altro breve poemetto, Il Favolello, di una “Rettorica”
volgarizzamento e commento del De inventione di Cicerone, nonché dei
volgarizzamenti di tre orazioni ciceroniane (Pro Ligario, Pro Marcello, Pro
rege Deiòtaro). Jauss, Alterità e modernità della letteratura medievale,
Bollati Boringhieri S. Sarteschi, Dal "Tesoretto" alla
"Commedia": considerazioni su alcune riprese dantesche dal testo di Latini,
in "Rassegna europea di letteratura italiana", B. Latini, Tresor G.
Beltrami Squillacioti Torri e S. Vatteroni, Torino, Einaudi, A. D'Agostino,
Itinerari e forme della prosa, in Storia della letteratura italiana, Roma,
Salerno Editrice, Tresor. Beltrami, Squillacioti, Torri, Plinio, Torino). Aggiunte
(e una sottrazione) al censimento dei codici delle versioni italiane del
"Tresor" di Brunetto Latini. In: Medioevo romanzo, La tradizione dei volgarizzamenti toscani del
Tresor di Brunetto Latini: con un'edizione critica della redazione alfa. Verona.
Edizione del volgarizzamento toscano. La
colonna posta dove è stata riscoperta la tomba di Latini, chiesa di Santa Maria
Maggiore; “Livres dou Tresor, Stampato in Vineggia, per Gioan Antonio &
fratelli da Sabbio, ad instanza di Nicolo Garanta & Francesco da Salo
libbrari & compagni, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. 1Tesoretto. In Gianfranco Contini , Poeti del
Duecento, Ricciardi, Milano e Napoli 1970, tomo 2.A scuola con ser Brunetto.
Indagini sulla ricezione di Brunetto Latini dal Medioevo al Rinascimento. Atti
del convegno internazionale di studi, Basilea,Irene Maffia Scariati, Firenze,
Edizioni del Galluzzo, D'Arco Silvio Avalle, Ai luoghi di delizia pieni,
Ricciardi, Milano e Napoli, Antonio Carrannante, "Implicazioni dantesche:
Brunetto Latini (Inf. XV)", "L'Alighieri", Enciclopedia
dantesca, ad vocem, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Pasquale
Fornari, Dante e Brunetto, Tip. coop. varesina, Varese, Poi in: Pro Dantis
virtute et honore, Tip. coop. varesina, Varese, Ludovico Frati, Brunetto Latini speziale,
"Il giornale dantesco", Francesco Maggini, La «Rettorica» Latini, Firenze,
Galletti e Cocci,Umberto Marchesini, Due studi biografici su Brunetto Latini.
"Atti dell'Istituto Veneto", "La posizione del Latini nel canto
XV dell'Inferno dantesco"). Pietro Merlo, E se Dante avesse collocato
Brunetto Latini tra gli uomini irreligiosi e non tra i sodomiti?, "La
cultura", Poi in: Saggi glottologici e letterari, Hoepli, Milano, Fausto
Montanari, Brunetto Latini, "Cultura e scuola", Antonio Padula,
Brunetto Latini e il Pataffio, Dante Alighieri, Milano, Roma e Napoli, Manlio
Pastore Stocchi, Delusione e giustizia nel canto XV dell'Inferno, "Lettere
italiane", XX 1968, 433–455 (poi
in: Letture classensi, III, Longo,
Ravenna Joseph Pequigney, Sodomy in Dante's Inferno and Purgatorio,
"Representations", André Pézard, Dante sous la pluie de feu,
Librairie philosophique, Paris 1950. Rosanna Santangelo, "Tutti cherci e
litterati grandi e di gran fama": Brunetto Latini, "Il sogno della
farfalla. Rivista di psicoanalisi", Michele Scherillo, Alcuni capitoli
della biografia di Dante, Loescher, Torino Thor Sundby, Della vita e delle
opere di Brunetto Latini, Le Monnier, Firenze, Alighieri Storia di Firenze
Divina Commedia Il Favolello Il Tesoretto. TreccaniEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Federico Millosevich, Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Liber Liber. Opere di Brunetto
Latini, su openMLOL, Horizons su
Brunetto Latinidal repertorio online Regesta Imperii, su
opac.regesta-imperii.de. Brunetto Latino Portal, su florin.ms. Giovanni
Dall'Orto, Brunetto Latini. Tommaso Giartosio, Dante e Brunetto Latini. Tratto
da: Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo,
Feltrinelli, Milano, Concordanze del libro del Tesoretto, su classicis tranieri.com.
Brunetto Latini, Li livres dou trésor,
ed. par Polycarpe Chabaille, Paris Marco Giacomelli, In difesa di ser Brunetto
Latini; in Adolph Caso , Dante in the Twentieth Century, Volume 1 di Dante
studies, Branden Books. Brunetto Latini. Keywords: rettorica.
LAZZARELLI. (San Severino
Marche). Filosofo. Grice: “I would call Lazzarelli a Pythagorean; most Italian
philosophers are, as most English philosophers are Lockean!” -- Grice: “I would
call Lazzarelli what Italians call ‘un filosofo ermetico.’ He certainly flouts
all my desiderata for conversational clarity!” Il documento più importante per
ricostruire la vita di Lazzarelli è Vita Lodovici Lazzarelli Septempedani
poetae laureati per Philippum fratrem ad Angelum Colotium scritto dal fratello
Filippo subito dopo la morte di Ludovico, e indirizzato all'umanista Angelo
Colocci. Lazzarelli fu educato e visse a Campli, in Abruzzo, dove frequenta la
biblioteca del Convento di San Bernardino da Siena, che egli cita nella sua
opera i Fasti Christianae Religionis, un poema di ispirazione cristiana. Ricevette
da Sforza un premio per un poema sulla battaglia di San Flaviano. Ebbe contatti
con i più importanti studiosi dell'epoca e fu seguace dell'ermetismo. Raccolse
il Pimander di Ficino, l'Asclepio e tre trattati sull'ermetismo realizzando una
versione che amplia il corpus testi ermetici. Fu autore di opere a carattere
ermetico come il “Crater Hermetis,” in sintonia con il sincretismo religioso
dei suoi tempi e in anticipo sulla filosofia di Pico, con la fusione di Cabala
e Cristianesimo, ma anche di poemetti a carattere allegorico come l'”Inno a
Prometeo” o didascalico-allegorici come il “Bombyx. “ “De apparatu Patavini
hastiludii (ed. a stampa Padova); “De gentilium deorum imaginibus”, dedicato
prima a Borso d'Este, poi a Federico da
Montefeltro; Fasti Christianae religionis, con mss dedicati a Sisto IV, poi a Ferdinando I d'Aragona e ia Carlo VIII
(edito M. Bertolini, Napoli); Epistola Enoch (edita M. Brini, in Testi
umanistici sull'ermetismo, Roma; la traduzione delle Diffinitiones Asclepii; De
bombyce (ed. a stampa G.F. Lancellotti, Aesii); Crater Hermetis edito in
Pimander Mercurii Trismegisti liber de sapientia et potestate Dei. Asclepius
eiusdem Mercurii liber de voluntate divina. Item Crater Hermetis a Lazarelo
Septempedano, Parisiis; Vademecum (edito M. Brini, in Testi umanistici sull'ermetismo,
Roma. Un carme per la morte della duchessa d'Atri (Biblioteca del Seminario di
Padova; Carmen bucolicum (Biblioteca universitaria di Breslavia, Milich
Collection); carmi di occasione (tra cui i versi che gli valsero
l'incoronazione) (Biblioteca nazionale di Napoli); epigrammi sullo Pseudo
Dionigi l'Areopagita. Il testo dell'opera può essere letto in M.
Meloni,"Lodovico Lazzarelli umanista settempedano e il De Gentilium deorum
imaginibus, in Studia picena.. pubblicato in appendice a C. Vasoli, Temi e
fonti della tradizione ermetica in uno scritto di Symphorien Champier, in
Umanesimo e esoterismo, E. Castelli, Padova, poi in G. Roellenbleck, Ludovico
Lazzarelli Opusculum de Bombyce, anche in edizione moderna integrale in C.
Moreschini, Dall'"Asclepius" al "Crater Hermetis". Studi
sull'ermetismo latino tardo-antico e rinascimentale, Pisa, Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Filosofia ermetica, Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere, su ludovicolazzarelli. l rivista Campli Nostra Notizie , su campli nostra
notizie.. Ludovico Lazzarelli. Keyword: implicatura ermetica.
LECALDANO. (Treviso).
Filosofo. Grice: “Lecaldano is interested in altruism as the basis for
morality; I’m interested in morality as the basis for altruism; he ain’t
Kantian; I am!” -- Grice: “I love Lecaldano; perhaps because he is an Italian,
he focused on Scots! His analyses of Smith and Hume on ‘sympathy’ is
‘simpatico,’ as the Italians say.” Grice: “Lecaldano engages in the kind of
linguistic botanising I do when I reflect on ‘cooperation’ versus ‘benevolence’
versus ‘empathy’ versus ‘sympathy’ versus ‘compassion.’ Unlike Lecaldano, I end
up with a rationality-based account of cooperativeness – or rather a narrowing
of ‘co-operation’ to ‘rational co-operation’ – there are others!” Si laurea a
Roma, insegna a Siena e Roma. Fonda La Società Italiana di Filosofia Analitica
(“to keep us apart from non-analytics like Plato!”). Membro della Società Filosofica
Italiana. Le riflessioni di Lecaldano spaziano dalla storia della filosofia
morale sino alle discussioni contemporanee sulla bioetica. Avvalendosi anche
del rigore concettuale della filosofia analitica, indirizza la sua ricerca alla
ricostruzione storiografica della morale anglosassone dal XVII al XIX secolo,
con particolare riferimento ai filosofi scozzesi (David Hume, Adam Smith). Ha
inoltre indagato criticamente i problemi della metaetica. In bioetica,
Lecaldano si prefigge l'obiettivo di una chiarificazione delle implicazioni
morali legate alle bio-tecnologie, che sfocia in una prospettiva laica per la
pacifica gestione del conflitto morale che le "tecnologie della vita"
hanno prodotto. Altre opera: “Le analisi del linguaggio morale.
"Buono" e "dovere" (Roma, Edizioni dell'Ateneo), “Moore,
Roma-Bari, Laterza, “L'Illuminismo”
(Torino, Loescher), “Hume” Roma-Bari, Laterza); “Etica, Torino, UTET Libreria, Bioetica.
Le scelte morali, Roma-Bari, Laterza, Saggi di storia e teoria dell'etica,
Gaeta, Bibliotheca, Dizionario di bioetica, Roma-Bari, Laterza, Un'etica senza
Dio, Roma-Bari, Laterza, Prima lezione di Filosofia Morale, Roma-Bari, Laterza,
“Simpatia” (Milano, Raffaello Cortina Editore); Senza Dio. Storie di atei e
ateismo, Bologna, Il Mulino, .”Sul senso della vita, Bologna, Il Mulino); “Bioetica
Comitato Nazionale per la Bioetica Biotecnologie La bioetica. Il punto di vista morale di E.
Lecaldano sulla nascita, la cura e la morte di Luca Corchia. Riflessioni di Lecaldano
sul Senso della Vita In Riflessioni. Eugenio Lecaldano. Keywords: simpatia,
simpatico, antipatico, compassione, compassivo, empatia, impassibile,
transpatia, patia, patico, il patico, diapatia. Psi-transmission. Grice:
“Scheler uses ‘transpathy,’ but then he would use anything!” --.
LIVI. (Prato). Filosofo. Grice:
“Livi is one of the few Italian philosophers who have taken Moore’s
‘common-sense’ seriously!” – Grice: “The way Livi justifies common-sense, not
unlike Moore, is via a principle of ‘coherence’” Allievo di Gilson, collabora
con Fabro, Noce edAgazzi. Inizia la scuola filosofica del senso comune,
rappresentata dalla ISCA (International Science and Common Sense Association),
che ha come organo ufficiale la rivista "Sensus communis -- Alethic
Logic". Tra i suoi numerosi discepoli o estimatori vi sono Renzi (autore
di importanti saggi di Storia della Metafisica), Bettetini, Arecchi,
Spatola (psichiatra), Covino ed Arzillo. Fondatore della casa editrice Leonardo da
Vinci, fu membro associato della Pontificia Accademia di San Tommaso, decano e
professore emerito della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università
Lateranense. Firmò con Giovanni Paolo II alcune parti dell'enciclica Fides et
ratio. «Senso comune» è il termine utilizzato da Livi in chiave
anti-cartesiana per individuare le certezze naturali e incontrovertibili
possedute da ogni uomo. Non si tratta di una facoltà o di strutture cognitive a
priori, ma di un sistema organico di certezze universali e necessarie che
derivano dall'esperienza immediata e sono la condizione di possibilità di ogni
ulteriore certezza. Ha per primo precisato quali siano queste certezze e ha
provato con il metodo della presupposizione che esse sono in effetti il
fondamento della conoscenza umana. Il senso comune comprende dunque l'evidenza
dell'esistenza del mondo come insieme di enti in movimento; l'evidenza dell'io,
come soggetto che si coglie nell'atto di conoscere il mondo; l'evidenza di
altri come propri simili; l'evidenza di una legge morale che regola i rapporti
di libertà e responsabilità tra i soggetti; l'evidenza di Dio come fondamento
razionale della realtà, prima causa e ultimo fine, conosciuto nella sua
esistenza indubitabile grazie a una inferenza immediata e spontanea, la quale
lascia però inattingibile il mistero della sua essenza, che è la Trascendenza
in senso proprio. Queste certezze sono a fondamento di un sistema di logica
aletica su base olistica. Tra gli studi recenti sul sistema della logica
aletica elaborato da Livi vanno ricordati i saggi di Agazzi, "Valori e
limiti del senso comune", Franco Angeli, Milano), Ottonello
("Livi", in "Profili", Marsilio Editori, Venezia ),
Vassallo ("La riabilitazione del senso comune", in "Memoria e
progresso", Fede & Cultura, Verona), di Arzillo, “Il fondamento del
giudizio. Una proposta teoretica a partire dalla filosofia del senso comune (Casa
Editrice Leonardo da Vinci, Roma ), di Renzi, La logica aletica e la sua funzione
critica. Analisi della proposta di Livi (Casa Editrice Leonardo da Vinci,
Roma). Hanno scritto su Livi anche Andolfo (storico della Filosofia antica),
Sacchi, Cottier, Fisichella, Galeazzi, Pangallo e Possenti. Da Gilson, Fabro ed
Agazzi ha appreso ad affrontare i problemi essenziali della speculazione
metafisica in dialogo con grandi pensatori dell'antichità (Platone, Aristotele,
gli Stoici, Agostino), del Medioevo (Anselmo, Tommaso, Duns Scoto) e dell'età
moderna (Vico, Kierkegaard, Rosmini). Convinto assertore del metodo realistico
di interpretazione dell'esperienza, ne ha difeso le ragioni utilizzando
sistematicamente gli strumenti dialettici offerti dai pensatori della scuola
analitica. Suoi critici più intransigenti sono stati, da una parte, l’idealista
Severino, e dall'altra il caposcuola del "pensiero debole", Vattimo.
Altre opera: Il cristianesimo nella filosofia (Il problema della filosofia
cristiana nei suoi sviluppi storici e nelle prospettive attuali), L'Aquila: Ed.
Japadre); “Il problema della filosofia cristiana Bologna: Pàtron); “Cristo non
è Marx, Torre del Benaco: Ed. ColibrìS); “Filosofia del senso comune (Logica
della scienza e della fede) Milano: Ed. Ares); “Il senso comune tra
razionalismo e scetticismo in Vico. Milano: Editrice Massimo); Lessico della
filosofia (Etimologia, semantica e storia dei termini filosofici) Milano:
Edizioni Ares); “Il principio di coerenza (Senso comune e logica epistemica),
Roma: Editore Armando); “Aquino: il futuro del pensiero cristiano Milano:
Mondadori); La filosofia e la sua storia,
I: La filosofia antica e medioevale;
moderna; e contemporanea
(L'Ottocento; Il Novecento) Roma: Società editrice Dante Alighieri, Dizionario
storico della filosofia, Roma: Società Editrice Dante Alighieri, La ricerca
della verità Roma: Leonardo da Vinci, Verità del pensiero (Fondamenti di logica
aletica) Roma: Lateran University Press, Razionalità della fede nella
Rivelazione (Un'analisi filosofica alla luce della logica aletica) Roma:
Leonardo da Vinci, La ricerca della verità (“Dal senso comune alla dialettica”)
Roma: Leonardo da Vinci, L'epistemologia
di Tommaso d'Aquino e le sue fonti Napoli: Editoriale comunicazioni sociali, Senso
comune e logica aletica Roma: Leonardo da Vinci, Perché interessa la filosofia
e perché se ne studia la storia Roma: Leonardo da Vinci, Storia sociale della
filosofia, I: La filosofia antica e
medioevale; moderna; contemporanea, L'Ottocento; Il Novecento)
Roma: Società Editrice Dante Alighieri, Logica della testimonianza (Quando
credere è ragionevole), Roma: Lateran University Press, Senso comune e
metafisica. Sullo statuto epistemologico della filosofia prima Roma: Leonardo
da Vinci, Nuovo Dizionario storico della filosofia Roma: Società Editrice Dante
Alighieri, (ed.) Premesse razionali della fede. Filosofi e teologi a confronto
sui praeambula fidei Roma: Lateran University Press, Etica dell'imprenditore.
Le decisioni aziendali, i criteri di valutazione e la dottirna sociale della
Chiesa Roma: Leonardo da Vinci, Dizionario critico della filosofia, Roma:
Società Editrice Dante Alighieri, Filosofia e teologia, Bologna: Edizioni Studio
Domenicano, Il senso comune al vaglio della critica, Roma: Leonardo da Vinci, .
Filosofia del senso comune. Logica della scienza e della fede, Roma: Casa
Editrice Leonardo da Vinci, . Vera e falsa teologia. Come distinguere
l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia
religiosa", Roma: Casa Editrice Leonardo da Vinci, . L'istanza critica,
Roma: Leonardo da Vinci, . La certezza della verità. Il sistema della logica
aletica e il procedimento della giustificazione epistemica, Roma: Leonardo da
Vinci, . Dogma e pastorale. L'ermeneutica del Magistero, dal Vaticano II al
Sinodo sulla famiglia, Roma: Leonardo da Vinci, . Le leggi del pensiero. Come
la verità viene al soggetto, Roma: Leonardo da Vinci, . Teologia e Magistero,
oggi, Roma: Leonardo da Vinci, . Vera e falsa teologia. Come distinguere
l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia
religiosa", su Gli equivoci della
teologia morale dopo la "Amoris laetitia'" Roma: Leonardo da Vinci, .
Saggi "Étienne Gilson: il tomismo come filosofia cristiana", in
Antonio PiolantiSan Tommaso nella storia del pensiero, Vatican City: Libreria
Editrice Vaticana, 1982. "La filosofia di Etienne Gilson", in Antonio
PiolantiEtienne Gilson, filosofo cristiano, Vatican City: Libreria Editrice
Vaticana, "L'unità dell'esperienza
nella gnoseologia tomista", in Antonio Piolanti"Noetica, critica e
metafisica in chiave tomistica", Vatican City: Libreria Ed. Vaticana,
1991. "Senso comune e unità delle scienze", in Rafael
Martinez"Unità e autonomia del sapere: il dibattito del XIII secolo",
Rome: Ed. Armando, Ester Maria Ledda, In memoriam: Mons. Antonio Livi, in
Corrispondenza Romana, 1º luglio . Sito
di Antonio Livi su antoniolivi.com. Casa
editrice Leonardo da Vinci, su editriceleonardo.com. ISCA International Science and Commonsense
Association, su isca-news.org. Fides et Ratio, su fidesetratio. Il Giudizio
Cattolico, su ilgiudiziocattolico.com. Antonio Livi. Keywords: ‘il senso
commune in Vico” – Grice develops a sceptical defence in his early “Common
sense and scepticism,” “mainly motivated by what he sees as a ‘cavalier
attitude’ to the sceptic by, of all people, Malcolm.” – Grice: “I’m not sure
Livi would agree with my idea, but I think he would – certainly Vico took the
sceptic challenge possibly most seriously than anyone and Livi is an expert on
Vico. Vico’s line of defense lies on the connection, conceptual he thinks,
between ‘common sense’ and ‘consenso’: therefore, Malcolm and I have to reach a
consensus that we are going to use ‘know’ for things like ‘I know that s is p,’
say, there is cheese on the table, there is a mermaid on the table. Etc. And
that “if I’m not dreaming” may not always be a conversationally appropriate
defeater!”
Leon
Leoni. (Ancona). Filosofo. Grice:
“I love Bruno Leoni; my balance between the principle of conversational
self-love and the principle of conversational benevolence is what all his
philosophy is about!” – Grice: “Leoni has technical concepts here: his is an
individualism, i. e. subjectivisim, and he believes that the ‘scambio’ or
‘inter-subjective,’ inter-individual exchange’ is ‘spontaneous – he calls it
‘ordine spontaneo.’ He doesn;’t see it necessarily as ethical or meta-ethical –
but descriptive; similarly I speak of conversational maxims as different from
‘moral’ maxims!” “La situazione paradossale del nostro tempo è che siamo
governati da uomini non, come pretenderebbe la classica teoria aristotelica,
perché non siamo governati dal diritto, ma esattamente perché lo siamo. Trascorse
la sua vita tra Torino, Pavia, e la Sardegna. Per le sue idee, viene associato
ad un modello liberale e anti-statalista della società. All'interno della
filosofia del diritto, si inserisce
nella tradizione del liberalismo classico. Allievo di Solari, di cui fu pure
assistente volontario, e collega di Firpo, insegna a Pavia. Nel corso del
conflitto, fece parte di A Force, un'organizzazione segreta alleata incaricata
di recuperare prigionieri e salvare soldati. Inizia la sua attività
accademica, insegnando Filosofia del diritto e ricoprendo l'incarico di preside
della facoltà di Scienze Politiche (dal 1948 al 1960). Morì in circostanze
tragiche, ucciso. Un collaboratore del suo studio legale, Quero, di professione
tipografo ma che svolgeva amministrazioni di condomini e palazzi, aveva
perpetrato truffe e sottrazioni di denaro; quando Leoni se ne accorse e
minacciò di denunciarlo, Quero lo assassinò colpendolo ripetutamente alla testa
e nascose poi il corpo in un garage, inscenando un sequestro di persona, ma
venne subito scoperto.Negli anni della ricostruzione postbellica, mentre in
tutti i paesi europei si affermavano politiche economiche di stampo statalista,
Leoni andò controcorrente sostenendo il liberalismo, che ormai quasi più
nessuno era pronto a difendere.[senza fonte] Leoni criticava la logica
dell'intervento pubblico mentre esaltava la superiore razionalità e legittimità
degli ordini che emergono dal basso, per effetto del concorso delle volontà dei
singoli individui. Fondatore nel 1950 della rivista Il Politico, Leoni
svolse ugualmente un'intensa attività pubblicistica, soprattutto scrivendo
corsivi per il quotidiano economico Il Sole 24 ORE. Membro della «Mont Pelerin
Society» (di cui fu segretario e poi presidente), lo studioso torinese fu pure
molto impegnato nel Centro di Studi Metodologici della città piemontese e, in
seguito, nel Centro di Ricerca e Documentazione “Luigi Einaudi”. Studioso
poliedrico (giurista e filosofo, ma anche appassionato cultore della scienza
politica e della teoria economica, oltre che della storia delle dottrine
politiche), nel corso degli anni cinquanta e sessanta Leoni promosse le idee
liberali all'interno della cultura italiana: proponendo temi ed autori del
liberalismo contemporaneo, ma soprattutto aprendo prospettive ad una concezione
della società centrata sulla proprietà privata e il libero mercato. Per
comprendere quanto sia stata importante la sua azione tesa a favorire una
migliore conoscenza delle tesi più innovative, è sufficiente scorrere l'indice
della rivista da lui diretta per molti anni, Il Politico, in cui diede spazio
ad autori spesso a quel tempo poco noti, ma desti segnare le scienze
economiche. Con i suoi studi, inoltre, Leoni apre la strada a molti
orientamenti: dalla Teoria della scelta pubblica all'Analisi economica del
diritto (filoni di ricerca che esaminano la politica ed il diritto con gli
strumenti dell'economia), fino all'indagine interdisciplinare di quelle
istituzionitra cui il diritto che si sviluppano non già sulla base di decisioni
imposte dall'alto, ma grazie ad un'intrinseca capacità di auto-generarsi ed evolvere
dal basso. E stato quasi dimenticato: soprattutto in Italia. La sua opera
più conosciuta (frutto di lezioni ). L’ndividualismo integrale di Leoni risulta
ben poco in sintonia con la cultura del suo tempo. Il liberalismo dell'autore
di Freedom and the Law è pervaso da quella cultura che egli assimilò in
profondità grazie all'intensa frequentazione di alcuni tra i maggiori studiosi
di quell'universo intellettuale. Inoltre, seguì sempre con il massimo
interesse i protagonisti della Scuola austriaca (Mises e Hayek, soprattutto)
cheanche se europei proprio in America hanno scritto alcuni dei loro maggiori
contributi e in quel contesto hanno trovato folte schiere di allievi. In questo senso, bisogna rilevare che il
percorso intellettuale di Leoni sarebbe stato molto differente senza la Mont
Pelerin Society, nei cui convegni egli ebbe l'opportunità di entrare in
contatto con intellettuali e scuole di pensiero estranei al clima dominante
nell'Italia di allora. Per molti decenni, in effetti, l'associazione fondata da
Hayek ha rappresentato un'occasione di scambi e approfondimenti per quanti
cercavano interlocutori radicati nella cultura del liberalismo classico.
Per alcuni decenni dimenticato o quasi in Italia, il pensiero di Leoni ha
continuato a vivere fuori dei nostri confinigrazie alle iniziative, ai libri e
agli articoli dei suoi amici e, oltre a loro, all'interesse che i suoi lavori
hanno saputo suscitare nelle nuove generazioni di studiosi liberali. A
partire dalla metà degli anni novanta, però, la situazione è cambiata sotto più
punti di vista. Grazie soprattutto alla pubblicazione de “La libertà e la
legge,” filosofi di vario orientamento sono tor riflettere sulle pagine del torinese, dando vita ad una vera e propria
"riscoperta" che sta producendo numerosi frutti e grazie alla quale
si va finalmente riconoscendo a Leoni la sua giusta posizione tra i maggiori
filosofi del XX secolo. Oggi Leoni non è più considerato semplicisticamente un
epigono di Hayek o un semplice ripetitore delle sue tesi. In questo
senso, è interessante rilevare che perfino intellettuali lontani dalle
posizioni liberali e libertarian di Leoni avvertano sempre più il carattere
innovativo del suo pensiero, che nell'ambito della filosofia del diritto ha
saputo offrire una prospettiva alternativa ai modelli kelseniani del
normativismo dominante e all'ispirazione social-democratica che ancora prevale
all'interno delle scienze sociali. In particolare, mentre nel corso degli
ultimi due secoli il diritto è stato ripetutamente identificato con la semplice
volontà degli uomini al potere, uno dei contributi maggiori di Leoni è quello
di aver indicato un altro modo di guardare alla ‘norma giuridica’, sforzandosi
di cogliere ciò che vi è oltre la volontà dei politici e ben oltre la stessa
legislazione. Per questa ragione, si guarda alla teoria di Leoni come ad una
radicale alternativa rispetto al normativismo formulato da Kelsen, più volte criticato
da Leoni. Quella di Leoni, per giunta, è ancora oggi una proposta teorica
talmente liberale da indurre più di uno studioso a parlare di “La liberta e la
legge” come di un classico della tradizione libertarian, al cui interno sono
racchiuse idee e intuizioni che restiamo ben lontani dall'aver compreso e
sviluppato in tutte le loro potenzialità. Al fine di tenere viva la
lezione dell'autore è stato fondato l'Istituto Bruno Leoni, con sedi a Torino e
a Milano (animato da Lottieri, Mingardi e Stagnaro), che si propone di
affermare, all'interno del dibattito politico-economico, i principii liberali
difesi da Leoni stesso e di promuovere la conoscenza del pensiero di Leoni e,
in generale, delle teorie liberali e libertarian. Altre opera: “La dottrina
dello Stato, raccolte da F. Boschis e G. Spagna, Pavia, Viscontea, Raffaele De
Mucci e Lorenzo Infantino: Soveria Mannelli, Rubbettino); “Filosofia del
diritto” raccolte da M. Bagni, Pavia, Viscontea,Lottieri: Soveria Mannelli,
Rubbettino). “La libertà e la legge,
InMacerata, Liberilibri); “Scienza politica e teoria del diritto” (Milano,
Giuffrè); “Le pretese e i poteri: le radici individuali del diritto e della
politica” (Milano, Società Aperta); “La sovranità del consumatore” (Roma,
Ideazione); La libertà del lavoro, Lottieri, collana IBL “Diritto, Mercato,
Libertà”, Treviglio Soveria Mannelli, Leonardo Facco Rubbettino, “Il diritto come pretesa, Antonio Masala, Macerata, Liberilibri, Il pensiero politico
moderno e contemporaneo, Antonio Masala, Bassani, Macerata, Liberilibri, Istituto Bruno Leoni, su brunoleoni. L'idea di
uno stato privo di coercizioni nella filosofia del diritto di Bruno Leoni
Bruno Leoni, un "austriaco" di adozione Articolo su l'Unità. Il Luogo dei Ricordi di
Osvaldo Quero, su inmiamemoria.com. Tra i pochissimi, in Italia, che hanno
continuato a sviluppare le ricerche di Leoni è da ricordare Stoppino. Per merito di Cubeddu, che ha anche dedicato
molti saggi e articoli alla teoria leoniana.
E necessario liberare Leoni dall'ombra di Hayek, rendendo in tal modo
possibile una più adeguata valutazione delle sue tesi e del suo originalissimo
contributo all'elaborazione di una filosofia del diritto coerente con i
principi del liberalismo classico e con i suoi stessi esiti libertari. Masala,
Il liberalismo di Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino: la prima monografia su
Leoni. Antonio Masala La teoria politica
di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Lottieri, «Leoni e l'ombra di
Hayek. Libertà individuale, common law e Stato moderno», in Antonio Masala, a
cura di, La teoria politica di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Lottieri,
Le ragioni del diritto. Libertà individuale e ordine giuridico, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Il saggio approfondisce il tema di un "libertarismo"
non ancora compiutamente espresso in Leoni, ma già ampiamente riconoscibile
nelle sue tesi fondamentali. Favaro, Bruno Leoni. Dell'irrazionalità della
legge per la spontaneità dell'ordinamento, della Collana “L'Ircocervo. Saggi
per una storia filosofica del pensiero giuridico e politico italiano contemporaneo”,
Napoli, ESI, Adriano Gianturco Gulisano, Tra positivismo e giusnaturalismo. Il
diritto evolutivo, Foedrus. Gulisano, La «teoria empirica» di Leoni. La
centralità dell'approccio metodologico, Biblioteca delle liberta. Riscoprire
Bruno Leoni, su riscoprire.brunoleoni.com.Bruno Leoni, Bruno Leoni.
LEONI. (Spoleto). Filosofo. Grice:
“In Italy, they like ‘renaissance men,’ but there’s a peril in that: Leoni was
a philosopher and a physician (to Medici) – when he died, Medici did, Leoni was
accused of malpractice (poisoning), strangled to death, and thrown into a
ditch. Categorie: philosophers in ditch – Thales, Leoni.” Di famiglia
aristocratica, studia a Roma. Insegna a Padova e Pisa. Fu qui che ebbe modo di entrare in contatto
con la cerchia di filosofi che gravitavano attorno a Lorenzo de’ Medici, a
Firenze. Inizia ad avere contatti e una fitta corrispondenza con Ficino e Pico. Venne considerato dai suoi contemporanei uno
dei più valenti uomini di scienza esistenti all'epoca. I più illustri
personaggi e sovrani dell'epoca, come il duca di Calabria, il re di Napoli,
Ludovico il Moro, forse anche IInnocenzo VIII, richiesero le sue cure, tanto
che divenne il medico personale dello stesso Lorenzo de Medici. All'indomani della morte di Lorenzo de Medici
venne ingiustamente sospettato di essere stato il responsabile del suo
avvelenamento, e venne quindi strangolato e gettato in un pozzo il giorno
seguente. Diverse fonti dell'epoca
sostengono che il mandante dell'uccisione del Pierleoni fosse stato il
figlio di Lorenzo, Piero il Fatuo. F.
Bacchelli, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Dagli Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi,
trascriz. D.Pietro Pirri (Estratto dall'Archivio per la Storia Ecclesiastica dell'UmbriaI):
"Era adpresso del dicto Lorenzo uno excellentissimo et famosissimo medico
de grandissima scientia in loica, in filosofia, strologia, nominato magistro
Pierleone de leonardo da Spolitj, reputato el più singulare valente homo in
dicte scientie che ogie dì viva. Era quisto homo in tanto prezzo adpresso del
dicto Lorenzo che, senza quisto clarissimo doctore, non podiva stare. Fo
conducto ad Pisa ad legere, ebbe mille ducatj de provisione per anno: poj fo
conducto ad Padua, ebbe mille et ducento ducatj per anno. Ad Pisa stecte multi
annj ad legere: et similemente ad Padua."
dagli Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi, trascriz. D.Pietro Pirri
(Estratto dall'Archivio per la Storia Ecclesiastica dell'Umbria. "Lorenzo se amalò, mandò per luj, et andò
ad Fiorenza. Era quisto mastro Pierleone de tanta scientia de strologia, che
predisse la morte sua essere infra quatro misi in sino ad mezo aprile 1492. Et
andò mal voluntierj ad Fiereze del mese de jenaio 1492. Tandem jonto ad
Fiorenze trovò Lorenzo stare male: erano lì clarissimj medicj et valentj et
excellentj: poj ce venne el medico del duca de Milano: et predisse mastro
Perleone la morte de Lorenzo. Ipso non prestò may et non se mestecù in alcuna
medicina ne potione sue. Il cronista forse vuol dire che il Leoni non s'ingerì
affatto in ciò che riguardava l'assistenza sanitaria dell'infermo, limitando
l'opera sua alla pura diagnosi della malattia ed a consultazioni astrologiche.
E con ciò vuol, forse, velatamente intendere che niente ebbe a che vedere
Pierleone con quelle strane pozioni a base di gemme e perle triturate
somministrate da un altro medico, il Piacentino, le quali, attese le lesioni
viscerali che tormentavano il paziente, servirono forse ad accelerarne il tracollo)
ma solo ipso in consulendo et predicendo. Tandem venendo alla morte Lorenzo,
Perino, figliolo del dicto Lorenzo, homo de poca prudentia, reputato homo
bestiale et senza prudentia, ordinò che el dicto mastro Perleone fosse morto.
Lorenzo era in villa ad uno suo casale, et lì tucto dì stava mastro Perleone. Essendo
morto Lorenzo, et lì insino alla sera stando mastro Perleone, volendo tornare
luj allu solito loco, fo menato per uno Carlo o vero Alberto martellj ad uno
suo casale, et lì fo strangulato dicto mastro Perleone, et buctato in uno pozo.
Poj fo retracto et portato in Fierenze, et retenuto el suo corpo con guardia et
veneratione assay. Et de tanto tradimento et iniusta morte se ne dolse tucta la
ciptà, perché la bona memoria de Lorenzo amava quisto omo più che homo vivesse,
et tucti li secretj soj sapiva, savio, sapientissimo et pieno de verità, bontà
et integrità." Nella sua
"Storia della Letteratura Italiana" lTiraboschi (Firenze, Molini
Landi) riporta fonti dell'epoca, fra cui Scipione Ammirato: "Cavossi voce
che egli vi si fosse gittato da se medesimo ma si rinvenne esservi gittato da
altri, secondo dice il Cambi, da due famigliari di Lorenzo". Lo stesso
testo riporta le affermazioni del Sanazzaro, il quale "non nomina l'autore
di questo misfatto. Ma è chiaro abbastanza ch'ei parla di Pietro de Medici,
figliuol di Lorenzo", e di Allegretti, storico senese contemporaneo di
Pierleoni, che riporta: "Maestro Pier Leone da Spoleto, che lo medicava
(si riferisce a Lorenzo) fu gittato in un pozzo, perché fu detto, che l'haveva
avvelenato, nientedimeno si concludeva per molti non esser vero." Dizionario Biografico degli Italiani, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Corti M.: Sannazaro Iacobo. In.: Branca V:
Dizionario critico della letteratura italiana .UTET, Torino, Cotta I., Klien
F.: I Medici in rete. Olschki, Firenze, Dionisotti C.: Appunti sulle rime del
Sannazaro. In: Giornale storico della Letteratura italiana, Mauro A: Opere
volgari. Laterza Ed., Bari, Montevecchi A.: Storie fiorentine di Francesco
Guicciardini, Rizzoli Ed., Milano, Nibby A.: Analisi
storico-topografica-antiquaria della carta de' dintorni di Roma.Tipografia
della Belle Arti, Roma, Orio H.: Le iscrittioni poste sotto le vere imagini de
gli huomini famosi il lettere. Trad. da Paolo Giovio dal latino in volgare.,
Torrentino, Firenze, Pesenti T.: Professori e promotori di medicina nello Studio
di Padova, Repertorio bio-bibliografico,Radetti
G.: Un'aggiunta alla biblioteca di Pierleone Leoni da Spoleto. In.:
Rinascimento: Rivista dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento,
Firenze, Ranalli F.: Istorie Fiorentine con l'aggiunte di Scipione Ammirato il
giovane, Batelli, Firenze, Rotzoll M.: Pierleone da Spoleto: vita e opere di un
medico del Rinascimento. Olschki, Firenze. Achille Sansi: Storia del comune di
Spoleto dal secolo XII al XVII: seguita da alcune memorie dei tempi posteriori. Pierleone Leoni, Piero Leoni, Pierleone, Pier
Leone.
LEOPARDI. (Recanati).
Filosofo. Grice: “Oddly, Leopardi’s philosophical semantics is negative;
admittedly, he is wedded to the Fido-‘Fido’ theory of meaning, so he thinks,
pretty much like the first Vitters, that language is a prison. Man has a need
for ‘non-linguistic thought,’ to think without naming – without
conceptualizing! The oddest philosophy of language for Italy’s greatest poet,
one would first think!” -- Grice: “One
could write a whole dissertation on Leopardi’s implicata – not I My favourite
expression would be ‘gli infiniti silenzi’” -- Grice: “While there is a
philosophical griceianism, seeing that my theories were stolen by
non-philosophers, there is ‘leopardismo filosofico,’ seeing that he wasn’t
one!” -- essential Italian philosopher, and founder of a whole movement,
‘leopardismo.’ Il
conte Giacomo Leopardi, al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales
Saverio Pietro Leopardi (Recanati), filosofo. È ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento
italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché
una delle principali del romanticismo letterario; la profondità della sua
riflessione sull'esistenza e sulla condizione umanadi ispirazione sensista e
materialistane fa anche un filosofo di spessore. La straordinaria qualità
lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario
e culturale europeo e internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua
epoca. Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente
sostenitore del classicismo, ispirato alle opere dell'antichità greco-romana,
ammirata tramite le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto,
Luciano ed altri, approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici
europei, quali Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente
principale, pur non volendo mai definirsi romantico. Le sue posizioni
materialistederivate principalmente dall'Illuminismosi formarono invece sulla
lettura di filosofi come il barone d'Holbach, Pietro Verri e Condillac, a cui
egli unisce però il proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una
grave patologia che lo affliggeva ma sviluppatesi successivamente in un
compiuto sistema filosofico e poetico. Morì noco prima di compiere 39 anni, di
edema polmonare o scompenso cardiaco, durante la grande epidemia di colera di
Napoli. Il dibattito sull'opera leopardiana a partire dal Novecento,
specialmente in relazione al pensiero esistenzialista fra gli anni trenta e
cinquanta, ha portato gli esegeti ad approfondire l'analisi filosofica dei
contenuti e significati dei suoi testi. Per quanto resi specialmente nelle
opere in prosa, essi trovano precise corrispondenze a livello lirico in una
linea unitaria di atteggiamento esistenziale. Riflessione filosofica ed empito
poetico fanno sì che Leopardi, al pari di Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche
e più tardi di Kafka, possa essere visto come un esistenzialista o almeno un
precursore dell'Esistenzialismo. Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a
Recanati, nello Stato pontificio (oggi in provincia di Macerata, nelle Marche),
da una delle più nobili famiglie del paese, primo di dieci figli. Quelli che
arrivarono all'età adulta furono, oltre a Giacomo, Carlo, Paolina, Luigi, e
Pierfrancesco. I genitori erano cugini fra di loro. Il padre, il conte Monaldo,
figlio del conte Giacomo e della marchesa Virginia Mosca di Pesaro, era uomo
amante degli studi e d'idee reazionarie; la madre, la marchesa Adelaide Antici,
era una donna energica, molto religiosa fino alla superstizione, legata alle
convenzioni sociali e ad un concetto profondo di dignità della famiglia, motivo
di sofferenza per il giovane Giacomo che non ricevette tutto l'affetto di cui
sentiva il bisogno. In conseguenza di alcune speculazioni azzardate fatte
dal marito, la marchesa prese in mano un patrimonio familiare fortemente
indebitato, riuscendo a rimetterlo in sesto solo grazie a una rigida economia
domestica. La rigidità della madre, contrastante con la tenerezza del padre, i
sacrifici economici e i pregiudizi nobiliari pesarono sul giovane
Giacomo. Fino al termine dell'infanzia Giacomo crebbe comunque allegro,
giocando volentieri con i suoi fratelli, soprattutto con Carlo e Paolina che
erano più vicini a lui d'età e che amava intrattenere con racconti ricchi di
fervida fantasia. La formazione giovanile La casa natale Ricevette
la prima educazione, come da tradizione familiare, da due precettori
ecclesiastici, il gesuita don Giuseppe Torres fino al 1808 e l'abate don
Sebastiano Sanchini fino al 1812, che influirono sulla sua prima formazione con
metodi improntati alla scuola gesuitica. Tali metodi erano incentrati non solo
sullo studio del latino, della teologia e della filosofia, ma anche su una
formazione scientifica di buon livello contenutistico e metodologico. Nel Museo
leopardiano a Recanati è conservato, infatti, il frontespizio di un trattatello
sulla chimica, composto insieme al fratello Carlo. I momenti significativi
delle sue attività di studio, che si svolgono all'interno del nucleo familiare,
sono da rintracciare nei saggi finali, nei componimenti letterari da donare al
padre in occasione delle feste natalizie, la stesura di quaderni molto ordinati
ed accurati e qualche composizione di carattere religioso da recitare in
occasione della riunione della Congregazione dei nobili. Il ruolo avuto
dai precettori non impedì, comunque, al giovane Leopardi di intraprendere un
suo personale percorso di studi avvalendosi della biblioteca paterna molto
fornita (oltre ventimila volumi) e di altre biblioteche recanatesi, come quella
degli Antici, dei Roberti e probabilmente da quella di Giuseppe Antonio Vogel,
esule in Italia in seguito alla Rivoluzione francese e giunto a Recanati tra il
1806 e il 1809 come membro onorario della cattedrale della cittadina. Compone
il sonetto intitolato La morte di Ettore che, come lui stesso scrive
nell'Indice delle produzioni di me Giacomo Leopardi dall'anno 1809 in poi, è da
considerarsi la sua prima composizione poetica. Da questi anni ha inizio la
produzione di tutti quegli scritti chiamati "puerili". La produzione
dei "puerili" Puerili e abbozzi vari Il corpus delle opere
cosiddette "puerili" dimostra come il giovane Leopardi sapesse
scrivere in latino fin dall'età di nove-dieci anni e padroneggiare i metodi di
versificazione italiana in voga nel Settecento, come la metrica barbara di
Fantoni, oltre ad avere una passione per le burle in versi dirette al precettore
e ai fratelli. Iniziò lo studio della filosofia e due anni dopo, come sintesi
della sua formazione giovanile, scrisse le Dissertazioni filosofiche che
riguardano argomenti di logica, filosofia, morale, fisica teorica e
sperimentale (astronomia, gravitazione, idrodinamica, teoria dell'elettricità,
eccetera). Tra queste è nota la Dissertazione sopra l'anima delle bestie. Con
la presentazione pubblica del suo saggio di studi che discusse davanti ad
esaminatori di vari ordini religiosi ed al vescovo, si può far concludere il
periodo della sua prima formazione che è soprattutto di tipo sei-settecentesco
ed evidenzia l'amore per l'erudizione oltre che uno spiccato gusto arcadico. Dal
1809 al 1816 Leopardi si immerse totalmente in uno "studio matto e
disperatissimo"[29][30], espressione da lui stesso coniata, che assorbì
tutte le sue energie e che recò gravi danni alla sua salute. Apprese
perfettamente il latino (sebbene si considerasse sempre "poco inclinato a
tradurre" da questa lingua in italiano) e, senza l'aiuto di maestri, il
greco. Seppure in modo più sommario apprese anche altre lingue: l'ebraico, il
francese, l'inglese, lo spagnolo e il tedesco (nello Zibaldone si trovano
inoltre cenni ad altre lingue antiche, come il sanscrito). Nel frattempo, nel
1812 cessa la formazione dell'abate Sanchini, il quale ritenne inutile
continuare la formazione del giovane che ne sapeva ormai più di lui. Risalgono
a questi anni la Storia dell'astronomia del 1813, il Saggio sopra gli errori
popolari degli antichi del 1815, diversi discorsi su scrittori classici, alcune
traduzioni poetiche, alcuni versi e tre tragedie, mai rappresentate durante la
sua vita, La virtù indiana, Pompeo in Egitto e Maria Antonietta (rimasta
incompiuta).[36] Per quanto riguarda la compilazione della Storia
dell'astronomia Leopardi si avvalse di numerose fonti: il testo di base fu
sicuramente la Storia dell’astronomia di Bailly, ridotta in compendio dal
signor Francesco Milizia, a partire dalle Histoires del celebre astronomo
francese Jean Sylvain Bailly.[37] L'opera, pubblicata nel 1791, terminava con
la scoperta del pianeta Urano da parte di Herschel. Invece il lavoro di
Leopardi presenta ulteriori aggiornamenti, come ad esempio la scoperta di
Cerere, Pallade, Giunone e della cometa del 1811.[Per l'elaborazione del suo
testo, Leopardi fece uso, anche, dell’Abrégé d’astronomie di Jérôme Lalande
(presente nella biblioteca di casa Leopardi nell’edizione del 1775), del
Dictionnaire de Physique di Aimé-Henri Paulian[38] e delle storie di matematica
inserite nel Tacquet e nel Wolff. Inoltre Leopardi adoperò diverse opere
generali come la Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, gli
Scrittori d’Italia di Mazzuchelli e varie raccolte biografiche di alcuni ordini
religiosi: Wadding per i francescani, Quétif e Échard per i domenicani e così
via. L'elenco di questi testi dimostra l’erudizione raggiunta dal giovane
Leopardi.[37] Nella Storia dell'astronomia Leopardi lasciò anche
trasparire i limiti del suo interesse per la matematica. Nulla, probabilmente
sapeva a proposito dei logaritmi (ai quali invece il Bailly-Milizia aveva
dedicato due pagine illustratrici), e sull'argomento si limitò a scrivere che
«Enrico Briggs (...) avendo udita la invenzione de’ logaritmi fatta da Giovanni
Neper» aveva pubblicato un’opera al riguardo. Probabilmente infatti Leopardi
non studiò mai i logaritmi, così come si arrestò alla geometria cartesiana e al
calcolo differenziale. Iniziò nello
stesso periodo anche le prime pubblicazioni e lavorò alle traduzioni dal latino
e dal greco, dimostrando sempre di più il suo interesse per l'attività
filologica. Sono questi anche gli anni dedicati alle traduzioni dal latino e
dal greco, corredate di discorsi introduttivi e di note, tra i quali gli
Scherzi epigrammatici, tradotti dal greco del 1814 e pubblicati in occasione
delle nozze Santacroce-Torre dalla Tipografia Frattini di Reca 1816, la
Batracomiomachia nel 1815 e pubblicata su «Lo Spettatore italiano» il 30
novembre 1816, gli idilli di Mosco, il Saggio di traduzioni dell'Odissea, la
Traduzione del libro secondo dell'Eneide, il Moretum (un poemetto
pseudo-virgiliano), e la Titanomachia di Esiodo, pubblicata su «Lo Spettatore
italiano» il 1º giugno 1817.[39] La conversione letteraria:
dall'erudizione al bello Tra Si avverte in Leopardi un forte cambiamento,
frutto di una profonda crisi spirituale, che lo porterà ad abbandonare
l'erudizione per dedicarsi alla poesia. Egli si rivolge, pertanto, ai classici
non più come ad arido materiale adatto a considerazioni filologiche, ma come a
modelli di poesia da studiare. Seguiranno le letture di autori moderni come
Alfieri, Parini,[40] Foscolo e Vincenzo Monti, che serviranno a maturare la sua
sensibilità romantica.[41] Ben presto egli legge I dolori del giovane Werther
di Goethe, le opere di Chateaubriand, di Byron, di Madame de Staël. In questo
modo Leopardi inizia a liberarsi dall'educazione paterna accademica e sterile,
a rendersi conto della ristrettezza della cultura recanatese ed a porre le basi
per liberarsi dai condizionamenti familiari. Appartengono a questo periodo
alcune poesie significative come Le Rimembranze, L'Appressamento della morte e
l'Inno a Nettuno, nonché la celebre e non pubblicata Lettera ai compilatori
della Biblioteca Italiana, indirizzata nel luglio 1816 ai redattori della
rivista milanese, in risposta alla lettera Sulla maniera e utilità delle
traduzioni di Madame de Staël, apparsa sul primo numero, nel gennaio dello
stesso anno. Destinato dal padre alla carriera ecclesiastica per la sua fragile
salute, rifiuterà di intraprendere questa strada.Nel 1815-1816 Leopardi fu
colpito da alcuni seri problemi fisici di tipo reumatico e disagi psicologici
che egli attribuì almeno in partecome la presunta scoliosiall'eccessivo studio,
isolamento ed immobilità in posizioni scomode delle lunghe giornate passate
nella biblioteca di Monaldo.[43] La malattia esordì con affezione polmonare e
febbre e in seguito gli causò la deviazione della spina dorsale (da cui la
doppia "gobba"), con dolore e conseguenti problemi cardiaci,
circolatori, gastrointestinali (forse colite ulcerosa o malattia di Crohn) e
respiratori (asma e tosse), una crescita stentata, problemi neurologici alle
gambe (debolezza, parestesia con freddo intenso[44]), alle braccia ed alla
vista, disturbi disparati e stanchezza continua; nel 1816 Leopardi era convinto
di essere sul punto di morire.[45] Il marchese Filippo Solari di Loreto
scrive poco dopo a Monaldo Leopardi: «L'ho lasciato sano e dritto, lo trovo
dopo cinque anni consunto e scontorto, con avanti e dietro qualcosa di
veramente orribile.» Egli stesso si ispira a questi seri problemi di
salute, di cui parlerà anche a Pietro Giordani, per la lunga cantica
L'appressamento della morte[46][47][48] e, anni dopo, per Le ricordanze, in cui
ripensa a questo e definisce la sua malattia come un "cieco malor",
cioè un male di non chiara origine, che gli fa pensare al suicidio assieme
all'angusto ambiente: «Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro
quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto
della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri
dì, che sì per tempo / Cadeva...[49]» L'ipotesi più accreditata per lungo
tempo (diffusa già nel XIX secolo e sostenuta da medici di Recanati e da Pietro
Citati) è che Leopardi soffrisse della malattia di Pott (gli studiosi scartano
la diagnosi dell'epoca, più volte riproposta anche nel Novecento, di una
normale scoliosi dell'età evolutiva), cioè tubercolosi ossea o spondilite
tubercolare[51], oppure dalla spondilite anchilosante giovanile (secondo
ErikSganzerla), una sindrome reumatica autoimmune che porta a una progressiva
ossificazione dei legamenti vertebrali con deformazione e rigidità del rachide,
uniti ad ampi disturbi infiammatori sistemici, oculari e
neurologici-compressivi in casi gravi, il tutto unitamente a problemi nervosi.
Alcune di queste sindromi hanno predisposizione genetica, derivabile dal
matrimonio tra consanguinei dei genitori. Tutti i fratelli Leopardi furono
deboli di salute, con l'eccezione di Carlo, forse però sterile, e Paolina, la
quale presentava solo una leggera asimmetria del viso. Pietro Citati afferma
che avesse anche dei disturbi urinari e di probabile impotenza, e sarebbero
stati questi, più che l'aspetto fisico (a cui poteva ovviare essendo un nobile
benestante) la causa del suo rapporto difficile con le donne e la
sessualità.[57] Nel decennio seguente l'apparire dei disturbi, alcuni
medici fiorentini, come altri medici consultati in gioventù, a parte la
deformità fisica asserirannoprobabilmente in maniera erroneache numerosi
disturbi del Leopardi erano dovuti a neurastenia di origine psicologica (sempre
in questo periodo comincia a soffrire di crisi depressive che taluni
attribuiscono all'impatto psicologico della malattia fisica), come lui stesso a
tratti sostenne, anche contro il parere di numerosi dottori. «Ma io non
aveva appena vent’anni, quando da quella infermità di nervi e di viscere, che
privandomi della mia vita, non mi dà speranza della morte, quel mio solo bene
mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi, due anni prima dei trenta, mi è stato
tolto del tutto, e credo oramai per sempre.» (Lettera dedicatoria dei
Canti, agli amici di Toscana, 1831) Secondo il neurologo Sganzerla, propositore
della tesi sulla spondilite al posto della tubercolosi, Leopardi non mostrava
invece alcun segno di vera depressione psicotica, sfatando il mito sostenuto da
Citati e dai lombrosiani come Patrizi e Sergi. Queste patologie comunque, se
non condizionarono il suo pensiero in maniera diretta (come ribadito spesso da
Leopardi), influenzarono comunque il suo pessimismo filosofico e lo spinsero a
indagare le cause della sofferenza umana e il significato della vita da una
prospettiva originale, divenendo, come affermato dal critico Sebastiano
Timpanaro, "un formidabile strumento conoscitivo". Magnifying
glass icon mgx2.svg Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi § La malattia come
strumento conoscitivo. La conversione filosofica: dal bello al vero Dopo il
primo passo verso il distacco dall'ambiente giovanile e con la maturazione di
una nuova ideologia e sensibilità che lo portò a scoprire il bello in senso non
arcaico, ma neoclassico, si annuncia nel 1819 quel passaggio dalla poesia di
immaginazione degli antichi alla poesia sentimentale che il poeta definì
l'unica ricca di riflessioni e convincimenti filosofici.[62] I mutamenti
profondi del 1817 e la "teoria del piacere" Busto di Giacomo
Leopardi op. 1 o delle "Rimembranze", uno dei due busti del poeta di
Michele Tripisciano, esposto nel museo Tripisciano di Caltanissetta Il 1817 fu
per Leopardi, che giunto alle soglie dei diciannove anni aveva avvertito, in
tutta la sua intensità, il peso dei suoi mali e della condizione infelice che
ne derivava, un anno decisivo che determinò nel suo animo profondi mutamenti.
Consapevole ormai del suo desiderio di gloria ed insofferente dell'angusto
confine in cui, fino a quel momento, era stato costretto a vivere, sentì
l'urgente desiderio di uscire, in qualche modo, dall'ambiente recanatese. Gli
avvenimenti seguenti incideranno sulla sua vita e sulla sua attività
intellettuale in modo determinante.[63] In questo periodo è anche la
prima formulazione della "teoria del piacere", una concezione
filosofica postulata da Leopardi nel corso della sua vita. La maggior parte
della teorizzazione di tale concezione è contenuta nello Zibaldone, in cui il
poeta cerca di esporre in modo organico la sua visione delle passioni umane. Il
lavoro di sviluppo del pensiero leopardiano in questi termini avviene dal 12 al
25 luglio 1820. Sempre nel 1817 egli scrisse al classicista Pietro
Giordani che aveva letto la traduzione leopardiana del II libro dell'Eneide e,
avendo compreso la grandezza del giovane, lo aveva incoraggiato. Ebbero inizio così
una fitta corrispondenza ed un rapporto di amicizia che durerà nel tempo.[65]
In una delle prime lettere scritte al nuovo amico, datata 30 aprile 1817, il
giovane Leopardi sfogherà il suo malessere non con atteggiamento remissivo, ma
polemico ed aggressivo: «Mi ritengono un ragazzo, e i più ci aggiungono i
titoli di saccentuzzo, di filosofo, di eremita, e che so io. Di maniera che
s'io m'arrischio di confortare chicchessia a comprare un libro, o mi risponde
con una risata, o mi si mette in sul serio e mi dice che non è più quel tempo
[...] Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello
che mi ammazza: tutto il resto è noia» Egli vuole uscire da quel
"centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea" perché sa che al di
fuori c'è quella vita alla quale egli si è preparato ad inserirsi con impegno e
con studio profondo.[65] Nell'estate 1817 fissa le prime osservazioni
all'interno di un diario di pensiero che prenderà poi il nome di Zibaldone, in
dicembre si innamorerà della cugina, provando per la prima volta il sentimento
d'amore. Pietro Giordani riconosce l'abilità di scrittura di Leopardi e lo
incita a dedicarsi alla scrittura; inoltre lo presenta all'ambiente del
periodico «Biblioteca Italiana» e lo fa partecipare al dibattito culturale tra
classicisti e romantici. Leopardi difende la cultura classica e ringrazia Dio
di aver incontrato Giordani che reputa l'unica persona che riesce a
comprenderlo.[65] Il primo amore «Oimè, se quest'è amor, com'ei
travaglia!» (Il primo amore, v.3) Geltrude Cassi Lazzari con i
figli, illustrazione di Giuseppe Chiarini per la Vita di Giacomo Leopardi
(1905) Nel luglio del 1817 il Leopardi iniziò a compilare lo Zibaldone, nel
quale registrerà fino al 1832 le sue riflessioni, le note filologiche e gli
spunti di opere. Lesse la vita di Alfieri e compilò il sonetto "Letta la
vita scritta da esso" che toccava i temi della gloria e della fama.[66]
Alla fine del 1817 un altro avvenimento lo colpì profondamente: l'incontro, nel
dicembre dello stesso anno, con Geltrude Cassi Lazzari, una cugina di Monaldo,
che fu ospite presso la famiglia per alcuni giorni e per la quale provò un
amore inespresso. Scrisse in questa occasione il "Diario del primo
amore" e l'"Elegia I" che verrà in seguito inclusa nei
"Canti" con il titolo "Il primo amore".[65][67] Una
presa di posizione anti-romantica Fra il 1816 e il 1818 la posizione di
Leopardi verso il Romanticismo, che stava suscitando in quegli anni forti
polemiche ed aveva ispirato la pubblicazione del Conciliatore, va maturando e
se ne possono avvertire le tracce in numerosi passi dello Zibaldone ed in due
saggi, la Lettera ai Sigg. compilatori della "Biblioteca italiana",
scritta nel 1816 in risposta a quella di Madama la baronessa di Staël, ed il
Discorso di un italiano attorno alla poesia romantica, scritto in risposta alle
Osservazioni di Di Breme sul Giaurro di Byron[68]. Le due opere mostrano
l'avversione, sul piano più strettamente concettuale, al Romanticismo. La
posizione di Leopardi rimane fondamentalmente montiana e neoclassica. Tuttavia,
come si vedrà, quello che professava sulla pagina critica si rivelerà, poi,
profondamente diverso dai risultati ottenuti nella poesia dove i temi e lo
spirito saranno, invece, perfettamente in sintonia con la mentalità romantica. Aveva,
intanto, scritto le due canzoni ispirate a motivi patriottici All'Italia e
Sopra il monumento di Dante che stanno ad attestare il suo spirito liberale e
la sua adesione a quel tipo di letteratura di impegno civile che aveva appreso
dal Giordani. Il suo materialismo ateo si pone in contrapposizione al
Romanticismo cattolico predominante, dal quale lo separavano notevolmente anche
il suo rifiuto di ogni speranza di progresso nella conquista della libertà
politica e dell'unità nazionale, la sua mancanza di interesse per una visione
storicistica del passato e per le esigenze di popolarità e di realismo nei
contenuti e nella lingua.[70] La prima fase dell'ideologia leopardiana «E
il naufragar m'è dolce in questo mare.» (Giacomo Leopardi, L'infinito,
v.15) Nel 1819 si riacutizzarono i problemi agli occhi.Tra il luglio e l'agosto
progettò la fuga e cercò di procurarsi un passaporto per il Lombardo-Veneto, da
un amico di famiglia, il conte Saverio Broglio d'Ajano, ma il padre lo venne a
sapere e il progetto di fuga fallì.[72] Fu nei mesi di depressione che
seguirono che il Leopardi elaborò le prime basi della sua filosofia e,
riflettendo sulla vanità delle speranze e l'ineluttabilità del dolore, scoprì
la nullità delle cose e del dolore stesso. Iniziò intanto la composizione di
quei canti che verranno in seguito pubblicati con il titolo di Idilli e scrisse
L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna (originariamente, i titoli di
queste ultime erano La sera del giorno festivo e La ricordanza), La vita solitaria,
Il sogno, Lo spavento notturno. Sono i cosiddetti "primi idilli" o
"piccoli idilli". Qui confluirono i rimpianti per la giovinezza
perduta e la presa di coscienza dell'impossibilità di essere felici.Nell'autunno
del 1822 ottenne dai genitori il permesso di recarsi a Roma, dove rimase dal
novembre all'aprile dell'anno successivo, ospite dello zio materno, Carlo
Antici. A Leopardi Roma apparve squallida e modesta[74] al confronto con
l'immagine idealizzata che egli si era figurata studiando i classici. Lo
colpirono la corruzione della Curia e l'alto numero di prostitute che gli fece
abbandonare l'immagine idealizzata della donna, come scrive in una lettera al
fratello Carlo del 6 dicembre.[75] Rimase invece entusiasta della tomba
di Torquato Tasso, al quale si sentiva accomunato dall'innata infelicità (verso
il Tasso, che renderà protagonista di una delle Operette morali, sarà debitore
a livello stilistico e nella scelta di alcuni nomi più famosi dei suoi
componimenti, come Nerina e Silvia,[76] tratti dall'Aminta). Nell'ambiente
culturale romano Leopardi visse isolato e frequentò solamente studiosi
stranieri, tra cui i filologi Christian Bunsen (poi ministro del regno di
Prussia e fondatore dell'Istituto di Archeologia a Roma) e Barthold Niebuhr;
quest'ultimo si interessò per farlo entrare nella carriera dell'amministrazione
pontificia, ma Leopardi rifiutò. Nell'aprile del 1823 Leopardi ritornò a
Recanati dopo aver constatato che il mondo al di fuori di esso non era quello
sperato. Tornato a Recanati, Leopardi si dedicò alle canzoni di contenuto
filosofico o dottrinale e, tra il gennaio e il novembre del 1824, compose buona
parte delle Operette morali.[78] Lontano da Recanati: Milano, Bologna,
Firenze, Pisa Nel 1825 il poeta, invitato dall'editore Antonio Fortunato
Stella, si recò a Milano con l'incarico di dirigere l'edizione completa delle
opere di Cicerone ed altre edizioni di classici latini e italiani. A Milano,
però, egli non rimase a lungo perché il clima gli era dannoso alla salute e
l'ambiente culturale, troppo polarizzato intorno al Monti, gli recava
noia.[79] Ritratto di Leopardi a metà degli anni '30, da alcuni
indicato come una realistica proto-fotografia, probabilmente una riproduzione
in eliografia (o altri tipi) di un'incisione; in alternativa realizzata con la
tecnica della camera oscura da artista: tramite bulino oppure immagine fissata
secondo il metodo di Joseph Nicéphore Niépce (sali d'argento o bitume e lunga
esposizione).[80] Recanati, casa Leopardi. Decise, così, di trasferirsi a
Bologna dove visse (al numero 33 di via Santo Stefano), tranne una breve
permanenza a Recal'inverno del 1827, sino al giugno di quello stesso anno
mantenendosi con l'assegno mensile dello Stella e dando lezioni private.
Nell'ambiente bolognese Leopardi conobbe il conte Carlo Pepoli, patriota e
letterato, al quale dedicò un'epistola in versi intitolata Al conte Carlo
Pepoli che lesse il 28 marzo 1826 nell'Accademia dei Felsinei. Nell'autunno
iniziò a compilare, per ordine di Stella, una "Crestomazia", antologia
di prosatori italiani dal Trecento al Settecento che venne pubblicata nel 1827
alla quale fece seguito, l'anno successivo, una "Crestomazia"
poetica. A Bologna conobbe anche la contessa Teresa Carniani Malvezzi, della
quale si innamorò senza essere corrisposto. Leopardi frequentò i Malvezzi per
quasi un anno, ma poi la donna lo allontanò spinta anche dal marito, mal
tollerante del fatto che il poeta si trattenesse con la moglie fino alla
mezzanotte.Leopardi si sfoga in una lettera ad un corrispondente, usando parole
molto dure verso di lei. Uscivano intanto presso Stella le sue Operette morali.
Frequentò anche la casa del medico Giacomo Tommasini e strinse amicizia con la
moglie Antonietta, patriota, e la figlia Adelaide (coniugata Maestri), sue
ammiratrici,[84][85] con la famiglia Brighenti e la cantante modenese Rosa
Simonazzi Padovani.[86] Leopardi in un ritratto postumo del 1845
(olio su tavola), commissionato da Antonio Ranieri nel 1842 al giovane pittore
Domenico Morelli sulla base della maschera mortuaria[87], del ritratto di
Leopardi sul letto di morte di Angelini e delle descrizioni fisiche fatte da
Ranieri, da Paolina, sorella di quest'ultimo; Morelli vi lavorò per molto
tempo, a causa delle insistenze di Ranieri sui particolari, ma alla fine il
quadro venne ritenuto, dal Ranieri stesso e da altri testimoni, come il più
fedele e realistico dei ritratti di Leopardi, con l'aspetto che aveva verso la
fine della sua vita, soprattutto nei tratti del volto, oltre che il vestiario e
l'acconciatura che portava negli anni napoletani; i critici hanno però
argomentato che sia un ritratto comunque "idealizzato", in quanto
Morelli (quattordicenne nel 1837) non vide mai Leopardi dal vivo, ma solo nella
maschera mortuaria in gesso e nei ritratti eseguiti da altri.[88] Nel giugno
dello stesso anno si trasferì a Firenze, dove conobbe il gruppo di letterati
appartenenti al circolo Vieusseux tra i quali Gino Capponi,[89] Giovanni
Battista Niccolini (amico e corrispondente di Ugo Foscolo allora esiliato a
Londra[90]), Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo ed anche il Manzoni, che si
trovava a Firenze per rivedere dal punto di vista linguistico i suoi Promessi
Sposi. Divenne amico particolarmente del Colletta, ma fu in buoni rapporti
anche con Capponi e Manzoni, sebbene quest'ultimo non condividesse le idee di
Leopardi. Fu invece conflittuale il rapporto col Tommaseo, cattolico liberale,
ma fortemente avverso al razionalismo ed al materialismo, il quale giunse a
provare una forte avversione per Leopardi, attaccandolo ripetutamente su vari
giornali (anche se riconosceva l'abilità stilistica nella prosa); Tommaseo
arrivò a denigrare Leopardi per il suo aspetto fisico (cosa che farà, però solo
in lettere private rivolte ad altri, anche il Capponi stesso irritato per la
Palinodia[91]).Leopardi risponderà nel 1836 con un epigramma diretto contro
Tommaseo, oltre che nell'ottava strofa della detta Palinodia. Al marchese Gino
Capponi. Nel novembre del 1827 si recò a Pisa, dove rimase fino alla metà del
1828. Qui strinse un'affettuosa amicizia con la giovane cognata del padrone del
pensionato, Teresa Lucignani (1807-1897), a cui dedicò una breve lirica rimasta
a lungo inedita. Grazie all'inverno mite, la sua salute migliorò e Leopardi
tornò alla poesia, che taceva dal 1823 (con l'eccezione della poco riuscita
epistola in versi Al conte Carlo Pepoli e del Coro di lo studio di Federico
Ruysch contenuto nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie delle
Operette morali); compose la canzonetta in strofe metastasiane Il Risorgimento
e il canto A Silvia (figura forse ispirata, secondo i critici che si basano su
appunti dello Zibaldone e dichiarazioni del fratello Carlo[96], alla figlia del
cocchiere di Monaldo, morta giovane, Teresa Fattorini), inaugurando il periodo
creativo detto dei Canti "pisano-recanatesi", chiamati anche
"grandi idilli", in cui il poeta si cimenta nella cosiddetta canzone
libera o leopardiana, il cui primo sperimentatore era stato Alessandro Guidi,
dalla cui lettura ne era venuto a conoscenza.[97] «Vaghe stelle dell'orsa,
io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi» (Le ricordanze,
vv.1-2) Il periodo di benessere era finito ed il poeta, colpito nuovamente
dalle sofferenze e dall'aggravarsi del disturbo agli occhi, fu costretto a
sciogliere il contratto con Stella[98] e già durante l'estate del '28 si recò a
Firenze nella speranza di riuscire a vivere in modo indipendente. Chiese aiuto
ad alcuni amici: Tommasini,il più bello, gli propose una cattedra di
Mineralogia e Zoologia a Milano, ma il compenso era troppo basso e la materia
poco consona alle conoscenze di Leopardi; Bunsen gli offrì la possibilità di
una cattedra a Bonn o Berlino, ma il poeta dovette subito declinare l'invito,
poiché il clima tedesco era troppo rigido e freddo per la sua salute malferma.
Leopardi allora progettò di mantenersi con un lavoro qualsiasi, ma le sue
condizioni di salute non gli permisero nemmeno questo e fu quindi costretto a
ritornare a Recanati, dove rimase fino al 1830. In questi «sedici mesi di notte
orribile»[99] Leopardi si dedicò nuovamente alla poesia e scrisse alcune delle
sue liriche più importanti, tra cui Le ricordanze (la cui ultima parte è
dedicata ad una giovane recanatese morta poco prima, Maria Belardinelli, da
Leopardi chiamata Nerina), La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio,
Il passero solitario (forse su un abbozzo giovanile) e il Canto notturno di un
pastore errante dell'Asia.[100] Queste poesie, a lungo denominate dai critici
"grandi idilli" o anche "secondi idilli", sono ora
conosciute, insieme ad A Silvia anche come "canti pisano-recanatesi".
In questo periodo l'insofferenza per la
sua città natale, da lui definita "natio borgo selvaggio"[102],
aumenta, proporzionalmente all'avversione per i recanatesi (gente zotica, vil),
che lo ritenevano un intellettuale superbo, tanto che anche i ragazzini del
paese, secondo testimonianze postume, cantavano in sua presenza canzoncine
denigranti del tipo: "Gobbus esto / fammi un canestro, / fammelo cupo /
gobbo fottuto".[104] A Firenze dal 1830 al 1833 «Perì l'inganno
estremo, ch'eterno io mi credei.» (A se stesso, vv.2-3) Fanny
Targioni Tozzetti Intanto, nell'aprile del 1830, il Colletta, al quale il poeta
scriveva della sua vita infelice, gli offrì, grazie ad una sottoscrizione degli
"amici di Toscana",[105] l'opportunità di tornare a Firenze, dove il
27 dicembre 1831 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca[106]. Per
mantenersi accettò la sottoscrizione e progettò un giornale che avrebbe curato
quasi da solo, Lo spettatore fiorentino, ma che non realizzerà a causa della
burocrazia e del timore della censura. Nello stesso 1831 a Firenze curò
un'edizione dei "Canti", partecipò ai convegni dei liberali
fiorentini e strinse infine una salda amicizia col giovane esule napoletano
Antonio Ranieri, futuro senatore del Regno d'Italia, che durerà fino alla
morte. Nel 1831, grazie alla fama di personalità liberale, fu eletto deputato
dell'assemblea del governo provvisorio di Bologna (sorto dai moti del 1831), su
designazione del Pubblico Consiglio di Recanati, ma non fa in tempo ad
accettare la nomina (peraltro mai richiesta) che gli austriaci restaurano il
governo pontificio. I genitori decidono infine di concedergli un modesto
assegno mensile che gli permette di sopravvivere; Leopardi accetta ma,
reputandolo umiliante, decide di non tornare mai più a Recanati.[107] Risale
sempre a questo periodo la forte passione amorosa per Fanny Targioni Tozzetti
(terzo e ultimo amore secondo i biografi, dopo la Cassi Lazzari e la Malvezzi),
moglie del medico fiorentino Antonio Targioni Tozzetti e forse amante di
Ranieri, conclusasi in una delusione, che gli ispirò il cosiddetto "ciclo
di Aspasia", una raccolta di poesie scritte tra il 1831 e il 1835 e che
contiene: Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo (in cui l'amore è visto
ancora positivamente), la drammatica e scarna A se stesso e Aspasia. In questa
raccolta si manifestò il Leopardi più disilluso e disperato, orfano anche di
quella tristezza nostalgica degli Idilli, nella perdita dell'ultima illusione
che gli era rimasta, quella dell'amore (l'inganno estremo).[108] Aspasia,
seppur piena di rancore e sarcasmo contro Fanny, è considerata l'unica poesia
d'amore (seppur per un amore ormai finito) scritta per una donna che egli
frequentò realmente e intimamente, anche se solo in maniera romantica e
intellettiva (per parte di lui; lei lo descrisse sempre come un amico e dopo la
morte come una persona "disgraziata" a cui non voleva dare alcuna
illusione); tuttavia nei primi versi, contenenti la descrizione fisica e caratteriale
della Targioni, presentata come una "donna fatale", si nota anche una
tensione erotica molto rara in Leopardi, il quale ribadisce ripetutamente il
fascino esteriore esercitato dalla nobildonna. L'identificazione della donna
con l'Aspasia poetica è data, più che dalle lettere di Leopardi, dalle
affermazioni di Ranieri nei Sette anni di sodalizio e da alcune lettere tra lui
e la Targioni Tozzetti. Tuttavia, se Aspasia accenna anche a toni polemici e
misogini, in cui Leopardi si dice felice di essersi perlomeno liberato della
dipendenza affettiva verso l'amica, che descrive quasi come un servilismo
morale di cui si vergogna, un "giogo" ormai spezzato[112], in una
lettera a Fanny dei primi tempi si scorgono invece le riflessioni sull'amore e
la morte del periodo, che trovano l'esatta corrispondenza con alcuni versi di
Consalvo e con Amore e morte: «E pure certamente l'amore e la morte sono le
sole cose belle che ha il mondo, e le sole solissime degne di essere
desiderate. Pensiamo, se l'amore fa l'uomo infelice, che faranno le altre cose
che non sono né belle né degne dell'uomo. Ranieri da Bologna mi aveva chiesto
più volte le vostre nuove: gli spedii la vostra letterina subito ierlaltro.
Addio, bella e graziosa Fanny. Appena ardisco pregarvi di comandarmi, sapendo
che non posso nulla. Ma se, come si dice, il desiderio e la volontà danno
valore, potete stimarmi attissimo ad ubbidirvi. Ricordatemi alle bambine, e
credetemi sempre vostro.» (Lettera da Roma, 6 agosto 1832) «Due cose
belle ha il mondo: / amore e morte. All'una il ciel mi guida / in sul fior
dell'età; nell'altro, assai / fortunato mi tengo.» (Consalvo, vv. 102) Lo
spostamento del Consalvo nei Canti molto precedenti al ciclo, avvenuto
dall'edizione napoletana, ha fatto pensare che il personaggio di Elvira sia
ispirato anche a Teresa Carniani Malvezzi e non solo a Fanny.[113][114] Per
circa 4 anni frequenta molto spesso casa Targioni, cercando di avvicinarsi alla
padrona di casa procurandole moltissimi autografi di scrittori e personaggi
famosi, che lei collezionava. In questo periodo Leopardi diviene amico anche
della contessa Carlotta Lenzoni de' Medici di Ottajano, affascinata dalla
grandezza intellettuale del poeta e conosciuta nel 1827, ma poi se ne
allontanò. Secondo un'opinione minoritaria, la donna descritta negativamente
come Aspasia sarebbe stata la Lenzoni.[116] Nell'autunno del 1831 si recò
a Roma con Ranieri per ritornare a Firenze nel 1832 e nel corso di questo anno
scrisse i due ultimi dialoghi delle "Operette", Il Dialogo di un
venditore d'almanacchi e di un passeggere e il Dialogo di Tristano e di un
amico.[117] Continuò a corrispondere epistolarmente per un periodo con la
Targioni Tozzetti, seppure in maniera più fredda e distaccata. Quando
Ranieri tornò a Napoli, tra i due iniziò una fitta corrispondenza che ha fatto
a taluni ritenere che tra Leopardi e Ranieri vi fosse un rapporto amoroso. Pietro
Citati però precisa che si sarebbe trattato di un semplice e intenso affetto
"platonico" assai diffuso nel XIX secolo, senza traccia di omosessualità,
come quello rivolto a suo tempo al Giordani.[124] In una di queste lettere il
poeta scrive a Ranieri: Antonio Ranieri, tra gli anni '40 e '60
«Ranieri mio, tu non mi abbandonerai però mai, né ti raffredderai nell'amarmi.
Io non voglio che tu ti sacrifichi per me, anzi desidero ardentemente che tu
provvegga prima d'ogni cosa al tuo benessere; ma qualunque partito tu pigli, tu
disporrai le cose in modo che noi viviamo l'uno per l'altro, o almeno io per
te, sola ed ultima mia speranza. Addio, anima mia. Ti stringo al mio cuore, che
in ogni evento possibile e non possibile, sarà eternamente tuo.[125]» Nel
settembre del 1833 Leopardi, dopo aver ottenuto il modesto assegno dalla
famiglia, partì per Napoli con Ranieri sperando che il clima mite di quella
città potesse giovare alla sua salute. Sugli anni a Napoli, Antonio Ranieri
dichiarò: «Quivi Leopardi, mentre che io, lasciatone il mio antico letto,
dormiva in una camera non mia (cosa che, nelle consuetudini del paese, massime
in quei tempi, toccava quasi lo scandalo), per dormire accanto a lui, ebbe, una
notte, la strana allucinazione, che la signora di casa avesse fatto disegno
sopra una sua cassetta, nella quale egli non riponeva mai altro che non
nettissimi arnesi da ravviare i capelli, e le cesoie [...][126]» Pare
infatti che la padrona di casa volesse cacciarli, per timore che Leopardi fosse
portatore di tubercolosi polmonare infettiva e lui stesso sosteneva, invece,
che la donna volesse rubargli oggetti di sua proprietà, mentre Ranieri credeva
che soffrisse di paranoie, e non ci faceva caso. Nell'aprile 1834 Leopardi
ricevette visita da August von Platen, che nel suo diario scrisse: (DE)
«Leopardi ist klein und bucklicht, sein Gesicht bleich und leidend er den Tag
zur Nacht macht und umgekehrt führt er allerdings ein trauriges Leben. Bei
näherer Bekanntschaft verschwindet jedoch alles [...] die Feinheit seiner
klassischen Bildung und das Gemütliche seines Wesens nehmen für ihn
ein.[128]» «Leopardi è piccolo e gobbo, il viso ha pallido e sofferente fa
del giorno notte e viceversa conduce una delle più miserevoli vite che si
possano immaginare. Tuttavia, conoscendolo più da vicino [...] la finezza della
sua educazione classica e la cordialità del suo fare dispongon l'animo in suo
favore.[130]» Busto del poeta presente a Villa Doria d'Angri
Intanto le Operette morali subirono una nuova censura da parte delle autorità
borboniche, a cui seguirà la messa all'Indice dei libri proibiti dopo la
censura pontificia, a causa delle idee materialiste esposte in alcuni
"dialoghi". Leopardi così ne parlava in una lettera a Luigi De
Sinner: «La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui e in tutto il
mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente
tutto». Durante gli anni trascorsi a Napoli si dedicò alla stesura dei
Pensieri, che raccolse probabilmente tra il 1831 e il 1835 riprendendo molti
appunti già scritti nello Zibaldone, e riprese i Paralipomeni della
Batracomiomachia che, iniziati nel 1831, aveva interrotto. A quest'ultima opera
lavorò, assistito dal Ranieri, fino agli ultimi giorni di vita. Di quest'opera
incompiuta, in ottave, ampiamente influenzata sia dallo pseudo Omero della
Batracomiomachia, (che già Leopardi aveva tradotta in gioventù, e di cui
continua la trama) che dal poema Gli animali parlanti di Giovanni Battista
Casti, rimane autografo il solo primo canto. Ranieri affermò sempre che gli
altri, di sua mano, furono scritti sotto dettatura del Leopardi. Le ultime
ottave sarebbero state dettate da Leopardi morente poco dopo aver terminato
l'ultima poesia, Il tramonto della luna. Qualche dubbio può nascere, se si
pensa che Ranieri investì soldi dopo la morte del poeta per farli pubblicare
come autentici, con poco successo finanziario. Nel 1836, quando a Napoli scoppiò
l'epidemia di colera, Leopardi si recò con Ranieri e la sorella di questi,
Paolina, nella Villa Ferrigni a Torre del Greco, dove rimase dall'estate di
quell'anno al febbraio del 1837 e dove scrisse La ginestra o il fiore del
deserto. Paolina Ranieri assisterà, personalmente e con profondo affetto,
Leopardi nei suoi ultimi anni, all'aggravamento delle sue condizioni
fisiche.[133][134] Paolina (1817-1878) fu «l'unica donna che lo amò, sebbene si
trattasse di un amore fraterno».[135] A Napoli Leopardi lavora
incessantemente, nonostante la salute in peggioramento, componendo varie
liriche e satire; non segue le raccomandazioni dei medici, e conduce una vita
abbastanza sregolata per una persona dalla salute fragile come la sua: dorme di
giorno, si alza al pomeriggio e sta sveglio la notte, mangia molti dolci
(particolarmente sorbetti e gelati), talvolta frequenta la mensa pubblica
(anche durante il periodo del colera) e beve moltissimi caffè. La morte
Leopardi sul letto di morte, 1837, ritratto a matita di Tito Angelini,
anch'esso simile alla maschera mortuaria e quindi molto realistico e verosimile
In Campania egli compose gli ultimi Canti La ginestra o il fiore del deserto
(il suo testamento poetico, nel quale si coglie l'invocazione ad una fraterna
solidarietà contro l'oppressione della natura) e Il tramonto della luna
(compiuto solo poche ore prima di morire). Progettava anche di tornare a
Recanati, per vedere il padre, o partire per la Francia.[138] Leopardi aveva
infatti intenzione di riconciliarsi umanamente col padre di persona (il tono
delle lettere a Monaldo diventa molto affettuoso negli ultimi tempi, dal
formale e nobiliare "signor padre" e al voi delle lettere giovanili
passa all'incipit "carissimo papà" e al tu). In questo periodo
cominciò ad ignorare le prescrizioni, pensando che non potesse comunque
decidere il suo destino. In una lettera al conte Leopardi, una delle ultime di
Giacomo, il poeta avverte la morte come imminente e spera che avvenga, non
sopportando più i suoi mali.[139] Nel febbraio del 1837 ritornò a Napoli
con Ranieri e la sorella, ma le sue condizioni si aggravarono verso maggio,
anche se non in modo tale da far sospettare ai medici o a Ranieri il reale
stato di salute. Il 14 giugno di quell'anno, Leopardi si sentì male al
termine di un pranzo (che abitualmente consumava all'inconsueto orario delle
17); quel mattino, aveva mangiato circa un chilo e mezzo di confetti cannellini
comprati da Paolina Ranieri in occasione dell'onomastico di Antonio e bevuto
una cioccolata, poi una minestra calda e una limonata (o granita fredda) verso
sera. Fu colpito da malore poco prima di
partire per Villa Carafa d'Andria Ferrigni, come era stato programmato, e
nonostante l'intervento del medico l'asma peggiorò e poche ore dopo il poeta
morì.[141] Secondo la testimonianza di Antonio Ranieri, Leopardi si spense alle
ore 21 fra le sue braccia. Le sue ultime parole furono "Addio, Totonno, non
veggo più luce". La morte fu dichiarata all'ufficio dello stato civile il
giorno successivo da Giuseppe e Lucio Ranieri, i quali fecero registrare
l'indirizzo del decesso (vico Pero 2, nel territorio della parrocchia della SS.
Annunziata a Fonseca) e indicarono che il fatto era avvenuto "alle ore
venti". Tre giorni dopo il decesso, Antonio Ranieri pubblicò un necrologio
sul giornale Il Progresso. La morte del poeta è stata analizzata da studiosi di
medicina già a partire dall'inizio del XX secolo. Molte sono state le ipotesi,
dalla più accreditata, pericardite acuta con conseguente scompenso, oppure
scompenso cardiorespiratorio dovuto a cuore polmonare e cardiomiopatia, seguite
a problemi polmonari e reumatici cronici, a quelle più fantasiose[146], fino al
colera stesso.Nessuna delle tesi alternative, tuttavia, è riuscita a smentire
il referto ufficiale, diffuso dall'amico Antonio Ranieri: idropisia polmonare
("idropisia di cuore" o idropericardio), il che è comunque
verosimile, dati i suoi problemi respiratori, dovuti alla deformazione della
colonna vertebrale; è anche possibile che l'edema fosse una delle conseguenze
dei problemi cronici di cui soffriva, e che la causa principale fosse un
problema cardiaco, forse accelerata da una forma fulminante di colera che
avrebbe ucciso il debilitato Leopardi (che notoriamente soffriva di disturbi
cronici all'apparato gastrointestinale, i quali potevano mascherare la
gastroenterite colerosa) in poche ore. Leopardi era morto all'età di quasi 39
anni, in un periodo in cui il colera stava colpendo la città di Napoli. Grazie
ad Antonio Ranieri, che fece interessare della questione il ministro di
Polizia, le sue spogliequesta la versione accettata dalla maggioranza dei
biografinon furono gettate in una fossa comune, come le severe norme igieniche
richiedevano a causa dell'epidemia, ma inumate nella cripta e poi, dopo una
breve riesumazione alla presenza di Ranieri che volle anche aprire la cassa, nell'atrio
della chiesa di San Vitale Martire (oggi Chiesa del Buon Pastore), sulla via di
Pozzuoli presso Fuorigrotta. La lapide, spostata poi con la tomba, fu dettata
da Pietro Giordani: «Al conte Giacomo Leopardi recanatese filologo
ammirato fuori d'Italia scrittore di filosofia e di poesie altissimo da
paragonare solamente coi greci che finì di XXXIX anni la vita per continue
malattie miserissima fece Antonio Ranieri per sette anni fino all'estrema ora
congiunto all'amico adorato MDCCCXXXVII» Il ministro avrebbe accettato la
richiesta del Ranieri solo dopo che un chirurgo, non il medico curante
Mannella, ebbe eseguita una sorta di sommaria autopsia per poter dichiarare che
la morte non fu dovuta a colera. In realtà fin dall'inizio il racconto di
Ranieri era apparso pieno di contraddizioni e molti furono i dubbi che
avvolsero quanto egli aveva dichiarato, anche perché le sue versioni furono
molte e diverse a seconda dell'interlocutore, facendo sospettare che il corpo
del poeta fosse finito nelle fosse comuni del cimitero delle Fontanelle, o in
quello dei colerosi (o nell'attiguo cimitero delle 366 Fosse), destinati in
quel periodo ai morti per colera o per altre cause, come attesta il registro
delle sepolture della chiesa della SS. Annunziata a Fonseca di Napoli
(riportante la dicitura "cimitero dei colerosi" e "sepolto
id.") o addirittura occultate nella casa di vico Pero, e che Ranieri
avesse inscenato, per un motivo recondito, un funerale a bara vuota, con la
partecipazione dei suoi fratelli, del chirurgo e di un parroco compiacente a
cui avrebbe regalato dei pesci freschi. La lapide originale,
traslata nel parco Vergiliano Comunque, Ranieri continuò ad affermare che le
ossa erano nell'atrio della chiesa di S. Vitale e che il certificato
d'inumazione fosse un falso redatto dal parroco su richiesta del ministro di
Polizia, onde aggirare la legge sulle sepolture in tempo di epidemia. Nel 1898
avvenne una prima ricognizione; secondo il senatore Mariotti, smentito da
altri, durante i lavori di restauro di alcuni anni prima, un muratore ruppe
inavvertitamente la cassa, danneggiata dalla troppa umidità, frantumando le
ossa e provocando la perdita di parte dei resti contenuti, forse gettati nell'ossario
comune o addirittura con i calcinacci, mescolando i resti con altre ossa. La
tomba di Leopardi (Parco Vergiliano a Piedigrotta o Parco della Tomba di
Virgilio, Napoli) Il 21 luglio 1900, alla presenza dei rappresentanti regi e
del comune di Napoli, venne effettuata la ricognizione ufficiale delle spoglie
del recanatese e nella cassa (in realtà un mobile adattato allo scopo
clandestino dai fratelli Ranieri), troppo piccola per contenere lo scheletro di
un uomo con doppia gibbosità, vennero rinvenuti soltanto frammenti d'ossa (tra
cui residui delle costole, delle vertebre recanti segni di deformità, e un
femore sinistro intero, forse troppo lungo per una persona di bassa statura, e
un altro femore a pezzi), una tavola di legno (con cui gli operai avevano
tentato di riparare il danno alla cassa), una scarpa col tacco e alcuni
stracci, mentre nessuna traccia vi era del cranio e del resto dello scheletro,
per cui in seguito si arrivò anche a formulare la teoria di un suo trafugamento
da parte di studiosi lombrosiani di frenologia amici del Ranieri. Nonostante i
dubbi, la questione venne ben presto chiusa; secondo l'incaricato professor
Zuccarelli, era plausibile che quelli fossero parte dei resti di Leopardi. Il
medico parla esplicitamente di aver rinvenuto una parte di rachide e una di
sterno entrambe deviate. Alcuni, pur pensando ad un'effettiva morte per colera,
credettero comunque che Ranieri fosse riuscito davvero nell'intento di salvare
il corpo dalla fossa comune corrompendo, se non il ministro, perlomeno dei
funzionari incaricati. La scarpa ritrovata, o quello che ne rimaneva, venne poi
acquistata dal tenore Beniamino Gigli, concittadino di Leopardi, e donata alla
città di Recanati.Dopo vari tentativi di traslare i presunti resti a Recanati o
a Firenze nella basilica di Santa Croce accanto a quelli di grandi italiani del
passato, nel 1939 la cassa, per volontà di Benito Mussolini che esaudì una
richiesta dell'Accademia d'Italia, venne con regio decreto di Vittorio Emanuele
III che ne stabiliva l'identificazione, riesumata di nuovo e spostata al Parco
Vergiliano a Piedigrotta (altrimenti detto Parco della tomba di Virgilio) nel
quartiere Mergellinail luogo fu dichiarato monumento nazionaledove tuttora
sorge appunto il secondo sepolcro del poeta, eretto quello stesso anno; nei
pressi venne traslata anche la lapide originale, mentre parte del monumento
venne portata a Recanati. Questa versione è quella sostenuta ufficialmente dal
Centro Nazionale Studi Leopardiani. Nel 2004 venne anche chiesta (da parte dello
studioso leonardiano Silvano Vinceti, che si è occupato anche della
riesumazione e identificazione dei resti di Caravaggio, Boiardo, Pico della
Mirandola e Monna Lisa) la terza riesumazione, onde verificare se quei pochi
resti fossero davvero di Leopardi tramite l'esame del DNA e del mtDNA,
comparato con quello degli attuali eredi dei conti Leopardi (Vanni Leopardi e
la figlia Olimpia, discendenti diretti del fratello minore del poeta
Pierfrancesco) e dei marchesi Antici, ma la richiesta fu respinta, sia dalla
Soprintendenza sia dalla famiglia Leopardi (tramite la contessa Anna del
Pero-Leopardi, vedova del conte Pierfrancesco "Franco" Leopardi e
madre di Vanni). La posizione ufficiale della famiglia Leopardi (esplicitata
dal 1898 in poi) e della Fondazione Casa Leopardi da loro presieduta
(presidente fino al conte Vanni
Leopardi) è invece che i resti nel parco Vergiliano non siano comunque del
poeta e Ranieri abbia mentito, che il corpo si trovi alle Fontanelle e che
quindi la riesumazione sia inutile, occorrendo altresì rispettare la tomba-cenotafio
lì situata. Un altro membro della famiglia, chiamato anche lui Pierfrancesco,
si è invece detto disponibile. Tale esame non è stato finora
autorizzato. «Cantare il dolore fu per lui rimedio al dolore, cantare la
disperazione salvezza dalla disperazione, cantare l'infelicità fu per lui, e
non per gioco di parole, l'unica felicità. n quei canti veramente divini il
Leopardi trasformò l'angoscia in contemplativa dolcezza, il lamento in musica
soave, il rimpianto dei giorni morti in visioni di splendore.» (Giovanni
Papini, Felicità di Giacomo Leopardi) Il pensiero di Leopardi è caratterizzato,
attraverso le fasi del suo pessimismo, dall'ambivalenza tra l'aspetto
lirico-ascetico della sua poetica, che lo spinge a credere nelle «illusioni» e
lusinghe della natura, e la razionalità speculativo-teorica presente nelle sue
riflessioni filosofiche, che invece considera vane quelle illusioni, negando ad
esse qualunque contenuto ontologico. La contraddizione tra anelito alla vita e
disillusione, tra sentimento e ragione, tra «filosofia del sì» e «filosofia del
no», era del resto ben presente allo
stesso Leopardi, il quale, secondo Karl Vossler, si adoperò costantemente per
ricomporle, non rassegnandosi mai allo scetticismo, convinto che la vera
filosofia dovesse in ogni caso mantenere i legami con l'immaginazione e la
poesia. Come ha rilevato De Sanctis: «Leopardi non crede al progresso, e
te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni
l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto.
[...] È scettico e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men
triste per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e
t'infiamma a nobili fatti.» (Francesco De Sanctis, Schopenhauer e
Leopardi,Luoghi leopardiani A Recanati Targa della piazzuola del Sabato
del Villaggio Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta. Tuttora il palazzo
è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle
forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII
secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce
oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli ed antichi volumi, raccolti dal padre
del poeta, Monaldo Leopardi. Piazzuola del Sabato del Villaggio: sulla quale si
affaccia Palazzo Leopardi. Ivi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa
Maria in Montemorello, nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi
nel 1798. Colle dell'Infinito: è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un
panorama vastissimo verso le montagne e che ispirò l'omonima poesia composta
dal poeta a soli 21 anni. All'interno del parco si trova il Centro Mondiale
della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e
manifestazioni culturali. Il Colle dell'Infinito è diventato un Bene del Fai
aperto a tutti. Palazzo Antici-Mattei:
casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee semplici
ed eleganti con iscrizioni in latino. Torre del Passero Solitario: nel cortile
del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, decapitata da un fulmine e
resa celebre dalla poesia Il passero solitario. Chiesa di San Leopardo (XIX
secolo): venne fatta edificare dalla famiglia Leopardi insieme e nei pressi
della villa affidando la progettazione all'architetto Gaetano Koch. La cripta,
a cui si accede esternamente, è la tomba gentilizia della famiglia Leopardi.
Chiesa di Santa Maria di Varano (XV secolo): costruita nel 1450 per i Minori Osservanti
insieme al Convento annesso, dal 1873, cacciati i frati e abbattuti due lati
del convento, l'orto divenne quello che ancora è il civico cimitero di
Recanati. Vi si conserva ancora il pozzo di San Giacomo della Marca ed
affreschi nelle lunette del portico. All'interno è la tomba di famiglia dei
Leopardi ove sono sepolti Monaldo e Paolina, Altrove Spoleto, Albergo della
Posta (corso Garibaldi), Palazzo Antici
Mattei (Roma, via Michelangelo Caetani), dove fu ospite.Roma, tomba del Tasso
in Sant'Onofrio al Gianicolo, "uno dei posti più belli della terra, in
mezzo agli aranci e ai lecci". Bologna ("ospitalissima"),
convento di San Francesco (piazza Malpighi), primo soggiorno bolognese. Casa
dell'editore Anton Fortunato Stella, vicino al Teatro alla Scala a Milano
("veramente insociale") (Casa Badini, vicino al teatro del Corso
(oggi via Santo Stefano, 33) a Bologna ("tutto è bello, e niente
magnifico"). Locanda della Pace, via del Corso, a Bologna, Ravenna
("qui si vive quietissimi"), ospite del marchese Antonio Cavalli.
Firenze, "sporchissima e fetidissima città", Locanda della Fonte, nei
pressi del mercato del grano e di Palazzo Vecchio Targa sull'ultimo domicilio
di Leopardi a Napoli Casa delle sorelle Busdraghi, via del Fosso (oggi via
Verdi), Firenze. Palazzo Buondelmonti, abitazione di Giovan Pietro Vieusseux, a
Firenze. Pisa ("una beatitudine"), via Fagiuoli (casa Soderini), 9
novembre 1827-8 giugno 1828. Il Lungarno pisano ("spettacolo così ampio,
così magnifico, così gaio, così ridente, che innamora"). "Una certa
strada deliziosa" da lui battezzata "Via delle Rimembranze",
dove va a passeggiare a Pisa (lettera a Paolina Leopardi del 25 febbraio 1828).
Levane, Camucia e Perugia, novembre 1828, di passaggio. Roma ("città
oziosa, dissipata, senza metodo"), via dei Condotti 81 ("spendo qui
un abisso"), con Antonio Ranieri, da ottobre 1831 a marzo 1832. Napoli,
piazza Ferdinando; poi Strada nuova di Santa Maria Ognibene (casa Cammarota);
poi vico Pero (tre appartamenti affittati con Ranieri e la sorella di lui
Paolina). Villa Ferrigni, detta villa delle Ginestre, a Torre del Greco, alle
pendici dello "sterminator Vesevo".[175] Opere Magnifying glass
icon mgx2.svg Opere di Giacomo Leopardi. Copertina della prima edizione
dello Zibaldone di pensieri Opere in prosa Epistolario Di Giacomo Leopardi ci
sono rimaste oltre novecento lettere, composte nell'arco di una vita e
indirizzate a circa cento destinatari, tra amici e familiari (soprattutto al
padre e al fratello Carlo). L'intero corpus epistolare di Leopardi è raccolto
dall'Epistolario, che malgrado le origini si può leggere come un'opera
autonoma: questa raccolta di prose private, infatti, costituisce un
fondamentale documento non solo per seguire le vicende biografiche del poeta,
ma anche per comprendere l'evoluzione del suo pensiero, dei suoi stati d'animo
e delle sue riflessioni culturali.[176] Gli interventi nel dibattito
classico-romantico Nel 1816 il giovane Leopardi prese parte all'acceso
dibattito culturale innescato dalla pubblicazione del saggio Sulla maniera e
utilità delle traduzioni di Madame de Staël: questa polemica vide schierarsi da
una parte i difensori del classicismo, quali Pietro Giordani, e dall'altra i
sostenitori della nuova poetica romantica. Leopardi, amico del Giordani,
si allineò alle tesi classiciste, mettendo per iscritto il proprio pensiero
nella Lettera ai compositori della Biblioteca italiana (1816) e nel Discorso di
un italiano intorno alla poesia romantica, rimasti entrambi inediti sino al
1906. Nella prima Leopardi, pur riconoscendo la bontà dell'intervento
dell'autrice ginevrina, assume una posizione contraria alle istanze della
lettera, nella quale si invitava il popolo italiano ad aprirsi alle nuove
letterature europee. Secondo il poeta di Recanati, infatti, si tratta di un
«vanissimo consiglio», essendo la letteratura italiana quella più vicina alle
uniche letterature universalmente valide, ovvero quella greca e quella latina.
Nel Discorso, invece, Leopardi approfondì la sua riflessione poetica in merito
al dibattito, introducendo temi che poi diverranno centrali della poesia
leopardiana, come l'opposizione tra i concetti di «natura» e
«civilizzazione».[176] Zibaldone Lo Zibaldone di pensieri è una raccolta
di 4526 pagine autografe compilate dal luglio 1817 al dicembre 1832, nelle
quali Leopardi depositò ragionamenti e brevi scritti sugli argomenti più vari.
Inizialmente l'opera non era dotata dell'organicità di un testo letterario,
essendo semplicemente il frutto di una scrittura immediata, di getto: Leopardi
iniziò a datare i singoli testi solo a partire dal 1820, così da orientarsi
agevolmente nel mare magnum di appunti (da lui definiti un «immenso
scartafaccio»), arrivando perfino a stilare due indici (nel 1824 e nel
1827).[176] Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani
Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, composto a
Recanati tra la primavera e l’estate del 1824 e rimasto inedito fino al 1906, è
un breve trattato filosofico dove Leopardi analizza le peculiarità che contraddistinguono
la società italiana, e le compara con il carattere, la mentalità e la moralità
delle altre nazioni d'Europa. Alla fine dell'opera Leopardi giunge all'amara
conclusione che l'Italia, dilaniata da un esasperato individualismo, è troppo
poco civile per godere dei benefici del progresso (come in Francia, Germania ed
Inghilterra), ma troppo civile per godere dei benefici dello «stato di natura»,
come accadeva nelle nazioni meno sviluppate, quali Portogallo, Spagna e
Russia.[177] Operette morali Secondo manoscritto autografo
dell'Infinito Le Operette morali, per usare le parole dello stesso poeta, sono
un «libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci malinconici»: è ancora
Leopardi a descrivere la propria opera in una lettera del 1826 indirizzata
all'editore Stella, sottolineando «quel tuono ironico che regna in esse» e
specificando che Timandro ed Eleandro sono «una specie di prefazione, ed
un’apologia dell’opera contro i filosofi moderni». Le Operette, oggi
considerate la più alta espressione del pensiero leopardiano, racchiudono
l'essenza del pessimismo del poeta, trattando argomenti quali la condizione
esistenziale dell'uomo, la tristezza, la gloria, la morte e l'indifferenza
della Natura.[178] Le opere poetiche I Canti I Canti, considerati il
capolavoro di Leopardi, racchiudono trentasei liriche composte da Leopardi. Tra
i componimenti poetici inclusi nei Canti ricordiamo Sopra il monumento di
Dante, l'Ultimo canto di Saffo, Il passero solitario, La sera del dì di festa,
Alla luna, A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il
sabato del villaggio, La ginestra e infine L'infinito, uno dei testi più
rappresentativi della poetica leopardiana. Le ultime opere Durante gli
anni napoletani Leopardi scrisse due opere, i Paralipomeni della
Batracomiomachia e I nuovi credenti. Il primo è un poemetto in ottave con
protagonisti animali: «Paralipomeni», infatti, significa «continuazione» mentre
«Batracomiomachia» è «battaglia dei topi e delle rane», ovvero un'opera
pseudoomerica che Leopardi aveva tradotto in gioventù. Dietro la finzione
comica Leopardi qui stigmatizza il fallimento dei moti rivoluzionari napoletani
del 1820-21: i topi infatti, simboleggiano i liberali, generosi ma velleitari,
mentre le rane sono i conservatori papalini, che non esitano a chiamare a sé i
granchi-austriaci, feroci e stupidi. nuovi credenti, invece, sono un capitolo
satirico in terza rima composto nel 1835 dove Leopardi esprime una spietata
satira contro gli esponenti dello spiritualismo napoletano, dei quali condanna
la religiosità di facciata e lo sciocco ottimismo. Parole d'autore A Giacomo
Leopardi si devono numerosi neologismi divenuti patrimonio diffuso (perlomeno
in un linguaggio colto e sorvegliato), come "erompere",
"fratricida", "improbo", "incombere",Al suo
tempo, questa vena creativa di Leopardi non fu apprezzata e fu oggetto degli
strali di un atteggiamento purista che opponeva resistenze all'adozione, e
all'accoglimento nei lessici, di neologismi d'uso forgiati in epoca successiva
all'«aureo Trecento» In un caso, un frutto della sua creatività,
"procombere", gli guadagnò accuse postume mossegli da Niccolò
Tommaseo[180], coautore del Dizionario della lingua italiana. Poesia e
musica A sé stesso, romanza, versi di Giacomo Leopardi, musica di Francesco
Paolo Frontini, Milano, Edizioni Ricordi.Coro di morti, versi di G. Leopardi
(dal Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, Operette morali), musica di
Goffredo Petrassi, per coro e strumenti, 1940-1941 Tre liriche di Goffredo
Petrassi, per baritono e pianoforte, testi di Leopardi, Foscolo e Montale,
1944. Epistolario Magnifying glass icon mgx2.svg Epistolario di Giacomo
Leopardi. Leopardi nell'immaginario collettivo Il fatto che l'opera di Leopardi
sia stata e sia ogni anno oggetto dello studio di migliaia di studenti ha
determinato (come per Dante) che molte locuzioni delle sue opere siano divenute
d'uso corrente. Fra le principali: studio matto e disperatissimo ... (in:
lettera a Pietro Giordani del 2 marzo 1818 e Zibaldone di pensieri); passata è
la tempesta ... (in: La quiete dopo la tempesta, 1829); che fai tu, luna, in
ciel? dimmi, che fai ... (in: Canto notturno di un pastore errante dell'Asia,
1829-1930); natio borgo selvaggio ... (in: Le ricordanze); la donzelletta vien
dalla campagna ... (in: Il sabato del villaggio); godi, fanciullo mio; stato
soave ... (in: Il sabato del villaggio , 1829); ...e naufragar m'è dolce in
questo mare (in: L'infinito). T ra il 1994 e il 1998 il pittore e scultore
maceratese Valeriano Trubbiani realizzò una serie di 12 pirografie sul tema
Viaggi e transiti, dedicata ai viaggi del poeta nelle varie città della
penisola: Recanati (2), Macerata (2), Roma, Bologna, Pisa, Firenze, Milano,
Napoli (3). Tali opere[181] sono esposte nel CARTCentro permanente per la
Documentazione dell'Arte Contemporanea[182] di Falconara Marittima, che
conserva anche altre opere di Trubbiani dedicate a Leopardi: 10 disegni
originali realizzati dal 1971 al 1987 sul tema "Leopardi figurativo",
8 incisioni a colori, una scultura del 1990 in rame, bronzo e argento con il
Poeta pensoso in osservazione di un gregge di pecore (“Move la greggia oltre
pel campo e vede greggi”, ispirata al Canto notturno di un pastore errante
dell'Asia, un'installazione scultorea sulla Batracomiomachia ("battaglia
dei topi e delle rane") ispirata ai Paralipomeni della Batracomiomachia
leopardiani. L'ispirazione prodotta in Trubbiani dall'opera leopardiana è
raccontata dall'artista nel breve documentario "Le Marche di
Leopardi"[183], patrocinato dalla Regione Marche. Leopardi nella
musica pop italiana Leopardi è citato nella Canzone per Piero di Francesco
Guccini e in Stai bene lì di Renato Zero; i suoi versi sono citati anche nei
titoli di Canto notturno (di un pastore errante dell'aria) e Il cielo capovolto
(ultimo canto di Saffo), entrambe di Roberto Vecchioni. Giorgio Gaber,
nella canzone "Benvenuto il luogo dove", contenuto nell'album
"Gaber" del 1984, dedicata all'Italia, parla della penisola come il
luogo "dove i poeti sono nati tutti a Recanati"[184]. Opere
cinematografiche su Leopardi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un
passeggiere[185] (1954), cortometraggio di Ermanno Olmi[186][187]; Pisa, donne
e Leopardi (), mediometraggio di Roberto Merlino. Leopardi è interpretato da
Orazio Cioffi; Il giovane favoloso, film di Mario Martone. Leopardi è
interpretato da Elio Germano[188]. Vari brani del film sono presenti nel
programma televisivo"Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo
Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia"; "Le
Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro Scilitani,
patrocinato dalla Regione Marche. Video in rete su Leopardi "Leopardi, il
rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva
"Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio
Villari[190]; "Giacomo Leopardi e l`importanza di Recanati", per Rai
Storia, vita e opere di Giacomo Leopardi nel commento del critico teatrale
Guido Davico Bonino. L’attore Umberto Ceriani legge: L'infinito, La sera del dì
di festa, Alla luna, La vita solitaria[191]; "Ecco il vero Colle
dell'Infinito descritto da Giacomo Leopardi"[192]: Francesco Guzzini del
Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta compiva per recarsi
dalla propria abitazione al punto di osservazione del paesaggio che gli ispirò
L'infinito; "Marche, le scoprirai all'infinito", spot turistico della
Regione Marche con il noto attore statunitense Dustin Hoffman che tenta di
recitare in italiano L'infinito. Regia di Giampiero Solari; "A casa di
Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla contessa Olimpia
Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati; "Un Leopardi
inedito" raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di
"Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado
Augias su Rai 3[195]; "L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti
la vita", intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo omonimo
libro e spettacolo teatrale. Inoltre, sono pubblicate in rete numerose
letture/interpretazioni dei principali canti leopardiani da parte dei più
importanti attori italiani. Fra questi si possono ascoltare: Vittorio
Gassman: L'infinito, A Silvia, La sera del dì di festa, Amore e Morte, La
quiete dopo la tempest, A se stesso; Carmelo Bene: L'infinito, Passero solitario,
La ginestra (o Il fiore del deserto) Alla luna,
La sera del dì di festa, Il sabato del villaggio, Le ricordanze, Canto
notturno di un pastore errante dell'Asia[210], Inno ad Arimane, Amore e Morte;
Arnoldo Foà: L'infinito, Passero solitario, A Silvia[217], Il sabato del
villaggio, La sera del dì di festa, Canto notturno di un pastore errante
dell'Asia, Le ricordanze, La ginestra (o Il fiore del deserto), Il tramonto
della luna[223], All'Italia[224], Alla luna[225]; Giorgio Albertazzi:
L'infinito[226]; Nando Gazzolo: L'infinito; Gabriele Lavia: L'infinito, Lavia dice Leopardi; Alberto Lupo: Ultimo
canto di Saffo; Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone:
L'infinito[231], parte de La ginestra (o Il fiore del deserto) la prima parte
de La sera del dì di festa[233], un brano di Amore e Morte[234], l'ultima parte
di Aspasia. Leopardi "testimonial" della Regione Marche La Regione
Marche, dopo aver più volte utilizzato l'immagine del poeta recanatese per la
promozione turistica del proprio territorio ed anche della propria offerta
enologica, nel 2009 commissionò una discussa campagna pubblicitaria attraverso
un video, per la regia di Giampiero Solari, trasmesso sui principali canali
televisivi italiani ed anche esteri, con protagonista il noto attore
statunitense Dustin Hoffman[236], già conoscitore delle Marche per aver
interpretato nel 1972 ad Ascoli Piceno il film di Pietro Germi "Alfredo,
Alfredo", assieme ad una giovane Stefania Sandrelli. Questa la
descrizione della sceneggiatura dello spot per la promozione della stagione
turistica : «Un uomo legge una delle poesie più note della letteratura
italiano, l’Infinito di Giacomo Leopardi, la cui emozionalità è strettamente
legata alle visioni, alle luci, ai colori della terra marchigiana. L’uomo legge
la poesia camminando, cerca di capire e pronunciare bene la lingua non stando
fermo, dietro una scrivania, ma immergendosi nella terra che ha visto nascere
questo capolavoro; legge, riprova, si arrabbia, vuole assolutamente penetrare
la lingua, il sentimento di questa poesia, l’anima di questa terra e riprova e
riprova. Nel sottofondo le note sublimi del Tancredi di Rossini, che
accompagnano il silenzio di questa meditazione nuova che l’uomo cerca per sé:
l’uomo cerca emozioni, vuole fare un’esperienza nuova, e leggere l’Infinito
nelle Marche che l’hanno generato è un’esperienza nuova, formidabile, ma
difficile e faticosa. Ma ne vale la pena. Provare e alla fine sorridere, la
poesia è mia, le Marche sono la mia meta faticosamente conosciuta, capita e
raggiunta.» (dal comunicato stampa della Regione Marche[237]) Nello spot Hoffman
tenta di recitare i versi dell'Infinito in un italiano "condito" dal
suo marcato accento californiano. Un accento tanto forte e straniante da
suscitare numerose critiche all'operato della Regione. Tra queste, quella di
Mina[239], che nella sua rubrica sulle pagine de "La Stampa" del 3
gennaio [240], ebbe a scrivere: «Leopardi bisogna meritarselo. Sarebbe
andato benissimo anche Oliver Hardy. Al quale, paradossalmente, in questa
demoralizzante «performance», mi sembra che assomigli. Non so come l'avrebbe
fatta Ollio. Non peggio, credo... Sentire la nostra potente, meravigliosa
lingua strapazzata dal pur bravo divo americano mi ha rigettato giù nella
nostra condizione di sempiterna colonia ... il mondo della pubblicità è un
mondo di matti. A volte geniale, ma più spesso volgare e irrispettoso. Dustin
Hoffman, from Los Angeles, sarà pure un nome che tira, ma non li avevamo noi
degli attori al suo livello? E che parlano l’italiano? E che conoscono la
musica dell’andamento di un’esposizione poetica?» (Mina Mazzini) Al
contrario, l'operazione promozionale fu elogiata da Giorgio De Rienzo,
linguista e critico letterario, da Francesco Sabatini e Francesco Erspamer, rispettivamente
presidente onorario e presidente emerito dell’Accademia della Crusca;
quest'ultimo commentò lo spot con queste parole: «Sprovincializza la lingua
italiana» Comunque sia, lo scopo perseguito fu raggiunto: anche grazie alle
polemiche, la versione non definitiva del video della Regione Marche, inserito
su YouTube, totalizzò quasi 21.200 visualizzazioni in tutto il mondo solo nella
prima settimana[242]. Visto il successo del , Dustin Hoffman fu
confermato per la campagna promozionale della stagione turistica . Niente più
lettura dei versi leopardiani, ma, come sottolineò Aldo Grasso sul
"Corriere della Sera", nella nuova edizione «il volto del testimonial
diventa più importante dell’oggetto da reclamizzare. Attraverso gli scatti di
Bryan Adams, si snoda un racconto tutto personale: i cinque sensi di Dustin
Hoffman dichiarano infinito amore per le suggestioni concrete che la regione
riesce a offrire: la gastronomia, l’arte, la musica, i vini e i
paesaggi»[243]. Nella campagna promozionale del Dustin Hoffman fu sostituito dall'attore
marchigiano Neri Marcorè[244][245]. Continuò comunque l'utilizzo a scopi
promozionali dell'immagine di Leopardi: sull'onda del successo del film
"Il giovane favoloso", diretto dal registra Mario Martone e interpretato
dall'attore Elio Germano, la Regione mise in campo una serie di iniziative per
promuovere la visione del film e di conseguenza del territorio marchigiano che
ne aveva ospitato le location, tra cui un "movie-tour", consentito
gratuitamente a tutti gli spettatori muniti del biglietto del cinema fino al 31
Dicembre [245]. Nel la Regione ha
patrocinato la realizzazione di un breve documentario, "Le Marche di
Leopardi"[183], diretto da Alessandro Scilitani, nel quale l'assessore
alla cultura dell'epoca tratteggiava il riepilogo delle iniziative regionali
per valorizzare la figura del poeta recanatese. Seguono una breve biografia di
Leopardi, con le immagini di Recanati, e gli interventi di vari operatori
culturali marchigiani che, rifacendosi a veri o presunti collegamenti con la
vita ed il pensiero del Poeta, introducono ad altri importanti personaggi nati
o presenti nella Regione (Gioacchino Rossini, Antonio Canova, Terenzio Mamiani,
Valeriano Trubbiani, Osvaldo Licini), il tutto "condito" dalle
musiche di musicisti marchigiani (Giovan Battista Pergolesi, Gaspare Spontini)
e da squarci paesaggistici di varie località della regione.Opere biografiche su
Leopardi Giacomo Leopardi, Puerili e abbozzi vari, Bari, G. Laterza & f.i,
1924. 7 marzo . Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Leopardi (1880),
Milano-Napoli: Ricciardi, 1920; poi Milano: Garzanti, 1979 (con una nota
di Alberto Arbasino); Milano: Mursia, 1995 (Raffaella Bertazzoli); Milano: SE,
2005 Mario Picchi, Storie di casa Leopardi, Milano: Camunia, 1986; poi Milano:
Rizzoli, 1990 Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano:
Bompiani, 1987 (nuova ed. Vincenzo Guarracino, 1997) Rolando Damiani, Album
Leopardi, Milano: Mondadori «I Meridiani», 1993 Attilio Brilli, In
viaggio con Leopardi, Bologna: Il Mulino, 2000 Rolando Damiani,
All'apparir del vero. Vita di Giacomo Leopardi, Milano: Mondadori «Oscar Saggi»
Marcello D'Orta, All'apparir del vero: il mistero della conversione e della
morte di Giacomo Leopardi, Piemme, . Pietro Citati, Leopardi, Milano,
Mondadori, . Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani Il 1 luglio 1937, nel
primo centenario della morte del poeta, fu istituito a Reca Centro Nazionale di
Studi Leopardiani. Esso ha come scopo la promozione di ricerche e studi
su Giacomo Leopardi in campo storico, biografico, critico, linguistico,
filologico, artistico, filosofico. Note
secondo Roberto Tanoni risalente invece intorno al 1825-26.
Roberto Tanoni, L'aspetto di Giacomo Leopardi, leopardi, 11 febbraio 2005. 20
dicembre (archiviato il 28 febbraio
). Effettivamente il titolo di conte con
cui Leopardi veniva talvolta appellato, e che egli stesso usava, in quanto
primogenito dei conti Leopardi, era un "titolo di cortesia", in
quanto il vero titolo nobiliare era ancora in capo a Monaldo, finché fu in
vita. Uno sconosciuto: l'ateo filantropo
barone d'Holbach, su elapsus. ). Giulio
Ferroni, La poesia del dolore: Giacomo Leopardi, su emsf.rai. 16 febbraio 3 febbraio ).
Forse la malattia di Pott o la spondilite anchilosante. Erik Pietro
Sganzerla, Malattia e morte di Giacomo Leopardi. Osservazioni critiche e nuova
interpretazione diagnostica con documenti inediti, Booktime, : «Questo libretto
rende giustizia a un uomo che soffriva di numerosi problemi fisici, che ebbe
una vita non felice e una cartella clinica in cui sono posti in evidenza i
sintomi e il loro decorso temporale, l’età d’esordio della progressiva
deformità spinale e dei problemi visivi e gastrointestinali, l’influenza delle
condizioni psichiche e ambientali nell’accentuazione o remissione dei segnali.
(...) altamente probabile la diagnosi di Spondilite Anchilopoietica Giovanile»;
viene poi sostenuto che Leopardi «affetto da una pneumopatia restrittiva
con insufficienza respiratoria cronica, aggravata da episodi infettivi intercorrenti,
sia morto per uno scompenso cardiorespiratorio terminale in paziente affetto da
cuore polmonare e possibile miocardiopatia». (Introduzione)
Citati32-33. «Questo io conosco e sento,
/ Che degli eterni giri, Che dell'esser mio frale, / Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male» (Giacomo Leopardi, Canto notturno
di un pastore errante dell'Asia, vv. 100-104)
Citati3-18. Citati18-20. Citati4-10.
Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano, Citati3-16.
Renato Minore13. Lettera di G. Leopardi (Recanati) a Pietro
Colletta (Livorno), ed atteso ancora che il patrimonio di casa mia, benché sia
de' maggiori di queste parti, è sommerso nei debiti. Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Storia
della letteratura italiana. Milano L'Ottocento Zibaldone «Il Chimico italiano», anno XXI n.2, pag.
14. Citati25-30. Rossella Lalli, Si spegne la contessa
Leopardi, erede e custode della memoria del poeta, newnotizie, 13 settembre
. l'11 settembre (archiviato il 2 gennaio ). Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi
dalle carte napoletane, Firenze, successori Le Monnier, Maria Corti in «Giacomo
Leopardi. Tutti gli scritti inediti, rari e editi», Milano, Bompiani 1972 Citati20-25.
Cecchi, Sapegno, oGiuseppe BonghiBiografia di Giacomo Leopardi, su
classicitaliani. 25 ottobre (archiviato
il 24 dicembre ). Lettera a Pietro
Giordani a Milano, Recanati,in Epistolario di Giacomo Leopardi con le
iscrizioni greche triopee da lui tradotte e lettere di Pietro Giordani e Pietro
Colletta all'Autore, raccolto e ordinato da Prospero Viani, I, Napoli, 1860², pag. 76. Lettera all'Avv. Pietro Brighenti a Bologna,
Recanati, 18 marzo 1825 in Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni
ecc. cit., I, pag. 245. il padre Monaldo lo vide parlare, con
sorpresa, in questa lingua con un rabbino di Ancona, secondo quanto riportato
dallo storico Lucio Villari nella trasmissione RAI Il tempo e la storia di
Massimo Bernardini (puntata "Leopardi, il rivoluzionario", 15 ottobre
, RaiTre-RaiStoria) Sarà la lingua
utilizzata nelle lettere allo Jacopssen
Il programma delle celebrazioni leopardiane, su giornale.regione.marche.
Il sanscrito nella teoria linguistica di Giacomo Leopardi, in Leopardi e
l'Oriente. Atti del Convegno Internazionale, Recanati 1998, a c. di F. Mignini,
Macerata, Provincia di Macerata, M. T. Borgato, L. Pepe, Leopardi e le scienze
matematiche, 5-8. Aimé-Henri Paulian su data.bnf.fr. 22 gennaio
. Citati30-40. Un episodio della sua vita farà da spunto a
una delle Operette morali, Il Parini ovvero della gloria Cecchi, Sapegno, op. cit.741. Citati37-38.
Citati30 e segg. Spesso
nell'epistolario afferma di soffrire il freddo e di coprirsi le gambe con una
coperta di lana. Citati30-31; 33
esegg. Giuseppe Bortone, Il "morire
giovane" in Leopardi, su moscati. .: "frequenti mi occorrono febbri
maligne, catarri e sputi di sangue…" scrive nel testo Alessandro Livi, giacomo leopardi, le
malattie ed i misteri sulla morte e sepoltura, alessandrolivistudiomedico, 28 novembre
. 1º gennaio Paolo Signore, Giacomo
Leopardi: il genio di Recanati favoloso e malato, su Rotari Club Fermo, «Di contenti, d'angosce e di desio, / Morte
chiamai più volte, e lungamente / Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di
cessar dentro quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor,
condotto della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De'
miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso / Sul
conscio letto, dolorosamente / Alla fioca lucerna poetando, / Lamentai co'
silenzi e con la notte / Il fuggitivo spirto, ed a me stesso / In sul languir
cantai funereo canto» (Le ricordanze, Il Giacomo Leopardi torrese, su
torreomnia. Giuseppe Sergi e Giovanni Pascoli furono i primi a ipotizzare la
malattia, "diagnosi" ripresa poi da Pietro Citati e altri, e
considerata probabile causa della deformità fisica e dei problemi di salute di
Leopardi anche da una ricerca scientifica condotta nel 2005 da due medici
pediatri recanatesi, Edoardo Bartolotta e Sergio Beccacece. Es. sindrome della cauda equina Alcuni propongono altre diagnosi: diabete
giovanile con retinopatia e neuropatia, tracoma oculare con sindrome di Scheuermann
alla schiena e disturbo bipolare, sindrome di Ehlers-Danlos di tipo cifoscoliotico,
rachitismo e neuropatia periferica originate da celiachia o malassorbimento,
sifilide congenita con tabe dorsale (Antonio Ranieri, negli anni napoletani,
arrivò a pensaresalvo poi smentireaffermando che Leopardi morì vergine (cosa
dibattuta), a pag. 99 di Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi che
avesse contratto la sifilide o che l'avesse ereditata dal padre. cfr. R. Di
Ferdinando, L'amarezza del lauro. Storia clinica di Giacomo Leopardi, Cappelli,
Bologna, 1987, pag. 34). Con un'analisi postuma molto contestata poiché
basata sulle teorie pseudoscientifiche dell'antropologia criminale e della
frenologia, Cesare Lombroso e i suoi allievi Patrizi e Giuseppe Sergi
affermarono che Leopardi aveva l'epilessia, e avesse disturbi ereditari come
tutta la sua famiglia. Cfr.: M_L_Patrizi.
Prof. M. L. Patrizi, Saggio psico-antropologico su Giacomo Leopardi e la
sua famiglia, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1896. 3 maggio . M_L_Patrizi.
Citati27. G. Chiarini, Vita di G.
Leopardi453. E. Galavotti, Letterati
italiani 122. Lettera di Paolina
Leopardi a G.P. Vieusseux, 25 settembre 1829
G. Leopardi, Lettera ad Adelaide Maestri, 29 luglio 1828; Lettera ad Antonietta
Tommasini, G. Leopardi, Zibaldone, autografo, Scritti vari inediti di Giacomo
Leopardi dalle carte napoletane, cUn'analisi critica del Discorso, insieme a un
saggio sui Paralipomeni alla Batracomiomachia si trova in: Riccardo Bonavita,
Leopardi : Descrizione di una battaglia, Nino Aragno Ed., Torino, Citati142 e segg. Aldo Giudice, Giovanni Bruni, Problemi e
scrittori della letteratura italiana, 3,
tomo 1, Paravia, Cfr. pag. 118 del ms. dello Zibaldone, con pensiero del 2
luglio 1820: "[...] nel 1819 dove privato dell'uso della vista, e della
continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la
mia infelicità in un modo assai più tenebroso [...]". Cecchi, Sapegno 803. «Lasciando da parte lo spirito e la
letteratura, di cui vi parlerò altra volta (avendo già conosciuto non pochi
letterati di Roma), mi ristringerò solamente alle donne, e alla fortuna che voi
forse credete che sia facile di far con esse nelle città grandi. V'assicuro che
è propriamente tutto il contrario. Al passeggio, in Chiesa, andando per le
strade, non trovate una befana che vi guardi. (...) Trattando, è così difficile
il fermare una donna in Roma come a Recanati, anzi molto più, a cagione
dell'eccessiva frivolezza e dissipatezza di queste bestie femminine, che oltre
di ciò non ispirano un interesse al mondo, sono piene d'ipocrisia, non amano
altro che il girare e divertirsi non si sa come, non... (omissis) (credetemi)
se non con quelle infinite difficoltà che si provano negli altri paesi. Il
tutto si riduce alle donne pubbliche, le quali trovo ora che sono molto più
circospette d'una volta, e in ogni modo sono così pericolose come sapete.» Il
passo omesso dalla pubblicazione dell'epistolario venne censurato alla prima
edizione (1937), ed è stato ripristinato solo in edizioni recenti, come quella
dei Meridiani del 2006, poiché troppo esplicito ("non la danno"); cfr.
Il senso di Leopardi per la donna di città Archiviato il 27 marzo in .
Pierluigi Panza, La casa di Silvia (amata da Leopardi) restaurata e
aperta, in Corriere della Sera, 29 giugno . L'eliografia, metodo di
riproduzione messo a punto da Joseph Nicéphore Niépce nel 1822, fu da questi
usato per la prima fotografia (precedente di 13 anni il dagherrotipo). Giuseppe Bonghi, Biografia di Leopardi, su
classicitaliani. La donna nelle parole di Leopardi, su casatea.com. 16
febbraio (archiviato il 15 maggio ). Paolo Ruffilli, Introduzione alle Operette
morali, Garzanti Citati226 e segg. Bortolo Martinelli , Leopardi oggi: incontri
per il bicentenario della nascita del poeta: Brescia, Salò, Orzinuovi, Vita e
Pensiero, Fotografia della maschera
(JPG), Centro Nazionale di Studi Leopardiani Recanati. 1º gennaio (archiviato il 1º gennaio ). Donatella Donati, Leopardi a Napoli, Centro
nazionale di studi leopardianiCentro mondiale della poesia e della cultura
"G.Leopardi"Recanati Città della poesia, 30 maggio . 1º gennaio (archiviato il 24 dicembre ). Per lui scrisse, nel 1835, la celebre
Palinodia al marchese Gino Capponi
Niccolini era già stato l'ispiratore del personaggio di Lorenzo Alderani
delle Ultime lettere di Jacopo Ortis
«Ora bisogna che io scriva a quel maledetto gobbo, che s'è messo in capo
di coglionarmi» (Lettera di Gino Capponi a Gian Pietro Vieusseux) Una stroncatura per il Leopardi Archiviato il
26 febbraio in .; mentre fu più meditato
e indulgente il giudizio dato dal Capponi stesso, in tarda età, sulla poesia e
su Leopardi stesso. Introduzione alla
Palinodia G. Leopardi, Epigramma contro
il Tommaseo, su fregnani. 19 febbraio
(archiviato il 24 febbraio ).
Giuseppe Bonghi, Analisi di "A Silvia" , su classicitaliani.
16 febbraio (archiviato il 21 ottobre
). Carlo Leopardi così ricordava, su
ilgiardinodigiacomo.wordpress.com. 16 febbraio
(archiviato il 3 marzo ). Cfr. lettera di G. Leopardi (Recanati) a
Pietro Colletta (Livorno), in cui dichiara di aver percepito venti scudi romani
(diciannove fiorentini) al mese. Lettera
aColletta dcome citato in Marco Moneta, L'officina delle aporie: Leopardi e la
riflessione sul male negli anni dello Zibaldone, FrancoAngeli, Milano, in ..
CitaTO Luperini, Cataldi, Marchiani, La scrittura e l'interpretazione,
Palermo, Palumbo, Le ricordanze, v. 30.
[gente] che m'odia e fugge, / per invidia non già, che non mi tiene /
maggior di sé, ma perché tale estima / ch'io mi tenga in cor mio, in Le
ricordanze, vv. 33-36. Camillo
Antona-Traversi, I genitori di Giacomo Leopardi: scaramucce e battaglie, Recanati,
A. Simboli, Cecchi, Sapegno845. Giacomo
Leopardi, in Catalogo degli Accademici, Accademia della Crusca. CNote ad Aspasia, nei Canti, edizione
Garzanti Donne fatali 2: Giacomo
Leopardi e Aspasia"Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando...",
su sulromanzo. "Tu vivi / bella non
solo ancor, ma bella tanto, / al parer mio, che tutte l'altre
avanzi"Aspasia, G. Sarra, Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti e link in . Giovanni Mèstica,
Gli amori di G. Leopardi, in Fanfulla della domenica, 4 aprile 1880. (Fonte
DBI). Altri ritengono che il canto alluda piuttosto alla sola Fanny Targioni
Tozzetti, tra questi, Giovanni Iorio nel commento ai Canti, edizione
Signorelli, Roma 1967. Leopardi: dama
invaghita del poeta non fu ricambiata ma evitata, su adnkronos.com. 1M. de
Rubris, Confidenze di Massimo d'Azeglio. Dal carteggio con Teresa Targioni
Tozzetti, Milano, Arnoldo Mondadori, Paolo Abbate, La vita erotica di Giacomo
Leopardi, C.I. Edizioni, Napoli 2000
Giovanni Dall'Orto, Sempre caro mi fu, pubblicato in
"Babilonia" Robert Aldrich e Garry Wotherspoon, Who's who in gay and
lesbian history, 1, ad vocem Leopardi gay? Vietato dirlo, su ricerca.repubblica.
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Leopardi, Garzanti, Milano 197955.
D'Orta12. Cfr. anche la lettera di Stanislao Gatteschi a Monaldo
Leopard i della primavera del 1833 in Giacomo Leopardi. Epistolario,
BrioschiLandi, Sansoni 1998, II, pag.
2364: "È stravagantissimo nelle abitudini del vivere. Si leva verso
le due pomeridiane, mangia ad orari irregolari, va a letto verso il fare del
giorno. La sua vita non può esser longeva per i complicati mali onde è
gravato." e Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi,
Garzanti, 1 "Durante tutta la sua vita, egli fece, appresso a poco, della
notte giorno, e viceversa."
Traduzione in Michele Scherillo, Vita di Giacomo Leopardi, Greco
Editori, Milano, Epistolario, lettera del 22 dicembre 1836 Citati395-405. Leopardi e le donne una storia tormentata, su
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Ranieri Paola (Paolina), su treccani. 2D'Orta25. Leopardi. Il poeta della sofferenza, su
archiviostorico.corriere. Teorie alternative sulla morte del conte Giacomo
Leopardi sono state trattate e documentate negli studi condotti dal Prof.
Gennaro Cesaro (cfr. Sfrondando gli allori della poesia dell'800 e del
900) Lettera di Antonio Ranieri a Fanny
Targioni-Tozzetti, Napoli, 1º luglio 1837 Archiviato il 30 gennaio in .. Confronta anche Pietro Citati,
Leopardi, Mondadori, , Milano, Secondo originale dell'atto di morte di Giacomo
Leopardi, su dl.antenati.san.beniculturali.
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Tipografia Plautina, pagg. 166 sgg. Archiviato il 19 maggio in .; cfr. anche Notizia della morte del
Conte Giacomo Leopardi Angelo Fregnani Archiviato il 30 ottobre in ..
Ad esempio cibo avariato, congestione, coma diabetico o
indigestione Cenni storiciFu
un'indigestione a causare la morte di Leopardi?, su spaghettitaliani.com. 16
febbraio 17 ottobre ). Napoli e Leopardi, su ildelsud.org. 16
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Leopardi. Al Suor Orsola la collezione Ruggiero, su
corrieredelmezzogiorno.corriere. 16 febbraio
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1878, pag. CXVIII sgg. Archiviato il 20 maggio
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in ibidem, pagg. 267 sgg. Archiviato il 10 ottobre in .; "idropisia di petto" dice
Paolina Leopardi in una lettera a Marianna Brighenti Biografia sulla Treccani, su treccani. are
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319-323. Dalla foto pubblicata
qui, su rete.comuni-italiani. Cfr. anche Effemeridi scientifiche e letterarie
per la Sicilia, tomo XXX, anno IX (1840), n° 82 (luglio-agosto-settembre),
Luglio 1840, Palermo, dalla tipografia di Filippo Solli, 1840, pag. 63
Archiviato il 13 maggio in . e Opere di
Pietro Giordani, XIII, Scritti editi e
postumi di Pietro Giordani, VI,
pubblicati da Antonio Gussalli, Milano presso Francesco Sanvito, Riproduzione,
che presenta lieve variazione di testo, sotto forma di disegno in Opere di
Giacomo Leopardi, edizione accresciuta, ordinata e corretta secondo l'ultimo
intendimento dell'autore, da Antonio Ranieri,
2, Firenze, Successori Le Monnier, 1889, fuori testo Archiviato il 10
ottobre in .. Pasquale Stanzione, Giacomo LeopardiUna tomba
vuota a Fuorigrotta, pag. 60, su pasqualestanzione. 7 maggio (archiviato il 24 settembre ). Foto del
Registro (JPG), su pasqualestanzione. 7 maggio (archiviato il 13 maggio ). Ingrandimento (JPG),
su pasqualestanzione.cons ultato il 7 maggio (archiviato il 13 maggio ). Nuove scoperte su Leopardi? Occorre cautela
Archiviato il il 5 febbraio in . da
Cronache maceratesi Luciano Garofano, Giorgio Gruppioni, Silvano
VincetiDelitti e misteri del passato: Sei casi da RIS dall'agguato a Giulio
Cesare all'omicidio di Pier Paolo Pasolini, Rizzoli, pag. 179. PIER FRANCESCO
LEOPARDI: SONO DISPONIBILE ALLA PROVA DEL DNA, MA I RECANATESI SONO
D’ACCORDO? Loretta Marcon, Un giallo a
Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi, Guida, ,Ida Palisi, Leopardi,
strane ipotesi su morte e sepoltura, “Il Mattino di Napoli”, 19.8.; recensione
a: Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi,
Guida, Mario Picchi, Storie di casa Leopardi,
cit., 14 e seguenti, dove si riporta
anche il verbale ufficiale delle persone presenti. E' vuota la tomba di
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Tutte le indicazioni su luoghi e viaggi sono prese da Attilio Brilli, In
viaggio con Leopardi, Il Mulino, Bologna 2000. Tra virgolette le parole di
Leopardi, tratte da sue lettere. Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile
parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Marta Sambugar, Gabriella
Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Operette
morali, su internetculturale. 19 ottobre
14 giugno ). Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da
Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Fabio Marri, Neologismi Archiviato il
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opere leopardiane di Valeriano Trubbiani" realizzata in occasione
dell'inaugurazione del Centro culturale "Pergoli" di Falconara Marittima
Comune di Falconara Marittima, Aniballi Grafiche, Ancona, 2005 Vedi la scheda dedicata al CARTCentro
permanente per la Documentazione dell'Arte Contemporanea di Falconara Marittima
nel sito "La memoria dei luoghi" del Sistema Museale della Provincia
di Ancona: CARTCentro permanente per la documentazione dell'Arte contemporanea,
su Associazione "Sistema Museale della Provincia di Ancona".
"Le Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro
Scilitani, patrocinato dalla Regione Marche: youtube.com /watch?v= Km1EK0MH6Sg ascolta la canzone nel sito della Fondazione
Giorgio Gaber:// Giorgio gaber/ discografia-album/ benvenuto-il-luogo-dove-testo
Archiviato il 6 settembre in . vedi il testo dell'Operetta morale in Operette_morali/Dialogo_di_un_venditore_d%27almanacchi_e_di_un_passeggere
Archiviato il 15 settembre in . Il cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di
un venditore di almanacchi e di un passeggiere:
youtube.com/watch?v=hiJOBKJZNaU Il
cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un
passeggiere è inoltre visibile all'interno del programma "Leopardi, il rivoluzionario"
di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva di Rai Storia "Il
tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio
Villari://raistoria.rai/articoli/leopardi- il-rivoluzionario/25794/default.aspx
Archiviato il 7 settembre in . "Leopardi, il rivoluzionario" di
Giancarlo Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia" con
Massimo Bernardini e lo storico Lucio
Villari://raistoria.rai/articoli/leopardi-il-rivoluzionario/25794/default.aspx
Archiviato il 7 settembre in . Rai Storia, "Giacomo Leopardi e
l`importanza di
Recanati"://raiscuola.rai/articoli/giacomo-leopardi-parte-prima/3205/default.aspx
Archiviato l'8 settembre in . Nel sito web de "La Stampa",
Francesco Guzzini del Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta
compiva per recarsi dalla propria abitazione al punto di osservazione del
paesaggio che gli ispirò
L'infinito://lastampa//07/16/multimedia/societa/viaggi/ecco-il-vero-colle-dellinfinito-descritto-da-giacomo-leopardi-fncjkba7fEJyVoUSrazy1H/pagina.html
in . Lo spot turistico sulle Marche con Dustin Hoffman con la regia di
Giampiero Solari: youtube.com/watch?v=gEndornqlHo Archiviato il 22 agosto in .
"A casa di Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla
contessa Olimpia Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati: youtube.com/watch?v=oNlkBu0E "Un Leopardi inedito" raccontato da
Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di "Visionari" del
15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado Augias su Rai 3:
youtube.com/watch?v=KwFnKv0TBaI
Intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo libro e spettacolo
teatrale “L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti la vita” nel sito
di RepubblicaTv (): youtube.com/watch?v=oXGh3g6lQsM Vittorio Gassman interpreta L'infinito, su
youtube.com. 15 settembre (archiviato il
23 maggio ). Vittorio Gassman interpreta
A Silvia: youtube.com/watch?v=7hEbvxBi2ZQ Archiviato il 29 marzo in .
Vittorio Gassman interpreta La sera del dì di festa:
youtube.com/watch?v=TPpCs6tws_U Vittorio
Gassman interpreta Amore e Morte: youtube Vittorio Gassman interpreta La quiete
dopo la tempesta: youtube.com/watch?v=- 8jasZDrV2U Archiviato il 23
ottobre in . Vittorio Gassman interpreta A se stesso:
youtube.com/watch?v=F0lhF2s_5s4 Carmelo
Bene interpreta L'infinito: youtube.co Carmelo Bene interpreta Passero solitario:
youtube.com/watch?v=IZzQbnzpaok Carmelo
Bene interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto):
youtube.com/watch?v=ZqzVXF3Fx4Y Carmelo
Bene interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=v9IriaUNWQk Carmelo Bene interpreta La sera del dì di
festa: youtube.com/ watch?v=qydGUiV1wwI
Carmelo Bene interpreta Il sabato del villaggio:
youtube.com/watch?v=vI9PJfCtWw4 Carmelo
Bene interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=jyB0eM9AOoM Carmelo Bene interpreta Canto notturno di un pastore
errante dell'Asia: youtube Carmelo Bene interpreta Inno ad Arimane:
youtube.com/ watch?v=f2-QAubKbLE vedi su
Inno ad Arimane: Canti_(superiori)#Le_posizioni_contro_l.27 ottimismo_progressista
Archiviato il 15 settembre in . leggi il testo di Inno ad Arimane in
Wikisource: it.wikisource.org/wiki/Puerili_(Leopardi)/Ad_Arimane Archiviato il
15 settembre in . Carmelo Bene interpreta Amore e Morte:
youtube.com/watch?v=epYU4-n2jGw Arnoldo
Foà interpreta L'infinito: youtube Arnoldo Foà interpreta Passero solitario:
youtube.com/watch?v= nOr3Qbceuhg Arnoldo
Foà interpreta A Silvia: youtube Arnoldo Foà interpreta Il sabato del
villaggio: youtube.com/watch?v=kmk_gd-48XE
Arnoldo Foà interpreta La sera del dì di festa:
youtube.com/watch?v=aWOJfMZeCVo Arnoldo
Foà interpreta Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: youtube Arnoldo
Foà interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=hL855FC_juA Arnoldo Foà
interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto):
youtube.com/watch?v=zBnDqu8X5fk Arnoldo
Foà interpreta Il tramonto della luna: youtube Arnoldo Foà interpreta
All'Italia: youtube.com/watch?v=iNHqhHiIqok
Arnoldo Foà interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=oxzCzwR05WE Giorgio Albertazzi interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=BLmhOx6IuCw
Archiviato il 1º giugno in . Nando Gazzolo interpreta L'infinito:
youtube.com/watch?v=Te8tyDDsh2A Gabriele
Lavia interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=oSV7eBa-_Ao Gabriele Lavia discetta sull'opera di
Leopardi, prima della "dizione" delle opere di Leopardi: youtube Alberto
Lupo interpreta Ultimo canto di Saffo: youtube Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di
Mario Martone, interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=jIvzQvi75rQ Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di
Mario Martone, interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto):
youtube.com/watch?v=U5e___IGHm4 Elio
Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta la pri ma
parte de La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v NgI8uekF6H4 Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di
Mario Martone, interpreta un brano di Amore e Morte: youtube Elio Germano, nel
film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta l'ultima parte di
Aspasia: youtube nito», su corriere,/turismo.marche/Portals/1/Leopardi/Leopardi%2
0nel%20mondo.pdf Il backstage dello spot
promozionale della Regione Marche con Dustin Hoffman ed il regista Giampiero
Solari: youtube.com/watch?v=zi-UJTIBatM
La stroncatura di Mina allo spot della Regione Marche: youtube.co riportato
in: "Il cittadino di Recanati", Anche Mina nella sua rubrica su
"La Stampa" affonda lo spot con L'infinito, su ilcittadinodirecanati,
3 gennaio . 6 settembre (archiviato il 6
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Carlino" Ancona, "Leopardi bisogna meritarselo" Mina critica lo
spot della Regione, su ilrestodelcarlino, 4 gennaio . 6 settembre (archiviato il 6 settembre ). "Il Resto del Carlino" Ancona, Spot
di Hoffman, su YouTube 21 mila visualizzazioni, su ilrestodelcarlino, Dustin
Hoffman ancora sponsor delle Marche. Ma sembra lo spot di se stesso, su
blitzquotidiano. 6 settembre (archiviato
il 6 settembre ). vedi la serie di spot
"Le Marche non ti abbandonano mai" interpretati dall'attore
marchigiano Neri Marcorè, con la regia di Rovero Impiglia e Giacomo Cagnelli:
youtube Marco Minnucci, La regione Marche rispedisce Dustin Hoffman in America
e pone fine allo stupro di Leopardi, su qelsi, su Giacomo Leopardi. Edizioni delle opere
Giacomo Leopardi, [Opere. Poesia], Bari, G. Laterza, Epistolario Epistolario di
Giacomo Leopardi, Francesco Moroncini, Firenze: Le Monnier, Lettere, Sergio
Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, poi Torino: Einaudi
«Classici Ricciardi» Il Monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e
Monaldo Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano:
Adelphi «Biblioteca» Franco Brioschi e Patrizia Landi, Torino: Bollati
Boringhieri, 1998 Rolando Damiani, Milano: Arnoldo Mondadori Editore «I
Meridiani», Zibaldone Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura,
Giosuè Carducci e altri, Firenze: Le Monnier, Pensieri di varia filosofia,
Ferdinando Santoro, Lanciano: Carabba, Attraverso lo Zibaldone, Valentino
Piccoli, Torino: Utet scelto e annotato
con introduzione e indice analitico Giuseppe De Robertis, Firenze: Le Monnier, Il
testamento letterario, pensieri scelti, annotati e ordinati in sei capitoli da
«La Ronda», Roma: La Ronda, con prefazione e note di Flavio Colutta, Milano:
Sonzogno, Opere, volume III: Zibaldone scelto, Giuseppe De Robertis, Milano:
Rizzoli, Francesco Flora, Milano:
Mondadori, in Antologia leopardiana: Canti, Operette morali, Pensieri,
Zibaldone ed Epistolario, Giuseppe Morpurgo, Torino: Lattes, in Opere, Sergio
Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, poi parzialmente Torino:
Einaudi, «Classici di Ricciardi», in Tutte le opere, introduzione e cura di
Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Firenze: Sansoni, 1969
(2 volumi) scelta Anna Maria Moroni, saggi introduttivi di Sergio Solmi e
Giuseppe De Robertis, Milano: Mondadori «Oscar» (con uno scritto di Giuseppe
Ungaretti) e edizione fotografica dell'autografo con gli indici e lo schedario,
Emilio Peruzzi, Pisa: Scuola normale superiore, Il testamento letterario,
pensieri dello Zibaldone scelti annotati e ordinati da Vincenzo Cardarelli, con
una premessa di Piero Buscaroli, Torino: Fogoli, Pensieri anarchici scelti
Francesco Biondolillo, Napoli: Procaccini, edizione critica e annotata Giuseppe
Pacella, Milano: Garzanti «I Libri della Spiga», Rolando Damiani, Milano:
Mondadori, «I Meridiani», Teoria del piacere, scelta di pensieri con note,
introduzione e postfazione di Vincenzo Gueglio, Milano: Greco e Greco, edizione
tematica stabilita sugli indici leopardiani, Fabiana Cacciapuoti, prefazione di
Antonio Prete, Roma: Donzelli Editore, Lucio Felici, premessa di Emanuele
Trevi, indici filologici di Marco Dondero, indice tematico e analitico di Marco
Dondero e Wanda Marra, Roma: Newton Compton, «Mammut», Tutto e nulla, antologia
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su gheminga. Opere[collegamento interrotto] integrali in più volumi dalla
collana digitalizzata "Scrittori d'Italia" Laterza Opere di Giacomo
Leopardi, testi con concordanze, lista delle parole e lista di frequenza
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"L'inquietudine ritmica dell'in(de)finito", su academia.edu. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e gli usi
di Leopardi nella filosofia italiana," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
LEOPARDI. (Recanati).
Filosofo. Grice: “We don’t have at Oxford a ‘chip off the old block’ as they
have in Recanati!” -- Importante
esponente del pensiero controrivoluzionario e padre di Leopardi. Leopardi,
targa commemorativa apposta sui portici di piazza Leopardi a Recanati Figlio
primogenito del conte Giacomo e di Virginia dei marchesi Mosca, nacque in una
delle famiglie più preminenti di Recanati. Rimasto a quattro anni orfano del
padre, crebbe con la madre (che non volle risposarsi per accudire i quattro
figli), gli zii paterni rimasti celibi e i fratelli. Educato in casa dal
precettore Giuseppe Torres, padre gesuita fuggito dalla Spagna a seguito della
cacciata dell'ordine dal regno, ricevette una formazione improntata agli ideali
cristiani, cui rimase fedele per tutto il resto della sua vita. Fu sottoposto
alla tutela di un prozio, non potendo amministrare direttamente il patrimonio
familiare per disposizione testamentaria. Ottenne tuttavia da papa Pio VI la
deroga alla disposizione paterna e, all'età di 18 anni, assunse
l'amministrazione della propria eredità. Dopo un primo progetto di nozze andato a
monte, sposò nel 1797 la marchesa Adelaide Antici, sua lontana parente. Il
matrimonio fu un matrimonio d'amore strenuamente osteggiato dalla famiglia di
Monaldo, in base ad antiche dispute tra casati e per questioni economiche
(mancanza di una dote adeguata), che per manifestare la propria contrarietà non
partecipò al matrimonio, che venne infatti celebrato nella sala detta
"galleria" di palazzo Antici a Recanati. Il patrimonio di famiglia,
dalle mani di Monaldo, passò in quelle della moglie, a causa dei debiti del
prozio che il conte non riusciva a ripianare. Frutto di questa unione tra
opposti caratteri furono numerosi figli: di questi, raggiunsero l'età adulta
Giacomo, Carlo, Paolina, Luigi, e Pierfrancesco. A causa della impossibilità di
gestirli (dovuta alla sua indole caritatevole verso i poveri, agli sperperi dei
parenti e all'invasione giacobina), l'amministrazione dei beni di famiglia
passò nelle mani della consorte, donna energica e severa; Monaldo poté così
dedicarsi totalmente alla sua passione, gli studi e le lettere. Tra i suoi
molti meriti vi è aver grandemente contribuito alla formazione del nucleo fondamentale
della biblioteca di famiglia dei Leopardi, nella quale il giovane Giacomo passò
i suoi anni di "studio matto e disperatissimo" (compresi i libri
proibiti per i quali il conte ottenne la dispensa della Santa Sede, per
metterli a disposizione dei figli) e che Monaldo donò all'intera cittadinanza
recanatese, come ricorda la lapide apposta nella cosiddetta "prima
stanza". L'impegno civico Angolo della biblioteca di palazzo
Leopardi negli anni Cinquanta, con i ritratti di Monaldo, Adelaide e
Giacomo Il medico e naturalista britannico Edward Jenner La sua opera è
rappresentativa del concetto di reazione (per es., la demolizione
dell'egualitarismo nel Catechismo sulle rivoluzioni), inoltre gli vanno
riconosciuti diversi meriti acquisiti durante lo svolgersi della sua vita
politica, indirizzata nei confronti di Recanati, città in cui visse.
Monaldo fu consigliere comunale a diciotto anni, governatore della città, amministratore
dell'annona. Fu tra coloro che si mantennero fedeli al papa Pio VI nel periodo
dell'occupazione francese. Nel 1797 s'adoperò per mantenere tranquilla la
popolazione in tumulto contro le forze dei rivoluzionari francesi e, in accordo
con i suoi principî morali e religiosi, rifiutò di assumere incarichi pubblici
durante la Repubblica Romana e il primo ed effimero Regno d'Italia. Fu
gonfaloniere di Recanati, la massima carica amministrativa, e si occupò della
costruzione di strade e di ospedali, dell'illuminazione notturna, del sostegno
ai meno abbienti, della riduzione delle tasse, del rilancio degli studi
pubblici e delle attività teatrali. Sebbene fosse preoccupato per le
conseguenze della meccanizzazione sull'occupazione, ritenne che le ferrovie e
le macchine a vapore fossero tutt'altro che inconciliabili con una società
cristiana. Stimolò inoltre il diboscamento del suolo, la messa a coltura dei
prati, lo stabilimento di case coloniche e l'applicazione di nuove colture,
come il cotone o la patata. Fu anche il primo a introdurre nello Stato
Pontificio il vaccino antivaioloso dell'inglese Edward Jenner e lo fece
sperimentare sui propri figli; poi, da gonfaloniere, rese obbligatoria la
vaccinazione che svolgeva personalmente (in ciò smentendo la
raffigurazione caricaturale di "retrogrado" che si attribuì
ideologicamente alla sua figura da parte della critica novecentesca). Sostenne
anche un progetto per la fondazione di un'università nella sua città natale, che
però alla sua morte non ebbe seguito. Infine, durante la carestia, fece
erogare gratuitamente i medicinali ai più bisognosi e creò occasioni di lavoro,
sia maschile, con la costruzione di strade, sia femminile, con la tessitura
della canapa. Come scrisse una volta, quelle attività riformatrici non erano in
contrasto con le sue idee controrivoluzionarie; infatti dichiarò: «Oggi si
pretende di costruire il mondo per una eternità e si soffoca ogni residuo e
ogni speranza del bene presente sotto il progetto mostruoso del perfezionamento
universale» Morì il celebre figlio Giacomo: nonostante tra i due i
rapporti non fossero distesi, la perdita gli causò grave dolore. Si spense
nella città natale e fu sepolto nella tomba di famiglia presso la chiesa di
Santa Maria in Varano a Recanati. Dei molti scritti religiosi, storici,
letterari, eruditi e filosofici di Leopardi, i più famosi sono i “Dialoghetti
sulle materie correnti” usciti con lo pseudonimo di "1150", MCL in
cifre romane, ovvero le iniziali di "Monaldo Conte Leopardi". Ebbero
immediatamente un grande successo, ben sei edizioni in cinque mesi, furono
tradotti in più lingue e divennero notissimi nelle corti europee. Il figlio
Giacomo, da Roma, ne informa il padre in una lettera dell'8 marzo: «I
Dialoghetti, di cui la ringrazio di cuore, continuano qui ad essere
ricercatissimi. Io non ne ho più in proprietà se non una copia, la quale però
non so quando mi tornerà in mano.» Per umiltà lasciò i molti guadagni
allo stampatore, il Nobili. È probabile che con quest'opera Monaldo volesse
contrapporsi alle Operette morali del figlio, che giudicava negativamente e
riteneva contrarie alla fede cristiana. In essi, infatti, esprimeva gli ideali
della reazione (o anche controrivoluzione). Tra le tesi sostenute, la necessità
della restituzione della città di Avignone al papato e del ducato di Parma ai
Borbone, la critica a Luigi XVIII di Francia per la concessione della
costituzione (che violerebbe il sacro principio dell'autorità dei re che
"non viene dai popoli, ma viene addirittura da Dio"), la proposta
della suddivisione del territorio francese fra Inghilterra, Spagna, Austria,
Russia, Olanda, iera e Piemonte, la difesa della dominazione turca sul popolo
greco, in quegli anni impegnato nella lotta per l'indipendenza. Risalgono
alcune opere di satira politica: Monaldo era infatti ottimo satirico e
disseminava le sue opere di scherzi letterari. Tra esse, il Viaggio di
Pulcinella e le Prediche recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato
nel paese della Verità e nella contrada della Poca Pazienza (versione
digitalizzata). Fu inoltre autore di ricerche erudite, ammonimenti ai fedeli
cattolici e articoli su varie riviste, tra cui si segnalano «La Voce della
Verità» di Modena e «La Voce della Ragione» di Pesaro, che Leopardi stesso
diresse. La rivista ottenne un buon successo, come dimostrano i 2000
abbonamenti sottoscritti in tutta Italia, tuttavia fu soppressa d'autorità.
Rimasero inediti, invece, i suoi Annali recanatesi dalle origini della città ae
la sua Autobiografia: in quest'ultima la prosa di Monaldo si arricchisce di
leggerezza, ironia e umorismo. Negli ultimi anni di vita Monaldo visse
appartato (non amava allontanarsi da Recanati: la sua più lunga assenza dalla
casa paterna consistette in 2 mesi a Roma), deluso dalle caute aperture
liberali del governo pontificio e degli esordi del regno di papa Pio VI. Collaborò
al periodico svizzero Il Cattolico, di Lugano, tornando poi, negli ultimi anni,
agli studi storici su Recanati, coltivati in gioventù. Opere digitalizzate
Monaldo Leopardi, La Santa Casa di Loreto. Discussioni storiche e critiche,
Lugano, presso Francesco Veladini e C. Monaldo Leopardi, Istoria evangelica
scritta in latino con le sole parole dei sacri Evangelisti, spiegata in
italiano e dilucidata con annotazioni, Pesaro, pei tipi di A. Nobili. Monaldo
Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti dell'anno, Leopardi, Prediche
recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato nel paese della verità e
nella contrada della poca pazienza. Rapporto con il figlio ritratto di
Giacomo Leopardi. Nonostante la vulgata dica il contrario, il rapporto con il
figlio illustre appare buono: senz'altro nei primi anni Monaldo dovette essere
orgoglioso della precocità del ragazzo, e nelle opere giovanili di Giacomo, ad
esempio il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, si avverte ancora
l'influenza delle idee del padre. Ben presto, però, i loro spiriti presero
strade diametralmente opposte: la crescente autonomia di pensiero di Giacomo
preoccupava Monaldo. La lettura del carteggio fra i due rivela una
relazione affettuosa, soprattutto negli ultimi anni. La lettera più sincera
scritta da Giacomo al padre è quella che quest'ultimo non lesse mai: si tratta
della missiva datata luglio 1819, quando il poeta progettava la fuga, e che non
fu mai spedita, perché egli dovette rinunciare ai suoi piani. «Mio Signor
Padre. Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il
cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini
stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio
ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. Era cosa mirabile come ognuno che
avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si
maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra
tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. Io
so che la felicità dell'uomo consiste nell'esser contento, e però più
facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali
possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e
rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono
tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro
pensiero.» Finalmente, Giacomo lascia Recanati, per farvi ritorno solo
saltuariamente. Da lontano, il padre assiste alla crescita della sua fama nel
mondo intellettuale italiano, ma non riesce a comprendere la grandezza del
figlio: disapprova la pubblicazione delle Operette morali, scrivendogli in una
lettera (perduta) le "cose che non andavano bene", suggerimenti che
nella risposta Giacomo promette di prendere in considerazione, ma che di fatto
non sono mai accolti. La pubblicazione dei Dialoghetti di Monaldo è causa
di attrito fra padre e figlio. Giacomo Leopardi si trovava a Firenze:
nell'ambiente iniziò a circolare la voce che fosse lui l'autore dell'opera,
espressione delle tesi reazionarie, cosa che egli fu costretto a smentire
seccamente sul giornale Antologia di Giovan Pietro Vieusseux. Si sfogò poi per
lettera con l'amico Giuseppe Melchiorri: «Non voglio più comparire con questa
macchia sul viso. D'aver fatto quell'infame, infamissimo, scelleratissimo
libro. Quasi tutti lo credono mio: perché Leopardi n'è l'autore, mio padre è
sconosciutissimo, io sono conosciuto, dunque l'autore sono io. Fino il governo
m'è divenuto poco amico per causa di quei sozzi, fanatici dialogacci. A Roma io
non potevo più nominarmi o essere nominato in nessun luogo, che non sentissi
dire: ah, l'autore dei dialoghetti.» In toni decisamente più miti ne
scrive poi a Monaldo il 28: «Nell'ultimo numero dell'Antologia... nel
Diario di Roma, e forse in altri Giornali, Ella vedrà o avrà veduto una mia
dichiarazione portante ch'io non sono l'autore dei Dialoghetti. Ella deve
sapere che attesa l'identità del nome e della famiglia, e atteso l'esser io
conosciuto personalmente da molti, il sapersi che quel libro è di Leopardi l'ha
fatto assai generalmente attribuire a me. E dappertutto si parla di questa mia
che alcuni chiamano conversione, ed altri apostasia, ec. ec. Io ho esitato 4
mesi, e infine mi son deciso a parlare, per due ragioni. L'una, che mi è parso
indegno l'usurpare in certo modo ciò ch'è dovuto ad altri, o massimamente a
Lei. Non son io l'uomo che sopporti di farsi bello degli altrui meriti. [
L'altra, ch'io non voglio né debbo soffrire di passare per convertito, né di
essere assomigliato al Monti, ec. ec. Io non sono stato mai né irreligioso, né
rivoluzionario di fatto né di massime. Se i miei principii non sono
precisamente quelli che si professano ne' Dialoghetti, e ch'io rispetto in Lei,
ed in chiunque li professa in buona fede, non sono stati però mai tali, ch'io
dovessi né debba né voglia disapprovarli.» Nelle ultime lettere Giacomo
esprime la volontà di rivedere il padre, passando dai toni formali a quelli
affettuosi ("carissimo papà" nell'ultima lettera). Monaldo
sopravvisse 10 anni al figlio. L'incompatibilità fra i due rimaneva però ancora
evidente nel 1845, otto anni dopo la morte di Giacomo, non accettando lui
le idee areligiose del poeta; la sorella di lui, Paolina, scriveva a Marianna
Brighenti: «Di Giacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più
che mai tutto quello che di lui veniva fatto di sapere, come di quello che non
combinava punto col pensiero di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiamo
fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le
abbiamo comprate le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora, acciocché per
cagion nostra non si rinnovi più acerbo il dolore.» Su richiesta
dell'ultimo amico di Leopardi, Antonio Ranieri, pochi giorni dopo la morte del
figlio, Monaldo gli spedì un Memoriale con cenni biografici su Giacomo, con
aneddoti e curiosità, in cui si avverte il dolore per la rottura fra i due e
l'incapacità del padre di capire la direzione intrapresa dal figlio; il Memoriale
si interrompe: "Tutto ciò che riguarda il tratto successivo è più noto a
Lei che a me", scrive infatti. Nonostante ciò, Monaldo piangerà con dolore
la perdita di Giacomo, al punto che quando redigerà il proprio testamento nel
1839, alla settima volontà scrisse: «Voglio che ogni anno in perpetuo si
facciano celebrare dieci messe nel giorno anniversario della mia morte, altre
dieci il giorno 14 giugno in cui morì il mio diletto figlio Giacomo...» Manetti, Giacomo Leopardi e la sua famiglia,
Bietti, Milano. La famiglia Leopardi è protagonista del romanzo fantastico di
Michele Mari Io venìa pien d'angoscia a rimirarti, del 1998. Monaldo Leopardi, di Sandro Petrucci Monaldo In viaggio per Leopardi, Leopardi fu
chiamato alla collaborazione a tale rivista dal suo fondatore, il Principe di
Canosa Antonio Capece Minutolo. Giacomo
Leopardi, Carissimo Signor Padre. Lettere a Monaldo, Venosa, Osanna ed., Giacomo
Leopardi, Il monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo
Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano, Adelphi,Monaldo
Leopardi. La giustizia nei contratti e l'usura. Modena, Soliani, Monaldo
Leopardi, Autobiografia, con un saggio di Giulio Cattaneo, Roma, Dell'Altana
ed., Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Mursia ed.,
(L'ultimo amico del poeta narra di un
suo incontro con Monaldo mentre era di passaggio a Recanati). Monaldo Leopardi,
Catechismo filosofico e Catechismo sulle rivoluzioni, Fede&Cultura, 2006
Monaldo Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti e Il viaggio di
Pulcinella, in , L'Europa giudicata da un reazionario. Un confronto sui
Dialoghetti di Monaldo Leopardi, Diabasis, 2004 Nicola Raponi, Due centenari. A
proposito dell'autobiografia di Monaldo Leopardi, Quaderni del Bicentenario.
Pubblicazione periodica per il bicentenario del trattato di Tolentino, n. 4, Tolentino, Giuseppe Manitta, Giacomo
Leopardi. Percorsi critici e bibliografici, Il Convivio, Anna Maria Trepaoli,
Gubbio, i Leopardi, Recanati: un legame da riscoprire, Perugia, Fabrizio Fabbri
editore, Pasquale Tuscano, Monaldo Leopardi. Uomo, politico, scrittore,
Lanciano, Casa Editrice Rocco Carabba, , Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia)
Pierfrancesco Leopardi. Monaldo
Leopardi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giovanni Ferretti, Monaldo
Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Nicola Del Corno, Monaldo Leopardi, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Monaldo Leopardi, su
siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. Opere di
Monaldo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Monaldo
Leopardi, .Dizionario del pensiero forte, IDISIstituto per la Dottrina e
l'Informazione Sociale, sito "alleanzacattoliga.org". Il conte
Monaldo Leopardi. Monaldo Leopardi, conte di San Leopardo. Cf. Il Leopardi
anti-italiano.
LETTIERI. (Messina).
Filosofo. Grice:
“Lettieri rightly contrasts sensualism in the practical sphere of reason as
‘egoism’ – my ‘principle of conversational self-love’ – but focuses on
benfeficence, and solidarity – as ‘rational’ – my principle of conversational
benevolence, -- or conversational helfpfulness.” Grice: “I like Lettieri for
two reasons: he uses ‘diritto razionale’ which we at Oxford don’t! – He
cherishes the ‘dialogo filosofico’ as a genre as we Aristotelians at Oxford
don’t – he wrote one on ‘l’intuito’ – While he wrote on ‘sensualism,’ he also
explored the idea of ‘man’ and ‘ragione,’ or ragiun, as he put it in his
vernacular!” Insegna a Messina. Presidente della Real Accademia Peloritana dei
Pericolanti. Molto apprezzato da Mamiani,
Gioberti e Galluppi. Opere: “Il
sensualismo” Dissertazione (Messina, Stamp. T. Capra all'insegna di Maurolico);
“La fisiologia calunniata di materialism” (Messina, M. Nobolo); “La potenza del
pensiero” (Palermo, Stamp. M. Console); “Etica e diritto naturale” (Messina,
Stamp. A. D'Amico); “L’intuito: dialogo filosofico” (Messina, Stamperia ant.
D'Amico Arena); “L'omu nun avi l'usu di la ragiuni. Cicalata di lu professuri
cav. A. Catara- Lettieri (Messina, Tip. D'Amico); “Introduzione alla filosofia
morale e al diritto razionale, -- Grice: “I like the idea of ‘rational’ right!”
-- Messina, Tip. D'Amico, “La cognizione del dovere” Poche nozioni dirette
all'operaio e ad ogni classe di cittadini, Messina, Tip. D'Amico, Ricordi
storici intorno al movimento filosofico nella prima metà del secolo XIX in
Sicilia, Messina, Tip. D'Amico, “L’uomo” Pensieri di Antono Catara-Lettieri,
Messina, presso Ignazio D'Amico, Antonio Catara Lettieri. Via Lettieri,
Messina. Lettieri basis his moral system on rationality – solidarity,
beneficence and all the conversational principles appealed by Grice find room
in Lettieri’s system – ‘dovere verso l’altri” o “il prossimo” – The fundamental
one is that of equality, as when Chomsky says that competence is an ideal
natuve speaker with another one --. Luigi Speranza, “Grice e Lettiere: la
ragione conversazionale”.
LIBERATORE. (Salerno).
Filosofo.. Grice: “One could write a whole dissertation – especially in Italy:
their erudition has no bounds – about Liberatore’s choice of the sign being
conventional, ‘ramo d’olivo’ = pace. It’s so obscure! Aeneas held one, against
the Phyrgians – but did the Phyrgians know? And if Mars is often represented
wearing an olive wreath, one would not think there is a ‘patto’ between Aeneas
and the Phyrgian commander about that!” Grice: “I like Liberatore – a systematic
philosopher, as I am! His logic has the expected discussion on ‘sign.’ A
conventional sign he says is a branch of olive ‘signifying’ peace – as opposed
to smoke naturally meaning fire – As a footnote, one should note that in Noah’s
days, the signification of the dove was ALSO natural – although not strictly
‘factive’ – but then not ALL smoke (e. g. dry ice smoke) signifies fire, as
every actor knows!” “Ma il difetto molto
comune degli Economisti è il mancare di giuste idee filosofiche, e con ciò non
ostante voler sovente filosofare.”Entra nel collegio dei gesuiti di Napoli e chiese
di far parte della Compagnia di Gesù. Insegna filosofia. Fonda a Napoli “La
Scienza e la Fede” con lo scopo di criticare le nuove idee del razionalismo,
dell'idealismo e del liberalismo, dalle pagine del quale veniva sostenuta una
strenua battaglia in favore del brigantaggio, interpretato come movimento
politico contrario all'unità d'Italia, ovvero: "La cagione del
brigantaggio è politica, cioè l'odio al nuovo governo". Fonda “La Civiltà”
per diffondere Aquino. Uno degli estensori dell'enciclica Rerum Novarum di
Leone XIII. Studia Aquino. Pubblica “Corso di filosofia”. Membro dell'Accademia
Romana,. Combatté il razionalismo e l'ontologismo, così come le idee del
Rosmini. Sostenne che il brigantaggio fu la legittima resistenza di un
popolo a una conquista non solo territoriale, ma soprattutto ideologica. Difensore
dei diritti della Chiesa e studioso dei problemi della vita cristiana, delle
relazioni tra Chiesa e stato, tra la morale e la vita sociale. I filosofi
della sua scuola mettono in evidenza a acutezza dei giudizi, la forza degli
argomenti, la sequenza logica del pensiero, la stretta osservazione dei fatti,
la conoscenza dell'uomo e del mondo, la semplicità ed eleganza dello
stile. All'inizio Professore era giudicato da molti nella Chiesa
cattolica il più grande filosofo dei suoi tempi. Si riteneva che vivesse
santamente, e si scorgeva in lui un profondo spirito religioso. Considerato
uno dei precursori del personalismo economico. Opere: Logica, metafisica, etica
e diritto naturale, e in particolare: “Dialoghi filosofici,” Napoli, Institutiones
logicae et metaphysicae, Napoli, Milano, “Theses ex metaphysica selectae quas
suscipit propugnandas Franciscus Pirenzio in collegio neapolitano S. J. ab. divi
Sebastiani Quinto Napoli, “Dialogo sopra l'origine delle idee, Napoli, “Il panteismo
trascendentale: dialogo, Napoli, “Il Progresso: dialogo filosofico,” Genova, “Ethicae
et juris naturae elementa, Napoli, Roma, Elementi di filosofia, Napoli, ed.
Livorno, Napoli, “Institutiones Philosophicae, Napoli, Roma,“Della Conoscenza
intellettuale, Napoli, Roma, Compendium logicae et metaphysicae, Roma “Sopra la
teoria scolastica della composizione sostanziale dei corpi, Roma Risposta ad
una lettera anonima sopra la teoria scolastica della composizione sostanziale
dei corpi, Roma Dell'uomo, Roma, La Filosofia di Alighieri. (In Omaggio
a Aligh. dei Cattolici ital.), Roma, Ethica
et Ius Naturae, Roma, Typis civilitatis catholicae La Chiesa e lo Stato,
Napoli, Real tipografia Giannini, “Della composizione sostanziale dei corpi,” Napoli,
Real tipografia Giannini, “L'autocrazia dell'ente” Napoli Degli universali.
Confutazione della filosofia Rosminiana difesa da Ferre, Roma “Principii di
Economia Politica, Roma, A. Befani, “La proposta dell'imperatore germanico di
un accordo internazionale in favore degli operai, Le associazioni operaie, Dell'intervenzione
governativa nel regolamento del lavoro, L'Enciclica Rerum Novarum del S. Padre
Leone XIII, De conditione opificium, La Civiltà Cattolica spiega nei dettagli
il clima di "difesa" in cui la Chiesa si sentiva in quel tempo. Il
ritorno ad Aquino dov’essere orientato alle sue dottrine originarie: Era
convinto che dopo di lui ben poco di nuovo aveva prodotto il pensiero
umano. Brigantaggio. Legittima difesa
del Sud. Gli articoli della "Civiltà Cattolica" introduzione di Turco, Napoli, Editoriale Il
Giglio. Per l'atteggiamento arroccato in difesa della Chiesa vedi ad esempio
Sillabo # La "cupa scia" del Sillabo
Vincenzo Nardini, Manca di verità e si oppone ad Aquino la soluzione di
un alto problema metafisico abbracciata da Liberatore ..., Roma, fratelli
Pallotta tipografi a S. Ignazio, Lettere edificanti della provincia napoletana
della Compagnia di Gesù, in La Civiltà cattolica, Civiltà cattolica:, antologia
Gabriele De Rosa, I-IV, s.l. [ma San Giovanni Valdarno] ad ind.; Giuseppe
Mellinato, Carteggio inedito Liberatore Cornoldi in lotta per la filosofia
tomistica durante il secondo Ottocento, Roma, Volpe, I gesuiti nel Napoletano,
Napoli, Dezza, Alle origini del neotomismo, Milano, Devizzi, La critica di
Liberatore all'ontologismo, in Rivista di filosofia neo-scolastica, Mirabella,
Il pensiero politico di Liberatore ed il suo contributo ai rapporti tra Chiesa
e Stato, Milano, Scaduto, Il pensiero politico di Liberatore ed il contributo
ai rapporti tra la Chiesa e lo Stato, in Archivum historicum Societatis Iesu, Giuseppe
Rossini, Roma Gabriele De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari
ad ind.; Lombardi, La Civiltà cattolica e la stesura della "Rerum
novarum". Nuovi documenti sul contributo di Liberatore, in La Civiltà
cattolica, Dante, Storia della "Civiltà cattolica", Roma Nomenclator
literarius theologiae catholicae, Grande
antologia filosofica, Milano, Carlo Maria Curci Compagnia di Gesù La Civiltà
Cattolica Rerum Novarum TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere, presentazione del libro su La Civiltà Cattolica
e il brigantaggio. Matteo Liberatore. “Segno e cio che, conosciuto, adduce alla
conosence di un’altra cosa” – cf. Eco’s tesi su Aquino.
LICETI. (Rapallo). Filosofo. Grice: “Liceti is a
fascinating philosopher; must say my favourite of his oeuvre is “Geroglifici,”
which as he knows it’s a coded message – the old Egyptian priests kept this
‘figurata’ away from the plebs!” – Grice: “Alice once wondered what the good of
a piece of philosophy is without ‘illustrations;’ surely Liceti’s beats them
all!” Allievo ed erede di Cremonini. Nacque prematuro (6 mesi), venendo
alla luce su una nave presa da tempesta lungo le coste tra Recco e Rapallo.
Sempre secondo la tradizione orale suo padre, un medicoo, lo mise in una
scatola di cotone dentro un forno, come si faceva per far schiudere le uova,
inventando così il prototipo della moderna incubatrice. Dopo aver compiuto i
primi studi letterari a Rapallo, venne inviato a Bologna per compiere e
approfondire gli studi legati alla filosofia. Insegna a Pisa. Padova, e
Bologna. Ascritto ai “Ricovrati” (oggi
Accademia Galileiana di scienze, lettere ed arti). Quando comparve in
cielo una cometa, si riaccese una controversia analoga a quella suscitata dalla
stella nova ma questa volta le difese
della teoria aristotelica furono assunte dal Liceti ed il compito di
attaccarla, partito ormai Galileo, fu assunto dal suo successore sulla cattedra
di matematica, Gloriosi, che se la prese appunto col Liceti. Questi rispose
pubblicando un suo De novis astris et cometis, in cui, oltre a difendere
Aristotele, critica i moderni scienziati, tra i quali anche Galileo, ma con
espressioni molto rispettose e lusinghiere. A questo scritto Galileo fece
rispondere dal suo amico Guiducci col Discorso sulle comete.» Srisse
numerose opere di filosofia, tra le quali “De monstruorum causis, natura et
differentiis”, (Padova), con aggiunte di
G. Blaes, nei quali riprese le soluzioni aristoteliche sul problema delle
anomalie genetiche, e “De spontaneo viventium ortu” nei quali sostenne la
generazione spontanea degli animali inferiori. Altri testi importanti per
la ricerca furono “De lucernis antiquorum reconditis” apprezzato da Berigardus,
e la “Silloge Hieroglyphica, sive antiqua schemata gemmarum anularium>” Trattò
inoltre la questione dell'anima delle bestie nel “De feriis altricis animae
nemeseticae disputationes” Le sue opere furono chiaramente ispirate ad Aristotele,
in particolare gli studi sul problema della generazione vivente e sul cosmo,
entrando talvolta in contrasto con Galilei, specialmente per quanto riguarda la
struttura dei cieli e della Luna, che Liceti considerava una sfera perfetta e
trasparente la cui luminosità non era un riflesso della luce solare, ma veniva
generata al suo interno.Al centro di questo dissenso cosmologico, c'era,
infatti, il tentativo di spiegare il fenomeno luminescente della pietra di
Bologna, che Liceti considera un frammento di materia lunare. Alcuni scritti
del Liceti rimasero inediti a causa delle ampie discussioni riportate sulle
novità astronomiche del XVII secolo. «Nella congerie immensa dei suoi
scritti e commenti va notata la difesa della pietas d'Aristotele; quella pietas
così vivacemente messa in forse alcuni anni più tardi dal platonicissimo
cappuccino Valeriano Magno, che tacciò d'ateismo il sistema dello Stagirita. Il
Liceto invece disserta «de gradu pietatis Aristotelis erga Deum et homines», e
nell'opera sua «Philosophi sententiae plurimae, fidelium auditui durae,
salubribus explicationibus emollitae, ad pias aures accommodantur, illaeso
genuino sensu Aristotelis» . E ad epigrafe dell'opera sua si compiace del
distico Vulgus Aristotelem gravat impietate, Licetus Doctorem purgat. Numquid
uterque pius?» La città di Padova ed Spinola di Roccaforte resero omaggio
al filosofo facendo erigere una statua in marmo scolpita dallo scultore
padovano Rizzi. A Rapallo, sua città natale, vi è dedicata una via nel centro
storico. Gli è stato dedicato il cratere “Licetus” sulla Luna. Altre
opera: “De centro et circumferential”“De regulari motu minimaque parallaxi cometarum
caelestium disputationes”Vtini, Nicola Schiratti, Vicetiae, Domenico Amadio,
Francesco Bolzetta Encyclopaedia ad aram mysticam Nonarii Terrigenae, Patauii,
Gaspare Crivellari“Allegoria peripatetica de generatione, amicitia, et
privatione in aristotelicum aenigma elia lelia crispis”“Ad aram lemniam
Dosiadae, poëtae vetustissimi et obscurissimi, encyclopaedia, Parisiis : apud
C. Cottard “Ad Syringam publilianam encyclopaedia, Patauii, Pasquato, Bortolo, “Ad
Epei Securim Encyclopaedia Genuensis philosophi, ac medici, Bononiae, Monti, “De
centro et circumferentia, Vtini, Nicola Schiratti, “De luminis natura et
efficientia, Vtini, Schiratti, “Litheosphorus, siue De lapide Bononiensi lucem
in se conceptam ab ambiente claro mox in tenebris mire conservante, Vtini, Schiratti, “Ad alas amoris diuini a Simmia
Rhodio compactas, Patavii, Giulio Crivellari,“De lucidis in sublimi ingenuarum
exercitationum liber, Patauii, Crivellari “De Lunae Sub-obscura Luce prope
coniunctiones, “Hieroglyphica, Patavii, Sebastiano Sardi, “Hydrologiae
peripateticae disputationes, Vtini, Schiratti, Ad syringam a Theocrito Syracusio
compactam et inflatam Encyclopaedia, Vtini, Schiratti, Baldassarri, La pietra
di Bologna da Descartes a Spallanzani. Sviluppo di un modello scientifico tra
curiosità, metodo, analogia, esempio e prova empirica, Nel nome di Lazzaro.
Saggi di storia della scienza e delle istituzioni scientifiche, Garin, La
filosofia, Milano, Vallardi, Questo testo proviene in
parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera
del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Caspar
Bartholin, Institutiones anatomicae, Lugduni Batavorum, Jean Riolan, Opuscula
anatomica nova, in Id., Opera anatomica, Lutetiae Parisiorum, Bartholin,
Epistolarum medicinalium centuria I et II, Hafniae (5 lettere al Liceti, 4 del
Liceti); Vesling, Observationes anatomicae et epistolae medicae, Hafniae (7 lettere al Liceti); Dallari, I rotuli dei
lettori legisti e artisti dello Studio Bolognese, Bologna ad ind.; Edizione nazionale
delle opere di Galilei, Firenze ad
indices; Acta nationis Germanicae artistarum, Rossetti, Padova, ad ind.; Rossetti,
AGamba, Padova, ad ind.; Giornale della gloriosissima Accademia Ricovrata, A:
verbali delle adunanze, Gamba, Rossetti,
Trieste ad ind.; Salomoni, Urbis Patavinae inscriptions, Patavii Facciolati,
Fasti Gymnasii Patavini, Patavii, Tiraboschi, Storia della letteratura
italiana, Modena, Renan, Averroès et l'averroïsme, Paris Taruffi, “Storia della
teratologia” I, Bologna, Favaro, Amici e corrispondenti di Galilei, IX, Gloriosi, in Atti del R. Istituto veneto di
scienze, lettere ed arti, Favaro, Saggio di
dello Studio di Padova, I, Venezia, Ducceschi, L'epistolario di Severino,
in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, Castiglioni, Storia della medicina, Milano, Ducceschi, Un epistolario inedito di dotti
padovani della prima metà del sec. XVII, in Atti e memorie della R. Accademia
di scienze lettere ed arti in Padova, Alberti, Il dottor Liceti e la prima
incubatrice per prematuri, in Minerva medica (varia), Giuseppe Boffito,
Battaglia di marche tipografiche di Bella e l'ultima memoria scientifica dettata
da Galilei, in La Bibliofilia, Pesce, La iconografia di Liceti, in Genova.
Rivista mensile del Comune, Geymonat, Galilei, Torino, Rossetti, L'ultima opera
di Liceti in un manoscritto inedito della Biblioteca del Seminario vescovile di
Padova, in Studia Patavina, Bertolaso, Ricerche d'archivio su alcuni aspetti
dell'insegnamento medico presso l'Padova, in Acta medicae historiae Patavinae, Ongaro,
Contributi alla biografia di Alpini, Tomba, Gli originali di Galileo nelle
opere di Liceti, in Physis, Ongaro, L'opera medica di Liceti, in Atti del
Congresso di storia della medicina, Roma, Ongaro, La generazione e il
"moto" del sangue nel pensiero di Liceti, in Castalia,Rizza, Peiresc
e l'Italia, Torino A. Simili, Una dedica autografa di Galilei a Liceti e il
clima delle loro concezioni scientifiche e relazioni epistolari, in Galileo
nella storia e nella filosofia della scienza. Atti del Symposium internazionale,
Firenze-Pisa, Firenze Mirandola, Naudé a Padova. Contributo allo studio del
mito italiano, in Lettere italiane, Castellani, Le problème de la
"generatio spontanea" dans l'oeuvre de Fortunio Liceti, in Revue de
synthèse, Marangio, I problemi della scienza nel carteggio LicetiGalilei, in
Bollettino di storia della filosofia dell'Università degli studi di Lecce, Marilena
Marangio, La disputa sul centro dell'universo nel "De Terra" di Liceti,
Soppelsa, Genesi del metodo galileiano e tramonto dell'aristotelismo nella
Scuola di Padova, Padova, Agosto et al., Rapallo, Berti, Galileo e
l'aristotelismo patavino del suo tempo, in Studia Patavina, Ongaro, Atomismo e
aristotelismo nel pensiero medico-biologico di Liceti, in Scienza e cultura,
Galilei e Morgagni), Padova. Brizzolara, Per una storia degli studi antiquari
nella prima metà del Seicento: l'opera di Liceti, in Studi e memorie per la
storia dell'Bologna, nZanca, Liceti e la scienza dei mostri in Europa, in Atti
del Congresso della Società italiana di storia della medicina, Padova-Trieste,
Padova Re, "De lucernis antiquorum reconditis": il capolavoro
calcografico di Schiratti, in Ce fastu? Lohr, Latin Aristotle commentaries, Firenze,
Basso, Liceti erudito ed antiquario, con
particolare riguardo agli studi di sfragistica, in Forum Iulii, Basso,
"Fortasse licebit". La marca tipografica di Schiratti e l'impresa
accademica di Liceti, in Quaderni della F.A.C.E. (Quaderni Artisti Cattolici
Ellero), Ongaro, La scoperta del condotto pancreatico, in Scienza e cultura, Poppi,
Il "De caelesti substantia" di Ferchio fra tradizione e innovazione,
in Galileo e la cultura padovana, Santinello, Padova, Kristeller, Iter
Italicum, I-VI, ad indices. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. sapere, De Agostini. Giuseppe Ongaro, Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Opere di Fortunio Liceti, . di
Fortunio Liceti, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Fortunio
Liceti. Beerbohm: “Send me a letter; I live in Rapallo.” “How should I address
it.” “Beerbohm, Rapallo” “Do not worry, there is only one Rapallo.” “Vico
Fortunio Liceti, Rapallo” – “Statua a Fortunio Liceti da Rizzi, Spinelli
Roccaforte, Padova.
LIGUORI. (Roma). Filosofo. Grice: “Personally, my
favourite of Liguori’s metaphors is ‘the abyss of reason,’ since Speranza has
elaborated on this: it’s Gide’s ‘mise-en-abyme’ no less, which breaks my
principle of ‘conversational perspicuity’ – a mise-en-abyme text is just
untextable!” -- Grice: “Liguori has
studied the metamorphosis of language in one of his philosophical noble
ancestors!” “I like Liguori: he has the gift of the gab for metaphor: ‘i
baratri della ragione,” “la fucina del filosofo,” “l’alambicco dell’anima,” “la
condizione del senso” ‘il razionale dello irrazionale” o “le ragione
dell’irrazionale” “le ambiguita della ragione,” “Trasimaco ha ragione”
“Giustizia e carita” Ritratto. Frequenta il liceo classico presso i padri
gesuiti dell’Istituto Massimo di Roma. Studia alla Sapienza. “Scherzi della
memoria.” Si laurea con la tesi “Lo scetticismo giuridico.” Insegna a Lecce ed
Ostuni. Si dedica alla storia della filosofia. Insegna a Bari, Urbino, Ferrara,
Trento, Salento, Torino, Firenze, Lecce, Cassino, Napoli, e Noceto. Con “E il
vero baratro della ragione umana” – cf. H. P. Grice, “Mise-en-abyme
conversazionale” -- viene riconosciuto
come uno studioso di Kant, Graf, Leopardi, e Cartesio. Tratta Positivismo di Sergi, Lombroso, Morselli e Vignoli; dello
scetticismo di Rensi ponendolo in critica relazione tra Leopardi e Pirandello;
ha scritto di de' Liguori e di Benedictis, detto l'Aletino. Collabora con
l'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli. Ha tenuto rapporti
epistolari con Garin, Bobbio, Augias, Binni, Donini, Ferrarotti e Timpanaro. Fonda
ad Ostuni (BR) il Circolo Culturale “Sic et Non”, cui aderiscono e
collaborano note personalità della politica e della cultura quali Donini, Fiore, Radice, matematico e fondatore e direttore di
“Riforma della scuola” e docenti delle Bari, Roma e Lecce. “Sic et Non” si
impegna in complesse battaglie civili come quella per un dialogo tra marxisti e
cattolici, ed altre incombenti questioni sociali come la campagna per il
divorzio. Stringe intese, oltre che con moti uomini politici e studiosi di
chiara fama, con il gruppo dei cattolici del Gallo di Genova e coi fiorentini
seguaci di Giorgio La Pira, i quali si riunivano intorno alla rivista “Testimonianze”
diretta da Balducci e Zolo, nonché con i ragazzi della Scuola di Barbiana,
diretta da Don Lorenzo Milani. Manifesto editoriale del "Sic et Non"
è la rivista Presenza, da lui diretta, che testimonia questa attività politica
allora pionieristica per una piccola provincia del Sud Italia. I sette numeri
pubblicati della rivista Presenza, e altra documentazione di tale impegno
politico, sono attualmente depositati presso la Biblioteca Comunale di Ostuni
(BR) intitolata a Francesco Trinchera e comunque ampiamente documentati
nell'unico libro autobiografico dello stesso autore. Critica e commenti
sull'opera di Girolamo de Liguori Carteggio con illustri studiosi Bobbio: Il
libro mi pare di grande interesse, per l’ampiezza e la serietà della ricerca su
un tema, se non sbaglio, mai scandagliato a fondo, eppure importante
nell'ambito più vasto della storia della filosofia positiva, della critica
letteraria e della cultura torinese (argomento a me particolarmente caro). Sono
convinto che si tratta di un lavoro di prim'ordine, che rende giustizia a uno
studioso e a uno scrittore (e poeta) che è stato sì, ricordato più volte dai
suoi discepoli, ma è stato poi dimenticato dagli storici. Credo che questo libro
sia un effettivo contributo alla migliore di quel periodo della nostra storia
che la cultura idealistica aveva disdegnato: un contributo di cui soprattutto
noi piemontesi dobbiamo essere grati». Sebastiano Timpanaro: «[…] Mi sembra, e
non lo dico per adulazione, ma con piena sincerità, un'opera di livello davvero
eccezionalmente alto, per la caratterizzazione del protagonista e di tutto il
suo ambiente, per tutto ciò che finora ignoto essa porta alla luce. E’ venuto
fuori cosi un lavoro che molto di rado accade di leggere». Ambrogio Donini: “Mi
pare, ad un primo esame, fondamentale per la conoscenza del periodo ancora poco
conosciuto. Apprezzo moltissimo tale metodo di indagine e la serietà della
documentazione. Uno studio di questo genere è certamente costato decenni di
intensa documentazione». Guido Oldrini: ho letto subito il volume su Arturo
Graf così ricco e con non poco profitto. Quando l’autore, in un punto se la
prende con gli storici della filosofia italiana che trascurano il Arturo Graf,
anzi noni menzionano affatto, mi sento in colpa; e tanto più in quanto io,
studioso della cultura napoletana, mi son lasciato sfuggire quei nessi di
Arturo Graf con Napoli che il volume di de Liguori illustra con tanta passione».
Franco Contorbia: “poche volte accade di fare i conti con un libro così fatto, stratificato,
totalizzante; ad apertura di pagina si avverte l’impegno, il grado di
coinvolgimento appassionato con cui lei ha condotto avanti negli anni una così
impegnativa ricerca peculiare, quasi il centro della sua esistenza
intellettuale, il punto di arrivo (e a un tempo di partenza) di un confronto
che è culturale ma anche morale e politico.La qualità di un tale lavoro, mi
pare, fuori dell’ordinario». Donato Valli: «L’autore ha consegnato alla critica
e alla conoscenza uno studio così complesso da poter essere considerato un
esaustivo panorama della cultura del secondo Ottocento italiano e non solo italiano]».
Recensioni di illustri studiosi Paolo Rossi, “L'autore… ha fatto emergere un
quadro ricco e articolato dove accanto alle ombre brillano alcune luci
importanti». Recensione sulla rivista «Panorama» riguardante il di de Liguori Materialismo inquieto, edito da
Laterza . Cosmacini, «Il lavoro di de Liguori è largamente meritorio oltreché
ampiamente documentato». Recensione uscita su «Il Corriere della sera»
riguardante il di de Liguori
Materialismo inquieto, edito da Laterza. Marti: :Dalle appassionate e diuturne
indagini dell’autore su Arturo Graf e il suo tempo è venuto fuori il ponderoso,
massiccio volume, che ho ricevuto come caro e preziosissimo dono. Davvero
lusinghiera la “presentazione” di un grande Maestro come Eugenio Garin, e
accattivante e simpatica l’”Avvertenza”. Tutto il resto è da leggere».
Recensione al volume di de Liguori su Graf, uscita sul «Giornale storico della
letteratura italiana». Corrado Augias: «Quella di De Liguori è infatti una
storia meridionale che parte da una finzione narrativa di gusto classico ma
così classico da poterla ritrovare in alcuni capolavori tanto celebri che non
vale nemmeno la pena di citarli». Altre opera:“Trasimaco ha ragione” «La Rassegna
pugliese», “Giustizia e carità” “fra filosofia e vita” Ivi “Lo scetticismo
giuridico di Rensi, «Rivista
Internazionale di Filosofia del diritto», “Una moderna enciclopedia del sapere,
«La Rassegna pugliese», II“Efirov e la filosofia italiana, «Problemi», “Un
Leopardi anti-progressivo, «Dimensioni», “In tema di materialismo marxista,
Ivi, “Gioberti e la filosofia leopardiana. Momenti del conflitto tra
l’ideologia cattolico borghese e la protesta leopardiana, «Problemi»,“Un
episodio di solitudine. Rassegna di studi su Graf,” Ivi “Leopardi e i gesuiti.
Appunti per la storia della censura leopardiana, «La Rassegna della Letteratura
italiana», Quel povero “Diavolo” di Graf, «Giornale critico della Filosofia
italiana», Le «Scandalose razzie». Scienza, politica, fede in Graf Ivi, Scetticismo
e religiosità in una rivista militante: «Pietre» in, La filosofia italiana
attraverso le riviste, A. Verri, Micella, Lecce, “La condizione del senso” “Per una
riconsiderazione della lettura grafiana di Leopardi” «La Rassegna della Lett.
It.», Il mito e la storia: Le ragioni dell’irrazionale in Graf, «Problemi»,
Quella «dubitante religiosità». Graf e il modernismo, «Giornale cr. della fil.
It.», Doria tra platonismo e riformismo, «GCFI», Il sodalizio Labriola-Graf negli
anni della loro formazione «Studi Piemontesi»,
Un anti-cartesiano di Terra d’Otranto: Benedictis, in, Miscellanea di
Storia Ligure, Univ. di Genova Materialismo e positivismo. Questioni di metodo,
in, Annali della Facoltà di Filosofia di Bari, Nota su Aletino e le polemiche
anti-cartesiane a Napoli, «Rivista di
storia della filosofia», L’araba fenice: ossia la filosofia nella secondaria,
«Idee», “E il vero baratro della ragione umana” – “Graf e la cultura del
secondo Ottocento, Prefazione di E. Garin, Lacaita, Manduria, “Le ambiguità della ragione” – cf. Grice:
‘the equi-vocality of ‘reason’ Grice: “Liguori has a taste for unnecessary
plurals: the abysses – the ambiguities -- ” -- «Idee», Per la storia della
psico-fisica in Italia. Il materialismo psico-fisico e il dibattito sulle
teorie parallelistiche in Italia tra Ottocento e Novecento: Masci e Faggi
«Teorie e modelli»,Di una rinnovata attenzione al materialism «Idee», Mito e
scienza nell’antropologia e nella storiografia del positivismo italiano, in, ,
La filosofia tra tecnica e mito, Atti del Convegno della SFI, Assisi ediz.
Porziuncola, ; poi in «Dimensioni»,
Livorno, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del
positivismo, Laterza Bari, Tommasi e la filosofia zoologica di Siciliani, in ,
Rileggere Siciliani, G. Invitto e N. Paparella, Capone, LecceI Presupposti
epistemologici e immagine della scienza in Morselli e Graf in , Filosofia e
politica a Genova nell’età del positivismo, Atti del Conv. dell’ “Associazione
filosofica Ligure” -- Cofrancesco, I, Compagnia dei Librai, Genova, poi in
Materialismo e scienze dell’uomo Kant e la religiosità filosofica di Martinetti,
in, A partire da Kant. L’eredità della “Critica della ragion pura”, A. Fabris e
L. Baccelli. Introduzione di Marcucci, Angeli, Milano, Materialismo e scienze
dell’uomo. Il dibattito su scienze e filosofia, Lacaita, Manduria, La fondazione
razionale della fede in Martinetti, «Dimensioni», Livorno, Darwinismo e teorie
dell’evoluzione nella prospettiva monistica di Morselli, in.
Il nucleo filosofico della scienza, Cimino, Congedo, Galatina, L’immagine della donna nel paradigma
positivistico della “degenerazione”, in. Morelli. Emancipazione e democrazia, G.
Conti Odorisio, Ed. Scientif. Ital., Napoli, La cultura filosofica nella Torino
di fine Ottocento, «Rivista di filosofia», Presupposti torinesi della
singolarità filosofica di Martinetti, «Studi Piemontesi», E’ possibile la storia dello scetticismo?,
«Segni e comprensione», «I filosofi
delle bancarelle». Per la critica della storiografia filosofica, «Lavoro critico», Il sentiero dei perplessi. Scetticismo,
nichilismo e critica della religione in Italia da Nietzsche a Pirandello, La
città del Sole, Napoli, La reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento.
Giovambattista De Benedictis, «GCFI», La revisione della storiografia sul
Mezzogiorno, «Segni e comprensione», Positivismo e letteratura. Antologia di
testi, con Introd. e note, Graphis Bari, La lezione scettica di Rensi, «Critica
liberale», La psicofisica in Italia, La psicologia in Italia, a cura di Cimino e Dazzi,
Led, Milano, Vignoli e la psicologia animale e comparata, Ivi, Pensatori
dell’area torinese tra i due secoli, «Percorsi», Quaderni del Centro Frassati,
Torino, Il ritorno di Stratone. Per la collocazione del materialismo
leopardiano nel pensiero ottocentesco, in Biscuso e Gallo, Leopardi anti-italiano,
Manifesto libri, Roma, Kant e le scienze della natura. Notazioni in margine
alle lezioni kantiane di Geografia fisica, in, Annali del Dipartimento di
Filosofia, Lecce, Lacaita Manduria,Cattaneo, Psicologia delle menti associate,
G. de L., Editori Riuniti, Roma, Antropologia, psicologia comparata e scienze
naturali in Vignoli, «Teorie e modelli», Geymonat, Treccani. Antropologia e tassonomia
in Kant. Da Blumembach a Buffon, Atti del Convegno per il Bicentenario della Geo-fisica
kantiana, Congedo Lecce, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali
in Vignoli, «Teorie e modelli», Cronache
di filosofia del diritto in Italia. Sforza e i suoi corrispondenti, in
«Quaderni di Storia dell’Torino», Per Mucciarelli:
positivismo psicologia e storia, «Segni e comprensione», Geymonat e il
“materialismo verso il basso”, GCFI, Il materialismo di Timpanaro, «Critica
liberale», Lettere di Timpanaro a Liguori,
in Il Ponte, Da Teofrasto a Stratone. L’itinerario filosofico di Leopardi,
«Quaderni materialisti», Labriola e Graf. Principio e fine di un sodalizio di
vita e di pensiero, in Labriola e la sua università. Mostra documentaria per
settecento anni della “Sapienza” Aracne, Roma, A. Graf, Memorie, Introduzione,
commento e cura , “Gli Arsilli”, Edizioni dell’Orso, Alessandria Un catalogo
per Labriola, «Critica Sociologica», Utilità dell’inutile. Dalla elaborazione
concettuale alla programmazione e alla costruzione di un catalogo, «Itinerari»,
I Gesuiti. Le polemiche sui riti confuciani tra l’Aletino e i missionari
domenicani, «Studi filosofici»,Le «imbrogliate bestemmie germaniche». Moleschott
e la medicina materialistica, «Physis», La fucina del filosofo. «Segni e
comprensione», Filosofia teologia e fisica di Cartesio nella Difesa della Terza
lettera apologetica dell’Aletino, «Il Cannocchiale», Liguori e la filosofia del
suo tempo: Spinoza, Bayle, Hobbes e Locke, «Rivista di Storia della Filosofia»,
“Libido Sciendi”. Immagini dell’empietà nell’apologetica cattolica tra Sei e
Settecento (da Magalotti a Valsecchi), GCFI, Scherzi della memoria. Mappa di un
itinerario non turistico tra politica e cultura in una provincia del Sud, Prefazione
di Ferrarotti; Postafazione di Cumis, Salvatore Sciascia editore, Medicina e
filosofia in Italia tra evoluzionismo e scientismo. Da Tommasi a Morse, «Il cannocchiale»,, L’ ”il lambicco dell’anima”.
Note sul Mind body problem in Italia nell’età del positivismo, in Anima, mente
e cervello. Alle origini del problema mente-corpo da Descartes all’Ottocento,
Paolo Quintili, Unicopoli, L’ateo
smascherato. Immagini dell’ateismo e del materialismo nell’apologetica
cattolica da Cartesio a Kant, Le Monnier /Università , Le sorelle Vadalà. Quattro
storie più una, Romanzo con pefazione di Corrado Augias Movimedia, Lecce, Pensatori
dell’area torinese tra i due secoli, in Quaderni Noce, Marco editore, Lungro di Cosenza, Ateismo
e filosofia. Considerazioni sull’ateismo latente nel pensiero moderno e sul
rapporto tra fede e ragione, «Il Cannocchiale», Le metamorfosi del linguaggio
nella controversistica e nella pratica missionaria di Liguori, in, Le
metamorfosi dei linguaggi nel Settecento, Borghero e Loretelli, Edizioni di Storia e letteratura,
Roma, Dannazione e redenzione dell'Eros.
Soggetti e figure dell'emarginazione: la donna come oggetto determinante nella
invenzione cattolica del peccato di lussuria in «Bollettino della Società
filosofica italiana», Le cose che non
sono, in «Critica Liberale», Prefazione di E. Garin, Manduria (TA), Bari,
Roma, Lacaita, Gemoynat Treccani, Le Carteggio privato (corrispondenza
autografa) tra Liguori e i singoli autori citati Paolo Rossi, Viaggio nel Positivismo, in
Panorama, Arnoldo Mondadori Editore, Girolamo de Liguori, Materialismo
inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivism, Bari,
Roma, Laterza, Giorgio Cosmacini, Povero medico condannato al materialismo, in
Corriere della Sera, Mario Marti,
Recensione a I baratri della ragione in
Giornale storico della letteratura italiana, Le sorelle Vadalà. Quattro storie
più una, [Romanzo], Prefazione di Augias, Lecce, Movimedia. Girolamo de
Liguori. Keyword: “Associazione Filosofica Ligure” – Keywords: ‘… is the true
abyss of human reason” – “il baratro della ragione conversazionale” – l’anima
distilata – il lambicco dell’anima.
LILLA. (Francavilla Fontana).
Filosofo. Grice: “I like Lilla; for one, he ‘revindicated,’ as he puts it, the
philosophy of Vico, which, in Italy, is like at Oxford ‘revinidcare’ Locke!” Formatosi
nelle scuole dei Padri Scolopi aderì alle idee cattolico liberali divulgate dai
filosofi della prima metà dell'Ottocento: Gioberti, Minghetti, Balbo e Rosmini
al quale dedicherà molteplici studi subendone una marcata influenza. Lascia
Francavilla per l'ostentata contrarietà di tutto il clero alle sue idee patriottiche d'ispirazione
giobertiana, manifestate apertamente nel "Programma d'insegnamento
filosofico" pubblicato sul giornale il "Cittadino leccese",
decise di trasferirsi a Napoli ove ebbe modo di confrontarsi con le idee di
Sanctis, Spaventa, Settembrini, Tari e Vera. Si laurea e insegna a Napoli. Durante
questi anni videro la luce "La provvidenza e la libertà considerate nella
civiltà", "Dio e il mondo", e "La personalità originaria e
la personalità derivata" (Nappoli, Tip. Rocco), nei quali getta le premesse
degli studi filosofici e giuridici in cui si cimenterà per tutta la vita: la
storia della filosofia, la filosofia teoretica e la filosofia del diritto;
sviluppando altresì e precorrendo una moderna concezione del rapporto tra
"diritti umani e progresso scientifico" sin da “La scienza e la vita”
(Torino, Tip. G. Borgarelli) -- titolo paradigmatico del suo saggio – cf.
Grice, “Philosophical biology,” “Philosophy of Life” Insegna a Messina. Furono
quelli gli anni più fecondi della produzione scientifica volta a perfezionare
la sua concezione dello Stato, approfondire le fonti rosminiane, confrontarsi
con le teorie evoluzionistiche di Spencer e contemporaneamente intrattenere
contatti epistolari con alcuni fra i maggiori filosofi, giuristi, patrioti e
storici dell'epoca quali: Jhering,
Bluntschli, Roy, Tommaseo, Capponi e molti altri. Altre opere: “Kant e
Rosmini,”Tip. G. Borgarelli, Torino); “Aquino””Torino, Tip. G. Borgarelli,
“Filosofia del diritto,”“Critica della dottrina etico-giuridica di Mill”“Le supreme
dottrine filosofiche e giuridiche di G. B. Vico rivendicate” -- “La pretesa
persona giuridica e le funzioni personali degli enti morali” (L. Gargiulo); “Della
Riforma civile di Spedalieri” (Messina, tip. d'Amico); “Le fonti del sistema
filosofico di Rosmini” (L.F. Cogliati); “Due meravigliose scoperte di Rosmini:
l'essere possibile e l'unità della storia dei sistemi ideologici, L.F.
Cogliati, Il Canonico Annibale Maria Di Francia e la sua Pia Opera di
beneficenza, Messina, Tip. Editrice San Giuseppe, Manuale di filosofia del
diritto, Milano, Società editrice libraria, Pagine estratte. Sw Note Giorgio Martucci, Vincenzo Lilla e il suo
concetto dello stato Antonio Tarantino,
Diritti umani e progresso scientifico: Polacco, La "Filosofia del diritto
di Lilla” (G.B. Randi); “Filosofia” (Milano, Giuffré); Tarantino, “La filosofia
della giustizia sociale di Lilla, Milano” (Giuffré) – cfr. H. P. Grice, “Social
justice” in “The H. P. Grice Papers,” Bancroft, MS. In occasione del
conferimento della "Cittadinanza onoraria (di Messina) alla memoria al
prof. don Lilla su nettunopress.Tarantino, Diritti umani e progresso scientifico:
emeroteca.provincia.brindisi. Martucci, Lilla e il suo concetto dello stato ,
su emeroteca.provincia.brindisi.
Treccani, su treccani. Lettere a Jhering, Vincenzo Lilla. Keyword: Vico.
Luigi Speranza, “Grice e Lilla: la semiotica di Vico” – The Swimming-Pool
Library. “Il Vico di Lilla”.
LIMONE. (Atella di
Napoli). Grice: “I like Limone; like me, he has explored the idea of value in
terms of catastrophe – I didn’t. He has explored the poetics of philosophy –
and he has investigated on a concept that Strawson and I always found
fascinating, that of a person!” -- “Che cosa è, nel mondo umano, la persona?” “Tutto.”
“Che cosa è, nel mondo contemporaneo, la persona?””Nulla.” Persona e memoria,
Rubbettino. La sua ricerca filosofica si inserisce nel solco del personalismo
comunitario. Si laurea a Napoli e il
Roma. Studia a Parigi e a Châtenay-Malabry, sede dell'Association des
amis d'Emmanuel Mounier, presso la Comunità dei muri bianchi, cui appartenevano
Fraisse, Ricœur, Mounier, Domenach. Insegna a Napoli. I suoi interessi di
ricerca abbracciano aspetti epistemologici, etici, filosofico-pratici e simbolici.
Al centro della sua attenzione teoretica è “la persona”. Fondato la rivista
"Persona” e "Symbolicum" sulla simbolica. Sonda in profondità
l’idea di persona. Là dove la persona non è né la semplice nobilitazione
dell’essere umano in generale, né una singola unità seriale. Della persona si
può dare idea, non “concetto”, perché l’idea è aperta come la vita, mentre il
concetto è chiuso. L’idea di persona, però, non è l’idea di un quid ma di un “quis”
perché la persona è un “chi” non un “che” – That’s why it’s very wrong to call
“the chair is red” as third-person seeing that the chair is hardly a person!” è
l’idea di un’essenza che non può essere separata dalla concreta singola
esistenza, originalissima e dotata di dignità. In quanto idea di un “quis”, la
persona si presenta come l’altro versante del teorema d’incompletezza di Gödel.
Il significato della persona si delinea all’interno di una costellazione in cui
essa: -è realtà singolare e la sua idea; -è prospettiva ontologica sussistente
e la sua verità; -è la parte di un tutto che solo parzialmente è parte, perché
per altro verso si presenta come un tutto, in quanto è irriducibile al tutto e
indivisibile in sé; -è l’eccezione istituente una regola che riesce, e non
riesce, a farsene istituire; -è l’idea di qualcosa che resiste alla possibilità
di essere ricondotto a un’idea; -è l’idea di un appartenere che resiste
all’idea di appartenere. L’essere della persona richiama, a suo modo, il
problema delle antinomie di Russell. Un tale arcipelago di paradossi
costituisce, però, una forza virtuosa che interroga ogni sistema. La persona si
configura come invenzione teorica, paradosso logico e misura epistemologica, e
rappresenta il punto strutturale di base che istituisce la visione del gius-personalismo.
Opere: “Tempo della persona e sapienza del possibile: Valori, politica, diritto
(ESI, Napoli); “Tempo della persona e sapienza del possibile: Per una
teoretica, una critica e una metaforica del personalismo (ESI, Napoli); La
catastrofe come orizzonte del valore, Monduzzi Editoriale, Milano. Bellezza e
persona, su “Aisthema. Philosophy, Theology, Aesthetics” “La macchina delle
regole, la verità della vita. Appunti sul fondamentalismo macchinico nell’era
contemporanea, in La macchina delle regole, la verità della vita (Franco
Angeli, Milano); Che cos’è il giuspersonalismo? Il diritto di esistere come
fondamento dell’esistere del diritto, Monduzzi Editoriale, Milano. Ars boni et
aequi. Ovvero i paralipòmeni della scienza giuridica, in Ars boni et aequi. Il
diritto fra scienza, arte, equità e tecnica (Franco Angeli, Milano), Filosofia
e poesia come passioni dell’anima civile. La persona fra potere e memoria in
Persona, Artetetra edizioni, Capua. Persona e memoria. “Oltre la maschera” il
compito del pensare come diritto alla filosofia, Rubbettino, Soveria Mannelli .
Poesia Polifonia d’un vento (Salerno-Roma). Dentro il tempo del sole
(Salerno-Roma). Ore d’acqua (Salerno-Roma). Incontrando il possibile re
(Salerno-Roma). “Notte di fine millennio” (Bari). Fenicia, sogno di una stella
a nord-ovest (Roma). L'angelo sulle città, in onore del figlio (Roma ). Le
ceneri di Pasolini (Pasturana [Alessandria] ). Aforismi di un impiccato felice
(Salerno-Roma). Aforismi del passato duemila: distruzioni per l'uso (Salerno-Roma).
Ossi di limone. Aforismi di uno scostumato (Vatolla). Sierra Limone. Dai
taccuini fenici di Er Limonèro (Vatolla). NV. Melchiorre, Essere persona,
Fondazione A. e G. Boroli, Milano 2007, p.127, 130-132, 134-135. Copia archiviata, su
fondazionerobertofarina.com. 26 gennaio 27
gennaio ). Giuseppe Limone. Keywords: la
composita, la simbolica, simbolo, composito. Strawson, “The concept of a
person” – Ayer: “The concept of a person” -- Luigi Speranza, “Grice e Limone:
la composita” --. Luigi Speranza, “Grice
e Limone: umano e persona”
LODOVICI. (Messina). Filosofo. – Grice:
“I like Emanuele Samek Lodovici – very Italian – his metamorfosi della gnosi is
good!” -- samek lodovici -- one of the two. Emanuele Samek Lodovici Il suo pensiero d'impronta metafisica si
oppone al materialismo e al riduzionismo. Esperto della filosofia di Plotino,
Sant'Agostino e Marx, si occupa dello gnosticismo che a suo parere si trova
ripresentato in diverse filosofie e ideologie dell'età moderna e
contemporanea. Figlio del bibliotecario e bibliografo Sergio Samek
Lodovici, nativo di Carrara, che lo chiamò come suo fratello maggiore, noto
medico e politico. Rimase in Sicilia per breve tempo per poi vivere sempre a Milano.
Scampò a soli cinque anni alla tragedia di Albenga, quando dopo il naufragio di
un'imbarcazione carica di bambini era stato inserito nel gruppo delle piccole
salme, ma il tempestivo intervento di un medico lo salvò. Di formazione e
cultura cattoliche, studiò a Milano dove si laurea con «Filosofia classica e
spiritualità cristiana nel Commento di Sant'Agostino al Vangelo di San
Giovanni». Insegna aTorino. Pubblicò due monografie, una su Agostino (con il
contributo del C.N.R.), e l'altra sulla gnosi moderna, che gli valsero la
cattedra di Filosofia a Trieste. In una
lettera Noce si riferiva così. Nella prima delle sue due opere fondamentali,
Dio e mondo, inizia considerando la grave accusa rivolta da Heidegger alla
metafisica, ovvero di non aver compreso che cos'è l'«essere» e di aver
reificato Dio, di averlo cioè reso una «cosa». Questa critica può essere
legittima ma non nei riguardi della metafisica neoplatonica nella forma in cui
è stata mediata da Agostino. Individua il fulcro di tale metafisica nella
dottrina della «partecipazione» delle idee col mondo, in forza della quale il
rapporto di Dio col mondo è una relazione sostanziale e non oggettualità.
In Metamorfosi della gnosi, delinea una fenomenologia della cultura come
influenzata da una mentalità inconsciamente gnostica. Tale mentalità ha assunto
in sé le tesi dello gnosticismo antico, ovvero la sostanziale negatività del
mondo, la possibilità di redenzione dalla oscurità del mondo attraverso un
sapere salvifico (gnosi) e la possibilità di un redenzione del mondo
realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla sola azione dell'uomo tramite
la politica e/o la scienza. Così nel pensiero gnostico la finitezza e la
creaturalità vengono disprezzate e rifiutate, con l'ambizione di creare l'Uomo
Nuovo e la Gerusalemme terrena. Insomma, sintesi del pensiero gnostico è quella
formulazione che trova il proprio culmine nel «rifiuto di non poter essere
Dio»; in tal modo nella visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo gnostico a
identificarsi con l'infinito, sgravato com'è da qualsiasi limite. Da ciò
appaiono evidenti gli obiettivi polemici e critici di ogni metamorfosi dello
gnosticismo rappresentato nelle forme del riduzionismo antireligioso, del
prometeismo marxista, della filosofia radical-relativista diffusa
attraverso i media, della corruzione della memoria storica attuata anche
attraverso la corruzione del linguaggio ed infine nella strategia della
distruzione della famiglia, che è stata potentemente colpita in particolare con
la rivoluzione sessuale e con alcuni tipi di femminismo. Per quanto
riguarda la sua pars construens, Safferma che proprio a partire dalla
post-marxistica crisi del pensiero secolarista gnostico si deve delineare la
necessità di ritornare alla tradizione metafisica, da lui indicata sulla linea
di Platone, Plotino e soprattutto Agostino. In sintonia con l'ermeneutica contemporanea, e
pur evitandone le derive nichilistiche, riconosce la struttura storicamente
condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della conoscenza,
secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non ha le cose»,
e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa del linguaggio
per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo
storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i
baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne. Rievoca
la valenza dell'autocoscienza della ragione e delle sue vastissime
potenzialità, sia in bene che in male, e a partire da queste, ne ricorda i
limiti, i fallimenti storici e le costitutive incapacità che emergono
specialmente nel momento in cui essa viene elevata ad una illuministica
idolatria, concretizzandosi nella moderna vita di massa che «ha affermato la libertà politica da ogni
autorità spirituale, finendo per favorire il potere dell’uomo sull’uomo; ha affermato
la libertà dell’amore dalla morale per vanificarlo nel sesso; ha affermato di
lottare contro ogni religione in quanto superstizione, solo per prepararne una
più esiziale, quella della scienza e del successo.» Piuttosto, una
ragione accorta deve, restando autonoma, interagire con la religione, per
corroborarla e giustificarla razionalmente o per cercarvi le risposte prime ed
ultime. Tipica poi del suo pensiero è la «cultura del ricordo», intesa come
cultura non di una memoria archeologica bensì di una memoria che guardando ai
fallimenti del passato possa liberare il presente dalle menzogne ideologiche e
dai progetti utopistici che, ripetendosi nella storia, hanno generato i
totalitarismi del XX secolo, e che oggi producono la dittatura del relativismo
e del nichilismo. Così la memoria assume una funzione spirituale nel senso che «mi rende migliore di quello che sono». La
riflessione è dunque nel complesso di carattere etico-sapienzale, consapevole
che in ogni agire umano si esplica la ricerca della felicità, una ricerca che,
per essere efficace e compiuta, deve però essere immune da qualsiasi utopismo
onirico: è alla luce di questa precisazione che può affermare che «non vi è
nessuna felicità senza virtù, in altre parole non vi è nessuna felicità senza
quell'unica attività che è in grado di rendere l'uomo pienamente umano», perciò
«non si può pretendere che l'acquisto della felicità non passi attraverso lo
sforzo, la lotta, e in ultima analisi la sofferenza», ed è in tal modo che
trovano un senso il limite umano e la sofferenza. Non sfugge al filosofo la
coscienza della precarietà della felicità umana, però questa «ben lungi dallo
spingerci alla tristezza per l'insaziabilità dell'uomo, va tuttavia vistaottimisticamente,
come l'indizio che è un'altra la felicità conforme al livello spirituale degli
esseri umani», perché «ultima hominis felicitas non est in hac vita». Altre opere:
“La presenza di Plotino nel In Johannis Evangelium di Agostino, in Contributi dell'Istituto di filosofia, I,
Vita e Pensiero, Sull'interpretazione di alcuni testi della “Lettera ai Galati”
in Marcione e Tertulliano, in «Aevum», Milano, Agostino, in Questioni di storiografia filosofica, La
Scuola, Brescia Dieci anni di studi sul processo di Gesù e su Gesù e gli
zeloti, Vita e Pensiero, Marxismo o Cristianesimo, Ares, Sessualità, matrimonio
e concupiscenza in Sant'Agostino, in , Etica sessuale e matrimonio nel
cristianesimo delle origini, Pubblicazioni dell'Università Cattolica, Tra cosmologia e metafisica. Note sul concetto
di cosmo, in :Il demoniaco nella musica, Giappichelli, La felicità e la crisi della cultura
radical-illuministica, in La crisi della
coscienza politica contemporanea e il pensiero personalista, Libreria Editrice Gregoniana,
“Dio e mondo: relazione, causa e spazio” (Edizioni Studium); “Metamorfosi della
gnosi” Ares, Dominio dell'istante,
dominio della morte. Alla ricerca di uno schema gnostico, in «Archivio di
Filosofia», Istituto di studi filosofici, Roma, “La gnosi e la genesi delle
forme, in «Rivista di Biologia», Il gusto del sapere, Universitas, L'arte di non disperare. Il gusto del
sapere Estratti di L'arte di non
disperare M. Picker, Il mio professore di filosofia, Studi
Cattolici, G. Alabiso, La critica dell'attacco macrostrutturale al cristianesimo,
Catania. Giacomo Samek Lodovici, Profili. Emanuele Samek Lodovici, Studi
Cattolici,Andrea Sciffo, Le maschere della gnosi, «Avvenire», Gaspare
Barbiellini Amidei, Il filosofo che insegnò l'arte della speranza. , in
«Corriere della Sera», 28.06.200137,// archiviostorico.corriere/2001/giugno
filosofo che insegno arte_della_co shtml Giuseppe Feyles, La battaglia di
Samek, in «Tempi», //tempi/la-battaglia-di-samek Sergio Fumagalli, Emanuele
Samek Lodovici e Augusto Del Noce: Gnosi e secolarizzazione, Pontificia
Università della Santa Croce, Roma //sergiofumagalli/files/tesi.pdf Gianluca
Taddeo, Verità e diritto, Trento Gianluca Segre, una vita per la Verità, «la
Bussola Quotidiana» /la nuovabussola quotidiana.com/it/archivioStoricoArticolo-emanuele-samek-lodoviciuna
vita-per-la-verit- Andrea Galli, Il ritorno della gnosi, in «Avvenire», Gabriele
De Anna , L'origine e la meta. Ares, Milano .
Gnosticismo Cattolicesimo Augusto Del Noce Eric Voegelin Vittorio
Mathieu su Santi, beati e testimoni, santiebeati. EIl gusto del sapere Universitas, Documentazione
interdisciplinare di scienza e fede, sito "disf.org". Gnosi moderna e
secolarizzazione nell'analisi” Sergio Fumagalli, Pontificia Università della Santa
Croce, facoltà di Filosofia, Roma, “la gnosi come vero avversario della verità
di Silvio Restelli, sito "CulturaCattolica. Emanuele Samek Lodovici.
lodovici: “Giacomo samek lodovici is the author of a fascinating
essay on philosophical psychology. Figlio di Emanuele Samek Ludovici.
LOMBARDI. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Lombardi;
he took seriously my idea of Philosophy’s Longitudinal Uniity, and like
Passmore or Warnock, engaged iin a study of the ‘last hundred years of Italian
philosophy. This shows that his interests on Kant, etc., are Italian-based,
mainly!” Il padre Giovanni fu avvocato e docente di diritto e procedura penale
a Napoli, già allievo prediletto di Bovio, deputato prima e dopo il fascismo,
autore di scritti vari di sociologia. La madre Rosa Pignatari fu nipote di Ciccotti, nella cui casa era cresciuta.
Tradusse alcuni degli scritti di Karl Marx nelle Opere edite dal Ciccotti e la
Storia del movimento operaio di Edouard Dolleans. Laureato e libero docente in filosofia lavora
in filosofia. Pubblica “Il mondo degli uomini” (Firenze, Le Monnier) Insegna a
Roma. Presidente della Società Filosofica Italiana e (sin dalla fondazione)
della Società filosofica romana, diresse il "Centro di Ricerca per le
Scienze Morali e Sociali" presso l'Istituto di filosofia della Roma. Direttore
della rivista De Homine cui si è affiancato il Bollettino Bibliografico per le
Scienze morali e sociali. Membro dell’Accademia nazionale dei Lincei. Gli fu
conferito il premio nazionale "Benedetto Croce" per la filosofia.
Altre opere: “L'esperienza e l'uomo.”“Fondamenti di una filosofia umanistica” Firenze:
G.C.Sansoni Editore); “Il mondo morale;”“Feuerbach” (Firenze: La Nuova Italia);
“Feuerbach e Marx: “Kierkegaard,” Firenze: La Nuova Italia); “La libertà del
volere” Milano: Fratelli Bocca, La
filosofia critica, Roma: Tumminelli; “Il problema kantiano, “Commento alla
Critica della ragion pura” Kant vivo, Firenze: Sansoni); Nascita del mondo moderno,
Firenze: Sansoni); Concetto e problemi di Storia della filosofia, Asti: Arethusa);
“Le origini della filosofia” Asti: Arethusa, Libertà, Asti, Arethusa, Firenze:
Sansoni; Dopo lo Storicismo, (2 ed.) Firenze: Sansoni); “Ricostruzione filosofica,
Asti: Arethusa, “La filosofia italiana” Asti: Arethusa, Il piano del nostro
sapere, Asti: Arethusa, Firenze: Sansoni, La posizione dell'uomo nell'universo,
Firenze: Sansoni, Problemi della libertà, Firenze: Sansoni, Filosofia e civiltà; Introduzione e Parte
Prima, Firenze: Sansoni, Saggi Manoscritti inediti Scritti vari di filosofia, Scritti
politici Filosofia e Società , Firenze: Sansoni, Filosofia e Società Firenze:
Sansoni, Il senso della storia e altri saggi, Firenze: Sansoni, Aforismi
inattuali sull'arte, Firenze: Sansoni, Galilei, Calvino, Rousseau: tre antesignani
del tempo moderno, Firenze: Sansoni, scritti per l'università, Firenze:
Sansoni, “Continuità e Rottura, Firenze: Sansoni, Una svolta di civiltà, n.d.:
ERI, Gaetano Calabrò, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, Atti del
Congresso internazionale di Filosofia, Milano: Castellani & C Editori, Il
materialismo storico Atti del XVI Congresso internazionale di Filosofia; Roma:
Fratelli Bocca, Il problema della filosofia oggi Varie Taccuini di viaggio
Dodici canzoni napoletane, su versi di Salvatore Di Giacomo, Firenze:
Forlivesi, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, "Treccani
L'Enciclopedia italiana". La filosofia di Franco Lombardi. Un contributo
significativo per la costruzione della filosofia italiana contemporanea,, Accademia
dei Lincei, in Biblioteca di Filosofi, SapienzaRoma. Franco Lombardi: Opere,
saggi, biografia in Biblio Media, su bibliomedia. Franco Lombardi.
LONGANO. (Ripalimosani).
Filosofo. Grice: “Longano took ‘naturalness’ so seriously that he would apply
it to anything: ‘man’ (‘uomo naturale’) and morals (‘morale naturale’).” “I
like Longano; he is a systematic logician, as I’m not – therefore he thinks
that to study semantics, which logic is, starts with studying signs – as I did
in my seminars on Peirce – so Longano is the one I was referring when I
mentioned what ‘people were at when they display an interest in natural versus
conventional signs; he also has interesting things to say about my favourite
parts of speech, syncategoremata!”” Figlio di Vito Longano e Dorotea Gentile,
fu allievo di Zurlo, si trasferì a
Campobasso e quindi a Napoli dove divenne allievo di Genovesi. Fece parte della
massoneria ed è considerato un importante esponente dell'illuminismo , fu
sostenitore dello stretto rapporto tra anima e corpo e di una visione dell'uomo
nella sua interezza. Propugnò la rinascita dell'Italia, proponendo un piano di
riforme e il superamento del feudalesimo.
Opere: “Piano di un corpo di filosofia morale; ossia, Estratto d'un
corso di Etica, di economia e di politica” (Napoli,“Dell'Uomo NaturalNapoli,
“Saggio sul commercio” (Napoli, presso Vincenzo Flauto, Raccolta di Saggi
economici per gli abitanti delle due Sicilie, Napoli, I, presso Domenico Sangiacomo, II, presso Giuseppe Campo, “Dell'uomo e della
sua morale natural -- Esame fisico, e morale dell'uomo, Napoli, Michele
Morelli, Dell'uomo, e sua morale natural, Della morale naturale, Napoli,
Michele Morelli, Dell'uomo Religioso e cristiano, Dell'uomo religioso, Napoli, Michele Morelli,
“Logica” Viaggio per lo contado di Molise nell'ottobre 1786 ovvero descrizione
fisica, economica e politica del medesimo, Napoli, Viaggio per la Capitanata,
Napoli, Domenico Sangiacomo, Il Purgatorio ragionato, Francesco Lepore,
postfazione di Sebastiano Martelli, Campobasso, Palladino, “Philosophiae
rationalis elementa” “De arte logica, Neapoli, “De metaphysica, Neapoli, apud
Vincentium Orsino; De Jure humanae, Neapoli,
Biblioteca provinciale di FoggiaL'anno di Genovesi , su biblioteca provinciale.foggia. Gaetano, IL PENSIERO FILOSOFICO DI FRANCESCO
LONGANO, su webcache.googleusercontent.com Anna Maria Rao, L'amaro della
feudalità: la devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli alla fine
del '700, Guida Editori, Francesco
Rizzo, Francesco Longano e la civiltà del Purgatorio: riformismo e
anticlericalismo nella provincia molisana del XVIII secolo, Stefano Borgna, Francesco Longano su
delpt.unina Antonio Trampus, Francesco Longano, in Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco Longano. Luigi
Speranza, “Grice e Longano: esame fisico dell’uomo” “Grice e Longano: la semiotica”
--.
LOSANO. (Casale Monferrato).
Filosofo. Grice: “I like Lossano; his research overlap with that of H.
L. A. Hart, but Losano is more interested in the philosophy and he is obviously
more continental, as he should, given the prominence of Kelsen in the field!” Si
occupa di filosofia del diritto e informatica giuridica. Si laurea a Torino.
Insegna a Milano e Alessandria, e Torino. Si occupa di storia della filosofia
del diritto; teoria generale del diritto; circolazione mondiale delle idee
giuridiche e sociali; filosofia politica; diritti umani; geopolitica;
informatica giuridica; privacy; e-publishing; edizioni di archivi storici.
Pubblica un completo panorama sull'evoluzione della nozione di sistema nel
diritto dalla Roma antica ad oggi. Ha curato carteggi di Jhering ed opere di Jhering e di Kelsen. Curato l'edizione critica
delle corrispondenza di Roesler. Come informatico giuridico, ha pubblicato un
manualedi informatica giuridica e diritto informatico e un progetto di legge
sulla tutela della privacy; Presidente del "Centro di calcolo automatico”
a Milano. Opere:“Kelsen, La dottrina pura del diritto. Einaudi, Torino); La
teoria di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per il seminario
di filosofia del diritto, Milano. Anno Accademicom Cooperativa Libraria
Università Torinese, Torino); “Gius-cibernetica” Macchine e modelli cibernetici
nel diritto, Einaudi, Torino Libia Materiali sui rapporti fra ideologia ed
economia” (Milano. Anno Accademico Cooperativa Libraria Università Torinese,
Torino, “Lo scopo nel diritto. Einaudi, Torino, Jhering, Lo scopo nel diritto.
Introduzione, Nino Aragno Editore, Torino , Corso di informatica giuridica,
Cooperativa Universitaria Editrice Milanese, Milano), Corso di informatica
giuridica; L'elaborazione dei dati non numerici, Unicopli, Milano; Il diritto
dell'informatica, Unicopli, Milano Corso di informatica giuridica; Stato e automazione. Etas Kompass, Babbage: la
macchina analitica. Un secolo di calcolo automatico, Etas Kompass, Milano Scheutz:
La macchina alle differenze. Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri,
Milano Machines arithmétiques. Invenzioni francesi del Settecento. Testi
originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino I grandi sistemi
giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino, I
grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei,
Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed
extraeuropei, Laterza, Roma Bari, L'informatica legislativa regionale.
L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg & Sellier,
Torino Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano, Automi arabi del XIII
secolo. Dal "Libro sulla conoscenza degli ingegnosi meccanismi",
Luigi Maestri Editore, Milano); Automi d'Oriente. "Ingegnosi
meccanismi" arabi del XIII secolo, Milano Il diritto economico, Unicopli,
Milano L'ammodernamento giuridico, Unicopli, Milano, UCorso di informatica
giuridica: IInformatica per le scienze sociali, Einaudi, Torino Il diritto
privato dell'informatica, Einaudi, Torino, Scritto con la luce. Il disco
compatto e la nuova editoria elettronica, Unicopli, Milano, L'informatica e
l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano, Diritto e CD-ROM.
Esperienze italiane, Giuffrè, Milano, Storie di automi. Dalla Grecia classica
alla Belle Époque, Einaudi, Torino Saggio sui fondamenti tecnologici della
democrazia, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, Istituto per la
Documentazione Giuridica, Firenze, Kelsen Umberto Campagnolo, Diritto
internazionale e Stato sovrano. Mario G. Losano. Con un inedito di Hans Kelsen
e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè, Milano, Un giurista tropicale. Tobias
Barreto fra Brasile reale e Germania ideale, Laterza, RomaBari Sistema e struttura
nel diritto: IDalle origini alla Scuola storica, Giuffrè, Milano, Il Novecento,
Giuffrè, Milano, Dal Novecento alla postmodernità, Giuffrè, Milano Umberto
Campagnolo, Verso una costituzione federale per l'Europa. Una proposta inedita.
Giuffrè, Milano, "Cedant arma Un giudice e due leggi. Pluralismo
normative, Giuffrè, Milano, Funzione sociale della proprietà e latifondi
occupati, Diabasis, Reggio Emilia, Kelsen, Scritti autobiografici. Traduzione e
cura di Mario G. Losano, Diabasis, Reggio Emilia Peronismo e giustizialismo:
dal Sudamerica all'Italia, e ritorno. Marzia Rosti, Diabasis, Reggio Emilia, Memoria
dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche,
Accademia delle Scienze, Torino /ccademia delle scienze editorial memorie morali
Campagnolo, Conversazioni con Kelsen. Documenti dell'esilio ginevrino Giuffrè,
Milano La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla de-colonizzazione,
Bruno Mondadori, Milano, Kelsen Arnaldo Volpicelli, Parlamentarismo, democrazia
e corporativismo Introduzione, Nino
Aragno Editore, Torino, Alle origini della filosofia del diritto a Torino: PAlbini.
Con due documenti sulla collaborazione di Albini con Mittermaier, Memorie della
Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche,
Accademia delle Scienze, Torino accademia delle scienze/attivita editorial periodici-e-collane/
memorie/morali I carteggi di Albini con
Sclopis e Mittermaier. Alle origini della filosofia del diritto a Torino,
Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali,
Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia dellescienze
attivita editoria/periodici-e-collane/memorie morali Alle origini della
filosofia del diritto in Giappone. Il corso di Alessandro Paternostro a Tokyo
nel 1889. In appendice: A. Paternostro, Cours de philosophie du droit, 1889,
Lexis, Torino I La Rete e lo stato. Mimesis, Milano ,Norberto Bobbio. Una
biografia culturale, Carocci, Roma , Hans Kelsen, Due saggi sulla democrazia in
difficoltà,Aragno, Torino La libertà
d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis, Milano
Mario Giuseppe Losano. Luigi Speranza, “Grice e Losano: storia del diritto
romano – what Kelsen never had!” --.
LOSURDO. (Sannicandro di
Bari). Filosofo. Grice: “Losurdo has contributed to a collection on ‘fatti
normativi’ which is fascinating!” -- Grice:
“I like Losurdo: describing Nietzsche as the aristocratic rebel is genial; he
also engages in some linguistic botanising with his ‘linguaggio dell’impero’:
something Romans and Brits know well – cf. ‘Great Britaiin’ and my little
England!” -- losurdo,
Italian philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle
aristocratico” -- essential Italian philosopher.
Si laurea a Urbino sotto la guida di Salvucci
con la tesi, “La semantica di Rodbertus”. Direttore dell'Istituto di Scienze filosofiche
e pedagogiche "Pasquale Salvucci" all'Urbino, insegnò storia della
filosofia nella stessa università presso la facoltà di Scienze della
Formazione. Inoltre fu presidente dell'hegeliana Società internazionale
Hegel-Marx per il pensiero dialettico, membro della Società di scienze di
Leibniz a Berlino (un'associazione di scienziati che si rifà alla settecentesca
Accademia Reale Prussiana delle Scienze nella tradizione di GLeibniz) e
direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Dalla militanza
comunista alla condanna dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della
questione afroamericana e di quella dei nativi, Losurdo fu studioso anche
partecipe della politica nazionale e internazionale. Di formazione
marxista, descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista
eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi
allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Immanuel
Kant e il suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico
tedesco, specie di Hegel, nel tentativo di riproporne l'eredità (sulla scia di
György Lukács in particolare), alla riaffermazione dell'interpretazione del
marxismo tedesco e non (Antonio Gramsci e i fratelli Bertrando e Silvio
Spaventa), con incursioni nell'ambito del pensiero nietzscheano (la lettura di
un Friedrich Nietzsche radicale aristocratico) e di quello heideggeriano (in
particolare la questione dell'adesione al nazismo di Martin Heidegger).
La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del
pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in particolare dai temi
della critica radicale del liberalismo, del capitalismo, del colonialismo e
dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo
(Hannah Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e
del materialismo storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo
in ambito marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della tradizione
intellettuale europea del liberalismo, in particolare della tradizione classica
e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di enfatizzare l'importanza
della libertà individuale in pratica il liberalismo reale è a lungo
contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi diritti, con
conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio. Afferma che le
origini del nazismo si trovano in quelle che considera politiche colonialiste e
imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le posizioni intellettuali e
politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e Hegel furono i più grandi
pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo più grande critico.
I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare nell'ambito della storia delle idee,
riguardano inoltre l'indagine delle questioni di storia e politica
contemporanee, con una attenzione critica costante al revisionismo storico e la
polemica contro le interpretazioni di François Furet e Ernst Nolte. In
particolare critica una tendenza reazionaria tra gli storici contemporanei
revisionisti riconoscibile nel lavoro di autori come Nolte, che traccia
l'impeto dietro l'Olocausto agli eccessi della rivoluzione russa; o Furet, che
collega le purghe staliniane a una «malattia» originata dalla rivoluzione
francese. Secondo Losurdo l'intenzione di questi revisionisti è di sradicare la
tradizione rivoluzionaria in quanto le loro vere motivazioni hanno poco a che
fare con la ricerca di una maggiore comprensione del passato, ma si trovano nel
clima e nei bisogni ideologici delle classi politiche, come è più evidente nel
lavoro dei revivalisti imperiali Johnson e Ferguson. Fornisce inoltre una nuova
prospettiva su rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e
quelle contro il colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle
posizioni elogiative che la maggior parte delle biografie prende nell'analisi
di Gandhi e la nonviolenza. Losurdo volge la sua attenzione alla storia
politica della filosofia moderna tedesca da Kant a Marx e del dibattito che su
di essa si sviluppa in Germania nella seconda metà dell'Ottocento e nel
Novecento, per poi procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo,
in particolare partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia rivolte a Locke
per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi. Riprendendo ciò
che afferma Arendt in Le origini del totalitarismo, per Losurdo il vero peccato
originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove per la
prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo concentrazionario.
Controversia degli storici Losurdo critica il concetto di totalitarismo,
sostenendo che fosse un concetto polisemico con origini nella teologia
cristiana e che applicarlo alla sfera politica richiedeva un'operazione di
schematismo astratto che utilizza elementi isolati della realtà storica
per collocare la Germania nazista e altri regimi fascisti e l'Unione Sovietica
e l'esperienza del socialismo reale e di altri Stati socialisti nello stesso
insieme, servendo così l'anticomunismo degli intellettuali della guerra fredda
piuttosto che riflettere la ricerca intellettuale. Forte critico
dell'equiparazione tra nazismo e comunismo (in particolare quello sovietico)
fatta da studiosi come Furet e Nolte, ma anche da Arendt ePopper, nonché del concetto
di «olocausto rosso», il suo Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, sollevò
un dibattito sulla figura di Iosif Stalin, sul quale a suo avviso peserebbe una
sorta di leggenda nera costruita per screditare tutto il comunismo. Porta
l'esempio che nel lager vi era volontà omicida esplicita in quanto l'ebreo che
vi entrava era destinato a non uscire più (vi è una despecificazione
naturalistica) mentre nel gulag no (si tratta di despecificazione
politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi quelli che il nazismo chiamava
Untermensch («sottouomini») mentre nel secondo (in cui afferma finissero solo
una parte dei dissidenti), pur essendo una pratica da condannare, erano
rinchiusi dissidenti da rieducare e non da eliminare. Losurdo afferma che «il
detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la guardia stessa era tenuta a
chiamarlo in questo modo] e dopo l'inizio del biennio delle grandi purghe che
seguono l'assassinio di Kirov] è comunque un cittadino». Riprendendo anche
l'opinione di Levi (internato ad Auschwitz, secondo cui il lager era moralmente
più grave del gulag) e contro Solženicyn (internato in Siberia e che affermava
l'equiparazione della volontà sterminazionistica),sostiene che pur essendo
grave che un Paese socialista nato per abolire lo sfruttamento usi sistemi
imperialisti e capitalisti, il gulag sia analogo a molti campi di
concentramento occidentali (i cui governi hanno sostenuto e sostengono di
essere paladini della libertà), che per certi versi furono anche più affini al
lager in quanto campo di sterminio e non di rieducazione, riprendendo la storia
del genocidio indiano. Egli sostiene anche che i campi di concentramento e le
colonie penali britanniche erano peggio di qualsiasi gulag, accusando anche politici
come Winston Churchill e Harry Truman di essere autori di crimini di
guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di quelli che sono stati poi
attribuiti a Stalin. Losurdo ritiene inoltre che i comunisti soffrano di
autofobia, cioè paura di se stessi e della propria storia, problema patologico
che va affrontato, a differenza dell'autocritica sana. Despecificazione
politico-morale e despecificazione naturalistica La despecificazione è
l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità dei civili. Esistono
due tipi di despecificazione: La despecificazione politico-morale (in
questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o morali). La
despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori
biologici). Per Losurdo la despecificazione naturalistica è qualitativamente
peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre quest'ultima offre
almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia, questo non è
possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione naturalistica, che è
irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che sono di per sé
immodificabili. A differenza di altri pensatori ritiene quindi che l'olocausto
degli ebrei non è incomparabile ed è quindi disposto ad ammettere in questo caso
una tragica peculiarità. La comparatistica che Losurdo offre a proposito non
vuole essere una relativizzazione o uno sminuire, ma semplicemente considerare
l'olocausto degli ebrei come incomparabile significa perdere la prospettiva
storica e dimenticarsi dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o
dell'olocausto americano (l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto
negli Stati Uniti mediante la continua deportazione sempre più a ovest e la
diffusione ad arte del vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il
genocidio armeno. Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata
nell'aprile del 2009 da Guido Liguori su Liberazione (organo ufficiale del
Partito della Rifondazione Comunista) di Stalin. Storia e critica di una
leggenda nera, libro in cui Losurdo critica la demonizzazione di Stalin
effettuata dalla storiografia maggioritaria e cerca di sottrarlo a quella che
definisce «la leggenda nera su di lui», è al centro di una polemica all'interno
della redazione del suddetto quotidiano. Venti redattori inviano una lettera di
protesta al direttore del giornale in cui si critica sia il tentativo di
riabilitazione di Stalin presente nel libro di Losurdo sia la recensione di
Liguori (giudicata troppo positiva nei confronti del libro), oltre che la
scelta del direttore del giornale di pubblicare tale recensione. Il libro
riceve delle recensioni critiche per le sue affermazioni e per la metodologia
di lavoro utilizzata.I critici di Losurdo lo accusano di essere un «neostalinista».
Grover Furr, autore di Krusciov mentì e descritto come un «revisionista
storico», un «revisionista in una ricerca lunga una carriera per scagionare
Stalin» e un «prezioso contributo alla scuola revisionista storica degli studi
sovietici e comunisti», elogia il lavoro di Losurdo, in particolare quello su
Stalin, iniziando un'amicizia reciproca. Nel
introduce Furr a un editore italiano che pubblica la traduzione italiana
di Khruschev mentì, per cui scrive l'introduzione. Aveva già scritto
l'introduzione e il retrocopertina del libro di Furr sull'assassinio di Sergej
Mironovič Kirov che rimane inedito. Negli estratti di un convegno organizzato per
rivalutare la figura di Stalin a cinquant'anni dalla morte critica le
rivelazioni contenute nel rapporto segreto di Nikita Sergeevič Chruščёv,
l'allora segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
Secondo Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai crimini commessi
da quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle falsità presenti in
quel rapporto che Chruščёv lesse nel corso del XX Congresso del febbraio 1956.
Nella relazione al convegno dà credito a una delle accuse principali che
stavano alla base della sanguinosa repressione staliniana contro gli
oppositori, ovvero l'esistenza nell'Unione Sovietica della «realtà corposa
della quinta colonna» pronta ad allearsi col nemico. Losurdo ribadisce di non
voler riabilitare Stalin, seppur calato nella sua epoca, volendo presentare
solo un'analisi dei fatti più neutrale e attuare un revisionismo sull'esperienza
generale del socialismo reale ritenuta passata, ma utile da studiare per capire
le dinamiche future del socialismo. Losurdo apparteneva alla corrente del
marxismo-leninismo, ma ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede
della pluralità della lotta di classe, da collocare nel contesto
dell'attenzione che rivolge al processo di emancipazione femminile e dei popoli
colonizzati. Vicino prima al Partito Comunista Italiano, poi al Partito della
Rifondazione Comunista e infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito
nel Partito Comunista d'Italia () e nel Partito Comunista Italiano (), di cui è
stato membro, fu anche direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI.
Critico del liberalismo, della NATO e dell'imperialismo, in particolare quello
statunitense, Losurdo contestò l'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Xiaobo,
considerato un sostenitore aperto del colonialismo occidentale, in particolare
per la sua idealizzazione del mondo occidentale e per aver affermato che ci
sarebbe bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong
Kong è cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina,
ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è
oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza». Opere:“Auto-censura e
compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, “Hegel. Questione nazionale,
restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica, Urbino,
Università degli Studi, “Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione e la crisi della
cultura tedesca”Roma, Editori Riuniti, Lukacs e con Salvucci e Sichirollo, Urbino, Quattro
venti, Marx e i suoi critici, e con Cazzaniga e Sichirollo, Urbino, Quattro
venti, La catastrofe della Germania e l'immagine di Hegel, Milano, Guerini, Metamorfosi
del moderno.Urbino, Quattro venti, Hegel, Marx e la tradizione liberale.
Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Editori Riuniti,Tramonto dell'Occidente?
Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e
dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con Gian Mario Cazzaniga e
Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Antropologia, prassi, emancipazione.
Problemi del marxismo, e Urbino, Quattro venti, Égalité-inégalité. Atti del
Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla
Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro venti, Prassi.
Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno organizzato dall'Istituto Italiano
per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca Comunale di Cattolica e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo,
Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e
l'ideologia della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, Massa folla individuo.
Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e
dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con Burgio e Cazzaniga, Urbino, Quattro
venti, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli, La scuola
di Pitagora, . Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, a cura di,
Urbino, Quattro venti Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del
suffragio universale, Torino, Bollati Boringhieri, Marx e il bilancio storico
del Novecento, Gaeta, Bibliotheca, Napoli, La scuola di Pitagora, Gramsci e
l'Italia. Atti del Convegno internazionale di Urbino, Napoli, La città del
sole, La seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, postfascismo, Torino,
Bollati BoringhieriAutore, attore, autorità, e con Alberto Burgio, Urbino,
Quattro venti, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, Utopia
e stato d'eccezione. Sull'esperienza storica del socialismo reale, Napoli,
Laboratorio politico, Ascesa e declino delle repubbliche, e con Maurizio
Viroli, Urbino, Quattro venti, Lenin e il Novecento. Atti del Convegno
internazionale di Urbino, e con Ruggero Giacomini, Napoli, La città del sole, Metafisica.
Il mondo Nascosto, con Roma-Bari, Laterza, Gramsci dal liberalismo al
«Comunismo critico», Roma, Gamberetti, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una
storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del
sole, Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e
reazione, Milano, Guerini, Nietzsche. Per una biografia politica, Roma, Manifesto
libri, Il peccato originale del Novecento, Roma-Bari, Laterza, Dal Medio
Oriente ai Balcani. L'alba di sangue del secolo americano, Napoli, La città del
sole, Fondamentalismi. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per
gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica e con
Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, URSS: bilancio di un'esperienza. Atti
del Convegno italo-russo. Urbino, e con Ruggero Giacomini, Urbino, Quattro
venti, L'ebreo, il nero e l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro
venti, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia,
Napoli, La città del sole, poi Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la
rivoluzione cinese oggi, La sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La
città del sole, Universalismo e etnocentrismo nella storia dell'Occidente,
Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e
l'«ideologia della guerra», Torino, Bollati Boringhieri, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia
intellettuale e bilancio critico, Torino, Bollati Boringhieri, Cinquant'anni di
storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di culture tra Oriente e
Occidente. Atti del Convegno di Urbino, Napoli, La città del sole, Dalla teoria
della dittatura del proletariato al gulag?, iMarx e Engels, Manifesto del
partito comunista, traduzione e introduzione di Domenico Losurdo, Editori
Laterza, Bari, Controstoria del liberalismo, Roma-Bari, Laterza, La tradizione
filosofica napoletana e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli, nella
sede dell'Istituto, Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant,
Napoli, Bibliopolis, Legittimità e critica del moderno. Sul marxismo di Antonio
Gramsci, Napoli, La città del sole, Il linguaggio dell'Impero. Lessico
dell'ideologia americana, Roma-Bari, Laterza,Stalin. Storia e critica di una
leggenda nera, Roma, Carocci, Paradigmi e fatti normativi. Tra etica, diritto e
politica, con altri, Perugia, Morlacchi, La non-violenza. Una storia fuori dal
mito, Roma-Bari, Laterza, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica,
Roma-Bari, Laterza, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo,
guerra, Carocci, . Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del
passato alle tragedie del presente, Carocci . Il marxismo occidentale. Come
nacque, come morì, come può rinascere, Laterza . Note
PCI Ancona: cordoglio per la scomparsa del Compagno Losurdo , su il partito
comuista italiano, Angelo d'Orsi, Scienza e militanza. Un ricordo, MicroMega, Cordoglio
per la scomparsa di Domenico Losurdo , su Il Metauro, Verso, Il linguaggio
dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana, Roma-Bari, Laterza. Il filosofo
marxista controcorrente. Un marxista eterodosso. Autocensura e compromesso in Kant,
Napoli, Bibliopolis, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli,
La scuola di Pitagora, Losurdo, Lukacs nel centenario della nascita, e con
Pasquale Salvucci e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Domenico Losurdo,
Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna
di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole, Nietzsche. Il ribelle
aristocratico. Domenico Losurdo, La
comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'«ideologia della guerra».Controstoria
del liberalismo, Laterza, Losurdo, Revisionismo storico. Domenico Losurdo, Peccato originale del
Novecento. Domenico Losurdo, La
non-violenza. Una storia fuori dal mito.
La non-violenza. Una storia fuori dal mito , su L'Ernesto, Associazione
Marx, Losurdo, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, in Marx, FEngels, Manifesto del partito
comunista, traduzione e introduzione di Losurdo, Editori Laterza, Bari David
Broder. Domenico Losurdo, Jacobin. 2Stalin. Storia e critica di una leggenda
nera. a b Domenico Losurdo, URSS:
bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, con Ruggero
Giacomini, Urbino, Quattro venti, Popper falso profeta158, in: , Contro Popper,
Armando Editore, B. Lai e L. Albanese.
Domenico Losurdo, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra
autocritica e autofobia. Maurizio
Brignoli, Losurdo, Domenico, Il linguaggio dell'impero. Lessico dell'ideologia,
Lettere su Stalin Niccolò Pianciola,
Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, con un saggio di Luciano Canfora
, su sissco.Valerio Evangelisti, Domenico Losurdo: Stalin. Storia e critica di
una leggenda nera . Andrea Romano,
Losurdo, Canfora e lo stalinismo che non fa male [collegamento
interrotto], su andrearomano.ilcannocchiale. In Memoriam, La Città del Sole, Stalin
nella storia del Novecento, Ruggero Giacomini, Teti Editore, "Una teoria
generale del conflitto sociale" , 25 giugno . Intervento al 6º Congresso Nazionale del PdCI
. Blogger. Il Consiglio Direttivo
dell'associazione Marx Il «Nobel per la
pace» a un campione del colonialismo e della guerra, il cavallo oscuro della
letteratura»), Open Magazine, Open Magazine, 19 dicembre 2006. Hannah Arendt Controstoria del liberalismo
Antonio Gramsci Genocidio indiano Grandi purghe Martin Heidegger Karl Marx
Friedrich Nietzsche Olocausto Josif Stalin Università degli Studi di Urbino
"Carlo Bo" Altri progetti Citazionio su Domenico
Losurdo Blog di Domenico Losurdo , su
domenicolosurdo.blogspot.com. Intervista a Domenico Losurdo sul RAI Filosofia , su filosofia.rai. Intervist RTV
Svizzera , su youtube.com. Domenico Losurdo. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Losurdo, e Nietzsche, ribelle
aristocratico," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library,
Villa Grice, Liguria, Italia.
LOTTIERI.
(Brescia). Filosofo. Grice:
“I like Lottieri; he has quoted Hobbes and Hume and Gauthier from a
game-theoretical approach to co-operation, conversational and other – all very
Griceian, if I may mayself so say it!” Allievo di Caracciolo,
studia a Genova, Ginevra e Parigi, su la filosofia di Mosca. Insegna a Siena e
Verona. Da vita all'Istituto Bruno Leoni, un istituto che si ispira alla tradizione
intellettuale di Einaudi e Ricossa, e di cui egli è direttore del dipartimento
Teoria Politica. Cura Leoni. La filosofia di Lottieri si sviluppa all'interno
del liberalismo classico e, grazie allo studio degli autori elitisti, si
delinea quale critica del sistema di dominio iscritto nei regimi democratici
rappresentativi. Mostra l'adesione a tale prospettiva, che rapidamente evolve grazie
al contatto con il libertarianismo. Il libertarianismo di Lottieri metta in
discussione "la psicologia regolamentativa e anti-innovativa del
burocrate", avverso a ogni forma di rischio e cambiamento. Il saggio
sul libertarismo evidenzia l'adesione ai temi classici del pensiero liberale
lockiano e giusnaturalista (difesa della proprietà, del mercato, dell'auto-nomia
negoziale), ma anche il maturare di questioni che sono invece tutte interne al
realismo politico: specie nel confronto con Schmitt, Brunner e Miglio.
Mentre il testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine sociale/comunitario
(Denaro e comunità) è una critica della sociologia, a cui è rimproverato di
avere frainteso la natura inter-personale della moneta e delle relazioni di
mercato, il saggio su Leone muove dal pensatore torinese per delineare una
filosofia libertaria anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and
the Law. In particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene
individuato come uno studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza
filosofico-giuridica alla teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più
da economisti e teorici politici. “Denaro e comunità: relazioni di
mercato e ordinamenti giuridici nella società liberale,” Napoli, Guida Editori,
“Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul
diritto e sul mercato, Macerata, Liberilibri, “Le ragioni del diritto: libertà
individuale e ordine giuridico nel pensiero di Leoni,”Treviglio Soveria
Mannelli, Facco Rubbettino Editore, “Come il federalismo fiscale può salvare il
Mezzogiorno, Soveria Mannelli, Rubbettino, “Credere nello Stato? Teologia
politica e dissimulazione da Filippo il Bello a WikiLeaks, Soveria Mannelli,
Rubbettino, “ Liberali e non: (cf. Griceiani e non.) percorsi di storia del
pensiero politico, Brescia, La Scuola,
Guglielmo Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma,
Studium, Un'idea elvetica di libertà.
Nella crisi della modernità europea, Brescia, La Scuola, “Beni comuni, diritti individuali e ordine
evolutivo,”Torino, IBL. Nella filosofia di Lottieri sull'unificazione europea,
in particolare, è cruciale l'opposizione tra l'armonizzazione spontanea
emergente dal basso e l'unificazione coercitiva. Lottieri identifica quattro superstizioni
o quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di creare un nuovo
stato chiamato ‘Europa'. Primo, l'idea che la libertà individuale e il poli-centrismo
giuridico causino tensioni e, in definitiva, conflitti; Secondo, che il mercato
derivi dall'ordine giuridico creato dallo Stato; Terzo, che l'esistenza di una
distinta identità europea esiga la costruzione di un singolo Stato
continentale; e quarto, che un'Europa unificata sarebbe più armoniosa e meglio
in grado di sostenere lo sviluppo delle sue componenti più povere. Individuato
come uno degli esponenti di un liberalismo particolarmente radicale e volto a
proporre una sorta di fuga dallo Stato: Dario Fertlio, "Libertari 2001: la
grande fuga dallo Stato, Corriere della Sera. Una disamina molto critica al
limite dell'insulto personale di tale liberalismo libertarian si ha nella
recensione che Vitale dedica al volume su Rothbard scritto a quattro mani da
Lottieri assieme a Enrico Diciotti (basato su un confronto assai franco tra
prospettive molto diverse): una recensione che, rivolgendosi al solo Diciotti,
si chiudeva con l'invito per il futuro “ad occuparsi di un autore più
interessante con un autore più interessante” (Ermanno Vitale, “Rothbard, un
Trasimaco piccolo piccolo. E una modestissima proposta”, Teoria politica). Piero
Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Soveria
Mannelli, Rubbettino. Un riferimento garbatamente polemico alle posizioni
giusnaturaliste di Lottieri si trova in Dario Antiseri (Laicità. Le sue radici,
le sue ragioni, Rubbettino). La stessa contrapposizione è al fondo di una
discussione tra i due riguardante proprio i contenuti di quel
volume://blog.centrodietica/?p=2005. Questo
libro di Lottieri rappresenta "una presentazione completa e approfondita
del pensiero libertario nelle sue diverse varianti, mentre si evidenzia anche
un approccio libertario ai problemi ecologici. Ce sono riserve nei riguardi
delle tesi libertarie e dell'ispirazione "anarchica" della teoria del
diritto di Lottieri. Nella sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei
privati, Soveria Mannelli, Rubbettino) pure Grondona sviluppa alcune critiche
nei riguardi dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da Lottieri,
mentre in maggiore sintonia con le sue posizioni si trova Andrea Favaro (Bruno
Leoni. Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane). Lottieri mostra che, contrariamente a
un'opinione diffusa, le distanze fra la concezione del diritto di Leoni e
quella di Hayek sono notevoli. In ogni caso non fu Hayek a influenzare Leoni ma
il secondo a influenzare, almeno in parte, il primo. Per un'equilibrata analisi del volume si
veda: Mauro Grondona, "Recensione a Carlo Lottieri, Le ragioni del diritto",
Nuova Giurisprudenza Ligure. Carlo Lottieri.
LUCA.
(Marostica). Filosofo. Grice: “Luca
expands on Alcibiades – I have touched the topic of Alcibiade when discussing
eudaemonia, as literally having to do with the eudaemon – and the expression
occurs in connection with Socrate/Alcibiade -- Grice: “One good thing about
Luca is that if my philosophy revolves around ‘reason,’ his does it around
‘eros’!” -- Frequenta il Liceo Ginnasio G.B. Brocchi di Bassano del Grappa. Si
laurea a Firenze, con la tesi, “Platone e il problema del linguaggio” con
relatore Adorno. È stato incentrato inizialmente
sulla tematica dell’’amore’ nella tradizione greco-romana del Convitto e Fedro.
Mmantenuto però una costante apertura al ‘mythos’ di Omero, nella convinzione
che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti sociali,
rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano,
nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità. In Labirinti
dell’Eros, pur sviluppandosi la tematica all'interno di un arco di tempo
definito, l’intento non è quello di affrontare l’argomento nella sua unita
longitudinale ma di esprimere, senza costrizioni di un “per-corso pre-figurato”
una distinzione logico concettuale, attraverso la quale conseguire, almeno, un
punto fermo nell'amatoria. Riguarda anche lo sviluppo della tradizione
pitagorico-platonica, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto
alla metafisica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza di dare
conto "dei fenomeni" o sensibilia. Si orientata alla tarda produzione
platonica e al pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche
attraverso la cosmologia. Opere: Platone, Simposio, La Nuova Italia, Firenze, Platone,
Fedro, La Nuova Italia, Firenze, Eros & Epos: il lessico d'amore nei poemi
omerici, L’amatoria, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO) Platone e la
sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio Editori, Venezia, Labirinti
dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio, Marsilio Editori, Venezia.
Roberto Luca. Luigi Speranza, “Grice e Luca: amatoria conversazionale: la
massima dell’amore proprio conversazionale e la massima dell’amore all’altro.
LUCREZIO. (Pompei). Filosofo. Grice:
“By far the most important concept in Lucrezio’s philosoophy is that of
clinamen that Strawson translates as the ‘swerve.’ It was saved from extinction
by an Italian – as the novel tells you!” Grice: “While Strawson reads it in
Latin, I prefer the version in the vulgar!” – Grice: “And by the vulgar I mean
Marchetti!” Grice: “It’s amazing how well Marchetti interprets Lucezio – there
is a little treatise on Epicureanism in the Lucrezio by Marchetti which is
interesting. A real continuity in Italian philosophy!” -- possibly the most
important Italian philosopher. Seguace dell'epicureismo. Della sua vita ci
è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né
sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato,
eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta
nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione,
forse postuma, del poema di Lucrezio, che egli starebbe curando. Ma in
scrittori romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca,
Frontone, Marco Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio,
senza tuttavia fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che
non si tratta di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è
San Girolamo nel suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui,
ispirandosi ad alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato morto suicida. Tale dato non concorda
tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso, secondo
il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile, nell'anno in cui
erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo dato ha fatto
propendere a credere che Lucrezio mori nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni.
Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate
direttamente dall'antichità. Ignoto risulta anche il luogo di nascita,
che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un
Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di
numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente
un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo
la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del probabile)
le origini campane di Lucrezio. Neppure la sua militanza politica sembra essere
ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra affatto
ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro solitamente
stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il desiderio
dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere di tutti
la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante il
fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato e
appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli
optimates. Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare
alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i
Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo
in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e
perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata
da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti
sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza
del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava
un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio
Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone. Secondo lo storico
Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio:
nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile
parente, Marco Lucrezio Frontone) appartenente quasi sicuramente all'antica
famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa
famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro
della "filosofia del giardino", diretta da Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa
di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa
dei papiri"). Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi
disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno
risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato
Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del
maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di
Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il
portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco
diffuso), romano, e sapiente epicureo. Non si sa se il poema fosse
diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato
in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato
lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che
difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut
scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le
poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e
tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse
suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di
qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso
dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo. Il
destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato
per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio,
che, tornato a Roma, sarebbe morto. La
notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna
di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio
nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è
apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De
poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una
spiegazione semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici
che si aveva all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per
Lucrezio, di epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto
impazzire improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento
da piombo, oltre che dei detti "filtri"). Se Lucrezio soffrì di
un disagio psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia,
non fu a causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare
l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura
politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la
rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che
lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù,
alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche,
definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea Fortuna") e
non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della
morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a
volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla
morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè
avvenuta per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe
essere la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per
giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di
Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici politici.
Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei vincitori, come
quella di Marco Antonio che colpirà Cicerone, e molti si toglievano la vita, in
quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e Orazio, estimatori di
Lucrezio, facevano parte della corte di Augusto, e dovevano quindi allinearsi
alla linea culturale dettata dall'imperatore, assertore dell'antica moralità e
diffusore della leggenda di Cesare (per cui venivano cancellate le espressioni
scomode di dissenso), e dal suo amico Mecenate, in cui l'epicureismo, se non
sfumato come in Orazio appuntocosì come ogni opera che non fosse celebrativa
del princeps e della grandezza di Roma non trovava spazio, per cui Lucrezio
verrà ricordato solo come grande poeta, tralasciandone l'aspetto
filosofico. Secondo Della Valle, quindi, Lucrezio si sarebbe tolto la
vita come gesto di protesta contro la classe politica in ascesa, o perché
condannato a morte da essa. Lucrezio, per il periodo in cui è vissuto,
personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era profondamente intriso
corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia della congiura di
Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti, isolarsi dalla realtà
politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai negotia politici e uscire
di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del potere. Le più forti correnti
stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato la classe dirigente romana in
quanto più conformi alla tradizione guerriera dell'Urbe. L'epicureismo era
invece presente anche attraverso il citato Filodemo e altri in Campania, dove
Virgilio avrebbe approfondito la sua conoscenza dell'epicureismo. Orazio non lo
nomina, ma è evidente che lo conosce, e ideologicamente gli è più vicino di
altri. La natura poetica del De rerum natura fa sì che Lucrezio col suo
pessimismo esistenziale avanzi profezie apocalittiche, visioni quasi
allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice), che accompagnano il poema.
Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno dato di lui l'immagine di un
ateo psicotico in preda alle forze del male. Appoggiandosi alla psicoanalisi
qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi cambiamenti di immagine e di
pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia delirante o di problemi di ordine
psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di Lucrezio appare oggi più
plausibilmente un tentativo di mistificazione per screditare il poeta, così
come la presunta morte per suicidio sarebbe stato l'esito di un modo di pensare
perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi dell'epilessia poi, viene avanzata
sulla base dell'arcaica credenza che il poeta fosse sempre un invasato;
elemento quest'ultimo da collegare alla credenza che gli epilettici fossero
sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle loro creazioni. Comunque altri scrittori
cristiani come Arnobio e Lattanzio affermarono che egli non fosse pazzo e che
non si fosse ucciso. L'ipotesi della follia e del suicidio attestata dal
Chronicon di Girolamo si fondava su illazioni di Svetonio, peraltro di
difficile verifica. Potrebbe anche esserci stata una confusione dovuta
all'abbreviazione “Luc.,” impiegata indifferentemente nei codici latini per
indicare i nomi di Lucillius, Lucullus e Lucretius. Plutarco scrisse infatti di
un certo Licinio Lucullo, politico, generale e cultore dei piaceri, che morì
dopo essere impazzito a causa di un filtro d'amore. L'errore di interpretazione
dell'abbreviazione “Luc.” potrebbe così aver permesso lo scambio dei due
personaggi. A causa dell'impossibilità di ricostruire i momenti salienti della
sua vita, dunque, il progetto filosofico che egli volle esprimere è
ricostruibile interamente solo dalla sua opera, considerata tra le più vigorose
d'ogni età. Bisogna ora individuare le motivazioni che spinsero Lucrezio a
scrivere il De rerum natura, che fondamentalmente sono due. La prima è una
ragione etico-filosofica, in quanto Lucrezio, affascinato dalla filosofia
epicurea, desiderava invitare il lettore alla pratica di tale filosofia,
incitandolo a liberarsi dall'angoscia della morte e degli dèi. La seconda
motivazione invece è di carattere storico. Lucrezio era conscio che la
situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in giorno: Roma era quadro
ormai di continui scontri bellici e conseguenti dissidi; giustappunto egli, con
un evidente positivismo, voleva incoraggiare il cittadino-lettore romano a non
perdere la fiducia verso un successivo miglioramento della situazione. Lucrezio
si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma, riportandolo all'epicureismo
che era stato declinato in favore dello stoicismo. La prima cosa da distruggere
era la convinzione provvidenzialistica stoica e più propriamente romana[31]:
non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe terrifero e de le
acque", come farà dire Virgilio alla Sibilla Cumana in un colloquio con
Enea[32]; non c'è una ragione seminale universale responsabile della vita nel
cosmo, destinata a deflagrare per poi ricominciare un nuovo, identico, ciclo
esistenziale, come voleva la fisica stoica, ma un mondo che non è unico
nell'universo, peraltro infinito, essendo uno dei tanti possibili. Non c'è
quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi, ed
un giorno perirà nel suo tempo.[31] La religione, considerata come Instrumentum
regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile
come utile ma falsa. Egli afferma fin dal libro I del De rerum
natura[33]: «Tanto male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un
giorno, vinto dai terribili detti dei vati, forse cercherai di staccarti da
noi. Davvero, infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere
le norme della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori! Giustamente,
poiché se gli uomini vedessero la sicura fine dei loro travagli, in qualche
modo potrebbero contrastare le superstizioni e insieme le minacce dei vati...
Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo occorre che non i raggi del
sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la
scienza... E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla,
allora già più agevolmente di qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre
ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza, e in qual modo ciascuna si compia
senza opera alcuna di dèi.[34]» Epicuro Lucrezio colpiva
direttamente la credenza negli dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che
schiuda le fauci di una tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e
gli dèi, seppur esistenti e anche loro composti da atomi così sottili che ne
assicurano l'immortalità, non si curano del mondo né lo reggono; ma la
religione deve essere inglobata nella scoperta e nello studio della natura, che
rasserena l'animo e fa comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico
principio divino che regge il mondo è la Divina Voluptas, Venere: il piacere,
la vita stessa intesa come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in
grado di fermare lo sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la
Guerra.[31] Proprio per questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli
intelletti più grandi che hanno illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed
in ultima istanza Epicuro, sole invitto della conoscenza rasserenatrice. Non
solo, egli stesso si sente quasi un poeta rasserenatore delle tempeste umane e
proprio per questo si sente profondamente affine ai poeti delle origini, il cui
luogo principe è in Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con
una sola grande differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le
umane genti, ma di una verità affatto umana, universale e per tutti, che attecchirà
ben presto per la salvezza di Roma.[31] Epicuro è comunque, per Lucrezio, il
più grande uomo mai esistito, come risulta dai tre inni a lui dedicati
(chiamati anche "trionfi" o "elogi"): «E dunque
trionfò la vivida forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le mura
fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso universo,
da cui riporta a noi vittorioso quel che può nascere, quel che non può, e
infine per quale ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine profondamente
connaturato. Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione è
calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo.[35]» Il De rerum
natura Magnifying glass icon mgx2.svg De rerum natura. De rerum natura,
1570 È un poema didascalico in esametri, di genere scientifico-filosofico,
suddiviso in sei libri (raccolti in diadi), comprendente un totale di 7415
versi, che illustrano fenomeni di dimensioni progressivamente più ampie: dagli
atomi (I-II) si passa al mondo umano (III-IV) per arrivare ai fenomeni cosmici
(V-VI).[36] Riproduce il modello prosastico e filosofico epicureo e la
struttura del poema Περὶ φύσεως di Empedocle (anche un'opera di Epicuro aveva
il medesimo titolo). Secondo i filologi vi sono corrispondenze e simmetrie
interne che corrisponderebbero ad un gusto alessandrino. L'opera infatti è
suddivisa in tre diadi, che hanno tutte un inizio solare ed una fine tragica.
Ogni diade contiene un inno ad Epicuro, mentre il secondo e il terzo libro (in
quest'ultimo è presente anche un'esposizione della sua estetica) si aprono
entrambi con un inno alla scienza.[36] Essendo un poema didascalico, ha
come modello Esiodo e quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello
esiodeo come massimo strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri
modelli potrebbero essere i poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che
usavano il poema didascalico come sfoggio di erudizione letteraria.[37]
Il destinatario e i destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara
propago (I 42), ovvero il rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si
identifica con Gaio Memmio.[38] Più in generale, si può dire che il
destinatario che l'autore si prefigge di conquistare è il giovane aperto ad
ogni esperienza, che un giorno prenderà il posto dei politici e attuerà quella
rivoluzione propugnata con tanto fervore da Lucrezio.[38] Ma, almeno con
Memmio, egli fallì: da adulto divenne un dissoluto, fraintendendo il
significato di piacere catastematico epicureo, e fu allontanato dal Senato
probri causa, cioè per immoralità. Riparò quindi in Grecia, dove scrisse poesie
licenziose e dove ce lo menziona anche Cicerone (nelle Ad Familiares),
intenzionato a distruggere la casa e il giardino in cui proprio Epicuro
risiedette, per costruirsi un palazzo, suscitando lo sdegno degli epicurei che
fecero istanza a Cicerone stesso di intervenire per impedirglielo, senza che
però Cicerone ci riuscisse.[38] Lo stile In un simile progetto Lucrezio
scelse di doversi rifare ad un modello di stile arcaico, che vedeva in Livio Andronico,
ma soprattutto in Ennio e in Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra loro
quanto meno vari: l'egestas linguae (povertà della lingua)[39], lo vede
costretto a dover arrangiare le lacune terminologiche e tecnicistiche con
l'arcaismo, ancora che proprio Lucrezio, insieme a Cicerone, sia uno dei
fondatori del lessico astratto e filosofico latino, e a colmare e ancor meglio
comprendere l'oscurità del filosofo con la mielosa luce della poesia.[39]
Discendendo più in profondità nelle anguste gole del poema, si notano anche
altri problemi cui dovette far fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di
pregnanza filosofica in latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché
poté, egli evitò la semplice translitterazione (ad es. "Atomus" per
Ατομος) e preferì invece usare altri termini presenti già nella sua lingua
magari dandogli altra accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando
neologismi. Ed è proprio grazie all'arcaismo che Lucrezio riesce a rendere
possibile tutto questo: infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo
"munificenza" ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e
moderni) delle figure di suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e
omoteleuti.[39] Molto importante è anche il fatto che Lucrezio non si limitò a
trasmettere il messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece
attraverso un poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della
filosofia, parla per squarci imaginifici.[39][40] Filosofia di Lucrezio
Magnifying glass icon mgx2.svg Epicuro
ed Epicureismo. Ontologia Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si caratterizza
come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune esplicazioni che nel
suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il concetto di parenklisis che
Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione chiara. Nella Lettera ad
Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis al § 43[41], ma poi al § 61
parlava piuttosto di una deviazione per urto[42]. Il celebre passaggio
del libro II del De rerum natura dice: «Perciò è sempre più necessario
che i corpi deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di
poter immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è
evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non
possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile
constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione
dalla linea retta del loro percorso?[43]» Lucrezio precisa poi
ulteriormente le modalità del clinamen aggiungendo: «Infine, se ogni moto
è legato sempre ad altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine
certo, se i germi primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche
inizio di movimento che infranga le leggi del fato così che da tempo infinito
causa non sussegua a causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo
libero arbitrio, donde proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai
fati, in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il
nostro percorso non in un momento esatto, né in un punto preciso dello spazio,
ma quando lo decide la mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio
volere suggerisce l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle membra]»
Per quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega direttamente agli
atomi nel loro processo creativo[45], scrivendo: «Così è difficile
rescindere da tutto il corpo le nature dell'animo e dell'anima, senza che tutto
si dissolva. Con particelle elementari così intrecciate tra loro fin
dall’origine, si producono insieme fornite d’una vita di eguale destino: ed è
chiaro che ognuna di per sé, senza l’energia dell’altra, le facoltà del corpo e
dell’anima separate, non potrebbero aver senso: ma con moti reciprocamente
comuni spira dall’una e dall’altra quel senso acceso in noi attraverso gli
organi.[46]» Gnoseologia Magnifying glass icon mgx2.svg Critiche alla religione. Lucrezio,
incisione di Michael Burghers, 1682 Secondo Lucrezio, che riprende in maniera
radicale la tesi già di Epicuro, la religione è la causa dei mali dell'uomo e
della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione
impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere
alla felicità, da raggiungere attraverso la liberazione dalla paura della
morte.[47] Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra
ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La ratio è vista da Lucrezio
come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre dell'oscurità»,
è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo, quindi la dottrina
epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza, che
lo stesso Lucrezio denomina spesso con il termine "superstitio".
Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti umani
"superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza. Poiché
la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa.[37][47]
Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce
come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una
rappresentazione falsata della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è
perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini. Lucrezio
riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione
atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la
liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in
termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in
senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di
pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità
malinconica. Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie
viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra
grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo
criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso
del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli
organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi. Tale
concezione atea, materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura
sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna,
in particolare gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie, anch'essi atei
dichiarati e a loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio sarà inoltre
seguito da Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi. Lucrezio nega ogni sorta di
creazione, di provvidenza e di beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è
affrancato dalla condizione di bisogno tramite la produzione di tecniche, che
sono trasposizioni della natura.[47] Per Lucrezio, però, il progresso non
è positivo a priori, ma solo finché libera l'uomo dall'oppressione. Se è invece
fonte di degradazione morale, lo condanna duramente. Lucrezio introduce nel III
libro del De rerum natura una chiarificazione che nel mondo latino era stata
trascurata generando non poche confusioni, circa il concetto di “animus” in rapporto
a quello di “anima” «Vi sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa
del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la
natura dell'animo e dell'anima quasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di
armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse
tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu
ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti
tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il
pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e
che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti
l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque
la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo,
obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola
prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il corpo.»
([51]) Lucrezio riprende il concetto ellenico di anima come "soffio vitale
che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano psyché. Questo
soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona solo “con
l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile col
"noùs" ellenico, traducibile in latino con mens. Dunque animus e mens
paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità mentale.
L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al concetto
di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare la
sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora che
l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio vitale. L'angoscia
esistenziale Il De rerum natura è ricchissimo di elementi tipici
dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Giacomo Leopardi,
che dell'opera di Lucrezio era un profondo conoscitore, anche se in realtà non
è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse Lucrezio.[52] Questi elementi di
angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo di fondo
che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla filosofia
epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte contrapposte;
l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto dell'uomo, l'altra
ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi e dal loro destino
di dolore e morte. Altri studiosi, però ritengono che l'insistenza di Lucrezio
sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia altro che una strategia
di propaganda, per fare emergere più fortemente la funzione salvifica della
ratio epicurea.[53] Note S'intende,
ciechi alla dottrina di Epicuro. Sul
luogo di nascita: anche se c'è chi afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi
all'unanimità che fosse originario della Campania: di Napoli, di Ercolano, o,
secondo recenti studi epigrafici, di Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e
Lucrezio sono attestati, e la gens Lucretia aveva delle ville cfr: Biografia di
Lucrezio; o perlomeno vi avesse abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio
Foppiani, Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo, cfr.
anche la Lucrezio Caro, Tito su Enciclopedia Treccani Sulla data di nascita: molti optano per il 98
a.C. o secondo altri 96 a.C. Secondo
alcune fonti: Lucretius testimonia vitae Luciano Canfora, Vita di Lucrezio,
Sellerio, o secondo altri 53 a.C., cfr.
Paolo Di Sacco, M. Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura
latina" 1 "L'età arcaica e la
repubblica", Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Sezione 2, Modulo. Testimonianze
su Lucrezio Canfora. Lucrezio, De rerum
natura, Lucrezio, De rerum natura, Enrico Fichera, I "templa serena"
e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella letteratura, Roma, Bonanno
edizioni, G. Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts,
Monaco. Enciclopedia dell'arte antica
Cfr. Gerlo, Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario
contemporaneo Nel romanzo epistolare di
Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, Nomi romani:
glossario Canfora, Cicerone, Ep. ad
Quintum fratrem, II 9. SLucrezio Canfora, Classici: Lucrezio e il De rerum
natura Aldo Oliviero, Il suicidio di Lucrezio, su lafrontieraalta.com. 29Ettore
Stampini, Il suicidio di Lucrezio, Messina, Tipografia D'Amico, La risposta di
Virgilio a Lucrezio Guido Della Valle
(Napoli), pedagogista e docente universitario, autore di Tito Lucrezio Caro e
l'epicureismo campano, Napoli, Accademia Pontaniana, Lucrezio in Enciclopedia
Italiana Lucrezio: informazioni
biografiche ibidem La natura delle cose, Milano, Rizzoli, Eneide,
libro VI. La natura delle cose, cit.
supra81. Lucrezio, La natura delle cose,
La natura delle cose. Il De rerum natura
di Lucrezio Introduzione a Lucrezio accesso= Memmio su Enciclopedia
Italiana Lo stile di Lucrezio C.
Craca, Le possibilità della poesia. Lucrezio e la madre frigia in «De rerum
natura» IBari, Edipuglia, Epicuro, Opere, E. Bignone, Laterza Lucrezio, La
natura delle cose, Biagio Conte, Milano, Rizzoli, La natura delle cose, cit. supra271. De rerum natura, Diego Fusaro , Tito Lucrezio
Caro, su filosofico.net. e rerum natura, VTasso segue Lucrezio stilisticamente,
non ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV, ripresa
nel proemio della Gerusalemme liberate, La natura delle cose, cit. supra, De rerum natura, Mario Pazzaglia, Antologia
della letteratura italiana. Lucrezio,
introduzione Edizioni De rerum natura, (Brixiae), Thoma Fer(r)ando
auctore, De rerum natura libri sex nuper emendati, Venetiis, apud Aldum, In
Carum Lucretium poetam commentarij a Joanne Baptista Pio editi, Bononiae, in
ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, De rerum natura libri sex a
Dionysio Lambino emendati atque restituti & commentariis illustrati,
Parisiis, in Gulielmi Rovillij aedibus, De rerum natura libri VI, Patavii,
excudebat Josephus Cominus, De rerum natura libri sex, Revisione del testo,
commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, Torino, E. Loescher (importante edizione critica, tuttora
fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e versione
Enrico Flores, 3 Napoli, Bibliopolis, Traduzioni italiane Della natura delle
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riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Milano, Garzanti (Per
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rimanda a tale voce) V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze, Le Monnier, A.
Bartalucci, Lucrezio e la retorica, in: Studi classici in onore di Quintino
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Lucrezio Caro, su LibriVox. Goodreads. De Rerum Natura: testo con concordanze e
liste di frequenza, su intratext.com. Intervista a Luca Canali su passioni e
razionalità in Lucrezio, dall'Enciclopedia multimediale delle scienze
filosofiche, su conoscenza.rai. Analisi critica del pensiero di Lucrezio, su
lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia Letteratura Letteratura Categorie: Poeti romaniFilosofi
romani 15 ottobre RomaTito Lucrezio CaroAtomistiEpicureiFilosofi
ateiLucretiiStoria dell'evoluzionismoPre-esistenzialistiPersonalità
dell'ateismo.
Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia. Tito Lucrezio Caro. Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura
delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Lucrezio: implicatura atomica”
– “implicatura e composizionalita” – “implicatura elementare” – “implicatura
simplex” “implicatura simplice” “implicatura complessa”.
LUPORINI. (Ferrara).
Filosofo. Grice: “I like Luporini; I lerarned from him how silly Austin is when
talking of ‘material object’ – a contradiction in terminis for Kant who uses
‘materie’ very strictly; Luporini’s study of Leopardi is brilliant – and he has
explored the genius of Vinci, which is good!” Si recò a Friburgo, dove
frequenta le lezioni di Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le
lezioni di Hartmann. Si laurea a Firenze. Insegna a Cagliari, Pisa e Firenze.
Dopo un in interesse per l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al
Partito Comunista, per il quale fu eletto senatore nella terza legislature. Tra
le altre iniziative parlamentari, fu firmatario di un progetto di legge, "Istituzione
della scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni.” Fonda la rivista
Società. Collabora ai periodici
politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita, Critica marxista.
Durante il dibattito che, a seguito degli eventi, porta alla trasformazione del
PCI in PDS, si schierò decisamente contro la "svolta" di Occhetto,
aderendo alla mozione "due" di opposizione interna, in un'orgogliosa
difesa e per un rilancio della prospettiva e degli ideali comunisti. Il
marxismo di Luporini si fonda su una critica radicale allo storicismo, sul
rifiuto di ogni concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo,
quello marxista in particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente
storicista del progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta
letture dogmatiche del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e
meccanicismo, ma, pur apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò
di far dialogare tutto il marxismo italiano, non ne condivideva
l'anti-umanismo, in quanto il pensiero di Marx conserva per lui un profondo
umanesimo, anche negli scritti successivi alla "rottura epistemologica"
in cui le strutture, cioè i modelli interpretativi della società, non sono
astratti ma in funzione degli individui concreti, umani. Nello stesso ambito marxista, tra i suoi
obiettivi polemici vi furono quelle posizioni che proponevano una interpretazione
di radicale discontinuità tra Marx e Hegel, cioè quelle di Volpe e della sua
scuola. Centrale è infatti per Luporini la nozione di “contra-dizione,” la
marxiana "oggettività reale", che lo pone comunque in relazione con
Hegel. Marx deve essere considerato una concezione aperta e complessa, dove
materialismo e dialettica compongono una sintesi mai totalizzante (da qui il
suo interesse per l'elaborazione di Gramsci) e parte fondamentale di una più
generale teoria dei condizionamenti umani.
Fondamentale è il concetto di formazione economico-sociale, espressione
già utilizzata da Sereni, ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il
marxismo di costituire un modello per l'analisi degli specifici modi di
produzione della società capitalista, nonché per la previsione scientifica
delle sue varie forme. La legge generale delle formazioni economico-sociali è
tratta dall’Introduzione ai Lineamenti fondamentali di critica dell'economia
politica di Marx. La struttura economica va indagata secondo logica scientifica
e bisogna stabilire un "criterio oggettivo", il momento dominante che
condiziona tutti gli altri assetti produttivi.
L'approccio storico-genetico non è un continuum evoluzionistico come
nella tradizione storicistica, è la fase dell'osservazione e descrizione
empirica del fenomeno dalla sua origine ed è secondario rispetto all'approccio
genetico-formale, cioè all'indagine che permette di stabilire la categoria
dominante di una determinata fase storica della produzione. Il modello de Il Capitale
può dunque aspirare all'universalità, ma anche alla flessibilità di
applicazione. La formalizzazione di un “modello” attraverso il metodo genetico,
individua anche il processo per cui i rapporti di produzione si riflettono in
qualcos’altro, la coscienza dei singoli, le relazioni inters-oggettive (l’inter-azione’)
e le radici stesse della vita morale. È palese così il contrasto di Luporini ad
ogni disegno provvidenzialista e di filosofia della storia e anche in questo si
rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo tra Hegel e Marx. Per quanto
riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia non è permeata solo di
pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza attiva. La formazione
filosofica di Leopardi, infatti, illuminista e materialista, permette di
leggere ad esempio, nelle "magnifiche sorti e progressive" de
"La Ginestra", una possibilità di rinnovamento politico-sociale non
in antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un compito storico degli
esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità esistenziale. “Filosofia
e politica: scritti dedicati a Luporini, Firenze, La Nuova Italia, Una completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata
pubblicata nel numero speciale dedicato a Luporini di "Il Ponte"
(Firenze). Oltre agli studi sulla storia della filosofia e a un'elaborazione
teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si ricordano, fra le sue opere
principali: “Situazione e libertà”
(Firenze, Le Monnier); “Filosofi vecchi e nuovi, Firenze, Sansoni, Spazio e
materia in Kant, Firenze, Sansoni, Introduzione a K. Marx-F. Engels,
L'ideologia, Riuniti, Roma, Dialettica e materialismo, Roma, Editori Riuniti, Marxismo
e soggettività, Il marxismo e la cultura italiana del Novecento, in Storia d'Italia,
I documenti, Einaudi. Un'incidenza notevolissima ebbe sugli studi leopardiani
il suo saggio Leopardi progressivo (1947).
Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann vedi l'aneddoto in Intervista a
Sergio Landucci, "Repubblica", E. Sereni, Da Marx a Lenin: la
categoria di "formazione economico-sociale", Quaderni di Critica marxista,
Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo, in Critica marxista, Per
l'interpretazione della categoria 'formazione economico-sociale', in Critica marxista,
Luporini, Le “radici” della vita morale, in
Morale e società, Ed.Riuniti, Roma); S. Lanfranchi, Dal Leopardi
ottimista della critica fascista al Leopardi progressivo della critica
marxista, Laboratoire italien, Saggi critici in Garin, Esistenza e libertà, in
Critica marxista, nGiorgio Mele, Esistenzialismo e significato della libertà,
Critica Marxista, Aldo Zanardo, Un orizzonte filosofico materialistico, in
Critica marxista, Claudio La Rocca, Esistenzialismo e nichilismo. Luporini e
Michelstaedter, «Belfagor», R. Mapelli, Luporini, Milano, ed. Punto Rosso, Il
Ponte Editore, Il Ponte,Convegni
Quarant'anni di filosofia in Italia. La ricerca di Luporini,
"Critica marxista", Il fascicolo contiene gli atti delle due
"giornate di studio" sull'opera di Luporini organizzate dalla Facoltà
di Lettere e filosofia dell'Firenze e dalla fondazione Gramsci di Roma,
Luporini, Feltrinelli,1Nella loro maggior parte i contributi riprendono gli
interventi al Convegno promosso dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di
Filosofia. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Cesare
Luporini, . senato, Senato della Repubblica.
Biblioteche dei Filosofi (SNS), su picus.unica. L'ultima lezione di Luporini
(una grande avventura intellettuale attraverso il Novecento), su hyperpolis su
Academia.edu. Cesare Luporini.
LUZZAGO.
(Brescia). Filosofo. Nato
da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più importanti famiglie del patriziato
cittadino, e educato alla pratica devota e all'apostolato. Nel convento di S.Antonio dei gesuiti si
impegnò in un corso di filosofia. Dibatte in pubblico 737 argomenti filosofici!
Con l'aiuto di Borromeo partecipa a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di
Brera. Si laurea a Padova. Desideroso di entrare a far parte della Compagnia di
Gesù, le difficoltà economiche della famiglia, causate da alcune transazioni
inopportune del padre, glielo impedirono. Conservatore dei Monti di Pietà, e protettore della Compagnia delle Dimesse di S.
Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso e le Zitelle.
Ri-organizza e da nuovo impulse a un'altra istituzione sorta dopo il Concilio
di Trento: la Scuola della dottrina cristiana. Fonda la Congregazione di S.
Caterina da Siena. Per far sì che il suo operato continuasse, fonda la
Congregazione dello Spirito Santo, che raccolse i membri della classe dirigente
cittadina con l'obiettivo di co-operare più efficacemente e concordemente al
sostegno di tutte le buone istituzioni e mantenere un clima di Concordia.
Infatti, intercede per la conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso
in conflitto. La sua indole caritativa
emerse soprattutto quando venne a far parte del Consiglio di Brescia, dove sa
armonizzare le strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte
vi sono indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello
della Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esamina le strutture di
beneficenza per poi proporle a Brescia. Ha la possibilità di conoscere Filippo Neri.
In un'epistola a Morosini, e informato che Clemente VIII, ha preso in
considerazione il suo nome per la carica di arcivescovo di Milano. Morì e fu
sepolto nella chiesa di S. Barnaba a Brescia. Fu avviata presso la
Congregazione dei riti la causa di beatificazione. Leone XIII, riconosciute le
sue virtù eroiche, gli conferì il titolo di venerabile. Dizionario Biografico degli Italiani, A.Cottinelli,
Vita del venerabile Luzzago patrizio bresciano: dedicata ai comitati
parrocchiali, Tipografia e libreria Salesiana, A. Cistellini, Luzzago. Il
movimento cattolico a Brescia, Morcelliana. A. Fappani, Enciclopedia bresciana,
Opera San Francesco di Sales, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 66,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S. Negruzzo, L'allievo santo: Roccio
precettore di Luzzago, in «Annali di Storia dell'Educazione e delle Istituzioni
Scolastiche», S. Negruzzo, Dalla scuola dell'ajo al collegio dei gesuiti: il
caso di Luzzago, in Dalla virtù al precetto. L'educazione del gentiluomo tra
'500 e '700, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Alessandro Luzzago.
MACHIAVELLI.
(Firenze). Filosofo.
Grice: “While Strawson prefers ‘The Prince,’ my favourite Machiavelli is the
dialogo, discorso, ovvero dialogo intorno della lingua –“ Grice: “The full
title makes it sound slightly analytic – ‘whether it should be called
‘florentine, Italian, or tooscana’ I mean, a stipulation!” -- Grice: “Like me,
we can call Machiavelli a philosopher of language – the trend being very
Florentine between Machiavelli and Varchi.” -- possibly Italy’s greateset
philosopher – Noto come il fondatore della scienza
politica moderna, i cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il Principe,
nella quale è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica
della storia. Questa definizione, secondo molti, descrive in maniera compiuta
sia l'uomo sia il letterato più del termine machiavellico, entrato peraltro nel
linguaggio corrente ad indicare un'intelligenza acuta e sottile, ma anche
spregiudicata e, proprio per questa connotazione negativa del termine, negli
ambiti letterari viene preferito il termine "machiavelliano".
L'ortografia del cognome è, purtroppo, ambigua: la versione
"Macchiavelli", quella della statua a lui dedicata agli Uffizi, in
attesa di chiarimenti dell'Ufficio Culturale del museo o dell'Accademia della
Crusca, andrebbe considerata ugualmente corretta in lingua italiana. L'analisi
della firma del filosofo, riportata qui accanto, farebbe propendere per la
"c" singola[senza fonte]. «Nacqui povero, ed imparai prima a
stentare che a godere.» (N. Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori.)
Niccolò Machiavelli (scritto anche Macchiavelli sulla statua a lui dedicata
all'ingresso degli Uffizi) nacque a Firenze, terzo figlio, dopo le sorelle
Primavera e Margherita e prima del fratello Totto; figlio di Bernardo e di
Bartolomea Nelli. Anticamente originari della Val di Pesa, i Machiavelli sono
attestati popolani guelfi residenti almeno dal XIII secolo a Firenze, dove
occuparono uffici pubblici ed esercitarono il commercio. Il padre Bernardo era
tuttavia di così poca fortuna da esser considerato, non si sa quanto
veritieramente, figlio illegittimo: dottore in legge, risparmiatore per
carattere o per necessità, ebbe interesse agli studi di umanità, come risulta
da un suo Libro di Ricordi che è anche la principale fonte di notizie
sull'infanzia di Niccolò. La madre, secondo un suo lontano pronipote, avrebbe
composto laude sacre, rimaste peraltro sconosciute, dedicate proprio al figlio
Niccolò. Cominciò a studiare latino con un certo Matteo, l'anno dopo si
dedicava allo studio della grammatica con Poppi, all'aritmetica e l'anno seguente affrontava le prove scritte
di componimento in latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca
paterna: la I Deca di Tito Livio e quelle di Flavio Biondo, opere di Cicerone,
Macrobio, Prisciano e Marco Giuniano Giustino. Adulto, maneggerà anche Lucrezio
e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense. Non conobbe invece
il greco, ma poté leggere le traduzioni di alcuni degli storici più importanti,
soprattutto Tucidide, Polibio e Plutarco, da cui trasse importantissimi spunti
per la sua riflessione sulla Storia. S'interessò alla politica anche prima di
avere degli incarichi istituzionali, come dimostra una sua lettera del 9 marzo
1498, la seconda che di lui ci è pervenutala prima è una richiesta al cardinale
Giovanni Lopez, del 2 dicembre 1497, affinché si adoperi a riconoscere alla sua
famiglia un terreno contestato dalla famiglia dei Pazziindirizzata
probabilmente all'amico Ricciardo Becchi, ambasciatore fiorentino a Roma, nella
quale egli si esprime in modo critico contro Girolamo
Savonarola. Due sono le fasi che scandiscono la vita di Niccolò
Machiavelli: nella prima parte della sua esistenza egli è impegnato soprattutto
negli affari pubblici; nella successiva nella scrittura di testi di portata
teorica e speculativa. Si apre la seconda fase segnata dal forzato allontanamento
dello storico e filosofo toscano dalla politica attiva. «Della persona fu
ben proporzionato, di mezzana statura, di corporatura magro, eretto nel
portamento con piglio ardito. I capelli ebbe neri, la carnagione bianca ma
pendente all'ulivigno; piccolo il capo, il volto ossuto, la fronte alta. Gli
occhi vividissimi e la bocca sottile, serrata, parevano sempre un poco
ghignare. Di lui più ritratti ci rimangono, di buona fattura, ma soltanto
Leonardo, col quale ebbe pur che fare ai suoi prosperi giorni, avrebbe potuto
ritradurre in pensiero, col disegno e i colori, quel fine ambiguo
sorriso» (Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli) Caterina
Sforza Riario, ritratta da Lorenzo di Credi. Niccolò aveva già presentato al
Consiglio dei Richiesti, il 18 febbraio 1498, la propria candidatura a
segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina, ma gli fu
preferito un candidato savonaroliano. Pochi giorni però dopo la fine
dell'avventura politica e religiosa del frate ferrarese, il 28 maggio Machiavelli
fu nuovamente designato ed eletto il 15 giugno dal Consiglio degli Ottanta,
elezione ratificata dal Consiglio maggiore il 19 giugno 1498, probabilmente
grazie all'autorevole raccomandazione del Primo segretario della Repubblica,
Marcello Virgilio Adriani, che il Giovio asserisce essere stato suo
maestro. Per quanto i compiti delle due Cancellerie siano stati spesso
confusi, generalmente alla prima si attribuivano gli affari esterni, e alla
seconda quelli interni e la guerra: ma i compiti della seconda Cancelleria,
presto unificati con quelli della Cancelleria dei Dieci di libertà e pace,
consistevano nel tenere i rapporti con gli ambasciatori della Repubblica,
cosicché, essendogli stata affidata, ianche questa ulteriore responsabilità,
Machiavelli finì per doversi occupare di una tale somma di compiti da essere
storicamente considerato, senza ulteriori distinzioni, il «Segretario
fiorentino». Era il tempo nel quale, conclusa l'avventura italiana di
Carlo VIII, la maggiore preoccupazione di Firenze era volta alla riconquista di
Pisaresasi indipendente dopo che Piero de' Medici l'aveva data in pegno al re
di Francia- e alleata di Venezia che, intendendo impedire l'espansione
fiorentina, aveva invaso il Casentino, occupandolo a nome dei Medici. Il pericolo
venne fronteggiato dal capitano di ventura Paolo Vitelli, e la mediazione del
duca di Ferrara Ercole I, iriconsegnò il Casentino a Firenze, autorizzandola
altresì a riprendersi Pisa. In marzo venne inviato a Pontedera, dove erano
acquartierate le milizie del signore di Piombino, Jacopo d'Appiano, alleato di
Firenze. In maggio scrisse il Discorso della guerra di Pisa per il
magistrato dei Dieci: poiché «Pisa bisogna averla o per assedio o per fame o
per espugnazione, con andare con artiglieria alle mura», esaminate diverse
soluzioni, si esprime favorevole a un assedio di «un quaranta o cinquanta dì ed
in questo mezzo trarne tutti gli uomini da guerra potete, e non solamente
cavarne chi vuole uscire, ma premiare chi non ne volesse uscire, perché se ne esca.
Dipoi, passato detto tempo, fare in un subito quanti fanti si può; fare due
batterie, e quanto altro è necessario per accostarsi alle mura; dare libera
licenza che se ne esca chiunque vuole, donne, fanciulli, vecchi ed ognuno,
perché ognuno a difenderla è buono; e così trovandosi i Pisani voti di
difensori dentro, battuti dai tre lati, a tre o quattro assalti sarìa
impossibile che reggessero». Il 16 luglio 1499 si presentò a Forlì alla
contessa Caterina Sforza Riario, nipote di Ludovico il Moro e madre di
Ottaviano Riario, che era stato al soldo dei fiorentini, per rinnovare
l'alleanza e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana. Ottenne solo
vaghe promesse dalla contessa che era già impegnata a sostenere lo zio nella
difficile difesa del Ducato milanese dalle mire di Luigi XII e dovette
ripartire senza aver nulla ottenuto. Era nuovamente a Firenze in agosto, quando
le artiglierie fiorentine, provocata una breccia nelle mura pisane, aprivano la
via alla conquista della città, ma il Vitelli non seppe sfruttare l'occasione e
temporeggiò finché la malaria non ebbe ragione delle sue truppe, costringendolo
a togliere l'assedio il 14 settembre. Invano ritentò l'impresa: sospettato di
tradimento, quello che «era il più reputato capitano d'Italia» fu decapitato.
Nessuna prova vi era che il Vitelli fosse stato corrotto dai Pisani ma la
giustificazione di Machiavelli, a nome della Repubblica, in risposta alle
critiche di un cancelliere di Lucca, fu che «o per non havere voluto, sendo
corropto, o per non havere potuto, non avendo la compagnia, ne sono nati per
sua colpa infiniti mali ad la nostra impresa, et merita l'uno o l'altro errore,
o tuct'a due insieme che possono stare, infinito castigo». Conquistato il
Ducato di Milano, in risposta alla richieste fiorentine Luigi XII mandò suoi
soldati a risolvere l'impresa di Pisa le cui mura furono bensì abbattute nel
luglio del 1500 ma né gli svizzeri né i francesi entrarono in città anzi,
lamentando che Firenze non li pagasse, levarono l'assedio e sequestrarono il
commissario fiorentino Luca degli Albizzi, che fu rilasciato solo dietro
riscatto. A Machiavelli, presente ai fatti, non restava che informare la
Repubblica, che decise di mandarlo in Francia, insieme con Francesco della
Casa, per cercare nuovi accordi che risolvessero finalmente la guerra di
Pisa. Il cardinale di Rouen Georges d'Amboise raggiunsero la corte
francese a Nevers, presentando al re e al ministro, cardinale di Rouen, le
rimostranze per il cattivo comportamento dei loro soldati; sapendo che Firenze
non aveva al momento denari sufficienti a finanziare l'impresa, invitarono
Luigi a intervenire direttamente nella guerra, al termine della quale la
Repubblica avrebbe ripagato la Francia di tutte le spese. Il rifiuto dei
francesiche richiedevano a Firenze il mantenimento degli svizzeri rimasti
accampati in Lunigiana e minacciavano la rottura dell'alleanzamise i legati
fiorentini, privi di istruzioni dalla Repubblica, in difficoltà, acuite dalla
ribellione di Pistoia e dalle iniziative che frattanto aveva preso in Romagna
Cesare Borgia, i cui ambiziosi e oscuri piani potevano anche indirizzarsi
contro gli interessi fiorentini. Occorreva, pagando, mantenere buoni
rapporti con la Franciascriveva da Tours il 21 novembree guardarsi dalle
macchinazioni del papa: così, ottenuto dalla Signoria il denaro richiesto dalla
Francia, Machiavelli poteva finalmente ritornare a Firenze il 14 gennaio 1501.
Quella lunga permanenza nella corte francese verrà dislocata negli opuscoli De
natura Gallorum, dove i francesi verranno descritti come «humilissimi nella
captiva fortuna; nella buona insolenti più cupidi de' danari che del sangue
vani et leggieri più tosto tachagni che prudenti», con una bassa opinione degli
Italiani, e nel successivo Ritratto delle cose di Francia, dove, spostandosi su
un piano d'analisi prettamente politica, finisce col fare della Francia
l'esemplare dello stato moderno. Soprattutto egli insiste sul nesso fra la
prosperità della monarchia e il raggiunto processo di unificazione nazionale,
sentito come la lezione peculiare delle "cose di Francia".
Cesare Borgia «Questo signore è molto splendido e magnifico, e nelle armi
è tanto animoso che non è sì gran cosa che non gli paia piccola, e per gloria e
per acquistare Stato mai si riposa né conosce fatica o periculo: giugne prima
in un luogo che se ne possa intendere la partita donde si lieva; fassi ben
volere a' suoi soldati; ha cappati e' migliori uomini d'Italia: le quali cose
lo fanno vittorioso e formidabile, aggiunte con una perpetua fortuna» (Machiavelli,
Lettera ai Dieci del 26 giugno 1502) La minaccia del Borgia si fece presto
concreta: fermato dalle minacce della Francia quando tentava d'impadronirsi di
Bologna, si volse contro Piombino, entrando nel territorio della Repubblica e
cercando di imporle tributi, dai quali Firenze fu nuovamente fatta salva
dall'intervento di Luigi. Fra una missione a Pistoia e un'altra a Siena,
Niccolò ebbe tempo di sposare. Marietta Corsini, donna di modesta origine,
dalla quale avrà sei figli: Primerana, Bernardo, Lodovico, Guido, Piero e
Baccina. Padrone di Piombino il 3 settembre 1501, il Borgia, per mezzo del suo
sodale Vitellozzo Vitelli s'impadronì di Arezzo, dove si stabilì Piero de'
Medici, poi delle terre di Valdichiana, di Cortona, di Anghiari e di Borgo San Sepolcro
e di lì passò a investire Camerino e Urbino, chiedendo nel contempo di
intavolare trattative con Firenze che, nel frattempo, vistasi stretta dai due
Borgia, padre e figlio, aveva rinnovato gli accordi con la Francia. lo
stesso giorno della caduta della città nelle mani di Cesare, partirono per
Urbino Machiavelli e il vescovo di Volterra, Francesco Soderini, fratello di
Piero: ricevuti , si sentirono ordinare di cambiare il governo della
Repubblica, pena la sua inimicizia. La crisi fu superata grazie all'intervento
delle armi francesi: avvicinandosi queste ad Arezzo, la città fu sgomberata e
restituita, insieme con le altre terre, ai Fiorentini. Riferimento a questi
casi è il breve scritto dell'anno successivo, Del modo di trattare i popoli
della Valdichiana ribellati, nel quale, preso esempio dal comportamento tenuto
dagli antichi Romani in caso di ribellioni, rimprovera il governo fiorentino di
non aver trattato severamente la ribelle città di Arezzo. Pensa che come i
Romani «fecero giudizio differente per esser differente il peccato di
quelli popoli, così dovevi fare voi, trovando ancora nei vostri ribellati
differenza di peccati giudico ben giudicato che a Cortona, Castiglione, il
Borgo, Foiano, si siano mantenuti i capitoli, siano vezzeggiati e vi siate
ingegnati riguadagnarli con i beneficii ma io non approvo che gli Aretini,
simili ai Veliterni ed Anziani non siano stati trattati come loro. I Romani
pensarono una volta che i popoli ribellati si debbano o beneficare o spegnere e
che ogni altra via sia pericolosissima.» Di fronte a quelli che
apparivano tempi nuovi e tempestosi, nei quali occorreva che uomini capaci
prendessero pronte risoluzioni, come prima riforma nell'organizzazione dello
Stato fiorentino fu resa vitalizia la carica di gonfaloniere, affidata a Pier
Soderini, che appariva uomo accetto tanto agli ottimati che ai popolani. La
prima missione che egli affidò a Machiavelli fu quella di prendere nuovamente
contatto col Borgia il quale, formalmente capitano delle truppe pontificie e
finanziato da quello Stato, intendeva tuttavia agire nel proprio interesse e in
quello della sua famiglia, stringendo un nuovo patto col Luigi XII e
ottenendone libertà d'azione nei suoi piani di espansione, non solo nei
confronti di signorotti quali gli Orsini, i Baglioni e il Vitelli, già suoi
alleati, ma anche contro lo stesso Bentivoglio di Bologna. Seguendo la
tradizionale politica di alleanza con la Francia, Firenzepur diffidando del
Valentinointendeva confermargli la sua amicizia, per non essere investita dai
suoi aggressivi disegni. Machiavelli giunse a Imola dal Borgia il 7
ottobre, confidandogli che Firenze non aveva aderito all'offerta di amicizia
propostale dagli Orsini e dai Vitelli, congiurati a Magione contro il duca
Valentino, e ne ricevette in cambio un'offerta di alleanza, alla quale Niccolò,
affascinato dalla figura di Cesare Borgia, guardava con favore più di quanto
non facesse il governo fiorentino. Fu al seguito del Valentino per tutta la
durata di quei tre mesi di campagna militare e, due ore dopo l'uccisione a
tradimento di Vitellozzo e di Oliverotto da Fermo, ne raccolse le parole «savie
e affezionatissime» per i Fiorentini, invitati nuovamente a unirsi a lui per
avventarsi contro Perugia e Città di Castello. Firenze, a questo punto, decise
di mandare presso il Borgia un ambasciatore accreditato, Jacopo Salviati, così
che il nostro Segretario lasciò il campo di Città della Pieve per fare ritorno
a Firenze. Vitellozzo Vitelli, ritratto da Luca Signorelli. «Vitellozo, Pagolo
et duca di Gravina in su muletti ne andorno incontro al duca, accompagnati da
pochi cavagli; et Vitellozo disarmato, con una cappa foderata di verde, tucto
aflicto se fussi conscio della sua futura morte, dava di sé, conosciuta la
virtù dello huomo et la passata sua fortuna, qualche ammirationeArrivati
adunque questi tre davanti al duca, et salutatolo humanamente, furno da quello
ricevuti con buono volto Ma, veduto il duca come Liverotto vi mancava adciennò
con l'occhio a don Michele, al quale lLeverotto era demandata, che provedessi
in modo che Liverotto non schapassi Liverotto havendo facto riverenza, si
adcompagnò con gli altri; et entrati in Senigagla, et scavalcati tutti ad lo
alloggiamento del duca, et entrati seco in una stanza secreta, furno dal duca
fatti prigioni venuta la nocte al duca
parve di fare admazare Vitellozzo e Liverotto; et conductogli in uno luogo
insieme, gli fe' strangolare Pagolo et el duca di Gravina Orsini furno lasciati
vivi per infino che il duca intese che a Roma el papa haveva preso el cardinale
Orsino, l'arcivescovo di Firenze et messer Jacopo da Santa Croce; dopo la quale
nuova, a dì 18 di giennaio, ad Castel della Pieve furno anchora loro nel
medesimo modo strangolati» (Machiavelli, Descrizione del modo tenuto dal
duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il
signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini). La morte di Alessandro VI privò
Cesare Borgia delle risorse finanziarie e politiche che gli occorrevano per
mantenere il ducato di Romagna, che si dissolse tornando a frammentarsi nelle
vecchie signorie, mentre Venezia s'impadronì di Imola e di Rimini. Dopo il
brevissimo pontificato di Pio III, Machiavelli fu inviato a Roma per il
conclave che il 1º novembre elesse Giulio II. Raccolse le ultime confidenze del
Valentino, del quale pronosticò la rovina imminente, e cercò di comprendere le
intenzioni politiche del nuovo papa, che egli sperava s'impegnasse contro i
Veneziani, le cui mire espansionistiche erano temute da Firenze: «O la sarà una
porta che aprirà loro tutta Italia, o fia la rovina loro», scrive il 24
novembre. A Roma gli giunse la notizia della nascita del secondogenito
Bernardo: «Somiglia voi, è bianco come la neve, ma gli ha il capo che pare
velluto nero, et è peloso come voi, e da che somiglia voi parmi bello», gli
scrive la moglie Marietta. E Machiavelli, che lungamente in questo scorcio di
tempo aveva frequentato la casa del cardinal Soderini, al quale forse prospettò
già il suo progetto di costituire una milizia nazionale che sostituisse
l'infida soldatesca mercenaria, il 18 dicembre s'avviò per Firenze. In
Francia Ingresso a Genova di Luigi XII, Le fortune della Francia in
Italia sembrarono declinare dopo la cacciata dal Napoletano ad opera
dell'armata spagnola di Gonzalo Fernández de Córdoba. Firenze, alleata di Luigi
XII, e timorosa delle prossime iniziative della Spagna, del papa e della nemica
tradizionale, la Siena di Pandolfo Petrucci, era interessata a conoscere i
progetti del re e a questo scopo alla sua corte mandò Machiavelli «a vedere in
viso le provvisioni che si fanno e scrivercene immediate, e aggiungervi la
coniettura e iudizio tuo». Il 22 gennaio 1504 Machiavelli era a Milano per
conferire con il luogotenente Charles II d'Amboise, che non credeva in un
attacco spagnolo in Lombardia e rassicurò Niccolò sull'amicizia francese per
Firenze. Raggiunse la corte e l'ambasciatore Niccolò Valori a Lione il 27
gennaio, ricevendo uguali rassicurazioni dal cardinale di Rouen e da Luigi
stesso. In marzo ripartiva per Firenze e di qui si recava per pochi giorni a
Piombino da Jacopo d'Appiano, per sondare la posizione di quel signorotto. È di
questo tempo la stesura del suo primo Decennale, una storia dei fatti notevoli
occorsi degli ultimi dieci anni volta in terzine: Machiavelli non è poeta,
anche se invoca Apollo nell'esordio del poemetto, ma a noi interessa il suo
giudizio sull'attualità della vicenda politica italiana e su quel che attende
Firenze: «L'imperador, con l'unica sua prole vuol presentarsi al
successor di Pietro al Gallo il colpo ricevuto duole; e Spagna che di Puglia
tien lo scetro va tendendo a' vicin laccioli e rete, per non tornar con le sue
imprese a retro; Marco, pien di paura e pien di sete, fra la pace e la guerra
tutto pende; e voi di Pisa troppa voglia avete. Onde l'animo mio tutto
s'infiamma or di speranza, or di timor si carca tanto che si consuma a dramma a
dramma, perché saper vorrebbe dove, carca di tanti incarchi debbe, o in qual
porto, con questi venti, andar la vostra barca. Pur si confida nel nocchier
accorto ne' remi, nelle vele e nelle sarte; ma sarebbe il cammin facile e corto
se voi el tempio riapriste a Marte» (Decennale primo, vv 529-549) I
tentativi d'impadronirsi di Pisa fallirono ancora: battuta a Ponte a Cappellese
il 27 marzo 1505, Firenze doveva anche guardarsi dalle manovre dei signori ai
loro confini. Machiavelli andò a Perugia l'11 aprile per conferire col
Baglioni, ora alleato con gli Orsini, con Lucca e con Siena, poi a Mantova, per
cercare invano accordi con il marchese Giovan Francesco Gonzaga e il 17 luglio
a Siena. In settembre, fallì un nuovo assalto a Pisa e Machiavelli ne trasse
spunto per presentare la proposta della creazione di un esercito cittadino.
Rimasti diffidenti i maggiorenti della cittàche temevano che un esercito
popolare potesse costituire una minaccia per i loro interessima appoggiato dal
Soderini, Machiavelli si mosse per mesi nei borghi toscani a far leva di
soldati, istruiti «alla tedesca», e finalmente, il 15 febbraio 1506, Firenze
poté vedere la prima parata di una milizia «nazionale» che peraltro non avrà
nessun ruolo nella successiva conquista di Pisa e si rivelerà di scarso
affidamento nella difesa di Prato del 1512. Con la pace concordata con la
Francia nell'ottobre 1505, la Spagna, con Ferdinando II d'Aragona, aveva preso
definitivamente possesso del Regno di Napoli. I piccoli stati della penisola
attendevano ora le mosse di Giulio II, deciso a imporre la sua egemonia
nell'Italia centrale: nel luglio, il papa chiese a Firenze di partecipare alla
guerra che egli intendeva muovere al signore di Bologna, Giovanni Bentivoglio,
che era alleato, come Firenze, dei francesi, e perciò teoricamente amico, oltre
che confinante, dei Fiorentini. Si trattava di temporeggiare, osservando gli
sviluppi dell'impresa del papa al quale fu mandato Machiavelli, che lo incontrò
a Nepi il 27 agosto 1506. Giulio II gli dimostrò di godere dell'appoggio
della Francia, che aveva promesso di inviare truppe in suo aiuto, cosicché fu
agevole a Machiavelli promettere aiuti a sua voltadopo però che fossero
arrivati quelli di re Luigie seguì papa Giulio che, con la sua corte curiale e
pochi armati se n'andava a Perugia, ottenendo, il 13 settembre, la resa senza
combattimento di Giampaolo Baglioni che, con stupore e rimprovero del Machiavelli
e, un giorno, anche del Guicciardini, non ebbe il coraggio di opporsi alle
poche forze allora a disposizione del Papa. La corte papale, dopo aver atteso a
Cesena fino a ottobre l'arrivo dei francesi e, dopo questi, dei Fiorentini di
Marcantonio Colonna, entrò trionfante a Bologna l'11 novembre. Machiavelli,
tornato a Firenze già alla fine d'ottobre, s'occupò ancora dell'istituzione
delle milizie fiorentine: il 6 dicembre furono creati i Nove ufficiali
dell'Ordinanza e Milizia fiorentina, eletti dal popolo, responsabili militari
della Repubblica. In Germania Massimiliano I d'Asburgo Il nuovo anno
si aprì con le minacce del passaggio in
Italia del «Re dei Romani» Massimiliano, intenzionato a ribadire le proprie
pretese di dominio sulla penisola, a espellere i francesi e a farsi incoronare
a Roma «imperatore del Sacro Romano Impero». Si valutò a Firenze la possibilità
di finanziargli l'impresa in cambio della sua amicizia e del riconoscimento
dell'indipendenza della Repubblica: fu inviato a questo scopo l'ambasciatore
Francesco Vettori e, il 17 dicembre, lo stesso Machiavelli. Giunse a Bolzano,
dove Massimiliano teneva corte, l'11 gennaio 1508 e le lunghe trattative
sull'esborso preteso da Massimiliano s'interruppero quando i Veneziani,
sconfiggendolo più volte, gli fecero comprendere la velleità dei suoi sogni di
gloria. Da questa esperienza Machiavelli trasse tre scritti, il Rapporto
delle cose della Magna, composto il 17 giugno 1508, il giorno dopo il suo
rientro a Firenze, il Discorso sopra le cose della Magna e sopra l'Imperatore,
del settembre 1509, e il più tardo Ritratto delle cose della Magna, una
rielaborazione del primo Rapporto. Rileva la grande potenza della Germania, che
«abunda di uomini, di ricchezze e d'arme»; le popolazioni hanno «da mangiare e
bere e ardere per uno anno: e così da lavorare le industrie loro, per potere in
una obsidione [assedio] pascere la plebe e quelli che vivono delle braccia, per
uno anno intero sanza perdita. In soldati non spendono perché tengono li uomini
loro armati ed esercitati; e li giorni delle feste tali uomini, in cambio delli
giuochi, chi si esercita collo scoppietto, chi colla picca e chi con una arme e
chi con un'altra, giocando tra loro onori et similia, e quali tra loro poi si
godono. In salari e in altre cose spendono poco: talmente che ogni comunità si
truova ricca in publico». Importano e consumano poco perché «le loro
necessità sono assai minori delle nostre», ma esportano molte merci «di che
quasi condiscono tutta la Italia [...] e così si godono questa loro rozza vita
e libertà e per questa causa non vogliono ire alla guerra se non sono
soprappagati e questo anche non basterebbe loro, se non fussino comandati dalle
loro comunità. E però bisogna a uno imperadore molti più denari che a uno altro
principe». Tanta forza potenziale, che potrebbe fare la grandezza politica e
militare dell'Imperatore, è limitata dalle divisioni delle comunità governate
dai singoli principi, una realtà simile a quella italiana: nessun principe
tedesco vuole favorire l'imperatore, «perché, qualunque volta in proprietà lui
avessi stati o fussi potente, è domerebbe e abbasserebbe e principi e
ridurrebbeli a una obedienzia di sorte da potersene valere a posta sua e non
quando pare a loro: come fa oggi il re di Francia, e come fece già il re Luigi,
quale con l'arme e ammazzarne qualcuno li ridusse a quella obedienzia che
ancora oggi si vede». La conquista di Pisa Decisa a concludere le
operazioni militari contro Pisa, Firenze mandò Machiavelli a far leve di
soldati: in agosto condusse soldati prelevati da San Miniato e da Pescia
all'assedio della città irriducibile. Riunite altre milizie, si incaricò di
tagliare i rifornimenti bloccando l'Arno; poi, il 4 marzo del 1509, andò prima
a Lucca a intimare a quella Repubblica di cessare ogni aiuto ai Pisani e, il
14, si recò a Piombino, incontrando gli ambasciatori di Pisa per cercare invano
un accordo di resa. Raccolte nuove truppe, in maggio era presente all'assedio:
Pisa, ormai stremata, trattava finalmente la pace. Machiavelli accompagnò i
legati pisani a Firenze dove fu firmata la resa e l'8 giugno poté entrare in
Pisa con i commissari Niccolò Capponi, Antonio Filicaia e Alamanno
Salviati. Un ben più vasto incendio era intanto divampato nell'Italia
settentrionale: stipulata un'alleanza a Cambrai, Francia, Spagna, Impero e
papato si avventavano contro la Repubblica veneziana che a maggio cedeva i suoi
possedimenti lombardi e romagnoli e, in giugno, anche Verona, Vicenza e Padova,
consegnate a Massimiliano. Firenze, da parte sua, doveva finanziare la nuova
impresa imperiale: consegnato un primo acconto in ottobre, Machiavelli era a
Verona per consegnare il saldo a Massimiliano, che era stato però costretto
alla ritirata dalla controffensiva veneziana, resa possibile dalla rivolta
popolare contro i nuovi padroni. E Machiavelli commentava dei «due re, che
l'uno può fare la guerra e non vuol farla, l'altro ben vorrebbe farla e non
può», riferendosi a Luigi e a Massimiliano che se n'era tornato in Germania a
chiedere soldati e denari ai principi tedeschi. Atteso inutilmente il
ritorno dell'Imperatore, il 2 gennaio 1510 Machiavelli se ne tornò a Firenze.
Venezia si salvò soprattutto grazie alle divisioni degli alleati: mentre Luigi
XII aveva tutto l'interesse di ridurre all'impotenza Venezia per avere le mani
libere nella pianura padana, Giulio II la voleva abbastanza forte da opporsi
alla Francia senza averne contrasto alle proprie ambizioni di espansione. Per
Firenze, amica della Francia ma non nemica del papa, era necessario spiegarsi
con il re francese, e Machiavelli fu mandato a Blois, dove Luigi teneva la
corte, incontrandolo. Machiavelli confermò l'amicizia con la Francia ma
disse di dubitare che la Repubblica potesse impegnarsi in una guerra contro
Giulio II, in grado di volgere contro Firenze forze troppo superiori: meglio
sarebbe stata una mediazione che evitasse il conflitto e sottraesse, oltre
tutto, Firenze dalla responsabilità di un impegno nel quale era difficile
trarre un guadagno. Dovette tornare a Firenze il 19 ottobre, convinto che la
guerra fosse ineluttabile. Le vittorie militari non furono sfruttate da Luigi
XII e la sua indizione di un concilio a Pisa, che condannasse il papa, provocò
l'interdetto di Giulio II contro Firenze. Il 22 settembre 1511 Machiavelli era
ancora in Francia, ottenendo dal re soltanto un breve rinvio del concilio:
dalla Francia andò a Pisa e riuscì a ottenere il trasferimento del concilio a
Milano. Il ritorno dei Medici a Firenze Le fortune di Luigi XII volgevano
al tramonto: sconfitto dalla nuova coalizione guidata dal papa, era costretto
ad abbandonare la Lombardia, lasciando Firenze politicamente isolata e incapace
di resistere alle armi spagnole. Pier Soderini fuggì a Siena, i Medici
rientrarono a Firenze: disfatto il vecchio governo, il 7 novembre anche
Machiavelli venne rimosso dal suo incarico, il successivo 10 novembre fu
confinato e multato della grande somma di mille fiorini e il 17 gli fu
interdetto l'ingresso a Palazzo Vecchio. Giuliano de' Medici duca
di Nemours Il nuovo regime processò Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi,
accusati di aver complottato contro Giuliano de' Medici, condannandoli a morte.
Anche Machiavelli è sospettato: arrestato il 12 febbraio 1513, fu anche
torturato (gli fu somministrata la corda o, com'era chiamata allora a Firenze,
la "colla"). Scrisse allora a Giuliano di Lorenzo de' Medici duca di
Nemours due sonetti, per ricordargli, ma senza averne l'aria e in forma
scherzosa, la sua condizione di carcerato: «Io ho, Giuliano, in gamba un
paio di geti e sei tratti di fune in sulle spalle; l'altre miserie mie non vo'
contalle, poiché così si trattano i poeti Menon pidocchi queste parieti
grossi e paffuti che paion farfalle, né mai fu tanto puzzo in Roncisvalle o in
Sardigna fra quegli arboreti quanto nel mio sì delicato ostello» Giulio
II moriva intanto proprio in quei giorni e dal conclave uscì eletto l'11 marzo
il cardinale de' Medici con il nome di Leone X: era la fine dei pericoli di
guerra per Firenze e anche il tempo dell'amnistia. Uscito dal carcere, Machiavelli
cercò di ottenere favori dai Medici attraverso l'ambasciatore Francesco Vettori
e lo stesso Giuliano, ma invano. Si ritirò allora nel suo podere
dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano in
Val di Pesa. L'esilio dalla politica. «Il Principe» Qui, tra le giornate
rese lunghe dall'ozio forzato, comincia a scrivere i Discorsi sopra la prima
Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interrompe per metter mano al
suo libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino ma scritto
in volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedica dapprima
a Giuliano di Lorenzo de' Medici e, dopo la morte di questi nel 1516, a Lorenzo
de' Medici, figlio di Piero "fatuo"; ma il libro uscì solo postumo,
nel 1532. Certo, non doveva farsi illusioni che un Medici potesse mai essere
quel «redentore» atteso dall'Italia contro «questo barbaro dominio», ma da un
Medici si attendeva almeno la sua propria «redenzione» dall'inattività cui era
stato relegato dal ritorno a Firenze di quella famiglia. Sperava che
l'amico Vettori, ambasciatore a Roma, si facesse interprete del suo «desiderio
[...] che questi signori Medici mi cominciasseino adoperare», dal momento «che
io sono stato a studio all'arte dello stato [...] e doverrebbe ciascheduno aver
caro servirsi d'uno che alle spese d'altri fussi pieno d'esperienza. E della
fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, avendo sempre osservato la fede,
io non debbo imparare ora a romperla; e chi è stato fedele e buono quarantatré
anni che io ho, non debbe potere mutare natura; e della fede e bontà mia ne è
testimonio la povertà mia». Delle ombre della sua povertà, ma anche delle sue
luci, Machiavelli scrive al Vettori in quella che è la più famosa lettera della
nostra letteratura: L'Albergaccio di Machiavelli a Sant'Andrea in
Percussina «Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in
su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi
metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique
corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di
quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno
parlare con loro e domandargli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro
umanità mi rispondono; e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia;
sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte;
tutto mi trasferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo
ritenere lo avere inteso, io ho notato quello di che per la loro conversazione
ho fatto capitale, e composto uno opuscolo de Principatibus» (Lettera a
Francesco Vettori) Ritornato il 3 febbraio 1514 a Firenze, continuò a sperare a
lungo che il Vettori, al quale spedì il manoscritto del Principe, lo facesse
introdurre in qualche incarico nell'amministrazione cittadina, ma invano. Tutto
dipendeva dalla volontà del papa, e Leone non era affatto intenzionato a
favorire chi non si era mostrato, a suo tempo, favorevole agli interessi di Casa
Medici. Machiavelli, da parte sua, scriveva al Vettori di aver «lasciato i
pensieri delle cose grandi e gravi» e di non dilettarsi più di «leggere le cose
antiche, né ragionare delle moderne: tutte si sono converse in ragionamenti
dolci». Si era infatti innamorato di una «creatura tanto gentile, tanto
delicata, tanto nobile e per natura e per accidente, che io non potrei né tanto
laudarla né tanto amarla che la non meritasse più». La guerra, ripresa in
Italia dalla discesa del nuovo re di Francia Francesco I, si concluse nel
settembre 1515 con la sua grande vittoria a Marignano (oggi Melegnano) contro
la vecchia «Lega santa»: Leone X dovette accettare il dominio francese in
Lombardia e la stipula a Bologna di un concordato che riconosceva il controllo
reale sul clero francese. Si rifece impossessandosi, per conto del nipote
Lorenzo, capitano generale dei Fiorentini, del Ducato di Urbino. A quest'ultimo
invano dedicava Machiavelli il suo Principe: la sua esclusione dalla gestione
degli affari di Firenze continuava. Nel 1516 o 1517 si diede a frequentare
gli «Orti Oricellari», latineggiamento che indica i giardini del Palazzo di
Cosimo Rucellai, dove si riunivano letterati, giuristi ed eruditi come Luigi
Alamanni, Jacopo da Diacceto, Jacopo Nardi, Zanobi Buondelmonti, Antonfrancesco
degli Albizi, Filippo de' Nerli e Battista della Palla. Qui vi lesse
probabilmente qualche capitolo di quell'Asino, poemetto in terzine che voleva
essere una contaminazione fra l'Asino d'oro di Apuleio e la Divina Commedia
dantesca, ma che lasciò presto interrotto: e al Rucellai e al Buondelmonti
dedicò i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, scritti dal 1513 al 1519.
Machiavelli si era già cimentato, quando ricopriva l'incarico di segretario
della Repubblica, in composizioni teatrali: una imitazione dell'Aulularia di
Plauto e una commedia, Le maschere, ispirata a Nebulae di Aristofane, sono
tuttavia perdute. Al 1518 risale il suo capolavoro letterario, la commedia
Mandragola, nel cui prologo egli inserisce un accenno autobiografico
«scusatelo con questo, che s'ingegna con questi van pensieri fare el suo tristo
tempo più suave, perch'altrove non have dove voltare el viso; ché gli è stato
interciso mostrar con altre imprese altra virtue, non sendo premio alle fatiche
sue.» Intorno a quest'anno vanno collocate la traduzione dell'Andria di
Terenzio e stesura della novella di Belfagor arcidiavolo o Novella del demonio
che pigliò moglieil suo titolo preciso è attualmente stabilito in Favolail cui
tema di fondo è la visione pessimistica dei rapporti che legano gli esseri
umani, tutti intesi al proprio interesse a danno, se necessario, di quello di
ciascun altro. Il ritorno alla vita politica Lorenzo de' Medici morì,
lasciando il governo di Firenze al cardinale Giulio. Costui, favorevole a
Machiavelli, lo incaricò della stesura di una storia della città sotto lauta
retribuzione. Machiavelli, galvanizzato dall'incarico, diede alle stampe nel
1521 l’Arte della guerra, dedicandola allo stesso cardinal Giulio. Nello stesso
anno fu inviato in missione diplomatica a Carpi presso il governatore Francesco
Guicciardini di cui, pur avendo opposte visioni della Storia, divenne buon
amico. Nel 1525 cercò di guadagnare il favore di papa Clemente VII offrendogli
le Istorie fiorentine. Nel frattempo giunsero la revoca ufficiale
dell'interdizione dalla vita pubblica e l'affidamento di missioni militari in
Romagna in collaborazione col Guicciardini. I Medici furono cacciati da Firenze e venne
instaurata nuovamente la repubblica. Machiavelli si propose come candidato alla
carica di segretario della repubblica, ma venne respinto in quanto ritenuto
colluso coi Medici e soprattutto con papa Clemente VII. La delusione per
Machiavelli fu insopportabile. Ammalatosi repentinamente, cominciò a peggiorare
vistosamente fino alla morte, sopraggiunta il 21 giugno 1527. Abbandonato da
tutti, fu sepolto nel corso di una modesta cerimonia funebre nella tomba di
famiglia nella basilica di Santa Croce. La città di Firenze fece costruire un
monumento nella basilica stessa; esso raffigura la Diplomazia assisa su un
sarcofago marmoreo. Sulla lastra frontale sono incise le parole Tanto nomini
nullum par elogium (Nessun elogio sarà mai degno di tanto nome). Pensiero
Machiavelli e il Rinascimento Con il termine machiavellico si è spesso indicato
un atteggiamento spregiudicato e disinvolto nell'uso del potere: un buon
principe deve essere astuto per evitare le trappole tese dagli avversari,
capace di usare la forza se ciò si rivela necessario, abile manovratore negli
interessi propri e del suo popolo. Ciò si accompagna a un travaglio personale
che Machiavelli sentiva nella sua attività quotidiana e di teorico, secondo una
tradizione politica che già in Cicerone affermava: "un buon politico deve
avere le giuste conoscenze, stringere mani, vestire in modo elegante, tessere
amicizie clientelari per avere un'adeguata scorta di voti". Con
Machiavelli l'Italia ha conosciuto il più grande teorico della politica.
Secondo Machiavelli la politica è il campo nel quale l'uomo può mostrare nel
modo più evidente la propria capacità di iniziativa, il proprio ardimento, la
capacità di costruire il proprio destino secondo il classico modello del faber
fortunae suae. Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra regole morali e
ragion di Stato che impone talvolta di sacrificare i propri princìpi in nome
del superiore interesse di un popolo. La politica deve essere autonoma da
teologia e morale e non ammette ideali, è un gioco di forze finalizzate al bene
della collettività e dello stato. La politica, svincolata da dogmatismi e
princìpi teorici, guarda alla realtà effettuale, ai "fatti": "Mi
è parso più conveniente andare dietro alla verità effettuale della cosa
piuttosto che alla immaginazione di essa". Si tratta di una visione antropocentrica
che si richiama all'Umanesimo quattrocentesco ed esprime gli ideali del
Rinascimento. Nel “Dialogo intorno alla nostra lingua” dà un giudizio severo su
Alighieri. Alighieri è rimproverato di negare la matrice fiorentina della
lingua della Commedia. Il passo assume i caratteri dell'invettiva contro
Aligheri, accusato di aver infangato la reputazione di Firenze:
«Alighieri il quale in ogni parte mostrò d'esser per ingegno, per dottrina et
per giuditio huomo eccellente, eccetto che dove egli hebbe a ragionare della patria
sua, la quale, fuori d'ogni humanità et filosofico instituto, perseguitò con
ogni spetie d'ingiuria. E non potendo altro fare che infamarla, accusò quella
d'ogni vitio, dannò gli uomini, biasimò il sito, disse male de' costumi et
delle legge di lei; et questo fece non solo in una parte de la sua cantica, ma
in tutta, et diversamente et in diversi modi: tanto l'offese l'ingiuria
dell'exilio, tanta vendetta ne desiderava. Ma la Fortuna, per farlo mendace et
per ricoprire con la gloria sua la calunnia falsa di quello, l'ha continuamente
prosperata et fatta celebre per tutte le province, et condotta al presente in
tanta felicità et sì tranquillo stato, che se Alighieri la vedessi, o egli
accuserebbe sé stesso, o ripercosso dai colpi di quella sua innata invidia,
vorrebbe essendo risuscitato di nuovo morire.» Poi, durante un altro
scambio immaginario con Aligheri, Mhiavelli rimprovera il carattere
"goffo", "osceno", addirittura "porco" del
registro utilizzato nell'Inferno: «Aligheri mio, io voglio che tu t'emendi,
et che tu consideri meglio il “parlare” fiorentino et la tua opera; et vedrai
che, se alcuno s'harà da vergognare, sarà più tosto Firenze che tu: perché, se
considererai bene a quel che tu hai detto, tu vedrai come ne' tuoi versi non
hai fuggito il goffo, come è quello: "Poi ci partimmo et n'andavamo
introcque"; non hai fuggito il porco, com'è quello: "che
merda fa di quel che si trangugia"; non hai fuggito l'osceno,
com'è: "le mani alzò con ambedue le fiche"; e non avendo
fuggito questo, che disonora tutta l'opera tua, tu non puoi haver fuggito
infiniti vocaboli patrii che non s'usano altrove che in quella» Autografo
delle Historiae Fiorentinae Per Machiavelli la storia è il punto di riferimento
verso il quale il politico deve sempre orientare la propria azione. La storia
fornisce i dati oggettivi su cui basarsi, i modelli da imitare, ma indica anche
le strade da non ripercorrere. Machiavelli si basa su una concezione ciclica
della storia: "Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi".
Ma ciò che allontana Machiavelli da una visione deterministica della storia è
l'importanza che egli attribuisce alla virtù, ovvero alla capacità dell'uomo di
dominare il corso degli eventi utilizzando opportunamente le esperienze degli
errori compiuti nel passato, nonché servendosi di tutti i mezzi e di tutte le
occasioni per la più alta finalità dello stato, facendo anche violenza, se
necessario, alla legge morale. Non a caso il Principe, nella conclusione,
abbandona il suo taglio cinico e pragmatico per esortare i sovrani italiani,
con una scrittura più solenne e venata di un certo idealismo, a riconquistare
la sovranità perduta e a cacciare l'invasore straniero. Non c'è rassegnazione
nel Principe, né tanto meno sfiducia nei confronti dell'uomo. La storia è il
prodotto dell'attività politica dell'uomo per finalità terrene esclusivamente
pratiche. Lo stato, oggetto di tale attività, nella situazione politica e nel
pensiero del tempo si identifica con la persona del principe. Di
conseguenza l'attività politica è riservata solo ai grandi protagonisti, ai
pochi capaci di agire, non al "vulgo" incapace di decisione e di
coraggio. L'obiettivo è creare o conservare lo stato, una creazione individuale
legata alle qualità e alla sorte del suo fondatore: la fine del principe può
determinare la fine del suo stato, come capitò ad esempio a Cesare Borgia. Il
Machiavelli ha dunque un'importanza fondamentale per la scoperta che la
politica è una forma particolare autonoma di attività umana, il cui studio
rende possibile la comprensione delle leggi da cui è perennemente retta la
storia; da quella scoperta discende, come suo naturale fondamento, una vigorosa
concezione della vita, incentrata unicamente sulla volontà e sulla
responsabilità dell'uomo. Una errata interpretazione del Novecento fece
del Machiavelli un precursore del movimento unitario italiano, ma la parola
nazione ha assunto l'attuale significato solo a partire dalla seconda metà del
Settecento, mentre il Machiavelli la usò in senso particolaristico e cittadino
(es. nazione fiorentina o, nel senso più generico di popolo, moltitudine). Tuttavia,
Machiavelli propugna un principato in grado di reggersi sull'unità etnica dell'Italia;
così facendo, e denunciando in tal modo una chiara coscienza dell'esistenza di
una civiltà italiana, Machiavelli predica la liberazione dell'Italia sotto il
patrocinio di un principe, criticando il dominio temporale dei Papi che
spezzava in due la penisola. Ma l'unità d'Italia resta in Machiavelli un
problema solo intuito. Non si può dubitare che avesse concepito l'idea
dell'unità italiana, ma tale idea restò indeterminata, poiché non trovò appigli
concreti nella realtà, restando perciò a livello di utopia, cui solo dava forma
la figura ideale del principe nuovo. Machiavelli dunque intraprese un viaggio
che identificò come spirituale in giro per il mondo. In seguito, tornato in
patria, ebbe una nuova visione sia del "popolo" che della
"nazione" (di qui quello che oggi definiamo rinnovamento
culturale). Il principe o De Principatibus. Niccolò Machiavelli nello
studio, Stefano Ussi, Emblematico è il modo di trattare argomenti delicati,
quali le mosse necessarie al Principe per organizzare uno stato ed ottenerne
uno stabile e duraturo consenso. Per esempio vi troviamo indicazioni programmatiche,
quali l'utilità nello "spegnere" gli stati abituati a vivere liberi
di modo da averli sotto il proprio diretto controllo (metodo preferito al
creare un'amministrazione locale "filo-principesca" o al recarvisi e
stabilirvisi personalmente, metodo però sempre tenuto da conto in modo da avere
un occhio sempre presente sulle proprie terre, e stabilire una figura
rispettata e conosciuta in loco). Altro elemento caratteristico del
trattato sta nella scelta dell'atteggiamento da tenere nei confronti dei
sudditi, culminante nell'annosa questione del "s'elli è meglio essere
amato che temuto o e converso" La risposta corretta si concretizzerebbe in
un ipotetico principe amato e temuto, ma essendo difficile o quasi impossibile
per una persona umana l'essere ambedue le cose, si conclude decretando che la
posizione più utile viene ad essere quella del Principe temuto (pur ricordando
che mai e poi mai il Principe dovrà rendersi odioso nei confronti del popolo,
fatto che porrebbe i prodromi della propria caduta). Qua appare indubbiamente
la concezione realistica e la concretezza del Machiavelli, il quale non viene a
proporre un ipotetico Principe perfetto, ma irrealizzabile nel concreto, bensì
una figura effettivamente possibile e soprattutto "umana".
Ulteriore atteggiamento principesco dovrà l'essere metaforicamente sia
"volpe" che "leone", in modo da potersi difendere dalle
avversità sia tramite l'astuzia (volpe) che tramite la violenza (leone).
Mantenendo un solo atteggiamento dei due non ci si potrà difendere da una
minaccia violenta o di astuzia. Spesso alla figura evocata dal Principe di
Machiavelli viene associata la figura di un uomo privo di scrupoli, di un
cinismo estremo, nemico della libertà. Inoltre gli viene erroneamente associata
la frase "il fine giustifica i mezzi", che invece mai enunciò. Questo
perché la parola "giustifica" evoca sempre un criterio morale, mentre
Machiavelli non vuole "giustificare" nulla, vuole solo valutare, in
base ad un altro metro di misura, se i mezzi utilizzati sono adatti a
conseguire il fine politico, l'unico fine da perseguire è il mantenimento dello
Stato. Machiavelli nella stesura del Principe si rifà alla reale
situazione che gli si presentava attorno, una situazione che necessitava essere
risolta con un atto deciso, forte, violento. Machiavelli non vuole proporre dei
mezzi giustificati da un fine, egli pone un programma politico che qualunque
Principe che voglia portare alla liberazione dell'Italia, da troppo tempo
schiava, dovrà seguire. Fuori dai suoi intenti una giustificazione morale dei
punti suggeriti: egli stende un vademecum necessariamente utile a quel Principe
che finalmente vorrà impugnare le armi. Alle accuse di sola illiberalità od
autoritarismo, si può dare una risposta leggendo il capitolo IX, "De Principatu
Civili", ritratto di un principe nascente dal e col consenso del popolo,
figura ben più solida del Principe nato dal consesso dei "grandi",
cioè dei grandi proprietari feudali. Non esiste un unico tipo di principato, ma
per ognuno troviamo un'ampia trattazione di pregi e dei difetti.
Controversie sul Principe «Quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che
sangue» (Ugo Foscolo, Dei sepolcri) La gelida obiettività e un certo
cinismo con cui Machiavelli descriveva il comportamento freddo, razionale ed
eventualmente spietato che un capo di Stato deve mettere in atto, colpì i
critici. Così, da una parte vi è la linea di pensiero tradizionale, secondo la
quale "Il Principe" è un trattato di scienza politica destinato al
governante, che tramite esso saprà come affrontare i problemi, spesso
drammatici, posti dal suo ruolo di garante della stabilità dello stato.
Dall'altra, troviamo un'interpretazione secondo cui il trattato di Machiavelli,
che era originariamente un repubblicano, ha come vero scopo quello di mettere a
nudo, e quindi chiarire, le atrocità compiute dai principi dell'epoca, a
vantaggio del popolo, che di conseguenza avrebbe le dovute conoscenze per
attuare le precauzioni al fine di stare in guardia e difendersi quando si
dimostra necessario. Il principe è visto anche come figura assai drammatica, la
quale, per il bene dello stato stesso, non si può permettere di lasciare spazio
al proprio carattere, diventando così quasi un uomo-macchina. Secondo alcuni,
Machiavelli venne in realtà accusato da subito di nicodemismo, e: «...di
non aver mirato ad altro, in quel libro, che a condurre il tiranno a
precipitosa rovina, allettandolo con precetti a lui graditi...» (Attribuita
a Niccolò Machiavelli[28]). Machiavellismo § L'antimachiavellismo e il
repubblicanesimo. Gli esponenti di questa seconda interpretazione (la
cosiddetta "interpretazione obliqua", diffusa dal XVII secolo, e
avanzata per la prima volta da Alberico Gentili spirandosi a Reginald Pole, poi
ripresa da Traiano Boccalini e in seguito Baruch Spinoza)[31], furono numerosi
soprattutto in ambito illuminista (anche se venne rifiutata da Voltaire), che
vedeva in Machiavelli un precursore della politica laica e del repubblicanesimo:
la sostennero, dal Settecento, Jean-Jacques Rousseau[33], Vittorio Alfieri[34],
Giuseppe Baretti, Giuseppe Maria Galanti[36], gli enciclopedisti (in primis
Denis Diderot[3 Opere: Discorso 8] e Jean Baptiste d'Alembert), Foscolo e
Parini[, e ha avuto diffusione soprattutto nell'Ottocento, prima e durante il
Risorgimento[26]; ne è un esempio quello che Foscolo scrive nei
"Sepolcri": «Io quando il monumento / vidi ove posa il corpo di quel
grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli allor ne sfronda, ed alle
genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue». Forse alcuni di essiad
esempio, per quanto riguarda Foscolo, è un'ipotesi alternativa di Spongano e
riportata anche da Mario Pazzagliaritenevano anche che, pur essendo Il principe
un'opera fatta per i tiranni e i governanti, fosse utile lo stesso per svelare
al popolo gli intrighi del potere, ritenendo valida l'interpretazione obliqua,
qualunque fossero le intenzioni di Machiavelli. In generale, per i sostenitori di questa
lettura, Il principe avrebbe, come le satire (ad esempio Una modesta proposta
di Jonathan Swift), uno scopo opposto a quello apparente, come avverrà anche
per alcuni scritti di epoca romantica (Lettera semiseria di Grisostomo di
Giovanni Berchet o alcune Operette Morali di Giacomo Leopardi). In epoca
più recente, tuttavia, nella maggioranza dei critici è prevalsa la prima
interpretazione, quella tradizionale, dal quale risalta la libertà e
concretezza, anche spregiudicata, del pensiero di Machiavelli, che non descrive
mondi utopici, ma il mondo reale della politica dei suoi tempi,e la sua
concezione anticipatrice del realismo politico e della cosiddetta realpolitik. L'interpretazione
obliqua è stata riproposta in modo minoritario, ad esempio in alcuni monologhi
del drammaturgo e attore Dario Fo. Il modello linguistico prescelto da
Machiavelli è fondato sull'uso vivo più che sui modelli letterari; lo
scopo, esplicito soprattutto nel Principe, di scrivere qualcosa di utile e
chiaramente espressivo lo induce a scegliere spesso modi di dire proverbiali di
immediata evidenza. Il lessico impiegato dall'autore si rifà a quello
boccacciano, è ricco di parole comuni e i latinismi, seppure abbondanti,
provengono per lo più dal gergo cancelleresco. Nelle sue opere ricoprono un
ruolo assai rilevante anche le metafore, i paragoni e le immagini. La
concretezza è una delle caratteristiche salienti, l'esempio concreto ed
essenziale, tratto dalla storia sia antica che recente, è sempre preferito al
concetto astratto. In generale si parla di uno stile "fresco",
come lo ebbe a definire il filosofo Nietzsche in Al di là del bene e del male,
con un riferimento particolare all'uso della paratassi, a una certa
sentenziosità delle frasi, costruite secondo un criterio di chiarezza a scapito
di un maggior rigore logico-sintattico. Machiavelli rende evidenti concetti
che, se espressi con un linguaggio più elaborato, sarebbero molto difficili da
decifrare, e riesce a esprimere le sue tesi con originale capacità
espositiva. Opere Discorso fatto al magistrato de' Dieci sopra le cose di
Pisa, Parole da dirle sopra la provvisione del danaio, Descrizione del modo
tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da
Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini, De natura Gallorum, Ritratto
delle cose di Francia, Ritratto delle cose della Magna, Il Principe, Discorsi
sopra la prima deca di Tito Livio, Dell'arte della guerra, La vita di
Castruccio Castracani da Lucca, Istorie fiorentine, )Riedizione Istorie
fiorentine, Venezia, 1546. Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua,
Decennali Mandragola, commedia teatrale Belfagor arcidiavolo, Epistolario,
L'asino, Edizioni critiche in pubblico dominio: Legazioni, commissarie,
scritti di governo. Fredi Chiappelli. Laterza, Roma-Bari. Drammaturgie minori
Clizia, Andria, traduzione-rifacimento dell'Andria di Terenzio Onori Nel 2009
Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus Nella cultura di massa Il suo
nome, modificato in "Makaveli", venne usato dal rapper statunitense
Tupac Shakur tper firmare molte sue canzoni e un album uscito postumo. Niccolò
Machiavelli viene proposto anche nel videogioco Assassin's Creed 2 e il seguito
Assassin's Creed: Brotherhood, in veste di Assassino. Proprio in quest'ultimo
assume un ruolo particolarmente importante, insieme ad altri personaggi
dell'Italia rinascimentale. Niccolò Machiavelli è, assieme a John Dee, il
principale antagonista della serie di romanzi fantasy I segreti di Nicholas
Flamel, l'immortale (come capo dei servizi segreti francesi), scritta da
Michael Scott. Nella mostra "Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo
tempo" (Roma, Complesso del Vittoriano, Salone Centrale, promossa
dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e dalla sezione italiana di Aspen
Institute, la sezione "Machiavelli e il nostro tempo: usi e abusi"
presenta, tra altre "opere", Figurine Liebig, pacchetti di sigarette,
schede telefoniche, trading card, cartoline, francobolli, giochi da tavolo e
videogiochi dedicati a Machiavelli. Nella serie I Borgia di Neil Jordan è
interpretato da Julian Bleach. Machiavel è una band belga, catalogabile sotto
il genere progressive rock. Il nome della band è un chiaro omaggio a Niccolò
Machiavelli. Nella serie I Medici è interpretato da Vincenzo Crea, Edizione
nazionale delle opere Edizione Nazionale delle Opere di Niccolò Machiavelli,
Salerno Editrice di Roma: Il principe, Mario Martelli, corredo filologico
Nicoletta Marcelli, Discorsi sopra la
prima Deca di Tito Livio, Francesco Bausi, L'arte della guerra. Scritti
politici minori, Giorgio Masi, Jean Jacques Marchand, Denis Fachard, Opere storiche, Alessandro Montevecchi, Carlo
Varotti, ITeatro. Andria-Mandragola-Clizia,
Pasquale Stoppelli, Scritti in poesia e
in prosa, Antonio Corsaro, Paola Cosentino, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Filippo
Grazzini, Nicoletta Marcelli, coordinam. di Francesco Bausi, ILegazioni, Commissarie, Scritti di governo, Jean-Jacques
Marchand, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, Legazioni. Commissarie. Scritti
di governo, Jean-Jacques Marchand, Matteo Melera-Morettini, Legazioni.
Commissarie. Scritti di governo Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Legazioni.
Commissarie. Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo
Melera-Morettini, Legazioni.
Commissarie. Scritti di governo. Denis Fachard, Emanuele
Cutinelli-Rèndina, Legazioni. Commissarie.
Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo
Melera-Morettini. La famosa frase
"Il fine giustifica il mezzo" (o "i mezzi"), usata spesso
come esempio di machiavellismo, è del critico letterario Francesco de Sanctis,
con riferimento ad interpretazioni fuorvianti del pensiero di Machiavelli
espresso nel Principe. Il passo di De Sanctis, dal capitolo XV della sua Storia
della letteratura italiana, dedicato a Machiavelli, recita: "Ci è un
piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha
gittato nell'ombra le altre sue opere. L'autore è stato giudicato da questo
libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e
scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un
codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi,
e il successo loda l'opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina.
Molte difese sonosi fatte di questo libro ingegnosissime, attribuendosi
all'autore questa o quella intenzione più o meno lodevole. Così n'è uscita una
discussione limitata e un Machiavelli rimpiccinito". Celebrazioni per il V centenario del Principe
di Machiavelli, Accademia della Crusca, Opera di Santa Maria del Fiore, Libri
dei battesimi: Niccolò Piero e Michele di m. Bernardo Machiavellidi Santa
Trinita, nacque a dì 3 a hore 4, battezzato a dì 4 Dal Villani, nella sua Cronica. In Discorsi
di Architettura del senatore Giovan Battista Nelli,La sua trascrizione del De
rerum natura è nel manoscritto Vaticano Rossiano L. Canfora, Noi e gli antichi, Milano Giovio,
Elogia clarorum virorum, 1546, 55v: «Constat a Marcello Virgilio graecae atque
latinae linguae flores accepisse» R.
Ridolfi, Lettera Riccardo Bruscagli, "Machiavelli". Il Senato romano
fece distruggere Velletri e indebolì Anzio sottraendole la flotta: cfr. Livio, "La
sua vicinanza a Pier Soderini, vexillifer perpetuus, si accentua
progressivamente in uno sforzo di sottrarre Firenze a un immobilismo indotto
dal timore di un potere esecutivo più forte e irrispettoso di una lunga
tradizione di libertà repubblicano-oligarchica": Grazzini, Filippo, Ante
res perdita, post res perditas : dalle dediche del Decennale primo a quella del
Principe, Interpres : rivista di studi quattrocenteschi :Roma : Salerno, . Lettera. È un'ipotesi del Ridolfi, cDiscorsi
sopra la prima Deca di Tito Livio, «Giovanpagolo, il quale non stimava essere
incesto e publico parricida, non seppe, o, a dir meglio, non ardì, avendone
giusta occasione, fare una impresa, dove ciascuno avesse ammirato l'animo suo,
e avesse di sé lasciato memoria eterna, sendo il primo che avesse dimostro a'
prelati quanto sia poco uno che vive e regna come loro; ed avessi fatto una
cosa, la cui grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo, che da
quella potesse dependere» Nella sua
Storia d'Italia, il Guicciardini esprime lo stesso giudizio di Machiavelli Ritratto delle cose della Magna, in «Tutte le
opere storiche, politiche e letterarie2»
Lettera ai Dieci,Il carcere, la tortura e il ritiro all'Albergaccio, su
viv-it.org. Ottenendo un giudizio evasivo: cfr. la lettera del Vettori Lettera
a Francesco Vettori, David Quint, Armi e
nobiltà : Machiavelli, Guicciardini e le aristocrazie cittadine, Cadmo, Studi
italiani. De credulitate et pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e
contra. Il machiavellismo, su dizionariostoria.wordpress.com. Machiavellismo,
Treccani, 2Citata in Niccolò Machiavelli, Periodici Mondadori, A. Gentili, De
legationibus. R. Pole, Apologia ad Carolum V Caesarem de Unitate Ecclesiae che talvolta elogiarono però anche alcuni
consigli pragmatici dati al principe, come quello della religione come
instrumentum regnii; ad esempio Voltaire, nel capitolo Se sia utile mantenere
il popolo nella superstizione, del Trattato sulla tolleranza, afferma
l'utilità, entro certi limiti, di una forma di religione razionale per il
popolo La fortuna di Machiavelli nei
secoli, su windoweb «Machiavelli era un uomo giusto e un buon cittadino; ma,
essendo legato alla corte dei Medici, non poteva velare il proprio amore per la
libertà nell'oppressione che imperava nel suo paese. La scelta di Cesare Borgia
come proprio eroe, ben evidenziò il suo intento segreto; e la contraddizione
insita negli insegnamenti del Principe e in quelli dei Discorsi e delle Istorie
fiorentine ben dimostra quanto questo profondo pensatore politico è stata
finora studiato solo dai lettori superficiali o corrotti. La Corte pontificia
vietò severamente la diffusione di quest'opera. Ci credo ... in fondo, quanto
scritto la ritrae fedelmente. il libro dei repubblicani (...) fingendo di dare
lezioni ai re, ne ha date di grandi ai popoli». (Jean Jacques Rousseau, Il
contratto sociale), «Dal solo suo libro Del Principe si potrebbero qua e là
ricavare alcune massime immorali e tiranniche, e queste dall'autore son messe
in luce (a chi ben riflette) molto più per disvelare ai popoli le ambiziose ed
avvedute crudeltà dei principi che non certamente per insegnare ai principi a
praticarne... all'incontro, il Machiavelli nelle Storie, e nei Discorsi sopra
Tito Livio, ad ogni sua parola e pensiero, respira libertà, giustizia, acume,
verità, ed altezza d'animo somma, onde chiunque ben legge, e molto sente, e
nell'autore s'immedesima, non può riuscire se non un fuocoso entusiasta di
libertà, e un illuminatissimo amatore d'ogni politica virtù» (Del principe e
delle lettere,) «Con quel libro, se la
sapessimo tutta, egli si pensò forse di pigliare, come si suol dire, due
colombi ad una fava: presentando dall'un lato a' suoi Fiorentini come schietta
e naturale una caricata e mostruosa immagine d'un sovrano assoluto, affinché si
risolvessero a non averne mai alcuno; e cercando dall'altro di tirare
insidiosamente i Medici a governarsi in guisa che s'avessero poi a snodolare il
collo, seguendo i fraudolenti precetti da lui con molta adornezza sciorinati in
quella sua dannata opera.» G. Galanti,
Elogio di N. Machiavelli cittadino e segretario fiorentino Alessandro Arienzo, Gianfranco Borrelli,
Anglo-American Faces of Machiavelli, Voce "Machiavellismo"
dell'Encyclopedie Franco Ferrucci, Il
teatro della fortuna: potere e destino in Machiavelli e Shakespeare, Fazi
Editore, Mario Pazzaglia, Note ai Sepolcri, in Antologia della letteratura
italiana, vol I cfr. l'inizio del
Dialogo di Tristano e di un amico.
Introduzione a: Alfredo Oriani, Niccolò Machiavelli //repubblica/rubriche/la-parola
news/realpolitik Realpolitik Video di
Dario Fo che parla di Machiavelli (trasmissione tv Vieni via con me, su
youtube.com. Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo. Catalogo della
mostra, Roma Istituto dell'Enciclopedia Italiana, La su Machiavelli è sterminata. Tentativi di
redigerla sono stati realizzati da Achille Norsa, Il principio della forza nel
pensiero politico di Niccolò Machiavelli, seguito da un contributo
bibliografico, Milano Silvia Ruffo Fiore, Niccolò Machiavelli: an annotated
bibliography of modern criticism and scholarship, New York‑Westport‑London
1990; Daria Perocco, Rassegna di studi sulle opere letterarie del Machiavelli,
in "Lettere italiane",Emanuele Cutinelli‑Rendina, Rassegna di studi
sulle opere politiche e storiche di Niccolò Machiavelli, in "Lettere italiane",
Nel l'Istituto della Enciclopedia Italiana
Treccani ha pubblicato in 3 volumi l'opera Machiavelli: enciclopedia
machiavelliana. Di seguito una selezione di studi. Felix Gilbert, Machiavelli e
la vita culturale del suo tempo, Bologna, Il mulino, Claude Lefort, Le travail
de l'oeuvre Machiavel, Paris, Gallimard, Jean-Jacques Marchand, Niccolò
Machiavelli. I primi scritti politici Nascita di un pensiero e di uno stile,
Padova, Antenore, Riccardo Bruscagli, Niccolò Machiavelli, Firenze, La Nuova
Italia editrice, Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Firenze,
Sansoni, Federico Chabod, Scritti su Machiavelli, Torino, Einaudi, John
Greville Agard Pocock, Il momento machiavelliano: il pensiero politico
fiorentino e la tradizione repubblicana anglosassone, Bologna, Il mulino,Carlo
Dionisotti, Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980 Gennaro Sasso, Niccolo
Machiavelli, Il pensiero politico; La
storiografia, Bologna, Il Mulino (Napoli) Giuliano Procacci, Machiavelli nella
cultura europea dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, Gennaro Sasso, Machiavelli
e gli antichi e altri saggi, I-IV, Milano-Napoli, Ricciardi, Maurizio Viroli,
Il sorriso di Niccolò, storia di Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, Emanuele
Cutinelli-Rendina, Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa, Istituti editoriali
e poligrafici internazionali, Ugo Dotti, Machiavelli rivoluzionario: vita e
opere, Roma, Carocci, 2003 Francesco Bausi, Machiavelli, Roma, Salerno
editrice, Giorgio Inglese, Per Machiavelli. L'arte dello stato, la cognizione
delle storie, Roma, Carocci, Corrado Vivanti, Niccolò Machiavelli: i tempi
della politica, Roma, Donzelli, Andrea Guidi, Un segretario militante.
Politica, diplomazia e armi nel Cancelliere Machiavelli, Bologna, il Mulino,
2009 Gabriele Pedullà, Machiavelli in tumulto. Conquista, cittadinanza e conflitto
nei 'Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio', Roma, Bulzoni, . William J.
Connell, Machiavelli nel Rinascimento italiano, Milano, FrancoAngeli, Attilio Scuderi, Il libertino in fuga.
Machiavelli e la genealogia di un modello culturale, Roma, Donzelli, . Michele
Ciliberto, Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia, Roma-Bari, Laterza, . Altri
contributi A. Montevecchi, Machiavelli, la vita, il pensiero, i testi
esemplari, Milano E. Janni, Machiavelli, Milano S. Zen, Veritas ecclesiastica e
Machiavelli, in Monarchia della verità. Modelli culturali e pedagogia della
Controriforma, Napoli, Vivarium (La Ricerca Umanistica, Cosimo Scarcella,
Machiavelli, Tacito, Grozio: un nesso "ideale" tra libertinismo e
previchismo, in "Filosofia", Torino, Mursia, M. Gattoni, Clemente VII
e la geo-politica dello Stato Pontificio in Collectanea Archivi Vaticani, Città del
Vaticano 2002 F. Raimondi, Machiavelli, in La politica e gli stati, Roma 2004
Pasquale Stoppelli, La Mandragola: storia e filologia. Roma, Bulzoni, 2005.
Maria Cristina Figorilli, Machiavelli moralista. Ricerche su fonti, lessico e
fortuna. Napoli, Liguori editore, A. Capata, Il lessico dell'esclusione.
Tipologie di Virtù in Machiavelli', Manziana, 2008. Giuliano F. Commito, IUXTA
PROPRIA PRINCIPIA Libertà e giustizia nell'assolutismo moderno. Tra realismo e
utopia, Aracne, Roma, Mascia Ferri, L'opinione pubblica e il sovrano in
Machiavelli, in «The Lab's Quarterly», Pisa. Giuseppe Leone, Silone e
Machiavelli: una scuola... che non crea prìncipi, Centro Studi Silone, Pescina.
Machiavelli i Guicciardini, Lublin, Marietti,
"Machiavelli l'eccezione fiorentina", Fiesole, Cadmo, 2005 Marina
Marietti, Machiavel, Paris, Payot et Rivages, Enzo Sciacca, Principati e
repubbliche. Machiavelli, le forme politiche e il pensiero francese del
Cinquecento, Tep, Firenze 2005 Frédérique Verrier, Caterina Sforza et Machiavel
ou l'origine du monde, Vecchiarelli,Emanuele Cutinelli-Rendina, Introduzione a
Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, Lettera a Francesco Vettori Letteratura
italiana Francesco Guicciardini Teoria della ragion di Stato Istorie fiorentine
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on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Niccolò Machiavelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Niccolò
Machiavelli, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
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hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Niccolò Machiavelli, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc, Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Niccolò Machiavelli, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Niccolò Machiavelli, su Find a Grave. Liber Liber. openMLOL,
Horizons Unlimited Progetto Gutenberg. Audiolibri di Niccolò Machiavelli, su
LibriVox. di Niccolò Machiavelli, su
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fantastica, Fantascienza.com.Discografia nazionale della canzone italiana,
Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi. Niccolò Machiavelli, su
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il Principe, ediz. Istorie fiorentine, ediz. Le opere minori di Machiavelli, su
machiavelli.letteraturaoperaomnia.org. Opere di Niccolò Machiavelli con giunta
di un nuovo indice generale delle cose notabili, Milano, per Giovanni
Silvestri,Rassegna bibliografica degli studi machiavelliani.Una ricognizione
dei contributi scientifici dedicati al Machiavelli negli ultimi decenni. Niccolò
di Bernardo dei Machiavelli. Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Machiavelli," per il club anglo-italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
MADERA
(Varese). Filoso. Grice:
“I like Madera; especially because he uses words I love, like ‘sense’ – ‘la
carta del senso’ and soul – anima --.” Insegna a
Milano. Ha insegnato a Calabria e Venezia. È membro dell'Associazione
italiana di psicologia analitica, del Laboratorio analitico delle immagini
(LAI, associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica
analitica), e fa parte della redazione della Rivista di psicologia
analitica. Fonda i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di
Milano e PhiloPratiche filosofiche a Milano. Studia Jung. Define la sua
proposta nel campo della ricerca e della cura del senso "analisi
biografica a orientamento filosofico", formando la Società degli analisti
filosofi. Fondat l'”Analisi Biografica A Orientamento Filosofico”, pratica
filosofica volta a utilizzare e a trasformare il metodo psico-analitico, nata
agli inizi Professoree oggi praticata in diverse città . La pratica
dell'analista filosofo si rivolge alle dimensioni “sane” ed è volta alla
ricerca di senso dell'esistenza dell'analizzante. L’orientamento filosofico è
inteso come ricerca di senso che, a differenza della filosofia come modo di
vivere dell’antichità, parte dalla biografia storicamente, culturalmente e
socialmente incarnata. Questo è un tentativo di risposta alla crisi delle
istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza;
l'analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi formativi
integrandoli con le psicologie del “profondo”. L’aver cura “terapeutica”
dell’insieme della personalità e della vita dei gruppi è stato da sempre
vocazione della filosofia, riproposta come contenitore di diversi approcci e
discipline delle scienze umane, dalla psicoanalisi alla pedagogia. Il senso è
inteso come il fattore terapeutico fondamentale. L'analisi biografica a
orientamento filosofico non si occupa della cura delle psicopatologie, a
meno che l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o
psichiatra. Essendo una pratica filosofica, sono richiesti all'analista
non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo vocazionale della sua
vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici personali e
comunitari. L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva riunisce
l'eredità delle psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo valore
terapeutico e come stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche di
meditazione, la psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico, la
narrazione delle storie di vita in una prospettiva sociologica. Opere:“Identità
e feticismo” (Moizzi, Milano); “Dio il Mondo, Coliseum, Milano, “L'alchimia
ribelle,” Palomar, Bari, “Jung. Biografia e teoria,” Bruno Mondadori, Milano,
“L'animale visionario,” Il Saggiatore, Milano, “Mia philosophikê askêsê”, in ê
sunantêsê, “Ti einai ê philosophika prosanatolismenê biographikê analusê?”, in
ê sunantêsê, La filosofia come stile di vita, Bruno Mondadori, Milano, Ipoc, Milano, Il nudo
piacere di vivere, Arnoldo Mondadori, Milano, "Che cosa è l'analisi
biografica a orientamento filosofico", in Pratiche filosofiche e cura di
sé, Bruno Mondadori, Milano, Jung come precursore di una filosofia per
l'anima”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia
analitica. La carta del senso” Psicologia del profondo e vita filosofica,
Raffaello Cortina Editore, Milano, , Ipoc,
Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e
pratiche filosofiche (Chiara Mirabelli), Ipoc, Milano “Empirisme ou une philosophie pour l’ame?”,
in Recherches Germaniques, Université de Strasbourg, Hors série n. 9, “The Missing Link: from Jung to Hadot and
Vice Versa”, in Eranos. Its Magical Past and Alluring Future: the Spirit of a
Wondrous Place, Spring, Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano. Sconfitta
e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis,
Milano “Che tipo di sapere potrebbe
essere quello della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura
psicoanalitica, n Màdera R., “Dalla
pseudo-speciazione al capro espiatorio", in , Tabula rasa. Neuroscienze e
culture, Fondazione Intercultura , "The psychic counterpoise to violence
towards the human other", in Papadopoulos, Moral Injury and Beyond.
Understanding Human Anguish and Heling Traumatic Wounds, Abingdon UK, New York
NY: Routledge, , Pratiche filosofiche e
cura di sé, Bruno Mondadori, Milano, Le pratiche filosofiche nella formazione,
Adultità, Guerini e Associati, Milano Bartolini P., Mirabelli C. , L’analisi
filosofica: avventure del senso e ricerca mito-biografica, Mimesis,
Milano-Udine Campanello L.,
"L'analisi biografica a orientamento filosofico e le cure palliative”, in
Tessere reti per una buona morte, Rivista Italiana di Cure Palliative, Campanello
L., Sono vivo ed è solo l'inizio, Mursia, Milano Daddi A. I., Filosofia del profondo,
formazione continua, cura di sé. Apologia di una psicoanalisi misconosciuta,
Ipoc, Milano, Daddi A. I., “Principio
Misericordia, perfezionismo morale e nuova etica. La proposta màderiana per
l'Occidente del terzo millennio”, in I. Pozzoni , Rassegna storiografica
decennale, Limina Mentis, Monza, Diana
M., Contaminazioni necessarie. La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia,
counselling filosofici, Moretti&Vitali, Bergamo, Galimberti U., Nuovo dizionario
di psicologia. Psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze, voce “Biografico,
Metodo”, Feltrinelli, Milano Gamelli I.,
Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella formazione e nella
cura, Raffaello Cortina, Milano Janigro
N. , La vocazione della psiche, Einaudi, Torino
Janigro N., Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano Malinconico A. , "Dialettica di
redazione (ancora in tema di analisi biografica a orientamento
filosofico)", in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista
di psicologia analitica, Malinconico A., Psicologia Analitica e mito dell’immagine.
Biblioteca di Vivarium, Milano Montanari
M., “Per una filosofia del profondo”, in , Il senso di psiche. Una filosofia
per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Montanari M., La filosofia come
cura, Mursia, Milano Montanari M.,
Vivere la filosofia, Mursia, Milano
Moreni L. , “Intervista a tre analisti filosofi”, in , Il senso di
psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Sull’analisi
biografica a orientamento filosofico
Analisi biografica e cura di sé
Una nuova formazione alla cura
Psiche e città. La nuova politica nelle parole di analisti e
filosofi Quattordici punti sull’analisi
biografica a orientamento filosofico. Romano Màdera et l’analyse biographique à
orientation philosophique. Romano Màdera. Keywords: “profondo” “la grammatical
profonda” “la grammatical del profondo” Tiefe Grammatik – implicatura del
profondo, implicatura del superficiale.
MAFFETONE. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Maffetone; he tries, like I do,
to defend Socrates against Thrasymacus; in the proceedings, he provides his
view on the foundations of Italian liberalism – and has recently explored the
topic of what he calls ‘il valore della vita.’” Si laurea a Napoli. Ha
contribuito al dibattito scientifico sui temi di bioetica e etica dell'economia
e della politica, alla Rawls,, tentando di ricostruire i principi del
liberalismo applicandoli al contesto dell’economia. Insegna a Roma. Presidente
della Fondazione Ravello. Opere: “I fondamenti del liberalismo” (Laterza, Etica
Pubblica, Il Saggiatore); “La pensabilità del mondo” (Il Saggiatore, “Rawls”
(Laterza). “Un mondo migliore. Giustizia globale tra Leviatano e Cosmopoli,
“Marx nel XXI secolo,” Luiss University Press. Radio Radicale. Sebastiano
Maffettone. Keywords: contrattualismo. Rawls on Grice on personal identity.
Keywords: quasi-contrattualismo conversazionale.
MAGALOTTI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Magalotti
– very philosophical” – Grice: “When a philosopher is a count, we don’t say
that he was a professional philosopher, but not an amateur philosopher either –
‘philosopher’ does!” – Grice: “I like his ‘saggi’ on ‘natural experience’ – he
is being Aristotelian: there is natural experience and there is trans-natural
experience – and there is supernatural experience!” Appartenente
all’aristocrazia, figlio di Orazio, prefetto dei corriere pontifici, e
Francesca Venturi. Studia a Roma e Pisa, dove e allievo di Viviani e Malpighi.
Segretario di Leopoldo de' Medici, segretario dell'Accademia del Cimento
(fondata da de’ Medici). Fa parte anche dell'Accademia della Crusca e
dell'Accademia dell'Arcadia, Dall'esperienza al Cimento nacque i “Saggi di
naturali esperienze, ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del
Cimento”. Passa al servizio di Cosimo III de' Medici iniziando così un'attività che lo porta a una
serie di viaggi per l'Europa (raccolse in diverse opere le sue vivaci e brillanti
relazioni di viaggio). Ottenne il titolo di conte e la nomina ad ambasciatore a
Vienna. Si ritira alla villa Magalotti, in Lonchio. Si dedica alla filosofia,
con particolare attenzione per la filosofia naturale di Galilei Opere: “Canzonette
anacreontiche di Lindoro Elateo, pastore arcade” “Delle lettere familiari del
conte Lorenzo Magalotti e di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze, Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo,
Sellerio. “La donna immaginaria, canzoniere, con altre di lui leggiadrissime
composizioni inedited” (Lucca); “Lettere del conte Lorenzo Magalotti gentiluomo
fiorentino dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo Sig. Senatore Carlo Ginori Cav.
dell'Ordine di S. Stefano, Segretario delle Riformagioni e delle Tratte, Lucca.
Lettere contro l'ateismo, Venezia. Lettere odorose, E. Falqui, Milano. Lettere
scientifiche. “Lettere” (Firenze). “Saggi di naturali esperienze fatte
nell'Accademia del cimento sotto la protezione del Serenissimo Principe
Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia, Milano. “Scritti
di corte e di mondo” Enrico Falqui, Roma. “Varie operette del conte Lorenzo
Magalotti con giunta di otto lettere su le terre odorose d'Europa e d'America
dette volgarmente buccheri” Roma.Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Saggi di naturali esperienze fatte
nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo principe
Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia (Firenze: per
Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella); “La donna immaginaria canzoniere
del celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta dato alla luce e
dedicato alle nobilissime dame italiane” (Firenze: appresso Andrea Bonducci); “Canzonette
anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade” (Firenze : per Gio. Gaetano Tartini,
e Santi Franchi); “Il sidro poema in due canti di Giovanni Filips tradotto
dall'inglese in toscano dal celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima
volta stampato con altre traduzioni, e componimenti di vari autori” (Firenze: appresso
Andrea Bonducci); Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond, Opere
slegate : precedute da un carteggio tra Magalotti e Saint-Évremond, tradotte in
toscano” (Roma: Edizioni dell'Ateneo). Scienza in Italia, opera del Museo
Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Elogio storico del
conte Lorenzo Magalotti nell'edizione de La donna immaginaria canzoniere del
conte Lorenzo Magalotti con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite,
raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio.
Riccomini, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET, Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in
Inghilterra, Francia e Svezia” (Bari, G. Laterza). Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Liber Liber. openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Relazioni di viaggio in
Inghilterra, Francia e Svezia Lettere
scientifiche ed erudite Comento sui
primi cinque canti dell'Inferno di Dante, e quattro lettere del conte Lorenzo
Magalotti Canzonette anacreontiche di
Lindoro Elateo pastore arcade Lettere
scientifiche ed erudite La donna
immaginaria Novelle (il volume contiene anche opere di altri
autori) Gli amori innocenti di Sigismondo conte d'Arco con la Principessa
Claudia Felice d'Inspruch. Il conte Lorenzo Magalotti. Villa Magalotti. Keyword:
‘naturali esperienze’ --.
MAGGI. (Pompiano). FIlosofo. Grice: “I like his
portrait” – Grice: “My favourite of his essays is on the ridiculous; but his
most specifically philosophical stuff is the ‘lectiones philosophicae’ and the
‘consilia philosophica.’” La famiglia aveva possedimenti e anche un negozio di
farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo maestro.
Studia a Padova con Bagolino e frequenta attivamente gli ambienti culturali
della città. Si laurea e insegna filosofia. Membro dell'«Accademia degli
Infiammati», strinse amicizia con Barbaro, Lombardi, Piccolomini, Speroni,
Tomitano, Varchi, entrò quindi a far parte del circolo di Bembo, frequentando
insigni filosofi come Paleario, Lampridio e Emigli. Conobbe iPole, Vergerio, Flaminio
e Priuli. Il dibattito sulla questione della lingua e sui temi estetici legati
soprattutto all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla
preparazione di un commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da Lombardi,
fu proseguito, concluso e fatto pubblicare da Maggi, con altra sua opera
dedicata ad Orazio, a Venezia: le “In Aristotelis librum de Poetica communes
explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotations”, dedicato a Madruzzo. Lascia
Padova per entrare al servizio del duca Ercole II d'Este come precettore del
figlio Alfonso e, insieme, per insegnare filosofia a Ferrara. Si conservano
appunti delle sue lezioni sulla Poetica. Anche della vita culturale della città
estense fu protagonista, divenendo principe dell'«Accademia dei Filareti», che
vanta membri come Bentivoglio, Calcagnini, Giraldi e Cinzio, oltre a essere
amico degli umanisti Pigna, Porto e Ricci, che gli diede pubblicamente merito
di essere stato «il primo interprete della Poetica di Aristotele».
“Mulierum praeconium” o “De mulierum praestantia” e dedicata ad Anna d'Este, la
figlia di Ercole e di Renata di Francia, che nello stesso anno fu tradotta “Un
brieve trattato dell'eccellentia delle donne.” Comprende anche una Essortatione
a gli huomini perché non si lascino superar dalle donne, attribuita a Lando,
che si pone come corollario dell'orazione del Maggi. Alla chiusura
temporanea dell'Università, ritorna a Brescia, partecipando alle riunioni
dell'Accademia di Rezzato, fondata da Chizzola. Abita nella quadra della
cittadella vecchia, in contrada Santo Spirito. Sposa Francesca, figlia del
nobile Paris Rosa,. A Brescia sede nel Consiglio Generale e fu incluso
nell'elenco dei consiglieri comunali della città destilla reggenza delle
podestarie maggiori del territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi,
ma vi rinunciò, come rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle
sedute del Consiglio Generale. Altre opere: “Un brieve trattato
dell'eccellentia delle donne, Brescia, Turlini “In Aristotelis librum de
Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes,
Venetiis, Valgrisi; De ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio,
Venetiis, Valgrisi, “Lectiones philosophicae” Firenze, Biblioteca Riccardiana,
ms. Expositio in libros de Coelo et
Mundo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms, Expositio de Coelo, de Anima, Milano,
Biblioteca Ambrosiana, Quaestio de visione, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Espositio
super primo Coelo, Piacenza, Biblioteca Passerini-Landi, ms Pollastrelli, Mulierum
praeconium, Modena, Biblioteca Estense, ms Estensis latinus. Oratio de
cognitionis praestantia, Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de Valentia, Consilia
philosophica , Vincentii Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem serenissimi
Ferrariae ducis in ea praecedentia, Archivio di Stato, Casa e Stato, Modena. Note
In Alessandro Sardi, Estensis latinus 88, Modena, Biblioteca
Estense. Giulio Bertoni, Nota su
Vincenzo Maggi, in «Giornale storico della letteratura italiana», C.. Fahy, Un
trattato di Vincenzo Maggi sulle donne e un'opera sconosciuta di Lando, in
«Giornale storico della letteratura italiana»,
Bruni, Speroni e l'Accademia degli Infiammati, in «Filologia e
letteratura», XIWeinberg , Trattati di retorica e poetica, III, Roma-Bari,
Laterza, Enrico Bisanti, Vincenzo Maggi,
interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, Giorgio
Tortelli, Quattro Maggi in cerca d'autore, in «Quaderni del Lombardo-Veneto»,
Padova, Vincenzo Maggi, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. VEnciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Vincenzo Maggi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Liber Liber.
MLOL, Horizons. Vincenzo Maggi.
MAGI. (Pesaro). Filosofo. Grice: “A fascinating
philosopher – “journey around the world in ten words,’ a gem!” -- Insegna a 'Urbino. Si dedica alla psicologia “trans-personale”.
Fonda il Centro di Filosofia Comparativa (cf. ‘implicatura comparativa’) e
“Incognita” a Pesaro, tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e il principio
dell’interiorità. Scrisse “I 36 stratagemmi” (Edizioni Il Punto d'Incontro; dal
, BestBUR). Il suo “Il Gioco dell'Eroe. Le porte della percezione per essere
straordinario in un mondo ordinario” vede un clamoroso successo. “I 64 Enigmi.
L'antica sapienza per vincere nel mondo”
(Sperling & Kupfer )è segnalato al
primo posto dei libri più attesi. Lo stato intermedio tratta l’argomento rimosso
dei nostri tempi: la morte, e abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti cari
agli autori: filosofia, mistica, psicologia transpersonale, esperienze ai
confini della morte. Esce un aggiornamento ampliato del Gioco dell'Eroe
con il sottotitolo “La porta dell'Immaginazione”. Vgetariano dichiarato., si
focalizza sui modelli mistici per approfondirne, oltre la portata metafisica e
auto-realizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza: nel libro I 36
stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia psicologica; nel
saggio "Le arti marziali della parola" in La nobile arte dell'insulto
(Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e
dialettica; nei saggi Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro
nascosto mostra il rilievo della comunicazione metaforica e umoristica. Ha
inoltre elaborato e sviluppato la dimensione della psicologia transpersonale
all'interno del Gioco dell'Eroe , disciplina da lui creata e imperniata sulla
capacità umana dell'immaginazione. Altre opere: “Il dharma del sacrificio
del mondo” (Panozzo); “La filosofia del linguaggio eterno,” (cf. Grice:
‘timeless’ meaning, versus ‘timeful’?). Urbino, “Quaderno indiano,” Scuola superiore
di filosofia comparativa di Rimini, “Il dito e la luna,” Il Punto d'Incontro I 36 stratagemmi, Il Punto d'Incontro (dal ,
BestBur; edizione tedesca: 36 Strategeme. Die chinesische Kunst der Strategie,
Random House Kailash Verlag, edizione spagnola: Las 36 estratagemas. El arte
secreto de la estrategia china, Obelisco Ediciones, edizione portoghese:
"Os 36 Estratagemas Chineses", Esfera dos Livros, ); Sanjiao. I tre
pilastri della sapienza, Il Punto d'Incontro, Einaudi, Uscite dal sogno della
veglia. Viaggio attraverso la filosofia della Liberazione, Scuola superiore di
filosofia comparativa di Rimini, La Via
dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, La vita è uno stato mentale. Ovvero La
conta dei frutti delle azioni nel mondo evanescente, Bompiani, Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra).
Arte della guerra e della strategia, Edizioni Il Punto d'Incontro, "Lo yoga segreto del perfetto
sovrano" di Gianluca Magi, “Il Gioco dell'Eroe,” Il Punto d'Incontro, I 64
Enigmi, Sperling & Kupfer, . Lo stato intermedio, , Arte di Essere, . Il
tesoro nascosto. 100 lezioni sufi, Sperling & Kupfer, . Il Gioco dell'Eroe.
La porta dell'Immaginazione, Il Punto d'Incontro, 101 burle spirituali,
Sperling & Kupfer, Recitato un cameo, nel ruolo di se stesso, nel film
Niente è come sembra, di Franco Battiato, a fianco di Jodorowsky. Jodorowsky ha
scritto in seguito la presentazione del libro di Magi La Via dell'umorismo.Premio
internazionale Letteratura “ArteSpirito”. Blog . «Fondai a Rimini il Centro di Filosofia Comparativa”.
Per spaziare in temi altissimi con una narrazione transdisciplinare. Attraverso
immaginazione, religioni, filosofie, arti e scienze». Incognita. Advanced Creativity Il Secolo XIX 18 settembre (Roberto Onofrio) " 'Incognita' di
Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre, un'immersione interiore al di là dello
spazio-tempo"31 Il Secolo XIX 26
giugno (Roberto Onofrio) "Advanced
Creativity Mind School. Per capire l'entrata nell'epoca del post-umano" Per
il titolo del suo album Dieci stratagemmi, Battiato si è ispirato a I 36
stratagemmi di Gianluca Magi. Il sottotitolo, "Attraversare il mare per
ingannare il cielo" è il primo stratagemma dei trentasei che compongono
che il libro. Stralcio della quinta
puntata (youtube) Modelli strategici .
Corriere della Sera, (Edoardo Camurri)
wuz Panorama (Anna Mazzone) wuz
Panorama (Oriana Allegri) Il
Secolo XIX 2 (Roberto Onofrio) "Aprite le porte all'Immaginazione, c'è un
mondo oltre la quotidianità"42
Gianluca Magi, I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, Milano : «Diversi
anni fa, in un’intervista, mi chiesero perché sono vegetariano. La mia risposta
fu molto sintetica (e la penso ancora così): Non mangio animali. Non riesco a
digerire l'agonia». La Repubblica (Michele
Serra); Il Riformista (Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica (Brunella
Schisa) Il Gioco dell'Eroe, Il Punto
d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco Battiato Il Gioco dell'EroeGianluca. Scena del film
ove compaiono Gianluca Magi e Alejandro Jodorowsky (youtube) La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro,
Vicenza, La Stampa (Il Premio è stato conferito dalle autorità della Repubblica
di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha costruitoattraverso la
sua produzione e l'attività del Centro di Filosofia Comparativa di Rimini ponti
di comunicazione tra le antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente,
attualizzandone, in teoria e in pratica, il loro messaggio filosofico,
psicologico e spirituale per l'uomo contemporaneo»). Gli altri premi sono stati
conferiti a: Franco Battiato (Musica), Alejandro Jodorowsky (Teatro), Franco
Mussida (Arti visive), Silvano Agosti (Cinema), Massimo Gramellini
(Giornalismo), Gabriele La Porta (Televisione).
Sito ufficiale di Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced
Creativity "Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio
brevis di Gianluca Magi. Riflessioni di Gianluca Magi sul Senso della vita su
riflessioni. Gianluca Magi. Keywords: ‘implicatura comparativa’ mistico.
MAGNANI. Sannazzaro de’ Burgondi). Filosofo. Grice: “I like Magnani; he has written about
conceptual change, which I enjoyed!” -- Grice: “I like Magnani; his treatise on
the philosophy of geometry is brilliant!” --
essential Italian philosopher, not to be confussed with Tenessee
Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Insegna a 'Pavia, dove
dirige il Computational Philosophy Laboratory. Dedicatosi allo studio
della storia e della filosofia della geometriai, i suoi interessi si sono poi
rivolti all'analisi della tradizione neopositivista e post-positivista. Si è
poi dedicato al tema della scoperta scientifica e del ragionamento creativo.
Studia tematiche riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in
collegamento con il problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale
nella sua ricerca. La sua attenzione si è anche indirizzata verso il cosiddetto
model-based reasoning. Fonda una serie di conferenze sul Model-Based Reasoning.
Trattai problemi di filosofia della tecnologia e di etica, rivolti anche al
tema trascurato in filosofia dell'analisi della violenza. I suoi
interessi di ricerca includono dunque la filosofia della scienza, la logica, le
scienze cognitive, l'intelligenza artificiale e la filosofia della medicina,
nonché i rapporti fra etica e tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito
a diffondere il problema dell'abduzione. La sua ricerca storico-scientifica ha
riguardato principalmente la filosofia della geometria. Dirige la Collana di
Libri SAPERE. Opere : “Conoscenza come dovere. Moralità distribuita in un
mondo tecnologico” “Filosofia della violenza” “Rispetta gli altri come cose. Sviluppa
una teoria filosofica dei rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva
naturalistica e cognitiva. Note Web Page
del Dipartimento di Studi Umanistici
Computational Philosophy Laboratory Web Site [Cfr. le varie pagine dedicate a questi convegni
in//www-3.unipv/webphilos_lab/cpl/index.php Computational Philosophy
Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Filosofia, Pavia,
Pavia (Italia)] Sun Yat-sen Award Cerimonia
Book Series SAPERE Web Page Copia
archiviata, su lesacademies.org. Edizione cinese: Philosophy and Geometry Morality in a Technological WorldAcademic and
Professional BooksCambridge University Press
Abductive Cognition Understanding
Violence The Abductive Structure of
Scientific Creativity Author Web
Page Handbook of Model-Based
Science Lorenzo Magnani: Logica e
possibilità, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Lorenzo Magnani: Filosofia
della violenza, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Lorenzo Magnani. Refs.
Luigi Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
MAGNI. (Milano). Filosofo. Grice: “I love Magni – He has
gems like ‘Petrus is Petrus’ – I’m talking about his “Principia et specimen
philosophiae” – The titles for the chapters are amusing, and he refers to
‘ratio essendi’ – and other stuff – *Very* amusing --.”Figlio dal conte
Costantino Magni e da Ottavia Carcassola, si trasferì a Praga. Entrò nei
cappuccini della provincia boema a Praga. Insegna filosofia entrando, grazie al
suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore. Presto fu eletto Provinciale
della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne apprezzato consigliere
dell'imperatore e di altri principi europei. Il re Sigismondo III gli affidò la
missione cappuccina nel suo paese. Ferdinando II lo inviò in missione
diplomatica in Francia. Fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I di iera.
Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di Praga
Ernesto Adalberto d'Harrach nella cattolicizzazione della popolazione e nelle
riforme diocesane. Prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati con il
cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova. Nel 1635
divenne consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e dal 1645 fu
missionario apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo e
Danzica. Nel luglio del 1647 riprodusse a Varsavia di fronte al re e alla corte
l'esperimento di Torricelli usando un tubo riempito di mercurio per produrre il
vuoto. Riuscì a convertire il conte Ernesto d'Assia-Rheinfels e sua
moglie. Dopo che l'Praga venne affidata ai Gesuiti, entrò in contrasto
con i gesuiti, che lo fecero arrestare a Vienna nel 1655. Fu rilasciato dalla
prigione per intervento dell'Imperatore e tornò a Salisburgo, dove morì quello
stesso anno. Frutto della sua polemica con i protestanti è “De
acatholicorum credendi regula judicium” in cui sostene che senza l'autorità
della Chiesa, la Bibbia da sola non era sufficiente come regola di fede per i
cristiani. Trata lo stesso argomento in “Judicium de acatholicorum et catholicorum
regula credenda”, le cui debolezze argomentative scatenarono la contro-offensiva
dei protestanti. Si occupa di metodologia, logica, epistemologia, cosmologia,
metafisica, matematica e scienze naturali. Rifiutò i principi
aristotelico-scolastici, ispirandosi alle dottrine di Platone, Agostino e
Bonaventura. Altre opera: “Apologia contra imposturas Jesuitarum,” “Christiana
et catholica defensio adversus Societatem Jesu,” “Opus philosophicum,” “Commentarius
de homine infami personato sub titulis Iocosi Severi Medii,” :Concussio
fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm. Conringi, “Conringiana
concussio Sanctissimi in Christo papae catholici retorta,” “Echo Absurditatum
Ulrici de Neufeld Blesa” “Epistola de responsione H. Conringii” “Epistola
Valeriani Magni Fratris Capucini, Epistola de quaestione utrum Primatus Rom.
Pontificis, “Principia et specimen philosophiae, Acta disputationis habitae
Rheinfelsae apud S. Goarem, Organum theologicum, Methodus convincendi et
revocandi haereticos, De luce mentium, Judicium de catholicorum ei acatholicorum
regula credendi, “De atheismo Aristotelis ad Mersennum, Demonstratio ocularis, loci sine locato: corporis
successiuè moti in vacuo, Bononiae, typis haeredis Victorij Benatij. Vedi la
voce nella Enciclopedia Italiana. J. Cygan, Valerianus Magni, “Vita prima”,
operum recensio et bibliographia, Romae, “Opera Valeriani Magni velut
manuscripta tradita aut typis impressa, «Collectanea Franciscana», Alessandro
Catalano, La Boemia e la riconquista delle coscienze. Ernst Adalbert von
Harrach e la Controriforma, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Massimo
Bucciantini, «La discussione sul vuoto in Italia: il caso di Valeriano Magni»,
in: Discussioni sul nulla tra Medioevo ed Età moderna, Massimiliano Lenzi e
Alfonso Maierù, Firenze, Leo S. Olschki, Alfredo Di Napoli, Valeriano Magni da
Milano e la riforma ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della
Congregazione de Propaganda Fide, Centro Studi Cappuccini LombardiNuova serie
2, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano. Relatio veridica de pio obitu R.P.
Valeriani Magni, Lione, Ludwig von Pastor, Storia dei papi, XIII, trad. it.,
Roma, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Heinrich Kretschmayr, Valeriano Magni, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Valeriano Magni, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Michael Bihl, Valeriano Magni. G. Leroy, 1789. Valeriano
Magni. Luigi Speranza, “Grice e Magni: ‘Paolo e Paolo: assiomi e principi
metafisici” – The Swimming-Pool Library
MAINARDINI.
(Padova). Filosofo. Grice:
“Padova tries to institute the ‘regnum’ as between Aristotle’s ‘polis’ and the
modern ‘stato,’ but in which case, we wouldn’t call it ‘politeia’ anymore!”
-- Grice: “When I studied change I
focused on von Wright – but then there is Padova and his ‘grammatica del
mutamento’!” Nato
da una famiglia di giudici e notai – il padre: ‘di Giovanni’ -- che viveva
vicino al Duomo di Padova, completò i suoi studi a Parigi dove fu insignito
dell'autorità di rettore. Il tempo trascorso a Parigi influì moltissimo
sull'evoluzione del suo pensiero. Gli anni parigini furono molto importanti e
fecondi per l'evoluzione del suo pensiero e la visione dello stato di
corruzione in cui versava il clero lo portò a diventare anti-curialista.
A Parigi incontrò Occam e Jandun, con cui condivise passione politica e
atteggiamento di avversione verso il potere temporale della Chiesa. Con Jandun
rimase legato da grande amicizia e assieme a lui subì l'esilio.
Mainardini dopo le sue dure affermazioni contro la Chiesa venne bollato con
l'epiteto di “figlio del diavolo”. Mainardini si trova a Parigi quando si
sviluppò la lotta tra Filippo, re di Francia, e il Papato. Tutto ciò, assieme
al vivace contesto culturale in cui si muoveva, lo portò alla compilazione
della sua opera maggiore il Defensor Pacis, l'opera cui deve la sua fama e che
influì moltissimo sia sul pensiero filosofico-politico contemporaneo che su
quello successivo. A Parigi sperimentò una monarchia decisa ad accrescere
il proprio potere e la propria autorità su tutte le forze politiche centrifughe
del momento ivi compresa la Chiesa di Bonifacio VIII. Diventato consigliere
politico ed ecclesiastico di Ludovico il aro lo seguì a Roma nel 1327 in
occasione della sua incoronazione imperiale e qui fu nominato dallo stesso Ludovico
vicario spirituale della città. L'incoronazione imperiale avvenne ad opera del
popolo romano anziché del papa inaugurando, così, quella stagione dell'impero
laico che Mainardini vagheggiava e che avrebbe aperto la strada alla
laicizzazione dell'elezione imperiale e alla cosiddetta Bolla d'Oro di Carlo IV di Boemia. Con la Bolla
d'Oro fu eliminata ogni ingerenza del papa nell'elezione imperiale diventando
così un fatto esclusivamente tedesco. Fu ancora con Ludovico quando questi si
ritirò, dopo il fallimento dell'impresa romana, in Germania dove rimase fino
alla morte. È del periodo immediatamente antecedente la sua morte la
compilazione di alcune opere minori tra cui spicca il “Defensor Minor,” un
piccolo capolavoro. Si può definire l'opera di Marsilio come il prodotto di
tempi in cui confluiscono la virtù del cittadino, il nazionalismo francese e
l'imperialismo renano-germanico. Il Difensore della pace” è la sua opera
più conosciuta in cui, fra l'altro, tratta dell'origine della legge. Il
suo fondamento era il concetto di ‘pace,’ intesa come base indispensabile dello
Stato e come condizione essenziale dell'attività umana. Si tratta di un'opera
laica, chiara, priva di retorica, moderna e per alcuni versi ancora attuale. La
necessità dello Stato non discendeva più da finalità etico-religiose, ma dalla
natura umana nella ricerca di una vita sufficiente e dall'esigenza di
realizzare un fine prettamente umano e non altro. Da questa esigenza nascono le
varie comunità, dalla più piccola alla più grande e complessa, lo Stato. Ne
deriva la necessità di un ordinamento nella comunità che ne assicuri la
convivenza e l'esercizio delle proprie funzioni. Per Marsilio questa esigenza
ha caratteristiche prettamente umane che non rispondono a finalità etiche ma
civili, contingenti e storiche. Alla base dell'ordinamento c'è la volontà
comune dei cittadini, superiore a qualsiasi altra volontà. È la volontà dei
cittadini che attribuisce al Governo, “Pars Principans,” il potere di comandare
su tutte le altre parti, potere che sempre, e comunque, è un potere delegato,
esercitato in nome della “volontà popolare.” La conseguenza di questo principio
era che l'autorità politica non discendeva da Dio o dal papa, ma dal “popolo,” inteso
come “sanior et melior pars.” In questa ottica egli propone che i vescovi
venissero eletti da assemblee popolari e che il potere del papa fosse subordinato
a quello del concilio. Ludovico il aro Marsilio pone il problema, che
tratterà anche nel Defensor Minor, del rapporto con il Papato e con i suoi
principi politici costruiti. «occulta
valde, qua romanum imperium dudum laboravit, laboratque continuo, vehementer
contagiosa, nil minus et prona serpere in reliquas omnes civitates et regna
ipsorum iam plurima sui aviditate temptavit invadere [...]» «[...]
segretamente, con i quali aveva cercato, e continua a cercare, di insinuarsi
subdolamente in tutte le altre comunità e regni che aveva già tentato di
attaccare con la propria enorme avidità» (Defensor pacis) Il giudizio di
Mainardini sulla chiesa come istituzione è molto negativo e lo manifesta con la
crudezza di linguaggio che gli è solita quando affronta l'argomento dei
rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Lo scalpore suscitato da questa opera obbligò
Mainardini a fuggire presso l'imperatore Ludovico il aro, con il quale scese in
Italia. Il Defensor minor si colloca fra le opere minori di Mainardini, ma si
distingue per la sua importanza. Si differenzia dal Defensor pacis per essere
un'opera più propriamente teologica mentre l'altra è prevalentemente politica.
Lo studio condotto nel Defensor Minor riguarda la giurisdizione civile ed
ecclesiastica, la confessione auricolare, la penitenza, le indulgenze, le
crociate, i pellegrinaggi, la plenitudo potestatis, il potere legislativo,
l'origine della sovranità, il matrimonio e il divorzio. Il Tractatus de
iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus che Mainardini compila in
occasione del divorzio di Giovanni di Moravia e Margherita di Tirolo-Gorizia si
trova nell'ultima parte del Defensor Minor. Le relazioni tra i coniugi erano
tanto insostenibili che la sposa preferì fuggire. Intervenne l'Imperatore,
imparentato con la sposa, e progettò il matrimonio tra la fuggitiva e Ludovico
di Brandeburgo ma a ciò ostavano il precedente matrimonio e alcuni legami di
sangue. Il “Tractatus de translatione imperii” – “Trattato della translazione dei imperii” -- è un'opera che niente aggiunge alla fama
derivatagli dal Defensor Pacis anche se ebbe una certa diffusione. Si può
considerare questo trattato come una storia sintetica dell'Impero dalla
fondazione di Roma da Romolo fino al secolo XIV. In Mainardini lo “stato
romano” è concepito come prodotto umano, al di fuori da premesse teologiche
quali il peccato o simili. È fortemente affermato il principio della legge
quale prodotto della comunità dei cittadini, legge dotata di imperatività e co-attività
oltre che ispirata ad un ideale di giustizia. Questo ideale di giustizia deriva
dal con-sorzio (concerto) civile, l'unico soggetto che può stabilire ciò che è
giusto e ciò che non lo è. Per Mainardini, l'uomo deve essere inteso come
libero e consapevole. Nel Defensor Pacis appare diffuso un
costituzionalismo affermato fortemente nei confronti sia dello Stato che della
Chiesa. È tra i primi studiosi a distinguere e separare la legalita (ius) dalla
moralita (ethos, mos), attribuendo il primo alla vita civile e il secondo alla
coscienza. Mainardini è sempre un uomo del suo tempo, saldamente ancorato nella
sua epoca, ma con intuizioni che ne fanno un uomo nuovo, anticipatore per certi
versi del Rinascimento. La definizione del nuovo concetto di Stato, autonomo,
indipendente da qualsiasi altra istituzione umana o, a maggior ragione,
ecclesiastica è il grande merito di Mainardini. Anche nella Chiesa viene
affermata una forma di costituzionalismo contro il dilagante strapotere dei
vescovi e dei papi. È ancora l'universitas fidelium a prendere, attraverso il
Concilio, ogni decisione riguardante qualsiasi materia di ordine spirituale. Il
nostro autore non teme di scagliarsi contro la Chiesa, a negare il primato di
Pietro e di Roma, affermare la necessità del ritorno del clero a quella povertà
evangelica tanto cara ad alcune sette riformiste di cui lui certamente conobbe
e comprese il pensiero. Lotta contro la Chiesa ma solo per conservarne o
rivalutarne il più vero, autentico e originario contenuto e significato. Quasi
riformista e conservatore nello stesso tempo, riformista là dove è contro la
corruzione dilagante nella Chiesa di quel periodo, conservatore là dove accetta
la necessità di un ordine costituito, della religione, della morale, intese nel
senso più puro. La modernità di Mainardini consiste anche nel metodo
della sua trattazione e della terminologia che usa, sempre stringata ed
esaustiva, aliena da qualsiasi di quelle forme di retorica che era
caratteristica degli autori medievali.
Opere: “Il difensore della pace,” C. Vasoli. UTET, Torino, BUR, Milano,
Ancona E., C. Vasoli, CEDAM, Padova (collana Lex naturalis; Battaglia F., La filosofia politica del medio
Evo, Milano, CLUEB Battocchio R., Ecclesiologia e politica, Prefazione di G.
Piaia, Padova, Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, Beonio-Brocchieri
Fumagalli M.T., Storia della filosofia medievale (Bari, Laterza,), Berti E.,
“Il ‘regno’ di Mainardini: tra la civis romana e lo stato italiano,” Rivista di
storia della filosofia medievale, Briguglia G.,
Carocci Editore, Cadili A., Amministratore della Chiesa di Milano, in
Pensiero Politico Medievale, Capitani O., Medioevo ereticale, Bologna, Il
Mulino, Capitani O., Il medioevo, Torino, UTET, Cavallara C., La pace nella
filosofia, Ferrara, Damiata M., Plenitudo potestas e universitas civium,
Firenze, Studi francescani, Del Prete
D., Il pensiero politico ed ecclesiologico, Annali di storia, Università degli
studi di Lecce Dolcini C., Bari, Laterza, Merlo M., Il pensiero della politica
come grammatica del mutamento, Milano, F. Angeli, Passerin d'Entréves A., Saggi
di storia del pensiero politico: dal medioevo alla società contemporanea,
Milano Piaia G., Mainardini e dintorni:
contributi alla storia delle idee, Padova, Antenore, Piaia G., La Riforma e la
Controriforma: fortuna ed interpretazione, Padova, Antenore, Simonetta S., Dal
difensore della pace al Leviatano, Milano, UNICOPLI Toscano A., Marsilio da
Padova e Niccolo Machiavelli, Ravenna, Longo, Defensor pacis Defensor minor
Tractatus de translatione Imperii Tractatus de iurisdictione imperatoris in
causis matrimonialibus Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Marsilio da Padova, su sapere, De Agostini. Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Les Archives de littérature du Moyen Âge. Catholic Encyclopedia, Robert
Appleton Company. marsilio:
essential Italian philosopher. Marsilio dei Mainardini, Marsilio di Padova. Keyword:
consorzio conversazionale -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Marsilio,"
per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
Italia. Luigi Speranza, “Grice e Mainardini – la massima del consorzio
conversazionale.” --.
MALFITANO. (Siracusa). Filosofo. Grice:
“Malfitano, like me, is an emergentist – each ‘complesso’ grows (cresce) and
the ‘complexity’ is thus best characterised as ‘crescente,’ – Malfitano uses
‘complexities’ in the plural – a theory of ‘complessita crescenti’ – The whole
point is that you get from one complex to the other.” Grice: “I like Malfitano.
His theory of ‘complessita crescente’ is admirable: he distinguishes various
‘complesso’ – the material (subdivided into atomic, and the ‘crescente
complessita’ of the molecular), the biological complex (which comprises the
complex of the tissue, and the complex of tthe articular), the social complex,
i. e., the human being in his
inter-subjetctivity -- nd the ideological complex, the abstracta – ideation,
cognition, and conviction – there is a superior geometry, too!” Nacque da
Carmelo, commerciante e navigatore, e Santa Veneziano. Era l'ultimo di sette
fratelli. Frequentò il Liceo Classico Tommaso Gargallo, dove iniziò a nutrire
l'interesse per la materie scientifiche. Già da giovanissimo frequentava
assiduamente una nota farmacia del centro storico della città natale acquisendo
notevole interesse per la chimica e la biologia. Si iscrisse dunque alla
facoltà di chimica dell'Università degli Studi di Catania per frequentare le
lezioni del professor Alberto Peratoner. Malfitano continuò gli studi
universitari a Palermo, dove si trasferì al seguito di Peratoner e ottenne la
laurea nel capoluogo siciliano. Abbandona la Sicilia per spostarsi a
Milano, dove intraprese una breve carriera lavorativa nel campo della chimica
industriale agli stabilimenti Pirelli. Contemporaneamente frequentava la scuola
di microbiologia dell'Università degli Studi di Pavia, retta all'epoca da
Camillo Golgi, futuro Premio Nobel per la medicina nel 1906. Stimolato
dall'ambiente favorevole, Malfitano pubblica I” Comportamento dei microrganismi
sotto l'effetto delle compressioni gassose” -- Inizia in questo modo a farsi
notare da colleghi e professori, sia per la materia dei suoi studi, sia per il
carattere disponibile e solare, come ricorda iPensa, celebre anatomista milanese. La
carriera prese una svolta definitiva quando,
durante un congresso internazionale a Pavia, venne notato dal futuro successore
di Pasteur, Duclaux. Venne dunque invitato a trasferirsi a Parigi, avendo
ricevuto l'offerta di un impiego all'istituto Pasteur. Una volta arrivato nella
capitale francese, Malfitano si dedicò in un primo momento alla micro-biologia,
pubblicando come risultati delle sue ricerche: Protease de l'aspergillus niger,
Influence de l'oxygen sur la proteolyse en presence de Clorophorme e
Bactericidie charbonneuse. Decise di ritornare a studiare la chimica pura,
campo d'indagine scientifica che lo rese definitivamente famoso. I suoi studi
sulla chimica colloidale, arrivarono a dimostrare la natura elettrochimica
delle micelle, e riuscì a misurare con notevole precisione la conducibilità
elettrica dei colloidi. In campo pratico, mise a punto i cosiddetti
ultrafiltri, necessari per gli studi in campo teorico sui colloidi. Divenne
capo di un laboratorio chimico all'Istituto Pasteur. Gli studi si interruppero
durante la gran guerra. Al termine di essa, sposò Vera, una studentessa russa.
Subito dopo il grande conflitto ebbe inizio l'elaborazione della più nota
dottrina del chimico siracusano, ovvero la teoria delle “complessità
crescenti,” concetto alla luce del quale Malfitano non indagò solo le micelle,
ma l'esistenza in generale. Pubblicò Complexité et micelle, e Les composés
micellaires selon la notion de complexité croissant. Le conclusioni non vennero
accettate da subito, ma si dovette attendere l'esperimento del premio Nobel
Theodor Svedberg che dimostrò l'esattezza delle intuizioni di Malfitano. Elaborò
negli anni Venti una teoria che tentava di spiegare la materia, attraverso
l'esame dei diversi livelli atomici e molecolari che la caratterizzano
strutturalmente. La materia, secondo lo scienziato siracusano, è suddivisibile
in atomi, molecole, plurimolecole (polimeri e complessi) e micelle. In ognuna
delle classi citate si possono distinguere tre tipi di unità materiali:
ioniche, polari e ionopolari. L'analisi compiuta sulla materia venne
estesa in campo social-ogico da Malfitano. Tenta di ricondurre la complessità
socio-antropologica alla complessità atomica. I quattro ordini di “complesso” che
costituiscono il mondo sono dunque: il complesso materiale (“complesso atomico”
e “complesso molecolare”), il complesso biologico (complesso istologico e complesso
citologico), il complesso sociale (l'essere umano) e al culmine di un'ipotetica
piramide il “complesso ideologico” (ideazione, conoscenza e convinzioni).
L'ultimo passo della speculazione e il concetto di geometria superiore,
un'armonia equilibrata e simmetrica che domina gli eventi e la materia, una
variabile fondamentale e al tempo stesso fuggevole dell'esistenza, un concetto
che rappresenta la libertà. In ultima analisi, il compito era dunque quello di
comprendere le leggi dell'armonia ordinatrice del cosmo e di preservarne la
bellezza e l'equilibrio. Soleva spesso tornare in Sicilia seppur per
brevi periodi, dovette rinunciare a questa abitudine. L'aggravarsi della sua
malattia, una cecità che gradualmente lo privò della vista, e le sue
convinzioni anti-fasciste, non gli permisero di rivedere il paese natale dalla
fine degli anni Trenta. Morì inell'alloggio assegnatogli dell'Istituto Pasteur
dove aveva trascorso gran parte della sua vita. Pubblica le sue convinzioni
filosofiche servendosi dello pseudonimo "Aporema", termine che
indicava l'impossibilità di ottenere una risposta precisa dallo studio di un problema.
Introdusse per primo a Siracusa la moda di bere il latte acido, quello che
abitualmente viene chiamato yogurt, come era già frequente nella capitale
francese. Durante una tempesta patita in mare Carmelo Malfitano aveva
fatto voto a Santa Lucia, patrona siracusana, di sposare un'orfana se fosse
riuscito a tornare incolume sulla terraferma. Carmelo sposò per questo motivo
Santa Veneziano, orfana di entrambi i
genitori. Da tale unione nacque Giovanni. Ad Repellendam Pestem Storie di
Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche Ad repellendam Pestem Storie di
Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche122. Antonio Pensa, Ricordi di vita universitaria (Citato
nel testo Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e di Sanità nella terra di
Aretusa), Cisalpino Istituto Pasteur, su webext.pasteur.fr. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche124.
Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa,
Tyche126. Ad repellendam Pestem Storie
di Medici e Sanità, Tyche125. Ad
repellendam Pestem. Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche,
Siracusa, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Refs.: H. P. Grice, “Pirotology,” – “The
pirotological ascent,” in “From the banal to the bizarre: a method for
philosophical psychology”. Giovanni Malfitano. Keyword: emergentismo di Grice –
emergentismo di Malfitano – l’organicismo della diada in Malfitano --. Il
complesso di azione e il complesso di inter-azione.
MALIPERO. (Venezia). Filosofo. Grice: “I love
Malipiero’s approach to philosophy: hardly a profession! As if someone were to
be called ‘amateur cricketer’ – Malipiero loves (‘ama’) philosophy and it
shows!” – Grice: “There is philosophical wisdom in any endevaour he finds
himself in!” Grice: “One must love him for his attempted ‘confutazione’ of
Rousseau’s ‘sistema del contrato sociale’ as a ‘triumph of reason’!” -- Nacque
da Angelo di Troilo e da Emilia Fracassetti. Entrambi i genitori erano patrizi:
il padre proveniva dalla storica casata dei Malipiero (ramo "delle
Procuratie Vecchie"), mentre la madre apparteneva a una famiglia di
mercanti bergamaschi nobilitata. Dichiarava di abitare in un palazzo a Santa
Maria Zobenigo (ereditato dal padre dopo l'estinzione di un'altra linea della
famiglia), cui si aggiungevano quattro botteghe nei centralissimi quartieri di
Rialto e San Moisè; altre cinque case si trovavano tra Santa Margherita, San
Gregorio e San Martino.Esordì in politica con l'elezione a savio agli Ordini. Divenne
provveditore alle Pompe, ma non riuscì a prendere possesso della carica a causa
della caduta della Repubblica. A questo punto, lasciò la vita pubblica per
dedicarsi alla filosofia analitica del linguaggio ordinario. Fu un autore
poliedrico, capace di spaziare dall'attualità politica alla letteratura e alla
tragedia di ambito neoclassico. La prima opera pubblicata è il saggio di
matematica “Dimostrazione sulla tri-plicazione e tri-sezione dell'angolo
effettuato colla retta e col cerchio.” Più tardi si cimentò nella filosofia
presentando l'opuscolo “Saggio sugli sforzi della passione nell'intelletto e
su' di lei effetti nel cuore,” in cui sostiene di moderare il razionalismo
perché nell'animo umano esso convivi in armonia con le passioni. Questa idea, in contrasto con quanto asserito
da Rousseau, fu ribadita ne “La felicità della nazione realizzata dal politico
e dal sovrano,” uno dei suoi primi scritti in filosofia morale. In questo
lavoro Malipiero prese in esame la tendenza allo sfarzo di una parte della
società, analizzando come i governi avessero reagito al fenomeno in epoche
diverse. Nell'opera emerge la condanna al lusso sfrenato, ma anche
all'appiattimento estremo dettato da rivoluzionari e giacobini. Lo stesso pensiero moderato è ripreso nel “Trionfo
della ragione; ossia, confutazione del sistema del contratto sociale”
(ristampato, senza grosse variazioni, come “Il trionfo della verità nella
difesa dei diritti del trono ossia Confutazione del contratto sociale.” Grice:
“I find this interesting, since I also oppose contractualism to rationalism!”
-- Qui il Malipiero cercò di dimostrare come la migliore forma di governo non
fosse la democrazia, ma la monarchia. La
sua linea anti-rivoluzionaria fu affermata anche quando si tenne distante dagli
organi della Municipalità istituita sul modello, o ‘sistema’ del contratto.
Accolse perciò con favore l'arrivo degli Austriaci, come dimostrano il ‘Testamento
della spirata libertà cisalpine” e l'annesso sonetto “Confronto fra il genio
della Romana Repubblica e quello dell'Austria.” Di grande importanza è quanto
emerge nella “Voce della verità,” una memoria autografa inviata al governatore
austriaco Mailath von Székhely all'indomani del suo insediamento a Venezia. Nell'opera,
divisa in capitoli dedicati ai problemi dell'amministrazione asburgica
(polizia, zecca, commercio, diritto ecc.), si chiede quale dovesse essere il
criterio di scelta per la nuova classe dirigente veneziana. Dimostrandosi
critico nei confronti degli ex funzionari della Repubblica di Venezia (ceto a
cui lui stesso apparteneva), nominati non in base ai meriti, ma per
favoritismo, auspicava di non concedere spazio a coloro che vivevano nel lusso,
poiché entravano in politica solo per il proprio tornaconto, e soprattutto
verso i trasformisti che cambiavano opinioni con l'avvicendarsi delle
amministrazioni. Con questo lavoro
anticipò le scelte del governo austriaco che, in effetti, estromise il
patriziato dalla vita politica e assegnando le cariche amministrative a
personalità lombarde o delle province ereditarie. Si dedicò, con un certo successo, anche alla
stesura di tragedie, a tema biblico, storico o mitologico, che potessero
presentare allo spettatore esempi da seguire o da evitare. Tra queste “Il
sacrifizio di Abramo,” “Camillo,” “Prometeo ossia La prodigiosa civilizzazione
delle genti,” “Medea.” Altre opere degne di nota sono “La bottega del caffè” “Quadro
critico morale, Lo scultore e la luce, azione mitologica in apoteosi del cav.
Canova,” Il conte Ugolino in fondo alla torre di Pisa. Sciolti, Atabiba ed
Huascar. Azione tragica di spettacolo; La Verità nello spirito dei tempi e nel
nuovo carattere di nostra età (sul congresso di Verona), Zanghira e Lemanza.
Quadro poetico nelle nozze Malipiero/Martinengo dalle Palle; Elogio di Giovanni II del mr. co. Martinengo
dalle Palle; Descrizione della Montagna ov'è la chiesa della Madonna della
Corona nelle alture di Montebello. Fu confermato nobile dell'Impero Austriaco,
assieme ai figli Angelo e Angela, nati dal matrimonio con Contarina di Vincenzo
Pisani. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Troilo.
MAMIANI. (San Secondo Parmense). Filosofo. Grice:
“I like Mamiani; unlike us at Oxford, he takes ‘science’ seriously! But in an
amusingly Italian way! He has explored Newton on the apocalypse! My favourite
of his treatises is the one on space which reminds me of Strawson – Beltrami,
unlike Strawson, is non-Euclideian, and thinks Italian needs Euclideian verbs
to match!” Linceo. Membro dell'Accademia
dei Lincei ha insegnato Storia del pensiero scientifico all'Parma, Udine e
Ferrara. Si è occupato soprattutto di
Isaac Newton, del quale ha trascritto un trattato inedito sull'Apocalisse, di
Cartesio e dell'origine delle enciclopedie moderne. Opere principali: “J. M. Guyau Abbozzo di
una morale senza obbligazione né sanzione,” Firenze, Le Monnier, “Newton filosofo
della natura” Le lezioni di ottica e la genesi del metodo newtoniano, Firenze,
La Nuova Italia, “Teorie dello spazio” -- da Descartes a Newton, Milano,
FrancoAngeli, “La mappa del sapere.” La
classificazione delle scienze nella Cyclopaedia di E. Chambers, Milano,
FrancoAngeli, “Il prisma di Newton,” Roma-Bari, Laterza, Introduzione a Newton,
Roma-Bari: Laterza, “Trattato sull'Apocalisse,” Torino, Bollati Boringhieri, Isaac
Newton, Firenze, Giunti, Storia della scienza moderna, Roma-Bari, Laterza, Scienza
e Sacra scrittura nel XVII Secolo, Napoli, Vivarium. Isaac Newton, Trattato sull'Apocalisse,
Maurizio Mamiani, Torino, Bollati Boringhieri, Scienza e teologia fra Seicento
e Ottocento: studi in memoria di Maurizio Mamiani, Chiara Giuntini e Brunello
Lotti, Firenze, Olschki, Studi sul pensiero scientifico fra Seicento e
Ottocento. Ricordando Mamiani, "I castelli di Yale", Il Poligrafo,
Padova 2 La Rivoluzione scientificaI domini della conoscenza: La sintesi
newtoniana in Storia della Scienza, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
. Maurizio Mamiani, Newton e l'Apocalisse. Maurizio Mamiani.
MANCINI. (Schieti). Filosofo. Grice: “I like Mancini:
he has expanded on the ethos of cooperation – and he has explored what he calls
‘linguaggio ontologico’ and ‘alienazione’ in connection with language – he
reviewed Pittau’s philosophy of language, and published a little thing on
‘language and salvation.’ So how can you NOT like him?” Grice: “I like Mancini; if I dwell on
philosophical eschatology, he dwells on the real thing!” Grice: “He has studied
Kant thoroughly; all the interesting bits, like his idea of MALEVOLENTIA!” “La filosofia è il passaggio dal senso al
significato, attraverso le mediazioni culturali, dottrinali, attraverso la
struttura del puro pensare e attraverso le mediazioni della prassi.” Studia a Fano
e si laurea a Milano dove insegna. Bo lo vuole ad Urbino. Studia i massimi
teologi, curato le opera di Barth, Bultmann e Bonhoeffer pubblicando, su
quest'ultimo, anche una biografia e un'analisi dottrinale. Ha fondato
l'Istituto superiore di scienze religiose di Urbino, unico esempio, per molti
anni, di "facoltà teologica" in una università laica. Tra i
filosofi, si è dedicato molto a Kant, pubblicando una Guida alla Critica della
ragion pura. In questo senso è ancora
più importante "Kant e la teologia” dove tratta la filosofia della religione kantiana,
fondata su una concezione morale rigorosa resa possibile dall'Imperativo
categorico, che prospetta una trascendenza per l'uomo, attraverso i postulati
dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio. Questa filosofia della
religione, in cui Kant mette in rapporto la “religione razionale” con la “religione
rivelata” (e che si contraddistingue per i concetti di “male radicale” e di “chiesa
invisibile”), è considerata feconda. Si è anche confrontato con Marx, allora
dominanti nella cultura filosofica e politica italiana. In Marx, tiene in
grande considerazione il concetto di “alienazione” -- presente soprattutto nei
Manoscritti filosofici. Questo concetto, che esprime l'estraneazione
dell'operaio in rapporto al lavoro salariato, a causa dei modi di produzione
capitalistici, capaci di sfruttare il lavoro come fosse una merce, deve essere
stimolo per la Dottrina Sociale della Chiesa. Ciò che Mancini critica in Marx è
l'ateismo e il materialismo, attraverso l'uso della dialettica hegeliana in una
prospettiva materialistica (materialismo storico). Questa concezione infatti
mette in discussione la libertà dell'uomo, inteso come persona, riducendolo
all'insieme dei suoi rapporti economici. Ha inoltre fatto parte della redazione
della rivista Concilium. Fonda la rivista di filosofia “Hermeneutica” ed edita
da Morcelliana. La sua posizione di pensiero verte su un cristianesimo di
matrice liberale e democratica d'impronta sociale, che cerca uno spazio autonomo
e libero, dando una risposta da credente alla cultura laicista e marxista di
quegli anni sulle orme del Concilio Vaticano II. Opere:“Ontologia
fondamentale,” La Scuola, Brescia “Rosmini” “la metafisica inedita, Argalìa,
Urbino “Filosofi esistenzialisti” Heidegger, Marcel, Wahl, Gilson, Lotze),
Argalìa, Urbino“Linguaggio e salvezza,” Vita e Pensiero, Milano “Filosofia
della religione,”Abete, Roma “Bonhoeffer, Vallecchi, Firenze “Teologia ideologia
utopia”Queriniana, Brescia “Kant e la teologia,”Cittadella, Assisi “Futuro
dell'uomo e spazio per l'invocazione”L'Astrogallo, Ancona “Con quale
comunismo?”La Locusta, Vicenza, “Con quale cristianesimo” Coines, Roma,
“Novecento teologico”Vallecchi, Firenze “Teologia ideologia utopia”Queriniana,
Brescia “Fede e cultura”Genova, Marietti “Come continuare a credere” Rusconi, Milano “Negativismo giuridico” QuattroVenti,
Urbino “Guida alla Critica della ragion
pura” I, QuattroVenti, Urbino “ Lettera a un laureando” Urbino, Quattroventi “Il
pensiero negativo e la nuova destra”Mondadori, Milano “Il quinto evangelio come
violenza ermeneutica” in “Apocalisse e ragione”, testi di Carlo Bo e altri,
Urbino, Quattroventi “Hermeneutica”
“Filosofia della prassi,”Morcelliana, Brescia “Tre follie, Camunia, Milano “Guida
alla Critica della ragion pura”“L'Analitica”QuattroVenti, Urbino “Il male
radicale per Kant, in “La ragione e il male. Atti del terzo colloquio su
filosofia e religione”, Genova, Marietti 1 De profundis per la dialettica, in
“Metafisica e dialettica”, Genova, Tilgher Tornino i volti, Marietti, Genova Giustizia
per il creato, Urbino, Quattroventi 1990, coll. "Il nuovo Leopardi"
L'Ethos dell'Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero
critico moderno, Marietti, Genova Scritti cristiani. Per una teologia del paradosso,
Marietti, Genova Opere postume Diritto e società. Studi e testi, Urbino,
Quattroventi Come leggere Maritain, Brescia, Morcelliana Ethos e cultura nella cooperazione di
credito, Piergiorgio Grassi, Urbino, Associazione per la ricerca religiosa “S.
Bernardino”, Quattroventi Bonhoeffer
(postfazione di Piergiorgio Grassi), Morcelliana, Brescia Frammento su Dio, Andrea Aguti (a cura),
prefazione di Graziano Ripanti, Brescia, Morcelliana Per Aldo Moro. Al di là
della politica, Carlo BoMario LuziItalo Mancini, Urbino, Quattroventi Opere scelte. Voll. 1-3, Brescia, Morcelliana Onorificenze
Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiananastrino per uniforme
ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana — Roma, 27
dicembre 1966 su Mancini Giorgio
Rognini, Metafisica e sofferenza. Un itinerario critico con Italo Mancini,
Verona, Mazziana 1983 Andrea Milano, Rivelazione ed ermeneutica. Karl Barth,
Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Urbino, Quattroventi "Biblioteca di
Hermeneutica" Piergiorgio Grassi, Intervista a Italo Mancini sulla
teologia contemporanea, Urbino, Quattroventi 1992, coll. "Il nuovo
Leopardi" Enrico Moroni (a cura), La filosofia politica nel pensiero di
Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1994 Francesco D'Agostino, Italo Mancini,
filosofo del diritto, Urbino, Quattroventi, "Il nuovo Leopardi" G.
RipantiP. Grassi (a cura), Kerigma e prassi, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica
1995 Gustavo Pansini (a cura), Studi in memoria di Italo Mancini, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane Galliano Crinella (a cura), Italo Mancini. Dalla teoresi
classica alla modernità come problema, Roma, Edizioni Studium, Antonio Areddu,
Cristianesimo e marxismo nel pensiero di Italo Mancini. Una rilettura in
memoriam, Pistoia, Petite Plaisance 2001 Italo Mancini tra filosofia e
teologia, in "Riv. di teologiaAsprenas", I A. Pitta (a cura), numero
monografico dedicato a Italo Mancini G. RipantiP. Grassi (a cura), Filosofia,
teologia, politica. A partire da IMancini, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica
2004 Mariangela Petricola, Pensare la differenza. La questione di Dio
nell'epoca della disgregazione del senso. Una rilettura con Italo Mancini, in
“Dialegesthai. Riv. telematica di filosofia", mondo domani.org/
dialegesthai/mpe. Mariangela Petricola, Pensare Dio. Il cristianesimo
differente di Italo Mancini, Assisi, Cittadella Editrice Antonio Ascione, Fedele a Dio e alla terra.
L'avventura intellettuale di Italo Mancini, Benevento, Passione Educativa Valeria Sala, Italo Mancini. Filosofo del
diritto, Torino, Giappichelli , "Recta Ratio" Altri progetti
Collabora a Wikiquote Citazionio su Italo Mancini Italo Mancini, su sapere, De Agostini. Italo Mancini, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Seminario in memoriam, su pesaronotizie.com. Centro socio culturale
"Don Italo Mancini" presso il suo paese natale Schieti, su
centroitalomancini. 15 gennaio 22
gennaio ). Pagina sul social network Facebook, su facebook.com. cronologica , su uniurb. L'Istituto di
Scienze Religiose fondato da Italo Mancini, su uniurb. Biblioteca personale
"Ca' Fante", su uniurb. Rivista "Hermeneutica" fondata da
Italo Mancini, su uniurb. A. Aguti, Italo Mancini, in Il pensiero filosofico-religioso
italiano.org.Italo Mancini. Keywords: “male radicale” “Kant” “radical evil” --.
“cooperative di credito” – “la massima della benevolenza conversazionale” --.
MANGIONE. (Bagnara Calabra). Filosofo. Grice: “I like Mangione; for various reasons:
He notes that logic is more related to mathematics – indeed, for logicism
mathematics IS logic – so the opposite to ‘formal’ logic is ‘material’ logic,
not ‘informal’ as Ryle and Strawson want – Mangione has studied ‘categories’
and talks of ‘logica matematica’ – he has studied Frege’s ideografia, as he
aptly translates his grundscrift, and he tried to improve on the ‘nationalism’
which was ubiquitous in logic in Italy in the ‘primo novecento’!” Insegna a Milano.
Diresse le due collane matematiche della casa editrice Progresso tecnico
editoriale di Milano, appendice della Aldo Martello editore. Presso l'editore
Boringhieri di Torino ha diretto “Testi e manuali della scienza contemporanea. “Serie
di logica matematica.” Ha contribuito
alla Storia della filosofia pubblicata da Geymonat per Garzanti con specifici
contributi sulla storia della logica matematica. Amplia e sistematizza tali
contributi nella Storia della logica. Da Boole ai nostri giorni (con la
collaborazione di Silvio Bozzi): l'opera costituisce un ampio ed esaustivo
lavoro di ricognizione e sintesi sugli ambiti di ricerca e sui risultati della
logica contemporanea. Per Franco Muzzio
& C. Editore ha diretto la collana editoriale Muzzio scienze. Insieme a Edoardo Ballo, Silvio Bozzi,
Gabriele Lolli e Paolo Pagli, ha curato, per Bollati Boringhieri, l'edizione di
Gödel. Opere: “Logica matematica” (Torino,
Boringhieri) Rózsa Péter, “Giocando con l'infinito: matematica per tutti,
traduzione di Giulio Giorello, Milano, Feltrinelli, “Matematica e calcolatore,
Le Scienze quaderni, Milano, “Filosofia: saggi in onore di Geymonat, Milano,
Garzanti “Storia della logica, CUEM “Storia della logica”“Da Boole ai nostri
giorni, Garzanti , “Frege. Logica e aritmetica” -- Torino, Boringhieri. Emanuele
Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia di una lunga amicizia», Franco
Prattico, «Pubblicate tutte le opere di Godel» dalla Repubblica, articolo
disponibile sul database SWIF dell'Bari. Corrado Mangione. Keyword: “logica
matematica” “divertente”, “Sidney Harris” Peano, “not” “no” “and” “e” “or” “o”
“if” “si” “some (at least one)” “all” “the” “il” -- -. Luigi Speranza, “Grice e
la proclama di Mangione: la logica matematica deve essere divertente!” – The
Swimming-Pool Library.
MANFREDI. (Bologna). Filosofo.
Grice: “I like the “liber de homine.” It reminds me that among my
unpublications there’s a ‘Why’!” Grice: “While the Italians aptly use the same
particle for ‘why’ and ‘for’, the Anglo-Saxons didn’t! That must be because
‘for’ is usually otiose: “Why are you eating.” “For I am hungry, say I!” cf. “I
am hungry.” – Studia a Bologna e Ferrara. Entra in contatto con circoli
umanistici. Insegna a Bologna. Riceveva un compenso superiore alla media ed è
il docente più citato nei Libri partitorum. Esercita l'astrologia ee attaccato
da Pico (“Disputazione contro l’astrologia divinatrice””). La sua opera “Il Perché” fu un successo per
secoli. Altre opere, “Tractato de la
pestilentia,” Bologna, Johann Schriber, “Pro-gnosticon anni 1490” (Bologna,
Bazaliero Bazalieri) “Liber de homine,” Impressum Bononiae, Ugo Ruggeri, Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Girolamo Manfredi. Keyword: divination. Those clouds
mean rain – Those clouds mean death. --. Grice: “The present budget means that
we will have a bad year – Prognosticon anni 1490 --. “The present budget means
we’ll have a hard year, but we shan’t have.” – x means that p entails p. The
year 1490. In 1491, Pico approaches Manfredi, “You said that the budget for
1490 meant that we would have a hard year, but we didn’t!” -- Luigi Speranza, “Grice e
Manfredi: l’implicatura divinatrice” – The Swimming-Pool Library.
MANICONE. (Vico del Gargano). Filosofo. Una
delle personalità più caratteristiche del suo tempo della Capitanata. Definito
il “monacello rivoluzionario” a causa della sua bassa statura, che
sembrerebbe di 1,40 m, la sua indole illuministica consiste in una sete di
sapere che non si placa con il dogmatismo, ma con l'esperienza diretta, lo
studio approfondito dei fenomeni naturali e della scienza, un'osservazione
empirica che poteva fornire una risposta valida e concreta alle varie
problematiche e quindi un aiuto pratico all'uomo, al suo benessere e sviluppo,
alla sua felicità. Ciò gli costò l'inimicizia di chi, seppur in pieno
illuminismo, diffidava e demonizzava la scienza. Lo sviluppo
economico-sociale che teorizza Manicone consiste in uno sviluppo connesso e,
per certi versi, dipendente dall'ambiente, perché egli riteneva che la natura
fosse una fonte primaria di ricchezza e la sua distruzione avrebbe potuto
segnare la fine dello sviluppo. Manicone può essere considerato un
profeta dello sviluppo sostenibile, perché in pieno Settecento, quando le
industrie erano inesistenti, ebbe un'ampiezza di vedute che gli consentì di
prevedere le conseguenze disastrose che avrebbe portato l'uso improprio e
scriteriato delle risorse naturali. Le opere in cui Manicone tratta, tra
gli altri, il tema dello sviluppo sostenibile, sono La Fisica Appula (cioè
dell'Apulia) e La Fisica Daunica (cioè della Daunia, antico nome della
Capitanata). Secondo il “monacello”, uno dei peggiori atti compiuti dall'uomo
del suo tempo era la cesinazione selvaggia dei boschi garganici, un tempo
rigogliosi, come anche attesto da Orazio nelle Epistole: «Garganum mugire putes
nemus». Riferisce che il disboscamento del promontorio iniziò nel 1764,
con il taglio “barbaro” dei pini nel territorio “Difesa” di Vico del Gargano e
la cesinazione degli ischi ad Ischitella, talmente “furiosa” che, ad inizio
Ottocento, l'Abate Longano denunciò la carenza di legna da ardere per gli
ischitellani. La causa di questo disboscamento fu la volontà di destinare
i suoli a coltura, anche quelli non adatti a questo scopo e più utili al
pascolo e alla produzione di legname, vista la “rocciosità” della terra sul
promontorio del Gargano. Manicone spiega anche la diminuzione della fauna
selvatica nel Gargano, sempre dovuta alla cesinazione, che diminuiva i
nascondigli per gli animali selvatici, e li rendeva più vulnerabili. Ne
“La Fisica Appula”, il frate dedica un intero libro al Mefitismo (insalubrità
dell'aria) e alle cause che lo generano. Egli sostiene che l'inquinamento può
avere cause naturali o accidentali (provocate dall'uomo), può essere anche
indigeno (proprio della zona) o esotico (derivante da altre zone). Secondo il
Manicone le principali cause accidentali del mefitismo erano: 1. Le
condizioni igieniche precarie delle strade e delle abitazioni; 2. L'insana
abitudine di depositare gli escrementi nelle strade; 3. La sepoltura dei centro abitato (consuetudine abolita con
l'Editto di Saint-Cloud, ma anticipata nel 1792 a Vico del Gargano da Pietro de
Finis, che fece costruire il cimitero monumentale di San Pietro); 4. Il taglio
dei boschi (invece gli alberi sono importanti perché emettono ossigeno e
assorbono anidride carbonica). Lo studio del frate sul territorio garganico fu
talmente minuzioso da fargli notare un mutamento climatico dalla metà del
Settecento all'Ottocento; in alcune zone del Gargano, ci furono sbalzi di
temperatura che provocarono un sensibile calo di precipitazioni nevose e
mitigarono parecchio gli inverni. Secondo il Manicone, la causa è attribuibile
al disboscamento iniziato nel 1764: il taglio delle foreste avrebbe consentito
al sole di riscaldare prima e maggiormente i suoli e soprattutto non avrebbe
bloccato i venti provenienti da Nord e da Sud, quindi le zone meridionali
rispetto alle alture garganiche si sarebbero raffreddate a causa dell'arrivo
della Tramontana da Nord, mentre nel Gargano settentrionale sarebbero arrivati
maggiormente i venti caldi del Sud. Un rimboschimento avrebbe reso più fertili
le terre coltivabili, ma Manicone stesso, dopo aver dato questo suggerimento,
esprime la consapevolezza di “aver cantato ai sordi”. Viaggiò molto per
l'Europa, studiando Medicina a Vienna e a Berlino, Scienze Fisiche a Londra e
Scienze Naturali a Bruxelles. È noto soprattutto per il suo trattato, La
Fisica Appula. in cui analizza le caratteristiche fisiche delle terre di Puglia
e soprattutto del Gargano. Al Manicone è intitolato il Centro Studi e
Documentazione del Parco Nazionale del Gargano sito presso il Convento di San
Matteo a San Marco in Lamis. Descrizione di Vico Del Gargano nella Fisica
daunica Al tempo di Manicone la popolazione vichese era di 6131 abitanti, circa
lo stesso numero di residenti effettivi attuali. L'area abitata era più
ristretta e consisteva nel nucleo originario (Casale, Civita e Terra) e i
quartieri nuovi di San Marco, Carmine, la Misericordia e Fuoriporta. L'incuria
delle istituzioni si manifestava nella scarsa attenzione verso l'igiene delle
acque del Casale (quartiere affollatissimo), originariamente buone e dolci ma
inquinate dall'incuria generale; anche le strade strette e ombrose della Civita
erano soggette ad abbandono e perennemente sporche. Soltanto i quartieri nuovi
erano larghi, puliti e soleggiati. Le Istituzioni mancavano anche laddove
era necessario rendere più agevole il lavoro dei contadini e dei pastori
vichesi, costruendo strade per diminuire gli ostacoli a cui erano sottoposti
quotidianamente questi uomini quando si recavano nelle loro campagne, poste
spesso in profonde valli o zone impervie. La popolazione vichese era
laboriosa e onesta e non c'erano grandi disuguaglianze economiche, tuttavia
Manicone descrive i suoi compaesani come barbari e incivili, infatti non hanno
riguardo per l'ambiente, ad esempio i pastori lasciano distruggere dalle loro
bestie le pianticelle fruttifere e le vigne, sono dediti all'alcol e spesso ciò
li porta a risse feroci. Le donne sono laboriose come gli uomini e sempre
gentili, il frate però critica fortemente l'usanza vichese, e delle donne dei
paesi del Sud in generale, di urlare e strepitare ai funerali, di portare il
lutto a vita e di vestire sfarzosamente i defunti; il primo comportamento
denota la selvatichezza della popolazione, il secondo uso può essere
anti-economico e negativo per la società e il terzo è uno spreco di denaro, dato
in pasto ai vermi. Un difetto presente in tutte le abitazioni vichesi
dell'epoca era il forno in casa, che poteva provocare incendi domestici e
inquinare l'aria interna. A Vico
molti boschi furono tagliati per lasciare spazio ai campi di grano, ma ciò fu
improduttivo economicamente e causò lo smottamento dei terreni in pendenza, non
più trattenuti dalle radici delle piante. Nella raccolta dell'ulivo, i vichesi
distruggevano gli alberi, picchiando forte con i bastoni per far cadere le
olive; questa errata abitudine provocava la mutilazione della pianta e una
maggiore esposizione al freddo, e conseguentemente minori raccolti per gli anni
successivi. Per Manicone, il mancato sviluppo del Gargano era da imputare
anche alla pigrizia e indolenza dei suoi abitanti, che non erano capaci di
valorizzare i loro prodotti (olive, agrumi, vino, fichi, etc.) e talvolta
acquistavano prodotti meno pregiati e ad alto prezzo da altre regioni. Al
fine di comprendere come le istituzioni del tempo fossero distanti dalle reali
necessità della popolazione, è interessante la situazione che riguardò l'uso
delle acque di Canneto, infatti veniva impedito ai vichesi (anche con la forza)
di utilizzare l'acqua per l'irrigazione dei campi, perché avrebbero disturbato
l'attività di un mulino sito nel territorio di Rodi Garganico. Il giudice diede
ragione ai rodiani ma, per fortuna, questa sentenza ingiusta e ingiustificata
fu annullata dalla Regia Camera. Dalla lettura di alcune pagine delle
opere di Manicone è emerso che, pur cambiando i tempi, gli usi, le risorse a
disposizione, le conoscenze e le attività, l'uomo garganico (e non solo) viveva
e produceva nell'ottica del profitto immediato, sottovalutando gli effetti che
avrebbero potuto causare i suoi comportamenti errati nella vita della futura
comunità. Opere di Michelangelo Manicone contesto – il contesto del
contesto. "Philosophers often say that context is very
important." "Let us
take this remark seriously.’ "Surely,
if we do, we shall want to consider this remark in its relation to this or that
problem, i. e., in context, but also in itself, i. e., out of
context.” H. P. Grice, "The
general theory of context." Michelangelo Manicone.
MANNELLI. (Grimaldi). Filosofo. Grice: “Like me,
Mannelli loved Kant, Goethe, Schiller, Virgilio – and he has his own
‘palazzo’!” -- Fequenta il ginnasio a Cosenza. Si trasferì con la famiglia
prima ad Aosta, dove terminò gli studi liceali, e poi a Roma. S’interessa sempre
più al mondo politico e dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti,
ritorna a Cosenza e venne eletto Consigliere
Provinciale. Proprio in qualità di
membro del consiglio provinciale, si adoperò in prima persona per arricchire e
promuovere l'ampliamento della Biblioteca Provinciale di Cosenza Si dedicò in tempi e con modi diversi
all'attività di approfondimento e divulgazione. Firmò una versione metrica della
Xenia di Goethe (Roma, Paravia. Fu tra
i maggiori contributori della più importante rivista di arti e lettere della
regione, la Calabria Letteraria. Presidente dell'Accademia Cosentina,
l'istituzione accademica calabrese che vanta un'esistenza plurisecolare e che
nel XVI secolo ebbe come presidente Telesio.
Opere: “Inaugurandosi il monumento al caduti grimaldesi: scultura di Cambellotti,
Reggio Calabria, Editore Il Giornale di Calabria, Paravia, Le storiche Terme
Luigiane: passato-presente-futuro, Cosenza, Cronaca di Calabria, L'Accademia
Cosentina nella sua storia secolare e nell'oggi, Cosenza, Tip. Vincenzo
Serafino. Biografia in Calabriaonline.com
M. Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura
in Calabria. Xenia Edizione Paravia. nna
Vincenza Aversa, Dopoguerra calabrese: cultura e stampa, Editore Pellegrini,
Catanzaro, Accademia Cosentina
Biblioteca Civica di Cosenza Goethe
Poesia "Mamma" da "Come le nuvole” su Grimaldi Grimaldesi da ricordare, su digilander.libero.
Filippo Amantea Mannelli.
MANTOVANI (Moncalieri). Filosofo.
Insegna a Roma. Membro della Società Tommaso D’Aquino. Gli ambiti delle sue
ricerche spaziano sulla Filosofia della Storia, l'Ontologia, la Teologia
filosofica, e loro rapporti con la scienza. Ha compiuto studi sulla storia del
tomismo (cf. griceianismo). È uno dei maggiori studiosi e conoscitori del
realismo dinamico e di Demaria. Opere:“Fede e ragione: opposizione,
composizione?” Scaria Thuruthiyil, Mario Toso, Roma , LAS, “Quale
globalizzazione? : l'uomo planetario alle soglie della mondialità,” Scaria
Thuruthiyil, Roma, LAS, “Eleos: l'affanno della ragione: fra compassione e
misericordia,” Roma, LAS, “Sulle vie del tempo: un confronto filosofico sulla
storia e sulla libertà, Roma, LAS, “Paolo VI: fede, cultura, università,” “An Deus sit (Summa Theologiae I, q. 2). Fede,
cultura e scienza, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, Didatttica delle
scienze: temi, esperienze, prospettive,” Vaticano: Libreria editrice vaticana,
“La discussione sull’esistenza di Dio nei teologi domenicani” “Oltre la crisi:
prospettive per un nuovo modello di sviluppo: il contributo del pensiero
realistico dinamico Demaria. Roma, LAS,
,”Momenti del logos: ricerche del "progetto LERS" (logos, episteme,
ratio, scientia) : Roma, Nuova cultura,
“Per una finanza responsabile e solidale: problemi e prospettive, Roma, LAS, “Una
ricognizione sulla Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino” in Un pensiero per
abitare la frontiera: sulle tracce dell’ontologia trinitaria di Hemmerlie, aRoma
Incisa Valdarno, Città Nuova Istituto
universitario Sophia, Lorenzo Cretti ,
La quarta navigazione: realtà storica e metafisica organico-dinamica, Associazione
Nuova Costruttività -Tipografia Novastampa, Verona, Francisco de Vitoria, Sul
matrimonio, Roma, Scritti teologici inediti. Demaria; Roma,Editrice LAS. Pontifical
University of Saint Thomas Aquinas, su Angelicum. AVEPRO, su avepro.glauco. L’Università
Salesiana, un servizio per l’educazione e la comunicazione La Stampa Autorità
accademiche «Il nostro impegno per la “civiltà dell’amore”. Come vuole don
Bosco» La Stampa, su lastampa, CRUIPRO Conferenza
Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie Romane, su cruipro.net. redazione, Nuovi accordi di co-operazione
interuniversitaria, su FarodiRoma, Pontificia Accademia di S. Tommaso D'Aquino,
su cultura.va. Direttorio, su S.I.T.A.. PREMI MEDITERRANEO, su Fondazione
mediterraneo.org. Mantovani, “Vita tua, vita mea”: l'insegnamento di Demaria è
più che mai attuale. Fondazione Adriano Olivetti, su fondazioneadrianolivetti. Mauro
Mantovani. Keywords: Aquino.
MARASSI. (Cardano al Campo).
Filosofo. Grice: “I like Marassi; he has written a ‘natural’ history of ‘man’ –
which is interesting, ‘progetto uomo,’ he calls it!” -- Grice: “I like Marassi;
he has explored hermeneutics in the German tradition, Schleimacher to be more
specific; but has also written an essay on Heidegger; his links with me come
with his idea of metaphysics and transcendental arguments which he takes from
Kant, who he reads in both German and Italian, unlike I, or me.” – Grice: “He
has written an introduction to a comparative study of the approaches to ‘the
antique’ in both Italian and German philosophy – a fascinating topic. I suppose
the Oxonian approach, indeed Cliftonian, is a mixture of both!” Allievo di Melchiorre,
si laurea a Milano con la tesi “La differenza
ontologica in Heidegger, sotto la direzione di Melchiorre e con la co-relazione
di Bontadini. Ha discusso “Il profilo della presenza: Heidegger e il regno
della pluralità” con Melchiorre e Grassi. Insegna filosofia a Milano. Ha
coordinato l'edizione dell'Enciclopedia filosofica (Bompiani, Milano). Direttore del Dipartimento di Filosofia a
Milano. Dirige la Rivista di filosofia neo-scolastica. Dirige per la casa editrice AlboVersorio la collana
Epoche ed è membro del comitato del festival La Festa della Filosofia. Si occupa di storia dell'umanesimo (Bruni,
Alberti, Vico), della scolastica, di ermeneutica (Grassi), di filosofia
trascendentale, del pensiero postmoderno. I temi della sua ricerca ruotano
attorno a tre temi principali: la riflessione sui modelli storico-teorici della
filosofia della storia, l'interpretazione dell'umanesimo italiano (Alberti,
Bruni, Vico) in riferimento alla dimensione storica e morale, l'analisi della
fondazione trascendentale del sapere.
Opere principali: “Ermeneutica della differenza in Heidegger, Vita e
Pensiero, Milano, Schleiermacher, “Ermeneutica,” Rusconi, Milano, Bompiani,
Milano; Kant, “Critica del giudizio,” Bompiani, Milano, Metafisica e metodo
trascendentale,” Lotz, “La struttura
dell'esperienza, Vita e Pensiero, Milano; “Metamorfosi della storia. Momus e Alberti,” Mimesis,
Milano/ Coordinamento generale e direzione redazionale della Enciclopedia filosofica,
Bompiani, Milano. docenti.unicatt. Marassi. Massimo Marassi. Keywords: Alberti,
Bruni, Vico.
MARCHESINI. (Noventa
Vicentina). Filosofo. Grice: “Cassatta has unearthed some opinions by
Marchesini which are revolutionary!” Esponente del positivismo. Alievo di Ardigò, insegna filosofia a Padova.
Direttore della Rivista di Filosofia.Diresse, anche, un Dizionario delle
scienze pedagogiche, edito dalla Società Editrice Libraria di Milano. Tradusse,
inoltre, un testo di Locke Pensieri, edito da Sansoni. Opere: “La vita,” –
Grie: “Sounds promising: a treatise on life! Cf. my ‘Philosophy of Life’”). Montagnana,
Tip. di A. Spighi, “Saggio sulla naturale unità del pensiero,” Firenze,
Sansoni, “Elementi di Psicologia tratti dalle opere filosofiche di Ardigò,” Firenze,
Sansoni, “ Elementi di logica” -- secondo le opere di R. Ardigò, St. Mill, A. Bain
ecc., prefazione di Ardigò, Firenze, Sansoni,” Grice: “A fascinating little
book: it reminded me of Strawson’s Introduction to Logical Theory! Only
Strawson would rather die than axe me to foreword it!” –[ whereas Marchesini
commissioned his tutor to drop a word “or two””].—Grice: “Marchesini shouldn’t
be so reverential towards Ardigo.” Grice: “I count Marchesini’s oeuvre as being
by Marchesini; if I want to read Ardigo, I read Ardigo!” – “Elementi di morale,
ad uso anche dei licei, secondo le opere degli scienziati moderni, prefazione
di Ardigò, Firenze, Sansoni, “Il positivismo e il problema filosofico, Torino,
F.lli Bocca, “Le amicizie di collegio” – Grice: “I should note that Marchesini
uses ‘amecizia’ in quotes! So it doesn’t really apply to my Clifton days!” -- (con prefazione di E. Morselli e in
collaborazione con Obici), Roma, Società Ed. "Dante Alighieri ", “Elementi
di pedagogia : Con un'appendice di cento scelte citazioni, Firenze, Sansoni, Doveri
e diritti : ad uso delle scuole tecniche e complementari, Milano-Palermo, R.
Sandron, “La teoria dell'utile,” principi etici fondamentali e applicazioni, Milano-Palermo,
R. Sandron, “ Il Simbolismo nella conoscenza e nella morale, Torino, Fratelli Bocca
Editori, “ Il dominio dello spirito, ossia Il problema della personalità e il
diritto all'orgoglio, Torino, F.lli Bocca, Pedagogia, Torino, Paravia, Il
principio della indissolubilità del matrimonio e il divorzio, Pakdova-Verona,
Fratelli Drucker, “Elementi di logica,” ed. interamente rifusa, -- Grice: “This
makes me laugh! It’s like saying: my previous, Ardigo-based stuff, was
nonsense!” -- Firenze, Sansoni, Disegno storico delle dottrine pedagogiche,
Roma, Athenaeum, “La dottrina positiva delle idealità,” Roma, Athenaeum, “L'educazione
morale, Milano, F. Vallardi, “I problemi fondamentali della educazione,”
Torino, Paravia, “I problemi dell'Emilio” di G. G. Rousseau, Firenze, R.
Bemporad e Figlio, “La finzione dell'educazione o la pedagogia del Come se,”
Torino, Paravia, “L'educazione del soldato, con 50 problemi per esercitazioni,”
Firenze, Ed. La Voce, “Il problema della scienza nella storia delle scienze :
per i licei scientifici, Milano, Signorelli, “Dizionario delle scienze
pedagogiche : opera di consultazione pratica con un indice sistematico,
direttore Marchesini, collaboratori: Antonio Aliotta, Giuseppe Aliprandi e
altri, Milano, Soc. Edit. Libraria, Vedi Treccani L'Enciclopedia Italiana. Ultima
ristampa: Firenze, Sansoni, 1968.
Mariantonella , Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini».
La crisi del positivismo italiano, Collana di filosofia, Franco Angeli, Treccani
L'Enciclopedia Italiana. Giovanni Marchesini. Keywords: “L’educazione del
soldato” --.
MARCHESINI. (Bologna).
Filosofo. Grice: “I don’t think Marchesini has a philosophical background, but
he fascinates me! I especially liked his idea about ‘virility’ and the idea of
a knightly code – ‘codice cavalleresco’ – The other field that fascinates me is
his research on ‘inter-subjectivity’ in the living form – which he now extends
to plants – ‘vivente’ – Surely we don’t refer to a cat as an object – and the
philosophical keyword here is ‘threshold,’ that Marchesini aptly uses.” Cardine
della sua proposta filosoficariconducibile, seppur con caratteristiche proprie,
alla più ampia corrente del Post-humanè lo smascheramento di quell'errore
prospettico che pone l'uomo al centro e a misura dei suoi predicati.
«Comincerò il mio viaggio dal prato più bello, quello che l'aria non abbandona
un istante, il sole vi si intrappola da splendere pur di notte ed i profumi
vergini coesistono con quelli gravidi. È qui che il dio Pan cadde la notte dei
tempi, da qui iniziò il suo girovagare incerto, all'unico desiderio
d'amare» (R. Marchesini, Il dio Pan). Da sempre affascinato dalla natura
e, in particolare, dal regno animale, consegue la laurea a Bologna. Parallelamente
agli anni di formazione universitaria, spinto da un forte interesse verso il comportamento
animale, stringe una feconda collaborazione e amicizia con l'etologo Giorgio
Celli, con il quale inizia a indagare le interazioni sociali degli imenotteri.
Per cinque anni conduce ricerche “sul campo” e, con l'ausilio della
macrofotografia, è in grado di immortalare quegli attimi di vita animale
altrimenti nvisibili all'occhio nudo: rituali di corteggiamento, di
accoppiamento e di trofallassi tra gli insetti che diventeranno il viatico per
tutta la sua ricerca futura. Nei suoi studi di entomologia approfondisce
l'analisi dei sistemi feromonali che saranno tema di alcune pubblicazioni e
della successiva ricerca sul comportamento e sul benessere animale. Nella
seconda metà degli anni ottanta, sotto la guida del professor Franco Pezza,
dell'Università degli Studi di Milano, studia i metodi di allevamento, i
parametri di benessere nelle aziende zootecniche, i fattori di incidenza del
rischio in zootecnia, le modalità di individuazione dei sinistri, pubblicando
alcuni lavori sulla medicina veterinaria delle assicurazioni. Inizia così
la sua collaborazione con diversi atenei sui temi del comportamento animale,
tenendo corsi e master di etologia applicata e medicina comportamentale. Alla
metà degli anni novanta entra nel Consiglio Direttivo della Società di
Scienze Comportamentali Applicatedi cui diverrà Presidente focalizzando la
propria attenzione sul comportamento degli animali domestici, sugli stili di
relazione interspecifica, sui problemi e sulle patologie comportamentali.
Osservando sul campo le espressioni comportamentali e i processi di
apprendimento degli animali, inizia a considerare anacronistici e
contraddittori i modelli esplicativi tradizionali. In sintesi, quello che
Marchesini propone nel panorama delle scienze cognitive è un superamento dei
tre modelli interpretativi al comportamento animalequello behaviorista, quello
etologico classico e quello antropomorficoin virtù di un modello mentalistico
unitario (un'unità necessaria che la mente, come fenomeno unico, richiede), che
valga sia per i processi consapevoli che inconsapevoli e che descriva
espressione e apprendimento in termini elaborativi dell'informazione, sistemici
o composizionali dellecomponenti, solutivi e non reattivi, evolutivi e
relazionali nella realizzazione ontogenetica. Questo porterà alla pubblicazione
di tre testi dal forte impatto innovativo: Intelligenze plurime e Modelli
cognit ivi e comportamento animale ed Etologia cognitiva. Alla ricerca
della mente animale. Gli assunti di base della proposta di Marchesini sono i seguenti:
il soggetto è immerso in un campo di possibilità filogenetiche che definiscono
il tipo di intelligenza propensionale o specie-specificada cui l'idea di
pluralità cognitiva dove le diverse intelligenze sono comparabili ma non
commensurabili; il processo ontogenetico di costruzione dell'identità si
realizza grazie alle dotazioni innate, che ricche di virtualità evolutive,
possono essere organizzate in una molteplicità di modida cui l'idea di rapporto
dimensionale o direttamente proporzionale di innato e appreso; l'espressione
del soggetto è sempre proattiva, mossa cioè da un obiettivo, e quindi frutto di
una condizione problematica che il soggetto cerca di risolvere attraverso
ricette solutive fino al raggiungimento dell'obiettivoda cui il superamento del
concetto di rinforzo. Vi è quindi una ridefinizione della soggettività animale,
come possesso del suo qui e ora, e come capacità di mettere in dialogo tutte
quelle istanze (ontogenetiche e filogenetiche) che gli appartengono nella sua
relazione con il mondo. Bioetica e diritti animali Alla fine degli anni ottanta
si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna, con l'intento di
sondare il rapporto uomo-natura da una prospettiva pedagogico-filosofica.
In questi anni inizia a portare nelle scuole percorsi progettati appositamente
a misura di bambini per permettere loro di conoscere la varietà del mondo
animale evitando letture antropomorfiche, quelle viziate, ad esempio, dai
sedimentati repertori culturali. È in questi anni che avviene uno degli snodi
cardine nell'attività di Marchesini: egli si accorge che le potenzialità che è
in grado di esprimere il binomio bambinoanimale (o più in generale uomoanimale)
è da ricercarsi non nella performatività quanto piuttosto nelle dinamiche che
la relazione, unica e irripetibile, è in grado di generare. L'animale coinvolto
nelle attività didattiche non è più un oggetto dal quale attingerequasi fosse
una fonte miracolosaelementi benefici al percorso formativo del bambino, ma è
nel suo essere soggetto e capace di stipulare un patto con il proprio
interlocutore che lo fa divenire elemento imprescindibile di ogni percorso
formativo. L'esperienza condotta all'interno delle scuole porta
Marchesini alla stesura del volume Natura e pedagogia, inizialmente nato per
divenire la sua tesi di laurea, ma pubblicato prima della conclusione degli
studi umanistici. Le attività con i bambini lo conducono in tutta Italia
portando in evidenza due aspetti: il divorzio che si è andato realizzando
tra l'uomo e le altre specie nella cultura contemporanea, con bambini che non
sono in grado di relazionarsi con gli animali e spesso nemmeno conoscono le
specie domestiche; la svalutazione degli animali e l'incapacità della società
contemporanea di avere consapevolezza dell'importanza della relazione con le
altre specie per lo sviluppo della personalità. Per Marchesini la svalutazione
operata dalla società contemporanea parte dalla perdita di quel rapporto di
convivenza e di ospitalità che viceversa ancora caratterizzava la cultura rurale.
Nasce così il Concetto di soglia (che esprime il bisogno di uscire dalla
dicotomia novecentesca dell'antropomorfismo e della reificazione
dell'eterospecifico. Temi già affrontati in due saggi precedenti, Animali di
città, critico verso l'antropomorfizzazione degli animali da compagnia, Oltre
il Muro, critico verso la reificazione dei cosiddetti animali da utilità. Sono
gli anni in cui riflette sul pensiero animalista e sulla bioetica animale
fondando, insieme a colei che diventerà la sua storica collaboratrice, Sabrina
Golfetto, la casa editrice Apeiron con lo scopo di creare un luogo dove
ospitare riflessioni e dibattiti su tali tematiche. Sono gli anni in cui
abbraccia, senza più abbandonarlo, il vegetarianesimo e dà vita assieme a
Luisella Battaglia e a Margherita Hack a un'intensa attività convegnistica che
confluirà nella collana Quaderni di bioetica di cui sarà direttore. Nel sostituisce Caffo, che ne era stato fondatore
e primo direttore, nella direzione di Animal Studies: Rivista Italiana di Antispecismo.
Nel maggio esce per le Edizioni Sonda
Contro i diritti degli animali? Proposta per un antispecismo postumanista. Il
saggio affronta il tema dello specismo passando in rassegna le incongruenze e
le incoerenze nascoste nelle maglie di un dibattito filosofico e culturale che
pretende di sospendere l'antropocentrismo, rimanendo all'interno di una cornice
umanistica. Il testo vede i commenti finali di Rodotà, Sax, Vallauri e
Fadini. Porta la neonata zooantropologia in Italia, disciplina all'interno
della quale compie una sistematizzazione sia a livello teorico, accanto alle
antropologhe Eleonora Fiorani e Sabrina Tonutti, sia a livello applicativo con
la delineazione di protocolli operativi nelle aree educative e
assistenziali. Per ciò che concerne la zooantropologia teorica, l'ipotesi
di fondo proposta da Marchesini, e riconducibile alla sua teoria della
zootropia, è che gli animali nel corso della storia non abbiano funto solo da
produttori di prestazioni o di collezioni di modelli da imitare ma altresì da
alterità referenziale nei processi antropopoietici. Marchesini sviluppa il
concetto di "referenza animale", inteso come contributo di
cambiamento offerto all'uomo dalla relazione con l'etero-specifico. Gli
uccelli non hanno insegnato all'uomo l'arte di volare -- il modo di realizzare
questa attività -- ma gli hanno ispirato la dimensione esistenziale del volare.
Per Marchesini i predicati umanicome la danza, la musica, la cosmesi, la
tecnicavanno considerati come frutti ibridi, esito cioè dell'incontro
relazionale con le altre specie. Il motore della cultura umana è quindi per
Marchesini rintracciabile nell'incontro con l'alterità animale che, nella forma
di una vera e propria epifania, è stato capace di re-direzionare l'uomo lontano
dal suo centro filogenetico e dalla sua solipsia di specie dando vita a nuove
possibilità esistenziali. Per ciò che concerne la zoo-antropologia applicata,
opera una trasformazione in alcuni settori delle attività di relazione con gli
animali, dalla pet therapy alla pedagogia cinofila, impostando i
"protocolli dimensionali", vale a dire individuando nel rapporto
delle dimensioni di relazione, ciascuna dotata di specificità sia di ordine
relazionale che referenziale. In pet therapy lavorare secondo l'approccio
dimensionale significa evitare l'incontro generico tra un paziente e un animale
ma individuare le dimensioni di relazione che sono utili al fruitore secondo i
suoi bisogni specifici e renderle operative attraverso attività
specifiche. Allo scopo di formare nuovi operatori in grado di lavorare
secondo i protocolli dimensionali fonda “Scuola di Inter-Azioone Uomo-Animale
on sede a Bologna. Sii fa co-promotore di Carta Modena (Carta dei Valori e
dei Principi della Pet-Relationship) che riceve il patrocinio del Ministero della
Salute. Il documento mira a tutelare, all'interno del panorama della attività
assistite dagli animali (A.A.A.) sia il fruitore, il benessere dell'animale
coinvolto e il principio inter-relazionale che dal binomio scaturisce. Pubblica
“Etologia filosofica: alla ricerca della inttersoggettività animale” con il
quale inaugura la riflessione ontologica sul carattere dell’intersoggettività
animale, vale a dire su che cosa differenzia un “oggetto” da un essere “vivente.”
Rilegge l'ontologia animale in termini di "desiderio". “Essere
animale” (essere vivente) significa prima di tutto "essere
desiderante", una condizione di *non*-equilibrio che rende due animali
protagonisti de loro divenire nonché capaci di definire il corso della
filogenesi di specie. L'etologia filosofica diviene ben presto un campo
di ricerca entro il quale dialogano allo scopo di ridefinire i contorni di ciò
che intendiamo con essere animale. Inizia la ricerca filosofica che va a
innestarsi nella costellazione di studi definita come post-human. È di
questo period della ri-definizione dell'umano quale entità ibrida,
puntualizzato nel dettato che vede l'uomo non più misura del mondo ma nemmeno
misura di se stesso. In tale corrente filosofica ci sono per Marchesini le
giuste premesse per poter articolare la propria riflessione in quanto il
concetto di “alterità” nel progetto post-human assume un significato molto più
vasto, abbracciando di fatto le entità non umane animali e macchiniche.
Collabora con la rivista Virus inaugurando una nuova estetica basata
sull'ibrido come manifestazione contemporanea del sublime. In tale luce il
Manifesto del Teriomorfismo rappresenta il documento attraverso il quale gli
artisti rifiutano il dettato antropocentrico e riconoscono la natura ibrida di
ogni processo creativo. All'interno di tale campo d'indagine pubblica
Animal Appeal e una feconda collaborazione che travalica i campi disciplinari e
rivela ancora una volta i debiti che la cultura, in questo caso l'arte, ha
contratto con le alterità. Conosce Salsano, storico, sociologo ed editor della
casa editrice Bollati Boringhieri, che affascinato dal lavoro di Marchesini
decide di pubblicare un primo saggio sul rapporto tra bios e techne dal titolo
La fabbrica delle chimere (1999), testo che si pone a cavallo tra le precedenti
esperienze in zooantropologia e bioetica e la nuova riflessione
postumanistica. Esce Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, testo
corposo, concettualmente denso e dalla molteplicità di riferimenti, che ha
suscitato un grande dibattito nel mondo accademico portando il suo autore a
divenire punto di riferimento per ogni ricognizione che vada ad indagare i
rapporti che intercorrono tra vivente (sia esso umano o animale) e tecnica.
Sempre nel medesimo anno fonda Il Centro Studi Filosofia Postumanista allo
scopo di promuovere e sviluppare le tematiche legate al post-human da diverse
prospettive, arte, letteratura, cinema, new media, formazione. Innumerevoli
saranno poi le pubblicazioni sul pensiero postumanista, che vedranno la
pubblicazione del saggio Il tramonto dell'uomo. Inoltre, traduce, cura e scrive
la postfazione dell'edizione italiana del testo The Companion Species Manifesto
di Haraway. Esce per Mimesis Epifania animale. L'oltreuomo come
rivelazione nel quale Marchesini evidenzia come la cultura non vada pensata in
modo antropocentrico come l'esito autarchico di un processo creativo
interamente svolto dall'uomo, pur avvalendosi di materiale zoomorfo, ma come
una rivelazione epifania ispirata dal non umano. Torna in libreria con un
volume interamente dedicato al rapporto tra bios e tecnica, Tecnosfera.
Proiezioni per un futuro postumano (Castelvecchi). Rilegge il connubio tra
essere umano e tecnologia come una partnership emersa dal corredo filogenetico
della specie Sapiens, mettendo in luce le potenzialità ibridatrici e
plasmatrici della tecnologia. Da questa prospettiva, ogni invenzione, ogni
scoperta, ha un effetto epifanico; apre, cioè, una nuova dimensione di
imprevisto e di opportunità che modifica i confini e la percezione di ciò che
definiamo umano. Il mondo degli insetti (“as I observed squarrels” –
Grice) così minuziosamente osservato risulta essere particolarmente evocativo
anche da un punto di vista estetico e narrativo tant'è che dà alla luce la
raccolta di racconti lirici “Il dio Pan,” frutto in parte anche delle
osservazioni compiute tra gli imenotteri. Nei brevi racconti dedicati al
dio agreste della mitologia greca, cerca di sfatare il mito di una natura, da
un lato meccanicistica (mera esecutrice dei dettami della genetica) e
dall'altro lato bucolica e idealizzata che nulla o poco rappresenta ciò che
l'autore mira ad affrescare: una natura reale, un mondo del vivente a volte
crudele ma in grado di interconnettere profondamente tutti i suoi abitanti: la
preda e il predatore, la cavalletta e la mantide. Il testo, recepito
positivamente dall'ambiente culturale bolognese, porta Marchesini a stretto
contatto con il Roversi, altra figura che influenzerà profondamente la sua
attività futura portandola a spingersi in plurimi territori e a cavallo di
numerosi discipline: dalla narrativa alla poesia, passando per la
filosofia. Pubblica il romanzo Uscendo da Lauril e la raccolta di racconti Specchio animale che
ospita la postfazione di Leonetti. Con la pubblicazione di Uscendo da Lauril in
particolare,intraprende l'esperimento di trasferire sul piano narrativo le
evocazioni postumanistiche partendo dalla poetica cyber-punk. In entrambi i
lavori è possibile ritrovare quegli elementi che contraddistinguono la speculazione
filosoficai: la dialettica tra identità alterità, il rifiuto di qualsiasi mito
della purezza originaria e di ogni forma di antropocentrismo. Esce per la
casa editrice Mursia Ricordi di animali, l'autobiografia volta a raccogliere la
storia di vita dell'etologo osservata tramite la lente dei numerosi animali che
ne hanno scandito le tappe fondamentali. -- è invece la volta de La filosofia del
giardiniere, pubblicato dalla Graphe edizioni nella collana Parva. Il libro è
composto di due parti, nella prima il lettore è condotto dalle parole a
passeggiare nel giardino, novello atelier darwiniano, con stupore e riverenza.
Nella seconda sono le immagini di alcuni giardini del mondo a far continuare la
riflessioni sulla cura, portate avanti da Marchesini. Roberto
Marchesini nel Centro Studi di Galliera (Bologna) Progetti esteri Roberto
Marchesini tiene regolarmente conferenze in diversi paesi del mondo tra i
quali: Stati Uniti, dove dal tiene
annualmente una lecture presso l'Harvard, Brasile, Messico, Cile, India,
Australia, Francia, dove è stato ospite della Sorbona, Spagna,
Portogallo. Cura la rubrica etologia a cadenza settimanale "Gli
animali che dunque siamo" per Il Corriere della Sera. “Intelligenza
emotiva versus intelligenza cognitive” in Pluriverso, 3, La Nuova Italia, La via vegetariana per un mondo migliore,
Vimercate, La spiga vegetariana, pagina 2:// novalogos/drive /File/ LIBRO% 20ANIMAL
%20 STUDIES %201-.pdf // novalogos// drive/File/ animalstudies. R. Marchesini,
Teriomorfismo, Bologna, Apeiron. Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze
cognitive. Oltre al muro, Torino, Franco Muzzio Editore, Natura e pedagogia,
Roma, Theoria, Il concetto di soglia, Roma, Theoria, Io e la natura, Forlì-Cesena,
Macro Edizioni, La fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate agli
animali, Torino, Bollati Boringhieri, Bioetica e scienza veterinarie, Edizioni
Scientifiche Italiane, "Intelligenza emotiva versus intelligenza
cognitiva", In Pluriverso, Firenze, La Nuova Italia, Bioetica e
biotecnologie. Questioni morali nell'era biotech, Bologna, Apeiron,
Intelligenze plurime. Manuale di scienze cognitive animali, Bologna, Peridsa,
“Il galateo per il cane” Milano, Giunti, “Modelli cognitivi e comportamento
animale: Coordinate di interpretazione e protocolli applicative;; Contro i
diritti degli animali? Proposta per un anti-specismo post-umanista,
Alessandria, Edizioni Sonda, Vivere con
il cane. Come migliorare il rapporto fra cani, adulti e bambini, Firenze, De
Vecchi, Il bambino e l'animale. Fondamenti per una pedagogia zoo-antropologica,
Roma, Anicia, Etologia cognitiva. Alla
ricerca della mente animale, Bologna, Apeiron, Pluriversi cognitivi. Questioni
di filosofia ed etologia, Milano, Mimesis, Geometrie esistenziali. Le diverse
abilità nel mondo animale, Bologna, Apeiron, Zooantropologia. Animali e umani: analisi di
un rapporto, Como, Red, Animali in città. Manuale di zoo-antropologia urbana,
Como, Red, Homo Sapiens e mucca pazza. Antropologia del rapporto con il mondo
animale, Bari, Dedalo, R. Fondamenti di zooantropologia. Zooantropologia
applicata, Bologna, Perdisa, Manuale di zooantropologia, Roma, Meltemi, Il codice degli animali magici, Firenze, De
Vecchi, L'identità del cane. Storia di una implicatura conversazionale tra
specie; Bologna, Apeiron, L'identità del gatto. La forza della convivialità,
Bologna, Apeiron, Cane & Gatto. Due stili a confronto, Bologna, Apeiron, Etologia filosofia. Alla ricerca della inter-soggettività
animale, Milano, Mimesis, Emancipazione dell'animalità, Milano, Mimesis, Posthuman.
Verso nuovi modelli di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Il problema del
corpo, tra umanesimo e postumanesimo, in Janus, Tecno-scienza e approccio post-umanistico, in
Millepiani, R. Marchesini, Il tramonto dell'uomo. La prospettiva postumanista,
Bari, Dedalo, R. Marchesini, Filosofia postumanista e antispecismo, in
Liberazioni. Rivista di critica antispecista, L. Caffo, R. Marchesini, Così
parlò il postumano, a cura di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos, ,R. Marchesini,
Epifania animale. L'oltreuomo come rivelazione, Milano, Mimesis, R. Marchesini, Ibridazioni e processi
evolutivi, in Formazione e post-umanesimo. Sentieri pedagogici nell'età della
tecnica, Milano, Raffello Cortina, Etologia filosofica. Alla ricerca della inter-soggettività
animale, Milano, Mimesis, Alterità. L'identità come relazione, Modena, Mucchi Editore, Tecno-sfera. Proiezioni
per un futuro postumano, Roma, Castelvecchi, Eco-ontologia. L'essere come
relazione, Bologna, Apeiron, R. Teriomorfismo, Bologna, Hybris, Poetiche postumaniste in Polimorfismo,
multimodalità, neobarocco, N. Dusi e C. Saba, Silvana Editore, , R. Marchesini, "Ontani. Argonauta
dell'ibridazione", in Ontani incontra Giorgio Morandi. Casamondo, Danilo
Montanari Editore, Il Dio Pan. Racconti
lirici, Firenze, Firenze Libri, Graphe edizioni, Perugia, Uscendo da Lauril,
Roma, Theoria, Specchio animale. Racconti di ibridazione, Roma, Castelvecchi, Ricordi
di animali, Milano, Mursia, Il cane secondo me. Vi racconto quello che ho
imparato dai cani, Alessandria, Sonda, La filosofia del giardiniere.
Riflessioni sulla cura, Perugia, Graphe edizioni. Blog ufficiale, su marchesini etologia. iVegetti
della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Radio Radicale. Academia.edu.
Sito ufficiale (Scuola di Inter-azione Uomo-Animale). Sito ufficiale del Centro
Studi Filosofia Postumanista diretto da. Roberto Marchesini. Keywords:
terio-morfismo.
MARCHETTI. (Empoli). Filosofo. Grice: “I love
Marchetti; for once, he had to find vulgar terms for all of Lucretius’s learned
ones! The Italians used to call their own tongue ‘volgare’ then --; this is not
easy matter (to translate Lucretius, not to call your tongue volgare),
especially since Lucretius was often unclear to himslf – talk of my
conversational desideratu of conversational perspicuity [sic]!” -- Grice: “I
like him because he axiomatised Galilei!” Professore a Pisa, contina le
ricerche di Galileo n come iViviani. Collabora con Papa. Scrisse rime morali ed eroiche. L’opera cui
deve la sua fama è la traduzione “Della natura delle cose” di Lucrezio.
Considerata come un manifesto di razionalismo,
“La natura dellle cose” influì notevolmente sul gusto arcadico per la purezza
della lingua e l'eleganza dello stile.
La diffusione di idee materialiste attirò sul Marchetti l'accusa di
empietà. Pur rifugiatosi nella poesia, non riuscì ad evitare le indagini del
Sant'Uffizio, ispirate soprattutto da Vanni. Per altre sue opere di successo fu
attaccato dagli oppositori di Galileo.
Membro dell’ Accademia dei Disuniti, Accademia dell'Arcadia, Accademia
dei Fisiocritici, Accademia dei Risvegliati, Accademia della Crusca e Accademia
Fiorentina. Opere: “De resistentia
solidorum” (Florentiae, typis Vincentij Vangelisti & Petri Matini (Grice:
“Opera abbastanza interessante, basata
sulla teoria galileiana, cui Marchetti dà una struttura assiomatica – ripetto,
‘assiomatica’ -- rigorosa. Tratta in larga parte il problema dei solidi di
uniforme resistenza, precedendo di mezzo secolo l'importante trattato di
Grandi), “Exercitationes mechanicae” (Pisis, ex typographia Io. Ferretti); “Della
natura delle comete,” “Lettera scritta all'illustriss. sig. Francesco Redi,” In
Firenze, alla Condotta, “Saggio delle rime eroiche morali e sacre,” dedicato
all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In Firenze, nella stamperia
di Cesare Bindi, “Anacreonte,” radotto dal testo greco in rime toscane da
Alessandro Marchetti accademico della Crusca e da lui dedicato all'altezza
reale di Ferdinando principe di Toscana, In Lucca, per L. Venturini. “Della
natura delle cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti (per Giovanni
Pickard) Vita e poesie di Marchetti da Pistoja filosofo e matematico
all'illustrissimo sig. cavaliere F. Feroni marchese di Bellavista patrizio
fiorentino e accademico della Crusca (Venezia, appresso Pietro Valvasense
(Contiene poesie con la “Vita” scritta dal figlio Francesco). G. Costa,
Epicureismo e pederastia: il Lucrezio e
l'Anacreonte di Alessandro Marchetti secondo il Sant'Uffizio, Firenze, L.S.
Olschki, Dizionario di filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Cesare Preti, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Mario Saccenti, “Lucrezio in Toscana: Studio
su Marchetti” (Firenze, L.S. Olschki); De rerum natura Razionalismo, TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro
Marchetti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Alessandro Marchetti, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Alessandro Marchetti.
MARCHI. (Potenza). Filosofo. Grice: “Marchi displays
a few features hardly found at Oxford: He edited a magazine, “filosofia
mazziniana” – I can imagine Bradley wanting to edit “Hegeliana” at Oxford – and
we do have a Gilbert Ryle Room, and an Occam Society! The other trait is illustrated
by his manifesto, “La missione di Roma,” – Churchill would have equaled with
something Anglian!” Generale di corpo d’armata italiano, Medaglia d'oro dei
Benemeriti dell'Educazione Nazionale. Professore
a Roma curò la pubblicazione di diverse riviste in cui si confrontarono alcuni
studiosi del primo Novecento italiano come Varisco. Tra queste Dio e Popolo e “L'idealismo
realistico.” Dio e Popolo, rivista di ispirazione mazziniana, accoglie scritti
miranti alla ricostruzione della filosofia religiosa di Mazzini e i rapporti
tra religione e stato; nega l'ateismo e persegue l'ideale di “repubblica”. “L'idealismo
realistico” raccoglie teorie filosofiche di stampo anti-gentiliano. A lui è dedicato il Premio tesi di Laurea
“Vittore Marchi”, bandito da Roma Tre per i neolaureati che abbiano sostenuto
tesi su un argomento concernente il pensiero filosofico antico degne di essere
pubblicate; e un parco al Municipio IV. Opere: “Ricostruzione della filosofia
religiosa di Mazzini, in Dio e Popolo, “La missione di Roma” o, Atanòr Ed., Il
concetto e il metodo della ‘storia della filosofia,’ – Grice: “His apt implicature is that if you are an
idealist, don’t shed your idealism when discussing J. J. C. Smart!” -- Filosofia
e religione, La perseveranza Ed., Potenza, La filosofia morale e giuridica di Gentile,
Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Relazione tra la filosofia teoretica
e la filosofia pratica – Grice: “I would strongly assert that it’s the same
thing: ‘Poodle is our man in practical philosophy’ sounds obscene’” -- in L'idealismo realistico, Roma, “Le prove
dell'esistenza di Dio, in L'idealismo realistico, Roma, Riconoscimenti Medaglia
d'oro ai Benemeriti dell'Educazione Nazionale Gli è stato dedicato un parco a
Roma. Gramsci (J. A. Buttigiec), G. De Turris, Fenomenologia dell'individuo
assoluto, Roma, Edizioni Mediterranee. //uniroma3/news.php?news=603. Vittore
Arnaldo Marchi. Vittore Marchi.
MARCHI. (Brescia). Filosofo. Grice: “His ‘poesia del
desiderio’ is confusing – he means tenderness, as Scruton does in his book on
“Sexual arousal”” -- Grice: “Perhaps Marchi’s most provocative piece is
“L’anima DEL corpo.” If I were to be tutored on that by Hardie, I can very well
imagine Hardie – he was a Scot – ‘what d’you mean, ‘of’?” Psicoterapeuta di
formazione reichiana, umanista, autore di scritti talvolta controversi perché a
scopo provocatorio, si define Solista ed ama stare «fuori
dall'Accademia». Psicologo clinico e sociale, politologo e autore
di numerosi saggi, è stato protagonista di varie battaglie per i diritti civili
e sessuali, riuscendo con una sentenza della Corte Suprema sulla “Vertenza tra
il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e Marchi”, ad ottenere la revoca dei divieti
penali all'informazione e all'assistenza anti-concezionale e ad avviare la
realizzazione di una rete di migliaia di consultori sessuologici e familiari
pubblici. Fonda l’'AIED, guidando l'Associazione in qualità di Segretario. Ha
dato per oltre quarant'anni un contributo determinante non solo alla
segnalazione della pericolosità dell'esplosione demografica (da lui definita
“la madre di tutte le tragedie”) e dei suoi corollari (fame, guerre, genocidi,
disastri ambientali, disoccupazione di massa, migrazioni disperate, crisi
energetica mondiale) ma anche al chiarimento dei meccanismi psicologici che
hanno finora impedito di comprendere e di affrontare questa tragedia
planetaria. Dimostrato con alcuni foto-romanzi interpretati da noti attori (Paola
Pitagora, Pagliai, Gassman, Zavattini e Valdemarin) che i messaggi mass-mediatici
associati alla psicologia motivazionale sono lo strumento più efficace per
indurre le masse alla regolazione delle nascite: una tesi oggi confermata da
varie organizzazioni internazionali. --Presidente italiano di tre
importanti Scuole di Psicoterapia da lui fondate: quella psico-corporea di Reich,
quella bioenergetica di Lowen e quella umanistica di Rogers. Marchi matura un
diverso punto di vista nei confronti degli approcci teorici di Reich, Lowen e
Rogers (a suo parere non avevano colto fino in fondo l'importanza della
coscienza e dell'angoscia della morte nella genesi delle patologie psichiche
umane) e propone una teoria della
cultura e della nevrosi in un libro (“Scimmietta ti amo -Psicologia Cultura
Esistenza: da Neanderthal agli scenari atomici ” Ed. Longanesi “Lo shock primario”,
Ultima Ed. Rai-Erit) che viene proclamato “Libro del Mese”. Fonda a Roma
l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale, oggi diretto da Filastro.
Pioniere della ricerca psico-sociale, è
stato Presidente Onorario della Società Italiana di Psicologia Politica . I
suoi contributi in questo campo sono stati: 1) la fondazione della
Psicopolitica (un metodo di analisi psicologica dei fenomeni socio-culturali
che propone una “lettura” psicologica di
tali fenomeni, diversa da quelle di carattere marxista, idealista o
istituzionalista finora prevalse, con risultati fallimentari, nelle scienze
sociali e politiche tradizionali); 2) l'elaborazione d'una nuova
"Psicologia Politica Liberale" . Si è interessato anche al teatro e
alla televisione, creando programmi di cui Fellini scrisse: “Ecco una nuova
televisione culturale di cui c'è, oggi, bisogno”. E per oltre due anni ha
condotto un programma di psicologia su RaiUno ” La chiave d'oro” con Baldini. Guzzanti
ha scritto di lui: “ è un felice incrocio tra Russell ed Allen”.
Attivista per il riconoscimento dei diritti alla contraccezione, al divorzio,
all'interruzione di gravidanza e all'eutanasia, ha fondato il Centro
informazioni sterilizzazione aborto) che anticipò la legge sull'aborto in
Italia, e l'Associazione italiana per l'educazione demografica. Ha costantemente sostenuto l'importanza del
problema della crescita demografica e dei problemi economici, ecologici,
sociali e psicologici ad essa connessi. Pur essendo favorevole alla
chiusura dei manicomi, ha criticato la legge Basaglia in quanto scaricava sulle
famiglie il problema dei malati psichiatrici pericolosi; parlando dei delitti
in famiglia, evidenziò come il nucleo familiare resti il luogo principale in
cui avvengono gli omicidi, a suo giudizio "frutto del fallimento"
della legge 180 sulla salute mentale. Propose «una riforma radicale e
l'apertura di cliniche psichiatriche che non siano i vecchi manicomi ma
strutture umanizzate, oltre che di centri per l'attività riabilitativa».
Aderente al Partito Radicale, ha tenuto per tredici anni, dal 1995 al 2008, la
rubrica bisettimanale "Controluce" su Radio Radicale, in cui ha
trattato temi che venivano altrove trattati con conformismo: il sesso e
l'amore, la procreazione e la contraccezione, le malattie e la morte, il lavoro
e le rendite, la libertà e l'autoritarismo. È stato autore della
"Teoria liberale della lotta di classe", nel volume O noi o loro!. Istituto di
Psicologia Umanistica Esistenziale "MARCHI" IPUE Modello, Fondatori e
Storia della Scuola -- è mosso dalle radici comuni teoriche ed epistemologiche
riconducibili alla fenomenologia e all'esistenzialismo, fondamentali correnti
filosofiche del ‘900, e da alcuni autori significativi del movimento della
psicologia umanistico-esistenziale in particolare Carl Rogers, Rank, Frankl,
Binswanger, Boss, Jaspers, Minkowski. Eredita la particolare concezione
dell'uomo e della vita, che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità
di scelta. Consapevole della sovrabbondanza di Scuole Psicologiche
esistenti in Italia esitò prima di fondare l'Istituto di Psicologia Umanistica
Esistenziale. Preferì lavorare nell'ambito di indirizzi già affermati, che
sentiva geniali e creativi e fu l'iniziatore della Scuola Reichiana in Italia
Presidente dell'Istituto di Bioenergetica W. Reich di Roma e per 6 anni
Presidente dell'Istituto di Psicologia Rogersiana (FDI) e inoltre concorse a
riscoprire e valorizzare l'opera pionieristica di Rank con la pubblicazione della sua opera:
"Rank pioniere misconosciuto" Melusina Editrice. Esperienze personali
drammatiche e ricerche in campo clinico e antropologico imposero alla sua
attenzione l'importanza dell'angoscia di morte come uno dei più importanti
fattori che contribuiscono alla sofferenza psicologica e psicopatologica.
Sentì allora l'esigenza di creare una nuova Scuola che riuscisse a riconoscere
la rilevanza di questa angoscia primaria dell'uomo e di sviluppare un approccio
originale, pluralista e non dogmatico alla sofferenza umana, fondato
sull'integrazione sinergica delle tre dimensioni, di approccio simultaneoall'essere
umano in terapia verbale, corporea ed esistenziale. Si tratta di un
modello che nasce sulla scia della filosofia esistenziale, dalla quale eredita
la concezione dell'uomo e della vita che rivendica all'essere umano il diritto
e la capacità di scelta e, intende: (1) offrire la possibilità di
elaborare e affrontare le tremende tensioni esistenziali di ogni essere umano
anche nel percorso di malattia psichica e somatica nel clima di contatto
empatico, di solidarietà, convogliando nel processo terapeutico il grande
potenziale di crescita e comunicazione del paziente, la sua conoscenza dei
propri bisogni, la sua creatività, l'apporto decisivo della sua
esperienza. 2) che si presenta multidimensionale, integrato e non
dogmatico alla sofferenza umana e psichica e costantemente aperto ad arricchire
la propria prospettiva teorica e clinica attraverso un confronto critico e di
fertilizzazione con altri approcci psicoterapici, e interviene su 4 dimensioni
fondamentali dell'esperienza umana: la dimensione empatico relazionale,
che definisce il nostro modo di essere nel mondo con gli altri; la
dimensione corporea, che spesso esprime sotto forma di tensioni e dolori
muscolari la sofferenza psicologica; la dimensione esistenziale, che
riconosce l'importanza del senso che si riesce a dare alla propria
esistenza; la dimensione cognitiva, che riconosce la rilevanza sintomatica
della sofferenza psicologica e psicopatologica. Un esempio di testo provocatorio, scritto
senza avere alcuna competenza in infettivologia, è il seguente sulla cospirazione
dell'AIDS: AIDS......affare multi Miliardario, su mednat.org. e Aids, la grande truffa continua in: L. De Marchi, Il nuovo pensiero forte.
Marx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio; altri scritti di
critica, più documentati, hanno riguardato le sue critiche alle prassi della
chemioterapia dei tumori e gli effetti collaterali, come in Kaputt tutta la
ricerca sul cancro? sempre in De Marchi, op. cit. Addio a Luigi De Marchi lo psicologo che
inventò l'AiedRepubblica Addio a Marchi, lo psicologo che inventò l'Aied L. De Marchi, Il Solista Autobiografia d'un
italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali, Luca Bagatin, articolo su Politica Magazine,
su lucabagatin.ilcannocchiale. Opere:“Sesso e civiltà,” Laterza; “L’orgasmo” Lerici,
Sociologia del sesso, Laterza, Repressione sessuale e oppressione sociale,
Sugar, Wilhelm Reich Biografia di un'idea, Sugar, Psico-politica, Sugar Co, Vita
e opere di Reich, Sugar Co, Scimmietta
ti amo, Longanesi, Lo shock primario. Le radici del fanatismo da Neandertal alle
Torri Gemelle, Poesia del desiderio, La Nuova Italia, Seam, Perché la Lega,
Mondadori, Il Manifesto dei Liberisti Le idee-forza del nuovo Umanesimo
Liberale, Seam, Aids. La grande truffa, Roma, Seam, O noi o loro! Produttori
contro Burocrati, ecco la vera lotta di classe della Rivoluzione Liberale, Bietti,
Il Solista Autobiografia d'un italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali
, Psicoterapia umanistica. L'anima del corpo: sviluppi (Franco Angeli, Reich Una formidabile avventura scientifica e
umana, Macro Edizioni, Il nuovo pensiero forte Marx è morto, Freud è morto e io
mi sento molto meglio, Spirali , Svolta a destra? Ovvero non è conservatore chi
combatte parassiti, fannulloni e sfruttatori, Armando Curcio Editore, La
Psicologia Umanistica Esistenziale Rivista delle Psicoterapie, Roma “La
Sapienza”, Associazione italiana per l'educazione
demografica, Reich luigidemarchi.blogspot.com
openMLOL Horizons Unlimited srl. Radio Radicale. Istituto di Psicologia Umanistica
Esistenziale "Luigi De Marchi" IPUE, su ipue. Archivio IPUE, su
luigidemarchi.wordpress.com. Archivio della rubrica "Controluce" che Marchi
teneva su Radio Radicale,, Renato Vignati Luigi De Marchi, un pioniere della
psicologia italiana in Psychomedia, R.Vignati Lo sguardo sulla persona.
Psicologia delle relazioni umane, Libreria universitaria edizioni, Padova.
Luigi De Marchi.
MARCONI. (Torino). Filosofo. Grice: “Perhaps his
most brilliant exegesis on ‘Vitters’ is that about what Marconi calls
‘linguaggio private,’ as in Robinson Crusoe. Not!” -- Grice: “Marconi has
attempted to ‘formalise’ dialectic – as in Oxonian dialectic – which is what
Zeno was trying to do with his reductio ad absurdum.” Grice: “While Marconi
starts alright, with Frege, he gets entangled with ‘Vitters;’ p’rhaps his
innovative approach is best seen in phrases like ‘il significato eluso’, which
may describe my implicature; but points to an etymology: ‘eluso’ is indeed
‘eluso,’ and means ‘ex-ludic,’ out of the game. The idea being that the game is
a simulated fight, and by eluding a punch from your adversary, you are, well,
‘implicating’!” Professore a Torino, studia con Pareyson a Torino e con
Rescher, Sellars e Thomason a Pittsburgh, dove studia Hegel. Grice: “In Italy, it is not considered
Italian to get your PhD without – not within – Italy. Similarly, at Oxford, you
cannot get your B. A. Lit. Hum. anywhere
else if you want to be regarded as Oxonian. That’s why I never considered B. A.
O. Williams an Oxonian!” -- Noto per i suoi contributi su ‘Vitters,’presenta
diversi risultati, specie riguardo alla semantica. Su questi temi ha pubblicato
“Filosofia e scienza cognitiva (Laterza). Cura con Ferraris la nuova edizione
della Enciclopedia filosofica Garzanti ed è stato presidente della Società
Italiana di Filosofia Analitica. Opere: “Il mito del linguaggio scientifico”studio
su Vitters, Milano, Mursia, Dizionari e
enciclopedie, Torino, Giappichelli, “L'eredità di Vitters”Roma-Bari, Laterza,
Lampi di Stampa; “La competenza lessicale,” Roma-Bari, Laterza, “La filosofia del linguaggio.” Da Frege ai giorni
nostri, Torino, Utet, “Filosofia e scienza cognitiva,”Roma-Bari, Laterza, “Per
la verità: relativismo e la filosofia,” Torino, Einaudi, “Verità, menzogna” –
Grice: “The etymology is an interesting one; since menzogna is cognate to my
meaning, so Marconi actually means ‘truth’ versus ‘trust’ – or honesty versus
dishonesty – seeing that one can ‘lie’ while asserting a truth – provided the
utterer thinks ‘p’ is ‘false’.” Grice: “But this is a commissioned thing, so it
shouldn’t count as it is Marconi discussing with a priest!” Trento, Il Margine,
; “Flosofia e professionismo,” – Grice: “His implicature, and a right one, too,
is that philosophy is a profession, which reminds me of ‘A Room with a view’:
“And what, Sir Cecil, is your profession?” “I don’t HAVE a profession!” -- On the other hand, his translation of my
‘metier’ (mestiere) is an interesting one (The tiger’s métier is to tigerise). Torino,
Einaudi, .“La formalizzazione della dialettica” : Hegel, Marx e la logica
contemporanea,”Torino, Rosenberg & Sellier, “ Guida a Vitters Il
«Tractatus», dal «Tractatus» alle «Ricerche», Matematica, Regole e Linguaggio
privato, Psicologia, Certezza, Forme di vita. Roma-Bari, Laterza, Filosofia
analitica, Prospettive teoriche e revisioni storiografiche. Milano, Guerini e
associati, Vercelli, Mercurio, Scritti sulla tolleranza di Locke, Torino, UTET,
Saggi su Marconi, “Il significato eluso” saggi in onore di Marconi, numero
monografico della «Rivista di estetica», Treccan iEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Intervista di M. Herbstritt, Rivista italiana
di filosofia analitica, sito dell'Università degli Studi di Milano. Diego
Marconi.
MARIANO (Capua). Filosofo. Grice: “I like Mariano: his
study of Risorgimento applying the philosophy of history is brilliant” Fedelissimo
allievo di Vera, insegna a Napoli. La sua indagine e prevalentemente orientata verso
l'interpretazione di Hegel. Si colloca insieme a Vera in quella tendenza che
privilegia l'interpretazione sistematica e razionale. Inserì talvolta temi non
strettamente legati al pensiero di Hegel affermando tra l'altro che la
filosofia deve essere compiuta dalla religione" (Dall'idealismo nuovo a
quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane),
trattando riguardo a ciò che dell'idealismo di Hegel è morto e di ciò che non
può morire", argomento precedentemente trattato da Croce, il quale
risponde aspramente alle argomentazioni proposte da Mariano. “Mariano non ha
mai capito nulla di tutto ciò che vi è di più sostanziale in Hegel come non ha
meditata seriamente nessuna grande filosofia; e (ora si può aggiungere) non ne
ha mai letto le opere. Immaginarsi che il Mariano si afferma hegeliano, mentre
sostiene che la conoscenza non è assoluta; che rimane insuperabile il mistero;
che dio esiste fuori del mondo e sarebbe dio anche senza il mondo; e che la
filosofia deve essere compiuta dalla religione! Insomma, ciò che di Hegel
"non può morire" sarebbe ciò che Hegel non ha mai detto perché
affatto indegno della sua mente altissima.» Si schierò a favore del
mantenimento della pena di morte in un dibattito sul tema, in accordo con iVera
( La pena di morte. Considerazioni in appoggio di Vera Napoli. ), uno dei più
autorevoli difensori del mantenimento di questa pratica. È ancora Croce che
commenta con grave disappunto l'argomento. “Notiamo in ultimo che sempre
riecheggiando i vaniloqui del Vera,Mariano si professa filosofico difensore
della pena di morte: come se la maggiore o minore opportunità di mettere i
delinquenti in segregazione cellulare, o d'impiccarli, ghigliottinarli,
garrottarlie impalarli, costituisse una questione filosofica. Ma Mariano ama
tutte le cause generose; e non è da meravigliare se per esse trascenda persino
i limiti della filosofia.» E anche saggista con un gusto per la
"critica della critica" (cit."Storia Letteraria d'Italia, Volume
III, Armando Balduino") – filosofica -- non trascurando l'arte che
annetteva strettamente alla morale. Rivolse la sua indagine anche al
rinascimento con un Saggio biografico critico su Bruno La vita e l'uomo.
Pubblica nche una monografia "apologetica" di Vera. La sua produzione
fu in un secondo momento soprattutto riferita alla storia, in particolare la
storia del cristianesimo e quella delle religioni in genere, argomenti affini
anche alla materia insegnata presso l'università napoletana. Non sono presenti
particolari innovazioni nella sua ricerca, ma fu uno dei primi a discutere la
tesi proposta da Croce riguardo alla riduzione della storia al concetto di
‘arte. Altre opere: “L’Eraclito di Lassalle: saggio sulla filosofia
hegeliana,” (Cf. Speranza e ill suo Grice: saggio sulla pragmatica oxoniense”),
“Il Risorgimento italiano secondo i
principi della filosofia della storia,” ““La
libertà di coscienza,” Milano, Hoepli, “Vera.” Saggio critico, Roma, Tip.
Civelli, “L'individuo e lo Stato nel rapport sociale. Saggio, Milano, Treves, “Il Machiavelli di Villari, Roma,” Loescher, (cf.
“Il Grice dello Speranza”), Leopardi, Roma, Tip. Botta, La pena di morte.
Considerazioni in appoggio di Vera, Napoli. IlCarlo Maria Curci, Milano, Vallardi, Augusto
Vera. Necrologio, «Annuario Napoli», Dio secondo Platone, Aristotele ed Hegel,
«Acc. SMP Napoli. Atti», Biografie del
Machiavelli, 1Arte e religione, Il
brutto e il male nell'arte. Il brutto e il male nel romanzo moderno, Dall'idealismo
nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine
hegeliane, La vita e l'uomo, I rapporti dello Stato con la religione, Firenze,
Civelli, Il problema religioso in Italia, Roma, Civelli, La riforma
ecclesiastica in Italia, «Il diritto», Cristianesimo, cattolicesimo e civiltà, Papato
e socialismo ai giorni nostri. Studio, Roma, Tip. Artero e comp., Buddismo e
cristianesimo, La Storia è una scienza o un'arte?, «Fanfulla della Domenica», La
conversione del mondo pagano al cristianesimo, Il cristianesimo dei primi
secoli. Capua, gli ha dedicato una strada, sede, tra l'altro, del Banco di
Napoli. La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da Croce, Armando Balduino , Storia letteraria
d'ItaliaL'Ottocento, III, Piccin Nuova
Libraria, Piero di Giovanni , Gentile, La filosofia italiana tra idealismo e
anti-idealismo, Milano, cf. Luigi Speranza, “La pragmatica conversazionale: tra
griceianismo e anti-griceianismo.” Franco Angeli, Paolo Malerba, Luciano
Malusa, , sito della Società filosofica italiana Guido Calogero, Enciclopedia Italiana, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Raffaele Mariano.
MARIN. (Venezia). Filosofo. Grice: “I like Giovanni
Marin; for one, he loved, like I do, rhetoric – in his own Venetian kind of
way!” Nato dal nobile Rosso Marin,
studia con profitto sotto l'insegnamento di Feltre, dal quale apprese la
retorica. Frequenta il ginnasio, presso il quale recitò eloquenti orazioni in
encomio agli uomini illustri veneziani. Si laurea a Padova. Fu ambasciatore
della Repubblica di Venezia presso gli Estensi e quindi presso Firenze.
Rosmini, Carlo de' Rosmini, Idea dell'ottimo precettore nella vita e disciplina
di Vittorino da Feltre e de' suoi discepoli, Rovereto. Giovanni Marin.
MARLIANI. (Milano). Filosofo. Grice: “I like
Mariliani; especially the cavalier way in which he refers to philosophers in
his brilliant “De secta philosophorum.” Austin would say that there possibly
are sects and sub-sects!” Fglio del patrizio milanese Castello Marliani. Studia
a Pavia, dove fu allievo di Pelacani. Entra nnel Collegio dei intraprese una
carriera nell'insegnamento della filosofia e astrologia. Attivo presso lo Studio
di Milano e Pavia. Con l'ascesa della
dinastia degli Sforza a capo del Ducato di Milano, appartenente a una famiglia
ghibellina, aumenta il p prestigio. Ottiene la concessione in esenzione dei
diritti di sfruttamento delle acque del Secchia nei pressi di Moglia, nel
Mantovano. Alla morte del duca Francesco
Sforza, scrisse una lettera al nuovo duca Galeazzo Maria Sforza in cui
dichiarava di essere stato richiesto da molti Studi in diverse città d'Italia,
sperando di poter essere trasferito da Pavia a Milano e di ricevere un aumento
di salario. Il Consiglio segreto di Milano intercedette presso lo Sforza in
favore di Marliani, esaltando la sua fama anche oltre i confini del Ducato. Il
duca Galeazzo Maria, dopo alcuni indugi, acconsentì per conferirgli
un'assegnazione annua di 1 000 fiorini, il più alto salario riconosciuto a
chiunque nel Ducato. Sotto la reggenza di Ludovico il Moro ottenne i dazi di
Gallarate e della sua pieve. I suoi
studi lo portarono ad essere tra i più grandi scienziati dell'epoca e riuscì a
mettere in discussione Bradwardine e Sassonia.
Nella sua opera Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis
et estati set de antiperistasi, distinse
la temperatura dell'organismo dalla quantità e dalla produzione del calore
naturale del corpo e sostenne che la produzione del calore naturale è più
elevata in inverno che in estate. Si recò a Novara dal conte Gaspare Vimercati,
colpito da problemi respiratori e curò Rinaldo d'Este da una gravissima
malattia che lo colse durante una visita alla corte milanese. Raggiunse i
vertici della propria carriera e prestò le sue doti di medico a Federico I
Gonzaga. Sepolto nella cappella milanese della Marliani, nella chiesa di Santa
Maria delle Grazie. Le opere del
Marliani furono oggetto di studio da Vinci, che lo cita in diverse occasioni
nel suo Codice Atlantico. Ebbe tre
figli: Paolo, Gerolamo e Pietro Antonio, la discendenza del primo dei quali
ottenne all'inizio P Opere: “Quaestio de
caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi,” “Disputatio
cum Iohanne Arculano de materiis ad philosophiam pertinentibus,” “Quaestio de
proportione motuum in velocitate,” “Algebra Algorismus de minutiis,” “De secta
philosophorum,” “Probatio cuiusdam sententiae,” “Calculatoris de motu locali.” Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovannii
Marliani. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Marliani e le sette filosofiche” –
The Swimming-Pool Library.
MAROTTA. (Napoli).
Filosofo. Grice: “I like Marotta; the idea of a library for the Istituto
Italiano per gli studi filosofici’ at Via Monte di Dio, 11, is a geniality!” Si
laurea con il massimo dei voti a Napoli, presentando la tesi, La concezione dello Stato in Hegel.” Si
interessa presto di storia, letteratura e filosofia, avvicinandosi dapprima
all'Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Croce, poi fondando
l'associazione Cultura Nuova che diresse organizzando manifestazioni e
conferenze rivolte ai filosofi che richiamarono tutte le più grandi personalità
della cultura Italiana. Incoraggiato
dagli auspici dell'allora Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei
Cerulli, di Piovani e di Carratelli, fonda a Napoli l'Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici, del quale è stato Presidente. Donato, all'Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici, la biblioteca personale, con una dotazione di oltre
300.000 volumi frutto di trent'anni di appassionata ricerca. Muore a Napoli.
Per i suoi importantissimi apporti al mondo della filosofia ha avuto numerosi
riconoscimenti da centri di ricerca e di formazione di rilievo
internazionale. Ha vinto la sezione
Premio Speciale del Premio Cimitile. Gli è stata conferita la laurea ad honorem
in Filosofia dall'Bielefeld, dall'Università Erasmus di Rotterdam, dalla
Sorbona di Parigi e dalla Seconda Napoli. All'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici è stato conferito, nell'aula magna dell'Roma, il Prix International
pour la Paix Jacques Muehlethaler, "Bidone d'Oro" per la cultura del
Movimento artistico culturale "Esasperatismo Logos & Bidone" . Gaetano
Capaldo, È morto Marotta, addio al fondatore dell’Istituto Studi Filosofici, su
Diario Partenopeo, Claudio Piga (cur.), Per Gerardo Marotta. Scritti editi e
inediti raccolti dagli amici di Marotta, Arte Tipografica, Napoli, Registrazioni
di Gerardo Marotta, su Radio Radicale, Cinquantamila Giorni de Il Corriere
della Sera. Gerardo Marotta.
MARRAMAO. (Catanzaro). Filosofo. Grice: “Surely Marramao’s theory of
time-relative identity is more complex than Myro’s! (Myro never read Heidegeer
and was proud of it, can you believe it! He was born in Russia and studied in the New World – so
that’s understandable!” - Grice: “I like Marramao – he has philosophised on
many things, usually homoerotic: Kairos – the opportune time – and its iconography,
and Jesus against power” Essential Italian philosopher. Allievo di Garin, si laurea Firenze. Proseguie gli studi a 'Francoforte,
lavorando soprattutto intorno ai diversi filoni del marxismo italiano. Pubblicato
Marxismo e revisionismo in Italia, rintracciando in Gentile la chiave di volta
filosofica del marxismo italiano. Insegna a Napoli. -- è uscito il suo libro Il
politico e le trasformazioni, nel quale ha posto a confronto le tematiche del
marxismo econ le analisi delle trasformazioni di Schmitt. A partire da “Potere
e secolarizzazione” elabora una teoria simbolica del potere (e del nesso
politica-tempo) incentrata sulla ricostruzione ‘archeologica' dei presupposti
del razionalismoe. Fondamentali, nel
dibattito politico-culturale e filosofico le sue collaborazioni a due riviste: Laboratorio
politico diretto da Tronti e il Centauro, diretto da Giovanni. Direttore sdella
Fondazione Basso-Issoco. Ha conseguito altri premi: Premio Pozzale Luigi Russo
a Passaggio a Occidente e Premio di filosofia "Viaggio a Siracusa" a
La passione del presente. Insegna a
Roma. Muovendo dallo studio del marxismo italiano (Marxismo e revisionismo in
Italia, Austromarxismo e socialismo di sinistra fra le due guerre), ha
analizzato le categorie politiche della modernità (Potere e secolarizzazione),
proponendone, in dialogo con i francofortesi (Il politico e le trasformazioni)
e con M. Weber (L'ordine disincantato), una ricostruzione
simbolico-genealogica. Secondo questa lettura, che riprende le ipotesi di Löwith,
nelle forme moderne di organizzazione sociale si depositano significati che
derivano da un processo di secolarizzazione dei contenuti religiosi, ossia
dalla ri-proposizione in dimensione mondana dell'orizzonte simbolico. In
particolare, la secolarizzazione ha il suo centro in un processo di
temporalizzazione della storia, in virtù del quale le categorie del tempo (che
traducono l'escatologia in una generica
apertura al futuro: progresso, rivoluzione, liberazione, etc.) assumono
centralità crescente nelle rappresentazioni politiche. Su queste
considerazioni, riprese anche in “Dopo il Leviatano, Passaggio a Occidente.
Filosofia e globalizzazione, La passione del presente, Contro il potere, si è
innestata via via una tematizzazione esplicita del problema della temporalità,
che per molti aspetti anticipa sia le tesi oggi in voga intorno alla
"accelerazione" e al rapporto politica-velocità, sia i temi della "svolta
spaziale" contemporanea. Contro le concezioni di Bergson e Heideggeri, che
delineano con sfumature diverse una forma pura della temporalità, più
originaria rispetto alle sue rappresentazioni/spazializzazioni, argomenta
l'inscindibilità del nesso spazio-tempo e, richiamandosi tra l'altro alla
fisica, riconduce la struttura del tempo a un profilo aporetico e impuro,
rispetto a cui la dimensione dello spazio costituisce il riferimento formale
per pensarne i paradossi. (Minima temporalia, e Kairós. Apologia del tempo debito. Lectio
magistralis del Prof. Roma Tre, Enciclopedia di filosofia, Garzanti libri,
Milano. Figure del conflitto. Studi in onore di Giacomo Marramao, a c. di A.
Martinengo, Valter Casini Editore, Roma, D. Antiseri, S. Tagliabue, Storia della
filosofia, 14: Filosofi italiani
contemporanei, Bompiani, Milano. RadioRadicale, Radio Radicale. (selezione) , su host.uniroma3. Pagina
personale nel sito dell'Università degli Studi Roma Tre, su host.uniroma3. Video
intervista al Festival della Filosofia su asia. Giacomo Marramao. Luigi
Speranza, "Grice e Marrameo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice,
Liguria, Italia.
MARSILI. (Siena). Filosofo. Grice: “I like Marsili,
and the founder of the ‘accademia del cimento.’ ‘Cimento’ you know, means
‘experiment,’ – only in Florence!” Si laurea a Siena. Fu nominato “lettore” di
filosofia nello Studio senese. Conobbe Galileo dopo il processo in casa
dell'arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini. Passò alla cattedra di filosofia
nello Studio pisano, dove esercitò la
carica di Provveditore. Fu membro dell'Accademia del Cimento, ma le sue
convinzioni dichiaratamente aristoteliche gli impedirono di coglierne lo
spirito innovatore. Propose un esperimento per capire se lo spazio lasciato
libero nel tubo barometrico durante l'esperienza torricelliana contenesse esalazioni
di mercurio. su catalogo.museo galileo. Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Marsili.
MARTELLI. (San Marco in Lamis). Filosofo. Grice:
“I like Martelli: he wrote on Croce, Gramsci, and Nietzsche!” Insegna a Urbino.
Prtecipato a lungo alla lotta politica in formazioni marxiste nate a cavallo
del Sessantotto. D Ha diretto il master interfacoltà «Management etico e
Governance delle Organizzazioni». Collabora con MicroMega (periodico). I suoi studi si sono concentrati su Nietzsche,
Gramsci, e di numerosi autori del Novecento, affrontando alcune tra le più
dibattute vicende e problematiche filosofico-politiche dell'ultimo secolo. Si è
occupato di temi di forte attualità, elaborando l'idea di una filosofia volta
ad una critica radicale del dogmatismo e del fondamentalismo religioso e in
generale di ogni forma di assolutismo che minacci la libertà di pensiero, i
diritti civili, le istituzioni democratiche e la pace tra i popoli. Il suo aimpegno
di saggista è rivolto in particolare alla difesa della laicità, contro
l'interventismo politico delle gerarchie ecclesiastiche e vaticane. Opere: “La felicità e i suoi nemici: apologia
dell'agnosticismo,” Manifestolibri, “Il laico impertinente: laicità e democrazia
nella crisi italiana,” Manifestolibri, “La Chiesa è compatibile con la
Democrazia?” Manifestolibri, “Italy, Vatican State, Fazi editore, “Quando Dio
entra in politica, Fazi editore, Senza dogmi. L'antifilosofia di Papa
Ratzinger, Editori riuniti, Teologia del terrore. Filosofia, religione,
politica dopo l'11 settembre, Manifestolibri, Il secolo del male. Riflessioni sul
Novecento, Manifestolibri, Etica e storia. Croce e Gramsci a confronto, La
città del sole, I filosofi e l'Urss. Per una critica del «Socialismo reale», La
città del sole, Gramsci filosofo della politica, Unicopli, Nietzsche inattuale,
Quattroventi, Filosofia e società nel giovane Nietzsche, Quattroventi,Università
degli studi di Urbino "Carlo Bo" Antonio Gramsci Friedrich Nietzsche
Laicità Il laico impertinente: il blog
di Michele Martelli, su michelemartelli.blogspot.com. Michele Martelli.
MARTINETTI. (Pont Canavese). Filosofo. Grice:
“I like Martinetti; he wrote about eros, or as the Italians call it, ‘amore,’ –
a different root from cupidus, too! He edited a platonic anthology.” “He also
has a strange treatise on ‘the number’ which post-dates Frege!” -- «Di sé
soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro
secolo» (Cesare Goretti). Professore di filosofia, si distinse per essere
stato l'unico filosofo che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al
Fascismo. Fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza
contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti e
di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo
Botta di Ivrea, si iscrisse a Torino, dove ebbe come insegnanti Allievo, Bobba, Ercole, Flechia e Graf, laureandosi
con una tesi, “Il Sistema Sankhya: un Studio sulla filosofia nell’India”
discussa con Ercole, docente di filosofia teoretica, pubblicata a Torino da
Lattes e, grazie all'interessamento di Allievo,
risulta vincitrice del Premio Gautieri. Dopo la laurea Martinetti fece un
soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire a conoscenza del
fondamentale studio di Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato. Si può
dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello
di approfondire gli studi dell’India, iniziati a Torino con Flechia e 'Ercole." L'insegnamento
Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino, Correggio,
Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino (1904-1905). Nel
1904 pubblicò la monumentale Introduzione alla metafisica. I Teoria della
conoscenza, chedopo che ebbe conseguito nel 1905 la libera docenza in Filosofia
teoretica all'Torinogli valse di vincere il concorso per le cattedre di
filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano
(che nel 1923 diventò Regia Università degli Studî) nella quale insegnò dal
novembre del 1906 al novembre del 1931. Nel 1915 divenne socio corrispondente
della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere,
fondato nel 1797 da Napoleone sul modello dell'Institut de France.
Il rifiuto della politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare
figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come
ai contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto
degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali
antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima
guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini
sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato
effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente
l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione strappa
gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di
violenze e di dissolutezze.» Nel 1923, in seguito a quelle che qualificò
di "circostanze pesantissime" (la marcia su Roma e la successiva
nomina di Mussolini a presidente del Consiglio), rifiutò la nomina a socio
corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. La Società di
studi filosofici e religiosi Mentre nelle sue lezioni universitarie sviluppava
un sistema di filosofia della religione, il 15 gennaio 1920 Martinetti inaugurò
a Milano una Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di
amici in "piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico"
dove si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e
intellettuale italiano dell'epoca e in cui organizzò una serie di conferenze.
Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da Luigi Fossati oltre
che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni, riunite sotto il titolo
comune di Il compito della filosofia nell'ora presente, segneranno la sua
rottura con Giovanni Gentile. In seguito ad una denuncia per «vilipendio della
eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli il 2
febbraio 1926, dovette sottoscrivere un memoriale in difesa dei propri corsi
sulla filosofia della religione. Nel marzo 1926, incaricato dalla
"Società Filosofica Italiana", organizzò e presiedette il "VI
Congresso Nazionale di Filosofia". L'evento fu sospeso dopo solo due
giorni dal rettore Luigi Mangiagalli a causa di agitator. Il congresso fu poi chiuso d'imperio dal
questore: da un lato incise l'opposizione diAgostino Gemelli, fondatore e
rettore dell'Università Cattolica, che faceva parte del Comitato organizzatore
(quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di
Martinetti, non era tra i relatori; dall'altro lato la partecipazione,
fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Buonaiuti, scomunicato
"expresse vitandus" dal Sant'Uffizio, dette ai filosofi cattolici
neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congress. Le minute cronache del
congresso hanno già messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di
organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse
assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una
certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di
più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di
regime. Martinetti firma con Cesare Goretti (segretario del Congresso) una
lettera di protesta al rettore Mangiagalli: «Compiamo il dovere
d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza
incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno
di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in Milano:
avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito superiore
achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà degli studi e
della tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio
della discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del
pensiero.» Martinetti fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per
prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale. Tra i collaboratori della
rivista vi furono: Ennio Carando, Bobbio, Geymonat, Fossati (che ufficialmente ne era il direttore
responsabile), Solari, Levi, Grasselli, e Goretti.. Quando il ministro dell'educazione
Giuliano impose ai professori il
Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin
dal primo momento: “Eccellenza! Ieri sono stato chiamato dal Rettore di
questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto,
con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di
non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento
richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie
convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato
il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia
condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede,
perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza. Ho sempre diretta
la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho
mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di
subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho
sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto
che l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a
qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio.
Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie
convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che
questo non è possibile. Con questo non intendo affatto declinare
qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che
l'E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non
da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare
contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita. Dell'E.V. dev.mo
Dr.” In una lettera a Guido Cagnola scrive: «Ella ora saprà che io sono
uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che
hanno rifiutato il giuramento di fedeltà e che perciò sono stati o saranno fra
breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini,
Carrara, De Sanctis, Vida, Volterra, Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce
non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia
rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile
quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento.» E in
un'altra lettera ad Adelchi Baratono]: «Io non ho voluto giurare (e così
credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose
di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza?
Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i
persecutori.» Come scrive al proposito Fabio Minazzi: «Martinetti
ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto
dalla dittatura, nel 1931, da tutti i docenti universitari italiani.
Giustamente occorre sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto
martinettiano, invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica
antifascista, onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di
Martinetti non può allora essere certamente negato, in sintonia con Alessio, il
carattere dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo
ha infine indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha
avuto l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza
compromessi all'imposizione del regime . In questa prospettiva Martinetti non
ha giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello
stesso "giuramento" in connessione con i suoi più profondi
convincimenti morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di
filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua
scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso
significato civile, culturale e anche filosofico.» Scrive in proposito
Amedeo Vigorelli[33]: «Una certaretorica resistenziale si è impadronita
anche di Martinetti, impedendo un approfondimento più serio e radicale dei
tratti originali del suo antifascism0. L'atto di Martinetti non era cioè solo un
monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma
di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra religione
e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa di forme
più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non sempre si
ama ricordare che l'avversione di Martinetti al fascismo era innanzi tutto
avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche all'esaltazione
demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura, Martinetti fu
critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui
colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e
dell'ultraparlamentarismo» In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti
venne messo in pensione d'autorità e si
dedicò unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di
Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita. In questo
lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò
approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione
alla metafisica e continuata con La
libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo è del 1936;
Ragione e fede. Martinetti propose come suoi successori a Milano Baratono
e Banfi. Lontano da ogni forma di
impegno politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che
delle degenerazioni del parlamentarismo, Martinetti, a partire dal 1925, prese
ad annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di
violenza in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio il 28 marzo
1928, a fronte di una serie di scandali annotava "è dunque
l'associaz[ione] dei malviventi d'Italia!" Nel 1934 scriveva: "Come
persuadersi che uno stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica,
sostenuto soltanto dal terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di
ribaldi messa al servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze,
disprezzata dagli intelligenti possa resistere, senza condurre il popolo che lo
soffre all'estrema rovina?"[39]. Martinetti si scagliava nei suoi appunti
contro il dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto
deve servire alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà
di pensiero, non vi è più pensiero". A questo proposito Amedeo Vigorelli
evidenzia «il valore pedagogico, di
educazione alla libertà, che l'esempio morale di Martinetti ebbe per quella
generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un
decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui
informalmente diretta» L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in
casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da
Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e
alla condanna al confino di Antonicelli, Einaudi, Foa, Giua, Levi, Mila, Monti, Pavese, Zini e di due studenti,
Cavallera e Perelli, e all'ammonizione di Bobbio), e fu incarcerato a Torino per
sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà,
benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali
che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi. Al momento dell'arresto, a
detta della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già
sentito pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per
combinazione in Italia". Il suo declino fisico cominciò in seguito a una
trombosi che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta
accidentale da un pero nella tenuta di Spineto. Alla fine ubì una prima
operazione alla prostata. La sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il
Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza
trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento
chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla
vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e
susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima
operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che
il tempo opportuno per procedere alla seconda."[ Martinetti fu ricoverato
all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì, dopo aver disposto che nessun prete
intervenisse con alcun segno sul suo corpo. Nonostante "l'invito del parroco di
Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso anche
nella morte perché aveva disposto di essere cremato" una decina di persone
seguirono l'autofurgone che portò il corpo di Martinetti alla stazione, da dove
partì in treno per Torino, per la cremazione. In prossimità della morte Martinetti
lascia la sua biblioteca in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco
Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai
rispettivi eredi alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia
filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato
alla Biblioteca della Facoltà di
Filosofia. La sua casa di Spineto
è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero
Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della
sua operae. FiLa filosofia di Martinetti è un'interpretazione originale
dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico
trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista
trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico
che fu Spir, il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il
filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu più particolarmente legato,
sulquale scrisse molti studi e un denso saggio monografico e al quale fece consacrare il terzo numero della
Rivista di filosofia, filosofo che fu come lui profondamente inattuale. Professò
una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da
considerarla "immortale: in essa infatti vede un tentativo d'un
rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia. Il carattere speculativo dell'interpretazione
d iMartinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di Spir
esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella
costruzione dell'idealismo trascendente diMartinetti la speculazione di A. Spir
rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in
Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo diMartinetti si trovano nella speculazione
di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio ed ebbe un
pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua propria, il
pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua propria filosofia,
riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente consonante
con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso. Proprio questo
condusseMartinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in armonia con il
proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato e attraversato
da quello diMartinetti. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto intimamente
valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua speculazione
parve propriamente essenziale. La lettura di Martinetti insiste sul nucleo metafisico
di Spir, che gli pare incarnare "la forma pura della visione
religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume
tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero
esserel'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il
divinoe l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza.
L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la teoria della
conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che premessa e introduzione
all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma
di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso
stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà
assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda."» Si può così dire
che in Martinetti: «il motivo desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra
"anormale" (il mondo dell'esperienza empirico e molteplice) e
"norma" (il principio d'identità, rivelazione incoativa del divino in
noi) si spoglia qui dell'originario aspetto dualista per confluire in una
visione coerentemente monista dell'esperienza di coscienza. Monismo
coscienzialista, quello martinettiano, che non sfocia però in una forma di
panteismo, in quanto il termine finale di questa unificazione formale rimane
trascendente. L'unica realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè
l'"Unità formale assoluta", che trascende l'intero processo
dell'esperienza, che di tale unità è solo un'espressione simbolica.»
Della filosofia di Spir, Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la
morale, di derivazione kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant
"nessun filosofo serio può non essere in Etica "kantiano".
Secondo Augusto Del Noce: "L'intero percorso del pensiero martinettiano
parte dal suo anticlericalismo", e aggiunge: "la natura del suo
anticlericalismo lo portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse
di non essere mai stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a
questa Chiesa cattolica di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo
l'ha, sempre secondo Del Noce, portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo
"secondo i termini in cui egli si sarebbe espresso, la massima
secolarizzazione concepibile della religione". E Del Noce conclude:
"Ora a mio giudizio il pensiero di Martinetti si situa appunto come
momento conclusivo del pessimismo religioso e come la sua posizione più
coerente e rigorosa. L'antologia Il Vangeloscrive Martinetti «lasciando da
parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale
evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto quello che i vangeli
contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui
conservato.» Il risultato di questo ordinamento logico è l'espunzionein
quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o ancora propria
all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immunedel Vangelo di Giovanni, degli Atti
degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo) e dell'Apocalisse.
Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico, l'ultimo e il più
grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, nemmeno resuscitato dalla morte,
né apparso realmente ai suoi, Gesù in quanto Messia annuncia un regno messianico
a cui succederebbe escatologicamente il regno dei cieli, quello di Dio.
Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di fatto Gesù è soprattutto
un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare al mondo per unirsi
spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo, amando il
prossimo. Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa
invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati
di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale fraternamenteunita,
egli scrive: «In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra,
la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il
triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le
anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della
carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa
della vita eterna» Gesù Cristo e il Cristianesimo fu messo sotto
sequestro dalla Prefettura non appena stampato, come Martinetti scrive a Guido Cagnola:
«Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono
mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle
17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so.
Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il
decreto definitivo di sequestro.» Con decreto, “Gesù Cristo e il
Cristianesimo, Il Vangelo” e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri
proibiti della Chiesa cattolica. La rinascita del pensiero filosofico-religioso
martinettiano scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in
virtù della rinnovata proposta ermeneutica di Chiara che cura l'inedito L'Amore,
Il Vangelo (Genova) e Pietà verso gli animali (Genova); in particolare l'interpretazione
elaborata daChiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della
religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche
attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione
spirituale dei quaccheri. Capitini rese visita a Martinetti, che a
proposito della nonviolenza gli disse: "Forse se discutessi con lei mi
convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con
l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa,
firmerei la sentenza senza esitazione." Negli scritti La psiche degli animali e Pietà
verso gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri
umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi
alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il
benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè
provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia
e dolore: «Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra
l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza
delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza
degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma
dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere
nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.[66]» Martinetti cita
le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche
la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli
insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non
distruggere ciò che la natura costruisce. Nel proprio testamento
Martinetti dispose che una somma significativa fosse versata alla Società
Protettrice degli Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una
profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una
scelta che assumeva per lui quasi il carattere di un valore religioso.
Scrive al proposito Amedeo Vigorelli: «La scelta del vegetarianesimo non
era "generica simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato
atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda
conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una
personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul
destino di "perennità" dello spirito.[67]» La scelta della
cremazione Martinetti fu un fautore della cremazione[68] e una testimonianza
"ci dice come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri
di sua madre."Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione era
una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei
quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di
scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci." Non
è però da escludere, nel caso preciso di Piero Martinetti, che questa scelta,
come quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo
interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso.
I suoi resti sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di
Torino. Opere: Una " martinettiana" C. Ferronato si trova
nel fascicolo speciale della Rivista di Filosofia Pietro Rossi: Piero
Martinetti nel cinquantenario della morte, Dopo questa data, di Martinetti sono
stati pubblicati: “Ragione e fede, Italo Sciuto, Gallone, Milano, Luca
Natali, Morcelliana, Brescia, . Il Vangelo, Alessandro Di Chiara, il nuovo
melangolo, Genova, L'amore, Alessandro
Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “Pietà verso gli animali” Alessandro Di
Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “La religione di Spinoza” Amedeo Vigorelli, Ghibli, Milano, “La Libertà” Aragno, Torino, Schopenhauer,
Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, “Breviario spiritual” Anacleto
Verrecchia, UTET, Torino, “L'educazione della volontà” Domenico Dario Curtotti,
Edizioni clandestine, Marina di Massa, “Conoscenza in Kant” Luca Natali, Franco Angeli, Milano, Pier
Giorgio Zunino , Piero Martinetti, “Lettere”, Firenze, Olschki, “Gesù Cristo e
il Cristianesimo” Castelvecchi, Roma, ; edizione critica Luca Natali,
introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, “Il Vangelo:
un'interpretazione” Castelvecchi, Roma,
“Spinoza, Etica, esposizione e comment”, Castelvecchi, Roma, . Il
numero, introduzione di Niccolò Argentieri, Castelvecchi, Roma, Luca Natali , Le carte di Piero Martinetti,
Firenze, Olschki, “Spinoza” Francesco Saverio Festa, Castelvecchi, Roma, .
Riconoscimenti Nella seduta del Senato Accademico dell’Università degli Studi
di Milano del 19 settembre , è stata approvata ufficialmente la decisione del
Dipartimento di Filosofia di intitolarsi alla figura di Piero Martinetti.La
città di Roma gli ha intitolato una piazza il 27 gennaio , nel Giorno della
Memoria. A Milano Martinetti figura "tra i nuovi Giusti che saranno
onorati al Monte Stella dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare
Goretti, "Piero Martinetti", Archivio della Cultura Italiana 1943, f.
I81. Simonetta Fiori, I professori che
dissero "NO" al Duce, in La Repubblica, «Ebbe molta influenza sulla scelta che
Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma
non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando
andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse
di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee
erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti.
Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo. «che morì proprio durante l'iter scolastico
di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un
particolare rapporto»: Paviolo 2 «Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi
maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf,
del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del
Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività
filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di
ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane
Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti
da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con
quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono
intensamente Ercole e Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai
primi del nostro»: Vigorelli «Nel breve
verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro
Martinetti) si dice semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante
quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la
dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha
sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione"»: Paviolo
La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il lavoro di tesi non ebbe, come noto,
il riconoscimento che meritavaanche a motivo di certe resistenze accademiche
nel settore filologico della Torino e forse per questo lo studioso sentì il
bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal
chiuso ambiente provinciale. Del resto l'intento di Martinetti era più
filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del “Samkhya” poté
venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con
Ercole. Proprio del Samkhya, Ercole si
era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista
Italiana di Filosofia diretta da Ferr. Dell'interesse costante di Martinetti
per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano e
pubblicato a Milano da Celuc libri: Piero Martinetti, La sapienza indiana.
Corredata da un'antologia di testi Indù e Buddhisti. "Ma è antefatto significativo, giacché
lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare
dei primi contatti di Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della
permanenza a Lipsia (1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti.
Nella Lipsia conosciuta da Martinetti sopravviveva Drobitsch, l'antico maestro
herbartiano di Spir e dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di
A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la
filosofia sua. F Il pensiero di ASpir, Torino, Albert Meynier. Anno che fu per lui particolarmente duro,
vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia
meridionale", Fabio Minazzi, Il Protagora, gennaio-giugno, Lettere , «Prima che della dittatura
fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e
della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e
dell'ultraparlamentarismo»: Vigorelli "non si vede in chi e in che cosa un uomo
come Martinettiche, per sua scelta culturale ma anche per disposizione
personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppo avrebbe
pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo
antifascismo." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione. Martinetti
negli anni del Fascismo", in: Martinetti, Lettere, Firenze, Vigorelli. «Ringrazio
la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia
profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto
conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è
il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso di poterlo
accettare»: Lettera n. 18, Piero Martinetti a Vittorio Scialoja, presidente
della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, 2 Lettere, Vigorelli Vigorelli,
Lettera n. 47, Piero Martinetti a Luigi Mangiagalli, 21 marzo 1926, in:
Lettere, «Il Congressonon ha altro fine che di essere una manifestazione della
filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del
momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia»: Lettera n. 37,
Piero Martinetti a Tommaso Gallarati Scotti, in: Lettere , p.42. Che accusò Martinetti, ricambiato, di
disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cf. Helmut
Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista,
Firenze. Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo»: Lettera n.
31, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, in: Lettere 33. Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I
docenti universitari e il regime fascista, Firenze, Il congresso di filosofia del 1926, 245-263.
«Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei
cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho
permesso alGemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna
delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 15 marzo
1926, in:Lettere , 4Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare Goretti a Luigi
Mangiagalli, in: Lettere , p.55. «Quando Martinetti, con il rifiuto del giuramento
di fedeltà al fascismo, abbandonò l'insegnamento non rinunciò a quegli
incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse: guardò
di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di
Filosofia e non ne volle la direzione "effettiva", ma continuò
l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di
salute glielo permisero»: Vigorelli Vigorelli Lettera n. 104, Piero Martinetti a Balbino
Giuliano, Lettere , Lettera n. 106,
Piero Martinetti a Guido Cagnola, 21 dicembre 1931, in: Lettere , Lettera, Piero
Martinetti a Adelchi Baratono, in: Lettere , 107-108. Presentazione a: Davide Assael, Alle origini
della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, 200918. Vigorelli «Ella già saprà certamente che io,
in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non
appartengo quindi più all'Milano e non posso più esserle utile che
indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a Carlo Emilio Gadda, 17 marzo
1932, in: Lettere 114. «del resto io
sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà
discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè
agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»:
Lettera n. 110, Piero Martinetti a Vittorio Enzo Alfieri, in: Lettere ,
p.109. Sulla cui porta fece mettere
un'indicazione che diceva: "Piero Martinettiagricoltore": Paviolo«Perciò
appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a
succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni
stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la
facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la Storia della Filosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti
a Adelchi Baratono, Lettere , 107-108.
Vigorelli Vigorelli Vigorelli
Vigorelli "Nel registro di entrata
delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si
faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli
altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli,
Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici"alcune schede,
peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato
all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino,
Registro matricole 1935, n. 1559)", in: Lettere. "Martinetti veniva rinchiuso in una
cella sulla cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza
particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si
ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto il Martinetti veniva finalmente
scarcerato.", Michelangelo Giorda, Piero Martinetti, Castellamonte, «Devo
darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono
caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna
specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241,
Piero Martinetti a Nina Ruffini, 16 settembre 1941, in: Lettere 231. Cit. in: Lettere 245. «Si può comunque, in base a testimonianze
diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a
Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato
immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in
circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini
burocratiche e maggiori spese funerarie. L'atto di morte recita: " il g alle ore
quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto
Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»:
Paviolo. Paviolo . "Per ultimo desidero di essere cremato e
che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale
del testamento di Piero Martinetti, Paviolo. Il testamento di Martinetti, da lui
riscritto, "in una grafia incerta e in una forma in cui non si trova lo
stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo) fu considerato da sua sorella
Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del decesso di Piero erano
ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute ai beneficiari della
biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza, cadde in mano a tre
estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a nostra insaputa a Piero,
a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto di trombosi al cervello
[...] la preziosa biblioteca, che per volontà recisa, assoluta di Piero a me da
Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che fosse colpito dalla trombosi,
doveva andare all'Milano, prese altre vie e e sta presentemente ancora
peregrinando in attesa di destinazione definitiva." Lettera del 25
settembre 1947 di Teresa Martinetti al cugino Giuseppe Bertogliatti, in:
Paviolo Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti «Allo Spir, un singolare pensatore solitario,
al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3
della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo.
Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso,
sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono,
inavvertite. La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul
suo sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera
n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: Lettere
155.. «io sono sempre stato un filosofo
inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: Lettere
Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Milano, Unicopli, 123. «Ma è stato Alessio a dimostrare l'importanza
e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir per la
maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli, Franco Alessio, op.
cit. II. Vigorelli Vigorelli Piero Martinetti, Breviario spirituale,
Bresci, Torino, Lettera Piero Martinetti
a Guido Cagnola, Lettere. Sulla riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco
Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, (Tesi
di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca)
Paviolo Paviolo Amedeo Vigorelli,
"Martinetti e Capitini: attualità di un confronto", in: Amedeo
Vigorelli, La nostra inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De
Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori,
Milano, "e si conversò a lungo della inumazione e della cremazione (aveva
fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le sue ceneri)"
Aldo Capitini, Antifascismo tra i giovani, Célèbes Trapani, Paviolo Paviolo "L'eretico Martinetti, italiano per
caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, Liberacittadinanza Il Dipartimento di Filosofia "Piero
Martinetti", sul sito dell'Università Statale di Milano Pierluigi Battista, "Le vie dedicate ai
razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere
della Sera, 24 gennaio 19. Stefania
Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte
Stella", Corriere della Sera, Cronaca di Milano13. "Monte Stella I nuovi Giusti in diretta
su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo , Cronaca di Milano9. , Commemorazione di Piero Martinetti, Torino,
Accademia delle Scienze, Giornata Martinettiana, Torino, Edizioni di
"Filosofia", "Per il 50° della morte di Piero Martinetti",
Rivista di Filosofia, Emilio Agazzi, "La storiografia filosofica nel
pensiero di Piero Martinetti", Rivista critica di storia della filosofia, Emilio
Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Sandro Mancini, Amedeo Vigorelli e
Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, . Franco Alessio, L'idealismo
religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950. Franco
Alessio, introduzione a Piero Martinetti, Il pensiero di Africano Spir,
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Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, Guerrini e Associati, Antonio Banfi,
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Cosimo Scarcella e Introduzione di Enrico De Mas, Milano, Marzorati, Enrico I.
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aspetti pratici, in Il Pensiero Politico, Firenze, Olschki Editore, Cosimo
Scarcella, Piero Martinetti. Politica e filosofia. Con alcuni ‘Pensieri'
inediti, Napoli, Collana La Cultura delle Idee diretta da Fulvio Tessitore e
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Carlo Terzi, "Lettere inedite di Piero Martinetti", in: Giornale di
metafisica, Torino, 1972. Amedeo Vigorelli, "Emilio Agazzi e la fortuna di
Martinetti", in: , L'impegno della ragione. Per Emilio Agazzi, Mario Cingoli,
Marina Calloni, Antonio Ferraro, Unicopli, Milano, 1994, 25-35 (nuova ed. "Emilio Agazzi e la
"fortuna milanese" di Piero Martinetti", in: , Vita,
concettualizzazione, libertà. Studi in onore di Alfredo Marini, R. Lazzari, M.
Mezzanzanica, E. S. Storace, Mimesis, Milano, A. Vigorelli, Piero Martinetti. La metafisica
civile di un filosofo dimenticato, Milano, Bruno Mondadori, Amedeo Vigorelli,
"Nuove pagine di e su Piero Martinetti", Rivista di storia della
filosofia, Amedeo Vigorelli, , "Martinetti: l'eredità contestata. Lettere
di Antonio Banfi e Gioele Solari", Rivista di storia della filosofia, Amedeo
Vigorelli, "Plotino, Spinoza, Spir. La reviviscenza neoplatonica nel
razionalismo religioso di Piero Martinetti" (Atti del Convegno “Presenza
della tradizione neoplatonica nella filosofia del Novecento”, Vercelli),
AnnuarioFilosofico, Mursia, Milano, Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine.
Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal
Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano 2007. Amedeo Vigorelli,
"Martinetti lettore di Spinoza. Il tempo e l'eterno", in: , Spinoza
ricerche e prospettive. Per una storia dello spinozismo in Italia (Atti delle
Giornate di studio in ricordo di Emilia Giancotti, Urbino), D. Bostrenghi e C.
Santinelli, Bibliopolis, Napoli, A. Vigorelli,
"Piero Martinetti una apologia
della religione civile", in: , Le due Torino. Primato della religione o
primato della politica?, Gianluca Cuozzo e Giuseppe Riconda, Trauben, Torino, Africano
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TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. P Enciclopedia Italiana, Istituto
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fondazionepieromartinetti.org. Piero Martinetti, Diego Fusaro sul sito Filosofico.net. Giuseppe
Colombo, La filosofia come soteriologia, estratti. Piero Martinetti.
MARTINI. (Cambiano). Filosofo. Grice: “One would think
that his ‘discorsi filadelfici’ are about brotherly love, but they were
delivered at the Philadelphia American-Italian Philosophical Society!” – Grice:
“He wrote on Emilio and Narciso, and a story of philosophy – starting not from
Thales but Gioberti!” – Grice: “His science of the heart – scienza del cuore –
is a mystery!” Compì studi classici a Chieri e poi, ospitato al Real Collegio di
Torino, si rivolse allo studio delle scienze naturalistiche. Con la laurea in
medicina, cui seguirà anche quella in
filosofia, ottenne l'insegnamento al predetto Istituto, prima di conseguire una
brillante carriera nell'ateneo torinese. Qui, infatti, ottenne prima la docenza
in fisiologia e poi quella di medicina
legale, cattedra quest'ultima, istituita di cui fu il primo insegnante in
assoluto. Di Torino fu anche rettore,
negli anni in cui ebbe numerosi riconoscimenti, tra cui l'onorificenza di
cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Ma non mancarono episodi tragici, allorché,
pochi anni dopo le nozze, perse la moglie (figlia del chimico Giovanni Antonio
Giobert), dalla quale ancora non aveva avuti igli, né li avrebbe avuti in
seguito, visto che non si risposò, per dedicarsi completamente all'insegnamento
e alla stesura di saggi e manuali nelle discipline mediche. In questo filone,
il più ricco, vanno almeno segnalati gli “Elementa physiologiae” e “Lezioni di
fisiologia” così come “Medicina legale”, accanto agli Elementa medicinae
forensis, politiae medicae et hygienes, cui avrebbe fatto seguito il Manuale di
medicina legale. Il variegato percorso
saggistico non si limitò (e non si esaurì) a studi a carattere
medico-fisiologico e medico-legale. Anzi, forte del curriculum studiorum
seguito fin da giovanissimo, cercò di approfondire i pensatori classici, come
nel caso di un “Coompendio” dedicato a Platone, di cui peraltro riuscì a
terminare il manoscritto poco prima di morire, arrivando persino a stilare, sia pure non in forma sistematica, una Storia
della filosofia. Risultati migliori li
ebbe, tuttavia, nel campo educativo-pedagogico. Questo indirizzo è
testimoniato, oltre che dal saggio sulla Riforma della prima educazione dai
dodici volumi dell'Emilio. Qui, facendo leva della sua vasta cultura, tratta
emblematicamente di argomenti in cui si fondono, senza soluzione di continuità,
il "viver sano" e il "maritaggio", il "governo della
famiglia" e la felicità, le "tendenze morali" e la
"moderazione nella prosperità", passando per i modi attraverso i quali
"sopportare le avversità". Altre opera: “Elementa physiologiae” (Tip.
Pica, Torino); “Dei vantaggi che la medicina apporta alle nazioni,” Tip. Chirio
e Mina, Torino “Introduzione alla medicina legale,” Tip. Marietti, Torino “La
medicina curativa di Leroy,” Tip. Marietti, Torino “Prime linee di polizia
medica,” Tip. Fontana, Milano “Della
scienza del cuore,”Tip. Fontana, Milano “Della colera indica,”Tip. Fodratti,
Torino “Elementa medicinae forensis, politiae medicae et hygienes,” Tip. Marinetti,
Torino “Manuale di polizia medica,” Tip. Fontana, Milano “Manuale d'igiene,” Tip.
Fontana, Milano “Lezioni di fisiologia,” Tip. Pomba, Torino “Patologia generale,” Tip. Elvetica,
Capolago “Invito a' medici piemontesi all'occasione
del cholera-morbus,” Tip. Cassone e Marzorati, Torino “Storia della fisiologia,” Tip Cassone e
Marzorati, Torino “Manuale di medicina
legale,” Tip. Fontana, Milano; “Emilio, Tip. Marietti, Torino “Della
solitudine,”Tip. Marietti, Torino “Narciso o regalo agli sposi,”Tip. Marietti,
Torino “Guerra e pace dei sensi,”Tip.
Marietti, Torino “Emilio o sia del governo della vita,” Tip. Fontana, Milano “Discorsi
filadelfici; ossia, fasti dell'ingegno italiano,”Tip. Marietti, Torino “Riforma
della prima educazione,” Tip. Marietti, Torino “Della sapienza dei greci,” Tip.
Cassone e Marzorati, Torino; “Storia della filosofia,” Tip. Pirotta, Milano “Platone
compendiato e comentato,” Tip. Elvetica, Capolago “Alcune vite di donne celebri,”Tip. Fontana,
Milano “De clarissimo viro Thoma Tosio ex ordine Oratorum sacrae facultatis
professore in regio Taurinensi Athenaeo, Tip. Regia, Torino Vita del conte
Gian-Francesco Napolio, Tip. Bocca, Torino
Vita Francisci Canevarii, Torino Cenni biografici di Lagrangia, Tip. Cassone
e Marzorati, Torino Curatele A. von Haller, Poesie scelte, Stamp. Reale, Torino
J.L. Alibert, Riflessioni sulla
fisiologia delle passioni o nuova dottrina de' sentimenti morali, Tip.
Marietti, Torino, F. Redi, Consulti medici, Tip. Elvetica, Capolago, D.
Alighieri, La Divina Commedia, Tip. Marietti, Torino 1840. G.L. Gianelli,
L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in
«Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e cultura
sociale», IX, Milano 1860643. G. Corniani, I secoli della letteratura
italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,
VIII, Utet, Torino 1856,
222-226. Si veda S.G.M. Berruti,
Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini,
s.e., Bologna 1847. L. Martini, Emilio,
12 voll., Tip. Marietti, Torino 1821-1823.
S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore
cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847. G. Corniani, I secoli della
letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari, VIII, Utet, Torino 1856. G.B. Gerini, Due
medici pedagogisti. Maurizio Bufalini e Lorenzo Martini, Tip. Bona, Torino
1909. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario
medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla
prosperità e cultura sociale», IX,
Milano 1860. Opere di Lorenzo Martini,
su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Martini. Lorenzo Martini.
MARTINO.
(Napoli). Filosofo. Grice:
“I like Martino – and his interviewees – there is indeed a ‘discepolato’ around
him.” Grice: “We don’t have anything like Martino at Oxford – Hollis is the
closest I can think.” Grice: “In his strictly philosophical explorations,
Martino aptly clashes with Croce!” -- Dopo la laurea a Napoli con una tesi in
Storia delle religioni sui gephyrismi eleusini sotto la direzione di Adolfo
Omodeo, si interessa alle discipline etnologiche. Si iscrive ai GUF e alla
Milizia Universitaria, collaborando a L'Universale di Berto Ricci e facendo
circolare in una cerchia ristretta di collaboratori un Saggio sulla religione
civile poi rimasto inedito. L'ingresso nel circolo crociano «Erano quelli
gli anni in cui Hitler sciamanizzava in Germania e in Europa, e ancora lontano
era il giorno in cui le rovine del palazzo della Cancelleria avrebbero composto
per questo atroce sciamano europeo la bara di fuoco in cui egli tentava di
seppellire il genere umano: ed erano anche gli anni in cui una piccola parte
della gioventù italiana cercava asilo nelle severe e serene stanze di Palazzo
Filomarino per risillabare il discorso elementarmente umano altrove
impossibile, persino nella propria famiglia». Il suo primo libro,
Naturalismo e storicismo nell'etnologia (1941), è un tentativo di sottoporre
l'etnologia al vaglio critico della filosofia storicista di Benedetto Croce.
Secondo de Martino, l'etnologia solo attraverso la filosofia storicista avrebbe
potuto riscattarsi dal suo naturalismo (tratto che accomuna, per de Martino,
tanto la scuola sociologica francese che gli indirizzi
"pseudostorici" tedeschi e viennesi). Fu lo stesso Croce a introdurre
il giovane de Martino all'editore Laterza, suggerendo la pubblicazione del
libro, in cui, nonostante qualche ingenuità, si può già scorgere in nuce l'idea
del successivo lavoro sul "magismo etnologico". Scritto negli anni
della seconda guerra mondiale e pubblicato nel 1948, Il mondo magico è il libro
nel quale Ernesto de Martino elabora alcune delle idee che rimarranno centrali in
tutta la sua opera successiva. Qui de Martino costruisce la sua
interpretazione del magismo come epoca storica nella quale la labilità di una
"presenza" non ancora determinatasi, viene padroneggiata attraverso
la magia, in una dinamica di crisi e riscatto. In quel periodo, de Martino
comincia a militare nei partiti di sinistra. Prima, dal 1945, lavora come
segretario di federazione, in Puglia, per il Partito Socialista Italiano; influenzato
da Gramsci e da Levi, cinque anni dopo,
entra a far parte del Partito Comunista Italiano. Anche per questa ragione,
negli anni che seguono, de Martino comincia a interessarsi sempre di più allo
studio etnografico delle società contadine del sud Italia, in contemporanea con
le inchieste di Vittorini e l’opera documentaristica di Zavattini. Di questa
fase, talvolta detta "meridionalista", fanno parte le opere più note
al grande pubblico: Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del
rimorso. Innovativo nelle sue ricerche fu l'approccio multidisciplinare,
che lo portò a costituire un'équipe di ricerca etnografica. La terra del
rimorso è la sintesi delle sue ricerche sul campo (il Salento) affiancato da
uno psichiatra (Giovanni Jervis), una psicologa (L. Jervis-Comba),
un'antropologa culturale (Amalia Signorelli), un etnomusicologo (Diego
Carpitella), un fotografo (Franco Pinna) e dalla consulenza di un medico (S.
Bettini). Nello studio del fenomeno del tarantismo vengono utilizzati anche
filmati girati tra Copertino, Nardò e Galatina. A queste monografie segue la
pubblicazione dell'importante raccolta di saggi Furore Simbolo Valore. De
Martino è stato collaboratore di Raffaele Pettazzoni all'Università "La
Sapienza" di Roma, nell'ambito della Scuola romana di Storia delle
religioni. Come ordinario di Storia delle religioni e di Etnologia, dha
insegnato all'Cagliari, dove ha avuto uno stuolo di allievi. Con ACirese,
Lilliu, Cases, la sua assistente CGallini, e in seguito altri studiosi, quali
Placido Cherchi, Giulio Angioni, Pietro Clemente, e Pier Giorgio Solinas,
saranno esponenti di una significativa, sebbene mai formalizzata, scuola
antropologica all'Cagliari, della quale de Martino è considerato uno dei
fondatori. È considerato uno dei più importanti antropologi dell’età
contemporanea, fondatore in Italia dell’umanesimo etnografico e
dell’etnocentrismo critico. La presenza La presenza in senso
antropologico, nella definizione di de Martino è intesa come la capacità di
conservare nella coscienza le memorie e le esperienze necessarie per rispondere
in modo adeguato ad una determinata situazione storica, partecipandovi
attivamente attraverso l'iniziativa personale e andandovi oltre attraverso
l'azione. La presenza significa dunque esserci (il "da-sein"
heideggeriano) come persone dotate di senso, in un contesto dotato di senso. Il
rito aiuta l'uomo a sopportare una sorta di "crisi della presenza"
che esso avverte di fronte alla natura, sentendo minacciata la propria stessa
vita. I comportamenti stereotipati dei riti offrono rassicuranti modelli da
seguire, costruendo quella che viene in seguito definita come
"tradizione". Ernesto de Martino, 11spedizione in Lucania Se si
vuole rintracciare in de Martino un filo comune e unitario tra l’influenza
marxista e gramsciana della “triade meridionalista” (esplicita anche attraverso
la sua militanza diretta nel PCI negli anni ‘50) di Morte e pianto ritual, Sud
e magia e La terra del rimorso e gli
appunti e i dossiers preparati per La fine del mondo, in cui è presente
un’elaborazione filosofica più marcatamente sui piani ontologico, esistenzialista
e fenomenologico e che vedranno la luce solo posteriormente (1ed.1977) dal
riordino delle carte ad opera di Angelo Brelich e Clara Gallini, bisogna
rendere centrale il nesso tra presenza/crisi/riscatto e il processo di
destorificazione del negativo ad opera dell’ethos del trascendimento;
l’immaginazione simbolica collettiva è la realizzazione di un’ethos del
trascendimento che, come un mito di fondazione per il senso di appartenenza o
la sacralizzazione dell’”oggetto” per scopi espiatori, rende possibile il
superamento di una crisi, della “presenza” in quanto soggetto che opera nella
natura, che rischia di perdersi in essa senza riscatto (escaton). Il soggetto
dunque si ricolloca nella storia tramite la cultura, e la crisi si rivela
esistenziale nel rapporto tra se’ e il mondo “altro da se’”. Ma la crisi
affonda sempre nelle materiali condizioni di vita e nelle modalità concrete di
una prassi che deve tendere e tende incessantemente alla trasformazione
rivoluzionaria (che è escatologica nelle religioni) come base insopprimibile
della costituzione di sè come soggetto: “Vi è dunque un principio
trascendentale che rende intellegibile l’utilizzazione e le altre
valorizzazioni, e questo principio è l’ethos trascendentale del trascendimento
della vita nel valore: attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il
valore, per la valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo
sostiene.” Costante, inoltre, nella ricerca sul campo, come nelle analisi
ed elaborazioni degli ultimi anni, fu l’indagine sul valore euristico assegnato
ai dati psicopapatologici, sempre legato a una riflessione critica sulla
trasferibilità delle relative nozioni in contesti culturali diversi e sulle
loro implicazioni sul piano antropologico e filosofico più generale: dalla
figura dello sciamano come “Cristo magico” ne Il mondo magico, ai fenomeni di
dissociazione e possessione (influenzato dalle letture di Shirokogoroff e PJanet)
nei riti della taranta, fino alle note sulle “apocalissi psicopatologiche” ne
La fine del mondo. Il folklore progressivo Il concetto di folklore, come
concezione del mondo regressiva, secondo le “osservazioni sul folklore” del
Quaderno XXVII di Gramsci “un agglomerato indigesto di frammenti di concezioni
del mondo e superstiti documenti mutili e contaminati”, ma anche di positiva
creatività delle classi subalterne (come i canti popolari), in opposizione alla
cultura dotta delle élite dirigenti, fu oggetto di riflessione dell’antropologo
partenopeo a partire dal 1949, con il saggio “Intorno ad una storia del mondo
popolare subalterno”, pubblicato su Società sul nr.3 di quell’anno, in cui
riprende studi e indagini della nuova etnologia sovietica (Tolstov, Hippius,
Cicerov, ispirati da Propp). Nel giugno 1951 in un articolo lo definì come
“proposta consapevole del popolo contro la propria condizione
socialmente subalterna, o che commenta, esprime in termini culturali, le lotte
per emanciparsene.” Il concetto fu poi ripreso, discusso problematicamente e allargato
in particolare da Cirese (in rapporto a Gramsci) e Satriani (il folklore come
cultura di contestazione). I “folkloristi” erano stati oggetto di critica
di de Martino già nella sua prima opera del 1941, Naturalismo e storicismo
nell’etnologia, in quanto puri descrittori e catalogatori con criterio
naturalistico e non storico-culturale: per cui il folklore rimane, pur
categorizzato come “progressivo”, come fenomeno di indagine antropologica nei
termini più complessivi di cultura popolare. Crisi della presenza e
destorificazione del negativo In quanto alla “crisi della presenza” come
spaesamento, ne La fine del mondo, Ernesto de Martino racconta di una volta in
Calabria quando, cercando una strada, egli e i suoi collaboratori fecero salire
in auto un anziano pastore perché indicasse loro la giusta direzione da
seguire, promettendogli di riportarlo poi al posto di partenza. L'uomo salì in
auto pieno di diffidenza, che si trasformò via via in una vera e propria
angoscia territoriale, non appena dalla visuale del finestrino sparì alla vista
il campanile di Marcellinara, il suo paese. Il campanile rappresentava per
l'uomo il punto di riferimento del suo circoscritto spazio domestico, senza il
quale egli si sentiva realmente spaesato. Quando lo riportarono indietro in
fretta l'uomo stava penosamente sporto fuori dal finestrino, scrutando
l'orizzonte per veder riapparire il campanile. Solo quando lo rivide, il suo
viso finalmente si riappacificò. In un altro esempio, per esprimere il
medesimo concetto, De Martino racconta degli Achilpa, cacciatori e raccoglitori
australiani, nomadi da sempre e per sopravvivenza, che avevano però l'usanza di
piantare al centro del loro accampamento un palo sacro, intorno al quale
celebravano un rito ogni volta che "approdavano" in un luogo nuovo.
Il giorno che il palo si spezzò, i membri della tribù si lasciarono morire,
sopraffatti dall'angoscia. Il concetto di spaesamento, come una
condizione molto "rischiosa" in cui gli individui temono di perdere i
propri riferimenti domestici, che in qualche modo fungono da "indici di
senso", viene inserito dunque da de Martino nelle sue categorie di “crisi
della presenza” e destorificazione del negativo. La crisi della presenza
caratterizza allora quelle condizioni diverse nelle quali l'individuo, al
cospetto di particolari eventi o situazioni (malattia, morte, conflitti morali,
migrazione), sperimenta un'incertezza, una crisi radicale del suo essere
storico (della "possibilità di esserci in una storia umana", scrive
de Martino) in quel dato momento scoprendosi incapace di agire e determinare la
propria azione. La destorificazione del negativo permette l'universalizzazione
della propria condizione umana in una dimensione mitico-simbolica, mediata
dalla religione e presente nel rito. Secondo Amalia Signorelli, antropologa ee
collaboratrice della spedizione nel Salento, "Il dato esistenziale
che ha scatenato la crisi (morte, malattia, paura e altro ancora) viene
mentalmente astratto dal contesto storico per entro il quale è stato esperito e
viene ricondotto a un tempo e a una vicenda mitici". Se il mito è
narrazione, il rito è un comportamento orientato ad uno scopo e ripetuto con
parole e gesti di significato altamente simbolico. È così che mito, rito e
simbolo diventano un circuito volto alla soluzione della crisi, astraendo dalla
storia reale in cui agisce il negativo. Quando è il negativo a prevalere,
e questo accade in fasi particolarmente drammatiche dell’esistenza umana (come
la morte di una persona cara), può manifestarsi una crisi radicale, una
“funesta miseria esistenziale”, per cui l’ethos del trascendimento non riesce
più a risolvere la crisi nel valore e la mancata valorizzazione fa perdere
anche l’operabilità sul reale. L’attività etica della valorizzazione è
necessaria per impedire la destrutturazione dell”esserci”, in quanto il
“vitale” vede per intero invaso il suo spazio, quello dell’intersoggettività e
il rapporto con il mondo. Avviene allora che “la presenza abdica senza
compenso”. Ernesto De Martino e Muzi Epifani, 1956, durante una missione
in Lucania L'elaborazione del lutto ed il pianto rituale antico Magnifying
glass icon mgx2.svg Morte di Gesù negli
studi antropologici e Planctus. Tra il 1952 e il 1956, l’etnologo organizza una
serie di spedizioni di ricerca in Lucania, accompagnato da un’equipe
interdisciplinare, tra cui Vittoria De Palma, anche lei etnologa e compagna di
vita e con l’utilizzo di strumenti quali il magnetofono e la cinepresa,
innovativi rispetto all’indagine folklorica classica. Riconnettendosi a Il
mondo magico, decide di concentrarsi sul lamento funebre e la “crisi del
cordoglio”, ai segni, al simbolismo delle ritualità legate ad una crisi
esistenziale tra le più gravi, come quella che segue la perdita di un caro, e
il pianto e il dolore collettivi che rappresentano la “crisi della presenza”, della
propria e di tutti, minacciata dalla morte. Il pericolo del lutto è dunque
quello dell’annullamento totale. In Morte e pianto rituale. Dal lamento
funebre antico al pianto di Maria, 1958, affronta anche il senso della morte di
Cristo in rapporto alla condizione esistenziale dell'uomo nel mondo ed al
momento traumatico della esperienza della morte dei propri cari. Di fronte alla
"crisi del cordoglio" che può portare al crollo esistenziale, emerge
la esigenza di elaborare culturalmente il lutto, nella forma socialmente
codificata del rito. La consolazione offerta dal credo religioso riconduce a
forme sopportabili la carica drammatica del lutto, riferendola simbolicamente
alla morte tragica di Cristo sulla croce, forme che consentono di ritrovarsi
uguali nel dolore, ma che diventano anche promessa di resurrezione. «È
possibile interpretare la genesi del protocristianesimo come esemplarizzazione
di una storica risoluzione del cordoglio che trasforma Gesù morto in Cristo
risorto e il morto che torna nel morto-risorto presente nella chiesa e nel
banchetto eucaristico. Le apparizioni di Cristo dopo la morte testimoniano la
Resurrezione e la presenza di Cristo nella chiesa sino al compimento del piano
temporale di salvezza. Dopo l'Ascensione la discesa dello S.S. inaugura l'epoca
in cui il morto-risorto è con i credenti sino alla fine, per donare la spinta
alla testimonianza missionaria. (291:) "Il Cristianesimo diventa un grande
rituale funerario per una morte esemplare risolutiva del vario morire storico e
come pedagogia del distacco e del trascendimento rispetto a ciò che muore (il
che poteva aver luogo solo in quanto il morto era l'unto dell'Uomo-Dio)".
Abbiamo un esempio storico di soluzione della crisi e la garanzia mediante la
fede della presenza del Risorto nella comunità. La celebrazione eucaristica
rappresenta contemporaneamente l'evento passato di un Cristo al centro del
piano temporale di salvezza (mito che garantisce e fonda la salvezza futura) e
l'evento futuro della definitiva Parusia.» De Martino indaga la
persistenza, nelle realtà marginalizzate della Lucania, del pianto funebre,
come “riplasmazione” del planctus irrelativo, rito antichissimo e diffuso prima
del Cristianesimo in tutta l'area mediterranea. La destorificazione dell’evento
luttuoso, soggettivamente vissuto, permette di riportarlo ad una dimensione
mitico-rituale, e dunque al superamento della crisi. Su questi temi si è
soffermata una sua studentessa e collaboratrice, la scrittrice Muzi Epifani,
nella commedia La fuga, scritta a dieci anni dalla sua scomparsa. Opere:“Naturalismo
e storicismo nell'etnologia,” Laterza, Bari, n. ed. con introduzione e cura di Matteis,
Argo, Lecce, “Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo,” Einaudi,
Torino, Boringhieri, Torino (con
introduzione di Cesare Cases e in appendice testi di Benedetto Croce, Paci,
Pettazzoni e Eliade) “Morte e pianto
rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria, Einaudi,
Torino, Premio Viareggio Saggistica; n. ed. Bollati Boringhieri, Torino (con introduzione
di Gallini) “Sud e magia,” Feltrinelli, Milano (con introduzione di Umberto
Galimberti). “Sud e magia La terra del rimorso. Contributo a una storia
religiosa del Sud,” Il Saggiatore, Milano, “Furore, simbolo, valore, Il
Saggiatore, Milano, poi Feltrinelli,
Milano, (con introduzione di Luigi M. Lombardi Satriani) e (con introduzione di Marcello Massenzio) “Magia
e civiltà. Un'antologia critica fondamentale per lo studio del concetto di magia
nella civiltà occidentale,”Garzanti, Milano, Mondo popolare e magia in Lucania,
a cura e con prefazione di Rocco Brienza, Basilicata, Roma-Matera,La fine del
mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, Gallini, con introduzione
di Gallini e Massenzio, Einaudi, Torino, La collana viola: lettere (con Cesare
Pavese), Pietro Angelini, Bollati Boringhieri, Torino, Scritti su religione, marxismo
e psicoanalisi, Altamura e PFerretti, Nuove edizioni romane, Roma, Compagni e
amici: lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Riccardo Di Donato, La nuova
Italia, Firenze, “Storia e metastoria”“i fondamenti di una teoria del sacro,
introduzione e cura di Marcello Massenzio, Argo, Lecce, “Note di campo:
spedizione in Lucania, edizione critica Clara Gallini, Argo, Lecce, “L'opera a
cui lavoro: apparato critico e documentario alla Spedizione etnologica in
Lucania, Clara Gallini, Argo, Lecce, Una vicinanza discreta: lettere (con
Renato Boccassino), Francesco Pompeo, Oleandro, Roma, “I viaggi nel Sud di
Ernesto de Martino, Clara Gallini e Francesco Faeta, fotografie di Arturo
Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, Torino, “Panorami
e spedizioni: le trasmissioni radiofoniche,”Luigi M. Lombardi Satriani e
Letizia Bindi, Bollati Boringhieri, Torino, “Musiche tradizionali del Salento:
le registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto de Martino a cura e testi di Maurizio Agamennone, Squilibri,
Roma,Scritti filosofici, Roberto Pastina, il Mulino, Bologna, Dal laboratorio
del mondo magico: carteggi Pietro Angelini, Argo, Lecce, Ricerca sui guaritori
e la loro clientela, Adelina Talamonti, Argo, Lecce (con introduzione di Clara
Gallini)Etnografia del tarantismo pugliese. I materiali della spedizione nel
Salento, Signorelli e Valerio Panza, Introduzione e commenti di Amalia
Signorelli, Argo, Lecce . La fine del mondo. Contributo all'analisi delle
apocalissi culturali, nuova edizione Giordana Charuty, Daniel Fabre, Marcello
Massenzio, Einaudi, Torino. E. de
Martino, Promesse e minacce dell'etnologia, in Id., Furore Simbolo Valore,
Milano, MARTINO: ERNESTO DE MARTINO, su
filosofico.net. 19 luglio . Giulio
Angioni, Una scuola antropologica sarda?, in Giulio Angioni et al. (Luciano
Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano), La Sardegna contemporanea. Idee,
luoghi, processi culturali, Roma, Donzelli, Martino, cap.VI “Antropologia e
marxismo” par. “Marxismo e religione”, in La fine del mondoContributo
all’analisi delle apocalissi culturali, Einaudi, Ernesto de Martino, Il
folklore progressivo, in l’Unita’, Amalia Signorelli, Ernesto De MartinoTeoria antropologica
e metodologia della ricerca, L'asino d'oro ed.
Il mondo magico, ed., Torino, Ernesto de Martino, La Fine del Mondo,
Einaudi, Torino, Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su
premioletterarioviareggiorepaci. 9 agosto .
Giulio Angioni, Fare dire sentire. L'identico e il diverso nelle
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in Luciano Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano , La Sardegna
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Baldonato e Bruno Callieri, Soglie dell'impensabile. Apocalissi e salvezza in
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dell'ombra: l'etnocentrismo critico di Ernesto De Martino e il problema
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limite: tre variazioni critiche su Ernesto De Martino, Napoli, Liguori, Stefano
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Vittorio Lanternari Claude Lévi-Strauss Diego Carpitella Tarantismo Carlo
Tullio Altan Alberto Mario Cirese Giulio Angioni Antropologia culturale Placido
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Etnologia Pizzica Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Ernesto de
Martino Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
altri file su Ernesto de Martino Ernesto
de Martino, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Mariannita Lospinoso, DE
MARTINO, Ernesto, in Enciclopedia Italiana, IV Appendice, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1Vittorio Lanternari, DE MARTINO, Ernesto, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Ernesto de Martino, su
siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. Opere di Ernesto de Martino, . Marcello Massenzio, Ernesto De Martino e
l'antropologia, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Recensione a Morte e pianto rituale. Dal
lamento funebre antico al pianto di Maria. Recensione a Il mondo magico.
Prolegomeni a una storia del magismo. Ernesto de Martino Pagina autore Liber Censor.net di Ernesto de Martino (formato pdf) Istituto
Ernesto De Martino, su iedm. Società di Mutuo Soccorso Ernesto de Martino, su
smsdemartino.noblogs.org. 2 settembre 10
gennaio ). Interpretazioni dell'apocalisse: le tre edizioni de LA FINE DEL
MONDO di Ernesto de Martino, su L’analisi e la classe Ernesto de Martino,
"Intorno a una storia del mondo popolare subalterno",1949 su
Academia.edu.
MASCI. (Francavilla al Mare). Filosofo. Grice:
“But perhaps more interesting that his explorations on the judicative are
Masci’s conceptual analysis, and fascinating ‘natural’ history of the will,
with a focus on Aristotle!” Grice: “Like Masci, I make a conceptual connetction
between willing and free-will.” – or “volonta” e “liberta” in his words!” -- Grice:
“I like Maci; he has philosophised on forms of intuition and instincdt – cf. my
“Needs’ – and what he calls the psycho-physical materialism. Also on what he
calls the psychological parallelism – He spent a few essays on quantification
and measurement in atters of the soul -- -- and speaks of an ‘indirect measure’
in psychology. He has opposed ‘conoscenza’ to ‘credenza’ (cf. my knowledge and
belief) , and further, ‘conosecenza and pensiero’ , knowledge and thought. Nato
in una famiglia della borghesia abruzzese, perse il padre Guglielmo all'età di
4 anni. Frequentò il collegio Giambattista Vico di Chieti e, completati gli
studi liceali, fu allievo del professor Mola, che gli insegnò filosofia,
scienze e matematica. Iniziò nel 1862 gli studi di giurisprudenza all'Napoli,
dove si laureò nel 1866, ed in seguito studiò scienze politico-amministrative.
Cominciò ad approfondire le sue conoscenze filosofiche grazie alle lezioni
tenute da Bertrando Spaventa nella stessa città. Influenzato dalla sua
formazione universitaria e dallo stesso Spaventa, al centro dei suoi primi
studi c'era il pensiero di Kant e Hegel. Nel 1875 ottenne la cattedra di
professore reggente di filosofia presso il liceo di Chieti, prima
dell'abilitazione che gli fu consegnata nel 1879 a Pisa. Inoltre sempre nel
1875 venne nominato vincitore di un concorso della Reale Accademia delle
scienze morali e politiche grazie ad un saggio sulla Critica della ragion pura.
Nel 1882 divenne libero docente di filosofia teoretica all'Napoli e, l'anno successivo,
di storia della filosofia presso l'Pavia. Nel 1883 abbandonò l'insegnamento a
Chieti per recarsi a Padova, dove era stato nominato professore straordinario
di filosofia morale. All'istituto scolastico lasciò numerosi scritti sulla
filosofia antica. Un anno dopo divenne Professore all'Napoli. Nel 1893
ottenne la carica di rettore dell'Napoli e nel 1894 di consigliere comunale
della medesima città. Nel corso della sua carriera politica fu eletto deputato
dal collegio di Ortona al Mare per la XIX legislatura e fu un sostenitore
di Annunzio. Entra nel Senato del Regno,
dove intervenne più volte sul tema dell'istruzione pubblica. Sosteneva la
maggiore importanza della formazione classica rispetto a quella tecnica o
scientifica nelle scuole secondarie. Liceo scientifico
"Filippo Masci" a Chieti Fu Presidente dell'Accademia di lettere ed
arti della Società Reale di Napoli, socio della Regia Accademia dei Lincei,
membro del Consiglio superiore dell'Istruzione Pubblica e di altre istituzioni
culturali. Nel 1918 presso l'Accademia dei Lincei difese l'importanza di Kant e
Fichte in contrasto con le parole di Luigi Luzzati che li aveva criticati per
essere filosofi tedeschi. Dopo la morte avvenuta il 7 dicembre 1922, fu eretto
un busto commemorativo a Francavilla al Mare e il neonato liceo scientifico di
Chieti fu intitolato in suo onore. Nel corso della sua carriera conobbe
Scarfoglio e Annunzio, che continuò a frequentare negli anni successivi.
Inoltre fu tenuto in grande considerazione da Spaventa. Nel 1888 sposò una
lontana parente di sua madre, entrambe appartenenti alla famiglia Tattoni di
Bellante. Dal matrimonio nacquero tre figli. Il pensiero Poco prima di
morire pubblicò Pensiero e conoscenza, in cui sono racchiusi gli aspetti più
importanti del suo pensiero, che oggi è poco studiato. Ebbe molteplici
interessi (filosofia, psicologia, sociologia, pedagogia, diritto e storia) ed è
considerato uno dei più importanti esponenti del neokantismo, avendo rifiutato
sia alcune posizioni filosofiche di Spaventa, sia l'affermato positivismo di Ardigò,
che escludeva ogni possibile principio "a priori" della conoscenza.
La ripresa della filosofia di Immanuel Kant fu segnata dalla convinzione che
fosse sbagliato ridurre la realtà a pura rappresentazione, ma anche dal
tentativo di studiare la genesi psicologica delle categorie di Kant e quindi
negare la loro formulazione numericamente rigida. Nel Materialismo psicofisico
cercò di dimostrare l'unità tra anima e natura in una concezione psicofisica
della realtà, ma i suoi lavori furono criticati da Giovanni Gentile, anche a
causa della mancata adesione al neoidealismo. Opere: “Le forme
dell'intuizione” (Del Vecchio, Chieti); “Le teorie sulla formazione naturale
dell'istinto”Memoria letta alla R. Accademia di Scienze Morali e Politiche
della Società Reale di Napoli. Napoli: Tipografia della Regia Università, “Il
materialismo psico-fisico”“Il parallelismo in psicologia, “Atti dell'Accademia
di Napoli”, Napoli Intellettualismo e
pragmatismo, “Atti della Regia Accademia delle Scienze morali e politiche”,
Napoli, “Quantità e misura nei fenomeni psichici”Memoria letta all'Accademia di
Scienze Morali e Politiche della Società Reale di Napoli. Napoli: Federico
Sangiovanni & Figlio, “Della misura indiretta in psicologia.”Conoscenza
scientifica e conoscenza matematica. Napoli: Federico Sangiovanni & Figlio,
“Credenza e conoscenza” -- “I like the
latest bit, where he discusses the reciprocity of the faculties” – Grice.) Atti dell'Accademia di Napoli”, Napoli, “Pensiero
e conoscenza,”Bocca Editori, Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italian astrino
per uniforme ordinaria Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia Ufficiale
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaUfficiale
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Note Schede di personalità
abruzzesi importanti nel campo della filosofia, Regione Abruzzo). Storia
del liceo F. Masci e biografia, Liceo F. Masci). Discorso di commiato per la morte di Masci,
su notes9.senato. 15 luglio . Alfonso
Pietrangeli, Filippo Masci e il suo neocriticismo, Cedam, Padova 1962. Luigi
Gentile, Filippo Masci : dal criticismo kantiano al monismo psicofisico, Noubs,
Chieti 2003. Giuseppe Landolfi Petrone, Masci Filippo, in Dizionario biografico
degli italiani, 71, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, ATreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Filippo Masci, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Opere di Filippo Masci, su Liber Liber.
Opere di Filippo Masci, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filippo Masci, su storia.camera, Camera dei
deputati. Filippo Masci, su Senatori
d'Italia, Senato della Repubblica. Filippo Masci.
MASI. (Firenze). Filosofo. Grice: “Unlike Masi, I don’t think ontology
has reached its end – il fine dell’ontologia” – Grice: “Masi has elaborated on
the power of reason not from an Ariskantian perspective but from a Plathegelian
one! – Masi: “Il potere della ragione: Eraclito, Platone, Hegel.” -- Grice: “It’s amazing Masi was implicating the
same things as I was on S izz P and P hazz S; he even managed a coinage, ‘uni-equivocity’
– I love it!”. Figlio di Enrico Masi, generale dell'Esercito Italiano, e Leda
Nutini. Ha compiuto i suoi studi a Bologna, conseguendo la maturità classica
presso il liceo statale L. Galvani. Iscrittosi a Bologna, vi si laureò con lode
con una tesi sul diritto di famiglia
negli Statuti Bolognesi. Assolse agli obblighi di leva e fu trattenuto alle
armi in base alle disposizioni di emergenza del periodo. Congedato, riprese gli
studi di filosofia a Bologna, dove conseguì la laurea con lode, discutendo co
Battaglia la tesi, “Individuo, società, famiglia in Rosmini”. La tesi gli valse
l'ammissione, con borsa di studio a Milano. Dopo il primo anno, fu richiamato
alle armi nel periodo bellico. Ottenuto il congedo definitivo, insegna
filosofia a Bologna. Participa ai principali convegni e congressi, come quelli
del Centro Studi Filosofici di Gallarate, come attesta la sua collaborazione
alla Enciclopedia filosofica quel Centro. Dona su collezione alla Pinacoteca
comunale di Pieve di Cento. L'interesse storiografico che muove Masi alla ricostruzione di Kierkegaard da un
profondo e originale impegno teoretico, volto ad approfondire il concetto
metafisico di "analogia", cui il discorso di Kierkegaard, come l'A.
si propone di illustrare nel suo saggio, risulta fortemente legato. Sotto un
profilo strettamente storiografico, il Masi approda, attraverso un'attenta
rilettura delle "opere edificanti" di Kierkegaard, ad
un'interpretazione che ridimensiona questo pensatore, scoraggiando molti luoghi
comuni della critica.." (A. Baboline).
"Nel linguaggio filosofico contemporaneo l'aggettivo
"platonico", riferito a una qualsiasi entità, vuole denotare
l'immobilità a-storica, il suo permanere in un'assoluta identità con sé
medesima al di sopra delle alterne vicende del divenire. Ciò deriva da una
tradizione ermeneutica del platonismo. Uno degli aspetti più rilevanti del
volume di Masi risiede appunto nello sforzo operato a de-mitizzare una tale
ermeneutica... questa ricerca del Masi costituisce un lucido esempio di come
oggi una filosofia, che si presenta spiritualistica e umanistica, sappia
ripiegarsi a cogliere con consapevolezza trasparente e spregiudicata, le
proprie radici alle fonti più vive della tradizione culturale
dell'Occidente" (A. Babolin).
"Le zitelle è un libro divertente, curioso, strano. Il pregio
maggiore di questo libro è di essere tutto su di uno stesso tema musicale.”
Opere: “Esistenza” (Bologna; “La verità,” Bologna, “La libertà,” Bologna,
“Metafisica,” Milano, “La fine dell'ontologia,” Milano, “Disperazione e
speranza. Saggio sulle categorie kierkegaardiane,” Padova, “Il potere della
ragione,” Padova, “Il problema
aristotelico,” Bologna, “L'esistenzialismo,” “Grande antologia filosofica. Il
pensiero contemporaneo,” Milano “Il pensiero ellenistico,” Bologna, “L'uni-equivocità
dell'essere in Aristotele (Genova: Casa Editrice) – cf. Grice, “Aristotle on
the multiplicity of being” -- Tilgher “Lo spiritualismo” antico. Il pensiero
religioso egiziano classico, Bologna: Clueb, “Lo spiritualismo ellenistico.” La
grande svolta del pensiero occidentale, Bologna: Clueb, Lo spiritualismo
cristiano antico. Dalle origini a Calcedonia, Bologna: Clueb Origène o della
riconciliazione universal, Bologna, “Lo spiritualismo indiano. Dalle Upanishad
al Buddha, Bologna: Clueb Lo spirito magico. Saggi sul pensiero primitivo, Bologna:
Clueb, Studi sul pensiero antico e dintorni, Bologna L'idea barocca. Lezioni sul
pensiero del Seicento, Bologna: Clueb, Il concetto di cultura, Bologna: Clueb, Commento al Timeo” (Bologna:
Clueb“Dell'eternità, e altri argomenti,’ Bologna: Clueb Narrativa Penombre,” Torino:
Casa Editrice A.B.C. SL'esile ombra, Torino: Casa Editrice A.B.C. Le zitelle,
Milano: Todariana Editrice, Il cane cinese, Roma: Vincenzo Lo Faro Editore
Il gatto Siamese, Roma: Vincenzo Lo Faro
Editore. Il figlio dell'ufficiale, Marta, L'ultima estate, Firenze: Firenze
Libri “La carriera di un libertino,”La dea bambina, Firenze: Firenze “Oltre le
dune,” Firenze: Firenze Libri Le donne, Roma: Gabrieli Editore L'ignoto. Il
sogno, Firenze: L'Autore Libri, Tra le
quinte del liceo. L'orologio a Pendolo, Firenze: L'Autore Libri, Il palloncino
rosso e altri racconti, Firenze: L'Autore Libri, La partenza, Firenze: L'Autore
Libri Il sogno, Roma: Gabrieli Editore Angelina e altri racconti, Firenze:
L'Autore Libri La croce di Sant'Elpidio. Il cane cinese, Firenze Il lupo di
Sestola, Firenze: L'Autore Libri Poesia Apollo e Dafne, Padova: L'Edicola Le
stagioni e i giorni, Padova: L'Edicola, La tomba d'erba, Padova: L'Edicola
Maremma tu, Milano: Todariana EditricePremio Montediana di poesia, A. Babolin,
rec. a Disperazione e speranza, in "Riv. di Fil. Neosc.", A. Babolin, rec. a il potere della ragione, in:
"Riv. di Fil. Neosc.", F. Tombari, rec. a Le zitelle, Milano:
Todariana Editrice Nunzio Incardona. Giuseepe
Masi --. Keywords uni-equivociat dell’essere in Aristotele.
MASSARENTI. (Eboli). Filosofo. Grice: “His dictionary
of non-common ideas I would give to Austin on his birthday; he would hate it!
He was all for common lingo!” -- “I like Massarenti: he can be provocative. I
like his study on what he calls a ‘neologissimo’ – and the idea of the
pocket-philosopher! I know I’m one! On the other hand, he has written on ‘la
buona logica,’ but isn’t ‘logica’ already a value-paradeigmatic expression? His
study on god-damn logic is good – since that’s what I do, with my theory of
implicature. To say, “My wife is in the kitchen or the bedroom” when I know
where she is – and thus when I have truth-functional grounds to utter the
stronger disjunct, it’s still goddamn logic – I haven’t lied! True but misleading
– aka god-dman logic!” Responsabile del supplemento culturale Il Sole-24
Ore-Domenica, dove si occupa di storia e filosofia della scienza, filosofia
morale e politica, etica applicata, e dove tiene la rubrica Filosofia minima. Armando Massarenti vive a Milano, dove
dirige il supplemento culturale Domenica de Il Sole 24 Ore. Nel 1991 ha scritto, con Antonio Da Re, L'etica
da applicare. Ha redatto il Manifesto di bioetica laica, che ha suscitato un
vasto dibattito.[senza fonte] È stato membro dell'Osservatorio di Bioetica
della Fondazione Einaudi di Roma e dal
fa parte del Comitato etico della Fondazione Veronesi, presieduto da
Giuliano Amato. Direttore della rivista Etica ed economia (Nemetria). Ha curato e introdotto diversi volumi di
argomento filosofico-scientifico, come L'ingranaggio della libertà di Friedman
(Liberilibri, Macerata), la Storia dell'astronomia di Giacomo Leopardi (La vita
felice, Milano), Rifare la filosofia di Dewey (Donzelli, Roma). Per Feltrinelli ha curato e introdotto il
volume Laicismo indiano (Milano), una raccolta di saggi del Premio Nobel per
l'economia Amartya Sen. Ha curato il
numero monografico della Rivista di Estetica dedicato al dibattito su "Analitici
e continentali" e, con Vittorio
Possenti, il volume Nichilismo, relativismo, verità. Un dibattito (Rubbettino,
Soveria Mannelli). Ha curato la collana I Grandi Filosofi (trenta volumi sui
protagonisti della storia del pensiero, da Socrate a Wittgenstein, per i quali
ha anche scritto le prefazioni, confluite ne Il filosofo tascabile). Nel è in corso di pubblicazione una serie analoga
dedicata ai grandi della scienza. Ha
scritto Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima per il quale
gli sono stati conferiti il Premio Filosofico Castiglioncello e il premio di saggistica "Città delle
Rose" 2007. Il lancio del nano è anche oggetto di un esperimento
didattico, promosso dalla Società Filosofica Italiana (Sfi), attraverso il
quale viene proposto un modo nuovo di motivare gli studenti allo studio della
filosofia e alla capacità di argomentare in proprio. Dal libro è stato tratto
anche uno spettacolo teatrale, per la regia di Claudio Longhi (prodotto da
Mimesis). Con Gilberto Corbellini e Pino
Donghi ha curato e in parte scritto il volume Bi(bli)oetica. Istruzioni per
l'uso (Einaudi), un dizionario di bioetica sui generis, dal quale il regista
Luca Ronconi ha tratto l'omonimo spettacolo teatrale andato in scena a Torino,
per il progetto Domani delle Olimpiadi6.
Ha scritto Staminalia. le cellule etiche e i nemici della ricerca, una
ricostruzione del dibattito etico e scientifico sulla ricerca sulle staminali,
recensito, tra gli altri, da Elena Cattaneo sulla rivista Nature. Ha scritto Il filosofo tascabile. Dai
presocratici a Wittgenstein. 44 ritratti per una storia del pensiero in
miniatura. In contemporanea è uscito “Stramaledettamente logico. Esercizi
filosofici su pellicola (Laterza, Roma-Bari) una raccolta di saggi su cinema e
filosofia (di Claudia Bianchi, Roberto Casati, Achille Varzi, Nicla Vassallo)
di cui ha scritto introduzione e saggio conclusivo. Ha insegnato come professore a contratto
nelle Bologna, Lugano, Siena, Milano. Dirige per Mondadori Università la
collana "Scienza e filosofia".
Fa parte delle giurie di due premi per la divulgazione scientifica: il
Premio Giovanni Maria Pace, promosso dalla SISSA di Trieste, il Premio
letterario Galileo per la divulgazione scientifica, legato al Campiello
(Padova), e il premio letterario Merck Serono. È stato anche nella giuria del
Premio del Giovedì "Marisa Rusconi", conferito ogni anno a Milano a
un romanzo italiano opera prima. Ha
vinto diversi premi: il Premio Dondi per
la Storia della Scienza, delle tecniche e dell'Industria (Padova); n il Premio
Voltolino per la divulgazione scientifica (Pisa); n il Premio Mente e Cervello
(Torino); nel il premio Capri, il premio
Argil e il premio Capalbio; nel il
Premio Città di Como. Opere: “L'etica da
applicare: una morale per prendere decisioni,” Milano, Il Sole-24 Ore libri, “Il
lancio del nano” -- e altri esercizi di “filosofia minima,” Parma, Guanda, Staminalia.
“Le cellule” etiche e i nemici della ricerca, Parma, Guanda, “Il filosofo tascabile” “dai presocratici a
Wittgenstein”“ritratti per una storia del pensiero in miniatura,” Parma, Guanda,
“Dizionario delle idee non comuni,”Parma, Guanda, .“Filosofia, sapere di non
sapere: le domande che hanno caratterizzato lo sviluppo del pensiero” Firenze,
D'Anna.“Perché pagare le tangenti è razionale ma non vi conviene” e altri saggi
di etica politica, Parma, Guanda, .“Istruzioni per rendersi felici.”“Come il
pensiero antico salverà gli spiriti moderni, Milano, Guanda, .“La buona
logica.” Imparare a pensare, con Paolo Legrenzi, Milano, Cortina, “.Metti
l'amore sopra ogni cosa: una filosofia per stare bene con gli altri,”Milano,
Mondadori, Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Armando Massarenti, .
Registrazioni di Armando Massarenti, su Radio Radicale, Il lancio del
nano e altri esercizi di filosofia minima, su italialibri.net.Armando
Massarenti: tangenti e moralità, su filosofia.rai.
MASSARI
-- SEMINARA (Seminara). Bernardo Massari -- calabro -- Barlaam: -- Grice:
“Should it be under B – Barlam, under Seminara, like Occam?” Barlaam Calabro – di Calabria -- (Seminara),
filosofo. Scrisse, anche, di aritmetica, musica e acustica. Fu uno dei più
convinti fautori della riunificazione fra le Chiese d'oriente e occidente. È
considerato insieme ai suoi due allievi Leonzio Pilato e Boccaccio uno dei
padri dell'Umanesimo. Barlaam studiò e
fu ordinato sacerdote nel Monastero di S. Elia de Capasino (attuale Cubasina)
in Galatro, Calabria, per poi lasciare la regione alla volta di Bisanzio
(approssimativamente nel 1326 o 1327), dove completò la sua istruzione. Pare che il suo successo come filosofo (un
suo trattato sull'etica stoica è preservato) fu ragione di gelosia da parte
dell'umanista bizantino Niceforo Gregorio. Nel 1333, nell'ambito delle
trattative per la riunificazione tra le due Chiese di Oriente e di Occidente, a
Barlaam venne affidata la difesa delle ragioni greche; in tale occasione
sviluppò le sue critiche verso l'esicasmo e a sottolineare la differenza di
valore tra la teologia scolastica e la contemplazione mistica. Barlaam fu protagonista di una violenta
polemica contro i metodi ascetici e mistici di alcuni monaci dell'Athos e del
loro sostenitore Gregorio Palamas. Il dibattito divenne sempre più acceso fino
a culminare in un concilio generale nel 1341 alla fine del quale Barlaam venne
costretto a sospendere ogni futuro attacco verso l'esicasmo. Epigrafe a Gerace, Barlaam maestro greco e
latino di Petrarca e Boccaccio. Fu inviato dall'imperatore Andronico III
Paleologo in missione diplomatica a Napoli, Avignone e Parigi per sollecitare
le corti europee ad una crociata contro i turchi. In quell'occasione costruì
delle relazioni e una rete di amicizie su cui poté fare conto quando, in
seguito alla decisione conciliare, decise di lasciare Bisanzio e aderire alla
Chiesa d'Occidente. Nel 1342 ad Avignone conobbe Francesco Petrarca, a cui
iniziò ad insegnare il greco. Il Petrarca si adoperò per fargli assegnare la
diocesi di Gerace, così Barlaam fu nominato vescovo di Gerace da papa Clemente
VI il 2 ottobre dello stesso 1342. La bolla relativa alla sua elezione al
vescovato di Gerace riporta: "Monachus monasteri Sancti Heliae de Capasino
Ordinis Sancti Basilii Militensis Diocesis, in sacerdotio
constitutum". Barlaam fu maestro di
greco e latino di Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio che diede un importante
contributo, attraverso la riscoperta dei testi greci, anche a tutto ciò che non
molto tempo dopo svilupperà il movimento umanista. È proprio l'umanista
Giannozzo Manetti il primo a menzionare Barlaam nella sua biografia del
Petrarca. Nel 1346 Barlaam venne inviato
in missione diplomatica dal Papa in un rinnovato tentativo ecumenico. Data la
grande influenza di Palamas il tentativo, ancora una volta, si risolse in un
insuccesso. Fece ritorno ad Avignone
dove morì. Opere Si occupò anche di matematica lasciandoci una Logistica in
lingua greca in cui spiega le regole di calcolo con interi, frazioni generiche
e frazioni sessagesimali. L'opera fu pubblicata a Strasburgo ne a Parigi, nsieme
ad una sua traduzione in latino.
Domenico Mandaglio, Barlaam Calabro: una vocazione unionista. Claudio
Nanni Editore (Maggio ). Salvatore Impellizzeri, BARLAAM Calabro, Dizionario
Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani. Silvio
Giuseppe Mercati, BARLAAM Calabro, Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani Altri progetti Collabora a Wikisource
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Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Barlaam di Seminara, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. (DE) Barlaam di Seminara, su ALCUIN,
Ratisbona. Opere di Barlaam di Seminara, .
Predecessore Vescovo di Gerace SuccessoreBishop CoA PioM.svg Nicola2
ottobre 13421º giugno 1348Simone Atomano.
MASTRI (Meldola). Filosofo.– Grice: “One interesting
fascinating bit about Mastri’s ‘Institutiones logicae’ is tha it starts with a
little ABC!” Grice: “Mastri has a chapter on fallacies, too, which is
fascinating!” -- Grice: “I love Mastri – of course at Oxford, if they do
history of logic, they’ll focus on Occam – Axe Kneale!” Grice: “But Mastri
explored quite a bit the square of opposition, and modal, too – what he says
about nomen, verbum, propositio, copula, ‘regulae’ for reasoning, and so forth,
is all relevant – especially seeing that his “Institutiones logicae” is just
one of his outputs: he made intensive commentaries on Aristotle’s whole
organon, and more importantly, also his metaphysics and his theory of the soul
– so Mastri certainly knows what he is talking about!” -- Grice: “He was a
logician, and so, according to the Bartlett, am I!” -Opere: “Disputationes in
octo libros Physicorum Aristotelis,” typis Ludovici Grignani, Romae. “Disputationes
in Organum Aristotelis,” typis Marci Ginami, Venetiis “Disputationes in libros
De celo et Metheoris,” typis Marci Ginami, Venetiis “Disputationes in libros De
generatione et corruptione,”typis Marci Ginami, Venetiis “Disputationes in
Aristotelis Stagiritæ libros De anima,”typis Marci Ginammi, Venetiis “Disputationes
in Aristotelis Stagiritæ libros Physicorum,”typis Marci Ginammi, Venetiis, Institutiones logicæ, quas vulgo summulas, vel
logicam parvam, nuncupant,”typis Marci Ginammi, Venetiis); “Disputationes in
Organum Aristotelis” (typis Marci Ginammi, Venetiis); “Disputationes in XII
Aristotelis stagiritæ libros Metaphysicorum,”typis Marci Ginammi, Venetiis “Disputationes
in libros De coelo et Metheoris, typis Marci Ginammi, Venetiis “Scotus et
scotistæ Bellutus et Mastrius expurgati a probrosis querelis ferchianis,” apud
Franciscum Succium thypographum cameralem, Ferrariæ “Disputationes in libros De
generatione et corruptione,typis Marci Ginammi, Venetiis “Disputationes
theologicæ in primum librum Sententiarum, apud Iohannes Iacobum Hertz, Venetiis
“Disputationes theologicæ in secundum librum Sententiarum, apud Franciscum
Stortum, Venetiis “Disputationes theologicæ in tertium librum Sententiarum, apud
Valvasensem, Venetiis “Disputationes theologicæ in quartum librum Sententiarum,
apud Valvasensem, Venetiis “Theologia moralis ad mentem dd. Seraphici et
Subtilis concinnata, apud Ioannem Iacobum Herz, Venetiis“Disputationes in
Aristotelis Stagiritæ libros De anima, sumptibus Francisci Brogiolli, Venetiis “Theologia
moralis,” Edizioni Theologia moralis, Milano,
Fondazione Mansutti). Bartolomeo Mastri,
Philosophiae ad mentem Scoti, 1,
Venetiis, Nicolò Pezzana, Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti, 2, Venetiis, Nicolò Pezzana, Mastri,
Philosophiae ad mentem Scoti, 3, Venetiis,
Nicolò Pezzana, Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti, 4, Venetiis, Nicolò Pezzana, Bartolomeo
Mastri, Theologia moralis, Venetiis, Giovanni Giacomo Hertz. Paolo Falzone, Bartolomeo Mastri, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. 31 luglio . Marco Forlivesi, Scotistarum princeps. Bartolomeo Mastri e
il suo tempo, Centro Studi Antoniani, Padova,
Marco Forlivesi, Mastri da
Meldola, "riformatore"
dell'Accademia degli Imperfetti, Accademia degli Imperfetti, Meldola, Marco
Forlivesi , "Rem in seipsa cernere". Saggi sul Mastri Il Poligrafo, Padova 2006. Daniel Heider,
Universals in Second Scholasticism. A comparative study with focus on the
theories of Francisco Suárez, João Poinsot and Bartolomeo Mastri da Meldola
O.F.M. Conv./Bonaventura Belluto O.F.M. Conv. Philadelphia, John Benjamins, .
Tullio Faustino Ossanna,Mastri conv. Teologo dell'incarnazione, Miscellanea
Francescana, Romal Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di
storia dell'assicurazione, M. Bonomelli, schede bibliografiche di C. Di
Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, 214. Hermann Busenbaum Bonaventura Belluto
Giovanni Duns Scoto. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Opee su openMLOL, Horizons Unlimited
srl.
MASSOLO. (Palermo). Filosofo. Grice: “If I had to
decide on my favourite Massolo, that would be his ‘historicity of metaphysics,’
way before when I was venturing with Strawson and Pears to lecture the erudite
audience of the BBC third programme on the topic!” Dopo aver intrapreso gli
studi presso il Liceo Classico Vittorio Emanuele II, si laurea a Palermo con
“L’individuo in Rosmini, con Allmayer. Fu autore di alcuni volumi di
poesia. In seguito ad un periodo di
docenza nei licei di Perugia, Catanzaro e Livorno, insegna a Urbino e 'Pisa. Ha
influenzato importanti figure del dibattito filosofico del secondo Novecento,
come Luporini, Badaloni, Sichirollo, Salvucci, Cazzaniga, Barale, Bodei,
Losurdo. Gli scambi epistolari avuti con numerosi intellettuali (tra cui
spiccano i nomi di Gentile, Spirito, Bo, Fortini, Russo, Capitini, Weil)
mostrano l’alta considerazione di cui Massolo godeva all’interno del panorama
culturale del secondo dopoguerra.
Partecipa alla fondazione della rivista Società, entrando nel comitato di
redazione. La rivista, nel primo anno della sua uscita, ospitò tre importanti
saggi di Massolo: Esistenzialismo e borghesismo, La hegeliana dialettica della quantità, L’essere
e la qualità in Hegel. Idea e fonda la collana «Socrates» dell’editore
Vallecchi, con la quale pubblicò “Filosofia e politica” di Weil, Vita di Hegel
di Rosenkranz e Dialettica e speranza di Bloch. I suoi studi su Hegel, inclini
a valorizzare la filosofia della storia e la dimensione realistica del filosofo
tedesco, contrastano tanto la lettura del neoidealismo italiano (Croce e
Gentile) quanto quella di Galvano Della Volpe. Nell’ambito della sua
riflessione Massolo ha posto le basi teoriche per una nuova ed originale rilettura
del rapporto Hegel-Marx, tanto da essere considerato da alcuni interpreti
l’avviatore dell’hegelo-marxismo in Italia.
I suoi interessi teoretici si sono rivolti principalmente alla filosofia
classica tedesca da Kant ad Hegel, della quale ha studiato, per più di un
decennio, i principali momenti storico-teorici.
In antitesi all’esegesi del neoidealismo italiano, che tendeva ad
attribuire alle filosofie di Fichte, Schelling ed Hegel il superamento della
finitezza umana che Kant aveva posto a fondamento della sua filosofia, Massolo
ha proceduto alla rilettura della genesi dell’idealismo tedesco con l’idea che
esso abbia storicizzato i dualismi kantiani in un processo che si compie nella
Fenomenologia dello spirito di Hegel.
Nelle fasi più mature della sua riflessione ha tematizzato in vari saggi
la problematica della scissione della coscienza comune (Filosofia e coscienza
comune, oggi), l’idea della completa politicizzazione del filosofare (Politicità
del filosofo, Frammento etico-politico),
ed il problema della storia della filosofia con particolare riferimento al
ruolo della coscienza riflettente del filosofo, nonché al rapporto dialettico
tra Pensiero e Realtà nella città-storia» (La storia della filosofia come
problema,). Si dedica alla questione della
dialettica intesa come dialogo, ovvero quell’elemento dialettico-razionale
mediante il quale è possibile conciliare le differenti rappresentazioni
dell’oggetto storico-sociale e le contraddizioni all’interno della comunità. Tramite queste riflessioni, che lo hanno
condotto a porsi in diretta polemica con Nietzsche ed Heidegger, Massolo ha
contrastato l’idea del sapere come visione solitaria del singolo ed ha
concettualizzato l’idea del sapere come processo essenzialmente dialogico e
comunicativo (La storia della filosofia e il suo significato). Altre opera:“Mattutino,” versi ( Palermo, A.
Trimarchi); “Adolescenza” ( Palermo, “Convivio; storicità della metafisica,”Firenze,
Le Monnier); “Introduzione alla analitica kantiana” (Firenze, Sansoni);
“Fichte” (Firenze, Sansoni, “Schelling,”Firenze, Sansoni, “Prime ricerche di
Hegel” («Pubblicazioni dell’Urbino», serie di Lettere e Filosofia, X), Urbino, “La
storia della filosofia come problema” -- ed altri saggi, Firenze, Vallecchi, “Logica
hegeliana” Pasquale Salvucci, Firenze,
Giunti-Bemporad, “Della propedeutica filosofica” e altre pagine sparse, Urbino,
Montefeltro, Sergio Landucci, Arturo Massolo, "Belfagor, Remo Bodei,
Arturo Massolo, "Critica storica", Studi in onore di Arturo Massolo,
Livio Sichirollo, Urbino, Argalia, Nicola Badaloni, Ricordo di Arturo Massolo,
"Giornale critico della filosofia italiana", degli scritti di Massolo, Burgio, Urbino, QuattroVenti, “Il
filosofo e la città: studi su Arturo Massolo, Nicola De Domenico e Gianni
Puglisi, Venezia, Marsilio, Opere di
Arturo Massolo.”
MASTROFINI. (Monte Compatri). Filosofo. Grice:
“I like Mastrofini; for one, he found how old Roman evolves into what we may
call new Roman, or Italian!” – Grice: “And of course as a philosopher, he
focused on the philosophical terminology – it takes a PHILOSOPHER to translate
a philosophical text!” – Grice: “What I like about Mastrofini” is that he
mostly kept with the cognates. La Crusca adores him!” Noto soprattutto per il
volume “Le discussioni sull'usura” in cui sostenne che non è reato far fruttare
il danaro e che né la Sacra Scrittura, né i Vangeli, né la tradizione
ecclesiastica vietavano di ottenere un giusto interesse per danaro dato a
prestito. Questo diede luogo a molte discussioni ma anche apprezzamenti
lusinghieri da economisti dell'epoca e dall'opinione pubblica. In precedenza aveva scritto un'opera di
economia finanziaria, il Piano per riparare la moneta erosa relativa
all'inflazione nello Stato Pontificio, opera largamente utilizzata per la riforma
finanziaria dello Stato, intrapresa da Pio VII. L'edificio del Collegio Romano ove insegnò. Venne nominato professore di
filosofia a Frascatii. Nel pieno della crisi della Repubblica Romana, si
trasferì a Roma dove venne nominato professore di eloquenza presso il Collegio
Romano. Tornò a a Frascati. Si trasferì definitivamente a Roma dove assume la
carica di Consultore della "Nuova Congregazione cardinalizia per gli affari
totius orbis". Produce le
traduzioni dei capolavori di Floro, “Sulle cose romane,” e di Ampelio, “Sulle
cose memorabili del mondo e degli imperi.” Traduce “Le Antichità romane” di Dionigi. Venne pubblicato “Teoria e prospetto; ossia, dipinto
critico dei verbi italiani coniugati, specialmente degli anomali o mal noti
nelle cadenze,” opera che portò un grande contributo allo studio dell'italiano,
utilizzata dall'Accademia della Crusca nella revisione del dizionario della
lingua italiana. Pubblicò “Della maniera di misurare le lesioni enormi nei
contratti e uno studio sulla patria potestà e filiazione, che ebbe larga eco
nei circoli giuridici romani, essendo allora in corso una causa di
riconoscimento di paternità per successione tra i Torlonia e i Cesarini. Piazza di Monte Citorio. Nell'edificio dove
abitava e morì, in piazza di Monte Citorio il Comune di Roma appose una lapide
con il seguente ricordo: «Abitò in
questa casa e vi morì Marco Mastrofini che dotto in filologia, teologo e
filosofo assai più grande che celebrato fissò le incerte leggi dei verbi
investigò felicemente con l’uso della ragione i misteri della scienza divina
S.P.Q.R.» Opere: “Dissertazione filosofica,”Roma “Piano per riparare la moneta
erosa,”Roma, “Ritratti poetici, storici, critici dei personaggi più famosi
nell'antico e nuovo Testamento, LFloro, “Sulle cose romane”, Roma, Ampelio, “Sulle
cose memorabili del mondo e degli imperi”, Roma, Dionigi di Alicarnasso “Le
Antichità romane”, Roma, “Dizionario dei verbi italiani,” Roma, “Metaphisica
sublimior de Deo triun et uno,” Roma, Appiano “Storia delle guerre civili dei Romani",
Roma, Arriano “La Storia”, Roma, ristampata da Sonzongo con il titolo “Delle
cose d'Italia” “Le usure,” Roma, “Amplissimi frutti da raccogliere sul
calendario gregoriano,” Roma, “L'anima umana e i suoi stati,” Roma, “Teorica dei nomi,” Roma, “Teorica e
prospetto de' verbi italiani conjgeniti,”Roma, Riconoscimenti La città natale ha dedicato al
suo nome la Biblioteca comunale, situata sul colle di Borgo Ghetto, inaugurata e una piazza cittadina. Roma Capitale gli ha
intitolato una via nella zona di Monte Mario.
Biblioteca Comunale Monte Compatri in "Sistema bibliotecario.
Provincia di Roma". Istituzione del
15 settembre 1956. Sito. Sistema informativo toponomastica di Roma
Capitale. Donato Tamblè Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Marco Mastrofini.
MASULLO. (Avellino). Filosofo. Insegna a Napoli. Ha trascorso vari
periodi di ricerca e di insegnamento in Germania. Direttore del
Dipartimento di Filosofia dell'Napoli. È stato socio dell'Accademia
Pontaniana, della Società Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Napoli e
dell'Accademia Pugliese delle Scienze. È stato insignito della medaglia
d'oro del Ministero per la Pubblica Istruzione. Candidato nelle liste del
Partito Comunista Italiano prima e in quelle dei Democratici di Sinistra poi, ha
ricoperto la carica di Deputato, è stato Senatore della Repubblica. È
scomparso il 24 aprile ; aveva compiuto 97 anni a Pasqua, il 12 dello stesso
mese. È stato attivo e operoso fino all'ultimo, e ha rilasciato la sua ultima
intervista il 5 aprile del . La formazione Trascorre i primi dieci anni
della sua vita a Torino. Si trasferisce a a Nola (NA), dove compie gli studi
superiori frequentando il liceo classico statale Giosuè Carducci. Fequenta
il corso di laurea in Filosofia all'Napoli. Si laurea con Nobile discutendo una
tesi su Benda. Napoli era dominata prevalentemente da Croce; esistevano
comunque altri personaggi capaci di una riflessione autonoma e originale come
fu Aliotta che con il suo sperimentalismo offrì importanti stimoli a Masullo. Studia
l'esistenzialismo che andava diffondendosi in Italia. Assistente volontario
alle cattedre di filosofia e tiene seminari per Nobile, Aliotta, e
Valle. Compie la sua formazione filosofica a Napoli soprattutto con Carbonara.
Carbonara era impegnato attraverso i suoi studi di estetica a ripensare
l'attualismo gentiliano. La sua posizione prende il nome di materialismo
critico. Tra il 1953 e il 1957, attraverso il confronto con Carbonara, Masullo
si addestra al rigore concettuale e inizia ad elaborare una propria
posizione originale. Nella formazione e nella costruzione della
prospettiva filosofica di Masullo si combinano diverse componenti. Il
neoidealismo, crociano e gentiliano, lo sperimentalismo di Antonio Aliotta, e,
tra idealismo e materialismo, il materialismo critico di Cleto Carbonara.
Masullo però, mosso dalle proprie inquietudini e dalle impressioni suscitate
dai tragici eventi bellici, studia anche l'esistenzialismo e lo spiritualismo.
Infine il bisogno di comprendere l'uomo concreto e le sue reali tribolazioni lo
conducono ad avvicinarsi alla fenomenologia. Il soggiorno di studio a
Friburgo del 1957-58 gli consente di approfondire lo studio della fenomenologia
e di conoscere Weizsäcker, il quale aveva introdotto nel filosofese il concetto
di “patico.” (cf. anti-patico, sim-patico, em-patico). Esistenzialismo,
spiritualismo, idealismo e fenomenologia sono correnti di pensiero variamente
intrecciate tra di loro. Ciò che attraversa trasversalmente questi movimenti di
pensiero è la radicale problematizzazione del rapporto tra pensiero e vita, tra
il pensiero e il suo negativo, ciò che pensiero non è. Il pensiero
Intuizione e discorso è un testo in cui, avvalendosi degli stimoli che
provenivano dalla epistemologia, Masullo si confronta con l'idealismo attualistico
e storicistico per riflettere sul carattere “difettivo” della coscienza e sul
suo rapporto con la conoscenza. Masullo in Intuizione e discorso sostiene
che i poli del fatto e dell'idea, del senso e della coscienza, della vita e
delle forme dello spirito sono legati da un vincolo dialettico. Voler ridurre
l'uno all'altro conduce ad un idealismo soggettivistico o ad un empirismo cieco
alle dimensioni dello spirito. Bisogna comprendere le modalità del vincolo che
lega spirito e corpo. Il pensiero che voglia essere critico, cioè che non
voglia ingannarsi, deve riconoscere che esso si fonda su processi biologici e
fisiologici che gli sono irriducibili. Nel 1957-58 Masullo approfondisce
in Germania lo studio della fenomenologia, ancora poco diffusa in Italia. A
Friburgo frequenta i circoli husserliani capeggiati dall'allievo di Husserl Fink
e conosce Weizsacker del quale Masullo svilupperà il concetto di
"patico". Masullo stesso, tornato in Italia, traduce e commenta
alcuni testi di Husserl in un piccolo libriccino ormai introvabile (Logica,
psicologia, filosofia. Un'introduzione alla fenomenologia, Napoli, Il Tripode)
il cui contenuto in parte è poi confluito nel successivo truttura,
soggetto, prassi. Masullo considera Husserl un grande esploratore della
coscienza. Husserl cerca di dare un fondamento filosofico alle scienze positive
indagando il modo in cui la coscienza costituisce il mondo che la scienza
prende ad oggetto delle proprie particolari ricerche. Masullo però, elaborando
gli stimoli dell'antropologia medica di Weizsacker, lavora al passaggio dalla
fenomenologia alla patosofia. Struttura, soggetto, prassi (1962, 1994) è
il testo che documenta il rinnovamento della ricerca di Masullo. Fa riferimento
alle scienze positive per mostrare che la coscienza è qualcosa di vivo e
concreto e non è «intellettualisticamente sofisticata», trasparente a sé
stessa, come vorrebbero le filosofie speculative le quali riducono la vita
psichica alla vita cosciente e non tengono conto o minimizzano il peso della dimensione
psichica inconscia, svalutata come qualcosa di filosoficamente
irrilevante. S. Non è possibile una conoscenza diretta, per
introspezione/riflessionecome vorrebbero le filosofie speculativedi ciò che
pensiero non è. Il pensiero come esperienza intersoggettiva, sociale (lo
Spirito, il Soggetto) può conoscere i suoi prodotti, i pensieri, il pensato, ma
non può conoscersi come processo, esperienza del pensare, atto, tempo,
«paticità» (cioè il pensare come esperienza soggettiva, esistenza). D'altronde
il pensiero come processo non può essere conosciuto neanche per inferenza da
parte delle scienze positivo-sperimentali. Queste possono misurare i processi,
ma non possono misurarne i vissuti. Lo scacco, il limite della conoscenza
è l'apertura alla prassi e all'etica: riconoscere il nesso operativo tra senso
e significato, crisi e ordine, «patico» e cognitivo, corpo e mente. Analizza
i grandi modelli idealistici e fenomenologici della soggettività. In
particolare, seguendo un'indicazione di Fichte, sviluppa la tesi secondo la
quale il fondamento dell'uomo, cioè la condizione per la quale l'uomo assume i
caratteri della soggettività (libertà, storia, ricerca, progetto,
autodeterminazione) è l'intersoggettività. Di questo fondamento Masullo
analizza le modalità di funzionamento. Masullo, con i suoi studi sulla
«intersoggettività» e il «fondamento» degli anni sessanta e settanta (Lezioni
sull'intersoggettività. Fichte e Husserl, Napoli, Libreria Scientifica
Editrice, La storia e la morte, Napoli,
Libreria Scientifica Editrice, La comunità come fondamento. Fichte, Husserl,
Sartre, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1965; Il senso del fondamento,
Napoli, Libreria Scientifica Editrice, Antimetafisica del fondamento, Napoli,
Guida), analizza le «operazioni nascoste» in base alle quali si costituisce
l'io e in base alle quali si costituisce l'oggettività del mondo e individua
nella originaria struttura intersoggettiva il fondamento del mondo umano. Il
fondamento è la comunità, ma essa funzionalmente rimane nascosta all'io per
permettergli di istituirsi ed operare, come ben spiega nell'importante saggio
Il fondamento perduto, in cui rielabora e sviluppa spunti presenti negli ultimi
capitoli di Il senso del fondamento e
raccoglie in modo compiuto i risultati teoretici di due decenni di ricerche
intorno al tema della comunità-intersoggettività come fondamento. Masullo
pubblica inoltre il testo Fichte. “L'intersoggettività e l'originario” in cui
riprende e aggiorna il saggio su Fichte contenuto in La comunità come fondamento.
Fichte, Husserl, Sartre. Pubblica Metafisica. Storia di un'idea. Il capitolo
finale, Il sentimento metafisico, è l'indicazione del passaggio a una nuova
fase del pensiero di Masullo, una fase in cui il tema dell'intersoggettività
lascia il posto alla esplorazione delle dimensioni del vissuto del soggetto,
quindi lascia il posto ai temi della paticità, del senso, del tempo. In
effetti anche i suoi corsi universitari di quegli anni rivelano questo momento
di transizione. Si dedicati al tema dell'inter-soggettività ma vengono
trattati anche i temi caratteristici della seconda stagione della sua
riflessione. Tratta della “difettività del soggetto”; nel corso invece si
occupa di “comprensione del tempo e interpretazione morale, definitivamente
centrati su “i patemi della ragione e l'inter-esse etico.” Nei studi su «tempo», «senso», «paticità»
(Filosofie del soggetto e diritto del senso, Genova, Marietti, “Il tempo e la
grazia. Per un'etica attiva della salvezza, Roma, Donzelli, “Paticità e
indifferenza” (Genova, Il Melangolo). Sostiene che il pensiero critico, nella
sua incapacità di pensare il passaggio, il processo, la trasformazione, il
cambiamento (sustenuto in La problematica del continuo in Aristotele e Zenone
di Elea, seppure solo sul piano logico) è incapace anche di pensare la
soggettività la quale è una forma particolare di cambiamento, è tempo, prodursi
delle differenze all'interno di un campo strutturato, fortemente centralizzato,
l'organismo umano, portatore della coscienza di sé. In questi studi degli
anni ottanta e novanta Masullo considera le modalità affettive e
psicobiologiche dell'esser soggetto. In “Filosofie del soggetto e diritto del
senso” Masullo si confronta con Kant, Hegel, Dilthey, Heidegger e
Merleau-Ponty, i quali storicamente hanno posto il tema della soggettività non
riconoscendo però la differenza tra «significato» e «senso». Masullo rivendica
il «diritto del senso» ad essere riconosciuto nella sua radicale e irriducibile
diversità dal significato. Molto più rilevante nella costruzione della
sua prospettiva filosofica è invece il saggio intitolato Il tempo e la grazia.
Per un'etica attiva della salvezza, nel quale Masullo illustra la sua
concezione della frammentazione della soggettività a partire da alcune considerazioni
sui concetti di esperienza e di tempo. I lessici delle lingue europee antiche e
moderne consentono di distinguere la dimensione orizzontale dell'esperienza
propriamente detta (έμττεŀρία, experientia, Erfahrung) la quale ha un carattere
prevalentemente cognitivo rispetto alla dimensione verticale dell'esperienza
meno propriamente detta (πάθος, affectio, Erlebnis), cioè il vissuto, il quale
ha invece un carattere affettivo anziché cognitivo. Da una parte abbiamo il
giudizio su ciò che abbiamo provato, dall'altra abbiamo il provare come
avvertimento immediato dell'accadermi di qualcosa. Ciò introduce a
un'ulteriore precisazione filologica che riguarda la differenza tra il
cambiamento e il tempo. Il tempo non è il cambiamento. Il cambiamento è il continuo
prodursi delle differenze nell'organizzazione delle forme della vita. Il tempo
è l'avvertimento interiore di questo cambiamento, cioè l'avvertimento di sé
attraverso il cambiamento. L'uomo, a differenza degli altri viventi, è
intrinsecamente tempo. Egli istituisce il tempo nel senso che mette in
relazione i cambiamenti a dei sistemi oggettivi di riferimento, ma ancor più
radicalmente l'uomo è tempo in quanto avverte i cambiamenti del mondo esterno
solo in relazione al proprio modificarsi. Questo avvertimento, il «senso»,
è l'indice della soggettività. L'avvertimento della perdita, il senso del
cambiamento, in una parola il tempo, accende l'allucinazione del sé, scatena il
desiderio di permanenza. Parallelamente alla esplorazione della soggettività,
in Il tempo e la grazia Masullo segue gli sviluppi di un'emergente
epistemologia caratterizzata anch'essa dalla contingenza e irreversibilità del
tempo fisico così come la cosmogenetica ce lo illustra. Il versante umanistico
e quello scientifico convergono nel disegnare un'antropologia la cui etica non
è più la moderna e rassicurante etica reattiva che salva la società con le sue
formulazioni sull'ordine del mondo. L'etica che Masullo vede in
prospettiva scaturire da questo nuovo contesto è un'etica attiva che salva il
tempo, cioè il soggetto, dal vivere la perdita prodotta dal cambiamento come
«disgrazia», mutilazione. La perdita è un momento necessario nella vita di un
essere, l'umano, che non semplicemente cambia, ma si rinnova e costruisce
intenzionalmente il proprio futuro. Una volta riconosciuto il diritto del
senso ad essere inteso nella sua irriducibilità al cognitive; una volta esplorato il campo del
senso-tempo-patico alla luce della psicanalisi, della letteratura e della
filologia; una volta riconosciute le epocali trasformazioni degli scenari
epistemologici, antropologici ed etici, Masullo nel testo del 2003, Paticità e
indifferenza, si chiede quale può essere ancora, in questo nuovo contesto, il
ruolo della filosofia. La filosofia è «saper assaporare i sapori della vita,
gustare a fondo i sensi vissuti, … elevare i sensi sensibili a sensi ideali e
cogliere nei sensi ideali la possibilità dei sensibili, è la “sapienza del
patico” ovvero, se si ricalca interamente l'etimo greco, è la “patosofia”».
Da un pensiero così articolato derivano alcune indicazioni e cautele
etico-pedagogiche. Essendo l'uomo intrinsecamente temporale, essendo la
temporalità umana irreversibile, l'uomo non può essere fatto oggetto di
conoscenza come un qualsiasi ente. Masullo distingue la conoscenza dalla cura.
Egli inoltre distingue le esperienze (che sono comunicabili e sono i materiali
sui quali si costruisce la conoscenza) dai vissuti (che sono invece
costitutivamente «incomunicativi» in quanto riguardano l'immediatezza del
sentire individuale che non è mai trasparente neanche all'individuo stesso che
li vive). La conoscenza è la dimensione orizzontale dell'esistenza. Essa guarda
alla universalità. Mentre la cura ne è la dimensione verticale. Essa invece
guarda alla unicità-identità, ai vissuti da assaporare e da sublimare in valori
da condividere. Mentre la ricerca di Masullo prosegue in questi anni
curvando verso nuove direzioni, pubblica alcuni nuovi libri. Sscrive Filosofia
morale per una collana di libri che illustrano ciascuno il nucleo delle varie
discipline filosofiche. In effetti Filosofia morale non è un elenco di temi,
personaggi, concetti ma un percorso molto personale all'interno delle questioni
e dei nodi fondanti della disciplina: la specificità della filosofia morale e
la distinzione tra morale ed etica; il bene quale orientamento dell'azione
umana; il soggetto della vita morale, la persona; il dovere, la responsabilità
e il vincolo che ci lega agli altri. Scrive, intervistato dal giornalista
de Il Mattino, Claudio Scamardella, Napoli siccome immobile. Scamardella, in
uno degli ennesimi momenti difficili per la città di Napoli, cerca la figura di
un saggio, di un'autorità morale capace di interpretare il presente e
prefigurare il futuro di questa città malata. Trova questa figura in Aldo
Masullo, filosofo ma anche protagonista della vita civile e politica della
città con concrete iniziative quali, nel 2006, gli incontri con i giovani e la
popolazione nell'ambito del “Manifesto per salvare Napoli”. Il libro è un lungo
dialogo sulle tante debolezze della città presente che si conclude con
un'analisi delle risorse che danno speranza nel futuro. Masullo nel ha pubblicato La libertà e le occasioni, che
sviluppa il tema del suo ultimo seminario all'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici di Napoli. L'impegno politico Negli anni sessanta e settanta
la contestazione studentesca segnalava il bisogno di rinnovamento
dell'università italiana. Masullo, per i caratteri originali del proprio
insegnamento, è considerato dagli studenti uno dei professori progressisti. Egli
in quegli anni fu eletto deputato come indipendente nelle liste del Partito
Comunista Italiano, ed in seguito come
senatore, si occupò sempre dei problemi del sistema scolastico. Inoltre come
parlamentare europeo lavorò al fianco di Nilde Iotti nella Commissione
legale. All'inizio degli anni ottanta alcuni importanti provvedimenti
modificano l'organizzazione didattica e gestionale dell'università (vengono
istituiti i dottorati di ricerca, riordinate le scuole di specializzazione,
creati i Dipartimenti). Terminato l'impegno parlamentare Masullo dirige per due
mandati il nuovo Dipartimento di Studi Filosofici dell'Napoli intitolato ad Aliotta.
Anche attraverso questo incarico egli incide sulle direzioni della ricerca
filosofica a Napoli. Masullo si mette di nuovo al servizio della politica
quando dopo la crisi politica e sociale degli anni ottanta, agli inizi degli
anni novanta si verifica un generale risveglio della coscienza collettiva. A
livello locale egli dapprima anima per oltre un anno, ale “Assise di Palazzo
Marigliano”, un movimento che si opponeva al progetto NeoNapoli previsto
dal preliminare di Piano Regolatore.l, del quale ottenne il rigetto, suggerendo
la demolizione e il rifacimento integrale dei Quartieri Spagnoli. Forte della
popolarità acquistata con questa esperienza è capolista del PDS nelle elezioni
amministrative e poi, protagonista a Napoli della innovativa esperienza della
"giunta del sindaco". A livello di politica nazionale Masullo è
di nuovo impegnato per due legislature al Senato. Egli è membro della
Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi e, come negli anni
settanta, della Commissione per l'istruzione pubblica e i beni culturali in
anni nei quali i provvedimenti relativi a istruzione, università e ricerca sono
numerosi e importanti. Amante dei libri e della cultura dei bambini, lo
spessore del Maestro filosofo emerge inoltre quando in aula si discutono
disegni di legge relativi a temi quali l'ergastolo o la procreazione assistita.
Opere: “Intuizione e discorso,” – Grice: “Good connection.” Napoli, Libreria
scientifica editrice, “La problematica del continuo,” – Grice: “Excellent
philosophical problem.” Napoli, Libreria scientifica editrice, “Struttura soggetto prassi,”Napoli, Libreria
scientifica editrice, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, “La comunità come fondamento,” Grice:
“Masullo’s first attempt at a conceptual analysis of the inter-subjective; but
it takes a philosopher to understand that that is what stands behind
‘community,’ or ‘population,’ as I prefer, or the conversational dyad.” Napoli,
Libreria scientifica editrice, “Anti-metafisica
del fondamento” Napoli, Guida editori, “L'inte-rsoggettività” Napoli, Guida
editori, “Filosofie del soggetto e diritto del senso,” Genova, Marietti, “Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva
della salvezza,” Roma, Donzelli, “Metafisica:
storia di un'idea,” – Grice: “Perhaps Aristotle never had an idea; after all
‘ta meta ta physica’ is later and means: “the stuff the master wrote after the
‘physika’!” Roma, Donzelli, “La potenza della scissione.”Letture hegeliane,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, “Gografia e storia dell'idea di
libertà,” Reggio Calabria, Falzea. – cfr. Grice: “The history of ‘free’ is
hardly a ‘natural history’!” “Paticità e indifferenza,” Genova, Il Nuovo Melangolo,
-- Grice: “Masullo’s concept of ‘pathos’ is essential – while you may have
self-pathos, the implicaure is that there is ‘empathy.’” “Inter-soggettività” Giuseppe
Cantillo e Chiara de Luzenberger, Napoli, Editoriale Scientifica, “Filosofia morale,” Roma, Editori Riuniti, “Scienza
e coscienza” – Grice: “This pun is only possible in Italian: conscious and
science are less of a parallel word formation!” “tra parola e silenzio” Grice:
“This is my reading between the lines – i. e. the implicature” atti del convegno
(Monte Compatri), Pietro Ciaravolo, Roma, Aracne Editrice, “Il senso del
fondamento,” Napoli, Libreria scientifica editrice, Giuseppe Cantillo e Chiara
de Luzenberger, Napoli, Editoriale scientifica, Napoli, siccome immobile. Aldo
Masullo intervistato da Claudio Scamardella, Napoli, Guida, La libertà e le occasioni, Milano, Jaca Book, I linguaggi della follia e i passi della
salvezza. Il lavoro psichiatrico di Sergio Piro, in Sergio Piro. Maestri e
allievi, Napoli, Editoriale Scientifica, . Medaglia d'oro ai benemeriti della
scuola, della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro
ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte — Roma Cittadinanza
Onoraria della Città di Napolinastrino per uniforme ordinariaCittadinanza
Onoraria della Città di Napoli. Note
PIERLUIGI PANZA, Morto Masullo, Napoli perde il filosofo della
coscienza, su Corriere della Sera, Addio Aldo Masullo, la grazia della
filosofia e della politica, su rainews, Napoli, Addio Aldo Masullo, la grazia
della filosofia e della politica, su ansa,Rossella Avella, Morto Aldo Masullo:
chi era il più grande filosofo della seconda metà del ‘900 (VIDEO), su
interris, Presidenza della Repubblicadettaglio del conferimento
dell'onorificenza Conferimento della
Cittadinanza Onoraria della Città di Napoli ad Aldo Masullo aldomasullo.com. Aldo
Masullo, su storia.camera, Camera dei deputati. su senato, Senato della
Repubblica. Registrazioni di Aldo
Masullo, su RadioRadicale, Radio Radicale.
Intervista al filosofo Aldo Masullo di Aniello Fioccola, Web Magazine
dell'Università degli Studi di Napoli l'Orientale.
MATASSI. (San Benedetto del Tronto). Filosofo. Grice:
“I like Matassi; but then I like football – I was the football team captain at
Corpus – and aesthesis, the seductor seduced – “la condizione desiderante”
indeed!” Allievo di Garroni, è stato Professore di Filosofia morale,
coordinatore scientifico della sezione Filosofia, Comunicazione, Storia e
Scienze del Linguaggio del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e
Spettacolo dell'Università Roma Tre; in precedenza era stato direttore del Dipartimento
di Filosofia. Si è occupato anche di Estetica musicale. È stato Presidente della Società Filosofica
Romana e ha fatto parte del comitato direttivo nazionale della Società
Filosofica Italiana. È stato nel
comitato d'onore della Fondazione Amadeus. Presidente dell’Accademia Estetica
di Rapallo, responsabile della sezione filosofica di Villa Sciarra, Roma, membro
della giunta del CAFIS dell'Università Roma Tre. È stato anche membro del
Comitato scientifico della Fondazione Résonnance dell'Losanna. Ha diretto la collana Musica e Filosofia per
la Mimesis Edizioni di Milano e quella su I Dilemmi dell'Etica per la casa
editrice Epos di Palermo. Ha tenuto un blog sul "Fatto quotidiano"
sui temi che legano la filosofia alle dimensioni del contemporaneo. Ha
collaborato con la rubrica Ricercare, dedicata alla filosofia della musica, al
mensile Amadeus e al mensile Stilos. È stato direttore della collana Italiana
per Orthotes Editrice (Napoli). È stato anche membro del comitato
scientifico-direttivo delle seguenti riviste: Colloquium philosophicum,
Paradigmi,Quaderni di estetica e di critica, Bollettino di studi sartriani,
Filosofia e questioni pubbliche, Links, Lettera Internazionale, Phasis,
Itinerari, Prospettiva Persona, Metabolè, Babel online, Civitas et Humanitas. Annali
di cultura etico-politica. Per quanto concerne il settore estetico-musicale è
presente nel comitato direttivo della rivista internazionale Ad Parnassum.Hortus
Musicus, Civiltà musicale, Orpheus, Itamar. a ricoperto la presidenza di giuria
per il Premio Frascati Filosofia .
Menzione speciale della giuria all'VIII premio internazionale di
saggistica “Salvatore Valitutti”, per Bloch e la musica. È stato uno dei principali collezionisti al
mondo di incisioni relative alle esecuzioni delle sinfonie e della liederistica
di Mahler (circa mille tra vinili e compact disc). Pensiero Si è occupato di filosofia tedesca
dell'Ottocento e del Novecento, in particolare del pensiero di Hegel, delle
scuole hegeliane, del Neocriticismo tedesco, del marxismo occidentale e della
scuola di Francoforte. Il suo primo lavoro è stato dedicato alle Vorlesungen hegeliane di
filosofia del diritto e all'interpretazione fornitane daGans. Si è occupato di Lukács,
iutilizzando per la prima volta il celebre manoscritto "Dostoevskij"
si è poi occupato di Hemsterhuis, l'autore della celebre Lettera sui Desider e
del dialogo Alessio o dell'età dell'oro.
Le sue ricerche hanno riguardato la filosofia della musica moderna e
contemporanea e in particolare su quella di Bloch, di Benjamin e Adorno, fino ad elaborare un'originale
filosofia dell'ascolto, le cui suggestioni si possono rintracciare nella teoria
musicale moderna di Ernst Kurth, elaborata nei Fondamenti del contrappunto
lineare. In tale prospettiva di ricerca, filosofia della musica e filosofia
dell'ascolto sono strettamente compenetrate, fino a diventare il paradigma di
una rivoluzione formativa che mette al centro del sistema educativo
contemporaneo la musica nella sua declinazione storico-teorica come in quella
pratica. All'interno di tale prospettiva
svolge un ruolo centrale Mozart, il "più ascoltante tra gli
ascoltanti" come lo definì Martin Heidegger. Opere: Le Vorlesungen-Nachschriften hegeliane
di filosofia del diritto, Roma, Sansoni, Lukàcs. Saggio e sistema, Napoli,
Guida, Hemsterhuis. Istanza critica e filosofia della storia, Napoli, Guida); “Eredità
hegeliane, Napoli, Morano, “Terra, Natura, Storia,” Soveria Mannelli,
Rubettino, “Bloch e la musica,” Salerno, Fondazione Filiberto Menna, Marte editore,
Musica, Napoli, Guida “La bellezza,” Soveria Mannelli, Rubettino, Th. W.
Adorno: l'estetica. L'etica, Donzelli, Roma, L'idea di musica assoluta,
Nietzsche e Benjamin, Rapallo, Il ramo, “La condizione desiderante. Le
seduzioni dell'estetico”- Il nuovo melangolo, Genova; Filosofia dell'ascolto”
(Rapallo, Il ramo); “Lukàcs. Saggio e Sistema” (Milano, Mimesis Edizioni: “La
Pausa del Calcio, Rapallo, Il ramo . “Pensare il calcio,” Rapallo. . In: Du
Nihilism à l'hermenéutique, Hemsterhuis FranciscusLettera sulla scultura; a c.
di Elio Matassi. Palermo. Convegno su "La bellezza", presso il Centro
di Studi Rosminiani di Stresa, Elio Matassi Musica e Creatività[collegamento
interrotto] Intervista a Rai Notte "La musica assoluta" Inconscio e
Magia Intervento al Teatro dell'Opera di Roma il 5 maggio
Intervento al seminario di formazione del PD Le parole e le cose dei
democratici Pisa, Palazzo dei Congressi [collegamento interrotto] Intervento
alla Summer School della Fondazione Italiani-Europei, sui rapporti tra democrazia
e capitalismo, Commento al concerto jazz
di Massimo Donà, "Tutti in gioco", Porto Civitanova, 6 settembre
2009 Bloch e la musica. Utopia a misura
d'uomo. Intervista, Matassi Ornamenti,
Arte, filosofia, letteratura, Micaela Latini, Armando, Roma, Elio Matassi su
RAI Filosofia, su filosofia.rai. Il Potere e la Gloria. Juventus e Inter Matassi
su Il Fatto Quotidiano, s Micaela Latini, intervista a Matassi su Amare, ieri,
di G. Anders, rivista on-line «SWIF-Recensioni filosofiche», M. Latini, Doppia risonanza sul mondo (a
proposito di "Musica" di Matassi, Napoli), “Il Manifesto”, Carlo Serra,
Recensione a "Musica", di Elio Matass. Cf. “La palestra di Platone.”
MATERA (Matera). Filosofo. Grice: “Only in Southern Italy
is a philosopher also responsible for the astrological edification of the
city’s cathedral!” Alano fu uno dei più
grandi studiosi e divulgatori di Astrologia occidentale e filosofia dell'epoca.
Insegnò dapprima a Matera, e successivamente a Napoli. Visse nel periodo in cui la Contea materana
era dominio degli Angioini e su richiesta di Filippo IV detto "il bello", il re
di Napoli Carlo II d'Angiò, detto "lo zoppo", inviò Alano a Parigi.
Lì fu docente presso l'Università e divenne noto come Dottore universale,
profondamente versato in filosofia. In quegli anni infatti astronomia e
astrologia venivano collegate poiché si credeva che gli astri potessero
esercitare un influsso sulle azioni umane.
Nei periodi di soggiorno a Matera, abitava, secondo Verricelli nella
contrada di Lo Lapillo tra il castello et il puzzo dove sorge l’acqua della
fontana hera la sua vigna con una casuccia di pietre, piccola, mal fatta casa
propria di filosofo quale oggidì si chiama la vigna et casa di Alano. Si trattava
della collina dove poi fu edificato il Castello Tramontano. In quella casetta
il grande studioso passava intere notti ad osservare il cielo e gli astri con
strumenti rudimentali. Di Alano è il motto latino presente nel “Glora mundis”:
La goccia perfora la pietra non colpendola due volte con forza, bensì
colpendola continuamente, così tu trai profitto studiando non due volte ma
continuamente. È l'esortazione con cui invita a raddoppiare impegno e curiosità
sulla strada della conoscenza. Secondo
alcuni, il perfetto orientamento delle facciate della Cattedrale di Matera e
del suo campanile lungo i punti cardinali si deve alle osservazioni
astronomiche di Alano. A Matera una
strada, trasversale di via Nazionale, tra le vie Salvemini e Di Vittorio, è
dedicata ad Alano. Giustino Fortunato, Badie, feudi e baroni della Valle di
Vitalba, ed.Lacaita, 1968178 Personaggi
della storia materana, Altrimedia Edizioni 1999, per i Quaderni della
Biblioteca provinciale di Matera
Marcello Morelli, Storia di Matera, ed. F. lli Montemurro, 1963,
p.164 Francesco Paolo Volpe, Memorie
storiche di Matera, ed. Atesa, 'Dizionario corografico del Reame di Napoli,
ed. Civelli, 1Biografie dei personaggi illustri di Matera, sassiweb. 12
luglio 7 gennaio ). Antonio Giampietro, Personaggi della storia
materana, Alano di Matera, Altrimedia Edizioni.
MATHIEU. (Varazze). Filosofo. Grice: “There are
various things I love about Mathieu: his idea of the ‘uomo, animale
ermeneutico’ is genial – and true!” Grice: “Mathieu rightly focuses on Kant’s
problems with emergentism, i.e. the fact that life (or ‘vivente’) cannot be
reduced. I love that.” Grice: “Mathieu has emphasised the irreductionism alla
Bergson. I like that.” Grice: “Mathieu makes an apt analogy between Goedel’s
work for alethic systems – that they cannot self-reflect, and deontic systems
--.” Dopo il liceo, si iscrisse a orino. Si laureò con Guzzo, filosofo
rappresentante dello spiritualismo ced autore di importanti studi su Kant (un filosofo che sarebbe stato centrale
nella vita intellettuale di Mathieu). Libero docente nella filosofia, è
stato professore incaricato, e Professore
di filosofia teoretica a Trieste. Primo vincitore del concorso di Storia della
filosofia, è stato ordinario di filosofia fino al ruolo di professore emerito
di filosofia morale a Torino -- è stato membro del Comitato del CNR; è stato membro e poi vicepresidente del
Consiglio esecutivo dell'UNESCO (Parigi). È stato membro del Comitato Nazionale
di Bioetic; è socio dell'Accademia dei Lincei e membro del Comitato Premi della
Fondazione Balzan. Ha fondato con Berlusconi, Colletti ed altri il movimento politico Forza
Italia. Si è candidato al Senato della Repubblica nel collegio di Settimo
Torinese: sostenuto dal centro-destra (ma non dalla Lega Nord), ottenne il
33,2% e venne sconfitto dal rappresentante dell'Ulivo, Tapparo. Con il
sindaco di Brindisi Mennitti ha dato vita alla Fondazione Ideazione, per il cui
quotidiano ha curato una rubrica fino alla chiusura della testata. Nel
luglio (in connessione con la sua carica
di presidente del collegio dei probiviri del PdL che è chiamato a giudicare
l'operato dei finiani di Generazione Italia) diversi organi di stampa
riprendono la voce, già circolante da tempo, di una sua adesione all'”Opus
Dei.” A tale proposito sono giunte alla redazione del Corriere della Sera che
aveva pubblicato la notizia le smentite sia dell'Opus Dei che dell'interessato. Ha
offerto contributi significativi in almeno quattro ambiti della ricerca
filosofica: la filosofia della scienza; la storia della filosofia;
l'estetica; la filosofia civile. Ha indagato i limiti interni ed i limiti
esterni della scienza. Tale indagine ha avuto due filosofi del passato come
suoi principali punti di riferimento: Kant e Bergson. Ha infatti ripreso e
sviluppato le ricerche di Kant sui limiti interni della scienza e sulla sua
fondazione. A tale riguardo pubblicò il saggio "Limitazione qualitativa
della conoscenza umana" a cui fece seguito, "L'oggettività nella
scienza e nella filosofia". Seguendo Bergson, ha valorizzato anche
altre forme della conoscenza e della espressività umane non riducibili alla
cienza, ma non per questo ad esse opposte. Ha infatti sempre ritenuto che la
realtà, e segnatamente la realtà umana, non possa essere esaurita dalla
scienza, e richieda invece una costante attività interpretativa.. L'uomo,
dunque, è chiamato ad essere scienziato della natura ed ermeneuta della
cultura. Sarebbe però riduttivo non ricordare che i suoi contributi alla
filosofia della scienza riguardano una pluralità estremamente diversificata di temi.
Ad esempio, sono ddue studi pionieristici sull'applicabilità del teorema di
Gödel al diritto. Gödel aveva scoperto che non si può dimostrare la coerenza di
un sistema all'interno del sistema stesso; Mathieu ritiene che, almeno
analogicamente, la scoperta di Gödel possa applicarsi al problema della fondazione
di un sistema deontico. Uun'autorità non può legittimarsi da sola in modo
formale e, dunque, anche il diritto richiede fondamenti esterni (etici, non
emici): l'efficacia e la giustizia. Ha realizzato alcune traduzioni
fondamentali. E forse il suo contributo maggiore alla storia della filosofia è
consistito proprio in un'opera che combina traduzione e ricostruzione critica,
ovvero l'opus postumum di Kant. Tale opera affronta questioni teoriche
tutt'oggi aperte (soprattutto nella fisica e nella biologia teoriche), come il
problema della forma degli oggetti solidi o il problema del “vivente,” cioè il
problema della vita in quanto tale e non ridotta a semplice. Ha curato poi
le edizioni di opere di Leibniz: si è trattato di un ampio lavoro che si è
raccolto in "Scritti politici e di diritto naturale" "Leibniz e
des Bosses" "Saggi filosofici e lettere" e "Saggi di
teodicea: sulla bontà di Dio, sulla libertà dell'uomo, sull'origine del male.”
La sua estetica, pur nella varietà dei temi trattati, rimanda ad una
problematica essenzialmente ontologica: lo svelarsi dell'ente. Cioè, l'opera
d'arte è heideggerianamente concepita come il modo attraverso cui gli uomini
possono cogliere il passaggio dal nulla all'essere. Di estetica è "Goethe
e il suo diavolo custode", edito per i tipi di Adelphi. Al centro di
questa ricerca vi è la figura di Mefistofele, analizzata in tutta la sua
profondità e capacità genealogica. Nei suoi volumi
sull'estetica della musica sviluppa la tesi affascinante che ascoltare la
musica è un ascoltare il silenzio. Grande è la potenza significante di ciò che
non significa nulla, perché è il nulla a far emergere l'essere delle cose. E la
musica e la luce si situano proprio in questo iato insuperabile fra l'essere e
il nulla. Entro i suoi molteplici contributi alla filosofia civile, si staglia
netta, per importanza e originalità, una triade di saggi edicati a quello che
potremmo chiamare "stato spirituale dell'Occidente". Si tratta di
opere scritte in un periodo dunque estremamente critico per l'Italia, ma che
mantengono ancora una grande attualità. Fa percepire al lettore il pericolo
valoriale in cui è venuto a trovarsi l'Occidente e pone in essere una critica
serrata alle ideologie totalitarie o nichiliste. In questo senso, vi è un'aria
di famiglia con i lavori di quei filosofii come Horkheimerche ha prospettato i
rischi di un'eclisse dell'individuo nella società tecnologica di massa.
Note un articolo sul Corriere della
Sera rettifica sul Corriere della Sera smentita sul Corriere della Sera Bergson, Torino, 1954; La filosofia
trascendentale e l'Opus postumum di Kant, Torino, Leibniz e Des Bosses, Torino,
1L'oggettività nella scienza e nella filosofia contemporanea, Torino, Il
problema dell'esperienza, Trieste, Dio nel "Libro d'ore" di R. M.
Rilke, Olschki, Dialettica della
libertà, Napoli, La speranza nella rivoluzione, Milano, Vincenzo Filippone-Thaulero,
Salerno Temi e problemi della filosofia contemporanea, Roma, Perché punire,
Milano, Cancro in Occidente, Milano, La voce, la musica, il demoniaco. Con un
saggio sull'interpretazione musicale, Spirali, Filosofia del denaro, Roma, Elzeviri
swiftiani, Spirali, La mia prospettiva filosofica, Barone Francesco; Mathieu
Vittorio; Melchiorre Virgilio, Gregoriana Libreria Editrice, Gioco e lavoro,
Spirali, La speranza nella rivoluzione, Spirali, Il problema del nazionalismo,
Mathieu Vittorio; Cotta Sergio, Japadre, Perché leggere Plotino, Rusconi Libri,
L'opus postumum di Kant, Bibliopolis, 1Tipologia dei sistemi e origine della
loro unità, Accademia dei Lincei, Orfeo e il suo canto. Scritti, Zamorani, Il nulla, la musica, la luce, Spirali, Il
problema della fedeltà ermeneutica, Mathieu Vittorio; Paoletti Laura, Armando
Editore, Per una cultura dell'essere, Armando Editore, L'uomo animale ermeneutico,
Giappichelli, Le radici classiche dell'Europa, Spirali, Goethe e il suo diavolo
custode, Adelphi, Privacy e dignità dell'uomo. Una teoria della persona,
Giappichelli, Come leggere Plotino, Bompiani, Perché punire. Il collasso della
giustizia penale, Liberilibri, Introduzione a Leibniz, Laterza, In tre giorni, Mursia, ; La filosofia,
Marcovalerio, . Immanuel Kant Henri
Bergson. quotidiano online Ideazione, su ideazione.com. Articolo del fatto
quotidiano, su ilfattoquotidiano. 3del portavoce dell'Opus Dei sulla non
appartenenza di Vittorio Mathieu alla Prelatura dell'Opus Dei, su
archiviostorico.corriere.
MATURI. (Amorosi). Filosofo. Grice: “There are two main things I love about
Maturi, and I hate it when philosophers just dismiss him as an ‘Italian,’ or
worse, ‘Neapolitan’ Hegelian – as when they refer to me as a member of the
Oxford school of ordinary language philosophy! The first is his typically
Neapolitan-hegelian school account of what he calls ‘autocoscienza
recognoscitiva,’ which is something I do take for granted in my conversational
theory of inter-ratiationality; the second is his elaboration of what he calls
the passage from the non-human animal to the ‘human-animal’ in a sort of
pirotological passage.” Grice: “What I like about him is that he considers each
‘stage’ as just as fundamental as the other; which implicates that actually the
‘higher’ stage has a ‘foundation’ on the previous one. Here ‘foundational’
makes perfect sense; and it gives Maturi an excuse to rather pompously label
the concept: ‘forma fondamentali’ of the ‘vita.’ It’s exactly like my soul
progression, -- which I explore in ‘Philosophy of Life.’” It is not surprising
that Gentile loved Maturi and forwarded his “Introduction to philosophy.” sDocente
prima nei licei e poi nell'Napoli. Dopo i primi studi nella cittadina natale,
si trasferì a Napoli ove conseguì la licenza liceale. La frequentazione di
Bertrando Spaventa e di Augusto Vera, lo introdusse alla filosofia
hegeliana destinata ad esercitare nel
suo pensiero un'influenza duratura.
Laureatosi in giurisprudenza, tre anni dopo vinse un concorso per
uditore giudiziario . Ottenuta
l'abilitazione, insegnò filosofia nei licei di varie città . Nel 1891,
conseguita la libera docenza, tenne corsi di filosofia hegeliana nell'Napoli
quando ritornò all'insegnamento liceale presso l'istituto Umberto I della città
partenopea. Inizia una corrispondenza con Croce e Gentile, i maggiori esponenti
dell'idealismo italiano, ai quali fu legato da un rapporto di amicizia. Opere: “Soluzione del problema fondamentale
della filosofia” – Grice: “He implicates there is one. Cf. Strawson, Solution
to the problem of the king of France’s hair loss.” “La filosofia di Giordano
Bruno.” Grice: “Italians seem to have a predilection for philosophers who were
burned.” “L'ideale del pensiero umano; ossia, la esistenza assoluta di Dio.” Grice:
“For Kant, and my friend D. F. Pears, existence is not a predicate, for another
of my friends, J. F. Thomson, it is!” “Uno
sguardo generale sulle forme fondamentali della vita.” Grice: “The key concept
is ‘forma fondamentale’ as applied to ‘vita.’ -- Grice: “My favourite is his description of
the ‘forma fondamentale’ of the ‘vita’ of the non-human animal to the ‘forma
fondamentale’ of the ‘vita’ of the human animal.” L'idea di Hegel. Grice: “When
I told Hardie that I was reading “The idea of Hegel,” he said, ‘what do you
mean, ‘of’?” “For Maturi, it’s the same, and it is delightful to see that he
can quote Hegel in ‘Deutsche’ without caring to translate! Them was the days
when European languages counted!” La filosofia e la metafisica” Grice: “The
‘and’ is aequivocal: cf. Durrell, “My family and the animals.”“Principî di
filosofia” (apparently by Spaventa – Maturi has an introduction to philosophy).
Grice: “I must confess that I love the word principle, but again, Hardie would
say, what do you mean ‘of’ – my principle of conversational helpfulness – or
when I speak of the principle of conversational self-love and the complementary
principle of conversational benevolence,” I’m not sure who I apply it to! The
conversationalist like me, I s’ppose.” “Una
relazione scolastica.” Grice: “He doesn’t mean Russell.” “But what he means is
a syllabus which is illustrative of Neapolitan Hegelianism!” G.L. Petrone, in Dizionario
Biografico degli Italiani, riferimenti in . Mario Dal Pra, Maturi, Milano,
Bocca, Guzzo, Maturi, Brescia, Morcelliana, Antonio Gisondi, Forme
dell'Assoluto. Idealismo e filosofia tra Maturi, Croce e Gentile, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Giletta Giovanni, "Filosofia hegeliana e religione.
Osservazioni su Sebastiano Maturi", Benevento, ed. Natan, . Hegelismo Idealismo Neoidealismo italiano
Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Sebastiano Maturi Guido Calogero,
«MATURI, Sebastiano» in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1934. Giuseppe Landolfi Petrone, «MATURI, Sebastiano» in Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
MATURI. (Napoli). Filosofo. Grice: “People sometimes asks me how my
intentionalist approach can be applied to history. I always respond: Read
Maturi!” Grice: “Maturi’s ‘Interpretazioni,’ thus in plural, ‘del risorgimento’
is a classic --.” Grice:: “Even in London, the risorgimento had at least two
interpretations! One in Woolwich, and another one elsewhere! And there is
possibly a gender distinction too with “Speranza,” Wilde’s mother, being
somewhat fanatic about it!” -- Compì la sua formazione culturale a Napoli dove
si laureò con Schipa, uno dei firmatari del manifesto degli intellettuali
antifascisti redatto da Croce. Del suo maestro, per la lezione di rigore che
gli aveva impartito, Maturi conservò un commosso ricordo ed ebbe modo di
esprimere pubblicamente la sua gratitudine in occasione della morte di Schipa,
pronunciandone il necrologio. Seguì con attenzione ed interesse, ma anche con
spirito critico, le lezioni di Croce conseguendo una laurea in filosofia con Gentile
con una tesi su Maistre. Impostato sulla lezione crociana è il saggio “La
crisi della storiografia politica italiana” a cui seguì quello dedicato a Gli
studi di storia moderna e contemporanea, inserito nel primo dei due volumi dell'opera
del “La vita intellettuale italiana.” Il suo primo lavoro Il concordato del
1818 tra la Santa Sede e le Due Sicilie pubblicato fu giudicato positivamente
dalla critica s di Omodeo che lo recensì ne La Critica. Frequentò la Scuola
storica per l'età moderna e contemporanea diretta da Volpe e fu segretario e
bibliotecario dell'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea. Fu
collaboratore dell'Enciclopedia italiana per la quale scrisse numerose voci tra
le quali quella dedicata al "Risorgimento" ispirata alle sue idee
liberali. A causa di questo episodio, nonostante il suo disinteresse per la
vita politica attiva, fu allontanato dall'Istituto storico per l'età moderna e
contemporanea. Nelle sue opere di storia politica i suoi punti di
riferimento furono Croce, Meinecke, Salvemini, e Volpe. Dapprima come incaricato
di Storia del Risorgimento e poi come ordinario tenne le sue lezioni a Pisa
dove ebbe modo di scrivere numerose opere come alcune importanti voci nel IV
volume del Dizionario di politica a cura del Partito nazionale fascista, il
saggio Partiti politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, e l'accurata
biografia Il principe di Canosa. I corsi di storia della storiografia tenuti a
Pisa furono continuati a Torino quando ebbe la cattedra di Storia del
Risorgimento e quella di Storia delle dottrine politiche che occupò sino alla
sua inaspettata scomparsa. Le sue lezioni di quest'ultimo periodo furono
raccolte nell'opera postuma Interpretazioni del Risorgimento considerata di
primaria importanza dagli storici. Opere Interpretazioni del Risorgimento
, coll. Biblioteca di cultura storica Einaudi. XXIX dell'Enciclopedia italiana,
1936 Accademia delle scienze di Torino,
In memoria di Maturi, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Roma 1Interpretazioni
storiografiche del Risorgimento Walter
Maturi, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Walter Maturi, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
MAURIZI (Roma). Filosofo. Grice: “I like Maurizi; of
course his ‘vendetta di Bacco’ makes sense only in the context of Nietzsche’s
rather recherché dichotomy!” – Grice: “His idea of the ‘suspected ‘I’’ is good,
but he is not, as I was, having in mind Reid, but Freud!” Si è laureato in
filosofia della storia presso l'Università degli Studi di Roma "Tor
Vergata" e ha conseguito il dottorato di ricerca nella medesima università
discutendo una tesi su Cusano e il concetto di non altro da cui è nato il
volume La nostalgia del totalmente non altro. Cusano e la genesi della
modernità (Rubbettino, 2007). Dopo un periodo di formazione in Germania
attualmente svolge la sua attività di ricerca presso l'Università degli Studi
di Bergamo. Pubblica le sue ricerche su alcune prestigiose riviste come la
Rivista di filosofia neo-scolastica, il Journal of Critical Animal Studies,
Dialegesthai, Alfabeta2, Lettera Internazionale, e collaborando, inoltre, con i
quotidiani Liberazione e L'Osservatore Romano. Ha poi partecipato alla stesura
del secondo volume di L'Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico (Jaca
Book, ) ed è il traduttore e curatore dell'edizione italiana di Georg Lukács,
Coscienza di classe e storia. Codismo e dialettica, Alegre, Roma 2007, di Ralph
Acampora, Fenomenologia della Compassione, Edizioni Sonda, Casale Monferrato, ,
e ha tradotto, con G. Dalmasso, Derrida,
Teoria e prassi. Corso dell'École Normale Supérieure 1975-1976, Jaca Book,
Milano, . Ha contribuito alla fondazione delle riviste scientifiche
"Liberazioni" e Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo.
Pensiero Maurizi ha suddiviso i suoi interessi di ricerca tra la filosofia
dialettica (Cusano, Hegel, Marx, Adorno), la teoria critica della società e le
implicazioni politiche di una visione "sociale" dell'antispecismo a
partire da una rielaborazione del pensiero della scuola di Francoforte. Tanto
le sue ricerche su Adorno, quanto quelle su Cusano si incentrano sul tentativo
di porre in evidenza il tema della storicità dell'umano non in termini di un
astratto e formale "essere-nel-tempo", quanto più propriamente nel
vedere nell'essere storico, in tutta la sua determinatezza, l'irriducibile
istanza di verità dell'umano stesso: l'essere storico è in tal senso
irriducibile ad ogni ontologia dell'essere temporale seppure ciò non porti
necessariamente ad un relativismo storicista. Prendendo spunto dalla lettura
critico-negativa di Hegel portata avanti da Adorno, infatti, Maurizi sostiene
la leggibilità e razionalità della storia come segno del dominio, l'universale
storico non come traccia di un positivo che si farebbe strada attraverso
il negativo delle vicende umane, bensì come questo stesso negativo che
informa di sé la civiltà, imprimendo ad essa la direttrice di un progresso
della razionalità strumentale che è l'antitesi della redenzione. La sua
rilettura del pensiero della filosofia di Francoforte ha così costituito un
punto di partenza per una ridefinizione dell'opposizione natura/cultura e lo ha
portato ad estendere la critica ai meccanismi di dominio anche al controllo e
allo sfruttamento del non umano, e più in generale della Natura. Il suo
pensiero riguardo alla filosofia antispecista è in continuità con quello
espresso dal sociologo David Nibert ed in netta opposizione all'utilitarismo di
Peter Singer criticato da Maurizi come un antispecista metafisico. Un punto
centrale nell'argomentazione filosofica di Marco Maurizi, che rende originale
il suo lavoro rispetto a quello degli altri teorici dei diritti animali,
riguarda l'interpretazione in termini storico-sociali dello specismo. Ogni
attività intellettuale «antispecista», secondo Maurizi, consiste quindi
essenzialmente nel fare propria questa scelta di campo: sottolineare come la
questione animale sia un aspetto irrinunciabile di ogni ipotesi di
trasformazione dell'esistente. Secondo Maurizi l'antispecismo è dunque essenzialmente
politico e non possiamo affrontare, come
fanno Peter Singer o Tom Regan, la questione animale da una prospettiva
astrattamente morale. All'attività di filosofo, Maurizi ha così affiancato
quella di attivista per i diritti animali, intrecciando l'attività speculativa
con quella politica; risultato di questa attività è il libro Al di là della
Natura: gli animali, il capitale e la libertà (Novalogos, ). Maurizi è stato
inoltre fondatore delle riviste di critica antispecista Liberazioni e Animal
Studies, della rivista online Asinus Novus che prende il nome dal suo breve
testo Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità (Ortica, ). Nel l'associazione Per Animalia Veritas raccoglie
alcuni suoi scritti che rappresentano un sunto aggiornato del suo pensiero
sulla filosofia antispecista: Cos'è l'antispecismo politico (Per Animalia
Veritas, ). Sulla scia delle riflessioni adorniane, Maurizi ha anche lavorato
sulla filosofia della musica e la teoria critica musicale. Le sue teorie
sull'antispecismo politico sono abbondantemente discusse nel libro di Lorenzo
Guadagnucci Restiamo Animali: vivere vegan è una questione di giustizia (Terre
di Mezzo, ), da Matthias Rude Antispeziesismus. Die Befreiung von Mensch und
Tier in der Tierrechtsbewegung und der Linken (Schmetterling, Stuttgart ) e
altri autori della scena antispecista di lingua tedesca. Opere:“Il tempo
del non-identico,” Jaca Book, “La nostalgia del totalmente non altro” -- Cusano
e la genesi della modernità, Rubettino, “Al di là della Natura: gli animali, il
capitale e la libertà,” Novalogos, “Asinus Novus: lettere dal carcere
dell'umanità,” Ortica, “Cos'è l'anti-specismo politico?” Per animalia veritas,
“L'io sospeso: l'immaginario tra psicanalisi e sociologia, Jaca Book, .Grice:
“This reminds me of my fantasies on ‘I’ – “The suspected I’ is a genial
phrase!” -- “Chimere e passaggi” Cinque attraversamenti del pensiero di Adorno,
Mimesis, “Altra specie di politica, Mimesis, “Musica per il pensiero. Filosofia
del progressive” -- Mincione, “La vendetta di Dioniso” -- la musica contemporanea da Schönberg ai
Nirvana, Jaca Book, “Quanto lucente la tua in-esistenza” --- L'Ottobre, il
Sessantotto e il socialismo che viene, Jaca Book, . Note Intervento di M. Maurizi su questi temi per
la Casa della Cultura di Milano: youtube.com/watch?v=ZNfJrRx-7fo Intervista a Marco Maurizi su questo tema a
cura del collettivo Tierrechtsgruppe Zürich (Zurigo) M. Maurizi La genesi
dell'ideologia specista in
Liberazioni://liberazioni.org/articoli/MauriziM-04.htm Archiviato il 16 aprile in .
M. Maurizi Per una cultura antispecista in Asinus Novus: rivista di
antispecismo e filosofia: Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress.com. Intervento
M. Maurizi per il primo convegno nazionale antispecista:
youtube.com/watch?v=JwZiW4ngrag Intervista a M. Maurizi e L. Caffo sulle nuove
prospettive dell'animalismo: youtube Testo recensito da L. Pigliucci per la
rivista "Lo Straniero" di Aprile : Copia archiviata, su
asinusnovus.wordpress.com.Intervista di F. Pullia sul quotidiano "Notizie
Radicali" del 19/03/: Copia archiviata, su notizie.radicali. 21
maggio 24 febbraio ). Una recensione del testo: Copia archiviata,
su asinusnovus.wordpress B. Le GocM. Maurizi, Musica per il pensiero. Filosofia
del progressive italiano, Mincione, Roma .
Antispecismo Diritti degli animali Scuola di Francoforte Altri progetti
Collabora a Wikiquote Citazionio su Marco Maurizi Asinus Novus. Antispecismo e Filosofia, su
asinusnovus.net. Animal Studies. Rivista Italiana di Antispecismo, su
rivistaanimalstudies.wordpress.com.
MAZZARELLA. (Napoli). Filosofo. Grice: “I love Mazzarella’s
‘necessary word’ – not precisely what I was thinking when philosophising about
conversation, but for Mazzarella, the conversational motivation is to HELP in
the most authentic fashion – Compared to his ‘parola necessaria,’ my principle
of conversational helpfulness, while based in part in the desideratum of
conversational benevolence, looks pretty lame!” -- Grice: “I like Mazzarella.
The fuss he makes in translating Heidegger, whom I have elsewhere called ‘the
greatest living philosopher’ – he was living then –.” Grice: “Mazzarella, who
is relying on somebody else’s translation, is especially focused on Heidegger’s
Latinate ‘fakt.’ From ‘Fakt,’ Heidegger gets an abstract noun. But he also uses
the Germanic for ‘deed.’ Relying on the cognateness of ‘fakt’ with ‘fatto’ –
cognate itself with ‘effetto,’ Mazarella agrees that the translation goes from
‘factivity’ to ‘effectivity.’ And it should inspire all philosophers into
seeing how similar these two concepts are – if indeed two concepts they are,
seeing that they come from the same Roman root! But Mazzarella would know that
– you wouldn’t!” – Professore a
Napoli, è tra i principali interpreti di
Heidegger. Deputato al Parlamento nella XVI Legislatura per il Partito
Democratico. Dopo essersi laureato
presso l'Università degli Studi di Napoli “Federico II” con Masullo, inizia la
sua attività di ricerca come borsista DAAD in Germania, e successivamente
presso l'Salerno. In seguito è professore incaricato di Estetica presso
l'Università dell'Aquila. Dopo essere stato professore associato di Filosofia
Teoretica presso l'Catania e di Filosofia della storia presso l'Napoli
“Federico II”, diventa professore straordinario di Storia della filosofia
presso la Facoltà di Magistero dell'Salerno e dal 1993 Professore di Filosofia
Teoretica presso l'Napoli “Federico II”. Dal 1995 al 2005 dirige il Dottorato
di Ricerca in “Scienze Filosofiche” dell'Napoli “Federico II” e dal 1999 al
2005 cura la programmazione e le relazioni internazionali per la Facoltà di
Lettere e Filosofia, di cui è Preside dal 2005 al 2008. Nel 2008 viene eletto
deputato del Parlamento italiano, divenendo componente della VII Commissione
Cultura della Camera. Opere In una delle
sue opere principali, Tecnica e Metafisica. Saggio su Heidegger, Mazzarella
indaga i processi decostruttivo-ermeneutici sottintesi all'heideggeriana storia
della metafisica occidentale, fino a formulare un'ipotesi
"ecologica"(in senso originario, come pensiero relativo all'abitare
dell'uomo) relativa alle interpretazioni del "logos" eracliteo e
della categoria aristotelica della "physis" riscontrate nei saggi
successivi alla cosiddetta "svolta" del pensiero di Heidegger. In Vie d'uscita. L'identità umana come
programma stazionario metafisico, le aporie di una metafisica del fondamento
sono affiancate alla dimensione tecnica della contemporaneità, intesa
storicisticamente come epoca del compimento del nichilismo. Centrale diventa
l'idea di un "essere-alla-vita", categoria che richiama in modo
lampante l'"essere-nel-mondo" di heideggeriana memoria; le questioni
teoretiche vengono così ridotte a questioni etiche riguardanti un'ontologia
minima, ove la filosofia prima si trasformi in filosofia seconda, lasciando il
posto ad un programma metafisico-antropologico di custodia e mantenimento della
e nella propria epoca. L'essere-alla-vita necessita di intendere la cultura
come “endiadi di natura e storia, ma in questa endiadi natura prima ancora che
storia”. Pensare e credere. Tre scritti
cristiani rappresenta un altro orizzonte del pensiero di Mazzarella; il
rapporto tra religione rivelata e filosofia si gioca sullo sfondo di una
prospettiva storicista di matrice diltheyana, sebbene non siano esenti dalla
riflessione Hegel, Schelling e la teologia dialettica contemporanea.
Interessante è la prospettiva di una religione come "integrazione" e
apertura all'amore fraterno, configurato nel concetto di
"agape". I suoi scritti sono
in ogni caso contrassegnati, com'è tipico della recente scuola di pensiero
napoletana, sorta sulla scia delle dottrine di Croce, da una ripresa di temi
propri dello storicismo (Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della
vita). In un dialogo costante con i
teologi più liberali e moderni, quale ad es. Bruno Forte, Mazzarella si è
occupato specificamente dei temi della bioetica, coniugando il tema della
tutela della vita alla ripresa del concetto di sacralità (Sacralità e
vita). In Opera media ha inoltre messo
in luce un talento poetico non indifferente, che gli è valso l'apprezzamento
della critica e diversi riconoscimenti. Ha composto quattro raccolte di poesie,
e pubblicato singoli componimenti in diverse antologie. Nel 1974 è stato
finalista al Premio di poesia “Città di Vita”, Firenze, e nel 1999 ha vinto il
Premio Speciale “La finestra” al Premio Nazionale di poesia “Alessandro Tanzi”
per il volume Un mondo ordinato. Opere “Tecnica e metafisica” -- saggio su Heidegger,
Guida, Napoli, Nietzsche e la storia: storicità e ontologia della vita,” Guida,
Napoli, “Storia metafisica ontologia” Per una storia della metafisica tra otto
e novecento, Morano, Napoli, -- Grice: “What Mazzarella is proposing is what I
did for the BBC: a history of metaphysics; philosophical tutees are too
accustomed to ‘history of philosophy,’ but surely each branch requires a
separate history! “storia della metafisica” does just that!” – “storia della
semantica” hardly sounds as sexy, and “storia della pragmatica” sounds
repugnantly academese!” -- “Ermeneutica
dell'effettività” -- Prospettive ontiche dell'ontologia heideggeriana, Guida,
Napoli, -- Grice: “Note that Mazzarella is exploring the ‘effectivity,’ not the
‘affectivity’ – ex-fecto, not ad-fecto – “Filosofia e teologia” -- di fronte a Cristo, Cronopio, Napoli, “Sacralità”
-- e vita, Quale etica per la bio-etica?, Guida, Napoli, Heidegger oggi, E.
Mazzarella, Il Mulino, Bologna, “Pensare e credere” -- Tre scritti cristiani,
Morcelliana, Brescia, “Vie d'uscita. L'identità umana come programma
stazionario metafisico,” Il melangolo, Genova, Opera media. Poesie, Il melangolo,
Genova, Lirica e filosofia, Morcelliana, Brescia, Vita Politica Valori.
Sensibilità individuali e sentire comunitario, Guida, Napoli, “Anima madre,”
ArtstudioPaparo, Napoli, “L'uomo che deve rimanere,” Quodlibet, Macerata, . S.
Venezia , Nota bio-bibliografica, inAmato, M. T. Catena, N. Russo , L'ethos
teoretico. Scritti in onore di Eugenio Mazzarella265, Napoli, Guida, Archivio degli articoli di Eugenio Mazzarella
nel sito "ilsussidario.net". Curriculum vitae, pubblicazioni e
attività di ricerca nel sito dell'Università degli Studi di Napoli Federico II,
su docenti.unina.
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