Un singolarissimo saggio in favore della tolleranza apparve nel 1565 per opera del giureconsulto trentino Giacomo Aconzio o Aconcio, saggio che fu posto erroneamente fra i libri di magia per il suo strano titolo, "De stratagematis Satane in religionis negotio, per superstitionem , errorem , hæresim , odium, calumniam, schisma, etc." (Basil.). Esso per contro è il primo libro, al dire dell'Hallam (op. cit. ii, cap. 2, p. 84), in cui, secondo la tendenza sociniana, si sia cercato di ridurre gli articoli fondamentali della religione cristiana al più piccolo numero possibile, escludendo, per esempio, quello della trinità e tutti gli altri non razionali. E ciò allo scopo di trovare un punto di appoggio comune e di universale consenso per tutte quante le sette, in cui è scisso il cristianesimo, e quindi una base sicura per la tolleranza reciproca di tutte le credenze. L'Aconcio si leva vivissimamente non solamente contro la pena di morte, ma contro qualunque pena inflitta ai pretesi eretici, ed esce in questa esclamazione. Se il sacerdozio riesce a prendere il disopra, se gli si concede questo punto, che non appena un uomo avrà aperto la bocca il carnefice dovrà venire a troncare tutti i nodi col suo coltello, che cosa di venterà lo studio della Scrittura? Si penserà che essa non vale guari la pena che altri se ne occupi; e, se mi è permesso di dirlo, si daranno come verità i sogni dell'immaginazione. O tempi infelici! o infelice posterità, se noi abbandoniamo le armi con le quali soltanto possiamo vincere il nostro avversario! (CANTÙ, Op. cit ., II, 451). Il saggio ebbe subito gran voga e fu tradotto in francese, in inglese, in tedesco ed in olandese. Anzi esso godette nel secolo seguente in Olanda di una immensa popolarità ed autorità. Aconcio intanto viene citato fra molti altri scrittori del suo secolo d'autori della tolleranza nel libro di Mino Celso senese, sotto il cui nome si ritenne per un pezzo si celasse o Lelio Socino od altri, ma di cui invece consta che fuggì da Siena nel 1559, vagò tra i Grigioni tre anni, e quindi si ridusse a Basilea, ove cercò sempre di mettere concordia fra i dissidenti (1). L'opera si intitola: "In haereticis coercendis quatenus progredi liceat, Celsi Mini Senensis disputatio. Ubi nominatim eos ultimo supplicio afici non debere, aperte demonstratur, Cristling. 1577. Fu ristampata nel 1581 senza indicazione di luogo, con due lettere di Beza e Dudicio in senso opposto; e inoltre nel 1662 ad Amsterdam col titolo, "Henoticum Christianorum, seu Disputatio Mini Celsi, etc. Lemmata potissima recensa a D. 2. (Dom .Zwickero). È una lunga dissertazione accurata, ove tra l'altro si sostiene bastare abbondantemente contro gli eretici le ammende e l'esiglio. Loscritto di Gioacchino Cluten: De Haereticisan sint comburendi? Argent., 1610, contiene, oltre alla prefazione del Castellion alla sua Bibbia latina, una raccolta di passi di più scrittori in favore della tolleranza (2). Una difesa, piena di giustizia e di moderazione, della causa della tolleranza è pure quella del teologo sociniano tedesco Giovanni Crell (1590-1633), intitolata, "Vindiciae pro religionis libertate (3). Essa fu tradotta poi nel 1687 dal Le Cene in francese, e riveduta dal Naigeon, sotto il titolo, "De la tolérance dans la religion. Al dire dell'Hallam, ancora nel 1760 l'Holbach l'avrebbe tradotta e ripubblicata (4). (1) Il SENKENBERG nelle aggiunte alla Bibliotheca realis iuridica del Lipenius,Lips.,1789,p.187, ricorda una edizione, s . I. 1562. Non ho potuto vedere il saggio; ma tale indicazione andrebbe poco d'accordo con quanto altri riferiscono, cioè che Mino Celso citi già l'ACONZIO.
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