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Saturday, October 9, 2021

Grice ed Alfieri: l'implicatura di Lucrezio

  Già Vittorio Enzo Alfieri, nell’introduzione al breve primo scritto bembiano incluso in una strenna dell’editore Sellerio, aveva colto una possibile connessione ai dialoghi platonici più ‘letterari’, dove a proposito del piacere ecfrastico del giovane scrittore per il podere di S. Maria del Non scriveva: «Bembo si compiace a descrivere il luogo a lui caro, il fresco riparo dalla calura estiva, il fiumicello, i pioppi piantati dal padre, il quale si stupisce che nella piana verso le pendici dell’Etna vi siano platani, che gli fanno forse risovvenire i platani d’Ilisso»321.L’intuizione diviene più 320 «Del resto l’opera stessa prima del Bembo, il De Aetna, aveva richiamato a quei molteplici interessi – spesso da e su testi greci – che avevano ispirato le Castigationes Plinianae. E la stessa felice ambientazione del dialogo già di per sé dilata i confini dell’oggetto esegetico e rilancia tutte le più vitali istanze di plenitudo culturale, di renovatio che il Barbaro stesso (e il Poliziano per suo conto) aveva indicato tra gli scopi della propria lezione (Mazzacurati). Sono una plenitudo e una renovatio che si muovono anche da quell’indirizzo filosofico e umanistico insieme che era stato così caratteristicamente veneziano, dal Barbaro a Giorgio Valla: nella ripresa di un tutto autentico Aristotele che Aldo aveva consacrato con la sua monumentale edizione delle opere aristoteliche (1495-1498) ispirata alla lezione di Ermolao e dedicata a Alberto Pio. Proprio sulla base della retorica e della poetica aristoteliche, ripresentate come esemplari dopo secoli e secoli sulla laguna, poteva svilupparsi anche la filologia più nuova del Bembo, tutta fondata sul concetto di creazione artistica, non come furor o inventio platoniche, ma come imitatio naturae e su una considerazione critica nuova della lingua», Branca, La sapienza civile, cit. 130-131. 321 Bembo Pietro. De Aetna: il testo di Pietro Bembo tradotto e presentato da Vittorio Enzo Alfieri, note di M. Carapezza e L. Sciascia (Palermo: Sellerio, 1981) 35. 132   concreta se posta a confronto con un altro testimone contemporaneo di Bembo, Gregorio Giglio Giraldi322. Questi infatti nella sua lettera introduttiva a Renata di Francia alla Historia Poetarum tam Graecorum quam Latinorum (1545), su uno sfondo tutto boccacciano -- l’occasione della peste e la conseguente riunione di una piccola brigada (il puer Pico della Mirandola e B. Piso) --, così si esprimeva nel presentare la cornice diegetica del trattato:

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