Grice e
Doria – filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo. Grice:
“I love Doria: a nobleman who should be sailing off Portofino, is writing a ‘progetto
di metafisica’ after discussing the ‘filosofia degl’antichi’ – you HAVE to love
him! Plus, he philosophised WHILE sailing!” Figlio di Giacomo e Maria Cecilia
Spinola, appartenente alla nobile casata dei Doria Lamba dalla quale provennero
ben quattro dogi della repubblica di Genova, ha un'infanzia travagliata segnata
a cinque anni dalla morte del padre. L'uscita dalla famiglia delle tre sorelle
lo fa rimanere solo con la madre che influenza negativamente il suo carattere
melanconico ma vivace, il suo desiderio di virtù e Gloria. La madre, che egli
accusa esser stata de' miei errori la prima e principal cagione, si era
disinteressata del figlio limitandosi ad affidarne l'educazione a filosofi
bigotti che lo fano crescere con la paura delle malattie e della morte, che gli
viene indicata dai suoi educatori gesuiti come un positivo castigo all’uomino
re. Divenne quindi vivace e grazioso nelle conversazioni affabile con
tutti, facile e condiscendente con gli amici e allo stesso tempo pieno di sé e
fatuo divenendo un Petit Maitre disinvolo e alla moda, e prende per idea di
virtù vera ed esistenta ogni vanità e molte volte prende con l’idea di virtù il
vizio ancora! Pieno di sé e fatuo. Compì con la madre il “grand tour” –
Firenze, Capri, Girgentu -- dei ‘viri’ ben nato dal quale ne usce libero
dall’inibizione religiosa, ma con un nuovo abito di un anima viziosa, la quale
lo fa mirare come idea di virtù la rilassatezza nel senso, la prepotenza con i
deboli e la vendetta. Tornato a Genova, la trovò bombardata dal mare dalle navi
di Luigi XIV. In quell'occasione conosce il conte di Melgar che l’avvia
nell’arte militare e lo introduce nel giro del patriziato
mondano. Innamoratosi fortemente di una meritevole donna che muore poco
tempo dopo, cadde in depressione e per distrarsi dal dolore riprese i suoi
dispendiosi viaggi. Ridotto in ristrettezze economiche si reca a Napoli per
recuperare certi suoi crediti ma dove lottare per districarsi dalla palude di
leggi e cavillose procedure al punto che si mise a studiare filosofia con un
certo profitto per ottenere dal tribunale quanto gli spetta. La sua fama
di spadaccino gli fa guadagnare la simpatia del patriziato napoletano che
ritiene massime di cavagliero che fusse atto di disonore e di vergogna il non
punire un uomo a sé inferiore quando si ha da quello qualche offesa ricevuto, e
che il perdonare generosamente fusse vergogna. Ma poscia era massima d'estrema
vergogna il non chiamare a duello un nobile a sé uguale quando da quello
si era qualche offesa ricevuta. Si diede quindi a duellare per qualsiasi
puntiglio cavalleresco tanto da essere messo in prigione aumentando così la sua
fama di duellista e vendicativo presso la nobiltà locale. Comincia a
disgustarsi di questa sua vita fatua e falsa trasformandosi in filosofo
metafisico ed entrando nella cerchia degli intellettuali cartesiani e
gassendisti che caddero sotto l'attacco della Chiesa preoccupata che il loro
sensismo approdasse a un conclamato materialismo. La posizione della Chiesa fu
esplicitata dal grande processo contro gl’ateisti, quegli intellettuali che si
erano illusi di poter modernizzare la dottrina cattolica. Si schierò con
questi frequentando il salotto filosofico Caravita che si era già battuto
contro l'Inquisizione e che era divenuto il centro di diffusione della
filosofia cartesiana. Qui il Doria ebbe modo di conoscere il protetto di
Caravita, quel Giambattista Vico che scriverà del genovese che «fu il primo con
cui poté cominciare a ragionar di metafisica» nella quale si intravedevano
«lumi sfolgoranti di platonica divinità. Per organizzarsi contro le polemiche
dei tradizionalisti, sostenuti dalla Chiesa cattolica, il Caravita pensò di
fondare un'associazione di intellettuali modernisti che, dopo diverse
difficoltà, finalmente vide la luce col nome di Accademia Palatina e che
annoverava fra i 18 soci fondatori anche Doria che pronunzia in quella sede
lezioni concernenti la teoria politica (Sopra la vita di Claudio imperadore)
dove sostene la superiorità della nobiltà per virtù e non per nascita, e dove
contestava la base valoriale dell'aristocrazia fondata sull'uso delle armi
(Dell'arte militare, Del conduttor degl'eserciti, Del governatore di piazza,
Della scherma). La guerra, scriveva Doria, non e un privilegio della nobiltà di
spada ma un'attività che richiede l'applicazione di una tecnica e il comando
affidato a ufficiali competenti nel dirigere l'animo umano (Il capitano
filosofo, Napoli) Pubblica la Vita civile e l'educazione del principe,
criticata da alcuni per alcuni fraintendimenti sul pensiero di Cartesio. Non ha
inteso il Cartesio, o ad arte ne tronca
o perverte il senso. Critica la politica di Tacito e Machiavelli sostenendo che
questa va basata non sopra l'idea degli uomini quali sono ma sulla virtù, il giusto
e l'onesto». Lo Stato anda guidato, come dettava l'insegnamento platonico, dal
filosofo facendosi così sostenitore, secondo le nuove idee riformatrici che
cominciavano a circolare in Europa, di un assolutismo moderato nel Regno di
Napoli. Doria cominciò ad interessarsi a temi scientifici mandando alle stampe
le sue Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili e de'
corpi insensibili (Augusta) e una Giunta d iM. Doria al suo libro del Moto e
della Meccanica. Opere queste, dove si critica il metodo di Galilei e si mette
in discussione la distinzione cartesiana fra res extensa e res cogitans in nome
del principio neo-platonico dell'Uno immateriale, che non ebbero il successo
sperato e vennero anzi aspramente criticate da più parti. Divenne un
personaggio ambito da nobili e femmes savantes che lo invitavano nei loro
circoli culturali dove riceve numerosi attestati di stima. Per ricambiare le
nobili dame, sue discepole, pubblica i Ragionamenti ne' quali si dimostra la
donna, in quasi tutte le virtù più grandi, non essere all'uomo inferior. La
donna ha gli stessi diritti naturali dell’uomo e puo governare e fondare grandi
imperi ma non e adatte fisiologicamente a formulare leggi per le quali occorre
una sapienza storica e filosofica. Cartesio infatti aveva errato nel credere
che Dio avesse dato a tutti eguale abilità per intender le scienze, mentre iddio
non ha ugualmente a tutti gli uomini distribuito e perciò vediamo che molti non
son capaci nelle scienze. Quindi la donna che egli ammirava moltissimo e che lo
ricambiavano con tante lodi, deve tuttavia accontentarsi di poter dirigere lo
stato ma non puo essere legislatrice. Un rapporto questo con l'altro sesso che
rimase problematico per Doria che non volle mai sposarsi ritenendo il
matrimonio una legge dura che non trova precisa corrispondenza nella teologia.
Si considera ormai un filosofo metafisico e mattematico che adottando il
platonismo ha pressoché distrutto li saggi di filosofia del signor Giovanni
Locke ed in parte ancora la filosofia di Renato Des-Cartes. Compiva un
capovolgimento delle sue convinzioni moderniste passando nel campo degli
antichi quando il suo Nuovo metodo geometrico (Augusta) e i Dialoghi ne' quali s'insegna
l'arte di esaminare una dimostrazione geometrica, e di dedurre dalla geometria
sintetica la conoscenza del vero e del falso (Amsterdam), furono aspramente
criticati da parte della rivista Acta eruditorum. Ancora più aspre le
contestazioni ricevute a Napoli che gli costarono un sonetto denigratorio che
così recitava. Di rispondere a te nessun si sogna /de' nostri, e strano è assai
che Lipsia mandi/ risposta a un uom che 'l matto ognun lo noma. Illustrazione alla recensione pubblicata
sugli Acta Eruditorum al Capitano filosofo. Gl’Oziosi, dove profuse tutte le
sue energie nel criticare i moderni, seguaci del pensiero filosofico di Locke,
dell'Accademia delle scienze di Celestino Galiani che aveva detto di lui «il
Doria ha ristampato tutte in un corpo le sue coglionerie. Con l'avvento del re
riformista Carlo III di Borbone nel Regno di Napoli, si trova completamente
isolato col suo platonismo pratticabil che continua a difendere scrivendo “Il
Politico alla moda”. Si rendeva ormai conto di come fosse irrealizzabile il suo
ideale di un governo ad opera del concetto di “sovrano virtuoso” e di “filosofe
legislatore.” Il magistrato, il capitano, il sacerdote e tutti gli ordini che
governano hanno diviso la filosofia dalla politica per unire alla politica la
sola prattica; ormai i principi scriveva vogliono governare lo stato colla
politica del mercadante, e non con la politica del filosofo. Constatava come vi
fosse ormai una generale crisi dei valori perché in questo nostro tempo si
corre dietro solamente alla perniciosa filosofia di Locke e di Newton e si
pratica solamente la politica mercantile. Completamente ignorato dall'ambiente
intellettuale, Doria malato e in difficoltà economiche muore indicando nel suo
testamento la volontà che fosse pubblicata a spese di un suo cugino, a saldo di
un debito da questi contratto, l'opera “Idea di una perfetta repubblica”.
Quando il saggio e infine edito fu condannato dai revisori ad essere bruciato
per il suo contenuto contro Dio, la religione e la monarchia. In realtà
contesta il celibato ecclesiastico, l'indissolubilità del matrimonio, la
castita, l'eternità delle pene inflitte ai dannati e l'ideologia etico-politica
dei gesuiti. Il governo perfetto doveva essere a imitazione di quello
della Roma repubblicana, perché posto il governo in mano agli uomini, è forza
che sia moderato da un magistrato ordinato alla difesa del popolo contro la
tirannia. Gli unici a esecrare il rogo del saggio furono proprio i giuristi
napoletani difendendo i libri di quel savio e cordato vecchio di Doria, di cui s'infama
la venerata memoria. E al centro del saggio “La distruzione della fiducia e le
sue conseguenze economiche a Napoli”. Si argumenta che il governo nell'azione
di depredazione del Regno di Napoli ha spogliato i loro sudditi della virtù e
della ricchezza, introducendo al posto loro ignoranza, infamia, divisione e
infelicità. Altra azione, che si rivelerà in seguito disastrosa per la società
napoletana e in genere per il Mezzogiorno, fu lo smantellamento dei rapporti
inter-personali di fiducia tra le diverse classi, necessari per lo sviluppo dei
commerci e dell'iniziativa privata e l'introduzione di una cultura dell'onore
attraverso l'infoltimento dei ranghi nobiliari, il rafforzamento
dell'Inquisizione, l'inasprimento della segretezza dell'attività di governo,
l'incremento delle cerimonie religiose e di devozione ritualizzata, l'aumento
della diseguaglianza davanti alla legge e infine l'indebolimento apertamente
perseguito del rapporto armonioso che si era creato in passato tra i diversi
ordini del Regno: tutto ciò al fine di scoraggiare, minando la fede pubblica,
l'ascesa di una classe imprenditoriale-commerciale che avanzasse i propri
diritti e rompesse l'equilibrio dei poteri tra la corte e il patriziato locale
che gli spagnoli intendevano mantenere. Tutti questi fattori, lesivi di quel
rapporto di fiducia tra le classi necessario per l'avvio e il consolidamento
dell'attività di co-operazione e di intrapresa economica, non tarderanno a
produrre effetti duraturi sulla società meridionale, non solo a livello
mentale-culturale, e di converso a livello economico, costituendo uno dei
fattori prodromici dell'arretratezza socio-economico-culturale del Mezzogiorno
d'Italia. Altre opere: “Considerazioni sopra il moto e la meccanica de'
corpi sensibili, e de' corpi insensibili, In Augusta [i.e. Napoli?, Daniello
Hopper); “Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili, e
de' corpi insensibili. Giunta, In Augusta [i.e. Napoli?, Daniello Hopper; Dialoghi,
Amsterdam, Esercitazioni geometriche, In Pariggi, Duplicationis cubi
demonstration” (Venezia); “Discorso apologetico” (Venezia); “Soluzione del
problema della trisezione dell'angolo” (Venezia); “Vita civile” (Napoli, Angelo
Vocola. Pierluigi Rovito, Dizionario Biografico degli Italiani. “L’arte di conoscer se stesso, in De Fabrizio
, Manoscritti napoletani. Autobiografia, in Cristofolini , Opere filosofiche, R.
Ajello, Diritto ed economia, Vita civile, ed. Augusta, S. Rotta in Politici ed
economisti del primo Settecento. Dal Muratori al Cesarotti, V, Milano-Napoli,
L'arte di conoscere se stesso. Eugenio Di Rienzo, GALIANI, Celestino in
Dizionario Biografico degli Italiani, V. Ferrone, Scienza natura religione.
Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo Settecento, Napoli, Manoscritti,
La Politica mercantile, Manoscritti, Idea di una perfetta repubblica "accorato" Ajello. Segnatamente: Del commercio del Regno
di Napoli, in E. Vidal, Il pensiero civile di Paolo Mattia Doria negli scritti
inediti, Istituto di Filosofia del diritto dell'Roma; Della vita civile,
Torino; Massime del governo spagnolo di Napoli, V. Conti, Guida, Napoli Contenuto
nel volume miscellaneo Diego Gambetta, Le strategie della fiducia, Einaudi,
Torino, D. Gambetta, Pierluigi Rovito, «DORIA, Paolo Mattia», in Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roberto
Scazzieri, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero Economia, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giulia Belgioioso, Il Contributo italiano
alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .
E. Vidal, Il pensiero civile di Paolo Mattia Doria negli scritti inediti,
Istituto di Filosofia del diritto dell'Roma. Paolo Mattia Doria. Doria. Keywords:
co-operazione, duelo – duel, the duelists, cooperation – il sensismo, roma
repubblicana, la aristocrazia romana, Romo, aristocrazia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Doria” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691226301/in/photolist-2mRXUKj-2mRgKq7-2mPsU62-2mPtnaL-2mNaHiH-2mLLZRD-2mLQc9e-2mLGvyP-2mKM3FF-2mKN88B-2mJd7nN-CjPzzS-BUZFh1-nZbmsv-o9VHCk-oae7Tt-o87Jj5-o8SgHN-nRMzbN-nRKeFQ-o5N5fn
Grice e
Dottarelli – l’implicatura di Musonio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bolsena).
Filosofo. Grice: “I like Donatelli; he is an Etruscan, from Balsena, and it’s
only natural that he is obsessed with the one and only Etruscan philosopher,
Musonio!” Si è formato alla Facoltà di Filosofia dell'Perugia, dove ha studiato
con Cornelio Fabro e si è laureato con una tesi sul dibattito epistemologico
del Novecento (K. PopperFeyerabend, I. Lakatos, T. Kuhn) sotto la guida di
Massimo Baldini. Si è poi specializzato in Filosofia all'Urbino, dove ha avuto
come maestri Italo Mancini e Pasquale Salvucci, con cui ha discusso una tesi
sulle implicazioni epistemologiche della filosofia di Immanuel Kant. Ha
insegnato nei Licei ed è stato docente a contratto di Filosofia della scienza,
Filosofia morale, Bioetica nelle Università della Tuscia, di Macerata e
Firenze. Ha sempre coniugato il lavoro didattico e di ricerca con
l'impegno civile. Per 13 anni consecutivi è stato Sindaco della città di
Bolsena (VT). Eletto la prima volta nel 1986, con una lista civica di sinistra,
è stato successivamente confermato nel 1990 e nel 1995. Dal 2005 al ha ricoperto il ruolo di Direttore generale
della Provincia di Viterbo e in tale veste, oltre al coordinamento e alla
sovrintendenza della gestione complessiva dell’Ente, ha avuto la responsabilità
diretta della formazione e organizzazione delle risorse umane, del percorso di
certificazione EMAS, del processo Agenda 21 locale e del progetto Arco Latino,
strumento per la definizione di una strategia integrata di sviluppo dell’area
del Mediterraneo. Con Pasquale Picone, filosofo e psicoanalista junghiano, nel
2004 è stato cofondatore della Società Filosofica Italianasezione di Viterbo,
di cui è attualmente vicepresidente. Nel
ha costituito il Club per l’UNESCO Viterbo Tuscia, di cui è
presidente. I suoi interessi teorici si sono rivolti all'epistemologia,
all'etica, alla filosofia politica e alla pratica filosofica. In Popper e il
gioco della scienza ha svolto un'analisi critica dell'epistemologia falsificazionista,
mostrando come l'ultimo Popper, pur rendendosi conto della coerenza dello
sviluppo evoluzionistico della propria epistemologia, arretrasse e resistesse
dal trarne le estreme conseguenze, restando fedele al paradigma del
razionalismo critico, difendendolo sino in fondo, ma con ragioni sempre più
deboli. Nei suoi lavori su Immanuel Kant (Kant e la metafisica come scienza,
Abitare un mondo comune. Follia e metafisica nel pensiero di Kant) ha
evidenziato sia il proposito kantiano di fondare come una scienza rigorosa la
metaphysica generalis, prima parte della metafisica come era intesa nella
tradizione razionalistica tedesca, sia il carattere che viene ad assumere la
metaphysica specialis, dopo la critica: un pensare congetturale e analogico che
è anche prassi, vita. In questa prospettiva la filosofia kantiana viene
valorizzata per la sua peculiare dimensione "cosmica", come «scienza
della relazione di ogni conoscenza e di ogni uso della ragione umana con lo
scopo essenziale di essa», e viene ricollegata alla filosofia come era
praticata soprattutto nell'antichità: arte di vivere, esercizio spirituale. Il
filosofo pratico, il maestro di saggezza tramite l’insegnamento e l’esempio, è
così «l’autentico filosofo», che, nel quadro della complessiva ed originale
riorganizzazione kantiana dell’orizzonte utopico di derivazione platonica e
rousseauiana, diventa esso stesso un ideale regolativo, al quale colui che più
si è avvicinato è stato Socrate, per via della sua esemplare coerenza di vita.
In Freud. Un filosofo dietro al divano, il lavoro del fondatore della
psicoanalisi viene letto come un episodio della lunga tradizione che ha
interpretato la filosofia come "medicina per l'anima". Il rapporto di
Freud con la filosofia si nutre di una profonda ambivalenza: da un lato
un'irresistibile attrazione; dall'altro quasi la necessità di rassicurare se
stesso e gli altri su una propria «incapacità costituzionale» (Autobiografia,
1924) alla pura speculazione e sulla sua ferma volontà di sottrarsiproprio lui,
formidabile affabulatoreal fascino delle narrazioni filosofiche. La riflessione
di Freud non trascura nessuna delle dimensioni fondamentali della ricerca
filosofica. Neanche quella teoretica, volta a costruire visioni complessive
dell’uomo e del mondo; quella che gli appare la più rischiosa, perché la più
astratta, la più esposta alla frequentazione della metafisica e della
religione, sempre in procinto di cadere nella trappola della verità assoluta.
Più a suo agio Freud si sente invece nel lavorare lungo un'altra linea
d’impegno tradizionale della filosofia: la riflessione critica sui saperi e
sulle pratiche umane. Nell'opera di smascheramento dei meccanismi con cui le
ideologie e le prassi individuali e sociali ammantano la loro miseria “umana,
troppo umana”, le potenzialità della psicoanalisi si esprimono al meglio.
Masecondo l'interpretazione di Luciano Dottarellila fatica intellettuale di
Freud trova la propria collocazione più appropriata nella dimensione della
ricerca filosofica che interpreta se stessa come un’attività in cui l’uomo si
dedica alla cura e alla fioritura di sé, alla coltivazione della propria
umanità. Questa dimensione della filosofia come arte di vivere è stata
approfondita da Luciano Dottarelli attraverso la ricostruzione della vita e del
pensiero del filosofo stoico Musonio Rufo nella monografia su Musonio
l'Etrusco. La filosofia come scienza di vita. Testimonianza della vitalità
della tradizione culturale etrusca in epoca romana, la filosofia di Musonio è
espressione significativa di quel crogiolo di idee ed esperienze di ricerca
della felicità che è l'ellenismo della tarda antichità, in cui si rispecchierà
poi la civiltà medievale e soprattutto quella umanistico-rinascimentale.
Musonio ha dato il tono di fondo all'impegno prevalente nella tradizione
filosofica della Tuscia: ricerca di una scienza di vita, studio di perfezione,
imitazione di Dio, àskesis, esercizio per sviluppare la conoscenza e la
coltivazione di sé, finalizzata alla fioritura dell’autentica esistenza umana.
L’adesione del filosofo di Volsinii allo stoicismo è decisamente sotto il segno
di Socrate: la filosofia può proporsi come arte regia in quanto, in primo
luogo, è arte di governare se stessi. L’ideale dell’autosufficienza del saggio
si traduce nella predilezione per l’agricoltura, come attività più appropriata
per il filosofo. «La terra in effettiaffermava Musonioricambia con i frutti più
belli e più giusti coloro che si prendono cura di essa, dando molte volte tanto
quel che riceve ed offrendo grande abbondanza di tutto quanto è necessario per
vivere a chi ha la volontà di faticare: e tutto questo con decenza, nulla di
ciò con vergogna». Ad un analogo sentimento di appartenenza al cosmo e ad un
profondo rispetto per gli altri esseri umani e per tutti i viventi, sono ispirate
anche le sue riflessioni sui rapporti sociali, sulla schiavitù, sulle donne,
sulla nonviolenza, sull'alimentazione, sul vestire e sull'abitare. Riflessioni
che Musoniosecondo la concorde testimonianza dei contemporaneiseppe tradurre
con coerenza esemplare in una efficace pratica di elevazione spirituale,
diretta a coinvolgere, insieme, il corpo e l’anima. Sobrietà, rispetto,
universalità e condivisione sono le parole di riferimento di una visione etica
che anticipa in modo sorprendente istanze fondamentali della moderna
sensibilità ecologista. La visione della filosofia come arte di maneggiare gli
assoluti è approfondita nel libro Maneggiare assoluti. Immanuel Kant, Primo
Levi e altri maestri. «La filosofiasostiene Luciano Dottarellianche quella più
incline a farsi coinvolgere nell'impresa di estinguere la sete dell’assoluto,
contiene in sé, nella propria vocazione alla ricerca di una comune verità
mediante il dialogo, un antidoto indispensabile al rischio distruttivo che può
annidarsi in ogni tentativo umano, tanto umano di cogliere la totalità,
l’infinito, Dio. Anche le grandi tradizioni religiose, quelle che da secoli
sono impegnate a tracciare sentieri, trovare parole, celebrare liturgie per
saziare la fame di assoluto che agita il cuore e la mente degli uomini non
possono fare a meno di intessere un intenso dialogo con questa tradizione di
ricerca, soprattutto nei momenti cruciali, quando diventa urgente addomesticare
i dèmoni che una frequentazione inadeguata del sacro può evocare. Dèmoni che
portano il nome di fanatismo, intolleranza, totalitarismo e di cui la storia
degli uomini alla ricerca della verità assoluta, della totalità autentica ed
incondizionata, dell’esperienza integrale è purtroppo costellata. La
consapevolezza che anche la filosofia non possa dichiararsi storicamente
innocente, non cancella ma spinge a ritrovare sempre di nuovo la vocazione più
profonda di quest’originale forma di esercizio spirituale: una ricerca
appassionata del bene e della verità, capace di resistere alla suggestione del
possesso compiuto e di mantenersi in quella apertura alla possibilità
dell’errore che è presidio di autentica libertà per sé e per gli altri».
Altre opere: “Il gioco della scienza” (Massari); “Metafisica non scienza”
(Massari); “Abitare un mondo comune: follia e metafisica nel pensiero di Kant
(Introduzione al Saggio sulle malattie dell’anima di I.Kant” (Massari); “Utopia
e ragione come luoghi del incontro dell’ego ed il tu”, in Le ragioni della speranza” (La Piccola
Editrice); “L’assoluto e il relative” (Il Prato); “Musonio” (Annulli Editori); Freud.
Un filosofo dietro al divano, Annulli Editori,
Riverberi Di Tuscia e d’altro, Annulli Editori); “La farfalla dell’anima
e la libertà , Armando Editore. Luciano Dottarelli. Dottarelli. Keywords: l’implicatura
di Musonio, Musonio, Etruscan influence on Roman philosophy, Why Roman
philosophy is not Greco-Roman – The Etrurian connection. Etrurian as ‘antique’
– Etrurian as exotic for Indo-European Aryan Latins (Romans). Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Dottarelli” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51715431956/in/photolist-2mMV7by-2mLLuG7
Grice e Duni – della costume, o sia, sistema di dritto
[sic] universal – filosofia italiana – Luigi Speranza (Matera). Filosofo. Grice: “I like Duni; but of course
he errs, as Kant does – for how can a ‘sitte’ a mere costume, become
‘universal’ – yet that’s the oxymoronic title of his tract, ‘scienza dei
costume, ovvero, diritto universale’. Figlio di Francesco, maestro di cappella
della cattedrale di Matera, e fratello dei compositori Egidio Romualdo ed
Antonio, nell'ambiente familiare impara la musica scrivendo anche alcune
composizioni da gravicembalo, pur se non seguì le orme dei fratelli maggiori in
campo musicale, e fu avviato agli studi religiosi nel Seminario della città di
Matera. Si laurea in Napoli. Torna a Matera dove aveva già intrapreso la pratica
di avvocato presso la Regia Udienza e dove, chiamato da Lanfranchi, fu
insegnante presso il Seminario; lo stesso Palazzo del Seminario divenne in
seguito sede del Liceo Classico di Matera, che fu a lui intitolato. Dopo la
morte del padre, lascia Matera trasferendosi dapprima a Napoli e
successivamente a Roma. Presso
l'Università degli Studi La Sapienza fu docente di diritto canonico e di
diritto civile, e pubblica un Commentarius in cui esponeva la dottrina
giuridica del codicillo, con una dedica a Benedetto XIV che in seguito lo
sostenne nella sua nomina alla cattedra universitaria; a Roma entrò in contatto
con le opere di Vico, del quale divenne un convinto sostenitore. Eleggendo Vico
a suo maestro, si propose di realizzare un programma di diritto universale come
fonte di tutte le leggi e costumi umani. Partendo dalla sua formazione
cattolica, crede in Dio creatore del mondo e suo legislatore, e non distinse
l'etica e la giurisprudenza considerandole integrative in quanto tendenti allo
stesso fine, cioè a dare il senso della vita, e quindi facenti parte entrambe
della filosofia. Nacque così il “Saggio sulla giurisprudenza universale”; sua
opera fondamentale, dedicato al promotore della politica riformatrice del Regno
meridionale, il ministro Tanucci. Il “Saggio” indica esclusivamente nel vero il
principio unitario delle conoscenze umane, a cui ricondurre anche la fondazione
delle scienze morali. Il bene o vero morale (Cicerone e buono), che differisce
dal vero metafisico perché comporta anche l'elezione volontaria del vero
conosciuto, si esprime come onestà e come giustizia. La morale propone
l'honestum, cioè il bene secondo coscienza, e opera dall'interno, invece il
diritto indica la via per andare al giusto, regolando i rapporti tra gli
individui o soggetti e quindi la vita sociale. Successivamente al Saggio, scrisse
un'opera sul rapporto tra filosofia e filologia nell'ambito della storia di
Roma, ed in seguito una Risposta ai dubbi proposti da Finetti in cui
polemizzava contro Finetti difendendo la memoria del Vico. Pubblica a Napoli la
“Scienza del costume o Sia sistema del diritto universale”, dedicata a Antonelli,
in cui prosegue l'opera iniziata con il Saggio. Opere: “De veteri ac novo iure
codicillorum commentaries; “Saggio sulla giurisprudenza universale”; “Origine e
progressi del cittadino e del governo civile di Roma”; “Scienza del costume o sia sistema del
diritto universale”. LA A falſa comune
opinione adotta ta co me un'affioma dai Politici , che le So cieti Civili
naſcono colla forma di Governo Monarchico , diede occaſione non meno agli
antichi , che moderni Scrittori della Storias Romana di formare di queſta
Nazione tutt ' altra idea di quella , che fu realmente . I vo caboli di Re e di
Regno appreſi nel ſenſo di quei tempi , in cui viſſero gli Storici , quando già
fioriva in Roma la Monarchia , gli traſportarono a credere , che il Governo
cominciaſſe fin dal tempo di Romolo colla , forma Monarchica . Taluni peraltro
convinti da’ fatti contrari della Storia furono obbligati a confeflare che ne'
primi tempi di Roma quantunque regnaffe la Monarchia , pure.que Ita non poteſſe
dirá alſoluta ma che folle accom DI ROMA . 17 accompagnata , e mifta di
Ariſtocrazia , ' é, Democrazia ; ' e che in conſeguenza i Patrizi inſieme co '
Plebej rappreſentaſsero qualche dritto nel Governo , di cui peraltro la ſomma
foſse preſso de' Re . L'Idea adunque che tam luni Scrittori fecero del Governo
di Roma fin dal fuo nafcere , fu di conſiderare Romolo co'ſuoi Succeſsori o per
veri Monarchi ; o per Monarchi, che aveſsero comunicato parte
dell'amminiſtrazione ai due Ceti di Patrizi, e Plebej , riputando i Patrizi e
Senatori , come Ceto di Cittadini illuſtri ricchi e favj , im piegati dai Re
nelle cariche più gelofe del lo Stato , ed i Plebej per Ceto anche di Cit tadini
ma ignoranti e vili , che ſerviſsero per le faccende ruſtiche , e per la guerra
; e che aveſsero qualche parte anche ne' pubblici affari . Venne , come diſi ,
tal falfa opinione fo ſtenuta da quel comune errore , che tutte le Società
Civili non poſsano altrimenti comin ciare , fe non con la forma Monarchica ,
non fapendo eſli immaginare con qual altra for ma di Governo poſsa mai unirli ,
e comporli Tom. II. B un > 7 18 DEL GOVERNO CIVILE un Ceto di famiglie a
convivere tra loro , ed a formare un corpo . Imperciocchè , dico no efli , non
è poſſibile di concepire il prin cipio di tal unione , ſenzachè qualcuno di
eſſi, o per violenza , o per fraudolente ambizione induca gli altri alla di lui
foggezione e Si gnoria ; tantoppiù che non ſi faprebbe in al tra maniera
immaginare , come i Padri di fa miglia, i quali prima di entrare in Società Ci
vile , facendo ſenza dubbio la figura di Mo narchi nella propria famiglia ,
pofsano ſenza il mezzo della violenza , o dell'inganno , ab bandonare la
propria Signoria col foggettarfi al Governo Civile . Su queſta mal fondata ,
opinione incontrandoſi nel fatto della Nazio ne Romana , in cui intefero
parlare di Re , e di Regno nel ſenſo appreſo di Monarca , e Monarchia non
dubitarono punto di defi nire il Governo fotto Romolo , e Tuoi fuccef fori per
Monarchico . Ma poichè i fatti ſteſſi della Storia realmente non s'uniformano
all ' Idea di una perfetta Monarchia , furono co ftretti ad ainiettere una Mon
: irchia mitta di Ariſtocrazia inſieme , e Democrazia . Tutte DI- ROMA . 19
Tutte le ragioni politiche , che ſogliono ads durſi dagli Scrittori nel
pretendere , che le So cietà Civili non poſſano altrimenti nafcere che colla
forma Monarchica , fono a mio giu dizio tanto lontane dal dimoſtrarla , che
anzi provano tutto il contrario , cioè , che la unione de' Padri di famiglia ,
nel comporre la Società Civile , debba neceſsariamente pro durre forma di
Governo Ariſtocratico , e non Monarchico ; poichè fe effi non fanno im maginare
, come tali particolari Monarchi di famiglia poſsano ſoggettarſi alla pubblica
, Podeſtà ſenza frode o violenza di qualcuno di loro , io al contrario non ſo
concepire , .come tal violenza o frode d' un ſolo por fa eſser valevole ad
obbligare un Ceto in tiero di Padri di famiglia avvezzi a ſignoreg . giare in
caſa propria per ſoggettarſi al Mo narca , Qualunque voglia figurarfi la frode
o la violenza d'un folo , egli è chiaro che tali mezzi non faprebbero indurgli
a foffrire di buon animo un totale cambiamento di con dizione , quanto, lo è il
paſsare da quella , in cui trovavanli di Signori aſsoluti , a queſta di B 2 fud
20 DEL GOVERNO CIVIL E fudditi, trattandoſi di cambiare condizione in
tieramente oppofta ; ed ognun fa , quanto rin . : creſce al Signore il paſſare
di fatto dallo ſta to di comandare a quello di ubbidire . Che ſe mi diceffero ,
che ciò nafce dalla violenza, cui non ſi può reſiſtere , io gli riſpondo , che
nei naſcimenti delle Repubbliche la for za d'un ſolo non è , ne può eſſere
parago nabile alle forze unite di tanti Padri di fa miglia , quanti converranno
ä formare la So cietà . Sicchè tanto è fupporre , che la forza d'un folo baſti
per opprimere gli altri , quan to è dire , che molti non fiano in grado di
vincere la violenza d' un folo ; ciò che o non è affatto poſſibile , o almeno
lo potrà eſſere in qualche caſo troppo raro , e ſtravagante ; ma la ſtravaganza
e la rarità non può in durre un ſiſtema generale . Quindi il preten dere , che
le Società Civili debbano necella riamente cominciare colla forma di Governo
Monarchico , è lo ſteſso , che fupporre la violenza , o la frode d' un folo
maiſempre ſuperiore alla forza , ed alla deſtrezza di mol ti ; e ciò non baſta
, perchè biſognerebbe an che > DI ROMA . 21 1 che ſupporre , che al numero
di molti non fc gli preſenti mai occaſione favorevole per re fiftere , e
liberarſi dall' uſurpato potere di un ſolo ; cioche realmente s’oppone ad ogni
no ftra immaginazione. Se poi vorranno fingere, che dopo la violenza , o frode
uſata dal Mo narca per ſoggettare gli altri , poffa ſeguire il compiacimento degli
ſteſſi ſoggetti , forſe perché il Monarca ſia dotato di virtù tali , che
baſtino ad innamorargli , oltreché une tal ſupporto non ſi può ammettere
general, mente , incontra il maſſimo oſtacolo di non poterſi concepire , come
gli Uomini avvezzi a dominare poſſano cosi preſto invogliarſi della condizione
oppofta di ubbidire per qualunque ammirazione di virtù nella perſona del Moia.
narca . Ma poi non è poſſibile il concepire nel Monarca virtù degna di
ammirazione preſo co loro , che naturalmente, non fanno ſpogliarli di fatto del
proprio carattere di dominare , ſenzaché entrino almeno a parte della pub blica
amminiſtrazione ; fe pure non vogliamo fingerli per Uomini affatto ftolidi ed
alieni dalla maſſima delle Umane paſſioni . B 3 Qui 22 DEL GOVERNO CIVILE Qui
potrei co ' monumenti pervenutici de gli antichiſsimi Popoli dimoſtrare col
fatto l? inſuffiſtenza di un tal ſentimento dei Politici col riconoſcere nelle
origini delle Nazioni tutt altra forma di Governo , che la Monar chica ; e che
laddove eſli ſuppongono , che la Monarchia ſia ſtata la prima a forgere nel le
Società Civili , fi troverà maiſempre l'ulti tima a venire dopo l' Ariſtocrazia
, e Demo- ' crazia ; perché la naturalezza delle Umane vicende è tale , che i
Padri di Famiglia nel formare la Società Civile dovendo decadere da quella
podeſtà afloluta , che eſercitavano in Caſa , cercheranno di cedere il meno che
ſia poſſibile dell'antica Signoria ; poichè l'Uo mo per natura non fa mutarſi
di fatto da , uno ſtato ad un altro direttamente oppoſto al primo , e perciò
quando trovali nella contin genza di dover paſſare da una condizione ſuperiore
all' inferiore , procura ſempre di paſſarci per gradi , e non di ſalto . Quin
di è , che fe vogliamo ragionare a ſeconda , dell'idee Umane , dobbiam dire , che
tali Pa dri di famiglia qualora li vedranno obbligati dalla DI R O M A. 23
dalla neceſſitii di laſciare la Monarchia del ta loro famiglia , ſebbene
converranno vo lentieri in Società Civile per trovare mag gior ſicurezza
coll'erezione della poteſtà pub blica compoſta di forze unite , e per confi
gliare ai vantaggi, e comodi della vita ; pu Te non ſi diſporranno mai a cedere
dell'anti ca poteſta , fe non quanto biſogna per reg gerſi il Corpo Civile , e
quanto meno liane poflibile di quella dominazione , che lafciano . Or la forma
di governo , che dovranno fce gliere , farà certamente l'Ariſtocratica , come
quella , in cui fi cede il meno dell'anticas Signoria , formandoſi una Podeſtà
pubblica che riſiede nondimeno preſſo gli iteſi mem bri , che la compongono , e
nel tempo ſtello col Governo Ariſtocratico ſieguono a ſignorega giare ſul Volgo
, e ſulla Plebe , che ſi ricovera ſotto la loro protezione . Che ſe poi vorremo
fare un' efatto giudizio , come coll' andar del tempo dall'una forma di Governo
ſi fuol para ſare all'altra , poſſiamo qul accennare breve. mente , che
ſtabilitaſi la Societ : Civile nella ſua origine colla forma Ariſtocratica ,
che dee ellere 1 B 4 priva d'ogni dritto Civile i Indi l'oppreſſo 24 - DEL
GOVERNO CIVILE eſsere la prima a naſcere , gli Ottimati na turalmente faranno
traſportati dall’amor pro prio ad opprimere , e tirannizzare il Volgo , o ſia
la Plebe , che ricoverandoſi ſotto la lo ro protezione, per ſoſtentare la vita
, rimane Volgo creſciuto in numero , maſſime col mez zo della procreazione ,
pel deſiderio iſpiratoci dalla Natura di fottrarci dall' altrui tirannia ,
cogli ammutinamenti e ſedizioni cerca di li berarſene ; e quindi avviene , che
dall' Ari ftocrazia ſi paſſa alla Democrazia . Finalmente il Popolo tutto reſo
partecipe del Governo , naturalmente ſi divide in fazioni , le quali agi
tandoſi continuamente tra loro , non trovano altro ſcampo per ſalvarſi dalle
guerre Civili , che di ricoverarſi ſotto la Monarchia . E que Ito ſembra il
corſo ordinario e naturale delle Origini e de' progreſſi delle Nazioni tutte
uniforme altresì alle memorie pervenuteci del le antichiſſime Nazioni. Ma per
non partirci dal noſtro argomento , ci conviene di fermarci ſull' eſame del Go
verno Civile di Roma . E ſulla prima fa duo po DI ROMA: 25 po di ſviluppare
dalle tante incoerenze , che troviamo nella Storia , quella prima forma di
Governo , che venne iſtituita ſotto Romolo nel naſcimento della Città Romána .
Dicia ino adunque , che la prima forma diGover no iſtituita fin dal tempo di
Romolo tanto è lungi , che fofle ftata Monarchica , o miſta di Monarchia , che
anzi ſi riconoſce chiaramen te Ariſtocratica delle più feverè , che mai li
poſſa immaginare , come realmente lo furono le Nazioni tutte nei loro
forgimenti . E pri mieramente l'efferſi attribuita a Romolo , e ſuoi Re
fucceffori la Monarchia , nacque fo vratutto , come diſli , dalla falſa
intelligen-. za della voce Rex , col di cui nome vennero chianati tutti quei ,
che da Romolo fino al la creazione de' due Conſoli Annali ebbero la cura di
preſedere , e far da Capi del Se nato regnante . La voce Rex nei tempi , in cui
gli Storici, come Livio e Dioniſio 'com pilarono la Storia Romana , fu
certamente appreſa in ſenſo di Monarca , come temps , in cui fioriva. la
Monarchia e con un tal Suppoſto non ſapendo neppur eſi immagina. re 26 DEL
GOVERNO CIVILE re altra forma di Governo nel naſcimento della Città Roinana ,
andarono a credere , che o in tutto , o in parte regnaſſe la Monarchia . Ma ſe
vogliamo inveſtigare la vera originaria fignificazione della voce Rex ,
troveremo , ch'ella viene da reggere , e ſoſtenere , e che propriamente
dinotava un Capo e Dace del la Repubblica , e non un Monarca di pode Atà
aſſoluta . La ſtella eſpreſſione di Rex tro viamo uſurpata in tutte le altre
Nazioni , di cui ci è pervenuta la Storia ; ma il Governo del le niedeſime non
ſi può attribuire a Monar chia ſenza ſmentire i fatti medefimi, dai quali
ſcorgeſi , che tali Re altro realmente non era no , che Capi, e Duci delle
Repubbliche : per che inſieme colla perſona del Re troviamo i Senati , da cui
definivanfi gli affari pubblici dello Stato . Soleaſi per altro diſtinguere l'
incombenza dei Re in pace ed in Città da quella , che rappreſentavaſi in guerra
; poi che qualora erano in piegati a far da Capita ni Generali a comandare
l'eſercito , ſpiega vano certamente una podeſtà affoluta , come quella , ch'è
troppo necelaria nel Capitan Gen DI ROMA 27 Generale per lo buon regolamento
delle fac cende militari . Trattaſi in guerra di porre in eſecuzione
all'iſtante le opere militari , le qua li non ſoffrono dilazione , e
richieggono la più rigoroſa ſegretezza per forprendere l'ini mico , ed in
conſeguenza i Re in guerra per natura dell'impiego medeſimo ſpiegavano po teſtà
aſſoluta , perchè non giova di eſercitarſi colla dipendenza dal volere degli
altri , è maf fimamente de' Cittadini, come lontani e che non poſſono eſſer
preſenti alle diſpoſizioni mi Jitari , e perciò non ci dee far maraviglia , fe
per conſigliare al pubblico bene fafi co ſtumato di concedere al Re , quando coman
da in guerra , una poteſtà indipendente e Monarchica . Ma di qualunque
carattere ftata foſſe lae poteftà dei Re in guerra , non dobbiamo con fonderla
colla podeſtà da effi loro praticata in pace e nel Governo Civile dello Stato .
In fatti Tacito narrando i coſtumi degli antichi Germani ci fa ſapere che
prello tali antis chi Popoli ſi diſtinguevano i Re propriamen te 1 28 DEL
GOVERNO CIVILE te detti nel ſenſo di reggere la Repubblica dai Capitani
Generali ; poichè i primi fi eleg gevano dal Ceto degli Ottimati e . Signori ,
ed i ſecondi fi ſceglievano tra quei , che li erano reſi celebri pel valore , '
I Re , dices egli , ſi eleggono dal Ceto de' Mobili , e per Capitani Generali
ſi ſcelgono i più celebri nel valore ; Ma i Re non rappreſentano pode fà libera
ed illimitata (a ) ; quanto a dire che la qualità di Re preflo gli antichiſſimi
Germani non produceva poteſtà fuprema , e Monarchica , tuttoche Tacito gli
aveſſe at tribuito il nome di Rex . Dioniſio parlando degli antichi Re della
Grecia fcrive , che i Re delle antiche Greche Nazioni , preffo di cui il
Principato era ereditario , o pure elettivo , governavano col conſiglio degli
Ottimati , come lo atteſtano Omero , e gli antichiſſimi Poeti. Nè quei tali
antichi Re eſercitavano il Prin cipato con poteſtà aſſoluta , come veggiamo a
tempi (a ) Tacit. de moribus Germanorum 9. VII. Reges ex nobilitate , duces ex
virtute fumunt . Nec Regi bus infinita , aut libera poteftas . DI ROMA . 29
tempi noftri (a ) . La voce Rex adunque nell' originaria ſignificazione Latina
dinotava une Capo di qualunque Ceto , o di Repubblica , e non un Monarca z e
queſto Capo qualora veniva deſtinato a comandare in guerra ; al lora fpiegava
la poteſtà aſſoluta ; Ma nei tem pi poſteriori , quando le Nazioni pervennero
allo ſtato di Monarchia fi ritenne la ſteffa voce Rex , che paſsò a ſignificare
il Monarca , quan to a dire , che il nome di Rex attribuito a Romolo , ed agli
altri Re ſucceſſori, non può eſſere un argomento per definire il Governo
Monarchico nel naſcimento della Città Ros mana . Parliamo ora ad eſaminare i
fatti narratici dagli Storici , dai quali unicamente dipende lo ſchiarimento di
queſto articolo . Dioniſio , il quale a differenza degli altri s'impegna a de (
a ) Dioniſio Antiq. Rom . lib . 2. Graecanici Reges çerte , qui haereditarium
Principatum fumerent , quolve Populus fibi ipfe praeficeret , confilium
habebant ex Optimatibus , ut Homerus , & antiquitlimi quique Poetarum
teftantur .. neque ( ut fit in noſtro feculo ) veteres illi Reges ex ſui tantum
animi fententia poo feſtatem exercebant . 30 DEL GOVERNO CIVILE deſcriverci
minutamente l'origine del Govere no Civile ſotto Romolo , febbene non ſeppe ,
formare un' eſatto e coſtante giudizio della forma del Governo , pure ci
ſomminiſtra ba . ftanti lumi , onde poſſiamno ſcovrire il vero . E ſulla prima
introduce un allocuzione fatta da. Romolo ai ſuoi Compagni ſul propoſito di
doverſi ſtabilire una forma di Governo che foſſe più utile , e più atta per
tener lon tana la Città dalle fedizioni Civili , e per di fenderla dagl'
inſulti dei Popoli eſteri . E qui ci rappreſenta Romolo per Uomo ben iltrutto
ed erudito delle Nazioni Greche , e delle Barbare , delle forme del loro
Governo della difficoltà nello ſcegliere la migliore ; indi gli conſiglia a
riflettere maturamente l' affare , affinchè poteſſero riſolvere , se piutto fto
voleano ubbidire a un ſolo , o pure a pochi, moſtrandoſi pronto e pieno di
moderazione a ſeguire il loro volere (a) . Dopo una ſpe cio ( a) Dioniſio
antiq. Rom. lib. 2. Quum autem diffi çilis fit earum ( vitae uempe rationum )
electio , juf lit DI ROMA . 31 ciofa allocuzione i compagni di Romolo te. nendo
conſiglio tra loro , non dubitarono di preſcegliere la forma del Goveno Regio
in perſona dello ſteſſo Romolo , non ſolamente perchè l' aveano ſperimentata la
migliore per quanto l'aveano inteſo approvare dai loro Maggiori , ma perchè
giudicavano , che con una tal forma di Governo ſi otteneffero i due maſimi
vantaggi , cioè la libertà propria , e · l' impero preſſo degli altri (a) . Da
un tal racconto ognun vede , che Dio. nilio fit eos re per otium conſiderata
dicere , NUM UNI RECTORI , AN PAUCIS PARERE MALINT . Etenim , inquit ,
quamcumque Reipublicae formain in ftitueritis , ad eam recipiendam paratus fum
, nec principatu me indignum cxiſtimans , nec detrcaans imperata facere . (a)
Dioniſio loc.cit.Illi, communicato inter fe con filio, reſponderunt in hunc
moduin : nobis nova Reid publicae forma non eft opus ; nec a majoribus proba
tam , & per manus traditam mutabimus , fed & pri fcorum conlilium fequimur,
quos non ſine inſigni prů. dentia illam Reipublicae formam inſtituiſſe
credimus, & praefenti fortuna contenti ſumus ; cur enim illam in. cuſemus ,
quum fub Regibus contingerint nobis bona , quae apud homines habentur praecipua
, LIBERTAS ET IMPERIUM IN ALIOS Haec eft noftra de Republica fententia &c.
32 DEL GOVERNO CIVILE niſio compoſe tali narrazioni piuttoſto allas maniera ,
com'egli avrebbe penſato di fare , che con quella , che Romolo realmente ufaf
ſe preſſo i lnoi compagni'. E tralaſciando di riflettere le tante improprietà
di ſimile allo cuzione , in cui ci propone Romolo per Uo mo iſtrutto delle
Barbare , e delle Greche Na zioni, anzi delle varie forme del loro Gover no ;
quando al contrario , come dimoſtraremo a fuo luogo , i Romani per molti ſecoli
fu rono affatto ſconoſciuti ed ignoti , mallime alle Greche Nazioni , ci giova
quì di notare quell'eſpreſſione , che il Governo Regio po tea loro conſervare
il pregio della libertà , il quale certamente non ſi può ottenere colla Mo
narchia preſa nel ſuo vero fenfo di podeſa d' un ſolo aſſoluta , ed arbitraria;
poiché an che ſul ſuppoſto d'un Monarca dotato della più retta politica ę
ſaviezza , e di coſtumi i più ſublimi ed innocenți , il Popolo non può godere
altro pregio di libertà , ſe non quello, che deriva dalla rettitudine
dell'animno dalla ſaviezza del Monarca medeſimo ; mais non ſi può pretendere
ſotto la Monarchia di 1 DI ROMA . 33 godere il dritto e la libertà di reſiſtere
, ed oppora al di lui ſentimento e comando ; poiché la forma Monarchica , come
tale , racchiude la fuprema poteſtà preſſo di una folo ; e tutto il reſto del
popolo potrà fo lamente eſercitare quell'autorità , che pia ce rà al Monarca di
comunicargli ; ficchè ſi conſidera allora ' tale autorità come dipen dente e
ſoggetta maiſempre al voler del Monarca e non libera del popolo , che l'
eſercita per comando del Principe . Ed ecco cheDioniſio leffo finora ci propone
il Gover no Regio non già in ſenſo di Monarchia , ma di Capo e Duce d ' un ceto
d' Uomi ni , che intendono d'eſser membri del Go verno medeſimo , per eſſere
anch'eſſi a par te della libertà di comandare . Siegue indi Dioniſio a narrare
la diviſione del Popolo in Tribù , e Curie , inſieme colla egual partizione de'
campi , e de' terreni tralle Curie ; e poi paſſando alla diviſione de' Ceti
fatta in Padri e Plebe , nel riferire il carat tere che i Patrizi doveano
rappreſentare nella Repubblica , chiaramente ci atteſta , Tomo II. С che 34 DEL
GOVERNO CIVILE che ai Patrizi apparteneva la cura dei Sacri , l'eſercizio de'
Magiftrati, l'amministrazione della Giuſtizia , ed il Governo della Repubblica
unitamente con Romolo (a ). Ę poco dopo narran do l'erezione del Senato dal
Ceto de? Patrizj replica lo ſteſſo , cioè , che Romolo avendo ri dotto le coſe
in buon ordine , immediatamen- : te creò dal Ceto de' Patrizj i Senatori , i
quar. li doveſſero ſeco lui amminiſtrare la Repubbli 64 (b) . E queſta '
erezione di Senato l'affomi glia alle Repubbliche delle antiche Nazioni Greche
ſulla teſtimonianza di Omero , e di altri Poeti Greci , che fanno menzione di
fimi li Senati regnanti, cui preſedeva il Re , il qua le per altro facea da
Capo e Duce, in ma niera $ (a) Dionifo loc. cit. Romulus porro poftquam difcre
vit potiores ab inferioribus, mox legibus latis praefcri plit , quid utriſque
faciendum effet : ut Patricii facra curarent, Magiſtratus gererent , jus
redderent ,SECUM REMPUBLICAM ADMINISTRARENT. ( b ) Dioniſio loc. cit. Ceterum
Romulus poftquam haec in decentem ordinem redegit , confeftim decrevit Se
fatores creare , ut ellent , QUIBUS CUM ADMINI STRARET REMPUBLICAM . DI ' ROMA
. 35 niera però , che il Governo della Repubblica riſedelle prello il Senato
compoſto degli Ot timati , come per l'appunto furono i Patrizi di Roma (a) .
Indi riferiſce le particolari in combenze attribuite a Romolo , come Capo del
Senato , cioè , che prello di lui eſſer do veſſe la principal cura dei
Sacrifizj e del le coſe Sacre : che doveſſe aver cura delle Leggi e de' Coſtumi
Patri ; che ſi riſerbaf ſe il giudizio per gli delitti più gravi, e de' minori ne
giudicaſſero i Senatori ; che foſſe di ſua incombenza di convocare il Senato ed
il Popolo tutto , colla prerogativa di dover eſſere il primo a profferire il
ſuo ſentimento , ma che le determinazioni del Senato dovef ſero dipendere dalla
pluralità dei fuffragi ; e finalmente , che poteſſe ſpiegare Poteſtà aſſo luta
in guerra ( b) , Paſſando poi a ſpiegare , C 2 qua (a) Dioniſio 796x it.
Graecanici Reges certe > qui hereditarium Principatum fumerent, quoſve
populus fibi ipfe praeficeret , conlilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus
& antiquiſſimi quique Poetarum teſtantur &c. ( b) Dioniſio loc.cit. His
conſtitutis, honorcs, & potefta tes in fingulos Ordines diſtribuit . Regi
quidem eximia mune 36 DEL GOVERNO CIVILE quale eller doveſſe l'autorità del
Senato , fcri ve , che gli affari del Governo ſi doveſſero dal Re proporre al
Senato, preſo di cui non di meno doveſſe riſedere la potefta fuprema di
decidere col mezzo della pluralità dei ſuf fragj , ſoggiungnendo inoltre, che
un tal fix ſtema di Governo folle ftato appreſo dalla Repubblica dei Lacedemoni
, ( fempre col falfo fuppofto , che Romolo in tali tempi aveſſe avuto
cognizione de' Papoli della Gre cia ) in cui i Re non erano Monarchi , nè Die
{potici del Governo , ma ſemplici Capi del Senato il quale fpiegava la fuprema
pote ftate munera fuerunt haec: Primum , ut Sacrificiorum , & re liquorum
Sacrorum penes eum eflet principatus, per quem çumque gereretur quidquid ad
placandos Deos attinet ; deinde uit legum ac conſuetudinum Patriarum haberet
cuſtodiam , omniſque Juris , quod vel natura di&ar , vel pacta & tabula
fanciunt curam ageret ; utque de graviſſimis delictis ipſe decerneret , leviora
permitteret Senatoribus , providendo interim , ne quid in judiciis pece caretur
; utque Senatum cogeret , Populum in concio nem vocaret , primus fententiam
diceret , quod pluçi bus placuiſſet , ratum haberet . Haec Regi attribuit mu
nia , & practerea fummum in bello Imperium , DROMA. 37 ( be neppur ftà
nell'amminiſtrazione della Repubblica (a ). Da tutto queſto racconto di
Dioniſio non v'è chi pofſa negare , che Romolo non eb l'ombra, della poteſtà
Monarchica; poichè colla coſtituzione del Senato la poteità ſuprema riſedeva
preſſo il Senato medeſimo , e preſſo gli Ottimati ; e che tutto quello , che fu
attribuito alla perſona del Re , conſiſte va nel fare da Capo del Senato
Regnante col la ſemplice prerogativa di poter proporre gli affari, e di eſſere
il primo tra i Senatori 2 profferire il ſuo fentimento ; ma che la poteſtà di
determinargli riſedeſſe preſſo il Ceto dei Senatori , in maniera che le
determinazioni ſi coſtituivano colla pluralità de' Suffragj, a cui il Re
medeſimo dovea foggiacere ; ciocchè non ſolamente eſclude ogni idea di
Monarchia , ma C3 ci (a ) Dioniſio loc. cit. Senatui vero dignitatem ac po
teſtatem hanc addidit , ut is s de quibus à Rege ad ipſum referretur , de his
decerneret , & ferret calculum, ita ut ſemper obtineret plurium ſententia .
Id quoque a Laconica Republica defumtuin eſt; Lacedaemonio, rum cnim Reges non
erant fui arbitrii , ut, quidquid vellent , facerent ; fed penes Senatum erat
tocà publi cæ adminiftrationis poteftas . 38 DEL GOVERNOICI V ILE ro ci
manifeſta chiaramente una perfetta Ariſto crazia compoſta di Senatori , i quali
furono eletti dal Ceto nobile de' Patrizj. Egli è ve che il Re di Roma ſpiegava
la poteſtà aſſoluta ſoltanto in guerra ; ma queſta , come dicemmo , non toglie,
nè s’ oppone alla for ma del Governo mero Ariſtocratico , perchè in tutte le
Ariſtocrazie troviamo tal poteſtà ſuprema nella perſona del Capitan Generale ,
per la ragione di non poterſi altrimenti eſer citare con felice effetto il
comando del Du ce dell' Eſercito : E qui giova d' oſſervare , che ſebbene nelle
Ariſtocrazie il Capitan Ge nerale faccia ufo di poteſtat aſſoluta in guer ra ;
pure la dichiarazione della guerra , e tut to ciò , che appartiene al ſiſtema
generale di eſercitarla , dipende dal volere dello ſteſſo Se nato regnante ,
quatito a dire , che tutta live poteſtà ſuprema del Capitan Generale ſi ridu ce
ad eſeguire gli ſteſſi ordini del Senato éd a riſolvere all'iſtante da ſe
medeſimo ciò che non ſoffre dilazione , e l'attendere l'ora colo del Senato
ſarebbe inutile e dannoſo Del rimanente la forma del Governo ſi diſtin gue ITDI
ROMÀ. 9. 39 gue non già dall'uſo della poteſtă , che ſi eſercita in guerra , ma
dalla ragione delle pubbliche determinazioni , le quali , qualora dipendono
dall' arbitrio di quei pochi , che compongono il Senato , ci manifeſtano chiara
mente l'Ariſtocrazia , e non la Monarchia , anzi neppure un miſto dell'una è
dell'altra ; perchè la coſtituzione d'un Capo del Senato , ſempreche tutte le
pubbliche determinazioni ſono riſerbate alla pluralità de' Suffragj dei
Senatori s non ſi può aſcrivere , che ad un più ordinato regolamento del Senato
mede ſimo , come avviene in tutti i Ceti di per fone , in cui vi ſia un Capo ,
il quale ſembra effer neceſſario , affinchè ſia meglio regolato il Corpo
intiero di quei , che lo compongo ño ; ma non già che la coſtituzione del Capo
vaglia à mutare o alterare in minima parte il fiftemå del Ceto medeſimo. So
bene , che anche nelle Monarchie fogliono eſſervi i Se nati , maſlime de Grandi
dello Stato ma cali Senati ſono di gran lunga diverſi da quello, che fu
ſtabilito in Roma forto Romolo ; poi chè il Monarca talvolta ſuole commettere a
C4 quals 40. DEL GOVERNO CIVILE 0 qualche Geto di Perſoné la deliberazione de
gli affari , o pubblici , o privati ; ma tali de liberazioni non oltrepaſſano i
confini d'un mero configlio , ſicchè rimane maiſempre al Monarca la facoltà di
approvare , di repu diare la deliberazione ; quanto a dire , che la
determinazione dipende maiſempre dall' arbitrario fuo volere e non dai
ſentimenti dei ſuoi Conſiglieri; ragion, per cui nelle Mo narchie ſi trovano
talvolta ſtabiliti tali Ceti di perſone , che ſogliono aver nome di Con
ſiglieri del Monarca . All'incontro il Senato di Roma era compoſto di perſone ,
di cui ognu na ſpiegava uguale autorità a quella di Ro molo per le pubbliche
determinazioni , e queſta tal ſorta di Senato Regnante è quel la propriamente ,
che coſtituiſce la vera forma di Governo Ariſtocratico . Quindi pof ſiamo
francamente affermare , che dove re gna la Poteſtà fuprema nel Senato , ivi non
vi può eſſere neppur l'ombra della Monar chia , ed al contrario dove regna la
Monar chia , ivi non può eſſervi Senato di poteftà ſuprema; perchè l'una e
l'altra forma di Go verno DI ROMA . 4.1 3 come verno non ſi diſtinguono in
altro , ſe non che nella Monarchia la poteſtà fuprema riſiede in un folo , e
nell' Ariſtocrazia in molti . Ma per eſſer meglio convinti d'una tal ve rità ,
ci conviene di eſaminare con maggior diſtinzione quel Capo di Poteítà , che
riguar da lo ſtabilimento delle Leggi , il quale più d'ogni altro fa
diſtinguere la Monarchia dal? Ariſtocrazia , ſecondo che venga eſercitata da un
ſolo , o da molti , è che ſecondo il ſenti mento di tutti i Politici ſi
conſidera la maſſima nell' amminiſtrazione dello Stato . In fatti tra tutte le
pubbliche deliberazioni la più ſpecioſa ed importante è certamen te quella ,
che diceſi poteſtà Legislativa ; poi chè lo ſtabilimento delle Leggi , come
quel lo , che più d'ogni altro riguarda l'intereſſe e la pubblica tranquillità
, è il punto più ge lofo , che poſſa eſſervi nel regolamento del le Società
Civili , e come tale ci manifeſta , e ci fa diſtinguere ad un tratto la
Monarchia dall'Ariſtocrazia . La ragione ſi è , perchè pre ſcriver la Legge
allo Stato altro non è , che obbligare e ſoggettare tutti i particolari mes 42
DEL GOVERNO CIVILË membri del Corpo Civile alla cieca obbedien za di ciò , che
la Legge comanda ; e perciò ñon li può riconoſcere poteſtà più ſublime di
quella di poter comandare la Legge . Or fen za biſogno di ſoggettarci ſu tale
articolo ai ſentimenti degli Storici ; qualora ci riuſciſſe di dimoſtrare , che
la Poteſtà Legislativa di fat. to riſedeva non nella perſona di Romolo , ma
preſſo l'Ordine del Senato regnante , non ci rimarrà luogo da dubitare , che
l'iſtituzio ne del Governo folle di forma mera Ariſto craticào É qul fa d’uopò
di ricorrere alla narrazio ñê del Giureconfulto Pomponio nella Legge feconda de
Origine juris į ove impreſe con particolari cura à trattare dell'origine delle
Leggi Romane · Ci fa egli ſapere , che ſul principio il Popolo Romano ſi
regolava ſenzos leggi certe e determinate ; ma che tutto ſi go Bernava col
mezzo della dutorità del Re (a) . A tal (a ) L. 2. 9.1. de Orig. Juris : Et
quidem initio Ci vitatis noftrae Populus fine lege cerca , fine jure certo pri
DI R O M A. 43 A tal narrazione di Pomponio gl' Interpreti del Dritto Civile ,
valutando aſſai più la di lui Autorità , che quella di Dioniſio li dettero a
credere che realmente il Governo iſtituito fotto Romolo folle itato Monarchico
, poichè (dicono eſli ) ſe ne primi principi della fonda zione di Roma al dir
di Pomponio non v'era no leggi ſtabilite , e determinate , ma tutto li regolava
collº autorità del Re , ne liegues neceſſariamente , che la forma del Governo
cominciare dalla Monarchia . Ma io non sò , come tali Interpreti poſſano
formare da quelle parole di Pomponio un tal giudizio , quando dall' altre , che
ſeguono , li dimoſtra il con trario . Indi ( fiegue Pomponio ) eſſendoſi ing
qualche maniera ingrandita la città , dicéſi , che lo ſtesſo Romolo aveſſe
diviſo il Popolo in trenta parti , chiumate CURIE a motivo , che allo primum
agere inſtituit , omniaque manu Regis guber nabantur . NellePandette Fiorentine
leggefi MAŇU A REGIBUS GUBERNABANTUR ma de ciocchè fregue , e dall' eller
direito il diſcorſo di Pomponio alla perfona di Romolo , dee fi piuttosto
abbracciare la lezio ne volgata , omniaque manu Regis gubernabantur. 44 DEL
GOVERNO CIVILE allora Spediva gli affari della Repubblica coi ſentimenti , e
colle determinazioni delle medeſime Curie ; ed in tal maniera promulgò egli
alcune leggi dette CVRIATE , come fecero altresì i Re ſuoi ſucceſſori (a ) . Or
fe folle vero , che Romolo cominciaſſe a governare la Città colla fornia
Monarchica , dovrebbe eſſer falſo , che lo ſteſso Romolo indi ſtabiliſſe la
Repubbli ca degli Ottimati , con attribuire al Senato l' Autorità ſuprema di
diſporre degli affari pub blici per mezzo della pluralità de' Suffragi . Nè
vale il ſupporre , che Romolo regolaſſe , la Città coi ſentimenti delle CURIE
di puro conſiglio , quafi che ſi riſerbaffe l'arbitra rio volere di ſeguire , o
di ripudiare tali fen timenti . Imperciocchè lo ſtello Pomponio chia ramente
s'eſprime , che gli affari ſi determi navano per Sententias partium earum , che
in buon ( a ) Poftea au&a ad aliquem modum Civitate ipfum Romulum traditur
, Populum in triginta partes divififfe , quas partes Curias appellavit , propterea
quod tunc Reipublicae curam per Sententias partium caruni expediebat ; &
ita leges quaſdam & ipfe Curiatas ad Populum tulit. Tulerunt &
fequentes Reges . DI ROMA . 45 buon latino non poſſono ſignificar Configlio ;
ed oltracciò le Leggi ſi chiamarono Curiato non per altra ragione , fe non
perchè le de terminazioni venivano preſcritte co' ſentimens ti delle ſteſse
Curie , e non dall' arbitrario vo lere di Romolo . Egli è vero , che tali Leggi
coll'andar del tempo furono anche dette Regie a cagion che ſi proponevano dai
Re ne' Co mizj Curiaci; ma poichè tutti gli Storici con vengono nell'affermare
, che gli affari li de terminavano dalSenato a relazione degli ftelli Re , come
Capi di quella adunanza , non ci dee far maraviglia , ſe le Leggi ſi foſſero
dette anche Regie ; perchè venivano propoſte dal Capo del Senato , cui ſi dette
il nome di Re . Dunque fe vogliamo credere più a Pompó nio , che a Dioniſio ,
pure ſiamo obbligati coll'autorità dello ſteſſo Pomponio di ammet tere ne'
tempi di Romolo l ' Ariſtocrazia , u non la Monarchia ; perché altrimenti non
ſi potrebbero comporre le prime colle ſeguen ti parole del Giureconſulto .
All'incontro egli farebbe coſa ridicola il ſupporre , che pri ma di ſtabilirſi
le leggi certę , Romolo go f ver 46 DEL GOVERNO CIVILE vernaſse da Monarca , e
che poi iſtituiſſe l' Ariſtocrazia ; e quando anche potefle'aver luogo una tal
fuppoſizione , non dobbiamo at tenerci a quel che foſſe ſeguito , prima che ſi
dalle una certa forma al Goveșno , la quale non fi dee ripetere , fe non dal tempo
, in cui la Città preſe i ſuoi certi regolamenti. Ма ,per meglio chiarirci di
tal verità, con „ viene di riflettere , che quella eſpreſione di Pomponio ,
cioè , che fu i principi della cit tà non v'erano leggi certe , ma che tutto ve
niva regolato coll'autorità di Romola , non può ſignificare forma di Governo
Monarchi co , come è itata appreſa dagl' Interpreti. E qut fa d 'uopó
d'inveſtigare la vera ſignifi çazione di quelle parole , Omniaque manu Regis
gubernabantur . La voce Manus , è vero , che per traslato • ſtata anche appreſa
da' Latini in ſenſo di poteftà (a) ; pure non hanno 1 ( a ) I Latini quandą
apprefero la voce Manus in senſo di POTESTA' , s' avvalſero di quelle locuzioni
IN MANU ESSE , HABERE, IN MANUM CON VE DI ROMA , 47 hanno mai detto gubernare
manu in ſenſo di governarc , colla poteſtà ; nè mai trovaremg gubernare , o
regere , o altre fimili parole in ſieme colla voce manu , per ſignificare
poteſta nel governo , Molto meno può adattarſi alla voce manus la
ſignificazione di arbitrio , o la diſpotiſmo , come piacque ad altri Inter
preti ; perché un tal difpotiſmo altro non è , che poteft fuprema , ed
indipendente ; ma comunque ſi apprenda tal poteſtà , ſiamo pur troppo ſicuri ,
che nel linguaggio latino quel gubernare many non ſi può apprendere in ſen ſo
di poteft . In queſta eſpreſſione adunque di Pomponio la voce manus deeſi
riferire a tutt'altra intelligenza , che a quella di po teſtà ; e poichè tal
voce è ſtata anche appre fa dai Latini in ſenſo di forza , e di valore di corpo
, o d'animo , come la troviamo in tan te locuzioni (a) , non poſſiamo fpiegare
il detto VENIRE > DARE , MANU MITTERE fimili . ( a) Nel fenſo di FORZA ,
VALORE , E CO RAGGIO i Latini han detto MANUS MILITARIS , MA 48 DEL GOVERNO
CIVILE detto di Pomponio , ſe non nel ſenſo d ' ef ferli in quelle prime
origini della Città re golati gli affari colla forza , col valore , e col la
guida di Romolo , come quegli , che tra quelle poche perſone , che ſi unirono
ſeco lui nella fondazione della Città , facea la fi gura di Capo e Duce . E
queſta intelligen za ci fa intendere altresì tutto il compleſſo del racconto di
Pomponio ; poichè , dic'egli, che ne' principi il Popolo vilfe ſenza legge
certa , fine lege serta , fine jure certo ; perché prima di ſtabilirſi
moltitudine cale di abitanti, che formafle un corpo abile a comporre una
Società Civile , non v'era biſogno di formare leggi e regolamenti pubblici , ma
tutto re golavaſi con quei medeſimi coſtumi , fecon do i quali erano ſtati
educati quegli ſteſli , che unironſi con Romolo ; e perciò dice Pomponio , che
ſi vivea ſenza Leggi certe , perché MANUS ARMATA , MANUM CONSERERE, IN JICERE ,
INFERRE MANUM ALICUI REI IMPONERE , MANU DOCERE , e fimili . E noz Italiani
abbiamo ritenuta l'eſpreſione di MANO RE GIA per hgnificare la forza legittima
dello Stato di pronta , e spedita eſecuzione . D'L ROMA . 49 perchè allora la
Legge era la voce mede ſima del Capo dell'unione , il quale poteva occorrere ad
ogni diſordine . Ma quando poi crebbe la moltitudine degli Abitanti , allora
biſognava di ſtabilire le Leggi , non poten doli regolare un Corpo Civile colla
fola voce parlante del Duce . In fatti le Leggi certe e ſtabilite altro non
ſono , che voci mute di chi governa ; e ſiccome per regolare i pic coli Corpi
può baltare la voce parlante di chi gli regge , cosi moltiplicataſi l'unione
degli abitanti , e pervenuta al grado di formarli un Corpo conſiderabile
richiede neceſariamente lo ſtabilimento di Leggi certe , le quali pre ſtino
l'uffizio della voce medelima di quel Ceto , preſso di cui riſiede la pubblica
pote ftà . Ciò ſuppoſto , fino a tanto che Roina ven ne abitata da piccol
numero di perſone , la vo çe parlante di Romolo baſtava per regolare gli affari
; ma moltiplicatoſi il numero , fi do vette venire alle determinazioni delle
Leggi certe , non potendoſi altrimenti ſoſtenere un Corpo Civile . Ma prima di
ſtabilirfi tali Leg gi non poſſiamo ſupporre , che Romolo co Tom . 11. D man 50
DEL GOVERNO CIVILE mandaffe coll'arbitrario fuo volere ; perchè lo Steffo Po
mponio ci aficura , che quando ci fu biſogno di stabilire le Leggi certe ,
furono queſte determinate colla pluralità de' fuffragi delle Curie , o ſia del
Senato ; e poichè non è poſſibile l'immaginare , che il Governo per coså breve
tempo dipendeſse dal voler del Mo barca , e che immediatamente poi paffalle
nella poteſtà Ariſtocratica , perciò dobbiams conchiudere coll' autorità dello
ſteſſo Pompo nio , che fin dal principio la Città fu eretta colla forma del
Governo Arittocratico . Ne G può conoſcere altra divertità tra quel tempo , in
cui fi vivea ſenza Leggi certe , e quell' altro , che venne immediatamente, in
cui furo no ftabilite le Leggi , fe non che in quello la poteſtà degli Ottimati
ſpiegavafi colla voce parlante di Romolo , manu Regis , laddove in quefto il
Senato fpiegava la ſua poteſtà colla voce muta delle ſtabilite Leggi; ma l' uno
e l' altro tempo riconobbe la medeſima forma , Ariſtocratica ; Quindi è ancora
, che quelle locuzioni di Pomponio ſine Lege certa , fine's jure certo , non si
poſſono apprendere , come fecea DIROMA . 51 fecero alcuni Interpreti , quaſiché
il regola mento in quel tenipo folle vario ed inco ftante , perché non ſi può
fingere ſocietà di Uomini , che vivano ſotto un yario fiftema di Regolamento ,
ma ſi debbono riferire a quella intelligenza , che meritano , cioè che tutto
veniva preſcritto a voce ſecondo le opportu nità delle contingenze , che
ſpiegavali col mezzo di Romolo loro Capo ; perché non v ' era biſogno ancora di
ſtabilirſi leggi certe , come figui poi colla moltiplicazione degli abitanti ,
Siegue Pomponio a narrare , che eſéndoli diviſo il Popolo in trenta Curie , coi
di cui ſentimenti li determinavano gli affari , allo ra cominciaffero a
ſtabilirli le. Leggi cere te , che furono perciò dette Curiate , come fecero
altresi i Re fuoi fucceffori : Et ita le ges quafdam cuo ipſe Curiatas ad
Populam tri lit , tulerunt eam fequcntes Reges : 1 qut gł Interpreţi del Dritto
Romano per ſoſtenere la fognata Monarchia di Romolo caddero in tun'al tro
equivoco nell'apprendere l'eſpreſſione di Pomponio di ferre legem ad populum in
fente D2 d'ef 52 DEL GOVERNO CIVILE d'eſſerſi comandate le leggi da Romolo , e
dai Re fuoi fucceffori . E febbene una tale interpretazione ſi oppone
direttamente a cioc. chè lo ſteſſo Pomponio riferiſce nelle parole antecedenti ,
cioè che il governo della Re pubblica ſi amminiſtrava per mezzo de' fen timenti
delle Curie : propterea quod tuma Reipublicæ curam per ſententias earum partium
expediebat ; pure abbagliati da quel guberna bantur manu Regis , ſi videro
obbligati a rico noſcere nella perſona di Romolo e degli al tri Re la poteſtà
fuprema di comandare le leggi . Siminaginarono dunque , che lo ſta bilimento
delle Curie non toglieva al Re la poteſtà Monarchica , poichè febbene il Sena
to interveniva nelle deliberazioni dello Stato, pure i ſentimenti delle Curie
ſi debbono ri ferire piuttoſto a ragion di conſiglio , e che in conſeguenza la
poteſtà di comandare le Leggi riſedeſſe preſſo di Romolo , e ſuoi Re
ſucceſſori. Or (dicono eſli) ſe la poteſtà di co mandare le Leggi , al dir di
Pomponio , fpie gavaſi dal Re , ne ſiegue , che la forma del Governo debbafi
attribuire anzi a Monarchia , che , DI ROMA che ad Ariſtocrazia . Ma io non só
intendere con qual fondamento poſſano afcrivere l'e ſpreſſione latina di ferre
legem ad populum al fenſo di comandare , e preſcrivere la legge , quando al
contrario egli è coſa notiſlima pref fo i Latini , che il ferre legem nella ſua
vera intelligenza ſignifica ſemplicemente il propor re la legge per
determinarji , o ripudiarſi , e non il preſcriverla , e comandarla ; anzichè
qualora dagli Scrittori Latini al ferre legem fi aggiligne ad populum , ad
plebem , e ſimili , non v'è eſempio , che foſſe ſtata mai tal lo cuzione
appreſa in ſenſo di comandare la leg ge al Popolo , alla Plebe, ma ſempre nel ſen
ſo di proporla , per determinarſi dal Ceto del Popolo , o della Plebe ( a ) . E
quando la lega ge propoſta veniva coi fuffragi ſtabilita v preſcritta , allora
diceaſi lex juſſa , condita ; ſic chè altro era il ferre , altro il jubere
legem ; il ferre fignificava proporre , ed il jubere pro D 3 pria ( a ) Vedi
Briſſonio de Formulis lib. 2. cap. 17. 2 109. il quale traſcrive i laoghi degli
Scrittori Latini ſu sale articolo DEL GOVERNO CIVILE priamente dinotava la
determinazione , o sia le juffione della legge . Tra gli altri Scrittori Latini
ſono innumerabili i luoghi di Livio , in cui cgli îi avvale dell' eſpreſsione
di ferre legem , o pure rogationem , nel ſuo vero ſenſo di propar re , e non
già di comandare , e ſoprattutto quando riferiſce le pretenſioni de' Tribuni
del la Plebe , in cui fa uſo della voce ferre ine fenſo ſempre di proporre o
promuovere , e lis mili , e non mai di preſcrivere , o comandare, perchè i
Tribuoi della Plebe non aveano altra facoltà , fe non quella di promuovere , e
di eſporre le petizioni del Ceto plebeo , e non già di comandarle . Ma per
eller convinti di queſto vero ſenſo ſecondo l'originaria fua fi gnificazione
baſta un luogo folo di Livio , in eui eſpreſamente ſi addita la differenza tra
"! ferre , e jubere legem . Racconta egli , che pell'anna 372. il Senato
-ordinà , che ſi fosſe pro poſto al Ceto plebeo la deliberazione d' intimark la
guerra a' Popoli di Veletri . I Patrizi co nofcendo d' eſſerſi laſciata più
volte impunitra la ribellione de' cittadini di Veletri , decreta rono, che al
più preſto che fosſe poſſibile, ſi pro poneffc DI ROMA SS ponefe,al Ceto plebeo
l'affare d' intimarye loro la guerra , e che propoftafi una tal delibera zione
tutte le Tribù conſentirono a coman dare' , e determinare una tal guerra . E
qui Livio eſpreſſamente fi avvale della voce fer re , quando parla di proporſi
l'affare al Ceto plebeo , e della voce jubere , quando riferiſce la juffione
della guerra ſeguita coi fuifragj di tutte le Tribù (a ). Egli è vero , che l'
eſpreſ Gone di ferre legem é ſtata poi dai Latini tra ſportata anche a
fignificare la promulgazione della legge in quelle locuzioni Lata lex eft , e
limili ; ma neppure "la trovaremo uſurpata in queſto ſenſo , quando ci ſi
aggiugne ad Populum , ad plebem c. perchè allora ritie ne l' originaria
ſignificazione di proporre , e non di promulgare (.b). Comunque però fi D4 ap (
a ) Liviv lib. 6. Cap. 21. Id Patres rati contemptu accidere , quod Veliternis
Civibus ſuis tamdiu impuni ' ta dete &tio effet , decreverunt , ut primo
quoque rem pore ad populum FERRETUR de bello cis indicen do ...... Tum , ut
bellum JUBERENT , latum ad Populum eft ; & nequidquam diffuadentibus Tribu
nis Plebis , omnes Tribus bellum JUSSERUNT . ( b) Tum ut bellum juberent ,
LATUM AD PO PULUM EST . Livio loc. cit. 56 DEL GOVERNO CIVILE apprenda , o in
ſenſo di proporre , o di pro mulgare , egli è fuor di dubbio , che non mai può
ſignificare juffione è determinazione della legge . Ciò ſuppoſto , per
ritornare ora a Pomponio, ognun vede , che le di lui parole : Et ito leges
quaſdam & ipfe Curiatas ad populum tue lit ; tulerunt ex Sequentes Reges
non pofſono apprenderli nel ſenſo , che Romolo , e gli altri Re aveſſero
preſcritte le leggi Curiate ſe non vogliamo tacciare il Giureconſulto per
ignorante del linguaggio latino , ma quel tu lit ad populum deeſi riferire a
quella facoltis che riſedeva ſoltanto preſso la perſona del Re , di proporre
gli affari pubblici in Senato , ed in conſeguenza le leggi , la di cui juffio
ne nondimeno dipendeva dal fuffragio delle Curie medesime per fententias earum
partium , e non dall'arbitrario volere del Re ; e le leg gi fi diſſero Curiate
non per altra ragione , ſe non perché vennero preſcritte , e comandate dalle
Curie , e non dal volere del Re , quan tunque egli come. Capo del Senato , e come
riconoſciuto per lo più abile e favio trai Senapa " DI ROM A 57 Senatori
godeſſe la facoltà di proporre cioc chè gli ſembrava più eſpediente per
l'ottimo regolamento dello Stato ; ma' una tal prero gativa fu fpiegata'
altresì dopo il diſcaccia- , mento de'Re dai Conſoli , dai Tribuni mili tari di
poteſtà Confolare , dai Ditcatori , e da altre Magiſtrature di ſublime
autorità, le quali tutte proponevano al Senato , alla Plebe , al Po polo tutto
, le determinazioni degli affari pub blici , e maſſime delle leggi ; niuno però
fin è ſognato finora di aſcrivere la forma del Go verno ſotto i Conſoli a
Monarchia , perchè la ragione di Capo d'un Popolo ſenza carat tere di poteſtà
aſſoluta non può produrre Monarchia , fe non vogliamo confondere ! idea del
Governo Monarchico coll' Ariſtocra tico e Democratico . winno Conchiudiamo
adunque. Gli Scrittori chepiù degli altri ci narrano con qualche diſtinzione la
forma del Governo tenuta ſotto Romolo , fo no Dioniſio , e Pomponio . Il primo
ci de fcrive chiaramente la coſtituzione del Senato , dal di cui arbitrio
dipendevano le determina zioni degli affari e l'intiero regolamento dello 58
DEL GOVERNO CIVILE dello Stato , ciocchè eſclude di fatto ogniom bra
diMonarchia in perfona di Romolo . Il fecondo non ſolamente non fi oppone a
quan to riferiſce Dioniſio , anziché ce lo conferma più chiaramente , prima col
riferirci , che nel naſcimento della Città non v'erano leggi cer te e
preſcritte , ma che tutto regolavaſi col conſiglio e guida di Romolo , ed indi
cot narrarci, che creſciuta in qualche maniera la moltitudine degli abitanti ,
fu neceffario di venirli allo ſtabilimento delle leggi certe . Quali leggi
inſieme col reſto de' pubblici af fari , eſſendoſi diviſo il Popolo in trenta
Cu rie , furono preſcritte col fuffragio delle me defime ; ragion , per cui fi
diſsero leggi Cum riate; e che finalmente la prerogativa di Rom molo , come
Capo del Senato , fi riduceaus alfa - facoltà di proporre predo il Ceto de Se
natori ciocchè gli ſembrava opportuno per determinarli gli affari dal Senato
medeſimo per ſententias carum partium . In fomma, che Je leggi col reſto delle
pubbliche determinazia -ai fi ſtabilivano colla juſsione delle Curie , o fia
del Senato , non si può negare per l'alt torita DI ROM A . 1 59 torità di
Pomponio , di Dioniſio , di Livio , e di tutti gli Storici , i quali
concordemente combinano ſu tale articolo . Il determinarli gli affari per
ſententias delle ſteſſe . Curie e de Senatori , in buon latino non può
fignifica re pareri confultivi , ma juſsione per mezzo della pluralità de*
fuffragi. Quel tulit leges ad populum attribuito a Romolo , ed ai Re fuc celori
, altro non contiene , che la facoltà del Re nel proporle , e non già nel
comandarle , e prefcriverle . Dunque dai detti degli ſteffi Storici siamo convinţi
, che la forma del Gom verno iſtituita fatto Romolo non ebbe nep pur l'ombra
dellaMonarchia , perché doves vi è Senato , preffo di cui rilieda la poteftà.
ſuprema di decidere gli affari dello Stato , ivi non vi può regnare il Monarca
. E per ultimo troviamo nella Storia Civile di Romaun fatto incontraſtabile ,
che di ſya natura ci dimoſtra , quanto foffe lontano dalla Monarchia il Governo
Civile iſtituito foto Romolo . Egli è troppo noto il dritto di Pa tria poteſtà
, che eſercitavaſi in Caſa dal Citta dino Romano ſulla ſua famiglia ſenza
limiti, @fen . 60 DEL GOVERNO CIVILE 3 e fenza la minima dipendenza dal Re, o
dal Senato . Non intendā io qui di quella potefta patria praticataſi nei tempi
poſteriori , e maf fime fotto gl’Imperatori , ma di quell'affolu to Impero
Paterno eſercitato fin dalla fonda zione di Roma , e che dai Decemviri fu tra-
. ſcritto nelle xir. Tavole , come riferiſce Dio-, niſio (a ) . Era certamente
la Patria poteſtà di quel tempo fornita d'un aſſoluta dominazio ne ſulla ſua
famiglia , finanche verſo i pro prj. Figli , fovra di cui il ' Padre eſercitava
dritti di vera Monarchia, com'era l'effer di ſpotico della vita , e della morte
loro (b) , eltre dell'arbitraria facoltà di poterli vende re , in manierachè
dopo la terza vendita i Fi gli di liberavano dal diſpotiſmo Paterno ( c) . Or
queſto dritto Patrio , che con vera efpref fione ( a) Antiq. Rom. lib. 2. ( b )
Sull' autorità di Dioniſio gl' Interpreti del dritco Romano compoſero quel capo
di legge delle mit . Tavole con quelle parole : ENDO LIBERIS JUSTIS VITAE NECIS
VENUM , DANDIQUE POTE STAS EI ESTO . (c ) SI PATER FILIUM TER VENUM DUIT ,
FILIUS A PATRE LIBER ESTO : altro capa delle ? DI ROMA. 61 fione da Valerio
Maſſimo ( a) e da Quintilia no (b) venne detto Patria Majeſtas , fu eſerci tato
dai Romani non ſolamente dal teropo della promulgazione delle XII. Tavole , ma
fin da’ pri ra , delle xir . Tavole riferito da Ulpiano tit. 10.5. 1. E
Dionifio loc. cit: Romanorum autem legislator ( inc tende di Romolo ) omuem ur
breviter dicam , pour teſtatem patri dedit in filium , idque toto vitae tem
pore , five in carcerem eum detrudere ; five fla gris caedere , five vinctum
ablegare ad ruſtica ope five necare libeat , etiamli filius tractet Rempue.
blicam , etiamfi Magiftratus gefferit maximos , etiamſi fudii erga Rempublicam
laudem fit promeritus. Jux ta hanc certe legem illuſtres viri pro roftris
favente plebe concionantes in Senatus invidiam , fruenteſque aura populari,
detracti e ſuggeſto , abducti ſunt apa tribus , poenas daturi ex ipforum
fententia ; quos , duin per forum ducerentur , nemo adftantium eripere poterat
, non Conſul , non Tribunus , non ipſa turba , cui tuin adulabantur , licet
omnem poteſtatem ſua minorem exi ftimans . Taceo , quot viri fortes necati Gnt
. a patri bus &c . ... Nec contentus hanc poteſtatem parentibus dediffe
Legislator Romanus , permifit etiam vendere fi lium .. Majorem largitus
poteſtatem patri in filium , quam hero in mancipiuin ; lervus eniin ſemel
venditus , deinde libertatem adeptus , in poſterum fui juris eſt ; fi lius vero
a patre venditus , fi liber fieret , rurſum fub ра tris poteftatem redigebatur
; iterum quoque venunda tus , & liberaçus , fervus patris crat tertiam
demum yendiționem eximebatur e patris po teſtare & c . (a) Lib. 7. Cap. 7 .
( b ) Declamat. 378 . , ut ante ? poſt 62 DEL GOVERNO CIVILE primi tempi di
Roma , poichè Ulpiano ( a ) afferma d'ellerli introdotto moribus , cioè , non
per legge ſcritta , ma per antichillimo coftu me Patrio ; Dioniſio (6) lo
riferiſce ad una legge di Romolo ; e Papiniano (c) l' attri buiſce ad una legge
Regia . Ma Ulpiino a mio giudizio l'indovina meglio di tutti , coll' affermare
d'eſerli tal dritto di Patrią poteſtå ricevuto per coſtume ; e la ragione ſi è
, perchè una tal poteſtà diſpotica del Padre di famiglia dobbiamo fupporla nata
inſieme col la coſtituzione delle Famiglic medefime , e prima che quefte
conveniſſero a formare So cietà Civile , ſicchè troyandofi tal coſtuine già
introdotto nello Stato di famiglie , natu ralmente fu conſervato e ritenuto
dalle Fa miglie , che convennero con Romolo nella fon dazione di Roma . In
fatti tal coſtume trovali quaſi uniforme in tutte le Nazioni ne'loro for
gimenti per le chiare teſtimonianze degli an tichi (a) L. 8. de his , qui ſunt
fui , vel alieni juris. ( b ) Loc. cit. ( c ) Collar. leg. Mofaic. tit. 4. ). 8
. DI KO MA . 63 3 tichi Scrittori (a ) . E ſebbene Triboniano (b ) credette ,
che folle queſto dritto proprio de' Romani , pure s'inganno , forſe dall' avere
of fervato , che ne’tempi , in cui i Romani eſer citarono queſto dritto con
aſſoluta poteſtà , e. nel maſſimo ſuo rigore , l'altre Nazioni l'avea. no già
raddolcito con ridurlo a limiti più be. nigni ed umani , come avvenne altresì
pref fo gli itefli Romani , mallime fotto gl'Im peradori , nella di cui età la
poteità Patria decadde in buona parte dall'antico fuo ri gore . Comunque sia ,
quanto al preſente ar gomento çi baſta di potere afficu are colla tea
ftimonianza di tanti Scrittori , che il Diſpo tilmo Patrio fu eſercitato
da'Romani fin dai primi tempi di Romolo . Qui cade in acconcio di riflettere
ciocche gli Storici ci narrano dell'accuſa d'Orazio per aver ucciſa la Sorella
in atto , che ritornava trion ( a) Ariftotele Nicomache lib . 8. cap. 10.
Cefare lib. 6. de bell. Gill. cap. 9. Plutarco in Lucullo · Giustiniane Novel
la 1 34 • ( b ) Inf . lib . 1. tit. 9. 1. 2 . 64 : DEL GOVERNO CIVILE
trionfante per la vittoria contro i Curiazi . Dioniſio fembrami', che racconti
il fatto al ſai meglio di Livio , allorchè cinarra l'accuſa , e'l giudizio
d'Orazio , in cui non fa men zioné né del Giudizio de' Duum viri , nè dell'
appellazione propoſta da Orazio al Popolo , che ſono le due circoſtanze che fi
leggo no in Livio (a ) ; ma ſemplicemente ci rac conta , che füll'accuſa
propoſta da taluni con tro Orazio al Re Tullo , il Padre di Orazio , oltre di
aver dichiarato di non meritare fuo Figlio la minima pena , pretendeva, che un
tal giudizio apparteneſſe privativamente alla di lui cognizione , tractandoſi
d'un fatto acca duto tra i ſuoi figli , e che in confeguen za per dritto di
poteſtà Patria dovea egli ef fere il giudice di queſta Cauſa (b) . Ma il Re per
una parte credeva anch'egli di doverli af fólann (a) Lib. 1. cap 26. (b)
Dioniſ. Antiquit. Romanarum lib. 3. Pater contra patrocinabatur filio ,
acculans filiam , & negans eam dicendam cædem , fed poenam verius ,
poftulabatque fibi de fuis malis permitçi Judicium ut qui ambo rum effet Pater
. 2 • Í Ř OM Å 68 folvere Orazio io benemerenza della vittoria ed in
conſiderazione dell'inſulto di parole fat to dalla Sorella al Fratello in tempo
, che aſpettava dà lei piùcche da ogni altro lode , ed applauſo per un'opera
egregia preſtata alla Pa tria ; è molto più à cagione , che il Padre preſſo di
cui rifedevå fecondo i coſtumi di que' tempi l'indipendente poteſtà di giudica
re ſulle perſone de propri Figli fi era dichia rato d'averlo già adoluto (a )
.Dall'altra parte il Re temeva il tumulto Popolare eccitato dagli emuli , ed
inimici d'Orazio . Tra tali dubbiezze pensò di prendere l'eſpediente di
rimettere la cognizione della Caufa al Popo lo , il quale confermò il giudizio
Paterno con affolvere l' accufato Orazio . Un tale rac conto è molto più
verifimile di quel ; che ci narra Livio fúl giudizio de ' Duumviri, e dell'
appellazione propoſta da Orazio al Popolo ; poichè in que' tempi l'Impero
Paterno eras Tomo 11. E nel ( a ) Dioniſ. loc. cit. Praeſertim patrc quoque
ipſum abfolvente , quem potiſſimum Filiae ultorem jus * natura fecerar : 66 DEL
GOVERNO CIVILE nel ſuo miglior vigore ; nè il Re fenza of fendere le leggi del
Patrio Impero potea to gliere il giudizio di queſta Cauſa dallauto gnizione del
proprio Padre , e tasferirlo ai Duumviri , e molto meno in ſimili Cauſe era
permello al Popolo di prenderne cognizio ne in pegiudizio del dritto Paterno ;
Ma la contingenza ſtraordinaria d ' eſſerſi mella, la Città in rivolta per
queſto fatto , produſela neceflità di ſedarſi il tumulto coll’eſpedien te
politico di rimettere l'affare al giudizio del Popolo , e l' Impero privato del
Padre dovette cedere alla ragione della pubblica tranquillità ... E quindi
intendiamo ancora la ragione , per cui Dioniſio riferiſce , che que Ita fu la
prima volta , in cui il Popolo preſe cognizione d ' un giudizio Capitale (a) ,
non gia perchè prima di queſto tempo non aveſſe mai il Senato giudicato di
delitti capitali , come (a) Pion. lor. cit. Populus autem Romanus tum pri mum
Capitalis Judicii poteftatem nactus , compro bavit Patris fententiam Juvenemque
abſolvit a cac dis crimine , DI ROMA .. 67 come ſe prima non foſſero mai
accadute con tingenze fimili o fe al Senato , che gode vala ſuprema poteſtà del
Governo folle mancata fino allora quella di poter giudica re di delitti
Capitali ; Ma l'eſſere ſtata que. fta la prima volta , in cui eſercitoſli dal
Po polo il dritto di giudicare d ' un delitto Ca pitale , deeſi riferire al
fatto particolare , di cui ſi trattava , cioè alla poteſtà di giudicare d'un
Figlio di Famiglia contro il ricevuto ca ſtume dell'Impero Paterno , a cui
privativa mente ne apparteneva la cognizione . Or per tornare al noſtro propoſito
diciamo, che fe que? Scrittori, i quali s'immaginarono , che Romolo infieme coi
Re ſucceſſori fpiegaro no carattere di Poteſtà Monarchica, aveſsero fat to
oſſervazione ſull'Impero Patrio , e familia re praticato da ’ Romani fin dalla
fondazione della Città , ſi ſarebbero accorti dell' impof ſibilità di poterſi
unire inſieme Monarchia , Civile prello del Re , e Monarchia familiare preſſo i
privati Cittadini ; poichè chi dice Monarchia familiare prello de' privati
Citta dini cfclude ogni ombra di Monarchia preſſo E 2 il 68 DEL GOVERNO CIVILE
ma dello il Re ; e la ragione ſi è , perchè fe i Padri di famiglia ſenza la
minima dipendenza non folamente del Capo del Senato fteſſo Senato regnante
erano gli aſſoluti Mo narchi dell'intiera loro famiglia , ſia de ' figli, fia
dei fervi , e famoli , come mai poſſiamo figurarci , che tali Monarchi
familiari foſſero nel tempo ſteſſo ſoggetti alla Monarchia Ci vile ? Chiamaſi
Monarchia Civile quello fta TO , in cui tutto l'intero Corpo Civile in tutte le
ſue faccende pubbliche e private trovali ſoggetto all'autorità fuprema d'un
folo che comanda . Or chi non vede la manifeſta diſſonanza e contradizione nel
ſupporre il Ceto 'de' Cittadini fornito di po* teftà ſuprema, ed indipendente
nella fua fa miglia , é foggetto nel tenipo Ateſo al Mo narca ? E come mai
poſſono fingerfi unite in ſieme poteſtà fuprema , e foggezzione ? In tutte le
Società Civili , ove regna la Monar chia , non trovaremo mai poteftà familiare
in dipendente dal Monarca , perchè l'una eſclu de direttamente l'altra . In
fatti tali poteft:s private in perſona de' Cittadini non pollonio altri 3 1 1 1
DI ROMA . 69 altrimenti eſercitarſi , fe non in quelle Socie tà Civili , che
ſiano governate colla formas Ariſtocratica perchè tal forma di Gover no
ſolamente può comportare diviſioni di po teſtà pubblica , e privata ; pubblica
preſso il Ceto degli Ottimati e privata preſo le perſone particolari degli
ſteſſi rappreſentan ti della Repubblica , i quali ſpiegano la po teſtà pubblica
, quando uniti inſieme com pongono l'autorità regnante , e la privata , quando
ſeparatamente regolano gli affari para ticolari delle loro famiglie : Or quanto
tal diviſione di poteftà pubblica , e privata è comportabile call' Ariſtocrazia
, altrettanto fi oppone direttamente alla Monarchia veggiamo colla ſperienza ,
la quale coſtan temente ci atteſta , che la Monarchia non mai ammette un tale
impero paterno nelle famiglie , come in fatti avvenne preſſo i Ro mani in tempo
, che la Repubblica cadde nella poteſtà aſſoluta del Monarca . Ne poſliamo
figurarci , che la poteſtà fa niliare de' Romani foſſe ſtata in qualche ma
niera ſubordinata alla poteſtà pubblica ; pero E 3 chè 9 come / 70 DEL GOVERNO
CIVIL E ché ſono troppo chiare le teſtimonianze de gli Storici, come abbiam
veduto , dalle quali Siamo a ſacurati , che l'Impero Paterno de' Romani in que'
tempi avea carattere di po teſtà aſſoluta ; ed indipendente ; e quando al tro
mancaffe il dritto vite e necis , e di vendere i propri figli ci dimoſtra
chiaramen te , che non potea eſſere un dritto ſubordina to ; poichè i dritti
ſubordinati , e dipendenti riconoſcono neceffariamente certi confini, ol tre
de' quali non lice di eſercitarli; ma qualo ra ſi tratta di dritto ſulla vita ,
ch' ċ l'ulti mo termine di ogni poteſtà aſſoluta ſi poſſa uſare ſulle perſone ,
ceſsa ogni ſoſpetto di ſubordinazione ; ed oltracciò colle chiare teſtimonianze
degli Storici ſiamo convinti , che l'impero paterno di fatto fu eſercitato da’
Romani ſenza la minima dipendenza del la poteſtà pubblica . Dunque non abbiam
cam po da fuggire da quel dilemma , cioè , che o fi dee ammettere per punto di
Storia certa , che quei Padri di famiglia eſercitavano poteſtà fuprema in caſa
, e non poſſiamo fingere poteſtà Monarchica Civile ; o fe vogliamo nega DI ROMA
. 71 negare tal poteſtà familiare ai Padri di fami glia , allora ci ſi chiude
affatto la ſtrada di fapere la Storia Civile di Roma ; perchè fe voglianio
mettere in dubbio i punti di Sto ria confermatici concordemente da tutti gli
Scrittori, non ſiamo più in grado di dar fe de a tutto il reſto. Grice:
“Unfortunately, Duni, being the elitist he is, spends more time on the monarchy
than the republic, and focuses on the concept of ‘citizen.’ Emanuele
Duni. Duni. Keywords: costume, o sia sistema di dritto [sic] universale, diritto universale – diritto filosofico -- Vico,
filologia, Roma, universalita – Cicerone e buono. Cicerone e onesto – Cicerone
dice la verita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Duni” – The Swimming-Pool Library.
https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691454043/in/photolist-2mLMxLY-2mKC3nj-2mKNdog
Grice e Duso – Romolo e compagnia – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Treviso). Filosofo. Grice:
“While Duso is right that Hegel makes constitution and freedom analytically
connected, the Romans didn’t! -- Grice: “My favourite Duso is his study of
Hegel on freedom and the constitution – but Duso, who could have drawn from
‘diritto romano’ doesn’t!” Studioso dei concetti della politica moderna e
riconosciuto per i suoi interventi su Althusius e sul giusnaturalismo. Studia a
Padova. Si laurea con “Hegel interprete di Platone” (cf. “L’influenza di Hegel
su Platone”). Assistente di Storia della filosofia e Professore di Storia della
logica. Insegna a Padova. Dirige un Gruppo di ricerca sui concetti politici. È
stato membro della redazione delle riviste "Il Centauro" e
Laboratorio politico. Membro della Direzione della rivista "Filosofia
politica", membro fondatore dell'associazione "Centro di ricerca sul
lessico politico europeo", insieme a Roberto Esposito, Alessandro Biral,
Adone Brandalise, Nicola Matteucci e altri. Fonda con alcuni colleghi il Centro
Inter-Universitario di Ricerca sul Lessico Politico e Giuridico Europeo
(CIRLPGE), con sede presso l'Istituto suor Orsola Benincasa a Napoli, di cui è Direttore.
Ha tenuto corsi di Storia della Filosofia politica, di Filosofia politica e di
Analisi dei Linguaggi e dei Concetti Politici a Padova. In occasione della sua
ultima lezione "ufficiale", gli allievi del gruppo di ricerca
padovano sui concetti politici hanno edito in suo onore il volume
"Concordia discors”. Il 27
maggio l'Universidad Nacional de San
Martín gli conferisce la laurea honoris causa per il suo lavoro accademico in
quanto "costituisce un fondamento teorico indispensabile per comprendere
l'attualità" -- è tra i principali fautori italiani di una riflessione sui
concetti del politico, che si inserisce nel solco della Begriffsgeschichte
tedesca di Brunner, Conze, Koselleck. Nei confronti di quest'ultima il gruppo
padovano coordinato da Duso ha elaborato una originale linea di ricerca
caratterizzata in modo duplice dalla filosofia: in primo luogo in quanto i
concetti che si affermano e si diffondono con la Rivoluzione francese sono
esamila loro genesi, che avviene nell'ambito delle dottrine del ‘contratto’sociale
e dei sistemi di ‘diritto’ naturale; ma soprattutto perché filosofico è il movimento
di pensiero di chi pratica una storia concettuale consistente nell'interrogare
e mettere in questione (nel senso dell'elenchos socratico) il concetto (‘diritto’,
‘ius’, ‘uguaglianza’, ‘libertà’ ‘potere’ ‘democrazia’) che sono in genere
ritenuti ovvii sia nel dibattito intellettuale, sia nella lotta politica. La
storia concettuale consiste in questo modo nel comprendere la genesi, la logica
e le aporie dei fondamentali concetti politici. "Storia dei concetti"
(Begriffsgeschichte) compare per la prima volta nelle “Vorlesungen über die
Philosophie der Geschichte” diHegel. Stanti le caratteristiche di quel testo,
non si sa se ‘Begriffsgeschichte’ sia di conio hegeliano, o non piuttosto
frutto di interpolazione. Esso allude ad una delle tre modalità storiografiche
discusse da Hegel, ed in particolare alla "storia interpretativa" (“reflektierte
Geschichte”), che indirizza la storia generale o storia del mondo o storia
universale (“Weltgeschichte”) alla filosofia, da un punto di vista universale.
Quest'uso della “Begriffsgeschichte” resta senza seguito. La tradizione
storico-concettuale evolve invece, tra il XVIII secolo ed il XIX, nell'alveo della
lessicografia filosofica. Nella
riflessione di Duso, la filosofia politica da una parte coincide con il lavoro
critico della storia concettuale, e dall'altra tende, sulla base delle aporie
emerse, a trovare linee di orientamento per un nuovo pensiero della politica.
In tal modo viene messa in questione la modalità generalmente accettata di
pensare la politica, che ha la sua radice nello sviluppo teorico che va dalla
nascita della sovranità sulla base del concetto di ‘libertà’ ai concetti
fondamentali delle nostre costituzioni democratiche, in particolare ‘sovranità
del popolo’ e ‘rappresentanza politica’. Il lavoro critico sul concetto ha
perciò una sua ricaduta nella messa in questione del dispositivo formale sia
della ‘democrazia rappresentativa’ che della ‘democrazia diretta’, e nel
tentativo di pensare la politica mediante nuove categorie. Altre opere: “Hegel e Platone, Padova; Contraddizione
e dialettica nella formazione in Fichte, Argalìa, Urbino; Weber: razionalità e
politica Arsenale, Venezia; La politica oltre lo Stato: Carl Schmitt Arsenale,
Venezia; Il contratto nella politica (Il Mulino, Bologna); Filosofia politica e
pratica del pensiero: Eric Voegelin, Leo Strauss e Hannah Arendt”
(FrancoAngeli, Milano); “Il potere. Per la storia della filosofia politica
modernaCarocci, Roma (disponibile su cirlpge); “La logica del potere. Storia
concettuale come filosofia politica” (Laterza, Roma-Bari (Polimetrica, Monza (disponibile su cirlpge); “La libertà nella
filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling e
Hegel (ed. con G. Rametta), Milano, FrancoAngeli); “La rappresentanza politica:
genesi e crisi del concetto, Franco Angeli Milano, cirlpge)(Duncker &
Humblot, Berlin, 2006 (disponibile su cirlpge); “Oltre la democrazia. Un
itinerario attraverso i classici” (Carocci, Roma); Sui concetti giuridici e
politici della costituzione dell'Europa (ed. con S. Chignola), FrancoAngeli,
Milano, Polimetrica, Monza; Ripensare la
costituzione. La questione della pluralità, (ed. con M. Bertolissi e Antonino
Scalone), Polimetrica, Monza, (disponibile su cirlpge) Storia dei concetti e
filosofia politica, (con Sandro Chignola), FrancoAngeli, Milano; Come pensare
il federalismo? Nuove categorie e trasformazioni costituzionali (ed. con A.
Scalone), Polimetrica, Monza
(disponibile su cirlpge). Santander, Il concetto di ‘libertà’ e
costituzione repubblicana nella filosofia politica di Kant, Polimetrica,
Monza, (disponibile su cirlpge)
Ripensare la rappresentanza alla luce della teologia politica, in «Quaderni
fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», (centropgm.unifi) Libertà
e costituzione in Hegel” (FrancoAngeli, Milano,
Parti o partiti? Sul partito politico nella democrazia rappresentativa,
in «Filosofia politica» cirlpge); “Buon governo e agire politico dei governati:
un nuovo modo di pensare la democrazia? (A proposito di Rosanvallon, Le bon
gouvernement), in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno»,
centropgm.unifi. libri scaricabili
gratuitamente in formato dal sito del Centro Interuniversitario di Ricerca sul
Lessico Politico e Giuridico Europeo. Nello stesso sito sono disponibili
inoltre altri saggi dello stesso autore.
Carl Schmitt Georg Wilhelm Friedrich Hegel Johann Gottlieb Fichte
Roberto Esposito Alessandro Biral Adone Brandalise Gianfranco Miglio. CIRLPGE:
Sito Ufficiale. Grice: “I consider myself, like Rawls, a contractualist – my
steps towards a quasi-contractualism, are formulated elsewhere.” Grice: “I
should not be confused with Grice – a FULL-BLOWN contractualist!” Grice: “’May’
only has one sense – it may rain, you may run. Credibility and desirability
modalities are not Fregeian senses! ‘may’ is aequi-vocal. In Latin it is more
obvious, since there is only ‘possum’ for ‘I may’. ‘Can’ is of course a
solecism!” Giuseppe Duso. Bepi Duso. Keywords: Plato-Hegel, Aristotle-Kant –
Plathegel, Ariskant – zoon politikon – contratto sociale – democrazia –
repubblica – il primo contrattualista cita Aristotele – Contratto nel diritto
romano – aporia della rappresentazione – concetto di politica, concetto di
soveranita – concetto di potere – io posso – concetto di liberta – la filosofia
politica italiana – l’influenza di Fichte nell’idealismo rivoluzionario del
risorgimento --. Regime di governo – storia del concetto – aporia del concetto
-- Welsh philosopher Geoffrey Russell
Grice, modalita, verbo modale, verbo servile, verbo aussiliare, puo, posso,
possiamo. Modalita aletica o doxastica (posso passarti la sale) e deontica
(puoi ma non puoi – you can but you may not --. Contract, pact, compact.
Foundations of morality – contract in ethics, meta-ethics, politics,
meta-politics. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Duso: zoon politikon” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763550735/in/dateposted-public/
Grice ed Eco – il nome del nome – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Alessandria).
Filosofo. Grice: “Eco thought that his “Guglielmo da Bascavilla” was a clever
composite of Holmes, who deciphered the enigma of the Baskervilles, and William
Occam – and has his tutee claim that he died of the black plague – but Gal has
now discovered he did not!” -- Eco philosophised at the oldest varsity,
BolognaGrice: “Of course, ‘varsity’ is over-rated, as I’m sure Cicero would
agree!” -- Grice: “I would not call Eco a philosopher, since his dissertation
is on aesthetics in Aquinas! Plus, he wrote a novel!” -- scuola bolognese-- possibly,
after Speranza, one of the most Griceian of Italian philosophers (Only Speranza
calls himself an Oxonian, rather!“Surely alma mater trumps all!”). Figlio di Giulio, un impiegato nelle Ferrovie, e Rita
Bisio, conseguì la maturità al liceo classico Giovanni Plana di Alessandria,
sua città natale. Tra i suoi compagni di classe, vi era il fisarmonicista
Gianni Coscia, con il quale scrisse spettacoli di rivista. In gioventù fu
impegnato nella GIAC (l'allora ramo giovanile dell'Azione Cattolica) e nei
primi anni cinquanta fu chiamato tra i responsabili nazionali del movimento
studentesco dell'AC (progenitore dell'attuale MSAC). Abbandonò l'incarico (così
come avevano fatto Carlo Carretto e Mario Rossi) in polemica con Luigi Gedda.
Durante i suoi studi universitari su Tommaso d'Aquino, smise di credere in Dio
e lasciò definitivamente la Chiesa cattolica; in una nota ironica, in seguito
commentò: «si può dire che lui Tommaso d'Aquino mi abbia miracolosamente curato
dalla fede». Laureatosi in filosofia a Torino (agli esami riportò
sempre 30/30, anche con lode, tranne quattro casi: filosofia teoretica e
letteratura latina, in cui ottenne 29/30, e storia della letteratura italiana e
pedagogia, entrambi superati con 27/30)
con relatore Pareyson e tesi sull'estetica di San Tommaso d'Aquino
(controrelatore Augusto Guzzo), cominciò a interessarsi di filosofia e cultura
medievale, campo d'indagine mai più abbandonato (vedi il volume Dall'albero al
labirinto), anche se successivamente si dedicò allo studio semiotico della
cultura popolare contemporanea e all'indagine critica sullo sperimentalismo letterario
e artistico. Pubblicò il suo primo libro, un'estensione della sua tesi di
laurea dal titolo Il problema estetico in San Tommaso. Partecipò e vinse
un concorso della Rai per l'assunzione di telecronisti e nuovi funzionari; con
Eco vi entrarono anche Furio Colombo e Gianni Vattimo. Tutti e tre
abbandonarono l'ente televisivo entro la fine degli anni cinquanta. Nel
concorso successivo entrarono Emmanuele Milano, Fabiano Fabiani, Angelo
Guglielmi, e molti altri. I vincitori dei primi concorsi furono in seguito
etichettati come i "corsari" perché seguirono un corso di formazione
diretto da Pier Emilio Gennarini e avrebbero dovuto, secondo le intenzioni del
dirigente Filiberto Guala, "svecchiare" i programmi. Con altri
ingressi successivi, come quelli di Gianni Serra, Emilio Garroni e Luigi Silori,
questi giovani intellettuali innovarono davvero l'ambiente culturale della
televisione, ancora molto legato a personalità provenienti dall'EIAR, venendo
in seguito considerati come i veri promotori della centralità della RAI nel
sistema culturale italiano. Dall'esperienza lavorativa in RAI, incluse
amicizie con membri del Gruppo 63, Eco trasse spunto per molti scritti, tra cui
il celebre articolo Fenomenologia di Mike Bongiorno. Codirettore
editoriale della casa editrice Bompiani. Pubblicò il saggio Opera aperta che,
con sorpresa dello stesso autore, ebbe notevole risonanza a livello
internazionale e diede le basi teoriche al Gruppo 63, movimento d'avanguardia
letterario e artistico italiano che suscitò interesse negli ambienti
critico-letterari anche per le polemiche che destò criticando fortemente autori
all'epoca già "consacrati" dalla fama come Carlo Cassola, Giorgio
Bassani e Vasco Pratolini, ironicamente definiti "Liale", con
riferimento a Liala, autrice di romanzi rosa. Ebbe inizio anche la sua
carriera universitaria che lo portò a tenere corsi, in qualità di professore
incaricato, in diverse università italiane: Torino, Milano, Firenze e, infine,
Bologna dove ha ottenuto la cattedra di Semiotica, diventando Professore.
All'Bologna è stato fra i fondatori del primo corso di laurea in DAMS, poi è
stato direttore dell'Istituto di Comunicazione e spettacolo del DAMS, e in
seguito ha dato inizio al corso di laurea in Scienze della comunicazione.
Infine è divenuto Presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici,
fondata nel 2000, che coordina l'attività dei dottorati bolognesi del settore
umanistico, e dove ha ideato il Master in Editoria Cartacea e Digitale.
Nel corso degli anni ha insegnato come professore invitato alla New York
University, Northwestern University, Columbia University, Yale, Harvard (Norton
lectures sponsored by the Department of Romance Languages), University of
California-San Diego, Cambridge, Oxford – Weidenfeld lectures at the
female-only St. Anne’s, São Paulo e Rio de Janeiro, La Plata e Buenos Aires,
Collège de France, École normale supérieure (Parigi). Nell'ottobre 2007 si è
ritirato dall'insegnamento per limiti di età. Dalla fine degli anni
cinquanta, Eco cominciò a interessarsi all'influenza dei mass media nella cultura
di massa, su cui pubblicò articoli in diversi giornali e riviste, poi in gran
parte confluiti in Diario minimo e Apocalittici e integrati. Apocalittici e
integrati (che ebbe una nuova edizione) analizzò con taglio sociologico le
comunicazioni di massa. Il tema era già stato affrontato in Diario minimo, che
includeva tra gli altri il breve articolo Fenomenologia di Mike Bongiorno.
Sullo stesso tema, ssvolse a New York il seminario Per una guerriglia
semiologica, in seguito pubblicato ne Il costume di casa e frequentemente
citato nelle discussioni sulla controcultura e la resistenza al potere dei mass
media. Significativa fu anche la sua attenzione per le correlazioni tra
dittatura e cultura di massa ne Il fascismo eterno, capitolo del saggio Cinque
scritti morali, dove individuava le caratteristiche, ricorrenti nel tempo, del
cosiddetto "fascismo eterno", o "Ur-fascismo": il culto
della tradizione, il rifiuto del modernismo, il culto dell'azione per l'azione,
il disaccordo come tradimento, la paura delle differenze, l'appello alle classi
medie frustrate, l'ossessione del complotto, il machismo, il "populismo
qualitativo Tv e Internet" e altre ancora; da esse e dalle loro
combinazioni, secondo Eco, è possibile anche "smascherare" le forme
di fascismo che si riproducono da sempre "in ogni parte del
mondo". In un'intervista del 24 aprile mise in evidenza la sua visione rispetto a ,
della quale Eco si definiva un "utente compulsivo", e al mondo
dell'open source. Pubblicò il suo primo libro di teoria semiotica, La struttura
assente, cui seguirono il fondamentale Trattato di semiotica generale e gli
articoli per l'Enciclopedia Einaudi poi riuniti in Semiotica e filosofia del
linguaggio. Fondò VersusQuaderni di studi semiotici, una delle maggiori
riviste internazionali di semiotica, rimanendone direttore responsabile e
membro del comitato scientifico fino alla morte. È anche stato segretario,
vicepresidente e dal 1994 presidente onorario della IASS/AIS
("International Association for Semiotic Studies"). È stato invitato
a tenere le prestigiose conferenze Tanner (Cambridge), Norton (Harvard), Goggio
(Toronto), Weidenfeld lectures on comparative literature and translation,
sponsored by the female-only college St. Anne’s (Oxford,) e Richard Ellmann
(Università Emory). Collaborò sin dalla sua fondazione, nel 1955, al
settimanale L'Espresso, sul quale tenne in ultima pagina la rubrica La bustina
di minerva (nella quale, tra l'altro, dichiarò di aver contribuito
personalmente alla propria voce su ), ai giornali Il Giorno, La Stampa,
Corriere della Sera, la Repubblica, il manifesto e a innumerevoli riviste
internazionali specializzate, tra cui Semiotica (fondata da Thomas Albert
Sebeok), Poetics Today, Degrès, Structuralist Review, Text, Communications
(rivista parigina del EHESS), Problemi dell'informazione, Word & Images, o
riviste letterarie e di dibattito culturale quali Quindici, Il Verri (fondata
da Luciano Anceschi), Alfabeta, Il cavallo di Troia, ecc. Collaborò alla
collana "Fare l'Europa" diretta da Jacques Le Goff con lo studio La
ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, in cui si espresse a favore dell'utilizzo
dell'esperanto. Tradusse gli Esercizi di stile di Raymond Queneau (nel 1983) e
Sylvie di Gérard de Nerval (entrambi presso Einaudi) e introdusse opere di
numerosi scrittori e di artisti. Ha anche collaborato con i musicisti Luciano
Berio e Sylvano Bussotti. I suoi dibattiti, spesso dal tono divertito,
con Luciano Nanni, Omar Calabrese, Paolo Fabbri, Ugo Volli, Francesco Leonetti,
Nanni Balestrini, Guido Almansi, Achille Bonito Oliva o Maria Corti, tanto per
nominarne alcuni, hanno aggiunto contributi non scritti alla storia degli
intellettuali italiani, soprattutto quando sfioravano argomenti non consueti (o
almeno non ritenuti tali prima dell'intervento di Eco), come la figura di James
Bond, l'enigmistica, la fisiognomica, la serialità televisiva, il romanzo
d'appendice, il fumetto, il labirinto, la menzogna, le società segrete o più
seriamente gli annosi concetti di abduzione, di canone e di classico.[senza
fonte] Grande appassionato del fumetto Dylan Dog, a Eco è stato fatto
tributo sul numero 136 attraverso il personaggio Humbert Coe, che ha affiancato
l'indagatore dell'incubo in un'indagine sull'origine delle lingue del mondo. È
stato inoltre amico del pittore e autore di fumetti Andrea Pazienza che fu suo
allievo al DAMS di Bologna, e ha scritto la prefazione a libri di Hugo Pratt,
Charles Monroe Schulz, Jules Feiffer e Raymond Peynet. Scrisse la presentazione
di "Cuore" a fumetti, di F. Bonzi e Alain Denis, pubblicata su "Linus".Esordì
nella narrativa. Il suo primo romanzo, Il nome della rosa, riscontrò un grande
successo sia presso la critica sia presso il pubblico, tanto da divenire un
best seller internazionale tradotto in 47 lingue e venduto in trenta milioni di
copie. Il nome della rosa è stato anche tra i finalisti del prestigioso Edgar
Award nel 1984 e ha vinto il Premio Strega.[26] Dal lavoro fu tratto anche un
celebre film con Sean Connery. Pubblicò il suo secondo romanzo, Il
pendolo di Foucault, satira dell'interpretazione paranoica dei fatti veri o
leggendari della storia e delle sindromi del complotto. Questa critica
dell'interpretazione incontrollata viene ripresa in opere teoriche sulla
ricezione (cfr. I limiti dell'interpretazione). Romanzi successivi sono L'isola
del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina
Loana, Il cimitero di Praga () e Numero zero (), tutti editi in italiano da
Bompiani. Nel è stata pubblicata
una versione "riveduta e corretta" del suo primo romanzo Il nome
della rosa, con una nota finale dello stesso Eco che, mantenendo stile e
struttura narrativa, è intervenuto a eliminare ripetizioni ed errori, a
modificare l'impianto delle citazioni latine e la descrizione della faccia del
bibliotecario per togliere un riferimento neogotico. Molte opere furono
dedicate alle teorie della narrazione e della letteratura: Il superuomo di
massa, Lector in fabula, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Sulla letteratura,
Dire quasi la stessa cosa (sulla traduzione). È stato inoltre precursore e
divulgatore dell'applicazione della tecnologia alla scrittura. In
contemporanea alla nomina di "guest curator" (curatore ospite) del
Louvre, dove organizzò una serie di eventi e manifestazioni culturali, uscì per
Bompiani Vertigine della lista, pubblicato in quattordici paesi del
mondo. Nel Bompiani pubblicò una
raccolta dal titolo Costruire il nemico e altri scritti occasionali, che
raccoglie saggi occasionali che spaziano nei vari interessi dell'autore, come
quello per la narratologia e il feuilleton ottocentesco. Il primo saggio
riprende temi già presenti ne Il cimitero di Praga. Muore nella sua casa
di Milano a causa di un tumore del pancreas che lo aveva colpito due anni prima.
I funerali laici si sono svolti nel
Castello Sforzesco di Milano, dove migliaia di persone si sono recate per
l'ultimo saluto. Sono state eseguite due composizioni alla viola da gamba e al
clavicembalo: Couplets de folies (Les folies d'Espagne) dalla Suite n. 1 in re
maggiore dai Pièces de viole, Livre II di Marin Marais e La Folia dalla Sonata
per violino e basso continuo in re minore, di Arcangelo Corelli. Nel proprio
testamento Eco ha chiesto ai suoi familiari di non autorizzare né promuovere,
per i dieci anni successivi alla sua morte alcun seminario o conferenza su di
lui. Il corpo di Eco è stato infine cremato. La moglie, Renate Eco-Ramge,
rifiutando la proposta di tumularne le ceneri nel Civico Mausoleo Garbin, ex
edicola privata del Cimitero Monumentale di Milano ora provvista di piccole
cellette destinate a ceneri o resti ossei di personalità artistiche illustri,
ne ha preferito la conservazione privata, con il progetto di costruire
un'edicola di famiglia nel medesimo cimitero. Nei suoi romanzi, Eco racconta
storie realmente accadute o leggende che hanno come protagonisti personaggi
storici o inventati. Inserisce nelle sue opere accesi dibattiti filosofici
sull'esistenza del vuoto, di Dio o sulla natura dell'universo. Attratto
da temi piuttosto misteriosi e oscuri (i cavalieri Templari, il sacro Graal, la
sacra Sindone ecc.), nei suoi romanzi gli scienziati e gli uomini che hanno
fatto la storia sono spesso trattati con indifferenza dai contemporanei.
L'umorismo è l'arma letteraria preferita dallo scrittore di Alessandria, che
inserisce innumerevoli citazioni e collegamenti a opere di vario genere,
conosciute quasi esclusivamente da filologi e bibliofili. Ciò rende romanzi
come Il nome della rosa o L'isola del giorno prima un turbinio variopinto di
nozioni di carattere storico, filosofico, artistico e matematico.
Centrale ne Il nome della rosa è la questione del riso, post-modernisticamente
declinata. Ne Il pendolo di Foucault Eco affronta temi come la ricerca
del sacro Graal e la storia dei cavalieri Templari, facendo numerosi cenni ai
misteri dell'età antica e moderna, rivisitati in chiave parodistica. Ne
L'isola del giorno prima l'umanità intera è simboleggiata dal naufrago Roberto
de la Grive, che cerca un'isola al di fuori del tempo e dello spazio. In
Baudolino dà vita ad un picaresco personaggio medioevale tutto dedito alla
ricerca di un paradiso terrestre (il regno leggendario di Prete
Giovanni). Ne La misteriosa fiamma della regina Loana riflette sulla
forza e sull'essenza stessa del ricordo, rivolto, in questo caso, ad episodi
del XX secolo. Il cimitero di Praga è incentrato sulla natura del
complotto e, in particolar modo, sulla storia 'europea' del popolo
ebraico. Il suo ultimo romanzo, Numero zero, riprendendo temi da sempre
cari all'autore (il falso, la costruzione del complotto e delle notizie) si
sofferma sulla storia italiana recente, narrando fatti realmente accaduti, ma
riletti attraverso una chiave complottistica. Fu tra i 757 firmatari della
lettera aperta a L'Espresso sul caso Pinelli e successivamente della
autodenuncia di solidarietà a Lotta Continua, in cui una cinquantina di
firmatari esprimevano solidarietà verso alcuni militanti e direttori
responsabili del giornale, inquisiti per istigazione a delinquere. I firmatari
si autodenunciavano alla magistratura dicendo di condividere il contenuto
dell'articolo. Peraltro le severe critiche di Eco al terrorismo e ai vari
progetti di lotta armata sono contenute in una serie di articoli scritti sul
settimanale L'Espresso e su Repubblica, specie ai tempi del caso Moro (articoli
poi ripubblicati nel volume Sette anni di desiderio). In effetti l'arma che ha
caratterizzato l'impegno politico di Eco è diventata l'analisi critica dei
discorsi politici e delle comunicazioni di massa. Questo impegno è
sintetizzato nella metafora della guerriglia semiologica dove si sostiene che
non è tanto importante cambiare il contenuto dei messaggi alla fonte ma cercare
di animare la loro analisi là dove essi arrivano (la formula era: non serve occupare
la televisione, bisogna occupare una sedia davanti a ogni televisore). In
questo senso la guerriglia semiologica è una forma di critica sociale
attraverso l'educazione alla ricezione. Partecipa alle attività
dell'associazione Libertà e Giustizia, di cui è uno dei fondatori e garanti più
noti, partecipando attivamente tramite le sue iniziative al dibattito
politico-culturale italiano. Il suo libro A passo di gambero contiene le
critiche a quello che lui definisce populismo berlusconiano, alla politica di
Bush, al cosiddetto scontro tra etnie e religioni. Nel , nelle settimane delle
rivolte arabe, durante una conferenza stampa registrata alla Fiera del libro di
Gerusalemme, scatena una polemica politica la sua risposta a un giornalista
italiano che gli domanda se condivida il paragone fra Berlusconi e Mubarak,
avanzato da alcuni: "Il paragone potrebbe essere fatto con Hitler: anche
lui giunse al potere con libere elezioni";[36] lo stesso Eco, dalle
colonne de l'Espresso, smentirà tale dichiarazione chiarendo le circostanze
della sua risposta. Eco faceva parte dell'associazione Aspen Institute Italia. Cavaliere
di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica
italiana — Roma, 9Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della
cultura e dell'arte — Roma. Onorificenze straniere Commendatore dell'Ordine
delle Arti e delle Lettere (Francia)nastrino per uniforme ordinariaCommendatore
dell'Ordine delle Arti e delle Lettere (Francia), Cavaliere dell'Ordine pour le
Mérite für Wissenschaften und Künste (Repubblica Federale di Germania)nastrino
per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine pour le Mérite für Wissenschaften
und Künste (Repubblica Federale di Germania), Premio Principe delle Asturie per
la comunicazione e l'umanistica (Spagna)nastrino per uniforme ordinariaPremio
Principe delle Asturie per la comunicazione e l'umanistica (Spagna), Ufficiale
dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) nastrino per uniforme
ordinariaUfficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia), Gran croce al
merito con placca dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di
Germanianastrino per uniforme ordinariaGran croce al merito con placca
dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania, Commendatore
dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) nastrino per uniforme ordinaria Commendatore
dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia), Parigi. Cittadinanze onorarie Monte
Cerignone, Nizza Monferrato, San Leo, 11 giugno . Torre Pellice, . Lauree Eco
ha ricevuto 40 lauree honoris causa da prestigiose università europee e
americane, come quella del , che gli è stata conferita dall'Università federale
del Rio Grande do Sul, di Porto Alegre, in Brasile. In occasione della laurea in
comunicazione conferita da Torino, Umberto Eco ha rilasciato severi giudizi sui
social del Web che, a suo dire, possono essere utilizzati da «legioni di
imbecilli» per porsi sullo stesso piano di un vincitore di un Premio Nobel. Le
affermazioni di Eco hanno suscitato approvazioni ma anche vivaci discussioni. Affiliazioni
e sodalizi accademici Umberto Eco è stato membro onorario (Honorary Trustee)
della James Joyce Association, dell'Accademia delle Scienze di Bologna,
dell'Academia Europea de Yuste, dell'American Academy of Arts and Letters,
dell'Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique,
della Polska Akademia Umiejętności ("Accademia polacca della Arti"),
"Fellow" del St Anne's, Oxford e socio dell'Accademia Nazionale dei
Lincei. Eco è stato inoltre membro onorario del CICAP. Altro Gli è stato
dedicato l'asteroide 13069 Umbertoeco, scoperto nel dall'astronomo belga Eric
Walter Elst. Il 12 aprile 2008 è stato nominato Duca dell'Isola del
Giorno Prima del regno di Redonda dal re Xavier. Nel il comune di Milano ha deciso che il suo nome
venga iscritto nel Pantheon di Milano, all'interno del cimitero monumentale.
Eco ha scritto numerosi saggi di filosofia, semiotica, linguistica,
estetica: Il problema estetico in San Tommaso, Torino, Edizioni di Filosofia,
poi Il problema estetico in Tommaso
d'Aquino, 2ª ed., Milano, Bompiani, Filosofi in libertà, come Dedalus, Torino,
Taylor, poi in Il secondo diario minimo. Sviluppo dell'estetica medievale, in
Momenti e problemi di storia dell'estetica, I, Dall'antichità classica al Barocco,
Milano, Marzorati, Arte e bellezza nell'estetica medievale, Milano, Bompiani, Storia
figurata delle invenzioni. Dalla selce scheggiata al volo spaziale, e con G. B.
Zorzoli, Milano, Bompiani, Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle
poetiche contemporanee, Milano, Bompiani, Diario minimo, Milano, A. Mondadori
(include i saggi Fenomenologia di Mike Bongiorno e Elogio di Franti) Apocalittici
e integrati, Milano, Bompiani, Il caso Bond. [Le origini, la natura, gli
effetti del fenomeno 007], e con Oreste del Buono, Milano, Bompiani, Le
poetiche di Joyce. Dalla "Summa" al "Finnegans Wake",
Milano, Bompiani (ed. modificata sulla base della seconda parte di Opera aperta)
Appunti per una semiologia delle comunicazioni visive, Milano, Bompiani (poi in
La struttura assente) L'Italie par elle-meme. A portrait of Italy. Autoritratto
dell'Italia, e con Giulio Carlo Argan, Guido Piovene, Luigi Chiarini, Vittorio
Gregotti e altri, Milano, Bompiani, La struttura assente, Milano, Bompiani, La
definizione dell'arte, Milano, Mursia, L'arte come mestiere, a cura di, Milano,
Bompiani, I sistemi di segni e lo strutturalismo sovietico, e con Remo Faccani,
Milano, Bompiani, L'industria della cultura, a cura di, Milano, Bompiani, Le forme del contenuto, Milano, Bompiani, I
fumetti di Mao, e con Jean Chesneaux e Gino Nebiolo, Bari, Laterza, Cent'anni
dopo. Il ritorno dell'intreccio, e con Cesare Sughi, Milano, Bompiani, Documenti
su il nuovo Medioevo, con Francesco Alberoni, Furio Colombo e Giuseppe Sacco,
Milano, Bompiani, Estetica e teoria dell'informazione, a cura di, Milano,
Bompiani, I pampini bugiardi. Indagine sui libri al di sopra di ogni sospetto:
i testi delle scuole elementari, e con Marisa Bonazzi, Rimini, Guaraldi, Il
segno, Milano, Isedi; Milano, A. Mondadori, Il costume di casa. Evidenze e
misteri dell'ideologia italiana, Milano, Bompiani, Beato di Liébana. Miniature
del Beato de Fernando I y Sancha. Codice B.N. Madrid Vit. 14-2, testo e
commenti alle tavole di, Milano, Franco Maria Ricci, Eugenio Carmi. Una pittura
di paesaggio?, Milano, Prearo, Trattato di semiotica generale, Milano,
Bompiani, Il superuomo di massa. Studi sul romanzo popolare, Roma, Cooperativa
Scrittori, Milano, Bompiani, Stelle & stellette. La via lattea mormorò,
illustrazioni di Philippe Druillet, Conegliano Treviso, Quadragono Libri, Storia
di una rivoluzione mai esistita. L'esperimento Vaduz. Appunti del Servizio opinioni,
Roma, Rai, Servizio Opinioni, Dalla periferia dell'impero, Milano, Bompiani, Come
si fa una tesi di laurea, Milano, Bompiani, Carolina Invernizio, Matilde Serao,
Liala, con altri, Firenze, La nuova Italia, Lector in fabula, Milano, Bompiani,
De bibliotheca, Milano, Comune di Milano, Postille al nome della rosa, Milano,
Bompiani, Il segno dei tre, Milano,
Bompiani, Sette anni di desiderio. [Cronache], Milano, Bompiani, 1983.
Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, Sugli specchi e altri saggi, Milano, Bompiani,
Lo strano caso della Hanau 1609, Milano, Bompiani, Saggio in Leggere i Promessi
sposi. Analisi semiotiche, Giovanni Manetti, Milano, Gruppo editoriale Fabbri-Bompiani-Sonzogno,
I limiti dell'interpretazione, Milano, Bompiani, Vocali, con Soluzioni felici
di Paolo Domenico Malvinni, Napoli, Collana "Clessidra" di Alfredo Guida
Ed., Il secondo diario minimo, Milano, Bompiani, Interpretation and
Overinterpretation, Cambridge, Cambridge University Press, La memoria vegetale,
Milano, Rovello, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea,
Roma-Bari, Laterza, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Povero
Pinocchio. Giochi linguistici di studenti del Corso di Comunicazione, a cura
di, Modena, Comix, In cosa crede chi non crede?, con Carlo Maria Martini, Roma,
Liberal, Kant e l'ornitorinco, Milano, Bompiani, Cinque scritti morali, Milano,
Bompiani, Talking of Joyce, con Liberato Santoro-Brienza, Dublin, University
College Dublin Press, Serendipities. Language and Lunacy, New York, Columbia
University Press, Tra menzogna e ironia, Milano, Bompiani, La bustina di
minerva, Milano, Bompiani, Riflessioni
sulla bibliofilia, Milano, Rovello, Diario minimo, Secondo diario minimo,
Bustina di minerva e altre parodie da
raccolte in tedesco) Sulla letteratura, Milano, Bompiani, Guerre sante,
passione e ragione. Pensieri sparsi sulla superiorità culturale; Scenari di una
guerra globale, in Islam e Occidente. Riflessioni per la convivenza, Roma-Bari,
Laterza, Bellezza. Storia di un'idea dell'Occidente, CD-ROM a cura di, Milano,
Motta On Line, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano, Bompiani,
Mouse or Rat?, Translation as Negociation, London, Weidenfeld & Nicolson (Experiences
in translation e saggi selezionati da Dire quasi la stessa cosa) Storia della
bellezza, a cura di, testi di Umberto Eco e Girolamo de Michele, Milano, Bompiani,
Il linguaggio della Terra Australe, Milano, Bompiani, Il codice Temesvar,
Milano, Rovello, Nel segno della parola, con Daniele Del Giudice e Gianfranco
Ravasi, a cura e con un saggio di Ivano Dionigi, Milano, BUR, 2A passo di
gambero. Guerre calde e populismo mediatico, Collana Overlook, Milano, Bompiani,
La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, Milano, Rovello, Sator
Arepo eccetera, Roma, Nottetempo, Storia della bruttezza, a cura di, Milano,
Bompiani, La cospirazione impossibile, con Piergiorgio Odifreddi, Michael
Shermer, James Randi, Paolo Attivissimo, Lorenzo Montali, Francesco Grassi,
Andrea Ferrero e Stefano Bagnasco, Massimo Polidoro, Casale Monferrato, Piemme,
Dall'albero al labirinto. Studi storici sul segno e l'interpretazione, Milano, Bompiani,
Historia. La grande storia della civiltà europea, e con altri, 9 voll., Milano,
Motta, Storia della civiltà europea, e con altri, 18 voll., Milano, Corriere
della Sera, Nebbia, e con Remo Ceserani, con la collaborazione di Francesco
Ghelli e un saggio di Antonio Costa, Torino, Einaudi (antologia letteraria di
racconti a tema) Non sperate di liberarvi dei libri, con Jean-Claude Carrière,
Milano, Bompiani, Vertigine della lista, Milano, Bompiani, Il Medioevo, a cura
di, 4 voll., Milano, Encyclomedia, La grande Storia, a cura di, 28 voll.,
Milano, Corriere della Sera, . Costruire il nemico e altri scritti occasionali,
Milano, Bompiani, Scritti sul pensiero medievale, Collana Il pensiero
occidentale, Milano, Bompiani, L'età moderna e contemporanea, a cura di, 22
voll., Roma, Gruppo editoriale L'Espresso, -. Storia delle terre e dei luoghi
leggendari, Milano, Bompiani, Da dove si comincia?, con Stefano Bartezzaghi,
Roma, La Repubblica, . Riflessioni sul dolore, Bologna, ASMEPA, La filosofia e
le sue storie, e con Riccardo Fedriga, 3 voll., Roma-Bari, Laterza, Pape Satàn
Aleppe. Cronache di una società liquida, Milano, La nave di Teseo, Come
viaggiare con un salmone, Milano, La nave di Teseo, Sulle spalle dei giganti,
Collana I fari, Milano, La nave di Teseo, Il fascismo eterno, Collana Le onde,
Milano, La nave di Teseo, Cinque scritti morali, Bompiani, Sulla televisione.
Scritti, Gianfranco Marrone, Collana I fari, Milano, La Nave di Teseo, Narrativa
Il nome della rosa, Milano, Bompiani, Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani,L'isola
del giorno prima, Milano, Bompiani, Baudolino, Milano, Bompiani, La misteriosa
fiamma della regina Loana. Romanzo illustrato, Milano, Bompiani, Il cimitero di
Praga, Milano, Bompiani, Numero zero, Milano, Bompiani, Narrativa per
l'infanzia La bomba e il generale, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano,
Bompiani, I tre cosmonauti, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani,
1966. Ammazza l'uccellino, come Dedalus, illustrazioni di Monica Sangberg,
Milano, Bompiani, Gli gnomi di Gnu, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani,
Tre racconti, Milano, Fabbri (raccolta
dei tre precedenti) La storia de "I promessi sposi", raccontata da,
Torino-Roma, Scuola Holden-La biblioteca di Repubblica-L'Espresso, Traduzioni
Raymond Queneau, Esercizi di stile, Torino, Einaudi. Claudio Gerino, Morto lo
scrittore Umberto Eco. Ci mancherà il suo sguardo nel mondo, in la Repubblica, Massimo
Delfino e Emma Camagna, Alessandria piange Umberto Eco, in La Stampa, Cosimo Di
Bari, "A passo di critica: il modello di media education nell'opera di
Umberto Eco", Firenze, Èco, Umberto, in TreccaniEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
LINCEI, ENRICO MENESTO' E UMBERTO ECO NUOVI SOCI DELL'ACCADEMIA, su
tuttoggi.info. 30 ottobre . 'Il nome
della rosa' debutta su Rai1 e conquista gli ascolti della prima serata, su la
Repubblica, 5 marzo . 30 gennaio .
quotidiano la Stampa; Gianni Coscia: «quando suono col mio amico Umberto
Eco», su genova.mentelocale. «È il lato dolente e angoscioso di un uomo che è
cresciuto nell'Azione Cattolica, che l'ha lasciata in polemica con il grande
Gedda; un uomo, Eco, che ha studiatodiconoTommaso d'Aquino, e che un giorno se
n'è uscito dalla Chiesa proclamandosi orgogliosamente ateo, o se si preferisce,
agnostico.» (In Rassegna stampa cattolica: Mario Palmaro, Eco è solo un refuso,
2 «His new book touches on politics, but also on faith. Raised Catholic, Eco
has long since left the church. "Even though I'm still in love with that
world, I stopped believing in God in my 20s after my doctoral studies on St.
Thomas Aquinas. You could say he miraculously cured me of my
faith..."» «Il suo nuovo libro tratta di politica, ma anche di fede.
Cresciuto nel cattolicesimo, Eco ha lasciato da tempo la Chiesa. "Anche se
io sono ancora innamorato di quel mondo, ho smesso di credere in Dio durante i
miei anni 20, dopo i miei studi universitari su Tommaso d'Aquino. Potete dire
che egli mi ha miracolosamente curato dalla mia fede..."» (Articolo
in Time) Liukkonen, Petri, Umberto Eco. Pseudonym:
Dedalus in . Eco, quando l'Torino gli
consegnò il libretto con 27 in letteratura italiana, su la Repubblica, 2Antonio
Galdo, Saranno potenti? Storia, declino e nuovi protagonisti della classe
dirigente italiana, Sperling & Kupfer, Milano Giuseppe Antonio
Camerino, ECO, Umberto, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. "Riparte il Master in
Editoria, ideato da Umberto Eco"
Capozzi Bondanella, Cinque scritti morali, Bompiani Intervista a Umberto
EcoWikinotizie, su it.wikinews.org.
Umberto Eco, Ho sposato ?, «l'Espresso», 4Con lo pseudonimo di Dedalus:
Dedalus e il manifesto, su ilmanifesto, Ostini, Sclavi citazione: "Sto
leggendo un libro [In cosa crede chi non crede, N.d.R.] di Umberto Eco che mi è
arrivato dall'Italia. Curioso no? Ha il mio stesso nome e il cognome è
l'anagramma del mio..." Umberto Eco,
su premiostrega.Italian Writer Umberto Eco is the Louvre's New Guest
Curator Emma Camagna, La morte di Eco,
il ricordo di Gianni Coscia, in La Stampa. L'ultimo saluto a Umberto Eco:
"Grazie maestro", in La Stampa, Marco Del Corona, «Follie di Spagna»:
ecco che cos'è la musica suonata per Umberto Eco, su Corriere della Sera. Umberto
Eco, la richiesta nel testamento: "Non autorizzate convegni su di me per i
prossimi 10 anni", su Il Fatto Quotidiano. La lettera della vedova Eco al
Comune, in Corriere della Sera. Pinelli, Calabresi e l'eskimo in redazione
Archiviato il 19 gennaio in ., opinione,
Bruno Pischedda, Come leggere Il nome della rosa di Umberto Eco, Mursia, La struttura
assente, "Eco a Gerusalemme attacca
il Cavaliere. È polemica", di Francesco Battistini (dal Corriere della
Sera) Corriere della Sera Berlusconi,
Hitler e io, su l'Espresso. Comitato Esecutivo | Aspen Institute Italia, su
aspeninstitute. 20 fSito web del Quirinale: dettaglio decorato. Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. Umberto
Eco all'Eliseo onorato da Sarkozy con Legion D'Honneur, su liberoquotidiano). Curriculum Vitae, su umbertoeco. Unibo e
Brasile: Laurea ad honorem a Eco, su magazine.unibo. Umberto Eco contro i
social: "Hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli", su Il
Fatto Quotidiano. Il problema di Umberto Eco con internet, su Il Post. Imbecilli e non, tutto il mondo è social, su
LaStampa. 2Serena Vitale e Umberto Eco entrano nell'Accademia dei Lincei, , Il Giornale.
Decise all'unanimità le 15 personalità illustri da iscrivere nel
Pantheon di Milano, su comune.milano, Opere: Bondanella, Peter, Umberto Eco and the Open Text: Semiotics,
Fiction, Popular Culture Capozzi, Rocco, Eco's Prophetic Vision of Mass Culture
in McLuhan Studies: Premier Issue, Antonio Galdo, Saranno potenti? Storia,
declino e nuovi protagonisti della classe dirigente italiana, Sperling &
Kupfer, Milano Alberto Ostini , Umberto
Eco e Tiziano Sclavi. Un dialogo, in Dylan Dog, indocili sentimenti, arcane
paure, Milano, Euresis, 1998. Tiziano Sclavi, Bruno Brindisi, Lassù qualcuno ci
chiama, Dylan Dog n. 136, Milano, Sergio Bonelli Editore, Film Walt Dey e
l'ItaliaUna storia d'amore (): viene mostrata un'intervista durante lo
"speciale Walt Dey" con Ettore Della Giovanna e Gianni Rodari Luigi Bauco, Francesco Millocca, Dizionario
del «Pendolo di Foucault», Milano, Corbo, Manlio Talamo, I segreti del Pendolo,
Napoli, Simone, Francesco Pansa, Anna Vinci, Effetto Eco, Roma, Nuova Edizione
del Gallo; Marco Testi, "Il romanzo al passato": medioevo e invenzione
in tre autori contemporanei in Analisi letteraria, 27, Roma, Bulzoni, Walter
Pedullà, «L'utilitaria di Eco» in Le caramelle di Musil, Milano, Rizzoli, Salman
Rushdie, «Umberto Eco» in Imaginary Homelands: Essays and Criticism 1981-1991,
Londra, Penguin, 1992. Bruno Pischedda, Come leggere «Il nome della rosa» di
Umberto Eco, Milano, Mursia, 1994. Jean Petitot, Paolo Fabbri , Nel nome del
senso. Intorno all'opera di Umberto Eco, Milano, Sansoni, Antonio Sorella ,
Umberto Eco. Sponde remote e nuovi orizzonti, Pescara, Tracce, Roberto Rampi, L'ornitorinco. Umberto Eco,
Peirce e la conoscenza congetturale, M & B Publishing, Milano; Marco
Sonzogni, Echi di Eco, Balerna, Edizione Ulivo, Cinzia Bianchi, Clare Vassallo,
“Umberto Eco's interpretative semiotics: Interpretation, encyclopedia,
translation”, in Semiotica. Journal of the International Association for
Semiotic Studies (Berlin/New York: Mouton de Gruyter), Peter Bondanella,
Umberto Eco and the open text. Semiotics, fiction, popular culture, Cambridge,
Cambridge University Press, Peter Bondanella , New Essays on Umberto Eco,
Cambridge, Cambridge University Press, Jean-Jacques Brochier , Umberto Eco. Du
semiologue au romancier, in Le Nouveau Magazine Littéraire, Michael Caesar,
Umberto Eco. Philosophy, Semiotics and the Work of Fiction, Cambridge, Polity
Press, Rocco Capozzi , Reading Eco. An Anthology, Bloomington, Indiana
University Press, Michele Castelnovi, La mappa della biblioteca: geografia
reale ed immaginaria secondo Umberto Eco, in Miscellanea di Storia delle
esplorazioni n. LX, Genova, Remo Ceserani, Eco e il postmoderno consapevole in
Raccontare il postmoderno, Torino, Bollati Boringhieri, Michele Cogo,
Fenomenologia di Umberto Eco. Indagine sulle origini di un mito intellettuale
contemporaneo. Introduzione di Paolo Fabbri. Bologna, Baskerville, Furio
Colombo, «L'isola del giorno prima», in La rivista dei libri; Roberto Cotroneo, La diffidenza come sistema.
Saggio sulla narrativa di Umberto Eco, Milano, Anabasi, Roberto Cotroneo, Eco:
due o tre cose che so di lui, Milano, Bompiani, Teresa de Lauretis, Umberto Eco, Firenze, La
Nuova Italia, Nunzio Dell'Erba, Alla ricerca delle fonti del romanzo "Il
Cimitero di Praga" , in Id., L'eco della storia. Saggi di critica storica:
massoneria, anarchia, fascismo e comunismo, Universitas Studiorum, Mantova, Cosimo
Di Bari, A passo di critica. Il modello di Media Education nell'opera di
Umberto Eco, Firenze, Firenze University Press, Richard Ellmann, Murder in the
Monastery?, in The New York Review of Books Lorenzo Flabbi, La disposizione del
sapere di Umberto Eco, in Atlante dei movimenti culturali. C. Cretella ePieri,
Clueb, Bologna, Cristina Farronato, Eco's Chaosmos, Toronto, University of
Toronto Press, Franco Forchetti, Il segno e la rosa. I segreti della narrativa
di Umberto Eco, Roma, Castelvecchi, Grit Fröhlich, Umberto Eco.
PhilosophieÄsthetikSemiotik, Paderborn, Wilhelm Fink Verlag, Margherita Ganeri,
Il «caso» Eco, Palermo, Palumbo. Alfredo Giuliani, «Scherzare col fuoco» in
Autunno del novecento, Milano, Feltrinelli, Renato Giovannoli , Saggi su «Il
Nome della Rosa», Milano, Bompiani, Fabio Izzo, Eco a perdere, Associazione
Culturale Il Foglio, Paolo Jachia, Umberto Eco. Arte semiotica letteratura, San
Cesario, Manni, Anna Maria Lorusso, Umberto Eco. Temi, problemi e percorsi semiotici,
Roma, Carocci, Patrizia Magli et. al. , Semiotica: Storia Teoria
Interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Milano, Bompiani; Sandro Montalto
, Umberto Eco: l'uomo che sapeva troppo, Pisa, ETS; Franco Musarra et al., Eco
in fabula. Umberto Eco in the Humanities. Umberto Eco dans les sciences
humaines. Umberto Eco nelle scienze umane, Proceedings of the International
Conference, Leuven, Leuven U.P. e Firenze, Franco Cesati Editore, Claudio
Paolucci, Umberto Eco. Tra ordine e avventura, Milano, Feltrinelli, Semiotica
Monte Cerignone, luogo di residenza Struttura (semiotica) umbertoeco. Umberto Eco, su TreccaniEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Umberto Eco, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Umberto Eco, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica,
Inc. Umberto Eco, su The Encyclopedia of Science Fiction. Umberto Eco, su BeWeb, Conferenza Episcopale
Italiana. Opere di Umberto Eco, su Liber
Liber. Opere su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Opere Pubblicazioni su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de
la Recherche et de l'Innovation. di
Umberto Eco, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Umberto Eco
(autore), su Goodreads. Umberto Eco (personaggio), su Goodreads. italiana di
Umberto Eco, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica,
Fantascienza.com. Registrazioni di
Umberto Eco, su RadioRadicale, Radio Radicale. Umberto Eco, su Internet Movie
Database, IMDb.com. Umberto Eco, su AllMovie, All Media Network; Umberto Eco,
su filmportal.de. Eco, Umberto, in
Lessico del XXI secolo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, -. "La
bustina di minerva": la rubrica periodica di Eco su L'Espresso,
L'Espresso. 10 gennaio . signosemio.comSignoBiografia di Umberto Eco e la
presentazione della sua teoria semiotica, su signosemio.com). Approfondimento,
su italialibri.net. Curiosità (anche la "cacopedia"in PDF) , su
bibliotecheoggi. Opere in TecaLibri/1, su tecalibri.info. Opere in TecaLibri/2,
su tecalibri.info. Considerazioni su: "Non sperate di liberarvi dei
libri", su antonietta.philo.unibo ). Golem L'indispensabile (il sito della
rivista)rivista online diretta da Umberto Eco, Renato Mannheimer, Carlo
Bertelli, Danco Singer Un articolo di Eco su , su espresso.repubblica.
encyclomedia, su encyclomedia. Il «questionario Proust» a Umberto Eco, su
elapsus. Umberto Eco, in Perlentaucher, Perlentaucher Medien GmbH. Opere di
Umberto Eco V D M Vincitori del Premio Strega V D M Vincitori internazionali
del Prix Médicis V D M Vincitori del Premio Bancarella V D M Vincitori del
Premio Cesare Pavese V D M Vincitori del Premio di Stato austriaco per la
letteratura europea V D M Vincitori del Premio Mediterraneo per stranieri, Europeana
agent/base/ Filosofia Giallo Giallo
Letteratura Eco provides a bridge
between Graeco-Roman philosophy and Grice! Eco is one of the few philosophers
who considers the very origins of philosophy in Bolognaand straight from RomeOn
top, Eco is one of the first to generalise most of Grice’s topics under
‘communication,’ rather than using the Anglo-Saxon ‘mean’ that does not really
belong in the Graeco-Roman tradition. Eco cites H. P. Grice in “Cognitive
constraints of communication.” Umberto b.2,
philosopher, intellectual historian, and novelist. A leading figure in
the field of semiotics, the general theory of signs. Eco has devoted most of
his vast production to the notion of interpretation and its role in
communication. In the 0s, building on the idea that an active process of
interpretation is required to take any sign as a sign, he pioneered
reader-oriented criticism The Open Work, 2, 6; The Role of the Reader, 9 and
championed a holistic view of meaning, holding that all of the interpreter’s
beliefs, i.e., his encyclopedia, are potentially relevant to word meaning. In
the 0s, equally influenced by Peirce and the
structuralists, he offered a unified theory of signs A Theory of
Semiotics, 6, aiming at grounding the study of communication in general. He
opposed the idea of communication as a natural process, steering a middle way
between realism and idealism, particularly of the Sapir-Whorf variety. The
issue of realism looms large also in his recent work. In The Limits of
Interpretation 0 and Interpretation and Overinterpretation 2, he attacks
deconstructionism. Kant and the Platypus 7 defends a “contractarian” form of
realism, holding that the reader’s interpretation, driven by the Peircean
regulative idea of objectivity and collaborating with the speaker’s underdetermined
intentions, is needed to fix reference. In his historical essays, ranging from
medieval aesthetics The Aesthetics of Thomas Aquinas, 6 to the attempts at
constructing artificial and “perfect” languages The Search for the Perfect
Language, 3 to medieval semiotics, he traces the origins of some central
notions in contemporary philosophy of language e.g., meaning, symbol,
denotation and such recent concerns as the language of mind and translation, to
larger issues in the history of philosophy. All his novels are pervaded by
philosophical queries, such as Is the world an ordered whole? The Name of the
Rose, 0, and How much interpretation can one tolerate without falling prey to
some conspiracy syndrome? Foucault’s Pendulum, 8. Everywhere, he engages the
reader in the game of controlled interpretations. “Il nome della rosa” is about
the dark ages in Northern Italy, where the monks were the only to find a slight
interest in philosophy, unlike the barbaric Lombards!” -- Umberto Eco. Keywords: il nome del nome, lingua
perfetta; semiotica. Refs.: Umberto Eco on H. P. Grice in “Cognitive
constraints on communication,” Luigi Speranza, "Grice ed Eco: semantica
filosofica," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51679859739/in/photolist-2mJLMNt-2mJLNuJ-2mJMUr7-2mJLNvR-2mJHmtd-2mJHmr4-2mJMUmN-2mJMUmY-2mJDfiM-2mJMUn9-2mJDfsK-2mJDfrH-2mJMUs9-2mJJEFF-2mJMUqL-2mJMUpZ-2mJMUd6-2mJHmkh-2mJLNBC-2mJJERW-2mJMUqR-2mJLNvW-2mJLND6-2mJDfrn-2mJHmt8-2mJLNxu-2mJMUq5-2mJMUoM-2mJMUdb-2mJHmqY-2mJMUfq-2mJLNxz-2mJLNBN-2mJHmwK-2mJDfji-2mJHmuq-2mJMUqa-2mJHmhM-2mJDfva-2mJDfrN-2mJLNw2-2mJLNF5-2mJHmuF-2mJHmkc-2mJMUfv-2mJDfrs-2mJDfiX-2mJMUe3-2mJHmvs-2mJJEFW
Grice ed Emiliani – semiotica – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Lugo). Filosofo. Grice:
“I like Emiliani; of course in proper English we don’t pluralise ‘meanings’!
But he speaks of ‘significati,’ which is literate! The vernacular Italian is
‘segno,’ and the ‘ficare’ is also learned latinate! Gotta love him!” Dio è la mia speranza Anch'io vivo nella
speranza di avere amici in cielo che pregano per me e che attendono di unirsi a
me nella nostra comune patria. Dobbiamo sempre ricordare che questa vita
terrena è soltanto un passaggio verso la nostra vera patria che è quella
celeste. La Madonna è apparsa e ha parlato a moltissimi veggenti di molti
popoli e nelle più svariate circostanze, come una persona viva, che promette,
annunzia, loda, esorta, profetizza, prega, guida e protegge dai pericoli,
risana i malati, opera i miracoli, piange, invita alla conversione ed alla
penitenza, aiuta ad avvicinarsi a Cristo, suo Figlio. La mia sicura bussola è
camminare sulla strada della carità in ogni circostanza della vita. La presenza
in noi dello Spirito Santo è la caparra della nostra vita eterna futura. Solo
Dio resta. Egli è l'unica roccia a cui mi posso aggrappare per non essere
travolto dai flutti tempestosi in mezzo ai quali galleggio. Alessandro Emiliani, Dio è la mia speranza,
Edizioni Studio Domenicano. Nel suo saggio sul
segnato, valore, communicazione e ragionamento, Emiliani presenta un'analisi del
‘segnato,’ topico della semiotica. Il segnato è
un modo di una correlazione astratta posta dall'attività razionale intersoggettiva
e cooperativa con cui un contenuto e intenzionato e strutturato in ordine al
valore della profferenza e alla correttezza del ragionamiento conversazionale.
La forme logica non è innata, né e un atto o
evento psichico soggettivo, ma una struttura intersoggetiva astratta e
relazionale, invariante intersoggettivamente. Il segnato (non il ‘segno’) fonda
la correttezza del ragionamiento conversazionale (colloquenza – dialettica),
segnato dal segno di una operazione (negans, negatum, negatore; connettivi, --
conjunctum, congiutivo, disjunctum, disgiuntivo, ‘if’ filoniano, il quantificatore
universale o totale (ogni), il quantificatore parziale o essitenziale (G.
jemand), il descrittore, descriptum) non è
privo di ‘segnato’. Il segno di negazione, p. es., ‘non’, segna la negazione.
‘Non piove’ segna che non è il caso che piove.
Il segno (‘non’) ha come UNICO segnato quello che s’esprime nella forma logica
(explicatura, no implicatura). L’intensionale e il contenuto nozionale di ciò
che è mentato o segnato, distinto dal segnato estensionale o funzionale – e
spiegabile in una teoria di mondi possibili. Pensatile sempre dentro e mediante
una determinata struttura logicha. L’atto de denotare (referire) e l’atto di
predicare sono le due elementi di un complesso proposizionale (“Fido is
shaggy”). Un oggetto dell'universo di riferimento, considerato reale nel modo
più ampio (valore di una variabile). Il valore di una profferenza è spiegato da
una teoria della correpondenza. Il valore di soddisfacibilità e parte del meta-languaggio che presuppone la sintassi, la
semantica, e la prammatica. Lo scopo del griceanismo: il segnato. Fondamento
della introduzione del segnato, simbolo mono-semantico, simbolo bi-semantico,
simbolo tri-semantico, segnato del termine, segnato della formula del
linguaggio. Relazione estensione/intensione, referenza e predicazione. Il
valore della profferenza di soddisfacibilità e
meta-linguistico. Rapporto tra sintassi, semantica e pragmmatica – linguaggi-
oggeto e meta-linguaggio. Il linguaggio di una teoria del ragionamiento
formalizzata elementare – Sistema G-hp. Calcolo di predicati di primo ordine
con identità.
Sintassi di una generica teoria del ragionamento normalizzata
elementare. Simbolo primitivo. Definizione ricorsiva del termine, definizione
ricorsiva della formula del sistema G-hp. Termine aperto e termine chiuso.
Formula aperta e formula chiusa. Profferenza semplice, proferrenza complessa.
Componente deduttivo, induttivo ed adduttivo di una generica teoria del
ragionamiento elementare (G. R. I. C. E. – gruppo per la ricerca dell’inferenza
e la comprensione elementare). Il segnato di una profferenza in romano ed
italiano (Piove). Il segnato intenzionale di una profferenza semiotica
comunicativa, distinzione tra atto intenzionale dell'io e forma intenzionale
con cui ciò che è segnato e compressibile dal ‘tu’, intenzionalità e
consapevolezza, forma intenzionale, contenuto intenzionato. Profferenza e modalità
intenzionale. Tre dimensioni del segnato nella profferenza comunicativa; Il
segnato della profferennza assertiva (il simbolo di Frege),L’assertivo di una
profferenza semplice. Segnato intensionale (il senso fregeiano) di una
profferenza semplice. Il topico o denotatum di una profferenza semplice (“The
dog is shaggy”). Il segnato logico del termine, il segnato intensionale del
termine, il segnato referenziale del termine, ragioni che giustificano
l'introduzione di una descrizione chiusa nel Sistema G-hp di una teoria del
ragionamento Normalizzata elementare. Il segnato logico, intensionale e
referenziale del segno predicativo (‘shaggy’), il segnato logico del segno
predicativo, il segnato intensionale del segno predicativo, Relazione tra
segnato logico e segnato intensionale del segno predicativo. Il segnato
referenziale del segno predicativo, rapporti tra il segno intensionale e il
referente o denotatum or relatum di un segno predicativo. Il segnato del segno mono-sematico.
Il segnato logico del segno del negare
(cf. Grice, “Negation and Privation”). Il segnato logico di una operazione di
connessione fra sintagme: le particelle coordinante ‘e’, ‘o,’ e subbordinante,
‘se’, il segnato del segno di quantificazione totale o universale, ‘ogni’ – il
segnato del segno di quantificazione sustituzionale parziale o esistenziale
(Ex), Il segnato del segno dell’articolo definito (‘il’), descrizione, el
segnato logico dei segni ausiliari, il segnato intensionale e referenziale di
una profferenza complessa, il segnato intensionale di una profferenza complessa;
il denotatum di un profferenza complessa. Refutazione delle impostazione
convenzionalista (in termini di implicatura convenzionale) di Strawson circa
l'interpretazione del formalismo. Ragioni della inadeguatezza dell’approccio di
Strawson, interpretazione logica, interpretazione intensionale e interpretation
referenziale della semantica di una teoria dell’inferenza elementare, interpretazione
intensionale del linguaggio di una teoria, interpretazione referenziale del linguaggio
di una teoria, il valore di satisfactorieta di una profferenza nel sistema G-hp
nel quadro del meta-linguaggio. I requisiti della definizione del valore di
soddisfacibilità; condizioni che rendono la definizione
di ‘soddisfacibile’ adeguata al contenuto della nozione intuitiva, condizioni
che devono essere soddisfatte perché la definizione del valore sia formalmente
sana. Il valore di soddisfacibile associato a una profferenza del sisstema
G-hp. Considerazioni sulla definizione del valore di soddisfacibile, distinzione
tra concetto di soddisfacibilità e criterio di
soddisfacibilità. Il valore di soddisfacibilità
associato ad una profferenza non è ‘segnato’ dalla
profferenza o profferente a cui è associata, il soddisfacibile rispetto alla
profferenza a cui a associate non e ‘segnato’, ma un valore. Il soddisfacibile è
meta-linguistico, profferenza soddisfacibile, relazione tra profferenza
soddisfacibile e ragionamento sano. Il principio di bivalenza (Tertium non
datur – il terzo incluso). Stato del problema: la polemica Grice/Strawson. Il valore
di soddisfacibilità è associabile soltanto
alla profferenza per la quale il communicatore o profferente (implicans,
implicaturus) segna che p o q, il valore di soddisfacibilità e associabile a
ogni profferenza. Critica di un sistema bivalente che accetta la categoria
confuse di “lacuna” di valore di soddisfacibilità. Bivalenza e il sistema considerato
poli-valente. Bivalenza e l’intuizionismo di Lemmon e Dummett. Communicazione e
segnato, rapporto tra materia e forma dell’espressione per la quale il
communicatore o profferente o implicaturus segna (empiega) che p o q e il
rispettivo segnato. Il segnato come
criterio per determinare la primitività di un
simbolo, Le regole o teoremii di formazione sintattica d’introduzione e
eliminazione, il teorema del ragionamiento sano definito dalla sintassi e il
segnato logico. Communicazione naturale, segnare artificiale, arbitrario, non
naturale, e segnato. Natura, genesi, funzione e invarianza della forma e
struttura logica. Natura, genesi e funzione della forma predicativa (“Fido is
shaggy”), natura, genesi e funzione della forma soggettiva o topica, natura,
genesi e funzione della forma logica semplice, Natura, genesi e funzione della
forma logica espressa da un simbolo mono-semantico di operazione logica, Rapporto
tra l'attività dell'io intenzionante (implicaturus, e la struttura logica
intesa come modalità con cui il contenuto e intenzionato (“He went to bed and
took off his boots”). L'invarianza della forme o struttura logica. Grice:
“Alessandro Emiliani should be distinguished from Alessandro Emiliani.
Alessandro Emiliani is a philosopher; Alessandro Emiliani is a semiotician!” Alessandro
Emiliani. Emiliani. Keywords: semiotica, Dr. Wilde. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice ed Emiliani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763275664/in/dateposted-public/
Grice ed Enriques – implicatura arimmetica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Livorno). Filosofo. Grice: “I like
Enriques; of course his “Problemi della scienza’ implicates that philosophy
does not have any!” Il Dipartimento "Federigo Enriques" di Matematica
dell'Università degli Studi di Milano, via Saldini, Milano. Nato in una
famiglia ebrea, si trasferì a Pisa. Suo fratello Paolo Enriques, uno zoologo,
fu padre di Enzo Enriques Agnoletti e Anna Maria Enriques Agnoletti. Dopo gli
studi liceali, compì gli studi universitari a Pisa e la Scuola Normale
Superiore. Si laurea. Frequenta in seguito un anno di perfezionamento a Pisa e
uno a Roma, dove ebbe modo di incontrare e collaborare con Castelnuovo. Inizia
inoltre a collaborare con Cremona, Segre e Amaldi. Lincei. Insegna a
Bologna. Fu invitato presso l'Roma, per occupare la cattedra di matematiche
superiori e di geometria superiore. Venne invitato da Neurath a divenire un
collaboratore dell'Encyclopaedia of Unified Science, la cui pubblicazione era
stata individuata come lo strumento per lo sviluppo del movimento per l'unità
della scienza (cf. Grice, “Einheit des Wissenschaft”). Quando però furono
promulgate le leggi razziali anti-ebraiche, e espulso dall'insegnamento e da
qualsiasi altra occupazione legata all'attività culturale. Durante
l'occupazione tedesca fu dapprima nascosto in casa di Frajese e poi a San Giovanni in Laterano. Insegna
a Roma nella scuola ebraica clandestina fondata da Castelnuovo per i giovani
ebrei estromessi dalle università italiane, e riusce a pubblicare alcuni
articoli in forma anonima sul Periodico delle Matematiche, di cui era stato
direttore. Torna a insegnare. Tra i fondatori della scuola italiana di
geometria algebrica, allarga gli orizzonti del dibattito scientifico
occupandosi di filosofia, storia e didattica della matematica. Fonda la Società
filosofica italiana (di cui fu presidente), assieme a Bruni, Dionisi, Rignano e
Giardina fonda la rivista internazionale Rivista di Scienza ed e nominato
direttore del Periodico di matematiche, organo della Mathesis. Diresse, tra
l'altro, la sezione di matematica dell'Enciclopedia Italiana. Fu un
filosofo di notevole livello e la sua fama fu internazionalmente riconosciuta.
I suoi contributi allo sviluppo della geometria algebrica furono rilevanti, per
importanza e originalità. Il periodo in cui si trova a vivere era un periodo di
cambiamenti epocali, cambiamenti che interessarono anche i concetti base della
matematica e della fisica. Enriques recepì immediatamente la portata delle
novità introdotte dalle opere di Einstein, che fu da lui invitato a tenere una
conferenza a Bologna. Nel campo dei fondamenti della matematica si ricordano i
testi scolastici di grande diffusione, rivolto all'insegnamento nei licei e
scuole superiori, nei quali la geometria euclidea, l'algebra elementare e la
trigonometria vengono presentate con il metodo razionale deduttivo. Fra le sue
opere più diffuse di matematica elementare si ricordano: Questioni
riguardanti le matematiche elementare, Questioni riguardanti la geometria elementare,
Bologna Zanichelli); Elementi di Geometria ad uso delle scuole superiori (con
U. Amaldi), Zanichelli Bologna e successive edizioni e ristampe); Nozioni di matematica ad uso dei licei moderni
(con U. Amaldi), Zanichelli Bologna); Gli elementi di Euclide e la critica
antica e moderna (Roma e Bologna, Le matematiche nella storia e nella cultura,
Bologna. Come opere principali di matematica superiore si ricordano in
particolare: Lezioni di geometria proiettiva, (it, de). Lezioni di geometria
descrittiva, Bologna, Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle
funzioni algebriche. Bologna. Lezioni di geometria descrittiva, Le superficie
algebriche, Oltre alla sua attività come matematico, sviluppa significative
ricerche di epistemologia, storia della scienza e filosofia della scienza.
Questo suo impegno per il rinnovamento della cultura, avvenne in un periodo non
facile, sia per gli eventi bellici, sia per la cultura dominante nella prima
metà del Novecento, caratterizzata dalla filosofia idealistica e dal ridotto
interesse verso la cultura scientifica. Fra le sue numerose saggi in queste
materie si ricordano: Problemi della scienza” (Zanichelli, Bologna); “Razionalismo
e storicismo in "Rivista di Scienza", Zanichelli, Bologna, Il
pragmatismo in "Scientia", Zanichelli, Bologna); “Scienza e
razionalismo, Zanichelli, Bologna. Matematiche e teoria della conoscenza in
"Scientia", Zanichelli, Bologna); “Per la storia della logica,
Zanichelli, Bologna. Storia del pensiero scientifico, Bologna, scritta con G.
Santillana. Il significato della storia del pensiero scientifico, Bologna, ripubblicato
da Barbieri, La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni,
Bologna. Le dottrine di Democrito d'Abdera. Testi e commenti, con M. Mazziotti,
ripubblicato per Edizioni immanenza. Sviluppò una corrente di pensiero vicina
al razionalismo. Assieme a Peano si può considerare uno dei principali filosofi
italiani che si sono dedicati allo studio della logica e della filosofia della
scienza nella prima metà del Novecento. Ha messo in luce due aspetti fondamentali
del pensiero scientifico nella prima
metà del sec XX: la sempre maggiore specializzazione delle discipline fisiche,
tecniche, ecc. e la tendenza al rinnovamento che si è avuta sia nei fondamenti
della matematica, sia nella fisica moderna. Assieme a Bruni, Dionisi, Giardina
e Rignano, fonda la rivista di ricerca e divulgazione scientifica Rivista di
scienza (rinominata successivamente Scientia), con l'obiettivo dichiarato di
superare le divisioni disciplinari in nome dell'unità del sapere e contro
l'eccessiva specializzazione accademica. Contro codesti criterii ristretti
intende reagire soprattutto il movimento nuovo di pensiero verso la sintesi;
una Filosofia libera da legami diretti coi sistemi tradizionali, sorge appunto
a promuovere la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie,
e ad affermare un apprezzamento più largo dei problemi della Scienza. Pel quale
il particolarismo stesso viene compreso in un aspetto più adeguato nella interezza
del processo scientifico. (Programma, Rivista di Scienza). Condusse la rivista,
quando un articolo di Rignano sulle cause della guerra lo costrinse a
rassegnare le dimissioni. Torna alla direzione alla morte di quest'ultimo e
sotto sua esplicita richiesta fino al’anno delle leggi razziali. Abbandonato
ogni incarico, ritorna infine alla guida di Scientia a due anni dalla morte. Il
primo saggio significativo dedicato da Enriques a questioni di metodo e
filosofia della conoscenza è l'opera Problemi della scienza nella quale compie
un'analisi articolata delle varie discipline della matematica, della geometria,
della meccanica, della fisica edella chimica alla fine del XIX secolo. Mette in
evidenza l'importanza che lo scienziato deve analizzare con la massima
attenzione, sia i fondamenti logici e sperimentali delle diverse
discipline, sia il contesto storico e le situazioni in cui i principi
scientifici sono stati scoperti. In quest'opera Enriques indica che una
visione dinamica della scienza, porta naturalmente nel terreno della storia. I
fondamenti della scienza quindi non possono essere capiti completamente se non
si analizza anche il contesto storico e culturale nel quale sono stati
formulati. L'opera ebbe maggiore fortuna e diffusione all'estero, che non in
Italia, dominata agli inizi del Novecento dalla cultura letteraria e della
filosofia idealistica. Il suo pensiero trova riscontro nelle teorie
elaborate dai massimi epistemologi filosofi fra cui Popper, Lakatos e Kuhn. In
particolare nel pensiero di Lakatos e di Kuhn viene sviluppata la concezione
della formazione storica dei concetti scientifici, come opera di più autori e
ricercatori, che in un determinato periodo storico elaborano una serie di
principi-base sui quali viene sviluppata una teoria ipotetico-deduttiva e le
successive verifiche sperimentali. Importante è anche la presa di
posizione sia rispetto alla filosofie idealistiche del ‘900, che hanno
tralasciato gli aspetti della filosofia della scienza, sia la sua posizione
critica rispetto alla filosofia di Kant. In particolare, critica il concetto di
giudizio sintetico a priori di Kant (Critica della ragion pura). Secondo
Enriques, i principi fondamentali delle scienze sono elaborazioni razionali
derivate per induzione dall'esperienza e dalla percezione sensoriale e non sono
giudizi sintetici a priori. In questo saggio porta alcuni esempio fondamentali.
I postulati della geometria sono generalizzazioni, per astrazione, di semplici
esperienze geometriche, che ogni allievo compie fin dalle prime osservazioni
razionali del mondo esterno, svolte anche in ambito scolastico. I principi
della geometria sono generalizzazioni di esperienze sensoriali concrete.
Allo stesso modo anche i principi della Fisica e della Chimica derivano
direttamente da generalizzazioni di esperimenti reali. Ad esempio la Legge di
conservazione della massa dovuta a Lavoisier non è un giudizio sintetico a
priori, come crede Kant. È noto infatti che deriva da semplici esperimenti
fisici, svolti pesando i composti chimici prima e dopo una reazione
chimica. La nuova impostazione razionalistica e storica fu avviata in
Italia da Enriques, in Francia da Duhem e in Austria da Mach e da altri autori
riunitisi intorno al Circolo di Vienna. Fu poi sviluppata ulteriormente in
Italia da Geymonat e dalla sua scuola milanese che ha ripreso gli studi di
Enriques, sviluppando i temi di storia della scienza e di filosofia della scienza.
Un'altro saggio fondamentale è Per la storia della logica che mette in evidenza
l'importanza della deduzione, della induzione e gli altri aspetti
interpretativi ed epistemologici della logica. Il saggio ha un approccio
storico e descrittivo della logica è ricco di citazioni originali, e affronta
questo difficile argomento anche con una certa ironia ed eleganza letteraria.
Nell'opera, sono illustrati in modo semplice e sintetico i contributi portati a
questa disciplina dai vari filosofi nelle varie epoche. Si può considerare uno
dei pochi testi in cui la materia è esposta in modo chiaro, essenziale e
interessante. Di notevole interesse per le fonti storiche citate e per la
narrazione della genesi dei concetti scientifici sono la serie di opere
dedicate alla storia della scienza. Il primo saggio fu la “Storia del pensiero
scientifico” scritto in collaborazione con G. Santilana. Quest'opera ripercorre
la storia delle scienze matematiche, geometriche, astronomiche, meccaniche e
fisiche dall'antica Grecia fino ai giorni nostri, con numerose citazioni e
fonti storiche degli autori originari. A esso seguirono altri testi di
approfondimento, fra cui, “Il significato della storia del pensiero scientifico
e La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni; Lineamenti
di filosofia della scienza. Dei numerosi saggi dedicati agli aspetti filosofici
della scienza si desumono i principali lineamenti del suo pensiero
razionalista, che, a titolo orientativo si possono cercare di sintetizzare nei
seguenti punti: Equilibrio fra intuizione e ragionamento logico. Nelle
opere scientifiche gli argomenti sono esposti in modo intuitivo, evidenziando i
motivi sperimentali e oggettivi alla base di alcuni concetti astratti. Dopo la
descrizione dei suoi principi, si sviluppa poi la materia con criteri logici,
deducendo razionalmente le principali leggi, teoremi e applicazioni. Questo
carattere, comune anche ai grandi scienziati del passato (Galilei, Cartesio,
Newton, Eulero, Coulomb, ecc.) contraddistingue il metodo di Enriques, rispetto
agli indirizzi formalisti che si sono avuti nella logica e nella
matematica del XX secolo. Problema della specializzazione delle scienze: ha
colto questo aspetto critico delle numerose edeterogenee discipline
scientifiche nel XIX e XX secolo. Per superare il problema della eccessiva
frammentazione del sapere ha proposto di ripensare i concetti fondamentali
della fisica, della geometria, della matematica e delle altre scienze naturali
con criteri unitari, approfondendone il significato intuitivo, sperimentale e
la sua genesi storica. Approccio storico alla conoscenza scientifica. Questo
aspetto caratterizza il metodo di Enriques, che ha sviluppato con passione e
impegno moltissimi aspetti di storia della scienza. La storia della scienza fa
parte della scienza stessa. Per capire veramente un teorema non è sufficiente
capire solo la sua dimostrazione, ma anche il contesto storico nel quale è
stato formulato, quali sono stati i problemi tecnici che hanno portato alla sua
formulazione e come sono stati risolti tali problemi con l'applicazione delle
teorie scientifiche. Sviluppato in Italia il nuovo approccio di storia della
scienza avviato da Mach e da Duhem, precursori del gruppo di filosofi e
scienziati Professore del Circolo di Vienna. Valenza fisica dei concetti
geometrici. La geometria può essere considerata come il primo capitolo della
fisica, diversamente dai matematici e filosofici formalisti che la considerano
una scienza astratta. L'orientamento formalista nella geometria è stato
delineato da Kant (Critica della ragion pura) per il quale i postulati
geometrici non derivano solo dall'esperienza visiva, ma sono giudizi sintetici
a priori di carattere soggettivo e indipendenti dalle percezioni sensoriali. La
tesi di Kant è stata discussa dai massimi esperti di filosofia teoretica con
orientamenti contrastanti. Nel XIX secolo in opposizione a Kant si è delineato
un approccio fisico-sperimentale ai principi geometrici, al quale hanno aderito
molti storici e filosofi della scienza. Ha contribuito alla riscoperta del
significato più autentico, di carattere storico, intuitivo e sperimentale alla
base della geometria, della matematica e delle scienze fisiche. Contributi su
Scientia Articoli “Eredità ed evoluzione” su amshistorica.cib.unibo. “I numeri
e l'infinito” su amshistorica.cib.unibo. “Il pragmatismo” su
amshistorica.cib.unibo. “Il principio di ragion sufficiente” su
amshistorica.cib.unibo. “Il problema della realtà” su amshistorica.cib.unibo. “Il
significato della critica dei principii nello sviluppo delle matematiche” su
amshistorica.cib.unibo. “Importanza della storia del pensiero scientifico nella
cultura nazionale” su amshistorica.cib.unibo.
su amshistorica.cib.unibo. “L'infinito
nella storia del pensiero” su amshistorica.cib.unibo. La filosofia positiva e
la classificazione delle scienze, I motivi della filosofia di Eugenio Rignano,
su amshistorica.cib.unibo. Recensioni (in francese) Ailly (D'),Imago mundi, Aliotta, A. L'esperienza
nella scienza, nella religione e nella morale, su amshistorica.cib.unibo. Archibald, R. C. Outline of the History of
Mathematics, su amshistorica.cib.unibo.
Bignone, E. L'Aristotele perduto
e la formazione filosofica di Epicuro, su amshistorica.cib.unibo. Blanche, R. Le rationalisme de Wewell, su
amshistorica.cib.unibo. Bouasse H.Bachot
et bachotage, su amshistorica.cib.unibo.
Brunetet Mieli, A. Histoire des Sciences. Antiquite, su
amshistorica.cib.unibo. Brunschwig, L. De
la connaissance de soi, su amshistorica.cib.unibo. Carbonara, C. Scienza e filosofia ai principi
dell'età moderna, su amshistorica.cib.unibo.
Carnap, R. L'ancienne et la nouvelle logique, su
amshistorica.cib.unibo. Carnap, R. La
Science et la Metaphysique devant l'analyse logique du langage, su
amshistorica.cib.unibo. Caullery, M. La
science francaise depuis le XVII siecle, su amshistorica.cib.unibo. Collected papers of Charles Sanders Peirce,
su amshistorica.cib.unibo.
Correspondance duMarin Mersenne, su amshistorica.cib.unibo. CournotConsiderations sur la marche des idees
et des evenements dans les temps modernes, su amshistorica.cib.unibo. Crowter, J. G.British Scientists of the
Nineteenth Century, su amshistorica.cib.unibo.
D'Amato, F. Studi di storia della filosofia, su
amshistorica.cib.unibo. De Waard,
G.L'experience barometrique, ses antecedents et ses explications, su
amshistorica.cib.unibo. Del Vecchio
Veneziani, AGaetano Negri, su amshistorica.cib.unibo. Della Volpe, G. La filosofia dell'esperienza
di Davide Hume, su amshistorica.cib.unibo.
Della Volpe, G. La filosofia dell'esperienza di Davide Hume, su
amshistorica.cib.unibo. Dingler,
H.Philosophie der Logik und Arithmetik, su amshistorica.cib.unibo. Dugas, R.Essai sur l'imcomprehension mathematique,
su amshistorica.cib.unibo. Fano, G. Geometria
non euclidea, su amshistorica.cib.unibo.
Frank, Ph. Theorie de la connaissance et physique moderne, su
amshistorica.cib.unibo. Galilei, G. Opere,
su amshistorica.cib.unibo. Ginzburg, B. The
Adventure of Science, su amshistorica.cib.unibo. Gli atomisti. Frammenti e testimonianze, su
amshistorica.cib.unibo. Gregory, J.
C.Combustion from Heracleitos to Lavoisier, su amshistorica.cib.unibo. Hahn, H. Logique, mathematique et
connaissance de la realite, su amshistorica.cib.unibo. Heidel, W. A.The heroic Age of Science, su
amshistorica.cib.unibo. Hessenberger, G.
Grundlagen der Geometrie, su amshistorica.cib.unibo. I frammenti degli stoici antichi, su
amshistorica.cib.unibo. Jaffe, H. Natural
Law as controlled but not determined by Experiment, su
amshistorica.cib.unibo. James W. Philosophie
de l'experience, su amshistorica.cib.unibo.
Janek, A. Die realitat vom Standpunkte des Efallelismus, su
amshistorica.cib.unibo. Keyser, C.
J.Mathematics and the Question of Cosmic Mind, with other Essays, su
amshistorica.cib.unibo. La philosophie
de Giovanni Vailati, su amshistorica.cib.unibo.
La philosophie de la nature, su amshistorica.cib.unibo. Le Bon G. La Revolution Francaise et la
psychologie des revolutions, su amshistorica.cib.unibo. Lecat, M.Erreurs de mathematiciens des
origines a nos jours, su amshistorica.cib.unibo. Lennhardt, H.La nature de la connaissance et
l'erreur initiale des theories, su amshistorica.cib.unibo. Liebert, A. Philosophie des Unterrichtes, su
amshistorica.cib.unibo. Maiocco F. L.Le
leggi di Mendel e l'eredita, su amshistorica.cib.unibo. Marshall, C. E.Microbiology, su
amshistorica.cib.unibo. Matematiche e
teoria della conoscenza, su amshistorica.cib.unibo. Metz, A. Meyerson, une nouvelle philosophie
de la connaissance, su amshistorica.cib.unibo.
Metzger, H. La philosophie de la matiere chez Lavoisier, su
amshistorica.cib.unibo. Meyerson, E. Du
cheminement de la pensee, su amshistorica.cib.unibo. Ness, A.Erkenntnis und Wissenschaftliches
Verhalten, su amshistorica.cib.unibo.
Nordstrom, J.Moyen age et Renaissance, su amshistorica.cib.unibo. Platone e la teoria della scienza, su
amshistorica.cib.unibo. Reflexions sur
l'art d'ecrire un traite: a propos d'un traite de mathematiques, su
amshistorica.cib.unibo. Rensi, G. Le
ragioni dell'Irrazionalismo, su amshistorica.cib.unibo. Rey, A.Rey, A.Les mathematiques en Grece au
milieu du V siecle, su amshistorica.cib.unibo.
Servien, P.Principes d'esthetique. Problemes d'art et langage des
sciences, su amshistorica.cib.unibo.
Smith, D. E.The Poetry of Mathematics and other Essays, su
amshistorica.cib.unibo. Spirito, U. Scienza
e filosofia, su amshistorica.cib.unibo.
Stefanini, L. Platone, su amshistorica.cib.unibo. Stefanini, L. Platone, su
amshistorica.cib.unibo. Tannery, P.Puor
l'histoire de la science hellène, su amshistorica.cib.unibo. Wind, E. Das Experiment und die Metaphysik,
su amshistorica.cib.unibo. Wolf, A. A
History of Science, Technology and Philosophy in the 16 and 17 Centuries, su
amshistorica.cib.unibo.L'autore ha curato una decina di manuali didattici di
geometria e algebra elementare e oltre 20 trattati di matematica superiore. Ha
inoltre pubblicato un'ampia serie di testi di storia e di filosofia della
scienza e numerosi articoli specializzati. L'elenco completo delle sue opere
comprende oltre 300 titoli, fra saggi, articoli e trattati
scientifici. Questo testo proviene
da Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di
Storia della Scienza di Firenze Spoglio di articoli e recensioni disponibile
sul Catalogo Italiano dei Periodici (ACNP). Informazioni sulla storia
editoriale di Scientia. Silvia Haia Antonucci e Giuliana Piperno Beer, Sapere
ed essere nella Roma razzista. Gli ebrei nelle scuole e nell’università, Roma,
Gangemi editore, Collana Roma ebraica-7,
Tina Nastasi,Federico Enriquez e la civetta di Atena, ed plus,Pisa, Comunità
ebraica di Livorno. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Federigo Enriques / Federigo
Enriques (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Federigo Enriques, su MacTutor,
University of St Andrews, Scotland. Federigo Enriques, su Mathematics Genealogy
Project, North Dakota State University.
Opere di Federigo Enriques, su Liber Liber. Opere di Federigo Enriques, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Federigo Enriques, Gaspare Polizzi, ENRIQUES, Federigo,
in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Edizione nazionale delle opere. Digitalizzazione
completa di Scientia e Rivista di Scienza su AMS Historica. Sito ufficiale del
Centro Studi Enriques di Livorno. "Le Armonie Nascoste", un recente
documentario su Enriques su lalimonaia.pisa. Coloro che s'immergono nella dialettica, dice Aristone di Chio, fanno
come i mangiatori di gamberi: per un boccone di polpa perdono il loro tempo sopra
un mucchio di scaglie. Ma Hamilton, riportando il motto, vi aggiunge
un’osservazione che non sembra aver perduto valore ai nostri giorni. Da noi,
dice, il filosofo perde il tempo senza nemmeno gustare un boccone di polpa.
Infatti il filosofo che ha percorso gli studi romani antichi classici,
domanderebbe invano alla dialettica che gli fu insegnata, un concetto adeguato
di quello che è l’ordinamento di un calcolo deduttiva come la geometria, nonché
una spiegazione del significato e del valore dei principi che s’incontrano in
la geometria. Che cosa e una definizione, un’assioma, un postulato? Che posto
occupano nell’organismo della teoria dialettica? Quali sono i criteri che
presiedono alla loro scelta o che permettono di giudicare della loro
accettabilità? Tutte queste domande rimangono senza risposta, pel filosofo, se
pure ad esse si alluse vagamente da qualche oscura dottrina del concetto. Certo
esse non ricevono lume dalle minute classificazioni sillogistiche, per mezzo
delle quali egli vien abilitato, quando mai, a verificare ciò che non ha alcun
bisogno di verifica, cioè la coerenza formale di una dimostrazione geometrica.
Ora è essenziale rilevare che il filosofo, ponendosi il problema dell’ordinamento
della propria disciplina, si ritrova in faccia alla dialettica nella posizione
stessa dei filosofi che hanno lavorato a costruirne l’edifizio, giacche lo sviluppo
della dottrina del ragionamento procede appunto dalla critica dei filosofi che
hanno riflettuto intorno alla natura e all’ordine della consequenza logica. Come
padre della dialettica viene designato Aristotele. Ma Aristotele non può essere
ritenuto se non raccoglitore e sistematore di ciò che nella dialettica e
elaborato prima di lui, qualunque sia il contributo originale che può aver
recato al sistema. L'affermazione precedente apparirà tosto giustificata quando
si ricordi che le matematiche avevano raggiunto, già all’epoca di Platone, uno
sviluppo assai elevato, [Il vanto che Aristotele dà a sè stesso (al termine
degli Elenchi Sophistici) di aver creato una nuova scienza, appare, a chi legga
tutto il paragrafo, riferirsi in modo stretto alla scienza della discussione o
dialettica o collequenza e ad ogni modo non prova nulla contro il nostro
asserto. La logica degli anlichi fiacche — a partire da Ippocrate di Chio — si
cominciò a scrivere trattazioni dei suoi Elementi. Anche, che anzi, proprio
all'epoca di Platone, ed in più o meno stretta connessione coll’accademia da
cui pure usce Aristotele, alcune teorie aritmetiche furono oggetto di una
profonda elaborazione critica (Eudosso, Teeteto...), che costituisce il
precedente storico degli Elementi d'Euclide. Anche, che, d’altra parte, la
dialettica aveva ricevuto uno straordinario sviluppo nelle discussioni dei
Sofisti, sia presso i primi insegnanti salariati che presero tal nome, filosofi
— come Protagora dì Abdera — sostenitori dell’ empirismo avverso il
razionalismo metafisico del circolo di Velia, sia, più specialmente, presso i
Megarici ed altri pensatori affini, che, in connessione coi circoli socratici,
ripresero e svolsero in un modo formalistico la veduta veliatica. La finezza di
alcuni sofismi attribuiti a filosofi di Velia, basterebbe da sola a
testimoniare della profondità dell’analisi da essi ragggiunta, di fronte a cui
fanno talora meschina figura le spiegazioni o confutazioni d’Aristotele negli
Elenchi Sophistici. Aggiungasi che le stesse polemiche aristoteliche contro
avversari non nominati (per esempio, intorno alla necessità e al carattere dei
principi negli Analytica posteriora) valgono ad indicare che il problema logico
dell’ordinamento di un calcolo analitico-deduttivo si dibatte secondo vedute
diverse, alcune delle quali si riveleranno — ad un esame approfondito — più
vicine alle vedute moderne, in confronto a quelle adottate dal filosofo di
Stagira. I trattati d’Aristotele, che furono raccolti sotto il nome comprensivo
di Organo, manifestano la doppia origine, dalla critica dell’aritmetica e dalla
pratica della colloquenza. Infatti, i primi due saggi (Categoriae e De
Interpretatione) si riferiscono alla classificazione o tassonomia delle
espressione isolate e della proposizione, formando quasi una introduzione a
tutta l’opera. I due saggi successivi (Analytica priora e Analytica posteriora)
svolgono appunto la colloquenza come calcolo, quale risulta dall’analisi del
ragionamento. Invece i due saggi (Topica ed Elenchi Sophistici) concernono
l’arte della colloquenza o argomentare, mirante — non all’analitico ma soltanto
al ‘desirabile’ ed al ‘credibile’ o ‘probabile’ in rapporto alla pratica della
colloquenza. Aristotele ritiene per quest’arte il nome eleatico-platonico di
‘colloquenza’, mentre distingue col nome di propedeutica analitica – lo studio
dell’analitico -- l’esame del procedimento della scienza dimostrativa, in cui
dalla possibilità della scienza si desumono le condizioni del suo ordinamento
questo senso è stato ripreso da Kant in quella parte della Critica della ragion
pura che costituisce l’Analitica trascendentale. L’espressione ‘logicus’ è
usato dal nostro per designare procedimenti del discorso che, non partendo da principi,
non hanno valore dimostrativo. Ma quest’espressione s'incontra, già prima,
[Quest’osservazione è fatta da Pranll, Geschichte der Logik. La logica degli antichi
nel titolo di un saggio di Democrito d’Abdera: rtepi Xoytxwv i) xavwv. E nella misura in cui
si può ammettere che Aristotele ne abbia conservato il ‘significato’,
rivelerebbe una diversa cocezione (più relativa e formale) del ragionamento: la
quale s’incontra di fatto dopo Aristotele, e spalmente presso gli Stoici. Ora
questi filosofi, appunto a partire da Zenone Cizio, designano come “to logikón”
quella parte della filosofia che ha relazione al “logo” o discorso, e che
comprende questioni attinenti al ragionamento e questioni rettoriche o di
grammatical della profundita; mentre la scuola contemporanea di Epicuro ha
tratto sicuramente da Democrito il nome di canonica, con cui designa le regole
del metodo. Siffatte osservazioni, tendono a mostrare che l’influenza della vasta
opera aristotelica sui successori, non fu così esclusiva come di solito si
ammette, e c’inviterà a ricercare in questi stessi successori il riflesso delle
opinioni più antiche, ed in particolare di quelle del maestro d’Abdera. Per formarsi
un concetto dell’origine della logica, sarebbe interessante di ricercare se e
quali ([Diels, Die Fragmente der Vorsokraliker: Dem.A 33, B. 10^. Diog. Laert.
VII, 33 (In Arnim, Diogenes, 16). CO Aggiungeremo che Prantl opina che il nome
proprio vj , come appellativo della scienza del ragionamento, o come nome comprensivo
di esso e della rettorica, introduca piuttosto dai tardi peripatetici che dagli
stoici] rapporti sieno interceduti fra la critica dei matematici e le sottili
disquisizioni e implicature dei sofisti. Clairaut, per spiegare il rigore del
ragionamento di Euclide, notta: ce geomètre avait à convaincre des Sophistes
obstinés qui se faisaient une gioire de se lefuser aux vérités le plus
évidentes. Houel ripette che la forma dogmatica d’Euclide è dovuta a “sa
préoccupation de fermer avant tout la bouche à des sophistes que la Grece avait
le tori de prendre au sérieux.” “De là,” egli aggiunge, “son habitude de
demontrer toujours qu' une chose ne peul pas ótre au lieu de demontrer qu’ elle
est.” Queste affermazioni sono state frequentemente contestate, giacche è
difficile riconoscere che i sofisti abbiano esercitato un'influenza diretta,
non dico sopra Euclide, ma nemmeno sopra i geometri, suoi predecessori, che
hanno elaborato criticamente la scienza matematica. Tuttavia si può citare, a
questo proposito, qualche accenno ad una polemica antimatematica di Protagora e
di Antifonte tendente a restituire (avverso la filosofia razionalistica) il
carattere empirico (alla Mills, i. e., sintetico, non analitico) ai concetti
della geometria: argomenti dello [Elementi de geometrie, Parigi] [Essai
critique sur les Principes fondamenlaux de la Géométrie” Parigi] Nondimeno i
rapporti amichevoli di Protagora col matematico Teodoro di Cirene sono attestati
da Platone: Teeteto 161 b 162 a. (Aristotele, Met. II, 2. (20). Cfr. Simplicio
in Aristotele Phys.: Diels B. 13. La logica degli antichi] stesso genere
vedonsi comunemente ripetuti dagli empiristi» e — per quanto concerne
l'antichità — si trovano raccolti da Sesto Empirico (‘). Ma, qualunque veduta
si abbia intorno alle idee espresse da Clairaut e da Hoiiel (che sono errate
almeno per quel che concerne la svalutazione del movimento sofistico I), un
altro nesso, più importante, appare fra la critica logica dei matematici e la
dialettica dei sofisti, poiché l’una e l’altra sono generate insieme dalla
filosofia di Velia. Infatti Zenone di Velia, è additato, dallo stesso
Aristotele, come inventore di quell’arte litigiosa che è la dialettica e,
d’altra parte, l’analisi penetrante di Tannery e di Zeuthen sui celebri
argomenti intorno al moto (la dicotomia, l’Achille, la freccia, ecc.), ha messo
in evidenza il loro significato e valore matematico, sicché il sottile
dialettico in cui la tradizione non ha veduto che un ragionatore ‘paradossale’,
si scopre ai nostri occhi come iniziatore di quell’ ordine di considerazioni
che costituisce l'analisi infinitesimale. Ed é sommamente istruttivo
riconoscere che proprio dalle considerazioni infinitesimali — in cui il
pensiero i trova esposto a non sospettate fallacie — trae origine la critica
del ragionamento, onde ne esce fuori la sco¬ perta del principio di contraddizione
e il procedimento [Adversus Aialhcmaticos, I. III. ( 2 ) Cfr. Diog., L., Vili,
57; Sesto Adv., Math., VII, 6 (in Diels, Zenone, A, IO); Aristotele ed. Didot]
di riduzione all'assurdo, o eliminazione della negazione. Democrito che
spingerà innanzi l’analisi infinitesimale, scoprendo il volume della piramide,
viene parimente ricordato da Diogene Laerzio come prosecutore della dialettica
zenoniana. Ma importa spiegare, sia pure con brevità, come le origini
dell’analisi infinitesimale si riattacchino ad un critica dei principi della
geometria, a cui pertanto viene a connettersi lo sviluppo della logica. La dimostrazione
delle cose che qui asseriamo si troverà nei lavori degli storici sopra citati, ed
anche in altri nostri scritti, in cui abbiamo trattato più particoiar-mente
questo soggetto. Secondo le notizie che ci vengono fornite da Proclo, nel
commento al primo libro dell' Euclide, le principali teorie geometriche che
costituiscono gli Elementi furono elaborate dai pitagorici e ricevettero già a
Crotone uno sviluppo dimostrativo. Zeuthen suppone che il punto di partenza di
questo sviluppo sia stato il tentativo di stabilire in generale la relazione
fra i quadrati dell’ipotenusa e dei cateti del triangolo rettangolo, nota sotto
il nome di teorema di Pitagora. D’altronde vi sono numerosi indizi che la
geometria pitagorica avesse come fondamento una teoria delle proporzioni (symmetria,
o della misura o analogia), basata sopra un concetto EMPIRICO del punto-esteso,
preso come [Cfr. Enriques, Il procedimento di riduzione all'assurdo, Bollettino
della Mathesis ».Cfr. in ispecie Tannery, Pour la Science hellcne , cap. X. La
logica degli antichi] elemento unitario di tutte le cose (monade). Così l’affermazione
pitagorica che le cose sono numeri è da interpretare nel senso che un corpo, o
una figura geometrica, che in questo stadio della filosofia si pensa in maniera
concreta, e un aggregato di punti, cioè unità aventi posizione. Ma l’ipotesi monadica
traeva con se la commensurabilità (simmetria) di due segmenti qualsiansi, che
appunto rendeva senz' altro possibile la misura, e questa conseguenza doveva
urtarsi — nel stesso circolo pitagorico— colla scoperta che la diagonale e il
lato del quadrato sono incommensurabili. Ora, mentre i pitagorici si
affaticavano intorno a questa difficoltà, altri filosofi che del resto sono usciti
dai medesimi circoli, iniziano la critica dei concetti geometrici, riconoscendo
che un ragionamento, il quale voglia mantenersi immune da contraddizioni, deve
riguardare il punto come privo di estensione, la linea come lunghezza senza
larghezza, la superficie senza spessore, e di qui vengoo naturalmente condotti
alle prime considerazioni infinitesimali. Questi critici razionalisti sono i
filosofi di Velia: Parmenide e il suo discepolo, l’italiano Zenone. La loro
speculazione segna un punto decisivo nella storia della filosofìa, perocché
essa proclama nettamente, per la prima volta, i diritti della ragione: il ragionamento
coerente viene assunto [Parmenide è annoverato fra i pitagorici nel catalogo di
Giarablico (Diels, Pyth, 45, A.) e delle sue relazioni con altri pitagorici ci
viene attestato da Diogene Laerzio. Senz’ altro a misura della verità, cioè
dell' esistenza metafisica, distinta e contrapposta all’ opinione probabile che
si riferisce alla realtà sensibile. Da questo razionalismo, per cui il pensiero
non esita a staccarsi dalle apparenze fenomeniche per serbare rigida fede ai
suoi principi, nasce — come si è detto — il metodo dialettico, che è il germe
della logica. La quale ebbe a svilupparsi di poi, mentre fervevano le
controversie fra empiristi e razionalisti, e — per opera di questi — si
proseguiva lo sviluppo dell analisi infinitesimale (Democrito), e se ne indagava
criticamente i principi (Eudosso). Ma, poiché questa critica — toccando alla
teoria fondamentale degli incommensurabili e delle proporzioni — veniva ad
involgere l’intiero problema dell’assetto rigoroso della geometria, la ricerca
logica non poteva limitarsi all’ analisi dei sottili procedimenti implicaturali
della deduzione, anzi doveva naturalmente estendersi all’ordinamento della
scienza e alla valutazione dei suoi principi. In rapporto a ciò che precede
riescono sommamente espressivi ed interessanti i giudizii di Plato ne, sebbene
forse, si sia esagerata dallo Zeuthen l’influenza che il filosofo ateniese può.
“Sur la riforme qu' a subie la malhématique de Platon à Euclide et gràce à
laquelle elle est devenue Science raisonnée, “Memorie dell’ Accademia di
Copenhagen”)] avere esercitato su pensatori matematici quali Eudosso Teeteto,
allorché designa il movimento critico el tempo col nome di riforma platonica
dèlle matematiche. Riferiamo alcuni passi della Republica 510. Quelli che si
occupano di geometria e di aritmetica ecc. assumono il “pari” ed il “dispari”,
e le figure e tre specie di angoli, e altri simili supposti nelle dimostrazioni;
e come avendone certa scienza questi supposti li prendono per base, e quasi
fossero evidenti non pensano affato a darne alcuna ragione, nè a se stessi, nè
agli altri; anzi, di qui partendo, ordinatamente dimostrano lutto il resto
giungendo infine a ciò che si proponevano di dimostrare. Essi si valgono, per
ciò, di figure visibili, e ragionano su di esse, non ad esse pensando, ma a
quelle di cui queste sono l’immagine, ragionando sul quadrato in se stesso e
sulla sua diagonale, anziché su quello o quella che disegnano; e cosìutte le
figure che formano o disegnano (quasi ombre o immagini specchiate dall' acqua),
tutte le adoperano come rappresentazioni, cercando di vedere attraverso di esse
i loro originali, che non sono visibili se nndall’intelligenza (5:cV3ix).... ».
(511). Questa specie invero io la dicevo intelligibile, e intendevo dire che
l’anima nell’ investigazione di essa, è costretta a valersi di remesse. Ci
valiamo dell’ed. Didot e della trad. it. edita da Laterza, che riportiamo con lievi
modificazioni. non procede al principio, perchè non è in grado di andare oltre
alle premesse, ma si vale, come d’ immagini, degli originali appartenenti al
mondo di quaggiù, da esse imitali, valutandoli e stimandoli come eidenti di
fronte a quelle,” mentre “il ragionamento che usa la forza della dialettica,
considerando le remesse non come principi ma soltanto come pre¬ esse — quasi
punti d’ appoggio e di partenza — giunge a ciò che più non ha premesse, cioè al
principio universale, e raggiuntolo e tenendosi fermo alle conseguenze che ne
derivano, perviene al fine senza far uso di nessun sensibile, cioè procede
dalle idee stesse alle idee attraverso le idee, per finire alle idee. Di qui la
distinzione posta fra la ragione del dialettico (vo’jc, vóy}oic) e
l’intelligenza del geometra (3:xvo:s() che sta di mezzo fra l’opinione e la
ragione”. La stessa distinzione ritorna in : Rep. (533c,...): la geometria e le
scienze affini sognano rispetto all’ essere, ma è imposibile che lo vedano ad
occhi aperti, intanto che si valgono di postulati e li tengon fermi, mentre non
sanno renderne conto. Veramente la disciplina, che ignora il suo principio, e
che ha la fine e il mezzo legato a ciò che non sa, come si potrebbe chiamarla
scienza ?... » .Vi è qualche difficoltà a comprendere queste vedute. Anzitutto
giova respingere l’ interpretazione più comune, che stabilisce una differenza
radicale fra la ragione del dialettico e l’intelligenza del geometra, giacché
non si riesce a dare alcun significato alle idee platoniche, se non ammettendo
che esse esistano nello stesso modo in cui si afferma l’esistenza di rapporti o
di forme matematiche nella natura. L' apparente contraddizione fra questo modo
d'intendere la dottrina e le parole del testo sopra accennato, si toglie ammettendo
che il posto inferiore attribuito alle matematiche di fronte alla dialettica,
si riferisca non tanto alle matematiche pure, costruibili come scienze (pafW’yiJ.aT*)
secondo l’ideale del nostro, quanto alle matematiche considerate come arti
(zl'/yy.:). Ed in appoggio a tale veduta si possono citare altri passi dello
stesso dialogo, p. es.: Rep. (527) anche
coloro che sono poco profondi in geometria, non metteranno in dubbio che questa
scienza è tutto il contrario di quanto parrebbe dalla terminologia che usano
quelli che la professano. È una terminologia troppo ridicola e misera, perchè —
quasi si trattasse di scopo pratico — parlano sempre di quadrare, di prolungare
o di aggiungere. Invece tutta la scienza si coltiva collo scopo di conoscere”. Ma
qual’ è l’ordinamento della geometria vagheggiato da Platone? su che base
vorrebbe egli edificarne i principi? I passi citati indicano assai chiaramente
che per conferire alla scienza un valore razionale, il filosofo [Cfr. G.
Milhaud: Les philosophes géometres de la Grece. Parigi, Alcan; Enriques:
Scienza e razionalismo, Bologna, Zanichelli] vorrebbe eliminare quelle domande
che si pongono a fondamento delle dimostrazioni, sotto il nome di postulati
(axioma), mercè cui si assume la possibilità di certe costruzioni, facendo
appello ad operazioni pratiche sopra modelli sensibili. La base della
geometria, edificata secondo i criteri della dialettica, consisterebbe duue in
pure definizioni (il procedimento dialettico ha appunto come scopo di definire
i concetti !) o in principi evidenti — quali gli assiomi — che Platone
riguarderebbe come conoscenze innate, giusta la teoria della reminiscenza (annamnesis)
esposta nel Menone. In tal guisa le proprietà elementari che una figure
visibile ha porto occasione di riconoscere, merce 1 intelligenza ideahzzatrice
(dianoia), apparirebbero fondate sulla pura ragione (nous). Rivolgendoci agli
Analytica di Aristotele, vi troveremo notizie più precise sui criteri adottati
dai geometri nell ordinamento logico della scienza, criteri che sara
interessante di raffrontare a quelli che appaiono, in atto, negli Elementi
euclidei. Già al principio degli Analytica priora, l’autore definisce il
concetto della scienza di cui imprende lo studio. Anzitutto e da dire il
soggetto e lo scopo di questo studio: il soggetto è la dimostrazione e lo scopo
è la scienza dimostrativa (à~:a~y.tirj à7to8sM~:xf/). Quindi, negli stessi
Analytica priora, viene a stabilire la teoria del sillogismo (teorico o aletico,
e pratico o volitivo), e passa poi ad esaminare — nei posteriora —
l’ordinamento delle scienze deduttive, riferendosi perciò continuamente alle matematiche.
Quest’ ultimo trattato, che qui occorre specialmente esaminare, si apre coll’
enunciato che ogni conoscenza razionale, sia insegnata, sia acquistata, deriva
sempre da conoscenze anteriori. L'osservazione mostra che ciò è vero di tutte
le scienze. Infatti questo è il procedimento delle matematiche e, senza eccezione,
di tutte le altre arti. Ora dal concetto stesso del sapere segue
necessariamente che la scienza dimostrativa procede da principi veri, da principi
immediati, più noti che la conclusione, di cui sono la causa ed a cui
precedono. Aristotele (ibidem, 1, 3) esamina e respinge le obiezioni di due
specie di avversari di questa dottrina, i quali pretendono o che non vi sieno
principi e però che la dimostrazione riesca impossibile, dando luogo ad un
regresso all’ infinito; o, all' opposto, che il procedimento della
dimostrazione sia affatto relativo, sicché i principi possano provarsi partendo
dalle conclusioni, così come le conclusioni dai principi: ciò che egli dice dar
luogo ad un circolo vizioso. Sarebbe assai interessante conoscere gli avversari
[Cfr. Enriques: Il concetto della Logica dimostrativa secondo Aristotele in «
Rivista di filosofia ») An. post. I, 2 (6). a cui il nostro si riferisce. Forse
la prima obiezione apparteneva alla polemica antimatematica di filosofi
empiristi, mentre la seconda potrebbe essersi presentata nei circoli megarici
(imbevuti del relativismo veliatico) ovvero a Democrito o ad altri matematici,
critici dei principi della scienza. Ad ogni modo, della veduta qui espressa —
che è solo apparentemente illogica — ci colpisce l'analogia che essa presenta
con talune vedute moderne. Aristotele combatte questo relativismo, poiché tutta
la sua metafisica, ispirata alla dottrina platonica delle idee, e soggiacente
alla sua logica, reagisce appunto alle tendenze relativistiche delle speculazioni,
che dalla scienza presocratica erano passate nel dominio del costume e delle
credenze religiose, in guisa da minacciare le condizioni della vita sociale nel
mondo ellenico. Il parallelismo che i veleiatici avevano scorto fra il logo o
ragione e l’essere, e che i sofisti (avversari e prosecutori) avevano
interpretato nel modo di proiettare nella realtà l’arbitrario che è proprio
della libera critica, riceve, nella dottrina socratico-platonica, una
interpretazione inversa. Infattim la
teoria ontologica delle idee, suppone un ordine assoluto di consistenza che
stanno di fronte alla ragione come dati, sopra cui esso ha da modellare
l’ordine della propria scienza. Così dunque Platone vede nella classificazione
delle forme geometriche un modello della gerarchia delle specie naturali, la
quale si rispecchia nquel procedimento più generale di “divisione” (diaresis) e
di definizione (horismos) che costituisce la dialettica. Ed analogamente per
Aristotele, il rapporto necessario ed irrversibile fra causa ed effetto,
offerto dalla natura, si riflette nel rapporto fa premesse (p) e conseguenze (q)
della scienza dimostrativa (p implicat q); la quale perciò possiede un ordine
naturale che non può essere invertito, onde i suoi principi appariscno
assolutamente indimostrabili, An. post. I, 2 (9): Bisogna che i principi da cui
si parte sieno indimostrabili. Altrimenti, non possedendone la dimostrazione,
on potrebbero ritenersi noti, poiché sapere in modo non accidentale le cose di
cui la dimostrazione è posibile, è possederne la dimostrazione, Ora,
proseguendo l’esame degli Analityca posteriora, veniamo istruiti più
precisamente che i principi della scienza, si lasciano distinguere in più
specie. Primo, i Termini o definizioni (3 poi), cioè supposizioni del ‘significato’
(semiosis,segno) dell’espressione (in linguaggio moderno: assunzioni di
concetti primitivi non definiti) e definizione propriamente detta. Secondo, Supposizioni
d’esistenza del genere e delle sue modificazioni, cioè delle cose designate dai
termini. Terzo, Proposizioni immediate che occorre necessariamente [La teoria
logica della definizione è trattata da Aristotele in An. post. II, e specie nei
Capi 9 e 12: dove si pscrive la regola di restringere successivamente l’estensione
del genere aggiungendo — nell’ordine naturale — la differenza specifica che lo
delimitano, fino a che esse circoscrivano, nel loro insieme, l’estensione del soggetto
da definire] riamete conoscere per apprendere qualsiasi cosa, le quali vengono
chiamate assiomi (ófiwpaTsc) giacché vi sono proposizioni di tal natura e ad
esse si riserva abitualmente questo nome. Infine anche ipotesi o postulati
(odr^i-istra), che s'introducono effettivamente nell’ insegnameto delle
matematiche (o anche nella discussione) domandando al discente di ammettere
l'esistenza di qualche cosa di cui egli non abbia alcuna idea, ovvero abbia
un’idea contraria. Qui d concetto d Aristotele riesce alquantscuro, iacché da
una parte egli sembra ammettere (come Platone) che un postulato potrebbe essere
eliminato * postulato... e ciò che si pone senza dimostrazione, quantunque
potrebbe dimostrarsi, e di cui ci si serve senz’ averlo dimostrato » (I, 10 (8)
) ; e d’ altra parte (riferendo evidentemente le vedute dei geometri) egli
avverte che una definizione non e un’ ipotesi perchè non dice se la cosa
definita esista oppur no. Ma probabilmente il suo pensiero è che il sapere
dovrebbe edificarsi su quelle sole supposizioni d'esistenza che hanno carattere
di necessità, essendo vere di per sé stesse (xaO’ alili), le quali non si
possono considerare come ipotesi o postulati.. (1, 10(7)), imperocché la
dimostrazione si rivolge non alla parola esteriore, ma alla parola interiore
dell’animo. Con ciò il Nostro fa appello a quel sentimento d’evidenza del
pensiero che Platone. Usalo dai pitagorici secondo Giamblico (in Diels, D, 6). ha
rappresentato come intima sincerità nel Teeteto, servendosi quasi delle stesse
parole. Tuttavia Aristotele critica la teoria platonica della reminiscenza, negando
che vi siano conoscenze innate. La conoscenza universale dei principi viene per
lui acquisita indubbiamente dalla sensazione. Essa si produce mercè l’unità
dell’ esperienza che sussiste nell' anima, nonostante la molteplicità degli
oggetti, in forza della facoltà di fissare ciò che vi è di simile o d’identico
nei particolari e di riconoscerlo come dato del pensiero. (An. post. 11, 15
(5,6, 7)). Ciò non toglie all’ assoluta verità che l'intelligenza idealizzatrice
(òtavaa), fondamento della scienza, conferisce ai suoi principi (II, 1-5 (8)). Alle
dottrine d’Aristotele giova paragonare quelle che appariscono nell’ ordinamento
degli Elementi di Euclide: Il ragionare è un discorso che l'anima rivolge a sè
stessa, per sè, intorno alle cose che consideri nemmeno in sogno hai ardito
dire a te stesso che il dispari è pari, o altra simile cosa. An. priora II, 21 (7)
e An. post. I, I (7). Heiberg, Euclidis opera omnia, Teubner, Lipsia, Secondo
le indicazioni del commentatore Proclo di Bisanziom Euclide sarebbe vissuto in
Alessandria al tempo del re Tolomeo. Le opere di Aristotele che conosciamo sembrano
appartenere all’ultimo decennio della sua vita. Nei quali si trovano tre specie
di principi : 1) termini o definizioni (Spot): 2) postulati 3) nozioni comuni
(y.otvof Ivvoiat). Non è qui il luogo per sottoporre ad un’analisi appiofondita
queste premesse, che — a dir vero — sono lungi dall’apparire soddisfacenti,
tanto che da Tannery si è perfino messo in dubbio la loro autenticità ; solo,
riferendoci alla critica che ne ha fatto lo Zeuthen, Limiteremo ad alcune
osservazioni logiche. Ma anzitutto vogliamo arrestarci un momento sopra una
questione di parole. Non pochi si meravigliano che Euclide usa l’espressione
‘nozione comune’ per designare quelli che Aristotele chiama (coi matematici
pitagorici) * assiomi», tanto più che — si dice — l’espressione « evvow »
compare solo più tardi nel linguaggio degli Stoici. Ora non è fuor di luogo
rilevare che la stessa espressione si trova pure in Democrito. Il rilievo
assume interesse per la circostanza che Democrito compose, circa cent’anni
prima d’ Euclide, degli Elementi, che non sono annoverati nel sunto storico di
Proclo, ma di cui Trasillo ci ha conservato i titoli ( :J ) ; tanto più che
questi lasciano (*) Clr. Hisloire dea malhimallquea traci, dal danese di Mascari
(Parigi, Gauthier-Villars): n. 14, 69 94. Cfr. Sesto in Diels, A, III. ( 3 )
rsti>|isi?t>t(óv (A, li ?), Api0|io£, IIspl à/.dyfev Ypxfijitòv stai
vxowùv A, li (cfr. Diels B, II", II 0 , I |P)] scorgere un ordinamento
della materia simile a quello adottato dallo stesso Euclide. Non sembra fuor di
luogo congetturare che nella terminologia democritea gli assiomi venissero
appunto designati come nozione o nozione comune, e che il geometra
alessandrino, imprendendo a sistemare la stessa materia, in rapporto ai
progressi critici del secolo, abbia conservato la denominazione del suo
illustre predecessore: al quale di preferenza doveva guardare. Diciamo ora che
la distinzione fra le nozioni comuni o gli assiomi, e i postulati, viene spiegata
da Gemino in Proclo come analoga a quella fra teoremi e problemi, o fra
identità e equazioni, in quanto i primi porgono delle relazioni, per cui certe
proprietà resultano conciute come conseguenza di altre date, laddove i secondi
assegnano costruzioni elementari, ciò che, nel concetto dei antichi, significa
affermare l’ esistenza di enti particolari cui s’impongono certe condizioni.
Questo carattere costruttivo sembra mancare soltanto al post. 4 (tutti gli
ngoli retti sono uguali fra loro) ; ma Zeulhen spiega come in tale affermazione
debba vedersi un complemento del post. 2, nel modo di affermare che il prolungamento
di una retta è unico. In appoggio della nostra veduta può valere, forse, un
passo del noto commento. Prodi Diadoclii in primum Euclidis Elemenorum librato
commentarii (ed. Friedlein), in cui sembra che Proclo alluda all'uso dei
geometri di chiamare nozione comune ciò che Aristotele chiama assioma. Cfr.
Vailati, Scritti, Proclo osserva pure che gli assiomi e i postulati
differiscono anche per essere: questi, principi particolari della geometria, e
quelli, principi comuni alle varie scienze; infatti si tratta qui delle
proprietà generali dell uguaglianza e diseguaglianza fra grandezze. Infine la
distinzione fra le due specie di principi si accorda anche col criterio
d'Aristotele, che riconosce negli assiomi delle verità cessarie ed indimostrabili,
perchè evidenti di per se (xocS' èx jvx), e nei postulati delle verità —
partecipanti ad un’ altra specie di evidenza (sensibile) — che non risultano
ugualmente dviyxw dal significato dei termini che vi figurano : la natura del principio,
enunciato da Euclide come nozione comune, sembra infatti rispondere a questo
criterio. Ma se taluni geometri (al dire dello stesso Proclo) recusavano di
distinguere assioma e postulato, mancano tuttavia indizi per affermare che essi
respingessero il significato che Aristotele e probabilmente altri ancora
(secondo la metafisica del senso comune) attaccavano a codesta distinzione,
così come lo respinge la critica moderna, che per tale motivo appunto —
considera ugualmente le proposizioni primitive della scienza quali postulati,
da ricevere, in una qualsiasi teoria deduttiva, come dati anteriori allo
sviluppo della teoria stessa. Un piccolo lume ci è recato in tali questioni dal
riferimento dello stesso Proclo circa un tentativo di dimostrare l'assioma I
(cose uguali ad una terza sono uguali fra loro), che sarebbe stato fatto da
Apollonio. Infatti della tentata dimostrazione viene porto il seguente cenno. Sia
a uguale a b, e b uguale a c; dico che a è uguale a c. Invero a occupa Io
stesso luogo (córto;) di b, e così b occupa lo stesso luogo di c; quindi anche
a occupa lo stesso luogo di c. Questo ragionamento indicherebbe forse che
Apollonio voleva ricondurre il concetto euclideo di ‘eguaglianza’ geometrica al
caso della sovrapponibilità delle figure, facendo appello ad esperienze ideali
di movimento, mercè cui poteva iludersi di ridurre ad una pura proposizione
identica la proprietà transitiva di quella relazione. Mentre il ricorso a
siffatte esperienze ci avverte appunto (con Helmholtz e Stolz) che il detto
assioma 1 ha un significato o carattere sintetico e non può ritenersi come una
semplice proposizione analitica (vera per definizione). Comunque il rifermento
accennato lascia presumere che la critica dei principi sia stata spinta innanzi
da Apollonio, dopo Euclide, con quella penetrazione di cui volentieri siamo
disposti ad accreditare il grande geometra iPerga. Ritorniamo all' Euclide per
esaminare, in breve, i principi eh' egli ha designato col nome horós: termine o
definizione. Se essi vengono considerati come definizione, non si può a meno di
rilevarne la manchevolezza, poiché non offrono, spesso, che descrizioni atte a
indicare la genesi psicologica dei concetti. Così, p. es., in 3 e 3, dove si
dice che gli estremi di una linea sono punti, e che gli estremi di una
superficie sono linee. Ma, verosimilmente, queste ed altre spiegazioni sono da
considerare in rapporto alla tradizione storica precedente, come un richiamo
dei caratteri per cui gli enti delia geometria razionale appaiono idealizzazioni
dell'esperienza: p. es. le I, 2, 5 stanno a ricordare che — secondo il risultato
della critica veliatica il punto è inesteso, la linea è lunghezza senza
larghezza, e la superficie non ha spessore. Anche quelle che si presentano come
definizioni propriamente dette, non ottemperano sempre al criterio fondamentale
enunciato da Aristotele, che l’insieme degli attributi restringa l’estensione
del genere in guisa da non appartenere ad alcun concetto più esteso. Per questo
motivo sembra insufficiente la def. 4, inea retta è quella che e posta ugualmente
rispetto ai suoi punti. Imperocché, se s interpreta come si usa comunemente, retta
è quella linea che è divisa in due parti uguali da qualsiasi uo punto’, si
enuncia una proprietà non caratteristica della retta, che appartiene anche
all’elica (cfr. Apollonio in Proclo: 105, 5). Ora conviene aggiungere che
Euclide, non soltanto suppone l’esistenza di ciò che viene immediatamente
designato da alcuni termini, ma sembra anche introdurre surrettiziamente alcune
ipotesi esistenziali, per mezzo di definizioni, laddove — per analogia coi
criteri seguiti in altri casi — si sarebbe aspettata l'esplicita introduzione
di un postulato. Ciò accade, in ispecie, per quel che riguarda le intersezioni
di rette e circoli, le assunoni adoperate nelle prop. I, 12, 22 sembrando giustificarsi
(secondo che osserva ) Cfr. Proclo 1. linea II] Zeuthen) mediante la
definizione (15) del circolo come figura piana compresa da una sola linea. Ma
non giova insistere su tali difetti, che apparten¬ gono all’esecuzione e non
modificano i criteri logici del disegno. Restando nell’ordine d’idee euclideo,
avremmo soltanto da completare i postulati coll’ enunciare esplicitamente i
casi d'esistenza delle interse¬ zioni di rette e cerchi o di due cerchi, che si
offrono nelle costruzioni elementari. Interessa piuttosto di rile¬ vare come
queste ipotesi esistenziali, che la geometria antica introduceva nei singoli
casi, mercè appropriate costruzioni, oggi si lasciano dedurre da un unico principio
generale di continuità, onde l'affermazione d’esistenza si libera dalla ricerca
dei mezzi costruttivi, complicantisi colla natura del problema. E questo un
progresso conforme all'indirizzo preconizzato da Platone, che— come si è visto
— repugnava appunto da ciò che sa di pratico o di meccanico nella formu¬
lazione dei postulati. Nota. A complemento di quel che si è detto intorno alla
geometria euclidea, aggiungeremo che Archimede (5) sembra classificare e
distinguere i principi in modo diverso, poiché (in una lettera a (Cfr. p. e*.
I* art. 5° di G. Vii a li nelle Questioni riguardanti le matematiche elementari
raccolte e coordinate daF. Enriques Voi. J, Bologna, Zahelli. De sphaera et
cilindro in « Archiinedis opera omnia cum commentari^ Eutocii », ed. Heiberg.
Lipsia, 1910. Cfr. The Work* of Archimedes, e. Heath, Cambridge, Capitolo I
Dositeo) chima «assiomi» (à^:ih\i.xTx) le definizioni accompagnate da
supposizioni d’esistenza : p. es. esi¬ stono linee piane che giacciono tutte da
una parte ecc., e queste si dicono concave ; mentre poi dà il nome di *
assunzioni » (Aa|l3*V0;xsva) a taluni principi (teoremi precednemente stabiliti
o postulati, assai eleganti) da cui muove la sua trattazione: p. es. la retta è
la linea più breve tra due punti. Il commento d’Eutocio restituisce agli
àfjuojtara archimedei il nome di opy. ConsiderazioSe ora, riguardando
soprattutto ai secondi Analitici d’Aristotele e agli Elementi d’Euclide,
cerchiamo di esprimere le nostre impressioni in un giudizio sintetico sulla
logica degli antichi, domandandoci fino a che punto i loro criteri ci sembrino
accettabili o esaurienti, siamo condotti alle seguenti riflessioni. La logica
dei antichi suppone un ingenuo realismo per cui il pensiero appare come la
copia o la visione di una natura esterna. Così il numero dai pitagorici e lo
spazio continuo dagli eleati, sono pensati in concreto, ad imitazione di quella
sostanza cosmica che viene figurata costituire il sostrato naturale (la epa:;)
di tutte le cose. La supposizione realistica è tipicamente espresa nella teoria
delle idee di Platone, che (orma infine la metafisica soggiacente alla logica d'Aristotele.
Da essa deriva il carat¬ tere di necessità dei principi, e quindi la pretesa di
un ordine naturale della scienza, facente capo a pre- messe assolutamente
indimostrabili; la qual pretesa viene corretta, almeno in parte, nelle vedute
dei geometri. Ma dallo stesso realismo,
ha origine la radicale manchevolezza della teoria della definizione. Poiché le
oscunta del trattato di Aristotele e le imperfezioni dell’Euclide, in enere gli
errori della critica che si riscontrano in tali opere, si possono riattaccare a
codesto presupposto, quasi a comune radice. Si ammette infatti che le parole
rispondano ad enti di un mondo intelligibile trascendente il soggetto, che si
tratta di fissare univocament Di qui il criterio che la deduzione logica debba
tener presenti, non soltanto le premesse esplicitamente enunciate come assiomi
o postulati, bensì anche il significato dei termini su cui si ragiona, vedendo,
attraverso di essi, quella realtà (geometrica ecc.) che è oggetto del pensiero.
Ma ciò significa autorizzare nel ragionamento inconfessati appelli all'
intuizione, che, dichiarati, si tradurrebbero in nuovi assiomi. Ora, se
l'intuizione (o visione del significato) rimane sempre presupposta nel
ragionamento, quando mai potremo assicurarci che gli assiomi formino un sistema
completo? A stretto rigore di tale domanda non si riesce neanche a definire il
senso ! E quindi non si comprende perchè si senta il bisogno di enunciare — a
preferenza di altri — alcuni fra gli assiomi, che pure sono dichiarati evidenti,
necessari ecc. ecc. Aggiungiamo che anche l’analisi aristotelica del
ragionamento, facente capo alla teoria del sillogismo (An. priora) sta pure in
relazione col presup¬ posto metafisico della logica. E specialmente colla
circostanza che i Greci, in generale, immaginarono la realtà intelligibile
rappresentata dalla scienza, sul tipo statico della classificazione delle forme
geome¬ triche : tale è infatti il carattere dell’ ontologia eleatica, che
imprime il suo suggello sulla dottrina platonica non superata veramente da
Aristotele. Soltanto Democrito, come diremo più avanti, si solleva al concetto
di una scienza razionale del moto, ma le sue vedute filosofiche non trovano
adeguato sviluppo se non due mila anni più tardi, all epoca della Rinascita.
Qui conviene rilevare che le critiche mosse alla teoria sillogistica dagli
empiristi inglesi (da Bacone a Mill), opponenti alla deduzione 1 induzione
generahzzatrice dell’esperienza, hanno fatto perder di vista ciò che manca all’
analisi aristotelica del ragionamento, pur riguardato nelle forme rigorose, che
sole appartengono — secondo il concetto del filosofo greco alla logica
dimostrativa propriamente detta. Infatti i brevi cenni che Aristotele dedica
all’induzione (completa), negli Analylica priora, non suppliscono certo
all’analisi delle operazioni logiche costruttive (significate da particelle
come « e », o » ecc.) che accanto al sillogismo ricorrono nello sviluppo delle
dimostrazioni matematiche. La quale lacuna torna a (i) Cfr. Cli. Werner,
Aristotele et V ideallsme plalonicien, Alcan, Parigi] riflettersi sulla teoria
delle definizioni, che appunto esprimono codesto lavoro costruttivo del
pensiero. Infine giova rilevare che l’anzidetto realismo si riflette in una
concezione ingenua del linguaggio: la filosofia greca — sia che abbia ammesso
l'origine naturale della lingua (come Platone nel Cratilo), sia che abbia
rilevato ciò che vi è di convenzionale nelle parole (come Democrito e
Aristotele) — non riesce a scorgere la varietà essenziale delle lingue, che
tiene ai diversi modi di rappresentazione delle cose ed esprimendo la libera
attività del soggetto, dà origine all'intraducibilità. Dice infatti Aristotele:
De Inlerpretatione, 1. Una espressione e una l'immagine delle modificazioni
dell'anima. L’espressioni differiscono fra loro. Ma una modificazione
dell’anima, di cui l’espressione e i SEGNO immediato, e identica per tutti gli
uomini, come sono identiche per tutti le cose che quelle modificazioni
esattamente rappresentano. E chiaro come una siffatta dottrina spieghi quella
confusione fra analisi logica e analisi del linguaggio, Proclo, nel commento al “Cratilo”, riferisce
appunto questa opinione di Democrito, basata auiromonimia e la sinonimia di una
espressione E1 e una espressione E2, sul cambiamento dei nomi e sul difetto di
analogia nella formazione di certe espressioni verbali. (Cfr. le note al Cratilo
di Cousin). De Interpretatione, 2 (1), che culmina nel concetto aristotelico di
trarre dalla forma o materia dell’espressione grammaticale una classificazione o tassonomia di questa o
quella categoria. In ciò che precede ci siamo fermati a studiare il pensiero
degli antichi traverso le sistemazioni scientifiche che sono a noi pervenute.
Ma, per l’intelligenza dello sviluppo ulteriore che la logica riceve nelle scuole
filosofiche dopo Aristotele, conviene tener conto dell'influsso che i
predecessori del Stagirita sembrano aver esercitato sul movimento delle idee.
Infatti codesto sviluppo si lascia definire, nlle sue linee generali, come
tendente a liberare il pensiero dall ontologismo, che pure sopravvive in
qualche modo alla ideologia platonico-aristotelica, nella misura in cui tale
filosofia esprime la metafisica del senso comune. E l’anzidetta tendenza
liberatrice si esplica in un progresso verso il formalismo logico, che procede
dallo studio degli schemi discorsivi, formante oggetto degli Analytica priora.
Questo progresso si avverte già nei primi paripatetici, come Eudemo, lo
scrittore di una storia delle matematiche, e Teofrasto il raccoglitore delle
opinioni dei fisici, ma più largamente ancora negli Stoici, in cui è pure
passata 1 eredita dei dialettici megarici. Questo progresso si avverte anchein
una revisione dei principi della teoria della conoscenza, che ha per oggetto
l’origine e il valore dei concetto generale da cui muove la scienza dimostrativa:
qui soprattutto vengono in luce delle vedute che debbono essere riattaccate ai
grandi predecessori di Platone e di Aristotele; sulle quali l’interesse della
questione c invita a fermarci. Ora, se ci volgiamo a riostruire induttivamente
le idee di codesti predecessori, la figura di Democrito d'Abdera, deve
attirare, sovra ogni altra, la nostra attenzione. Democrito, vissuto 40 anni
dopo Anassagora e 25 anni dopo il suo concittadino Protagora che è il maggiore
rappresentante della sofistica), deve esser considerato come un contemporaneo di
Platone. Così, soltanto i pregiudizii dominanti la ricostruzione della storia
della filosofia greco-romana nel secolo decimonono, hanno impedito di stdare
più da vicino i rapporti fra Democrito e Platone, relegando Democrito tra i pre-socratici
e perfino tra i pre-sofisti, in onta alla cronologia. Democrito è il ande
fondatore dell’atomismo, in cui ha tuttavia come precursore Leucippo, e che fu
svolta da lui come una teoria cinetica cosmologica. Attraverso questa dottrina
Democrito agiunse ad una rigorosa concezione del determinismo meccanico, e
verosimilmente he alla scoperta di principi (massa, inerzia) chalileo. Fanno eccezione
Windelband e Burnel, che restituiscono airAbderita il suo posto cronologico, ma
che tuttavia non sembrano arne un apprezzamento proporzionato all' importanza
del suo lavoro scientifico] ha riostruito due mil’ anni più tardi, riprendendo
le intuizioni fondamentali del lontano predecessore. Per il suo rigido
meccanicismo, con esclusione di ogni teleologia, Democrito viene considerato
come il padre del materialismo, e da ciò appunto ha origine il pregiudizio da
cui in ispecie la storia svoltasi sotto l’nfluenza hegeliana, nel secolo
decimonono, non ha saputo mai emanciparsi completamente. Quantunque un esame
accurato avrebbe permesso di riconoscere ello stesso Democrito anche il padre
dello spiritualismo (così come Leibniz sembra avere intuito!) e forse anche di
far risalire a lui l’argomento per l’immortalita dell’anima basato sulla sua
semplicità o in-divis-ibilità, che s'incontra nel Fedone 78, b, c. Le opere di
Democrito, di cui ci sono trasmessi i titoli da Trasillo, formano una mole
imponente e si riferiscono ai più svariati argomenti, dalle matematiche alla
fisica, alle scienze naturali, all’agricoltura, alla teoria dei segno e
dell’espressione, la dialettica, la grammatica, alla poetica, alla teoria della
conoscenza ecc. ecc.; fra i frammenti più belli sono da annoverare quelli
morali, conservatici da Stobeo. La posizione filosofica di Democrito, per ciò
che concerne la teoria della conoscenza, resulta dalla testimonianza di Sesto
Empirico, laddove egli parla di Democrito e Platone sostenitori della verità
degli intelligibili (ià vorjra) in contraddizione con Protagora [Di ciò mi
propongo fornire altrove la prova col confront dei testi aristotelici] aora. Si
tratta dunque di un razionalismo, che si contrappone all’ empirismo protagoreo.
Ma, poichè a sua volta questo empirismo dei sofisti era sorto come una reazione
di caratere “positivistico” al razionalismo metafisico della scuola di Velia, è
naturale che Democrito avesse a tener conto dell’ esigenza fondamentale che i
sofisti avevano formulato. Democrito non posse semplicemente riprendere come
materia della scienza una Verità (£M)0s:a) indifferente rispetto all’opinione
(doxa) che si riferisce alle cose sensibili, ma doveva invece cercare una
razionalizzazione dell’empirico, cioè una verità atta a salvare i fenomeni
(ofttTe'.v ~ì 6|JtSV«); e siffatta veduta si poteva esprimere nel linguaggio
tecnico del tempo, dando per compito alla scienza l’opinione vera, o inverata
mediante il ragionamento. Appunto questa teoria della scienza come lii^x (isià
Xóyo'j, viene riferita e discussa da Platone nel “Teeteto”, ed una comparazione
analitica del testo con altri dello stesso Platone e di Aristotele, prova che
il riferimento deve essere attribuito a Democrito. Ma, poiché la spiegazione
razionale dei fenomeni suppone dei concetti, per mezzo dei quali si unifichi la
rappresentazione delle cose del mondo empirico, si può domandare su che
Democrito ne basasse il ossesso da parte dal soggeto percipiente. Qui soccorono
alcune indicazioni. / . ' ( l ) Diel. A. 59 i eh. A. 114. ( ! ) Cfr. Enriques:
La teoria democritea delta scienza nel dialoghi di 'Platone, Rivista di
Filosofia, n. I. 1) Anzitutto Democrito viene additato da Aristotele come il
primo a trattare delle definizioni di cose fisiche, mentre ei ci dice che con
Socrate crebbe l'uso del definire e si estese soprattutto alle nozioni morali. Conviene
intendere che Democrito inizia quel modo di definire proprio della scuola socratica,
in cui si ricercano i caratteri comuni delle cose che rispondono al definito; è
più difficile dire se lo stesso Democrito, come Socrate, facesse anche appello
alla nozione comune che tutti gli uomini si formano in rapporto a dati oggetti;
e tuttavia questo criterio ei ben poteva derivare da Eraclito, cui lo stesso Socrate
sembra avere attinto. In un frammento della già citata opera logica di
Democrito rtsp: àoyrxtòv noi xzvwv che ci è statmandato da Sesto, vengono
distinte due speecie, di conoscenza, l’una relativa all’intelligenza (à7j;
Siavaas), l’altra alla sensazione (Ò:à rwv aìofi^oetov). Dice precisamente
Democrito: “Vi sono due forme della conoscenza : una conoscenza pura o legittima
(yvyjafyj) ed una adombrata spuria (av.v.ri). Appartengono a quest’ ultima
forma adombrata spuria le cinque sensi: la vista (visum), l’udito (uditum), il
gusto (gustatum), l’odorato (odoratum), il tattoo (tactum). Ma la conoscenza pura
è completamente distinta. Ed aggiunge ce questa conoscenza pura è relativa ad
un (') Mtt. I, 4, (3), De Partibus Animalium I, 1 (ed. Didot, t. IH, pag. 223,
2). ( ! ) In Diel» B. II) orbano di pensiero più raffinato che prende il posto
di un vedere o di un udire o gustare o odorre o tastare nel più piccolo
(mettendoci così in rapporto colla vera natura delle cose, cioè cogli atomi. Anche
in altri modi Democrito esprime la relazione fra le due forme del conoscere;
per esempio ove dice che « apparenza (vòptoi) il colore, apparenza il dolce,
apparenza l'amaro. In realtà soltanto gli atomi e il vuoto. Ma poi, facendo
parlare i sensi contro l’intelligenza, soggiunge povera me, prendendo da noi la
tua fede, tu vuoi confonderci ; la tua vittoria è la tua caduta. Troviamo qui
una notizia estremamente interessante. Democrito, al pari di Platone e di
Aristotele, e prima di loro, dibatteva il problema dell'origine dell’idea.
Democrito non si fermava, come il filosofo ateniese alla supposizione della
conoscenze innata (teoria della reminiscenza -- anamnesis), anzi piuttosto
sembra derivare la idea dalla sensazione, sicché è lecito pensare che a lui
possa aver attinto Aristotele la veduta che gli abbiam visto esprimere in An.
Post. Il, 15. Ma, mentre in Aristotele non si vede come possa conciliarsi
questa dottrina colla dignità attribuita alla nozione induttivamente acquistata,
che debbe costituire le premesse necessarie della scienza dimostrativa, ciò che
sappiamo intorno alla teoria delle sensazione di Democrito (in rapporto alla
fondamentale (*) Galeno in Die!» B. 125; cfr. Sesto in Diels B. 9.] supposizione
atomica) e ben atto a sciogliere la difficoltà. Ammetteva infatti il Nostro, che la sensazione in generale derivassero da
piccole immagini (sKoiXa) emesse dai corpi e proprie ad impressionare gli
organi dei cinque sensi ed anche lo stesso pensiero in quella guisa in cui la
luce impressiona una lastra fotografica. L’immagini rispondente alla conoscenza
inteligibile partenti direttamente dagli atomi — sono di natura più fine. Si
comprende quindi che esse possano liberarsi dalla mescolanza colle immagini più
grossolane che colpiscono i cinque sensi, quando il confronto di sensazioni
ripetute, in rapporto ad una molteplicità di cose, permette di fissare i
caratteri comuni che definiscono il concetto. Che effettivamente Democrito riconoscesse
il valore logico del concetto, quasi come anticipazioni dell'esperienza,
resulta anche dalla testimonianza di Diotimo in Sesto (VII, 1401), che egli
assumeva come criterio della comprensione delle cose oscure il fenomeno, e come
criterio della ricerca'il concetto, èvvoia xpurr/pwv Z,r\vtpzwq. Qui è notevole
lo del termine. Ivvotoe che già notammo a proposto della designazione di
y.oiw.l Ivvs:% adoperata da Euclide per gli assiomi, giacche abbiam pur detto
che codesto termine non si trova nella [Cfr. p. et. Aetiui in Diel», A. 30. ( 2
) Diels, A. III. 37]letteratura filosofica di Platone ed Aristotele, ma invece,
più tardi, presso gli Stoici. Appunto ad un’opera di Crisippo 7tepì £?jT^7S(0£
sembra fare allusione Plutarco presso Olimpiodoro, dove dice che gli Stoici
allegano a causa di ciò (cioè della possibilità di arrivare a cose che non si
conoscono) le nozioni fisiche: tàj qjuaixà; èvvofa?. D’altronde Diogoene
Laerzio (VII, 54) (c’informa che Crisippo dice esservi DUE criteri della
verità, la sensazione e il concetto. Qui in cambio di svvoia viene adoperata
l’espressione TtpóXvjtjt:?, che ricorre anche presso gli Epicurei, designando
l’anticipazione dell’esperienza. Ora il significato preciso che gli Stoici
davano alle ÈVV 3 tati, si può rilevare, per esempio, da un passo del De
Civitate Dei di S. Agostino dove si parla di coloro che riposero la verità nei
sensi, cioè degli Epicurei e degli stessi Stoici. Qui cum vehementer aaerint
sollertiam disputando quam dialecticam nominant, a corporis sensibus eam
ducendam putarunt, hinc asseverantes animum concipere notiones, quas appellant
èvvo'st;, earum rerum scilicet quas definiendo explicant. Da questi riferimenti
sembra potersi dedurre che gli Stoici abbiano adottato, al pari di Aristotele,
la dottrina democritea dell’ origine sensibile dei concetti – nihil est in
intellectu quod prior non fuerit in sensi ( l ) Cfr. Arnim, Stoicorum veterani
fragmenta. Voi. II, n. 104. Crisippo, discepolo di Zenone Cizio (280-209 a.
C.).In Arnim, op. c. 105. In Arnim, 106. (cui soltanto gli Epicurei
conservarono come fondamento l’ipotesi delle piccole immagini), ma spogliando i
concetti di quella dignità superiore che il razionalista cerca conferire agli
intelligibili ; così, per loro, la dimostrazione scientifica (àiróSs:^;) viene
ridotta, per dirla con Cicerone, ad una “ratio, quae ex rebus perceptis ad id,
quod non percipiebatur, adducit.” In
corrispondenza di queste vedute, di carattere più empirico, è interessante
rilevare come si modifichi la dottrina democritea della scienza, che Zenone
Cizio dice essere una comprensione sicura e ferma e immutabile dalla ragione »
(à,u£-*sov ùttò Àóyo j /./.- ovvero anche un possesso immutabile dalla ragione,
nell’accoglienza delle rappresentazioni » (èv a>xvT5tTO)v r.ozz- a&o. Pertanto
gli Stoici non giunsero a quello schietto empirismo, che si vede accolto da
Epicuro, per cui è accettata sempre come vera ogni sensazione o apparenza:
richiesero anzi che all apparenza si aggiunga 1 assenso volontario dell animo, che
per il saggia ha motivo nell identità fra la ragione individuale e la Ragione o
logos universale. Così il concetto eracliteo del logos, che la scuola Arnim,
111. ( ) Riferimenti di Sesto e Diogene Laerzio in Arnim : Zeno- Citius, n. 68.
(' ) Cfr. Sesto e Cicerone in Arnim : Zeno Citius, nn. 63 e 61 . 3] stoica ha fatto proprio, doveva pur sempre
conservare al pensiero una certa dignità, e quindi facilitare il trapasso alla
veduta posteriore degli eclettici (Cicerone), per cui le commune notio vengono
ritenute non più come uniformità della natura bensì come idea innata,
attestanti la reminiscenza della vera origine divina dell' uomo, onde la teoria
stoica (ritornando in effetto a Platone) viene a fondersi colla neoplatonica.
Più direttamente degli Stoici (che pure ne derivarono il principio del
determinismo universale) si riattaccano a Democrito gli Epicurei, che ne adottarono
la teoria atomica, spogliata bensì del suo più profondo significato meccanico.
Ma, come abbiamo già accennato, Epicuro e lungi dal razionalismo del maestro
d’Abdera. La sua “Canonica” comprende poche regole di cui abbiamo chiaro riferimento
da Sesto Empirico, e che Gassendi ha ricostruito con precisione nella sua
Logica. Riferiamo la parte essenziale dei canoni epicurei così formulate.
Sensus nunquam fallitur. Opinio est consequens sensum, sensiomque superadiecta,
in quam veritas aut falsitas cadit. Opinio illa vera est, cui vel suffragata, vel
non refragatur sensus evidentia. Petri Gassendi Opera Omnia, Firenze. 1277,
Voi. 1. Pari 1, De Logicae origine el varietale]. Omnis quae in mente est
anticipatio, seu prae-notio, dependet a sensibus, idque vel incursione, vel
proportione, vel similitudine, vel compositione. (Questo stesso modo di
formazione dei concetti appare negli Stoici). Anticipatio est ipsa rei nodo,
sive definitio. Est anticipatio in omni ratiocinadoe principium. Quod inevidens
est, ex rei evidenti anticipaticele demonstrari debet. Qui è notevole 1 appello
all’evidenza sensibile (ev%ex) che viene così assunta come criterio di verità.
Nonostante la modificazione subita, è facile riconoscervi lo stesso criterio di
Democrito che contrapponendo la conoscenza pura o legittima alla conoscenza
oscura, viene appunto a ritenere la chiarezza delle idee come segno del loro
valore: senonchè quella che per Democrito era chiarezza di concepimento,
diviene per Epicuro chiarezza sensibile. Toccherà poi a Descartes di ritornare
al criterio dell’evidenza (cf. Grice, “Descartes on clear and distinct
perception) rispetto al pensiero, riguardando come vera la idea chiara e
distinta (l’aggiunta deriva dal Teeteto 209c-2l0). Dopo aver parlato degli
Stoici e degli Epicurei, ci convien dire degli [Notisi che già in Teofrasto si
applica il criterio dell’evidenza tanto all’intelligenza che al senso. (Cfr.
Sesto Adv. Malh.)] scettici i qual per verità non formano ugualmente una setta
o scuola chiusa, ma — a partire da Pirrone d’Elide e dal suo amico Timone —
ofno tuttavia una certa continuità di tradizione critica, mantenendo di fronte
alle filosofie dogmatiche un atteggiamento di dubbio metodico. No Diogene, ma Arcesilao
di Pitane e Carneade (che venne ambasciatore a Roma nel 155 a. C.), portarono
la filosofia scettica nella media Accademia – e che fascina a Scipione! Più
tardi incontriamo Enesidemo di Cnosso, Agrippa, e finalmente Sesto Empirico che
riassume tutto questo movimento nella sua opera pregevole, fonte cospicua di
notizie per la storia della filosofia romana. I rapporti esteriori che la
tradizione segnala fra Pirrone e qualche democriteo come Nausifane, nonché le
tendenze scettiche che si attribuiscono ad altri democritei (Metrodoro,
Anassarco) indicano già una certa dipendenza della scepsi da Democrito.
D’altronde il legame appare prima di tutto nel motivo morale che ispira la
riserva degli scettici di fronte alla vera natura delle cose, giacche la
sospensione del giudizio mirava a conquistare quella atarassia o
imperturbabilità dell' animo, che si riduce infine alla vittoria sulle
passioni, inculcata dall'Abderita. Ma il apporto teorico della scepsi con
Democrito resulta da ciò che questi aveva ridotto la realtà alla materia
indifferente degli atomi, negando le qualità sensibili; un passo ulteriore
della critica (riportantealla posizione di Protagora) doveva naturalmente
estendere il dubbio anche a quelle proprietà primarie in cui il grande atomista
aveva scorto l'oggetto intel¬ ligibile della conoscenza. E certo questo
sviluppo era suggerito dal contrasto fra le vedute dei due razio¬ nalisti,
sorti a combattere l’empirismo protagoreo: Democrito e Platone. Giacche questi
riteneva proprio come intelligibili quelle stesse qualità (ipostatizzate sotto
il nome di idea) che 1 altro aveva con¬ siderato vane apparenze. Inoltre, anche
nello stesso sistema democriteo, si può riconoscere 1 origine della critica che
investirà gli intelligibili, se — come siamo stati tratti induttivamente ad
ammettere — l’Abderita faceva pur nascere 1 intelligenza dai sensi. In tal
guisa il pensiero antico avrebbe percorso una via non lon¬ tana da quella per
cui il pensiero moderno giunse dalla posizione di Galileo, di Descartes e di
Locke (i quali ripresero la distinzione fra la qualità primaria e le qualità seconda)
alla critica di Berkeley, che — attraverso la teoria della visione - riusciva a
negare anche il significato trascendente di codesto sostrato geometrico della
materia. La teoria degli scettici, si noti, non nega affatto il mondo fenomenico,
bensì oppugna la pretesa dei dogmatici di affermare qualcosa della verità o
della natura delle cose in se stesse. La critica che essi svolgono a tale
scopo, rilevando ciò che vi è di relativo nei criterii della verità,
costituisce in gran parte un acquisto durevole per la dottrina della conoscenza
: lo La logica degli antichispirito che l’anima è affine a quello del
positivismo moderno, salvo il sentimento che la veduta di una scienza più
progredita ispira oggi ai critici della metafìsica. Ma per la storia della
logica interessa soprattutto esaminare gli argomenti di Carneade contro il concetto
aristotelico della dimostrazione : intorno ai quali siamo informati da Sesto
Empirico. Ricompare qui l’idea, già affacciata dai predecessori di Aristotele e
da questi oppugnata, che ogni prova dia luogo ad un regressus in infmitum,
poiché ogni premessa deve essere dedotta da un’altra premessa. E questo argo¬
mento prende forza dalla negazione di ogni certezza immediata, alla quale gli
scettici pervengono (come si è accennato) mercè la veduta che i concetti su cui
si ragiona traggono pure origine dal senso, onde 1 incer¬ tezza della
sensazione si riflette anche sull intelligenza. Quindi viene presa in esame
l'opinione che sia lecito fondare la scienza sopra ipotesi, e che queste sieno
fatte ferme e valide dalla verità delle conseguenze che se ne deducono. Il
passo di Sesto che critica questa opinione non dice chi ne sia l’autore ; ma
resulta assai chiaro che essa deve riferirsi particolar¬ mente ai fìsici
matematici, e vi è forse qualche motivo di attribuirla già a Democrito, che per
primo propose alla scienza il compito di spiegare razionalmente i feno¬ meni.
Infatti abbiamo già accennato che questi appunto (i) Adv. Math. VII, 159-189 e
Vili in ispecie 367-463. ( s ) Vili, 375] potesse essere preso di mira da
Aristotele, ove eicontesta che voler provare le premesse mediante le
conclusioni costituisce un circolo vizioso (*). Di nuovo Cameade riprende la
tesi aristotelica, notando che dal vero si può dedurre il falso ; e certo
l'argomento — in stretta logica — non potrebbe essere confutato. Ma, per quanto
o scettico sia portato a dare il maggior peso a questa constatazione negativa,
Cameade non vi si arresta. Dopo aver negato l'esistenza di criteri
assolutamente certi del vero e del falso, egli accorda pure alla conoscenza un
valore probabile; e questo valore lo riconosce, in primo luogo, ad ogni
rappresentazione dotata di sufficiente evidenza, ma in grado più alto alle
catene di rappresentazioni legate 1’una all'altra in un sistema logico (ibidem,
VII, 176 e seg.). Non diverso è, in ultima analisi, il cri¬ terio positivo con
cui anche oggi possiamo giudicare il valore delle teorie scientifiche :
soltanto appare, ai nostri tempi, un atteggiamento più fiducioso, che è in
rapporto collo sviluppo della trattazione matematica della fisica; mentre il
sentimento degli scettici risponde ad una scienza meno evoluta, ed anche —
piuttosto che alla mentalità di matematici — a quella dei circoli medici, in
cui Io scetticismo antico ebbe acco¬ glienza. Effettivamente l’uso di ipotesi,
il cui valore probabile viene desunto dalla verifica sperimentale delle
conseguenze che ne dipendono, caratterizza il metodo deduttivo-sperimentale
della scienza moderna. L. c. An. posi., I, 2] quale si disegna in Kepler,
Galileo e Descartes. L' esame intorno allo sviluppo della logica post-aristotelica,
in cui abbiamo cercato l'influsso delle idee di qualche predecessore, ci ha
mostrato che in verità il realismo logico di Aristotele è stato superato dallo
stesso pensiero greco; il quale ha toccato posizioni affatto conformi alle più
alte vedute moderne. Ma della critica speciaente istituita dai geometri dopo
Euclide, abbiamo notizie troppo scarse per misurarne il significato; e secondo
le apparenze dobbiamo ammettere che le fini ricerche di Apollonio su questo
soggetto non abbiano trovato prosecutori. D’altra parte l’opera dei filosofi
che hanno riflettuto sulla scienza, nella filosofia romana, non aderendo
propriamente ad uno sviluppo scientifico, e tanto meno matematico, prese spesso
quella forma negativa che nel modo più raffinato ci presenta la dottrina
scettica. Infatti per osservatori cui non sia dato di riprendere e di
proseguire il pensiero profondo dei più antichi filosofi matematici, la confutazione
di un ordine di verità necessario, quale è affermato da Aristotele, deve
apparire una confutazione dell stessa possibilità della scienza. Resta
nondimeno un esempio pieno d’interesse nella storia, quello che ci viene
offerto dalla scuola stoica, per cui la trattazione formale della logica si
associa ad una dottrina empirica della conoscenza. E, se codesto sviluppo
formale approda ad un arido schematismo (di fronte a cui comprendiamo il
disprezzo della dialettica manifestato dallo stoico Aristone di Chio), tuttavia
non si può disconoscere il valore dell’analisi logico-grammaticale
dell’espressione, mercè cui si riesce a scorgere in qualche modo nel
linguaggio, l’espressione di una attività costrittiva. Fino a che punto gli
stici sieno proceduti su questa via, non vogliamo qui esaminare. Ma certo si
scopre in essi quella distinzione fra subiettivo ed inter-soggettivo, che
riapparire agli inizii dell’epoca moderna, come fondamento della filosofia.
Dalla storia della filosofia romana si passa, senza indugiarci al movimento
delle idee che accompagna la rinascita della scienza, agli inizi dell’ Evo
moderno. Basta rilevare il carattere generale degli sviluppi che la dialettica riceve
nel periodo intermedio (medius aevus), arido se non del tutto infecondo. Diremo
per ciò come la logica aristotelico-stoica fu introdotta dal filosofo romano
Boezio presso i Romani. La traduzione di Boezio del greco al romano dei primi
due trattati dell’Organum (Categoriae e De Interpretatione – the only two that
Grice lectured on with J. L. Austin and P. F. Strawson), nonché dell’Isagoge di
Porfirio [arbor griceana], e i commenti con cui egli stesso ed altri scrittori
neo-platonici accompagnarono codesti scritti (nel senso della tecnica formale,
secondo la tradizione stoica), costituiscono il fondamento della cultura del
più antico (alto) Medio Evo. Del resto, la cultura generale sembra ^ppjesentata
da un certo numero di enciclopedie clella bassa antichità, come quella di Marciano
Capella, nelle quali si tratta delle sette artes liberales che, nel tirocinio
scolastico, formarono il trivio (I. grammatica, II. Rettorica, III. Dialettica)
ed il quadrivio (IV. Aritmetica. V. Geometria. VI. Astronomia. VII.
Musica). Specialmente degno di nota che
questa prima parte del Medio Evo non ha conosciuto, nè le altre opere (logiche,
fisiche ecc.) di Aristotile, nè le opere originali di Platone, fuori del “Timeo”,
tradotto in romano da Calcidio. Più tardi, il Rinascimento umanistico doveva
venir fecondato mercè una conoscenza diretta dei testi, in seguito alla caduta
dell’impero romano d'Oriente, che addusse numerosi profughi segnatamente in
Italia. Ora nella logica scolastica due aspetti sono degni di nota. Primo,la
progressiva elaborazione della tecnica formale, acuitasi mercè sottili
distinzioni. Secondo, la grande questione della realtà degli universali, di cui
a stento riusciamo a comprendere il carattere drammatico, traverso la forma
aridamente schematica delle discussioni. Sorvoleremo affatto sul primo punto,
sebbene sarebbe interessante per la storia della dialettica, di mostrare, per
esempio, in Buridano il riconoscimento della proprietà distributiva della
particella (adverbium) ‘non’ (~) rispetto a “et” (/\) e “vel” (\/). non (p et
q), ~ (p /\ q) ≡ non p vel non p (~p \/ q).
(notizia segnalatmi da Vacca) o di cercare simili analisi in Paolo
Veneto. Ma, quanto alla questione della realta degl’universale, diremo che si
tratta dell'antica questionollevata dalla ideologia platonico-aristotelica, se
all’idea generali corrisponde una realtà. La quale questione fu riaccesada un
passo dell’Isagoge di Porfirio (I, 3). “E anzitutto, per ciò che riguarda il
genero o la specie, io evito di ricercare se esiste di per sè, ovvero se esiste
soltanto come pure nozione; e — ammettendo che esista di per sè — se
apartengano alla cosa corporea o incorporee; e infine se abbiano esistenza
separata ovvero solo nella cosa corporea sensibile. E una questione troppo
profonda che esigerebbe uno studio differente da questo e troppo este. Nel vasto
intreccio della polemica medioevale appare che il nominalista (negante la
realtà dell’universale) rappresentano, in generale, le tendenze scientifiche,
avverso il misticismo platonizzante del realista. Ciò è vero soprattutto per
riguardo ai rinnovatori del nominalismo nel secolo come Guglielmo Occam e Giovanni
Buridano, rettore dell'Università di Parigi, ai quali è dovuta la teoria che ha
preso il nome di terminismo. Il terminista (che si accosta al concettualismo di
Abelardo) ritiene i concetto (o termino) come un segno intersoggettivo (signa)
della singola cose, o di una classe di cose, realmente esistenti. La dialettica
si riferisce soltanto alle reazione di questo segno della cose (Occam,
Quodlibeta V. 5). Occam avverte pue che l’espressione assume il suo proprio
significato nella proposizione, e spesso in unione a qualche altro termine. Terminus
conceptus est intentio seu passio animae aliquid NATURALITER SIGNIFICANSaut
consignificans, nata esse pars propositionis. Sifftta dottrina supera lo
stretto nominalismo e tuttavia nega il realismo: cioè nega che il ‘significato’
(o ‘signato’) dell’espressione sia da
cercare nella sua comprensione o connotazione, ossia nell’ insieme delle note o
attributi, di cui esso esprimerebbe l'unità sostanziale; e
si afferra invece all’estensione o denotazione (denotatum, relatum), cioè all’
insieme delle cose rappresentati dall’espressione (‘homo’), che — sotto la
specie di certe reali somiglianze — vengono vramente unificati. Al lume di
questa veduta, la definizione scolastica, discendente dal astratto generale universale
al concreto particulare individuo, e la logica stessa perdono importanza: onde
è fatto invito a volgersi dalla spiegazione dell’espressione al concreto della
esperienza. Ciò spiega abbastanza l’interesse appassionato della polemica
intorno agli universali che nel mondo sociale e morale deve rivendicare la
libertà dell'individuo soffocata dalla tirannia delle istituzioni e dall'autorità
delle credenze e dell’insegnamento tradizionale. Nulla sembra più proprio a
favorire un tale affrancamento degli spiriti, che abbattere alla radice
l’albero della deduzione infeconda, triviale, analitica, ricostruendo induttivamente
tutto il sapere. Onde la stessa tendenza si continua ed esplica nella reazione
anti-aristotelica (platonista) degli umanisti italiani purificatori della
logica dalla sottigliezza o implicatura scolastica (Valla, Agricola, Vives) e
si manifesta poi in nuove forme nella rinascita del movimento scientifico. Federigo
Enriques. Enriques. Keywords: implicature arimmetica, unity of science, history
of logic, foundations of mathematics, the synthetic a priori. Grice e Enriques
su Peirce. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Enriques” – The Swimming-Pool
Library.
https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761739337/in/photolist-2mS1rKF-2mPEDc8
Grice ed Enzo – l’uomo – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Burano).
Filosofo. Grice: “I like Enzo; for one, his “Ubi es?” is a classic – only in
Italy they take the Bible so seriously – “Ubi es” can be interpreted literally
– sans implicature. And that’s what Enzo does.”. Figlio di Alessandro, vetraio
a Murano, un mestiere estremamente usurante, morirà appena cinquantenne. Uomo
concreto e critico nella sua essenziale bontà.
La madre, Flaminia Vio, è una bravissima maestra merlettaia. Da lei apprende
il rigore e lo spirito di rispetto verso l'istituzione. È lei, una cattolica laica,
che vive al servizio della Chiesa, ad accompagnarlo dalle suore perché serva come chierichetto
alla prima Messa. È lei che accoglie la proposta del parroco di mandarelo in
seminario a Venezia per permettergli di continuare gli studi, ma preferisce
ritardarne l'entrata e chiede alla nipote di ospitare a Venezia il cugino che
posse così frequentare i primi anni come esterno. Negli anni di studio
ginnasiale, si imbatte per la seconda
volta nella lettura della Bibbia. Il primo contatto era stato quando, aveva
deciso di leggere ai fratelli, nella traduzione di Martini, una vecchia Bibbia
trovata in casa, per accompagnarli al sonno. Il contatto è più corposo e
sistematico, ma come la lettura lo entusiasma e nello stesso tempo lo delude,
intuisce infatti la mancanza di adeguate conoscenze e strumenti concettuali per
poter penetrare pienamente il messaggio biblico. Ha la stessa reazione anche
quando, finito il liceo, sceglie gli studi, dove la lettura della Bibbia è
seria e critica, ma rimane, per importanza, sempre la seconda o la terza
materia dopo la dogmatica e la morale. Viene mandato a fare cura pastorale come
vicario cooperatore a Caorle, dove accoglie 350 alluvionati del Polesine. Qui,
meta preferita di turisti tedeschi, studia da auto-didatta la lingua tedesca
per meglio servire la Chiesa. Viene trasferito con lo stesso incarico nella
vicina frazioncina di Ca' Cotoni per divergenze con il parroco di Caorle e nella
popolare parrocchia di S. Giuseppe di Castello a Venezia. Aveva conosciuto
questa comunità quando vi era stato per una stazione quaresimale con il
patriarca Piazza e l'accoglienza ostile degli operai verso una personalità
vista come filo0fascista aveva reso necessaria la scorta della polizia. A S.
Giuseppe di Castello compera un appartamento, indebitandosi, per fare patronato
con doposcuola tutti i pomeriggi sino alle 20, e a sera gli incontri con i
ragazzi più grandi. Insegna al Lido e poi nella vicina "P.F.Calvi",
organizzando anche uno spettacolo per un concorso al teatro "Goldoni".
Il vicario generale Gottardi, dopo essersi consultato con monsignore Capovilla,
segretario del cardinale Roncalli, gli comunica che andrà a studiare a Roma. Gottardi
era stato suo insegnante di teologia e scienze bibliche in seminario e aveva
conosciuto il suo profondo interesse per gli studi biblici, ne aveva poi apprezzato
il saggio, “La 'Giustificazione' nella Lettera ai Romani” in cui analizza le
varie interpretazioni bibliche in maniera dia-cronica risalendo sino alle
tradizioni patristiche. Le due omelie di Carlo a S. Giuseppe di Castello
ascoltate dallo stesso vicario generale avevano poi confermato quella
scelta. A Roma è ospite presso il
Pontificio Collegio Nepomuceno in via Concordia ed è lì che lo viene a
prelevare Capovilla per una visita guidata alla città, alla vigilia del
Conclave da cui uscirà papa Roncalli. A fargli da cicerone è proprio il futuro
papa Giovanni XXIII e le bellezze della città illustrate da una guida tanto
preziosa assieme al paterno congedo di Capovilla costituiranno il ricordo più
bello della sua vita. Consegue la Licenza con una tesi su "I Carismi"
e contemporaneamente i corsi in scienze bibliche presso il Pontificio Istituto
Biblico, dove perfeziona lo studio dell'ebraico già iniziato in seminario, ma
soprattutto ha l'incontro, decisivo per i suoi studi, con il grande biblista
Schoekel. Segue i corsi del quinto anno che gli avrebbero permesso di redigere
il saggio su "Grazia e benevolenza" per la laurea, tesi che non può
però portare a termine perché torna a Venezia, chiamato da Urbani a svolgere la
funzione di vicerettore del Seminario Patriarcale, nel burrascoso periodo tra
il rettorato di Vecchi e Villa. Da vicerettore del seminario insegna anche
scienze bibliche, diviene in seguito pro-rettore, sino a quando chiede di
essere sollevato dall'incarico per poter assistere la madre paralizzata ed è
quindi ascritto alla parrocchia di S. Zaccaria, dove abiterà con la madre. Qui
si fa promotore dell'allestimento e della conduzione di un teatro,
dell'organizzazione del cinema per ragazzi, del cineforum, dell'istituzione
della biblioteca, mentre cura anche l'esecuzione di opere di risanamento e
ristrutturazione di tutti gli ambienti frequentati dai ragazzi. Continua ad
insegnare in seminario, e dal rettore viene mandato nel Benedektiner Kloster di
Metten a Degendorf (Germania) per preparare alla maturità i seminaristi che
studiano la lingua italiana. Compensa l'esiguo stipendio con l'insegnamento
nella scuola pubblica, come il liceo classico "M. Polo", dove matura
la sua sottoscrizione delle tesi del "Manifesto". Viene nominato
patriarca di Venezia Luciani e pochi giorni dopo il suo insediamento emerge il
suo diverso sentire con Enzo, che, nella mensile lezione culturale al clero,
trattando il tema della "Consumatio saeculi" o secolarizzazione nella
Bibbia, provoca una dura reazione del presule. Dà le dimissioni
dall'insegnamento in seminario, dapprima ritirate, perché lui, che da tempo nella santa messa
pratica l'omelia dialogata, non si sente in consonanza con le direttive
indicategli. Sino a questo momento i patriarchi veneziani che avevano conosciuto
Carlo, Piazza, Agostini, Roncalli ed Urbani, gli avevano dimostrato la loro
stima. Proprio Urbani aveva chiesto ad Enzo un commentario al Vangelo di Marco.
Sin dagli inizi, accompagna la vita sacerdotale di Carlo una costante e intensa
cura pastorale, rivolta sia ai ragazzi che agli adulti, e non solo nelle sue
sedi parrocchiali. Più che trentennale è a questo proposito la collaborazione
che gli chiede Marangoni nella parrocchia di Marghera, nel quartiere Cita, nei
difficili anni Settanta e, dagli anni Ottanta, a San Giacomo dell'Orio a
Venezia, a testimoniare la stima e l'affetto maturati dagli anni del seminario.
Si laurea a Venezia con “Alle origini dell'utopia messianica. Insegna a
Venezia, Oriago, Mestre e Giudecca. Va in pensione dall'insegnamento. Tiene a Venezia dei cicli di seminari di
esegesi biblica nell'ambito dei corsi tenuti dal prof. Arnaldo Petterlini, da
Madera, e allo IUAV di Venezia seminari di antropologia biblica ed esegesi invitato
da Rizzi. Sudia filosofia scolastica, propedeutica alla teologia. Nel manuale
di Calcagno, "Elementa philosophiae scolasticae" trova il capitolo
dedicato alla filosofia immanentistica, che considera Dio la natura o non
considera affatto Dio e considera solo la natura. Lo colpisce Spinoza per la
sua vita nascosta, dimessa, umile, scriveva infatti solo per gli amici. Ne
legge l"Ethica more geometrico", commentata da G. Gentile, più facile
a reperire perché considerata meno sospetta del "Tractatus theologicus politicus"
che studia in seguito, dedicando particolare attenzione al capitolo "De
interpretatione". Spinoza afferma che la Bibbia va letta e interpretata con
la Bibbia, era quanto Enzo aveva intuito sin da ragazzo, ma aveva abbandonato
quella strada in seminario dove si praticava il metodo storico-critico. A Roma,
il Nuovo Testamento viene studiato ed interpretato secondo il metodo della
storia delle forme che applica al testo biblico le regole dello scrivere
greco-latino, mentre per il Vecchio Testamento si segue la teoria dei generi letterari.
Incontra Schoekel, insegnante di teologia, esegesi ed ermeneutica biblica, che ha
un'attenzione speciale alle particolarità stilistiche e semantiche del lessico
biblico che schiudono un nuovo orizzonte metodologico e tematico. Considera
fondamentale per la comprensione dell'intera Bibbia lo studio dei primi tre
capitoli di Genesi e incoraggia Enzo, verso cui dimostra profonda stima e
un'amicizia che durerà sino alla propria scomparsa, ad affinarne l'esegesi e a
continuare il suo lavoro. Torna a Venezia con l'intenzione di mettere a frutto
quanto appreso applicando le indicazioni metodologiche spinoziane. Gli studi su
Genesi 1-3 vengono pubblicati in "Biblica". La interpretazione di
Genesi è alla base di diversi testi, dalla tesi di laurea, all'articolo su Servitium,
al testo "Adamo dove sei?" In parallelo decide di approfondire la
connessione tra i testi di Genesi e il vangelo di Matteo e scrive diversi
appunti che continuamente rivede nel corso degli anni. Da questi nasce il
progetto "La generazione di Gesù Cristo nel vangelo di Matteo". Altre
opere: “Testo e interpretazione in Weber e Bultmann, Unicopli, Milano); Alle
origini dell'utopia messianica, Antenore, Padova); Sulla nascita della
filosofia medievale, Venezia 1984 Sitz im Leben e interpretazione, Venezi); “Individuo
e comunità, nella riflessione biblica delle scritture antiche Servitium:
Quaderni di ricerca spirituale, Adamo dove sei?, il Saggiatore, Milano); La
terza delle dieci parole di “Esodo” 20 nell’interpretazione di Gesù in Le
parole dell'essere: per Emanuele Severino Petterlini A., Brianese G. e Goggi
G., Pearson Italia S.p.a Il Progetto di Mondo e di Uomo delle Generazioni di
Israele (Genesi 1-4), Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel
Vangelo secondo Matteo. I. Gli Inizi, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù
Cristo nel Vangelo secondo Matteo. II. La Legge, Mimesis, Milano, Le prime
dieci parole di YHWH a Israele in Panta , Decalogo, Donà M. e Toffolo R.,
Bompiani, La Generazione di Gesù Cristo
nel Vangelo secondo Matteo. III. La Regola dell'Apostolo, Mimesis, Milano, La
Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. IV. Il Regno dei Cieli,
Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. V.
La Ecclesia di Gesù Cristo, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel
Vangelo secondo Matteo. VII. La consegna del figlio dell'Adamo, Mimesis,
Milano, Genere adamico. Riflessioni sui testi fondativi della tradizione
spirituale occidentale che si trovano nei primi quattro capitoli di Genesi,
Servitium: Quaderni di ricerca spirituale,
Interventi alla radio Giuda: consegnare e tradire: Marco 14,43-52 con
Ludwig Monti, 3 marzo Sulla barca le
parole del regno Matteo 13, con Romano Madera, Le parole del regno Matteo 13; Due
lezioni bibliche: Il “mondo” del nostro Dio, Rovato e L’ “uomo” del nostro Dio,
Rovato, Lo Spirito di Cristo nel
progetto messianico, comunità della parrocchia di S. Giacomo, Venezia La
rivelazione secondo la Bibbia, Università degli studi di Venezia, Dipartimento
di filosofia e Teoria della scienza, Seminario sul “Der Mann Moses und die
monotheistische religion”, Incontro tra Carlo Enzo e Romano Madera, 13 marzo ,
IUAV (Venezia) ‘ôLaM, il progetto consegnato, Le decadi, dieci incontri con
pensatori eccellenti sul tema “Le potenze invisibili”, IUAV (Venezia) Scritti
su Carlo Enzo e testimonianze Tagliapietra A. La Bibbia, libro sempre “aperto”,
Gazzettino Tattara G. e altri Per una rilettura del vangelo di Matteo, Mosaico
di pace (on line), Madera R. Date al
cielo quello che è del cielo, L’Unità, Gnoli A. Rileggere la Bibbia, La
Repubblica Della Pergola F. Parola di biblista,
Della Pergola F. La Bibbia svelata,
e in Left, Lamonaca L. Su una nuova lettura della Genesi, Patrignani C.
Laicità: il biblista Carlo Enzo batte i marxisti ratzingheriani, MorettoUn mondo possibile, Della Pergola F.
Il problema dell’unicità e della trascendenza di Dio nella Bibbia ebraica, Della
Pergola F. Il Dio del nulla Tattara G. e altri Gesù e le donne nel vangelo di
Matteo, Della Pergola F. La lunga
battaglia contro la Bibbia e in Left, 1 aprile
Video Da Burano a Roma, parte I, dal progetto Memoro. La Banca della
Memoria La prima visita di Roma, parte II, dal progetto Memoro. La Banca della
Memoria Dal Biblico a Baruch Spinoza, parte III, dal progetto Memoro. La Banca
della Memoria Gesù Maestro ed Elohîm dell'Ecclesìa, parte IV, dal progetto
Memoro. La Banca della Memoria Vai, vai per te, parte V, dal progetto Memoro.
La Banca della Memoria Dalla Bibbia Ebraica alla generazione di Gesù Cristo.
Un'intervista di Romano Màdera La Bibbia non dice quello che ci hanno fatto
credere. Un’intervista a Carlo Enzo Date
al cielo quello che è del cielo di Romano Madera, in L'Unità, Rileggere la
Bibbia di Antonio Gnoli, in La Repubblica. Grice: “Enzo should concentrate a
bit on how the ancient Romans dealt with their civil religion. Roma and
romanitas. Carlo Enzo. Enzo. Keywords: l’uomo, essegesi, ermeneutica, i quattro
sensi – from Genesis to Revelations: a new discourse on metaphysics,
eschatology – perhaps Moses got more than the 10 comm from Sinai --. Ebraismo e
romanita – romanita pagana – la teologia naturale dei romani antichi – la religione
civile dei romani – I simboli della religione romana pagana --. La religione
ufficiale della Roma antica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Enzo” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763158449/in/photolist-2mS8HB8-2mS81kq-2mRSqwK-2mRWmWX-2mRYsHJ-2mRV8wa-2mRWmUx-2mRV8zS-2mRYsKN-2mRWmSP-2mRQT1q-2mRYsKh-2mRV8zr-2mRV8zX-2mRWmR1-2mRV8yQ-2mRV8xY-2mRV8wL-2mRZy1m-2mRZxZV-2mRWmVu-2mRV8uG-2mRWmPx-2mRV8wW-2mS2fwZ-2mRWmTF-2mRWmUc-2mRWmQE-2mRZy54-2mRV8xc-2mRZxZz-2mRWmTq-2mRWmWG-2mRQSYg-2mRV8AJ-2mRYsJR-2mRQT1L-2mRWmP7-2mRV8yK-2mRYsM1-2mRZy2Z-2mRV8vJ-2mRYsLE-2mRWmU2-2mRVFhB-2mRPtKR-2mRV5s7-2mRSmRq-2mRLp9C-2mREWCm
Grice ed Epicoco –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Mesagne). Filosofo. Grice: “I like
Epicoco; he has a way with words – e.g. ‘only the sick heal.” Is that synthetic
a priori?” Grice: “My favourite is Epicoco’s emphasis on some symbols, like
blood, and Canova’s Eros – and ‘l’amore che decide.’ Insegna a San Carlo
Borromeo all'Aquila. Altre opere: Vergine
Madre figlia del tuo figlio; Itaca editrice; Jesu dulcis memoria; Itaca
editrice; Il grido di Benedetto XVI; con Michele G. Masciarelli; Tau editrice; Futuro
presente. Contributi sull'enciclica Spe salvi di Benedetto XVI; con Angelo
Amato e Paola Bignardi; Tau editrice; L'Immacolata perfezione. Sentieri in
preparazione alla festa dell'Immacolata; Tau editrice Io vedo il tuo volto. Arte e liturgia; Tau
editrice Ex coelesti virtute. Miscellanea
di studi in onore di S. E. Mons. Giuseppe Molinari nel Suo 50º di Sacerdozio;
Tau editrice Etty Hillesum. Introduzione
ad una donna; Tau editrice Piccola
introduzione alla Bibbia; Tau editrice
Qualcuno accenda la luce. Conversazioni sull'Enciclica Lumen Fidei di
papa Francesco; Tau editrice Giovanni
Paolo II. Ricordi di un papa santo; con Mons. Piero Marini; Tau editrice La misericordia ha un volto. Il Giubileo
straordinario della Misericordia secondo papa Francesco; Tau editrice Preghiere di ogni giorno; Tau editrice Nati per amare. I giovani raccontano la
famiglia; LUP Solo i malati guariscono.
L'umano del (non) credente; San Paolo, Milano
Educare è meglio che curare; Tau editrice, La malattia è un dono di vita. Storia di
Teresa Ruocco; Tau editrice La stella,
il cammino, il bambino. Il natale del viandante; San Paolo, Milano Quello che sei per me. Parole sull'intimità;
San Paolo, Milano Amen. La Parola che
salva; San Paolo, Milano Sale non miele.
Per una fede che brucia; San Paolo, Milano . Telemaco non si sbagliava. O del
perché la giovinezza non è una malattia; San Paolo, Milano L’amore che decide; Tau editrice, Camminando tra pastori e Re Magi. Trenta
piccole meditazioni e un "quaderno" per la riflessione personale: un
percorso di preparazione al Natale, San Paolo, Cinisello Balsamo, Qualcuno a cui guardare. Per una spiritualità
della testimonianza, Città Nuova, Roma, . Note
A L'Aquila Epicoco diventa il nuovo preside dell’Istituto Superiore
Scienze Religiose, Giovani: don Epicoco (filosofo), “proporre un incontro che
può cambiare la loro vita”, in Servizio Informazione Religiosa, 11 settembre . Intervista a Il Faro di Roma Scheda in Itaca
libri Scheda sito San Paolo Scheda del docente nel sito dell'Università
Pontificia Articolo incarichi
diocesani Intervista a Credere Sito della Parrocchia Universitaria L'Aquila Incarichi nel Sito Ufficiale della Diocesi, su
diocesilaquila. Scheda sul profilo di don Luigi Maria Epicoco Radio Radicale Comunicato stampa Sito Rai Caterpillar Rai Due intervento a NemoNessuno escluso in
prima serata Membri Cavalieri della Luce
Archiviato il 18 gennaio in . Testimonianza nella rivista Credere Roma Sette sul nuovo Messalino edito da San
Paolo Intervista e nuovo libro sul sito
Aleteia La prefazione di Massimo
Recalcati al libro di don Luigi Maria Epicoco
Don Epicoco nuovo preside dell’Issr L’Aquila Conferenza di don Luigi Maria Epicoco a Nizza
il 13 novembre . Grice: “The Italians take ‘natural theology’ for granted; at
Oxford, as Webb pointed out in his very first Wilde lecture on natural
theology, things ain’t that easy, and they are not meant to be easy by the
lecture founder, Dr. Wilde. Webb analyses Wilde’s letter in some detail.
There’s naturalism and natural theology, there’s revealed theology, but there’s
also civil theology, and it’s nice Webb’s main source is Varro!” Grice: “Most
of the best Italian philosophers have been very much ANTI-ROMA; in part influenced
by classical culture, but more so by the German protestant movement, which also
had affinities with the Italian passion for ‘l’antico’” “Ironically, Roma is
considered hardly a representative of romanita!” Cf. the neo-paganism of Evola,
which is meant to represent romanita. -- Luigi Maria Epicoco. Epicoco. Keywords:
Wilde readership in natural religion. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Epicoco”
– The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762667478/in/dateposted-public/
Grice ed Ercole – difesa della metafisica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Spinazzola). Filosofo. Grice: “I like it
when Ercole emphasizes that bit in De Interpretatione which I love – every
‘logos’ is ‘significant’ (significativo, semantikos, -- adds Ercole quoting
from the Greek) of this or that – even a prayer!” -- Grice: “I must say I love
Ercole; for one, he expands on my idea of the longitudinal unity of philosophy,
being an Oxfordian Hegelian, almost, he thinks history can be regarded
LOGICALLY: scepticism has to follow dogmatism – this is pretty interesting; for
another, he tutored for years on the very same topics I did, notably “De
interpretation” and “Categoriae” – The former being a theory of semiotics, of
course!” – Studia a Napoli. Si interessa per Hegel. A Berlino si perfeziona
sotto Michelet, Trendelenburg, e Mommsen. Adere anche alla "Società filosofica
hegeliana". Insegna a Pavia e Torino. Dall'hegelismo iniziale, con l'affermarsi
del positivismo, passa a posizioni di adesione all'evoluzionismo di Darwin e di
Spencer. Polemizza con il teismo, giudicato contraddittorio e illusorio, manifesta
interesse per la riforma del liceo classico secondo Pestalozzi (Ercole attaca
Pestalozzi e defende Fröbel. Altre opere: Alcune proposte di riforma nella
istruzione secondaria, Pavia, Stabilimento tipografico Successori Bizzoni); “La
pena di morte e la sua abolizione dichiarate teoricamente e storicamente
secondo la filosofia hegeliana, Milano, U. Hoepli); “Il teismo filosofico
cristiano. Teoricamente e storicamente considerato, con speciale riguardo a Tommaso
e al teismo italiano” (Torino, Loescher); “L'educazione del bambino secondo
Pestalozzi, Fröbel e Spencer” (Roma, Tipografia della Reale Accademia dei
Lincei); “L'origine del pitagorismo” (Roma, Tipografia Terme Diocleziane di G.
Balbi); “La filosofia della natura di Ceretti” (Torino, Unione tipografico-editrice);
“La panlogica di Ceretti” (Torino, Fratelli Bocca); “L'esologia di Ceretti”; “L’essologia
di Ceretti”, “La sinautologia di Ceretti”, “Cerettiana”; La logica
aristotelica, la logica kantiana ed hegeliana e la logica matematica (Torino,
Vincenzo Bona), “La logica algebraica”. Dizionario Biografico degli Italiani.
How can people speak of ‘mathematical logic’ when Russell says that mathematics
rests on logic?!” – logica aritmetica, aritmetica logica – His exposition of
‘logica aristotelica’ is impressive, and overlaps with Grice/Strawson’s
seminars on Categoriae and De Interpretatione. His editorial work on Ceretti is
excellent. He has written on some other Italian philosophers, too. Pasquale
D’Ercole. Ercole. Keywords: difesa della metafisica, panlogica, esologia, essologia,
sinautologia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice ed Ercole” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690276800/in/photolist-2mKGbqY-2mKBEmt-2mKBBHH-2mJ4GHU-28JguMC-GuJA5G-GUC8Z8-Guv9WS-FZ7Kws-GUCp7T-Guvagu-FZd4Ka-GRC81o-GNEbxc-GuviMY-FZd4Zi-GNEika-Guv9zu-GUCpfZ-GuviZb-GUCps2-GRC7Zw-FZd4Hg-FZd4wp-FZ7KKJ-GNEior-GRBWqA-FZ7ykj-GNE2Lp-GNEiw2-FZ7L1J-FZddTR-FZ7KbC-FZddSD-FZ7KmC-FZd4An-GLjTPy-GLk2q5-GUCoZt-GNE2hD-FZ7Kbh-Dw1w1R-DndBhH-Cntjci-FZddBP-GLjUhY-GNEbSF-Guv1bq-GRC1UW-GUCpnc
Grice ed Esposito – il Sistema
dell’in/differenza – filosofia italiana – Luigi Speranza (Piano di Sorrento). Filosofo. Grice:
“I like Esposito; of course, his ‘origine della filosofia italiana’ owes a bit
to the historians of Roman literature and that infamous embassy of the very
best of Grecianism: Carneade, Critolao, and Diogene!” 599 ab urbe condita!”. Parte
dalla constatazione dell'esaurirsi del tradizionale lessico della politica e
dalla consapevolezza della necessità di una sua diversa formulazione. Su questo
presupposto, si incentra sulla ripresa e sulla rielaborazione di questa
tradizione all'interno di nuove esigenze, a partire da una re-interpretazione
delle categorie classiche della filosofia. A tal fine nelle sue opere lascia
interagire saperi e linguaggi differenti, dalla filosofia alla letteratura,
all'arte, alla poesia, all'antropologia, alla teologia. Dopo i primi studi su Vico e Machiavelli, il
suo lavoro si è concentrato intorno a quattro nuclei tematici. L'impolitico
viene inteso come rovescio impensato dalla politica. Le riflessioni su questo
tema sono confluite in “Categorie dell'impolitico” (il Mulino, Bologna), Nove
pensieri sulla politica (Bologna, il Mulino), “L'origine della politica” (Roma,
Donzelli). La filosofia della comunità e
biopolitica sono confluite in una trilogia. “Communitas: origine e destino
della comunita” (Einaudi, Torino)” è un tentativo concettuale di ridefinire il
concetto di comunità, al di fuori di ogni riferimento ai comunitarismi passati
e presenti, privilegiando piuttosto gli filosofi da Rousseau a Kant, da
Heidegger a Bataillein cui prevale una concezione della comunità in quanto
legge comune dell' “essere insieme”, ma anche la coscienza tragica di ciò che
contiene di irrealizzabile da un punto di vista politico. “Immunitas:
protezione e negazione della vita” (Einaudi, Torino) è una lettura biopolitica
dei conflitti in seno al corpo sociale. “Immunitas” persegue il lavoro di scavo
teorico cominciato in Communitas e pone la categoria dell'immunità al centro di
questa riflessione sulle contraddittorie strategie di difesa della società
rispetto ai rischi, reali e immaginari, che la insidiano. In questo senso
l’immunizzazione è allo stesso tempo una protezione e una negazione della vita
che rischia sempre di diventare una sorta di malattia immune del corpo sociale.
“Bios: biopolitica e filosofia” (Einaudi, Torino) è una rilettura, a partire di
Foucault, della storia del pensiero biopolitico alla luce del concetto d'immunità.
Essendo l'immunitas una protezione negativa della vita, la biopolitica che ne
incorpora le procedure è sempre a rischio di trasformarsi in tanato-politica.
Ciò non toglie che possa profilarsi una, sia pur problematica, nozione
affermativa di bio-politica. Al concetto
di persona e di impersonale ha dedicato “Terza persona: politica della vita e
filosofia dell’impersonale” (Einaudi, Torino) e “Due. La macchina della
teologia politica e il posto del pensiero” (Einaudi, Torino) e “Le persone e le
cose” (Einaudi, Torino). A partire da una critica del concetto, giuridico
romano di persona, inteso come un dispositivo che separa la vita umana da se
stessa, l’impersonale è inteso come la forma di una possibile ri-unificazione
tra corpi. e persona. Nel dittico
costituito da “Pensiero vivente. Origine a attualità della filosofia italiana”
(Einaudi, Torino) e “Da fuori. Una filosofia per l'Europa” (Einaudi, Torino) ha
ricostruito i caratteri prevalenti della tradizione filosofica italiana, a
partire da Machiavelli, Bruno e Vico, fino a quella che viene definita Italian
Theory. Essi riguardano la connessione tra le categorie di storia, politica e
vita. Altre opere: La politica e la storia. Machiavelli e Vico (Liguori, Napoli);
Termini della politica. Comunità, immunità, biopolitica (Mimesis, Milano);
“Politica e negazione: per una filosofia affermativa” (Einaudi, Torino); “La
filosofia italiana come problema: da Spaventa all’Italian Theory, "Giornale
Critico di Storia delle Idee"; “Protezione e negazione della vita
(Einaudi, Turin), più largamente, documenti di tutti gli interventi ripresi,
con le risposte dell'autore).Politiche della vita sul margine pericoloso
dell'impersonale, di Ciccarelli per il «Centro per la Riforma dello Stato». Treccani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. The category of applicational generality
relates to Esposito’s concept of the im-PERSONAL. La terza persona is not a
person like “I” and “thou”. Grice uses
‘person’ generally, “Someone (i. e. I) is hearing a noise). “Someone” is (Ex)
with the addition of ‘person’. A sock is not a someone; a rose bush is not a
someone – a dog is not for Grice a someone. But then ‘someone’ is a
solecism. Esposito considers the
communication and community alla Tonnies. Grice knows the connection community
and communication, when he criticizes Stevenson for trying to define the
Anglo-Saxon ‘meaning,’ circularly, in terms of ‘communication. – The problem of
the third person is fascinating. Obviously a grammarian’s mistake – a
grammarian usually not knowing anything about philosophy, used philosophical
concepts – such as person – first person for “I” is ok, second person for
“Thou” is okay – when it comes to verbs, and pronouns, “The chair is comfy” (La
sedia e comoda.) – there is nothing personal about a chair being personal. It
is not true that someone is comfortable (jemand). – there’s nothing personal
about this. Since Homer, prosôpon [πϱόσωπоν], etymologically “what is opposite
the gaze,” has designated the human “face” in particular, and then,
metaphorically, the “façade” of a building, and synechdochically, the whole
“person” bearing the face. Another remarkable semantic extension is that of the
theatrical “mask” (Aristotle, Poetics 1449a36), leading in turn to the meaning
“character in a drama” (Alexandrian stage directions for dramatic works
regularly included the list of the prosôpa tou dramatos [πϱόσωπα τоῦ δϱάματоς]),
and then to a narrative. Its Latin equivalent, persona, refers in its turn to
the mask that makes the voice resonate (personare), before it designates a character,
a personality, and a grammatical person (Varro). The meaning of the compound
prosôpopoiein [πϱоσωπо-πоιεῖν]—“to compose in direct discourse,” that is, to
make the characters speak themselves—clearly shows that the dramatic meaning of
prosôpon had a particularly great influence on the history of the word. In any
event, it seems quite likely that when grammarians adopted prosôpon to
designate the grammatical “person,” they were thinking of the dialogue
situation characteristic of the theatrical text, which makes use of the
alternation “I-you”: the face-to-face encounter between person(age)s is rooted
in the category of the “person” (see SUBJECT, Box 6). Whereas terms like
“tense” (chronos [χϱόνоς]) and “case” (ptôsis [πτῶσις]) are attested before
they appear in strictly grammatical texts, this is not the case for prosôpon
used to refer to the “person” as a linguistic category. On the other hand, in
the earliest grammatical texts, and in a way that remains perfectly stable
later on, prosôpon is adopted to describe both the protagonists of the dialogue
and the marks, both pronomial and verbal, of their inscription in the
linguistic material. In fact, the main difficulty encountered by grammarians
regarding the notion of prosôpon seems to have been how properly to articulate
reference to real persons occupying differentiated positions in linguistic
exchange (speaker, addressee, other) with reference to the person as a
grammatical mark. This difficulty occurs notably in a quarrel about definition.
In the Technê attributed to Dionysius Thrax (Grammatici Graeci 1.1 [chap. 13,
p. 51.3 Uhlig = 57.18 Lallot]), the verbal accident of prosôpon is defined as
follows: Prosôpa tria, prôton, deuteron, triton; prôton men aph’ hou ho logos,
deuteron de pros hon ho logos, triton de peri hou ho logos [Пϱόσωπα τϱία, πϱῶτоν,
δεύτεϱоν, τϱίτоν· πϱῶτоν μὲν ἀφ’ оὗ ὁ λόγоς, δεύτεϱоν δὲ πϱὸς ὃν ὁ λόγоς, τϱίτоν
δὲ πεϱὶ оὗ ὁ λόγоς]. There are three persons: first, second, third. The first
is the one from whom the utterance comes, the second, the one to whom it is
addressed, the third, the one about whom he is speaking. This minimal
definition clearly sets forth the two protagonists of the dialogue,
distinguishing them by their position in the exchange, and introduces without
special precaution a third position, characterized as constituting the subject
matter of the utterance. The parallelism of the three definitions—a simple
pronoun for each “person”—masks the lack of symmetry between the (real) first
and second persons and the third person; the latter, as Benveniste pointed out
(Problèmes de linguistique générale, 228), may very well not be a “person” in
the strictest sense. This definition, which remained canonical for several
centuries, was attacked by Apollonius Dyscolus, who completed it as follows (I
adopt the formulation in Choeroboscos [Grammatici Graeci 4.2 (p. 10.27 Uhlig)],
a Byzantine witness to the Alexandrian master): Prôton men aph’ hou ho logos
peri emou tou prosphônountos, deuteron de pros hon ho logos peri autou tou prosphônoumenou,
triton de peri hou ho logos mête prosphônountos mête prosphônoumenou [πϱῶτоν μὲν
ἀφ’ оὗ ὁ λόγоς πεϱὶ ἐμоῦ τоῦ πϱоσφωνоῦντоς, δεύτεϱоν δὲ πϱὸς ὃν ὁ λόγоς πεϱὶ αὐτоῦ
τоῦ πϱоσφωνоυμένоυ, τϱίτоν δὲ πεϱὶ оὗ ὁ λόγоς μήτε πϱοσφωνοῦντος μήτε πϱоσφωνоυμένоυ].)
The first person is the one from whom the utterance comes meaning me, the
speaker, the second, the one who to whom the utterance is addressed meaning the
addressee himself, the third the one about whom the utterance speaks and who is
neither the speaker nor the addressee. Apollonius’s arrangement contributes
useful explanations: (a) each “person,” including the first two, can be the
subject of the utterance; (b) the third is defined negatively as being neither
the first nor the second (which implicitly opens up the possibility that it is
a “person” only in an extended sense, insofar as it does not need to be
competent as an interlocutor); (c) the overlap of enunciation and enunciated is
explicit: there is a first person when the utterance refers to the
enunciator-source, a second person when it refers to the addressee, and a third
when it refers to someone or something else. Despite the incontestable advance
represented by Apollonius’s revision, it nonetheless leaves an ambiguity
regarding the designatum of prosôpon: are we talking about extralinguistic
entities, “persons” engaging in dialogue or not, or are we talking about
linguistic entities, “accidents” of the conjugated verb and the pronomial
paradigm (personal pronouns)? Apparently the former, which is surprising coming
from a grammarian who prides himself on correcting another grammarian. In fact,
there is hardly any doubt that in Apollonius, the ambiguity I mentioned is
still attached to the term prosôpon. Consider the following text, taken from
Apollonius’s Syntax 3.59 (Grammatici Graeci 2.2 [p. 325.5–7 Uhlig]): Ta gar
meteilêphota prosôpa tou pragmatos eis prosôpa anemeristhê, peripatô,
peripateis, peripatei [τά γὰϱ μετειληφότα πϱόσωπα τоῦ πϱάγματоς εἰς πϱόσωπα ἀνεμεϱίσθη,
πεϱιπατῶ, πεϱιπατεῖς, πεϱιπατεῖ]. The persons who take part in the act [of
walking] are distributed into persons: I walk, you walk, he/she walks. We can
interpret this to mean that in a group of persons—extralinguistic entities— who
are walking, every utterance concerning the walk will elicit the appearance of
verb endings distributing the walkers among the three grammatical persons: such
is the alchemy of Apollonius’s prosôpon. Jean Lallot BIBLIOGRAPHY Benveniste,
Émile. “Structure des relations de personne dans le verbe.” Chap. 18 in
Problèmes de linguistique générale, 225–36. Paris: Gallimard, 1966. Translation
by M. A. Meek: Problems in General Linguistics. Coral Gables, FL: University of
Miami Press, 1971. Grammatici Graeci. Edited by A. Hilgard, R. Schneider, G.
Uhlig, and A. Lentz. Leipzig: Teubner, 1878–1902. Reprint, Hildesheim, Ger.:
Olms, 1965. Lallot, Jean. La grammaire de Denys le Thrace. Paris: Le Centre
National de la Recherche Scientifique. Roberto Esposito. Esposito. Keywords: fascismo,
il Sistema dell’in/differenza, Vico, Spaventa, Machiavelli, Bruno.
Tanato-ethics, tanato-politica, three features of the conversational
imperative: generality: formal generality, applicational generality, conceptual
generality. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Esposito” – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51702454844/in/photolist-2mQwYd8-2mQiU3r-2mPYYve-2mPQGvz-2mN35cA-2mMQbzj-2mLLAxf-2mLExs3-2mKHtgX-2mPpVqK
Grice ed Evola --romanità –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “Evola was a bit of a linguistic
philosopher; I enjoyed his rambling on the proper use of “Latin” versus
“Roman;” Evola notes that the implicatures differ. ‘Roman’ he links with
Spartan, and he opposes to the formation, ‘greco-romano’ o ‘classico’ – “Latin”
he applies to “lingua romana,” as Orazio and Tacitus had done!” – Grice: “If I
had to think of the equivalent linguistic analysis by an English philosopher, I
can only think of DeFoe, and his satire on what constitutes an Englishman!
Later parodied by Gilbert and Sullivan and put to good effect in “Chariots of
Fire,” where Abrams is seen referred to as “HE IS.. an Englishman! For he
himself has said it!” -- - Italian philosopher – Figlio di Vincenzo e Concetta Mangiapane, barone di Castropignano.
Studia a Roma. Manifesta un'opposizione a Roma, soprattutto in riferimento alla
teoria del peccato e della redenzione, del sacrificio divino e della grazia. Studia
filosofia. Entra in contatto con alcuni esponenti del
Futurismo quali Balla e Marinetti. Partecipa alla esposizione futurista a
Palazzo Cova, Milano. Rientra a Roma dopo il conflitto ed attraversa una
profonda crisi esistenziale che lo porta al bordo del suicidio. Aderisce al Dadaismo ed entra in contatto epistolare con Tzara. Fonda
“Bleu” Esce un saggio sull'idealismo magico. Si deve superare i limiti
dell'umano per andare verso “l'oltre-uomo”.Studia la teoria e fenomenologia
dell'individuo assoluto. Nel “L'uomo come Potenza” compare una concezione
dell'io ispirata ai dettami del tantrismo e del taoismo. Queste ultime
opere segnano un'ulteriore svolta: passaggio da una posizione filosofica di
tipo teoretico ad una di tipo pragmatico. Cerca infatti di individuare
strumenti concreti per mezzo dei quali calare nella vita quotidiana la teoria
dell'Individuo assoluto. Inizia un'intensa esperienza giornalistica: partecipa
alla redazione di Lo Stato democratico e collabora a riviste come Ultra,
Bilychnis, Ignis, Atanor e Il mondo. Frequenta i circoli esoterici romani e
partecipa alla vita notturna della capitale. Disumano qual è, gelido architetto
di teorie funambolesche, vanitoso, perverso, s'è trovato dinanzi a me come a
cosa tutta viva, tutta schietta, mentre aveva fantasticato chissà quale
avventura necrofila. E questa cosa tutta schietta l'ha turbato, l'ha commosso,
segretamente. Coordina “Ur”, che si occupa di esoterismo. Conosce Reghini.
Pubblica “Paganesimo.” Attacca violentemente Roma ed esorta a ritrovare la grandezza
della civiltà romana. Oserà dunque Italia assumere qui, qui donde già le aquile
imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare,
regale, oserà qui riprendere la fiaccola della tradizione mediterrane? Influenzato
da Guénon abbandona in seguito le tesi estremiste a favore del concetto di “tradizione"
e fonda “La Torre” destinata a difendere principi sovrapolitici, in realtà una
tribuna di filosofi che si battevano per una Italia più radicale e più
intrepida. Critiche mosse ad alcuni personaggi del Regime dalle pagine de La
Torre, provocano l'intervento di Starace che prima diffida Evola dal continuare
la pubblicazione, poi proibisce a tutte le tipografie romane di stampare la
rivista la cui pubblicazione, alla fine, viene sospesa. Viene sorvegliato
dal regime in quanto accusato di affiliazione all'Ordo Templi Orientis ed è
costretto ad assumere alcune guardie del corpo (come testimoniato da Massimo
Scaligero) . In Meditazioni delle vette, intende l'alpinismo come pratica
ascetica e meditazione spirituale: superamento dei limiti della condizione
umana attraverso l'azione e la contemplazione, che divengono due elementi
inseparabili, un'ascesa che si trasforma in ascesi. Successivamente pubblica
due saggi La tradizione ermetica e Maschera e volto dello spiritualismo. “La
tradizione ermetica” è una disamina dell'aspetto magico, esoterico e simbolico
dell'alchimia. “Il volto e la maschera” è un saggio critico su quella filosofia
che invece di elevare l'uomo dal razionalismo e dal materialismo, lo portano
ancora più in basso: spiritismo, teo-sofia, antropo-sofia e psicoanalisi. In “Rivolta
contro il mondo” traccia un affresco della storia letta secondo lo schema
ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella
tradizione occidentale. Analizza le categorie qualificanti l'uomo della
tradizione e le anticha "razza divina” Esamina a fondo Il mistero del
Graal e le sue implicazioni dottrinarie nelle visioni dei diversi periodi
storici, impostando tutta la sua disamina sul concetto di "tradizione
ghibellina dell'impero", cercando di svincolare il Graal e la sua portata
simbolica da Roma. Collabora attivamente con la Scuola di mistica da Giani,
tenendo alcune conferenze e figurando nel comitato di redazione della rivista
Dottrina. La maggior parte degli interventi di Evola in conferenze e scritti,
riguardano principalmente il concetto di “razza divina”, argomento che trova
appoggio da parte di Giani. Il concetto di “mistica” rappresenta un'incongruenza
potendo parlare, al più, di “etica.” Questo perché in realtà la dottrina non
affronta il problema dei valori superiori, i valori del sacro, solo in
relazione ai quali si può parlare di mistica. Evola ravveda nella mistica un
elemento rilevatore di una spiritualità lunare e del polo femminile. E infatti
il sottotitolo di Diorama filosoficola pagina prima mensile e poi quindicinale
curata da Evola nel quotidiano Il Regime è: Problemi dell’etica. Una serie di
scritti di Evola relativi alla scuola di mistica, sono stati pubblicati
dall'editore Controcorrente e aiutano in parte a chiarire le posizioni assunte
dal filosofo all'interno della suddetta corrente. Sia in fatto o
nell’ideale, esiste una opposizione fra l'uomo ariano e tradizionale europeo e
l’altri. L’ariano e capace di concepire e di realizzare un'armonia fra corpo ed
anima (“La civiltà occidentale”, Augustea). In “Mito del Sangue ricostruisce le
concezioni sulla razza dalle civiltà fino alle teorie di Gobineau, Woltmann, de
Lapouge, e Chamberlain. L'ariano (da "Arya") appartiene al corpo e lo
spirito. Si esprime negativamente sul colonialismo giudicando l'Etiopia conquistata
dall'Italia nient'altro che una contraffazione degenerescente di un organismo
tradizionale. Critic ail materialismo zoologico. Ha una concezione dell'uomo
come essere costituito da corpo, anima e spirito, dove lo spirito deve avere il
primato sull’anima e il corpo. L’opportunità di questa formulazione risiede nel
fatto che una razza può degenerare, anche restando biologicamente pura, se lo
spirito è diminuito o obnubilat, se ha perso la propria forza, come presso
certi tipi nordici. Un corpo di una data razza si liga in un individio lo
spirito di un'altra razza. Respinge ogni teorizzazione del razzismo in chiave
“zoologica”! ponendo il pensatore tradizionale tra coloro che «imboccata una
certa strada, la seppero percorrere, in confronto con tanti che scelsero quella
della menzogna, dell'insulto, del completo obnubilamento di ogni valore
culturale e morale, con dignità e persino con serieta. Non è il solo a prendere
le distanze dal razzismo zoologico. Altre note figure della cultura del tempo,
come Acerbo, e meno note, come Mazzei, se ne dissociano. L'impostazione critica
data da De Felice su questo passaggio del pensiero di Evola è particolarmente
apprezzata dagli autori filo-evoliani. Anche Orano sviluppa, secondo taluni,
una forma di razza divina etico-sociale che rinvia a Il mito del sangue di Evola.
Primo, in ordine di tempo fu Orano. Dietro di lui, con una vena più scadente,
comparvero Romanini ed Evola. C’e tre ordini di razza: corpo, anima, spirito.
Dunque, Evola riprende, seppur in maniera meno esplicita, alcune delle teorie
del de Gobineu che cercano di identificare una gerarchia ideale nei gruppi
delle razze umane. Cio non impedisce ad Evola di avere una "doppia
affiliazione" ed essere pure membro della Massoneria. Evola non aderisce
al Partito e tale mancata adesione gli impedisce di arruolarsi come volontario
contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda guerra mondiale. Critica del
germanismo tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non
abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione".Per
esempio una difesa della razza e improntata giuridicamente e il potere e derivato
dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società
ario-germanica delle origini. Teorizza dunque il tradizionalismo puro,
ideale e radicale, capace di attuare i propri principi e di far trionfare la
cultura romana pagana delle origini -- un impero europeo e pagano sotto la
guida egemonica della Roma di Cesare. Fa ritorno nell'Italia liberata solo al
termine della guerra. Essendo rigorosamente contrario all'abrogazione della
Monarchia e alla trasformazione dell'Italia in una Repubblica, intraprende
tentativi di influenza.Si occupa di studiare e combattere le trame occulte e antitradizionali
della massoneria. Pubblica “Impero”.Scrive Evola: “Io potevo aver
difeso e potevo continuare a difendere certe concezioni in fatto di dottrina
dello Stato. Si era liberi di fare il processo a tali concezioni. Ma in tal
caso si dovevano far sedere sullo stesso banco degli accusati: Platone, un
Metternich, un Bismarck, il Dante del De Monarchia e via dicendo.” Si tenta di
effettuare una "doppia lettura" dei suoi testi: una lettura palese
per il volgo ed una "esoterica" per gli "iniziati". Pubblica
“Gli uomini e le rovine” che esercita grande influenza negli ambienti della
destra italiana nel quale spiega la decadenza del mondo moderno in seguito alla
distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per
l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori
della tradizione. In “Metafisica del sesso” tratta la forza magica e
potentissima dell'atto sessuale, attraverso lo studio dei simboli esteso a
numerose tradizioni. L'«Operaio» in Jünger. “Cavalcare la tigre”. Scrive sul concetto
metafisico ed immanente di tradizione, come Il Ghibellino. “Gli uomini e le
rovine” e “Cavalcare la tigre” sono considerati due testi fondamentali grazie
ai quali c'è una fattiva adesione al ribellismo anti-sistema”Pubblica Il
cammino del cinabro, la sua autobiografia, e L'arco e la clava. Assiste
alla costituzione dei “dioscuri”, sodalizio dedito al ripristino della
cultualità romana ed italica, di cui è uno degli ispiratori, attraverso i suoi
scritti sulla romanità, il paganesimo e le idee imperiali, oltre che attraverso
un particolare rapporto di intimità con i dioscuri. Solstitivm. Evola è
propugnatore del Tradizionalismo, un modello ideale e sovratemporale di società
caratterizzato in senso spirituale, aristocratico e gerarchico. Tale modello si
riscontra, da un punto di vista storico, in la civiltà romana. La civiltà romana
non si basa su criteri economici, materiali e biologici, ma e suddivisa e
gestita in base a criteri di gerarchia sociale di carattere ereditario e
spirituale. Ogni azione che avviene durante la vita biologica (il divenire)
rispecchia direttamente una medesima azione di carattere metafisico (l'essere)
e dunque imperitura e sovratemporale. Il cammino dell'uomo avviene
attraverso un percorso di tipo circolare. Traccia di questa teoria la si trova,
ad esempio, nella teoria delle *cinque età* (dell'oro, dell'argento, del
bronzo, degli eroi, del ferro). La civiltà romana, ritenuta superiora da Evola
si basa dunque su una più elevata dimensione metafisica e spirituale
dell'esistenza, anziché su criteri di ordine materiale. L'uomo ha la
possibilità di elevarsi alla sfera divina e metafisica attraverso precise
strade (il rito e l'iniziazione), utilizzando determinati strumenti (l'azione e
la contemplazione) all'interno di contesti sociali predeterminati (la casta,
l'impero). Non esiste differenza quantitativa tra l'uomo e il dio. Ogni uomo è
un dio mortale. Ogni dio un uomo immortale. La razza e "spirituale". Rifiuta
una visione zoological, in favore di un patrimonio di tendenze e attitudini
che, a seconda delle influenze ambientali, giunge rebbero o meno a manifestarsi
compiutamente. L'appartenenza a questa razza spiritual si individuerebbe dunque
sulla base dello spirito, e in seguito del corpo, diventandone col tempo questo
ultime il segno visibile. E un concetto metafisico di razza. La romanita spirituale
del quale parla Evola parte appunto dal dato biologico, che gli pare ancora
troppo zoologico, rozzo e deterministico, per sublimarlo e portarlo a pieno
compimento sul piano dello spirito – non romano, ma romanita -- , ossia sul
piano metafisico. Intendeva potenziare e nobilitare la romanita, avvolgendolo
in una nebulosa filosofeggiante e scrostandolo di quel tanto di ruvido
zoologismo. Vengono ritrovate sette lettere da Evola a Croce (più una indirizzata
all'editore Laterza. Evola invia inizialmente a Croce la richiesta di
intercedere presso Laterza per la pubblicazione dei “Idealismo magico” e “Teoria
dell'individuo assoluto”. La seconda e una cartolina postale di Croce
ringraziandolo per il giudizio di apprezzamento sul lato formale dei due
manoscritti dell’Idealismo magico e Teoria dell’individuo assoluto.
Laterza, nonostante l'appoggio favorevole di Croce, Laterza scrive una lettera in cui precisa di volersi riservare la
massima libertà di decidere anche nei riguardi di autorevoli amici. Evola
scrive a Croce chiedendo aiuto per “La tradizione ermetica”, un saggio sull'alchimia.
In una quarta lettera, Evola ringrazia Croce per l'interessamento. “La
tradizione ermetica” esce per i tipi dell'editore barese. Evola invia quattro
lettere a Gentile. Nonostante le marcate divergenze sul piano filosofico Evola
si discosta dall'attualismo gentiliano in favore di una rigida codificazione
teoretica (l'idealismo magico) il pensatore tradizionale cerca un confronto con
uno dei massimi esponenti del mondo accademico. Tale confronto non produce
risvolti interessanti sotto il profilo speculativo in quanto i due filosofi
sono su posizioni eccessivamente distanti, ed anche i presupposti dottrinali sono
inconciliabili. Il tentativo di Evola di aprire un colloquio costruttivo
rimane un fiore che non sboccia. Evola cerca di costruire, pur senza risultati
apprezzabili, un punto di riferimento culturale alternativo al gentilismo. Nel
Cammino dei cinabro tenta di spiegare così le ragioni di questo mancato
incontro.“Ogni riferimento extra-filosofico di cui il mio sistema filosofico e
ricco sirve come un comodo pretesto per l'ostracismo. Si poteva liquidare con
un'alzata di spalle un sistema che accordava un posto perfino al mondo
dell'iniziazione, della "magia" e di altri relitti superstiziosi. Che
tutto ciò da me fosse fatto valere nei termini di un rigoroso pensiero
speculativo, a poco sirve. Però anche da parte mia vi e un equivoco, nei
riguardi di coloro ai quali, sul piano pratico, la mia fatica speculativa posse
servire a qualcosa. Si tratta di una introduzione filosofica ad un mondo non filosofico,
la quale posse avere un significato nei soli rarissimi casi in cui la filosofia
ultima avesse dato luogo ad una profonda crisi esistenziale. Ma vi e anche da
considerare (e di questo in seguito mi resi sempre più conto) che i precedenti
filosofici, cioè l'abito del pensiero astratto discorsivo, rappresentano la
qualificazione più sfavorevole affinché tale crisi potesse essere superata nel
senso positivo da me indicato, con un passaggio a discipline realizzatrici.” Gentile
tuttavia riconosce ad Evola una certa competenza in campo esoterico-alchemico
ed infatti chiede al filosofo della tradizione di curare la voce “atanor” per
l'Enciclopedia Italiana. Anche alcuni allievi di Gentile riconoscono ad Evola
una certa stima, in particolare Calogero. Giuli successivamente riporta altre
informazioni, relative al carteggio Evola-Gentile, reperite all'interno della
"Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici", occupandosi
dei saggi che Evola invia con dedica a Gentile. Invia sette lettere a
Schmitt che mette in luce da una parte alcune amicizie e conoscenze in comune
tra i due pensatori (Jünger, Mohler e il principe di Rohan), dall'altra il
tentativo di proporre la pubblicazione in italiano del saggio di Schmitt sul
tradizionalista Cortes.Tale tentativo non va in porto, così come fallisce anche
il secondo progetto di pubblicare un'antologia schmittiana. Di rilievo,
all'interno dello scambio epistolare, le due divergenti visioni rispetto al
ruolo dell'uomo politico e la sua autonomia. Evola interpreta il concetto di
dittatura incoronata come «necessità di un potere che decida assolutamente, ma
ad un livello di una dignità superiore, indicata dall'aggettivo incoronata. Per
Schmidt, invece, esiste prima di tutto un passaggio significativo che porta dal
concetto della legittimità del regnare a quello della dittatura. La dittatura
incoronata significa solo un pis-aller pratico mai ha concepito questo
espediente pragmatico come una forma di salvezza. E in questo caso così come
già ampiamente esposto in Rivolta contro il mondo moderno, il costante rimando di
Evola ad un fondamento trascendente dell'ordine politico rimane quell'ineliminabile
discrimine che non può essere in alcun modo occultato o minimizzato. L'epistolario
assume rilievo in relazione al tentativo di fornire di solidi contrafforti
ideologici e culturali il mondo conservatore che, nel dopoguerra italiano, si
trovava a combattere la sua battaglia politica. Entra in contatto epistolare
con Benn, appartenente alla cosiddetta Rivoluzione conservatrice. Il primo incontro
risale durante la tappa berlinese di un viaggio che Evola effettua in Germania.
Da quell'incontro scaturisce una recensione-saggio di Benn alla versione di “Rivolta
contro il mondo moderno” che appare in “Die Literatur di Stoccarda”. Nel
presentare “Rivolta contro il mondo moderno”, Benn espone le sue teorie
convergendo con la visione del mondo di Evola. Si ha rintracciato tre lettere
da Evola a Benn. Le lettere sono importanti in quanto chiariscono la comunanza
di vedute dei due autori rispetto al tema della tradizione e di una visione del
mondo conservatrice, oltre al fatto che entrambi non si riconoscono nel
establishment. “Sono sempre più convinto che a chi voglia difendere e
realizzare senza compromessi di sorta una tradizione spirituale e aristocratica
non rimanga purtroppo, oggi e nel mondo moderno, alcun margine di spazio; a
meno che non si pensi unicamente a un lavoro elitario». E un tentative di
riprendere, nel dopoguerra, i rapporti con i filosofi conservatori. Invia
lettere a Tzara. Si tratta di una trentina di documenti tra lettere e
cartoline. Molte tappe del cammino artistico del filosofo romano sono già note
prima del rinvenimento della corrispondenza con Tzara: in parte perché lo
stesso Evola ne parla nella sua autobiografia, in parte perché dedotte dai
critici e dagli studiosi nelle partecipazioni, in qualità di articolista, che ha
in alcune riviste d'arte dell'epoca: Noi, Cronache d'Attualità, Dada e Bleu. Ciò
che invece non è noto prima del rinvenimento della corrispondenza, sono le
modalità dell'avventura evoliana nella sfera artistica, ovvero come essa si
attuò, come fu vissuta, a che mirava. L'archivio della corrispondenza tra i due
artisti ha, inoltre, il pregio di colmare il vuoto di un periodo poco
conosciuto di Evola. Questo vuoto si colma sia attraverso la ricostruzione di
tappe cronologiche (il recupero di alcune date, partecipazioni a mostre,
riviste, incontri) sia attraverso il recupero di tappe più specificamente psicologiche.
In particolare quelle che portano Evola ad annunciare il proprio suicidio e che
raccontano di un uomo colto nel pieno male di vivere, di una sperimentazione
del travaglio interiore che l'artista vive, dove la sofferenza acuta si alterna
alla disperazione. Altre opere: “Arte astratta, posizione teorica” (Roma,
Maglione e Strini); La parole obscure du paysage intérieur, Roma-Zurigo,
Collection Dada); Saggi sull'idealismo magico, Todi-Roma, Atanòr); L'individuo e il divenire del mondo, Roma,
Libreria di Scienze e Lettere); “L'uomo come potenza, Todi-Roma, Atanòr, “Teoria
dell'individuo assoluto, Torino, Bocca); “Imperialismo pagano, Todi-Roma,
Atanòr); “Fenomenologia dell'individuo assoluto” (Torino, Bocca); “La
tradizione ermetica, Bari, Laterza); “Maschera e volto dello spiritualismo
contemporaneo, Torino, Bocca); “Rivolta contro il mondo moderno, Milano,
Hoepli); “Tre aspetti del problema” (Roma, Mediterranee); “Il mistero del
Graal, Bari, Laterza); “Il mito del sangue, Milano, Hoepli); “Indirizzi per una
educazione” Napoli, Conte); “Sintesi di dottrina” (Milano, Hoepli); La dottrina
del risveglio, Bari, Laterza); “Lo Yoga della potenza, Torino, Bocca); “Orientamenti,
Roma, Imperium”; “Gli uomini e le rovine, Roma, Edizioni dell'Ascia); “Metafisica
del sesso, Todi-Roma, Atanòr); L'«Operaio» in Jünger, Roma, Armando); “Cavalcare
la tigre, Milano, Vanni Scheiwiller); Il cammino del cinabro, Milano, Vanni
Scheiwiller); “Saggio di una analisi
critica” (Roma, Volpe); “L'arco e la clava, Milano, Vanni Scheiwiller); “Raâga
Blanda, Milano, Vanni Scheiwiller); “Il taoismo, Roma, Mediterranee); Ricognizioni.
Uomini e problemi, Roma, Mediterranee); Lao Tze, Il libro della via e della
virtù, Lanciano, Carabba, Cesare Della Riviera, Il mondo magico de gli heroi, Bari,
Laterza, René Guénon, La crisi del mondo moderno, Milano, Hoepli, Emanuel Malinski , Léon De Poncins, La guerra
occulta, Milano, Hoepli, Gustav Meyrink, Il Domenicano bianco, Milano, Fratelli
Bocca Editori, Gustav Meyrink, La notte di Valpurga, Milano, Fratelli Bocca
Editori); Johann Jakob Bachofen, La virilità (Torino, Bocca); Gustav Meyrink,
L'Angelo della finestra d'Occidente, Milano, Fratelli Bocca Editori, Mircea
Eliade, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, Milano, Fratelli Bocca
Editori, Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, Otto
Weininger, Sesso e carattere, Milano, Bocca, Oswald Spengler, Il tramonto
dell'occidente, Milano, Longanesi,
Eduard Erkes, Credenze religiose della Cina antica, Roma, IsMEO, “Pitagora
I Versi d'Oro” (Todi-Roma, Atanòr); Lao Tze, Il Libro del Principio e della sua
azione, Milano, Ceschina, Gabriel Marcel, L'uomo contro l'umano, Roma, Volpe, E.
Jünger, Al muro del tempo, Roma, Volpe, Hans-Joachim Schoeps, Questa fu la
Prussia, Roma, Volpe, Erik Von Kuehnelt-Leddihn, L'errore democratico, Roma,
Volpe); Theodor Litt, Le scienze e l'uomo, Julius Evola, Roma, Armando, Pascal
Bewerly Randolph, “Magia Sexualis”, Evola, Roma, Mediterranee, K. Loewenstein,
La Monarchia nello Stato moderno, Julius Evola, Roma, Volpe) Robert Reininger,
Nietzsche e il senso della vita” (Roma, Volpe); Arthur Avalon, Il mondo come
potenza, Roma, Mediterranee, Daisetsu Teitarō Suzuki, Saggi sul Buddhismo Zen
1, Roma, Mediterranee, Lu Tzu, Il mistero del fiore d'oro, Roma, Mediterranee, Lu
K'uan Yû, Lo Yoga del Tao, Roma, Mediterranee, Come “Carlo d'Altavilla”: Theodor
Litt, Istruzione tecnica e formazione umana, Roma, Armando, Gustav Meyrink,
Alla frontiera dell'Aldilà, Napoli, Casa Editrice Rocco, Theodor Litt , Eduard
Spranger, Enrico Pestalozzi, Roma, Armando, Franz Hilker, Pedagogia comparata: storia,
teoria e prassi, Roma, Armando, Jacques Ulmann, Ginnastica, educazione fisica e
sport dall'antichità ad oggi, Roma, Armando, Karlfried Graf Dürckheim, Hara: il
centro vitale dell'uomo secondo lo Zen, Roma, Mediterranee, Bernard George,
L'ondata rossa sulla Germania dell'Est, Roma, Volpe, Erik von Kuehnelt-Leddihn,
L'errore democratico, Roma, Volpe, Hans Reiner, Etica, teoria e storia, Roma,
Armando,Stephan Leibfried, L'università integrata: l'istruzione superiore nella
Repubblica federale tedesca e negli Usa,
Roma, Armando, Ernst Cassirer, Saggio sull'uomo: introduzione ad una
filosofia della cultura, Roma, Armando, Walter Wefers, Basi e idee dello Stato
spagnolo d'oggi, Roma, Volpe, François Gaucher, Idee per un movimento, Roma,
Volpe, Donald Edward Keyhoe, La verità sui dischi volanti, Milano, Atlante,
Altre: I saggi di "Bilychnis", Padova, Edizioni di Ar, I saggi della
"Nuova Antologia", Padova, Edizioni di Ar, L'idea di Stato, Padova,
Edizioni di Ar, Gerarchia e democrazia, Padova, Edizioni di Ar, Meditazioni
delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, Diario, Genova, Centro Studi Evoliani,
Etica aria, Genova, Centro Studi Evoliani, L'individuo e il divenire del mondo,
Carmagnola, Edizioni Arktos, Simboli della Tradizione Occidentale, Carmagnola,
Edizioni Arktos, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mitra,
Roma, Fondazione, Considerazioni sulla guerra occulta, Genova, Centro Studi
Evoliani, Le razze e il mito delle origini di Roma, Monfalcone, Sentinella, Il
problema della donna, Roma, Fondazione Julius Evola, Ultimi scritti, Napoli,
Controcorrente, La Tradizione di Roma, Padova, Edizioni di Ar, Due imperatori,
Padova, Edizioni di Ar, Cultura e politica, Roma, Fondazione Julius Evola, Citazioni
sulla Monarchia, Palermo, Edizioni Thule, L'infezione psicanalitica, Roma, Fondazione
Julius Evola, Il nichilismo attivo di Federico Nietzsche, Roma, Fondazione
Julius Evola, Lo Stato, Roma, Fondazione Julius Evola, Europa una: forma e
presupposti, Roma, Fondazione Julius Evola, La questione sociale, Roma, Fondazione
Julius Evola, Saggi di dottrina politica, Sanremo, Mizar, La satira politica di
Trilussa, Roma, Fondazione Julius Evola, Scienza ultima, Roma, Fondazione Julius
Evola, Spengler e il "Tramonto dell'Occidente", Roma, Fondazione
Julius Evola, Lo zen, Roma, Fondazione Julius Evola, I tempi e la storia, Roma,
Fondazione Julius Evola, Civiltà americana, Roma, Fondazione Julius Evola, La
forza rivoluzionaria di Roma, Roma, Fondazione Julius Evola, Scritti sulla
massoneria, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, Oriente e occidente, Milano, La
Queste, Un maestro dei tempi moderni: René Guénon, Roma, Fondazione Julius
Evola, Julius Evola, Filosofia, etica e mistica del razzismo, Monfalcone,
Sentinella d'Italia, Monarchia, aristocrazia, tradizione, Sanremo, Casabianca, I
placebo, Roma, Fondazione Julius Evola, Gli articoli de "La Vita
Italiana" durante il periodo bellico, Treviso, Centro Studi Tradizionali, Dal
crepuscolo all'oscuramento della tradizione nipponica, Treviso, Centro Studi
Tradizionali, Il ciclo si chiude, americanismo e bolscevismo, Roma, Fondazione
Julius Evola, Il Cinabro, Julius Evola,
Il problema di oriente e occidente, Roma, Fondazione Julius Evola, Fenomenologia
della sovversione in scritti politici, Borzano, SeaR, Julius Evola, Scritti sull'arte
d'avanguardia, Roma, Fondazione Julius Evola, Esplorazioni e disamine, gli scritti
di " fascista,” Parma, Edizioni all'insegna del veltro, Julius Evola,
Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista", Parma, Edizioni
all'insegna del veltro, Lo Stato, Roma, FondazioneEvola, La tragedia della
Guardia di Ferro, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Scritti per
"Vie della Tradizione" Palermo, Edizioni Vie della Tradizione, Carattere,
Catania, Il Cinabro, L'idealismo realistico, Roma, Fondazione Julius Evola, Idee
per una destra, Roma, Fondazione Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Roma,
Mediterranee, Evola, Il "mistero iperboreo". Scritti sugli
Indoeuropei, Roma, Fondazione Julius Evola, Critica del costume, Catania, Il
Cinabro, Julius Evola, Augustea, La Stampa, Roma, Fondazione Julius Evola, Anticomunismo
positivo. Scritti su bolscevismo e marxismo, Napoli, Controcorrente, ulius
Evola, Il Mondo alla Rovescia (Saggi critici e recensioni), Edizioni Arya,
Genova, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertàm Napoli,
Controcorrente, Julius Evola, Le sacre radici del potere, Edizioni Arya,
Genova. Evola, Civiltà americana. Scritti sugli Stati Uniti, Napoli, Controcorrente,
Evola, Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova .Julius
Evola, Par delà Nietzsche, Torino, Nino Aragno Editore, Evola, Fascismo
Giappone Zen. Scritti sull'Oriente, Roma, Pagine, Julius Evola, Ernst Jünger.
Il combattente, l'operaio, l'anarca, Passaggio al Bosco,, Rigener Azione Evola,
Evola, Il Fascismo e l'idea politica tradizionale, Documenti per il Fronte
della Tradizione Fascicolo n. 7, Raido,
Julius Evola, Mussolini e il razzismo, Documenti per il Fronte della
Tradizione Fascicolo, Raido, Evola, Le SS. Guardia e Ordine della rivoluzione
nazionalsocialista, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo, Raido, Julius Evola, I "Castelli
dell'Ordine" e i nuovi Junker, Documenti per il Fronte della Tradizione
Fascicolo Raido, Il significato di Roma
per lo spirito "olimpico" germanico, Documenti per il Fronte della
Tradizione Fascicolo, Raido, Julius
Evola, La Dottrina aria di Lotta e Vittoria, Documenti per il Fronte della
Tradizione Fascicolo, Raido, Etica AriaOrizzonte Tradizionale, Edizioni Arya,
Genova . Raccolte di lettere e carteggi Julius Evola, Lettere di Julius Evola a
Girolamo Comi, Gianfranco De Turris, Roma, Fondazione Evola, Lettere di Julius
Evola a Tristan Tzara, Elisabetta Valento, Roma, Fondazione Julius Evola,
Lettere a Croce, Roma, Fondazione JEvola); La biblioteca esoterica. Evola Croce
Laterza. Carteggi editoriali, Antonio Barbera, Roma, Fondazione Evola, Lettere
a Carl Schmitt, Roma, Fondazione Julius Evola, Lettere a Gentile, Roma, Fondazione
Julius Evola. Julius Evola, La Torre. Foglio di Tradizioni varie e di
espressione una, Marco Tarchi, Milano, Il Falco, Claudio Mutti, Julius Evola
sul fronte dell'Est, in Quaderni del Veltro, Gianfranco De Turris, La
corrispondenza tra Julius Evola e Gottfried Benn, su centrostudilaruna, Gianfranco
De Turris, Profilo di Julius Evola, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo
moderno, Roma, Mediterranee, Registro degli atti di nascita di Roma, Archivio
di Stato di Roma Registro degli atti di
nascita di Cinisi, Archivio di Stato di Palermo
Registro degli atti di nascita di Cinisi, Archivio di Stato di
Palermo Registro degli atti di matrimonio
di Cinisi, Tribunale di Palermo Registro
degli atti di nascita di Roma Archivio di Stato di Roma Il Barone Immaginario Il Barone Immaginario, Gianfranco De Turris, Ugo Mursia Editore,
Milano, Catalogus Baronum, pagina Vanni
Scheiwiller, Nota dell'editore, in Julius Evola, Il cammino del cinabro,
Milano, Scheiwiller); Julius Evola, Il cammino del cinabro, Catalogo della
mostra con tutte le opere in: Grande
Esposizione Nazionale Futurista, Milano, Le Presse, Claudio Bruni, Evola Dada,
in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Mediterranee. Julius Evola, Il cammino del cinabro. Egli
prende la terra come terra, pensa alla terra, pensa sulla terra, pensa 'Mia è
la terra' e si rallegra di ciò: e perché? Perché egli non la conosce, dico io. L'estinzione
vale a lui come estinzione, allora egli deve non pensare all'estinzione, non
pensare sull'estinzione, non pensare 'Mia è l'estinzione', non rallegrarsi
dell'estinzione: e perché? Perché impari a conoscerla, dico io.” Lettere a
Tzara, Roma, Edizioni Fondazione Julius Evola, Carlo Fabrizio Carli, Evola
pittore tra futurismo e dadaismo, su juliusevola. Claudio Bruni, Evola Dada. Per
un approfondimento: Vitaldo Conte, Maschere di Evola come percorso
controcorrente, Atti del convegno di studi "Julius Evola e la politica",
Alatri Emiliano Di Terlizzi. Luciano De Maria, Introduzione a: FT. Marinetti,
Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori,Per un approfondimento sulla
produzione pittorica di Evola si rimanda a due cataloghi: Evola e l'arte delle
avanguardie. Tra Futurismo, Dada e Alchimia, Roma, Fondazione Julius Evola, e
Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio
Calabria, Iriti, Julius Evola, Il cammino del cinabro. Poi ristampati sotto
forma di antologia: Gruppo di Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io,
Torino, Bocca, 1955. Per una trattazione
esaustiva dell'argomento si rimanda a Renato Del Ponte, Evola e il magico
gruppo di Ur, Borzano, Sea R, Evola, Il cammino del cinabro. Francesco
Lamendola, Alcuni aspetti del pensiero filosofico di Julius Evola. Fenomenologia
dell'Individuo assoluto, Roma, Mediterranee, Alessandra Tarquini, Il Gentile
dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Giuseppe Gangi, Misteri esoterici. La
tradizione ermetico-esoterica in occidente, Roma, Mediterranee, Evola, Renato
Dal Ponte , Meditazioni delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, Francesco
Demattè, Julius Evola, Meditazioni delle vette, in Secolo d'Italia, Gianfranco
De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Julius
Evola, Fascismo e Terzo Reich, Alain de Benoist, Julius Evola, reazionario
radicale e metafisico impegnato, in Julius Evola, Gianfranco De Turris , Gli
uomini e le Rovine e Orientamenti, Roma, Mediterranee, La scuola di mistica
fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertà, Napoli, Controcorrente, Il
fascismo quale volontà di impero e il cristianesimo, in Critica Fascista, Silvio Bertoldi, Salò. Vita e morte della
Repubblica Sociale Italiana, Milano, Rizzoli, Roberto Vivarelli, Fascismo e
fascismi, in Nuova storia contemporanea, Evola stipendiato dal Duce, in
Avvenire, Marco Tarchi, Evola e il fascismo: note per un percorso non
ordinario, in Cultura e fascismo.
Letteratura, arti e spettacolo di un ventennio, Firenze, Ponte alle Grazie, Giuseppe
Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione, in Julius Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani
sotto il fascismo, Il Fascismo, saggio di un'analisi critica dal punto di vista
della Destra, Volpe, Roma, Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico
sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Pino Rauti e
Rutilio Sermonti, Storia del fascismo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, Giuseppe
Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione. Cfr. anche, sulla critica
allo stato educatore, Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Fascismo e Terzo Reich.
Gianfranco De Turris, Nota del curatore, in Julius Evola, Fascismo e
Terzo Reich, Per un elenco completo delle collaborazioni giornalistiche:
Gianfranco De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su
Evola, Julius Evola, Il mito del sangue, Milano, Hoepli, Evola, L'esposizione
antiebraica di Monaco, "Il Regime fascista", Julius Evola, I testi
del Corriere Padano, Padova, Edizioni di AR, Franco Cuomo, I Dieci. Chi erano
gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, Milano, Baldini
Castoldi Dalai, Julius Evola, Il mito del sangue. Julius Evola, Il mito del
sangue. Il cammino del cinabro. Evola, Il cammino del cinabro, Franco Rosati,
Un pessimismo giustificato? Intervista a Evola, in La Nation Européenne, Renzo
De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Renzo
de Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Gianfranco
De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Edizioni Mediterranee e Vanni
Scheiwiller, Note dell'editore in Julius Evola, Il cammino del cinabro. Tale è
l'opinione di un'importante testata giornalistica italiana del tempo: Il
Giornale d'Italia (l'articolo è firmato
da Adone Nosari). Il rif. si trova in: Renzo De Felice, Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo, opAttilio Milano, Storia degli ebrei in Italia,
Torino, Einaudi, Francesco Germinario, Razza del Sangue, razza dello Spirito: Evola,
l'antisemitismo e il nazionalsocialismo, Torino, Bollati Boringhieri, Alberto
Lombardo, Razza del sangue, razza dello spirito, Centro Studi La Runa. Francesco
Cassata, A destra del fascism: profilo politico di JEvola, Torino, Bollati
Boringhieri. Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario. Evola e la
leggenda dell'antisemitismo spirituale, Catanzaro, Rubbettino, Furio Jesi,
Cultura di destra, Milano, Garzanti,Guido Caldiron, Un filosofo buono per tutte
le destre, in Avvenire, Furio Jesi. Luca Leonello Rimbotti, Linea, Massoneria e
fascism: dall'intesa cordiale alla distruzione delle Logge: come nasce una
«guerra di religione», Castelvecchi, Julius Evola, Per un allineamento
politico-culturale dell'Italia e della Germania, in Lo Stato. Il cammino del
cinabro. Fra queste la Piccola Treccani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Giorgio Bocca, La Repubblica di Mussolini, Roma-Bari, Editori
Laterza, Bruno Zoratto , Julius Evola nei documenti segreti dell'Ahnenerbe,
Roma, Fondazione Julius Evola, G. De
Turris, Julius Evola. Un Filosofo in Guerra, Milano, Mursia, Il cammino del
cinabro, Fondazione Julius Evola, Una biografia di Julius Evola, su Fondazione Julius
evola. Gianfranco De Turris , Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi, Roma, Fondazione
Julius Evola, Francesco Carnelutti, In difesa di Giulio Evola, in L'Eloquenza, Julius Evola, Autodifesa, Roma, Edizioni Fondazione
Julius Evola, Pino Rauti, Evola: una guida per domani, in Civiltà, Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Evola,
Roma, Mediterranee, Gianfranco De Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, op. Julius
Evola, Razzismo e altri orrori (compreso il ghibellinismo), in L'Italiano, Gianfranco
De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola, Felice Pallavicini, Evola,
traditore dello spirito, in Corriere della Sera, Gianfranco De Turris , Elogio
e difesa di Julius Evola. Pino Tosca, Il cammino della Tradizione, Rimini, Il
Cerchio, La via romana, Centro Studi sulle Nuove Religioni. Julius Evola, Statuto
della Fondazione Julius Evola, su juliusevola, Riccardo Paradisi, Gli Arya
seggono ancora al picco dell'avvoltoio, in Giovanni Conti, Evola tascabile, Roma,
Settimo Sigillo, Amalia Baccelli, Ricordo dell'uomo, in Civiltà, //lastampa// edizioni/ aosta/la-nostra- fuga- dagli-sul-
monte-rosa- per- seppellire- le-ceneri-di-evola- Julius Evola, Franco
Freda Orientamentiundici punti, Padova,
Edizioni di Ar, Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Enzo Collotti, Il
fascismo e gli ebrei, Bari-Roma, Laterza, Alessandro Barbera , La biblioteca
esoterica. Carteggi editoriali Evola-Croce-Laterza, Roma, Fondazione Julius
Evola, Cesare Medail, Julius Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della
Sera, Cfr. la prefazione del testo
Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce, pubblicato dalla Fondazione Evola. Guglielmo Savelli, Cronache di un incontro
mancato. Gli ardui rapporti tra l'attualismo e l'idealismo magico, su
italiasociale.org, Stefano Arcella, Gentile amico e nemico, "L'Italia Settimanale",
Margarete Durst, Il contributo di Julius Evola all'"Enciclopedia
Italiana", in Il Veltro, Guido
Calogero, Come ci si orienta nel pensiero contemporaneo? Sansoni, Firenze, Alessandro
Giuli, Evola-Gentile-Spirito: tracce di un incontro impossibile, in Annali della
Fondazione Ugo Spirito. I volumi sono: Saggi sull'idealismo magico, Teoria
dell'individuo assoluto, Imperialismo pagano e Fenomenologia dell'individuo
assoluto. Alberto Lombardo, Caro
conservatore ti scrivo, su centrostudilaruna, Si tratta del saggio Donoso
Cortes in gesamteuropäischer Interpretation, poi pubblicato in Carl Schmitt,
Donoso CortésInterpretato in una prospettiva paneuropea, Milano, Adelphi, Julius
Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee, C. Schmitt, Donoso
Cortes Interpretato in una prospettiva paneuropea, Evola, Rivolta contro il
mondo moderno, Giovanni Damiano, Evola e l'utonomia del politico, Atti del
convegno di studi "Evola e la politica", Alatri, Emiliano Di
Terlizzi, Antonio Caracciolo, Due atteggiamenti di fronte alla modernità, in
Antonio Caracciolo , Lettere di Julius Evola a Carl Schmitt, Roma, Fondazione
Evola. Essere e divenire, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo modern. Evola,
infatti, oltre a Benn, scrive a Guénon, Eliade e Schmitt e Jünger. Julius Evola,
Il cammino del cinabro, Lettere a Tzara, Roma, Fondazione Evola, Elisabetta
Valent. In italiano Adriano Tilgher,
Giulio Evola, in Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra, Modena,
Guanda, Gianfranco De Turris, Omaggio a
Julius Evola, Roma, Volpe, Gianfranco De Turris, Testimonianze su Evola, Roma,
Mediterranee,Maura Del Serra, L'avanguardia distonica del primo Evola, in Studi
Novecenteschi, Pier Luigi Aurea, Evola e il nichilismo, Palermo, Edizioni
Thule, Piero Vassallo, Modernità e tradizione nell'opera evoliana, Palermo,
Edizioni Thule, Philippe Baillet, Julius Evola e l'affermazione assoluta, Padova,
Edizioni di Ar, Marcello Veneziani, La ricerca dell'assoluto in Julius Evola, Palermo,
Edizioni Thule, Gian Franco Lami, Introduzione a Julius Evola, Roma, Volpe, Marcello Veneziani, Julius Evola tra filosofia
e tradizione, Roma, Ciarrapico editore, Roberto Melchionda, Il volto di
Dioniso, Roma, Basaia, Giovanni Ferracuti, Julius Evola, Rimini, Il Cerchio, Anna
Maria Jellamo, Julius Evola. Il filosofo della tradizione, in La destra radicale,
Milano, Feltrinelli, Piero Di Vona, Evola e Guénon. Tradizione e Civiltà,
Napoli, Società Editrice Napoletana, Marguerite Yourcenar, Incontri col
Tantrismo, in Il tempo grande scultore, Torino, Einaudi, Gennaro Malgieri,
Modernità e Tradizione, Roma, Settimo Sigillo, Tradizione e/o Nichilismo,
letture e ri-letture di "Cavalcare la tigre", Milano, Società
Editrice Barbarossa. Antimo Negri,
Julius Evola e la filosofia, Milano, Spirali, Luca Lo Bianco, Evola, in
Dizionario biografico degli italiani,
43, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, Marco Fraquelli, Il
filosofo proibito, tradizione e reazione nell'opera di Julius Evola, Milano,
Terziaria, Pablo Echaurren, Evola in Dada, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco De
Turris, Adolfo Morganti;, Julius Evola, mito, azione, civiltà, Rimini, Il Cerchio,
Elisabetta Valento, Homo Faber, Julius Evola fra arte e alchimia, Roma, Fondazione
Julius Evola, Renato Del Ponte, Evola e il magico "Gruppo di UR",
Borzano, SeaR, Sandro Consolato, Julius Evola e il buddismo, Borzano, SeaR, Delle
rovine ed oltre, saggi su Julius Evola, Roma, A. Pellicani. Gianfranco De
Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, il Barone e i terroristi, Roma,
Mediterranee,Adriano Romualdi, Su Evola, Roma, Fondazione Julius Evola, Giovanni
Damiano, La filosofia della libertà di Evola, Padova, Edizioni di Ar, Gigi
Montonato, Comi-Evola. Un rapporto ai margini del fascismo, Lecce, Congedo, Beniamino
Di Dario, La via romana al Divino: Evola e la religione romana” (Padova,
Edizioni di Ar); Francesco Germinario, Razza del sangue, razza dello spirito,
Torino, Bollati Boringhieri, Patricia Chiantera Stutte, Julius Evola. Dal
dadaismo alla rivoluzione conservatrice, Roma, Aracne, Francesco Cassata, A
destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola, Torino, Bollati Boringhieri,
Giovanni Damiano , L'ora che viene. Intorno a Evola e a Spengler, Padova, Edizioni
di Ar, Sandro Consolato, Julius Evola trentanni dopo, Roma, I libri del Graal,
2004. Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte
come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Thomas Dana, Julius
Evola e la tentazione razzista, Mesagne, Sulla rotta del sole, Alberto
Lombardo, Evola, gli evoliani e gli antievoliani, Roma, Nuove Idee, Gianfranco
De Turris, Esoterismo e fascismo, Roma, Mediterranee, Hans Thomas Hakl, La
questione dei rapporti fra Julius Evola e Aleister Crowley, in Arthos, n. 13,
2006, 269-289. Gianni Scipione Rossi, Il
razzista totalitario, Catanzaro, Rubbettino, 2Marco Iacona, Il maestro della
tradizione. Dialoghi su Julius Evola, Napoli, Controcorrente,Alessandra
Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Marco Iacona, Julius
Evola e le vicende processuali legate ai Far (1951-54), in Nuova Storia Contemporanea,
Fabio Venzi, Julius Evola e la libera muratoria, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco
De Turris, Evola. Un filosofo in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore, Rene
Guenon, Lettere a Julius Evola, edizioni Arktos, Heliodromos, Speciale Evola,
Catania. Documentari Dalla Trincea a Dada di Maurizio Murelli. DVD dalla Società Editrice Barbarossa di Milano,
della durata di 101 min., che ripercorre il periodo artistico di Evola. Con
musiche di: Ain Soph, Kaiserbund, Roma, Wien, Zetazeroalfa. Pio
Filippani Ronconi, Reghini, Parise, Pitagorismo Tradizionalismo, Paganesimo,
Via romana agli dei, Fondazione Julius evola.
Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Rigenerazion
Evola, Centro Studi La Runa. Vatimmo, “Evola, un filosofo scomodo per tutti”; Approfondimenti
sul pensiero Francesco Rosati, Intervista a Evola, su juliusevola, Giovanni
Monastra, Evola tra la seduzione e l’aristocrazia. Michele Ognissanti, Luci ed ombre
su Evola, su salpan.org, Alberto Lombardo, Da Rivolta contro il mondo moderno a
Gli uomini e le rovine. Mario Polia, Linee per una critica al concetto di
tradizione in Evola, Giano Accame, Evola e la Konservative Revolution, Luca
Lionello Rimbotti, Evola così com'era, Vitaldo Conte, Maschere di Evola come
percorso controcorrente, Aleksandr Dugin, Astrazione e differenziazione in
Julius Evola, Opere dadaiste, futur-ism. 2artericerca. 29 dicembre . Interviste
Intervista a Julius Evola, su youtube 29 dicembre . Intervista a Salvatore
Tringali, su youtube Intervista a Gian Franco Lami, su youtube Quando Evola
intervistò il conte Kalergi, su rigenrazione evola. The Germans do not have the
concept of virility. Evola’s concept of ‘maschio’ is very complex – vir sums up
best. Julius Evola. “Giulio Cesare Andrea Evola”. Keywords: romanità,
virilità. pitagora, roma, origini di roma, romolo, romanità, virilità, pitagora
canti d’oro, ercole, male bonding, virilita, vir, Dioscuri, castore e policce,
Weininger, Buehler, homoerotic, intergenerational male bonding, tutor/tutee,
hero, Aryan, European – Roma, Refs.:
Luigi Speranza, "Grice ed Evola," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763019614/in/dateposted-public/
Grice e Fabri – i peripatetici – filosofia italiana –
Speranza (Spinata di Brisighella). Filosofo. Grice:
“I like Fabri; especially the ardour by which he fought Duns Scotus – a
furriner! – and his malignant influence on the Continent – he was a thoroughbred
Aristotelian, like me!” Insegnò a Padova. Critica Pico e Galilei, in difesa di
Aristotele, dell'unità della metafisica e della separazione di matematica e
fisica. Altre opere: Disputationes theologicae de restitutione et extrema unction
(Venezia). “Adversus impios atheos” – PHILIPPI FABRI FAVENTINI ORD. MINOR.
CONVENT. Jn Universitate Patauina Olim Sacrae Theologiae Professoris
EXPOSITIONES, ET DISPVTATIONES In XII. Lib. Arist. MATAPHYSICORVM; QVIBVS
DOCTIRNA IO. DVNS. SCOTI Magna cum facilitate illustratur, [et] contra
Aduersarior omnes tam Veteres, quam Recentiores defenditur His Praeijt Auctoris
Vita a MATHEO VEGLENSI, Nunc Sacrum Theologiam in eadem Vniuersitate Publice
docente, Conscripta. Cum Duplici Disputationum, [et] Rerum Memorabilium Indice
. Ad EMINENTIS. ET REVERENDIS. PRINCIPEM D. Dominum FRANSCISCVM CARDINALEM
BARBERINVM S.R.E. Vicecancellarium. Il valore della "Metafisica" di
Aristotele e la distinzione delle scienze speculative. In: Innovazione
filosofica e università tra Cinquecento e primo Novecento. Filippo Fabri.
Filippo Fabbri. His comment on Aristotle’s metaphysics is a gem. It’s divided
in dissertatio – and chapters for each little unit. The following should serve
as kewyords. DISPVTATIO PRIMA. contrarium solution cap, il Yorum appetitus
addat aliquid supra facultatem, cuius De Structura Metaphysicorum est
appetitus, & idem de concupicibile, & irascibile . cap. III P. 22
BIECTIO ' Adversariorum Aristotelis contra scientiam Metaphy DISPVTATIO VIL
sicorum . Cap. I Excellentia Metaplıyl. explicatur. V trum inter omnes senſus
magis senſum visus Cap. 11 diligamus, o hoc quia vilusfaciat nos Excellentia
Merappyf. inductine din magis scire . scurrendo per diversas (ciencias, &
questa varia pub. Cap. III pag. Is Rationes, quibusallata propositio Aristoteli
videtur Adraciunes Adversariorum Arist. cap.1111 falla Declaratur alata
propositio, & soluuntur rationes DISPVTATIO II . adduciæ . cap . II DC
Inscriptione, Сар. Рnicит, DISPUTATIO VIII . DISPVTATIO II. Utrum in Brutis sit
prudential. Utrum. Metaphys. sit scientia subalternans, Cap. Quid sit dicendum
reiectis opinionibus contrariis, Рівіскі . cap. Vnicum . P. 34 DISPVTATIO IIII DISPVTATIO,
VINNI . De Subiecte Metaphysicorum. Utrum ex experimentis generetur ars, siue
scientia. Aliorum opiniones adducuntur, & reijciuntur, cap.1. Opinio Arist.
& Scoti cum suis fundamentis brevi. ter explicatiil'. cap . I P: 36 Vera
Opinio cap.nl p.21 Obiectiones contra opinionem Aristot.ex! Antiquis Heraclito,
Platone, & Avicenna , & earum con DISPVTATIO. V. futatio, & Solutio
. cap . II Obiectiones aliorum contra quædam dicta in 1. cap. Vtrum ens habeat
peras causas, principia. & eorum solutio Vtruy verum sit quod expertus non
habens artein , Quid sit dicendum . cap. 1 p. 22 nec scientiam certius operetur
habente , & scienti. Obiectiones aliorum præfertim contra distinctionem
ang, sed inexpertè , formalçın soluuntur . cap. I I p. 22 DISPVTATIO X.
DISPVTATIO VI. Vtrum AEtiones sint circa singularia . vide lib.7. Vtrum illa
propositio Aristot. Omnes homines Diput. natura scire dederant, sit vera, de
quo auctitu DISPVTATIO XI. Opinio Thomist. & quorumdam aliorum adducitur,
Vtrum aliquis SENSVS INTERNVS dividat, come & refellitur ponat , a discurrat
, Opinio Scoti, & eius Comprobatio, & rationum in P.38 Di OPERA 15
Opinietur . Opinio D. Tho . ac Sectatorum refellitur, & Opinio Quid sit
dicendum.c. vnic. 02 Scoti explicatur.c. Vdic DISPVTATIO DISPVTATIO V. XII.
Vtrum detur Regressus, yorum obiectum per se sensus sit aliquid fub ra. tione
singulariiatis. DISPVTATIO VI. DISPVTATIO XIII . Vtrum sit ponere Stutum in
omni genere catfitri ... ptrum ad Metaphyf. pertineat cognoscere omnes Quæ fine
causæ essentialiter ordinatæ, & quæ acci. quidditates rerum in particulari.
dentaliter, & quæ per se, & quæ per accidés.c. 1,93 Resolutio
quæstionis secund. Scotum . c.2 Aliotum Opiniones adducuntur , &
refelluntur. Obiectiones contrarationes Scoti , & Propoſitioné 49 Arift
.& carundem folutio.c.3 Opinio Scoti explicatur , & rationes in oppofitum
Coluuntu. DISPVTATIO. VII. DISPVTATIO XIV . Vtrum cauſæ ſecunde pendeant in sua
causalitate ab aliis causis secundis superioribus, vt Vtrum magis universalia sint
difficiliora cogni agentia hæc inferiora d cælo . DISPVTATIO Opinionibus
Contrariis conſideratis, quid sit dicen X V. dum Itatuitur. Quomodo Celum sit
causa lucis, luminis, & caloris trum metaphyſicæ sit scientia practica, vel
Spe. permotum, vbi de generatione caloris quoque culatiúl, ego idem de logica.
agitur. c.2 Quid sit dicendum de Metaphyſ. breviter explica- Quomodo Cçlu
producat calore per lumé.c.z. SS Quid sit dicendum de Logica DISPVTATIO VIII. SVPER
LIBRVM SECVNDVM. Vtrum infinitum possit à nobis cognolci. DISPVTATIO PRIMA . An
poßit à nobis cognosci infinitum esse in rebus Vtrum prima principia Complexa
vel illud de quo- An intellectus creatus poflit infinitum secundú quod libet
perum est AFFIRMARE, VEL NEGARE, de nullo infinitum cognoscere. Opinio Suarez
cun fais amboſimul, sint nobis naturaliternota. fundamentis Opinio allata
reijcitur. Opinio Scoti explicatur, & ra Quid sit dicendum. ciones in oppositum
foluuntur.c.3 An A Genfus principiorum sit actus distinctus ab apprehensione ,
& quædam alia dubia mota a Scoto SVPER LIBRVM TERTIVM . in hac
quæst.&non soluta, Coluuntur. DISPVTATIO PRIMA. DISPVTATIO II. Utrum
immobilitas sit causa efficiens, o finalis Vtrum difficultas cognoscendi resfit
ex parte intellectus, vel ex parte rerum cognoscibilium. Quid sit dicendum breviter
explicatur. cOpinio Averr. Thomist. & aliorum cum suis fundamentis
DISPVTATIO II. Opinio Scoti comprobatur, & allaræ refelluntir. Vtrum genus
prædicetur de differentia per se, Opinio Scoti explicatur , &rationes Aduerfariorum
Quid sit dicendum. Cap. Vnicum ſoluuntur DISPVTATIO III SUPER LIBRVM QVARTVM
rio. DISPVTATIO PRIMA. Utrum substantiæ abstracta immateriales possint cognosci
secundum suas quidditates ab Vtrum ens uni-voce prædicetun de Deare creaturis
intelle &tu nostro pro Aatu iſto. Opinio Thomist. adducitur substantia, e
accidente: vbiquæ ad hancmate, & refellitur riam spe &tent quæq;
tractata sint explicantur, Thomist. responsiones refelluntur. quædam observanda
adduntur. Opiniones Auerr.Themistij, simplicii, & Platonicorum, ac Avicennæ
adducuntur, & refelluntur Utrum ců Univocatione entis stet ANALOGIA An
Analogum mediet inçer UNIVOCVM, & æquivocu. Explicatur Opinio Scoti, &
rationes in oppositum DISPVTATIO IIII DISPVTATIO II. . Vtrum Privatio , Negatio
sit ens rationis, In quo sit felicitas, & summum bonum hominis se iundum
Aristotelem, alios Philosophos. Opinio Aucrc.D. Thoin, & sectatorium.c Cap.
2 soluuntur Opinio untur .C.2 IX . E Opinio Scoti, & solutio rationum pro
Adversariis DISPVTATIO IX DISPVTATIO 111 Vtrum vniversale pro prima intentione
sit in solo intellectu, an in rebus, a quo fiat, ứ quid sit. Vtrum cognitionem
negatio habeat ab affirmatione diftinétamcuiformalitatem opponitur ., ca Status
quæftionis aperitur, & opinio Nominal. addu citur, & confutatur Quid
sit formalitas Opinio Thomiſt . & multorum aliorum adducitur, & Quomodo
formalitas ſeù conceptibilitas negationis refellicur.c.2 189 Te habeat ad
formalitatein affirinationis Opinio Scoti Quomodo privatio per affirmatione ,
& privatio An intellectus agens, vel possibilis faciat universale, per positiuuin
cognoscatur solutio trium quæftionum à Porphirio excitata rum in Proemio
Prædicabil. DISPVTATIO IV. Rationes pro aliis opinionibus adductæ soluuntur. De
ente rationis, e fecundis intentionibus. DISPVTATIO X. An fir ens rationis,
& quotuplex sit Quotuplex sit ens rationis, Aliorum opiniones reijci Utrum
verum ſit paſſio entis , & quid fit Opinio Scoti explicatur , &
rationibus primo capite DISPVTATIO XI . addictis reſpondetur Quid fit ens
rationis,& fecundaintentio. Opinio A. Vtrum bonum sit passio entis, &
quid sit liorum, & eorumdem confutatione Quid sit ens rationis, &
secunda intentio secundum DISPVTATIO XII. Scorú, & quomodo formatur,& an
formetur a voluntate, & fenfitiua potential Vtrum preter vnum, verum, bonum
den An: prædicametu undecimú debcat constitui, in quo tur aliæ passiones entis
entia rationis reponantur Quid sit dicendum breviter declaratur . c . vnic
DISPVTATIO V. DISPVTATIO XIII . virum ens habeat veras paſſiones ,
cproprietates. Vtrum iftud principium ,impoſſibile eſt id eniſimul Variæ
opiniones cum eorum fundamentis eſje; non efje fit firmiſſimim . Allara opinio
refellitur Opinio Scoti explicatur, & rationes Aduerſarlorum Veritas
breviter explicatur, & quædam obicctiones ſoluuntur soluuntur .c.vnic DISPVTATIO
ATTO DISPVTATIO VI . XIV Vtrum propria paſio distinguatur realiter vtrum hoc
principium inpossibile est idem fimulef à Juo subiecto. fes nonesse sit simpliciter
primum principi um , e prima omnium dignitatum . Opinio & Auerroiſt
Nominal. quorumdam . breuiter reijcitur cum fuis , & opinio fundamentis
Thom. . Au principiun iſtud ſit diuerſum ab alijs principijs, &
explicatur.c. præſertim ab illo , de quolibet verum eft affirmare 201
velnegare.c.1 Allata opinio reijcitur, & opinio Scoti, quæ eft etiam Auert.
Comprobatur Opinio Allerentium primum principium ſimpliciter Rationes Aduerſariorum
foluuntur elle illud de quolibet verum ett affirinare ,vel nega Rationes
Aduerſariorum contra diftinctionem for re , retellitur. malem inter ſubiectuin
, & paflionem adducuntur, ConGdecancur opinio Antonij Andreæ, obiectiones
& foluuntur.C.4 176 Aduerfarioruin , & quæfituin reſolutur.c.3 204
DISPVTATIO V11. DISPVTATIO XV . V trum vnü quod eft paffio entis, dicat quid
poſitivi Vtrum inter contradictoria detur medium. Opinio Auicennæ reijcitur,
& opinio D.Thom .& re . Quomodo vera fit hæc propofitio , &
aſſertio , inter ctatorum explicatur cum ſuus fundamentis.c.1.177 contradictoria
datur mediam explicatur , & ebie Opinio D.Thom . & ſectatorum
refellitar.c.2 179 ctiones quædamin contrario foluuntur. C.1.206 208 Opinio
Scoti explicatur , & rationes pro Aduerſarijs Argumenta quædam contraria toimuntur.c.2.
foluuntur SUPER LIBRVM QVINTVM. DISPVTATIO VIII . DISPVTATIO I. De Vnitate
indiuiduali, seu de principio individuationis . Vtrum cauſæ ſint tantum quatuor
. Quierlain adduntur ad ea , quæ in Philoſopbia naturali Quæ fit diffinitio
propria principij, & caufæ , & quod dicta ſunt de principio
indiuiduationis contra Sua corum difcrimen. Suarez, & opinio Scoti magis
confir. Vtrum fint plura quá quatuor genera cauſarú ,vbide caula XCII Di 202 D
D INDE X. 1 c. 308 299 - . caufi fine quanon ,decauſa diſpoſitiua , obiectiva cxemplaridiecimur.c.
2 Vera explicatio difficultatis propofitæ ,& rationen in oppofitum folutio.
Verum cauſa exemplaris fit genas diſtinctuin caufæ à quatuorgeneribuscaularum
pofitis ab Aristotelis. DISPVTATIO VIII. C. 3 DISPVTATIO II. Vtrum caufe ſint
ſibi inuicem cauſa . in quo conſiſtat cauſalitascauſamaterialis, forma. Quæſtio
breuiter reſoluitur, &quædam obiectiones lis , efficientis . in contrarium
foliuntur.c.vnico DISPVTATIO IX. Opinio aliorum.com 237 Allatæ Opinio opiniones
vera cuin luis refelluntur fundamentis, & folutio racionú verum neceſſaria
habeant caufam fui esse Aducrſariorum. DISPVTATIO X. DISPVTATIO III. Vtrum ens
diuidatur in decem prædicamenta per De cauſa finali. modos prædicandi, vel per
modos eßendi. Caula finalem ele caulam realem , & caulam caliſa- Quid
fitmodus rei, & quid modi intrinſeci, aliorum fum opinionibus
reiectis,explicatur.c. I 305 An finis caufct , & moueat fecundum fuum elle rea
. Opinio Scoti.c. 2 le, an secundum elle cognitum in inente, DISPVTATIO XI .
Antinis caulec Meraphorice ,vel efficienter Viruin ratio formalis conftitutiua
finis in proxiina di ſpoſitione ad caufandam larbonitas tin:s,& Ancau
Vtrumſecunda diuiſio vnius , quæ eft in vnum nu lalitas tinis babeat lociun in
diuinis actionibus, in mero, unum specie, unum genere, & vnum propor mediis
relationibus prusacion.bus, & in naturali tione sit conveniens .bus DISPVTATIO
XII DISPVTATIO IV. Vtrum plura accidentia solo numero diucrſapoſfint De causa
instrumentali ere simul in eodem fubie& to Opinio D. Thomz, & Thomist.,
cum suis fundamen- Opinio Thoiniſt. cum fuis fundamentis Alaca opinio celicitur,
& opino Scoti explicatur, &
conriimtur Allaca opinio refellitur , & opinio Scoti explicatur Obectiones
quęd.ım ex Suarez adducuntur, & folur Vtrum inſtrumenta Artium habcant vim activa
n . tur, & ndiciva deeius speratione fertir Plures relaciones diltiactis
numcroelli dc facto in co Opinio Scoti adducitur,& rationes Aduerſariorun ,
dei lubiecto contraaduerfarios prob cap.adductæ Coluuntur Rationes
Aduerfariorum primo capite adducte lol muntur DISPVTATIO V. DISPVTATIO XIII .
Vtrum onus effe &tus poſſit prouenire à pluribus caufis. V trum propria
ratio quantitatisſit diuiſibilitas. Quaeslio quoad criamembra, & tres
fenfus,breuitcr Diffinitio quantitatis explicatur cxplicatur Virum quantitas
molis fit entitas distincta à ſubstan . Vtrum idem effectus poflit effe fimul a
pluribus cull cia materiali, & qualitatibusillius ſis totalibus eiuſdeni
generis, & ordinis sive speci Viruin ratio menſuræ fit ratio torinalis
quantitaris.De principali quæfito , An divisibilitas sit ratio esé . DISPVTATIO
VI cutis quantitates Qienum fic excentio
in quanticate , & quomodo ina Anidem indiuiduum poſſit produci à diue'ſis
agen Ten yenda dit.c.s tibus , idem numero reproduci naturaliter. DISPVTATIO
XIV. An idem effectus poflit eſſe à pluribus saufis rotali bus divisim, seu
Anidem indiuiduum numeio por Vtrum punctum linea, superficies sint entia rear
fit produci à diuerſis agentib ila vel railonis , An idem numero tam in
fubftantia, quam in acciden te poflit reproduci naturaliter Opinio nominalium
negantiuneſſe entiz realia cum iuus fundamcntis. DISPVTATIO VII . Opin o alaia
reiicitur, & finul appo.iti , quod iint evtia rcalia, que elt com 10HS
comprobitiir Vtrum cauſa particularisin a&u, &ſuus effe &tius in aftuſimulfint,
& non fint :vel fub alio titulo . Opinio Sco: i , & folutio rationum in
oppoſituin. Vtrum caufa fitprior ſuo effectu Quorundam opiniones adducuntur,
&reijciuntur DISPV pas T Opinio Scoti cum fuis fundamentis. DISPVTATIO XV .
Rationes crietani contra hanc opinionem , & rationem Scoti so trum
quantitas discreta ſit proprieſpecies Opinio allata caietani cum suis fundamentis,
& re . quantiiati, sponſionibus refellitur Soluuntur rationes aliorum.c4
Opinio negatiua cum fuis fundamentis Allata opinio refellitur & oppofita
comprobatur , DISPVTATIO XX11 Opinio Scoti , & communis explicatur , &
rationes Vtrum ad relationem realem tria fuffi in oppofitum foluunturçiant ,
Virum in ſpiritualibus tie quantitas diſcreta , & in dili nis fit numerus Relationem habere cauſam efficientem, &
finalem, quæ sunt extrema & relationem multiplicari ad DISPVTATIO XVI multiplicationcm
fubicctorum , & potentialem el fercaliter diftinctam ab actuali. Vtrum
qualitas rectè diftinguatur in qua., De Distinctione fubiecti , &
fundamenti in relation tuor ſpecies ne .c.2 393 Vtrum fundamentum , &
terminus in relatione reali Proponuntur difficultatesquædam generales circa do
neccfiario diftingui debeant realiter. Vbi opinio ctrinam Ariftotelis de
qualitatis ipecicbus.c.de Gregorij, Auscoli, & Okan apperiuntur, & rejciuntur
Quid dicendum circa allatas difficultates DISPVTATIO DISPVTATIO XXIII, XVII. Vtrum
dentur Relationes extrinfecus ad V trum locus fit quantitas . menientes ,
Explicatur quęnio 2. Q.101.b. Scoti, vbi de distin- Opin o Scoti explicatur cum
ſuis fundamentis ctione loci, de existenia duorum corporum in eo dein oco
difertur , & obicctiones Aducrtariorum Rationes aliorurn adduantur , &
rcfelluntur retelluntur Locum non cfle vacuum , quamuis vacuum poflit da Rationes
allaræ foluuntur leteffe ipeciem quantitates Solutio argumentorum conrra
fecundam , & tertiam opinionem DISPVTATIO XVIII, DISPVTATIO XXIV. Vtrum
motus, tempus fint species quantitatis.VNICUMI. Vtrum una relatio possit fundari
in alia keliiione . DISPVTATIO XIX Opinio D. Thomæ cum ſuis fundamentis
refellitur, Utrum relatio distinguatur à fundamento , vbi de distinctione reail
, mondo, contra hea Opinio Scoti, & folutio rationum pro præcedenti opi
cenciures un puitur . nioneadductorum Opinio eorum , qui aſſerunt relationein
non distingui DISPVTATIO XX a fundamento. Opinio præcedenci capite allata,
& doctrina de ditın Virum tres modi relativorum sint reétè clione reali
Suarez iciclisur. allignati ab Aristotele. Opinio alionum allerenijum
relaciones non diſting.is realiter à fundamento. Anomncs relationes
fufficienter contineantur in his Opinio alioulin aflerenuun relationes eſſe
idenirea a b smodis Tejatiliorum.c. I liter cuin fundamento , led dittingu
rationc addu Vuum primus modus relatiuorum Git ſufficienter ani citur , & refellilur.
gnaliis Opiniones aliorum foluuntur Yorum lccundus , & tertilis modus
relatiuorum fic rectè aſiignatus.C.) DISPVTATIO XX. SUPER LIBRVM SEXTVM. Vtrum
omnis relatio contineatur in predica mento relationis , an rerò aliqui fint
DISPVTATIO PRIMA Transcandentales. Per quid scientia speculatina distingua.
Opinio aliorum qui allerunt relationes rationis repo tur à Practica . nu in
prædicamento relationis adducitur, & reijci tul Adversariorum ſententiæ; An
açtus intellectus sie Que tint relationes prædicamentales, & quæ tran
praxis adducuntur , & refellunur scendentales. Opinio Thomittarun a quo
habitus, & scientia di. catur practica cum lius fundamentis DISPVTATIO XXI.
Allaca opinio retellicur , & rationes pro ça Coluuntur, Virum relatiuum
terminetur ad ſuum correlatiuum . DISPV Scou one CRUCI DI De conexione virtutum
moralium acqui ſitarum inter fe . Opiniones aliorum refelluntirr.c.i SOI Opinio
D. Tho. & aliorum refelluntur. Opinio Scoti, & dolutio rationuin sos
DISPVTATIO X. DISPVTATIO III. Utrum scientiam sit una qualitas simplex. Opiniones
aliorum refelluntur, & opinio Scoti ex plicatur Verum ſcientia: n totalis
vt Philoſophia naturalis, vel Mertaph fit vna nuinero fimplex qualitas Opinio
D. Thomæ Opinio Suarez Quomodo opinio nominalium Gt vera, Relponſio caierani
retellitur Pugna inter Suarez & Vaſquez
DISPVTATIO IV De connexione virtutum moralium cum prudentia, Opinio
Henrici, & aliorum reijcitur , & opinio Scou ti explicatur CI sog
Opiniones Aliorum refutantur, & opinio Scoti con firmatur. i foluuntur . 6.4 vtrum trimembris diuifio.ſcientia
ſpeculatiuæ in DISPVTATIO XI . Phisicam Mathematica, de methaphysicam , fut
bona. Vtrum necesse sit ponere charitatem creatam for maliter inherentem naturæ
Beatifica Rationes quibus prædicta diuifio Arist, non vide Diſput. merè Thologica
, cur conueniens Resolucio Difficultatis, & folutio rationum. cap.z.
Homines iuſtificari per iuftitiam inherentem animæ pag. 460 formaliter, non
autem per imputatiuain , contra hæ feticos breuiter probatur DISPVTATIO V.
Opinio Magiſtri adducitur , & refellitur. Opinio catholica explicatur,
& comprobatur ex Do Vtrumfit necefle ponerein habiturationem (trina Scoti. principi
a &tiui reſpectu actus Quid fit dicenduin deſententia Magiſtri quo ad
fubftantiam . Rationes pro opinione Magiftri adductæ coluntur cos 531 Duiz
opinioncs adducuntur, & refelluntur.c. Opinio D. Thomæ Aureoli , &
Durandi' refellitur . DISPVTATIO XI R. Opin o Scoti explicatur, & probatur.
Utrum gratia fit virtus, quæ eſt charitas . Obiectiones contra opinionem Scoti
adducuntur, & 469 Exponitur opinio D. Thomæ Vaum habitusgeneretur per a
& tus, & quomodo opi Allara opinio reijcitur. nio alioruni.cos 474
Exponitur opinio Scoti, &rationibus aliorum tisaltir. DISPVTATIO VI .
DISPVTATIO XIII. Vtrum habitus moralis in quantum virtusſit aliquo modo
principium aétiuum refpectu bo Vtrum gratia fit in eſentia animæ tamquam in ſur
nitatis in actu , biecto vel in potentys . Opinio Scoti cum ſuis fundamentis. Exponitur
opinio illorum qui dicunt gratiain effe in Obiectiones caictani,& ipfius
Scoti contra fe : c. 2 effentiam animæ.c , I 540 480 Rationes in oppofitum
foluuntur DISPVTATIO : XIV . Rationes caietani, & aliorum adducuntur, &
refeilun 484 Virum in patria remaneat habitus fidei . DISPVTATIO VII . Opinio
aliorum refellitur, & Scoti explicatur. cap. SAS De ſubię to babituum ,
DISPVTATIO XV. Opinio Scoti defenditur , & comprobatur , C. vnic. pag. 486
De connexione vtrum intelleétualium inter fe , & Moralium cum Theologicis ,
Theolo DISPVTATIO VIII . gicarum inter fe . De subiecto virtutum. Quod fit
dicendum. In quo conueniant Scoti D Tho. & alij. DISPVTATIO XVI. Opinio ai
lara refellitur, & fimulopinió Scotiproba 492 Vtrum an anıma dertur alij
habitus preter virtue Opinio Scoti explicatur, & rationes aliorum ſolaun
tes morales intelectuales , C Theologicas. vbi de damnis Spiritus Sanéti
beatitudi nibus ex fruitibus, pofiiis a Theo IX . Logis differitur , b 2 Opinio
1 pag. cur.c.4 vnic. DISPVTATIO ill tio DIE llill. Opiniones aliorum
refelluntur Vtrum accidens in concreto primo ſignificet fubięz Opinio Scoti
explicatur.c .. čtum vt eft lub tali forina ; & an accidens in abftrą cto Gt
ens incompletum . DISPVTATIO XVII DISPVTATIO IV. Utrum angumentum cum
intentionefiat fema per per ačtum intenfiorem . Vtrum ſubstantia fit prior
accidente tempore Opinio D.Thomæ . c.1 . $ 57 Opiniones aliorum refelluntur Opinio
Scou explicatur. Opinio Scotiexplicatur , & aliorum ſoluitur DISPVTATIO
XVIII . DISPVTATIO V. De modo augumenti, & remissionis, & Utrum
substantia prior sit accidente diffinitione coruprionis -habitus Opinio Thomiſtarum
fefellitur .com ili Opinio aſſerentium in intentione habitus nihilpræ Opinio
Scou explicatum ibid . exiftentis habicusremanere , & eiuldem confutae
DISPVTATIO VI . Opino D. Thomæ , & aliorum refellitur Opinio Suarez
ieiicitur. y trum ſubſtantia fit prior accidente cognitione . Quomodo habitus
dimmuttur , & corumpitur.cap . Cina ini' 4 : S75 Subſtanțiam ,effe priorem
cognitione accidentibus DISPVTATIO XIX Vtrum de e ne per accidens detur
fcientia , DUI SPYT A FIO VIL Quid fit dicendum de ente per accidens quod
prijat Dediuigone ſubſtantiæ in primam , & ſecundam , & perlelden neut
a.c. cil 577 diferentiam inter prim.im fullt untiam , & ſuppoſi Deente per
accidens quod contingenter non neceta 653 fio caulatur. De comparatione primæ
subftantiæ ad suppositum, & ad lubfiftçocian leu perionalitatem DISPYTAȚIO
XX , Quomodo inteligaty wla propofitio , actiones funç uppulitoruim.c.3 651
Vtruinens verum debe at ſeparari a, confideratione Quomodo mielligatur Axioma
illud, actiones fins Merhapbojica . c.vnico lingubahuin.com SVPER LIBRVM
SEPTIMYM , Rick SPVTATIO vill, DISPVTATIO PRIMA. Vtrum formafit prior compoſito
: V trạm inherentia ſit de eſſentia accidentis. Aduerfariorum opinio fefélitur
, & vera comproba. 664 Quid fit dicendum de inherentia accepta pro per ſe
Rationes in oppofitum ſoluuntur.c.2 666 Tignificato , ieu pro accidentalitate
quæ circuit no nein piedicaincnta. DISPVTATIO IX . Quud lii dicendum de
accidente pro denominaco quod eit relatio . C.2 623 Vtrummateria ſitens, Vtrum
inherentia actualis fit de ejentia ac , DISPY TATIO cidentis abjoluti . V trữ
quod quid est sit idein chillo cüius ejt.c.1.667 Opinio Scoti, & aliorum
reiicitur.C.3 Inherenţiam actualem non ele de jellentia acciden- Explicatur
fenllis verus illius proportionis ,c.2. 669 usabloluti DISPVTATIO XI ,
DISPVTATIO II . Vtrum genita ex putri , “ſemine ſint eiufdem ratio y trum ens
finitum Prima ſui diuiſione diuida . 672 tur in dccem preurcamenta , o
qualisfit bac diuifio , Ü eius analogia DISPVTATIO XII Opiniones aliorum
adducuntar Vtrum Cælum in generatione animalium ex putri Allara opinioncs
refeliuiiur , & opinio Scoti expli materia ſit principale a cris . ibido
Callir.c.2 633 Au rationes adversariorum DISPVTATIO XIII DISPVTATIO III Vtrum
compositum per se generetur Veritas questionis explicain & opinio Scoti
defendi Vtrum accidens in ſe confideratum fit ens . tur .C.2 673 Rationes pro
aliis opinionibus foluuntur, & opinio Veritas aperitur confutata opinione aliorum
Suare , & Zimaræ diluuntur.c.3 675 DISPV : IS 1 ** 31 tur hos 624 nis DISPVTATIO
XIII : Opinio quorundam refellitur. Allaca opinio refelitur , opinio Scoti
explicatur, & ra De Ideis platonis an ſint Admittende. tiones in oppofitum
foluuntur.c.2 720 Germina opinio Platonis. DISPVTATIO III . Rationes Arift .
contra Platonem , & solutio rationú in oppositum.C.2 691 De ſubie &to
accidentium . DISPVTATIO XV An hoc fit potentia qnæ lam paſſiua in . herens
(abſtantiæ . Vtrum forme niturales de potentia matteriæ educantur Opinio
Thomiſt. refellitur Opiniones illorum qui formas naturales produci ab Opinio
quorumdam aliorum.c.2 725 agence leparatu, velab intelligentia vel a Celo ale
runt.C.2 688 Vtrum poum accidens poffit effe fubie &tum Opinio Sco.&
Solutio rationum alterius accidentis. DISPVTATIO XV I. Opinio Scoto , &
folutio rationum . C.3 Vtrum materia fit pars quidditatis re DISPVTATIO IV .
rum naturaliuin . Vtrum ad formationem prolis mater concurrat Quid sit dicendum
. ci vnic. 694 active DISPVTATIO XVII . DISPVTATIO V. 1 728 Vtrum fingulare
ſitper ſe a nobis cognoſcibile. Vtrum cælum fit compoſitum ex mate . rid ,
forni. DISPVTATIO XVIII . Næc Celum, nec animam rationalem , nec Angelam eiſe
compoſica exmateria , & forma contra quoſ daw recentiores Scouſtas . C.
Vnic. 731 Vtrum conceptus generis fit alius à concept u diffe rentie , speciei.Thomiltarú
, & aliorú opinio , & confutatio Opinio Scoto, & folutio aliorun.
DISPVTATIO VI DISPVTATIO XIX. Vtrum omnis creatura fit compoſita ex materia ,
como foruba , ex potentib , autu Virum differentia diuifiuig? neris inferioris
inclu . Opinio afferentium omnes creaturas eſſe compoſi. dat differentiam
gencris juperioris formaliter . tas ex materia , & forın potentia &
actu refellitur & opinio Scoti explicatur Opiniones alioruin. Obiectiones A
tucrinorum contra doctrinam alli Alata opinio retellitur , & vin statutis.c.
733 cam Scoti lefel iniur, DISPVTATIO XX DISPVTATIO VII . Virum universale sit
aliquid in rebus. DISPVTATIO Utrum ex
materia, e forma fiat unum per se. Aliorum opinionibus confutatis exponitur opinio
Scou.c. Voici XXI Utrum in compoſito ſubstantiali fint plures forme
ſubſtantiales. 704 SVPER LIBRVM NON VM . DISPVTATIO XXII . DISPVTATIO I. 1
Verum totum eſſentiale diſtinguatur a luis partibus ; De diuiſione entis in
potentiam , actum , in ef fimulfunptis. Seniamy w exiſtentiam , SVPER LIBRVM
OCTAVVM . Vitum potentia , & actus opponantur, &quaoppo tucione ; vbi
op.no Henrici de cflentia , & ex DISPVTATIO PRIMA Itentia conturauir Opinio
Thomiſt. de diſtinctione en is in potentia, Vtrum in motu alterationis oporteat
manere idem & actum retelitur , & opinio Scoti explicatur . fubie
&tum fiinpliciter ſub zeroq; terminorum , 757 Rationes Aduerſariorum primo
, &ſecundo capite Quid fit dicendum , & reſoluțio objęđionum in con
adductæ foluuntur Obiectio ex Saclano,&corundem reiectio DISPVTATIO II.
DISPVTATIO 11 . Vtrum essentia, existentia in ente creato actuanter onijiente
distinguuntur. Utrum accidens sit compoſitum intrixſece Eficntiam trariuin Blora
afikas JIPEL " SI Essentiam, & existentiam non realite , nec ratione
c'tantum, sed formaliter distingui, & opinionem Scoti elleveram defenditur
. c. I Quid ſit exifteptia creaturæ , & an habeat aliquas cau DISPVTATIO I.
Tās , & causalitates, & quædam aliæ quæstiones de existentia enodantur
Utrum verum ſit illud Axioma,primum invnogue que genere eft metrum , o menfura
omnium , que DISPVTATIO III. ſuntin illo genere : y trum potentia ſuficienter
diuidat!ır in actiuam , Quid Ge menſura,& quæ conditiones eius vbi de du o
paſiuam , earum diffinitiones ſint ratione,de æternitate, & to , &
aliis inenfuris agi reita aſſignatæ . tul Verus intellectus propofitiAxiomatis Obicctiones
cótra vtráq ; partem adducútur Diuifionem potentiæ in actiuam, & pafſiuain
eſte DISPVTATIO II . difficientem , & diffiniționės vtriuſq; potenciæ ef de
l'ecrè allignatas Vtrum vnum , multa opponantur contrarie, vbi DISPVTATIO IV .
de paſſionibus entis agitur : 1 Firew.idem moreripoſſit à ſeipſo,velvt alij
loquit Quomodo vnum lic paflio ſimplex , & difuncta en tir' , Vtrum
potentia actiua , & paffiua jem tis, qualis fit diuitio entis in vnum ,
& multa, & qua per ré , ú ſubiecto differant. lis ipforum
oppofitio.c.vbic , 819 Opinio Thomiſt. & aliorum tenenrium parcein nega
DISP V TATIO II.1 ) tiua ,nimirú ide à feipfo moueri non pofle Allata opinio
refellitur V ti un,ptáralitas ſei diuifibilitas fit prior Rationes pro
Aduerfariis primo capite a iductæ ſol vno , jer indiuiſibílı, oc. uunub. DISPVTATIO
V. Quid fit dicendum breuiter aperitur . c.vnic. Vtrum omnis potenti 1.fite
tantum attina, veltātum DISPVTATIO paliud ,vel aliqua fit fimul actiua, o
pajuna . V trum à priuatione ad habitum ſit poſibilis Quedamquæſtiunculæ de
potentia tractaræ à Scoto regreſſus jeù tranſmutatio : an hoclibro Nono
breuiter explicantur ic. i 784 Eamdem potentiam poffe efle actiuam , &
paffiuan Ruid fit dicendup . c.ynic, i $ 23 nedyn selpecriducrforum ,led relpectu
tuijpfi us , & quomodo DIS P Y TATIO YA D'ISP V TATIO VI . Vtrum identitas
abſoluta , a relatiua fint eadem V tim potentia paſina diuidatur in potentiã
notu . entitas an distinci e realiter . i ralerno upernaturalé,jei
obediétialé,a violétă . Opinio Aduerſariorum refellitur cum ſuis fundansé
Diftinctionem allatam eſſe de potentia paffiua, non tis, & opinio Scoti
explicatur, & prob.c.ynic, 8.24 actina. L'orenciain obedientialem acuvam
non da. ri , & membra omnia fecundum doctrinam Scori DISPVTATIO VI elle
intelligenda . C. vnic. Vtrum idem, & diuerſuin habeant inediú. c.vnic.DISPVTATIO
VII . DISP V TATIO VII . V trum aétus ſit prior potentia .. V triem media cõt:
ariorū ſint cöpoſita ex terninis : 10 cuo ſenſu ſit vera , & quid dicendum
explicatur. Duæ contrariæ opiniones adducuntur in propoſita DISPVTATIO VIII .
questione , & an duo contraria poflint elle in co. dem fubiecto.c.I 828
Vtrum actio fit in agente, vel in paflor 791 Quid fit dicendum de vtraque,
opinio allata , & opiu nio Scoti explicatur. DISPVTATIO IX . Quodam alia
adducuntur ad majorem declaratione; Kanduio contaria in fumino de potentia Dei
ab y trum differentia ,quam alignat Philofophus inter ſoluta pollint elle
fimul. c.; potentias rationales , e irrationales fit conuenienter poſita .
DISPVTATIO VIII. Rationes contra allaraw differentiam aßignatam ab Vtrum formæ
ſubſtantiales formaliter repugnantes, Anttotele opponantur oppoſitione
contrarietatis . Resolutio quæstionis. Arguincita primo capite adducta
ſoluiuntur.C.3.794 Opinio aferens formas ſubstantiales eſſe contrarias cțiin
tus fundamencis. DISPVTATIO X. Fundamenta quædam pro veritate inueftiganda ,
vbi de natura oppofitorum agitur. Utrum detur aliquis aétus malus in voluntate
ſine Solutio principalis dubitationis, & rationes pro pri vlla ignorantia
in inielletin maopinione DISPUTATIO IX. Obiectio quid tun'ex Scoto ipfo ,&
ex recentioribus aduerſus ſecundam partem quartz conclufionis fit l'trum
corruptibile , e incorruptibile differant perius probatæ , probans rarionc
naturali pode de pluſquam genere monftrari Deum eſtepropriè omnipotentem ,reij.
Citur SVPER LIB. VNDECIMVM . Alixrationes exrecentiotibiis ad idem adducuntur,
& foluuntur. DISPVTATIO PRIMA. An verum sit Deum posse saccreomze illud ,
quot non implicat contradictionem. Vtrum primæ quatuor qualitates fint for , An
Deus ponit facere fimul omnia quæ poteft , & an me ſubſtancialeselementorum
. poſit facere in infiniçum Opinio affirmatiua cu niluls fundamentis DISPVTATIO
VIII . i Fundamenta pro opinione Græcorum.c Primaratio contra opinionem
Græcoram adduci- vtrum potentiæ in Deo diſtinguatur abtur.C.3 tia ,&
voluntatealiquomodo,fie cius fcien Aliæ rationes ad idem . C.4 8.46 Intellectum
, &voluntatem detur potentia efe Quædam ali rationes ad idem.c.s 848 cutiua
in Dco , quid in Angelis . 0 Solutio rationum in oppoſitum Deopinione
Auerroes.c.7 , s'agi ! 855 Opiniones aliorum cum fuis fundamentis.c.r924
Explicatio opinionis Scoti ; & confutatio aliarum DISPVTATI II Vtrum
generatio , corruptio fiant in inftanti DISPVTATIO Opinio áfferentium
ſubſtantiam ?ſucceſſiuélgenera. Quid comprahendati fub'obie & o omnipotentiæ
: ricum ſuis tuntamientis Opinio allata refellitur , & omnem generationem
An omnipotentia se extendar'adactis notionales ſe ſubſtantialem fieri in
inſtanci cum Arift.defendi cundum Theologos . cLimas. Anomnipotentia fe
extendat ad creationem Angelo Rationes aduerfariorun foluuntur . C32.862 : rum
, & quid fit dicendum fecunduin Theologos, 00061: Jorcu & quid fecundum
Philosophos.c.2 SVPER LIB. DVODECIM VM . Lupe pie DISPVTATIO X. Disputatio
Vtrum Deusfit ſimplex, & omnis creatura ſit com DISPVTATIO IV . politan. Utrum
omnis productio , velindu &tio cuiufcumque DISPVTATIO XI. forma sit univoca
, ſoue à fuo ſimili perrun solum Deus sit inmutabilis. Quid sit dicendun
aperitur. Rationes in oppositum foluantur, & quomodo meti13 Deum in ſe ele
irmutabilem probatut rationibus fit caula caloris Philofophorum, &
Theologorum.co.Analiquid aliud á Deo habeat immutabilitatem , DISPVTATIO V IWA
quid lenſerincPhilofophi Obiectionescontradeterminata tisperivis, & opinio
Vtrum animarationalis it'immortalis . eorum, qui dicunt Deum agere libere ad
extraie cundum Philosophos, & endem confutatio DISPVTATIO VI Rationes pro'
opinione Philoſophorum , quod Deus Venum detur vnum primum ens infinitum , quod
eſt agat necefario ad extra ,& quod dcntiraiiqua ca Deus,in qua rationibusnaturalibus
demonftratiuis tia ex fe neceffe eiſe ,adducantur , & eadein opinio proceditur
, contra Atheiſtas. retelliill's Cof Quædam præambulæ conclufiones ad
probanda'n Deum effe immutabilem quoad intellectun, & volú primamens ex
triplici primitate prædicta elle in tatem , & quomodo. finitum præmittunur.
Rationes pro Philofophis foluuntur. Primum ens triplici primitate præmiffa effe
infinitú Quæ virtutes cx ijs que conſequentar voluntatein $ erat fecundum
principale intencū prob.c.7 . 399 Tint in Deo. Rationes D. Thom . & aliorum
, quibus probant Deā elle infinitum ,adducuntur, & reijciuntur. DISPVTATIO
XII DISPVTATIO VII . V trum dctur infinitum actu in permanenti bis , c
filceclivis . Vtrum Deum eſſe omnipotentem poſſit natnrali ratione , neceſjaria
demonſtrari . Status queſtionis , & rationes quaſdam recentiorü , quod
mundus non pocucrit elle ab æterno , non có Explicatur çitalis quæftionis ,
& quid fit dicendan. cludcre oftendicar , c . 960 quoad demonſtrationem
propter quid. Opmio eorunqai affcrun dari infinitum aétu tam Quid dicendum
quoad demonftrationem quia , tam in permanentibus,gratia fuccelifuis adducitur
, & fecundum Philoſophos , quam fecundum Theolo reijcitur & quoinodo
diſcrepent Philosophi à Theolo . Pofitio Scoti, & folutio rationum in contrariain
. gis DDISPVTATIO XXVI. DISPVTATIO XIII.
Vtrum attributa diſtinguantur inter ſe , ab eſſentia Dei DISPVTATIO XIV, De
voluntate Dei. Aſignantur loca in quibus præcipuię difpufationes pertinentes ad
voluntatem Dei ab Auctore tracta . tur, & oftenditur Deum amare le , &
alia extra ſe , & quomodo . Caput Vnicum . i DISPVTATIO XXVII Utrum Deus
fit Immenſus. DISPVTATIO X V. An voluntas Dei semper implicatur DISPVTATIO XXVIII. INDI Diſputatio
primacontra Atheos. DISPVTATIO XVI. Diſputatio ſecunda contra Atheos .
DISPVTATIO XVII . An Deus contingenter velit , & eius voluntas abalie quo
determinetur. DISPVTATIO XXIX. Diſputatio tertia contra Atheos. De alijs fubjt
antiis.è prima distinctis. DISPVTATIO XVIII. Naturalitatione porce probari dari
ſubftantiasabſtra & tas , & rationes in oppofiuum efle nullas Diſputatio
quarta contra Atheos. DISPVTATIO XIX . Si Aristoteles demonstravit Mundum elle
æternum Devi DISPVTATIO XXX . DISPVTATIO XX . Utrum Angelus, Anima rationalis
dif ibi serant specie, OS Opiniones aliorum . Opinio Scoti, &
AnimcellectualitasAngeli , & Ani mæ rationalis ſpecie diſtinguantur ,
&An potentiç ſpecie diftinctæ poflint veulari circa idem object. Utrum
primum cælum moueatur immediate a primo motore DISPVTATIO XXI DISPVTATIO XXXI. Utrum
Philosophus posuerit omnes intelligentias ejse vigoris infiniti. DISPVTATIO
XXII. Utrum Anima intellectiva in corpore habeat pro priumeße existentiæ
diſtincim ab elle compos Jiii , len vtaly ducuntsAn in corpore fubfiftatvel vt
quo , vel vt quod . Opinio D. Thomæ ratiqpibus Scoti confutatur , &
eiuſdein ſententia explicatur , cap.I Defenſio Thomiliarlim . cap . 2 Allata opinio
refellitar , cap.3 Virum Cælum ſit animatum. DISPVTATIO XXIII. Utrum Deus sit
invisibilis, incompræbensibilis, & ineffabilis. DISPVTATIO XXXII Nils An Deus
fit viſbilis oculo corporeo, & quid de his tribus attributis sit dicentum.
DISPVTATIO XXIV. Urum separatio Anime rationalis a corpor , cu Status animæ
rationalis exiia corpus violenter, an naturaliter.compeiani animæ rationali ;.
Opinio Thomiftarum , & Sequaciun cum liris fun damnentis Opinio Scoti
explicatur , & præcedens refellitur . cap.2 V trum Dcus ſit ſubstantia
viuens intellectua lis , felicissima Attributa prædicta competere Deo probatur
DISPVTATIO XXV. DISPVTATIO XXXIII De scientia dei. Utrum omnes potentiæ animæ
rationalis inſint anim & icparita Quid Git dicendum de Vegetativa, &
Sensitiva , reiecta opinione affirmativa. cap . Vnic. Quomodo scientia ponatur in Deo, quomodo
Intellectus, Intellectio, & intellectuin in eo sint idem An scientia sit de
cilentia Dei in primo modo dicendi per se Vtrum secundum Aristotelem Deus
habeat cognitio nein aliarum rerum extra se. DISPVTATIO XXXIV. De cognitione
animæ separate. An anima separata cognoscat quidditates, & res, quas
coniuncta cognoscebat, & quid dicendum reiectis opinionibus opposiris. Filippo
Fabri. Filippo Fabbri. Fabbri. Keywords: i peripatetici, The 34 disputationes. Galilei,
Pico, aristotelismo, anti-aristotelismo, platonismo, l’unita della metafisica,
distinzione tra matematica e fisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fabri” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762247093/in/photolist-2mS43G6-2mRxLkZ-2mRgKq7-2mQoQhs-2mQmZZv-2mPMBQM-2mN8Hgb-2mLNXjb-2mLP3hz-2mPrdWj-2mLznXk-2mPu6xB-2mPtp3t-2mPV6V9-2mPsUUV-2mPxhsE-2mKNjCv-2mKM3mC-2mKLGeD-2mKN88B-2mKC3nj-2mKDLrD-2mKCfz1-2mKjsJY-2mJq2uE-DvhhWW-DhRHD2-DndBhH-Cfbrxc-CcSX6Q-Ck5UQW-CcC1aL-xFwdxt-nSSg3U-nurrdd-nupnpX-nu4v1p-ncRvsK-jkLyDB-jkNtpy-jkDa7R
Grice e Fabro – per la porta di Velia – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Flumignano). Filosofo. Grice: “I like
Fabro; my favourite of his essays is on Giorgio Hegel, “La dialettica,” which
is really about Socrates and Alcibiades! My Athenian Dialectic which I turned
into Oxonian!”. Studia al seminario degli stimmatini. Si laurea a Roma sotto
Reverberi con “Il concetto di ‘causa’” e la critica di D. Hume. Insegna a Roma.
Si dedica quindi allo studio della biologia filosofica. Pubblica “La partecipazione”.
Insegna a Napoli e Perugia. Si inscrive nell'alveo della neoscolastica, o, più
precisamente, del neotomismo. Il suo apporto più profondo alla metafisica
classica, sulle orme di san Tommaso d'Aquino, è la distinzione reale tra
"essenza" e "atto d'essere”. È questa tesi che lo porterà a
riconoscere con sicurezza le debolezze e le aporie dall'immanentismo del cogito
cartesiano, che sfocia ineluttabilmente nell'ateismo. Trova l'origine dell’ateismo
in Cartesio e Spinoza, nasce nel concetto di "immanenza" contro
"trascendenza”.Critica Severino e Rahner. Valorizza l’esistenzialisto
anti-idealista di Kierkegaard. Altre opere: “Partecipazione in Platone,
Aristotele e Aquino, S.E.I., Torino); “Neotomismo” Piacenza) “La fenomenologia
della percezione, Vita e Pensiero, Milano); “Percezione e pensiero, Vita e
Pensiero, Milano), “L’esistenzialismo, Vita e Pensiero, Milano); “Esistire”
(Vallecchi, Firenze); “Dio” (Studium, Roma); “L'Assoluto nell'esistenzialismo”
(Miano-Catania); “L'anima” (Studium, Roma); “Dall'essere (essuto, suto) all'esistente”
(Morcelliana, Brescia); “Il Tomismo” (Desclée, Roma); “Hegel: La dialettica, La
Scuola Editrice, Brescia); “Partecipazione e causalità, S.E.I., Torino); “Feuerbach-Marx-Engels.
Materialismo dialettico e materialismo storico (La Scuola Editrice, Brescia); “L’ateismo”
Studium, Roma); “L'uomo e il rischio di Dio, Studium, Roma); “Esegesi
tomistica, Pontificia Università Lateranense, Roma); “Tomismo” Pontificia Università
Lateranense, Roma); “La svolta antropologica di Rahner” (Rusconi, Milano); “L'avventura
del progressismo” Rusconi, Milano); “La fede di Kierkegaard” La Scuola
Editrice, Brescia); “La trappola del compromesso storico: da Togliatti a Berlinguer,
Logos, Roma); La preghiera” Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); “L'alienazione
dell'Occidente. Osservazioni sul pensiero di Severino, Quadrivium, Genova); Momenti
dello spirito I, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», AssisiS.
Damiano; Momenti dello spirito II, Sala Francescana di cultura «P. Antonio
Giorgi», Assisi S. Damiano); Aquino, Ares, Milano); La libertà, Maggioli,
Rimini); Gemma Galgani), Il sopra-naturale, Cipi, Roma); L'enigma Rosmini,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli); Le prove dell'esistenza di Dio, La
Scuola, Brescia); Commento al Pater Noster” Pontificia Accademia di San Tommaso
d'Aquino, Città del Vaticano); Cristianesimo, L'Aquila, Japadre). Essere e
libertà. Studi in onore di Cornelio Fabro, Maggioli, Rimini); Giuseppe Mario
Pizzuti , Veritatem in caritate. Studi in onore di C. Fabro, Ermes, Potenza); Rosa
Goglia, La novità metafisica in Cornelio Fabro, Marsilio, Venezia); Federico
Costantini, Fabro e il problema della libertà, Forum, Udine); Elvio Celestino
Fontana, Fabro all'Angelicum, EDIVI, “Segni (EDIVI) Fabro e l'Esistenzialismo, EDIVI, Segni. Rosa
Goglia, Fabro. Profilo biografico, cronologico, tematico da inediti, note di
archivio, testimonianze, EDIVI, Segni, . Ariberto Acerbi , Crisi e destino della
filosofia. Studi su Fabro, EDUSC, Roma, . Note
Goglia, Rosa, Fabro : profilo biografico cronologico tematico da
inediti, note di archivio, testimonianze, EDIVI, Kierkegaard Neotomismo Ateismo. Fondo Fabro
presso la Biblioteca della Pontificia Università della Santa Croce., su pusc. Cornelio Fabro. Fabro. Keywords: per la porta
di Velia, essere, e, essente, esuto, suto. L’uomo allo specchio. Dialettica di
hegel, tomismo, essere atto d’essere – immanenza – trascendenza -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fabro” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762152843/in/dateposted-public/
Grice e Faggin – metrica filosofica – inno orfico –
filosofia italiana -- Luigi Speranza (Isola
Vicentina). Filosofo. Grice: “I like Faggin: he is obsessed with love; he
translated Fedro, he selected some passages from the Roman philosopher Plotino
and titled it, implicaturally “Dal bello al divino,” but surely for Plotino,
via hypernegation, the divine IS beautiful – and finally, being an Italian, he
became interested in “Dutch Protestantism” – “il Pellegrino cherubico”!” Si
laurea a Padova sotto Troilo. Insegna a Padova, Bassano del Grappa, Campobasso,
Vicenza. Studioso del platonismo, della
tradizione mistica e dell'occultismo, commenta le Enneadi di Plotino. Altri
suoi lavori riguardano Meister Eckhart e la mistica medioevale, Schopenhauer,
la stregoneria e l'occultismo rinascimentale.
Altre opere: “Van Gogh, Padova, CEDAM); Plotino, Milano, Garzanti); “Eckhart
e la mistica” Bocca, Milano); “Schopenhauer: il mistico senza Dio, Firenze, La
nuova Italia); “Le streghe: trentatré incisioni dell'epoca, Milano, Longanesi
& C.); “Gli occultisti dell'età rinascimentale, Milano, Marzorati); “Storia
della filosofia: ad uso dei licei classici, Milano, Principato); “Dal
Rinascimento a Immanuel Kant, Milano, Principato); “La filosofia antica”
(Milano, Principato); “Diabolicità del rospo” (Vicenza, Neri Pozza); “Dal
Romanticismo alla scuola di Francoforte, Milano, Principato); “Enneadi” Milano,
Istituto Editoriale), “Sulla libertà del volere”; “Sul fondamento della morale”
(Torino, Boringhieri); Eckhart, Trattati e prediche, Milano, Rusconi); Inni
orfici, Giuseppe Faggin, Roma, Āśram Vidyā). Giuseppe Faggin. Faggin. Keywords:
metrica filosofica, inno orfico, inni orfici, philosophy of the toad – rospo – l’orfismo
nella Roma antica; filosofia antica – l’antico nel rinascimento italiano –
occultismo – misticismo – protestantismo italiano – Italia contro Roma. Fedro –
Dal bello al divino – Il peregrine cherubico – l’arbero come simbolo – il fuoco
come simbolo – la luce come simbolo – canti orfici – sul bello -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Faggin” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762103188/in/dateposted-public/
Grice e Falciglia – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Salemi). Filosofo. rice: “I like
Falciglia; for one, he took dialectic seriously, as any Aristotelian does! So
he wrote on sensus compositum, on ‘definitio,’ on ‘demonstratio,’ and he even
ventured on moral philosophy – in a nutshell, the perfect Aristotelite!”
-- Studia a Salemi per essere poi
trasferito a Padova per proseguine negli studi sotto Paolo da Venezia e
Giovanni di Cipro. Insegna a Siena, Bologna, Rimini. Altre opere: “Statuta pro
conventu Parisiensi”; “De sensu composito”; “De medio demostrationis” , “De
sophistarum regulis, Terminorum moralium, tractatus singularis, Definitiones et
additions super constitutions, necnon formularium et privilegia ordinis -- Dizionario
biografico degli italiani. Grice: Falciglia’s “De sensu composito” should not be mistaken with “De sensu composito et
diviso” by another Philosopher – Paolo di Pergamo -- Giuliano Falciglia. Falciglia.
Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Falciglia” – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689559666/in/photolist-2mKCvfA-2mKyrnu
Grice e Falzea – QVOD PRINCIPII PLACVIT LEGIS HABET
RIGOREM – filosofia italiana – Luigi Speranza (Messina).
Filosofo. Grice: “I like Falzea; for one he applies Apollonian principles to H.
L. A. Hart’s analysis of ‘discorso giuridico’ – alla ‘discorso musicale’ –
after all, there is ‘armonia’ in justice!” – Si laurea sotto Pugliatti a Messina.
Insegna a Messina. Lincei. Sua costante preoccupazione è stata quella di integrare,
sempre ed opportunamente, la prospettiva astratta logico-formale e filosofica
con quella pragmatica del diritto mirante a fornire quel necessario ordine
giuridico indispensabile alla co-esistenza pacifica di vita materiale, vita
spirituale e vita sociale. Fra i suoi maggiori risultati, la centralità della
nozione dell’’intersoggettivo”, “l’interazione” – “l’interpersonale” -- pensato
sia astrattamente che in relazione alle correlative persone la fondazione di
una etica giuridica e l'elaborazione di una assiologia del diritto, frutto
rispettivamente della sua incisiva indagine critica ed ampia comprensione
concettuale delle nozioni di ”valore“ da porre, al centro della sua filosofia
giuridica, assieme a quello di “interesse” (cf. Prichard), e di “categoria
giuridica” formale, quali nuclei fondanti del corpus dottrinario della
giurisprudenza. Da qui, la constatazione di principio secondo cui “il
giuridico”, nella sua accezione più ampia come fatto storico-sociale dinamico e
non statico, si analizza nelle sue due componenti principali, quella ”formale“
e quella “materiale”, da considerarsi sempre in un reciproco, razionale
equilibrio co-relativo garante di quella realtà umana fattuale del interesse e
del valore. Il perno epistemologico dell'impianto teorico, quale presupposto
ineludibile per l'esistenza di un qualsiasi “stato di diritto”, è quello che fa
leva sull'imprescindibile ruolo formalizzante che ogni determinazione giuridica
cogente deve avere nel catturare, indi razionalizzare (forma), quel nucleo affettivo-emotivo
(materia) insito in ogni fatto umano consuetudinario della vita. Il diritto,
come realtà assiologica, è quella naturale concezione cui si perviene allorché
si abbandona quella riduttiva visione formalistica ed astratta della giurisprudenza
la quale, invece, deve guardare alla realtà fattuale ed alle sue dinamiche
complesse e multi-fattoriali, ai suoi contenuti pragmatici, di valore ed d’interesse.
Da qui, la necessaria interdisciplinarità cui deve sottostarepur mantenendo la
propria autonomia la costante giurisprudenza per non cadere in un anacronistico
e sterile formalismo privo di materia. La forte, quasi esasperata dimensione
teoretica (ma mai grettamente dogmatica) espressa non solo da un punto di vista
meramente logico-formale ma sempre contestualizzata alla variegata
problematicità e storicità della realtà umana, si evince, in tutta la sua
evidenza, dagli scritti dedicati ai problemi di teoria generale del diritto,
affrontati, oltre che in alcuni suoi lavori monografici, in certe voci la lui
redatte per l'Enciclopedia del Diritto, sì da costituire dei classici della
letteratura giuridica contemporanea: fra queste, accertare, apparire, efficacia
giuridica, fatto giuridico. Fra i molti contributi dati da Falzea
all'elaborazione teorica dell'ordinamento giuridico, in raccordo a quanto detto
sopra, degno di nota è l'aver egli richiamata l'attenzione nella voce ”I fatti
del sentimento“, sulla scia di parte del pensiero di Pugliatti sulla rilevanza
giuridica del sentimento, inteso non come un principio generale
dell'ordinamento, bensì come un vero e proprio sentimento soggetivo ed
intersoggetivo – shared feelings -- fattualmente rilevante per l’interazione
interpersonale, che la norma giuridica, specie quelle del diritto civile, classificano
come un valore positivo, da rispettare dunque, o negativo (“disvalore”), da
reprimere invece. Da questa presupposizione quindi, con metodo contraddistinto
da ampiezza dell'indagine storica e improntato al rigore concettuale, consegue
uno dei suoi maggiori risultati, riguardante l'analisi del concetto generale di
diritto, quale diritto positivo, cioè effettivamente vigente, incardinato entro
un sistema assiologico fondato su un ordine razionale intersoggetivo che
rispetta il valore di una determinate intersoggetivo in un assegnato luogo ed
in un certo tempo (storicità del diritto), secondo una scala della loro
importanza. Quest'ordinamento razionale è un tratto distintivo sia del sistema
intersoggetivo che dei suoi sottosistemi, fra i quali preminenti son oil sistema
di comunicazione, e quello giuridico, che è il sistema normativo attualizzato
dell'interazione. Da questa prospettiva, anche sulla base di un parallelo
analogico-concettuale con la struttura della logica, perviene, tra l'altro, ad
una elementare quanto fondamentale distinzione meta-giuridica fra teoria
generale del diritto e dogmatica giuridica, argomentando solidamente a
favore della tesi per cui la teoria generale del diritto opera ad un livello
superiore di generalità rispetto a quello in cui si colloca la dogmatica
giacché quest'ultima è sempre inerente a diritti positivi storicamente
attualizzati, oggetti di studio della teoria generale che, in quanto tale, non
discende dunque da alcun diritto positivo particolare, e quindi neppure dalla
dogmatica. La teoria generale del diritto è piuttosto riflessione meta-teorica
su quei particolari sistemi vigenti di diritto positivo, sistemi che verranno
quindi interpretati speculativamente e spiegati razionalmente (interpretazione
giuridica) tramite metodi centrati sulla individuazione e ordinazione
concettuale. Solo in questi termini, si può allora più propriamente parlare di
”filosofia del diritto”. Altre opere: “L’intersoggetivo giuridico” Dott. A.
Giuffrè Editore, Milano); “L’intersoggetivo giuridico, Dott. A. Giuffrè
Editore, Milano); La separazione personale, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); L'offerta
reale e la liberazione co-attiva del debitore, Dott. A. Giuffrè Editore,
Milano); Il fatto naturale, CEDAM-Casa Editrice Dott. Antonio Milani, Padova); Voci
di teoria generale del diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Il gene giuridico”
Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, Introduzione alle giurisprudenza filosofica”.
“Il concetto di diritto” Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Teoria generale del
diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,Ricerche di teoria generale del
diritto e di dogmatica giuridica, Dogmatica
Giuridica, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,
Scritti d'occasione, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano. giuscivilista. Il civilista. Il nesso fra la
fattispecie, ossia la premessa normativa (ovvero, il caso particolare
fattuale), e la conseguenza, ossia il suo possibile effetto giuridico. norma giuridica Diritto e interpretazione.
Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto. Il diritto può essere consuetudinario.
consuetudine. Antropologia giuridica. diritto civile, Oltre il ”positivismo giuridico“,
regola giuridica. Motivi volontaristici e imperativistici sono presenti nel
pratico e volitivo spirito dei romani. Nemmeno tra i romani tuttavia troviamo
formulate dottrine filosofiche che si propongano di ricondurre compiutamente il
diritto alla volontà o al comando. Il lato imperativistico del diritto emerge
piuttosto in singole tesi o massime di giuristi. Si ricordi il noto passo di
Modestino riportato nel Digesto: « Legis virtus haec est: imperare, vetare,
permittere, punire" (D. 1, 3, 7); o l'altro detto, di Ulpiano, ancora piu
indicativo sotto il profilo volontaristico che sottolinea l'importanza della
volonta del sovrano per la validita della legge: "quod principi placuit
legis habet vigorem" (D. 1, 4, 1). Ma le espressione forse piu
significative si trovano in un luogo di Gaio, nel quale egli, dopo aver
distinto varie fonti del diritto romano, le caratterizza cosi: "Lex est quod
populus iubet atque constituit. Plebiscitum est quod plebs iubet atque
constituit ... Senatusconsultum est quod Senatus iubet atque constituit"
(Gai 1, 3, 5). Il rapporto regola giuridica-commando risulta ormai fissato in
maniera esplicita, mentre e IMPLICITAmente enunciato il rapporto tra il comando
(iubere) e l'imperativo (constituere). Rientra in questa configurazione
volontaristica e imperativistica del diritto la concezione della consuetudine
come iussum populi, un comando del popolo alla stessa stregua della legge: lex
lata sine suffragio. Ma e con la compilazione giustinianea che, associato al
processo politico dell'epoca imperiale, il volontarismo giuridico ottiene la
sua prima grande e compiuta affermazione. A cio concorsero due fattori strettamente
collegati. La volonta d'onde promana la regola giuridica e adesso individuata e
circoscritta nella persona dell'imperatore. La netta separazione, su piano
empirico, tra interpretazione e applicazione della legge e la regolar rigorosa
che riservava allo stesso imperatore il POTERE INTERPRETATIVO (nel senso di
risoluzione dei casi dubbi) esaltano il peso della volonta imperiale, impedendo
che altri, giurista o giudice che sia, possa sustituirsi, alterandola o
integrandola, a quella volonta. E ben noto il monito che Giustiniano, sulla
presunzione della completezza e perfezione della propria opera di legislatore,
rivolgeva ai giuristi: « ... nullis iuris peritis in posterum audentibus
commentarios illi adplicare et verbositate sua supra dicti codicis
compendium confundere: quemadmodum et in antiquioribus temporibus factum est,
cum per contrarias interpretantium sententias totum ius paene conturbatum est
sed sufficiat per indices tantummodo et titulorum subtilitatem quae paratitla
nuncupantur quaedam admonitoria eius facere nullo ex interpretatione eorum
vitio oriundo" (C. 1, 17, 1, 12); e quello ancor piu energico e perentorio
che gia in precedenza era stato fato ai giudici da Valentiniano e da Marciano:
"Si quid vero in idsem legibus latum fortassis obscurius fuerit, oportet
id imperatoria interpretatione patefieri duritiamque legum nostrae humanitati
incongruant emendari" (C. 1, 14, 9). La prassi non poteva non smentire
questo ambizioso proposito, la cui formulazione, tuttavia, giova a chiarire come
una concezione volontaristica possa trovare un effetivo riscontro nella realta
solo a patto che la VOLONTA legistlativa venga aggiunta a fonte unica del
diritto al di fuori di ogni condizionamento esterno e risultati garantita nella
sua fedele applicazione ed esecuzione. Grice: “Falzea interprets,
correctly, Roman law as imperativistic or better, volitive – volontarismo
giuridico – My reflections on “Aspects of Reasons” point to the same direction.
Indeed my focus is on the conversational IMPERATIVE!” Angelo Falzea. Falzea.
Keywords: QVOD PRINCIPII PLACVIT LEGIS HABET RIGOREM, interesse, valore,
disvalore, assiologia, accertare, apparire, efficacia, interesse, does moral
philosophy rest on a mistake, duty cashes on interest, on desire. ‘sentimento
condiviso’ -- H. L. A. Hart. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Falzea” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761754946/in/dateposted-public/
Grice e Fano (Trieste). Filosofo. Grice: “I
like Fano; for one, he took very seriously Plato’s Cratilo – “origine e natura
del linguaggio,’ he has also explored a rather extravagant trend for Italian
philosophers, when philosophy is reduced to ‘analisi del linguaggio’!” Neo-idealista,
appartene a quel gruppo di artisti, letterati, e scrittori che hanno reso
famosa Trieste. Legge in modo originale l'opera di Croce e Gentile. Sottolinea
l'importanza delle scienze naturali e della matematica, che nel suo sistema non
sono governate dagli pseudo-concetti. Da molta importanza agli aspetti più
semplici e ferini dello spirito seguendo le riflessioni di Vico. Suo padre
Guglielmo era un medico affermato, sua madre Amalia Sanguinetti. Il padre fu
uno dei pochi ebrei di allora che passano al cattolicesimo per sincera fede. Ma
tale conversione e accompagnata da manie religiose e disordini mentali precoci. Fin
dall'adolescenza Fano ha un impulso di rivolta contro gli adulti, il loro
conformismo, il loro spirito oppressivo. Nel romanzo Quasi una fantasia di
Ettore Cantoni si parla di due ragazzi, in cui è facile riconoscere l'autore
Ettore e Fano, che viaggiano e arrivano addirittura in Africa, appunto per
sfuggire all'atmosfera pesante instaurata dagli adulti. Fu un ragazzo
ribelle, non volle accettare la disciplina della scuola. Un episodio
contraddistingue il suo carattere, quando getta nella stufa il registro di
classe. Frequenta la scuole austriaca con scarso profitto. Afferma che una
parte delle sue difficoltà era dovuta al fatto di avere poca memoria (non
quella concettuale, in cui eccelleva, ma quella specifica, dettagliata,
necessaria ad es. nello studio della storia e della geografia). Così abbandona
gli studi assai prima di aver conseguito la maturità. Ritiratosi da
scuola, i suoi congiunti gli procurarono un posto di impiegato. Ma abbandonò
l’impiego e affitta, assieme ad alcuni coetanei, una cameretta sul colle di
Scorcola, dove si dedica non solo a discussioni senza fine con gli amici, ma
passò ore e ore a studiare filosofia. Più tardi a Vienna poté sentire le
lezioni universitarie di alcuni luminari del tempo. Fu la lettura dei classici
tedeschi, da Leibnitz a Schopenhauer, da Kant a Fichte e Hegel, a dare al suo
pensiero un indirizzo al quale sarebbe rimasto fedele per tutta la vita, a
fargli trovare le armi per la sua personale battaglia contro il dogmatismo, il
fideismo, il clericalismo del proprio ambiente familiare. Certo alla
formazione di Fano ha contribuito anche l'ambiente eccezionale della Trieste di
allora. Fu suo amico Poli, il cui pseudonimo, Saba, fu inventato proprio da
lui. Si ispira certamente alla figura di Fano anche il sesto de I
prigioni di Saba: «L’Appassionato/Natura, perché ardo, m’ha di rosso/pelo le
guance rivestite e il mento./ Non è una brezza lo spirito: è un vento /impetuoso,
onde anche il Fato è scosso. /…../ Ero Mosè che ti trasse d’Egitto, / ed ho
sofferto per te sulla croce. / Mi chiamano in Arabia Maometto». Saba e
Fano comprano in società la libreria antiquaria Mayländer, la futura
"Libreria antica e moderna", ma non andano d’accordo, perché Fano non
era persona da accollarsi diligentemente troppi compiti "noiosi".
Così i due decisero di separarsi e, poiché entrambi volevano rimanere
proprietari, Fano propose di giocare questo diritto a testa o croce e vinse. Ma
Saba, che era amante e cultore di libri antichi, non accettò il verdetto della
sorte e convinse l’amico a cedergli ugualmente la libreria. Un'altra persona
dell'ambiente triestino con cui Fano ebbe grande amicizia è stato Giotti. E un
incontro come di un artista toscano con un profeta ebreo. Io ne ebbi un grande
giovamento. Egli leggeva a quel tempo Zola, Maupassant e Flaubert che io non
conosco. Per il suo carattere indolente, in molte cose esteriori della vita
fece ciò che gli consigliavo io. Se ne venne via da Trieste, poi fece venire la
famiglia a Firenze e cose simili. Ma l'amicizia fra i due subì un tremendo
contraccolpo a causa delle drammatiche vicende in cui fu coinvolta Maria, sorella
di Virgilio, che Fano sposa. Ebbero un figlio minorato mentale, Piero, che fu
ucciso dalla madre, la quale si tolse a sua volta la vita. Fu una tragedia che
scosse profondamente tutto Trieste. Sposa Anna Curiel, da cui ebbe un figlio di
nome Guido. Durante il periodo della grande guerrafu irredentista, come
molti dei suoi amici, Benco, Saba, Giotti, Schiffrer e altri. In seguito il suo
atteggiamento fu molto simile a quello di Croce, e per analoghi motivi
ideologici. Gli ideali egalitari non facevano presa su di lui e gli sembrava
utopistico, e comunque non desiderabile, l’instaurare una società comunista.
Anzi si oppose con decisione al socialismo massimalista e turbolento di allora,
tanto da dimostrare, per un breve periodo, una certa comprensione per la
reazione fascista. Ma, già prima di Croce, divenne un antifascista, che non
perdeva alcuna occasione per manifestare apertamente le sue opinioni. Si
laurea in filosofia a Padova con “Dell’universo ovvero di me stesso: saggio di
una filosofia solipsistica” pubblicata sulla Rivista d’Italia. Probabilmente
non frequenta le lezioni universitarie a Padova, anche perché era già sposato e
doveva pensare a mantenere la sua famiglia. Semmai la sua formazione si compì,
oltre che a Vienna, a Firenze, dove aveva trascorso qualche anno prima della
guerra e dove aveva frequentato l’ambiente de La Voce. Professore di
filosofia presso vari licei di Trieste, Fano aspira tuttavia all’insegnamento
universitario, a cui giunse dopo molte traversie causate da intralci posti
dalle autorità. Il motivo di queste difficoltà si deve alla fama di
antifascista che egli si procurò quando, commemorando il cugino Enrico Elia,
volontario nella grande guerra e morto sul Podgora, tenne un discorso in cui
traspariva, in maniera non molto velata, la convinzione che il sacrificio di
tante vite per la libertà veniva rinnegato dal regime politico allora
dominante. Questa sua presa di posizione gli costò alcuni giorni di carcere
nella fortezza di Capodistria e la fama di antifascista si ripercosse sulla sua
carriera universitaria. Attorno a quegli anni a Trieste si andavano diffondendo
le idee della psicoanalisi di Weiss, discepolo di Freud. A Fano non piaceva
questa teoria, affermando che si basava su supposte attività del pensiero immaginarie
e non verificabili. Il concetto di inconscio non posse venir accettato da chi
come lui basava tutto sull' ‘auto-coscienza’. Studioso di Croce, che conosce, pubblicò
vari articoli sulla filosofia crociana. Il saggio “La negazione della filosofia
nell’idealismo” gli procurò l’attenzione di Radice, che gli offrì un posto di
assistente a Roma. Da notare che nel suo primo saggio viene esposto
organicamente il suo pensiero, Il sistema dialettico dello spirito. Dopo
l'invasione tedesca trova rifugio a Rocca di Mezzo, in Abruzzo. La tranquilla
sicurezza, la noncuranza dei pericoli non gli vennero mai meno, né per il
rischio di venir scoperti dai tedeschi (lui e la moglie avevano falsificato le
carte d’identità), né per i bombardamenti alleati. I tedeschi lo usarono spesso
come interprete e poiché la sua casa stava proprio sulla strada maestra, spesso
la cucina era piena di soldati che avevano bisogno di qualcosa. Lì, in quella
cucina mal riscaldata, incurante dei rischi immediati, lavora forse più di
quanto non avesse mai fatto in precedenza e portò a termine l'opera: La
filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema
dialettico dello spirito. Finita la guerra ritrovò il suo posto a Roma. Nel saggio
sul Croce aveva rivendicato l'importanza delle scienze empiriche, che nella
filosofia crociana non avevano dignità conoscitiva. In Teosofia orientale e
filosofia greca troviamo una descrizione
dello sviluppo storico del pensiero umano, in cui tra l'altro viene rivendicata
l'importanza della matematica, mentre Croce sostene che la matematica è uno
pseudo-concetto. Inoltre cura la traduzione integrale dei Prolegomena ad ogni futura
metafisica di Kant. Infine le sue ricerche lo portarono ad esaminare il
problema dell'origine della lingua, su cui espresse il suo pensiero nel Saggio
sulle origini del linguaggio, poi riedito accresciuto a cura di Guido Fano.
Altre opere: “Il sistema dialettico dello spirito” *Roma, Servizi editoriali
del GUF/); “La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un
sistema dialettico dello spirito” (Milano, Istituto editoriale italiano); “Teosofia
orientale e filosofia greca. Preliminari ad ogni storiografia filosofica”
(Firenze, La nuova Italia); “Saggio sulle origini del linguaggio. Con una
storia critica delle dottrine glottogoniche” (Torino, Einaudi); “Origini e
natura del linguaggio” (Torino, Einaudi); “Neo-positivismo, analisi del
linguaggio e cibernetica” (Torino, Einaudi);
“Prolegomeni ad ogni futura metafisica” (Firenze, G. C. Sansoni). Ettore
Cantoni, Quasi una fantasia: romanzo, Milano, Treves, Cantóni, Ettore, su
treccani. Giorgio Voghera su Il Piccolo.
Viene venduta a Giorgio Fano e Umberto Poli, il poeta Umberto Saba, che ne
diventa proprietario unico. Dice che una teoria può essere accettata solo se si
prospettano anche delle ipotesi — che poi appariranno assurde e non si
verificheranno concretamente — nelle quali essa dovrebbe venir respinta. La psicanalisi,
invece, si mette accuratamente al coperto da ogni prova contraria. L'estetica
nel sistema di B. Croce, L'Anima, da filosofia di B. Croce, Giornale critico della
filosofia italiana, Un episodio illustra bene sia l’importanza che egli annetteva
al suo lavoro, sia il suo coraggio. Una mattina, scendendo in cucina, che e diventata
il suo studio, la trova invasa da soldati tedeschi che cercano acqua ed altro.
Con l’abituale tono tranquillo, dimenticando con chi aveva a che fare, lui
l’ebreo, col suo viso di profeta, addita ai soldati della Wehrmacht la porta. Prego,
dice in tedesco se lor signori avessero la compiacenza di andare da un’altra
parte. Io ho da lavorare. Senza fiatare, i soldati infilano la porta ed egli si
rimise tranquillamente al suo tavolo di lavoro per battagliare con Croce,
dimentico che la più superficiale inchiesta e sufficiente a convogliarlo
assieme alla sua famiglia verso i campi di sterminio. L'ottimismo di Fano e il
pessimismo di Voghera. Brani da lettere e testi, Milano, Mimesis, Silvano
Lantier, La filosofia del linguaggio (Trieste, Riva); Silvano Lantier, “Vico e Fano:
motivi di un'affinità ideale, Udine, Del Bianco); Dizionario biografico degli italiani,
Roma. Giorgio Fano. Fano. Keywords: Fano insists that the semiogonia, i. e. the
origin of meaningful gestures will provide a clue as to the essence of the
semiotic communication. He relies on Morris, Ferruccio Landi, Peirce, and
Croce. He is interested in Croce’s views on ‘expression’ and Landi’s views on
‘lavoro.’ Fano is critical of Peirce. This is going on at the same time as
Grice is giving seminars on Peirce at Oxford. Grice: “I agree with Fano that
ontogenesis repeats phylogenesis, and that we should concentrate on utterances
which are meaningful generally – ‘signare’ is a good verb in Italian for that.’
Grice: “In my view, it is the agent who signs that… ‘signa che’ – signat quod.
The ‘-ficare’ only complicates things. A dark cloud ‘signa’ rain. And, by my
hand gesture, I sign that going out is not a good day in view of the coming
rain. Keywords: glossogonia, glottogonia, teoria glottogonica, dottrina
glottogonica, teoria glossogonica, dottrina glossogonica, semiotics of the
tongue, Croce. La glossoRefs.: Luigi Speranza, “Grice e Fano” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689659858/in/photolist-2mR7Xaf-2mPF8UJ-2mKAuZM-2mKbkhx-2mKD233
Grice e Fardella – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Trapani). Filosofo. Grice: “I like
Fardella; for one, he is a systematic philosopher; for another, he compares
Aristotle (‘demonstratio peripatetica’) with Cartesio, as the Italians call him
(‘demonstratio cartesiana’) – And while Italians consider him a reactionary
Cartesian, I deem him a closet
Aristotelian!”. Studia a Messina sotto Borelli, dal quale accetta l’atomismo di
Lucrezio, ma abbracciò il pensiero di Cartesio, dopo averne appreso gli
insegnamenti durante il suo soggiorno a Parigi, grazie alle conversazioni con
Arnauld, Malebranche e Lamy. Insegna
matematica a Roma, Modena, e Padova. Tenne corrispondenza con Leibniz e
polemizza con Giorgi attacca il cartesianesimo. Il suo razionalismo, per quanto
riconosca che solo Cartesio trova, fra gli antichi e i moderni, il retto e
naturale metodo di filosofare, è tuttavia relativo, adeguato com'è al
platonismo. Il mondo è organizzato secondo principi d’aritmetica e geometria.
Ogni cosa ha peso, numero e misura, ossia secondo le leggi statiche, aritmetiche
e geometriche. Mediante l’aritmetica e la geomtria si comprende il mondo e si
comprende così la logica. Nel punto, che
non ha peso, non ha grandezza, non è divisibile, è tuttavia l'origine di ogni
estensione. Nel punto, come il numero nell'unità, si risolve l'estensione. L'anima,
che non ha estensione (non e ‘res extensa’), è un punto. Non è possibile
dimostrare l'esistenza indipendente della realtà materiale. La stessa
esperienza ci insegna che spesso nel sogno percepiamo oggetti che veramente non
possiamo ammettere realmente esistenti. Quante volte, la notte, mentre dormo,
vedo splendere il sole sopra l'orizzonte e vedo muoversi in vari modi
moltissime cose prodigiose, che non sono niente extra ideam? Dunque, quel che
sento e *vedo* non può in nessun modo essere dedotto come realmente esistente. E
se si obbietta che una cosa è sognare, altra cosa è la veglia, per lui le cose
che percepiamo nella veglia potrebbe anche essere soltanto cose percepite con
maggiore chiarezza, distinzione e ordine, benché non siano niente in sé. I
sensi non danno certezza del mondo, la quale può ritrovarsi soltanto in la
legge dell’aritmetica e della geometria.
Altre opere: “Universae philosophiae systema, in qua nova quadam et
extricata Methodo, Naturalis scientiae et Moralis fundamenta explanantur
(Venezia); “Universae usualis mathematicae theoria” (Venezia); “Utraque
dialectica rationalis et mathemathica”; “Animae humanae natura ab Augustino
detecta in libris de Animae Quantitate, decimo de Trinitate, et de Animae
Immortalitate” (Venezia); Pensieri (Napoli); “Lettera antiscolastica” (Napoli).
Recensito immediatamente dopo la pubblicazione del primo e unico volume sulla
rivista scientifica Acta Eruditorum Universae Philosophae Systema, Descartes e
l'eredità cartesiana in Italia” Dizionario biografico degli italiani. Fardella
elaborated a Cartesian philosophy of language, pretty much avant Chomsky, but
using the same sources: Arnauld. While Chomsky focuses on Harris and others, he
could at least have dropped the “Fardella” name! Grice: “He possibly did have
some Italian friends in the Bronx!” -- Michelangelo Fardella. Fardella. Keywords:
metafisica, ontologia, razionalismo, aritmetica, geometria, solipsismo,
percezione, vedere – sentire – atomismo di lucrezio, sensismo di Giorgi –
Cartesio is actually borrowing it all from Platone’s Timeo – for whom the world
is also only interpretable ‘more geometrico’. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Fardella” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690424692/in/photolist-2mKEbWv-2mKGWoQ
Grice e Fasso – RES
PVBLICA RES POPVLI – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo. Grice:
“I like Fassò; for one, he was, like my friend H. L. A. Hart, a
philosophical lawyer! But unlike Hart, Fassò, being a Roman, knew what he was
talking about!” “My favourite is his explication of Bruto’s reaction when being
brought the corpses of his two sons!” Fassò, mi viene a conforto col suo ottimo
lavoro, che dà una diligentissima ed acuta interpretazione ed esposizione del
corso non già logico ma storico, o per meglio dire, psicologico della
formazione della Scienza nuova; esposizione che è utile possedere e che si
segue con curiosità. Con pari bravura è condotta la ricerca di quel che Vico
attinse o credette di attingere ai quattro suoi autori. Croce, Illusione degli
autori sui “loro” autori,). Figlio di Ernesto, generale dell'esercito, e
Caterina Barbieri, discendente dalle famiglie Barbieri (il di lei nonno era Lodovico
Barbieri) e Dallolio (Maria Sofia, moglie di Lodovico, era sorella di Alberto e
Alfredo Dallolio), trascorre i suoi primi anni, fino all'adolescenza, fra il
Piemonte (Mondovì), l'Emilia-Romagna (Parma) e la Lombardia (Mantova).
Temperamento religioso, ereditato dall'educazione famigliare e dalla
frequentazione con un anziano sacerdote, si caratterizza sempre per il rigore
negli studi (perciò Mazzetti, suo compagno di gioventù, poté definirlo schivo
degli incontri e quasi della società, teso in un impegno di chiarezza mentale,
di serietà e finezza di sentire. Conseguita la maturità classica al Virgilio di
Mantova, si laurea a Bologna, sotto Borsi con “L'elemento demografico nelle
provvidenze assistenziali a favore dei lavoratori: la legislazione del lavoro”.
Dopo aver rinunciato ad impiegarsi come funzionario nell'Unione industriale, ottiene
anche la laurea in Filosofia, sotto Saitta, con “Vico e Michelet”. Confiderà
poi al suo allievo, Enrico Pattaro, che la scelta della filosofia, lungi
dall'essere redditizia, è un matrimonio con «madonna povertà», cui egli,
tuttavia, non volle sottrarsi, non essendo versato, come rivelò a Fausto
Nicolini, nella «professione forense». Svolse, quindi, l'attività di docente di
storia e filosofia, inizialmente come supplente al "Galvani" di
Bologna, poi a Forlì e, infine, al Liceo scientifico "Augusto Righi"
di Bologna. Il suo saggio, dedicato a Il Vico nel pensiero del suo primo
traduttore francese, che, però, a causa dell'indisponibilità degli editori,
sarebbe stato pubblicato, grazie all'intervento di Giuseppe Saittacome memoria
dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Vicino al Partito
Liberale Italiano, a guerra conclusa accetta di candidarsi, per il medesimo
partito, alle elezioni comunali bolognesi. Divenuto assistente volontario
di Filosofia del diritto nell'Ateneo felsineo, fu convinto da Felice Battaglia
a concorrere per la libera docenza, che ottenne nel 1949. Nel medesimo anno,
all'Parma, gli viene quindi assegnato l'incarico in Filosofia del diritto. Aggiudicatosi
l'ordinariato, si trasferì successivamente a Bologna , dove insegnò filosofia
giuridica, presso la Facoltà di Giurisprudenza, e Storia delle dottrine
politiche, nella Facoltà di Lettere e Filosofia. Si occupò di studi
vichiani (della cui validità scientifica è testimonianza una epistola di Gioele
Solari del 17 maggio 1949, in cui si apprende che «l'interpretazione giuridica
della Scienza nuova proposta da Fassò supera la visione Croce-Nicolini»,
ponendosi al livello qualitativo di quelle del Fubini e del Donati) e groziani,
della cura e traduzione dei Prolegomeni al diritto della guerra e della pace di
Grozio e scrisse Vico e Grozio, nonché, la Storia della filosofia del diritto
in tre volumi, giudicata da Bobbio come la «storia della filosofia del diritto più
completa» esistente «sulla faccia della terra». Oltre Croce, Fassò
criticò anche Gentile, autore di una «concezione speculativa indubbiamente
grandiosa», che si risolveva, però, in «vana retorica», negante, entro la
dialettica dello spirito, la realtà del fenomeno giuridico. Fra le altre opere,
La democrazia in Grecia; Il diritto naturale; dello stesso anno è La legge
della ragione, considerata una «tra le opere migliori di filosofia del diritto
uscite in Italia» al tempo, e consistente in una «appassionata rivalutazione»
del diritto naturale; Società, legge e ragione, apparso nell'anno della morte
(i due ultimi volumi citati, tuttavia, ripropongono scritti precedenti). Le
pubblicazioni in cui si esprime con più chiarezza l'ispirazione teoretica di
Fassò sono, invece, La storia come esperienza giuridica (in cui, ha commentato Bobbio, si dimostra che
tutti i rapporti che l'uomo ha con gli altri uomini, contengono un germe di
organizzazione, e quindi sono istituzioni giuridiche») e Cristianesimo e
società, che susciterà un vivace dibattito nell'ambiente cattolico, incontrando
financo il favore di Prezzolini. Il suo testament disponeva funerali semplici,
«senza fiori e senza seguito di estranei». In un codicillo, inoltre,
soggiungeva che, «se si trovassero miei scritti incompiuti, manoscritti o
dattilografati, non si stampino, perché non possono essere stati riveduti come
avrei ritenuto necessario», congiuntamente all'invito a non raccogliere «in
volume opuscoli sparsi o "scritti minori", operazione che non
dovrebbe mai esser fatta se non dall'autore». Alla memoria di Fassò, oltre che
a quella di Augusto Gaudenzi, è intitolato il Centro Interdipartimentale di
Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica
Giuridica a Bologna,. Benché Fassò abbia apprezzato il Romano sostenitore della
concezione non normativistica del diritto, egli non poté tacerne il limite,
consistente nell'assenza di una «definizione esauriente» dell'istituzione,
dovuto alla volontà di Romano di tenersi «fuori dal campo della filosofia». Il
più limpido storico del giusnaturalismo». Formatosi filosoficamente nella
temperie culturale neoidealistica, Fassò se ne distaccò, rifiutandone
soprattutto l'immanentismo, con La storia come esperienza giuridica, opera
ispirata dalle suggestioni istituzionalistiche di Santi Romano (ma di questi
deplorerà, nella successiva Storia della filosofia del diritto, il circolo
vizioso, per cui una «istituzione è giuridica [solo] quando è giuridica» A
Croce, che faceva coincidere storia e filosofia, Fassò replicava con
l'identificazione di storia e giuridicità, estendendo il concetto di
istituzione — contrariamente a quanto aveva fatto Romano, e risolvendone così
il «circolo vizioso» — a «tutti gli aspetti della vita sociale, cioè della vita
dell'uomo nella storia, che è sempre vita dell'uomo in società». L'elisione
dell'identità fra realtà storica e razionalità filosofica non implica la
rimozione dell'Assoluto, ma egli ne negava ogni possibilità conoscitiva,
ricadendo la «concreta unità del reale» (sotto l'aspetto gnoseologico) nell'ambito
del privo di senso, sebbene restasse attingibile in uno slancio mistico,
descritto, in una pagina de La legge della ragione, come partecipazione
dell'«uomo al Valore divino, ma solo quando si faccia anch'egli Dio per unirsi
a lui, trascendendo la propria umanità, la propria soggettività empirica,
storica». È importante tener fermo come Fassò, quantunque abbia legato
l'Assoluto a uno slancio mistico, non si sia fatto teorico di un irrazionalismo
misticheggiante, ma — giusta l'osservazione di Lombardi Vallauri — abbia
formulato un «dittico» in cui si afferma, da un lato, la «sopragiuridicità
dell'etica intesa come esperienza religiosa» e, dall'altro, «la funzione
essenziale della ragione giuridica nel mondo». Proprio il riconoscimento della
centralità della ragione giuridica nel governo della «concreta molteplicità del
reale» costituì, per Fassò, un ulteriore motivo critico nei confronti dell'anti-gius-naturalismo
crociano, da cui, dopo l'approfondimento della storia del giusnaturalismo,
prese più convintamente le distanze. La concezione giusnaturalistica fassoiana,
infatti, cerca di non cadere nell'errore proprio della tradizione precedente
(errore che nella Storia della filosofia del diritto, non esitò a indicare
quale «difetto capitale» della scuola del diritto naturale, consistente
nell'«astrattismo e nel conseguente antistoricismo»), intendendo il diritto
naturale quale «ordine che nasce dalla storia, e nel quale l'uomo non può non
essere inserito proprio per la sua dimensione storica, che è la sua dimensione
essenziale». Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della
scuola della cultura e dell'arte. B. Croce, Illusione degli autori sui “loro”
autori , su Quaderni della Critica, Laterza, Ora anche in Id., Indagini su
Hegel e schiarimenti filosofici, A. Savorelli, Napoli, Bibliopolis, Cfr. E.
Garin, Cronache di filosofia italiana, Bari, Laterza. La sua ricerca di Saitta,
anche storica, sembra inscindibile da una polemica e da una protesta. Polemica
e protesta che attraversano ugualmente l'attività così del Calogero come dello
Spirito, annoverati talora col Saitta fra gli esponenti della
"sinistra" gentiliana, e come lui accusati a volte, e non certo
benevolmente, di crocianesimo». E.
Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò.
Fassò segue con particolare attenzione i corsi di Saitta, che gli suggerì di
approfondire Michelet, che lo avrebbe condotto a Vico. Scheda senatore Dallolio Alberto, su Scheda
senator Dallolio Alfredo, su senato. Le parole di Mazzetti sono riportate in Faralli,
Il maestro e lo studioso, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il
Mulino, Elenco dei laureati e diplomati nell'Anno Scolastico, in Annuario dell'Anno
Accademico, Bologna, Società Tipografica già Compositori,Elenco dei laureati e
diplomati nell'Anno Scolastico, in Annuario dell'Anno Accademico. Bologna,
Tipografia Compositori, E. Pattaro, Alcuni ricordi personali e cenni sulla
gnoseologia, ontologia e concezione della filosofia di Fassò, in Rivista di
filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino. “Mi disse che ci sarebbe stato un
concorso per assistente ordinario alla cattedra e mi chiese se fossi
interessato a partecipare. Ma mi prevenne con due avvertimenti sui quali avrei
dovuto meditare prima di dargli una risposta. Essi sono: "chi fa filosofia
del diritto in una facoltà di Giurisprudenza sposa madonna povertà e nell'università
occorre sapere ingoiare amaro e sputare dolce perché l'intelligenza degli
accademici è di regola superiore a quella dei comuni mortali, e ciò implica che
essi siano capaci di cattiverie più raffinate e perfide di quelle di cui sono
capaci i comuni mortali. La citazione è tratta dal carteggio Fassò-Nicolini,
richiamato da E. Pattaro, nel suo Sull'Assoluto. Contributo allo studio del
pensiero di Guido Fassò, premesso. In altre lettere allo stesso Nicolini, scrive
di non sentire nessuna vocazione per la professione forense. Curriculum vitae
di Andrea Fassò, Consiglio Nazionale del Notariato.. Gli studi vichiani di
Guido Fassò , in Bollettino del Centro Studi Vichiani, 5, Napoli, Guida, Ha ultimato Il Vico nel
pensiero del suo primo traduttore francese nel ma causa la difficoltà di
trovare un editore — non gli fu possibile pubblicarlo allora: soltanto poté
presentarlo all'Accademia delle scienze di Bologna per il tramite di Giuseppe
Saitta. E. Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero dFassò,
in G. Fassò, Scritti di filosofia del diritto, E. Pattaro, C. Faralli, G. Zucchini, 1, Milano, Giuffrè. Dopo i disagi della
guerra, aveva ripreso le proprie ricerche incoraggiato da Felice Battaglia, che
lo convinse ad affrontare l'esame di libera docenza in filosofia del diritto. Conseguita
la libera docenza in filosofia del diritto, nello stesso anno Fassò ebbe il suo
primo incarico in questa materia, all'Parma. Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, F. Battaglia, Guido Fassò:
in memoria, in Rivista internazionale di filosofia del diritto [giunse] alla
libera docenza, e nello stesso anno lo abilitarono a tenere l'incarico della
filosofia del diritto nella Parma, ove divenne professore della materia. Passa
all'Bologna, dove rimase titolare della disciplina, tenuta con alto prestigio e
qualificata dignità fino alla morte che ne chiuse la laboriosa giornata». Enrico Pattaro, Gli studi vichiani di Guido
Fassò, in Bollettino del Centro Studi Vichiani, Napoli, Guida. Tra le carte
personali di Guido Fassò ho trovato una cartolina postale, vergata fitta fitta
da Gioele Solari. In essa, tra le altre cose, è scritto: ‘Da tempo ero convinto
della verità della interpretazione giuridica della Scienza Nuova: ma Lei ne ha
dato ampia, profonda, persuasiva dimostrazione. La cautela con cui è sostenuta
è frutto della Sua modestia, e della Sua serietà di studioso. Il suo saggio sui
quattro autori può stare a paro cogli scritti vichiani del Donati e del Fubini
e supera la visione Croce-Nicolini che sul punto della genesi giuridica della scienza
nuova stanno ancora sulle generali. Finalmente esiste in Italia (dico in
Italia, ma potrei dire sulla faccia della terra) una storia della filosofia del
diritto, non angustamente scolastica, non puramente nozionistica e per di più
complete. Così Bobbio saluta la Storia della filosofia del diritto. In tutta la
filosofia del Gentile si ha una concezione speculativa indubbiamente grandiosa,
ma che si risolve in vana retorica, negante l'esperienza della realtà
effettuale. Non è tuttavia dalla negazione della molteplicità dei soggetti che
discende la negazione della realtà del diritto nella filosofia gentiliana. Come
in quella del Croce, essa è compiuta in relazione alla dialettica dello spirito,
cioè del soggetto assoluto. È importante, infine, sottolineare il valore di
impegno civile che il filosofo bolognese riconosceva al testo e che ad esso
venne riconosciuto dalla traduzione greca. Thessalonike, Poseidonas], all'epoca
della dittatura militare in Grecia». Bobbio,
Giusnaturalismo e positivismo giuridico, prefazione di Luigi Ferrajoli,
Roma-Bari, Laterza, Norberto Bobbio, La
filosofia del diritto in Italia , in Jus, Milano, Faralli, I momenti della riflessione critica
su Guido Fassò, Prezzolini chiosa Cristianesimo e società sia in un articolo su
Il resto del carlino sia nel libro Cristo e/o Machiavelli. Conservo la prima
edizione di Cristianesimo e società, egli scrive. La volli come compagna perché
dovevo moltissimo a quel libro, cioè non dirò l'apertura, ma la conferma dotta,
serena, eppure appassionata di un punto di vista importante. Prezzolini ritiene
di aver trovato in Fassò, argomentate con un'alta filologia, sempre al corrente
della produzione critica e accompagnata dalla conoscenza dei testi filosofici,
quelle stesse idee che anch'egli aveva manifestato ‘lanciate piuttosto da un
intuito che da un sapere storico Annuario, Bologna, Tipografia Compositori, E.
Pattaro, Ricordo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Centro
Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia
del Diritto e Informatica Giuridica, sStoria della filosofia del diritto, edizione
aggiornata C. Faralli, Roma-Bari,
Laterza. Romano si tiene deliberatamente fuori dal campo della filosofia, non
sfruttando neppure quegli indirizzi di essa, primo fra tutti quello del Croce,
che potevano valere a suffragar la sua tesi. Questa è sostenuta unicamente sul
terreno della considerazione empirica del diritto, e non vuole avere né
premesse né conclusioni che stiano al di fuori o al di sopra di essa.Neppure il
Romano dà del concetto di istituzione una definizione esauriente». G. Marini, Il giusnaturalismo nella cultura
filosofica italiana del Novecento, in Storicità del diritto e dignità dell'uomo,
Napoli, Morano, Cfr. N. Matteucci, recensione a G. Fassò, Cristianesimo e
società, Giuffrè, Milano, in Il Mulino, «L'esigenza filosofica fondamentale che si palesa
nei lavori del Fassò è quella di uscire dallo storicismo immanentistico dei
Croce e dei Gentile che vedeva nella storia la manifestazione di un principio assoluto
(lo Spirito, l'Atto. Cfr. E. Pattaro, In che senso la storia è esperienza
giuridica: l'istituzionalismo trascendentale, in appendice a G. Fassò, La
storia come esperienza giuridica, C. Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino. L'esperienza
che Fassò aveva avuto della filosofia idealistica egemone in Italia nella prima
metà del secolo, la quale all'interno dei suoi precedenti studi vichiani,
condotti in chiave di storia della filosofia, non necessariamente costituiva
un'ipoteca con cui dover fare conti precisi, in sede teoretica, sia pure di
filosofia del diritto, venne chiamata ad un inevitabile redde rationem. G.
Fassò, Storia della filosofia del diritto, edizione aggiornata C. Faralli, Roma-Bari,
Laterza, Il giudizio, tuttavia, è già presente in G. Fassò, La storia come
esperienza giuridica. È proprio questo, del resto, il punto debole della dottrina
del Romano, che fu subito rilevato dai suoi critici: il circolo vizioso in cui
egli si aggira, presupponendo la giuridicità di quella istituzione che poi
identifica con il diritto. In altre parole, il Romano afferma che sono
istituzione, ossia ordinamento giuridico, ossia diritto, quegli enti o corpi
sociali che hanno carattere giuridico. B. Croce, Logica come scienza del
concetto puro, C. Farnetti, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli,
Bibliopolis, B. Croce, La storia come pensiero e come azione, M. Conforti, con
una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis, «Si può dire che, con la
critica storica della filosofia trascendente, la filosofia stessa, nella sua
autonomia, sia morta, perché la sua pretesa di autonomia era fondata appunto
nel carattere suo di metafisica. Quella che ne ha preso il luogo, non è più
filosofia, ma storia, o, che viene a dire il medesimo, filosofia in quanto
storia e storia in quanto filosofia: la filosofia-storia, che ha per suo
principio l'identità di universale ed individuale, d'intelletto e intuizione, e
dichiara arbitrario o illegittimo ogni distacco dei due elementi, i
quali realmente sono un solo. La storia come esperienza giuridica. L'esperienza
giuridica non è altro che l'esperienza umana nella sua totalità, la storia
stessa insomma dell'uomo. In che senso la storia è esperienza giuridica:
l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, «La concreta unità del reale,
l'universale concreto, è un residuato della grandiosa retorica metafisica
idealistica. Fassò, con l'onore delle armi, lo colloca nella dimensione che gli
compete, ossia dell'inconoscibile, indicibile, incomunicabile per definizione:
dell'indiscutibile che è tale non perché sia vero o certo di là da ogni
ragionevole dubbio, bensì perché non è possibile oggetto di discorso, non è
suscettibile di ragionamento, sfugge ad ogni comprensione e spiegazione
razionale. Lo colloca nella dimensione del privo di senso. Enrico Pattaro, In
che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale. Resti
chiaro, peraltro, che Fassò rinvia sì al piano mistico l'unità del reale,
l'assoluto, l'universale concreto, ecc., ma che, non per questo, egli professa
una filosofia mistica intuizionistica. Il giudizio di Lombardi Vallauri è
espresso nel suo Amicizia, carità, diritto, Giuffrè, Milano. Considerata nel suo
arco complessivo, forma un dittico, che da un lato ribadisce rigorosamente la
sopragiuridicità della esperienza cristiana giunta al suo culmine (identificato
nella carità), e dall'altro lato riconosce la funzione preziosa della ragione
giuridica ‘nel mondo, dove ogni individuo limita e contraddice l'altro e dove
una norma di coesistenza è indispensabile’») e accolto in Guido Fassò, Società,
legge e ragione, Milano, Edizioni di Comunità, Enrico Pattaro, In che senso la
storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido
Fassò, La concreta molteplicità del reale, il flusso eracliteo dei particolari
concrerti, l'eterogeneo continuum di cui parla richiamando Ross, è la realtà empirica,
fenomenica: molteplicità infinita di eventi originali e irripetibili, non
essendovi nello spazio, e più ancora nel tempo, due fenomeni perfettamente
identici. Sulla posizione crociana rispetto al giusnaturalismo cfr., per
esempio, Croce, Filosofia della pratica. Economica ed etica, M. Tarantino, con
una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis. Contraddittorio è altresì
il concetto di un codice eterno, di una legislazione-limite o modello, di un
diritto universale, razionale o naturale, o come altro lo si è venuto
variamente intitolando. Il diritto naturale, la legislazione universale, il
codice eterno, che pretende fissare il transeunte, urta contro il principio
della mutevolezza delle leggi, che è conseguenza necessaria del carattere contingente
e storico del loro contenuto. Se al diritto naturale si lasciasse fare quel che
esso annunzia, se Dio permettesse che gli affari della Realtà fossero
amministrati secondo le astratte idee degli scrittori e dei professori, si
vedrebbe, con la formazione e applicazione del Codice eterno, arrestarsi di
colpo lo svolgimento, concludersi la Storia, morire la vita, disfarsi la
realtà. Sulla presa esplicita di distanza di Fassò da Croce, cfr. Società,
legge e ragione. Ho continuato a ripetere la stessa cosa. Il diritto nasce
dalla natura umana, la quale è natura storica e natura sociale. Ho rifiutato
dapprima, sotto la suggestione dell'anti-gius-naturalismo del tempo in cui ero
cresciuto, di chiamare naturale un siffatto diritto. Più tardi, dopo avere
approfondito la conoscenza storica del gius-naturalismo ed essermi meglio
chiarito la parte che esso ha avuto nella difesa della libertà contro
l'assolutismo politico, mi sono deciso a designare con quell'aggettivo in
realtà equivoco il diritto che la ragione trova nella natura della società. Laddove,
invece, si è riscontrata coincidenza cronologica, si è preferito seguire
l'ordine alfabetico. Altre opere: “I quattro auttori del Vico: saggio
sulla genesi della Scienza nuova” (Milano, Giuffre); “La storia come esperienza
giuridica, Carla Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Cristianesimo e
società” (Milano, Giuffrè); “La democrazia in Grecia, Carla Faralli, Enrico
Pattaro e Giampaolo Zucchini (Milano, Giuffrè); “Il diritto naturale” (Torino,
ERI, “La legge della ragione, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo
Zucchini (Milano, Giuffrè); “Storia della filosofia del diritto, Roma-Bari,
Laterza); “Vico e Grozio” (Napoli, Guida); “Società, legge e ragione” (Milano, Edizioni
di Comunità); “Scritti di filosofia del diritto” (Milano, Giuffrè); Diritto della
guerra” (Napoli, Morano). Dizionario biografico degli italiani,.Gli studi
vichiani di Guido Fassò, Centro Studi Vichiani,
5, Napoli, Guida),“Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di
Guido Fassò” , “In che senso la storia è esperienza giuridica:
l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò”, “Lo storicismo di Guido
Fassò”, “Sulla annosa e ricorrente disputa tra positivisti e giusnaturalisti”,
“Un itinerario filosofico tra diritto e natura umana”. Guido Fassò. Fasso. Keywords:
RES PVBLICA RES POPVLI, ius, Grice on Hart, Hart’s failure as a
jurisprudentialist – “La filosofia romana” “La giurisprudenza romana” la genesi
logica della scienza nuova di Vico, la genesi storica della scienza nova di
vico, Michelet, filosofo uganotto discipolo di Vico, Croce su Fasso, Fasso su
Gentile, Fasso su Romano – iurisprudenza, ius-naturalismo – legge e raggione,
legge raggione, societa – positivismo – storia come esperienza giuridica,
l’assoluto giuridico – natura umana – grozio e vico -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Fassò” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761863938/in/dateposted-public/
Grice e Fazzini –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Vieste). Filosofo. Grice: “I like
Fazzini; he can be too theological, but that’s okay!” Divulgatore di materie filosofiche e il fondatore dell'omonima scuola
private a Napoli, una delle più celebri nel Regno delle Due
Sicilie. Figlio di Tommaso e Porzia Medina, che appartenevano a due delle
famiglie più agiate della città. Il suo talento per la matematica fu notato fin
dai primi anni; i genitori decisero quindi di far proseguire i suoi studi in
ambienti che potessero garantire una formazione adeguata. Fazzini si trasferì a
Foggia, poi a Benevento e in ultimo nel seminario di Nusco. Qui trascorse
l'adolescenza approfondendo anche lo studio dei classici. Terminato il
seminario, torna a Vieste. Lì, poco dopo il suo rientro, recita in Duomo
un'orazione in lode dell'Arcangelo Michele che fu molto apprezzata dal clero e
dai fedeli. Il rientro nella città natale fu comunque di breve durata. Desiderando
continuare i suoi studi, Fazzini si trasferì a Napoli. Venne ordinato sacerdote
e nello stesso anno ebbe come insegnante Fergola. La scuola di quest'ultimo era
un rinomato centro per la formazione e un punto di incontro per studiosi e
ricercatori del Mezzogiorno. Ne fu uno degli allievi più illustri. Proseguì
anche gli studi in filosofia. Si era avvicinato al sensismo (empirismo). Ottenne
dalla Chiesa il permesso di acquisire testi proibiti sul sensismo, a patto che
non ne divulgasse i contenuti. Questo aspetto della formazione filosofica influirà
sulla sua docenza e sulla sua personalità, determinando una contraddizione che,
secondo le testimonianze di allievi e amici, lo accompagnò per tutta la
vita. Apre una scuola privata in cui venivano insegnate filosofia,
matematica e fisica. La scuola aveva sede nella Strada nuova dei Pellegrini,
nel quartiere di Montecalvario, e divenne uno dei centri di studio più rinomati
di Napoli. Nel periodo di maggior
successo La Fazzini arrivò a contare tra i 300 e i 400 allievi. In una data non
precisabile, dovette quindi spostare la scuola in una sede più grande, in via
Magnacavallo, nello stesso quartiere. Anche dopo aver aperto la propria
scuola, comunque, insegnò presso altre scuole private. Dedica all'insegnamento
sei o sette ore al giorno. La maggior parte del tempo di insegnamento di
Fazzini e dedicata alla matematica. Al servizio di questa attività Fazzini
pubblica aritmetica, geometria piana e geometria solida. Oltre all'insegnamento
della filosofia, si dedica alla ricerca e alla divulgazione. Al servizio di
queste tre attività allestì anche un laboratorio scientifico, considerato
all'epoca uno dei migliori di Napoli. Per Fazzini venne composta da Gaetano
Donizetti una Messa da Requiem oggi perduta, mentre Basilio Puoti recitò un
elogio di Fazzini, di cui era amico. Si occupa a lungo di ricerche scientifiche
in vari campi della fisica. In particolare, studiò l'induzione
elettromagnetica, il magnetismo in generale e la relazione tra luce e
magnetismo. Non pubblica però quasi nulla a proposito di queste ricerche, che
sono note soprattutto attraverso le testimonianze di Tellini e di Gaetano
Fazzini. Era convinto che diverse delle forze naturali allora note, e in
particolare il calorico, la luce, l’elettricismo, il galvanismo e il
magnetismo, fossero in realtà diverse manifestazioni di un'unica forza. Partendo
da questa idea di base, studia soprattutto il magnetismo, e in particolare due
fenomeni di induzione, oggi spiegati in base alla Legge di Faraday, che erano
stati scoperti negli anni immediatamente precedenti: il magnetismo di rotazione,
scoperto da Arago -- il fenomeno per cui un ago magnetico posto sopra un disco
di rame in rotazione inizia a sua volta a ruotare -- l'induzione tellurica,
scoperta da Faraday: la generazione di una corrente elettrica indotta in un
circuito che si muove attraverso il campo geo-magnetico Per quanto riguarda il
magnetismo di rotazione, ripeté e approfondì le esperienze di Arago notando che
la rotazione dell'ago magnetico si verificava anche quando al di sopra del
disco di rame si sovrapponeva materiale isolante, mentre non si verifica se il
disco di rame veniva sostituito da un disco di materiale isolante. Per
quanto riguarda l'induzione tellurica, ne identifica con maggiore chiarezza le
modalità. Cerca poi di combinare lo studio di questo fenomeno con quello del
magnetismo di rotazione, costruendo per questo tre diversi apparecchi. Una
ricostruzione dettagliata del modo in cui gli apparecchi operano è fornita sulla
base delle testimonianze lasciate da Cirelli e Gaetano Fazzini. Descrisse una
delle sue esperienze sull'induzione tellurica in una lettera a Faraday.Questa
lettera è l'unica descrizione lasciata da Fazzini in persona riguardo ai propri
esperimenti. Eseguì inoltre esperimenti sul rapporto tra luce e magnetismo,
proiettando raggi di luce su un ago magnetico. Le testimonianze rimaste, tutte
indirette, non permettono però di ricostruire in modo sicuro le intenzioni di
Fazzini e i risultati dei suoi esperimenti. Opere: “Elementi di geometria
piana” (Napoli), “Geometria solida: la sfera e il cilindro (Napoli); Elementi
di aritmetica (Napoli). Dizionario biografico degli italiani. Lorenzo Fazzini. Laurentis
Maria Antonius. Fazzini. Keywords: la matematica di Pitagora, Platone, aritmetica,
geometria, definizione di assioma, problema, lemma, numero, demonstrazione,
ragione, postulato, ecc. Grice. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fazzini” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689413478/in/photolist-2mLKeCe-2mKBKN7-BK4WFZ-BK3k3B
Feliceto
search.
Grice e Ferdinando –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Mesagne). Filosofo. Grice: “I like
Ferdinando; for one he describes himself as a ‘philosophus,’ which is good –
second, he deals with ‘philosophia’ in terms of this or that ‘theorema,’ which
is good, and third he follows Aristotle!” Definito dai suoi concittadini
“Socrate Salentino”, studia grammatica, poetica, greco e latino sotto Riccio,
intimo amico di Paolo e Aldo Manuzio. Si trasferì successivamente a Napoli dove
studia filosofia. Si laurea in filosofia. Ebbe dieci figli. Tra le saggi principali
del Ferdinando grande rilievo assumono i “Teoremi Filosofici”, dedicati alla
sua amata città natale; Morso della tarantola, che testimonia l'importanza del
tarantismo e della tradizione salentina nel suo pensiero; Centum Historie o
Casi Medici, raccolta di cento casi clinici più peculiari analizzati dal medico
nella sua vita professionale; infine Antiqua Messapographia, attenta e
appassionata analisi della storia di Mesagne.
Dal punto di vista culturale, l'opera di riferimento per eccellenza del
Ferdinando è fuor di dubbio Centum Historiae, dedicata a Giulia Farnese,
Marchesa di Mesagne, di cui l'autore fu medico di fiducia, intimo amico e
compagno di viaggio, come quello che li condusse a Roma dove Epifanio conobbe
Cinzio Clemente, medico di Paolo V e fu contattato, per la sua fama, da noti
scienziati e medici romani dell'epoca tra cui Marco Aurelio Severino, con cui
ebbe una disputa riguardo al metodo migliore di operare l'incisione della
salvatella, la vena presente sul dorso della mano che parte dalla base del mignolo
e si connette con la vena ulnare. Profondo
conoscitore dei classici e seguace non solo delle teorie di Ippocrate di Kos e
Galeno, ma anche di quelle formulate da Mercuriale, Eustachio, Falloppia e
Fracastoro, attento alle tradizioni della sua terra, propose un nuovo metodo di
insegnamento con lezioni al letto del malato, in una perfetta sinergia tra lo
studio teorico e la sua applicazione clinica. Per la sua grande cultura e
competenza fu richiesto non solo in tutta la provincia, ma anche a Bari, Napoli
e Lecce. Noto fra i concittadini per la sua bontà d'animo, curava anche senza
compenso somministrando farmaci costosi pure ai poveri. Nelle sue diagnosi si
concentrava sull'importanza delle analisi del sangue valutandone consistenza,
opacità, densità e colore e riteneva centrale per la terapia attenersi ad una
adeguata dieta. Per curare i suoi pazienti si serviva non solo di salassi,
purghe e clisteri, secondo la prassi ordinaria, ma preparava anche dei farmaci
di origine vegetale ottenuti miscelando quantità variabili di erbe mediche a
seconda della terapia. Nella sua vita si occupò anche di due casi di interesse
neurologico e pediatrico, descritti nei particolari nelle Centum Historiae, e
nutre anche uno spiccato interesse nei confronti del tarantismo e della musica
come terapia “certissima”. Grazie alle sue opere, in cui l'impostazione
medico-scientifica si compenetra con quella storica, grazie ad uno stile
tendente al genere narrativo, ed ai contatti che mantenne con i medici napoletani,
fu uno dei più importanti intermediari fra la cultura medica napoletana e quella
di Terra d'Otranto. Studiosi, soprattuto Ferdinando, si sono interrogati sulla
natura del tarantismo, o tarantolismo, dopo essere venuti a conoscenza delle
cure previste dalla tradizione popolare per questo morbo, tra cui la più
importante di tutte è senza dubbio la “musico-terapia”somministrata al malato
da vere e proprie orchestre composte da violinisti, chitarristi e soprattutto
tamburellisti a pagamento. Proprio il tamburello assume una funzione
fondamentale in questo tipo di terapia poiché scandisce il tempo modificando
via via il ritmo del brano che, divenuto frenetico, viene assecondato dai
movimenti della danza del tarantato. La credenza vuole che il malato dopo
essere stato morso dovesse espellere il veleno scatenandosi a ritmo di musica,
ma non di una qualunque. Il tema musicale doveva essere scelto in base al
colore della tarantola responsabile del morso. Il primo documento che
testimonia il legame tra musica e taranta è il Sertum Papale de Venenis
redatto, presumibilmente da Guglielmo di Marra da Padova, nel primo anno del
pontificato di Urbano V. Il secondo a documentare per esperienza diretta questa
connessione fu Ferdinando. Nelle sue Centum Historiae analizza, tra gli altri,
il caso di un suo giovane concittadino, tale Pietro Simeone, pizzicato mentre
dormiva di notte in un campo. Il medico credette fermamente nella musica come
terapia “certissima” criticando chi sosteneva che il tarantismo non fosse
necessariamente scatenato da un morso tanto reale quanto velenoso. Inoltre, fu
il primo a proporre come metodo di cura per i tarantati morsi da tarantole le
malinconiche (nenie funebri). Kircher
riferisce nel suo Magnes un episodio accaduto ad Andria, nel barese, talmente
singolare da destare ragionevoli sospetti su quanto starebbe alla base di
questa terapia. Come il veleno stimolato dalla musica spinge l'uomo alla danza
mediante continua eccitazione dei muscoli, lo stesso fa con la tarantola; il
che non avrei mai creduto se non l'avessi appreso per testimonianza dei Padri
ricordati, che son degnissimi di fede. Essi infatti mi scrivono che in
proposito fu tenuto un esperimento nel palazzo ducale di Andria, in presenza di
uno dei nostri Padri, e d tutti i cortigiani. La duchessa infatti, per mostrare
nel modo più adatto questo ammirabile prodigio della natura, ordina che si
trovasse a bella posta una taranta, la si collocasse, librata su una piccola
festuca, in un vasetto colmo d'acqua, e che fossero quindi chiamati i
suonatori. In un primo momento la taranta non dette alcun segno di muoversi al
suono della chitarra. Ma poi, allorché il suonatore dette inizio ad una musica
proporzionata al suo umore, la bestiola non soltanto faceva le viste di
eseguire una danza saltellando sulle zampe e agitando il corpo, ma addirittura
danzava sul serio, rispettando il tempo. E se il suonatore cessa di suonare
anche la bestiola sospendeva il ballo. I Padri vennero a sapere che ciò che in
Andria ammirarono in quella circostanza come episodio straordinario, era a
Taranto fato consueto. Infatti i suonatori di Taranto, i quali erano soliti
curare con la musica questo morbo anche in qualità di pubblici funzionari
retribuiti con regolari stipendi (e ciò per venire incontro ai più poveri, e
sollevarli dalle spese), per accelerare la cura dei pazienti in modo più certo
e più facile, sogliono chiedere ai colpiti il luogo dove la taranta li ha
morsicati, e il suo colore. Dopo ciò i medici citaredi sogliono portarsi subito
sul luogo indicato, dove in gran numero le diverse specie di tarante si
adoperano a tessere le loro tele: e quivi tentano vari generi di armonie, a
cui, cosa mirabile a dirsi, or queste or quelle saltano. E quando abbiano
scorto saltare una taranta di quel colore indicata dal paziente, tengono per segno
certissimo di aver trovato con ciò il modulo esattamente proporzionato
all'umore velenoso del tarantato e adattissimo alla cura, eseguendo la quale
essi dicono che ne deriva un sicuro effetto terapeutico. Altre opere:
Theoremata philosophica (Venezia); “De vita proroganda seu iuventute conservanda
et senectute retardanda” (Neapoli); “Centum Historiae seu Observationes et
Casus medici” (Venezia); Aureus De Peste Libellus (Napoli); “Libellus de
apibus”; “Tractatus de natura leporis”; “De coelo Messapiensi”; “De bonitate
aquae cisternae”; “Libellus de morsu tarantolae.” Ernesto De Martino La terra
del rimorso,Milano,Est, Magnes sive de arte magnetica opus tripartitum, Le
notizie biografiche sono tratte da:
Mario Marti e Domenico Urgesi , Epifanio Ferdinando, medico e storico
del Seicento. Atti del convegno di studi, Besa Editrice, Nardò, Altre
fonti: Atanasio Kircher, Magnes sive de
arte magnetica opus tripartitum, Ernesto De Martino, La terra del rimorso, Est,
Milano, M. Luisa Portulano Scoditti, A. Elio Distante, Roberto Alfonsetti, Enzo
Poci. Edizione Assessorato alla Cultura Città di Mesagne, Mesagne, Nicola
Caputo, De tarantulae anatome et morsu, Lecce, M. Luisa Portulano Scoditti e
Amedeo Elio Distante, La peste, traduzione italiana del De peste aureus
libellus, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio
Ferdinando Le centum historiae e la medicina del suo tempo, Città di MesagnM.
Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio FerdinandoDe Vita
Proroganda, Città di Mesagne, traduzione italiana del De Vita Proroganda seu
juventute conservanda..., Napoli, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio
Distante, , Atti del XLI Congresso Nazionale della Società Italiana Storia
della Medicina, Mesagne, Epifanio Ferdinando. Ferdinando. Keywords: mito,
taranta, tarantella, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferdinando” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690423022/in/photolist-2mS22wB-2mRKf98-2mRFDHV-2mRjrN1-2mPMaQM-2mPsU62-2mPpmMv-2mNzeEc-2mN35cA-2mN8Hgb-2mMYDGZ-2mMLXtT-2mLQc9e-2mLGjg5-2mKR9ZM-2mKCdPg-2mKQqs3-2mKLP2r-2mKLYsa-2mKGVU3-2mKMqqn-2mKCQBD-2mKBsEN-2mPBcdN-2mKw3hq-2mKBwcu-2mKxnN1-2mKEJsY-2mKAuZM-2mKbkhx-2mKiNkD-2mJd7nN-2mJ4GHU-2mJ3q6x-2mHGgw3-F7umuM-Gz3rcP-Cntjci-o64NpB-nriWaK-nt38ne-no9vGL
Grice e Fergnani – il
gesto e la passione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice:
“I love Fergnani; especially his “Il gesto e la passione,” which I apply to
them extravagant Victorian male-only interactions!” Si laurea a Milano sotto
Banfi. Insegna a Crema e Bergamo, Milano. Saggi in “Il pensiero critico”,
“Rivista di filosofia”, “aut aut”, “Rivista critica di storia della filosofia”
e “Nuova corrente”. Fu figura di spicco
nell’esistenzialismo. Si dedica a Sartre, Marx, Merleau-Ponty, Bloch, Lukács,
Althusser, Heidegger, Lévinas, Bergson. Altre opere: “Marx” (Padus, Cremona);
“Un critico di se stesso”; “More geometrico” (TET, Torino, “Prassi di Gramsci”
(Unicopli, Milano); “Materialismo” (il Saggiatore, Milano); “La dialettica
dell’esistere” Feltrinelli, Milano);
L'essere e il nulla” (Il Saggiatore, Milano); “Da Heidegger a Sartre,
Farina Editore, Milano, “Sartre sadico” (Farina Editore, Milano); “Esistire” (Farina
Editore, Milano); Kierkegaard (Farina Editore, Milano); “Il gesto e la
passione” Farina Editore, Milano, “Merleau-Ponty”, Farina Editore, Milano . “L’Esistenzialismo” Farina Editore, Milano, “Sartre”
(Farina Editore, Milano); “Jaspers, Farina Editore, Milano); F. Manzoni, “Il filosofo che ci “spiega” Sartre”,
Corriere della Sera. La lezione di
Franco Fergnani", in Materiali di Estetica,Massimo Recalcati, L'ora di
lezione, Einaudi, Torino, F. Papi. Franco
Fergnani. Fergnani. Keywords: il gesto e la passione, exist, Grice on ‘a is’
Grice on ‘a exists’ – E-committal – Peano on ‘existent’ – esistono – es gibt,
there is/there are, some, or at least one, il y a, c’e, Warnock on ‘exist’ -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Fergnani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762395305/in/dateposted-public/
Grice e Ferrabino
– la terza Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cuneo). Filosofo. Grice: “I like Ferrabino; if I were not into
the unity of philosophy, I would say he is a philosophical historian – and a
Roman historian, too! Strictly, a philosopher of Roman history, alla Gibbon!” “Si compie il mio ottantesimo anno. Declinano
le stelle della sera sulla diuturna milizia di storia e di magistero che fu la
mia vocazione, non tradita ma superata. Misticamente m'accoglie la dimora del
Verbo dove l'Io s'incontra col suo Dio nascosto.” Figlio di Angelica Toesca,
donna sensibile e generosa e di Vincenzo Agostino, funzionario dello Stato,
uomo dalla natura affettuosa e sobria e di idee agnostiche, che per questo
motivo non volle far battezzare i figli. Compì il primo ciclo di studi
dimostrandosi subito allievo modello e con rare doti di intelligenza. Prosegue
gli studi classici a Cremona, e quando la famiglia dovette nuovamente
trasferirsi in Alessandria, terminato il Liceo, si iscrisse a Torino. Inizia a
frequentare assiduamente l'ambiente universitario dedicandosi con il massimo
impegno allo studio e dando lezioni private per non dover pesare troppo sulle
finanze paterne. Il suo tutore fu Graf. Verso il terzo anno iniziò a seguire con
crescente interesse la filosofia antica frequentando le lezioni di Sanctis,
sotto il quale si laurea con “Kalypso”. Insegnò a a Torino, Palermo, Napoli, e
Padova. Fu rettore dell'Ateneo fino al anno in cui ottenne la cattedra di
filosofia romana presso a Roma. Morta la prima moglie Mercedes, Ferrabino
concluse il suo periodo di avvicinamento alla religione cattolica facendosi
battezzare. Sposa Paola Zancan, proveniente da agiata e cattolica famiglia, con
la quale si stabilì a Roma. Inizia in quel periodo a frequentare "La
Cittadella di Assisi" diventando grande amico di Rossi, fondatore di “Pro
Civitate Christiana” e “La Rocca”. Ad Assisi, Ferrabino prese l'abitudine di
trascorrere con la moglie e le nipoti lunghi periodi durante le vacanze estive
alternate a quelle trascorse a Fregene. Venne eletto senatore per la Democrazia
Cristiana e rimase al Senato. Divenne presidente della Enciclopedia Italiana,
incarico che detenne, insieme a quello di direttore scientifico. Era stato intanto incaricato di presiedere al
Consiglio Superiore delle Accademie e promosse il Centro nazionale per il
catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche
diventandone il presidente. Divenne
corrispondente dell'Accademia del Lincei e corrispondente nazionale della
stessa e presidente dell'Istituto italiano per la storia antica. Presidente della Società Nazionale
"Dante Alighieri" e insieme a Vincenzo Cappelletti, fonda "Il Veltro". Pubblica sull'Italia romana, l'età dei
Cesari, la filosofia fatalistica della storia. Alter opere: “Calisso: la storia
di un mito” (Bocca, Torino) – with a
section on the myth among the Latins, and a later section on the
treatment by Roman authors, “Arato di Sicione e l'idea federale” (Le Monnier,
Firenze); “L'impero ateniese” – note that it’s Roman empire and impero
ateniense, but BRITISH empire not London empire, and American empire, rather
than Washington empire – “La dissoluzione della libertà nella Grecia antica”
(Cedam, Padova); “L'Italia romana” (Mondadori, Milano); “Giulio Cesare” (Unione
Tipografica, Edizione Torinese); “La vocazione umana” (Nuova Edizione Ivrea, Ivrea); “L'esperienza Cristiana”
(Libreria Draghi, Padova); “Le speranze immortali” (Casa Editrice Società per
Azioni, Padova); “Trilogia del Cristo” (Casa editrice Le tre venezie); “Adamo”
(Morcelliana, Brescia); “Le vie della storia romana” (Sansoni, Firenze, “Rivelazione
e cultura” (La Scuola, Brescia); “Storia dell'uomo avanti e dopo Cristo” (Edizioni
Pro Civitate Christiana, Assisi); “L'essenza del Romanesimo” (Tumminelli,
Roma); “L'inno del Simposio di S. Metodio Martire” (G. Giappichelli, Torino);
“Storia di Roma” (Tumminelli, Roma); “La filosofia della storia” (G. C. Sansoni);
“Trasfigurazioni” (Aldo Martello, Milano); “Pagine italiane, Il Veltro, Roma); “Misticamente” (Stamperia
Valdonega, Verona); “La bonifica benedettina” (Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Enciclopedia dell'Arte Antica: Classica e Orientale, (presidente),
Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, Dizionario Enciclopedico
Illustrato, Jannaccone, Sturzo, Istituto
della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, Nel Centenario
Della Battaglia Del Volturno, Ente Autonomo Volturno, Napoli. Prefazione in Misticamente, Verona, L'Erma di Bretschneider,
Il figlio dell'uomo (nella testimonianza di S. Matteo) II : Il figlio di Dio
(nella testimonianza di S. Giovanni) III : Il risorto (nella testimonianza di
S. Paolo), Lincei, Roma. Treccani, Dizionario biografico degli italiani. Aldo
Ferrabino. Ferrabino. Keywords: la terza Roma. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Ferrabino” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51715356447/in/photolist-2mPKHfm-2mMUHJF-2mMYNu3/
Grice e Ferrando – COROLIANO, ovvero, la filosofia –
filosofia romana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “I like Ferarndo; for one,
he is what I would call an Anglo-Italian – cf. Anglo-Argentine; so he
philosophised on Otello, Coroliano, la creazione di Carpenter and the forces of
Prentice Mulford; on Byron’s Manfredi, and more beyond!” Si laurea a Pisa.
Insegna a Firenze. Direttore della Biblioteca Filosofica. In qualità di filosofo
s’interessa a Bergson, il misticismo, il transcendentalism (saggi per
L’Annuario Filosofico), come filosofo anglista s'interessa a Shakespeare
(“Otello”, “Corolliano”), e S. T. Coleridge, Carpenter (“La creazione”),
Coleridge, Byron (“Manfredi”), “Le forze che dormono in noi” (Prichard). dando
di alcuni di questi anche delle versioni. Fu inoltre studioso di psicologia e
redattore della rivista Psiche. Collabora con Salvemini alla propaganda
antifascista e firmò il Manifesto di Benedetto Croce. Espatriò a New York, dove
continuò la sua attività antifascista, divenne professore d'italiano e filosofia
presso il e sposa Wilhelmina Anieka Leggett, con cui adottò la figlia Vasanti.
Contribuì più tardi a fondare la Besant Hill School di Ojai, California,
praticandovi l'insegnamento more socratico. L’istruzione è un processo
d'indagine dove gli studenti imparano *come* pensare, non *cosa*
pensare". RootsWeb's World Connect
Project: LEGGETT of ELY, CAMBRIDGESHIRE, ENGLAND and WEST FARMS (BRONX), NEW
YORK Guido Ferrando appointed Chairman
of italian dept. in «Vassar Miscellany News», Besanthill. Opere: Saggi, “La
Voce” -- Guido Ferrando. Ferrando. Keywords: COROLIANO, ovvero, la filosofia. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Ferrando” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51716947844/in/photolist-2mN4WQf-2mN4Wkh-2mN3SNy-2mPV6V9-2mKDSn5-2mKDQAF
Grice e Ferrari – FILOSOFIA della RIVOLVZIONE –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “Ferrari is
important in at least two fronts: as a philosopher, he promotes what has been
called a ‘critical illuminism’ – and who but an Italian philosopher can have as
a claim to fame a treatise on ‘the philosophy of revolution’? The second front
is my proof of the latitudinal unity of philosophy; for Ferrari counts as the
best interpreters, with his ‘La strana sorte di Vico,’ of Vico!” essential
Italian philosopher. Federalista, repubblicano, di posizioni democratiche e socialiste,
fu deputato della Sinistra nel Parlamento italiano per sei legislature e
senatore del Regno. Nato da una famiglia borghese il padre era medico -- dopo
la morte dei suoi genitori poté godere di una rendita grazie alla quale visse
senza particolari problemi economici. Fece i suoi studî nel ginnasio S.
Alessandro, fu poi alunno dell'Almo Collegio Borromeo. Si laurea a Pavia. Fu
però più interessato dalla filosofia, che coltivò nel cerchio di
Romagnosi. Giunto a posizioni irreligiose e scettiche, nutre per la
cultura filosofica, storica e politica francese un'ammirazione che lo porta a
Parigi. Si laurea in filosofia alla Sorbona, con “Sull’errore, ossia, De
religiosis Campanellae opinionibus. Nella prima parte presenta positivamente la
filosofia di Campanella. Nella seconda parte giunge ad una conclusione scettica
a proposito dei giudizî. Un giudizio infatti non consente di giungere alla
verità oggettiva. Grice: “The problem with Ferrari’s analysis is etymological.
For the Romans, indeed the Indo-Europeans – cf. German irren --, to err was to
wander FROM THE TRUTH. It’s a metaphor, a figure of speech. Un giudizio è
indissolubilmente intrecciato a questo che Ferrari chiama un “errore”. Ferrari
define un ‘errore’ come ‘un vero’ – un vero relativo, non assoluto.
Similarmente, il vero e un errore relativo – giudizio vero relativo al soggetto
– errore intersoggetivo. -- una vero
relativo. Speaking of relative/absolute allows you to avoid ‘objective’ and
‘subjective’, but we do want to use ‘subjective’ and inter-subjective. An error
can still be inter-subjective, for Ferrari, un ‘vero relativo’ a S1-S2. Introdotto
nei circoli intellettuali di Parigi da lettere di presentazione di Peyron e Valerio
(due allievi piemontesi di Cattaneo) e di Ballanche, Ferrari frequenta Cousin,
Thierry, Fauriel, Michelet e Quinet, come pure gli che si riunivano nel Palazzo
Belgiojoso. Insegna a Rochefort-sur-mer e Strasburgo dove, attaccato da Roma per
le affermazioni irreligiose e scettiche espresse nel suo corso sulla filosofia
del Rinascimento e per la sua presentazione favorevole della Riforma luterana,
fu anche accusato di insegnare dottrine atee e socialiste e sospeso
dall'insegnamento, e, benché avesse ottenuto la cittazidanza francese e il
titolo di "professore di filosofia” che lo abilita ad insegnare non fu più reintegrato nell'insegnamento, poiché
la raccomandazione di Quinet per una sua nomina a professor al Collège de
France, benché accettata dalla Facoltà, fu rifiutata dal ministero
dell'Educazione. L'allontanamento di Strasburgo fu all'origine del suo rapporto
con Proudhon che, avendo appreso il "caso Ferrari" dalla stampa,
s'interessò a lui e ai suoi scritti e dette inizio ad un'amicizia. Ferrari fu
tra gli avversari repubblicani della monarchia orleanista, con Schoelcher. Durante
il sollevamento delle cinque giornate di Milano contro il governo austriaco fu
accanto a Cattaneo ma, deluso dai risultati della rivoluzione, fece rientro in
Francia, dove fece un altro tentativo infruttuoso (per l'opposizione di Cousin)
di ottenere una cattedra a Strasburgo. Insegna filosofia a Bourges. Divenne
il colpo di Stato che mise fine alla repubblica e porta al trono Napoleone III.Ricercato
come repubblicano, si rifugia à Bruxelles. Ritorna definitivamente a Milano per
partecipare alle vicende che porteranno all'unificazione e alla nascita dello
stato italiano. Fu eletto deputato al Parlamento del Regno di Sardegna nel
collegio di Luino (elezioni suppletive), confermato nelle elezioni (eletto in
secondo scrutinio nello stesso collegio di Luino, nel frattempo allargato a
Gavirate). Sedette ala Camera dei deputati sui banchi della sinistra per sei
legislature. Fu pure eletto nel primo collegio di Como, ma si mantenne fedele
ai suoi primi elettori. Il suo programma politico può essere riassunto
nella formula: "irreligione e legge agraria", cioè lotta contro Roma
e il clericalismo e riforma della proprietà terriera dei latifondi, con la
distribuzione di terre coltivabili ai contadini. Roma e i proprietari terrieri,
sostenendosi a vicenda sono i nemici naturali dell’uguaglianza. Per quel
che concerne la forma dello stato italiano, Fdomandava una costituzione federale,
con un esercito, delle finanze e delle leggi federali comuni, ma anche con la
più ampia de-centralizzazione amministrativa possibile. Dopo essersi
recato sul posto, scrisse una relazione parlamentare sul Massacro di
Pontelandolfo e Casalduni. Fu nominato dal re Cavaliere Ufficiale
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e rimanda immediatamente il decreto
di nomina al ministro della Pubblica Istruzione, che glielo aveva inviato. Ma
la nomina era irrevocabile, essendo stata pubblicata nella Gazzetta
ufficiale. Nominato professore di filosofia a Milano, benché non ci fosse
a quel tempo nessuna indennità parlamentare e i parlamentari non godessero di
nessun beneficio, rinuncia allo stipendio per poter rimanere in Parlamento pur
continuando a insegnare. Prese posizione in sede di discussione
sull'intitolazione degli atti del governo, contro la denominazione di secondo,
e non primo re d'Italia, assunta da Vittorio Emanuele, a più riprese contro uno
stato unitario, in favore di una costituzione federale e dell'autonomia delle
regioni, in particolare del Mezzogiorno. Nonostante riconoscesse
nell'articolo che l'unità italiana non esiste che nelle regioni della
filosofia. In una regione astratta come e la filosofia, non si trova un popolo,
non si posse reclutare un esercito, non si può organizzare nessun governo.
Esprime l'auspicio che l'Unità Italiana si potesse prima o poi realizzare.
L’Italia tutta deve domandare alla libertà. La liberta non ha leggi, né costumi
politici, essa non appartiene a se medesima; essa non è né una né confederata;
essa non progredirà se non col cominciare a chiedere costituzioni, poi la
confederazione, indi la guerra, da ultimo l’Unità, se la fatalità lo permette.
Nel Parlamento di Torino sconfessa queste sue parole dicendo. “Io non muto
d'avviso.” “Sono stato avversario dell'unità italiana.” “Credo l’unita tragica
nell'azione sua, destinata a creare immemorabili martirii e crudelissimi
disinganni, benché necessaria come gli scandali alla storia, come i sacrifizi e
gli olocausti alle religioni.” Si è pure pronunciato contro la cessione di
Nizza e della Savoia alla Francia, contro il trattato di commercio con la
Francia e contro gli accordi con il governo francese per la ripartizione del
debito già pontificio (lui, "francese al peggiorativo", come ama definirlo
il suo irriducibile avversario, Mazzini), in difesa di Garibaldi per i fatti
d'Aspromonte in favore della Polonia e dello spostamento della capitale da
Torino a Firenze, prese parte attiva ai dibattiti parlamentari sulla
proclamazione di Roma capitale, sul brigantaggio, sulla situazione finanziaria
del nuovo regno. E fatto senatore. Assolutamente
solitario e totalmente estraneo ad ogni gruppo politico e ad ogni consorteria, non
ebbe seguito. è una delle illustrazioni del parlamento, ma non esprime se non
che le sue idee individuali. La sua azione parlamentare è stata così caratterizzata
e riassunta. Sedeva suo banco della Sinistra difendendo le opinioni liberali,
combattendo gli arbitri e gli errori dell'amministrazione, denunciando nel
piemontesismo l'indebita preminenza di una consorteria, vagheggiando la
demolizione di ogni privilegio romano, e per tutto questo poteva sembrare
d'accordo con i suoi colleghi dell'Estrema, anche se talvolta si divertiva a
pungerli e sgomentarli con l'indisciplinata libertà dei suoi atteggiamenti; ma
intimamente non era con loro. Discorsi: Contro la cessione di Nizza e della
Savoia alla Francia. Contro le annessioni incondizionate. Sulla interpellanza
del deputato Audinot intorno alla questione romana. Interpellanza relativa alle
condizioni delle province meridionali. Il battesimo del Regno. Contro il
prestito di 500 milioni, La questione romana e le condizioni delle province
meridionali. La ferrovia da Gallarate al Lago Maggiore. Sull'esercizio
provvisorio (bilancio, Interpellanza sul proclama del Re (Aspromonte) Interpellanza
sugli affari di Roma. Sulla questione della Polonia. Contro il trattato di
commercio con la Francia. Intorno al bilancio dell'Interno. Sulla situazione
del Tesoro e sulle condizioni finanziarie del Regno. Il trasporto della
capitale. sul giuramento politico. sulle giornate di Torino, Interpellanza al
Ministero sulla crisi del Ministero Ricasoli. Contro la convenzione col governo
francese per l'assunzione del debito pubblico degli ex Stati pontifici. Contro
le trattative con Roma e la nomina dei vescovi da parte del Papa. Sulla
violazione del diritto del non intervento, Interpellanza su Mentana. Inchiesta
sul corso forzoso. Per la guardia nazionale. Legge sul macinato. Sulla
sospensione dei professori all'Bologna. Sulla Regia cointeressata dei tabacchi.
Sull'assassinio di Monti e Tognetti. Sui disordini per la legge sul macinato. Inchiesta
sulla Regia. Sul bilancio dell'Interno. Sul consiglio Superiore d'Istruzione. I
fatti di Francia. Contro la convalidazione del decreto di accettazione del
plebiscito di Roma. Interpellanza per la pubblicazione del Libro verde. Contro
la politica estera. Sulla nomina dei vescovi. Interpellanza intorno al divieto
del comizio popolare al Colosseo, Sulla politica estera. Sul ripristinamento
dell'appannaggio al principe Amedeo. La soppressione degli ordini religiosi in
Roma. Gli arresti di Villa Ruffi.Carriera universitaria, Professore supplente
di storia all'Strasburgo. Professore onorario dell'Napoli. Professore di
Filosofia della storia all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, Professore
di Filosofia all'Torino. Professore di Filosofia della storia all'Istituto di
studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Direttore e fondatore
della rivista L'Ateneo. Membro corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze
e lettere di Milano.Membro ordinario della Società reale di Napoli. Membro
effettivo dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano. Membro
straordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Membro
ordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Socio
corrispondente della Deputazione di storia patria per le antiche province
modenesi. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma. Onorificenze
Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoianastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoia, Ufficiale dell'Ordine dei
Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine
dei Santi Maurizio e Lazzaro, Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia nastrino
per uniforme ordinaria Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia. Come tutti
i socialisti italiani, Ferrari è fortemente influenzato dall'Illuminismo e da
Proudhon. Il suo socialismo si costituisce come una radicalizzazione del
principio di uguaglianza affermato dalla rivoluzione francese. Riconosce come
unico fondamento della proprietà il lavoro. Propone quindi un socialismo che,
non strettamente in opposizione al liberalismo, fosse fondato sul merito
individuale e sul diritto di godere dei frutti del proprio lavoro. Più che con la
nascente borghesia, si pone dunque in contrasto con i residui feudali ancora
presenti in Italia, e auspica uno sviluppo industriale e una rivoluzione
borghese. Partecipa anche attivamente al dibattito risorgimentale. Contrario
all'unificazione della penisola, propone come obiettivo la formazione di una “federazione”
di repubbliche, in modo da tutelare le particolarità e l'unicità delle singole
regioni. Questo progetto dove essere attuato attraverso un'insurrezione armata,
aiutata dall'intervento francese. Al contrario della maggioranza dei teorici
risorgimentali (in particolare Mazzini), i quali credevano che l'Italia avesse
una missione storica, credeva abbastanza pragmaticamente che fosse necessario
l'intervento di uno stato estero per sconfiggere gli eserciti organizzati dei
diversi stati italiani. L'opinione pubblica dove essere preparata alla
rivoluzione (che dove avvenire spontaneamente e non guidata da un gruppo di cospiratori)
da un partito di stampo democratico, repubblicano, federalista e socialista. La
questione sociale era infatti inscindibile da quella istituzionale. Il stato
federale dei republiche regionali sarebbe stato gestito da un'assemblea
nazionale e da tante assemblee regionali. Insieme a Pepe elaborò il “neo-guelfismo”
-- per sottolineare il carattere re-azionario di restaurare la presenza attiva
di Roma nella vita politica d’Italia. Critico verso la formula liberale Libera
Chiesa in libero stato, e afferma la superiorità dello stato d’Italia rispetto
alla Roma, corrispondente alla superiorità della ragione rispetto alla credenza
religiosa, un rapporto Stato-Roma che si riallaccia alla politica ecclesiastica
di Giuseppe II in Lombardia e a quella di Leopoldo I di Toscana. Consta
dai registri della Parrocchia di S. Satiro , che Giuseppe Michele Giovanni
Francesco dei coniugi Giovanni e Rosalinda Ferrari nacque. Cenno su Giuseppe
Ferrari e le sue dottrine", di Luigi Ferri. Altre opere: “Romagnosi” (O. Campa,
Milano); “Sulle opinioni religiose di Campanella” (Milano, Franco Angeli);
"La fede in Dio è l'ERRORE più primitivo, più NATURALE del genere umano.”
“La religione è la pratica della servitù.” “Roma presenta tutti i vizi della ri-velazione
sopra-naturale.” “Roma conduce alla dominazione dell'uomo sull'uomo.” “Il
romano cè morto, l'uomo deve nascere, è nato, ha già respinto dallo Stato gli
apostoli e la Chiesa”. Filosofia della rivoluzione, in: Scritti politici di
Giuseppe Ferrari, Silvia Rota Ghibaudi, Torino, UTET, Camera dei Deputati, Atti
del Parlamento Italiano sessione, discussioni della Camera dei Deputati,
Torino, Eredi Botta, Atti del parlamento italiano, Le più belle pagine di
Scrittori italiani scelte da scrittori viventi. Giuseppe Ferrari, Milano,
Garzanti, Altre opere: “Romagnosi”; “Vico”; “La Federazione repubblicana”; “Filosofia
della rivoluzione”; “L'Italia dopo il colpo di Stato”; “Opuscoli politici e
letterari”; “La mente di Giambattista Vico, Corso sugli scrittori politici
italiani, Corso sugli scrittori politici italiani; Il governo a Firenze, “Giannone”;
Lettere chinesi sull'Italia, Storia delle Rivoluzioni d'Italia; Teoria dei
periodi politici, L'aritmetica nella storia; Proudhon (Andrea Girardi, Napoli,
Edizioni Immanenza);La Rivoluzione e i rivoluzionari in Italia, Il genio di
Vico, I partiti politici italiani, Le più belle pagine, Opere (Ernesto Sestan);
Scritti politici, Silvia Rota Ghibaudi, I filosofi salariati, L. La Puma, “Scritti di filosofia” e di politica, M.
Martirano, Il genio di Vico, Sulle opinioni religiose di Campanella, Epistolario
Franco Della Peruta, "Contributo all'epistolario di Giuseppe
Ferrari", in: Franco Della Peruta, I democratici e la rivoluzione
italiana, Milano, Franco Della Peruta (ed.),"Contributo all'epistolario di
Ferrari", Rivista storica del socialismo, Lettere a Proudhon, Annali
dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli, C. Lovett, "La Questione
Meridionale con lettere inedite", Rassegna storica del Risorgimento”; “Milano
e la Convenzione di Settembre dalla corrispondenza inedita di Ferrari",
Nuova rivista storica, Lombardia dalla corrispondenza inedita di Ferrari",
Nuova rivista storica, Lovett, "Il Secondo Impero, il Papato e la
Questione Romana. Lettere inedite di Wallon a Ferrari", Rassegna storica
del Risorgimento e la politica interna della Destra. Con un carteggio inedito, Milano.
Altro A. Agnelli, "Giuseppe Ferrari e la filosofia della
rivoluzione", in: Per conoscere Romagnosi, Robertino Ghiringhelli e F.
Invernici. La vita sociale e politica nel collegio di Gavirate-Luino", in:
Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano,
Milano, Luigi Ambrosoli, "Cattaneo e Ferrari: l'edizione di Capolago delle
opere di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il
nuovo stato italiano, Milano, Paolo Bagnoli, "Ferrari e Montanelli", in: Silvia Rota Ghibaudi, e
Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Bruno
Barillari, "Ferrari critico di Mazzini", Pensiero mazziniano, Francesco
Brancato, Ferrari e i Siciliani, Trapani, Bruno Brunello, Ferrari, Roma, Bruno
Brunello, "Ferrari e Proudhon", Rivista internazionale di filosofia
del diritto, Michele Cavaleri, Ferrari, Milano, Cosimo Ceccuti, "Ferrari e
la Nuova antologia: il destino della Francia repubblicana", in: Silvia
Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano,
Milano, Arturo Colombo, "Il Ferrari del Corso", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Luigi
Compagna, "Ferrari collaboratore della "Revue des deux mondes",
in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo
stato italiano, Milano, Maria Corrias Corona, "Il filosofo
"rivoluzionario" visto da Giorgio Asproni", in : Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo
stato italiano, Milano, Carmelo D'Amato, Ideologia e politica in Giuseppe
Ferrari", Studi storici, Carmelo D'Amato, "La formazione di Giuseppe
Ferrari e la cultura italiana della prima metà dell'Ottocento", Studi
storici, Franco Della Peruta, "Il socialismo risorgimentale di Ferrari,
Pisacane e Montanelli", Movimento operaio, Franco Della Peruta, Un
capitolo di storia del socialismo risorgimentale: Proudhon e Ferrari",
Studi storici, Franco della Peruta, "Ferrari", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano,
Milano, Aldo Ferrari, Giuseppe Ferrari, Saggio critico, Genova, Luigi Ferri,
"Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine", in: Ferrari, La mente
di G. D. Romagnosi, Milano. Gian Biagio Furiozzi, " Angelo Oliviero
Olivetti e Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino
Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Paolo Virginio
Gastaldi, "Nella galassia dell'Estrema", in: Silvia Rota Ghibaudi, e
Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato
italiano, Milano, Robertino Ghiringhelli, Robertino Ghiringhelli,
"Romagnosi e Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli,
Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Carlo G. Lacaita, "Il problema
della storia in Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli,
Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Eugenio Guccione, "Il laicismo
politico di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari
e il nuovo stato italiano, Milano, Anna Maria Lazzarino Del Grosso, "Il
Medioevo in Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari
e il nuovo stato italiano, Milano, Lovett, "Europa e Cina nell'opera di
Giuseppe Ferrari", Rassegna storica del Risorgimento, Maurizio Martirano,
“Ferrari, interprete di Vico”. Maurizio Martirano, Filosofia, storia,
rivoluzione. Saggio su Ferrari, Napoli, Liguori, Gilda Manganaro Favaretto,
Angelo Mazzoleni, Ferrari. Il pensatore, lo storico, lo scrittore politico,
Roma, Angelo Mazzoleni, Ferrari. I suoi tempi e le sue opere, Milano, Antonio Monti,
"La posizione di Ferrari nel primo Parlamento italiano", Critica politica,
Giulio Panizza, L'illuminismo critico di Ferrari, Giulio Panizza, "La
teoria della fatalità nell'Histoire de la Raison d'Etat", in: Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Giacomo
Perticone, "La concezione etico-politica di Ferrari", Rivista
internazionale di filosofia del diritto, Luigi Polo Friz, "Ferrari e Frapolli:
un rapporto di amore e odio tra due interpreti del Risorgimento Italiano",
in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano,
Milano, Nello Rosselli, "Italia e Francia in Ferrari", Il Ponte, Silvia
Rota Ghibaudi, Ferrari, lFirenze, Silvia Rota Ghibaudi, "Ferrari e la
Teoria fatalista dei periodi politici", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino
Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Silvia Rota
Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano,
Milano, Luciano Russi, "Pisacane e Ferrari: esiti socialisti dopo una
rivoluzione fallita", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari
e il nuovo stato italiano, Milano, M. Schiattone, Alle origini del federalismo
italiano, Ferrari, Nicola Tranfaglia, "Ferrari e la storia d'Italia",
Belfagor, Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il
nuovo stato italiano, Milano, Luigi Zanzi, "un
filosofo"militante", in:Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino
Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Stefano Carraro,
"Alcuni aspetti del pensiero politico", BAUM, Venezia. Gian Domenico
Romagnosi Carlo Cattaneo Cinque giornate di Milano Lodovico Frapolli
Pierre-Joseph Proudhon Giuseppe Mazzini Carlo Pisacane Federalismo. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giuseppe Ferrari, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
Opere di Giuseppe Ferrari, su Liber Liber. Il primo radicalsocialista
italiano, dal sito del Movimento RadicalSocialista. Giuseppe Ferrari. Giuseppe Michele Giovanni Francesco Ferrari. Ferrari. Keywords:
FILOSOFIA della RIVOLVZIONE. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e
Ferrari," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762131860/in/dateposted-public/
Grice e Ferrari – filosofia italiana – Luigi Speranza
(Arcola). Filosofo. Grice: “I like
Ferrari; he was a philosopher AND a poet – a combo we don’t find too often at
Oxford!” -- Ferrari (alias Novatore) Renzo
Novatore «Oggi cerco un'ora sola di
furibonda anarchia e per quell'ora darei tutti i miei sogni, tutti i miei
amori, tutta la mia vita.» Refrattario a ogni disciplina fin da giovanissimo,
frequenta la scuola soltanto per alcuni mesi prima di abbandonarla
definitivamente ed essere costretto dal padre a lavorare nei campi. Il suo
profondo desiderio di conoscenza, unito ad una notevole forza di volontà, lo
spinse però ad un personalissimo studio da autodidatta che lo portò a leggere
Stirner, Nietzsche, Palante, Wilde, Ibsen, Schopenhauer, Baudelaire. Non
rinunciò comunque ad elaborare una visione autonoma, che costruì giorno dopo
giorno, come ricorda il suo amico Auro D'Arcola, attraverso una costante attività
meditativa. Si sposa con Emma Rolla e con lei ebbe tre figli, uno dei
quali morto in tenera età. Gli altri due, Renzo e Stelio, proseguirono sulle
orme paterne una personalissima riflessione esistenzialista che svilupparono
nell'ambito della produzione artistica e letteraria. Questo nonostante fosse
contrario alla famiglia tradizionale e alla visione idealizzata della donna: «O
ciniche prostitute, o espropriatrici audaci, ergetevi sopra la putredine ove il
mondo sta immerso e fatelo impallidire sotto la luce perversa dei vostri grandi
occhi profondi. Voi siete il sole più bello che oggi il sole bacia. Voi
siete di un'altra razza. E l'anima vostra è un canto, un sogno la vostra vita.
Scardinate il mondo o libere prostitute, o espropriatrici audaci. Io canterò
per voi. Il resto è fango!” (Le mie sentenze) L'anarchico disertore La
prima volta in cui le cronache s'interessarono di lui fu nel 1910, quando un
incendio distrusse la chiesa della Madonna degli Angeli nella notte tra il 15 e
il 16 maggio: le indagini dei regi carabinieri portarono infatti a identificare
i responsabili del gesto in un gruppo di giovani anarchici del posto, tra i
quali anche Abele Ferrari. Contrario alla guerra, nel 1915 venne
richiamato sotto le armi ma si rese irreperibile. Venne dunque imputato di
diserzione e condannato in contumacia alla pena di morte. Sarà poi arrestato e
scarcerato in seguito ad amnistia. “E le rane partirono... Partirono
verso il regno della suprema viltà umana. Partirono verso il fango di tutte le
trincee. Partirono.... E la morte venne! Venne ebbra di sangue e danzò
macabramente sul mondo. Danzò con piedi di folgore... Danzò e rise... Rise e
danzò... Per cinque lunghi anni. Ah, Come è volgare la morte che danza senza
avere sul dorso le ali di un'idea... Che cosa idiota morire senza sapere il
perché.” (Dal poema Verso il nulla creatore) Anarchico individualista, assunto
lo pseudonimo di Renzo Novatore, fu protagonista con i suoi compagni Dante
Carnesecchi e Tintino Persio Rasi di alcuni dei più importanti episodi della
lotta operaia del biennio rosso nella Provincia della Spezia: episodi la cui
importanza non si comprende se non tenendo conto che allora La Spezia era una
delle più importanti roccaforti militari italiane, circondata da una serie di
forti e polveriere che ne dominavano il golfo, e caratterizzata dalla presenza
di un arsenale militare e di alcune delle più importanti industrie belliche. In
quel periodo molti lavoratori anelavano a "fare come in Russia",
tanto che era in molti anarchici, come Errico Malatesta, la convinzione che la
rivoluzione fosse dietro l'angolo e bastasse dare solo una spallata
decisa. L'antifascismo e la morte Coerente fino alla fine nella prima
lotta al nascente fascismo, entrò nel mirino delle camicie nere, coadiuvate dalla
polizia di Stato, e dovette fuggire per garantirsi l'incolumità; per
sopravvivere si unì al bandito piemontese Sante Pollastri che era noto anche
per proteggere e finanziare gli anarchici con la sua banda di rapinatori, data
la simpatia politica che aveva per loro e il suo odio per il fascismo. Qualche
tempo dopo la banda di Pollastri rapinò un importante cassiere di una banca,
che portava una borsa piena d'oro: durante la colluttazione il ragionier
Achille Casalegno venne colpito da un proiettile e morì; sebbene probabilmente
fu Pollastri, che aveva già diversi omicidi di poliziotti e fascisti alle
spalle, ad esplodere il colpo, al processo del 1931 costui avrebbe accusato il
defunto Novatore. Le forze dell'ordine, su incarico del governo Mussolini,
intensificarono la caccia alla banda Pollastri. Un mezzogiorno, il maresciallo
Lupano e i carabinieri Corbella e Marchetti entrarono in abiti civili
nell'Osteria della Salute di Teglia, nel genovese, perché avevano individuato
Pollastro ed intendevano arrestarlo. Novatore era seduto accanto al celebre
bandito e ad un altro componente del gruppo, e probabilmente fu proprio lui il
primo a sparare sui carabinieri, scatenando la risposta di quest'ultimi. Nello
scontro a fuoco rimasero uccisi il maresciallo Lupano e un amico del bandito,
il cui corpo crivellato di colpi si rivelò essere quello dell'anarchico Abele
Ricieri Ferrari, noto come Renzo Novatore, ricercato per attività sovversiva e
antifascismo, mentre Pollastri e l'altro compagno riuscirono a scappare.
Novatore, al momento della morte, aveva con sé una pistola Browning, due
caricatori di riserva, una bomba a mano ed un anello con spazio nascosto
contenente una dose letale di cianuro, per suicidarsi se fosse caduto vivo
nelle mani dei fascisti, oltre ad un documento falso recante il nome di
Giovanni Governato. Si define anarchico individualista. Lotta per la
libertà e per i diritti delle masse, ma era anche sicuro, dopo il fallimento
delle insurrezioni del 1919, che non si potesse fare affidamento sul popolo:
«Le masse che sembrano adoratrici di Errico Malatesta sono vili e impotenti. Il
governo e la borghesia lo sanno e sogghignano.» «Io so, noi sappiamo, che
cento uominidegni di questo nomepotrebbero fare quello che cinquecentomila
"organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai capaci di
fare.» Il suo pensiero nichilista, anticlericale, anarchico e iconoclasta
si caratterizzava soprattutto per il fortissimo individualismo, un
individualismo fine a sé stesso che lo pose spesso in conflitto con altri
membri del movimento anarchico di quegli anni, come Camillo Berneri (di
ispirazione anarco-comunista). «L'individualismo com'io lo sento, lo
comprendo e lo intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il Comunismo, né
l'Umanità. L'individualismo ha per fine sé stesso.» (Dallo scritto Il mio
individualismo iconoclasta in Iconoclasta!) «L'anarchia è per me un mezzo per
giungere alla realizzazione dell'individuo; e non l'individuo un mezzo per la
realizzazione di quella. Se così fosse anche l'anarchia sarebbe un fantasma. Se
i deboli sognano l'anarchia per un fine sociale; i forti praticano l'anarchia
come un mezzo d'individuazione.» «Nella vita io cerco la gioia dello
spirito e la lussuriosa voluttà dell'istinto. E non m'importa sapere se queste
abbiano le loro radici perverse entro la caverna del bene o entro i vorticosi
abissi del male. Nessun avvenire e nessuna umanità, nessun comunismo e nessuna
anarchia valgono il sacrificio della mia vita. Dal giorno che mi sono scoperto
ho considerato me stesso come meta suprema.» Rimaneva salda nel suo
pensiero la convinzione che agire e schierarsi fosse una necessità
irrinunciabile tanto che di lui si disse che scriveva come un angelo,
combatteva come un demonio. Su di lui restò sempre fortissima l'ispirazione
di Max Stirner e di Nietzsche. Opere scritte Le opere e il ricordo
del Novatore sono state in gran parte distrutte dal regime fascista e
sostanzialmente a lungo dimenticate anche da alcune parti del movimento
anarchico. Le sue firme compaiono con molti pseudonimi diversi (oltre al
già citato "Renzo Novatore", anche "Mario Ferrento",
"Andrea Del Ferro", "Sibilla Vane", "Brunetta
l'Incendiaria") su svariate pubblicazioni anarchiche dell'epoca, tra cui
Il Libertario (pubblicato a La Spezia), Gli Scamiciati (Pegli), Cronaca
Libertaria (Milano), Il Proletario (Pontremoli), Pagine Libertarie,
Iconoclasta! (Pistoia), L'Avvenire Anarchico, Vertice (La Spezia), Nichilismo,
L'Adunata dei Refrattari (New York) e Veglia (Parigi). Da ricordare
inoltre due libri di pubblicazione postuma: "Verso il nulla creatore"
e "Al di sopra dell'arco". Libri ed opuscoli Renzo
Novatore, prefazione de Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, Siracusa,
"Figli dell'Etna", Renzo Novatore, prefazione biografica di Auro
d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra
dell'arco, Siracusa, "Figli dell'Etna", Renzo Novatore, prefazioni di
Virginio De Martin e Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, New York, Renzo
Novatore, prefazione di Auro d'Arcola, Il mio individualismo iconoclasta, Firenze,
Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, Camillo da Lodi [Camillo Berneri], Mario
Senigallesi, Polemica, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, prefazioni
di Totò Di Mauro, Tito Eschini e Lato Latini, illustrazioni di G. Scaccia, Al
di sopra dell'arco, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, prefazione
biografica di Auro d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G.
Scaccia, Al di sopra dell'arco, Torino, Reprint Assandri, “Verso il nulla
creatore, Catania, Centrolibri, RAlberto Ciampi, Un fiore selvaggio. Scritti
scelti e note biografiche, Pisa, BFS Edizioni, Renzo Novatore, Toward the
Creative Nothing, Portland, Venomous Butterfly Publications, Renzo Novatore,
introduzione di Alfredo M. Bonanno, Verso il nulla creatore, Trieste, Edizioni
Anarchismo. Renzo Novatore, Novatore, Ardent Press, . Renzo Novatore, Le rose,
dove sono le rose?, Gratis Edizioni, . Renzo Novatore, Flores silvestres,
Lisbona, Textos Subterraneos. Novatore: una biografia Archiviato iRenzo
NovatoreAnarchopedia, su ita.anarchopedia.org. dal personaggio di Sybil Vane,
presente nel romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde Maurizio Antonioli (diretto da), Dizionario
biografico degli anarchici italiani, Biblioteca Franco Serantini, Massimo
Novelli, La furibonda anarchia. Renzo Novatore poeta, Bra (CN), Araba Fenice, Scritti,
citazioni e aforismi di Renzo Novatore Archivio di testi di Renzo Novatore . ‘Renzo
Novatore’ -- Abele Ricieri Ferrari (Arcola) filosofo. Ferrari. Keywords:
implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrari” – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761244808/in/dateposted-public/
Grice e
Ferraris – filosofia italiana – Luigi Speranza (Galatone).
Filosofo. Grice: “I like Ferraris – he analyses all the implicata of The Lord’s
Prayer – pretty complicated – my favourite is his excursus on the implicatum of
‘thy will be done’” Figlio Pietro De Ferraris e Giovanna d'Alessandro. Studia a
Nardò. Passa quindi a Napoli. Molte sono le conoscenze che fa all'Accademia.
Entra in contatto con Gareth detto il Chariteo, Attaldi, Pontano, Gaza,
Caracciolo, Pardo, Lecce, Sannazaro. Si laurea a Ferrara, dove soggiorna. Si
trasferì poi a Venezia per poi ritornare a Napoli ed entrare nel giro della
reggia partenopea, nella corte di Ferdinando I. Si adatta a Gallipoli,
dove si sposa Maria Lubelli dei baroni di Sanarica. La serenità della sua vita
fu turbata dall'invasione di Otranto da parte dei Turchi. Cerca rifugio a Lecce
annotando gli eventi drammatici che in seguito sarebbero stati il canovaccio
per un'opera composta in latino. Si sposta ripetutamente fra Napoli, apprezzato
dottore al servizio della corte aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di
residenza. Inizia anche a scrivere, inizialmente in forma epistolare. Manda i
ringraziamenti a Ermolao Barbaro per la dedica ricevuta; è seguente la
redazione di Altilio Galateus εὐ πράττειν e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum
de distinctione humani generis et nobilitate; e una seconda epistola a Barbaro
e il saggio Ad Marinum Pancratium de dignitate disciplinarum. Dopo la
morte di Ferdinando e Alfonso II, abbandona Napoli non prima di avere composto
l’Antonius Galateus medicus in Alphonsum regem epitaphium. Torna a Lecce dove
forma assieme L’Accademia dei lupiensi. Scrisse Ad Chrysostomum De villae
incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi che era andata distrutta
dal fuoco. Fu a Napoli, convocato dal re Federico d’Aragona che lo volle con
sé, ma l'inasprimento del conflitto con Francia lo spinse a ritornare nella provincia
salentina. Godette dell'ospitalità di Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo
di comporre in latino lavori di filosofia, filosofici. Una delle pochissime
trasferte dal Salento fu quella che effettuò a Roma presso Giulio II, a cui
offrì una copia dell'atto di Donazione di Costantino, che era conservata nella
biblioteca di Casole. Fu uno studioso che, come gli intellettuali suoi
contemporanei, riuscì a coniugare una vasta erudizione umanistica con nozioni
scientifiche. Le sue conoscenze erano di ampio respire. Il suo bagaglio
filosofico include la cultura classica di Aristotele, Platone ed Euclide.
Considera che la filosofia classica era stata traviata dai filosofi come
Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò solo Boezio e
la sua Consolatio philosophiae. Prediligeva la civiltà classica e autori come
Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca, Svetonio,
Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di Dante,
Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. Si interessa anche delle opere di
Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò Ippocrate
e Galeno.Non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e
descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando
con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue
opere. Ma non sfuggì a Ferraris il quadro generale della società dei suoi tempi
e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa
soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle cattive
consuetudini. Il suo De Situ Japygiae e un autorevole trattato
storico-geografico sul Salento. Mentre era a Bari ha notizia della
"Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna
tredecim equitum. Altre opere: Oltre a saggi e trattatelli, compose le
seguenti epistole: Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi, Ad Accium
Sincerum de villa Laurentii Vallae, Ad Franciscum Caracciolum de beneficio
indignis collato, Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopus, Antonio Ptolomaeo
Lupiensi episcopo, De Heremita, De podagral, Ad Chrysostomum, suo salutem de
nobilitate, Ad Chrysostomum de morte fratris, Ad illustrem comitem Potentiae,
Ad comitem potentiarum, Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis
militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi
Apuliae, Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae,
ad Chrysostomum de pugna tredecim
equitum, Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani, Ad Prosperum Columnam, ad
Chrysostomum de Prospero Columna, phiilosophi praestantissimi de situ
elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium, Esposizione del Pater noster De
educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam, ad Antonium de Caris Neritinum
episcopum, regem Ferdinandum, Beatissimo
Iulio II pontifici maximo; philosophi epraestantissimi De situ Japigiae
ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati, Ad Nicolaum
Leonicenum medicum, Petro Summontio De suo scribendi genere, Summontio suo
bonam valetudinem Callipolis description, Pyrrum Castriotam, Illustri viro
Belisario Aquevivo, (Vituperatio litterarum), Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas,
Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. La Iapigia. Itinerari e luoghi dell'antico
Salento (Lecce, Messapica Editrice), “Gallipoli” (Lecce, Messapica Editrice).
Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il poeta nel
marzo con l’apposizione in Piazza
Crocefisso di una lapide dedicata alla sua memoria. Dizionario biografico degli
italiani, TreccaniEnciclopedie, Galatone, in Treccani Enciclopedie. Antonio De
Ferraris, Antonio De Ferrariis. Galateo. Ferraris. Keywords. Refs.: Luigi
Speranza, “Ferraris e Grice” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689504373/in/photolist-2mLQ1Vx-2mLGwVU-2mKKMt4-2mPtp3t-2mPV6V9-2mKHtgX-2mPsh7f-2mKT4G5-2mKCdPg-2mKEftR-2mKRu2r-2mKC3nj-2mPvmTf-2mKbpiZ-2mKk6t5-2mKbkhx-2mKiTu1-2mKJXuD-GWQbEe-GWQbE4-25edKkz-23QXPsh-GWQbP2-23QXPTN-23QXPqU-23QXPAJ-25vgDZG-25vgDYu-GWQbEV-23QXPP9-GWQbEp-26Aotmx-26AotYK-DndBhH-23QrfQy-GWQbNR-23QXPKm-BNWJaB-BK5mza-BmcDUi-BFQviK-BDuNmW-AEEHqM-rrjLo5-o8fd2A-oa4qxd-nBU5Co-nSmehQ-nUgagC-nUiDq1
Grice e
Ferraris – supercazzola -- filosofia italiana – Luigi Speranza
(Torino). Filosofo. Grice: “Ferraris is what the in the Renaissance used to be
called a ‘Renaissance man.’ My favourite of his essays is “La svolta testuale”
– he is into Derrida and Yale, but I’m into Grice and Harvard, and I still
connect!” Si laurea a Torino sotto Vattimo. Insegna a Macerata, Trieste, Torino
al Laboratorio di Ontologia dal Centro
interdipartimentale di ontologia. Studiato a Torino.In ambito teorico, ha
legato il suo nome al rilancio dell'estetica come teoria della “sensibilità” a
un'ontologia sociale intesa come ontologia dei documenti (documentalità) e a un
superamento del postmodernismo attraverso la proposta di un nuovo realismo.
Centro interuniversitario di Ontologia Teorica e Applicata.I primi interessi di
Ferraris si rivolgono alla filosofia post-strutturalista (“Differenze”;
“Tracce” e “La svolta testuale”). Specificamente a Derrida, Ferraris ha dedicato:
Postille a Derrida, Honoris causa a Derrida Introduzione a Derrida, Il gusto
del segreto e, infine, Jackie Derrida. Ritratto a memoria.Lavorando invece a
contatto con Gadamer, a partire dai primi anni Ottanta si rivolge
all'ermeneutica, scrivendo: Aspetti dell'ermeneutica, Ermeneutica di Proust,
Nietzsche e la filosofia del Novecento, e soprattutto Storia dell'ermeneutica.Ferraris
sviluppa un'articolata critica alla tradizione heideggeriana e gadameriana (si
veda in particolare Cronistoria di una svolta, dpostfazione alla conferenza di
Heidegger La svolta), che fa valere, in particolare, l'apporto del
post-strutturalismo come contestazione del retaggio romantico e idealistico che
condiziona tale tradizione. La conclusione di questo percorso critico sfocia
nella riconsiderazione del rapporto tra lo spirito e la lettera e in un
ribaltamento della loro contrapposizione tradizionale. Spesso i filosofi e gli
uomini comuni disprezzano la letterale norme e i vincoli che sono istituiti
attraverso documenti e iscrizioni di vario genere anteponendole lo spirito il
pensiero e la volontà e riconoscendo la libera creatività del secondo rispetto
alla prima. Per Ferraris è la lettera a precedere e fondare lo spirito.Abbandona
il relativismo ermeneutico e la decostruzione di Derrida per abbracciare una
forma di oggettivismo realistico secondo cui l'oggettività e realtà,
considerate dall'ermeneutica radicale come principi di violenza e di
sopraffazione, sono di fatto e proprio in conseguenza della contrapposizione
tra spirito e lettera di cui si è dettola sola tutela nei confronti
dell'arbitrio.Questo principio, valido in ambito morale, ha nel riconoscimento
di una sfera di realtà indipendente dalle interpretazioni il suo fondamento
teorico.Il mondo esterno, riconosciuto come inemendabile, e il rapporto tra
schemi concettuali ed esperienza sensibile (l'estetica, riportata al suo
significato etimologico di “scienza della percezione sensibile”, acquisisce una
rilevanza primaria si vedano, in particolare, Analogon rationis, Estetica (con
altri autori), L'immaginazione , ed Estetica razionale sono temi dominant.Rilegge
Kant attraverso la fisica ingenua del percettologo triestino Paolo Bozzi (Il
mondo esterno e Goodbye Kant!La “ontologia critica” ferrarisiana riconosce il
mondo della vita quotidiana come largamente impenetrabile rispetto agli schemi
concettuali. Il mancato riconoscimento di questo principio risale alla
confusione tra ontologia (la sfera dell'essere) ed epistemologia (la sfera del
sapere), di cui Ferraris articola una tematizzazione critica fondata
sulcarattere di inemendabilità che è proprio dell'essere rispetto al sapere (si
vedano in particolare: Ontologia e Storia dell'ontologia.La sua riflessione
sul realismo sfocia nell'elaborazione del Manifesto del New Realism. L'esito
naturale dell'ontologia critica è il riconoscimento accanto al mondo
inemendabile di un dominio di oggetti in cui la filosofia trascendentale
kantiana trova la sua adeguata applicazione: gli oggetti sociali,
l’intersoggetivo (Dove sei? Ontologia del telefonino, Babbo Natale, Gesù adulto, Sans Papier, La
fidanzata automatic, Il tunnel delle multe.La tesi di fondo è che la
distinzione tra ontologia ed epistemologia, unita al riconoscimento
dell'autonomia ontologica dell’intersoggetivo, della sfera degli oggetti
sociali (regolata dalla legge costitutiva “oggetto = atto iscritto”), consente
di correggere la tesi derridiana secondo cui "nulla esiste al di fuori del
testo" (letteralmente, e a-semanticamente, “non c'è fuori testo”) per
teorizzare che “niente di sociale esiste fuori del testo”. Documentalità.
Perché è necessario lasciar tracce.In seguito la sua si arricchisce di piccole ma significative
metafisiche dei costumi artistici e scritturalifin anche ultratecnologici con
Piangere e ridere davvero e Filosofia per dame, vere e proprie grammatologies,
insomma, ma ri-viste, e robustamente visionarie, oltre che re-visionate, come
del resto tutti gli articoli di intervento culturale (si cfr. esemplarmente
quelli per Alfabeta e Alfabeta). La svolta realista compiuta da partire
dalla formulazione dell'estetica non come filosofia dell'arte, ma come
ontologia della percezione e dell'esperienza sensibile trova un'ulteriore
declinazione nel Manifesto del nuovo realism. Il Nuovo realismo, i cui principi
sono anticipati da Ferraris in un articolo uscito su Repubblica l'8 agosto e che avvia un imponente dibattito, è in
primo luogo un consuntivo di alcuni fenomeni storici, culturali, politici
(l'analisi del postmoderno sino al suo deteriorarsi in populismo mediatico). Da
queste considerazioni consegue la messa in chiaro degli esiti prodotti dalle
derive del postmoderno nel pensiero contemporaneo (l'interpretazione dei
realismi filosofici e delle “teorie della verità” che si sviluppano a partire
dalla fine del secolo scorso come reazione a una devianza del rapporto tra
individuo e realtà).Da questo scaturisce la proposta di un antidoto alla
degenerazione dell'ideologia postmodernista, alla prassi degradata e mendace
della relazione con il mondo che questa ha indotto.Il Nuovo Realismo si
identifica infatti nell'azione sinergica di tre parole-chiave, Ontologia,
Critica, Illuminismo. Il Nuovo Realismo è stato oggetto di discussioni e
convegni nazionali e internazionali e ha sollecitato una serie di pubblicazioni
che implicano il concetto di realtà come paradigma anche in ambiti
extrafilosofici. In effetti, il dibattito sul nuovo realismo, per
quantità di contributi e media implicati, non ha equivalenti nella storia
culturale recente, tanto da essere stato assunto 'case study' per analisi di
sociologia della comunicazione e linguistica. Il nuovo realismo ha sollecitato
una serie di pubblicazioni che ne discutono le tesi, a cominciare da Della
realtà: fini della filosofia, Milano, Garzanti
di Vattimo e Inattualità del pensiero debole, Udine, Forum, di Rovatti sino a Il senso dell'esistenza.
Per un nuovo realismo ontologico, Roma, Carocci, , di Markus Gabriel,
Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in discussione (M. De Caro e M. Ferraris),
Torino, Einaudi, e a Sociologia e nuovo
realismo, Milano-Udine, Mimesis, di Luca
Martignani (che fa parte della collana “Nuovo Realismo” diretta da Ferraris e
De Caro, che conta numerose pubblicazioni). Al Nuovo Realismo di Ferraris
hanno aderito sia filosofi di formazione analitica, come Mario De Caro (cfr.
Bentornata Realtà, a c. di De Caro e Ferraris), sia filosofi di formazione
continentale, come Mauricio Beuchot (Manifesto del realismo analogico, ), Luca
Taddio (Verso un nuovo realismo) e Markus Gabriel (Campi di senso. Un'ontologia
neo-realista), che ha raccolto il sostegno di pensatori come Umberto Eco,
Hilary Putnam e John Searle, e che si incrocia con altri movimenti realisti
sorti in modo indipendente ma rispondendo a esigenze affini, come il “realismo
speculativo” di Meillassoux e di Harman. Per il nuovo realismo, il fatto che
sia sempre più evidente che la scienza non è sistematicamente la misura ultima
della verità e della realtà non comporta che si debba dire addio alla realtà,
alla verità o alla oggettività, come aveva concluso molta filosofia del secolo
scorso. Significa piuttosto che anche la filosofia, così come la
giurisprudenza, la linguistica o la storia, ha qualcosa di importante e di vero
da dirci a proposito del mondo. In questo quadro, il nuovo realismo si presenta
anzitutto come un realismo negativo: la resistenza che il mondo esterno oppone
ai nostri schemi concettuali non va considerata come uno scacco, ma come una
risorsa, come una prova dell'esistenza di un mondo solido e indipendente. Se le
cose stanno in questi termini, però, il realismo negativo si trasforma in un
realismo positivo (Cfr. M. Ferraris, Realismo Positivo, Rosenber e Sellier ):
nella sua resistenza la realtà non costituisce soltanto un limite, ma offre
anche delle possibilità e delle risorse, il che spiega come, nel mondo
naturale, forme di vita differenti possano interagire nello stesso ambiente
senza condividere alcuno schema concettuale; e come, nel mondo sociale, le
intenzioni e i comportamenti umani siano resi possibili da una realtà che è
anzitutto data, e che solo in un secondo momento potrà essere interpretata e,
se necessario, trasformata. Esauritasi la stagione del postmoderno, il nuovo
realismo ha intercettato un diffuso bisogno di rinnovamento in ambiti
extradisciplinari come l'architettura, la letteratura, la pedagogia, la
medicina. L'ultima corrente filosofica inaugurata ha provocato resistenze
e critiche da parte dei sostenitori del postmodernismo e del pensiero
debole. Altre opere: “Differenze. La filosofia dopo lo strutturalismo”
Milano: Multhipla); “Tracce. Nichilismo moderno postmoderno, Milano: Multhipla);
Mimesis, La svolta testuale. Il decostruzionismo in Derrida, Lyotard, gli “Yale
Critics”, Pavia: Cluep); L’ermeneutica (Genova: Marietti); Proust, Milano:
Guerini e associati, Storia
dell'ermeneutica, Milano: Bompiani);Nietzsche (Milano: Bompiani; Cronistoria di
una svolta, in Martin Heidegger, La svolta, Genova: il Melangolo (traduzione e
conclusione, Postille a Derrida, Torino:
Rosenberg & Sellier); La filosofia e lo spirito vivente, Roma-Bari:
Laterza); Mimica. Lutto e autobiografia da Agostino a Heidegger, Milano:
Bompiani); “Storia della volontà di potenza, Milano: Bompiani) Analogon
rationis, Milano: Pratica filosofica, 1nterpretazione
ed emancipazione. Milano: Raffaello Cortina); L'immaginazione, Bologna: il
Mulino); Estetica, (con altri autori), Torino: Utet); Il gusto del segreto, con
Jacques Derrida, Roma-Bari: Laterza); Estetica razionale, Milano: Raffaello
Cortina); Honoris causa a Derrida, Torino: Rosenberg & Sellier); Una Ikea
di università, Milano: Raffaello Cortina); Il mondo esterno, Milano: Bompiani);
L'altra estetica, (con altri autori), Torino: Einaudi); Derrida, Roma-Bari:
Laterza); Ontologia, Napoli: Guida); Goodbye Kant!, Milano: Bompiani); “Dove
sei? Ontologia del telefonino, Milano: Bompiani); “Babbo Natale, Gesù adulto.
In cosa crede chi crede?, Milano: Bompiani); Sans papier. Ontologia
dell'attualità, Castelvecchi: Roma); La fidanzata automatica, Milano: Bompiani);
Il tunnel delle multe. Ontologia degli oggetti quotidiani, Torino: Einaudi); Storia
dell'ontologia, Milano: Bompiani, Una
Ikea di università. Alla prova dei fatti, nuova edizione, Milano: Raffaello
Cortina; “Piangere e ridere davvero. Feuilleton, Genova: Il melangolo);
Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari: Laterza); Ricostruire
la decostruzione. Cinque saggi a partire da Jacques Derrida, Milano: Bompiani);
Filosofia per dame, Parma: Guanda); Anima e iPad, Parma: Guanda); Manifesto del
nuovo realismo, Roma-Bari: Laterza, Bentornata
Realtà. Il nuovo realismo in discussione , con Mario De Caro, Torino: Einaudi);
Lasciar tracce: documentalità e architettura, F. Visconti e R. Capozzi, Milano:
Mimesis); Filosofia Globalizzata, con Leonardo Caffo, Milano: Mimesis); Realismo
Positivo, Torino: Rosenberg & Sellier); Spettri di Nietzsche, Guanda: Parma);
Mobilitazione Totale, Roma-Bari: Laterza); I modi dell'amicizia, con Achille
Varzi, Napoli-Salerno: Orthothes); Emergenza, Torino: Einaudi); L'imbecillità è
una cosa seria, Bologna: il Mulino); Filosofia teoretica, con Enrico Terrone,
Bologna: il Mulino, Postverità e altri
enigmi, Bologna: il Mulino); Il denaro e i suoi inganni, con John R. Searle,
Torino: Einaudi); Intorno agli unicorni. Supercazzole, ornitorinchi, ircocervi,
Bologna: il Mulino); Il capitale documediale. Prolegomeni, in Scienza Nuova.
Ontologia della trasformazione digitale, Torino: Rosenberg&Sellier. Responsabile
scientifico di "Pensiero in movimento", Pearson Libri in collana di
quotidiani: Oltre che diverse curatele e interventi per il "Caffè
Filosofico" del settimanale l'Espresso e la collana "Capire la
Filosofia" de la Repubblica si segnalano: "Felicità. Cos'è la ricerca della
felicità?", Roma, la Repubblica, "Libertà.
Quando si è davvero liberi?", Roma, la Repubblica, "Arte. Perché certe cose sono opere
d'arte?", Roma, la Repubblica, "Male. È possibile vivere senza il
male?", Roma, la Repubblica, "Uguaglianza. C'è qualcuno più uguale
degli altri?", Roma, la Repubblica, "Bellezza. C'è una regola del
bello?", Roma, la Repubblica, s
"Mente. La mente è soltanto il cervello?", Roma, la Repubblica,
"Morale. C'è un solo modo giusto di
vivere?", Roma, la Repubblica, "Potere. Perché si lotta per il
potere?", Roma, la Repubblica, "Pensiero. Che cosa significa
pensare?", Roma, la Repubblica, "Violenza: La violenza è
inevitabile?", Roma, la Repubblica, "Passione: Chi decide, la ragione o la
passione?", Roma, la Repubblica, "Senso: Che cosa ci manca quando diciamo
che la vita non ha senso?", Roma, la Repubblica, "Linguaggio: Si può pensare senza
parole", Roma, la Repubblica, s"Scienza: Che cosa sanno gli
scienziati?", Roma, la Repubblica, v "Filosofia: A cosa servono i
filosofi?", Roma, la Repubblica, sha curato, oltre a partecipare con
singoli interventi, la seconda serie del "Caffè Filosofico" di
Repubblica curandone gli epiloghi. Nel biennio - ha diretto e condotto
tre serie del programma televisivo Zettel Filosofia in movimento in onda su Rai
Scuola. Nel e nel ha continuato tale lavoro nel programma
televisivo "Lo stato dell'arte", in onda su RAI5. Ha condotto la
rubrica di Rai cultura "Opera aperta", in onda sullo stesso
canale. "Maurizio Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe ,
Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani, "Maurizio Ferraris", la Repubblica, Per una rassegna completa del dibattito sorto
intorno al "Manifesto del New Realism" si veda Copia archiviata, su
labont. Nuovo Realismo | Il sito ufficiale della rassegna nuovo realismo R. Scarpa, Ilcaso Nuovo Realismo. La lingua
del dibattito filosofico contemporaneo, Milano-Udine, Mimesis,Reperibileonline,
fascicolo di Giugno. Questi ealtri riferimenti, con resoconti e presentazioni
degli incontri, sono quireperibili: nuovorealismo Si vedano ancora, tra gli
altri, Emiliano Bazzanella, La filosofia e il suo consumo. Il nuovo New
Realism, Trieste, Asterios, ; Perché essere realisti? Una sfida filosofica,
Andrea Lavazza e Vittorio Possenti, Milano-Udine, Mimesis, ; L. Somigli (a
curadi), Negli archivi e per le strade. Il ritorno alla realtà nella narrativa
di terzo millennio, Roma, Aracne, ; Architettura e realismo, Milano Maggioli, Il Caffè Filosofico. La filosofia raccontata
dai filosofi Lo stato dell`arteIl di RAI Cultura dedicato alla filosofia, in
Il di RAI Cultura dedicato alla
filosofia. "Maurizio
Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe , Filosofi italiani
contemporanei, Milano: Bompiani, "Ontologia analitica e ontologie
continentali: Maurizio Ferraris e i filosofi italiani di impostazione
analitica", in C. Esposito ePorro , Filosofia contemporanea, Roma-Bari:
Laterza, dal Rassegna Stampa Nuovo Realismo, sul sito del
Labont: raccolta estesa di tutti gli interventi a proposito della proposta
teorica sul realism. Documentalità Ontologia Ermeneutica Realismo. Treccani. CTAOCentro
Interuniversitario di Ontologia Teoretica ed Applicata, LABONT Laboratorio di
Ontologia, su labont. Il «questionario Proust» a Maurizio Ferraris, su elapsus.
Maurizio Ferraris, il Nuovo Realismo, sul
RAI Filosofia, su filosofia.rai. Maurizio Ferraris. Ferraris. Keywords:
the ontology of the intersubjective – intersoggetivo – a functionalist approach
to the inter-subjective – Grice as an ‘intersubjectivist’ – Grice as a
meta-theorist of the inter-subjective. The intersubjective conditions for the
understanding of pretty subjective utterances like, “That pillar-box seems red
to me.” Collective intentionality, shared intentionality, and the
inter-subjective – inter-subjective and inter-personal. ‘conversational’ as
short for ‘inter-subjective’ and ‘inter-personal’. Grice’s definition of
‘implicature’ as relying on utterer AND addressee. Grice’s definition of
communication as relying, obviously, on utterer and addressee. Ferraris reccognises
the rhapsodies of Austin needed some systematization, and whie Ferraris refers
to Grice, he does so superficially -- and more. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Ferraris” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761852955/in/dateposted-public/
Grice e Ferrero – implicatura
arimmetica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice:
“Just for having written on the influence of Pythagoras on the Roman world,
Ferrero is highly commendable! Pythagoras is crucial for Plato; and Pythagoras
taught of course at what would be a Roman cives, ‘Croto.’ So it all relates!”
-- Italian philosopher, author of “Pigatorismo nel mondo romano.” La Storia del
Pitagorismo nel mondo romano vide la luce grazie al contributo della Fondazione
Parini-Chirio e della Facoltà di Lettere dell’Torino e rappresenta ancora oggi
uno dei contributi più alti alla Storia della Filosofia Romana. Animato da uno
spirito che potrebbe senza dubbio definirsi per mezzo del sentimento
dell’importanza maggiore, nella storia delle idee dell’Antichità, di coloro che
Aristotele chiamava “i filosofi italiani”, di coloro che hanno fatto fiorire
sulla terra d’Italia uno dei rami più vigorosi del pensiero filosofico
occidentale. Ricco di elementi ed agile nella prosa, il libro è uno dei più
importanti, se non l’unico, contributo che rende ragione della relazione tra
filosofia romana e pitagorica,
rinvenendo l’importanza del pensiero speculativo alla base della cultura romana
classica. Su questa base l’a. arriva a
sostenere l’idea nuova ed originale dell’ideale che l’organizzazione pitagorica
ha, in ogni tempo, proposto alla classe dirigente romana che l’accolto e
realizzato, non dimenticando che il fine della filosofia pitagorica è la
formazione del politico. Il piano
dell’opera è semplice e chiaro. Due parti e cinque capitoli solamente permettonodi
abbracciare una storia che si estende sui secoli storici della Roma antica, arricchite
da un’ampia consultazione delle fonti e da un indice analitico che ne facilita
la consultazione. Si laurea con Rostagni,
a Torino. Insegna a Trieste. Ferrero is
not the first to claim Italianita and Romanita for Pythagoras. After all
Pythagoras’s father was an Etruscan! Numa learned from him! Cicero corrects
here – it’s the tradition that counts – Livio also notes that a book by Numa
was destroyed: by that time, the republic had an official religion and
Pythagorianism was not part of it! The Cusano thought that the Holy Trinity is
Pythagorean. Ficino claims Plato is Pythagorean via his tutor who was
Pythagoras’s tutee – Pico asks Ficino for advice on these maters. Caparelli
thinks it’s all Pythagoreian. The important bit is politic, and ethnic.
Pythagoreanism became popular in the rest of Europe via Italy, that always
showed more of an interest for ancient history than the Germanic peoples –
perhaps because runes do not give so easily to history! Leonardo Ferrero. Ferrero.
Keywords: implicature arimmetica, pitagorismo romano. Cf. uomo, scuola
pitagorica, filosofia italiana, filosofia italica, il pitagorismo comparato con
altri scuole. Cf. Luigi Ferri, L’interpretazione dei filosofi italiani
sull’origine del pitagorismo. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Ferrero” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760965851/in/dateposted-public/
Grice e Ferretti
– l’intersoggetivo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Brusasco). Filosofo. Grice:
“I like Ferretti, for one, he wrote on intersubjectivity which is a problem for
Husserl: cogitamus; nobody speaks of ‘cogitamus --; one has to distinguish
between my favoured –‘inter-subjectivity’ and ‘alterity’!” – Grice: “Ferretti
has also philosophised on the infinite, which poses a problem to my principle
of conversational helpfulness.” Si laurea a Milano. Insegna a Milano, Torino,
Macerata. Altre opere: Persona (Milano). Storia della filosofia romana (SEI,
Torino), “L’ntersoggettivo (Macerata); “L’ontologia di Kant” (Rosenberg &
Sellier, Torino). Giovanni Ferretti. Ferretti. While subjectivity and
objectivity are pompous, intersubjectivity seems fine, only that it can always
be replaced by the Italian ‘l’intersoggetivo’. “The inter-subjective” sounds
Butlerian in English! Keywords: ‘l’intersoggetivo’ -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Ferretti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761159508/in/dateposted-public/
Grice e Ferri – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo. Grice: “I love Ferri; for one,
he wrote on Ficino’s ‘dottrina dell’amore,’ which is of course Plato’s – and
which I may call the most complicated philosophical doctrine of love ever conceived!”
Insegna a Firenze e Roma. Linceo.
Discusse in tre lettere le “Confessioni di un metafisico” di Mamiani ed
elabora in tre memorie le sue concezioni.
Pubblica la “Rivista italiana di filosofia.” La filosofia platonica poggia su due basi:
cioè sulla dottrina dell’idea e sulla dottrina dell'amore. Da esse provengono
le teoria del vero e del bene, l'ordine dialettico e l'ordine morale in ogni
sistema che accolga i principii e il metodo di Platone o della sua
scuola. Ne segue che per conoscere in modo sufficientemente esatto la
dottrina dell’amore di Ficino, non basta di esaminare la sua dottrina delle
idee e dell'intelletto; conviene eziandio studiare i suoi pensieri
sull'amore. Consideriamone adunque con lui la natura, l'oggetto, il fine,
le specie, gli effetti, le attinenze coll'uomo, col mondo e con Dio;
osserviamolo o immaginiamolo, com' egli fa, in se stesso e nei varii ordini
degli enti; seguiamo rapidamente sulle sue traccie la splendore del bello e
l'efficacia dell'amore nell'Antropologia, nella Cosmologia, nella Teologia,
cioè nell'intera enciclopedia filosofica da lui percorsa nel suo Commento al
Simposio platonico. (v. il fascicolo preceden to Conf. La Dottrina dell'amore
secondo Platone, lezione e note, questa
Rivista. Questa esposizione Firenze. Dopo d'allora fu pubblicata da Giovanni.
L'amore generalmente considerato è desiderio del corpo bello, e il bello è una grazia
che risulta da corrispondenza delle parti del corpo o da unità. Questa
corrispondenza delle parti o unità del corpo bello è di tre specie; o è affatto
spirituale e consiste nell'armonia delle virtù interiori dell'animo, o è
percettibile mediante li sensi ed è composto di una forma corporea o di voci.
Dal che segue che il bello, non essendo riferibile se non ai sensi, altra
facoltà e esclusa dal privilegio di conseguir e di goder il bello, e quindi che
l'amore non ha altri strumenti da applicare. Grato è a noi, dice Ficino,
il vero e ottimo costume dell'animo; grata è la speziosa figura del corpo
bello. E perchè queste tre cose, l'animo Università di Palermo un'analisi
accurata del Commento di Ficino sul Simposio platonico. Il lettore la troverà
nelle sue Lezione di Filosofia (Palermo). Di questo Commento che è unito alla
traduzione romana e italiana delle opere di Platone si hanno tre edizioni in
toscano. Due sono del medesimo anno, delle quali una fatta in Venezia senza
nome di stampatore: “Il Commento di Marsilio Ficino sopra il Convito di Platone
e il esso Convito tradotlo in lingua toscana per Hercole BARBARASA da Terni con
dedica al maguifico messer Gio. Battista Grimaldi”. Il Convito platonico vi è
effettivamente tradotto in toscano ed unito al Commento. Un'altra è di Firenze,
per Neri DORTELATA con dedica di un Bartoli al Duca Cosimo de' Medici. La terza
è pure di Firenze e dovuta a GIUNTI. Entrambe queste ultime hanno per titolo
“Sopra lo Amore ouver Convito di Platone”. Vi è premessa una dedica di Marsilio
Ficino a Bernardo del Vero, cad Antonio Manetti, da cui risulta che la versione
in lingua Toscana del Commento edito a Firenze dal Dortelata e riprodotto dal
Giunti è opera propria di Ficino. Le citazioni fatte in questa esposizione
come gli estratti dati nell'appendice sono tolti da essa. « come a lui
accomodate e quasi incorporali di più prezzo « assai stima che l'altre tre, però
è conveniente che egli più avidamente queste ricerchi, con più ardore abbracci,
con più veemenza si maravigli. E questa grazia di virtù, figura o voce che
chiama l'animo a sè e rapisce per mezzo della ragione, viso e udito, rettamente
si chiama il bello (pulchrum, to kalon). Se si vuole conoscere la vera natura
d'amore occorre, secondo Ficino, formarsi un giusto concetto del suo oggetto. I
ragionamenti di Ficino su questo punto meritano di essere riferiti. Trovandosi
il bello nella forma del corpo bello, è mestieri che il bello sia una essenza
comune. Non sarà dunque corporea, altrimenti non converrebbe agli animi; anzi
tanto manca che il bello possa dirsi corporeo, che il bello da noi ammirato in
una ‘forma’ non procede dalla ‘materia’, ma da un principio diverso ed è esso
pure incorporale. Difatto, il corpo puo perdere il suo bello. Quantunque,
la ‘materia’ del corpo sostanzialmente non cambi, e può conservaro la stessa
grandezza o la stessa piccolezza diventando brutto. La condizione del bello non
corrisponde alla condizione della quantità e dell'estensione. Il bello e le sue
vicende non dipendono punto dalla natura corporea e dai suoi più essenziali
attributi. Nè si dica come fanno alcuni, che il bello è una certa
posizione di tutti i membri del corpo o veramente commisurazione – simmetria --
e proporzione “pro portione” – portio cognate with Greek parao, to divide in
parts --– analogia -- con qualche soavità di colori. [ocr errors]
("). Objectum placitum res piacere Oggetti e piaceri del gusto, dell'odorato
e del tatto relativi alla nutrizione, conservazione e generazione. Questa
opinione non è ammissibile, imperocchè essendo questa disposizione delle
parti solo nell’organismo o cosa o corpo composto, nessuna cosa semplice
sarebbe speciosa. Ma noi veggiamo « i puri colori, i lumi, una voce, un fulgor
d'oro, il candor « dell'argento, la scienza, l'anima, la mente e Dio, le quali
« cose sono semplici, esser belle. (bello naso romano) --. Il bello pue dunque
esser in un composto, ma non s'anifica col composto, può essere nella pro-porzione,
ma non s'identifica con essa. Avviene che stando ferma la medesima proporzione
e misura della membra, un corpo non piace quanto prima. Certamente oggi nel
corpo bello è la figura medesima che l'anno passato e non la medesima “grazia”
– non genera il medisimo gratitudo -- Nessuna cosa più tardi invecchia che la
figura, nesssuna più tosto invecchia che la grazia. E per questo è manifesto
non essere tutt'uno figura e il pulcro. E ancora spesso veggiamo essere in alcuno
più retta disposizione di una parte e misura che in un altro; l'altro nondimeno
non sappiamo per che cagione si giudica più “formoso” e più ardentemente si
ama. E questo ci ammonisce che dobbiamo
stimare la forma bella essere qualche altra cosa, oltre alla disposizione
de' membri. La medesima ragione ci ammae stra che noi non sospettiamo il pulcro
essere soavità di colori : perchè spesse volte il colore in Socrate è « più
chiaro , e in un giovane Alcibidiade è maggior grazia. E negli uguali di
età alcuna volta accade che quello che supera l'altro di colore è superato di
grazia e di bellezza. Il bello non è dunque nè mistione di figure e colori, nè
proporzione di parti, nè materia, nè quantità, e quantunque apparisca in un
corpo bello, non ne risulta come da sua causa ; il bello si conferma ancora
considerando le condizioni del suo conoscimento nell’amante; imperocchè cid che
piace, ciò che desta il senso della grazia è la specie o immagine dell’amato
accolta nell'animo; e questa specie è incorporale poichè è dentro allo spirito
; essa è una similitudine di un corpo bello – una statua --, non il corpo bello
stesso, dal suo concorso o forma proviene il sentimento estetico di piacere e
non dalla materia incapace di conferircelo fintantochè la sua forma non e posta
in relazione con noi mediante li sensi. Infinita è la differenza fra la
piccolezza della pupilla e l'ampiezza del cielo, ma in un punto solo lo spirito
ne accoglie l'immagine e l'ammira. Finalmente mentre l’istinto corporali si
acquietano e soddisfano mediante un determinato conseguimento del loro fine
(l’orgasmo mistico), l'amore è insaziabile, e il suo andamento ci prova che
havvi qualche cosa di superiore al corpo bello e al finito in lui stesso e nel suo
oggetto. Difatto in che guisa si genera l'amore? In che modo commossi dal
bello ne ammiriamo lo splendore? Eccolo. L'animo porta come impresse nel
segreto di sua sostanza le ragioni delle cose ; quivi sono le primitive idea del
vero, del bello, dell'onesto, dell' utile: quivi le cause più profonde di
nostro desiderio, le norme universali e spontanee che guidano il giudizio degli
incolti, e formano di verità il senno naturale e istintivo dell' uomo. Se
l'immagine di una persona passando nell' animo concorda con quella figura
dell'uomo che l'animo porta in sè stampata come un sigillo, subito piace, e
come bello si ama. Per a qual cosa accade che alcuni scontrandosi in noi,
subito ci piacciono, benchè « noi non sappiamo la cagione di tale effetto.
Perchè l'animo « impedito dal ministerio del corpo, non riguarda le forme « che
sono per natura dentro a lui, ma per la naturale e « occulta sconvenienza o
convenienza, seguita che la forma della cosa esteriore, con la immagine sua
pulsando la forma della cosa medesima, che è dipinta nell'animo consuona, e da
questa occulta offensione, ovpero allettamento, 'l'animo commosso, la detta
cosa ama. Il bello è dunque corrispondenza di un corpo alle loro idea, e quella
eziandio che risplende nel corpo bello è un certo atlo di vivacità e di grazia che
dipende dal loro influsso. Poichè ordine. modo e specie, cioè distanza
commisurata di parti, debita grandezza di membri, conveniente qualità di linee
e di colori concorrono ad abbellire la figura umana, quando convengono fra loro
e nella unità del suo tipo, quando concordano con le ragioni di ciascuna parto
e con quella del tutto. L'amore osservato in noi è dunque rivolto a un oggetto
intelligibile; il bello che egli ricerca è cosa spirituale ; l'idea, la verità,
a cui si riferisce la sua più profonda inclinazione tende a separarlo dal corpo
bello, a innalzarlo sopra gli enti sensibili, a trasportarlo sulle ali della
mente fra gli oggetti divini e immutabili. Ma che cosa è adunque allora
l'ainore in sè, l'amore come principio di tutti gli amori; è egli dunque un
Dio, è egli perfetto e beato, felice, ricco, virtuoso, bastante a se stesso? Ovyero
continuando a rappresentarlo sotto la forma del mito, dobbiamo figurarcelo ,
secondo il Convito di Platone, come un “demone”, cioè sotto la specie di
un ente imperfetto, di un genio tramezzante il divino e l'umano, bello e
brutto, ricco e povero, sapiente e ignorante, felice e infelice, nato dalla
povertà e dall’abbondanza il giorno che i celesti celebravano i natali di Venere?
Ficino ammette l'uno e l'altro concetto, ma dà più importanza al primo che al
secondo e quest'ordine è conforme allo spirito generale del suo sistema. Mentre
Platone nel Convito lasciando l'amore nel punto della sfera del finito che
tocca l'infinito, ne fa soltanto un “demone” che aspira alla perfezione, ma che
non giunge a conseguirla, Ficino, unendo il demiurgo del Timeo all'amore del
convito, ravvisa in lui un demone e un dio, e più spesso il secondo che il
primo, anzi egli attribuisce positivamente l'amore all'essere infinito. Il Dio
del Timeo, che non ha invidia , mentre vuole il mondo perchè ne ama l'idea; il
Dio di Filone e per Ficino il vero Dio, il suo Dio è come quello di Aligheri un
amore infinito che spande la bellezza nell' uni verso. Ma prima di
salire con lui alla regione più alta in cui possa recarsi la filosofia
dell'amore, rimaniamo per qualche tempo ancora in terra e rendiamoci conto
della sua vera natura nell'uomo. A malgrado della tendenza mistica che
distingue tutta la dottrina di Ficino ed era profondamente radicata nelle sue abitudini
e nel suo carattere, a malgrado dell'indirizzo spirituale e religioso che in
tutto il suo commento al Convito platonico egli si sforza di dare all' amore, è
per altro ben costretto di confessare che oltre al desiderio della verità e di
quell bello che si attiene alla mente, un'altra inclinazione l'accompagna, un
altro istinto e un altro fine ne determina nell' uomo le fasi e lo svolgimento.
Cosicchè dopo averlo definito semplicemente “desiderio del bello”, corregge con
Platone l’analissi quando si tratta di applicarla all’amante e ammette che è “appetito
– cupido -- di generare nel subbietto bello, per conservare vita perpetua nelle
cose mortali. Questo è il fine del nostro amore, questo è l'amore degli uomini
viventi in terra. Ne segue che egli pure debba con Socrate distinguere i
due influssi di Venere celeste o urania e di Venere volgare (sub-lunary) , dividere
fra esse l'attività umana; le nostre aspirazioni e i nostri bisogni; che debba
attribuire all’amore volgare o sub-lunare la tendenza alla generazione e al
godimento materiale, all'amore celestial il desiderio della contemplazione e
dei piacere virtuoso, e che congiungendo questa doppia direzione dell' amore con
la triplice forma della vita sensibile, attiva e contemplativa di cui l'uomo è
capace, egli ravvisi nell'uva delle due Veneri la causa che ci innalza dalla
voluttà al godimento della virtù e della scienza, nell'altra la cagione che ci
abbassa dalla scienza e dalla virtù al piacere materiale; in quella la forza
che ci fa salire per gli ordini della perfezione, in questa l'impulso che ci fa
discendere i gradi della decadenza morale. Ficino svolge con compiacenza il
concetto di questa opposizione e insiste lungamente sulla superiorità
dell'amore celestiale ; il sentimento cho lo guida, la qualità del suo
carattere, l'indole stessa della sua filosofia, i fini che egli si propone
scrivendo dell'amore, gliene ne fanno per così dire una legge. E per fermo
nella sua filosofia lo spirito signoreggia talmente che il corpo (soma) bello diventa
una sua creazione, che l'anima dimora nella materia come ospite e
prigioniera, finchè ne abbia infranto per così dire i cancelli e sia tornata
nella regione sopra-celeste (non sub-lunare) fra le anime beate. Immensa è la
catena degli spiriti che Ficino, guidato dalla mistica, stende fra la terra e
il cielo, e come ce ne convinceremo fra poco, l'Angelologia non è meno connessa
presso di lui con la dialettica dell' amore che con quella
dell'intelletto. Inoltre il sentimento religioso e l'onestà della
coscienza lo spinsero a combattere la scostumatezza dei contemporanei, a
portare l'amore verso la meta più alta, a sollevarlo dal fango delle passioni
epicuree. Difatto, sogliono i mortali, quelle cose che generalmente o spesso fanno,
dopo lungo uso, farle bene, e quanto più le frequentano farle meglio. Questo
per la nostra stoltiza falla in amore.
Tutti continuamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo *male*, e quanto
più amiamo, tanto peggio amiamo e cid avviene perchè entriamo in questo
faticoso viaggio d'amore, senza conoscer ne il termine e i passi. È dunque
nella cognizione di questo termine che si travaglia la sua filosofia. Trasmessa
da Socrate a Platone essa viene significata da Ficino ai suoi concittadini per
innalzare la loro mente al vero fine della vita. Ed egli è talmente persuaso
della importanza della sua missione che l'insegnamento platonico su questo soggetto
è per lui l'effetto d'un decreto della provvidenza, una vera rivelazione dello
Spirito divino, un mezzo onde l'amore infinito riduce a sè gli amori erranti
dei mortali, e li guida al godimento della bellezza assoluta. E così in questa
coine nelle altro parti della sua filosofia si ritrova quel miscuglio
entusiastico di Platonismo e di Cristianesimo indefinito e largo che senza
dubbio era frutto dei tempi, ma forse più ancora si atteneva al suo intelletto
e a un'indole ondeggiante fra i dogmi alquanto incerti di una erudizione non
sempre ben coordinata e precisa. Ma prima di giudicare la dottrina di Ficino
sull'amore e di additare la causa dei suoi pregi e dei suoi difetti, facciamo
di esporla il più completamente possibile. Arriviamo con lui al termine
della dialettica e prima vediamo che via convien tenere per conseguirlo. È
quella medesimá che Platone insegnò nel Convito sotto il nome di Diotima,
mostrando come l'animo nostro dai vestigii esteriori della bellezza sparsa nei
corpi di una medesima specie, raccolga l'idea di uno bello solo e limitato, poi
come delle bellezze distinte e coordinate delle specie corporee formi la
bellezza più estesa di un solo genere ; poscia in che guisa passando
dall'ordine fisico allo spirituale, dalle bellezze visibili alle invisibili,
componga le specie, poi il genere del bello intellettuale e morale sparso nelle
virtù, nelle scienze, nelle facoltà e doti tutte dell'essere spirituale,
fintantochè accorgendosi che i due ordini partecipano a una medesima idea di
perfezione e beltà infinita , sciolta da ogni limitazione, superiore ad ogni
genere e specie, la mente si riposi nell'assoluta unità, e quella ami senza
modo e misura. Tale è finalmente il termine della salita d'amore, tale è la
fonte in cui si appaga la sua sete inestinguibile. « Bi« sogna, dice Ficino,
cercarla altrove che nel fiume della ma« teria, e nei rivoli della quantità,
figura e colori. O miseri « amanti in che luogo vi volgerete voi ? Chi fu
quello che [ocr errors][ocr errors] « accese l'ardentissima fiamma nei
vostri cuori ? Qui è la « grande opera, qui è la fatica. Io ve lo dirò, ma attendete.
La divina potenza superiormente allo universo, agli « angeli, e agli animi da
lei creati, clementemente infonde, « siccome a suoi figliuoli, quel suo raggio,
nel quale è virtù « feconda a qualunque cosa creare. Questo raggio divino in «
questi, como più propinqui a Dio, dipinge l'ordine di « tutto il mondo, molto
più espressamente che nella materia « mondana. Per la qnal cosa questa pittura
del mondo, la « quale noi veggiamo tutta, negli angeli e negli animi è più «
espressa che innanzi agli occhi. In quella è la figura di « qualunque specie,
del sole, luna, stelle, degli elementi , « pietre, alberi e animali. Queste
pitture si chiamano negli « angeli esemplari e idee, negli animi ragioni e
notizie, nella « materia del mondo immagini e forme. Queste pitture son «
chiare nel mondo, più chiare nell'animo e chiarissime sono « nell'angelo.
Adunque un medesimo volto di Dio riluce in « tre specchi posti per ordine nell'angelo,
nell'animo e nel « corpo mondano. Così Ficino congiunge la sua dottrina degli
enti con quella dell'amore, la sua Angelologia con la sua Estetica ; così egli
unisce il suo dogmatismo mistico con le belle osservazioni e i profondi
concetti che ha ricavati da Platone e dalla scuola d’Alessandria ; così egli
varia gli aspetti della filosofia dell'amore, non senza dilettare o abbagliare
l'immaginazione e fornire all'animo poetico e religioso un pascolo dilettevole
quantunque non sempre con uguale profitto per la so da scienza. Di tre
simboli si serve principalmente Ficino per espri mere la relazione della
bellezza divina colle bellezze create e la sua diffusione nel mondo; il lume,
lo specchio e il cerchio. Ora seguendo le traccie di Platone egli ci rappresenta
Dio come un sole intelligibile che non diversamente dal sole sensibile produce
un lume universale, crea colle forze fecondate dal suo calore l'occhio e la
facoltà di vedere, suscita e rende visibili nella materia le forme che
l'adornano; ora volgendosi a considerare l'idealità delle cose mondane e a
significarne l'origine, ce la rappresenta come un raggio che uscito dalla mente
divina accende l'intelletto puro degli angeli, vi produce come in ispecchio gli
esemplari degli enti, e di là si ripercuote come in altro specchio nei corpi,
per giungere così riflesso all'animo nostro ed unirsi con quello che ci viene
direttamente da Dio. Ora finalmente ci figura Dio come un centro posto in mezzo
ai quattro cerchi concentrici della mente, dell'anima , della natura e della
materia, ce lo dipinge come una forza infinita che da un punto solo raggia a
tutti i punti delle circonferenze l'essere e la verità, il bene e la bellezza.
Unità assoluta Dio penetra per tutto senza dividersi, proroca e regola il moto
senza muoversi, produce il multiplo e il vario senza uscire di sua perfetta
semplicità. Con un medesimo lume con una medesima efficacia egli raggia nel
cerchio delle menti angeliche le idee o verità , in quello delle anime le
ragioni o pensieri; nel cerchio della natura i semi; in quello della materia le
forme. In questi cerchi sono tre mondi che mediante la divina virtù
passano dal nulla all'essere, dal caos all'ordine, dall'ordine alla perfezione;
i mondi cioè della mente, delle anime e dei corpi. Ciascuno di essi è creato,
attratto e perfezionato da Dio, il quale come fattore è principio, come
perfezionatore è fine, come potenza attrattiva è mezzo universale degli enti. E
il ternario della vita universale, mentre si manifesta nel ritmo cosmico della
creazione, attrazione, e perfeziono delle cose, si palesa eziandio nella
sostanza dei tre mondi della mente, dell'anima e della materia, e più alto
ancora nel triplice attributo di Dio: Bontà, il bello e Giustizia. La Bontà
crea, la Bellezza attrae, la Giustizia consuma l'opera dell'una e dell'altra.
Cosicchè per ultimo tutto procede fontalmente da Dio, tutto è a Dio rapito e in
lui tutto ritorna e consiste per atto terminativo o perfetto; tutto viene
dall'unità e all'unità si riduce; e la causa principale di questo movimento è
la bellezza, l'atto per così dire centrale di questa circolazione della vita è
l'amore, amore perfetto e pieno possessore del bello in Dio, amore imperfetto e
ricettore meno ampio del suo splendore nel mondo e nell'uomo, nell'angelo,
nell'anima e nel corpo. « Con essa (bellezza) dice Ficino, Dio rapisce a
se il mondo « e il mondo è rapito da lui; un certo continuo attraimento è « tra
Dio e il mondo; che da Dio comincia e nel mondo « trapassa, e finalmente in Dio
termina, e come per un « certo cerchio, d'onde si ripartì, ritorna. Sicchè un
cerchio « solo è quel medesimo da Dio nel mondo, e dal mondo in « Dio, e in tre
modi si chiama. In quanto ei comincia in « Dio o alletta, Bellezza; in quanto
ei passa nel mondo o « quel rapisce, Amore; in quanto, mentre che ei ritorna
nello « autore, a lui congiunge l'opera sua, dilettazione. Lo amore « adunque
cominciando dalla bellezza, termina in dilettazione». Egli è a questa
dilettazione o beatitudine che Ficino ci chiama, facendosi interprete della
religione che suol chiamarsi naturale, del Cristianesimo e del
Platonismo; egli ce la promette nella vita sopramondana; in quell' Iperuranio
che Platone da sublime poeta dipinge nel Fedro, in quel Cielo che il genio di
Dante sparge di luce e letizia crescente di sfera in sfera fino alla bellezza
sfolgorante dell'Empireo e alla maestà del trono divino. Nella sua
immaginazione, riscaldata dal misticismo, i due concetti si fondono, i due
cieli si unificano, le due religioni si mescolano in una essenza comune, e la intuizione
poetica guida e signoreggia la mente del filosofo. Il linguaggio di Dante e di
Platone viene successivamente e promiscuamente sulle sue labbra; poichè ora
egli vede l'amor divino menar gli animi alla mensa dei celesti abbondante di
ambrosia e di nettare, ora contempla l'ordine in cui il medesimo amore dispone
per così dire i loro scanni, e la distribuzione con cui li rende quieti e
beati. Ficino ammira la perenne effusione e letizia di un affetto che sempre si
rinnova e si bea nella sua fonte eterna; congiungendo la terra al cielo, la
vita mondana alla celeste, egli ravvisa nell'amore il vincolo dell'una e
dell'altra, una medesima forza che si svolge e si perfeziona e quasi un
medesimo dramma che s'inizia nella prigione del corpo e si compie in una
esistenza pienamente libera e spirituale. Imperocchè i gradi di quelli che
seggono nel convito celeste, dice Ficino, seguitano i gradi degli amanti;
quelli che più eccellentemente Dio amarono, di più eccellenti vivande quivi si
pascono. Ciascuno lo göde sotto un aspetto, e cioè sotto quel medesimo che più
amd e imitd sulla terra; in lui la giustizia, la fortezza, la temperanza
contempla il beato e fruisce secondo la virtù che lo distinse, secondo il mezzo
onde il suo amore si sublimo, e l'idea onde la sua mente fu più inva
ghita. Ma qualunque sia il principio che informa la beatitudine di
ciascun'anima, esso è sempre un aspetto di Dio, e per così dire uno splendore
del suo volto; cosicchè la gerarchia delle idee divine costituisce i gradi
della beatitudine e la medesimezza della divina natura ne forma l'unità.
Ecco ora spiegato l'enigma dell'amore secondo Marsilio Ficino; nell'ultima
parte di questa dottrina voi ravvisate un predominio del sentimento religioso e
dell'intuizione poetica sulla ragione filosofica, un'abitudine di dogmatizzare
che si sostituisce all'atto schietto dell'osservare e del ragionare, o
nondimeno una sintesi di concetti e di rappresentazioni che formano un
tutt'insieme elevato e degno della nostra ponderata considerazione; sopratutto
per le sue attinenze coi fini che Marsilio si proponeva, colla causa della
religione allora cosi decaduta nei costumi e nelle credenze, e alla quale ogli
si consacrava; colla poesia pazionale che mercè do'suoi commenti si
ricongiungera all'Estetica di Platone; finalmente coll'arte che nella patria di
Giotto e del Beato Angelico conseguira, mediante i suoi lavori, una coscienza
più piena della propria idealità, e una spiegazione più compiuta delle sue
inspirazioni. Grau differenza certo è fra Platone c colui che volle
essere suo schietto discepolo, ma non vi riuscì, nè poteva impedito dal suo
proposito di conciliare la dottrina del filosofo Atoniese col Neoplatonismo
degli Alessandrini e l'uno e l'altro col Cristianesimo. Platone avera bensì
additato all'anima umana la bellezza incrcata e perfetta como termino supremo
della sua contemplazione; aveva egli detto veramente che il corpo è una
prigione per essa, e che la sua vita comincia colla morte corporeil ; aveva
insegnato como un sublime do [ocr errors] vere la fuga dalle cose
sensibili alle intelligibili, dai fenomeni alle idee, e qualche altro
pronunciato si troverebbe ancora nelle sue opere che divenne pei posteri germe
prolifico di dottrine mistiche ed esclusive. Ma egli aveva pure fatto
dell'amore un demone, e come un mediatore fra l'uomo e Dio, una sintesi dei
contrarii, un misto di perfezione e d'imperfezione; per cui innalzandolo al
cielo non lo separava dalla terra, rendendogli le ali non lo dividera dalle
passioni e dagli istinti che nei suoi miti stupendi sono rappresentati dai
cavalli del cocchio dell'anima e si connettono con le necessità, i fini e le
vicende della vita terrena. Egli definisce 'propriamente l'amore il desiderio
di generare nella bellezza, e dividendo questa generazione in materiale e
spirituale, egli vede soggiacere all'impero e al connubio fecondo dell'amore e
del bello la vita filosofica, religiosa, morale artistica e fisica dell'umanità
; per lui le opere belle e buone provengono tutte dall'idea e dall'amore, e la
unione e fecondità di entrambi si scorgono nella vita dei grandi poeti, dei
fondatori della religione, dei legislatori più sapienti, dei filosofi più
sublimi, come nelle leggi secrete che astringono la vita del mondo al
mantenimento dell'ordine universale e nei moti istintivi che portano gli
animali all'accoppiamento e alla perpetuazione della specie. Così è,
Platone, a malgrado della tendenza profondamente idealistica della sua
filosofia, non separa l'amore dalla realtà, e anzi talvolta lo lascia
cosiffattamente errare fra gli scogli dei costumi e della società greca, che vi
rompe spesso e perde le penne leggiere che debbono volgerlo all' alto e
portarlo dalla terra al cielo. Nella dottrina platonica il carattere
religioso dell'amore si fondava sul razionale, rimaneva dialettico e non
si tramutava in un processo mistico. Sotto la guida dell'intelletto saliva
dall'umano al divino per ricongiunger questo a quello, benchè i due termini non
vi fossero uniti in quella intimità profonda che la trascendenza delle idee
platoniche non poteva ammettere. La separazione originaria dell'intelligibile
dal sensibile vi apriva bensì un adito al misticismo, come un mezzo di supplire
alla insufficienza speculativa della metessi o partecipazione, ma non
l'introduceva se non accessoriamente col mito e la immaginazione, chiamati a
simboleggiare i misteri dell'oltretomba e a rappresentare artisticamente
concetti scientifici sulle attinenze dell'anima col corpo e sulla produzione
del mondo. Ma la dialettica ontologica di Ficino foggiata su quella di Proclo
non poteva mantenersi in questi confini. Presso di lui l'amore sembra non
avere altr'ufficio sulla terra che di indirizzarci al cielo, i suoi ministerii
antropologici, sociali, artistici, scientifici non valere che a rispetto della
sua meta suprema. Era questi mezzi Ficino ne distingue principalmente quattro,
la poesia, la religione, la divinazione o dono profetico e l'amor divino, e,
nel suo modo di vedere, l'opera del sentimento predomina in essi talmente sulla
ragione che dilatando il concetto attribuito dal Socrate platonico nel Fedro a
Stesicoro e applicato nello Jone specialmente alla facoltà poetica, egli chiama
furori gli affetti dai quali dipendono e misura i loro pregi dall'impulso
entusiastico col quale concorrono ad unificar l'animo, toglierlo all'agitazione
e al moto, accostarlo all'immobilità dell'angelo, e finalmente rapirlo in
estasi sopra la moltitudine delle cose mondane fino all'essenza e unità divina
('). M) A conferma del carattere mistico del Commento di f'icino si aggiunga
che nell'orazione quarta detta dal Landino il grazioso mito. In Platone l'amore
collegandosi colle simpatie naturali e colle tendenze ideali nobilitava gli
istinti, stendeva un velo di bontà morale sulla passione, rendeva gli amanti
intenti al reciproco, perfezionamento, desiderosi della vicendevole felicità,
ammiratori di una comune bellezza; di guisa che in forza della efficacia
ideale, dell' amore, un raggio di poesia e di virtù si stendeva sulle sue
condizioni reali, ne purificava le funzioni e i fini, ne connetteva i'
risultamenti col bene dell'individuo e della società. Questo aspetto
stupendo dell'affetto umano in cui risplende il bene pratico e civile, che si
connette con l'eroismo e la gloria, con le virtù operative e feconde, o è stato
trascurato o almeno non ha ricevuto il necessario srolgimento nella dottrina di
Marsilio. Egli ci ammonisce per vero che dobbiamo, amar Dio in tutte le cose, e
tutte le cose in Dio, e che per gịungere a questa purificazione dell'amore ci è
mestieri di contemplare la pura essenza delle cose nella luce dei loro tipi
ideali, che sono il raggio immediato della Verità e Bontà divina. Là noi
troveremo il vero uomo , là vedremo la natura e il fine degli enti, il vero
oggetto di tutti i nostri ufficii. Ma in che modo questi bei precetti possono
essi applicarsi alla vita ? Ficino non ce lo dice; Ficino non discende da
quest'altezza. Mentre Platone segue l'amore nelle sue fatiche e nelle sue
ansie, mentre abbracciando con ardore il doppio ordine della degli
Androgini esposto da Aristofane nel Convito platonico è nel Commentu di Ficino
trasportato dalla integrità e divisione dell'uomo alla integrità o divisione
delle relazioni della conoscenza o attività psichica col lume sopranaturale e
naturale. Separata. da Dio e aflidata al solo lame ingenito l'anima è come
ridotta alla metà di se stessa, frutto della sua superbia. Essa non ritrova
l'altra sua metà e non si reintegra che ritrovando il lume sopranaturale.
vita attiva e contemplativa lo conduce di grado in grado ad ammirare le
bellezze del mondo ideale per farne penetrare la luce nelle operazioni e nelle
forme del mondo reale, Ficino si contenta d'allontanarlo il più possibile dal
corpo e dai suoi piaceri, di persuaderlo che la vista, l'udito e l'intelletto
sono i soli mezzi di cui possa giovarsi al suo vero scopo. Ottimi intendimenti,
eccellenti consigli, e certamente efficaci sugli animi ben naturati, quando
vadano congiunti a due importanti condizioni, e cioè 1° di non dimezzare la
natura umana dimenticandone gli imperiosi bisogni, gl' istinti e i fini
provvidenziali, e 2o d'aprire all'umana attività una carriera in cui le sue
passioni abbiano sfogo regolandosi colle norme della scienza della virtù. No,
le idee non son fatte soltanto per essere vagheggiate da solitarii ed egoisti
contemplativi, ma eziandio per essere recate all'atto, e sposate per così dire
al mondo con fecondo connubio. L'idealismo non può essere la guida della
umanità senza l'appoggio del realismo; l'uno e l'altro presi isolatamente sono
esclusivi; la loro unione soltanto è vera e feconda. Invano Ficino rapito dalla
idea della bellezza assoluta e vedendola scaturire dall'unità divina, mi
traccia la via d'amare e mi consiglia di cercarne l'oggetto nell'unità degli
enti spirituali, salendo dal corpo (forma) all'anima, dall'anima all'angelo,
dall'angelo a Dio; in questa salita in cui la scienza gli rimprovera di
realizzare l'astratto, separando la mente dall'anima per crear l'angelo, e di
trasportare le tradizioni religiose nelle dottrine filosofiche, il cuore umano
separato dalla realtà gli domanda imperiosamente di far ritorno alle sue vere
condizioni; egli vuol essere innalzato, ma al patto di riportar tosto dalle sue
peregrinazioni celesti, e, per cosi dire dal convito dei beati, [ocr
errors][ocr errors][merged small] quel nettare e quell' ambrosia che spargono
di giustizia e bellezza le relazioni della vita, che pascono lo spirito di
verità ideale per renderlo efficace operatore di beni e di virtù reali. Invano
Ficino conforta i suoi contemporanei a contentarsi, nell'amore, degli atti
della vita contemplativa; inutilmente egli deplora i corrotti costumi di una
società scettica e dimentica del dovere. La baldanza trionfante dei sensi e
della materia resiste alla sua voce come a quella del Savonarola. Lorenzo il
magnifico non si distoglie dal suo epicureismo, e la gioventù fiorentina
concorre avida e frequente a crescere il numero dei suoi imitatori. L'ascetismo
del frate riformatore e il misticismo del sacerdote filosofo sono rimedii
troppo superiori alle abitudini della società contemporanea. Essi sarebbero
insufficienti a ricondurre qualunque altra società a quelle virtù che
rampollando dalle nostre relazioni colla famiglia, colla patria e coll'umanità,
innalzano l'amore pei gradi di una gerarchia disposta dalla natura fra
l'individuo e l'autore del mondo morale. In questo ordine non bene apprezzato
dall'idealismo stesso di Platone, consiste la vera salita d'amore; in queste
sfere egli pud essere ad un tempo divino e umano, religioso e civile; egli pud
diventar sublime senza cessare di essere pratico, prender per guida l'idea
senza perdere di vista la realtà; in esse può spiegarsi la sua forza dal
modesto affetto che nudrisce e veglia la vita infante delle mortali generazioni
fino all'eroismo che rapito dalla bellezza della giustizia sacra e immola se
stesso al trionfo della libertà e del diritto. A questo segno aveva
mestieri di essere condotta Firenze, a questa meta avrebbe dovuto rivolgersi
l'Italia sulla fine del 400, per rifare le proprie convinzioni, per correggere
i suoi costumi, per dare alla forza materiale un fondamento incrollabile
nella forza morale. In questo modo essa avrebbe dovuto provvedere per
tempo a se medesima, e opporre l'usbergo della virtù e del coraggio allo
straniero che stava per immergerle il ferro nel seno. Egli venne attratto dalla
sua bellezza; la trovò mal difesa, la vinse e se ne insignor). Videro i
sapienti di quel tempo lo strazio ch'egli ne fece schernendo la sua debole
resistenza, e Ficino era fra essi. Lagrimò il pio sacerdote su tanto
male, ricordd agli uomini i loro trascorsi e i segni del cielo forieri di
punizione; gl'invitd a rassegnarsi e a pentirsi. Un altro conforto egli porse a
Firenze afflitta, interponendosi fra essa e Carlo VIII, e con orazione più
informata a carità che a fermezza, si sforzo di volgere l'animo di lui a miti e
clementi consigli. Cristiane intenzioni, pietosi ufficii! Ma altri aiuti, altri
difensori richiedevano i tempi, e l'energia di Capponi mostrd di che tempra
sono gli animi da cui dipende la salvezza dei popoli. Il libro di Ficino sopra
l'Amore consta di Orazioni che espongono e commentano con indirizzo
neoplatonico, quelle che sono contenute nel Convito di Platone. Ficino stesso
narra nel capitolo primo l'origine e lo scopo del suo lavoro. Platone
spird (secondo la tradizione) in un convito nell'ottantunesimo anno di sua età
il 7 di ottobre, giorno anniversario della sua nascita, cosicchè gli antichi
platonici, ogni . anno, celebravano cotesto giorno in un convito. Abbandonato
per mille e dugento anni da Porfirio in poi il rito solenne, fu restaurato con
regale apparato per ordine di Lorenzo il Magnifico nella villa di Caregri,
sotto la direzione di Francesco Bandini che ne fu costituito
Architriclino. I convitati furono 9, pari cioè al numero delle muse.
Sette figuransi le orazioni dette e corrispondono a quelle che sono contenute
nel Convito platonico. Si trassero a sorte le parti da sostenersi e la sorto
presaga dell'intenzione del vero commentatore le distribui precisamente nel
modo più conveniente alle qualità dei personaggi del nuovo Simposio. Cosicchè
la orazione di Fedro, bello e giovane retore, tocca a Giovanni Cavalcanti, che
per virtù e nobiltà di animo come per bellezza esteriore fu chiamato l'eroe del
Convito; la seconda detta da Pausania ad Antonio degli Agli vescovo di Fiesole,
la terza di Erissimaco medico a Ficino; la quarta di Aristofane a Cristoforo
Landino; la quinta di Agatone a Carlo Marsuppini, la sesta di Socrate a Tommaso
Benci, la settima di Alcibiade a *Cristoforo* Marsuppini. Ma il vescovo e il
medico debbono partire per la cura delle anime e dei corpi e commettono le
loro disputazioni a Giovanni Cavalcanti. Ficino non poteva essere più cortese
coi suoi discepoli e amici platonici. In questo banchetto reale la cui fatica
ideale e commemorativa è tutta sua egli si è ecclissato. Anche il Nuti e il
Bandini che insieme cogli oratori compiono il numero sacro delle nove muse non
sono da lui dimenticati. Al Bandini ordinatore del banchetto non aveva bisogno
di attribuire altra parte che quella assegnatagli da Lorenzo. Dal Nuti suppose
fatta la lettura del Simposio platonico premessa ai commentarii. Secondo
Bandini sarebbe Cavalcanti che avrebbe persuaso Ficino a scrivere il dialogo
dell’amore per invogliare la gioventù del celeste bello. La versione
toscana del Commento di Ficino al Convito essendo divenuta ziuttosto rara, e
desiderando far conoscere con qualche particolarità le speculazioni del
filosofo fiorentino sull'Amore, stimo opportuno di aggiungere alcuni estratti
alle citazioni contenute nel testo. Definizione della Bellezza e dell'
Amore. Il bello è una certa grazia, la quale massimamente e il più delle
volte nasce dalla corrispondenza di più cose; la quale corrispondenza è di tre
ragioni. Il perchè la grazia che è negli animi è per la corrispondenza di più
virtù. Quella che è nei corpi, nasce per la concordia di più colori e linee. È
ancora grazia grandissima ne' suoni, per la consonanza di più voçi. Adunque di
tre ragioni è la bellezza; cioè degli animi, de' corpi e delle voci. Quella
dell'animo con la mente sola si conosce : quella de' corpi con gli occhi ;
quella delle voci non con altro che con gli oreochi si comprende. Considerato
adunque che la mente e il vedere e lo udire son quelle cose, con le quali sole
noi possiamo fruiro essa bellezza ; e lo amore di fruire la bellezza desiderio
sia ; bo. Amore sempre della mente, occhi è orecchi é contento. Lo appetito che
gli altri sensi seguita, non amore, ma piuttosto libidine o rabbia si
chiama. Finalmente che cosa è un corpo bello? Certamente è un certo atto,
vivacità e grazia , che risplende nel corpo. Questo splendore con discende
nella materia, s' ella non è prima attissimamente preparata. E la preparazione
del corpo vivente in tre cose s'adempie, ordine, modo e specie. L'ordine significa
la distanza delle parti, il modo significa la quantità, la specie significa lincamenti
e colori. Perchè in prima bisogna che ciascuni membri del corpo abbino il sito
naturale, e questo è che li orecchi, li occhi, il naso e. gli altri membri
siano ne' luoghi loro, e che gli orecchi" 'amendoi egualmente sieno
discosti dagli occhi. E questa parità di distanza che s'appartiene all'ordine,
ancora non basta, se non vi s'aggiunge il modo delle parti: il quale
attribuisce a qualunque membro la grandezza debita, attendendo alla proporzione
di tutto il corpo. E questo è che tre nasi posti per lungo adempino la
lunghezza d'un volto ; e ancora li due mezzi cerchi delli orecchi insieme
congiunti, faccino il cerchio della bocca aperta: e questo medesimo faccino le
ciglia se 1222, me si congiungono. La lunghezza del naso ragguagli la lunghezza
del labbro e similmente dello orecchio : e i due tondi degli occhi , ragguaglino
l' apertura della bocca, otto capi faccino la lunghezza di tutto il corpo: c similmente
le braccia distese per lato e le gambe distese faccino l' altozza del corpo.
Oltre a questo stimiamo essere necessaria la spezie; acciocchè li “artificiosi”
tratti delle linee e le crespe, e lo splendore degli occhi adornino l'ordine e
modo delle parti. Queste tre cose benchè nella materia siano, nientedimeno
parte alcuna del corpo essere non possono. L'ordine de'membri, non è membro
alcuno : perchè lo ordine è in tatti. i membri, o nessun membro in tutti i
membri si ritrova. Aggiugnesi che lo ordine non è altro che conveniente
distanza delle parti; e la distanza ė o nulla , o vacuo , o un tratto di
lince. Ma chi dirà le linee essere corpo? Conciossinchè manchino di latitudine,
e di profondità , necessarie al corpo. Oltre a questo il modo non è quantità,
ma è termine di quantità. I termini sono superficie, linee, punti, le quali
cose non avendo profondità non si debbono corpi chiamare. Collochiamo ancora la
spezio non nella materia, ma nella gioconda concordia di lumi, ombre e linee.
Per questa ragione si mostra essere il bello dalla materia corporale tanto
discosto, che non si comunica a essa materia, se non è disposta con quelle tre
preparazioni incorporali, le quali abbiamo narrate. Tre mondi pongono (i
Platonici): tre ancora saranno i caos. Prima che tutte le cose è Iddio autore
di tutto, il quale noi esso Bene chiamiamo. Iddio prima crea la mente angelica
: dipoi l'anima del mondo come vuole Platone: ultimamente il corpo dell'
Universo. Esso sonimo Iddio non si chiama mondo, perchè il mondo significa
ornamento di molte cose composto : ed cgli al tutto semplice intendere si
debbe. M:: esso Iddio affermiamo essere di tutti i mondi principio e fine. La
mente angelica è il primo mondo fatto da Dio; il secondo è l'anima
dell'universo, il terzo è tutto questo edifizio che noi veggiamo. Certamente in
questi tre mondi, ancora tre caos si considerano. In principio Iddio creò la
sostanza della mente angelica, la quale ancora noi essenza nominiamo. Questa
nel primo momento della sua creazione è senza forme e tenebrosa: ma perchè ella
è nata da Dio, per un certo appetito innato , a Dio suo principio si rivolge:
voltandosi a Dio, dal suo raggio è illustrata, e, per lo splendor di quel
raggio, s'accende l'appetito suo. Acceso tatto a Dio si accosta ; 'accostandosi
piglia le forme; imperocchè Iddio che tutto può, nella mente che a lui si
accosta, scolpisce la natura di tutte le cose, che si creano. In quella adunque
spiritalmente si dipingono tutte le cose che in questo mondo sono. Quivi le
spere de' cieli, e degli elementi, quivi le stelle, quivi la natura de' vapori,
le forme delle pietre , de' metalli, delle piante, e degli animali si generano.
Queste spezie di tutte le cose, da divino aiuto, in quella superna mente
concepute, essere le idee non dubitiamo ; e quella forma e idea de' cieli,
spesse volte Iddio cielo chiamiamo; e la forma del primo pianeta Saturno, e del
secondo Giove, e similmente si procede ne' pianeti che seguitano. Ancora quella
idea di questo elemento del fuoco si chiama Iddio Vulcano, quella dell'aria
Junone, e dell'acqua Nettuno, e della terra Plutone ; per la qual cosa, tutti
gli dei assegnati a certe parti del mondo inferiore, sono le idee di queste
parti in quella superna mente adunate. Ma innanzi che la mente angelica da Dio
perfettamente ricevesse le idee, a lui si accostò; e prima che a lui si
accostasse, era già di accostarsi acceso lo appetito suo ; e prima che il suo
appetito si accendesse, aveva il divino raggio ricevuto : e prima che di tale
splendore fosse capace , lo appetito suo naturale a Dio suo principio già si
era rivolto E il suo primo voltamento a Dio è il nascimento d'amore; la
infusione del raggio, il nutrimento d'amore, e lo incendio che ne seguita,
crescimento d'amore si chiama. Lo accostarsi a Dio è lo impeto d'amore ;
[ocr errors] la sua formazione è formazione d'amore, e lo adunamento di tutte
le forme e idee i latini chiamano Mondo, e i greci Cosmo, che ornamento
significa. La grazia di questo mondo e di questo ornamento è la bellezza alla
quale subitamente che quello amore fu nato, tirò e condusse la mente angelica ,
la quale essendo brutta (caos) per suo mezzo bella divenne. Però tale è la
condizione di amore che egli rapisce le cose alla bellezza, e le brutte alle
belle aggiugne. Amore legame universale. Secondo che mostrammo, questo
desiderio di amplificare la propria perfezione, che in tutti è infuso, spiega
la nascosta e implicata fecondità di ciascuno, mentre che costringe germinare
fuori i semi : e le forze di ciascheduno trae fuori : concepe i parti , e quasi
con chiave apre i concetti e produce in luce. Per la qual cosii, tutte le parti
del mondo, perchè sono opera di uno artefice, e membri di una medesima
macchina, tri se in essere e vivere simili, per una scambievole caritii insieme
si legano. In modo che meritamente si può dire lo Amore nodo perpetuo, e
legaine del mondo, e delle parti sue immobile sostegno, e della universa
macchina primo fondameuto. Bonghi ha intrapreso sino dalla sua giovinezza il
convito. Le implicature di Bonghi non valgono solo per lo sforzo quasi sempre
felice di rendere i pregi mirabili del convito, segnatamente di quelli che si
distinguono maggiormente per la forma arguta, agile e briosa del conversare, ma
ben anco per gli studi profondi che da ellenista consumato e da pensatore acuto
e vigoroso, egli ha compiuti sul testo e sulla dottrina del grande filosofo, e
che in varia maniera e intento diverso di scritti, allargano la sua
pubblicazione alle proporzioni di un commento filologico e filosofico, nonché
di una illustrazione storica della dottrina dell’amore. L'erudizione di cui
Bonghi dispone e a cui non isfugge nulla delle letterature straniere che
risguardi l’Ellenismo in generale e particolarmente la filosofia romana, gli
permette di trattar il soggetto in guisa da abbracciare i risultati delle
ullime ricerche e della critica più recente. La distribuzione di questo volume,
che è il sesto pubblicato, benchè porti la cifra IX e tale debba esser il suo
posto nell'intera versione dei Dialoghi, può dare un'idea del modo di procedere
in questi lavori. Bonghi apre il convito con un messagio ad un ignoto in cui si
discorre con quello spirito arguto e vivace e veramente romano che tutti
riconoscono nel Bonghi, dell'amore che, nonstante un titolo diverso, forma veramente
la sostanza del convito, non senza toccare lo scabroso argomento degli amori
greci e far intendere con delicatezza perchè la dedica di un tal dialogo non potesse
rivolgersi ad un ignore, ma dovesse, per così dire, farsi in petto e rimanere
misteriosa. Non possiamo trattenerci sulla rapida scorsa data da Bonghi in
questa prefazione alla storia della dottrina dell’amore, ovveramente sugli
accenni ch'egli fornisce a chi vorrà intraprenderla. Ci basti rilevarne queto
tratto che, a suo avviso, la dottrina dell'amore assai probabilmente non
sarebbe nata senza la depravazione del bisogno e del sentimento che ha spinto l'animo
di Socrate a sublimare tanto l'amore, quanto nei costumi romani, era divenuto
basso e turpe; congettura suggerita certamente da un fatto storico e dalla sua
connessione con una grande filosofia, ma che può parere soverchia considerando
che la dialettica romana eleva lo spirito dal finito all'infinito per le due
vie unite del pensiero e dell'amore, il cui oggetto comune è l'idea. Non v'ha
dubbio che il vizio dell’amore ‘volgare’ combattuto da Socrate porse
un'occasione e una forma particolare allo svolgimeno e sopratutto alla esposizione
di questa dialettica. Ma essa è talmente connaturata all'intero corpo della
dottrina dell’amore e e penetra del suo influsso talmente la psicologia filosofica,
da permettere di vedere nella salita dell'amore in dio una parte della su’essenza.
Anche senza gli amori cosi detti romani, il sentimento umano avrebbe sempre
offerto nelle sue inevitabili deviazioni qualche altra occasione a questa dottrina. Dopo
la prefazione anzidetta viene nel volume un proemio nei quali si tratta successivamente
del convito di Senofonte, del convito di Platone, del paragone dei due conviti,
della dottrina esposta nel convito di Platone, poi della storia della dottrina
dell’amore affini in Aristotele (amore del amico, amicizia, l’aporia
dell’amicizia), negli Stoici e negli Epicurei, e nel Paganesimo rinascimentale.
Seguono copiose ed erudite note alla prefazione ed al proemio, poi il Convito
platonico e il convito di Senofonte, ugualmente accompagnate da note e
commenti. Con molta acuratezza ed analisi finissima, si espone il soggetto e
l'ordito del convito senofonteo mostrando come bensi l'arte non vi sia
estranea, ma come anche vi si ritragga un fatto realmente avvenuto coi
personaggi che vi presero parte. Senofonte può avere abbellito o modificato in
qualche parte i discorsi che vi furono tenuti, ma egli ne ha, senza dubbio,
riferita la sostanza e conservato il carattere. Callia, Autolico, Antistene,
Socrate e gli altri vi assistettero e vi presero la parola e doveltero farlo in
modo conforme all'indole nota di ciascuno. Inducono tanto più a crederlo il
modo, il soggetto e l'ordine vario dei discorsi di questo Convito. Ciascuno dei
convitati parla di ciò di cui più si tiene, di guisa che se la relazione di
Callia col giovane Autolico porge occasione a discorrere dell'amore, e l'amore
ne diventa tanta parte, ognuno peraltro loda ciò che è più conforme al suo
gusto e gli pare più degno. Il vero scopo del convito senofonteo è di
mostrare uno degli aspetti molteplici della personalità di Socrate e
precisamente di dipingerla quale era in una allegra brigata fra amici che si
ricambiano piacevolmente lo scherzo. E difatto Socrate vi è chiamato ruffiano,
ed egli stesso accetta e si piace di essere chiamato cosi e si tiene del suo
ruffianesimo più che di ogni altra cosa, ma la sua arte di mezzano è altamente
morale e civile. Essa intende a mettere ciascuno in relazione col proprio
spirito, e gl'individui che meritano le sue premure in relazione gli uni cogli
altri in modo da porre concordia di virtù e d'amore fra i cittadini, amicandoli
con sè stessi e rendendoli utili alla patria. Essa è ben più ri-formatrice dei
costumi romane relativi all'amore, e tale appare negli atti e nei discorsi di
Socrate riferiti in questo convito, poichè egli, olre allo insegnare il modo di
volgere al bene intellettuale e civile l'amore pei fanciulli
spiritualizzandolo, per cosi dire, mostra chiaramente di condannarlo nella sua
parte materiale coll'additare la legittima via segnata dalla natura alla
passione amorosa. Il convito di Platone deve essere succeduto al convito del
suo con-discepolo Senofonte. I personaggi non sono i medesimi che quelli del
convito senofonteo. L'ordine dei discorsi non è libero come in quello, nè il
soggetto loro vario e a scelta, ma l'uno e l'altro sono prestabiliti secondo il
disegno di svolgere nei suoi vari aspetti l'argomento filosofico sull’amore; il
quale successivamente da Fedro, da Pausania, da Erissimaco, da Aristofane, da
Agatone e da Socrate -- che riferisce un altro dialogo -- è considerato, descritto
e lodato come un dio e come un sentimento, un simbolo mitico e un fatto fra
l’amante e l’amato, ora come forza cosmica e funzione essenziale della vita
universale, principio della generazione e della perpetuità delle specie, ora
nel mito festevolmente inventato da Aristofane come mezzo di completare la
nostra imperfetta natura mediante l'unione delle facoltà e delle attitudini che
ci mancano e il cui complesso si trova in origine fuso nella unità della
essenza umana primitiva, finalmente come mezzo d'innalzarsi, dietro la scorta
delle idee, dal bello individuale o particolare alla unità di sua specie e di
suo genero. Noi non possiamo riprodurre dalla dotta e particolareggiata
esposizione del Bonghi questi discorsi. Ci limiteremo a riferire i gradi della
scala dialettica segnati, nel discorso Socrate per salire all'ultimo oggetto
dell'amore. La corpo bello è il primo scalino. Ma in questo primo passo è un singolo
corpo bello quello a che muove l'amante. Un secondo gradino consiď ste nel distaccarsi
dal corpo bello singolare, considerando il bello che splende nel singolo corpo.
C’e un genero del corpo bello. Questo fatto ha occasione di montare un terzo
gradino. Questo e la comparazione generale e superior di una multitudine di
corpi belli singolari. Il quarto gradino e l’orgasmo mistico dell’amante altre
il singolare corpo bello iniziale dell’amato. L'azione ch'egli esercita su questa,
intrattenendola con ragionamenti adatti a renderla migliore e ricercandone di
tali, gli è motivo a riconoscere che v'ha un genero del bello, il quale
irraggia del pari (ogni condotta di vita e ogni prescrizione di legge. Questo e
il quinto gradino. Dal quale l'ascensione prossima è alla contemplazione del
bellissimo, ch'è sesto gradino. A questo punto egli ha già contemplate
molte corpi belli; s'è già distaccato da ogni corpo bello singolo; si ha già
liberato da ogni attaccamento particolare; sicchè è già in grado di contemplare
un bello, che su tutte « tal bello s' elevi e tutto le raduni, e acquistarne
scienza. Questo è il gradino settimo. Ma v'ha ancora più in su di quea sto, un
bello, in cui ogni molteciplità o differenza si consuma e spira. Dal bello di
cui vi ha scienza, vi s'ascende, (e colla contemplazione di esso si giunge al
sommo della « scala. Che natura ha questo bello supremo ? Perenne, immutabile, perfetto,
senza principio nè fine, sovrasensia bile inaccessibile a ragionamento o a
scienza, comuni cabile a ogni cosa integro sempre e non accresciuto (nè
scemato mai. Qui è il fine e la beatitudine della vita, qui è la fonte d'ogni
virtù vera. Nella contemplazione di questo bello si a raggiunge la maggiore
intrinsichezza col divino, e si diventa davvero immortali. Prima di giungere a
tanta altezza di pensiero e di esporre il processo dialettico di Socrate e
servendosi del suo metodo, tratteggia un'analisi di psicologia filosofica sull’amore
che s’inizia con la percezione dell’amante del corpo bello dell’amato -- in due
modi e cioè in termini concettuale e sotto i colori del mito giungendo col
primo alla definizione o concetto che ‘amore’ e ‘desiderio’ – ma un desiderio
specifico: di generare nel corpo bello. Questo concetto e simbolizzato nel mito
che representa l’amore come partorito dalla povertà unita al Dio Poro (Acquisto)
nel giorno in cui gli dei celebravano il natalizio di Venere. Quindi la natura dell’amore:
demone e non dio. Ma di tramezzante fra l’amante e l’amato sempre povero e
ricco insieme, pel bisogno che soddisfatto rinasce e si perpetua nella vita
perenne della specie dell’uomo. Il mito suddetto fece credere a parecchi
interpreti e critici che Platone quivi, come in altri luoghi, ricorresse a
invenzioni poetiche, quasi per nascondere la sua impotenza di arrivare
coll’analissi concettuale la perfezione espositiva delle parti più astruse
delle sue dottrina dell’amore. Ma al Bonghi sembra, e secondo noi con
ragione, che la spiegazione si trovi nel doppio aspetto dell'ingegno
tutt'insieme concettuale e figurative di lui. Questo e per esporre sotto forma
di iniziazione una dottrina esistente ancora allo stato di intuizione e non
sviluppata. Lo spazio ci manca per seguire l'autore nelle vicende dottrinali
subite dal concetto dell'amore nelle scuole sopraenumerate che il Bonghi
conduce colla sua solita perizia ed erudizione fino agli ultimi tempi del
Paganesimo rinascimentale di Ficino. Altre opere: Il genio di Aristotele. Discorso, Tip. delle
Muse, Firenze, Stato e relazioni della volontà, della coscienza e della personalità
nel sonno, «Il Cimento», Della filosofia e del metodo di Rosmini, «Il Cimento»,
Della filosofia del diritto presso Aristotele, «Il Cimento», Estr.: Tip.
Franco, Torino, Intorno alla filosofia esposta nelle Confessioni del Mamiani e
alle dottrine platoniche, «Riv. cont.», Sulle dottrine platoniche e sulla loro
conciliazione colle aristoteliche. Lettera a T. Mamiani, «Riv. cont.», Estr.:
Torino, Sulle attinenze della filosofia e sua storia colla libertà e
coll'incivilimento. Prolusione a un corso di storia della filosofia, Tip.
Niccolai, Firenze, Ciò che possa la Filosofia per l'istituzione civile dei
popoli. Discorso inaugurale per la riapertura del R. Istituto di Studi Superiore
di Firenze, Firenze, Rec. di P. L. da Savigliano, La filosofia di Bossuet; di
S. Turbiglio, Storia della filosofia; di C. Cantoni, G. B. Vico, NA, La libertà
del pensiero e la filosofia nelle università italiane, NA, L’epicureismo e
l’atomismo. Considerazioni storico-critiche a proposito di un libro recente,
FSI, IEstr.: Cellini, Firenze, Le Meditazioni cartesiane rinnovate nel sec XIX
da T. Mamiani, NA, L'arte della rinascenza e i suoi recenti critici, NA, Il
materialismo e la scienza moderna, NA, Rec. di Sesto Empirico, Delle
istituzioni pirroniane. Libri tre, tradotti da S. Bissolati, Imola, Anassagora
e la filosofia greca prima di Socrate, Polemica contro il materialismo, FSI, Rec. di R. Bobba, La protologia di Ermengildo
Pini, Torino, FSI, Vico e la filosofia della storia [Rec. di C. Cantoni, Studi
critici e comparativi; P. Siciliani, Sul rinnovamento della filosofia positiva
in Italia; T. Mamiani, Principii di cosmologia (Teorica del progresso), FS, Vinci
e la filosofia dell'Arte. Discorso, Unione tipogr. editr., Torino, Rec. di F.
Fiorentino, Pietro Pomponazzi. Studi storici su la scuola bolognese e padovana
del sec. XVI con molti documenti inediti, Firenze, ASI, sEstr.: Cellini,
Firenze, Niccolò di Cusa e la filosofia della religione, NA, Le forme del
pensiero filosofico o il metodo, FSI, IIl senso comune nella filosofia e sua
storia, FSI, IEstr.: Bernabei, Roma, Dei giudizi sintetici a priori nelle dottrine
italiane, FSI, Rec. di G. E. Kirchmann, La teorica del sapere, FSI, Filosofia
della Religione. Sulle attinenze della religione e della filosofia e sulla
incomprensibilità divina. Lettera al Conte Mamiani, FSI, Rec. di F. Fiorentino,
La filosofia della natura e le dottrine di Bernardino Telesio, Firenze, FSI, Estr.:
Paravia, Torino Del principio e concetto di ‘causa’ nella scuola di Herbart,
FSI, Vinci filosofo. Vita e scritti secondo nuovi documenti, NA, Vinci e l'idea
del mondo nella Rinascenza, NA, L'ultimo libro di Strauss e i suoi critici, La
forma del pensiero filosofico e l'ideale platonico della filosofia, FSI, Janet,
La dottrina dell'amore secondo Platone, FSI, Estr.: Tip. Paravia, Roma, L'evoluzione
storica dell'idea dell'anima e i sistemi filosofici, NA, Importanza della
psicologia nella filosofia moderna, FSI, La coscienza. Studio psicologico e
storico, FSI, L’Avvenire, Herbart, NA, Sulle vicende della filosofia in Roma.
Discorso, Tip. Civelli, Roma, Il metodo psicologico e lo studio della coscienza,
FSI, Cenni biografici su Giuseppe Ferrari, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip.
Salviucci, Roma, La psicologia di Pietro Pomponazzi, secondo un manoscritto
della Biblioteca Angelica di Roma, T, 3, 8, intitolato: Pomponatius in libros
de anima. Memoria del prof. Luigi Ferri,
«Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Salviucci, Roma, Sulle vicende della
fìlosofia in Roma. Discorso per la inaugurazione degli studi nella Università
di Roma «Annuario Univ. di Roma». Estr.: Civelli, Roma, La questione dell'anima
nel Pomponazzi, FSI, Estr.: Tip.
dell'Opinione, Roma, “L'io e la coscienza di sé”, (Grice’s “The I”), FSI, L’epicureismo, Firenze, NA,I Limiti
dell'idealismo, FSI, L'Idea, FSI, Sulla dottrina psicologica dell'associazione
considerata nelle sue attinenze colla genesi delle cognizioni. Saggio storico
critico, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Salviucci, Roma, La psicologia
dell'associazione dall'Hobbes ai nostri giorni, Bocca, Roma, Rec. di G.
Allievo, Il problema metafisico studiato nella storia della filosofia dalla
scuola ionica a Giordano Bruno(«Acc. Scienze Torino. Memorie», FSI, “L'assoluto”, FSI, Cicerone sui Doveri.
Conferenza, FSI,Rec. di A. Conti e G. Rossi, Esame della filosofia epicurea
nelle sue fonti e nella storia, Firenze, FSI, L’Accademia Platonica fondata in
Firenze dai Medici. «Acc. Lincei. Transunti», FSI, Helmholtz sulla percezione,
FSI, Delle Idee e propriamente della loro natura, classificazione e relazione, FSI, Il Positivismo e la Metafisica
(L'essenza delle cose), Estr.: Salviucci, Roma, Mamiani sulla religione, NA, L'Accademia
romana di S. Tommaso d'Aquino e l'istruzione filosofica del clero, NA, s. II,
vol. XXIV, 1880, pp. 613-Sulla recente restaurazione della filosofia scolastica
e tomistica considerata in ordine ai metodi degli studi ed alle attinenze dei
sistemi colla scienza e colla storia, «Acc. Lincei. Transunti», Vera, «Acc.
Lincei. Transunti», Sulla percezione esteriore e sul fenomeno sensibile, «Acc.
Lincei. Transunti», Rec. di Documenti intorno a Giordano Bruno, a cura di D.
Berti, Roma, FSI, La filosofia d’Aquino, FSI, Petrarca e il suo influsso sulla
filosofia del Rinascimento FSI, 316-340.
Estr.: Salviucci, Roma, FSI, Zanotti, La
filosofia morale di Aristotele. Compendio. Con note e passi scelti dell'Etica
Nicomachea per cura di L. Ferri e F. Zambaldi, G. B. Paravia e Comp., Torino, Dottrina
aristotelica del bene e sue attinenze colla civiltà greca e italiana, FSI, Spaventa,
«Acc. Lincei. Transunti», Relazione sul concorso al premio reale per le Scienze
filosofiche, «Acc. Lincei. Transunti», Il fenomeno nelle sue relazioni con la
sensazione, la percezione e l'oggetto, FSI, Ficino e la ‘causa’ della
rinascenza del platonismo nel quattrocento [unita longitudinale della filosofia
– la struttura delle revoluzione filosofiche] FSI, Vinci, NA, Il concetto di
sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di causa e di forza. Come
contributo al dinamismo filosofico, «Acc. Lincei. Memorie», s«Acc. Lincei.
Rendiconti», Estr.: Salviucci, Roma, Il platonismo del Ficino, FSI, La dottrina
dell’amore del Ficino, Una lezione elementare di psicologia. Fatti psichici e
fatti fisici, FSI, La giustizia nella repubblica utopica di Platone. A
proposito di recenti pubblicazioni, Storia della filosofia. Il platonismo di
Marsilio Ficino. Le idee e la dialettica. La dottrina dell'amore, FSI, Estr.:
Salviucci, Roma, Le malattie della memoria e la sostanzialità dell'anima, FSI,
Psicologia. I fatti psichici e i fatti fisici, Ercole, «Acc. Lincei.
Rendiconti», Conti, «Acc. Lincei. Rendiconti», sVera, «Acc. Lincei. Rendiconti»,
“Il concetto di sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di ‘causa’ e
di forza. Contributi al dinamismo filosofico. Memoria, Salviucci, Roma - Di
alcuni uffici della filosofia nelle condizioni morali del nostro tempo, FSI, La
psicofisiologia dell’ipnotismo), FSI, Il concetto di persona [cf. person and
personality – Grice’s transubstantiation], FSI, Rec. di A. Chiappelli, Del
suicidio nei dialoghi di Platone, FSI,
Mamiani, Lincei, «Acc. Lincei.
Rendiconti», Estr.: Tip. della R. Accademia dei Lincei, Roma, Delle condizioni
del sistema filosofico nel nostro tempo, «Acc. Lincei. Rendiconti», Mamiani,
RIF, I, Il fenomeno sensibile e la percezione esteriore, ossia i fondamenti del
realismo, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Acc. Lincei, Roma, Il monismo
filosofico, RIF, Rec. di A. Chiappelli, La cultura storica e il rinnovamento
della filosofia, RIF, ILettera a Pennisi-Mauro, RIF, Rec. di D. Levi, Giordano
Bruno o la Religione del pensiero. L'uomo, l'Apostolo e il martire, RIF, «Acc. Lincei. Rendiconti», Rec. di E. Dal
Pozzo di Mombello, L'evoluzione geologica inorganica animale ed umana, RIF, Le
lauree in filosofia, RIF, Della idea del vero e sua relazione colla idea
dell'essere, «Acc. Lincei. Rendiconti», «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip.
Salviucci, Roma, La filosofia politica in Aristotele, RIF, Rec. di M. Panizza,
La fisiologia del sistema nervoso e i fatti psichici, Roma, RIF, La definizione
del concetto, RIF, Rosmini e il decreto del Sant'Uffizio, Il Convito di Platone
tradotto da R. Bonghi, Roma, RIF, Della idea dell'essere, «Acc. Lincei.
Memorie», Estr.: Tip. Acc. Lincei, Roma, Berti, «Acc. Lincei. Rendiconti», Benzoni,
«Acc. Lincei. Rendiconti», La psicologia fisiologica e l'origine dei fatti
psichici, NA, sFranchi, NA, La dottrina della cognizione nell’hegelianismo
secondo Spaventa, RIF, La dottrina della conoscenza nell'Hegelianismo, RIF, Rec.
di E. Colini, Mamiani, Jesi, RIF, Rec. di D. Berti, Giordano Bruno da Nola, sua
vita e sue dottrine. Nuova edizione riveduta e notabilmente accresciuta,
Torino, RIF, Rec. di L. Credaro, Lo scetticismo degli Accademici, Le fonti - la
storia esterna - la dottrina fondamentale, Roma, RIF, Iordani Bruno Nolani
Opera inedita, manu propria scripta, RIF, Sui sistemi unitario e trinitario
dell'essere, RIF, Cenni bibliografici di pubblicazioni filosofiche di Tocco,
«Acc. Lincei. Rendiconti», - F.
Cicchitti-Suriani, Della dottrina degli affetti e delle passioni secondo la
filosofia stoica: saggio storico di psicologia morale con prefazione di L.
Ferri, Tip. Aternina, Aquila,Intorno al Pitagorismo in Italia, Nota, «Acc.
Lincei. Rendiconti», Estr.: Roma, Il problema della coscienza divina in
‘Esperienza e metafisica’ di Spaventa, RIF, Rec. di C. Lessona, Elementi di
Morale Sociale ad uso dei Licei (3° corso) e degli Istituti Tecnici, compilati
secondo gli ultimi programmi, RIF, L'Accademia Platonica di Firenze e le sue
vicende, NA, Estr.: Roma, Carle, «Acc. Lincei. Rendiconti», Della conoscenza
sensitiva, RIF, Alcune considerazioni sull’eclettismo, RIF, VAlcune
considerazioni sulle categorie, «Acc. Lincei. Rendiconti», Il Teeteto, tradotto da Bonghi, Roma NA, La
percezione intellettiva e il concetto, «Acc. Lincei. Rendiconti», Rec. di G.
Zuccante, Saggi filosofici, Renan, «Acc. Lincei. Rendiconti», Taine, «Acc.
Lincei. Rendiconti», La percezione intellettiva e il concetto,
Taine, RIF, Moleschott, RIF, Il carattere dello spirito italiano nella storia
della filosofia, NA, La psicologia dell'associazione da Hobbes ai nostri giorni,
Bocca, Roma); Estr.: Tip. Balbi, Roma); “Il carattere nazionale e il
classicismo nell’etica degli italiani, NA, Estr.: Tip. Forzani e C., Roma, Rec.
di F. Maltese, Socialismo, RIF, “L'evoluzione filosofica dell'idea dell'anima e
i sistemi filosofici” RIF; Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine, in G.
Ferrari, La mente di G. D. Romagnosi, Libreria Editoriale Milanese, Milano, a
cura di O. Campa, La Voce, Firenze 19243. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Treccani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Luigi Ferri. Ferri. Keywords: fisiologia dell’amore come desiderio –
psicologia filosofica dell’amore – l’amore e una specie di desiderio – con
relazione alla percezione dell’amante del corpo bello dell’amato --. il convito
di Platone nella traduzione di Bonghi ‘’ “Il convito di platone tradotto da R.
Bonghi” RIF, Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Ferri” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689395171/in/photolist-2mRCLwu-2mPY4jk-2mN1R8H-2mLLBQT-2mLGwFD-2mLP3hz-2mKBEmt-2mKT6cK-2mPvmTf-2mJd7nN-o1cZ1Z-nYkP5S-mujhJF-muktXS-mukt4N-mujkJt-mujmJz-muiPJa-muiFjz-mukwpq-mujjcR-mujo6x
Grice e Ficino –
amore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Figline Valdarno). Filosofo. Grice:
“If Ficino had JUST commented on Plato’s symposium that would be already a magnificient
achievement! So Renaissance – it taught the Romans and the Italians, and us,
that the dialogue IS the philosophical form per tradition, whatever Cicero
tried!” Figlio di Diotifeci d'Agnolo e da Alessandra di Nanoccio, studia a
Firenze sotto Bernardi, Comandi, Castiglione e Tignosi – filosofo aristotelico
autore di “De anima” e di “De ideis”. Conseguenza di questo è la “Summa
philosophiae”, dedicata a Mercati in cui tratta di fisica, di logica, di Dio e
di aliae multae quaestiones. Nella dedica a Mercati, scrive di volerlo
introdurre “a quegli studi che devono impegnare la nostra età, secondo la
regola del nostro Platone.” Studia Epicuro e Lucrezio, scrivendo i
Commentariola in Lucretium, il De voluptate ad Antonium Calisianum, il De
virtutibus moralibus e il De quattuor sectis philosophorum, dove tratta di
questioni morali e dell'anima riportando opinioni platoniche, aristoteliche,
epicuree e stoiche, e l'exercendae memoriae gratia, come esercitazione
mnemonica e senza pretese sistematiche. Scrive vari libri di Institutionum
ad platonicam disciplinam, tratti da fonti latine e per questo motivo
trascurati per la sentita esigenza di abbeverarsi alla diretta fonte greca.
Sembra che il suo interesse al platonismo abbia indotto Pierozzi, preoccupato
di possibili deviazioni del Ficino verso eresie platoniche, a consigliargli di
studiare l'opera d’Aquino a Bologna. Ma la permanenza a Bologna non è
documentata e resta certo l'ininterrotto interesse per la filosofia platonica.
Traduce Alcinoo, Speusippo, i versi attribuiti a Pitagora e l'Assioco
attribuito a Senocrate. Tradotti gli inni di Orfeo, di Omero, di Proclo e la
Teogonìa di Esiodo, riceve in dono da Cosimo de' Medici un codice platonico e
una villa a Careggi, che divienne sede del circolo dei “Platonisti”, fondato
dallo stesso Ficino per volere di Cosimo, con il compito di studiare la
filosofia di Platone e dei platonici, al fine di promuoverne la diffusione. Qui
inizia la traduzione dei Libri ermetici, portati in Italia da da Leonardo da
Pistoia. La sua opera di traduzione avrà un notevole influsso nella filosofia
rinascimentale. Vede in quella sapienza antica la presenza di una rivelazione,
di una pia philosophia che si è attuata nel Cristianesimo ma della quale
l'umanità di tutti i tempi era sempre stata partecipe. Nella dedica a Cosimo,
scrive che Ermete Trismegisto per primo disputò con grandissima sapienza della
maestà divina, della gerarchia degli spiriti (daemonum ordine) della
trasmigrazione delle anime. Per primo fu chiamato teologo. Lo seguì, secondo
teologo, Orfeo, poi Aglaofemo, Pitagora e Filolao, maestro del nostro divino
Platone. Esiste dunque, una concorde e antica tradizione teologica, una priscae
theologiae undique sibi consona secta, che nasce con Ermete e culmina con
Platone. La «pia filosofia», antitetica alle correnti di pensiero atee e
materialiste, si propone di sottrarre l'anima dagli inganni dei sensi e della
fantasia per elevarla alla mente; questa percepisce la verità, l'ordine di
tutte le cose, sia esistenti in Dio che emanate da Lui, grazie
all'illuminazione divina, affinché l'uomo, tornato fra i suoi simili, possa
renderli partecipi delle verità rivelategli dalla fonte divina (divino numine
revelata). La sua traduzione latina del Corpus hermeticum, già tradotto
in volgare da Benci, viene stampata. Inizia la traduzione latina dei dialoghi
platonici, e vi aggiunge i suoi commenti, al Filebo, al Fedro e al Convivio
(tradotto anche in italiano), al Timeo, e al Parmenide. Stende l'opera più
importante, i diciotto libri della Theologia platonica de immortalitate
animarum, dedicata a Lorenzo de' Medici. Compone la Religione cristiana, in
italiano, di cui darà poi la versione latina nella De christiana religione. Scrive
la Disputatio contra iudicium astrologorum e viene dato alle stampe il suo
Consiglio contro la pestilenza, dopo il flagello dell'epidemia. Inizia la
traduzione delle Enneadi di Plotino e traduce le opere di Giamblico, Proclo,
Prisciano, Porfirio, Sinesio, Teofrasto, Psello, la Mistica teologia e i Nomi
divini dello Pseudo-Dionigi, e i frammenti di Atenagora. Con questo ampio
corpus platonico persegue la sua teorizzazione della continuità della
tradizione teologica da Ermete ai platonici prolungatasi attraverso Dionigi
Areopagita, Agostino, Apuleio, Boezio, Macrobio, e Bessarione. I tre libri del
De vita gli procurano accuse di magia dalle quali si difende con un'Apologia. Pubblica
dodici libri di Epistulae che comprendono anche opuscoli come il De furore
divino, la Laus philosophiae, il De raptu Pauli, le Quinque claves Platonicae
sapientiae, il De vita Platonis, i De laudibus philosophiae, l'Orphica
comparatio Solis ad Deum, la Concordia Mosis et Platonis, gli Apologi de
voluptate quattuor. Scrisse un Commento a San Paolo. È noto come
Aristotele concepisca l'essere umano come sinolo, unità ordinata e
indissolubile di materia e forma, di corpo e anima, cosicché il suo principale
commentatore dell'antichità Alessandro di Afrodisia poteva ben dedurne
esplicitamente la mortalità dell'anima contemporanea a quella del corpo. Al
contrario, Platone ha già distinto le due sostanze, concedendo all'anima una
vita separata e indipendente dal destino del corpo. A questa concezione
aderisce Ficino, che in polemica contro Aristotele esalta la dottrina
platonica, al punto da interpretarla come una forma di religiosità propedeutica
alla fede cristiana. La sua Theologia platonica o De immortalitate animarum si
apre dunque con un «Soluamus obsecro
caelestes animi caelestis patriae cupidi, soluamus quamprimum uincula compedum
terrenarum ut alis sublati Platonicis, ac Deo duce, in sedem aetheream liberius
peruolemus, ubi statim nostri generis excellentiam feliciter contemplabimur. Liberiamoci
in fretta, spiriti celesti desiderosi della patria celeste, dai lacci delle
cose terrene, per volare con ali platoniche e con la guida di Dio, alla sede
celeste dove contempleremo beati l'eccellenza del genere nostro” (Ficino,
Theologia Platonica). Per comprendere la sostanza dell'anima è necessario
comprendere la struttura dell'universo, composto da cinque livelli
gerarchici: Dio; gli angeli; le anime; le qualità; la materia. Al grado
inferiore sta la materia, concepita come pura quantità. La materia non ha di
per sé nessuna forza che possa produrre le forme», diversamente da chi la
concepisce come «sostanza produttrice di forme, fonte piuttosto che soggetto
delle forme. È la qualità il principio formale che dà sostanza alle realtà
corporee, grazie a «una sostanza incorporea che penetra attraverso i corpi,
della quale sono strumento le qualità corporee»: questa sostanza incorporea
nell'uomo si eleva al rango di anima «che genera la vita e il senso della vita
anche dal fango non vivente. Al di sopra delle anime sono gli angeli. Sopra
quelli intelletti che alli corpi s'accostano, cioè l'anime ragionevoli, non è
dubbio che sono assai menti, dal commercio dei corpi al tutto divise. E se
l'intelletto dell'anima è mobile e parte interrotto e dubbio, l'intelletto
angelico è stabile tutto, continuo e certissimo. Al di sopra del tutto è Dio,
che è unità, bontà e verità assoluta, fonte di ogni verità e di ogni vita, è
atto e vita assoluta. Dove un continuo atto e una continua vita dura, quivi è
un immenso lume d'una assolutissima intelligenza» che è luce per gli uomini
perché si riflette in tutte le cose. Attraverso Dio «tutte le cose son fatte, e
però Iddio si trova in tutte le cose e tutte le cose si veggono in lui... Iddio
è principio, perché da lui ogni cosa procede; Iddio è fine, perché a lui ogni
cosa ritorna, Iddio è vita e intelligenza, perché per lui vivono le anime e le
menti intendono. Dio e materia rappresentano i due estremi della natura, e la
funzione dell'anima, che è considerata, diversamente da Aristotele e da
Tommaso, realtà in sé e non solamente forma del corpo, è quella di incarnarsi
per riunire lo spirito e la corporeità: Amore sacro e amor profano
(Tiziano): eros come mediatore dei contrary. L'anima è tale da cogliere le cose
superiori senza trascurare le inferiori per istinto naturale, sale in alto e
scende in basso. E quando sale, non lascia ciò che sta in basso e quando
scende, non abbandona le cose sublimi; infatti, se abbandonasse un estremo,
scivolerebbe verso l'altro e non sarebbe più la copula del mondo Theologia
Platonica. La "copula mundi" è l'anima razionale che ha sede nella
terza essenza, possiede la regione mediana della natura» (obtinet naturae
mediam regionem) «e tutto connette in unità». La sua opera unificatrice è resa
possibile dall'amore, inteso come movimento circolare attraverso il quale Dio
si disperde nel mondo a causa della sua bontà infinita, per poi produrre
nuovamente negli uomini il desiderio di ricongiungersi a Lui. L'amore di cui
parla Ficino è l'eros di Platone, che per l'antico filosofo greco svolgeva
appunto la funzione di tramite fra il mondo sensibile e quello intelligibile,
ma Ficino lo intende anche in un senso cristiano perché, a differenza di quello
platonico, l'amore per lui non è solo attributo dell'uomo ma anche di Dio. Lo
stesso Platone viene interpretato in una chiave di lettura che oggi definiamo
piuttosto neoplatonica, sebbene Ficino non faccia distinzione tra platonismo e
neoplatonismo. Per lui esiste una sola filosofia, che consiste nella
riflessione su quelle verità eterne, le Idee, che in quanto tali restano
inalterate nel tempo e trascendono la storia. Congiungendo tutti i campi del
reale secondo una concezione propria peraltro dell'astrologia e della magia, a
cui Ficino rivolge notevoli interessi in virtù dell'unione vitale del mondo da
essi presupposta, filosofia e religione si fondono così in una visione
d'insieme di reciproca complementarità, sottolineata anche nell'accostamento di
termini come «pia philosophia», o «teologia platonica». Strumento dell'amore
nel suo farsi portavoce dell'uno è il bello. Nel pensiero di Marsilio Ficino,
Gesù Cristo è considerato un maestro spirituale spirito-guida, inviato da Dio
per il bene dell'umanità. Cos'altro era Cristo se non una specie di manuale di
etica, cioè di filosofia divina, il quale visse come un inviato dal cielo,
essendo lui stesso una divina Idea di virtù, manifestata agli occhi degli
uomini. De Christiana religione. Elevando il cristianesimo a religione suprema,
Ficino asserì che l'Incarnazione del Cristo era avvenuta anche perché Dio si
potesse riunire «a tutti gli aspetti della creazione». Pur esercitando un
fortissimo impulso al rinnovamento del panorama filosofico dell'Europa, in cui
da diversi paesi si faceva costante richiesta delle sue opere, dopo la fine del
Rinascimento venne commentato sempre meno, fino ad essere accusato,
immeritatamente, di un ritorno al paganesimo. In Italia, dove è riconosciuta la
sua influenza sull'ermetismo cinquecentesco, e in particolare su Bruno, e Vico
a raccogliere nel Settecento l'eredità platonica di Ficino, di cui lesse
l'opera di traduzione, rammaricandosi del fatto che la filosofia moderna si
fosse allontanata da lui, rinchiudendosi nelle angustie mentali di Cartesio. Sottoposto
ad attacchi nel corso del Novecento che giudicarono retorici e privi di valore»
i suoi scritti, è stato rivalutato como uno «psicologo del profondo» e
«precursore della psicologia junghiana», per il suo incitamento a leggere e
interpretare ogni affermazione proveniente dai campi più disparati, sia della
scienza che della teologia, nell'ottica dell'esperienza psicologica dell'anima,
la quale viene vista cioè come mediazione e compendio» dell'universo. La
conoscenza dell'anima è infatti la quintessenza del neoplatonismo italiano, in
cui giacciono sepolte le fantasie mistiche di questo strano uomo che suonava
inni orfici sul liuto, che studiava la magia e componeva canti astrologici,
quest'uomo gobbo, bleso, politicamente timido, senza amore, malinconico
traduttore di Platone, Plotino, Proclo, Esiodo, dei Libri Ermetici, autore lui
stesso di alcuni tra gli scritti più diffusi e influenti (Commento al Simposio)
e scandalosamente pericolosi (Liber de vita) del suo tempo. La centralità
attribuita da Ficino all'anima, per la quale, ancora ragazzo, Cosimo de' Medici
lo considerava prescelto alla cura delle anime come suo padre medico lo era dei
corpi, convinse che egli ebbe un impatto paragonabile per estensione ed
intensità solo a quello prodotto oggi dalla psicoanalisi. Notevole è ad esempio
l'intuizione di Ficino del potere psicosomatico nella cura delle malattie, e in
quello che la medicina moderna considera un effetto placebo. Io sono del parere
che l'intenzione dell'immaginazione abbia il suo peso su immagini e medicine,
non tanto al momento della preparazione, quanto in quello dell'applicazione: ad
esempio, se un tale, a quel che si dice, porta indosso un'immagine fatta nei
modi debiti, o certamente, se facendo uso analogo di una medicina, desidera
intensamente soccorso da quella e crede senza ombra di dubbio e spera con
incrollabile fermezza, da questo atteggiamento deriva certo il massimo di
incremento all'aiuto che essa può dare. De vita. Altre opere: “De Voluptate; De
Amore o Commentarium in Convivium Platonis; De religione Christiana et fidei
pietate; Theologia Platonica de immortalitate animarum; Compendium in Timaeum;
De triplici vita; De lumine; In Epistolas Pauli commentaria (Venezia) El libro
dell'amore De vita Teologia platonica; Sopra lo amore ovvero Convito di Platone
La religione cristiana Epistolarum familiarum, liber I. R. Zerilli,
Marsilio Ficino: alla lente dell'astrologia, Edizioni Capone, Ove non
diversamente riportato, le notizie sulla vita e la dottrina ono tratte da Garin,
Storia della filosofia italiana, I,
Einaudi, Giuseppe Saitta, Marsilio Ficino e la filosofia dell'umanesimo,
Fiammenghi & Nanni, Giornale storico della letteratura italiana, Francesco
Novati, Egidio Gorra, Vittorio Cian, Giulio Bertoni, Carlo Calcaterra,
Loescher, Giorgio Bàrberi Squarotti, Storia della civiltà letteraria italiana:
Umanesimo e Rinascimento, UTET, Giovanni
Semprini, I platonici italiani, Edizioni Athena, La Letteratura italiana: Storia
e testi, E. Garin, Riccardo Ricciardi
Editore, A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto
di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze, Eugenio Garin,
Ermetismo del Rinascimento, Ed. Riuniti, «Primus de maiestate Dei, daemonum ordine,
animarum mutationibus sapientissime disputavit. Primus igitur theologiae
appellatus est autor. Eum secutus Orpheus, secundas antiquae theologiae partes
obtinuit. Orphei sacris initiatus est Aglaophemo successit in theologia
Pythagoras, quem Philolaus sectatus est, divi Platonis nostri praeceptor. Andrea
Cusimano, Storia del pensiero occidentale, Lulu.com, . L'immenso lavoro
di traduzione compiuto da Marsilio Ficino è stato documentato in particolare da
Paul Oskar Kristeller, in Supplementum ficinianum: Marsilii Ficini florentini
philosophi platonici Opuscula inedita et dispersa, Firenze, Leo S. Olschki,
Cfr. anche: Arnaldo Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto
di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze, Alessandro di
Afrodisia, L'animaAccattino eDonini, Roma-Bari, Laterza, Parodos. I sentieri della ragione, Le divine lettere
del gran Marsilio Ficino, S. Gentile, Edizioni di storia e letteratura, Sopra
lo amore o ver' Convito di Platone, G. Ottaviano, S. Gentile, Trad. in Storia
sociale e culturale d'Italia: La cultura filosofica e scientifica, Guido
Ceriotti, Bramante, IoanCouliano, Eros
and the Magic in the Reinassance, University of Chicago Press,Il termine
"neoplatonismo" è stato coniato solo nel XIX secolo per indicare le
interpretazioni platoniche che si erano andate via via sovrapponendo a partire
dall'età ellenistica, ma che erano sempre state identificate col pensiero
stesso di Platone, ritenuto quasi un loro capostipite (cfr. Cenni sulla
tradizione platonica). Sebastiano Gentile, Il ritorno di Platone, dei platonici
e del "corpus" ermetico. Filosofia, teologia e astrologia nell'opera
di Marsilio Ficino, in C. Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, P.C.
Pissavino, Milano, Bruno Mondadori, La prospettiva storiografica, di E. Lo
Presti, Università degli Studi di Bologna. Battista Mondin, Storia della
teologia: epoca moderna, Edizioni Studio Domenicano, Citazione da A. C.
Grayling, Una storia del bene. Alla riscoperta di un'etica laica, Storia e
civiltà, Bari, Edizioni Dedalo, Cesare
Vasoli, Quasi sit deus: studi su Marsilio Ficino, Cfr. anche A. Jugegno, Bruno e l'influenza, in
«Rivista critica di storia della filosofia. Hillman, Plotino, Ficino e Vico,
precursori della psicologia junghiana, J. Hillman13, ivi. Aneddoto rintracciabile in Coenobium, Casa Editrice del Coenobium. De vita, trad
it, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone. Marsilio Ficino, Commentarius
in Convivium Platonis, in Venetia, Giovanni Farri e fratelli, De christiana
religione, Firenze, Nicolò di Lorenzo, Marsilio Ficino, De triplici vita,
Lugduni, apud Gulielmum Rouillium sub scuto Veneto, Theologia Platonica De
immortalitate animorum, Gilles Gourbin, apud Aegidium Gorbinum, Opera omnia,
Torino, Bottega d’Erasmo, Marsilio Ficino, Opere. Lettere e carteggi, in
Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, Marsilio Ficino, Opere. Lettere
e carteggi, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, De vita libri
tres, Albano Biondi e Giuliano Pisani, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, Scritti
sull'astrologia, Ornella Pompeo Faracovi, Milano, Il neoplatonismo nel
Rinascimento, Roma. Il ritorno a Platone, Firenze, con ficiniana). Tamara Albertini, Marsilio
Ficino. Das Problem der Vermittlung von Denken und Welt in einer Metaphysik der
Einfachheit, Monaco, Cesare Catà, Il Rinascimento sulla via di Damasco. Il
ruolo della teologia di San Paolo in Marsilio Ficino e Nicola Cusano, in
“Bruniana & Campanelliana”, Cesare Catà, L'idea di “anima stellata” nel
Quattrocento fiorentino. Andrea da Barberino e la teoria psico-astrologica in Marsilio
Ficino, in “Bruniana & Campanelliana” Gian Carlo Garfagnini, Marsilio
Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, Olschki, Garin, Storia della
filosofia italiana, I, Einaudi, James Hankins, Plato in the Italian
Renaissance, Leida, Paul Oskar
Kristeller, Il pensiero filosofico, Firenze,Paul Oskar Kristeller, Il pensiero
filosofico, Le Lettere, T. Moore, Pianeti interiori. L'astrologia psicologica,
Moretti & Vitali, Erwin Panofsky, Il movimento neoplatonico a Firenze e
nell'Italia settentrionale, in Studi di iconologia, Einaudi, Torino), A. Polcri,
L'etica del perfetto cittadino: la magnificenza a Firenze tra Cosimo de'
Medici, Timoteo Maffei e Marsilio Ficino, in "Interpres: rivista di studi
quattrocenteschi" Roma–Salerno, Michele Schiavone, Problemi filosofici,
Milano, Zerilli, Alla lente dell'astrologia, Edizioni Federico Capone, Torino. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Progetto Gutenberg.
di Marsilio Ficino, su Internet Speculative Fiction Database, Al von
Ruff. Marsilio Ficino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Sito della società ficiniana, su ficino. Marsilio
Ficino: dalla cristianizzazione della magia alla "magicizzazione" del
cristianesimo, su aispes.net. Eugenio Garin , Una sintetica presentazione del
pensiero di Ficino, RAI. James Hillman, Plotino, Ficino e Vico precursori della
psicologia Junghiana , su rivista psicologi analitica. Il mito greco alla corte
dei Medici. IL CONVITE (traduzione al toscano di
Hectore Barrabasa). Apollodoro: Credo proprio di essere ben preparato per
soddisfare la vostra curiosità. L'altro giorno, infatti, venivo in città da
casa mia, al Falero, quando uno che conosco, dietro di me, mi chiama da lontano
in tono scherzoso. Ehi tu, del Falero, Apollodoro, mi aspetti un momento? Mi
fermo e l'aspetto. E quello: Apollodoro, t'ho cercato ovunque. Volevo
domandarti dell'incontro di Agatone, di Socrate, di Alcibiade e degli altri che
erano con loro al simposio, e così sapere quali discorsi lì si sono fatti
sull'amore. Mi ha già raccontato qualcosa un altro, che ne aveva sentito
parlare da Fenice, il figlio di Filippo; mi ha detto che tu eri al corrente di
tutto, ma lui, purtroppo, non poteva dir niente di preciso. E quindi ti prego,
racconta: nessuno meglio di te può riportare i discorsi del tuo amico. Ma
dimmi, per cominciare. Eri presente a quella riunione o no? Si vede bene,
rispondo io, che quel tizio non ti ha raccontato niente di preciso, se credi
che la riunione che ti interessa sia avvenuta da poco, e io abbia potuto
parteciparvi. Io credevo così. Ma com'è possibile, Glaucone? Sono molti anni.
Non lo sai? -che Agatone manca da Atene. E poi sono passati meno di tre anni da
quando io frequento Socrate e sto attento tutti i giorni a quello che dice e
che fa. Prima me ne andavo di qua e di là, credendo di fare chissà che cosa, ed
ero invece l'essere più vuoto che ci sia, come te adesso, che credi che
qualsiasi occupazione sia meglio della filosofia. Non mi prendere in giro,
disse, e dimmi piuttosto quando c'è stata quella riunione. Noi eravamo ancora
dei ragazzini, gli rispondo. Fu quando Agatone vinse il premio con la sua prima
tragedia, il giorno successivo a quello in cui offrì, con i coreuti, il
sacrificio in onore della sua vittoria. Ma allora son passati molti anni. E a
te chi ne ha parlato? Socrate stesso? No, per Zeus, dico io, ma la stessa
persona che l'ha raccontato a Fenice, un certo Aristodemo, del demo Cidateneo,
uno mingherlino, sempre scalzo. C'era anche lui alla riunione: era uno degli
ammiratori più appassionati di Socrate, allora, a quel che sembra. Io poi non
ho certo mancato di chiedere a Socrate su ciò che avevo sentito da Aristodemo.
E lui stesso mi ha confermato che il suo racconto era esatto. E allora
racconta, presto. La strada per la città sembra fatta apposta per
chiacchierare, mentre andiamo. Ed eccoci dunque in cammino, parlando di queste
cose. è per questo che sono così preparato, come v'ho detto all'inizio, per
parlarne adesso. Se dunque questo racconto deve essere fatto anche a voi, son
ben felice di farlo. Del resto, quando parlo io di filosofia, o altri ne
parlano in mia presenza, provo la gioia più grande. Al contrario, quando sento
parlare certe persone, e soprattutto i ricchi, gli uomini d'affari, la gente
come voi, allora mi annoio e ho anche un po' pena per voi, che credete di fare
chissà cosa e invece fate cose che non valgono niente. Da parte vostra, del
resto, mi giudicate un poveretto, e forse lo sono davvero. Ma che siate voi dei
poveretti, questo non lo sapete affatto, e io invece lo so.Amico di Apollodoro:
Sei sempre lo stesso, Apollodoro. Dici sempre male di te e degli altri. Tu hai
l'aria di pensare che, Socrate a parte, tutti gli altri siano dei poveretti, a
cominciare da te stesso. Da dove ti viene il soprannome di Tranquillo, proprio
non si sa. Tu non cambi proprio mai. Ce l'hai sempre con te stesso e con tutti
gli altri, a parte Socrate. Ma carissimo, non è evidente? Questa opinione che
ho di me e degli altri non prova forse quanto sia folle, quanto deliri? Dai,
Apollodoro, non val la pena adesso di star qui a litigare. Fa' piuttosto quel
che ti abbiamo chiesto e raccontaci: che discorsi si fecero quella notte? E va
bene, ti racconterò più o meno cosa si disse. Ma forse è meglio che parta
dall'inizio e cerchi di rifare per voi, a mia volta, il racconto di Aristodemo.
Incontrai Socrate, mi disse, che usciva dal bagno e si era messo dei sandali, contro
le sue abitudini. Gli domandai, dove andasse, visto che si era fatto così
bello. E lui mi rispose, Vado a cena da Agatone. Ieri alla festa in onore della
sua vittoria me ne son venuto via, perché mi dava fastidio tutta quella gente.
Ma ho accettato di andar da lui oggi e così mi son fatto bello. Voglio esser
bello per andare da un bel giovane. E tu? Che ne pensi di venire anche se non
sei stato invitato? Io risposi, Ai tuoi ordini. Allora seguimi, mi disse. Per
questa volta faremo una piccola modifica al proverbio e diremo che le persone
per bene vanno a cena senza invito dalle persone per bene. Del resto anche
Omero non solo l'ha modificato questo proverbio, ma ha quasi rischiato di
capovolgerlo. Rappresenta Agamennone come un guerriero di prim'ordine e Menelao
come un guerriero senza coraggio. Ma poi al pranzo offerto da Agamennone dopo
un sacrificio ci fa vedere che arriva anche Menelao, che viene alla festa senza
esser stato invitato. L’uomo che val poco che va al festino di un uomo
valoroso. E a questo Aristodemo mi disse di aver risposto così. Allora corro
proprio un bel rischio, ma non per quel che dici tu, Socrate; credo piuttosto
di essere, come in Omero, il pover'uomo che si presenta senza invito dal
grand'uomo. Vedrai tu che mi ci porti quali scuse trovare, perché io non dirò
certo di non essere stato invitato, dirò che mi hai invitato tu. Due che vanno
insieme, mi rispose, l'uno provvede all'altro. E allora andiamo, che per via
penseremo a cosa dire. E con questo proposito, mi disse, ci mettemmo in
cammino. Ma Socrate, concentrato nei suoi pensieri, rimaneva indietro. Quando
l'aspettavo, mi diceva di andar pure avanti. Arrivo da Agatone, la porta è
aperta e mi trovo subito in una situazione un po' comica. Uno schiavo mi viene
incontro dalla casa e mi porta nella sala dove gli altri avevano già preso
posto, già pronti per la cena. Mi vede Agatone e mi dice. Aristodemo, arrivi al
momento gusto per cenare con noi. Se sei venuto per qualcos'altro, rimanda
tutto a più tardi, perché ieri ho cercato di invitarti ma non t'ho trovato. E
Socrate? non è con te?Allora mi volto, mi disse Aristodemo, e non lo vedo più.
Non mi era dietro. Spiego dunque di essere venuto con Socrate, e che era stato
lui ad invitarmi alla cena. Ben fatto, disse Agatone. Ma lui dov'è? Era dietro
a me sino ad un istante fa. Dove può essere finite? Ragazzo, disse allora
Agatone ad un servo, va ben a vedere dov'è Socrate e portalo da noi. Tu
Aristodemo intanto prendi posto su questo divano a fianco d'Erissimaco. E
raccontava che mentre un domestico gli lava i piedi per potersi stendere sul
divano, un altro arriva dicendone una nuova. Questo Socrate di cui parlate s'è
rintanato nel vestibolo dei vicini, ed è fermo là. Ho avuto un bel chiamarlo,
non è voluto venire. Certo che è ben strano, disse Agatone. Ritorna subito a
chiamarlo e non lasciarlo lì. Non fate niente, dissi io, lasciatelo là
piuttosto. E' un'abitudine che ha quella di mettersi in un angolo, non importa
dove, e di restare là dov'è. Verrà presto, penso; non disturbatelo, lasciatelo
tranquillo. E va bene, facciamo così, disse Agatone, se lo dici tu. Quanto a
noi, ragazzi portateci da mangiare. Voi portate sempre da mangiare quel che vi
pare, quando non c'è nessuno a controllare - cosa che io peraltro non ho mai
fatto nella mia vita. Ma oggi, fate finta che io e i miei amici siamo vostri
invitati e portateci il meglio, tanto da meritare i nostri complimenti. E così,
disse Aristodemo, eccoci a tavola, ma Socrate non veniva. Agatone insisteva
tutti i momenti per mandarlo a chiamare, ma io lo fermavo. Alla fine arrivò,
diciamo verso la metà del pranzo, senza essersi poi fatto troppo aspettare,
come spesso faceva. Allora Agatone, che si trovava da solo sull'ultimo divano,
gli disse subito. Vieni qui, Socrate, mettiti accanto a me, che io possa
apprendere subito per contatto diretto i tuoi pensieri là nel vestibolo. A qualcosa
devono pure aver condotto le tue riflessioni, se no saresti ancora là. Socrate
si siede e fa. Sarebbe una buona cosa, Agatone, se i pensieri potessero scivolare
da chi ne ha più a chi ne ha meno per contatto diretto, quando siamo accanto,
tu ed io. Come l'acqua che, attraverso un filo di lana, passa dalla coppa più
piena alla più vuota. Se è così, voglio subito mettermi al tuo fianco, perché
la tua grande e bella saggezza possa riempire la mia coppa. Che per la verità è
un po' così, incerta come un sogno, mentre la tua sapienza è limpida e può
sfavillare ancora di più, lei che ha brillato con lo splendore della tua
giovinezza e ier l'altro ha fatto faville davanti a più di trentamila greci,
che prendo tutti a miei testimony. Che fai, mi prendi in giro, Socrate?, disse
Agatone. Sulla saggezza faremo i conti più tardi, te ed io, e prenderemo
Dioniso a nostro giudice. Ma intanto pensiamo a cenare. E così, disse
Aristodemo, Socrate prese posto sul divano. Dopo aver cenato, e gli altri con
lui, e dopo aver fatto le libagioni, i canti in onore del dio e le cerimonie
d'uso, ci si preparò a bere. Fu Pausania, allora, a prendere la parola per dire
più o meno così. Carissimi, come si fa adesso a bere senza star male? Io, ve lo
dico subito, non mi sento troppo bene dopo la festa di ieri, perché ho bevuto
un po' troppo e vorrei andarci piano stasera. Del resto voi dovreste essere più
o meno tutti nelle mie condizioni, perché c'eravate anche voi ieri. Allora,
come possiamo fare per bere senza star male? Intervenne Aristofane. Ben detto,
Pausania. Ti do proprio ragione, anch'io vorrei andarci piano a bere perché
sono di quelli che ieri sera hanno forse un po' esagerato. A queste parole,
disse Aristodemo, intervenne Erissimaco, il figlio di Acumeno. Avete ragione,
disse, ma sentiamo gli altri: tu che ne dici, Agatone, hai ancora la forza di
bere? Per nulla, rispose, non ce la faccio proprio. A quanto sembra, disse
Erissimaco, è proprio una fortuna per tutti - per me, per Aristodemo, per
Fedro, per tutti quanti - che voi, i migliori bevitori, dobbiate adesso
rinunciare, perché noi non ce la faremmo a starvi dietro. Farei un'eccezione
per Socrate. è tanto bravo a bere che a non bere, per lui andrà sempre bene,
qualunque cosa decidiamo. E, visto che nessuno qui mi sembra disposto a bere
del gran vino, forse riuscirò a non essere sgradito a nessuno dicendovi la
verità sull'ubriachezza. Come medico devo subito dirvi che è evidente che
ubriacarsi fa male. Del resto io non mi sento portato a bere fuori misura, né a
consigliare ad un altro di farlo, soprattutto se ha la testa ancora pesante per
il giorno prima. Poi intervenne Fedro, quello di Mirrinunte. Quanto a me, io ti
credo sempre se parli di medicina, ma oggi ti crederanno tutti, se non sono
matti. Queste parole furono ascoltate e all'unanimità si decise che non si
sarebbe passata la serata ad ubriacarsi e che ciascuno avrebbe bevuto quanto si
sentiva. E dunque, riprese Erissimaco, visto che siamo d'accordo che ciascuno
beva quanto vuole, senza nessun obbligo, io proporrei adesso di congedare la
nostra giovane flautista che è appena entrata: per stasera suoni da sola o, se
lo desidera, per le donne di casa. Noi, invece, passeremo la serata
chiacchierando. Di cosa possiamo parlare? Io quasi quasi un'idea ce l'avrei, se
volete ve la dico. Tutti furono d'accordo, disse Aristodemo, e chiesero a
Erissimaco di fare la sua proposta. Questi riprese dicendo. Parlerò, per
cominciare, alla maniera della Melanippe di Euripide, perché non son mie queste
parole, che adesso vi dirò, ma di Fedro, che è lì. Lui mi dice sempre, tutto
indignato. Non è strano, Erissimaco, che per tutti gli altri dèi vi siano inni
e peana composti dai poeti e che in onore dell’amore, un dio così potente, così
grande, non vi sia stato ancora un solo poeta, tra tutti, che abbia composto il
più piccolo elogio? Prendi, se vuoi, i sofisti di fama. Scrivono in prosa
l'elogio di Eracle, e d'altri ancora, come ha fatto l'ottimo Prodico. Ma c'è di
peggio. Non mi è capitato l'altro giorno di vedere il libro di un sapiente che
faceva l'elogio del sale, per la sua utilità? Ed altre cose dello stesso
genere, lo sappiamo, sono state fatte oggetto di elogio. Ci si è data molta
pena di trattare di parecchi argomenti, ma l'amore, lui non ha trovato ancora
nessuno sino ad ora che abbia avuto il coraggio di onorarlo come merita. Ecco
come ci si dimentica di un grande dio. Ebbene, io credo che su questo Fedro
abbia ragione. Desidero dunque, da parte mia, portare il mio contributo
onorandolo, facendo qualcosa che gli sia gradito. Adesso quindi potremmo fare
tutti un elogio di questo dio. Se siete d'accordo, avremmo così un argomento
senza alcun dubbio davvero assai interessante con cui passare il nostro tempo.
Potremmo, cominciando da sinistra verso destra, fare un elogio dell'amore, il
più bell'elogio di cui siamo capaci. Fedro parla per primo, perché è al primo
posto ed è allo stesso tempo il padre di quest'idea. Nessuno, mio caro Erissimaco,
disse Socrate, voterà contro la tua proposta. Non sarò io ad oppormi, che
dichiaro subito di non saper nulla di nulla, ma dell'amore son proprio esperto.
Non Agatone o Pausania, e certo neppure Aristofane, che trascorre tutto il suo
tempo fra Dioniso e Afrodite, né gli altri che vedo qui stasera. Certo il
compito è più difficile per noi che occupiamo gli ultimi posti. Ma se quelli
che parlano prima di noi lo faranno davvero bene, ne saremo soddisfatti. Che
Fedro cominci, con i nostri auguri. che faccia l'elogio dell'amore. Furono
subito tutti d'accordo e tutti si unirono all'invito di Socrate. Aristodemo non
si ricordava più esattamente ciò che ciascuno disse e io stesso non ricordo più
bene ciò che lui mi raccontò. Le cose più importanti, o quel che a me è
sembrato più degno di essere ricordato, adesso ve lo riporterò nella forma in
cui ciascuno l'ha detto. E così, secondo Aristodemo, il primo a parlare fu
Fedro, cominciando il suo discorso più o meno in questi termini. E' un gran dio
l'amore, un dio che merita tutta l'ammirazione degli uomini e degli dèi per
diverse ragioni, non ultima la sua origine. E' annoverato tra i più antichi
dèi, e questo, aggiunse, è un onore. Di questa antichità abbiamo una prova.
L’amore non ha né padre né madre, e nessuno, né in poesia né in prosa, glielo
ha mai attribuito. Esiodo ci dice che innanzitutto vi fu il Caos, e la Terra
dall'ampio seno, sicura sede per tutti i viventi e l'amore. E, in accordo con
Esiodo, anche Acusilao dice che dopo il Caos sono nati questi due esseri, la
Terra e l'amore. Quanto a Parmenide, parlando della generazione dice che di
tutti gli dèi, l’amore fu il primo che la dea partorì. Così c'è ampio accordo
nel dire che l'amore è uno degli dèi più antichi. Essendo così antico, è per
noi la sorgente dei più grandi beni. Per me, io lo affermo, non c'è più grande
bene nella giovinezza che avere un amante virtuoso e, se si ama, trovare eguale
amore in chi si ama. Infatti i sentimenti che devono guidare per tutta la vita
gli uomini destinati a vivere nel bene non possono ispirarsi né alla nobiltà
della nascita né agli onori né alla ricchezza, né a null'altro: devono
ispirarsi all’amore. Ora, mi chiedo, quali sono questi sentimenti? La vergogna
per l’azione cattiva, l'attrazione per l’azione bella. Senza questo, nessuna
città, nessun individuo potranno far mai nulla di grande e di buono. Così, io
lo dichiaro, un amante, un uomo che ama, se sorpreso in flagrante a commettere
un'azione malvagia o a subire per vigliaccheria, senza difendersi, una grave
offesa, soffre certamente se a scoprirlo saranno suo padre o i suoi amici o
chiunque altro. Ma soffrirà molto di più se a scoprirlo sarà il suo amante, il
suo amato. Ed è lo stesso per l'amato. è davanti al suo amante, noi lo sappiamo
bene, che l’amato sente la più grande vergogna, quando sarà sorpreso a fare
qualcosa di cui vergognarsi. Se esistesse un mezzo per mettere insieme una
città o un esercito fatti solo da amanti e dai loro amati, essi si darebbero
certamente il miglior governo che ci sia. Allontanerebbero infatti da loro
tutto ciò che è cattivo e rivaleggerebbero sulla via dell'onore. E se questi
amanti combattessero l'uno di fianco all'altro potrebbero vincere, per
così dire, il mondo intero, anche se fossero soltanto un piccolo gruppo, perché
sarebbero molto uniti tra loro. Infatti per un amante innamorato sarebbe più
intollerabile abbandonare i ranghi o gettare le armi sotto gli occhi del suo
amato che sotto gli occhi del resto dell'esercito. Preferirebbe piuttosto
morire cento volte. Quanto ad abbandonare l’amato chi si ama, a non aiutarlo in
caso di pericolo, nessuno è così vigliacco che l'amore non riesca a ispirargli
una forza divina rendendolo eguale a quelli che per natura hanno grande
coraggio. Esattamente come in Omero l’amore viene a ispirare l'ardore per la
battaglia a certi eroi, così l'amorefa questo dono agli amanti innamorati, ed
essi lo accettano da lui. Meglio ancora: morire per l'altro. Soltanto l’amante
accetta questo. La figlia di Pelia, Alcesti, ha dato un esempio chiarissimo di
ciò che dico. Soltanto essa acconsentì a morire per il suo sposo, che pure
aveva un padre e una madre. La sua figura si eleva così in alto su di loro per
la forza nata dal suo amore da farli apparire estranei al loro stesso figlio,
senza altro legame con lui che il nome. Avendo agito in questo modo, il suo
gesto è sembrato bellissimo, non solo agli uomini ma anche agli dèi. Essi
concedono davvero a pochi il privilegio di richiamare in vita la loro anima dal
fondo dell'Ade, una volta morti. Ebbene fra tanti eroi, autori delle più belle
azioni, concessero questo privilegio proprio ad Alcesti ricordandosi del suo
gesto che avevano tanto ammirato. A tal punto gli dèi onorano la dedizione e il
coraggio al servizio dell'amore. Al contrario essi mandarono via dall'Ade
Orfeo, figlio di Eagro, senza ottenere nulla. Gli mostrarono soltanto
un'immagine della donna per la quale era venuto, senza concedergliela. La sua
anima, infatti, sembrava loro debole, perché altri non era che un suonatore di
cetra; non aveva avuto il coraggio di morire, come Alcesti, per il suo amore,
ma aveva cercato con tutti i mezzi di penetrare da vivo nel regno dei morti. E'
certamente per questa ragione che essi gli hanno inflitto questa punizione e
hanno fatto in modo che morisse per mano delle donne. Non hanno agito nello
stesso modo con Achille, il figlio di Teti. L’hanno trattato con onore,
aprendogli la via per le isole dei beati. Achille infatti, avvertito dalla
madre che sarebbe morto se avesse ucciso Ettore, e sarebbe invece tornato a casa
finendo i suoi giorni da vecchio se non lo avesse fatto, scelse con coraggio di
restare al fianco di Patroclo, il suo amante, vendicandolo: scelse non di
morire per salvarlo, perché era già stato ucciso, ma di seguirlo sulla via
della morte. Così gli dèi, pieni di ammirazione, gli hanno tributato onori
eccezionali, per aver posto così in alto il suo amante. Eschilo scherza quando
pretende che Achille sia l'amante di Patroclo. Achille era più bello non
soltanto di Patroclo, ma anche di tutti gli altri eroi messi insieme. Era un
ragazzo, non aveva ancora la barba, ed era quindi assai più giovane di
Patroclo, come dice Omero. Così se gli dèi onorano soprattutto questo
particolare tipo di coraggio che si mette al servizio dell'amore, essi
ammirano, stimano, ricompensano ancor di più la tenerezza dell'amato per
l'amante che quella dell'amante per i suoi amati. L'amante, infatti, è più
vicino al dio dell'amato, perché un dio lo possiede. Ecco perché gli dèi
hanno onorato Achille, aprendogli la via per le isole dei beati. Ecco dunque,
io lo dichiaro, l'amore è tra gli dèi il più antico e il più degno, ha i
maggiori titoli per guidare l'uomo sulla via della virtù e della felicità, sia
in vita che nel regno dell'aldilà. Fu questo pressappoco, secondo Aristodemo,
il discorso di Fedro. Dopo Fedro parlarono altri, ma lui non si ricordava bene.
Non me ne ha parlato e invece mi ha riportato il discorso di Pausania, che si
espresse in questi termini. Io credo, Fedro, che l'argomento sia mal posto
quando ci si domanda semplicemente di fare l'elogio dell'amore. Se dell’amore ve
ne fosse uno solo, potrebbe anche andar bene. Ma non è così. Non ce n'è uno
soltanto, e allora è bene prima spiegare di quale amore dobbiamo tessere
l'elogio. Cercherò dunque, da parte mia, di chiarire le cose su questo punto,
di precisare innanzitutto quale amore si debba lodare e quindi pronuncerò un
elogio che sia degno di questo amore. Tutti sappiamo che non c'è Venere senza
amore. Se dunque non vi fosse che una Venere, non vi sarebbe che un solo amore.
Ma Venere è duplice, e quindi, necessariamente, abbiamo due amori. Come negare
che esistano due Venere? Una Venere, senza dubbio la più antica, non ha madre:
è figlia di Urano, e la chiamiamo quindi la dea del cielo, Venere Urania.
L'altra Venere, la più giovane, è figlia di Zeus e di Dione, e la chiamiamo quindi
la dea popolare, Venere Pandemia. E allora necessariamente l'amore che serve
Venere Pandemia dovrà chiamarsi Amore Popolare (o volgare) Pandemio.
Quell’amore che serve Venere Urania Amore Uranio. Certo, bisogna lodare tutti
gli dèi. Ma, detto questo, qual è il dominio dei due amori? E' questo che
dobbiamo provare a dire. Ogni azione si caratterizza per questo, che in sé non
è né bella né brutta. In quello che adesso facciamo, bere, cantare,
chiacchierare, non c'è nulla di bello in sé. è piuttosto il modo in cui si
compie un'azione a dar questo o quel risultato, e così seguendo la regola del
bello e della rettitudine un'azione con rettitudine diventa bella, al contrario
senza rettitudine l’azione diventa brutta. E lo stesso avviene per l'atto o
l’azione dell’amore (l’amore). Non tutto l'amore è bello e degno di elogio: lo
è soltanto quello che porta all’azione di “amare bene”, la azione dell’amore e
bella. Ora l'amore volgare, compagno di Venere popolare, certo è volgare e
opera a casaccio: è proprio degli uomini da poco. Questi uomo si innamora di un
ragazzo. Poi, l’amante ama il corpo bello. Voglie arrivare dritto al loro scopo.
Capita quindi che si imbattano nel bene, e capita anche il contrario. Come è
ovvio, quest’amore volgare, dell’uomo volgare, si unisce alla più giovane delle
due dee, che sin dal suo concepimento partecipa sia del maschile che del
femminile. L'altro Eros, invece, partecipa dell'Afrodite Urania che da sempre è
estranea all'elemento femminile e partecipa soltanto del maschile; e poi è la
più antica e non conosce alcun impulso brutale. Per questa ragione, l’uomo che
e ispirato dall’amore volgare Eros e attrato dall'elemento maschile. Ama
teneramente il sesso per natura più forte. E proprio da questa inclinazione ad
innamorarsi di un ragazzo si posse riconoscere quanto e posseduto con purezza
da quest’amore volgare, perché l’uomo volgare non ama i giovani prima che
abbiano dato prova d'intelligenza. Ora, questo è impossibile che accada prima
che il giovane sia abbastanza grande da avere la prima barba. E' questa l'età
dell’efebo in cui è bene cominciare a rivolgere ad essi attenzioni d'amore, per
restare poi con loro per tutta la vita, per legare le proprie esistenze,
piuttosto che abusare della credulità di un giovane sciocco, farsi gioco di lui
e piantarlo poi per correre dietro ad un altro. Ci vorrebbe una legge che
proibisse di amare un ragazzo troppo giovane. Così non si sprecherebbero
tante cure per un risultato imprevedibile. Non è infatti possibile prevedere
che cosa ne sarà di un ragazzino, se avrà vizi o virtù nel corpo efebo. L'uomo
che vale si pone senza dubbio da sé, e di buon grado, questa legge. Ma
bisognerebbe anche che chi coltiva l’amore volgare abbia un limite. E proprio
quest’ amante volgare, infatti, che hanno screditato l'amore e dato a certuni
il coraggio di dire che è una vergogna cedere ad un amante. Chi dice questo, lo
fa perché ha davanti agli occhi la mancanza di tatto e di onestà di
quest’amante volgari, mentre nessun gesto al mondo merita d'essere criticato
quando la convenienza e la legge sono rispettate. Ancora di più. La regola
di condotta, per quel che concerne l'amore, è facile da comprendere nelle altre
città, perché la sua definizione è semplice. Nell'Elide, presso i Beoti, e nelle
altre città in cui gl’uomini non sono abili nel far grandi discorsi, la regola
ammessa è semplice. è un bene cedere all’amante e nessuno dirà mai che c'è da
vergognarsi. Il fine è di evitare l'imbarazzo di dover convincere il giovane
con la parola, perché non e gran parlatore. Nella Ionia, al contrario, e in
diverse altre zone, la regola dice che questo non va bene.Sono paesi dominati
dai barbari. Presso i barbari, infatti, a causa dei loro regimi tirannici, il
giudizio comune è che ci sia da vergognarsi a cedere a un amante. Lo stesso
giudizio si dà per l'amore per l'esercizio fisico. Senza dubbio, ai loro capi
non conviene che nascano grandi intelligenze tra i sudditi, e neppure una
grande amicizia saldamente unita, come in effetti l'amore, più di ogni altra
cosa al mondo, sa produrre. Di questo hanno fatto esperienza anche i tiranni
qui da noi. L’amore di Aristogitone e l'amicizia di Armodio, sentimenti solidi,
hanno distrutto il loro potere. Così là dove si ritiene che ci sia da
vergognarsi a cedere a un amante, questa convinzione è nata dalla debolezza
morale dell’uomo: desiderio di dominio presso i capi, vigliaccheria presso i
sudditi. Là invece dove la regola ammette in tutta semplicità che è cosa buona,
essa è nata per la pigrizia dell'animo di quell’uomo. Presso di noi la regola è
molto più bella e, come ho detto, non è facile da comprendere. C'è da
rifletterci, in effetti. è più bello, si dice, amare apertamente piuttosto che
in segreto, e soprattutto amare il giovane di nascita migliore e di meriti più
alti, anche se meno belli di altri; di più, chi è innamorato è
straordinariamente incoraggiato da tutti, e nessuno pensa che faccia qualcosa
di cui vergognarsi: il successo è il suo onore, lo scacco è la sua vergogna. E
nei tentativi di conquista la regola elogia l’amante per delle stravaganze che
esporrebbero alle critiche più severe chiunque osasse comportarsi così per
altri scopi. Supponiamo infatti che uno voglia ottenere del denaro da qualcuno,
che voglia esercitare una magistratura, o una qualsiasi funzione importante. Se
accetta di fare ciò che fanno l’amante per il suo amato - assillarli con
preghiere e suppliche, pronunciare grandi giuramenti, dormire dietro le loro
porte, abbassarsi volontariamente ad ogni sorta di schiavitù che nessuno
schiavo accetterebbe di buon grado - ebbene tutto questo gli e impedito sia dai
suoi amici che dai suoi nemici. L’amico gli rimprovera la sua adulazione e la
sua bassezza; il nemico lo fa ragionare e arrossiranno per lui. Queste cose,
invece, sono ben viste per l'innamorato e la nostra regola non le critica
affatto. E qualcosa che si sta ad ammirare. E la cosa più strana è, secondo il
detto popolare, che lui solo può giurare e ottenere grazia davanti agli dèi se
tradisce i suoi giuramenti. Dinanzi a Venere, a quanto si dice, nessun
giuramento vale. Così l’uomini danno all’innamorato una libertà totale: lo dice
la nostra regola. E questo porta a pensare che la regola nella nostra città giudichi
cose perfette il bello e l'amore, e l'amicizia che ricompensa l’amante. Ma quando d'altra parte un padri fa
sorvegliare da un pedagogho il suo figliolo innamorato, in modo che non possa
parlar d'amore con il suo amante. Quando i giovani della loro età, i loro
amici, li rimproverano per il loro amore. Quando gli adulti non si oppongono a
queste critiche e non le biasimano come fuori luogo. Allora se si considera
tutto questo si potrebbe credere, al contrario, che questo tipo di amore goda
presso di noi di cattiva fama. Ecco, io credo, come stanno le cose. La
faccenda non è per nulla semplice, come ho già detto all'inizio. In se stessa
non è né bella né brutta. E' bella se l’azione d’amar bene rettamente e bella,
è brutta se l’azione d’amare male sono brutte. E' cosa brutta cedere ad un uomo
cattivo e per un cattivo motivo. è cosa bella cedere ad un uomo di valore e per
un bel motivo. Ora chi si comporta male è, come prima dicevo, l'amante volgare,
che ama il corpo bello. Non ha costanza, perché l'oggetto del suo amore – il
corpo bello -- è incostante. All'affievolirsi del bello del corpo che ama, "s'invola e va
via", e tradisce senza vergogna alcuna tante belle parole, tante promesse.
Ma l’uomo chi ama il carattere di una persona per le sue alte qualità, resta
fedele tutta la vita perché il suo amore riposa su qualcosa di costante. La
nostra regola si propone di mettere l’uomo alla prova della serietà e dell'onestà,
perché si ceda al’uomo che valgono e si fuggano gli altri. Incoraggiano quindi
a sceglier bene tra il cedere e il fuggire, creando delle prove che permettano
di riconoscere di che natura sia l'amante. Su questo si fonda evidentemente la
massima: «a cedere subito c'è da vergognarsi». Più tempo passa, infatti, più si
ha la prova, sembra, della serietà dell'amore. Una seconda massima, poi, dice
che c'è da vergognarsi a cedere per denaro o per averne vantaggi politici, sia
che ci si intimorisca di fronte ad un'azione decisa, che rende incapaci di
reagire, sia che non si respingano con sdegno le lusinghe della ricchezza e del
successo politico: niente di tutto ciò ha l'aria d'essere solido e stabile, e
dunque non può venirne alcuna generosa amicizia. Non resta dunque, secondo
la nostra regola, che una sola via onesta perché l'amato possa cedere
all'amante. Presso di noi la regola è la seguente. Come tra gli amanti non c'è
nulla di umiliante nel far di se stessi degli schiavi consenzienti, secondo
quella forma di schiavitù che prima dicevo, e non c'è il rischio di essere
criticati, nello stesso modo rimane una sola altra forma di schiavitù
volontaria che sfugga a ogni critica: quella che ha la virtù come proprio
oggetto. La nostra regola infatti dice questo, che se si accetta di essere al
servizio di un altro pensando di diventare migliori grazie a lui, in la virtù, questa
servitù liberamente accolta non ha niente di cattivo e non è umiliante. Bisogna
dunque riunire in una sola regola, che riguarda l'amore dell’uomo verso i
ragazzo. Vogliamo che si abbia un bene dal fatto che l'amato ceda all'amante.
Infatti quando le vie dell'amante e dell'amato si incontrano, ed essi insieme
seguono la stessa regola, il primo di rendere al suo amato tutti i servizi
compatibili con la giustizia, il secondo di dare all'uomo che cerca di farlo
diventare buono tutte le forme di assistenza compatibili con la giustizia. L’uno
potendo contribuire a dare la virtù, l'altro avendo bisogno di progredire
nell'educazione, allora in verità quando queste regole convergono, e in questo
caso solamente, questa coincidenza fa sì che sia cosa bella che l'amato ceda
all'amante. Altrimenti, è da escludere. Nel bene, anche se chi cede è
completamente vittima della situazione, non c'è alcun disonore, ma in tutti gli
altri casi, che si sia vittime o meno, c'è di che vergognarsi. Infatti se c'è
qualcuno che per arricchirsi ha ceduto a un'amante che crede ricco, e viene poi
ingannato e non ottiene nulla, perché il suo amante si rivela povero, la cosa
rimane riprovevole anche se si è una vittima. Un simile uomo sembra mostrare il
fondo della sua anima: per denaro si presta a tutto verso il primo venuto, e
questo non è affatto bello. Secondo lo stesso ragionamento, se si cede a qualcuno
credendolo pieno di qualità e pensando di diventare migliori legandosi a questo
amante, e se in seguito ci si trova ingannati scoprendo la sua malvagità,
quanto sia povero nella virtù, ebbene chi è stato ingannato non ha nulla di cui
vergognarsi. Anche in questo caso, infatti, sembra rivelarsi la qualità
dell'anima. La virtù e il progresso morale, in tutto e per tutto, sono
l'oggetto della propria passione - e questa è la cosa più bella che ci sia.
Quindi è bellissimo cedere, quando si cede per la virtù. Quest’amore viene da
Venere Urania, ed è davvero divino e prezioso per la città come per l’uomo,
perché esige dall'amante e dall'amato che entrambi veglino su se stessi, per
essere ricchi di virtù. Quanto agli altri, essi rivelano il legame con l'altra
dea, la Venere volgare. Ecco, mio caro Fedro: io non ho fatto che improvvisare;
è questo il mio tributo per l’amore. Dopo la pausa di Pausania - uso questo
gioco di parole sullo stile dei maestri della parola - era venuto il turno di
Aristofane. Ma caso volle che, o per la cena troppo abbondante o per qualche
altra ragione, avesse il singhiozzo e non riuscisse a parlare. Chiese allora a
Erissimaco di parlare lui al posto suo. Bisogna, Erissimaco, o che tu fermi il
mio singhiozzo, o che tu parli al mio posto in attesa che mi passi. E va bene,
rispose Erissimaco, farò l'uno e l'altro. Parlerò al tuo posto e tu parlerai al
mio quanto ti sarà passato il singhiozzo. Mentre parlo, se trattieni a lungo il
respiro il tuo singhiozzo si deciderà ad andarsene. Se non se ne va, fai dei
gargarismi con dell'acqua. E se non se ne va ancora, cerca qualcosa per solleticarti
il naso e starnutire. Se lo farai una o due volte, per quanto tenace sia il tuo
singhiozzo, se ne andrà. A te parlare, dunque, disse Aristofane, io seguirò i
tuoi consigli. Allora Erissimaco prese la parola. "Io credo che dopo un
buon inizio tu non abbia risposto del tutto alle esigenze del soggetto
trattato, ed è quindi necessario che io cerchi, da parte mia, di completare il
suo discorso. La tua distinzione tra i due tipi di amore mi sembra eccellente.
Ma essa non riguarda soltanto l’uomini nei loro rapporti con le persone belle.
Riguarda anche i rapporti tra altri oggetti d'amore, tra altri esseri, che si
tratti dei corpi degli animali o delle piante che la terra nutre: in una
parola, riguarda tutti gli esseri viventi. La medicina, la nostra arte, credo
mi consenta questa osservazione. Essa permette di vedere che l’amore è un
grande dio, un dio meraviglioso, e che la sua azione si estende su tutto, sia
nell'ordine dell'umano che del divino. Comincerò dalla medicina, per fare onore
alla mia arte. La natura dei corpi comporta un duplice amore. Ciò che è sano
nel corpo è ben diverso e dissimile da ciò che è malato, questo lo ammettono
tutti. Ora, il dissimile ama e desidera il dissimile. L'amore che è proprio
della parte sana è dunque diverso dall'amore che è proprio della parte malata.
Dunque, proprio come Pausania diceva che è cosa bella accordare i propri favori
agli uomini che se lo meritano ed è cosa brutta cedere ai dissoluti, così
quando si tratta dei corpi stessi favorire ciò che vi è di buono e di sano in
ciascuno è cosa bella e necessaria, ed è questo che chiamiamo medicina, mentre
bisogna rifiutarsi di favorire ciò che è malvagio e malsano, se si vogliono
seguire le regole dell'arte. La medicina infatti, se vogliamo definirla in una
parola, è la scienza dei fenomeni d'amore propri dei corpi, nei loro rapporti
con il riempirsi e il vuotarsi, e chi da questi fenomeni sa diagnosticare il
buono e il cattivo amore, ebbene questi è il miglior medico. Chi sa operare dei
cambiamenti grazie ai quali si acquista un amore al posto dell'altro; chi
sa far nascere l'amore nei corpi in cui manca e sa eliminarlo quando è di
troppo; ebbene costui è davvero padrone di quest'arte. Senza alcun dubbio. Il
medico deve essere capace di ristabilire l'amicizia e il mutuo amore tra gli
elementi del corpo che più si odiano. Ora, gli elementi che più si odiano sono
quelli contrari: il freddo e il caldo, l'amaro e il dolce, il secco e l'umido,
e così via. E' per avere saputo mettere l'amore e la concordia tra questi
elementi che il nostro antico padre Asclepio - a quel che dicono i nostri
poeti, e io lo credo - è il fondatore della nostra arte. La medicina è
dunque, come dicevo, tutta quanta governata da questo dio. E questo vale anche
per la ginnastica e per l'agricoltura. Quanto alla musica, non occorre una
grande riflessione per vedere che è la stessa cosa. Senza dubbio è questo che
vuol dire Eraclito, benché la sua espressione non sia felice. Egli dichiara
infatti che l’uno «in sé discorde con se stesso si accorda, come l'armonia
dell'arco e della lira56».Ora, è molto illogico affermare che l'armonia
consiste in una opposizione o che essa è composta da elementi che si oppongono
ancora. Ma egli voleva forse dire che a partire da una opposizione originaria,
tra l'acuto e il grave, i due elementi in seguito si accordano e l'armonia si
realizza grazie alla musica. Infatti, se veramente l'acuto e il grave si
opponessero ancora, non si vede come potrebbe nascere l'armonia. L'armonia
infatti è una consonanza, e una consonanza è una sorta di accordo. Ora,
l'accordo di elementi opposti, se permangono opposti, è impossibile, e d'altro
canto non può esserci armonia tra ciò che si oppone e non si accorda: nello
stesso modo il ritmo nasce dal rapido e dal lento, cioè da elementi all'inizio opposti
che in seguito si accordano. E come prima la medicina, adesso è la musica che
introduce l'accordo tra tutti questi elementi, creando amore reciproco e
accordo. E dunque la musica è essa stessa, nell'ordine dell'armonia e del
ritmo, una scienza dei fenomeni dell'amore. Ora, se nella costituzione
dell'armonia e del ritmo i fenomeni dell'amore possono essere osservati
facilmente, questo accade perché non vi sono due specie d'amore. Ma quando per
il pubblico si eseguono ritmi e armonie, sia componendole (in quella che si
chiama composizione musicale) sia servendosi a seconda dei casi di composizioni
melodiche o metriche composte da altri (in quella che si chiama educazione
musicale), allora la cosa diventa difficile e si ha bisogno di un uomo del
mestiere, che sia abile. Ecco allora tornare il discorso di prima: se bisogna
cedere, è bene farlo con uomini dai costumi ben regolati, proprio per
migliorarsi quando ancora non si hanno le stesse qualità; l'amore di questi
uomini deve essere ben difeso e bisogna quindi rivolgersi all'Eros bello,
all'Eros Uranio, quello della Musa Urania. L'altro è quello di Polimnia, l'Eros
Pandemio57, che bisogna offrire con prudenza a chi viene ad offrirlo a noi, in
modo da trarne piacere senza strafare; è come nella nostra arte, la medicina,
che deve saper ben dosare il gusto per la buona cucina, per imparare a goderne
senza ammalarsi. Così dunque in musica, in medicina, in tutto l'ordine delle
cose divine e umane, è necessario proteggere nella misura del possibile l'uno e
l'altro amore, poiché vi si trovano entrambi. Anche l'ordine delle stagioni
dell'anno è riempito da questi due amori, e quando gli elementi di cui parlavo
prima - il caldo e il freddo, il secco e l'umido - incontrano nei loro
reciproci rapporti l'amore ben regolato, essi si armonizzano combinandosi nella
giusta misura, allora portano l'abbondanza e la sanità agli uomini, agli
animali, alle piante, senza causare alcun danno58. Ma quando nelle stagioni
dell'anno prevale l'amore senza misura, rovina ogni cosa ed è causa di grandi
disastri. La pestilenza, infatti, ha origine da questi fenomeni e così le più
varie malattie che aggrediscono animali e piante: gelo, grandine, i mali delle
piante, provengono dal desiderio senza limiti e misura nelle relazioni
reciproche fra questi fenomeni, governate dall'amore. C'è una scienza che
tratta nello stesso tempo del movimento degli astri e delle stagioni dell'anno:
si chiama astronomia. Tutti i sacrifici, poi, e tutto ciò che ha a che fare con
la divinazione (cioè tutto ciò che mette in comunicazione gli dèi e gli uomini)
non hanno altro scopo che quello di proteggere l'amore e di guarirlo. L'empietà
nasce abitualmente dal non cedere all'amore ben regolato, dal non onorarlo, dal
non riverirlo con ogni propria azione, ma dall'onorare l'altro amore, nei
rapporti sia con i propri genitori, viventi o morti, sia con gli dèi. Questo è
il compito assegnato alla divinazione: sorvegliare coloro che amano e guarirli.
Ed è ancora lei, la divinazione, che permette l'amicizia tra gli dèi e gli
uomini, perché essa conosce, nell'ordine degli umani, quei fenomeni d'amore che
tendono al rispetto degli dèi e alla pietà.Questa è la molteplice, l'immensa o
piuttosto l'universale potenza che è propria dell'Eros. E' lui ad agire, con
moderazione e giustizia, per produrre delle opere buone, sia tra noi che tra
gli dèi, con la più grande potenza: ci procura ogni felicità e ci rende capaci
di vivere in società, di legare con vincoli di amicizia gli uni con gli altri
ed anche con quegli esseri a noi superiori, gli dèi. Anch'io, senza dubbio, ho
tralasciato alcune cose nel mio elogio dell'Eros, ma non l'ho fatto apposta. Se
ho dimenticato qualche punto, spetta a te, Aristofane, di colmare la lacuna.
Però, se ti proponi di lodare il dio in un altro modo, fai pure, visto che il
tuo singhiozzo se n'è andato."Allora, disse Aristodemo, Aristofane prese
la parola. Il fatto è che se n'è sì andato, ma ho dovuto proprio applicare il
tuo rimedio e starnutire. Non è strano che il buon ordine del mio corpo abbia
bisogno di rumori e di solletico per starnutire? Sta di fatto, però, che il
singhiozzo è passato appena ho starnutito. Aristofane, amico mio, che dici?,
riprese Erissimaco. Ci fai ridere prendendomi in giro un attimo prima di fare
il tuo discorso? Così mi costringi a sorvegliare bene le tue parole, che tu non
abbia ad esser comico proprio quando puoi parlare in tutta tranquillità. Aristofane
si mise a ridere e disse. Hai ragione Erissimaco, ritiro tutto. Ma non mi
sorvegliare. Nel discorso che farò, infatti, dovrò dire non poche cose che
faranno un po' ridere - e questo è un vantaggio, perché così la mia Musa si
troverà su un terreno familiare -, ma ho proprio paura di essere un po' preso
in giro! Eh, Aristofane, tu prima lanci una frecciatina, poi te ne vuoi
scappare, non è vero? Ma t'avverto, parla piuttosto come un uomo che deve
rendere conto di quel che dice! Sta' tranquillo, però, da parte mia ti farò
grazia, ma solo se vorrò!"Discorso di Aristofane "A dir la
verità, Erissimaco - disse Aristofane -, ho intenzione di parlare diversamente
da te e da Pausania. Infatti mi sembra che gli uomini non si rendano
assolutamente conto della potenza dell'amore. Se se ne rendessero conto,
certamente avrebbero elevato templi e altari a questo dio, e dei più magnifici,
e gli offrirebbero i più splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è
oggi,quando nessuno di questi omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe
più importante, perché è il dio più amico degli uomini: viene in loro soccorso,
porta rimedio ai mali la cui guarigione è forse per gli uomini la più grande
felicità. Dunque cercherò di mostrarvi la sua potenza, così potrete essere
maestri a vostra volta. Ma innanzitutto bisogna che conosciate la natura
della specie umana e quali prove essa ha dovuto attraversare. Nei tempi
andati62, infatti, la nostra natura non era quella che è oggi, ma molto
differente. Allora c'erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il
maschio e la femmine. Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri
degli altri. Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è
scomparso. Era l'ermafrodito, un essere che per la forma e il nome aveva
caratteristiche sia del maschio che della femmina. Oggi non ci sono più persone
di questo genere.Quanto al nome, ha tra noi un significato poco
onorevole.Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i
fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro
gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell'unica
testa. [190] Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il
resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come
noi63, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un po'
come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto
arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota. La ragione per
cui c'erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole,
la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d'entrambi dalla Luna,
visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra64. La loro forma
e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro
genitori. Per questo finivano con l'essere terribilmente forti e vigorosi e il loro
orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di
Efialte e di Oto, riguarda anche gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la
scalata al cielo, per combattere gli dèi.Allora Zeus e gli altri dèi si
domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non
potevano certo ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come
avevano fatto con i Giganti, perché questo avrebbe significato perdere
completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli uomini; ma neppure
potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente
riflettuto, Zeus ebbe un'idea. «lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far
sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria
arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno
di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo
anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si
muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non
vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che
andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri65». Detto questo, si mise
a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come
si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo
di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che
gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire,
fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto66. Apollo
voltava allora il viso e, raccogliendo d'ogni parte la pelle verso quello che
oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva un nodo al
centro del ventre non lasciando che un'apertura - quella che adesso chiamiamo
ombelico. Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava con
esattezza il petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per
spianare le grinze del cuoio. Lasciava però qualche piega, soprattutto nella
regione del ventre e dell'ombelico, come ricordo della punizione subita.Quando
dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due
parti desiderava ricongiungersi all'altra. Si abbracciavano, si stringevano
l'un l'altra, desiderando null'altro che di formare un solo essere. E così
morivano di fame e d'inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza
l'altra. E quando una delle due metà moriva, e l'altra sopravviveva,
quest'ultima ne cercava un'altra e le si stringeva addosso - sia che
incontrasse l'altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi
chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la
specie si stava estinguendo. Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo
espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora
infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si
riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus
trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e
fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l'uomo
con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo
avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si
sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi
avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e
sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro
esistenza. E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è
innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della
nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la
natura dell'uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione68 dell'essere umano
completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è
complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le
sogliole69. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua
parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da
quel composto dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle
donne, e tra loro ci sono la maggior parte degli adulteri; nello stesso modo,
le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa
specie; ma le donne che derivano dall'essere completo di sesso femminile,
ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le
porta piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le
lesbiche. I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto
maschile cercano i maschi. Sin da giovani, poiché sono una frazione del maschio
primitivo, si innamorano degli uomini e prendono piacere a stare con loro, tra
le loro braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché per
natura sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è
falso. Non si tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è i loro
ardore, la loro virilità, il loro valore che li spinge a cercare i loro simili.
Ed eccone una prova: una volta cresciuti, i ragazzi di questo tipo sono i soli
a mostrarsi davvero molto bravi nell’occuparsi di politica. Da adulto, ama il
ragazzo. Il matrimonio e la paternità non li interessano affatto - è la loro
natura; solo che le consuetudini li costringono a sposarsi ma, quanto a loro,
sarebbero ben lieti di passare la loro vita fianco a fianco, da celibi. In una
parola, l'uomo cosi ffatto desidera un ragazzo e li ama teneramente, perché è
attratto sempre dalla specie di cui è parte. Quest’uomo - ma lo stesso,
per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se
stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria
emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con
l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per
così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli
uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dire cosa desiderano l'uno
dall'altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie del far
l'amore: non possiamo immaginare che l'attrazione sessuale sia la sola ragione
della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C'è
qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa
esprimere, ma che intuisce con immediatezza. Se, mentre sono insieme, Efesto si
presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse:
"Che cosa volete l'uno dall'altro?", e se, vedendoli in imbarazzo,
domandasse ancora: «Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona,
tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi né di
giorno né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e
fondervi in un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate
entrambi come una persona sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell'Ade,
voi non sarete più due, ma uno, e la morte sarà comune. Ecco: è questo che
desiderate? è questo che può rendervi felici?» A queste parole nessuno di loro
- noi lo sappiamo - dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos'altro.
Ciascuno pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo
senza dubbio desiderava: riunirsi e fondersi con l'amato. Non più due, ma un
essere solo. La ragione è questa, che la nostra natura originaria è come l’ho
descritta. Noi formiamo un tutto: il desiderio di questo tutto e la sua ricerca
ha il nome di amore. Allora, come ho detto, eravamo una persona sola; ma
adesso, per la nostra colpa, il dio ci ha separati in due persone, come gli
Arcadi lo sono stati dagli Spartani77. Dobbiamo dunque temere, se non
rispettiamo i nostri doveri verso gli dèi, di essere ancora una volta
dimezzati, e costretti poi a camminare come i personaggi che si vedono
raffigurati nei bassorilievi delle steli, tagliati in due lungo la linea del
naso, ridotti come dadi a metà. Ecco perché dobbiamo sempre esortare gli uomini
al rispetto degli dèi: non solo per fuggire quest'ultimo male, ma anche per
ottenere le gioie dell'amore che ci promette Eros, nostra guida e nostro capo.
A lui nessuno resista - perché chi resiste all'amore è inviso agli dèi. Se
diverremo amici di questo dio, se saremo in pace con lui, allora riusciremo a
incontrare e a scoprire l'anima nostra metà, cosa che adesso capita a ben
pochi. E che Erissimaco non insinui, giocando sulle mie parole, che intendo
riferirmi a Pausania e Agatone: loro due ci sono riusciti, probabilmente, ed
entrambi sono di natura virile. Io però parlo in generale degli uomini dichiaro
che la nostra specie può essere felice se segue Eros sino al suo fine, così che
ciascuno incontri l'anima sua metà, recuperando l'integrale natura di un tempo.
Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci
troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla
perfezione: incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque
vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che
dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale
ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine; ad
Eros, che per l'avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se
seguiremo gli dèi, ci riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di
guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità. Ecco, Erissimaco, questo è
il mio discorso in onore di Eros. T'ho già pregato, non prendermi in giro per
quel che ho detto. Dobbiamo ancora ascoltare, non dimenticarlo, i discorsi
degli altri, di quelli che restano, Agatone e Socrate."Erissimaco, riferì
Aristodemo, rispose così:"Sì sì, farò proprio come dici tu, perché il tuo
discorso mi è piaciuto molto e anzi, se non sapessi che Socrate e Agatone sono
gran maestri nelle cose d'amore, penserei quasi quasi che siano a corto di
argomenti, tante sono le cose che sono state dette. Ma ho piena fiducia in loro".E
Socrate allora disse. Dici così perché hai già fatto la tua parte, Erissimaco.
Ma se fossi al mio posto, ora o peggio ancora dopo il discorso di Agatone - che
ti figuri se non sarà bellissimo -, avresti una gran paura e saresti proprio in
imbarazzo, come me in questo momento"."Non mi fido mica di te
Socrate, disse Agatone, tu vuoi farmi tremare all'idea che il nostro pubblico
sarà attentissimo e si aspetta da me un discorso stupendo. Ma Agatone, rispose
Socrate, vuoi che mi dimentichi di tutte le volte che ti ho visto sul palco coi
tuoi attori, sicuro di te, mentre ti rivolgevi ad un gran pubblico per
presentare una tua opera? Non eri per niente emozionato, affatto,e adesso
dovrei credere che lo sei davanti a noi, che siamo così pochi?""Come,
Socrate? disse Agatone. Non mi crederai, spero, così innamorato del teatro da
non capire che agli occhi di un uomo di buon senso poche persone intelligenti sono
più da temere di una folla ignorante?""Farei molto male se lo
credessi, mio buon Agatone, rispose Socrate, una simile mancanza di stile non
ti si addice. Io so bene, invece, che se trovi gente che ritieni saggia, dai
loro molta più importanza che alla folla. Però non credo affatto che noi siamo
saggi. Perché c'eravamo anche noi tra il pubblico, là tra la folla. Ma se
trovassi altra gente, dei saggi veri, ti vergogneresti,senza dubbio, davanti a
loro al pensiero di far qualcosa di cui ci sia da vergognarsi. Che ne
dici?""E' vero", rispose."Ma davanti alla folla non ti
vergogneresti se pensassi di fare qualcosa di cui ci sia da
vergognarsi?"Fedro a questo punto prese la parola e disse:"Mio caro
Agatone, se rispondi, a Socrate non importerà proprio nulla se la conversazione
prenderà una piega o l'altra, perché a lui basta avere qualcuno con cui
chiacchierare, soprattutto se è un bel ragazzo. Ora, a me piace moltissimo
ascoltare Socrate quando discute, ma adesso dobbiamo proprio occuparci
dell'Eros, dobbiamo raccogliere il tributo da ciascuno di noi: i nostri
discorsi in suo onore. Pagate il vostro debito verso il dio, poi tornerete a
chiacchierare tra voi". Discorso di Agatone"Hai proprio ragione,
Fedro, disse Agatone, e in effetti niente mi impedisce di rimandare la risposta
perché avrò ancora ben l'occasione di chiacchierare con Socrate! C'è
tempo.Voglio dirvi subito come intendo condurre il mio discorso, prima di
cominciare. Tutti coloro che hanno già parlato non hanno per nulla, mi sembra,
fatto l'elogio del dio. Hanno chiamato felici gli uomini per i beni che gli
devono, ma chi egli sia esattamente, per aver fatto loro questi doni, ecco questo
nessuno l'ha detto. Ora, il solo modo corretto per fare un elogio, qualunque
sia l'argomento, è quello di spiegare la natura dell'oggetto del discorso e la
natura di ciò di cui è responsabile. E così dobbiamo procedere anche noi
nell'elogio dell'Eros: mostrando innanzitutto la sua natura e quindi i doni che
ci ha fatto.Dichiaro dunque che tra tutti gli dèi, esseri felici, Eros - mi sia
permesso dirlo senza risvegliare la loro gelosia - è il più felice, perché è il
più bello e il migliore. E' il più bello perché questa è la sua natura.
Infatti, mio caro Fedro, è il più giovane tra gli dèi. Una grande prova
dimostra che quel che dico è vero, e ce la offre lui stesso: Eros fugge la
vecchiaia, che è rapida, si sa, e ci sorprende prima di quanto dovrebbe.
L'Eros, è chiaro, la odia e non le si avvicina nemmeno da lontano. Ma è sempre
in compagnia della giovinezza, le resta vicino. Ha ragione il vecchio detto:
"Il simile cerca il simile". Io sono spesso d'accordo con Fedro, ma
non trovo giusto dire che Eros sia più antico di Cronos e di Giapeto. Io
dichiaro, al contrario, che è il più giovane tra gli dèi, che è sempre giovane
e che le vecchie lotte tra gli dèi di cui parlano Esiodo e Parmenide sono
figlie della Necessità, ma non di Eros, se questi poeti hanno detto il vero.
Infatti gli dèi non si sarebbero mutilati l'un l'altro, non si sarebbero messi
in ceppi né fatto tanta violenza se l'Eros fosse stato tra loro. Avrebbero
conosciuto invece l'amicizia e la pace, come adesso, nel tempo in cui sugli dèi
l'Eros stende il suo dominio. Dunque, l'Eros è giovane, e non soltanto è
giovane ma anche delicato. A lui è mancato un poeta, un Omero, che ne sapesse
far vedere la delicatezza. Omero dice di Ate che essa è una dea e allo stesso
tempo che è delicata, o almeno che lo sono i suoi piedi. Dice: "Son
delicati i suoi piedi e non sfiorano il suolo, ella avanza sfiorando le teste
degli uomini". Un chiaro indice della sua delicatezza, ai miei occhi: la
dea non posa i piedi sul duro, ma sul morbido. Utilizzeremo anche noi a
proposito dell'Eros lo stesso indizio per affermare che è delicato: non cammina
infatti sulla terra, né sulle teste, che poi tanto morbide non sono, ma si
muove e abita in ciò che è più tenero al mondo. Eros infatti ha stabilito la
sua dimora nel cuore e nell'anima degli uomini e degli dèi. Ma non senza
distinzione in tutte le anime. Se ne incontra una che abbia un carattere duro,
fugge via e va ad abitare in quelle in cui trova dolcezza. E' sempre a
contatto, coi piedi e con tutto il suo essere, con ciò che tra tutte le cose
tenere è più tenero, ed è quindi assai delicato, necessariamente. Ecco
dunque, l'Eros è il più giovane e il più delicato degli esseri. E inoltre
dobbiamo ricordare la flessibilità della sua forma, perché non potrebbe andare
dappertutto né passare inosservato quando penetra nelle anime e quando ne esce,
se fosse rigido. Dell'armonia, della duttilità della sua natura, ebbene di
questo la sua grazia ne dà una prova eclatante, quella grazia che l'Eros
possiede in massimo grado perché tra l'aspetto sgraziato e l'Eros la reciproca
ostilità c'è da sempre. E che dire della bellezza della sua carnagione? Eros indugia
tra i fiori. Su ciò che non fiorisce, sul fiore appassito, nel corpo o
nell'anima o in ogni altra cosa, Eros non si posa: ma là dove i fiori e i
profumi abbondano, là si posa, là sceglie la sua casa. Sulla bellezza del dio
basta così, anche se davvero resta ancora molto da dire. Vorrei adesso parlare
delle sue virtù. Ecco la più importante: Eros non fa né subisce ingiustizia,
non fa torto a nessuno, uomo o dio, e non ne subisce da nessuno, né uomo né
dio. La violenza non ha alcuna parte in ciò che subisce, ammesso che subisca
qualcosa, perché la violenza non ha presa sull'Eros; non ne ha bisogno in tutto
quel che fa perché tutti in tutto si mettono di buon grado al suo servizio. E
gli accordi che si fanno di buon grado sono chiamati giusti dalle «leggi, le
regine della città86».E con la giustizia ecco la più grande temperanza. La
temperanza, si sa, è dominare piaceri e desideri. Ora, non c'è piacere più
grande dell'Eros: gli altri piaceri sono più deboli e possono essere dominati
dall'Eros; dominando piaceri e desideri, allora l'Eros deve essere temperante
in massimo grado.Quanto al coraggio, «Ares stesso non può lottare contro
Eros87». Infatti non è Ares che domina su Eros, ma Eros possiede Ares, se è vero
che è innamorato di Afrodite, come dicono. Ora colui che si impadronisce di
qualcuno, è più forte di lui e chi riesce a possedere un altro che è pieno di
coraggio deve avere ancora più coraggio di lui89.Fin qui ho parlato della
giustizia, della temperanza e del coraggio del dio. Rimane la sua scienza e, nella
misura della mie forze, devo proprio completare il mio elogio. Innanzitutto,
poiché desidero onorare la mia arte come Erissimaco ha fatto con la sua, dirò
che il dio è poeta così sapiente che rende poeti gli altri, a sua volta. Ogni
uomo infatti diventa poeta quando l’Eros lo possiede, «anche se prima non
conosceva le Muse». Questo fatto, è chiaro, deve essere per noi una prova che
Eros è abilissimo in tutte le arti governate dalle Muse. Infatti ciò che
non si ha, o non si sa, non lo si può certo dare o insegnare agli altri. Meglio
ancora, nella creazione degli esseri viventi, di tutti, chi oserà negare che
l'Eros possiede una scienza grazie a cui nascono e crescono tutti i viventi?
Osserviamo d'altra parte la pratica delle arti: non sappiamo forse che l'uomo
che ha avuto questo dio come maestro diviene celebre e illustre mentre quello
che Eros non ha nemmeno sfiorato non ha alcun successo? E certo: il tiro con
l'arco, la medicina, la divinazione sono delle abilità che Apollo deve al
desiderio e all'amore che lo guida; così questo dio può dirsi discepolo
dell'Eros, come le Muse lo sono per le arti che portano il loro nome, Efesto
per l'arte di forgiare i metalli, Atena per la tessitura e Zeus infine «per il
governo degli dèi e degli uomini». Così tutti i conflitti tra gli dèi si sono
appianati all'apparire di Eros tra loro, dell'amore per il bello, certo, perché
Eros non si lega mai a ciò che è brutto. Ma prima di questo, come ho detto
all'inizio, ogni specie di orribili eventi erano accaduti tra gli dèi, secondo
quanto narrano le antiche storie, perché regnava la Necessità. Quando poi
nacque questo dio, dall'amore per le cose belle nacque ogni bene, per gli dèi
come per gli uomini. Ecco perché, mio caro Fedro, posso dire che l'Eros è pieno
del bello, e bontà al più alto grado ed è quindi, per tutti gli esseri, la
fonte dei più alti beni. Vorrei dirlo in versi, questo: Eros è il dio che dà
«la pace agli uomini, la calma al mare, la tregua ai venti, il riposo al
dolore». E' lui a liberarci dall'odio, lui a donarci l'amicizia; di tutti i
conviti, come il nostro adesso, è il fondatore; nelle feste, nei cori, nei
sacrifici, è lui a farci da guida; vi porta la dolcezza, allontana ogni
rancore, generosissimo di ogni bene, non sa cosa sia la malvagità, propizio ai buoni,
esempio ai saggi, ammirato dagli dèi, è cercato da chi non ha amore, prezioso
per chi lo possiede. Il Lusso, la Delicatezza, la Voluttà, le Grazie, la
Passione, il Desiderio sono i suoi figli. E' pieno di attenzione verso i buoni
ma si allontana dai malvagi, e nel dolore, nella paura, nel desiderio, nel
discorso, egli è sempre lì, pronto a combattere. E' il nostro sostegno, la
nostra salvezza per eccellenza. E' l'onore di tutti gli dèi, di tutti gli
uomini; è la guida più bella, la migliore, e ogni uomo deve seguirlo, celebrare
la sua gloria con splendidi inni e cantare con lui quel canto con cui conquista
i cuori di tutti gli dèi e di tutti gli uomini.Ecco il mio discorso, carissimo
Fedro: che sia la mia offerta al dio! La lieta fantasia e la grave serietà vi
hanno avuto ciascuna la sua parte94, bilanciate come meglio è stato in mio
potere fare. Quando Agatone ebbe finito di parlare tutti applaudirono perché si
era espresso da par suo, in modo davvero degno del dio Eros. Allora Socrate si
voltò verso Erissimaco e gli disse. Erissimaco, figlio d'Acumeno, non avevo
forse ragione? Non ho parlato in modo profetico prima, quando ho detto che
Agatone avrebbe parlato divinamente e io, dopo, sarei stato in
imbarazzo?""Sul primo punto - rispose Erissimaco - sei stato buon
profeta, io credo, dicendo che Agatone avrebbe parlato bene. Ma che tu sia in
imbarazzo adesso, questo non lo credo proprio.""E come si potrebbe
non esserlo, carissimo Erissimaco, - riprese Socrate - dovendo parlare dopo un
discorso così bello, così seducente! Non è stato tutto perfetto, questo è vero;
ma nella conclusione chi può non esser stato preso dall'incanto delle parole e
delle frasi? Io mi riconosco subito incapace di avvicinarmi a tanta bellezza
con le mie parole, e per un po' ho anche pensato di sgattaiolare via senza dir
nulla. Ma non è possibile farlo. Il discorso di Agatone mi ha ricordato Gorgia,
al punto da farmi temere quel che dice Omero: ho quasi creduto che Agatone alla
fine del suo discorso gettasse sulla mia la testa di Gorgia, il terribile
oratore, e mi trasformasse in pietra, facendomi diventare muto95. Ho
capito allora di esser stato proprio un ingenuo quando vi ho promesso di fare
anch'io, al mio turno, l’elogio di Eros, e quando ho detto di essere ben
esperto delle cose d'amore: in effetti, devo confessare di non sapere affatto
fare un elogio. Credevo, nella mia piena ignoranza, che si dovesse dire la
verità sull'oggetto del proprio elogio, che questo fosse fondamentale: che
bisognasse scegliere le verità più belle e disporle nell'ordine più elegante.
Ero, naturalmente, tutto fiero al pensiero che avrei parlato bene: non
conoscevo forse la vera maniera di fare un elogio? Ma, stando a quanto ho
sentito, il metodo corretto di fare un elogio non è questo: bisogna piuttosto attribuire
all'oggetto del proprio discorso le più grandi e le più belle qualità - che le
abbia davvero o non le abbia non importa affatto. A quanto sembra il nostro
accordo era di giocare a far le lodi di Eros, non di lodarlo veramente per quel
che è. Ecco perché, io penso, voi muovete cielo e terra per attribuire ad Eros
ogni cosa bella e proclamare l'eccellenza della sua natura come la grandezza
delle sue opere: voi volete così farlo apparire il più bello e il più buono
possibile - ma non si ingannano coloro che sanno. E certo è una bella cosa un
elogio simile. Ma io ignoravo evidentemente questo modo di far le lodi, e
siccome lo ignoravo, promisi anch'io di pronunciare un elogio al mio turno: «ma
la lingua promise, non certo il mio cuore97». Dunque, addio alla mia promessa!
Io un elogio così non ve lo faccio, non ne sono capace. Però, a condizione di
dir solo la verità, se lo desiderate io accetto di prendere la parola, alla mia
maniera e senza rivaleggiare con l'eleganza dei vostri discorsi, perché non ho nessuna
intenzione di diventare ridicolo. Vedi tu, Fedro, se c'è ancora bisogno di un
discorso di questo genere, che lasci intendere la verità su Eros - ma con le
parole e lo stile che mi verranno al momento.Allora - disse Aristodemo - Fedro
e gli altri lo pregarono di parlare come riteneva di dover fare."Ancora un
momento, Fedro, - disse Socrate -: lasciami porre alcune piccole domande ad
Agatone, in modo che possa mettermi d'accordo con lui prima di cominciare il
mio discorso.""Ti lascio fare - disse Fedro -; domanda pure."E
così - disse Aristodemo - Socrate cominciò pressappoco con queste
parole:"Per la verità, mio buon Agatone, io dico che tu hai aperto bene la
via dichiarando che bisognava innanzitutto mostrare qual è la natura dell'amore
e come agisce: io trovo questo inizio davvero eccellente. Andiamo avanti, però,
ti prego; dopo tutto quello che hai detto di bello e di buono sulla natura di
Eros, rispondi a questa domanda: è nella natura dell'Eros essere amore di
qualche cosa, oppure di niente? Io non ti domando se la sua natura è di essere
amore per una madre o un padre, perché sarebbe comico domandare se l'Eros è una
forma d'amore che si rivolge a una madre o a un padre. Ma se, a proposito del
padre in quanto padre io domandassi: il padre è padre di qualcuno o no?,tu mi
risponderesti senza dubbio - se volessi darmi una buona risposta - che il padre
è padre di un figlio, o di una figlia. Non è vero?""Certo",
disse Agatone."E non dirai la stessa cosa della madre?" - Agatone ne
convenne."Rispondi ancora - disse Socrate - ad alcune domande, per meglio
comprendere dove voglio arrivare. Se io domandassi: «Il fratello, in quanto
fratello, è fratello di qualcuno o no?»Rispose che lo era."Dunque è
fratello di un fratello o di una sorella?" - Agatone fu d'accordo."Prova
allora - riprese Socrate - a far la stessa domanda per l'Eros: Eros è amore di
niente o di qualcosa?""Di qualcosa, evidentemente".[200]
"Tieni bene a mente questo carattere dell'Eros, allora, e dimmi ancora se
egli desidera ciò che ama". "Lo desidera certamente",
disse."Quando possiede ciò che desidera, è allora che l'ama, o quando non
lo possiede?""Quando non lo possiede: è probabile che sia così"
- disse. "Ma pensa bene - disse Socrate - se invece che probabile non
è una certezza: non dobbiamo forse dire che desidera ciò che non possiede, e
che non desidera affatto ciò che possiede già? Per me, mio caro Agatone, questo
è chiarissimo. Tu che ne pensi?""Sono dello stesso avviso",
disse."E fai bene ad esserlo. Dunque un uomo che è grande potrà forse desiderare
di esser grande? O di esser forte se è forte?""E impossibile, visto
quel che abbiamo detto.""Non potrebbe infatti mancare di queste
qualità, poiché ce le ha.""E così.""Però supponiamo - disse
Socrate - che un uomo forte voglia esser forte, che un uomo agile voglia esser
agile, che un uomo in buona salute voglia essere in buona salute. Si potrebbe
forse pensare, per quel che riguarda queste qualità e tutte quelle dello stesso
genere, che gli uomini che le hanno desiderano averle ancora. Lo dico per
difenderci contro questo possibile errore. Se ci pensi, Agatone, è necessario
che essi abbiano, al momento, ciascuna delle qualità che hanno, che le vogliano
o meno: com'è possibile desiderare ciò che si ha già? Ma se qualcuno ci dicesse
«Io sono adesso in buona salute, e desidero esserlo; io sono ricco, e desidero
esserlo, desidero possedere quel che già possiedo», allora noi gli
risponderemmo: «Tu hai la ricchezza, la salute, la forza; quel che desideri, è
di averle ancora in futuro, perché per il presente, che tu lo voglia o no, le
hai già. Dunque quando dici: io desidero ciò che adesso ho già, queste parole
significano semplicemente: ciò che io ho adesso, desidero averlo anche per
l'avvenire». Sei d'accordo, non è vero?Agatone - disse Aristodemo - lo riconobbe,
e Socrate proseguì: "Se tutto questo è vero, desiderare le cose che
non si hanno ancora, che non si possiedono, non è forse volere per l'avvenire
che queste cose ci siano conservate?""Certo", disse.
"Quindi l'uomo che si trova in questa situazione, e cioè chiunque provi un
desiderio, desidera ciò che non ha ancora e che non è nel presente. E ciò che
egli non ha, ciò che egli stesso non è, quel che gli manca, insomma, ecco
l'oggetto del suo desiderio e del suo amore." "Sicuramente è così"
- disse."Andiamo avanti, allora - disse Socrate. Ricapitoliamo i punti su
cui siamo d’accordo. Non è forse vero, innanzitutto, che l'Eros si indirizza
verso certe cose e, in secondo luogo, che queste cose sono quelle di cui sente
la mancanza?""Sì", disse. "E adesso, Agatone, ricordati
cosa hai detto nel tuo discorso sulle cose verso cui si indirizza l'Eros. Se
vuoi, te lo ricordo io stesso: più o meno, tu ci hai detto, credo, che gli dèi
hanno risolto i loro conflitti grazie all'amore per la bellezza, perché non ci può
essere amore verso quel che è brutto. Son più o meno le tue parole, non è
vero?""Certo", disse Agatone."Tu rispondi come si deve, mio
caro - disse Socrate -, e se le cose stanno come tu ci hai detto, l'Eros
dovrebbe amare il bello, non certo la bruttezza, non è vero?"Agatone fu
d'accordo."Ma non ci siamo trovati d'accordo anche su questo, che si ama
ciò di cui si sente la mancanza e che non si possiede?""Sì",
ammise."L'Eros manca quindi della bellezza e non la possiede?""Per
forza", disse."Ma come? Chi manca della bellezza e non la possiede
affatto, tu lo chiami bello?""No di certo.""E allora, se le
cose stanno così, sei ancora dell'avviso che Eros sia bello? Temo proprio -
disse Agatone - di aver parlato senza sapere quel che dicevo"."Però
il tuo discorso era molto elegante, Agatone. Ma ancora una piccola domanda: le
cose buone sono allo stesso tempo belle, secondo te?""Lo sono, a mio
avviso"."Allora se all'Eros manca la bellezza e se le cose buone sono
anche belle, all'Eros deve per forza mancare anche la bontà"."Di
sicuro, Socrate - disse Agatone -, io non sono in grado di contraddirti:
ammetto quel che tu dici"."No, carissimo Agatone - disse Socrate -,
non me, ma la verità tu non puoi contraddire: Socrate, lui sì che è facile contraddirlo.
Adesso ti lascerò un po' in pace. Ecco il discorso su Eros che ho ascoltato un
giorno da una donna di Mantinea, Diotima, molto competente su questo come su
tanti altri argomenti. Fu lei che una volta, prima della peste, fece fare agli
Ateniesi quei sacrifici che ritardarono di dieci anni l'epidemia. Proprio lei
mi ha fatto capire molte cose su Eros. Adesso cercherò di fare del mio meglio
per riportarvi le sue parole, partendo da tutto quello su cui Agatone ed io ci
siamo trovati d'accordo. Come tu stesso hai detto, Agatone, bisogna
innanzitutto chiarire la natura dell'Eros, i suoi attributi e le sue azioni.
Forse la cosa più semplice è seguire nella mia esposizione lo stesso ordine che
seguì la straniera nell'esame che mi fece. Io, infatti, le rispondevo un po'
come adesso ha fatto Agatone con me: io dichiaravo che Eros è un grande dio e
che ama le cose belle. Lei mi dimostrava che ero in errore con le stesse
argomentazioni di cui mi sono servito discutendo con Agatone: Diotima diceva
che Eros non è né bello, per usare le mie parole, né buono. E io le dicevo: «Ma
come Diotima? Allora Eros è cattivo e brutto?»«Che dici? Questa è una
bestemmia! - mi rispose -. Credi forse che tutto ciò che non è bello debba
essere per forza brutto?»«Ma certo!»[202] "E perché mai? Chi non è
sapiente deve per forza essere ignorante? Non ti sei mai accorto che c'è una
via di mezzo tra la sapienza e l'ignoranza102?» «E qual è?»«Avere
un'opinione giusta, senza però saperla giustificare. Questo non è vero sapere:
come posso parlare di scienza, se non so dimostrare che è vero quello che
penso? Ma non è neppure piena ignoranza, perché per caso la mia opinione
potrebbe corrispondere ai fatti. L'opinione giusta è quindi, suppongo, simile a
quel che dicevo: sta a metà strada tra la piena conoscenza e l'ignoranza103».«E'
vero», risposi.«Dunque chi non è bello non per questo è per forza brutto, né
chi non è buono deve essere cattivo. E così è per l'Eros: poiché tu sei
d'accordo con me che non può essere né buono né bello, non devi per questo
credere che sia necessariamente cattivo e brutto. Eros - così mi disse Diotima
- è a metà tra questi estremi».«Però - ripresi io - tutti concordano nel
pensare che Eros sia un dio potente».«Dicendo tutti, parli degli ignoranti o di
coloro che parlano sapendo cosa dicono?»«Io parlo proprio di tutti».Diotima si
mise a ridere. «Come possono dire di lui che è un dio potente se dicono che non
è affatto un dio?» «Ma chi dice questo?» dissi io.«Tu per esempio - disse - ed
anch'io!»Ed io: "Ma cosa dici?»«E' tutto semplice - rispose -. Dimmi: non
sei forse convinto che tutti gli dèi sono felici e belli? o oseresti sostenere
che qualcuno degli dèi non è né bello né felice?»«lo non oserei proprio»,
risposi.«Ma chi è felice? non è chi possiede cose buone e belle?»«Certo».«Ma tu
hai riconosciuto che Eros, mancando delle cose buone e belle, le desidera
proprio perché gli mancano».«È vero, ero d'accordo con te su questo».«E allora
come può essere un dio se le cose buone e belle gli mancano?»«Sembra
impossibile, in effetti».«Come vedi - disse -, anche tu ritieni che Eros non
sia un dio».«Chi sarà dunque Eros? un mortale?»«No di certo».«E allora?»«E come
negli esempi precedenti, la sua natura è a mezza via tra il mortale e
l'immortale».«Che vuoi dire, Diotima?»«E' un dèmone potente, Socrate. I demoni,
infatti, hanno una natura intermedia tra quella dei mortali e quella degli dèi.
Ma qual è il suo potere», chiesi.«Eros interpreta e trasmette agli dèi tutto
ciò che viene dagli uomini, e agli uomini ciò che viene dagli dèi: da un lato
le preghiere e i sacrifici degli uomini, dall'altro gli ordini degli dèi e i
loro premi per i sacrifici compiuti; e in quanto è a mezza via tra gli uni e
gli altri, contribuisce a superare la distanza tra loro, in modo che il Tutto
sia in se stesso ordinato e unito. Da lui viene l'arte divinatoria107, ed anche
il sapere dei sacerdoti sui sacrifici, le iniziazioni, gli incantesimi,
tutto quel che è divinazione e magia. Il divino non si mescola con ciò che è
umano, ma, grazie ai dèmoni, in qualche modo gli dèi entrano in rapporto con
gli uomini, parlano loro, sia nella veglia che nel sonno. L'uomo che sa queste
cose è vicino al potere dei dèmoni, mentre chi sa altre cose - chi possiede
un'arte, o un mestiere manuale - resta un artigiano qualsiasi o un operaio.
Questi dèmoni sono numerosi e d'ogni tipo: uno di essi è Eros».«Chi è suo padre
- domandai - e chi sua madre? E' una lunga storia - mi disse -. Adesso te la
racconto. Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si radunarono per una festa
in suo onore. Tra loro c'era Poros110, il figlio di Metis. Dopo il banchetto,
Penìa era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra
abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molto nettare (il
vino, infatti, non esisteva ancora) e, un po' ubriaco, se ne andò nel giardino
di Zeus e si addormentò. Penìa, nella sua povertà, ebbe l'idea di avere un
figlio da Poros: così si sdraiò al suo fianco e restò incinta di Eros. Ecco
perché Eros è compagno di Afrodite e suo servitore: concepito durante la festa
per la nascita della dea, Eros è per natura amante della bellezza - e Afrodite
è bella.Proprio perché figlio di Poros e di Penìa, Eros si trova nella
condizione che dicevo: innanzitutto è sempre povero e non è affatto delicato e
bello come si dice di solito, ma al contrario è rude, va a piedi nudi, è un
senza-casa, dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle, per strada davanti
alle porte, perché ha la natura della madre e il bisogno l'accompagna sempre.
D'altra parte, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile,
risoluto, ardente, è un cacciatore di prim'ordine, sempre pronto a tramare
inganni; desidera il sapere e sa trovare le strade per arrivare dove vuole, e
così impiega nella filosofia tutto il tempo della sua vita, è un meraviglioso indovino,
e ne sa di magie e di sofismi. E poi, per natura, non è né immortale né
mortale. Nella stessa giornata sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi
ritorna alla vita grazie alle mille risorse che deve a suo padre, ma presto
tutte le risorse fuggono via: e così non è mai povero e non è mai
ricco. Vive inoltre tra la saggezza e l'ignoranza, ed ecco come accade:
nessun dio si occupa di filosofia e nessuno desidera diventare sapiente, perché
tutti lo sono già. Chiunque possieda davvero il sapere, infatti, non fa
filosofia; ma anche chi è del tutto ignorante non si occupa di filosofia e non
desidera affatto il sapere. E questo è proprio quel che non va nell'essere
ignoranti: non si è né belli, né buoni, né intelligenti, ma si crede di essere
tutte queste cose. Non si desidera qualcosa se non si sente la sua
mancanza».«Ma allora chi sono i filosofi, se non sono né i sapienti né gli
ignoranti?»«E' chiaro chi sono: anche un bambino può capirlo. Sono quelli che
vivono a metà tra sapienza ed ignoranza, ed Eros è uno di questi esseri. La
scienza, in effetti, è tra le cose più belle, e quindi Eros ama la bellezza: è
quindi necessario che sia filosofo e, come tutti i filosofi, è in posizione
intermedia tra i sapienti e gli ignoranti. La causa di questo è nella sua origine,
perché è nato da un padre sapiente e pieno di risorse e da una madre povera
tanto di conoscenze quanto di risorse. Così, mio caro Socrate, è fatta la
natura di questo dèmone. L'idea, però, che tu ti eri fatta dell'Eros non mi
sorprende per nulla: da quel che capisco dalle tue parole, tu credevi che Eros
fosse l'amato, non l'amante. Per questa ragione, senza dubbio, ti sembrava che
fosse pieno di ogni bellezza. Infatti l'oggetto dell'amore è sempre bello,
delicato, perfetto, sa dare ogni felicità. Ma l'essenza di chi ama è
differente: è quella che ti ho prima descritto117». Io allora ripresi:«E sia,
straniera: tu hai proprio ragione. Ma se questa è la natura dell'Eros, a cosa
può esser utile a noi uomini? Adesso cercherò di spiegartelo, Socrate. Eros ha
dunque questo carattere e questa origine: ama il bello, come tu ben sai. Ora,
prova a domandarti: che cos'è l'amore per le cose belle? o più chiaramente: chi
ama le cose belle, le desidera; ma in che cosa consiste esattamente il desiderio
che si prova quando si ama? Noi desideriamo che l'oggetto del nostro amore
ci appartenga, risposi io. Questa tua risposta - disse - apre un nuovo
problema: che cosa accade all'uomo che possiede le cose belle? Io dichiarai che
non ero affatto capace di rispondere a una domanda simile. E allora -
disse lei - parliamo del bene invece che del bello. Cosa mi dici se ti domando:
chi ama le cose buone, le desidera: ma cosa desidera? Che siano sue»,
risposi.«E cosa accade all'uomo che le possiede? In questo caso posso
rispondere più facilmente - dissi -: sarà felice. In effetti proprio possedere
ciò che è buono fa la felicità delle persone. Così non abbiamo più bisogno di
domandarci che cosa vuole chi vuole essere felice, perché parlando della
felicità abbiamo già toccato il fine ultimo del desiderio».«E' vero»,
dissi."Ma questa volontà, questo desiderio, tu pensi sia comune a tutti
gli uomini? Tutti vogliono sempre possedere ciò che è buono? Dimmi cosa ne
pensi»,«E' così, questa volontà è comune a tutti».«Ma allora, Socrate - riprese
-, perché non diciamo che tutti gli uomini amano, se tutti desiderano sempre le
stesse cose? Come mai, al contrario, diciamo che alcuni uomini amano ed altri
non amano affatto?"«Sono stupito anch'io di questo», risposi.«Non devi
stupirti, però - disse -. Il fatto è che l'amore ha molte forme, ma noi
prendiamo una sola di queste forme e le diamo il nome generico di amore come se
fosse l'unica. Questo nome andrebbe dato a tutte, ma per le altre forme usiamo
nomi diversi».«Mi fai un esempio?», chiesi.«Certo. Tu sai che la capacità
creativa delle persone può manifestarsi in molti campi. La creatività entra in
gioco tutte le volte che qualche cosa viene prodotta, perché prima non c'era e
poi c'è; così le opere degli artigiani, in tutti i campi, sono frutto della
creatività e gli uomini che le fanno sono tutti dei creativi, degli
artisti."«E' vero».«Però - continuò - tu sai che non li chiamiamo tutti
artisti, ma diamo loro altri nomi. Tra tutti quelli che svolgono attività che
hanno a che fare con la creatività, soltanto ad alcuni diamo il nome di
artisti, di poeti: solo a quelli che compongono musica e versi. In realtà tutti
lo sono. Solo i versi in musica chiamiamo arte, e soltanto questo è il dominio
che riconosciamo agli artisti».«E' vero», dissi.«Ed è lo stesso per l'amore. In
generale, ogni desiderio di ciò che è buono, che è bello, è per tutti
"amore possente, Eros ingannevole. Il desiderio umano ha mille forme
diverse: alcune persone hanno la passione del denaro, o dello sport, o dello
studio, ma noi non diciamo che amano, che sono innamorati. Altri, che seguono
una particolare forma d'amore, ebbene solo per loro usiamo le parole che
dovremmo usare per tutti: amore, amare, innamorati. Sei proprio convincente»,
risposi.«Molti dicono, però, che “amare” significa cercare la propria metà. Io
non sono d'accordo, perché non c'è affatto amore né per la metà né per
l'intero, mio buon amico, se l'oggetto del nostro desiderio non è buono: le
persone accettano di farsi tagliare anche i piedi o le mani, se sono convinte
che queste parti possono portare dei mali. Io non credo affatto che ciascuno si
affezioni a ciò che gli appartiene, a meno che non sia convinto che ciò che è
suo sia buono e ciò che gli è estraneo sia cattivo. Gli uomini, infatti, non desiderano
altro che il bene. Non la pensi così anche tu?» «Certo, per Zeus»,
risposi.«Allora possiamo dire semplicemente che gli uomini desiderano ciò che è
buono?»«Sì».«E non dobbiamo forse aggiungere che essi desiderano possedere ciò
che è buono?»«Certo che dobbiamo».«E non soltanto possederlo, ma possederlo
sempre». «Dobbiamo aggiungere anche questo».«Quindi - disse - l'amore è il
desiderio di possedere sempre ciò che è buono? E' così», dissi.Se è dunque
chiaro - disse - che l'amore è questo, dimmi in quale forma, in quale genere di
attività, l'ardore, la tensione estrema che accompagna lo sforzo di raggiungere
questo fine, deve ricevere il nome di amore. Di quale tipo d'azione si tratta?
Me lo sai dire? » «Certamente no - risposi -. Se lo sapessi, non sarei così
pieno d'ammirazione davanti al tuo sapere e non verrei da te come allievo per
imparare quel che sai».«Allora - riprese -, te lo dirò io: amare, per il corpo,
significa creare nella bellezza». «Bisognerebbe essere degli indovini per
capire cosa vuoi dire con queste parole, e io non lo sono affatto». «Mi
esprimerò più chiaramente. Tutti gli uomini, mio caro Socrate, hanno capacità
creative sia nel corpo che nell'anima. Tutti noi, quando abbiamo raggiunto una
certa età, per natura proviamo il desiderio di generare, ma non si può generare
nulla nella bruttezza: si può solo nella bellezza. Nell'unione dell'uomo e
della donna c'è qualcosa di creativo, qualcosa di divino. Tutte le creature
viventi sono mortali, ma in loro c'è una scintilla d'immortalità: è la
fecondità dei sessi, la capacità di generare nuovi esseri viventi. Ma questo
non può avvenire se non c'è armonia123: e non c'è armonia tra la bruttezza e
tutto ciò che è divino, perché solo la bellezza è in armonia con gli dèi.
Dunque nel concepire una nuova vita, la dea della Bellezza fa da Moira e da
Ilitia124, la dea della nascita. Per questo, chi ha dentro di sé qualcosa di
creativo, quando si avvicina a ciò che è bello prova gioia nel suo cuore, si
apre al fascino della bellezza. E' il momento della generazione: egli crea. Ma
quando si avvicina a ciò che è brutto, allora si chiude in se stesso scuro in
volto e triste, cerca di allontanarsi, e così non crea affatto, anche se porta
ancora dentro il suo seme fecondo,e ne soffre. Per questo chi sente la propria
creatività pronta alla vita, è fortemente attratto dalla bellezza: soltanto chi
possiede la bellezza è libero dalle sofferenze che ogni atto creativo comporta.
E dunque Eros - concluse - non desidera affatto la bellezza, mio caro Socrate,
come tu credi. E cosa allora?»«Desidera creare e far nascere nuova vita nella
bellezza. Ammettiamolo», dissi.«E proprio così - ripeté -. Ma perché creare
nuova vita? Perché per qualsiasi essere mortale l'eternità e l'immortalità
possono consistere solo in questo: nel creare nuova vita. [Ora, il desiderio
d'immortalità accompagna necessariamente quello del bene - lo sappiamo, ormai -
se è vero che l'amore è desiderio di possedere per sempre il bene. E così da
tutto quello che abbiamo detto segue questo, che l'amore ha come proprio oggetto
l'immortalità126».Ecco quello che Diotima mi insegnava, parlando delle cose
d'amore. Un giorno mi chiese:«Quale pensi che sia, Socrate, la causa dell'amore
e del desiderio? Non vedi in che strano stato sono gli animali, quando il loro
istinto li spinge a procreare? Tutti gli animali - che si muovano sulla terra o
volino nell'aria - sembrano impazziti, l'amore li tormenta, e li spinge ad
accoppiarsi. Poi quando viene il momento di nutrire i loro piccoli, sono sempre
pronti a combattere per difenderli: anche i più deboli affrontano animali più
forti di loro e sono pronti a sacrificarsi per amore dei loro piccoli. Soffrono
loro le torture della fame, pur di sfamare i figli e far tutte le altre cose
necessarie. Presso gli uomini si può pensare che tutto questo sia il frutto di
una riflessione razionale. Ma presso gli animali, da dove proviene questo amore
che li mette in tale stato? Puoi dirmelo?»Ancora una volta risposi che non ne
sapevo nulla. E allora riprese:«E tu pensi di diventare un giorno davvero esperto
nelle cose d'amore senza sapere questo? Ma è ben per quello, Diotima, come ti
dico sempre, che ti sto vicino, perché so di avere bisogno di una guida. Allora
dimmi perché accade tutto questo e quant'altro riguarda l'amore». «Se sei
convinto - disse - che l'oggetto naturale dell'amore è quello sul quale abbiamo
più volte discusso, non devi certo meravigliarti. Infatti su questo punto la
natura mortale segue sempre lo stesso principio quando cerca, nella misura dei
suoi mezzi, di perpetuare la vita e divenire immortale. E non può farlo che in
questo modo, attraverso l'amore, che fa sì che un nuovo essere prenda il posto
del vecchio. Riflettiamo:quando si dice che ciascun essere vivente rimane se
stesso (per esempio che dalla nascita alla vecchiaia permane la sua identità),
ebbene questo essere non ha mai in sé le stesse cose. Diciamo sì che è sempre
lo stesso, ma in realtà non cessa mai di rinnovarsi ogni momento in certe
parti, come i capelli, le ossa, il sangue, insomma in tutto il suo corpo. E
questo non è vero soltanto per il suo corpo, ma anche per la sua anima: i
sentimenti, il carattere, le opinioni, i desideri, i piaceri, i dolori, i
timori, niente di tutto questo rimane costante per ciascuno di noi, ma tutto in
noi nasce e muore. E accadono cose più strane ancora. Non solo in generale
certe conoscenze nascono in noi mentre altre spariscono - e quindi nel campo
della conoscenza noi non rimaniamo mai gli stessi -, ma ciascuna conoscenza in
particolare subisce la stessa sorte.Infatti noi dobbiamo esercitarci nello
studio proprio perché alcune conoscenze ci sfuggono continuamente: le
dimentichiamo, tendono ad andare via, e con lo studio, inversamente, fissando
nella memoria ciò che vogliamo ricordare, le conserviamo. E' per questo che
sembrano le stesse: in realtà le conserviamo rinnovandole. E' così che tutti
gli esseri mortali si conservano: non sono sempre esattamente se stessi, come
l'essere divino. Sembrano conservare la loro identità perché ciò che invecchia
e va via è subito sostituito da qualcosa di nuovo, molto simile. Ecco in che
modo - Socrate - ciò che è mortale partecipa dell'immortalità, nel suo corpo e
in tutto il resto; l’immortale vi partecipa in modo del tutto diverso128. Non
meravigliarti dunque se ciascun essere è dominato dall'amore e si preoccupa
tanto dei propri figli, perché questo è nella natura dei viventi: è al servizio
dell'immortalità129». Queste parole mi riempirono di stupore e glielo dissi:
«Ma come, saggia Diotima, le cose stanno veramente così?»Ella mi rispose col
tono serio di chi insegna:«Devi esserne certo, Socrate. Pensa alle ambizioni
che hanno molte persone e ti meraviglierai senza dubbio della loro assurdità;
se rifletti, meditando sulle mie parole, ti accorgerai di quanto è strano lo
stato di coloro che desiderano diventare celebri e acquistare gloria immortale
per l'eternità: sono disposti per questo a correre ogni rischio, più ancora che
per difendere i loro figli. Sono pronti a mettere in gioco il loro denaro, ad
affrontare tutti i disagi, a rischiare la loro stessa vita. Pensi forse che
Alcesti sarebbe morta per Admeto, che Achille avrebbe seguito Patroclo sulla
via della morte, che il vostro re Codro avrebbe affrontato la morte per
conservare il regno ai suoi figli, se essi non avessero creduto di lasciare
l'immortale ricordo del loro valore, che è giunto sino a noi? E' così, disse. A
mio avviso, è per rendere immortale il loro valore, per acquisire un nome
glorioso, che gli uomini fanno quel che fanno, e questo tanto più se le loro
qualità personali sono alte - perché è l'immortalità che essi desiderano.
Allora, disse, gli uomini fecondi nel corpo pensano soprattutto alle donne: il
loro modo d'amare è tutto nel cercare di generare dei figli e così assicurare
alla loro persona l'immortalità - questo essi credono - e la memoria di sé e la
felicità per tutto il tempo a venire. Altre persone, però, sono feconde
nell'anima: c'è infatti una fecondità propria del nostro spirito che a
volte è superiore a quella del corpo. Ecco qual è: è la forza creativa della
saggezza e delle altre virtù in cui il nostro spirito eccelle. Questa fecondità
eccelle nei poeti e in tutte le altre persone che per il loro mestiere devono
usare la creatività. Ma dove la saggezza tocca le vette più alte e più belle è
nell'ordinamento e nell'amministrazione della città attraverso la prudenza e la
giustizia. Quando un uomo fecondo nel suo animo, simile agli dèi, coltiva sin
da giovane il proprio spirito, e divenuto adulto sente il desiderio di mettere
a frutto le sue capacità, allora cerca in ogni modo la bellezza - perché mai
potrà essere creativo nella bruttezza. I suoi sentimenti si dirigono allora
verso le cose belle piuttosto che verso le brutte, proprio perché la sua anima
è feconda. Se incontra un'anima bella e generosa e sensibile, allora le dà
tutto il suo cuore: davanti a lei saprà trovare le parole giuste per esprimere
la sua forza interiore, per esaltare i doveri e le azioni di un uomo che vale:
così potrà guidarla educandola. E secondo me, attraverso il contatto con la
bellezza dell'anima dell'altro, con la sua costante presenza, potrà venire alla
luce quanto di meglio portava in sé da tempo: in questo senso la sua anima
crea, genera nuova vita. Che sia presente o assente, il suo pensiero va sempre
all'altro che ama e così nutre ciò che nel rapporto con lui in sé ha generato.
Tra gli esseri di questa natura si crea così una comunione più intima di quella
che si ha con una donna quando si hanno dei bambini, un affetto più solido.
Sono più belle, in effetti, ed assicurano meglio l'immortalità, le creature che
nascono dalla loro unione. Chiunque vorrà senza dubbio mettere al mondo simili
creature piuttosto che bambini, se si pensa ad Omero, ad Esiodo e agli altri
grandi poeti. Si osserverà con invidia quale discendenza essi hanno lasciato,
capace di assicurare loro l'immortalità della gloria e della memoria, perché
anche i figli spirituali di quei grandi sono immortali. O ancora, se vuoi -
disse -, puoi pensare quale eredità Licurgo abbia lasciato agli Spartani per la
salvezza della loro città e, si può dire, della Grecia intera. Per le stesse
ragioni voi onorate Solone il padre delle vostre leggi, e in tutti i paesi -
greci e barbari - sono onorati gli uomini che hanno prodotto grandi opere,
mettendo a frutto le più alte capacità del loro spirito. In onore di quello che
queste persone hanno saputo creare si sono già innalzati molti templi135,
mentre questo non è mai accaduto fino ad oggi, per i figli nati dall'amore di
un uomo e di una donna. Ecco, Socrate, le verità sull'amore alle quali tu
puoi certamente essere iniziato. Ma le rivelazioni più profonde e la loro
contemplazione - il fine ultimo della ricerca su Eros - non so se sono alla tua
portata. Voglio però parlartene egualmente, senza diminuire il mio sforzo.
Cerca di seguirmi, almeno finché puoi. Chi inizia il cammino che può portarlo
al fine ultimo, sin da giovane deve essere attento al bel corpo. In primo
luogo, se chi lo dirige sa indirizzarlo sulla giusta strada, si innamorerà di
una sola persona e troverà con lei le parole per i dialoghi più belli. Poi si
accorgerà che la bellezza sensibile della persona che ama è sorella della
bellezza di tutte le altre persone: se si deve ricercare la bellezza che è
propria delle forme sensibili, non si può non capire che essa è una sola,
identica per tutti. Capito questo, imparerà a innamorarsi del bello di tutte le
persone belle e a frenare il suo amore per una sola: dovrà imparare a non
valutare molto questa prima forma dell'amore, a giudicarla di minor valore.
Poi, imparerà a innamorarsi della bellezza delle anime piuttosto che della
bellezza sensibile: a desiderare una persona per la sua anima bella, anche se
non è fisicamente attraente. Con lei nasceranno discorsi così belli che
potranno elevare i giovani che li ascoltano. E giunto a questo punto, potrà
imparare a riconoscere la bellezza in quel che fanno gli uomini e nelle leggi:
scoprirà che essa è sempre simile a se stessa, e così la bellezza dei corpi gli
apparirà ben piccola al confronto. Dalle azioni degli uomini, poi, sarà portato
allo studio delle scienze, per coglierne la bellezza, gli occhi fissi
sull'immenso spazio su cui essa domina. Cesserà allora di innamorarsi della
bellezza di un solo genere, d'una sola persona o di una sola azione - una forma
d'amore che lo lascia ancora schiavo - e rinuncerà così alle limitazioni che lo
avviliscono e lo impoveriscono. Orientato ormai verso l'oceano infinito della
bellezza142, che ha imparato a contemplare, le sue parole e i suoi pensieri
saranno pieni del fascino che dà l'amore per il sapere143. Finché, reso forte e
grande per il cammino compiuto, giungerà al punto da fissare i suoi occhi sulla
scienza stessa della bellezza perfetta, di cui adesso ti parlerò. Sforzati - mi
disse Diotima - di dedicarti alle mie parole con tutta l'attenzione di cui sei
capace. Guidato fino a questo punto sul cammino dell'amore, il nostro uomo
contemplerà le cose belle nella loro successione e nel loro esatto ordine;
raggiungerà il vertice supremo dell'amore e allora improvvisamente gli apparirà
il bello nella sua meravigliosa natura, quella stessa, Socrate, che era il fine
di tutti i suoi sforzi: eterna, senza nascita né morte145. Essa non si accresce
né diminuisce, né è più o meno bella se vista da un lato o dall'altro. Essa è
senza tempo, sempre egualmente bella, da qualsiasi punto di vista la si
osservi. E tutti comprendono che è bella. Il bello non ha forme definite: non
ha volto, non ha mani, non ha nulla delle immagini sensibili o delle parole.
Non è una teoria astratta. Non è uno dei caratteri di qualcosa di esteriore,
per esempio di un essere vivente, o della Terra o del cielo, o non importa di
cos'altro. No, essa apparirà all'uomo che è giunto sino a lei nella sua
perfetta natura, eternamente identica a se stessa per l'unicità della sua
forma. Tutte le cose belle sono belle perché partecipano della sua bellezza, ma
esse nascono e muoiono - divenendo quindi più o meno belle - senza che questo
abbia alcuna influenza su di lei. Iniziando il proprio cammino dal primo
gradino della bellezza sensibile, l'uomo si eleva coltivando il suo fecondo
amore per i giovani e così impara a percepire in loro i segni della pura e
perfetta bellezza: allora potrà dire di non essere lontano dalla meta. Così, da
soli o sotto la guida di un altro, la perfetta via dell'amore ha inizio con la
bellezza sensibile ed ha per fine la contemplazione della Bellezza pura: l'uomo
deve salire come su una scala, da una sola persona bella a due, poi a tutte,
poi dalla bellezza sensibile alle azioni ben fatte e alla scienza, fino alla
pura conoscenza del bello, e ancora avanti sino alla contemplazione del bello in
sé. Questo, mio caro Socrate - mi disse la straniera di Mantinea -, è il
momento più alto nella vita di una persona: l'attimo in cui si contempla la
Bellezza pura. Se la vedrai un giorno, al suo confronto sfioriranno le
ricchezze, i bei vestiti, i bei ragazzi che ti fanno girare la testa: eppure tu
e tanti altri accettereste di non mangiare né bere, per così dire, pur di
poterli ammirare e poter stare con loro148. Cosa proverà l'anima allora nel
fissare la Bellezza pura, semplice, senza alcuna impurità, del tutto estranea
all'imperfezione umana, ai colori, alle vanità sensibili? Cosa proverà il
nostro spirito nel contemplare la Bellezza divina nell'unicità della sua forma?
Credi forse che possa ancora essere vuota la vita di un uomo che abbia fissato
sulla Bellezza il suo sguardo, contemplandola pur nei limiti dei mezzi che
possiede, ed abbia vissuto in unione con essa? Non pensi, disse, che solamente
allora, quando vedrà la bellezza con gli occhi dello spirito ai quali essa è
visibile, quest'uomo potrà esprimere il meglio di se stesso? Non una falsa
immagine149 egli contempla, infatti, ma la virtù più autentica, in piena
verità150. Egli coltiva in sé la vera virtù e la nutre: non sarà forse per questo
amato dagli dèi? non diverrà tra gli uomini immortale?» Ecco, Fedro, e voi
tutti che mi ascoltate, quel che mi disse Diotima. Ed è riuscita a convincermi,
così come io - a mia volta - cerco di convincere gli altri: per dare alla
natura umana il possesso di ciò che è bene, non si troverà miglior aiuto
dell'Eros. Così - io lo dichiaro - ogni uomo deve onorare Eros; io onoro
l'amore che è in me, io mi consacro all'Eros ed esorto gli altri a fare
altrettanto. Per quanto è in mio potere fare, ora e sempre voglio esaltare la
forza dell'Eros, e il suo valore. Ecco il mio discorso, Fedro. Consideralo, se
vuoi, un elogio dell'Eros, altrimenti dagli il nome che vorrai". Questo
disse Socrate. Mentre tutti si complimentavano con lui e Aristofane cercava di dirgli
qualcosa perché Socrate di sfuggita aveva fatto una allusione al suo
discorso151, ecco che si sentì bussare alla porta dell'atrio, e un gran vociare
di gente allegra, e la voce di una suonatrice di flauto. "Ragazzi - disse
Agatone - andate a vedere, presto. Se è uno dei miei amici, invitatelo ad
entrare. Altrimenti dite che abbiamo già finito di bere e che stiamo andando a
dormire." Un istante più tardi si sentì nell'atrio la voce di Alcibiade,
non più molto in sé per il vino, che urlava a squarciagola. Domandava dove
fosse Agatone, voleva essere accompagnato da lui. E così lo accompagnarono
nella sala e stava in piedi solo perché una flautista e qualcun altro dei suoi
compagni lo sostenevano. Fermo sulla soglia, portava in capo una corona di
edera e di viole, la testa avvolta nei nastri. "Signori - disse - buona
sera! Accettereste un uomo completamente ubriaco per bere con voi? oppure
dobbiamo limitarci a mettere questa corona in testa ad Agatone e andar via
subito? Siamo venuti per questo, infatti. Ieri, in effetti non sono potuto
venire. Vengo adesso con i nastri sulla testa per passarli dalla mia alla testa
dell'uomo che - nessuno si offenda - è il più sapiente e il più bello: voglio
proprio incoronarlo. Ah, ridete di me perché sono ubriaco! Ridete, ridete,
tanto lo so che è vero. Allora, mi volete rispondere? posso entrare o no?
volete o no bere con me?" Allora tutti si misero ad applaudirlo, e
gli dissero di entrare e prendere posto in mezzo a loro. Agatone lo chiamò,
Alcibiade si diresse verso di lui, aiutato dai suoi compagni, e cominciò a
togliersi i nastri dalla fronte per incoronare Agatone. Anche se ce l'aveva
sotto gli occhi non si accorse di Socrate e andò a sedersi accanto ad Agatone,
quasi addosso a Socrate che dovette fargli posto. Si sedette dunque in mezzo a
loro, abbracciò Agatone e gli mise la corona sulla testa. "Ragazzi - disse
Agatone - slacciate i sandali ad Alcibiade, che sia terzo in mezzo a
noi.""Benissimo - disse Alcibiade -, ma chi è terzo con noi?"
Dicendo così si voltò e c'era Socrate. Appena lo vide fece un balzo indietro e
disse: "Per Eracle, chi c'è qui? Socrate? Che tiro mi hai teso! sdraiato
accanto a me! Ti par questa la maniera di comparire quando uno meno se
l'aspetta? E che ci vieni a fare qui? Potevi metterti accanto ad Aristofane o a
un altro che voglia far lo spiritoso! E' che tu hai trovato il modo di
sdraiarti accanto al più bello della compagnia!" "Agatone, per favore
difendimi tu - dice Socrate -. Essere in amore per quest'uomo non mi costa
certo poco. Dal giorno in cui mi sono invaghito di lui non ho più il diritto di
guardare un solo bel ragazzo, nemmeno di rivolgergli la parola. E' geloso,
invidioso, mi fa delle scene, me ne dice di tutti i colori e poco manca che me
le dia. Dunque, attenzione, che non faccia adesso una scenata! Tenta di
riconciliarci tu o, se tenta di picchiarmi, difendimi perché la sua ira e la
sua follia d'amore mi fanno una paura terribile." "No - disse
Alcibiade -, è impossibile: tra te e me nessuna riconciliazione. E per quel che
hai detto faremo i conti un'altra volta. Per il momento, Agatone, passami
qualcuno di quei nastri, che cinga la sua testa, questa testa meravigliosa.
Voglio evitare che poi si lamenti che ho incoronato te mentre ho lasciato senza
corona lui, che per i suoi discorsi vince tutti sempre, e non solamente una
volta come te ieri." Dicendo questo prese dei nastri, incoronò Socrate e
poi si sdraiò. Si mise comodo e disse:"Amici miei, avete proprio l'aria di
voler far gli astemi. Ma questo non vi è permesso: bisogna bere, l’abbiamo
convenuto tra noi! Sarò io il re del simposio, finché voi non avrete bevuto a
sufficienza. Allora, Agatone, fammi portare una coppa, una grande, se c'è. No,
no, non c'è bisogno. Ragazzo dice - portami quel vaso per tenere il vino in
fresco." Ne aveva appena visto uno, che teneva otto cotili153 abbondanti.
Lo fece riempire e bevve per primo. Poi ordinò di servire Socrate, dicendo:
"Con Socrate, amici miei, non c'è niente da fare: quanto vorrà bere berrà,
e non ci sarà verso di farlo ubriacare."Il servo allora portò il vino a
Socrate che si mise a bere, mentre Erissimaco chiedeva:"E poi cosa
facciamo, Alcibiade? Restiamo così, senza parlare di niente, la coppa in mano,
senza cantare niente? beviamo soltanto, come degli assetati?"
"Erissimaco - gli fa Alcibiade -, grande figlio di un padre grande e
saggio, io ti saluto.""Ti saluto anch'io - dice Erissimaco -. E
adesso cosa dobbiamo fare?""Siamo tutti ai tuoi ordini perché un
medico, da solo, vale molti uomini. Obbediremo dunque ai tuoi desideri.""E
allora ascoltami - dice Erissimaco -. Prima che tu arrivassi, avevamo deciso
che ciascuno al suo turno, andando da sinistra verso destra, avrebbe fatto un
discorso sull'Eros, il più bel discorso d'elogio. Noi l'abbiamo già fatto,
adesso tocca a te, perché hai bevuto ed è giusto che anche tu faccia il tuo
discorso. Poi ordina a Socrate quel che vuoi, e lui farà lo stesso con chi sta
alla sua destra e così via.""Ben detto, Erissimaco - risponde
Alcibiade -. Solo che se uno ha bevuto troppo, non può dire cose che stanno
alla pari con chi è sobrio. E poi c'è Socrate: credi forse una sola parola di
quel che ha appena detto? non lo sai che è tutto il contrario? Perché lui, se
in sua presenza faccio l'elogio di qualcuno, d'un dio o di un'altra persona che
non sia lui, non ci pensa due volte a menarmi.""Ma che dici!",
gli fa Socrate."Per Poseidone - dice Alcibiade -, è inutile che protesti,
perché in tua presenza io non posso fare l'elogio di nessuno, se non di
te.""E allora fa così - dice Erissimaco -, se vuoi: fa un elogio di
Socrate."Che dici? - riprese Alcibiade - tu credi che dovrei... Vuoi che
me la prenda con un tipo così e mi vendichi davanti a voi?""Ma
ragazzo, che ti passa per la testa? - dice Socrate. Perché mai vuoi fare il mio
elogio? per prendermi in giro?""Voglio solo dire la verità: a te
accettare o meno.""La verità? Benissimo, allora accetto. Anzi ti
chiedo io di dirla." "Presto fatto - dice Alcibiade -. Quando a te,
ti assegno un compito: se dico qualche cosa che non è vera, tronca a metà le
mie parole, se vuoi, e dimmi che su quella cosa lì io mento, perché io
volontariamente non racconterò certo delle balle. Però mescolerò un po' tutto
nel mio discorso, e tu non meravigliarti, perché tu sei proprio un bel tipo e
non è certo facile, nello stato in cui sono, ricordare con ordine proprio
tutto. Discorso di Alcibiade: Per fare l'elogio di Socrate, amici, ricorrerò a
delle immagini. Sono sicuro che lui penserà che voglia scherzare, e invece sono
serissimo, perché voglio dire la verità. Io dichiaro dunque che Socrate è in
tutto simile a quelle statuette dei Sileni che si vedono nelle botteghe degli
scultori, con in mano zampogne e flauti. Se si aprono, dentro si vede che c'è
l’immagine di un dio. E aggiungo che ha tutta l'aria di Marsia155, il satiro:
eh sì, Socrate, gli somigli proprio, non vorrai negarlo! E non solo
nell'aspetto! Ascoltami bene: non sei forse sempre tracotante? Se lo neghi, io
produrrò dei testimoni. Ma, si dirà, Socrate è forse un suonatore di flauto?
Sì, e ben più bravo di Marsia. Lui incantava tutti con quel che riusciva a fare
col flauto, tanto che ancora oggi chi vuol suonare le sue arie deve imitarlo.
Anche le musiche di Olimpo, io dico che erano di Marsia, il suo maestro. Le sue
arie, suonate da un grande artista o da una ragazzina alle prime armi, sono
sempre le sole capaci di incantarci, di farci sentire quanto bisogno abbiamo
degli dèi: ci vien voglia di essere iniziati ai misteri, perché quelle musiche
sono divine. Tu, Socrate, sei diverso da Marsia solo in questo, che non hai
affatto bisogno di strumenti musicali per ottenere gli stessi risultati: ti
bastano le parole. Una cosa è certa e dobbiamo dirla: quando ascoltiamo un
altro oratore, il suo discorso non interessa quasi nessuno. Ma ascoltando te, o
un altro - per mediocre che sia - che riporta le tue parole, tutti, ma proprio
tutti, uomini, donne, ragazzi, siamo colpiti al cuore: qualcosa che non ci fa
star tranquilli si impadronisce di noi. Quanto a me, amici, non vorrei
sembrarvi del tutto ubriaco, ma bisogna che vi dica - come se fossi sotto
giuramento - quale impressione ho avuto nel passato, ed ho ancora, ad ascoltare
i suoi discorsi. Quando lo sento parlare, il mio cuore si mette a battere più
forte di quello dei Coribanti158 in delirio e mi emoziono sino alle lacrime: e
ne ho vista di gente provare le stesse emozioni. Ora, ascoltando Pericle ed
altri grandi oratori, mi accorgevo certo che parlavano bene, ma non provavo
niente di simile: la mia anima non era travolta, non sentiva il peso della
schiavitù in cui era ridotta. Ma lui, questo Marsia, mi ha spesso messo in un
tale stato da farmi sembrare impossibile vivere la mia vita normale - e questo,
Socrate, non dirai che non è vero. E ancora adesso - lo so benissimo - se
accettassi di prestar ascolto alle sue parole, non potrei farne a meno:
proverei le stesse emozioni. Socrate con i suoi discorsi mi obbliga a
riconoscere i miei limiti: io non cerco di migliorare me stesso, e continuo lo
stesso ad occuparmi degli affari degli Ateniesi160. Devo quindi fare violenza a
me stesso, tapparmi le orecchie come se dovessi fuggire dalle Sirene, devo
andar via per evitare di passare con lui il resto dei miei giorni. Soltanto
davanti a lui ho provato un sentimento che nessuno si aspetterebbe di trovare
in me: io ho avuto vergogna di me stesso. Socrate è il solo uomo davanti al
quale io mi sia vergognato. E questo perché mi è impossibile - ne sono
perfettamente cosciente - andargli contro, dire che non devo fare quello
che mi ordina; ma appena mi allontano, cedo al richiamo degli onori della folla
intorno a me161. Allora mi nascondo, come uno schiavo scappo via, ma quando lo
rivedo mi vergogno per quel che prima ero stato costretto ad ammettere. Ci sono
volte che non vorrei più vederlo al mondo, ma se questo accadesse so che sarei
infelicissimo. Così, io non so proprio che cosa fare con quest'uomo. Ecco
l'effetto delle sue arie da flauto, su di me e su tanti altri: ecco cosa questo
satiro ci fa subire. Ma ascoltate ancora: voglio proprio mostrarvi come somigli
alle statuette a cui l'ho già paragonato, e come il suo potere sia
straordinario. Sappiatelo per certo: nessuno di voi lo conosce davvero e io,
siccome ho già cominciato, voglio mostrarvelo sino in fondo. Guardatelo:
Socrate ha un debole per i bei ragazzi, non smette mai di girar loro attorno,
perde la testa per loro. D'altra parte lui ignora tutto, non sa mai niente -
questa almeno è l'immagine che vuol dare. Non è questa la maniera di fare di un
Sileno? Sì certo, perché questa è l'immagine esterna, come quella della
statuetta di Sileno. Ma all'interno? Una volta aperta la statuetta, avete idea
della saggezza che nasconde? Amici miei, sappiatelo: che uno sia bello, a lui
non interessa affatto, non se ne accorge neppure - da non credersi - e lo
stesso accade se uno è ricco o ha tutto quello che la gente ritiene invidiabile
avere. Per lui, tutto questo non ha alcun valore, e noi non siamo niente ai
suoi occhi163, ve lo assicuro. Passa tutta la sua giornata a fare il sornione,
trattando con ironia un po' tutti. Ma quando diventa serio e la statuetta si apre,
io non so se avete mai visto che immagini affascinanti contiene. Io le ho
viste, simili agli dèi, preziose, perfette e belle, straordinarie: e così mi
son sentito schiavo della sua volontà. Ero giovane, e credevo seriamente che
lui fosse preso dalla mia bellezza; ho creduto fosse una fortuna per me, e
un'occasione da non lasciar scappare. Ero veramente fiero della mia bellezza e
così speravo che, ricambiando il suo interesse, avrei potuto aver parte della
sua saggezza. Convinto di questo, una volta allontanai il mio servitore - di
solito ce n'era sempre qualcuno quando vedevo Socrate, e non eravamo mai soli -
e così restai da solo con lui. Devo proprio dirvi tutta la verità: ascoltatemi
bene, e tu Socrate, se non dico bene correggimi. Eccomi dunque con lui, amici,
da soli. Io credevo che avrebbe ben presto cominciato a parlare come si parla
fra innamorati, e ne ero felice. Invece non fa assolutamente niente. Parla con
me come sempre, restiamo tutto il giorno insieme, poi se ne va. Allora lo
invitai a far esercizi di ginnastica con me, e così ci esercitavamo insieme: io
speravo proprio di concludere qualcosa. Facemmo ginnastica insieme per un
certo tempo, e spesso facevamo la lotta, ed eravamo soli. Che dirvi? Nessun
passo avanti. Non riuscendo a niente con questi sistemi, pensai allora di
puntar dritto al mio scopo. Non volevo affatto lasciar perdere, dopo essermi
lanciato in questa impresa: dovevo subito vederci chiaro. Lo invito dunque a
cena, come un innamorato che tende una trappola al suo amato167. Ma non accettò
subito, anzi ci mise un po' di tempo a convincersi. La prima volta che venne,
volle andar via subito dopo cena. Io, che mi vergognavo un po', lo lasciai
andare. Ma feci un secondo tentativo: e in quell'occasione dopo cena io
prolungai la conversazione, senza tregua, fino a notte fonda. Così quando lui
volle andarsene, con la scusa che era tardi lo convinsi a restare. Era
dunque coricato sul letto accanto al mio, là dove avevamo cenato, e nessun
altro dormiva con noi. Fin qui, quel che ho raccontato potrei dirlo davanti a
tutti. Ma quel che segue voi non me lo sentireste affatto dire se, come dice il
proverbio, nel vino (bisogna o no parlare con la bocca dell'infanzia?) non ci
fosse la verità. Del resto non mi par giusto lasciare in ombra quel che di
meraviglioso fece Socrate, proprio adesso che ne sto facendo l'elogio. E poi io
sono come uno morso da una vipera: queste persone, si dice, non raccontano
affatto quel che han passato, se non ad altri che sono stati anch'essi morsi,
perché solo loro possono comprendere, e scusare tutto ciò che si è osato fare o
dire per l'angoscia del dolore. E io son stato morso da un dente più
crudele, e in una parte della persona che aumenta la crudeltà: nel cuore,
nell'anima (poco importa il nome). La filosofia con i suoi discorsi mi ha
trafitto col suo morso, che penetra più a fondo del dente della vipera168
quando si impadronisce dell'anima di un giovane non privo di talento e gli fa
fare e dire ogni sorta di stravaganze - ed eccomi qua con Fedro, con Agatone, con
Erissimaco, con Pausania, con Aristodemo, ed anche con Aristofane, senza
parlare di Socrate, e con tanti altri, tutti attenti come me al delirio
filosofico e alla sua forza dionisiaca. Vi chiedo dunque d'ascoltarmi perché
certo mi perdonerete per quel che ho fatto allora e per quel che dico oggi. E
voi servitori, voi tutti che siete profani, se state ascoltando, tappatevi le
orecchie con le porte più spesse. E allora, miei amici, quando la lampada fu
spenta e i servi se ne furono andati, io pensai che non dovevo più giocare
d'astuzia con lui, ma dire francamente il mio pensiero. Gli dissi allora,
scuotendolo: "Dormi, Socrate?" "Per nulla", rispose.
"Sai cosa penso?" "Che cosa?" "Penso che tu saresti un
amante degno di me, il solo che lo sia, e vedo che esiti a parlarne. Quanto ai
miei sentimenti, mi son convinto di questo: che è stupido, io credo, non cedere
ai tuoi desideri in questo, come in ogni cosa in cui tu avessi bisogno, la mia
fortuna o i miei amici. Niente, infatti, è più importante ai miei occhi che
migliorare il più possibile me stesso, e io penso che su questa strada nessuno
mi può aiutare più di te. Quindi mi vergognerei dinanzi alle persone sagge di
non cedere ad un uomo come te più di quanto mi vergognerei dinanzi alla massa
degli ignoranti di cedere." Mi ascolta, prende la sua solita aria ironica
e mi dice: "Mio caro Alcibiade, se quel che dici sul mio conto è vero, se
ho davvero il potere di renderti migliore, devo dire che ci sai proprio fare.
Tu vedi senza dubbio in me una bellezza fuori del comune e ben differente dalla
tua. Se l'aver visto questo ti spinge a legarti a me e a scambiare il bello con
il bello, il guadagno che tu pensi di fare alle mie spalle non è affatto
piccolo. Tu non vuoi più possedere l'apparenza della bellezza, ma la bellezza
reale, e quindi sogni di scambiare - non c'è dubbio - il bronzo con l'oro. Eh
no, mio bell'amico, guarda meglio! T'illudi sul mio conto: io non sono
niente171. Lo sguardo della mente comincia davvero a esser penetrante quando
gli occhi cominciano a veder meno: e tu sei ancora molto lontano da quel
momento." Al che io rispondo: "Per quel che mi riguarda, sia ben
chiaro, io non ho detto niente che non penso. A te, adesso, decidere ciò che è
meglio per te e per me." "Hai ragione - mi fa -. Nei prossimi giorni
noi ci chiariremo, e agiremo nella maniera che sembrerà migliore ad entrambi,
su questo punto come su tutto il resto." Dopo questo dialogo, io credevo
di aver lanciato un dardo che l'avesse trafitto. Mi alzai e, senza permettergli
di reagire, stesi su di lui il mio mantello - era inverno - e mi allungai sotto
il suo, ormai vecchio, e presi tra le mie braccia quest'essere veramente
meraviglioso, demonico173, e restai con lui tutta la notte. Adesso non dirai
che mento, Socrate. Ma tutto questo dimostra quanto lui fosse più forte: non
degnò di uno sguardo la mia bellezza, non se ne curò affatto, fu quasi
offensivo in questo. E dire che credevo di non essere affatto male, miei
giudici (sì, giudici della superiorità di Socrate). Ebbene sappiatelo - ve lo
giuro sugli dèi e sulle dee - io mi alzai dopo aver dormito a fianco di Socrate
senza che nulla fosse accaduto, come se avessi dormito con mio padre o con mio
fratello maggiore. Immaginate il mio stato d'animo! Certo, mi ero quasi offeso,
ma apprezzavo il suo carattere, la sua saggezza, la sua forza d'animo. Avevo
trovato un essere dotato di un'intelligenza e di una fermezza che avrei credute
introvabili: e così non potevo prendermela con lui e privarmi della sua
compagnia, né d'altra parte vedevo come attirarlo dove volevo io. Sapevo bene
che era totalmente invulnerabile al denaro, più di Aiace davanti alle armi. Sul
solo punto in cui credevo si sarebbe lasciato catturare, ecco, era appena
fuggito175. Insomma, completamente schiavo di quest'uomo, come mai nessuno lo è
stato d'altri, gli giravo vanamente attorno. Tutto questo accadde prima della
spedizione di Potidea. Entrambi vi partecipammo, e prendemmo anche i pasti
insieme. Quel che è certo, è che resisteva alle fatiche non solo meglio di me,
ma di tutti gli altri. Quando capitava che le comunicazioni fossero interrotte
in qualche punto, e in guerra succede, e noi restavamo senza mangiare, nessun
altro aveva tanta resistenza alla fame. Al contrario, se eravamo ben riforniti,
sapeva approfittarne meglio degli altri, in particolare per bere; non che ci
fosse portato, ma se lo si forzava un po', lui poi superava tutti e - cosa
assai strana - nessuno ha mai visto Socrate ubriaco. E credo che questa notte
stessa avrete la prova di quanto dico. Quanto al freddo - e nella zona di
Potidea gli inverni sono terribili - Socrate è del tutto straordinario. Vi
racconto un episodio. Era un giorno di terribile gelo, quanto di peggio potete
immaginare, uno di quei giorni in cui tutti evitano di uscire e se lo fanno si
infagottano tutti, i piedi avvolti in panni di feltro o in pelli di agnello.
Socrate se ne uscì coperto solo dal mantello che porta sempre andando a piedi
nudi sul ghiaccio con più tranquillità di quelli che avevano le scarpe: e così
i soldati lo guardavano di traverso, perché pensavano li volesse
umiliare. E c'è dell'altro da dire. "E' straordinario ciò che fece e
sopportò il forte eroe", laggiù in guerra: vale veramente la pena di
sentire la storia che ho da raccontare. Un giorno si mise a meditare sin dal
primo mattino, e restava fermo a seguire le sue idee. Non riusciva a venire a
capo dei suoi problemi, e così stava lì, in piedi, a riflettere. Era già
mezzogiorno e gli altri soldati l'osservavano, stupiti, e la voce che Socrate
era in piedi a riflettere sin dal mattino presto cominciò a circolare; finché,
venuta la sera, alcuni soldati della Ionia dopo cena portarono fuori i loro
letti da campo - era estate - e si sdraiarono al fresco, a guardar Socrate, per
vedere se avrebbe passato la notte in piedi. E così fece, sino alle prime luci
del mattino. Solo allora se ne andò, dopo aver elevato una preghiera al Sole.
Adesso, se volete, dobbiamo dir qualcosa della sua condotta in combattimento -
perché anche su questo punto bisogna rendergli giustizia. Quando ci fu lo
scontro per il quale i generali mi assegnarono un premio per il mio coraggio,
riuscii a salvarmi proprio per merito suo. Ero ferito, lui si rifiutò di
abbandonarmi e riuscì a salvare sia me che le mie armi. Allora io chiesi ai
generali di assegnare il premio a te: non potrai certo, Socrate, dire adesso
che io mento, e neppure rimproverarmi per quel che dico. Ma i generali,
considerando la posizione in cui ero, volevano dare a me il premio, e tu hai
personalmente insistito più di loro perché il premio invece andasse a me.
Ricordo un'altra occasione, amici, in cui valeva la pena di vedere Socrate: fu
quando il nostro esercito a Delio179 fu messo in rotta. In quell'occasione fu
il caso a farmelo incontrare. Io ero a cavallo, e lui era oplita. Stava ripiegando
insieme a Lachete180, tra le truppe sbandate, quando io capito lì per caso, li
vedo e per incoraggiarli dico loro che non li avrei abbandonati. In
quell'occasione ho potuto osservare Socrate ancora meglio che a Potidea, perché
avevo meno da temere, essendo a cavallo. Aveva più sangue freddo di Lachete - e
quanto! - e dava l'impressione (uso le tue parole, Aristofane) di avanzare come
se si trovasse in una strada d'Atene "sicuro di sé, gettando occhiate di
fianco", osservando con occhio tranquillo amici e nemici e facendo vedere
chiaramente, e da lontano, che si sarebbe difeso sino in fondo se qualcuno
avesse voluto attaccarlo. E così andava senza mostrare alcuna inquietudine,
insieme con il suo compagno: gli opliti che, in simili situazioni, si comportano
in questa maniera di solito non vengono affatto attaccati dai nemici, che
invece inseguono chi scappa in disordine. Molti altri aspetti del carattere di
Socrate potrebbero essere oggetti di un elogio, perché sono veramente
ammirevoli. Riguardo a queste cose, però, anche altri uomini probabilmente
meritano gli stessi elogi. C'è qualcosa in Socrate, invece, che lo rende
meravigliosamente unico, assolutamente diverso da tutti gli altri uomini del
passato e del presente. Infatti, volendo, si può trovare l'immagine di Achille
in Brasida e in altri, Pericle può ricordare Nestore o Antenore, e questi casi
non sono isolati: si possono fare paragoni simili a proposito di tanti
altri. Ma l'incredibile di quest'uomo è che lui e i suoi discorsi non hanno
paragoni né nel passato né oggi, per quanto si cerchi con attenzione, a meno
che non lo si voglia paragonare come facevo io prima: non ad altri uomini, ma
ai Sileni e ai Satiri - che si tratti di lui o delle sue parole. Sì, perché c'è
una cosa che ho dimenticato di precisare: anche i suoi discorsi sono simili
alle statuette dei Sileni che si aprono. Infatti, se si ascolta quel che dice
Socrate, a prima vista le sue parole possono sembrare quasi comiche, tutte
intrecciate con strani discorsi: esteriormente ricordano proprio gli intrecci
della pelle di un satiro insolente. Parla di asini da soma, di fabbri, di
sellai, di conciatori di pelli, ed ha sempre l'aria di dire le stesse cose con
le stesse parole. Chi non sa o è poco attento, c'è caso che rida dei suoi
discorsi. Ma se li apri e li osservi bene, penetrandone il senso, scopri che
solo le sue parole hanno un loro senso profondo: parla come un dio, e la folla
delle immagini che usa, affascinanti, rimandano sempre alla virtù. Chi lo
ascolta è portato verso le cose più alte; anzi, meglio, è guidato a tenere
sempre davanti gli occhi tutto quel che è necessario per diventare un uomo che
vale. Ecco, amici, il mio elogio di Socrate. Quanto ai rimproveri che ho
da fargli, li ho mescolati al racconto di quel che mi ha combinato. Del resto
non sono il solo che ha trattato in questo modo: ha fatto lo stesso con
Carmide, il figlio di Glaucone, con Eutidemo, il figlio di Dioele, tutta gente
che ha ingannato con la sua aria da innamorato, con la conseguenza che furono
loro ad innamorarsi di lui. Io ti avverto, Agatone: non farti ingannare da
quell'uomo! Che la nostra esperienza ti sia di monito! Che non accada come dice
il proverbio: "l'ingenuo fanciullo non impara che soffrendo." Quando
Alcibiade ebbe parlato così, l'ilarità fu generale, anche perché s'era capito
ch'era ancora innamorato di Socrate. E così Socrate gli disse: "Tu non hai
affatto l'aria d'aver bevuto, Alcibiade. Altrimenti non avresti fatto un
discorso così sottile, tutto fatto per nascondere il tuo vero obiettivo, che è venuto
fuori solo alla fine: ne hai parlato come se fosse una cosa secondaria, e
invece tu hai fatto tutto un lungo discorso solo per cercare di guastare
l'amicizia tra Agatone e me. E tutto perché sei convinto che io debba amare
solo te, nessun altro che te, e che Agatone debba essere amato soltanto da te,
da nessun altro che da te. Ma non t'è andata bene: il tuo dramma satiresco, la
tua storia di Sileni, abbiamo capito tutti cosa significhi. E allora, mio caro
Agatone, bisogna che lui non vinca a questo gioco: sta ben attento che nessuno
possa mettersi tra me e te." E Agatone di rimando:"Hai detto proprio
la verità, Socrate. E ne ho le prove: si è venuto a sdraiare proprio tra te e
me, per separarci. Ma non ci guadagnerà niente a far così, perché io torno proprio
a mettermi accanto a te." "Oh, bene, - disse Socrate - ti voglio
proprio vicino! Per Zeus, - disse Alcibiade - quante me ne fa passare
quest'uomo! Pensa sempre come fare per aver l'ultima parola con me. Socrate,
sei proprio straordinario! Ma lascia almeno che Agatone stia tra noi due. E'
impossibile - disse Socrate -. Perché tu hai appena fatto il mio elogio, e io
devo a mia volta far quello della persona che sta alla mia destra. Quindi, se
Agatone si mette al tuo fianco, alla tua destra, dovrà mettersi a fare il mio
elogio prima che io abbia fatto il suo. Lascialo piuttosto stare dov'è, mio
divino amico, e non essere geloso se faccio il suo elogio, perché desidero
proprio cantare le sue lodi. Bravo! - disse Agatone -. Lo vedi tu stesso,
Alcibiade: non è proprio possibile che resti qui. Voglio a tutti i costi
cambiar posto, e ascoltare il mio elogio da Socrate". "Ecco - disse
Alcibiade -, finisce sempre così. Quando c'è Socrate, non c'è posto che per lui
accanto ai bei ragazzi. Guarda che razza di ragione ha saputo trovare adesso
per farselo stare vicino!" Agatone si era alzato per andarsi a mettere
accanto a Socrate, quando all'improvviso tutta una banda di gente allegra
spuntò dalla porta. Qualcuno era uscito e l'avevano trovata aperta, e così
erano entrati e s'erano uniti alla compagnia. Gran baccano in tutta la sala:
senza più alcuna regola, si bevve allegramente un sacco di vino. Allora, mi
disse Aristodemo, Erissimaco, Fedro e qualcun altro andò via. Lui, Aristodemo,
fu preso dal sonno e dormì tanto, perché le notti erano lunghe. Si svegliò
ch'era giorno e i galli già cantavano. Alzatosi, vide che gli altri
dormivano o erano andati via. Solo Agatone, Aristofane e Socrate erano ancora
svegli e bevevano da una gran coppa che si passavano da sinistra a
destra. Socrate chiacchierava con loro. Aristodemo non ricordava, mi
disse, il resto della conversazione, perché non aveva potuto seguire l'inizio e
dormicchiava ancora un po'. Ma in sostanza, disse, Socrate stava cercando di
convincere gli altri a riconoscere che un uomo può riuscire egualmente bene a
comporre commedie e tragedie, e che l'arte del poeta tragico non è diversa da
quella del poeta comico. Loro furono costretti a dargli ragione, ma non è
proprio che lo seguissero del tutto: stavano cominciando a dormicchiare. Il
primo ad addormentarsi fu Aristofane, poi, ormai in pieno giorno, s'addormentò
anche Agatone. Allora Socrate, visto che si erano addormentati, si alzò e andò
via. Aristodemo lo seguì, come sempre faceva. Socrate andò al Liceo, si lavò e
passò il resto della giornata come sempre faceva. Dopo, verso sera, se ne andò
a casa a riposare. Marsilio Ficino. Ficino. Keywords: desire, love,
beauty, il bello, amore, cupido, desiderio, platonismo, walter pater –
Plathegel e Ariskant, sensibile, percezione, “I platonisti” -- --. Refs.: Ficino’s
“Commentaries on Plato,” Tatti -- Luigi
Speranza, "Grice e Ficino," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51692400360/in/photolist-2mRRHVK-2mRkgtK-2mQifgs-2mPF8UJ-2mN8Hgb-2mLLZRD-2mKCQBD-2mKT4G5-2mKFnvf-2mKBsEN-2mKHqkS-2mKth3c-2mKjsJY-2mKiPND-2mGnP2f-BvUfSB-nuoDVU-nsj5ZA-ncSabS-nnvnLQ-nr43e9
Grice e Fidanza – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bagnoregio).
Filosofo. Grice: “Italians call Fidanza an ‘anti-dialectician’ but then they
have Aquinas, who is an hypoer-dialectiician!” essential Italian philosopher. Figlio
di Giovanni di Fidanza, medico, e di Rita.
Inizia i suoi studi al convento di San Francesco "vecchio". Si
recò a Parigi a studiare nella facoltà delle Arti. Ddvenne maestro e ottiene la
licenza d'insegnare. Francesco predica agli uccelli. Intervenne nelle lotte contro l'aristotelismo.
Attacca quelli che erano a suo parere gli errori dell'aristotelismo. Morì a
causa di un avvelenamento. è considerato uno dei filosofi maggiori, che anche
grazie a lui si avviò a diventare una vera e propria scuola di filosofia. Combatté
apertamente l'aristotelismo, anche se ne acquisì alcuni concetti, fondamentali.
Inoltre valorizza alcune tesi del platonismo. La distinzione della filosofia in
‘filosofia naturale’ (res) (fisica, matematica, meccanica), filosofia razionale
(signa, segni) (logica, retorica, grammatica) e filosofia morale (azione) (politica,
monastica, economica) riflette la distinzione di res, signa ed actiones -- la
cui verticalità non è altro che cammino iniziatico per gradi di perfezione
verso l'unione mistica. La parzialità delle arti è non altro che il rifrangersi
della luce con la quale Dio illumina il mondo. Nel paradiso, Adamo sapeva
leggere indirettamente Dio nel Liber Naturae (nel creato), ma la caduta è stata
anche perdita di questa capacità. Per aiutare l'uomo nel recupero della
contemplazione della somma verità, Dio ha inviato all'uomo il Liber Scripturae,
conoscenza supplementare che unifica ed orienta la conoscenza umana, che
altrimenti smarrirebbe se stessa nell'auto-referenzialità. L’intelletto agente
è capace di comprendere la verità inviata dall'intelletto passivo. Nel
“Itinerario della mente" spiega che la filosofia serve a dare aiuto alla
ricerca umana, e può farlo riportando l'uomo all'anima. La "scala"
dei 3 gradi e un “primo grado” esteriore, è necessario prima considerare il
corpo. L’anima ha anche tre diverse direzioni. La prima direzione si riferisce
al corpo, e la sensibilità o animalita. La seconda direzione dell’anima ha per
oggetto lo spirito, rivolto in sé e a sé. La terza direzione ha per oggetto la “mente”
-- che si eleva spiritualmente sopra di sé. Tre indirizzi che devono disporre
l'uomo a elevarsi a Dio, perché ami Dio con tutto il corpo, l’anima, e la
mente. La sinderesi è la disposizione pratica al bene. Cf. Moore – ‘external
world’ – mondo del corpore. Tre modi. Il primo modo e il vestigium (vestigio) o
improntum. Il secondo modo e l’immagine, che si trova solo nell’uomo, l’unica
creatura dotata d'intelletto, in cui risplendono la memoria, l’intelligenza e la
volontà. Il terzo modo e la “similitudine”, che è qualità propria di una buona
persona, una creature giusta, animata di benevolenza e carità. La natura e un
segno sensibile. «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le
pietre.»» (Lc, 19,38-40). The stones will shout. The shout of the stone
MEANS that thou shalt be benevolent. Una creatura, dunque, e una impronta o vestigio, una immagine, una
similitudine (Per Lombardo, ‘imago e similitude’ is redundant). La pietra
"grida" – la pietra e una impronta – la pietra significa – la pietra
segna che p. Altre opere: “Breviloquio; Raccolte su dieci precetti; Raccolte
sui sette doni dello Spirito Santo; Raccolte nei Sei Giorni della Creazione, Commentari
in quattro libri delle sentenze del maestro Pietro Lombardo, Il mistero della
Trinità; questione disputata, La perfezione della vita alle sorelle, La
riduzione della arti alla teologia), Il Regno di Dio descritto nelle parabole
evangeliche, La conoscenza di Cristo ed il mistero della Trinità, Le sei ali
dei Serafini, La triplice via, Itinerario della mente verso Dio, La leggenda
maggiore di San Francesco, La leggenda minore di San Francesco, L'Albero della
vita, L'Ufficio della passione del Signore, Questioni sopra la perfezione
evangelica, Soliloquio, Complesso di teologia, La vite mistica. Eletto Ramacci,
S. Bonaventura e il Santo Braccio, Bagnoregio, Associazione Organum, Oggi del
convento restano solo i ruderi. Grado
Giovanni Merlo, Storia di frate Francesco e dell'Ordine dei Minori, in Francesco
d'Assisi e il primo secolo di storia francescana, Torino, Einaudi, G. Bosco,
Storia ecclesiastica ad uso della gioventù utile ad ogni grado di persone” (Torino,
Libreria Salesiana Editore, con l'approvazione di Lorenzo Gastaldi, arcivescovo
di Torino, Cesare Pinzi,Storia della Città di Viterbo,Tip.Camera dei Deputati,
Roma, Pinzi parla dettagliatamente degli interventi di Bonaventura a Viterbo in
occasione del Conclave e dell'amicizia con Gregorio X. Testi: Bonaventura da Bagnorea presunto, Meditationes
vitae Christi, Venezia, Nicolaus Jenson, Legenda maior, Milano, Ulrich
Scinzenzeler, Opera omnia, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud,
Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Expositiones in Testamentum novum, Lyon, Borde,
Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Sermones de
tempore ac de sanctis, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura
da Bagnorea, Opuscula, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent,
Opuscula, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da
Bagnorea, Commentaria in libros sententiarum, Lyon, Borde, Philippe; Borde,
Pierre ; Arnaud, Laurent, Commentaria in libros sententiarum, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud,
Laurent, 1668. Studi Bettoni E., S. Vita e Pensiero, Milano, Bougerol J.G.,
Introduzione a S. Bonaventura, trad. it. di A. Calufetti, L.I.E.F., Vicenza, Corvino
F., Bonaventura da Bagnoregio francescano e filosofia, Città Nuova, Roma, Cuttini
E., Ritorno a Dio. Filosofia, teologia, etica della “mens” in Fidanza. Rubbettino,
Soveria Mannelli, Di Maio A., Piccolo glossario bonaventuriano. Prima
introduzione al pensiero e al lessico di Bonaventura da Bagnoregio, Aracne,
Roma, Barbara Faes, da Bagnoregio, Biblioteca Francescana, Milano, Mathieu V.,
La Trinità creatrice secondo san Bonaventura, Biblioteca francescana, Milano
1994. Moretti Costanzi T., San Bonaventura, Armando, Roma, Ramacci Eletto, S.
Bonaventura e il Santo Braccio, Associazione Organum, Bagnoregio, Todisco O.,
Le creature e le parole in sant'Agostino e san Bonaventura, Anicia, Roma, Vanni
Rovighi S., Vita e Pensiero, Milano); Raoul Manselli, Dizionario biografico degli italiani, 11, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Emiliano Ramacci, Un Inno, Associazione Organum, Bagnoregio, Emiliano
Ramacci. TreccaniEnciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Bonaventura da Bagnoregio, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Bonaventura da Bagnoregio, su
BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.
(DE) Bonaventura da Bagnoregio, su ALCUIN, Ratisbona. Opere. Audiolibri
di Bonaventura da Bagnoregio, su LibriVox. Bonaventura da Bagnoregio, su Santi,
beati e testimoni, santiebeati. Biografia di San Francesco d'Assisi , su
assisiofm. scritta da San Bonaventura da Bagnoregio Itinerario della mente in
Dio , su lamelagrana.net. Itinerarium
mentis in Deum, Peltiero Edente, su documentacatholicaomnia.eu. San Bonaventura online, su
dionysiana.wordpress.com. L'Opera omnia nell'edizione dei padri francescani di
QuaracchiSalvador Miranda. Findanza. Fidanza. Keywords: Lc. 19:38-40
‘grideranno le pietre’ ‘la pietra grida’ – i segni trinitari - primo grado: vestigio o impronta; secondo
grado: immagine; terzo grado: similitudine --. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Fidanza," per Il Club Anglo-Italiano,
The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691361846/in/photolist-2mRGVwA-2mPGkBm-2mMQbzj-2mLznXk-2mKNM4g-2mKMJYE-2mKC3nj-2mKCnei-2mKjR8g
Grice e Figliucci – Giove e Ganimede – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Siena).
Filosofo. Grice: “Of course I love Figliucci, who doeesn’t? Of course, there is
Figliucci and [Vincenzo] Figliucci, both moralists at Siena; what I love about
Figliucci is that he championed the big ones: Plato’s Fedro – with the
charismatic metaphor of the winged warrior; and then Fedro is an interesting
character for maieutica; and Aristotle’s ethical ‘books,’ which we hope he
instilled on Alexander!” – Studia a Padova. Dopo aver vissuto le piacevolezze mondane
della corte, entrò nel convento domenicano di Firenze. Altre opere: “Del bello”
(Roma); “Ficino” (Venezia); “Le undici Filippiche di Demostene con una Lettera
di Filippo agli Ateniesi. Dichiarate in lingua Toscana” (Roma, Appresso Vincenzo
Valgrisi); “Della Filosofia morale d'Aristotile” (Roma); “Della Politica,
ovvero Scienza civile secondo la dottrina d'Aristotile, libri VIII scritti in
modo di dialogo” (Venezia, Gio. Battista Somascho); “Catechismo, cioè
istruzione secondo il decreto del Concilio di Trento”; TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. FIGLIUCCI, “IL FEDRO O VERO IL DIALOGO
DEL Bello di Platone, Tradotto in lìngua Toscanà per Felice Figliucci
Sense. IN ROMA Con priuilegio del Sommo
Ponstefice per anni X.IL FEDRO. Ó VERO il D/4iWa id Bello di Telatone. TRADOTTO
in lingua Tofcana» Perfone del Dialogo, SOCRATE, ET FEDRO. O Fedro mio
caro,doue uai tu,ac Soc. donde uieni ^ F E D. Socratc,io uego da cafa di Lifia
figliuolo di Cefalo,flC hora me ne uh un poco à fpafTo fuor della città : per
ciò che buona peza feco à ragionar fedendo, da quefta mattina per tempo, per
fino à hora fon dimorato. Et hora,c(rendo à ciò ftato perfuafo,da Acumeno tuo
amico, fiC mio,fò caminando efTercitio : il qual modo di efTercitarfi, egli
affai più facile, CC molto più gjoueuole giu:sdica, che laftaticarfi nel
correre, come molti fanirsno. SOCR. Certamente Fedro mio, eh* egli ti configlia
bene^ma fecondo il tuo dirc,Lifu dee elTere nella città, è uero ^ F E D,
Ve^sro,fi£ alloggia infieme con Epicrate nella cafa di Morico,uicino al Tempio
di GioueOlimpiót SOCR. rimali di gratia,clie faceuate uoi quiui f Inuitouui
forfè Lifia al parto delle fuc orationii' FE D. Tu lo fapra!,par clic tu babbi
tempo di uenire i(ifieme coumeco^fin che io te l habbia narrato . SOCR. Che
dici tu.^ Hor Don penfi tu, che io proponga à ogni mia facen <ìa ( come
di^Te Pindaro) il ragionamento di Li:s fia,fl£iltuo? FED, Seguitami adunque S
0,C R. Di pure^ F E D. Et fappi Socra;^ tc.che quella difputa, che nacque fra
Lifia^a ine.è {lata à punto degna delle tue orecchie. Per ciò che il
parlare,che Ci\ ùilto,(ìx in un cers; to modo tutto intorno alle cofe d'amore
;.pcr ciò che Lifia haueua fcritto una oratioue doftiG::
fima,fi£eIegantiflima,manoDÌn fauore d'uno 'amante,anzi pier quello era
artificiofa.fi: Icggias: dra,che egli in quella prouaua,che più toftofi dee far
ccfa grata à chi non ama, che à chi ama» S O C . O huomo certamente digniffuno
; uo:s lefTe lddio,che egli haueffe fcritto,che fi hauefe fe à fave bene più
tofto à unpoueio.che à un ricco, ftàunuecchio, che à un giouane,aà
moltialtrijiquali in molte altre cofe fono mal condotti, come me : per ciò che
fe tale fufTe fta^ ta la fua oratione .all' bora fi poteua degnametc ^nc ce
piaccuole.a utile . Non di meno anchora che ella non fia (lata cefi, egli m'è
foptags giunta una fi gran uogliad' udirla, che (e tu cdis minando te ne
andaflj perfino à Mcgara,flC fc ( comeècoftume di Hcrodico ) tofto che alle
mura della città fiifli giunto .indietro te ne tornaflì,io per queflo fon
difpofto di non ti aK? bandonarmai. FED, Che dici tu Socrate^' Penfi turche io
giouane inefperto poffa hora narrarti, flC ramentarti quelle cofe,chc Lifia moi
te più dotto di quanti Sìcrittori hoggi fi troua:^ no, in molto tempo à fua
commodità compofe/ Sappi,che io fono affai lontano da quello ti uoglio dire,chc
iouorrei più prefto fimil cofa faper fare, che effer d' infinite riccheze
poffeffo? re. SOCR. Fedro cparrebbe.cheip non fi conofcefL , non fai tu, che
tanto à me farebbe il non fapere chi tu fei, quanto lo fcordarmi di me
medefimo.^ Delle quali^ofe neffuna è uera: per ciò che io fo beniflimo,che tu
non udirti una uolta fola quefta Oratione di Lina,ma te U facefli replicare
affai uolte. Et Lifia fo io, che uo lentieri ti ubidiua: ne quefto anchora ti
fu affair ma fattoti al fine dare m mano il libro. doue eri
fcritta,confiderafti ineffo tutte quelle cofe,U quali maggiormente defideraui
fapere : il che come hauedi fatto, fianco di hauere in quel Iugo fi fungamciife
fedufo,(i partifti per andare tene a fpafTo . Et io giiiraréi,che bora tela
mefe teui alla memoria, fé gii non fufTeftata troppo lunga, te neandaui fuor
della città^perconi fiderare date ftefloà quello, che haueui letto» Ma poi che
tu ti fei abbatuto ì un'huomo pazo di udire fimili ragjonamèti,come fono
io,toflo che iMiaiucduto, ti fei oltra modo rallegrato, quafi che tu fufli
certo di hauerc uno, che dei niederimo,che tu,tecori hauefli à rallfgrare,flc
fare feft^,flC cofi mi bai commefTo.che io uenea teco. Quindi pregato da me
defiderofiflimo di ud/rti, che à dir cominciaflj, bai finto ciò efTerti
difficile, come fe tu non hauefli bauto uoglia di raccontarmi quefta cofa : flC
io fon certo, che. al fine, quando alcuno qui non fuffe ftato,che ti haueffe
per fe fteflo uoluto udire, tu haueui tan ta uoglia di dire quello, che haueui
udito, che tu cri per sforzare qualunque fi fuffe.à udirti à fuo mal grado. Et
però Fedro mio caro, non tt fare pregare à mia fòdisfatione di fare queU lo,
che eri ogni modo per fare fenza che alcuno te ne ricercaffe^ FED. Sarà adunque
me;s gbo dirti quefla cofa, come jo faprò,purcbc io la dica ; per ciò che e mi
pare, che tu non fia per abbandonarmi mai, fin che non Thabbia fentita. <^
Sccr. I o S O C R. Certamcnfe che tu hai^buon credtere* F E Cofi adunque faro :
ma per dirti il uero Socrate, io non ho imparate le parole tutte à mente, ma io
mi ricordo bene quafi di tutte le ragioni, flC argomenti : per li quali egli
dimcftra un'amante efferdifTimile da chi no ama, fiC cofirdì fon deliberato
nan-artele tutte ordinatamen:? te. SOC Moftrami di gratia prima quel, che tu
hai nella man fiftiftra fotto il mantello, che à dirti il uero, io dubito che
tu non habbia quel libro proprio : il che fe è uero, pen(à che io ti ftimo
afTai ; non di meno fe io poffo udire jLifia,non uoglio ftarc à udir te. Ma che
fai tu, che ncn me' 1 moftrif F E D • Deh fta fermo: tu m'hai leuato d'una
grande fperanza o Socrais te, che io haueua di efercitait hoggi il mio ingc^
gno con teco: ma poi che io non poffo farlo, po niamcd à federe , per leggere
doue più fi piace • S O C Aridiamocene, prima che à leggere. cominciamo,dj U
dal fìume Iliffo, ftquiui ci porremo à federe, doue più ci parrà FED. A tempo
mi truouo difcalzo,ma fu non uai mai altrimenti : & però ci farà ageuole
paiTare quefta piccola acqua, ne anchora ci douerà difpiaccre, tnaflimamente in
quefta ftagionc,&à quefta hcra. SOCR. Va uia adunque, ft in tanto confiderà
, doue po(&amo federe » F £ Vedi tu quel Platano cofi alto S O G R . Si
ueggo. F E D. Qoiui è una piaceuolc ombra, •fiC un uentolino fcaue.flC l'herba
tenera in ogni parte: fi che pofTjamo porci à federe,© à giacere, doue più ci
piacerà. SOCR . Va Ij^adaquc. F E D, Dimmi un pooc Socrate, non fi dice egli,
che già in quefto luogo Borea rapì Oriss fhia,uicinoaI fiume Iliffoi' SOCR,
Col; fi dice» F E D. Non ti pare egh, che qui fi uegga una acquetta grata,
pura, fiC chiara, nella quale commodatamcte pofTano le fanciulle fcher zarci'
SOCR» Non é quefto il luogo, ma po co più di fotto, lontano due ò uero tre
ftadi,do:s ue habbiamo trouato il Tempio di Diana, flc in quel medefimo luogo è
un certo altare fatto ad honore di Borea. F E D . Io non fq bene quc ftacofa.
Ma dimmi per tua fe Socrate, penfi tu che quefta fauola fia ftata uera t S O C
R . Se -io non penfafli^che fuffc uera, come fanno an^s chora tutte le perfone
fauie.non per quefto farei da elTere ftimato fcioccho: ma non uolendola in
tutto negare, potrei fingermi quefta cofa,fiC dire, che il uento Borea ulcito
da quefte pietre ui:s cine à (chcrzare.flC foUazarfi con Farmacia, fi ina;
contro in Onthia,cCla fecegrauemente à terra cadere, della qual cola ella ne.
mori: OC di qui hanno finto, che ella fò rapita da Borea , non già da qiiefto
luogo, ma dallo Ariopago.doue bora fi giudicano le caufe : per ciò che è /ama
affai da quefta diuerfa^che ella non fu rapita da quello^ . ma da quel luogo.
Hora io Fedro mio, giudico certamente quelle cofe molto diletteuoli, ma da
huomini troppo curiofi, & folkcjti di quello» che poco importa, fiC da
perfone anzi poco fortunate, che non: le quali fe per altro non hauefs fimo à
chiamare infelici, quefta però farebbe cas:gione giuftf/Tima^che eglino tégono
cofa neceffarla, che bifogni interpretale la forma de i Centauri, delle
Chimere, flC di molte altre fintioni inutili. Et non folo fi truouano quefte fi
fatte figure, ma à chi fi intrica in fimili cofe.gli pio^ uonoà doffo.k turbe
de i Serpenti, delle Gorgoni,fiC la bugia del cauallo Pegafo,& di moU te
altre forme contrafatte ; onde fe alcuno di quefti cofi diligenti non crederà,
che quefte co^ fe fienò flate nel modo, che fi narrano, ma uorrà Qgni cofa
ridurre alla fua allegoria, & al fenfo più, fecondo lui,conuenienfe,coftui
certo bara otio d'auanzo,flf fi fiderà di elTér ricordato per uia d'una
fcientia roza,flc di poco memento» Maio,à dirti il uero,non ho tempo à cercare
(i^ mili ccfe ; perche non anchora pc/To ccnofcerc me fl:e(ro,ri come ci
infegna clie dobbiamo fare 1 oracolo Delfico . Et per qnefto à me pare cofa da
ridere, il uoler cercare di fapere le cofe d altri,' Don conofcendblhcTìora
quelle, che à me fi ap35 partengono,flf che fono in me ftefTo. Per il che
laiciate andar quefte cofe.ft crededo paramene» te à quello, che credono gli
altri intorno à qucfto,non perdo il tempo nella cqnfidcrafione Io ro,malo metto
à confiderare me {lefTo. ft^cofi ^ taì'hora fra me dico. Sono io una beftia più
(u^ riofa,flC più rabbiofa,che non fu il gigante det^ to Tifone,© pure ( come è
uero ) fono nato ani^ m^ile più placabile, fiC humano,fiC più femplice;
participc per natura della mente diu{na,fiC nato per godere al fine uno
ftafo.ft una forte felicif^s fimar Ma non è egli quefl:o,al quale ragionado,
fiamoarriuati, quello albero, doue tu mimenas ui^ FED, Quefto é d elfo . SOCR.
Cerato che quefto è flato un viaggio degno: per ciò che quefto Platano hai rami
larghifTimi.fiC è molto alto,£( la alteza di qpcllo Agnol cafto; infieme con
l'ombra che fa, è bella oltra modo,' ficpiaceuole : fichoraè il tempo, nel
quale più che mai,fiorifce : per il che il luogo tutto intorbi noe ripieno di
foauiflìmo odore. Oltra ciò, è quefto fonte,che fotlo il Platano la terra
riganjs s ^ do. (io bagna, cliiariflìmo, CC di acqua frefca puc
afrai,comeripaoconofcerenel metterci dren^ to un piede. Et le fanciullesche
quiui fcolpitc j] ueggono.&lealfre belle imagini.dimoftra:? no chiaramente,
che il fonte c ftatofagratoak le Ninfe.&ad Acheloo. Non ti accorgi olfra di
quefto, quanto gioconda, écfoanefia Taura^ (che quiui fpjrar fi lente r Oltra
ciò/i ode una moifitu'crine di cicale : ìe quali, fecondo il temrs po cantando,
ne fanno fentiie un concento non fo come fcaue.fiC piaceiiole. ma più dbgni
altra 'Cofa,mj pare degna deffcr lodata quefta tenera herbetta,Iaquale.4
mirarla, pare che ella beni:s griamenteafpetfi, che altri ripofiil capo fopra
4/ lei perriceuerlo.tìcfoftenerlo commodiffima mente . Per il che Fedro mio
caro, fu mi hai me nato hcggi qui, doue io fono come foreftiero, per farmia
ftare più uolenfierijl che hai fatto prudentemente. FED. Chi
ti.fentifre.crede:^ rebbe che tu fufli huomo da pochiTIimo: flC cer:s tamente a
quel. che tu dici, tu pari più prefto un foreftiero.che uno del paefe :
talmente di^ moftn non hauer mai pafTato i noftri confini, ne effer mai ufcito
delle noftre porte, S OCR, Perdonamf Fedro mio da bene,|) ciò che io, coxnc (u fai^foiamente
defidero imparare:& fu bea falche gli alberi, fiele unie,& li campì,
non ttìì pofTono ifegnare cofa alcuna, ma fi bene gli huo >mini , che
habitano la città . Ma tu , fecondo me> hai truouato un modo da allettarmi
all'ufcircì qualche uolta : per ciò che fi come coloro , che à *gli animali
moftrano frondi,ac porgono frutti, li menano doue uogliono : cofi
tii,moftrando5 mi queftolibro,mi menareftiper tuttq il contar no d' Atene, doue
tu uoleffj . Hora poi che fias mo giunti qui, mi pare di pormi à federe : fiC
tu acconciatoti in quel n(iodo,che più commodo ti parrà , comincerai à leggere
, F E D * Odi adunque» • I N Q^V E S T O (lato certamente fi trubuano le cofe
mie : flC quefto.comc fai,p0:s co fì intefo da me,penfo che m' babbi à gioua:^
re affai . Hora io uoglio che fappi , che io ftimp, ce giudico, fecoia alcuna
io ti domanderò, dos: uerla da te per quefta cagione impetrare, per ciò che io
non fon prefo del tuo amore • Et che ciò Ca il aero, tu fai che gl'amanti, come
prima han no la lor libidine fatiata,fi pentono de i benefiis cii,che ti hanno
mai fatti : ma quelli, che dall'ai mor legati non fono, non fi pentono per
tempo alcuno, la ragione è quefta, Che eglino fanno li bcneficii per fe fteflì
penfatamente, fiC fecondo che pofTono.fif che le facalfà loro compocifanot
& non fono à ciò sforzati, còme gli amanti . Ob tra cib,gli amanti alle
uolte tra fe ftcflj penfand quanto negligentemente dall'amore impediti J
habbino le lor faccende condotte à fine,ft quaa li beneficii habbino con troppo
danno loro à gli amati fatto.flC quanti affanni,» quante fati^ che habbino
fofferto : fif per quefta cagione mai hanno da gli amati bene alcuno,tengonù
per certo non glie n'effere obligati.mahauera gliene per J'addietro dato degno
guiderdone^ Ma coloro, che dall'amore non fi truouanoinii ' - gannafi,nonfi
lamentano di effere ftati pccd accorti nelle faccende lóro: non gli duol delle
paffate' fatiche, non fi rammaricano, per cagion deiramato,hauer con li parenti
fatte grauiHime nimicitie,come fpeffe uolte fuol auuenire . Onai k de tolti uia
tanti mali, che à gli amati fòlamenie interuengono, refta folo,che quelli, che
non amano, come fo io. fieno fempre pronti,» para^ tiffimi à fare tutte quelle
cofe ,che penfano potergli arrecare giouamento. Sono molti che dicono,che per
quefta cagione fi douerebbond affai gli amanti appiezare : per ciò che grandif^
fima è la carità , che uerfo gli amati loro hanno « tutte le bore, flC che
fempre apparecchiati fi truo «ano à ubbidire air amato, ec a fargli cofagri!*
fa ce con le parole, & con le opere, anchora che perqucfto ceruffimi
fuffcro, doucre offendere pgni altra perfona. il qual parere di qui faciU
xncnfe fi può confidcrare non edcr uero.chè Ic^s uafa alle uoltc la
beneuolentia da uno,* in ua^ litro portala, affai più confo de i nuoui amanti
0inno,chc di quelli, che prima haucuano : fiC che pm,fequefti amanti più
frcfchi gli el com mette/fero, diuentarieno c^udeh/Tjmi inimici de Ipaffati.
Etin qual modo pofTjamo noi dirc^ che ne gli amanti fia cofi ardente amore,
efTenj: do à quella infelicità, & calamità fottopofii, dals: la quale
perfona alcuna quantunque fauia,& acs: corta, mai potrebbe rimuouerhV Et
quefto è, che codoro ccnfeffano per loro fleffi effere anzi fuor di loro, che
non^ft dicono conofcere la loro fcioccheza,a: pazia,ft non di meno non poa»
tjfrfene rifenere,o i;ifliuouerc. Et pero gli huoismini faui, come potranno
approuare,& giudicar hiioai i configli ,fiC i pareri di perfone da tal
mancamento macchiate.'' Olfra CIO, fe tu uorrai fciogliere un'huomo in ogni parte
perfetto tra gli amanti, bifognerà che tu faccia quella fcelfà tra pochi, che
pochi fono quelli, che amantifi poffano dircma fe tu uorrai procacciarti ungami
tò.ì)totnpagfio,recòr)(5ofl Mi^ctio tuo,^acl t^nicofa atto;&accommodato^tra
quelli, chè non amano Jo potrai più fàcilmente fare :pct tiòchc tra molte
petfone ti ùd toncefTo fctrglict lo:^ più debbi fpcrare di bauere un buono ami
co tra molti, cHc tra pochi, à trotianc- Et fe al fi* ne tu temi,» fuggi, come
debbi fjre,l'in6mf* publica.i8C il biafimo unuierfale, quale per òrdi ration
delle leggi fi può ffTet dato.ti & bifos^ gno ramf n(arti,che gli amanti\li
quali per quel la cagione uoriebbono tfTer^ amati ^ per \m quale amanoilogliono
poi che al defiderato fint fi ueggono giunti, gloriarfi, OC uantarfi alla fco3f
perta,che eglino non hanno m uano ncHorol «more confumato il tempo. Ma
quelli,che noft tìmano, con ciò fvache facilmente pofTano taccsi re,a: tenerfi
di due quel , che hanno fatto, han^a no coftume di cercar più toilo quel, che
penfa^j no eflérottim.o per loro.fiì per lamico^che Tefa fer dalla
moUitudine,fiC dal nolgo ricordati,^! portati per bocca. Aggiugnc anchora à
que^s fto.che acccrgendofi la plebe, che un'aman:^ te fegua un' amatorie
afliduaménte in ogni cofa Mclcntierrgli ubbidifca,^< fimilmente gif compiace
a, fubito entra in fofpùlto^ che tr* loro non fu flato, o nori fia càttiuo
defidcdQ^ ma non ha già ardire di bafitnarc le amicitie dr coloro, che non
amano : per ciò che ben fa, che à gli huomini fa di bifogno ben fpelfo infieme
ritroiiarfi.ò uero per cagione di amicitia,ò uera per qualche lorocommodità.
Etfe forfè tu teis fnefTì di quelli, che non amano, fic penfaffi, che fuffecofa
diffìcile, che con quei tali Tamicitia durafTe, anzi nata qualche guerra, ò
nimicitia, du^jitafTe che ne ne fu(Te per uenire danno deU r uno, ài deir altro
: CC (e poi tu , concedendo i un, che non t'ama, quello che più d'ogni altra
Éofa apprezi,ne uenifli per quello non poco ofss fefo,fiC faccfTì non piccola
perdita, facendo cofa grata à chi poco, ò niente ti appreza, ti dico^^che per
quefta cagione barai maggiormente da te^s mere gli amanti.per ciò che molte
cofe fon quel le, che gli offendono, CC fenipre penfano che ciò the fi fa, per
danno loro fia fatto» Et per quefto uietano à gli amanti loro il conuerfare tra
gli aU fri, temendo fempre che quel l'i, che di loro più ricchi fono, non li
fuperino de benefici!, ò uero che gli huomini dotti non li uincano di fape:^^
re . Et in fomma fe perfona conofcono. che in fc babbi cofa alcuna di buono,
quàto più poffono, fi sforzano da coftui rimuouere gli amici, flC cofi
perfuadendoli, che da fimil pratiche fi guardi^ no. no,à poco à poco li prfuanó
di tutti gli amfciv^ ^ Hora le tu penlerai bene à te, « a quelJo,chc>i fi
conuiene,flC Te farai miglior deliberafione di loro, non fi appiglierai al
parer loro, ma te ne difcofterai quanto potrai . AlT incontro coloro^ che del
tuo amore non fon preri,ma fanno quei le cofe,che ueggonoefTer
conuenienti,& fi fcr^ uono ne i bifogni,folo per operare uirtuofameij
te,(5f efortati à ciò da una mrtù,a: bontà d'ani:? mo, non ti haranno
inuidia,fe ti ucdranno prassticar con altrui, ma piu tofto quelli harani>ojp
odio, che à te non fi uor ranno accoftare,penfando ( come è uero ) che coftoro
li fprczino,£Ì gli amici ti giuouino,à; aiutino : flC per qucftp^ molto
maggiore fperanzafi dee hauerc,che da quefta praticane uengano amicitic,che
inimù citie.Aqueftecofe fi può aggiugnere,che la maggior parte de gli aitanti,
prima defiderano pofrcdere,flC godere il corpo dell amato.che hab biano conofciuti
li coftumi fuoi,ò l'altre cofe^ che debbono in un'amato ritrouarfi. Et di quì
uiene.che fi dubita,fe latiatala uoglia loro,dei bano nella amicitia
perleuerare. Ma traquelli^^ che non amano , li quali efTcndo per T addietro
flati amici, non laceuano quelle fimihcofe in bf neficio dell' amico, per che
eglino fuffero trop:? po afFcttionatl urrfo Ai hì^t cofa ragicneuolc, che l
amieitia fia minore : ima bifogna ben cons; fefEire,chc i beneficii, che
Tannargli facciano, accio che per quel mezo habbiano à efier iicor:s ciati
daqnelli,che dopo loro iierranno,doue gli amanti ad altro, che al prefente,no
attendono. ©Ifra di quefto(credi à nfie)diuenterai affai nusj gliore,fc
afcolterai un che non ti ama, che fe à un amante prederai le orecchie : per ciò
che gli amanti con lodi infinite inalzano oltra modo tutte le cofe,che fu fai,
odici : parte per che te:J tnono,fecendo altrimenti di non ti offendere : parte
per che dallo ardente defiderio loroacce:^ catione! giudicare fi ingannano :
per ciò che la^ more fa, che coloro, che ne i cafi d'amore poco fortunati Ci
ritruouano, fono sforzati à giudicare quelle cofe trjfte.ft infelici, chea gli
altri non darebbono moleflia alcuna ^ Et per il contrario quelli^che hanno
buona fortuna^flf che dtll'as worlofo fi godono, a mal ior grado fonconrx dotti
a lodar quelle co(è, come fauoieuoli.fiC gioconde, che non meritano, ne poffono
fare ftar contento huomo alcuno : ££ però più toflo farebbe di b/fogno di
quelli tali hauer compaf? fione. che fegui tarli ♦ Hora fe tu uorrai credere .
alle ter alle mie parole, io primieramente uoglio effe* tuo amico,ac darti
apprcfro,non per il piac^re^t che di te al prefente potrei haiiere, ma per la
utf lifà,che la mia amicitja per Io auuenire ti potrà dare. Et non farò quefto,
legato, òuinto.ò fog^ gietto all' amore, ma uorrò effer patrone di mcs ftefTo :
a non douerai temere, che io per cagiost ne alcuna, ben che leggiera, habbia
fra noi à (xt nafcerc grauiffime nimicifie,anzi fc pure alle- uolfe mi altererò
alquanto, non lo farò fenza grandiflìma cagione. Et non di menoqnclli er:s rori
che inauuertentemente mi uetran fatti, al fine liconofcerò : ft quelh,nelii
quali uolontariamente incorrerò, mi sforzerò emendare, AC»- fchifare.flCquefli
fono ucri fegni d'unaami^ dtia,che habbia lungamente à durare . Etfe for fé tu
pcnfi,che non pofla truouarfi una ueia^CC ' durabile amfcitia,fe dall'amore non
è cagtona^. fa, debbi confiderare,che per quefta medefinia cagione noi non
appiezeremo gli figliuoli, ne ameremo li padri, ne terremo cari, flC fedeli co:s,
loro.che per buoni ufficii,a: beneficii fattici, d fuffero diuentati amici, fe
da quefto ardore amo rofo non haueflcro hauto principio ♦ Potrecs ftr dirmi. Si
dee fempre fare bene à queU li huomini^ che ne hanno più di bifogno; ft però è
cofa conucnientc.non cercar di giouars rcàglihuonnini,chepcr fe fteflì hanno,
mai quelli, che fono più bifognofi : per ciò che co:^ ftoro^fe da me ne i
maggior bifogni loro farani; no aiutati, mi renderanno Tempre infinite gra:^
tie. Aqueftofirifpondo,chefe ciò fuffe uero, nelle fpefe^che priuatamcte
facciamo,fiC ne i do ©eftici conuiti, non haremo à inai tare gli amis; Ci.ma
più torto gli affamati, fiC li mendichi : per che coftoro molto più
apprezeranno un tal bcis ,neficio,ti feguiteranno,ti corteggieranno, ti fanno fefl:a,ti
ringratieranno infinitamente, fiC pregherano iddio per te. Onde tu puoi uedere,
che fi conuiene non compiacere à i bifognofi principalmente, ma fi bene à
quelli, che ti pof:^ fono riftorare . Et per quefto non à gli amanti^ comeà
bifognofi, ma à quelli, che mentano, debbi far piacere : & non debbi
fodisfare à quei lische della tua belleza fi delettano,maà queU lische anchora
quando farai uccchio,ti fono per dare utile : ft non debbi giouare à quelli, i
quali hauendo il defideno loro adempiuto, fcoperta^: mente fe ne uanteranno^ ma
a quelli, che uer:^ gognofi taceranno. Et non debbi far cofa gra^s ta à coloro,
che per ifpafio di breue tempo ti ho BorerAoao.ma a quelli^che tutto il tempo
dell* uifa tua ugualmente ti ameranno : 6C non debb accarezare coloro,! quali,
fpeto l'ardore del loro sfrenato defiderio,cercherano Tempre cagioni di far
nafcere nimicitie^ma quelli,! quali ( anchora che la belleza manchi ) Tempre
moftrano la fcrj: meza^flCla conftantialoro. Ricorderatì aduns: que di quelle
cofe, che io ti ho dette, flC penfej: rai che gli amanti fono da i loro amici
riprefi,fiC accufati,per chc.ramoreècofa brutta, OC inde^ gna,ma nenuno
uitupera,ò biafima quelle, che non ama, dicendogli, che egli fi gouerni male,
come fi può dire à gl'amanti. Foife mi domane: derai.fe io fi
uoglioconfegliare.che tu debbia ubidire à tutti quelli, che non tramano. Al che
io ti rifpondo,di nò : perciò che io focerto^chc iimilmentc un tuo amante con
ti comandereb be.chc tu à un medefimo modo amafli tutti quelli che ti amanorper
ciò che quelli, che han no da hauere gli benefici! da te, non meritano tutti
ugualmete.nc à te farebbe cofa facile coms: piacere à tutti, fe uolefll che uno
non s'accorgef fi dell'altro ;&bifogna che di quefto feruirc nonne uenga
danno alcuno, ma fi bene/che r uno a l'altro ne cauì qualche utilità. Hora io
penfo hauer detto à baftanza : fe à te pare, che io ci debbi aggiugnere qualche
coU ,Aor.uujgi da,ch^ io ti fodisfarò. Cloe ti pare di quefla Ora fione Socrate
r' Non é ella fiC nelle altre cofe,& nelle parole comporta mirabilmen ter S
O C R* Ella è tanto marauigliofa, che mi ha fatto ft(i:s pire,fif tutto, per
tua cagione Fedro mio, mi (os no fentito commouere, mentre che io guardauj gli
attrae i gefti,chc nel leggere quefta Oratio^: ne faceui . Et però penfando che
tu meglio, che io, conofca^flC intenda fimili cofe,ho hautoad ufcir di me per
troppa allegreza infieme con tes: co^ F E D. Inqueftomodo mi uuoi burss lare ?
S O C R. Adunque parti, che io ti burhf' Non penfi tu,ch'io dica da aero/ F E D.
, Non certo: Ma dimmi un poco per tua fe^penss fi tn,che altro Greco intorno à
fimil materia po fede dire più cofe,« pia d9ttes* S O C R, Pen fiamonoi.chcfia
da effer lodato uno Scrittore folamente per che gh babbi detto quelle cofe, che
fono ftate necefTarier'òpure diremo, che me^: riti lode, per che egli babbia
tutte le fue paroledifpcfl:e,£( ordniate chiaramente, numeroiamen te, a
elcgantementes' Se à te pare, che bifogni lodare Lifia per la inuentione, IO
per farti pia^: cere, tei concederò ma io per la mia fciocche^: za,(S(
ignorantia,non Tho in luì conofciuta.pcr ciò che folamente ho attefo alla
eloquentia dei • pariate : al che poter perfettamente fare, io non penfo che
Ljfia fteffo hc'^bbia penfato d' efier fla fo bafteuole. Et cerfainenfe à irìeè
parfo( fé già '^tu non uolefh dire il contrario) che egli habbia leph'cato
dne,flC tre uolte le medefime cofe.co^ me fe gli fufTe fnacata copta di faper
dire diuerfe cofe fopra una mcdefima materia.ò uero uoglia^ 'imo dire, che egli
no babbi hauto Ibcchio à quc fto. A me certo, fe tu uuoi,cheio ti dica la mia
cpintone,è parfo che egli habbia uolufo parere •^di faper moftrare
elegantemente in ogni modo, *cKe à lui pareua quella cofa,che fi metteua à dl^
chiarare, dicendola bora in uno,& hora in un' al tro modo. F E D . Socrate
tu no dici niente: per ciò che quella Oratione h*a in fe quefto,chc neffuna
cofa ha lafciato in dietro di quelle, che intorno à tal fuggietto accomodar fi
poteuano: "onde io giudico, che neffuno poffa di quefto me defimo più cofe
dire.tt phi uerifimili di quelle, che egli ha dette. S O CR. Quefta cofa non
'fi poffo io hormai più concedere, per ciò che gì' huomini raui,chc ne tempi
paffafi furono, flC le donne, che di queflo hanno parfato.ficfcritto mi
riprenderebbono,* mi arguirebbono con:? 1ra,fe io per la tua fodisfàttionc tei
concedeffi ^ J £ D . Chi fono eglino quefti huomini, flC qiicftc donne Et
douchai tu udite migliori cofc diqueftes' SOCR. Al prcfente io non me ne
ricordo cofi bene, ma fappia cerfo,che io non fo in che luogo ho letto,flC
udito quel, che io ti dico, & potrebbe efTere.che fufTe ò nelle opere
della^èlla Saffo. buero ne libri del fa:5 aio Anacreonte,ò uero d'altri
Scrittori: fiC faps; pi, che non per altra cagione fo ioquefta coniet
4ura,cheper fentirmi pieno d'altri argomenti non forfè peggiori de fuoi,che
intorno à ciò fi potrebbonp addurre , Et per che io conofco be^ ni/Timo la mia
ignoranza, fiC confcfTo che io non fo cofa alcuna, fenon per hauerla ueduta in
aU tri^fiCnonperhauerla imparata da me, hi fogna che io confeffi di hauere
attinte quefte cofe daU le fonti d'altrui à guifa di un uafo : ma per U piia
rQizeza,mi fono fcordato da chi io le habbù .iaiparate,flCinche modo. F E D. O
Socrate da bene, tu fai bene à dir cofi.ne uoglio che tu ,dica anchor che io
te'l.comanda(ri.dachi,fi( eoa? .me babbi quefte cofe apprefe : ma uaglio benc^
che tu mi moftri ( come confeffi di poter fare.) .quelle ragioni, che dici, che
fai più efficaci, OC più dì quelle che Lifia intorno a ciò fcriffe.ll che fe
farai, non dicendo le cofe, che diffe Lifu^ ti prometto confegrare in Delfo una
ftatuadcl mcdefimo pefo,chc fci tu j1 che fcgliono fare i none noftri
Magiflrati,come fai» SOCR* Tu mi uuoi Fedro caro un gran bene,& fei uc^^
ramente d'oro,fe tupenfi che io poffa dirti, che Lifia habbia errato, ftche fi
pofTano fcriuerc cofe migliori di quelle, che egli ha fcritto. Io uo glio che
tu fappia,che io non direi, che ciò po:5 tefTe accadere à un uiliflTimo
Scrittore, non che i lui. Ma per dirti anchora quelle cofe,che io fo, non già
per riprendere lui, primieramente parlando folo di quello. che fi appartiene à
quc ftonoftro ragionamento, penfi tu che colui, che uorra prouarc.che fi habbia
più tofto à fare pia:^ cere à chi non ama, che à chi ama.fe prima^nbh
prouerà,chechi non ama,fia fauio,flf pruden:? te,ft l'amante infano, flC fe
quello non loderà, flC queflo non biafimerà ( le Squali cofe fenza dù bio
alcuno, ne uengono di neceffità ) poffi nel proceder fuo dir cofa alcuna, che
alle prime fia corrifpondente (Non di meno io giudico, che quefte fimili cofe,
che di neceflìtà ne fegucno, fi habbiano à rimettere nella uolòta de gli Scrit
tori,ficfe non le dicono, gli fi pofTa perdonare: per ciò che di queftj tali
non fi dee lodare la in:^ uentione,man bene la difpofitfone.Ma di quel le
cofe,che neceffanamente non fi concedono, flCcIie difficilmente
firitruouano,non foìo pèfì55 fo io, che fi babbi à lodare la difpofitione^niala
muentione anchora. F E D. Ti concedo che fu uero quello, che tu dici: per che
mi pare, che tu habbia detto apprcfTo che bene, OC ioanchora intendo non
indugiare k fare quefto.che hai detto : « però ti concedo^che tu prefupponga,
che un' amante fia peggio trattato, che uno che Jima. Hora fe tu nelle altre
cofe,che dirai, mi fass rai fentire p/u dotte ragioni, flC più degne parole che
egli nò fece, ti prometto, che ti farò una ftass tua d'oro nella Olimpia
apprcfTo alle ftatue de gli fucceffori diCipfelo. SOCR. Tu liai Fedro forfè
hauto per male, eh' io habbia ripres: fo un'huomo tantoàtecaro,ma io mi burlaua
teco. E penfi forfè tu, che io fia per pigliare(la:i fciamo andar le baic)un
imprefa di hauere à di^ recofa alcuna più elegantemente di Iui,che.c
fauifrimo,C£dottiffimorF ÈD. Tu fei ritor* nato Socrate mio in un medeftmo,
dicendo que fte parole. Tu hai da dire in ogni modo quel, che tu fai;ft eoe
potrai: flcfopra tutto auuertifct^ che in quefto noftro ragionamento non ci
con:» uenga fare quel, che fanno coloro, che recitano le Comedie.ciÒTè
rifponderci troppo fpeiTo T un 1 altro;il che é.fccondo me.mokftjflimo. E non
far fi, che io fja sforzato à dire, come tiJ,pòco fi dicefti. Se ici no fapefli
chi fufle Socrate, potrei dire dj non conofcere anchora me ftefTotperchc
certamente fo,che tu hai defidcrio di fodisfarmi: ma tu uuoi fingere, che
quefta cofa ti fia difficii k,'Et per dirtela, finalmente tu hai da penfare,
che tu non Tei per partirti di qui ^ prima che tu non mi habbi dette tutte
quelle cofe ,che tu dirs ceui fapere migliori di quelle, che hai udite: pei!
ciò che tu uedi,che nei fiamo foli,(3C in luogo re moto.fiC regreto,fiC io fon
più giouane,(!f più ga gliardo di te. Si che per quefte cofe tu puoi ìn^
tendere per difcrctione quel, che io uoglia infes? rire : ne uoler più tofto
hauere i ragionare sfor^> zatOjChe di tua uolontà.. S O C Io lo fo mal
uolentieri .-perche io conorco,chc io farò degno delTer beffato, fe io, che fon
rozo flC fciòc co al poflibIle,uorrò coptcdere con uno cofi per fetto
Scrittore, flC fe io uorròalla fprouifta difpu tare di quel mcdefimo,di che
eglipenfafamentc ha ragionato . F E D , Sai tu f^gmc la co(a ua^ Lafcia andar
quefte cofe meco: per che io credo quafi hauer trouato una uia,|) la quale io
ti con durrò.flC sforzerò à dir quel, ch'io defidero , Soc. Non mei dire di
gratia. Fed.Come no mei diref anzi Io uoglio dire , io mi uolterò alli giurameff^
poi che alfro non mi naie . Io ti giuro per qatW iddio clie tu uuoi, flC
anchora,fe ti pare, per quc fto Platano, che fe tu non dici quel, che tu fai al
la fua prefentia,fiC fotto quefta fua ombra, io da qui innanzi non ti
moftrerò.ne ti manifefterò mai più oratìone di perfona alcuna. S O C R.
OfceIerato,chehaitudettor'Ocomc bene hai ritrouato il modo di sforzare un'huomo
defide» rofo di udire orationi,come fono io,à fare queU lo,che ti fuffe in
piacere, FE D. Hora fe tu ne fei, come dici,cori defiderofo,che indugi tu più?
S O C R. Io nonindugierò più lunga^ mente, poi che tu4iai fatto un fimil
giuramen:? to : per che come potrei io uiuere.fe io fuffe pri uo di cofi dolce
cibo ? FED. Hor dì aduns: que. SOCR, Saituqucl,cheiouogliofa5: re ? F E Che cofa
t' S O C R. Io dirò quel,che io intendo dire, col uolto.fiCcol capo coperto,
per dire più pretto : per che fe io mirafs fi a te, farei impedito dalla
uergogna. F E Di Pur che tu dica, fa quello, che fi piace. S O C R; Hor fu
dunque ò Mufe dolci, il qual cognome ui fi dà perii modo del uóftro cantare, ò
uero perladolceza della Mufica uoftra,la quale fi dolcemente fuona,fauoritc ui
prego,& aiutate quello mio ragionamento, il quale mi sforzai éitt quefto
huòino da bene : accio che poi che mi harà udito^giudichi anchora molto più
pru^ dente il fuo caro amico Lina, che prima cefi uìó gli pareua* T V haicla
fapere,chefik già un fanciullo^anzi pure un giouane di gen:i
tiliflìmoafpetto:coftui haueua molti amanti^ tra li quali un'huomo certamente
allato gli diede ad intendere, che non Tamaua^nc per ciò punto meno de gli
altri il fencua caro, fif gli uo leuabenc.Hora auucnne.che un giorno egli lo
pregò , che al fuo defideno compiacer doucli fe,flC per impetrare quello, che
egli domanda» ' ua,gliprouò che maggiormente fi doueuafare cofa grata à colui,
che non amaua,che à colui^ che amaua • Et per farglielo intendere, gliCi moflrò
con quefte ragioni » In tutte le còfe fall v^>^^> ciuUo mio à coloro, che
confultar bene,ò difpuf-^'^-^\ tar uorranno,fa di bifogno hauere un folo.qjìj
roedefimo principio, quale è il conofcere,flC insK ^ ^/ tendere che cofa fu
quella, intorno alla quale fl'^;:^ ^o' confulta, ce difputa: altrimenti è
neceffario in tutto errare» E fonomolti,chenonfi accorga:» no di non conofcere,
ne fapcre la fuftantia della cofa, della quale ragionano; fif cofi come fc
egli» nolafapeffero^nel principio della difputaloro ' altrimenti non la
dichiarano: tal chenel lor pioi^ cedere ne feguc,come è hccefTario che
inferuerii: ga.che eglino dicano cofe fuor del loro propos: fito^adagli altri
male intefe. Adunque acciò che ne à me, ne à tc interiienga quei, che in al::
^rui biaCimiamo,pofcia che egli è hora differctiìi tra noi, Te fi dee più tofto
pigliare Tamicitiadi colui, che non ama, che di colui, che ama, farà buono che
uediamo, che cofa fia amore, & che forza egli habbia, dandogli qualche
difFinifio^ ne, alla quale l'uno, fif l altro di noi acconfenta» tt cofi dipoi,
hauendo fcmpre 1 occhio, flC ogni . fìoftio argomento drizandoà quella
dijffinitio:: ne, confideraremo fé egli dannoso utile near^ reca. E adunque
ccfa manifefta a ciafcuno,che l'amore altro non è, che un certo defiderio. Sap
piamo anchora,che fimilmente queni,che non ainano, hanno queflo defiderio di
cofe belle, fiC buone . Per intendere aduBque in che fia diffe^ rente l'amante
da quel, che non ama, tu dei fa:5 pere, che in ogni perfona fono due idee, le
quali ci fignoreggiano,ó: doue più li piacerci uolta^ no Je quali noi fumo à
feguitare sforzati ouunis que elle ci conducono . Vna delle quali infiemc con
noi è nata.fiCqucftaè j1 defiderio de i piacer ri, L altra T-habbiamodopo il
nafcimento noftro acquiftata ; fiC quella è quella opinionc,che ne gli
ììiiomfni (5el fonimo Wne fi ut je,per fa qn* ic tanto afìetfuofamc'jntc lò
defider/arho. Qaeftft: alle uoltefono in noi fra loro amiche, alle uoltèi' in
difcordia fi truouano,& bora quefla uince^ feor fupera quella Quando
adunque quella opf fìione del fortìmo bene, cÌ>e difopra hò detto^ dalla
ragione guidafa,à qrfel'lo ciie è nero b^nc^; •ci conduce, uincendo il
defideriode i .piacen\ quefto'nTodo di uiirere fi domanda femperanfiaS ma
quando quello sfrenato defiderio, lontano al tutto dalla ragione, ci fpingc.flf
sforza à feguià tare ipiaceri,& amai grado noftro fi fa di nof ^padrone,
quello fuo imperio fi domanda libidi^si w : ài efTcndo h libidine di moìu
fòrti, £( ha^j uendo molte parti, anchorà è nominata in molss li modi. Et di
quelle molte forti di libidine, chfi io dico, quella cbe più ch'altra T alc'unb
fi ritrud ua,dj à colui quel nome,col quale ella é chiais mata me può à coloro,
li quali ella fignoregà già, nome alcun dare bonefto,ò buono- per chè quel
defiderio, che intorno alli cibi uince &Ia ragione, fiC ogni altra
uoglia,fi domanda golo^s fità : 8C colui ;che ha in fe quefto alt pigi ian:^ do
il.nome medcfimo, fi chiama golo(o, Anà chora quel deficlcno, che intorno al
bere,d'ù'à no fi impadronifcc^è co(a chiara, flC maiiifefta^donic fi douerà
chiamare, fiC anchora che nome liauerà colui, che da tal noglia fi lafcerà
uincere: àfimilmentc pofTono cfTer chiarina manifefti . ì nomtde gli altri
defiderii congiunti à quefti. Hora io penfo,che quafi fia fcoperto.perqual ca
gionc 10 ti habbia dette quefte cofc, ma uoglio io tacerlo. òuoglio dirlo.'' Io
lo dirò pure, per elle più fi intende una cofa à dirla, che à non dirla. Et
pero dicp,che quel defiderio priuo di ragione, il qual fupera,&: uince
quella opinion: ne, che è Tempre al giufto,fiC all' honefto indirirs zata,a ci
rapifce à cercare il piacer della belles: za, quindi col moftrarci quei diletti,
che dalìa bellezadiun corpo fi cauano, pigliando non piccole forze. fiC
rinfrancandofi, ci uincealtutrs to>flC ^^^p^t^aquel defiderio, dico é detto
^§cù9» ciòèamore,daf 6J/^K?,che uuol dire gagliardia. Parti egli, tedio mio
caro,comc ì me, eh' io habbia détto diuinamente T F E D » Certamente ò Socrate
che fuor del tuo folito,ti fei non fo co:5 me più ampiamente allargato. S O C R
. Taci adunque,^ odimi ; per ciò che qucfto luogo è certamente diuino,flC pero
non ti marauigliare, fe nel parlare farò dalle Ninfe di quefto luogo iafpirato
à dire cofe diuinc : fif tu puoi hauer co fiofciuto,chequci]o,che
iopocofa,diceua,non fono Tono (late molto difllmili da i uerfi Ditirambi ' che
fogliono dire le facerdoti di Bacco all'horaj^, che dal loro iddio fono ripiene
di diuinità^ FED. Tudiciiluero. SOCR. Di que? (le cofe ne fei cagion tu fenza
dubio alcunormk odi quelle cofe, che reftano, accio che io non nji fcordi di
quello, che hora me fouuenuto,al che fo certo io che iddio mi aiuterà, ft no mi
ufciran no di mente. Et pero ritorniamo, feguitando il ragionamcto noftro,al
fanciullo,col quale. diao zi parlaua.Hora fanciullo mio, noi habbiamo detto flC
dichiarato che cofa fia quella, della quacs le noi ragioniamo. Adunque hauendo
feraprc- I occhio à quefto.confideriamo .lora quel, che nercftaà dire,flCquefto
è,Chegiouamento,Ó: che danno fia per uenirc per cagion di un aman te,ò di un
che non ami,à colui, che gli ubidirà. E adunque neceffario.chc un' huomo uinto
dal la libidine, Sedato alli piaceri, cerchi femprc con ogni fuo sforzo, che
ramato più che altra cofa,gli babbi da piacere. Sai àhchora che ad uno che é
infermo,gli piacciono, flC gli fon gra^ te tutte quelle cofe, che alla uolontà
fua non re:^ pugnano, f5C quelle gli fonomo(efte,fi£ difpia^ ceuoli^che fono di
lui migliori, ò feno migliori, ugualmente buone /£t pero efTendo T amante
\t)fcmo,fìon potrà mai pafifc,clìe uno amato jpaà lui uguale, ò da pia, anzi
cercherà femprc- ^^uanto potrà, fìflo da manco di lui.a più bifors ' ^^nofo. Et
per che tu fai, che un ignorante è d:a^ manco che un dct(o,8C d'un forte
un'timìdo,* 'id'un oratore,© olequente uno inelegante. fi( po^ co atto adire,»
d'uno acuto, «uiuo ingegna kinofcmplice,er fcioccho.fe qaefti,»: molti ali. |ri
mancamenti dell' animose per natura conofcè; Ìitfóuar(ì,ò per ufo in un'amato
efTcr nati, ali Thora godeva fi rallegra lamantetS: non gli bi ìftando quello,
fi sforza anchor de gli altii pro^:^ cacciargliene ;altrimenti non gli pare
poter ca^ Ilare dell' amor fuo piacer alcuno . E adunque- HeccfTario, che un amante
habbia Tempre inui* ^laall'amato & rimoucndolo da ogni amicitia,^ ite da
ogni efercitio^per il quale "pò te (Te diuenà tare eccellente, bifogna che
grandemente glii inuoca; a k non gli nocelle per altro, per quei, ■fio al meno
gli è dannofc,che lo prfua di queli |a co6,che ne fa prudentflimr. Per cièche
la di iiina fìlofofia è quella.per la quale ueniamo pru^ "déntiffimi'dalla
ì]*tiafc lamanfe e sforzato rfmua ll^rc quanto può ì' amato, temendo Tempre di'
•pon effcre'fprezato da lui, fé pm prudente chft; V ?li nQO è.diuentaiTe ,.CC
in fomnia fi sforza f?r« ogni cofa,'pèr la qaale egli al fu((o ignorate dh
uenga.&fimaraiiigli folo di quelle parti, che ramante pofTiede. Qriando
adunque farà tale la niato,airhora farà ali amante carilIìmo,ma dans: nofiffimo
a fe ftefTo : fiC cofi puoi uedere,che in torno à quelle cofc,che al fapere fi
appartengo:?. no,è lamicitia con un'amante nocina. Debbia^ mo bora confiderare
in che modo colui, che c sforzato à anteporre il dilefteuole al buono, hab bia
da hauer cura di quel corpo, che egli ama,ca fo che a lui fuffe una tal cura
commefTa . Certas: mente che egli defiderà che quel corpo non fia fchietto,fiC
duro, ma delicato. & molle, non nus: , trito.aauuezo al Sole nelle fatiche,
ma fottò - l'ombra nelle dchcateze. Vorrà che fiaalleuato lontano da futri Ij
pericoli,» fatiche, che non habbia mai prouato fudore,» lo farà uiuere con cibi
feminili.ac delicati . Lo auezerà à crnarfi di colorila fàccia,» di
ftranieri,fiC nuoui ucftimeti la perfona,» à fimili altre cofe,le quali tutte
eù fendo dishonefte,» brutte à raccontare pia lun gamente,perpafrare ad altro
le lafciercmo an:? dare.Vn corpo adunque fi fattamente allcuato^ nelle guerre,»
in ogni altra pericolofa necefll^ ta,incmicì ficuramente uincono; onde li faci
amici,» gli amanti hanno femprc più paura, che à coftui qualche male n5
interuenga^che ad *ltri : ma qiicftacofa.efTcndo per fc fteffa cliias
ra.lapoflTiamolafciarc andare. Hora habbiama da dire che dannoso che giouamcnto
nelle co^ fesche di fuor uengonojaamicitia.flC laguar^: dia d* un amante ci
arrechi, Qnefto adunque è chiaro à tutti, flC nnafiime à un amante, che egli '
defidera.che il fuo amato fia priuato di tutte quelle cofe.che egli pofTjcdeJe
quali amiciflì^ lfte»gratiffime,tì:peift:ttiffimegli fono: perciò che egli
defidera, che gh fieno tolti li parenti,, Ce gli amici, penfan do che quelli
gli dieno gran df impedimento à goder la dolceza della ami^ citia dell'amato,
Ol tra ciò penfa,che un fanciul lo ricco dbro.o di qual fi uogli altra cofa,non
poffi cofi facilmente effere prefo d'amore : flC fe pure è prefo.uede che
troppo lungamente in quello amore non può durare . Et pero bifogna che
un'amante^comejnuidiofo,fi dolga della felicità dell' amato, flC fi rallegri
della miferia del medefimo, Defidera anchora,che lungo tempo uiua fenw moglie,
fenza figliuoh\OC fenza cala^ bramando goderfi quel pucere,che quando co:^ (Ifi
ritruouano,foIamente e/fj fentono. Sono ^^n(;hora molti altri mali in quefto
amore, ma nel ia maggior parte di quefti mali, come prima (i comincia i amar
qualche fpirita diuino,mefco5i. la fubifo un certo piacere, come ha fatto à uno
adulatore, il quale è certamente una dannofifljs: ma fiera, fiC una grandifljma
calamità : non di meno la natura ha mefcolato con quefta adulai tione un non
foche di piacere non al tutto da fprezare . Oltra di quefto farà alcuno, che
biafi:s mera le meretrici, come cofa noceuole^fiC altri fimili animali, ò uero
fi fatti ftudi, quali foglio:? no al prefente deiettarci, douc 1 amante non fo^
lamente è noceuole^ma anchora nel praticarlo c moleftifTimo • Per ciò che tu
fai , che il prouerbio antico è. Che li pari facilmente con li pari s*a^
nifconorper ciò che la ugualità dei tempo, della età di due(con ciòfiache per
lalomiglian za de gli anni conduca gh huomini à delet^ tarfi de i medefimi
piacerijpartorifce facilmente 1 amicitia.Ma ne gli amanti la età non pure non
genera amicitia.ma arreca un faftidio troppo grande : per che la neceflìtà in
ogni cofa à cia^ . fcuno è mole{la,la quale più che ogni altra cofa è in uno
amante uerfo T amato, accompagnata dalla difTomiglianza de gli anni , Et che
fia il uc ro,tu fai, che amando una perfona attempata qualche giouane,mai ne il
dì, ne la notte per fc ftcffo da Uh partir fi uorrebbe,ma è coftretto dal la
necefljtà.à; dalla pafFionc amorofa^tt è fcm^prc dalle carcze de i piaceri
allctfato.lc quali nel ucdcre, l'amato gufta , ft pruoua nell' udirlo, ne!
toccarlo. fiC in fomma nel goderlo con qual fi uogli fciitimento : tale che con
grandifTimo fuo piacere fempre fi ftudia compiacergli. Ma r amato da qual forte
di piacere, ò da qual follai zo potrà effer trattenuto, che in ogni modo egli
non fu da grandilTima molcftia oppreiTo.^ Eflcn do fempre sforzato mirare una
feccia d' un huos ino di tempo,flCbrutto.<5C molte altre cofe.che Don folo à
colui fono molcfte.à chi elle intera ncngono,maanchoraà chi l'ode.tiouatc folo
per una certa neceflità.che ha l'amante di farfi r amato bèneuolo : flC qucfto
è l'effer fempre disf lìgentemcnte guardato quanti pafll faccia, l'udì re ogn'
hora quelle faftidiofe lodi.tt quelle ima portune riprcnfioni, delle quali
fempre gl'aman* ti abbondano, flC con le quali ogni giorno li ma ' Iettano : le
quali cofe accafcandoà uno, che fia padron di fe.fono però intollerabili : ma à
uno, the è fuor di fe,come uno amante, non folo fos no intollerabili .ma
anchora per la troppa licerla tia,chefj pigliano di dire apertamente quel, che-
gli' pare, fono brutttffime. Oltra di quefto men» tre che uno ama, è fempre
dannofo.flC importa* no : ina quando poi ha l'aujor fine.diuenta perI auuenirc
contra dj quello poco fedele, quale . ,.con molti giuramenti, flc preghi, &
promcflc ^ pena potè condurre. che egli dalla fpeme di pre
mioàciòperfuafo.fidifponcflj à Apportare la moIeftafuaamicitia.Ai fine
quandòpur glie concelTo ritornare in fe.fi rifolucà pigliare un nuouo
padrone,ac ubidire ad altro fignore : £C cofi in uece dell'amore.a: della
pazia.feguita lo intcllctto.a la ragione.* la temperanza ; onde ùtto un
altro,cerca fempre dall' amato fuggire, <f afcondcrfi. All'hora l'amato ricordandofi
del* le cofc die tra loro fi fono dette flC fatte, de i dati beneficii la
mercede domanda, penfando che la mate habbia feco à ufar le mcdefime parole,chc
prima ufaua . Ma l'uno per la ucrgogna non ar* difce confe/Tare d'elTer
mutato,ne fa tronarc in ' che modo egli fodis6cci alli giuramenti, A pro:^
mefle,che mentre fotto la crudel fignoria d'amo refi ffouaua.inconfideratamenfc
fece : « teme, «flendo già diuentato temperato. & nhidictc alli ragione,
facendo le medefime cofe che prima.di non diuétare il medefimo.che dianzi era.
£t di qui nafce.che colui. che poco fa. amaua, bora ua da fuggcndo.ac fchifando
l'amato.ft mutatofi di fantafu.fi allontani da lui.come fe un di coloro |u|fc,a
cui il gittato uafo fw cafcato à contrailo. tome ben fai.clic nel giuoco
infcrutène, elici noftri fanciulli foglion fare. L altro all'incontro è
sforzato à feguifare T amante. flC parendogli pur mal ageuclc cfler lafciato/j
uolta al fine alle ma* le parole. Ne ciò gli accade contra ragione.per ciò che
nel principio quefto tale no fapeuaquan tomai fi conuenifle, ce quanto poco
lecito.» honefto fufTe à un'amante far cofa grata. quale è di neceffità fuor di
mente.» quanto ben fatto fu (Te compiacere à un'huomo dall'amor libero, che
fuor di fe non fi ritrouaffe . Ne tonofccns dofimilmente.che fidandofi di
un'amante .G fida d'un huomo fttano.inuidiofo, moleflo, dannofo.a inutile,
prima alla roba. «poi ai corpo.ma molto più noceuole alla fcientia del* ■
l'aoimo.della quale nefTuna cofa è certamente . pia oenerabile a appreffo Dio,»
apprelTo gii huomini. Qucfte cofe adunque douiamo fans ciullo mio
confiderare.CC oltra di quefto fi ha da luuertirc.chc l'aroicitia d' uno amante
da bene» uolcntia alcuna non nafce, ma da una certa aui» diùdi faturfi.comc gli
a ffamati : & però ben diffe colui in quelli uet6, fe^omeillupo l'agnello.
Cefi un giouin l' amante ardendo brama. Qiiefte fono ò Fedro quelle cofc.che io
h Uf ua promcffo narrarti : flC però non uoglio pa bora dire altro, ma farò
fine al mio ragionamens: to,anchòra che io penfaua d efTer folamcff giun
toalmezodcl mio parlare, flC ci reflaffe à dire altrettanto di quelle, che non
ama,&piouarc che più torto fi haiièffi ad ubbidire i un tale: oltra di
quefto penfaua hauere i raccontare di quanti beni, flC di quante utilità uno,
che non ama,fia ripieno, F E D, Perche adunque fi reftii' SOCR. Non hai tu
confiderato,chc io non fo più quei uerfi Ditirambi, che dianzi m'ufciuano di
bocca,quantuque il mio ragiona:? meto fin qui fia flato nel uituperarei* Hoia
le io feguitado uolefli lodare quel, che n6ama,quan tohobiafimato l'amante, che
penfi turche io dice/Iìf' Non ti accorgi tu, che io fono aiutato,, flC ripieno
di fpirito dalle Ninfe di quefto iuos^ go,fiCper tuagratia,fiC per aiuto diurno
l'Per la qualcofaio concluderò breuemente,che tanti beni fono in quello, che
non ama, quanti mali ti ho moftrato truouarfi in un'amante ; ft però iion ci
bifogna far più lungo ragionamento, ha:? uendo già dell' uno, fiC deiTaltrò a
bailaiiza ra^ gionato. Et pare à me, che la noftra fauola hab^ bla hauto quel
fine, che era conuenientc & pcs^ " ròpaffando d fiunic^mi uoglio
partire, prima D i i i the fu mi %(orz\ atìirc quatcKc altra cofa piuvfm
portante , F E D • Non ti partire anchora So^ crate, prima che il caldo non fe
ne uada:n6 uedi tu,chehoraè à punto il mezo giorno, nel qual tempo è il caldo
grandiflimoi^ Et peròafpettani: <Joqui^ 6C ragionando infieme delle cofe,
che habbiamo dette, come prima il caldo farà mcinrs cato, ci partiremo. SOCR.
Certamente Fe^ dro, che nelle tue parole tu (ci diuino,fiC uerais mente
mirabile : flC però io penfo certo^che dcU JeOrationi.qualialtuoìtempo
fonoftafe fatte, nefTuno ne habbia dato più cagione, che tu,flC neiTuno altro à
più Thabbi potuto pcrfuadere.ò aero conletue efoifationii quello conducenrs
|Cloli,ò uero in qualche altro modo sforzandoli • Et certamente m
quefto(cauatonc SimiaTebac no)tu auanzi tutti gli altrirJC bora 'fecondo me) tu
folo fei (lato cagione, che io habbia à dire di nuouo,non fo checofe,che nella
mente mi fo^ no fopraggiunte. Il che facendo tu, pollo dire, che tu mi facci
una guerra. FED, Etinche modo ti fo io guerra flC che cofe fon quefte.chc tu mi
uuoi.dire^ SOCR. In quel, che io uo leua paffare il fiume, quel mio fpìnto
fohto,chc tu faì,paiuc che mi faccffe lufato cenno : il che ogni uol tacche mi
accade^ nò è uietato fare quel lo.cJic fogia farpeniaua,Quindi mi paruc udi:^
re una uocejaquafe mi liietana il partire. prima che io non lùuefTe placato gli
dei,cofl:ie fe con^: fradiIoroIiaueflìconiiiìe(To qualche errore. Io adunque
fono fcnzadubiohoggi indouino,fiC flC fe io non fono cofi de buoni, fono al
meno di forte^che forfè à me farà affai, come battano, anchora le poche lettere
a coloro, che male le hanno apprefe , Lt però Fedro mio, hormai ip chiammente
concfco il mio fallo : per ciò che c ,mi pare hauer neiranimo un no fo che, che
mi indouini r erfor,che,^ ho fatto . Et quefta cofa dianzi,mentre che
ioragionaua,mi turbò tnt^ to : per il che io cominciai in un certo modo à
temere di non acquiftarmi gloria apprefFo gli huomini del mcndo^all'hora che io
contra gli iddìi grauemente erraua ( fecondo che già dilTe Ibico nella fua
opera )flc bora al fine conofco, come t'ho detto T error mjp. f £ D , Qnale er^
rorc è quefto/ S O C R, Ò Fedro.un trillo ra:^ gionamento.un tritio
ragionamento edro hai hoggi mcfTo in carapo.fic sforzatomi i ragiona|C ne. FED.
In che modqj' S O C R. E (lata cofa ftoIta.dC empia, della quale che fi può
egli più tpfto.a: noccuolc ritrouarcs' FED. N is cnte.fc tu dici iJ uero. SOCR.
Ohimè, non fai tu quel, che fia amore i Non è egli fi^ gliuolodi Venerei Non
penfi tu,che^gli fu uno iddio 1^ F ED. Cofi fi tiene per certo. S O C R . Et
non di meno Lifia non ha detto .quefto^nc manco il tuo ragionamento, il quale
non io, ma tu hai fatto : per ciò che tu me T hai à forza canato di bocca, come
per incanto, Hora fc [amore è Dio, come e certamente, ò uero qual che cofa
diuina.non può efler cattiuo,& non di meno noi habbiamo parlato di lui,
come fe fuÉ: fe cattiuo. In quefta cofa adunque habbiamo peccato contra amore.
Et certamente quefte no ftre qùeflioni fono moho fuor di propofito,an^ chora
che forfè paiano piaceuoli : le quali non ritenendo in fe cofa alcuna di
fincero,ò di uero, nondi meno fc per cafo faranno approuate da qualche
huomiciuolo di poco fapere, quelli, che le fanno, fe ne gloriano, come fe
fulTero di granrs de importanza. Hcraàme fa di bifcgno per quefto errore,
placare gli iddii : & hai da fapere^ che a quelli, che nel ragionare, ò
nello fcriuerc errano,è ordinato un certo modo di placare gli iddii antico, il quale
Homeronon feppe cono^ fcert.mafi bene Steficoro : per ciò che efTendo (lato
priuato de gli occhi, per che haueua uituis perata Helena, conobbe come huomo
amico del le Mufe.pfrqual cagione cieco fu/Te diuentafo, il che non fece Homero
; per il che fubito fece quei uerfi,>^Non fu uer quel parlarne in l'alfe
naui Fuggendo, andafle alle troiane mura. Et cofi fatto un'altro poema di nuouo
al conai trario di quello, che prima comporto haueua,fu bitoglifurendutoil
uedere.Ma io in quefto farò più fauio d'ambe due loro, per ciò che in^ ^ nanzi
che male alcuno mi interuenga per il hh fimo, che all'amore ho dato, mi
sforzerò dire il contrario di quello, che tu hai udito r il che fa^ ' cendo mi
uogli fcoprire il capo, flC non uoglio tenerlo per uergogna afcofo,come ho fatto
nel mio primo ragionamento. F E D. Tu non mi puoi fare ò Socrate il maggior
piacer di ques fto. SOCR. Telcredo,perchetu tidebbi ricordare con quanta poca
uergogna habbiamo letto quelle cofe.che il libretto di Lifu contess
"^Tieua,fiC quanto anchora fciocchamente io hab^ bia ragionato di amore.
Per che fe qualche huo mo di generofo animo, modello, che al pre:s fente ama(Te
qualche fuo uguale, ò uero per lo addietro l'hauede amato, ci haueffe fentito
dire, che gli amanti fanno per Iteui cagioni nafcerc grandiiTime nimicitie^flc
che fono huomini in^ niàìofi^a noccuolia gli amati, certo clic egli harebbc
pcnfato udire tanti huomini auuezi fo Io,flCalIeuati dentro alle naui,liquali
nonco:s nobbero mai un uero,fiC gentile ancore : CC unaperfonafauia non ci concederà
in modo alcuno, che quelle cofe fieno Licre, che in biafmio d'sts: more
habbiamo ritrouate . F E D . Certo che ,io crcdo^chc tu dicail ueio per mia fe.
S O C R. Et però temendo, che qualche huomo cofi fat^i lo, non rhabbia à
fapcre, fichauendo anchorz paura d' amore, defidero lauare^fli nettarela mea
tc.ÓL le orecchie noftrc di quello amaro, flC no^, ceuole ragionamento, cbe
habbiamo fatto, con qualche altro più foaue parlare, & al gufto no:2 ^ftro
più giocondo. Lo fo anchora pergiouare à lifia,perfuadèdogli che cglifubito
debbia fcri:^ ucre.che più toftofi habbia da fodisfarc à unoamante,che à uno
che non ama, quando l'amor re è tra li fimili. F E D . Sappi certo, che egli lo
farà , per ciò che dipoi che ti barò fenti to lo;: .dare l'amante, farà necefrario,che
io lo sforzi à criuereanch egliii medefimo. S O C So certo, che ti uerrà 6tto
fin che durerai dVfferc co mefei alprefente, F E D. Hor dì adunque arditamente.
S O C R. Hor fu ; douc è egli quel fanciullo, col quale dianzi ragionaua,ac:s
ito clic egh oofi ancìiora cfue^o mio nuouo pire lare, che fe forfè non
infendelTe altro cIa me^ cercarcbbe anch' egli lemerariamente fare pia:: éere
a.chi non Tama, F E D. QLieftofaticiulis lohauendotelo finto,tì è
femprcappreflo : gni uolti^che louuoif SOGR. Fa aduns: quc conto fanciullo mio
gentilesche il mio pr^ mo ragionamento Cu flato detto dà Fedro Mirjs
rinefe,figh(ioIo di Pitoclc,ÒC queflo che hora di ro^da Steficoro.figkuolo di
Eufemio,fauomo degno d' eiTere daciaiciino amato .il qual ragio namcnto in quefto
modo cominceifemo. Q^V E L ragionamento non è uero,ìneI ^uale fi è detto, che
per edere l'anì^inte pieno di fiiWc^À quello, che non ama da tal furore lifae^s
ro,fi debba mjggriormente fare cofa grata m pri feotia d^i un'amante, à chi non
ama, che per iì contrario : per ciò che fe fuflè in tutto uero^che il
furoretuifecattiuo,haremo per certo ragioncj» uolmente parlato. Ma io ti uoglio
dife,,ch^mol tì.ac grandiffimi beni ci intcraengonoper mcjs zo del furore,
concefTo certamente folo iptxbt^ neficiodiuino.Etchcfia il uero^ucdiche pri-?
ma quella Sacerdote, che in Delfo predice il futuro, fiC qudla altra apprefTo
Gioae Dodosc nco . fono cefliflimamente ripiène di furóre^non di meno hanno
Tempre date molte, C( gran diflimc commodità i gli huomini di Grecia flC
priuataniente,flf publicamcnte: ma mentre che da tal furore fon libererei fanno
o poco, ouero nefTuno giouamento. Et fc io uoleflì horara^s gionare delle
Sibille, &dituttiquegli altri^chc hanno per uirtù diuina indouinato il
futuro, flC feiotiuolefli dire cjuanfo eglino predicendo molte cofe da
uenirc,habbino giouafo, troppo farei nel mio parlare lungo, ol tra che io direi
co fa chiara à ciafcuno. Non di meno par cofagiu^ (la dimofl:rare,che li noftri
antichi, li quali pos: fcròi nomi alle cofc.uiddero.fif conobbero, che il
furore non era cofa brutta, o uituperofa.che fc gli haue(Tero altrimenti
penfato,non harebbo:^ ^ noqucfta arte perfettiflima^con la quale il fu:s turo
fi conofce, chiamata ^àyiKHv » che tanto uuol dire, quanto furore diurno : per
eie che il furore uiene à gli huomini peruolontà diuina, & pero parendo k
coftoro,chc fufle come è quers. fto furore, un gran bene,à quefta fi honcfta
arte uolfero mettere un fi honorato norhe . Ma hogs gi quefti pia moderni
interponendo i quella uoce un poco confideratamentc hanno qn erto furore
chiamato fuy-v7JH«f , che uuot ^ire arte di ifadouinare.d: non furore. Et hai
da fapcrc,chc il modo dello indoufnarc il /ufuro^' che hanno gli huomini priui
di quel furore dis aino,pcr uiadegh* uccelh^flf delle conietturc, parendo à
efli,chc procedere da difcorfo huma^ nojl domandarono oÌovohsìkh : ma quelli,
che fon uenuti dipoi, mutando Io piccolo nel Io6)grande,]' hanno con più
honefta uocc chiamato oiqvisihm • Et pero quanto è più perfetto,a: più nobile
lo indouinare per uirtù dinina,chc per coieffure,flC per uccelli, tt qiun fo il
nome diuino,chc è /xocvmK? , c più de^ gnocheThumano^cheè fMy^Kug, ftpiuun
opera, che l'altra perfetta, tanto i noftri antichi hanno detto, che il furore,
che uiene dal ciclopc più degno, che la prudentia^flC l'arte humana. Tu debhi
purfapere,che già per riparare alle grandi infirmiti. che ueniuano,flC per
liberarci da qualche auuerfità troppo grande, che alle uolte per gli antichi
errori li popoli minacciai uano,ueniua à una certaforted'huominique^ (lo furore
diuino non fo donde. Et da quellconfigliati,queirimedii ritrouauano,che erano
alla falute loro neceffarii^facendoli quel furore ricorrere alli uoti.&
alli preghi, al raccoman^ darfi à Dio : per quefla uia impetrando mife^ f icordia/i
rendeuano da ogni infirmità.dCpe^ rìccio fahii CT per quel te nripo,*
pcrquc1To,chc haueua da uenifc : K cofi acquiftauano.fiC rice:^
iieuancpfrmczodi qucfto furore dal' cielo la sflblutione del II errori loro,
pur che di furore de gno,&: buono fuffeflo ripieni. Il terzo furore è
quello,che uien? dalie Mufe, il quale rapifcc .J'i^nima altrui, anchor dafimile
forza non più of fefa,a cefi la fjfiieglia.flC k infpira. Per il che è per uu
di cantico facccdo qualche t^pbile poe fia, ornando con Ufuoi numeri, fiffcriucndouirs
finiti ùtti òc gli antichi, per tal uiainfegnaà colorii, che dopo Ihì uerranno.
#Jf quello, che fenzail furc^l■ delle Muk ha ardire di accoftarfi pure alla
porta delb poefia,fidajndofi per quaU che fuaingfgnofà arte haiieicà diuentar
buoi^ poeta^ti d'jco,che qiicfto tale 4 fine farà tenu:^ to fciocco: a lapoefia
di un'hUdmoda que:s furore hbero , «i^fce finalmente uana , fit, fenza fugo
alcuno, i couipararione d/ quella^ che da un' huorao funofo è ritruouata .
Tut:^ quefli , a molti altri' nobilj/Timi effetti del. furor djuifìo tipofloio
raccontare: per la qual cofà noi non hsbbiamo hoimai più da temersi rè ua
furiofo.Ne aTgomento-^ò neramente ra:?- gioac alQU<w.CJllM da
fpau.Gntarc^moftrandoci clìepiu foflo fi Iiabbfa ad eleggere un'amico prudente,
& fano,che uno incitato, flC furiofo*. Ma lafciamo andare quefto.jMoftiimi
coIlui,fc può, flC in quefto uincami, che i' ancore non fia da Dio (lato
truouato per utilità dell' aman^s le.flC dell'amato. Doae io hora per il
contrae rìogli uog!iomoflTare,chequcflo tal furore e flato dato da Dio à gli
huomini per una gran^ difllma (cìicità.LsL qual mia dimoflratione à quelli,
chehtigiofi fono, & che ogni cofa tropss po minutamente uogliono' fapere,tt
che ogni cofa uituperano,fiCà ogni cofa appongofièf.fàà rà forfè incredibile :
ma afii faui farà il con^ frario. Ma prima che à quefto ucnga,ci fa di
bifogno,confiderando bene le operationi,fiC gli affetti dell'anima humana, fiC
diuina, troitare la uerità di quello, che intorno à lei fi può ra^ gionare,flC
difputarc. Sari adunque il princi:? pio di queda mia dimoftratione cofi fatto.
OGNI anima c immortale, per ciò che quella cofa, che fcmpre da fe fi
muoue^queU. la douiamo direefTere immortale : ma quella co^ fa,che altri
muouc,tì: da altro è mofra,con ciò fia che ilfuomoto fia terminato, ha anchora
il termine, 6: il fine della fua uita. Et pe:sr rò folamente quella cofa^ che
fe (leda muoue/ per ciò che mai non fi abbanclona.nonfi rcfta mai di
muouere^anzi quella e fonte, ££ principi pio del moto di tutte le altre
cofe.che fi muos: iiono.Ettufai,cheil principio è fenzanakis: mento alcuno ;
per ciò che egli è neceffario, che tutte le cofe^che fi generano, nafchino da
un principio, flC quel pnncipio non ha altro prin^s cipio : per ciò che sci
principio nafceffe da qual che altra cofa, non potrebbe gii nafceredaun
principio, cfTendo il principio egli • Ma cfTendo il principio fenza
nafcimento.è necffTario che ;inchorafia fenza mancamento, o fine alcuno; per
ciò che fe il principio mancaffe,© morilTc^ non potrebbe più ne egli nafcere da
un'altro,, tie un'altro rifufcitare da lui, con ciò fia che fu neceffario, che
tutte le cofe nafchino da un pria cipio. Se adunque il principio è un moto,chc
inuoue fe ftefro,queflo principio non può ne mancarcene nafcere da un'altro*
& fe altrimenti fuffe, farebbe neceffario, che tutto il cielo man:s caffè,
a fi diftruggeffe,flC ogni altra cofa creata» ^oltra di quello non fi potrebbe
mai fapere on^ de quefte cofe nafchino, & da chi fieno moffe^ Adunque
effendo chiaro, che quella cpfa^che fc flefla muoue^è immortale, non harà da
temere di due il falfo.chi affermerà che la fuftantia del l'anima è cofi
fatta;Ia ragione è quefi:a,chc ogiiìi corpo, che ha il nìoto da altri ,è corpo
inanima:^ to. Ma quel corpo, che ha il moto in fe ileffo^ . & per (e fi
miioue, quello è animato : fimilc» adunque puoi penfare,che fia la natura
dell'ara nima . Et però (e gli è uero.che altra cofa non fi truoui,che in fe
fle/Tafi muoua, fuor che Tanis: ma,di neceflìta ne fegue, che I anima Tia fenzi
principio, fiC immortale. Dell' immortahtà dela l'anima habbiamo detto affai .
Voglio bora u:: gionare della fua ideà;ò aero della fua forma,» ìmagine in
quefta guifa . Se io uolefli narrarti tutte le Tue qnalità,CJ
particularità,bifognareb:à becheio (i\([ì un'huomo diuino, fiC poi farei troppo
lungo. Ma può bene un'huomo motà tale,comcfonio,defcriuere una certa fimilitua
dine,flC figura di quefta anima, flC quella porre dauanti à gli occhi ; & à
far quefto,fari cofa pia breue,che à entrare nelle altre diffic ulta, che nel
ragionar di lei fi ritruouano. Et però diremo per bora cofi, Facciamola per
quefta uolta fimi^i le à un carro alato, che habbia il fuo rettore : la qua!
figura ci è affai nota, flf (a intendiamo be:s nifijmo. Hai adunque
dafapere.che tutti li cast :Ualh\flC li rettori de i carri de^li iddii fon buo^
ni,tt nati df buoni •De gli altri^che non fona fddii, parte fono buoni, &
parte non . Primierajf. mente colui, che dell'anima. della mente norx j ftra
tiene il gouerno, raffrena, guida, flf corrfg:^ geli duecaualli,cbe il carro
noftro tirano con . le briglie in mano.Oltra diquefl:o,un di quefti duecaualliè
buono.fiC bello,flC nato di ftmilfó Taltro è il contrario, & nato di
contrarii. Per ii che accade, che quefta noftra moderatione,flf reggimento di
caualli fia di ncceflifà difficile • Horamiuoglio sforzare moftrarti
breuementc. perqual cagione fia detto un'animale mortale, 6: uno immortale ,
Ogni anima ha cura di tuts?: i to il corpo inanimato, flc difcorre per tutto il
cielo bora pigliando una forma, bora un' aU fra ; fiC mentre che ella è anchora
perfetta, « riaij tiene le fue ale intere inalza in alto,fiC gouer:P na air
bora tutto il mondo. Ma quella anima, alla quale fieno per qualche cafo, come
ti dirò^ cafcatc le 3lc,rouiDa al bado, ne mai fi ferma, fin che non fi intoppi
in qualche corpo fohdo,clic la ritenga. Quando poi quella anima ha trouas^ to
doue habitare,* ha per fua ftanza prefo qual che corpo (errenp ( il qual corpo
fabitp che ha, in fe quefta anima, par che comincia à muo^^ ucrfi,macpera lapotentia
della anima, che lomuoue} muoue) ali 'bora tatto qucfto fi chiama ani? male :
& qucfta anima unita infieme con un cor po terreno ( come ho detto ) U
un'animale.il quale fi domanda mortale. Ma il corpo immorj: tale fi conofce non
per ragione alcuna per ora' didifcorfo ritruouafa.ma quel, che fi dices'd
fingono gli huomini da fe ftefli ; perciò che quefto corpo non lo habbiamo mai
ueduto. ne à baftanza ci è maj flato dato ad intendere, Ids dio adunque è un
certo animale immortale il quale fenzadubioha ranima.flcfimilmentc il
corpo,flCquefte due cole fono liate per natura in fempiterno infieme congiunte.
Ma queflc cofé bifogna dire che fieno, come piace i Id* dio, a ragionandone, à
lui bifogna' riferirfcne. Hora ci rcfta à dire per qual cagione le ale caa
(chino all'anima. Tu ha» da fapere,che la nas tura.ef il proprio delle ale di
quefta anima.é il- leuare il graue in alto uerfo quella parte del'cics lo, la
doue habilano gli iddiU Sappi anchos ra, che di tutte le cofe.chc in un corpo
fi nst truouano, ranima,piu d'ogni altra cofa.della diurna cognitione è
participe. Qiiefta diuinità tengo io che fi pofli dire, che fia cofa bella.iaa
uia, bHona,flC ciò che i tali cofe c fimilc.Da quc* (lo adunque prindpaimclìfc
fc ale dell'anima fono nutrite,* per quefto più che per altro crc:s fcono,flC
mchora per le cofe brutte, flC trifte>ac per le altre à quelle'contrarie,
che di fopra ti ho dette, mancano, fl£ uengono à niente. Oltra di quefto hai da
intendere, che in cielo è un gran Principe^il quale fi chiama Gioue . Coftui
pd^ mo à tutti gli altri, guida con uelocità un fuo carro alato, ornando, fiC
affettando ciafcuna cofa,. ce con fomma diHgentia al tutto procurandoé Dopo
coftui feguita lefercito de gli altri iddiì^ femidei,fiC fpiriti diuini,
diuifo, flC ordinato in undici parti, 6C folamènte nella cafa de gli iddii f
cfta la Dea Vefta . Ma gli altri iddii ( dico fola^ mente quelli, li quali fono
poftì nel numero de j dodici ) fe ne uanno ordinatamente, fecondò che fono
difpofti,& ordinati . Et hai da fapere^ che dentro al cielo fono molti
fpettacoli,fiC mol ti uiaggi,difcorrendo Intorno fi fanno diuinifTì^ mi,&
beatifTjmi : alli quali i beati iddii femprc ftanno intenti, & ciafcuno fa
quello ufficiosa! quale è fl:ato pofto,CC che gli fi conuiene.fiC cofi ua
feguitando ciafcuno iddio fempre potendo ugualmente,* uolendo : per ciò che dal
diuin choro è femprc ogni inuidia,* ogni maleuolen tia lontana, Quando poi fe
ne uanno al celeftc cofluifo, ce à guflarc le diuinc uiuande, all'ho:: ra
inalzate, & già in alfo afcendendo^caminano per la circunfèrentiade i
cieli. Li carri delli do5 dici iddìi bene accónci, flC aflettati, con le
briglie de i caualli uguali, flf parimente da ogni banda pefando, fàcilmente
caminano. Ma gli altri carri che cofì no fi truouano.à fatica fi poflono muo
uere : per cicche quel caualio trifto è dalli uitii aggrauato,6C cofi uerfo la
terra fi p^^ga, & feco il carro, & il rettore à forza tira.fiC quefto à
quelsj li rettori interuiene,che j1 caualio non buono, hanno troppo
ingraflato,fiC alThora patifcono le anime una fatica eftrema^fic fono in un
graridifs fimo combattimento . Per ciò che quelle anime; che fon chiamate
immortali, ciò è quelle, che no fono dal trifto caualio sforzate, quando
allafom miti giunte fono,allontanatefi dalle altre, fi fer mano nel dorfo del
cielo, fiC quiui pofatc,fono dalla circunferentia attorno rotate : ft quefte
fos: no quelle anime, che ueggono quelle cofe,chc fuor del cielo fono pofte, Et
quel diuino luogo (opra tutti li cieli non è anchorada alcuno dei noftri Poeti
flato fin qui lodato: ne alcuno fi tro uerà,che mai quanta egli menta, lodar lo
pofla. Quefto luogo è fatto in un tal modc(& mi met^: to i dire quefto ;
per che parlando della uerità, pofTo tiene hiuctt ardire di dire il acro ) è
adun que fcnza colore, fenza figtira alcuna. non fi può toccare.è una cfTcntia
; la quale fola fi può dire.chc ucramcntc fiaft qucfta effentia fola» mente li
Icrue dello intelletto, guida, flf gouer^ Inadore dell'anima, il quale
intelletto femprc fta in continoua contemplatione del (omwo bello^Etla uera
fcientia, flCil perfetto fapere altro luogo non ha, che quello, che c pofto
ins: torno i quefta effentia ucra,£c nella fuacognfc ttònc. Come adunque il
penficro^a: la contems plationc diuina è poftafolo intornò i un'ina
tellettopuro,fiCà una fcicntia immaculata, cefi il penfiero, flc la
contemplatione d'ogni ani^: ' ìna,che habbia i pigliare che corpo, ò forma fi
uoglia ( pur che à lei fia conuenientc ) rifguarp dando per qualche tempo in
quella efienfia, che io dico, che fola fi può dire che fia contea!? ta della
contemplatione della uerità,di quella fi nutrifcc,a: di quella fi con tenta,
fin che un'aia: tra uolta la circa nfercntia aggirandola, non la ritorni in
quclmedefimo luogo.Et in quefto fuo aggiramento uede la giuftitia, con tempia
la temperanza, fcorgc la fciehtia, K non uedc (jueftc uirlù come
generate/flCpoftein uno,ò^in un'alfrc (Ti comé potiamo dire ) che fiend quelle.
che noi qua giù confiderandaci paio^ nouirtù,ft cofi le chiamiamo, ma uede
quella iiera fcientia, che è in colui, che folamcntcfi può dire che
fia.-flCinquefto medefimo mo:s do ucde, flC contempla tutte le altre uirtù,chc
fono uirtù ueranente. Quindi di quefti cibi nutrita, a fatia. ritornando di
nuouo dentro al cielo, fc ne ritorna à cafa, dalla quale dianzi fi parti : flC
dipoi che è ritornata, il Rettore mets: fendo li cauallr nella ftalla à
ripofarc.gli da :per cibo T Ambrofia. (JC gli fa bere il Nettati :rc,fif quefta
è la uità de gli iddii/te altre ani^ .-jne poi, alcuna che dirittamente ha gli
iddìi feguitato,6tta che è à lorofimile, fa tanto, che :4inchora ella inalza il
capo del fuo Rettore à ^uedere quel bellifllmo luogo, che iotihodet^: oefTer
fopra li cieli rftcofi ancho ellainfies» me con gli iddii è dalla
circunferentia de i cicjs li aggirata, a portata, ma à T ultimo dalli cauals:
li e trafportata fuor della uia : talmente che à grandiflìma fatica può mirare
quelle cofe, che in quelli Iuoghj,di uentà piene fi ritruouais no* Alcuna altra
anima hora il capo del Ret^ Jore in alto leua^tt hora la abbafTa : onde daU £
ini Ifcaiialli sforzata, parfe ucde quel bcne,flf parte non . Et le altre anime
tutte ugualmente defiderando ftar di fopra.feguitano quefte tutte ins , fj
fiemc confufamente: a non potendo in alto le:: I uarfi,premendofi tra loro,
fono à torno portate: ! fCcalcandofi^ficrunaialtra fpingendo,ft ciafcu i :na
quanto più può di pafTare innanzi sfor7an5; dofi, fanno tra loro grandiffima
contefa :.onde j ne nafce un romore,un. combattimento, una fafica grandiffjma:
nella qual con(éfa,per uitio, ce difetto de i rettori, molte fi azoppano, molte
delle altre rompono le penne delle ale,a al fin tutte dopo un;i lunga, flC gran
fatica, fen za p 0:5 ter pur uedcre quella effentia diuina.che io di:^ , co,
che è ueramente,fi partono, flC dopo quefta lor partita fi pafcono folo
d'opinione, non potendo quel fommo bene per altra uia conofcerc: a ciafcuna fi
sforza, quanto può, di poter haue:5 re quefto cibo,defiderando conofcere doue
fia il bel campo della uerità. Per ciò che di quefto prato la natura dell'anima
per fe fteffa ottima, xaua conucniente cibo,Cf di quefto fi nutrifcc la natura
delle ale,con le quali in alto fi leua^ La potentia diuina poi ( la qual non
può in al:^ <un modo fallire ) tiene quefta regola, che cia:^ felina animaja
quale mentre che gli iddii ac:$compagnaua.C6mpagnaua,puotc ucdèrc qualche
fcintiTIa del la uerità ,quefta tale dico, uuolc che per fin che un'altra uolta
non fia dalla circunferentia aggi^ rata ( come ho detto difopra ) fia fuor del
perb xólo di perder le ale, òdi riceuere danno alcu» no:fiC fe Tempre potefle
girando quella uerità uc •dere,non farebbe mai in parte alcuna offefa,Ma fe non
potendogli iddii Seguitare, non fi fuffc potuta condurre i uedere quel fommo
bene,flC per qualche cafo contrario ripiena d' ebliuione, ce di malignità fuffe
dalli uitii al baffo aggraua:^ ta,flC in queftoabbaffarfi.a deprimcrfi rompete
fi le ale, fiC cefi rouinando in terra cafcafre,al2s rhora la diuina legge
uieta,che quefta tale anb ma la prima uolta, che qua giù à forma alcuna -s
accoda, fi uada ad accompagnare con la natus ra di beftia alcuna fenza ragione,
ma uuolc, che •quella anima, che molte cole fa in cielo habbia uedute^uadaà
trouare lageneratione d'un huo tno,che habbia da effer Filofofo,ò uero defiders
rofo di belleza,ò uero Mufico,ò uero d' un huo modato alle ccfe d'amore.
C^ell'altra, che non ^quanto la prima habbia ueduto, ma nel fecon:5 do luogo fu
pofta, comanda quefta legge, che difcendainuncorpo,chehabbia da effereRc per
legge, fiC ragioneuolmete.ò uero in un bua iao dato alle guerre, flC atto ad
efferc Impera^s <lore,ò Capitano ♦Quelle poi, che nel terzo Iuoj: go fi
fruouano.ordjna che fi mettino jn un huomo.chc habbia da efTere gouernatore
d'una Rcpubhca^òuero in uno, che debba difpenfa^ re,ft diftribuire la robba.ft
hauer cura della fajs miglia, ò in uno,chefia dato al guadagno. Quel
k.chcpiugiu tengono il quarto luogo, fe ne uarino in un huov(}o,Ql}€ hsihbìà da
durar ùth .ca,òaeroin uno, che fi habbia daefercitare in^: torno alla Medicina,
fif alla cura de i corpi .Quel Ic,che più di foltonel quinto luogo fon pofte, é
s'accoftanoà coloro, che debbono fare l'arte di indouinarc,òuero di augurare
per uia di facrb jficii,ò d'altri mifteri, Quelle, che la fefta fede
tengono,defcendono in un'huomo,che hab:s bia da diuentare pQeta,ò ucro in uno
di coloro, che fono nati ad imitare altrui. Quelle, che fono le feftime dalle
prime, uanno;fn uno.che habs biada efTere òartefii^e^ò agricoltore. Le ottauc
in un fofifta,òucro in una perfona plebea.flC iiile. Quelle finalmente, che nel
nono, flfultis: mo luogo fi ritruouano.fc ne uanno a diuentare uno, che debbia
efTer tiranno. Et in tutti quefli •fiati di Ulta qualunque giuftamente
haràmes». -fiato i giorni fuoi.dopo la morte harà miglior forte, clic quelli,
che friftamcnte fono uirtuH: flf quelli, che ingiufti fono flafi,uannOÌ pcg:^
|fóré fl'a(o,che colore), che fono ftafi buòni : pei d'oche non ritoma
Tiinimatn quel medefimo luogo,dcnde prima fi partì. più preflo che ih fpatio di
dieci hhirlia anni .Per ciò che auanti i queftofpatiodifefnponon può
racquiflare le àie, fuor che l'anima di coluj,che uitiendo hà fenzauitio alcuno
atfefo alla Filofofia,òuer«5: mcnfeha amato la helleza^fiC infieme grande^
ifnente defiderafo la fapienfia : per ciò che quei ftefali arfime/enza dubio
alcuno, dipoi che ^treuolte fono paiTate mille anni ( purché efs Icno^ uoglino
dopo la prima morte, tre uolte tornare in quefta uita ) all' bora hauendo rac»
quiftate le ale dopo tre milia anni,al cicl uo^ landò fi partono. MoHé altre
aniine, morte che fono, la prima uolta fono da Iddio gJu^ dicate, a dannate r
ttcofi giudicate, altre an^- dando fh^un'iù'ògo,il qaaTé ne! cèntro dcU la
terra è porta per punit»one delle anime cgitti tiue.quiui patono del fallir
loro meritcnoli pe:» he. Altre pòi dal giudicio dìuino innalzai te, in certo
luogo del cielo forio in quel modo trattate, che fi hannoqnagiu in terra uiucns
do meritato : flf poi tra mille anni qucfte due- forti d'anime, ritornando al
mondo fi eleggono una feconda uita,ec ciafcuna può pigli^rfi queU la forma, che
uuole. Quindi uienc, che l'anima humaha pafTa alla uita d'una beftia^flC dipoi
dunabeftiadiuenta di nuouo huomo,pur che quella anima fia (lata un'altra iiolta
in un'huo mo. Per ciò che quella anima, che non harà mai ucdutaìauerità,òpoco,b
a(rai,non potrà mai pigliare la humana figura : per che bifogna che quello, che
l'huomo mtende, l'intenda per me:s zo delle fpetie delle cofe,che dauanti gli
ii ap:5 prefentano.a quefte fpetie per uia di molte, ÒC uarie cognitioni nella
mente noftra raccolte, fo^ ijoalfine con difcorfo infieme pofte,eCc9m5s prefe.
Et quefta cofa altro non è, che la rimems: branza di quelle cofe,che già Y
anima noftra in C4elouidde,air bora che infieme con iddio era perfetta.-a
quando ella fprezaua quelle cofe,che noi fcioccamente diciamo che fono,riuolta
fola:? mente allcontemplatione di colui, che è uera^ mente . Per la qual cofa
l'anima folo del Filofoss fo meritamente racquifta le ale.per ciòchequan to p-r
un'huomo è poflibile,fempre con la mera móna fi riflringe,flC fi accofta à
quelle cofe^allc quali accoftandofi,(5f riftrfngendofi iddio, è di^ uino» Colui
adunque, che farà quefta confide^, ratione din'ttamenfe,&
ragioneuoImente,flC cefe cherà fempre di nempirfi la mente di qucfti cofi
pcrfet(i,fi£ fanti mifteri, quefto folo diucnterà perfetto. Et cefi diiiifo
dalli ftu di, che fanno gli altri huomini,flf accoftandofi alla diuinità,è th
prcfo,flC morfo dal uolgo,comc fe egli fufle ufci to di fe. Ma egli ripieno,
flC ebbro della contem plationc di Dio, non fi lafcia cònofcere alla mol
titudine. Per quefto adunque ho fatto io qùc^ fto mio ragionamento, il quale è
porto intorno alla quarta forte di furore-peri! qual furore quan do alle uolte
uno di quefti tali nel uederequa giù qualche belleza, fi ricorda di quella
uera, che gii uìde in cielo,rimettc fubito ralc,fiC cofi rimelTe che V ha, fi
sforza,quanto puo,uolando al cielo inalzarfi. Ma non potendo ciò fare^coje me
gli uccelli po(rono,guarda,flC confiderà pur uerfo il cielo, fprezando qucfte
cofe bade «onde ne è biafimato fiC ne riporta uergogna,dicendo:j gli
ciafcuno,che egli è poco fauio,flC ripieno di furore . Per la qual cofa quefta
diuina feparatio:^ • ne dell'anima dal corpo è fopra tutte le altre, che
interuehire ne poffano migliori, Et da ca:^ gioni ottime nata,d: non folo è
gioueuole à chi in tuttolapo(riede,ma à chi qualche poco ne participa. Et
coiui,che di quefto iurore fanto.tt |>uotio è ripiano, con ciò fia clic egli
afmrla bel:? ilcxa.quefìo ueramente fi può dire arhantc. Per ciò che, fi come
ho difbpra detto.ogni anis ma huroana già ha iieduto quelle cofe , che ue^
ramente fono : per ciò che fe non le haueffe uc jàiite, non farebbe difcefa in
quefto animale hu mano: & non, è f^c^le i tutte le anime ricor:i
darfidclfecòfedilàfù.per uedere quelle/cbc qui fono. Et prima lo poflono mal fare
quelle; che per breue fpatto di tempo fù in ciclo gli fu conceffo uederic :
dipoi non è conccfTo anchora ^ quelle, che nel mondo uenendofono fiate ina
felici, ce Ila nno hauto mala fortuna: di modo che corrotte da alcuni coftumi
cattiui.che qui pjgliano/ifccrdano in tutto di molte cofe (st^ gre,©: buone,
nelle quali in cielo erano gii ammacftrate. Perii che poche anime fi ritruor?
uano,che àbaflan2a delle cofe celefti fi ricors dino. Ma quelle poche quando
tal'hora qua giù- fcorgono qualche iomiglianza di quelle cofe^^ che in cielo
gii urdderò, fi ftupifcono, ftquafi cfcono di fe. Et non di meno non fanno don^
de quefto lor mouimcnto proceda ; per ciò che non conofcono in tutto la
uerità.ne a baftanza fe ne ricordano. Ne pct/amonoi fcorgere,menp tKchcqyagiàftiaDoioin
quelle fi^ure,« imaa gini,fplrndòrucro alcuno di giuflitia, di tfmp< ranza ,
fiC delle altre uirtù ,che gl'animi npftji J)<^ norano.flC amano. Ma per
certi inftruirenti,fiC fxìczi imperfetti ofcuri à pena pochiflimi huomini
accoftandofi pure alle imagi ni> di iq^cl le uirtùcelefti,che nel mondo fi
ritruQuano, tifguardanoin qaelle imagini quella forte, di uirtù,che fimile
imagine gli. rapprefej?ta. ali' hora ci era lecitc,<X conceffo uedere una
chi^ riflima^flC pmiflìma belleza, quando con quel beato choro fegiutando noi
quella felice uìGq:» ne, 6: quella fanti/Tjma contemplatione. della quale
dianzi fi ragionai, noi infiemc conGio:^ ut ,& ìt aìttc 2nitrìc inficmecon
qualche altro iddio , fecodo che era ordinato, pQtcmo con teni:^ piare la diuiniti
: flC quando à quelli miftcri,fl£ cofc fagre dauamo opera, li quali potiamo
ragio iicuolmentc dire efTer più di tutti gli altri miftc ri fagri,flC beati,
alli quali all'hora noi poteuamq attendere, quando anchora immaculati. flC nò
of fefi da mille mali efauamo,che poi habbianio in quefto modo prouati.Onde
confiderando all'ho ra quelli celeftì fpcttacoli cafti ,femplici,durabi li^tt
beafi^poteuamo beniflìmoà tal fanto efcr^l tic fcruirc ftado noiin una luce
pura pun^ttfen M machia alcuaa,Iib^ri,&fciolti da c^uedo^chcWtor chiamiamo
<;orpo,il qiul crbifogna ì torno portarci noftro mal grado, efTendo à quello
le:5 gati,6f in quello rinchmfi à guifa d'oftnchej ce quefte cofc non fi fanno,
feno per uia di mc^: nicria,per che noi ci ueniamo à ricordare delle cofe padatecdallaqual
ricordaza hora io fon fpin to : ce efortato perii defiderio) che ho di quelle
xofe.che già ho altre uolteuedute, ti ho fàtto queflo ragionamento, Hora la
belleza( come ti ho detto ) quando già erano le anime in cielo,^ Infieme con
loro caminando rifplcndeua,fiC di poi, chequi fumouenuti.rhahbiamo riconos
fciuta, per ciò che ella chiariffimamente rifplen:? de,& fi moftraà quel
fenfo dellj noftri,che più •di tutii gli altri ha in noi forza, flC quefto é il
feri fo del uedere : per ciò che quello é il più acuto di tutti gl'altri noftri
fenfi^che permezo del tòVpo fon cagionati, col qual corpo, flC con li quali
fenfi non fi può cognofcere.nc uedcria fapientia: per ciò che ella farebbe
nafcere in noi ìun'ardentiffimp amore di po(rcderla,fe un qual
chcfimulachro,òimagine di ki dauanti à gli occhi manjfefìamcnte ci fi pofgefTe:
fiC il medefi mò potiamo dire di tutte l'altre cofe,che fono degne de/Tere
amate. Non dimenolabellezsi fok ha jpiu dellaltre haute quella preminentfa^^
che ella più ;d- ogni altra ci fi fa uederc,& piu che ogni altra cofa ad
amarla ci muoue. Et però colui, che dianzi non atteie à quelli fagri miftc;?
ri, ch'io ti difli,anzi più tofto e, dando qua gm^ corrotto da quefte cofe
bafle^non cofi preftofi inuoue,fiC leua ranimo all' amor di quella bels:
Ieza,anchor che qui uegga una certa fc^iglian za di quella, che da quella
eterna il^ nome pi:^ ghando.pur belleza fi chiama. £t per quello nel uederla
non l'ha in ueneratione,flC non l'ha nora,maà guifa d' una beftia.dato
folamente al piacere, uorrebbe pure à quella belleza acco:5 ftarfi, flC
generare, & produrre figliuoli : fiC cofi importunamente afTaltandola, non
teme punto fargli difpiacere.ne.fi ucrgogna dandofi in prc:? dai quel fuo
difordinato appetito, pafTar gli or^s dini della natura , Ma colui , che alli
detti mifte;^ ri poco fa diede opera, fiC che già in ciclo con^ tempio, molte
cofe degne, flC (ante, quando egli uede un uolto ben fatto,ft di belleza diuina
ot^ nato, il quale perfettamente quella diuina, & uc ra belleza rapprefenta,ò
uero quando contems? pia nò pure il uolto, ma qualche altra parte ben fatta del
corpo, primieramente fi empie dihorrs rore,fiC tofto teme di lui, come fe
fufleunacofa (ckfte già dalui pa altri tempi u^duta: quindi più minutamente
rifguarclandolò come Iddio lifaonora.flC fé egli non temefTc di edere accuiaj«;
to per matto, ti dico che egli non altrimenti aUj l amato fuo
facrifìcarebbe^chc farebbe à una fta^r tua di iddio. Et mentre che egli pure il
contem pla/ifentequcU'hprrore. del quale era pieno, in fudore,fl( in ardore
conuertire, dal quale in brcuc tempo tutto fi truoua occupato. Per ciqr che air
hora,che egli per gli occhi beue quclU bcllcia Cubito tutto dentro fi riicalda
: dal qual caldo la natura delle penne della lua anima é co me matfiata,a dipoi
che egli è bene infuocai^ to,fi intcncnkono quelle parti delle ale,clic
pullular doueuano.ac che dalla dureza riftrctte, metano alle penne il poter
gernpogliare. Qjiianp do poi per gli occhi e ben penetrato il nutrìs; nicnto di
queftc alenali' hora il germoghar delle penne, che prima comincia dalla radice
i ingrof (àfC,ìmpetuo{amente per tutta 1 anima moftrarfi (i sterza per ciò che
Tcinima era già tutta dalle pcnne copcita.fif da quelle io alto foftenuta}
tak^^ in quello tempo ci anima tutta in grao dèiiìmo leiuore^tt uonebbe pure
inaizarii : flC non aitranrti che làccino ifanciuUt. quali allW u che pruni
mcttoiìo i depti^t^no da on certo iociOiC iMfitfi, aiiiciué dà un dolore delie
gicQ gfc moleftatì.cofi l anima iicl meffere le penne tutta fi commuoucflffi
riempie in un tempo dj piacere,» di moleftia. Per il che mentre che eia la uede
un giouane bello, beucndo per gli ocs chi quel piacere, «quel defiderio.chc da
lu|'t uiene,airhora inaflìata.come ho detto, fi rifcalr da,flC all'hora nó fi
duole. ma fi rallegra cifra mo do. Ma quando poi egli s allontana.flC che
quefcl li meati fi rifeccano.per li quali l'ala uoleua ufcir fuon.allliora
andi.fif riftretti.uiefano il gcrmoa gliare delleale : di modo che quefta ala
infieme2i con quello amorofo defiderio, parendogli elTcr dentro rinchiufa,
uolendo pur' "faltar fuori dai (e flcfTa, richiude quei meati.donde ufcìr
po* trcbbe.fif fa che di nuouo ne nafce ali anirra nó poco dolore. Et pe^quéfto
è tutta l'anima da ogni banda oii'efa,fiC grandemente dimoiata,» mal trattata
Ma ricordandofi poi di nuouo del? la ueduta belleza,in quello fi diletta.» di
quel Io folo fi rallegra. Et cofi da ambe due queftc paffioni infiemc
mefcolate.ciò è da quello sfor* zamento.ec impeto di rimettere le ale. &
dalU maraiiiglia della piacciuta belleza è in un fems po moleftata.Onde piena
di anfietà,<urio(à d/» licnfa flCè daqucftofuror in tal modo condotta, che
ne la notfc può dormire, ne il giorno in lue go alcuno fermarfi, ma quinci, 6f
quindi fi ags gira,fiC fi fbatte,mofra pure dal defidcrio di riue dcre quella
bcUeza, la quale di nuououedcn^ tìo,& beuendoquel defiderioamorofo per gli
occhi, CQmc ti ho detto, all' hora di nuouo apre, & ageuola quelle parti
delle fue penne, che prtp ma erano infieme riftrette.fic chiù fé : fiC cefi àh
poiché ella ha cominciato à rifpirare,fiCriha2: uerfi,à poco à poco fi hbera da
quelli ftimoli'i ft da quelli dolori, dalli quali prùr^a era offef^é Tale che
da quefto foaui/Tjmo piacere 6nto è in quei tempo uinta,che mai per fe da
quelli allet^: tamenti non fi partirebbe, ne altra perfona più appreza,chc
l'amato, ma fi fcorda del padre, CC della madre, de i fratelli, fif di tutti
gli amici ' fuoirttfe tal' bora (come interuiene ) manda in quefto amoremale.ft
confuma il fuo,non fe ne cura punto. Oltra di quefto fpreza tutte le
'.amicitie,flC dignità, che haueua fuo padre, delle quali gli fi farebbe tra
gli altri gloriato,^ fole fi contenta di feruire^fiC diefler foggietto àogni
''«olontà dell' amato, pur cbe egli pofTa efferaps: prefTo al fuo fuoco • Per ciò
che non folo honoi^ ra,ficha in ueneratione quefto b^llo,chc tgli ama^ma
anchora Io truoua ottimo medico d' gni fiu grauifTima paflionc. Quefto afFetto
adun qac,2(quefl:o mouimento,b giouane gentile, gìihuomini l'hanno chiamafc
ef^SiDC cioè amore. Et fe io ti dicelTe in che modo quefto amore è chiamato fu
in cielo dalli dei, certamen te,che per cfTer tu giouane, harefli ragione di
ridere. Et che fi^il uero, certi imitatori d' Hos: fnero compofero già due
iierfi fopra quefto amo re.cauati ( come penfo ) dalli fecreti.flC mifteri
diuini,delliquali unoèin uenti affai goffo,flC poco elega n te, flC dicono
cofi, Chiamano amor uolatore i mortali. Li dei alato, per che à forza uola. , ^
A quefti uerfi in ^arte fi può credere, in parte non : ma fia come (ì uoglia,un
tratto quefta^ che io di fopra ho detta, è la aera cagione damo rc,fiC lo
affetto, flC la paffione de gli amanti ; Ci però tutti quelli, che ameranno, h
quali già fe^ guitarono Gioue,po(fono più fauiaméte,fiC più conftanfemente
portare il pefodi quello alato, che io ti ho detto. Ma coloro, che già
honoraro^ no Marte, Ce fu in cielo infieme con lui andoro^ no intorno, poi che
dall' amore allacciati fi truo^ uano,fe mai penfano di riceuere dall' amato in^
giuria alcuna, facilmente corrono à far dei ma^ lc,fi£ à uccidere ; cefi
furiofamente ò fe ftefli, è gTi amati loro priuano uifa/SimìImfnfc eia fcuno
honoraquel roedefimo iddio, col quale già andò in fchicra: flC quello cerca
fcmprc quan to più può, in Ulta fua di imitare, fin che egli non fi lafda da i
uifii corrompere. & in quefto modo mena i giorni della prima fua uita,t3C
cofi fafto a gli amati fuoi^flC à gli altri Tempre fi mos: ftra , Et però
cfaicu nò, fecondo i coltumi fuci.fi elegge à amare uno, che à lui paia bello .
Qujns: di,comc fé quello fufTe il fuo iddio, fe ne labri^ ca una imagine.fiC
quellaorna & fa bella in quel modp,che fe à quclla,flC non ad altro idolo
ha:? uedeà dare honcri,flCà facrificare» Onde co:5 loro.che di GiòUe furono
feguaci ,flf che quello honorarono, cercano d'amare uno . che Simiù mente
habbia T animo giouiale : fiC per quefto / confiderano , prima che l'amino ,
molto bc5: nc,fe quefto tale è atto per naturatila FìIoì: fofia, òueramente al
regnare , alle quali cofe Gioue inclina. Et poi che conofcmto(o,fiC ri:^
truouatolo tale, lo amano, fi sforzano con ogni ftudiodi farlo diuentare fimile
al fuo iddio. Et fe forfè eglino non fapeffero per loro quel, che à gli altri
uogliono inregnare,airhora ol:? tra modo fi sforzano, flC cercano di imparar
fem:5 pre qualche co(à per qualunque uia gli è con:s cef?o : flf coli infiemtf
con gli amati à queftrf coli honcfta.flclodeuole opera fi mettono, (alt che
diligentemente ricercando, fif in fc fteffi inue^ ftjgando la natura di quello
iddiojl quale ad honorarc fono inclinati tanto fanno. che al fu: re pur uengono
a capo di quefto loro honc;^ ftodcfiderio. Etnon'c ciòmarauiglia,per ciò che
eglino fono dall' angore sforzati à dirizarc la mente, ftconfiderare con
intentione gran^ dilTjnia à quel fuo iddio : di modo che pur al fine ricordandofene,
fono fubito di undiuino fpiiito ripieni : il quale fpirito fa, che eglino pt^
.glino coftumi, fif ftudi tali, che in brcuc tem^s pofi fanno participi della
cognitione di Dio, tanto però, quanto à un'huomo è lecito. Et per che di tutte
quefte cofe fanno che ne è cas: gione l'amato, ogni giorno più ardentemente nel
fuo amore fi accendono. Et fe cclloro th ceuono quefta diuinità da Giouc ( come
anchoss ra le Sacerdoti di Baccho,cheda lui di furor fono ripiene )
infondendola tutta ncir animo dell'amante, in breuefpatio di tempo, quanto
poffono.à Gioue lor proprio iddio, fimilifTimo Io rendono. Tutti quelli poi,
che già in cielo feguitarono Giunone, cercano per amato loro un giouane d'animo
regio: ilqual poi che han^ ìfìo frbuato.dfucntano Cmili à *q!iclli\che di fos
prati ho detto.fiC uerfo di quello operano in quel mcdefimo modo» Oltra di
quefto, quelli, che honorano Apollo, ò qualunque altro iddio, ciafcuno il fuo
proprio iddio, imitando, cercano ' tutti un giouanc.che per natura habbi il
medcsi fimoanimq^chc loro : il quale poi che hanno trouato, prima il lor
proprio iddio imitando, poi alli giouani pcrfuadendo,che li medehmo faccino,flC
moderandogli in ogni loro cperatio:? ne, fecondo il lor fine, quanto le forze
loro com portano, di condurlo fi sforzano alla imitatione del proprio loro
iddio, fiC alle loro fimili operai troni «Non portano coftoro alli fuoi giouani
ìnis uidia,òmaleuolentia alcuna, ma con ogniftu^ dio fi sforzano di conformarli
alla loro perfetta Ulta, ùmilmente a quella di quello iddio^ che ambe due
naturalmente honorano . La cura ' adunque, & il fine di quelli, che
ueramente fo5 no amanti ( pur che eglino fi conducano à poÉs federe quel,che io
ti ho detto, che defidcrano ) fenza dubio alcuno altra non è, che qucftachc io
ti ho defcritta . Et è quefto fine per cagion del Tamtete per amor furiofo in
ultimo all'amato lodeuole, 2C feliciflìmo.fe quefto amato farifi^ inamente
prefo d'amore, £t per che tu fappu irCome un amafo fi conofce dallamor uinto.te
Io ;:dirò. In quefto inodo adunque qualunque ama ^(ofarà d'amor prelo,fi
conolceri. Nel prii ci pio di quefta noftr^. fintione diuidemmo ogni anima in
tre parti, flfdimoftrammo li caualli di ;due lorti.ò: cofi ppncmo^fpiDjC due
parti dell'ai fili ma, li Rettore fu poi la terza parte . Quefte me ;defime
cofe ci fa di bifogno cònfiderare al pre:? rfente,Già tu fai, che di quelli
caualli uno ne è buono, flc uno trjrto; ma qual.uirtù habbia quel ivjibuon
cauallo,fi( qual fia la malignità del trifto non Thabbiamo ar)chor detto^flf
però bora deb biamo dirlo. Il caual buono è di perfonapiu ^ j.grande,(Sf più
ben formato, ben compofto,flCà »^artei parte tutto ben fatto, con la tefta
alta, le narici affai bene aperte, come quelle dell' Aqui^ 'la, di color
bianchifTimo.coJi gli occhi negri, . defiderofo folamente di honore, fiC
ripieno di temperantia,fiC di uergcgna, & amiciffimo del { aero; non ha
bifogno di ftimulc^òdifprone al:» ccuno^ma folamente fi regge, fl£ guida con l'
efor .Catione, & con la ragione. L'altro poi è torto, uario,CC malifTimo fatto,
di una oftinata "oglia, }{b col collo bado, ha il modaccio fpàanato,^^
fchiaciato di color fuko,cò gl'occhi brutti,flC di color fanguigno macchiatile
garofo^bcftiale, con le orecchie pelofe OC forde^flf à pena ubedi> fcc alle
battiture, fiCalli ftimoli .Oliando adun^ quc il Rettore uede un uolfo degno
defTer ama to.fiC infiamma tutta I anima del piacere, che ne fente,è fubito da
una certa allegreza commofc fo, flC da certi ftimoli di defiderio. all'hora
quel cauallo, che delìi due è al rettore ubedienfe,co me è fuo coftume, dalla
uergogna raffrenato da fe fte/To indietro fi ritin per non andar' ali amac (oàd
doflo. Ma l'altro non fi può far reftare ne con gli ftimoli.ne con le
battiture, anzi auanti fi fcaglia,ft per forza il cauailo,che è feco con^s
giunto, ac il rettore infiemc rcompigIia,flCà/cit mal grado li tira à uoler
fentire il piacere, che da Venere fi caua . Ma quelli due nel principio no
l'ubidifcono,fdegnati che dal rio cauallo à cofc indegne & ingiufte fieno à
forza tratti.finalmefc lìoncefTando quello importuno diùxcil peg^: g/o, che j
può, sforzati purfilafciano portare, flC cofi gli cedono, & Io contentano
di fare quello^ che à lui piace; (ale che in qucfto modo fi ucn^i gono ad
accodare al piaciuto bello, flC uaghegs .giano tutti infiemc il charo afpetto
di quella, Ilqualpoiche ha bene il Rettorconfiderato, a poco à poco della uera
natura di quella bclleza Ti uien ricordando^& cofi un' altra uolta^come già
in del fece, col pènderò riiiede.mà u^clc quella nera dalla temper^ntia
accompagnata, fiC ftabilita nel fermo fondamenfo della caftjia : però
parendogli pur iiedcre quella uera,& diui na t'elfeza, comincia di lei
riucrentcmente à tc^r mere ; flc dairhonoiT.che gli porta uintojn tcx^ ra
hufnilmente fi lalcia andare.-fiC facèdo qucfto, c sforzato di tal forfè tirare
le briglie delli due ca ual!(,che bifogna che k forra dieno dellegropsc pe in
ferrala uno di quelli per fe flelfc,ptf ciò che non fa ali' incontro sforzo
alcuno, ft l' altro, che è tiif(o,fiC beftiale,C! na al tatto contrafua
fcogliartì ariojifanandod poi da quella belleza^ iìV dì quelli per la
uergogna,d marauiglia grafi che hahauta,tuttaranifnadi fudor lafcial^a gnatafiC
laltro libero da quel' dolore, di che il tia rar del freno,5C il cafcar in
terra Thaiiea ripieno,i fatica può tr^it* il fiato.-ma poi eli e tn fe r
itornaK)', tutto da fdtgno comoffo il Rettore, & il cauallo feco congiunto
riprede, che per paura, fiC da po^ cagine di là fi fieno pattiti, doue egli
tirati gl'ha ue*i.Quindi non uolcdo però eglino ritornargli, di nuouo sforzadcglf
,pur al fine à fatica gli con cede, che con preghi da lui impetrino, che per
fino all'altro giorno fi indugi à ntornare!il quale ordinato tempo'uentndo,
fingono di non (e nt ricordare ;.ma egli con tutto cicgh el rammcna ta,ftdi
nuouo sforzandoli, 2f gridandoli, flf df nuouo à forza feco tiradoli , pur li
conduce à uo Icr dire all'amato le medefime parole, che hieri gli differo. Ma
dipoi che più appre/Tati fi fono, egli torcendofi.flCabbafTandofi (tendendo la
co da,ftringeil freno, flCcofi furiofamcntc feco li tira. Ma il Rettore. che
l'altra uolta affai mags giormentehaueua lemedefimc forze fofFerto. pur in
altra parìe uoltandofi, molto più forte, . che dianzi, le briglie ritirala:
cofi sforza la dura bocca del triftocaiiallo, flC bagnandoli in que^s fto modo
la brutta linguacce le mafcelle di fan^i gue,lo butta al fuo difpetto di nuouo
à ferra, fiC còfi del fuo errore gli fa patir le pene, il che poi the più uolte
hail trifto cauallo fofFerto,lafcia pur al fine la fua pazia,fif cofi horamai
diuenu:^ to piaceuoIe,ubidifce alla prouidentia del Ret^ tore.flCinfiemecon
lui, quando l'amato bello rifguarda, tutto per la paura trema : di modo che
affai fpeffoauuienc, che egli feguiti le pe:^ date dell'amante con reuerentia,
flC honorc.flC quelle dell'amato con timore . L amato aduns que connfcendo
efTer dall'amante fuo, come fe à iddio fufTc uguale, ubbedito, flCofreruatò,fl£
ucdendo che egli no finge, ma è à ciò fare dalla inore sfor2ato(ac maffime che
ogni perfona ho^ fiorata, per natura pare che fia amica di colui,' che r honora
) al fine fi diTpone hauer la mcdc^ fima uoiontà,che l'amante. Et ben che
pnipai tt dalli amici fuoi,CC da quelli, che infieme feco ftudiauano,flC da gli
altri, forfè per dargli biafis ino,fufli flato ingannato, elTendcgli da quei tali
detto efTercofa brutta, che un giouane appreffo al fuo amante fia ueduto, fl£
per quefto forfè habbia già l'amante da fe fcacciato,non di me^ no air ultimo
per fpatio di tempo &' la età, fiC r ordine debito delia natura del fuo
amante lo rendono amico : per ciò che non fi trouò mai, che un trifto non fufTe
amico d' un trifto,flC un buono d' un buono. Et però poi che un gioua-* ne
comincia à praticare col fuo amante, & afcoU ta i fuoi ragionamenti,
airhora facendo lamanar te ogni giorno più il fuo amore conofcere,sfor:j za
ramato à marauigliarfenc nel confiderare: che fe la beneuolentia de i parenti,
flC di tutti gli altri amici à paragon fi metterà di quella di un' amante
ripieno di furore, a di fpirito diui:? no, farà per certo di pochifTimo,© di
nefTuno momento. Et fe quello huomo di più età, che (ara amante, feguiterà in
queftaguifa per quaU che tempora: fempre « nelle fchuole,ft in fijs miìi altri
luoghi apprefTo all' amato cercherà ri^ frcnaifi,alI*hora il fonte di quel
liquore f quale già G ione, quando dall'amor di Ganimede fu prefo, dicono che
chiamò inf]ufroarDororo)qua le nell amante dall'amato belìo. più abbondanti
temente, che nell'amafo è infufo, parte nelTarJ mante fi uùz^Ct parte di fuor
traboccndo fi fpar ge.flC cofi in quel modo,che fapiamo fare laerc. ^ flC
quella ucce,ché chiamiamo Eccho,qua!e da qualche corpo c)heue,òfòIfdo
percoda/tn quel luogo, donde prjma fi partì, ritorna: cofi quello influffo
amcrcfo ritornando per uia de gli rechi i in quel bello. donde già fi lcuò,p€r
li quah egli hacoftume di penetrare alTanima noftra,di tali) forte
inaffia,& bagna i meati delle penne della anima delTamafo/che facilmente
po/Tono.fiC co minciano à germcgliare : flc cofi T amante lanist model fuo
amato ikmpie d'un corntpondentc ^ amore. Et di qui uiene, che egli ama, ma non
fa certo quel,che egli ami, ne conofce quefta fua paflicne.ne la può, ò (a
dire. Ma ;ion altrimenti che fe perlagiiaLdafLU-i d'uno, che hauc/Tegli cechi
mal fàni, fi fei] ti ffe hmiimcnte gli occhi fuoiguafti, cofi non fa .dire ia
cagione di quella Uia infirmiti, ne fi accorge, che egli uede.a ua4 gbeggia fe
ftcfTo nell'amante. come in uno fpec «hia*Oi:ide cientre.che gli ci amante
prcfente^ fcnfc anch' egli mancare il dolore : fic quan dog, poi r ha lontano,
in quel modo, che egli é defi^ dèrato, altrui defidera: flC cofi in fe haiiendo
unt ìmaginfe ucra d' un cortifpon dente amore , non- più amore, ma amicitia la
chiama, flc cofi penfa^ chefia* Defidera adunque quafi quanto Ta^ mante ( hen
che alquanto più moderatamente) uederlo, goder (empre deirefTer con lui,fiC
femprechegli è concelTo» cerca, flcfj sforza di farlo. Per jl che durando
quella pratica tra co:$ ftoro,iI cauallo trifto dell'amante al Rettore ri*
uolto, domanda per tante fue fatiche un breue, flCinhonefto piacere . Il
cauallo all'incontro del giouane non fa quello,che fi habbia à dire, ma tutto
anfio^fiC nell'amor commoflo,ama raman te tanto,quanto egli é amato.à: fi gode
di luti uer uno ritruouato^che tanto lo ami,£C di qucU io con lui fa
fefta,&fi rallegra. Et ftando iti quefta conuerfatione.è paratiiTimo quanto
à lui è poiTibile à ogni defideno dell' amante fcdif^ fare : ma l'altro cauallo
col Rettore inficroe.dalis la uergogna,à: dalla ragione ammaefiirati/ems pre in
fimili cofe gli tono contrani. Per la qual cofa fe coftoro, fecondo un
giuftomodo di uiuerc, fi: fecondo li ftudi della Filofofia^ fi empieranno di
buom^belii^ft Unti pcijiien^^ .meneranno la uita loro feliciffima, flcbeata^con
concordia grandiffima.di loro fteflì padronf;^K in ogni loro affare modefti.
Hauendo quella parte foggiogata, OC uinta, nella quale fta tutto il ultio dell
anima noftra,a: per il contrario quel là altra libera, alla quale la
prudentia,& la bon^ tà fi appartiene . Et cofi al fine di quefla uita ha^s
'^uejidogià le ale racquifl.ate,ueloci al cielo uo^ landò fe n'anderanno, con
ciò fia che habbino uinto un combattimento delli tre, nelli quali fi fono
ri{rouatì,come hai innanzi udito, quale bc ne fi può dire efTere della maniera,
che fon quel li, che olimpici fi domandano ; del quale bene nefTuno più degno
può à gli huomini arrecare l'humana temperantia,ò uero quel diuino furo^
re,chehabbiamo detto. MafeqMeftì tali fegui^; fcranno nell'amor loro una uita
brutta. fiC in tut lo di Filofofia priua,& non di meno piena d am
bitione,gli potrà auuenire,che li intemperati cauallj asfalteranno le poco
auucrtite anime lo^: ro,nnientre che ò à qualche difordinato defideno
fodisfaranno,ò mentre che in qualche altra ma:: -niera licentiolamente
perderanno tempo:& con ^ducendoli pure à delettarfi di quelli piaceri^ nel
liquali gli hanno troaati (ommerfi^lj sforzerano ri fejguitare qudk forte di
follazo^chc è dal uoU go perfettifTimo giudicato. Tale che poi femprc fi
daranno inuol(i,flf occupati nella fantafia fodjsfare à quel trifto defidcrio.
Ma haranno queftafodisfattione,che cercano di rado: per ciò che il penfiero
deir animo non confente tutto à far qucfto, & però quefti fimili amici
anchora f ben che manco amicitia fia la loro che quella, che di fopra ho detto)
fiC mentre che 1 amor loro bolle, fiC poi che egli è eftinto infieme amrche^
uolmente uiuono; per ciò che tengono per cer^j to di hauerfi lun 1 altro data
una ftabiliffima ks de : flC però giudicano eder cpfa ingiufta quel^ la fede
rompere, flc doue già erano amici, inimiss ci diuenìre. Finalmente quando poi
alla natura cedono, fiC dal mondo fi partono, non hauendo anchor mefTe le ale,
ma folo hauendo cominciai to à mettere le penne, non riportano poco pre^t .mio
del loro amorofo furore. P^r, ciò. che la diui^ na legge non uuole,che coloro,
che già haueua no cominciato à caminare per quel uiaggio,chc al ciel può
condurre,difcendino nelle tenebre fottola terra.Ma quelli, che qualche lodeuolc
uita fanno, mentre che infiemc uiuono amore^ uolmente, ac infieme rimettono le
ale.comanda (}ue(U legge.che fieno beati : di queflo ne c folo cagione amoVe.
Tante adunquc^fl: fi fatte utilità giouancmio gentile, dall' amicitia d'u^» fio
amante, come da cofa diuina ti faranno dars t2,Ma la compagnia di coluiche non
ama,con:s / giunta folamente con la temperantia del mons: do,fiC non con la
diuina, come è lamicitia d uno amante , & data in tutto ad atti,ft
operationi mortali, fiC uili, genererà nell'animo del fuo ami co quella
licentia di parlare, che pare al uolgo uirtù:fiC farà fi che dopo la fua morte
preftamens: teanderànoue miliaanni intorno allaterra,fiC fotto aggirandon,&
errando . Quefta nuoua can zona,ò amatiflimo amore, flc contraria in tutto à
quella, che prima detta haueua. quanto più dottamente, fif in quel migliore
modo, che ho U puto,con paroIe,flC figure poetiche, pereforta:/ (ione di Fedro
in tuo honore ho cantato ; per il che perdona à quelle parole,che prima diffu ,
Etqqefte cofc afcoltan do, dette da me con gra^s to ànimo^ benigno,
flcfauoreuole mi ti moftra^ fiC non mi priuare per qualche fdegno dell' arte
damare, la quale già m'hai conceffa, ne manco punto fcemar la uogli.anzi più
tofto fammi gra tia,che per Tauuenire io fia per que(la cofa più apprezato^chc
per 1 adictro ftato non fono.oUra eli qucflo fe io.ò Fedro co/à alcuna foco
degna del tue bel nome habbiamo det(o,accofa di ciò lifia.il quale fu primo
autore del noftro ragios namento.acfa.che egli per lo auueiiire più di fimili
cofc non patii : JC riuoltalo alla Filorofia, ' ^ome il fuo fratello
Polemarco.acciò che Fes dro.chcfommamentc io ama, non habbia da tenere bora una
opinione, fic bora un' altra, co* me fino à hoggi ha fatfo,ma più torto nello
ftu dio dell'amore. & della Filofofia meni / giorni della Ulta fua. F
E£>. Ioanchora.fe gh è il •meglio, prego Iddio, che ciò mi conceda. Ma io ti
dico benejl uero. che io flupifco del ragios Bar, che hai fatto, ucdendo di
quanto babbiauanzato quel di piima : tale che io comincio à dubitare.che il
parlare di Xifia non mi babbi à parer ba(ro,«humile.fe forfè un nuouo ragios
mmento facendo, à qucfto tuo lo uorrà aiToes oiigliare , Et uoglio che tu
fappi,che pochiffB mi giorni fono, che un certo noftro cittadino lo uituperò
grandemente, folamente per qucs fto fuo fcriuere.* in tutu la fua accufationc
lo chiamaua, per largii ingiuria. Scrittore d'oratio* ili. Tale che per qucfto
potrebbe forfe,fe egli c punto defidcrqib di. hpnore.per lo aiuenire
•fteocriidircriucrc, $ 0 C R. Fedro que» Ha tua opinione c degna certamente di
rifo, ficfarcftimolto lontano dalla fàn(afia, & dals la mente di Lifia.fe
tu pcnfafli. chc eglifufs fc cofi timido . Ma forfè che tu credi, che quel fuo
accufatore dicefli il nero in tutte quelleco* fe;checon(raLifiadiflc. FED.
Certamente Socrate che à me parue cofi.ne anchora à te è oc culto, che
gl'huomini grandi, flC nobili delia no (Ira Republica temono, fiC fi guardano
di coms porre orationi.flC no uogliono.chc fieno uedutc fcritte,per non
moftrarc à quelli, che uerranno, dcÀTcr flati fofifti.effcndocofa facile lo
fcriuerc ttnaOratione. SOCR. A quefto modo ò Fedro tu non intendi il prouerbio
del gombito dolce, ilqual prouerbioc tratto dal lungo, fiC trifto gombito del
Nilo.flC debbi pen fare, che ^ , dicendofi dolce, fia facile, come pare che tu
cress da, anchora che il fare Orationi fia di poca fiti* ca.eiTtndo però di
grandi (Ti ma. Et ne folamens te iiò fai quefta cofa.ma anchora penfo che non
ti fia noto.che quelli cittadini. li quali per pruss dcntia fono eccellenti,
attendono grandemente à fcriuerc Orationi.CC à fare che quelli, che uers
ranno,le po/Tino uedere. Etqueftì tali di mo* do amano quelle perfone, che
lodano le compo iitioni loro,che la prima cofa di quelli fanno
mentione.meutione.che hano ufanza dir bene delli fcrifs ti daltrui.douc 11
truouano. F E D. Come dici tu queftoJ'Io non ti intendo a mio modo •r. SOCR, Non
fai tu,chc nel principio d'un libro, che da qualche huomociuile fia corapo^
fto.fi fa fempre mentione di colui, che l'ha lo^ dato? FED, Inchcmodof* SOCR*
La primacofa,che,dicono,cquefta. La opinione noftra,òuerolanofl:rafcrittura fu
appruouafa dal Senato, ò dal popolo, ò da ambe duerquindi con una certa
ambitiofa ricordatone di loro ftef fi, mettono per ordine tutte quelle parole,
che quei tali in fauor loro hanno dette, fempre dando colui, à cui è il lor
parere piaciuto .Dopo quefto dicono quello, che intendono di fcriucj^ re;
fempre faccendo moftra del lor faperc à cos^ loro, che li lodano, flC quefto lo
fanno affai uol^s te : ce non folo nel principio, ma anchora dipoi che una
lunghiffima Orationc haranno detta. Parti egli quefto altro, che uno fcriuerc Oratici
ni? FED. Ccrtamentcnon. SOGR. Ho rafe queftò dir loro è approuato,fubitOj d'
allc:s greza ripieni, fi partono dal Senato,comc fareb bc un Poeta dal Teatro,
fe la fua Comedia fuffe ^ piaciuta. Ma fe per forte fuffe riprouato,ò rifiu^s
Wo^ac il lor configlio non fuffe ammeffo, ne ri:s pìlfafo dfgfiò di cffere
fcritfò con gTi àlfrf /non foJofi cnvpfono di triftitìaqufi tali, ma li loro
amici anchora. F E D. Sitrattnftano certa:* in rn te non pòco. SOCR. In queflo
mo^ do adunque dimcftrànò,chc eglino non fanno poco conto di qnefto efercitio
di fcriuerc,anzi diapprczirloafTai. FED. Grandemente cer toloftimano. S OC
Dimmi un poco, Se qualche grande Oratore, ò ucro uu Re/i haueCs feacquiftata
t^nta facultà,a: tanta fcientia nel dire, che come Ligurgo, Solonc.o Dario,
pote& fe degnamente nella fna città efTer tenuto Scritii tore
perfettifllmo^flC immortale, non gli parria f/Tcre, mentre che anchor qua giù
uinefTe quafl fimile^ò uguale à Iddio / Et quelli, che dopo
luiuengono,conriderandoIeccfe,che egli ha lafciato Tcritto, non hanno di lui
quel medefi^ mocrcderer' FED. CertifTimo. SOCR. Pcnfi tu adunque, che alcuno (
fia pur quanto fi lioglia trillo, ft inuidicfo) Uituperi quefto flu dio dì
fcriuerc? E E D. Per quelle core,chc tu hai dette, non par conucniente: per che
eia:» {cuno,pare à me,uituperarcbbc quelle cofe,del le quah egli fi diletta. SO
CR. Etperòque^ fto può efferc à ciafcuno chiaro, che alcuno non c daelTerc
uituperato folamentc per che egli i • fciiua. fcriua. F E D. Per che adunque f
SOCR. Ma quello c bene, come io penfo, brutto, par:^ lare, a fcriuere cofe
brutte, ftcattìuc. T E D. Quefto è ccrtiflimo . S O C R , Qual farà adun qtie
la ragione dj fciiuerc benc,tt male f Non penfi tu Fedro, che ci facci di
bifogno di firoili cofe domandarne Lifia^ò qualunque altri, che ò nero habbia à
qualche tempo fcritto qualche cofa.ò uerohabbiada fcriueie ò qualche fatto
publico d una citta, ò qualche faccéda priuata, quefto lo facci in uerfi, come
Pceia,ò uero in profa come perfona priuata f E E D. Mi doman di fe io penfo,chc
facci di bifogno domandare, & cercar di fapere quefla Cofaf' Dimmi un pocd,
nó fono alcuni, che uiucndo ad altri piaceri non , attcdono,che à quelli di
domandare K di uoler da ciafcuno fapere la ragioe delle cofef Et quefti tali
come faui, nò attendono nella loruitaà quel li piaceri,]^ quali di ncceflltà
hanno prima quaU chedifpiacere,altrimeti il piacere no fi potrebbe godere.il
quale effetto interuiene quafi à tutti li piaceri del corpciflfp quello
ragioneuolmetc fo no chiamati piaceri uili H di poco momcio. Soc. Noi habbiamo
tepo ÓC cfio aliai, & ancora mi par ueder,che quefte cicaie,<:he fopr'il
Capo noftro , .cantano^com'è ufan«Joio:ncl caJdo,att^ndar^o à quefta noftra
difputa . Se adunque elleno ci uedefTcro addormentati, come fpeffo molti altri
fanno, li quali nel mezo giorno non difputan:: do, ma più prefto dormendo, fono
al fonno per poca anuertenza loro da quelle allettati, merita^ mente fi
potrebbono ridere di noi,confideran2: do,fl£uedendo che dal fonno uinti
fuffimo. Ma fe elleno ci uedranno difputare,fiC conofce^: tanno, che noi non
fiamo flati uinti dà loro(co:5 me fono alcuni dalle Serene, per il che non pof
fono pigliar porto ) forfè che uolentieri ci donc fanno quel premio, del quale
per gratia de gli iddii poffono à gli huomini fare dono. F E Chedonoèquefto? A
me non pare hauerlo mai intefo. SOCR. Non fi conuiene,che uno huomoftudiofo,flC
amico delle Mufe, come fci tu, non fappi una fimil cqfa. Si narra che quc^: (le
cicale inanzi che fuffero le mufe, crono huo mini : ma nate che furono le
Mufe,fiC poi che il canto hebbero moftrafo,fi dice che ad alcuni di quelli
tanto quel canto piacque, che per cantare non fi curauano di mangiare, ne di
bere : £C cofi imprudentemente fi lafciarono mancare la uita: delti quali
nacque la fpetie delle cicale, le quali hanno dalle Mufe quefta gratia,che non
han bi fogno di nutrimento alcuno.ma mentre che ui iooà uono, foci lO'lOOf
IfìOt Sì nono, ftmprc cantando fi mantengono fcnza mangiare,flC fenza bere,
Dipoi finiti i lor gior^ ni, (e ne uanno à trouar le U iife per dargli no^
titia,fl: informare quali fieno quegli huoniini^ che qua giù amano più una
Mufa,che un'altra» Per il che dimoftrando. à^.Tcrficore quelli, che ^iu che in
altro, ne i canti, flC nelle fefte femprc fi ritruouano, gliela rendono
propitia, OC fauo^ reuole, A Erato poi moftrano tutti coloro, che ne i càfi
amorofi Vitrouandofi, hanno il fuo ftu:: dio&ìmitato,6Chonorato.Et cofi
fimilraentc fanno con le altre Mufe,flC gli mettono in gratia coloro, che più
che h altri lamano.Rapportano anchoraà Calliope, OC à Vrania,che fippreflogli
ua,la uita.flC i fitti di coh)ro,che nella Filofofia fi efercitano;fiC honorano
la loro fcientia.Lc qua li oltra tutte le altre Mufe*hanno cura della cojs -
gnitione del cielo, ficfi efercitano in ragionai menti cofi diuini, come humani
con uocifoa^ uiflime* Et però per molte cagioni dobbiamo dir qualche cofa,ne in
modo alcuno habbiamo nel mezo dì a dormire . F E D , Habbiamo à dire per certo.
S.O C R . E adunque hormai tempo di dichiarare quello, di che poco fa ordisi
nammo di difputare,ciò è in che modo un'huo inofcriua,ò parli bene, fiC non
bene, £ £ Qocfto c propfo quello, fopra il qnalf ha da eù: fere il noflro
ragionamento. S O C R. Non pcnfi turche fia neceffario^chc colui, che habx^
fcia da dire qualche cofa/e ne uorrà ragionare a pieno, fiC bene,
habbiapiena^flCuera cognitio:: ne^flCintelIigcntia di quella coia, della quale
pirlaf' F ED. Io c Socrate, ho udito dire, che a uno, che debbi diuentare
Oratore, non e nes: ceflario il fapcre quali fieno quelle cofe.che ue^s ramentc
fieno giufte, ma debba folamente quel le conofcerc,che al giudicio del uolgo
parran:: no cofi : ne manco debba fapere quelle cofe^ che ueramente fono buone,
« hcnefte,nia quel Ie,chc compaiono. Perciò che dicono quefti tali, che per uia
di quefte cofe non uere^fi può più facilmente perfuadere.che ccn la uerità, ^.
OCR. Mai òf fdromio,non fi hanno da iprezare li detti de gli huomini faui,anzi
fi deedil/gentemente considerare quel, che fignifichi:? :iio. Et però à me non
pare di iafciar pacare quel le parole,che hai poco fa dette, F E D. Tu parli
bene, S o C R. Confideriamo adunque quefta cola in quefte modo • T ED. Cowtf S
O C R. Cefi, Se io per cafo fi uolefFi perfuasi dcre,che tu fuffiper uinceregli
tuoi inimici. ;quando tu haueffi un buon cauallo,nc alcuno Ai noi f^ipein che
coA Me quefto cauallo,m4'tb fohtfìtnìt tkpm:chc kù ndtì fai gii come uh
tJiaalfo fia fatto, ma che tu penfi ,ch'C egli fià ti*» ànimale domefì/co con
gì Wcxhi gridi. F E Dv Sequeftofu/fe/ceftameinte farebbe cofa da rr* <ìere .
S O C R , N òn ^t^u cfto non bafta . Ma quando io con ogni sforzo nìi
?ngegfìaffi di pet fuaderti ( non f^pendo nt tu^nfc io àltfC ) chè quello
anÌTTidefurti^ un cauàlJo/a per quefto iò liaue^S compóflÀ nna Òrationeìn lode
dell'Afiis no, chiamando quello anrm^lè càuàilo, afferà mando efTere animale
pérfètdfTinìo, utile per ca fa, perle facccnde/tSc prontiiTimo/fiiore aib
battaglia, atto à p citar fome.'fiC à molte altre cofe tommodiffiiT>o> f
ED. CJi^^efto fi /che farebì be fuòrd^* pfopofitóalpònTjble. S |0 C K. Kon è
egli meglio, che un'amico fia ficetó,fit piaceuò!e,5Cche faccia ridere, che
ftrano,ttdi malanimof F '£ O.Cofi par à me. S OG.Qnan do adunque un oratore
ignorate del male,tt deì bene perfuade i una città fimilmenre ignoranti non con
una oratione compofta in lodxr d'uno Afino, penfando che fia un Caudillo, ma
ragion Dando. flC difputado del male,cr€dedo che quel lo fia bcnetflC cofi
tirando à Tua diiiotionc le opf n oni del uolgo, metta in quella citta
tìn'ufanzà dì far male in cambio dì b'efie,che ricolta pcnfi tu che un fimile
oratore facci della fua (cmtiìUi FED. Non troppo buona. SOCR. Non
confeffihoratu,chc noi habbiamo uitupcrato l'arte dell'orare un. poco più
fcioccamcnte.chc non fi conueniuai' Et fc per cafo ella ci haucfle fentifo, flf
bora fiuoltafTc à noi, «ci dicertr* Seteuoiimpazati Socrate, fiC Fedro mici
cari^ 10 n5 sforzo alcuno à orare, che prima non hab bia cognitione del uero :
ma fé gli huomini fa;? ranno à mio modo,airhora mi imparerano quan do la ueriti
haranno cpnofciufa.fiC io ui pofTo af fermare quefto con uerifà ( il che è
certamente gran co(à)che anchor fenza l'aiuto mio, pur che uno fappi render
ragione delle cofe.flC le cono:? fca,harà in fe ogni modo l'arte del perfuadcre
5, Se coftei dicerte cofi,non harebbe ella ragione-^ F ED. Io
te'lconfertb^purche molte ragion ni, che io ho intefo, faccino teftimonio,che
il fa per folamente fia arte ; per che è mi pare hauer^ udito certe ragioni,
che prouano^che l'arte del dfre fenza il fapere dicendo d'eflèr l'arte, nò dice
11 uero : per cièche altro non è, che un' ufo fen za arte . Et Lacone difre,che
la uera arte del dire fenza la uerità trouar non fi può, ne mai fi tro^s uerà .
Qtjefte ragioni ò Socrate fanno hor di bi? fogno, flC però adducendole moftrami
un po^ coqucl,checoftoro dicano, flCin qual modot^ S O C R , Soccorrlnmi
adunque, ft ucngano -in mio faiiore tutti gli animali generofi.fiC pcrsx
iiiadinoà Fedro, che fc egli non attenderà alla Filofofia^non faperà mai di
cofa alcuna à baftan ■ za ragionare, flC Fedro mi rifponda ogniuolta, che io lo
domanderò . F E D. Domandami adunque • S O C Dimmi un poco,la Ret^ torica non
diremo noi, che (la una arte, che per mezo delle parole alletti gli animi de
gli huos mini^ Et queflo lo fa non folamcnte dauanti al li giudici, flC nelk
altre publiche raunate di huo mini.maanchoraquefta medefima arte difpu^ .terà
nelli priuati ragionamenti Mi ciafcunacofa cofi d'importantia,comc non . Per
ciò che nien^ te è più honoreuoie,ò più degno il parlare con arte nelle materie
grandi,che fia nelle piccole* Hai tu mai udito dire quefto.^ F E D . Non io
certamente,anzi ho intefo,che quefta arte fola^ mente (ì efercita nelli
giudicii,flC nelle Orationi al populo,ne ho mai udito, che ella fi di^lenda più
in la. S O C R • Hai tu mai intefo ragion tiare della grande arte del dire, che
Neftore,fiC VlifTe efercitauano, mentre che erano à Troia? Hai intefo quella di
Palamede 1* F E D. Non io,fe gii tu nò uoleffe dire che Gorgia fuffe Nes
ilore,£C Kimilmente che Trafimaco^ Teodoro fttfléio \Wc . $ O C R . forfè che
io !o pos» ♦rei dire. Ma Ufciamo andate ccfloro.fiC rifpon» aiini à quefto, ISe
i gindicii gliauuerfani^cb* liàtaftcìoi «gUno r Non cercheranno feinprc dt
cònfradire à tutto quello ^che dice la parfc con;* frariac Puoi tu dire,che .faccino
altro;' F E I>. Quefto ianno.ft non altro. SOCR. Non contendono, &
djfputano fempre cjual fia il giù ftoi,« qua! fu k) iingiiifto f f E D . Cofi
è, j^P C R . Colui.che faprà fare quefta cofa con jirtc,i.ion potrà fare
anchora che a quelli mede» fin^i pai» uni cola ficflahora giufta.fthora in;s
giufta,.^ f E I>. lo potrà fare per certa» / S O C R.. Ijtfuwlmeute egli
orerà in pu*» l>ljco,potrà fàre,cheaHi fuoi cittadini le medes fitBCCQf?
parranno Upra buone, <SC hora triftc;* F E , Cerfaaiente. SOCR. Et quefta
nonèsnarauigliofo.perchc noi habbiamo rn* tefo.ehe.i^aUiBede Eleaf€,eol fuo
artificio del dire era fclito far fi che à chi,!f)..udÀua.pareflero ie noe
defw«.<pfe bora fimili.Sf bofa'diuerfe,ho ta una c.o{a,iibU,ft hor» wp] te-,
bora che ogni cq. fafufreiaiwobile.&hora che i'ufliuerfa fcms: pre fteffe
i,n moto, f E D . l' ho intefo ans ^' io pei certQ. S Q C R , Adunque quefta
jppteftUa, di confradiKiik fiofe d^tte innanzi^ . non folo è porta nélli
giud/di, ft nelle pubfi^' che radunate, ma anchora^come ti ho moflratoj fi
truoua in ogni ragionamenfo,che fi fa: per ciò che dò che fi dice tutto è
un'arte, con la qui le ciafcuno potrà fingere, flc dare ad intendere à ogni
perfona, che tutte le cofe fieno fimih'^ac faperi trouare i nìodi di moftrare
quefta cofa,fl( intenderà come habbia a fare, chiare quefte. fo:*. miglianze. F
E D. In che modouuoi tu,' che fi facci quefto.^ S O C R. In quefto* Dimmi un
poco,rngannanfi gii huomini in quelle cofe, che fono tra loró molto differenti,
ò in quelle. che fono poco? F E D. Inquelle^ che poco fono diffimili , S Ò C R
, Bene ha( rifpofto. Hora fe tua poco i poco pafferaida un fimile all' altro,
più facilmente potrai inganni naregli auditori,che fe in un tratto dfalterai^*
F E D . Chi dubita di queftof' S O C.Adunquc bifogna.che ogniuno,che uorrà
ingannare un* altro, facci prima in modo, che no fia ingannata egli . Et però
farà necefrario,'che conofca beijiJ(fi ino le fomigliaze flf le diffomigllanze
delle cofe* F E D , Quefto è neceffario, S O C R. Potrà adunque uno che fia
ignorate della uerftà di eia fcuna cofa dar giuditio della fimilif udine ò gran
de^ò piccola di quella cofa eh egli non cooofcc/ FED. Qnéftocimpofribile. SOCR.
Et però c cofa chiara, che coloro, che hanno qual^s che opinione fuor del
naturale, ò credono il fal^ fó di qualunche 'cofa, non per altra cagione fo^ no
in quella fantafia, flCin quel falfo parere, che per qualche finiilitudine,che
gif ha ingan^ mti. FED. Cofi interuiene. SOCR. Potrai tu dire adunque che
alcuno, fé farà di quellocheuorriadifputare ignorante, pofTa con con arte,flC
aftutamente à poco à poco rimuoue^ re uno dal uero,fiC fargli credere il falfo
per uia di qualche firnilitudinej'ò crederai, che quefto tale poffa fardi non
cafcarc nell'errore, nel qua^? Ic'cerca gli altri condurre FED. Certo che io
noi crederò mai. SOCR. Et per quefta cagione qùàlutìque perfona farà ignorante
della uerità dolina cofa, & folo dairopinione fi lafirie* rà guidare,
coftui dimoftrerà di hauere un'arte di dire fciocca.flC più da fare altrui
ridere, che buona ad altro, FED. Cefi mi pare certe. S D C R . V noi tu hora
uedere, ft confiderare flC neiroratione di Ljfia,che hai in mano,& nel
feritire il mio ragionamento, douc fi parli artifi^t. ciofamentc,a: doue fénza
arte^" FED . Que^i fto uorrei io più che altra cofa ♦ Per ciò che al
prefcnU noi ragioniamo troppo feccamcnte.no potendo pofendo dimoftrarc ercnopi
chiari di quelle co* fc. che diciamo. SOCR. Si.ma ionogho, che tu fappia.chc la
maggior parte delle Ora* tioni fon dette à cafo.come è manifefto: le quaxs li
ci moftrano chiaramente, che un' huomo.chc appia bene.flc conofca la uerità
delle cofe.men tre che egli con parole fcherza, ec fenza punto
penfarci.ragiona.conduce l'audifore à quello, che uuole. Et io certamente
Fedro, penfo che gliiddìi di quello luogo habbiano hoggi cagio nato in me
quefto effetto di perfuaderti.ft forfè potrei anchor dire.che le cicale
interpreti delle Mufe.le quali fopra di noi cantano,mi habbias no fatto quefta
gratia. per che in foma in me nó è arte alcuna di dire. F E D . Sia come tu
uuoi. pur che tu mi moftri qucl.che mi hai promelfo. SOCR. Leggi adunque il
proemio dell' Os catione di Lifia. FED. «■ IN Q^V E S T O (lato certamente fi
truouano le cofe mierflC quefto.come hai poco fa intefo da me, penfo che mi
babbi à gjouarc affai . Hcra io uoglio che fappia.chc io ftimo,a: giudico, fe
cofa alcuna io ti domanderò.doucrs la da te per quefta cagione impetrare : per
ciò che 10 nó fon prefo del tuo amore. Et che ciò fu iluero,tu fai che gli
amanti, come prima han*; 1)0 la !or libidine faflata/i pentono de i benefis
ci.che t'hanno mai fatti . S O C R . Non legge/ pili . Bifogna bora dire in che
cofa coftm erri.flC quel, che dica fenza artt. Nò ti par cofi:' F E D.
Certamente. SOCR. Dimmi un poco, non è quefto chiaro à ciafcuno.che in molte
cofe ne i ragionamenti noftri tutti crediamo à un modo, fi( in molte altre non
habbiamo il medefimo ere derei? F E D. Ben che mi paia intendere quel, che tu
dici, però io uorrei che lo diceffi più chia ro. SOCR. Quando unofa mentione
del fer ro,ò dell' argento, tutti fubito intendiamo una incdefima cofa. F E D.
Certo. SOCR. Inter uiene egli cofi.quado fentiamo il nome del giù fto.ò del
buono, nò crede all' bora ciafcuno dis uerfamente ? Et non pure non ci
accordiamo con l'opinione de gli altri .ma anchora fiamo in dubio della noflra.
F E D. Cofi ua. S O C R. tt però in molte cofe acconfentiamo tutti à un
inedefimo.flC in molte fiamo di uarie opinioni . 5 E D. Cofi è., S 0 C R. Doue
potiamo noi più facilméte effere ingannati. « in qual d,i que ftc cofe ha la
Rettorica più forza:* F E D . E cofa chiara, che in. quelle. delle quali più
dubis(iamo.piu ha forza l'arte del dire. S O C R , Et per quefto fa di bifognoi
colui, che uuolc ini* . parare. jwirare, R atrquiflare la Retorica, prima di
uederc quefte cofe tutte ordinatamente, & feparare Tuss na dair altra,
& gli è neccflàrio ccnofcere di quaf forte fieno le cofe tatte,intorno alle
quali fi può . ragionare, ò uero della forte delle dubitò pero delle certe:fiC
fapere doue maggiormete il uolgo poffi elTere ingannato,fiC doue nà, J^Jf. U.
Ccf tamente Socrate che colui, che col penfiero ^ja^ piffe quefta cofa,che tu
dici,harel)l>c una bella cognitione. SOCR» Dipoi io penfo, che quc fto tale
debbia fapere la natura diciafcunacofa, acciò che dj quella quado gh' farà
bifognOjpofFa render ragione : fiC uoglioche ingegnofamente intenda di qual
forte, fiC di che genere fia quella cofa, intorno alla quale fi debba ragionare
ò delle dùbie,Q delle certe. F E D. Perche noni S O C R. Diremo noi, che 1
amore fia poftq tra le cofe certe, ò tra le dubiei' F E D.Trale dùbiecertamente
. S O C, Penfi tu ch'egli fi conceda .maliche tu dica di lui quelle cofe, che
poco, fa .hai dettecelo è eh egli fia noceuole all' amato, flC ali amante Et
dipoi ch'egli fia il maggior bene chefitruoui:'' F ED, Tu parli bene. SOC, (Ma
dimmi un poco anchora quefta cofa, per cheÀdirti il uerojo non mene ricordo
troppo bene Ì>er effer ^ato io nel ragionamcto mioi occupato a uinto da
quella diuinifà,clic fu (af. Ho io nel principio della mia difpufa difBnifo^chc
cofa fia amore? F E D. Si hai,flC beniflimo. S O C O quanto tu dimoftri (
dicendo che io fi bene rho diffinito ) che le Ninfe d' Acheloo.flC Pan
figliuolo di Mercurio, fono più ingegnofi al comporre Orationi, che no fu
Lifu,per ciò che quefti mi hanno fatto dire. Non ti pare egli, che iodica il
ueroi' Ma Lifiaanchora nel principio della fua Oratione ci sforzò ad intendere,
che la more ( come egli uoleua ) era un non fo che po fto fra le cofe dubbie,
flC incerte ; flC cefi accom:^ modando a quefta cofa tutto il feguente fuo ra^
gionamento,fini la fua Oratione • Vuoi tu, che un'altra uolta leggiamo il fuo
principio.'' F ED . Come tu uuoi,ben che quel,che tu cerchi, ih efTo non ci fia
• S O C R . Leggi , acciò che io loda. F ED^ I N Q^V E S T O flato certamente
fi truouano le cofe mie : ft quefto,come hai po:s co fa intefoda me^penfo che
mi babbi à gioua^ re affai . Hora io uoglio, che fappi,che io iiimo, ce
giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò, do:s uerla da te per quefta cagione
impetrarerper ciò che io non fon prefo del tuo amore ♦ Et che ciò fu il uero^tu
fai che gì' amanti^come prima haa DO la lor libidine fatiata,fì pentono de i
bcnes: fìci , che ti hanno mai fatti . S O C R • Egli c molto lontano, fecondo
me, da quello, che noi cerchiamo r perciò che egli pare, che fi sforza di
ordinare il fuo ragionamento, non cominciando dal principio, ma dal fine, con
un certo modo à contrari0,ac fotto fopra» Et che fu il ucro,uedi che comincia
da quelle cofe,che l'amante rin^j fàccia al l' amato , dipoi che T ancore è
eftinto , "N 5 tifare egli.che 10 habbia detto il uero^ F E D. Senza dubio
che quello, di che egli nel princirs pio ragiona,è.il fine. SOCR. Che diremo
noi delle altre cofer Non ti pare egli, che tutte le parti di qiiefla Oratione
fieno fparfe confufa:? mente Pcnfi tu che quello, ch^ egli nel fecon;? do luogo
ha detto della fua Oratione, egli V hab bia congiunto con la prima parte,
conofcendo cheneceffariamentegli bifognaffefàrlor Et fi:: milmentc le altre
cofe,che^egIi ha dette, credi tu, che le habbia con ordinc,flC con modo difpo
fte^ Per ciò chea me, che fono dbgp.i cofa igne rante.pare che tutte le
cofe,che da uno fcrittore fono dette, non debbano cfler dette, flC ordinate
fenza cagione . £ t però uedi , fe tu fapefli truo;? uare qualche cagione
nectffaria^per la quale noi potiamo.dirc,che egli fi fia mcflo à ordinare,flC H
ili djTporrc il fuo ragionamento nel moclo,chc hib biamo ucdiifo. FED,
Troppofareblfc ò So crafe,fe io cefi fcttilmente fapeffi dare giudicio
dellifcritti d'altrui* SOCR. Io penfopu:^ rechebjTogneri,che al meno tu
dica,a:con5: fe/Tj quefio^cbe tutta un'Orationc debbia ciictc come Ufi animale,
fiC debbia bauete il fuo corpo, i\ quale non fia fenza capone non gli manchi:^
no li piedi, ma che gli babb/a ciafcuna fua parJe conuemente,a: coirifpondente
al tutto . F ED. Che uuoitu dire per qucfto?' SOCR. Cons: fiderà ti prego, fc
TOratione del tuo amico Ga fatta cofi,c) altrimcnte,truouerai che ella none
punto difterenfe da quello Epigramma Jl^ua^s le alcuni dicono,che fu fatto
(opra il fepolcro diMida Frigio. F E Che Epigramma è ques fto,ftdicheforte/
SOCR, Odilo,egli di^ ccuacofi, Son fu' 1 fepolcro una Vergìn di Mida/ Fin
ch'andran T acque, & fien le piante ucrdi. Qui dando, ammonirò cialcun che
pafTj, Che nel mefto fepolcro Mida giace . tìora 10 penfo, che per te fteffo
beniffimo co nofca, che non importa qua! parte di quello •ponghi prima^flC qual
dopo^ ^F E D . A ques: fto modo ò Socrate^ tu bufimi,fi£ mordi la no^ ftra
Oràtiòìiè S O C R . Lafciamo adunque àhdare.acciòche tu non (i corrucci meco,
ben che in efTa fi potrebberotroirarcmolti efempi, li qaali confidcrati^ci
uerrebbe quefta utilità, che non imitafiTimofinrili modìdi dire. Ma pafe fiamo
alle Orationi di certi altri, le quali certa:^ irierife hanno in fe qualche ccfa
degna d' cfTerc offeruata da coloro, che di quefta arte fono fturs dioG. F E D.
Che cofa è quella, che in que:s fte Orafionifj pnoofTeruarer S D C R. Queftc'
Oratfoni erano tra loro contrarie, per c òchc una irfFernnaua,cbe un giouane
aniato fi douefle ac:? coftare alTamante : <3C un'altra à uno, che non
amafTe. F E D. Beniflimo certamefc. S O C R: Io penraua,chc tu rifpondeflj con
più uerità,flC che tu diceffi non bcniflimo^ma pazamente,flC furiofamenfe
certifTimo/non di meno quel, che 10 uoglio dire flC che io cercaua,che tu
diccffi nò può efTerc alfritnenti^come fi ixìoftrerò. Nò hab biamo noi detto
che lanDore abro non è, che un certo furerei' ÌF E D.Cofl hàbbiam detto. Soc;
Horaio pogo due forti di furore J'una delle qua 11 èda mancamèto humano cagionata,
lai tra prò cede da una diuina alienatone dr menfe^per la quale è l'huomo
rapifoflC leuato d^lla fu a ordina Ila uita. F BD. Cofi è per certo. Soc. le
parti adunque di qucfto furor diuino fon quattro, aU le quali anchora quattro
iddii fono propoftjrpcr dò che noi diciamo, che Apollo fia di quella inrs
fpiratione cagione, che à quelli Sacerdoti uiene, che poi indouinano quel, che
debbe efTere nel tempo auuenire, Dionifio della cognitione di quelli
mifteri,che fono più occulti, flC delle co^ fe, che s appartengono al culto
diuino. Le Mu fc della Poefia, Venere, & Amore dell'amorofo furore affai
migliore di tutti gli altri, £C io non fo in che modo,metre che dianzi uolfi
con imagi^ fìijflC fimilitudini moftrar l'effetto d' amore /orfc può cffcre che
io habbia detto qualche uerità,flC forfè anchora ho trapaffati li termini del
uero. Et perqueflomefcolandocofi quelle cofe,chc hora ho dette, quel
mioragionamento, il quale non fu al tutto da efler biafimato,tu fai, ch'io or
dinai,flC compofi quella mia fabulofa diceria, flC quafi fcherzando,fiC per
giuoco, modeflamentc lodai il tuo, ce mio Signore Amore, protettore de giouani
gentil* & belli, come fei tu , F E D. Qiiefle cofc l'odo molto uolentieri.
S O C Et però bora da quella mia Oratione potremmo cauare,fiCfapereinchemodo la
noftra difputa uenifTe dal biafimo,onde la cominciamo, alle iodi* F E
Etcomeuuoitu fare queflof SÒCR, A mccertamchff pare, che fin qui habbiamo
parlato per burla . Ma fe farà alcuno, che artificiofamente conofca la forza
delle due forti, flc delli due modi di difpufare, nelle quali bora fiamo à cafo
incorfi,coftui certo harà fatto un'opera degna. & bella* F E D . Che forti,
fiC che modi di dire fono qriefl:i,che tu dkii S O C La prima è qucfta. Che
colui, che uuol dirputare,facendofi nella mVnte un'idea di tutte le cofe,che
uuol dire:& hauendo à quel [a folamente l'occhio, metta infieme tutte le
co^ fe,che fono fparfe fif diuife, acciò che uedendole tutte raccolte, dando
poi la uera dìffinitione di ciafcuna.quello facci chiaro,& manifeftp,intor:3
no al quale fi difputerà : come al prefente hab:* biamo fatto noi, che habbiamo
diffinito che cofa fia amore, flC ò bene, ò male, che Thabbiamo fat^ to,hai
pure hauuto la noftra difputa,per quefta cagione una chiareza, flC una
concordanza in tutte le cofe,che dipoi fi fono dette. F E Le altre forti di
direnò modi, quali iiuoi tu che Heno ò Socrate.'' S O C R . L altro modo é quc
fto. Che come egli ha tutte le cofe raunatein uno, di nuouo parte per parte,
fecondo la natu^ ra loro, le diuida,flC parta, flf non fpezi,ògua{|ti membro
alcuno del fuo ragionamento, come farhora li cuocKi mài pratichi fogliono
farc,rna faccia quel medefimo.che habbiamo fatto noi ne i ragionamenti pafTati
; nelli quali habbiamo tntefo quella mutati6e,ò alienatione della mtrte generalmente,
ac con parola commane, anchora che fia buona,& cattiua, Ma fi come in un
cot^ po quelle membra, che fono doppie, fi chiama:? nocol medefimo nome. ma uno
é detto dcftro; raltrofiniftro",ccfi qiicfta forma della aliena:: tione
deliamente noftra,la quale è dall'amor cagionata, è per natura fua in noi una
foIa;flC cefi babbiamo detto nel ragionamento noftro. Et pero quel pripio
parlare,che facemmo, diuij dendola parte finiftra di quella alienatione, ò
mouimento della mente, fiC di nuouo poi pars: fèndola,non fi reftò,fin che egli
ritruouò unais mor finiflro.il quale conofciuto come cofa non conueneuolfe,
uìtuperò. L'altro ragionamene: fo/he dipoi habbiamo fatto, ci con du (Te à co:s
nofcere la deftra parte di qucfto furore, doue un amor ritruouando inquanto al
nome fimile al fJrimo, inquanto à gh effetti diuinojo lodò, & ingrandì con
parole, come cagione di gran^s diffimi noftri beni . F ED. Tu dici il uero.
SiÒGR. Io certamente o Fedro fon molfo. imito di quefle dmifioni, fiC diquefti
raccogli:?* tendere quel, che io ucgl/o più facilmente ;Ò[ meglio ne polfa
ragionare . Et fé mai io ueggo alcuno, che fo penfi^ che egh* fia atto a
confide^ ' fare bene prima quella idea unfueifale,chc io fi ho detto, pei
particolarmente la moltrfudinc delle cofe fecondo la Datura tero di coftai io
feguito le. pedate, ftgli uo dietm mn altrias menti, che fi fuffe diuino :
& colcrO;che tal eoa: fa fono atti à fare, io gli cKiiimo Dialettici, fc io
li chiamoo bene,o male. Iddio lo fa lui . . Ho:* ra dimmi tu di grafia in che
modo /fecondo il parer tuo , ò di Lifia ,tu chiamavcfti coftoro . pare à te
quefta q^iella'^arte del dire, che ufb Trafi^ maco,'flC molti altri faui, li
quali per il dir lo? ìfo furono fenzadubio fiut,coiiìeho detto, flC anchora
fecero gli altris" Talmente che q^ielli^ che da loro impaiono, uorrehbero
o'fterirgli do:? *)i,come fi fuol fare à grvndifTimi Re • F E t), Certamente
che cometudici.qucUi tali huo* mini fonodiqncllo honore meriteucli,chealli Re
darfi uediamo,ma non per qaeflo fon dotti in quelle cofe, delle quali hoxa tu
domandi. Ma à me pare, che qnefto fìuouo modo di ragiò nare,tt di difputare^che
hai truccato, il quale tu chiami Dialettica Jo chiami cofi r^ioneuob
mcntc.manon per qucdo fappiamo anchora;' ihccofafialaRettorica.ma fi bene la Dialets
fica. S O C R . Come dici tu quefto !" Penfi tu che cofa alcuna bella,ò
ben detta pofli efTerc giudicata, che quefti miei ordini non feguitf,
quantunque con arte fi impari i Hora per ciò che queftofolononbafta.non uoglio
che noi lafciamo à dietro quello.che oltra ciò nella Ret torica faccia di
bifogno. F E D . Molte cofe ò Socrate fonoftate lafciafe fcritte ne i libri,
che dell'arte del dire fono flati compofti . S O C R . Hai detto beniflimo ,
Pcnfo aduque.che il proc mio fi debbi dire la prima parte della Oratione^ Non
domandi tu quefte fimili cofe gli orna* menti iieri di quefta arte;' F E D .
Senza diibs tio . S O C R . Seguita nel fecondo luogo la fiarrationé.flC
infieme il produrre de i teftimos ni , nel terzo ucngono le conietture.flC nel
quar to gli argomenti, cauati da cofe uerifimili . Et pa re à mecche un gran
compofitor d'Orationi.chc fu da Bizantio,ci mettelTe anchora le pruoue,CC le
ragioni, che faceuanoper colui, chcoraua. F E D ; Tu uuoi dire Teodoro, che fu
fi eccels lente, è ucro;" S O G R . Si certamente . Coftui anchora trojiò
nella accufatione,fiC nella difens fione^i argomèti raddoppiati, £t per che non
faciamo fìoi ricordanza di Euano Parìo? il qùàfc prima à tuffigli altri frouò
le dichiarafioni : flC cifra di quefto fu inucntorc delle Oratiohi.chc in lode
d'altrui fi fanno, fiC non mancano molti che dicano, che egli per meglio à
memoria ntc^ nerlc,tramezaua le fuc Orationi con certe uifua pcrationi fatte in
uerfi. Et di ciò non è da mara^ uigliarfi^per che egli è un huomo fauio.Lafcia^
mo pur andare Tifia,flC Gorgia, li quali propone gonoil uerifiHiile al aero,
flc con la forza delle Orationi fanno le cofe grandi parer piccole, flC le
piccole grandi,* fimilmcnte che le cofe uec:s chic moftrino effcr nuoue,&
le nuouc uecchie, hanno trouato una breuità di parlare moza, ft poi per il
contrario una infinita lunghcza di parole ♦ Le quali cofe gii fentendomi
raccontare Prodico,fe ne rife,a moftromi.chc egli folo ha:^ ucua trouafo, quali
parole à quella arte (àceffe;* ro di bifogno ; & mi difTe^chc ella 'non
haucua di bifogno di molte, ne di pochc^ma fi gouer^ naua in quel mezo. F E D .
Sauiamentc difTcProdico. SO CR. Non fa di bifogno ricor^s dare Hippia,per che
io penfo,chc con lui s'ac* cordi anchora il noftro hoftc Helienfe. F E Non bifogna
per certo ♦ SOCR, Che dirc^ mo noi della confonante concordanza.che ha rif
rollato Toh? il q irate In qu arte introcìufjs le repllcationi delle parole Je
fent?tie,le com paratìoni Je fi m i li fri di ni, & Tufo de i nomi con.
elegantia in quel n5odo,che egli da Lidmnionc l'apprefTe.F D D. Dimmi un poco
Socrate^ li (critti di Protcìgora non erano quafi fimilià Èjuefti.^ S O C R .
f^edro mio, il parlar di Pros rtagora è buono, fif propio,££ nel luo ftilc fi
truo uaJiomoltecofcnurauigliofe.tTia nel niuouerc à pietà, fiC a
milericordia^ccl ricorJfe41i iiecchie za^ò la pouerfà lorafore di Calccdonia fù
cccel:r Jente , & aiicliora ikH' incitare ,fl£ mitigare l' ira ^cra
potentifiìnio^fii non altrimenti placaua una .ifato^che fe egli liane/Te
adoperato li incanti : fa anchcra fopia tutti gl'altri nel difendeifri,fif pur
garfi dalle calumnie dateli, & nel darle ad aU tri ogni uolta,che gli
bilognaua. Ip forno al fi:? ne delloratione pare a mecche tutti s accordino
infieme^ma-ino^ti chiamano quello fìne,Repe;{ titione,5( molti Ju altro modo. F
F D . Voi tU che li fine fu il ridurre nella memoria alli audi:^ toribrtuemente
tutte k cofe^che difopra fono fiate detter S O C R . Q^ieflo uoglio che fia^,
Ci fe tu inforno à ciò fapeifi qualche altra ccfa; dillà,cheiouolentieri ti.
afcolfo» F ED. Io certamente non fo fenoa cofe di poco moipens! to,ac non degne
d'efTer rfcordafe. SO CR.^ le cofe di poca importanza lafciamole andare;' flC
pm predo attendiamo à dichiarare che forza habbia qiiefta arte quando quefta
arte fi pot ficonofccre. F E Grande certamente, fes; condo me,è.la forza della
oratoria apprefTo alla moltitudine, flf al uolgo, S O C R. Grande per certo. Ma
confiderà un poco di gratia,co^ me fo io, come queftì Oratori, uanno con tutu
quefta loroarte.non di meno male in ordine, flC mefchinamente, FED. Dimmi un
poco^ quefta cofacome uaf' S O C R. Stammià udì:: te, Se fuffe unoxhe trouando
il tuo amico Lifi:^ inaco,gli djccfli in quefto modo ( o uero a fuo padre
Acumeno ) Io ui dico, che io fo beniffi;: 8ìo,flC conofco quelle cofe, che
accoftate à nn corposo uero da un corpo adoperate ufate,fa rò chea mio fenno
quel corpo fi rifcalderà^flC raffredderà .oltra di quefto io fo prouocare il uo
mito,fo fare reuacuatione,fo ordinare lepurga^. tioni,& intedo molte altre
cofe funili : per il che io fo profeffione di Medico, flC dico di poter fare
diuetare Medico ciafcuno che uprrà. Se uno gli parlalTi cofi,che penfi tu che
gli rifpondeffero^ •Ped.Che uuoi tu ch'io dica altro, fenó ch'eglino
i'^auefferoàdomadareje anco egli fa à quali per fonc.in che fempi.ft fin quanto
queftc tali co* fe.chc egli dice fapere.fic conofcere/i hauefles ro à operare,
fif ordinare. SOC'R. Seaduns quc colui gli rifpondeflé.che egli di qucfto nó
(àpe/Tj render ragione. ma che faccfTc di bifos gno.che colui che hauelTe
imparato da lui quel le cofe che egli fa/apeffe per fe fteflo.fiC potcfle fare
il rcfto.fiC conofcefle i tempi, £t le perfonc, uerfo di chi.fic quando fi
haucfTerà à mandare à effetto . Se quefto tale gli dicelTe cofi.che penfi
tu.che eglino gli rifpondelTero.'' FED. Cers tamente che altro non potrebbono
dire.fenon che quefto (al'huomo fiifTe fuor di fe, con ciò fia.che hauendo
folamente da qualche libro di Medicina udito una pocp cofa.ft elfendogli nel
leggere uenutoalle mani qualche modo di mes dicare, & non di meno non
intendendo di quel la arte cofa alcuna, penfi per quefto effere diuen tato
Medico . S O C R . Ma che diretti tu.fe fulfe uno,che.andaffe à dite a Sofocle,
flf à Èus ripide.che egli fa i -una piccola cofa fare un lungo parlamento, ec
per il contrario fopra una grande parlar breuemeute.'' Oltra di quefto che ogni
yolta.ehe uuole.fa commouerc gli audis tori à mifericordia ; flC fimilmentc
all'ira.che è fua centuria, fa far nafcere horrore.ec fpauento/ fa minacciarci
fa fare fimili altre còfc, fiCchc fieli' infegnarle egli penia faper moftrare
Tartc, ce la Poefia Tragica • F E D . Io penfo , che co ftoro fimilmcnte fi
riderebbero di lui,uedendo che egli teneffe per fernìO,che la Tragedia folas
niente fi conteneffe nel far quelle cofc^chc egli dice fapere.CC non
peniaffe^chc la uera Trage:? dia uuole tutte quefte cofe bene infieme compo
fte,a ordinate, fic uuole hauere tutte le parti tra loro corrifpondenti.flC
conuenicnti alla materia, CCalfubiettodellacofa* SOCR. Etnopea fo io, che per
quefto eglino lo riprendeffero uiU lanefcamentc, ma farebbero come un Mufico,
che fi abbatteffe in un'huomo,che fi pcnfafTe d'efTer Mufico folo per fapere in
che modo le corde fi faccino fonare, hor bafre,hor alte.Que^ fto Mufico, che fi
deffe in coftui,non gli direb^: be con un mal uolto, O pouero \ te, tu impazi (
iome ogn' altro forfè farebbe ) ma come Mu^i fico.h quali fono tutti
piaceuoli.cofi più amo$ reuolmente lo ammonirebbe. O huomo da be^ ne,colui che
debba effer Mufico, bifogna che fappia quelle cofe, che fo io: £C colui, che fa
deU la Mufica quello^che fai tu/i può dire, che non ne fappia cofa alcuna : per
ciò che tu folamente conofci quelle cofe, che dauanti all'armonìa fof^ no
nfceffaric^ma della armonia ne fefignoranfc; F E D , Beniflimo, S O C R .
Similmcnfe potrebbe Sofocle dire à colui, che gli fi facciTe incontro, come io
ti ho detto, ciò è, che egli più predo fapcfTe quelle cofe,che uanno innanzi
alla Tragedia, che eghconofceffe, che cofa fuflc Tragedia. Et fimilmente
Acunieno Medico po trebbe dire à quello altro, che egli fapcffe queU le
cofe,che uanno innanzi alia Medicina, ma che la Medicina non la intendere • F E
Cofièper certo. SOCR, Ma fe lo clegans: tifljmo Adraflo,flC Pericle udifTero
quelle parole fcelte, ftartificiofe, quelli parlari mozi, quelle
fimilitudini,fi£ quelle altre cofe,chepocol'arac contauamo,fiC narrandole
giudicauamo effer da confiderare^ penfiamo noi, che eglino ( come forfè faremo
noi ) fi adiraffero con coloro, che tal cofc infegnando,penfafrero infegnare l'arte
ora^ toria,òpure uogliamo dire, che eglino, come più faui di noi,in quefto modo
dicendo ci ris: prendefferoi'O Socrate, Fedro Je fonoalcu:? tti.che elTendo
ignoranti dell' arte della Diale t^ tica non pofrono,ne fanno diffinireche
cofafia Rcttorica,con coftoronon dobbiamo adirarci, ma più tofto hauergh
compaflione, ££ perdos: nargli • Et fono aUuni^chc ftandofi in quella lo ro
fgnorantia, mentre ch'eglino folamenfepof^s^^ggono,fiCfanno gli
amniacftramcnfi, che quel lecofe inlegnano, che uanno innanzi all'arte della
Rettorica,fi uantano,fiC gloriano di hauer troua(a,ec di faper perfettanìente
la Rettorica! ce infegnando folamente quelle cofe che fanno, ^penfano,tt dicono
di infegnare l'arte dell'orai fc perfettamente. Ma poi il modo di teffeie in^j
Cerne, 6f commettere tutte quelle cofe in un cor po,in tal modo, che à chi
rafcoIta,po(rano per:? fuadere, dicono che fa di bifogno,che lo fcho;s lare fe
lo guadagni, fiC per fe ftelTo Timpari^cois me le à ciò non fi facelle di
bifogno il maeftro, F £ D. Tale certamente, fecondo me,èquellaarte, che coftoro
in cambio di Rettorica infegna no,a: fcriuono ; & mi pare, che tu habbia
detto il uero . Ma dirami un poco in che modo,flC per che uia potremmo noi
acquiftare l'arte d'uno Oratore.flCd'unperfuaforeuero S O C Egh è cofa
conueniente Fedro, & forfè neceffa^ ria, che fi come in ogni altra
cofa,cori in quefta un'huomochclauuole acquifl:are,fia in ogni parte perfetto .
Per ciò che fe la natura ti incih nera à effere oratore, fc poi ci aggiugnerai
la dot trina,a la efercitatione,diuenterai un'oratore ec celiente, Ma fe una di
quelle due cofe,prarte,ò la natura tì nianclicri.noii farai perfetto. Hora
quanto quefta arte fia grande, non fi puojecod do me, per quella uia fapere,chc
Gorgia.A Tra:s fimaco feguifarono.ma per altra. F E D . Per qualef' SOCR, Non
fenza cagione Pericle è flato giudicato il più perfetto Oratore,che mai
fufTe/FED. Perches' SOCR. Tutte le arti granxij hanno di bifogno della
efercitatione nella Dialettica, & della contemplatione delle cofe celefti,fiC
della cognitione della natura del le cofe : per ciò che quella alfeza^che nella
men te noftra fi uede,flC quella efficace forza di po^: tereciafcunaimprefa
cominciata condurre à ne, pare che nafchi in noi per Io ftimolo^chc quefte cofe
baffe^fiC terrene ci danno, il che Pe^^ ride congiunfe con la fottiglieza del
fuo inge^ gno : per ciò che fidatofi nella domefticheza,CC amicitia di
AnafCigora ritrouafore di fimili cofe, n de in tutto alla contemplatione,tt
cofi com^ prefe^^ imparò la natura della mente noflra^flC anchora del
mancamento di quella, il quale •Anaffagora copiofamente dichiarò,flC di quiui
ca uò tutto quello, che à lui parue,che fuffe al prp porito,flC utile per
l'arte della Rettorica. F E D. Come andò queftacofa^ SOCR. 'Tu fai, <he il
modo di medicafe^flC di orare è quafi il medefimo» Hiedefimo. FED. ìnchcmodo^
SÒCR. In ambe due ijfticftc arti fcifogha diuidcrc la na tura, ma in una fi
parte la naturi del corpo, nek l'altra quella della anima. Pur che non fole per
uia di efercitio^flC di far buona, & moderata ui^ fa.maanchora con Tarte
habbia un Medico à dare à un corpo & medicine, ÓCcibi, di forte che Io
faccia fano, ac rcbufto diuentare.Et fimik niente,pur che fi habbia à metteré
in una anà ma la urrtii.flf la perfùafione per ragioni, flC per giufte,fiC
legittime ordinatiorri. F E Cofi ò Socrate fi dee credere che fia . S O C R •
Uo^ ra penfi tn,chefi pòfll conofcere la natura di djuefta stnitn^t
bafteuolmente,fenza là cognitiòij ne di tutto quefto noftro compofto.il quald
chiamiamo huomor F E t). Se fi debba crcs^ dcre a Hippocratc fucceffore di
AfcIepo,non fo lamenfe diremo che non fi pofla conofcere la n* turi! della
a'tìima fenza quella cognittónc,che ta dici,maalnchorache non fi poffa fapcre
queib del corpo. S O G R . Dottamente parlò Hip:^ pocrate. Hòra è bifògria^
eòrifiderare,fe quefta cofa,ché io t'ho detto, fa al propofito della no^
ftradifputa. FED. Faccificome tu uuoi. S O C R. Attendi adunque qitello,che non
iblo Hipjpocrate^i^ia anchora la uera ragione di^cario di qucftainucftfgationc
della na(uta,cli€ IO t'ho detto. Cofi adunque la natura di ciafcurs nacofa fi
ha da confiderare* Principalmentehabbiamo da uederc.fe quella cora,,della quale
noi uorremmo fapere 1 attera: ad altri ifegnarla, èYcn)plice,flC d'una loia
natura, ò pure di molte forti. Dipoi cafo che fia fempUce,fi ha da confi
derare, che natura fia la Tua neiradoperarri,ac nel fare, conìe anchora
nell'effere adcperata,fiC nel patire.Mafequefta cola harà più capi,diui dendoh*
prima tutti ;& raccontandoh ordinata^ mente, in ciafcuno habbiamo à cercare
particors larmcnte quella fua natura, & intorno al farc,flC intorno al
patire. F E D. Cofi pare, che s'hab bia da fare . S O C Et fenza far quefto
fasi fi il procedere di colui , come il caminó d' un cieco . Ma colui, che qualche
cofa tratta con ar^ , non fi harà adafTomigliare à un decorò à un Tordo, anzi
bifognerà dire, che qualunque farà, che con arte parli à un altro, prima
cercherà chia ramente moftrarc la natura di colui, al quale parlerà, flC quefto
altro no è che lanima. F E D,; Senza dubbio* S O C R, Dimmi un poco, • Vno che
parli ccaarte ad un' altro, non fi sforss za egli fopra ogni altra cofa
perfuadergli tutto ^ fluello,che auolei* F E D. Certamente, S O C.'Et péro c
cola chiara.che Trafimaco.Cf qualuns que altro attende à infegnare la
Reftorica, prima donerà con (omnia dilic;entia defcriuere.ìBC di^ chiarare fe
l'anima è per natura Tua una cofi fo^ la^ficfimile tutta afe fl:e(Ta,òuero fe à
fimilitu^ dine del corpo , fia di pia forti . Per ciò che qtian do 10 dico, che
fi debba moftrare la natura della anima, non uogiio intendere altro, che
quefto# F E U . Cofi douerà fare certamente. S O C Patto che farà quello,
bifognerà che egli dimo^: ftri che potentia fia la fua,fiCuerfo che cofc la
polTi ufare,C(à che paffioni ella fia fottopofta^ r E D. Certamente. S O C R.
Dipoi ha:^ ucndo già diftinte,CC diuife tutte le forti degli affetti
dell'animala de li difcorfi, & ragionai menti fuoi,gli farà di bifogno
raccontare tutte le cagioni, per le quali tali affretti in lei nafcono, accommodando
fempre le cagioni a gli affetti fuoi,& infegnando le qualità dell'anima, Cf
che difcorfi fiano I fuoi,fiCper che cagione qucfta ftia fcmprcin
confideratione,flC in nioto,flC quel la mal à contemplatione alcuna ne fi
leui,flC fem pre fi ftia ferma . F E D • Quefta farebbe una cofa
ingegnofiHima.Soc.Et perciò ti dico, che no fi potrìmai dire, che uno fratti, ò
ragioni bene di cofa alcuna, non pur di quefta, di che t'ho ragio mtòjc
alfrimcti procccJèrà.Ma li fcritfbri Ai qut fta arte de i noftri tepidi quali
tu anchora puoi haucre uditi, fono aftuti.flC conofccndo beniffi^: mo quefta
natura deiranima,chc io dico, non di meno ce la afcondono,flC non ce la
uoglionomoftrare. Et io ti dico, che fé eglino non parler ranno^flCnon
fcriueranno.feguitando il modo mio, non dirò maliche con arte, ò bene fcriua^
no. FED Qual modo dici tu SOCR. Io non ti potrei cofi facilmente dire le
parole, che ci uanno,ma in che modo ci bifognaffe feri ucre,fe l'hauefTemo à
fare,te'l dichiareiò in quel miglior modo, che mi farà poffibile. FED* Dillódì
grafia, SOCR. Poi che noi hab:s biamo ueduto^che la fcientia del dire altro non
è, che un tirare à fegP animi, flC un dikttarfi,bi^ fogna che colui, che debba
effere Oratore, cono^j (ca quante parti habbia quefto animo . Hora quc fte fono
affai, flC di molte, flC uarie qualità, fiC for^ ti,per le quali gli huomini
uengono anch' efli diucrfi.ft di molte qualità. Confiderate quefte
cofCiCjpuiamo dire, che fieno tante forti di Oras: ' tioni,fl( di parlari, di
quante forti fono le qua:: • liti delle anime noftre.Etperò quelli animi, che
peir le qualità loro fono à qualche lor parti:? «olar dcfiderio
difpofti/fàcilmente con quellimodi di dire fi perfuadono, che alla natura loro
fieno fimili : doue che fe tu in un modo parler rai,a; 1 anime di chi ti ode,
fia altrimenti difpo:? fto,non lo perfuaderai mai. Et però à colui, che harà
bene quefte cofc confiderato,poi che hariueduto,flf conofciuto la natura d'uno,
flC le ope:: re,fif le attioni comprefe.farà di bifogno potere in un fubito nel
Tuo ragionamento a{regnare,flC dimoftrare ijuefte Tue attieni, flc dimeftrare
di conofcerle: ft fe altrimenti farà, potrà dire di no Tapere altro che quelle
core,che già dalli maeftri gli furono infegnafe. Ma colui, che può con uc rità
dire,flCconofcecon qual forte di parole fi può ciafcuno huomo perruadere,flC
ingegnofa^ mente auuertifce,checolui,che gli è dauanti,c di quello ingegno, flc
di quella natura, della qua le egli ha dimoftrato,flC fapendo fimilmentc, che
un tale huomo ha bifogno di parole tali^ quale egli è ^per uolerlo condurre à
far quelle co fe,alle quali egli è dalla fua natura inchnato^co^ ftui dico, che
cefi farà ammae (Irato, all' hora po trà u erame n te affermare di poffedere
qneftaarte del dire. Quando aggiugneràà quefte cofe,che iotihodettedifopra,ilfapere
quando fi habs bia à tacere, ce quando à parlare, quando fi habsj bia à effer
breue nel direna quando non^Oltca di qucfto quando conofccrà, quando fi haràda
-uCire una Commiferatione, & qciando una uehe mcntia di parlare più afpra,
quando s'habbia da fare una Amplificaticnc,flC qtiando in fomma fa , prà in
quefto fimil modo uiarc tutte le altre par ti della Oratione,che fono dalli
maeftn (late in:5 degnate : flf prima che tal cofa non fappia^non potrà in modo
alcuno e(Ter detto Oratore . flC co^ lui^al quale una di quelle cofe.qual fi
fia^mans; cheràònel dire,ò nello rcriucrè.òhello infe:? gnare,flC non di meno
affermerà parlare con ar:? tc.airiioraquel tale, che tenia eller perfuafo fi
partirà da lui, fi potrà dire uincitore. Ma forfè qualcuno di queftì
Sciittoridi Rcttorica ci po^ trebbe direnò Socrate, & Fedro. peniate uoi
che l'arte del dire fi habbiaa imparare in quefto mo do.flC non in altroi' FED.
Socrate à me pare impoffibiìe/he fi pcffi intendere altiimcnti, quantunque quefta
dimodri eflere una opera, & una fatica gianiffima, SOCR. Tu dici il acro,
per ciò che ella è, come tu dici.dilfi:: Cile. bifogna parlando, &
ri£arlando di quefta. cala più uolte,ceicare,tt confiderare fe forfè po teffjmo
ntrouare una uia,che più facilmente, fl£ in più breue tempo iui ci pofc/Ie
menare, acciò che noi noli ^iidiaaioinconfideratamente er;i rando ' ranJo per
ufa lunga, d: difficile, pofendo noi ca minare per una piana, & breue : per
il che fé a qucfta cofa tu mi pcteffi dare qualche aiuto coiji quelle cofe^che
hai ò da Iifia,ò da altri imparai te,uedi di ricordartene, & dichiaramele»
F ED. Potrei forre, per prnnare k mi riufcifle/arquci; che tu dici , ma non in
queflo tempo. S O C Vuoi adunque,che io ti racconti un ragionai irento^che io
gii non fo quando, udì intorno a queftacofaf FÉD, Digratia, SOCR. E fi dice.che
egh ègiufto iddio quello, che uno ha neir animo, come coloro, che pagano quelli
danari alla fiatuii di Lupo, come (ai, F E D. Cefi uoglio che ^cci , S O C R .
Dicono ^diin qne coftoro,clie non fa di bilbgno tanfo con pa role inalzare (e
cofe,che un dice, ne con lunga Oratione ingrandirle, come fare fi fuole :
perciò che uogliono quefti tali ( come habbiamo det^s to nel pnijcipio del
ncftfo ragionam.ento)chc à uno,che habbia da eHere Oratori, non faccia di
bifogno ccncfcere la uerifà delle ccfe giufte, & buone A dicendo quefto,
intendono cofi/dcl le cofe,come de gli hucmini òper naturalo pcf ufo giudi. Et
allegganoquefla ragione à prora uare che non bifognjfapere,che cofa Ca il gitH &o:
per che ueJii gmcUcu h Oiatori nò fogliono hauer cura dimoftrarc la uerità,ma
pia prefto at fendono à pcrfuaderc l'opinioni Io . C£ pero dico. Ilo, che è
cofa uerifimile à credere che ia perfuac iìone fola fia quella, alla quale
debba indrizar la mete colui, che con arte uorrà faper dire . Et che» fii il
ucro, dicono cofloro che nefTuna cofa fi ere àttì mai che fia (lata fatta, fé
prima non farà mo ftrato effer cofa probabile fiC aerifimile,che pcfTì
<ffercaccaduta. Ma pure uogliono coftoro,chc -jpiu tofto fi habbino à
addurre le cofe uerifimili neiraccufare.che nel difendere: flC cofi afferma-
no, che un' Oratore fa poco conto della uerità, & che folo feguita il
uerifimile^flC uogliono che fe quello loro Oratore feruerà in tutte le fue Ora
tioni quefto ordine di moftrare il uerifimile,fi pofli dire, che egli moftri di
faperc l' arte orato^ ria beniflimo • F £ D . Socrate tu hai raccon^ fato
quelle cofe, che fogliono dire coloro, che fanno profeffione di infegnare la
Rettorica.Et io mi ricordo.che nel ragionamento noftro po^ co fa toccammo un
poco di quella cofa*& quel, che haidetto,foche debba parere cofa troppo
grande à coloro, che in quella arte fi efercitano . Ma io ti fo dire, che tu
hai dato una buona ba^ donata à Tifia. S O C R • Poi che tu mi hai ticordatoTifia^uorrei
che egli mi dice/Te, fe e pcnfa.chcii probabile, flC il ucrifimilc fia alfro;^
che quello, che pare al uolgo. F ED, Che uuoi fu che riaaltrof* S O C R. Trono
olxra di quefto, fecondo me, Tifia qucfta altra cofabeU la,& degna di lui, &
la fcrifle anchora. Et que:* fto è, che fé per cafo un'huomo debole, ma au^
dace.che hauc/Te battuto, flC fpogiiatouD'huoi^ mo forte, flC timido^fafTe
menato in giudicio, , uiiole TiTia che nefTuno dicoftoro habbia à con fefTare
il uero,ma uuole che il timido dica.chc egli non è (lato battuto folamente
dall'audace, & 1 audace l'ha à negare,* moftrare d effer ft^ (0 folo,flC
pigliare quefto argomento. Come uo^ leteuoi,chcio,chefon debole, habbia
aflalita coftni,che è gagliardo^Ma quel timido no coraj fefTerà per quefto la
fua timidità, ma penfando, ritruouando qualche falfità,cercherà di accu^ fare
Tanuerfario, Et cofi fimilmcntc in molte altre cofe accafcono fimili cafi,
nclli quali( dicc^ ua Tifia ) bifogna haucrc quella arte. Non ti p;i re egli
cofi FedroJ' F E D , Cofi certo. S O O quanto aftutamente dimoftra
TifiadihauejCieritruouata un'arte afcofa,* diffìcile, ò ueroqua^ lunche altro
(ìa (lato, che habbia tenuta quefta Tua opinione, ft habbia nonfe^comc £i
uoglU»! Ma uuoi tu, ch'io dica quefta coiàio od^ JF £ p« '
Chccofaèqucfla.clicfu uuofdìre^ SOCR. 'Io uoglio parlare un pcco con Tifia.O
Tifia ih» «anzi che tu ueniffi con quefta tua atte, noi tes ncuamo per certo,
che quefto probabile ,fiC ucris fimile.nonfipotefii al uolgo per altro iTiodo
moftrarc.checonlafomiglianza della ucrità.fiC pcnfauamo.che quelle fomiglianie
del uero fos lo da colui potefTero cfTer trouate,chc peifettas niente la uerif
a ccnofceffi . Per il che fé tu cidi'raiintorno àqiicfta arte qualche altra
cofa.uo* lentieri ti afcol faremo: ma Te non dirai altro, noi ci ftarenso à
quello, che poco fa habbiamo defcs to.ft^ 9^*^^*^ crederemo. Et quefto è.chc fe
• uno non conofcerà bene gli ingegni delli audfe tori.ft fe quelli l'un da
l'ahro non. diftinguerà, a fe non diuiderà le cofe.di che egli ha da pars lare
nelle fue parti fe quindi di tutte un'idea fola facendo, in quel modo non le
comprendes rà auefto tale nó potri mai acqui{lar*e quella ars te del dire. che
può hauere un'huonrto. Etques > fta cofa non la può imparare fenza,un lungo
uu, dio. Nella qua! cofa un' huomo prudente nófo lamentc fi affaticherà per
poter dùe.a orare in modo, che piaccia a gi'huomini , ma anchora ut cherà di
poter djre.a tare quelle cofc.chc habs jj^j^jano da e(ftr gxate a Dio . Per
cièche io uoglioche tu fappia Tifia/he quelli Iiuomini,chc fors no flati più
faui di noi, bino detto che un'huo mo fauio non debba follmente penfare di (om^
piacere à tutte le bore à quelli, che feco fono fa un niedefimo fcruitio, ma fi
ha da cercar di ubi dire à buoni Signori . Per il che non ti maraui^: gliarc.fe
io ufoquefta lunghcza di parole, per ciò che gh è neceffario che io fia
lungo^efTcndo le cofc,che io tratto, di importanza, il che forfè tu non
credi.Etfappi,che ( come fi fuol dire ) che dalle cofe buone ne nafcono le
buone, cofi anchor dalle uere pofTono uenirne le uerifimili. F E D . Qyefta
cofa pare à me che fia beniffimo detta. SOCR. Egli è certo difficile, ma egl'è
anchora cofa hoaorata,flf degna lo sforzaifi (em predi aitiuare air acquifto di
cofe eccellenti, fl( degnerà patire tutti quelli difagi ,che in tale sforzo ne
interuengcno. F E Tu hai ragio ne. SOCR, Habbiamo horaà baftanza ra^ gionato
della arte j ce del trifto modo del comrs porre Orationi . F E D • A baftanza
per certo* SOCR. Ci refla bora à ragionare intorno alla bclleza dello
fcnuere^flC à dire onde nafca labru teza dell'orare, F E D . Quefto ci refla. S
O C. Sai tu in che modo ò ragionandolo orando lì f offa nelle parole piacere a
Iddio f' F £ D , Non ccrfo^ft tu? Spc. Io ho udito dire no fo che cog. fc, le
quali già furono infegnate dalli noflri anti chiamala uerità di qucfta cofa la
fanno cffi^fif ilo io . Hora fe noi ritrouaffemo modo di piacer nel parlate a
iddio, pefi tu che ci bifognafTe più haucre cura di quello,che gl'hucmini
intorno a ciò fciocamente pcnfanor F E D. Qnefla tua do ìiiada è da ridere. Ma
raccontami un poco quellecofe^chc tu dici hauere udite • S O C lo - ho udito,
che là prefTo al Naucrato di Egitto; fu già un certo iddio de gli antichi. al
quale e dedicato quello uccello, che chiamano Ibin^flC quefto iddio é detto
Theute. Quefto dicono, che fu il primo^che trouòii numerosa la com:?
putatione,flf raccpglimento de i numeri, non folo uogliono che fuffi
ritrouatore di quefta co::^ fa, ma anchora della Geometria, & della Aftrono
miarritrouò anchora- fecondo loro, Tufo de i das di.fiCil mododi fare le forti,
flC finalmente fu inuenfore delle lettere. Era in quel tempo Re di tutto r
Egitto Tamo,2C ftaua in quella granr: di/Tima, CL nobilifTima Città, che
chiamano li Greci Thebe di'Egitto ; flC queftì popoli hannp po(]:o nome à Iddio
Ammone. A quello Reue nendo Theute, gli moflrb le fue arti, flf gli diC^ (e.che
farebbe flato buono, che egli à poco à pp co le diftribuifcc à tuffi li popoli
dì Egitto. Ma egli domandò a Thcute,che utilità ciafcuna di quelle arti à gli
huomini apportai » Il che di^ chiarandoli Thcute,Tamo approuaua quello,) che
gli pareua ben detto : quello poi, che non gli piaceua.lo biafimaua.fiC all'
hora fi dice.che Tamo dichiarò^a moftrò à Theute intorno à eia fcuna arte molte
cofe,flC per una parte^ & per la altra; le quali fe io tutte uolcffi
nan-arti/arei trop po lungo. Ma poi che uennero al ragionar dcU le lettere^
di/Te Theute, Sappi Re.chequeftadifciphnafaràdiuentaregli Egitfii più faui^flC
di maggior memoria: per ciò che ella è ftata tro:j uata per rimedio della
fapientia^ft della memo:^ riamai che egli rifpofe, Aftutiflimo Theute uo:s glio
che (àppia,che fono alcuni^che fono atti k ^ fabricare gli inftrumentijchc per
una arte fono neceflarii,ac buoni ; alcuni altri faranno poi più pronti à
giudicare che dannoso che utile quelli arte debba an:ecare. Matu,chefci padre
delle lettere, forfè perla troppa bcneuoIcntia,che gli porti,haidimofl:ratodi
conofcer poco la forza loro,hauendo affermato che elle cagionano in noi quello
efFetto,del quale niente é uero,anzi fanno il contrario. Per ciò che T ufo
delle lettere facendo che noi poco ci curiamo di tenere à me moria
co(aa!cuna,pàrtoriTcfnciram eli chi fe impara^obliaionc di ciafcuna cofa • Et
qiìefto ne auuicne,pcr db che confidati nelli fcritti dal tri,non uogliamo
cercare di rauuoUarci troppo ncir animo le cofe : per il che tu non puoi dire
d'haucr troiiato il rimedio della memoria, tna più tofto d' un rammentarfi
delle cofe già fapuis (e.Oltra di quefto à me pare, che tu più preda infegni
alli tuoi fcholari una opinioe della Icien ha , che la uerità : per ciò che
hauendo quelli fen za la dottrina del maeftro lette, flC imparate mol:^ te
cofe^parràal uolgo.anchor che fieno ignors ranfi,che non di meno molte cofe
fappiano,oU fra di queflo diueterànno nel praticarli più mos:
lefti,flcfafl;idiofi,ne ciòauuerrà fenza cagione: per ciò che efFi non
pofTederanno la ucra fapien tiajfhapiutofto feranno ripieni d' un"
opiniors ne di hauerla. ¥ ED. O Socrate, tu con po^ ca fatica fingi, che li
Egittii parlano, ft qualunis que altro più ti piace, pur che ti uenga bene^ S O
C Qaefta non è gran cofa, per che an:^ chora quelli, che ftanno nel Tempio di
Giouc Dodoneo, affermano che le prime parole del fufuro indouine, che effi
udirtera,ufcirono d'una Querele : li che à quelli popoli del tempo anti^ co (
per CIÒ che eghno non erano cofi faui.co^ TOC fetc uot del dì d'^hoggi )
baftaua pci fr disfare alla loro fcioccheza udire ie^.pktrf ^i) k Qucrcie.pur
che elle gli diceflero il uero* Ma (i5 peni! che importi qualche cofa chi fia.ò
d'onde lia qucllo,ckc parlj . Et ciò ti auuiene,pcr >ch^ tu non confideri
folo fe qucUo.che parla, dice il uero,ò non, ma uuoi udire parlare i p^erfone à
tuo modo, F E P. Ragion^uolmcntc finii h«ii riprefo • fif à me certamente pare,
che nelle letiP tere interaenga quello, che fecondo il tuo dire, diceua
Tama;chc à coloro accadeua.chc U (ape tiano* S O C R.- Et pero qualunque
perfona penfa fcriuendo intorno à quefta arte, 6 quelle cofc imparando. che da
gli altri di lei fono itatc fcritte , per queftoche dalli fuoi fcritti fi habs»
bla certeza alcuna i cauare.ò uero per il fuo im^ parare,douer faper cofa
ucra.coftui certamente c fciocco,a: di poco ceruello.flc fi può dire, che egli
fia in tutto ignorante dello Oracu lo di Gìq ue Ammonio, con ciò fia che egli
penfi^che le Orationi fcritte pifi poffuio,che non potrà uno chcdafe fteffo
fappia quelle cole, delle quali Quelle Orationi ragionano. F £ BeùiSì^, tno. S
O C Queftoo Fedro ha la fcnttura piena di grauità,& dignità, che ella è fimihdl^
ina alla pittura : per ciò cIk ie^opere della pittUiP ra pare clic fìcno
ufue^ma fc tu gli domanderai qualche cofa, uergognofam ente fi taceranno. Hon
altrinienti delle Orationi potrai dire,fif ti parrà, che elleno intendendo
qualche cola, U polfano anchora dire,ft moftrarc. Ma fe poi for^ (e di
laperdefiderofo, gli domanderai di quaU che fuo detto la cagione^ femprc ti
diranno una cofa, & ^<^»^pre ti lignificheranno il medefimo:
<3CogniOratione,comeellaè feritta una uolta, Tempre. flf in ogni luogo la
medéfima lì ritruo^ ua,fiC moftra le cofe fue à quelli, che fanno,* à gh' altri
,'alli quali forfè niente importa, flC non faella,o puo dire à chi bifogni
manifeftarfi, 6 àchi nonb]fogni,2(fe mai gh è ingiulla:^ mente fatto ingiuria,©
detto mal di lei,femprc ha bifogno dell'aiuto di fuo padre, ciò è di chi rha
fcritta,per ciò che ella al .nemico non rcpu? gna,ne à fe fteffa può dare
aiuto. • F E D.Quc Ite còfc anchora pare à me, che fieno ueriffimc,. S O C R .
Ma che dirai tu à quello? Credi tu, che fi polU uedere un'altra forte di
parlare fras: tello di i^ueftof Et che fi polfa concfcere come quello, che io
ti dico,fia legittimo, fiC quello del quale habbumo ragionato badando, &
quanto migliore, flC più potente nafcai' F E D. Che parlare è queltof CC come
uuoi tu che fi facciaf^ tu' ' Soc* S O G R . Qucfto parlare è queIIo,chc fi kwt
ncir animo di chi impara per mezo della fcipnjs tia,flC è migliore, per che
quefto può aiutare à fc flefro,fif conofce co qua] forte di p<rfonc fi bia a
parlare., flC con quale à tacere . F E D . Xji uuoi dire il parlare d' un
dotto, che fia uiuo,flC che habbia fpirito,deI quale una Oratione fcri(» ta
ragioneuolmente potremo chiamare un fimu^s lacro. S O C R. Quefto dico fenza
dubbio. Ma dimmi anchora quefta altra cofa, Vno agr(^ culflcre che fia fauio^
credi tu che uorrà fpargerc^ ft gettare nel tempo della ftate quelli femi.chc
egli bara più cari.ft delti quali egli afpetta con defiderioil frutto, ne gli
horti d'Adone, cor» ogni ftudio,fiC diligentia,acciòche perfpatio di otto
giorni ne pQ)[fi uedcre i fiorii ( comelai^chc miracolofamenfe in quel terreno
ìnteruiene) ò nero dirai, che fe egli pure il farà, Io farà per pat fac tempo
in qualche giorno di fefta.fif per darfi piacere, fiC no per cauarne utile
alcuno^Ma quan do egli farà da uero, ce che uorrà "attendere alla
agricuItura,non li feminerà in quelli horti,ma in terreni conueneuoli,flC gli
parrà hauere affair fc con interuallo di otto meli, flC non d otto gior ni la
fuafementafi maturerà. F E D. Certas mente Socrate, che come tu dici, quel tale
femi;? fi^^è gfi WrH (!• AcJdftc pft btirla.ft per foU lazt),^ nel terreno
buono da uero^ S O C R . t>^jf nfaremo noi, che un^huomo. ch^ (appia xke
toù'fu il giudo, Ce il buono, ft« rhonefl-o, fi^ iiello fj^argere la fua fementa
pia fciocco d u fio-agricultorer F B In neffuno modo, O C R Ef pero egli no
femmerà i (noi detti ftudiòfamente con la penna nell'acqua negra, ^órtmietten
doli alle fcritturc,fapendo egli che ft'mai poi portaflero pericolo alcuno non
gli po tra dare aiuto : flC conofcendo anchora^che con lèfcriuere non fi può
moftrare à pieno la ueri:? ti. F E D. Certo ch^ il feminare^come hai dctfe,è
fuor di propofifo. S O C R^ Certo, ma prahìerà beh coilui gli horti delle
lettere per darfi in quella follazo,fiC per pafTarc il tempo/ ce in quelli
feminerà^ftcofi fcriuerà qualche co Éi^t'Af pofcia che fi uederà hauerc
fcritto,terrà qùéli fuoi (catti per mcmoria,&' gli harà cari, come fe fu
(fero tefori atti à fargli fcordaie gli afi^ tìnni/che gli ha da arrecare la
futura uecchieza. Etnonfelopenferà,chcgli habbino à cagioni rtàrecjUefto in
lui^ma in tutti coloro'^che feguis teranno le fue pedate, ecinfieme fi
rallegrerà di tiedere già nati i fuoi teneri frutti: fif mentre che Ili altri
huomini uanno pur altri piaceri fegui» tando. tando,cclebràndo conuit?,&
fimili altri cU; :»*ti% egli lafciate quefte cofe folamcntc attenderà a ui nere
nclli piaceri^ che danno li piaceuolj,& "dotti ragionamenti* FED,
Socrate tu mi nioftli un trattenimento molto più degno di molti altri,cheà me
paiono nili, narrandomi quei di co^ lui, che può Tempre hauer piacere ne i
ragionamenti, a disputare della giuftitia,«di quelle altre cofe, che tu dici •
SO CR* Cofièccrtamente Fedro mie caro, ma molto più degno ftio c quello di
quefti tali ( fecondo me ) quan^ do alcuno, poi che ha ritrouata un animala
quel locheegh intende infegnarli afta, ufaudo Tarlc della Dialettica, piantala:
femina in quella ani^; male fue parole con la fcienfia : le quali parol^c
fonobafteuoliàgiouarà fe ftefre,& à colui, che le pianta : per ciò che non
folamentc portano fc co grandilTinìO frutto, ma anchoia il if me doa^s de nuoui
frutti pedano nalcetc.Onclt^ pafTando poi quefte paroÌe,6: quefte fcientie
<A]ixn hixf:^ mo in un' altro, mantengono qucftft.gtiecic^ dono immortale :
colui, che Ila in fe tal do:? no, pongono in qdello ftato di beatitudine, che è
^oflibile à un'huomo. F E D, Qaxtlh è an^ chora molto più degno, &
honoreuole* S o Hormaio Fedro hauendg noi le cofe^ che Labe L un biamo dette
diTopra conceflc, potiamo beniflirs- ino confiderarc quelle cofe,che^tu fai . F
E D . Quali S O C Qijelle, che per conofccrlc fin giù habbiamo ragionato,
ilqual ragionamen tb non habbianìo per altro fatto, che per poter ^ confxderare
il modo di uitupcrare Lifia tuo in^ quanto all'arte dello fcriuere : non
folamcte Liria,ma anchora tutte quelle Orationi.che con arte.ò fenza arte fi
fcriuono .Età me pare, che già à baftanza habbiamo dichiarato , chi fia
colui,cheartificiofofipofli dire, ficchi quello, che fia priuo d' arte • F E D
. Cofi pare à me • SOC R. Et però bifogna di nuouo ricor^ darfi,che alcuno non
può perfettamente faperc l'arte del dire,ò uoglila faperc per perfuaderc
Viltrni,òper infegnarla ( fi come le ragioni di fo |)ra ci hanno dichiarato )fc
prima non conors fcerà la uerità di quelle cofe.ch' egli dice,òfcri^: uc t ce
fe non faprà diffinire tutta la materia deU la cofa,che tratta : fl£ fatta
qùeftà diffinitione,di nuouó diuidere tutte le parti, tenendo alle co:s fc
particolari, ftindiuidue,fl£cofi contemplanti do,flC confiderando in quefto
modo un'anima, alla quale habbia da perfuadere qual fi uogli co • fa,ac haucdo
quelle cofc ritrouate,che con ogni forte di ingegni fi accompagnano, flC fono
con:: ' uenienti. 'ucjjJenti.cofi fopra fu«o ordini^ fi: acconci il fuo
parlare, che co un' anima uaria.fi: di diuerle fantafie.accommodi parole, &
modi di dire uas rii.flC di molte forti.flt con una anima femplice, fi£ di un
fol uolere ufi parole femplici.fl£ pure. FED. Cofifièdetto. SOCR. Chedires mo
hora noi di quella queftionc, che di fopra habbiamotocco.ciòè feegli è cofa
honefta.ò bratta il comporre Orationi.fi: in che modo qucfto ftudio fi poffi
ragioneuolmente uituperarc, a in che modo non . Non ti pare egli,che le ras
gioni dette di fopra ci habbiano dichiarato ques fto paHb i baftanza ^ P E D.
QjaaU ragioni ? SOCR. Quefte.che fe Lifia.ò altri.Ccfiachi uuole ignorante
della uerità fcyfTe mai.ò ucro ■fcnue al prefente.ò fcriuerà cofa alcuna
priuatas rmcnte.ò ucro che fi appartenga al publico.cos me farebbeno certe
ordinationi ciuili.ó fimili cofe ,flC che coftui penfi.che di quefti fuoi
fcritti fe ne poffa cauare unacerteza.flC una fermiflima ftabilità.quefta tal
cofa T uno fcrittore fe fi ha da giudicare che fia^brutta.Dichinlo le perfonc.ò
noi dichino.chequefto imparta poco:|> ciò che il non fapere,che cofa fia il
uero.ne il falfo intot no alle cofe giufte.fiC ingiufte, buone, CCtriftc,
(anchora che il uolgo tutto lodoiTe quefta igno .twifia}non può pero effefc.che
confidcrarK^o il uero non fu bruttiflima. F E D. Bruftiflima pcrccrfo. SOCR.
Perii contrario poi. colui che penfa che fu neceflàrio qualche uolta per
trattenimento, fif per fcherzo fcriuere^at nó giù <ljca che Oratione alcuna
oin profa.o iq ucrfi mcrti^che fi perdi un gran tempo nel comporta '{come fanno
quelh. che fenza confidcratione al tuna.CC fcnza dottrina, folamentc per daxad
ins tendere una cola.fogliono alle uolte recitare ucr fi)ma terrà per certo.chc
li fcritti,che buoni fi poflono dirc.fieno flaticompofti folo à quelli,
chefanno.ma faprà che nelli ragionamenti, che fi &nno per cagione di
imparare.fif di infegnarc adaltri.fifchc jicrauientc fi fcriuono.fiCimpria:
^tnono nell'animo d' uno.li quali trattano delle cofe
gi"uftc,hcnefte.abuone,in quelli folas mente è ia uera chiareza flC la
pcrfettione. A quc ragionamenti foli tienc^che mcntino ftudio, ttquefti/olifuoi
figliuoli legittimi chiama.dt di queftl ragionamenti primieramente appr/za
quello.chc m fe ftefTo efler conofcc(pur che in fe h ntroui}dipoi tutti
quelji,che di quel fuo parto.comc %lmoli,Cf fratelli,© nel fuo ania wo.ó
nell'altrui menti fono nati : fic. tutti gl'als tri difpreza, a difcaccia,
quefto tale, dico, pare 4 me mt telile fia tale,qualc <3a noi fi
potrcì>fyé^8drK!*« rare. F E D. lo acmi ò S cerate, efièr conife t:olui,cIic
ttì ilici di queflo ne priego Aìhàtas mente Iddio. SOCR. Ma fia detto aflai^cl
r^rte del dire per qaefta uolta^iiauendo noiparr lato più
per{ratteiiimtnto,-clTe per altra cagioine . E t però tu potrarf dire à Lifia ,
ciré ncrtlTenfi do andati doue è il fonte delle Ninfe, ideile Mufe,habi>iaino
uditi certi ragion ameti, li cpali hanno comandato, che noi dtcfatno A à itif »
^(à tutti gli altri Scrittori d' Orat foni : ol tra dì quefto à Honicro,ò;fe
altri è (lato che c qualche ftuda,CC bada Poefia babbi compofl:o,ó pùre or
nata, fiC niimerofa,ul{irnaoien(e à Solone/fiCi tutti gii altri^che delle
ordinationi tiiiili hanno fcritto,che fe eglino tali<cofe <:onìpofero con
faji peucli della ue<ità,flC col difputarc, pofTono dì: difendere le
cofe^cbe eglino hanno trattato ,iÓC con ragioni fa^r fi ,chc li fcritti
dinioftrano c{{ctc dainanco,ft pia uili delle parole loio,fif dclU noce uiua,fe
quefto che io dico, faranno • Farei ine,<he habbiano à pigliare il nome ne
da quel le cofe,che con la penna fcrifTero^twa pio prcftat da quello, che doftamete
ccnfiderarono.F E U. Etchc cognome lata quefto, <££ in the modelli lo darai
tui' S O C il gran ccgncMM ài piente folo à iddio/ccondo me, fi conufener flC
pero à qucfti tali huomi ni, ch'io tlio difopradc^ fcritti,gli porrci più
conucnicntemete il cogno:: medi Filofofo,ò di qualche altra uoce fimile. F E D,
Certo che quefto no fi difconuerrebbc. S OCR. Et pero dimmi un poco, chiamerai
tu ragioneuolmcnte Poeta, ò vero fcritfore d'Os: rationi.òdi leggi colui, che
in fé cofa alcuna no habbia migliore di quelle, che ha fcrittof' Et che lungo
tempo rauuollendofi, fiC aggirandofi il ceruelIo,con una affidua emendafione
finalmen te habbia fatto una compofitionef F E D. Che uuoitudircperquefto?
SOCR. Voglio di re,chetudica tutte quefte cofe al tuoLifia. F ED^ Et tu non
farai il medefimo col tua amico. ^ per che in uero non mi pare da lafciarlo
andare. SOCR. Q^ale amico dici tu^ F E Dico Tfocratcgiouanc perfetto. Che dirai
tu à coftui Socrate Chi diremo noi, che egli fia (SOCR. Ifocrate ò Fedro, è
anchora giouanetto^ma io non uoglio lafciarc di dire quek
lo,cheioindouinodilui, FED. Che cofa f S O C R. A me pare, che egli fia di
migliore ingegno,chenon dimoftra d'eflcrLifia per li fuoi Sritti, & oltra
di quello di più gencrcfi cofiumi ornato» Per il che io non mi marauigliarci
punto. punto,fccrcfcendoinIuigIi anni, egli diuens tafTc più eccellente
nelTarte del dire, nella qua le hora fi efercita di quànti mai à quella fi fono
dati : flC credo, che egli non contento di queftc cofe per un
certoinftintodiuino,cheè in lui, fi inalzerà ad imprefe maggiori ; per ciò che
io uo glio che fappi,che nel fuo ingegno è (lata daU la natura poftain un'
certo modo la Filofofia, Quefte cofe adunque, che da quefti iddìi hofa^
pute,manife(leròal mio amicilTimo irocrate,& tu dirai al tuo cariffimo
Lifia quelle altre cofe. F E D. Cofì farò. Ma partiamoci di qui,con ciò fia che
il caldo fu hormai calatto à fatto* S O C« InnanziportajrCjò trarre
feco,fen6colui,che fia t» perato, Penfi tu che fi debba domandare altro ò Fedro
^ A me par hauerc con preghi domandato uclfo,cbefaceuadi fxifognó, F E Pieg
afichoia,che quel trcdcfmio conccdinoa me : pei* ciò che tra gli amici cani
cola è conh SOCR* Partiamoci Adunque. Felice
Figliucci. Figliucci. Keywords: Giove e Ganimede. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Figliucci” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760037737/in/photolist-2mRRHVK
Grice e Filangieri – lo stato secondo ragione –
filosofia italiana – Luigi Speranza (San Sebastiano). Filosofo. Grice:
“The importance of Filangieri is in the concept of ‘ragione retorica;’ indeed,
on the footsteps of Vico, Filangeri ‘posseduto della ragione,’ shows that
illuminism is incompatible with the ancien regime!” Dei principi di Arianello,
figlio di Cesare, principe di Arianiello, e di Marianna Montalto, figlia del
duca di Fragnito, nacque in Villa Filangieri, nel Casale di San Sebastiano di
Napoli. Nella medesima villa Filangeri morì Giovan Gaetano Filangieri: il nonno
dell'illuminista. Da una delle famiglie più antiche della nobiltà partenopea:
lo zio arcivescovo era Serafino Filangieri. Riceve un'educazione severa che
si svolse privatamente nel Palazzo Filangieri di Largo Arianello. Se ne
occuparono lo zio Serafino, e soprattutto Luca. Si dedica alla filosofia.
Si laurea. A seguito della carica di gentiluomo di camera presso Ferdinando IV,
si dedica al progetto della riforma di giustizia e divenne ufficiale di
marina. Il suo illuminismo è considerato napoletano in quanto non
assimilato dall'esterno. Si tratta di un illuminismo prodotto nella Napoli. La
città partenopea si era dimostrata sì come uno dei maggiori laboratori di idee
d'Italia, ma in essa allo stesso tempo esistevano sempre i privilegi feudali e
il lusso sfrenato di nobiltà, mentre la massa plebea continua a vivere
nell'ignoranza. Si parla a questo proposito di "questione
meridionale" in quanto vi si impediva non solo il progresso, ma si metteva
in discussione anche l'esistenza di una civiltà, dato che il tessuto sociale
era ridotto a brandelli. In tale contesto rappresenta la voce riformatrice, la
cui efficacia e tuttavia limitata dalla precoce morte, prima delle vicende
rivoluzionarie. Scrisse un saggio, “Morale de' legislatori”, nel quale dichiara
di essere favorevole alla pena di morte, mettendo in discussione le tesi di
Beccaria. Afferma infatti che nello “stato di natura” – non lo stato civile -- ciascuno
ha il diritto di togliere la vita a tutti per proteggere la propria
ingiustamente minacciata". Tali temi vengono poi ripresi e trattati ne “La
scienza della legislazione”. Stampa a Napoli le riflessioni politiche su l'ultima
legge del sovrano. Le riflessioni riguardano la riforma dell'amministrazione
della giustizia. In particolare afferma la necessità, per il magistrato, di
motivare la propria sentenza in base alla legislazione scritta nel regno,
permettendo in questo modo di eliminare gli abusi e i privilegi per il giudice. L'Illuminismo napoletano di Filangieri emerge
in particolar modo in “La Scienza della Legislazione”. Analizza le linee sistematiche di una scienza
pratica destinata a essere guida delle riforme legislative e basata sulla *felicità
individuale* del cittadino come premessa *utilitaristica* allo stato buono.
Filosofi come d'Alembert e Montesquieu, con il loro spirito di classici
dell'Illuminismo, contribuirono a influenzare Filangieri. Ottenuta la
dispensa dal servizio di corte, si trasferì a La Cava, poco lontano da Napoli.
Qui si dedica interamente alla filosofia. Arrivano le prime condanne da parte
dell'Inquisizione, anche se la Chiesa romana non contesta la legittimità dei
provvedimenti assunti dal governo borbonico sulla scorta delle proposte
contenute in “La scienza della legislazione”. Divene capitano di fanteria. Consigliere
del Supremo Consiglio delle Finanze e, preso dagli impegni politici, non riusce
“La Scienza”. Si ritira a Vico Equense. Essendo
stato iniziato in massoneria in una loggia napoletana, ebbe solenni funerali
massonici, ai quali parteciparono delegazioni di tutte le logge napoletane. A
Filangieri e intitolato il carcere minorile di Napoli. A Milano è intitolata la
piazza antistante il carcere di San Vittore. Composta da otto libri, “La
Scienza della legislazione” è un'opera di alto e innovativo valore in materia
di filosofia. E così apprezzata per la sobrietà della critica e per la concreta
esposizione sul piano giuridico. Espose una filosofia frutto della grande
cultura napoletana antecedente all'Unità d'Italia, rappresentata in particolare
da Vico e Giannone, che interpola con
Montesquieu e Rousseau. Porta alla luce le ingiustizie sociali che
affliggevano Napoli, pervasa dal lusso sfrenato dei privilegi feudali di
aristocrazia, sfruttatori del popolo. Al tempo stesso essa chiede alla Corona
di farsi portatrice di una rivoluzione pacifica, una sorta di modello di
monarchia illuminata, secondo i canoni illuministici, da conseguire attraverso
una seria azione riformatrice da attuarsi sugli strumenti giuridici.
Importanti l'affermazione dell'esigenza di attuare una codificazione delle
leggi e di una riforma progressiva dalla procedura penale, la necessità di
operare un'equa ripartizione delle proprietà terriere e anche un miglioramento
qualitativo dell'educazione pubblica oltre ad un suo rafforzamento su quella
privata. Per ciò che attiene al diritto criminale dà un'innovativa
definizione di delitto. Una azione A puo essere contraria alla legge L ma non
un ‘delitto’. Un agente che commette A (non delitto) non e un ‘delinquente’. Un’azione
A disgiunta dalla volontà V non è imputabile dallo stato civile. La volontà V disgiunta
dall'azione A non è punibile dallo stato civile. Un delitto consiste dunque in
una azione che viola la legge L, accompagnata dalla *volontà* dell’agente
‘delinquente’ di violar la legge L. Tratta le principali proposte di riforma,
nel campo politico-economico (abolizione del privilegio feudale, ecc.), penale,
dei rapporti tra religione e legislazione, e, in modo particolare, nel campo
educativo. Essa comprende il Libro I, dedicato a “Le regole generali” della
scienza legislativa, il Libro II a “Leggi politiche ed economiche”; Libro
III, “Leggi criminali (procedura; delitto e
pena), Libro IV, “Leggi che riguardano l'educazione, i costumi – Kant
‘zitte’ Varrone, mos, ethos -- e
l'opinione pubblica), Libro V, “Leggi che riguardano la religione”; Libro VI,
“Leggi relative alla proprietà, rimase abbozzato (ne fu steso soltanto il sommario),
e Libro VII, (Leggi sulla famiglia). Tra le varie tesi esposte in questo libro
emerge la considerazione che ha dell'agricoltura. Sotto l'influenza di
Genovesi, di Verri e dei fisiocratici, la considera un settore importante del
sistema economico e propose la rimozione di ogni ostacolo giuridico, fiscale ed
economico al suo sviluppo e alla libertà del commercio dei suoi prodotti,
sostenendo altresì l'imposta unica sul prodotto della terra. Il trattato
fu messa all'Indice dalla Chiesa romana per le sue idee giacobine. Infatti
critica l'atteggiamento di Roma, ritenendo appunto che questa pesasse sulla
società e si avvalesse di privilegi. Ha messo in campo proposte (giustizia
sociale e giuridica, uguaglianza, pubblica istruzione, espropriazione dei beni
ecclesiastici donati dai fedeli, ecc.) miranti al progresso in senso
rivoluzionario attraverso un'azione legislativa fondata sulla ragione (non la
fede) e rivolta ad un altrettanto presunto sviluppo della realtà di Napoli, ma
con i metodi tipicamente giacobini basato su coercizione e sentimento massonico
e anti-romano. Stampa altri due saggi, i quali ebbero grande successo, con
elogi entusiastici rivolti all'autore, come quello di Franklin, il quale avviò
una corrispondenza con Filangieri e lo tenne presente per la stesura della
Costituzione. Suscita interesse e discussioni anche grazie all'attenzione
dedicatagli da Constant. Altre opere: “Riflessioni politiche su l'ultima legge
del sovrano, che riguarda la riforma dell'amministrazione della giustizia” (Napoli);
“La scienza della legislazione” (Napoli); “Il mondo nuovo e le virtù civili: l'epistolario”
(Napoli. Ricca); “Discorso genealogico dei Filangieri estratto dall'istoria del
feudo di Lapio” (Napoli, Bernardo Cozzolino); “San Sebastiano: un itinerario
storico artistico e un ricordo” (Poseidon Editore, Napoli); “Signore di Lapio,
Rogliano e Arianello, Patrizio Napoletano aggregato al Seggio di Capuana, fu
decorato con diploma imperiale di Carlo VI d'Asburgo, col titolo di principe di
Arianello. Vittorio Gnocchini, “L'Italia dei liberi muratori. Brevi biografie
di massoni famosi” (Roma-Milano, Erasmo Editore-Mimesis); Giampiero Buonomo,
Quei lumi accesi nel Mezzogiorno, in Avanti!, BECCHI, PAOLO. De Luca, S. Il
Pensiero Politico di Gaetano Filangieri. Un'Analisi Critica. Il Pensiero
Politico; Firenze, Seelmann, Kurt. La proporzionalità fra reato e pena.
Imputazione e prevenzione nella filosofia penale dell'Illuminismo” (Società
editrice il Mulino); Trampus, Antonio, Diritti e costituzione” (n.p.: Soc. Ed.
Il Mulino, Domenico
Valente,"Poliorama Pittoresco", Conferenza tenuta dal comm. Giovanni
Masucci al Circolo giuridico di Napoli, n.p.: Napoli, Tip. gazz. Diritto e
giurisprudenza, Gerardo Ruggiero, Un
uomo, una famiglia, un amore nella Napoli del Settecento, Alfredo Guida Editore
Pecora Gaetano, Il pensiero politico. Una analisi critica, Rubbettino Editore, Ferrone
Vincenzo, La società giusta ed equa. Repubblicanesimo e diritti dell'uomo, Roma-Bari,
Laterza, Cozzolino Bernardo, San Sebastiano: Un itinerario storico artistico e
un ricordo” (Edizioni Poseidon, Napoli Giancarlo Piccolo, “Cappella Filangieri.
Indagini sulla Parrocchia Immacolata e Sant'Antonio, Cercola (NA), IeS
Edizioni, Cercola F.S. Salfi, Franco
Crispini, Elogio, Cosenza, Pellegrini, "Frontiera d'Europa" (Rivista
storica semestrale, Esi editore Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), intitolato
“Studi filangieriani” Berti, F., Il repubblicanesimo, Pensiero politico Mongardini,
C., Politica e sociologia, Giuffrè, Trampus, A. e Scola, M., Diritti e
costituzione. Pensiero politico. Ascione Gina Carla e Cozzolino Bernardo,
Cappella di San Vito Martire a San Domenico: Il restauro del dipinto della
Madonna del Carmelo di Giovanni Antonio d’Amato, Pref. S.E. Card. Crescenzio
Sepe, San Sebastiano. Filangieri Illuminismo in Italia. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Open MLOL, Horizons
Unlimited srl. Il pensiero politico di .Una analisi critica, su politica magazine.
Gaetano Filangieri. Filangieri. Keywords: lo stato secondo ragione, ‘stato naturale’ ‘stato civile’ – costume – il
romano – le costume dei romani – devere e volonta – implicatura deontica –
passione e ragione – illuminismo – anti-clericalism – anti-Roman – Grice:
“Catholicism gives a bad name to ‘Roman’!” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Filangieri” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51716123341/in/photolist-2mRjtgo-2mQjVch-2mN35cA-2mMYDGZ-2mN113U-2mLQc9e-2mKEPgR
Grice e Filippis
– implicatura metafisica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Tiriolo).
Filosofo. Grice: “Fillippis is an interesting one, for one there is a Palazzo
De Fillippis; for another he was into the philosophy of mathematics; he was executed,
but not for this.” Martire della
Repubblica Napoletana. Nato in una famiglia di piccoli proprietari terrieri,
studia al Real Collegio di Catanzaro. Si recò a Napoli dove fu allievo del
grande economista Genovesi. Ebbe modo di frequentare gli ambienti illuministici
entrando in contatto fra gli altri Pagano. Proseguì in seguito gli studi in
filosofia a Bologna sotto Canterzani. Insegna a Catanzaro. Fu fra i principali
artefici della Repubblica Napoletana. Entra nel governo come ministro degli
Interni. Con la caduta della Repubblica, venne messo a morte per impiccagione
in Piazza Mercato. Scrisse importanti opere di filosofia, quali “Etica”;
“Metafisica”, Vite degl'Italiani benemeriti della libertà e della patria,
Torino, Bocca); Albo illustrativo della Rivoluzione Napoletana; B. Croce, G.
Ceci, M. D'Ayala, S. Di Giacomo, Napoli, Morano); La Repubblica napoletana” Roma,
Newton), Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo De Filippis. Filippis.
Keywords: implicatura metafisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Filippis” –
The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761688145/in/dateposted-public/
Grice e Filolao – l’arciere di Taranto – filosofia
italiana – Luigi Speranza -- Italian
philosopher from Crotone in southern Italy, the first Pythagorean to write a
book. The surviving fragments of it are the earliest primary texts for
Pythagoreanism, but numerous spurious fragments have also been preserved.
Philolaus’s book begins with a cosmogony and includes astronomical, medical,
and psychological doctrines. His major innovation was to argue that the cosmos
and everything in it is a combination not just of unlimiteds what is structured
and ordered, e.g. material elements but also of limiters structural and
ordering elements, e.g. shapes. These elements are held together in a harmonia
fitting together, which comes to be in accord with perspicuous mathematical
relationships, such as the whole number ratios that correspond to the harmonic
intervals e.g. octave % phenotext Philolaus 1 : 2. He argued that secure
knowledge is possible insofar as we grasp the number in accordance with which
things are put together. His astronomical system is famous as the first to make
the earth a planet. Along with the sun, moon, fixed stars, five planets, and
counter-earth thus making the perfect number ten, the earth circles the central
fire a combination of the limiter “center” and the unlimited “fire”.
Philolaus’s influence is seen in Plato’s Philebus; he is the primary source for
Aristotle’s account of Pythagoreanism. Filolao.
H. P. Grice, “Pythagoras: the written and the unwritten doctrines,” Luigi
Speranza, “Grice e Filolao” -- “Grice a Crotone, ovvero, Filolao,” per il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760343533/in/dateposted-public/
Grice e Fineschi – eroticologico, filologico –
l’amore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Siena). Filosofo. Grice: “Fineschi shows how COMPLEX
Marx’s theory of cooperation is!” -- Grice:
“I like Fineschi; when at Harvard I played with ‘cooperation’ I didn’t really
know what I was talking about! Fineschi does! He calls me a Marxist – and
that’s why I dubbed my ontological occam’s razor as ‘ontological marxism’!” Studia
a Siena sotto Mazzone con “Marx rivisitato”. Per il suo dottorato, svoltosi
sotto Domanico a Palermo, si occupa del rapporto Marx-Hegel. Ha vinto la prima
edizione del premio David-Rjazanov-Preises. Altre opere: “Ripartire da Marx.
Processo storico ed economia politica nella teoria del “capitale”, Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici La Città del Sole, Napoli); “Marx:
rivisitazioni e prospettive, Mimesis, Milano (Itinerari filosofici) “Marx e Hegel.
Contributi a una relectura” (Carocci editore, Roma); “Un nuovo Marx. Filologia
e interpretazione dopo la nuova edizione storico critica” Carocci editore,
Roma). Roberto Fineschi. Fineschi. Keywords: eroticologico, filologico, amore, Grice’s
ontological Marxism, implicatura filologica – Kantotle, Plathegel. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fineschi” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760720949/in/dateposted-public/
Grice e Fioramonti – implicature economica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice:
“Fioramonti, like Hart, and myself, has philosophised on human right, legal
right, moral right.” Frequenta il liceo a Roma, situato nel quartiere di Tor
Bella Monaca. Si laurea a Roma con una tesi in Storia della economia
filosofica, incentrata sul ruolo dei diritti di proprietà ed individuali. Studia
Politica comparata a Siena. Insegna a Pretoria, ed è direttore del Centro
per lo studio dell'innovazione Governance (GovInn) dello stesso ateneo. È
inoltre membro del Center for Social Investment dell'Heidelberg, della Hertie
School of Governance e dell'Università delle Nazioni Unite. Si occupa di
economia e integrazione economica europea. Per il Financial Times, sostiene che
il PIL è "non solo uno specchio distorto in cui vedere le nostre economie
sempre più complesse, ma anche un impedimento a costruire società
migliori". I suoi articoli sono inoltre apparsi su The New York
Times, The Guardian, Harvard Business Review, Die Presse, Das Parlament, Der
Freitag, Mail & Guardian, Foreign Policy e open democracy.net. Ha una
rubrica mensile nel Business Day. È stato co-direttore della rivista
scientifica The Journal of Common Market Studies. è inoltre coautore e
co-editore di diversi libri. Oltre ai best seller Gross Domestic Problem: “La politica
dietro il numero più potente del mondo e Il modo in cui i numeri governano il
mondo: l'uso e l'abuso delle statistiche nella politica globale, pubblica “Economia
del benessere: successo in un mondo senza crescita, Presi per il PIL. Tutta la
verità sul numero più potente del mondo e Il mondo dopo il PIL: economia,
politica e relazioni internazionali nell'era post-crescita. Ha avuto
un'esperienza come assistente parlamentare, collaborando a titolo gratuito con
Antonio Di Pietro (IdV) a sviluppare politiche per i giovani nelle
periferie. Viene resa nota la sua candidatura col Movimento 5 Stelle alle
imminenti elezioni politiche di marzo, risultando eletto alla Camera dei
deputati nel collegio uninominale di Roma-Torre Angela con il 36,65% dei
voti. è stato nominato sottosegretario presso il Ministero
dell’istruzione, dell'università e della ricerca nel Governo Conte I. Nominato Dino
Giarrusso suo segretario particolare, affidandogli l'incarico di coordinare la
comunicazione del suo ufficio e curare le relazioni istituzionali. L'onorevole
ha inoltre aggiunto di aver chiesto a Giarrusso di aiutarlo anche ad evadere le
segnalazioni inviate al Ministero sulle presunte irregolarità che si verificano
all'interno dei concorsi universitari. Il 13 settembre il Consiglio dei ministri, su proposta di Bussetti,
lo ha nominato vice ministro all'istruzione, università e ricerca. Proposto
il 4 settembre come ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel Governo Conte II, viene
nominato ufficialmente. All'inizio del suo mandato ha istituito un comitato
scientifico di consulenza, composto tra gli altri da Shiva. Nel mese di
ottobre intervenendo ai microfoni della
trasmissione radiofonica Un giorno da pecora ha affermato di "credere in
una scuola laica" e di essere favorevole alla rimozione del crocifisso
nelle scuole, per sostituirlo piuttosto con una mappa del mondo. In seguito, e
criticato dalla Conferenza Episcopale Italiana. Annuncia l'introduzione in
Italia, primo Paese al mondo, dello studio del cambiamento climatico e dello
sviluppo sostenibile come materia scolastica. Dichiara di essere pronto a
rassegnare le proprie dimissioni qualora nella Legge di bilancio non fossero stati trovati fondi per 3
miliardi di euro da destinare all'istruzione. Invia al Presidente del Consiglio
Giuseppe Conte una lettera in cui annuncia le proprie dimissioni e dichiara
che, a proprio avviso, sarebbe opportuno rivedere l'IVA al fine di incassare i
fondi che chiedeva per il proprio ministero. Comunica la propria uscita
dal Movimento 5 Stelle e la propria adesione al Gruppo Misto alla Camera.
Annunciato la fondazione del nuovo partito politico Eco. Eco rappresenta
un'ipotesi, un'idea guidata dalla volontà di costituire una entità in
collaborazione tra società civile e parlamentari, ma la cui concretizzazione in
una nuova realtà non è ancora certa. Entra a far parte di Green Italia,
insieme all'onorevole Rossella Muroni e Elly Schlein, vicepresidente
dell'Emilia Romagna. Dopo che il quotidiano il Giornale ha pubblicato
alcune dichiarazioni fatte nel passato su Twitter da Fioramonti, ritenute
inappropriate per la carica da ministro, diversi partiti (tra cui Lega, FI e
FdI) chiedono le sue dimissioni dal dicastero, annunciando il deposito in
Parlamento di una mozione di sfiducia È stata effettivamente depositata? Che ne
è stato? Il ministro ha quindi dichiarato sui social che tali opinioni erano
state scritte di getto e si è quindi scusato. Nello stesso periodo
suscita polemica il fatto che, secondo quanto riportato dalle chat di alcuni
genitori, il ministro avrebbe scelto di iscrivere il figlio alla scuola inglese
e di non fargli fare l'esame di italiano. A seguito di tale notizia, scrive un
post sui social in cui si definisce turbato come padre e cittadino ed annuncia di
voler presentare un esposto al garante della privacy. Altre opere:
Diritti umani 50 anni dopo. Aracne); “Fuori. Fermento, . Poteri emergenti
nell'economia politica e internazionale. Il caso di India, Brasile e Sudafrica
. ETS, . Presi per il PIL. Tutta la verità sul numero più potente del mondo.
L’Asino d’oro edizioni, . Il mondo dopo il Pil. Economia e politica nell'era
della post-crescita. Edizioni Ambiente, . Un'economia per stare bene. Dalla
pandemia del Coronavirus alla salute delle persone e dell'ambiente.
Chiarelettere. Vincenzo Bisbiglia, chi è il candidato M5S: dalla laurea in
Filosofia alla critica al pil. Con tappa alla Rockefeller foundationIl Fatto
Quotidiano, in Il Fatto Quotidiano, Professor Lorenzo Fioramonti, su up.ac.za. Has
GDP become an impediment to a better society?, su Financial Times. 1World needs
a new Bretton Woods with Africa in the lead, su bdlive.co.za, Business Day. Eligendo:
Camera [Scrutini] Collegio uninominale 05 ROMA ZONA TORRE ANGELA (Italia)
Camera dei Deputati Ministero dell'Interno, su Eligendo. F.Q., Governo,
nominati 45 tra viceministri e sottosegretari: Castelli e Garavaglia al Mef.
Crimi all'Editoria. Dentro anche SiriIl Fatto Quotidiano, in Il Fatto Quotidiano,
Università, dietrofront su Giarrusso. Fioramonti: "è solo il mio
segretario, non un controllore", in Repubblica, Governo: Galli, Rixi e
Fioramonti nominati viceministriTgcom24, in Tgcom24, Crocifisso a scuola, la
Chiesa contro il ministro Fioramonti che vorrebbe toglierlo dalle classi, su
Repubblica, Fioramonti: da settembre il clima sarà materia di studio a
scuola Fioramonti: 3 miliardi per
l'istruzione o confermo le mie dimissioni -, su Orizzonte Scuola, Il ministro
dell’Istruzione Fioramonti ha dato le dimissioni, Corriere della sera, Fioramonti
lascia il gruppo M5S: «C'è diffuso sentimento di delusione», Il Messaggero, 30 L’ex
ministro Fioramonti: «Un altro governo non è un tabù. Ora un’area civica
progressista», su Il Manifesto. Bufera su Fioramonti per alcuni tweet. Meloni
chiede le dimissioni, per Lega e Pd deve chiarire, su L'HuffPost, Bufera su
Fioramonti per offese web, ministro si scusa Politica, su Agenzia ANSA, Chi è
Lorenzo Fioramonti, nuovo ministro del MIUR, su theitaliantimes, Governo Conte
II Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica
Italiana. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Openpolis,
Associazione Openpolis. Radio
Radicale. PredecessoreMinistro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana Successore
MinisteroIstruzione. png Marco Bussett, Giuseppe Conte (ad interim) PredecessoreViceministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana Successore
MinisteroIstruzione. Anna Ascani. Lorenzo Fioramonti. Fioramonti. Keywords.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fioramonte: l’implicatura” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Fiore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Celico). Filosofo. Grice: “If you are thinking that
Fiore is the source for the Cistercians, you are wrong – actually Fiore WAS a
Cisctercian until he wasn’t one! Pretty much like St. John’s!” -- da Floris, Italian
philosopher, the founder the order of Ciscercian order of San Giovanni in Fiore
(vide, Grice, “St. John’s and the Cistercians”). He devoted the rest of his
life to meditation and the recording of his prophetic visions. In his major
works Liber concordiae Novi ac Veteri Testamenti,: Expositio in Apocalypsim and
Psalterium decem chordarum. Da Floris
illustrates the deep meaning of history as he perceived it in his
visions. History develops in coexisting patterns of twos and threes. The two
testaments represent history as divided in two phases ending in the First and Second
Advent, respectively. History progresses also through stages corresponding to
the Holy Trinity. The age of the Father is that of the law; the age of the Son
is that of grace, ending approximately in 1260; the age of the Spirit will
produce a spiritualized church. Some monastic orders like the Franciscans and
Dominicans saw themselves as already belonging to this final era of
spirituality and interpreted Joachim’s prophecies as suggesting the overthrow
of the contemporary ecclesiastical institutions. Some of his views were
condemned by the Lateran Council. Gioacchino da Fiore Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «… E lucemi dallato, il
calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato» (Dante
Alighieri, Paradiso, Canto XII, vv. 140-141) Gioacchino da Fiore Joachim of
Flora.jpg. Filosofo. NascitaCelico, 1130 MortePietrafitta, 30 marzo 1202
BeatificazioneNuncupato Santuario principaleAbbazia Florense Manuale Gioacchino
da Fiore (Celico, 1130 circa – Pietrafitta) è stato un abate, teologo e
scrittore italiano. È venerato come beato da parte dei florensi e dei gesuiti
bollandisti, anche se non c'è mai stata una beatificazione ufficiale da parte
della Chiesa cattolica. Le condizioni economiche della famiglia di
Gioacchino erano agiate; il padre Mauro, infatti, era tabulario o notaio. In
passato si era ritenuto che la famiglia avesse origini ebraiche, forse per
spiegare l'atteggiamento benevolo di Gioacchino nei confronti
dell'Ebraismo. Gioacchino nacque a Celico; la sua casa natale viene
collocata storicamente dove sorge attualmente la chiesa dell'Assunta, edificata
sicuramente prima del 1421 sul perimetro della casa natale dell'abate
Gioacchino. Ricevette le prime nozioni di educazione scolastica nella vicina
Cosenza. Ben presto fu mandato dal padre a lavorare, sempre a Cosenza, presso
l'ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di contrasti insorti sul
posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di Cosenza. In seguito il
padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la corte normanna a Palermo,
dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della zecca, poi con i notai
Santoro e Pellegrino e infine presso il Cancelliere di Palermo, arcivescovo
Stefano di Perche. Entrato in disaccordo anche con Stefano, si allontanò
definitivamente dalla corte reale di Palermo per compiere un viaggio in
Terrasanta. Gli inizi Forse nel corso di questo viaggio maturò un
profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre
Scritture. Al ritorno in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei
pressi di un monastero posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo
compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto
ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di
aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re (cioè
"il Signore Dio nostro") Visse per circa un anno presso
l'abbazia di Santa Maria della Sambucina, da cui si allontanò per andare a predicare
dall'altra parte della valle, vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del
torrente Surdo, vicino a Rende. Poiché al tempo la predicazione di un
laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove
il vescovo locale lo ordinò sacerdote. Durante il tragitto da Rende a Catanzaro
si fermò nel monastero di Santa Maria di Corazzo, dove incontrò il monaco Greco
che lo pose davanti alla parabola dei talenti, rimproverandolo di non mettere a
frutto le sue doti. Tornò a predicare nuovamente a Rende, con l'abito di
sacerdote. Poco tempo dopo vestì l'abito monastico, entrando nel monastero di
Santa Maria di Corazzo. Questa abbazia benedettina, guidata dal beato
Colombano, aspirava a seguire la regola cistercense. Elezione ad abate
Secondo le fonti più accreditate, nel 1177 Giovanni Bonasso venne eletto abate
di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò, scappando dapprima nel monastero della
Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri. Gioacchino non
ambiva a diventare abate, ma a studiare le Sacre Scritture. Gli uomini più
potenti di quel tempo, riunitisi con lui a Sambucina, lo convinsero ad
accettare la carica di abate di quel monastero, all'epoca poverissimo. A
Corazzo l'abate Gioacchino cominciò a scrivere la prima delle sue opere, La
Genealogia, impiegando come suoi scribi frate Giovanni e frate Nicola.
Teologo e scrittore In qualità di abate compì un viaggio all'abbazia di Casamari.
Durante questo periodo incontrò il papa Lucio III, che gli concesse la licentia
scribendi. Con l'aiuto degli scribi Giovanni, Nicola e Luca, iniziò già a
Casamari la stesura delle sue opere principali: la Concordia tra il vecchio e
il nuovo testamento e l'Esposizione dell'Apocalisse. In quello stesso periodo
Gioacchino interpretò innanzi al papa una profezia ignota, trovata tra le carte
del defunto cardinale Matteo d'Angers. Da qui scaturì l'incoraggiamento del
pontefice Lucio III a scrivere le sue opere. Nel 1186-1187 si recò a
Verona, dove incontrò il papa Urbano III. Al ritorno si ritirò a Pietralata, una
località sconosciuta, abbandonando definitivamente la guida dell'abbazia di
Corazzo. I suoi monaci non tolleravano il suo girovagare e lo stare sempre
distante dall'abbazia e pertanto fecero una petizione per risolvere la
questione presso la Curia romana. A seguito di ciò, nel 1188 ottenne
l'affiliazione dell'abbazia di Corazzo all'abbazia di Fossanova e il papa
Clemente III lo prosciolse dai doveri abbaziali, autorizzandolo a continuare a
scrivere. Pietralata e protomonastero di Fiore Vetere Magnifying glass
icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Abbazia Florense. A Pietralata,
presumibilmente una contrada nei pressi di Marzi-Rogliano, da lui ribattezzata
Petra Olei, cominciarono a pervenire molti seguaci. Il primo fu Raniero da
Ponza, che in seguito fu legato apostolico in Francia e Spagna sotto papa
Innocenzo III. Pietralata divenne presto un luogo incapace di ospitare la
moltitudine di gente che accorreva a sentire Gioacchino; pertanto nell'autunno
del 1188 Gioacchino salì in Sila alla ricerca di un territorio che si potesse
abitare. Dopo varie perlustrazioni, si fermò nel luogo oggi denominato Jure
Vetere Sottano, attualmente nel comune di San Giovanni in Fiore. A sei mesi di
distanza dalla perlustrazione, abbandonò Pietralata e si trasferì con i suoi
discepoli in Sila sul luogo prescelto. Pietralata è un luogo avvolto nel
mistero e ancora oggi non identificato con sufficienti certezze. Dopo sei
mesi dal trasferimento, il re Guglielmo il Buono morì e gli subentrò sul trono
normanno Tancredi, già conte di Lecce. Furono proprio i funzionari di Tancredi
a contestare a Gioacchino l'insediamento in Sila, per cui l'abate dovette
recarsi a Palermo (primavera 1191) per discutere con il nuovo re. Dopo un
complesso confronto tra i due, durante il quale Tancredi propose all'abate di
trasferirsi presso l'abbazia della Matina «allora in stato di grave declino»
(proposta rifiutata in maniera decisa da Gioacchino), gli fu concesso di
restare in Sila[3], nel luogo prescelto, facendogli dono di un vasto tenimento
posto nelle adiacenze, aggiungendo 300 pecore e 30 some di grano per il
sostentamento della comunità religiosa. Da qui in avanti cominciò a costruire
il protomonastero di Fiore Vetere. Nel 1194, dopo la morte di Tancredi,
subentrò nel regno Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, il quale concesse
a Gioacchino un vasto tenimento in Sila e privilegi sovrani su tutta la
Calabria. La Congregazione florense Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Ordine florense e Florensi. In questo periodo,
dopo il diploma concesso da Enrico VI, Gioacchino fondò i monasteri di
Bonoligno e Tassitano e acquisì altri monasteri già italo-greci. Forte del
patrimonio terriero ed ecclesiale acquisito, Gioacchino si recò a Roma
ricevendo da papa Celestino III l'approvazione della Congregazione florense e
dei suoi istituti il 25 agosto del 1196. I florensi continuarono a
colonizzare il territorio assegnato e, affinché Fiore venisse articolato
secondo lo schema della Tav. XII, misero a coltura i territori di Bonolegno e
di Faradomus, facendosi aiutare molto probabilmente da gruppi di laici che
condividevano il progetto del novus ordo. Pertanto, con le acque del fiume
Garga, attraverso il canale cosiddetto badiale, fecondarono dapprima Bonolegno
e poi Faradomus. Da qui insorsero delle liti con i monaci greci del monastero
dei tre fanciulli, ubicato in prossimità di Caccuri, che contestarono ai
florensi l'occupazione di territori che secondo loro detenevano da tempi
immemorabili. I poveri florensi furono bastonati, malmenati e gli edifici in
costruzione distrutti. Tuttavia l'azione di costruzione dell'insediamento non
si fermò, fintanto che l'abate rimase in vita. Gioacchino morì il 30
marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta[4] e fu seppellito nel monastero florense
di San Martino di Canale. Il suoi resti furono traslati nell'abbazia di San
Giovanni in Fiore verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in
costruzione. L'abate Matteo Vitari, successore di Gioacchino, continuò l'opera
ampliando le fondazioni florensi; nel periodo del suo abbaziato, l'ordine
florense vantava oltre cento filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese,
ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparsi in Calabria,
Puglia, Campania, Lazio, Toscana e rendite che provenivano anche dalle lontane
terre di Inghilterra, Galles e Irlanda. I grandi benefattori dell'abate
Gioacchino e dell'Ordine florense La Congregazione florense prima e l'Ordine
florense poi ebbero molti benefattori; fra i tanti vale la pena
ricordare: Signore di Oliveti: diede a Gioacchino la possibilità di
vivere nel ritiro di Pietralata. Tancredi il Normanno: concesse a Gioacchino il
Locum Floris, il Tenimentum Silae, 300 pecore e 112,5 quintali di grano annui.
Enrico VI di Svevia: concesse a Gioacchino il Tenimentum Floris e tanti
privilegi imperiali. Gilberto, vescovo di Cerenzia: concesse il tenimento
Montemarco con la relativa abbazia e filiazioni dipendenti. Celestino III:
riconobbe la Congregazione florense e i suoi istituti religiosi. Costanza
d'Altavilla: ratificò a Gioacchino tutti i beni posseduti dal Monasterio Sancti
Johanni de Flore. Umfredo Colino e Simone de Mamistra, Giustiziere Regio della
Calabria: concessero a Gioacchino la tenuta di Caput Album (capo Arvo).
Ugolino, cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina, Legato Apostolico in Sicilia:
concesse a Gioacchino la tenuta Albetum in Caput Gratium (Albeto di Capo
Crati). Federico II di Svevia: concesse a Gioacchino le tenute Caput Album e
Caput Gratis. Andrea, arcivescovo di Cosenza: concesse a Gioacchino la chiesa
di San Martino di Jove in Canale (Pietrafitta). Stefano, vescovo di Tropea,
Gattegrima e Simone de Mamistra (Giustiziere Regio della Calabria), signori di
Fiumefreddo: concessero a Giacchino la chiesa di Santa Domenica, con tutte le
sue dipendenze, compreso i tenimenti Flumen Frigidum e Barbaro. Culto
Gioacchino da Fiore con l'aureola, affresco della fine del sec. XVI, cattedrale
di Santa Severina I seguaci di Gioacchino, subito dopo la sua morte, raccolsero
la biografia, le opere e le testimonianze dei miracoli ottenuti per sua
intercessione per proporne la canonizzazione. Questo primo tentativo
probabilmente abortì a seguito delle disposizioni del Concilio Lateranense IV,
che nel 1215 dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo contenute in
un libello accreditato ingiustamente a Gioacchino da Fiore. Tuttavia la seconda
Costituzione Conciliare sull'errore dell'abate Gioacchino dichiarò anche:
"Con ciò, però, non vogliamo gettare un'ombra sul monastero di Fiore, in
cui lo stesso Gioacchino è stato maestro, poiché ivi l'insegnamento è regolare
e la disciplina salutare. Tanto più che lo stesso Gioacchino ci ha inviato
tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti secondo il giudizio
della Sede apostolica. Ciò egli fece con una lettera, da lui dettata e
sottoscritta di proprio pugno, nella quale egli confessa senza tentennamenti di
tenere quella fede che ritiene la chiesa di Roma, madre e maestra, per volontà
di Dio, di tutti i fedeli" (Cost. 2). Dante Alighieri, nella Divina
Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel paradiso (canto XII, versi
139-141), tra la schiera dei beati sapienti, corrispondenti agli odierni
dottori della Chiesa, accanto ai santi Bonaventura da Bagnoregio, Rabano Mauro
e Tommaso d'Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante, emesso 110
anni circa dopo la morte dell'abate calabrese. Un secondo tentativo
d'avvio della canonizzazione fu compiuto dall'abate Pietro del monastero
florense, che si recò ad Avignone per portare al Sommo Pontefice tutta la
documentazione relativa alle grazie e ai miracoli ottenuti tramite l'abate
Gioacchino, sia durante la sua vita sia dopo la sua morte. È risaputo che
i cistercensi venerarono come beato l'abate Gioacchino, elaborandone perfino
l'antifona per il 29 maggio. Si ritiene che ciò sia avvenuto quando i florensi
furono fatti confluire nella Congregazione cistercense calabro lucana. I
gesuiti bollandisti nel loro calendario liturgico e nel loro messale avevano
incluso l'abate Gioacchino come beato, fissando per lui nell'anno due festività
celebrative. Il vescovo di Cosenza, Gennaro Sanfelice, denunciò
all'Inquisizione i monaci cistercensi di San Giovanni in Fiore poiché tenevano
continuamente accesa una lampada sull'altare vicino al sepolcro dell'abate Gioacchino.
Tale denuncia causò una serie di problemi relativi al culto e alle
reliquie. All'approssimarsi dell'VIII centenario della morte dell'abate
Gioacchino, il 25 giugno 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziò
nuovamente l'iter per la canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase
diocesana. Postulatore della Causa è stato nominato il don Enzo Gabrieli.
Opere Dialogi de prescientia Dei Gioacchino, esortato da papa Lucio III,
mise per iscritto la sua originale interpretazione delle Sacre Scritture. Le
sue opere principali sono: Concordia Novi ac Veteris Testamenti Expositio
in Apocalypsim Psalterium decem chordarum A queste vanno aggiunte:
Adversus Iudaeos- edizione Adversus Iudeos, Fonti per la storia d'Italia 95,
Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo Roma, Apocalypsis Nova De
Articulis Fidei - edizione De articulis fidei, Fonti per la storia d'Italia 78,
Roma, Tipografia del Senato, 1936. URL consultato il 30 aprile 2015. De
prophetia ignota De Septem Sigillis Dialogi de Praescientia Dei et de
praedestinatione electorum - edizione Dialogi de prescientia Dei et
predestinatione electorum, Fonti per la storia dell'Italia medievale.
Antiquitates 4, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo Roma, Enchiridion
super Apocalypsim Epistulae Inteligentia super calathis ad abbatem Gaufridum
Testamentum Universis Christi fidelibus Exhortatorium Iudeorum Genealogia Liber
Figurarum (scoperto da Leone Tondelli) Poemata duo (Visio admirandae historiae,
Hymnus de patria coelesti) Prefatio in Apocalypsim Professio fidei Quaestio de
Maria Magdalena Sermones Soliloquium Tractatus super quattuor Evangelia -
edizione Tractatus super quatuor evangelia, Fonti per la storia d'Italia 67,
Torino, Bottega d'Erasmo. Tractatus in expositionem et regulae beati Benedicti
Ultimis Tribulationibus Sono inoltre conosciuti: Testi apocrifi: Liber
contra Lombardum Super Hieremiam Praemissiones e Super Esaiam De oneribus
prophetarum Expositio super Sibillas e Merlino Vaticinia de Summis Pontificibus
(di dubbia provenienza) Altri manoscritti vari, chiamati Opuscoli. Le
intuizioni di Gioacchino da Fiore Secondo Gian Luca Potestà nella sua
recensione a Refrigerio dei Santi, Gioacchino da Fiore, "segna comunque
una svolta nella coscienza escatologica medievale, in quanto è il primo a
rompere il "tabù agostiniano" riguardo ad Apocalisse 20 e ad
avanzare, in modo cauto ma netto l'idea che la ligatio Sathane per annos mille
vada riferita al tempo imminente di pace terrena, situato fra la prossima
venuta dell'Anticristo e le persecuzioni finali di Gog e Magog." Sulla
stessa linea si pone Robert E. Lerner che evidenza come il teorema di
Sant'Agostino, della suddivisione della storia in tre periodi: Ante legem, sub
lege, sub gratia, viene rivisto da Gioacchino che introduce nel dramma il
quarto atto: Itaque tempus ante legem, secundum sub lege, tertium sub
evangelio, quartum sub spiritali intellectu", dimostrando così la sua
straordinaria originalità interpretativa delle Sacre Scritture.
Gioacchino da Fiore tra le tante ebbe tre interessanti e originali
intuizioni. Ha cercato e provato che esistono diverse forme di concordia
tra l'Antico e il Nuovo Testamento, il primo indissolubilmente legato al
periodo del Padre, il secondo indissolubilmente legato al periodo del Figlio. Da
questo concetto, noto come modello "binario della teologia della
storia", data la piena proporzionalità da lui riscontrata, intuisce la
possibilità di "proiettare con fiducia il corso della storia cristiana
oltre l'età apostolica sino al presente, e da qui verso il futuro."
(Lerner) Sulla base di questo sistema di concordanza tra i due Testamenti,
attraverso lo studio accurato delle Scritture, ritiene di poter scrutare nel
futuro, assicurando che i due Testamenti assicuravano le medesime certezze.
Dopo di che passa ad interpretare l'Apocalisse, l'ultimo libro del Nuovo
Testamento, e anche qui ritrova a suo modo di dire la continuità dell'intera
storia della chiesa, passata, presente e futura. Gioacchino ha sempre sostenuto
a chiare lettere di essere un interprete ispirato della Scrittura, piuttosto
che un profeta, egli, infatti, rifuggì dal rappresentare il tempo finale con
parole diverse da quelle direttamente tratte dalla Scrittura. Da questo
concetto binario, Gioacchino elabora un "modello ternario", connesso strettamente
alla santissima Trinità, dimostrandolo con alcuni concetti fondamentali
attraverso l'analisi teologico-iconografica delle lettere "ALFA" e
"OMEGA". Dallo sviluppo di queste due concezioni basilari Gioacchino
approdò allo sviluppo dei concetti riferiti alle "tre Età della Storia
terrena", sostenendo che se c'era stato il tempo in cui ha operato
prevalentemente il Padre e il tempo in cui ha operato prevalentemente il
Figlio, allora doveva esserci anche un tempo in cui opererà prevalentemente lo
Spirito Santo, che procede da Padre e dal Figlio. La scansione del tempo che
l'abate di Fiore elabora si basa sulle tre epoche fondamentali: Età del Padre:
corrispondente alle narrazioni dell'Antico Testamento, estesa nel tempo che va
da Adamo ad Ozia, re di Giuda (784-746); Età del Figlio: rappresentata dal
Vangelo e compresa dall'avvento di Gesù, estesa nel tempo che va da Ozia fino
al 1260; Età dello Spirito Santo: estesa nel tempo che va dal 1260 fino alla
fine del "millennio sabbatico", ovvero quel periodo in cui l'umanità
attraverso una vita vissuta in un clima di purezza e libertà avrebbe goduto di
una maggiore grazia. In questa età, una nuova Chiesa tutta spirituale,
tollerante, libera, ecumenica, prende il posto della vecchia Chiesa dogmatica,
gerarchica, troppo materiale.[6] L'età dello Spirito ricomprende le età
precedenti in un regno dove i conflitti sono pacificati, le guerre eliminate e
l'uomo rigenerato dallo svelamento dei misteri e s-secondo alcune
interpretazioni- il ricongiungimento di cristiani ed ebrei, fino ad ora divisi
dalla parziale illuminazione di Antico e Nuovo Testamento. Con tale
teorema Gioacchino estende il tempo della storia, proponendo la dilazione del
tempo della salvezza. Gioacchino elabora pertanto, prima il modello dell'albero
dei due avventi, poi i tre alberi, quello sviluppato nell'età del Padre, quello
sviluppato nell'età del Figlio e quello che si svilupperà nell'età dello
Spirito Santo. Gioacchino crede di vivere nella fase finale di una sesta età,
cui ne seguirà una settima e ultima, tutta intrastorica, fatta dell'incremento
dei doni dello Spirito fino al compimento del sabato eterno, stagione della
pienezza della grazia donata. Nell'età dello Spirito l'etica non ha più il
carattere punitivo e rigido dell'età del Padre: il disvelamento è una
progressiva apertura verso un Dio benevolente, essenzialmente Amore, in cui si
muove da una Padre dell'Antico Testamento, che è giudice/Dio guerriero/padrone
dell'uomo e della natura severo-vendicativo e misterioso/trascendente, al Figlio
che dona la vita per la salvezza dell'uomo mostrandosi come Amore e Verità,
allo Spirito che completa questa dimensione rivelata. L'inesorabilità
della storia, secondo Gioacchino, è data da un ossessionante computo delle
generazioni, che a volte valgono un'estensione di tempo a volte no. Con questo
meccanismo complesso elabora una sorta di "linea del tempo", che va
dalla "Genesi" al "Giudizio Universale". I due capi segnano
i confini estremi della storia della salvezza che si sviluppa all'interno di
questa linea del tempo. Gioacchino si chiede quanto è lunga questa linea del
tempo e a quale punto di questa linea egli si trova, quindi da qui sviluppa una
serie di calcoli e combinazioni teologiche del tutto originali. Robert E.
Lerner sostiene che "Nella sua visione, ciò poteva essere conseguito
soltanto con lo studio il più approfondito della Scrittura ed egli si sentiva
fiducioso che, mediante nuove strategie di lettura, sarebbe stato in grado di
portare alla luce messaggi predittivi della Scrittura, che sino ad allora erano
rimasti segreti." Tutta la sua attività ha finito per qualificarlo come un
ambizioso pensatore cristiano, ricercatore irrefrenabile di parallelismi,
allusioni e predizioni. Il filosofo Giovanni Giraldi sottolinea invece l'aspetto
in cui Gioacchino da Fiore parla di Età dello Spirito riferendosi
esplicitamente ad un ordo spiritualis monachorum, una sorta di chiesa
privilegiata di monaci - spiriti superiori - in seno alla Chiesa di Cristo, e
quindi non una chiesa alternativa[7]. Nel suo Monasterium delinea una
struttura sociale, ovviamente a carattere teologico, ma dove gli umani trovano
la loro collocazione non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma
in base alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative,
persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute,
studiosi etc) e sotto la pacifica guida di un abate. Il Monasterium ipotizza
una riforma radicale e una ristrutturazione che mette in crisi l'organizzazione
della chiesa che condanna pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio
Lateranense del 1215: per l'affermazione di un disvelamento progressivo di Dio
in tre epoche che mette in crisi l'idea dell'Unità delle Tre Persone divine,
per la teoria di fondo secondo cui la verità non si esaurisce col
cristianesimo, ma occorre un altro evento che ripari la storia, permettendo
agli uomini di godere di un'età di perfezione. Monasterium All'interno
dei suoi ossessionanti calcoli cronosofici e millenaristi Gioacchino da Fiore
elabora anche uno schema di vita religiosa per il tempo futuro, quello dello
Spirito, riassunto nella tavola XII del Liber Figurarum. Esso descrive una
congregazione religiosa, raggruppata in un insediamento denominato Monasterium,
formata da persone con diversa spiritualità, raggruppate sapientemente in sette
oratori[1]: Oratorio della Santa Madre di Dio e della Santa Gerusalemme:
in tale oratorio si trova l'abate Oratorio di San Giovanni Evangelista:
dedicato alla vita contemplativa Oratorio di San Pietro: dedicato agli anziani
o ai deboli di salute, lavori manuali leggeri Oratorio di San Paolo: dedicato
allo studio Oratorio di San Stefano: dedicato a chi ha inclinazione per la vita
attiva Oratorio di San Giovanni Battista: per sacerdoti e clerici Oratorio del
santo patriarca Abramo: per laici coniugati e le loro famiglie Al Monasterium
potevano quindi partecipare laici coniugati e non, clero secolare e
conventuale, monaci spirituali. Tutti vivono sotto la guida di un unico abate
che presiede l'istituto religioso, disponendo e regolando, per i gruppi e per
ognuno, una sorta di scala d'accesso al Paradiso, da conquistare vivendo nella
comunità. L'insediamento religioso è strutturato a modello di nuova Gerusalemme
terrena con schema somigliante alla Gerusalemme dei cieli. Il Monasterium
gioachimita delinea diversi aspetti comportamentali e sociali che rispettati
saranno utili a varcare la porta d'accesso alla vita eterna. Il passaggio da un
oratorio ad un altro si conquista glorificando il Padre eterno, ognuno per le
proprie possibilità e a seconda del grado spirituale concesso ad ogni singolo
individuo da Dio. Il progresso spirituale non è precluso a nessuno, per cui
tutti possono aspirare ad accedere al Paradiso. Il modello proposto dal
Monasterium rappresentò una rivoluzione per due aspetti: esso affranca
ampi strati della società sia dalla feudalità ecclesiastica sia da quella
"baronale"; esso coinvolgeva tutti i modelli religiosi integrando nel
Monasterium perfino i laici, che al tempo erano ai margini della vita religiosa
e della società civile. Questo modello monastico fu quindi osteggiato anche
all'interno della chiesa del XIII secolo. Diffusione del pensiero
gioachimita Concilio Lateranense e prime reazioni La complessa e innovativa
teologia della storia generò tensioni, specialmente nella scuola teologica di
Parigi, storicamente a lui avversa. Nel 1215, il Concilio Lateranense IV
dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo di un'opera sulla Trinità
falsamente attribuita a Gioacchino. Da questo equivoco se ne generarono altri,
fintantoché lo stesso Papa Innocenzo III con bolla del 2 dicembre 1216 informa
il vescovo di Lucca di non infamare l'abate Gioacchino, giacché l'Abate è
considerato dalla Curia Romana un vero Cattolico (eum virum catholicum
reputamus). Con parole dello stesso tenore si espresse Papa Onorio III con la
Bolla del 5 dicembre 1220 con cui dà mandato all'arcivescovo di Cosenza (Luca
Campano) di difendere i Monaci Florensi dalle false accuse rivolte al loro
fondatore. Neo Gioachimiti e il Gioachimismo Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Gioachimismo. Nei secoli, il pensiero
di Gioacchino da Fiore è stato studiato, divulgato e diffuso. Si possono
distinguere due gruppi di studiosi: i gioachiniani e gioachimiti, che
hanno rispettato fedelmente le opere originarie; gli pseudo gioachimiti o
gioachimisti, che hanno recepito solo in parte le tesi proposte, spesso
aggiungendo teoremi teologici estranei al pensiero originario. Tra i più grandi
sostenitori dell'abate calabrese furono certamente i monaci florensi che ne
seguirono la dottrina e l'esempio, ma egli suscitò interesse anche presso
alcuni monaci cistercensi tra i quali: Luca Campano: il primo dei seguaci
eloquenti, egli fu scriba dell'abate nell'abbazia di Casamari, poi abate della
Sambucina e infine Arcivescovo di Cosenza; a lui si ascrive una “vita” di
Gioacchino Raniero Da Ponza: monaco vissuto a stretto contatto con Gioacchino,
come “socio”, a Pietralata e a Fiore, tra il 1188 e il 1195; egli fu poi
nominato da Papa Innocenzo III legato Apostolico in Francia meridionale e
Spagna e in quelle terre diffuse la teologia di Gioacchino da Fiore, spargendo
in quelle terre diversi semi che germineranno nel corso del secolo XIII.
l'abate Matteo da Fiore de la Tuscia, che fu il suo primo successore e guidò la
Congregazione Florense, finché non fu eletto arcivescovo di Cerenzia. Egli ebbe
il merito di far copiare, ricopiare, ovvero duplicare tante volte tutte le
opere di Gioacchino per diffonderle nei principali centri religiosi della
penisola italiana e in tutta Europa. Se le opere di Gioacchino da Fiore sono
giunte fino ai nostri giorni gran merito va all'abate Matteo da Fiore e agli
scriba e amanuensi florensi che si adoperarono in questo immane lavoro di
copiatura e duplicazione. La teologia di Gioacchino grazie a questi tre uomini
si diffuse rapidamente, specialmente presso i Francescani spirituali francesi e
italiani in vario modo. Tra questi: Il provenzale Ugo de Digne, Giovanni
da Parma, discepolo di Ugo e Gerardo di Borgo San Donnino, discepolo a sua
volta di Giovanni da Parma, che si fece promotore del concetto relativo al
Vangelo Eterno; scomunicato per eresia, fu condannato al carcere a vita Tra gli
altri, si avvicinarono al pensiero di Gioacchino: Salimbene de Adam da
Parma, l'inglese Ruggero Bacone, la suora dell'ordine delle Umiliate Guglielma
la Boema, la consorella Maifreda da Pirovano e il teologo laico di questo
gruppo milanese Andrea Saramita, il francescano francese Pietro di Giovanni Olivi
(1248-1298), che influenzò Giovanni di Rupescissa (Jean de Rochetaillade)
(1300/1310-1366) e Giovanni di Bassigny. il provenzale Raymond Geoffroi, Ministro
generale francescano. Ubertino da Casale, immortalato nelle pagine di Dante,
era insieme a Pietro di Giovanni Olivi in Santa Croce a Firenze, il pesarese
Angelo Clareno, riconosciuto fondatore dei Fraticelli della vita povera, e i
seguaci di quest'ultimo, amico di Ubertino da casale. Michele da Cesena e
Jacopone da Todi, l'eclettico spagnolo Arnaldo de Villanova, Francesco
d'Appignano (Francesco della Marchia) (1285-90- dopo il 1344), l'inglese Guglielmo
di Ockham, il francese Jean de Jandun (Giovanni di Janduno) (ca.1280-1328),
Marsilio da Padova, Bernard Délicieux, Gentile da Foligno, priore generale
degli agostiniani nel 1332. Michele Berti da Calci. Papa Celestino V, Cola di
Rienzo, il sassone Federico di Brunswick, lo spagnolo Francesc Eiximenis, Nicola
di Buldesdorf (?- 1446), Girolamo Savonarola (1452-1498) Certo quest'elenco è
solo una piccola parte di un numero molto più folto di uomini colti che sono
stati influenzati dalla sua teologia. Nonostante molti francescani
spirituali abbiano subito condanne e reclusioni come filo gioachimiti o
ritenuti tali, l'influenza di Gioacchino nell'ordine dei fraticelli d'Assisi
rimase viva, sia nella prima fase sia nei periodi successivi. La prova più
eclatante è la presenza di Gioacchino nell'arte medievale: Nell'apparato
scultoreo e figurativo del Duomo di Assisi, Nella Divina Commedia Gioacchino e
le sue idee vengono citate direttamente o indirettamente diverse volte Paradiso,
Canto XII, la struttura urbanistica che i francescani dettero alle prime
fondazioni americane, quali Puebla de Los Angeles, Veracruz, Los Angeles, ecc.
la struttura compositiva elaborata da Michelangelo Buonarroti nella Cappella
Sistina, secondo lo studio di H. W. Pfeiffer S.J. Anche nella Chiesa cattolica
contemporanea, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, diversi osservatori
individuano il fiorire della ecclesia spiritualis di concezione gioachimita.
Secondo l'analisi accurata di Henri-Marie de Lubac, teologo gesuita e poi
cardinale, fra questi protagonisti della storia recente influenzati dal
gioachimismo abbiamo[8]: papa Giovanni XXIII con la sua invocazione a
<<una nuova Pentecoste», contrapponendo lo «spirito» del Concilio alla
sua «lettera» e nuova Chiesa «spirituale» al posto di quella vecchia «carnale»;
la <<Chiesa dei poveri>> del cardinale Giacomo Lercaro e del suo
teologo don Giuseppe Dossetti, la corrente intellettuale dominante nel
cattolicesimo italiano della seconda metà del secolo XX; Ignazio Silone su papa
Celestino V, «figlio degli Abruzzi e di un cattolicesimo popolare impregnato di
gioachimismo»; la "teologia della speranza" del gesuita Michel de Certeau
e del protestante Jürgen Moltmann, ispirate dalle concezioni escatologiche di
Ernst Bloch. Barack Obama fece del pensiero di Gioacchino da Fiore, un punto di
riferimento: il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama, nella
stesura della sua tesi di laurea, lo citò a più riprese durante la sua campagna
elettorale per le presidenziali[9], che definisce come "maestro della
civilta' contemporanea" e "ispiratore di un mondo più giusto",
usato non come citazione generica ma con specifico riferimento al moto
"change we can", <<per indicare la necessità di un cambiamento
radicale della storia.[...], citando il portabandiera di una società più
giusta, e pensando all'apertura di un'epoca straordinaria, in cui lo spirito
riuscirà a cambiare il cuore degli uomini>> Centro Internazionale Studi
Gioachimiti Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. Il Centro Internazionale Studi
Gioachimiti cura l'edizione critica delle opere scritte da Gioacchino da Fiore,
conservate in diversi codici manoscritti sparsi in diversi luoghi del mondo.
Esso opera attraverso un Comitato Scientifico Internazionale e un Comitato
Editoriale Internazionale e promuove ogni cinque anni un Congresso
Internazionale di Studi a tema, relativo a Gioacchino dal Fiore e al
Gioachimismo. A cadenza annuale stampa la rivista Florensia che contiene studi
connessi a Gioacchino e al Gioachimismo. Causa di Beatificazione e
celebrazioni dell'VIII centenario della morte Nel 2001 l'arcivescovo di Cosenza-Bisignano
Giuseppe Agostino ha riaperto il processo di canonizzazione. Nello stesso anno
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha istituito il Comitato per le
celebrazioni dell'VIII centenario della morte dell'Abate Gioacchino da Fiore per
promuovere la conoscenza di Gioacchino e del suo pensiero. Il programma fu
redatto da Cosimo Damiano Fonseca, Professore di Storia Medioevale
all'Università degli Studi di Bari, Accademico dei Lincei e direttore del
Comitato scientifico del Centro Internazionale Studi Gioachimiti. Il comitato
che ha agito, ha promosso tre congressi: il primo itinerante da Roma a
San Giovanni in Fiore, passando per Casamari, Fossanova, Anagni, Cosenza, Luzzi
e Pietrafitta, il secondo a Bari, il terzo a Palermo. Il Comitato per le
Celebrazioni ha anche promosso l'edizione della raccolta dei Codici
Gioachimiti, l'Atlante delle Fondazioni Florensi, un libro sulle vicende
dell'Ordine Florense, un altro relativo ai Vaticini, conservati presso la
biblioteca del duomo di Monreale. Gioacchino da Fiore e il Carattere
Meridiano del Movimento Francescano in Calabria Editor il testo Luca
Parisoli Note ^ Gustavo Valente "Chiese conventi confraternite e
congreghe di Celico e Minnito" Frama Sud ^ Pasquale Lopetrone, La Domus
che dicitur mater omnia, soveria Mannelli, Rubbettino, 2006. ^ Il tempo
dell'apocalisse, Lopetrone, San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta-restauri,
San Giovanni in Fiore, Pubblisfera, Gioacchino da Fiore - Manuale di storia
della filosofia medievale ^ S. Magister, Riletture. Su Gioacchino da Fiore non
tramonta mai il sole, chiesa.espressonline.it, Filmato audio Giovanni Giraldi,
Giovanni Giraldi: dialogo con De Lubac su Gioacchino Da Fiore, su YouTube, H.
De Lubac, Posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, II. Da Saint-Simon ai
nostri giorni", Jaca Book, Milano, L'eretico obamita-Il profeta
democratico si ispira a Gioacchino da Fiore, mistico medioevale Con la sua idea
(fraintesa) del paradiso in terra aveva irretito la modernità, su il Foglio, di
Mattia Ferraresi USA: DON BAGET BOZZO, INTERESSANTE CHE OBAMA CITI GIOACCHINO
DA FIORE-una finezza culturale che vorrei capire meglio, di don Gianni Baget
Bozzo, a Adnkronos, Roma. Bibliografia: Gioacchino da Fiore, Sull'Apocalisse,
(a cura di Andrea Tagliapietra), Feltrinelli, Milano, Gioacchino da Fiore,
Introduzione all'Apocalisse, (prefazione di Kurt-Victor Selge, traduzione di
Gian Luca Potestà), Viella, Roma, 1996. Gioacchino da Fiore, Commento ad una
profezia ignota, (a cura di Matthias Kaup, traduzione di Gian Luca Potestà),
Viella, Roma, 1999. Gioacchino da Fiore, Trattato sui quattro vangeli, (a cura
Gian Luca Potestà, traduzione di Letizia Pellegrini), Viella, Roma, 1999.
Gioacchino da Fiore, Dialoghi sulla prescienza divina e predestinazione degli
eletti, (a cura di Gian Luca Potestà), Viella, Roma, 2001. Gioacchino da Fiore,
Il Salterio a dieci corde, (a cura di Fabio Troncarelli), Viella, Roma, Gioacchino
da Fiore, Sermoni, (a cura di Valeria de Fraja), Viella, Roma, 2007. Gioacchino
da Fiore, I sette sigilli/De septem sigillis, (a cura di J.E. Wannenmacher,
traduzione di Alfredo Gatto), con un saggio di Andrea Tagliapietra, Mimesis,
Milano, Studi Antonio Maria Adorisio, La “leggenda” del santo di Fiore / Beati
Ioachimi abbatis miracula, Vechiarelli, Manziana, 1989. Ernesto Buonaiuti,
Gioacchino da Fiore: i tempi, la vita, il messaggio, Collezione meridionale,
Roma, Carmelo Ciccia, Dante e Gioachino da Fiore, in “La sonda”, Roma, dicembre
1970; poi incluso nel libro dello stesso autore Impressioni e commenti,
Virgilio, Milano, Carmelo Ciccia, Dante e Gioacchino da Fiore, con postfazione
di Giorgio Ronconi, Pellegrini, Cosenza, 1997. Carmelo Ciccia, La santità di
Gioacchino da Fiore (Par. XII), in Allegorie e simboli nel Purgatorio e altri
studi su Dante, Pellegrini, Cosenza, Carmelo Ciccia, Saggi su Dante e altri
scrittori: Gioacchino da Fiore..., Pellegrini, Cosenza, Luigi Costanzo, Il
profeta calabrese, Direzione della Nuova Antologia, Roma, Antonio Crocco,
Gioacchino da Fiore e il gioachimismo, Liguori, Napoli, Francesco D'Elia,
Gioacchino da Fiore un maestro della civiltà europea- antologia dei testi
gioachimiti tradotti e commentati-, Rubbettino, Soveria Mannelli, Valeria de
Fraja (a cura di), Atlante delle fondazioni Florensi, vol. II, Rubbettino
Editore, Soveria Mannelli, 2006. Valeria de Fraja, Oltre Cîteaux. Gioacchino da
Fiore e l'ordine florense, Viella, Pietro De Leo, Gioacchino da Fiore: aspetti
inediti della vita e delle opere, Rubbettino, Soveria Mannelli, Henri de Lubac,
La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, Jaca Book, Milano, Francesco
Foberti, Gioacchino da Fiore, Sansoni, Firenze, 1934. Enzo Gabrieli, Una Fiamma
che brilla ancora, La Fama sanctitatis dell'Abate Gioacchino, Comet Editor
Press, Cosenza, 2010. Herbert Grundmann, Studien uber Joachim von Floris,
Leipzig-Berlin, Herbert Grundmann, Gioacchino da Fiore. Vita e opere, a cura di
G. L. Potestà, traduzione di S. Sorrentino, Viella, 1997. Pasquale Lopetrone,
Monastero di San Giovanni in Fiore-Repertorio del cartulario, S. Giovanni in
Fiore, Edizioni Pubblisfera, 1999. Pasquale Lopetrone, La cripta
dell’archicenobio florense: strutture originarie e superfetazioni storiche, in
«Florensia», Bollettino del Centro Internazionale Studi Gioachimiti, Comunicazioni
al 5º Congresso Internazionale di Studi Gioachimiti – San Giovanni in Fiore-
Settembre 1999, Gioacchino da Fiore tra Bernardo di Clarvaux e Innocenzo III»,
Edizioni Dedalo, Bari, Pasquale Lopetrone, La chiesa abbaziale florense di San
Giovanni in Fiore, Librare, Pasquale Lopetrone, La localizzazione del
protomonastero di Fiore. Cronaca dell’attività ricognitiva in «Florensia»,
Bollettino del Centro Internazionale Studi Gioachimiti, Pasquale Lopetrone, Il
proto monastero florense di Fiore, origine, fondazione, vita, distruzione,
ritrovamento, in «Abate Gioacchino» Organo trimestrale per la causa di
canonizzazione del Servo di Dio Gioacchino da Fiore, Tipografia grafica cosentina,
Cosenza, Pasquale Lopetrone, La «Domus que dicitur mater omnium» - Genesi
architettonica del proto Tempio del Monasterium florense, in (a cura di) C. D.
Fonseca, D. Rubis, F. Sogliano, Jure Vetere. Ricerche archeologiche nella prima
fondazione monastica di Gioacchino da Fiore, Rubettino, Soveria Mannelli, Pasquale
Lopetrone (a cura di), Atlante delle fondazioni Florensi, vol. I, Rubbettino Editore,
Soveria Mannelli, P. Lopetrone, L’architettura florense delle origini, in AA.
VV., Gioacchino da Fiore, Librare, S. Giov. in F. Pasquale Lopetrone, La chiesa
dell’archicenobio florense di San Giovanni in Fiore- Cronologia, in «Abate
Gioacchino» Organo trimestrale per la causa di canonizzazione del Servo di Dio
Gioacchino da Fiore, Tipografia grafica cosentina, Cosenza, Pasquale Lopetrone,
Il modello della Chiesa Florense sangiovannese, in (a cura di) C. D. Fonseca, I
Luoghi di Gioacchino da Fiore- Atti del primo Convegno internazionale di
studio- Casamari, Fossanova, Carlopoli-Corazzo, Luzzi-Sambucina, Celico,
Pietrafitta- Canale, San Giovanni in Fiore, Cosenza, Viella, Roma, Pasquale
Lopetrone, Il Cristo fotoforo florense Pubblisfera, San Giovanni in Fiore, Pasquale
Lopetrone L'effigie dell'abate Gioacchino da Fiore, in VIVARIUM - Rivista di
Scienze Teologiche- Anno XX- n.3, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore (Cs) Pasquale
Lopetrone, San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta-restauri, Pubblisfera,
San Giovanni in Fiore (CS) Pasquale Lopetrone, Le prime fondazioni florensi in
D. Dattilo (a cura di), Agger bruttius. Civiltà dell’interno, Ferrari editore,
Rossano, Stella Marega, Un simbolo nella
storia. Il contributo alla riscoperta di Gioacchino da Fiore in Sacrum
Imperium, in Heliopolis. Culture, civiltà, politica, anno XI, n. 1, pp. 40-51.
Stella Marega, Gioacchino da Fiore, in Heliopolis. Culture, civiltà, politica, H.
W. Pfeiffer, La Sistina Svelata, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 2007.
Salvatore Piccoli, «L'Abbazia di Corazzo e Gioacchino da Fiore», Calabria
Edizioni, Lamezia Terme, 2010 seconda edizione ampliata. Antonio Piromalli,
Gioacchino da Fiore e Dante, Rubbettino, Soveria Mannelli, Gian Luca Potestà,
Il Tempo dell'apocalisse - Vita di Gioacchino da Fiore, Laterza, Bari, 2004.
Alfredo Prisco, Nuove scoperte sulle figure, sulle parole e sulle pietre di
Gioacchino da Fiore, Pubblisfera 2013 Franco Prosperi, Gioacchino da Fiore e le
sculture del Duomo di Assisi, Dimensione Grafica Editrice, 2003. Marjorie
Reeves e Warwick Gould, Gioacchino da Fiore e il mito dell'evangelo eterno
nella cultura europea, Viella, 2000. Matthias Riedl (ed.), A Companion to Joachim
of Fiore, Leiden, Brill, Francesco Russo, Bibliografia gioachimita, L. S.
Olschki, Firenze, 1954. Antonio Staglianò, L'abate calabrese: fede cattolica
nella Trinità e pensiero teologico della storia in Gioacchino da Fiore;
presentazione di Gianfranco Ravasi, postfazione di Piero Coda, Libreria
editrice vaticana, Città del Vaticano, Andrea Tagliapietra, Gioacchino da Fiore
e la filosofia, il Prato, Saonara, Leone Tondelli, Il libro delle figure
dell'abate Gioachino da Fiore, 2 voll. (in collaborazione con Marjorie E.
Reeves e Beatrice Hirsch-Reich), S.E.I., Torino, 1953 (1ª edizione 1940). Fabio
Troncarelli, Il ricordo del futuro-Gioacchino da Fiore e il gioachimismo
attraverso la storia, Adda Editore, 2006. Voci correlate Ordine Florense
Abbazia Florense Ernesto Buonaiuti Herbert Grundmann Leone Tondelli Antonio
Piromalli Gioachimismo Giovanni apostolo ed evangelista Riforma spirituale
medioevale. Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Modifica su Wikidata Gioacchino da Fiore, in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gioacchino da Fiore, in Dizionario di
storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Gioacchino da Fiore, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Raniero
Orioli, Gioacchino da Fiore, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Gioacchino da Fiore, su ALCUIN, Università di
Ratisbona. Modifica su Wikidata Opere di Gioacchino da Fiore / Gioacchino da
Fiore (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Gioacchino da Fiore, su Open Library, Internet Archive. Bibliografia su
Gioacchino da Fiore, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Modifica su
Wikidata (EN) Gioacchino da Fiore, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton
Company. Modifica su Wikidata Gioacchino da Fiore, su Santi, beati e testimoni,
santiebeati.it.Centro Studi Gioachimiti, su centrostudigioachimiti.it. Lettera
dal Vaticano Neo-Gioacchimismo, su stereo-denken.de. Gioacchino e i “duo viri”.
Una profezia per immagini, su esplorazionicosentine.wordpress.com. Gioacchino
da Fiore. Fiore. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fiore:
implicature” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760692114/in/dateposted-public/
Fiormonte Domenico – filosofo.
Grce e Fiorentino
– filosofia italiana – Luigi Speranza (Sambiase). Filosofo. Grice: “I like
Fiorentino; for one, he influenced Gentile – Fiorentino managed to write two
important tracts: a systematic ‘manuale’, of ‘elementi di filosofia’ with a
section on semantics, communication, and language – his view of the latitudinal
history of philosophy – and a ‘storia della filosofia,’ again seen as a manual,
literally handbook! Both very clear and to the right audience!” Figlio di Gennaro,
chimico e farmacista, e da Saveria Sinopoli. Fu educato da Giorgio e Bruno
Sinopoli, rispettivamente zio e fratello di sua madre, entrambi sacerdoti, e
venne influenzato dal pensiero e dagli scritti di Capocasale e Galluppi. Studia
filosofia a Nicastro, sotto Marco e Crecca, insigni filosofi e latinisti.
Trascorre il suo tempo libero nel caffè letterario "Cherry Plum",
luogo d'élite che attira gli filosofi. Iniziò a farsi conoscere tra i coetanei
di Sambiase, costruendosi una discreta reputazione. Si trasferì a
Catanzaro dove intraprese gli studi di giurisprudenza. Sarebbe probabilmente
divenuto un avvocato se la filosofia non fosse stata la sua innata passione.
All'indomani dell'ignominosa resa del generale Ghio e dei suoi dodicimila
soldati borbonici a Soveria Mannelli, nell'incontrare Garibaldi a Maida,
Fiorentino gli si avvicinò per congratularsi del successo ottenuto gridando:
«Viva l'annessione, vogliamo l'annessione!» Dopo l'Unità d'Italia, venne
nominato, con decreto regio, professore di filosofia a Spoleto. La sua fama di
intellettuale e filosofo aveva varcato i confini della sua natia regione.
Si iniziato in Massoneria, nella Loggia Felsinea di Bologna. Da Spoleto
presto passa a Maddaloni, dove approfondì sempre più i suoi studi. Pubblica Il
“panteismo” di Bruno. Rivedeva molto di sé nel carattere e nel martirio
di Bruno. La stessa affinità che, sia pure in chiave politica, ritrova Gioberti,
grande statista. Il saggio su Bruno gli valse la cattedra a Bologna che era
stata di Spaventa. Si occupa della storia della filosofia romana,
contemporaneamente si interessò dell'epoca risorgimentale mettendo in risalto
filosofi pocco conosciuti, quale A B C D ed E. Scrosse “La filosofia romana”; Pomponazzi;
e “Scritti varii”. Seguì l'opera su Telesio data alle stampe in Firenze. Si
trasferì a Napoli e Pisa. A Pisa pubblica “Elementi di filosofia” e il Manuale
di Storia della Filosofia. Di lui risaltava lo stile incisivo e spigliato.
Fonda il Giornale Napoletano. con le sue prefazione e note, pubblicò
"Poesie Liriche edite ed inedite di Tansillo" (Domenico Morano,
Napoli). Altre opere: “Volgarizzazione dell'Itinerario della mente a Dio di S.
Bonaventura, dei Libri del Maestro, Dell'immortalità dell'anima e Del libero
arbitrio di S. Aurelio Agostino, del Proslogio di Anselmo d’Aosta, Messina, Sul
panteismo di Giordano Bruno” (Napoli); Saggio storico sulla filosofia greca”
(Firenze); “Pomponazzi, studi storici sulla scuola bolognese e padovana del
secolo XVI” (Firenze); “Telesio, ossia studi storici sull'Idea della Natura nel
Risorgimento [Rinascimento] italiano” (Firenze); “La filosofia contemporanea in
Italia, Napoli, Scritti vari di letteratura, poesia e critica, Napoli); “Elementi
di filosofia, Napoli); “Della vita e opere di Grazia, Napoli); “Manuale di
storia della filosofia, Napoli); “Il Risorgimento filosofico nel Quattrocento,
Napoli, L. Lo Bianco, Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo
ed., Roma, G. Galati, Interpretazione dell'opera, in «Archivio storico della
filosofia italiana», G. Oldrini, “La cultura filosofica napoletana
dell'Ottocento” (Bari); Di Giovanni, A cento anni dalla nascita dell'idealismo
italiano, in «Bollettino della Società Filosofica Italiana», Treccani
Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Il contributo italiano alla sFilosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Formazione del linguaggio. Il linguaggio e la
prerogativa umana. Tra tutti gli animali l’uomo solo parla : e poiché l’uomo
solo è forsia (li'u^wujqko aito (Vi ntoli ia'ciiz a, è naturale che tra cotesti
due fatti |uU£li^tJtp si) cercato di trovare un nesso necessario. Ammessa
questa mutua connessione, la domanda che naturalmente ne deriva, è questa. L’uomo
parla perchè ragiona? o, al rovescio, ragiona perchè parla? Teoria K
tradizionalistica sull’origine del linguaggio e sua critica. Le due opposte
sentenze hanno trovato sostenitori. Una scuola detta de’ tradizionalisti non
solo ha ammesso la necessità della parola per pensare, ma, com’era inevitabile,
ha riconosciuto necessaria la rivelazione divina per la origine del linguaggio
umano. Il corollario e perfettamente logico. Se l’uomo non può inventar nulla
senza pensare; e se, per pensare, c’è (i) [Principale rappresentante moderno
del tradizionalismo è il francese visconte Luigi de Bonald). Jrr*“ ilwlWuii) 6
JL^XÒru) di mestieri la parola, il linguaggio non poteva più derivare
dall’uomo; e quindi a lui doveva essere stato rivelato da Dio. Una difficoltà
molto ovvia non è stata però tenuta in conto. Come si fa a capire il
linguaggio, se non è opera nostra, e se al suono esteriore non risponde nell’animo
nostro il pensiero associatovi? Perchè il cavallo, il cane, benché odano il
suono delle parole, non ne comprendono il significato! Gioberti, che rinfresca
il tradizionalismo, cerca di evitare questo scoglio, distinguendo il pensiero p
rimitivo, intuitivo, che precede il linguaggio, dal pensiero riflesso, che gli
tien dietro e lo presuppone. Il linguaggio, per Gioberti, non è il fattore
delle idee, ma l’istrumento indispensabile, perchè esse siano ripensate. Poiché
però le idee nell’intuito mancano di distinzione, anche lui dovette sostenere
la rivelazione per l’origine del linguaggio umano. Senza entrare in risposte
astruse, noi opponiamo a questa dottrina un fatto molto comune. Poiché l’intuito
delle idee è sempre presente, e poiché il suono del linguaggio colpisce il
bambino fin dal suo primo nascere, perchè questi noi comprende subito, nò
subito parla? Dati i due co-efficienti, l’intuito dell’idea e il suono esterno della
parola, l’intelligenza dovrebbe immantinenti balzar fuora; ed intanto non è
così, e ci vuole un lavoro lento ed assiduo, prima d’ intendere il valore del linguaggio.
A (oM^Y^O l*< Tt.cC)) Teoria r azionale y. Lasciando dunque la mistica
spiegazione di una rivelazione divina, la quale s’impiglierebbe in altre difficoltà,
a spiegare, p. es., come Iddio, puro spirito, possa sensibilmente parlare, veniamo
alla spiegazione umana . Linguaggio e universali. L’uomo parla soltanto q uando
è capace di idee generali. Perciò noi abbiamo a<mr>v fatto seguire alla
formazione di queste la formazione del linguaggio , che n 7 è la conseguenza.
Come l’individuo è chiuso in sè ed irrelativo, così JL^ la sensazione, che vi
corrisponde, è muta. Il linguaggio è comuni chevolezza tra spirito e spirito, e
ciò che v ? ha T di comune tra loro è, e non può essere altro, che l’universale.
1***^*» (s) I nomi. L’universale ha però diversi gradi, e sul primo formarsi
non esprime altro che limi rappresentazione comune a più individui percepit i.
In questo si fonda l’imposizione dei nomi, che si desume sempre da quella
proprietà che più ha colpito l’immaginazione di un mainili <U*^fvTcj.
popolo. Così, p. es., guardando il mare, imo può { rimanere più scosso dalla
sua mobilità, un altro dalla nr ] sua ampiezza , un altro dal suo colore ; e da
ciascuna di queste proprietà può imporgli un nome diverso. Le altre note
rimangono in seconda linea. Fermarsi sopra di una nota, a preferenza di
un’altra , dipende poi dal diverso genio del popolo che si crea il linguaggio.
Perciò non senza ragione la filologia moderna s’ingegna d’indovinare le
concezioni nascenti devòlversi popoli dalle radici delle parole primitive. Il
con questo metodo, riscontrando talune parole sanscrite, greche e latine, che
si trovano le stesse, appresso tre rami di una sola razza, dimostra a che grado
di civiltà essi fossero pervenuti prima di sparpagliarsi per varie ragioni.
Comune, p. es., è la parola che significa il umo. Dunque, prima di dividersi,
questi popoli avevano appreso ad estrarre il succo dalle uve. (A^tVvJ — Vc^fi
IktcrrtsblC? <&Jt*/fl'n'tT tZjÉXjjrtmu Z Ain . f"r2rH^-££ RaA^ L
^ia^AA*-**** t^x<^ 7 r •<!T- J e /e altre parti del discorso.
L’imposizione de’ nomi costituisce però la materia greggia di una lingua; e
corrisponde appunto alla virtù rappresentativa dello spirito. L’attività dello
spirito stesso è *signi-ficata* dal verbo, che è perciò l’elemento organico, e
dalla cui più perfetta determinazione dipende la perfezione maggiore di una
lingua. Le altre particelle, — preposizioni, congiunzioni, avverbi, — esprimono
l’elemento formale e categorico del pensiero. Esprimono astrattamente le
relazioni di cui sono capaci tanto gli oggetti, quanto l’attività medesima del
nostro pensiero. [ >*<0 non x 3) Radici e flessioni. Nel nome e nel verbo
si distingue la rappresentazione originaria da quelle determinazioni che dip
oi, nel processo del linguaggio, le si sogliono aggiungere; c’è quindi in
entrambi la radice e la flessione. Quando la lingua è sul nascere, il nome ed
il verbo sono e spressi da un mono-sillabo, che rinchiude, come in un germe, la
rappresentazione primitiva di una cosa o di un’azione . Quando poi si comincia
a distinguere meglio le determinazioni che scampagnano .* o la cosa o Fazione,
allora le varie modificazioni della 1 radice primitiva esprimono i numeri , i
generi, i casi, le persone, il tempo; e tali flessioni si dicono declinazioni -
1 — : ^ — . — V i i ... ., coniugazioni , secondo che modificano il nome o il 7
verbo. Di questi due elementi fondamentali del nostro linguaggio, il verbo va
congiunto con la categoria di tempo, il nome no. La ragione di tal divario è
questa, che. , il verbo esprime l’azione , la quale senza il tempo non si
potrebbe classificare con precisione; laddove il porne , esprimendo il soggetto
o l’oggetto de l’azione, stessa, *signi-fica* qualcosa di iienjnuignte, e si
circoscrive piuttosto con le relazioni spaziali. Nelle lingue più ricche,
difatti, tra i casi, che esprimono le diverse modificazioni de’nomi, si suole
trovare quello che i grammatici chiamano locative, e indica il luogo dove la
cosa si trova. Quanto più numerose e sottili sono le flessioni che fissano le
varie sfumature dell’azione , tanto più ricca e più precisa è una lingua;
quanto più fine sono le gradazioni dell’azione, che lo spirito può cogliere, e
rivelare nel linguaggio; tanto è maggiore l’attitudine artistica e scientifica.
Dove, invece, si arriva appena a significare 1’azione in una forma rozza, e
quasi direi all’ingrosso, quivi manca il genio artistico e la speculazione. La
perfezione dell’organismo sintattico rivela la potenza creatrice ed inventiva
di un popolo. La lingua greca mostra l’eccellenza di quella coltissima nazione:
e criterio di quella eccellenza è la compiuta forma del verbo, che in quella
lingua basta ad esprimere ogni più delicata e fuggevol forma del pensiero. Le
particelle. Condizione primissima del filosofare è una lingua la quale jgossa
astrarre, e fissare le relazioni in sfe, ed indipendentemente dai proprii
termini. Quindi le particelle, che diciamo preposizioni, congiunzioni ed
avverbii, e che sono come le giunture del linguaggio, diventano un aiuto
potentissimo, anzi un istrumento indispensabile della speculazione. Per esse
noi pensiamo le relazioni di tempo e di spazio, di causa e di effetto, di mezzo
e di fine, e simili, non solo in quanto si trovano, dirò così, incorporate coi
termini fra cui tramezzano; ma le pensiamo sci o lte da ogni rappresentazione e
come concetti puri. Il dove, il quando, il di, il da, il per, esprimono il
luogo, il tempo, la proprietà, la provenienza, il mezzo, come categorie a se ,
che noi applichiamo ai nomi ed ai verbi, producendo così l’organismo del *period*.
L’abbondanza di tali particelle è parimenti indizio della perfezione di una
lingua. pajth'cfiiU'- i) C’ è dunque nella lingua tre gradi. C’è la ra
ppresentazione della cosa o dell’azione, espressa dalla nuda radice. C’è la
rappresentazione determinata per mezzo de’ concetti puri, espressa dalla flessione;
e ci sono infine i concetti puri, in s&J astratti da ogni rappresentazione,
e sono le particelle invariabili. 4. Sviluppo delle lingue .I linguaggi barbari
e rozzi ( si arrestano alle prime, alle radici mono-sillabiche, alle semplici
rappresentazioni; o, tutto al più, riescono a con-glutinarle insieme. Le lingue
sviluppate hanno flessioni; hanno cioè nomi e verbi perfettamente determinati;
e Analmente hanno un ricco corredo di part i cell e^signiflcabrici delle
relazioni universali. Delle particelle, di cui parliamo, due lingue hanno forse
maggior copia, la greca fra le antiche, la tedesca fra le moderne; onde Xmo viene
la loro maggiore attitudine a *sig-nificare* i concetti speculativi. Gli
elementi delle lingue secondo M, Miiller. In conformità alle osservazioni da
noi riferite finora, giova allegare l’autorità di Max ]\IiUl er J ), il quale,
dopo sottili indagini, conclude, che tutte le lingue, senza eccezione di sorta,
passate pel crogiuolo della grammatical comparata, sono risultate composte di
due elementi (Max Miiller, Letture sulla scienza del linguaggio , e Nuove
letture, trad. in ital. da Nerucci]. costitutivi; di radici *attributive*,
" cioè , e radici *dimostrative*. Le radici attributive servono a *sig-nificare*
una meidesima qualità primitiva, che si attribuisce ad un qualche essere. Le
radici dimostrative, invece, servono ad esprimere una determinazione meramente
formale. Lq j flessioni, consistenti nelle declinazioni de’ nomi, e nelle
coniugazioni de’ verbi, nascono dalla unione organica delle due differenti
specie di radici in una sola parola. Di modo che, anche filologicamente,
apparirebbe manifesta la distinzione originaria di un *elemento attributivo* e
di un *elemento dimostrativo* nella lingua ; che corrisponderebbero al contenuto
(o materia) il primo, ed alla *forma* del pensiero il secondo. La
compenetrazione di questi due elementi primitivi non è uguale in tutte le
famiglie delle lingue che si parlano. è perfetta, e perciò a mala pena discernibile
nelle lingue ariane; è imperfetta, e perciò più facilmente riconoscibile, nelle
lingue semitiche. Apprendimento delle lingue . — Altra è la funzione, che si
richiede a formare la lingua; altra è quella dello impararla, formata che sia;
benché le due funzioni abbiano, e debbano avere, alcunché di comune. Prevale
rimmaginazione produttiva nella formazione primitiva dei linguaggi; prevale la
ri-produttiva nella loro apprensione. Il bambino che nasce in una società
progredita non deve far altro, che assimilarsi il linguaggio materno così coin
7 è stato tramandato. Egli impiega in questo lavoro assimilativo i primi cinque
anni della sua fanciullezza, durante il qual tempo impara più, come diceva Gian
Paolo), che non in altrettanti anni eli accademia. La sua mente vergine e robusta
si arricchisce ben presto di quel tesoro tradizionale, eh’ ei si appropria e fa
suo, riponendolo nella fresca e tenace memoria. L’apprendimento delle lingue,
già si facile in questa prima età, si va poi di mano in mano rendendo
malagevole, perchè la memoria con gli anni si affievolisce, e diviene men
facile a ricevere, e men fedele nel ritenere. ly [Gian Paolo Riehter, grande
scrittore umorista, tedesco] .Francesco Fiorentino. Fiorentino. Keywords:
idealismo, l’idea di natura in Talesio, panteismo di Bruno, filosofo maiore,
filosofo minore, Aosta, Agostino, filosofia roma antica, Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Fiorentino” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689818509/in/photolist-2mKDQcp-2mPBcdN-2mKCnei-2mKDA5r-2mPLygi-2mKj9Vm-2mJqjKS-2mJd7nN-2mJ4GHU-2mGnP2f-2mKw3hq-DvhhWW-DhRHD2-CcQom5-BpZQLP-BpUj3L-CizXhT-Bm2xGQ-Cix5XZ-CdAEaL-CfWKjF-CdDizG-Bq3qnZ-obW75K-oa5425-oa52o5-2mQuZ9p-o9gw6u-nhHPhH-nhRBAG-nfDpKm-nhfmz6-njgyUp-nhFqkp-nj9RAK-nfppU1-nfCuEo-nhqgt7-nfCCMe-nje4Xa-njaa4a-nhsppz-nfCL9Q-nhFDy8-nhc3FN-njanDk-nfCYM5-nhFvTt-nhs4nv-nfCRmU
Grice e Fioretti – pro-ginnasmi – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Mercatale). Filosofo. – Grice:: “I like Fioretti; thought-provoking;
he says Plato should never have chosen ‘dialogue’ as a philosophical genre, and
he is right; in my long tutorial life at Oxford I NEVER asked a tutee to write
a dialogue for me! If Plato were the standard, that’s what we’d do!” Autore di
“Pro-Ginnasmo” (pro-ginnasio, ginnasio – cf. Deutsche progrymnasium), un'ampia
raccolta di note critiche su autori di varie epoche, dai greci e latini agli
scrittori italiani del XVI secolo, da cui emergono la straordinaria versatilità
e ricchezza interessi dell'autore. Come moralista, scrisse “Osservazioni di creanze
e Esercizi morali. Critico acerrimo di Aristotele ed Ariosto, ed altri autori
classici. È stato anche co-fondatore degl’Apatisti. Ha una vita indisciplinata.
Il conte Giovanni Bardi, il feudatario di Vernio, lo ammonì ad una vita più
contenuta. Ma ha risposto alle minacce con una satira che raggiunse le mani del
conte, che immediatamente ordinò l'arresto di Fioretti. Ma Fioretti accorto
fuggì, e i partigiani del conte trovarono solo un'iscrizione nella casa del
prete che recita: Resurrexit, non est hic.
Infatti, si era rifugiato a Firenze, dove, nel tempo, cambiò
completamente stile di vita. Si dedicò alla filosofia. Rimase nel Palazzo di
Oriuolo e cambia anche il nome diventando Udeno Nisieli, che significa "di
nessuno, ad eccezione di Dio". Pubblica numerosi saggi. Si dimostra diligente
filologo e critico critico. Il suo capolavoro è la raccolta di poesie “Proginnasmi”
(cf. ginnasio, pro-ginnasio, Deutsche pro-gymnasium), contenente critiche ai
poeti romani. E stato dimenticato dalla letteratura nel tempo, forse perché era
eccessivamente franco. Al suo pseudonimo
era solito aggiungere la qualifica di "accademico apatita", come ad
indicare la mancanza di passione nelle sue considerazioni poetiche. La totale
imparzialità dei suoi giudizi era una condizione essenziale per sentirsi membro
di questa accademia immaginaria, che più tardi, con la generosità di Coltellini,
si concretizzò con l'obiettivo di riunire filosofi con abitudini salutari e
politici impegnati. Lasciò come ela sua
biblioteca e i suoi scritti alla Chiesa di San Basilio. Altre opere: “Polifemo
Briaco” Proginnasmi poetici” (Firenze, appresso Zanobi Pignoni, Firenze, nella
Stamperia di Zanobi Pignoni), definita come "un'opera di grande
erudizione, che pesa i meriti dei grandi scrittori dell'universo, e rivela i
più singolari artifici della Poetica". Esercizi morali, Rimario e
Sillabario, Firenze, per Zanobi Pignoni. Raffaello Ramat, La critica ariostesca,
Firenze, e anche in Walter Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca,
Tiraboschi. Luca, Scheda Biografica su
Centro Ricerche Pratesi, Carmine Jannaco e Martino Capucci, Storia letteraria
d'Italia: Il Seicento. Gian Vittorio
Rossi, Pinacotheca, Colonia, Giulio Negri, Istoria degli scrittori fiorentini”
(Ferrara, per Bernardino Pomatelli); Giovanni Mario Crescimbeni, Comentarij...,
Venezia Giovanni Mario Crescimbeni, L'Istoria della volgar poesia, Venezia;
Giovanni Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, II, Venezia, Giusto Fontanini, “Della
eloquenza italiana” (Roma Domenico Moreni,
storico-ragionata della Toscana ..., I, Firenze Giovan Battista
Corniani, I secoli della Letteratura italiana dopo il suo Risorgimento
Commentario di G. B. Corniani, S. Ticozzi, II, Milano, Francesco Inghirami,
Storia della Toscana, Biografia, Fiesole, Ciro Trabalza, La critica letteraria,
Milano, Umberto Cosmo, Le polemiche letterarie, la Crusca e Dante, in Con Dante
attraverso il Seicento, Bari, Benedetto Croce, Storia dell'età barocca, Bari, Walter
Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca Raffaello Ramat, La critica ariostesca,
Firenze, Franco Croce, La discussione sull'Adone, in La Rassegna della
letteratura italiana, Letteratura italiana (Marzorati), I minori, Milano Carmine
Jannaco, Martino Capucci, Il Seicento, MilanoPio Rajna, Le fonti dell'Orlando furioso,
Firenze, Gianfranco Formichetti, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Anton
Angelo de Cavanis e Marcantonio de Cavanis, “Il giovane istruito nella
cognizione dei libri” Venezia, per Giuseppe Picotti, Girolamo Tiraboschi,
Storia della letteratura italiana, 8,
Roma, per Luigi Perego Salvioni Stampator Vaticano, Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Belloni, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Benedetto
Fioretti, noto anche come Udeno Nisiely e Fracastoro. Fioretti. Keywords. Refs.: tipi di ginnasio: pais ragazzo
(12-17 adolescens), 18-20 efebo; +20 neos. Oriuolo, progrinnasio, ginnasio, tre
tipi di ginnasio: paides, 12-14, nuoi, o neoi, 15-18, 18+ efebi --. Terme –
ginnasio e terme – giocchi nudi – nudita atletica – nudita eroica. Keywords:
pro-ginnasmi. Luigi Speranza, “Grice e Fioretti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690421812/in/photolist-2mPMBQM-2mKGVxb
Grice e Fisischella
– il duello – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo. Grice:
“I love Fisichella; for one, he was a nobleman; for another, he died during
Messina’s earthquake – leaving unfinished quite a few essays – he philosophised
on both ‘nature’ and ‘convention,’ and the rationalist basis of his theory of
contract is Griceian in nature, even if he fills it with charming Roman
detail!” Appartenente alla nobile famiglia siciliana dei Fisichella, fu autore
di famose saggi. Fu responsabile della Biblioteca Civica di Catania. Insegna a
Messina. Morì vittima del terremoto di Messina. Altre opere: “Roma e il Mondo”
(Eugenio Coco); “Pena temporaria, pena perpetua”; “Il concetto d’ “obbligazione
naturale””; “Il concetto del divorzio secondo la filosofia di Enrico VIII”
(Carmelo de Stefano); “Matrimonio, questione di stato – la legge di matrimonio”.
Fu nominato "bibliotecario onorario" Federico De Roberto, che scrisse
in uno scrittoio a schiena d'asino ancora conservato molte pagine del suo
romanzo I Viceré. Francesco Fisichella. Fisischella.
Keywords: il duello, “del contratto” – giocco come contratto – wrestling as a
contract, fencing as a contract, contract bridge as a contract -- pena
temporaria, pena perpetua, divorzio, matrimonio, stato, legge, devere naturale,
obbligazione naturale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fisichella” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760247338/in/dateposted-public/
Grice e Floridi – informare –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “’To inform’ was first used by some
Roman! It surely ain’t Grecian!” -- Eessential Italian philosopher. He has
explored aspects of Grice’s use of the expression ‘inform,’ ‘mis-inform,’ in
terms of ‘factivity.’ Insegna a 'Ferrara. Conosciuto
per il suo lavoro in due aree di ricerca filosofica: la filosofia dell'informazione
e l'etica informatica. Si laurea a a Roma. Insegna a Bari e
Ferrara. Conosciuto per i suoi studi sulla tradizione scettica (scetticismo),
ma principalmente per il suo lavoro di fondazione della filosofia
dell'informazione e dell'etica informatica, due campi che ha contribuito a
costituire. Fondatore un gruppo di ricerca interdipartimentale sulla filosofia
dell'informazione. Durante la laurea a Roma, studiato da classicista e da
storico della filosofia. Si è interessato di filosofia della logica ed
epistemologia. Si è quindi occupato di diversi argomenti filosofici
tradizionali, alla ricerca di una nuova metodologia, con l'obiettivo di
riuscire ad avvicinarsi ai problemi contemporanei in una prospettiva che fosse
efficace dal punto di vista euristico e potesse allo stesso tempo anche
costituire un arricchimento intellettuale nell'affrontare le questioni
filosofiche dei nostri giorni. Molto presto, inizia a distanziarsi da quello
che Grice chiama la filosofia analitica “classica”. Secondo Floridi, il
movimento analitico ha perso la sua spinta iniziale ed era ormai un paradigma
sempre più debole, scolasticizzato – “specialmente ad Oxford!” --. Per questo
motivo, ha concentrato i suoi interessi su una nuova fondazione dell'epistemologia.
Anda alla ricerca di un concetto di "conoscenza” “indipendente-dal-soggetto",
vicino a ciò che oggi definisce informazione semantica. è necessario
sviluppare una filosofia costruzionista, all'interno della quale il design, la
creazione di modelli e le implementazioni sostituiscano analisi frivole e esami
cavillosi (e.g. sull’uso di ‘informare,’ ‘disinformare,’ ecc.) In questo modo,
la filosofia ha la speranza di non chiudersi in un angolo sempre più angusto,
fatto di ricerche griceiane auto-sufficienti e che interessano solo a sé
stesse, e di riacquistare un punto di vista più ampio sui problemi che sono
realmente determinanti nella vita umana fuori di Oxford! Così, lentamente, è
giunto a prendere in considerazione la filosofia dell'informazione, una nuova
area di ricerca emersa dalla svolta computazionale, avvicinandola da due
prospettive, quella puramente teorica della semantica, pragmatica, sintassi,
semiotica, logica e dell'epistemologia, e quella più tecnica dell'informatica, in
particolare dell'etica, della teoria dell'informazione di Shannon -- e della
humanities computing. Il filosofo ha bisogno di acquisire conoscenze di
IT necessarie per fare uso del computer in maniera efficace. Anche il filosofo
posse essere interessato ad acquisire le conoscenze di sfondo indispensabili
per la comprensione critica dell’era digitale e dunque iniziare a lavorare
sulla branca della filosofia che si va formando, proprio la Filosofia
dell'informazione, che si augura un giorno possa diventare parte integrante
della cosiddetta “philosophia prima,” o prote philosophia della sua fase
romana!. Da allora, Philosophy of Computing and Information è diventata il suo
maggiore interesse di ricerca. In PI, sostiene che ci sia bisogno di un
concetto più ampio di elaborazione e di “flusso” causale dell'informazione –
alla Dretske -- che includa la computazione, ma non solo. Questa prospettiva
fornisce una cornice teorica molto efficace all'interno della quale inserire e
dare significato alle differenti linee di ricerca. Il secondo vantaggio è la
prospettiva diacronica, che permette di inquadrare lo sviluppo della filosofia
nel tempo. PI fornisce infatti un punto di vista molto più ampio e profondo su
ciò che la filosofia avrebbe cercato di fatto di realizzare nel corso dei
secoli. Altre opere: “InfosferaFilosofia e Etica dell'informazione” (Torino:
Giappichelli Editore); “La quarta rivoluzione, Milano: Raffaello Cortina
Editore); “Pensare l'infosfera” (Milano: Raffaello Cortina Editore); “Il verde
e il blu” (Milano: Raffaello Cortina Editore, OII: digital ethicslab. oii.ox.ac.uk,//digital
ethicslab.oIEG philosophy of information.net/ pdf/auto.pdf the newatlantis.com/publications/why-information-matters Onlife openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Opere di Luciano Floridi, .Oxford Institute, su oii.ox.ac.uk. Home page e
articoli online, su philosophyofinformation.net. Intervista e lezione durante
l'IoE talks (Internet of EverythingRoma ) La lecture su "Intelligenza
artificiale, dobbiamo preoccuparci?" presso il Centro Nexa del Politecnico
di Torino Biografia e intervista su Rai Media Mente, su media mente rai.
Biografia e intervista per l'American Philosophical Association , Cervelli in Fuga, Roma, Accenti. Floridi. Keywords:
informare, Dretske, knowing, causing, cervello in fuga; modal disimplicature,
“I’m telling you”, “for your information” submodes of the indicative mode,
‘exhibitive’ and ‘protreptic’ -- influence, inform. Conversation as rational
cooperation – ‘false’ “information” no information!” -- Refs.: Luigi Speranza, "Informazione ed implicatura: Grice e
Floridi," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760176198/in/dateposted-public/
Grice e Fonnesu – inter-soggetivo – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Milano).
Filosofo. Grice: “I like Fonnesu; especially, on inter-subjectivity: “I
cooperate with you; you cooperate with me” – or rather, “I co-operate with
thee; thou cooperates with me! We cooperate!” -- Luca Fonnesu (Milano),
filosofo. Professore di filosofia a Pavia.
Fonnesu si è laureato in Filosofia a Firenze con Cesa, dove ha poi conseguito
il titolo di dottore di ricerca in Filosofia. Prima di conseguire la laurea, borsista della
Fondazione Robert E. Schmidt di Heidelberg. Borsista del Deutscher Akademischer
Austauschdienst svolgendo la sua attività di ricerca presso il Leibniz Archiv
di Hannover. Borsista ‘post-doc' a Firenze. Ricercatore a Pisa. Insegna a
Pavia. È inoltre socio dell'Associazione di cultura e politica "il
Mulino", membro della Leibniz-Gesellschaft, della Fichte-Gesellschaft,
della Società italiana di studi kantiani, della Hegel-Vereinigung, della
Società italiana di filosofia analitica e del Comitato editoriale di
"Studi settecenteschi". Il professor Fonnesu è inoltre il
coordinatore del Corso di dottorato di ricerca in Filosofia a Pavia, fa parte
del Consiglio scientifico di Verifiche e del Comitato direttivo della
"Rivista di filosofia". Temi di ricerca I principali temi di
ricerca dell'attività accademica del professor Fonnesu possono essere sostanzialmente
ricondotti alla filosofia morale e alla filosofia classica tedesca. Per quanto
concerne la filosofia classica tedesca tra Kant e Hegel si è concentrato sulle
strutture concettuali, le fonti e la ricezione nella tradizione filosofica
approfondendo inoltre la presenza dell'etica kantiana nel dibattito
contemporaneo. Ha poi studiato il dibattito sulla teodicea nella tradizione
filosofica, l'illuminismo europeo, la tradizione analitica e le altre
tradizioni nell'etica contemporanea. In quest'ultimo ambito ha sviluppato in
modo particolare la tematica del libero arbitrio e della responsabilità nella
filosofia moderna e contemporanea. è un esperto di storia dell'etica.
Altre opere: “Antropologia e idealismo. La destinazione dell'uomo nell'etica di
Fichte” (Roma-Bari, Laterza); “Dovere, Scandicci, La Nuova Italia); “Storia
dell'etica: da Kant alla filosofia analitica” (Roma, Carocci); “Per una
moralità concreta: studi sulla filosofia classica tedesca” (Bologna, Il
Mulino); “Fichte, Fondamento del diritto naturale secondo i principi della
dottrina della scienza” (Roma-Bari, Laterza); “Diritto naturale e filosofia
classica tedesca” (Pisa, Pacini); “La verità. Scienza, filosofia, società”
(Bologna, Il Mulino); “Etica e mondo in
Kant” (Bologna, il Mulino); “Le ragioni della filosofia” (Firenze, Le Monnier);
“Diritto, lavoro e "Stände": il modello di società di Fichte, in
"Materiali per una storia della cultura giuridica", Rousseau e la
filosofia come "médecine du monde". A proposito di un saggio recente,
in "Intersezioni", Ragione pratica e “ragione empirica” in Kant, in
"Annali filosofia, Firenze", “Weber e l'etica” ("Iride"); Le
edizioni kantiane e la riflessione "Sul senso interno", "Studi
kantiani”; “Sullo stato degli studi fichtiani” (“Cultura e scuola"); “La
società concreta: considerazioni su Fichte e Hegel” ("Daimon. Revista de
filosofia", Murcia); “Sul pensiero di Luporini, in "Giornale critico
della filosofia italiana"); “Kant, Leibniz e la "Aufklärung":
ottimismo e teo-dicea, in Kant e la filosofia della religione (N. Pirillo,
Brescia, Morcelliana); “L'ideale dell'estinzione dello Stato in Fichte” ("Rivista
di storia della filosofia"); “Sul concetto di felicità in Hegel” in Fede e
sapere. Hegel, R. Bonito Oliva e G. Cantillo (Milano, Guerini); “Metamorfosi
della libertà nel ‘Sistema di Etica' di Fichte” (“Giornale critico della
filosofia italiana”); “Sui doveri verso se stessi”; “A partire da Kant”; “La
libertà e la sua realizzazione nella filosofia di Fichte, in G. Duso G. Rametta,
La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant,
Fichte, Schelling e Hegel” (Milano, Angeli); “Sulla 'seconda natura' in
Fichte”, in R. Bonito Oliva G. Cantillo Natura e cultura, Napoli, Guida); “Preti
e le tradizioni etiche, in Parrini L. M. Scarantino, “Preti” (Milano, Guerini);
“Errori dell'ontologia. Percorsi della meta-etica tra Russell e Mackie”; in L.
Ceri S. F. Magni, Le ragioni dell'etica, Pisa, ETS, Rousseau tra filosofia e
botanica. Una nota, in M. Ferrari , I bambini di una volta. Problemi di metodo.
Studi per Egle Becchi, Milano, Franco Angeli, Presentazione, in R. M. Hare,
Scegliere un'etica, Bologna, il Mulino, Presentazione, in Foot, La natura del
bene, Bologna, il Mulino, Sulla morale kantiana, in C. La Rocca, Leggere Kant.
Dimensioni della filosofia critica” (Pisa, ETS); Presentazione, in Foot, Virtù
e vizi, Bologna, il Mulino, Etica e concezione etica del mondo in Albert Schweitzer,
Humanitas, Punto di vista morale e moralità, in “Il ponte”, Cesare Luporini, Maria
Moneti). Comandi e consigli nella filosofia pratica moderna, in S. Bacin ,
Etiche antiche, etiche moderne. Temi in discussione, Bologna, Il Mulino); “Harry
Frankfurt, in “Rivista di filosofia”, Etica, in L'universo kantiano, S. Besoli,
C. La Rocca e R. Martinelli (Macerata, Quodlibet); “Kant e l'etica analitica” in
Continenti filosofici. La filosofia analitica e le altre tradizioni, M. De Caro
e S. Poggi (Roma, Carocci); Fichte critico di Kant: moralità e religione nel
‘Saggio di una critica di ogni rivelazione', in Critica della ragione e forme
dell'esperienza, L. Amoroso, A. Ferrarin e C. La Rocca (Pisa, ETS Edizioni);
“La felicità e il suo tramonto: dall'illuminismo all'idealismo, in “Filosofia
politica”, Libertà e responsabilità: dall'utilitarismo classico al dibattito
contemporaneo, in M. De Caro, M. Mori, E. Spinelli, Il libero arbitrio (Roma,
Carocci); “Genealogie della responsabilità, in Quando siamo responsabili?
Neuroscienze, etica e diritto, M. De Caro, A. Lavazza e G. Sartori, Torino,
Codice. Luca Fonnesu. Fonnesu. Keywords: inter-soggetivo, free will, Kant,
freedom, free, practical reason, the good, meta-ethics, Mackie, Hare, Fichte,
Hegel, happiness in Aristotle, Kant, and Hegel, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Fonnesu” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759735816/in/dateposted-public/
Grice e Fornero
– confilosofare – filosofia italiana – Luigi Speranza (Vigone). Filosofo. Grice: “I like Fornero; he surely understands
the longitudinal unity of philosophy; ‘filosofare is con-filosofare,’ I love
that: philosophy as philosophy of conversation – witness Socrates and
Alcebiades.” Si è occupato di ambiti disciplinari diversi, che vanno dalla
storia della filosofia alla bioetica, dalla laicità al diritto. Ha
compiuto studi filosofici a Torino. Si laurea con una tesi sull'esistenzialismo
italiano. Dopo aver insegnato per alcuni anni, in seguito ha svolto un'attività
di libero scrittore, curando, su incarico di Abbagnano, una serie di
aggiornamenti della sua celebre storia della di filosofia. In un secondo
momento a conferma del fatto che egli non è soltanto uno storico della
filosofia, bensì un filosofo dai molteplici interessi si è dedicato allo studio
della bio-etica, della laicità e del diritto, con saggi che hanno suscitato
ampi dibattiti e che costituiscono dei contributi importanti su queste
tematiche. Abbagnano aveva pubblicato un Compendio di storia della filosofia
per i licei che, dopo un periodo di notevole diffusione, alla fine degli anni
settanta era quasi sparito dalla scuola. Da ciò la necessità di una profonda
revisione dell'opera, che decise di affidare a Fornero. Nasceva così
l'Abbagnano-Fornero, che, anche grazie ai continui aggiornamenti e ampliamenti,
è tuttora il manuale di filosofia più diffuso. Fra le sue numerose edizioni e
versioni ricordiamo: “Filosofi e filosofie nella storia”; “Protagonisti e testi
della filosofia”; “Itinerari della filosofia”; “La filosofia”; “La ricerca del
pensiero”; “Percorsi di filosofia”; “L'ideale e il reale”; “Con-Filosofare” e “I
nodi del pensiero.” In questi lavori segue e sviluppa in modo creativo
l'impostazione metodologica di Abbagnano, mirando a un modo di fare storia
della filosofia che si qualifica per un'informazione accurata, una profonda
empatia con le tematiche trattate e l'astensione da valutazioni ideologiche e
di parte. Ha inoltre condiretto alcune collane di destinazione liceale e
universitaria: “i Sentieri della filosofia” e i Sentieri della pedagogia di
Paravia e, “I fili del pensiero” di Bruno Mondadori. Fra le grandi storie della
filosofia quella pubblicata da Abbagnano presso la Utetil cosiddetto Abbagnano
grande, uscito in prima edizione costituisce un'opera di riferimento
fondamentale, che è stata universalmente apprezzata. Dopo la morte di Abbagnano,
è uscito, sempre presso Utet, un quarto volume di questa storia, dedicato al
pensiero contemporaneo. Anche in questo caso, era stato lo stesso Abbagnano a
incaricare Fornero di proseguire il suo lavoro, che si interrompeva con
l'esistenzialismo e presentava solo un ultimo, sintetico capitolo su alcuni
degli sviluppi più recenti. In questo nuovo volume, Fornero punta a una
ricostruzione chiara e scientifica al tempo stesso. Una ricostruzione che,
basandosi su una conoscenza diretta (o "di prima mano") degli autori
trattati, si caratterizza per obiettività e rispetto delle posizioni di cui dà
conto, evitando valutazioni teoretiche che non spettano allo storico. Al pari
del suo maestro, Fornero insiste sull'autonomia della filosofia, che non si può
dissolvere nelle scienze umane, nella politica o in altre discipline. Ma gli impetuosi
sviluppi della filosofia novecente non erano esauriti in quel volume. Di
conseguenza, pubblica un secondo tomo del volume quarto della Storia della
filosofia. Con questo contributo l'opera si configura finalmente come una
trattazione esauriente dell'intera storia della filosofia dell’Europa
occidentale. Abbagnano pubblica presso la Utet la prima edizione del
Dizionario di filosofia, un vastissimo elenco di lemmi tematici affrontati con
grande attenzione allo sviluppo concettuale e con straordinaria capacità di
sintesi. Ne curava una riedizione ampliata. Il Dizionario restaun punto fermo
della storiografia filosofica, ma iniziava ormai a mostrare dei limiti
cronologici. Così, ha provveduto, co-adiuvato da un gruppo di specialisti
da lui coordinato e diretto, a redigerne una nuova edizione.
L'impostazione di fondo voluta da Abbagnano è conservata, cosicché vengono
escluse le voci biografiche a favore dei lemmi concettuali. Sono centinaia le
voci aggiornate, mantenendo la separazione fra il contributo originale di
Abbagnano e l'aggiornamento, e le nuove voci inserite. L'opera continua così a
proporsi come uno dei più ampi strumenti di consultazione. Pubblica presso
Bruno Mondadori Le filosofie del Novecento, una delle più ampie e sistematiche
ricostruzioni storiche del pensiero contemporaneo. L'opera muove dal
pensiero nietzschiano inteso come crocevia della modernità e presenta una serie
di capitoli che danno conto, seguendo un'organizzazione tematica, di tutti i
principali autori e filoni della riflessione filosofica contemporanea: dalle
grandi correnti del primo Novecento (neo-positivismo, positivism logico,
neo-empirismo, filosofia analitica, filosofia analitica del linguaggio
ordinario, neocriticismo, spiritualismo, neoidealismo, pragmatismo), al
marxismo e all'esistenzialismo in tutte le loro declinazioni, per giungere alle
più recenti formulazioni dello strutturalismo, del postmodernismo, dell'epistemologia,
della teologia, dell'ermeneutica e delle teorie politiche ed etiche. Forte
degli studi storiografici ormai accumulati e sempre in linea con i sopraccitati
presupposti metodologici, pubblica, presso Bruno Mondadori, “Bioetica cattolica
e bioetica laica”. Si concentra sulle posizioni della bioetica cattolica
ufficiale e su quelle della bioetica laica. Attraverso uno studio analitico e
puntiglioso dei testi e a un metodo improntato a una sostanziale imparzialità, giunge
a definire alcuni punti nodali che a suo avviso oppongono strutturalmente la
bio-etica cattolica e quella laica (sebbene non manchino posizioni intermedie e
alternative). Punti che si sintetizzano nella tesi cattolica della
indisponibilità della vita e nella tesi laica della disponibilità della
vita. Da un punto di vista contenutistico Fevita di prendere posizione a
favore dell'uno o dell'altro modello. Tuttavia, il suo contributo produce una
notevole chiarificazione delle posizioni in campo e ha il merito di porre
empateticamente sotto gli occhi del lettore le strutture teoriche e concettuali
che stanno alla base dei due "paradigmi"merito che gli è stato
riconosciuto da Vattimo, che ha parlato di «rispettosa capacità di ascolto», e
da Possenti, che parla di «giustizia intellettuale nel descrivere le varie
posizioni in gioco». Questo saggio ha originato un ampio dibattito, sia
negli studi specialistici, sia nel mondo dell'informazione (come testimoniano
le recensioni e i numerosi interventi apparsi sui quotidiani). Dibattito
continuato sia in “Laicità debole e laicità forte” sia in “Laici e cattolici in
bioetica: storia e teoria di un confront”. Quest'ultimo saggio completa il
trittico. In esso si dà conto della nuova fase del dibattito sui concetti di
bio-etica cattolica e laica e si offre una serie di chiarificazioni e
ampliamenti storico-concettuali, fra cui spicca l'approfondimento della nozione
di "paradigma" che, partendo da Kuhn ma andando al di là di Kuhn,
applica in modo originale alla bioetica. Fra le novità del volume vi è l’ammissione,
da parte di alcuni autorevoli studiosi cattolici, dell'esistenza di una
diversità paradigmatica fra la bioetica di matrice cattolica e la bio-etica di
matrice laica. Diversità di cui si auspica da molte parti il superamento con
una serie di ipotesi ampiamente documentate nel saggio -, ma che di fatto
esiste e condiziona, sia sul piano teorico sia sul piano pratico, la vita
odierna. Gli studi sulla bioetica hanno trovato una continuazione e uno
sviluppo nel lavoro di Luca Lo Sapio Bioetica cattolica e bioetica laica
nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato? (Utet, Milano ) in cui
l'autore affronta il tema delle ripercussioni bio-etiche del pontificato di
Bergoglio, mettendone in luce i tratti di novità e continuità rispetto al
passato. Il saggio è preceduto da un saggio di Fornero, in cui offre una
sintesi aggiornata delle sue idee circa i paradigmi della bio-morale cattolica
e laica. Alcune delle questioni poste in Bioetica cattolica e bioetica
laica toccano il generale argomento della laicità. Tant'è che Laicità debole e
laicità forte prosegue l'analisi in questa direzione, oltrepassando l'ambito
limitato della bio-etica, pur continuando a usarlo come campo esemplare di
indagine. Ragionando in termini teorici e non solo storici, elabora una
prospettiva filosofica sulla laicità che muove dalla distinzione analitica fra
due diverse accezioni del concetto di "laicità": una larga e una
ristretta. Distinzione che ritiene indispensabile per fare ordine e chiarezza
intorno al concetto in questione e per giustificare, senza i consueti
riduzionismi, i diversi modi con cui ci si può definire "laico” (English:
lay). In senso largo la laicità allude a una serie di atteggiamenti metodici
(autonomia discorsiva, libero confronto delle idee, pluralismo, ecc.) che, in
virtù del loro carattere procedurale, possono essere fatti propri da chiunque,
a prescindere dal fatto di essere credenti o meno (tant'è che oggi, nell'ambito
di questa accezione di “laico”, si parla comunemente di "laico
credente" e di "laico non credenti"). In senso stretto, il
‘laico’ allude invece a quella determinata visione del mondo che è propria di
coloro che non si limitano a seguire i sopraccitati criteri metodici, ma che
pensano e vivono a prescindere da Dio e dall'adesione a un determinato credo
religioso (tant'è, che oggi, nell'ambito di questa accezione del laico, si
parla comunemente di “credenti e laici” o, in Italia, di “cattolici e
laici”). Per denominare l'accezione larga, usa l'espressione "laico
debole", mentre per denominare l'accezione ristretta adopera l'espressione
"laico forte", avvertendo che in questo contesto “debole” e “forte” non
hanno il significato ordinario e valutativo di "meno consistente" o
"più consistente", ma un significato tecnico e descrittivo, allusivo
di un minore o maggiore grado di radicalità. In altri termini, il laico in
senso largo è denominata "debole" poiché possiede una valenza
essenzialmente formale o *metodologica*, mentre il laico in senso stretto è
denominato "forte" poiché possiede una valenza di tipo materiale o *sostanziale*
(in quanto allusiva della visione del mondo propria di un non credente).
L'originalità consiste quindi nel ritenere legittimi entrambi i significati
(teorici e storici) del concetto di "laico" e nell'aver insistito più
di ogni altro studioso in Italia sul fatto che non si deve
"censurare" l'accezione ristretta o “forte” del concetto (cf. Grice
on ‘weak’ and ‘strong’ – the ‘strong’ theorist, the weak theorist). Insistenza
che non gli impedisce di evidenziare come il laico proprio dello Stato italiano
pluralista e democratico coincida con il laico debole o largo, ossia con quella
capace di ospitare in sé tutte le visioni del mondo, sia quelle di matrice
religiosa sia quelle di matrice agnostica o atea. -- è vivamente persuaso
del valore e della necessità della filosofia. Da ciò il suo costante impegno ad
argomentare con chiarezza questa tesi, mediante una proposta la cui peculiarità
consiste nel ritenere che, prima di chiedersi (come si fa solitamente) se la
filosofia sia utile o meno, bisogna chiedersi se da essa si possa prescindere o
meno, ossia se sia davvero possibile, per l'uomo, vivere senza filosofare. Su
questo punto non ha dubbi: la filosofia è un'esigenza che sgorga dalla vita
stessa e dalle sue ineludibili domande, al punto che l'uomo, come non può fare
a meno di respirare e pensare, così non può fare a meno di fare filosofia.
Queste considerazioni vengono più organicamente sviluppate in “Utilità della
filosofia”. Tra filosofia e diritto: indisponibilità e disponibilità della
vita. è uscito per i tipi di Utet un nuovo volume, forse il più importante
della sua produzione saggistica dal titolo Indisponibilità e disponibilità
della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e
dell'eutanasia volontaria. Si tratta di una vasta indagine filosofico giuridica
che approfondisce con chiarezza una
delle dicotomie fondamentali della cultura contemporanea, quella tra
indisponibilità e disponibilità della propria vita. E ciò non solo sul piano
storico-descrittivo (nel cui ambito offre comunque una documentazione
amplissima che va dalla filosofia alla bioetica, dal diritto alla giurisprudenza
italiana) ma anche e soprattutto su quello teorico-propositivo. Esaminando
a vario titolo questo binomio e mostrandone le rilevanti concretizzazioni
giuridiche e penalistiche, l'opera approfondisce il tema del "diritto di
morire", che viene definito come il diritto di congedarsi volontariamente
dalla propria vita e studiato nelle sue tipologie più note (suicidio, rifiuto
delle cure e morte assistita). Nella parte centrale del saggio si mette
organicamente a fuoco il nesso fra il diritto di vivere e il diritto di morire,
inteso, quest'ultimo, come il versante negativo del diritto di vivere. Su
questa base,perviene a prendere apertamente posizione a favore della morte
medicalmente assistita, che viene originalmente configurata come un nuovo e
peculiare "diritto di libertà" giuridicamente articolato. Insiste
sulla "inaggirabilità" della filosofia anche in ambito giuridico,
soprattutto in rapporto alle complesse e cruciali questioni del fine
vita. La filosofia contemporanea, IV*, Utet, Torino, Storia della
filosofia, La filosofia contemporanea, IV**, Utet, Torino, Dizionario di
filosofia, Utet, Torino, Le filosofie del Novecento, B. Mondadori, Milano, Opere
su bioetica, laicità e diritto Bioetica cattolica e bioetica laica, B.
Mondadori, Milano, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, Laici
e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto (in collaborazione con
M. Mori), Le Lettere, Firenze
Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico
giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria, Utet, Torino .
Articoli e interventi su bioetica e laicità Un passo in avanti. Risposte a
Mordacci e Corbellini, in Vale ancora la contrapposizione tra bioetica
cattolica e bioetica laica?, «Politeia», Due significati irrinunciabili di
laicità, in La laicità vista dai laici,
E. D'Orazio, EgeaUniversità Bocconi Editori, Milano, Etsi non daretur, laicità
e bioetica da Scarpelli a Lecaldano, in Eugenio Lecaldano. L'etica, la storia
della filosofia e l'impegno civileDonatelli e M. Mori, Le Lettere, Firenze, Bioetica,
laicità e "bioetica laica", in Diritto, Bioetica e Laicità. Commenti
a Bioetica tra "morali" e diritto diBorsellino, «Politeia», Non
esiste solo la "bioetica cattolica". Nota sui rapporti fra i valdesi
e la bioetica, «Bioetica. Rivista interdisciplinare», Il "maggior bio-eticista
cattolico". Considerazioni sul paradigma bioetico di Sgreccia e sulle sue
peculiarità e differenze rispetto ad altri modelli bioetici di matrice
cattolica, in Vita, ragione, dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia,
Cantagalli, Siena,Risposte ai critici, in Il dibattito su bioetica laica e
bioetica cattolica. Commenti a Laici e cattolici in bioetica di G. Fornero e M.
Mori, «Politeia»,Scarpelli e il tema della laicità, in L’eredità di Uberto
ScarpelliBorsellinoS. SalardiM. Saporiti, Giappichelli, Torino , Voce Laicità,
in Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica, diretta da E. SgrecciaA.
Tarantino, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Bioetica cattolica e
bioetica laica: tra passato e presente, in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e
bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, con un saggio
di G. Fornero, UTET, Milano, Magistero bioetico cattolico e bioetica
laico-secolare: tra passato e futuro, in
Bioetica tra passato e futuro. Da van Potter alla società 5.0, E.
LargheroM. Lombardi Ricci, Edizioni Effatà, Cantalupa (TO), Manuali Filosofi e filosofie
nella storia, Paravia, Torino, Protagonisti e testi della filosofia, Paravia,
Torino, Itinerari di filosofia, Paravia, Torino 2002 La filosofia, Paravia,
Torino, La ricerca del pensiero, Paravia, Torino Percorsi della filosofia, Paravia, Torino L'ideale e il reale, Paravia, Torino Con-Filosofare, Paravia, Torino I nodi del pensiero, Paravia, Torino. «La
Stampa», 2 «Avvenire», Filosofia, bioetica, laicità e diritto. Sito ufficiale,
su giovannifornero.net. Giovanni Fornero. SWIF Sito web italiano per la filosofia,
su swif.uniba. Giovanni Fornero. Fornero. Keywords. confilosofare, “Che cosa e
la filosofia analitica? Ryle, Wisdom, Strawson, Austin, Grice.” Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Fornero” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759957623/in/dateposted-public/
Grice e
Formaggio – l’arte come comunicazione – filosofia della tecnica artistica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “I like
Formaggio; for one, he philosophised on aesthetics – estetica filosofica, he
calls it – along phenomenological lines – on the other, he took very seriously
the idea of Latin ‘ars’ – and concludes that an ‘artificium’ is meant as
‘communicative’.” Inizia a lavorare in fabbrica quando trova impiego alla Brown
Boveri di Milano. Ben presto però la sua indole portata allo studio, supportata
da una vivace intelligenza, lo spronò a iscriversi alle scuole serali.
Quest'esperienza, che accomunava lo studio al lavoro, dura ma anche formativa
(nel frattempo aveva cambiato lavoro, passando alle Orologerie Binda per avere
più tempo libero da dedicare allo studio), acuì sempre più la sua sensibilità
verso i problemi sociali, che costituiranno in seguito, anche quando diventerà
professore a Milano e Pavia, il soggetto prevalente del suo percorso culturale,
sia filosofico che umano. Venne trasferito a Motta Visconti. Pur
insegnando, proseguì gli studi a Milano, dove si laurea, relatore Banfi, con “L’arte
come comunicazione. Fenomenologia dell'arte” o “rapporto tra arte e tecnica
nelle estetiche europee contemporanee, avveniristica per quei tempi, incentrata
com'era sul tema della “tecnica” artistica.
Nei primi anni del dopoguerra, dopo aver partecipato attivamente alla lotta
partigiana, entra a far parte dell'Università Statale di Milano come assistente
alla cattedra di Estetica. Collabora anche alla rivista Studi filosofici e
pubblica alcuni saggi, come “Fenomenologia della tecnica artistica”, riprendendo
e ampliando la sua tesi di laurea. In virtù di questo saggio, si aggiudica
l'incarico alla cattedra di Estetica di Pavia. Si trasferì in Veneto, dopo
aver vinto il concorso a cattedra a Padova, in un periodo molto difficile per
tutto il mondo accademico italiano e in modo particolare per quello di Padova a
causa delle forti tensioni causate dalla rivolta studentesca prima, e dal
nascente terrorismo armato poi, assumendo dapprima l'incarico di preside della
Facoltà di Magistero e poi quella di pro-rettore. Ricoprì la cattedra a Milano,
della quale fu poi professore emerito. Gli allievi pubblicarono un libro in suo
onore Il canto di Seikilos. Scritti per Dino Formaggio. Gli fu conferito il
premio Lion d'Or International 1996 nell'arena romana di Nîmes per le
pubblicazioni di filosofia e il suo impegno civile. A Teolo, comune della
provincia di Padova, gli è stato dedicato il Museo di arte contemporanea, la
cui nascita è stata resa possibile da alcune donazioni all'ente effettuate
grazie al suo interessamento, e la cui collezione comprende opere di autori del
XIX e Professore quali Dino Lanaro, Aligi Sassu, Medardo Rosso e Renato
Birolli. Il Fondo librario Dino Formaggio è stato donato dagli eredi alla
Biblioteca di Filosofia di Milano nel ed
è costituito dalla consistente biblioteca filosofica di studio (oltre 2200
volumi). Il fondo è stato recentemente catalogato ed è ora disponibile alla
consultazione e in parte, al prestito. Tutti i volumi sono stati associati al
possessore, riportano lo stato della copia e segnalano la presenza di note,
commenti, dediche, firme autografe. Sono in fase di catalogazione i periodici.
Potete trovare le notizie bibliografiche di tutti i testi della ricca
biblioteca nel Catalogo di Ateneo. Altre opere: “Fenomenologia della tecnica
artistica” (tecnica tecnica arte artistico); Piero della Francesca; Il Barocco
in Italia; L'idea di artisticità – arte artistico artisticita – tecnica
tecnicista, tecnicisticita; Arte; La morte dell'arte e dell'estetica; Van Gogh
in cammino; I giorni dell'arte; Problemi di estetica; “Separatezza e dominio; Filosofi
dell'arte del Novecento; Il canto di Seikilos. Scritti per Dino Formaggio,
Guerini, Milano. Pierluigi Panza, Padre dell'Estetica
Fenomenologica italiana, in Corriere della Sera, Museo di Arte Contemporanea
"Dino Formaggio" di Teolo, Introduzione al Museo, su//comune.teolo.pd.
Scuola di Milano Museo di arte contemporanea Dino Formaggio. "Arte ed Emozioni"Intervista a Dino
Formaggio, su emsf.rai. 3 Museo d'arte contemporanea Dino Formaggio, su
turismopadova. "Filosofo dell'arte e maestro di vita" di Vladimiro
Elvieri, Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
Elio Franzini, Ricordo, Davide Eugenio Daturi, "Il perché e il come
dell'arte: l'estetica di Dino Formaggio", sito della mostra
bibliografico-documentaria Milano. Dino Formaggio. Formaggio. Keywords: arte
naturale, l’arte come comunicazione, fenomenologia della tecnica artistica, natura,
arte, artistico, tecnica, l’arte come comunicazione, segno della natura, segno
dell’arte, segno naturale, segno artificiale – artificiale – segno di natura,
segno di arte, ‘phuseos’ ‘theseos’ – per natura, per positione -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Formaggio” –
The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759649101/in/photolist-2mRPJp8-2mRNu9t-2mQ8kJS-2mQ2SsQ-2mPTxJB-2mPXDFp-2mLHHHe-2mLznXk-gCFVD4
Grice e
Fracastoro – sull’anima – filosofia italiana – Luigi Speranza (Verona).
Filosofo. Grice: “I love Fracastoro; for one, I love a physician, since I came
to know quite a few – at Richmond!” “Grice: “I love Fracastoro; he
philosophised on mainly three topics: the ‘soul’ – in a philosophical dialogue
entitled after him, Fracastoro; on poetics, in a dialogue which he named after
his poet friend Navagero; and third, on ‘intellezione,’ in a dialogue which he
named after another friend, one Torre, “Torrius,” – Grice: “The fact that
Gerolamo, or Girolamo, is still at Verona, is fascinatingly charming!” Considerato
uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi. Insegna logica a Padova. Fu
archiatra di Paolo III, al quale dedica “Homocentrica”. A lui è dedicato il
cratere Fracastoro presente sulla Luna. Fondatori della patologia (teoria del
patire). Fu il primo ad ipotizzare e verificare che una infezione e dovuta a un
germe portatore di una malattia, con la capacità di moltiplicarsi nel corpo
dell’organismo e di contagiare altri attraverso la respirazione o altre forme
di contatto. “Sifilide, ossia sul “mal francese,” sotto forma di poemetto in
esametri e il trattato "Sul contagio e sulle malattie contagiose.” Il
trattato è all'origine della patologia, o teoria del patire. Fu il primo a
scoprire che le code cometarie si presentano sempre lungo la direzione del
Sole, ma in verso opposto ad esso. Descrisse uno strumento in funzione astronomica,
poi realizzato da Galilei: il cannocchiale. Scrisse tre dialoghi filosofici:
Naugerius sive de Poetica (dialogo di estetica), Turrius sive de Intellectione
e l'incompiuto Fracastorius sive de Anima.
Fracastoro, con il nome di Giroldano, viene incontrato da Dago,
personaggio di un fumetto argentino creato da Robin Wood e Alberto Salinas, in
una delle sue avventure, per la precisione nel n. 10 anno XIV del mensile,
proprio mentre Girolamo interroga una prostituta in cerca di informazioni per
il suo poema sulla sifilide. Una
leggenda sul Fracastoro fa parte della storia popolare veronese. Una sua statua
è posta su un arco alla fine di via Fogge, che da nord si innesta in Piazza dei
Signori (comunemente detta anche Piazza Dante). La statua rappresenta la sua
figura intera con in mano il mondo, che il popolo del tempo ha ribattezzato la
bala de Fracastoro, dove bala è il termine dialettale che indica palla. In
quella strada vi era il passaggio per il vecchio tribunale da parte di giudici
e avvocati ed era vicina a tutti i palazzi del potere di quel tempo. La bala è
legata ad una profezia: cadrà sulla testa del primo galantuomo che passerà
sotto. Finora non è mai successo. Il popolo di Verona usa questa storia per
sbeffeggiare gli uomini del potere. Enrico Peruzzi, Dizionario Biografico degli
Italiani, Ettore Bonora, Il "Naugerius" del Fracastoro,
Milano,Garzanti, Storia della Letteratura italiana, Dal Piaz Giorgio, Padova e
la Scuola Veneta nello sviluppo e nel progresso delle Scienze geologiche. Mem.
R. Ist. Geologia Univ. Padova, Dal Piaz Giorgio, Cenni sulla vita e le opere di
carattere geologico di Antonio Valleri senior. In: “Il metodo sperimentale in
Biologia da Valleri ad oggi”, Simposio nel III Centenario della nascita di
Antonio Valleri, Univ. Studi Padova e Acc. Patavina Sci. Lett. Arti, Questo
testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza
in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di
Firenze, Girolamo Fracastoro, Patavii, excudebat Josephus Cominus, Opere,
Venetiis, apud Iuntas, Homocentrica, Venetiis, Sifilide Tiziano, Ritratto di
Girolamo Fracastoro. Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Enrico Peruzzi, «FRACASTORO, Girolamo», in Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Girolamo Fracastoro.
Fracastoro. Keywords: dialogo sull’anima, ovvero, il Fracastoro, di Fracastoro.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fracastoro” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51688440237/in/photolist-2mPtp3t-2mKwLu6
Grice e
Francesco – corpi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Diano Marina).
Filosofo. Grice: “I like Francesco; for one, he philosoophised, like I do, on
“I” and “We” – ‘first person’, ‘personal identity,’ and so on!” Insegna a
Milano e Pavia. Collabora alla pagina culturale del Sole 24 Ore, è stato
presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica e presidente della
European Society for Analytic Philosophy. Altre opere: “La mente” (Mondadori,
Milano . Che fine ha fatto l'io?” (Editrice San Raffaele, Milano); “La mente”
(Carocci, Roma); “La coscienza” (Laterza, Roma Bar); “L'io e i suoi sé: identità
della persona e smente” (Cortina, Milano); “La mente” (Nuova Italia
Scientifica, Roma); “Il Realismo Analitico” (Guerini e associati, Milano); “Russell”
(Laterza, RomaBari); “Il soggeto communica al altro soggeto di un oggetto:
senso e riferimento” (Edizioni Unicopli, Milano); “Sgnificato e riferimento” (Edizioni
Unicopli, Milano). Rettore dello Iuss di Pavia. Michele Di Francesco. Francesco.
Keywords: corpi, unicorno, unicornis, adj. later noun, nome sustantivo, nome
aggetivo, nome proprio, nome commune – unicorn – Meinong, Grice, “Vacuous
Names”, vacuous descriptions, Priest, Read, persona, an Etruscan concept, the
grammar of ‘referring’ – the grammar of ‘senso’, the grammar of ‘significato’
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Francesco” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758709547/in/dateposted-public/
Grice e
Franchini – la gloria d’Enea– filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli).
Filosofo. Grice: “I like Franchini; for one, he wrote on the ‘metaphysics of
love;’ for another, he wrote on ‘historical reason’: I collect reasons, pure
reason, practical reason, communicative reason, historical reason…” -- Figlio
di Vincenzo e Anna Scalera, si laurea sotto le armi: visse una drammatica
esperienza bellica che lasciò un segno per la vita. Studia all’Istituto
Italiano di Studi Storici, fondato da Croce a Napoli, dove ha tenuto in seguito
conferenze e lezioni. Insegna a Messina e Napoli. Fonda la Hegel-Internationale
Vereinigung, è stato socio delle Accademie napoletane nella Società nazionale
di Scienze, Lettere e Arti e dell’Istituto Lombardo di Milano. Intensa è la sua
attività di pubblicista e di scrittore. Collaborò nell’immediato dopoguerra a
giornali come “La Voce”, “L’Azione”, “Il Giornale”, e in seguito al “Mattino”
di Napoli, al “Tempo” di Roma e alla “Gazzetta di Parma”. Scrisse sul “Mondo”
di Mario Pannunzio, contribuì assiduamente alla “Rivista di Studi Crociani”. Diresse
la nuova serie filosofica della rivista “Criterio”, fondata a Firenze da Ragghianti.
Sin da adolescente frequenta la casa di Croce, scoprendone via via la lezione
di alta umanità e di profondo significato etico-politico. Une alla vocazione
filosofica la militanza politica in nome dei valori della liberal-democrazia.
Partecipa attivamente a “Nord e Sud” di Compagna e alla “Realtà del Mezzogiorno”
di Macera. Cultore delle arti visive, di cinema e di teatro, di musica e di
poesia, si cimenta tra l’altro nella scrittura di 99 Aforismi, antologizzati
nel volume degli “Scrittori italiani di aforismi”. Redasse nel preziose “Note
biografiche di Croce”, raccolte dalla viva voce del filosofo, che furono
oggetto di alcune trasmissioni radio-foniche. La sua vasta biblioteca è a
Napoli. Il nocciolo della sua filosofia sta nel tema del “giudizio”, storico,
politico, prospettico. Alla lezione di Croce, che considera un classico della
storia delle idee, si e costantemente ispirato, riconoscendogli il merito, per
lo più sottaciuto, di aver calato il pensiero nel vivo dell’esperienza storica.
In “Esperienza dello storicismo” distingue, in continuità ideale con gli studi
di Antoni, lo storicismo di matrice vichiano-crociana dal “Historismus” tedesco,
prevalentemente filologico, nella convinzione peraltro che la filosofia dello “spirito”
non fosse una pura e semplice ripresa dell’idealismo hegeliano. Indaga il
nucleo logico della filosofia di Croce individuando, nel nesso delle categorie
conoscitive (teoretica, aletica) e pratiche (buletica, volitiva), l’*uni*-cità or
‘aequi-vocalita’ della dialettica, di opposti e distinti. Fu tra i primi a
confrontarsi con le nuove correnti della fenomenologia, dell’esistenzialismo,
del neo-positivismo e la filosofia analica del linguaggio ordinario, segnalando
nel tema del ‘nulla’ lo scacco definitivo del sistema, insieme con il bisogno
di qualificare l’ ‘irrazionale’ (il pre-razionale), che è il vasto mondo della
non filosofia. Elabora una esaustiva storia del concetto di “dia-lettica” dai
Greco-Romani ai contemporanei (Le Origini della dialettica), approdando infine
alla forma moderna della filosofia nel passaggio dalla “metafisica teologica” alla
metodologia della storia. Ha appreso da Hegel che la dialettica *è* la logica
della filosofia, distinta dalla scienza. Alla tradizione del criticismo
kantiano collega il concetto di “giudizio”, in special modo nella forma della
riflessione estetico-teleologica della terza Critica. Gli si aprirono nel
frattempo squarci significativi sul fattore esistenziale e storico del “non
essere ancora” (il potenziale, l’attuale, il divenire) che lo indusse ad
analizare il concetto di “progresso” tra la crisi del ideale dell’ illuminismo
e la dimensione etico-politica del giudizio “prospettico” – il pre-spettico, lo
spettico, il prospettico -- tra passato, divenire, e avvenire. Il futuro è in
qualche modo pre-vedibile nella prospettiva individuale di chi è chiamato ad
agire in una situazione in sviluppo. Altra cosa sono l’astratta profezia,
l’oracolo, le prassi scientifica, la scommessa (the bet), il “caso” -- che sono
forme di pre-visioni utili, finanche necessarie, ma non trascendentale (Pre-visione).
Proclama il diritto alla filosofia, la lotta per il diritto all’esercizio della
ragione contro il sofisma che limita la libertà, per ridare dignità alla ri-vendicazione
dei diritti umani (Il diritto alla filosofia). Tratta sul rapporto di filosofia
e scienza, riconoscendo a ogni sapere una funzione paritaria nella differenza
della materia e della forma. Non ha punti di partenza né approdi finali, ma
poggia sulla spontaneità creatrice del vitale nel quale Croce, in perenne confronto
critico con Hegel, indica l’origine della dialettica e una scoperta di alta
Eticità. Nell’Utile, da Croce elevato al livello dello spirito, indaga gli
aspetti ineludibili di buona parte della vita umana (la volontà, la passione,
la classificazione), per una comprensione ad ampio raggio del senso del
terrestre. Altre opere: “Critica della ragione storica” (Giannini,
Napoli); “Storicismo” (Giannini, Napoli); “Metafisica e storia” (Giannini,
Napoli); “La linea ed il circolo -- Il progresso: storia di un’idea – storia
lineale, storia ciclica -- La Nuova Accademia, Milano; L’idea di progresso.
Teoria e storia, Giannini, Napoli, “La dia-lettica e la co-loquenza”, Giannini,
Napoli, La materia della filosofia, Giannini, Napoli, Teoria della previsione,
ESI, Napoli; seconda Giannini, Napoli, “Croce interprete di Hegel” Giannini,
Napoli); “Il concetto di storia in Croce, Morano, Napoli; E.S.I., Napoli, Renata
Viti Cavaliere La logica della filosofia, Giannini, Napoli); “Il sofisma e la
libertà” Giannini, Napoli, “Autobiografia minima, Bulzoni, Roma, Interpretazioni.
Da Bruno a Jaspers, Giannini, Napoli “Consenso e dissenso” (Sansoni, Firenze); Intervista
su Croce, A. Fratta, SEN, Napoli, Il diritto alla filosofia, SEN, Napoli, Critica
delle crisi: filosofia, scienze, rivoluzioni” (Cadmo, Roma); “Il progresso
della filosofia, Storia della filosofia con testi e ricerche, Ferraro Napoli, Eutanasia
dei principii logici, Loffredo, Napoli); “Il potere e l’ipotesi. Tappe di una
filosofia delle funzioni, Morano, Napoli, Pensieri sul “Mondo”, R. Viti
Cavaliere, C. Gily, R. Melillo, presentazione di G. Cotroneo, Luciano, Napoli);
“Teoria della previsione, G. Cotroneo e G. Gembillo, Armando Siciliano,
Messina, Le origini della dialettica, F. Rizzo, Rubbettino, Soveria Mannelli,
Scritti su “Criterio”, Introduzione, testi e indici R. Viti Cavaliere e R.
Peluso, Scripta Web, Napoli. "Dizionario Biografico", su
treccani. quartotempoblog, Biografia di
Carmen Moscariello Quarto Tempo, altervista.org. critica M. Biscione,
Interpreti di Croce, Giannini, Napoli G. Gembillo, Un itinerario filosofico, La
Nuova Cultura, Napoli Coppolino, La “scuola” crociana, La Nuova Cultura,
Napoli, V. Mathieu, Storia della filosofia: La filosofia del Novecento, Le
Monnier, Firenze, G. M. Pagano, “Storicismo e azione” (Cadmo, Roma); G.
Cantillo, Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, Napoli, E. Paolozzi, il
valore dei dettagli, in L'identità liberale di una società in trasformazione,
Napoli, La tradizione critica della filosofia. G. Cantillo e R. Viti Cavaliere,
Loffredo, Napoli, R. Viti Cavaliere, Postfazione, La teoria della storia di Croce,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Viti Cavaliere, Profilo in Ead., “Il
giudizio e la regola” (Loffredo, Napoli); “Il diritto alla filosofia, G.
Cotroneo e R. Viti Cavaliere, Rubbettino, Soveria Mannelli R. Viti Cavaliere, Una scelta di lettere di
Carlo Antoni in "Logos", Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
//store.rubbettinoeditore/raffaello-franchini/ Fondo Franchini, Università
“L’Orientale” di Napoli. Raffaello Franchini. Franchini – not to be confused
with Franchini, author of ‘I gladiatori’ -- Keywords: I gladiatori. vitale,
avvenire, divenire, storia, historismus, ragione storica, spirito, dialettica,
opposti, l’opposto, il distinto, aequi-vocalita della dialettica – dialettica
come metodo della filosofia, non della scienza; prospettico, prespetico,
spetico, giudizio, l’utile, storia ciclica, storia lineale, filosofia
analitica, historimus philologicus, critica della ragione storica; Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Franchini” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760313400/in/datetaken/
Grice e
Franci – i ostrogoti – filosofia italiana – Luigi Speranza (Ferrara).
Filosofo. Grice: “I like Franci; for
one, he philosophises and calls his thing ‘studi linguistici,’ for another, he
teaches in a varsity older than mine!” Insegna a Bologna. i suoi interessi si
sono concentrati principalmente sullo studio delle molteplici manifestazioni
della spiritualità. Dopo essersi laureato a Bologna con Heilmann, ha poi
compiuto studi di perfezionamento a Roma sotto la supervisione di Tucci. Direttore
del Dipartimento di Studi Linguistici, presidente dell'Accademia delle Scienze
e direttore della Biblioteca di Discipline Umanistiche presso l'Bologna. È
stato inoltre Accademico effettivo dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto
di Bologna; Socio ordinario dell'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo
Oriente, Roma; Membro dell'European Society for Asian Philosophy, Nottingham, Socio
Onorario e membro del Comitato Scientifico dell'Associazione Italia-India; Consigliere
dell'Associazione Italiana di Studi Sanscriti; Vicepresidente del Centro di
Documentazione e Iniziativa per la Pace «Giovanni Favilli»; Membro del Comitato
Direttivo del Centro Studi, Iniziative e Informazioni «Amilcar Cabral»; Membro
del Coordinamento nazionale per l'insegnamento delle culture afro-asiatiche
nella scuola secondaria; Direttore della collana «Studi e testi orientali». Ha
inoltre insegnato presso le Calcutta per tre anni nei primi anni sessanta e di
Firenze. Insegna: Sanscrito Lingue Arie
Moderne dell'India Storia dell'India Moderna e Contemporanea Filosofie,
Religioni e Storia dell'India e dell'Asia Centrale. Gli interessi di Franci si
rivolgano principalmente all'India classica e, in particolare, allo studio del
pensiero mistico (bhakti) e dell'Advaita Vedānta shankariano. Egli non ha
mancato comunque di approfondirne anche gli aspetti moderni e
contemporanei: il ruolo dell'induismo
nell'India d'oggi; problematiche relative alla questione linguistica, con
particolare attenzione alle letterature in bengali e in inglese; studi sul
pensiero classico nell'India d'oggi e i pensatori moderni in generale come
Aurobindo. Altre opere: L'Upadesasahasri (Gadyabhaga) di Sankara: contributo
allo studio del Kevaladvaita” (Bologna); “Recenti sviluppi delle questioni linguistiche
indiane, Bologna); “Alcuni problemi e tendenze della filosofia comparata”
(Bologna); “Yoga ed esicasmo, Trapani, “Saggi indologici, Bologna, La Bhakti:
l'amore di Dio nell'induismo, Fossano); “Studi sul pensiero indiano, Bologna, Piero
Martinetti e "Il sistema Sankhya", Contributi alla storia
dell'orientalismo, Giorgio Renato Franci, Bologna, Luigi Heilmann linguista, indologo,
umanista, Bologna, La benedizione di Babele: contributi alla storia degli studi
orientali e linguistici, e delle presenze orientali, a Bologna, Bologna, L'induismo,
Bologna, Il Mulino, Induismo, prefazione di Gianfranco Ravasifotografie di
Andrea Pistolesi, Milano, Touring Club Italiano, Il Buddhismo, Bologna, Il
Mulino, Yoga, Bologna, Il Mulino, Filosofia indiana Induismo, Treccani
L'Enciclopedia italiana". Giorgio Renato Franci. Keywords: i ostrogoti,
Staal, Grice on Indian Philosophy – ‘the Indian philosophical culture” “The
Western European philosophical culture” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Franci” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759288276/in/dateposted-public/
Grice e Francia – i centauri – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Firenze). Filosofo. Grice:
“Francia is a good one; for one, he philosophised on ‘not’: “il rifiuto.””
Grice: “Italians use rifiute and confute – as we do!” – Grice: “Ryle used to
say, to provoke Popper, that ‘to refute’ is pretentious, when “to deny” does!” Figlio del generale e geografo Orazio e di Gina Mazzoni,
dopo gli studi liceali si laurea Firenze con Carrara, di cui diviene. Insegna a
Firenze. Al contempo, svolse attività di ricerca all'Istituto Nazionale di
Ottica di Arcetri, diretto da Vasco Ronchi. Lavora presso il centro di ricerca
ottica della Ducati di Bologna fino al 1951 quando divennne professore
straordinario di onde elettromagnetiche all'Firenze, quindi ordinario della
stessa disciplina nel 1954 all'Istituto Nazionale di Ottica (Arcetri), dopo due
anni di ricerca e di insegnamento all'Rochester. Passa all'Firenze, come
ordinario di ottica su una cattedra appositamente creata per lui.
Contemporaneamente, collaborò con l'Istituto di ricerca sulle microonde del CNR
di Firenze, fondato da Nello Carrara. Fonda e diresse sia l'Istituto di ricerca
sulle onde elettromagnetiche, oggi Istituto di Fisica Applicata del CNR, che
l'Istituto di Elettronica Quantistica (sempre del CNR). Ordinario di fisica
superiore presso l'Firenze rimanendovi fino al 1991, anno del pensionamento,
quindi ebbe la nomina a professore emerito. Altresì presidente della
Società italiana di fisica dal 1968 al 1973, della International Commission for
Optics della Società italiana di logica e filosofia della scienza, del Forum
per i problemi della pace e della guerra e della Scuola di musica di Fiesole,
oltre l'ambito scientifico Torando di Francia ebbe vasti interessi culturali,
occupandosi approfonditamente tra l'altro di filosofia della scienza. Socio
nazionale dell'Accademia Nazionale dei Lincei, era anche un appassionato dantista.
Era padre dell'architetto Cristiano Toraldo di Francia. Si occupa
variamente di fisica matematica, di ottica, di microonde, di laser, di
meccanica quantistica, di elettrodinamica, di fondamenti della fisica, di
epistemologia, di informatica. Tra i suoi contributi principali sono da
ricordare, nel campo dell'ottica, la formulazione del concetto di
super-risoluzione (Toraldo filters) e del principio dell'interferenza inversa (prodromico
alla nozione di olografia), nonché la dimostrazione sperimentale dell'esistenza
delle onde evanescenti (evanescent waves). I suoi contributi più recenti
hanno riguardato la didattica della fisica, la divulgazione della filosofia
della scienza e i rapporti tra scienza e società nonché tra cultura scientifica
e cultura umanistica. Tra l'altro, in collaborazione ha curato e tradotto in
italiano il noto trattato La fisica di Feynman, opera didattica di Richard
Feynman. Altre opere: Fisica per architetti, Edizioni Universitarie, Firenze);
“Onde elettromagnetiche, Zanichelli, Bologna); “Radiazione, Istituto di Fisica,
Università degli Studi di Firenze, Firenze, “Diffrazione” (Einaudi, Torino);
“Il fotone e l’elettrone”; Istituto di Fisica, Università degli Studi di
Firenze, Firenze, “L’accelerazione della particella” Istituto di Fisica,
Università degli Studi di Firenze, Firenze); “Elettrodinamica e radiazione” Istituto
di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze. “Il metodo geometrico ed
il metodo aritmetico della fisica” Istituto di Fisica, Università degli Studi
di Firenze, Firenze, “Radiazione”, Istituto di Fisica, Università degli Studi
di Firenze, Firenze, “Il fisico (Einaudi, Torino); “Il fisico” (Guaraldi,
Firenze-Rimini, Il rifiuto. Considerazioni semiserie di un fisico sul mondo di
oggi e di domani, Einaudi, Torino, Problemi dei fondamenti della fisica, Scuola
Internazionale di Fisica, Varenna sul Lago di Como, Società Italiana di Fisica,
Editrice Compositori, Bologna, Le teorie fisiche. Un'analisi formale (Bollati
Boringhieri, Torino); “L'amico di Platone. L'uomo nell'era scientifica”
(Vallecchi, Firenze); “Le cose e i loro nomi” (Laterza, Roma-Bari); Fisica per il licei” (La Nuova Italia,
Firenze); “La grande avventura della scienza, Istituto di Fisica, Università
degli Studi di Firenze, Firenze, “La scimmia allo specchio. Osservarsi per conoscere”
(Laterza, Roma-Bari); “Un universo troppo semplice. La visione storica e la
visione scientifica del mondo, Feltrinelli, Milano); “Tempo, cambiamento,
invarianza” (Einaudi, Torino, Dialoghi di fine secolo. Ragionamenti sulla
scienza e dintorni” (Giunti, Firenze); “Ex absurdo. Riflessioni di un fisico
ottuagenario, Feltrinelli, Milano); “In fin dei conti, Di Renzo Editore, Roma);
“Il pianeta assediato. Conversazione di fine millennio” Le lettere, Firenze, Nascita
di un uomo moderno, Edizioni CNSL, Recanati, Introduzione alla filosofia della
scienza” (Laterza, Roma-Bari, Metodi matematici della fisica, Edizioni IFAC,
Firenze, . Elettrodinamica e teoria della radiazione (Renzo Vallauri e Daniela
Mugnai), Edizioni IFAC, Firenze. Per le notizie biografiche qui riportate, ci
si riferisce a R. Pratesi, L. Ronchi Abbozzo, "Breve nota sul contributo
scientifico di Giuliano Toraldo di Francia", Quaderni della Società
Italiana di Elettromagnetismo, cfr. anche aif/fisico/biografia-giuliano-toraldo-di-francia/ Elenco dei Professori di Firenze Archiviato, Florence, Italian
Physical Society, Editrice Compositori, Bologna, R. Pratesi, L. Ronchi Abbozzo,
"Breve nota sul contributo “ ", Quaderni della Società Italiana di
Elettromagnetismo, E. Castellani,
"Nodi d'invarianti: l'eredità", scienziato umanista, Le Scienze, E. Agazzi, "Ricordo", Epistemologia,
Breve nota sul contributo, su elettromagnetismo. Piero Angela, Dialoghi di fine
secolo: ragionamenti sulla scienza e dintorni, Giunti Editore, In ricordo, Riccardo Pratesi, Società italiana
di fisica. Giuliano Toraldo di Francia. Francia. Keywords: i centauri, ex
absurdo; scientific realism, philosophy of physics, foundations of the
phystics; geometry and arithmetics as the methods in physics; observation and
perception, ‘what the eye no longer sees’ – ‘we see with our eyes”; Eddington’s
two tables – teoria relativistica, theory of relativity – theory of the
absolute. Particella, relativita, assoluto/relativo – relative-assoluto –
Galilei – H. P. Grice’s discussion of the ‘relative-absolute’ distinction
vis-à-vis R. M. Hare (‘there are no absolute values’) as cited by colonial
philosopher J. L. Mackie in ‘Inventing right and wrong’ ‘absolute value’
‘relative value’ -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Francia” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759455588/in/dateposted-public/
Grice e
Franzini – espressione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano).
Filosofo. Grice: “I like Franzini; for one, he philosophised on aesthetics and
passions (‘passioni’). Sir Geoffrey [Warnock] and I philosophised on the
former, if not the latter!” Si laurea con Giovanni Piana e Dino Formaggio.
Insegna a Milano e l'Udine. Studia Husserl e la fenomenologia, nonché della
filosofia francese, ha indagato sul fronte storico e teoretico alcuni temi
cruciali dell'estetica, quali la “creazione”; “simbolo” (‘to throw two things
together, so that the recipient compares them!); “immagine”; “experienza estetica inter-soggetiva”. Sulla
scorta di una ricognizione della genesi settecentesca dell' “estetica”, vista
quest'ultima come punto di incontro tra doxa ed episteme, fra sentimento e
ragione, fra il noetico e l’estetico, -- “La noetica di Grice” -- indaga lo
statuto dell’estetica e della noetica, approfondendo il valore
volitivo/giudicativo (noetico, contenuto, p) della dimensione pre-categoriale
dell'esperienza (l’estetico). Questo percorso trovato una sintesi che mira alla
definizione di una "fenomenologia del noetico”, no dell’estetico; ossia di
una ‘noesi’ che sappia de-cifrare la ricchezza simbolica dell’estetico –
rappresentazione, immagine. Altre opere: “Dall’estetico al noetico” (Milano,
Unicopli); “Sul bello naturale” (Milano, Guanda); “Il bello naturale creato di
Dio (phusei); il bello ART-ificiale creato dall’ART-ista Vinci (thesei – ex
positione)” (Milano, Unicopli); La figura del diavolo, il discorso del diavolo”
(Milano, Mimesis); “In principio erat verbum” Favola: dal mito al logos
(Milano, Guerini); “In-scriptum, De-scriptum, ex-criptum – (Milano, Cuem); “Le
leggi del cielo, l’estetico e il patico (Milano, Guerini); “Metafora, mimesi,
morfo-genesi, progetto. Architettitura filosofica (Milano, Guerini). La
Fenomenologia” (Milano); “Differenze nello spirito romano” (Milano, Edizioni
dell'Arco); “Mondo possibile: l’interpretazione dell’espressione comunicativa
(Milano, Guerini); “Il senso, il sensibile, il sentimentale, l’ingenuo”
(Milano, Mondadori); “Il senso, sentire, sentimento” (Milano, Bruno Mondadori);
“Percezione e immagine” (Milano, Il Castoro), “Piacere, dispiacere, Gusto e
disgusto” (Milano, Nike); “Fenomenologia pura, fenomenologia impura,
fenomenologia mista – il misto, il puro, l’impuro (Einaudi, Torino); “Cezanne a
Liguria”; “Fenomenologia del noetico: Al di là dell'immagine” (Milano,
Cortina); “Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli
enciclopedisti, Palermo, Aesthetica; "Estetica del bello, noetica del brutto,
Palermo, Aesthetica, Immagine e verita: e vero che il sole si ferma) (Milano,
Il Castoro); “L’estetico dell’espressione comunicativa” (Firenze, Le Monnier);
“L’unicita della ragione; La cosedetta “altra ragione” – il buletico e il
creditum: sensibilità, immaginazione, forma naturale, forma artificiale, forma
create dall’art-ista, Milano, Il Castoro); Il simbolico e il noetico (to throw
to things to be compared, say an Italian flag, and the love of country); Simbolo: figura, materia, e
forma – simbolo materiale – forma noetica – hyle-morphismo” (Milano, Il
Saggiatore); “La lume dell’altre ragione” (Milano, Bruno Mondadori); La
rappresentazione dello spazio – spatium (Milano, Mimesis); ntroduzione
all'estetica, Bologna, Il Mulino); “Arte, bello e interpretazione della natura”
(Milano, Mimesis); Non sparate sull'umanista. La sfida della valutazione (Milano,
Guerini e Associati); “Filosofia della crisi” (Milano, Guerini e
Associati, pre-moderno, Moderno e
postmoderno. Un bilancio, Milano, Raffaello Cortina Editore, ti dà il
benvenuto, su eliofranzini. L'estetica aujourd'hui. Conversazione» Il rasoio di
Occam MicroMega Estetica, filosofia,
vita quotidiana. Conversazione in MicroMega, su unimi Entra in carica oggi, il
rettore su unimi, contiene l'articolo Il
nuovo rettore della Università Statale di Milano prevede di mantenere a Città
Studi un polo di dipartimenti scientifici
Edmund Husserl Fenomenologia Scuola di Milano Elio Franzini. Franzini. Keywords:
espressione, Sibley, Strawson, ‘Bounds of Sense” -- simbolo, rappresentazione,
immagine, noetico, estetico, natura, bello, forma, materia, arte. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Franzini” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759406043/in/dateposted-public/
Grice e
Frixione – l’implicatura metrica di Lucrezio – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Genova). Filosofo. Grice: “The Grecians were pretty clear – and
Cicero followed suit – surely if I say ‘He made it,’ there is no implicature
that he is a poet, even if ‘poeien’ is strictly, ‘make’!” -- Grice: “Poetry is
a good place to apply the idea of implicature, as in Donne – Nowell-Smith’s
favourite obscure poet, and Blake – mine!” –Insegna a Salerno, Milano, Genova. I
suoi interessi di ricerca includono il linguaggio. Le sue ricerche riguardano il
ruolo delle forme di ragionamento non monotòno nell'ambito e il rapporto tra l’illusione
del perceptum ed il ragionar invalido. Si è anche occupato di modelli di
rappresentazione. È noto anche per la sua attività di poeta d'avanguardia
(segnalata, tra gli altri, da Sanguineti) e per aver fondato e fatto parte del
“Gruppo ‘93”. Altre opere: “Il Significato” FrancoAngeli); “La Funzione e la computabilità”
(Carocci); “Come Ragioniamo, Laterza Editore, Lista delle pubblicazioni da DBLP
Computer Science Bibliography, Universität Trier; Diottrie, Piero Manni,
Ologrammi, Editrice Zona, Insegnamenti Scuola di Scienze Umanistiche, Uiversità
di Genova.. Guida dello Studente, Corso
di Laurea in Filosofia, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Governing
Boards of the Italian Association of Cognitive Sciences. A Cognitive
Architecture for Artificial Vision., in Artificial Intelligence, Elsevier. Francesco
Prisco, Sanguineti: «La letteratura è un gioco che può ancora scandalizzare»,
in Il Sole 24 Ore, Angelo Petrella, GRUPPO 93. L'antologia poetica Angelo
Petrella, in Editrice Zona, . Marcello
Frixione scheda nel sito Genova, Dipartimento di Antichità, Filosofia e Storia,
Come ragioniamo recensione di Dario Scognamiglio, ReF Recensioni Filosofiche. Marcello
Frixione. Frixione. Keywords: l’implicatura metrica di Lucrezio, poetry, Ezra
Pound, Alighieri, “speranza, tela” – Tesauro – Folco -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Frixione” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759787619/in/dateposted-public/
Frontino
(catalogued by it.wiki under “filosofi romani”and ‘scrittori romani’ – vide
Marc’Aurelio Antonino.
Frontone – vide
Antonino
Grice e
Frosini – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania).
Filosofo. Grice: “I like Frosini; only in Italy a professor of jurisprudence –
the Italian H. L. A. Hart – would care to provide a theatrical ‘reduction’ of a
Sicilian ‘romanzo’! Genial – He has also written on Risorgimento families!” -- «Il progresso tecnologico è la nuova
democrazia di massa» (Vittorio Frosini in'intervistaalla trasmissione RAI
Mediamente ). Considerato il padre dell'Informatica in Italia, si devono a lui
le prime riflessioni generali sulle implicazioni esistenti tra diritto,
tecnologie e attività giudiziarie. Laureatosi alla a Pisa in filosofia e
studia a Catania. Studia la regolamentazione dell'informatica; ha presieduto
l'Associazione Italiana di Diritto dell'Informatica e di Giuritecnica e
l'Istituto di Teoria dell'interpretazione e di informatica giuridica presso la
Facoltà di Giurisprudenza dell'Roma "La Sapienza". Teorico di un
"umanesimo tecnologico" attento ai diritti civili, ha avviato una
ricostruzione sistematica dei problemi dell'informatica consapevole delle
diverse implicazioni economiche e sociali della regolamentazione giuridica. Nel
confronto costante tra diritto e tecnologie, il progresso produce una
evoluzione sociale continua che si riflette nel campo giuridico ed economico
come nei miglioramenti qualitativi dei diversi rapporti con le istituzioni,
favorendo un continuo e immediato confronto fra amministratori e amministrati
entro un rapporto diretto a carattere orizzontale, mentre prima era a carattere
“verticale” e così il cittadino diventa veramente attore della vita civile e
non più suddito. Di qui il profilarsi di una nuova democrazia di massa in cui si
realizza con apparente paradosso una nuova forma di libertà individuale, un
accrescimento della socialità umana che si è allargata sull'ampio orizzonte del
nuovo circuito delle informazioni, un potenziamento, dunque, dell'energia
intellettuale ed operativa del singolo vivente nella comunità». L'opera
centrale di Vittorio Frosini, Professore ed emerito di filosofia del diritto e
di informatica giuridica è indubbiamente “La struttura del diritto”. Il saggio
ebbe immediati riconoscimenti e una notevole fortuna in Italia dove ebbe
sei riedizioni pressoché inalterate. Quale suo autore ricevette un premio
dall'Accademia Nazionale dei Lincei dalle mani del Presidente della Repubblica
Italiana, Antonio Segni. Frosini è peraltro autore di saggi fondamentali
sul rapporto tra tecnologia e diritto quali: “Cibernetica: diritto e
società”; “Informatica, diritto e società” (Milano); “Giuffrè Il giurista e le
tecnologie dell'informazione” (Roma, Bulzoni); “La democrazia nel XXI secolo)”
(Roma, Ideazione ed.; , Macerata, Liberilibri); “La lettera e lo spirito della
legge” (Milano): Giuffrè Teoria e tecnica dei diritti umani” (Napoli, Edizioni
scientifiche Italiane; “Fondamentali sono anche i suoi scritti sulla rivista Informatica
e Diritto: “L'automazione elettronica nella giurisprudenza e nell'Amministrazione
Pubblica”; “La giuritecnica: problemi e proposte”; “Giustizia e informatica”; “La
protezione della riservatezza nella società informatica”; “L'esperienza OCSE
nel potenziamento degli scambi tecnologici connessi alla gestione delle
informazioni”; “L'informatica nella società contemporanea; “Riflessioni sui
contratti d'informatica”; “Il giurista nella società dell'informazione Riconoscimenti
A Vittorio Frosini sono dedicati: il premio nazionale di informatica
giuridica "Vittorio Frosini" della rivista Il diritto
dell'informazione e dell'informatica; la collezione di strumenti di calcolo e
di elaborazione automatica dei dati, utilizzati presso l'Istituto di Teoria
dell'Interpretazione e di Informatica Giuridica dell'Università "La Sapienza"
di Roma. MediaMente: "Il progresso tecnologico e ‘la nuova democrazia di
massa’", su mediamente.rai. "Net freedoms: i diritti di libertà in
rete" Dibattito sul diritto dell'informazione e dell'informatica | RadioRadicale Cfr. Frosini in una lucida testimonianza su
Università, Normale e Collegio Mussolini, Raimondo Cubeddu e Giuseppe
Cavera. Sabino Cassese, Vittorio Frosini
e lo spirito della legge, Il Sole; Frosini, La democrazia nel XXI secolo,
Macerata, Liberi libri, . Fondazione
Piero Calamandrei, Roberto Russano, degli scritti, Milano, A. Giuffrè, Vittorio
Frosini, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. La ‘morfogenesi dell’ordinamento giuridico’
in Vittorio Frosini, in "L'Ircocervo. Rivista elettronica italiana di
metodologia giuridica, teoria generale del diritto e dottrina dello stato"
Genesi filosofica e struttura giuridica della Società dell'informazione,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, su edizioniesi. Vittorio Frosini. Frosini.
Keywords: gattopardo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Frosini” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759338733/in/dateposted-public/
Grice e
Fusaro – idealismo e prassi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino).
Filosofo. Grice: “I like Fusaro – he philosophised on a critique of
conversational reason!” Diplomato al liceo Alfieri di Torino, si laurea con
“Marx” a Torino. Studia a Milano. Insegna Gramsci a Harvard. Insegna a Milano. Cura “La ragion populista” su Casa Pound. Membro
del Risorgimento Meridionale per l'Italia. Fonda Vox Italia. Si considera allievo di Hegel e Marx. Tra gli
italiani predilige Gramsci e Gentile. Tra i moderni cita Spinoza, Fichte e Heidegger,
con un'attenzione costante per le origini romani della filosofia. Si occupa inoltre
di storia della filosofia. Tra gli filosofi studiati ci sono Koselleck, Blumenberg,
oltre ai già citati Marx, Hegel, Gramsci, Gentile, Spinoza e Fichte. Tratta Marx nell'ottica dell'idealismo, accostando
alla critica del sistema capitalistico elementi dalla tradizione del
comunitarismo e del sovranismo. Segue le orme di Preve. Altre opere: “Speranza:
un saggio filosofico” (Il Prato); “La farmacia di Epicuro: la filosofia come
terapia” (Il Prato). “L’atomismo di Lucrezio: alle radici del materialismo” (Il
Prato); “La schiavitù salariata” (Il Prato); “Bentornato Marx! Rinascita di un
pensiero rivoluzionario” – cfr. “Bentornato Grice! Rinascita della prammatica”
(Bompiani); “Essere senza tempo: il concetto filosofico d’accelerazione”
(Bompiani); “Minima mercatalia: il capitalismo” (Bompiani); “L'orizzonte in
movimento. Modernità e futuro in Koselleck, Il Mulino); Coraggio, Cortina); “Idealismo
e prassi in Gentile” (Il Melangolo); “Rivolta, dissidenza, scissione” (Barney);
“Il futuro è nostro: filosofia dell'azione” (Bompiani); “Stato commerciale
chiuso” (Il Melangolo); “Essere-nel-mondo e passione” (Feltrinelli); “Europa e
capitalismo. Per riaprire il futuro” (Mimesis); “Peccato nei Grundzüge” (Il
Melangolo); “Altrimenti: il dissenso conversazionale” Einaudi, “Coscienza del
precariato” Bompiani “L’ordine dell’amore” (Rizzoli); Processo alla Rivoluzione
(Il Ponte Vecchio); “Marx idealista: una lettura eretica del materialismo storico”
Mimesis); “La notte del mondo: arte e technica in Heidegger” tecnocapitalismo,
UTET, Glebalizzazione. La lotta di classe al tempo del populismo” (Rizzoli);
“Il naturalismo di Lucrezio” (Bompiani, Marx); “Il Lavoro salariato e capitale,
Bompiani, Marx, Forme di produzione pre-capitalistiche, Bompiani, Marx Friedrich Engels, Manifesto e princìpi
del comunismo, Bompiani, Marx Friedrich Engels, Ideologia” Bompiani, Johann
Gottlieb Fichte, “Missione del dotto, Bompiani); “L’epicureismo romano –
piacere” AlboVersorio, ESE, su uniese. Arriva al Teatro GiordanoFoggia ZON, in
Foggia ZON Curriculum Harvard, Department of Romance Languages, Rai Filosofia,
Diego Fusaro presenta Filosofico.net, su Il
di RAI Cultura dedicato alla filosofia. Diego Fusaro, Il Fatto
Quotidiano, su Il Fatto Quotidiano. 17 febbraio . Diego FusaroL'Interesse Nazionale, su diegofusaro.com. Passa dal marxismo 2.0 alla rivista più
vicina ai cattolici conservatori di CL, in Giornalettismo, Chiude Tempi,
licenziamento immediato per redazione e dipendenti, in L’Huffington Post, La
conversione del filosofo comunista: scriverà per la rivista di estrema destra,
su libero quotidiano, Author at Radio Radio, su Radio Radio. 14 marzo . Perché le turbo-stupidaggini di Fusaro non
fanno ridere ma sono pericolose, su The Vision, Gioia Tauro risultati elezioni
comunali , su corriere. Foligno, ecco l’eventuale giunta M5s: Assessore in
pectore alla cultura, su umbria Comunali Area ITALIA Regione UMBRIA Provincia
PERUGIA Comune FOLIGNO, elezionistorico,
"Valori di destra, idee di sinistra". Fusaro a bomba: nuovo
movimento ultra-sovranista, è l'anti-Salvini?, su libero quotidiano. Il
filosofo che difende il governo del cambiamento. E sogna la guerra tra popolo
ed élite, in Tiscali Notizie, Fusaro, Il capitale: un trionfo dell'idealismo
tedesco, Consorzio Festival filosofia, Il filosofo populista Panorama, in Panorama,
In memoria di Preve. Anti-europeismo
Euro-scetticismo, Meridionalismo, protezionismo, questione meridionale
Revisionismo del marxismo, revisionismo del Risorgimento, socialismo nazionale,
teoria del ferro di cavallo, sovranismo diegofusaro.com. YouTube. openMLOL, HorizonsRadio
Radicale. Filosofico.net La filosofia e
i suoi eroi. Diego Fusaro. Fusaro. Keywords: idealism e prassi, Lucrezio,
italianita, romanita, Gramsci, Gentile, arte, technica, filosofia della storia,
peccato. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fusaro: l’implicatura” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51701379488/in/photolist-2mQPiYS-2mN8ym7-2mLP9qE-2mLF5SC-2mKw3hq-2mKbok1-2mKfNvB-2mJe9QJ
Grice e
Fuschi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cesena). Filosofo. – Grice: “I like Fuschi, and so does Eco,
Rota, and Carlini! Fuschi opposes Aquina’s truths and turns them into mistakes
– since they involve things about the past – where the apostles kept property –
it’s all pretty unverifiable, -- still Fuschi was thoroughly heretic!” – Grice:
“Fuschi is the Italians’ Ockham!” -- Michele
da Cesena Affresco di Andrea di Buonaiuto nel Cappellone degli Spagnoli
di Firenze. Al centro c'è papa Innocenzo VI; in primo piano, tre ecclesiastici
che discutono: Guglielmo da Ockham, Michele da Cesena e l'arcivescovo di Pisa
Simone Saltarelli. Rispettivamente alla destra e alla sinistra del papa vi sono
Egidio Albornoz e Carlo IV di Lussemburgo. Di grande rilievo nelle vicende
politiche ed ecclesiastiche, noto soprattutto per essere stato ministro
generale dell'Ordine francescano. Dopo avere studiato a Parigi, venne
eletto alla più alta carica dell'Ordine francescano durante il capitolo
generale tenuto a Napoli. Durante quel capitolo vennero anche approvate le
rinnovate Costituzioni dell'Ordine, note (per essere state preparate da un
gruppo di frati ad Assisi) come Constitutiones Assisienses. Si distinse
subito per una decisa persecuzione nei confronti degli “spirituali, sostenitori
dell'assoluta povertà di Gesù Cristo e della necessità di una altrettanto
rigorosa povertà dell'ordine francescano. In questa opera di repressione, e
appoggiato da Giovanni XXII. Con le lettere bollate Sancta Romana e Gloriosam Ecclesiam Giovanni
XXII riprova e scomunicava tutti gli spirituali. Si voleva così chiudere il
"caso" della frattura tra gli spirituali e il resto dell'Ordine
francescano (la cosiddetta "comunità"), sospingendo i primi
nell’eresia e nella marginalità. Incalzati dalla persecuzione, Ubertino da
Casale e Angelo Clareno, i maggiori esponenti della corrente spirituale,
dovettero lasciare l'Ordine. A Marsiglia, per la prima volta erano stati bruciati
sul rogo quattro spirituali. Tuttavia, anche i rapporti tra Michele e
Giovanni XXII si deteriorarono. Il papa, infatti, aveva riaperto il dibattito a
proposito della povertà di Cristo, e finì per abolire (con la lettera bollata
Inter nonnullos) la "finzione" giuridica, in vigore fin dal tempo di Niccolò
III (regolamentata con lettera bollata Exiit qui seminat), secondo la quale i francescani
non possedevano nulla né come singoli, né come conventi, né come Ordine, ma era
la Santa Sede a detenere la proprietà di tutti i loro beni che poi venivano
gestiti per mezzo di procuratori. Durante il capitolo di Perugia i Francescani
difesero le loro tesi sulla povertà di Cristo e degli Apostoli, come singoli e
in comune. Il manifesto francescano di Perugia (più precisamente, due lettere
encicliche scritte dal Capitolo e indirizzate a tutti i frati) venne però
condannato dal papa. Ormai lo scontro tra Fuschi e Giovanni XXII era
irreversibile. Il ministro generale venne convocato dal papa ad Avignone e
sospeso dalla sua carica. Venne confermato dai Francescani alla carica di
ministro generale nel capitolo di Bologna. Giovanni XXII gli impose una residenza
forzata ad Avignone, ma fuggì con un piccolo gruppo di frati, tra i quali Occam
e Bonagrazia da Bergamo. I fuggitivi si imbarcarono nel porto di Aigues-Mortes
e raggiunsero a Pisa il campo di Ludovico il aro, candidato al trono del Sacro
Romano Impero. Il papa depose Fuschi dal suo ruolo di ministro generale
con la lettera bollata Cum Michaël de Caesena. Con la lettera bollata Dudum ad
nostri, Fuschi, Occam, e venivano scomunicati. Tale condanna venne rinnovata con
la lettera bollata Quia vir reprobus Michaël de Caesena. Durante il
capitolo generale convocato a Parigi venne eletto ministro generale Oddone. Una
parte comunque minoritaria dell'ordine francescano rimase fedele a Fuschi,
rifiutando di riconoscere l'autorità d’Oddone e del papa stesso, ritenuto
eretico e quindi ipso facto decaduto (nel suo scontro con il papa per la
successione al trono imperiale, Ludovico il aro face eleggere papa Rainalducci
da Corbara con il nome di Niccolò V. Esponente, con Occam e Marsilio da Padova,
del gruppo di intellettuali schierati sul fronte ghibellino e protetti da Ludovico
il aro, Fuschi visse alla corte. Nomina Occam suo successore e vicario,
affidandogli il sigillo dell'Ordine che era ancora in suo possesso. M.
Niccoli nella Enciclopedia Italiana, », C. Dolcini nel Dizionario Biografico
degli Italiani riporta. L’ultimo appello di M. fu pubblicato a Monaco e non si
hanno notizie su di lui. Altre opere: “Appellatio monacensis, Armando Carlini,
Fra Michelino e la sua eresia, prefazione di Renato Serra, Bologna, Nicola
Zanichelli, Cattività avignonese Disputa sulla povertà apostolica, “Il nome
della rosa”; Ordine francescano Riforma spirituale medioevale. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Michele da Cesena e michelisti, -- michelismo e
tomismo -- la voce nel Dizionario del pensiero cristiano alternativo, sito
Eresie Medioevo ereticale: la disputa sulla povertà, su mondi medievali.net.
Predecessore Ministro generale dell'Ordine dei Frati MinoriSuccessoreFrancescocoa.png
Alessandro Bonini Gerardo Odonis Francescanesimo Disputa sulla povertà
apostolica Filosofia. Michele Fuschi. Fuschi. Keywords: “Occam excommunicated” -- Modified Occam’s Razor”,
“Cristo e povero” -- italiani eretici, tomismo, michelismo – Occam
scommunicato. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fuschi” – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51692239470/in/photolist-2mKSeS7
Grice e Gaetani – APVD NEAPOLIM – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Martano). Filosofo. Grice: “I like
Gaetani, for one, he is a duke – and kept beautiful gardens at Martano – he
philosophised on the ‘ottocento’, as any philosopher from the Novecento would!”
Figlio di Carlo, conte di Castelmola, e Giuseppina Chiriatti. La famiglia
Gaetani annovera oltre al ramo dei Castelmola, anche quello dei Laurenzana, di
cui si ricorda il Barone Di Laurenzana, esponente del movimento radicale. L'insegna
araldica dei Castelmola è costituita da uno scudo forgiato di due strisce blu
ondeggianti che lo attraversano in senso trasversale. I Gaetani, prima Caetani,
vantarono alcuni papi, tra cui Bonifacio VIII.
Il padre, Carlo, avvocato, fu ripetutamente eletto tra le file dei
radicali nel Consiglio comunale di Napoli. Da Napoli attiene, fino a tutta la
Grande Guerra, alla cura del patrimonio fondiario in Martano, acquisito dal
matrimonio con Chiriatti. Questa infatti si era trasferita a Napoli dopo l'uccisione
del facoltosissimo padre Paolo, nell'ambito di una torbida vicenda che vide
infine coinvolta la madre di lei, Maria Fortunato, quale mandante, assieme al
prete Mariano, dato che i due erano in tresca. Diviso il patrimonio tra le due
figlie Giuseppina e Paolina Chiriatti, e la madre stessa, vennero iniziati i
lavori di costruzione del palazzo Chiriatti-Gaetani. A Palazzo
Chiriatti-Gaetani la famiglia venne a dimorare mentre man mano la gestione
delle fortune familiari passava in capo a Gaetani, che si impegna in un'ardua
opera di bonifica e di razionalizzazione colturale, culminata con l'acquisto di
diversi macchinari ad alta tecnologia. E però proprio il malfunzionamento
dell'attrezzatura finalizzata all'estrazione dell'acqua dai pozzi, bene
capitale nelle aride campagne della zona, a determinare l'infiacchimento del
capitale di famiglia e il progressivo indebitamento verso il Banco di Napoli,
che culmina con la fine del fascismo.
Frattanto Gaetani, che si
fregiava del titolo di duca, a seguito del matrimonio con la duchessa d'Ascoli,
Leopoldina, si dedica alla filosofia, mentre, del resto, ebbe a ricoprire la
carica di Provveditore a Potenza. La sua filosofia e ispirata dalla Francia,
della che fu un grande amatore, nonostante il fascismo e nonostante la sua
adesione al regime, che ad un certo punto ne impedì la circolazione in Italia.
Crociano, segue lo schema tracciato dal maestro, mentre l'ultimo ricordo della
natia Martano fu un canto dedicato alle tradizioni grike, di cui raccomandava
appassionatamente la conservazione e il culto.
Nei giorni furenti che precedettero il Referendum istituzionale appoggiò
in pubblici comizi la Monarchia, e per questo pagò dazio dovendosi allontanare
all'indomani del voto e rifugiarsi in Napoli, tutto teso negli studi letterari. Altre opere: Villon (Napoli); “Un carteggio
inedito di F. Bozzelli (S. Gaetani, F.Bozzelli), L'Aquila, Masseria, Martano
(Lecce); “Un bilancio letterario” (Roma); “Per onorare un maestro: il Torraca,
Napoli); “Catullo” (Roma); L'Ottocento” (Napoli); La bancarotta del rosso: commedia
in tre atti, Lecce); Per la venuta del Duce” (Lecce); “Bernardo Bellincioni,
Galatina (Lecce); “Il benedettino-cistercense d. Mauro cassoni nel Tempio,
nella scuola, negli studi: ), Leccel “Ricordi di Benedetto Croce, Napoli); Vicende
tipi e figure del Casino dell'Unione, Napoli); Napoli ieri e oggi: passeggiate e
ricordi, Milano-Napoli); Apud Neapolim..., Napoli); Fonti storiche e letterarie
intorno ai martiri di Otranto, Napoli.
Martano Caetani. Salvatore Gaetani. Gaetani. Keywords: APVD NEAPOLIM, l’implicatura
di croce -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gaetani” – The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759940980/in/dateposted-public/
Grice e Gagliardi – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Marino). Filosofo. Grice: “I like Gagliardi; I spent some time with medics at
Richmond, talking Greek! Anyhow, Gagliardi shows why the Angles prefer
physician – since ‘medicare’ is such a trick!” – Grice: “Philosophically
interesting bit is that Gagliardi applies ‘medico’ and qualifies it with
‘morale’!” –Nacque a Marino, feudo dei Colonna, nell'area dei Colli Albani,
come riferisce lMoroni nel suo Dizionario di erudizione, e come riferito dallo
stesso Gagliardi nel in "L'idea del vero medico fisico e morale formato
secondo li documenti ed operazioni di Ippocrate" (Roma). In effetti, il
cognome Gagliardi esiste all'epoca a Marino ed è tuttora tramandato. Fu
impegnato in ricerche morfologiche, microscopiche ed anatomo-patologiche a
proposito delle ossa, compiendo importanti scoperte in questo campo: in “Anatomia
delle ossa illustrata con le nuove scoperte", Roma) descrisse per primo la
struttura lamellare delle ossa. Inoltre effettua alcuni esami e ricerche
comparative tra le ossa umane e quelle del vitello. Descrisse probabilmente per
primo un caso di tubercolosi ossea. La sua opera fu piuttosto lodata, e l'
“Anatomia” fu ristampato. Fece importanti studi sul "mal di petto". Filosofa
sull'educazione morale. Diede anche ammonimenti contro i guaritori ciarlatani e
fornì alcuni suggerimenti deontologici.
Abitava nel rione Sant'Angelo, presso via delle Botteghe Oscure. In
questa strada un suo servo fu ucciso misteriosamente nottetempo. Durante le
villeggiature dei papi presso la Villa Pontificia di Castel Gandolfo Gagliardi
ha il privilegio di offrire la frutta al papa. Alessandro VIII gli conferì un
titolo nobiliare, ma non sappiamo quale.
I suoi lavori, conservati nelle maggiori biblioteche di Roma, rivestono
un particolare interesse se anche duecento anni dopo la loro scrittura, il
vice-direttore dell'Ospedale San Martino di Genova, Arata, diede alle stampe
una lettera inedita del Gagliardi sull'itterizia. Si ha svolto un proficuo lavoro
di ricerca su Gagliardi, scoprendo anche una firma del medico in margine ad un
saggio discusso all'Università La Sapienza.
Altre opere: “L'infermo istruito nelle scuole” (Roma); “Consigli
preventivi e curativi in tempo di contagio dati in forma di dialogo” (Roma); “Relazione
de' Mali di Petto che corrono presentemente nell'Archiospedale di Santo Spirito
in Sassia” (Roma); “L'educazione morale” (Roma). “Come sopra l'influenza
catarrale che presentemente regna in Roma e Stato ecclesiastico” (Roma). Note: Si
veda l'annotazione di “Due baiocchi” in "Castelli Romani", Bossi,
Dell'Istoria d'Italia antica, Enciclopedia TreccaniGagliardi, Domenico, Luciano
Sterpellone, I protagonisti della medicina, Girolamo Tiraboschi, Storia della
letteratura italiana, Lucarelli,
Domenico Gagliardi, Giornale de'
letterati d'Italia, Guillermo Olagüe de Ros, La "Relazione de' Male di
Petto" en el ambiente anatomo-clínico romano, in Dynamis: Acta hispanica
ad medicinae scientiarumque historiam illustrandam, Gaetano Moroni, Dizionario
di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Tipografia Emiliani, Antonia
Lucarelli, Memorie marinesi, 1ª ed., Marino, Biblioteca di interesse locale
"Girolamo Torquati", Ordinamento universitario dello Stato Pontificio
Tubercolosi ossea Domenico Gagliardi, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Domenico
Gagliardi. Gagliardi. Keywords: “a dull (if at a certain level adequate) answer
to the fundamental question about the conversational categoric imperative”; moralia,
etica, mos, ethos – Grice on morality – morals – educazione – “We learn not to
tell lies from our parents” Hardie, Ethica Nichomachaea, la formazione del
carattere. “Empirical fact we’ve learned
since childhood and it would be difficult to diverge from the practice” – “This
is a dull empirical.” -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gagliardi” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691219431/in/photolist-2mPYy6p-2mPqEYR-2mKRfHn-2mKCfz1-2mKM1De-mw5RV7-mw5QTh-mw5PVA-mw4r44-mw2gNX-mw2JS4-mw5LT3-mw3Tvr-mw2Mpi-mw2eZ6-mw264R-mw45RG-mw2QUp-mw2Ton-mw27EB
Galetti. Filosofo. Emporium.
Grice e Galilei – Eppur si muove -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Pisa).
Filosofo. Galileo Galilei. Grice: “His father was, like mine, a musician.” – “La
filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto
innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non
s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed
altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne
umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro
laberinto”. Personaggio chiave della rivoluzione scientifica, per aver
esplicitamente introdotto il metodo scientifico (detto anche "metodo
galileiano" o "metodo sperimentale"), il suo nome è associato a
importanti contributi in fisica e in astronomia. Di primaria importanza fu
anche il ruolo svolto nella rivoluzione astronomica, con il sostegno al sistema
eliocentrico e alla teoria copernicana. I suoi principali contributi al
pensiero filosofico derivano dall'introduzione del metodo sperimentale
nell'indagine scientifica grazie a cui la scienza abbandonava, per la prima
volta, quella posizione metafisica che fino ad allora predominava, per
acquisire una nuova, autonoma prospettiva, sia realistica che empiristica,
volta a privilegiare, attraverso il metodo sperimentale, più la categoria della
quantità (attraverso la determinazione matematica delle leggi della natura) che
quella della qualità (frutto della passata tradizione indirizzata solo alla
ricerca dell'essenza degli enti) per elaborare ora una descrizione razionale
oggettiva[N 6] della realtà fenomenica. Sospettato di eresia e accusato di
voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture,
Galilei fu processato e condannato dal Sant'Uffizio, nonché costretto, il 22
giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche e al confino nella
propria villa di Arcetri. Nel corso dei secoli il valore delle opere di Galilei
venne gradualmente accettato dalla Chiesa, e 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992,
papa Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle
scienze, riconobbe "gli errori commessi" sulla base delle conclusioni
dei lavori cui pervenne un'apposita commissione di studio da lui istituita nel
1981, riabilitando Galilei. La casa natale di Galilei Abitazione
all'800 Abitazione in via Giusti Dal libretto di battesimo di Galileo
riportante come luogo "in Chapella di S.to Andrea", si credeva fino
alla fine dell'800 che Galileo potesse essere nato vicino alla cappella di
Sant'Andrea in Kinseca nella fortezza San Gallo, il che presumeva che il padre
Vincenzo fosse un militare. In seguito fu identificata casa Ammannati, vicino
alla Chiesa di Sant'Andrea Forisportam, come la vera casa natale. Nacque a
Pisa, figlio di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Gli Ammannati,
originari del territorio di Pistoia e di Pescia, vantavano importanti origini; Vincenzo
Galilei invece apparteneva ad una casata più umile, per quanto i suoi antenati
facessero parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo era nato a Santa
Maria a Monte, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di
valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo all'esercizio dell'arte della musica,
per necessità di maggiori guadagni, la professione del commercio. La
famiglia di Vincenzo e di Giulia, contava oltre Galileo: Michelangelo Galilei,
che fu musicista presso il granduca di Baviera, Benedetto Galilei, morto in
fasce. Dopo un tentativo fallito di inserire Galileo tra i quaranta studenti
toscani che venivano accolti gratuitamente in un convitto di Pisa, fu ospitato
"senza spese" da Tebaldi, doganiere della città di Pisa, padrino di
battesimo di Michelangelo Galilei, e tanto amico di Vincenzo da provvedere alle
necessità della famiglia durante le sue lunghe assenze per lavoro. A Pisa,
Galilei conobbe Bartolomea Ammannati che curava la casa del rimasto vedovo
Tebaldi il quale, nonostante la forte differenza d'età, la sposò, probabilmente
per metter fine alle malignità, imbarazzanti per la famiglia Galilei, che si
facevano sul conto della giovane nipote. Successivamente fece i suoi primi
studi a Firenze, prima col padre, poi con un maestro di dialettica e infine
nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa, dove vestì l'abito di
novizio. Vincenzo iscrisse il figlio a Pisa con l'intenzione di fargli studiare
medicina, per fargli ripercorrere la tradizione del suo glorioso antenato
Galileo Bonaiuti e soprattutto per fargli intraprendere una carriera che poteva
procurare lucrosi guadagni. Nonostante il suo interesse per i progressi
sperimentali di quegli anni, la sua attenzione fu presto attratta dalla semiotica,
la logica, e la matematica – lo studio del segno -- che comincia a studiare
dall'estate del 1583, sfruttando l'occasione della conoscenza fatta a Firenze
di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Tartaglia. Caratteristica
del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica:
non di una scienza astratta o formale, ma di una disciplina materiale che
servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche
ingegneristiche. Fu, infatti, la linea di studio "Tartaglia-Ricci"
(prosecutrice, a sua volta, della tradizione facente capo ad Archimede) a
insegnare a Galileo l'importanza della precisione nell'osservazione dei dati e
il lato ‘prammatico’ della ricerca scientifica. È probabile che a Pisa abbia
seguito anche i corsi di filosofia naturale (fisica) tenuti dall'aristotelico
Bonamici. Durante la sua permanenza a Pisa arriva alla sua prima, personale
scoperta, che chiama l' “iso-cronismo” nelle oscillazioni di un pendolo.
Rinuncia a proseguire gli studi di medicina e anda a Firenze, dove approfondì i
suoi nuovi interessi, occupandosi di meccanica e di idraulica. Trova una
soluzione al "problema della corona" di Gerone inventando uno
strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei “corpi”. L'influsso di Archimede e dell'insegnamento
del Ricci si rileva anche nei suoi studi sul centro di gravità dei solidi.
Cerca intanto una regolare sistemazione economica: oltre a impartire lezioni
private a Firenze e a Siena, andò a Roma a richiedere una raccomandazione per
entrare nello Studio di Bologna a Clavius, ma inutilmente, perché a Bologna gli
preferirono alla cattedra Magini. Su invito dell'Accademia Fiorentina tenne due
Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno, difendendo le ipotesi
già formulate da Manetti sulla
topografia dell'Inferno. Galilei si rivolse allora a Monte, matematico
conosciuto tramite uno scambio epistolare su questioni matematiche. Monte e fondamentale
nell'aiutare Galilei a progredire nella carriera universitaria, quando,
superando l'inimicizia di Giovanni de' Medici, un figlio naturale di Cosimo de'
Medici, lo raccoma al fratello cardinale Francesco Maria Del Monte, che a sua
volta parlò con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la
sua protezione, ebbe un contratto triennale per una cattedra a Pisa, dove
espose chiaramente il suo programma, procurandosi subito una certa ostilità
nell'ambiente accademico di formazione aristotelica. Il metodo che sigue e
quello di far dipendere quel che si dice da quel che si è detto, senza mai
supporre come vero quello che si deve spiegare. Questo metodo me l'hanno
insegnato i miei matematici, mentre non è abbastanza osservato da certi
filosofi quando insegnano elementi fisici. Per conseguenza quelli che imparano,
non sanno mai le cose dalle loro cause, ma le credono solamente per fede, cioè
perché le ha dette Aristotele. Se poi sarà vero quello che ha detto Aristotele,
sono pochi quelli che indagano; basta loro essere ritenuti più dotti perché
hanno per le mani maggior numero di testi aristotelici [...] che una tesi sia
contraria all'opinione di molti, non m'importa affatto, purché corrisponda alla
esperienza e alla ragione”. Frutto dell'insegnamento pisano è “De motu
antiquiora”, che raccoglie una serie di lezioni nelle quali egli cerca di dar
conto del problema del movimento. Base delle sue ricerche è il trattato,
pubblicato a Torino, “Diversarum speculationum mathematicarum liber d
Benedetti, uno dei fisici sostenitori della teoria dell'impeto come causa del
moto violento. Benché non si sapesse definire la natura dell’impeto impresso a
un corpo, questa teoria, elaborata da Filopono e poi sostenuta dai fisici parigini,
pur non essendo in grado di risolvere il problema, si opponeva alla
tradizionale spiegazione aristotelica del movimento come prodotto del mezzo nel
quale il corpo animato stesso si muove. A Pisa Galilei non si limitò alle
sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questo periodo le sue “Considerazioni
sul Tasso” che avrebbero avuto un seguito con le Postille all'Ariosto. Si
tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi
volumi della Gerusalemme e dell'Orlando furioso dove, mentre rimprovera al
Tasso la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del
verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar
rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico
di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del
fantasma poetico. La morte del padre lo lasciando l'onere di mantenere tutta la
famiglia: per il matrimonio della sorella Virginia, dovette provvedere alla
dote, contraendo dei debiti, così come avrebbe poi dovuto fare per le nozze
della sorella Livia con Galletti, e altri denari avrebbe dovuto spendere per soccorrere
le necessità della numerosa famiglia del fratello Michelangelo. Del Monte
intervenne ad aiutare nuovamente, raccomandandolo al prestigioso Studio di Padova,
dove era ancora vacante una catedra dopo la morte di Moleti. Le autorità della
Repubblica di Venezia emanarono il decreto di nomina, con un contratto,
prorogabile, di quattro anni e con uno stipendio di 180 fiorini l'anno. Tenne a
Padova il discorso introduttivo e dopo pochi giorni cominciò un corso destinato
ad avere un grande seguito presso gli studenti. Vi sarebbe restato per diciotto
anni, che avrebbe definito «li diciotto anni migliori di tutta la mia età.
Arriva a Venezia solo pochi mesi dopo l'arresto di Bruno a Venezia. Nel
dinamico ambiente di Padova (risultato anche del clima di relativa tolleranza
religiosa garantito dalla Repubblica veneziana), intrattenne rapporti cordiali anche con
personalità di orientamento filosofico lontano dal suo, come Cremonini,
filosofo rigorosamente aristotelico. Frequenta anche i circoli colti e gli ambienti
senatoriali di Venezia, dove strinse amicizia con Sagredo, che Galilei rese
protagonista del suo Dialogo sopra i massimi sistemi, e Sarpi, esperto di
semiotica. È contenuta proprio nella lettera
al frate servita la formulazione della legge sulla caduta dei gravi. Gli
spazii passati dal moto naturale esser in proportione doppia dei tempi, e per
conseguenza gli spazii passati in tempi eguali esser come ab unitate, et le
altre cose. Et il principio è questo: che il mobile naturale vadia crescendo di
velocità con quella proportione che si discosta dal principio del suo moto.
Galileo tiene a Padova lezioni di meccanica: il suo “Trattato di meccaniche” dovrebbe
essere il risultato dei suoi corsi, che avevano avuto origine dalle “Questioni
meccaniche” di Aristotele. A Padova Galileo attrezza con l'aiuto di un
artigiano che abitava nella sua stessa casa, una officina nella quale eseguiva
esperimenti e fabbricava strumenti che vendeva per arrotondare lo stipendio.
Perla macchina per portare l'acqua a livelli più alti ottenne dal Senato veneto
un brevetto ventennale per la sua utilizzazione pubblica. Da anche lezioni
private e ottenne aumenti di stipendio: dai 320 fiorini percepiti annualmente
passa ai 1.000. Una nuova stella fu
osservata d’Altobelli, il quale ne informò Galilei. Luminosissima, fu osservata
successivamente anche da Keplero, che ne fece oggetto di uno studio, il De Stella
nova in pede Serpentarii. Su quel fenomeno astronomico Galileo tenne tre
lezioni, il cui testo non ci è noto, ma contro le sue argomentazioni scrisse un
opuscolo Lorenzini, sedicente aristotelico originario di Montepulciano,su
suggerimento di Cremonini, e intervenne a sua volta con un opuscolo anche
Capra. Interpreta il fenomeno della ‘nuova stella’ come prova della mutabilità
dei cieli, sulla base del fatto che, non presentando la "nuova
stella" alcun cambiamento di parallasse, essa dovesse trovarsi oltre
l'orbita della Luna. A favore della tesi si pubblica “Dialogo de Cecco di
Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova. Ronchitti difende la
validità del metodo della parallasse per determinare la distanza minima di cose
accessibili all'osservatore solo visivamente, quali sono gli astri. Rimane
incerta l'attribuzione del dialogo, se cioè sia opera dello stesso Galilei o di
Spinelli. Compose due trattati sulla fortificazione, la Breve introduzione
all'architettura militare e il Trattato di fortificazione. Fabbricò un compasso,
che descrisse in “Le operazioni del compasso geometrico et militare” (Padova). Il
compasso era strumento già noto e, in forme e per usi diversi, già utilizzato,
né Galileo pretese di attribuirsi particolari meriti per la sua invenzione; ma
Capra lo accusa di aver plagiato una sua precedente invenzione. Ribalta le
accuse di Capra, ottenendone la condanna da parte dei Riformatori dello Studio
padovano e pubblicò una Difesa contro alle calunnie et imposture di Baldessar
Capra milanese, dove ritorna anche sulla precedente questione della nuova
stella. L'apparizione della nuova stella crea grande sconcerto nella società e
Galileo non disdegna di approfittare del momento per elaborare, su commissione,
oroscopi personali, al prezzo di 60 lire venete. Peraltro, e messo sotto accusa
dall'Inquisizione di Padova a seguito di una denuncia di un suo
ex-collaboratore, che lo aveva accusato precisamente di aver effettuato
oroscopi e di aver sostenuto che gli astri determinano le scelte dell'uomo. Il
procedimento, però, fu energicamente bloccato dal Senato della Repubblica
veneta e il dossier dell'istruttoria venne insabbiato, così che di esso non
giunse mai alcuna notizia all'Inquisizione romana, ossia al Sant'Uffizio. Il
caso venne probabilmente abbandonato anche perché Galileo si era occupato di
astrologia natale e non di astrologia pro-gnostica o previsionale. La sua
fama come autore di oroscopi gli portò richieste, e senza dubbio pagamenti più
sostanziosi, da parte di cardinali, principi e patrizi, compresi Sagredo,
Morosini e qualcuno che si interessava a Sarpi. Scambia lettere con Gualterotti,
e, nei casi più difficili, con Brenzoni. Tra i temi natali calcolati e
interpretati figurano quelli delle sue due figlie, Virginia e Livia, e il suo
proprio, calcolato tre volte. Il fatto che si dedicasse a questa attività anche
quando non era pagato per farlo suggerisce che egli vi attribuisse un qualche
valore. Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che
credono in quello che vedono. (if you see that p, because you want that p). Non
sembra che, nella polemica sulla "nuova stella", Galilei si fosse già
pubblicamente pronunciato a favore della teoria elio-centrica di Copernico. Si
ritiene che egli, pur intimamente convinto copernicano, pensasse di non
disporre ancora di prove sufficientemente forti da ottenere invincibilmente
l'assenso della universalità dei filosofi. Tuttavia, espressa privatamente la
propria adesione al copernicanesimo a Keplero – che aveva pubblicato il suo
Prodromus dissertationum cosmographicarum scriveva. Ho già scritto molte
argomentazioni e molte confutazioni degli argomenti avversi, ma finora non ho
osato pubblicarle, spaventato dal destino dello stesso Copernico, nostro
maestro. Questi timori, però, svaniranno proprio grazie al cannocchiale, che
Galileo punterà per la prima volta verso il cielo. Di ottica si erano occupati
già Porta nella sua Magia naturalis e nel De refractione e Keplero negli Ad
Vitellionem paralipomena, opere dalle quali era possibile pervenire alla costruzione
del cannocchiale. Lo strumento fu costruito indipendentemente da Lippershey, un
ottico tedesco naturalizzato olandese. Galileo decise allora di preparare un
tubo di piombo, applicandovi all'estremità due lenti, ambedue con una faccia
piena e con l’altra sfericamente concava nella prima lente e convessa nella
seconda. Quindi, accostando l’occhio alla lente concava, percepii l’astro
abbastanza grande e vicino, in quanto essi apparivano tre volte più prossimi e
nove volte maggiori di quel che risultavano guardati con la sola vista
naturale. Presenta l'apparecchio come sua costruzione al governo di Venezia
che, apprezzando l'invenzione, gli raddoppiò lo stipendio e gli offrì un
contratto vitalizio d'insegnamento. L'invenzione, la riscoperta e la
ricostruzione del cannocchiale non è un episodio che possa destare grande
ammirazione. La novità sta nel fatto che Galileo è il primo a portare questo
strumento, usandolo in maniera prettamente logica e concependolo come un
potenziamento del sentire – il vedere. La grandezza di Galileo nei riguardi del
cannocchiale è stata proprio questa. Supera tutta una serie di ostacoli
concettuali (cf. Galileo sees that the star is nice +> without a telescope –
I could see the cow from the window) -- utilizzando suddetto strumento per
rafforzare le proprie tesi. Grazie al cannocchiale, Galileo propone una
nuova visione del mondo celeste. Giunge alla conclusione che, alle stelle
visibili ad occhio nudo, si aggiungono altre innumerevoli stelle mai scorte
prima d’ora. L'Universo, dunque, diventa più grande; Non c’è differenza di
natura fra la Terra e la Luna. Galileo arreca così un duro colpo alla visione
aristotelico-tolemaica geo-centrica del mondo, sostenendo che la superficie
della Luna non è affatto liscia e levigata bensì ruvida, rocciosa e costellata
di ingenti prominenze. Quindi, tra gli astri, almeno la Luna non possiede i caratteri
di assoluta perfezione che ad essa erano attribuiti dalla tradizione. Inoltre,
la Luna si muove, e allora perché non dovrebbe muoversi anche la Terra che è
simile dal punto di vista della costituzione? Vengono scoperti i un satellite
di Giove, che Galileo denomina “la stelle medicea”. Questa consapevolezza l’offre
l'insperata visione in cielo di un modello più piccolo dell'universo
copernicano. Le scoperte furono pubblicate nel Sidereus Nuncius, una copia del
quale Galileo invia a Cosimo II, insieme con un esemplare del suo cannocchiale
e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da Galileo in un primo tempo
Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera («pianeti medicei»). È evidente
l'intenzione di Galileo di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, molto
probabilmente non soltanto ai fini del suo intento di ritornare a Firenze, ma
anche per ottenere un'influente protezione in vista della presentazione, di
fronte al pubblico degli studiosi, di quelle novità, che certo non avrebbero
mancato di sollevare polemiche. Chiede a Vinta, Primo Segretario di Cosimo
II, di essere assunto allo Studio di Pisa, precisando. Quanto al titolo et
pretesto del mio servizio, io desidererei, oltre al nome di Matematico, che S.
A. ci aggiugnesse quello di “filosofo”, professando io di havere studiato più
anni in filosofia, che mesi in matematica pura. Il governo fiorentino comunica
a Galileo l'avvenuta assunzione come «Matematico primario dello Studio di Pisa
et di” “Filosofo” del Ser.mo Gran Duca, senz'obbligo di leggere e di risiedere
né nello Studio né nella città di Pisa, et con lo stipendio di mille scudi
l'anno, moneta fiorentin. Galileo firma il contratto e raggiunse Firenze.
Qui giunto si premura di regalare a Ferdinando, figlio del granduca Cosimo, la
migliore lente ottica che aveva realizzato nel suo laboratorio organizzato
quando era a Padova dove, con l'aiuto dei mastri vetrai di Murano confezionava
occhialetti sempre più perfetti e in tale quantità da esportarli, come fece con
il cannocchiale mandato all'elettore di Colonia il quale a sua volta lo prestò
a Keplero che ne fece buon uso e che, grato, concluse la sua opera Narratio de
observatis a se quattuor Jovis satellitibus erronibus, così scrivendo. “Vicisti
Galilaee” -- riconoscendo la verità delle scoperte di Galilei. Ferdinando ruppe
la lente. Galilei gli regala qualcosa di meno fragile: una calamita armata, cioè
fasciata da una lamina di ferro, opportunamente posizionata, che ne aumenta la
forza d'attrazione in modo tale che, pur pesando solo sei once, il magnete sollevava
quindici libbre di ferro lavorato in forma di sepolcro. In occasione del trasferimento
a Firenze lascia la sua convivente, la veneziana Marina Gamba, conosciuta a
Padova, dalla quale aveva avuto tre figli: Virginia e Livia, mai legittimate, e
Vincenzio, che riconobbe. Affida a Firenze la figlia Livia alla nonna, con la
quale già convive l'altra figlia Virginia, e lascia Vincenzio a Padova alle
cure della madre e poi, dopo la morte di questa, a Bartoluzzi. In
seguito, resasi difficile la convivenza delle due bambine con Ammannati,
Galileo fece entrare le figlie nel convento di San Matteo, ad Arcetri
(Firenze), costringendole a prendere i voti non appena compiuti i rituali sedici
anni. Virginia assunse il nome di suor Maria Celeste, e Livia quello di suor
Arcangela, e mentre Virginia Galilei si rassegna alla sua condizione e rimase
in contatto epistolare con il padre, Livia non accetta mai l'imposizione. La
pubblicazione del Sidereus Nuncius suscita apprezzamenti ma anche diverse
polemiche. Oltre all'accusa di essersi impossessato, con il cannocchiale, di
una scoperta che non gli apparteneva, fu messa in dubbio anche la realtà di
quanto egli asseriva di aver scoperto. Sia Cremonini, sia Magini, che sarebbe
l'ispiratore del libello “Brevissima peregrinatio contra Nuncium Sidereum” da Horký,
pur accogliendo l'invito di Galilei a guardare attraverso il telescopio che
egli aveva costruito, ritennero di *non* vedere alcun supposto satellite di
Giove. Solo più tardi Magini si ricredette e con lui anche Clavius, che aveva
ritenuto che i satelliti di Giove individuati da Galilei fossero soltanto un'”illusione”
prodotta non direttamente dal corpo di Galileo mai dalla lente del telescopio.
Quest’obiezione e difficilmente confutabile. Conseguente sia alla bassa qualità
del sistema ottico del primo telescopio, sia all'ipotesi che la lente potessero
deformer la vision natural all’occhio nudo. Un appoggio molto importante fu
dato a Galileo da Keplero, che, dopo un iniziale scetticismo e una volta
costruito un telescopio sufficientemente efficiente, verifica l'esistenza
effettiva dei satelliti di Giove, pubblicando a Francoforte la “Narratio de
observatis a se quattuor Jovis satellitibus erronibus quos Galilaeus Galilaeus
mathematicus florentinus jure inventionis Medicaea sidera nuncupavit”. Poiché i
gesuiti del Collegio Romano sono considerati tra le maggiori autorità
scientifiche del tempo, si recò a Roma per presentare le sue scoperte. Fu accolto
con tutti gli onori da Paolo V e da Cesi, che lo iscrisse nei Lincei. Galileo
scrive a Vinta che i gesuiti avendo finalmente conosciuta la verità dei nuovi
Pianeti Medicei, ne hanno fatte da due mesi in qua continue osservazioni, le
quali vanno proseguendo; e le aviamo “riscontrate con le mie” e si rispondano
giustissime. Però, a quel tempo non sapeva ancora che l'entusiasmo con il quale
anda diffondendo e difendendo le proprie scoperte e teorie suscita resistenze e
sospetti precisamente in ambito ecclesiastico. Bellarmino incarica i
matematici vaticani di approntargli una relazione sulle nuove scoperte fatte da
un valente matematico per mezo d'un istrumento chiamato cannone overo ochiale e
la Congregazione del Santo Uffizio precauzionalmente chiese all'Inquisizione di
Padova se fosse mai stato aperto, in sede locale, qualche procedimento a carico
di Galilei. Evidentemente, la Curia Romana comincia già a intravedere quali
conseguenze avrebbero potuto avere questi singolari sviluppi della filosofia
sulla concezione generale del mondo e quindi, indirettamente, sui sacri
principi del cristanensimo. Scrisse il Discorso intorno alle cose che stanno in
su l'acqua, o che in quella si muovono, nel quale appoggiandosi alla teoria di
Archimede dimostra, contro Aristotele, che i corpi galleggiano o affondano
nell'acqua a seconda del loro peso specifico non della loro forma, provocando
la polemica risposta del Discorso apologetico d'intorno al Discorso di Galileo
Galilei di Colombe. Al Pitti, presenti il granduca, la granduchessa Cristina e Barberini,
allora suo grande ammiratore, diede una pubblica dimostrazione sperimentale
dell'assunto, confutando definitivamente Colombe. Galilei accenna anche
alle macchie solari, che sosteniene di aver già osservate a Padova, senza però
darne notizia: scrisse ancora, l'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie
solari e loro accidenti, pubblicata a Roma dall'Accademia dei Lincei, in
risposta a tre lettere di Scheiner che, indirizzate a Welser, duumviro di
Augusta, mecenate delle scienze e amico dei Gesuiti dei quali era banchiere. A
parte la questione della priorità della scoperta, Scheiner sosteneva
erroneamente che le macchie consistevano in sciami di astri rotanti intorno al
Sole, mentre Galileo le considerava materia fluida appartenente alla superficie
del Sole e ruotante intorno ad esso proprio a causa della rotazione stessa
della stella. L'osservazione delle macchie consentì, quindi, a Galileo la
determinazione del periodo di rotazione del Sole e la dimostrazione che il
cielo e la terra non erano due mondi radicalmente diversi, il primo solo
perfezione e immutabilità e il secondo tutto variabile e imperfetto. Infatti,
ribadì a Federico Cesi la sua visione copernicana scrivendo come il Sole si
rivolgesse «in sé stesso in un mese lunare con rivoluzione simile all'altre de
i pianeti, cioè da ponente verso levante intorno a i poli dell'eclittica: la
quale novità dubito che voglia essere il funerale o più tosto l'estremo e
ultimo giudizio della pseudofilosofia, essendosi già veduti segni nelle stelle,
nella luna e nel sole; e sto aspettando di veder scaturire gran cose dal
Peripato per mantenimento della immutabilità de i cieli, la quale non so dove
potrà esser salvata e celata». Anche l'osservazione del moto di rotazione del
Sole e dei pianeti era molto importante: rendeva meno inverosimile la rotazione
terrestre, a causa della quale la velocità di un punto all'equatore sarebbe di
circa 1700 km/h anche se la Terra fosse immobile nello spazio. La scoperta
delle fasi di Venere e di Mercurio, osservate da Galileo, non era compatibile
col modello geocentrico di Tolomeo, ma solo con quello geo-eliocentrico di
Tycho Brahe, che Galileo non prese mai in considerazione, e con quello
eliocentrico di Copernico. Galileo, scrivendo a Giuliano de' Medici il 1º
gennaio 1611, affermava che «Venere necessarissimamente si volge intorno al
sole, come anche Mercurio e tutti li altri pianeti, cosa ben creduta da tutti i
Pittagorici, Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente[N 36] provata, come
ora in Venere e in Mercurio». Difese il modello eliocentrico e chiarì la sua
concezione della scienza in quattro lettere private, note come "lettere
copernicane" e indirizzate a padre Benedetto Castelli, due a monsignor
Pietro Dini, una alla granduchessa madre Cristina di Lorena. L'horror
vacui Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Vuoto
(filosofia). Secondo la dottrina aristotelica in natura il vuoto non esiste
poiché ogni corpo terreno o celeste occupa uno spazio che fa parte del corpo
stesso. Senza corpo non c'è spazio e senza spazio non esiste corpo. Sostiene
Aristotele che "la natura rifugge il vuoto" (natura abhorret a
vacuo), e perciò lo riempie costantemente; ogni gas o liquido tenta sempre di
riempire ogni spazio, evitando di lasciarne porzioni vuote. Un'eccezione però a
questa teoria era l'esperienza per la quale si osservava che l'acqua aspirata
in un tubo non lo riempiva del tutto ma ne rimaneva inspiegabilmente una parte
che si riteneva fosse del tutto vuota e perciò dovesse essere colmata dalla
Natura; ma questo non si verificava. Galilei rispondendo a una lettera
inviatagli nel 1630 da un cittadino ligure Giovan Battista Baliani confermò
questo fenomeno sostenendo che «la ripugnanza del vuoto da parte della Natura»
può essere vinta, ma parzialmente, e che, anzi, «lui stesso ha provato che è
impossibile far salire l’acqua per aspirazione per un dislivello superiore a 18
braccia, circa 10 metri e mezzo. Galilei quindi crede che l'horror vacui sia
limitato e non si chiede se in effetti il fenomeno fosse collegato al peso
dell'aria, come dimostrerà Evangelista Torricelli. La disputa con la
Chiesa Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Disputa
tra Galileo Galilei e la Chiesa. La denuncia del domenicano Tommaso Caccini. Il
cardinale Roberto Bellarmino Il 21 dicembre 1614, dal pulpito di Santa Maria
Novella a Firenze il frate domenicano Tommaso Caccini lanciava contro certi
matematici moderni, e in particolare contro Galileo, l'accusa di contraddire le
Sacre Scritture con le loro concezioni astronomiche ispirate alle teorie
copernicane. Giunto a Roma, il 20 marzo 1615, Caccini denunciò Galileo in
quanto sostenitore del moto della Terra intorno al Sole. Intanto a Napoli era
stato pubblicato il libro del teologo carmelitano Paolo Antonio Foscarini, la
Lettera sopra l'opinione de' Pittagorici e del Copernico, dedicata a Galileo, a
Keplero e a tutti gli accademici dei Lincei, che intendeva accordare i passi
biblici con la teoria copernicana interpretandoli «in modo tale che non gli
contradicano affatto». Bellarmino, già giudice nel processo di Giordano Bruno,
tuttavia affermava che sarebbe stato possibile reinterpretare i passi della
Scrittura che contraddicevano l'eliocentrismo solo in presenza di una vera
dimostrazione di esso e, non accettando le argomentazioni di Galileo,
aggiungeva che finora non gliene era stata mostrata nessuna, e sosteneva che
comunque, in caso di dubbio, si dovessero preferire le sacre scritture.
L'anno dopo il Foscarini verrà, per breve tempo, incarcerato e la sua Lettera
proibita. Intanto il Sant'Uffizio stabilì, il 25 novembre 1615, di procedere
all'esame delle Lettere sulle macchie solari e Galileo decise di venire a Roma
per difendersi personalmente, appoggiato dal granduca Cosimo: «Viene a Roma il
Galileo matematico» – scriveva Cosimo II al cardinale Scipione Borghese – «et
viene spontaneamente per dar conto di sé di alcune imputazioni, o più tosto
calunnie, che gli sono state apposte da' suoi emuli». Il papa ordinò a
Bellarmino di convocare Galileo e di ammonirlo di abbandonare la suddetta
opinione; e se si fosse rifiutato di obbedire, il Padre Commissario, davanti a
un notaio e a testimoni, di fargli precetto di abbandonare del tutto quella
dottrina e di non insegnarla, non difenderla e non trattarla». Il cardinale
Bellarmino diede comunque a Galileo una dichiarazione in cui venivano negate
abiure ma in cui si ribadiva la proibizione di sostenere le tesi copernicane:
forse gli onori e le cortesie ricevute malgrado tutto, fecero cadere Galileo
nell'illusione che a lui fosse permesso quello che ad altri era vietato. Comparvero
nel cielo tre comete, fatto che attirò l'attenzione e stimolò gli studi degli
astronomi di tutta Europa. Fra essi il gesuita Orazio Grassi, matematico del
Collegio Romano, tenne con successo una lezione che ebbe vasta eco, la
Disputatio astronomica de tribus cometis anni MDCXVIII: con essa, sulla base di
alcune osservazioni dirette e di un procedimento logico-scolastico, egli
sosteneva l'ipotesi che le comete fossero corpi situati oltre al «cielo della
Luna» e la utilizzava per avvalorare il modello di Tycho Brahe, secondo il
quale la Terra è posta al centro dell'universo, con gli altri pianeti in orbita
invece intorno al Sole, contro l'ipotesi eliocentrica. Galilei decise di
replicare per difendere la validità del modello copernicano. Rispose in modo
indiretto, attraverso lo scritto Discorso delle comete di un suo amico e
discepolo, Mario Guiducci, ma in cui la mano del maestro era probabilmente
presente. Nella sua replica Guiducci sosteneva erroneamente che le comete non
erano oggetti celesti, ma puri effetti ottici prodotti dalla luce solare su
vapori elevatisi dalla Terra, ma indicava anche le contraddizioni del
ragionamento di Grassi e le sue erronee deduzioni dalle osservazioni delle
comete con il cannocchiale. Il gesuita rispose con uno scritto intitolato Libra
astronomica ac philosophica, firmato con lo pseudonimo anagrammatico di Lotario
Sarsi, attaccava direttamente Galilei e il copernicanesimo. Galilei a
questo punto rispose direttamente: fu pronto il trattato Il Saggiatore. Scritto
in forma di lettera, fu approvato dagli accademici dei Lincei e stampato a
Roma. Dopo la morte di papa Gregorio XV, con il nome di Urbano VIII saliva al
soglio pontificioBarberini, da anni amico ed estimatore di Galileo. Questo convinse
erroneamente Galileo che risorge la speranza, quella speranza che era ormai
quasi del tutto sepolta. Siamo sul punto di assistere al ritorno del prezioso
sapere dal lungo esilio a cui era stato costrett, come scritto al nipote del
papa Francesco Barberini. Galileo resenta una teoria rivelatasi
successivamente erronea delle comete come apparenze dovute ai raggi solari. In
effetti, la formazione della chioma e della coda delle comete, dipendono
dall'esposizione e dalla direzione delle radiazioni solari, dunque Galilei non
aveva tutti i torti e Grassi ragione, il quale essendo avverso alla teoria
copernicana, non poteva che avere un'idea sui generis dei corpi celesti. La
differenza tra le argomentazioni di Grassi e quella di Galileo era tuttavia
soprattutto di metodo, in quanto il secondo basava i propri ragionamenti sulle
esperienze. Galileo scrisse infatti la celebre metafora secondo la quale la filosofia
è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a
gli occhi “(io dico l'universo)” mettendosi in contrasto con Grassi che si
richiamava all'autorità dei maestri del passato e di Aristotele per
l'accertamento della verità sulle questioni naturali. Giunse a Roma per
rendere omaggio al papa e strappargli la concessione della tolleranza della
Chiesa nei confronti del sistema copernicano, ma nelle sei udienze concessegli
da Urbano VIII non ottenne da questi alcun impegno preciso in tal senso. Senza
nessuna assicurazione ma con il vago incoraggiamento che gli veniva dall'esser
stato onorato da papa Urbano – che concesse una pensione al figlio Vincenzio –
Galileo ritenne di poter rispondere finalmente, nel settembre del 1624, alla
Disputatio di Francesco Ingoli. Reso formale omaggio all'ortodossia cattolica,
nella sua risposta Galileo dovrà confutare le argomentazioni anticopernicane
dell'Ingoli senza proporre quel modello astronomico, né rispondere alle
argomentazioni teologiche. Nella Lettera Galileo enuncia per la prima volta
quello che sarà chiamato il principio della relatività galileiana: alla comune
obiezione portata dai sostenitori della immobilità della Terra, consistente
nell'osservazione che i gravi cadono perpendicolarmente sulla superficie
terrestre, anziché obliquamente, come apparentemente dovrebbe avvenire se la
Terra si muovesse, Galileo risponde portando l'esperienza della nave nella
quale, sia essa in movimento uniforme o sia ferma, i fenomeni di caduta o, in generale,
dei moti dei corpi in essa contenuti, si verificano esattamente nello stesso
modo, perché «il moto universale della nave, essendo comunicato all'aria ed a
tutte quelle cose che in essa vengono contenute, e non essendo contrario alla
naturale inclinazione di quelle, in loro indelebilmente si conserva».[65]
Dialogo Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Dialogo
sopra i due massimi sistemi del mondo. Galilei comincia il suo nuovo lavoro, un
Dialogo che, confrontando le diverse opinioni degli interlocutori, gli avrebbe
consentito di esporre le varie teorie correnti sulla cosmologia, e dunque anche
quella copernicana, senza mostrare di impegnarsi personalmente a favore di
nessuna di esse. Ragioni di salute e familiari prolungarono la stesura
dell'opera. Dovette prendersi cura della numerosa famiglia del fratello
Michelangelo, mentre il figlio Vincenzio, laureatosi in legge a Pisa si sposa con
Sestilia Bocchineri, sorella di Geri Bocchineri, uno dei segretari del duca
Ferdinando, e di Alessandra. Per esaudire il desiderio della figlia Maria
Celeste, monaca ad Arcetri, di averlo più vicino, affitta vicino al convento il
villino «Il Gioiello». Dopo non poche vicissitudini per ottenere l'imprimatur
ecclesiastico, l'opera venne pubblicata. Nel Dialogo i due massimi
sistemi messi a confronto sono quello geo-centrico e quello elio-centrico. Tre
sono i protagonisti: due sono personaggi reali, amici di Galileo, Salviati e
Sagredo, nello cui palazzo si fingono tenute la conversazione. Il terzo
protagonista è ‘Simplicio,’ un commentatore di Aristotele, oltre a
sottintendere il suo semplicismo scientifico. Simplicio è il sostenitore del
sistema geo-centrico, mentre l'opposizione elio-centrica è sostenuta da
Salviati e Sagredo. Il Dialogo ricevette molti elogi, ma si diffusero le voci
di una proibizione. Riccardi scrive ad Egidi che per ordine del Papa il
“Dialogo” non doveva più essere diffuso. Gli chiedeva di rintracciare le copie
già vendute e di sequestrarle. Il Papa adirato accusa Galileo di aver raggirato
i ministri che avevano autorizzato la pubblicazione. L’Inquisizione romana
sollecita quella fiorentina perché notificasse a Galileo l'ordine di comparire
a Roma entro il mese di ottobre davanti al Commissario generale del
Sant'Uffizio. Galileo, in parte perché malato, in parte perché spera che la
questione potesse aggiustarsi in qualche modo senza l'apertura del processo,
ritarda per tre mesi la partenza; di fronte alla minacciosa insistenza del
Sant'Uffizio, parte per Roma in lettiga. Il processo comincia con il
primo interrogatorio di Galileo, al quale Maculano contesta di aver ricevuto un
precetto con il quale Bellarmino gli avrebbe intimato di abbandonare la teoria
elio-centrica, di non sostenerla in nessun modo e di non insegnarla. Nell'interrogatorio
Galileo nega di aver avuto conoscenza del precetto e sostenne di non ricordare
che nella dichiarazione di Bellarmino vi fossero le parole “quovis modo” (in
qualsiasi modo) e “nec docere” (non insegnare). Incalzato dall'inquisitore,
Galileo non solo ammise di non avere detto cosa alcuna del sodetto precetto, ma
anzi arriva a sostenere che nel detto Dialogo mostra il contrario di detta
opinione del Copernico, e che le ragioni di Copernico sono invalide e non
concludenti. Concluso il primo interrogatorio, Galileo fu trattenuto, pur sotto
strettissima sorveglianza, in tre stanze del palazzo dell'Inquisizione, con
ampia e libera facoltà di passeggiare. Il giorno successivo all'ultimo
interrogatorio, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria
sopra Minerva, presente e inginocchiato Galileo, fu emessa la sentenza dai inquisitori
generali contro l'eretica pravità, nella quale si riassume la lunga vicenda del
contrasto fra Galileo e il cristanesimo, cominciata con lo scritto Delle
macchie solari e l'opposizione dei cristiani al modello Copernicano. Nella
sentenza si sostiene poi che il documento fosse un'effettiva ammonizione a non
difendere o insegnare la teoria copernicana. Imposta l'abiura con cuor
sincero e fede non finta e proibito il Dialogo, e condannato al carcere formale
ad arbitrio nostro e alla pena salutare della recita settimanale dei sette
salmi penitenziali per tre anni, riservandosi l'Inquisizione di moderare, mutare
o levar in tutto o parte le pene e le penitenze. Se la leggenda della frase di
Galileo, «E pur si muove», pronunciata appena dopo l'abiura, serve a suggerire
la sua intatta convinzione della validità del modello copernicano, la conclusione
del processo segna la sconfitta del suo programma di diffusione della filosofia,
fondata sull'osservazione rigorosa dei fatti e sulla loro verifica sperimentale
– contro il cristenesimo che produce esperienze come fatte e rispondenti al suo
bisogno senza averle mai né fatte né osservate – e contro i pregiudizi del
senso comune, che spesso induce a ritenere reale qualunque apparenza: una
filosofia che insegna a non aver più fiducia nell'autorità, nella tradizione e
nel senso commune e che vuole insegnare a pensare. La sentenza di condanna
prevedeva un periodo di carcere a discrezione del Sant'Uffizio e l'obbligo di
recitare per tre anni, una volta alla settimana, i salmi penitenziali. Il
rigore letterale fu mitigato nei fatti. La prigionia consistette nel soggiorno
coatto per cinque mesi presso Palazzo Niccolini, a Trinità dei Monti e di qui,
in Palazzo Piccolomini a Siena. Quanto ai salmi penitenziali, Galileo incarica
di recitarli, con il consenso della Chiesa, la figlia Livia, suora di clausura.
Piccolomini favore Galileo, permettendogli di incontrare personalità della
città e di dibattere questioni scientifiche. A seguito di una lettera che
denunci l'operato, il Sant'Uffizio provvide, accogliendo una stessa richiesta
avanzata in precedenza da Galilei, a confinarlo nell'isolata villa del
Gioiello, che possede nella campagna di Arcetri. Si l’intima di stare da solo,
di non chiamare ne di ricevere alcuno, per il tempo ad arbitrio di Sua Santita.
Solo i familiari poaaono fargli visita, dietro preventiva autorizzazione: anche
per questo motivo gli fu particolarmente dolorosa la morte di Livia. Poté
tuttavia mantenere corrispondenza con amici ed estimatori: a Diodati consolandosi
delle sue sventure che l'invidia e la malignità “mi hanno machinato contro” con
la considerazione che l'infamia ricade sopra i traditori e i costituiti nel più
sublime grado dell'ignoranza. Da Diodati seppe della versione in latino che
Bernegger anda facendo a Strasburgo del suo Dialogo e gli riferì di Rocco, purissimo
peripatetico, e remotissimo dall'intender nulla di filosofia che scrive a
Venezia mordacità e contumelie contro di lui. Questa, e altre lettere,
dimostrano quanto poco Galileo avesse rinnegato le proprie convinzioni
copernicane. Dopo il processo scrive e pubblica “Discorsi e dimostrazioni
matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la mecanica e i moti locali”,
organizzato come un dialogo che si svolge in quattro giornate fra i tre
medesimi protagonisti del precedente Dialogo dei massimi sistemi: Sagredo,
Salviati e Simplicio. Nella prima giornata si tratta della resistenza dei
materiali. La diversa resistenza deve essere legata alla struttura della
particolare materia e Galileo, pur senza pretendere di pervenire a una
spiegazione del problema, affronta l'interpretazione atomistica di Democrito,
considerandola un'ipotesi capace di rendere conto di fenomeni fisici. In
particolare, la possibilità dell'esistenza del vuoto – prevista da Democrito –
viene ritenuta una seria ipotesi scientifica e nel vuoto – ossia
nell'inesistenza di un qualunque mezzo in grado di opporre resistenza – Galileo
sostiene giustamente che tutte le cose discendeno con eguale velocità, in
opposizione con Aristotele che ritiene l'impossibilità concettuale di un moto
in un vuoto. Dopo aver trattato della statica e della leva nella seconda
giornata, nella terza e nella quarta si occupa della dinamica, stabilendo le
leggi del moto uniforme, del moto naturalmente accelerato e del moto
uniformemente accelerato e delle oscillazioni del pendolo. Intraprende
corrispondenza con Bocchineri. La famiglia Bocchineri di Prato aveva dato una
giovane, di nome Sestilia, sorella di Alessandra, per moglie al figlio di
Galilei, Vincenzio. Quando Galilei incontra Bocchineri, questa è una
donna che si è affinata e ha coltivato la sua intelligenza, sposa di Buonamici,
un importante diplomatico che diventerà buon amico di Galilei. Bocchineri
e Galilei si scambiano numerosi inviti per incontrarsi e Galilei non manca di
elogiare l'intelligenza di Bocchineri dato che sì rare si trovano donne che
tanto sensatamente discorrino come ella fa. Con la cecità e l'aggravarsi delle
condizioni di salute è costretto talvolta a rifiutare gli invite NON *SOLO* per
le molte indisposizioni che mi tengono oppresso in questa mia gravissima età,
ma perché son ritenuto ancora in carcere, per quelle cause che benissimo son
note. L'ultima lettera mandata di
"non volontaria brevità". «Vide / sotto l'etereo padiglion rotarsi /
più mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese /
sgombrò primo le vie del firmamento. E tumulato nella Basilica di Santa Croce a
Firenze. Il Cristenesimo mantenne la sorveglianza anche nei confronti degli
allievi. Quando i seguaci diedero vita al Cimento, esso intervenne presso il Granduca,
e il Cimento e sciolto. Convinto della correttezza della cosmologia
copernicana, Galileo era ben consapevole che essa fosse ritenuta in contraddizione
con il testo cristiano che sostenevano invece una concezione geocentrica dell'universo.
Il cristanesimo considera le Sacre Scritture ispirate dallo Spirito Santo, la
teoria eliocentrica poteva essere accettata, fino a prova contraria, soltanto
come semplice ipotesi (“ex supposition”) o modello matematico, senza alcuna
attinenza con la reale posizione dei corpi celesti. Proprio a questa condizione
il “De revolutionibus orbium coelestium” di Copernico non e condannato dalle
autorità ecclesiastiche e menzionato nell'Indice dei libri proibiti. Galileo si
inserì nel dibattito sul rapporto fra scienza e fede con la lettera a Castelli.
Difese il modello copernicano sostenendo che esistono *due* verità
necessariamente non in contraddizione o in conflitto fra loro. La Bibbia è
certamente un testo sacro di ispirazione divina e dello Spirito Santo, ma
comunque scritto in un preciso momento storico con lo scopo di orientare il
lettore verso la comprensione della vera religione. Per questa ragione, come
già avevano sostenuto molti esegeti tra i quali *Lutero* e Keplero, i fatti
della Bibbia sono stati necessariamente scritti in modo tale da poter essere
compresi anche dagli antichi e dalla gente comune. Occorre quindi discernere,
come già sostenuto da Agostino, il messaggio propriamente basato nella fede
dalla descrizione, storicamente connotata ed inevitabilmente narrativa e
didascalica, di fatti, episodi e personaggi. Dal che seguita, che qualunque
volta alcuno, nell'esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono litterale, splicito,
potrebbe, errando esso, far apparire nelle Scritture non solo contraddizioni e
proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora. Poi che
sarebbe necessario dare a Dio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti di un
corpora quasi-umanio, come d'ira, di pentimento, d'odio ed anco tal volta la
dimenticanza delle cose passate e l'ignoranza delle future.” Lettera alla granduchessa
di Toscana. Il noto episodio biblico della richiesta di Giosuè a Dio di fermare
il Sole per prolungare il giorno era usato in ambito ecclesiastico a sostegno
del sistema geo-centrico. Galileo sostenne invece che in quel modo il giorno
non si sarebbe allungato, in quanto nel sistema geo-centrio la rotazione diurna (giorno/notte)
non dipende dal Sole, ma dalla rotazione del Primum Mobile. La Bibbia deve
essere re-interpretata e bisogna “alterar” il “senso” delle parole, e dire che
quando la Scrittura dice che Dio ferma il Sole, voleva dire che ferma 'l primo
mobile, ma che, per accomodarsi alla capacità di quei che sono a fatica idonei
a intender il nascere e 'l tramontar del Sole, lo Spirito Santo dice al
contrario di quel che avrebbe detto parlando a uomini sensati. Nel sistema
elio-centrico la rotazione del Sole sul proprio asse provoca sia la rivoluzione
della Terra attorno al Sole, sia la rotazione diurna (giorno/notte) della Terra
attorno all'asse terrestre. Quindi l'episodio biblico ci mostra manifestamente
la falsità e impossibilità del mondano sistema aristotelico e Tolemaico, e
all'incontro benissimo s'accomoda co 'l Copernicano.. Infatti se Dio avesse
fermato il Sole assecondando la richiesta di Giosuè, ne avrebbe necessariamente
bloccato la rotazione assiale (unico suo movimento previsto nel sistema
copernicano), provocando di conseguenza - secondo Galileo - l'arresto sia della
(ininfluente) rivoluzione annuale, sia della rotazione terrestre diurna
prolungando quindi la durata del giorno. A questo proposito, è interessante la
critica proposta da Koestler, in cui sostiene che Galileo sape meglio di chiunque
altro che se la terra si fermasse bruscamente, montagne, case, città,
crollerebbero come un castello di carte. Il più ignorante dei frati, senza
sapere nulla del momento di inerzia, sape benissimo quel che succedeva quando i
cavalli e la carrozza frenavano di colpo o quando una nave finiva contro gli
scogli. Se si interpreta la Bibbia secondo Tolomeo, il brusco arresto del Sole
non aveva effetti fisici degni di nota e il miracolo rimaneva credibile al pari
di qualsiasi altro miracolo. In base all'interpretazione di Galileo, Giosuè
avrebbe distrutto non soltanto gli Amorrei, ma la terra intera! Sperando di far
passare queste sciocchezze penose, Galileo rivela il suo disprezzo per gli
avversari. Fece analoghe considerazioni in lettere a Dini, le quali destarono
preoccupazione negli ambienti conservatori per le idee innovative, il carattere
polemico e l'ardimento coi quali Galilei sostene che alcuni passi della Bibbia
dovessero venir re-interpretati alla luce del sistema copernicano. Le Sacre Scritture
si occupano di Dio. La filosofia naturale, che fa indagini sulla Natura si fondarsi
su «sensate esperienze» e «necessarie dimostrazioni». La Bibbia e la Natura non
possono contraddirsi perché derivano entrambe da Dio. Di conseguenza, in caso
di discordia apparente, non sarà la scienza a dover fare un passo indietro,
bensì gli interpreti del testo sacro che dovranno cercare al di là del “significato”
splicito superficiale (explicatura). Le Sacre Scritture sono conforme soltanto
"al comun modo del volgo", ossia si adatta non già alle competenze
degli "intendenti", ma ai limiti conoscitivi dell'uomo comune,
velando così con una sorta di “allegoria” il “senso più profondo” di un
enunciato.. Se il “messaggio” “letterale” diverge da un enunciato del filosofo
naturale, non lo può mai il suo “contenuto” "recondito" e più
autentico, ricavabile dall'interpretazione delle Sacre Scriture oltre i suoi “significato”
più epidermico. Circa il rapporto tra filosofia e la rivelazione, celebre è la
sua frase: «intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado,
l'*intenzione* dello Spirito Santo essere d'*in-segn-arci* come si vadia al
cielo, e non come vadia il cielo», usualmente attribuita Baronio. Si noti che,
applicando tale criterio, Galileo non avrebbe potuto usare il passo biblico di
Giosuè per cercare di dimostrare un presunto accordo tra testo sacro e sistema
copernicano o la supposta contraddizione tra la Bibbia e il modello tolemaico.
Deriva invece proprio da tale criterio la teoria di Galileo secondo la quale
esistono *due* sorgenti di *conoscenza* che sono in grado di rivelare la stessa
verità che proviene da Dio. Il primo è le
Sancte Scritture, scritte dal spirito santo in termini comprensibili al
"volgo", che ha essenzialmente valore salvifico e di redenzione
dell'anima, e richiede quindi un'attenta inter-pretazione delle affermazioni
relative ai fenomeni naturali che in essa sono descritti. Il secondo è questo
grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico
l'universo), scritto in simboli», che va letto (decifrato) secondo la ragione
(non la fede) e non va pos-posto alle Sancte Scriture ma, per essere *ben* o
corretamente interpretato, deve essere studiato con gli strumenti di cui Dio –
nostro genitore -- ci ha dotati: sentire, il giudicare, il discorrire. Nella
disputa filosofica di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalla
autorità di luoghi delle Sancte Scritture, ma dall’esperienza sensata (a
posteriori) e dalla di-mostrazioni necessaria (dall’assiomi, a priori): perché,
procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la Natura – la fisi
dei grecchi --, quella come ‘dettatura’ (dictature – dettato ed impiegato) dello
Spirito Santo, e questa ‘dettatura’ come osservantissima esecutrice de gli
ordini di Dio, nostro genitore.” La filosofia – regina scientiarum – La
‘materia’ della filosofia la rende d'importanza primaria (metafisica come
filosofia prima, filosofia naturale come filosofia seconda. La flosofia non pretendere
di pronunciare giudizi su una verità specifica (la porta e chiusa). Al contrario,
se una certa esperienza non si accorda con un assioma, allora e quest’assioma
che deve essere ri-letti alla luce della experienza. Non vi può essere, in
definitiva, dis-accordo tra ragione ed experienza, essendo, per definizione,
entrambe vere. Ma, in caso di *apparente* contraddizione su un fenomeno
naturale, occorre modificare l'interpretazione dell’assioma per adeguarla
all’esperienza. Aristotele – con il suo geo-centrimo -- non differe
sostanzialmente da Galileo. Aristotele ammetteva la necessità di rivedere
l'interpretazione dell’esperienza. Ma nel caso del sistema elio-centrico, Bellarmino
sostenne, ragionevolmente, che non vi fossero una prova conclusive a suo
favore. Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro
del mondo (o nostro sistema pianetario) e la terra nel terzo cielo, e che il
sole (elio) non circonda la terra (gea), ma la terra circonda il sole, allhora
bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono
contrarie, e più tosto dire che “non l'intendiamo” – cf. Grice on metaphor and
‘My neighbour’s three-year old is an adult”), che dire che sia “falso” (‘You’re
the cream in my coffee”, “My neighbour’s three-year old understands Russell’s
Theory of Types”) quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal
dimostratione, fin che non mi sia mostrata. L’ esperienzia di visione –
osservazione -- con gli strumenti allora disponibili, della parallasse stellare
(che si sarebbe dovuta riscontrare come l’effetto dello spostamento della Terra
rispetto al cielo delle stelle fisse) costituiva invece evidenza contraria alla
teoria elio-centrica. In tale contesto, Aristotele ammetteva quindi che si
parlasse di una teoria o ipotesi o modello elio-centrico solo “ex suppositione”
(come ipotesi matematica geometrica o aritmetica). La difesa di Galileo ex
professo (con cognizione di causa e competenza, di proposito e intenzionalmente)
della teoria geo-centrica quale “reale” descrizione fisica del sistema solare e
delle orbite dei pianete si scontrò quindi, inevitabilmente, con la posizione
ufficiale d’Aristotele. Tale contrapposizione sfociò nel processo a Galilei, che
si concluse con la condanna per veemente sospetto di eresia" e l'abiura forzata
delle sue concezioni astronomiche. RiAl di là dal giudizio storico,
giuridico e morale sulla condanna a Galilei, le questioni di carattere
epistemologico filosofico e di “ermeneutica” che furono al centro del processo
sono state oggetto di riflessione da parte di Grice. che spesso ha citato la
vicenda di Galileo per esemplificare, talora in termini volutamente
paradossali, il suo pensiero in merito a tali questioni. Contro Feyerabend,
sostenitore di un'anarchia epistemologica, Grice sostenne che Aristotele si
attenne alla ragione più che Galilei, e prese in considerazione anche le
conseguenze etiche e sociali della teoria elio-centrica. La sentenza
aristotelica contro Galilei e razionale e giusta, e solo per motivi di
opportunità politica se ne può legittimare la revision. Questa provocazione sarà
poi ripresa da Ratzinger, dando luogo a contestazioni da parte dell'opinione
pubblica. Ma il vero scopo per cui Grice espresso tale provocatoria
affermazione e "solo mostrare la contraddizione di coloro che approvano
l’eliocentrismo di Galileo e condannano il geo-centrismo aristotelico, ma poi
verso il lavoro dei loro contemporanei sono rigorosi come lo erano
gl’aristotelichi ai tempi di Galileo. Nel corso dei secoli che seguirono,
l’aristotelismo modifica la propria posizione nei confronti di Galilei. Il Sant'Uffizio
concesse l'erezione di un mausoleo in suo onore nella chiesa di Santa Croce in
Firenze. Benedetto XIV olse dall'Indice i libri che insegnavano il moto della
Terra (“e pur si muove”) con ciò ufficializzando quanto già di fatto aveva
fatto Alessandro VII con il ritiro di un dicreto. La definitiva
autorizzazione all'”in-segna-mento” del moto della terra e dell'immobilità del
sole arriva con un decreto della Sacra Congregazione dell'inquisizione
approvato da Pio VII. Particolarmente significativo risulta il contributo
di Newman, a pochi anni dalla abilitazione dell'insegnamento dell'eliocentrismo
e quando le teorie di Newton sulla gravitazione risultavano ormai affermate e
provate sperimentalmente. Newman riassume il rapporto dell'elio-centrismo con Aristotele.
«Quando il sistema copernicano comincia a diffondersi, quale aristotelico non
sarebbe stato tentato dall'inquietudine, o almeno dal timore dello scandalo,
per l'apparente contraddizione che esso implicava con una certa autorevole tradizione?
Generalmente si accetta che la terra e immobile e che il sole, fissato in un
solido firmamento, ruota intorno alla terra. Dopo un po' di tempo, tuttavia, e
un'analisi completa, si scoprì che Aristotele non aveva deciso quasi niente su
questioni come questa e che la scienza fisica poteva muoversi in questa sfera
di pensiero quasi a piacere, senza timore di scontrarsi con l’adagio, “Master
dixit””. Newman compie della vicenda Galileo come conferma, e non negazione, di
Aristotele. E certamente un fatto molto significativo, considerando con quanta
ampiezza e quanto a lungo fosse stata sostenuta dai aristotelichi una certa
interpretazione di questa affermazione fisica geo-centrica, che Aristotele non
l'abbia formalmente riconosciuta (la teoria del geocentrismo, ndr). Guardando
alla questione da un punto di vista umano, e inevitabile che essa dovesse far
propria quell'opinione. Ma ora, accertando la nostra posizione rispetto
all’esperienza, troviamo che malgrado gli abbondanti commenti che fin dall'inizio
essa ha sempre fatto su Aristotele, com'è suo compito e suo diritto fare,
tuttavia, è sempre stata indotta a spiegare formalmente Aristotele o a dar loro
un senso di autorità che l’esperienza può mettere in discussione. Paolo VI fece
avviare la revisione del processo e con l'intento di porre una parola
definitiva riguardo a queste polemicheGiovanni Paolo II auspicò che fosse
intrapresa una ricerca interdisciplinare sui difficili rapporti di Galileo con
la Chiesa e istituì una Commissione per lo studio della controversia
tolemaico-copernicana nella quale il caso Galilei si inserisce. Il papa ammise,
nel discorso in cui annuncia l'istituzione della commissione, che"Galileo
ebbe molto a soffrire, non possiamo nasconderlo, da parte di uomini
aristotelichi. Si cancella la condanna e chiarì la sua interpretazione sulla
questione teologica scientifica galileiana riconoscendo che la condanna di Galilei
fu dovuta all'ostinazione di entrambe le parti nel non voler considerare le
rispettive teorie come semplici ipotesi non comprovate sperimentalmente e,
d'altra parte, alla mancanza di perspicacia, ovvero di intelligenza e
lungimiranza, dei filosofi aristotelichi che lo condannarono, incapaci di
riflettere sui propri criteri di interpretazione di Aristotele e responsabili
di aver inflitto molte sofferenze a Galilei. Come dichiara Giovanni Paolo II, come
la maggior parte dei suoi avversari aristotelichi, Galileo non fa distinzione
tra quello che è l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione
sulla natura, di ordine “filosofico”, che esso generalmente richiama. È per
questo che Galilei rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare
come un'ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse
confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un'esigenza del metodo
sperimentale di cui egli fu l’iniziatore. Il problema che si posero dunque i
aristotelichi era quello della compatibilità dell'eliocentrismo e Aristotele.
Così l’esperienza, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi
suppongono, obbligava gl’aristotelichi ad interrogarsi sui loro criteri di
interpretazione di Aristotele. La maggior parte non seppe farlo. Il giudizio
pastorale che richiedeva la teoria copernicana e difficile da esprimere nella
misura in cui il geocentrismo sembrava far parte dell’insegnamento stesso
d’Aristotele. Sarebbe stato necessario contemporaneamente vincere delle
abitudini di pensiero e inventare una pedagogia capace di illuminare il popolo.
La storia del pensiero scientifico del Medioevo e del Rinascimento, che si
comincia ora a comprendere un po' meglio, si può dividere in due periodi, o
meglio, perché l'ordine cronologico corrisponde solo molto approssimativamente
a questa divisione, si può dividere, grosso modo, in tre fasi o epoche,
corrispondenti successivamente a tre differenti correnti di pensiero: prima la
fisica aristotelica; poi la fisica dell'impetus, iniziata, come ogni altra
cosa, dai Greci ed elaborata dalla corrente dei Nominalisti; e infine la fisica
galileiana. Fra le maggiori scoperte che Galilei fece guidato dagli
esperimenti, si annoverano un primo approccio fisico alla relatività, poi noto
come “relatività galileiana”, la scoperta delle quattro lune principali di
Giove, dette appunto “satelliti galileiani” (Io, Europa, “Ganimede” e
Callisto), il principio di inerzia, seppur parzialmente. Compì anche
studi sul moto di caduta dei gravi e riflettendo sui moti lungo i piani
inclinati scoprì il problema del "tempo minimo" nella caduta dei corpi
materiali, e studia varie traiettorie, tra cui la spirale paraboloide e la
cicloide. Nell'ambito delle sue ricerche di matematica – geometria ed
aritmetica -- si avvicinò alle proprietà dell'infinito introducendo un celebre
paradosso di Galileo. Galilei incoraggiò Cavalieri a sviluppare le idee del
maestro e di altri sulla geometria con il metodo degli indivisibili, per
determinare aree e volumi: questo metodo rappresentò una tappa fondamentale per
l'elaborazione del calcolo infinitesimale. Quando Galilei fece rotolare le
sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto da lui stesso, e
Torricelli fece sopportare all’aria un peso che egli stesso sapeva già uguale a
quello di una colonna d’acqua conosciuta fu una rivelazione luminosa per tutti
gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò
che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che essa deve costringere
la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi guidare da lei, per
dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso
e senza un disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria. Galilei
fu uno dei protagonisti della fondazione del metodo scientifico espresso con
linguaggio matematico e pose l'esperimento come strumento a base dell'indagine
sulle leggi della natura, in contrasto con Aristotele e la sua analisi
qualitativa del cosmo. Hanno sin qui la maggior parte dei filosofi creduto che
la superficie della luna fosse pulita tersa e assolutissimamente sferica, e se
qualcuno disse di credere, che ella fusse aspra e muntuosa fu reputato parlare
più presto favolusamente, che filosoficamente. Ora io questa istessa lunare asserisco
il primo, non più per immaginazione, ma per sensata esperienza e necessaria
dimostrazione, che egli è di superficie piena di innumerevoli cavità ed
eminenze, tanto rilevate che di gran lunga superano le terrene montuosità. Già
nella lettera a Welser a proposito della polemica sulle macchie solari, Galilei
si domandava che cosa l'uomo nella sua ricerca vuole arrivare a
conoscere. «O noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera
ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in
notizia d'alcune loro affezioni» Ed ancora: per conoscenza intendiamo
l'arrivare a cogliere i principi primi dei fenomeni o come questi si
sviluppano? «Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e
per fatica non men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle
remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro della sustanza
della Terra che della Luna, delle nubi elementari che delle macchie del Sole;
né veggo che nell'intender queste sostanze vicine aviamo altro vantaggio che la
copia de' particolari, ma tutti egualmente ignoti, per i quali andiamo vagando,
trapassando con pochissimo o niuno acquisto dall'uno all'altro. La ricerca dei
principi primi essenziali comporta dunque una serie infinita di domande poiché
ogni risposta fa nascere una nuova domanda: se noi ci chiedessimo quale sia la
sostanza delle nuvole, una prima risposta sarebbe che è il vapore acqueo ma poi
dovremo chiederci che cos'è questo fenomeno e dovremo rispondere che è acqua,
per chiederci subito dopo che cos'è l'acqua, rispondendo che è quel fluido che
scorre nei fiumi ma questa «notizia dell'acqua» è soltanto «più vicina e
dependente da più sensi», più ricca di informazioni particolari diverse, ma non
ci porta certo la conoscenza della sostanza delle nuvole, della quale sappiamo
esattamente quanto prima. Ma se invece vogliamo capire le «affezioni», le
caratteristiche particolari dei corpi, potremo conoscerle sia in quei corpi che
sono da noi distanti, come le nuvole, sia in quelli più vicini, come l'acqua. Occorre
dunque intendere in modo diverso lo studio della natura. «Alcuni severi
difensori di ogni minuzia peripatetica», educati nel culto di Aristotele,
credono che «il filosofare non sia né possa esser altro che un far gran pratica
sopra i testi di Aristotele» che portano come unica prova delle loro teorie. E
non volendo «mai sollevar gli occhi da quelle carte» rifiutano di leggere
«questo gran libro del mondo» (cioè dall'osservare direttamente i fenomeni),
come se «fosse scritto dalla natura per non esser letto da altri che da
Aristotele, e che gli occhi suoi avessero a vedere per tutta la sua posterità.
Invece i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra
un mondo di carta.A fondamento del metodo scientifico quindi ci sono il rifiuto
dell'essenzialismo e la decisione di cogliere solo l'aspetto quantitativo dei
fenomeni nella convinzione di poterli tradurre tramite la misurazione in numeri
così che si abbia una conoscenza di tipo matematico, l'unica perfetta per
l'uomo che la raggiunge gradatamente tramite il ragionamento così da eguagliare
lo stesso perfetto conoscere divino che la possiede interamente e
intuitivamente. Però...quanto alla verità di che ci danno cognizione le
dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina. Il
metodo galileiano si dovrà comporre quindi di due aspetti principali: sensata
esperienza, ovvero l'esperimento distinto dalla comune osservazione della
natura, che deve infatti seguire a un'attenta formulazione teorica, ovvero a
ipotesi (metodo ipotetico-sperimentale) che siano in grado di guidare
l'esperienza in modo che essa non fornisca risultati arbitrari. Galileo non
ottenne la legge di caduta dei gravi dalla mera osservazione, altrimenti ne
avrebbe dedotto che un corpo cade più rapidamente tanto più è pesante (un sasso
nell'aria arriva prima a terra di una piuma per via dell'attrito). Studiò
invece il moto dei corpi in caduta controllandolo con un piano inclinato,
costruendo cioè un esperimento che gli permettesse di ottenere risultati più
precisi. Anche l'esperimento mentale può essere un utile strumento di
dimostrazione e permise a Galileo di confutare le dottrine aristoteliche sul
moto. necessaria dimostrazione, ovvero un'analisi matematica e rigorosa dei
risultati dell'esperienza, che sia in grado di trarre da questa risultati
universali e ogni conseguenza in modo necessario e non opinabile espressi dalla
legge scientifica. In questo modo Galileo concluse che tutti i corpi nel vuoto
precipitano con una velocità proporzionale al tempo di caduta, anche se
chiaramente non aveva effettuato esperimenti considerando tutti i possibili
corpi con differenti forme e materiali. La dimostrazione va ulteriormente
verificata, con ulteriori esperienze, ovvero il cosiddetto cimento che è
l'esperimento concreto con cui va sempre verificato l'esito di ogni
formulazione teorica. Sintetizzando la natura del metodo galileiano, Rodolfo
Mondolfo infine aggiunge che: «Il vincolo stabilito da Galileo tra
osservazione e dimostrazione le esperienze fatte mediante i sensi e le
dimostrazioni logico-matematiche della loro necessità – era un vincolo
reciproco, non unilaterale: né le esperienze sensibili dell’ osservazione
potevano valere scientificamente senza la relativa dimostrazione della loro
necessità, né la dimostrazione logica e matematica poteva raggiungere la sua
"assoluta certezza oggettiva" come quella della natura senza
appoggiarsi all’ esperienza nel suo punto di partenza e senza trovare la sua
conferma in essa nel suo punto d’ arrivo. È questa l'originalità del metodo
galileiano: avere collegato esperienza e ragione, induzione e deduzione,
osservazione esatta dei fenomeni e elaborazione di ipotesi e questo, non
astrattamente ma, con lo studio di fenomeni reali e con l'uso di appositi
strumenti tecnici. La terminologia scientifica in Galilei Fondamentale è
stato il contributo di Galileo al linguaggio scientifico, sia in campo
matematico, sia, in particolare, nel campo della fisica. Ancora oggi in questa
disciplina molto del linguaggio settoriale in uso deriva da specifiche scelte
dello scienziato pisano. In particolare, negli scritti di Galileo molte parole
sono tratte dal linguaggio comune e vengono sottoposte ad una
"tecnificazione", cioè l'attribuzione ad esse di un significato
specifico e nuovo (una forma, quindi, di neologismo semantico). È il caso di
"forza" (seppur non in senso newtoniano), "velocità",
"momento", "impeto", "fulcro", "molla"
(intendendo lo strumento meccanico ma anche la "forza elastica"),
"strofinamento", "terminatore", "nastro". Un
esempio del modo in cui Galileo nomina gli oggetti geometrici è in un brano dei
Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze: «Voglio
che ci immaginiamo esser levato via l'emisferio, lasciando però il cono e
quello che rimarrà del cilindro, il quale, dalla figura che riterrà simile a
una scodella, chiameremo pure scodella. Come si vede, nel testo ad una
terminologia specialistica ("emisferio", "cono",
"cilindro") si accompagna l'uso di un termine che denota un oggetto
della vita quotidiana, cioè "scodella". Galilei è ricordato nella
storia anche per le sue riflessioni sui fondamenti e sugli strumenti
dell'analisi scientifica della natura. Celebre la sua metafora riportata nel
Saggiatore, dove la matematica viene definita come il linguaggio (o la
semiotica, o i ‘signi’ – il segno -- in cui è scritto libro della natura:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se
prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è
scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un
oscuro laberinto. In questo brano Galilei mette in collegamento le parole
"matematica", "filosofia" e "universo", dando
così inizio a una lunga disputa fra i filosofi della scienza in merito a come
egli concepisse e mettesse in relazione fra loro questi termini. Ad esempio, quello
che qui Galileo chiama "universo" si dovrebbe intendere,
modernamente, come "realtà fisica" o "mondo fisico" in
quanto Galileo si riferisce al mondo materiale conoscibile matematicamente.
Quindi non solo alla globalità dell'universo inteso come insieme delle
galassie, ma anche di qualsiasi sua parte o sottoinsieme inanimato. Il termine
"natura" includerebbe invece anche il mondo biologico, escluso
dall'indagine galileiana della realtà fisica. Per quanto riguarda
l'universo propriamente detto, Galilei, seppur nell'indecisione, sembra
propendere per la tesi che sia infinito: «Grandissima mi par l’inezia di
coloro che vorrebbero che Iddio avesse fatto l’universo più proporzionato alla
piccola capacità del loro discorso che all’immensa, anzi infinita, sua potenza»
Egli non prende una posizione netta sulla questione della finitezza o infinità
dell'universo; tuttavia, come sostiene Rossi, «c'è una sola ragione che lo
inclina verso la tesi dell'infinità: è più facile riferire l'incomprensibilità
all'incomprensibile infinito che al finito che non è comprensibile». Ma Galilei
non prende mai esplicitamente in considerazione, forse per prudenza, la
dottrina di Giordano Bruno di un universo illimitato e infinito, senza un
centro e costituito di infiniti mondi tra i quali Terra e Sole che non hanno
alcuna preminenza cosmogonica. Lo scienziato pisano non partecipa al dibattito
sulla finitezza o infinità dell'universo e afferma che a suo parere la
questione è insolubile. Se appare propendere per l'ipotesi della infinitezza lo
fa con motivazioni filosofiche in quanto, sostiene, l'infinito è oggetto di
incomprensibilità mentre ciò che è finito rientra nei limiti del comprensibile.
Il rapporto fra la matematica di Galileo e la sua filosofia della natura, il
ruolo della deduzione rispetto all'induzione nelle sue ricerche, sono stati
riportati da molti filosofi al confronto fra aristotelici e platonici, al
recupero dell'antica tradizione greca con la concezione archimedea o anche
all'inizio dello sviluppo nel XVII secolo del metodo sperimentale. La
questione è stata così ben espressa dal filosofo medievalista Moody. Quali sono
i fondamenti filosofici della fisica di Galileo e quindi della scienza moderna
in genere? Galileo è sostanzialmente un platonico, un aristotelico o nessuno
dei due? Si limitò, come sostiene Duhem, a rilevare e perfezionare una scienza
meccanica che aveva avuto origine nel Medioevo cristiano e i cui principi
fondamentali erano stati scoperti e formulati da Buridano, da Nicola Oresme e
dagli altri esponenti della cosiddetta "fisica dell’ impetus" del XIV
secolo? Oppure, come sostengono Cassirer e Koyré, voltò le spalle a questa
tradizione dopo averla brevemente processata nella sua dinamica pisana e
ripartì ispirandosi ad Archimede e Platone? Le controversie più recenti su
Galileo sono consistite in larga misura in un dibattito circa il valore
fondamentale e l’ influsso storico che su di lui avevano esercitato le
tradizioni filosofiche, platoniche e aristoteliche, scolastiche e antiscolastiche.
Galileo viveva in un'epoca in cui le idee del platonismo si erano diffuse
nuovamente in tutta Europa e in Italia e probabilmente anche per questa ragione
i simboli della matematica vengono da lui identificati con entità geometriche e
non con numeri. L'uso dell'algebra derivato dal mondo arabo nel dimostrare
relazioni geometriche era invece ancora insufficientemente sviluppato ed è solo
con Leibniz e Isaac Newton che il calcolo differenziale divenne la base dello
studio della meccanica classica. Galileo infatti nel mostrare la legge di
caduta dei gravi si servì di relazioni e similitudini geometriche. Da una
parte, per alcuni filosofi come Alexandre Koyré, Ernst Cassirer, Edwin Arthur
Burtt (1892–1989), la sperimentazione fu certamente importante negli studi di Galileo
e giocò anche un ruolo positivo nello sviluppo della scienza moderna. La
sperimentazione stessa, come studio sistematico della natura, richiede un
linguaggio con cui formulare domande e interpretare le risposte ottenute. La
ricerca di questo linguaggio era un problema che aveva interessato i filosofi
sin dai tempi di Platone e Aristotele, in particolare rispetto al ruolo non
banale della matematica nello studio delle scienze della natura. Galilei si
affida a esatte e perfette figure geometriche che però non possono mai essere
riscontrate nel mondo reale, se non al massimo come rozza
approssimazione. Oggi la matematica nella fisica moderna è utilizzata per
costruire modelli del mondo reale, ma ai tempi di Galileo questo tipo di
approccio non era affatto scontato. Secondo Koyré, per Galileo il linguaggio
della matematica gli permette di formulare domande a priori prima ancora di
confrontarsi con l'esperienza, e così facendo orienta la stessa ricerca delle
caratteristiche della natura attraverso gli esperimenti. Da questo punto di
vista, Galileo seguirebbe quindi la tradizione platonica e pitagorica, dove la
teoria matematica precede l'esperienza e non si applica al mondo sensibile ma
ne esprime la sua intima natura. La visione aristotelica Altri studiosi di Galilei,
come Stillman Drake, Pierre Duhem, John Herman Randall Jr., hanno invece
sottolineato la novità del pensiero di Galileo rispetto alla filosofia
platonica classica. Nella metafora del Saggiatore la matematica è un linguaggio
e non è direttamente definita né come l'universo né come la filosofia, ma è
piuttosto uno strumento per analizzare il mondo sensibile che era invece visto
dai platonici come illusorio. Il linguaggio sarebbe il fulcro della metafora di
Galileo, ma l'universo stesso è il vero obbiettivo delle sue ricerche. In
questo modo secondo Drake, Galileo si allontanerebbe definitivamente dalla
concezione e dalla filosofia platonica per accostarsi invece alla filosofia
aristotelica per cui ogni realtà deve avere in sé stessa le leggi del proprio
costituirsi. La sintesi tra platonismo e aristotelismo Secondo Eugenio Garin
Galileo invece, con il suo metodo sperimentale, vuole identificare nel fatto
osservato "aristotelicamente" una necessità intrinseca, espressa
matematicamente, dovuta al suo legame con la causa divina "platonica"
che lo produce facendolo "vivere". Alla radice di gran parte della
nuova scienza, da Leonardo a Galileo, accanto al desiderio tutto rinascimentale
di non lasciare intentata via alcuna, è viva la certezza che il sapere ha aperta
innanzi a sé la possibilità di una salda cognizione. Se noi ripercorriamo la
Teologia platonica, vi troviamo al centro questa tesi, largamente e minutamente
discussa nel libro secondo: alla mente di Dio sono presenti tutte le essenze;
la divina volontà, che poteva non creare, ha manifestato la sua generosità col
dare concreta e mondana realizzazione alle eterne idee facendole vivere. La
fecondità del concetto di creazione si rivela nel dono della vita che Dio ha
dato, e poteva non dare. Ma la volontà non tocca quel mondo razionale che
costituisce l'eterna ragione divina, il verbo divino, cui dunque si conforma e
si adegua questo mondo il quale, platonicamente, rispecchia l'ideale
razionalità per il tramite dell'intermediario matematico: "numero, pondere
et mensura". La mente umana, raggio del Verbo divino, è nelle sue radici
impiantata essa pure in Dio; è in Dio partecipe in qualche modo dell'assoluta
certezza. La scienza nasce così per il corrispondersi di questa struttura
razionale del mondo, impiantata nell'eterna sapienza divina, e della mente
umana partecipe di questa luce divina di ragione. Studi sul moto La descrizione
quantitativa del movimento Rappresentazione dell'evoluzione moderna dei
diagrammi utilizzati da Galileo nello studio del moto. Ad ogni punto di una
linea corrisponde un tempo e una velocità (segmento giallo che termina con un
punto blu). L'area gialla della figura così ottenuta corrisponde quindi allo
spazio totale percorso nell'intervallo di tempo (t2-t1). Dilthey vede Keplero e
Galilei come le massime espressioni nel loro tempo di "pensieri
calcolatori" che si disponevano a risolvere, tramite lo studio delle leggi
del movimento, le esigenze della moderna società borghese: «Il lavoro
degli opifici urbani, i problemi sorti dall’invenzione della polvere da sparo e
dalla tecnica delle fortificazioni, i bisogni della navigazione relativamente
ad apertura di canali, a costruzione e armamento di navi, avevano fatto della
meccanica la scienza preferita del tempo. Specialmente in Italia, nei Paesi
Bassi e in Inghilterra, questi bisogni erano assai vivaci, e provocarono la
ripresa e continuazione degli studi di statica degli antichi e le prime
ricerche nel nuovo campo della dinamica, specialmente per opera di Leonardo,
del Benedetti e dell'Ubaldi. Galilei fu infatti uno dei protagonisti del
superamento della descrizione aristotelica della natura del moto. Già nel
medioevo alcuni autori, come Giovanni Filopono nel VI secolo, avevano osservato
contraddizioni nelle leggi aristoteliche, ma fu Galileo a proporre una valida
alternativa basata su osservazioni sperimentali. Diversamente da Aristotele,
per il quale esistono due moti "naturali", cioè spontanei, dipendenti
dalla sostanza dei corpi, uno diretto verso il basso, tipico dei corpi di terra
e d'acqua, e uno verso l'alto, tipico dei corpi d'aria e di fuoco, per Galileo
qualunque corpo tende a cadere verso il basso nella direzione del centro della
Terra. Se vi sono corpi che salgono verso l'alto è perché il mezzo nel quale si
trovano, avendo una densità maggiore, li spinge in alto, secondo il noto
principio già espresso da Archimede: la legge sulla caduta dei gravi di
Galileo, prescindendo dal mezzo, è pertanto valida per tutti i corpi, qualunque
sia la loro natura. Per raggiungere questo risultato, uno dei primi
problemi che Galileo e i suoi contemporanei dovettero risolvere fu quello di
trovare gli strumenti adatti a descrivere quantitativamente il moto. Ricorrendo
alla matematica, il problema era quello di capire come trattare eventi
dinamici, come la caduta dei corpi, con figure geometriche o numeri che in
quanto tali sono assolutamente statici e sono privi di alcun moto. Per superare
la fisica aristotelica, che considerava il moto in termini qualitativi e non
matematici, come allontanamento e successivo ritorno al luogo naturale,
bisognava dunque prima sviluppare gli strumenti della geometria e in
particolare del calcolo differenziale, come fecero successivamente fra gli
altri Newton, Leibniz e Cartesio. Galileo riuscì a risolvere il problema nello
studio del moto dei corpi accelerati disegnando una linea ed associando ad ogni
punto un tempo e un segmento ortogonale proporzionale alla velocità. In questo
modo costruì il prototipo del diagramma velocità-tempo e lo spazio percorso da
un corpo è semplicemente uguale all'area della figura geometrica costruita. I
suoi studi e le sue ricerche sul moto dei corpi aprirono inoltre la via alla
moderna balistica. Sulla base degli studi sul moto, di esperimenti mentali e
delle osservazioni astronomiche, Galileo intuì che è possibile descrivere sia
gli eventi che accadono sulla Terra che quelli celesti con un unico insieme di
leggi. Superò quindi in questo modo anche la divisione fra mondo sublunare e
sovralunare della tradizione aristotelica (per la quale il secondo è governato
da leggi diverse da quelle terrestri e da moti circolari perfettamente sferici,
ritenuti impossibili nel mondo sublunare). Il principio d'inerzia e il moto
circolare Sfera sul piano inclinato Studiando il piano inclinato, Galilei
si occupò dell'origine del moto dei corpi e del ruolo degli attriti; scoprì un
fenomeno che è conseguenza diretta della conservazione dell'energia meccanica e
porta a considerare l'esistenza del moto inerziale (che avviene senza
l'applicazione di una forza esterna). Ebbe così l'intuizione del principio di
inerzia, poi inserito da Isaac Newton nei principi della dinamica: un corpo, in
assenza d'attrito, permane in moto rettilineo uniforme (in quiete se v=0) fino
a quando forze esterne agiscono su di esso. Il concetto di energia non era
invece presente nella fisica del Seicento e solo con lo sviluppo, oltre un
secolo più tardi, della meccanica classica si arriverà ad una precisa
formulazione di tale concetto. Galileo pose due piani inclinati dello
stesso angolo di base θ, uno di fronte all'altro, ad una distanza arbitraria x.
Facendo scendere una sfera da un'altezza h1 per un tratto l1 di quello a SN
notò che la sfera, arrivata sul piano orizzontale tra i due piani inclinati,
continua il suo moto rettilineo fino alla base del piano inclinato di DX. A
quel punto, in assenza d'attrito, la sfera risale il piano inclinato di DX per
un tratto l2 = l1 e si ferma alla stessa altezza (h2 = h1) di partenza. In
termini attuali, la conservazione dell'energia meccanica impone che l'iniziale
energia potenziale Ep = mgh1 della sfera si trasformi - man mano che la sfera
discende il primo piano inclinato (SN) - in energia cinetica Ec = (1/2) mv2
sino alla sua base, dove vale mgh1 = (1/2) mvmax2. La sfera si muove quindi sul
piano orizzontale coprendo la distanza x tra i piani inclinati con velocità
costante vmax, fino alla base del secondo piano inclinato (DX). Risale poi il
piano inclinato di DX, perdendo progressivamente energia cinetica che si
trasforma nuovamente in energia potenziale, fino a un valore massimo uguale a
quello iniziale (Ep = mgh2 = mgh1), al quale corrisponde velocità finale nulla
(v2 = 0). Rappresentazione dell'esperimento di Galileo sul
principio d'inerzia. Si immagini ora di diminuire l'angolo θ2 del piano inclinato
di DX (θ2 < θ1),e di ripetere l'esperimento. Per riuscire a risalire - come
impone il principio di conservazione dell'energia - alla medesima quota h2 di
prima, la sfera dovrà ora percorrere un tratto l2 più lungo sul piano inclinato
di DX. Se si riduce progressivamente l'angolo θ2, si vedrà che ogni volta
aumenta la lunghezza l2 del tratto percorso dalla sfera, per risalire
all'altezza h2. Se si porta infine l'angolo θ2 ad essere nullo (θ2 = 0°), si è
di fatto eliminato il piano inclinato di DX. Facendo ora scendere la sfera
dall'altezza h1 del piano inclinato di SN, essa continuerà a muoversi
indefinitamente sul piano orizzontale con velocità vmax (principio d'inerzia)
in quanto, per l'assenza del piano inclinato di DX, non potrà mai risalire
all'altezza h2 (come prevederebbe il principio di conservazione dell'energia
meccanica). Si immagini infine di spianare montagne, riempire valli e
costruire ponti, in modo da realizzare un percorso rettilineo assolutamente
piano, uniforme e senza attriti. Una volta iniziato il moto inerziale della
sfera che scende da un piano inclinato con velocità costante vmax, questa
continuerà a muoversi lungo tale percorso rettilineo fino a fare il giro
completo della Terra, e ricominciare quindi indisturbata il proprio cammino.
Ecco realizzato un (ideale) moto inerziale perpetuo, che avviene lungo
un'orbita circolare, coincidente con la circonferenza terrestre. Partendo da
questo "esperimento ideale", Galileo sembrerebbe erroneamente
ritenere che tutti i moti inerziali debbano essere moti circolari.
Probabilmente per questo motivo considerò, per i moti planetari da lui
(arbitrariamente) ritenuti inerziali, sempre e solo orbite circolari,
rifiutando invece le orbite ellittiche dimostrate da Keplero. Dunque, ad essere
rigorosi, non pare essere corretto quanto afferma Newton nei
"Principia" - fuorviando così innumerevoli studiosi - e cioè che
Galilei avrebbe anticipato i suoi primi due principi della dinamica. Misura
dell'accelerazione di gravità File:Isocronismo.webm Spiegazione del
funzionamento dell'isocronismo nella caduta dei gravi lungo una spirale su un
paraboloide. Galileo riuscì a determinare il valore che egli credeva costante
dell'accelerazione di gravità g alla superficie terrestre, cioè della grandezza
che regola il moto dei corpi che cadono verso il centro della Terra, studiando
la caduta di sfere ben levigate lungo un piano inclinato, anch'esso ben
levigato. Poiché il moto della sfera dipende dall'angolo di inclinazione del
piano, con semplici misure ad angoli differenti riuscì a ottenere un valore di
g solamente di poco inferiore a quello esatto per Padova (g = 9,8065855 m/s²),
nonostante gli errori sistematici, dovuti all'attrito che non poteva essere
completamente eliminato. Detta a l'accelerazione della sfera lungo il
piano inclinato, la sua relazione con g risulta essere a = g sin θ per cui,
dalla misura sperimentale di a, si risale al valore dell'accelerazione di
gravità g. Il piano inclinato permette di ridurre a piacimento il valore
dell'accelerazione (a < g), facilitandone la misura. Ad esempio, se θ = 6°,
allora sin θ = 0,104528 e quindi a = 1,025 m/s². Tale valore è meglio
determinabile, con una strumentazione rudimentale, rispetto a quello
dell'accelerazione di gravità (g = 9,81 m/s²) misurato direttamente con la
caduta verticale di un oggetto pesante. Misura della velocità della luce
Guidato dalla similitudine con il suono, Galileo fu il primo a tentare di
misurare la velocità della luce. La sua idea fu quella di portarsi su una
collina con una lanterna coperta da un drappo e quindi toglierlo lanciando così
un segnale luminoso ad un assistente posto su un'altra collina ad un chilometro
e mezzo di distanza: questi non appena avesse visto il segnale, avrebbe quindi
alzato a sua volta il drappo della sua lanterna e Galileo vedendo la luce
avrebbe potuto registrare l'intervallo di tempo impiegato dal segnale luminoso
per giungere all'altra collina e tornare indietro.Una misura precisa di questo
tempo avrebbe consentito di misurare la velocità della luce ma il tentativo fu
infruttuoso data l'impossibilità per Galilei di avere uno strumento così
avanzato che potesse misurare i centomillesimi di secondo che la luce impiega
per percorrere una distanza di pochi chilometri. La prima stima della
velocità della luce fu opera, nel 1676, dell'astronomo danese Rømer basata su
misure astronomiche. Apparati sperimentali e di misura Termometro di
Galileo, in un'elaborazione successiva. Gli apparati sperimentali furono
fondamentali nello sviluppo delle teorie scientifiche di Galileo, che costruì
diversi strumenti di misura originalmente o rielaborandoli sulla base di idee
preesistenti. In ambito astronomico costruì da sé alcuni esemplari di
cannocchiale, provvisti di micrometro per misurare quanto distasse una luna dal
suo pianeta. Per studiare le macchie solari, proiettò con l'elioscopio
l'immagine del Sole su un foglio di carta per poterla osservare in sicurezza
senza danni alla vista. Ideò anche il giovilabio, simile all'astrolabio, per
determinare la longitudine usando le eclissi dei satelliti di Giove. Per
studiare il moto dei corpi si servì invece del piano inclinato con il pendolo
per misurare intervalli temporali. Riprese anche un rudimentale modello di
termometro, basato sulla dilatazione dell'aria al variare della temperatura. Il
pendolo Schema di un pendolo Galileo scoprì nel 1583 l'isocronismo delle
piccole oscillazioni di un pendolo; secondo la leggenda l'idea gli sarebbe
venuta mentre osservava le oscillazioni di una lampada allora sospesa nella
navata centrale del Duomo di Pisa, oggi custodita nel vicino Camposanto
Monumentale, nella Cappella Aulla. Questo strumento è semplicemente composto da
un grave, come una sfera metallica, legato ad un filo sottile e inestensibile.
Galileo osservò che il tempo di oscillazione di un pendolo è indipendente dalla
massa del grave e anche dall'ampiezza dell'oscillazione, se questa è piccola.
Scoprì anche che il periodo di oscillazione {\displaystyle T}T dipende solo
dalla lunghezza del filo {\displaystyle l}l:[135] {\displaystyle T=2\pi
{\sqrt {\frac {l}{g}}}}T=2\pi {\sqrt {\frac {l}{g}}} dove
{\displaystyle g}g è l'accelerazione di gravità. Se ad esempio il pendolo ha
{\displaystyle l=1m}{\displaystyle l=1m}, l'oscillazione che porta il grave da
un estremo all'altro e poi di nuovo indietro ha un periodo {\displaystyle
T=2,0064s}{\displaystyle T=2,0064s} (avendo assunto per {\displaystyle g}g il
valore medio {\displaystyle 9,80665}{\displaystyle 9,80665}). Galileo sfruttò
questa proprietà del pendolo per usarlo come strumento di misura di intervalli
temporali. La bilancia idrostatica Galileo nel 1586, all'età di 22 anni quando
era ancora in attesa dell'incarico universitario a Pisa, perfezionò la bilancia
idrostatica di Archimede e descrisse il suo dispositivo nella sua prima opera
in volgare, La Bilancetta, che circolò manoscritta, ma fu stampata postuma
«Per fabricar dunque la bilancia, piglisi un regolo lungo almeno due braccia, e
quanto più sarà lungo più sarà esatto l'istrumento; e dividasi nel mezo, dove
si ponga il perpendicolo [il fulcro]; poi si aggiustino le braccia che stiano
nell'equilibrio, con l'assottigliare quello che pesasse di più; e sopra l'uno
delle braccia si notino i termini dove ritornano i contrapesi de i metalli
semplici quando saranno pesati nell'acqua, avvertendo di pesare i metalli più
puri che si trovino. Viene anche descritto come si ottiene il peso specifico PS
di un corpo rispetto all'acqua: {\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname
{peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname
{peso\;in\;acqua} }}}{\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname
{peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname
{peso\;in\;acqua} }}}. Ne La Bilancetta si trovano poi due tavole che riportano
trentanove pesi specifici di metalli preziosi e genuini, determinati
sperimentalmente da Galileo con precisione confrontabile con i valori moderni. Il
compasso proporzionale Una descrizione dell'uso del compasso
proporzionale fornita da Galileo Galilei. Il compasso proporzionale era uno
strumento utilizzato fin dal medioevo per eseguire operazioni anche algebriche
per via geometrica, perfezionato da Galileo ed in grado di estrarre la radice
quadrata, costruire poligoni e calcolare aree e volumi. Fu utilizzato con
successo in campo militare dagli artiglieri per calcolare le traiettorie dei
proiettili. Galilei e l'arte Letteratura Gli interessi letterari di Galilei
Durante il periodo pisano Galileo non si limitò alle sole occupazioni
scientifiche: risalgono infatti a questi anni le sue Considerazioni sul Tasso
che avranno un seguito con le Postille all'Ariosto. Si tratta di note sparse su
fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi volumi della Gerusalemme
liberata e dell'Orlando furioso dove, mentre rimprovera al Tasso «la scarsezza
della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del verso, ciò che ama
nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar rapido delle
situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico di questo,
la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del fantasma
poetico. Galilei scrittore. D'altro più non si cura fuorché d'essere
inteso» (Giuseppe Parini) «Uno stile tutto cose e tutto pensiero, scevro
di ogni pretensione e di ogni maniera, in quella forma diretta e propria in che
è l'ultima perfezione della prosa.» (Francesco De Sanctis, Storia della
Letteratura Italiana) Dal punto di vista letterario, Il Saggiatore è
considerata l'opera in cui si fondono maggiormente il suo amore per la scienza,
per la verità e la sua arguzia di polemista. Tuttavia, anche nel Dialogo sopra
i due massimi sistemi del mondo si apprezzano pagine di notevole livello per
qualità della scrittura, vivacità della lingua, ricchezza narrativa e
descrittiva. Infine Italo Calvino affermò che, a suo parere, Galilei è stato il
maggior scrittore di prosa in lingua italiana, fonte di ispirazione persino per
Leopardi. L'uso della lingua volgare L'uso del volgare servì a Galileo per un
duplice scopo. Da una parte era finalizzato all'intento divulgativo dell'opera:
Galileo intendeva rivolgersi non solo ai dotti e agli intellettuali ma anche a
classi meno colte, come i tecnici che non conoscevano il latino ma che potevano
comunque comprendere le sue teorie. Dall'altro si contrappone al latino della
Chiesa e delle diverse Accademie che si basavano sul principio di auctoritas,
rispettivamente biblico ed aristotelico. Si viene a delineare una rottura con
la tradizione precedente anche per quanto riguarda la terminologia: Galileo, a
differenza dei suoi predecessori, non trae spunti dal latino o dal greco per
coniare nuovi termini ma li riprende, modificandone l'accezione, dalla lingua
volgare. Galileo, inoltre, dimostrò atteggiamenti diversi nei confronti delle
terminologie esistenti: terminologia meccanica: cauto accoglimento;
terminologia astronomica: non respinge i vocaboli che l'uso abbia già accolto o
tenda ad accogliere. Li utilizza, però, come strumenti, insistendo sul loro
valore convenzionale ("le parole o imposizioni di nomi servono alla
verità, ma non si devono sostituire a essa). Lo scienziato poi segnala gli
errori che nascono quando il nome travisa la realtà fisica o che nascono dalla
suggestione esercitata dagli usi comuni di un vocabolo sul significato figurato
assunto come termine scientifico; per evitare questi errori, egli fissa
esattamente il significato dei singoli vocaboli: sono preceduti o seguiti da
una descrizione; terminologia peripapetica: rifiuto totale che si manifesta con
la sua messa in ridicolo, servendosene come puri suoni in un gioco di alternanze
e rime. Arti figurative «L'Accademia e Compagnia dell'Arte del Disegno fu
fondata da Cosimo I de' Medici nel 1563, su suggerimento di Giorgio Vasari, con
l'intento di rinnovare e favorire lo sviluppo della prima corporazione di
artisti costituitasi dall'antica compagnia di San Luca. Annoverò tra i primi
accademici personalità come Buonarroti, Bartolomeo Ammannati, Agnolo Bronzino,
Francesco da Sangallo. Per secoli l'Accademia rappresentò il più naturale e
prestigioso centro di aggregazione per gli artisti operanti a Firenze e, al
tempo stesso, favorì il rapporto fra scienza e arte. Essa prevedeva
l'insegnamento della geometria euclidea e della matematica e pubbliche
dissezioni dovevano preparare al disegno. Anche uno scienziato come Galileo
Galilei fu nominato membro dell'Accademia fiorentina delle Arti del Disegno. Galileo,
infatti, prese pure parte alle complesse vicende riguardanti le arti figurative
del suo periodo, soprattutto la ritrattistica, approfondendo la prospettiva
manieristica ed entrando in contatto con illustri artisti dell'epoca (come il
Cigoli), nonché influenzando in modo consistente, con le sue scoperte
astronomiche, la corrente naturalistica. Superiorità della pittura sulla
scultura Per Galileo nell'arte figurativa, come nella poesia e nella musica,
vale l'emozione che si riesce a trasmettere, a prescindere da una descrizione
analitica della realtà. Ritiene inoltre che tanto più dissimili sono i mezzi
usati per rendere un soggetto dal soggetto stesso, tanto maggiore l'abilità
dell'artista. Perciocché quanto più i mezzi, co' quali si imita, son lontani
dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è maravigliosa.” Ludovico Cardi,
detto il Cigoli, fiorentino, fu pittore al tempo di Galileo; ad un certo punto
della sua vita, per difendere il suo operato, chiese aiuto al suo amico
Galileo: doveva, infatti, difendersi dagli attacchi di quanti ritenevano la
scultura superiore alla pittura, in quanto ha il dono della tridimensionalità,
a discapito della pittura semplicemente bidimensionale. Galileo rispose con una
lettera. Egli fornisce una distinzione tra valori ottici e tattili, che diventa
anche giudizio di valore sulle tecniche scultoree e pittoriche: la statua, con
le sue tre dimensioni, inganna il senso del tatto, mentre la pittura, in due
dimensioni, inganna il senso della vista. Galilei attribuisce quindi al pittore
una maggiore capacità espressiva che non allo scultore poiché il primo, tramite
la vista, è in grado di produrre emozioni meglio di quanto faccia il secondo
mediante il tatto. “A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa
gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno
dipinti che scolpiti, perché ella gli scolpe e gli colora.” Il padre di Galileo
era un musicista (liutista e compositore) e teorico musicale molto noto ai suoi
tempi. Galileo fornì un contributo fondamentale alla comprensione dei fenomeni
acustici, studiando in modo scientifico l'importanza dei fenomeni oscillatori
nella produzione della musica. Scoprì anche la relazione che intercorre fra la
lunghezza di una corda in vibrazione e la frequenza del suono emessa. Nella
lettera a Lodovico Cardi, Galileo scrive: «Non ammireremmo noi un musico,
il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d'un amante ci muovesse
a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? ... E molto più lo
ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti patetici
musicali, ciò facesse...» (Opere XI) mettendo sullo stesso piano la
musica vocale e quella strumentale, dato che nell'arte sono importanti solo le
emozioni che si riescono a trasmettere. Dediche Banconota da 2.000 lire
con la raffigurazione di Galileo 2 euro commemorativi italiani per il
450º anniversario della nascita di Galileo Galilei A Galileo sono stati
dedicati innumerevoli tipi di oggetti ed enti, naturali o creati
dall'uomo: la Galileo Regio, una regione della superficie del satellite
Ganimede; l'asteroide 697 Galilea; una sonda spaziale, la Galileo; un sistema
di posizionamento spaziale, il sistema Galileo; il gal (unità di
accelerazione); il Telescopio Nazionale Galileo (TNG), situato sull'isola di La
Palma (Spagna); l'aeroporto internazionale "Galileo Galilei" di Pisa;
un gruppo musicale giapponese, Galileo Galilei; un album degli Haggard dal
titolo "Eppur si muove"; una canzone scritta e interpretata dal
cantautore pugliese Caparezza intitolata "Il dito medio di Galileo";
il sottomarino Galileo Galilei; una nave da guerra italiana, la Galileo
Galilei; la banconota da 2.000 lire; una canzone Messer Galileo cantata da
Edoardo Pachera durante la 52ª edizione dello Zecchino d'Oro; una società,
produttrice di strumenti scientifici, ottici ed astronomici e denominata
Officine Galileo; una moneta commemorativa da 2 euro nel 2014 per il 450º anniversario
della sua nascita; un supercomputer di potenza di calcolo pari a circa 1
PetaFlop, installato presso il consorzio interuniversitario CINECA e
classificato per diverso tempo fra le prime 500 strutture di calcolo al mondo;
una cattedra di storia della scienza dell'Università di Padova, detta appunto
cattedra galileiana, istituita per Enrico Bellone a cui poi successe William R.
Shea che la resse fino al 2011, più la Scuola Galileiana di Studi Superiori
della stessa università, nonché l'Accademia galileiana di scienze, lettere ed
arti di Padova. Galileo Day Galileo Galilei viene ricordato con celebrazioni
presso istituzioni locali il 15 febbraio, il Galileo Day, giorno della sua
nascita. Altre opere: La bilancetta (postuma), Tractatio de praecognitionibus
et precognitis and Tractatio de demonstration. Le mecaniche, Le operazioni del
compasso geometrico et militare, Sidereus Nuncius, Discorso intorno alle cose che stanno in su
l'acqua, Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti
(pubblicato dall'Accademia dei Lincei), 1613 (su archive.org, BEIC) Discorso
sopra il flusso e il reflusso del mare, Roma, Il Discorso delle Comete, Il
Saggiatore, Roma, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Firenze, Due
nuove scienze, Leida, Trattato della sfera, Roma 1656 (su BEIC) Lettere Lettera
al Padre Benedetto Castelli, Lettera a Madama Cristina di Lorena, Lettera a Pietro
Dini, Edizione nazionale Opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale, a cura
di Antonio Favaro, Firenze, G. Barbera, Le opere di Galileo Galilei. Edizione
nazionale sotto gli auspicii di Sua Maestà il Re d'Italia. Firenze, Tipografia di G. Barbera, Le opere di
Galileo Galilei, Edizione Nazionale, Appendice, Firenze, Giunti, 2013 ss. in
quattro volumi: Vol. 1: Iconografia galileiana, a cura di F. Tognoni, Carteggio,
a cura di M. Camerota e P. Ruffo, con la collaborazione di M. Bucciantini, Testi,
a cura di A. Battistini, M. Camerota, G. Ernst, R. Gatto, M. Helbing e P.
Ruffo, Documenti, a cura di M. Camerota e P. Ruffo (Edizione digitale delle
Opere Letteratura e teatro Vita di Galileo è il titolo di un'opera teatrale di Brecht
in più versioni, a partire dalla prima risalente agli anni 1938-39. Gli ultimi
anni di Galileo Galilei è il titolo di un'opera teatrale giovanile di Ippolito
Nievo. Galileo è uno spettacolo teatrale del 2010 di Francesco Niccolini e
Marco Paolini. Film Galileo Galilei è un cortometraggio sullo scienziato
pisano. Galileo è un film di Cavani. Galileo si chiama anche il film di Joseph
Losey tratto dal dramma Vita di Galileo di Bertolt Brecht. Per testuali parole
di Puccianti, Galileo fu veramente cultore e propugnatore della Natural
Filosofia: in effetti egli fu matematico, astronomo, fondatore della Fisica nel
senso attuale di questa parola; e queste varie discipline considerò sempre e
trattò come intimamente connesse tra loro, e insieme ad altri studi vari, come
diversi aspetti e atteggiamenti di una stessa attività dello spirito: filosofo
dunque, anche perché portò su questa attività la riflessione e la critica; ma
non incurante delle conseguenze o, come ora si direbbe, delle applicazioni
pratiche. I problemi più importanti e centrali lo impegnarono per tutta la
durata della sua vita scientifica, non con continua opera su ciascuno di essi,
ma con ritorni successivi sempre più approfonditi e più generali, e in fine
risolutivi» (da: Luigi Puccianti, Storia della fisica, Firenze, Felice Le Monnier,
Fondamentali furono inoltre le sue idee e riflessioni critiche sui concetti
fondamentali della meccanica, in particolare quelle sul movimento. Tralasciando
l'ambito prettamente filosofico, dopo la morte di Archimede, il tema del
movimento cessò di essere oggetto di analisi quantitativa e discussione formale
allorché Gerardo di Bruxelles, vissuto nella seconda metà del XII secolo, nel
suo Liber de motu riprese la definizione di velocità, già peraltro considerata
dal matematico del III secolo a.C. Autolico di Pitane, avvicinandosi alla
moderna definizione di velocità media come rapporto fra due quantità non
omogenee quali la distanza e il tempo (cfr. Gerard of Brussels, "The
Reduction of Curvilinear Velocities to Uniform Rectilinear Velocities",
edito da Clagett, in Grant, A Source Book in Medieval Science, Cambridge (MA),
Harvard University Press, e Mazur,
Zeno's Paradox. Unraveling the Ancient Mystery Behind the Science of Space and
Time, New York/London, Plume/Penguin Books, Ltd., Achille e la tartaruga. Il
paradosso del moto da Zenone a Einstein, a cura di Claudio Piga, Milano, Il
Saggiatore, Grazie al perfezionamento del telescopio, che gli permise di
effettuare notevoli studi e osservazioni astronomiche, fra cui quella delle
macchie solari, la prima descrizione della superficie lunare, la scoperta dei
satelliti di Giove, delle fasi di Venere e della composizione stellare della
Via Lattea. Per maggiori notizie, si veda: Luigi Ferioli, Appunti di ottica
astronomica, Milano, Editore Ulrico Hoepli, Cfr. pure Vasco Ronchi, Storia
della luce, IBologna, Nicola Zanichelli Editore, Dal punto di vista storico,
un'ipotesi autenticamente "eliocentrica" fu quella di Aristarco di
Samo, poi sostenuta e dimostrata da Seleuco di Seleucia. Il modello copernicano
invece, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, è
"eliostatico" ma non "eliocentrico" (vedi nota seguente).
Il sistema di Keplero, poi, non è né "eliocentrico" (il Sole occupa
infatti uno dei fuochi dell'orbita ellittica di ciascun pianeta che gli ruota
attorno) né "eliostatico" (a causa del moto di rotazione del Sole
attorno al proprio asse). La descrizione newtoniana del sistema solare, infine,
eredita le caratteristiche cinematiche (i.e., orbite ellittiche e moto
rotatorio del Sole) di quella kepleriana ma spiega causalmente, tramite la
forza di gravitazione universale, la dinamica planetaria. ^ A proposito del
modello copernicano: «È da notare che, sebbene il Sole sia immobile, tutto il
sistema [solare] non ruota intorno ad esso, ma intorno al centro dell'orbita
della Terra, la quale conserva ancora un ruolo particolare nell'Universo. Si
tratta cioè, più che di un sistema eliocentrico, di un sistema eliostatico.»
(da G. Bonera, Dal sistema tolemaico alla rivoluzione copernicana, E non più
soggettiva, come era stata fino ad allora condotta. ^ Secondo Giorgio Del
Guerra, nella casa sita al n. 24 dell'attuale via Giusti in Pisa (G. Del
Guerra, La casa dove, in Pisa, nacque Galileo Galilei, Pisa, Tipografia
Comunale. Verosimilmente, Galileo non dovette avere buoni rapporti con la madre
se non ricorda mai gli anni della sua infanzia come un periodo felice. Il fratello
Michelangelo ebbe occasione di scrivere a questo proposito a Galileo, quasi
augurandosene l'ormai imminente dipartita: «[...] di nostra madre intendo, con
non poca meraviglia, che sia ancora così terribile, ma poiché è così discaduta,
ce ne sarà per poco, sì che finiranno le lite.» Un Tommaso Ammannati fu fatto
cardinale da Clemente VII nel 1385, mentre il fratello Bonfazio Ammannati ottenne
la porpora da uno dei successori di Clemente, l'antipapa Benedetto XIII; quanto
a Giacomo Ammannati Piccolomini, cardinal, fu umanista, continuatore dei
Commentarii di Pio II e autore di una Vita dei papi che è andata perduta. ^ Si
ricorda un Tommaso Bonaiuti, che fece parte del governo di Firenze dopo la
cacciata del Duca di Atene e un Galileo Bonaiuti, medico noto al suo tempo e
gonfaloniere di giustizia, il cui sepolcro nella Basilica di Santa Croce
divenne la tomba dei suoi discendenti; a partire da Galileo Bonaiuti, il
cognome della famiglia cambiò in Galilei. ^ Così scriveva Muzio Tedaldi a Vincenzo
Galilei: «per la vostra ho inteso quanto havete concluso con il vostro
figliuolo [Galileo]; et come, volendo cercar di introdurlo qua in Sapienza, vi
ritarda il non esser la Bartolomea maritata, anzi vi guasta ogni buon pensiero;
et che desiderate che la si mariti, e quanto prima. Le considerationi vostre
son buone, et io non ho mancato né manco di far quell'opera che si ricerca; ma
sino a qui son venuti tutti partiti, per non dir obbrobriosi, poco aproposito
per lei… Per concludere, ardisco di dire che credo che la Bartolomea sia così
casta come qual si vogli pudica fanciulla; ma le lingue non si possono tenere;
pure io crederrò, con l'aiuto che do loro, di levar via tutti questi romori et
farli supire; per il che a quel tempo potrete facilmente mandare il vostro
Galileo a studio; et se non harete la Sapienza, harete la casa mia al vostro
piacere, senza spesa nessuna, et così vi offero et prometto, ricordandovi che
le novelle son come le ciriegie; però è bene credere quel che si vede, e non quel
che si sente, parlando di queste cose basse.» Obbligatoriamente l'iscrizione
doveva avvenire per gli studenti toscani in quell'Università. Chi voleva andare
in un'altra Università avrebbe dovuto pagare una multa di 500 scudi stabilita
da un editto granducale per scoraggiare la frequenza in un ateneo diverso da
quello pisano (In: A. Righini, Op. cit.). ^ Lo testimonierebbe la coincidenza
di argomentazioni esistente tra gli Juvenilia, gli appunti di fisica abbozzati
da Galileo in questo periodo, e i dieci libri del De motu del Bonamico. (In:
Storia sociale e culturale d'Italia, La cultura filosofica e scientifica, La
filosofia e le scienze dell'Uomo, La storia delle scienze, Milano, Bramante
Editrice, Ne descrive i dettagli nel breve trattato La bilancetta, circolato
prima fra i suoi conoscenti e pubblicato postumo nel 1644 (Annibale Bottana,
Galileo e la bilancetta: un momento fondamentale nella storia dell'idrostatica
e del peso specifico, Firenze, Leo S. Olschki Editore). Studi riportati nel
Theoremata circa centrum gravitatis solidorum, pubblicato in appendice ai
Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla
meccanica e ai moti locali. ^ Galileo sottopose a Clavius una sua
insoddisfacente dimostrazione della determinazione del baricentro dei solidi.
(Lettera a Clavius). Giovanni de Medici aveva progettato una draga per il porto
di Livorno. Su questo progetto il granduca Ferdinando aveva chiesto una
consulenza a Galilei che dopo aver visto il modellino affermò che non avrebbe
funzionato. Giovanni de Medici volle comunque costruire la draga che in effetti
non funzionò. (Giovan Battista de Nelli, Vita e commercio letterario di Galileo
Galilei, Losanna, con tale Benedetto Landucci che Galilei raccomandò a Cristina
di Lorena riuscendo a fargli ottenere nel 1609 il posto di pesatore al saggio;
il lavoro, consistente nel pesare gli argenti che venivano venduti, procurava
un guadagno di circa 60 fiorini. Lettera a Cristina di Lorena (Ed. Naz., Vol.
X, Lettera N., Alla dote per la sorella Livia avrebbe dovuto contribuire anche
il fratello Michelangelo. (Lettera a Michelangelo Galilei, Michelangelo ... fu
versatissimo nella musica e la esercitò per professione; essendo stato buon
liutista non v'è dubbio che fosse allievo egli pure di suo padre Vincenzo. visse
in Polonia al servizio di un conte palatino; nel 1610 era a Monaco di Baviera
ove insegnava musica, e in una lettera datata del 16 agosto di quell'anno, egli
pregava il fratello Galileo, di acquistargli grosse corde di Firenze per suo
bisogno et dei suoi scolari...» (Dizionario universale dei musicisti, Milano,
Casa Editrice Sonzogno). Le spese per i viaggi in Polonia e Germania furono
sostenute da Galileo. Michelangelo appena sistematosi in Germania volle
sposarsi con Anna Chiara Bandinelli e, anziché saldare il debito per la dote
che aveva con il cognato Galletti, spese tutto il denaro che aveva in un
lussuoso ricevimento nuziale. ^ «Mi dispiace ancora di veder che V.S. non sia
trattata second'i meriti suoi, e molto più mi dispiace che ella non habbi buona
speranza. Et s'ella vorrà andar a Venetia questa state, io l'invito a passar di
qua, che non mancarò dal canto mio di far ogni opera per aiutarla e servirla;
chè certo io non la posso veder in questo modo. Le mie forze sono deboli, ma,
come saranno, io le spenderò tutte in suo servitio. (Lettera di Guidobaldo Del Monte a Galilei.
In: Ed. Naz., Vol. X, Lettera N. 35, Ancora vivente, Galileo fu ritratto da
alcuni dei più famosi pittori del suo tempo, come Santi di Tito, Caravaggio,
Domenico Tintoretto, Giovan Battista Caccini, Francesco Villamena, Ottavio
Leoni, Domenico Passignano, Joachim von Sandrart e Claude Mellan. I due
ritratti più famosi, visibili alla Galleria Palatina di Firenze e agli Uffizi
sono invece di Justus Suttermans che rappresenta Galileo ormai anziano come
simbolo del filosofo conoscitore della natura. ( In "Portale
Galileo") ^ Per moto «naturale» s'intende quello di un grave, ossia di un
corpo in caduta libera, diversamente dal moto «violento», che è quello di un
corpo che sia soggetto ad un «impeto». ^ L'esatta formulazione della legge è
stata data da Galileo nel successivo De motu accelerato: «Motum aequabiliter,
seu uniformiter, acceleratum dico illum, qui, a quiete recedens, temporibus
aequalibus aequalia celeritatis momenta sibi superaddit», ove l'accelerazione
di gravità è indicata essere direttamente proporzionale al tempo e non allo spazio.
(Ed. Naz.) ^ Con lettera da Verona, l'Altobelli riferiva a Galileo, senza dar
credito, che la stella, «quasi un arancio mezzo maturo», sarebbe stata
osservata. In verità, dietro Antonio Lorenzini (da non confondere col vescovo
Antonio Lorenzini) si celava il Cremonini; cfr. Uberto Motta, Antonio
Querenghi. Un letterato padovano nella Roma del tardo Rinascimento, Pubblicazioni
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Vita e Pensiero, «Nacque in
Padova intorno al 1580. Poco più che ventenne professò i voti nell’Ordine
Benedettino, e nei primi anni del secolo XVII si trovava nel monastero di S.
Giustina di Padova, legato in molta intimità col Castelli, insieme col quale fu
discepolo di Galileo, prendendo le parti del Maestro nelle questioni relative
alla stella nuova dell’ottobre 1604.» (Da Museo Galileo). Usus et fabrica
circini cuiusdam proportionis, per quem omnia fere tum Euclidis, tum
mathematicorum omnium problemata facili negotio resolvuntur, opera & studio
Balthesaris Capræ nobilis Mediolanensis explicata. (In: Patauij, apud Petrum
Paulum Tozzium, 1607) ^ Alcuni calcoli astrologici, anche risalenti al periodo
fiorentino, furono conservati da Galileo e compaiono nel volume 19 dell'Opera
omnia (sezione "Astrologica nonnulla", pp. 205-220). Da notare che
per lo più si tratta di calcoli del tema natale, solo in qualche caso
accompagnati da interpretazioni o pronostici. ^ È stata ritrovata una lista
della spesa dove Galilei, insieme a ceci, farro, zucchero, ecc., ordinava di
acquistare anche pezzi di specchio, ferro da spianare e quanto di utile per il
suo laboratorio ottico. (Da una nota di una lettera di Ottavio Brenzoni conservata nella Biblioteca Centrale di
Firenze) ^ Espressione tradizionalmente attribuita da scrittori cristiani
all'imperatore pagano Flavio Claudio Giuliano che in punto di morte avrebbe
riconosciuto la vittoria del Cristianesimo: «Hai vinto o Galileo» riferendosi a
Gesù nativo della Galilea. ^ Il comportamento di Galileo è stato variamente
giudicato: vi è chi sostiene che egli le chiuse in convento perché «doveva
pensare a una loro sistemazione definitiva, cosa non facile perché, data la nascita
illegittima, non era probabile un futuro matrimonio» (come se egli non potesse
legittimarle, come fece con il figlio Vincenzio e come se una monacazione
coatta fosse preferibile a un matrimonio non prestigioso; cfr. Sofia Vanni
Rovighi, Storia della filosofia moderna e contemporanea. Dalla rivoluzione
scientifica a Hegel, Brescia, Editrice La Scuola), mentre altri ritengono che
«alla base di tutto stava il desiderio di Galileo di trovare per esse una
sistemazione che non rischiasse di procurargli in futuro alcun nuovo carico
[...] tutto ciò nascondeva un profondo, sostanziale egoismo» (cfr. Ludovico
Geymonat,). ^ «quel mirare per quegli occhiali m'imbalordiscon la testa»,
avrebbe detto Cremonini secondo la testimonianza di Paolo Gualdo. (Da una
lettera del Gualdo a Galilei. Scheiner pubblicò ancora sull'argomento il De
maculis solaribus et stellis circa Iovem errantibus. La priorità della scoperta
andrebbe all'olandese Johannes Fabricius, che pubblicò a Wittenberg, il De
Maculis in Sole observatis, et apparente earum cum Sole conversione. Cioè con i
sensi, con l'osservazione diretta. ^ «Egli pensava infatti che una colonna
d’acqua troppo alta tendeva a spezzarsi sotto l’azione del suo stesso peso,
così come si spezza una fune di materiale poco resistente quando, fissata in
alto, viene tirata dal basso. Fu quindi proprio questa analogia fondata
sull’esperienza osservativa a portare il Galilei fuori strada.» (in IL VUOTO – Elisa
Garagnani – Isis Archimede). Salmi che la figlia di Galileo, suor Maria
Celeste, s'incaricò di recitare, con il consenso della Chiesa. Baretti, in una
sua ricostruzione, avrebbe fatto nascere la leggenda di un Galilei che una
volta alzatosi in piedi, colpì la terra e mormorò: "E pur si muove!"
(In Giuseppe Baretti, The Italian Library). Tale frase non è contenuta in alcun
documento contemporaneo, ma nel tempo fu ritenuta veritiera, probabilmente per
il suo valore suggestivo, a tal punto che Berthold Brecht la riporta in
"Vita di Galileo", opera teatrale dedicata allo scienziato pisano
alla quale egli si dedicò a lungo. ^ In Paschini è riportato che: «secondo le
norme del Sant'Offizio» questa condizione «era equiparata ad una prigionia per
quanto egli facesse per ottenere la liberazione. Si ebbe il timore
probabilmente ch'egli riprendesse a fare propaganda delle sue idee e che un
perdono potesse significare che il Sant'Offizio si fosse ricreduto a proposito
di esse» (cfr. pure Alceste Santini, "Galileo Galilei", L'Unità). Conceditur
habitatio in eius rure, modo tamen ibi in solitudine stet, nec evocet eo aut
venientes illuc recipiat ad collocutiones, et hoc per tempus arbitrio Suae
Sanctitatis.» (Ed. Naz.) ^ A Galileo era infatti proibito stampare qualunque
opera in un paese cattolico. ^ Fonti di questa corrispondenza si trovano in:
Paolo Scandaletti, Galilei privato, Udine, Gaspari editore, Antonio Favaro,
Amici e corrispondenti di Galileo Galilei, Alessandra Bocchineri, Venezia,
Pubblicazioni del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Valerio Del
Nero, Galileo Galilei e il suo tempo, Milano, Simonelli Editore, A. Righini,
Galileo: tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, 2008, p.
150 e sgg.; Geymonat, Giorgio Abetti, Amici e nemici di Galileo, Milano,
Bompiani, Banfi, «Galileo fu invitato
alla villa di S.Gaudenzio, sulle colline di Sofignano, alla fine di luglio del
1630, ospite di Giovanni Francesco Buonamici, che con lo scienziato vantava una
parentela da parte della moglie Alessandra Bocchineri: la sorella di lei,
Sestilia, aveva sposato a Prato l'anno prima il figlio di Galileo, Vincenzo.»
(In Comune di Vaiano) Fu permessa a Galilei l'assistenza del giovane allievo
Vincenzo Viviani e, dall'ottobre 1641, anche di Evangelista Torricelli. ^ «La
prego a condonare questa mia non volontaria brevità alla gravezza del male; e
le bacio con affetto cordialissimo le mani, come fo anche al Signor Cavaliere
suo Consorte.» (In Le Opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri,
Firenze, Società Editrice Fiorentina, 1848, p. 368) Anfossi
pubblicava–anonimamente–in Roma un libro in cui le leggi di Keplero e di Newton
erano presentate come «cose che non meritano la menoma attenzione» e si
chiedeva come mai «tanti uomini santi» ispirati dallo Spirito Santo, «ci han
detto ottanta e più volte che il Sole si muove senza dirci una volta sola che è
immobile e fermo?» (Sebastiano Timpanaro, Scritti di storia e critica della
scienza, Firenze, G.C. Sansoni, L'edizione curata da Favaro si basava sulle
copie allora disponibili, perché l'originale non era stato ritrovato (Avvertimento.
Il manoscritto originale è stato scoperto nell'agosto 2018 e pubblicato come
appendice a Michele Camerota, Franco Giudice, Salvatore Ricciardi, "The
reapparance of Galileo's original letter to Benedetto Castelli". L'effetto
di parallasse stellare, che dimostra la rivoluzione della Terra attorno al
Sole, sarà misurato da Friedrich Wilhelm Bessel solo nel 1838. Per il testo
della condanna, vedi: Sentenza di condanna di Galileo Galilei, su
it.wikisource.org. Per il testo dell'abiura, vedi: Abiura di Galileo Galileisu
it.wikisource.org. ^ Questa frase è stata citata in un intervento molto
criticato di Joseph Ratzinger (cfr. "La crisi della fede nella
scienza" in Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei
rivolgimenti, Roma, Edizioni Paoline. Ratzinger aggiunge da parte sua che:
«Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa
apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della
razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in
una ragionevolezza più grande. Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che
evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto
oggi la scienza e la tecnica.» ^ Già chiaramente indicati nella Lettera a Madama
Cristina di Lorena granduchessa di Toscana. L'Accademia del Cimento, fra le più
antiche associazioni scientifiche al mondo, fu la prima a riconoscere
ufficialmente, in Europa, il metodo sperimentale galileano. Fu fondata a
Firenze da alcuni allievi di Galileo, Evangelista Torricelli e Vincenzo
Viviani. Si lasci alla storiografia stabilire, caso fosse mai possibile, se
Galileo concepisse il moto inerziale unicamente come circolare [...] o se
ammettesse anche la possibilità in natura della prosecuzione indefinita del
moto rettilineo, anche perché in Galileo non si può sensatamente parlare di
formulazione del principio d'inerzia come se fossimo nell'ambito della moderna
fisica newtoniana, ma solo di alcune considerazioni preliminari al principio
della relatività del moto.» Portale Galileo, su portalegalileo.museogalileo.it.Testi
non compresi nella prima edizione dell'Edizione Nazionale curata da Antonio
Favaro, ma in quella curata da William F. Edwards e Mario G. Helbing, con
Introduzione, Note e Commenti di William A. Wallace, per Le opere di Galileo
Galilei. Edizione Nazionale, Appendice al Volume III: Testi, Firenze, G.C.
Giunti. Bibliografiche Abbagnano, Albert Einstein, Leopold Infeld,
L'evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla
relatività e ai quanti, Torino, Editore Boringhieri, Mario Gliozzi,
"Storia del pensiero fisico", in: Luigi Berzolari (a cura di),
Enciclopedia delle matematiche elementari e complementi, Vol. III, Parte II, Milano,
Editore Ulrico Hoepli, Paolo Straneo, Le teorie della fisica nel loro sviluppo
storico, Brescia, Morcelliana, Giuliano Toraldo di Francia, L'indagine del
mondo fisico, Torino, Giulio Einaudi editore, George Gamow, Biografia della
fisica, Biblioteca della EST, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, Max Born, La
sintesi einsteiniana, Torino, Editore Boringhieri, Natalino Sapegno, Compendio
di storia della letteratura italiana, Firenze, La Nuova Italia Editrice, Centro
di Studi Filosofici di Gallarate (a cura di), Dizionario dei Filosofi, Firenze,
G.C. Sansone Editore, Ludovico Geymonat (a cura di), Storia del pensiero filosofico
e scientifico, Milano, Aldo Garzanti Editore, Ludovico Geymonat, Lineamenti di
filosofia della scienza, Biblioteca della EST, Milano, Arnoldo Mondadori
Editore, Federigo Enriques, Giorgio De Santillana, Compendio di storia del
pensiero scientifico, dall'antichità fino ai tempi moderni, Bologna, Nicola
Zanichelli Editore, Renato Pettoello, Leggere Kant, Brescia, Editrice La
Scuola, 2014, Cap. III, § 6. ^ David Lerner (a cura di), Qualità e quantità e
altre categorie della scienza, Torino, Editore Boringhieri, Pietro Redondi,
Galileo eretico, Roma-Bari, Editori Laterza, 2009. ^ Sentenza di condanna di
Galileo. Giovanni Paolo II. Vaticano, discorsi, Discorso ai partecipanti
alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle scienze, su w2.vatican.va,
31 ottobre Tullio Regge, Cronache dell'universo. Fisica moderna e cosmologia, Torino,
Editore Boringhieri, La dimora natale di Galileo: l’enigma delle tre case, William
Shea, La Rivoluzione scientifica–I protagonisti: Galileo Galilei, in: Storia
della Scienza Treccani, Aliotta e Carbonara, p. 36. ^ Alberto Righini, Galileo.
Tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, Lettera da Pisa di
Muzio Tedaldi a Vincenzo Galilei, «mi è grato di saper che haviate rihavuto
Galileo, et che siate di animo di mandarlo qua a studio». (Ed. Naz.) Kline,
Enrico Bellone, Caos e armonia. Storia
della fisica moderna e contemporanea, Torino, UTET Libreria, Ilya Prigogine, Isabelle Stengers, La nuova
alleanza. Metamorfosi della scienza, Torino, Giulio Einaudi editore, Andrea
Pinotti, "Introduzione al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo,
tolemaico e copernicano" in: G.
Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 2 voll., Milano, Fabbri
Editori, Ludovico Geymonat (a cura di), Storia del pensiero filosofico e
scientifico, 9 voll., Milano, Aldo Garzanti Editore, Paschini, Lettera di Giovanni Uguccioni al
Granduca di Toscana (Ed. Naz., Vol. X, Lettera N. Lettera a Fortunio Liceti, 23
giugno 1640. (Ed. Naz., Vol. XVIII, Lettera Galileo Galilei, National Maritime
Museum, su collections.rmg.co.uk. URL consultato l'8 gennaio 2018. ^ Discorso
intorno alla Nuova Stella, In Padova, appresso Pietro Paolo Tozzi,Consideratione
astronomica circa la Nova & portentosa Stella che nell'anno MDCIIII adì X
ottobre apparse. Con un breve giudicio delli suoi significati, In Padova, nella
stamparia di Lorenzo Pasquati, 1605. ^ Antonio Favaro, "Galileo Galilei ed
il «Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova».
Studi e ricerche", Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed
arti, Enciclopedia Treccani alla voce "Ronchitti, Cecco di" ^ Difesa
di Galileo Galilei nobile fiorentino, lettore delle matematiche nello studio di
Padova, contro alle calunnie & imposture di Baldessar Capra milanese,
usategli sì nella «Considerazione astronomica sopra la Nuova Stella del
MDCIIII» come (& assai più) nel pubblicare nuovamente come sua invenzione
la fabrica & gli usi del compasso geometrico & militare sotto il titolo
di «Usus & fabrica circini cuiusdam proportionis & c.» (In: Venetia,
presso Tomaso Baglioni). ^ Antonio Favaro, "Galileo astrologo secondo
documenti editi e inediti. Studi e ricerche", Mente e cuore, VIII (Trieste)
pp. 1-10. ^ Giuseppe Antonino Poppi, La Repubblica, Galileo as Practising
Astrologer, su journals.sagepub.com. Heilbron,Heilbron, Cesare Lucarini, La
porta magica di Roma: Le epigrafi svelate, Roma, Edizioni Nuova Cultura,
Geymonat, Giovanni Reale, Dario Antiseri, Manuale di filosofia. Vol. 2,
Editrice La Scuola, 2014. ^ Ed. Naz., Lettera di Belisario Vinta a Galileo del
6 giugno 1610. (Ed. Naz., Lettera di
Cosimo II a Galileo Il cannocchiale e i manoscritti A Milano il tesoro di
Galileo, Benedetto Castelli, Discorso sopra la calamita. ^ Geymonat, Pasquale
Guaragnella, Galileo e Le lettere solari ^ Francesco Iovine, Galilei e la Nuova
Scienza, Firenze, La Nuova Italia, Museo Galileo ^ Paolo Antonio Foscarini,
Lettera sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico, della mobilità della
Terra e stabilità del Sole, e del nuovo Pittagorico sistema del mondo, Napoli, Lazaro
Scoriggio, Guido Morpurgo-Tagliabue, "I processi di Galileo e
l'epistemologia", Rivista di Storia della Filosofia, G. Galilei, Il
Saggiatore, Per una rigorosa disamina storico-critica della dinamica relativa,
si veda: Protogene Veronesi, Enzo Fuschini, Fondamenti di Meccanica Classica,
II edizione ampliata, Bologna, CLEUB, Ed. Naz., Ed. Naz., Lettera di Galilei a
Geri Bocchineri, Ed. Naz., Vol. XIX, G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi
sistemi, Alexandre Koyré, Etudes galiléennes, Paris, Éditions Hermann, Franco
Tornaghi, Gabriele Mangiarotti, Galileo Galilei. Mito e realtà. Itinerario
antologico, Milano, CESED, Ed. Naz., Eugenio Albèri, Commercio epistolare di
Galileo Galilei, Firenze, Società Editrice Fiorentina, Lettera, in Le opere di
Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri, Firenze, Società Editrice Fiorentina,
Lettera, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri, Firenze,
Società Editrice Fiorentina, Arcetri, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di
Eugenio Albèri, Firenze, Società Editrice Fiorentina, Gianbattista Venturi,
Memorie e lettere di Galileo Galilei, Modena, Geymonat, Klaus Lankheit,
Florentinische Barockplastik. Die Kunst am Hofe der letzen Medici, München, vedasi
pure Mario Scotti, "Foscolo, Ugo", Dizionario biografico degli italiani,Giovanni
Maria Caglieris, Copernico, la sorte del De Revolutionibus dopo la condanna della
Chiesa e il ruolo di Galileo, Galileo, Come interpretare le Scritture, G.
Galilei, Op. cit. Battistini, G. Galilei, Lettere, Torino, Giulio Einaudi
editore, Edoardo Aldo Cerrato, «Come si vadia al cielo, e non come vadia il
cielo» su oratoriosanfilippo.org. ^ Galileo Galilei, Il Saggiatore,Galileo
Galilei, su plato.stanford.edu. ^ Koestler, Koestler, Quella citazione di
Feyerabend - l'epistemologo che smitizzò Galileo, in Corriere della Sera. Paul
Feyerabend, Corriere della Sera, tr. it a cura di M. Marchetto, Bompiani,
Milano, Orazio La Rocca, Il Vaticano cancella la condanna di Galileo, in La
Repubblica, Il Vaticano cancella la condanna di Galileo, su
ricerca.repubblica.it. Alexandre Koyré, Introduzione alla lettura di Platone,
Firenze, Vallecchi Editore, Paolo Marazzini Elisa M. Guzzi, Francesca
Bonicalzi, Che cos'è la fisica, Milano, Editoriale Jaca Book, Matthew W.
Parker, Philosophical Method and Galileo's Paradox of Infinity, preprint, Albert
Van Helden, Galileo, su britannica.com.Galileo Galilei, Lettere al Welser,
terza lettera, G. Galilei, G. Galilei, G. Galilei, G. Galilei, Dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo, Pordenone, Studio tesi, II giornata, G. Galilei, I
due massimi sistemi del mondo, in: G. Galilei, La prosa, Firenze, G.C. Sansoni,
A. Koyré, cit., Firenze, Vallecchi, Ernst Mach, On Thought Experiments, E.
Brendel, Intuition Pumps and the Proper Use of Thought Experiments in
Dialectica, Barry Gower, Scientific Method. ^ Rodolfo Mondolfo, "Il
pensiero di Galileo e i suoi rapporti con l'antichità e con il
Rinascimento", in: R. Mondolfo, Figure e idee della filosofia del
Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia,Luca Serianni, Giuseppe Antonelli,
Manuale di linguistica italiana. Storia, attualità, grammatica, Milano, B.
Mondadori, Serianni e Antonelli, G. Galilei, Dialogo dei massimi sistemi, in:
Opere di Galileo Galilei, Firenze, G. Barbèra, Francesco Bertola, "Galileo
e il suo tempo nella scienza astronomica", in: Enciclopedia Treccani;
vedasi pure Francesco Bertola, Francesco Danesin, Da Galileo alle stelle, Biblos,
Cittadella, Ernest A. Moody, "Galileo e Avempace: la dinamica
dell'esperimento della torre pendente", in: Philip P. Wiener, Aaron Noland
(a cura di), Le radici del pensiero scientifico, Milano, G. Feltrinelli editore,
A. Koyré, "Galileo e Platone", in: A. Koyré, cit., Firenze,
Vallecchi, G. Galilei, Le lettere copernicane, a cura di Massimo Baldini, Roma,
A. Armando Editore, Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, Torino,
Giulio Einaudi editore, Wilhelm Dilthey, L'analisi dell'uomo e l'intuizione
della natura. Dal Rinascimento al secolo XVIII, prefazione e traduzione
italiana di Giovanni Sanna, 2 voll., Firenze, La Nuova Italia, Mechanics, su
fromdeathtolife.org). Alexandre Koyré, Galileo and Plato, in Journal of
the History of Ideas, IV Kyle Forinash, William Rumsey, Chris Lang, Galileo's
Mathematical Language of Nature ^ Jay Orear, Fisica Generale, Bologna, Nicola
Zanichelli Editore,Stillman Drake, Galileo and the Law of Inertia, in American
Journal of Physics, v Paolo Rossi, Storia della Scienza Moderna e
Contemporanea, 5 voll., Torino, UTET, Rinaldo Pitoni, Storia della Fisica,
Torino, Società Tipografico-Editrice Nazionale, The Speed of Light, su
galileoandeinstein.physics.virginia.edu. La misura della velocità della luce
(PDF), su online.scuola.zanichelli.it. Stillman Drake, Noel M. Swerdlow, Trevor
H. Levere, Essays on Galileo and the History and Philosophy of Science, Toronto
(CA), University of Toronto Press, Inc.,Trevor H. Levere, William R. Shea,
Nature, Experiment and the Sciences. Essays on Galileo and the History of
Science in Honour of Stillman Drake, Berlin & Heidelberg, Springer-Verlag, Giovilabio,
su catalogo.museogalileo.it. Termometro, su catalogo.museogalileo.it. Pendulum
Clock, su galileo.rice.edu. Rinaldo Pitoni, cGalileo and the pendulum clock,La
prima edizione è stata pubblicata da Giovanni Battista Hodierna nella sua opera
Archimede redivivo con la stadera del momento, Palermo, Galileo's Balance, su
math.nyu.edu.Testo italiano e traduzione inglese in: Hydrostatic Balance, su
galileo.rice.edu. Roberto Renzetti, Il giovane Galileo, su fisicamente.net. Le
operazioni del compasso, su portalegalileo.museogalileo.it. Galileo, secondo
Calvino, G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Firenze,
G.C. Sansoni, Accademia delle Arti del Disegno, su brunelleschi.imss.fi.it, ^ Chrysa Damianaki, Galileo e le arti
figurative, Roma, Vecchiarelli Editore, Galileo: 'Sopra alcuni problemi
attenenti alla musica', Early Studies in Sound, su library.thinkquest.org. Andrea
Frova, Mariapiera Marenzana, Thus spoke Galileo. The great scientist's ideas
and their relevance to the present day, Oxford (UK), Oxford University Press,Marcello
Cesa-Bianchi, Carlo A. Cristini, Giovanni Cesa-Bianchi, Alessandro Porro,
L'ultima creatività. Luci nella vecchiaia, Milano, Springer-Verlag Italia, Galileo
Regio. ^ Angelo Bassani, "Cesare Pecile e la storia della scienza a
Padova", in: Rendiconti dell'Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei
XL. Memorie di Scienze Fisiche e Naturali, Cesare Pecile e la storia della
scienza a Padova). Galileo Day, Ippolito Nievo, Drammi giovanili. Emanuele e
Gli ultimi anni di Galileo Galilei, a cura di Maurizio Bertolotti, Venezia,
Marsilio Editori, ITIS Galileo su JoleFilm Bibliografia Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia su Galileo Galilei.
Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Torino/Milano, UTET/TEA, Antonio
Aliotta e Cleto Carbonara, Galileo Galilei, Milano, F.lli Bocca Editori, Antonio
Banfi, Galileo Galilei, Milano, Casa Editrice Ambrosiana (ristampato da Il
Saggiatore, Milano), Andrea Battistini, Galileo, Bologna, Società editrice il Mulino,
Ludovico Geymonat, Galileo Galilei,
Torino, Einaudi, John Lewis Heilbron, Galileo, a cura di Stefano Gattei,
Torino, Einaudi, Morris Kline, Storia del pensiero matematico, traduzione di
Alberto Conte, Torino, Giulio Einaudi editore, Arthur Koestler, I sonnambuli.
Storia delle concezioni dell'universo, Milano, Editoriale Jaca Book, Pio
Paschini, Vita e Opere di Galileo Galilei, Città del Vaticano, Casa Editrice Herder,Giovanni
Reale, Dario Antiseri, Manuale di filosofia, Editrice La Scuola, Paolo Rossi
Monti, La nascita della scienza moderna in Europa, Roma-Bari, Editori Laterza, Accademia
galileiana di scienze, lettere ed arti Arcetri Astronomia Bibliografia su
Galileo Galilei Cannocchiali di Galileo Casa di Galileo Galilei Domus
Galilaeana Fisica Galilei (famiglia) Isocronismo La favola dei suoni Meccanica
Metodo scientifico Micrometro di Galileo Museo Galileo Niccolò Copernico
Ostilio Ricci Processo a Galileo Galilei Relatività galileiana Rivoluzione
astronomica Rivoluzione scientifica Termometro galileiano Trasformazione
galileiana Villa Il Gioiello Vincenzo Galilei Virginia Galilei Vita privata di
Galileo Galilei. Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Galileo Galilei, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Galileo Galilei, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Galileo Galilei, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica,
Inc. Galileo Galilei, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. su accademicidellacrusca.org, Accademia della
Crusca. Galileo Galilei, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.Galileo
Galilei, su Find a Grave. MacTutor, University of St Andrews, Scotland.Galileo
Galilei, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.Opere
di Galileo Galilei, su Liber Liber.openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Galileo Galilei, su Open Library,
Internet Archive. Opere di Galileo Progetto Gutenberg. LibriVox. Pubblicazioni
di Galileo Galilei, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la
Recherche et de l'Innovation.Bibliografia di Galileo Galilei, su Internet
Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Galileo Galilei (autore), su Goodreads.
Galileo Galilei (personaggio), su Goodreads.
Galileo Galilei, in Catholic
Encyclopedia, Robert Appleton Company.Peter Machamer, Galileo Galilei, in
Edward N. Zalta, Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of
Language and Information, Università di Stanford. The Galileo Project, su
galileo.rice.edu. Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, su disf.org.
Archivio integrato di risorse galileiane, su galileoteca.museogalileo.it. Museo
Galileo – Firenze, Italia, su museogalileo.it. Conserva gli strumenti
scientifici originali di Galileo European Cultural Heritage Onlinesu echo.mpiwg-berlin.mpg.de.
Scheda su Galileo Galilei accademico della Crusca sul sito dell'Accademia, su
adcrusca.it.Fondo "Antonio Favaro", su domusgalilaeana.it. Archivio
"Scienza & Fede", su disf.org. Laboratorio storico "G.
Galilei", su illaboratoriodigalileogalilei.it. Lo scherzo d'un uomo
di genio dice cose più serie che non le cose serie dell'uomo volgare ; anzi
primo indicio della superiorità è il sorriso. Il volgo andava ripetendo che la
caduta di un pomo preannunziò la scoperta della gravitazione universale : e
Byron scherzando di ceva essere stata la prima volta, da Adamo in qua, che un
pomo e una caduta dessero qualche vantaggio al genere umano. Altro che pomo !
voleva dire il poeta : esatte premesse occorrono alle grandi scoperte e non il
caso . Il pensiero è una catena e ciò che ai più par caso entra nella serie.
Togliete Galilei e Keplero e avrete soppresso le premesse immediate a Newton.
Togliete Copernico, e li avrete soppressi tutti. Togliete le tradizioni
pitagorichealle univer sità italiane e sparisce Copernico . Dov'è il caso ? Il
pomo no : una serie di grandi pensieri che furono grandi scoperte sgombrò le
vie del firmamento all' anglo. Un fatto può essere occasionale, ma per quegli
uomini che portano nel cervello quella preparazione, che rias sumendo la serie,
afferra il fatto e lo trasforma. Così nell'astronomia e così proprio in tutte
le altre scienze. To gliete Bruno e Campanella, e non troverete Vico. Togliete
Telesio , e li perdete tutti. Togliete le tradizioni naturalistiche dell'antica
scuola italica— già greca di origine —e sparisce Telesio. È la me desima serie
ed è una riprova della cognatela tra tutte le scienze. E questa serie non si
smentisce neppur dove la reazione crede spennare le reni agl'ingegni alati. Non
fu una reazione il libro della Ragion di Stato —che creò tanti discepoli-contro
il Principe, che aveva già tutta una scuola , cioè Bottero non ebbe il disegno
aperto di reagire trionfalmente contro Machiavelli ? Ebbene, mentre il prete
Bottero mandava ad uno de'più grandi e sventurati ingegni 215 italiani quante
maledizioni gli erano ispirate dalla triplice reazione di Parigi, di Madrid e
di Roma, era nel tempo istesso tirato dalla logica a prendere da Machiavelli la
teorica de’ mezzi, come il secre tario di Firenze aveva preso la teorica
de'fini pubblici da Dante e da Petrarca, ispirati — alla loro volta
—dall'antica tradizione ro mana. Ed ecco la reazione entrare nella serie, come
appunto la santa alleanza insinuava ne 'codici tanti principii della
rivoluzione. E ciò non accade soltanto rispetto ai sistemide'quali l'uno
suppone l'altro anche dove il secondo reagisce al primo, ma alle singole teo
riche di ciascuno, le quali non segnano un progresso che non sia una
conclusione di ciò che si era pensato prima. A che mira, infatti, la critica di
Galilei ? A reintegrare l'unità della natura. Ma se Bacone lo chiama filosofo
telesiano, voi dovete ricordare che Telesio non solo aveva propugnato il metodo
sperimen tale, ma tentato comporre il dissidio lasciato aperto da Aristotile tra
materia e forma, come Pomponazzi e Campanella avevano troncato il dualismo tra
intelletto e senso, e Bruno tra natura e Dio . Non è un gruppo, è una catena
nella quale il nome di ciascuno s’inanella nel precedente, e tutti insieme
presentano il disegno della rinnovata natura . Per questi il risorgimento fu
naturalismo, fu ita liano, mentre la scolastica era stata europea. Se dalla
serie e dal proprio posto nella serie voi spiccate il nome di Galilei, vi
accorgerete che resterà il nome di un astronomo più o meno insigne, di un
improvvisatore di qualche teorica, dello scopri tore fortunato di qualche astro
e di qualche istrumento, ma che cosa egli abbia aggiunto al pensiero, per quale
via e con quali effetti voi non saprete dire. Ammirerete un mito e sarà volgare
ammirazione. Voi, in somma, assisterete ai miracoli di un prestigiatore non
alle scoperte del genio. Or sospettate voi che io vi voglia esporre ad una ad
una le pre messe di Galilei e di Klepero per arrivare sino a Newton ? che
io voglia indicarvi da quali parti specialmente della meccanica terre stre
emerse la meccanica celeste e come la dimostrazione de'quadrati de' tempi delle
rivoluzioni che stanno fra loro come i cubi degli assi maggiori delle orbite
abbia aperto a Newton la conclusione che la forza era proporzionale alla massa
? Sarebbe riuscire, pel cammino peggiore, a nessuna meta. I dotti · non
imparerebbero una sillaba di nuovo e vedrebbero in espressioni difettive
snaturate quelle forme che chiedono un'analisi esatta , e i meno dotti si allontanerebbero
storditi e infastiditi. Io, dunque, . 216 senza guastare la serie, debbo dirvi
quel che penso io intorno ad al cuni pensieri di quell'uomo sommo e scelgo —
non a caso —i punti seguenti: 1.º Come intese Galilei il metodo sperimentale ?
2. ° Quale valore oggettivo dette egli alla conoscenza ? 3. ° Quale fu il
risulta mento scientifico e morale delle sue dottrine ? Non è poco, e più che
nella cortesia --cosa mediocre— confido nella serietà con la quale voi ed io
vogliamo che sia discusso il pa trimonio glorioso della mente. II. « Non
vogliamo costruzioni scientifiche, non metodi aprioristici, vogliamo il metodo
sperimentale: » Così gridano, e vogliamolo pure, io scrivevo, ma vogliamolo
davvero. Non fu forse proclamato ed eser citato con diverso intento e diversa
fortuna ? Non fu fecondo o arido, secondo l'intelletto e la mano che presero a
trattarlo ? Non si distin gue dall'empirismo ? Bisogna dunque sapere che è
veramente me todo sperimentale. Galilei si trova a pari distanza tra Telesio e
Bacone, due che pro pugnarono il metodo sperimentale senza scoprire nulla nel
mondo naturale, e si trova ad un secolo di distanza da Leonardo da Vinci, che,
professando il metodo sperimentale, strappò più di un segreto alle cose reali .
Perchè dunque l'istesso metodo, arido nelle mani di Telesio e di Bacone,
diventa fecondo nelle mani di Leonardo e di Ga lilei ? Ecco il punto. E la
risposta è chiara : — Perchè il metodo non è veramente lo stesso . Per Telesio
e Bacone comincia e resta nel fenomeno e dove al fenomeno aggiunge qualche
ipotesi, è soggettiva, cioè puro ri torno all'antico. Per Leonardo e Galilei
comincia dal fatto e sale alle alte sfere della ragione, mediante il linguaggio
stesso delle cose che è la matematica . La matematica è formale come la logica —dice
Bacone. La matematica è reale come le cose afferma Galilei. Con la matematica
sei arrivato a far girare la terra -è un frizzo di Bacone contro Galilei. E la
terra gira -- grida il pisano. Pur tu ti sei disdetto —rincalza Bacone. Stolto
! dice Galilei -- potevo disdirmi cento volte, e la prova re sta e la terra
continua il suo giro. 217 Ma chi ti malleva la realtà della matematica ? Il
fatto stesso che misuratamente si move, misuratamente per corre il tempo e lo
spazio, nella misura costituisce l'ordine. -La misura è aggiunta. - La misura è
: io la colgo: chi non la coglie non vede il fatto. Telesio non lo dice.
Leonardo lo disse, e scoprì. Telesio e tu non avete scoperto. Il fatto a voi è
stato muto ; a noi ha parlato . Fermiamoci. Il divario è grande. Potete voi
dire che sia l'istesso metodo ? Fu Bacone l'anglo che intese Galilei o un altro
? Quando si parla di metodo sperimentale, di senso, di fatto, biso gna cogliere
tutto il fatto, il quale non è qualità soltanto, è quan tità ; e questi due
termini s'integrano a vicenda, in modo che la quantità si qualifica, e la
qualità si quantifica. Questo pro cesso graduale ed intimo delle cose è
l'evoluzione, e la legge che la traveste, affaticandola di moto in moto, è la
causalità, che in Newton si determina come gravitazione universale. Il fatto
dunque non è fenomeno soltanto, è fenomeno e legge. Così Galilei lo intuisce e
così lo intuisce intero ; Bacone coglie un termine solo e mutila il fatto.
L'esperienza che in Galilei è piena, in Bacone è unilaterale; quel metodo che
in Galilei è sperimentale, in Bacone diventa empirico; e quel processo che
nell'uno è fecondo di scoperte, nell'altro è gonfio di precetti pom posi . Ha
un bel rimuovere Bacone tutti quelli ch'ei chiama idoli, se innanzi agli occhi
gli rimane fisso l'idolo peggiore, il fatto eslege. Così aveva fatto Leonardo
da Vinci notando nel fenomeno la legge, e così fa Galilei, entrambi con pochi
precetti e con effetti amplissimi, tirandone l'uno applicazioni mirabili alla
meccanica , e specialmente all'idraulica, l'altro al sistema planetario. E si
ripeta pure che in Galilei l'esperienza naturale è senso pieno, ma quì un fatto
contemporaneo ci deve fermare e impensie rire. Bruno senza i computi di
Copernico, senza il metodo speri mentale e il teloscopio di Galilei, e senza il
calcolo superiore di Newton, non era pervenuto per sola forza di pensiero, alle
medesi me anzi a più larghe conclusioni che non si trovino nell'astronomo
tedesco, nell'italiano e nell'inglese, affermando cose che facevano sgomento a
Klepero e furono trovate poi vere dal progresso poste riore ? Il pensiero, da
solo, non valse altrettanto che l'esperienza, e 218 ciò che lo scienziato
induceva computando, il genio non poteva co struire ? L'esempio di Bruno, non
bene inteso, potrebbe inficiare la cri tica di Galilei, nè per il genio vale
ricorrere ad eccezioni, che com plicano la quistione e non spiegano nulla . Il
vero è che Bruno intese il fatto e l'esperienza come Galilei, e movendo dal
medesimo punto, l'uno giunse con la logica dove l'altro con la matematica. La
conseguenza è che la matematica è la logica delle cose , e che se rispetto alla
mente , come dice Leibintz, pensare è calcolare, rispetto alle cose moversi
misurata mente vuol dire evolversi razionalmente. Bruno è la riprova , non l'eccezione.
Appena, infatti, il nolano intese il sistema copernicano, n'esultò, cercò alla
matematica la riprova della logica, e come Campanella scrisse l'apologia di Ga
lilei, così Bruno di Copernico. Era dal medesimo punto di partenza la
medesimezza del pensiero logico e del pensiero matematico, con medesimezza di
disegno e di effetti. E-ora si dirà-Cartesio non intese fare la medesima cosa,
cioè costruire la fisica col pensiero, come il nolano, introducendovi la
matematica , come Galilei, e perchè egli riuscì a costruire una fi sica falsa,
disconoscendo Bruno in tutto e in gran parte il disegno di Galilei ? Perchè
egli non muove come que due dal fatto, bensì dall'idea astratta , dal puro
cogito , che non è la cosa , ma l'ombra della cosa, e l'ombra ei tratta come
cosa salda . Perciò non solo non giunse per forza di logica, agl’infiniti mondi
del nolano , ma nep pure per forza di matematica a riconoscere l'importanza del
siste ma eliocentrico dimostrato da Copernico e da Galilei . Bacone errò,
mutilando il fatto e attenendosi al solo fenomeno, Cartesio errò, correndo
dietro l'ombra del fatto e improvvisando la legge. L'uno cadde nell'empirismo
l'altro nell'apriorismo. In Bacone riconosciamo il merito di avere insistito
sulla indu zione, e in Cartesio, come dice Comte , il merito di aver convertito
la qualità in quantità, e la quantità continua nella discreta. Ma l'uno e
l'altro, non avendo colto il punto di partenza, non aggiun sero nulla alla
scienza della natura . Justus Liebig , parlando dell'intima gioia degli
scopritori - ne gata a Bacone - nomina Galilei, Klepero, Newton . E perchè non
ricorda Bruno ? Quanta non è la sua gioia dove saluta le comete come testimoni
della sua filosofia , e parlando di Copernico, ag giunge qualche felicità
essere toccata al secolo suo, quando dai 219 lidi dell'oceano germanico un
grande astronomo sorse a con forto della sua filosofia . In quella gioia c'è —
come ho detto— l’unità del pensiero logico col matematico, e nella medesimezza
de' risultati c'è la cognatela tra la natura e il pensiero, la quale vuol
essere riaffermata , supe rando da una parte il vecchio idealismo metafisico e
dall'altra il positivismo empirico. Ed ora , dopo il metodo sperimentale,
dobbiamo esaminare in Ga lilei il valore che egli dà alla conoscenza . III .
Non è di piccolo momento questo esame ; involge il massimo pro blema della
filosofia ed è un punto importante della mente, e dirò, del carattere di
Galilei. Si può formularlo così: Il metodo speri mentale condusse Galilei a
quel relativismo filosofico che dà alla conoscenza un valore precario, cioè o
relativo al soggetto pensante ( sofistica) o relativo ad un certo tempo e luogo
(empirismo) ? In altre parole : per Galilei nulla di permanente, di assoluto,
di uni versale entra nella conoscenza , o c'è invece delle conoscenze che per
loro necessità intrinseca s' impongono a tutti gli uomini, e alla natura come
agli uomini , e a Dio come alla natura ? Ci sono— risponde il Pisano - e il
fatto ci dice che sono, e ci dice che sono le conoscenze matematiche sian pure
o applicate, perchè non mutano per variare di luogo e di tempo, e perchè tali
si riscontrano nelle cose quali si trovano nella mente. La natura le impone, la
mente le sugella, neppur Dio potrebbe negarle, ma o il sofista o il pazzo.
L'affermazione è solenne, e bisogna lasciargli la parola. Quanto alla verità,
egli dice di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è
l'istessa che conosce la sapienza divina. Nessun divario, dunque, in questo tra
la sapienza divina e umana ? Di vario di modo, egli dice, lo ammettiamo, perchè
in Dio è sapienza intuitiva quella che nell'uomo è discorsiva; di numero pure,
perchè Dio le sa tutte quelle verità, e l'uomo una parte; ma di necessità no :
sono del pari necessarie per lui e per noi , e mille Demosteni e Aristotili
e-voleva dire—mille Dei non potrebbero scemare la certezza di una sola di
quelle. Partecipa di questa certezza la scienza della natura, le cui leggi sono
matematiche. E il processo fu questo : Telesio affermò che il 220 libro della filosofia
è la natura ; Bruno aggiunse che quel libro è scritto in carattere assoluti :
Galilei conchiuse che i caratteri sono matematici. Anche Cartesio disse come
Galilei : Apud me omnia sunt ma thematice in natura ; ma lo disse dopo e
timidamente, essendoci questa differenza tra’due pensatori, che per Galilei le
verità mate matiche leggibili nella natura hanno l'istesso valore per la mente
sia divina o umaņa, e per Cartesio niente è limite alla onnipotenza di Dio,
neppure il principio di contraddizione. Se lo disse davvero o per vivere
tranquillo, specialmente dopo le persecuzioni fatte a Galilei, non - so; ma,
certo , l'italiano lo a vanza di tempo e di fermezza . Delle altre scienze che
non sono le naturali Galilei dubitò, perchè si sottraggono alle matematiche e
l'uomo vi mette del suo. Le abbandonò al relativismo. Ma se tutto è evoluzione
e tutto procede da natura , noi ben pos siamo affermare che i suoi Dialoghi
delle Scienze Nuove saranno quasi prefazione di una Scienza Nuova intorno alla
comune natura delle nazioni. Le teoriche sulla psico-fisi e sulla fisica
sociale hanno assai allargato il campo di applicazione alle matematiche. Noi, è
vero, non possiamo mutare le leggi naturali, ma possiamo forse mutare le leggi
sociali e costruire a nostro talento le società umane ? La storia non rientra
ogni giorno più nelle leggi della natura e però della misura ? La morale par
certo la cosa più im ponderabile, ed è pure altrettanto graduale e necessaria
nel suo processo che il suo moto si potrebbe dire uniformemente accelerato. Dal
pensiero si traduce nella volontà , dall'azione alle istituzioni, e se rea ,
dal fastigio all ' imo ( 1 ) . Signori, ho esaminato quelli che nella scienza
di Galilei mi parevano i punti principali ed ho tentato liberare dagli equivoci
volgari il metodo sperimentale. Non a pompa letteraria mi sono giovato di
rapidi raffronti ma per delineare quello che fu il cervello più equilibrato di
quanti al mondo furono scienziati . Le conse guenze scientifiche e morali di
quella profonda rivoluzione intel lettuale io ve le ho segnate senza orgoglio
nazionale e con pura coscienza di uomo. Era cosí alto il tema, così pieno di
pensiero, di ( 1 ) Qui manca qualche pagina intorno all'applicazione delle
matematiche ai fenomeni sociali e morali, non potuta trovare. 221 poesia, di
storia, di gloria e di dolori che a me non che il tempo, mancò il volere di
divagare. Abbasserei l'occhio da Telesio, da Co pernico, da Galilei per posarlo
sulla politica ? Farei allusioni, rim proveri, programmi? Mail monumento che divisate
è mondiale; una sillaba aggiunta al tema macchierebbe la prima pietra: e, per
rien trare nella mediocrità de ' Parlamenti, invidieremmo a noi questa breve
fortuna che ci solleva a colloquio coi legislatori degli astri . Che sono i
nostri codici, i nostri statuti, i disegni nostri, che durata hanno e che
sapienza di fronte alle leggi onde Galilei sta biliva il ritmo dei cieli,
Machiavelli la vicenda degli Stati, e Vico il corso dell'umanità ? C'è qualcosa
al di sopra dei codici ed è la pa rola dei fondatori delle religioni, che
lasciano libri sacri e parlano ai millenarii. Pur viene il secolo che mette
nella pagina più au tentica di quei libri il tarlo del pensiero . Ma qualcuno
c'è stato che senza chiamarsi messia nè profeta misurò una parola a lettere di
stelle, la pose nel firmamento, e nessuno la cancellerà . Come chia mate un
uomo che vi trasmette un libro più duraturo di una bib bia ? Alzate il
monumento e non mi chiedete altro.Galileo Galilei. Galilei. Keywords: “the sun
rises in the east” “the sun sets in the west” “you’re the cream in my coffee”
‘disimplicature’ -- esperienza, observazione, visione, nature, aristotele,
filosofia naturale, fisis, natura, interpretazione, semiotica, segno naturale, Refs:
Luigi Speranza, “Galileo, Grice e il saggiatore,” The Swimming-Pool Library,
Villa Grice. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51713841789/in/photolist-2mMLXtT-2mMN3uy-2mLLZRD-2mLQ1Vx-2mKHfUW-2mLMaMX-2mKR9ZM-2mPsUUV-2mKGUth-2mKN13V-2mKBDtr-2mKQW9n-2mKGTYe-2mPBcdN-2mPEECV-2mKCfz1-2mKyJgk-2mKiNkD-2mJwx6n-2mJwx4P-2mJzYWx-2mJxNBT-2mJxNLf-2mJzYYg-2mJB4gi-2mJB4hW-2mJB48H-2mJwx4U-2mJsq3i-2mJzYWs-2mJxNJ1-2mJB48s-2mJzYWY-2mJsq3Z-2mJxNAf-2mJzYmE-2mJzZ4g-2mJB4ag-2mJspX3-2mJB5vc-2mJsw72-2mJwyqm-2mJsq69-2mJzZ7H-2mJxV5n-2mJA6g1-2mJB5uR-2mJxQ19-2mJA6fe-2mJBawe
Grice e Galimberti – l’imaginario sessuale –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Monza).
Filosofo. Grice: “I like Galimberti: he has philosophised on amore, amicus,
amicizia – all topics of my interest – while I am into vyse, he is into the
seven capital vyses! He also has spoken about speech: the ‘parole nomade,’ and
the ‘equivoci’ of the ‘anima.’ – In general his philosophy is about nihilism
and the idea of man in the age of ‘techne’ (ars).” Il suo maggior contributo riguarda
lo studio del inconscio e il simbolo (contractio), inteso come la base primeva
e più autentica dell’uomo – ‘logica simbolica’. Nasce a Monza, la mamma
maestra di elementari e il padre deceduto. Le necessità della famiglia l’obbligano
a lavorare. Frequenta le scuole superiori in seminario. Terminati gli studi
liceali classici, si iscrive al corso di
laurea in Filosofia a Milano. Si laurea quindi con Emanuele Severino con lode,
con “La logica di Jaspers”. Fra i suoi maestri, anche Bontadini. Studia
fenomenologia del corpo con Borgna a Novara. Insegna a Monza e Venezia. Studia
con Trevi.“E se "filo-sofo" non volesse dire "amante del
sagio" ma "saagio dell'amore", così come "teo-logo"
vuol dire dotto *su* Dio e non ‘parola di Dio’, o come "metro-logo"
vuol dire scienzato delle misure e non misura della scienza?” “Perché per la
forma greca ‘filo-sofo’ questa *inversione* della morfologia nella implicatura?
Perché il filosofo greco si struttura come un logico che formalizza il
reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nell’academia, dove,
tra iniziati, si trasmette da maestro a discepolo quesso che lo face un
‘sagio,” e che non ha nessun impatto sull'esistenza e sul modo di condurla. E
per questo cheda Socrate, che indica come la sua condotta "l'esercizio di
morte", ad Heidegger, che tanto insiste sull' “essere-per-la-morte”, il
filosofo si e innamorato più del saper morire che del saper vivere. Al centro
della sua riflessione sta il corpori degli uomini, che, in un mondo sempre più
dominato dalla tecnica, si sentono un "mezzo" nell'"universo dei
mezzi", riuscendogli sempre più difficile trovare e dare un senso alla sua
vita, alla sua esistenza. Si deve trovare un senso al radicale disagio, alla
tragicità del suo esistere, anche attraverso il recupero dell'ideale antico
greco-romano, evitando mitologie. Il suo maggior contributo consiste nel
porre la dimensione del simbolo (coniactum – the idea is that you throw two
things together so that the recipient may compare them, one becomes the
‘symbol’ – coniactum – of the other – cf. Grice on Peirce on symbol) alla base
primordiale della ragione conversazionale, che ha inteso ordinare il simbolo
(mito, no logos) – dunque l’ambilavenza delle cose ma non l’equivalenza
generale di significati. Il simbolo (coniactum) è il sustratto pre-razionale.
Rappresenta un caos originario che ragione tenta di arginare. Siamo razionali
(apolineo) per difenderci dal simbolo dionisiaco. Il concetto fondamentale del
simbolo non è l’equi-valenza generale, ma l’ambi-valenza. Riprende Freud e Jung,
fondendone con Nietzsche, Severino e Heidegger. Importante è stato il costante
riferimento a Husserl e Jaspers. Il filosofo cerca la “comprensione”
(verstaendnis – cf.. Grice on ‘understand’ – ‘understanding,’ literally, slang
for a leg) e non la spiegazione (verklaerung) del comportamento umano. La psicologia
filosofica o rationale (l’anima di Aristotele) non può operare una
trasposizione tout-court dei metodi e dei modelli concettuali delle scienze
naturali perché, così facendo, l'uomo verrebbe ridotto a mero evento naturale,
fisico, come ha luogo, per esempio, in psichiatria. Contrario, poi, al
dualismo di Cartesio, Galimberti ha anche fatto riferimento al metodo
fenomenologico e al funzionalismo per consentire altresì, alla psicologia
filosofica o rationale, la comprensione e la descrizione fenomenologica di
quelle strette relazioni che intercedono fra nostri corpori assieme al
significato che queste relazioni comportano. E e tutto ciò lo porterà ad
abolire, di conseguenza, ogni distinzione concettuale fra ”salute“ e
”malattia.” Insiste sull'inconsistenza della contrapposizione tutta occidentale
fra scienza e fede – fiducia -- individuando come questa seconda – la fiducia,
cf. English ‘trust,’ truth’ -- sia in realtà l'elemento fondativo dell'intera
coscienza occidentale, all'interno anche della scienza e della tecnica. Scienza
e fede non dovrebbero mai confliggere, è importante che nessuna delle due
invada il campo dell'altra. Tematizza innanzitutto il passo della Genesi
in cui Adamo è definito "dominatore della Terra, sui pesci dei mari e
sugli uccelli del cielo", collocando l'uomo in una posizione privilegiata
rispetto agli animali e la Natura in sé e legittimandolo a operare su di essi
per alimentare la propria esistenza. In quanto il progresso è l'affermazione di
questo primato umano, la tecnica (Greco techne, Latino, ars) è indubbiamente
l'ipostasi che sigilla costantemente quest'affermazione sull'indifferenza
naturale. La coscienza della techne (Latin ‘ars’) tecnica è formulata come una
risposta alle fatiche naturali, si appellerebbe, dunque, a una condizione
strutturale di eminenza consegnata da Dio e propugnata dalla persistenza di un
animale sui generis. Riconosce la cristianità come il carattere di una
scansione temporale che identifica il passato come spazio del peccato, il
presente dell'espiazione, il futuro della redenzione e salvezza. Questo
semplice modello triadico ha una ricorrenza quasi ossessiva nelle forme occidentali,
fra le quali la medicina (malattia, diagnosi, cura), psicoanalisi (disturbo,
terapia, guarigione), scienza (ignoranza, sperimentazione, scoperta). La triade
è il "coefficiente a-storico" necessario a profilare la possibilità
di un progresso, che si esercita eminentemente nello scenario tecnico. Qui,
l'uomo che soccombe alle fatiche naturali della sopravvivenza, del parto e del
lavoro (così come minacciato nella Bibbia) ha modo di riscattare la propria
difficoltà attraverso mezzi che ne purificano endemicamente l'opera, al costo
di un esaurimento delle risorse naturali. Ma, in fondo, la loro esistenza è
preposta a questo. Non si definisce né "credente" (in senso
cattolico) né "non-credente", ma "greco-romano", nel senso
di colui che vuole recuperare la visione del mondo della civiltà greco-romana,
in modo nietzschiano e heideggeriano (si veda anche Il detto di Anassimandro,
un noto saggio di Heidegger sul pensiero greco arcaico), fondendola però con la
pur antitetica visione cristiana: la morte e la vita vanno pertanto prese sul
serio, e non minimizzate pensando a un'altra vita ultraterrena. La ragione è
importante perché, come nel detto "Conosci te stesso", fornisce
all'uomo il senso del proprio limite. Approfondisce molto la tematica del
concetto di tempo e del suo rapporto con l'uomo. La sua indagine evidenzia come
nell'età degli antichi – eta greco-romana, eta classica -- non si pensasse al
tempo come lineare ed escatologico, tanto meno vi era associata l'idea di
progresso. Essi concepivano l'essere come kyklos (tempo ciclico, l’eterno
ritorno di Nietzsche), come un ciclo in cui ogni evento è destinato a
ripetersi. Nella filosofia greco-romana antica era impensabile che l'uomo
potesse esercitare un controllo sul cosmo, o di imporre su di esso i propri
fini. La dimensione dell'uomo era inserita armonicamente all'interno dei cicli
naturali che si susseguivano necessariamente e senza alcuno scopo. Nel ciclo
infatti il fine (in greco telos) viene a coincidere con la fine e la forza
propulsiva (in greco energheia, actus) porta all'attuazione dell’ergon,
l'opera, ciò che è compiuto. Il ciclo si manifesta dunque con l'esplicitarsi
dell'implicito.Il seme diventerà frutto solo alla fine del ciclo di crescita e
maturazione stagionale, e il frutto coinciderà con il fine del seme, con il
dispiegarsi completo dell'energia e delle potenzialità implicitamente contenute
in esso. Nel ciclo, in cui tutto si ripete, non si dà progresso: di conseguenza
divengono fondamentali la memoria dei cicli passati e quindi la parola dei
vecchi, deposito di esperienza, e l'educazione, come trasmissione della memoria
e dell'esperienza passata. Tuttavia, l'uomo è da sempre tentato di conciliare
il tempo ciclico della natura con il tempo umano, che è un tempo “scopico” (dal
greco skopein, che indica un guardare mirato). Con questa operazione l'uomo
vuole reintrodurre scopi umani nel tempo naturale, naturalmente privo di scopi.
Emerge qui dunque la necessità propriamente umana di progettarsi, cioè di
gettarsi-fuori di sé verso un obiettivo, cercando di dotare di senso la propria
esistenza. Questa tendenza tuttavia, può armonizzarsi con il “kyklos” solo se
l'uomo vive con la consapevolezza tragica di non poter oltrepassare i limiti
posti dalla natura, primo tra tutti la sua mortalità. In caso contrario, egli
si macchierà di hybris (superbia), la tracotanza, l'unico vero peccato riconosciuto
dalla saggezza greco-romana.In termini esemplificativi, il cacciatore esercita
il suo guardare mirato nel bosco (skopos) e solo in questo tempo progettuale e
nella compresenza di mezzi e fini, il suo arco diventa strumento e la lepre
l'obiettivo. Si tratta di un tempo lineare che si muove tra due estremi: i
mezzi e i fini (la ragione come phronesis or prudentia).V'è tuttavia un elemento
che si inserisce tra questi termini, impossibile da controllare, ovvero il kairos,
il tempo opportuno, che è anche imprevedibilità, e che può determinare o meno
l'incontro tra mezzi e fini. Non è dunque nelle possibilità dell'uomo il
tessere il proprio destino. Egli deve saper cogliere il kairos, la circostanza
favorevole, e in essa espandere sé stesso. Questo equilibrio tra tempo
naturale, umano e del kairos è stato sconvolto dall'uomo nell'età della
tecnica: obiettivo di quest'ultima è infatti quello di ridurre fino ad
annullare la distanza tra mezzi e scopi (in cui si inseriva il kairos,
l'imprevedibile) per realizzare così un controllo e un dominio assoluti sul
mondo, che da cosmo a cui accordarsi è divenuto natura da dominare, e per
portare a compimento una tirannia completa del tempo umano. Con l'età della
tecnica abbiamo scatenato il Prometeo che gli dèi avevano incatenato,
determinando il trionfo del potere della techne sulla necessità (in greco
ananke) della natura, fino alla paradossale situazione in cui la tecnica non è
più strumento nelle mani dell'uomo ma è l'uomo a trovarsi nella condizione
di mero ingranaggio, funzionario inconsapevole dell'apparato tecnico. Riflettendo
sulle modalità in cui l'uomo abita il mondo, approfondisce il concetto di
‘corpori.’ Studiando genealogicamente il concetto di corpo dal periodo romano
antico – quale e la etimologia di corpo? Quella di Platone e terribile: soma
sema -- mette in contrasto le diverse
modalità in cui esso è stato osservato. I corpori – corpus romano, pl. corpora
– corpore -- sono visto come organismi da sanare per la scienza, come forza
lavoro da impiegare per l'economia (body-abled man), come carne da redimere per
la religione, come inconscio (id) da liberare per la psicoanalisi, come
supporto di segni (semiotica corporale – la semiotica dei corpi) -- da trasmettere
per la sociologia – un segno e un medio fisico – l’immagine e percipita per un
corpo – un corpo mittente – un corpo che recive il messagio – semiotica fisica.
L'uomo e capace di cappire significatum ambi-valente (uno senso Fregeiano e una
implicatura – “He is a fine friend +> He is a scoundrel). Questo
significatum ambivalente e fluttuante e quello che il corpo ha da sempre
assunto. Questa ambivalenza del segno fra corpo 1 e corpo 2 nasce dal suo
sottrarsi all'uni-vocità (or aequi-vocita – or aequi-segno) di una teoria
psicologica categorizzante, concedendosi invece una “con-fusione” de un codex
di senso fregiano e un codex di implicatura, con i quali i corpori sono costituito.
Per salvarsi di un panico creato da questa ambivalenza (significatum fregeano,
significatum griceianum), si sigue il principio d'identità, collocando i
corpori di volta in volta sotto un equi-valente generico che gli garantisse uni-vocità
o aequi-vocita (quando l’implicatura e cancellata). Cogliendo lo sfondo in cui
i corpori si mostrano, si evidenzia la legge fondamentale che lo governa,
ovvero lo “scambio” (o ‘con-versazione’) simbolica – il simbolo e il
significatum griceiano -- in cui tutto è re-versibile e non vi è demarcazione
tra significati – questo che Grice chiama la ‘indeterminazione disgiontiva
infinita: il corpo significa che p1 o p2 o p3 o … L'ambivalenza del segno è una
legge inclusiva per cui ciò che è, è sì sé stesso (principio d’identita), ma
anche altro da sé (principio della negazione – diaphoron). In questo modo i corpori conservano la sua
oscillazione simbolica tra vita e morte: oscillazione che non posse eliminarsi
tracciando una violenta disgiunzione tra vita e morte, tra ciò che è (l’ente,
il ‘being’ di Grice) e ciò che non è (vide Grice, “Negazione e privazione).Proposito
conclusive è quello non tanto di emancipare o liberare i corpori dalla
restrizione impostagli dal senso apolineo fregeiano (che non avrebbe altro
effetto che confermare i limiti in cui i due corpori sono reclusi), bensì
quello di restituire i corpori alla sua originaria innocenza. Si è sempre
schierato su posizioni fortemente anticapitaliste, esprimendosi e professandosi
inequivocabilmente comunista. è stato ufficialmente richiamato da Venezia a
volersi attenere alle corrette regole di citazione degli scritti di altri
autori. Questo per aver riportato alcuni brani di altri autori senza citarli
in. Tutto ha avuto inizio quando in seguito a un articolo de Il Giornale è emerso
che aveva copiato "una decina di brani" di Sissa per un saggio. Ha
ammesso di aver violato il diritto d'autore riservandosi di riparare al danno. Ciò
non ha comunque soddisfatto Sissa perché “quello non chiedere scusa, piuttosto
un cercare delle scuse, un patetico arrampicarsi sugli specchi. Con il passare
del tempo sono emersi altri precedenti analoghi. Infatti anche per il saggio su
Heidegger, copia Zingari. I due arrivarono a un accordo che prevedeva
l'ammissione da parte di Galimberti dell'indebita appropriazione intellettuale
nelle successive edizioni del libro e da parte di Zingari l'impegno "a non
tornare più sulla questione". Oltre a Sissa e Zingari sono stati copiati
testi di Cresti, Natoli e Bradatan. Per difendersi, dice che "in ogni ri-elaborazione
però, c'è uno scatto di novità". L'inchiesta giornalistica de Il Giornale ha
accertato che due dei saggi, presentati al concorso a Venezia erano stati
copiati da altri autori. La commissione giudicante composta all'epoca non si
accorse del fatto. Il rettore ha detto che "non ho, ora come ora, estremi
per sollecitare il ministero, deve essere un professore del raggruppamento a
farlo. Di mio posso dire che in ambito umanistico si producono troppi testi e
che questo è uno dei fattori che causano l'impossibilità di fare controlli
accurati. Nello specifico, secondo me dovrebbe essere Galimberti, nel suo
interesse, a chiedere la convocazione di un giurì o comunque a rispondere e a
specificare le sue posizioni.”Nel giugno
la rivista L'indice dei libri del mese ha pubblicato nel proprio sito un
lungo articolo su altri copia-incolla. In particolare il saggio sul mito è
stato indicato come costituito al 75% da un "riciclaggio" di suoi
scritti precedenti, per il restante 25%, una ristesura di intere frasi e
paragrafi, presi da altri autori, quasi identici agli originali. Le accuse
mosse a Galimberti sono poi diventate un saggio, “La mistificazione
intellettuale (Coniglio Editore, ), in Bucci, elenca i nomi dei pensatori da
cui avrebbe tratto parti di testi senza citare la fonte. Vattimo ha dichiarato
al Corriere della Sera: «si scrive anche a distanza d'anni dalla lettura; la
spiegazione è plausibile. Lui cita l'autore la prima volta; poi ci mette quelle
frasi che ricorda anche senza virgolettarle. Il sapere umanistico è retorico.
Noi si lavora su altri testi, si commenta. Platone e Aristotele sono stati
saccheggiati da tutti. Nella filosofia è tutto un glossare. C'è chi copia dagli
altri e chi da sé stesso».Altre opere: ROMA SERMO ROMANVM -- Milano, Mursia). Agire
(Milano, Apogeo); Amore. Assisi,
Cittadella Editrice, .Tra il dire e il fare. – dire e una forma di fare -- Il viandante della filosofia, con Marco
Alloni, Roma, Aliberti, .Parole d'ordine, Milano, Apogeo, . Amore. Milano, AlboVersorio. Amante, amato,
amico --” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes, . “Il bello” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes,
. Eros e follia, Mariapia Greco, Lecce, Milella Editore. Fenomenologia del corpo,
Milano, Feltrinelli – cf. Grice on ‘body’ – in “Personal Identity” “I fell from
the stairs” -- Dall'inconscio al simbolo, Milano, Feltrinelli, 2“Equivoci” (Milano,
Feltrinelli); Parole nomadi, Milano, Feltrinelli; I vizi capitali e i nuovi
vizi, Milano, Feltrinelli. Amore, Milano, Feltrinelli. Treccani. Umberto
Galimberti. Galimberti. Keywords: il sessuale, l’immaginario sessuale, sesso, Why
did the Romans need to distinguish between ‘amatus’ and ‘amicus’? -- amore,
follia, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Galimberti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690260374/in/photolist-2mRdKdB-2mQ81kz-2mPZ2Vc-2mPkobg-2mPnrMV-2mN8ym7-2mKyyDD-2mKG8fP-2mKG6xL-2mKDZmL-2mF2HcQ
Grice e
Galli – filosofia italiana – Luigi Speranza (Carru). Filosofo.
Celestino Galli. Interesting philosopher. Not to be confused with Galli.
Grice e Galli – sull’amore -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Montecarotto). Filosofo. Compiute gli
studi classici con assoluta regolarità, si iscrive alla Facoltà di Filosofia a Roma,
dove ha come maestri, tra gli altri,
Varisco e Barzellotti. Da Varisco apprende il rigore del metodo negli
studi filosofici. Da Barzelotti aprende la passione per le ricerche storiche e
le vaste esplorazioni letterarie. Si laurea sotto Barzellotti con il massimo
dei voti dopo aver discusso “Kant e Rosmini” (Lapi, Citta di Castello); Insegna
a Senigallia, Bologna, e Firenze. In “I principii della scuola, con particolare
riguardo alla scuola elementare” (Il Risveglio Scolastico, Milano). Insegna a
Cagliari e Torino. Figura centrale della filosofia italiana, Galli esordisce
con una ricerca sullo sviluppo della filosofia kantiana e quella di Rosmini;
temi che non solo non si stanca mai di ampliare ma affina in ulteriori indagini.
Esegue vaste indagini sulla storia della filosofia. Socrate, Platone,
Aristotele, Cartesio, Bruno, Leibniz, e Renouvier. «L'uno e i molti” (Chiantore, Torino)
certifica la teoria. Gli procura l'interesse di larga parte del mondo
filosofico italiano per le conclusioni sui rapporti tra il sentimento e la
reflessivita. Ampie le discussioni, e talora vivacissime, su autori
contemporanei, dai quali esige rigore, chiarezza e intransigenza speculativa.
Organo di polemiche e di interventi nella vita della cultura italiana
contemporanea è «Il Saggiatore», da lui fondata, Privo di ambizioni mondane,
sempre affabile, ama la compagnia delle persone colte e la conversazione delle
anime semplici, destinate al bene e alla verità. Confida soprattutto nella
scuola, veicolo ideale per dare alle generazioni nuove volontà, serietà,
cultura adeguata ai tempi. Una scuola che studia, senza divagare e che sappia
attingere costantemente alle fonti del sapere, ama ripetere. Grazie al suo
ininterrotto lavoro di studioso, il mondo accademico italiano ha beneficiato di
un numero impressionante di sue pubblicazioni, fatto di saggi, manuali per le
scuole, opuscoli e articoli per riviste specializzate. Si dedica all'arte e
alla religione, completando, in questa maniera, il panorama delle sue indagini.
La Scuola media statale di Montecarotto ha aggiunto all'intestazione il nome di
"Gallo Galli". Altre opere: La
filosofia teoretica dei manuali, Oderisi, Gubbio, Dialettica dello spirito”
(I., Oderisi, Gubbio); “Lineamenti di filosofia, Azzoguidi, Bologna; La
dimostrazione dell'esistenza del mondo esterno e il valore pratico delle
qualità sensibili secondo Cartesio, Oderisi, Gubbio); Renouvier. II. La legge
del numero, D. Alighieri, Milano, Le prove dell'esistenza di Dio in Cartesio
(Valdes, Cagliari); :La dottrina cartesiana del metodo, D. Alighieri, Milano);
“La filosofia di Leibniz: Facoltà di Magistero, Torino, Statuto, Torino); “Studi
cartesiani, Chiantore, Torino); “Cartesio, Chiantore, Torino, “Dall'essere alla
coscienza, Chiantore, Torino); “L’idealismo” (Gheroni, Torino); “PComenio,
Gheroni, Torino); “La Filosofia greca: I sofisti, Socrate, Platone. Torino.
Facoltà di Magistero. heroni, Torino, Leibniz, Cedam, Padova); “Carlini ed
altri studi; da Talete al "Menone" di Platone; il problema di
Cartesio, per la fondazione di un vero e concreto immanentismo, Gheroni,
Torino, Corso di storia della Filosofia: Aristotele, Gheroni, Torino, Da Talete
al menone di Platone, Gheroni, Torino, Tre studi di filosofia: pensiero ed
esperienza, sulla persona, su Dio e sull'immortalità, Gheroni, Torino Socrate
ed alcuni dialoghi platonici: Apologia, Convito, Lachete, Eutifrone, Liside, Jone,
Giappichelli, Torino, Linee fondamentali d'una filosofia dello spirito, Bottega
d'Erasmo, Torino, L'idea di materia e di scienza fisica da Talete a Galileo,
Giappichelli, Torino, L'uomo nell'assoluto, Giappichelli, Torino, La vita e il
pensiero di Giordano Bruno, Marzorati, Milano Sguardo sulla filosofia di
Aristotele, Pergamena, Milano, Platone, Pergamena, Milano 1974. Di carattere
pedagogico Filosofia (Oderisi, Gubbio). Idealismo, spiritualismo ed
esistenzialità nella metafisica in Galli; Cartesio, in Italia. Dizionario
Biografico degli Italiani, Volume 51, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Persée. Portail de revues en
sciences humaines et sociales, su persee.fr. There is another Galli, who also
did philosophical studies – but his brother was more famous, the author of
Tabula philological. Gallo Galli. Galli. Keywords: il fedro, sull’amore, sul
bello, l’uno e i molti, unum et multa – the one and the many – Plato –
Aristotle – Parmenides’s aporia – D. F. Pears, “Universals” in Flew. Rosmini, Bruno,
Carlini, idealismo, idealismo critico, dialettica dello spirito, Renouvier.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galli” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759002761/in/dateposted-public/
Grice e Galluppi – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Tropea).
Filosofo. “Gallupi is a great one; and much can be philosophised about his
philosophy of the ‘parola come segno del pensiero’” – Grice: “On top, he was a
Baron!” -- Eessential Italian philosopher. Figlio del barone Vincenzo e
della nobildonna Lucrezia Galluppi, entrambi della stessa famiglia Galluppi,
una delle antiche famiglie patrizie di Tropea. Dopo lo studio della
lingua latina, apprese filosofia sotto Ruffa. Trasferitosi a Santa Lucia del
Mela, compì il corso elementare di filosofia e presso il Seminario vescovile
della cittadina peloritana. Intraprese dunque lo studio a Napoli sotto
Conforti. Sposa Barbara d'Aquino, da cui ebbe quattordici figli, otto
maschi e sei femmine. Trascorreva le giornate di libertà nella residenza
privata di famiglia, cioè Palazzo Galluppi, sulla Strada Provinziale a Caria,
frazione di Drapia, alla biblioteca o al giardino. Pubblicò a Napoli “Sull'analisi
e la sintesi”. Durante i moti aderì alla causa liberale sostenendo la riforma
costituzionale dello Stato e protestando quindi contro l'intervento repressivo
degli Austriaci. Si riavvicina alla monarchia. Insegna Filosofia a Napoli. Membro
dell'Accademia Sebezia e dell'Accademia Pontaniana di Napoli, dell'Accademia
degli Affatigati di Tropea, di quella del Crotalo di Catanzaro e della
Florimentana di Monteleone. Il suo merito maggiore consiste nell'avere
introdotto in Italia Kant. Le Lettere filosofiche furono definite il primo
saggio in Italia di una storia della filosofia. A Pasquale Galluppi sono
dedicati il Convitto nazionale, il Liceo Classico di Catanzaro e il Liceo
Classico di Tropea. A Tropea, la sua città natale, è attivo il Centro
studi Galluppiani, associazione culturale dedita alla ripubblicazione
dell'opera omnia del filosofo e che di recente ha decretato l'ampliamento dei
fini statutari, fino ad accogliere e curare altre interessanti iniziative di un
certo spessore culturale. Periodicamente, il Centro organizza il
Congresso degli Studi Galluppiani, importante appuntamento di respiro nazionale,
animato da studiosi e saggisti provenienti da tutta Italia. L'attuale
presidente è Luciano Meligrana. Altre personalità di notevole importanza nella
storia del Centro studi Galluppiani sono stati Pugliese e Cane, filosofo,
appassionatissimo studioso dell'opera di Galluppi. Una vera dedizione, la
sua che non è mai venuta meno fino alla fine della sua vita. Organizzatore
infaticabile di seminari, simposi e conferenze, ha cercato di far conoscere il
pensiero del Galluppi, favorendo la pubblicazione dell'opera inedita "La
Filosofia della Matematica" la cui edizione lo ha visto anche quale
curatore. Su Galluppi ha pubblicato numerosi saggi ed articoli in quotidiani e
riviste specializzate. Altre opere: “Memoria apologetica” (Napoli,
Vincenzo Mozzola-Vocola); “Grice, ovvero, Sull'analisi e la sintesi” (Napoli, Verriento);
“La conoscenza, o sia analisi distinta del pensiere umano, con un esame delle
più importanti questioni dell'Ideologia, del Kantismo e della Filosofia
trascendentale” (Napoli, Sangiacomo); “Filosofia” (Messina, Pappalardo); “Lettere
filosofiche sulle vicende della filosofia, relativamente a' principii della
conoscenza umana da Cartesio insino a Kant inclusivamente” (Messina, Pappalardo);
“Logica”; “Metafisica” (Firenze, Tipografia della Speranza); “La volontà” (Napoli,
Giachetti); “Storia della filosofia” (Napoli); “Opera compresa in nove capitoli
a cui si aggiunge l ‘Elogio funebre scritto da Errico Pessina, autore del
Quadro storico dei sistemi filosofici” (Milano, Gio. Silvestri); “Autobiografia”,
“Scritti” (Milano, Dumolard); La
filosofia del Galluppi e le sue relazioni col Kantismo, (Napoli, Morano);
“Lettere filosofiche” (Bonafede, Palermo); “Epistolario Lettere private.
Inedite e rare, Franco Ottonello, Milano, Franco Angeli ("Filosofia e
scienza nell'età moderna" Collana a cura della Sezione di Milano dell'Istituto
per la storia della filosofia. Dizionario biografico degli italiani. Pasquale Galluppi. “Galluppi errs in calling natural
semiotics, ‘il linguaggio dell natura,’ since no tongue is involved!” But we
can forgive him for that since he genially realizes, unlike King Alfred, that
one can use ‘dire’, ‘con questo moto del ditto, egli dice al compagno che vada
da B in C” Segno figurato, motto dei bracci quando imito il moto de pesare para
figurar paragonare. – Grice: “Gallupi’s scheme is a complex, and much better
than Locke. He notes that ‘natural’ can apply to ‘sign’, and it is a natural
fact that men will start using ‘natural’ signs in an artificial way – this he
calls ‘natural sign’ – in that it is already an utterer making the gesture, as
when he sneezes, intentionally. Galluppi has always in mind the dyad, what he
calls il ‘compagno’ – so he plays with fifty variants on a theme. A makes a
gesture – with the finger, with the arm --. Galluppi speaks of the
‘proposizione’ being communicated even in these cases – a ‘grido’ is equivalent
to the proposizione that the compagno is to ‘turn his attention towards the
utterer’ – In the ‘natural’ sign, as used in communication, we are already in
the realm of the artificial – only a black cloud naturally means rain –
Galluppi hardly dwells on a ‘grido’ signifying pain in a natural way. He notes
that we progress. And he keeps looking for the reasons in the utterer and the
addressee for all this. So like me, he looks for a motivational rationale – a
‘semantic’ freedom – or ‘prammatica’ as he would say. Since he is an
illuminista, he is only concerned about this in terms of a minimal taxonomy of
signs. So between the signs used in communication he distinguishes three types:
the imitative, the indicative (different criteria) and the figured sign – not
figurative – ‘segno figurato’ – when a lot of pantomime takes place. It is only
THEN that he explores the arbitrariness: one loses one’s compagno, and utters,
“Where are you?” – so since this worked, they agree that ‘Where are you’ will
mean, “I lost you – where are you?” --. And then we have a full lingo – or
semiosis. He rightly thinks that his is an improvement over Lucrezio!” Gallupi. Keywords: gesto, grido, gemito, moto
del ditto, dolore, causa del dolore, circustanza, segno naturale, segno
istituito, segno commune (istituito per la comprensione mutua), segno
arbitrario, segno artificiale, segno imitative, segno indicatore, segno figurato,
segno analogico, segno figurativo -- gesto della mano, lo sguardo, communicare,
sentire, volere. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Galluppi," per Il
Club Anglo-Italiano,The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.
https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758115582/in/dateposted-public/
Grice e Galvano – arte naturale –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice: “I like Galvano; he has
philosophised on aesthetics, on ‘spirit and blood,’ and on polytheism, citing
Sallust!” Frequenta la scuola a via Galliari, animata da Casorati. Fonda L'Unione Culturale di Torino. Promuove il “Movimento Arte Concreta” – cf.
Arte Astratta – Insegna all’Accademia Albertina. Dizionario Biografico degli
Italiani. Albino Galvano. Galvano. Keywords: arte naturale, Gallupi, Peirce,
Grice. By uttering x (gestus), U means that p” gesto, gestus, Grice’s use of
gesture. il concreto, l’astratto. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Galvano: implicatura concreta”– The Swimming-Pool
Library. Luigi Speranza, “Grice e Galvano”. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51701743649/in/photolist-2mQtVUe-2mPdwPf-2mPdwwX-2mMQbzj-2mLzoXX-2mLzpRF-2mLzqdc-2mLGX8g-2mPsfT9
Grice e Gangale
– il dia-letto e la dia-lettica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cirò
Marina). Filosofo. Grice: “I like Gangale; the fact that I taught for years in
front of the martyrs memorial helps!” Porta a termine gli a San Demetrio
Corone. Si iscrive alla facoltà di Filosofia di Firenze. Si laurea con “La
logica della probabilita”. Iniziato in Massoneria, nella Gran Loggia d'Italia
. Porta avanti la difesa dell’idioletto
e del dialetto. Opere "Rivoluzione
Protestante" (Torino, Gobetti); “Calvino (Roma, Doxa); “Apocalissi della
cultura arabresca” (Roma, Doxa); “Il Protestantesimo in Italia” (Roma, Doxa);
“Il dio straniero” (Milano, Doxa); “Giacomo della Marca” (Napoli); “Salve
regina”; “Fragmenta ethnologica arberesca medio-calabra, Soveria Mannelli,
Rubbettino. “L’arbërisht: l’utopia. Giuseppe Gangale. Giuseppe Tommaso Saverio
Domenico Gangale. Gangale. Keywords: il dia-letto e la dia-lettica, idiolect,
dialect, ethno-lect, idio-letto, dia-letto, ethno-letto. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Gangale: dall’idioletto al dia-letto” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758920461/in/dateposted-public/
Grice e Garbo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo. Grice: “I like Garbo; for one I
like Firenze, for another I like a Renaissance man – I’m one!” Grice: “Garbo is
extremely interesting at a time when physis did mean ‘nature’ – the physicist
and the physician were the natural philosophers! At Oxford Transnatural
philosophy was created against Natural Philosophy,” – Grice: “Garbo made the
greatest comment on “Love unrequited” by G&S – by focusing on a ditty by
Cavalcanti – Boccaccio loved the pretentious prose by Garbo on ‘eros,’ ‘amore,’
and ‘cupidus.’ –“ Studia sotto Alderotti a Bologna. Figlio di Bono, medico e
chirurgo. Sotto il consiglio del padre, fu allievo a Bologna di Alderotti, suo
cognato, poi uno dei più importanti rappresentanti di un riorientamento della
filosofia, all che Garbo diede un contributo importante. Studia sotto Alderotti
per un breve period. Torna presso la casa paterna a Firenze a seguito della
guerra tra Bologna e Ferrara e fu iscritto, a fianco del padre, nella gilda di
Firenze di medici e farmacisti. Le condizioni politiche migliorate gli
consentirono di riprendere i suoi studi e si laurea, successivamente si sposta
a Bologna, dove insegna. Quando Orsini scomunicò Bologna e, quindi, escluse i
cittadini bolognesi dal frequentare lo studio generale, fu, ancora una volta,
costretto a lasciare Bologna. Si transferice a Siena, con l'insolitamente alto
stipendio di 90 fiorini d'oro come "dotore del chomune di Siena". Saltuariamente
si recasse a Bologna nonostante la scomunica. E fu a Bologna che completa il
suo commento su una parte del libro IV del Canon di Avicenna, tanto da
guadagnare il soprannome di "espositore.” Torna a Bologna, inizia la sua “Dilucidatorium
totius pratice scientie” un commento sul Libro I del Canon. Insegna a Padova, a
causa del "propter malum statum civitatis Paduae" (come afferma nel
suo commento ad Avicenna), riprese a peregrinare tra un'università e l'altra
(anche se è un percorso poco chiaro, a causa delle scarse informazioni fornite
dai biografi e dell'assenza dei documenti). Torna a Firenze e completa
Dilucidarium. Sulla scia dell'esodo della Facoltà di Filosofia da Bologna a Siena,
venne nuovamente nominato dal Comune di Siena, questa volta con uno stipendio
annuo esorbitante di 350 fiorini d'oro, più 100 fiorini, perché teneva letture
a casa sua, la sera. Lavora al suo commento al trattamento con piante
medicinali nel libro II di Avicenna, Canon, cioè "l'Expositio super
canones generales de virtutibus medicamentorum simplicium secundi canonis
Avicennae", che complete dopo il ritorno a Firenze. Commenta sul “Donna mi
prega” di Cavalcanti. Questo commento è conservato in un manoscritto di
Boccaccio ed è stata tradotta in una versione in lingua “volgare”. A causa dell'invidia dei suoi colleghi di
Bologna, fu accusato di essersi appropriato del commento a Galeno di
Torrigiani. Le lezioni riscuotevano
molto successo, allora i suoi colleghi, invidiosi, dettero il compito a un
allievo che viveva con il medico di spiarlo; quest'ultimo scoprì che prepara le
sue lezioni basandosi sul comment a Galeno di Torrigiani, che conserva
segretamente. Il plagio e reso pubblico, addiruttura Cecco D'Ascoli ne fece scherno
con i suoi allievi, e Garbo e costretto a allontanarsi da Bologna. Sia
Tiraboschi che Colle notarono delle incongruenze cronologiche della vicenda. Torrigiani
e co-etaneo e collega del medico alla scuola di Aldreotti, e successivamente si
fece certosino in tarda età e solo da quel momento, o dopo la sua morte,
avrebbe potuto prendere i suoi scritti. L'episodio,
probabilmente, indica l'atmosfera ostile – tossica -- in cui era immerso Garbo
a Bologna, per questo è plausibile che decidesse di accettare l'offerta di Padova,
che dopo la crisi causata dalla guerra contro Enrico VII, cerca insegnanti di
fama. Tornato a Firenze, incontra Mussato in preda a un malanno, che
probabilmente aveva conosciuto in precedenza a Padova e che era a Firenze in
veste di ambasciatore di Padova. A Firenze, la sua stima di filosofo si riprese
dai colpi bassi inflitti dai bolognesi; mostra un ritratto cordiale, sapiente
ma non scontroso, con un atteggiamento affidabile e umano, che cercava di
capire i segreti della natura e molto disponibile, questa era la maniera in cui
appariva ai fiorentini. Descritto come una persona arguta in episodi riportati
da Petrarca, che non conosceva direttamente, ma che aveva avuto contatti con Garbo.
Pesso un cimitero, rispose a dei vecchi che lo volevano schernire con queste
parole. La disputa è ingiusta, qui: infatti voi siete più coraggiosi perché
siete a casa vostra. (Rerum memorandum libri, risposta simile a quella di Cavalcanti
nel Decameròn. Un altro episodio, invece, fu la volta in cui un uomo prende in
giro il suo piccolo cavallo dicendogli: "e gli insegni a camminare, ma
dove hai imparato quest'arte?", e Garbo rispose: "A casa
tua". Quanto torna scrisse le "Recollectiones in Hippocratem de
natura foetus" (Venezia), con la "Expositio super capitula de generatione
embryonis" di Tommaso Del Garbo, suo figlio, e la "Expositio in
Avicennae capitulum de generatione embrionis" di Torre. Il trattato di
Garbo mostra quanto fosse dipendente dall'astrologia araba. Distingue
l'anatomia dalla fisiologia. Indaga la causa delle malattie ereditarie, dicendo
che dipendono da un vizio organico del cuore, dal quale ha origine lo spirito
che il seme del padre trasmette al nascituro. Tratta anche di argomenti molto
discussi dai filosofi del secolo, come la trasmissione dell'intelligenza tra
generazioni, dell'origine del calore animale e della nascita di piante e
animali per “fermentazione.” Dice nell'Expositio che torna a Firenze non per la
crisi di Siena, ma per altri motivi di cui non si hanno documentazioni. Per
Tiraboschi e Colle, Garbo non sarebbe mai uscito dall'Italia, mentre De Sade
dice che ad Avignone avrebbe incontrato Ascoli.
Quest'ultimo è il motivo della grave colpa di cui Garbo, insieme al figlio, fu
macchiato dopo il plagio già nominato. Ascoli venne allontanato da Bologna e
sospeso dall'insegnamento poiché accusato di eresia, successivamente giunse a
Firenze con la fama di mago e negromante, al servizio del duca Carlo di
Calabria. Ascoli scrisse "Commentarii in Sphaeram Mundi Ioannis de
Sacrobosco", che si ritiene fosse trattato che egli porta sul rogo,
trattato che fu aspramente criticato da Garbo che gravemente accesi di rabbia e
d'odio contro di lui, perché invidiosi che d'Ascoli fosse preferito come medico
dal duca Carlo. I. Garbo accusa Ascoli di fronte al vescovo d'Aversa e
successivamente lo denuncia all'inquisizione. Questo spinse il duca di Calabria
ad allontanare Ascoli dalla sua corte e dopo fu arrestato dall'inquisitore
Bonfantini. L’accusa era di essere "alieno dal vero dogma della
fede". Ascoli fu bruciato sul rogo. E evidente la responsabilità di Garbo
in questa condanna, per invidia e non per motivi religiosi. Garbo muore poco
dopo l'esecuzione d’Ascoli. Questo, dice Grice, e causato da un incantesimo di
vendetta lanciato da Ascoli. Altre opere: La figura di Del Garbo
campeggia se non come il più grande filosofo di Firenze, sicuramente come
quello più nominato, sia nel bene che nel male, a prescindere dal valore che
possono avere le sue opere a livello della storia della filosofia, infatti
rappresenta, nell'opinione comune, il tipo ideale di filosofo, sia con i suoi
pregi, che con i suoi difetti. Tra le opere che sicuramente possiamo
attribuirgli ci sono ricettari, commenti e trattati. Tra i vari, ci sono i "Super IV Fen primi
Avicennae praeclarissima commentaria, quae Dilucidatorium totius practicae
generalis medicinalis scientiae noncupatur" (Venezia), dedicati agli
studenti bolognesi che l'avevano seguito a Siena; "Chirurgia cum tractatu
eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de emplastris et unguentis"
(Ferrara) insieme ad un trattato sulla lebbra di Gentile da Foligno e uno sulle
giunture ossee di Gentile da Firenze, ampio commento ad Avicenna, Abū l-Qāsim
az-Zahrāwī e ar-Rāzī. In questo e in altri testi, rileva molte inesattezze di
Avicenna e parla con tono di ammirazione dei antichi greco-romani. Altre opere invece non sono state stampate:
"De militia complexionis diversae"; una "quaestio" sulla
flebotomia secondo Ugo da Siena (Bergamo, Biblioteca civica) "Recolectiones super cirurgia
Avicennae" (Modena, Bibl. Estense); Tractatus podagre (San Candido, Bibl.
della Collegiata). E non va dimenticato il commento alla canzone "Donna mi
prega" di Cavalcanti: "Scriptum super cantilena Guidonis de
Cavalcantibus" ("De natura et motu amoris venereis cantio cum
enarratione Dini de Garbo", Venezia, introvabile). Il commento riguardo a
“Donna mi prega” considera l'amore (eros) da un punto di vista strittamente patologico,
come passione, e anche se a volte tende a sovrapporsi a “Donna mi prega”,
esponendo le idee sull'amore di se stesso (“amore proprio”) che quelle di
Cavalcanti, resta un importante document. Suddivide il testo in tre parti.
Nella prima parte, Garbo dimostra quante e che sono le cose, che dello amore si
dicono. Nella seconda parte, Garbo filosofa di quelle, che esser ne determina.
Nella terza parte, la chiusa, Garbo dimostra la sufficienza di quelle cose,
ch'egli ha dette. Nella seconda parte, la più importante, si segue la
dimostrazione sulle *otto* caratteristiche dell'amore: I) dove si produce
(nell’appetito sensitivo); II) chi lo genera? la disposizione naturale del
corpo dell’amante – per non fare menzione digli influssi di Marte su Venere.
III) quale virtù ha l’amore, dato che è passione d'appetito? Nulla. IV) Quale e
l’effetto dell’amore? La morte che impedisce
le operazioni della virtù vegetativa; V) quale e l’essenza dell’amore? E una
passione naturale. VI). Che alterazione provoca? Infermità, malinconia, morte.
VII) Che spinge a filosofare sull’amore, dato che non si può celare la
passione? Lo spirito platonico. VIII) Se l'amore (o strittamente, l’amare) si
dimostri via il sentire? Si. È evidente che parli come filosofo aristotelico.
Per Garbo, l'amore è una malattia, una passione dell'appetito sensitivo, che
può causare a sua volta molte altre malattie, e per questo va curata, con la dimenticanza
e l'allontanamento, l'"accidente fero" di Cavalcanti è il maligno
influsso di Marte, in congiunzione col Toro e la Bilancia, quando si trova
nella casa di Venere. Altre opere: “Dynus super quarta Fen primi cum
tabula” (Venezia: Lucas Antonius Giunta Florentinus); “Expositio super tertia,
quarta, et parte quintae fen IV. libri Avicennae” (Venezia: Johann Hamann für Andreas
Torresanus); “Dilucidatorium totius pratice medicinalis scientie Expositio
super canones generales de virtutibus medicamentorum simplicium secundi canonis
Avicennae (Venezia); “Recollectiones in Hippocratem de natura foetus; “Dilucidatorium
Avicennae (Ferrara) Expositio super parte quintae Fen quarti Canonis Avicennae (Ferrara,
André Beaufort); “Super IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae
Dilucidatorium totius practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur
(Venezia); Chirurgia cum tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de
emplastris et unguentis (Ferrariae); “De militia complexionis diversae; di cui
un saggio è pubblicato da Puccinotti; Recolectiones super cirurgia Avicennae (Modena,
Bibl. Estense); De generatione embrionis; Dizionario biografico degli italiani.
Aldrobrandino Del Garbo. Garbo. Keywords: appetitus, appetitus sensitives –
spiegatura dell’amore in termine aristotelichi – amare, sentire, il patico –
fornicazione – latino/volgare – Boccaccio – Petrarca – Alighieri – Cavalcanti
--. de militia complexionis diverae, eros, amore, malattia, Aristotele,
passione, ragione, appetite sensitive, amore, sentire – re-cognosenza da parte
dell’amato dell’amore dell’amante – via senso? Marte – self-love, other-love,
amore proprio, amore a se stesso, amore all’altro. Refs.: Luigi Speranza,
“Garbo e Grice: amore, passione, implicatura” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690528577/in/photolist-2mJq2uE-2mLzoFz-2mKHtgX
Grice e Gargani – Eurialo e Niso; ovvero,
dell’empatia – filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo. Grice: “I like Gargani; many of
his essays are pretty interesting: he’s written on the ‘sense’ of ‘true,’ and
on the ‘endless phrase,’ – la frasse infinita – which according to Griceian
principles, must rely on implicature, since it involves a communicational
impossibility!” -- «È un fatto che gli uomini hanno prodotto assai più cose di
quanto siano propensi ad ammettere; ma ciò che essi hanno eretto nella forma di
costruzioni concettuali elevate e sublimi, come se fossero separate dal caso e
dal disordine, corrisponde ad un uso che essi hanno fatto della propria vita.”
Aldo Giorgio Gargani (Genova), filosofo. Si laurea a Pisa sotto Barone.
Collaborando con Lepschy, allora professore all'University College di Londra, e
conducendo le sue ricerche al Queen's sotto la guida di Geordie McGuinness. È stato il massimo studioso italiano di
Vitters, e ha contribuito alla diffusione della filosofia di D. F. Pears. I
suoi ambiti di studio sono stati prevalentemente la filosofia del linguaggio,
l'estetica, l'epistemologia, e la psicoanalisi. Di particolare interesse è
anche il suo tentativo di una scrittura filosofica narrativa, come in Sguardo e
destino” (Laterza, Roma-Bari); “L'altra storia” (il Saggiatore, Milano); Il
testo del tempo” (Laterza, Roma-Bari). Altre
opere: “Esperienza in Vitters” (Le Monnier, Firenze); “Hobbes” (Einaudi,
Torino); “Vitters” (Laterza, Roma-Bari); “Il sapere senza fondamenti. La
condotta intellettuale come strutturazione dell'esperienza commune” (Einaudi,
Torino ); “Vitters a Cambridge” (Stampatori Editore, Torino); “Kafka” (Guida,
Napoli); “Lo stupore e il caso” (Laterza, Roma-Bari); “La frase infinita” (Laterza, Roma-Bari); “Il
coraggio di essere” (Laterza, Roma-Bari); “Stili di analisi” (Feltrinelli,
Milano); “L'organizzazione condivisa. Comunicazione, invenzione, etica”
(Guerini, Milano); “Il pensiero raccontato” (Laterza, Roma-Bari); “Una donna a
Milano” (Marsilio, Venezia); “Il filtro creative” (Laterza, Roma-Bari); “Dalla
verità al senso della verità” (Plus, Pisa); “Mondi intermedi e complessità”
(Ets, Pisa); “Il gesto” (Cortina, Milano); “La filosofia della cura” (ASMEPA
Edizioni, Bentivoglio); “L'arte di esistere contro i fatti” (Lamantica
Edizioni, Brescia); “Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere
e attività umane” (Einaudi, Torino). Altri contributi Relazione d'aiuto,
sintonia comunicativa e organizzazione sociale, in Il vaso di Pandora, Dialoghi
in psichiatria e scienze umane, Fondazionalismo e antifondazionalismo, Relativismo
e nuovi paradigmi filosofici, Inquietudine, empatia, identità e narrazione
(Pordenone). Aldo Giorgio Gargani. Gargani. Keywords: Eurialo e Niso; ovvero,
dell’empatia, scambio, organisazzione condivisa – communicazione – implicatura
come condivisa – empatia – d. f. pears --. Mcguinness -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Gargani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758901736/in/dateposted-public/
Grice e Garin – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Rieti).
Filosofo. Grice: “Garin is a serious student of what we may call the
longitudinal, rather than latitudinal, unity of Italian philosophy! If ever
there is one!” -- Italian philosopher,
author of a very rich, “La cultura filosofica del rinascimento italiano.” And
“L’umanesimo italiano”Grice was Lit. Hum. Oxon, so he knew. Linceo. Studia sotto Limentani. Frequenta il Liceo classico
Galileo. Si laurea sotto Limentani. Vari studi sull'Illuminismo che confluiranno
nel volume sui moralisti inglesi. Subito dopo la laurea sostenne e vinse il
concorso per insegnare nei licei, cosa che continuò a fare fino a quando vinse
la cattedra da ordinario all'università. Tra i commissari del concorso liceale
c'era Guzzo, una figura che costituirà un punto di riferimento per Garin quanto
meno fino ai primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti culturali non erano
costituiti da intellettuali e politici come Gramsci, ma da filosofi di matrice
spiritualista e cattolica come Lavelle,
Senne, Castelli Gattinara di Zubiena, Michele Federico Sciacca e lo
stesso Guzzo. Iscritto al Partito Nazionaledal 1931, pronuncia al Lyceum di
Firenze una commemorazione a Gentile. Una svolta nelle prospettiva politica,
filosofica e storiografica (le tre cose non vanno separate) si ha con l'uscita
dei Quaderni del carcere di Gramsci, che hanno fortemente influenzato la sua
filosofia nel costante riferimento alla concretezza del pensiero, e con la
pubblicazione delle Cronache di filosofia italiana”, fortemente sollecitato da
Laterza. Storico della filosofia molto legato al rigore filologico e al lavoro
sui testi, rifiuta la definizione di filosofo; è tuttavia considerabile tale
proprio in virtù delle sue polemiche anti-speculative e come influente teorico
della storiografia filosofica. Insegna a Firenze. Si ttrasferì a Pisa a causa dei perduranti disordini della
rivolta studentesca iniziata nel '68, di cui non condivideva le modalità di
lotta e che considerava espressione di astratto rivoluzionarismo. La sua
infaticabile avidità di letture filosofiche lo rese consigliere prezioso. L’Accademia
dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per la Filosofia. Altre
opere: “Giovanni Pico della Mirandola. Vita e dottrina”; “Gli illuministi
inglesi. I Moralisti; “Il Rinascimento italiano”; “L'Umanesimo italiano”;
“Medioevo e Rinascimento”; “Cronache di filosofia italiana”; “L'educazione in
Europa”; “La filosofia come sapere storico”; “La filosofia nel Rinascimento italiano”;
“La cultura italiana tra Ottocento e Novecento”; “Scienza e vita civile nel
Rinascimento italiano”; “Storia della filosofia italiana”; “Dal Rinascimento
all'Illuminismo” “Filosofi italiani”; “
Rinascite e rivoluzioni”; “Lo zodiaco della vita”; “Tra due secoli”;
“Cartesio”; “L’Ermetismo del Rinascimento”; “Gli editori italiani tra Ottocento
e Novecento”; “La cultura del Rinascimento”. Ciò non toglie che l'importanza
della interpretazione del Rinascimento che Garin ci dà nei suoi scritti e ci documenta
nelle sue edizioni, pubblicazioni, finissime traduzioni di testi umanistici di
ogni tipo (filosofico, politico, critico, letterario) possa essere, senza
iperbole, confrontata con l'importanza della evocazione del Burckhardt» in
Cantimori, Studi di storia, Torino, Einaudi, la Repubblica, Mecacci L., La
Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, su lincei.
Fondo Eugenio Garin, Il percorso storiografico di un maestro, Firenze, Le
Lettere, Marino Biondi, Dopo il diluvio. Eugenio Garin, l'ombra di Gentile e i
bilanci della filosofia, in Un secolo fiorentino, Arezzo, Helicon, ,Olivia
Catanorchi e Valentina Lepri , Dal Rinascimento all'Illuminismo (Atti del
convegno Firenze), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, . Michele Ciliberto,
Eugenio Garin. Un intellettuale nel Novecento, RomaBari, Laterza, . Raffaele
Liucci, Quelle ombre sul delitto Gentile in "Treccani Magazine", La
Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, "Il
Gramsci di Eugenio Garin", in Archetipi del Novecento. Filosofia della
prassi e filosofia della realtà, Napoli, Bibliopolis, Umanesimo e umanesimi.
Saggio introduttivo alla storiografia di Garin, Milano, FrancoAngeli, TreccaniEnciclopedie
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Eugenio Garin, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di Eugenio Garin, .
Eugenio Garin. Garin. Keywords: cicerone come umanista – umanesimo e
unamenismi – garin, umanista del Novecento – umanisti e il ritorno dei filosofi
antichi – umanesimo, ovvero, il primo secolo del rinascimento – il ritorno dei
filosofi antichi – retorica umanista – castelli e garin -- le griceianisme est
un humanism!” humus, human, homo sapiens, homo sapiens sapiens, human vs.
person, sapientia, persona -- human, umano, umanesimo – filosofia romana -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Garin – umano, troppo umano – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51685979254/in/photolist-2mRgKq7-2mRi7qi-2mQPiYS-2mQDMyN-2mQerAd-2mPPzb6-2mPXDFp-2mPF8UJ-2mPAuFE-2mPszkp-2mN8Hgb-2mLQ1Vx-2mLLyEe-2mLEyw7-2mKMuu9-2mPsfT9-2mKMqqn-2mKGTYe-2mKw3hq-2mKxnN1-2mKCnei-2mKAsyK-2mKgN49-2mHGgw3-2mKj9Vm-DndBhH
Grice e Garroni –
l’implicatura di Pinocchio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma).
Filosofo. Grice: “I like Garroni; he writes very Griceianly: on lying, on
Pinocchio, on semiotics, on Kant – ‘quasi-Kant’ --, and on sense perception
(‘senso e paradosso’, ‘immagine, figura, communicazione’). Inizia la sua
attività in Rai, dove era entrato per un invito di Gualainsieme come
intervistatore e autore di trasmissioni sulla filosofia. Affianca a questo
lavoro l'opera intellettuale di critica e di riflessione sull'estetica,
grazie anche alla sua frequentazione del mondo artistico dell'epoca anni
cinquanta, redigendo anche presentazioni e cataloghi d'arte. Insegna a Roma.
Pur essendosi tenuto fino a quel momento ai margini della vita accademica, con “La
crisi semantica dell’arte” (Roma, Officina), insegna estetica. Porta un rinnovamento
dell'estetica italiana dopo Croce, culminante in una innovativa traduzione
della Critica della facoltà di giudizio di Kant tesa a sottolinearne la co-appartenenza
di tematiche estetiche (l’estetico) ed epistemologiche (il noetico). Cura
Arnheim, Macherey, Mannoni, Lukács, Brandi, Dufrenne, akobson e del Circolo
linguistico di Praga e collaborato alla rivista Rassegna di filosofia, alle
riviste cinematografiche Cinema Nuovo e Filmcritica e alla Enciclopedia
Einaudi.Cura Benedetto, Bottari, Melis,
Fieschi, Vacchi, Greco ecc. L’estetica è una "filosofia non
speciale" il cui compito non deve limitarsi allo studio delle espressioni
artistiche ("il bello", “l’arte” e “la natura”), ma è finalizzato ad
una visione e ad una "costruzione" del mondo fondata sull'esperienza
del “senso” (il sensibile, sentire, sensate). Ciò che va rivendicata è la
portata iudicativa (e non solo volitiva) delle riflessioni kantiane, che
trascendono lo stato empirico delle scienze e vivono operanti nel meglio degli indirizzi
novecenteschi, magari di ciò inconsapevoli. (L’orizzonte di senso). Altre
opere: “Il mito negative” (Roma, Officina); “Semiotica ed estetica.
L'eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinematografico” (Bari, Laterza);
“Progetto di semiotica: il concetto di messagio” (Roma-Bari, Laterza); “Pinocchio
uno e bino” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica ed epistemologia. Riflessioni sulla
"Critica del Giudizio"” (Roma, Bulzoni); “Ricognizione della
semiotica” (Roma, Officina); “Estetica e linguistica” (Bologna, Il Mulino); “Senso
e paradosso. L'estetica, filosofia non speciale” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica.
Uno sguardo-attraverso” (Milano, Garzanti); “Sul mentare e il mentire”
(Castrovillari, Teda); “Altro dall'arte. Saggi di estetica” (Roma-Bari,
Laterza); “Senso e storia dell'estetica: studi offerti a Emilio Garroni” (Pietro
Montani, Parma, Pratiche Editrice); "Interpretare", in Il testo
letterario. Istruzioni per l'uso, Roma-Bari, Laterza); “Critica della facoltà
di giudizio” (Torino, Einaudi); “Immagine e figura” (Roma-Bari, Laterza); “Scritti
sul cinema: pubblicati dalla rivista "Filmcritica"; Edoardo Bruno e
Alessia Cervini, Torino, Aragno, Creatività, introduzione di Paolo Virno,
Macerata, Quodlibet); “La macchia gialla’ (Milano, Lerici, Dissonanzen
quartett. Una storia” (Parma, Pratiche); “Racconti morali, o Della vicinanza e
della lontananza, Roma, Editori riuniti); “Sulla morte e sull'arte: racconti
morali, Parma, Pratiche); Lettere alla TV”, Monteleone, Storia della Radio e
della Televisione italiana, Marsilio; Una puntata del 1961, tratta da Rai
Teche, del programma TV "Arti e Scienze", in cui Garroni parla del
Bauhaus e intervista Zevi e Gropius
Presentazione della mostra dell'Autoritratto; Articolo de La Repubblica;
Intervista che riassume la nozione di estetica come "filosofia non
speciale". L'intervista fa parte dell'Enciclopedia multimediale delle
scienze filosofiche. Treccani L'Enciclopedia
italiana". Legalità / Creatività.: Garroni legge Kant di Romeo Bufalo, in
Studi di estetica, Bologna. Emilio Garroni. Garroni. Keywords: l’implicatura di
Pinocchio, Freges Sinn – Germanic ‘sinn’ *not* via Latin cognate ‘sentire’ -- senso,
senso fregeiano – senso freegan – “Fregean sense” – Do not multiply senses -- mentire/mentare/meinen/mean -- messagio,
message, semiotic – sender, recipient, message, emittente, mittente, recipiente,
message, emission, utterance, emitire, to utter – to ‘out’ -- ‘to ex-press’ ---- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Garroni” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51639513764/in/photolist-2mRGVwA-2mQ8kJS-2mLQyAA-2mLTVsg-2mFd1md-E4u3XA
Grice e Gatti – poetica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo. Grice: “I
like Gatti. Gatti is a good’un; for one, he philosophised on Aristotle’s
Poetics, something we hardly do at Oxford! And many other things, too!!” -- Nato
di Stanislao e Marianna De Nigro. Studia a Napoli sotto Puoti ed ebbe, come
colleghi, Cusani e Sanctis. Collabora a
“Il concetto di progresso.” E a “Filosofia,” il baluardo del hegelianismo a Napoli.
Le fondamenta del suo pensiero sono da ritrovarsi nell'eclettismo di Cousin,
sul quale scrisse “Di una risposta di Cousin ad alcuni dubbi intorno alla sua
filosofia.” Sostiene che vi sia un fondo di verità comune a tutte le scuole
filosofiche e reputa indispensabile fonderle in un'unica sintesi. Abbandona la
filosofia cousiniana avvicinandosi in maniera decisa all'Idealismo tedesco. Dall’idealismo
nasce la convinzione secondo la quale lo sviluppo interiore della coscienza e
l'evolversi della storia provengono entrambe da un principio comune: la legge
universale della ragione. Influenzato da Hegel e da Schelling, considera la
filosofia attuabile solo all'interno della realtà storica in quanto è la
scienza generale di tutto l'esistente. Si indirizza verso l'estetismo in
“L’arte.” Critica la dottrina aristotelica secondo la quale l'arte è una
riproduzione (mimesi) della natura, contrapponendole la filosofia hegeliana che
ritiene l'arte riproduzione (mimesi) del sovra-sensibile, delle idee, del
noetico. (“L’estetico e mimesi del noetico). In “Della filosofia in Italia” si
sofferma sul pensiero e la cultura italiani contestualizzandoli nella filosofia
europea. Esauritosi il periodo florido della diffusione della scuola hegeliana,
la rivista del Gatti andò incontro ad un lento declino e fallì anche nella
creazione di una nuova testata editoriale chiamata Rivista napoletana di
politica, letteratura, scienze, arti e commercio. Altre opere: “Della fenomenologia”; “Fichte e
il concetto di scienza; “La filosofia della storia in Grecia”;“Filosofia”. Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. treccani. Stanislao Gatti. Gatti. Keywords: poetica, Vico,
Filosofia Italiana, Scritti filosofici – implicature italiane – il vico di
Gatti -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gatti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689398126/in/photolist-2mRyRFD-2mLN3xV-2mLJBAD-2mLEwLN-2mLEvWg-2mLJzAr-2mLN4xk-2mKBFeq-2mKBG8V-2mFYSKW-2mFTkXC-CnaT3p-BK5eka-iKAuj9
Grice e
Gelli – sulla difficultà di mettere in regole la nostra lingua – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo. Grice: “I like Gelli; he is a
difficult philosopher, in a typical Italian fashion, mixing semiotics,
philosophy, philology, and literature! His reflections on Adam’s tongue (lingua
adamitica) is genial – and he proposes a distinction, which I often ignored, as
Austin did, between ‘sweet language’ (lingua dolce, qua expression, or materia)
and ‘content’ (forma) – The issue was central for Italians: Tuscan Italian was
THE lingua because it was the sweetest – at least to Florence-born Gelli’s
ears!” “Ricordati un poco di Matteo Palmieri, che era tuo vicino, che fece
sempre lo speziale, e non di manco s'acquistò tante lettere ch'e' fu mandato
da' Fiorentini per imbasciadore al Re di Napoli; la quale degnità gli fu data
solamente per vedere una cosa sì rara, che in un uomo di sì bassa condizione,
cadessono così nobili concetti di dare opera agli studi, senza lasciare il suo
esercizio; e mi ricorda avere inteso che quel re ebbe a dire: pensa quel che
sono a Firenze i medici, se gli speziali vi son così fatti.”. Figlio di Carlo,
un agiato mercante di vini originario di Peretola e trasferitosi a Firenze col
fratello, nacque in San Paolo. Esercita
per tutta la vita il mestiere di calzolaio e studia filosofia da amateur – cf.
Grice, “Gioccatore di cricket amateur e filosofo profesionale” -- Discepolo di
Francini, Verini, 3 Ficino e poeta di ispirazione savonaroliana, e vicino alla
filosofia piagnona, participa, anche se in disparte, alle riunioni
dell'Accademia, agli Orti Oricellari. Fedele a Cosimo I, ricopre cariche
pubbliche di scarso rilievo, dapprima in qualità di magistrato delle arti, poi
come membro del collegio dei dodici Buonomini, organo consuntivo del governo
mediceo. Membro degli Umidi. Ne approva la trasformazione in Accademia
Fiorentina l'anno successivo e ne fu console. Ivi tenne la sua prima lezione,
commentando un passo sulla lingua di Adamo, tratto dal canto XXVI del Paradiso
di Dante. Tenne saltuariamente lezioni su Dante e Petrarca. Le sue opere più
famose sono I capricci del bottaio, ragionamenti fra un bottaio e la propria
anima (inserito nel primo indice dei libri proibiti) e La Circe, un dialogo fra
Ulisse e i propri compagni trasformati in animali. Tra le tesi sostenute nelle
sue opere vi sono quelle della discendenza diretta da Noè dei fondatori di
Firenze, dovuta probabilmente all'influenza sul Gelli degli “Antiquitatum
variarum volumina XVII”; un falso confezionato da Annio da Viterbo, e quella della
superiorità della lingua fiorentina sulle altre. --- nominato da Cosimo I lettore ordinario
della Commedia presso l'Accademia e recita nove letture dantesche, pubblicate
con cadenza annuale, che ebbero grande influenza sugli interpreti di Dante durante
tutto il Cinquecento fiorentino. Altre opere: “L'apparato et feste nelle nozze
dello Illustrissimo Signor Duca di Firenze et della Duchessa sua Consorte”; “Egloga
per il felicissimo giorno 9 di gennaio nel quale lo Eccellentissimo Signor
Cosimo fu fatto Duca di Firenze”; “La sporta” “Dell'origine di Firenze”; “I
capricci del bottaio”; “La Circe”; “Ragionamento sopra la difficultà di mettere
in regole la nostra lingua”; “Lo errore”; “Polifila”; “Lezioni pubblicate”; “Il
Gello sopra un luogo di Dante, nel XVI canto del Purgatorio della creazione
dell'anima rationale”; “La prima lettione di Gelli fatta da lui l'anno, sopra
un luogo di Dante nel XXVI capitol del Paradiso”; “Il Gello sopra un sonetto di
M. Franc. Petrarca”; “Il Gello sopra que'due Sonetti del Petrarcha che Lodano
il ritratto Della Sua M. Laura” “Il Gello sopra ‘Donna mi viene spesso nella
mente’ di M. F. Petrarca, Tutte le lettioni di Gelli, fatte da lui nell'Accademia
Fiorentina, Letture sopra la Commedia di Dante, Delmo Maestri, Opere di Giovan
Battista Gelli, UTET, Claudio Mutini, I dialoghi morali di Giambattista Gelli
in "Storia generale della letteratura italiana V", Federico Motta
Editore, Delmo Maestri, op. cit. Claudio
Mutini, op. cit. Giovan Battista Gelli,
Dialoghi, Scrittori d'Italia 240, Bari, Laterza, F. Reina , Delle opere di G.
B. Gelli, Società tipografica de' classici italiani, B. Gamba, , G. B. Gelli,
La Circe, Venezia, Tip. d'Alvisopoli, G. B. Gelli, La Circe e i Capricci del
Bottaio (Milano, Silvestri); A. Gelli , Opere di G. B. Gelli, Firenze, Le
Monnier, C. Negroni , “Lezioni petrarchesche” (Bologna, Romagnoli); C. Negroni
, Letture edite e inedite di sopra la Commedia di Dante, Firenze, Bocca, A.
Fabre , La Circe di G. B. Gelli, Torino, Tip. Salesiana, M. Barbi, “Trattatello
dell'origine di Firenze” di Giambattista Gelli (nozze Gigliotti-Michelagnoli),
Firenze, Tip. Carnesecchi, A. Ugolini, Le opere di Giambattista Gelli, Pisa,
Tip. Mariotti, C. Bonardi, Giovan Battista Gelli e le sue opere, Città di
Castello, Tip. Lapi, A. Ugolini , G. B. Gelli, Scritti scelti, Milano,
Vallardi, U. Fresco, G. Battista Gelli. I Capricci del Bottaio, Udine, Tip. Del
Bianco. M. Bontempelli , G. B. Gelli. La Circe e i Capricci del Bottaio, Istituto
editoriale italiano, I. Sanesi ,Opere di G. B. Gelli (Torino, UTET, R. Tissoni
, G. B. Gelli, Dialoghi, Bari, Laterza, A. Corona Alesina , G. B. Gelli, Opere,
Napoli, Fulvio Rossi, Bonora, “Retorica e invenzione” (Milano, Rizzoli); A.
Montù, “Gelliana”. Dizionario biografico degli italiani. Giovan Battista Gelli.
Gelli. Keywords: sulla difficultà di
mettere in regole la nostra lingua lingua, linguaggio, Grice on English,
idiolect, dialect, Language, ---. Noe – origine della lingua, la lingua di
Adamo – la lingua fiorentina -- Accademia agli Orti Oricellari; Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gelli” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690118940/in/photolist-2mPC6Zb-2mLKeCe-2mKC3nj-2mKFnvf-2mKA5tC
Grice e
Gemmis – il console – filosofia italiana – Luigi Speranza (Terlizzi).
Filosofo. Grice: “I love Gemmis.” Grice: “Gemmis is a good example of how an
Italian philosopher differs from a philosophy don at Oxford – ‘don’ is
derogatory; whereas de’ Gemmis is a barone! – And he writes about ‘reason,’
‘ragione’ – with Abate Genovesi --; unlike a ‘don’ at Oxford who would over-do
reason to keep a post at his college!” – Grice: “In them days, Italian
illuminists took reason very seriously, and possibly ‘light,’ too!” Ferrante de
Gemmis (Terlizzi), filosofo. Figlio del Barone di Castel Foce Tommaso de Gemmis
e di Francesca Bruni dei baroni di Cannavalle, fu fratello di Gioacchino,
rettore dell'Altamura, di Giuseppe de Gemmis, Presidente della Regia Camera
della Sommaria, e di Giovanni Andrea, Consigliere della Suprema Corte di Giustizia. Si trasferì in Napoli affidato al prozio, il
potente Ministro Ferrante Maddalena, dove studia dai più prestigiosi
precettori. Fu allievo di Genovesi, di cui divenne amico e con cui mantenne una
cospicua corrispondenza epistolare raccolta nelle Lettere familiari del celebre
illuminista. Si laurea a Napoli, il ministro Maddalena lo introdusse negli
ambienti più esclusivi della corte partenopea istituendolo erede universale con
la clausola di aggiungere il suo cognome, obbligo mai rispettato dai
discendenti. Morto il pro-zio, e nominato dal sovrano giudice a Cava de'
Tirreni e fu malvisto a corte poiché rinunzia alla carica per ritirarsi a
Terlizzi, per stare vicino al padre malato. Qui si dedica ai suoi studi di
filosofia e da vita ad una fervida attività culturale rivelandosi l'esponente
primario dell'illuminismo. Istituì una Accademia, vero e proprio cenacolo
culturale con scopo di ricerca scientifica e di attuazione pratica di
conoscenze in campo agricolo. Purtroppo, non ottenendo l'approvazione Reale
perché sospetto centro di idee liberali, l'Accademia dovette chiudere, ma gli
incontri culturali proseguirono ufficiosamente per anni grazie anche all'incoraggiamento
epistolare di Genovesi. Sposa Caterina Lioyi, di nobile famiglia di orientamento
massonico. Fu governatore de promosse il riscatto della città dal diritto di
molitura che aveva la duchessa di Giovinazzo donna Eleonora Giudice. Fonda il
Conservatorio delle Orfanelle a la scuola pubblica con reale approvazione. Fu
inoltre incaricato da Ferdinando I di Borbone al riordinamento
dell'amministrazione della Città, che fu divisa in tre ceti in base ai ranghi.
Ebbe sette figli, tra cui Tommaso de Gemmis Maddalena, capitano dei R. R.
eserciti e governatore militare di Terlizzi; Elisabetta, moglie di Giuseppe de
Samuele Cagnazzi, fratello del celebre Luca de Samuele Cagnazzi; Cecilia,
sposatasi con Pietro Lupis e Giuseppe, sposato a Donna Maria de Introna, dalla
cui discendenza avrà origine il ramo di Gennaro de Gemmis. De Gemmis scrisse
numerose opere letterarie e filosofiche, che volle pubblicate anonime per
modestia e che oggi sono andate perdute, salvo “Tavole cronologiche della
Storia Universale” (Napoli, Samperia della Soc. Letteraria e tipografica).
Gaetano Valente Feudalesimo e feudatari Terlizzi nel Settecento, Molfetta,
Mezzina, 2Cabreo de Gemmis, Biblioteca Provinciale "de Gemmis", Bari
Ruggiero Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli»
meridionali del '700 , Gangemi Editore, Roma. Ferrante de Gemmis. Gemmis. Keyowords:
il console, tavola cronologica della storia universal. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Gemmis” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758773591/in/dateposted-public/
Grice e
Genovese -- tribù – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli).
Filosofo. Grice: “I like Genovese; for one, he has explored the philosophy of
‘vincoli,’ which is all that my theory of communication is about!” Grice:
“Genovese has explored the etymology of ‘tribe,’ as originating with Romolo!”
Gricce: “Genovese has punned on Kant’s silly ‘pure reason,’ surely what Kant
meant was a pure critique of reason – since ‘pure’ is hardly synonymous with
‘theoretical,’ which the treatise is all about! When Kant goes on to write Part
II, he qualifies ‘reason,’ as ‘practical,’ HARDLY impure!” – Studia a Pisa e
Parigi sotto Foucault al Collège de France. Interessato alla teoria dei
sistemi, entra in contatto con Luhmann. La teoria sociologica costituirà da
allora una parte importante della sua riflessione. Membro della Fondazione per
la critica sociale, fa parte della redazione della rivista La società degli
individui e lascia la redazione di Il Ponte per contrasti sulla direzione della
rivista. Formatosi in una prospettiva hegelo-marxista vicina alla Scuola
di Francoforte, se ne allontana progressivamente (come si può osservare già in
“Dell’ideologia inconsapevole. attraverso Schopenhauer, Nietzsche, Adorno”
(Napoli, Liguori), assumendo sempre più nettamente una postura
scettico-relativista con un’attenzione alle scienze sociali e, in esse, alla
funzione, appunto relativistica, svolta dall’antropologia culturale. Indicativo
di questo passaggio è l’articolo su “Hume e la filosofia antropologica” in “Tra
scetticismo e nichilismo” (Pisa, Ets), in cui nel contempo si nota l’interesse
per la teoria dei sistemi. La forma
compiuta dell’evoluzione della sua filosofia si trova in “La tribù
occidentale”, “Per una nuova teoria critica” (Torino, Bollati Boringhieri), e :Un
illuminismo autocritico. La tribù occidentale e il caos planetario” (Torino,
Rosenberg e Sellier), in cui, nella presa di distanze dalla soluzione di
Habermas (v. Speranza, “Grice e Habermas”), si profila una logica
dell’ibridazione e del paradosso come fuoriuscita dalla dialettica di marca
hegeliana. Questa linea è approfondita,
in senso più strettamente politico con il rilancio di un’idea di socialismo,
nel successivo “Convivenza difficile” (Milano, Feltrinelli), “L’Occidente tra declino
e utopia” (Milano, Feltrinelli), e soprattutto, facendo i conti finali con la
teoria dei sistemi, nel “Trattato dei vincoli. Conoscenza, comunicazione,
potere” (Napoli, Cronopio), a tutt’oggi
la sua opera teoricamente più significativa. Si è dedicato in modo particolare
ai temi politici e civili con “Che cos’è il berlusconismo” (Roma, Manifesto); “Il
destino dell’intellettuale” (Roma, Manifesto), “Totalitarismi e populismi”
(Roma, Manifesto) -- tutti pubblicati dalla casa editrice Manifesto di Roma, e
intervenendo regolarmente in rete nel sito “Le parole e le cose” e in quello
della rivista Il Ponte. I suoi interessi estetico-letterari si esprimono
dapprima con “Teoria di Lulu. L’immagine femminile e la scena intersoggettiva”
– keywords: scena intersoggetiva – (Napoli, Liguori), in cui, nel rivisitare il
mitico personaggio teatrale, e poi anche filmico, creato da Wedekind, affronta
il tema della cosiddetta lotta dei sessi, ripreso con un romanzo breve in forma
epistolare (“L’anti-eros”, Firenze, Ponte alle Grazie) in cui sono presenti sia
una chiara vena satirica sia il tentativo di fare filosofia in altro modo, in
una vaga ispirazione kierkegaardiana. Seguono i libri di viaggio, o
apparentemente tali nella miscela di finzione narrativa e saggismo, Falso
diario e Tango italiano (Torino, Bollati Boringhieri); “L’Occidente (“Roma,
Manifestolibri), e ancora quello che probabilmente è il suo libro più sofferto,
insieme documento di una crisi e stravolta autobiografia visionaria, “Ci sono
le fate a Stoccolma. Dal diario dell'esilio mentale” (Reggio Emilia, Diabasis).
Altre opere: “Modi di attribuzione” (
Napoli, Liguori); “Figure del paradosso” (Napoli, Liguori); “Critica della
ragione impure” (Milano, Bruno Mondadori); “Gli attrezzi del filosofo” (Roma,
Manifesto). “L'idea, o forse dovrei dire il gesto, mi sembra felice: invece di
scrivere un saggio su x (ideologico, politico, storico) scrivere di sé come
turista a disagio che vorrebbe scrivere un libro su x», G. Bollati a R.
Genovese, leGiulio Bollati. Lo studioso, l'editore, Torino, Bollati
Boringhieri, A. Tricomi, La Repubblica delle Lettere, Macerata, Quodlibet. “Genovese
è quasi costretto non semplicemente ad alternare, ma addirittura a sovrapporre,
ad arricchire l'uno con le peculiarità degli altri, e infine a rendere, più che
reversibili, indistinguibili, registri argomentativi e stilistici tra loro
assai diversi. Ci sono le fate a Stoccolma diventa perciò il libro di un filosofo, senza che mai si possano individuare
luoghi del testo in cui una delle anime che lo ispirano prenda nettamente il
sopravvento». Rino Genovese. Genovese. Keywords: tribù, attribution,
self-ascription, ascription, labelling, power, language, illuminism, critical
illuminism, critical theory, critica della ragione impura; tribu occidentale; Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Genovese” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758754166/in/dateposted-public/
Grice e
Genovesi – logica p gli giovanetti – filosofia italiana – Luigi Speranza (Castiglione
del Genovese). Filosofo. Grice: “I like Genovesi.” Grice: “Genovesi is a
good’un – he reminds me of Oxford – his treatise on logic he called ‘per gli
giovenetti,’ which is, as Piaget would say, as it would.” Grice: “Genovesi
reminds me of Strawson, or rather of myself teaching logic to Strawson back in
that infamous term of 1938!” – Grice: “I like Genovesi; I don’t think Socrates
taught logic to Alcebiades; he couldn’t teach since the ‘dialogue’ is hardly
the way to do it; and then Socrates did not teach logic to Plato; Plato did not
teach logic to Aristotle, since the dialogue is not the way to go – so it is
possibly Aristotle who first ‘taught’ logic to Alexander – this would indicate
that he felt the need to change the form from silly dialogical exchanges to
actual propositions that Alexander could swallow – “Sign” is what stands for
something – a word is the sign of an idea – the idea is the sign for a thing.”
– and so on. “Some things imply others; others IMPLICATE others.” – Grice:
“Genovesi has an interesting bunch of things to say about logic, but then any
writer of a ‘tractatulus’ in logic would: so he explores the
natural/conventional distinction as applied to signs, and then the affirmation
and negation, and pragmatic concerns with obscurity and ambiguity – and
sophismata – and complex ‘causal’ propositions, -- quite a genius – and if a
palaeo-Griceian, if I may myself say so!” Figlio di Salvatore, calzolaio e
piccolo imprenditore, e di Adriana Alfinito di San Mango. Il padre lo indirizza
in tenera età verso gli studi. E affidato agli insegnamenti di Niccolò Genovese,
un congiunto, medico tornato da Napoli, il quale lo istruì in filosofia
peripatetica per due anni e in quella cartesiana per un anno. Nel corso degli
studi filosofici, si innamora di Angela Dragone. Questo amore non trovò
l'approvazione del severissimo genitore il quale condusse immediatamente il
figlio a Buccino, dove abitavano alcuni parenti, presso il convento dei Padri
Agostiniani dove seguì gli insegnamenti filosofici di Abbamonte, appassionandosi
al latino di Catone e Varrone. Insegna retorica a Salerno dove incontra Doti, dal
quale riceve lezioni di perfezionamento nel latino.Si trasferì a Napoli, dove
intraprese dapprima la carriera forense, che lasciò presto. Fonda una scuola
privata di metafisica e teologia. A Napoli fu in contatto con Vico e ottenne la
cattedra di metafisica. Alcune sue posizione contenute in “Elementa Metaphysicae”
furono dai suoi nemici considerate eretiche, e dovette servirsi dell'intervento
dell'arcivescovo di Taranto Celestino Galiani, e di Benedetto XIV per
conservare l'abito talare. In seguito a queste denunce lascia l'insegnamento
della metafisica a Napoli, per passare all'etica, cattedra che era stata tenuta
in passato da Vico. L'evoluzione dalla metafisica- all'etica prosegue con
il passaggio all' “economia” quando si compì la trasformazione 'da metafisico a
mercante', come egli stesso ebbe a scrivere nella sua autobiografia. Insegna'commercio
e meccanica, con fondi privati da Intieri, la prima cattedra di economia di cui
si abbia traccia in Europa, se non consideriamo cattedre di economia quelle
istituite negli anni venti Professorei n Prussia nell'ambito della tradizione
camerale. Il suo lavoro come economista è stato quello più fecondo, tanto che
Genovesi divenne un autore fondamentale. Si diffondevano in quel tempo i primi
accenni di rivolta allo spirito e al costume della Contro-Riforma: gli spunti
di polemica antigesuitica e anticlericale, la ripresa della lotta in difesa
dell'autonomia di un sato laico contro ogni interferenza del cattolicesimo, ai
primi elementi di una teoria delle monarchie illuminate e del regime
paternalistico, nonché, sul piano letterario, l'avvento di una poetica e di una
critica più aperte e coraggiose. In pratica, fu l'inizio della vera
rivoluzione culturale che si attuò nella seconda metà del Settecento sotto il
segno dell'Illuminismo caratterizzata dalla necessità di trasformare integralmente
i cardini dciviltà in tutte le sue manifestazioni. In questo ambito, la
filosofia politica di Genovesi e decisamente di tipo riformatore, un anglofilo
sotto spoglie francesi. Nella sua filosofia, persegue un compromesso tra
idealismo ed empirismo, cercando ad ogni costo di salvare gli essenziali valori
religiosi della filosofia cristiana. Riceve l'influenza del nuovo panorama
culturale italiano, con la voglia di cercare con studi ed esperimenti il
concetto della pubblica felicità, consistente nel far uscire l'uomo dallo stato
di "oscurità" (Illuminismo, che in Francia era già in atto: Les
Lumières). Prese coscienza della decadenza culturale, materiale e spirituale
dopo il periodo d'oro del Napoletano e, quindi, si rese conto della necessità
di intervenire per riportare le arti, il commercio e l'agricoltura a nuovi splendori. “Io,
che era cominciato a tediarmi di questi intrighi teologici e che cominciava ad
avere in orrore studi si turbolenti, e spesso sanguinosi, feci di più: mi
ripresi i miei manoscritti, e deliberai permanentemente di non pensare più a
queste materie.» Per tale motivo, abbandona la metafisica e si dedica all’economia
affermando tra le altre cose, che l’economia deve servire ai governi per
alimentare la ricchezza e la potenza del stato. Ritiene che per favorire il
benessere “sociale” sia necessario promuovere la cultura e la civiltà, per
questo motivo è il primo cattedratico ad impartire le sue lezioni in italiano.
Docente di economia politica, occupa una cattedra istituita appositamente per lui
di “commercio e meccanica” a Napoli da Intieri. Soggiorna più volte nel palazzo
proprio di Intieri a Massaquano per lunghi periodi dove si rifugiava per
trovare "la musa ispiratrice" e lì infatti scrisse alcune sue
opere. Sostiene che anche le donne e i contadini abbiano diritti alla
cultura poiché questa è uno strumento fondamentale per realizzare l'ordine e
l'economia nelle famiglie, e di conseguenza nella società, è inoltre importante
anche l'educazione degli uomini e in particolar modo lo sviluppo delle arti e
delle scienze, contrapponendosi all'idea di Rousseau per il quale il progresso
costituisce la fonte di tutti i mali. Denuncia anche la presenza di un numero
eccessivo di persone che vivono esclusivamente di rendita e affronta tematiche
importanti come problemi di debito pubblico, inflazione e circolazione
monetaria. Il suo pensiero economico è espresso in Lezioni di commercio o
sia di economia civile e considerate una
delle prime opere di filosofia economica. Cerca, così, di indicare la via per
alcune riforme fondamentali: dell'istruzione, dell'agricoltura, della proprietà
fondiaria, del protezionismo governativo su commerci e industrie. Tenne
sempre le sue lezioni in italiano grazie alla sua passione per il civile: viene
ricordato per essere stato il primo docente a esprimersi in italiano durante i
suoi corsi e per essere stato tra i primi a scrivere trattati di metafisica e
di logica in italiano. Così operò, anche e soprattutto, per diffondere lo
studio dell'Economia e delle scienze nel popolo: in questo atteggiamento Genovesi
è ancora una volta in piena continuità con gli umanisti, giudicando anche
questo un mezzo di incivilimento. Altre opera: Lezioni di commercio (Milano,
Fondazione Mansutti). Altre opera: Elementa metaphysicae mathematicum in morem
adornata, Napoli; Elementorum artis logicae-criticae libri quinque Gli elementi
dell'arto logico-critica, Venezia) Meditazioni filosofiche; Lettere
filosofiche; Lettere Accademiche;
Memorie Autobiografiche; Lezioni di commercio o sia d'economia civile; Della
diceosina o sia della Filosofia del Giusto e dell'Onesto; Delle Scienze
Metafisiche per li giovanetti 1767; Altre opere da ricordare sono La logica per
i giovanetti, Istituzioni di Metafisica per Principianti e Lettere familiari,
che testimoniano l'intensa corrispondenza epistolare tra l'abate e il letterato
dell'epoca Ferrante de Gemmis, uno dei pochi testimoni dell'illuminismo
pugliese. Corpaci, F., Antonio Genovesi; note sul pensiero politico,
Giuffrè, Peter Jones , Reception of David Hume in Europe, Continuum, Palatano,
Rosario; Genovesi, Antonio. Antonio Genovesi: teoria del commercio, LUISS
University Press, .Antonio Genovesi, in Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 10 maggio . Lucio Villari, Il pensiero economico di Antonio
Genovesi, Le Monnier, Chines, Loredana. Su alcuni aspetti linguistici degli
scritti di Genovesi, Pensiero politico, Davide Alessandra, Antonio Genovesi:
uno dei padri dell'illuminismo meridionale, su historiaiuris.com, . M.
Bonomelli (a cura di, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia
dell'assicurazione, Fondazione Mansutti, schede bibliografiche di C. Di
Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, Luigino Bruni, Voce
"Antonio Genovesi" in Il Pensiero Economico Italiano, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana Treccani.
Luigino Bruni e Stefano Zamagni, Economia civile, Il Mulino, Bologna, .
A. M. Fusco, Antonio Genovesi e il suo mercantilismo "rinnovato", in
A. M. Fusco, Visite in soffitta. Saggi di storia del pensiero economico, Napoli,
Editoriale Scientifica, Giuseppe Galasso, Il pensiero religioso di Antonio
Genovesi, Rivista storica italiana, G. Genovese, Contro le "Penelopi della
filosofia". Note sulle Lettere accademiche di Antonio Genovesi,
L'acropoli, G. Genovese, Tra Vico e Rousseau: le autobiografie di Antonio Genovesi,
L'acropoli, D. Ippolito, Antonio Genovesi lettore di Beccaria, Materiali per
una storia della cultura giuridica, C. Passetti, Una fragile armonia: felicità
e sapere nel pensiero di Antonio Genovesi, Rivista storica italiana, M.L.Perna,
Eluggero Pii e l'edizione delle opere di Antonio Genovesi Dialoghi e altri
scritti. Intorno alle Lezioni di Commercio, Il pensiero politico: rivista di
storia delle idee politiche e sociali, A. M. Rao, Etica e commercio: i Dialoghi
di Antonio Genovesi nell'edizione di Eluggero Pii, Il pensiero politico:
rivista di storia delle idee politiche e sociali, Wolfgang Rother, Antonio Genovesi, in
Johannes Rohbeck, Wolfgang Rother : Grundriss der Geschichte der Philosophie,
Die Philosophie des 18. Jahrhunderts, Italien. Schwabe, Basel, Rosario Villari,
Antonio Genovesi e la ricerca delle forze motrici dello sviluppo sociale, «Studi
Storici», E. Zagari, Il metodo, il progetto e il contributo analitico di
Antonio Genovesi, Studi economici, 2V. Gleijeses, Napoli nostra e le sue
storie, Società Editrice Napoletana, Napoli, Pietro Napoli Signorelli, Treccani,
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Genovesi, sConferenza Episcopale
Italiana. Opere di Antonio Genovesi /
Antonio Genovesi (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere
di Antonio Genovesi, . Luigino Bruni, Genovesi,
Antonio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Saverio
Ricci, Genovesi, Antonio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . 13 novembre . Corrado
Barbagallo, Antonio Genovesi, Estratto da: Rassegna Storica Salernitana. Antonio
Genovesi. Genovesi. Keywords: logica per gli giovanetti, critica della ragione
economica, scambio conversazionale --. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice e Genovesi: critica della ragione economica” -- per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759585870/in/dateposted-public/
Grice e
Gentile – Enea all’inferno – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taggia).
Filosofo. Grice: “It seems every philosopher has a catabasis – as Eneas did!”
“Falamonica spends a ‘stagione’ in hell, too!” -- “I do like Falamonica – the
way he makes ‘Aristoteil’ rhyme! “E vidi alfin colui, che fra’ mortali / più
degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e batter l’ali; /
dico Aristotil.” – Grice: Falamonica is interesting: there is Socrates teaching
Alcibiades, and Socrates teaching Plato, and Plato teaching Aristotle, and
Aristotle teaching Alexander!” Figlio di Pancrazio Falamonica Gentile e
Violantina Piccamiglio. Venne in contatto coll’astrologia. Compose i Canti,
poema dottrinale in terzine di 42 canti, chiaramente derivato dalla Commedia di
Dante. Grice: “It is a fun philosophical comedy: “E vidi alfin colui, che fra’
mortali / più degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e
batter l’ali; / dico Aristotil.” Opere: “Canti. Dizionario Biografico degli
Italiani. Falamonica. Bartolomeo Fallamonica Gentile. Gentile. Keywords: Enea
all’inferno, parodies of the Divine Comedy, Raimondo Lullo, Bruno e Lullo, il
libro dell’amante e dell’amato, ars amative. Commedia filosofica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentile” –
The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758709006/in/dateposted-public/
Grice e Gentile – implicatura dell’atto – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Castelvetrano).
Filosofo. Grice: “Do not multiply the senses of ‘state’ (normative,
prerogative) beyond necessity.” Grice: “It’s difficult to assess the philosophy
of Gentile; he is a Peirceian, like me –. He ie into ‘conventional sign’ and
‘natural sign’ – and considers intersubjectivity as a way to suprass the type
of Berkeleyan idealism – his tradition is Plathegel, mine is Ariskant!” Grice:
“The roots of Gentile’s philosophy are in Hegel’s logic, as are Bradley’s,
Bosanquet, and Collingwood’s! – and Croce’s!” -- idealist philosopher. He
taught philosophy at Pisa. Gentile rejects Hegel’s dialectics as the process of
an objectified thought. Gentile’s actualism or actual idealism claims that only
the pure act of thinking or the transcendental subject can undergo a
dialectical process. All reality, such as nature, God, good, and evil, is
immanent in the dialectics of the transcendental subject, which is distinct
from the empirical subject. Among his major works are “La teoria generale dello
spirito come atto puro” and “Sistema di logica come teoria del conoscere.”
Gentile sees conversation is a concerted act that overcomes the apparent
difficulties of inter-subjectivity and realizes a unity within two
transcendental subjects. Actualism was pretty influential. With Croce’s
historicism, it influenced two Oxonian idealists discussed by H. P. Grice:
Bernard Bosanquet and R. G. Collingwood (vide: H. P. Grice, “Metaphysics,” in
D. F. Pears, The Nature of Metaphysics, London, Macmillan). Insieme a Croce uno
dei maggiori esponenti del idealismo, nonché un importante protagonista della
cultura, fonda L’Istituto dell'Enciclopedia Italiana e artifice della riforma
della pubblica istruzione (Riforma Gentile). La sua filosofia è detta
attualismo. Inoltre fu figura di spicco del fascismo italiano. In seguito
alla sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana, fu assassinato durante la
seconda guerra mondiale da alcuni partigiani comunisti dei GAP. «Era un
omone che ispirava grande simpatia; con la pancia incontenibile, i bei capelli
brizzolati sopra un faccione rosso acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché
un filosofo: così mi apparve, benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi
Discorsi di religione, freschi di lettura. Bonario, familiare (paternalista),
mi fece l'impressione di un vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua
autorità sull'indiscusso ruolo di patriarca” (Geno Pampaloni, Fedele alle
amicizie. Figlio di Giovanni e Teresa Curti. Frequenta il ginnasio/liceo
"Ximenes" a Trapani. Vince quindi il concorso per posti di interno di
Pisa, dove si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia. A Pisa ha come maestri,
tra gli altri, Ancona, professore di letteratura, legato al metodo storico e al
positivismo e di idee liberali, Crivellucci, professore di storia, e Jaja,
hegeliano seguace di Spaventa, che influirono molto su Gentile. Dopo la laurea,
con massimo dei voti e ottenimento del diritto di pubblicazione della tesi, ed
un corso di perfezionamento a Firenze, ottiene una cattedra in filosofia presso
il convitto nazionale Pagano di Campobasso. Si sposta a Napoli. Sposa
Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro matrimonio nasceranno Federico
Gentile, i gemelli Gaetano Gentile e Giovanni Gentile junior, Giuseppe Gentile,
e Tonino Gentile Ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Ottiene poi
la cattedra a Palermo, dove frequenta il circolo di Pojero e fonda “Nuovi
Doveri.” A Pisa e Roma. Insegna a Palermo, Pisa, Roma e Milano. Durante gli studi
a Pisa incontra Croce con cui intratterrà un carteggio continuo. Uniti
dall'idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), contrastarono assieme il
positivismo e le degenerazioni dell'università italiana. Insieme fondano “La
Critica” al rinnovamento della cultura
italiana. L'attualismo ha configurazione sistematica. Divenne membro del
Consiglio superiore della pubblica istruzione. All'inizio della prima guerra
mondiale, tra i dubbi della non belligeranza, si schiera a favore della guerra
come conclusione del Risorgimento. Rivela a sé stesso la passione politica che
gli stava dentro e assunse una dimensione che non era più soltanto quella del
filosofo che parla “ex cathedra”, ma
quella dell'"intellettuale" militante, che si rivela al pubblico. Partecipa
attivamente al dibattito politico e culturale. E tra i firmatari del manifesto
del “Gruppo Nazionale Liberale”, che, insieme ad altri gruppi nazionalisti e di
ex combattenti forma l' “Alleanza” per le elezioni politiche, il cui programma
politico prevede la rivendicazione di uno stato forte, anche se provvisto di
larghe autonomie regionali e comunali, capace di combattere la metastasi
burocratica, il protezionismo, le aperture democratiche alla Nitti, rivelatosi
«inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e
tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e nobili». Fonda il “Giornale
critico della filosofia italiana”. Diviene
consigliere comunale al Municipio di Roma, mentre l'anno successivo viene
nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A. B. A., ovvero alle “Antichità”
e alle “Belle Arti”, sempre del Municipio di Roma. Diviene socio dell'Accademia
dei Lincei. Gentile non mostra particolare interesse nel confronto del
fascismo. Fu solo allora che prese posizione in merito, dichiarando di vedere
in Mussolini un difensore di un “liberalismo” risorgimentale nel quale si
riconosce.“Mi son dovuto persuadere che il ‘liberalismo’, com'io l'intendo e
come lo intendeno gli uomini della gloriosa destra che guida l'Italia del
Risorgimento, il liberalismo della libertà nella legge, e perciò nello stato
forte, e nello stato concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato
in Italia dai ‘liberali’, che sono più o meno apertamente contro di Lei, ma per
l'appunto, da Lei.” (Lettera a Mussolini). All'insediamento del regime viene
nominato ministro della Pubblica Istruzione, attuando La Riforma Gentile,
fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla legge
Casati di più di sessant'anni prima! Diviene senatore del Regno. Si iscrive al
Partito Nazionale con l'intento di fornire un programma ideologico e culturale.
Dopo la crisi Matteotti, date le dimissioni da ministro, Gentile viene chiamato
a presiedere la Commissione dei Quindici per il progetto di riforma dello
Statuto Albertino (poi divenuta dei Diciotto per la riforma dell'ordinamento
giuridico dello stato). Resta fascista e pubblica il “Manifesto degli
intellettuali” in cui vede la filosofia come un possibile motore della rigenerazione
degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento. Questo
manifesto sancisce l'allontanamento di Gentile da Croce, che gli risponde con
un tipico “contro-manifesto”. Promuove la nascita dell'Istituto di Cultura. Per
le numerose cariche, esercita un forte influsso sulla cultura italiana,
specialmente nel settore filosofico. È imembro dell'Istituto Treccani. A
Gentile si devono in gran parte il livello culturale e l'ampiezza della visione
dell'Enciclopedia Italiana. Invita infatti a collaborare alla nuova impresa
3.266 filosofi di diverso orientamento, poiché nell'opera si deve coinvolgere
tutta la cultura italiana, compresi molti studiosi notoriamente anti-fascisti,
che ebbero spesso da tale lavoro il loro unico sostentamento. Riesce in tal
modo a mantenere una sostanziale autonomia, nella redazione dell'Enciclopedia
Italiana, dalle interferenze del regime. È coinvolto nell'istituzione del
Giuramento di fedeltà al regime che causerà l'allontanamento di alcuni
dall'Università. Inaugura a Genova l'Istituto mazziniano. Fonda il Centro
nazionale di studi manzoniani. Fonda la Domus Galilaeana a Pisa. Non
mancano comunque i dissensi col regime. In particolare, la sua filosofia subisce
un duro colpo alla firma dei Patti Lateranensi tra il cattolicesimo e lo stato.
Sebbene riconosca il cattolicesimo come una forma della spiritualità , ritiene
di non poter accettare uno stato NON laico. Questo evento segna una svolta nel suo
impegno politico militante, è inoltre contrario all'insegnamento del
cattolicesimo nel ginnasio e nel liceo. Il Sant'Uffizio mette all'”Indice” le
sue opere a causa del loro riconoscimento, nel solco dell'idealismo, del
cattolicesimo come una mera "forma dello spirito” -- totalmente inferiore
alla filosofia: ‘theologia ancilla philosophiae.” “La mia religione, in cui vi
sono anche alcune velate critiche al cattolicesimo e ispirata da Alighieri,
Gioberti e Manzoni.” Degna di nota anche la sua difesa di Bruno, il filosofo
eretico condannato al rogo dall'Inquisizione, al quale dedica una apologia,
impegnandosi anche presso Mussolini perché la statua di Bruno in Campo de'
Fiori e opera dello scultore anticlericale Ettore Ferrarinon fosse rimossa,
come richiesto da alcuni cattolici. Comincia una lunga polemica contro
Vecchi, che Gentile accusa di “inquinare la cultura”.“Roma non ebbe mai un'idea
che fosse esclusiva e negatrice.”“Roma accolse sempre e fuse nel suo seno, idee
e forze, costumi e popoli.” “Così poté attuare il suo programma di fare dell'urbe,
l'orbe.” “La Roma antica volgendosi con accogliente simpatia e pronta e
conciliatrice intelligenza a ogni persona a ogni forma di vivere civile, niente
ritenendo alieno da sé che fosse umano.”“Sono i popoli – come i longobardi! -- piccoli
e di scarse riserve quelli che si chiudono gelosamente in se stessi in un nazionalismo
schivo e sterile.”In La mia religione dichiara di essere credente nello stato
laico – ‘stato no laico e una contradictio in terminis’ -- Nel Discorso
del Campidoglio esorta all'unità. Si ritira a Troghi, dove filosofa su la “Genesi
e struttura della società” nel nel quale teorizza su la politica
dell’umanesimo. Considera “Genesi e struttura della societa” il coronamento dei
suoi studi speculativi tanto che mostrando il manoscritto, scherzando disse. "I
vostri amici possono uccidermi ora se vogliono.”“Il mia missione nella vita è
compietata.”La caduta di Mussolini non preoccupa particolarmente Gentile che
intese il tutto come un avvicendamento al governo. Inoltre la nomina nel primo
governo Badoglio di alcuni ministri che precedentemente erano stati suoi
collaboratori lo conforta. In particolare la amicizia con Severi spinse Gentile
ad inviargli una lettera di auguri per la nomina e a sottoporgli alcune
questioni rimaste in sospeso con il governo precedente. Severi rispose a
Gentile lanciandogli un duro e inatteso attacco. Travisandone volontariamente i
contenuti evitando però di renderli noti avvalorò l'idea che Gentile gli si
fosse proposto come consigliere ponendolo quindi in obbligo a respingerne la
proposta. Gentile replica a Severi e rassegna le dimissioni da Pisa. Gentile
respinse in un primo tempo la proposta di Biggini di entrare al Governo, dopo
un incontro con Mussolini sul lago di Garda si convinse ad aderire alla
Repubblica Sociale Italiana. Divenne presidente della Reale Accademia d'Italia,
con l'obiettivo di riformare L’Accademia dei Lincei che fu assorbita
dall'Accademia. “Venne qui tempo fa un amico a cercarmi, ed io dissi francamente
i motivi politici per cui desideravo restare in disparte.”“Ma egli mi assicurò
che io potevo benissimo restare in disparate.”“Ma dovevo fare una visita al mio
amico che desidera vedermi ed era addolorato di certe manifestazioni recenti,
ostili alla mia persona.”“Negare questa visita non era possibile.”“Feci comodamente
il viaggio con Fortunato.”“Ebbi un colloquio di quasi due ore, che fu
commoventissimo.”“Dissi tutto il mio pensiero, feci molte osservazioni, di cui
comincio a vedere qualche benefico aspetto”“Credo di aver fatto molto bene
all’Italia.”“Non mi chiese nulla, non mi fece offerta.”“Il colloquio fu a quattr'occhi.”“La
nomina fu poi combinata col ministro amico e portata qui da me da un Direttore
generale.”“Non accettarla sarebbe stata suprema vigliaccheria e demolizione di
tutta la mia vita.”Sostenne la chiamata alle armi e la coscrizione militare dei
giovani nell'esercito della RSI, auspicando il ri-pristino dell'unità nazionale
sotto la guida ancora una volta di Mussolini. Intanto il figlio, Federico
Gentile, capitano d'artiglieria del Regio Esercito, era stato internato dai
tedeschi in un campo di prigionia a Leopoli in condizioni particolarmente
severe.Federico Gentile e l'unico ufficiale italiano del campo a non ricevere
la posta di ritorno. Federico Gentile aveva aderito alla RSI, ma non aveva
accettato l'arruolamento nell'Esercito Nazionale Repubblicano, preferendo tornare
in Italia da civile.Gentile elogia pubblicamente al "Condottiero della
grande Germania", e lodando l'alleanza italiana con le Potenze dell'Asse.Pochi
giorni dopo, Federico Gentile, venne trasferito in un campo meno duro.Infine, gli
fu permesso il ritorno. Per il suo appoggio dichiarato alla leva per la difesa
della RSI, riceve diverse missive contenenti
minacce di morte. In una in particolare era riportato: "Tu sei
responsabile dell'assassinio dei cinque". L'accusa era riferita alla
fucilazione di cinque renitenti alla leva rastrellati dai militi della R. S. I.
-- fucilazione orchestrata da Carità, che detesta Gentile, ricambiato. Ha
infatti minacciato di denunciare le eccessive violenze del suo reparto allo
stesso Mussolini.Gentile non e assolutamente collegato con tale evento. Il
governo repubblicano gli offre quindi una scorta armata che però Gentile
declina.“Non sono così importante, ma poi se hanno delle accuse da muovermi sono
sempre disponibile.”Considerato in ambito resistenziale come il filosofo del regime,
apologo della repressione e di un regime ostaggio di un esercito occupante, e ucciso
isulla soglia di Villa di Montalto al Salviatino, da gappisti di ispirazione comunista.
Il commando si apposta circa nei pressi della villa.Appena giunse in auto, il
gappista Fanciullacci si avvicina, tenendo sotto braccio un libro di filosofia
– “Apperance and Reality,” di Bradley -- per nascondere la rivoltella e farsi
così credere un filosofo.Abbassa il vetro per prestare ascolto.E subito
raggiunto dai colpi della rivoltella. Fuggito il gappista in bicicletta,
l'autista si diresse all'ospedale Careggi per trasferirvi il filosofo
moribondo.Gentile, colpito direttamente al cuore e in pieno petto, in breve
spira.Fu un episodio che divise lo stesso fronte di resistenza e che è al
centro di polemiche non sopite, venendo infatti già all'epoca disapprovato dal
CLN toscano con la sola esclusione del Partito Comunista, che ri-vendicò l'esecuzione.
Fu sepolto nella basilica di Santa Croce, il foscoliano tempio dell'itale
glorie. Dopo l'attentato, le autorità della R. S. I., dopo aver sospettato all'inizio lo stesso
Mario Carità promisero mezzo milione di lire in cambio di informazioni su
Fanciulacci.Venne disposto l'arresto di cinque, indicati da come i mandanti
morali.Grazie al diretto intervento della famiglia, gli arrestati sono rimessi
in libertà. All'interno di Santa Croce si inaugura un convegno di studi
gentiliani. La filosofia di Gentile fu da lui denominata “attualismo” o idealismo
attuale.L'unica vera realtà è un “atto” puro del «pensiero che pensa», cioè
l'auto-coscienza, in cui si manifesta lo spirito che comprende tutto l'esistente.Solo
quello che si realizza tramite lo spirito rappresenta la realtà in cui il
filosofo si riconosce. Il Pensiero è attività perenne in cui all'origine non
c'è distinzione tra “soggetto” e “oggetto” – dunque l’intersoggetivita e un
pseudo-problema. Avversa pertanto ogni dualismo rivendicando il monismo e l'unità
di natura (corpo, materia) e spirito (anima, forma) (monismo).Al'interno, assieme
al primato, la auto-coscienza è vista come “sintesi” della tesi del soggeto e
l’antitesi dell’oggetto.Questo e un atto in cui il primo, la tesi, il soggetto,
pone se stesso e pone il secondo (auto-concetto).In ciò consiste l'”autoctisi”
–Non hanno quindi senso un orientamento solo spiritualista o solo materialista
(naturalista).Non ha senso la divisione netta tra spirito (l’astratto) e
materia (astrazzione) del platonismo, in quanto la realtà è Una.Qui è evidente
l'influsso dell’aristotelismo (hyle-morphe) e il panteismo rinascimentale e
anche dell’ “immanentismo” (contro il transcendentalismo) più che
dell'hegelismo.Di Hegel, a differenza di Croce, che era fautore di uno
storicismo assoluto (o idealismo storicista), per cui tutta la realtà è “storia”
e non “atto” in senso aristotelico (energeia/dunamis – actus – cf. Grice, “What
is actual”), non apprezza tanto l'orizzonte storicista, quanto l'impianto
idealistico relativo alla auto-coscienza.La auto-coscienza è considerata il fondamento
del reale. Anche vi è un errore in Hegel nella formulazione della “dialettica”.
Ma questo non consiste unicamente, come afferma Croce. Croce infatti sostiene che
"tutto è Spirito". La critica di Croce non è sufficiente.Gentile
sostiene che Hegel confunde la dialettica del “implicare” (‘impiegare”) (che ha
individuato correttamente) con la dialettica dell’ “implicatum” ‘empiegato’. Lascia
forti residui della dialettica dell’impiegato,cioè quella del determinato e
delle scienze. Gentile inoltre non accetta la “dialettica dei distinti” (A
distinto da B) che Croce, in base al adagio che "non ogni negazione è
opposizione") introduce posto accanto alla “dialettica degli opposti"
(A opposto B). Infatti Gentile ritiene la
‘dialettica dei distinti’ un'aggiunta arbitraria, che snatura la dialettica
propria.Questa invece si esplica in un “atto” in cui utilizza la dialettica (A
opposto B, sintesi C) in un atto puro.Questa dialettica si esplica quindi nel
rapporto dell’impiegare e l’impiegato.Recuperando La Dottrina della scienza di
Fichte, Gentile afferma che lo spirito (anima, forma) è fondante in quanto
unità di autocoscienza, atto; l'atto puro –, è il principio e la forma della
realtà diveniente, non esistente (Gott im Werden – dall’divenire all’essere). La
dialettica dell'atto puro e l’opposizione tra la soggettività (il soggeto)
rappresentata dall'espressione --
intention-based semantics -- (tesi) e l'oggettività (oggeto) – cf.
inter-soggetivo -- rappresentata dal positivism scientism. (antitesi), cui fa
da soluzione nell’atto puro (sintesi). L'atto puro si fonda sull'opposizione
della «logica del pensiero pensante» e la «logica del pensiero pensato” – cfr.
implicans – implicatum. impiegatore – impiegante – impiegato --. La prima è una
dialettica materiale– implicans/impiegante --, la seconda una logica formale –
l’impiegato --.Gentile dedica la sua attenzione al tema della soggettività
dell'espressione nel vivere del spirito. Se da un lato l'espressione è il
prodotto di un sentimento soggettivo o una intenzione, dall'altro l’espressione
è un atto puro “sintetico” – “composito” -- non analitico – or divisso -- che
coglie tutti i momenti della vita dello spirito, acquistando dunque alcuni
caratteri del questo che Grice chiama il discorso razionale o la conversazione
come cooperazione razionale. Sviluppando fino in fondo la filosofia di
Spaventa, la filosofia dell’atto puro, per il quale la realtà esiste solo
nell'atto puro che pensa la realta.è stato interpretato come un idealismo
soggettivo (una forma di soggettivismo – o intersoggetivismo), sebbene Gentile
tende a respingere tale definizione, non essendo quell'atto preceduto né dal “soggetto”
né tantomeno dall'”oggetto” -- bensì coincidente con l'Idea stessa, e a
differenza di Fichte, in cui l'Infinito (come aveva già affermato Hegel) è un
"cattivo infinito" è in realtà immanente (non trascendente) all'esperienza,
proprio perché l’atto puro e creatore d una esperienza (datum). Gentile e un
ideologo del regime.La filosofia politica di Gentile è fortemente attivista e attualista (cioè
trasponte l'attualismo del atto puro nel campo veramente inter-soggetivo dello
scambio sociale.La politica coniughi «prassi e pensiero» (lo pratico e lo
speculative) che sia insieme «una azione a cui è immanente una ‘dottrina’
condivisa.’”Essendo insoddisfatto di fronte alla realtà, in Gentile troviamo il
primato del futuro, l’utopia, l’ideale regolativo. Ma, allo stesso tempo, un
recupero della concezione romantica illuminsita di una Ragione intesa come
Spirito universale che tutto pervade, avversa al materialismo e alla ragione
meramente strumentale mezzo-fine. In questo, l’analogia con Grice e obvia. Per
Gentile, ad esempio, il «modo generale di concepire la vita» proprio della sua
dottrina è di tipo «spiritualistico». La dottrina non è la sola qualificazione
politica che dà dello speculative.Gentile infatti e un ‘liberale’ -- nonostante
sembri respingere quasi in toto il ‘liberalismo ottocentesco’ ne La dottrina del
regime.Difatti la sua concezione politica riprende la concezione di Hege di un
stato etico o morale -- per cui ‘libero’ (free) non è primariamente l'individuo
o persona atomisticamente e materialisticamente inteso, ma soltanto lo stato stesso
nel suo processo storico. Un individuo e ‘libero’ se esplica la sua moralità nella
forma istituzionale di suo stato libero -- come chiarisce nella 'Enciclopedia
italiana. L'individuo esprime la sua libertà individuale personale solo
all'interno di un stato libero ("libertà nella legge" – lo giuridico
-- ), con ciò a dire in un contesto istituzionale organizzato (positivismo
kelseniano). Un esempio di questa concezione lo si può trovare nella destra
storica, la quale governa l'Unità d'Italia.Impone un governo autoritario (concezione
ereditata poi dalla sinistra storica di Crispi) che riusce a moderare
l'individualità dei singoli, quella che Gentile definisce come la spinta alla
disgregazione.Questo modello di governo forte è giusto (lo giuridico) in quanto,
per definizione, un stato libero e un stato etico, definito alla Mazzini come
"stato educatore". Se Gentile voglia uno stato totalitario vero e
proprio è questione invece incerta.Di certo nella sua fase prettamente del
regime, Gentile fa riferimento a un ‘stato totale", l'organismo che
accoglie tutto in sé.Con il regime si può avere vero "liberalismo" in
quanto riporta al valore primigenio del Risorgimento. Gentile dimostra un forte
approccio storicistico, secondo il quale il regime trade la sua legittimazione
dalla storia, sarebbe appunto una vera fase storica, non una mera mistica o
dottrina o ideologia. Il Risorgimento non e olo un'operazione politica, ma un
"atto di fede".Il campione di suddetto atto di fede e Mazzini:
anti-illuminista e romantico, anti-francese, spiritualista e nemico dei
principi materialistici. Lo stato giolittiano rappresenta invece un tradimento
dei valori risorgimentali.Per rompere questo “status quo” degenerativo del
processo italiano e necessario una rivoluzione. Porta un nuovo assetto, ma
anche statale, perché va a colmare una lacuna che vige nel sistema del stato. Insiste
molto sulla novità di questa rivoluzione. è un modo nuovo di concepire una nazione,
ha una consapevolezza mistica di ciò che sta compiendo. Un duce viene perciò
dipinto come un vero eroe idealistico. La missione della rivoluzione è quella
di creare l'Uomo nuovo: un uomo di fede, spirituale, anti-materialista, volto a
grandi imprese. Questo nuovo tipo di uomo e anti-tetico al carattere che Giolitti
tentò di imprimere a una nazione e che connota l'Italia come una nazione scettica,
mediocre e furbastra. In quanto ideologo, Gentile sostiene che la dottrina revoluzionaria
si deve istituzionalizzare: ciò avverrà nei fatti attraverso l'istituzione del
Gran Consiglio. La dottrina si deve inoltre far assorbire dall'italianità (e
non il contrario). Il fine è che nella società italiana non vi siano più
contra-dizioni, nessuna differenza tra cultura italiana e cultura della
dottrina. Bisogna arrivare ad una comunità omogenea e compatta anche in ambito
lavorativo. Attraverso l'istituzione
della cooperative e la corporazione, la
quale deve sanare la frattura sindacati-datori di lavoro tramite la
collaborazione o cooperazione di classe. Anche qua Gentile riprende le teorie di
Mazzini, oltre che il distributismo. Il corporativismo (di cui le estreme
realizzazioni saranno la democrazia organica e la “socializzazione” dell'economia,
progettate nella R. S. I.) permette di giungere ad uno stato di fatto in cui i
problemi economici si risolveranno all'interno della corporazione stessa, senza
provocare fratture all'interno della società, ed evitando una lotta di classe
(classe bassa, casse media, classe alta) grazie alla “terza via” della
dottrina. Gentile sostenne, opponendosi all'ala estrema e intransigente l'idea
una riconciliazione, la più ampia possibile, di tutti gli italiani.Pur
riconoscendosi nella R. S. I., invita pubblicamente il “popolo sano” ad
ascoltare “la voce della Patria”, esortandolo alla pacificazione e ad evitare
una “lotta fratricida", di cui comunque non vedrà la fine. Il gentilismo
fu una delle cinque correnti culturali del regime, assieme alla sinistra "rivoluzionario"
di Malaparte, Maccari, Bottai, e Marinetti; la dottrina clericale; la mistica
di Giani, Arnaldo, e Mussolini; e il neo-ghibellinismo pagano di Evola. Per
l'idealista Gentile, a differenza di Croce, che ritene il Marxismo solo
"passione politica", causata da uno sdegno morale a causa delle
ingiustizie sociali, il marxismo è una filosofia della storia derivata da
Hegel. Gentile afferma infatti che la concezione materialistica della storia è
costruita da Marx sostituendo la Materia -- la struttura economica -- allo
Spirito. Per Hegel lo Spirito è l'essenza di tutta la realtà, che comprende la
materia (all'interno della Filosofia della natura), come momento del suo
sviluppo.Secondo Marx invece, avendo scambiato il relativo con l'assoluto, si
finisce con l'attribuire a un mero momento (la materia, cioè, il fatto
economico) la funzione dell'Assoluto che per Hegel si sviluppa dialetticamente
ed è determinato a priori rendendo così determinato a priori l'empirico: la
struttura economica. Nonostante che la filosofia della storia marxiana sia
pertanto una errata filosofia della storia hegeliana "rovesciata",
però la filosofia di Marx possiede ugualmente un pregio: è una "filosofia
della prassi". Nelle Tesi su Feuerbach, che Gentile cura, il
"Moro" infatti critica il materialismo volgare.Questo concepisce
metafisicamente l'oggetto come dato e il soggetto come mero ricettore
dell'essenza-oggetto. Nonostante ciò, secondo Gentile, Marx, attribuisce alla “prassi”,
considerata come attività sensibile umana, la funzione di far derivare a torto
il pensiero medesimo.I filosofo di Treviri infatti considera il pensiero una
forma derivata dell'attività sensitiva e non un atto che ponga l'oggetto. Gentile
sostiene invece (contro Marx e il Marxismo) come sia l'atto del pensiero ,come
atto puro a porre l'oggetto, e quindi, in ultima istanza, a crearlo.Gentile
riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la pedagogia con la
filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della prima,
negandone i nessi con la psicologia e con l'etica. L'educazione deve essere
intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che realizza così
la propria autonomia. L'insegnamento è spirito in atto, di cui non si possono
fissare le fasi o prescrivere il metodo.Il metodo è il maestro o tutore, il
quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma affrontare questo
compito sulla scorta delle proprie risorse interiori. Programmare la didattica
sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e diveniente dello spirito che è
alla base dell'educazione. Al maestro o tutore è richiesta una vasta cultura e
null'altro.Il metodo verrà da sé, perché il metodo risiede nella Cultura stessa
che si forma continuamente da sé nel suo processo infinito di creazione e
ri-creazione.Il dualismo scolaro-maestro (tutore/tutee) deve risolversi in
unità – il dialogo socratico -- attraverso la comune partecipazione alla vita
dello spirito che tramite la cultura muove l'educatore (tutore) verso
l'educando (tutee – Gentile qui usa una forma romana, ‘educando’ – cfr.
‘implicandum’ -- e lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. «Il maestro
è il sacerdote, l'interprete, il ministro dell'essere divino, dello spirito». Il
maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo (l’educando, il tutee, lo
scolareo) deve allora entrare in sintonia nell'ascolto col maestro, proprio per
partecipare anche lui dell'attuarsi dello spirito, per farsi libero ed
autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi (auto-diddatica),
facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.Questi concetti ispirano
la riforma scolastica attuata da Gentile in veste di ministro della Pubblica
istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri.
Altri principi della filosofia di Gentile presenti nella riforma scolastica
sono in particolare la concezione della scuola come membro fondamentale dello stato
(viene infatti istituito un esame di stato che sancisce la fine di ogni ciclo
scolastico, anche se gli studi sono effettuati in un istituto privato) e il
predominio delle discipline del gruppo umanistico-filologico.Gentile fu
ministro della pubblica istruzione e mise in atto la sua riforma scolastica, e
definita da Mussolini "la più riformante delle riforme", in
sostituzione della vecchia legge Casati. Essa era fortemente meritocratica e
censitaria; dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione
della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di
tipo piramidale, cioè pensata e dedicata ai migliori e rigidamente suddivisa a
livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo ‘professionale’
per il popolo. I gradi più elevati erano riservati agli alunni più meritevoli,
o comunque a quelli appartenenti ai ceti più abbienti. Furono istituite borse
di studio perché gli studenti dotati di famiglia povera potessero proseguire
gli studi (cf. Grice, a “Midlands scholarship boy bound to Corpus!”). La logica
e messa in secondo piano, poiché e una materia priva di valore universale, che ha la sua importanza
solo a livello ‘professionale’.Difatti Giovanni Gentile, a differenza di Croce
che sosteneva l'assoluta preponderanza sociale delle materie classiche sulla
scienza, pur criticando gli eccessi del positivismo e considerando anch'egli le
materie letterarie come superiori, intrattenne anche rapporti, improntati al
dialogo, con matematici e fisici italiani (come Majorana, collaboratore di
Enrico Fermi nel gruppo dei "ragazzi di via Panisperna", che divenne
anche amico del figlio Giovanni Gentile jr., coetaneo del Majorana) e cercò di
instaurare un confronto costruttivo con il scientism.L'”obbligo” scolastico fu
innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni.
L'allievo che termina la scuola elementare ha la possibilità di scegliere tra
il ginnasio/liceo classico e la scuola scientifica oppure un istituto tecnico.Solo
il ginnasio-liceo permette l'accesso alla faculta di filosofia nella universita
di Bologna.In questo modo però viene mantenuta una profonda divisione tra classi
– l’elite, la classe alta, la classe media, e la classe basssa (questo vincolo
fu rimosso completamente). Ciò anda incontro alla visione patriarcale del Duce.Anche
Gentile nel complesso mostrò posizioni poco ricettive verso il femminismo
("il femminismo è morto" dirà), sebbene più sfumate, sostenendo che i
licei dovessero formare i "futuri capi" guerrieri.Nel triennio
dell'istruzione classica viene poi introdotta, in sostituzione, la filosofia,
adatta alla elite o classe dominanti e alla futura classe dirigente, ma non al
popolo minuto. Gentile è un filosofo della secolarizzazione e della risoluzione
della trascendenza in prassi in ciò accomunato a Marx -, determinante
addirittura per lo stesso comunismo italiano attraverso la ripresa che ne fece Gramsci.
Da sottolineare che già sulla rivista L'Ordine Nuovo, Gobetti nota sche Gentile
«format la cultura filosofica italiana.”. Di tutt'altro avviso Sasso, secondo
il quale a dover essere rivalutata non è affatto la disastrosa prassi politica
di Gentile, la cui «passionale» adesione alla dottrina «fu filosofica, forse, a
parole ma nelle cose no». Ciò che merita ancora di essere studiato, sostiene
Sasso, è invece «la filosofia dell'atto in atto», e tra essa «e la dottrina non
c'è, né ci può essere, alcun nesso». La filosofia di Gentile e la «fascistizzazione
dell'attualismo» e pertanto una «deformazione dell'idealismo”. Al di là della
sua appartenenza politica, si attribuisce comunque a Gentile un notevole spessore
filosofico. Gentile fu fascista e pagò con la vita la sua fedeltà alla dottrina.
Ma fu anche profondo pensatore. Lo riconobbero, nel primo dopoguerra, persino
Gramsci e Togliatti. Per approfondire gli studi sull'opera di Gentile e create
l' “Istituto di studi gentiliani” e la "Fondazione Giovanni Gentile"
a Roma. La filosofia gentiliana è stimata anche dal Severino, che ravvisandovi
una condivisione del sostrato filosofico tecno-scientifico del nostro tempo la
considera uno dei tratti più decisivi della cultura mondiale. Gentile e
certamente un romantico, forse l'ultima più vigorosa figura del Romanticismo
europeo.Gli venne dedicato un francobollo delle Poste italiane, unico tra le
personalità di primo piano del regime ad avere questa celebrazione da parte
della Repubblica Italiana. L'assassinio di Gentile fu una carognata
ingiusta e vigliacca. Gentile non era fascista. Che gli antifascisti furono dei
acasotto perché uccisero un grande e inerme filosofo mentre non ebbero il
coraggio di sminare i ponti di Firenze che i tedeschi avevano minato.Cavaliere
di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e
Lazzaronastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del
gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di gran croce
insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italianastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone
dell'ordine della Corona d'Italia, Cavaliere di II classe dell'Ordine
dell'Aquila Tedesca (Germania nazista)nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere
di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania). “L'atto del pensare
come atto puro; La riforma della dialettica hegeliana” (Firenze, Sansoni); La
filosofia della guerra; Teoria generale dello spirito come atto puro, Firenze,
Sansoni); I fondamenti della filosofia del diritto; “Sistema di logica come teoria
del conoscere; Guerra e fede (raccolta di articoli scritti durante la guerra)
Dopo la vittoria (raccolta di articoli scritti durante la guerra) Discorsi di
religione; Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia; Frammenti di
storia della filosofia”; “La filosofia dell'arte”; “Introduzione alla
filosofia”; “Genesi e struttura della società” “L'attualismo V. Cicero e con
introduzione di E. Severino, Bompiani, Milano
Di carattere storiografico Delle commedie di Antonfrancesco Grazzini
detto il Lasca”; “Rosmini e Gioberti”; “Marx”; “Dal Genovesi al Galluppi”;
“Telesio; “Studi vichiani” “Le origini della filosofia contemporanea in
Italia”; “Il tramonto della cultura siciliana; Giordano Bruno e il pensiero del
Rinascimento; Frammenti di estetica e letteratura; La cultura piemontese; Gino
Capponi e la cultura toscana del secolo XIX; Studi sul Rinascimento; I profeti
del Risorgimento italiano: Mazzini e Gioberti; Bertrando Spaventa; Manzoni e
Leopardi; Economia ed etica; Giovanni Gentile un filosofo scomodo; L'insegnamento
della filosofia nei licei; Scuola e filosofia; Sommario di pedagogia come scienza
filosofica” “I problemi della scolastica e il pensiero italiano; Il problema scolastico
del dopoguerra; La riforma dell'educazione, Bari, Laterza); Educazione e scuola
laica; La nuova scuola media; La riforma della scuola in Italia; “Manifesto
degli intellettuali”; Che cos'è la cultura? Origini e dottrina”; “La mia
religione”; “Discorso agli Italiani”; “Essenza” la prima parte si trova nella
Civiltà Fascista, Torino U.T.E.T.: la prima e la seconda si trovano in
l’Essenza del Fascismo, Libreria del Littorio, Roma; un'altra opera in cui si
trova questo testo è in Origini e dottrina del fascismo, istituto nazionale
fascista di cultura, Roma; altro testo in cui si trova si intitola Lo stato
etico corporativo). La filosofia del fascismo (Origini e dottrina del fascismo;
si trova in Politica e Cultura, oppure lo si può trovare le libro intitolato
L’Identità” un altro libro in cui si trova si chiama, Italia d’oggi, edizioni
de Il libro italiano del mondo, Roma); Che cosa è il fascismo-discorsi e
polemiche (Firenze, Vallecchi). Fascismo al governo della scuola; Giovanni
Gentile Scritti per il Corriere. Note Vi
è chi attribuisce al neoidealismo di Gentile e Croce il motivo che avrebbe
posto l'istruzione scientifica in un ruolo subordinato rispetto a quella filosofico
letteraria ( L'Italia della scienza negata, in Il Sole; altri invece respingono
questa interpretazione, ricordando che durante l'egemonia gentiliana nacquero
numerosi enti scientifici ( Croce e Gentile amici della scienza, in Corriere
della Sera. 10 giugno .). Cit. di Geno
Pampaloni tratta da Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Marcello
Staglieno, Milano, Rizzoli. Manifesto cit. in Eugenio Di Rienzo, Storia
d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande Guerra alla Repubblica, Firenze, Le
Lettere, Cfr. Vito de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile.
Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico, "Nuova Storia
contemporanea", Dello stesso autore,cfr. "Giovanni Gentile. Al di là
di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del
ministro", Chieti, Solfanelli, ,Scheda senatore GENTILE Giovanni
Paolo Simoncelli41. Amedeo Benedetti, "L'Enciclopedia Italiana
Treccani e la sua biblioteca", Biblioteche Oggi, Milano, Testo qui Ripubblicato nel 1991 come Giordano Bruno e
il pensiero del Rinascimento, ed. Le Lettere, collana La nuova meridiana. S.
saggi cult. cont. Giordano Bruno. LE
VICENDE DELLA STATUA «De Vecchi, Cesare
Maria», Treccani Paolo Simoncelli207.
La scelta di campo, Marco Bertoncini, Giovanni Gentile, la razza e le
bufale, l'Opinione, 30 marzo Paolo
Mieli, Gentile criticò in pubblico l'antisemitismo del regime. Uno sforzo
vano Paolo Simoncelli43. Paolo Simoncelli40. Paolo Simoncelli34. Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo; "Giovanni Gentile" di Gabriele Turi; Giovanni Gentile in
“Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia”Treccani Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo23. Francesco Perfetti,
Assassinio di un filosofo24. Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo, Luciano Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile,
Palermo, Sellerio, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo26. Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Editrice
Italiana, Roma, Simonetta Fiori, dirigere la casa editrice Sansoni esecondo la
testimonianza dell'ex interermania.html Io, italiano prigioniero in Germania,
in La Repubblica, Antonio Carioti, Quando Gentile s'inchinò a Hitler per
salvare il figlio, in Corriere della Sera, Renzo Baschera, "Chiese la
grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", "Historia",
Raffaello Uboldi, Vigliacchi perché li uccidete?, Storia Illustrata; Arnoldo
Mondadori Editore, Milano56: "Gentile, sdegnato, ha minacciato di
denunciarlo a Mussolini" Elio Chianesi,
La Benvenuti non volle mai raccontare i precisi particolari, dal suo punto di
vista: «Questa è una cosa che non dirò mai. Perché potrei fare rovesciare tutte
le cose. Perché non è come è stato detto. Come è andata l’azione dei Gap io non
lo voglio dire. Me l’hanno chiesto in tanti ma non l’ho rivelato mai a
nessuno». Vedi un intervento della Benvenuti anche in M. C. Carratù (). Paolo Paoletti, "Il Delitto
Gentile" esecutori e mandanti, Ed. Le Lettere, L'omicidio raccontato da
Giuseppe Martini "Paolo" uno dei due esecutori
materiali"...Sicuramente (Fanciullacci l'altro esecutore) gli chiese se
era il professore e subito dopo gli sparammo insieme dalla stessa parte, non
attraverso i due finestrini posteriori..."
Resistenza: "Angela", la ragazza col fiore rosso Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi
che Gentile doveva morire, in Corriere della Sera, «Per fare in modo che i gappisti incaricati
dell'agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso
l'Accademia d'Italia della Rsi, che lui dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai
partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile
imbarazzo.» (Teresa Mattei)
Luciano Canfora, "Giovanni Gentile nella RSI" in La Repubblica
Sociale Italiana Poggio, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia, Antonio
Carioti, Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire, sul Corriere
della Sera,: "L'omicidio di Gentile, anziano e inerme, suscitò una forte
impressione e fu disapprovato dal CLN toscano, con l'astensione dei comunisti.
Tristano Codignola, esponente del Partito d'Azione, scrisse un articolo per
dissociarsi." Maria Cristina
Carratù, E dopo 70 anni nuovi scenari dietro l'esecuzione di Giovanni Gentile,
La Repubblica, 24 aprile Renzo
Baschera, "Chiese la grazia per molti partigiani ma non riuscì a
salvarsi", articolo su "Historia", Ecco le carte che assolvono
l'archeologo Romano302. Gabriele Turi, "Giovanni Gentile" Così
Gaetano Gentile ricordò il suo intervento presso la prefettura: «Quella sera
stessa, per desiderio di mia Madre, io mi recai dal capo della Provincia e gli
parlai della voce [di rappresaglie] diffusasi in città, esprimendogli la ferma
e calda preghiera di mia Madre che quel proposito, se effettivamente esisteva,
venisse abbandonato e anzi gli arrestati rilasciati. Dissi anche, naturalmente,
come a me sembrasse in fondo superfluo dover esprimere tale preghiera proprio
in quella stanza in cui ancora quella mattina la voce di mio Padre si era
levata a deplorare la tragica inutilità di un metodo, dal quale non poteva
seguire che il ripetersi indefinito di una crudele successione di attentati e
rappresaglie. Era ovvio poi che, indipendentemente dalla eventuale
giustificazione politica o militare di atti simili, nulla del genere poteva
aver luogo in occasione della morte di mio Padre, alla quale si doveva da parte
del Governo e delle autorità fiorentine questo gesto di rispetto delle sue
convinzioni e del suo costante atteggiamento».
Firenze: due consiglieri, via tomba Giovanni Gentile da Santa Croce, su
liberoquotidiano. 15 novembre 16
novembre ). «Attualismo», Enciclopedia
Treccani Diego Fusaro , Giovanni Gentile
Sull'importanza della riforma della dialettica idealista di matrice
hegeliana in Gentile, si veda quest'intervista a Gennaro Sasso. L'intervista è
compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche. Bruno Minozzi, Saggio di una teoria
dell'essere come presenza pura, Il Mulino, Gentile quindi contestava a Fichte
la trascendenza dell'Io assoluto rispetto al non-io, e di restare così in un
dualismo,che non viene mai superato dall'attualità del pensiero, ma solo da un
agire pratico dilatato all'infinito ("cattivo infinito"), fermo alla
contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un idealismo
soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Discorsi di religione,
Firenze, Sansoni). Giovanni Gentile, Benito Mussolini, La dottrina del
fascismo. Nicola Abbagnano, Ricordi di
un filosofo, Marcello Staglieno, Nella Napoli nobilissima, Milano, Rizzoli, Vito
de Luca, Giovanni Gentile e il liberalismo, Mussolini, Gioacchino Volpe,
Giovanni Gentile, Fascismo, Enciclopedia Italiana. Augusto Del Noce,
L'idea del Risorgimento come categoria filosofica in Giovanni Gentile, in
"Giornale Critico della Filosofia Italiana", G. Belardelli, Il
fascismo e Giuseppe Mazzini Giovanni Gentile, Manifesto degli
intellettuali fascisti Giovanni Gentile,
"Ricostruire" in Corriere della Sera, Cfr. Libertà e liberalismo
("Conferenza tenuta all'Università di
Bologna"), in Scritti Politici, tratti da Politica e Cultura H.A.
Cavallera, Firenze, Le Lettere, Il pensiero pedagogico di Giovanni
Gentile La riforma Gentile, su pbmstoria. Si veda anche ne Il fascismo al
governo della scuola, in Annali, Milano, Istituto Giangiacomo Feltrinelli, «[Boffi:] Qual è il criterio su cui si è
fondata Vostra Eccellenza nella limitazione delle iscrizioni? — Gentile: Questa
limitazione non c'è nella scuola complementare come non ci sarà nella scuola
d'arte e nelle scuole professionali; essa è propria delle scuole di cultura e
risponde alla necessità di mantenere alto il livello di dette scuole
chiudendole ai deboli e agli incapaci; dipende anche dalla riduzione del numero
degli scolari nelle singole classi fatta per evidenti ragioni didattiche,
quelle stesse che hanno consigliato l'abolizione delle classi aggiunte; ma
soprattutto dalla necessità di consigliare agli italiani un diverso indirizzo
nella loro attività. Noi abbiamo troppi ed inutili, quando non son
valenti, professionisti, ed abbiamo invece molto bisogno di industriali, di
commercianti, di artieri, di minuti professionisti, che portino nella
esplicazione delle loro arti e dei loro mestieri quello spirito fine della
Nazione che finora li ha spinti a disertare le scuole industriali, commerciali
e professionali per seguire la scuola umanistica.» ( R.Sandron, Il
fascismo al governo della scuola, iscorsi e interviste, Ferruccio E. Boffi, Giuseppe
Spadafora, Giovanni Gentile: la pedagogia, la scuola: atti del Convegno di
pedagogia e altri studi, Armando Editore, 1997261. Enrico Galavotti, La filosofia italiana e il
neoidealismo di Croce e Gentile, Homolaicus.
Il mistero di Ettore Majorana Eleonora Guglielman, Dalla scuola
per signorine alla scuola delle padrone: il Liceo femminile della riforma
Gentile e i suoi precedenti storici, in Da un secolo all'altro. Contributi per
una "storia dell'insegnamento della storia" (M. Guspini), Roma,
Anicia, Una parte del lavoro è stata in precedenza pubblicata, con alcune varianti,
sulla rivista "Scuola e Città" con il titolo Il liceo femminile Manacorda
D'Amico, Katia Romagnoli , Donne, la Resistenza "taciuta".
L'esclusione delle donne nella società fascista
G. Gentile, La donna nella coscienza moderna, in La donna e il fanciullo.
Due conferenze, Firenze, Sansoni, De Grazia, Le donne nel regime fascista, G. Ricuperati, La scuola italiana e il
fascismo, Bologna, Consorzio Provinciale Pubblica Lettura, De Grazia, Le donne
nel regime Giovanni Gentile, La riforma della scuola in Italia, Milano citata
in: Manacorda Le omissioni, qui tra parentesi tonde, sono nel testo di
Manacorda. Noce, Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia
contemporanea, Bologna, il Mulino, Giovanni Bedeschi, Il ritorno del maestro, sta
in Il Sole 24 ore Domenica, 1Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile,
Bologna, il Mulino, Martin Beckstein,
Giovanni Gentile und die 'Faschistisierung' des Aktualismus. Zur Deformation
einer idealistischen Philosophie, in «Acta Universitatis Reginaehradecensis, Humanistica
I» Filosofia: A Firenze Convegno Studi Gentiliani Fondazione Gentile | Dipartimento di
Filosofia | SapienzaRoma Liberiamo la filosofia di Giovanni Gentile dalla
faziosità del '900 Emanuele Severino:
Ecco perché la giovane Italia sta andando in malora, da Il Fatto
Quotidiano È Gentile il profeta del
la civiltà tecnica. «I
nemici di Giovanni Gentile», puntata de Il tempo e la storia, documentario
Rai Emanuele Severino, dalla quarta di
copertina de L'attualismo, Milano, Giunti,
Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Nella Napoli nobilissima, Milano,
Rizzoli, "La partigiana Fallaci fa a pezzi l'antifascismo",
pubblicato da Il Giornale. Monografie principali Armando Carlini, Studi
gentiliani, VIII di Giovanni Gentile, la
vita e il pensiero a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli Studi filosofici,
Firenze, Sansoni, Aldo Lo Schiavo, Introduzione a Gentile, Bari, Laterza, Sergio
Romano, Giovanni Gentile. La filosofia al potere, Milano, Bompiani, Luciano
Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo, Sellerio,Augusto
del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione transpolitica della storia
contemporanea, Bologna, Il Mulino, Hervé A. Cavallera, Immagine e costruzione
del reale nel pensiero di Giovanni Gentile, Roma, Fondazione Ugo Spirito, Gennaro
Sasso, Filosofia e idealismo. IIGiovanni Gentile, Napoli, Bibliopolis, Hervé A.
Cavallera, Riflessione e azione formativa: l'attualismo di Giovanni Gentile,
Roma, Fondazione Ugo Spirito, Giorgio Brianese, Invito al pensiero di Gentile,
Milano, Mursia, Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile, Bologna, il
Mulino, 1998 Gennaro Sasso, La potenza e l'atto. Due saggi su Giovanni Gentile,
Firenze, La Nuova Italia, 1998 Hervé a. Cavallera, Giovanni Gentile. L’essere e
il divenire, SEAM, Roma, Paolo Mieli, Una rilettura liberale di Giovanni
Gentile, da "Le storie, la storia", Milano, Rizzoli, Daniela Coli, Giovanni Gentile, il Mulino, Sergio
Romano, Giovanni Gentile, un filosofo al potere negli anni del regime, Milano,
Rizzoli, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo. Anatomia di un omicidio
politico, Firenze, Le Lettere, Gabriele Turi, Giovanni Gentile. Una biografia,
Torino, UTET, Hervé A. Cavallera, Ethos, Eros e Tanathos in Giovanni Gentile, Pensa
Multimedia, Lecce, Hervé A. Cavallera, L’immagine del fascismo in Giovanni
Gentile, Pensa MultiMedia, Lecce, Marcello Mustè, La filosofia dell'idealismo
italiano, Roma, Carocci, Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti.
Gentiliani e antigentiliani nel regime fascista, Bologna, il Mulino, 2009
Davide Spanio, Gentile, Roma, Carocci, . Paolo Bettineschi, Critica della
prassi assoluta. Analisi dell'idealismo gentiliano, Napoli, Orthotes, . Paolo
Simoncelli, "Non credo neanch'io alla razza". Gentile e i colleghi
ebrei, Firenze, Le Lettere, . Luciano Mecacci, La Ghirlanda fiorentina e la
morte di Giovanni Gentile, Milano, Adelphi,
A. James Gregor, Giovanni Gentile: Il filosofo del fascismo, Pensa,
Lecce, Guido Pescosolido, Ancora sulla
morte di Giovanni Gentile. A proposito di un recente volume, in Nuova Rivista
Storica, Carmelo Vigna, Studi gentiliani, Orthotes, Napoli-Salerno . Valentina Gaspardo,
Giovanni Gentile e la sfida liberale, AM Edizioni, Vigonza (PD) . Altri
studi Charles Alunni, Giovanni Gentile
ou l'interminable traduction d'une politique de la pensée, Paris, Lignes, Michel
Surya, Les Extrême-droites en France et en Europe Charles Alunni, Ansichten auf
Italien oder der umstrittene Historismus, in Streuung und Bindung über Orte und
Sprachen der Philosophie, Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 1987 Charles Alunni, Heidegger, la piste
italienne, Paris, in Libération, (en collaboration avec Catherine Paoletti pour
l'interview de Ernesto Grassi), Charles Alunni, Giovanni GentileMartin Heidegger.
Note sur un point de (non) ‘traduction’, Paris, Cahier nº 6 du Collège
International de Philosophie, Éd. Osiris Charles Alunni, Archéobibliographie.
Eugenio Garin, Paris, Préfaces, Charles Alunni, Giovanni Gentile, Ernesto
Grassi & Bertrando Spaventa, Paris, Dictionnaire des Auteurs
Laffont-Bompiani, Robert Laffont Charles Alunni, Attualità, attuosità (le
vocabulaire italien de l'actualité-réalité) Paris, Vocabulaire européen des
philosophies. Dictionnaire des intraduisibles, [dir. Barbara Cassin], Le
Seuil-Robert, Antonio Cammarana,
Proposizioni sulla filosofia di Giovanni Gentile, prefazione del Sen. Armando
Plebe, Roma, Gruppo parlamentare MSI-DN, Senato della Repubblica, Pagine,
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Antonio Cammarana, Teorica della
reazione dialettica: filosofia del postcomunismo, Roma, Gruppo parlamentare
MSI-DN, Senato della Repubblica, Pagine, Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, Nicola D'Amico, Un libro per Eva. Il difficile cammino dell'istruzione
della donna in Italia: la storia, le protagoniste, Milano, Franco Angeli, Vito
de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività
amministrativa a Roma e linguaggio politico in "Nuova Storia
Contemporanea", Vito de Luca, "Giovanni Gentile. Al di là di destra e
sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro",
Chieti, Solfanelli, . Antonio Fede, tra attualità e attualismo, Pagine
Alessandro Ialenti, La Logica come Teoria del conoscere in Gentile. Un'opera
anticipatrice di istanze postmoderne?, Dialegesthai. Rivista telematica di
filosofia, Mario Alighiero Manacorda, Storia dell'educazione, Roma, Newton
& Compton, Vittore Marchi, La filosofia morale e giuridica di Giovanni
Gentile, Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Myra E. Moss, Il
filosofo fascista di Mussolini. Giovanni Gentile rivisitato, Armando Editore, Antonio
Giovanni Pesce, La fenomenologia della coscienza in Giovanni Gentile, in
Quaderni Leif, Antonio Giovanni Pesce, L'interiorità intersoggettiva dell'attualismo.
Il personalismo di Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Antonio Giovanni Pesce, La
filosofia della nuova Italia. Il progetto etico-politico del giovane Gentile,
Viagrande, Algra, . Vincenzo Pirro, Regnum hominisl'umanesimo di Giovanni
Gentile, Roma, Nuova Cultura, Vincenzo
Pirro, Dopo Gentile dove va la scuola italiana, Firenze, Le Lettere Vincenzo Pirro, Filosofia e Politica in
Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Rossana Adele Rossi, La presenza e l'ombra.
La pedagogia del giovane Gentile, Roma, Anicia, Giovanni Rota, Intellettuali,
dittatura, razzismo di Stato, Milano, Franco Angeli, 2008 Primo Siena, Gentile.
la critica alla democrazia, Volpe editore, 1966 Primo Siena, Giovanni Gentile.
Un italiano nelle intemperie, Solfanelli,
Michele Tringali, L'attualismo è sempre attuale. Saggio su Giovanni
Gentile nel 130° della nascita, Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Roma, Editrice
Italiana, Marcello Veneziani , Giovanni GentilePensare l'Italia, Le Lettere,
Firenze, Attualismo (filosofia)
Fascismo Idealismo italiano Manifesto degli intellettuali fascisti Riforma
Gentile Uccisione di Giovanni Gentile Ugo Spirito, TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Gentile, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giovanni Gentile, in
Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giovanni Gentile,
su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Giovanni Gentile, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Gentile, su
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. HGiovanni Gentile. Keywords:
Reale Accademia d’Italia -- Refs.: Luigi Speranza, The Swimming-Pool Library,
Villa Grice – Luigi Speranza, “Grice e Gentile: implicatura conversazionale” --
Conversation and inter-subjectivity. – The Swimming-Pool Library, Villa
Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51748250462/in/photolist-2mQPiYS-2mQUPa3-2mQUPbR-2mQUPcs-2mQY4Qg-2mQWSKX-2mQTy2s-2mQWSML-2mQWSMR-2mQPj6k-2mQY4Qb-2mQTy4X-2mQUPeX-2mQUPew-2mQTy5D-2mQTy53-2mQWSMa-2mQY4R3-2mQUPem-2mQDMyN-2mQtVUe-2mQerAd-2mQfWLw-2mQmZZv-2mQ81kz-2mPY4jk-2mPRG8i-2mPQGvz-2mPPzb6-2mPTwCM-2mPJLpp-2mPJYbw-2mPF8UJ-2mPyn68-2mPyUzx-2mPukhq-2mPnrMV-2mPmmR4-2mN34bs-2mN8u25-2mN8ym7-2mN8nen-2mNbFJE-2mN36eA-2mMYDFF-2mMV4pg-2mMP5LF-2mLP4Rj-2mLLZRD-2mLFBT9
Grice e
Gentile – filosofia italiana – Luigi Speranza (Trieste). Filosofo. Grice:
“I love Gentile; like me, he is interested in Aristotle’s immotum motor, and
the idea of number in Plato – but he extends his views to all the rest of
philosophy of language; if Vitters wrote a ‘trattato,’ so did Gentile!” – Si
laurea a Pisa sotto Carlini. Insegna a Mantova, Vigevano, Padova e Trieste. Fonda
il Bollettino filosofico. Considerato il fondatore della "scuola
padovana" di metafisica neo-aristotelica.
Altre opera: “La dottrina platonica delle idee numeri e Aristotele” (Pisa
: Tip. Pacini-Mariotti); “I fondamenti metafisici della morale di Seneca”
(Milano : Vita e pensiero); “La metafisica presofistica; con un'appendice su Il
valore classico della metafisica antica, Padova : CEDAM); “La politica di
Platone, Padova : CEDAM); Institutio : sommario storico di filosofia
dell'educazione, Verona : La Scaligera); “Umanesimo e tecnica, Verona : Arti
grafiche Chiamenti); “Bacone, Brescia : La Scuola); “Didattica : testo ad uso
degli istituti magistrali e dei giovani maestri, Milano : Marzorati); “Filosofia
e umanesimo, Brescia : La scuola); “Il problema della filosofia moderna,
Brescia : La scuola); “Come si pone il problema metafisico, Padova : Liviana); I
grandi moralisti, Torino : Edizioni Radio Italiana); “La riforma silenziosa
della scuola : il completamento dell'istruzione primaria ma inferiore, Bologna
: G. Malipiero); “Se e come è possibile la storia della filosofia, Padova :
Liviana); “Storia della filosofia ( I : Periodo antico e medioevale; II : Dal Rinascimento fino a Kant; III : La filosofia contemporanea), Padova :
RADAR); Saggi di una nuova storia della filosofia, Padova : CEDAM); Breve
trattato di filosofia, Padova : CEDAM). Dizionario biografico degli italiani. Marino
Gentile. Gentile. Keywords: storia della filosofia period antico – filosofia
romana -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentile” – The Swimming-Pool Library.
https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689595451/in/photolist-2mJvNUU-2mJx5ao-2mJvNWn-2mJvNU3-2mJrG6h-2mJAknd-2mJx5a8-2mJx5aP-2mJAkke-2mJzfSc-2mJzfUG-2mJq2uE-2mJ4GHU-hSTpSd-2mKCFTz-2mLEPqL-2mLF5SC-2mKQ3hR-2mKCVmS-2mKSbL6-2mKzRPk-2mKbRVb-2mKjoDU-2mKj6Hp-2mKkwb6-2mKjpwa-2mKhhHU-2mKgWR9-2mKjphT-2mKhhve-DvhhWW-DhRHD2-CcSX6Q-Ck5UQW-CcC1aL-BUZEEQ-rpCCQN-nMb3Qx-nurrdd-nupnpX-ncRws1-nu4v1p-nw7T5i-ncRvsK-nw7Qo6-nu57jS-nnvnLQ-nr43e9-nmysSN-nokWCo
Grice e
Gentili – filosofia italiana – Luigi Speranza (Valnontone). Filosofo. Grice:
“I love Gentile, and Austin and Ryle do too – he is a classicist – from central
Italy therefore he FEELS Roman – he has explored the beginnings of
philosophical thinking in Lazio, as opposed to the old schools of Velia,
Crotone, and Agrigento --.” Si laurea a
Roma sotto Mercati e Perrotta. Isegna a Urbino. Fonda Il Centro di studi sulla
metrica latina. Figlio di Attilio e Giuseppina Cicciarelli. Frequent il Liceo
Classico "Ovidio" di Sulmona. Studia a Roma sotto Romagnoli, laureandosi
sotto Mercati con “Un Studio critico intorno alla storia di Agatia e alla sua
tradizione manoscritta”. Insegna a Roma, al Liceo Classico "Virgilio"
di Roma. Quando Perrotta si avvicendò a Romagnoli a Roma, Gentili ne fu
subito conquistato e Perrotta lo volle come assistente. Dal suo maestro Gentili apprese l'arte della
filologia e la passione per la metrica latina (“Metrica e ritmica”). Influenza significativamente
gli allora giovani della filologica latina capitolina, tra cui Rossi e Privitera
che ricorda come quelle "lezioni non avevano il tono pacato delle lezioni
ex cathedra. Come docente, Gentili era bifronte. Si può, anzi, dire che
bifronte fosse sempre; secondo i casi poteva essere flessibile o intransigente,
giocoso o severo" . Le sue erano esercitazioni, erano seminari. Bbasava
l'insegnamento sulle sue ricerche. Gli
anni '50 non sono facili, sono anni di studio intensi e febbrili per lo studioso
che culmineranno, insieme ai volumi sulla metrica, con una serie di lavori sui
lirici: oltre alla già ricordata antologia Polinnia, il saggio Bacchilide.
Studi e l'edizione di Ancreonte, Insegna a Lecce dove ebbe modo di frequentare Prato
insieme al quale divenne coautore della teubneriana edizione dei Poetae
elegiaci.La svolta decisiva, tuttavia, fu rappresentata dalla chiamata a Urbino
dove nello stesso anno venne inaugurata la Facoltà di Lettere grazie
all'impegno di Bo. Cura la Medea di Seneca (Istituto Nazionale del Dramma
Antico, Mazara del Vallo). Altre opere: “Lo spettacolo nel mondo antico, Roma,
Bulzoni); “Storia e biografia nel pensiero antico” Bari-Roma, Laterza. Cfr.
Bruno Gentili, Eric R. Dodds mentitore? “La idea della comunicazione nella
tradizione classica" Treccani. Bruno Gentili. Gentili. Keywords:
implicature. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentili” – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758048183/in/dateposted-public/
Grice e
Gerratana – il contratto sociale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Scicli).
Filosofo. Grice: “I like Gerratana; for one, he translated Rousseau, and I have
been called a contractualist, if not like Grice [G. R. Grice].” Grice:
“Gerratana carefully edited Pintor’s oeuvre.” – Grice: “I like Gerratana; they
– Italian philosophers, generally -- philosophise on the working people –
operaio --; at Oxford we usually do not!” Partecipa alla resistenza a Roma,
nelle file dei GAP, legandosi a Salinari e Pintor, conosciuto al corso allievi
ufficiali di Salerno, e ricordato in “Sangue d'Europa.” Prende parte alla
ricostruzione del PCI romano e si laurea a Roma. Insegna a Salerno e Siena. Studioso
sobrio e rigoroso del marxismo, cura Labriola e Gramsci. La sua edizione, con un'accurata
ricostruzione cronologica, archiviò definitivamente l'edizione tematica.
Gerratana mette in luce lo stile "frammentario" e
"antidogmatico" di Gramsci. Altre opera: “L'eresia di Rousseau, Roma,
Editori Riuniti), Il marxismo, Roma, Editori Riuniti); “Labriola di fronte al
socialismo giuridico, Milano, Giuffrè editore); “Gramsci. Problemi di metodo,
Roma, Editori Riuniti); “Quaderni dal carcere. Treccani L'Enciclopedia
italiana". Biografia di Gerratana nel sito dell'ANPI Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia. Valentino Gerratana. Gerratana. Keywords. Rousseu,
Grice on social justice, Gramsci, Labriola, Grice’s ontological Marxism, eresia
di roussea, labriola a fronte del socialismo, il metodo di gramsci – gappismo –
G. A. P. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gerratana” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e
Geymonat – il temperamento romano – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino).
Filosofo. Grice: “I like Geymonat – he calls himself a neo-rationalist, like
Canova – whereas I go for the real thing! Plato!” – Grice: “Geymonat has
explored the origin of infinity in the triangle of Tartaglia.” – Grice:
“Geymonat has explored what he calls ‘the images of man’ – Grice: “Geymonat has
a curious essay on darkness (‘tenebre’) – and a longer essay on ‘reason.’ –
Grice: “Like me, Geymonat has explored the philosophy of probability – from
Latin ‘probare’ – and he was an anti-fascista1” –Figlio di Giovanni Battista,
un geometra liberale di origini valdesi, e da Teresa Scarfiotti. Frequenta la
scuola privata del Divin Cuore e poi l'Istituto Sociale, un liceo classico
torinese gestito dai gesuiti, dal quale fu espulso l'ultimo anno di corso a
causa di un tema su Giovanna d'Arco non in linea con l'ortodossia e così
conseguì la maturità nel Liceo classico Cavour. Si laurea a Torino con “Il
problema della conoscenza nel positivism” sotto Pastore e sotto Fubini lcon “Sul
teorema di Picard per le funzioni trascendenti intere”. La sua scelta di unire,
nella sua ricerca, filosofia e logica, tenute separate in Italia dall'imperante
cultura idealistica del tempo, quella gentiliana che, con la sua riforma della
scuola, privilegia la cultura umanistica, e quella crociana, con la sua
concezione svalutativa della scienza, creatrice, ad avviso del filosofo abruzzese,
di un “pseudo-concetto”, mostra l'apertura europea delle prospettive di ricerca
intravista allora da Geymonat e la sua estraneità al provincialismo culturale
italiano. Un rifiuto che egli estese anche alla politica del regime allora
dominante. Assistente di Analisi algebrica nell'Torino ma avversario del
fascismo, rifiutò l'iscrizione al partito fascistacio è di prendere la
cosiddetta tessera del pane vedendosi così preclusa la possibilità di una carrier
statale. Si avvicinò altresì a Martinetti, non tanto per comunanza di
prospettive filosofiche quanto per averlo riconosciuto un esempio di impegno
civile e morale, essendo stato tra i pochissimi filosofi a rifiutare il
giuramento di fedeltà al Fascismo. Come Ayer. Anda in Vienna per approfondire la
dottrina del Circolo di Schlick, e
pubblica “La filosofia della natura”
e “Nuovi indirizzi della filosofia.” e iscritto clandestinamente
al Partito comunista, si guadagna da vivere insegnando matematica nella scuola
privata «Giacomo Leopardi» di Torino, dove Pavese insegna italiano. Con il nome
di battaglia Luca fu partigiano in Piemonte nella 105ª Brigata Carlo Pisacane
e, dopo la Liberazione, assessore comunista al Comune di Torino, quando, vinto
il concorso a cattedra, e nominato professore a Cagliari. Insegna a Pavia e
Milano. Fonda il Centro di studi metodologici a Torino. Ebbe uno stile di
pensiero razionalista ateo. La sua filosofia può essere inquadrata nel filone
del neopositivismo (ebbe diversi contatti con il Circolo di Vienna), da lui ri-elaborato
nell'ottica del marxismo! Nell'evoluzione della sua filosofia, si possono
tracciare due fasi. Nella prima fase, approfondisce temi tipici del
positivismo. Nella seconda fase, si sforza di analizzare la realtà oggettiva ed
a questo scopo utilizza concetti caratteristici del materialismo
dialettico. Interpreta la concezione della matematica di Galilei come un strumento
d'interpretazione della realtà. Approfondisce alcuni temi teorici come quello
della causalità, il fondamento della probabilità, il continuo, l’intuizione,
centrali nell'epistemologia. Politicamente fu vicino inizialmente al Partito
Comunista Italiano, da cui si allontanò poi per aderire a Democrazia Proletaria
e successivamente ai movimenti che diedero vita al Partito della Rifondazione
Comunista. Nel corso di questo viaggio politico ha partecipato alla Fondazione,
a Roma, dell'Associazione Culturale Marxista e collabora nella rivista Marxismo
Oggi (editore Teti). Ha compiuto alcune ricerche sul teorema di Picard e
sul teorema di Carathéodory per le funzioni armoniche. In “Neo-razionalismo”,
spiega che un'indagine efficace della realtà, e svolta solamente tramite lo
strumento della ragione. Per fare
questo, propose di scarnificare la razionalità di ogni verità e da ogni sistema
di riferimento assoluti. Il neoilluminismo, capeggiato da Abbagnano e coinvolgente
numerosi altri filosofi italiani, rappresentò per Geymonat il suo corso del neo-razionalismo,
che avrebbe dovuto accogliere i metodi e i risultati della scienza, perseguendo
un duplice obiettivo: ummanizare la scienza e concretizzare la filosofia – e
l'utilizare un'impostazione storicistica al posto di quella metafisica. Per
storicismo, intese l'analisi storica della struttura di un modello scientifico. Pur
condividendo inizialmente l'anti-idealismo di Popper, sostenne che vi era la più
manifesta e totale incompatibilità tra il marxismo e l'epistemologia
popperiana. Alle sue accuse di essere il filosofo ufficiale
dell'anti-comunismo, reo di difendere i regimi liberali, Popper gli rispose: “I
nostri intellettuali dicono che vivono in un inferno, mentre di fatto questo
mondo non è stato, fin da Babilonia, mai così vicino al paradiso come lo è ora
il mondo occidentale. Per contrasto, in Unione Sovietica, si dice alla gente
che vivono in paradiso, e tanti lo credono e sono moderatamente contenti; è
questo, credo, l'unico aspetto per il quale la società sovietica è migliore
della non-sovietica. Si deve a Geymonat l'introduzione in Italia di Kuhn.
Altre opera: “Il problema della conoscenza nel positivismo” (Torino, Bocca); La
nuova filosofia della natura in Germania, Torino, Bocca, “Per un nuovo
razionalismo, Torino, Chiantore, Neo-razionalismo. Torino, Einaudi, Galileo
Galilei, Collana Piccola Biblioteca Scientifica, Torino, Einaudi, La filosofia
della scienza, Feltrinelli, Milano); Filosofia nella storia della civiltà, con
Renato Tisato, Garzanti, Milano, Storia della filosofia, Garzanti, Milano, Il materialismo
dialettico, Editori Riuniti, Roma, Scienza e realismo, Feltrinelli, Milano); “Paradossi
e rivoluzioni. scienza e politica, Giulio Giorello e Marco Mondadori, Il
Saggiatore, Milano, La probabilita, con Feltrinelli, Milano, Kuhn e Popper,
Dedalo, Bari. Lineamenti di filosofia della scienza, Mondadori, Milan); “Le
ragioni della scienza” (Laterza, Roma-Bari, La libertà, Rusconi, Milano, La
società come milizia, Minazzi, I sentimenti, Rusconi, Milano, Filosofia,
scienza e verità, Rusconi, Milano, La Vienna dei paradossi. Controversie
filosofiche e scientifiche nel Wiener Kreis, Mario Quaranta, Il poligrafo,
Padova, Dialoghi sulla pace e la libertà, cCuen, Napoli, La ragione, con
Minazzi e Sini, Piemme, Casale Monferrato, Attualità del Marxismo. Quaderni di
Città Futura, Ancona); “Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale, Bollati
Boringhieri, Torino. Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia
di una lunga amicizia», «AppendiceL'Associazone Culturale Marxista», in
Attualità del Marxismo. Filosofia e dintorni, Intellettuali non fate ideologia.
L'Occidente non è quest'inferno, Dario Antiseri, articolo su «Il Mattino di
Padova», lincei. Geymonat Mario Quaranta, Geymonat filosofo della contraddizione,
Sapere, Padova, Mangione , Scienza e filosofia. Saggi in onore di Geymonat,
Garzanti, Milano, Pasini, Rolando , Il neo-illuminismo italiano. Cronache di
filosofia, Il Saggiatore, Milano, Minazzi, Scienza e filosofia in Italia negli
anni Trenta: il contributo di Persico, Abbagnano e Geymonat. Norberto Bobbio,
Ricordo, "Rivista di Filosofia" Silvio Paolini Merlo, Consuntivo
storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino, Pantograf
(Cnr), Genova, Minazzi, “La passione
della ragione” Thélema Edizioni Milano-Mendrisio, Mario Quaranta, Una ragione
inquieta, Seam, Formello, Minazzi , Filosofia, scienza e vita civile inGeymonat,
La Città del Sole, Napoli, Fabio Minazzi, Contestare e creare. La lezione
epistemologico-civile di Geymonat, La Città del Sole, Napoli, Silvio Paolini
Merlo, Nuove prospettive sul "Centro di Studi Metodologici" di
Torino, in «Bollettino della Società Filosofica Italiana», Bruno Maiorca ,Scritti
sardi. Saggi, Cagliari, Minazzi , Ludovico Geymonat, un Maestro del Novecento.
Il filosofo, Edizioni Unicopli, Milano, Pietro Rossi, Avventure e disavventure
della filosofia. Saggi sul pensiero italiano del Novecento, il Mulino, Bologna,
Minazzi, Geymonat epistemologo, Mimesis Edizioni, Milano Positivismo logico Circolo di Vienna Scuola
di Milano. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Geymonat,
in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Massimo Mugnai, Scienza e filosofia:
Geymonat e Preti, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Articoli della stampa
italiana su L. Geymonat, dal Sito Web Italiano per la Filosofia L'eredità
intellettuale di Ludovico Geymonat (C.Preve). Ludovico Geymonat. Geymonat. Keywords:
ragione -- temperamento romano – concretto – pratico – Catone – il trionfo di
Catone con la lingua latina – la gioventu romana entusiasta con Carneade – I
Scipioni ellenisane – la gioventu delle megliore familie – grand tour a Grecia!
-- il teorema di Picard, il teorema di Caratheodory per le funzione armoniche. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Geymonat” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690486990/in/photolist-2mRwP4i-2mRgKq7-2mQEv8h-2mPPzb6-2mPEDc8-2mPyn68-2mPukhq-2mPiqeP-2mPmmR4-2mPpwbZ-2mPphVq-2mKHfUW-2mKGTYe-2mKFeJo
Ghersi: philosopher -- curator of The
Swimming-Pool Library at Villa Grice, Liguria, Italia. Ghersi has an interest
in Grice’s philosophybut finds Strawson pretty enjoyable, too!Theere’s
something about the Oxonian nonsensical philosophical humour that Ghersi
appreciates like none other. Ghersi often makes candid fun of some of Grice’s
inventions, such as that of the conversational “common-ground status”!Ghersi
enjoys the full-time paradoxes of the bald king of France. Ghersi’s favourite
humorist is J. K. Jerome, but also enjoys Wodehouse.And finds Dodgson just
fascinatingThe Swimming-Pool Library is mainly organised along Ghersis’s
personal tastes, as a personal library should!Ghersi is not particularly
appreciative of poetry, but will enjoy the ballad set to piano! Ghersi’s
favourite genre is drama, since “it is so clear in implicature.” Grice is a
frequent contributor to cultural circles and societies and a host like none
otherVilla SperanzaSperanza appreciates Ghersi’s talent to infuse enthusiasm in
all type of endeavours --. Keywords: love, soul, life, inghilterra. Refs.:
Ghersi e GriceGrice e Watson --. Refs. BANC MSS 90/135c. Vide Speranza.Vide
SperanzaVide SperanzaVide Speranza. – The Swimming-Pool Library.
Grice e
Ghezzi – i tordi ubriachi – filosofia italiana – Luigi Speranza -- Milano).
Filosofo. Grice: “I love Ghezzi: he has explored ‘turdus,’ as in ‘sturdy,’
‘drunk as a thrush’ – but also a count who was condemned by the church; he has
explored the history of masonry – in Italy it started in Calabria – from a
semiotic point of view, ‘il segno del compassso,’ – and he has explored on
Ayax’s ‘nichilismo razioale’ – among many other topics – also an ‘epistemology
of willing’ – epissttemologia della volonta --.” Grice: “Typically of Italian
philosophers, he has explored Italian
history, ‘ceneri del diritto,’ and a confrontation between people and
‘stato’. Si laurea a Milano sotto Bobbio con “La Filosofia del Diritto.” Gran
Maestro Onorario del Grande Oriente d'Italia. Marginalità e Società, ell'Università degli Studi dell'Insubria (sede
di Como). Sociologia della Devianza. Studia il positivism giuridico dal punto
di vista del concetto di diritto. Affrontato il tema del pluralismo dei valori
e degli ordinamenti giuridici, del federalismo, criminalità, devianza,
marginalità e pluralismo nell'ambito della Sociologia del Diritto Penale, sulla
giustizia e sulla legittimità degli ordinamenti giuridici, con particolare
riferimento alla figura del "deviante giuridico", introducendo i
concetti che porteranno alle teorie della "divergenza” sociale, marginalità,
Si rileva essersi principalmente dedicato al tema del nichilismo giuridico,
proponendo una visione nichilista, definite come “l’assenza del valore” -- del
tutto neutra circa la potenzialità “regolatrice” e la potenzialita ordinatrice
di una norma. L’approfondimento del nihilismo assiologico o valuativo risulta
essersi svolto attraverso il confronto con filosofi contemporanei di questo
ambito, tra cui Ferrari, Severino, e Giorello. Scetticismo. La Rivoluzione del
Diritto come Estetica, in estensione del suo libro Il Diritto come Estetica. Nel
volume è stata inclusa, come Appendice, una Raccolta di diversi saggi di
filosofi contenenti riflessioni ed approfondimenti interamente riferiti a
Ghezzi. Altre opera: “Socialismo e sociologia giuridica: "Centro lombardo
studi socialisti, Milano, “Devianza tra fatto e valore nella sociologia del
diritto” (Giuffrè, Milano); “Federalismo,
I e II, Patera Palermo Editore, Diversità e pluralismo. La sociologia del
diritto penale nello studio di devianza e criminalità, Raffaello Cortina,
Milano, “Il segno del compasso. La massoneria e i suoi persecutori attraverso
simboli, idee, fatti e processi, Mimesis, Milano. “Le Ceneri del Diritto. La
dissoluzione dello Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano . Le lacrime di
Hiram. Autobiografia incompleta di un Libero Muratore, Edizioni della
Confraternita Sufi Jerrahi Halveti in Italia, Milano “La Scienza del dubbio.
Volti e temi di sociologia del diritto, Mimesis, Milano Federalismo laico e democratico, Mimesis,
Milano; “I tordi ubriachi” Un viaggio iniziatico, Mimesis, Milano , Sociologia giuridica del lavoro, Mimesis,
Milano , Il Diritto come Estetica. Epistemologia della conoscenza e della
volontà: il nichilismo/nihilismo del dubbio, Mimesis, Milano Della vita e della
morte. Vulnerant omnes ultima necat, Mimesis, Milano; “Nichilismo razionale e
mistico. Indicazioni per il nuovo mondo, Mimesis, Milano); “Stranieri, ospiti,
alieni, alienati e pluralismo culturale” (Mimesis, Milano); “Nichilismo come
valore senza valori, Mimesis, Milano); “Abusi di stato: Risarcimento del danno
al cittadino, Mimesis, Milano); In ricordo di Riccardo Bauer, di Ghezzi e Arduino,
C.R.E.A., Milano; “Educare alla democrazia e alla pace. Bauer. Scritti scelti, L.I.D.U.,
edizioni Raccolto, Alle origini
dell'Umanitaria, Ghezzi e Canavero Raccolta Edizioni-Umanitaria, L'immagine
pubblica della Magistratura italiana, di Ghezzi Giuffrè, Milano Curatele . “Etica
contro politica”; Morris L. Ghezzi, edizione Iesi, Ferrari, Ghezzi,‘’Diritto,
cultura e libertà. Atti del convegno in memoria di Renato Treves’’ (Milan),
Giuffrè, Milano, Studi preliminari di sociologia del dirittoTheodor Geiger,
Morris L. Ghezzi, Nicoletta Bersier Ladavac e Michele Marzulli, traduzioni di
Leonie Schröder, Mimesis, Milano); “Criminologia” (Mimesis, Milan). Pubblica
amministrazione. Diritto penale. Criminalità organizzata, Osservatorio
permanente sulla criminalità organizzata, Carola Parano, Giuffrè Editore, Stefano
Carluccio, In ricordo di Morris Ghezzi, anima della Società Umanitaria, su
CriticaSociale.net. 1 Dei delitti e delle pene. Rivista dell'Agenzia del
territorio, L'Agenzia, rif. Archivio Università degli Studi dell’Insubria. Cura
“Studi preliminari di sociologia del diritto” (Mimesis, Milano); “Socialismo e sociologia
giuridica: introduzione Arduino, Centro lombardo studi socialisti); La scienza
del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Legge di Hume e tesi
giusnaturalistica: un’antitesi teorica nel pensiero di Norberto Bobbio , su
dialettica e filosofia. Etica contro
politica, di Elias Diaz, Ghezzi, edizione Iesi,
L' immigrato extracomunitario non marginale. Una ricerca empirica sul
territorio Milanese, in ‘’Marginalità e Società’ Berzano, Renzo Gallini,
Giovani E “Violenza: Comportamenti Collettivi in Area Metropolitana, Ananke, con
richiamo ad art. Di Ghezzi in “Marginalità e Società, II”. Le ceneri del diritto. La dissoluzione dello
Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano, al Ghezzi fa riferimento Rosario
Minna in Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti
storici, Giuffrè Editore, Morris L. Ghezzi, Federalismo Laico e Democratico,
Mimesis, Milano Arturo Colombo, Franco Della Peruta “et al.”, in Carlo
Cattaneo: i temi e le sfide, Ed. Casagrande, Milano, Con riferimento al
Federalismo del Ghezzi: “mentre ci sarà chicome Ghezzi pur con tagli molto
diversi, collegherà la prospettiva degli Stati Uniti d'Europa con l’altra
formula cattaneana degli Stati Uniti d’Italia.»
Edmondo Bruti Liberati in "PostfazionePotere e Giustizia",
richiama Morris L. Ghezzi 3 in: Governo dei giudici. La Magistratura tra
diritto e politica, E. Bruti Liberati et al., Ed. Feltrinelli, Berzano,
Gallini, cita di Ghezzi “Alle origini della labelling theory e del concetto di
devianza”, da Marginalità e società, Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis,
Milano , Cirus Rinaldi fa suo il concetto di Devianza di Ghezzi. “come sostiene
Ghezzi essa svolge un ruolo euristico [empirico] non solo nella spiegazione di
fenomeni di stigmatizzazione di intere categorie, ma anche penetrando
nella marginalizzazione, che agisce all’interno delle categorie” in Devianze e
crimine. Antologia ragionata di teorie classiche e contemporanee, Cirus Rinaldi
e Pietro Saitta, PM edizioni, Scrive M. Marzulli, BRÜCKE als sein Ordinamento
sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione del diritto come
estetica, in Ermeneutica del "Ponte". Materiali per una ricerca,
Silvio Bolognini, Mimesis, Ferrari, in Ciò che resta. Le ultime parole diGhezzi,
in Sociologia del Diritto, Fascicolo gennaio , ed. F. Angeli, Emanuele Severino, nel capitolo 4 di Dispute
sulla verità e la morte (Rizzoli) prende a riferimento un libro di Ghezzi (Il
Diritto come Estetica) e s’intrattiene lungamente sul pensiero
dell’autore. Giulio Giorello si
intrattiene sul testo del Ghezzi (“Il Diritto come Estetica”), lo commenta, ne
riporta il pensiero, secondo cui « "la morale non è altro che una forma
dell’estetica"» e ricorda la figura "nihilista" dell'autore. Da
"Introduzione" di Giorello, Piacere, Diritto e Burocrazia. In ricordo
di Morris Ghezzi, inGhezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come
estetica, Furio S. Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis, Milano, Il Diritto come
Estetica. Epistemologia della conoscenza e della volontà: il nichilismo/nihilismo
del dubbio, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica
(Domenico Mazzullo, ‘’Prefazione’’, “Appendice“: saggi di: Isabella Merzagora,
Riflessioni di una criminologa prestata alla filosofia del diritto, Claudia
Roxana Dorado, El devenir del derecho: reflexiones acerca de las concepciones
jurídicas de Ghezzi, Il futuro del
diritto: riflessioni sulle concezioni giuridiche di Ghezzi, Metodo di ricerca sul rischio sociale, Marco A. Quiroz Vitale, Esistenzialismo e Nihilismo come confini
aperti del Giurispositivismo; Enrico Damiani di Vergata Franzetti, Il Diritto
come Estetica, Emanuele Severino,
Dispute sulla verità e la morte, Rizzoli, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione
del diritto come estetica, Simonetta Balboni e Furio S. Ghezzi, Mimesis, Milano
, “Prefazione” di Domenico Mazzullo, “Introduzione” di Giulio Giorello, In
“Appendice” saggi di: Isabella Merzagora, Claudia Roxana Dorado, Marco A.
Quiroz Vitale, Damiani di Vergata Franzetti. Michele Marzulli, "BRÜCKE als
sein” Ordinamento sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione
del diritto come estetica." in Ermeneutica del "Ponte".
Materiali per una ricerca, Silvio Bolognini, Mimesis , Vincenzo Ferrari, Ciò che resta. Le ultime
parole diGhezzi, in Sociologia del Diritto, Fascicolo, ed. F. Angeli, Cirus
Rinaldi e Pietro Saitta (a cura) in Devianze e crimine, Antologia ragionata di
teorie classiche e contemporanee, a cura di, PM edizioni, ,Rosario Minna,
Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti storici,
Giuffrè Editore, Sociologia del diritto
Filosofia del diritto Criminologia. Morris Lorenzo Ghezzi. Morris L. Ghezzi. Gezzi.
Keywords: i tordi ubriachi, i tordi, tordo, “drunk as a thrush/newt” turdus
ubriacus – sturdy – I tordi -- nihilism about values, Mackie, Inventing right
and wrong, Hare, emotivism, Grice, The conception of value, valitum – valore –
axiology -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghezzi: l’implicatura del tordo” –
The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51757983938/in/dateposted-public/
Grice e
Ghisleri – atlante filosofico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cascina
Sant’Alberto). Filosofo. Grice: “Whereas to many, Ghisleri’s best work is that
on Ancient Rome and counter-revolution, I treasure the details: ‘the pen is
like a sword’ – ‘the pen and the sword.’ “The pen is my sword.’ Note that the
first is a mere simile – as used by Ghisleri, but his executor turns it into a
metaphor just by eliding the ‘like’ (“come”). Grice: “I like Ghisleri – a
typical Italian philosopher; wrote on geography, on ‘la penna d’oca,” and a
fabulous history of Roman philosophy!” -- “He was into politics, too!” L'Italia non è
studiata, non è conosciuta dagli italiani. Dobbiamo rifare la nostra educazione
politica e civile sulla base di una nuova e più razionale conoscenza del nostro
paese. Dobbiamo studiare l'Italia regione per regione nella natura del suolo,
nella sua topografia, ne' suoi prodotti nelle sue industrie, ne' suoi dialetti,
nelle sue tradizioni, nelle sue varie necessità politiche e sociali.” Fonda La
Società dei Liberi Pensatori (L’'Associazione Nazionale del Libero Pensiero
"Giordano Bruno") di chiare simpatie democratiche e repubblicane. Iniziato
in Massoneria, l'anno seguente entrò nella Loggia "Pontida" di
Bergamo e nel 1906 fu affiliato alla Loggia "Carlo Cattaneo" di
Milano. Ghisleri diede alle stampe una nuova
rivista mensile, Cuore e critica, rivolta all'educazione civile e agli studi
sociali ed espressione di un'avanguardia intellettuale impegnata nella
costruzione di una coscienza repubblicana e progressista. Sorta a Savona, la
redazione della rivista si trasferì a Bergamo, in coincidenza con il trasferimento
del Ghislèri al Sarpi di quella città. Si dedica con assiduità agli studi di
geografia e di cartografia, che aveva cominciato a coltivare quando insegnava a
Matera. Allora si era sentito mortificato nel constatare che nelle scuole
italiane venivano adottati atlanti stranieri, assai carenti nel trattare la
geografia storica dell'Italia. Dopo aver pubblicato il “Piccolo manuale di
geografia storica” (Bergamo) volle perciò cimentarsi in un'impresa che non era
mai stata tentata: la realizzazione di un testo-atlante che desse il dovuto
rilievo all'evoluzione storico-geografica dell'Italia. Al progetto fu
interessato lo stabilimento "Fratelli Cattaneo di Bergamo" che,
grazie al successo delle iniziative editoriali promosse da Ghisleri, si
trasformò in Istituto italiano d'arti grafiche e s'impose nel settore della
cartografia. Ghisleri concepì il suo atlante in modo da offrire per una stessa
regione molteplici carte e cartine con le denominazioni e le divisioni
topografiche proprie di ogni epoca. L'apparizione dell'atlante fu salutata
dalle lodi di esperti e studiosi, ma suscitò anche riserve di parte del mondo
accademico, che rimproverava al Ghisleri superficialità e la commistione tra la
geografia fisica e la storia dei popoli, delle civiltà, delle esplorazioni, dei
commerci. Commistione del resto ricercata dal Ghisleri che, in polemica con il
tradizionale approccio alla geografia e senza sentirsi condizionato dai limiti
angusti dei programmi scolastici di allora, perseguiva metodi nuovi nello
studio e nell'insegnamento della materia. Tenne la cattedra di filosofia nel
Liceo di Lugano. Giornalista, fu direttore di «La geografia per tutti» e «Le
comunicazioni di un collega».Di idee mazziniane, recepite soprattutto nella versione
che ne proponeva Saffi, in campo politico fu vicino ai movimenti rivoluzionari
e collabora con Gaudenzi alla fondazione del Partito Repubblicano Italiano.
Tuttavia Ghisleri non fu un ideologo sistematico: una sistematizzazione del suo
pensiero è soprattutto opera di Conti.
Diresse la rivista Preludio di stampo filosofico positivista e
progressista. Diresse L'Italia del popolo.
Al Congresso del Partito Repubblicano, tenuto a Forlì, intervenne con
una relazione su La questione meridionale e la sua logica soluzione. Demofonti,
La riforma nell'Italia del primo Novecento: gruppi e riviste di ispirazione
evangelica, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Vittorio Gnocchini,
L’Italia dei Liberi Muratori, Milano-Roma, Mimesis-Erasmo. Altre opera: “La
Scapigliatura democratica: carteggi” ( Pier Carlo Masini,Milano), L'archivio di
Ghisleri fu ritrovato da Pier Carlo Masini ed è depositato presso la Domus
Mazziniana di Pisa. Democrazia come civiltà. Il carteggio Ghisleri-Conti , Antonluigi
Aiazzi, Libreria Politica Moderna, Firenze, Tripolitania e Cirenaica dai più
remoti tempi sino al presente, Emporium, novembre, Tripolitania e Cirenaica,
dal Mediterraneo al Sahara, monografia storico-geografica, Società Editoriale
Italiana, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Le meraviglie del globo
esplorato e le zone non ancora conosciute Letture geografiche Società Editoriale
Italiana, Milano, Bagdad e la Mesopotamia nel passato e nell'avvenire,
Emporium, giugno, Lombroso nella vita intima, Emporium, luglio 1917 L'ultima
colonia africana della Germania, Emporium, Atlante scolastico di Geografia
moderna astronomica-fisica-antropologica,Istituto Italiano d'Arti Grafiche,
Bergamo (a cura dei professori Magg. G.Roggero, G.Ricchieri, A.Ghisleri) Saffi.
La vita, gli studi, l'apostolato, Libreria politica moderna, Roma, La questione
meridionale nella soluzione del problema italiano, Libreria politica moderna,
Roma, “Testo-atlante di geografia storica generale e d'Italia in particolare,
espressamente compilato per le scuole italiane conforme ai loro programmi- I
Mondo Antico; II Storia Romana; Fratelli Cattaneo e poi Istituto di Arti
Grafiche, Bergamo. Medio Evo, Evo Moderno e contemporaneo Atlante d'Africa,
Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Antipode, a Radical Journal of
Geography, Berardi, Verso un nuovo Risorgimento. Il Carteggio tra Ghisleri e
Belloni, Acireale-Roma, Bonanno, Dizionario biografico degli italiani, L'Italia risorgimentale di Ghisleri, Milano,
Angeli, Aroldo Benini, Vita e tempi di Ghisleri, con appendice bibliografica,
Manduria, Lacaita, Tomasi, Scuola e liberta in Arcangelo Ghisleri: con una
scelta di lettere inedite dell'archivio Ghisleri, Pisa, Nistri-Lischi, Ghisleri:
mente e carattere: L'Italia e la rivoluzione italiana, Milano, Sandron Editore,
Treccani. Arcangelo Ghisleri, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Arcangelo Ghisleri, su Liber
Liber. Opere di Arcangelo Ghisleri, su
openMLOL, Horizons. Arcangelo Ghisleri. Ghiseri. Keywords: atlante filosofico, tavola
I, tavola II, tavola III, -storia romana, eta romana – classe V ginnasiale -- storia
romana e filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghisleri: storia romana e
filosofia”– The Swimming-Pool Library.
Grice e Giacchè – l’altra visione dell’altro – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Perugia). Filosofo. Grice: “I like Giacché; for one, he
philosophises on theatre, which any Sheldonian should appreciate!” Grice:
“Giacché is what I would call a philosophical anthropologist.” Grice:”Giacché
has an ability with language: “l’altre vision dell’altro,” for example –
difficult to translate, but genial nonetheless, or perhaps genial because
uneasily translatable!” – “He has philosophised on spectator and participant,
which is conversational in tone – there’s no monologue, but dialogue --.” “He
has criticised authoritarian types of performances like traditional teaching
which he has compared to religion!” Insegna a Perugia. Si occupa di varie
problematiche socio-culturali quali condizione giovanile, devianza,
comunicazione di massa, solitudine abitativa, politica culturale. Opere: Una
nuova solitudine. Vivere soli fra integrazione e liberazione, Roma, Lo
spettatore partecipante. Contributi per un'antropologia del teatro, Guerini e
Associati, Milano, Carmelo Bene. Antropologia di una macchina attoriale, Bompiani,
L'altra visione dell'altro. Una equazione fra antropologia e teatro, Ancora del
Mediterraneo, Napoli, Ci fu una volta la sinistra. Ovvero il silenzio dei
post-comunisti, Edizioni dell'asino, Roma. Piergiorgio Giacchè. Giacchè. Keywords:
l’altra visione dell’altro, Clifton, religion and education, ego et tu. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giacchè: A Cliftonian implicature” – The Swimming-Pool
Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51757949198/in/dateposted-public/
Grice e
Giacomo – l’inspiegabile – filosofia italiana – Luigi Speranza Avola).
Filosofo. Studia estetica. Il rapporto tra estetica e figura, immagine, rappresentazione.
Si laurea sotto Garroni. Insegna a Parma e Roma. Fonda la Società Italiana
d'Estetica. Nell'affrontare il concetto di ‘immagine’ è necessario rifiutare sia
l'interpretazione che vede una'immagine come lo specchio di una cosa
(“Fido”-Fido). E necessario rifiutare anche quella interpretazione del concetto
di ‘imagine’ che la considera esclusivamente come un segno significante di se
stesso. Il concetto di ‘rap-presentazione’ implica qualcosa che si mostra e nel
manifestarsi resta ‘altro' dalla ‘percivibilita’ della rappresentazione stessa.
Così, nel ‘presentare’ se stessa, una immagine manifesta l'altro del
perceptible, del rappresentabil. Quell'altro che si rivela nel perceptibile,
nascondendosi a esso. Ed è proprio così che una immagine si fa un ‘icono’ di
quello che e altro il perceptibile. Afferma la tendenziale perdita di ‘figurativita’
di una immagine e del continuare a sussistere dell'immagine stessa. Una
immagine, infatti, è una segno e insieme una non-segno. E il paradosso di una
“irrealta reale”. Si riferisce al tentativo di scindere la natura ancipite
dell'immagine negli elementi che la compongono. Da una parte in un “readymade”
(come l’urinale di Duchamp), nel quale la dimensione rap-presentativa si
dissolve in una dimensione puramente PRE-sentativa, e dall'altra in una pura
immagine soggetiva, dotata di un debole supporto materiale. Una immagine e una
meta-immgine: l’immagine di una immagine (homuncular regressus ad infinitum of
Griceian theories of representation, according to Cummings, but not Grice!). Di
questo modo, una immagine non e neppure propriamente immagini quanto piuttosto una
‘simul-azioni’, simile allo imperceptibile, un “simul-acro”. Non a caso una immagine, in quanto ri-produzione
(doppia) ha uno scarso valore di immagine, giacché quello a cui tende è l’assumere
dell’ ‘aspetto’ di una cosa. L’immagine
perde così quella connessione di ‘trasparenza’ o ‘opacità’ che caratterizza una
immagine autentica. Di qui, appunto, la questione di realizzare una immagine
vera e propria. Troviamo il superamento della dimensione epifanica che è
propria dell'icona, dove appunto il perceptibile è il luogo di mani-festazione
di la cosa impercetibile – l’Assoluto di Bradley. Emerge una concezione
dell'immagine che, nella consapevolezza dell'impossibilità di ogni pretesa di
esaurire ‘il reale’ e insieme di ‘manifestare’ l'Assoluto, può essere
interrogata come testimonianza di quanto non si lascia ‘tradurre’ (translation)
in immagine: testimoniare, infatti, è raccontare ciò che è impossibile
raccontare del tutto. In questo modo, la testimonianza fa tutt'uno *non* con la
memoria in quanto conformità con l'accaduto, ma con l’immemoriale -- qualcosa
che non possiamo né ricordare né dimenticare, che non è “dicibile” né
“indicibile”. Insomma, il testimone “parla” (spiega, dispiega) soltanto a
partire da l’impossibilità concettuale di spiegare o dispiegare. Che l'immagine
valga allora come testimonianza significa che il tentativo di dire l'indicibile
(spiegare l’inspiegabile) è un compito infinito. La questione dell'immagine è
una questione di fidanza, di etica. In una immagine, non essendoci alcuna
compiutezza, non si dà alcuna redenzione né alcuna pacificazione nel confronto
col reale. Analissare l’immagine come testimonianza equivale a vedere
l’immagine come il luogo di una tensione sempre irrisolta tra memoria e oblio, e
quindi come l'espressione del dover essere (il possibile) del senso in un
orizzonte, come l’attuale. quale sempre di più sia il mondo che l'arte sembrano
essere abbando il NON-senso. Altre opera: “Dalla logica all'estetica”
(Parma, Pratiche); “Icona” “L’immagine tra presentazione e rappresentazione” (Palermo,
Centro internazionale studi di estetica); Estetica e letteratura. Il grande
romanzo tra Ottocento e Novecento, Roma-Bari, Laterza. Introduzione a Paul
Klee, Roma-Bari, Laterza, "Ripensare le immagini", Mimesis,
Milano, "Volti della memoria", Mimesis, Milano,
Narrazione e testimonianza. Quattro scrittori italiani del Novecento, Milano,
Mimesis, "Malevic. Pittura e filosofia dall'Astrattismo al
Minimalismo", Carocci, Roma, Fuori dagli schemi. Estetica e figura
dal Novecento a oggi, Laterza, Roma-Bari, "Arte e modernità. Una
guida filosofica", Carocci, Roma, "Una pittura filosofica: l'informale",
Mimesis, Milano, "F. Nietzsche. L'eterno ritorno", Alboversorio,
Milano, Media e divulgazione Art
and Perspicuous Perception in Wittgenstein’s Philosophical Reflection, L’immagine-tempo
da Warburg a Benjamin e Adorno. Il saggio più importante per il rapporto tra
estetica e letteratura è Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra
Ottocento e Novecento, Laterza, Cf. "Dalla logica all'estetica”, "Alle
origini dell'opera d'arte contemporanea" “Astrazione e astrazioni”, "La questione dell'aura tra Benjamin e
Adorno", Rivista di Estetica, “Volti della memoria”. Giuseppe Di Giacomo. Giacomo.
Keywords: l’inspiegabile, aura; ‘impiegatura como spiegatura dell’inspiegabile”
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giacomo: impiegatura come spiegatura
dell’inspiegabile” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758320754/in/dateposted-public/
Grice e Giametta – il
volo d’Icaro – filosofia italiana – Luigi Speranza (Frattamaggiore). Filosofo. Grice: “Giammetta is a good’un, but you gotta
be an Italian to appreciate him fully, or at least have gone to Clifton, as I
did!” -- Grice: Giametta’s philosophy is
full of Italianateness: ‘il volo d’Icaro,’ and then there’s his ‘Croceian
heterodoxies,’ and most Italianate of all, the Dantean reference to Nisso,
Chiron, and Folo in the “Inferno”! Sublime!” Cura Nietzsche a Firenze. Ha
scritto saggi di critica "eterodossa" su Croce. Cura Cesare. È anche
romanziere, estraneo a scuole o correnti, con storie dalla forte valenza
filosofica e morale; attitudine
stilistica: la prosa di Giametta pare quella di un centauro: sorprendente
incontro di letteratura e filosofia. Nella
"Trilogia dell'essenzialismo" (composta da “Il Bue squartato” -- L'oro prezioso dell'essere e Cortocircuiti),
elabora un proprio sistema di filosofia erede del naturalismo rinascimentale.
L’Essenzialismo è una nuova filosofia, fondata esclusivamente sulla natura,
intesa nei suoi due aspetti, sia come “naturans” (cf. Grice, implicans,
implicaturus) sia come “naturata” (cf.
Grice implicatum, implicatura, implicaturus, implicata). Grice: “The problem:
‘is ‘naturare’ a good verb?’ --. L’essenzialismo descrive la condizione umana
come determinata dalla combinazione di due elementi eterogenei: dall’essenza di
tutto ciò che esiste, che è divina, e dalle condizioni di esistenza, che sono
spesso fin troppo diaboliche, a cui sono sottoposte tutte le creature. Il con-temperamento
di questi due elementi (essenza ed esistenza), diverso in ogni individuo,
spiega le ragioni per cui si afferma o si nega la vita, si è ottimisti o
pessimisti...". Alter opera: “Oltre
il nichilismo” (Tempi moderni, Napoli); “Poeta e filosofo” (Garzanti, Milano); Palomar,
Han, Candaule e altri. Scritti di critica letteraria, Palomar, Bari Nietzsche e
i suoi interpreti. – cfr. ‘Grice interprete di se stesso” – “Erminio; o, della
fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete. Spirali, Milano); “Saggi
nietzschiani” (La Città del Sole, Napoli); “Croce” (Bibliopolis, Napoli); “Il mondo”
(Palomar, Bari); “Madonna con bambina e altri racconti morali, BUR, Milano);
“Commento allo Zarathustra” Mondadori Bruno, Milano); “Filosofia come dinamita”
BUR, Milano), “Croce, il pazzo” (La Città del Sole, Napoli); “Eterodossie
crociane” (Bibliopolis, Napoli); “La caduta di Icaro” (Il Prato, Padova); Introduzione
a Nietzsche. Opera per opera, BUR, Milano, Il bue squartato e altri macelli. La
dolce filosofia, Mursia, Milano . L'oro dell'essere. Saggi filosofici, Mursia,
Milano . Cortocircuito e implicatura -- Mursia, Milano . Adelphoe, Unicopli,
Milano . Il dio lontano, Castelvecchi, Roma); “Tre centauri, Saletta dell'Uva,
Napoli . Filosofi, Saletta dell'Uva, Napoli . Una vacanza attiva, Olio Officina,
Milano . Grandi problemi risolti in piccoli spazi. Codicillo
dell'essenzialismo; Bompiani, Milano . Colli, Montinari e Nietzsche, BookTime,
Milano . Capricci napoletani. Pagine di diario (Marco Lanterna), OlioOfficina,
Milano; “Il colpo di timpano, Saletta dell'Uva, Napoli); “Dio impassibile” (Babbomorto,
Imola . Contromano, BookTime, Milano. Il bue squartato e altri macelli, Mursia,
Milano . La passione della conoscenza. Pensa
Multimedia, Lecce, . Marco Lanterna, Le grandi oscurità della filosofia risolte
in lampeggianti parole. Marco Lanterna, Contributo alla critica di Sossio (in
Giametta, Capricci napoletani, OlioOfficina, Milano ). Friedrich Nietzsche Arthur Schopenhauer
Giorgio Colli Mazzino Montinari. Sossio Giametta. Giametta. Keywords: il volo
d’Icaro, l’implicatura di Croce – eterodossie crociane – Cosi parlo Zoroaster;
cosi implico!”—cortocircuito e implicature, la pazzia di Croce, il pazzo di
Croce – la caduta di Icaro? No, il vuolo di Icaro! – Colli e Montanari! -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giametta: cortocircuito ed implicatura” – The
Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51716489340/in/photolist-2mRAqeJ-2mQxzwE-2mQDDPt-2mQMcti-2mQMcsB-2mQHU1f-2mQK7Hp-2mQMcs1-2mQMcr4-2mQK7Gn-2mQDDQq-2mQMcsG-2mQHTYB-2mQHU15-2mQK7GY-2mQNoEv-2mQK7HQ-2mQNoHr-2mQK7J1-2mQDDPd-2mQHU1a-2mQHTZo-2mQMct8-2mQDDPP-2mQHTYG-2mQNoEF-2mQMcqT-2mQNoFx-2mQK7Hz-2mQHTYr-2mQMcqN-2mPkhvE-2mN1wvj/
Grice e Giandomenico – l’apertura semantica –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Carunchio). Filosofo. Grice: “I
like Giandomenico; he makes excellent commentary on Bernard’s controversial,
deterministic idea of life – from amoeba to man, in Russell’s words --.” Grice:
“Surely this has connections with my method in philosophical psychology, from
the banal to the bizarre, which actually starts with philosophical BIO-logy!”
Grice: “Giandomenico shows that while Bernard never thought he had to provide a
‘conceptual analysis’ of ‘vivente,’ he does propose this or that criterio: for
one he tries to prove that self-nourishment cannot be the criterion – but I’m
not sure what the positive he poes, if any!” Si laurea con Corsano all’istituto
di filosofia di Bari.Insegna a Brindis, Lecce, Foggia, e Bari. Studia l'insegnamento
di Filosofia nei Licei. Studia filosofia
della comunicazione. Fonda il Laboratorio di Epistemologia Informatica e il Centro
per la Metodologia della Sperimentazione. Studia pragmatica computazionale e
Informatica umanistica. Membro della Società Filosofica Italiana. Si occupato della
storia della fisiologia, la storia sdell’informatica, l’informatica pragmatica,
teoria della comunicazione, teoria dell’implicatura conversazionale, e teoria
del segno. Pubblicato uno studio su Tommasi, che aderì alla sperimentazione. Ha
trattato il contributo scientifico di Pende. Analizza i fondamenti
dell'informatica nei suoi rapporti con le teorie filosofiche, mettendo in
evidenza le strutture epistemiche reciprocamente significative. “Filosofia ed
informatica”, Inoltre, ha sperimentato applicazioni delle tecnologie informatiche
nella ricerca umanistica. Le ricerche condotte nell'ambito
dell'informatica linguistica si sono proposte l'analisi
linguistico-computazionale. L'obiettivo è stato quello di andare al di là del
livello “lessicografico” – il filosofese – o terminologia filosofica, como
‘implicatura’ -- e di implementare una rete sintattica automatica con l'ausilio
di software dedicati. Il primo progetto ha riguardato l'analisi della
conversazione nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi” di Galileo. Usando un
software, creato dal Laboratorio di Epistemologia Informatica di Bari, ricava
un “vocabolario” (filosofese, terminologia filosofica, vocabolario filosofico)
galileiano, procedere ad una prima valutazione dello stile ed avviare l'analisi
“semantica” di un “concetto” utilizzato da Galileo. Ha raccolto, infine, questi
spunti in una riflessione sui linguaggi dell'artificiale, intersecati con
quelli della vita, sulle nuove tecnologie della comunicazione e sull'etica.
Altre opera: “Tommasi, filosofo, Bari, Adriatica; “Filosofia e sperimento”
Bari, Adriatica; “Scienza, filosofia, letteratura, Verona, Bertani; “
Introduzione a Charcot, Fasano, Schena); “Epistemologia informatica, Bologna,
Transeuropa); “ Filosofia e informatica. Bari: G. Laterza); “L'uomo e la
macchina trent'anni dopo: Filosofia e informatica, Società Filosofica Italiana,
Bari, G. Laterza); “Dall'offerta formativa alla creazione di un nuovo lavoro:
la laurea umanistica” in Convegno per il corso "Informatica umanistica”
BARI: G. Laterza); “Laboratori di psicologia tra passato e futuro, Lecce, Pensa
Multimedia); “La prosa di Galileo: la lingua la retorica la storia, Lecce, Argo);
“La filosofia come strumento di dialogo tra le culture, Bari, Mario Adda Editore);
La Società Filosofica Italiana, Roma, Armando, . Note M. Triggiani, Cultura, un fronte unico.
Università e Comune per una rete dei contenitori, in Gazzetta del Mezzogiorno, 3
A.L., Dopo la laurea faccio il master in orecchiette, in Specchio. Supplemento
di La Stampa, F. Di Trocchio, Dall'archivio al futuro, in L'Espresso,de Ceglia,
l. Dibattista, Semi di storia della scienza. Milano, Franco Angeli, Mauro Di Giandomenico. Giandomenico.
Keywords: l’apertura semantica, “How Pirots Karulise Elatically” – pirots
karulise elatically – pirots karulise – ‘implicazione’ – aperture semantica -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giandomenico: l’implicatura conversazionale: ‘Pirots
karulise elatically; therefore, pirots karulise!” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51757604051/in/dateposted-public/
Grice e Giani – implicatura mistica – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Muggia). Filosofo. Grice: “It’s hard for
me to judge Giani’s philosophy because I fought against the Italians during the
so-called ‘second world war,’ so-called!” Grice: “But I would be willing to
expand: if Giani developed what he aptly called a ‘mystique’ – so did we at
Oxford – Churchill surely held his ‘mystique.’ Of course the Italian, being
more scholastic, had to call it ‘scuola di mistica,’ – and the idea was that of
an all-male chivalry order – aptly set at Milan!” Fonda la corrente filosofica
nota come "Mistica". Partì come volontario di guerra e morì sul
fronte. Dopo aver frequentato il Liceo ginnasio Dante Alighieri di
Trieste si trasferì a Milano, dove si iscrisse a Milano e quindi ai Gruppi
Universitari, laureandosi. Anticipa l'imminente apertura della scuola sul
foglio dei Gruppi Universitari, "Libro e moschetto" della Scuola di
Mistica. Ne divenne direttore, carica che lasciò alla fine dell'anno seguente
dopo aver scritto il suo ampio discorso da tenersi a Roma in occasione dellaI iunione
della Società Italiana per il Progresso delle Scienze che coincideva anche con
il decennale della Marcia su Roma in cui enuncia i principi della nuova
scuola. Su impulso di Giani si comincia inoltre a pubblicare i Quaderni
della scuola di mistica. Poche settimane dopo la riunionesi dimise da
direttore con una lettera inviata a Mussolini, per contrasti interni con il
segretario politico dei Gruppi Universitari. Imputa le dimissioni al mancato
trasferimento della Scuola nella vecchia sede de Il Popolo d'Italia chiamato
anche "Il covo" La richiesta di entrare in possesso de "Il
Covo" puntava ad ottenere il possesso di uno degli ambienti più importanti
dell'immaginario fascista. Continua quindi a collaborare con diversi quotidiani
come "Il Popolo d'Italia" e "Gerarchia". "Lineamenti
sull'ordinamento sociale dello Stato" gli fece ottenere la libera docenza
e e quindi la cattedra di Storia a Pavia ma parte volontario per la guerra
d'Etiopia arruolandosi col grado di capomanipolo della Milizia Volontaria per
la Sicurezza Nazionale nel CXXVIII Battaglione"Vercelli".
Rientrato in Italia, riassunse la guida della scuola, qui in occasione della
chiusura dell'anno scolastico nell'aula della casa del Fascio di Milano.
Rientrato in Italia riassunse la carica di direttore della "Scuola di
Mistica" lanciando due importanti iniziative, rilancia la pubblicazione
della serie di "Quaderni" che affrontavano differenti problematiche e
sempre per sua iniziativa fu creata nell'ambito della scuola la rivista
mensile, Dottrina che divenne l'organo ufficiale della Scuola, in cui pubblica il "Decalogo dell'italiano nuovo”. Si
dedica inoltre al giornalismo diventando direttore a Varese di "Cronaca
prealpina" e collaborando a diverse testate, tra cui Tempo (Direttore:
Alfredo Acito). Dalle pagine di "Cronaca prealpina" prese parte alla
campagna fondata sui propri convincimenti del ‘spirito’ contrapposto al
"biologico" La Cronaca
prealpina dopo la nomina di Giani a direttore arriva a quadruplicare la tiratura.
L'incontro a Roma con Mussolini in cui si decise la cessione del
"Covo" ai "mistici" della Scuola. Su impulso di Giani, con
una cerimonia presieduta di Starace, la sede ufficiale della Scuola di Mistica
si spostò nel medesimo edificio che ospitò ai suoi primordi il giornale Il
Popolo d'Italia, chiamato "il Covo". Il "Covo" negli anni era
stato trasformato in una galleria. La palazzina e proclamata monumento nazionale
con tanto di guardia d'onore svolta da
squadristi e combattenti. Per esplicita decisione di Mussolini, fu ufficialmente
consegnata ai mistici della scuola. L'evento fu vissuto come una autentica
consacrazione dei insegnanti riuniti intorno a Giani. In realtà la consegna era
già stata disposta come risulta da un foglio d'ordini del PNF e in
quell'occasione il consiglio direttivo era stato ricevuto a Roma da Mussolini.
Mussolini li aveva spro continuare nella loro attività. A Milano, in
occasione del decennale dalla fondazione della scuola, organizzò il
"Convegno nazionale di mistica" che nelle sue intenzioni avrebbe
dovuto essere il primo della serie. Obiettivo che sfumò a causa dell'entrata in
guerra. L'incontro vide oltre 500 partecipanti ed ebbe l'adesione della maggior
parte degli filosofi dell'epoca. Come gran parte dei "mistici",
partecipa nuovamente come volontario alla seconda guerra mondiale, conflitto
nel quale vedeva il presagio di una rivoluzione in vista di una nuova
era. Inquadrato nell'11º reggimento alpini prese parte alla battaglia
delle Alpi Occidentali contro la Francia e venendo decorato con la medaglia
d’argento al valor militare.Terminata la campagna di Francia in seguito
all'armistizio tornò alla vita civile ma incominciata nel frattempo la guerra
in nord Africa richiese più volte di partire volontario senza ottenere
soddisfazione. Alla fine ottenne di partire
come corrispondente di guerra de Il Popolo d'Italia, della Cronaca
prealpina e de L'Illustrazione Italiana presso i reparti della Regia
aeronautica. Per quest'ultima realizza anche diversi servizi fotografici. All'attività
di giornalista affiance anche quella di militare prendendo parte ad alcune
azioni e ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare. E richiamato in
Italia dove riassunse la guida de "La cronaca prealpina".Nuovamente
incorporato nell'11º reggimento alpini riparte infine come volontario per la
campagna di Grecia, dove cadde sul fronte greco-albanese nella battaglia per la
conquista della Punta Nord del Mali Scindeli. Si offre volontario per una pericolosa
missione che prevede la conquista di una munita postazione greca. L'attacco
ebbe inizialmente successo con la conquista della posizione ma riorganizzatisi
i greci condussero un contrattacco. Nello scontro cadde. Il periodico
L'Illustrazione Italiana scrisse, senza riportare dove o come avrebbe potuto
registrare tali parole, che l'ufficiale greco che lo aveva colpito a morte
avrebbe raccontato che nello scontro Giani gli si era parato davanti "come
un dio o un demone". Il corpo di Giani andò disperso e gli altri
assaltatori che avevano preso parte all'attacco dovettero ritirarsi rapidamente
incalzati dai soldati greci. Fu pochi giorni dopo incaricato delle ricerche Carati
che era anche vice-direttore della Scuola di mistica. Le ricerche a causa della
perdurante situazione di guerra furono nulle, e riuscì solo ad individuare il
luogo in cui era caduto. In quell'occasione, richiesta un'udienza al
Duce, chiese che potessero partire per l'Albania il cognato Guido Giani e il
fratello Aldo Sampietro. Questi ultimi rinvennero la salma sepolta in maniera
anonima in territorio greco. Di qui la salma fu translata nel piccolo cimitero
militare di Klisura. Mussolini fu preso come principale punto di
riferimento dalla Scuola di Mistica. Elabora un discorso programmatico in cui
enuncia i principi fondanti della Scuola e della Mistica fascista. Compito
nostro deve essere soltanto quello di coordinare, interpretare ed elaborare il
pensiero del Duce. Ecco perché è sorta una Scuola di mistica ed ecco il suo
compito: elaborare e precisare i nuovi valori che sono nell'opera del Duce. (Giani in La marcia sul mondo). Inizialmente i
principi esposti da Giani facevano parte di un discorso più ampio da tenersi a
Roma in occasione di una riunione della Società Italiana per il Progresso delle
Scienze. L'ampio discorso fu poi pubblicato nella serie dei
"Quaderni" voluti da Giani con il titolo "La marcia sul mondo
della Civiltà". Si impone un ritorno alle origini, ovvero al movimentismo
rivoluzionario, riallacciandosi idealmente all'esperienza delle prime squadre
d'azione e degli arditi della Grande Guerra quindi, secondo Veneziani "una
più radicale rivoluzione coniugata al recupero di una più integralistica
tradizione". Ma più che legati agli enunciati politici del manifesto di
sansepolcro i mistici di quella esperienza esaltavano soprattutto la lotta contro
la borghesia affaristica del primo dopoguerra. La mistica si considera rappresentante
proprio di questo mondo ispirato dall'amore di patria e posta a guardia della
rivoluzione permanente e in contrasto con gli opportunisti e i
trasformisti. Individuava nell'epoca contemporanea *quattro* principali
mistiche, destinate ad apportare in un primo tempo dei benefici ma poi a
fallire: liberale, democratica, socialista e comunista. Liberalismo,
democrazia, socialismo e comunismo sono le quattro mistiche dominanti nella
societa. Il bilanciolo abbiamo già visto è per tutte negativo. Il liberalismo
porta all'anarchia. La democrazia porta all'instabilità politica e sociale. Il
socialism porta alla otta civile. Il comunismo porta alla vita primitiva. Queste
quattro mistiche sono pertanto anti-storiche. A fronte di esse l'unica mistica
in grado di superare tali crisi era quella come sviluppato nel capitolo intitolato
"La marcia ideale" la cui conoscenza e diffusione presso le masse era
compito della élite. Medaglia d'argento al valor militarenastrino per uniforme
ordinariaMedaglia d'argento al valor militare «Volontario nella guerra d'Africa
ove prese parte volontario a diverse pattuglie esploratori, chiese ed ottenne
di essere anche in quest guerra assegnato ad un reparto combattente. Destinato
all'11º alpini volontario a due azioni del battaglione Bolzano chiese di
partecipare alla ardita discesa di due compagnie del battaglione Trento
effettuata in una valle occupata dal nemico e avanzò con la prima pattuglia
sotto intenso bombardamento, sprezzante del grave pericolo di sorprese e di
accerchiamento nemico, esempio trascinante a ufficiali e soldati, e prova di
dedizione alla patria, di alta fede e di valore.» Medaglia di bronzo al valor
militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia di bronzo al valor militare
«Corrispondente di guerra presso una squadra aerea disimpegnava il suo
particolare e delicato servizio con alto senso di responsabilità. Spesso
presente sugli aeroporti più avanzati e maggiormente battuti dall'offesa nemica
allo scopo di rendersi conto di ogni particolare, partecipava volontariamente a
difficili e rischiose missioni di guerra, dando sicura prova anche nelle più
critiche circostanze di sereno sprezzo del pericolo e completa dedizione al
dovere.» Medaglia d'oro al valor militarenastrino per uniforme ordinaria Medaglia
d'oro al valor militare «Volontariamente, come aveva fatto altre volte,
assumeva il comando di una forte pattuglia ardita, alla quale era stato
affidato il compimento di una rischiosa impresa. Affrontato da forze superiori,
con grande ardimento le assaltava a bombe a mano, facendo prigioniero un
ufficiale. Accerchiato, disponeva con calma e superba decisione gli uomini alla
resistenza. Rimasto privo di munizioni, si lanciava alla testa dei pochi
superstiti, alla baionetta, per svincolarsi. Mentre in piedi lanciava l'ultima
bomba a mano ed incitava gli arditi col suo eroico esempio, al grido di:
«Avanti Bolzano! Viva l'Italia», veniva mortalmente ferito. Magnifico esempio
di dedizione al dovere, di altissimo valore e di amor di Patria.» — Punta
NordMali Scindeli (Fronte greco), 14 marzo 1941. Opere: “La via della gloria,
anni 20 La marcia sul mondo della Civiltà Fascista, Lineamenti su l'ordinamento
sociale dello Stato, Giuffré ed. La mistica come dottrina. Perché siamo, A.
Nicola. Perché siamo mistici. Mistica della rivoluzione. Antologia di scritti, Il
Cinabro, Longo, “I vincitori della
guerra perduta” (sezione su Giani),
Edizioni Settimo sigillo, Roma.Carini, Giani e la scuola di mistica fascista, Mursia, Antonellis, Come doveva essere il
perfetto, su storia illustrate,Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su
storia illustrate, Tomas Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore,
Pinerolo,Carini, Giani e la scuola di
mistica, Mursia,Tomas Carini, Giani e la scuola di mistica, Mursia, Carini, Giani
e la scuola di mistica fascista, Mursia, Tomas Carini nella prefazione su Giani,
La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Grandi, Gli eroi, Giani e la
Scuola di mistica, Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia, una cui
sommaria sintesi è nel sito varesenews Archiviato. Tomas Carini nella
prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Il
saggio, edito da Dottrina Fascista, riporta in forma integra la conferenza inaugurale
tenuta da Giani per l'inaugurazione del corso per maestri della Scuola di
Mistica. Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia in Aldo Grandi, Gli
eroi di Mussolini, BUR, Milano, Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su
storia illustrate, Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia,
Sugarcoedizioni, Varese, Longo, Gli eroi della guerra perduta, edizioni settimo
sigillo, Roma, L'Illustrazione italiana,
Grandi, Gli eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cAldo
Grandi, Gli eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cNiccolò
Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella
prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Marcello
Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarcoedizioni, Varese, Giani,
La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella
prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Tomas
Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore,
Pinerolo, Tomas Carini, Giani e la
Scuola di mistica, prefazione di Marcello Veneziani, Mursia, Milano, Grandi,
Gli eroi di Mussolini. Giani e la Scuola di mistica, BUR Biblioteca Univ.
Rizzoli, RaidoSpeciale Scuola di Mistica, Raido, Roma, Arnaldo M., Coscienza e dovere.
Niccolò Giani. Giani. Keywords: implicature mistica, mistico, il mistico – la
mistica del liberalismo – la mistica del comunismo – la mistica della
democrazia – la mistica del socialismo – filosofia politica – dottrina liberale
– dottrina comunista – dottrina democratica – dottrina socialista --. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51756746927/in/dateposted-public/
No comments:
Post a Comment