Grice e Winspeare: elogio d’Antonino – “Della filosofia
romana” (Portici). Filosofo. Essential
Italian philosopher. “My Italian friends do not consider me Italian, though!”
Winspeare’s ancestors are from Yorkshire in a bad time. Henry VIII. “So the
king’s option was clear: either your head off or move to Capri. I chose the
second.” Opere: “Delle confessioni spontanee de' rei” (Stamp. Simoniana,
Napoli); “Storia degli abusi feudali” (Tip. Trani, Napoli); “Voti de'
Napolitano (Napoli); “La voce di Napodano, ossia Quarta illustrazione del patto
di Capuana e Nido” (Tip. Trani, Napoli); “I libri delle ‘Leggi’ di Cicerone
volgarizzati” (Trani, Napoli); “Delle chiese ricettizie del Regno” (Trani,
Napoli); “Filosofia” (Trani, Napoli); “Dissertazioni legali” (Agrelli, Napoli);
“La colonia perpetua ed i diritti feudali aboliti” (Pesole, Napoli). Della filosofia romana. La filosofia romana può dirsi, che
cominci da Cicerone, cui è dovuta la lode di aver dato la cittadinanza latina
alle greche discipline, e di avere eccitato in questi studî l' emulazione de'
suoi cittadini. Suo è il vanto di avere richiamato la scienza a' principî di
Socrate e di Platone di averla applicata alla vita si domestica che publica, e
di averle dato un linguaggio che prima non aveva; pe’quali meriti raccolse in
se la gloria de’greci mae stri. Sapiente come Socrate, eloquente come Platone,
erudito come Aristo tele, e austero come Zenone, Cicerone compendið in se le
più chiare menti della Grecia, sì che risplende nel mondo intelligente, non
solamente come il luminare della filosofia latina, ma come il più ornato, il
più elegante, e il più retto ingegno, che abbia onorato la spezie umana. Che se
mancogli il merito dell'invenzione, ne ebbe bene un altro, che quello eguaglia
ed avan za, cioè l'essere stato tra gli antichi il più utile alla filosofia
pratica, avendo rimosso dalla speculativa la investigazione delle cause
naturali, e dimostralo l'unità del principio, a cui si annodano la teologia
naturale, la psicologia, e la morale . Infatti avendo, come Socrate, stabilito
per iscopo d'ogni filo sofia la conoscenza di se medesimo, da questo fece
nascere la conoscenza di Dio, la celeste origine delle anime umane l'ordine
morale degli Esseri creati, il fine de' beni e de' mali, la cognizione del
sommo bene, il prin cipio delle obligazioni naturali, e la nozione di quella
eterna legge che tutto modera e governa (a ). Avendo così dato alla filosofia
un fine vero, e utile alla umana vita, poco entrar volle ne'concetti
metafisici, e forse disprezzogli al par di Socra te; il che ha fatto a molti
dire, che Cicerone nell' esporre le dottrine delle greche scuole non sempre
avesse penetrato addentro nel senso loro, e fosse quasi rimaso straniero a
quella esoterica sapienza, che taluni tanto più pre dicano e ammirano, quanto
più di tenebroso trovano nelle sue concezioni. E qui domanderemmo, se non è
arroganza de'moderni il tassare di poca penetrazione la più luminosa mente
dell'antichità, la quale abbracciò le parti tutte dell' umano sapere, svolse le
più gravi quistioni della filosofia intellet tuale, e spogliandole de’sofismi
della dialettica le rendette facili e popolari? E vorremmo ancora sapere, se
possa imputarsi a difetto di scienza l' avere ommesso quelle controversie, che
non solamente non contribuiscono alla per fezione della cognizione, ma la fanno
in falsa parte piegare? Sarà facile il rispondere a chiunque farassi a
considerare le parti singole della filosofia da lui trattate, prendendole dal
quadro ch'egli stesso ne fece nella introduzione d ' uno de' suoi libri
filosofici. Ne' libri accademici volle egli dimostrare la prima e più
importante ve rità dell'umana cognizione, la certezza delle sorgenti delle
idee. In ciò fare, Origine e realità della umana seguì per rispetto a' sensi la
dottrina di Zenone, che a quelli dato aveva cognizione. più che non aveva
concesso Aristotele, o sia defini e determinò il compren sibile de'sensi
ne'termini stessi di quella scuola (c); dal che dedusse, esser la verità de'
sensi una condizione necessaria della natura, comprovata dalla differenza che
la natura stessa ha stabilito tra 'l piacere e il dolore. Ma a canto al
principio della sensazione, collocò la virtù intuitiva dell' anima come affalto
distinta da quello, o sieno le prime nozioni impresse dalla na tura, senza le
quali la mente non avrebbe potuto nè intendere nè ragionare. Tuscul., De legib.,
Academ., Visum, impressum, effictumque ex eo unde esset; quale esse non possel
ex eo, unde non esset. Lucullus. Circa la dottrina delle idee, espone storicamente
il concetto di idea di Platone, senza impugnarlo o sostenerlo; narra lo strazio
che fatto ne ha Aristotele, insieme co'suoi peripatetici; lascia da banda la questione
del come le nozioni nascose e adombrate nell'anima si sviluppassero, ma
riconobbe come indispensabile la necessità d' un secondo principio tutto
intellettuale, senza del quale sarebbe stato impossibile spiegare le operazioni
della mente, l'astrarre, il generalizzare, l'inventare, e sopratutto il prodi
gioso fenomeno della memoria (a). Conforme a' principi della umana cognizione
fu il resto del suo sistema Conoscenza intellettuale, che espone nelle
tusculane e ne' saggi intorno a ' fini de' beni e di se medesimo. de mali. Per
la contemplazione di se medesimo, introdusce l'anima alla cognizione della
immortalità ed immaterialità della sua sostanza, della origine divina da cui
emana, dello scopo della vita, e del sommo bene cui debbe aspirare. E in prima,
la più importante qualità dell'anima, siccome Cicerone avverti, è l'intuizione
di se medesimo, la qual dote è appunto una conseguenza di quel principio
d'intellezione che la natura ha in lei impresso, che non si acquista co' sensi,
e che nella più matura età quando i sensi declinano, diviene più retto e
perspicace. Dalla virtù, che l'animo ha di vedere se medesimo e le qualità sue,
e dalla forza che ha in se di volere e di muovere, sente l'uomo essere cotesta
virtù un principio proprio, non prodotto da altra esterna forza, e scopre
essere quel principio stesso il quale muove la materia, affatto simile
all'azione, che dà moto e vita all'universo; d'onde conclude non essere
materiale o corporea, nè terrena o mortale, ma celeste ed eterna. Nè solamente
dal principio della volontà e del moto ricava l'im mortalità e l'immaterialità
della sostanza sua, ma si bene dalle altre doti intellettuali, di cui scorgesi
arricchita: dalla facoltà di pensare, di ritenere e di richiamare le idee e le
nozioni passate, di antivedere le future, e di abbracciare col pensiero la
Divinità, le opere sue, e l'infinito stesso, che n'è il principale attributo.
In somma sviluppando il precetto di Socrate, conosci te stesso, o sia investiga
quale sia l animo tuo, Cicerone fa da quello derivare i tre primi dogmi della
naturale sapienza dell' uomo, l' esi stenza di Dio, l'immaterialità, e l'
immortalità dell' anima umana. E allorchè dalla interna investigazione
dell'animo passa alla contemplazione de gli obbietti esterni, e delle altre
opere della natura, quanto più luminoso non diviene il concetto della Divinità,
della dignità dell'uomo, della sua futura sorte, e del vero scopo della vita?
Delle quali magnificenze sarebbe l'uomo muto e indifferente spettatore al pari
dei bruti, se non avesse sviluppato entro di se le nozioni del proprio essere,
e delle relazioni sue colle altre creature, e coll'Autore stesso dell'universo Academ.
Animo ipso animum videre. A stabilire poi la vera nozione della Divinità, ne'
libri de natura deo rum volle Cicerone esporre le principali opinioni delle
greche scuole, l'accademica, la stoica, e l'epicurea; e sbandita questa (la
quale dava alla Di vinità per suo unico fondamento la pratica credenza degli
uomini e rendevala affatto inutile alla vita), dimostrò come gli accademici
discordassero dagli stoici nelle parole più che nella sostanza. Ciascuna di
quelle due scuole non pertanto aveva una parte vera: il concetto della Divinità,
ricavato dall'opera dell'universo, era degli accademici, i quali ereditato
l'avevano da’socratici: l'altro della provvidenza, che tutto regge é dispone
per la utilità dell'uomo, era degli stoici. Ma costoro d'altra parte
ammetlevano dogmi, e commettevano insieme principî tra loro incompatibili, come
la natura animata cogli attributi della Divinità, il fato colla provvidenza e
colla libertà delle umane azioni. La stessa loro virtù, o il sommo bene non
polevasi accomodare al viver pra tico degli uomini, dapoichè era collocata in
un estremo tale, che per esso toglievasi ogni merito o biasimo a'fatti, buoni o
tristi che fossero, se pur non toccassero l'apice della perfezione: per esso
l'uom sapiente diveniva un Essere ideale, che non potevasi scontrare sulla
terra: i doni della natura la sanità, il vigore, la bellezza, le sostanze erano
agguagliate a' difetti e alle privazioni contrarie: il piacere scambiayasi col
dolore: le relazioni tra gli uomini, gli ufizi della vita, la prudenza,
l'ordine, le virtù civili, la cura de'publici negozî, e la domestica economia,
divenivan tutte qualità di convenzione, estranee alla sapienza e alla vera
virtù A rim. uovere l'ostentazione di questa scabrosa virtù, dopo avere esposto
le opinioni delle greche scuole, Cicerone dimostrò quanto di vano fosse nelle
parole e ne' nuovi vo caboli introdotti dagli stoici, e come il giusto mezzo si
trovasse nelle emen dazioni di Panezio, il quale aveva conciliato Zenone, cogli
accademici e co' peripatetici. Tale fu lo scopo de' suoi libri intorno a' fini
de' beni e de' mali, insieme co'quali va letto l'altro del fato, che scrisse
per accor dare insieme la dottrina dell'ordine della natura colla provvidenza,
e colla libertà delle umane azioni; libro, per altro, di cui ci rimane soltanto
un mal concio avanzo. Non oseremmo fare la stessa apologia de' libri intorno
alla divinazione, nè sapremmo dire, se avesse egli inteso sostenere la verità
delle scienze divinatorie per l'autorità degli stoici, o per la necessità di ri
spettare una dottrina popolare, a cui non avrebbe potuto impunemente con
traddire. Forse la maggior lode di quella opera potrebbe ricavarsi dal filo
sofico concetto che in essa sovente traluce, cioè che v' ha una provvidenza
conservatrice, della cui assistenza la mente umana senle il bisogno, per modo
che gli stessi prestigî e le superstizioni delle arti divinatorie sono la
pratica espressione di tal bisogno. Quae est causa istarum angustiarum gloriosa
ostentatio in constituendo sum mo bono. De Finibus. Le opere sin qua esposte
abbracciano tutta la filosofia speculativa di Cicerone. Non sono meno luminose
quelle della filosofia pratica: i libri degli ufizi contengono l'applicazione
della dottrina stoica, secondo le emendazioni di Panezio, a' portamenti della
vita; siccome i libri della republica e delle leggi derivarono dagli stessi
principi le regole per la vita publica, e per lo civile reggimento de' popoli.
Per lui in somma, la filosofia nacque in Roma matura, senza passare per l'età
dell'infanzia, siccome aveva falto in Grecia. Negli studi della umana sapienza
la ragione romana ebbe per guida la spe rienza, o sia la storia delle opinioni
e degli errori del più perspicace e il luminato popolo del mondo, il quale
aveva figurato come l'antesignano e il luminare di tutti gli altri nella
carriera delle lettere e delle scienze. Cicerone e eclettico, perchè altra
parte non resta a chi sopraggiugne nella maturità del sapere, fuorchè il
giudicare e lo scegliere. Ma l'avere esercitato il giudizio e la scelta in
tutte le parti della filosofia; lavere signoreggiato i pensieri de' greci con
un criterio sempre libero e retto; e l'aver dato ai pensieri della scienza
l’espressione, o sia il linguaggio di cui i romani mancavano, gli meritarono
presso i suoi un primato, che altro sapiente mai non ebbe presso la propria
nazione. In conferma di che giova osservare, che in tutta la durata del romano
impero, e in mezzo a tanti sommi uomini i quali ar ricchirono ogni parte del
sapere cogli scritti loro; non apparve più alcuno che fosse stato a lui
comparato, si che egli è solo modello della sana filo, sofia tra'latini, come
Socrate tra'greci. Della filosofia pratica sopratutto fu benemerito, dapoichè
per lui la dot trina degli stoici passò dalla scuola nel foro, e nel grande
tealro del mon do. Da questa la giurisprudenza attinse le cardinali nozioni
della giustizia, e delle obligazioni, proprie a stringere e consolidare i
legami delle civili as sociazioni. E sebbene nelle mani de'giureconsulti la
dottrina stoica acquistato avesse una tinta di disputabile, aliena dalla sua
naturale rigidezza, e avesse da Seneca ricevulo un certo orpello declamatorio;
pur tuttavolta fu da Ar riano nel manuale di Epitteto richiamata a' severi
principî di Zenone e di Cleanto . Certamente in Roma ottenne successi maggiori
che in Grecia, per chè ivi divenne madre della sapienza civile, ed ebbe il
vanto di aver dato al mondo due perfetti modelli di re, nelle persone di Marco
Aurelio e di Antonino . Restiamo dall' internarci negli ultimi periodi della
filosofia del basso impero, si greco che latino; tra perchè le vecchie nazioni che
il compone vano, nella condizione stessa della loro vita civile trovavano
invincibili osta coli a' progressi della ragione; e perchè gli ultimi aneliti
della filosofia an darono in quel tempo a scontrarsi col grande avvenimento,
che rinnovar doveva la religione, la coltura e i costumi di tutti i popoli.
Basterà dire, che il ritratto delle opinioni e de'costumi della ultiina età
dell'impero ro mano sta in quel che abbiamo già detto deļla scuola alessandrina:
lo scetticismo e l'indifferenza per ogni verità formavano la doltrina de'
sapienti: la corruzione scioglieva ogni giorno i vincoli sociali: la
superstizione e l'igno ranza avevano ottenebrato la superficie della terra .Grice:
“Hailing remotely from the Catholic North Riding of Yorkshire and settling in
the most beautiful coastline in the world, Winspeare knew all you need to know
about Cudworth, and what he calls ‘percezione.’ I would call him an Oxonian.” Grice:
“My favourite Winspeare is his ‘dictionary’: obviously he found Italian furrin
enough to want to organize things in a sort of thesaurum. Speranza, on the
other hand, likes Winspeare’s idea of ‘volgarizzazione’ of Cicero’s ‘De
Legibus.’ – one of the most boring tracts in legalese, but then at Naples at
the time, you HAD to be a lawyer!” -- Refs.: H. P. Grice, “Winspeare, Speranza,
Napoli, and me!”The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft. Luigi
Speranza, “Grice e Winspeare,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza,
Liguria #winspeare https://www.facebook.com/media/set/?vanity=j.l.speranza&set=a.4572857239392902 #griceewinspeare https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51702440656/in/photolist-2mMPWdd-2mLPZbv-2mLR5nr-2mLR5nB-2mLMYBx-2mLR5mK-2mLPZaZ-2mLMYBc-2mLGr84-2mLPZcC-2mLGr8Q-2mLLwjC-2mLMYBn-2mLGr7C-2mLLwk9-2mKSd2s-2mKTgQZ-2mKSdA3-2mKTa4N-2mKNJaP-2mKQ9uA-2mKvUAt
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