isica colui avrà approfittato di quesla scienza che avrà sè stesso perduto.
Dalla tomba della setta italica, tenendo dietro alle ori gioi dell'antica lingua del Lazio,trasse fuori ilVico que ste divine idee ; aveva lello forse Bruno ancora , perchè un'ombra d'idealismo copre spesso le sue pagine:quel le spezialmente della prima Scienza nuova , dove l'uomo passa suo malgrado dalle selve allo stato civile per la sola
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opera della Provvidenza. Se non che l'uomo di Vico ri.
mane nello stesso stato in cui avealo lasciato Platone.D e
vono le divine idee rideslarsi all'occasione delle sensazio
ni ; njun tentativo per ravvicinare la sensazione all'idea; dovrebbe ciò fare l'induzione , m a la ragione è sempre
scontenla di quanto scopre l'ioduzione.Non ancora siera
mostrato Kaot per conciliar insieme la sensazione e l'idea.
Con questa filosofia,appoggiata all'induzione,sidispose V i c o a c r e a r il D i r i t t o u n i v e r s a l e d e l l e n a z i o n i . M a p r e o c . cupalo sempre delle civili cose di R o m a , brillando sem . pre nel suo spirito l'immagine di R o m a, si risolse in fine di stabilire Roma come modello della civiltà delle pazio
pi.Il perchè nella storia, della mitologia , nelle lingue, nel Blasone , e pe'feudi puranche del medio evo deesi
Roma ripelere,e la romana giurisprudenza diventar quel la di lulte le nazioni del mondo . E come i falti hanno
a servir di occasione per ridestare le idee platoniche; così l'antico Diritto di R o m a , le XII Tavole , tutta la storia, tutta la mitologia concorrer devono a risvegliar le idee del vero,del giusto,a dir breve l'ideale dell'umanità per felta.Ond'è che metafisica, logica,morale,educazione, politica,geografia,astronomia siabbozzano prima della religione de'padri in mezzo alle famiglie , e poscia in mezzo alla Città ; dove il Senato si compone degli stessi primi padri , riunili in Ordini , per reprimere le ribellioni degli ammutipali clienti. Di qui le lante critiche sulla storia positiva per distruggerla ; Sesostri e Tanai sono due simboli ; la sapienza de'poeti vera immagine della sapienza de'filosofi; l'Iliade e l'Odissea confuse con la sa pienza del volgo. E lullo questo per via di etimologie
stirale , di mili forzati, di stranissime analogie . Egli è evidente,dice un moderno scrittore,che tal metodo d'io
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lerpretazione deesi ridurre in fine ad una lorlura , per isforzare tutt'imonumenti della storia e delle favole a d e
porre in favore di un sistema. Chi incontrerà l'esistenza
di Mosè , di Maometto o di Boudha , come un ostacolo,
potrà rovesciarlo,con ridurlo ad un simbolo sfigurato dal la tradizione.
Siegue da queste osservazioni che quanlunque tutta la
sloria,tulla l'erudizione, per la potente sintesi di Vico,
pieghi sempre al modello di R o m a ,e la sua civiltà a poco a poco siasi spenta , fino a che passato ilmedio evo ,col
r i s o r g i m e n t o d e l l e l e t t e r e e d e l l e s c i e n z e , r i c o m i o c i il s u o
corso ; può non pertanto rimaner il dubbio che il popolo romano altro forse non sia che un fallo isolato. Essendo si in effetto limitalo il Vico ai Greci ed aiLatini,non sa.
pendo nulla delle Indie e della Cioa,non avendo inoltre ilsoccorso de'viaggiatorimoderni,nègliaiutidellaso cietà di Calculta;potrebbe accadere che tutti documenti, lulle le tradizioni non si potessero contenere senza a n a cronisminellecronologiche dimensioni dellaBibbia,alle
quali ilVico col Bossuet si è ristrelto.
Ma Vico,dobbiamopurdirloagloriad'Italia,Vicoè d i g r a n l u n g a s u p e r i o r e a d H e r d e r , il q u a l e n e l l a s u a S l o
ria dell'umanità ba parlato puranche dell'origine e del
progresso della civiltà de'popoli. Imperocchè se Herder, amico della filosofia del senso,vede l'uomo nella natura, e dalla formazionedelcristallo,per una ben lunga sca la , va sino all'uomo che è la corona dell'organizzazione;
Vico , seguace di Platone , con maggior discernimento del Ministro protestante, l'uomo nell'uomo stesso contem .
pla. E se l'analisi di Herder vivamente rallegra l'imma ginazione , la sintesi di Vico sembra lalmente falla
l'intelligenza
per , che il lettore, in onla del suo linguaggio
enigmalico e della strapezza delle analogie , viene atti rato potentemente dalla magica forza del suo peosiero. Niuno più originale di Vico , e pare che l'origioalità del l'italico ingegno ( servile imitatore oggidi delle cose stra niere)siesi sventuratamente nel Vico spenta.
D e'suoi principii intanlo , per quel che riguarda il nostro assunto , egli è facile di raccorre , che avendo le leggi per iscopo di meller freno alle u m a n e passioni , e di render l'uomo migliore;ben possono per esse la forza, l'avarizia e l'ambizione che sono itre vizi pe'quali corre a lrovarsi ilgenere umano )convertirsi in valor militare, prudente mercatanzia e savio governo. La legislazione
dunque , considerando l'uomo qual é , se dirige ad usi migliori le passioni, lo riforma e trasmuta in quello che esser deve.Le due massime di Vico pertanto, ben lungi dall'opporsi alla legge morale , la confermano viemag. giormente e ne presuppongono l'esistenza.
E qui credo far cosa grata a miei lettori , se da Vico stesso tolgo le prove di questa mia assertiva.
L'unico principio e fine di ogni Diritto è per Vico la
virtùdelvero.E'chiama virtùdelverol'umanaragione,
la quale è virtù io quanto combatte con le cupidità : è giustizia in quanto regola e pondera le utilità.
Le ulilità non sono per sè stesse nè oneste , nè turpi ; m a turpitudine è la loro ineguaglianza , onestà l'egua glianza loro. L'utilità privata di singolare individuo , o anche nazione , è labile , perchè finisce con l'individuo o con la nazione ; m a l'eguaglianza delle utilità , che è figlia dell'onestà , non è cosa caduca , è cosa immutabile ed elerna. Le cose caduche non possono produrre l'i m
mutabile, nè icorpi dar nascimeoto a ciò che li trascen de . Il sistema dunque degli utilitari , con questi pochi molli del Vico , è distrulto,
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Ciò si conferma con quel celebre delto di Pedio presso
Ulpiano:quante volte una od altracosa venne con la
legge introdolla , è buona occasione supplire con la
legge stessa le altre cose che tendono alla stessa uti.
lità. Buone occasioni adunque furono alla divina Provvi
denza l'umana debolezza e miseria,per le quali,secondo
la loro stessa spoolaneità , ritrasse gli uomini dallo stalo
ferino e bestiale ad essere socievoli, uguagliando tra loro leutilità,comechè ciònon avvenissedaprincipioperin
teraonestà,ma perunapartedionestà.
Or la socielà è una comunione di utilità che interviene
tra eguali o ineguali . L a socielà ineguale è tra padri e f i g l i; t r a l a p o t e s l a c i v i l e e d i s o g g e t t i : l ' e g u a l e è t r a f r a telli , congiuoli , amici , cilladini. Di qui due spezie di giustizia rellrice ed equatrice. L'eguaglianza delle uli. lità , con geometrica misura determinata , è il subietto della giustizia rettrice, della distributiva, la quale mira alla dignità delle persone.L'eguaglianza poi delle utililà,
fallacon aritmetica misura,èmateriadellagiustiziaequa. trice, volgarmente della commulaliva , la quale si rap
porta al mio , al tuo, ed ba luogo in ogni socielà egua. l e . N è o s t a p u n t o ( c o m e c r e d e G r o z i o , il q u a l e d i t a l
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L'occasione poi, per la quale una cosa accade , non è
cagione della cosa slessa,ilche Grozio non vide,trallando
dell'origine del Diritto; e pur doveva ia questa disamina
por mente ad una osservazione tanto importante che ne
è il c a r d i n e . L ' u t i l i t à d u n q u e n o n f u p r o d u t t r i c e d e l D i
rillo,come piacque ad Epicuro,a Machiavelli,ad Obbes,
i quali intesero per utilità la cessazione o del bisogno , o della violenza,odel timore;ma fu l'occasione,per la
le gli uomini divisi , deboli , bisognosi tralti furono alla vita sociale.
qua.
Siegue da ciò , che l'upa e l'altra giustizia la rellrice c l'equatrice hanno per fondamento l'onestà , e che non può avervi giustizia senza morale : conseguenza impor. tautissima , dedotta dal Vico da veri suoi priocipii , e sfuggita al Carmignani , il quale fa della Morale e del
Diritlo due cose talmente distinte , quasi non avessero nulla di comune tra loro.
Elementi del giusto Diritto,per Vico,sono la pruden. za,la temperanza, la forlezza.La prudenle deslioazione
io falti delle utilità , falla con ragione , von come della la cupidità , produce il dominio ; il moderalo uso delle
cose utili genera la liberlà ; la potenza regolala dalla fortezza partorisce la incolpala lulela.
La tutela de'seosi e la libertà degli affetti cosliluisce
il Dirillo naturale, che gli antichi interpreti dicono p r i milivo , e gli Stoici appellano principii della natura .
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Il dominio , la libertà , la lulela sono cose nalurali all'uomo , e oale per le occasioni. Così la libertà del D i rillo era prima delle guerre ; m a venne riconosciuta , ed e b b e il s u o n o m e , i n t r o d o l t a s i , p e r l e g u e r r e , l a s c h i a vilů.Similmente conladivisionede'campisiammisero
idominiidellecosedelsuolo;ma ilgiurecoosultodice: non essersiidominii introdotli:essersisolamente di
slinti con la divisione. Finalmente dalla potenza , tosto col nascere , proviene la difesa di sè stesso.
distinzione siburla)che avendo più socii posto in comune parli disuguali di daparo , prendano parti di lucro con
geometrica misura ; perciocchè prendono parli di lucro con semplice misura,essendo ildaparo,e non ladignila delle persone che li agguaglia . Jo falli tanto ciascun so.
cio ne toglie , quanto ne avrebbe preso , se solo a quel negozio posto avesse il daparo .
Il dominio della ragione su iseosi e sugli affetti è il Di.
rillo nalurale dagli stessi interpreti chiamalo secondario , e dagli Stoici conseguenti della natura .Rimontiamo col
Vico all'origine di questa distinzione.
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Iddiodièall'uomo conlapolenzal'essere,conlasa.
pienza il conoscere , con la bontà ilvolere. Da questo
terzo divino benefizio due parti derivano del Dirillo n a
turale : l’una con cui l'uomo vuole il suo essere , l'altra con cui vuole il suo conoscere :ood'è che l'uomo lalvolla
p i ù il s a p e r e c h e l ' e s s e r e a g o g n a . O r n e l l a p a r t e c o n c u i
l'uomo desidera ilsuo essere contengonsi quelli che gli
Stoici dicono principië della natura ;imperocchè egli a p
preode col pascere,mercè le sensazioni presenti e vive del
piacere e del dolore , a seguire le cose utili alla vita , a
schivare le nocevoli , e se venga impedito nelle utili, e
sospinto nelle nocevoli, nè possa altrimenti quelle con seguire,questeevitare;con laforzaallontanilafor.
z a , p e l D i r i l l o c h e h a d i c o o s e r v a r il s u o e s s e r e . Q u e s t a parle delDiritto naturale vien definita:Diritto che la na.
t u r a a t u t t i g l i a n i m a l i a p p r e s e , e d a e s s a n a s c e il D i ritto di respingere da noi la violenza ,quello della unio ne de’due sessi , della procreazione de'bgli e della edu cazione loro.
Ma nella parle con che l'uomo vuole ilsuo conoscere, contengonsi quelle cose che gli Stoici dicono conseguenti della natura , e vien essa definita :per tutto quello che la ragione naturale fra gli uomini stabili ed egual mente fralegentituttesiosserva.QuestapartedelDi rittodomina laprima:diguisachequando Pompeo,im pedito dalla tempesta a partire , disse : è necessario il navigare, e non necessario ilvivere, erasiquesto suo
dello uoa legge che la ragione a talli gli uomini impone :
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è necessario cioè dioperar rellamente,e non necessa.
r i o il v i v e r e . N e l l a p r i m a p a r l e d e l D i r i t t o n a t u r a l e l a
ragione non riprova , m a permette : nell'altra essa vieta
o comanda , e quello che comanda o vieta è immutabile;
che anzi per questa seconda parte è immutabile ancor la prima , non potendosi le cose lecite di lor natura vielar
con le leggi , non essendo in potere di queste di far sì che non sieno permesse.
Vedano ora imoderoi scriltori di Diritto :se la distin
zione del palurale Diritto ne'principii della natura , e
ne'suoiconseguentidebbasi o no rigettare! Rimembro di averne lello più di u n o che la crede inutile. Grozio aperlamente afferma :non esser ella di alcun uso , sen
za avvedersi, dice il nostro filosofo e giureconsullo , che
nell'egregio suo Trattato della guerra e della pace egli stesso l'ammelte tacitamente ; perchè in questo appunto il suo uso consiste, che nella collisione dell'uno e dell'al tro Diritto, ilsecondo è da più del primo. Ma bisognava
un Vico per rilevar il merito dell'antica giurisprudenza,
e mostrare a Grozio spezialmeale su quali salde basi ella
si reggeva !
Il Dirillo nalurale primitivo è , secondo Vico, la m a t e
ria di ogni Diritto volonlario ; ilDiritto naturale secon dario de costituisce la forma,la quale ove manchi, il Di. rittovolontarioènullo.PerciòUlpiano definisceilDiritto civile : p e r q u e l l o c h e n è a l tutto d a l Dirillo n a t u r a l e sidiparte, nè inlullo adessosiuniforma; ma in parle viaggiugne,inparte vitoglie.
Il perchè la mente della legge e la ragione della legge sono due cose distiote. Mente della legge è il legislatore; ragione dalla legge è l'uniformità della legge al fallo .
Possono si mutarsi i fatti,e la mente della legge si muta ;
tulli
può essa utilità riuscire tal fiata per altri iniqua.
equa,
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La ragione della legge fa che ella sia vera ; il certo
della legge la fa vera in parte , e questa parte di vero sapno propria ilegislatori,per ottenere con l'autoritàciò
che dal semplice pudore degli uomini conseguir non pos
sono ; il che rende ragione della definizione del Diritto
civile , lestè data da Ulpiano.Ond'è che in tutte le fiozio
ni di leggi , le quali si rapportano al Diritto volontario , evvi
Due sono quindi i fonti della giurisprudenza:laragio. n e e l ' a u t o r i t à . Il v e r o e d e l l a r a g i o n e , il c e r t o d e l l ' a u
torilà ; m a non può l'autorità opporsi in tutto alla ragio ne , altrimenti le leggi non sarebbero leggi, m a si mostri di leggi. È dunque inopportuna cosa cercar ragione dal l'autorità , la quale , dettando una utilità per
Com ponesi l'autorità del dominio,della libertà e della tulela, che sono i tre fonti di lutti gli Stati. Dalla cono scenza per la quale è l'uomo da più di ogni altra cosa
mortalenasceilsuodominio sopratuttalanatura;dal
suo volere trae origine la libertà , dall'eccellenza del suo
essere s'ingepera il Diritto di tutela col quale contro lulla la natura mortale si difende.
Se dunque ildominio,lalibertà,latutelacostituiscono l'autorità, seconda sorgente del Dirillo: se il dominio, la
ma l'uniformitàdellaleggealfattononsimutamai.Mu taliifatticessalaragionedellalegge;non peròsimuta
o rivolge in contrario. La mente della legge riguarda l'utilità, la quale variando , fa variar la menle ; m a la ragione della legge , o l'uniformità della legge al fatto, riguarda l'onestà , e questa è immutabile .
sempre un certo aspello di vero , che rende certa la
legge , m a non del tutto vera ; perchè qualche ragione non concede che ella interamente sia tale.
Tetessa walela Sviela
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Jembro
Gruzio
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Callo. muu
19
Da una parle dell'aulorilà,e propriamente dalla tulela,
nacque il Diritto delle prime genti , che può dirsi ; Di. rillo della violenza . Divide Vico questo Dirilto in Dirilto
delle geoli maggiori e in Dirillo delle genti minori. Le genti maggiori furono prima che le Città si fondassero, e si stabilissero le leggi : motivo per cui Salurno, Giove,
Mercurio,Marle,eglialtrinumi dellamitologia(perchè antichissimi tra gli Dei ripulali)sichiamarono Dei delle
genti maggiori .Geoli minori si dissero quelle che furono dopo fondale la Cillà e stabiliti iReami ; ond'è che Dei
minori si appellarono quelli che vennero dalle Ciltà con. secrati,come Quirino, edaltriEroi.ParealVicoche
tale divisione imitassero in certa guisa i R o m a n i , allor
chè denominarono patriziï delle genti maggiori quelli
che da' padri scelti da Romolo discesero, e patrizii delle gentiminori quelliche trassero origine da'padri coscritti. IlDirillodelle gentimaggioriè,come sidisse,ilDi.
ritto della privala violenza ,con che gli uomini , senz'al cun freno di legge , toglievano con la propria m a n o , ed usucapivano ; con la forza si difendevano ; il proprio uso o possesso rapivano , e con la privala forza ricupera
vano . Perciò i mancipii erano cose in realtà per m a n o tolte; i debitori neri veramente legati; vere erano le mancipazioni , usucapioni, vindicazioni, usurpa zioni, o gli usi ne’rapimenti del possesso , come le m o gli usurarie che erano nel possesso , e non già nella p o testà de'mariti , usurpavano lo spazio di tre nolli, cioè
290
libertà , la tutela hanno origine dalle naturali disposizio. ni dell'uomo,ed in ogni suo stato,come Vico sostiene, si manifestano sempre ; vedano H u m e e Romagnosi con
quanta buona ragione asseriscano , che genitrice del D i rillo è l'aggregazione sociale !
291
per tre nolti continue illoro uso a'mariti rapivano,accið conlausucapione diunannononpassassero inmano, o sia nella poteslà di essi.
Si disse ianaozi costar il vero della ragione della leg
ge , il certo dell'aulorità di essa , ed essere stale queste due cose cagione del Dirillo ; imperocchè idominii , le libertà ,le lulele in qualunque stalo dell'uomo si manife s l a n o s e m p r e . D e e s i p e r ò n o t a r e c h e il D i r i t t o , c o m e c h e risulti sempre da questi tre elementi,fu non pertanto ne' Governi diyini ed eroici più cerlo che vero;negli umani più vero che certo.Or siccome col Diritto delle genti m a g
giori,senza alcun freno di legge,lecose,come testèdicem
mo,siusucapivano,con l'usoecon laperpeluaadesio.
ne del corpo si ollenevano,con la forza si riacquistavano,
ed accadevano per queste violenze frequenti risse ed u c
cisioni;si riunirono in Ordini ipadri di famiglia,e poco fidandosi, per la licenza che tra gli uomini regnava , del
loro nalural pudore , conservarono per sè soli la forza , e posero termine ad ogni ulteriore disordine in avvenire. D a ciò nacque la potestà civile; la quale poche cose p u b blicamente trallava con la forza : le punizioni cioè e le
pene.Affinchè poi gli altri ad essa potestà soggelli, fos şero nelle lor prelensioni tranquilli , introdusse certe cor poree forme allematerie da lraltarsi in privalo,e coosacrò
cerle formole di parole , alle quali uniformar dovessero la loro ipfioila e svariata volontà i cittadini. la forza di queste formole,di proposito e seriamenle, non per frode
o inganno , polevano essi acquistare Diritti , conservare le proprietà o in altri trasferirle,con le quali tre cose c e
lebrayasi ogui negozio di privato Dirilto. In tal guisa la civile potestà, rimossa ogni violenza,e tolla via ogni in certezza per la solennità de'giudizi , riformò il costume,
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e distribui fra i cilladini le cose cerle e civili , che in
buona ed in gran parte ricuperarono il vero ed il p u d o re,che sono i due perpetui aggiunti del Diritto naturale.
Da questa metamorfosi , per dir così, del dominio, della libertà e della tutela, per la quale i Diritti da vio .
lenti che erano ,si trasmutarono in moderati , ebbe ori.
gine il Dirillo civile ; e la patura medesima delle cose
insegnaessereciòavvenutoalutt'ipopoli,che dalDi rillo delle genti maggiori vennero sollo lapotestà civile.
Dopo dunque l'originaria acquisizione di toll'i Dirilli naturali agli uomini , dopo l'altra introdotta dal Diritto delle genti macgiori , coo che i padri , posli i confini, distinsero il dominio delle terre, surse la terza acquisi zione introdotta dal Diritto civile.
E quişinotichecomeildominio,lalibertà,lalutela costituiscono nelle cose pubbliche l'autorilà civile, ipri vati Diritti del pari a questi tre sommi capi si riducono. Al dominio,col quale le cose che ci appartengono si ven dicano , e contro qualunque possessore si ripetono ; alla libertà,laquale ogni potere ed obbligazione comprende; alle azioni,che allro non sono suorchè lulele dalla legge prevedulc.
Stabilite queste doltrine, volgiamo da ultimo un rapido s g u a r d o sul Diritto d e ' r o m a n i Quiriti , e le v e d r e m o m i r a bilmente confirmale. Chiama Vico il romano Dirillo un serioso poema dell'universale Diritto delle genti,altese le
lante Ginzioni, delle quali è ripieno. I primi fondatori in fatti della romana Repubblica mutarono il Diritto delle genti maggiori io certe imitazioni di violenza,come sono le mancipazioni, con le quali quasi tutti gli atti legilti mi si transigevano con la liberale tradizione del nodo,la úsucapione non era più la perpelua adesione del corpo
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al fondo occupato , m a il possesso con la volontà conser valo;lausurpazione non più consisteva in una certa ra.
pina d'uso , m a esprimevasi col modesto significalo di cilazione;l'obbligazione non più colnodo de'corpi,ma con certo legame di parole si denolava ; la vindicazio
ne colGinloattaccodellemani conunapaglia,dellaper. ciòdaGelliofestucaria.Pernon dirallafineditanteal
tre , l'azione personale chiamata condictio non più era l ' a n d a r u n i t o il c r e d i t o r e a l d e b i t o r e , o a l l a c o s a d o v u t a , ma faceasicon lasemplicedenunzia.Le qualicoseme.
nano naluralmente a congelturare, che per talicagioni
si credessero i poeti primi fondatori delle Cillà , c o m e si è scritto di Orfeo e di Anfione.
vero.
Ella è questa , secondo Vico,l'origine ed il progresso d e l l ' u n i v e r s a l e D i r i t t o d e l l e g e n t i , il q u a l e , t e n e n d o f e r
m o a'principii di Vico stesso , in istrella amistà con la
legge morale mostrasi perpetuamente . Parlando in falli
questo grao filosofo e giureconsulto della giustizia uni
versale afferma , che siccome la virtù universale eccila
la prudenza , la temperanza , la fortezza, perchè si op
pongano alla cupidità; la giustizia universale del pari c o
manda alla prudenza , alla temperanza , alla fortezza,
perchè dirigano le utilità. Impone alla prudenza , che ciascuno tratti avvisalamente ulili cose ; alla temperanza
di non appropriarsi l'altrui ; alla forza di cautelar e di. fendere i propri Diritti.
Per favole di tal natura è agevole di osservare , che
quanto più ilDiritto civile da quello delle geali maggiori si allontana , o dalla verità della violenza ; tanto m a g
giormeate al Dirillo naturale siavvicioa,o alpudor del
La slessa giustizia rellrice ed equatrice, che come
E per conoscer anche meglio l'accordo delle idee di Vi co con la legge morale,basla osservare che egli contem pla l'uomo : 1° nello slalo di solitudine ; 2° in quello della famiglia ; 3 ° nello stato aristocratico; 4 ° finalmente nello
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speciali virtù si repulano, uopo è che sieno,secondo Vi.
co,una solavirtù,eperciò universale virtù;lagiustizia archilellonica difatli, che Aristotile afferma cosi c o m a n
dare alle inferiori virtù , come l'architetto alle arti sue ministre , se risiede nell'animo della civile potestà,e c o m a n d a a latte le virtù che m e n a n o alla civile prosperità; risiedealtresì,come particolarevirtù,nell'animodelSa. pienle , c regola gli uffizi di tutte le virtù per la privala tranquillilà della vita. E perchè ciò? perchè, risponde V i co , v'ha unica ragione che così della , unico vero bene, unica giustizia, e unico Dirillo.
M a una pruova luminosa , e senza replica , che melle d'accordo i principii di Vico con la legge morale si è la distinzione da essolui adottata del Dirillo paturale primi
tivo e secondario. Se fa egli consistere il primo nella lu iclade'sensi degliaffelli,el'altroneldominiodellara
gione : se quello solamente permette , e questo o vieta o comanda , e ciò che comanda o vieta è immutabile ;chi
oserà negare che il Dirillo naturale secondario altra cosa ron sia che la legge morale ? Ne osta punto l'aver egli fallo sorgere il Dirillo civile dal Diritto di violenza , che
in tempi a noi remotissimi usarono le genti maggiori ; imperocchè tal Diritto di violenza , non allra regola s e
guendo che quella de'sensi e degli affetli , vero Dirillo non era, ma Dirillocerto, tullopropriodicoloroche
più tenevano all'istinto che alla riflessione.Il Dirillo però di violenza fu poscia l'occasione di far sorgere il vero Diritto .
slato delle repubbliche e delle monarchic . Or nel primo stalo non altra guida ha l'uomo che quella dell'istinto a cuiubbidiscecomelapiantael'animale;ma nonèque. sto certamente il suo destino ;le sae facoltà lo chiamano ad un bene essenzialmente diverso da quello che dipender potrebbe dal solo istinto. Dev'egli per sè stesso crear questo bene , e passare perciò dalla servitù dell'istinto allo slalo di libertà:a quella condizione cioè,per qua. le ubbidirebbe invariabilmenle alla legge morale ,come sino a quel punto ubbidito aveva all'istiolo.Deve l'uomo, a dir breve , diventar crealura libera , di automa trasfor
marsi in essere morale,ed un tal passaggio deve menar lo all'autocrazia .
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la
Sentil'uomoilbisognodicongiungersi condonna,c
lanascitadiun figlio,isuoialimenti,lasuaeducazione,
qualunque siasi ella stala , moltiplicarono isuoi doveri.
Fin qui non conobbe egli con la compagna che un sol germe di amore,ma un nuovo oggetlo fe'nascere in en
Irambi una nuova relazione morale , un nuovo amore di s p e z i e p i ù p u r a d e l p r i m o . L a s o d d i s f a z i o n e , il t e n e r o i n .
teresse,le sollecitudini nelle quali s'incontrarono per l'og. getto di questo amore,scoprirono in essi bellissimi tralli
di morale , che resero i loro rapporti più dolci cd eleva ti:Adunvincolochedaprimaerasemplicemente ma teriale si uni la stima , e dall'amore interessalo nacque
l’amor coniugale che è sovranamente disinteressato.
Ad un primo figlioun secondo ne seguì,un terzoec.,
e fatti grandi questi Gigli, teneri legami di amicizia gli strinsero insensibilmente tra loro,e videsi nascere l'amor fralerno che non è punto interessato.
Stretlialtriuomini dalbisogno,palleggiarono con que sla prima famiglia di prestar l'opera loro , a vantaggio
lotantoconl'avanzarde'lumitutt'imembri dellaCilla si
credettero idonei alle funzioni che prima da'soli padri si
esercilavano,e surseroallora leRepubbliche eleMonar
chie,dovesiniingranparleilcertodell'autorilå,e comin c i ò il v e r o d e l l a l e g g e . S o l l o q u e s t e f o r m e d i g o v e r n o l u l l a
si spiegò la moralità delle azioni, perchè si dissero azioni
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della slessa, per una convenuta mercede. Surse allora la società tra padroni e servi , dove i coniugi comandarono non pure a'propri figli, a questi famoli ancora ; e tale società dal nome de'famoli siappellò famiglia.
Dalla famiglia surse ben toslo un certo naturale Gover no . Stabilita l'autorità palerna sul figliuolo bisognoso di
aiuto e su i famoli, aveva già il fanciullo contratto l'abito di rispellare la volontà del genitore.Quando fallogrande divenne padre ancor esso , doveltero i di lui figli onorar colui verso ilquale vedevano che gran rispetto portava il padre loro ; supposero quindi nell'avo un'autorità s u periore a quella del proprio padre.E perchè l'avo in ogni litigiopronunziava sempre intuon definitivo,un taluso, per più apoi osservato , stabili finalmenle in sua persona un potere sovrano su tutt'i membri della famiglia. Ebbe di qui origine il Governo patriarcale, che lungi dal puo.
cere all'altrui libertà ed eguaglianza , dovelte anzi valere a garenlirla e consolidarla.
Più famiglie particolari , per comune utilità riunite, costituirono le Tribù ; più Tribù la Ciltà , dove i cittadini dovellero amarsi come ifratelli di una stessa famiglia, e
prestare a'Capi delle Tribù riunite la stessa ubbidienza, che imembri della famiglia prestavano all'avo.E perchè
questa ubbidienza proveniva da sentimento di vera stima verso gli aozidelli Capi, dovelte essere perciò in supremo
grado disinteressata.
-
M a qui potrebbe dirsi che l'uomo , secondo Vico , nei quattro stali su indicati noo altro cerca che l'utile proprio. Nello stato di solitudine in falti cerca egli semplicemente
lasua salvezza.Presa moglie e fattifigliuoliama lasua sal vezza con quella della famiglia.Venuto a vita civile a m a la
sua salvezza con la salvezza della Città. Distesi gl’Imperi sopra altri popoli a m a la sua salvezza con la salvezza delle
pazioni. Unite le nazioni per paci , alleanze, commerci,
ama lasuasalvezzacon lasalvezza delgenereumano.
L'uomo , conchiude Vico,in lullequeste circostanze cerca
principalmente l'utileproprio.Ilperchè non da altriche dalla Provvidenza divina può esser guidato a celebrar con
giustizia la familiare, l'eroica e finalmente l'umana for
i
morali quelle soltanto che si facevano nell'inleresse della
morale,senza domandare anticipatamente,seerano gra. devoli. Tult'idiversi aspetti,sotto iquali la moralità si manifestava , si ridussero ne'Goverai umani ai due se.
guenti:0 sono i sensi che propongono farsi la tal cosa o non farsi, e la volontà ne decide dietro le leggi della ra gione:o è la ragione che prende l'iniziativa,e la volontà
ubbidisce ,senza consultare isensi.
governo.
Così è , diciamo pur noi , m a perchè l'utile che cerca l'uomo , tosto che si è reso superiore all'istinto,è subor. dioato ro a quello della famiglia ; 2° a quello della Città; 3° all'utile delle nazioni ; 4o all'utile di tullo il genere umano ; l'utile che cerca l'uomo ne'qualtro stati su m e o
tovatinon èl'ulilevariabile,ma quelloche èfigliodel
l'onestà, la quale,come Vico si esprime, talmente dirige e pondera le cose utili,che a lulli giovano egualmente.
ma di
297
Ma perVico,sitornaadire,lultoquestoèoperadel la Provvidenza. Dalla Provvidenza è vero. Fabbro però
298
ilDirittonaturale deGiureconsulti, dilunga mano di verso dal Diritto naturale de'filosofi che alla norma della
RagioneEterna loagguaglianosempre.Maessendole Repubbliche degli Oitimati quasi tutte ridotte in D e m o
crazieoPrincipali,lequalidue formedigovernoven gono regolate più secondo l'ordine naturale che secondo
il civile ; per queste cagioni venne a rallentarsi la custo. dia delDiritto delle genti maggiori più antiche,sul quale
Dirillo poggiavano sopratutto lc Repubbliche degli Olli mi , essendo propricla di quello slato la custodia delle palric consucludini.
Vico
della Provyidenza è l'umano Arbitrio , che ha per regola la sapienza volgare, la quale è ilsenso comune di cia
scun popolo o nazione che dirige in società le nostre azioni, sicchè faccianoacconcezza con ciò che ne sen
tono tuttidi quelpopolo o nazione. Quando poi lepa zionipercommerci,perpaci,peralleanzesonosi cono
sciule, la convenienza del senso comune de'popoli o pa.
zioni tra loro, è per Vico la sapienza del genere u m a
no.Or ilsenso comune di tutt'i popoli e di lulle le nazio ni ,ilquale deve dirigere in società le postre azioni,ac. ciòsiaccordinocon tuttociòchenepeosailgenereoma
no : che altro può esser mai se non è la legge morale ?
per
Perciò Vico seguendoGaio chiama Diritto civile comu. d e il D i r i l l o c o m u n e d i t u t t i p o p o l i ; p e r c h è G a i o , o v e definisce il Diritto civile , dice : Tull i popoli che sono
governali da leggi e da consuetudini, in parle si ser
vono del proprio Dirillo, in parte del comune Diritto
di lultigli uomini,e ció per la divina Provvidenza,che
secondo la slessa opporlunità delle cose lo spiegò Ira le pazioni separatamente , con le loro costumanze , per la
tranquillilà di ciascun popolo o nazione.Tale Dirilto spie gato con le comuni coslumanze delle nazioni è
Dalla Tutela , dal Dominio , dalla Libertà nacquero, secondo Vico , tre pure forme di Stali : quella degli Olli mati, la Regia, la Libera .
Fondamento dello Stato degli Ottimali è laTutela del
l'Ordine,con che venne da prima stabilito che isoli Pa.
trizîsiabbiano gliauspicii,ilcampo,lagente,iconnubî, imaestrati,gl'imperî ,e presso legenti iSacerdoti.
La Regia risplende pel dominio di un solo,e pel som. mo eformisuraliberoarbitriodiessosoloinlultelecose.
La Libera vien celebrata dall'eguaglianza de'suffragi, per la liberlà delle opinioni , e per l'eguale adito a lutti gli onori , il quale adito è il censo .
Imperocchèinciascunodiessicomanda unsolo,oco me vuole Tacito :uno essere ilcorpo della Repubbli: ca , e doversi governare con l'animo di un solo , o di
piùaguisa diunsolo.E peròinciascunpoliticoReg gimento colui che è sommo è anche unico ; perchè il s o m m o del pari che l'unico non si può moltiplicare.
299
M a queste tre forme pure di Slati , benchè sieno da quelle particolari differenze teslè osservate, tra loro diver se;tultavolta allesa la loro origine,per virtù della quale laragione,lavolonlà,ilpotere risiedono nell'uomo,
sono streltamente tra lor collegale , e cosliluiscono irë parti di virlù fra loro commiste .
L'ordine naturale per tanto è l'anima di ogni Stalo, perchè regna in quest'ordine il vero che all'ordine delle cose corrisponde , non a quello de'nomi senza le cose,il
quale non èordine,ma sembianzadiordine.Quello dun que è l'ordine naturale degli Stali,dove iprudenti,iforti comandino , e gl'imprudenti, gl'imbecilli ubbidiscano : quali furono i primi principii degli Slati,le Famiglie, le Clientele , gli antichissimi Stali degli Ollimali.
pur ordine civile quello che per volere delle leggi all'ordine naturale è frammesso , che può anche dirsi ordine politico, misto di civile e di nalurale,come nello Stalo degli Ottimati ilSenato si compone de'sapientissimi fra i Patrizi ; nello Stato popolare il Popolo vien g o v e r
pato dall'autorilà di un Senato sapiente ; nello Stato regio
il Principe si vale del consiglio de'sapienti. Quest'ordine
misto può definirsi successione di onori , nella quale
chi per una e chi per altra dole come per fede , diligen
za , solerzia , valore , giustizia, vien riputato degno di ascendere ad onorale cariche,e dalle minori alle maggiori
gradatamenle viene promosso : di guisa che i migliori sempre preseggano,e vigilino su icostumi degl'inferio
ri,e lidirigano.
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Ma quando gli Oltimali divennero nomi vani che li distinsero dalla plebe, all'ordine naturale successe il ci vile , ed al vero seguì il certo , il quale altro non è che la conformità all'ordine, oon delle cose,m a delle parole, da cui nasce la coscienza dal dubilar sicura . Imperoc chè iprimi imperi degli Ottimi o si manteonero ne'loro discendenti,o in tult'i popoli passarono,o a monarchici si ridussero. Perciò l'ordine civile o è nel lignaggio co me nell'Aristocrazia,o nelcenso come nellaDemocra.
zia,o nella casa regnante come nella Monarchia.Ma de la nobiltà , né il patrimonio rende sapienti, il nascer
Principe è cosa forluita , dice Tacito , nè altra.
Siccome però ilcerto è parte del vero,e la ragion ci vile nasce della stessa ragion naturale per le cause di cer .
to Diritto;così l'ordine civile per natura sua fa parte del l'ordine naturale, in quanto è esso cagione della pubblica sicurezza:ond'è che anche leCillà le più corrolle da que sto stesso civile ordine vengono conservale.
Ed è
Per quanto però la menle è più verace del discorso, altrellanto gli Ordini sono più stabili delle leggi ; i m p e rocchè la mente sempre una cosa della al parlare , m a
pel giudizio, o sia per la volontà, noi più volte falliamo, s e r v e n d o s p e s s o a c i ò c h e d i c e il s e n s o , s e n z a a s c o l t a r l a mente.Le parole inoltrenon vengono sempre con pron
tezza alla mente , spesso non esprimono isuoi coocetti, mentre viene quella incessantemente spronala a raggiu gnere
M a questi Ordini per la via delle leggi col timor delle pene,con la speranza de premii, impongono a'cittadini
di rettamente comportarsi. Per la qual cosa gli Ordini sono più slabili delle leggi: onde avviene che le leggi ri posino sugliOrdini,e che questi conservino le leggi;im. perocchè l'Ordine politico, il quale è misto di ordine n a turale e civile,con maggior ragione di ciò che Aristotile della legge disse , è verameole una mente scevera di
affetti. E comeche la mente del popolo io generale sia scevera di affelli, pure questa mente stessa suole addi venir talvolta turbatissima,sopra tuttoovesiacommossa da intestine turboleoze. Qual fu la menle del popolo di Alene ,e quella del popolo romano sconvolta da'Dema. goghi , che indussero l'uno e l'altro popolo, con partico lari leggifuori l'ordine promulgale, a bandir dalla p a
tria uomini di chiara virtù , per elevare ad amplissimi onori immeritevolissimi ciltadini.
vero ,
301
il la qual forza di vero altra cosa non è che
la ragione. Or le parole sovenli volte eludono questa forza di vero , per la perversa volontà di chi ragiona. L'Ordine perciò naturale , e l'Ordine misto è ilsolo che
può con giustizia amministrar ilDiritto,e questo avviene quando uomini per sapienza e per virtù prestantissimi, giusta l'ordine naturale,e non secondo l'ordine concepu
Siegue da tullo ciò che il Dirillo chiamato da Grozio puro , e da Gaio Dirillo comune a tull ipopoli, altro
n o n è c h e il D i r i l l o n a l u r a l e , il q u a l e h a p e r
302
to delle parole , o che torna lo stesso , non secondo il cerlo delle leggi , m a giusta il vero delle leggi stesse,
reggano gli Stali. E perchè le leggi in moltissimi casi mancano ,ed è necessaria l'interpretazione che a la de
ficienza supplisca ; può accader ancora che sollo lastessa autorità del Diritto non solo qualche volta per ignoranza
si erri , m a le stesse leggi con frode si eludano . Più felici
dunque sono quegli Stati, ne'quali icivili Ordini sono misli più secondo il naturale ordine , o secondo l'ordine del vero , che secondo l'ordine del certo .
Quindi ove si conservino le leggi imposte dagli Ordi ni ,e mollo più gli Ordini che le leggi si cuslodiscano, verranno gli Stati conservati. Ma se le leggi mancano ,
gliSlalirovinano.Perciòsiamo servidelleleggi,diceva
Tullio, per poler esser liberi. Convertendo dunque la massima si dirà pure con verilà : se ci libereremo dalle
leggi, saremo naturalmenle servi.
la legge morale ; perchè, secondo Vico , non può darsi Dirillo senza morale .Iolanlo è da nolarsi diligentemente cheVico distingue ilDiritto ioDirittovero, eDiritto cerlo . Quello è per la ragione, questo per l'autorilà. Il
primo dirige l'uomo libero , il secondo l'uomo che più della liberlà segue l'istinto. Or cgli è evidente che negli stessi umani Governi la più gran parle degli uomioi,
tenendo più all'istinto che alla libera elezione , si lascia più facilmente guidare dall'altrui autorità che dalla ra gione. Di qui la necessità di un Dirillo misto,secondo le esigenze de'popoli e le diverse forme di Goverpo.Ma da ciò non segue che coloro i quali con la loro autorità oe
fondamento
303 -
impongodo a'popoli,essendo essiipiùsapienti,ipiù prudenti , come vuole ilVico , non sipropongano per iscopo il Diritto vero , e che non sieno al caso di sco .
prirlo,seoza darsi gran pena. La destinazione infallidel l'uomo non può dipendere dall'istinto,e tosto che l'uomo si conosce libero e la sua ragion consulta , questa gli o r dina di conservarsi e di perfezionarsi: di essere cioè sa
vio , moderato , prudente ; di collivar l'intellelto , e nel tumulto de'sensi e degli affetti di cautelare la volontà :nel
che propriameole consiste la libertà dell'uomo interiore. E perchè egli scopre in altri esseri, a lui simiglianti , la slessa attività libera , gli considera lutti eguali , e tale scoperta fa nascere in lui l'obbligazione di lasciar i suoi simili nella loro indipendenza ,ed è questa la tutela. A p
presso giudica di non aver dirilto su di ciò che è stato da altri prima di lui occupalo , e ciò che ha egli occupato il
primo, giudica che a lui spella solamente , nel che sla ildominio.Di qui reciprocilà di Diritti e di Doveri ;di qui l'origine della giustizia che gareolisce la proprietà.
Tulli gli anzidelli Diritti e Doveri , perchè fondali sulla Libertà,sulDominio,e sulla Tutela,o che lorna lostesso, sulla natura dell'uomo, stanno per sè, prima che l'uomo entri con altri in socielà. Le leggi non licreano ,perchè
già erano prima delle leggi ; queste non altro fanno che conservarli.
Gli stessi Diritti e Doveri servono di fondamento alla
socielà , che il legislatore non crea m a dirige , perchè la s o c i e t à g i à e r a , q u a n d o il G o v e r n o n o n e r a a n c o r a .
L a L i b e r t à d e l D i r i l t o , d i c e V i c o , f u p r i m a c h e si c o noscesselaservitù.Non s'introdusserogià idominiicon la divisione de'campi , furono solamenle distinti. Dalla
polegza di operare infine nacque tosto la tulela o difesa di sè slesso .
Se non che , ammellendo Vico nell'umana menle al cuni semi del vero che con l'andar del tempo si svilup
pano in cogoizioni distinte , ed alcuni germi del giusto
che tratto tratto si spiegano ia massime incontrastabili di
giustizia ; mostrasi egli in gran parte seguace di Platone
intorno all'origine di quelle verità che si dicono neces . sarie. Or tali verilà,essendo per noi di due spezie, altre teoreticheed altrepratiche,diciamo,cherispettoallepri.
m e ,l'io il quale per un alto di spontaneità si conosce e si rivela dell'appercezione, appoggiato alle quattro idee
necessarie dispazio,ditempo,disostanzaedicagione, r i d u c e a l l ' u n i t à t u t t o il v a r i o d e l l e r a p p r e s e n t a z i o n i c h e a luioffreilsenso.Riguardo poialleverilàpratiche,es sendo elleno leggi pratiche o comandi di fare, lulte si c o n tengono nella seguente massima universale: Quando ti determini all'azione esamina te stesso e vedi , se la tua volontà sia di accordo con la volontà generale di
tulli,ed una tal massima è per noi la suprema legge della morale. Che che sia però della filosofia di Vico,a noi basta di aver provato che le due sue digoilà Vl*e VII“,ben lungi dall'opporsiallalegge morale,la confer mano mirabilmente.
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Dominio ,Libertà ,Tutela Ire elementi del Dirillo;tre elementi che costituiscono l'uomo morale ; perchè non
può avervi Diritto senza morale . Le idee perciò di Vico si accordano perfellamente con la morale.
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