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Wednesday, December 23, 2020

il grand tour di grice: impiegato 20/27

 

 

pico: Grice: “I liked to say: some like Pico, but Pico’s my man! Since I always preferred his cousin to the uncle!” -- philosopher who wrote a series of 900 theses which he hoped to dispute publicly in Rome. Thirteen of these theses are criticized by a papal commission. When Pico defends himself in his “Apologia,” the pope condemns all 900 theses. Pico flees to France, but is imprisoned. On his escape, he returns to Florence and devotes himself to private study at the swimming-pool at his villa. He hoped to write a Concord of Plato and Aristotle, but the only part he was able to complete was “On Being and the One,”“Blame it on the Toscana!” -- in which he uses Aquinas and Christianity to reconcile Plato’s and Aristotle’s views about God’s being and unity. Mirandola is often described as a syncretist, but in fact he made it clear that the truth of Christianity has priority over the prisca theologia or ancient wisdom found in the hermetic corpus and the cabala. Though he was interested in magic and astrology, Mirandola adopts a guarded attitude toward them in his “Heptaplus,” which contains a mystical interpretation of Genesis; and in his Disputations Against Astrology, he rejects them both. The treatise is largely technical, and the question of human freedom is set aside as not directly relevant. This fact casts some doubt on the popular thesis that Pico’s philosophy is a celebration of man’s freedom and dignity. Great weight has been placed on Pico’s “On the Dignity of Man.” This is a short oration intended as an introduction to the disputation of his 900 thesesall condemned by the evil pope --, and the title was suggested by his wife (“She actually suggested, “On the dignity of woman,” but I found that otiose.””). Mirandola has been interpreted as saying that man (or woman) is set apart from the rest of creation, and is completely free to form his (or her) own nature. In fact, as The Heptaplus shows, Pico sees man as a microcosm containing elements of the angelic, celestial, and elemental worlds. Man (if not woman) is thus firmly within the hierarchy of nature, and is a bond and link between the worlds. In the oration, the emphasis on freedom is a moral one: man is free to choose between good and evil. Grice: “This irritated Nietzsche so much that he wrote ‘beyond good and evil.’ Refs.: H. P. Grice, “Goodwill and illwillmust we have both?” Giovanni Pico della Mirandola  Heraldic Crown of Spanish Count.svg Giovanni Pico della Mirandola Pico1.jpg Giovanni Pico della Mirandola, Galleria degli Uffizi Conte di Mirandola e di Concordia Stemma NascitaMirandola, 1463 MorteFirenze, 1494 SepolturaConvento di San Marco, Firenze DinastiaPico PadreGianFrancesco I, Signore di Mirandola e Conte della Concordia MadreGiulia Boiardo, Contessa di Scandiano Religionecattolicesimo Giovanni Pico dei conti della Mirandola e della Concordia, noto come Pico della Mirandola (Mirandola) filosofo. È l'esponente più conosciuto della dinastia dei Pico, signori di Mirandola. L'infanzia di Pico della Mirandola, di Paul Delaroche, 1842, Museo delle belle arti di Nantes (Francia) Giovanni nacque a Mirandola, presso Modena, il figlio più giovane di Gianfrancesco I, signore di Mirandola e conte della Concordia  e sua moglie Giulia, figlia di Feltrino Boiardo, conte di Scandiano. La famiglia aveva a lungo abitato il castello di Mirandola, città che si era resa indipendente nel XIV secolo e aveva ricevuto nel 1414 dall'imperatore Sigismondo il feudo di Concordia. Pur essendo Mirandola uno stato molto piccolo, i Pico governarono come sovrani indipendenti piuttosto che come nobili vassalli. I Pico della Mirandola erano strettamente imparentati agli Sforza, ai Gonzaga e agli Este, e i fratelli di Giovanni sposarono gli eredi al trono di Corsica, Ferrara, Bologna e Forlì. Durante la sua vita Giovanni soggiornò in molte dimore. Tra queste, quando visse a Ferrara, quella che si trovava in via del Turco gli permetteva di essere vicino agli Strozzi ed ai Boiardo.   Epigrafe che ricorda Pico della Mirandola in via del Turco a Ferrara Gli studi e l'attività Pico compì i suoi studi fra Bologna, Pavia, Ferrara, Padova e Firenze; mostrò grandi doti nel campo della matematica e imparò molte lingue, tra cui perfettamente il latino, il greco, l'ebraico, l'aramaico, l'arabo e il francese. Ebbe anche modo di stringere rapporti di amicizia con numerose personalità dell'epoca come Girolamo Savonarola, Marsilio Ficino, Lorenzo il Magnifico, Angelo Poliziano, Egidio da Viterbo, Girolamo Benivieni, Girolamo Balbi, Yohanan Alemanno, Elia del Medigo. A Firenze in particolare entrò a far parte della nuova Accademia Platonica. Si recò a Parigi, ospite della Sorbona, allora centro internazionale di studi teologici, dove conobbe alcuni uomini di cultura come Lefèvre d'Étaples, Robert Gaguin e Georges Hermonyme. Ben presto divenne celebre in tutta Europa e si diceva che avesse una memoria talmente fuori dal comune che conosceva l'intera Divina Commedia a memoria. Fu a Roma dove preparò 900 tesi in vista di un congresso filosofico universale (per la cui apertura compose il De hominis dignitate), che tuttavia non ebbe mai luogo. Subì infatti alcune accuse di eresia, in seguito alle quali fuggì in Francia dove venne anche arrestato da Filippo II presso Grenoble e condotto a Vincennes, per essere tuttavia subito scarcerato. Con l'assoluzione di papa Alessandro VI, il quale vedeva di buon occhio la volontà di Pico di dimostrare la divinità di Cristo attraverso la magia e la cabala, nonché godendo della rete di protezioni dei Medici, dei Gonzaga e degli Sforza, si stabilì quindi definitivamente a Firenze, continuando a frequentare l'Accademia di Ficino. La morte Morì per avvelenamento da arsenico il 17 Novembre 1494, all'età di trentun anni, mentre Firenze veniva occupata dalle truppe francesi di Carlo VIII durante la Guerra d'Italia. Fu sepolto nel cimitero dei domenicani dentro il convento di San Marco. Le sue ossa saranno rinvenute da padre Chiaroni  accanto a quelle di Angelo Poliziano e dell'amico Girolamo Benivieni.  «Siamo vissuti celebri, o Ermolao, e tali vivremo in futuro, non nelle scuole dei grammatici, non là dove si insegna ai ragazzi, ma nelle accolte dei filosofi e nei circoli dei sapienti, dove non si tratta né si discute sulla madre di Andromaca, sui figli di Niobe e su fatuità del genere, ma sui principî delle cose umane e divine.»  (Pico della Mirandola) Nel novembre del , più di 500 anni dopo, uno studio coordinato del dipartimento di Biologia dell'Pisa, del Reparto Investigazioni Scientifiche dell'Arma dei Carabinieri di Parma e di studiosi spagnoli, britannici e tedeschi, ha dimostrato che Pico della Mirandola fu avvelenato con l'arsenico.  Fama postuma  Il volto di Giovanni Pico ricostruito con le moderne tecniche forensi Di Pico della Mirandola è rimasta letteralmente proverbiale la prodigiosa memoria: si dice conoscesse a mente numerose opere su cui si fondava la sua vasta cultura enciclopedica, e che sapesse recitare la Divina Commedia al contrario, partendo dall'ultimo verso, impresa che pare gli riuscisse con qualunque poema appena terminato di leggere.  Tutt'oggi è ancora in uso attribuire l'appellativo "Pico della Mirandola" a chiunque sia dotato di ottima memoria.  Secondo una popolare diceria, Pico della Mirandola avrebbe avuto una amante o una concubina segreta; tuttavia, si è sostenuto che potrebbe aver avuto un rapporto amoroso con l'umanista Girolamo Benivieni, sulla base di alcuni scritti, tra cui sonetti, che quest'ultimo aveva dedicato a Pico, e di alcune allusioni poco chiare di Savonarola. Pico era comunque un seguace dell'ideale dell'amor socratico, privo cioè di contenuti erotici e passionali; anche la figura femminile ricorrente nei suoi versi viene celebrata su un piano prevalentemente filosofico.  Ascendenza GenitoriNonniBonni Giovanni I PicoFrancesco II PicoGianfrancesco I Pico Caterina BevilacquaGuglielmo BevilacquaTaddea Tarlati Giovanni PicoFeltrino Boiardo Matteo BoiardoBernardina Lambertini.Giulia BoiardoGuiduccia da Correggio Gherardo VI da CorreggioDottrina  Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola e Agnolo Poliziano, ritratti da Cosimo Rosselli nella Cappella del Miracolo del Sacramento a Firenze Il pensiero di Pico della Mirandola si riallaccia al pensiero neoplatonico di Marsilio Ficino, senza però occuparsi della polemica anti-aristotelica. Al contrario, egli cerca di riconciliare aristotelismo e platonismo in una sintesi superiore, fondendovi anche altri elementi culturali e religiosi, come per esempio la tradizione misterica di Ermete Trismegisto e della cabala.  All'interno del testo delle Conclusiones Pico si scaglia duramente contro Ficino, considerando inefficace la sua magia naturale perché carente di un legame con le forze superiori nonché di un'adeguata conoscenza cabalistica.  L'ideale di una filosofia universale Il proposito di Pico, esplicitamente dichiarato ad esempio nel De ente et uno, consiste infatti nel ricostruire i lineamenti di una filosofia universale, che nasca dalla concordia fra tutte le diverse correnti di pensiero sorte sin dall'antichità, accomunate dall'aspirazione al divino e alla sapienza, e culminanti nel messaggio della Rivelazione cristiana. In questo suo ecumenismo filosofico, oltre che religioso, vengono accolti non solo i teologi cristiani ed esoterici insieme a Platone, Aristotele, i neoplatonici e tutto il sapere gnostico ed ermetico proprio della filosofia greca, ma anche il pensiero islamico, quello ebraico e appunto cabbalistico, nonché dei mistici di ogni tempo e luogo.  Il congresso da lui organizzato a Roma in vista di una tale "pace filosofica" avrebbe dovuto inserirsi proprio in questo progetto culturale basato su una concezione della verità come princìpio eterno ed universale, al quale ogni epoca della storia ha saputo attingere in misura in più o meno diversa. In seguito tuttavia ai vari contrasti che gli si presentarono, sorti a causa della difficoltà di una tale conciliazione, Pico si accorse che il suo ideale era difficilmente perseguibile; ad esso, a poco a poco, si sostituirà nella sua mente il proposito riformatore di Girolamo Savonarola, rivolto al rinnovamento morale, più che culturale, della città di Firenze. L'armonia universale da lui ricercata in ambito filosofico si trasformerà così nell'aspirazione religiosa ad una santità e una moralità meno generica e più attinente al suo particolare momento storico. A differenza di Ficino, nel Pico emergono dunque nei suoi ultimi anni un maggiore senso di irrequietezza e una visione più cupa ed esistenziale della vita.  La dignità dell'uomo  Ritratto di Pico della Mirandola eseguito da un anonimo del XVII secolo: xilografia dal libro Della celestiale fisionomia, Padova 1616 Al centro del suo ideale di concordia universale risalta fortemente il tema della dignità e della libertà umana. L'uomo infatti, dice Pico, è l'unica creatura che non ha una natura predeterminata, poiché:  «[...] Già il Sommo Padre, Dio Creatore, aveva foggiato,  questa dimora del mondo quale ci appare, [...]. Ma, ultimata l'opera, l'Artefice desiderava che ci fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un'opera così grande, di amarne la bellezza, di ammirarne la vastità. [...] Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura, né dei tesori [...] né dei posti di tutto il mondo [...]. Tutti erano ormai pieni, tutti erano stati distribuiti nei sommi, nei medi, negli infimi gradi.»  (Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate, 1486) Dunque, per Pico, l'uomo non ha affatto una natura determinata in un qualche grado (alto o basso), bensì:  «[...] Stabilì finalmente l'Ottimo Artefice che a colui cui nulla poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri. Perciò accolse l'uomo come opera di natura indefinita e, postolo nel cuore del mondo, così gli parlò: -non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché [...] tutto secondo il tuo desiderio e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai senza essere costretto da nessuna barriera, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. [...]»  (Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate) Pico della Mirandola afferma, in sostanza, che Dio ha posto nell'uomo non una natura determinata, ma una indeterminatezza che è dunque la sua propria natura, e che si regola in base alla volontà, cioè all'arbitrio dell'uomo, che conduce tale indeterminatezza dove vuole.  Pico aggiunge poi:  «[...] Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine.- [...] Nell'uomo nascente il Padre ripose semi d'ogni specie e germi d'ogni vita. E a seconda di come ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti. [...] se sensibili, sarà bruto, se razionali, diventerà anima celeste, se intellettuali, sarà angelo, e si raccoglierà nel centro della sua unità, fatto uno spirito solo con Dio, [...].»  (Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate) Giovanni Pico, quindi, sostiene che è l'uomo a «forgiare il proprio destino», secondo la propria volontà, e la sua libertà è massima, poiché non è né animale né angelo, ma può essere l'uno o l'altro secondo la «coltivazione» di alcuni tra i «semi d'ogni sorta» che vi sono in lui. Questa visione verrà, seppur solo in parte, ripresa nel 1600 dallo scienziato e filosofo Blaise Pascal, che afferma che l'uomo non è né «angelo né bestia», e che la sua propria posizione nel mondo è un punto mediano tra questi due estremi; tale punto mediano, però, per Pico non è una mediocrità (in parte angelo e in parte bruto) ma è la volontà (o l'arbitrio) che ci consente di scegliere la nostra posizione. Dunque l'uomo, per Pico, è la più dignitosa fra tutte le creature, anche più degli angeli, poiché può scegliere che creatura essere. La sapienza della Cabala  Raffigurazione della Cabala con l'albero della vita Il secondo grande interesse di Pico è rivolto alla cabala, che viene da lui spiegata come una fonte di sapienza a cui attingere per decifrare il mistero del mondo, e nella quale Dio appare oscuro, in quanto apparentemente irraggiungibile dalla ragione; ma l'uomo può ricavare la massima luce da tale oscurità.   «Nulla est scientia quae nos magis certificat de divinitate Christi, quam Magia et Cabala.» «Non esiste alcuna scienza che possa attestare meglio la divinità di Cristo che la magia e la cabala.»  (Giovanni Pico della Mirandola, Novecento tesi) Connessa alla sapienza cabbalistica è la magia: infatti, il mago, per Pico, opererebbe attraverso simboli e metafore di una realtà assoluta che è oltre il visibile, e dunque, partendo dalla natura, può giungere a conoscere tale sfera invisibile (ossia metafisica) attraverso la conoscenza della struttura matematica che è il fondamento simbolico-metaforico della natura stessa.  Critica dell'astrologia Se la magia è giudicata positivamente da Pico della Mirandola, per quanto riguarda invece l'astrologia egli ebbe un atteggiamento diverso, che lo portò a distinguere nettamente tra «astrologia matematica o speculativa», cioè l'astronomia, e l'«astrologia giudiziale o divinatrice»; mentre la prima ci consente di conoscere la realtà armonica dell'universo, e dunque è giusta, la seconda crede di poter sottomettere l'avvenire degli uomini alle congiunture astrali. Partendo dall'affermazione della piena dignità e libertà dell'uomo, che può scegliere cosa essere, Pico muove una forte critica a questo secondo tipo di credenze e di pratiche astrologiche, che costituirebbero una negazione proprio della dignità e della libertà umane.  Secondo Pico, questa scienza astrologica attribuisce erroneamente ai corpi celesti il potere di influire sulle vicende umane (fisiche e spirituali), sottraendo tale potere alla Provvidenza divina e togliendo agli uomini la libertà di scegliere. Egli non nega che un certo influsso vi possa essere, ma mette in guardia contro il pericolo insito nell'astrologia di subordinare il superiore (cioè l'uomo) all'inferiore (ossia la forza astrale). Le vicende dell'esistenza umana sono tanto intrecciate e complesse che non se ne può spiegare la ragione se non attraverso la piena libertà d'arbitrio dell'uomo.   Opera quae exstant omnia di Pico della Mirandola stampata nel 1601 Il suo Disputationes adversus astrologiam divinatricem (tale è il titolo dell'opera a cui Pico si dedicò nell'ultimo periodo della sua vita) rimase incompiuto e come tale fu pubblicato postumo, nel 1494, con il commento di Giovanni Manardo; tuttavia, alcuni concetti base furono ripresi e rielaborati da Girolamo Savonarola nel suo Trattato contra li astrologi.  Opere Ad Hermolaum de genere dicendi philosophorum, (Lettera a Ermolao Barbaro sul modo di parlare dei filosofi), Commento sopra una canzone d'amore di Girolamo Benivieni, 1486. Oratio de hominis dignitate, (Discorso sulla dignità dell'uomo),900 Tesis de omni re scibili o Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae nongentae in omni genere scientiarum, (900 tesi su tutte le cose conoscibili o Novecento conclusioni filosofiche, cabalistiche e teologiche in ogni genere di scienze), Apologia, Heptaplus: de septiformi sex dierum Geneseos enarratione, (Heptaplus: della settemplice interpretazione dei sei giorni della Genesi), 1489. Expositiones in Psalmos,  De ente et uno, (L'essere e l'uno), Disputationes adversus astrologiam divinatricem, (Dispute contro l'astrologia divinatrice), Altre opere Carmina, (Carmi). Auree Epistole. Sonetti. Duodecim regulae, (Le dodici regole). Duodecim arma spiritualis pugnae, (Le dodici armi della battaglia spirituale. Duodecim conditiones amantis, (Le dodici condizioni di un amante). Deprecatoria ad Deum, (Preghiera a Dio). De omnibus rebus et de quibusdam aliis, (Tutte le cose e alcune altre). Secondo alcuni studi, a Pico della Mirandola sarebbe da attribuire anche la paternità dell’Hypnerotomachia Poliphili (Amoroso combattimento onirico di Polifilo). Note: Sebbene egli preferisse farsi chiamare Conte della Concordia  Miroslav Marek, Genealogy.eu, su Pico family,  Fu in particolare il cardinale spagnolo Pedro Grazias, dopo essere intervenuto presso i reali di Spagna Isabella e Ferdinando, ad essere incaricato da papa Innocenzo VIII di confutarne l'Apologia.  Pico della Mirandola "fu avvelenato", caso risolto 500 anni dopo, in Gazzetta di Modena, G. Gallello et al. "Poisoning histories in the Italian renaissance: The case of Pico Della Mirandola and Angelo Poliziano", Journal of Forensic and Legal Medicine,  56, ,  83-89.  Già all'epoca della morte si vociferò che Pico fosse stato avvelenato (cfr. Simon Critchley, Il libro dei filosofi morti, Garzanti).  Recenti indagini condotte a Ravenna dall'équipe del professor Giorgio Gruppioni dell'Bologna avrebbero riscontrato elevati livelli di arsenico nei campioni di tessuti e di ossa prelevati dalle spoglie del filosofo, che avvalorerebbero la tesi dell'avvelenamento per la sua morte (cfr. Delitti e misteri del passato, L. Garofano, S. Vinceti, G. Gruppioni, Rizzoli, Milano 2008  978-88-; e Malcolm Moore, Medici philosopher's mysterious death is solved, The Daily Telegraph, Londra 2008).  Secondo lo storico dell'arte Silvano Vicenti, il presunto avvelenamento di Pico della Mirandola, la cui morte finora si riteneva fosse stata causata dalla sifilide, sarebbe avvenuto ad opera della stessa mano che due mesi prima avrebbe ucciso Angelo Poliziano, legato a Pico da grande amicizia (Rainews: Pico della Mirandola e Poliziano assassinati con l'arsenico)  Risolto il giallo della morte di Pico della Mirandola, Pisa, 15 novembre . 15 novembre .  La Memoria Straordinaria di Pico della Mirandola, articolo su Notizie.it.  Enciclopedia Treccani.it alla voce omonima.  Robert Aldrich, Garry Wotherspoon, Who's who in Gay and Lesbian History: From Antiquity to World War II,  Routledge, Girolamo Benivieni fece porre anche una lapide sulle spoglie di Pico della Mirandola tumulate nella chiesa di San Marco a Firenze. Sul fronte della tomba è tuttora inciso: «Qui giace Giovanni Mirandola, il resto lo sanno anche il Tago e il Gange e forse perfino gli Antipodi. Morì nel 1494 e visse 32 anni. Girolamo Benivieni, affinché dopo la morte la separazione di luoghi non disgiunga le ossa di coloro i cui animi in vita congiunse Amore, dispose d'essere sepolto nella terra qui sotto. Morì nel 1542, visse 89 anni e 6 mesi.»  Sul retro invece, in posizione poco visibile, è riportato l'epitaffio: «Girolamo Benivieni per Giovanni Pico della Mirandola e se stesso pose nell'anno 1533 Io priego Dio Girolamo che 'n pace così in ciel sia il tuo Pico congiunto come 'n terra eri, et come 'l tuo defunto corpo hor con le sacr'ossa sue qui iace»   Eugenio Garin, Giovanni Pico della Mirandola: vita e dottrina, Le Monnier, Kurt Zeller, Pico della Mirandola e l'aristolelismo rinascimentale, edizioni Luria, 1979.  Frances Yates Giordano Bruno e la tradizione ermetica Laterza U. Perone, C. Ciancio, Storia del pensiero filosofico, SEI, Torino Edizione Eugenio Garin, Vallecchi, Sul richiamo di Pascal a Pico della Mirandola, cfr. B. Pascal, Colloquio con il Signore di Saci su Epitteto e Montagne in B. Pascal, Pensieri, Paolo Serini, Einaudi, Torino, François Secret, I cabbalisti cristiani del Rinascimento, trad. it., Arkeios, Roma 2002.  Conclusiones nongentae. Le novecento tesi dell'anno 1486, Albano Biondi, Studi pichiani,  1, FIrenze Olschki "Conclusiones Magicae numero XXVI, secundum opinione propria", numero 9.  Fra le tesi redatte in vista del congresso filosofico di Roma, Pico ad esempio scriveva: «Non vi è scienza che ci dia maggiori certezze sulla divinità del Cristo della magia e della cabala» (cit. da F. Secret, ibidem, e in Zenit studi. Pico della Mirandola e la cabala cristiana).  «Per Pico, la natura è una correlazione misteriosa di forze occulte che l'uomo può conoscere tramite l'astrologia e controllare tramite la magia. [...] Pico distingue due tipi di astrologiamatematica e divinatricee naga il valore della seconda» (G. Granata, Filosofia, Alpha Test, Milano. Lo stesso Savonarola sostenne di aver scritto il suo trattato «in corroborazione delle refutazione astrologice del Signor conte Joan Pico della Mirandola» (cit. in Romeo De Maio, Riforme e miti nella Chiesa del Cinquecento, Guida editori, Napoli).  Indizi e prove: Giovanni Pico della Mirandola e Alberto Pio da Carpi nella genesi dell’Hypnerotomachia Poliphili.  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Opere: Giovanni Pico della Mirandola, Opere, Lodovico Mazzali, Giovanni Pico della Mirandola, Opere. 1, Basileae, per Sebastianum Henricpetri, Giovanni Pico della Mirandola, Opere. 2, Basileae, per Sebastianum Henricpetri, Doctissimi Viri Ioannis Pici Mirandulae, Concordiae comitis, Exactissima expositio in orationem dominicam, Officina S. Bernardini, Giovanni Pico della Mirandola, Apologia. L'autodifesa di Pico di fronte al Tribunale dell'Inquisizione, Paolo Edoardo Fornaciari, SISMEL (Società internazionale per lo studio del Medioevo latino) Edizioni del Galluzzo, Firenze  Giuseppe Barone, Antologia Giovanni Pico della Mirandola, Virgilio Editore, Milano, Studi Dario Bellini, La profezia di Pico della Mirandola. Oltre la cinquantesima porta, Sometti editore, Giulio Busi, Vera relazione sulla vita e i fatti di Giovanni Pico, conte della Mirandola, Aragno,  Ernst Cassirer, Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1974  Henri-Marie de Lubac, Pic de la Mirandole. Études et discussions, Aubier Montaigne, Parigi rad. it. di Giuseppe Colombo, Pico della Mirandola. L'alba incompiuta del Rinascimento, Jaca Book, Milano, Vincenzo Di Giovanni, Giovanni Pico della Mirandola nella storia del Rinascimento e della filosofia in Italia, Palermo, Boccone del Povero, Fabrizio Frigerio, "Il commento di Pico della Mirandola alla Canzona d'Amore di Gerolamo Benivieni" , Conoscenza Religiosa, Firenze, Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Pico della Mirandola, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, Eugenio Garin, L'Umanesimo italiano, Laterza, Bari, Thomas Gilbhard, Paralipomena pichiana: a propos einer Pico–Bibliographie, in «Accademia. Revue de la Société Marsile Ficin», Salvatore Puledda, Interpretazioni dell'Umanesimo, Associazione Multimage, Leonardo Quaquarelli, Zita Zanardi, Pichiana.  delle edizioni e degli studi, in "Studi pichiani 10", Olschki, Firenze, Alberto Sartori, Giovanni Pico Della Mirandola, Filosofia, teologia, concordia, Edizioni Messaggero Padova,   Stéphane Toussaint, L'esprit du Quattrocento. Pic de la Mirandole, le "De Ente et Uno" & réponses à Antonio Cittadini, testo latino e trad. fr., Honoré Champion Editeur, Parigi Paola Zambelli, L'apprendista stregone. Astrologia, cabala e arte lulliana in Pico della Mirandola e seguaci, Saggi Marsilio, Venezia Le fonti cabalistiche di PicoThe Great Parchment. Flavius Mithridates' Latin Translation, the Hebrew Text, and an English Version, Giulio Busi, Maria Simonetta Bondoni Pastorio, Saverio Campanini, appartenente alla collana "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola", 1, Nino Aragno Editore, Torino Saverio Campanini, Talmud, Philosophy, Kabbalah: A Passage from Pico della Mirandola's Apologia and its Source, in M. Perani (ed.), The Words of a Wise Man's Mouth are Gracious. Festschrift for Günter Stemberger on the Occasion of His 65th Birthday, W. De Gruyter Verlag, Berlino–New York, The Book of Bahir. Flavius Mithridates' Latin Translation, the Hebrew Text, and an English Version, Saverio Campanini, in "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola", 2, Nino Aragno Editore, Torino Giulio Busi, "Chi non ammirerà il nostro camaleonte?" La biblioteca cabbalistica di Giovanni Pico della Mirandola, in G. Busi, L'enigma dell'ebraico nel Rinascimento, Nino Aragno Editore, Torino Saverio Campanini, Guglielmo Raimondo Moncada (alias Flavio Mitridate) traduttore di opere cabbalistiche, in Mauro Perani , Guglielmo Raimondo Moncada alias Flavio Mitridate. Un ebreo converso siciliano, Officina di Studi Medievali, Palermo The Gate of Heaven. Flavius Mithridates' Latin Translation, the Hebrew Text, and an English Version, Susanne Jurgan e Saverio Campanini, con un testo di Giulio Busi, in "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola", 5, Nino Aragno Editore, Torino Saverio Campanini (ed.), Four Short Kabbalistic Treatises, "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola" 6, Fondazione Palazzo Bondoni Pastorio, Castiglione delle Stiviere .  Cabala cristiana Marsilio Ficino Filosofia rinascimentale Mirandola Umanesimo Prisca theologia. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Pico della Mirandola, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Pico della Mirandola, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Giovanni Pico della Mirandola, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  (DE) Giovanni Pico della Mirandola, su ALCUIN, Ratisbona.  Opere di Giovanni Pico della Mirandola / Giovanni Pico della Mirandola (altra versione) / Giovanni Pico della Mirandola (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Pico della Mirandola, su Giovanni Pico della Mirandola, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Giovanni Pico della Mirandola, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Spartiti o libretti di Giovanni Pico della Mirandola, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.  Il Centro Internazionale di Cultura Giovanni Pico della Mirandola, su picodellamirandola.it. Pico della Mirandola e l'Umanesimo, su web.tiscalinet.it. Pico della Mirandola e la cabala cristiana, su vrijmetselaarsgilde.eu. Pico della Mirandola nel progetto biblioteche dei filosofi, su picus.unica.it. The Pico Project, su brown.edu. progetto dell'Bologna e della Brown University per rendere completo, accessibile e leggibile il Discorso sulla dignità dell'uomo Pico della Mirandola, Orazione sulla dignità dell'essere umano, prima parte, su panarchy.org.  I "Carmina" e l'"Oratio de hominis dignitate", su thelatinlibrary.com.The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola, su pico-kabbalah.eu. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Pico: the dignity of man," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

pico: giianfranco: Grice: “It is very likely that Cartesio took the idea of the malignant daemon from Pico, who was obsessed with him – with the daemon, I mean! “Demonio!”” Grice: “I like Pico. Ackrill suggested that I should translate happiness as taking ‘daemon’ seriously. Pico does: He allows Alberti’s use of ‘demonio’ as a direct translation of Roman ‘daemone,’ which is Grecian in nature.”Grice: “A daemon is always ‘maschile,’ succubus, or incubus – and stregus is gender-neutral, too, as Pico was very well aware when he allowed the burning of a few male witches at Mirandola. On the other hand, he uses Sextus Empiricus and Phyrro against Aristotle!” Grice: “Like Gentile, and Rosselli, two other Italian philosophers, he was murdered – by his successor to the county!” “A very sad thing is that he was murdered along with his son Alberto.”Grice: “The murderer, a Pico, succeeded him without much of a revolt – That’s the Renaissance forya!” ---  Important if unjustly neglected, murdered, Italian philosopher. Giovanni Francesco Pico della Mirandola, italian nobile e il filosofo , il nipote di Giovanni Pico della Mirandola . Il suo nome è in genere troncato come Gianfrancesco Pico della Mirandola . Figlio di Galeotto I Pico , signore di Mirandola , e Bianca Maria d'Este , figlia di Niccolò III d'Este. Come lo zio, Pico, Pico si dedica principalmente alla filosofia, ma ha reso soggetto alla Bibbia, anche se nei suoi trattati, De monolocale divinae et humanæ sapientiæ e in particolare nei sei libri intitolati examen doctrinæ vanitatis gentium , si deprezza l'autorità dei filosofi, al di sopra tutti Aristotele. Ha scritto una biografia dettagliata di suo zio  e un altro di Savonarola , di cui era un seguace. Avendo osservato i pericoli a cui la società è stata esposta, al momento, ha lanciato un avvertimento in occasione del Concilio Lateranense: Oratio ad Leonem X et concilium Lateranense de reformandis Ecclesiæ Moribus (Hagenau, dedicato a Willibald Pirckheimer). Morì a Mirandola, assassinato dal nipote Galeotto, insieme a suo figlio più giovane, Alessandro. L'altro figlio Giantommaso è stato ambasciatore aClemente VII. Mentre Pico aveva spesso sostenuto che tutte le filosofie e le religioni hanno raggiunto una parte della verità, Pico ha detto, in effetti, che tutte le religioni e tutte le filosofie, salva la religione Cristiana, da solisono semplici raccolte di falsità confusi e internamente incoerenti. In possesso di un tale punto di vista, si schiera non solo con Savonarola, ma con alcuni dei padri e con i riformatori pure. Su questo punto, era insistente. Il cristianesimo è una realtà auto-sussistente e che ha poco o nulla da guadagnare dalla filosofia, le scienze e le arti. Questa tesi centrale si diffonde attraverso quasi la sua intera produzione filosofica. Scrive di non lodare o estendere il regno della filosofia, ma di demolirlo.  Steep to. Le opere selezionate “De studio di Divinae et humanae philosophiae,” “De imagination” – Grice: “This is interesting. Pico starts by noting how Cicero mistranslated imaginatio from ‘phantasma.’ Vitters would not have agreed!” – “De Providentia Dei,” “De rerum praenotione,” “Quaestio de falsitate Astrologiae,” “Examen Vanitatis gentium doctrinae, et veritatis Christianae disciplinae, “Libro Detto strega o delle illusioni del demonio,” – Grice: Pico is using ‘demonio’ literally; Descartes isn’t!” – “Opera Omnia,” fonti Wikisource-logo.svg Herbermann, Charles, ed. " Giovanni Francesco Pico della Mirandola ". Enciclopedia Cattolica New York: Robert Appleton Company. Burke, Peter.. "Stregoneria e Magia in Italia del Rinascimento: Gianfrancesco Pico e la sua Strix, " di Sydney Anglod, ed. The Damned Art: Saggi in letteratura di Magia,  Londra. Herzig, T.  "La reazione dei demoni alla sodomia: Magia e omosessualità in Strix di Gianfrancesco Pico della Mirandola." Il Cinquecento Journal , Kors, Alan Charles e Edward Peters.  La stregoneria in Europa, Una storia Documentario. Philadelphia: University of Pennsylvania Press (Estratti dal Pico Strix ., Schmitt, ,CB, Pico e la sua critica di Aristotele. The Hague: Martinus Nijhoff. Pappalardo, L.”Fede, Immaginazione e scetticismo" (Nutrix, 8), Turnhout: Brepols Publishers. Opere Progetto Gutenberg panoramica biografica presso il Centro Internazionale di Cultura "Pico e le sua critica di Aristotele | Charles B. Schmitt | Springer .Giovanni Francesco II Pico della Mirandola Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Gianfrancesco II Giovanfrancesco-pico.jpg Ritratto di Gianfrancesco II Pico, XV secolo Signore della Mirandola Stemma PredecessoreGaleotto II Pico SuccessoreGaleotto II Pico Signore di Mirandola e Conte di Concordia In caricaPredecessoreGaleotto II Pico SuccessoreGaleotto II Pico Signore di Mirandola e Conte di Concordia In carica PredecessoreGaleotto I Pico SuccessoreFederico I e Ludovico I Pico Nome complete Giovanni Francesco Pico NascitaMirandola o Ferrara,  Morte Mirandola, Signoria di Mirandola (oggi Italia), DinastiaPico PadreGaleotto I Pico[1] MadreBianca d'Este ConsorteGiovanna Carafa[1] FigliGian Tommaso Beatrice Anna GaleottoCaterina Cecilia Alberto[1] Giulia Maria Paolo Giovanni Francesco II Pico, meglio noto come Gianfrancesco II Pico (Mirandola), nobile, filosofo e letterato italiano. Signore di Mirandola e conte di Concordia in tre periodi differenti: prima dal 1499 al 1502, poi nuovamente per pochi mesi nel 1511 ed infine, ma stavolta privato di Concordia, dal infine verrà assassinato dal nipote Galeotto II Pico, suo successore definitivo.  Giovanfrancesco Pico (Museo civico di Mirandola)  Stemma della casata dei Pico della Mirandola  Moneta di Gian Francesco II. Era figlio di Galeotto I Pico e di Bianca Maria d'Este, figlia di Niccolò III d'Este. Succedette al padre nel governo dei feudi, ricevendo conferma dell'investitura dall'imperatore Massimiliano I d'Asburgo. Ifratelli, non contenti, assediarono e bombardarono la Mirandola e imprigionarono Pico, che fu rilasciato solo con la promessa di cessione dei domini. Liberato, si ritirò a Roma. Contrastò la cultura classica a favore del Cristianesimo. Scrisse una biografia dello zio  Pico, intitolata Vita, anteposta a un volume che ne raccoglieva l'Opera omnia, e riprese alcune sue dottrine, come la lotta contro l'astrologia. Seguace di Savonarola, si batté inutilmente per la sua assoluzione, e ne scrisse dopo la morte una biografia. Sostenne da un lato la necessità di un rinnovamento della disciplina ecclesiastica e dall'altro l'incompatibiltà della filosofia antica col cattolicesimo. Scrisse il “De reformandis moribus,” che inviò a Papa Leone X, l'”Examen vanitatis doctrinae gentium et veritatis christianae disciplinae,” nel quale attaccò la filosofia arcaica; e, non ultimo, “Libro detto strega o delle illusioni del demonio,” sulle possessioni demoniache.  L'Examen non attacca soltanto la filosofia arcaica, ma si scaglia ugualmente contro Aristotele ed Aquino.  Dei due pensatori, Pico contesta la fiducia nella conoscenza e nella ragione, che permetterebbero con la forza dell'intelletto di intuire le verità ultime. Al contrario, al pari della dottrina esposta dal Cusano nel De docta ignorantia ( Pico nutre una profonda sfiducia nelle capacità umane, riconoscendo alla ragione solo la possibilità di giungere a conclusioni arbitrarie. Riprendendo alcune tesi tipiche dello scetticismo di Pirrone e Sesto Empirico, Pico nega la validità dei sillogismi e dell'induttivismo, svaluta l'idea della causalità. Nulla è conoscibile, mentre la fede può fondarsi solo su una rivelazione.[Morì assassinato dal nipote Galeotto II assieme all'ultimogenito Alberto. Opere (selezione) “De imagination,” “De providentia Dei,” De rerum praenotione, “De studio divinae et humanae philosophiae,” Dialogus de adoratione, “Examen vanitatis doctrinae gentium, et ueritatis Christianae disciplinae,” Ioannis Pici Mirandulae Vita, “Strix, sive de ludificatione daemonum,” Opera Omnia, “Quaestio de falsitate astrologiae ,” Discendenza Gianfrancesco II Pico nel 1491 sposò Giovanna Carafa, signora di Roddi, figlia di Giovanni Tommaso Carafa, conte di Maddaloni, e di Giulia Sanseverino.[1] Insieme ebbero I seguenti figli:[ Gian Tommaso Pico,  signore di Roddi --  sposò Carlotta Orsini, figlia di Gian Giordano Orsini, signore di Bracciano, e di Felice Della Rovere, figlia illegittima del cardinale Giuliano Della Rovere (futuro papa Giulio II.  Ebbe discendenza:[1] Girolamo Pico, signore di Roddi. Sposò Francesca Malaspina, figlia di Cesare Malaspina, marchese di Malgrate; Virginio Pico Giovanni Antonio Pico  Maddalena Pico, sposò Agostino Tizzone, conte di Desana. Beatrice Pico, sposò Paolo Torelli, conte di Montechiarugolo, ed ebbero discendenza; Anna Pico, a Genova nelsposò Antoniotto II Adorno, doge di Genova, signore di Ovada e Sale; Galeotto Pico, Caterina Pico, Cecilia Pico, monaca clarissa con il nome di suor Maria Cornelia al monastero di Santa Cecilia di Firenze;[1] Alberto Pico, assassinato insieme al padre da Galeotto II Pico; Giulia Pico, a Mirandola sposò Sigismondo II Malatesta, co-signore di Rimini; Maria Pico, Paolo Pico, co-signore di Roddi. Sposò in prime nozze Caterina, figlia di Galeotto Ceva della Bosia di Garessio, signore di Bossolasco;[ poi sposò in seconde nozze Costanza del Carretto, figlia di Ottaviano del Carretto, marchese di Millesimo e conte di Cengio, e di Nicoletta Della Rovere, figlia di Stefano Vigerio Della Rovere, patrizio di Savona.[1] Ebbe i seguenti figli:[1] dalla 1ª moglie: Giovanna Pico nel posò Michele Antonio del Carretto di Lesegno, marchese di Cravanzana; dalla 2ª moglie: Eleonora Pico,  signora di Roddi e poi contessa di Roddi, Sposò a Mantova in prime nozze Ascanio Andreasi, conte di Rivalta; poi sposò in seconde nozze Enrico Biandrate di San Giorgio, conte di Foglizzo; illegittimo: Marzio Pico sposò Caterina Trona, figlia di Antonio Trona, signore di Torrone e Clarafond. Ebbe i seguenti figli: Tommaso Pico, co-signore di Roddi;[1] illegittimo: Paolo Pico, monaco benedettino all'Abbazia di Lucedio. Miroslav Marek, Genealogy.eu, su Pico family, Pompeo Litta, Famiglie celebri di Italia. Pico della Mirandola, Torino, J. Delumeau, Il peccato e la paura, Bologna, il Mulino,  I. de la Tour, Les Origines de la Réforme, Paris, Hachette. Bibliografia Burke, Peter. Witchcraft and Magic in Renaissance Italy: Gianfrancesco Pico and His Strix," in Sydney Anglod, ed. The Damned Art: Essays in the Literature of Witchcraft, London. Herzig, T. The Demons' Reaction to Sodomy: Witchcraft and Homosexuality in Gianfrancesco Pico della Mirandola's Strix." The Sixteenth Century Journal, Kors, Alan Charles and Edward Peters. Witchcraft in Europe: A Documentary History. Philadelphia: University of Pennsylvania Press (Excerpts from the Pico's Strix, Schmitt, C. B.Gianfrancesco Pico della Mirandola and his critique of Aristotle. The Hague: Martinus Nijhoff. Pompeo Litta, Famiglie celebri di Italia. Pico della Mirandola, Torino, Pappalardo, L. "Gianfrancesco Pico della Mirandola: fede, immaginazione e scetticismo". Turnhout: Brepols Publishers (= Nutrix:Voci correlate Assedio della Mirandola, Assedio della Mirandola di papa Giulio II Caccia alle streghe nella Signoria della Mirandola Sovrani di Mirandola e Concordia. Schizzo biografico a cura de Il Centro Internazionale di Cultura Giovanni Pico della Mirandola, «Pico della Mirandola, Giovanni Francesco II»,  Enciclopedie  "Treccani.it L'Enciclopedia italiana". «Pico della Mirandola, Giovanni Francesco II», Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, PredecessoreSignori di Mirandola e conti di ConcordiaSuccessore Galeotto I Pico Federico I Pico Ludovico I Pico. Refs: Luigi Speranza: “Grice, Acrkill, Pico and Alberti, on ‘demonio’,” Luigi Speranza, "Grice e Pico," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia -- Gianfranco Pico della Mirandola.

 

pieralisi: Venceslao Pieralisi (Jesi), filosofo. Fece parte dei Minori Riformati di Jesi. Nei suoi scritti, esaltò il valore della pace fra gli uomini e fra tutte le creature.  Scrisse che l'anima è presente non solo negli esseri umani, ma anche negli animali, ai quali appunto l'anima conferiscecome agli uominiun'esistenza eterna al di là della morte.  Per tali motivi sottolinea la necessità etica di trattare gli animali con rispetto ed amore, vincendo la mancanza di sensibilità e l'indifferenza che tradizionalmente la religione cristiana mostra verso di essi. De anima belluarum: sopravvivenza? Una domanda, S. Rocco, Venezia. Della filosofia razionale speculativa parte soggettiva ossia la logica, Tipografia della Pace, Roma, La filosofia razionale pratica ovvero dei doveri naturali, Tipografia della Pace, Roma, Sui vizi capitali dell'insegnamento scientifico: riflessioni, Pesar.

 

pievani: Grice: “Only in Italy, Dietelmo becomes Telmo –“ Grice: “I like Pievani – he defends Darwin when everyone attacks him! Talk about rallying to the defense of the under-dogma!” --  Dietelmo "Telmo" Pievani (Gazzaniga), filosofo. Dopo la laurea in Filosofia conseguita a  Milano, ha condotto ricerchein Biologia evolutiva e Filosofia della biologia, sotto la supervisione di Niles Eldredge e di Ian Tattersall presso l'American Museum of Natural History di New York.  Grice: “Some Italians would not consider him an Italian philosopher seeing that he earned his maximal degree without (i. e., not within) Italy!” -- Dal 2005 al  è stato professore associato di Filosofia della scienza presso la facoltà di Scienze dell'educazione e della formazione dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ha ricoperto gli insegnamenti di Epistemologia e di Epistemologia evolutiva.--  è stato vicedirettore del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” e vicepresidente del corso di laurea in Scienze dell'educazione.  Dal  è Professore presso il Dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Padova, dove ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle scienze biologiche. Presso lo stesso Dipartimento è anche titolare degli insegnamenti di Bioetica e di Divulgazione naturalistica. Dal  è Delegato del Rettore per la Comunicazione Istituzionale dell’Università degli Studi di Padova. Dal  è Presidente della SIBESocietà Italiana di Biologia Evoluzionistica. È socio effettivo dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, per la classe di Scienze, socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino per la classe di Scienze, socio non residente dell’Accademia Olimpica di Vicenza, per la classe di Scienza e Tecnica.  È autore di più di 230 pubblicazioni scientifiche nei campi della biologia evoluzionistica, dell'evoluzione umana, della filosofia della biologia e della filosofia della scienza generale.  Comunicazione della scienza Impegnato in diversi progetti internazionali di comunicazione della scienza, dal  fa parte del Comitato Scientifico di BergamoScienza, è stato segretario del consiglio scientifico e coordinatore del Festival della scienza di Genova, divenuta la più importante manifestazione europea del settore. Insieme a Vittorio Bo, è stato direttore scientifico del "Festival delle scienze di Roma" in Auditorium Parco della Musica.  Fa parte del comitato editoriale di riviste scientifiche internazionali come Evolutionary Biology, Evolution: Education and Outreach e Rendiconti Lincei per le Scienze Fisiche e Naturali. Insieme a Niles Eldredge, è direttore scientifico del progetto enciclopedico “Il futuro del pianeta” di UTET Grandi Opere. Inoltre insieme ancora a Niles Eldredge ed a Ian Tattersall, è stato il curatore scientifico dell'edizione italiana della mostra internazionale "Darwin 1809-2009".  Insieme a Luigi Luca Cavalli-Sforza è stato curatore del progetto espositivo internazionale “Homo sapiens": la grande storia della diversità umana” (Roma, Palazzo delle Esposizioni, -; Trento, -, Novara ).  Telmo Pievani è direttore di Pikaia, il  italiano dell'evoluzione, ed è stato coordinatore scientifico del Darwin Day di Milano. Fa parte del Comitato Etico e del Comitato Scientifico della Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle scienze.  Fa parte del Consiglio Scientifico Internazionale del Museo delle Scienze (MUSE) di Trento.  -- è stato per  Padova coordinatore scientifico dell’allestimento museale del Giardino della Biodiversità presso l'Orto Botanico di Padova, oltre che curatore della sezione “Le piante e l’uomo”.  Dal  collabora ai progetti scientifici e di comunicazione del Parco Natura Viva di Bussolengo.  È stato il Curatore Scientifico, insieme ai Fantini, Rufo e Pimpinelli, della mostra internazionale "DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica” (Palazzo delle Esposizioni, Roma). Dal punto di vista editoriale, è membro del comitato editoriale de L'Indice dei libri. -- è componente del Comitato Scientifico Internazionale della rivista Le Scienze, edizione italiana di Scientific American, alla quale collabora.  Scrive regolarmente per la rivista Micromega. Dal  è firma delle pagine culturali del Corriere della Sera. Dal  è direttore del magazine di Padova, Il Bo LIVE.  Due volte finalista del Premio Galileo a Padova, nel  ha ricevuto la menzione speciale della giuria del Premio Scienza e letteratura-Merck Serono, per il saggio La vita inaspettata. Il fascino di un'evoluzione che non ci aveva previsto (Raffaello Cortina). Altri riconoscimenti: Premio Adriano Vitelli Laico dell’Anno, , Torino; Premio Internazionale di Ecologia Umana  (Abbazia di Spineto, Sarteano); Premio Capo d'Orlando  per la comunicazione multimediale (Vico Equense).  Insieme a Federico Taddia e alla Banda Osiris, è autore di progetti teatrali e musicali a tema scientifico, come “Finalmente il Finimondo!” () e “Il maschio inutile” (), ispirato all’omonimo libro.  Opere T. Pievani-Giuseppe Varchetta, Il management dell'unicità, Guerini e associati, Milano, “Homo sapiens e altre catastrofi,” Meltemi, Roma, riedizione completamente rivista e aggiornata, Meltemi, . T. Pievani-Federico Carmagnola, Pulp Times. Immagini del tempo nel cinema d'oggi, Meltemi, Roma, Sotto il velo della normalità, Meltemi, Roma, con P. Barbetta, M. Capararo Richard Dawkins e Telmo Pievani, Il cappellano del diavolo, Scienza e idee, Milano, Cortina, Ospitato su archive.is. Introduzione alla filosofia della biologia, Laterza, Roma-Bari, La teoria dell'evoluzione. Attualità di una rivoluzione scientifica, Il Mulino, Bologna,T. Pievani-E. Capanna-C.A. Redi, Chi ha paura di Darwin?, IBIS Edizioni, Como-Pavia, Creazione senza Dio, Einaudi, Torino[Creación sin Dios, Ediciones Akal, Madrid] In difesa di Darwin. Piccolo bestiario dell'antievoluzionismo all'italiana, Milano, Bompiani, T. Pievani-Carla Castellucci, Perdere la libertà per Sante ragioni. Dal nascere al morire: la mano della Chiesa sulla nostra vita, Milano, Chiarelettere, T. Pievani-Vittorio Girotto-Giorgio Vallortigara, Nati per Credere, Codice Edizioni, Torino, 2008-. La vita inaspettata. Il fascino di un'evoluzione che non ci aveva previsto, Raffaello Cortina Editore, Milano,  Introduzione a Darwin, Roma-Bari, Laterza,  La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi, Bologna, Il Mulino,  Homo sapiens. Il cammino dell'umanità, Atlante dell'Istituto Geografico De Agostini,  Anatomia di una rivoluzione. La logica della scoperta scientifica di Darwin, Mimesis,  Evoluti e abbandonati. Sesso, politica, morale: Darwin spiega proprio tutto, Torino, Einaudi,  T. Pievani-Federico Taddia, Il maschio è inutile. Un saggio quasi filosofico, Milano, Rizzoli, Leggere l’Origine delle specie di Darwin, IBIS Edizioni, Como-Pavia,  Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, con Valerio Calzolaio, Einaudi, Torino,  T. Pievani-Vittorio Marchis, Lectures , Giappichelli, Come saremo. Storie di umanità tecnologicamente modificata, con L. De Biase, Codice, Edizioni, Torino, "Homo SapiensLe nuove storie dell'evoluzione umana", Libreria Geografica,  Homo sapiens. Le nuove storie dell'evoluzione umana, Libreria Geografica, Imperfezione. Una storia naturale, Milano, Raffaello Cortina, Libri per ragazzi Perché siamo parenti delle galline? E tante altre domande sull’evoluzione, con F. Taddia, Editoriale Scienza, Trieste, ; Sulle tracce degli antenati. L’avventurosa storia dell’umanità, Editoriale Scienza, Trieste, . Introduzioni a opere di altri autori Telmo Pievani ha curato l'edizione italiana di opere di Richard Dawkins, di Niles Eldredge, di Stuart Kauffman, di Ian Tattersall, di Susan Oyama, di Kim Sterelny, di Edward Osborne Wilson, di Sean B. Carroll, di Henri Gee e di altri filosofi della biologia ed evoluzionisti. È inoltre il curatore dell'edizione italiana del testamento scientifico di Stephen Jay Gould (La struttura della teoria dell'evoluzione) e dell'ottavo volume (intitolato Storia della scienza e della tecnologia) della Storia della Cultura Italiana diretta da Luigi Luca Cavalli-Sforza. Ha curato l'edizione italiana di una parte dei Taccuini della Trasmutazione darwiniani, pubblicati da Laterza con il titolo di: Charles Darwin. Taccuino Rosso, Taccuino B, Taccuino E.  Note  Dietelmo PIEVANI, su accademiadellescienze.it.  PIEVANI DIETELMO, su didattica.unipd.it. Filosofia si insegna a Biologia La prima cattedra a Pievani, Il mattino di Padova, su mattinopadova.gelocal.it.  Bergamoscienza, su bergamoscienza.it Evolution: Education and Outreach Editorial board, su springer.com.  Homo SapiensLa grande storia della diversità umana La grande storia della diversità umana  I vincitori del premio «Scienza e letteratura», Corriere della Sera, 11 giugno. Scheda libraria di "Evoluti e abbandonati", su einaudi.it. Evoluzione Charles Darwin Stephen Jay Gould Darwin Day Padova Orto Botanico di Padova Sito ufficiale, su telmopievani.com.  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Pubblicazioni di Telmo Pievani, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Il web magazine cross-mediale dell'Padova, su ilbolive.unipd.it. Pikaia, il  italiano dell'evoluzione, su pikaia.eu. Il sito ufficiale della mostra DARWIN  su darwin2009.it.

 

pigliaru: Grice: “Pigliaru’s study of the modal code is unique – we don’t have that kind of thing at Oxford, unless it’s from a tutee from Sardinia!” -- Antonio Pigliaru (Orune), filosofo. Tra le molteplici tematiche del suo impegno intellettuale una è di particolare interesse: la sua interpretazione dei problemi socio-economici delle zone interne della Sardegna, che inquadrò e tentò di spiegare nell'ambito della propria visione etico-politica   Nacque a Orune, in provincia di Nuoro, ultimo di cinque figli; i genitori, Pietro e Maria Murgia, sono due maestri elementari, accomunati dunque dalla stessa formazione culturale e dal lavoro, ma di provenienza sociale diversa. La famiglia di Pietro è di origine contadina, attività marginale rispetto alla pastorizia prevalentemente praticata in paese; nonostante le scarse disponibilità economiche, dopo le elementari continua negli studi. Maria, la cui madre è maestra, proviene da Sassari: ha vissuto in una realtà più aperta e si reca ad Orune, dopo il diploma, per insegnarvi. Si sposano nel 1909. Finite le elementari Antonio, che nel frattempo ha perso il padre, lascia il paese, al quale rimase comunque sempre profondamente legato, e si trasferisce a Sassari, presso i nonni materni, per completare gli studi ginnasiali e liceali nel Convitto Canopoleno.  Nel 1940 aderì al Gruppo Universitario Fascista, dove fece le sue prime esperienze culturali, collaborando al giornale dell'organizzazione, scrivendo soprattutto di teatro. Coltiva le sue aspettative nella "rivoluzione fascista", come tanti giovani della sua generazione, rifiutandone però le degenerazioni che il regime sta subendo. Frequenta dal 1941 l'Università a Cagliari nella Facoltà di lettere e filosofia. Nel marzo del 1944 viene arrestato, accusato insieme ad altri, di gravi reati: spionaggio, guerra civile, cospirazione politica. Condannato a 7 anni dal Tribunale militare di Oristano, sconta 17 mesi di carcere, durante i quali contrae la malattia che lo porterà prematuramente alla morte, per essere poi liberato nel maggio del 1946 in seguito all'Amnistia Togliatti.  Ripresi gli studi, in pochi mesi supera tutti gli esami e si laurea a Cagliari con una tesi sull'esistenzialismo in Giacomo Leopardi. Nell'aprile del 1949 è assistente volontario alla cattedra di Filosofia del diritto dell'Sassari, diventando assistente ordinario un anno dopo; consegue la libera docenza nella stessa disciplina e nel 1967, vinto il concorso, è Professore di Dottrina dello Stato. Nel 1949 nasce la rivista "Ichnusa", di cui fu animatore ed ispiratore. La rivista uscì, con diverse sospensioni, fino al 1964. A partire 1956 Pigliaru decide di darle un nuovo ruolo, meno generalista ma più attento e teso a dar voce soprattutto alla "questione sarda": gli editoriali, da lui redatti, vengono sempre più spesso dedicati ai problemi della regione e la rivista si propone come laboratorio di discussione, chiamando a raccolta un'intera generazione di giovani intellettuali isolani impegnati per la rinascita dell'isola e per i quali Pigliaru, in contatto con numerosi studiosi delle due università sarde di Sassari e di Cagliari, diventa un vero e proprio maestro e ideologo. Muore a Sassari il 27 marzo 1969 durante una seduta di emodialisi, terapia alla quale si sottoponeva regolarmente per curare la grave insufficienza renale che lo accompagnò per gran parte della sua vita.  Nel  per i festeggiamenti dei 450 anni dell'Sassari, la sua immagine è stata apposta all'esterno del Dipartimento di Scienze Politiche, Scienze della Comunicazione e Ingegneria dell'Informazione dell'Ateneo. Era il padre dell'ex presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru.  Attività Fu autore di numerosi saggi di grande spessore, considerati ancora oggi un punto di riferimento imprescindibile per il dibattito sulla cultura sarda. Inediti continuano ad apparire ancora adesso. Dopo un iniziale approdo alla filosofia di Giovanni Gentile, soprattutto nelle prime, importanti opere, Considerazioni critiche su alcuni aspetti del personalismo comunitario e Persona umana ed ordinamento giuridico si avvicinò al personalismo storicista di Giuseppe Capograssi, di cui accolse anche, con un'interpretazione originale, la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici di Santi Romano, (specie nel suo capolavoro di antropologia giuridica La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico). Successivamente sviluppò questioni del marxismo gramsciano, in particolare in Struttura, soprastruttura e lotta per il diritto, Gramsci e la cultura sarda e nell'incompiuto saggio su L'estinzione dello Stato. Tra i suoi numerosi contributi sono anche da ricordare: Meditazioni sul regime penitenziario italiano; La piazza e lo Stato; Promemoria sull'obiezione di coscienza (1968).  È considerato uno dei più importanti antropologi giuridici italiani e uno dei maggiori studiosi della Sardegna (Scuola antropologica di Cagliari). A l'attività scientifica accompagnò un'intensa attività di "didattica popolare", organizzando ad esempio numerosi corsi di educazione per adulti e lavoratori in vari luoghi dell'isola. La sua vocazione pedagogica emerge anche in "Scuola", periodico con molti collaboratori, che esce nel 1954 e si rivolge ai maestri che si preparano al concorso magistrale. Venne eletto nel Comitato regionale della Sezione sarda dell'Associazione Italiana Biblioteche per il triennio 1955-1958 e confermato nel 1958-1961.  Alla sua memoria sono intitolate la Biblioteca di scienze sociali dell'Sassari (già denominata Biblioteca interfacoltà per le scienze giuridiche, politiche ed economiche) e le Biblioteche comunali di Orune e di Porto Torres.  Opere principali Considerazioni critiche su alcuni aspetti del personalismo comunitarioSassari, Persona umana ed ordinamento giuridicoMilano, 1953 Meditazioni sul regime penitenziario italianoSassari, 1959 (ora Nuoro, 2009 con prefazione e postfazione di Salvatore Mannuzzu) La vendetta barbaricina come ordinamento giuridicoMilano (ora Nuoro) La piazza e lo StatoSassari, 1961 Sardegna, una civiltà di pietraRoma, 1961 (con Franco Pinna e Giuseppe Dessì) Struttura, soprastruttura e lotta per il dirittoPadova,  "Promemoria" sull'obiezione di coscienzaSassari, 1968 (ora Nuoro, 2009 con prefazione di Virgilio Mura) Gramsci e la cultura sardaRoma, 1969 (ora Nuoro, 2008 con prefazione di Paolo Carta) Opere postume Il banditismo in SardegnaMilano, e successive edizioni Antonio Pigliaru: politica e cultura, antologia degli scritti pubblicati sulla rivista IchnusaSassari, 1971 (Manlio Brigaglia, Salvatore Mannuzzu, Giuseppe Melis Bassu; con scritti di: Gigi Ghirotti ... et al.) Il rispetto dell'uomoSassari, 1980 (con una nota di Antonio Delogu) Scritti sul fascismoSassari, 1983 La lezione di CapograssiRoma, 2000 (con introduzione di Antonio Delogu) Saggi capograssianiRoma,  (con introduzione di Antonio Delogu) Per un primo giorno di scuola: lettera a una professoressaSassari, 2002 Le parole e le cose: alfabeto della democraziaSassari, 2005 Note  Bruno Migliorini et al., scheda sul lemma Pigliaru, in Dizionario italiano multimediale e multilingue d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, ://dizionario.rai.it/poplemma.aspx?lid=27549&r=639329. Vedi anche qui: Accento dei cognomi.  Giuseppe Capograssi, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Giulio Angioni, Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle culture, Il Maestrale, Giorgio Baratta et al., Il soldino dell'anima. Antonio Pigliaru interroga Antonio Gramsci, CUEC   Francesco Casula, Letteratura e civiltà della Sardegna, I, Dolianova, Grafica del Parteolla Editore, ,  203–213.  Sito ufficiale dedicato ad Antonio Pigliaru, su pigliaru.it. "Visti da fuoriAntonio Pigliaru", Documentario RAI, su sardegnadigitallibrary.it. Biblioteca di Scienze sociali "A. Pigliaru", Sassari, su sba.uniss.it. 1º luglio  21 agosto ). Biblioteca comunalePorto Torres, su comune.porto-torres.ss.it.  di Antonio Pigliaru, su pigliaru.it.

 

pigliucci: important Italian philosopher. Massimo Pigliucci (Monrovia),, filosofo. Blogger nonché divulgatore scientifico italiano naturalizzato statunitense.  -- è professore di filosofia al CUNY-City College di New York, è stato co-conduttore del podcast Rationally Speaking (Parlando razionalmente) e redattore capo della rivista online Scientia Salon. Pigliucci è un deciso critico della pseudoscienza e del creazionismo ed un sostenitore del secolarismo e della educazione scientifica.   Pigliucci è nato a Monrovia, Liberia, ma è cresciuto a Roma. Ha conseguito il dottorato in genetica all'Università degli Studi di Ferrara, Italia, un Ph. D. in biologia dell'Università del Connecticut e un Ph. D. in filosofia della scienza dall'Università del Tennessee.; è socio di American Association for the Advancement of Science (Associazione americana per l'avanzamento della scienza) e di Committee for Skeptical Inquiry. Pigliucci è stato professore di ecologia e evoluzione all'Stony Brook compiendo ricerche sulla plasticità fenotipica, le interazioni genotipo-ambiente, la selezione naturale e i vincoli imposti sulla selezione naturale da parte del corredo genetico e dello sviluppo degli organismi. Nel 1997, ha ricevuto il premio Theodosius Dobzhansky, conferito annualmente dalla Society for the Study of Evolution (Associazione per lo studio dell'evoluzione). Come filosofo, si è interessato alla struttura e ai fondamenti della teoria dell'evoluzione, alla relazione tra scienza e filosofia e alla relazione tra la scienza e la religione ed è un sostenitore della sintesi evolutiva estesa.  Pigliucci scrive regolarmente sullo Skeptical Inquirer sui temi di negazionismo o scetticismo del cambiamento climatico, disegno intelligente, pseudoscienza e filosofia. Ha scritto per Philosophy Now e ha un blog intitolato "Rationally Speaking (Parlando razionalmente)". Ha contrastato "i negazionisti dell'evoluzione" (creazionismo della Terra Giovane e sostenitori del disegno intelligente), tra cui i creazionisti della terra giovane Duane Gish e Kent Hovind, i sostenitori del disegno intelligente William Dembski e Jonathan Wells, in molte occasioni.  Pensiero critico e scetticismo scientifico  Michael Shermer, Julia Galef e Massimo Pigliucci durante una registrazione dal vivo a Northeast Conference on Science and Skepticism (Conferenza del nord-est sulla scienza e sullo scetticismo),  Pur essendo ateo, Pigliucci non crede che la scienza richieda di essere atei, se si ammettono due distinzioni: la distinzione tra naturalismo metodologico e naturalismo filosofico e la distinzione tra giudizi di valore e le questioni di fatto. Crede che molti scienziati ed insegnanti di scienze non apprezzino tali differenze. Pigliucci ha criticato gli scrittori Nuovi Atei per aver sostenuto quello che lui considera scientismo (sebbene escluda il filosofo Daniel Dennett da questa accusa). In una discussione del suo libro Answers for Aristotle: How science and philosophy can lead us to a more meaningful life (Risposte per Aristotele: come la scienza e la filosofia possono condurci ad una vita più ricca di significato), Pigliucci ha detto al conduttore del podcast Skepticality, Derek Colanduno, “Aristotele era il primo pensatore antico a prendere sul serio l'idea che hai bisogno di fatti empirici, e che hai bisogno di un approccio basato sull'evidenza nel mondo, e che devi essere in grado di riflettere sul significato di quei fatti....Se vuoi delle risposte a delle domande morali, non chiedi al neurobiologo, non chiedi al biologo dell'evoluzione, chiedi al filosofo.”  Pigliucci descrive la missione degli scettici, facendo riferimento al libro di Carl Sagan Il mondo infestato dai demoni: La scienza e il nuovo oscurantismo dicendo “Ciò che fanno gli scettici è tenere accesa quella candela e cercare di diffonderla il più possibile.” Pigliucci fa parte del consiglio di NYC Skpetics e fa parte del comitato consultivo di Secular Coalition for America (Coalizione secolare per l'America).  Nel 2001, ha preso parte a un dibattito sull'esistenza di Dio con William Lane Craig.  Massimo Pigliucci ha criticato l'articolo di giornale di Papa Francesco intitolato Un dialogo aperto con i non-credenti (An open dialogue with non-believers). Secondo Pigliucci l'articolo assomigliava più ad un monologo che ad un dialogo, e ha indirizzato una risposta personale a Papa Francesco nella quale ha scritto che il papa ha solo offerto ai non-credenti "una riaffermazione di fantasie senza fondamento riguardo a Dio e a suo Figlio...seguite da affermazioni confuse tra il concetto d'amore e di verità, il tutto condito da una significativa dose di revisionismo storico e negazione degli aspetti più brutti della tua Chiesa (noterai che non ho nemmeno menzionato la pedofilia!).”  Rationally Speaking Nell'agosto 2000 Pigliucci ha iniziato una rubrica su internet intitolata Rationally Speaking (Parlando razionalmente). Nell'agosto 2005, la rubrica è diventata un blog,[25] dove ha scritto fino a marzo .[26] Dal 1º febbraio  Pigliucci co-conduce il podcast bi-settimanale Rationally Speaking con Juilia Galef, che ha conosciuto al Northeast Conference on Science and Skepticism (Conferenza del nord-est sulla scienza e sullo scetticismo), tenuta nel settembre 2009.[27] Il podcast è prodotto da New York City skeptics (Scettici della città di New York). Il programma vede la partecipazione di ricercatori, divulgatori scientifici ed insegnanti per presentare libri o discutere di temi di attualità su temi di filosofia e scienza. In una puntata del , Neil deGrasse Tyson descrisse la necessità di finanziare con denaro pubblico i programmi spaziali. La trascrizione della puntata venne poi pubblicata nel libro Space Chronicles (Cronache Spaziali).[28] In un altro episodio Tyson spiegò la propria opinione sul significato di essere ateo, poi commentata in una trasmissione di NPR.[29] Pigliucci ha poi lasciato il podcast per dedicarsi ad altri interessi. Phenotypic evolution : a reaction norm perspective, Sunderland, Mass., Sinauer,Tales of the Rational : Skeptical Essays About Nature and Science, Freethought Press, Phenotypic Plasticity: Beyond Nature and Nurture , Johns Hopkins University Press, 2Denying Evolution: Creationism, Scientism, and the Nature of Science, Sinauer, .Phenotypic Integration: Studying the Ecology and Evolution of Complex Phenotypes, Oxford University Press, Making Sense of Evolution: The Conceptual Foundations of Evolutionary Biology , University of Chicago Press,  Evolution: The Extended Synthesis, Nonsense on Stilts: How to Tell Science from Bunk, University of Chicago Press, Answers for Aristotle: How Science and Philosophy Can Lead Us to a More Meaningful Life, Basic Books,  Philosophy of Pseudoscience: Reconsidering the Demarcation Problem, University of Chicago Press, Is evolutionary psychology a pseudoscience?, in Skeptical Inquirer, Science and fundamentalism, in EMBO reports, The power and perils of metaphors in science, in Skeptical Inquirer,  What is philosophy of science good for?, in Philosophy Now,  The alleged fallacies of evolutionary theory, in Philosophy Now,  Altri articoli si possono trovare sui siti web personali (vedere "" sotto).  NCurriculum Vitae , su lehman.edu. 24 ccny.cuny.edu, ccny.cuny.edu/profiles Rationally Speaking Podcast, su rationallyspeakingpodcast.org. Scientia Salon, su scientiasalon.wordpress.com. Philosophy of Pseudoscience: Reconsidering the Demarcation Problem, University of Chicago Press, The Dangers of Pseudoscience, in The New York Times, Denying evolution: Creationism, scientism, and the nature of science, Sunderland, MA, Sinauer Associates,  Secular Coalition for America Advisory Board Biography, su secular.org. Science and fundamentalism, in EMBO reports, Short Bio , su lehman.edu. Massimo Pigliucci — Selected Papers, su lehman.edu. 28 novembre  5 agosto ). Society for the Study of Evolution — Description of Awards, su evolutionsociety.org. 28 novembre  25 ottobre ). Wade, Michael J., The Neo-Modern Synthesis: The Confluence of New Data and Explanatory Concepts, in BioScience, Pigliucci, Committee for Skeptical Inquiry. Denying evolution: creationism, scientism, and the nature of science, Sunderland, Mass., Sinauer Associates, Evolution Debate — Pigliucci vs Hovind, Richard Dawkins Foundation for Reason and Science, CV of William Dembski, su designinference.com. Evolution and Intelligent Design: Pigliucci vs Wells, Uncommon Knowledge, Excommunicated by the Atheists!, su rationallyspeaking.blogspot.com. New Atheism and the Scientistic Turn in the Atheism Movement , in Midwest Studies In Philosophy, Derek Colanduno, Should You Answer Aristotle?, Skeptic Magazine, Richard Saunders, The Skeptic Zone #101, su//skepticzone.tv/,  Moreland, J.P. (). Debating Christian Theism. USA: Oxford University Press.  Dear Pope, su Rationally Speaking, 20 settembre .Welcome, everyone!, su rationallyspeaking.blogspot.nl, Massimo Pigliucci, So long, and thanks for all the fish, su rationallyspeaking.blogspot.nl, 20 marzo .  Todd Stiefel e Amanda K. Metskas, Julia Galef, The Humanist, 22 maggio . Jennifer Culp, Neil DeGrasse Tyson, Great Science Writers Series, The Rosen Publishing Group, 7Tania Lombrozo, What If Atheists Were Defined By Their Actions?, NPR, 8 RS1285th Anniversary Live Show, su Rationally Speaking, New York City Skeptics, 27Committee for Skeptical Inquiry APlato's Footnot ePagina web di Pigliucci Rationally Speaking blog sullo scetticismo scientifico skepticism e sull'umanismo. Pigliucci's Rationally Speaking Podcast Massimo Pigliucci su Secular Web Philosophy & Theory in Biology(Filosofia e Teoria in Biologia), su philosophyandtheoryinbiology.org. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Pigliucci," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia

 

pilgrimage: Grice’s pilgrimage. In his pilgrimage towards what he calls the city of Eternal Truth he finds twelve perilswhich he lists. The first is Extensionalism (as opposed to Intensionalismvide intentum -- consequentes rem intellectam: intendere est essentialiter ipsum esse intentio ... quam a concepto sibi adequato: Odint 226; esse intentum est esse non reale: The second is Nominalism (opposite Realism and ConceptualismUniversalism, Abstractionism). It is funny that Grice was criticised for representing each of the perils!The third is Positivism. Opposite to Negativism. Just kidding.  Opposite to anything Sir Freddie Ayer was opposite to!The fourth is Naturalism. Opposite Non-Naturalism. Just joking! But that’s the hateful word brought by G. E. Moore, whom Grice liked (“Some like Witters, but Moore’s MY man.”) The fifth is Mechanism. Opposite Libertarianism, or Finalism, But I guess one likes Libertarianism.The sixth is Phenomenalism. You cannot oppose it to Physicalism, beause that comes next. So this is G. A. Paul (“Is there a problem about sense data?). And the opposite is anything this Scots philosopher was against!The seventh is Reductionism. Opposite Reductivism. Grice was proud to teach J. M. Rountree the distinction between a benevolent reductionist and a malignant eliminationist reductionist. The eighth is physicalism.Opposite metaphysicalism.  The ninth is materialism. Hyleism. Opposite Formalism. Or Immaterialism. The tenth is Empiricism. Opposite Rationalism. The eleventh is Scepticism.Opposite Dogmatism.and the twelfth is functionalism. Opposite Grice! So now let’s order the twelve perils alphabetically. Empiricism. Extensionalism. Functionalism. MaterialismMechanism. Naturalism. Nominalism. Phenomenalism. Positivism. Physicalism. Reductionism. Scepticism. Now let us see how they apply to the theory of the conversational implicaturum and conversation as rational cooperation. EmpiricismGrice is an avowed rationalist.ExtensionalismHis main concern is that the predicate in the proposition which is communicated is void, we yield the counterintuitive result that an emissor who communicates that the S is V, where V is vacuous communicates the same thing he would be communicating for any other vacuous predicate V’FunctionalismThere is a purely experiential qualia in some emissor communicating that p that is not covered by the common-or-garden variety of functionalism. E.g. “I love myself.” Materialismrationalism means dealing with a realm of noumena which goes beyond materialismMechanismrationalism entails end-setting unweighed finality and freedom. Naturalismcommunication involves optimality which is beyond naturalism Nominalisma predicate is an abstractum. Phenomenalismthere is realism which gives priority to the material thing, not the sense datum. A sense datum of an apple does not nourish us. Positivisman emissor may communicate a value, which is not positivistically reduced to something verifiable. Physicalismthere must be multiple realization, and many things physicalists say sound ‘harsh’ to Grice’s ears (“Smith’s brain being in state C doesn’t have adequate evidence”). ReductionismWe are not eliminating anything. Scepticismthere are dogmas which are derived from paradigm cases, even sophisticated ones.How to introduce the twelve entriesEmpiricismfrom Greek empereiacf. etymology for English ‘experience.’Extensionalism -- extensumFunctionalismfunctum. Materialism  -- Mechanism Naturalism Nominalism Phenomenalism Positivism Physicalism Reductionism Scepticism.  this section events are reviewed according to principal scenes of action. Place names appear in the order in which major incidents occur. City of Destruction. The city stands as a symbol of the entire world as it is, with all of its sins, corruptions, and sorrows. No one living there can have any hope of salvation. Convinced that the city is about to be blasted by the wrath of God, Christian flees and sets out alone on a pilgrimage which he hopes will lead him to Mount Zion, to the Celestial City, where he can enjoy eternal life in the happy company of God and the Heavenly Host. Slough of Despond. A swamp, a bog, a quagmire, the first obstacle in Christian's course. Pilgrims are apt to get mired down here by their doubts and fears. After much difficulty and with some providential help, Christian finally manages to flounder across the treacherous bog and is on his way again. Village of Morality. Near the village Christian meets Mr. Worldly Wiseman, who, though not religiously inclined, is a friendly and well-disposed person. He tells Christian that it would be foolish of him to continue his pilgrimage, the end of which could only be hunger, pain, and death. Christian should be a sensible fellow and settle down in the Village of Morality. It would be a good place to raise a family, for living was cheap there and they would have honest, well-behaved people as neighbors — people who lived by the Ten Commandments. More than a little tempted by this, Christian decides that he should at least have a look at Morality. But along the way he is stopped by his friend Evangelist, who berates him sharply for having listened to anything Mr. Worldly Wiseman might have to say. If Christian is seriously interested in saving his soul, he would be well advised to get back as quickly as possible on the path to the Wicket Gate which Evangelist had pointed out to him before. Wicket Gate. Arriving almost out of breath, Christian reads the sign on the gate: "Knock and it shall be opened unto you." He knocks a number of times before arousing the gatekeeper, a "grave person" named Good-will, who comes out to ask what Christian wants. After the latter has explained his mission, he is let through the gate, which opens on the Holy Way, a straight and narrow path leading toward the Celestial City. Christian asks if he can now be relieved of the heavy burden — a sack filled with his sins and woes — that he has been carrying on his back for so long. Good-will replies that he cannot help him, but that if all goes well, Christian will be freed of his burden in due course. Interpreter's House. On Good-will's advice, Christian makes his first stop at the large house of Interpreter, a character symbolizing the Holy Spirit. Interpreter shows his guest a number of "excellent things." These include a portrait of the ideal pastor with the Bible in his hand and a crown of gold on his head; a dusty parlor which is like the human heart before it is cleansed with the Gospel; a sinner in an iron cage, an apostate doomed to suffer the torments of Hell through all eternity; a wall with a fire burning against it. A figure (the Devil himself) is busily throwing water on the fire to put it out. But he would never succeed, Interpreter explains, because the fire represents the divine spirit in the human heart and a figure on the far side of the wall keeps the fire burning brightly by secretly pouring oil on it — "the oil of Christ's Grace." The Cross. Beyond Interpreter's House, Christian comes to the Cross, which stands on higher ground beside the Holy Way. Below it, at the foot of the gentle slope, is an open sepulcher. When Christian stops by the Cross, the burden on his back suddenly slips from his shoulders, rolls down the slope, and falls into the open sepulcher, to be seen no more. As Christian stands weeping with joy, three Shining Ones (angels) appear. They tell him all his sins are now forgiven, give him bright new raiment to replace his old ragged clothes, and hand him a parchment, "a Roll with a seal upon it." For his edification and instruction, Christian is to read the Roll as he goes along, and when he reaches the Pearly Gates, he is to present it as his credentials a sort of passport to Heaven, as it were. Difficulty Hill. The Holy Way beyond the Cross is fenced in with a high wall on either side. The walls have been erected to force all aspiring Pilgrims to enter the Holy Way in the proper manner, through the Wicket Gate. As Christian is passing along, two men — Formalist and Hypocrisy — climb over the wall and drop down beside him. Christian finds fault with this and gives the wall-jumpers a lecture on the dangers of trying shortcuts. They have been successfully taking shortcuts all their lives, the intruders reply, and all will go well this time. Not too pleased with his company, Christian proceeds with Hypocrisy and Formalist to the foot of Difficulty Hill, where three paths join and they must make a choice. One path goes straight ahead up the steep slope of the hill; another goes around the base of the hill to the right; the third, around the hill to the left. Christian argues that the right path is the one leading straight ahead up Difficulty Hill. Not liking the prospect of much exertion, Formalist and Hypocrisy decide to take the easier way on the level paths going around the hill. Both get lost and perish. Halfway up Difficulty Hill, so steep in places that he has to inch forward on hands and knees, Christian comes to a pleasant arbor provided for the comfort of weary Pilgrims. Sitting down to rest, Christian reaches into his blouse and takes out his precious Roll. While reading it, he drops off to sleep, being awakened when he hears a voice saying sternly: "Go to the ant, thou sluggard; consider her ways, and be wise." Jumping up, Christian makes with all speed to the top of the hill, where he meets two Pilgrims coming toward him — Timorous and Mistrust. They have been up ahead, they say, and there are lions there. They are giving up their pilgrimage and returning home, and unsuccessfully try to persuade Christian to come with them. Their report about the lions disturbs Christian, who reaches into his blouse to get his Roll so that he may read it and be comforted. To his consternation, the Roll is not there. Carefully searching along the way, Christian retraces his steps to the arbor, where, as he recalls, he had been reading the Roll when he allowed himself to doze off in "sinful sleep." Not finding his treasure immediately, he sits down and weeps, considering himself utterly undone by his carelessness in losing "his pass into the Celestial City." When in deepest despair, he chances to see something lying half-covered in the grass. It is his precious Roll, which he tucks away securely in his blouse. Having offered a prayer of thanks "to God for directing his eye to the place where it lay," Christian wearily climbs back to the top of Difficulty Hill. From there he sees a stately building and as it is getting on toward dark, hastens there. Palace Beautiful. A narrow path leads off the Holy Way to the lodge in front of Palace Beautiful. Starting up the path, Christian sees two lions, stops, and turns around as if to retreat. The porter at the lodge, Watchful, who has been observing him, calls out that there is nothing to be afraid of if one has faith. The lions are chained, one on either side of the path, and anyone with faith can pass safely between them if he keeps carefully to the middle of the path, which Christian does. Arriving at the lodge, he asks if he can get lodging for the night. The porter, Watchful, replies that he will find out from those in charge of Palace Beautiful. Soon, four virgins come out to the lodge, all of them "grave and beautiful damsels": Discretion, Prudence, Piety, and Charity. Satisfied with Christian's answers to their questions, they invite him in, introduce him to the rest of the family, serve him supper, and assign him to a beautiful bedroom — Peace — for the night. Next morning, the virgins show him the "rarities" of the place: First, the library, filled with ancient documents dating back to the beginning of time; next, the armory, packed with swords, shields, helmets, breastplates, and other things sufficient to equip all servants of the Lord, even if they were as numerous as the stars in the sky. Leading their guest to the roof of the palace, the virgins point to mountains in the distance — the Delectable Mountains, which lie on the way to the Celestial City. Before allowing Christian to depart, the virgins give him arms and armor to protect himself during the next stretch of his journey, which they warn will be dangerous. Valley of Humiliation. Here Christian is attacked and almost overcome by a "foul fiend" named Apollyon — a hideous monster with scales like a fish, wings like a dragon, mouth like a lion, and feet like a bear; flames and smoke belch out of a hole in his belly. Christian, after a painful struggle, wounds the fiend with his sword and drives him off. Valley of the Shadow of Death. This is a wilderness, a land of deserts and pits, inhabited only by yowling hobgoblins and other dreadful creatures. The path here is very narrow, edged on one side by a deep, water-filled ditch in which many have drowned; on the other side, by a treacherous bog. Walking carefully, Christian goes on and soon finds himself close to the open mouth of Hell, the Burning Pit, out of which comes a cloud of noxious fumes, long fingers of fire, showers of sparks, and hideous noises. With flames flickering all around and smoke almost choking him, Christian manages to get through by use of "All-prayer." Nearing the end of the valley, he hears a shout raised by someone up ahead: "Though I walk through the Valley of the Shadow of Death, I will fear none ill, for Thou art with me." As only a Pilgrim could have raised that cry, Christian hastens forward to see who it might be. To his surprise and delight he finds that it is an old friend, Faithful, one of his neighbors in the City of Destruction. Vanity Fair. Happily journeying together, exchanging stories about their adventures and misadventures, the two Pilgrims come to the town of Vanity Fair, through which they must pass. Interested only in commerce and money-making, the town holds a year-round fair at which all kinds of things are bought and sold — "houses, lands, trades, titles, . . . lusts, pleasures, . . . bodies, souls, silver, gold, pearls, precious stones, and what not." Christian and Faithful infuriate the merchandisers by turning up their noses at the wares offered them, saying that they would buy nothing but the Truth. Their presence and their attitude cause a hubbub in the town, which leads the authorities to jail them for disturbing the peace. The prisoners conduct themselves so well that they win the sympathy of many townspeople, producing more strife and commotion in the streets, and the prisoners are held responsible for this, too, though they have done nothing. It is decided to indict them on the charge of disrupting trade, creating dissension, and treating with contempt the customs and laws laid down for the town by its prince, old Beelzebub himself. Brought to trial first, Faithful is convicted and sentenced to be executed in the manner prescribed by the presiding judge, Lord Hate-good. The hapless Faithful is scourged, brutally beaten, lanced with knives, stoned, and then burned to ashes at the stake. Thus, he becomes another of the Christian martyrs assured of enjoying eternal bliss up on high. Doubting Castle and Giant Despair. In a manner only vaguely explained, Christian gets free and goes on his way — but not alone, for he has been joined by Hopeful, a native of Vanity Fair who is fleeing in search of better things. After a few minor adventures, the two reach a sparkling stream, the River of the Water of Life, which meanders through beautiful meadows bright with flowers. For a time the Holy Way follows the river bank but then veers off into rougher ground which is hard on the sore tired feet of the travelers. Wishing there were an easier way, they plod along until they come to another meadow behind a high fence. Having climbed the fence to have a look, Christian persuades Hopeful that they should move over into By-path Meadow, where there is a soft grassy path paralleling theirs. Moving along, they catch up with Vain-confidence, who says that he is bound for the Celestial City and knows the way perfectly. Night comes on, but he continues to push ahead briskly, with Christian and Hopeful following. Suddenly, the latter hear a frightened cry and a loud thud. Vain-confidence has been dashed to pieces by falling into a deep pit dug by the owner of the meadow. Christian and Hopeful retreat, but as they can see nothing in the dark, they decide to lie down in the meadow to pass the night. Next morning, they are surprised and seized by the prince of By-path Meadow, a giant named Despair. Charging them with malicious trespassing, he hauls them to his stronghold, Doubting Castle, and throws them into a deep dark dungeon, where they lie for days without food or drink. At length, Giant Despair appears, beats them almost senseless, and advises them to take their own lives so that he will not have to come back to finish them off himself. When all seems hopeless, Christian suddenly brightens up, "as one half amazed," and exclaims: "What a fool am I, thus to lie in a stinking dungeon when I may as well walk at liberty. I have a key in my bosom called Promise which will (I am persuaded) open any lock in Doubting Castle." Finding that the magic key works, the prisoners are soon out in the open and running as fast as they can to get back onto the Holy Way, where they erect a sign warning other Pilgrims against being tempted by the apparent ease of traveling by way of By-path Meadow. Delectable Mountains. Christian and Hopeful next come to the Delectable Mountains, where they find gardens, orchards, vineyards, and fountains of water. Four shepherds — Experience, Knowledge, Watchful, and Sincere — come to greet them, telling them that the mountains are the Lord's, as are the flocks of sheep grazing there. Having been escorted around the mountains and shown the sights there, the two Pilgrims on the eve of their departure receive from the shepherds a paper instructing them on what to do and what to avoid on the journey ahead. For one thing, they should not lie down and sleep in the Enchanted Ground, for that would be fatal. Country of Beulah. This is a happy land where the sun shines day and night, flowers bloom continuously, and the sweet and pleasant air is filled with bird-song. There is no lack of grain and wine. Christian and Hopeful stop to rest and enjoy themselves here, pleased that the Celestial City is now within sight, which leads them to assume that the way there is now clear. Dark River. Proceeding, they are amazed when they come to the Dark River, a wide, swift-flowing stream. They look around for a bridge or boat on which to cross. A Shining One appears and tells them that they must make their way across as best they can, that fording the river is a test of faith, that those with faith have nothing to fear. Wading into the river, Hopeful finds firm footing, but Christian does not He is soon floundering in water over his head, fearing that he will be drowned, that he will never see "the land that flows with milk and honey." Hopeful helps Christian by holding his head above water, and the two finally achieve the crossing. Celestial City. On the far side of the river, two Shining Ones are waiting for the Pilgrims and take them by the arm to assist them in climbing the steep slope to the Celestial City, which stands on a "mighty hill . . . higher than the clouds." Coming to the gate of the city, built all of precious stones, Christian and Hopeful present their credentials, which are taken to the King (God). He orders the gate to be opened, and the two weary but elated Pilgrims go in, to find that the streets are paved with gold and that along them walk many men with crowns on their heads and golden harps in their hands.

 

piovani: Grice: “Like Austin, and then again like me, Piovani could invent lingo. The whole point of ordinary-language philosophy was an attack on ‘philosophical language,’ and there we are, Austin, Grice and Piovani INVENTING unordinary philosophical language! In Piovani’s case is ‘assenzialismo’!” -- Pietro Piovani (Napoli), filosofo. Si laureò a Napoli dove conobbe il suo maestro Capograssi. Insegnò a Trieste, Firenze e Roma), e successivamente occupò via via le cattedre di Storia delle dottrine politiche, Storia della filosofia morale e di Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli studi di Napoli Federico II, dove rimase fino alla propria morte, avvenuta nel 1980. Insignito di numerosi riconoscimenti accademici, fu socio Linceo dal 1972. Figlio di due maestri elementari, educato al senso dell'appartenenza nazionale e cresciuto fino ai vent'anni sotto il fascismo, Piovani si formò a Napoli, dove, nella prima giovinezza (come invero molte altre future figure di spicco della vita culturale e civile italiana), prese anche parte alle attività del GUF cittadino e scrisse su alcuni fogli del regime. La sua originale ricerca filosofica ebbe avvio all'indomani immediato della tragica conclusione della seconda guerra mondiale e di ciò portò i segni anche nell'elaborazione della propria caratterizzazione etico-politica, presto approdata alle ragioni del liberalismo democratico. Dinanzi alla drammatica conclusione dell'esito volontaristico dell'attualismo, la necessità di ripensare il "modello" idealistico della "nuova Italia" lo indusse ad un'intensa riflessione sul significato e sul valore dell'individuo nel suo farsi persona, che lo impegnò per tutta la vita, troncata dalla malattia a soli 58 anni. Autore di molti volumi (se ne conteranno più di venti al termine della sua carriera di scrittore), che spaziano dalla filosofia del diritto al pensiero filosofico italiano, soprattutto a quello meridionale, ricoprì incarichi nelle più importanti accademie italiane; fu direttore, insieme a Eustachio Paolo Lamanna, della "Collana di Filosofia" delle Edizioni Morano di Napoli, e fondatore, presso il Cnr, del Centro di Studi Vichiani. Al suo pensiero e alla sua "scuola" sono dedicati numerosi scritti. La "Fondazione P. Piovani per gli studi vichiani" ne custodisce la biblioteca e gli archivi.  Pensiero filosofico Il pensiero di Pietro Piovani è stato definito da uno dei suoi più importanti allievi, Fulvio Tessitore, «una fenomenologia dell'individuale». Per il pensatore napoletano l'individuo non è concepito come un'entità chiusa ed egoistica tendente all'assolutizzazione ma, al contrario, accettando egli la sua natura di vivente limitato, afferma sé stesso nella responsabilità della propria azione. Nella formazione del pensiero di Piovani concorrono elementi esistenzialistici (con particolare simpatia per Jaspers), coniugati con motivi rosminiani, a loro volta filtrati attraverso Capograssi, il quale pose Piovani di fronte al grande tema dell’analisi dell’esperienza comune. Di ciò è documento la prima monografia Normatività e società (1949), che utilizza anche temi della prima Azione blondeliana. La necessità di fondare la persona grazie a un criterio o norma, che è la ragione dell’agire e del pensare (la logica della vita morale), fa scoprire il tema di fondo della più matura filosofia morale piovaniana: il soggetto è un «volente non volutosi», vale a dire che il soggetto, per quanto approfondisca il proprio essere che è il suo esistere, deve arrestarsi dinanzi alla constatazione di essere dato, di non essersi voluto. L’«alternativa esistenziale» dell’accettazione della vita ne riscatta, con la volontà di essere a fronte della possibilità contraddittoria del suicidio, l’originaria datità. Ma questa accettazione, che è la sola possibile fondazione della vita morale, rifiuta ogni «ostinazione singolaristica» e comporta che la vita è vita di relazione, dove questa non è conquista ma condizione consustanziale del soggetto che si accetta e dunque accetta l’altro, a iniziare dalla propria alterità rispetto a se stesso. L’essenziale «instaurazione personalitaria» consente la fondazione del diritto e della morale: entrambe formazioni storiche, fondate dinamicamente in quanto capaci di comprendere ogni forma in cui si sostanzi l’attivo desiderio dell’uomo di soddisfare l’insaziabile bisogno di valori, anch'essi costruiti dalla scelta esistenziale dei soggetti storici. In base a tale considerazione Piovani sostiene che l'essere umano non possa fare affidamento su alcun tipo di fondamento poiché, essendo un essere limitato e storico, è di fatto costretto a fondare continuamente i suoi punti di riferimento. A questo proposito assumono appunto un ruolo primario i valori, considerati non come assoluti ed eterni bensì prodotto della specificità individuale. Del resto proprio i valori esaltano la responsabilità dell'azione degli individui, che, altrimenti, verrebbe mortificata nel riferimento obbligato a qualcosa di assoluto. Si può dunque parlare, in Piovani, di un pluralismo etico che non significa relativismo ma relatività e, dunque, rispetto. Una posizione quest'ultima che sembra chiaramente riprendere il pensiero di Kant e, in particolare, il tema dell'agonismo etico. Per il ricorrere di questi temi, l’originale filosofia di Piovani può riassumersi nella formula tra «esistenzialismo ripensato e storicismo rinnovato».  Note  Tra questi, un numero della rivista Gerarchia, su cuidiciannovennescriveva nel settembre del 1942, riferendosi alla partecipazione emotiva degli italiani al conflitto con la Grecia: "Questo modo di sentire e di interpretare gli eventi deve essere posto in luce perché esso indica che un ventennio di regime fascista è riuscito a dare agli Italiani almeno quel senso di preoccupazione della tutela e della difesa dei propri interessi, che è il presupposto indispensabile per la formazione di una autentica e completa coscienza imperiale": P. Piovani, Roma e Tirana, in Gerarchia, XXI, n. 9, settembre 1942371-373.  P. Piovani, Evoluzione liberale, in Biblioteca della libertà, n. 12, 196849-59.  P. Piovani, Principi di una filosofia della morale, cap. I.  P. Piovani, Principi di una filosofia della morale, cap. II.  P. Piovani, Principi di una filosofia della morale, cap. IV.  F. Tessitore, PIOVANI, Pietro, in Enciclopedia filosofica di Gallarate, Bompiani, Milano, 2006,  8645-8646. Opere principali Normatività e società, Napoli, Jovene, 1949. Il significato del principio di effettività, Milano, Giuffre, 1953. Morte (e trasfigurazione?) dell'Università, Napoli, Guida, 1969 (II ed. Napoli, Guida, 2000,  88-7188-390-X). La teodicea sociale di Rosmini, Padova, Cedam, 1956; II ed. Brescia, Morcelliana, 1997,  88-372-1621-1. Linee di una filosofia del diritto, Padova, CEDAM, 1958; II ed. riveduta 1964; III ed. 1968. Giusnaturalismo ed etica moderna, Bari, Laterza, 1961; II ed. Napoli, Liguori, 2000,  88-207-3094-4. Filosofia e storia delle idee, Bari, Laterza, 1965; ed. anastatica Roma, Edizioni di storia e letteratura, ,  9788863722796. Conoscenza storica e coscienza morale, Napoli, Morano, 1966; II ed. 1972. Principi di una filosofia della morale, Napoli, Morano, 1972; II ed. 1989. Oggettivazione etica e assenzialismo, F. Tessitore, Napoli, Morano, 1981; II ed. Brescia, Morcelliana,  ,  88-372-2398-6. La filosofia nuova di Vico, F. Tessitore, Napoli, Morano, 1990. Per una filosofia della morale, F. Tessitore, Milano, Bompiani (Il pensiero Occidentale), ,  8845265935.  Critica Fulvio Tessitore, Tra esistenzialismo e storicismo: la filosofia morale di Pietro Piovani, Napoli, Morano, 1974. Fulvio Tessitore, Pietro Piovani, Napoli, Società nazionale di scienze lettere e arti, 1982. Domenico Jervolino, Logica del concreto ed ermeneutica della vita morale. Newman, Blondel, Piovani, Napoli, Morano, 1994. Giuseppe Acocella, Idee per un'etica sociale. 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pirandello: Grice: “Pirandello would say he is no philosopher, but then I’m a cricketer!” --. Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la letteratura. Luigi Pirandello (Girgenti,), filosofo. Drrammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura. Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo. Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi (in lingua italiana e siciliana) e circa quaranta drammi, l'ultimo dei quali incompleto.   Firma di Luigi Pirandello MENU0:00 Voce di Pirandello mentre legge un suo prologo a Sei personaggi in cerca d'autore (1926)  Biografia «Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos".»  (Luigi Pirandello)  Stefano Pirandello, padre di Luigi, in divisa garibaldina La famiglia Magnifying glass icon mgx2.svg Biografia del figlio cambiato. Luigi Pirandello, figlio di Stefano Pirandello e Caterina Ricci Gramitto, appartenenti a famiglie di agiata condizione borghese, dalle tradizioni risorgimentali, nacque nel 1867 in contrada Càvusu a Girgenti, nome di origine araba con cui era nota, fino al 1927, la città siciliana di Agrigento .Nell'imminenza del parto che doveva avvenire a Porto Empedocle, per un'epidemia di colera che stava colpendo la Sicilia, il padre Stefano aveva deciso di trasferire la famiglia in un'isolata tenuta di campagna per evitare il contatto con la pestilenza. Porto Empedocle, prima di chiamarsi così, era una borgata (Borgata Molo) di Girgenti (l'odierna Agrigento).  Quando nel 1853 si decise che la borgata divenisse comune autonomo «La linea di confine fra i due comuni venne fissata all'altezza della foce di un fiume essiccato che tagliava in due la contrada chiamata "u Càvuso" o "u Càusu" (pantalone) [...] Questo Càvuso apparteneva metà al nuovo comune di Porto Empedocle e l'altra metà al Comune di Girgenti [...] A qualche impiegato dell'ufficio anagrafe parve che non era cosa [che si scrivesse che qualcuno fosse nato in un paio di pantaloni] e cangiò quel volgare "Càusu" in "Caos»  Il padre, Stefano Pirandello, aveva partecipato tra il 1860 e il 1862 alle imprese garibaldine; aveva sposato nel 1863 Caterina, sorella di un suo commilitone, Rocco Ricci Gramitto.  Il nonno materno di Luigi, Giovanni Battista Ricci Gramitto, era stato tra gli esponenti di spicco della rivoluzione siciliana del 1848-49 e, escluso dall'amnistia al ritorno del Borbone, era fuggito in esilio a Malta dove era morto un anno dopo, nel 1850, a soli 46 anni.  Il bonno paterno, Andrea Pirandello, era stato un armatore e ricco uomo d'affari di Pra', ora quartiere di Genova. La famiglia di Pirandello viveva in una situazione economica agiata, grazie al commercio e all'estrazione dello zolfo.  I primi anni  La casa natale di Pirandello, in località Caos L'infanzia di Pirandello fu serena ma, come lui stesso avrebbe raccontato nel 1935, fu caratterizzata anche dalla difficoltà di comunicare con gli adulti e in specie con i suoi genitori, in modo particolare con il padre. Questo lo stimolò ad affinare le sue capacità espressive e a studiare il modo di comportarsi degli altri per cercare di corrispondervi al meglio.  Fin da ragazzo soffriva d'insonnia e dormiva abitualmente solo tre ore per notte.   Luigi adolescente (Agrigento, 1884) Il giovane Luigi era molto devoto alla Chiesa cattolica grazie all'influenza che ebbe su lui una domestica di famiglia, che lo avvicinò alle pratiche religiose, ma inculcandogli anche credenze superstiziose fino a convincerlo della paurosa presenza degli spiriti. La chiesa e i riti della confessione religiosa gli permettevano diaccostarsi ad un'esperienza di misticismo, che cercherà di raggiungere in tutta la sua esistenza.  Si allontanò dalle pratiche religiose per un avvenimento apparentemente di poco conto: un prete aveva truccato un'estrazione a sorte per far vincere un'immagine sacra al giovane Luigi; questi rimase così deluso dal comportamento inaspettatamente scorretto del sacerdote che non volle più avere a che fare con la Chiesa, praticando una religiosità del tutto diversa da quella ortodossa.  Dopo l’istruzione elementare impartitagli privatamente, nel 1878 fu iscritto dal padre alla regia scuola tecnica di Girgenti, ma durante un’estate preparò, all’insaputa del padre, il passaggio agli studi classici. In seguito a un dissesto economico, la famiglia si trasferì a Palermo, dove il quattordicenne Luigi frequentò il regio ginnasio Vittorio Emanuele II e dove rimase anche dopo il rientro dei suoi, nel 1885, a Porto Empedocle. Qui si appassionò subito alla letteratura. A soli undici anni scrisse la sua prima opera, "Barbaro", andata perduta. Per un breve periodo, nel 1886, aiutò il padre nel commercio dello zolfo, e poté conoscere direttamente il mondo degli operai nelle miniere e quello dei facchini delle banchine del porto mercantile.  Iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel 1886, per recarsi in seguito a Roma, dove continuò i suoi studi di filologia romanza che poi, anche a causa di un insanabile conflitto con il rettore dell'ateneo capitolino, dovette completare, su consiglio del suo maestro Ernesto Monaci, a Bonn (1889).  A Bonn, importante centro culturale di quei tempi, Pirandello seguì i corsi di filologia romanza ed ebbe l'opportunità di conoscere grandi maestri come Franz Bücheler, Hermann Usener e Richard Förster. Si laureò nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina "Foni ed evoluzione fonetica del dialetto di Girgenti" (Laute und Lautentwicklung der Mundart von Girgenti), in cui descrisse il dialetto della sua città e quelli dell'intera provincia, che suddivise in diverse aree linguistiche. Il tipo di studi gli fu probabilmente di fondamentale aiuto nella stesura delle sue opere, dato il raro grado di purezza della lingua italiana utilizzata.  Nella città tedesca alla fine di gennaio del 1890 conobbe a una festa in maschera la giovane Jenny Schulz-Lander, della quale si innamorò e con cui andò ad abitare nella pensione tenuta dalla madre della ragazza. A lei dedicherà i versi di Pasqua di Gea dove la descriveva come «lucifera fanciulla, tu che il mio tutto sei e pur, forse, sei nulla» e la ricorderà anche nei versi di Fuori di chiave: «Fuori la neve eterna fiocca; / piano l'uscio s'apre e, un dito in bocca, / entra scalza Jenny...» Quarant'anni dopo, Pirandello ormai famoso, durante un soggiorno a New York ricevette un biglietto, a cui non rispose, da Jenny, che nel frattempo era diventata scrittrice.  Il matrimonio Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma, dove poté mantenersi grazie agli assegni mensili inviati dal padre. Qui conobbe Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi strada nel mondo letterario e che gli aprì le porte dei salotti intellettuali dove ebbe modo di conoscere giornalisti, scrittori, artisti e critici.  Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano (18711959), figlia di un ricco socio del padre. Questo matrimonio concordato soddisfaceva anche gli interessi economici della famiglia di Pirandello. Nonostante ciò tra i due coniugi nacque veramente l'amore e la passione. Grazie alla dote della moglie, la coppia godeva di una situazione molto agiata, che permise ai due di trasferirsi a Roma.  Nel 1895, a completare l'amore tra gli sposi, nacque il primo figlio: Stefano (1895–1972), a cui seguirono due anni dopo, Rosalia Caterina (Lietta) (1897-1971) e nel 1899 Fausto Calogero (1899–1975). Maria Antonietta Portulano Il crollo finanziario e la malattia della moglie Nel 1903, un allagamento e una frana nella miniera di zolfo di Aragona di proprietà del padre, nella quale era stata investita parte della dote di Antonietta, e da cui anche Pirandello e la sua famiglia traevano un notevole sostentamento, li ridusse sul lastrico.  Questo avvenimento accrebbe il disagio mentale, già manifestatosi, della moglie di Pirandello, Antonietta. Ella era sempre più spesso soggetta a crisi isteriche, causate anche dalla gelosia, a causa delle quali o lei rientrava dai genitori in Sicilia, o Pirandello era costretto a lasciare la casa. La malattia prese la forma di una gelosia delirante e paranoica, che la portava a scagliarsi contro tutte le donne che parlassero col marito, o che lei pensava che volessero avere un qualche tipo di rapporto con lui; perfino la figlia Lietta susciterà la sua gelosia, e a causa del comportamento della madre tenterà il suicidio e poi se ne andrà di casa. La chiamata alle armi di Stefano nella Grande Guerra peggiorò ulteriormente la sua situazione mentale.  Solo diversi anni dopo, nel 1919, egli, ormai disperato, acconsentì che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale psichiatrico. Antonietta Portulano morirà in una clinica per malattie mentali di Roma, sulla via Nomentana, nel 1959 a 88 anni di età. La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire, portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicoanalisi di Sigmund Freud, lo studio dei meccanismi della mente e ad analizzare il comportamento sociale nei confronti della malattia mentale.  Spinto dalle ristrettezze economiche e dallo scarso successo delle sue prime opere letterarie, e avendo come unico impiego fisso la cattedra di stilistica all'Istituto superiore di magistero femminile (che tenne dal 1897 al 1922), lo scrittore dovette impartire lezioni private di italiano e di tedesco, dedicandosi anche intensamente al suo lavoro letterario. Dal 1909 iniziò anche una collaborazione con il Corriere della Sera.  Il primo grande successo  Luigi Pirandello (1920) Il suo primo grande successo fu merito del romanzo Il fu Mattia Pascal, scritto nelle notti di veglia alla moglie paralizzata alle gambe. Il libro fu pubblicato nel 1904 e subito tradotto in diverse lingue. La critica non diede subito al romanzo il successo che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il carattere di novità del romanzo, come d'altronde di altre opere di Pirandello.  Perché Pirandello arrivasse al successo si dovette aspettare il 1922, quando si dedicò totalmente al teatro. Lo scrittore siciliano aveva rinunciato a scrivere opere teatrali, quando l'amico Nino Martoglio gli chiese di mandare in scena nel suo Teatro Minimo presso il Teatro Metastasio di Roma alcuni suoi lavori: Lumie di Sicilia e l'Epilogo, un atto unico scritto nel 1892. Pirandello acconsentì e la rappresentazione il 9 dicembre del 1910 dei due atti unici ebbe un discreto successo. Tramite i buoni uffici del suo amico Martoglio anche Angelo Musco volle cimentarsi con il teatro pirandelliano: Pirandello tradusse per lui in siciliano Lumie di Sicilia, rappresentato con grande successo al Teatro Pacini di Catania il 1º luglio 1915.  Cominciò da questa data la collaborazione con Musco che incominciò a guastarsi dopo qualche tempo per la diversità di opinioni sulla messa in scena di Musco della commedia Liolà nel novembre del 1916 al teatro Argentina diRoma: «Gravi dissensi» di cui Pirandello scriveva nel 1917 al figlio Stefano.  Dalla Grande Guerra al Nobel: il successo internazionale Magnifying glass icon mgx2.svgTeatro d'Arte di Roma. La guerra fu un'esperienza dura per Pirandello; il figlio Stefano venne infatti imprigionato dagli austriaci, e, una volta rilasciato, ritornò in Italia gravemente malato e con i postumi di una ferita. Durante la guerra, inoltre, le condizioni psichiche della moglie si aggravarono al punto da rendere inevitabile il ricovero in manicomio (1919) dove rimase, come detto, fino alla morte. Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in un lavoro frenetico, dedicandosi soprattutto al teatro. Nel 1925 fondò la Compagnia del Teatro d'Arte di Roma con due grandissimi interpreti dell'arte pirandelliana: Marta Abba e Ruggero Ruggeri. Con questa compagnia cominciò a viaggiare per il mondo: le sue commedie vennero rappresentate anche nei teatri di Broadway.  Nel giro di un decennio arrivò ad essere il drammaturgo di maggior fama nel mondo, come testimonia il premio Nobel per la letteratura ricevuto nel 1934, "per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell'arte drammatica e teatrale". Degno di nota fu lo stretto rapporto con la giovane Abba, sua musa ispiratrice, della quale Pirandello, secondo molti biografi e conoscenti, era innamorato forse solamente in maniera platonica.  Molte delle opere pirandelliane cominciavano intanto ad essere trasposte al cinema: Pirandello andava spesso ad assistere alla lavorazione dei film; andò anche negli Stati Uniti d'America, dove famosi attori e attrici di Hollywood, come Greta Garbo, interpretavano i suoi soggetti. Nell'ultimo di questi viaggi (1935) andò a trovare, su invito, Albert Einstein a Princeton. In una conferenza stampa Pirandello difese con veemenza la politica estera del fascismo, con la guerra d'Etiopia, accusando i giornalisti statunitensi di ipocrisia, citando il colonialismo contro i nativi americani.[25]  Pirandello e la politica: l'adesione al fascismo Pirandello non aveva mai preso specifiche posizioni politiche, tranne l'ammirazione per il patriottismo garibaldino di famiglia, unica certezza in un'epoca di crisi. L'idea politica di fondo di Pirandello era legata principalmente a questo patriottismo risorgimentale. Una sua lettera apparsa nel 1915 sul Giornale di Sicilia testimonia gli ideali patriottici della famiglia, proprio nei primi mesi dallo scoppio della Grande Guerra durante la quale il figlio Stefano fu fatto prigioniero dagli austriaci e rinchiuso, per la maggior parte della prigionia, nel campo di concentramento di Pian di Boemia, presso Mauthausen. Pirandello non riuscì a far liberare il figlio malato neppure con l'intervento del papa Benedetto XV. Nella sua vita condivise alcune delle idee dei giovani Fasci siciliani e del socialismo; ne I vecchi e i giovani si nota come l'idea politica di Pirandello era stata oscurata dalla riflessione "umoristica". Per Pirandello, i siciliani avevano subìto le peggiori ingiustizie dai vari governi italiani: è questa l'unica idea forte che ci presenta.  Nella prima guerra mondiale, come detto, fu un interventista, anche se avrebbe preferito che il figlio non partecipasse in prima linea alla guerra, cosa che invece Stefano farà, arruolandosi volontario immediatamente e rimanendo ferito e prigioniero degli austriaci, situazione che sarà estremamente angosciosa per lo scrittore. Nel primo dopoguerra non aderì subito ai Fasci di combattimento, tuttavia pochi anni dopo espliciterà l'adesione al fascismo, ormai istituzionalizzato. Il 28 ottobre 1923 fu ricevuto da Mussolini a Palazzo Chigi. Il 17 settembre 1924 Pirandello chiese l'iscrizione al PNF inviando un telegramma a Mussolini, pubblicato subito dall'agenzia Stefani:  «Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come massimo onore tenermi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera.]»  Il telegramma arrivava in un momento di grande difficoltà per il presidente del Consiglio dopo il ritrovamento il 16 agosto del corpo dell'on. Giacomo Matteotti.[28][30]  Per la sua adesione al fascismo, Pirandello fu duramente attaccato da alcuni intellettuali e politici italiani fra cui il deputato liberale Giovanni Amendola che in un articolo arrivò a dargli dell'"accattone" che voleva a tutti i costi divenir senatore del Regno. Pirandello, pur non ritrovandosi caratterialmente con Mussolini e molti gerarchi, che riteneva persone troppo rozze e volgari,  oltre che poco interessati alla vera arte[33], non rinnegò mai la sua adesione al fascismo, motivata tra le altre cose da una profonda sfiducia nei regimi socialdemocratici (così come non si interessò mai del marxismo, solo ne I vecchi e i giovani mostra un leggero interesse per il socialismo), regimi nei quali sin da inizio Novecento si andavano trasformando le democrazie liberali, che riteneva a loro volta corrotte, portando ad esempio gli scandali dell'età giolittiana e il trasformismo; provava inoltre un deciso disprezzo per la classe politica del tempo[31][34], che avrebbe voluto vedere, nichilisticamente, cancellata dalla vita del Paese, e una forte sfiducia verso la «massa» caotica del popolo, che andava, secondo lui, istruita e guidata da una sorta di "monarca illuminato". Pirandello al «Théâtre Edouard VII» per i Sei personaggi in cerca d'autore (Parigi, 1925) Nel 1925 Pirandello fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile. L'adesione di Pirandello al Fascismo fu per molti imprevista e sorprese anche i suoi più stretti amici; sostanzialmente egli, per un certo conservatorismo che comunque aveva, guardava al Duce come riorganizzatore di una società in disfacimento e ormai completamente disordinata.  Un'altra motivazione addotta per spiegare tale scelta politica è che il fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e risorgimentali di cui Pirandello era convinto sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre. Pirandello vedeva, secondo questa tesi, nel Fascismo la prima idea originale post-risorgimentale, che doveva rappresentare la "forma" nuova dell'Italia destinata a divenire modello per l'Europa. Potrebbe apparire un punto di contatto tra Pirandello e il fascism il sostenuto relativismo filosofico di entrambi. In realtà ben diverso è il relativismo morale fascista fondato sull'attivismo soreliano[38][39] e il relativismo esistenziale pirandelliano che si richiama all'originario movimento scettico-razionale europeo della fine Professoree l'inizio del XX. Pirandello nel 1932 «Pirandello si fa interprete di un relativismo pessimistico, angosciato, negatore di ogni certezza, del tutto incompatibile con l'ansia attivistica o relativisticapositivadel nostro tempo[40]»  Sempre nel solco di Amendola e dei critici antifascisti vi è anche un commento più pragmatico alla sua iscrizione al Partito fascista, la quale avrebbe avuto origine nel suo ricercare finanziamenti per la creazione della sua nuova compagnia teatrale, che avrebbe così avuto il sostegno del regime e le relative sovvenzioni, anche se il governo, perfino dopo il Nobel, gli preferì sempre Gabriele D'Annunzio e Grazia Deledda, anche lei vincitrice del premio, come letterati ideali del regime, mentre Pirandello ebbe molta difficoltà a reperire i fondi statali, che Mussolini spesso non voleva concedergli. In ogni caso, come detto, non furono infrequenti suoi scontri violenti con autorità fasciste e dichiarazioni aperte di apoliticità: «Sono apolitico: mi sento soltanto uomo sulla terra. E, come tale, molto semplice e parco; se vuole potrei aggiungere casto...». Clamoroso fu il gesto del 1927, narrato da Corrado Alvaro[41], in cui Pirandello a Roma strappò la sua tessera del partito davanti agli occhi esterrefatti del Segretario Nazionale.[42] Nonostante ciò, una rottura aperta col fascismo non si onsumerà mai. Si concluse senza troppa fortuna l'esperienza del Teatro d'Arte cominciata quattro anni prima; dopo lo scioglimento, in tacita polemica con il regime fascista che a suo avviso era troppo parco di sostegno ai suoi progetti teatrali, Pirandello si ritirò per qualche mese a Berlino insieme a Marta Abba, primadonna della compagnia. Forse a parziale compensazione di questo mancato sostegno, nel 1929 Pirandello fu uno dei primi 30 accademici, nominati direttamente da Mussolini, della neo costituita Reale Accademia d'Italia.  Nel 1935, in nome dei suoi ideali patriottici, partecipò alla raccolta dell'"oro per la patria" donando la medaglia del premio Nobel ricevuto l'anno prima[43], cosa fatta, tra gli altri, anche dall'antifascista Benedetto Croce, che donò la medaglia da senatore.  Questa scelta di adesione al regime è stata spesso sia minimizzata sia accentuata dalla critica, poiché sostanzialmente l'ideologia fascista non ebbe mai parte nella vita e nell'opera pirandelliana, abbastanza avulse della realtà politica, così che egli non fu in grado di vedere e giudicare le violenze fasciste; tuttavia il contenuto idealmente anarchico, corrosivo, pessimista e quasi sempre anti-sistema delle sue opere era guardato con sospetto da molti intellettuali e uomini politici del PNF, che non lo consideravano una vera "arte fascista". La critica fascista difatti non sempre esaltava le opere di Pirandello, spesso considerandole non conformi agli ideali fascisti: vi si vedeva una certa insistenza e considerazione di quella borghesia altolocata (che pure Pirandello non amava particolarmente) che il fascismo formalmente condannava come corrotta e decadente. Gli arzigogoli filosofici dei personaggi dei drammi borghesi pirandelliani erano considerati quanto di più lontano dall'attivismo fascista. Anche dopo l'attribuzione del Nobel parecchi lavori furono accusati dalla stampa di regime di disfattismo tanto che anche Pirandello finì tra i "controllati speciali" dell'OVRA. Negli ultimi anni viaggerà difatti molto, andrà in Francia e negli Stati Uniti, quasi in un volontario esilio dal clima culturale italiano di quegli anni.[35] Nonostante i suoi elogi al capo del governo, il Duce farà sequestrare l'opera La favola del figlio cambiato, per alcune scene ritenute non consone, impedendone le repliche (a Pirandello verrà imposta, per contrasto, la regia dell'opera dannunziana La figlia di Jorio).  Le volontà testamentarie di Pirandello, infine, che negavano ogni funerale e celebrazione dopo la morte dello scrittore, metteranno in imbarazzo i fascisti e lo stesso Mussolini, che ordinò così alla stampa che non ci fossero troppe celebrazioni postume sui quotidiani, ma che ne fosse data solo la notizia, come di un semplice fatto di cronaca. Il rifugio di Soriano nel Cimino Luigi Pirandello amava trascorrere ampi periodi dell'anno nella quiete di Soriano nel Cimino (VT) un'amena e bella cittadina ricca di monumenti storici e immersa nei boschi del Monte Cimino. In particolare Pirandello rimase affascinato dalla maestosità e dalla quiete di uno stupendo castagneto situato nella località di "Pian della Britta", a cui volle dedicare un'omonima poesia, che oggi è scolpita su una lapide di marmo posta proprio in tale località.  Pirandello ambientò a Soriano nel Cimino (citando luoghi, località e personaggi realmente esistiti) anche due tra le sue più celebri novelle Rondone e Rondinella e Tomassino ed il filo d'erba. A Soriano nel Cimino, è rimasto vivo ancora oggi il ricordo di Pirandello a cui sono dedicati monumenti, lapidi e strade.  Luigi Pirandello frequentò anche Arsoli per molti anni, soprattutto durante i periodi estivi, dove amava dissetarsi con una gassosa nell'allora bar Altieri in piazza Valeria. Il suo amore per il paese si ritrova nella definizione che egli stesso diede ad Arsoli chiamandola "La piccola Parigi".  La morte e il testamento Appassionato di cinematografia, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo romanzo Il fu Mattia Pascal, nel novembre 1936 si ammalò di polmonite.[47] Pirandello aveva 69 anni, e aveva già subito due attacchi di cuore; il suo corpo, ormai segnato dal tempo e dagli avvenimenti della vita, non sopportò oltre. Al medico che tentava di curarlo, disse: «Non abbia tanta paura delle parole, professore, questo si chiama morire»; dopo 15 giorni, la malattia si aggravò e il 10 dicembre 1936 Pirandello morì, lasciando incompiuto l'ultimo lavoro teatrale, I giganti della montagna, opera a sfondo mitologico. Il terzo atto venne ideato e illustrato al figlio Stefano nell'ultima notte di vita, che lo scrisse poi sotto forma narrativa, tentandone anche una ricostruzione, onde integrare la sceneggiatura del dramma che solitamente è però rappresentato nella forma incompiuta, in due atti.[48]  Magnifying glass icon mgx2.svgLe ceneri di Pirandello. Per Pirandello il regime fascista avrebbe voluto esequie di Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel testamento: «Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi». Per sua volontà il corpo, senza alcuna cerimonia, fu cremato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono deposte in una preziosa anfora greca già di sua proprietà e tumulate nel cimitero del Verano. Successivamente, nel 1947, Andrea Camilleri e altri quattro studenti dettero il via a un lento e travagliato adempimento delle sue ultime volontà (in caso non fosse stato possibile lo spargimento): far seppellire le ceneri nel giardino della villa di contrada "Caos", dove era nato. Il giurista e politico Gaspare Ambrosini, dopo il rifiuto di un pilota statunitense di volare da Roma a Palermo con a bordo le ceneri di un morto, trasportò l'anfora in treno, chiusa in una cassetta di legno. A Palermo il corteo funebre venne però bloccato dal vescovo di Agrigento Giovanni Battista Peruzzo, contrario a un corteo con un defunto cremato. Camilleri si recò dal vescovo, che rimase inamovibile; il futuro scrittore propose allora con successo l'idea di inserire l'anfora in una bara, che venne appositamente affittata. Il corteo, per un breve tratto a piedi e poi a bordo di una littorina, giunse ad Agrigento.[49] Dopo una cerimonia religiosa, l'anfora con le ceneri venne estratta dalla bara e riposta nel Museo Civico di Agrigento, in attesa della costruzione di un monumento nel giardino della villa. Solo dopo parecchi anni dalla morte, nel 1962, realizzata una scultura monolitica di Renato Marino Mazzacurati, artista vincitore del concorso indetto, costituita principalmente da una grossa pietra non lavorata, le ceneri vennero portate nel giardino e versate in un cilindro di rame inserito nel terreno, che venne chiuso da una pietra sigillata con del cemento.  Una parte rimanente delle ceneri, trovata anni dopo attaccata ai lati interni dell'anfora, non essendo più contenibile nel cilindro ricolmo e riaperto per l'occasione, venne dispersa, rispettando il desiderio originario di Pirandello stesso. Il pensiero  Pirandello nel 1924 «... davanti agli occhi di una bestia crolla come un castello di carte qualunque sistema filosofico.»  (L. Pirandello, dai Foglietti[51]) Pirandello si occupò di questioni teoriche fin da giovane nonostante fosse convinto che qualunque filosofia sarebbe fallita di fronte all'insondabilità dell'uomo quando in lui prevale la "bestia", l'aspetto animalesco e irrazionale.  Si avvicinò alle teorie dello psicologo Alfred Binet sulla pluralità dell'io. Pubblicò nel 1908 i saggi Arte e Scienza e L'umorismo caratterizzati da un'esposizione di stile colloquiale, molto lontana dal consueto discorso filosofico. Le due opere sono espressione di un'unica maturazione artistica ed esistenziale che ha coinvolto lo scrittore siciliano all'inizio del Novecento e che vede come centrale proprio la poetica dell'umorismo.L'umorismo  L'Umorismo, la prima edizione del 1908 Nel 1908 Pirandello scrive L'umorismo, un saggio dove confluiscono idee, brani di scritti e appunti precedenti: ad esempio sue varie chiose e annotazioni a L'indole e il riso di Luigi Pulci di Attilio Momigliano e parti dell'articolo Alberto Cantoni, che era apparso già nella «Nuova Antologia» del 16 marzo 1905. Come ha osservato Daniela Marcheschi, L'umorismo di Pirandello si inserisce «in un rigoglioso e più che secolare campo di meditazione e ricerca sull'omonimo tema; e ai primi del Novecento rappresenta, nel nostro paese, il momento riepilogativo probabilmente più soddisfacente, per l'epoca, di una serie di acquisizioni teoriche che la cultura internazionale aveva chiare e consolidate da tempo. Bisognerà infatti aspettare l'importante studio di Alberto Piccoli Genovese, Il Comico, l’Umore e la Fantasia o Teoria del Riso come Introduzione all’Estetica, pubblicato nel 1926 presso la casa editrice Fratelli Bocca, a Torino, per avere un saggio di ampia informazione e documentazione, di solido spessore speculativopur nell'ispirazione idealistica d'ascendenza crociana da cui prende le mosse: tecnicamente persuasivo, insomma, e con ben altre fondamenta teoretiche. Peraltro, in un panorama di non rara fossilizzazione culturale come quello dell'Italia contemporanea, va detto che l'opera di Piccoli Genovese è stata appaiata forse soltanto dal coraggioso volume, e di molti anni posteriore, Homo ridens. Estetica, Filologia, Psicologia, Storia del Comico, che Paolo Santarcangeli ha dato alle stampe nel 1989 a Firenze, con l'editore Olsckhi»[52].  Nel succitato saggio Pirandello distingue il comico dall'umoristico[53] Il primo, definito come "avvertimento del contrario"[54], nasce dal contrasto tra l'apparenza e la realtà. Nel saggio Pirandello ce ne fornisce un esempio: «Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. "Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto un "avvertimento del contrario"»  (L. Pirandello, L'umorismo, Parte seconda[55]) L'umorismo, il "sentimento del contrario", invece nasce da una considerazione meno superficiale della situazione:  «Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così, nascondendo le rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico»  (L. Pirandello, L'umorismo, Parte seconda[55]) Quindi, mentre il comico genera quasi immediatamente la risata perché mostra subito la situazione evidentemente contraria a quella che dovrebbe normalmente essere, l'umorismo nasce da una più ponderata riflessione che genera una sorta di compassione da cui si origina un sorriso di comprensione. Nell'umorismo c'è il senso di un comune sentimento della fragilità umana da cui nasce un compatimento per le debolezze altrui che sono anche le proprie. L'umorismo è meno spietato del comico che giudica in maniera immediata.  «non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere adesso ci farà tutt'al più sorridere.»  (Luigi Pirandello) La poetica dell'Umorismo Pirandelliana, in realtà nasce già quando, nel 1904, pubblica le due premesse de Il fu Mattia Pascal dove richiamandosi a Il Copernico di Leopardi del 1827 nelle Operette morali riprende l'ironia letteraria di Leopardi che attribuiva la scoperta copernicana dell'eliocentrismo alla pigrizia del Sole stanco di girare attorno ai pianeti. Il richiamo a Copernico si ritrova poi nel saggio su L'umorismo (cap. 5 della seconda parte), dove Pirandello vede una notazione umoristica nella contrapposizione di due sentimenti opposti per i quali dopo la scoperta copernicana l'uomo scopre di essere una parte infinitesimale dell'universo e nello stesso tempo la sua capacità di compenetrarsene.  La crisi dell'io L'analisi dell'identità condotta da Pirandello lo portò a formulare la teoria della crisi dell'io. In un articolo del 1900 scrisse:  «Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento, così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell'io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di vero e proprio sdoppiamento dell'io. [...] Talché veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altri individui, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto.»  Paradossalmente, il solo modo per recuperare la propria identità è la follia, tema centrale in molte opere, come l'Enrico IV o come Il berretto a sonagli, nel quale Pirandello inserisce addirittura una ricetta per la pazzia: dire sempre la verità, la nuda, cruda e tagliente verità, infischiandosene dei riguardi, delle maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali. Questo comportamento porterà presto all'isolamento da parte della società e, agli occhi degli altri, alla pazzia.  Abbandonando le convenzioni sociali e morali l'uomo può ascoltare la propria interiorità e vivere nel mondo secondo le proprie leggi, cala la maschera e percepisce se stesso e gli altri senza dover creare un personaggio, è semplicemente persona. Esemplare di tale concezione è l'evoluzione di Vitangelo Moscarda, protagonista di Uno, nessuno e centomila.  La "lanterninosofia" Ancora sulla crisi dell'identità del singolo impotente con la sua razionalità di fronte al mistero universale che lo circonda, Pirandello, all'inizio del XIII capitolo del romanzo Il fu Mattia Pascal, espone metaforicamente la sua filosofia del "lanternino", tramite il monologo che il personaggio di Anselmo Paleari rivolge al protagonista Mattia Pascal, in cui la piccola lampada rappresenta il sentimento umano, che non riesce ad alimentarsi se non tramite le illusioni di fede e ideologie varie ("i lanternoni"), ma che altrimenti provoca l'angoscia del buio che lo circonda all'uomo, l'animale che ha il triste privilegio di "sentirsi vivere".  «[Il lanternino] che proietta tutto intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l'ombra nera, l'ombra paurosa che non esisterebbe se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi purtroppo dobbiamo credere vera, fintanto ch'esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine da un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell'Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione?»  (Il fu Mattia Pascal, capitolo XIII, Il lanternino) La sua sfiducia verso la fede religiosa tradizionale lo porta ad accentuare così il proprio vuoto spirituale, che cercò di riempire, come il citato personaggio del Paleari, con l'interesse personale verso l'occultismo, la teosofia e lo spiritismo, che tuttavia non gli daranno la serenità esistenziale.[57]  Il contrasto tra vita e forma Luigi Pirandello svolge una ricerca inesausta sull'identità della persona nei suoi aspetti più profondi, dai quali dipendono sia la concezione che ogni persona ha di sé, sia le relazioni che intrattiene con gli altri. Influenzato dalla filosofia irrazionalistica di fine secolo, in particolare di Bergson, Pirandello ritiene che l'universo sia in continuo divenire e che la vita sia dominata da una mobilità inesauribile e infinita. L'uomo è in balia di questo flusso dominato dal caso, ma a differenza degli altri esseri viventi tenta, inutilmente, di opporsi costruendo forme fisse, nelle quali potersi riconoscere, ma che finiscono con il legarlo a maschere in cui non può mai riconoscersi o alle quali è costretto a identificarsi per dare comunque un senso alla propria esistenza. Se l'essenza della vita è il flusso continuo, il perenne divenire, quindi fissare il flusso equivale a non vivere, poiché è impossibile fissare la vita in un unico punto. Questa dicotomia tra vita e forma, accompagnerà l'autore in tutta la sua produzione evidenziando la sconfitta dell'uomo di fronte alla società, dovuta all'impossibilità di fuggire alle convenzioni di quest'ultima se non con la follia. Solo il "folle", che pure è una figura sofferente ed emarginata, riesce talvolta a liberarsi dalla maschera, e in questo caso può avere un'esistenza autentica e vera, che resta impossibile agli altri in quanto non è fattibile denudare la maschera o le maschere, la propria identità (Maschere nude è infatti il titolo della raccolta delle sue opere teatrali).[58]  Questa riflessione, che si rispecchia nelle varie opere con accenti ora lievi ora gravi e tragici, è stata, ad opera soprattutto dello studioso Adriano Tilgher, interpretata come un sistema filosofico basato sul contrasto tra la Vita e la Forma, che talvolta ha fatto esprimere alla critica un giudizio negativo delle ultime opere precedenti al "teatro dei miti", accusate a volte di "pirandellismo", cioè di riproporre sempre lo stesso schema di lettura.[58]   Luigi Pirandello (1930) Il relativismo psicologico o conoscitivo «La verità? è solo questa: che io sono, sì, la figlia della signora FrolaAh!E la seconda moglie del signor PonzaOh! E come?Sì; e per me nessuna! nessuna!Ah, no, per sé, lei, signora: sarà l'una o l'altra!Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede. (...) Ed ecco, o signori, come parla la verità.»  (Dialogo finale di Così è (se vi pare)) Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il relativismo psicologico che si esprime in due sensi: orizzontale, ovvero nel rapporto interpersonale, e verticale, ovvero nel rapporto che una persona ha con se stessa.  Gli uomini nascono liberi ma il Caso interviene nella loro vita precludendo ogni loro scelta: l'uomo nasce in una società precostituita dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve comportarsi.  Ciascuno è obbligato a seguire il ruolo e le regole che la società impone, anche se l'io vorrebbe manifestarsi in modo diverso: solo per l'intervento del caso può accadere di liberarsi di una forma per assumerne un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per tornare indietro, come accade al protagonista de Il fu Mattia Pascal.  L'uomo dunque non può capire né gli altri né tanto meno se stesso, poiché ognuno vive portandoconsapevolmente o, più spesso, inconsapevolmenteuna maschera dietro la quale si agita una moltitudine di personalità diverse e inconoscibili.  Queste riflessioni trovano la più esplicita manifestazione narrativa nel romanzo Uno, nessuno e centomila:  Uno perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari; Centomila perché l'uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano; Nessuno perché, paradossalmente, se l'uomo ha centomila personalità diverse, invero, è come se non ne possedesse nessuna, nel continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero "io". L'incomunicabilità Il relativismo conoscitivo e psicologico su cui si basa il pensiero di Pirandello si scontra con il conseguente problema dell'incomunicabilità tra gli uomini: poiché ogni persona ha un proprio modo di vedere la realtà, non esiste un'unica realtà oggettiva, ma tante realtà quante sono le persone che credono di possederla e dunque ognuno ha una propria "verità".  L'incomunicabilità produce quindi un sentimento di solitudine ed esclusione dalla società e persino da se stessi, poiché proprio la crisi e frammentazione dell'io interiore crea diversi io discordanti. Il nostro spirito consiste di frammenti che ci fanno scoprire di essere "uno, nessuno, centomila".  I personaggi dei drammi pirandelliani, come il Vitangelo Moscarda del romanzo Uno, nessuno e centomila e i protagonisti della commedia Sei personaggi in cerca di autore, di conseguenza avvertono un sentimento di estraneità dalla vita che li fanno sentire «forestieri della vita»[, nonostante la continua ricerca di un senso dell'esistenza e di un'identificazione di un proprio ruolo, che vada oltre la maschera, o le diverse e innumerevoli maschere, con cui si presentano al cospetto della società o delle persone più vicine.  La reazione al relativismo Reazione passiva L'uomo accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a identificarlo. Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma, incapace di ribellarsi o deluso dopo l'esperienza di vedersi attribuita una nuova maschera, si rassegna. Vive nell'infelicità, con la coscienza della frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che gli altri gli fanno vivere per come essi lo vedono. Accetta alla fine passivamente il ruolo da recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza. Questa è la reazione tipica delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo Il fu Mattia Pascal.  Reazione ironicoumoristica  Primo piano di Luigi Pirandello Il soggetto non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo ruolo con un atteggiamento ironico, aggressivo o umoristico. Ne fanno esempio varie opere di Pirandello come: Pensaci Giacomino, Il giuoco delle parti e La patente. Il personaggio principale di quest'ultima opera, Rosario Chiàrchiaro, è un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente la nomea di iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro. Il presunto iettatore non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito ma comunque se ne serve. Va dal giudice e, poiché tutti sono convinti che sia un menagramo, pretende la patente di iettatore autorizzato. In questo modo avrà un nuovo lavoro: chi vuole evitare le disgrazie che promanano da lui dovrà pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma almeno se ne ricava un vantaggio.  Reazione drammatica L'uomo, accortosi del relativismo, si renderà conto che l'immagine che aveva sempre avuto di sé non corrisponde in realtà a quella che gli altri avevano di lui e cercherà in ogni modo di carpire questo lato inaccessibile del suo io.  Vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela e allora se è così che lo vuole il mondo, egli sarà quello che gli altri credono di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle ultime e drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che lo porta al dramma, alla pazzia o al suicidio. Da tale sforzo verso un obiettivo irraggiungibile nascerà la voluta follia. La follia è infatti in Pirandello lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale, l'arma che fa esplodere convenzioni e rituali, riducendoli all'assurdo e rivelandone l'inconsistenza.  Solo e unico modo per vivere, per trovare il proprio io, è quello di accettare il fatto di non avere un'identità, ma solo centomila frammenti (e quindi di non essere "uno" ma "nessuno"), accettare l'alienazione completa da se stessi. Tuttavia la società non accetta il relativismo, e chi lo fa viene ritenuto pazzo. Esemplari sono i personaggi dei drammi Enrico IV, dei Sei personaggi in cerca d'autore, o di Uno, nessuno e centomila.  Teatro  Busto di Pirandello in un parco di Palermo, il "Giardino Inglese". Il busto si trova vicino all'ingresso di via Libertà. Pirandello divenne famoso proprio grazie al teatro che chiama teatro dello specchio, perché in esso viene raffigurata la vita vera, quella nuda, amara, senza la maschera dell'ipocrisia e delle convenienze sociali, di modo che lo spettatore si guardi come in uno specchio così come realmente è, e diventi migliore. Dalla critica viene definito come uno dei grandi drammaturghi del XX secolo. Scriverà moltissime opera, alcune delle quali rielaborazioni delle sue stesse novelle, che vengono divise in base alla fase di maturazione dell'autore:  Prima faseIl teatro siciliano Seconda faseIl teatro umoristico/grottesco Terza faseIl teatro nel teatro (metateatro) Quarta faseIl teatro dei miti Generalmente si attribuisce l'interesse di Pirandello per il teatro agli anni della maturità, ma alcuni precedenti mostrano come tale convinzione necessiti di una rivalutazione: in gioventù, infatti, Pirandello compose alcuni lavori teatrali, andati perduti poiché da lui stesso bruciati (tra gli altri, il copione de Gli uccelli dell'alto). In una lettera del 4 dicembre 1887, indirizzata alla famiglia, si legge:  «Oh, il teatro drammatico! Io lo conquisterò. Io non posso penetrarvi senza provare una viva emozione, senza provare una sensazione strana, un eccitamento del sangue per tutte le vene. Quell'aria pesante chi vi si respira, m'ubriaca: e sempre a metà della rappresentazione io mi sento preso dalla febbre, e brucio. È la vecchia passione chi mi vi trascina, e non vi entro mai solo, ma sempre accompagnato dai fantasmi della mia mente, persone che si agitano in un centro d'azione, non ancora fermato, uomini e donne da dramma e da commedia, viventi nel mio cervello, e che vorrebbero d'un subito saltare sul palcoscenico. Spesso mi accade di non vedere e di non ascoltare quello che veramente si rappresenta, ma di vedere e ascoltare le scene che sono nella mia mente: è una strana allucinazione che svanisce ad ogni scoppio di applausi, e che potrebbe farmi ammattire dietro uno scoppio di fischi!»  (Luigi Pirandello, da una lettera ai familiari del 4 dicembre 1887) È in questa dimensione che si parla di "teatro mentale"[63]: lo spettacolo non è subito passivamente ma serve come pretesto per dar voce ai "fantasmi" che popolano la mente dell'autore (nella prefazione ai Sei personaggi in cerca d'autore Pirandello chiarirà di come la Fantasia prenda possesso della sua mente per presentargli personaggi che vogliono vivere, senza che lui li cerchi).  In un'altra missiva, spedita da Roma e datata 7 gennaio 1888, Pirandello sostiene che la scena italiana gli appare decaduta:  «Vado spesso in teatro, e mi diverto e me la rido in veder la scena italiana caduta tanto in basso, e fatta sgualdrinella isterica e noiosa»  (Luigi Pirandello, da una lettera ai familiari del 7 gennaio 1888[64]) La delusione per non essere riuscito a far rappresentare i primi lavori lo distoglie inizialmente dal teatro, facendolo concentrare sulla produzione novellistica e romanziera.  Nel 1907 pubblica l'importante saggio Illustratori, attori, traduttori dove esprime le sue idee, ancora negative, sull'esecuzione del lavoro dell'attore nel lavoro teatrale: questi è infatti visto come un mero traduttore dell'idea drammaturgica dell'autore, il quale trova dunque un filtro al messaggio che intende comunicare al pubblico. Il teatro viene poi definito da Pirandello come un'arte "impossibile", perché "patisce le condizioni del suo specifico anfibio":: un tradimento della scrittura teatrale, che ha di contro "il cattivo regime dei mezzi rappresentativi, appartenenti alla dimensione adultera dell'eco.”  È in questo momento che Pirandello si distacca dalla lezione positivista e, presa diretta coscienza dell'impossibilità della rappresentazione scenica del "vero" oggettivo, ricerca nella produzione drammaturgica di scavare l'essenza delle cose per scoprire una verità altra (come è spiegato nel saggio L'Umorismo con il sentimento del contrario).  Il 6 ottobre 1924 fondò la compagnia del Teatro d'Arte di Roma con sede al Teatro Odescalchi con la collaborazione di altri artisti: il figlio Stefano Pirandello, Orio Vergani, Claudio Argentieri, Antonio Beltramelli, Giovani Cavicchioli, Maria Letizia Celli, Pasquale Cantarella, Lamberto Picasso, Renzo Rendi, Massimo Bontempelli e Giuseppe Prezzolini[66]: tra gli attori più importanti della compagnia figurano Marta Abba, Lamberto Picasso, Maria Letizia Celli, Ruggero Ruggeri. La compagnia, il cui primo allestimento risale al 2 aprile 1925 con Sagra del signore della nave dello stesso Pirandello e Gli dei della montagna di Lord Dunsany, ebbe però vita breve: i gravosi costi degli allestimenti, che non riuscivano ad essere coperti dagli introiti del teatro semivuoto[67] costrinsero il gruppo, dopo solo due mesi dalla nascita, a rinunciare alla sede del Teatro Odescalchi. Per risparmiare sugli allestimenti la compagnia si produsse prima in numerose tournée estere, poi fu costretta allo scioglimento definitivo, avvenuto a Viareggio nell'agosto del 1928. Prima faseTeatro Siciliano Nella fase del Teatro Siciliano Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare. Anch'essa come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo; alcuni testi sono stati scritti interamente in lingua siciliana perché considerata dall'autore più viva dell'italiano e capace di esprimere maggiore aderenza alla realtà.  La morsa e Lumìe di Sicilia Roma, Teatro Metastasio, 9 dicembre 1910; [68] Il dovere del medico, Roma, Sala Umberto, 20 giugno 1913; La ragione degli altri, Milano, Teatro Manzoni, 19 aprile 1915; Cecè, Roma, Teatro Orfeo, 14 dicembre 1915; Pensaci, Giacomino, Roma, Teatro Nazionale, 10 luglio 1916; Liolà, Roma, Teatro Argentina, 4 novembre 1916; Seconda faseIl teatro umoristico/grottesco  Pirandello e Marta Abba Mano a mano che l'autore si distacca da verismo e naturalismo, avvicinandosi al decadentismo si ha l'inizio della seconda fase con il teatro umoristico. Pirandello presenta personaggi che incrinano le certezze del mondo borghese: introducendo la versione relativistica della realtà, rovesciando i modelli consueti di comportamento, intende esprimere la dimensione autentica della vita al di là della maschera.  Così è (se vi pare), Milano, Teatro Olimpia, 18 giugno 1917; Il berretto a sonagli, Roma, Teatro Nazionale, 27 giugno 1917; La giara, Roma, Teatro Nazionale, 9 luglio 1917; Il piacere dell'onestà, Torino, Teatro Carignano, 27 novembre 1917; La patente, Torino, Teatro Alfieri, 23 marzo 1918 Ma non è una cosa seria, Livorno, Teatro Rossini, 22 novembre 1918; Il giuoco delle parti, Roma, Teatro Quirino, 6 dicembre 1918; L'innesto, Milano, Teatro Manzoni, 29 gennaio 1919; L'uomo, la bestia e la virtù, Milano, Teatro Olimpia, 2 maggio 1919; Tutto per bene, Roma, Teatro Quirino, 2 marzo 1920; Come prima, meglio di prima, Venezia, Teatro Goldoni, 24 marzo 1920; La signora Morli, una e due, Roma, Teatro Argentina, 12 novembre 1920; Terza faseIl teatro nel teatro Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per Pirandello il teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo ripristinerà una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in varie stanze contemporaneamente; inoltre il teatro nel teatro fa sì che si assista al mondo che si trasforma sul palcoscenico.  Pirandello abolisce anche il concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico: in questa fase, infatti, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che rispecchia la propria vita in quella agita dagli attori sulla scena.  In questo periodo Pirandello ebbe un decisivo incontro con un grande autore teatrale italiano del XX secolo: Eduardo De Filippo. Conseguenza, oltre alla nascita di un'amicizia che durò tre anni, fu che l'autore napoletano sentì, come accadde in passato per quello siciliano, il bisogno di allontanarsi dal "regionalismo" dell'arte verista pur conservandone però le tradizioni e le influenze.   Pirandello incontra Eduardo, Peppino e Titina De Filippo (1933) Sei personaggi in cerca d'autore, Roma, Teatro Valle, 10 maggio 1921; Enrico IV, Milano, Teatro Manzoni, 24 febbraio 1922; All'uscita, Roma, Teatro Argentina, 29 settembre 1922; L'imbecille, Roma, Teatro Quirino, 10 ottobre 1922; Vestire gli ignudi, Roma, Teatro Quirino, 14 novembre 1922; L'uomo dal fiore in bocca, Roma, Teatro degli Indipendenti, 21 febbraio 1923; La vita che ti diedi, Roma, Teatro Quirino, 12 ottobre 1923; L'altro figlio, Roma, Teatro Nazionale, 23 novembre 1923; Ciascuno a suo modo, Milano, Teatro dei Filodrammatici, 22 maggio 1924; Sagra del signore della nave, Roma, Teatro Odescalchi, 4 aprile 1925; Diana e la Tuda, Milano, Teatro Eden, 14 gennaio 1927; L'amica delle mogli, Roma, Teatro Argentina, 28 aprile 1927; Bellavita, Milano, Teatro Eden, 27 maggio 1927; O di uno o di nessuno, Torino, Teatro di Torino, 4 novembre 1929; Come tu mi vuoi, Milano, Teatro dei Filodrammatici; 18 febbraio 1930; Questa sera si recita a soggetto, Torino, Teatro di Torino, 14 aprile 1930; Trovarsi, Napoli, Teatro dei Fiorentini, 4 novembre 1932; Quando si è qualcuno, Buenos Aires, Teatro Odeón, 20 settembre 1933 (in spagnolo); La favola del figlio cambiato, Roma, Teatro Reale dell'Opera, 24 marzo 1934; Non si sa come, Roma, Teatro Argentina, 13 dicembre 1935; Sogno, ma forse no, Lisbona, Teatro Nacional, 22 settembre 1931. Quarta faseIl teatro dei miti A questa fase si assegnano solo tre opere della produzione pirandelliana.  La nuova colonia Lazzaro I giganti della montagna Romanzi  Copertina de Il turno, Edizioni Madella Pirandello scrisse sette romanzi:  1901L'esclusa, pubblicato a puntate su La Tribuna; in volume: Milano, Fratelli Treves, Il turno, Catania, Niccolò Giannotta, Editore. l fu Mattia Pascal, Roma, Nuova antologia. 1911Suo marito, Firenze, Edizioni Quattrini. (poi Giustino Roncella nato Boggiolo, in Tutti i romanzi, Milano, Mondadori, (1941) 1913I vecchi e i giovani, 2 volumi, Milano, Fratelli Treves. 1925Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, R. Bemporad & figlio. 1926Uno, nessuno e centomila, Firenze, R. Bemporad & figlio. Novelle Le novelle erano considerate le opere più durature, ma i critici moderni hanno cambiato tale opinione ritenendo le opere teatrali più degne di essere ricordate. Fare distinzione tra i contenuti delle novelle (o i romanzi) e le opere teatrali è difficile, in quanto molte novelle sono state messe in opera a teatro ad esempio: Ciascuno a suo modo deriva dalla novella Si gira...; Liolà ha il tema preso da un capitolo de Il fu Mattia Pascal; La nuova colonia viene già presentata in Suo marito.  Analizzando le novelle possiamo renderci conto che ciò che manca veramente è una delineazione tematica, una cornice, infatti sono presenti un crogiolo di personaggi ed eventi.  Il tempo in cui le novelle sono ambientate non è definito, infatti alcune si svolgono nell'epoca umbertina, poi giolittiana e del dopo-giolitti; diversamente accade nelle novelle cosiddette siciliane, nelle quali il tempo non è fissato, ma è un tempo antico, di una società che non vuole cambiare e che è rimasta ferma.  I paesaggi delle novelle sono vari; per quelle dette siciliane si ha spesso il tipico paesaggio rurale[69], anche se in alcune troviamo il tema sociale del contrasto tra le generazioni dovuto all'unità d'Italia. Altro ambiente delle novelle pirandelliane è la Roma umbertina o giolittiana.  I protagonisti sono sempre alla presa con il male di vivere, con il caso e con la morte[70]. Non troviamo mai rappresentanti dell'alta borghesia, ma quelli che potrebbero essere i vicini della porta accanto: sarte, balie, professori, piccoli proprietari di negozi che hanno una vita sconvolta dalla sorte e da drammi familiari. I personaggi ci vengono presentati così come appaiono, è difficile trovare un'approfondita analisi psicologica. Le fisionomie sono spesso eccentriche, per il sentimento del contrario, hanno un carattere opposto a come si presentano. I personaggi parlano e ragionano nel presentarsi per come essi sentono di essere, ma alla fine saranno sempre preda del caso, che li farà apparire diversi e cambiati.  Novelle per un anno Pirandello è uno dei più grandi scrittori di novelle, raccolte dapprima nell'opera Amori senza amore. In seguito l'autore si dedicò maggiormente per tutta la sua vita, cercando di completarla, alla raccolta Novelle per un anno, così intitolata perché il suo intento era quello di scrivere 365 novelle, una per ogni giorno dell'anno. Arriverà a 241 nel 1922, solo postume ne usciranno ancora 15.  Novelle per un anno, 15 voll., Firenze, Bemporad, 1922-1928; Milano, Mondadori, 1934-1937. I, Scialle nero, Firenze, Bemporad, 1 La vita nuda, Firenze, Bemporad, 1922. III, La rallegrata, Firenze, Bemporad, 1922. IV, L'uomo solo, Firenze, Bemporad, La mosca, Firenze, Bemporad, 1923. VI, In silenzio, Firenze, Bemporad, VII, Tutt'e tre, Firenze, Bemporad, Dal naso al cielo, Firenze, Bemporad, IX, Donna Mimma, Firenze, Bemporad, 1925. X, Il vecchio Dio, Firenze, Bemporad,  La giara, Firenze, Bemporad, Il viaggio, Firenze, Bemporad, 1928. XIII, Candelora, Firenze, Bemporad, 1928. XIV, Berecche e la guerra, Milano, Mondadori, 1934. XV, Una giornata, Milano, Mondadori, 1937. Poesia Dal 1883 al 1912 si svolge la produzione letteraria di Pirandello meno conosciuta dal grande pubblico, quella delle poesie che, contrariamente alla composizione teatrale, non esprimono alcun tentativo di rinnovamento sperimentale estetico, e seguono piuttosto le forme e i metri tradizionali della lirica classica, pur non rimandando a nessuna delle correnti letterarie presenti al tempo dello scrittore.  Nell'antologia poetica Mal giocondo, pubblicata a Palermo nel 1889, ma la cui prima lirica risale al 1880, quando Pirandello aveva appena tredici anni, emerge uno dei temi dell'ultima estetica pirandelliana del contrasto tra la serena classicità del mito e l'ipocrisia e la immoralità sociale della contemporaneità. Sono presenti, come nota lo stesso Pirandello, anche toni umoristici, specie quelli derivati dal suo soggiorno a Roma[71].  Le raccolte di poesie sono:  Mal giocondo, Palermo, Libreria Internazionale Pedone Lauriel, 1889. Pasqua di Gea, Milano, Libreria editrice Galli, 1891 (dedicata a Jenny Schulz-Lander, di cui si innamorò a Bonn, con una chiara influenza della poesia di Carducci). Pier Gudrò, 1Roma, Voghera, 1894. Elegie renane, 1889-90, Roma, Unione Cooperativa Editrice, 1895 (il cui modello sono le Elegie romane di Goethe); Elegie romane, traduzione di Johann Wolfgang von Goethe, Livorno, Giusti, 1896. Zampogna, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1901. Scamandro, Roma, Tipografia Roma, 1909. Fuori di chiave, Genova, Formiggini, 1912.Pirandello nel cinema Inizialmente Pirandello non amava molto il cinema, considerato inferiore al teatro, e questo interesse maturò lentamente, negli anni: «Il rapporto tra Pirandello e il cinema fu complesso, ambiguo, conflittuale, a volte di totale rifiuto, altre volte di grande curiosità. E fu certamente la curiosità per questa nuova modalità di narrazione per immagini, che si era già strutturata come industria cinematografica, che lo spinse a scrivere il romanzo Si gira, pubblicato una prima volta nel 1916 e poi ripubblicato nel 1925 con il titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore. In questo romanzo il suo giudizio sul cinematografo è spietato sia quando teme che il pubblico abbandoni i teatri per correre a vedere su uno schermo "larve evanescenti" prodotte in maniera meccanica e fredda, sia quando descrive il mondo della produzione cinematografica popolato di personaggi volgari impeg confezionare prodotti commerciali per soddisfare il palato delle masse e gli interessi degli uomini d'affari. Nello stesso tempo la struttura stessa del racconto letterario e l'ipotesi, da Pirandello stesso formulata, di trarne un film prefigurano un'idea di linguaggio cinematografico di grande modernità: il film nel film. Momento cruciale per la storia del cinema, nei primi decenni del suo sviluppo, fu l'avvento del sonoro. Anche in questo caso ad un iniziale rifiuto seguì una svolta significativa. In una lettera a Marta Abba, Pirandello scrisse: "L'avvenire dell'arte drammatica e anche degli scrittori di teatro è adesso là. Bisogna orientarsi verso una nuova espressione d'arte: il film parlato. Ero contrario, mi sono ricreduto" [72].»   Pirandello sul set de Il fu Mattia Pascal con Pierre Blanchar e Isa Miranda Il lume dell'altra casa di Ugo Gracci (1918) Il crollo di Mario Gargiulo (1919) Lo scaldino di Augusto Genina (1920) Ma non è una cosa seria di Augusto Camerini, La rosa di Arnaldo Frateili Il viaggio di Gennaro Righelli (1921) Il fu Mattia Pascal di Marcel L'Herbier  La canzone dell'amore 1930 di Gennaro Righelli, primo film sonoro italiano è tratto dalla novella In silenzio. Come tu mi vuoi (As You Desire Me) (1932) di George Fitzmaurice con Greta Garbo Acciaio (1933) di Walter Ruttmann, soggetto originale di Luigi Pirandello Il fu Mattia Pascal di Pierre Chenal , Questa è la vita di Giorgio Pàstina, Aldo Fabrizifilm a quattro episodi, tutti tratti da una novella: La giara, Il ventaglino, La patente e Marsina stretta. Come prima, meglio di prima (1956) (Never say goodbye) di Jerry Hopper Liolà (1963) di Alessandro Blasetti Il viaggio (1974) di Vittorio De Sica Enrico IV (1984) di Marco Bellocchio Kaos (1984) di Paolo e Vittorio Taviani (adattamento da Novelle per un anno) Le due vite di Mattia Pascal di Monicelli Tu ridi (1998) di Paolo e Vittorio Taviani (adattamento da Novelle per un anno) La balia (1999) di Bellocchio (adattamento da Novelle per un anno) Pirandello nell'opera lirica La favola del figlio cambiato di Gian Francesco Malipiero, 1934 Liolà di Giuseppe Mulè, Six Characters in Search of an Author di Hugo Weisgall, Sagra del Signore della Nave di Michele Lizzi, 12 marzo 1971 Sogno (ma forse no) di Luciano Chailly, 1975 Opere Mal giocondo, Palermo, Libreria Internazionale Pedone Lauriel, 1889. A la sorella Anna per le sue nozze, Roma, Tipo-Litografia Miliani e Filosini, 1890. Pasqua di Gea, Milano, Libreria editrice Galli, 1891. Amori senza amore, Roma, Bontempelli, 1894. Pier Gudrò, 1809-1892, Roma, Voghera, Elegie renane, 1889-90, Roma, Unione Cooperativa Editrice, 1895. Traduzione di Johann Wolfgang von Goethe, Elegie romane, Livorno, Giusti, 1896. Zampogna, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, Beffe della morte e della vita, Firenze, Lumachi, 1902. Lontano. Novella, in "Nuova Antologia", 1-16 gennaio 1902. Quand'ero matto.... Novelle, Torino, Streglio, 1902. Il turno, Catania, Giannotta, 1902. Beffe della morte e della vita. Seconda serie, Firenze, Lumachi, 1903. Notizia letteraria, in "Nuova Antologia", 16 gennaio 1904. Dante. Poema lirico di G. A. Costanzo, in "Nuova Antologia", 1904. Bianche e nere. Novelle, Torino, Streglio, 1904. Il fu Mattia Pascal, Roma, Nuova Antologia, 1904. Erma bifronte. Novelle, Milano, Treves, 1906. Prefazione a Giovanni Alfredo Cesareo, Francesca da Rimini. Tragedia, Milano, Sandron, 1906. Studio preliminare a Alberto Cantoni, L'illustrissimo. Romanzo, Roma, Nuova Antologia, 1906. Arte e scienza. Saggi, Roma, Modes, 1908. L'esclusa, Milano, Treves, Umorismo, Lanciano, Carabba, 1908. Scamandro, Roma, Tipografia Roma, La vita nuda. Novelle, Milano, Treves, 1910. Suo marito, Firenze, Quattrini, Fuori di chiave, Genova, Formiggini, 1912. Terzetti, Milano, Treves, 1912. I vecchi e i giovani, 2 volumi, Milano, Treves, 1913. Cecè. Commedia in un atto, in "La lettura",  Le due maschere, Firenze, Quattrini, Erba del nostro orto, Milano, Studio editoriale Lombardo, La trappola. Novelle, Milano, Treves, 1915. Se non così.... Commedia in tre atti, in "Nuova Antologia", 1º gennaio 1916. Si gira.... Romanzo, Milano, Treves, 1916. E domani, lunedì.... Novelle, Milano, Treves, 1917. Liolà. Commedia campestre in tre atti, Roma, Formiggini, 1917. Se non così. Commedia in tre atti. Con una lettera alla protagonista, Milano, Treves, 1917. Un cavallo nella luna. Novelle, Milano, Treves, 1918. Maschere nude,  Milano, Treves, Pensaci, Giacomino, Così è (se vi pare), Il piacere dell'onestà, Milano, Treves, 1918. II, Il giuoco delle parti. In tre atti, Ma non è una cosa seria. Commedia in tre atti, Milano, Treves, Lumie di Sicilia. Commedia in un atto, Il berretto a sonagli. Commedia in due atti, La patente. Commedia in un atto, Milano, Treves, L'innesto. Commedia in tre atti, La ragione degli altri (ex Se non così). Commedia in tre atti, Milano, Treves,  Berecche e la guerra, Milano, Facchi, 1919. Il carnevale dei morti. Novelle, Firenze, Battistelli, Tu ridi. Novelle, Milano, Treves, 1920. Pena di vivere così, Roma, Nuova libreria nazionale,  Maschere nude, 31 voll., Firenze, Bemporad, Milano, Mondadori, Tutto per bene. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, 1920. II, Come prima meglio di prima. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Sei personaggi in cerca d'autore. Ccommedia da fare, Firenze, Bemporad, Enrico IV. Tragedia in tre atti, Firenze, Bemporad, 1922. V, L'uomo, la bestia e la virtù. Apologo in tre atti, Firenze, Bemporad, 1922. VI, La signora Morli, una e due. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Vestire gli ignudi. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, La vita che ti diedi. Tragedia in tre atti , Firenze, Bemporad, Ciascuno a suo modo. Commedia in due o tre atti con intermezzi corali, Firenze, Bemporad, 1924. X, Pensaci, Giacomino! Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Così è (se vi pare). Parabola in tre atti, Firenze, Bemporad, 1925. XII, Sagra del signore della nave, L'altro figlio, La giara. Commedie in un atto, Firenze, Bemporad, 1 Il piacere dell'onestà. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad,  Il berretto a sonagli. commedia in due atti, Firenze, Bemporad,  Il giuoco delle parti. in tre atti, Firenze, Bemporad, Ma non è una cosa seria. commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, L'innesto. commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, La ragione degli altri. commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, L'imbecille, Lumie di Sicilia, Cecè, La patente. commedie in un atto, Firenze, Bemporad, All'uscita. Mistero profano, Il dovere del medico. Un atto, La morsa. Epilogo in un atto, L'uomo dal fiore in bocca. Dialogo, Firenze, Bemporad, Diana e la Tuda. Tragedia in tre atti, Firenze, Bemporad,  L'amica delle mogli. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, La nuova colonia. Mito. Prologo e tre atti, Firenze, Bemporad, Liolà. Commedia campestre in tre atti, Firenze, Bemporad, O di uno o di nessuno. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Lazzaro. Mito in tre atti, Milano-Roma, Mondadori, Questa sera si recita a soggetto, Milano-Roma, Mondadori, Come tu mi vuoi. Tre atti, Milano-Roma, Mondadori, Trovarsi. Tre atti, Milano-Roma, Mondadori, Quando si è qualcuno. Rappresentazione in tre atti, Milano, Mondadori, 1933. XXXI, Non si sa come. Dramma in tre atti, Milano, Mondadori, 1935. Novelle per un anno, 15 voll., Firenze, Bemporad, Milano, Mondadori, I, Scialle nero, Firenze, Bemporad, La vita nuda, Firenze, Bemporad, La rallegrata, Firenze, Bemporad, L'uomo solo, Firenze, Bemporad, V, La mosca, Firenze, Bemporad, 1923. VI, In silenzio, Firenze, Bemporad, Tutt'e tre, Firenze, Bemporad, 1Dal naso al cielo, Firenze, Bemporad, Donna Mimma, Firenze, Bemporad, 1925. X, Il vecchio Dio, Firenze, Bemporad, La giara, Firenze, Bemporad, Il viaggio, Firenze, Bemporad, 1928. XIII, Candelora, Firenze, Bemporad,  Berecche e la guerra, Milano, Mondadori,  Una giornata, Milano, Mondadori, 1937. Teatro dialettale siciliano, VII, 'A vilanza, Cappiddazzu paga tuttu, con Nino Martoglio, Catania, Giannotta, 1922. Prefazione a Nino Martoglio, Centona. Raccolta completa di poesie siciliane con l'aggiunta di alcuni componimenti inediti, Catania, Giannotta, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925. Uno, nessuno e centomila, Firenze, Bemporad, 1926. Prefazione a Ezio Levi, Lope de Vega e l'Italia, Florencia, Sansoni, 1935. Introduzione a Silvio D'Amico , Storia del teatro italiano, Milano, Bompiani, 1936. In un momento come questo, in "Nuova Antologia", 1º gennaio 1936. Giustino Roncella nato Boggiolo, in Tutti i romanzi, Milano, Mondadori, Tutti i romanzi, 2 voll., Milano, A. Mondadori, 1973. Novelle per un anno, 3 voll., 6 tomi, Milano, A. Mondadori, 1985. Maschere nude, 4 voll., Milano, A. Mondadori, 1986. Lettere a Marta Abba, Milano, A. Mondadori, 1Saggi e interventi, Milano, A. Mondadori, Oltre al Nobel ricevette diverse onorificenze:  Cavaliere di Collare dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemmenastrino per uniforme ordinariaCavaliere di Collare dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Arcade Minore della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinesenastrino per uniforme ordinariaArcade Minore della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese — Canicattì Intitolazioni A Luigi Pirandello è stato dedicato l'asteroide Pirandello. Enciclopedia Italiana Treccani alla voce "Girgenti"  In Andrea Camilleri. Biografia del figlio cambiato, Milano, Luigi Pirandello, Lettere da Palermo e da Roma, Bulzoni, Roma, nell'introduzione Il risorgimento familiare di Luigi Pirandello. intrasformazione.com, //intrasformazione.com/index.php /intrasformazione/article/download/21/pdf.  In siti web Medicina e Insonnia. in .. Riferimenti autobiografici a questo problema che affliggeva Pirandello si trovano in numerose sue opere: Il turno, L'amica delle mogli, Il fu Mattia Pascal, L'uomo solo, La trappola, La giara  G. Bonghi, Biografia di Luigi Pirandello, Edizione dei classici italiani  A. Camilleri, op.cit.  In effetti, Luigi Pirandello affermava in un lettera ai familiari da Roma del 27 novembre 1887: «I professori di questa università, nella facoltà mia, sono d’una ignoranza nauseante» (in Lettere giovanili da Palermo e da Roma Bulzoni, Roma, Pirandello difese pubblicamente durante una lezione un suo compagno rimproverato ingiustamente dal rettore.  Marco Manotta, Luigi Pirandello, Pearson Italia S.p.a.,  Da Album Pirandello, I Meridiani Mondadori, Milano, A. Camilleri, Biografia del figlio cambiato, BU  «La storia di Luigi e Antonietta ... è infatti quella di un matrimonio di una Sicilia di fine '800, combinato per interesse, da parte di due soci nel commercio dello zolfo. Antonietta porta la dote che assicura ai giovani sposi sbarcati da Girgenti in continente e approdati a Roma, una vita tranquilla e permette a Luigi di affermarsi come scrittore. Il matrimonio d'interesse è sublimato grazie alla letteratura e diventa "un matrimonio d'amore con la moglie ideale".» (in Anna Maria Sciascia, Il gioco dei padri. Pirandello e Sciascia, Avagliano Editore, Salvatore Guglielmino, Hermann Grosser, Il sistema letterario Milano, Principato, Storia 3.  Giancarlo Mazzacurati , Introduzione e biografia di Pirandello, dalla Prefazione a Il fu Mattia Pascal, Einaudi tascabili  Vita di Luigi Pirandello  Pirandello e la moglie Antonietta  Gaspare Giudice, Luigi Pirandello,Unione Tipografico-Editrice Torinese, Marco Manotta, Luigi Pirandello, Ed. Pearson Paravia Bruno Mondadori, Luigi Pirandello, Stefano Pirandello, Andrea Pirandello, Il figlio prigioniero: carteggio tra Luigi e Stefano Pirandello durante la guerra Mondadori,  Motivazione del Premio Nobel per la Letteratura 1934  Tutti i no di Mussolini a Pirandello. L'arcifascista non piaceva al Duce[collegamento interrotto]  Gaetano Afeltra, "Mia cara Marta". L'amore platonico di Pirandello  Tra Pirandello e Marta Abba ottocento lettere di emozioni  Einstein e l'invito a Pirandello. Lo scontro che nessuno vide  Luciano Lucignani, Pirandello, la vita nuda, Giunti, Pirandello e la prima guerra mondiale Archiviato il 24 marzo  in .  Pirandello chiede di entrare nei Fasci, in "La Stampa",Francesco Sinigaglia, I volti della violenza a teatro, Lucca, Argot edizioni67  In realtà Pirandello non fu l'unico importante intellettuale italiano che si iscrisse al Partito Nazionale Fascista nel pieno della vicenda Matteotti. Giuseppe Ungaretti, ad esempio, si iscrisse al PNF appena nove giorni dopo il funerale di Matteotti (Stato matricolare di Ungaretti, Università "La Sapienza" di Roma, Ufficio storico, fasc. AS 2770, Ungaretti Giuseppe).  Documenti:Pirandello e l'adesione al fascismo  Gaspare Giudice, Luigi Pirandello, UTET Torino 1963  Pirandello e la politica, su atuttascuola.it. Gina Lagorio «Troppi idioti» E Pirandello partì  Pirandello, nudità e fascismo  Pirandello. Gli anni del fascismo Archiviato il 24 marzo  in .  Benito Mussolini, Nel solco delle grandi filosofie. Relativismo e fascismo, in Il popolo d'Italia, «Le idee di Mazzini e di Sorel influenzarono profondamente il fascismo di Mussolini e Gentile...» (Simonetta Falasca Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, Rubbettino Editore,   «...Sorel è veramente il notre maître» (B.Mussolini, Il Popolo in Opera Omnia II p.126)  Luigi Pirandello, Interviste a Pirandello: parole da dire, uomo, agli altri uomini, Rubbettino Editore, 2002nota 3316  riportato da G. Giudice nel suo saggio  Prefazione alle Novelle per un anno, Milano 1956  Storie dalla storia / L'oro alla PatriaIl Sole 24 ORE  Marta Sambugar, Letteratura italiana per moduli, 2 Incontro con l'autore: Luigi Pirandello  Robert S. Dombroski, L'esistenza ubbidiente. Letterati italiani sotto il fascismo, Guida Editori, 1984  L'Ovra a Cinecittà di Natalia ed Emanuele V. Marino, Bollati Boringhieri, Il Post.it, 8 novembre   I giganti della montagna, taote.it.  l'8 novembre .  «Così, in una bara in affitto, riportammo ad Agrigento le sue ceneri. Malgrado i divieti prima del gerarca, poi del prefetto, e infine del vescovo.» In Camilleri e lo strano caso delle ceneri di Pirandello, su PirandelloWeb, 1º ottobre . 2 gennaio .  Nino Borsellino, Il dio di Pirandello: creazione e sperimentazione, Sellerio, 2004,  159 e sgg. e Roberto Alajmo, Le ceneri di Pirandello, ed. Drago, 2008  in Saggi poesie, scritti varii Mondadori, Milano  "I filosofi hanno il torto di non pensare alle bestie e davanti agli occhi di una bestia crolla come un castello di carte qualunque sistema filosofico".  Daniela Marcheschi, Introduzione a Luigi Pirandello, "L'umorismo", Milano, Oscar Mondadori, X.  Nel marzo del 2009, la professoressa e critico letterario Daniela Marcheschi ha rivelato che Pirandello aveva copiato intere pagine del saggio da opere precedenti di Léon Dumont, poi di Alfred Binet, Gabriel Séailles, Gaetano Negri, Giovanni Marchesini, nonché dalla Storia e fisiologia dell'arte di Ridere di Tullo Massarani. Vedi articolo de Il Giornale, in Caro Pirandello, ti ho beccato a copiare.  Luigi Pirandello, L'umorismo e altri saggi, Giunti Editore, 1994, p.116  Salvatore Guglielmino, Hermann Grosser, Il sistema letterario Milano, Principato, Testi 8.  Claudia Sebastiana Nobili, Pirandello: guida al Fu Mattia Pascal, Carocci, Scrittori sull'orlo di una scelta spiritista  Sambugar, Il pensiero pirandelliano s'inserisce in un contesto culturale in cui è presente il concetto di "relativismo": la teoria della relatività di Einstein, il Principio di indeterminazione di Heisenberg, la teoria quantistica di Max Planck, la filosofia del sociologo Georg Simmel che fonda il suo relativismo sulla convinzione che non esistono leggi storiche obiettivamente valide (http://treccani.it/enciclopedia/georg-simmel_(Dizionario-di-filosofia). E nelle arti figurative il relativismo è ripreso dal cubismo caratterizzato da una rappresentazione dell'oggetto considerato simultaneamente da diversi punti di vista.  Salvatore Guglielmino, Hermann Grosser, Il sistema letterario 2000, Milano, Principato, Luigi Pirandello, Maschere nude, Italo Zorzi e Maria Argenziano, Newton Compton Editori, 2007  Elio Providenti , Luigi Pirandello. Epistolario familiare giovanile Quaderni della Nuova Antologia, Le Monnier, Firenze, Roberto Alonge, Pirandello, Laterza, Bari, Elio Providenti , Luigi Pirandello. Epistolario familiare giovanile (18861898), Quaderni della Nuova Antologia XXIV, Le Monnier, Firenze, 1985, pag. 26.  Umberto Artioli, L'officina segreta di Pirandello, Laterza, RomaBari, Luigi Pirandello, una vita da autore, repubblicaletteraria.it.  l'8 novembre .  Claudio Vicentini, Pirandello il disagio del teatro, Saggi Marsilio, Venezia,  La prima rappresentazione della commedia La morsa si ebbe a Roma, al Teatro Metastasio, il 9 dicembre 1910, ad opera della Compagnia del "Teatro minimo" diretta da Nino Martoglio che la mise in scena assieme all'atto unico Lumie di Sicilia. Pirandello cedendo alle insistenze di Martoglio acconsentì a che La morsa e Lumie di Sicilia fossero rappresentate nella stessa serata. I due atti unici ebbero diverso esito presso il pubblico, che accolse con favore La morsa, mentre non gradì Lumie di Sicilia (in Interviste a Pirandello: "parole da dire, uomo, agli altri uomini" di Ivan Pupo, editore Rubettino,  Legato a ricordi della fanciullezza di Pirandello.  Davide Savio, Il carnevale dei morti. Sconciature e danze macabre nella narrativa di Luigi Pirandello, Novara, Interlinea, .  «Il mio primo libro fu una raccolta di versi, Mal giocondo, pubblicata prima della mia partenza per la Germania. Lo noto, perché han voluto dire che il mio umorismo è provenuto dal mio soggiorno in Germania; e non è vero; in quella prima raccolta di versi più della metà sono del più schietto umorismo, e allora io non sapevo neppure che cosa fosse l'umorismo». (Da una sintetica autobiografia, scritta da Pirandello probabilmente fra il 1912 e il 1913, per il periodico romano "Le lettere", del 15 ottobre 1924)  Pirandello e il cinema di Amedeo Fago Pirandello NASA. Luigi Pirandello, Enrico 4., Firenze, Bemporad e figlio,  Luigi Pirandello, Esclusa, Milano, Fratelli Treves,Luigi Pirandello, Fu Mattia Pascal, Milano, Fratelli Treves, I Pirandello. La famiglia e l'epoca per immagini, Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, Catania, la Cantinella, Roberto Alonge, Luigi Pirandello, Roma-Bari, Laterza, Umberto Artioli, L'officina segreta di Pirandello, Bari, Laterza, Renato Barilli, La linea Svevo-Pirandello, Milano, Mursia, Ettore Bonora, Sulle novelle per un anno in Montale e altro novecento, Caltanissetta-Roma, Sciascia, Nino Borsellino, Ritratto e immagini di Pirandello, Roma-Bari, Laterza, Nino Borsellino e Walter Pedullà (diretta da), Storia generale della letteratura italiana, XI, Il Novecento, La nascita del Moderno, 1, Milano, Motta, Fausto De Michele e Michael Rössner , Pirandello e l'identità europea. Atti del Convegno internazionale di studi pirandelliani, Graz Pesaro, Metauro, Arcangelo Leone De Castris, Storia di Pirandello, Bari, Laterza, Arnaldo Di Benedetto, Verga, D'Annunzio, Pirandello, Torino, Fògola, 1994. Lucio Lugnani, L'infanzia felice e altri saggi su Pirandello, Napoli, Liguori, 1986.  88-207-1477-9. Giovanni Macchia, Pirandello o la stanza della tortura, Milano, Mondadori, 1Mirella Maugeri Salerno, Pirandello e dintorni, Catania, Maimone, Francesco Medici, Il dramma di Lazzaro. Kahlil Gibran e Luigi Pirandello, in «Asprenas», Antonino Pagliaro,  U ciclopu, dramma satiresco di Euripide ridotto in siciliano da Luigi Pirandello, Firenze, Le Monnier, Giuditta Podestà, Kafka e Pirandello, in "Humanitas", Filippo Puglisi, L'arte di Luigi Pirandello, Messina-Firenze, D'Anna, Filippo Puglisi, Pirandello e la sua lingua, Bologna, Cappelli, Filippo Puglisi, Luigi Pirandello, Milano, Mondadori, Filippo Puglisi, Pirandello e la sua opera innovatrice, Catania, Bonanno, 1970. 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pirro: Vincenzo Pirro (San Severo), filosofo. Docente a Palermo. Ancora studente universitario, inizia ad insegnare presso l'Istituto Roosevelt di Palermo, che vide tra l'altro nello stesso periodo la presenza di Don Pino Puglisi. Allievo di Spirito alla "Sapienza" di Roma, si laureò con una tesi sul pensiero estetico di Allmayer, di cui fu relatore Plebe. Professore, ha insegnato a Perugia accanto ad Negri. Successivamente ha insegnato snei licei, accompagnando all'insegnamento sempre una intensa attività di ricerca. Fu studioso di Gentile, e pubblicò il suo primo volume, L'attualismo di G. Gentile e la religione presso l'editore Sansoni. Fra i suoi lavori si ricordano anche Filosofia e politica in Benedetto Croce, pubblicato presso l'editore Bulzoni. Si interessò successivamente anche alla ricerca storiografica e svolse numerosi studi di storia locale sulla città di Terni. Esponente di spicco della vita culturale della città umbra, ne ha studiato gli aspetti poco indagati di quella che fino ad allora era una città ancorata ad una dimensione prettamente industriale. Sotto la Giunta di Gianfranco Ciaurro, coordina il progetto per la realizzazione del nuovo museo archeologico della città di Terni da realizzarsi nel convento di San Pietro, il progetto ebbe la supervisione dell'archeologo Renato Peroni.  Vincenzo Pirro nei suoi studi di storia contemporanea ha ricostruito, prima della pubblicazione de Il sangue dei vinti di Giampaolo Pansa, episodi della guerra civile nell'Umbria meridionale, tra cui l'assassinio del sindacalista Maceo Carloni e del dirigente d'azienda Alessandro Corradi.  Nel 1989 fonda con altri studiosi locali il "Centro Studi Storici", un'associazione culturale di ricerca storica a cui viene collegata la rivista scientifica Memoria Storica. L'obiettivo della rivista, uscita a detta di Pirro è quello di porre fine "all'amnesia organizzata", facendo conoscere a tutti le vicende di una città figlia non solo dell'industrializzazione. Accanto ad un nuovo sguardo per le vicende passate la rivista inaugura una stagione di storiografia libera da condizionamenti ideologici e basata sull'assoluta scientificità nell'utilizzo delle fonti.  Ha suscitato critiche per la ricostruzione di alcuni episodi di violenza avvenuti durante la resistenza antifascista nel centro Italia, critiche che si sono particolarmente concentrate all'indomani della sua scomparsa ad opera di storici locali, che lo hanno accusato di "revisionismo". In realtà il lavoro effettuato da Pirro, come anche affermato da Parlato nella prefazione di Regnum hominis, è sempre stato suffragato dalla presenza della fonte documentale. Inoltre le vicende ricostruite, come ad esempio quella dell'uccisione di Corradi o Urbani, ad opera dei partigiani non erano mai state trattate dalla storiografia cosiddetta "ufficiale".  È stato consigliere dell'stituto per la Storia dell'Umbria Contemporanea e dell'stituto di Cultura della Storia dell'Impresa "Franco Momigliano" e presidente della sezione di Terni dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano. È morto all'improvviso, a causa di un infarto, nella sua casa di Terni, completando il suo ultimo studio dedicato alla storia della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Perugia.  -- è uscita l'opera postuma, intitolata Regnum hominis, l'umanesimo di Giovanni Gentile. L'opera fa parte della collana scientifica della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma, è stato ritrovato un suo ulteriore scritto postumo dedicato al Risorgimento pubblicato con la casa editrice Morphema intitolato Scritti sul Risorgimento; è uscito, curato da Hervé Cavallera, un volume postumo dedicato alla pedagogia di Gentile intitolato "Dopo Gentile dove va la scuola italiana". Pirro e Hervè Cavallera al convegno sul pensiero di Giovanni Gentile presso l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana a Roma.  Il Consiglio Comunale di Terni delibera di dedicare la "Sala Tacito" di Palazzo Carrara in Terni alla memoria di Pirro. L'inaugurazione della sala "Vincenzo Pirro" si è svolta il 12 marzo  e con l'occasione è stato presentato il volume contenente il carteggio epistolare del professore intitolato "La vita come Ricerca, la vita come Arte, la vita come Amore" , titolo riferito alle omonime opere di Ugo Spirito. Il 28 Ottobre  in occasione delle celebrazioni per gli ottanta anni della fondazione del Liceo "Tacito" di Terni, viene inaugurata, nell'atrio della scuola, una targa dedicata al prof. Vincenzo Pirro con una dicitura tratta da una poesia di Kahil Gibran.  Altre opere postume vengono prodotte nel luglio , esce "Italia e Germania nel Novecento", raccolta di scritti di Pirro tratti da "Nuovi Studi Politici", rivista fondata da Salvatore Valitutti. Nel marzo  esce una raccolta di memorie di scritti di garibaldini intitolata "Correva l'anno 1867Terni e l'affrancamento di Roma nelle memorie dei garibaldini.  Nel luglio del  è uscita una nuova opera di carattere filosofico intitolata "Filosofia e Politica e Giovanni Gentile" curata dal prof. H. A. Cavallera ed edita dalla casa editrice Aracne. La Giunta del Comune di Terni ha deliberato la posa di una targa in memoria presso la dimora di  Pirro.  La Soprintendenza Archivistica dell'Umbria e delle Marche, dichiara l'archivio di Vincenzo Pirro "di notevole interesse culturale" ai sensi del T.U. dei Beni Cultural. In occasione del decennale dalla scomparsa viene scoperta,sulla casa dove ha vissuto il professore, una targa commemorativa. In occasione del decennale della scomparsa viene pubblicato dalla casa editrice Intermedia il volume collettaneo Hervè A. Cavallera "L'unica via è il Pensieroscritti in memoria di Vincenzo Pirro".  Targa commemorativa di Vincenzo Pirro posta sulla casa a Piazza Clai a Terni Opere: Opere (elenco parziale), “ Una missiva fra Spirito e Pirro,” “L'attualismo di Gentile e la religione, Firenze, Sansoni,  Filosofia e politica in Benedetto Croce, Roma, Bulzoni,Filosofia e politica in Giovanni Gentile, Firenze, Sansoni, La riforma Gentile e il Fascismo, in Giornale critico della filosofia italiana, Firenze, Sansoni, Il pensiero politico nell'idealismo italiano, Firenze, Sansoni, 1974 La prassi come educazione nella gentiliana interpretazione di Marx, Firenze, Sansoni, 1Cultura e politica in B. Croce, Firenze, Sansoni, “Filosofia e politica: il problematicismo di Spirito,” Roma, Bulzoni, “Per una storia dell'Umbria durante la repubblica fascista,” Perugia, IRRSAE, “Terni nell'età rivoluzionaria e napoleonica,”Arrone, Thyrus,  Terni e la sua Provincia durante la Repubblica Sociale, Arrone, Thyrus,Romano Ugolini e Vincenzo Pirro, Giuseppe Petroni, dallo Stato Pontificio all'Italia unita, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, (V.P.) Interamna Narthiummateriali per il museo archeologico di Terni, Arrone, Thyrus Le acque pubbliche gli acquedotti di derivazione e le utilizzazioni idrauliche del territorio di Terni nei sommari riguardi: tecnico, legislativo e storico, Terni-Giada, ICSIM, Una scuola una città: il Liceo ginnasio di Terni, Arrone, Thyrus, Terni nell'età del Risorgimento, Arrone, Thyrus, Sull'avvenire industriale di Terni / scritti di Luigi Campofregoso; Vincenzo Pirro Perugia: CRACE/ICSIM, Garibaldi visto da Giovanni Gentile, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento Italiano, 2007 "Per Garibaldi" (V. Pirro), Arrone, Thyrus, I Giustizieri, La Brigata Gramsci tra Umbria e Lazio, di Marcello Marcellini, uedizioni Mursia, Vincenzo Pirro ne scrive la prefazione. Regnum hominis, L'Umanesimo di Giovanni Gentile, Collana Scientifica Fondazione Ugo Spirito e Renzo de Felice, Roma, Ed, Nuova Cultura,  (pref.del Prof. Giuseppe Parlato) Scritti sul Risorgimento (G.B. Furiozzi), Terni, Morphema  Dopo Gentile dove va la scuola italiana (Hervé Cavallera), Firenze, Le Lettere  La vita come ricercala vita come artela vita come amore (Hervé Cavallera), Terni, Morphema  Italia GermaniaSaggi di Filosofia Politica, Amazon ed., luglio  Filosofia e Politica in Giovanni Gentile (Hervé Cavallera), Aracne, Roma  Maceo Carloni: Storia e Politica (Danilo Sergio Pirro), Intermedia Edizioni, Orvieto,  Cura di atti di convegno (parziale)  Manifesto del convegno su Giuseppe Petroni, Vincenzo PirroGiuseppe Garibaldi nel centenario della morte, Terni Mostra documentaria e pubblicazioneIstituto della Storia del Risorgimento Giuseppe Petroni Dallo Stato Pontificio all'Italia unita. Convegno di Studio Terni con relatori i proff. Romano Ugolini, Franco Della Peruta e Anna Maria Isastia Bicentenario della Rivoluzione Francese, Terni Vincenzo Pirro , Gli arabi e noi: atti del convegno di studi su Il nazionalismo arabo, Terni, maggio 1991, Arrone: Thyrus (con Domenico Cialfi), La nascita della Repubblica e gli anni della ricostruzione: mostra storico-documentaria, Bibliomediateca, Terni, 7ricerca storico documentaria Domenico Cialfi e Vincenzo Pirro; sezione locale della mostra in collaborazione con Archivio di Stato di Terni e Biblioteca comunale di Terni; in collaborazione con Centro per la promozione del libro, ISUC, Istituto per la storia dell'Umbria contemporanea, Arrone, Thyrus, Vincenzo Pirro , Intorno alle miniere di ferro e alle ferriere dell'Umbria meridionale, scritti di Auguste De Vaux et al.; Vincenzo Pirro, Terni: CRACE/ICSIM, 2003 Vincenzo Pirro , Elia Rossi Passavanti nell'Italia del Novecento, Atti del Convegno di studi (Terni), Arrone: Edizioni Thyrus, Vincenzo Pirro , Convegno di studi nel 4. centenario della fondazione dell'Accademia dei Lincei (Terni), Federico Cesi e i primi Lincei in Umbria, atti del Convegno di studi nel IV centenario della fondazione dell'Accademia dei Lincei: Terni, Arrone: Edizioni Thyrus, Accademia Nazionale dei Lincei Vincenzo Pirro , Mazzini nella cultura italiana: atti del Convegno di studi, Terni, Arrone: Thyrus, Andrea Giardi e Vincenzo Pirro , Pietro Antonio Magalott,  erudito, giureconsulto, docente di Diritto, Arrone: Thyrus, Stefania Magliani e Vincenzo Pirro , Per Garibaldi, Arrone: Thyrus, Vincenzo Pirro , San Valentino patrono di Terni, atti del Convegno di studi: Terni, Arrone: Thyrus, di Ugo Spirito  La vita come arte, Sansoni, Firenze, La vita come amore, Sansoni Firenze, La riforma della scuola, Sansoni, Firenze,  Il problema dell'unificazione del sapere, in Dal mito alla scienza, Sansoni, Firenze, Storia della mia ricerca, Sansoni, Firenze, Dall'attualismo al problematicismo, Sansoni, Firenze di Giovanni Gentile   La sala "Vincenzo Pirro" in Palazzo Carrara a Terni Il concetto scientifico della pedagogia, in Scuola e Filosofia, Sandron Palermo Proemio al “Giornale critico della filosofia italiana, a. I, n. 1,Sansoni, Firenze, Educazione e scuola laica, Vallecchi. Firenze Sistema di logica,  II, Laterza, Bari La nuova scuola media, Vallecchi, Firenze, Che cos'è il fascismo. Discorsi e polemiche, Vallecchi Firenze, Saggi critici, Vallecchi, Firenze, Scritti pedagogici,  III, Treves ,Milano-Roma,  Origini e dottrina del fascismo,  ed. riv. e accr., Istituto Nazionale Fascista, Roma di Benedetto Croce  Contributo alla critica di me stesso. Napoli, Conversazioni critiche, Laterza, Bari, La letteratura della nuova Italia,  IV, ed., Laterza, Bari Cultura e vita morale, Laterza, Bari, Etica e politica, IV ed., Laterza, Bari, Pagine sparse,  I, Laterza, Bari. Vincenzo PirroUna vittima della guerra civile: Maceo Carloni", in Memoria Storica, Ed. Thyrus, ArroneAnno , Memoria Storica, Ed. Thyrus, Arrone, e Memoria Storica Ed. Thyrus, Arrone, Memoria Storica, Thyrus, Arrone, Vd. Bitti. A., Venanzi M. Covino R., La storia rovesciata, Crace Ed. Narni   A tal proposito si legga l'articolo uscito sul Corriere dell'Umbria del 2intitolato La difesa di mio padre. Lettera a F. Giustinelli presidente ICSIM  Regnum hominis. L'umanesimo di Giovanni Gentile, Ed. Nuova Cultura, Roma, , Contenuto nel volume L'uomo e la Storia. Scritti in onore di T. Nanni, Ed. Thyrus, Arrone,   Comunicato stampa del Comune, su comune.terni.it. 9Terni, una targa per Vincenzo Pirro, su umbriaON, L'Unica via è il pensieroscritti in memoria di Vincenzo Pirro, su fondazionespirito.it.  Dopo Gentile dove va la scuola italiana (Hervé Cavallera), su lelettere.it.  Vincenzo Pirro, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  DANILO PIRRO,  COMPLETA AGG. su drive.google.com. Il lungo percorso storico del prof. PirroTernimagazine del 19.05., su ternimagazine.it.  Sito della Fondazione Ugo Spirito, su fondazionespirito.it. Comunicato stampa del sindaco di Terni in occasione della scomparsa del prof. Pirro, su comune.terni.it. 2Comunicato di Terninrete in occasione della scomparsa di Pirro, su archive.fo. Link sull'ultima pubblicazione "Regnum hominis" [collegamento interrotto], su nuovacultura.it. La recensione di "Regnum hominis" del Prof. Rodolfo Sideri della Fondazione Ugo Spirito di Roma , su certificazionenergetica.com. Recensione di "Regnum hominis" su Archiviostorico.info, su archiviostorico.info. Presentazione di "Regnum hominis" presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, su igiovedi.fondazionespirito.it. 7 aprile  (archiviato dall'url originale l'8 aprile ). "Come si falsifica la storia, il caso di Alverino Urbani" di V. Pirro L'ospite di passaggio , la difesa di mio padre, di Danilo Sergio Pirro, testo dell'articolo del Corriere dell'Umbria L'ultimo discorso su youtube.com. V. Pirro Sull'avvenire industriale di Terni, scritti di Luigi Campofregoso, introduzione , su icsim.it. 5V. Pirro,Rassegna storica del Risorgimento HEGEL GEORG WILHELM FRIEDRICH; MOTI -- su risorgimento.it. Sito web dedicato a Maceo Carloni, su maceocarloni.it. Articolo del giornale online UmbriaOn dedicato all'inaugurazione della sala "Vincenzo Pirro" La vita come Ricerca, la vita come Arte, la Vita come Amore, articolo di Danilo Sergio Pirro contenuto nell'omonimo volume commemorativo. L'Archivio un bene culturale della città.

 

Pitagora – Grice: “Only in Italy, in the twentieth century, a philosopher would fight for a restitution of the Pythagorean number! – Pitagora or as Strawson would prefer, “Pythagoras.”La scuola pitagorica a Crotone -- Pythagoras, the most famous of the pre-Socratic Grecian philosophers. He emigrated from the island of Samos off Asia Minor to Crotone, in southern Italy in 530. There he founded societies based on a strict way of life. They had great political impact in southern Italy and aroused opposition that resulted in the burning of their meeting houses and, ultimately, in the societies’ disappearance in the fourth century B.C. Pythagoras’s fame grew exponentially with the pasage of time. Plato’s immediate successors in the Academy saw true philosophy as an unfolding of the original insight of Pythagoras. By the time of Iamblichus late third century A.D., Pythagoreanism and Platonism had become virtually identified. Spurious writings ascribed both to Pythagoras and to other Pythagoreans arose beginning in the third century B.C. Eventually any thinker who saw the natural world as ordered according to pleasing mathematical relations e.g., Kepler came to be called a Pythagorean. Modern scholarship has shown that Pythagoras was not a scientist, mathematician, or systematic philosopher. He apparently wrote nothing. The early evidence shows that he was famous for introducing the doctrine of metempsychosis, according to which the soul is immortal and is reborn in both human and animal incarnations. Rules were established to purify the soul including the prohibition against eating beans and the emphasis on training of the memory. General reflections on the natural world such as “number is the wisest thing” and “the most beautiful, harmony” were preserved orally. A belief in the mystical power of number is also visible in the veneration for the tetractys tetrad: the numbers 14, which add up to the sacred number 10. The doctrine of the harmony of the spheres  that the heavens move in accord with number and produce music  may go back to Pythagoras. It is often assumed that there must be more to Pythagoras’s thought than this, given his fame in the later tradition. However, Plato refers to him only as the founder of a way of life Republic 600a9. In his account of pre-Socratic philosophy, Aristotle refers not to Pythagoras himself, but to the “so-called Pythagoreans” whom he dates in the fifth century. Luigi Speranza, “Grice e il numero pitagorico nella Italia del novecento.””

 

pizzi: Grice: “About time an Italian philosopher takes ‘la regola di Boezio’ seriously!” -- Claudio E. A. Pizzi (Milano), filosofo. Laureato  a Milano on una tesi sui condizionali controfattuali, è diventato ricercatore e poi incaricato di filosofia a Calabria. Ha lavorato a Siena, diventando Professore --  è stato titolare di un insegnamento di Logica della Prova presso la Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Milano Bicocca.  Ha iniziato la sua attivita' di ricerca curando la traduzione di "An Introduction to Modal Logic" di G.E.Hughes e M. J. Cresswell, che offriva per la prima volta al pubblico italiano una panoramica completa e aggiornata della logica intensionale. Ampliando questa linea di ricerca, ha pubblicato due antologie con lunghe introduzioni, una dedicata alla logica del tempo e una dedicata alla logica condizionale. A partire dalla fine degli anni '70 ha pubblicato una serie di articoli su riviste internazionali in cui viene introdotta una logica detta dell'implicazione consequenziale, il cui scopo e' riformulare le basi della logica detta connessiva nel quadro della logica modale standard. Questa traduzione linguistica consente di assiomatizzare un certo numero di sistemi che risultano completi e decidibili mediante tableaux. Uno sviluppo verso una generalizzazione di questi risultati è stato conseguito in due articoli scritti in collaborazione con Timothy Williamson. Altri temi di ricerca approfonditi nel campo della logica sono stati il problema della definizione della necessita' in termini di contingenza, l'applicazione di quadrati e cubi aristotelici alle nozioni modali, l'approccio alla modalita' in termini di multimodalita', cioè mediante l'impiego di un linguaggio base avente come primitivi un numero arbitrariamente grande di operatori modali. Nel campo della filosofia della scienza il tema su cui ha lavorato in modo preminente è stato quello della teoria controfattuale della causa, a cui ha dedicato articoli e libri desti un pubblico interessato all'epistemologia giudiziaria Sempre in questo settore ha pubblicato un libro centrato sul problema della logica dell'abduzione, un capitolo del quale è dedicato all'analisi di un caso giudiziario controverso, il disastro di Ustica. Sul tema di Ustica ha poi pubblicato un volume che contiene una discussione metodologica delle indagini ancora aperte sul caso, in merito alle quali cura attualmente un blog.  Note  Introduzione alla logica modale, Il Saggiatore, Milano, La Logica del tempo, Boringhieri, Torino, Leggi di Natura, Modalita', Ipotesi. Feltrinelli, Milano, V. Wansing H., Connexive Logic in Zalta Edward N. (ed.) Stanford Encyclopedia of Philosophy  Vedi in particolare Strong Boethius'Thesis and Consequential Implication, Journal of Philosophical Logic, V. Necessity and Relative Contingency, Studia Logica, Generalization and Composition of Modal Squares of Oppositions, Logica Universalis,  Modalities and Multimodalities, N.Y., Springer, with W.Carnielli)  V. in particolare Eventi e Cause. Una prospettiva condizionalista, Giuffre', Milano, V. Diritto, Abduzione e Prova, Giuffre', Milano, Ripensare Ustica, Createspace (Amazon),   Implicazione logica Causalità (filosofia) Abduzione Strage di Ustica  Blog ufficiale, su claudiopizziit.wordpress.com.

 

pizzorno: Alessandro Pizzorno (Trieste), filosofo. Fu un apprezzato filosofo di fama internazionale.  Compì studi a Torino, Vienna e Parigi. Assunse la direzione del Centro di relazioni industriali della Olivetti di Ivrea. Insegnò presso importanti università italiae: Urbino,  Milano, Oxford (Nuffielde), Harvard, Teheran, Fiesole.  Oltre agli importanti studi sulla materia sociologica condusse ricerche di sociologia economica e politica, in special modo sulle organizzazioni sindacali e sui conflitti di classe, sulla politica italiana e i suoi aspetti, sui rapporti tra sistemi politici ed economici nelle società industriali.  Fu insignito di alcuni premi, tra cui la Medaglia del Presidente della Repubblica al Premio Nazionale Letterario Pisa.  Opere: Le classi sociali (Il Mulino) Comunità e razionalizzazione (Einaudi) Lotte operaie e sindacato in Italia, “Le regole del pluralism, I soggetti del pluralismo. Classi, partiti, sindacati (Bologna) Le radici della politica assoluta (Feltrinelli3) Il potere dei giudici ("Il nocciolo", Laterza) Il velo della diversità. Studi su razionalità e riconoscimento (Feltrinelli) Sulla maschera (Il Mulino)  Alessandro Pizzorno, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Pubblicazioni su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Registrazioni di Alessandro Pizzorno, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.

 

PIACERE – Grice: “The Italians cannot stand the “pl-“ as the Romans did – so the placitum of Cicero is the piacere of D’Annunzio!” placitvm -- hedonism, the view that pleasure including the absence of pain is the sole intrinsic good in life. The hedonist may hold that, questions of morality aside, persons inevitably do seek pleasure psychological hedonism; that, questions of psychology aside, morally we should seek pleasure ethical hedonism; or that we inevitably do, and ought to, seek pleasure ethical and psychological hedonism combined. Psychological hedonism itself admits of a variety of possible forms. One may hold, e.g., that all motivation is based on the prospect of present or future pleasure. More plausibly, some philosophers have held that all choices of future actions are based on one’s presently taking greater pleasure in the thought of doing one act rather than another. Still a third type of hedonism  with roots in empirical psychology  is that the attainment of pleasure is the primary drive of a wide range of organisms including human beings and is responsible, through some form of conditioning, for all acquired motivations. Ethical hedonists may, but need not, appeal to some form of psychological hedonism to buttress their case. For, at worst, the truth of some form of psychological hedonism makes ethical hedonism empty or inescapable  but not false. As a value theory a theory of what is ultimately good, ethical hedonism has typically led to one or the other of two conceptions of morally correct action. Both of these are expressions of moral consequentialism in that they judge actions strictly by their consequences. On standard formulations of utilitarianism, actions are judged by the amount of pleasure they produce for all sentient beings; on some formulations of egoist views, actions are judged by their consequences for one’s own pleasure. Neither egoism nor utilitarianism, however, must be wedded to a hedonistic value theory. A hedonistic value theory admits of a variety of claims about the characteristic sources and types of pleasure. One contentious issue has been what activities yield the greatest quantity of pleasure  with prominent candidates including philosophical and other forms of intellectual discourse, the contemplation of beauty, and activities productive of “the pleasures of the senses.” Most philosophical hedonists, despite the popular associations of the word, have not espoused sensual pleasure. Another issue, famously raised by J. S. Mill, is whether such different varieties of pleasure admit of differences of quality as well as quantity. Even supposing them to be equal in quantity, can we say, e.g., that the pleasures of intellectual activity are superior in quality to those of watching sports on television? And if we do say such things, are we departing from strict hedonism by introducing a value distinction not really based on pleasure at all? Most philosophers have found hedonism  both psychological and ethical  exaggerated in its claims. One difficulty for both sorts of hedonism is the hedonistic paradox, which may be put as follows. Many of the deepest and best pleasures of life of love, of child rearing, of work seem to come most often to those who are engaging in an activity for reasons other than pleasure seeking. Hence, not only is it dubious that we always in fact seek or value only pleasure, but also dubious that the best way to achieve pleasure is to seek it. Another area of difficulty concerns happiness  and its relation to pleasure. In the tradition of Aristotle, happiness is broadly understood as something like well-being and has been viewed, not implausibly, as a kind of natural end of all human activities. But ‘happiness’ in this sense is broader than ‘pleasure’, insofar as the latter designates a particular kind of feeling, whereas ‘well-being’ does not. Attributions of happiness, moreover, appear to be normative in a way in which attributions of pleasure are not. It is thought that a truly happy person has achieved, is achieving, or stands to achieve, certain things respecting the “truly important” concerns of human life. Of course, such achievements will characteristically produce pleasant feelings; but, just as characteristically, they will involve states of active enjoyment of activities  where, as Aristotle first pointed out, there are no distinctive feelings of pleasure apart from the doing of the activity itself. In short, the Aristotelian thesis that happiness is the natural end of all human activities, even if it is true, does not seem to lend much support to hedonism  psychological or ethical.

 

plathegel and ariskantHegel, “one of the most influential and systematic of the idealists” (Grice), also well known for his philosophy of history and philosophy of religion. Life and works. Hegel, the eldest of three children, was born in Stuttgart, the son of a minor financial official in the court of the Duchy of Württemberg. His mother died when he was eleven. At eighteen, he began attending the theology seminary or Stift attached to the  at Tübingen; he studied theology and classical languages and literature and became friendly with his future colleague and adversary, Schelling, as well as the great genius of G. Romantic poetry, Hölderlin. In 1793, upon graduation, he accepted a job as a tutor for a family in Bern, and moved to Frankfurt in 1797 for a similar post. In 1799 his father bequeathed him a modest income and the freedom to resign his tutoring job, pursue his own work, and attempt to establish himself in a  position. In 1801, with the help of Schelling, he moved to the  town of Jena, already widely known as the home of Schiller, Fichte, and the Schlegel brothers. After lecturing for a few years, he became a professor in 1805. Prior to the move to Jena, Hegel’s essays had been chiefly concerned with problems in morality, the theory of culture, and the philosophy of religion. Hegel shared with Rousseau and the G. Romantics many doubts about the political and moral implications of the European Enlightenment and modern philosophy in general, even while he still enthusiastically championed what he termed the principle of modernity, “absolute freedom.” Like many, he feared that the modern attack on feudal political and religious authority would merely issue in the reformulation of new internalized and still repressive forms of authority. And he was among that legion of G. intellectuals infatuated with ancient Greece and the superiority of their supposedly harmonious social life, compared with the authoritarian and legalistic character of the Jewish and later Christian religions. At Jena, however, he coedited a journal with Schelling, The Critical Journal of Philosophy, and came to work much more on the philosophic issues created by the critical philosophy or “transcendental idealism” of Kant, and its legacy in the work of Rheinhold, Fichte, and Schelling. His written work became much more influenced by these theoretical projects and their attempt to extend Kant’s search for the basic categories necessary for experience to be discriminated and evaluated, and for a theory of the subject that, in some non-empirical way, was responsible for such categories. Problems concerning the completeness, interrelation, and ontological status of such a categorial structure were quite prominent, along with a continuing interest in the relation between a free, self-determining agent and the supposed constraints of moral principles and other agents. In his early years at Jena especially before Schelling left in 1803, he was particularly preoccupied with this problem of a systematic philosophy, a way of accounting for the basic categories of the natural world and for human practical activity that would ground all such categories on commonly presupposed and logically interrelated, even interdeducible, principles. In Hegel’s terms, this was the problem of the relation between a “Logic” and a “Philosophy of Nature” and “Philosophy of Spirit.” After 1803, however, while he was preparing his own systematic philosophy for publication, what had been planned as a short introduction to this system took on a life of its own and grew into one of Hegel’s most provocative and influential books. Working at a furious pace, he finished hedonistic paradox Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 365    AM  365 what would be eventually called The Phenomenology of Spirit in a period of great personal and political turmoil. During the final writing of the book, he had learned that Christina Burkhard would give birth to his illegitimate son. Ludwig was born in February 1807. And he is supposed to have completed the text on October 13, 1807, the day Napoleon’s armies captured Jena. It was certainly an unprecedented work. In conception, it is about the human race itself as a developing, progressively more self-conscious subject, but its content seems to take in a vast, heterogeneous range of topics, from technical issues in empiricist epistemology to the significance of burial rituals. Its range is so heterogeneous that there is controversy to this day about whether it has any overall unity, or whether it was pieced together at the last minute. Adding to the interpretive problem, Hegel often invented his own striking language of “inverted worlds,” “struggles to the death for recognition,” “unhappy consciousness,” “spiritual animal kingdoms,” and “beautiful souls.” Continuing his  career at Jena in those times looked out of the question, so Hegel accepted a job at Bamberg editing a newspaper, and in the following year began an eight-year stint 180816 as headmaster and philosophy teacher at a Gymnasium or secondary school at Nürnberg. During this period, at forty-one, he married the twenty-year-old Marie von Tucher. He also wrote what is easily his most difficult work, and the one he often referred to as his most important, a magisterial two-volume Science of Logic, which attempts to be a philosophical account of the concepts necessary in all possible kinds of account-givings. Finally, in 1816, Hegel was offered a chair in philosophy at the  of Heidelberg, where he published the first of several versions of his Encyclopedia of the Philosophical Sciences, his own systematic account of the relation between the “logic” of human thought and the “real” expression of such interrelated categories in our understanding of the natural world and in our understanding and evaluation of our own activities. In 1818, he accepted the much more prestigious post in philosophy at Berlin, where he remained until his death in 1831. Soon after his arrival in Berlin, he began to exert a powerful influence over G. letters and intellectual life. In 1821, in the midst of a growing political and nationalist crisis in Prussia, he published his controversial book on political philosophy, The Philosophy of Right. His lectures at the  were later published as his philosophy of history, of aesthetics, and of religion, and as his history of philosophy. Philosophy. Hegel’s most important ideas were formed gradually, in response to a number of issues in philosophy and often in response to historical events. Moreover, his language and approach were so heterodox that he has inspired as much controversy about the meaning of his position as about its adequacy. Hence any summary will be as much a summary of the controversies as of the basic position. His dissatisfactions with the absence of a public realm, or any forms of genuine social solidarity in the G. states and in modernity generally, and his distaste with what he called the “positivity” of the orthodox religions of the day their reliance on law, scripture, and abstract claims to authority, led him to various attempts to make use of the Grecian polis and classical art, as well as the early Christian understanding of love and a renewed “folk religion,” as critical foils to such tendencies. For some time, he also regarded much traditional and modern philosophy as itself a kind of lifeless classifying that only contributed to contemporary fragmentation, myopia, and confusion. These concerns remained with him throughout his life, and he is thus rightly known as one of the first modern thinkers to argue that what had come to be accepted as the central problem of modern social and political life, the legitimacy of state power, had been too narrowly conceived. There are now all sorts of circumstances, he argued, in which people might satisfy the modern criterion of legitimacy and “consent” to the use of some power, but not fully understand the terms within which such issues are posed, or assent in an attenuated, resentful, manipulated, or confused way. In such cases they would experience no connection between their individual will and the actual content of the institutions they are supposed to have sanctioned. The modern problem is as much alienation Entfremdung as sovereignty, an exercise of will in which the product of one’s will appears “strange” or “alien,” “other,” and which results in much of modern life, however chosen or willed, being fundamentally unsatisfying. However, during the Jena years, his views on this issue changed. Most importantly, philosophical issues moved closer to center stage in the Hegelian drama. He no longer regarded philosophy as some sort of self-undermining activity that merely prepared one for some leap into genuine “speculation” roughly Schelling’s position and began to champion a unique kind of comprehensive, very determinate reflection on the interrelations among all the various classical alternatives in philosophy. Much more controversially, he also attempted to understand the way in which such relations and transitions were also reflected in the history of the art, politics, and religions of various historical communities. He thus came to think that philosophy should be some sort of recollection of its past history, a realization of the mere partiality, rather than falsity, of its past attempts at a comprehensive teaching, and an account of the centrality of these continuously developing attempts in the development of other human practices.Through understanding the “logic” of such a development, a reconciliation of sorts with the implications of such a rational process in contemporary life, or at least with the potentialities inherent in contemporary life, would be possible. In all such influences and developments, one revolutionary aspect of Hegel’s position became clearer. For while Hegel still frequently argued that the subject matter of philosophy was “reason,” or “the Absolute,” the unconditioned presupposition of all human account-giving and evaluation, and thereby an understanding of the “whole” within which the natural world and human deeds were “parts,” he also always construed this claim to mean that the subject matter of philosophy was the history of human experience itself. Philosophy was about the real world of human change and development, understood by Hegel to be the collective self-education of the human species about itself. It could be this, and satisfy the more traditional ideals because, in one of his most famous phrases, “what is actual is rational,” or because some full account could be given of the logic or teleological order, even the necessity, for the great conceptual and political changes in human history. We could thereby finally reassure ourselves that the way our species had come to conceptualize and evaluate is not finite or contingent, but is “identical” with “what there is, in truth.” This identity theory or Absolute Knowledgemeans that we will then be able to be “at home” in the world and so will have understood what philosophers have always tried to understand, “how things in the broadest possible sense of the term hang together in the broadest possible sense of the term.” The way it all hangs together is, finally, “due to us,” in some collective and historical and “logical” sense. In a much disputed passage in his Philosophy of Religion lectures, Hegel even suggested that with such an understanding, history itself would be over. Several elements in this general position have inspired a good deal of excitement and controversy. To advance claims such as these Hegel had to argue against a powerful, deeply influential assumption in modern thought: the priority of the individual, self-conscious subject. Such an assumption means, for example, that almost all social relations, almost all our bonds to other human beings, exist because and only because they are made, willed into existence by individuals otherwise naturally unattached to each other. With respect to knowledge claims, while there may be many beliefs in a common tradition that we unreflectively share with others, such shared beliefs are also taken primarily to be the result of individuals continuously affirming such beliefs, however implicitly or unreflectively. Their being shared is simply a consequence of their being simultaneously affirmed or assented to by individuals. Hegel’s account requires a different picture, an insistence on the priority of some kind of collective subject, which he called human “spirit” or Geist. His general theory of conceptual and historical change requires the assumption of such a collective subject, one that even can be said to be “coming to self-consciousness” about itself, and this required that he argue against the view that so much could be understood as the result of individual will and reflection. Rather, he tried in many different ways to show that the formation of what might appear to an individual to be his or her own particular intention or desire or belief already reflected a complex social inheritance that could itself be said to be evolving, even evolving progressively, with a “logic” of its own. The completion of such collective attempts at self-knowledge resulted in what Hegel called the realization of Absolute Spirit, by which he either meant the absolute completion of the human attempt to know itself, or the realization in human affairs of some sort of extrahuman transcendence, or full expression of an infinite God. Hegel tried to advance all such claims about social subjectivity without in some way hypostatizing or reifying such a subject, as if it existed independently of the actions and thoughts of individuals. This claim about the deep dependence of individuals on one another even for their very identity, even while they maintain their independence, is one of the best-known examples of Hegel’s attempt at a dialectical resolution of many of the traditional oppositions and antinomies of past thought. Hegel often argued that what appeared to be contraries in philosophy, such as mind/body, freedom/determinism, idealism/materialism, universal/particular, the state/the individual, or even God/man, appeared such incompatible alternatives only because of the undeveloped and so incomplete perspective within which the oppositions were formulated. So, in one of his more famous attacks on such dualisms, human freedom according to Hegel could not be understood coherently as some purely rational self-determination, independent of heteronomous impulses, nor the human being as a perpetual opposition between reason and sensibility. In his moral theory, Kant had argued for the latter view and Hegel regularly returned to such Kantian claims about the opposition of duty and inclination as deeply typical of modern dualism. Hegel claimed that Kant’s version of a rational principle, the “categorical imperative,” was so formal and devoid of content as not to be action-guiding it could not coherently rule in or rule out the appropriate actions, and that the “moral point of view” rigoristically demanded a pure or dutiful motivation to which no human agent could conform. By contrast, Hegel claimed that the dualisms of morality could be overcome in ethical life Sittlichkeit, those modern social institutions which, it was claimed, provided the content or true “objects” of a rational will. These institutions, the family, civil society, and the state, did not require duties in potential conflict with our own substantive ends, but were rather experienced as the “realization” of our individual free will. It has remained controversial what for Hegel a truly free, rational self-determination, continuous with, rather than constraining, our desire for happiness and self-actualization, amounted to. Many commentators have noted that, among modern philosophers, only Spinoza, whom Hegel greatly admired, was as insistent on such a thoroughgoing compatibilism, and on a refusal to adopt the Christian view of human beings as permanently divided against themselves. In his most ambitious analysis of such oppositions Hegel went so far as to claim that, not only could alternatives be shown to be ultimately compatible when thought together within some higher-order “Notion” Begriff that resolved or “sublated” the opposition, but that one term in such opposition could actually be said to imply or require its contrary, that a “positing” of such a notion would, to maintain consistency, require its own “negating,” and that it was this sort of dialectical opposition that could be shown to require a sublation, or Aufhebung a term of art in Hegel that simultaneously means in G. ‘to cancel’, ‘to preserve’, and ‘to raise up’. This claim for a dialectical development of our fundamental notions has been the most severely criticized in Hegel’s philosophy. Many critics have doubted that so much basic conceptual change can be accounted for by an internal critique, one that merely develops the presuppositions inherent in the affirmation of some notion or position or related practice. This issue has especially attracted critics of Hegel’s Science of Logic, where he tries first to show that the attempt to categorize anything that is, simply and immediately, as “Being,” is an attempt that both “negates itself,” or ends up categorizing everything as “Nothing,” and then that this self-negation requires a resolution in the higher-order category of “Becoming.” This analysis continues into an extended argument that purports to show that any attempt to categorize anything at all must ultimately make use of the distinctions of “essence” and “appearance,” and elements of syllogistic and finally Hegel’s own dialectical logic, and both the details and the grand design of that project have been the subject of a good deal of controversy. Unfortunately, much of this controversy has been greatly confused by the popular association of the terms “thesis,” “antithesis,” and “synthesis” with Hegel’s theory of dialectic. These crude, mechanical notions were invented in 1837 by a less-than-sensitive Hegel expositor, Heinrich Moritz Chalybäus, and were never used as terms of art by Hegel. Others have argued that the tensions Hegel does identify in various positions and practices require a much broader analysis of the historical, especially economic, context within which positions are formulated and become important, or some more detailed attention to the empirical discoveries or paradoxes that, at the very least, contribute to basic conceptual change. Those worried about the latter problem have also raised questions about the logical relation between universal and particular implied in Hegel’s account. Hegel, following Fichte, radicalizes a Kantian claim about the inaccessibility of pure particularity in sensations Kant had written that “intuitions without concepts are blind”. Hegel charges that Kant did not draw sufficiently radical conclusions from such an antiempiricist claim, that he should have completely rethought the traditional distinction between “what was given to the mind” and “what the mind did with the given.” By contrast Hegel is confident that he has a theory of a “concrete universal,” concepts that cannot be understood as pale generalizations or abstract representations of given particulars, because they are required for particulars to Hegel, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 368    AM  368 be apprehended in the first place. They are not originally dependent on an immediate acquaintance with particulars; there is no such acquaintance. Critics wonder if Hegel has much of a theory of particularity left, if he does not claim rather that particulars, or whatever now corresponds to them, are only interrelations of concepts, and in which the actual details of the organization of the natural world and human history are deduced as conceptual necessities in Hegel’s Encyclopedia. This interpretation of Hegel, that he believes all entities are really the thoughts, expressions, or modes of a single underlying mental substance, and that this mind develops and posits itself with some sort of conceptual necessity, has been termed a panlogicism, a term of art coined by Hermann Glockner, a Hegel commentator in the first half of the twentieth century. It is a much-disputed reading. Such critics are especially concerned with the implications of this issue in Hegel’s political theory, where the great modern opposition between the state and the individual seems subjected to this same logic, and the individual’s true individuality is said to reside in and only in the political universal, the State. Thus, on the one hand, Hegel’s political philosophy is often praised for its early identification and analysis of a fundamental, new aspect of contemporary life  the categorically distinct realm of political life in modernity, or the independence of the “State” from the social world of private individuals engaged in competition and private association “civil society”. But, on the other hand, his attempt to argue for a completion of these domains in the State, or that individuals could only be said to be free in allegiance to a State, has been, at least since Marx, one of the most criticized aspects of his philosophy. Finally, criticisms also frequently target the underlying intention behind such claims: Hegel’s career-long insistence on finding some basic unity among the many fragmented spheres of modern thought and existence, and his demand that this unity be articulated in a discursive account, that it not be merely felt, or gestured at, or celebrated in edifying speculation. PostHegelian thinkers have tended to be suspicious of any such intimations of a whole for modern experience, and have argued that, with the destruction of the premodern world, we simply have to content ourselves with the disconnected, autonomous spheres of modern interests. In his lecture courses these basic themes are treated in wide-ranging accounts of the basic institutions of cultural history. History itself is treated as fundamentally political history, and, in typically Hegelian fashion, the major epochs of political history are claimed to be as they were because of the internal inadequacies of past epochs, all until some final political semiconsciousness is achieved and realized. Art is treated equally developmentally, evolving from symbolic, through “classical,” to the most intensely self-conscious form of aesthetic subjectivity, romantic art. The Lectures on the Philosophy of Religion embody these themes in some of the most controversial ways, since Hegel often treats religion and its development as a kind of picture or accessible “representation” of his own views about the relation of thought to being, the proper understanding of human finitude and “infinity,” and the essentially social or communal nature of religious life. This has inspired a characteristic debate among Hegel scholars, with some arguing that Hegel’s appropriation of religion shows that his own themes are essentially religious if an odd, pantheistic version of Christianity, while others argue that he has so Hegelianized religious issues that there is little distinctively religious left. Influence. This last debate is typical of that prominent in the post-Hegelian tradition. Although, in the decades following his death, there was a great deal of work by self-described Hegelians on the history of law, on political philosophy, and on aesthetics, most of the prominent academic defenders of Hegel were interested in theology, and many of these were interested in defending an interpretation of Hegel consistent with traditional Christian views of a personal God and personal immortality. This began to change with the work of “young Hegelians” such as D. F. Strauss 180874, Feuerbach 180472, Bruno Bauer 180982, and Arnold Ruge 180380, who emphasized the humanistic and historical dimensions of Hegel’s account of religion, rejected the Old Hegelian tendencies toward a reconciliation with contemporary political life, and began to reinterpret and expand Hegel’s account of the productive activity of human spirit eventually focusing on labor rather than intellectual and cultural life. Strauss himself characterized the fight as between “left,” “center,” and “right” Hegelians, depending on whether one was critical or conservative politically, or had a theistic or a humanistic view of Hegelian Geist. The most famous young or left Hegelian was Marx, especially during his days in Paris as coeditor, with Ruge, of the Deutsch-französischen Jahrbücher 1844. Hegel, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 369    AM  369 In Great Britain, with its long skeptical, empiricist, and utilitarian tradition, Hegel’s work had little influence until the latter part of the nineteenth century, when philosophers such as Green and Caird took up some of the holistic themes in Hegel and developed a neo-Hegelian reading of issues in politics and religion that began to have influence in the academy. The most prominent of the British neo-Hegelians of the next generation were Bosanquet, McTaggart, and especially Bradley, all of whom were interested in many of the metaphysical implications of Hegel’s idealism, what they took to be a Hegelian claim for the “internally related” interconnection of all particulars within one single, ideal or mental, substance. Moore and Russell waged a hugely successful counterattack in the name of traditional empiricism and what would be called “analytic philosophy” against such an enterprise and in this tradition largely finished off the influence of Hegel or what was left of the historical Hegel in these neo-Hegelian versions. In G.y, Hegel has continued to influence a number of different schools of neo-Marxism, sometimes itself simply called “Hegelian Marxism,” especially the Frankfurt School, or “critical theory” group especially Adorno, Horkheimer, and Marcuse. And he has been extremely influential in France, particularly thanks to the lectures of a brilliant if idiosyncratic Russian émigré, Alexander Kojève, who taught Hegel in the 0s at the École Pratique des Hautes Études to the likes of Merleau-Ponty and Lacan. Kojève was as much influenced by Marx and Heidegger as Hegel, but his lectures inspired many thinkers to turn again to Hegel’s account of human selfdefinition in time and to the historicity of all institutions and practices and so forged an unusual link between Hegel and postwar existentialism. Hegelian themes continue to resurface in contemporary hermeneutics, in “communitarianism” in ethics, and in the increasing attention given to conceptual change and history in the philosophy of science. This has meant for many that Hegel should now be regarded not only as the origin of a distinctive tradition in European philosophy that emphasizes the historical and social nature of human existence, but as a potential contributor to many new and often interdisciplinary approaches to philosophy.

 

platonic --: “accademia platonica” Firenze -- Grice: “An essay I recommend: “Petrarca platonico.”” -- Grice: “At Oxford you HAVE to be platonic! Aristotelian is jaded!” -- H. P. Grice as a Platonian commentatorvide his “Metaphysics, Philosophical Eschatology, and Plato’s Republic” -- commentaries on Plato, a term designating the works in the tradition of commentary hypomnema on Plato that may go back to the Old Academy Crantor is attested by Proclus to have been the first to have “commented” on the Timaeus. More probably, the tradition arises in the first century B.C. in Alexandria, where we find Eudorus commenting, again, on the Timaeus, but possibly also if the scholars who attribute to him the Anonymous Theaetetus Commentary are correct on the Theaetetus. It seems also as if the Stoic Posidonius composed a commentary of some sort on the Timaeus. The commentary form such as we can observe in the biblical commentaries of Philo of Alexandria owes much to the Stoic tradition of commentary on Homer, as practiced by the second-century B.C. School of Pergamum. It was normal to select usually consecutive portions of text lemmata for general, and then detailed, comment, raising and answering “problems” aporiai, refuting one’s predecessors, and dealing with points of both doctrine and philology. By the second century A.D. the tradition of Platonic commentary was firmly established. We have evidence of commentaries by the Middle Platonists Gaius, Albinus, Atticus, Numenius, and Cronius, mainly on the Timaeus, but also on at least parts of the Republic, as well as a work by Atticus’s pupil Herpocration of Argos, in twentyfour books, on Plato’s work as a whole. These works are all lost, but in the surviving works of Plutarch we find exegesis of parts of Plato’s works, such as the creation of the soul in the Timaeus 35a36d. The Latin commentary of Calcidius fourth century A.D. is also basically Middle Platonic. In the Neoplatonic period after Plotinus, who did not indulge in formal commentary, though many of his essays are in fact informal commentaries, we have evidence of much more comprehensive exegetic activity. Porphyry initiated the tradition with commentaries on the Phaedo, commentaries on Plato commentaries on Plato 160   160 Cratylus, Sophist, Philebus, Parmenides of which the surviving anonymous fragment of commentary is probably a part, and the Timaeus. He also commented on the myth of Er in the Republic. It seems to have been Porphyry who is responsible for introducing the allegorical interpretation of the introductory portions of the dialogues, though it was only his follower Iamblichus who also commented on all the above dialogues, as well as the Alcibiades and the Phaedrus who introduced the principle that each dialogue should have only one central theme, or skopos. The tradition was carried on in the Athenian School by Syrianus and his pupils Hermeias on the Phaedrus  surviving and Proclus Alcibiades, Cratylus, Timaeus, Parmenides  all surviving, at least in part, and continued in later times by Damascius Phaedo, Philebus, Parmenides and Olympiodorus Alcibiades, Phaedo, Gorgias  also surviving, though sometimes only in the form of pupils’ notes. These commentaries are not now to be valued primarily as expositions of Plato’s thought though they do contain useful insights, and much valuable information; they are best regarded as original philosophical treatises presented in the mode of commentary, as is so much of later Grecian philosophy, where it is not originality but rather faithfulness to an inspired master and a great tradition that is being striven for.  Platonism Platonism -- Damascius c.462c.550, Grecian Neoplatonist philosopher, last head of the Athenian Academy before its closure by Justinian in A.D. 529. Born probably in Damascus, he studied first in Alexandria, and then moved to Athens shortly before Proclus’s death in 485. He returned to Alexandria, where he attended the lectures of Ammonius, but came back again to Athens in around 515, to assume the headship of the Academy. After the closure, he retired briefly with some other philosophers, including Simplicius, to Persia, but left after about a year, probably for Syria, where he died. He composed many works, including a life of his master Isidorus, which survives in truncated form; commentaries on Aristotle’s Categories, On the Heavens, and Meteorologics I all lost; commentaries on Plato’s Alcibiades, Phaedo, Philebus, and Parmenides, which survive; and a surviving treatise On First Principles. His philosophical system is a further elaboration of the scholastic Neoplatonism of Proclus, exhibiting a great proliferation of metaphysical entities.  Platonism -- Eudoxus, Grecian astronomer and mathematician, a student of Plato. He created a test of the equality of two ratios, invented the method of exhaustion for calculating areas and volumes within curved boundaries, and introduced an astronomical system consisting of homocentric celestial spheres. This system views the visible universe as a set of twenty-seven spheres contained one inside the other and each concentric to the earth. Every celestial body is located on the equator of an ideal eudaimonia Eudoxus of Cnidus 291   291 sphere that revolves with uniform speed on its axis. The poles are embedded in the surface of another sphere, which also revolves uniformly around an axis inclined at a constant angle to that of the first sphere. In this way enough spheres are introduced to capture the apparent motions of all heavenly bodies. Aristotle adopted the system of homocentric spheres and provided a physical interpretation for it in his cosmology. R.E.B. Euler diagram, a logic diagram invented by the mathematician Euler that represents standard form statements in syllogistic logic by two circles and a syllogism by three circles. In modern adaptations of Euler diagrams, distributed terms are represented by complete circles and undistributed terms by partial circles circle segments or circles made with dotted lines: Euler diagrams are more perspicuous ways of showing validity and invalidity of syllogisms than Venn diagrams, but less useful as a mechanical test of validity since there may be several choices of ways to represent a syllogism in Euler diagrams, only one of which will show that the syllogism is invalid.  Plato: preeminent Grecian philosopher whose chief contribution consists in his conception of the observable world as an imperfect image of a realm of unobservable and unchanging “Forms,” and his conception of the best life as one centered on the love of these divine objects. Life and influences. Born in Athens to a politically powerful and aristocratic family, Plato came under the influence of Socrates during his youth and set aside his ambitions for a political career after Socrates was executed for impiety. His travels in southern Italy and Sicily brought him into closer contact with the followers of Pythagoras, whose research in mathematics played an important role in his intellectual development. He was also acquainted with Cratylus, a follower of Heraclitus, and was influenced by their doctrine that the world is in constant flux. He wrote in opposition to the relativism of Protagoras and the purely materialistic mode of explanation adopted by Democritus. At the urging of a devoted follower, Dion, he became involved in the politics of Syracuse, the wealthiest city of the Grecian world, but his efforts to mold the ideas of its tyrant, Dionysius II, were unmitigated failures. These painful events are described in Plato’s Letters Epistles, the longest and most important of which is the Seventh Letter, and although the authenticity of the Letters is a matter of controversy, there is little doubt that the author was well acquainted with Plato’s life. After returning from his first visit to Sicily in 387, Plato established the Academy, a fraternal association devoted to research and teaching, and named after the sacred site on the outskirts of Athens where it was located. As a center for political training, it rivaled the school of Isocrates, which concentrated entirely on rhetoric. The bestknown student of the Academy was Aristotle, who joined at the age of seventeen when Plato was sixty and remained for twenty years. Chronology of the works. Plato’s works, many of which take the form of dialogues between Socrates and several other speakers, were composed over a period of about fifty years, and this has led scholars to seek some pattern of philosophical development in them. Increasingly sophisticated stylometric tests have been devised to calculate the linguistic similarities among the dialogues. Ancient sources indicate that the Laws was Plato’s last work, and there is now consensus that many affinities exist between the style of this work and several others, which can therefore also be safely regarded as late works; these include the Sophist, Statesman, and Philebus perhaps written in that order. Stylometric tests also support a rough division of Plato’s other works into early and middle periods. For example, the Apology, Charmides, Crito, Euthyphro, Hippias Minor, Ion, Laches, and Protagoras listed alphabetically are widely thought to be early; while the Phaedo, Symposium, Republic, and Phaedrus perhaps written in that order are agreed to belong to his middle period. But in some cases it is difficult or impossible to tell which of two works belonging to the same general period preceded the other; this is especially true of the early dialogues. The most controversial chronological question concerns the Timaeus: stylometric tests often place it with the later dialogues, though some scholars think that its philosophical doctrines are discarded in the later dialogues, and they therefore assign it to Plato’s middle period. The underlying issue is whether he abandoned some of the main doctrines of this middle period. Early and middle dialogues. The early dialogues typically portray an encounter between Socrates and an interlocutor who complacently assumes that he understands a common evaluative concept like courage, piety, or beauty. For example, Euthyphro, in the dialogue that bears his name, denies that there is any impiety in prosecuting his father, but repeated questioning by Socrates shows that he cannot say what single thing all pious acts have in common by virtue of which they are rightly called pious. Socrates professes to have no answer to these “What is X?” questions, and this fits well with the claim he makes in the Apology that his peculiarly human form of wisdom consists in realizing how little he knows. In these early dialogues, Socrates seeks but fails to find a philosophically defensible theory that would ground our use of normative terms. The Meno is similar to these early dialogues  it asks what virtue is, and fails to find an answer  but it goes beyond them and marks a transition in Plato’s thinking. It raises for the first time a question about methodology: if one does not have knowledge, how is it possible to acquire it simply by raising the questions Socrates poses in the early dialogues? To show that it is possible, Plato demonstrates that even a slave ignorant of geometry can begin to learn the subject through questioning. The dialogue then proposes an explanation of our ability to learn in this way: the soul acquired knowledge before it entered the body, and when we learn we are really recollecting what we once knew and forgot. This bold speculation about the soul and our ability to learn contrasts with the noncommittal position Socrates takes in the Apology, where he is undecided whether the dead lose all consciousness or continue their activities in Hades. The confidence in immortality evident in the Meno is bolstered by arguments given in the Phaedo, Republic, and Phaedrus. In these dialogues, Plato uses metaphysical considerations about the nature of the soul and its ability to learn to support a conception of what the good human life is. Whereas the Socrates of the early dialogues focuses almost exclusively on ethical questions and is pessimistic about the extent to which we can answer them, Plato, beginning with the Meno and continuing throughout the rest of his career, confidently asserts that we can answer Socratic questions if we pursue ethical and metaphysical inquiries together. The Forms. The Phaedo is the first dialogue in which Plato decisively posits the existence of the abstract objects that he often called “Forms” or “Ideas.” The latter term should be used with caution, since these objects are not creations of a mind, but exist independently of thought; the singular Grecian terms Plato often uses to name these abstract objects are eidos and idea. These Forms are eternal, changeless, and incorporeal; since they are imperceptible, we can come to have knowledge of them only through thought. Plato insists that it would be an error to identify two equal sticks with what Equality itself is, or beautiful bodies with what Beauty itself is; after all, he says, we might mistakenly take two equal sticks to be unequal, but we would never suffer from the delusion that Equality itself is unequal. The unchanging and incorporeal Form is the sort of object that is presupposed by Socratic inquiry; what every pious act has in common with every other is that it bears a certain relationship  called “participation”  to one and the same thing, the Form of Piety. In this sense, what makes a pious act pious and a pair of equal sticks equal are the Forms Piety and Equality. When we call sticks equal or acts pious, we are implicitly appealing to a standard of equality or piety, just as someone appeals to a standard when she says that a painted portrait of someone is a man. Of course, the pigment on the canvas is not a man; rather, it is properly called a man because it bears a certain relationship to a very different sort of object. In precisely this way, Plato claims that the Forms are what many of our words refer to, even though they are radically different sorts of objects from the ones revealed to the senses. For Plato the Forms are not merely an unusual item to be added to our list of existing objects. Rather, they are a source of moral and religious inspiration, and their discovery is therefore a decisive turning point in one’s life. This process is described by a fictional priestess named Diotima in the Symposium, a dialogue containing a series of speeches in praise of love and concluding with a remarkable description of the passionate response Socrates inspired in Alcibiades, his most notorious admirer. According to Diotima’s account, those who are in love are searching for something they do not yet understand; whether they realize it or not, they seek the eternal possession of the good, and they can obtain it only through productive activity of some sort. Physical love perpetuates the species and achieves a lower form of immortality, but a more beautiful kind of offspring is produced by those who govern cities and shape the moral characteristics of future generations. Best of all is the kind of love that eventually attaches itself to the Form of Beauty, since this is the most beautiful of all objects and provides the greatest happiness to the lover. One develops a love for this Form by ascending through various stages of emotional attachment and understanding. Beginning with an attraction to the beauty of one person’s body, one gradually develops an appreciation for the beauty present in all other beautiful bodies; then one’s recognition of the beauty in people’s souls takes on increasing strength, and leads to a deeper attachment to the beauty of customs, laws, and systems of knowledge; and this process of emotional growth and deepening insight eventually culminates in the discovery of the eternal and changeless beauty of Beauty itself. Plato’s theory of erotic passion does not endorse “Platonic love,” if that phrase designates a purely spiritual relationship completely devoid of physical attraction or expression. What he insists on is that desires for physical contact be restrained so that they do not subvert the greater good that can be accomplished in human relationships. His sexual orientation like that of many of his Athenian contemporaries is clearly homosexual, and he values the moral growth that can occur when one man is physically attracted to another, but in Book I of the Laws he condemns genital activity when it is homosexual, on the ground that such activity should serve a purely procreative purpose. Plato’s thoughts about love are further developed in the Phaedrus. The lover’s longing for and physical attraction to another make him disregard the norms of commonplace and dispassionate human relationships: love of the right sort is therefore one of four kinds of divine madness. This fourfold classificatory scheme is then used as a model of proper methodology. Starting with the Phaedrus, classification  what Plato calls the “collection and division of kinds”  becomes the principal method to be used by philosophers, and this approach is most fully employed in such late works as the Sophist, Statesman, and Philebus. Presumably it contributed to Aristotle’s interest in categories and biological classification. The Republic. The moral and metaphysical theory centered on the Forms is most fully developed in the Republic, a dialogue that tries to determine whether it is in one’s own best interests to be a just person. It is commonly assumed that injustice pays if one can get away with it, and that just behavior merely serves the interests of others. Plato attempts to show that on the contrary justice, properly understood, is so great a good that it is worth any sacrifice. To support this astonishing thesis, he portrays an ideal political community: there we will see justice writ large, and so we will be better able to find justice in the individual soul. An ideal city, he argues, must make radical innovations. It should be ruled by specially trained philosophers, since their understanding of the Form of the Good will give them greater insight into everyday affairs. Their education is compared to that of a prisoner who, having once gazed upon nothing but shadows in the artificial light of a cave, is released from bondage, leaves the cave, eventually learns to see the sun, and is thereby equipped to return to the cave and see the images there for what they are. Everything in the rulers’ lives is designed to promote their allegiance to the community: they are forbidden private possessions, their sexual lives are regulated by eugenic considerations, and they are not to know who their children are. Positions of political power are open to women, since the physical differences between them and men do not in all cases deprive them of the intellectual or moral capacities needed for political office. The works of poets are to be carefully regulated, for the false moral notions of the traditional poets have had a powerful and deleterious impact on the general public. Philosophical reflection is to replace popular poetry as the force that guides moral education. What makes this city ideally just, according to Plato, is the dedication of each of its components to one task for which it is naturally suited and specially trained. The rulers are ideally equipped to rule; the soldiers are best able to enforce their commands; and the economic class, composed of farmers, craftsmen, builders, and so on, are content to do their work and to leave the tasks of making and enforcing the laws to others. Accordingly what makes the soul of a human being just is the same principle: each of its components must properly perform its own task. The part of us that is capable of understanding and reasoning is the part that must rule; the assertive part that makes us capable of anger and competitive spirit must give our understanding the force it needs; and our appetites for food and sex must be trained so that they seek only those objects that reason approves. It is not enough to educate someone’s reason, for unless the emotions and appetites are properly trained they will overpower it. Just individuals are those who have fully integrated these elements of the soul. They do not unthinkingly follow a list of rules; rather, their just treatment of others flows from their own balanced psychological condition. And the paradigm of a just person is a philosopher, for reason rules when it becomes passionately attached to the most intelligible objects there are: the Forms. It emerges that justice pays because attachment to these supremely valuable objects is part of what true justice of the soul is. The worth of our lives depends on the worth of the objects to which we devote ourselves. Those who think that injustice pays assume that wealth, domination, or the pleasures of physical appetite are supremely valuable; their mistake lies in their limited conception of what sorts of objects are worth loving. Late dialogues. The Republic does not contain Plato’s last thoughts on moral or metaphysical matters. For example, although he continues to hold in his final work, the Laws, that the family and private wealth should ideally be abolished, he describes in great detail a second-best community that retains these and many other institutions of ordinary political life. The sovereignty of law in such a state is stressed continually; political offices are to be filled by elections and lots, and magistrates are subject to careful scrutiny and prosecution. Power is divided among several councils and offices, and philosophical training is not a prerequisite for political participation. This second-best state is still worlds apart from a modern liberal democracy  poetic works and many features of private life are carefully regulated, and atheism is punished with death  but it is remarkable that Plato, after having made no concessions to popular participation in the Republic, devoted so much energy to finding a proper place for it in his final work. Plato’s thoughts about metaphysics also continued to evolve, and perhaps the most serious problem in interpreting his work as a whole is the problem of grasping the direction of these further developments. One notorious obstacle to understanding his later metaphysics is presented by the Parmenides, for here we find an unanswered series of criticisms of the theory of Forms. For example, it is said that if there is reason to posit one Form of Largeness to select an arbitrary example then there is an equally good reason to posit an unlimited number of Forms of this type. The “first” Form of Largeness must exist because according to Plato whenever a number of things are large, there is a Form of Largeness that makes them large; but now, the argument continues, if we consider this Form together with the other large things, we should recognize still another Form, which makes the large things and Largeness itself large. The argument can be pursued indefinitely, but it seems absurd that there should be an unlimited number of Forms of this one type. In antiquity the argument was named the Third Man, because it claims that in addition to a second type of object called “man”  the Form of Man  there is even a third. What is Plato’s response to this and other objections to his theory? He says in the Parmenides that we must continue to affirm the existence of such objects, for language and thought require them; but instead of responding directly to the criticisms, he embarks on a prolonged examination of the concept of unity, reaching apparently conflicting conclusions about it. Whether these contradictions are merely apparent and whether this treatment of unity contains a response to the earlier critique of the Forms are difficult matters of interpretation. But in any case it is clear that Plato continues to uphold the existence of unchanging realities; the real difficulty is whether and how he modifies his earlier views about them. In the Timaeus, there seem to be no modifications at all  a fact that has led some scholars to believe, in spite of some stylometric evidence to the contrary, that this work was written before Plato composed the critique of the Forms in the Parmenides. This dialogue presents an account of how a divine but not omnipotent craftsman transformed the disorderly materials of the universe into a harmonious cosmos by looking to the unchanging Forms as paradigms and creating, to the best of his limited abilities, constantly fluctuating images of those paradigms. The created cosmos is viewed as a single living organism governed by its own divinely intelligent soul; time itself came into existence with the cosmos, being an image of the timeless nature of the Forms; space, however, is not created by the divine craftsman but is the characterless receptacle in which all change takes place. The basic ingredients of the universe are not earth, air, fire, and water, as some thinkers held; rather, these elements are composed of planes, which are in turn made out of elementary triangular shapes. The Timaeus is an attempt to show that although many other types of objects besides the Forms must be invoked in order to understand the orderly nature of the changing universe  souls, triangles, space  the best scientific explanations will portray the physical world as a purposeful and very good approximation to a perfect pattern inherent in these unchanging and eternal objects. But Forms do not play as important a role in the Philebus, a late dialogue that contains Plato’s fullest answer to the question, What is the good? He argues that neither pleasure not intelligence can by itself be identified with the good, since no one would be satisfied with a life that contained just one of these but totally lacked the other. Instead, goodness is identified with proportion, beauty, and truth; and intelligence is ranked a superior good to pleasure because of its greater kinship to these three. Here, as in the middle dialogues, Plato insists that a proper understanding of goodness requires a metaphysical grounding. To evaluate the role of pleasure in human life, we need a methodology that applies to all other areas of understanding. More specifically, we must recognize that everything can be placed in one of four categories: the limited, the unlimited, the mixture of these two, and the intelligent creation of this mixture. Where Forms are to be located in this scheme is unclear. Although metaphysics is invoked to answer practical questions, as in the Republic, it is not precisely the same metaphysics as before. Though we naturally think of Plato primarily as a writer of philosophical works, he regards the written word as inferior to spoken interchange as an instrument for learning and teaching. The drawbacks inherent in written composition are most fully set forth in the Phaedrus. There is no doubt that in the Academy he participated fully in philosophical debate, and on at least one occasion he lectured to a general audience. We are told by Aristoxenus, a pupil of Aristotle, that many in Plato’s audience were baffled and disappointed by a lecture in which he maintained that Good is one. We can safely assume that in conversation Plato put forward important philosophical ideas that nonetheless did not find their way into his writings. Aristotle refers in Physics IV.2 to one of Plato’s doctrines as unwritten, and the enigmatic positions he ascribes to Plato in Metaphysics I.6  that the Forms are to be explained in terms of number, which are in turn generated from the One and the dyad of great and small  seem to have been expounded solely in discussion. Some scholars have put great weight on the statement in the Seventh Letter that the most fundamental philosophical matters must remain unwritten, and, using later testimony about Plato’s unwritten doctrines, they read the dialogues as signs of a more profound but hidden truth. The authenticity of the Seventh Letter is a disputed question, however. In any case, since Aristotle himself treats the middle and late dialogues as undissembling accounts of Plato’s philosophy, we are on firm ground in adopting the same approach. Cf. Plato and Platonism by Pater, an early philosophical reading by Grice. Refs.: H. P. Grice, “Commentary on Plato’s Republic,” H. P. Grice, “Semantics as footnotes to Cratylus.” H. P. Grice, “Plato and Cassirer, Aristotle and I.” Luigi Speranza, “The Aristotle-Plato polemic at Oxford and how Grice suffered iit.”

 

playgroup: gruppo di giocco -- Grice: “Strictly, a playgroup is institutionalI wouldn’t say that Tom and Jerry form a playgroup if they played chess together only once!” -- The motivation for the three playgroups were different. Austin’s first playgroup was for fun. Grice never attended. Austin’s new playgroup, or ‘second’ playgroup, if you must, was a sobriquet Grice gave because it was ANYTHING BUT. Grice’s playgroup upon Austin’s death was for fun, like the ‘first’ playgroup. Since Grice participated in the second and third, he expanded. The second playgroup was for ‘philosophical hacks’ who needed ‘para-philosophy.’ The third playgroup was for fun fun. While Austin belonged to the first and the second playgroups, there were notorious differences. In the first playgroup, he was not the master, and his resentment towards Ayer can be seen in “Sense and Sensibilia.” The second playgroup had Austin as the master. It is said that the playgroup survived Austin’s demise with Grice’s leadershipBut Grice’s playgroup was still a different thingsome complained about the disorderly and rambling natureAustin had kept a very tidy organisation and power structure. Since Grice does NOT mention his own playgroup, it is best to restrict playgroup as an ironic sobriquet by Grice to anything but a playgroup, conducted after the war by Austin, by invitation only, to full-time university lecturers in philosophy. Austin would hold a central position, and Austin’s motivation was to ‘reach’ agreement. Usually, when agreement was not reached, Austin could be pretty impolite. Grice found himself IN THE PLAYGROUP. He obviously preferred a friendlier atmosphere, as his own group later testified. But he was also involved in philosophical activity OTHER than the play group. Notably his joint endeavours with Strawson, Warnock, Pears, and Thomson. For some reason he chose each for a specific area: Warnock for the philosophy of perception (Grice’s implicaturum is that he would not explore meta-ethics with Warnockhe wouldn’t feel like, nor Warnock would). Philosophy of action of all things, with J. F. Thomson. Philosophical psychology with D. F. Pearsso this brings Pears’s observations on intending, deciding, predicting, to the fore. And ontology with P. F. Strawson. Certainlty he would not involve with Strawson on endless disagreements about the alleged divergence or lack thereof between truth-functional devices and their vernacular counterparts! Grice also mentions collaboration with Austin in teaching“an altogether flintier experience,” as Warnock knows and “Grice can testify.”There was joint seminars with A. M. Quinton, and a few others. One may add the tutorials. Some of his tutees left Griceian traces: A. G. N. Flew, David Bostock, J. L. Ackrill, T. C. Potts.  The term was meant ironically. The playgroup activities smack of military or civil service!  while this can be safely called Grice’s playgroup, it was founded by Austin at All Souls, where it had only seven members. After the war, Grice joined in. The full list is found elsewhere. With Austin’s death, Grice felt the responsibility to continue with it, and plus, he enjoyed it! In alphabetical order. It is this group that made history.  J. L. Austin, A. G. N. FlewL. Gardiner, H. P. Grice, S. N. Hampshire, R. M. Hare, H. L. A. Hart,  P. H. Nowell-Smith, G. A. Paul, D. F. PearsF. Strawson, J. F. Thomson, J. O. Urmson, G. J. Warnock, A. D. Woozley. Grice distinguishes it very well from Ryle’s group, and the group of neo-Wittgensteinians. And those three groups were those only involved with ‘ordinary language.’

 

plebe: Grice: “I think I love Plebe: he wrote a beautiful chapter on Cicero and Latin rhetoric for his ‘brief history of ancient rhetoric,’ and like my tutee Strawson, he approached Aristotle and modernist logic in a genial way --.” “Seguo il verso di Orazio “Odio la massa e me ne tengo lontano”. Solo in questo sono uomo di destra»  Senatore della Repubblica Italiana LegislatureVI e VII Gruppo parlamentareMSI-DN (fino al 31 gennaio 1977), DN-CD (dal 1º febbraio 1977) CircoscrizionePiemonte Incarichi parlamentari Commissione parlamentare per il parere al Governo sulle norme delegate in materia di stato giuridico del personale della scuola (VI legisl) 2ª Commissione permanente (Giustizia) (VI, VII legisl) 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica) (VII legisl) Rappresentanza italiana al Parlamento europeo (VII legisl) Dati generali Partito politicoMovimento Sociale ItalianoDestra Nazionale poi Democrazia NazionaleCostituente di Destra Titolo di studioLaurea in filosofia UniversitàUniversità degli Studi di Torino ProfessioneDocente universitario. Armando Plebe (Alessandria), filosofo. Si è laureato a Torino in Filosofia, poi in Filologia classica nello stesso ateneo e infine di nuovo in Filosofia all'Innsbruck. Testimone di nozze dell'editore Vito Laterza, grazie alla sua intercessione conobbe Croce che lo convinse a pubblicare i suoi scritti e ne sponsorizzò l'opera. Cominciò la sua carriera universitaria: dopo aver iniziato a Perugia come professore incaricato di Storia della Filosofia, passò all'Palermo dove è stato docente ordinario di storia della filosofia e direttore dell'Istituto alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Tra il 1970 e il 1973 insegnò anche all'Istituto ticinese di alti studi a Lugano.  Attività politica Filosofo inizialmente marxista, nei primi anni settanta ha una clamorosa rottura con il pensiero del filosofo tedesco (dovuta anche alla sua contestazione del Sessantotto) e viene annoverato fra i sostenitori dell'anticomunismo politico-culturale di quel periodo; dopo una militanza di due anni con i socialdemocratici di Saragat, aderisce al Movimento Sociale Italiano. Almirante lo nomina prima presidente del Fronte Universitario d'Azione Nazionale e poi responsabile del settore cultura dell'MSI-DN. Successivamente Plebe fu eletto senatore della Repubblica nelle file del MSI-DN in Piemonte e rieletto nel 1976; in quell'anno il leader missino lo include nella Rappresentanza italiana al Parlamento europeo.  Nel gennaio 1977 rompe anche con il MSI, aderendo al gruppo parlamentare scissionista Democrazia Nazionale (ma restò indipendente dal partito DN). Non rieletto con DN nel 1979, lascia la competizione politica attiva. Nel 1977 aveva chiesto anche l'iscrizione al Partito Radicale, ma dopo un'accesa votazione il partito gli negò la tessera.  Terminata l'esperienza parlamentare tornò a insegnare all'Palermo. Storico della filosofia, in particolare del pensiero greco e di Aristotele.  Riavvicinatosi negli anni Novanta al marxismo[senza fonte], negli anni 2000 Plebe è editorialista del quotidiano Libero. Pur sposato e padre di tre figli, in un'intervista concessa a Pansa ha dichiarato d'aver avuto esperienze omosessuali. Si definiva come un illuminista scettico sostenitore d'un anarchismo intellettuale. Fra gli studiosi con cui ha collaborato, egli riconosce come propri allievi Puglisi,  Emanuele e Giovanni .  Opere: “Hegel. Filosofo della storia,” Torino, Edizioni di Filosofia, “La teoria del comico: da Aristotele a Plutarco,” Torino, Giappichelli, “Gli hegeliani d'Italia” Vera, Spaventa, Jaja, Maturi, Gentile, e con Augusto Guzzo, Torino, SEI, Spaventa e Vera, Torino, Edizioni di filosofia, La nascita del comico. Nella vita e nell'arte degli antichi greci, Bari, Laterza, Filodemo e la musica, Torino, Edizioni di filosofia, Processo all'estetica, Firenze, La Nuova Italia. Heidegger e il problema kantiano, Torino, Edizioni di filosofia, Breve storia della retorica, Milano, Nuova Accademia, La dodecafonia. Documenti e pagine critiche, Bari, Laterza, Introduzione alla logica formale. Attraverso una lettura logistica di Aristotele, Bari, Laterza,  Discorso semiserio sul romanzo, Bari, Laterza, Estetica, a cura di, Firenze, Sansoni, 1Storia della filosofia. Per il liceo classico, Messina-Firenze, D'Anna, Termini della filosofia contemporanea, Roma, Armando,  La filosofia dei greci nel suo sviluppo storico, Da Socrate ad Aristotele, Aristotele e i Peripatetici più antichi, a cura di, Firenze, La Nuova Italia,  Che cosa è l'Illuminismo, Roma, Ubaldini,  Che cosa ha veramente detto Marx, Roma, Ubaldini,  Che cosa ha veramente detto Hegel, Roma, Ubaldini, Atlante concettuale delle nuove filosofie. [Termini di denunzia, categorie dell'anticonformismo, formule di moda, vecchi concetti in nuove filosofie], Roma, Armando, L'estetica italiana dopo Croce, Padova, RADAR, Che cosa è l'estetica sovietica, Roma, Ubaldini, Che cosa è l'espressionismo, Roma, Ubaldini, Dizionario filosofico, Padova, RADAR, Storia del pensiero, Roma, Ubaldini, Filosofia della reazione, Milano, Rusconi,  Quel che non ha capito Carlo Marx, Milano, Rusconi, Il libretto della Destra, Milano, Edizioni del Borghese, A che serve la filosofia?, Palermo, Flaccovio, Un laico contro il divorzio, Roma, INSPE, La civiltà del postcomunismo, Roma, CEN, Storia della filosofia, La filosofia greca dal VI al IV secolo, con Gabriele Giannantoni e Pierluigi Donini, Milano, Vallardi,  Il materialismo oggi. Fisica, biologia e filosofia oltre l'ideologia, Roma, Armando, Semiotica ed estetica, a cura di, Roma-Baden Baden, Il libro-Field educational Italia-Agis, Leggere Kant, Roma, Armando. Logica della poesia, Palermo, Ila Palma, Storia della filosofia,  Palermo-Sao Paulo, Ila Palma, Comprende: Da Talete a Spinoza; Da Locke ad Adorno. Manuale di estetica, con Pietro Emanuele, Roma, Armando, Manuale di retorica, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, Storia del pensiero occidentale, con Pietro Emanuele, Roma, Armando, Contro l'ermeneutica, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, L'euristica. Come nasce una filosofia, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, I filosofi e il quotidiano, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, Dimenticare Marx?, Milano, Rusconi, Dieci lezioni di politica, Milano, Rusconi, Filosofi senza filosofia, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, Tornerà il comunismo?, Casale Monferrato, Piemme, Manuale dell'intellettuale di successo, con Piero Violante, Roma, Armando, Il quinto libro del capitale. Marx contro i marxisti, Milano, Biblioteca di via Senato, Il nuovo illuminista. Obiettivo libertà, Milano, Biblioteca di via Senato, Memorie di sinistra e memorie di destra. Un filosofo negli anni ruggenti, Palermo, Qanat, Armando Plebe, biografia su cinquantamilagiorni.it (Corriere della Sera),  Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe, Storia della filosofia: Filosofi italiani contemporanei, Bompiani, Milano, Gli 80 anni di Plebe, il filosofo trasgressivo., cinemagay.it, Sesso, politica e frecciate di un bastian contrario, La Repubblica.It  Con Armando Plebe la destra fece un brutto “affare”, Secolo d'Italia  Senato.it. Scheda di attività di Armando PlebeVI Legislatura  Senato.it. Scheda di attività di Armando PlebeVII Legislatura  Radicali.it  cinquantamila.it  Patrimonio sos: in difesa dei beni culturali e ambientali, Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

pluralism: -- versus singularism, dualigm, bi-dualism, and monismthe one and the many --  a philosophical perspective on the world that emphasizes diversity rather than homogeneity, multiplicity rather than unity, difference rather than sameness. The philosophical consequences of pluralism were addressed by Grecian antiquity in its preoccupation with the problem of the one and the many. The proponents of pluralism, represented principally by Empedocles, Anaxagoras, and the Atomists Leucippus and Democritus, maintained that reality was made up of a multiplicity of entities. Adherence to this doctrine set them in opposition to the monism of the Eleatic School Parmenides, which taught that reality was an impermeable unity and an unbroken solidarity. It was thus that pluralism came to be defined as a philosophical alternative to monism. In the development of Occidental thought, pluralism came to be contrasted not only with monism but also with dualism, the philosophical doctrine that there are two, and only two, kinds of existents. Descartes, with his doctrine of two distinct substances  extended non-thinking substance versus non-extended thinking substance  is commonly regarded as having provided the clearest example of philosophical dualism. Pluralism thus needs to be understood as marking out philosophical alternatives to both monism and dualism. Pluralism as a metaphysical doctrine requires that we distinguish substantival from attributive pluralism. Substantival pluralism views the world as containing a multiplicity of substances that remain irreducible to each other. Attributive pluralism finds the multiplicity of kinds not among the furniture of substances that make up the world but rather among a diversity of attributes and distinguishing properties. However, pluralism came to be defined not only as a metaphysical doctrine but also as a regulative principle of explanation that calls upon differing explanatory principles and conceptual schemes to account for the manifold events of nature and the varieties of human experience. Recent philosophical thought has witnessed a resurgence of interest in pluralism. This was evident in the development of  pragmatism, where pluralism received piquant expression in James’s A Pluralistic Universe 9. More recently pluralism was given a voice in the thought of the later Vitters, with its heavy accent on the plurality of language games displayed in our ordinary discourse. Also, in the current developments of philosophical postmodernism Jean-François Lyotard, one finds an explicit pluralistic orientation. Here the emphasis falls on the multiplicity of signifiers, phrase regimens, genres of discourse, and narrational strategies. The alleged unities and totalities of thought, discourse, and action are subverted in the interests of reclaiming the diversified and heterogeneous world of human experience. Pluralism in contemporary thought initiates a move into a postmetaphysical age. It is less concerned with traditional metaphysical and epistemological issues, seeking answers to questions about the nature and kinds of substances and attributes; and it is more attuned to the diversity of social practices and the multiple roles of language, discourse, and narrative in the panoply of human affairs. 

 

singular-dual-bidual-plural quartet, the: pluralitive logic, also called pleonetetic logic, the logic of ‘many’, ‘most’, ‘few’, and similar terms including ‘four out of five’, ‘over 45 percent’ and so on. Consider 1 ‘Almost all F are G’ 2 ‘Almost all F are not G’ 3 ‘Most F are G’ 4 ‘Most F are not G’ 5 ‘Many F are G’ 6 ‘Many F are not G’ 1 i.e., ‘Few F are not G’ and 6 are contradictory, as are 2 and 5 and 3 and 4. 1 and 2 cannot be true together i.e., they are contraries, nor can 3 and 4, while 5 and 6 cannot be false together i.e., they are subcontraries. Moreover, 1 entails 3 which entails 5, and 2 entails 4 which entails 6. Thus 16 form a generalized “square of opposition” fitting inside the standard one. Sometimes 3 is said to be true if more than half the F’s are G, but this makes ‘most’ unnecessarily precise, for ‘most’ does not literally mean ‘more than half’. Although many pluralitive terms are vague, their interrelations are logically precise. Again, one might define ‘many’ as ‘There are at least n’, for some fixed n, at least relative to context. But this not only erodes the vagueness, it also fails to work for arbitrarily large and infinite domains. ‘Few’, ‘most’, and ‘many’ are binary quantifiers, a type of generalized quantifier. A unary quantifier, such as the standard quantifiers ‘some’ and ‘all’, connotes a second-level property, e.g., ‘Something is F’ means ‘F has an instance’, and ‘All F’s are G’ means ‘F and not G has no instance’. A generalized quantifier connotes a second-level relation. ‘Most F’s are G’ connotes a binary relation between F and G, one that cannot be reduced to any property of a truth-functional compound of F and G. In fact, none of the standard pluralitive terms can be defined in first-order logic. Grice lists (x) and (Ex) as “all” and “the,” and of course (Ex), “some (at least one).” So his approach welcomes the pluralitive logico pleonetetic. There may be a scale, as Urmson calls it, involving ‘few’ and ‘most.’ ‘Many’ may bring many a trick. Quine deals with numerical quantifiers, in “The logical form of ‘The apostles were twelve.”In Grice, this is a clear case of what he calls the principle of conversational fortitude: in a scale (alla Urmson) involving a and b, the conversationalist’s preference for one item in the ordered pair yields that the utterer implicates the negation of the other item. These implicatura are defeasible. Refs.: Luigi Speranza, “Grice and Altham on Geach’s pleoretetics, with and without implicatura.”

 

Causanscausaturum -- Causatum: plurality of causes, as used by Mill, more than one cause of a single effect; i.e., tokens of different event types causing different tokens of the same event type. Plurality of causes is distinct from overdetermination of an event by more than one actual or potential token cause. For example, an animal’s death has a plurality of causes: it may die of starvation, of bleeding, of a blow to the head, and so on. Mill thought these cases were important because he saw that the existence of a plurality of causes creates problems for his four methods for determining causes. Mill’s method of agreement is specifically vulnerable to the problem: the method fails to reveal the cause of an event when the event has more than one type of cause, because the method presumes that causes are necessary for their effects. Actually, plurality of causes is a commonplace fact about the world because very few causes are necessary for their effects. Unless the background conditions are specified in great detail, or the identity of the effect type is defined very narrowly, almost all cases involve a plurality of causes. For example, flipping the light switch is a necessary cause of the light’s going on, only if one assumes that there will be no short circuit across the switch, that the wiring will remain as it is, and so on, or if one assumes that by ‘the light’s going on’ one means the light’s going on in the normal way. 

 

poggi: Alfredo Poggi (Sarzana) filosofo. Nacque da una famiglia di piccoli commercianti. Ancora adolescente, rimase colpito dalla violenza usata nei confronti del popolo durante le giornate milanesi e dal temporaneo esilio che dovettero subire alcuni socialisti amici di famiglia. Questo lo portò a simpatizzare per quel partito che stava nascendo e al quale si iscrise. Si laureò in Lettere a Palermo, dove si era temporaneamente trasferito dopo la morte del padre, discutendo una tesi su Kant e il socialismo, pubblicata l'anno successivo con il titolo “La questione morale nel socialismo: Kant e il socialismo.” Tornato a Sarzana si immerse nell'attività politica che lo portò ad essere eletto nel consiglio comunale cittadino per il partito socialista.   Karl Kautsky, teorico del marxismo Si  recò a Lipsia alla scuola di Wundt, fondatore della psicologia sperimentale, dove lavorò al giornale Leipziger Volkszeitung e dove strinse rapporti di amicizia e legami politici con i maggiori esponenti della socialdemocrazia di quel Paese. Fra questi in primo luogo con  Bebel, Kautsky e Luxemburg, personaggi che segnarono profondamente la storia del socialismo europeo, e con i quali mantenne rapporti epistolari.  Tornato in Italia, si trasferisce a Genova per iscriversi a quella facoltà di Giurisprudenza che gli darà una seconda laurea e dove inizierà a collaborare a Il Lavoro di Canepa, all'Avanti!, al Tempo di Claudio Treves, alla turatiana Critica Sociale sulla quale scriverà per oltre cinquant'anni. Sue collaborazioni apparvero successivamente anche su La Rivoluzione liberale di Gobetti. È in questo periodo che la polizia comincia ad interessarsi alla sua attività politica e lo inserisce nello schedario dei sovversivi.  Inizia intanto ad insegnare nelle scuole superiori di molte città dell'Italia centro settentrionale sempre inseguito dall'attenzione della polizia. Sposa la sarzanese marchesina Ollandini e partecipa come delegato al Congresso socialista di Ancona, nel corso del quale ebbe un duro scontro con il massimalista  Mussolini sul problema della compatibilità o meno del socialismo con la massoneria. L'assemblea diede in quell'occasione una larga maggioranza alla tesi mussoliniana dell'incompatibilità. --  è capogruppo socialista nel consiglio comunale di Sarzana, retto da una giunta socialista, che nella giornata divenuta famosa dovette far fronte all'aggressione armata di 500 fascisti, capitanati da Dumini, decisi a sottomettere la città "rossa".  Come è noto i fascisti furono umiliati e cacciati, lasciando una dozzina di cadaveri sul terreno, dall'unione della forza pubblica e del popolo in armi, sotto l'egida dell'amministrazione comunale. Dopo la marcia su Roma, Poggi, e con lui tutti gli antifascisti messisi in evidenza, dovettero trovare rifugio all'estero o migrare in altre città. Fu privato per un certo periodo dell'insegnamento e quando sedeva su una cattedra di filosofia a Genova, fu denunciato al Tribunale speciale per la sua attività cospirativa praticata con altri colleghi antifascisti.  Amico di Rensi e della consorte Laura Perucchi, era solito recarsi nelle domeniche d'inverno al palazzo genovese di via Palestro dove i Rensi animavano un vero e proprio salotto, arricchito dalla presenza di illustri personalità quali il poeta e romanziere Pastorino,  Buonaiuti, Sella o Rossi, accomunati dall'opposizione al regime.  In quell'occasione evitò una dura condanna perché probabilmente Mussolini si ricordò di quel suo leale tenace avversario e lo fece liberare, come attesta una registrazione esistente nel suo fascicolo personale presso l'Archivio Centrale dello Stato: “scarcerato e rilasciato in libertà dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato per atto di clemenza di S.E. il Capo del Governo”. Non cessò però la persecuzione nei suoi confronti da parte del fascismo ligure, soprattutto dopo la nascita della Repubblica Sociale Italiana per cui, impedito nell'esercizio della professione e perduto l'insegnamento, dovette adattarsi ad insegnare in scuole private. Alla caduta del fascismo venne eletto segretario regionale del partito socialista, ma fu nuovamente arrestato col figlio e condannato a morte, pena poi commutata nella deportazione a Mauthausen. In realtà, a causa delle distruzioni della guerra, ormai separato dal figlio, fu internato a Bolzano-Gries, fino a quando riuscì a fuggire, in coincidenza con gli ultimi bombardamenti e la fine della guerra, ritrovando ancora vivo suo figlio.  Nel dopoguerra, dopo la scissione socialista aderì al Partito Socialdemocratico per poi tornare, dopo il distacco dai comunisti, in quello Socialista. Venne eletto con i voti dei due partiti socialisti come membro laico della prima consigliatura del Consiglio superiore della magistratura, e successivamente, prima illuso e poi deluso per la mancata riunificazione dei due tronconi socialisti lasciò la politica attiva. Poggi morì a Genova. Pubblicazioni principali Stato Chiesa Scuola, Firenze, Bemporad, Cultura e Socialismo, Torino, Gobetti, Gesuiti contro lo Stato Liberale, Milano, Unitas, Filosofia dell'azione. Saggi critici, Roma, Ed. Dante Alighieri, Concetto del Diritto e dello Stato. Saggi critici, Padova, Ed. Cedam, Piero Martinetti Vicenza, Collezione del Palladio,ora Riedizione Cosimo Scarcella e Introduzione di Enrico De Mas, Milano, Marzorati, La preghiera dell'uomo, Milano, Bocca,Giuseppe Meneghini, Alfredo Poggi, in  Socialismo Spezzino, appunti per una storia, Massa G. Meneghini, G. Meneghini Sui luttuosi fatti del luglio v. Giuseppe Meneghini, La Caporetto del fascism Sarzana Mursia Editore Milano,   P. Pastorino, Mio padre Carlo Pastorino, Genova G. Meneghini, G. Meneghini, Alfredo Poggi  G. Meneghini, Alfredo Poggi, Piero Pastorino, Mio padre Carlo Pastorino, Genova, Liguria Edizioni Sabatelli, Giuseppe P. Meneghini, "Alfredo Poggi" in Maria Beghi et al., Socialismo spezzino Appunti per una storia, Massa, Centro Studi Agostino Bronzi, .Antifascismo Fatti di Sarzana Socialdemocrazia. Alfredo Poggi. Antifascista e uomo di cultura, da Testimoni del tempo e della storia di Isa Sivori Carabelli. Sito istituzionale della Città di Sarzana. Alfredo Poggi nel sito dell'ANPIAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia, su anpi.it.

 

poiesis Grecian, ‘production’, behavior aimed at an external end. In Aristotle, poiesis is opposed to praxis action. It is characteristic of crafts  e.g. building, the end of which is houses. It is thus a kinesis process. For Aristotle, exercising the virtues, since it must be undertaken for its own sake, cannot be poiesis. The knowledge involved in virtue is therefore not the same as that involved in crafts. R.C. Grice, who liked opera, was fascinated by the history of the Bardi camerata, and their idea of the ‘melopea,’ or music making.

 

pojero: Grice: “Like me, he held symposia in his villa – Villa Amato in the Giardino Ingelse a Palermo – lots of Brits there!” --  Giuseppe Amato Pojero (Palermo), filosofo. Studiò a Napoli, quindi a Pisa, dove si laureò. Impossibilitato a compiere grandi viaggi perché malato di angina pectoris, si stabilì a Palermo. La villa Amato Pojero ai Giardini Inglesi divenne così luogo di incontro di scienziati e intellettuali. Fu collaboratore della Società per gli studi filosofici di Palermo e fondò una biblioteca filosofica che fu per circa un trentennio punto di incontro di grandi intellettuali italiani e stranieri, come Gentile, Vailati, Brentano, Gemelli e altri. Alla sua morte, la biblioteca divenne parte dell'Accademia di Scienze Lettere e Arti. Di lui restano molti quaderni di appunti, in cui si evince la sua posizione filosofica critica verso il razionalismo, accusato di essere incapace di comprendere adeguatamente la metafisica e la religione; tutte le scienze, al contrario, avrebbero dovuto contribuire alla dimostrazione dell'esistenza di Dio e dell'immortalità dell'anima.  Archivio biografico comunaleComune di Palermo, su comune.palermo.it. Amato Pojero, Giuseppe Dizionario biografico degli italiani,  2, su treccani.it, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

polarity, the relation between distinct phenomena, terms, or concepts such that each inextricably requires, though it is opposed to, the other, as in the relation between the north and south poles of a magnet. In application to terms or concepts, polarity entails that the meaning of one involves the meaning of the other. This is conceptual polarity. Terms are existentially polar provided an instance of one cannot exist unless there exists an instance of the other. The second sense implies the first. Supply and demand and good and evil are instances of conceptual polarity. North and south and buying and selling are instances of existential polarity. Some polar concepts are opposites, such as truth and falsity. Some are correlative, such as question and answer: an answer is always an answer to a question; a question calls for an answer, but a question can be an answer, and an answer can be a question. The concept is not restricted to pairs and can be extended to generate mutual interdependence, multipolarity.

 

poli: Baldassare Poli (Cremona), filosofo. Laureato a Bologna, insegnò a Milano. Pubblicò il Saggio di filosofia elementare, un eclettico sistema di empirismo e razionalismo.  Insegnò a Padova, di cui fu anche magnifico rettore.  In seguito fu nominato direttore generale dei ginnasi veneti e consigliere scolastico.  Membro dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, ne fu president. I suoi Saggi di scienza politico-legali considerano il diritto un insieme di scienzain quanto trattano dei principie di artein quanto applicazione dei principi giuridici nella valutazione dei singoli casi. Ritiene che il diritto sia un'espressione provvidenziale e lo distingue in naturale e in positivo. Combatté il positivismo negli Studii di filosofia contemporanea, rivendicando la superiorità dello spirito sulla materia.   Opere: :Saggio filosofico sopra la scuola dei moderni filosofi naturalisti, coll'analisi dell'organologia, della craniologia, della fisiognomia, della psicologia comparata, e con una teoria delle idee e de' sentimenti,” Milano, Primi elementi di filosofia, Napoli, Elementi di filosofia teoretica e morale, Padova, La filosofia elementare, Milano, Saggi di scienza politico-legale, Milano, Saggio di filosofia, «Istituto Lombardo. Rendiconti», Studii di filosofia contemporanea, «Istituto Lombardo. Rendiconti»,  Cenni sull'opera di Simone Corleo: il sistema della filosofia universale, ovvero la filosofia dell'identità, «Istituto Lombardo. Rendiconti», La filosofia dell'incosciente, «Istituto Lombardo. Memorie», Studi C. Cantoni, Studio della vita e delle opere di Baldassarre Poli, Milano, Filosofia Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. XML XLM? (check). in Dizionario biografico austriaco. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Poli,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria.

 

politeo: Giorgio Politeo insegnante al Liceo Santa Caterina di Venezia (1882 )È seduto nella seconda fila dal basso con un bastone in mano. Giorgio Politeo (Spalato), filosofo. Frequentò nella natìa Spalato il locale seminario (che fungeva anche da liceo per i non seminaristi, col nome di Ginnasio Liceo Imperiale di Spalato), ricordando in seguito che sugli stessi banchi aveva studiato l'amato Ugo Foscolo. Proveniva da un'antica e stimata famiglia spalatina, ma un rovescio finanziario lo costrinse a cercare un impiego come supplente nello stesso seminario/liceo, continuando quindi gli studi da autodidatta.  Fra il 1850 e il 1852 è quindi supplente di latino, storia e geografia a Spalato, poi nel 1853 è a Vienna per partecipare all'esame a cattedre per insegnamento letterario nei Ginnasi del Regno Lombardo-Veneto, e dalla memoria inviata alla commissione per la valutazione conosciamo le sue ampie letture: Tacito, Machiavelli, Vico, Guizot, Gibbon, Schlegel, Kant, Hegel, De Maistre, Schelling, Michelet. In tale occasione, presenta un lavoro sul poema cavalleresco: "Che cosa l'Ariosto abbiasi più specialmente proposto col Furioso", che viene positivamente segnalato dalla commissione. Il Politeo viene quindi approvato per l'insegnamento per tutte le otto classi ginnasiali: primo esempio, fino ad allora, nelle province italiane dell'Impero Austroungarico.  Nel 1854 è supplente alla cattedra di storia universale ed austriaca presso l'Padova, ove frequenta il gruppo di studenti e docenti dalmati, uso a riunirsi presso la casa della contessa Cattani Borelli di Vrana: una delle famiglie più in vista nella Dalmazia austriaca. In attesa di una prevista nomina presso un'università austriaca, ottiene una supplenza presso il Liceo/Convitto di Santa Caterina a Venezia (dal 1867 Liceo Ginnasio Marco Foscarini). Richiamato a Vienna, inutilmente attende per quasi tre anni (1857-1859) la promessa cattedra universitaria ed infinesu sua richiestaviene nuovamente inviato al Liceo Santa Caterina di Venezia.  Già negli anni precedenti indagato per la sua adesione ai principi liberali, a Venezia subisce un processo con l'accusa di "poca ortodossia religiosa". Nonostante il parere dell'allora Patriarca di Venezia Jacopo Monico, secondo il quale bisognava "augurare (...) all'insegnamento uomini di così alta coscienza come il Politeo", questi viene per punizione destinato a Mantova (allora ancora sotto la sovranità austriaca, a differenza del resto della Lombardia).  Qui riprende gli studi, ed in particolare un saggio di "Storia dell'Ideale Umano", per il quale termina e pubblica l'introduzione nel 1862, col titolo "Genesi naturale di un'idea". Il clero mantovano lo accusa di ateismo e di panteismo, mentre di converso qualche positivista del tempo lo accusa di misticismo. La polizia quindi continua a vigilarlo, ma in un rapporto del 23 marzo 1864 si legge che "Legato di amicizia con persone note per la loro avversione al Governo, quali Grossi, Benzoni, Dalla Rosa e alle famiglie D'Arco e Martinelli, egli serba condotta politica irreprensibile ed è esemplare il suo contegno sociale e morale". Collega del Politeo era al tempo il filosofo e pedagogista Roberto Ardigò.  In seguito alle guerre d'indipendenza, la provincia di Mantova e il Veneto vengono annessi al Regno d'Italia ed il Politeo nel 1867 ritorna ad insegnare a Venezia, prima presso il Liceo Marco Polo e infine di nuovonel 1870al Liceo Foscarini e all'istituto tecnico Paolo Sarpi. In quest'ultimo anno sposa una giovane mantovana, Maria Guadagni. Nel 1873 alla coppia nascerà una figlia, prematuramente scomparsa a soli cinque anni.  Negli anni successivi Politeo lavora continuamente alla sua opera, manifestando sempre più un tratto di fortissima autocritica che lo porterà a distruggere più volte i testi già completati: a causa di questo impegno rifiuta l'offerta di una candidatura al Parlamento. Su insistenza di Luigi Luzzatti nel 1879 partecipa al concorso per la cattedra di filosofia morale presso l'Padova, ma l'amico Giuseppe Guerzoni lo mette sull'avviso: le prove sono già decise e faranno di tutto per metterlo in cattiva luce. Così accade: l'esame pubblico si chiude con un battibecco e la candidatura di Politeo viene scartata.  La sua vita da quel momento scorse senza grandi sussulti, fra l'insegnameno e lo studio, nonché col contatto con alcuni filosofi e pensatori del tempo, quali John Addington Symonds, Émile de Laveleye, Ernest Renan.  Muore a Venezia il 26 dicembre 1913.  Opere Durante la sua vita il Politeo pubblicò solamente la "Genesi naturale di un'idea", mentre nel 1919 una parte dei suoi scritti venne data alle stampe da Zanichelli.  Il periodare del Politeo è caratterizzato dal rifiuto di ogni schematismo, da frammentarietà e da continue divagazioni al limite dell'erudizione spinta: tutto ciò ne rende assai complessa la lettura, così come una categorizzazione.  In linea generale, si può dire che il Politeo propende verso una sorta d'irrazionalismo sentimentale, che sgorga in lui da una sincera religiosità: in questo si può collegare con alcuni pensatori tedeschi quali Herder, Jacobi, Hamann, pur essendo la sua scaturigine di diversa natura.  Sebbene il pensiero di Politeo sembri procedere nella concezione della natura sulle vie dello spinozismo idealistico, pure egli si salva da questo che considera un "paradosso mostruoso" mediante l'accettazione del Dio personale del cristianesimo, nel quale egli fermamente crede. "Il suo Dio, pur restando il principio plastico dell'universo, non è più il Dio astratto di Spinoza né quello di Schelling, che si disperde nel mondo ed esce da sé con atto incomprensibile, per ritrovarsi attraverso il processo della natura e della storia; ma il Dio degli umili che parla al cuore con tutto il fascino della bontà e la poesia del sacrifizio (...). Se nella "Critica della ragione pratica" (di Kant) l'uomo si affranca dall'ordine naturale, perché si autodetermina come fonte delle categorie, e avendo coscienza di sé come soggetto universale, si sente vincolato a una legge che non tiene conto della connessione necessaria delle cose; per Politeo, al contrario, il principio morale non è una legge di ragione, ma un principio, che avendo solidarietà con tutti gli altri elementi della vita, scaturisce dalle profondità del sentimento, come lo scopo dell'essere umano; e le forze intellettive e volitive non hanno altra funzione che d'interpretare e di attuare questo impulso interiore, questo sentimento del bene (...), il cui meccanismo e la cui origine sono inaccessibili alla ragione" (I.Tacconi).  In anni più recenti le maggiori riflessioni sull'opera dello spalatino Giorgio Politeo sono giunte da parte di alcuni studiosi croati. Nel tentativo di croatizzarlo, egli però viene presentato come "Juraj Politeo".  Note  La voce della Enciclopedia Italiana, riferimenti in , indica la data del 25 dicembre 1913.  Copia archiviata, su mzos.hr. 29 novembre 2008 9 giugno 2007). Tre articoli della studiosa Heda Festini su Juraj Politeo. Scritti filosofici e letterari, con introduzione di Luigi Luzzatti, Bologna, Zanichelli, 1919. Giovanni Bordiga, Giorgio PoliteoCommemorazione, Venezia, A. Faggi, Per un filosofo dalmata, Marzocco, 1920. Giovanni Gentile, Giorgio Politeo in Critica, 20 novembre 1919. A. Renda, Un pensatore dalmata in Nuovo Convito, novembre 1919. F. Tacconi, Un filosofo dalmata in Rivista dalmatica, gennaio 1926. Ildebrando Tacconi, Giorgio Politeo, in Istria e Dalmazia. Uomini e Tempi. Dalmazia, Udine, Del Bianco, 1992. Erminio Troilo, Un filosofo dalmata in Bilychnis, novembre 1927.  Dalmati italiani. P.Zenoni-Politeo, in Ateneo Veneto, Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

pollastri: Neri Pollastri (Firenze), filosofo. Laureato in filosofia con una tesi sulla filosofia della natura di Hegel, si occupa in particolare di filosofare con le persone, campo nel quale dsvolge la libera professione, sia privatamente che in collaborazione con amministrazioni pubbliche. Ha avuto uno sportello di consulenza presso il quartiere 4 di Firenze e dal  al  ha lavorato presso un Centro di Salute Mentale della ASL. Su questa attività ha pubblicato l’editore Apogeo Il pensiero e la vita, Consulente filosofico cercasi, Il filosofo in azienda (, con Paolo Cervari) e per le edizioni Di Girolamo L’uomo è ciò che pensa (con Davide Miccione). Ha inoltre scritto diversi articoli, alcuni dei quali in lingua inglese. Tra i fondatori di PhronesisAssociazione Italiana per la Consulenza Filosofica, ne è stato a lungo Presidente, e continua a dirigere (assieme a Davide Miccione) l’omonima rivista, edita da IPOC. È stato anche coordinatore della collana “Pratiche Filosofiche” diretta da Umberto Galimberti per Apogeo e (con D. Miccione e Stefano Zampieri) cura la collana “Dialogos”, sempre per l’editore IPOC.  Ha insegnato consulenza filosofica in numerose Università Italiane ed è stato relatore in quattro International Conferences on Philosophical Practice (Copenaghen, Siviglia, Carloforte, Leusden). Ha inoltre all’attivo ricerche in campo tradizionalmente filosofico come L’assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema hegeliano (2001, La Città del Sole), alcuni articoli di filosofia politica e altri di filosofia dell’improvvisazione.  Accanto al suo impegno nella filosofia, si occupa di commenti alla musica, in particolare nel campo del jazz, collaborando con “Musica Jazz”, “Il Giornale della Musica” e “All About Jazz Italia”. Nel  ha pubblicato la biografia artistica di Riccardo Tesi, Una vita a bottoni, uscita per l’editore Squilibri.  Attivo anche in campo teatrale, come amatore ha esperienze di attore (recitando in lavori di E. Ionesco, A. Nicolaj, G. Feydeau, N. Simon) e regista (ha diretto Sorelle Materassi di F. Storelli dal libro di A. Palazzeschi, La tettonica dei sentimenti di Éric-Emmanuel Schmitt e Siamo momentaneamente assenti di Luigi Squarzina).  Pensiero Davide Miccione, in La Consulenza Filosofica (2007, Xenia), definisce la teoria della consulenza filosofica di Pollastri tutt'uno, come in Achenbach, con una più generale concezione della filosofia e del filosofare. È all’interno di questa idea generale, che comprende una visione della società contemporanea, degli orizzonti attuali, dei destini della filosofia e il ruolo che il filosofo deve svolgere, che può essere inserita la visione della consulenza filosofica dello studioso fiorentino. Il punto di partenza potrebbe essere posto in un’analisi della società e nel ruolo che in essa giocano le psicoterapie e, più largamente il linguaggio e la cultura psicoterapeutica. L’idea di Pollastri sembra essere quella di chi vede in corso un processo di trasformazione del dolore del male in una patologia psicologicamente rilevabile e curabile:  «Oggi , tanto i manuali psicopatologici come DSM IV, quanto la cultura diffusa, da rotocalco (sovente però confortata da medici e psicologi che sui rotocalchi scrivono), tendono a far credere che ogni qualvolta si stia “male” ipso facto si sia “malati”e che, di conseguenza, sia necessario un “terapeuta” che ci guarisca.»  (Pollastri, Il pensiero e la vita: guida alla consulenza e alle pratiche filosofiche, 2004, p.91) Ciò ovviamente porterebbe ad un estremo impoverimento nella capacità umana di comprendere e affrontare la vita. In un mondo in cui ogni dolore è sintomo e l’unica cosa che sembra avere importanza è che esso venga eliminato, la filosofia e la consulenza filosofica (che secondo Pollastri sembrano più essere due momenti di un'unica disciplina piuttosto che due cose diverse) non possono e non devono presentarsi come pensiero strategico e risolutivo. Prendere decisioni e risolvere problemi sono due modi attraverso cui si banalizza la complessità e anche il fascino di ogni esperienza vitale umana. Come giustamente sottolinea,  «se c’è qualcosa di davvero originale e inattuale che la filosofia ha da offrire all’uomo del terzo millennio , ciò è giustappunto una prospettiva che vada oltre l’agire tecnico finalizzato, l’intervento manipolativo sulla realtà e, dunque, l’idea stessa di efficacia.»  (ivi103) Con questa impostazione non stupirà dunque che Pollastri veda in modo estremamente critico la presenza del concetto di aiuto nella consulenza filosofica. Per Pollastri chi si concentra sull’aiutare il consulente rischia di fare semplicemente una psicoterapia mascherata e poco efficace. Concentrarsi sull’ausilio e la soluzione dei problemi posti dal consultante  «può disperdere la realtà e originale potenzialità della filosofia nel campo della considerazione dei problemi degli individui e della loro vita; può annullare la capacità di ri-orientare il pensiero e l’agire che la ri-flessione filosofica porta con sé come sua assoluta specificità; può, infine, privare gli individui e la società di quella che è forse oggi rimasta l’ultima branca del sapere svincolata dallo strabordante e acritico dominio del produrre, del finalizzare, e della tecnica.»  (ivi124) L’onnipresenza del paradigma terapeutico non deve fare sì che si dimentichi anche il rapporto sano che la filosofia può mantenere con la psicologia rettamente intesa. La psicologia cioè come ricerca di ciò che è proprio del comportamento umano che, ci ricorda Pollastri, tutti i grandi filosofi da Platone ad Aristotele, da Montaigne a Kant, hanno sempre coltivato. Come studio sull’uomo, e al pari di altre scienze umane che cercano di coglierne altre limitate ma fondamentali dimensioni (si pensi all’antropologia o alla sociologia), la psicologia va tenuta in considerazione dallo sguardo del consulente:  «Per tutti i filosofi, la psicologia è stata nient’altro che una conoscenza tra le molte che la filosofia doveva comprendere, criticare, porre nel giusto posto che a essa spettava entro una comprensione filosofica del mondo. E se i “grandi filosofi” non hanno disdegnato di occuparsi anche di psicologia , perché oggi il filosofo consulente dovrebbe temere oltremisura di fare riferimento anche a essa?”»   Posta in un orizzonte conoscitivo e non terapeutico la psicologia non è evitata, al pari di ogni altra disciplina, al consulente filosofico. Lo spazio entro cui Pollastri colloca la sua azione e la sua riflessione implica, ancor più radicalmente di Achenbach, una lettura della filosofia come del tutto connessa con la vita di ogni singolo uomo. Difficile cogliere la cesura tra questi e il filosofo. Se questa differenziazione ha sicuramente un valore indicativo, convenzionale, utile per distinguere chi ha fatto della riflessione il centro della vita, è difficile invece trovare una differenza essenziale tra costui e l’uomo comune. L’uomo è necessariamente filosofo:  «le ragioni di questa necessità sono connesse con nell’essenza fragile, limitata, mortale dell’uomo, […] è da questa necessità che deriva l’urgenza dell’uomo a porsi domande, cercare senso, aspirare alla conoscenza,-essere, cioè philo-sophos, amante del sapere.»  (ivi p.3) Ma se l’uomo è perennemente filosofo è anche perché è propria della filosofia l’incapacità di arrestarsi a un dato, a un risultato che non sia ulteriormente indagabile. La disciplina in questione così si mostra propriamente nella sua attività più che nel suo corpus di conoscenze:“  «Anche la filosofia pratica, dunque, si conclude là dove produce qualcosa di pratico per diventare altro: morale, politica, diritto.» Da questa visione se ne deduce la inapplicabilità della filosofia in generale e più specificatamente l’impossibilità di concepire la consulenza filosofica come una sorta di filosofia applicata alla vita.  «Il fatto è che la filosofia non si applica, oppure è sempre applicata: essendo amore per il sapere, è infatti qualcosa di perennemente in movimento- è un agire, un fare. E non c’è fare che non sia fare qualcosa. Quello della filosofia è il filosofare, vale a dire il cercare e ri-cercare, il ri-tornare sempre di nuovo sul problema, inappagati dall’apparente soluzione, il ri-flettere incessantemente per mettere a prova le nostre capacità di comprensione. Questo agire, che è pura e semplice filosofia, non può essere applicato perché lo è già sempre , non potendo avvenire senza un argomento, un tema, un problema e senza individui pensanti sui quali esso agisce, produce, come tutte le attività , effetti pratici concreti.»  (ibidem) Opere L' assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema hegeliano, in Studi sul pensiero di Hegel, La Città del Sole, Il pensiero e la vita. Guida alla consulenza e alle pratiche filosofiche, Apogeo Education, Consulente filosofico cercasi, Milano, Apogeo,  L’uomo è ciò che pensa. Sull’avvenire della pratica filosofica [con Davide Miccione], Di Girolamo, Trapani, Il filosofo in azienda. Pratiche filosofiche per le organizzazioni [con Paolo Cervari], Apogeo, Milano, Riccardo Tesi. Una vita a bottoni, in A viva voce, Squilibri, La consulenza filosofica. Breve storia di una disciplina atipica, in Intersezioni, Gerd Achenbach e la fondazione della pratica filosofica, in Maieusis, La consulenza filosofica tra saggezza e metodo, in“Intersezioni, 1, Razionalità del sentimento e affettività della ragione. Appunti sulle condizioni di possibilità della consulenza filosofica, in DisciplineFilosofiche, Teoria pratica” e palle di biliardo. La consulenza filosofica come mappatura dell’esistenza, in WalterBernardi eDomenicoMassaro(acuradi), La cura degli altri. La filosofia come terapia dell’anima, Universitàd egli studidi Siena, From Hegel to Improvisation. On the Method Issue in Philosophical Consultation, in José Barrientos Rastrojo (ed.), Entre Historia y Orientaciòn Filosofica, II , Sevilla, Il consulente filosofico di quartiere, in Autaut, Analisi di Pier Aldo Rovatti, La filosofia può curare?, in Phronesis, Prospettive politiche della pratica filosofica, in Humana.mente, Improvvisare la verità. Musica jazz e discorso filosofico, in Itinera, 10,  Note  Neri Pollastri, Il pensiero e la vita, Apogeo Education, Consulente filosofico cercasi, Apogeo, Neri Pollastri e Paolo Cervari, Il filosofo in azienda. Pratiche filosofiche nelle organizzazioni, Apogeo, Neri Pollastri e Davide Miccione, L'uomo è ciò che pensa: sull'avvenire della pratica filosofica, Di Girolamo, Neri Pollastri, L'assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema hegeliano, in Studi sul pensiero di Hegel, La Città del Sole,Riccardo Tesi. Una vita a bottoni, in A viva voce, Squilibri, Davide Miccione, La consulenza Filosofica, Xenia, Davide Miccione, La consulenza Filosofica, Xenia, Consulenza filosofica  Sito internet su neripollastri.it. Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica, su phronesis-cf.com.

 

civis -- political philosophy, the study of the nature and justification of coercive institutions. Coercive institutions range in size from the family to the nation-state and world organizations like the United Nations. They are institutions that at least sometimes employ force or the threat of force to control the behavior of their members. Justifying such coercive institutions requires showing that the authorities within them have a right to be obeyed and that their members have a corresponding obligation to obey them, i.e., that these institutions have legitimate political authority over their members. Classical political philosophers, like Plato and Aristotle, were primarily interested in providing a justification for city-states like Athens or Sparta. But historically, as larger coercive institutions became possible and desirable, political philosophers sought to justify them. After the seventeenth century, most political philosophers focused on providing a justification for nationstates whose claim to legitimate authority is restricted by both geography and nationality. But from time to time, and more frequently in the nineteenth and twentieth centuries, some political philosophers have sought to provide a justification for various forms of world government with even more extensive powers than those presently exercised by the United Nations. And quite recently, feminist political philosophers have raised important challenges to the authority of the family as it is presently constituted. Anarchism from Grecian an archos, ‘no government’ rejects this central task of political philosophy. It maintains that no coercive institutions are justified. Proudhon, the first self-described anarchist, believed that coercive institutions should be replaced by social and economic organizations based on voluntary contractual agreement, and he advocated peaceful change toward anarchism. Others, notably Blanqui and Bakunin, advocated the use of violence to destroy the power of coercive institutions. Anarchism inspired the anarcho-syndicalist movement, Makhno and his followers during the Russian Civil War, the  anarchists during the  Civil War, and the anarchist gauchistes during the 8 “May Events” in France. Most political philosophers, however, have sought to justify coercive institutions; they have simply disagreed over what sort of coercive institutions are justified. Liberalism, which derives from the work of Locke, is the view that coercive institutions are justified when they promote liberty. For Locke, liberty requires a constitutional monarchy with parliamentary government. Over time, however, the ideal of liberty became subject to at least two interpretations. The view that seems closest to Locke’s is classical liberalism, which is now more frequently called political libertarianism. This form of liberalism interprets constraints on liberty as positive acts i.e., acts of commission that prevent people from doing what they otherwise could do. According to this view, failing to help people in need does not restrict their liberty. Libertarians maintain that when liberty is so interpreted only a minimal or night-watchman state that protects against force, theft, and fraud can be justified. In contrast, in welfare liberalism, a form of liberalism that derives from the work of T. H. Green, constraints on liberty are interpreted to include, in addition, negative acts i.e., acts of omission that prevent people from doing what they otherwise could do. According to this view, failing to help people in need does restrict their liberty. Welfare liberals maintain that when liberty is interpreted in this fashion, coercive institutions of a welfare state requiring a guaranteed social minimum and equal opportunity are justified. While no one denies that when liberty is given a welfare liberal interpretation some form of welfare state is required, there is considerable debate over whether a minimal state is required when liberty is given a libertarian interpretation. At issue is whether the liberty of the poor is constrained when they are prevented from taking from the surplus possessions of the rich what they need for survival. If such prevention does constrain the liberty of the poor, it could be argued that their liberty should have priority over the liberty of the rich not to be interfered with when using their surplus possessions for luxury purposes. In this way, it could be shown that even when the ideal of liberty is given a libertarian interpretation, a welfare state, rather than a minimal state, is justified. Both libertarianism and welfare liberalism are committed to individualism. This view takes the rights of individuals to be basic and justifies the actions of coercive institutions as promoting those rights. Communitarianism, which derives from the writings of Hegel, rejects individualism. It maintains that rights of individuals are not basic and that the collective can have rights that are independent of and even opposed to what liberals claim are the rights of individuals. According to communitarians, individuals are constituted by the institutions and practices of which they are a part, and their rights and obligations derive from those same institutions and practices. Fascism is an extreme form of communitarianism that advocates an authoritarian state with limited rights for individuals. In its National Socialism Nazi variety, fascism was also antiSemitic and militarist. In contrast to liberalism and communitarianism, socialism takes equality to be the basic ideal and justifies coercive institutions insofar as they promote equality. In capitalist societies where the means of production are owned and controlled by a relatively small number of people and used primarily for their benefit, socialists favor taking control of the means of production and redirecting their use to the general welfare. According to Marx, the principle of distribution for a socialist society is: from each according to ability, to each according to needs. Socialists disagree among themselves, however, over who should control the means of production in a socialist society. In the version of socialism favored by Lenin, those who control the means of production are to be an elite seemingly differing only in their ends from the capitalist elite they replaced. In other forms of socialism, the means of production are to be controlled democratically. In advanced capitalist societies, national defense, police and fire protection, income redistribution, and environmental protection are already under democratic control. Democracy or “government by the people” is thought to apply in these areas, and to require some form of representation. Socialists simply propose to extend the domain of democratic control to include control of the means of production, on the ground that the very same arguments that support democratic control in these recognized areas also support democratic control of the means of production. In addition, according to Marx, socialism will transform itself into communism when most of the work that people perform in society becomes its own reward, making differential monetary reward generally unnecessary. Then distribution in society can proceed according to the principle, from each according to ability, to each according to needs. It so happens that all of the above political views have been interpreted in ways that deny that women have the same basic rights as men. By contrast, feminism, almost by definition, is the political view that women and men have the same basic rights. In recent years, most political philosophers have come to endorse equal basic rights for women and men, but rarely do they address questions that feminists consider of the utmost importance, e.g., how responsibilities and duties are to be assigned in family structures. Each of these political views must be evaluated both internally and externally by comparison with the other views. Once this is done, their practical recommendations may not be so different. For example, if welfare liberals recognize that the basic rights of their view extend to distant peoples and future generations, they may end up endorsing the same degree of equality socialists defend. Whatever their practical requirements, each of these political views justifies civil disobedience, even revolution, when certain of those requirements have not been met. Civil disobedience is an illegal action undertaken to draw attention to a failure by the relevant authorities to meet basic moral requirements, e.g., the refusal of Rosa Parks to give up her seat in a bus to a white man in accord with the local ordinance in Montgomery, Alabama, in 5. Civil disobedience is justified when illegal action of this sort is the best way to get the relevant authorities to bring the law into better correspondence with basic moral requirements. By contrast, revolutionary action is justified when it is the only way to correct a radical failure of the relevant authorities to meet basic moral requirements. When revolutionary action is justified, people no longer have a political obligation to obey the relevant authorities; that is, they are no longer morally required to obey them, although they may still continue to do so, e.g. out of habit or fear. Recent contemporary political philosophy has focused on the communitarianliberal debate. In defense of the communitarian view, Alasdair MacIntyre has argued that virtually all forms of liberalism attempt to separate rules defining right action from conceptions of the human good. On this account, he contends, these forms of liberalism must fail because the rules defining right action cannot be adequately grounded apart from a conception of the good. Responding to this type of criticism, some liberals have openly conceded that their view is not grounded independently of some conception of the good. Rawls, e.g., has recently made clear that his liberalism requires a conception of the political good, although not a comprehensive conception of the good. It would seem, therefore, that the debate between communitarians and liberals must turn on a comparative evaluation of their competing conceptions of the good. Unfortunately, contemporary communitarians have not yet been very forthcoming about what particular conception of the good their view requires. 

 

Popolo – Grice: “’Popolo’ gives ‘population,’ it gives ‘public,’ -- res publica: -- political theory, reflection concerning the empirical, normative, and conceptual dimensions of political life. There are no topics that all political theorists do or ought to address, no required procedures, no doctrines acknowledged to be authoritative. The meaning of ‘political theory’ resides in its fluctuating uses, not in any essential property. It is nevertheless possible to identify concerted tendencies among those who have practiced this activity over twenty-five centuries. Since approximately the seventeenth century, a primary question has been how best to justify the political rule of some people over others. This question subordinated the issue that had directed and organized most previous political theory, namely, what constitutes the best form of political regime. Assuming political association to be a divinely ordained or naturally necessary feature of the human estate, earlier thinkers had asked what mode of political association contributes most to realizing the good for humankind. Signaling the variable but intimate relationship between political theory and political practice, the change in question reflected and helped to consolidate acceptance of the postulate of natural human equality, the denial of divinely or naturally given authority of some human beings over others. Only a small minority of postseventeenth-century thinkers have entertained the possibility, perhaps suggested by this postulate, that no form of rule can be justified, but the shift in question altered the political theory agenda. Issues concerning consent, individual liberties and rights, various forms of equality as integral to justice, democratic and other controls on the authority and power of government  none of which were among the first concerns of ancient or medieval political thinkers  moved to the center of political theory. Recurrent tendencies and tensions in political theory may also be discerned along dimensions that cross-cut historical divisions. In its most celebrated representations, political theory is integral to philosophy. Systematic thinkers such as Plato and Aristotle, Augustine and Aquinas, Hobbes and Hegel, present their political thoughts as supporting and supported by their ethics and theology, metaphysics and epistemology. Political argumentation must satisfy the same criteria of logic, truth, and justification as any other; a political doctrine must be grounded in the nature of reality. Other political theorists align themselves with empirical science rather than philosophy. Often focusing on questions of power, they aim to give accurate accounts and factually grounded assessments of government and politics in particular times and places. Books IVVI of Aristotle’s Politics inaugurate this conception of political theory; it is represented by Montesquieu, Marx, and much of utilitarianism, and it is the numerically predominant form of academic political theorizing in the twentieth century. Yet others, e.g., Socrates, Machiavelli, Rousseau, and twentieth-century thinkers such as Rawls, mix the previously mentioned modes but understand themselves as primarily pursuing the practical objective of improving their owpolitical societies. Grice: “I always wonder how Cicero felt happy about his translation into Roman of Grecian ‘politeia.’  Indeed, the Romans preferred to use Lat. civitas as a literal transliteration of ‘politeia,” in geographical sense, SIG888.118 (Scaptopara, iii A. D.), Mitteis Chr.78.6 (iv A. D.), etc. Indeed, The Romans used ‘res publica,’  also as one word, respublica, the common weala commonwealthstaterepublic (cf. civitas); also, civil affairsadministration, or power, etc.: qui pro republicā, non pro suā obsonat, Cato ap. Ruf. 18210; cf.: “erat tuae virtutisin minimis tuas res ponerede re publicā vehementius laborare,” Cic. Fam. 4, 9, 3: “dummodo ista privata sit calamitas et a rei publicae periculis sejungatur,” id. Cat. 1, 9; cf.: “si re publicā non possis fruistultum est nolle privatā,” id. Fam. 4, 9, 4: “egestates tot egentissimorum hominum nec privatas posse res nec rem publicam sustinere,” id. Att. 9, 7, 5 (v. publicus); Cato ap. Gell. 10, 14, 3: auguratum est, rem Romanam publicam summam fore, Att. ap. Cic. Div. 1, 22, 45: “quo utiliores rebus suis publicis essent,” Cic. Off. 1, 44, 155: “commutata ratio est rei totius publicae,” id. Att. 1, 8, 4: pro republicā niti, Cato ap. Charis. p. 196 fin.: “merere de republicā,” Plaut. Am. prol. 40: “de re publicā disputatio . . . dubitationem ad rem publicam adeundi tollereetc.,” Cic. Rep. 1, 7, 12: “oppugnare rem publicam,” id. Cael. 1, 1id. Har. Resp. 8, 15id. Sest. 23, 52: “paene victā re publicā,” id. Fam. 12, 13, 1: “delere rem publicam,” id. Sest. 15, 33Lact. 6, 18, 28.—Esp. in the phrase e re publicā, for the good of the Statefor the public benefit: “senatūs consultis bene et e re publicā factis,” Cic. Phil. 3, 12, 30: “ea si dicam non esse e re publicā dividi,” id. Fam. 13, 8, 2id. Mil. 5, 14Liv. 8, 4, 1225, 7, 434, 34, 9Suet. Rhet. 1 init.—Post-class. and rare, also ex republicā, Gell. 6, 3, 4711, 9, 1; “but exque is used for euphony (class.): id eum recte atque ordine exque re publicā fecisse,” Cic. Phil. 3, 15, 385, 13, 3610, 11, 26.— In plur.: “eae nationes respublicas suas amiseruntCGracchapFestshvp. 286 Müll.: hoc loquor de tribus his generibus rerum publicarum,” Cic. Rep. 1, 28, 44: “circuitus in rebus publicis commutationum,” id. ib. 1, 29, 45 et saep.— At times, Grice preferred to stick with the more literal, ‘civitas.’ cīvĭtas , ātis ( I.gen. plur. civitatium, Cic. Rep. 1, 34, 51; id. Leg. 2, 4, 9; Caes. B. G. 4, 3; 5, 22; Sall. C. 40, 2; Liv. 1, 17, 4; 2, 6, 5; 33, 20, 11 Drak.; 42, 30, 6; 42, 44, 1; 45, 34, 1; Vell. 2, 42, 2; Quint. 2, 16, 4 N. cr.; Suet. Tit. 8 Oud.; Cornut. ap. Charis. p. 100 P.; cf. Varr. L. L. 8, § 66; Prisc. p. 771 P.; Neue, Formenl. 1, 268), f. civis. I. Abstr., the condition or privileges of a (Roman) citizen, citizenship, freedom of the city (upon its conditions, v. Zimmern, Rechtsgesch. 2, § 123 sq.; “Dict. of Antiq. p. 260 sqq.): Cato, cum esset Tusculi natus, in populi romani civitatem susceptus est: ita, cum ortu Tusculanus esset, civitate Romanus, etc.,” Cic. Leg. 2, 2, 5: “donare aliquem civitate,” id. Balb. 13, 20; Suet. Caes. 24; 42; 76; id. Aug. 47; id. Tib. 51; id. Ner. 24: “dare civitatem alicui,” Cic. Arch. 4, 7; 5, 10; Liv. 1, 28, 7; 8, 14, 8; Suet. Aug. 40; id. Galb. 14: accipere aliquem in civitatem, Cic. Off. 1, 11, 35: “adsciscere in civitatem,” Liv. 6, 40, 4: “ascribere aliquem in civitatem,” Cic. Arch. 4, 6: “aliquem foederatis civitatibus ascribere,” id. ib. 4, 7: “in aliis civitatibus ascriptus,” id. ib. 5, 10: “assequi,” Tac. A. 11, 23: “consequi,” Cic. Balb. 13, 31: “deponere,” id. Caecin. 34, 100: “decedere de civitate,” id. Balb. 5, 11: “dicare se civitati,” id. ib. 11, 28: “in civitatem,” id. ib. 12, 30: “eripere,” id. Caecin. 34, 99: “habere,” id. Balb. 13, 31: “impertiri civitatem,” id. Arch. 5, 10: “furari civitatem,” id. Balb. 2, 5: “petere,” Suet. Caes. 8: “Romanam assequi,” Tac. A. 11, 23: “adipisci,” Suet. Aug. 40: “Romanam usurpare,” id. Calig. 38; id. Claud. 25: “amittere civitatem,” Cic. Caecin. 34, 98: “adimere,” id. ib.; Suet. Caes. 28: “petere,” id. ib. 8: “negare,” id. Aug. 40: “jus civitatis,” Cic. Caecin. 34, 98; id. Arch. 5, 11: “recipere aliquem in civitatem,” id. Caecin. 34, 100; id. Arch. 10,22; id. Balb. 13, 31: “relinquere,” id. Caecin. 34, 100: “retinere civitatem,” id. Balb. 12, 30: “retinere aliquem in civitate,” id. Lig. 11, 33: “ademptio civitatis,” id. Dom. 30, 78: “commemoratio,” Cic. Verr. 2, 5, 62, § 162: “nomen,” id. ib.: “ereptor,” id. Dom. 30, 81.— B. Trop.: “ut oratio Romana plane videatur, non civitate donata,” Quint. 8, 1, 3; cf.: “civitate Romanā donare agricolationem,” Col. 1, 1, 12: “verbum hoc a te civitate donatum,” naturalized, Gell. 19, 3, 3; Sen. Ep. 120, 4; id. Q. N. 5, 16, 4.—More freq., II. Concr., the citizens united in a community, the bodypolitic, the state, and as this consists of one city and its territory, or of several cities, it differs from urbs, i.e. the compass of the dwellings of the collected citizens; “but sometimes meton., = urbs, v. B.: concilia coetusque hominum jure sociati, quae civitates appellantur,” Cic. Rep. 6, 13, 13: “tum conventicula hominum, quae postea civitates nominatae sunt, tum domicilia conjuncta, quas urbes dicimus, etc.,” id. Sest. 42, 91; cf.: omnis populus, qui est talis coetus multitudinis, qualem exposui; omnis civitas, quae est constitutio populi; “omnis res publica, quae populi res est, etc.,” id. Rep. 1, 26, 41: “quia sapiens non sum, nec haec urbs nec in eā civitas ... non dubitavisset, quin et Roma urbs (esset), et eam civitas incoleret,” id. Ac. 2, 45, 137: “aucta civitate magnitudine urbis,” Liv. 1, 45, 1: “Orgetorix civitati persuasit, ut de finibus suis cum omnibus copiis exirent,” Caes. B. G. 1, 2 Oud.; so id. ib. 1, 4; 1, 19; 1, 31; cf. Sisenn. ap. Non. p. 429, 15: “civitates aut nationes devictae,” Cic. Off. 1, 11, 35; Sall. C. 31, 1; Liv. 21, 1, 2: “io triumphe non semel dicemus civitas omnis,” Hor. C. 4, 2, 51; cf. id. Epod. 16, 36 and 18: “cum civitas in foro exspectatione erecta staret,” Liv. 3, 47, 1; so id. 2, 37, 5; 26, 18, 6; 34, 41, 1; Tac. A. 3, 11; Suet. Calig. 6; id. Tib. 17; 42: “civitates aut condere novas aut conservare jam conditas,” Cic. Rep. 1, 7, 12; id. Sull. 9, 28; id. Rep. 1, 8, 13; 1, 3, 5: “omnis civitas Helvetia in quattuor pagos divisa est,” Caes. B. G. 1, 12: “quae pars civitatis Helvetiae, etc.,” id. ib.: “non longe a Tolosatium finibus, quae civitas est in provinciā,” id. ib. 1, 10: “Ubii, quorum fuit civitas ampla atque florens,” id. ib. 4, 3: “Rhodiorum civitas, magna atque magnifica,” Sall. C. 51, 5; cf. id. J. 69, 3: “Heraclea quae est civitas aequissimo jure ac foedere,” Cic. Arch. 4, 6 et saep.: “administrare civitatem,” id. Off. 1, 25, 88: “mutari civitatum status,” id. Leg. 3, 14, 32; so, “civitatis status,” Quint. 6, 1, 16; 11, 1, 85: “(legibus) solutis stare ipsa (civitas) non possit,” id. 11, 1, 85: “lege civitatis,” id. 12, 10, 26; cf. id. 5, 10, 25: “mos civitatis,” id. 10, 1, 107; 12, 3, 7; 1, 2, 2.—Of Plato's ideal republic: “si in illā commenticiā Platonis civitate res ageretur,” Cic. de Or. 1, 53, 230.— 2. Trop.: “civitas caelitum,” Plaut. Rud. prol. 2: “ut jam universus hic mundus una civitas sit communis deorum atque hominum existimanda,” Cic. Leg. 1, 7, 23.— B. Meton., = urbs, a city (rare and mostly post-Aug.; not in Cic. or Cæs.): civitatem incendere, Enn. ap. Non. p. 429, 5 (Trag. 382 Vahl.): “cum errarem per totam civitatem,” Petr. 8, 2; cf. id. 8, 141 fin.: “Lingonum,” Tac. H. 1, 54; 1, 64: “ab excidio civitatis,” id. ib. 1, 63; “1, 69: circumjectae civitates,” id. ib. 3, 43: “muri civitatis,” id. ib. 4, 65; id. A. 6, 42: “pererrata nocturnis conversationibus,” Sen. Ben. 6, 32, 1: “expugnare civitatem,” Quint. 8, 3, 67; cf.: “expugnandae civitates,” id. 12, 9, 2: “plurimas per totum orbem civitates, terrae motu aut incendio afflictas restituit in melius,” Suet. Vesp. 17; cf. id. Tit. 8; id. Tib. 84 fin.; Lact. 2, 7, 19.— 2. Esp., the city, i. e. Rome and its inhabitants, Tac. H. 1, 19; 2, 92; 4, 2.

 

pro-epi distinction, the: polysyllogism: a series of syllogisms connected by the fact that the conclusion of one syllogism becomes a premise of another. The syllogism whose conclusion is used as a premise in another syllogism within the chain is called the pro-syllogism; the syllogism is which the conclusion of another syllogism within the chain is used as a premise is called the epi-syllogism. To illustrate, take the standard form of the simplest polysyllogism: “All  B is A,”All C is B, “All C is A,” “All C is A,” “ All D is C,” “All D is A. The first member of this polysyllogism is the pro-syllogism, since its conclusion occurs as a premise in the epi-syllogism. Grice: “Part of the charm of my conversations with Strawson was that they were polysyllogistical, my episyllogism invariably following his prosyllogism.””Part of the charm of my conversations with Strawson was that they were polysyllogistical, my episyllogism explicating at what his prosyllogism merely hinted.” Refs.: Grice, “Robbing peter to pay paul.”

 

pomis: David de Pomis (Spoleto), filosofo. Apparteneva ad un'antica famiglia ebraica romana che affermava di essere giunta in Italia alla fine del primo secolo condottavi da Tito dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Da Roma la famiglia si era trasferita a Spoleto dopo il 1260 a causa della tragica fine del rabbino Elia de' Pomis, condannata al rogo dall'Inquisizione.  David ebbe la sua prima educazione dal padre che lo avrebbe voluto coinvolto nella propria attività di banchiere. Ricevette quindi i primi elementi di medicina e filosofia dai suoi zii Rabbi Jehiel (Vitale) e Moses Alatino a Todi, dove si era andato a vivere con la famiglia. Sii trasferì a Perugia dove per sei anni studiò medicina e filosofia, fino alla laurea conseguita il 27 novembre 1551 davanti ad una commissione presieduta da Pietro Vermiglioni e Francesco Colombo.  Fu rabbino e medico a Magliano Sabino vicino a Roma, ma per l'editto di Papa Paolo IV che proibiva nel 1555 ai medici ebrei di frequentare i cristiani, si trasferì da una città all'altra in Italia. Fu dapprima accolto dal conte Niccolò Orsini che per cinque anni gli permise di esercitare la professione medica a Pitigliano, Sorano e Sovana. Poi per tre anni fu al servizio della famiglia Sforza a Santa Fiora. Pomis decise quindi nel 1565 di appellarsi direttamente al papa Pio IV (1559-65) perché gli fosse concesso di rientrare a Roma ed avere pazienti cristiani. Il permesso gli fu accordato ma subito revocato dal successore Pio V. Pomis si trasferì allora ad Ancona e infine a Venezia dove divenne il medico personale del doge Alvise I Mocenigo e poté operare anche presso la popolazione cristiana. Pomis rimase a Venezia anche quando Sisto V revocò il bando dei suoi predecessori, ed è a Venezia che egli pubblicò la maggior parte delle sue opere.  Il primo lavoro ad essere pubblicato fu una traduzione in lingua italiana dell'Ecclesiaste (L’Ecclesiaste di Salomone), cui fece seguito l'anno seguente un commentario al libro stesso in forma di trattato morale (Discorso intorno a l’humana miseria e sopr’al modo di fuggirla).  Seguirono altre opere rimaste in forma manoscritta nella quale si affrontano argomenti legati all'attualità politica, alla guerra con l'Impero Ottomano e al sogno di Pomis di veder aperta per gli ebrei la possibilità di un ritorno in Palestina.  Dopo alcuni trattati di medicina (Brevi discorsi,  Enarratio brevis, de senum affectibus), Pomis diede alle stampe le sue opere più famose, a cominciare dallo Tzemach David (1587), dizionario trilingue ebraico, latino e italiano (Venezia, 1587). L'opera, dedicata a Papa Sisto V, rappresenta un'assoluta novità nel panorama della letteratura ebraica. L'intento dell'autore (cui erano egualmente familiare la cultura classica e quella ebraica) era quello di aiutare gli studiosi ebrei allo studio dell'ebraico e e quelli cristiani allo studio dell'ebraico, e creare così occasioni di incontro e di confronto. Per ogni lemma è offerta una spiegazione in ebraico e latino, con note esplicative in italiano che contengono aneddoti e informazioni varie, storiche e scientifiche, sulla storia dell'ebraismo. Nella prefazione sono incluse la genealogia e l'autobiografia dell'autore.  Nel suo libretto De medico hebraeo enarratio apologetica (Venezia, 1588) David de' Pomis confuta le accuse mosse contro gli ebrei e i medici ebrei, in particolare da una bolla di Gregorio XIII. Egli sottolinea che secondo la Bibbia e gli scritti rabbinici un medico ebreo deve dare aiuto a ogni sofferente e cita numerosi casi di medici ebrei che si erano distinti per il loro lavoro e la loro lealtà. L'autore offre una selezione amplissima di fonti sia ebraiche che cristiane; e in appendice presenta una traduzione latino di alcune parti del Pirke Abot.  Di altre opere del De Pomis, citate nei suoi scritti, restano purtroppo solo i titoli, essendo andate perdute.  Nel 1593 Pomis fu in trattative con il Duca di Toscana Ferdinando I de' Medici per un possibile trasferimento a Pisa come insegnante di medicina o ebraico, ma la cosa non ebbe seguito. Pomis rimase a Venezia, dove morì. Opere (parziale) L’Ecclesiaste di Salomone (Venetia: apresso Giordano Ziletti) Discorso intorno a l’humana miseria e sopr’al modo di fuggirla (Venetia, appresso Giordano Ziletti e compagni. Breve discorso nel quale se dimostra la maestà divina haver particolar cura e custodia della republica Venetiana e che li oderni di essa sono nel publico governo alle divine Mosaice constitutioni conformi (Modena, Biblioteca Estense, Fondo estense, Italiano) Discorso meraviglioso di David de Pomis, fisico ebreo, sopra la guerra promossa da Selim, imperator de’ Turchi (Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, ms. A 428). Espositione sopra Daniele (in ebraico) (Budapest, Accademia magiara delle Scienze, ms. Kaufmann, Brevi discorsi (Venetia: appresso Gratioso Perchacino) Zemach David (Venetiis: apud Ioannem de Gara,) De Medico Hebræo Enarratio Apologica (Venetiis: apud Ioannem Variscum) Enarratio brevis, de senum affectibus (Venetiis: apud Ioannem Variscum, 1588) Note  La data  riportata in molte fonte, si basa su un calcolo errato della corrispondenza tra calendario ebraico e calendario giuliano. In una lettera conservata all'Archivio di Stato di Firenze (Mediceo del Principato,  840, f. 882r) lo stesso Pomis afferma esplicitamente di essere "nasciuto nel 24".  O. Scalvanti, "Lauree in Medicina di studenti israeliti a Perugia nel secolo XVI", Annali della facoltà di giurisprudenza, Moses A. Shulvass, The Jews in the World of Renaissance, Leiden: Brill, 1973.  A. D. Berns, The Bible and natural philosophy in Renaissance Italy, Cambridge, Rabbini italiani.  Shimeon Brisman, A History and Guide to Judaic Dictionaries and Concordances, KTAV, Heinrich Graetz, History of the Jews: From the Rise of the Kabbala to the Permanent Settlement of the Marranos in Holland (rist. Philadelphia: Jewish Publication Society of America, John Watkins, An Universal Biographical and Historical Dictionary, R. Phillips, 1800.  David de Pomis, Jewish Virtual Library David de Pomis, in Dizionario biografico degli italiani, Treccani.it David de Pomis, Jewish Encyclopedia David de Pomis, Rabbini italiani. David de Pomis, in Encyclopedia of Renaissance Philosophy

 

pomponazzi: important Italian philosopher. an Aristotelian who taught at the universities of Padua and Bologna. In De incantationibus “On Incantations,” he regards the world as a system of natural causes that can explain apparently miraculous phenomena. Human beings are subject to the natural order of the world, yet divine predestination and human freedom are compatible De fato, “On Fate.” Furthermore, he distinguishes between what is proved by natural reason and what is accepted by faith, and claims that, since there are arguments for and against the immortality of the human individual soul, this belief is to be accepted solely on the basis of faith De immortalitate animae, “On the Immortality of the Soul,” He defended his view of immortality in the Apologia and in the Defensorium 1519. These three works were reprinted as Tractatus acutissimi 1525. Pomponazzi’s work was influential until the seventeenth century, when Aristotelianism ceased to be the main philosophy taught at the universities. The eighteenth-century freethinkers showed new interest in his distinction between natural reason and faith. P.Gar. pons asinorum Latin, ‘asses’ bridge’, a methodological device based upon Aristotle’s description of the ways in which one finds a suitable middle term to demonstrate categorical propositions. Thus, to prove the universal affirmative, one should consider the characters that entail the predicate P and the characters entailed by the subject S. If we find in the two groups of characters a common member, we can use it as a middle term in the syllogistic proof of say ‘All S are P’. Take ‘All men are mortal’ as the contemplated conclusion. We find that ‘organism’ is among the characters entailing the predicate ‘mortal’ and is also found in the group of characters entailed by the subject ‘men’, and thus it may be used in a syllogistic proof of ‘All men are mortal’. To prove negative propositions we must, in addition, consider characters incompatible with the predicate, or incompatible with the subject. Finally, proofs of particular propositions require considering characters that entail the subject. Pietro Pomponazzi   Pietro Pomponazzi Pietro Pomponazzi, noto anche col soprannome di Peretto Mantovano. (Mantova0,  filosofo. Di famiglia agiata. Si iscrive a Padova, dove frequenta le lezioni di Francesco Securo da Nardò, Riccobonella e Trapolino, laureandosi come Magister atrium, è professore di filosofia nello stesso ateneo e ottiene la cattedra di filosofia naturale dopo la morte del suo maestro Vernia, massimo esponente dell'averroismo locale, di spirito laico e spregiudicato sino alla miscredenza.  A Padova pubblica il trattato De maximo et minimo, in polemica con le teorie di Guglielmo Heytesbury. Passa poi a Carpi per insegnare logica alla corte di Alberto III Pio, principe di Carpi, seguendolo nel suo esilio a Ferrara. Nel frattempo sposa a Mantova Cornelia Dondi, dalla quale ha due figlie.  Morto Vernia, e succeduto a lui, rimane poi vedovo nel 1507 e si risposa con Ludovica di Montagnana. Chiude lo studio di Padova nel 1509 e si trasferisce a Ferrara dove redige un commento al De anima aristotelico. Questo avviene in seguito all'occupazione di Padova da parte della Lega di Cambrai nella guerra con la Repubblica veneziana. Quando Venezia rioccupa la città il mese dopo, le lezioni universitarie vengono sospese ed egli, con altri insegnanti, lascia la città trasferendosi, come si è visto, a Ferrara su invito di Alfonso I d'Este per insegnare nella locale università. Chiusa anche questa nel 1510, si trasferisce a Mantova e 'Bologna. Nuovamente vedovo, si risposa con Adriana della Scrofa. A Bologna scrive le opere maggiori, il Tractatus de immortalitate animae, il De fato e il De incantationibus, oltre a commenti delle opere di Aristotele, conservati grazie agli appunti dei suoi studenti.  Il Tractatus de immortalitate animae, del 1516, in cui sostiene che l'immortalità dell'anima non può essere dimostrata razionalmente, fece scandalo: attaccato da più parti, il libro è pubblicamente bruciato a Venezia. Denunciato dall'agostiniano Ambrogio Fiandino per eresia, la difesa del cardinale Pietro Bembo gli permette di evitare terribili conseguenze ma  è condannato da papa Leone X a ritrattare le sue tesi. Pomponazzi non ritratta ma si difende con la sua Apologia del 1518 e con il Defensorium adversus Augustinum Niphum del 1519, una risposta al De immortalitate animae libellus di Agostino Nifo, in cui sostiene la distinzione tra verità di fede e verità di ragione, idea ripresa da Ardigò.  Queste controversie gli impediscono di pubblicare due opere che aveva completato: il De naturalium effectuum causis sive de incantationibus e i Libri quinque de fato, de libero arbitrio et de praedestinatione, pubblicati postumi rispettivamente nel 1556 e 1557, con alcune modifiche, a Basilea, da Guglielmo Grataroli. Evita ogni problema teologico pubblicando il De nutritione et augmentatione, il De partibus animalium e il De sensu.  Malato di calcoli renali, stende il proprio testamento  e muore l'anno dopo. Secondo i suoi allievi  Brocardo ed Strozzi egli si sarebbe suicidato. Il De immortalitate animae  Aristotele nella Scuola di Atene di Raffaello Per Aristotele l'anima è l'atto (entelechia) primo di un corpo che ha la vita in potenza, è la sostanza che realizza le funzioni vitali del corpo. Tre sono le funzioni dell'anima: la funzione vegetativa per la quale gli esseri vegetali, animali e umani si nutrono e si riproducono; la funzione sensitiva per la quale gli esseri animali e umani hanno sensazioni e immagini; la funzione intellettiva, per la quale gli esseri umani comprendono.  L'intelletto è la capacità di giudicare le immagini fornite dai sensi. L'atto dell'intendere si identifica con l'oggetto intelligibile, cioè con la sostanza dell'oggetto, ossia con la verità.  Aristotele distingue l'intelletto potenziale o possibile o passivo, che è la capacità umana di intendere, dall'intelletto attuale o attivo o agente, che è la luce intellettuale. Quest'ultimo contiene in atto tutti gli intelligibili, e agisce sull'intelletto potenziale comel'esempio è di Aristotelela luce mostra, mette in atto i colori che al buio non sono visibili ma pure esistono e dunque sono in potenza: l'intelletto agente mette in atto le verità che nell'intelletto potenziale sono soltanto in potenza. L'intelletto agente è separato, non composto, impassibile, per sua essenza atto…separato, esso è solo quel che è realmente, e questo solo è immortale ed eterno.  Che ne è dunque dell'anima? Nella Metafisica Aristotele dice solo che "Bisogna esaminare se la forma esista anche dopo la dissoluzione del composto; per alcune cose nulla lo impedisce, come, ad esempio nel caso dell'anima, ma non dell'anima nella sua interezza, bensì dell'intelletto, poiché è forse impossibile l'esistenza separata dell'anima intera".  L'aristotelismo a Padova si era diviso in due correnti fondamentali, gli averroisti e gli alessandrini, seguaci questi delle interpretazioni aristoteliche di Alessandro di Afrodisia.  Averroè, secondo una concezione influenzata dal platonismo, sosteneva l'unicità e la trascendenza non solo dell'intelletto agente, ma anche dell'intelletto potenziale, che per lui non appartiene ai singoli uomini ma è unico e comune all'intera specie umana. .  La dottrina di Alessandro mantiene l'unicità dell'intelletto agente, che egli fa coincidere con Dio, ma attribuisce a ciascun uomo un intelletto potenziale individuale, mortale insieme con il corpo.Aquino ritratto dal Beato Angelico Infine, va ricordato che per Tommaso d'Aquino nell'uomo è presente un'unica anima per sua natura (simpliciter) immortale, ma per un certo aspetto (secundum quid) mortale, in quanto anche legata alle funzioni più materiali dell'essere umano.  Il Trattato dell'immortalità dell'anima, edito a Bologna il 6 novembre 1516, trae spunto da una discussione con il domenicano Girolamo Raguseo il quale, avendo il Pomponazzi sostenuto che la teoria di Tommaso sull'anima non si accorda con quella aristotelica, lo aveva pregato di provare le sue affermazioni mediante prove puramente razionali.  "Fecero bene gli antichi a porre l'uomo tra le cose eterne e quelle temporali, cosicché egli, né puramente eterno né semplicemente temporale, partecipa delle due nature e stando a metà fra loro, può vivere quella che vuole. Così, alcuni uomini sembrano dei perché, dominando il proprio essere vegetativo e sensitivo, sono quasi completamente razionali. Altri, sommersi nei sensi, sembrano bestie. Altri ancora, uomini nel vero senso della parola, vivono mediamente secondo la virtù, senza concedersi completamente né all'intelletto e né ai piaceri del corpo."  L'uomo dunque, "è di natura non semplice ma molteplice, non determinata ma bifronte (ancipitis), media fra il mortale e l'immortale"ref>Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo I, 5. e questa medietà non è il provvisorio incontro di due nature, una corporea e l'altra spirituale, che si divideranno con la morte, ma è la dimostrazione della reale unità dell'uomo: "La natura procede per gradi: i vegetali hanno un poco di anima, gli animali hanno i sensi e una certa immaginazione…alcuni animali arrivano a costruirsi case e a organizzarsi civilmente tanto che molti uomini sembrano avere un'intelligenza molto inferiore alla loro…vi sono animali intermedi fra la pianta e la bestia, come la spugna…della scimmia non sai se sia uomo o bruto, analogamente l'anima intellettiva è media fra il temporale e l'eterno."  Polemizza con Averroè che ha scisso dalla naturale unità umana il principio razionale da quello sensitivo e con Tommaso d'Aquino, rilevando che l'anima, essendo unica, non può avere due modi di intendere, uno dipendente e un altro indipendente dalle funzioni del corpo; la dipendenza dell'intelligenza dalla fantasia, che dipende a sua volta dai sensi, lega l'anima indissolubilmente al corpo e ne fa seguire lo stesso destino di morte. È capovolta la tesi fondamentale di Tommaso: per Pomponazzi l'anima è per sé mortale e secundum quid, in un certo senso, immortale, e non il contrario, perché "nobilissima fra le cose materiali e al confine con le immateriali, profuma di immortalità ma non in senso assoluto" (aliquid immortalitatis odorat, sed non simpliciter).E ricorda che per Aristotele l'anima non è creata da Dio, "Un uomo infatti è generato da un uomo e anche dal sole".  Riguardo al problema del rapporto fra ragione e fede, per Pomponazzi solo la fede, non le ragioni naturali, può affermare l'immortalità dell'anima e "coloro che camminano per le vie dei credenti sono fermi e saldi", mentre per quanto attiene i problemi etici che la mortalità dell'anima potrebbe suscitare, afferma che per comportarsi virtuosamente non è affatto necessario credere all'immortalità dell'anima e alle ricompense ultraterrene, perché la virtù è premio a sé stessa e chi afferma che l'anima è mortale salva il principio della virtù meglio di chi la considera immortale, perché la speranza di un premio e il terrore della pena provoca comportamenti servili contrari alla virtù.  Il Tractatus provocò clamore e polemiche alle quale rispose nel 1518, ribadendo le sue tesi con l'Apologia, dove nel primo libro risponde alle critiche amichevoli del suo allievo e futuro cardinale Gaspare Contarini e negli altri due al domenicano Vincenzo Colzade e all'agostiniano Ambrogio Fiandino. Replica con il Defensorium adversus Agostinum Niphum alle critiche di Nifo, professore di filosofia nell'Padova. La critica dei miracoli. Il medico mantovano Ludovico Panizza avrebbe chiesto a Pomponazzi se possono esserci cause soprannaturali di eventi naturali, in contrasto con le affermazioni di Aristotele, e se si debba ammettere l'esistenza di demoni, come sostiene la Chiesa, anche per spiegare molti fenomeni che si sono verificati.  Per Pomponazzi "dobbiamo spiegare questi fenomeni con cause naturali, senza ricorrere ai demoni…è ridicolo lasciare l'evidenza per cercare quello che non è né evidente né credibile". D'altra parte, poiché l'intelletto percepisce dati sensibili, un puro spirito non potrebbe esercitare un'azione qualunque su qualcosa di materiale: gli spiriti non possono entrare in contatto con il nostro mondo; "in realtà vi sono uomini che, pur agendo per mezzo della scienza, hanno prodotto effetti che, mal compresi, li hanno fatti ritenere opera di santi o di maghi, com'è successo con Pietro d'Abano o con Cecco d'Ascoli…altri, ritenuti santi dal volgo che pensava avessero rapporti con gli angeli…erano magari dei mascalzoni…io credo che facessero tutto questo per ingannare il prossimo".  Ma, a parte casi di incomprensione o di malafede, è possibile che fenomeni mirabolanti abbiano la loro causa nell'influsso degli astri: "È assurdo che i corpi celesti, che reggono tutto l'universo…non possano produrre effetti che di per sé sono nulla considerando l'insieme dell'universo". Cause naturali, comunque, secondo la scienza del tempo: il determinismo astrologico governa anche le religioni: "al tempo degli idoli non c'era maggior vergogna della croce, nell'età successiva non c'è nulla di più venerato...ora si curano i languori con un segno di croce nel nome di Gesù, mentre un tempo ciò non accadeva perché non era giunta la Sua ora".  Ogni religione ha i suoi miracoli "quali quelli che si leggono e si ricordano nella legge di Cristo ed è logico, perché non ci possono essere profonde trasformazioni senza grandi miracoli. Ma non sono miracoli perché contrari all'ordine dei corpi celesti ma perché sono inconsueti e rarissimi".  Nessun fenomeno ha dunque cause non naturali: l'astrologo che abbia colto la natura delle forze celesti, può spiegare tanto le cause di fenomeni che sembrano soprannaturali che realizzare opere straordinarie che il popolino considererà miracolose solo perché incapace di individuarne la causa. L'ignoranza del volgo è del resto sfruttata da politici e da sacerdoti per tenerlo in soggezione, presentandosi ad esso come personaggi straordinari o addirittura inviati da Dio stesso.  Inoltre Pomponazzi sostiene la sua tesi conducendo un discorso di questo tipo:"se Dio ha creato l'universo ponendo su di esso leggi fisiche precise, sarebbe paradossale che egli stesso agisse contro queste leggi utilizzando eventi sovrannaturali come i miracoli". Per Pomponazzi appunto l'universo è controllato e determinato dall'agire degli astri e Dio agisce indirettamente muovendo questi ultimi; Pomponazzi sviluppa quindi una concezione dell'universo deterministica.  Il destino dell'uomo Se tali sono le forze che governano il mondo, se anche i fenomeni soprannaturali hanno una spiegazione nell'esistenza di forze naturali così potenti, esiste ancora una libertà nelle scelte individuali dell'uomo? In Dio, conoscenza e causa delle cose coincidono e dunque egli è veramente libero; l'uomo si esprime invece in un mondo dove tutto è già determinato. Rifiutato il contingentismo di Alessandro di Afrodisia, che salva la libertà umana criticando gli stoici per i quali non esiste né contingenza né libertà umana, Pomponazzi è costretto dalla sua concezione strettamente deterministica, ove tutto è regolato da forze naturali superiori all'uomo, a propendere per l'impossibilità del libero arbitrio:"...l'argomento è per me difficilissimo. Gli stoici sfuggono facilmente alle difficoltà facendo dipendere da Dio l'atto di volontà. Per questo l'opinione stoica appare molto probabile".  Nel cristianesimo c'è maggiore difficoltà a risolvere il problema del libero arbitrio e della predestinazione: "Se Dio odia ab aeterno i peccatori e li condanna, è impossibile che non li odi e non li condanni; e questi, così odiati e reietti, è impossibile che non pecchino e non si perdano. Che rimane, allora, se non una somma crudeltà e ingiustizia divina, e odio e bestemmia contro Dio? E questa è una posizione molto peggiore di quella stoica. Gli stoici dicono infatti che Dio si comporta così perché la necessità e la natura lo impongono. Secondo il cristianesimo il fato dipende invece dalla cattiveria di Dio, che potrebbe fare diversamente ma non vuole, mentre secondo gli stoici Dio fa così perché non può fare altrimenti".  Conclusioni  Lo scrittore Matteo Bandello Chiamato anche Peretto per la piccola statura, secondo Matteo Bandello (Novelle). Pietro Pomponazzi "era un omicciolo molto piccolo, con un viso che nel vero aveva più del giudeo che del cristiano e vestiva anco ad una certa foggia che teneva più del rabbi che del filosofo, e andava sempre raso e toso; parlava anche in certo modo che parea un giudeo tedesco che volesse imparar a parlar italiano". Ma lo storico Paolo Giovio dirà che egli "esponeva Aristotele e Averroè con voce dolce e limpidissima; il suo discorso era preciso e pacato nella trattazione, mobile e concitato nella polemica; quando poi giungeva a definire e a trarre le conclusioni, era così grave e posato che gli studenti dai loro posti potevano annotarsi le spiegazioni".  Per nulla tenero con gli uomini di chiesa, "isti fratres truffaldini, domenichini, franceschini, vel diabolini" riassumeva il suo spirito ironico e motteggiante consigliando "alla filosofia credete fin dove vi detta la ragione, alla teologia credete quel che vogliono i teologi e i prelati con tutta la chiesa romana, perché altrimenti farete la fine delle castagne" ma fu serio e senza compromessi nelle sue convinzioni scrivendo nel De fato che "Prometeo è il filosofo che, nello sforzo di scoprire i segreti divini, è continuamente tormentato da pensieri affannosi, non ha sete, non ha fame, non dorme, non mangia, non spurga, deriso, dileggiato, insultato, perseguitato dagli inquisitori, ludibrio del volgo. Questo è il guadagno dei filosofi, questa la loro ricompensa". Epperò i filosofi sono per lui "come Dei terreni, tanto lontani dagli altri come gli uomini veri lo sono dalle figure dipinte" e lui sarebbe pronto, per amore della verità, anche a "ritrattare quel che ho detto. Chi dice che polemizzo per il gusto di contrastare, mente. In filosofia, chi vuol trovare la verità, dev'essere eretico".   Aristotele, Metafisica, Trattato sull'immortalità dell'anima, Trattato sull'immortalità dell'anima. Trattato sull'immortalità dell'anima, CAristotele, Fisica, IPietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo VII.  Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo XV.  Testi De naturalium effectuum causis sive de incantationibus, trad. Innocenti, Firenze, La Nuova Italia, Trattato sull'immortalità dell'anima, Vittoria Perrone Compagni, Firenze, Olschki, Il fato, il libero arbitrio e la predestinazione in cinque libri, Vittoria Perrone Compagni, Torino, Aragno, Tutti i trattati peripatetici, F.P. Raimondi e J.M.G. Valverde, Milano, Bompiani, . Studi Giovanni Di Napoli, L'immortalità dell'anima nel Rinascimento, Torino, S. E. I.,  Bruno Nardi, Studi su Pietro Pomponazzi, Firenze, Le Monnier, Nicola Badaloni, Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma, Bari, Laterza, 1Giancarlo Zannier, Ricerche sulla diffusione e fortuna del «De Incantationibus» di Pomponazzi, Firenze, La Nuova Italia, Eugenio Garin, Aristotelismo veneto e scienza moderna, Padova, Antenore, Paola Zambelli, L'ambigua natura della magia, Milano, Il Saggiatore,  Cuttini Elisa, Unità e pluralità nella tradizione europea della filosofia pratica di Aristotele. Girolamo Savonarola,  e Filippo Melantone, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, Ramberti Rita, Il problema del libero arbitrio nel pensiero di Pietro Pomponazzi, Firenze, Olschki,  Marco Sgarbi, Pietro Pomponazzi. Tra tradizione e dissenso, Firenze, Olschki, . Pasquale Vitale,Un aristotelismo problematico: il «De fato» di Pietro Pomponazzi, in Aristotele si dice in tanti modi, Rivista di filosofia «Lo sguardo»,Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  PEnciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. PEnciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  PDizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Pietro Pomponazzi, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Pietro Pomponazzi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Pietro Pomponazzi, Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.   (latinizz. Petrus Pomponatius), in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Vittoria Perrone Compagni, Pomponazzi, Pietro, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .Craig Martin, in Edward N. Zalta , Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information, Stanford. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Shropshire and Pomponazzi on the immortality of the soul," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

pontara: Grice: “I like Pontara: he wrote a whole essay on Kant’s problem about the reduction of the categorical to the the prudential imperative, “Se il filne giustifica i mezzi.”” Giuliano Pontara (Cles), filosofo. Uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale.  In seguito a forti dubbi sulla eticità del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Stoccolma. Negli anni ottanta e novanta Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie università italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento.  Pontara è uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip)Università Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn). È membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualità è stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna, come presidente della giuria, e sessione di Barcellona. Ha pubblicato libri e saggi su una molteplicità di temi di etica pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. È stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi.  Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, e alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese.  Opere: “Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: un'introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara , Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag, Staffanstorp, Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna, The Concept of Violence, Journal of Peace Research, Voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, Utet, Torino (poi anche Tea, Milano); Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm, Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano, Antigone o Creonte. Etica e politica nell'Era Atomica, Editori Riuniti, Roma, Etica e generazioni future, Laterza, Bari, La personalità nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino,  Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, Il pensiero etico-politico di Gandhi, introduzione a Gandhi, Moandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino Registrazioni su RadioRadicale.it, Radio Radicale.

 

ponte: Renato Del Ponte, spesso scritto Renato del Ponte come firma dei suoi articoli (Lodi), filosofo. D'impostazione tradizionalista.  Dopo gli studi classici e l'Università a Genova vive per un lungo periodo a Pontremoli, in Lunigiana, dove insegna italiano e latino in istituti della scuola media superior. Storico delle idee e del diritto religioso arcaico, studioso di storia delle religioni e di simbolismo, fonda nel 1972 la rivista di ispirazione «evoliana» Arthos (Quaderni di cultura e testimonianza tradizionale) di cui è tuttora direttore. Della rivista sono esistite tre serie: 8tuttora in corso, a cura delle Edizioni Arya di Genova).  Cura l'edizione critica di un trattato politico medievale: il Tractatus de potestate summi Pontificis di Guglielmo da Sarzano; traduce e commenta la Relatio III di Quinto Aurelio Simmaco, riveduta e ristampata nel 2008; nel 1993 traduce il saggio su Tito di B. W. Jones, La Cronologia Vedica di Bal Gangadhar Tilak (in appendice a La dimora artica dei Veda).  È stato tra i cofondatori del Movimento Tradizionale Romano. Nella sua attività di conferenziere, ricercatore e studioso, pubblica numerosi libri ed articoli. Collabora attivamente con le Edizioni Arya di Genova (ispirate dall'O.I.C.L.). Selezione di opera:  Monografie “Dei e miti italici,” “Archetipi e forme della sacralità romano-italica,” Genova, Ecig, Renato Del Ponte, “Il movimento tradizionalista romano,” Scandiano, Sear, “La Religione dei Romani” Milano, Rusconi, Ed. Arya, Genova .”Evola e il magico Gruppo di UR,” Borzano, SeaR,  “ I Liguri: etnogenesi di un popolo,” Ecig, Genova, Ecig Genova. Ed. Arya, Genova . “La città degli Dei.” “La tradizione di Roma e la sua continuità,” Ecig, Genova, Renato Del Ponte, "Favete Linguis!" Saggi sulle fondamenta del Sacro in Roma antica. Edizioni Arya, Genova ."Ambrosiae pocula" (Calici d'ambrosia), Edizioni del Tridente, Treviso .  "Nella Terra del Drago" note insolite di viaggio nel Regno del Bhutan, Il Tridente, La Spezia, . Libri curati: Julius Evola, Il mondo alla rovescia, Edizioni Arya, Genova Q. A. Simmaco, In difesa della Tradizione, Edizioni Arya, Genova Julius Evola, Le sacre radici del potere, Edizioni Arya, Genova. ulius Evola, Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova Adriano Romualdi, Lettere ad un amico, Edizioni Arya, Genova Tito Livio Patavino, Hic manebimus optime!, Edizioni Arya, Genova. “Julius Evola: etica aria,” Edizioni Arya, Genova. “Aspetti del lessico pontificale: gli indigitamenta, in Diritto @ Storia “ I Lari nel sistema spazio-temporale romano” in Arthos, “Santità delle mura e sanzione divina,” in Diritto @ Storia Roma e gli Indoeuropei dopo Georges Dumézil, in Arthos, Premi Premio "Isola d'Elba" per la Religione dei Romani. Premio "Cinque Terre riviera ligure" per I Liguri. Sono i giorni del Premio letterario Isola d'Elba Raffaello Brignetti, su elbaoggi.it, Julius Evola Via romana agli Dei  Raccolta di articoli su centrostudilaruna.it.

 

ponzio: Augusto Ponzio (San Pietro Vernotico), filosofo. È Professore Emerito, ordinario di filosofia e teoria dei linguaggi, a Bari. Ha contribuito come curatore e traduttore alla diffusione in Italia e all'estero del pensiero di Pietro Ispano, Bachtin, Lévinas, Marx, Rossi-Landi, Schaff e Sebeok.  Nella sua ricerca sui segni e sul linguaggio, di questi autori ha ripreso ciò che soprattutto li accomuna, malgrado le loro differenze, vale a dire l'idea dell'imprescindibilità, qualsiasi sia l'oggetto di studio, e per quanto specializzata ne sia l'analisi, dalla vita dell'individuo umano nella concreta singolarità del suo coinvolgimento senza alibi nel destino degli altri. Si laurea in Filosofia a Bari, con una tesi in Filosofia teoretica, con relatore Semerari, sulla fenomenologia della relazione interpersonale, con particolare riferimento a Totalité et Infini di Lévinas. La sua tesi viene pubblicata ed è la prima monografia mondiale su Lévinas -- è stato assistente ordinario di Filosofia morale a Bari, è Professore di Filosofia nei licei e istituti magistrali di Brindisi, Francavilla Fontana, Terlizzi, Bari -- è incaricato dell'insegnamento di Filosofia del linguaggio a Bari. Scrive la prima monografia a livello mondiale su Bachtin.  Dopo aver fondato e diretto l'Istituto di Filosofia del linguaggio a Bari, è stato il direttore del Dipartimento di Pratiche Linguistiche e Analisi dei Testi di Bari.. Nell'Bari, ha insegnato:  Filosofia teoretica e Filosofia morale; Filosofia del linguaggio; Semiotica; Semiotica del testo; Teoria della comunicazione; Linguistica; Teoria dei mass-media dal 1998; Nel , nella medesima Università, viene nominato Professore Emerito ed attualmente è stato nominato “Cultore della Materia”.  -- è coordinatore del corso di dottorato in Teoria del Linguaggio e Scienze dei Segni, che, dal 2006, e come indirizzo dal , fa parte della Scuola di dottorato in Scienze umane.  Ha diretto la collana “Teoria del linguaggio e della letteratura” della Dedalo (Bari) e, con Ferruccio Rossi-Landi, la rivista Scienze umane, ed è stato condirettore della rivista Lectures, fondata da Vito Carofiglio. Dirige la collana “Segni di Segni” dell'Adriatica Editrice di Bari e la collana “Antropologia dell'alterità” delle Edizioni dal Sud di Bari. Dirige inoltre la serie gialla, dedicata a tematiche filosofico-linguistiche e semiotiche della collana "Strumenti" delle edizioni Graphis di Bari. Con Cosimo Caputo dirige la collana “Di-segno-in-segno” delle edizioni Manni di Lecce. Fonda insieme a Claude Gandelman la serie annuale Athanor. Arte, Letteratura, Semiotica, Filosofia, edita da Longo, Ravenna, di cui  dirige la nuova serie, inaugurata con l'editore Manni di Lecce e attualmente edita da Meltemi, Roma.  Fa parte del comitato scientifico della rivista Giano. Pace ambiente problemi globali, Cuen, Napoli e del comitato scientifico di Millepiani, Mimesis, Milano.  Dirige la serie “Athanor. Semiotica, filosofia, arte, letteratura”, ora collana delle Edizioni Mimesis, Scienze dei linguaggi e linguaggi delle scienze. Intertestualità, interferenze, mutuazioni, Suasan Petrilli.  Nelle Edizioni Guerra (Perugia) ha pubblicato Enunciazione e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione, Da dove verso dove. L'altra parola nella comunicazione globale, A mente. Processi cognitivi e formazione linguistica, È del gennaio  il libro in collaborazione con Susan Petrilli, Lineamenti di semiotica e di filosofia del linguaggio. Inoltre fa parte della redazione della rivista “Cultura & comunicazione” edita della stessa casa editrice.  Tra gli altri suoi libri: “Man as Sign” (Mouton De Gruyter), “Signs, Dialogue, and Ideology” (John Benjamin3), Sujet et altérité. Sur E. Lévinas (L'Harmattan5), Introduzione a M. Bachtin (Bompiani); Semiotics Unbounded (Toronto University Press 2005); E. Levinas, Globalisation, and Preventive Peace (Legas ), L'écoute de l'autre (L'Harmattan 2009), A revolusão bachtiniana (Contexto ).  Tra le sue traduzioni (dal francese, dal russo, dal latino medievale dal tedesco): Il discorso amoroso. Seminario di Roland Barthes (Mimesis ) e Michail Bachtin e il suo circolo, Opere in collab. con LucianoPonzio, testo russo a fronte (Bompiani, collana “Il pensiero Occidentale” diretta da Giovanni Reale, ); Summule logicales di Pietro Ispano (Bompiani ); Manoscritti matematici di Karl Marx (Spirali 2006).  Il pensiero Di seguito alcuni cenni ai concetti essenziali del pensiero di Augusto Ponzio.  Filosofia del linguaggio e semiotica «La filosofia come professione, come istituzione, presuppone una filosofia propria del linguaggio, che si esprime nella tendenza del linguaggio al plurilinguismo dialogico, alla correlazione dialogica delle lingue e dei linguaggi di cui sono fatte, una filosofia del linguaggio, in cui del linguaggio è da intendersi come genitivo soggettivo: un filosofare del linguaggio, che consiste nella pluridiscorsività dialogizzata.»  (Augusto Ponzio in La filosofia del linguaggio). I campi di studio e di ricerca di Ponzio, sono la semiotica e filosofia del linguaggio. "Filosofia del linguaggio" è l'espressione che meglio esprime l'orientamento dei suoi studi e come egli affronta i problemi relativi alla semiotica dal punto di vista della filosofia del linguaggio, alla luce degli ultimi sviluppi delle scienze dei segni, dalla linguistica alla biosemiotica.  In tal senso il suo approccio può essere più propriamente definito come di pertinenza della semiotica generale, anche se Ponzio si occupa di semiotica generale, in termini di critica. La semiotica generale di Ponzio, supera l'illusoria separazione tra le discipline umanistiche, da una parte, e quelle logico-matematiche e le scienze naturali, dall'altra, evidenziando invece la condizione di interconnessione tra le scienze. La sua ricerca semiotica si riferisce a diversi campi e discipline, praticando un approccio che è trasversale e interdisciplinare, o come direbbe lui stesso "indisciplinato".  Ponzio si occupa di semiotica, di linguistica e delle altre scienze dei linguaggi e dei segni, nel senso della “filosofia del linguaggio”, intendendo “del linguaggio” non come indicazione dell'oggetto della filosofia, della filosofia che si occupa del linguaggio, ma come “la filosofia” del linguaggio stesso, come la sua “attitudine al filosofare”.  "Filosofia del linguaggio" intesa come “filosofia del dialogo,” apertura all'altro, disposizione all'alterità, arte dell'ascolto, messa in crisi del monolinguismo, del monologismo, inventiva, innovazione, creatività che nessun ordine del discorso, nessuna delimitazione dei luoghi comuni dell'argomentare, può controllare o impedire.  Genere, identità e alterità Per Ponzio il genere, come ogni insieme, uniforma indifferentemente, cancella le differenze tra coloro che ne fanno parte, e implica l'opposizione altrettanto indifferente con coloro che fanno parte del genere opposto. Ogni genere a cui l'identità si appella per affermare la sua appartenenza, per esempio comunitaria, etnica, sessuale, nazionale, di credo, di ruolo, di mestiere, di condizione sociale, è in opposizione a un altro genere: bianco/nero; uomo/donna; comunitario/extracomunitario; connazionale/straniero; professore/studente. Ponzio afferma che ogni differenza-identità, ogni differenza di genere, al suo interno, è cancellazione della differenza singolare e ogni genere, che ogni identità presuppone, in quanto basato sull'indifferenza e sull'opposizione, prevede il conflitto.  L'unica differenza non indifferente e non oppositiva è la differenza singolare, fuori identità, fuori genere, come direbbe lui “sui generis”: è l'alterità. Alterità intesa come relazione con l'altro, alterità assoluta, di unico a unico, in cui ciascuno è insostituibile e non indifferente. Un'alterità che l'identità rimuove e censura, relega nel privato, ma che ciascuno vive e riconosce come vera relazione con l'altro.  Opere Monografie La relazione interpersonale, Adriatica Editrice, Bari,) Soggetto e alterità. Da Lévinas a Lévinas, Adriatica Ed., Bari, Soggetto e alterità. Da Lévinas a Lévinas. Con un'intervista a Lévinas, Adriatica Editrice, Bari, Linguaggio e relazioni sociali, Adriatica Editrice, Bari,  Linguaggio e relazioni sociali (con nuova introduzione), Bari, Graphis, Produzione linguistica e ideologia sociale, De Donato, Bari, Produccion linguistica e ideologia social, Corazon Editor, Madrid Jezicna proizvodnja i drustvena ideologija, Skolska knjiga, Zagabria,Production linguistique et idéologie sociale, Editions Balzac, Candiac (Canada)  Produzione linguistica e ideologia sociale (ampliata con nuova introduzione), Bari, Graphis,  Persona umana, linguaggio e conoscenza in Adam Schaff, Edizioni Dedalo, Bari, Filosofia del linguaggio e prassi sociale, Milella, Lecce, Gramática transformacional e ideología política, Nueva Vision, Buenos Aires, 1Dialettica e verità. Scienza e materialismo storico-dialettico, Edizioni Dedalo, Bari, La semiotica in Italia. Fondamenti teorici, Edizioni Dedalo, Bari, + antologia, Marxismo, scienza e problema dell'uomo. Con un'intervista ad Adam Schaff, Bertani, Verona, Scuola e plurilinguismo (con Giuseppe Mininni), Edizioni Dedalo, Bari, Michail Bachtin. Alle origini della semiotica sovietica, Edizioni Dedalo, Bari, Segni e contraddizioni. Fra Marx e Bachtin, Bertani, Verona, Spostamenti, Percorsi e discorsi sul segno, Adriatica Editrice, Bari,  Lo spreco dei significanti. L'eros, la morte, la scrittura, (con Maria Grazia Tundo e Eugenia Paulicelli), Adriatica Editrice, Bari, Fra linguaggio e letteratura, Adriatica Editrice, Bari,  Per parlare dei segni. Talking About Signs (testo bilingue, trad. in inglese di Susan Petrilli; con Massimo A. Bonfantini e Giuseppe Mininni), Adriatica, Bari, Filosofia del linguaggio, Adriatica Editrice, Bari, Interpretazione e scrittura. Scienza dei segni ed eccedenza letteraria, Bertani, Verona, Dialogo sui dialoghi (con Massimo A. Bonfantini), Longo, Ravenna,  Ferruccio Rossi-Landi e la filosofia del linguaggio, Adriatica Editrice, Bari,Il filosofo e la tartaruga. Scritti (Angela Biancofiore), Ravenna, Longo, Man as a Sign, (Susan Petrilli), Mouton de Gruyter, BerlinoNew York, 1 Filosofia del linguaggio Segni valori ideologie, Adriatica editrice, Bari, Dialogo e narrazione, Milella, Lecce, Tra semiotica e letteratura. Introduzione a Michail Bachtin, Bompiani, Milano, Tra semiotica e letteratura. Introduzione a Michail Bachtin (riveduta e ampliata con un nuovo saggio introduttivo), Milano, Bompiani, La ricerca semiotica (con Omar Calabrese e Susan Petrilli), Bologna, Esculapio, Signs Dialogue and Ideology, (raccolta di saggi S. Petrilli), John Benjamins, Amsterdam Il dialogo della menzogna (con Massimo A. Bonfantini), Roma, Stampa alternativa, Scrittura, dialogo e alterità. Tra Bachtin e Lévinas, La Nuova Italia, Firenze, Fondamenti di filosofia del linguaggio (con Patrizia Calefato e Susan Petrilli), Laterza, Manuali, Roma-Bari  Fondamenti di filosofia del linguaggio (con Patrizia Calefato e Susan Petrilli), Laterza, Manuali, Roma-Bari, Fundamentos da Filosofia da linguagem, di E F. Alves, con una Introduzione di A. Ponzio Petrópolis (Brasile), Responsabilità e alterità in Emmanuel Lévinas, Jaca Book, Milano, La differenza non indifferente. Comunicazione, migrazione, guerra, Mimesis, Milano, La differenza non indifferente. Comunicazione, migrazione, Guerra, Milano, Mimesis, El juego del comunicar. Entre literatura y filosofía, Mercedes Arriaga Flórez, Episteme, Valencia, Segni per parlare dei segni. Signs to talk about signs, Adriatica Editrice, Bari,  I segni dell'altro. Eccedenza letteraria e prossimità, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Sujet et altérité. Sur Emmanuel Lévinas, L'Harmattan, Paris,  I ricordi, la memoria, l'oblio. Foto-grafie senza soggetto (con Gabriella Pranzo), Bari, Edizioni dal Sud, Comunicazione, comunità, informazione. Comunicazione mondializzata e nuove tecnologie (con M. A. BonfantiniCalefato, C. CaputoMazzotta, S. Petrilli, M. Refice), Manni Editore, Lecce,I tre dialoghi della menzogna e della verità (con Massimo A. Bonfantini e Susan Petrilli), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, La rivoluzione bachtiniana. Il pensiero di Bachtin e l'ideologia contemporanea, Levante Editori, Bari, Metodologia della formazione linguistica, Laterza, Manuali, Roma-Bari,  Che cos'è la letteratura? Otto questioni dialogando con Carlo Alberto Augieri, Milella, Lecce,  Elogio dell'infunzionale. Critica dell'ideologia della produttività, Castelvecchi, Roma,Elogio dell'infunzionale (riveduta e ampliata), Milano, Mimesis, Semiotica della musica. Introduzione al linguaggio musicale (con Michele Lomuto), Graphis, Bari,  La coda dell'occhio. Letture del linguaggio letterario, Graphis, Bari, La revolución bajtiniana. El pensamiento de Bajtin y la ideologia contemporanea, Catedra, Madrid, Signs of research on Signs (con Susan Petrilli), fascicolo speciale di "Semiotische Berichte" (Vienna)  Basi. Significare, inventare, dialogare (con Massimo A. Bonfantini, Cosimo Caputo, Susan Petrilli, Thomas A. Sebeok), Lecce, Piero Manni, La comunicazione, Graphis, Bari, La comunicazione, Bari, Graphis Fuori campo. I segni del corpo tra rappresentazione ed eccedenza (con Susan Petrilli), Mimesis, Milano,  Il sentire nella comunicazione globale (con Susan Petrilli), Meltemi, Roma, Philosophy of Language, Art and Answerability in Mikhail Bakhtin (in collab. con Susan Petrilli), Legas, New York, Ottawa, Toronto, Semiotica dell'io (con Thomas A. Sebeok e Susan Petrilli) Meltemi, Roma,  Thomas Sebeok and the Signs of Life (con Thomas A. Sebeok e Susan Petrilli), Icon Books UK, Totem Books USA, Cambridge, Enunciazione e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, Edizioni Guerra, Perugia,  Enunciazione e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, Edizioni Guerra, Perugia, I segni e la vita la semiotica globale di Thomas A. Sebeok (con Susan Petrilli) Spirali, Milano,  Individuo umano, linguaggio e globalizzazione nella filosofia di Adam Schaff. Con una intervista ad Adam Schaff, Milano, Mimesis,  Il linguaggio e le lingue. Introduzione alla linguistica generale, Bari, Graphis,  Il linguaggio e le lingue, Bari, Graphis  Il linguaggio e le lingue, Bari, Graphis, . I segni tra globalità e infinità. Per la critica della comunicazione globale, Bari, Cacucci,  Semioetica (con Susan Petrilli), Roma, Meltemi, Views in Literary Semiotics (con Susan Petrilli), Ottawa, Legas, Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione, Perugia, Guerra, Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione (rivista e ampliata), Perugia, Guerra,  Semiotica e dialettica, Bari, Edizioni dal Sud,  La raffigurazione letteraria (con Susan Petrilli), Milano, Mimesis, 2Semiotica globale. Il corpo nel segno: introduzione a Thomas A. Sebeok (con Marcell danesi e Susan Petrilli), Bari, Graphis, Testo come ipertesto e traduzione letteraria, Rimini, Guaraldi, Reasoning with Emmanuel Lévinas (con Susan Petrilli e Julia Ponzio). Ottawa, Legas, Semiotics Unbounded. Interpretive Routes in the Open Network of Signs (con Susan Petrilli), Toronto, Toronto University Press, Semiotic Animal (con Susan Petrilli e John Deely), Toronto, Legas, Tesi per il futuro anteriore della semiotica. Il programma di ricerca della Scuola di Bari-Lecce, (con Cosimo Caputo e Susan Petrilli), Milano, Mimesi, Dialoghi semiotici (con Massimo A. Bonfantini e Susan Petrilli, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, The Dialogic Nature of Sign, Ottawa, Legas,  La cifrematica e l'ascolto, Bari, Graphis, La cifrematica e l'ascolto, Bari, Graphis, Fuori luogo. L'esorbitante nella riproduzione dell'identico, Roma, Meltemi, A mente. Processi cognitivi e formazione linguistica, Perugia, Guerra Edizioni,  Semiotics Today. From Global Semiotics to Semioethics, a Dialogic Response (con Susan Petrilli), New York, Ottawa, Toronto, Legas,  Lineamenti di semiotica e di filosofia del linguaggio, (con Susan Petrilli), Bari, Graphis, Tre sguardi su Auguste Dupin (con M.A. Bonfantini e B. Brunetti), Bari, Graphis,  Tra Bachtin e Lévinas. Scrittura, dialogo, alterità, Bari, Palomar,  Linguaggio, lavoro e mercato globale. Rileggendo Rossi-Landi, Milano, Mimesis, La dissidenza cifrematica, Milano, Spirali, A revolusão bakhtiniana, San Paolo (Brasile), Contexto,  Da dove verso dove. La parola altra nella comunicazione globale, Perugia, Edizioni Guerra, L'écoute de l'autre, Parigi, L'Harmattan Emmanuel Levinas, Globalisation, and Preventive Peace, Legas, Ottawa, Roland Barthes. La visione ottusa (con J. Ponzio, G. Mininni, S. Petrilli, L. Ponzio, M. Solimini), Milano, Mimesis,   Rencontres de paroles, Parigi, Alain Baudry & Cie, Freud, l'analisi, la scrittura (con Massimo A. Bonfantini, Bruno Brunetti), Bari, Graphis, Encontres de palavras. O outro no discurso, Pedro e João Editores, San Carlos (Brasile), Procurando uma palavra outra, Pedro e João Editores, San Carlos (Brasile), Interpretazione e scrittura, Scienza dei testi ed eccedenza letteraria, Pensa Multimedia, Lecce, . In altre parole, Mimesis, Milano, . La filosofia del linguaggio, Edizioni Laterza, Bari, . Curatele Di seguito l'elenco dei libri Augusto Ponzio, salvo dove diversamente specificato. In alcuni di questi sono presenti introduzioni, presentazioni e/o traduzioni ad opera di Augusto Ponzio.  Adam Schaff e Lucien Sève, Marxismo e umanesimo. Per un'analisi semantica delle "Tesi su Feuerbach" di K. Marx, Edizioni Dedalo, Bari  (introduzione, trad. dal francese e dal tedesco). Karl Marx, Manoscritti matematici, Edizioni Dedalo, Bari   (introduzione, trad. dal tedesco, con F. Matarrese). Adam Schaff, Saggi filosofici, Edizioni Dedalo, Bari (introduzione, trad. dal francese e dal tedesco di saggi contenuti nel  II). V. N. Volosinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, Edizioni Dedalo, Bari, 1976 (introduzione). V. N. Volosinov, Freudismo, Edizioni Dedalo, Bari  (introduzione). Vjaceslav Ivanov, Julia Kristeva e altri, Michail Bachtin. Semiotica, teoria della letteratura e marxismo, Edizioni Dedalo, Bari, (introduzione). Ernst Cassirer e altri, Il linguaggio, Bari, Edizioni Dedalo (introduzione). Marcellesi, Baggioni e altri, Linguaggio e classi sociali. Marrismo e stalinismo, Edizioni Dedalo, Bari, (trad. dal francese). Pavel Medvedev, Il metodo formale e la teoria della letteratura, Edizioni Dedalo, Bari  (introduzione). Adam Schaff, L'alienazione come fenomeno sociale, Editori Riuniti, Roma,  (introduzione). V. N. Volosinov, Il linguaggio come pratica sociale. Saggi Edizioni Dedalo, Bari (introduzione).  Polifonie, Adriatica Editrice, Bari Scienze del linguaggio e plurilinguismo. Riflessioni teoriche e problemi didattici, “Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Bari”, Adriatica Editrice, Bari,  (introduzione). Scienze del linguaggio e insegnamento delle lingue e delle letterature. Annali del convegno di studi omonimo, Bari, Adriatica Editrice, Bari (introduzione). Pietro Ispano, Tractatus. Summule logicales, Adriatica Editrice, Bari, (introduzione, trad.e dal latino). Emmanuel Lévinas, La significanza del senso, in “Idee”,  (trad. dal francese). La genesi del senso, fascicolo monografico di “Idee”, (con M. Signore e C. Caputo). Julia Kristeva, Il linguaggio questo sconosciuto. Iniziazione alla linguistica. Con un'intervista di A.Ponzio a J. Kristeva, Adriatica Editrice, Bari,  (introduzione, trad. dal francese). Ferruccio Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato, Bompiani, Milano, 1992(introduzione alla quarta edizione).  Bachtin e... Averincev, Benjamin, Freud, Greimas, Lévinas, Marx, Peirce, Valéry, Yourcenar, Welby, Laterza, Bari, 1993 (introduzione; con Paolo Jachia). Adam Schaff, Umanesimo ecumenico, Adriatica Editrice, Bari,  (introduzione). Reading su Ferruccio Rossi-Landi. Semiosi come pratica sociale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli  (introduzione; con M. A. Bonfantini). Ferruccio Rossi-Landi, Semiotica e ideologia, Milano, Bompiani (introduzione 3ª ed.). Aristofane, Uccelli, Stampa alternativa, Bari-Roma, 1994 (versione-adattamento). Adam Schaff, Il mio ventesimo secolo, Adriatica Editrice, Bari, Sulla traccia di Lévinas, “Idee”,  (con M. Signore e C. Caputo). Emmanuel Lévinas, Su Blanchot, Palomar, Bari (introduzione, traduzione, con F. Fistetti). M. Bachtin, I.I. KanaevMedvedev, V.N. Volosinov, Bachtin e le sue maschere. Il percorso bachtiniano fino alla pubblicazione dell'opera su Dostoevskij (introduzione, con M. De Michiel e P. Jachia), Edizioni Dedalo, Bari, Idea e realtà dell'Europa: Lingue, letterature, ideologie, “Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere”, Schena, Fasano (Brindisi), Comunicazione, comunità, informazione, Manni, Lecce 1996 (introduzione). Paul Valéry, Cimitero marino, in “Athanor”,  Il Mondo/il Mare, e in “L'immaginazione”,  (Traduzione di Paul Valéry). Michail Bachtin, Problemi dell”opera di Dostoevskij  (con M. de Michiel), Edizioni dal Sud, Modugno (Bari), 1997, (introduzione). Lisa Block de Behar, Al margine di Borges, Edizioni dal Sud, Modugno Bari,  (Traduzione di alcune poesie di Borges, presentazione). Mijail M. Bajtin, Hacia una filosofia del acto ético. De los borradores y otros esritos, Anthropos, Barcelona (Commentarios con Iris Zavala). Michail Bachtin, Problemi dell'opera di Dostoevskij  Edizioni dal Sud, Bari,  (presentazione, con M. De Michiel). Ferruccio Rossi-Landi, Significato, comunicazione e parlare comune, Marsilio, Venezia, 1998 (Introduzione 3ª ed.). Michail Bachtin, La scrittura e l'umano, Saggi, dialoghi, conversazioni, Bari Edizioni dal sud (presentazione, con di M. De Michiel). Michail Bachtin, Per una filosofia dell'azione responsabile, Manni, Lecce, (introduzione). Lévinas Vivant, Riflessioni sul pensiero do Emmanuel Lévinas, Bari, Edizioni dal Sud, (Presentazione; con F. Fanizza e F. Fistetti). Valentin N. Volosinov, Michail M. Bachtin, Marxismo e filosofia del linguaggio, Manni, Lecce (con M. De Michiel). Giovanni Vailati, Il metodo della filosofia. Saggi di critica del linguaggio, Ferruccio Rossi- Landi Graphis, Bari  (introduzione). Adam Schaff, Disoccupazione strutturale, “Millepiani”,  Marcel Danesi, Lingua, metafora, concetto. Vico e la linguistica cognitiva, Edizioni dal Sud, Bari, (presentazione). Adam Schaff, Meditazioni, trad. di Loreta de Staso, Edizioni dal Sud, Bari, (Introduzione). Emmanuel Lévinas, Dall'altro all'io, trad. it. di J. Ponzio, Meltemi, Roma, Vita, volume di monografico Athanor. Semiotica, Filosofia, Arte, Letteratura, n.s., 5, Meltemi, Roma. (presentazione). Michail Bachtin. Linguaggio e scrittura, trad. di L. Ponzio, Meltemi, Roma, Pietro Ispano. Trattato di logica. Summule logicales, Bompiani, Milano, (Introduzione trad. dal latino) Ferruccio Rossi-Landi. Il linguaggio come lavoro e come mercato, 5ª ediz.,Bompiani, Milano (introduzione), John Deely, Basi della semiotica, collana “Nel segno”, diretta da Susan Petrilli e Augusto Ponzio, 2, Bari, Giuseppe Laterza,. (Prefazione, con S. Petrilli,  Mondo di Guerra, volume monografico di Athanor. Semiotica, Filosofia, Arte, Letteratura, n.s., 9, Roma, Meltemi, (presentazione, con A. Catone). Rossi-Landi. Ideologia,  Meltemi, Roma, 2005 (Introduzione). Michail Bachtin, Freud e il freudismo. Studio critico, trad. L. Ponzio, Milano, Mimesis (introduzione). Karl Marx Manoscritti matematici, edizione critica con intruduzione, Spirali, Milano, Renato Fucini, Le veglie di neri e All'aria aperta, ed. critica Leonard G. Sbrocchi, Bari, Edizioni Dedalo (presentazione). Rossi-Landi, Metodica filosofica e scienza dei segni, Milano, Bompiani,  (introduzione Rossi-Landi, Semiotica e ideologia, Milano. Bompiani, Qohélet. Versione in idioma saletino (e trad. italiana), Cosimo Caputo, Lecce, Milella, (introduzione 4ª ed.). Michail Bachtin, In dialogo. Conversazioni con Victor Duvakin trad. di R. S. Cassotti, Milano, Esi  (introduzione). Athanor.  Umano troppo disumano, Roma, Meltemi (introduzione) Linguaggi, Scienze e pratiche formative. Quaderni del Dipartimento di Pratiche linguistiche e analisi di testi, Lecce, Pensa Multimedia  (con M. Cardona). La filosofia del linguaggio, Bari, Edizioni Laterza, .  Susan Petrilli  La filosofia del linguaggio come arte dell'ascolto / philosophy of Language as the Art of Listening, Sulla ricerca scientifica di Augusto Ponzio, Bari, Edizioni dal Sud, Athanor. La trappola mortale dell'identità, Roma, Meltemi Editore,  e letture critiche, Bari, Edizioni dal Sud, P. Calefato e S. Petrilli  Logica, dialogica, ideologica. I segni tra funzionalità ed eccedenza, introd., Semiosi, infunzionalità, semiotica, Milano, Mimesis, S. Petrilli  Ideology, Logic, and Dialogue in Semioethic Perspective. in Semiotica. Journal of the International Association for Semiotic Studies, 1Susan Petrilli, Semiotic profile: Augusto Ponzio. A Portrait of the Semiotician and Philosopher of Language on the Occasion of his 40th year of teaching, in Semiotix 5, Semioticon, su semioticon.The I Questioned: Emmanuel Levinas and the critique of Occidental reason, Subject Matters, special edition,  Susan Petrilli  La filosofia del linguaggio come arte dell'ascolto / philosophy of Language as the Art of Listening, Sulla ricerca scientifica di Augusto Ponzio, Bari, Edizioni dal Sud, saggi all'interno: Paul Cobley, A brief note on dialogue Vincent Colapietro, In the name of that which has been desecrated Eero Tarasti, The right to unfunctionalityexplorations in Augusto Ponzio's philosophical semiotics Marcel Danesi, Augusto Ponzio: A brief note on the “Italian Bakhtin” Kalevi Kull, Biosemiotic conversations: Ponzio, Bakhtin, Kanaev, Driesch, Uexküll, Lotman Floyd Merrell, The sign's significant other Loreta de Stasio, Lingua e letteratura, conoscenza e coscienza Winfried Nöth and Lucia Santaella, Otherness at the roots of cultural semiosis Giuseppe Mininni, Identità e alterità nella dinamica della coscienza storica Cosimo Caputo, Tutto il segnico umano è linguaggio John Deely, The primary modeling system in animals Carlo Augieri, Per Qohélet emigrato nel Sud è la vanità ad essere “nienzi”: “dentro” il dialetto è straniera la parola dei re Frank Nuessel, “Virtual” Augusto Ponzio Mario Signore, Dal silenzio primordiale al brusio della parola. Alla ricerca della parola “vissuta” José Maria Nadal, Sobre el enunciador implícito en Augusto Ponzio Genevieve Vaughan, Giving and receiving signs Jeff Bernard, Ferruccio Rossi-Landi and a short history of the Rossi-Landi Network Susan Petrilli, Reading Augusto Ponzio, master of signs and languages Nicolas Bonnet, Augusto S. Petrilli, Tutt'altro. Infunzionalità ed eccedenza come prerogative dell'umano, Milano, Mimesis. Paul Cobley, Augusto Ponzio, in Paul Cobley , The Routledge Companion to Semiotics, London, Routledge, . Susan Petrilli, Writing, Voice, Understandig, Ottawa, Legas, .  Semiotica Filosofia del linguaggio. Sito ufficiale, su augustoponzio.com.  Opere  su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Scheda docente con estesa . Sito dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, su uniba.it.

 

Portathere may be another!

 

Porta: Gabriele La Porta (Roma), filosofo. Nacque dall'attrice Antonella Della Porta, di origine milanese, interprete di noti sceneggiati Rai (da Sheridan, a Davide Copperfield, a Maigret) e dal baritono Arturo La Porta, di famiglia pugliese (sul Gargano), diretto da Von Karajan e in grandi compagnie con Maria Callas, Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Giuseppe Di Stefano, Giulietta Simionato, Renata Tebaldi, al cinema (La signora dalle camelie, Casa Ricordi) e in tv (Andrea Chénier di M. Landi, La traviata di M. Lanfranchi).  Laureatosi in Filosofia negli anni settanta con il massimo dei voti, ha incominciato a interessarsi a Giordano Bruno, curando e traducendo alcune opere del filosofo di Nola, il De umbris idearum (1976) e il Cantus Circaeus (1977), riprendendo poi le tematiche con il libro Giordano Bruno. Il nolese di ghiaccio pubblicato da Bompiani.  Per anni in Rai, ha incominciato la sua lunga carriera nel servizio pubblico,  prima come programmista, poi, tra gli altri incarichi, come conduttore, giornalista professionista, editorialista del Radiocorriere TV, vice caporedattore del TGR Lazio, caporedattore del DSE RAI ("Dipartimento Scuola Educazione", l'attuale struttura RAI Cultura).  -- è stato nominato direttore di Rai 2, incarico che ha ricoperto per un anno e mezzo e nel 1996 è diventato il primo direttore di Rai Notte, la struttura che curava il palinsesto notturno di Rai 1, Rai 2 e Rai 3, apparendo spesso anche in video come conduttore di trasmissioni culturali. Essendone stato ininterrottamente direttore per 14 anni (fino al ), La Porta è stato il più longevo dirigente della storia della televisione pubblica italiana.  È stato solido il suo sodalizio umano e professionale con Pino Gagliardi. Ha condotto, accanto allo scrittore Giuseppe Carlotti, il programma televisivo Rai Ti presento Sophia, interamente dedicato alla storia della filosofia. La coppia La PortaCarlotti si è riunita nel giugno 2008 per una nuova edizione del programma, sempre circondata da un numero pari di persone. Tra gli altri libri pubblicati, La Magia (1998), Coincidenze miracolose (2001), Storia della magia,e la trilogia di A come anima, A come amore e C come cuore.  Nell'ottobre del 2008 è uscito Dizionario dell'inconscio e della magia, pubblicato per Sperling & Kupfer. Il suo ultimo lavoro, Tu chiamale se vuoi coincidenze è stato pubblicato nel  da La Lepre Edizioni.  Il 5 maggio  va in pensione e lascia la Rai, per passare al circuito televisivo Cinquestelle, dove ha condotto, insieme con Egidio Senatore, il programma Come State?, una diretta di 4 ore, che affrontava tematiche sociali con la partecipazione, senza filtro, delle telefonate del pubblico; in questo contesto hanno partecipato figure autorevoli come l'allora presidente dell'INPS Antonio Mastrapasqua e l'allora presidente dell'Agcom Corrado Calabrò. Dal 2 giugno  al dicembre  è stato direttore di EcoRadio, per la quale ha condotto, sempre insieme a Egidio Senatore, la rubrica letteraria La Grande Madre. Ha inoltre lavorato su EcoTv.  È stato ospite fisso del format radiofonico "News of the World" su Radio Manà Manà. Il 28 aprile  è stato insignito della cittadinanza onoraria dalla città di Boscoreale, (NA). Ha gestito per anni un blog su internet.  Malato da tempo, è morto. Televisione Come autore, curatore, giornalista e conduttore radiotelevisivo si è occupato, principalmente, di tematiche culturali e sociali. Tra i suoi programmi Rai ricordiamo: “Scuola aperta” “Tra scuola e lavoro”  “Ricerca sul mito”  “Sulle orme degli antenati”  “Incontri nella notte, colloqui con gli scrittori contemporanei” “Segnali: appunti sui giovani d'oggi” "Incontri della notte" (Rai 1-DSE), "Immagini da leggere" (Rai 3), “Novecento: storia della letteratura italiana dal 1945 ad oggi” “Bellitalia”.Ha curato e condotto, per Rai 2, “Casablanca” (1990), programma di aggiornamenti editoriali che, tuttora, vanta il massimo ascolto per una rubrica letteraria. Ha condotto lo spazio letterario della rubrica televisiva di Rai 2 “La Rete” ha curato e condotto “Parlato semplice” per oltre 300 puntate, e ha curato e condotto gli spazi storici della rubrica “Filo Rosso” di Gianni Bisiach per Rai 2-DSE.  Ha, inoltre, realizzato gli speciali televisivi “Giordano Bruno”, “Edgar Allan Poe”, “Alla ricerca di Dracula” “Storia della Magia” ha curato e condotto gli spazi filosofici de “La stanza del principe” (1994), ha curato e condotto le 22 puntate di “Storia della cavalleria”  e il “Prix Italia” .  Per il palinsesto di Rai Notte, è stato autore e conduttore di numerosi programmi, come “Anima Good News”, “Il mare di notte”, “Inconscio e Magia”, “Inconscio e MagiaPsiche”, l'unico programma televisivo RAI dedicato alla poesia, “Guarire insieme” .  È stato spesso ospite, come opinionista, nelle rubriche letterarie e culturali di Rai 1.  Insegnamento Oltre alla produzione culturale televisiva, fin dagli anni ‘70 si è occupato di insegnamento, in particolare del rapporto tra la filosofia antica e psicologia junghiana, e, inoltre, del settore editoriale, come curatore ed editorialista di numerose riviste, come “Abstracta”, e come autore di più di 30 libri.  Nel 1980 è stato invitato da François Châtelet a tenere corsi presso il Politecnico della Sorbona di Parigi sulla Magia e l'Arte della Memoria. -- è stato direttore della rivista “L'informatore Librario” per la casa editrice Lucarini; è stato direttore, per la RaiEriPantheon, della rivista “Anima Mundi”, con la collaborazione di James Hillman, A. Guggenbhul-Craig, F. Donfrancesco, C. Stroppa, ecc.--è stato invitato dall'Istituto di Cultura Italiana di New York per una serie di seminari.  --  è stato docente di Filosofia antica all'Siena, presso la cattedra del Prof. Enrico Cheli. È stato docente di Filosofia antica e Vicedirettore della Scuola di Psicoterapia Psicosintetica ed Ipnosi Ericksoniana “H. Bernheim” di Verona, vicedirettore della scuola di Psicanalisi di Mestre AEPSI e docente di Filosofia per IKOSIstituto di Comunicazione Olistica Sociale di Bari.  Era vicerettore onorario dell'Università L.U.de.S. di Lugano.  Riconoscimenti Premio “Arte e Spirito” per la televisione, conferito dalla Repubblica di San Marino nel ; Premio “Moncalieri” alla carriera nel ; Premio “La penna d'oro”, settore spettacolo,  Premio “Chianciano” per la critica radiotelevisiva; Premio giornalistico “Magarotto”; Premio letterario “Castiglioncello” “Cosentino” e “Cirò Marina” per l'opera Giordano Bruno. Curiosità Iha partecipato a una puntata del gioco Soliti ignotiIdentità nascoste di Rai 1 ove doveva essere riconosciuto tra altre 8 identità. Era un grande tifoso della Lazio. -- è stato imitato e parodiato da Corrado Guzzanti. Opere Introduzione e cura di Filoteo Giordano Bruno di Nola, Il canto di Circe, Roma, Atanor, Introduzione e cura di Giordano Bruno, Ombre delle idee, Roma, Atanor,  Itinerari magici d'Italia. Una guida alternativa, II, Centro, con Luciano Gianfranceschi, Roma, Edizioni Mediterranee, I grandi del mistero, e con Luciano Gianfranceschi, Firenze, Salani,  Storia della magia mediterranea, con Andrea Forte, Roma, Atanor, Un'avventura nel Rinascimento, Milano, Fiore d'oro, Introduzione e cura di Marsilio Ficino, L'essenza dell'amore, Roma, Atanor,  Prefazione ad , Meyrink scrittore e iniziato, Roma, Basaia, Morte di un bacio, Roma, Lucarini,  I tarocchi di Giordano Bruno. Le carte della memoria, Milano, Jaca Book, Racconti di tenebra, a cura di, Roma, Newton Compton, Giordano Bruno. Tra magia e avventure, tra lotte e sortilegi la storia appassionante di un uomo che, ritenuto mago dai contemporanei, fu condannato per eresie dall'Inquisizione e arso vivo sul rogo, collaborazione alle ricerche di Anna Mirabile, Roma, Newton Compton, La battaglia della montagna bianca, Chieti, Solfanelli, Prefazione a Richard Dalby e Rosemary Pardoe , Fantasmi. Storie e altre storie sulle orme di M.R. James, Roma, Newton Compton, Prefazione a Edgar Allan Poe, Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore, Roma, Newton Compton, Testo critico a Giuliano Nucci, Misteri di pietra, Roma, Grapperia, Curatela di , Racconti per amore, Roma, Lucarini, 1Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero, Milano, Bompiani, Roma magica e misteriosa. Dalla sedia del diavolo ai fantasmi di villa Stuart, dalla cripta dei Cappuccini alla Porta Magica di piazza Vittorio, un viaggio affascinante nel cuore segreto della città eterna e dei suoi dintorni, con Francesco Fantasia, Roma, Newton Compton, Prefazione a Edgar Allan Poe, Tutti i racconti, La Spezia, Melita, 1Misteri. Quasi un manifesto della letteratura del mistero e del segreto, e con Franco Scaglia, Milano, Camunia, Grandi castelli, grandi maghi, grandi roghi, Milano, Rizzoli, Storia della magia. Grandi castelli, grandi maghi, grandi roghi, Milano, Bompiani,  Il ritorno della grande madre, Milano, Il Saggiatore, La magia, in collaborazione con Andrea Aromatico e Stefania Quattrone, Roma-Venezia, RAI-ERI-Marsilio, Coincidenze miracolose, Roma-Rimini, RAI-ERI-Idealibri, Donne magiche, Roma-Rimini, RAI-ERI-Idealibri, A come anima, Milano, Pratiche, Saggio in Valerio De Filippis, La quiete del Terrifico, Fasano, Schena, C come cuore. Pagine per lenire il mal d'amore, Milano, Pratiche,  Gabriele la Porta intervista Ettore Bernabei, Roma, Edizioni Eri, S come seduzione. Dizionario dell'eros e della sensualità, Milano, Il Saggiatore, P come passioni. Dizionario delle emozioni e dell'estasi, Milano, Tropea, Dizionario dell'inconscio e della magia, Milano, Sperling & Kupfer, Prefazione a Michele lo Foco, L'armonia del dolore, Roma, Pagine, .Prefazione a Dale Furutani, Agguato all'incrocio, Milano, Marcos y Marcos,  Tu chiamale se vuoi coincidenze. Quaranta storie realmente accadute, Roma, La lepre, Filmografia Il mistero di Dante, regia di Louis Nero.  Biografia di Gabriele La Porta, su Cinquantamila.it, EcoRadioGabriele La Porta nuovo direttore responsabile di Ecoradio: "Qui trovo libertà autentica", su ecoradio.it. Morto il conduttore Rai Gabriele La PortaTv, su Agenzia ANSA, Blog ufficiale, su gabrielelaporta.wordpress.com. Gabriele La Porta, su Internet Movie Database, IMDb.com.  La pagina facebook di Gabriele La Porta, su facebook.com. PredecessoreDirettore di Rai 2Successore Franco Iseppi Carlo Freccero.

 

porta: Grice: “He is the one with the funny illustrations of men and animals! The Italian way to comment on Aristotle!” -- Giovanni Battista Della Porta, indicato anche come Giambattista o Giovambattista (Vico Equense), filosofo. Terzo figlio di Nardo Antonio e di una patrizia della famiglia Spadafora, ricevette le basi della sua formazione culturale in casa, dove si era soliti discutere di questioni scientifiche, e dimostrò immediatamente le sue notevoli innate capacità, che poté sviluppare attraverso gli studi grazie alle condizioni agiate della famiglia: il padre era infatti proprietario terriero e armatore di navi. Prima il padre e poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero a partire dal 1541 la carica di scrivano di mandamento.  La famiglia aveva una casa a Napoli a via Toledo (il palazzo Della Porta), una villa a Due Porte, nelle colline intorno a Napoli, e la "villa delle Pradelle" (Vico Equense). Tra i suoi maestri vi furono il classicista e alchimista Domenico Pizzimenti, e i filosofi e medici Donato Antonio Altomare e Giovanni Antonio Pisano.  I viaggi e l'Academia secretorum naturae  Edizione del Magiae Naturalis del 1644. Magnifying glass icon mgx2.svgAccademia dei Segreti. Nel 1558 pubblicò la prima di varie edizioni del Magiae Naturalis, nel 1563 un'opera di crittografia, il De Furtivis Literarum Notis, nel quale descrive il primo esempio di sostituzione poligrafica cifrata con accenni al concetto di sostituzione polialfabetica. Per quest'opera è ritenuto il maggiore crittografo del Rinascimento.  In questo periodo, quando già la sua fama si era consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di Spagna e viaggiò anche in Francia e in Italia.  Del 1566 è una pubblicazione sull'Arte del ricordare, ripubblicato poi nell'originario latino nel 1602.  Della Porta aveva fondato intanto l'Academia Secretorum Naturae (Accademia dei Segreti), per appartenere alla quale era necessario dimostrare di aver effettuato una nuova scoperta scientifica, sconosciuta al resto dell'umanità, nell'ambito delle Scienze naturali; l'accento veniva tuttavia posto più sul meraviglioso che sul metodo scientifico.  Conosciute già durante il Medioevo, le «raccolte di segreti» costituivano un vero e proprio genere letterario che aveva incontrato una straordinaria fortuna con l'avvento della stampa a caratteri mobili. Per segreti si intendevano conoscenze arcane, ma anche ricette, preparazione di farmaci e pozioni dagli effetti straordinari, riguardanti argomenti di medicina, chimica, metallurgia, cosmesi, agricoltura, caccia, ottica, costruzione di macchine, ecc. Colui che insegnava a padroneggiarli era chiamato «professore di segreti».  L'Accademia fu però sospettata di occuparsi di temi riguardanti la magia e l'occultismo, sicché Della Porta venne indagato dall'Inquisizione nel 1579 e l'Accademia fu chiusa per ordine papale: a Della Porta fu tuttavia concesso di continuare gli studi di scienze naturali. Fu ospitato a Roma e quindi a Venezia e a Ferrara dal cardinale Luigi d'Este.   Illustrazione dal De humana physiognomonia (1586) Nel 1583 pubblicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi da frutta e l'anno seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua enciclopedia sull'agricoltura.  Fisiognomica e fitognomonica Nel 1586 pubblicò presso l'editore J. Cacchi di Vico Equense l'opera De humana physiognomonia in 4 libri sulla fisiognomica, dedicato al cardinale Luigi d'Este, che influenzerà poi l'opera dello svizzero Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Nel 1599 presso l'editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicherà la seconda edizione allargata a 6 libri con ampio rimaneggiamento della materia.  Egli ritiene che «l'animo non è impassibile rispetto ai moti del corpo e, così come il corpo, si corrompe per le passioni». Studia con attenzione i segni delle mani (in particolare dei criminali), convinto che tali segni non siano frutto del caso ma importanti indizi per comprendere appieno i caratteri degli uomini.   Illustrazione dal Phytognomonica, che evidenzia l'analogia tra piante e animali. Inntanto, stimolato dai contatti con alcuni alchimisti tra cui Oswald Croll, aveva anche pubblicato Phytognomonica, poderoso trattato sulle proprietà dei vegetali messe in analogia con le varie parti del corpo umano, basato sull'antica dottrina delle segnature. L'opera, corredata da tavole illustrate, estendeva il concetto di fisiognomica alle piante (in greco pyhtos, + gnome «opinione, sentenza» = fitognomica) elencandole a seconda della loro localizzazione geografica.  In essa Della Porta ravvisava collegamenti occulti tra la morfologia delle piante e quella dei minerali, degli uomini, e persino, indirettamente, degli astri e dei pianeti dell'astrologia, in una sorta di zoomorfismo.  Egli fu affascinato ed entusiasta per il «gran Paracelso» e per i suoi «dottissimi seguaci» perché la spagiria «produce al mondo rimedi non mai più per l'addietro caduti negli umani intelletti [...] Onde da solleciti investigatori de' secreti della natura applicati a morbi, hanno ritrovati soblimi ed infiniti rimedi, onde la medicina, così gran tempo ristretta negli angusti suoi termini, or, allargando fuori, ha ripieno il mondo de' suoi meravigliosi stupori» (Taumatologia).  La sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un nuovo soggiorno a Venezia l'amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche Giordano Bruno prima della sua incarcerazione. Da questa data per ordine dell'inquisitore veneziano Della Porta dovette richiedere il permesso per le sue pubblicazioni a Roma. Si incontrò a Padova con Paolo Sarpi e con Galileo. Ricevette a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Nel 1603 incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall'imperatore Rodolfo II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto.  Studi sull'ottica ed altre scienze  Alambicchi per la distillazione disegnati da Della Porta nell'omonimo trattato del 1610. Scrisse ancora di ottica (De refractione optices), di agricoltura (Villae,), di astronomia (Coelestis physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602), di arte militare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris transmutationibus, del 1609), e di chimica (De distillatione0). L'operasulla lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581 sarà pubblicata solo molto dopo la sua morte nel 1677.  È nel campo dell'ottica che Della Porta esercita notevoli contributi, indagando dal punto di vista matematico le proprietà degli specchi concavi e convessi, conducendo un minuzioso studio delle lenti su basi matematiche e descrivendo la costruzione di ingenti apparecchi ottici, tra cui la camera oscura ed il telescopio.  Giovanni Battista Della Porta intraprese inoltre studi di chimica pratica che includono la fabbricazione di smalti, di polveri da sparo e di cosmetici. Anche se la sua chimica non è originale dal punto di vista teorico, i numerosi esperimenti che ci descrive indicano un’attitudine sperimentale che lo pone fra i principali chimici dell’epoca. I suoi studi medici sono caratterizzati principalmente dalla ricerca di farmaci dagli effetti eccezionali, utili ad esempio per la memoria, per produrre sogni piacevoli o incubi, rimedi contro l’impotenza e la sterilità.  Gli ultimi anni  Frontespizio del De aeris transmutationibus Fu invitato a far parte dell'Accademia dei Lincei, appena fondata da Federico Cesi.  Rivendicò senza troppa convinzione una paternità sull'invenzione del telescopio, resa nota in quegli anni da Galileo, anch'egli membro dell'Accademia dal 1611. Fece forse parte anche di un'accademia letteraria dedicata alla letteratura dialettale napoletana (Schirchiate de lo Mandracchio e 'Mprovesante de lo Cerriglio), che sappiamo attiva nel 1614, e dell'Accademia degli Oziosi, di drammaturghi, di cui faceva parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernández de Castro, conte di Lemos).  Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e coltivò piante esotiche. Il suo museo privato era visitato dai viaggiatori e fu uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il gesuita Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. Anche il fratello Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi e statue, mentre l'altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva lasciato una collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta.  Fu anche commediografo e scrisse 14 commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma liturgico, che divennero fonte di numerose opere del successivo XVII secolo. Sei titoli di Della Porta erano presenti nella biblioteca di Sir Thomas Browne.  Opere Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium, Giovanni Battista Della Porta, De humana physiognomonia, Vico Equense, Giuseppe Cacchi, Giovanni Battista Della Porta, Phytognomonica, Napoli, Orazio Salviani, 1589. Giovanni Battista Della Porta, Pneumaticorum libri tres, Napoli, Giovanni Giacomo Carlino, Giovanni Battista Della Porta, De distillatione, Roma, Stamperia Camerale, 1608. Giovanni Battista Della Porta, Della chirofisonomia, Napoli, Antonio Bulifon, 1677. Giovanni Battista Della Porta, Le commedie, Vincenzo Spampanato,  1, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, Giovanni Battista Della Porta, Le commedie, Vincenzo Spampanato,  2, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, 1911. Giovanni Battista Della Porta, Humana Physiognomonia / Della Fisionomia dell'uomo libri sei, Alfonso Paolella, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, /. Giovanni Battista Della Porta, Ars reminiscendi, Raffaele Sirri,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996. Giovanni Battista Della Porta, Taumatologia e Criptologia, Raffaele Sirri,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, . Giovanni Battista Della Porta, De munitione libri tres, Raffaella De Vivo,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, . Giovanni Battista Della Porta, Claudii Ptolomaei Magnae Constructionis Liber primus, Raffaella De Vivo,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,  Giovanni Battista Della Porta, Il Teatro, Raffaele Sirri,  4, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Giovanni Battista Della Porta, Coelestis Physiognomonia e, in appendice, Della Celeste Fisonomia, Alfonso Paolella,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996. Giovanni Battista Della Porta, De aeris transmutationibus, Alfonso Paolella,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Giovanni Battista Della Porta, Villae libri XII, Luigia Laserra e Gianni Antonio Palumbo, diretti da Francesco Tateo,  Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, /. Giovanni Battista Della Porta, Elementorum Curvilineorum Libri tres, Veronica Cavagna e Carlotta Leone,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Giovanni Battista Della Porta, Pneumaticorum libri tres, Oreste Trabucco,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Giovanni Battista Della Porta, De ea naturalis Physiognomoniae parte quae ad manum lineas spectat libri duo, Oreste Trabucco,  1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003. Note  Per questo fu accusato di plagio da Giovan Battista Bellaso, che era stato il primo ad aver proposto questo tipo di cifratura dieci anni prima.  Umberto Eco, Riccardo Fedriga, Storia della filosofia.  2: Dall'Umanesimo a Hegel, Laterza Edizioni Scolastiche, .  William Eamon, Il professore di segreti. Mistero, medicina e alchimia nell'Italia del Rinascimento, trad. it. di A. M. Paci, Carocci, .  Marcello Fumagalli, «Della Porta Giovan Battista» , in Semplicisti e Stillatori: l'arte degli Aromatari, Milano, SGS, .  Gnome, su treccani.it.  Luigi Turinese, Zoomorfismo, fisiognomica e fitognomica: Della Porta antesignano della biotipologia in medicina,  ne Il Cenacolo alchemico, A. Paolella e G. Rispoli, Napoli, ed. Il Faro di Ippocrate, .  Donato Verardi, La scienza e i segreti della natura a Napoli nel Rinascimento: La magia naturale di Giovan Battista Della Porta,  102-103, Firenze University Press, .  Alfonso Paolella, Della Porta e la Spagiria,   ne Il Cenacolo alchemico, A. Paolella e G. Rispoli, Napoli, ed. Il Faro di Ippocrate, .  Alfonso Paolella, La presenza di G.B. della Porta nel Carteggio Linceo, in "Bruniana & Campanelliana", Vincenzo Spampanato , Le commedie,  1, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, Fausto Nicolini, Giovanni Battista Della Porta, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, giambattista-della-porta. Carrol Brentano, Giovanni Battista Della Porta, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Saverio Ricci, Giovanni Battista Della Porta, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giovanni Battista Della Porta, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giovan Battista Della Porta nell’Europa del suo tempo, Atti del Convegno di Vico Equense, M. Torrini, Napoli 1990. Paolo Piccari, Giovan Battista Della Porta. Il filosofo, il retore, lo scienziato, Milano, FrancoAngeli, Guido del Giudice, Della Porta, il mago dell'arcana sapienza, Milano, Biblioteca di Via Senato, . Alfonso Paolella, I Meteorologica di Telesio, Della Porta e Cartesio tra credenza e scienza,  Roma, in "Bollettino geofisico: rivista dell'Associazione geofisica italiana, Alfonso Paolella, G.B. Della Porta e l’astrologia: la Coelestis Physiognomonia, Istituti Editoriali e Poligrafici internazionali, Pisa-Roma, in "Atti del Convegno L’Edizione nazionale del teatro e l’opera di G.B. Della Porta", Salerno M. Montanile, Alfonso Paolella, Appunti di filologia dellaportiana, Istituto italiano per studi filosofici, Napoli, in "Atti del convegno di studi: Giambattista della Porta in Edizione Nazionale” R. Sirri,Alfonso Paolella , Giovan Battista della Porta nel IV centenario della morte, Piano di Sorrento, Atti del Convegno, Roma, Scienze e Lettere, . Marco Santoro , La "Mirabile" Natura. Magia e scienza in Giovan Battista Della Porta, Napoli-Vico Equense)Atti del Convegno Internazionale, Pisa-Roma, Serra, . Raffaella De Vivo, Tecnica e scienza nelle opere di Giovan Battista della Porta, Serra, Pisa-Roma, in "La "Mirabile" Natura. Atti del Convegno Internazionale", Napoli-Vico Equense Marco Santoro,  Umberto Eco, Riccardo Fedriga, Storia della filosofia.  2: Dall'Umanesimo a Hegel, Laterza Edizioni Scolastiche,  Antoni Malet, Della Porta, Kepler, and the changing notion of optical Image, Serra, Pisa-Roma, "La "Mirabile" Natura. Atti del Convegno Internazionale", Napoli-Vico Equense, Marco Santoro, Accademia dei Segreti Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Battista Della Porta, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Giovanni Battista Della Porta, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.  Opere di Giovanni Battista Della Porta, su Liber Liber.  Opere  su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Battista Della Porta, . Opere di Giovanni Battista Della Porta, su Progetto Gutenberg.  Sito dedicato a Giovan Battista Della Porta, su gbdellaporta.it. Libro digitalizzato di Ioan. Baptista Porta neapolitano autore (Neapoli, apud Ioa. Mariam Scotum, De furtivis literarum notis, vulgò De ziferis libri IIII Libro digitalizzato di Io. Baptista Porta Neapolitano auctore (Neapoli, apud Ioan. Baptistam Subtilem, De furtivis literarum notis vulgo de ziferis libri quinque: altero libro superaucti, et quamplurimis in locis locupletati Della Porta, il mago dell'arcana Sapienza.

 

porta – Grice: “His name was plain “Porta,” but in Latin that was latinised as ‘portius,’ and then this vulgarized as ‘porzio’!” – But then who wants to be called “Door”?” porzio: Simone Porzio o anche Simone Porta (Napoli), filosofo. Dopo aver studiato a Pisa sotto la guida di Nifo, seguì il maestro all'Napoli, guadagnandosi stima e onori da parte degli intellettuali suoi concittadini. Scarsa in questi anni la sua produzione, limitata ai libelli sul celibato dei preti (“De celibate”), sull'eruzione del Monte Nuovo (De conflagratione agri puteolani) e sul miracoloso caso di digiuno di una ragazza tedesca (De puella germanica). Lasciò però Napoli, richiamato all'Pisa da parte del duca Cosimo I de' Medici che gli garantì un alto stipendio e il ruolo di sopraordinario. Compose le sue opere principali, fra cui il trattato di etica “An homo bonus, vel malus volens fiat”e in particolare il “De mente humana,” nel quale sosteneva la mortalità dell'anima secondo un'esegesi alessandrista di Aristotele. Proprio queste sue dottrine mortaliste, troppo facilmente accostate e sovrapposte a quelle sostenute da Pomponazzi nel De immortalitate animae, contribuirono a creare una falsa leggenda biografica affermatasi dopo la sua morte, secondo la quale egli sarebbe stato allievo e quindi semplice epigono di Peretto.  In ogni caso, al di là di una innegabile tendenza materialista nella sua esegesi di Aristotele, evidente anche nella sua ultima opera, il “De rerum naturalium principiis,” sua a produzione è caratterizzata anche da interessi teologici del tutto svincolati dalla filosofia peripatetica e che sono particolarmente evidenti nei due commenti al Pater Noster che probabilmente non estranei ai fermenti evangelici della riforma italiana. Tornò a Napoli dove sarebbe morto. Simone Porzio fu il padre dello storico Camillo Porzio.  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Simone Porzio  Eva Del Soldato, «Porzio, Simone», in Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Daniela Castelli, Il "De conflagratione" di Simone Porzio: la collazione delle tre edizioni, un volgarizzamento e il ms. Phill. dell´HRC di Austin, «Rinascimento meridionale», ITra aristotelismo, naturalismo e critica: Note in margine a Simone Porzio in Critica e ragione/Critique et raison, Atti del convegno internazionale organizzato dall'Napoli «L'Orientale», in collaborazione con l'IISF (Napoli) e l'Université de Bourgogne (Dijon), Napoli Lorenzo Bianchi e Alberto Postigliola, Napoli, Liguori , "De puella germanica": echi italiani di un dibattito europeo, in La donna nel Rinascimento meridionale, Atti del Convegno internazionale organizzato dall'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, Roma, Marco Santoro, Pisa-Roma, Fabrizio Serra ,"De' sensi" e il "Del sentire":: due mss. ritrovati «Giornale critico della filosofia italiana»,L'"Epistola" sul Monte Nuovo e l'inedito volgarizzamento di Stefano Breventano, «Archivio Storico per le Province Napoletane», Un bilancio storiografico: il caso Simone Porzio, «Bruniana & Campanelliana», Tra ricerca empirica e osservazione scientifica: gli studi ittiologici di Simone Porzio, «Archives internationales d'histoire des sciences», "De puella germanica": l’"inedia" mirabile di una fanciulla tedesca, «Studi filosofici», «Pòrta (latinizz. Portius o Porcius, onde l'altro cognome con cui è noto, Pòrzio) Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia italiana".  

 

Portaria: Grice: “I like Portaria, but then anyone with an interest in Anglo-Saxon ‘soul’ should! – if a philosopher, that is! Unlike Anglo-Saxon soul who God knews where it comes from, the Romans had spiritus, and animus anima, which is cognate with animos in Greek meaning ‘wind’ – so that leans towards a hylemorphic conception where the body (corpus) is what has the ‘materia’ and the ‘breath’ is the ‘forma’ --  Italian philosophers would ignore this – and more so now when Davidson is in vogue! – if it were not for Aligheri who has Portaria in “Paradiso” – there is indeed a serous philosophical confrontation between a Platonic and an Aristotelian conception of the soul as seen in the controversy between Aquino and Portaria! Portaria uses the same linguistic tools: ‘is spiritus’ synonym with ‘anima’? Or must we speak of ‘homonymy.’ And add ‘medium’ into the bargan! Portaria is less canonical than Aquino and should interest Oxonians much, oh so much, more!” – Unfortunately, he was from Todi and donated all his manuscripts to Todi, which many skip in their Grand tour – although it IS on the Tevere as any member of the “Canottiere del Tevere” will know!” -- Grice: “My name is Grice – Paul Grice – Matteo’s name is Matteo Bentivgna dei Signori d’Acquasparta e Portaria -- acquasparta: matteo d'acquasparta – n. Todi -- O.Min. cardinale di Santa Romana Chiesa Chiostro di ognissanti, personalità francescane 09 matteo d'acquasparta. emplate-Cardinal.svg   Nato1240 ca., Todi Creato cardinale16 maggio 1288 da papa Niccolò IV Deceduto1302, Roma   Manuale Matteo Bentivegna (o Bentivenga) dei Signori d'Acquasparta (Acquasparta, 1240Roma, 29 ottobre 1302) cardinale, teologo e filosofo italiano, appartenente all'Ordine francescano. Nacque da una delle grandi famiglie delle Terre Arnolfe, quella dei Bentivegna, feudatari di Acquasparta e Massa Martana, trasferitisi a Todi alla fine dell'XI secolo. Per alcuni era fratello del cardinale Bentivegna de' Bentivegni d'Acquasparta, Vescovo di Todi: altre ricerche mettono in dubbio il rapporto di parentela fra i due cardinali, ma l'uso da parte di entrambi del medesimo Stemma e predicato Nobiliare denunciano, per le ferree regole araldiche, l'appartenenza alla stessa famiglia. Lo stemma araldico è ancora oggi visibile nella tomba di Matteo d'Acquasparta, nel Castello di Massa Martana, e negli Annali di Todi. Entrò giovanissimo nell'ordine francescano e ben presto si dimostrò molto dotto soprattutto in teologia, ottenendo il compimento degli studi in due delle più grandi Università d'Europa: Parigi e Bologna. La sua fama raggiunse Roma e diventò dapprima lector Sacri Palatii, sostituendo John Peckham, (divenuto nel frattempo arcivescovo di Canterbury), e poi, nel 1287, ministro generale dell'ordine francescano.  Nei conflitti sulla povertà dell'Ordine, Matteo fu uno dei principali sostenitori della corrente maggioritaria dei Francescani (la cosiddetta Comunità, che si opponeva ai rigoristi del movimento degli Spirituali e difendeva un'interpretazione più blanda della Regola in materia di povertà), e approvò il possesso di beni in comune da parte dei frati. Dante lo nomina, biasimandolo, tramite le parole di San Bonaventura, nel Paradiso (XII, 124) in opposizione a Ubertino da Casale: «ma non fia da Casal né d'Acquasparta,/ là onde vegnon tali alla scrittura,/ ch' uno la fugge, e l'altro la coarta.»  La sua lungimiranza e sagacia politica lo portarono ben presto a salire nella gerarchia ecclesiastica. Nel 1288, eletto al papato, con il nome di Niccolò IV, il francescano Girolamo Masci di Ascoli, religioso vicino alla grande famiglia romana dei Colonna, Matteo venne creato quasi subito cardinale prete con il titolo di San Lorenzo in Damaso (16 maggio 1288). Al suo posto, il capitolo francescano del 1289 scelse come ministro generale Raymond de Gaufredi, uno Spirituale di primo piano che, nonostante appartenesse alla corrente avversaria rispetto a quella di Matteo d'Acquasparta, fu tuttavia eletto alla guida dell'Ordine, anche per le pressioni politiche della Casa d'Angiò, con la quale lo stesso Raymond aveva un rapporto personale molto stretto.  A partire dal suo ingresso nel collegio cardinalizio, Matteo cominciò ad accumulare gratificazioni e incarichi. Quando venne eletto al soglio pontificio l'eremita Pietro da Morrone, con il nome di Celestino V, Matteo continuò ad esercitare di fatto il generalato con molta astuzia politico-ecclesiastica.   Bonifacio VIII ritratto nella basilica di San Paolo fuori le mura  Monumento funebre di Matteo in Santa Maria in Aracoeli Dopo le dimissioni improvvise di Celestino V, divenne una pedina determinante nel conclave di Natale del 1294, che portò all'elezione di Benedetto Caetani, papa Bonifacio VIII, del quale fu uno dei pochissimi amici fidati, e per il quale assunse incarichi di grande prestigio, e talora molto delicati, prima come responsabile della cosiddetta crociata contro i Colonna, poi come ambasciatore in Lombardia, Firenze e quindi in Romagna.  Nel 1300, il papa lo inviò a Firenze come legato apostolico, nel tentativo di pacificare le fazioni guelfe dei Cerchi e Donati, soprattutto quando giunse all'orecchio del pontefice la notizia che i Cerchi, più numerosi, si erano alleati con città ghibelline come Pisa e Arezzo.  Il cardinale arrivò in città a giugno, ma se ne ripartì presto perché le fazioni non gli conferirono alcuna delega per prendere decisioni. Recatosi a Lucca, quando i Donati fecero una congiura rientrando in Firenze alla spicciolata dall'esilio cui erano stati condannati (come disposto in modo equanime per i capi delle due fazioni, e per il quale esilio erano già partiti i Cerchi), egli marciò con un esercito di lucchesi su Firenze, palesando la sua volontà di favorire i guelfi neri. Bloccato alle porte del territorio fiorentino, arrivò comunque in città, dove regnava ormai il malcontento da entrambe le parti sulla sua figura. Una freccia fu lanciata verso la sua finestra nel Palazzo vescovile, obbligandolo a traslocare per timore nel Palazzo dei Mozzi. I Signori della città, dispiaciuti per l'accaduto, gli offrirono spontaneamente un risarcimento pecuniario, ma eglidopo qualche perplessitàlo rifiutò. La scena, con il cardinale che guarda i soldi indeciso se prenderli o meno, è vividamente descritta da Dino Compagni nella sua Cronica, essendo egli stesso presente in quanto deputato alla consegna:  «I Signori, per rimediare allo sdegno avea ricevuto, gli presentorono fiorini nuovi. E io gliel portai in una coppa d'ariento, e dissi: "Messere, non li dísdegnate perché siano pochi, perché sanza i consigli palesi non si può dare più moneta". Rispose gli avea cari; e molto li guardò, e non li volle.»  (Libro I, XXI) Subito dopo se ne andò dalla città. Fu vescovo di Porto e Santa Rufina e sub-decano del Sacro Collegio. Fedele fino all'ultimo a papa Caetani, morì a Roma agli inizi di novembre del 1302, e fu sepolto nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli, in un grandioso monumento funebre in stile gotico, ancora oggi visibile.  Note  Memorie storiche di Todi di Lorenzo Leonii, anni 1201-1207  Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XII, vv. 124-126, testo critico della Società dantesca, Milano Ulrico Hoepli, 1963718-719.  Per l'importante ruolo di Matteo d'Acquasparta durante il pontificato di Bonifacio VIII vedi Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi,  RCS, Milano,  Per il sepolcro, che fu presumibilmente commissionato dai suoi confratelli, si veda: Giulia Barone, Matteo d'Acquasparta, Matteo D'Acquasparta in Dizionario Biografico Treccani  Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi,RCS, Milano, 2006  Ordine francescano Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Matteo d'Acquasparta Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Matteo d'Acquasparta  Matteo d'Acquasparta, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Matteo d'Acquasparta / Matteo d'Acquasparta (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Matteo d'Acquasparta, su sapere.it, De Agostini.  Giulia Barone, Matteo d'Acquasparta, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Matteo d'Acquasparta, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Matteo d'Acquasparta, in Catholic Hierarchy. Salvador Miranda, ACQUASPARTA, O.F.M., Matteo d', su fiu.eduThe Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. 6 gennaio . Arsenio Frugoni, Matteo d'Acquasparta, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970. PredecessoreMinistro generale dell'Ordine francescanoSuccessoreFrancescocoa.png Arlotto da Prato 1285-12871287-1289Raimondo di Goffredo 1289-1295 PredecessoreCardinale presbitero di San Lorenzo in DamasoSuccessoreCardinalCoA PioM.svg vacante dal 12171288-1291Francesco Ronci 18 settembre13 ottobre 1294 PredecessorePenitenziere maggioreSuccessoreCoat of arms Holy See.svg Bentivegna de' Bentivegn Gentile PortinoPredecessoreCardinale vescovo di Porto e Santa RufinaSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Bernard de Languissel 2Giovanni Minio da Morrovalle  V D M Francescanesimo V D M Disputa sulla povertà apostolicaFilosofi italiani Professore1240 1302 29 ottobre RomaCardinali nominati da Niccolò IVCardinali francescani del XIII secoloFrancescani italianiPersonaggi citati nella Divina Commedia (Paradiso)Scrittori medievali in lingua latinaVescovi francescani

 

 

 

positive and negative freedom, respectively, the area within which the individual is self-determining and the area within which the individual is left free from interference by others. More specifically, one is free in the positive sense to the extent that one has control over one’s life, or rules oneself. In this sense the term is very close to that of ‘autonomy’. The forces that can prevent this self-determination are usually thought of as internal, as desires or passions. This conception of freedom can be said to have originated with Plato, according to whom a person is free when the parts of the soul are rightly related to each other, i.e. the rational part of the soul rules the other parts. Other advocates of positive freedom include Spinoza, Rousseau, Kant, and Hegel. One is free in the negative sense if one is not prevented from doing something by another person. One is prevented from doing something if another person makes it impossible for one to do something or uses coercion to prevent one from doing something. Hence persons are free in the negative sense if they are not made unfree in the negative sense. The term ‘negative liberty’ was coined by Bentham to mean the absence of coercion. Advocates of negative freedom include Hobbes, Locke, and Hume.  Positivum – Grice: “But what IS the etymology of ‘positivum’?” – Grice: “All I can say is that is is VERY complex – it’s low Latin, so forget a classicist! And you need to know about ‘porre,’ so you put, positum, but for some reason late latin speakers felt the need to add the ‘-iv- infix, so that positum became positivum. Positivism: one of the twelve labours by Grice. Each has an entry in this alphabetum, even if conceptually, what they deal with is treated in other entries too.

 

posse --- potentia -- dunamis, also dynamis Grecian, ‘power’, ‘capacity’, as used by pre-Socratics such as Anaximander and Anaxagoras, one of the elementary character-powers, such as the hot or the cold, from which they believed the world was constructed. Plato’s early theory of Forms borrowed from the concept of character-powers as causes present in things; courage, e.g., is treated in the Laches as a power in the soul. Aristotle also used the word in this sense to explain the origins of the elements. In the Metaphysics especially Book IX, Aristotle used dunamis in a different sense to mean ‘potentiality’ in contrast to ‘actuality’ energeia or entelecheia. In the earlier sense of dunamis, matter is treated as potentiality, in that it has the potential to receive form and so be actualized as a concrete substance. In the later Aristotelian sense of dunamis, dormant abilities are treated as potentialities, and dunamis is to energeia as sleeping is to waking, or having sight to seeing.  Potentia -- dynamic logic, a branch of logic in which, in addition to the usual category of formulas interpretable as propositions, there is a category of expressions interpretable as actions. Dynamic logic originally called the modal logic of programs emerged in the late 0s as one step in a long tradition within theoretical computer science aimed at providing a way to formalize the analysis of programs and their action. A particular concern here was program verification: what can be said of the effect of a program if started at a certain point? To this end operators [a] and ‹a were introduced with the following intuitive readings: [a]A to mean ‘after every terminating computation according to a it is the case that A’ and ‹aA to mean ‘after some terminating computation according to a it is the case that A’. The logic of these operators may be seen as a generalization of ordinary modal logic: where modal logic has one box operator A and one diamond operator B, dynamic logic has one box operator [a] and one diamond operator ‹a for every program expression a in the language. In possible worlds semantics for modal logic a model is a triple U, R, V where U is a universe of points, R a binary relation, and V a valuation assigning to each atomic formula a subset of U. In dynamic logic, a model is a triple U, R, V where U and V are as before but R is a family of binary relations Ra, one for every program expression a in the language. Writing ‘Xx A’, where x is a point in U, for ‘A is true at x’ in the model in question, we have the following characteristic truth conditions truth-functional compounds are evaluated by truth tables, as in modal logic: Xx P if and only if x is a point in VP, where P is an atomic formula, Xx[a]A if and only if, for all y, if x is Ra- related to y then Xy A, Xx ‹a if and only if, for some y, x is Ra-related to y and Xy A. Traditionally, dynamic logic will contain machinery for rendering the three regular operators on programs: ‘!’ sum, ‘;’ composition, and ‘*’ Kleene’s star operation, as well as the test operator ‘?’, which, operating on a proposition, will yield a program. The action a ! b consists in carrying out a or carrying out b; the action a;b in first carrying out a, then carrying out b; the action a* in carrying out a some finite number of times not excluding 0; the action ?A in verifying that A. Only standard models reflect these intuitions: Ra ! b % Ra 4 Rb, Ra;b % Ra _ Rb, Ra* % Ra*, R?A % {x,x : Xx A} where ‘*’ is the ancestral star The smallest propositional dynamic logic PDL is the set of formulas true at every point in every standard model. Note that dynamic logic analyzes non-deterministic action  this is evident at the level of atomic programs p where Rp is a relation, not necessarily a function, and also in the definitions of Ra + b and Ra*. Dynamic logic has been extended in various ways, e.g., to first- and second-order predicate logic. Furthermore, just as deontic logic, tense logic, etc., are referred to as modal logic in the wide sense, so extensions of dynamic logic in the narrow sense such as process logic are often loosely referred to as dynamic logic in the wide sense. Dyad dynamic logic 250   250 The philosophical interest in dynamic logic rests with the expectation that it will prove a fruitful instrument for analyzing the concept of action in general: a successful analysis would be valuable in itself and would also be relevant to other disciplines such as deontic logic and the logic of imperatives.  potency, for Aristotle, a kind of capacity that is a correlative of action. We require no instruction to grasp the difference between ‘X can do Y’ and ‘X is doing Y’, the latter meaning that the deed is actually being done. That an agent has a potency to do something is not a pure prediction so much as a generalization from past performance of individual or kind. Aristotle uses the example of a builder, meaning someone able to build, and then confronts the Megaric objection that the builder can be called a builder only when he actually builds. Clearly one who is doing something can do it, but Aristotle insists that the napping carpenter has the potency to hammer and saw. A potency based on an acquired skill like carpentry derives from the potency shared by those who acquire and those who do not acquire the skill. An unskilled worker can be said to be a builder “in potency,” not in the sense that he has the skill and can employ it, but in the sense that he can acquire the skill. In both acquisition and employment, ‘potency’ refers to the actual  either the actual acquisition of the skill or its actual use. These post-structuralism potency 726    726 potentiality, first practical attitude 727 correlatives emerged from Aristotle’s analysis of change and becoming. That which, from not having the skill, comes to have it is said to be “in potency” to that skill. From not having a certain shape, wood comes to have a certain shape. In the shaped wood, a potency is actualized. Potency must not be identified with the unshaped, with what Aristotle calls privation. Privation is the negation of P in a subject capable of P. Parmenides’ identification of privation and potency, according to Aristotle, led him to deny change. How can not-P become P? It is the subject of not-P to which the change is attributed and which survives the change that is in potency to X.  PotestasEnergeiaactusentelechia -- power, a disposition; an ability or capacity to yield some outcome. One tradition which includes Locke distinguishes active and passive powers. A knife has the active power to slice an apple, which has the passive power to be sliced by the knife. The distinction seems largely grammatical, however. Powers act in concert: the power of a grain of salt to dissolve in water and the water’s power to dissolve the salt are reciprocal and their manifestations mutual. Powers or dispositions are sometimes thought to be relational properties of objects, properties possessed only in virtue of objects standing in appropriate relations to other objects. However, if we distinguish, as we must, between a power and its manifestation, and if we allow that an object could possess a power that it never manifested a grain of salt remains soluble even if it never dissolves, it would seem that an object could possess a power even if appropriate reciprocal partners for its manifestation were altogether non-existent. This appears to have been Locke’s view An Essay concerning Human Understanding, 1690 of “secondary qualities” colors, sounds, and the like, which he regarded as powers of objects to produce certain sorts of sensory experience in observers. Philosophers who take powers seriously disagree over whether powers are intrinsic, “built into” properties this view, defended by C. B. Martin, seems to have been Locke’s, or whether the connection between properties and the powers they bestow is contingent, dependent perhaps upon contingent laws of nature a position endorsed by Armstrong. Is the solubility of salt a characteristic built into the salt, or is it a “second-order” property possessed by the salt in virtue of i the salt’s possession of some “firstorder” property and ii the laws of nature? Reductive analyses of powers, though influential, have not fared well. Suppose a grain of salt is soluble in water. Does this mean that if the salt were placed in water, it would dissolve? No. Imagine that were the salt placed in water, a technician would intervene, imposing an electromagnetic field, thereby preventing the salt from dissolving. Attempts to exclude “blocking” conditions  by appending “other things equal” clauses perhaps  face charges of circularity: in nailing down what other things must be equal we find ourselves appealing to powers. Powers evidently are fundamental features of our world. In the romance languages, “it may run” means “It has power to rain.” “Il peut …”  This has a cognate in the Germanic languages, “it might rain.” “Might is right.” possibile“what is actual is not also possiblegrave mistake!”H. P. Grice. compossible, capable of existing or occurring together. E.g., two individuals are compossible provided the existence of one of them is compatible with the existence of the other. In terms of possible worlds, things are compossible provided there is some possible world to which all of them belong; otherwise they are incompossible. Not all possibilities are compossible. E.g., the extinction of life on earth by the year 3000 is possible; so is its continuation until the year 10,000; but since it is impossible that both of these things should happen, they are not compossible. Leibniz held that any non-actualized possibility must be incompossible with what is actual.  possible worlds, alternative worlds in terms of which one may think of possibility. The idea of thinking about possibility in terms of such worlds has played an important part, both in Leibnizian philosophical theology and in the development of modal logic and philosophical reflection about it in recent decades. But there are important differences in the forms the idea has taken, and the uses to which it has been put, in the two contexts. Leibniz used it in his account of creation. In his view God’s mind necessarily and eternally contains the ideas of infinitely many worlds that God could have created, and God has chosen the best of these and made it actual, thus creating it. Similar views are found in the thought of Leibniz’s contemporary, Malebranche. The possible worlds are thus the complete alternatives among which God chose. They are possible at least in the sense that they are logically consistent; whether something more is required in order for them to be coherent as worlds is a difficult question in Leibniz interpretation. They are complete in that they are possible totalities of creatures; each includes a whole possible universe, in its whole spatial extent and its whole temporal history if it is spatially and temporally ordered. The temporal completeness deserves emphasis. If “the world of tomorrow” is “a better world” than “the world of today,” it will still be part of the same “possible world” the actual one; for the actual “world,” in the relevant sense, includes whatever actually has happened or will happen throughout all time. The completeness extends to every detail, so that a milligram’s difference in the weight of the smallest bird would make a different possible world. The completeness of possible worlds may be limited in one way, however. Leibniz speaks of worlds as aggregates of finite things. As alternatives for God’s creation, they may well not be thought of as including God, or at any rate, not every fact about God. For this and other reasons it is not clear that in Leibniz’s thought the possible can be identified with what is true in some possible world, or the necessary with what is true in all possible worlds. That identification is regularly assumed, however, in the recent development of what has become known as possible worlds semantics for modal logic the logic of possibility and necessity, and of other conceptions, e.g. those pertaining to time and to morality, that have turned out to be formally analogous. The basic idea here is that such notions as those of validity, soundness, and completeness can be defined for modal logic in terms of models constructed from sets of alternative “worlds.” Since the late 0s many important results have been obtained by this method, whose best-known exponent is Saul Kripke. Some of the most interesting proofs depend on the idea of a relation of accessibility between worlds in the set. Intuitively, one world is accessible from another if and only if the former is possible in or from the point of view of the latter. Different systems of modal logic are appropriate depending on the properties of this relation e.g., on whether it is or is not reflexive and/or transitive and/or symmetrical. The purely formal results of these methods are well established. The application of possible worlds semantics to conceptions occurring in metaphysically richer discourse is more controversial, however. Some of the controversy is related to debates over the metaphysical reality of various sorts of possibility and necessity. Particularly controversial, and also a focus of much interest, have been attempts to understand modal claims de re, about particular individuals as such e.g., that I could not have been a musical performance, in terms of the identity and nonidentity of individuals in different possible worlds. Similarly, there is debate over the applicability of a related treatment of subjunctive conditionals, developed by Robert Stalnaker and David Lewis, though it is clear that it yields interesting formal results. What is required, on this approach, for the truth of ‘If it were the case that A, then it would be the case that B’, is that, among those possible worlds in which A is true, some world in which B is true be more similar, in the relevant respects, to the actual world than any world in which B is false. One of the most controversial topics is the nature of possible worlds themselves. Mathematical logicians need not be concerned with this; a wide variety of sets of objects, real or fictitious, can be viewed as having the properties required of sets of “worlds” for their purposes. But if metaphysically robust issues of modality e.g., whether there are more possible colors than we ever see are to be understood in terms of possible worlds, the question of the nature of the worlds must be taken seriously. Some philosophers would deny any serious metaphysical role to the notion of possible worlds. At the other extreme, David Lewis has defended a view of possible worlds as concrete totalities, things of the same sort as the whole actual universe, made up of entities like planets, persons, and so forth. On his view, the actuality of the actual world consists only in its being this one, the one that we are in; apart from its relation to us or our linguistic acts, the actual is not metaphysically distinguished from the merely possible. Many philosophers find this result counterintuitive, and the infinity of concrete possible worlds an extravagant ontology; but Lewis argues that his view makes possible attractive reductions of modality both logical and causal, and of such notions as that of a proposition, to more concrete notions. Other philosophers are prepared to say there are non-actual possible worlds, but that they are entities of a quite different sort from the actual concrete universe  sets of propositions, perhaps, or some other type of “abstract” object. Leibniz himself held a view of this kind, thinking of possible worlds as having their being only in God’s mind, as intentional objects of God’s thought. 

 

possenti: Vittorio Possenti (Roma), filosofo. È stato professore a Venezia.  Dopo aver frequentato il Liceo Classico “Vittorio Alfieri” di Torino, si è laureato esercitando attività di ricerca nel campo delle microonde, e continuando a coltivare lo studio della filosofia, iniziato nel liceo e maturato negli anni universitari. Ha poi abbandonato quest'attività per dedicarsi direttamente alla ricerca filosofica, in un'epoca in cui se ne diagnosticava la fine, e l'intento di decostruirla era all'apogèo. Dopo anni presso il Rettorato dell'Università Cattolica, è stato ordinario a Venezia.  È membro fondatore dell'Institut International Jacques Maritain; membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e della Pontificia Accademia di san Tommaso d'Aquino, e per numerosi anni del Comitato Nazionale di Bioetica. Ha fondato e diretto l'Annuario di filosofia. Seconda navigazione, e presso l'Venezia il Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Diritti Umani. Ha tenuto cicli di conferenze e seminari in Europa (Francia, Spagna, Polonia, Portogallo, Russia, UK), negli USA, e Sud America (Brasile, Messico, Argentina).Svolge intensa attività pubblicistica in campo filosofico su quotidiani nazionali. Negli anni della formazione liceale e universitaria è stato attratto dalla storia delle civiltà, ispirato da Vico e Toynbee; e dall'epistemologia della fisica e dalla logica della scienza (EinsteinPBridgman). Nutrì allora l'idea einsteniana che le teorie filosofiche dovessero elevarsi su una schietta base scientifica, generalizzandola, e si interessò al conflitto tra religione e scienza imperniato sull'idea di un Assoluto personale/impersonale. A vent'anni ha incontrato l'istanza metafisica e umanista attraverso le opere di  Maritain e di Aquino, intuendo le possibilità speculative e liberanti incluse metafisica dell'essere e nella rivelazione cristiana.  Tre sono gli ambiti primari della sua ricerca: metafisica, pensiero teoretico e ritorno al realismo; personalismo; filosofia politica. Studioso dell'Aquinate, del tomismo Professoree della grande tradizione della filosofia dell'essere, ha orientato l'attenzione critica verso Nietzsche, Heidegger, Gentile, il neo-parmenidismo italiano, ricercando una razionalità attenta alla storia ma non consegnata interamente alla furia del tempo: dunque il "ritorno all'eterno" invece che l'"eterno ritorno" (Nietzsche), e la ripresa del tema della creatio ex nihilo, assente in molta filosofia moderna. L'approccio possentiano legge metafisica e nichilismo come due nuclei che tendono ad escludersi, di cui il primo è la fisiologia e il secondo la patologia. Individua pertanto nella destituzione dei valori e nella riduzione della ragione a volontà l'esito ultimo del nichilismo europeo. Questo ha voluto liberare l'Europa dalla metafisica, ritenuta distrutta dal criticismo, ma il compito della filosofia dell'essere è preparare una ripresa della metafisica dell'esistenza, tale che possa di nuovo tenere un posto nella storia della civiltà. (Una presentazione ampia della filosofia di Possenti è in Storia della filosofia. Filosofi italiani contemporanei, D. Antiseri e S. Tagliagambe,  14, Bompiani 2009,  446-455 . si veda anche Nichilismo e filosofia dell'essere, intervista a V. Possenti, a c. di G. Mura, “Euntes docete.” La riscoperta della metafisica esistenziale è un tentativo di mettere in luce la parzialità di non poche posizioni che hanno proclamato la fine della metafisica occidentale: Nietzsche, Gentile, Heidegger, Severino. Essi hanno operato come reagente per la riconquista della metafisica e per la critica del nichilismo europeo, di cui egli offre una determinazione diversa da quelle di Nietzsche e di Heidegger (con applicazioni anche all'ambito del nichilismo giuridico). Il rigetto del nichilismo e l'analisi dell'antirealismo, del logicismo, del dialettismo e del razionalismo che affliggono notevole parte del pensiero moderno, conducono l'autore a giudicare concluso e senza possibilità di ripresa il ciclo della metafisica moderna nel cammino da Cartesio a Gentile.  La base prima della filosofia dell'essere sta nell'asserto ‘l'ente è'. Questo il grande tema da cui occorre partire: dall'ente appunto e non dall'essere vuoto dei moderni. In tal modo crollano l'identità tra Logica e Metafisica della modernità razionalistica, l'idea di dialettica come generazione logico-apriorica del sapere, e l'idea di divenire come entrare-uscire dal nulla. Qui va operata un'adeguata semantizzazione dell'essere (dell'ente), rigettando l'errore primordiale di trattare la questione dell'essere come questione di essenza, il che presuppone la negazione della potenzialità. Ma se questa è presente, niente in senso proprio va in nulla ma si trasforma.  Possenti si volge verso un pensiero positivo, in cui la filosofia è capace di progresso. È andata così delineandosi la tesi che nello svolgimento della metafisica dai Greci a noi sia emersa, dopo la "seconda navigazione" platonica (vedi Fedone), proseguita e perfezionata da Aristotele, una "terza navigazione" che si esprime nella Seinsphilosophie che ha toccato un punto di apogeo in Tommaso d'Aquino e nei grandi tomisti Professore(R. McInerny, “Some navigational hazards”, in libroFestschrift). In tale prospettiva è possibile tracciare un'essenziale "storia della metafisica" quale progressiva penetrazione della verità dell'essere, culminante nella metafisica dell'actus essendi. Si tratta di una metafisica transontica che, prendendo le mosse dall'ente, procede verso l'essere stesso (Esse ipsum per se subsistens), e che individua la ‘struttura originaria' nella partecipazione dell'ente all'Essere (Le posizioni speculative di Possenti sono consegnate alla trilogia Nichilismo e Metafisica. Terza navigazione, Il realismo e la fine della filosofia moderna, e Ritorno all'essere. Addio alla metafisica moderna. Esse sono discusse da ca. 20 autori in , La Navicella della metafisica. Dibattito sul nichilismo e la terza navigazione, Armando, Roma 2000 Cottier, Dummett, Berti, Riconda, e poi in Realismo Metafisica Modernità. “In margine al volume di Vittorio Possenti Il realismo e la fine della filosofia moderna”, C. Dalfino e R. Pozzo, CNR-Iliesi, Roma.  La possibilità di guadagni per sempre rigetta l'idea fallibilista (Popper et alli), secondo cui ogni sapere (riportato poi solo a quello delle scienze) riposa su palafitte perennemente rivedibili.  La metafisica ha per oggetto non il concetto di essere, ma l'esistenza, e il filosofo deve sempre e nuovamente ribattezzarsi nelle sue acque, fuggendo l'oblio dell'essere e liberandosi dal sistema che intende racchiudere in sé la totalità. Un problema centrale di Possenti è la possibilità di una conoscenza filosofica autonoma, che non proceda solo sull'imbeccata che possano darle le scienze ed altre forme di conoscenza, nonostante la necessità del dialogo tra filosofia e scienze, in quanto non esiste un solo sapere.  L'unità plurima o polivalente della ragione si applica anche al nesso tra filosofia e Rivelazione: nell'incontro tra compito della ragione e elezione del cristianesimo si individua un criterio di apertura e stimolo per la filosofia nella sua ricerca di senso.  Persona e Personalismo Secondo Possenti il principio-persona è più fondamentale del principio-responsabilità (Jonas) e del principio-speranza (Bloch), e a fortiori delle filosofie dell'impersonale. Il concetto di persona si presta efficacemente in una serie di problemi in cui le nozioni di individuo, di soggetto, di coscienza risultano inadeguate; la persona è originaria e primitiva, e raggiunge una profondità e permanenza che non hanno le altre categorie appena citate o l'uso che spesso ne è stato fatto (Si veda il dossier sul “Principio Persona” con contributi di G. Grandis, M. Ivaldo, A. Madricardo, M. Pera, V. Possenti in “Studium”,  L'idea di persona è essenziale per maneggiare le grandi difficoltà insite nell'antropologia, in specie da quando in Occidente si è cercato di elaborare un'etica procedurale di norme senza base antropologica, che è il grande equivoco dei moderni e contemporanei.  Possenti fa parte del vasto movimento del personalismo, attivo in tutto il Novecento e che prosegue nel XXI secolo, volto alla riscoperta integra della persona. Compito del personalismo ontologico è di valorizzare ed integrarele filosofie del ‘personalismo incompiuto' (Habermas, Rawls, Bobbio, L. Ferry, D. Parfit), allontanandosi da quelle dell'esplicito antipersonalismo, Nietzsche e Foucault in specie, ma pure Hegel, Heidegger, Severino nei quali forte è l'empito antipersonalistico.  Le assise della persona vanno ricercate nell'ontologia, onde essa è una sostanzialità aperta alla relazione, ma non riducibile a sola relazione. La persona è un nucleo radicale di vita e realtà che non può essere dedotto da alcunché e che anzi fonda l'agire e lo sperare dell'essere umano  Essa come totalità concreta è alla base di una filosofia che oggi deve fare i conti con la centralità del tema antropologico, con le problematiche bioetiche (ad es. concernenti lo statuto dell'embrione), e con le concezioni in cui il soggetto e la natura umana non sono intesi come un presupposto ma come un prodotto della prassi.  Il personalismo quale insieme di scuole e correnti filosofiche che assegnano speciale valore e dignità alla persona, non è in senso proprio un'invenzione del ‘900, ma originariamente della Patristica, del Medioevo cristiano e dell'Umanesimo: qui sono state elaborate in certo modo per sempre le idee fondamentali sulla persona e dischiuso come nuovo guadagno il suo spazio di realtà. In ciò Possenti valorizza le intuizioni di Maritain e di Ricoeur.  L'epoca dell'antropocentrismo moderno non è stata un'epoca di riscoperta della persona. Anzi secondo A. Solgenitsin “Un antropocentrismo sicuro di sé non può dare risposte a molte domande della vita ed è tanto più impotente, quanto più le domande sono profonde”. Se la controversia sulla persona si accende di nuovo in molti ambiti, è perché l'idea-realtà di persona attraversa un momento di eclissi e richiede nuovamente la fatica del concetto. Assolutamente primario è il nesso persona-tecnica, in cui la seconda è spesso animata da volontà di potenza, valendo come una potenza senza etica. La presenza nel Comitato Nazionale di Bioetica ha indotto l'autore ha dedicare attenzione ai temi bioetici, tra cui in specie la sfida delle biotecnologie, la rivoluzione biopolitica, l'influsso pervasivo del materialismo e del biologismo.  Il personalismo si declina poi in ambito sociale come concezione egualitaria e comunitaria (personalismo comunitario) quale fondamento di un ordine politico nuovo, proiettato verso la cosmopoli, la pace e il rispetto dei diritti umani.  Rilancio della filosofia politica Entro un dialogo critico con le tradizioni del neoliberalismo e del neoilluminismo, Possenti ha operato per mostrare il contenuto di nozioni centrali del politico come quelle di ragion pratica, bene comune, popolo, democrazia, legge naturale, diritti dell'uomo, laicità, ai fini di una rinnovata filosofia pubblica in pari col suo oggetto. Uno specifico rilievo è stato assegnato al problema teologico-politico secondo due direttrici: la ripresa postmoderna di un ruolo pubblico per le grandi religioni; l'idea che la loro deprivatizzazione anche in Occidente può contribuire ad un positivo rapporto fra religione e politica, nella prospettiva di una nuova 'piazza pubblica' non agnostica ma attenta alla matrice teologica della società civile (Estado, Democracia y Cuestión Religiosa, Ediciones Universidad San Damaso, Madrid .).  Con la filosofia politica si opera il passaggio dal ‘piccolo mondo' dell'io al ‘grande mondo' della società, verso la società aperta della famiglia umana. Sulla scia di diagnosi attive dagli anni ‘50 del Novecento (H. Arendt, J. Maritain, L. Strauss, Y. Simon, E. Voegelin) Possenti ritiene che la filosofia politica vada riportata al suo compito primario di pensare la ‘buona società', lottando contro la crisi concettuale che procede all'ingrosso da Weber e dall'attacco al diritto naturale. In particolare è stata condotta una critica radicale a Kelsen, alla sua concezione relativistica dei valori e della democrazia, al suo intento di dissolvere l'idea di ragion pratica, tolta la quale l'ambito della prassi precipita nell'irrazionalismo e tutto è affidato al volere (Cfr. il dossier Cristianesimo e liberalismo nell'epoca postmarxista, “Humanitas”, con interventi di G. Campanini, V. Zanone, R. Esposito, M. Ivaldo. Esso raccoglie parte del dibattito sollevato dal volume Le società liberali al bivio, che vide interventi di P. OstellinoSavona, C, Vigna, R. Cubeddu, E. Berti, L. Pellicani, U. Scarpelli.). Contro Kelsen (e Rorty) si sostiene l'importanza della filosofia e dell'antropologia per la democrazia, sulla base dell'idea che la costruzione del cosmo umano è compito della ragion pratica. Insufficiente risulta una sfera pubblica moralmente neutrale, consegnata al binomio ‘diritto positivo e morale procedurale'.  La rinascita della filosofia politica avviene riprendendo competenza sui suoi problemi, tra cui massimo è quello della pace: la pace necessaria che non c'è e la guerra inammissibile che c'è. Occorre disarmare la ragione armata: ciò suggerisce che vada cercata un'organizzazione politica del mondo oltre la sovranità degli Stati-nazione verso un'autorità politica mondiale o ‘cosmopolitica', di cui l'ONU è lontana immagine.  Premi e riconoscimenti “Premio Internazionale Salvatore Valitutti” per il libro Il nichilismo teoretico e la 'morte della metafisica' (1996); “Premio Capri san Michele” per il libro Religione e vita civile. Opere V. Possenti è autore di 35 volumi, 250 saggi e contributi, e numerose centinaia di articoli: libri e saggi sono stati tradotti in 10 lingue. Ha curato l'edizioni di circa 20 volumi, promuovendo la traduzione italiana di 15 libri di Jacques Maritain.  Volumi Frontiere della pace, Presentazione di M.D. Chenu, Massimo, Milano  Filosofia e società. Studi sui progetti etico-politici contemporanei, Massimo, Milano Giorgio La Pira e il pensiero di san Tommaso, Studia Universitatis sancti Thomae in Urbe, Roma, 2ª ed. rivista e aumentata con il titolo La Pira tra storia e profezia. Con Tommaso maestro, Marietti, Genova-Milano  La buona società. Sulla ricostruzione della filosofia politica, Vita e Pensiero, Milano (traduzione portoghese IDL, Lisboa). Una filosofia per la transizione. Metafisica, persona e politica in J. Maritain, Massimo, Milano  Felice Balbo e la filosofia dell'essere, Vita e Pensiero, Milano Tra secolarizzazione e nuova cristianità, EDB, Bologna Le società liberali al bivio. Lineamenti di filosofia della società, Marietti, Genova  2ª ed. (traduzione spagnola, Eiunsa, Barcellona7). Oltre l'Illuminismo. Il messaggio sociale cristiano, Edizioni Paoline, Roma (trad. polacca, Cracovia).  Razionalismo critico e metafisica. Quale realismo?, Morcelliana, Brescia 1996 (2ª ed. ampliata) Dio e il male, Sei, Torino  (trad. spagnola, Rialp, Madrid). Cattolicesimo e modernità. Balbo, Del Noce, Rodano, Ares, Milano Approssimazioni all'essere. Scritti di metafisica e di morale, Il Poligrafo, Padova Il nichilismo teoretico e la "morte della metafisica", Armando, Roma  (pemio internazionale "Salvatore Valitutti", trad. polacca, Lublin). Terza navigazione. Nichilismo e metafisica, Armando, Roma, Nuova ed. ampliata, Armando (trad. polacca parziale, Lublin). Filosofia e Rivelazione, Città Nuova, Roma 2ª ed. (trad. inglese, Aldershot, spagnola Rialp,  polacca Wam).  La filosofia dopo il nichilismo, Rubbettino, Soveria (trad. polacca, Lublin,  rumena, Cluj).   Religione e vita civile. Il cristianesimo nel postmoderno, Armando, 2ª ed., Roma (Premio Capri san Michele, trad. polacca) L'azione umana. Morale, politica e Stato in Jacques Maritain, Città Nuova, Roma Essere e libertà, Rubbettino, Soveria Radici dell'ordine civile, Marietti, Milano-Genova Il principio-persona, Armando, Roma Profili del Novecento. Bobbio, Del Noce, La Pira, Lazzati, Maritain, Sturzo, Effatà, Cantalupa, Le ragioni della laicità, Rubbettino, Soveria  L'uomo postmoderno. Tecnica, religione e politica, Marietti, Milano 2Dentro il secolo breve. Paolo VI, Maritain, La Pira, Giovanni Paolo II, Mounier, Rubettino, Soveria Nichilismo giuridico. L'ultima parola?, Rubbettino, Soveria . La rivoluzione biopolitica. La fatale alleanza tra materialismo e tecnica, Lindau, Torino. Pace e guerra tra le nazioni. Kant, Maritain, Pacem in terris, Studium, Roma . I volti dell'amore, Marietti, Milano-Genova . Il realismo e la fine della filosofia moderna, Armando, Roma . Diritti umani. L'età delle pretese, Rubbettino, Soveria, . Ritorno all'essere. Addio alla metafisica moderna, Armando, Roma. Curatele e saggi in miscellanea Maritain e Marx. La critica del marxismo in Maritain, Massimo, Milano (Trad. spagnola Cedial, Bogotà,  Epistemologia e scienze umane, Massimo, Milano, Storia e cristianesimo in Jacques Maritain, Massimo, Milano, Contemplazione evangelica e storia, antologia di testi di J. e R. Maritain, Gribaudi, Torino. Jacques Maritain oggi, Vita e Pensiero, Milano Jacques Maritain e la filosofia dell'essere, Il Cardo, Venezia Nichilismo Relativismo Verità. Un dibattito, Rubbettino, Soveria Laici o laicisti? Dibattito su religione e democrazia, liberallibri, Firenze La questione della verità. Filosofia, scienze, teologia, Armando, Roma Ragione e verità. L'alleanza socratico-mosaica, Armando, Roma Nostalgia dell'altro. La spiritualità di Giorgio La Pira, Marietti, Milano Pace e guerra tra le nazioni, Guerini e associati, Milano Natura umana, evoluzione, etica, Guerini, Milano Governance globale e diritti dell'uomo, (insieme a M. Nordio), Diabasis, Reggio Emilia, Ritorno della religione? Tra ragione, fede e società, Guerini, Milano, Diritti Umani e libertà Religiosa, Rubbettino, . Metafisica, persona, cristianesimo. Scritti in onore di Vittorio Possenti, Armando, . Perché essere realisti? Una sfida filosofica, (insieme a A. Lavazza), Mimesis, Milano-Udine . Note  Vittorio Possenti, su Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. A. Giuliano, Filosofi a un bivio. Ora rialziamo lo sguardo, su avvenire.it, A. Lavazza, Neuroscienziati, cercate l'anima, su avvenire.it, Pontificia accademia delle scienze sociali Sito personale, su vittoriopossenti.it. Lezione di congedo dall'Venezia, aprile , vedi mio sito Ricerche correlate: Berti, Ivaldo, Mura, Goisis, Del Noce, La Pira, Maritain, Tommaso Biografia e  in "Filosofia a Venezia" Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze. Università Ca' Foscari Venezia Rassegna di articoli in "SWIFSito Web Italiano per la Filosofia", su swif.uniba.it.

 

post-modern: H. P. Grice plays with the ‘modernists,’ versus the ‘neo-traditionalists.’ Since he sees a neotraditionalist like Strawson (neotraditionalist, like neocon, is a joke) and a modernist like Whitehead as BOTH making the same mistake, it is fair to see Grice as a ‘post-modernist’ -- of or relating to a complex set of reactions to modern philosophy and its presuppositions, as opposed to the kind of agreement on substantive doctrines or philosophical questions that often characterizes a philosophical movement. Although there is little agreement on precisely what the presuppositions of modern philosophy are, and disagreement on which philosophers exemplify these presuppositions, postmodern philosophy typically opposes foundationalism, essentialism, and realism. For Rorty, e.g., the presuppositions to be set aside are foundationalist assumptions shared by the leading sixteenth-, seventeenth-, and eighteenth-century philosophers. For Nietzsche, Heidegger, Foucault, and Derrida, the contested presuppositions to be set aside are as old as metaphysics itself, and are perhaps best exemplified by Plato. Postmodern philosophy has even been characterized, by Lyotard, as preceding modern philosophy, in the sense that the presuppositions of philosophical modernism emerge out of a disposition whose antecedent, unarticulated beliefs are already postmodern. Postmodern philosophy is therefore usefully regarded as a complex cluster concept that includes the following elements: an anti- or post- epistemological standpoint; anti-essentialism; anti-realism; anti-foundationalism; opposition to transcendental arguments and transcendental standpoints; rejection of the picture of knowledge as accurate representation; rejection of truth as correspondence to reality; rejection of the very idea of canonical descriptions; rejection of final vocabularies, i.e., rejection of principles, distinctions, and descriptions that are thought to be unconditionally binding for all times, persons, and places; and a suspicion of grand narratives, metanarratives of the sort perhaps best illustrated by dialectical materialism. In addition to these things postmodern philosophy is “against,” it also opposes characterizing this menu of oppositions as relativism, skepticism, or nihilism, and it rejects as “the metaphysics of presence” the traditional, putatively impossible dream of a complete, unique, and closed explanatory system, an explanatory system typically fueled by binary oppositions. On the positive side, one often finds the following themes: its critique of the notion of the neutrality and sovereignty of reason  including insistence on its pervasively gendered, historical, and ethnocentric character; its conception of the social construction of wordworld mappings; its tendency to embrace historicism; its critique of the ultimate status of a contrast between epistemology, on the one hand, and the sociology of knowledge, on the other hand; its dissolution of the notion of the autonomous, rational subject; its insistence on the artifactual status of divisions of labor in knowledge acquisition and production; and its ambivalence about the Enlightenment and its ideology. Many of these elements or elective affinities were already surfacing in the growing opposition to the spectator theory of knowledge, in Europe and in the English-speaking world, long before the term ‘postmodern’ became a commonplace. In Anglophone philosophy this took the early form of Dewey’s and pragmatism’s opposition to positivism, early Kuhn’s redescription of scientific practice, and Vitters’s insistence on the language-game character of representation; critiques of “the myth of the given” from Sellars to Davidson and Quine; the emergence of epistemology naturalized; and the putative description-dependent character of data, tethered to the theory dependence of descriptions in Kuhn, Sellars, Quine, and Arthur Fine  perhaps in all constructivists in the philosophy of science. In Europe, many of these elective affinities surfaced explicitly in and were identified with poststructuralism, although traces are clearly evident in Heidegger’s and later in Derrida’s attacks on Husserl’s residual Cartesianism; the rejection of essential descriptions Wesensanschauungen in Husserl’s sense; Saussure’s and structuralism’s attack on the autonomy and coherence of a transcendental signified standing over against a selftransparent subject; Derrida’s deconstructing the metaphysics of presence; Foucault’s redescriptions of epistemes; the convergence betweenand English-speaking social constructivists; attacks on the language of enabling conditions as reflected in worries about the purchase of necessary and sufficient conditions talk on both sides of the Atlantic; and Lyotard’s many interventions, particularly those against grand narratives. Many of these elective affinities that characterize postmodern philosophy can also be seen in the virtually universal challenges to moral philosophy as it has been understood traditionally in the West, not only in G. and  philosophy, but in the reevaluation of “the morality of principles” in the work of MacIntyre, Williams, Nussbaum, John McDowell, and others. The force of postmodern critiques can perhaps best be seen in some of the challenges of feminist theory, as in the work of Judith Butler and Hélène Cixous, and gender theory generally. For it is in gender theory that the conception of “reason” itself as it has functioned in the shared philosophical tradition is redescribed as a conception that, it is often argued, is engendered, patriarchal, homophobic, and deeply optional. The term ‘postmodern’ is less clear in philosophy, its application more uncertain and divided than in some other fields, e.g., postmodern architecture. In architecture the concept is relatively clear. It displaces modernism in assignable ways, emerges as an oppositional force against architectural modernism, a rejection of the work and tradition inaugurated by Walter Gropius, Henri Le Corbusier, and Mies van der Rohe, especially the International Style. In postmodern architecture, the modernist principle of abstraction, of geometric purity and simplicity, is displaced by multivocity and pluralism, by renewed interest in buildings as signs and signifiers, interest in their referential potential and resources. The modernist’s aspiration to buildings that are timeless in an important sense is itself read by postmodernists as an iconography that privileges the brave new world of science and technology, an aspiration that glorifies uncritically the industrial revolution of which it is itself a quintessential expression. This aspiration to timelessness is displaced in postmodern architecture by a direct and self-conscious openness to and engagement with history. It is this relative specificity of the concept postmodern architecture that enabled Charles Jencks to write that “Modern Architecture died in St. Louis Missouri on July 15, 2 at 3:32 P.M.” Unfortunately, no remotely similar sentence can be written about postmodern philosophy. 

 

PARS-TOTUM -- partiale-impartialisimpartiality: Grice found this amusing. “Surely conversational maxims, constituting the conversational immanuel, are impartiali.e. they are not part of any other part!”“However, it’s only because they can be partial that’s the only way they can have a bite on us!” -- a state or disposition achieved to the degree that one’s actions or attitudes are not influenced in a relevant respect by which members of a relevant group are benefited or harmed by one’s actions or by the object of one’s attitudes. For example, a basketball referee and that referee’s calls are impartial when the referee’s applications of the rules are not affected by whether the calls help one team or the other. A fan’s approval of a call lacks impartiality if that attitude results from the fan’s preference for one team over the other. Impartiality in this general sense does not exclude arbitrariness or guarantee fairness; nor does it require neutrality among values, for a judge can be impartial between parties while favoring liberty and equality for all. Different situations might call for impartiality in different respects toward different groups, so disagreements arise, for example, about when morality requires or allows partiality toward friends or family or country. Moral philosophers have proposed various tests of the kind of impartiality required by morality, including role reversibility (Kurt Baier), universalizability (Hare), a veil of ignorance (Rawls), and a restriction to beliefs shared by all rational people (Bernard Gert).

 

potching and cotching: Grice coined ‘cotching’ because he was irritated to hear that Chomsky couldn’t stand ‘know’ and how to coin ‘cognise’ to do duty for it! cognition -- cognitive dissonance, mental discomfort arising from conflicting beliefs or attitudes held simultaneously. Leon Festinger, who originated the theory of cognitive dissonance in a book of that title 7, suggested that cognitive dissonance has motivational characteristics. Suppose a person is contemplating moving to a new city. She is considering both Birmingham and Boston. She cannot move to both, so she must choose. Dissonance is experienced by the person if in choosing, say, Birmingham, she acquires knowledge of bad or unwelcome features of Birmingham and of good or welcome aspects of Boston. The amount of dissonance depends on the relative intensities of dissonant elements. Hence, if the only dissonant factor is her learning that Boston is cooler than Birmingham, and she does not regard climate as important, she will experience little dissonance. Dissonance may occur in several sorts of psychological states or processes, although the bulk of research in cognitive dissonance theory has been on dissonance in choice and on the justification and psychological aftereffects of choice. Cognitive dissonance may be involved in two phenomena of interest to philosophers, namely, self-deception and weakness of will. Why do self-deceivers try to get themselves to believe something that, in some sense, they know to be false? One may resort to self-deception when knowledge causes dissonance. Why do the weak-willed perform actions they know to be wrong? One may become weak-willed when dissonance arises from the expected consequences of doing the right thing. -- cognitive psychotherapy, an expression introduced by Brandt in A Theory of the Good and the Right to refer to a process of assessing and adjusting one’s desires, aversions, or pleasures henceforth, “attitudes”. This process is central to Brandt’s analysis of rationality, and ultimately, to his view on the justification of morality. Cognitive psychotherapy consists of the agent’s criticizing his attitudes by repeatedly representing to himself, in an ideally vivid way and at appropriate times, all relevant available information. Brandt characterizes the key definiens as follows: 1 available information is “propositions accepted by the science of the agent’s day, plus factual propositions justified by publicly accessible evidence including testimony of others about themselves and the principles of logic”; 2 information is relevant provided, if the agent were to reflect repeatedly on it, “it would make a difference,” i.e., would affect the attitude in question, and the effect would be a function of its content, not an accidental byproduct; 3 relevant information is represented in an ideally vivid way when the agent focuses on it with maximal clarity and detail and with no hesitation or doubt about its truth; and 4 repeatedly and at appropriate times refer, respectively, to the frequency and occasions that would result in the information’s having the maximal attitudinal impact. Suppose Mary’s desire to smoke were extinguished by her bringing to the focus of her attention, whenever she was about to inhale smoke, some justified beliefs, say that smoking is hazardous to one’s health and may cause lung cancer; Mary’s desire would have been removed by cognitive psychotherapy. According to Brandt, an attitude is rational for a person provided it is one that would survive, or be produced by, cognitive psychotherapy; otherwise it is irrational. Rational attitudes, in this sense, provide a basis for moral norms. Roughly, the correct moral norms are those of a moral code that persons would opt for if i they were motivated by attitudes that survive the process of cognitive psychotherapy; and ii at the time of opting for a moral code, they were fully aware of, and vividly attentive to, all available information relevant to choosing a moral code for a society in which they are to live for the rest of their lives. In this way, Brandt seeks a value-free justification for moral norms  one that avoids the problems of other theories such as those that make an appeal to intuitions.  -- cognitive science, an interdisciplinary research cluster that seeks to account for intelligent activity, whether exhibited by living organisms especially adult humans or machines. Hence, cognitive psychology and artificial intelligence constitute its core. A number of other disciplines, including neuroscience, linguistics, anthropology, and philosophy, as well as other fields of psychology e.g., developmental psychology, are more peripheral contributors. The quintessential cognitive scientist is someone who employs computer modeling techniques developing computer programs for the purpose of simulating particular human cognitive activities, but the broad range of disciplines that are at least peripherally constitutive of cognitive science have lent a variety of research strategies to the enterprise. While there are a few common institutions that seek to unify cognitive science e.g., departments, journals, and societies, the problems investigated and the methods of investigation often are limited to a single contributing discipline. Thus, it is more appropriate to view cognitive science as a cross-disciplinary enterprise than as itself a new discipline. While interest in cognitive phenomena has historically played a central role in the various disciplines contributing to cognitive science, the term properly applies to cross-disciplinary activities that emerged in the 0s. During the preceding two decades each of the disciplines that became part of cogntive science gradually broke free of positivistic and behavioristic proscriptions that barred systematic inquiry into the operation of the mind. One of the primary factors that catalyzed new investigations of cognitive activities was Chomsky’s generative grammar, which he advanced not only as an abstract theory of the structure of language, but also as an account of language users’ mental knowledge of language their linguistic competence. A more fundamental factor was the development of approaches for theorizing about information in an abstract manner, and the introduction of machines computers that could manipulate information. This gave rise to the idea that one might program a computer to process information so as to exhibit behavior that would, if performed by a human, require intelligence. If one tried to formulate a unifying question guiding cognitive science research, it would probably be: How does the cognitive system work? But even this common question is interpreted quite differently in different disciplines. We can appreciate these differences by looking just at language. While psycholinguists generally psychologists seek to identify the processing activities in the mind that underlie language use, most linguists focus on the products of this internal processing, seeking to articulate the abstract structure of language. A frequent goal of computer scientists, in contrast, has been to develop computer programs to parse natural language input and produce appropriate syntactic and semantic representations. These differences in objectives among the cognitive science disciplines correlate with different methodologies. The following represent some of the major methodological approaches of the contributing disciplines and some of the problems each encounters. Artificial intelligence. If the human cognition system is viewed as computational, a natural goal is to simulate its performance. This typically requires formats for representing information as well as procedures for searching and manipulating it. Some of the earliest AIprograms drew heavily on the resources of first-order predicate calculus, representing information in propositional formats and manipulating it according to logical principles. For many modeling endeavors, however, it proved important to represent information in larger-scale structures, such as frames Marvin Minsky, schemata David Rumelhart, or scripts Roger Schank, in which different pieces of information associated with an object or activity would be stored together. Such structures generally employed default values for specific slots specifying, e.g., that deer live in forests that would be part of the representation unless overridden by new information e.g., that a particular deer lives in the San Diego Zoo. A very influential alternative approach, developed by Allen Newell, replaces declarative representations of information with procedural representations, known as productions. These productions take the form of conditionals that specify actions to be performed e.g., copying an expression into working memory if certain conditions are satisfied e.g., the expression matches another expression. Psychology. While some psychologists develop computer simulations, a more characteristic activity is to acquire detailed data from human subjects that can reveal the cognitive system’s actual operation. This is a challenging endeavor. While cognitive activities transpire within us, they frequently do so in such a smooth and rapid fashion that we are unaware of them. For example, we have little awareness of what occurs when we recognize an object as a chair or remember the name of a client. Some cognitive functions, though, seem to be transparent to consciousness. For example, we might approach a logic problem systematically, enumerating possible solutions and evaluating them serially. Allen Newell and Herbert Simon have refined methods for exploiting verbal protocols obtained from subjects as they solve such problems. These methods have been quite fruitful, but their limitations must be respected. In many cases in which we think we know how we performed a cognitive task, Richard Nisbett and Timothy Wilson have argued that we are misled, relying on folk theories to describe how our minds work rather than reporting directly on their operation. In most cases cognitive psychologists cannot rely on conscious awareness of cognitive processes, but must proceed as do physiologists trying to understand metabolism: they must devise experiments that reveal the underlying processes operative in cognition. One approach is to seek clues in the errors to which the cognitive system cognitive science cognitive science is prone. Such errors might be more easily accounted for by one kind of underlying process than by another. Speech errors, such as substituting ‘bat cad’ for ‘bad cat’, may be diagnostic of the mechanisms used to construct speech. This approach is often combined with strategies that seek to overload or disrupt the system’s normal operation. A common technique is to have a subject perform two tasks at once  e.g., read a passage while watching for a colored spot. Cognitive psychologists may also rely on the ability to dissociate two phenomena e.g., obliterate one while maintaining the other to establish their independence. Other types of data widely used to make inferences about the cognitive system include patterns of reaction times, error rates, and priming effects in which activation of one item facilitates access to related items. Finally, developmental psychologists have brought a variety of kinds of data to bear on cognitive science issues. For example, patterns of acquisition times have been used in a manner similar to reaction time patterns, and accounts of the origin and development of systems constrain and elucidate mature systems. Linguistics. Since linguists focus on a product of cognition rather than the processes that produce the product, they tend to test their analyses directly against our shared knowledge of that product. Generative linguists in the tradition of Chomsky, for instance, develop grammars that they test by probing whether they generate the sentences of the language and no others. While grammars are certainly G.e to developing processing models, they do not directly determine the structure of processing models. Hence, the central task of linguistics is not central to cognitive science. However, Chomsky has augmented his work on grammatical description with a number of controversial claims that are psycholinguistic in nature e.g., his nativism and his notion of linguistic competence. Further, an alternative approach to incorporating psycholinguistic concerns, the cognitive linguistics of Lakoff and Langacker, has achieved prominence as a contributor to cognitive science. Neuroscience. Cognitive scientists have generally assumed that the processes they study are carried out, in humans, by the brain. Until recently, however, neuroscience has been relatively peripheral to cognitive science. In part this is because neuroscientists have been chiefly concerned with the implementation of processes, rather than the processes themselves, and in part because the techniques available to neuroscientists such as single-cell recording have been most suitable for studying the neural implementation of lower-order processes such as sensation. A prominent exception was the classical studies of brain lesions initiated by Broca and Wernicke, which seemed to show that the location of lesions correlated with deficits in production versus comprehension of speech. More recent data suggest that lesions in Broca’s area impair certain kinds of syntactic processing. However, other developments in neuroscience promise to make its data more relevant to cognitive modeling in the future. These include studies of simple nervous systems, such as that of the aplysia a genus of marine mollusk by Eric Kandel, and the development of a variety of techniques for determining the brain activities involved in the performance of cognitive tasks e.g., recording of evoked response potentials over larger brain structures, and imaging techniques such as positron emission tomography. While in the future neuroscience is likely to offer much richer information that will guide the development and constrain the character of cognitive models, neuroscience will probably not become central to cognitive science. It is itself a rich, multidisciplinary research cluster whose contributing disciplines employ a host of complicated research tools. Moreover, the focus of cognitive science can be expected to remain on cognition, not on its implementation. So far cognitive science has been characterized in terms of its modes of inquiry. One can also focus on the domains of cognitive phenomena that have been explored. Language represents one such domain. Syntax was one of the first domains to attract wide attention in cognitive science. For example, shortly after Chomsky introduced his transformational grammar, psychologists such as George Miller sought evidence that transformations figured directly in human language processing. From this beginning, a more complex but enduring relationship among linguists, psychologists, and computer scientists has formed a leading edge for much cognitive science research. Psycholinguistics has matured; sophisticated computer models of natural language processing have been developed; and cognitive linguists have offered a particular synthesis that emphasizes semantics, pragmatics, and cognitive foundations of language. Thinking and reasoning. These constitute an important domain of cognitive science that is closely linked to philosophical interests. Problem cognitive science cognitive science solving, such as that which figures in solving puzzles, playing games, or serving as an expert in a domain, has provided a prototype for thinking. Newell and Simon’s influential work construed problem solving as a search through a problem space and introduced the idea of heuristics  generally reliable but fallible simplifying devices to facilitate the search. One arena for problem solving, scientific reasoning and discovery, has particularly interested philosophers. Artificial intelligence researchers such as Simon and Patrick Langley, as well as philosophers such as Paul Thagard and Lindley Darden, have developed computer programs that can utilize the same data as that available to historical scientists to develop and evaluate theories and plan future experiments. Cognitive scientists have also sought to study the cognitive processes underlying the sorts of logical reasoning both deductive and inductive whose normative dimensions have been a concern of philosophers. Philip JohnsonLaird, for example, has sought to account for human performance in dealing with syllogistic reasoning by describing a processing of constructing and manipulating mental models. Finally, the process of constructing and using analogies is another aspect of reasoning that has been extensively studied by traditional philosophers as well as cognitive scientists. Memory, attention, and learning. Cognitive scientists have differentiated a variety of types of memory. The distinction between long- and short-term memory was very influential in the information-processing models of the 0s. Short-term memory was characterized by limited capacity, such as that exhibited by the ability to retain a seven-digit telephone number for a short period. In much cognitive science work, the notion of working memory has superseded short-term memory, but many theorists are reluctant to construe this as a separate memory system as opposed to a part of long-term memory that is activated at a given time. Endel Tulving introduced a distinction between semantic memory general knowledge that is not specific to a time or place and episodic memory memory for particular episodes or occurrences. More recently, Daniel Schacter proposed a related distinction that emphasizes consciousness: implicit memory access without awareness versus explicit memory which does involve awareness and is similar to episodic memory. One of the interesting results of cognitive research is the dissociation between different kinds of memory: a person might have severely impaired memory of recent events while having largely unimpaired implicit memory. More generally, memory research has shown that human memory does not simply store away information as in a file cabinet. Rather, information is organized according to preexisting structures such as scripts, and can be influenced by events subsequent to the initial storage. Exactly what gets stored and retrieved is partly determined by attention, and psychologists in the information-processing tradition have sought to construct general cognitive models that emphasize memory and attention. Finally, the topic of learning has once again become prominent. Extensively studied by the behaviorists of the precognitive era, learning was superseded by memory and attention as a research focus in the 0s. In the 0s, artificial intelligence researchers developed a growing interest in designing systems that can learn; machine learning is now a major problem area in AI. During the same period, connectionism arose to offer an alternative kind of learning model. Perception and motor control. Perceptual and motor systems provide the inputs and outputs to cognitive systems. An important aspect of perception is the recognition of something as a particular kind of object or event; this requires accessing knowledge of objects and events. One of the central issues concerning perception questions the extent to which perceptual processes are influenced by higher-level cognitive information top-down processing versus how much they are driven purely by incoming sensory information bottom-up processing. A related issue concerns the claim that visual imagery is a distinct cognitive process and is closely related to visual perception, perhaps relying on the same brain processes. A number of cognitive science inquiries e.g., by Roger Shepard and Stephen Kosslyn have focused on how people use images in problem solving and have sought evidence that people solve problems by rotating images or scanning them. This research has been extremely controversial, as other investigators have argued against the use of images and have tried to account for the performance data that have been generated in terms of the use of propositionally represented information. Finally, a distinction recently has been proposed between the What and Where systems. All of the foregoing issues concern the What system which recognizes and represents objects as exemplars of categories. The Where system, in contrast, concerns objects in their environment, and is particularly adapted to the dynamics of movement. Gibson’s ecological psychology is a long-standing inquiry into this aspect of perception, and work on the neural substrates is now attracting the interest of cognitive scientists as well. Recent developments. The breadth of cognitive science has been expanding in recent years. In the 0s, cognitive science inquiries tended to focus on processing activities of adult humans or on computer models of intelligent performance; the best work often combined these approaches. Subsequently, investigators examined in much greater detail how cognitive systems develop, and developmental psychologists have increasingly contributed to cognitive science. One of the surprising findings has been that, contrary to the claims of William James, infants do not seem to confront the world as a “blooming, buzzing confusion,” but rather recognize objects and events quite early in life. Cognitive science has also expanded along a different dimension. Until recently many cognitive studies focused on what humans could accomplish in laboratory settings in which they performed tasks isolated from reallife contexts. The motivation for this was the assumption that cognitive processes were generic and not limited to specific contexts. However, a variety of influences, including Gibsonian ecological psychology especially as interpreted and developed by Ulric Neisser and Soviet activity theory, have advanced the view that cognition is much more dynamic and situated in real-world tasks and environmental contexts; hence, it is necessary to study cognitive activities in an ecologically valid manner. Another form of expansion has resulted from a challenge to what has been the dominant architecture for modeling cognition. An architecture defines the basic processing capacities of the cognitive system. The dominant cognitive architecture has assumed that the mind possesses a capacity for storing and manipulating symbols. These symbols can be composed into larger structures according to syntactic rules that can then be operated upon by formal rules that recognize that structure. Jerry Fodor has referred to this view of the cognitive system as the “language of thought hypothesis” and clearly construes it as a modern heir of rationalism. One of the basic arguments for it, due to Fodor and Zenon Pylyshyn, is that thoughts, like language, exhibit productivity the unlimited capacity to generate new thoughts and systematicity exhibited by the inherent relation between thoughts such as ‘Joan loves the florist’ and ‘The florist loves Joan’. They argue that only if the architecture of cognition has languagelike compositional structure would productivity and systematicity be generic properties and hence not require special case-by-case accounts. The challenge to this architecture has arisen with the development of an alternative architecture, known as connectionism, parallel distributed processing, or neural network modeling, which proposes that the cognitive system consists of vast numbers of neuronlike units that excite or inhibit each other. Knowledge is stored in these systems by the adjustment of connection strengths between processing units; consequently, connectionism is a modern descendant of associationism. Connectionist networks provide a natural account of certain cognitive phenomena that have proven challenging for the symbolic architecture, including pattern recognition, reasoning with soft constraints, and learning. Whether they also can account for productivity and systematicity has been the subject of debate. Philosophical theorizing about the mind has often provided a starting point for the modeling and empirical investigations of modern cognitive science. The ascent of cognitive science has not meant that philosophers have ceased to play a role in examining cognition. Indeed, a number of philosophers have pursued their inquiries as contributors to cognitive science, focusing on such issues as the possible reduction of cognitive theories to those of neuroscience, the status of folk psychology relative to emerging scientific theories of mind, the merits of rationalism versus empiricism, and strategies for accounting for the intentionality of mental states. The interaction between philosophers and other cognitive scientists, however, is bidirectional, and a number of developments in cognitive science promise to challenge or modify traditional philosophical views of cognition. For example, studies by cognitive and social psychologists have challenged the assumption that human thinking tends to accord with the norms of logic and decision theory. On a variety of tasks humans seem to follow procedures heuristics that violate normative canons, raising questions about how philosophers should characterize rationality. Another area of empirical study that has challenged philosophical assumptions has been the study of concepts and categorization. Philosophers since Plato have widely assumed that concepts of ordinary language, such as red, bird, and justice, should be definable by necessary and sufficient conditions. But celebrated studies by Eleanor Rosch and her colleagues indicated that many ordinary-language concepts had a prototype structure instead. On this view, the categories employed in human thinking are characterized by prototypes the clearest exemplars and a metric that grades exemplars according to their degree of typicality. Recent investigations have also pointed to significant instability in conceptual structure and to the role of theoretical beliefs in organizing categories. This alternative conception of concepts has profound implications for philosophical methodologies that portray philosophy’s task to be the analysis of concepts. 

 

potts: “One of the few non-Oxonian English philosohpers I can stand, but then he was my genial tutee!, so he IS Oxford. Oxford made me and him!” --. English philosopher, tutee of H. P. Grice. Semanticist of the best order! Structures and Categories for the Representation of Meaning T.C. Potts. Potts, alla Grice, addresses the representation problem ... how best to represent the meanings of linguistic expressions... One might call this the 'semantic form' of expressions (p. xi, italics in the original). The book begins with "three chapters in which I survey the contributions made by linguistics, logic and computer science respectively to the representation of meaning" (p. xii). These three chapters are not easy to understand, principally because of Potts's obtuse style, an example of which is that instead of saying "'either P or Q' is false if 'P' and 'Q' are both false; otherwise, it is true," he says, "we lay down that a proposition having the structure represented by 'either P or Q' is to be accounted false if a false proposition is substituted for 'P' and a false proposition for 'Q', but is otherwise to be accounted true" (p. 53). These chapters are also outdated. In particular, the chapter on computer science, discussing the work of researchers whose goals are the closest to Potts's own stated goals, is mainly a review of work as of the seventies. There are citations to several of the papers in Findler (1979), but only three to more recent research publications: Hayes (1980), Sowa (1984), and Hobbs and Shieber (1987). Perhaps the most valuable aspect of these three chapters is Potts's criticisms of some of the work he surveys. Of course, some of the problems noted have been corrected in literature that Potts hasn't yet got around to reading. By the end of the three survey chapters, Potts has introduced two techniques that he 427  Computational Linguistics Volume 21, Number 3 then develops into his own representation-- categorial grammars and graphs as representation formalisms. He takes the categorial analysis to be the prior of the two, with his graphs, which he calls categorialgraphs, being the clearer representation of sentence meaning. Unfortunately, "formalism" and "clearer" must be taken with a grain of salt. Potts never formally defines his categorial graphs, let alone gives a formal semantics for them. Although I have had extensive experience reading, interpreting, and devising graphical representations of meaning, I could not understand the details of Potts's graphs. But then, neither, apparently, can he: "The relationship between semantic and syntactic structures has not been spelled out, so that it is not fully determinate what our semantic representations represent at the syntactic level" (p. 168). The four substantive chapters are useful for the linguistic issues that they address, even if they are not useful for the representation scheme that they develop. These issues, which must eventually be faced by all knowledge representation formalisms that aspire to complete coverage of natural language include: quantifier scope; pronouns; relative clauses; count nouns, substance nouns, and proper names; generic propositions; deictic terms; plurals; identity; and adverbs. Appropriately, the book does not end on a note of claimed accomplishment, but on a note of work yet to do: "The purpose of a philosophical book is to stimulate thought, not to put it to rest with solutions to every problem ... It is still premature to formulate a graph grammar for semantic representation of everyday language... The representation problem is commonly not accorded the respect which it deserves" (p. 288). Many people agree, and have, accordingly, produced a vast literature that Potts is apparently not familiar with. (Some relevant collections are Cercone and McCalla 1987, Sowa 1991, and Lehmann 1992.) Nevertheless, Potts is still correct when he suggests that there is much work left to do.--Stuart C. Shapiro, State University of New York at Buffalo References Cercone, Nick and McCalla, Gordon (editors) (1987). The Knowledge Frontier: Essays in the Representation of Knowledge. Springer-Verlag. Findler, Nicholas V. (editor) (1979). Associative Networks: The Representation and Use of Knowledge in Computers. Academic Press. Hayes, Patrick J. (1980). "The logic of frames." In Frame Conceptions and Text Understanding, edited by Dieter Metzing, 46-61. de Gruyter, 1980. Also in Readings in Knowledge Representation, edited by Ronald J. Brachman and Hector J. Levesque, 287-295. Morgan Kaufmann. 1985. Hobbs, Jerry R., and Shieber, Stuart M. (1987). "An algorithm for generating quantifier scopings." Computational Linguistics, 13(1-2), 47-63. Lehmann, Fritz (editor) (1992). Semantic Networks in Artificial Intelligence. Pergamon Press. Sowa, John E (1984). Conceptual Structures. Addison-Wesley. Sowa, John F. (editor) (1991). Principles of Semantic Networks: Explorations in the Representation of Knowledge. Morgan Kaufmann. Refs.: Luigi Speranza, “Potts at Villa Grice.”

 

pozza: Grice: “I like Pozza; he uses ‘pragmatic’ quite a bit, by which he means Grice, of course!” Carlo Dalla Pozza (Taranto), filosofo. Figlio di Luigi, ufficiale della Marina (regione Veneto) e di Cencilia Pontrelli, pugliese, durante gli studi al Liceo Scientifico Battaglini di Taranto, Giovanni De Tommaso, un insegnante di matematica di stile "tradizionale" gli stimola il gusto per i problemi matematici e per l'eleganza formale delle dimostrazioni. Carlo Dalla Pozza studia filosofia e letteratura all'Bari dove si laurea con una tesi su Renato Serra avendo come relatore Aldo Vallone. Per tutta la sua vita coniuga l'amore per i sistemi formali con l'amore per la letteratura italiana, in particolare per Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci (maestro di Renato Serra) e Gabriele d'Annunzio (e tra i classici predilisse Torquato Tasso e Vita nuova di Dante).  Dopo la laurea studia Linguistica teorica a Bari con Ferruccio Rossi-Landi e in seguito all'Pisa, e quindi Metodi formali alla Cattolica di Milano. Una svolta nella sua carriera intellettuale è segnata dalla partecipazione agli "incontri di San Giuseppe" organizzati a Torino da Norberto Bobbio. A partire da qui sviluppa nuove idee in filosofia del diritto, specie sul lavoro di Hans Kelsen, e sulla formalizzazione della logica deontica con particolare attenzione all'assiomatizzazione dei principi di una Teoria generale del diritto in collaborazione con Luigi Ferrajoli per i suoi Principia Juris. Organizza a Taranto insieme al Comandante Nicola Marturano, allora direttore del Centro di Elaborazione Elettronica della Marina Militare, gli incontri Infogiure Taras Uno: Logica Informatica e Diritto, in collaborazione con il Centro di Taranto della Università Cattolica del Sacro Cuore, al quale hanno partecipato alcune delle figure più rappresentative del diritto, dell'informatica e della logica italiana e internazionale, tra cui Carlos Alchourron, Antonio A. Martino, Luigi Ferrajoli, Amedeo G. Conte, Padre Roberto Busa, Paolo Comanducci, Mario Jori, Angela Filipponio, Giancarlo Taddei-Elmi, Riccardo Guastini e Giovanni Sartor. Insegna per diversi anni nella scuola superiore in provincia di Taranto, mantenendosi scientificamente attivo e partecipando a conferenze di società filosofiche italiane (specialmente la Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza e la Società Italiana di filosofia Analitica, dal suo primo Convegno Nazionale   fino al 6 convegno "Analitic Philosophy and European Culture" (Genova). Viene assunto all'Lecce, dove insegna Logica e Filosofia del linguaggio.  Tra le principali influenze nei suoi studi di linguistica e semiotica testuale vi sono quella di  Petöfi che lo invita a lavorare con lui all'Costanza. La scelta di Pozza è però quella di restare in Italia dove continua a insegnare anche fuori Lecce, in particolare a Verona, Padova, Bolzano e, per le sue lezioni di logica deontica, a Oltre all'influenza di Petöfi e Kelsen, l'influenza maggiore sul suo pensiero viene dalle grandi opere di Frege, Russell e Carnap, ai cui lavori dedica uno studio continuo, con particolare attenzione alla visione filosofica di Carnap. Pubblica un contributo di sapore neopositivista, discutendo e formalizzando alcune argomentazioni in fisica quantistica. Un legame tra i suoi interessi in linguistica e il suo lavoro in logica formale è dato dalla sua teoria formale degli atti linguistici basata su una connessione originale tra logica intuizionistica (usata per gli atti linguistici assertori) e logica classica (usata per i contenuti proposizionali). Il primo passo di questa teoria viene pubblicato in un lavoro scritto a due mani con Garola su Erkenntnis. Presentando la sua teoria di una formalizzazione della “pragmatica,” Pozza definisce un modello Frege-Reichenbach-Stenius per il trattamento formale delle asserzioni, mostrando che il problema principale di questa teoria è la limitazione introdotta da Frege (e accettata da Dummett) per cui il segno di asserzione si può usare solo per formule elementari assertorie. Ma, come molti filosofi sostengono, esistono atti linguistici composti; e per permettere il trattamento di atti linguistici composti e ovviare alla limitazione del modello Frege-Reichenbach-Stenius, Pozza introduce un insieme di connettivi “pragmatic” che permettono la costruzione di formule assertive complesse. Il contenuto delle formule assertive è dato dall'interpretazione classica e dai connettivi vero-funzionali. I connettivi “pragmatic,” che connettono atti linguistici assertor,  hanno invece una interpretazione intuizionistica, non hanno cioè valori di verità ma valori di “giustificazione.” Iinfatti un atto assertivo non è, in quanto *atto*, vero o falso, ma può essere “giustificato” o non giustificato. In questo modo, il sistema formale distingue l'”asseribilità” di un atto assertorio dal valore di verità della proposizione asserita. Oltre a spiegare l'irriducibilità del segno fregeano di asserzione a un trattamento in termini di logica classica e introdurre una fondazione formale della teoria degli atti linguistici, Pozza dà anche una soluzione originale del problema della compatibilità tra logica classica (Grice) e logica non-classica (Strawson) o intuizionista. Al saggio su Erkenntnis seguono lavori sulla logica erotetica, sulla logica deontica e sulle logiche sub-strutturale (vedi riferimenti più sotto). Il lavoro di Pozza ha suscitato interesse in diversi campi, dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della fisica (con la collaborazione con Garola) alla logica e all'informatica, (specie a partire dalla sua collaborazione con Bellin). Alla sua teoria formale della “pragmatica,” oltre ai lavori di Anderson e Ranalter è dedicato un numero di Fondamenta Informaticae. L'influenza di Pozza si estende così oltre che alla filosofia della fisica e alla filosofia del linguaggio anche alla logica e all'informatica, specie con tre convegni in suo onore organizzati a Verona, a Parigi, e a Sirmione, basati sulla collaborazione tra il Dipartimento di Informatica a Verona, la Queen Mary University di Londra e Parigi (Laboratoire d'Algorithmique, Complexité et Logique). Ricordi di personalità internazionali e di amici sono raccolti in un sito in suo onore.  Opere: Una lista di lavori di Pozza si può trovare sulla sua Home Page e su academia.edu.  On the logical foundations of the Jauch-Piron approach to Quantum Physics (with G. Cattaneo, C. Garola, G. Nisticò), in International Journal of Theoretical Physics,   Un'interpretazione pragmatica della logica proposizionale intuizionistica, in Usberti G, Problemi fondazionali nella teoria del significato, Leo S. Olschki, Firenze. Una fondazione pragmatica della logica delle domande, unpublished handwritten (draft).  “Parlare di niente: termini singolari non denotanti e atti illocutori, in 'Idee',  A pragmatic interpretation of intuitionistic propositional logic (with C. Garola), in Erkenntnis, Una logica pragmatica per la concezione “espressiva” delle norme, in Martino, Logica delle Norme, S.E.U., Pisa. A pragmatic interpretation of sub-structural logics (with Bellin), in Sieg, Sommer and Talcott, Reflections on the Foundations of Mathematics. Essays in Honor of Feferman ASL Lectures Notes in Logic, Natick Massachusetts,  Il problema di Gettier: osservazioni su giustificazione, prova e probabilità (with D. Chiffi), talk at the SIFA conference Analytic Philosophy and European Culture, Genoa, A pragmatic logic for the expressive conception of norms and values and The Frege-Geach problem, Editoria Scientifica Elettronica. Come distinguere scienza e non-scienza: verificabilità, falsificabilità e confermabilità bayesiana (with A. Negro), Carocci, Ferrajoli, Principia juris. Teoria del diritto e della democrazia.  La sintassi del diritto, Bari: Edizioni Laterza: vedi//sifa.unige.it/?post_type=eventoz&p=347  vedi//sifa.unige.it/genoa04/program.htm  On the logical foundations of the Jauch-Piron approach to Quantum Physics (con Cattaneo, Garola, Nisticò), in International Journal of Theoretical Physics, A pragmatic interpretation of intuitionistic propositional logic (con Garola), in Erkenntnis, vedi G. Bellin and Pozza. "A pragmatic interpretation of sub-structural logics" in Reflections on the Foundations of Mathematics, Essays in Honor of Feferman, W.Sieg, R.Sommer and C.Talcott eds. ASL Lecture Notes in Logic Richard Stuart Anderson Some Remarks on the Frege-Geach Embedding Problem, Kurt Ranalter, "A Semantic Analysis of a Logic of Assertions, Oblicagion and Causal Implication" in FI,  Archiviato iin Archive.is.Fundamenta Informaticae, 84, n.3-4, 2008 Archiviato in Archive.is.  Home Page  [unisalento.academia.edu/CarloDallaPozza unisalento.academia.edu/

 

pozzo: Riccardo Pozzo (Milano), filosofo. Laureato a Milano, ha conseguito il dottorato a Saarlandes (“a reason why Italians don’t consider him Italian” – Grice) e la abilitazione a Trier – Grice: “A reason why Italians don’t consider him an Italian philosopher, since he earned his maximal degree without, and not within, Italy.” -- è andato negli Stati Uniti per insegnare Kant e Hegel a Washington. -- è tornato in Italia alla Cattedra di Storia della filosofia a Verona. -- è succeduto a Gregory alla direzione dell'Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee CNR. Ha diretto il Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale CNR -- è eletto membro titolare dello Institut International de Philosophie, del quale  è vicepresidente. -- è chiamato a 'Roma. Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania, è stato esperto dello Horizon  Programme Committee Configuration Research Infrastructures, membro dello Scientific Review Group for the Humanities della European Science Foundation e presidente del comitato di programma del Congresso Mondiale di Filosofia, organizzato dalla Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie a Pechino nel ; è  membro del comitato di programma del Congresso Mondiale di Filosofia. Storico della filosofia e autore di monografie sull’aristotelismo, la storia della logica (dal Rinascimento a Kant e Hegel), la storia delle idee e la storia delle università, ha portato avanti la creazione di infrastrutture di ricerca per una migliore comprensione dei testi filosofici e scientifici che hanno plasmato il patrimonio culturale dell’umanità. Caratteristica specifica del suo approccio alla lessicografia durante il suo mandato presso l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee è l’uso della IT per la documentazione e l’elaborazione di dati linguistici e testuali in italiano.  Come molte altre discipline, anche la storia della filosofia oggi sta assumendo una prospettiva globale. Pozzo offre nuove definizioni e sperimenta pratiche incentrate sulle interazioni culturali europeo-cinesi, prese come inizio per estendere il modello ad altre culture. La ricerca di Pozzo riguarda l’innovazione, la riflessione e l’inclusione. L’innovazione culturale è qualcosa di reale che completa l’innovazione sociale e tecnologica fornendo alla società riflessiva spazi di scambio nei quali i cittadini condividono le proprie esperienze e fanno propri i contenuti dei beni comuni. Stiamo parlando di spazi pubblici come università, accademie, biblioteche, musei, centri scientifici, ma anche di qualsiasi luogo nel quale si verificano attività di co-creazione, ad es. le infrastrutture di ricerca come DARIAH-Digital Research Infrastructure for the Arts and the Humanities. A questo livello, l’innovazione sociale diventa riflessiva e genera l’innovazione culturale.  Innovazione sociale e culturale Una linea di ricerca si concentra sull’introduzione della nozione di innovazione culturale, che richiede un ripensamento dei processi di co-creazione. Contrasta la dimensione dell’innovazione culturale con quelle di altre forme di innovazione, compiendo un tentativo senza precedenti di enucleare processi e prodotti dell’innovazione culturale, dimostrando al contempo la loro operatività in alcuni casi di studio.  Migrazioni e scienze umane Pozzo riflette sulle sfide metodologiche, concettuali ed epistemologiche della ricerca sulle migrazioni. Elabora esempi concreti per configurare le migrazioni come un settore che accende un dialogo tra discipline tra loro molto diverse come la sociologia, la narratologia, le scienze della comunicazione, la IT, le scienze politiche, la psicologia sociale, gli studi religiosi, l’economia, i diritti umani, il patrimonio culturale e la museologia in quanto hanno accesso ai dati resi disponibili dalle infrastrutture di ricerca, le scienze sociali computazionali e l’informatica umanistica. Le migrazioni accompagnano l’intera storia delle civiltà, coinvolgendo relazioni e scambi continui tra le culture e traduzioni da e per diversi contesti linguistici, economici, politici e culturali. Le migrazioni offrono esempi convincenti per configurare l’impatto dell’innovazione culturale poiché richiedono trasferimenti di culture, conoscenze e competenze. Le sfide epistemologiche hanno come obiettivo ultimo di contribuire a un cambiamento di mentalità per quanto riguarda la riflessione e l’inclusione nei gruppi target attivi nelle infrastrutture sociali come l’istruzione, l’apprendimento permanente, l’assistenza sanitaria, la mobilità e la rigenerazione urbana.   Monografie: “Kant y el problema de una introducción a la lógica, transl. Javier Sánchez-Arjona Voser (Madrid: Maia, ),  Adversus Ramistas: Kontroversen über die Natur der Logik am Ende der Renaissance (Basel: Schwabe, ),  Georg Friedrich Meiers Vernunftlehre: Eine historisch-systematische Untersuchung (Stuttgart-Bad Cannstatt: Frommann-Holzboog,Kant und das Problem einer Einleitung in die Logik: Ein Beitrag zur Rekonstruktion der historischen Hintergründe von Kants Logik-Kolleg (Frankfurt: Lang, Hegel: Introductio in Philosophiam: Dagli studi ginnasiali alla prima logica (Firenze: La Nuova Italia, “Epistemological Challenges of Engaging Humanities-led Cross-disciplinary Migration Research Issues,” in Briefs on Methodological, Ethical and Epistemological Issues, migrationresearch.com “G. F. Meiers rhetorisierte Logik und die freien Künste,” Rhetorica: A Journal of the History of Rhetoric, Social and Cultural Innovation: Research Infrastructures Tackling Migration,” Diogenes: International Journal of Human Sciences “Governing Cultural Diversity: Common Goods, Shared Experiences, Spaces for Exchange,” Economia della cultura: Rivista trimestrale dell’Associazione per l’Economia della Cultura “Storia storica e storia filosofica della filosofia nel XX e XXI secolo,” Archivio di storia della cultura, Schiavitù attiva, proprietà intellettuale e diritti umani,” Intersezioni: Rivista di storia delle idee.  Scuola di Milano  Opere / Riccardo Pozzo (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Registrazioni su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Sito istituzionale, su lettere.uniroma2.it.  sul  RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. video/469/rpozzo-le-iniziative-del-cnr-e-il-progetto-nazionale-sui-bbcc Riccardo Pozzo sul patrimonio culturale al Museo Nazionale Romano, su tv. t/videos/interview-prof-riccardo-pozzo-rom-20-05-/ Cultural Entrepreneurship Institute Berlin su cultural-entrepreneurship-institute.de. Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, su fisp.org. Institut International de Philosophie, su i-i-p.o

 

pra: Mario dal pra, nome di battaglia colonnello Procopio (Montecchio Maggiore), filosofo. Si è laureato a Padova sotto la guida di Troilo. Ha iniziato a sua carriera didattica a Rovigo e Vicenza), trasferendosi poi a Milano; ha ricoperto la cattedra di Storia della filosofia, succedendo a Banfi. Pra ha partecipato attivamente alla Resistenza, nelle file di "Giustizia e Libertà", guadagnandosi due croci di guerra al merito partigiano, ed ha collaborato alla ricostruzione politica e culturale del Paese, con un'opera didattica e scientifica sempre sorretta da un'alta ispirazione morale.  Medaglia d'oro quale benemerito della Scuola, della Cultura e dell'Arte, membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell'Accademia Olimpica di Vicenza, nonché membro autorevole della Società Filosofica Italiana, della quale è stato anche Presidente nazionale per un triennio. Con decreto del presidente della Repubblica in data 27-7-1987 gli è stato conferito il titolo di professore "emerito" della Milano a tutti gli effetti di legge.  Storico del pensiero di prestigio internazionale (tra i suoi temi preferiti, lo scetticismo greco, Abelardo e la logica medioevale, Hume, Condillac, la logica hegeliana, il giovane Marx, il pragmatismo, americano e italiano, la storia della storiografia filosofica), Dal Pra ha sempre connesso la sua attività storiografica con l'esplicitarsi di interessi teorici che lo hanno portato ad elaborare, negli anni cinquanta, un'originale linea di pensiero denominata "trascendentalismo della prassi", poi evoluta in una forma di razionalismo storicista e critico. Il suo interesse filosofico fondamentale si è infatti sempre rivolto al chiarimento del rapporto tra teoria e prassi in una prospettiva antimetafisica che lo ha fin dai suoi esordi posto in contrasto con le posizioni del neoidealismo italiano, e più in generale con ogni forma di dogmatismo teoricistico emergente nel pensiero contemporaneo, per favorire la libera esplicazione dell'iniziativa pratico-razionale dell'uomo.  Pra ha fondato la Rivista di storia della filosofia, un riferimento costante e prestigioso nell'ambito degli studi del pensiero occidentale, tuttora pubblicata.  Negli anni sessanta è stato autore di un fortunato Sommario di storia della filosofia per licei, in tre volumi e più volte ristampato (La Nuova Italia, Firenze) e poi direttore di una monumentale Storia della filosofia (prima edizione Vallardi, Milano, Piccin, Padova, È deceduto a Milano  ed i suoi resti mortali riposano nel Cimitero di Vicenza. Ha donato la sua biblioteca e le sue carte alla Biblioteca di Filosofia Università degli Studi di Milano. Nel dopoguerra e negli anni Cinquanta, in collaborazione con Andrea Vasa, Dal Pra elabora una posizione filosofica che viene indicata come trascendentalismo della prassi.  Successivamente, avvicinandosi alle idee di Giulio Preti, Dal Pra propone uno storicismo critico, più attento alle strutture della ragione con cui l'esperienza storica si struttura.  Opere Il realismo e il trascendente, Padova, Cedam, Amore di sapienza. Avviamento elementare allo studio della storia della filosofia, della scienza e della pedagogia per i licei e gli istituti magistrali, Vicenza, Tipografia commerciale, La didache. Insegnamento del Signore alle genti per mezzo dei dodici apostoli. Documento cristiano del I secolo, Vicenza, Tipografia commerciale, Educare, Verona, La Scaligera, Pensiero e realtà, Verona, La Scaligera, Scoto Eriugena ed il neoplatonismo medievale, Milano, Bocca, Condillac, Milano, Bocca, Il pensiero di Sebastiano Maturi, Milano, Bocca, Necessità attuale dell'universalismo cristiano, Vicenza, Collezioni del Palladio, Valori cristiani e cultura immanentistica, Padova, Cedam, Hume, Milano, Bocca, La storiografia filosofica antica, Milano, Bocca, Lo scetticismo greco, Milano, Bocca, Giovanni di Salisbury, Milano, Bocca, Amalrico di Bène, Milano, Bocca, Nicola di Autrecourt, Milano, Bocca, Il pensiero di John Dewey, con contributi bibliografici a cura di, Milano, Bocca, Il problema logico del linguaggio nella filosofia medioevale. Studi storico-critici, Milano, Bocca,  Il pensiero filosofico di Marx  (Con particolare riguardo alla filosofia della prassi). Appunti delle lezioni di Storia della filosofia a cura della dott. M. E. Reina. Anno accademicoMilano, La Goliardica (poi come Il pensiero filosofico di Marx, D. Borso, Shake ed., Milano ). Il pensiero occidentale. Compendio di storia della filosofia con larga scelta di passi dagli autori, I, La filosofia antica e medioevale, Firenze, La Nuova Italia, Sommario di storia della filosofia per i licei classici e scientifici,  Firenze, La Nuova Italia,  La dialettica in Marx. Dagli scritti giovanili all'Introduzione alla critica dell'economia politica, Bari, Laterza, Profilo di storia della filosofia, Firenze, La Nuova Italia, Piccola antologia filosofica,  Firenze, La Nuova Italia, La dialettica hegeliana e l'epistemologia contemporanea, Milano, CUEM, Hume e la scienza della natura umana, Roma-Bari, Laterza, Logica e realtà. Momenti del pensiero medievale, Roma-Bari, Laterza, Storia della Filosofia, diretta da, 11 voll., I, Giuseppina Scalabrino Borsani, La filosofia indiana, Milano, Vallardi, Paolo Beonio-Brocchieri, La filosofia cinese e dell'Asia orientale, Milano, Vallardi, Gabriele Giannantoni, Armando Plebe, Pierluigi Donini, La filosofia greca dal VI al IV secolo, Milano, Vallardi, La filosofia ellenistica e la patristica cristiana. Dal III sec. a.C. al V sec. d.C., Milano, Vallardi,La filosofia medievale. Dal secolo VI al secolo XII, Milano, Vallardi, La filosofia medievale. I secoli XIII e XIV, Milano, Vallardi,  La filosofia moderna. Dal Quattrocento al Seicento, Milano, Vallardi,  Paolo Casini, Nicolao Merker, La filosofia moderna. Il Settecento, Milano, Vallardi, La filosofia contemporanea. L'Ottocento, Milano, Vallardi, La filosofia contemporanea. Il Novecento, Milano, Vallardi,  La filosofia della seconda metà del Novecento, 2 tomi, Padova-Milano, Piccin Nuova libraria-Vallardi, Logica, esperienza e prassi. Momenti del pensiero moderno e contemporaneo, Napoli, Morano, Il problema del realismo nella storia del pensiero, Milano, Unicopli, 1980. La storiografia filosofica e la sua storia. Testi per il corso di storia della filosofia I. A.A. con Giovanni Santinello, Eugenio Garin, Lutz Geldsetzer e Lucien Braun, Padova, Antenore, David Hume. La vita e l'opera, Roma-Bari, Laterza, Antonio Banfi Relazioni dall'incontro Antonio Banfi: le vie della ragione, Milano,  con Dino Formaggio e Paolo Rossi, Milano, Unicopli, Studi sul pragmatismo italiano, Napoli, Bibliopolis, Studi sull'empirismo critico di Giulio Preti, Napoli, Bibliopolis, Filosofi del Novecento, Milano, Franco Angeli, I problemi di metodo nella storiografia filosofica, in Panorami filosofici. Itinerari del pensiero, Padova, Muzzio,  Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana, con Fabio Minazzi, Milano, Rusconi,  Storia della filosofia e della storiografia filosofica. Scritti scelti, Maria Assunta Del Torre, Milano, Franco Angeli, La guerra partigiana in Italia. Dario Borso, Firenze-Milano, Giunti-INSMLI, Dialettica hegeliana ed epistemologia analitica, Enrico Colombo, Brescia, Morcelliana, . Il trascendentalismo della prassi, la filosofia della Resistenza, con Andrea Vasa, Maria Grazia Sandrini, Milano-Udine, Mimesis, . Note   F. Cambi, Razionalismo e prassi a Milano Milano, 1983; N. Badaloni (et al.), La storia della filosofia come sapere critico. Studi offerti a Mario Dal Pra, Milano, Angeli,  L. Bianchi,  degli scritti di Mario Dal Pra, in La storia della filosofia come sapere critico. Studi offerti a Mario Dal Pra, Milano, A. Montesperelli, Introduzione, in E. MirriL. Conti , Filosofi nel dissenso, Foligno,  M. Mirri, Fra Vicenza e Pisa. Esperienze morali, intellettuali e politiche di giovani degli anni ’40, in Il contributo dell’Pisa e della Scuola Normale Superiore alla lotta antifascista ed alla guerra di Liberazione, Pisa, A. Pacchi, Il filosofo e l’educatore, in In onore di Mario Dal Pra, Montecchio Maggiore, F. Cassinari , Filosofia e storia della filosofia in Mario Dal Pra. Conversazione con Fulvio Papi, «Itinerari filosofici»,  E.I. Rambaldi, Ricordo di M. Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», E. Garin, Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», A. Santucci, Mario Dal Pra filosofo e storico della filosofia, «Rivista di storia della filosofia», E.I. Rambaldi, Mario Dal Pra e l’esistenzialismo positivo di Nicola Abbagnano, «Rivista di storia della filosofia»,  M.A. Del Torre , Mario Dal Pra e i cinquant’anni della "Rivista di storia della filosofia", Milano, G. Paganini, Dall’empirismo classico all’empirismo «critico». Le ricerche di M. Dal Pra tra storia e teoria, «Cenobio. Rivista trimestrale di cultura della Svizzera italiana», Giordanetti, Il fondo manoscritto di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia»,  E.I. Rambaldi, Et vos estote parati. Mario Dal Pra, la vigilia, «Rivista di storia della filosofia», G. Barreca, L’archivio Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», E. I. Rambaldi, Mario Dal Pra in Enciclopedia filosofica, Milano,  Id., Mario Dal Pra giovane insegnante a Vicenza, «Rivista di storia della filosofia»,M. Rigamonti, Gli Hume di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia»,M. ParodiC. Selogna, Per una filosofia minore. Mario Dal Pra e il pensiero debole, «Rivista di storia della filosofia»,P. Di Vona, Ricordo di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», Enrico I. Rambaldi, Filologia e filosofia nella storiografia di Pra, in «ACME»,E. Franzina, Mario Dal Pra partigiano. Dal fascismo alla Resistenza e alla sua storia, in «Belfagor», Il fondo manoscritto di Mario Dal Pra. Descrizione, in "Rivista di storia della filosofia",Ricordo di Pra, Informazione filosofica, sito "studifilosofici.it". G. BarrecaGiordanetti, Fondo Mario Dal Pra, Milano, Cisalpino, 2005. Dal Pra, Mario» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Presentiamo  Pra: l'uomo, il filosofo. Una mostra biografico-documentaria dall'archivio inedito Università degli Studi di Milano, Biblioteca di Filosofia, D. Borso, Mario Dal Pra. Una via religiosa alla Resistenza, "Humanitas",  L'archivio Mario Dal Pra presso l Biblioteca di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano Fascicolo speciale in memoria di Mario Dal Pra per il settantesimo anniversario della fondazione della Rivista, in Rivista di storia della filosofia: LXXI, supplemento 4, , Milano, Franco Angeli, . D. Borso, Mario Dal Pra 'fucino', "Rivista di storia della filosofia", Gianmarco Bisogno, Anselmo in Italia: tra Mario Dal Pra e Sofia Vanni Rovighi, in «Dianoia. Rivista di filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell'Bologna»,  Riconoscimenti l'Accademia dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per le Scienze Filosofiche.Scuola di Milano  u Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. OpereVincitori del Premio Feltrinelli Filosofia Università  Università  Premi Feltrinelli 1950-, su lincei.it.

 

Praxis – “pragmatic” practical reason, the capacity for argument or demonstrative inference, considered in its application to the task of prescribing or selecting behavior. Some philosophical concerns in this area pertain to the actual thought processes by which plans of action are formulated and carried out in practical situations. A second major issue is what role, if any, practical reason plays in determining norms of conduct. Here there are two fundamental positions. Instrumentalism is typified by Hume’s claim that reason is, and ought only to be, the slave of the passions. According to instrumentalism, reason by itself is incapable of influencing action directly. It may do so indirectly, by disclosing facts that arouse motivational impulses. And it fulfills an indispensable function in discerning meansend relations by which our objectives may be attained. But none of those objectives is set by reason. All are set by the passions  the desiderative and aversive impulses aroused in us by what our cognitive faculties apprehend. It does not follow from this alone that ethical motivation reduces to mere desire and aversion, based on the pleasure and pain different courses of action might afford. There might yet be a specifically ethical passion, or it might be that independently based moral injunctions have in themselves a special capacity to provoke ordinary desire and aversion. Nevertheless, instrumentalism is often associated with the view that pleasure and pain, happiness and unhappiness, are the sole objects of value and disvalue, and hence the only possible motivators of conduct. Hence, it is claimed, moral injunctions must be grounded in these motives, and practical reason is of interest only as subordinated to inclination. The alternative to instrumentalism is the view championed by Kant, that practical reason is an autonomous source of normative principles, capable of motivating behavior independently of ordinary desire and aversion. On this view it is the passions that lack intrinsic moral import, and the function of practical reason is to limit their motivational role by formulating normative principles binding for all rational agents and founded in the operation of practical reason itself. Theories of this kind usually view moral principles as grounded in consistency, and an impartial respect for the autonomy of all rational agents. To be morally acceptable, principles of conduct must be universalizable, so that all rational agents could behave in the same way without their conduct either destroying itself or being inconsistently motivated. There are advantages and disadvantages to each of these views. Instrumentalism offers a simpler account of both the function of practical reason and the sources of human motivation. But it introduces a strong subjective element by giving primacy to desire, thereby posing a problem of how moral principles can be universally binding. The Kantian approach offers more promise here, since it makes universalizability essential to any type of behavior being moral. But it is more complex, and the claim that the deliverances of practical reason carry intrinsic motivational force is open to challenge.   practical reasoning, the inferential process by which considerations for or against envisioned courses of action are brought to bear on the formation and execution of intention. The content of a piece of practical reasoning is a practical argument. Practical arguments can be complex, but they are often summarized in syllogistic form. Important issues concerning practical reasoning include how it relates to theoretical reasoning, whether it is a causal process, and how it can be evaluated. Theories of practical reasoning tend to divide into two basic categories. On one sort of view, the intrinsic features of practical reasoning exhibit little or no difference from those of theoretical reasoning. What makes practical reasoning practical is its subject matter and motivation. Hence the following could be a bona fide practical syllogism: Exercise would be good for me. Jogging is exercise. Therefore, jogging would be good for me. This argument has practical subject matter, and if made with a view toward intention formation it would be practical in motivation also. But it consists entirely of propositions, which are appropriate contents for belief-states. In principle, therefore, an agent could accept its conclusion without intending or even desiring to jog. Intention formation requires a further step. But if the content of an intention cannot be a proposition, that step could not count in itself as practical reasoning unless such reasoning can employ the contents of strictly practical mental states. Hence many philosophers call for practical syllogisms such as: Would that I exercise. Jogging is exercise. Therefore, I shall go jogging. Here the first premise is optative and understood to represent the content of a desire, and the conclusion is the content of a decision or act of intention formation. These contents are not true or false, and so are not propositions. Theories that restrict the contents of practical reasoning to propositions have the advantage that they allow such reasoning to be evaluated in terms of familiar logical principles. Those that permit the inclusion of optative content entail a need for more complex modes of evaluation. However, they bring more of the process of intention formation under the aegis of reason; also, they can be extended to cover the execution of intentions, in terms of syllogisms that terminate in volition. Both accounts must deal with cases of self-deception, in which the considerations an agent cites to justify a decision are not those from which it sprang, and cases of akrasia, where the agent views one course of action as superior, yet carries out another. Because mental content is always abstract, it cannot in itself be a nomic cause of behavior. But the states and events to which it belongs  desires, beliefs, etc.  can count as causes, and are so treated in deterministic explanations of action. Opponents of determinism reject this step, and seek to explain action solely through the teleological or justifying force carried by mental content. Practical syllogisms often summarize very complex thought processes, in which multiple options are considered, each with its own positive and negative aspects. Some philosophers hold that when successfully concluded, this process issues in a judgment of what action would be best all things considered  i.e., in light of all relevant considerations. Practical reasoning can be evaluated in numerous ways. Some concern the reasoning process itself: whether it is timely and duly considers the relevant alternatives, as well as whether it is well structured logically. Other concerns have to do with the products of practical reasoning. Decisions may be deemed irrational if they result in incompatible intentions, or conflict with the agent’s beliefs regarding what is possible. They may also be criticized if they conflict with the agent’s best interests. Finally, an agent’s intentions can fail to accord with standards of morality. The relationship among these ways of evaluating intentions is important to the foundations of ethics. 

 

Prae-dicatum –praedicabile: As in qualia being the plural of quale and universalia being the plural of universale, predicabilia is Boethius’s plural for the ‘predicabile’ -- something Grice knew by heart from giving seminars at Oxfrod on Aristotle’s categories with Austin and Strawson. He found the topic boring enough to give the seminar ALONE! prædicatum: vide Is there a praedicatum in Blackburn’s one-off predicament. He draws a skull and communicates that there is danger. The drawsing of the skull is not syntactically structured. So it is difficult to isolate the ‘praedicatum.’ That’s why Grice leaves matters of the praedicatum’ to reductive analyses at a second stage of his programme, where one wants to apply, metabolically, ‘communicate’ to what an emissum does. The emissum of the form, The S is P, predicates P of S.  Vide subjectification, and subjectum. Of especial interest to Grice and Strawson. Lewis and Short have “praedīco,” which they render as “to say or mention before or beforehand, to premise.” Grice as a modista is interested in parts of speech: nomen (onoma) versus verbum (rhema) being the classical, since Plato. The mediaeval modistae like Alcuin adapted Aristotle, and Grice follows suit. Of particular relevance are the ‘syncategoremata,’ since Grice was obsessed with particles, and we cannot say that ‘and’ is a predicate! This relates to the ‘categorema.’ Liddell and Scott have “κατηγόρ-ημα,” which they render as “accusation, charge,” Gorg.Pal.22; but in philosophy, as “predicate,” as per Arist.Int.20b32, Metaph.1053b19, etc.; -- “οὐκ εὔοδον τὸ ἁπλοῖν ἐστι κ.” Epicur.Fr.18.and as “head of predicables,” in Arist.Metaph.1028a33,Ph.201a1,  Zeno Stoic.1.25, etc.; περὶ κατηγορημάτων Sphaer.ib.140. The term syncategorema comes from a passage of Priscian in his Institutiones grammatice II , 15. “coniunctae plenam faciunt orationem, alias autem partes, κατηγορήματα, hoc est consignificantiaappellabant.” A distinction is made between two types of word classes ("partes orationis," singular, "pars orationis") distinguished by philosophers since Plato, viz. nouns (nomen, onoma) and verbs (verbum, rhema) on the one hand, and a  'syncategorema or consignificantium. A consignificantium, just as the unary functor "non," and any of the three dyadic functors, "et," "vel" (or "aut") and "si," does not have a definitive meaning on its own -- cf. praepositio, cited by Grice, -- "the meaning of 'to,' the meaning of 'of,'" -- rather, they acquire meaning in combination or when con-joined to one or more categorema. It is one thing to say that we employ a certain part of speech when certain conditions are fulfilled and quite another to claim that the role in the language of that part of speech is to say, even in an extended sense, that those conditions are fulfilled. In Logic, the verb 'kategoreo' is 'predicate of a person or thing,' “τί τινος” Arist.Cat.3a19,al., Epicur.Fr.250; κυρίως, καταχρηστικῶς κ., Phld.Po.5.15; “ἐναντίως ὑπὲρ τῶν αὐτῶν” Id.Oec.p.60 J.: —more freq. in Pass., to be predicated of . . , τινος Arist.Cat.2a21, APr. 26b9, al.; “κατά τινος” Id.Cat.2a37; “κατὰ παντὸς ἢ μηδενός” Id.APr.24a15: less freq. “ἐπί τινος” Id.Metaph.998b16, 999a15; so later “ἐφ᾽ ἑνὸς οἴονται θεοῦ ἑκάτερον τῶν ὀνομάτων -εῖσθαι” D.H.2.48; “περί τινος” Arist. Top.140b37; “τὸ κοινῇ -ούμενον ἐπὶ πᾶσιν” Id.SE179a8: abs., τὸ κατηγορούμενον the predicate, o τὸ ὑποκείμενον (the subject), Id.Cat.1b11, cf.Metaph.1043a6, al.; κατηγορεῖν καὶ -εῖσθαι to be subject and predicate, Id.APr.47b1. BANC.  Praedicatum -- praedicamenta singular: praedicamentum, in medieval philosophy, the ten Aristotelian categories: substance, quantity, quality, relation, where, when, position i.e., orientation  e.g., “upright”, having, action, and passivity. These were the ten most general of all genera. All of them except substance were regarded as accidental. It was disputed whether this tenfold classification was intended as a linguistic division among categorematic terms or as an ontological division among extralinguistic realities. Some authors held that the division was primarily linguistic, and that extralinguistic realities were divided according to some but not all the praedicamenta. Most authors held that everything in any way real belonged to one praedicamentum or another, although some made an exception for God. But authors who believed in complexe significabile usually regarded them as not belonging to any praedicamentum.  Praedicabile, also praedicabilia, sometimes called the quinque voces five words, in medieval philosophy, genus, species, difference, proprium, and accident, the five main ways general predicates can be predicated. The list comes from Porphyry’s Isagoge. It was debated whether it applies to linguistic predicates only or also to extralinguistic universals. Things that have accidents can exist without them; other predicables belong necessarily to whatever has them. The Aristotelian/Porphyrian notion of “inseparable accident” blurs this picture. Genus and species are natural kinds; other predicables are not. A natural kind that is not a narrowest natural kind is a genus; one that is not a broadest natural kind is a species. Some genera are also species. A proprium is not a species, but is coextensive with one. A difference belongs necessarily to whatever has it, but is neither a natural kind nor coextensive with one. 

 

praxis from Grecian prasso, ‘doing’, ‘acting’, in Aristotle, the sphere of thought and action that comprises the ethical and political life of man, contrasted with the theoretical designs of logic and epistemology theoria. It was thus that ‘praxis’ acquired its general definition of ‘practice’ through a contrastive comparison with ‘theory’. Throughout the history of Western philosophy the concept of praxis found a place in a variety of philosophical vocabularies. Marx and the neoMarxists linked the concept with a production paradigm in the interests of historical explanation. Within such a scheme of things the activities constituting the relations of production and exchange are seen as the dominant features of the socioeconomic history of humankind. Significations of ‘praxis’ are also discernible in the root meaning of pragma deed, affair, which informed the development of  pragmatism. In more recent times the notion of praxis has played a prominent role in the formation of the school of critical theory, in which the performatives of praxis are seen to be more directly associated with the entwined phenomena of discourse, communication, and social practices. The central philosophical issues addressed in the current literature on praxis have to do with the theorypractice relationship and the problems associated with a value-free science. The general thrust is that of undermining or subverting the traditional bifurcation of theory and practice via a recognition of praxis-oriented endeavors that antedate both theory construction and the construal of practice as a mere application of theory. Both the project of “pure theory,” which makes claims for a value-neutral standpoint, and the purely instrumentalist understanding of practice, as itself shorn of discernment and insight, are jettisoned. The consequent philosophical task becomes that of understanding human thought and action against the backdrop of the everyday communicative endeavors, habits, and skills, and social practices that make up our inheritance in the world.  Praxis school, a school of philosophy originating in Zagreb and Belgrade which, from 4 to 4, published the international edition of the leading postwar Marxist journal Praxis. During the same period, it organized the Korcula Summer School, which attracted scholars from around the Western world. In a reduced form the school continues each spring with the Social Philosophy Course in Dubrovnik, Croatia. The founders of praxis philosophy include Gajo Petrovic Zagreb, Milan Kangrga Zagreb, and Mihailo Markovic Belgrade. Another wellknown member of the group is Svetozar Stojanovic Belgrade, and a second-generation leader is Gvozden Flego Zagreb. The Praxis school emphasized the writings of the young Marx while subjecting dogmatic Marxism to one of its strongest criticisms. Distinguishing between Marx’s and Engels’s writings and emphasizing alienation and a dynamic concept of the human being, it contributed to a greater understanding of the interrelationship between the individual and society. Through its insistence on Marx’s call for a “ruthless critique,” the school stressed open inquiry and freedom of speech in both East and West. Quite possibly the most important and original philosopher of the group, and certainly Croatia’s leading twentieth-century philosopher, was Gajo Petrovic 793. He called for 1 understanding philosophy as a radical critique of all existing things, and 2 understanding human beings as beings of praxis and creativity. This later led to a view of human beings as revolutionary by nature. At present he is probably best remembered for his Marx in the Mid-Twentieth Century and Philosophie und Revolution. Milan Kangrga b.3 also emphasizes human creativity while insisting that one should understand human beings as producers who humanize nature. An ethical problematic of humanity can pragmatism, ethical Praxis school 731    731 be realized through a variety of disciplines that include aesthetics, philosophical anthropolgy, theory of knowledge, ontology, and social thought. Mihailo Markovic b.3, a member of the Belgrade Eight, is best known for his theory of meaning, which leads him to a theory of socialist humanism. His most widely read work in the West is From Affluence to Praxis: Philosophy and Social Criticism.  pragmatic contradiction, a contradiction that is generated by pragmatic rather than logical implication. A logically implies B if it is impossible for B to be false if A is true, whereas A pragmatically implies B if in most but not necessarily all contexts, saying ‘A’ can reasonably be taken as indicating that B is true. Thus, if I say, “It’s raining,” what I say does not logically imply that I believe that it is raining, since it is possible for it to be raining without my believing it is. Nor does my saying that it is raining logically imply that I believe that it is, since it is possible for me to say this without believing it. But my saying this does pragmatically imply that I believe that it is raining, since normally my saying this can reasonably be taken to indicate that I believe it. Accordingly, if I were to say, “It’s raining but I don’t believe that it’s raining,” the result would be a pragmatic contradiction. The first part “It’s raining” does not logically imply the negation of the second part “I don’t believe that it’s raining” but my saying the first part does pragmatically imply the negation of the second part. 

 

Old-World pragmatism: Grice: “I dislike the expression Old World if it means Eurasiaif it means just Europe, that’s OK.” -- a philosophy that stresses the relation of theory to praxis and takes the continuity of experience and nature as revealed through the outcome of directed action as the starting point for reflection. Experience is the ongoing transaction of organism and environment, i.e., both subject and object are constituted in the process. When intelligently ordered, initial conditions are deliberately transformed according to ends-inview, i.e., intentionally, into a subsequent state of affairs thought to be more desirable. Knowledge is therefore guided by interests or values. Since the reality of objects cannot be known prior to experience, truth claims can be justified only as the fulfillment of conditions that are experimentally determined, i.e., the outcome of inquiry. As a philosophic movement, pragmatism was first formulated by Peirce in the early 1870s in the Metaphysical Club in Cambridge, Massachusetts; it was announced as a distinctive position in James’s 8 address to the Philosophical Union at the  of California at Berkeley, and further elaborated according to the Chicago School, especially by Dewey, Mead, and Jane Addams 18605. Emphasis on the reciprocity of theory and praxis, knowledge and action, facts and values, follows from its postDarwinian understanding of human experience, including cognition, as a developmental, historically contingent, process. C. I. Lewis’s pragmatic a priori and Quine’s rejection of the analytic synthetic distinction develop these insights further. Knowledge is instrumental  a tool for organizing experience satisfactorily. Concepts are habits of belief or rules of action. Truth cannot be determined solely by epistemological criteria because the adequacy of these criteria cannot be determined apart from the goals sought and values instantiated. Values, which arise in historically specific cultural situations, are intelligently appropriated only to the extent that they satisfactorily resolve problems and are judged worth retaining. According to pragmatic theories of truth, truths are beliefs that are confirmed in the course of experience and are therefore fallible, subject to further revision. True beliefs for Peirce represent real objects as successively confirmed until they converge on a final determination; for James, leadings that are worthwhile; and according to Dewey’s theory of inquiry, the transformation of an indeterminate situation into a determinate one that leads to warranted assertions. Pragmatic ethics is naturalistic, pluralistic, developmental, and experimental. It reflects on the motivations influencing ethical systems, examines the individual developmental process wherein an individual’s values are gradually distinguished from those of society, situates moral judgments within problematic situations irreducibly individual and social, and proposes as ultimate criteria for decision making the value for life as growth, determined by all those affected by the actual or projected outcomes. The original interdisciplinary development of pragmatism continues in its influence on the humanities. Oliver Wendell Holmes, Jr., member of the Metaphysical Club, later justice of the U.S. Supreme Court, developed a pragmatic theory of law. Peirce’s Principle of Pragmatism, by which meaning resides in conceivable practical effects, and his triadic theory of signs developed into the field of semiotics. James’s Principles of Psychology 0 not only established experimental psychology in North America, but shifted philosophical attention away from abstract analyses of rationality to the continuity of the biological and the mental. The reflex arc theory was reconstructed into an interactive loop of perception, feeling, thinking, and behavior, and joined with the selective interest of consciousness to become the basis of radical empiricism. Mead’s theory of the emergence of self and mind in social acts and Dewey’s analyses of the individual and society influenced the human sciences. Dewey’s theory of education as community-oriented, based on the psychological developmental stages of growth, and directed toward full participation in a democratic society, was the philosophical basis of progressive education. 

 

prae-analytic, considered but naive; commonsensical; not tainted by prior explicit theorizing; said of judgments and, derivatively, of beliefs or intuitions underlying such judgments. Preanalytic judgments are often used to test philosophical theses. All things considered, we prefer theories that accord with preanalytic judgments to those that do not, although most theorists exhibit a willingness to revise preanalytic assessments in light of subsequent inquiry. Thus, a preanalytic judgment might be thought to constitute a starting point for the philosophical consideration of a given topic. Is justice giving every man his due? It may seem so, preanalytically. Attention to concrete examples, however, may lead us to a different view. It is doubtful, even in such cases, that we altogether abandon preanalytic judgments. Rather, we endeavor to reconcile apparently competing judgments, making adjustments in a way that optimizes overall coherence. 

 

Præ-dicatum: Grice on the praedicatum/impraedicatum distinctionan impredicative definition is the definition of a concept in terms of the totality to which it belongs. Whitehead and Russell, in their “Principia Mathematica” introduce ‘im-predicative’ (earlier, ‘non-predicative,’ which Grice prefers) prohibiting an impredicative definition from conceptual analysis, on the grounds that an impredicative definition entails (to use Moore’s jargon) a paradoxwhich Grice loves. An impredicative definition of the set R of all sets that are not members of themselves leads to the self-contradictory conclusion that R is a member of itself if and only if it is not a member of itself. In Grice’s rewrite: “Austin’s paradoxical dream was to create a ‘class’ each of whose member was such that his class had no other member.” To avoid an antinomy of this kind in the formalization of logic, Whitehead and Russell first implement in their ramified type theory the vicious circle principle, that no whole (totum) may contain parts (pars) that are definable only in terms of that whole (totum). The limitation of ramified type theory is that without use of an impredicative definition it is impossible to quantify over every item, but only over every item of a certain order or type. Without being able to quantify over every item generally, many of the most important definitions and theorems of classical philosophy cannot be formulated. Whitehead and Russell for this reason later abandoned ramified in favour of simple type theory, which avoids a logical paradox without outlawing an impredicative definition by forbidding the predication of terms of any type (object, property and relation, higher-order propertiy and relations of properties and relations, etc.) to terms of the same type.

 

CVM-RECTVM -- correctum: there’s‘corrigibility’ (=  correctum) and ‘incorrigibility’“The implicaturum is that something is incorrigibile it cannot be correctedbut Chisholm never explies ‘by whom’”! (Grice uses ‘exply’ as opposite of ‘imply’).  Who is corrigible? The emissor. “I am sorry I have to tell you you are wrong.” On WoW: 142, Grice refers to the ‘authority’ of the utterer as a ‘rational being’ to DEEM that an M-intention is an antecedent condition for his act of meaning. Grice uses ‘privilege’ as synonym for ‘authority’ here. But not in the phrase ‘privileged access.’ His point is not so much about the TRUTH (which ‘incorrigibility’ suggests), but about the DEEMING. It is part of the authority or privilege of the utterer as rational to provide an ACCEPTABLE assignment of an M-intention behind his utterance.

 

Prae-judicum -- prejudices: the life and opinions of H. P. Grice, by H. P. Grice! PGRICE had been in the works for a while. Knowing this, Grice is able to start his auto-biography, or memoir, to which he later adds a specific reply to this or that objection by the editors. The reply is divided in neat sections. After a preamble displaying his gratitude for the volume in his honour, Grice turns to his prejudices and predilections; which become, the life and opinions of H. P. Grice. The third section is a reply to the editorss overview of his work. This reply itself is itself subdivided into questions of meaning and rationality, and questions of Met. , philosophical psychology, and value. As the latter is repr. in “Conception” it is possible to cite this sub-section from the Reply as a separate piece. Grice originally entitles his essay in a brilliant manner, echoing the style of an English non-conformist, almost: Prejudices and predilections; which become, the life and opinions of H. P. Grice. With his Richards, a nice Welsh surNames, Grice is punning on the first Names of both Grandy and Warner. Grice is especially concerned with what Richards see as an ontological commitment on Grices part to the abstract, yet poorly individuated entity of a proposition. Grice also deals with the alleged insufficiency in his conceptual analysis of reasoning. He brings for good measure a point about a potential regressus ad infinitum in his account of a chain of intentions involved in meaning that p and communicating that p. Even if one of the drafts is titled festschrift, not by himself, this is not strictly a festschrift in that Grices Names is hidden behind the acronym: PGRICE. Notably on the philosophy of perception. Also in “Conception,” especially that tricky third lecture on a metaphysical foundation for objective value. Grice is supposed to reply to the individual contributors, who include Strawson, but does not. I cancelled the implicaturum! However, we may identify in his oeuvre points of contacts of his own views with the philosophers who contributed, notably Strawson. Most of this material is reproduced verbatim, indeed, as the second part of his Reply to Richards, and it is a philosophical memoir of which Grice is rightly proud. The life and opinions are, almost in a joke on Witters, distinctly separated. Under Life, Grice convers his conservative, irreverent rationalism making his early initial appearance at Harborne under the influence of his non-conformist father, and fermented at his tutorials with Hardie at Corpus, and his associations with Austins play group on Saturday mornings, and some of whose members he lists alphabetically: Austin, Gardiner, Grice, Hampshire, Hare, Hart, Nowell-Smith, Paul, Pears, Strawson, Thomson, Urmson, and Warnock.  Also, his joint philosophising with Austin, Pears, Strawson, Thomson, and Warnock. Under Opinions, Grice expands mainly on ordinary-language philosophy and his Bunyanesque way to the City of Eternal Truth. Met. , Philosophical Psychology, and Value, in “Conception,” is thus part of his Prejudices and predilections. The philosophers Grice quotes are many and varied, such as Bosanquet and Kneale, and from the other place, Keynes. Grice spends some delightful time criticising the critics of ordinary-language philosophy such as Bergmann (who needs an English futilitarian?) and Gellner. He also quotes from Jespersen, who was "not a philosopher but wrote a philosophy of grammar!" And Grice includes a reminiscence of the bombshells brought from Vienna by the enfant terrible of Oxford philosophy Freddie Ayer, after being sent to the Continent by Ryle. He recalls an air marshal at a dinner with Strawson at Magdalen relishing on Cook Wilsons adage, What we know we know. And more besides! After reminiscing for Clarendon, Grice will go on to reminisce for Harvard University Press in the closing section of the Retrospective epilogue. Refs.: The main source is “Reply to Richards,” and references to Oxonianism, and linguistic botanising, BANC.

 

Prae-latum -- anaphora: a device of reference or cross-reference in which a term called an anaphor, typically a pronoun, has its semantic properties determined by a term or noun phrase called the anaphor’s antecedent that occurs earlier. Sometimes the antecedent is a proper name or other independently referring expression, as in ‘Jill went up the hill and then she came down again’. In such cases, the anaphor refers to the same object as its antecedent. In other cases, the anaphor seems to function as a variable bound by an antecedent quantifier, as in ‘If any miner bought a donkey, he is penniless’. But anaphora is puzzling because not every example falls neatly into one of these two groups. Thus, in ‘John owns some sheep and Harry vaccinates them’ an example due to Gareth Evans the anaphor is arguably not bound by its antecedent ‘some sheep’. And in ‘Every miner who owns a donkey beats it’ a famous type of case discovered by Geach, the anaphor is arguably neither bound by ‘a donkey’ nor a uniquely referring expression.

 

Prae--existence, existence of the individual soul or psyche prior to its current embodiment, when the soul or psyche is taken to be separable and capable of existing independently from its embodiment. The current embodiment is then often described as a reincarnation of the soul. Plato’s Socrates refers to such a doctrine several times in the dialogues, notably in the myth of Er in Book X of the Republic. The doctrine is distinguished from two other teachings about the soul: creationism, which holds that the individual human soul is directly created by God, and traducianism, which held that just as body begets body in biological generation, so the soul of the new human being is begotten by the parental soul. In Hinduism, the cycle of reincarnations represents the period of estrangement and trial for the soul or Atman before it achieves release moksha.

 

Prae-scriptivism, the theory that evaluative judgments necessarily have prescriptive meaning. Associated with noncognitivism and moral antirealism, prescriptivism holds that moral language is such that, if you say that you think one ought to do a certain kind of act, and yet you are not committed to doing that kind of act in the relevant circumstances, then you either spoke insincerely or are using the word ‘ought’ in a less than full-blooded sense. Prescriptivism owes its stature to Hare. One of his innovations is the distinction between “secondarily evaluative” and “primarily evaluative” words. The prescriptive meaning of secondarily evaluative words, such as ‘soft-hearted’ or ‘chaste’, may vary significantly while their descriptive meanings stay relatively constant. Hare argues the reverse for the primarily evaluative words ‘good’, ‘bad’, ‘right’, ‘wrong’, ‘ought’, and ‘must’. For example, some people assign to ‘wrong’ the descriptive meaning ‘forbidden by God’, others assign it the descriptive meaning ‘causes social conflict’, and others give it different descriptive meanings; but since all use ‘wrong’ with the same prescriptive meaning, they are using the same concept. In part to show how moral judgments can be prescriptive and yet have the same logical relations as indicative sentences, Hare distinguished between phrastics and neustics. The phrastic, or content, can be the same in indicative and prescriptive sentences; e.g., ‘Sam’s leaving’ is the phrastic not only of the indicative ‘Sam will leave’ but also of the prescription ‘Sam ought to leave’. Hare’s Language of Morals 2 specified that the neustic indicates mood, i.e., whether the sentence is indicative, imperative, interrogative, etc. However, in an article in Mind 9 and in Sorting Out Ethics 7, he used ‘neustic’ to refer to the sign of subscription, and ‘tropic’ to refer to the sign of mood. Prescriptivity is especially important if moral judgments are universalizable. For then we can employ golden rulestyle moral reasoning. 

 

prae-Socratics: cf. pre-Griceians. the early Grecian philosophers who were not influenced by Socrates. Generally they lived before Socrates, but some are contemporary with him or even younger. The classification though not the term goes back to Aristotle, who saw Socrates’ humanism and emphasis on ethical issues as a watershed in the history of philosophy. Aristotle rightly noted that philosophers prior to Socrates had stressed natural philosophy and cosmology rather than ethics. He credited them with discovering material principles and moving causes of natural events, but he criticized them for failing to stress structural elements of things formal causes and values or purposes final causes. Unfortunately, no writing of any pre-Socratic survives in more than a fragmentary form, and evidence of their views is thus often indirect, based on reports or criticisms of later writers. In order to reconstruct pre-Socratic thought, scholars have sought to collect testimonies of ancient sources and to identify quotations from the preSocratics in those sources. As modern research has revealed flaws in the interpretations of ancient witnesses, it has become a principle of exegesis to base reconstructions of their views on the actual words of the pre-Socratics themselves wherever possible. Because of the fragmentary and derivative nature of our evidence, even basic principles of a philosopher’s system sometimes remain controversial; nevertheless, we can say that thanks to modern methods of historiography, there are many points we understand better than ancient witnesses who are our secondary sources. Our best ancient secondary source is Aristotle, who lived soon after the pre-Socratics and had access to most of their writings. He interprets his predecessors from the standpoint of his own theory; but any historian must interpret philosophers in light of some theoretical background. Since we have extensive writings of Aristotle, we  understand his system and can filter out his own prejudices. His colleague Theophrastus was the first professional historian of philosophy. Adopting Aristotle’s general framework, he systematically discussed pre-Socratic theories. Unfortunately his work itself is lost, but many fragments and summaries of parts of it remain. Indeed, virtually all ancient witnesses writing after Theophrastus depend on him for their general understanding of the early philosophers, sometimes by way of digests of his work. When biography became an important genre in later antiquity, biographers collected facts, anecdotes, slanders, chronologies often based on crude a priori assumptions, lists of book titles, and successions of school directors, which provide potentially valuable information. By reconstructing ancient theories, we can trace the broad outlines of pre-Socratic development with some confidence. The first philosophers were the Milesians, philosophers of Miletus on the Ionian coast of Asia Minor, who in the sixth century B.C. broke away from mythological modes of explanation by accounting for all phenomena, even apparent prodigies of nature, by means of simple physical hypotheses. Aristotle saw the Milesians as material monists, positing a physical substrate  of water, or the apeiron, or air; but their material source was probably not a continuing substance that underlies all changes as Aristotle thought, but rather an original stuff that was transformed into different stuffs. Pythagoras migrated from Ionia to southern Italy, founding a school of Pythagoreans who believed that souls transmigrated and that number was the basis of all reality. Because Pythagoras and his early followers did not publish anything, it is difficult to trace their development and influence in detail. Back in Ionia, Heraclitus criticized Milesian principles because he saw that if substances changed into one another, the process of transformation was more important than the substances that appeared in the cycle of changes. He thus chose the unstable substance fire as his material principle and stressed the unity of opposites. Parmenides and the Eleatic School criticized the notion of notbeing that theories of physical transformations seemed to presuppose. One cannot even conceive of or talk of not-being; hence any conception that presupposes not-being must be ruled out. But the basic notions of coming-to-be, differentiation, and indeed change in general presuppose not-being, and thus must be rejected. Eleatic analysis leads to the further conclusion, implicit in Parmenides, explicit in Melissus, that there is only one substance, what-is. Since this substance does not come into being or change in any way, nor does it have any internal differentiations, the world is just a single changeless, homogeneous individual. Parmenides’ argument seems to undermine the foundations of natural philosophy. After Parmenides philosophers who wished to continue natural philosophy felt compelled to grant that coming-to-be and internal differentiation of a given substance were impossible. But in order to accommodate natural processes, they posited a plurality of unchanging, homogeneous elements  the four elements of Empedocles, the elemental stuffs of Anaxagoras, the atoms of Democritus  that by arrangement and rearrangement could produce the cosmos and the things in it. There is no real coming-to-be and perishing in the world since the ultimate substances are everlasting; but some limited kind of change such as chemical combination or mixture or locomotion could account for changing phenomena in the world of experience. Thus the “pluralists” incorporated Eleatic principles into their systems while rejecting the more radical implications of the Eleatic critique. Pre-Socratic philosophers developed more complex systems as a response to theoretical criticisms. They focused on cosmology and natural philosophy in general, championing reason and nature against mythological traditions. Yet the pre-Socratics have been criticized both for being too narrowly scientific in interest and for not being scientific experimental enough. While there is some justice in both criticisms, their interests showed breadth as well as narrowness, and they at least made significant conceptual progress in providing a framework for scientific and philosophical ideas. While they never developed sophisticated theories of ethics, logic, epistemology, or metaphysics, nor invented experimental methods of confirmation, they did introduce the concepts that ultimately became fundamental in modern theories of cosmic, biological, and cultural evolution, as well as in atomism, genetics, and social contract theory. Because the Socratic revolution turned philosophy in different directions, the pre-Socratic line died out. But the first philosophers supplied much inspiration for the sophisticated fourthcentury systems of Plato and Aristotle as well as the basic principles of the great Hellenistic schools, Epicureanism, Stoicism, and Skepticism. 

 

Prae-sub-positum: praesupposition, 1 a relation between sentences or statements, related to but distinct from entailment and assertion; 2 what a speaker takes to be understood in making an assertion. The first notion is semantic, the second pragmatic. The semantic notion was introduced by Strawson in his attack on Russell’s theory of descriptions, and perhaps anticipated by Frege. Strawson argued that ‘The present king of France is bald’ does not entail ‘There is a present king of France’ as Russell held, but instead presupposes it. Semantic presupposition can be defined thus: a sentence or statement S presupposes a sentence or statement SH provided S entails SH and the negation of S also entails SH . SH is a condition of the truth or falsity of S. Thus, since ‘There is a present king of France’ is false, ‘The present king of France is bald’ is argued to be neither true nor false. So construed, presupposition is defined in terms of, but is distinct from, entailment. It is also distinct from assertion, since it is viewed as a precondition of the truth or falsity of what is asserted. The pragmatic conception does not appeal to truth conditions, but instead contrasts what a speaker presupposes and what that speaker asserts in making an utterance. Thus, someone who utters ‘The present king of France is bald’ presupposes  believes and believes that the audience believes  that there is a present king of France, and asserts that this king is bald. So conceived, presuppositions are beliefs that the speaker takes for granted; if these beliefs are false, the utterance will be inappropriate in some way, but it does not follow that the sentence uttered lacks a truth-value. These two notions of presupposition are logically independent. On the semantic characterization, presupposition is a relation between sentences or statements requiring that there be truth-value gaps. On the pragmatic characterization, it is speakers rather than sentences or statements that have presuppositions; no truth-value gaps are required. Many philosophers and linguists have argued for treating what have been taken to be cases of semantic presupposition, including the one discussed above, as pragmatic phenomena. Some have denied that semantic presuppositions exist. If not, intuitions about presupposition do not support the claims that natural languages have truth-value gaps and that we need a three-valued logic to represent the semantics of natural language adequately. Presupposition is also distinct from implicaturum. If someone reports that he has just torn his coat and you say, “There’s a tailor shop around the corner,” you conversationally implicate that the shop is open. This is not a semantic presupposition because if it is false that the shop is open, there is no inclination to say that your assertion was neither true nor false. It is not a pragmatic presupposition because it is not something you believe the hearer believes.

 

Prae-theoretical, independent of theory. More specifically, a proposition is pretheoretical, according to some philosophers, if and only if it does not depend for its plausibility or implausibility on theoretical considerations or considerations of theoretical analysis. The term ‘preanalytic’ is often used synonymously with ‘pretheoretical’, but the former is more properly paired with analysis rather than with theory. Some philosophers characterize pretheoretical propositions as “intuitively” plausible or implausible. Such propositions, they hold, can regulate philosophical theorizing as follows: in general, an adequate philosophical theory should not conflict with intuitively plausible propositions by implying intuitively implausible propositions, and should imply intuitively plausible propositions. Some philosophers grant that theoretical considerations can override “intuitions”  in the sense of intuitively plausible propositions  when overall theoretical coherence or reflective equilibrium is thereby enhanced. 

 

Prae- scriptum – Grice: “There must be something more to ‘sriptum’ than write since the Romans over use it: de-scriptum has nothing to do with ‘write’, after all!” Grice: “Scrivere has to do with writing in the sense of ‘stab’ i. e. marking with a stylo on a tabula rasa.’ The graphein ain’t different.”  praescriptum: prescriptivism. According to Grice’s prescriptive meta-ethics, by uttering ‘p,’ the emissor may intend his recipient to entertain a desiderative state of content ‘p.’ In which case, the emissor is ‘prescribing’ a course of conduct. As opposed to the ‘descriptum,’ which just depicts a ‘state’ of affairs that the emissor wants to inform his recipient about.  Surely there are for Grice at least two different modes, the buletic, which tends towards the prescriptive, and the doxastic, which is mostly ‘descriptive.’ One has to be careful because Grice thinks that what a philosopher like Strawson does with ‘descriptive’ expression (like ‘true,’ ‘know’ and ‘good’) and talk of pseudo-descriptive. What is that gives the buletic a ‘prescritive’ or deontic ring to it? This is Kant’s question. Grice kept a copy of Foots on morality as a system of hypothetical imperatives. “So Somervillian Oxonian it hurts!”. Grice took virtue ethics more seriously than the early Hare. Hare will end up a virtue ethicist, since he changed from a meta-ethicist to a moralist embracing a hedonistic version of eudaemonist utilitarianism. Grice was more Aristotelianly conservative! Unlike Hares and Grices meta-ethical sensitivities (as members of the Oxonian school of ordinary-language philosophy), Foot suggests a different approach to ethics. Grice admired Foots ability to make the right conceptual distinction. Foot is following a very Oxonian tradition best represented by the work of Warnock. Of course, Grice was over-familiar with the virtue vs. vice distinction, since Hardie had instilled it on him at Corpus! For Grice, virtue and vice (and the mesotes), display an interesting logical grammar, though. Grice would say that rationality is a virtue; fallacious reasoning is a vice. Some things Grice takes more of a moral standpoint about. To cheat is neither irrational nor unreasonble: just plain repulsive.  As such, it would be a vice ‒ mind not getting caught in its grip! Grice is concerned with vice in his account of akrasia or incontinentia. If agent A KNOWS that doing x is virtuous, yet decides to do ~x, which is vicious, A is being akratic. For Grice, akratic behaviour applies both in the buletic or boulomaic realm and in the doxastic realm. And it is part of the philosopher’s job to elucidate the conceptual intricacies attached to it. 1. prima-facie (p!q) V probably (pq). 2. prima-facie ((A and B) !p) V probably ( (A and B) p). 3. prima-facie ((A and B and C) !p) V probably ( (A and B and C,) p). 4. prima-facie ((all things before P V!p) V probably ((all things before P)  p). 5. prima-facie ((all things are considered  !p) V probably (all things are considered,  p). 6. !q V .q 7. Acc. Reasoning P wills that !q V Acc. Reasoning P that judges q. Refs.: The main sources under ‘meta-ethics,’ above, BANC.

 

Prepostino da Cremonasumma theologicalManichean, caraterismo.

 

prestipino: Giuseppe Prestipino (Gioiosa Marea), filosofo. Professore a Siena. Attivo nel Partito Comunista Italiano, ha alternato la sua attività di docente universitario con l'attività di giornalista, attività politica, sindacalista.  Docente nei liceisia nella Libia post-coloniale che in Italia diviene poi docente universitario. Sii stabilisce definitivamente in Italia, e dove successivamente ricopre anche i ruoli di deputato regionale alla Regione Sicilia e di sindaco di Capizzi.  Fondatore di diverse riviste accademiche e scientifiche, è noto in particolare come pubblicista e studioso di socialismo, marxismo ed estetica.  --  è presidente onorario del Centro per la filosofia italiana di Monte Compatri e Direttore della rivista filosofica Il contributo.  Opere: “La teoria del mito e la modernità di G. B. Vico, Palermo, Montaina,  L'arte e la dialettica in Lukàcs e Della Volpe, Messina-Firenze, D'Anna, Che cos'e la filosofia : strutture e livelli del conoscere, Gaeta, Bibliotheca,  Per una antropologia filosofica : proposte di metodo e di lessico, Napoli, Guida, Marxismo (e tradizione gramsciana) negli studi antropologici,  Natura e società, Roma, Editori Riuniti, Da Gramsci a Marx, Roma, Editori Riuniti, Modelli di strutture storiche, Bibliotheca, 1Narciso e l’automobile, La Città del Sole, Realismo e Utopia. In memoria di Lukács e Bloch, Roma, Editori Riuniti, Tre voci nel deserto. Vico Leopardi Gramsci, Roma, Carocci. Scheda su aracneeditrice.it  Chiara Loschi, Da una sponda all’altra del Mediterraneo: memorie di militanza comunista. Intervista a Prestipino. Art. in: Historia Magistra. Rivista di storia critica, lCatalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl.   Pubblicazioni su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Filosofo Democratico Giuseppe Prestipino, docente di filosofia della storia all'Siena Giuseppe Prestipino, RISORGIMENTO ITALIANO E DIALETTICA STORICA IN GRAMSCI , dal Calendario del Popolo Autori Aracne Editrice Giuseppe Prestipino.

 

preti: Grice: “I like Preti. He wrote “Retorica e logica,” which I enjoyed since this is what I do: I find the rhetoric (the implicature) to the logic (the explicature).” Grice: “Preti was a bit of a Stevensonian, with his ‘Praxis ed empirismo, and I mean C. L. Stevenson, not the Scots master of narrative!”. Giulio Preti (Pavia), filosofo. Compiuti i primi studi all'Istituto Magistrale Adelaide Cairoli, si iscrisse all'Università degli Studi di Pavia, dove fu allievo di Levi, Villa e dell'indianista Suali; dopo essersi interessato di discipline orientalistiche, indirizzò i suoi studi alla filosofia e si laureò nel 1933, discutendo una tesi sul pensiero di Edmund Husserl. Grazie all'amicizia con Enzo Paci, nata nelle aule dell'ateneo di Pavia, Giulio Preti entrò a far parte del novero di intellettuali e studiosi che, riuniti intorno alla figura di Antonio Banfi, avrebbero poi dato vita al movimento di rinnovamento della filosofia italiana che si andava delineando nell'ambiente milanese di quegli anni.  Segnalatosi ben presto come acuto critico dell'orientamento idealistico predominante nella cultura italiana della prima metà del '900, rivolse i propri interessi, oltre che alla fenomenologia husserliana, alle più innovative correnti europee di filosofia della scienza e del linguaggio, concentrandosi particolarmente sugli sviluppi della logica matematica e sul positivismo logico.  Nel 1937 sposa Daria Menicanti dando vita a un matrimonio che terminerà nel 1954, anche se il rapporto tra i due durerà tutta la vita.  Nel corso della Seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza, fiancheggiando formazioni comuniste, ma nel 1946 decise di non ritirare la tessera del PCI. Attivo promotore di ideali democratici, partecipò, nel secondo dopoguerra, al dibattito culturale italiano contribuendo a riviste e quotidiani, soprattutto di area comunista, (Il Politecnico, Paese sera) e segnalandosi per la polemica, che lo accompagnò lungo tutta la sua attività, contro l'impostazione umanistico-retorica dei principali indirizzi (cattolico-spiritualista, idealistico crociano e post-attualistico) della cultura italiana. Aderì alla dottrina marxistica ufficiosa del PCI (non rifiutò il diamat sovietico e la larga parte del pensiero gramsciano), e condusse autonomi studi sul giovane Marx nell'ottica di una originale filosofia della prassi.  Incaricato di Filosofia morale presso l'Pavia nel 1950, passò nel 1954 alla Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Firenze, dove rimase come professore di Storia della Filosofia e di Filosofia fino alla morte.  Il pensiero Giulio Preti diede dei contributi originali a pressoché tutte le discipline filosofiche: dalla filosofia teoretica alla filosofia morale, dalla storia della filosofia all'estetica, dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della scienza.  I suoi primi saggi, accolti nella rivista banfiana "Studi Filosofici", lo videro coinvolto in una polemica sull'immanenza e la trascendenza in filosofia, oltre che nella presentazione delle principali novità filosofiche d'oltralpe. I suoi primi due volumi Fenomenologia del valore e Idealismo e positivism, in cui emerge con evidenza quell'impostazione tesa a conciliare istanze razionalistiche ed empiristiche cui rimarrà fedele per tutta la vita, sono di taglio decisamente teoretico: in essi, pur mantenendo in larga parte la terminologia e l'approccio mutuati da Husserl nel corso dei suoi studi, dimostra la propria sensibilità alle istanze di tipo positivistico ed ai problemi posti dal materialismo storico. Solo nel periodo successivo alla guerra approderà ad uno studio veramente sistematico del pensiero filosofico-analitico sviluppato in Inghilterra dalla "scuola" di Russell e Wittgenstein e sul continente dagli autori dei circoli neo-positivistici di Vienna e Berlino, in gran parte riparati in America nel corso degli anni trenta del '900: i frutti di questi suoi studi saranno accolti nel volumetto Linguaggio comune e linguaggi scientifici, oltre che in alcuni articoli apparsi in riviste e ora raccolti nel primo volume dei “Saggi filosofici.” Pur non abbandonando mai del tutto la propria originaria impostazione "continentale", da allora in poi Preti si sarebbe segnalato come uno dei filosofi italiani più in sintonia con temi e metodi della filosofia analitica.  Presente nella sua opera fu anche l'influenza del pragmatismo, anche se limitata ad alcuni aspetti generali della riflessione sul rapporto tra teoresi e prassi, come risulta evidente dalla lettura di un libro destinato a godere di un certo successo, “Praxis ed empirismo.” In questo volumetto presentò in maniera relativamente organica, per quanto rapidamente, alcuni temi al confine tra pensiero teoretico, filosofia morale e filosofia politica. Negli anni successivi la sua opera, rimasta in parte inedita e uscita postuma, si focalizzò su problemi concernenti temi teoretici trasversali soprattutto nei campi della gnoseologia, della filosofia della scienza, della metamorale (analisi teoretica di concetti propri della filosofia morale) e dell'estetica.  Pu autore anche di studi storico-filosofici. Nel campo della storia della filosofia antica e in quello medievistico egli concentrò il proprio interesse sui problemi della logica post-aristotelica e scolastica (si vedano gli studi contenuti nel secondo volume dei Saggi filosofici), mentre nell'ambito della filosofia moderna si occupò di Leibniz e della filosofia morale di Smith. Vide la luce un libro sulla Storia del pensiero scientifico, riguardante lo sviluppo dello spirito scientifico dall'antichità greca alla crisi della scienza classica tra la fine Professoree l'inizio del XX.  Il suo ultimo volume “Retorica e logica: le due culture” del 1968 è un'opera a cavallo tra la ricostruzione storico-filosofica e il saggio teoretico, con il quale si intende dimostrare, prendendo le mosse dalla polemica aperta dallo scienziato e scrittore inglese C. P. Snow, l'inconciliabilità tra le due forme di cultura che si intrecciano nel dibattito occidentale, quella logico-scientifica e quella umanistico-letteraria, e la necessità di far prevalere la prima sulla seconda al fine di non cedere a nuove forme di oscurantismo elitario e fanatico.  Preti, inoltre, affiancò costantemente alla propria attività di autore quella di curatore e traduttore soprattutto di classici del pensiero filosofico.  Il suo stile, volutamente trascurato, è rapido, nervoso e semplice, in implicita polemica con il "bello scrivere" e l'ermetismo tipico delle scuole idealistiche italiane. Altra interessante caratteristica di Preti come autore è quella di non ritornare quasi mai sul materiale già da lui edito: non diede mai mano infatti a seconde edizioni delle proprie opere.  Critica Secondo il parere di Franzini, nel pensiero di Preti si assisterebbe a un tentativo di trovare una via alternativa al rapporto fra un pensiero unitario e inglobante (di tradizione hegeliano-crociana), e uno invece dualistico, nel distinguo fra saperi umanistici e scientifici. Il rifiuto di una strenua dicotomia, secondo Preti, non deve annullare bensì esaltare le differenze.  Opere principali: “Fenomenologia del valore,” Principato, MilanoMessina. “Idealismo e positivismo,” Bompiani, Milano “Linguaggio comune e linguaggi scientifici,” Bocca, Milano Newton, Garzanti, Milano, Il Cristianesimo universale di G. G. Leibniz, Bocca, Milano, Praxis ed empirismo, Einaudi, Torino (nuova edizione, con prefazione di Salvatore Veca e postfazione di Fabio Minazzi, Bruno Mondadori, Milano) Alle origini dell'etica contemporanea:  Smith, Laterza, Bari  (nuova edizione, La Nuova Italia, Firenze , Storia del pensiero scientifico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, Retorica e logica, Torino, Einaudi, Che será, será, Firenze, Il Fiorino, Umanismo e strutturalismo. Scritti di estetica e di letteratura con un saggio inedito, Ermanno Migliorini, Liviana, Padova. Lo scetticismo e il problema della conoscenza, “Rivista critica di Storia della Filosofia”, Saggi filosofici, con presentazione di Pra, La Nuova Italia, Firenz. In principio era la carne. Saggi filosofici inediti , Pra, Franco Angeli, Milano, Il problema dei valori: l'etica di Moore, Alberto Peruzzi, Franco Angeli, Milano, Lezioni di filosofia della scienza, Fabio Minazzi, Franco Angeli, Milano, Morale e metamorale. (Grice: “moralia e transmoralia”). Saggi filosofici inediti, Ermanno Migliorini, Franco Angeli, Milano Écrits philosophiques. Les lumières du rationalisme italien, textes choisis et présentés par Scarantino, traduction par Marilene Raiola en collaboration avec Thierry Loise et Luca M. Scarantino, préface parPetitot, Éditions du Cerf, Paris, L'esperienza insegna... Scritti civili d sulla Resistenza, a cura e con un saggio introduttivo di Fabio Minazzi, Manni Editore, San Cesario, Lecce, In principio era la carne, Luca Maria Scarantino, "Rivista di Storia della Filosofia", Notizie sull'operosità scientifica e sulla carriera didattica, Fabio Minazzi, "Il Protagora" Filosofare onestamente, andando là dove il pensiero ci porta. Lettere a Giovanni Gentile, Fabio Minazzi, "Il Protagora", Ci terrei tanto a venire a Firenze... Lettere ad Eugenio Garin, Fabio Minazzi, "Il Protagora",Qui a Firenze si muore nel silenzio e nella solitudine. Lettere a Pra, Minazzi, "Il Protagora", Philosophical Essays. Critica Rationalism as Historical-objective Transcendentalism, edited by Fabio MinazziI. E. Peter Lang, Bruxelles-Berlin-New York-Oxford-Wien  Note  Elio Franzini, Il mito delle due culture e la filosofia dei giornali, in "La Tigre di Carta", Aldo Zanardo,  Enciclopedia ItalianaIV Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Fabio Minazzi, Giulio Preti: , Franco Angeli, Milano Mario Dal Pra, Studi sull'empirismo critico di Giulio Preti, Bibliopolis, Napoli, Pier Luigi Lecis, Filosofia, scienza, valori: il trascendentalismo critico di Giulio Preti, Morano, Napoli, Fabio Minazzi , Il pensiero di Giulio Preti nella cultura filosofica del Novecento, Franco Angeli, Milano, Fabio Minazzi, L'onesto mestiere del filosofare, Franco Angeli, Milano, Fabio Minazzi, Il cacodemone neoilluminista. L'inquietudine pascaliana di reti, Prefazione di Fulvio Papi, Franco Angeli, Milano Alberto Peruzzi , Giulio Preti filosofo europeo, Olschki, Firenze,  Paolo Parrini e Luca Maria Scarantino , Il pensiero filosofico di Preti, Guerini e associati, Milano, Vincenzo Tavernese, Giulio Preti. La teoria della conoscenza nel saggio postumo In principio era la carne, Firenze Atheneum, Scandicci,  Luca Maria Scarantino, Preti. La costruzione della filosofia come scienza sociale, Bruno Mondadori, Milano Le mektoub tunisien de  Preti. La vie et l'oeuvre d'un philosophe italien rationaliste, sous la direction de Michele Brondino et Fabio Minazzi, Editions Publisud, Paris, Jean Petitot, Per un nuovo illuminismo, Prefazione, traduzione dal francese e cura di Fabio Minazzi, Bompiani, Milano 2009 Fabio Minazzi, Suppositio pro significato non ultimato. G neorealista logico studiato nei suoi scritti inediti, Mimesis, Milano  Fabio Minazzi,  Preti: le opere e i giorni. Una vita più che vita per la filosofia quale onesto mestiere, Mimesis, Milano  Franco Cambi, Giovanni Mari , Intellettuale critico e filosofo attuale, Firenze University Press, Firenze  Massimo Mugnai, «Scienza e filosofia: Geymonat e Preti» in Il contributo italiano alla storia del Pensiero Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Minazzi e Sandrini , Il contributo di Giulio Preti al razionalismo critico europeo, Mimesis, Milano . Fabio Minazzi, Sul bios theretikòs di Giulio Preti , Mimesis, Milano , 2 voll. Francesco di Maria, Saggio sul pensiero di Giulio Preti. Un punto di vista cattolico, Stamen, Roma .  Elio Franzini, Il mito delle due culture e la filosofia dei giornali, in La Tigre di Carta, Giulio Preti dal sito Swif dell'Bari Giulio Preti su pianetagalileo.it Giulio Preti, presentazione Paolo Parrini e Luca Maria Scarantino dal convegno Unesco (Conseil International de la Philosophie et des Sciences Humaines) Sul Bíos theoretikós di Giulio Preti. Convegno internazionale nel sito dell'Università degli studi dell'Insubria Sito internet dedicato al pensiero di Giulio Preti, su giuliopreti.eu.

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