pico:
Grice:
“I liked to say: some like Pico, but Pico’s my man! Since I always preferred
his cousin to the uncle!” -- philosopher who wrote a series of 900 theses which
he hoped to dispute publicly in Rome. Thirteen of these theses are criticized
by a papal commission. When Pico defends himself in his “Apologia,” the pope
condemns all 900 theses. Pico flees to France, but is imprisoned. On his
escape, he returns to Florence and devotes himself to private study at the
swimming-pool at his villa. He hoped to write a Concord of Plato and Aristotle,
but the only part he was able to complete was “On Being and the One,”“Blame it
on the Toscana!” -- in which he uses Aquinas and Christianity to reconcile
Plato’s and Aristotle’s views about God’s being and unity. Mirandola is often
described as a syncretist, but in fact he made it clear that the truth of
Christianity has priority over the prisca theologia or ancient wisdom found in
the hermetic corpus and the cabala. Though he was interested in magic and
astrology, Mirandola adopts a guarded attitude toward them in his “Heptaplus,” which
contains a mystical interpretation of Genesis; and in his Disputations Against
Astrology, he rejects them both. The treatise is largely technical, and the
question of human freedom is set aside as not directly relevant. This fact
casts some doubt on the popular thesis that Pico’s philosophy is a celebration
of man’s freedom and dignity. Great weight has been placed on Pico’s “On the
Dignity of Man.” This is a short oration intended as an introduction to the
disputation of his 900 thesesall condemned by the evil pope --, and the title
was suggested by his wife (“She actually suggested, “On the dignity of woman,”
but I found that otiose.””). Mirandola has been interpreted as saying that man
(or woman) is set apart from the rest of creation, and is completely free to
form his (or her) own nature. In fact, as The Heptaplus shows, Pico sees man as
a microcosm containing elements of the angelic, celestial, and elemental
worlds. Man (if not woman) is thus firmly within the hierarchy of nature, and
is a bond and link between the worlds. In the oration, the emphasis on freedom
is a moral one: man is free to choose between good and evil. Grice: “This
irritated Nietzsche so much that he wrote ‘beyond good and evil.’ Refs.: H. P.
Grice, “Goodwill and illwillmust we have both?” Giovanni
Pico della Mirandola Heraldic Crown of
Spanish Count.svg Giovanni Pico della Mirandola Pico1.jpg Giovanni Pico della
Mirandola, Galleria degli Uffizi Conte di Mirandola e di Concordia Stemma
NascitaMirandola, 1463 MorteFirenze, 1494 SepolturaConvento di San Marco,
Firenze DinastiaPico PadreGianFrancesco I, Signore di Mirandola e Conte della
Concordia MadreGiulia Boiardo, Contessa di Scandiano Religionecattolicesimo
Giovanni Pico dei conti della Mirandola e della Concordia, noto come Pico della
Mirandola (Mirandola) filosofo. È l'esponente più conosciuto della dinastia dei
Pico, signori di Mirandola. L'infanzia di Pico della Mirandola, di Paul
Delaroche, 1842, Museo delle belle arti di Nantes (Francia) Giovanni nacque a
Mirandola, presso Modena, il figlio più giovane di Gianfrancesco I, signore di
Mirandola e conte della Concordia e sua
moglie Giulia, figlia di Feltrino Boiardo, conte di Scandiano. La famiglia
aveva a lungo abitato il castello di Mirandola, città che si era resa
indipendente nel XIV secolo e aveva ricevuto nel 1414 dall'imperatore
Sigismondo il feudo di Concordia. Pur essendo Mirandola uno stato molto
piccolo, i Pico governarono come sovrani indipendenti piuttosto che come nobili
vassalli. I Pico della Mirandola erano strettamente imparentati agli Sforza, ai
Gonzaga e agli Este, e i fratelli di Giovanni sposarono gli eredi al trono di
Corsica, Ferrara, Bologna e Forlì. Durante la sua vita Giovanni soggiornò in
molte dimore. Tra queste, quando visse a Ferrara, quella che si trovava in via
del Turco gli permetteva di essere vicino agli Strozzi ed ai Boiardo. Epigrafe
che ricorda Pico della Mirandola in via del Turco a Ferrara Gli studi e
l'attività Pico compì i suoi studi fra Bologna, Pavia, Ferrara, Padova e
Firenze; mostrò grandi doti nel campo della matematica e imparò molte lingue,
tra cui perfettamente il latino, il greco, l'ebraico, l'aramaico, l'arabo e il
francese. Ebbe anche modo di stringere rapporti di amicizia con numerose
personalità dell'epoca come Girolamo Savonarola, Marsilio Ficino, Lorenzo il
Magnifico, Angelo Poliziano, Egidio da Viterbo, Girolamo Benivieni, Girolamo
Balbi, Yohanan Alemanno, Elia del Medigo. A Firenze in particolare entrò a far
parte della nuova Accademia Platonica. Si recò a Parigi, ospite della Sorbona,
allora centro internazionale di studi teologici, dove conobbe alcuni uomini di
cultura come Lefèvre d'Étaples, Robert Gaguin e Georges Hermonyme. Ben presto
divenne celebre in tutta Europa e si diceva che avesse una memoria talmente
fuori dal comune che conosceva l'intera Divina Commedia a memoria. Fu a
Roma dove preparò 900 tesi in vista di un congresso filosofico universale (per
la cui apertura compose il De hominis dignitate), che tuttavia non ebbe mai
luogo. Subì infatti alcune accuse di eresia, in seguito alle quali fuggì in
Francia dove venne anche arrestato da Filippo II presso Grenoble e condotto a
Vincennes, per essere tuttavia subito scarcerato. Con l'assoluzione di papa
Alessandro VI, il quale vedeva di buon occhio la volontà di Pico di dimostrare
la divinità di Cristo attraverso la magia e la cabala, nonché godendo della rete
di protezioni dei Medici, dei Gonzaga e degli Sforza, si stabilì quindi
definitivamente a Firenze, continuando a frequentare l'Accademia di
Ficino. La morte Morì per avvelenamento da arsenico il 17 Novembre 1494,
all'età di trentun anni, mentre Firenze veniva occupata dalle truppe francesi
di Carlo VIII durante la Guerra d'Italia. Fu sepolto nel cimitero dei
domenicani dentro il convento di San Marco. Le sue ossa saranno rinvenute da
padre Chiaroni accanto a quelle di
Angelo Poliziano e dell'amico Girolamo Benivieni. «Siamo vissuti celebri,
o Ermolao, e tali vivremo in futuro, non nelle scuole dei grammatici, non là
dove si insegna ai ragazzi, ma nelle accolte dei filosofi e nei circoli dei
sapienti, dove non si tratta né si discute sulla madre di Andromaca, sui figli
di Niobe e su fatuità del genere, ma sui principî delle cose umane e
divine.» (Pico della Mirandola) Nel novembre del , più di 500 anni dopo,
uno studio coordinato del dipartimento di Biologia dell'Pisa, del Reparto
Investigazioni Scientifiche dell'Arma dei Carabinieri di Parma e di studiosi
spagnoli, britannici e tedeschi, ha dimostrato che Pico della Mirandola fu
avvelenato con l'arsenico. Fama postuma Il volto di Giovanni Pico
ricostruito con le moderne tecniche forensi Di Pico della Mirandola è rimasta
letteralmente proverbiale la prodigiosa memoria: si dice conoscesse a mente
numerose opere su cui si fondava la sua vasta cultura enciclopedica, e che
sapesse recitare la Divina Commedia al contrario, partendo dall'ultimo verso,
impresa che pare gli riuscisse con qualunque poema appena terminato di
leggere. Tutt'oggi è ancora in uso attribuire l'appellativo "Pico
della Mirandola" a chiunque sia dotato di ottima memoria. Secondo
una popolare diceria, Pico della Mirandola avrebbe avuto una amante o una
concubina segreta; tuttavia, si è sostenuto che potrebbe aver avuto un rapporto
amoroso con l'umanista Girolamo Benivieni, sulla base di alcuni scritti, tra
cui sonetti, che quest'ultimo aveva dedicato a Pico, e di alcune allusioni poco
chiare di Savonarola. Pico era comunque un seguace dell'ideale dell'amor
socratico, privo cioè di contenuti erotici e passionali; anche la figura
femminile ricorrente nei suoi versi viene celebrata su un piano prevalentemente
filosofico. Ascendenza GenitoriNonniBonni Giovanni I PicoFrancesco II
PicoGianfrancesco I Pico Caterina BevilacquaGuglielmo BevilacquaTaddea Tarlati
Giovanni PicoFeltrino Boiardo Matteo BoiardoBernardina Lambertini.Giulia
BoiardoGuiduccia da Correggio Gherardo VI da CorreggioDottrina Marsilio
Ficino, Giovanni Pico della Mirandola e Agnolo Poliziano, ritratti da Cosimo
Rosselli nella Cappella del Miracolo del Sacramento a Firenze Il pensiero
di Pico della Mirandola si riallaccia al pensiero neoplatonico di Marsilio
Ficino, senza però occuparsi della polemica anti-aristotelica. Al contrario,
egli cerca di riconciliare aristotelismo e platonismo in una sintesi superiore,
fondendovi anche altri elementi culturali e religiosi, come per esempio la
tradizione misterica di Ermete Trismegisto e della cabala. All'interno
del testo delle Conclusiones Pico si scaglia duramente contro Ficino,
considerando inefficace la sua magia naturale perché carente di un legame con
le forze superiori nonché di un'adeguata conoscenza cabalistica. L'ideale
di una filosofia universale Il proposito di Pico, esplicitamente dichiarato ad
esempio nel De ente et uno, consiste infatti nel ricostruire i lineamenti di
una filosofia universale, che nasca dalla concordia fra tutte le diverse
correnti di pensiero sorte sin dall'antichità, accomunate dall'aspirazione al
divino e alla sapienza, e culminanti nel messaggio della Rivelazione cristiana.
In questo suo ecumenismo filosofico, oltre che religioso, vengono accolti non
solo i teologi cristiani ed esoterici insieme a Platone, Aristotele, i
neoplatonici e tutto il sapere gnostico ed ermetico proprio della filosofia
greca, ma anche il pensiero islamico, quello ebraico e appunto cabbalistico,
nonché dei mistici di ogni tempo e luogo. Il congresso da lui organizzato
a Roma in vista di una tale "pace filosofica" avrebbe dovuto
inserirsi proprio in questo progetto culturale basato su una concezione della
verità come princìpio eterno ed universale, al quale ogni epoca della storia ha
saputo attingere in misura in più o meno diversa. In seguito tuttavia ai vari
contrasti che gli si presentarono, sorti a causa della difficoltà di una tale
conciliazione, Pico si accorse che il suo ideale era difficilmente
perseguibile; ad esso, a poco a poco, si sostituirà nella sua mente il
proposito riformatore di Girolamo Savonarola, rivolto al rinnovamento morale,
più che culturale, della città di Firenze. L'armonia universale da lui
ricercata in ambito filosofico si trasformerà così nell'aspirazione religiosa
ad una santità e una moralità meno generica e più attinente al suo particolare
momento storico. A differenza di Ficino, nel Pico emergono dunque nei suoi
ultimi anni un maggiore senso di irrequietezza e una visione più cupa ed
esistenziale della vita. La dignità dell'uomo Ritratto di Pico
della Mirandola eseguito da un anonimo del XVII secolo: xilografia dal libro
Della celestiale fisionomia, Padova 1616 Al centro del suo ideale di concordia
universale risalta fortemente il tema della dignità e della libertà umana.
L'uomo infatti, dice Pico, è l'unica creatura che non ha una natura
predeterminata, poiché: «[...] Già il Sommo Padre, Dio Creatore, aveva
foggiato, questa dimora del mondo quale
ci appare, [...]. Ma, ultimata l'opera, l'Artefice desiderava che ci fosse
qualcuno capace di afferrare la ragione di un'opera così grande, di amarne la
bellezza, di ammirarne la vastità. [...] Ma degli archetipi non ne restava
alcuno su cui foggiare la nuova creatura, né dei tesori [...] né dei posti di
tutto il mondo [...]. Tutti erano ormai pieni, tutti erano stati distribuiti
nei sommi, nei medi, negli infimi gradi.» (Giovanni Pico della Mirandola,
Oratio de hominis dignitate, 1486) Dunque, per Pico, l'uomo non ha affatto una
natura determinata in un qualche grado (alto o basso), bensì: «[...]
Stabilì finalmente l'Ottimo Artefice che a colui cui nulla poteva dare di
proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri.
Perciò accolse l'uomo come opera di natura indefinita e, postolo nel cuore del
mondo, così gli parlò: -non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un
aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché [...] tutto secondo il tuo
desiderio e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri
è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai senza essere
costretto da nessuna barriera, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti
consegnai. [...]» (Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis
dignitate) Pico della Mirandola afferma, in sostanza, che Dio ha posto
nell'uomo non una natura determinata, ma una indeterminatezza che è dunque la
sua propria natura, e che si regola in base alla volontà, cioè all'arbitrio
dell'uomo, che conduce tale indeterminatezza dove vuole. Pico aggiunge
poi: «[...] Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né
immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e
ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose
inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle
cose superiori che sono divine.- [...] Nell'uomo nascente il Padre ripose semi
d'ogni specie e germi d'ogni vita. E a seconda di come ciascuno li avrà
coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti. [...] se
sensibili, sarà bruto, se razionali, diventerà anima celeste, se intellettuali,
sarà angelo, e si raccoglierà nel centro della sua unità, fatto uno spirito
solo con Dio, [...].» (Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis
dignitate) Giovanni Pico, quindi, sostiene che è l'uomo a «forgiare il proprio
destino», secondo la propria volontà, e la sua libertà è massima, poiché non è
né animale né angelo, ma può essere l'uno o l'altro secondo la «coltivazione»
di alcuni tra i «semi d'ogni sorta» che vi sono in lui. Questa visione verrà, seppur
solo in parte, ripresa nel 1600 dallo scienziato e filosofo Blaise Pascal, che
afferma che l'uomo non è né «angelo né bestia», e che la sua propria posizione
nel mondo è un punto mediano tra questi due estremi; tale punto mediano, però,
per Pico non è una mediocrità (in parte angelo e in parte bruto) ma è la
volontà (o l'arbitrio) che ci consente di scegliere la nostra posizione. Dunque
l'uomo, per Pico, è la più dignitosa fra tutte le creature, anche più degli
angeli, poiché può scegliere che creatura essere. La sapienza della
Cabala Raffigurazione della Cabala con l'albero della vita Il secondo
grande interesse di Pico è rivolto alla cabala, che viene da lui spiegata come
una fonte di sapienza a cui attingere per decifrare il mistero del mondo, e
nella quale Dio appare oscuro, in quanto apparentemente irraggiungibile dalla
ragione; ma l'uomo può ricavare la massima luce da tale oscurità. «Nulla est scientia quae nos magis certificat
de divinitate Christi, quam Magia et Cabala.» «Non esiste alcuna scienza
che possa attestare meglio la divinità di Cristo che la magia e la
cabala.» (Giovanni Pico della Mirandola, Novecento tesi) Connessa alla
sapienza cabbalistica è la magia: infatti, il mago, per Pico, opererebbe
attraverso simboli e metafore di una realtà assoluta che è oltre il visibile, e
dunque, partendo dalla natura, può giungere a conoscere tale sfera invisibile
(ossia metafisica) attraverso la conoscenza della struttura matematica che è il
fondamento simbolico-metaforico della natura stessa. Critica
dell'astrologia Se la magia è giudicata positivamente da Pico della Mirandola,
per quanto riguarda invece l'astrologia egli ebbe un atteggiamento diverso, che
lo portò a distinguere nettamente tra «astrologia matematica o speculativa»,
cioè l'astronomia, e l'«astrologia giudiziale o divinatrice»; mentre la prima
ci consente di conoscere la realtà armonica dell'universo, e dunque è giusta,
la seconda crede di poter sottomettere l'avvenire degli uomini alle congiunture
astrali. Partendo dall'affermazione della piena dignità e libertà dell'uomo,
che può scegliere cosa essere, Pico muove una forte critica a questo secondo
tipo di credenze e di pratiche astrologiche, che costituirebbero una negazione
proprio della dignità e della libertà umane. Secondo Pico, questa scienza
astrologica attribuisce erroneamente ai corpi celesti il potere di influire
sulle vicende umane (fisiche e spirituali), sottraendo tale potere alla
Provvidenza divina e togliendo agli uomini la libertà di scegliere. Egli non
nega che un certo influsso vi possa essere, ma mette in guardia contro il
pericolo insito nell'astrologia di subordinare il superiore (cioè l'uomo)
all'inferiore (ossia la forza astrale). Le vicende dell'esistenza umana sono
tanto intrecciate e complesse che non se ne può spiegare la ragione se non
attraverso la piena libertà d'arbitrio dell'uomo. Opera quae
exstant omnia di Pico della Mirandola stampata nel 1601 Il suo Disputationes
adversus astrologiam divinatricem (tale è il titolo dell'opera a cui Pico si
dedicò nell'ultimo periodo della sua vita) rimase incompiuto e come tale fu
pubblicato postumo, nel 1494, con il commento di Giovanni Manardo; tuttavia,
alcuni concetti base furono ripresi e rielaborati da Girolamo Savonarola nel
suo Trattato contra li astrologi. Opere Ad Hermolaum de genere dicendi
philosophorum, (Lettera a Ermolao Barbaro sul modo di parlare dei filosofi), Commento
sopra una canzone d'amore di Girolamo Benivieni, 1486. Oratio de hominis
dignitate, (Discorso sulla dignità dell'uomo),900 Tesis de omni re scibili o
Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae nongentae in omni
genere scientiarum, (900 tesi su tutte le cose conoscibili o Novecento
conclusioni filosofiche, cabalistiche e teologiche in ogni genere di scienze),
Apologia, Heptaplus: de septiformi sex dierum Geneseos enarratione, (Heptaplus:
della settemplice interpretazione dei sei giorni della Genesi), 1489.
Expositiones in Psalmos, De ente et uno,
(L'essere e l'uno), Disputationes adversus astrologiam divinatricem, (Dispute contro
l'astrologia divinatrice), Altre opere Carmina, (Carmi). Auree Epistole.
Sonetti. Duodecim regulae, (Le dodici regole). Duodecim arma spiritualis
pugnae, (Le dodici armi della battaglia spirituale. Duodecim conditiones
amantis, (Le dodici condizioni di un amante). Deprecatoria ad Deum, (Preghiera
a Dio). De omnibus rebus et de quibusdam aliis, (Tutte le cose e alcune altre).
Secondo alcuni studi, a Pico della Mirandola sarebbe da attribuire anche la
paternità dell’Hypnerotomachia Poliphili (Amoroso combattimento onirico di
Polifilo). Note: Sebbene egli preferisse farsi chiamare Conte della
Concordia Miroslav Marek, Genealogy.eu, su Pico family, Fu in particolare il cardinale spagnolo Pedro
Grazias, dopo essere intervenuto presso i reali di Spagna Isabella e
Ferdinando, ad essere incaricato da papa Innocenzo VIII di confutarne
l'Apologia. Pico della Mirandola
"fu avvelenato", caso risolto 500 anni dopo, in Gazzetta di Modena, G.
Gallello et al. "Poisoning histories in the Italian renaissance: The case
of Pico Della Mirandola and Angelo Poliziano", Journal of Forensic and
Legal Medicine, 56, , 83-89.
Già all'epoca della morte si vociferò che Pico fosse stato avvelenato
(cfr. Simon Critchley, Il libro dei filosofi morti, Garzanti). Recenti indagini condotte a Ravenna
dall'équipe del professor Giorgio Gruppioni dell'Bologna avrebbero riscontrato
elevati livelli di arsenico nei campioni di tessuti e di ossa prelevati dalle
spoglie del filosofo, che avvalorerebbero la tesi dell'avvelenamento per la sua
morte (cfr. Delitti e misteri del passato, L. Garofano, S. Vinceti, G.
Gruppioni, Rizzoli, Milano 2008 978-88-;
e Malcolm Moore, Medici philosopher's mysterious death is solved, The Daily
Telegraph, Londra 2008). Secondo lo
storico dell'arte Silvano Vicenti, il presunto avvelenamento di Pico della
Mirandola, la cui morte finora si riteneva fosse stata causata dalla sifilide,
sarebbe avvenuto ad opera della stessa mano che due mesi prima avrebbe ucciso
Angelo Poliziano, legato a Pico da grande amicizia (Rainews: Pico della
Mirandola e Poliziano assassinati con l'arsenico) Risolto il giallo della morte di Pico della
Mirandola, Pisa, 15 novembre . 15 novembre .
La Memoria Straordinaria di Pico della Mirandola, articolo su
Notizie.it. Enciclopedia Treccani.it
alla voce omonima. Robert Aldrich, Garry Wotherspoon, Who's who in Gay
and Lesbian History: From Antiquity to World War II, Routledge, Girolamo Benivieni fece porre
anche una lapide sulle spoglie di Pico della Mirandola tumulate nella chiesa di
San Marco a Firenze. Sul fronte della tomba è tuttora inciso: «Qui giace
Giovanni Mirandola, il resto lo sanno anche il Tago e il Gange e forse perfino
gli Antipodi. Morì nel 1494 e visse 32 anni. Girolamo Benivieni, affinché dopo
la morte la separazione di luoghi non disgiunga le ossa di coloro i cui animi
in vita congiunse Amore, dispose d'essere sepolto nella terra qui sotto. Morì
nel 1542, visse 89 anni e 6 mesi.» Sul retro invece, in posizione poco
visibile, è riportato l'epitaffio: «Girolamo Benivieni per Giovanni Pico della
Mirandola e se stesso pose nell'anno 1533 Io priego Dio Girolamo che 'n pace
così in ciel sia il tuo Pico congiunto come 'n terra eri, et come 'l tuo
defunto corpo hor con le sacr'ossa sue qui iace» Eugenio Garin, Giovanni Pico della Mirandola:
vita e dottrina, Le Monnier, Kurt Zeller, Pico della Mirandola e
l'aristolelismo rinascimentale, edizioni Luria, 1979. Frances Yates Giordano Bruno e la tradizione
ermetica Laterza U. Perone, C. Ciancio, Storia del pensiero filosofico, SEI,
Torino Edizione Eugenio Garin, Vallecchi, Sul richiamo di Pascal a Pico della
Mirandola, cfr. B. Pascal, Colloquio con il Signore di Saci su Epitteto e
Montagne in B. Pascal, Pensieri, Paolo Serini, Einaudi, Torino, François
Secret, I cabbalisti cristiani del Rinascimento, trad. it., Arkeios, Roma
2002. Conclusiones nongentae. Le
novecento tesi dell'anno 1486, Albano Biondi, Studi pichiani, 1, FIrenze Olschki "Conclusiones Magicae
numero XXVI, secundum opinione propria", numero 9. Fra le tesi redatte in vista del congresso
filosofico di Roma, Pico ad esempio scriveva: «Non vi è scienza che ci dia
maggiori certezze sulla divinità del Cristo della magia e della cabala» (cit.
da F. Secret, ibidem, e in Zenit studi. Pico della Mirandola e la cabala
cristiana). «Per Pico, la natura è una
correlazione misteriosa di forze occulte che l'uomo può conoscere tramite
l'astrologia e controllare tramite la magia. [...] Pico distingue due tipi di
astrologiamatematica e divinatricee naga il valore della seconda» (G. Granata,
Filosofia, Alpha Test, Milano. Lo stesso Savonarola sostenne di aver scritto il
suo trattato «in corroborazione delle refutazione astrologice del Signor conte
Joan Pico della Mirandola» (cit. in Romeo De Maio, Riforme e miti nella Chiesa
del Cinquecento, Guida editori, Napoli).
Indizi e prove: Giovanni Pico della Mirandola e Alberto Pio da Carpi
nella genesi dell’Hypnerotomachia Poliphili.
Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille
anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia
della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons
CC-BY-3.0 Opere: Giovanni Pico della Mirandola, Opere, Lodovico Mazzali, Giovanni
Pico della Mirandola, Opere. 1, Basileae, per Sebastianum Henricpetri, Giovanni
Pico della Mirandola, Opere. 2, Basileae, per Sebastianum Henricpetri, Doctissimi
Viri Ioannis Pici Mirandulae, Concordiae comitis, Exactissima expositio in
orationem dominicam, Officina S. Bernardini, Giovanni Pico della Mirandola, Apologia.
L'autodifesa di Pico di fronte al Tribunale dell'Inquisizione, Paolo Edoardo
Fornaciari, SISMEL (Società internazionale per lo studio del Medioevo latino)
Edizioni del Galluzzo, Firenze Giuseppe
Barone, Antologia Giovanni Pico della Mirandola, Virgilio Editore, Milano, Studi
Dario Bellini, La profezia di Pico della Mirandola. Oltre la cinquantesima
porta, Sometti editore, Giulio Busi, Vera relazione sulla vita e i fatti di
Giovanni Pico, conte della Mirandola, Aragno,
Ernst Cassirer, Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, trad.
it., La Nuova Italia, Firenze 1974
Henri-Marie de Lubac, Pic de la Mirandole. Études et discussions, Aubier
Montaigne, Parigi rad. it. di Giuseppe Colombo, Pico della Mirandola. L'alba
incompiuta del Rinascimento, Jaca Book, Milano, Vincenzo Di Giovanni, Giovanni
Pico della Mirandola nella storia del Rinascimento e della filosofia in Italia,
Palermo, Boccone del Povero, Fabrizio Frigerio, "Il commento di Pico della
Mirandola alla Canzona d'Amore di Gerolamo Benivieni" , Conoscenza
Religiosa, Firenze, Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Pico della
Mirandola, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, Eugenio Garin, L'Umanesimo italiano,
Laterza, Bari, Thomas Gilbhard, Paralipomena pichiana: a propos einer
Pico–Bibliographie, in «Accademia. Revue de la Société Marsile Ficin», Salvatore
Puledda, Interpretazioni dell'Umanesimo, Associazione Multimage, Leonardo
Quaquarelli, Zita Zanardi, Pichiana.
delle edizioni e degli studi, in "Studi pichiani 10", Olschki,
Firenze, Alberto Sartori, Giovanni Pico Della Mirandola, Filosofia, teologia,
concordia, Edizioni Messaggero Padova,
Stéphane Toussaint, L'esprit du Quattrocento. Pic de la Mirandole, le
"De Ente et Uno" & réponses à Antonio Cittadini, testo latino e
trad. fr., Honoré Champion Editeur, Parigi Paola Zambelli, L'apprendista
stregone. Astrologia, cabala e arte lulliana in Pico della Mirandola e seguaci,
Saggi Marsilio, Venezia Le fonti cabalistiche di PicoThe Great Parchment.
Flavius Mithridates' Latin Translation, the Hebrew Text, and an English
Version, Giulio Busi, Maria Simonetta Bondoni Pastorio, Saverio Campanini,
appartenente alla collana "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della
Mirandola", 1, Nino Aragno Editore, Torino Saverio Campanini, Talmud,
Philosophy, Kabbalah: A Passage from Pico della Mirandola's Apologia and its
Source, in M. Perani (ed.), The Words of a Wise Man's Mouth are Gracious.
Festschrift for Günter Stemberger on the Occasion of His 65th Birthday, W. De
Gruyter Verlag, Berlino–New York, The Book of Bahir. Flavius Mithridates' Latin
Translation, the Hebrew Text, and an English Version, Saverio Campanini, in
"The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola", 2, Nino
Aragno Editore, Torino Giulio Busi, "Chi non ammirerà il nostro camaleonte?"
La biblioteca cabbalistica di Giovanni Pico della Mirandola, in G. Busi,
L'enigma dell'ebraico nel Rinascimento, Nino Aragno Editore, Torino Saverio
Campanini, Guglielmo Raimondo Moncada (alias Flavio Mitridate) traduttore di
opere cabbalistiche, in Mauro Perani , Guglielmo Raimondo Moncada alias Flavio
Mitridate. Un ebreo converso siciliano, Officina di Studi Medievali, Palermo The
Gate of Heaven. Flavius Mithridates' Latin Translation, the Hebrew Text, and an
English Version, Susanne Jurgan e Saverio Campanini, con un testo di Giulio
Busi, in "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola",
5, Nino Aragno Editore, Torino Saverio Campanini (ed.), Four Short Kabbalistic
Treatises, "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola"
6, Fondazione Palazzo Bondoni Pastorio, Castiglione delle Stiviere . Cabala cristiana Marsilio Ficino Filosofia
rinascimentale Mirandola Umanesimo Prisca theologia. Treccani.itEnciclopedie on
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Encyclopedia, Robert Appleton Company. Spartiti o libretti di Giovanni Pico
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sulla dignità dell'essere umano, prima parte, su panarchy.org. I "Carmina" e l'"Oratio de
hominis dignitate", su thelatinlibrary.com.The Kabbalistic Library of
Giovanni Pico della Mirandola, su pico-kabbalah.eu. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Pico: the dignity of
man," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice,
Liguria, Italia.
pico: giianfranco: Grice: “It is very
likely that Cartesio took the idea of the malignant daemon from Pico, who was
obsessed with him – with the daemon, I mean! “Demonio!”” Grice: “I like Pico.
Ackrill suggested that I should translate happiness as taking ‘daemon’
seriously. Pico does: He allows Alberti’s use of ‘demonio’ as a direct
translation of Roman ‘daemone,’ which is Grecian in nature.”Grice: “A daemon is
always ‘maschile,’ succubus, or incubus – and stregus is gender-neutral, too,
as Pico was very well aware when he allowed the burning of a few male witches
at Mirandola. On the other hand, he uses Sextus Empiricus and Phyrro against
Aristotle!” Grice: “Like Gentile, and Rosselli, two other Italian philosophers,
he was murdered – by his successor to the county!” “A very sad thing is that he
was murdered along with his son Alberto.”Grice: “The murderer, a Pico,
succeeded him without much of a revolt – That’s the Renaissance forya!” --- Important if unjustly neglected, murdered,
Italian philosopher. Giovanni Francesco Pico della Mirandola, italian nobile e
il filosofo , il nipote di Giovanni Pico della Mirandola . Il suo nome è in
genere troncato come Gianfrancesco Pico della Mirandola . Figlio di Galeotto I
Pico , signore di Mirandola , e Bianca Maria d'Este , figlia di Niccolò III
d'Este. Come lo zio, Pico, Pico si dedica principalmente alla filosofia, ma ha
reso soggetto alla Bibbia, anche se nei suoi trattati, De monolocale divinae et
humanæ sapientiæ e in particolare nei sei libri intitolati examen doctrinæ vanitatis
gentium , si deprezza l'autorità dei filosofi, al di sopra tutti Aristotele. Ha
scritto una biografia dettagliata di suo zio
e un altro di Savonarola , di cui era un seguace. Avendo osservato i pericoli
a cui la società è stata esposta, al momento, ha lanciato un avvertimento in
occasione del Concilio Lateranense: Oratio ad Leonem X et concilium Lateranense
de reformandis Ecclesiæ Moribus (Hagenau, dedicato a Willibald Pirckheimer).
Morì a Mirandola, assassinato dal nipote Galeotto, insieme a suo figlio più
giovane, Alessandro. L'altro figlio Giantommaso è stato ambasciatore aClemente
VII. Mentre Pico aveva spesso sostenuto che tutte le filosofie e le religioni
hanno raggiunto una parte della verità, Pico ha detto, in effetti, che tutte le
religioni e tutte le filosofie, salva la religione Cristiana, da solisono
semplici raccolte di falsità confusi e internamente incoerenti. In possesso di
un tale punto di vista, si schiera non solo con Savonarola, ma con alcuni dei
padri e con i riformatori pure. Su questo punto, era insistente. Il
cristianesimo è una realtà auto-sussistente e che ha poco o nulla da guadagnare
dalla filosofia, le scienze e le arti. Questa tesi centrale si diffonde
attraverso quasi la sua intera produzione filosofica. Scrive di non lodare o estendere
il regno della filosofia, ma di demolirlo.
Steep to. Le opere selezionate “De studio di Divinae et humanae
philosophiae,” “De imagination” – Grice: “This is interesting. Pico starts by
noting how Cicero mistranslated imaginatio from ‘phantasma.’ Vitters would not
have agreed!” – “De Providentia Dei,” “De rerum praenotione,” “Quaestio de falsitate
Astrologiae,” “Examen Vanitatis gentium doctrinae, et veritatis Christianae
disciplinae, “Libro Detto strega o delle illusioni del demonio,” – Grice: Pico
is using ‘demonio’ literally; Descartes isn’t!” – “Opera Omnia,” fonti
Wikisource-logo.svg Herbermann, Charles, ed. " Giovanni Francesco Pico
della Mirandola ". Enciclopedia Cattolica New York: Robert Appleton Company.
Burke, Peter.. "Stregoneria e Magia in Italia del Rinascimento:
Gianfrancesco Pico e la sua Strix, " di Sydney Anglod, ed. The Damned Art:
Saggi in letteratura di Magia, Londra. Herzig,
T. "La reazione dei demoni alla
sodomia: Magia e omosessualità in Strix di Gianfrancesco Pico della
Mirandola." Il Cinquecento Journal , Kors, Alan Charles e Edward Peters. La stregoneria in Europa, Una storia
Documentario. Philadelphia: University of Pennsylvania Press (Estratti dal Pico
Strix ., Schmitt, ,CB, Pico e la sua critica di Aristotele. The Hague: Martinus
Nijhoff. Pappalardo, L.”Fede, Immaginazione e scetticismo" (Nutrix, 8),
Turnhout: Brepols Publishers. Opere Progetto Gutenberg panoramica biografica
presso il Centro Internazionale di Cultura "Pico e le sua critica di
Aristotele | Charles B. Schmitt | Springer .Giovanni Francesco II Pico della
Mirandola Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Gianfrancesco II Giovanfrancesco-pico.jpg Ritratto di Gianfrancesco II Pico, XV
secolo Signore della Mirandola Stemma PredecessoreGaleotto II Pico
SuccessoreGaleotto II Pico Signore di Mirandola e Conte di Concordia In caricaPredecessoreGaleotto
II Pico SuccessoreGaleotto II Pico Signore di Mirandola e Conte di Concordia In
carica PredecessoreGaleotto I Pico SuccessoreFederico I e Ludovico I Pico Nome complete
Giovanni Francesco Pico NascitaMirandola o Ferrara, Morte Mirandola, Signoria di Mirandola (oggi
Italia), DinastiaPico PadreGaleotto I Pico[1] MadreBianca d'Este ConsorteGiovanna
Carafa[1] FigliGian Tommaso Beatrice Anna GaleottoCaterina Cecilia Alberto[1]
Giulia Maria Paolo Giovanni Francesco II Pico, meglio noto come Gianfrancesco
II Pico (Mirandola), nobile, filosofo e letterato italiano. Signore di
Mirandola e conte di Concordia in tre periodi differenti: prima dal 1499 al
1502, poi nuovamente per pochi mesi nel 1511 ed infine, ma stavolta privato di
Concordia, dal infine verrà assassinato dal nipote Galeotto II Pico, suo successore
definitivo. Giovanfrancesco Pico (Museo civico
di Mirandola) Stemma della casata dei
Pico della Mirandola Moneta di Gian
Francesco II. Era figlio di Galeotto I Pico e di Bianca Maria d'Este, figlia di
Niccolò III d'Este. Succedette al padre nel governo dei feudi, ricevendo
conferma dell'investitura dall'imperatore Massimiliano I d'Asburgo. Ifratelli,
non contenti, assediarono e bombardarono la Mirandola e imprigionarono Pico,
che fu rilasciato solo con la promessa di cessione dei domini. Liberato, si
ritirò a Roma. Contrastò la cultura classica a favore del Cristianesimo.
Scrisse una biografia dello zio Pico,
intitolata Vita, anteposta a un volume che ne raccoglieva l'Opera omnia, e
riprese alcune sue dottrine, come la lotta contro l'astrologia. Seguace di Savonarola,
si batté inutilmente per la sua assoluzione, e ne scrisse dopo la morte una
biografia. Sostenne da un lato la necessità di un rinnovamento della disciplina
ecclesiastica e dall'altro l'incompatibiltà della filosofia antica col
cattolicesimo. Scrisse il “De reformandis moribus,” che inviò a Papa Leone X,
l'”Examen vanitatis doctrinae gentium et veritatis christianae disciplinae,” nel
quale attaccò la filosofia arcaica; e, non ultimo, “Libro detto strega o delle
illusioni del demonio,” sulle possessioni demoniache. L'Examen non attacca soltanto la filosofia
arcaica, ma si scaglia ugualmente contro Aristotele ed Aquino. Dei due pensatori, Pico contesta la fiducia
nella conoscenza e nella ragione, che permetterebbero con la forza
dell'intelletto di intuire le verità ultime. Al contrario, al pari della
dottrina esposta dal Cusano nel De docta ignorantia ( Pico nutre una profonda
sfiducia nelle capacità umane, riconoscendo alla ragione solo la possibilità di
giungere a conclusioni arbitrarie. Riprendendo alcune tesi tipiche dello scetticismo
di Pirrone e Sesto Empirico, Pico nega la validità dei sillogismi e
dell'induttivismo, svaluta l'idea della causalità. Nulla è conoscibile, mentre
la fede può fondarsi solo su una rivelazione.[Morì assassinato dal nipote
Galeotto II assieme all'ultimogenito Alberto. Opere (selezione) “De
imagination,” “De providentia Dei,” De rerum praenotione, “De studio divinae et
humanae philosophiae,” Dialogus de adoratione, “Examen vanitatis doctrinae
gentium, et ueritatis Christianae disciplinae,” Ioannis Pici Mirandulae Vita, “Strix,
sive de ludificatione daemonum,” Opera Omnia, “Quaestio de falsitate
astrologiae ,” Discendenza Gianfrancesco II Pico nel 1491 sposò Giovanna
Carafa, signora di Roddi, figlia di Giovanni Tommaso Carafa, conte di
Maddaloni, e di Giulia Sanseverino.[1] Insieme ebbero I seguenti figli:[ Gian
Tommaso Pico, signore di Roddi -- sposò Carlotta Orsini, figlia di Gian Giordano
Orsini, signore di Bracciano, e di Felice Della Rovere, figlia illegittima del
cardinale Giuliano Della Rovere (futuro papa Giulio II. Ebbe discendenza:[1] Girolamo Pico, signore di
Roddi. Sposò Francesca Malaspina, figlia di Cesare Malaspina, marchese di
Malgrate; Virginio Pico Giovanni Antonio Pico Maddalena Pico, sposò Agostino Tizzone, conte
di Desana. Beatrice Pico, sposò Paolo Torelli, conte di Montechiarugolo, ed
ebbero discendenza; Anna Pico, a Genova nelsposò Antoniotto II Adorno, doge di
Genova, signore di Ovada e Sale; Galeotto Pico, Caterina Pico, Cecilia Pico, monaca
clarissa con il nome di suor Maria Cornelia al monastero di Santa Cecilia di
Firenze;[1] Alberto Pico, assassinato insieme al padre da Galeotto II Pico; Giulia
Pico, a Mirandola sposò Sigismondo II Malatesta, co-signore di Rimini; Maria
Pico, Paolo Pico, co-signore di Roddi. Sposò in prime nozze Caterina, figlia di
Galeotto Ceva della Bosia di Garessio, signore di Bossolasco;[ poi sposò in
seconde nozze Costanza del Carretto, figlia di Ottaviano del Carretto, marchese
di Millesimo e conte di Cengio, e di Nicoletta Della Rovere, figlia di Stefano
Vigerio Della Rovere, patrizio di Savona.[1] Ebbe i seguenti figli:[1] dalla 1ª
moglie: Giovanna Pico nel posò Michele Antonio del Carretto di Lesegno,
marchese di Cravanzana; dalla 2ª moglie: Eleonora Pico, signora di Roddi e poi contessa di Roddi, Sposò
a Mantova in prime nozze Ascanio Andreasi, conte di Rivalta; poi sposò in
seconde nozze Enrico Biandrate di San Giorgio, conte di Foglizzo; illegittimo:
Marzio Pico sposò Caterina Trona, figlia di Antonio Trona, signore di Torrone e
Clarafond. Ebbe i seguenti figli: Tommaso Pico, co-signore di Roddi;[1]
illegittimo: Paolo Pico, monaco benedettino all'Abbazia di Lucedio. Miroslav
Marek, Genealogy.eu, su Pico family, Pompeo Litta, Famiglie celebri di Italia.
Pico della Mirandola, Torino, J. Delumeau, Il peccato e la paura, Bologna, il
Mulino, I. de la Tour, Les Origines de
la Réforme, Paris, Hachette. Bibliografia Burke, Peter. Witchcraft and Magic in
Renaissance Italy: Gianfrancesco Pico and His Strix," in Sydney Anglod,
ed. The Damned Art: Essays in the Literature of Witchcraft, London. Herzig, T. The
Demons' Reaction to Sodomy: Witchcraft and Homosexuality in Gianfrancesco Pico
della Mirandola's Strix." The Sixteenth Century Journal, Kors, Alan Charles
and Edward Peters. Witchcraft in Europe: A Documentary History. Philadelphia:
University of Pennsylvania Press (Excerpts from the Pico's Strix, Schmitt, C.
B.Gianfrancesco Pico della Mirandola and his critique of Aristotle. The Hague:
Martinus Nijhoff. Pompeo Litta, Famiglie celebri di Italia. Pico della
Mirandola, Torino, Pappalardo, L. "Gianfrancesco Pico della Mirandola:
fede, immaginazione e scetticismo". Turnhout: Brepols Publishers (=
Nutrix:Voci correlate Assedio della Mirandola, Assedio della Mirandola di papa
Giulio II Caccia alle streghe nella Signoria della Mirandola Sovrani di Mirandola
e Concordia. Schizzo biografico a cura de Il Centro Internazionale di Cultura
Giovanni Pico della Mirandola, «Pico della Mirandola, Giovanni Francesco
II», Enciclopedie "Treccani.it L'Enciclopedia
italiana". «Pico della Mirandola, Giovanni Francesco II», Dizionario di
filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, PredecessoreSignori di
Mirandola e conti di ConcordiaSuccessore Galeotto I Pico Federico I Pico
Ludovico I Pico. Refs: Luigi Speranza: “Grice, Acrkill, Pico and Alberti, on
‘demonio’,” Luigi Speranza, "Grice e Pico," per Il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia --
Gianfranco Pico della Mirandola.
pieralisi: Venceslao Pieralisi (Jesi),
filosofo. Fece parte dei Minori Riformati di Jesi. Nei suoi scritti, esaltò il
valore della pace fra gli uomini e fra tutte le creature. Scrisse che l'anima è presente non solo negli
esseri umani, ma anche negli animali, ai quali appunto l'anima conferiscecome
agli uominiun'esistenza eterna al di là della morte. Per tali motivi sottolinea la necessità etica
di trattare gli animali con rispetto ed amore, vincendo la mancanza di
sensibilità e l'indifferenza che tradizionalmente la religione cristiana mostra
verso di essi. De anima belluarum: sopravvivenza? Una domanda, S. Rocco,
Venezia. Della filosofia razionale speculativa parte soggettiva ossia la
logica, Tipografia della Pace, Roma, La filosofia razionale pratica ovvero dei
doveri naturali, Tipografia della Pace, Roma, Sui vizi capitali
dell'insegnamento scientifico: riflessioni, Pesar.
pievani: Grice: “Only in
Italy, Dietelmo becomes Telmo –“ Grice: “I like Pievani – he defends Darwin
when everyone attacks him! Talk about rallying to the defense of the
under-dogma!” -- Dietelmo "Telmo"
Pievani (Gazzaniga), filosofo. Dopo la laurea in Filosofia conseguita a Milano, ha condotto ricerchein Biologia
evolutiva e Filosofia della biologia, sotto la supervisione di Niles Eldredge e
di Ian Tattersall presso l'American Museum of Natural History di New York. Grice: “Some Italians would not consider him
an Italian philosopher seeing that he earned his maximal degree without (i. e.,
not within) Italy!” -- Dal 2005 al è
stato professore associato di Filosofia della scienza presso la facoltà di
Scienze dell'educazione e della formazione dell'Università degli Studi di
Milano-Bicocca. Ha ricoperto gli insegnamenti di Epistemologia e di Epistemologia
evolutiva.-- è stato vicedirettore del
Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” e
vicepresidente del corso di laurea in Scienze dell'educazione. Dal è Professore
presso il Dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Padova, dove
ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle scienze biologiche.
Presso lo stesso Dipartimento è anche titolare degli insegnamenti di Bioetica e
di Divulgazione naturalistica. Dal è
Delegato del Rettore per la Comunicazione Istituzionale dell’Università degli
Studi di Padova. Dal è Presidente della
SIBESocietà Italiana di Biologia Evoluzionistica. È socio effettivo
dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, per la classe di Scienze,
socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino per la classe di
Scienze, socio non residente dell’Accademia Olimpica di Vicenza, per la classe
di Scienza e Tecnica. È autore di più di
230 pubblicazioni scientifiche nei campi della biologia evoluzionistica,
dell'evoluzione umana, della filosofia della biologia e della filosofia della
scienza generale. Comunicazione della
scienza Impegnato in diversi progetti internazionali di comunicazione della
scienza, dal fa parte del Comitato
Scientifico di BergamoScienza, è stato segretario del consiglio scientifico e
coordinatore del Festival della scienza di Genova, divenuta la più importante
manifestazione europea del settore. Insieme a Vittorio Bo, è stato direttore
scientifico del "Festival delle scienze di Roma" in Auditorium Parco della
Musica. Fa parte del comitato editoriale
di riviste scientifiche internazionali come Evolutionary Biology, Evolution:
Education and Outreach e Rendiconti Lincei per le Scienze Fisiche e Naturali.
Insieme a Niles Eldredge, è direttore scientifico del progetto enciclopedico
“Il futuro del pianeta” di UTET Grandi Opere. Inoltre insieme ancora a Niles
Eldredge ed a Ian Tattersall, è stato il curatore scientifico dell'edizione
italiana della mostra internazionale "Darwin 1809-2009". Insieme a Luigi Luca Cavalli-Sforza è stato
curatore del progetto espositivo internazionale “Homo sapiens": la grande
storia della diversità umana” (Roma, Palazzo delle Esposizioni, -; Trento, -,
Novara ). Telmo Pievani è direttore di
Pikaia, il italiano dell'evoluzione, ed
è stato coordinatore scientifico del Darwin Day di Milano. Fa parte del
Comitato Etico e del Comitato Scientifico della Fondazione Umberto Veronesi per
il progresso delle scienze. Fa parte del
Consiglio Scientifico Internazionale del Museo delle Scienze (MUSE) di Trento. -- è stato per Padova coordinatore scientifico
dell’allestimento museale del Giardino della Biodiversità presso l'Orto
Botanico di Padova, oltre che curatore della sezione “Le piante e l’uomo”. Dal
collabora ai progetti scientifici e di comunicazione del Parco Natura Viva
di Bussolengo. È stato il Curatore Scientifico,
insieme ai Fantini, Rufo e Pimpinelli, della mostra internazionale "DNA.
Il grande libro della vita da Mendel alla genomica” (Palazzo delle Esposizioni,
Roma). Dal punto di vista editoriale, è membro del comitato editoriale de L'Indice
dei libri. -- è componente del Comitato Scientifico Internazionale della
rivista Le Scienze, edizione italiana di Scientific American, alla quale
collabora. Scrive regolarmente per la
rivista Micromega. Dal è firma delle
pagine culturali del Corriere della Sera. Dal
è direttore del magazine di Padova, Il Bo LIVE. Due volte finalista del Premio Galileo a
Padova, nel ha ricevuto la menzione
speciale della giuria del Premio Scienza e letteratura-Merck Serono, per il saggio
La vita inaspettata. Il fascino di un'evoluzione che non ci aveva previsto
(Raffaello Cortina). Altri riconoscimenti: Premio Adriano Vitelli Laico
dell’Anno, , Torino; Premio Internazionale di Ecologia Umana (Abbazia di Spineto, Sarteano); Premio Capo d'Orlando per la comunicazione multimediale (Vico
Equense). Insieme a Federico Taddia e
alla Banda Osiris, è autore di progetti teatrali e musicali a tema scientifico,
come “Finalmente il Finimondo!” () e “Il maschio inutile” (), ispirato
all’omonimo libro. Opere T.
Pievani-Giuseppe Varchetta, Il management dell'unicità, Guerini e associati,
Milano, “Homo sapiens e altre catastrofi,” Meltemi, Roma, riedizione
completamente rivista e aggiornata, Meltemi, . T. Pievani-Federico Carmagnola,
Pulp Times. Immagini del tempo nel cinema d'oggi, Meltemi, Roma, Sotto il velo
della normalità, Meltemi, Roma, con P. Barbetta, M. Capararo Richard Dawkins e
Telmo Pievani, Il cappellano del diavolo, Scienza e idee, Milano, Cortina, Ospitato
su archive.is. Introduzione alla filosofia della biologia, Laterza, Roma-Bari, La
teoria dell'evoluzione. Attualità di una rivoluzione scientifica, Il Mulino,
Bologna,T. Pievani-E. Capanna-C.A. Redi, Chi ha paura di Darwin?, IBIS
Edizioni, Como-Pavia, Creazione senza Dio, Einaudi, Torino[Creación sin Dios,
Ediciones Akal, Madrid] In difesa di Darwin. Piccolo bestiario
dell'antievoluzionismo all'italiana, Milano, Bompiani, T. Pievani-Carla
Castellucci, Perdere la libertà per Sante ragioni. Dal nascere al morire: la
mano della Chiesa sulla nostra vita, Milano, Chiarelettere, T. Pievani-Vittorio
Girotto-Giorgio Vallortigara, Nati per Credere, Codice Edizioni, Torino, 2008-.
La vita inaspettata. Il fascino di un'evoluzione che non ci aveva previsto,
Raffaello Cortina Editore, Milano, Introduzione
a Darwin, Roma-Bari, Laterza, La fine
del mondo. Guida per apocalittici perplessi, Bologna, Il Mulino, Homo sapiens. Il cammino dell'umanità,
Atlante dell'Istituto Geografico De Agostini,
Anatomia di una rivoluzione. La logica della scoperta scientifica di
Darwin, Mimesis, Evoluti e abbandonati.
Sesso, politica, morale: Darwin spiega proprio tutto, Torino, Einaudi, T. Pievani-Federico Taddia, Il maschio è
inutile. Un saggio quasi filosofico, Milano, Rizzoli, Leggere l’Origine delle
specie di Darwin, IBIS Edizioni, Como-Pavia,
Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, con
Valerio Calzolaio, Einaudi, Torino, T.
Pievani-Vittorio Marchis, Lectures , Giappichelli, Come saremo. Storie di
umanità tecnologicamente modificata, con L. De Biase, Codice, Edizioni, Torino,
"Homo SapiensLe nuove storie dell'evoluzione umana", Libreria
Geografica, Homo sapiens. Le nuove
storie dell'evoluzione umana, Libreria Geografica, Imperfezione. Una storia
naturale, Milano, Raffaello Cortina, Libri per ragazzi Perché siamo parenti
delle galline? E tante altre domande sull’evoluzione, con F. Taddia, Editoriale
Scienza, Trieste, ; Sulle tracce degli antenati. L’avventurosa storia
dell’umanità, Editoriale Scienza, Trieste, . Introduzioni a opere di altri
autori Telmo Pievani ha curato l'edizione italiana di opere di Richard Dawkins,
di Niles Eldredge, di Stuart Kauffman, di Ian Tattersall, di Susan Oyama, di
Kim Sterelny, di Edward Osborne Wilson, di Sean B. Carroll, di Henri Gee e di
altri filosofi della biologia ed evoluzionisti. È inoltre il curatore
dell'edizione italiana del testamento scientifico di Stephen Jay Gould (La
struttura della teoria dell'evoluzione) e dell'ottavo volume (intitolato Storia
della scienza e della tecnologia) della Storia della Cultura Italiana diretta
da Luigi Luca Cavalli-Sforza. Ha curato l'edizione italiana di una parte dei
Taccuini della Trasmutazione darwiniani, pubblicati da Laterza con il titolo
di: Charles Darwin. Taccuino Rosso, Taccuino B, Taccuino E. Note
Dietelmo PIEVANI, su accademiadellescienze.it. PIEVANI DIETELMO, su didattica.unipd.it. Filosofia
si insegna a Biologia La prima cattedra a Pievani, Il mattino di Padova, su
mattinopadova.gelocal.it.
Bergamoscienza, su bergamoscienza.it Evolution: Education and Outreach
Editorial board, su springer.com. Homo
SapiensLa grande storia della diversità umana La grande storia della diversità
umana I vincitori del premio «Scienza e
letteratura», Corriere della Sera, 11 giugno. Scheda libraria di "Evoluti
e abbandonati", su einaudi.it. Evoluzione Charles Darwin Stephen Jay Gould
Darwin Day Padova Orto Botanico di Padova Sito ufficiale, su telmopievani.com. Opere su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Pubblicazioni di Telmo Pievani, su
Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de
l'Innovation. Il web magazine
cross-mediale dell'Padova, su ilbolive.unipd.it. Pikaia, il italiano dell'evoluzione, su pikaia.eu. Il
sito ufficiale della mostra DARWIN su
darwin2009.it.
pigliaru: Grice:
“Pigliaru’s study of the modal code is unique – we don’t have that kind of
thing at Oxford, unless it’s from a tutee from Sardinia!” -- Antonio Pigliaru (Orune),
filosofo. Tra le molteplici tematiche del suo impegno intellettuale una è di
particolare interesse: la sua interpretazione dei problemi socio-economici
delle zone interne della Sardegna, che inquadrò e tentò di spiegare nell'ambito
della propria visione etico-politica Nacque
a Orune, in provincia di Nuoro, ultimo di cinque figli; i genitori, Pietro e
Maria Murgia, sono due maestri elementari, accomunati dunque dalla stessa
formazione culturale e dal lavoro, ma di provenienza sociale diversa. La
famiglia di Pietro è di origine contadina, attività marginale rispetto alla
pastorizia prevalentemente praticata in paese; nonostante le scarse
disponibilità economiche, dopo le elementari continua negli studi. Maria, la
cui madre è maestra, proviene da Sassari: ha vissuto in una realtà più aperta e
si reca ad Orune, dopo il diploma, per insegnarvi. Si sposano nel 1909. Finite
le elementari Antonio, che nel frattempo ha perso il padre, lascia il paese, al
quale rimase comunque sempre profondamente legato, e si trasferisce a Sassari,
presso i nonni materni, per completare gli studi ginnasiali e liceali nel
Convitto Canopoleno. Nel 1940 aderì al
Gruppo Universitario Fascista, dove fece le sue prime esperienze culturali,
collaborando al giornale dell'organizzazione, scrivendo soprattutto di teatro.
Coltiva le sue aspettative nella "rivoluzione fascista", come tanti
giovani della sua generazione, rifiutandone però le degenerazioni che il regime
sta subendo. Frequenta dal 1941 l'Università a Cagliari nella Facoltà di
lettere e filosofia. Nel marzo del 1944 viene arrestato, accusato insieme ad
altri, di gravi reati: spionaggio, guerra civile, cospirazione politica.
Condannato a 7 anni dal Tribunale militare di Oristano, sconta 17 mesi di
carcere, durante i quali contrae la malattia che lo porterà prematuramente alla
morte, per essere poi liberato nel maggio del 1946 in seguito all'Amnistia
Togliatti. Ripresi gli studi, in pochi
mesi supera tutti gli esami e si laurea a Cagliari con una tesi
sull'esistenzialismo in Giacomo Leopardi. Nell'aprile del 1949 è assistente
volontario alla cattedra di Filosofia del diritto dell'Sassari, diventando
assistente ordinario un anno dopo; consegue la libera docenza nella stessa
disciplina e nel 1967, vinto il concorso, è Professore di Dottrina dello Stato.
Nel 1949 nasce la rivista "Ichnusa", di cui fu animatore ed
ispiratore. La rivista uscì, con diverse sospensioni, fino al 1964. A partire
1956 Pigliaru decide di darle un nuovo ruolo, meno generalista ma più attento e
teso a dar voce soprattutto alla "questione sarda": gli editoriali,
da lui redatti, vengono sempre più spesso dedicati ai problemi della regione e
la rivista si propone come laboratorio di discussione, chiamando a raccolta
un'intera generazione di giovani intellettuali isolani impegnati per la
rinascita dell'isola e per i quali Pigliaru, in contatto con numerosi studiosi
delle due università sarde di Sassari e di Cagliari, diventa un vero e proprio
maestro e ideologo. Muore a Sassari il 27 marzo 1969 durante una seduta di
emodialisi, terapia alla quale si sottoponeva regolarmente per curare la grave
insufficienza renale che lo accompagnò per gran parte della sua vita. Nel
per i festeggiamenti dei 450 anni dell'Sassari, la sua immagine è stata
apposta all'esterno del Dipartimento di Scienze Politiche, Scienze della
Comunicazione e Ingegneria dell'Informazione dell'Ateneo. Era il padre dell'ex
presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru. Attività Fu autore di numerosi saggi di
grande spessore, considerati ancora oggi un punto di riferimento
imprescindibile per il dibattito sulla cultura sarda. Inediti continuano ad
apparire ancora adesso. Dopo un iniziale approdo alla filosofia di Giovanni
Gentile, soprattutto nelle prime, importanti opere, Considerazioni critiche su
alcuni aspetti del personalismo comunitario e Persona umana ed ordinamento
giuridico si avvicinò al personalismo storicista di Giuseppe Capograssi, di cui
accolse anche, con un'interpretazione originale, la teoria della pluralità
degli ordinamenti giuridici di Santi Romano, (specie nel suo capolavoro di
antropologia giuridica La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico).
Successivamente sviluppò questioni del marxismo gramsciano, in particolare in
Struttura, soprastruttura e lotta per il diritto, Gramsci e la cultura sarda e
nell'incompiuto saggio su L'estinzione dello Stato. Tra i suoi numerosi
contributi sono anche da ricordare: Meditazioni sul regime penitenziario
italiano; La piazza e lo Stato; Promemoria sull'obiezione di coscienza
(1968). È considerato uno dei più
importanti antropologi giuridici italiani e uno dei maggiori studiosi della
Sardegna (Scuola antropologica di Cagliari). A l'attività scientifica
accompagnò un'intensa attività di "didattica popolare", organizzando
ad esempio numerosi corsi di educazione per adulti e lavoratori in vari luoghi
dell'isola. La sua vocazione pedagogica emerge anche in "Scuola",
periodico con molti collaboratori, che esce nel 1954 e si rivolge ai maestri
che si preparano al concorso magistrale. Venne eletto nel Comitato regionale
della Sezione sarda dell'Associazione Italiana Biblioteche per il triennio
1955-1958 e confermato nel 1958-1961.
Alla sua memoria sono intitolate la Biblioteca di scienze sociali
dell'Sassari (già denominata Biblioteca interfacoltà per le scienze giuridiche,
politiche ed economiche) e le Biblioteche comunali di Orune e di Porto
Torres. Opere principali Considerazioni
critiche su alcuni aspetti del personalismo comunitarioSassari, Persona umana
ed ordinamento giuridicoMilano, 1953 Meditazioni sul regime penitenziario
italianoSassari, 1959 (ora Nuoro, 2009 con prefazione e postfazione di
Salvatore Mannuzzu) La vendetta barbaricina come ordinamento giuridicoMilano
(ora Nuoro) La piazza e lo StatoSassari, 1961 Sardegna, una civiltà di
pietraRoma, 1961 (con Franco Pinna e Giuseppe Dessì) Struttura, soprastruttura
e lotta per il dirittoPadova, "Promemoria" sull'obiezione di
coscienzaSassari, 1968 (ora Nuoro, 2009 con prefazione di Virgilio Mura)
Gramsci e la cultura sardaRoma, 1969 (ora Nuoro, 2008 con prefazione di Paolo
Carta) Opere postume Il banditismo in SardegnaMilano, e successive edizioni
Antonio Pigliaru: politica e cultura, antologia degli scritti pubblicati sulla
rivista IchnusaSassari, 1971 (Manlio Brigaglia, Salvatore Mannuzzu, Giuseppe
Melis Bassu; con scritti di: Gigi Ghirotti ... et al.) Il rispetto dell'uomoSassari,
1980 (con una nota di Antonio Delogu) Scritti sul fascismoSassari, 1983 La
lezione di CapograssiRoma, 2000 (con introduzione di Antonio Delogu) Saggi
capograssianiRoma, (con introduzione di
Antonio Delogu) Per un primo giorno di scuola: lettera a una
professoressaSassari, 2002 Le parole e le cose: alfabeto della
democraziaSassari, 2005 Note Bruno
Migliorini et al., scheda sul lemma Pigliaru, in Dizionario italiano
multimediale e multilingue d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, ://dizionario.rai.it/poplemma.aspx?lid=27549&r=639329.
Vedi anche qui: Accento dei cognomi.
Giuseppe Capograssi, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Diritto, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .
Giulio Angioni, Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle culture,
Il Maestrale, Giorgio Baratta et al., Il soldino dell'anima. Antonio Pigliaru
interroga Antonio Gramsci, CUEC
Francesco Casula, Letteratura e civiltà della Sardegna, I, Dolianova,
Grafica del Parteolla Editore, ,
203–213. Sito ufficiale dedicato
ad Antonio Pigliaru, su pigliaru.it. "Visti da fuoriAntonio
Pigliaru", Documentario RAI, su sardegnadigitallibrary.it. Biblioteca di
Scienze sociali "A. Pigliaru", Sassari, su sba.uniss.it. 1º
luglio 21 agosto ). Biblioteca
comunalePorto Torres, su comune.porto-torres.ss.it. di Antonio Pigliaru, su pigliaru.it.
pigliucci: important Italian
philosopher. Massimo Pigliucci (Monrovia),, filosofo.
Blogger nonché divulgatore scientifico italiano naturalizzato
statunitense. -- è professore di filosofia al CUNY-City College di New
York, è stato co-conduttore del podcast Rationally Speaking (Parlando
razionalmente) e redattore capo della rivista online Scientia Salon. Pigliucci
è un deciso critico della pseudoscienza e del creazionismo ed un sostenitore del
secolarismo e della educazione scientifica. Pigliucci è nato a
Monrovia, Liberia, ma è cresciuto a Roma. Ha conseguito il dottorato in
genetica all'Università degli Studi di Ferrara, Italia, un Ph. D. in biologia
dell'Università del Connecticut e un Ph. D. in filosofia della scienza
dall'Università del Tennessee.; è socio di American Association for the
Advancement of Science (Associazione americana per l'avanzamento della scienza)
e di Committee for Skeptical Inquiry. Pigliucci è stato professore di ecologia
e evoluzione all'Stony Brook compiendo ricerche sulla plasticità fenotipica, le
interazioni genotipo-ambiente, la selezione naturale e i vincoli imposti sulla
selezione naturale da parte del corredo genetico e dello sviluppo degli
organismi. Nel 1997, ha ricevuto il premio Theodosius Dobzhansky, conferito
annualmente dalla Society for the Study of Evolution (Associazione per lo
studio dell'evoluzione). Come filosofo, si è interessato alla struttura e ai
fondamenti della teoria dell'evoluzione, alla relazione tra scienza e filosofia
e alla relazione tra la scienza e la religione ed è un sostenitore della
sintesi evolutiva estesa. Pigliucci scrive regolarmente sullo Skeptical
Inquirer sui temi di negazionismo o scetticismo del cambiamento climatico, disegno
intelligente, pseudoscienza e filosofia. Ha scritto per Philosophy Now e ha un
blog intitolato "Rationally Speaking (Parlando razionalmente)". Ha
contrastato "i negazionisti dell'evoluzione" (creazionismo della
Terra Giovane e sostenitori del disegno intelligente), tra cui i creazionisti
della terra giovane Duane Gish e Kent Hovind, i sostenitori del disegno
intelligente William Dembski e Jonathan Wells, in molte occasioni.
Pensiero critico e scetticismo scientifico Michael Shermer, Julia Galef e
Massimo Pigliucci durante una registrazione dal vivo a Northeast Conference on
Science and Skepticism (Conferenza del nord-est sulla scienza e sullo
scetticismo), Pur essendo ateo,
Pigliucci non crede che la scienza richieda di essere atei, se si ammettono due
distinzioni: la distinzione tra naturalismo metodologico e naturalismo
filosofico e la distinzione tra giudizi di valore e le questioni di fatto.
Crede che molti scienziati ed insegnanti di scienze non apprezzino tali
differenze. Pigliucci ha criticato gli scrittori Nuovi Atei per aver sostenuto
quello che lui considera scientismo (sebbene escluda il filosofo Daniel Dennett
da questa accusa). In una discussione del suo libro Answers for Aristotle: How
science and philosophy can lead us to a more meaningful life (Risposte per
Aristotele: come la scienza e la filosofia possono condurci ad una vita più
ricca di significato), Pigliucci ha detto al conduttore del podcast
Skepticality, Derek Colanduno, “Aristotele era il primo pensatore antico a
prendere sul serio l'idea che hai bisogno di fatti empirici, e che hai bisogno
di un approccio basato sull'evidenza nel mondo, e che devi essere in grado di
riflettere sul significato di quei fatti....Se vuoi delle risposte a delle
domande morali, non chiedi al neurobiologo, non chiedi al biologo
dell'evoluzione, chiedi al filosofo.” Pigliucci descrive la missione
degli scettici, facendo riferimento al libro di Carl Sagan Il mondo infestato
dai demoni: La scienza e il nuovo oscurantismo dicendo “Ciò che fanno gli scettici
è tenere accesa quella candela e cercare di diffonderla il più possibile.”
Pigliucci fa parte del consiglio di NYC Skpetics e fa parte del comitato
consultivo di Secular Coalition for America (Coalizione secolare per
l'America). Nel 2001, ha preso parte a un dibattito sull'esistenza di Dio
con William Lane Craig. Massimo Pigliucci ha criticato l'articolo di
giornale di Papa Francesco intitolato Un dialogo aperto con i non-credenti (An
open dialogue with non-believers). Secondo Pigliucci l'articolo assomigliava
più ad un monologo che ad un dialogo, e ha indirizzato una risposta personale a
Papa Francesco nella quale ha scritto che il papa ha solo offerto ai
non-credenti "una riaffermazione di fantasie senza fondamento riguardo a
Dio e a suo Figlio...seguite da affermazioni confuse tra il concetto d'amore e
di verità, il tutto condito da una significativa dose di revisionismo storico e
negazione degli aspetti più brutti della tua Chiesa (noterai che non ho nemmeno
menzionato la pedofilia!).” Rationally Speaking Nell'agosto 2000
Pigliucci ha iniziato una rubrica su internet intitolata Rationally Speaking
(Parlando razionalmente). Nell'agosto 2005, la rubrica è diventata un blog,[25]
dove ha scritto fino a marzo .[26] Dal 1º febbraio Pigliucci co-conduce il podcast
bi-settimanale Rationally Speaking con Juilia Galef, che ha conosciuto al
Northeast Conference on Science and Skepticism (Conferenza del nord-est sulla
scienza e sullo scetticismo), tenuta nel settembre 2009.[27] Il podcast è
prodotto da New York City skeptics (Scettici della città di New York). Il
programma vede la partecipazione di ricercatori, divulgatori scientifici ed
insegnanti per presentare libri o discutere di temi di attualità su temi di
filosofia e scienza. In una puntata del , Neil deGrasse Tyson descrisse la
necessità di finanziare con denaro pubblico i programmi spaziali. La
trascrizione della puntata venne poi pubblicata nel libro Space Chronicles
(Cronache Spaziali).[28] In un altro episodio Tyson spiegò la propria opinione
sul significato di essere ateo, poi commentata in una trasmissione di NPR.[29]
Pigliucci ha poi lasciato il podcast per dedicarsi ad altri interessi. Phenotypic
evolution : a reaction norm perspective, Sunderland, Mass., Sinauer,Tales of
the Rational : Skeptical Essays About Nature and Science, Freethought Press, Phenotypic
Plasticity: Beyond Nature and Nurture , Johns Hopkins University Press, 2Denying
Evolution: Creationism, Scientism, and the Nature of Science, Sinauer, .Phenotypic
Integration: Studying the Ecology and Evolution of Complex Phenotypes, Oxford
University Press, Making Sense of Evolution: The Conceptual Foundations of
Evolutionary Biology , University of Chicago Press, Evolution: The Extended Synthesis, Nonsense on
Stilts: How to Tell Science from Bunk, University of Chicago Press, Answers for
Aristotle: How Science and Philosophy Can Lead Us to a More Meaningful Life,
Basic Books, Philosophy of
Pseudoscience: Reconsidering the Demarcation Problem, University of Chicago Press,
Is evolutionary psychology a pseudoscience?, in Skeptical Inquirer, Science and
fundamentalism, in EMBO reports, The power and perils of metaphors in science,
in Skeptical Inquirer, What is
philosophy of science good for?, in Philosophy Now, The alleged fallacies of evolutionary theory,
in Philosophy Now, Altri articoli si
possono trovare sui siti web personali (vedere "" sotto). NCurriculum
Vitae , su lehman.edu. 24 ccny.cuny.edu, ccny.cuny.edu/profiles Rationally
Speaking Podcast, su rationallyspeakingpodcast.org. Scientia Salon, su scientiasalon.wordpress.com.
Philosophy of Pseudoscience: Reconsidering the Demarcation Problem, University
of Chicago Press, The Dangers of Pseudoscience, in The New York Times, Denying
evolution: Creationism, scientism, and the nature of science, Sunderland, MA,
Sinauer Associates, Secular Coalition for America Advisory Board
Biography, su secular.org. Science and fundamentalism, in EMBO reports, Short
Bio , su lehman.edu. Massimo Pigliucci — Selected Papers, su lehman.edu. 28
novembre 5 agosto ). Society for the
Study of Evolution — Description of Awards, su evolutionsociety.org. 28
novembre 25 ottobre ). Wade, Michael J.,
The Neo-Modern Synthesis: The Confluence of New Data and Explanatory Concepts, in
BioScience, Pigliucci, Committee for Skeptical Inquiry. Denying evolution:
creationism, scientism, and the nature of science, Sunderland, Mass., Sinauer
Associates, Evolution Debate — Pigliucci vs Hovind, Richard Dawkins Foundation
for Reason and Science, CV of William Dembski, su designinference.com. Evolution
and Intelligent Design: Pigliucci vs Wells, Uncommon Knowledge, Excommunicated
by the Atheists!, su rationallyspeaking.blogspot.com. New Atheism and the
Scientistic Turn in the Atheism Movement , in Midwest Studies In Philosophy, Derek
Colanduno, Should You Answer Aristotle?, Skeptic Magazine, Richard Saunders,
The Skeptic Zone #101, su//skepticzone.tv/,
Moreland, J.P. (). Debating Christian Theism. USA: Oxford University
Press. Dear Pope, su Rationally
Speaking, 20 settembre .Welcome, everyone!, su rationallyspeaking.blogspot.nl, Massimo
Pigliucci, So long, and thanks for all the fish, su
rationallyspeaking.blogspot.nl, 20 marzo .
Todd Stiefel e Amanda K. Metskas, Julia Galef, The Humanist, 22 maggio .
Jennifer Culp, Neil DeGrasse Tyson, Great Science Writers Series, The Rosen
Publishing Group, 7Tania Lombrozo, What If Atheists Were Defined By Their Actions?,
NPR, 8 RS1285th Anniversary Live Show, su Rationally Speaking, New York City
Skeptics, 27Committee for Skeptical Inquiry APlato's Footnot ePagina web di
Pigliucci Rationally Speaking blog sullo scetticismo scientifico skepticism e
sull'umanismo. Pigliucci's Rationally Speaking Podcast Massimo Pigliucci su
Secular Web Philosophy & Theory in Biology(Filosofia e Teoria in Biologia),
su philosophyandtheoryinbiology.org. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Pigliucci," per il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia
pilgrimage: Grice’s
pilgrimage. In his pilgrimage towards what he calls the city of Eternal Truth
he finds twelve perilswhich he lists. The first is Extensionalism (as opposed
to Intensionalismvide intentum -- consequentes
rem intellectam: intendere est essentialiter ipsum esse intentio ...
quam a concepto sibi adequato: Odint 226; esse intentum est esse non reale: The
second is Nominalism (opposite Realism and ConceptualismUniversalism,
Abstractionism). It is funny that Grice was criticised for representing each of
the perils!The third is Positivism. Opposite to Negativism. Just kidding. Opposite to anything Sir Freddie Ayer was
opposite to!The fourth is Naturalism. Opposite Non-Naturalism. Just joking! But
that’s the hateful word brought by G. E. Moore, whom Grice liked (“Some like
Witters, but Moore’s MY man.”) The fifth is Mechanism. Opposite Libertarianism,
or Finalism, But I guess one likes Libertarianism.The sixth is Phenomenalism.
You cannot oppose it to Physicalism, beause that comes next. So this is G. A. Paul
(“Is there a problem about sense data?). And the opposite is anything this
Scots philosopher was against!The seventh is Reductionism. Opposite
Reductivism. Grice was proud to teach J. M. Rountree the distinction between a
benevolent reductionist and a malignant eliminationist reductionist. The eighth
is physicalism.Opposite metaphysicalism.
The ninth is materialism. Hyleism. Opposite Formalism. Or Immaterialism.
The tenth is Empiricism. Opposite Rationalism. The eleventh is
Scepticism.Opposite Dogmatism.and the twelfth is functionalism. Opposite Grice!
So now let’s order the twelve perils alphabetically. Empiricism.
Extensionalism. Functionalism. MaterialismMechanism. Naturalism. Nominalism.
Phenomenalism. Positivism. Physicalism. Reductionism. Scepticism. Now let us
see how they apply to the theory of the conversational implicaturum and
conversation as rational cooperation. EmpiricismGrice is an avowed
rationalist.ExtensionalismHis main concern is that the predicate in the
proposition which is communicated is void, we yield the counterintuitive result
that an emissor who communicates that the S is V, where V is vacuous
communicates the same thing he would be communicating for any other vacuous
predicate V’FunctionalismThere is a purely experiential qualia in some emissor
communicating that p that is not covered by the common-or-garden variety of
functionalism. E.g. “I love myself.” Materialismrationalism means dealing with
a realm of noumena which goes beyond materialismMechanismrationalism entails
end-setting unweighed finality and freedom. Naturalismcommunication involves
optimality which is beyond naturalism Nominalisma predicate is an abstractum.
Phenomenalismthere is realism which gives priority to the material thing, not
the sense datum. A sense datum of an apple does not nourish us. Positivisman
emissor may communicate a value, which is not positivistically reduced to
something verifiable. Physicalismthere must be multiple realization, and many
things physicalists say sound ‘harsh’ to Grice’s ears (“Smith’s brain being in
state C doesn’t have adequate evidence”). ReductionismWe are not eliminating
anything. Scepticismthere are dogmas which are derived from paradigm cases,
even sophisticated ones.How to introduce the twelve entriesEmpiricismfrom Greek
empereiacf. etymology for English ‘experience.’Extensionalism --
extensumFunctionalismfunctum. Materialism
-- Mechanism Naturalism Nominalism Phenomenalism Positivism Physicalism
Reductionism Scepticism. this section
events are reviewed according to principal scenes of action. Place names appear
in the order in which major incidents occur. City of Destruction. The city stands as a symbol of the entire
world as it is, with all of its sins, corruptions, and sorrows. No one living
there can have any hope of salvation. Convinced that the city is about to be
blasted by the wrath of God, Christian flees and sets out alone on a pilgrimage
which he hopes will lead him to Mount Zion, to the Celestial City, where he can
enjoy eternal life in the happy company of God and the Heavenly Host. Slough of Despond. A swamp, a bog, a
quagmire, the first obstacle in Christian's course. Pilgrims are apt to get
mired down here by their doubts and fears. After much difficulty and with some
providential help, Christian finally manages to flounder across the treacherous
bog and is on his way again. Village of
Morality. Near the village Christian meets Mr. Worldly Wiseman, who,
though not religiously inclined, is a friendly and well-disposed person. He
tells Christian that it would be foolish of him to continue his pilgrimage, the
end of which could only be hunger, pain, and death. Christian should be a
sensible fellow and settle down in the Village of Morality. It would be a good
place to raise a family, for living was cheap there and they would have honest,
well-behaved people as neighbors — people who lived by the Ten Commandments.
More than a little tempted by this, Christian decides that he should at least
have a look at Morality. But along the way he is stopped by his friend Evangelist,
who berates him sharply for having listened to anything Mr. Worldly Wiseman
might have to say. If Christian is seriously interested in saving his soul, he
would be well advised to get back as quickly as possible on the path to the
Wicket Gate which Evangelist had pointed out to him before. Wicket Gate. Arriving almost out of
breath, Christian reads the sign on the gate: "Knock and it shall be
opened unto you." He knocks a number of times before arousing the
gatekeeper, a "grave person" named Good-will, who comes out to ask
what Christian wants. After the latter has explained his mission, he is let
through the gate, which opens on the Holy Way, a straight and narrow path
leading toward the Celestial City. Christian asks if he can now be relieved of
the heavy burden — a sack filled with his sins and woes — that he has been
carrying on his back for so long. Good-will replies that he cannot help him,
but that if all goes well, Christian will be freed of his burden in due course.
Interpreter's House. On Good-will's
advice, Christian makes his first stop at the large house of Interpreter, a
character symbolizing the Holy Spirit. Interpreter shows his guest a number of
"excellent things." These include a portrait of the ideal pastor with
the Bible in his hand and a crown of gold on his head; a dusty parlor which is
like the human heart before it is cleansed with the Gospel; a sinner in an iron
cage, an apostate doomed to suffer the torments of Hell through all eternity; a
wall with a fire burning against it. A figure (the Devil himself) is busily
throwing water on the fire to put it out. But he would never succeed,
Interpreter explains, because the fire represents the divine spirit in the
human heart and a figure on the far side of the wall keeps the fire burning
brightly by secretly pouring oil on it — "the oil of Christ's Grace."
The Cross. Beyond Interpreter's
House, Christian comes to the Cross, which stands on higher ground beside the
Holy Way. Below it, at the foot of the gentle slope, is an open sepulcher. When
Christian stops by the Cross, the burden on his back suddenly slips from his
shoulders, rolls down the slope, and falls into the open sepulcher, to be seen
no more. As Christian stands weeping with joy, three Shining Ones (angels)
appear. They tell him all his sins are now forgiven, give him bright new
raiment to replace his old ragged clothes, and hand him a parchment, "a
Roll with a seal upon it." For his edification and instruction, Christian
is to read the Roll as he goes along, and when he reaches the Pearly Gates, he
is to present it as his credentials a sort of passport to Heaven, as it were. Difficulty Hill. The Holy Way beyond
the Cross is fenced in with a high wall on either side. The walls have been
erected to force all aspiring Pilgrims to enter the Holy Way in the proper
manner, through the Wicket Gate. As Christian is passing along, two men —
Formalist and Hypocrisy — climb over the wall and drop down beside him.
Christian finds fault with this and gives the wall-jumpers a lecture on the dangers
of trying shortcuts. They have been successfully taking shortcuts all their
lives, the intruders reply, and all will go well this time. Not too pleased
with his company, Christian proceeds with Hypocrisy and Formalist to the foot
of Difficulty Hill, where three paths join and they must make a choice. One
path goes straight ahead up the steep slope of the hill; another goes around
the base of the hill to the right; the third, around the hill to the left.
Christian argues that the right path is the one leading straight ahead up
Difficulty Hill. Not liking the prospect of much exertion, Formalist and
Hypocrisy decide to take the easier way on the level paths going around the
hill. Both get lost and perish. Halfway up Difficulty Hill, so steep in places
that he has to inch forward on hands and knees, Christian comes to a pleasant
arbor provided for the comfort of weary Pilgrims. Sitting down to rest,
Christian reaches into his blouse and takes out his precious Roll. While
reading it, he drops off to sleep, being awakened when he hears a voice saying
sternly: "Go to the ant, thou sluggard; consider her ways, and be
wise." Jumping up, Christian makes with all speed to the top of the hill,
where he meets two Pilgrims coming toward him — Timorous and Mistrust. They
have been up ahead, they say, and there are lions there. They are giving up
their pilgrimage and returning home, and unsuccessfully try to persuade
Christian to come with them. Their report about the lions disturbs Christian,
who reaches into his blouse to get his Roll so that he may read it and be
comforted. To his consternation, the Roll is not there. Carefully searching
along the way, Christian retraces his steps to the arbor, where, as he recalls,
he had been reading the Roll when he allowed himself to doze off in
"sinful sleep." Not finding his treasure immediately, he sits down
and weeps, considering himself utterly undone by his carelessness in losing
"his pass into the Celestial City." When in deepest despair, he
chances to see something lying half-covered in the grass. It is his precious
Roll, which he tucks away securely in his blouse. Having offered a prayer of
thanks "to God for directing his eye to the place where it lay,"
Christian wearily climbs back to the top of Difficulty Hill. From there he sees
a stately building and as it is getting on toward dark, hastens there. Palace Beautiful. A narrow path leads
off the Holy Way to the lodge in front of Palace Beautiful. Starting up the
path, Christian sees two lions, stops, and turns around as if to retreat. The
porter at the lodge, Watchful, who has been observing him, calls out that there
is nothing to be afraid of if one has faith. The lions are chained, one on
either side of the path, and anyone with faith can pass safely between them if
he keeps carefully to the middle of the path, which Christian does. Arriving at
the lodge, he asks if he can get lodging for the night. The porter, Watchful,
replies that he will find out from those in charge of Palace Beautiful. Soon,
four virgins come out to the lodge, all of them "grave and beautiful
damsels": Discretion, Prudence, Piety, and Charity. Satisfied with
Christian's answers to their questions, they invite him in, introduce him to
the rest of the family, serve him supper, and assign him to a beautiful bedroom
— Peace — for the night. Next morning, the virgins show him the
"rarities" of the place: First, the library, filled with ancient
documents dating back to the beginning of time; next, the armory, packed with
swords, shields, helmets, breastplates, and other things sufficient to equip
all servants of the Lord, even if they were as numerous as the stars in the
sky. Leading their guest to the roof of the palace, the virgins point to
mountains in the distance — the Delectable Mountains, which lie on the way to
the Celestial City. Before allowing Christian to depart, the virgins give him
arms and armor to protect himself during the next stretch of his journey, which
they warn will be dangerous. Valley of
Humiliation. Here Christian is attacked and almost overcome by a
"foul fiend" named Apollyon — a hideous monster with scales like a
fish, wings like a dragon, mouth like a lion, and feet like a bear; flames and
smoke belch out of a hole in his belly. Christian, after a painful struggle,
wounds the fiend with his sword and drives him off. Valley of the Shadow of Death. This is a wilderness, a land of
deserts and pits, inhabited only by yowling hobgoblins and other dreadful
creatures. The path here is very narrow, edged on one side by a deep,
water-filled ditch in which many have drowned; on the other side, by a
treacherous bog. Walking carefully, Christian goes on and soon finds himself
close to the open mouth of Hell, the Burning Pit, out of which comes a cloud of
noxious fumes, long fingers of fire, showers of sparks, and hideous noises.
With flames flickering all around and smoke almost choking him, Christian
manages to get through by use of "All-prayer." Nearing the end of the
valley, he hears a shout raised by someone up ahead: "Though I walk
through the Valley of the Shadow of Death, I will fear none ill, for Thou art
with me." As only a Pilgrim could have raised that cry, Christian hastens
forward to see who it might be. To his surprise and delight he finds that it is
an old friend, Faithful, one of his neighbors in the City of Destruction. Vanity Fair. Happily journeying
together, exchanging stories about their adventures and misadventures, the two
Pilgrims come to the town of Vanity Fair, through which they must pass.
Interested only in commerce and money-making, the town holds a year-round fair
at which all kinds of things are bought and sold — "houses, lands, trades,
titles, . . . lusts, pleasures, . . . bodies, souls, silver, gold, pearls,
precious stones, and what not." Christian and Faithful infuriate the
merchandisers by turning up their noses at the wares offered them, saying that
they would buy nothing but the Truth. Their presence and their attitude cause a
hubbub in the town, which leads the authorities to jail them for disturbing the
peace. The prisoners conduct themselves so well that they win the sympathy of
many townspeople, producing more strife and commotion in the streets, and the
prisoners are held responsible for this, too, though they have done nothing. It
is decided to indict them on the charge of disrupting trade, creating
dissension, and treating with contempt the customs and laws laid down for the
town by its prince, old Beelzebub himself. Brought to trial first, Faithful is
convicted and sentenced to be executed in the manner prescribed by the
presiding judge, Lord Hate-good. The hapless Faithful is scourged, brutally
beaten, lanced with knives, stoned, and then burned to ashes at the stake.
Thus, he becomes another of the Christian martyrs assured of enjoying eternal
bliss up on high. Doubting Castle and
Giant Despair. In a manner only vaguely explained, Christian gets free
and goes on his way — but not alone, for he has been joined by Hopeful, a
native of Vanity Fair who is fleeing in search of better things. After a few
minor adventures, the two reach a sparkling stream, the River of the Water of
Life, which meanders through beautiful meadows bright with flowers. For a time
the Holy Way follows the river bank but then veers off into rougher ground
which is hard on the sore tired feet of the travelers. Wishing there were an
easier way, they plod along until they come to another meadow behind a high
fence. Having climbed the fence to have a look, Christian persuades Hopeful
that they should move over into By-path Meadow, where there is a soft grassy
path paralleling theirs. Moving along, they catch up with Vain-confidence, who
says that he is bound for the Celestial City and knows the way perfectly. Night
comes on, but he continues to push ahead briskly, with Christian and Hopeful following.
Suddenly, the latter hear a frightened cry and a loud thud. Vain-confidence has
been dashed to pieces by falling into a deep pit dug by the owner of the
meadow. Christian and Hopeful retreat, but as they can see nothing in the dark,
they decide to lie down in the meadow to pass the night. Next morning, they are
surprised and seized by the prince of By-path Meadow, a giant named Despair.
Charging them with malicious trespassing, he hauls them to his stronghold,
Doubting Castle, and throws them into a deep dark dungeon, where they lie for
days without food or drink. At length, Giant Despair appears, beats them almost
senseless, and advises them to take their own lives so that he will not have to
come back to finish them off himself. When all seems hopeless, Christian
suddenly brightens up, "as one half amazed," and exclaims: "What
a fool am I, thus to lie in a stinking dungeon when I may as well walk at
liberty. I have a key in my bosom called Promise which will (I am persuaded)
open any lock in Doubting Castle." Finding that the magic key works, the
prisoners are soon out in the open and running as fast as they can to get back
onto the Holy Way, where they erect a sign warning other Pilgrims against being
tempted by the apparent ease of traveling by way of By-path Meadow. Delectable Mountains. Christian and
Hopeful next come to the Delectable Mountains, where they find gardens,
orchards, vineyards, and fountains of water. Four shepherds — Experience,
Knowledge, Watchful, and Sincere — come to greet them, telling them that the
mountains are the Lord's, as are the flocks of sheep grazing there. Having been
escorted around the mountains and shown the sights there, the two Pilgrims on
the eve of their departure receive from the shepherds a paper instructing them
on what to do and what to avoid on the journey ahead. For one thing, they
should not lie down and sleep in the Enchanted Ground, for that would be fatal.
Country of Beulah. This is a
happy land where the sun shines day and night, flowers bloom continuously, and
the sweet and pleasant air is filled with bird-song. There is no lack of grain
and wine. Christian and Hopeful stop to rest and enjoy themselves here, pleased
that the Celestial City is now within sight, which leads them to assume that
the way there is now clear. Dark River.
Proceeding, they are amazed when they come to the Dark River, a wide,
swift-flowing stream. They look around for a bridge or boat on which to cross.
A Shining One appears and tells them that they must make their way across as
best they can, that fording the river is a test of faith, that those with faith
have nothing to fear. Wading into the river, Hopeful finds firm footing, but
Christian does not He is soon floundering in water over his head, fearing that
he will be drowned, that he will never see "the land that flows with milk
and honey." Hopeful helps Christian by holding his head above water, and
the two finally achieve the crossing. Celestial
City. On the far side of the river, two Shining Ones are waiting for the
Pilgrims and take them by the arm to assist them in climbing the steep slope to
the Celestial City, which stands on a "mighty hill . . . higher than the
clouds." Coming to the gate of the city, built all of precious stones,
Christian and Hopeful present their credentials, which are taken to the King
(God). He orders the gate to be opened, and the two weary but elated Pilgrims
go in, to find that the streets are paved with gold and that along them walk
many men with crowns on their heads and golden harps in their hands.
piovani: Grice: “Like
Austin, and then again like me, Piovani could invent lingo. The whole point of
ordinary-language philosophy was an attack on ‘philosophical language,’ and
there we are, Austin, Grice and Piovani INVENTING unordinary philosophical
language! In Piovani’s case is ‘assenzialismo’!” -- Pietro Piovani (Napoli),
filosofo. Si laureò a Napoli dove conobbe il suo maestro Capograssi. Insegnò a Trieste,
Firenze e Roma), e successivamente occupò via via le cattedre di Storia delle
dottrine politiche, Storia della filosofia morale e di Filosofia morale presso
la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli studi di Napoli
Federico II, dove rimase fino alla propria morte, avvenuta nel 1980. Insignito
di numerosi riconoscimenti accademici, fu socio Linceo dal 1972. Figlio di due
maestri elementari, educato al senso dell'appartenenza nazionale e cresciuto
fino ai vent'anni sotto il fascismo, Piovani si formò a Napoli, dove, nella
prima giovinezza (come invero molte altre future figure di spicco della vita
culturale e civile italiana), prese anche parte alle attività del GUF cittadino
e scrisse su alcuni fogli del regime. La sua originale ricerca filosofica ebbe
avvio all'indomani immediato della tragica conclusione della seconda guerra
mondiale e di ciò portò i segni anche nell'elaborazione della propria
caratterizzazione etico-politica, presto approdata alle ragioni del liberalismo
democratico. Dinanzi alla drammatica conclusione dell'esito volontaristico
dell'attualismo, la necessità di ripensare il "modello" idealistico
della "nuova Italia" lo indusse ad un'intensa riflessione sul
significato e sul valore dell'individuo nel suo farsi persona, che lo impegnò
per tutta la vita, troncata dalla malattia a soli 58 anni. Autore di molti
volumi (se ne conteranno più di venti al termine della sua carriera di
scrittore), che spaziano dalla filosofia del diritto al pensiero filosofico
italiano, soprattutto a quello meridionale, ricoprì incarichi nelle più
importanti accademie italiane; fu direttore, insieme a Eustachio Paolo Lamanna,
della "Collana di Filosofia" delle Edizioni Morano di Napoli, e
fondatore, presso il Cnr, del Centro di Studi Vichiani. Al suo pensiero e alla
sua "scuola" sono dedicati numerosi scritti. La "Fondazione P.
Piovani per gli studi vichiani" ne custodisce la biblioteca e gli
archivi. Pensiero filosofico Il pensiero
di Pietro Piovani è stato definito da uno dei suoi più importanti allievi,
Fulvio Tessitore, «una fenomenologia dell'individuale». Per il pensatore
napoletano l'individuo non è concepito come un'entità chiusa ed egoistica
tendente all'assolutizzazione ma, al contrario, accettando egli la sua natura
di vivente limitato, afferma sé stesso nella responsabilità della propria
azione. Nella formazione del pensiero di Piovani concorrono elementi
esistenzialistici (con particolare simpatia per Jaspers), coniugati con motivi
rosminiani, a loro volta filtrati attraverso Capograssi, il quale pose Piovani
di fronte al grande tema dell’analisi dell’esperienza comune. Di ciò è
documento la prima monografia Normatività e società (1949), che utilizza anche
temi della prima Azione blondeliana. La necessità di fondare la persona grazie
a un criterio o norma, che è la ragione dell’agire e del pensare (la logica
della vita morale), fa scoprire il tema di fondo della più matura filosofia
morale piovaniana: il soggetto è un «volente non volutosi», vale a dire che il
soggetto, per quanto approfondisca il proprio essere che è il suo esistere,
deve arrestarsi dinanzi alla constatazione di essere dato, di non essersi
voluto. L’«alternativa esistenziale» dell’accettazione della vita ne riscatta,
con la volontà di essere a fronte della possibilità contraddittoria del
suicidio, l’originaria datità. Ma questa accettazione, che è la sola possibile
fondazione della vita morale, rifiuta ogni «ostinazione singolaristica» e
comporta che la vita è vita di relazione, dove questa non è conquista ma
condizione consustanziale del soggetto che si accetta e dunque accetta l’altro,
a iniziare dalla propria alterità rispetto a se stesso. L’essenziale
«instaurazione personalitaria» consente la fondazione del diritto e della
morale: entrambe formazioni storiche, fondate dinamicamente in quanto capaci di
comprendere ogni forma in cui si sostanzi l’attivo desiderio dell’uomo di soddisfare
l’insaziabile bisogno di valori, anch'essi costruiti dalla scelta esistenziale
dei soggetti storici. In base a tale considerazione Piovani sostiene che
l'essere umano non possa fare affidamento su alcun tipo di fondamento poiché,
essendo un essere limitato e storico, è di fatto costretto a fondare
continuamente i suoi punti di riferimento. A questo proposito assumono appunto
un ruolo primario i valori, considerati non come assoluti ed eterni bensì
prodotto della specificità individuale. Del resto proprio i valori esaltano la
responsabilità dell'azione degli individui, che, altrimenti, verrebbe
mortificata nel riferimento obbligato a qualcosa di assoluto. Si può dunque
parlare, in Piovani, di un pluralismo etico che non significa relativismo ma
relatività e, dunque, rispetto. Una posizione quest'ultima che sembra
chiaramente riprendere il pensiero di Kant e, in particolare, il tema
dell'agonismo etico. Per il ricorrere di questi temi, l’originale filosofia di
Piovani può riassumersi nella formula tra «esistenzialismo ripensato e
storicismo rinnovato». Note Tra questi, un numero della rivista
Gerarchia, su cuidiciannovennescriveva nel settembre del 1942, riferendosi alla
partecipazione emotiva degli italiani al conflitto con la Grecia: "Questo
modo di sentire e di interpretare gli eventi deve essere posto in luce perché
esso indica che un ventennio di regime fascista è riuscito a dare agli Italiani
almeno quel senso di preoccupazione della tutela e della difesa dei propri
interessi, che è il presupposto indispensabile per la formazione di una
autentica e completa coscienza imperiale": P. Piovani, Roma e Tirana, in
Gerarchia, XXI, n. 9, settembre 1942371-373.
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Piovani per gli studi vichiani. Ebook dello Invito a Vico di P. Piovani,
edizioni Ispf-Cnr, , in accesso libero.
pirandello: Grice: “Pirandello would say he is no philosopher,
but then I’m a cricketer!” --. Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la letteratura. Luigi
Pirandello (Girgenti,), filosofo. Drrammaturgo, scrittore e poeta italiano,
insignito del Premio Nobel per la letteratura. Per la sua produzione, le
tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i
più importanti drammaturghi del XX secolo. Tra i suoi lavori spiccano diverse
novelle e racconti brevi (in lingua italiana e siciliana) e circa quaranta
drammi, l'ultimo dei quali incompleto. Firma di Luigi Pirandello
MENU0:00 Voce di Pirandello mentre legge un suo prologo a Sei personaggi in
cerca d'autore (1926) Biografia «Io son figlio del Caos; e non
allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna,
che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale,
Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico
vocabolo greco "Kaos".» (Luigi Pirandello) Stefano
Pirandello, padre di Luigi, in divisa garibaldina La famiglia Magnifying glass
icon mgx2.svg Biografia del figlio cambiato. Luigi Pirandello, figlio di
Stefano Pirandello e Caterina Ricci Gramitto, appartenenti a famiglie di agiata
condizione borghese, dalle tradizioni risorgimentali, nacque nel 1867 in
contrada Càvusu a Girgenti, nome di origine araba con cui era nota, fino al
1927, la città siciliana di Agrigento .Nell'imminenza del parto che doveva
avvenire a Porto Empedocle, per un'epidemia di colera che stava colpendo la
Sicilia, il padre Stefano aveva deciso di trasferire la famiglia in un'isolata
tenuta di campagna per evitare il contatto con la pestilenza. Porto Empedocle,
prima di chiamarsi così, era una borgata (Borgata Molo) di Girgenti (l'odierna
Agrigento). Quando nel 1853 si decise che la borgata divenisse comune
autonomo «La linea di confine fra i due comuni venne fissata all'altezza della
foce di un fiume essiccato che tagliava in due la contrada chiamata "u
Càvuso" o "u Càusu" (pantalone) [...] Questo Càvuso apparteneva
metà al nuovo comune di Porto Empedocle e l'altra metà al Comune di Girgenti
[...] A qualche impiegato dell'ufficio anagrafe parve che non era cosa [che si
scrivesse che qualcuno fosse nato in un paio di pantaloni] e cangiò quel
volgare "Càusu" in "Caos» Il padre, Stefano Pirandello,
aveva partecipato tra il 1860 e il 1862 alle imprese garibaldine; aveva sposato
nel 1863 Caterina, sorella di un suo commilitone, Rocco Ricci Gramitto.
Il nonno materno di Luigi, Giovanni Battista Ricci Gramitto, era stato tra gli
esponenti di spicco della rivoluzione siciliana del 1848-49 e, escluso
dall'amnistia al ritorno del Borbone, era fuggito in esilio a Malta dove era
morto un anno dopo, nel 1850, a soli 46 anni. Il bonno paterno, Andrea
Pirandello, era stato un armatore e ricco uomo d'affari di Pra', ora quartiere
di Genova. La famiglia di Pirandello viveva in una situazione economica agiata,
grazie al commercio e all'estrazione dello zolfo. I primi anni La
casa natale di Pirandello, in località Caos L'infanzia di Pirandello fu serena
ma, come lui stesso avrebbe raccontato nel 1935, fu caratterizzata anche dalla
difficoltà di comunicare con gli adulti e in specie con i suoi genitori, in
modo particolare con il padre. Questo lo stimolò ad affinare le sue capacità
espressive e a studiare il modo di comportarsi degli altri per cercare di
corrispondervi al meglio. Fin da ragazzo soffriva d'insonnia e dormiva
abitualmente solo tre ore per notte. Luigi adolescente (Agrigento,
1884) Il giovane Luigi era molto devoto alla Chiesa cattolica grazie all'influenza
che ebbe su lui una domestica di famiglia, che lo avvicinò alle pratiche
religiose, ma inculcandogli anche credenze superstiziose fino a convincerlo
della paurosa presenza degli spiriti. La chiesa e i riti della confessione
religiosa gli permettevano diaccostarsi ad un'esperienza di misticismo, che
cercherà di raggiungere in tutta la sua esistenza. Si allontanò dalle
pratiche religiose per un avvenimento apparentemente di poco conto: un prete
aveva truccato un'estrazione a sorte per far vincere un'immagine sacra al
giovane Luigi; questi rimase così deluso dal comportamento inaspettatamente
scorretto del sacerdote che non volle più avere a che fare con la Chiesa,
praticando una religiosità del tutto diversa da quella ortodossa. Dopo
l’istruzione elementare impartitagli privatamente, nel 1878 fu iscritto dal
padre alla regia scuola tecnica di Girgenti, ma durante un’estate preparò,
all’insaputa del padre, il passaggio agli studi classici. In seguito a un
dissesto economico, la famiglia si trasferì a Palermo, dove il quattordicenne
Luigi frequentò il regio ginnasio Vittorio Emanuele II e dove rimase anche dopo
il rientro dei suoi, nel 1885, a Porto Empedocle. Qui si appassionò subito alla
letteratura. A soli undici anni scrisse la sua prima opera, "Barbaro",
andata perduta. Per un breve periodo, nel 1886, aiutò il padre nel commercio
dello zolfo, e poté conoscere direttamente il mondo degli operai nelle miniere
e quello dei facchini delle banchine del porto mercantile. Iniziò i suoi
studi universitari a Palermo nel 1886, per recarsi in seguito a Roma, dove
continuò i suoi studi di filologia romanza che poi, anche a causa di un
insanabile conflitto con il rettore dell'ateneo capitolino, dovette completare,
su consiglio del suo maestro Ernesto Monaci, a Bonn (1889). A Bonn,
importante centro culturale di quei tempi, Pirandello seguì i corsi di
filologia romanza ed ebbe l'opportunità di conoscere grandi maestri come Franz
Bücheler, Hermann Usener e Richard Förster. Si laureò nel 1891 con una tesi
sulla parlata agrigentina "Foni ed evoluzione fonetica del dialetto di
Girgenti" (Laute und Lautentwicklung der Mundart von Girgenti), in cui
descrisse il dialetto della sua città e quelli dell'intera provincia, che
suddivise in diverse aree linguistiche. Il tipo di studi gli fu probabilmente
di fondamentale aiuto nella stesura delle sue opere, dato il raro grado di
purezza della lingua italiana utilizzata. Nella città tedesca alla fine
di gennaio del 1890 conobbe a una festa in maschera la giovane Jenny Schulz-Lander,
della quale si innamorò e con cui andò ad abitare nella pensione tenuta dalla
madre della ragazza. A lei dedicherà i versi di Pasqua di Gea dove la
descriveva come «lucifera fanciulla, tu che il mio tutto sei e pur, forse, sei
nulla» e la ricorderà anche nei versi di Fuori di chiave: «Fuori la neve eterna
fiocca; / piano l'uscio s'apre e, un dito in bocca, / entra scalza Jenny...»
Quarant'anni dopo, Pirandello ormai famoso, durante un soggiorno a New York
ricevette un biglietto, a cui non rispose, da Jenny, che nel frattempo era
diventata scrittrice. Il matrimonio Nel 1892 Pirandello si trasferì a
Roma, dove poté mantenersi grazie agli assegni mensili inviati dal padre. Qui
conobbe Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi strada nel mondo letterario e
che gli aprì le porte dei salotti intellettuali dove ebbe modo di conoscere
giornalisti, scrittori, artisti e critici. Nel 1894, a Girgenti,
Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano (18711959), figlia di un ricco
socio del padre. Questo matrimonio concordato soddisfaceva anche gli interessi
economici della famiglia di Pirandello. Nonostante ciò tra i due coniugi nacque
veramente l'amore e la passione. Grazie alla dote della moglie, la coppia
godeva di una situazione molto agiata, che permise ai due di trasferirsi a
Roma. Nel 1895, a completare l'amore tra gli sposi, nacque il primo
figlio: Stefano (1895–1972), a cui seguirono due anni dopo, Rosalia Caterina
(Lietta) (1897-1971) e nel 1899 Fausto Calogero (1899–1975). Maria
Antonietta Portulano Il crollo finanziario e la malattia della moglie Nel 1903,
un allagamento e una frana nella miniera di zolfo di Aragona di proprietà del
padre, nella quale era stata investita parte della dote di Antonietta, e da cui
anche Pirandello e la sua famiglia traevano un notevole sostentamento, li
ridusse sul lastrico. Questo avvenimento accrebbe il disagio mentale, già
manifestatosi, della moglie di Pirandello, Antonietta. Ella era sempre più
spesso soggetta a crisi isteriche, causate anche dalla gelosia, a causa delle
quali o lei rientrava dai genitori in Sicilia, o Pirandello era costretto a
lasciare la casa. La malattia prese la forma di una gelosia delirante e
paranoica, che la portava a scagliarsi contro tutte le donne che parlassero col
marito, o che lei pensava che volessero avere un qualche tipo di rapporto con
lui; perfino la figlia Lietta susciterà la sua gelosia, e a causa del
comportamento della madre tenterà il suicidio e poi se ne andrà di casa. La
chiamata alle armi di Stefano nella Grande Guerra peggiorò ulteriormente la sua
situazione mentale. Solo diversi anni dopo, nel 1919, egli, ormai
disperato, acconsentì che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale
psichiatrico. Antonietta Portulano morirà in una clinica per malattie mentali
di Roma, sulla via Nomentana, nel 1959 a 88 anni di età. La malattia della
moglie portò lo scrittore ad approfondire, portandolo ad avvicinarsi alle nuove
teorie sulla psicoanalisi di Sigmund Freud, lo studio dei meccanismi della
mente e ad analizzare il comportamento sociale nei confronti della malattia
mentale. Spinto dalle ristrettezze economiche e dallo scarso successo
delle sue prime opere letterarie, e avendo come unico impiego fisso la cattedra
di stilistica all'Istituto superiore di magistero femminile (che tenne dal 1897
al 1922), lo scrittore dovette impartire lezioni private di italiano e di
tedesco, dedicandosi anche intensamente al suo lavoro letterario. Dal 1909
iniziò anche una collaborazione con il Corriere della Sera. Il primo
grande successo Luigi Pirandello (1920) Il suo primo grande successo fu
merito del romanzo Il fu Mattia Pascal, scritto nelle notti di veglia alla
moglie paralizzata alle gambe. Il libro fu pubblicato nel 1904 e subito
tradotto in diverse lingue. La critica non diede subito al romanzo il successo
che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il
carattere di novità del romanzo, come d'altronde di altre opere di
Pirandello. Perché Pirandello arrivasse al successo si dovette aspettare
il 1922, quando si dedicò totalmente al teatro. Lo scrittore siciliano aveva
rinunciato a scrivere opere teatrali, quando l'amico Nino Martoglio gli chiese
di mandare in scena nel suo Teatro Minimo presso il Teatro Metastasio di Roma
alcuni suoi lavori: Lumie di Sicilia e l'Epilogo, un atto unico scritto nel
1892. Pirandello acconsentì e la rappresentazione il 9 dicembre del 1910 dei
due atti unici ebbe un discreto successo. Tramite i buoni uffici del suo amico
Martoglio anche Angelo Musco volle cimentarsi con il teatro pirandelliano: Pirandello
tradusse per lui in siciliano Lumie di Sicilia, rappresentato con grande
successo al Teatro Pacini di Catania il 1º luglio 1915. Cominciò da
questa data la collaborazione con Musco che incominciò a guastarsi dopo
qualche tempo per la diversità di opinioni sulla messa in scena di Musco della
commedia Liolà nel novembre del 1916 al teatro Argentina diRoma: «Gravi
dissensi» di cui Pirandello scriveva nel 1917 al figlio Stefano. Dalla
Grande Guerra al Nobel: il successo internazionale Magnifying glass icon
mgx2.svgTeatro d'Arte di Roma. La guerra fu un'esperienza dura per Pirandello;
il figlio Stefano venne infatti imprigionato dagli austriaci, e, una volta
rilasciato, ritornò in Italia gravemente malato e con i postumi di una ferita.
Durante la guerra, inoltre, le condizioni psichiche della moglie si aggravarono
al punto da rendere inevitabile il ricovero in manicomio (1919) dove rimase,
come detto, fino alla morte. Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in un
lavoro frenetico, dedicandosi soprattutto al teatro. Nel 1925 fondò la
Compagnia del Teatro d'Arte di Roma con due grandissimi interpreti dell'arte
pirandelliana: Marta Abba e Ruggero Ruggeri. Con questa compagnia cominciò a
viaggiare per il mondo: le sue commedie vennero rappresentate anche nei teatri
di Broadway. Nel giro di un decennio arrivò ad essere il drammaturgo di
maggior fama nel mondo, come testimonia il premio Nobel per la letteratura
ricevuto nel 1934, "per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell'arte
drammatica e teatrale". Degno di nota fu lo stretto rapporto con la
giovane Abba, sua musa ispiratrice, della quale Pirandello, secondo molti
biografi e conoscenti, era innamorato forse solamente in maniera
platonica. Molte delle opere pirandelliane cominciavano intanto ad essere
trasposte al cinema: Pirandello andava spesso ad assistere alla lavorazione dei
film; andò anche negli Stati Uniti d'America, dove famosi attori e attrici di
Hollywood, come Greta Garbo, interpretavano i suoi soggetti. Nell'ultimo di
questi viaggi (1935) andò a trovare, su invito, Albert Einstein a Princeton. In
una conferenza stampa Pirandello difese con veemenza la politica estera del
fascismo, con la guerra d'Etiopia, accusando i giornalisti statunitensi di
ipocrisia, citando il colonialismo contro i nativi americani.[25]
Pirandello e la politica: l'adesione al fascismo Pirandello non aveva mai preso
specifiche posizioni politiche, tranne l'ammirazione per il patriottismo
garibaldino di famiglia, unica certezza in un'epoca di crisi. L'idea politica
di fondo di Pirandello era legata principalmente a questo patriottismo
risorgimentale. Una sua lettera apparsa nel 1915 sul Giornale di Sicilia
testimonia gli ideali patriottici della famiglia, proprio nei primi mesi dallo
scoppio della Grande Guerra durante la quale il figlio Stefano fu fatto
prigioniero dagli austriaci e rinchiuso, per la maggior parte della prigionia,
nel campo di concentramento di Pian di Boemia, presso Mauthausen. Pirandello
non riuscì a far liberare il figlio malato neppure con l'intervento del papa
Benedetto XV. Nella sua vita condivise alcune delle idee dei giovani Fasci
siciliani e del socialismo; ne I vecchi e i giovani si nota come l'idea
politica di Pirandello era stata oscurata dalla riflessione
"umoristica". Per Pirandello, i siciliani avevano subìto le peggiori
ingiustizie dai vari governi italiani: è questa l'unica idea forte che ci
presenta. Nella prima guerra mondiale, come detto, fu un interventista,
anche se avrebbe preferito che il figlio non partecipasse in prima linea alla guerra,
cosa che invece Stefano farà, arruolandosi volontario immediatamente e
rimanendo ferito e prigioniero degli austriaci, situazione che sarà
estremamente angosciosa per lo scrittore. Nel primo dopoguerra non aderì subito
ai Fasci di combattimento, tuttavia pochi anni dopo espliciterà l'adesione al
fascismo, ormai istituzionalizzato. Il 28 ottobre 1923 fu ricevuto da Mussolini
a Palazzo Chigi. Il 17 settembre 1924 Pirandello chiese l'iscrizione al PNF
inviando un telegramma a Mussolini, pubblicato subito dall'agenzia
Stefani: «Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di
dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima
degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come massimo onore
tenermi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera.]»
Il telegramma arrivava in un momento di grande difficoltà per il presidente del
Consiglio dopo il ritrovamento il 16 agosto del corpo dell'on. Giacomo
Matteotti.[28][30] Per la sua adesione al fascismo, Pirandello fu
duramente attaccato da alcuni intellettuali e politici italiani fra cui il
deputato liberale Giovanni Amendola che in un articolo arrivò a dargli
dell'"accattone" che voleva a tutti i costi divenir senatore del
Regno. Pirandello, pur non ritrovandosi caratterialmente con Mussolini e molti
gerarchi, che riteneva persone troppo rozze e volgari, oltre che poco interessati alla vera arte[33],
non rinnegò mai la sua adesione al fascismo, motivata tra le altre cose da una
profonda sfiducia nei regimi socialdemocratici (così come non si interessò mai
del marxismo, solo ne I vecchi e i giovani mostra un leggero interesse per il
socialismo), regimi nei quali sin da inizio Novecento si andavano trasformando
le democrazie liberali, che riteneva a loro volta corrotte, portando ad esempio
gli scandali dell'età giolittiana e il trasformismo; provava inoltre un deciso
disprezzo per la classe politica del tempo[31][34], che avrebbe voluto vedere,
nichilisticamente, cancellata dalla vita del Paese, e una forte sfiducia verso
la «massa» caotica del popolo, che andava, secondo lui, istruita e guidata da
una sorta di "monarca illuminato". Pirandello al «Théâtre Edouard
VII» per i Sei personaggi in cerca d'autore (Parigi, 1925) Nel 1925 Pirandello
fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da
Giovanni Gentile. L'adesione di Pirandello al Fascismo fu per molti imprevista
e sorprese anche i suoi più stretti amici; sostanzialmente egli, per un certo
conservatorismo che comunque aveva, guardava al Duce come riorganizzatore di
una società in disfacimento e ormai completamente disordinata. Un'altra motivazione addotta per spiegare tale
scelta politica è che il fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e
risorgimentali di cui Pirandello era convinto sostenitore, anche per le radici
garibaldine del padre. Pirandello vedeva, secondo questa tesi, nel Fascismo la
prima idea originale post-risorgimentale, che doveva rappresentare la
"forma" nuova dell'Italia destinata a divenire modello per l'Europa. Potrebbe
apparire un punto di contatto tra Pirandello e il fascism il sostenuto
relativismo filosofico di entrambi. In realtà ben diverso è il relativismo
morale fascista fondato sull'attivismo soreliano[38][39] e il relativismo esistenziale
pirandelliano che si richiama all'originario movimento scettico-razionale
europeo della fine Professoree l'inizio del XX. Pirandello nel 1932 «Pirandello
si fa interprete di un relativismo pessimistico, angosciato, negatore di ogni
certezza, del tutto incompatibile con l'ansia attivistica o
relativisticapositivadel nostro tempo[40]» Sempre nel solco di Amendola e
dei critici antifascisti vi è anche un commento più pragmatico alla sua
iscrizione al Partito fascista, la quale avrebbe avuto origine nel suo
ricercare finanziamenti per la creazione della sua nuova compagnia teatrale,
che avrebbe così avuto il sostegno del regime e le relative sovvenzioni, anche
se il governo, perfino dopo il Nobel, gli preferì sempre Gabriele D'Annunzio e
Grazia Deledda, anche lei vincitrice del premio, come letterati ideali del
regime, mentre Pirandello ebbe molta difficoltà a reperire i fondi statali, che
Mussolini spesso non voleva concedergli. In ogni caso, come detto, non furono
infrequenti suoi scontri violenti con autorità fasciste e dichiarazioni aperte
di apoliticità: «Sono apolitico: mi sento soltanto uomo sulla terra. E, come
tale, molto semplice e parco; se vuole potrei aggiungere casto...». Clamoroso
fu il gesto del 1927, narrato da Corrado Alvaro[41], in cui Pirandello a Roma
strappò la sua tessera del partito davanti agli occhi esterrefatti del
Segretario Nazionale.[42] Nonostante ciò, una rottura aperta col fascismo non
si onsumerà mai. Si concluse senza troppa fortuna l'esperienza del Teatro
d'Arte cominciata quattro anni prima; dopo lo scioglimento, in tacita polemica
con il regime fascista che a suo avviso era troppo parco di sostegno ai suoi
progetti teatrali, Pirandello si ritirò per qualche mese a Berlino insieme a
Marta Abba, primadonna della compagnia. Forse a parziale compensazione di
questo mancato sostegno, nel 1929 Pirandello fu uno dei primi 30 accademici,
nominati direttamente da Mussolini, della neo costituita Reale Accademia
d'Italia. Nel 1935, in nome dei suoi ideali patriottici, partecipò alla
raccolta dell'"oro per la patria" donando la medaglia del premio
Nobel ricevuto l'anno prima[43], cosa fatta, tra gli altri, anche
dall'antifascista Benedetto Croce, che donò la medaglia da senatore.
Questa scelta di adesione al regime è stata spesso sia minimizzata sia
accentuata dalla critica, poiché sostanzialmente l'ideologia fascista non ebbe
mai parte nella vita e nell'opera pirandelliana, abbastanza avulse della realtà
politica, così che egli non fu in grado di vedere e giudicare le violenze fasciste;
tuttavia il contenuto idealmente anarchico, corrosivo, pessimista e quasi
sempre anti-sistema delle sue opere era guardato con sospetto da molti
intellettuali e uomini politici del PNF, che non lo consideravano una vera
"arte fascista". La critica fascista difatti non sempre esaltava le
opere di Pirandello, spesso considerandole non conformi agli ideali fascisti:
vi si vedeva una certa insistenza e considerazione di quella borghesia
altolocata (che pure Pirandello non amava particolarmente) che il fascismo
formalmente condannava come corrotta e decadente. Gli arzigogoli filosofici dei
personaggi dei drammi borghesi pirandelliani erano considerati quanto di più
lontano dall'attivismo fascista. Anche dopo l'attribuzione del Nobel parecchi
lavori furono accusati dalla stampa di regime di disfattismo tanto che anche
Pirandello finì tra i "controllati speciali" dell'OVRA. Negli ultimi
anni viaggerà difatti molto, andrà in Francia e negli Stati Uniti, quasi in un
volontario esilio dal clima culturale italiano di quegli anni.[35] Nonostante i
suoi elogi al capo del governo, il Duce farà sequestrare l'opera La favola del
figlio cambiato, per alcune scene ritenute non consone, impedendone le repliche
(a Pirandello verrà imposta, per contrasto, la regia dell'opera dannunziana La
figlia di Jorio). Le volontà testamentarie di Pirandello, infine, che
negavano ogni funerale e celebrazione dopo la morte dello scrittore, metteranno
in imbarazzo i fascisti e lo stesso Mussolini, che ordinò così alla stampa che
non ci fossero troppe celebrazioni postume sui quotidiani, ma che ne fosse data
solo la notizia, come di un semplice fatto di cronaca. Il rifugio di Soriano
nel Cimino Luigi Pirandello amava trascorrere ampi periodi dell'anno nella
quiete di Soriano nel Cimino (VT) un'amena e bella cittadina ricca di monumenti
storici e immersa nei boschi del Monte Cimino. In particolare Pirandello rimase
affascinato dalla maestosità e dalla quiete di uno stupendo castagneto situato
nella località di "Pian della Britta", a cui volle dedicare
un'omonima poesia, che oggi è scolpita su una lapide di marmo posta proprio in
tale località. Pirandello ambientò a Soriano nel Cimino (citando luoghi,
località e personaggi realmente esistiti) anche due tra le sue più celebri
novelle Rondone e Rondinella e Tomassino ed il filo d'erba. A Soriano nel
Cimino, è rimasto vivo ancora oggi il ricordo di Pirandello a cui sono dedicati
monumenti, lapidi e strade. Luigi Pirandello frequentò anche Arsoli per
molti anni, soprattutto durante i periodi estivi, dove amava dissetarsi con una
gassosa nell'allora bar Altieri in piazza Valeria. Il suo amore per il paese si
ritrova nella definizione che egli stesso diede ad Arsoli chiamandola "La
piccola Parigi". La morte e il testamento Appassionato di cinematografia,
mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo romanzo Il
fu Mattia Pascal, nel novembre 1936 si ammalò di polmonite.[47] Pirandello
aveva 69 anni, e aveva già subito due attacchi di cuore; il suo corpo, ormai
segnato dal tempo e dagli avvenimenti della vita, non sopportò oltre. Al medico
che tentava di curarlo, disse: «Non abbia tanta paura delle parole, professore,
questo si chiama morire»; dopo 15 giorni, la malattia si aggravò e il 10
dicembre 1936 Pirandello morì, lasciando incompiuto l'ultimo lavoro teatrale, I
giganti della montagna, opera a sfondo mitologico. Il terzo atto venne ideato e
illustrato al figlio Stefano nell'ultima notte di vita, che lo scrisse poi
sotto forma narrativa, tentandone anche una ricostruzione, onde integrare la
sceneggiatura del dramma che solitamente è però rappresentato nella forma
incompiuta, in due atti.[48] Magnifying glass icon mgx2.svgLe ceneri di
Pirandello. Per Pirandello il regime fascista avrebbe voluto esequie di Stato.
Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel testamento: «Carro
d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né
amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi». Per sua volontà
il corpo, senza alcuna cerimonia, fu cremato, per evitare postume consacrazioni
cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono deposte in una preziosa anfora
greca già di sua proprietà e tumulate nel cimitero del Verano. Successivamente,
nel 1947, Andrea Camilleri e altri quattro studenti dettero il via a un lento e
travagliato adempimento delle sue ultime volontà (in caso non fosse stato
possibile lo spargimento): far seppellire le ceneri nel giardino della villa di
contrada "Caos", dove era nato. Il giurista e politico Gaspare Ambrosini,
dopo il rifiuto di un pilota statunitense di volare da Roma a Palermo con a
bordo le ceneri di un morto, trasportò l'anfora in treno, chiusa in una
cassetta di legno. A Palermo il corteo funebre venne però bloccato dal vescovo
di Agrigento Giovanni Battista Peruzzo, contrario a un corteo con un defunto
cremato. Camilleri si recò dal vescovo, che rimase inamovibile; il futuro
scrittore propose allora con successo l'idea di inserire l'anfora in una bara,
che venne appositamente affittata. Il corteo, per un breve tratto a piedi e poi
a bordo di una littorina, giunse ad Agrigento.[49] Dopo una cerimonia
religiosa, l'anfora con le ceneri venne estratta dalla bara e riposta nel Museo
Civico di Agrigento, in attesa della costruzione di un monumento nel giardino
della villa. Solo dopo parecchi anni dalla morte, nel 1962, realizzata una
scultura monolitica di Renato Marino Mazzacurati, artista vincitore del
concorso indetto, costituita principalmente da una grossa pietra non lavorata,
le ceneri vennero portate nel giardino e versate in un cilindro di rame
inserito nel terreno, che venne chiuso da una pietra sigillata con del
cemento. Una parte rimanente delle ceneri, trovata anni dopo attaccata ai
lati interni dell'anfora, non essendo più contenibile nel cilindro ricolmo e
riaperto per l'occasione, venne dispersa, rispettando il desiderio originario
di Pirandello stesso. Il pensiero Pirandello nel 1924 «... davanti agli
occhi di una bestia crolla come un castello di carte qualunque sistema
filosofico.» (L. Pirandello, dai Foglietti[51]) Pirandello si occupò di
questioni teoriche fin da giovane nonostante fosse convinto che qualunque
filosofia sarebbe fallita di fronte all'insondabilità dell'uomo quando in lui
prevale la "bestia", l'aspetto animalesco e irrazionale. Si avvicinò
alle teorie dello psicologo Alfred Binet sulla pluralità dell'io. Pubblicò nel
1908 i saggi Arte e Scienza e L'umorismo caratterizzati da un'esposizione di
stile colloquiale, molto lontana dal consueto discorso filosofico. Le due opere
sono espressione di un'unica maturazione artistica ed esistenziale che ha
coinvolto lo scrittore siciliano all'inizio del Novecento e che vede come
centrale proprio la poetica dell'umorismo.L'umorismo L'Umorismo, la prima
edizione del 1908 Nel 1908 Pirandello scrive L'umorismo, un saggio dove
confluiscono idee, brani di scritti e appunti precedenti: ad esempio sue varie
chiose e annotazioni a L'indole e il riso di Luigi Pulci di Attilio Momigliano
e parti dell'articolo Alberto Cantoni, che era apparso già nella «Nuova Antologia»
del 16 marzo 1905. Come ha osservato Daniela Marcheschi, L'umorismo di
Pirandello si inserisce «in un rigoglioso e più che secolare campo di
meditazione e ricerca sull'omonimo tema; e ai primi del Novecento rappresenta,
nel nostro paese, il momento riepilogativo probabilmente più soddisfacente, per
l'epoca, di una serie di acquisizioni teoriche che la cultura internazionale
aveva chiare e consolidate da tempo. Bisognerà infatti aspettare l'importante
studio di Alberto Piccoli Genovese, Il Comico, l’Umore e la Fantasia o Teoria
del Riso come Introduzione all’Estetica, pubblicato nel 1926 presso la casa
editrice Fratelli Bocca, a Torino, per avere un saggio di ampia informazione e
documentazione, di solido spessore speculativopur nell'ispirazione idealistica
d'ascendenza crociana da cui prende le mosse: tecnicamente persuasivo, insomma,
e con ben altre fondamenta teoretiche. Peraltro, in un panorama di non rara
fossilizzazione culturale come quello dell'Italia contemporanea, va detto che
l'opera di Piccoli Genovese è stata appaiata forse soltanto dal coraggioso
volume, e di molti anni posteriore, Homo ridens. Estetica, Filologia,
Psicologia, Storia del Comico, che Paolo Santarcangeli ha dato alle stampe nel
1989 a Firenze, con l'editore Olsckhi»[52]. Nel succitato saggio
Pirandello distingue il comico dall'umoristico[53] Il primo, definito come
"avvertimento del contrario"[54], nasce dal contrasto tra l'apparenza
e la realtà. Nel saggio Pirandello ce ne fornisce un esempio: «Vedo una vecchia
signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e
poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a
ridere. "Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò
che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e
superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto
un "avvertimento del contrario"» (L. Pirandello, L'umorismo,
Parte seconda[55]) L'umorismo, il "sentimento del contrario", invece
nasce da una considerazione meno superficiale della situazione: «Ma se
ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora
non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne
soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così,
nascondendo le rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito
molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché
appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo
avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del
contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui
la differenza tra il comico e l'umoristico» (L. Pirandello, L'umorismo,
Parte seconda[55]) Quindi, mentre il comico genera quasi immediatamente la
risata perché mostra subito la situazione evidentemente contraria a quella che
dovrebbe normalmente essere, l'umorismo nasce da una più ponderata riflessione
che genera una sorta di compassione da cui si origina un sorriso di
comprensione. Nell'umorismo c'è il senso di un comune sentimento della
fragilità umana da cui nasce un compatimento per le debolezze altrui che sono
anche le proprie. L'umorismo è meno spietato del comico che giudica in maniera
immediata. «non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci
faceva ridere adesso ci farà tutt'al più sorridere.» (Luigi Pirandello)
La poetica dell'Umorismo Pirandelliana, in realtà nasce già quando, nel 1904,
pubblica le due premesse de Il fu Mattia Pascal dove richiamandosi a Il
Copernico di Leopardi del 1827 nelle Operette morali riprende l'ironia
letteraria di Leopardi che attribuiva la scoperta copernicana
dell'eliocentrismo alla pigrizia del Sole stanco di girare attorno ai pianeti.
Il richiamo a Copernico si ritrova poi nel saggio su L'umorismo (cap. 5 della
seconda parte), dove Pirandello vede una notazione umoristica nella
contrapposizione di due sentimenti opposti per i quali dopo la scoperta
copernicana l'uomo scopre di essere una parte infinitesimale dell'universo e
nello stesso tempo la sua capacità di compenetrarsene. La crisi dell'io
L'analisi dell'identità condotta da Pirandello lo portò a formulare la teoria
della crisi dell'io. In un articolo del 1900 scrisse: «Il nostro spirito
consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto
tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento,
così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza
dell'io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si
manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo
con questa, nei casi di vero e proprio sdoppiamento dell'io. [...] Talché
veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per
proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi
possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altri individui, altri esseri
con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto.»
Paradossalmente, il solo modo per recuperare la propria identità è la follia,
tema centrale in molte opere, come l'Enrico IV o come Il berretto a sonagli,
nel quale Pirandello inserisce addirittura una ricetta per la pazzia: dire
sempre la verità, la nuda, cruda e tagliente verità, infischiandosene dei
riguardi, delle maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali. Questo
comportamento porterà presto all'isolamento da parte della società e, agli
occhi degli altri, alla pazzia. Abbandonando le convenzioni sociali e morali
l'uomo può ascoltare la propria interiorità e vivere nel mondo secondo le
proprie leggi, cala la maschera e percepisce se stesso e gli altri senza dover
creare un personaggio, è semplicemente persona. Esemplare di tale concezione è
l'evoluzione di Vitangelo Moscarda, protagonista di Uno, nessuno e
centomila. La "lanterninosofia" Ancora sulla crisi
dell'identità del singolo impotente con la sua razionalità di fronte al mistero
universale che lo circonda, Pirandello, all'inizio del XIII capitolo del romanzo
Il fu Mattia Pascal, espone metaforicamente la sua filosofia del
"lanternino", tramite il monologo che il personaggio di Anselmo
Paleari rivolge al protagonista Mattia Pascal, in cui la piccola lampada
rappresenta il sentimento umano, che non riesce ad alimentarsi se non tramite
le illusioni di fede e ideologie varie ("i lanternoni"), ma che
altrimenti provoca l'angoscia del buio che lo circonda all'uomo, l'animale che
ha il triste privilegio di "sentirsi vivere". «[Il lanternino] che proietta tutto intorno a
noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l'ombra nera,
l'ombra paurosa che non esisterebbe se il lanternino non fosse acceso in noi,
ma che noi purtroppo dobbiamo credere vera, fintanto ch'esso si mantiene vivo
in noi. Spento alla fine da un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il
giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé
dell'Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione?»
(Il fu Mattia Pascal, capitolo XIII, Il lanternino) La sua sfiducia verso la
fede religiosa tradizionale lo porta ad accentuare così il proprio vuoto
spirituale, che cercò di riempire, come il citato personaggio del Paleari, con
l'interesse personale verso l'occultismo, la teosofia e lo spiritismo, che
tuttavia non gli daranno la serenità esistenziale.[57] Il contrasto tra
vita e forma Luigi Pirandello svolge una ricerca inesausta sull'identità della
persona nei suoi aspetti più profondi, dai quali dipendono sia la concezione
che ogni persona ha di sé, sia le relazioni che intrattiene con gli altri.
Influenzato dalla filosofia irrazionalistica di fine secolo, in particolare di
Bergson, Pirandello ritiene che l'universo sia in continuo divenire e che la
vita sia dominata da una mobilità inesauribile e infinita. L'uomo è in balia di
questo flusso dominato dal caso, ma a differenza degli altri esseri viventi
tenta, inutilmente, di opporsi costruendo forme fisse, nelle quali potersi
riconoscere, ma che finiscono con il legarlo a maschere in cui non può mai
riconoscersi o alle quali è costretto a identificarsi per dare comunque un senso
alla propria esistenza. Se l'essenza della vita è il flusso continuo, il
perenne divenire, quindi fissare il flusso equivale a non vivere, poiché è
impossibile fissare la vita in un unico punto. Questa dicotomia tra vita e
forma, accompagnerà l'autore in tutta la sua produzione evidenziando la
sconfitta dell'uomo di fronte alla società, dovuta all'impossibilità di fuggire
alle convenzioni di quest'ultima se non con la follia. Solo il
"folle", che pure è una figura sofferente ed emarginata, riesce
talvolta a liberarsi dalla maschera, e in questo caso può avere un'esistenza
autentica e vera, che resta impossibile agli altri in quanto non è fattibile
denudare la maschera o le maschere, la propria identità (Maschere nude è
infatti il titolo della raccolta delle sue opere teatrali).[58] Questa
riflessione, che si rispecchia nelle varie opere con accenti ora lievi ora
gravi e tragici, è stata, ad opera soprattutto dello studioso Adriano Tilgher,
interpretata come un sistema filosofico basato sul contrasto tra la Vita e la
Forma, che talvolta ha fatto esprimere alla critica un giudizio negativo delle
ultime opere precedenti al "teatro dei miti", accusate a volte di "pirandellismo",
cioè di riproporre sempre lo stesso schema di lettura.[58] Luigi
Pirandello (1930) Il relativismo psicologico o conoscitivo «La verità? è solo
questa: che io sono, sì, la figlia della signora FrolaAh!E la seconda moglie
del signor PonzaOh! E come?Sì; e per me nessuna! nessuna!Ah, no, per sé, lei,
signora: sarà l'una o l'altra!Nossignori. Per me, io sono colei che mi si
crede. (...) Ed ecco, o signori, come parla la verità.» (Dialogo finale
di Così è (se vi pare)) Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il
relativismo psicologico che si esprime in due sensi: orizzontale, ovvero nel
rapporto interpersonale, e verticale, ovvero nel rapporto che una persona ha
con se stessa. Gli uomini nascono liberi ma il Caso interviene nella loro
vita precludendo ogni loro scelta: l'uomo nasce in una società precostituita
dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve
comportarsi. Ciascuno è obbligato a seguire il ruolo e le regole che la
società impone, anche se l'io vorrebbe manifestarsi in modo diverso: solo per
l'intervento del caso può accadere di liberarsi di una forma per assumerne
un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per tornare indietro,
come accade al protagonista de Il fu Mattia Pascal. L'uomo dunque non può
capire né gli altri né tanto meno se stesso, poiché ognuno vive
portandoconsapevolmente o, più spesso, inconsapevolmenteuna maschera dietro la
quale si agita una moltitudine di personalità diverse e inconoscibili.
Queste riflessioni trovano la più esplicita manifestazione narrativa nel
romanzo Uno, nessuno e centomila: Uno perché ogni persona crede di essere
un individuo unico con caratteristiche particolari; Centomila perché l'uomo ha,
dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano;
Nessuno perché, paradossalmente, se l'uomo ha centomila personalità diverse,
invero, è come se non ne possedesse nessuna, nel continuo cambiare non è
capace di fermarsi nel suo vero "io". L'incomunicabilità Il
relativismo conoscitivo e psicologico su cui si basa il pensiero di Pirandello
si scontra con il conseguente problema dell'incomunicabilità tra gli uomini:
poiché ogni persona ha un proprio modo di vedere la realtà, non esiste un'unica
realtà oggettiva, ma tante realtà quante sono le persone che credono di
possederla e dunque ognuno ha una propria "verità".
L'incomunicabilità produce quindi un sentimento di solitudine ed esclusione
dalla società e persino da se stessi, poiché proprio la crisi e frammentazione
dell'io interiore crea diversi io discordanti. Il nostro spirito consiste di
frammenti che ci fanno scoprire di essere "uno, nessuno,
centomila". I personaggi dei drammi pirandelliani, come il Vitangelo
Moscarda del romanzo Uno, nessuno e centomila e i protagonisti della commedia
Sei personaggi in cerca di autore, di conseguenza avvertono un sentimento di
estraneità dalla vita che li fanno sentire «forestieri della vita»[, nonostante
la continua ricerca di un senso dell'esistenza e di un'identificazione di un
proprio ruolo, che vada oltre la maschera, o le diverse e innumerevoli
maschere, con cui si presentano al cospetto della società o delle persone più
vicine. La reazione al relativismo Reazione passiva L'uomo accetta la
maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a identificarlo.
Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma,
incapace di ribellarsi o deluso dopo l'esperienza di vedersi attribuita una
nuova maschera, si rassegna. Vive nell'infelicità, con la coscienza della
frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che gli altri gli fanno
vivere per come essi lo vedono. Accetta alla fine passivamente il ruolo da
recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza. Questa è la
reazione tipica delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo Il fu
Mattia Pascal. Reazione ironicoumoristica Primo piano di Luigi
Pirandello Il soggetto non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo
ruolo con un atteggiamento ironico, aggressivo o umoristico. Ne fanno esempio
varie opere di Pirandello come: Pensaci Giacomino, Il giuoco delle parti e La
patente. Il personaggio principale di quest'ultima opera, Rosario Chiàrchiaro,
è un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente la
nomea di iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro.
Il presunto iettatore non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito
ma comunque se ne serve. Va dal giudice e, poiché tutti sono convinti che sia
un menagramo, pretende la patente di iettatore autorizzato. In questo modo avrà
un nuovo lavoro: chi vuole evitare le disgrazie che promanano da lui dovrà
pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma almeno se ne ricava un
vantaggio. Reazione drammatica L'uomo, accortosi del relativismo, si
renderà conto che l'immagine che aveva sempre avuto di sé non corrisponde in
realtà a quella che gli altri avevano di lui e cercherà in ogni modo di carpire
questo lato inaccessibile del suo io. Vuole togliersi la maschera che gli
è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela e allora
se è così che lo vuole il mondo, egli sarà quello che gli altri credono di
vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle
ultime e drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che
lo porta al dramma, alla pazzia o al suicidio. Da tale sforzo verso un
obiettivo irraggiungibile nascerà la voluta follia. La follia è infatti in
Pirandello lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle
della vita sociale, l'arma che fa esplodere convenzioni e rituali, riducendoli
all'assurdo e rivelandone l'inconsistenza. Solo e unico modo per vivere,
per trovare il proprio io, è quello di accettare il fatto di non avere
un'identità, ma solo centomila frammenti (e quindi di non essere
"uno" ma "nessuno"), accettare l'alienazione completa da se
stessi. Tuttavia la società non accetta il relativismo, e chi lo fa viene
ritenuto pazzo. Esemplari sono i personaggi dei drammi Enrico IV, dei Sei
personaggi in cerca d'autore, o di Uno, nessuno e centomila. Teatro
Busto di Pirandello in un parco di Palermo, il "Giardino Inglese". Il
busto si trova vicino all'ingresso di via Libertà. Pirandello divenne famoso
proprio grazie al teatro che chiama teatro dello specchio, perché in esso viene
raffigurata la vita vera, quella nuda, amara, senza la maschera dell'ipocrisia
e delle convenienze sociali, di modo che lo spettatore si guardi come in uno
specchio così come realmente è, e diventi migliore. Dalla critica viene
definito come uno dei grandi drammaturghi del XX secolo. Scriverà moltissime
opera, alcune delle quali rielaborazioni delle sue stesse novelle, che vengono
divise in base alla fase di maturazione dell'autore: Prima faseIl teatro
siciliano Seconda faseIl teatro umoristico/grottesco Terza faseIl teatro nel
teatro (metateatro) Quarta faseIl teatro dei miti Generalmente si attribuisce
l'interesse di Pirandello per il teatro agli anni della maturità, ma alcuni
precedenti mostrano come tale convinzione necessiti di una rivalutazione: in gioventù,
infatti, Pirandello compose alcuni lavori teatrali, andati perduti poiché da
lui stesso bruciati (tra gli altri, il copione de Gli uccelli dell'alto). In
una lettera del 4 dicembre 1887, indirizzata alla famiglia, si legge:
«Oh, il teatro drammatico! Io lo conquisterò. Io non posso penetrarvi senza
provare una viva emozione, senza provare una sensazione strana, un eccitamento
del sangue per tutte le vene. Quell'aria pesante chi vi si respira, m'ubriaca:
e sempre a metà della rappresentazione io mi sento preso dalla febbre, e
brucio. È la vecchia passione chi mi vi trascina, e non vi entro mai solo, ma
sempre accompagnato dai fantasmi della mia mente, persone che si agitano in un
centro d'azione, non ancora fermato, uomini e donne da dramma e da commedia,
viventi nel mio cervello, e che vorrebbero d'un subito saltare sul
palcoscenico. Spesso mi accade di non vedere e di non ascoltare quello che
veramente si rappresenta, ma di vedere e ascoltare le scene che sono nella mia
mente: è una strana allucinazione che svanisce ad ogni scoppio di applausi, e
che potrebbe farmi ammattire dietro uno scoppio di fischi!» (Luigi
Pirandello, da una lettera ai familiari del 4 dicembre 1887) È in questa
dimensione che si parla di "teatro mentale"[63]: lo spettacolo non è
subito passivamente ma serve come pretesto per dar voce ai "fantasmi"
che popolano la mente dell'autore (nella prefazione ai Sei personaggi in cerca
d'autore Pirandello chiarirà di come la Fantasia prenda possesso della sua
mente per presentargli personaggi che vogliono vivere, senza che lui li
cerchi). In un'altra missiva, spedita da Roma e datata 7 gennaio 1888,
Pirandello sostiene che la scena italiana gli appare decaduta: «Vado
spesso in teatro, e mi diverto e me la rido in veder la scena italiana caduta
tanto in basso, e fatta sgualdrinella isterica e noiosa» (Luigi
Pirandello, da una lettera ai familiari del 7 gennaio 1888[64]) La delusione
per non essere riuscito a far rappresentare i primi lavori lo distoglie
inizialmente dal teatro, facendolo concentrare sulla produzione novellistica e
romanziera. Nel 1907 pubblica l'importante saggio Illustratori, attori,
traduttori dove esprime le sue idee, ancora negative, sull'esecuzione del
lavoro dell'attore nel lavoro teatrale: questi è infatti visto come un mero
traduttore dell'idea drammaturgica dell'autore, il quale trova dunque un filtro
al messaggio che intende comunicare al pubblico. Il teatro viene poi definito
da Pirandello come un'arte "impossibile", perché "patisce le
condizioni del suo specifico anfibio":: un tradimento della scrittura
teatrale, che ha di contro "il cattivo regime dei mezzi rappresentativi,
appartenenti alla dimensione adultera dell'eco.” È in questo momento che Pirandello si
distacca dalla lezione positivista e, presa diretta coscienza
dell'impossibilità della rappresentazione scenica del "vero"
oggettivo, ricerca nella produzione drammaturgica di scavare l'essenza delle
cose per scoprire una verità altra (come è spiegato nel saggio L'Umorismo con
il sentimento del contrario). Il 6 ottobre 1924 fondò la compagnia del
Teatro d'Arte di Roma con sede al Teatro Odescalchi con la collaborazione di
altri artisti: il figlio Stefano Pirandello, Orio Vergani, Claudio Argentieri,
Antonio Beltramelli, Giovani Cavicchioli, Maria Letizia Celli, Pasquale
Cantarella, Lamberto Picasso, Renzo Rendi, Massimo Bontempelli e Giuseppe
Prezzolini[66]: tra gli attori più importanti della compagnia figurano Marta
Abba, Lamberto Picasso, Maria Letizia Celli, Ruggero Ruggeri. La compagnia, il
cui primo allestimento risale al 2 aprile 1925 con Sagra del signore della nave
dello stesso Pirandello e Gli dei della montagna di Lord Dunsany, ebbe però
vita breve: i gravosi costi degli allestimenti, che non riuscivano ad essere
coperti dagli introiti del teatro semivuoto[67] costrinsero il gruppo, dopo
solo due mesi dalla nascita, a rinunciare alla sede del Teatro Odescalchi. Per
risparmiare sugli allestimenti la compagnia si produsse prima in numerose
tournée estere, poi fu costretta allo scioglimento definitivo, avvenuto a
Viareggio nell'agosto del 1928. Prima faseTeatro Siciliano Nella fase del
Teatro Siciliano Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare.
Anch'essa come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo; alcuni testi
sono stati scritti interamente in lingua siciliana perché considerata
dall'autore più viva dell'italiano e capace di esprimere maggiore aderenza alla
realtà. La morsa e Lumìe di Sicilia Roma, Teatro Metastasio, 9 dicembre
1910; [68] Il dovere del medico, Roma, Sala Umberto, 20 giugno 1913; La ragione
degli altri, Milano, Teatro Manzoni, 19 aprile 1915; Cecè, Roma, Teatro Orfeo,
14 dicembre 1915; Pensaci, Giacomino, Roma, Teatro Nazionale, 10 luglio 1916;
Liolà, Roma, Teatro Argentina, 4 novembre 1916; Seconda faseIl teatro
umoristico/grottesco Pirandello e Marta Abba Mano a mano che l'autore si
distacca da verismo e naturalismo, avvicinandosi al decadentismo si ha l'inizio
della seconda fase con il teatro umoristico. Pirandello presenta personaggi che
incrinano le certezze del mondo borghese: introducendo la versione
relativistica della realtà, rovesciando i modelli consueti di comportamento,
intende esprimere la dimensione autentica della vita al di là della
maschera. Così è (se vi pare), Milano, Teatro Olimpia, 18 giugno 1917; Il
berretto a sonagli, Roma, Teatro Nazionale, 27 giugno 1917; La giara, Roma,
Teatro Nazionale, 9 luglio 1917; Il piacere dell'onestà, Torino, Teatro
Carignano, 27 novembre 1917; La patente, Torino, Teatro Alfieri, 23 marzo 1918
Ma non è una cosa seria, Livorno, Teatro Rossini, 22 novembre 1918; Il giuoco
delle parti, Roma, Teatro Quirino, 6 dicembre 1918; L'innesto, Milano, Teatro
Manzoni, 29 gennaio 1919; L'uomo, la bestia e la virtù, Milano, Teatro Olimpia,
2 maggio 1919; Tutto per bene, Roma, Teatro Quirino, 2 marzo 1920; Come prima,
meglio di prima, Venezia, Teatro Goldoni, 24 marzo 1920; La signora Morli, una
e due, Roma, Teatro Argentina, 12 novembre 1920; Terza faseIl teatro nel teatro
Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per Pirandello
il teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo
ripristinerà una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in
cui vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte
in varie stanze contemporaneamente; inoltre il teatro nel teatro fa sì che si
assista al mondo che si trasforma sul palcoscenico. Pirandello abolisce
anche il concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra
attori e pubblico: in questa fase, infatti, Pirandello tende a coinvolgere il
pubblico che non è più passivo ma che rispecchia la propria vita in quella
agita dagli attori sulla scena. In questo periodo Pirandello ebbe un
decisivo incontro con un grande autore teatrale italiano del XX secolo: Eduardo
De Filippo. Conseguenza, oltre alla nascita di un'amicizia che durò tre anni,
fu che l'autore napoletano sentì, come accadde in passato per quello siciliano,
il bisogno di allontanarsi dal "regionalismo" dell'arte verista pur
conservandone però le tradizioni e le influenze. Pirandello
incontra Eduardo, Peppino e Titina De Filippo (1933) Sei personaggi in cerca
d'autore, Roma, Teatro Valle, 10 maggio 1921; Enrico IV, Milano, Teatro
Manzoni, 24 febbraio 1922; All'uscita, Roma, Teatro Argentina, 29 settembre
1922; L'imbecille, Roma, Teatro Quirino, 10 ottobre 1922; Vestire gli ignudi,
Roma, Teatro Quirino, 14 novembre 1922; L'uomo dal fiore in bocca, Roma, Teatro
degli Indipendenti, 21 febbraio 1923; La vita che ti diedi, Roma, Teatro
Quirino, 12 ottobre 1923; L'altro figlio, Roma, Teatro Nazionale, 23 novembre
1923; Ciascuno a suo modo, Milano, Teatro dei Filodrammatici, 22 maggio 1924;
Sagra del signore della nave, Roma, Teatro Odescalchi, 4 aprile 1925; Diana e
la Tuda, Milano, Teatro Eden, 14 gennaio 1927; L'amica delle mogli, Roma,
Teatro Argentina, 28 aprile 1927; Bellavita, Milano, Teatro Eden, 27 maggio
1927; O di uno o di nessuno, Torino, Teatro di Torino, 4 novembre 1929; Come tu
mi vuoi, Milano, Teatro dei Filodrammatici; 18 febbraio 1930; Questa sera si
recita a soggetto, Torino, Teatro di Torino, 14 aprile 1930; Trovarsi, Napoli,
Teatro dei Fiorentini, 4 novembre 1932; Quando si è qualcuno, Buenos Aires,
Teatro Odeón, 20 settembre 1933 (in spagnolo); La favola del figlio cambiato,
Roma, Teatro Reale dell'Opera, 24 marzo 1934; Non si sa come, Roma, Teatro
Argentina, 13 dicembre 1935; Sogno, ma forse no, Lisbona, Teatro Nacional, 22
settembre 1931. Quarta faseIl teatro dei miti A questa fase si assegnano solo
tre opere della produzione pirandelliana. La nuova colonia Lazzaro I
giganti della montagna Romanzi Copertina de Il turno, Edizioni Madella
Pirandello scrisse sette romanzi: 1901L'esclusa, pubblicato a puntate su
La Tribuna; in volume: Milano, Fratelli Treves, Il turno, Catania, Niccolò
Giannotta, Editore. l fu Mattia Pascal, Roma, Nuova antologia. 1911Suo marito,
Firenze, Edizioni Quattrini. (poi Giustino Roncella nato Boggiolo, in Tutti i
romanzi, Milano, Mondadori, (1941) 1913I vecchi e i giovani, 2 volumi, Milano,
Fratelli Treves. 1925Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, R.
Bemporad & figlio. 1926Uno, nessuno e centomila, Firenze, R. Bemporad &
figlio. Novelle Le novelle erano considerate le opere più durature, ma i
critici moderni hanno cambiato tale opinione ritenendo le opere teatrali più
degne di essere ricordate. Fare distinzione tra i contenuti delle novelle (o i
romanzi) e le opere teatrali è difficile, in quanto molte novelle sono state
messe in opera a teatro ad esempio: Ciascuno a suo modo deriva dalla novella Si
gira...; Liolà ha il tema preso da un capitolo de Il fu Mattia Pascal; La nuova
colonia viene già presentata in Suo marito. Analizzando le novelle
possiamo renderci conto che ciò che manca veramente è una delineazione
tematica, una cornice, infatti sono presenti un crogiolo di personaggi ed
eventi. Il tempo in cui le novelle sono ambientate non è definito,
infatti alcune si svolgono nell'epoca umbertina, poi giolittiana e del
dopo-giolitti; diversamente accade nelle novelle cosiddette siciliane, nelle
quali il tempo non è fissato, ma è un tempo antico, di una società che non
vuole cambiare e che è rimasta ferma. I paesaggi delle novelle sono vari;
per quelle dette siciliane si ha spesso il tipico paesaggio rurale[69], anche
se in alcune troviamo il tema sociale del contrasto tra le generazioni dovuto
all'unità d'Italia. Altro ambiente delle novelle pirandelliane è la Roma
umbertina o giolittiana. I protagonisti sono sempre alla presa con il
male di vivere, con il caso e con la morte[70]. Non troviamo mai rappresentanti
dell'alta borghesia, ma quelli che potrebbero essere i vicini della porta
accanto: sarte, balie, professori, piccoli proprietari di negozi che hanno una
vita sconvolta dalla sorte e da drammi familiari. I personaggi ci vengono
presentati così come appaiono, è difficile trovare un'approfondita analisi
psicologica. Le fisionomie sono spesso eccentriche, per il sentimento del
contrario, hanno un carattere opposto a come si presentano. I personaggi
parlano e ragionano nel presentarsi per come essi sentono di essere, ma alla
fine saranno sempre preda del caso, che li farà apparire diversi e
cambiati. Novelle per un anno Pirandello è uno dei più grandi scrittori
di novelle, raccolte dapprima nell'opera Amori senza amore. In seguito l'autore
si dedicò maggiormente per tutta la sua vita, cercando di completarla, alla
raccolta Novelle per un anno, così intitolata perché il suo intento era quello
di scrivere 365 novelle, una per ogni giorno dell'anno. Arriverà a 241 nel
1922, solo postume ne usciranno ancora 15. Novelle per un anno, 15 voll.,
Firenze, Bemporad, 1922-1928; Milano, Mondadori, 1934-1937. I, Scialle nero,
Firenze, Bemporad, 1 La vita nuda, Firenze, Bemporad, 1922. III, La rallegrata,
Firenze, Bemporad, 1922. IV, L'uomo solo, Firenze, Bemporad, La mosca, Firenze,
Bemporad, 1923. VI, In silenzio, Firenze, Bemporad, VII, Tutt'e tre, Firenze,
Bemporad, Dal naso al cielo, Firenze, Bemporad, IX, Donna Mimma, Firenze,
Bemporad, 1925. X, Il vecchio Dio, Firenze, Bemporad, La giara, Firenze, Bemporad, Il viaggio,
Firenze, Bemporad, 1928. XIII, Candelora, Firenze, Bemporad, 1928. XIV,
Berecche e la guerra, Milano, Mondadori, 1934. XV, Una giornata, Milano,
Mondadori, 1937. Poesia Dal 1883 al 1912 si svolge la produzione letteraria di
Pirandello meno conosciuta dal grande pubblico, quella delle poesie che,
contrariamente alla composizione teatrale, non esprimono alcun tentativo di
rinnovamento sperimentale estetico, e seguono piuttosto le forme e i metri
tradizionali della lirica classica, pur non rimandando a nessuna delle correnti
letterarie presenti al tempo dello scrittore. Nell'antologia poetica Mal
giocondo, pubblicata a Palermo nel 1889, ma la cui prima lirica risale al 1880,
quando Pirandello aveva appena tredici anni, emerge uno dei temi dell'ultima
estetica pirandelliana del contrasto tra la serena classicità del mito e
l'ipocrisia e la immoralità sociale della contemporaneità. Sono presenti, come
nota lo stesso Pirandello, anche toni umoristici, specie quelli derivati dal
suo soggiorno a Roma[71]. Le raccolte di poesie sono: Mal giocondo,
Palermo, Libreria Internazionale Pedone Lauriel, 1889. Pasqua di Gea, Milano,
Libreria editrice Galli, 1891 (dedicata a Jenny Schulz-Lander, di cui si
innamorò a Bonn, con una chiara influenza della poesia di Carducci). Pier
Gudrò, 1Roma, Voghera, 1894. Elegie renane, 1889-90, Roma, Unione Cooperativa
Editrice, 1895 (il cui modello sono le Elegie romane di Goethe); Elegie romane,
traduzione di Johann Wolfgang von Goethe, Livorno, Giusti, 1896. Zampogna,
Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1901. Scamandro, Roma, Tipografia Roma,
1909. Fuori di chiave, Genova, Formiggini, 1912.Pirandello nel cinema
Inizialmente Pirandello non amava molto il cinema, considerato inferiore al
teatro, e questo interesse maturò lentamente, negli anni: «Il rapporto tra
Pirandello e il cinema fu complesso, ambiguo, conflittuale, a volte di totale
rifiuto, altre volte di grande curiosità. E fu certamente la curiosità per
questa nuova modalità di narrazione per immagini, che si era già strutturata
come industria cinematografica, che lo spinse a scrivere il romanzo Si gira,
pubblicato una prima volta nel 1916 e poi ripubblicato nel 1925 con il titolo
Quaderni di Serafino Gubbio operatore. In questo romanzo il suo giudizio sul
cinematografo è spietato sia quando teme che il pubblico abbandoni i teatri per
correre a vedere su uno schermo "larve evanescenti" prodotte in
maniera meccanica e fredda, sia quando descrive il mondo della produzione
cinematografica popolato di personaggi volgari impeg confezionare prodotti
commerciali per soddisfare il palato delle masse e gli interessi degli uomini
d'affari. Nello stesso tempo la struttura stessa del racconto letterario e
l'ipotesi, da Pirandello stesso formulata, di trarne un film prefigurano
un'idea di linguaggio cinematografico di grande modernità: il film nel film.
Momento cruciale per la storia del cinema, nei primi decenni del suo sviluppo,
fu l'avvento del sonoro. Anche in questo caso ad un iniziale rifiuto seguì una
svolta significativa. In una lettera a Marta Abba, Pirandello scrisse:
"L'avvenire dell'arte drammatica e anche degli scrittori di teatro è
adesso là. Bisogna orientarsi verso una nuova espressione d'arte: il film
parlato. Ero contrario, mi sono ricreduto" [72].» Pirandello
sul set de Il fu Mattia Pascal con Pierre Blanchar e Isa Miranda Il lume
dell'altra casa di Ugo Gracci (1918) Il crollo di Mario Gargiulo (1919) Lo
scaldino di Augusto Genina (1920) Ma non è una cosa seria di Augusto Camerini, La
rosa di Arnaldo Frateili Il viaggio di Gennaro Righelli (1921) Il fu Mattia Pascal
di Marcel L'Herbier La canzone
dell'amore 1930 di Gennaro Righelli, primo film sonoro italiano è tratto dalla
novella In silenzio. Come tu mi vuoi (As You Desire Me) (1932) di George Fitzmaurice
con Greta Garbo Acciaio (1933) di Walter Ruttmann, soggetto originale di Luigi
Pirandello Il fu Mattia Pascal di Pierre Chenal , Questa è la vita di Giorgio
Pàstina, Aldo Fabrizifilm a quattro episodi, tutti tratti da una novella: La
giara, Il ventaglino, La patente e Marsina stretta. Come prima, meglio di prima
(1956) (Never say goodbye) di Jerry Hopper Liolà (1963) di Alessandro Blasetti
Il viaggio (1974) di Vittorio De Sica Enrico IV (1984) di Marco Bellocchio Kaos
(1984) di Paolo e Vittorio Taviani (adattamento da Novelle per un anno) Le due
vite di Mattia Pascal di Monicelli Tu ridi (1998) di Paolo e Vittorio Taviani
(adattamento da Novelle per un anno) La balia (1999) di Bellocchio (adattamento
da Novelle per un anno) Pirandello nell'opera lirica La favola del figlio
cambiato di Gian Francesco Malipiero, 1934 Liolà di Giuseppe Mulè, Six
Characters in Search of an Author di Hugo Weisgall, Sagra del Signore della
Nave di Michele Lizzi, 12 marzo 1971 Sogno (ma forse no) di Luciano Chailly,
1975 Opere Mal giocondo, Palermo, Libreria Internazionale Pedone Lauriel, 1889.
A la sorella Anna per le sue nozze, Roma, Tipo-Litografia Miliani e Filosini,
1890. Pasqua di Gea, Milano, Libreria editrice Galli, 1891. Amori senza amore,
Roma, Bontempelli, 1894. Pier Gudrò, 1809-1892, Roma, Voghera, Elegie renane,
1889-90, Roma, Unione Cooperativa Editrice, 1895. Traduzione di Johann Wolfgang
von Goethe, Elegie romane, Livorno, Giusti, 1896. Zampogna, Roma, Società Editrice
Dante Alighieri, Beffe della morte e della vita, Firenze, Lumachi, 1902.
Lontano. Novella, in "Nuova Antologia", 1-16 gennaio 1902. Quand'ero
matto.... Novelle, Torino, Streglio, 1902. Il turno, Catania, Giannotta, 1902.
Beffe della morte e della vita. Seconda serie, Firenze, Lumachi, 1903. Notizia
letteraria, in "Nuova Antologia", 16 gennaio 1904. Dante. Poema
lirico di G. A. Costanzo, in "Nuova Antologia", 1904. Bianche e nere.
Novelle, Torino, Streglio, 1904. Il fu Mattia Pascal, Roma, Nuova Antologia,
1904. Erma bifronte. Novelle, Milano, Treves, 1906. Prefazione a Giovanni
Alfredo Cesareo, Francesca da Rimini. Tragedia, Milano, Sandron, 1906. Studio
preliminare a Alberto Cantoni, L'illustrissimo. Romanzo, Roma, Nuova Antologia,
1906. Arte e scienza. Saggi, Roma, Modes, 1908. L'esclusa, Milano, Treves, Umorismo,
Lanciano, Carabba, 1908. Scamandro, Roma, Tipografia Roma, La vita nuda.
Novelle, Milano, Treves, 1910. Suo marito, Firenze, Quattrini, Fuori di chiave,
Genova, Formiggini, 1912. Terzetti, Milano, Treves, 1912. I vecchi e i giovani,
2 volumi, Milano, Treves, 1913. Cecè. Commedia in un atto, in "La
lettura", Le due maschere, Firenze,
Quattrini, Erba del nostro orto, Milano, Studio editoriale Lombardo, La
trappola. Novelle, Milano, Treves, 1915. Se non così.... Commedia in tre atti,
in "Nuova Antologia", 1º gennaio 1916. Si gira.... Romanzo, Milano,
Treves, 1916. E domani, lunedì.... Novelle, Milano, Treves, 1917. Liolà.
Commedia campestre in tre atti, Roma, Formiggini, 1917. Se non così. Commedia
in tre atti. Con una lettera alla protagonista, Milano, Treves, 1917. Un
cavallo nella luna. Novelle, Milano, Treves, 1918. Maschere nude, Milano, Treves, Pensaci, Giacomino, Così è
(se vi pare), Il piacere dell'onestà, Milano, Treves, 1918. II, Il giuoco delle
parti. In tre atti, Ma non è una cosa seria. Commedia in tre atti, Milano,
Treves, Lumie di Sicilia. Commedia in un atto, Il berretto a sonagli. Commedia
in due atti, La patente. Commedia in un atto, Milano, Treves, L'innesto.
Commedia in tre atti, La ragione degli altri (ex Se non così). Commedia in tre
atti, Milano, Treves, Berecche e la
guerra, Milano, Facchi, 1919. Il carnevale dei morti. Novelle, Firenze,
Battistelli, Tu ridi. Novelle, Milano, Treves, 1920. Pena di vivere così, Roma,
Nuova libreria nazionale, Maschere nude,
31 voll., Firenze, Bemporad, Milano, Mondadori, Tutto per bene. Commedia in tre
atti, Firenze, Bemporad, 1920. II, Come prima meglio di prima. Commedia in tre
atti, Firenze, Bemporad, Sei personaggi in cerca d'autore. Ccommedia da fare,
Firenze, Bemporad, Enrico IV. Tragedia in tre atti, Firenze, Bemporad, 1922. V,
L'uomo, la bestia e la virtù. Apologo in tre atti, Firenze, Bemporad, 1922. VI,
La signora Morli, una e due. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Vestire
gli ignudi. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, La vita che ti diedi.
Tragedia in tre atti , Firenze, Bemporad, Ciascuno a suo modo. Commedia in due
o tre atti con intermezzi corali, Firenze, Bemporad, 1924. X, Pensaci,
Giacomino! Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Così è (se vi pare). Parabola
in tre atti, Firenze, Bemporad, 1925. XII, Sagra del signore della nave,
L'altro figlio, La giara. Commedie in un atto, Firenze, Bemporad, 1 Il piacere
dell'onestà. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, Il berretto a sonagli. commedia in due atti, Firenze,
Bemporad, Il giuoco delle parti. in tre
atti, Firenze, Bemporad, Ma non è una cosa seria. commedia in tre atti,
Firenze, Bemporad, L'innesto. commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, La
ragione degli altri. commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, L'imbecille,
Lumie di Sicilia, Cecè, La patente. commedie in un atto, Firenze, Bemporad, All'uscita.
Mistero profano, Il dovere del medico. Un atto, La morsa. Epilogo in un atto,
L'uomo dal fiore in bocca. Dialogo, Firenze, Bemporad, Diana e la Tuda. Tragedia
in tre atti, Firenze, Bemporad, L'amica
delle mogli. Commedia in tre atti, Firenze, Bemporad, La nuova colonia. Mito.
Prologo e tre atti, Firenze, Bemporad, Liolà. Commedia campestre in tre atti,
Firenze, Bemporad, O di uno o di nessuno. Commedia in tre atti, Firenze,
Bemporad, Lazzaro. Mito in tre atti, Milano-Roma, Mondadori, Questa sera si
recita a soggetto, Milano-Roma, Mondadori, Come tu mi vuoi. Tre atti, Milano-Roma,
Mondadori, Trovarsi. Tre atti, Milano-Roma, Mondadori, Quando si è qualcuno. Rappresentazione
in tre atti, Milano, Mondadori, 1933. XXXI, Non si sa come. Dramma in tre atti,
Milano, Mondadori, 1935. Novelle per un anno, 15 voll., Firenze, Bemporad,
Milano, Mondadori, I, Scialle nero, Firenze, Bemporad, La vita nuda, Firenze,
Bemporad, La rallegrata, Firenze, Bemporad, L'uomo solo, Firenze, Bemporad, V,
La mosca, Firenze, Bemporad, 1923. VI, In silenzio, Firenze, Bemporad, Tutt'e
tre, Firenze, Bemporad, 1Dal naso al cielo, Firenze, Bemporad, Donna Mimma,
Firenze, Bemporad, 1925. X, Il vecchio Dio, Firenze, Bemporad, La giara,
Firenze, Bemporad, Il viaggio, Firenze, Bemporad, 1928. XIII, Candelora,
Firenze, Bemporad, Berecche e la guerra,
Milano, Mondadori, Una giornata, Milano,
Mondadori, 1937. Teatro dialettale siciliano, VII, 'A vilanza, Cappiddazzu paga
tuttu, con Nino Martoglio, Catania, Giannotta, 1922. Prefazione a Nino
Martoglio, Centona. Raccolta completa di poesie siciliane con l'aggiunta di
alcuni componimenti inediti, Catania, Giannotta, Quaderni di Serafino Gubbio
operatore, Firenze, Bemporad, 1925. Uno, nessuno e centomila, Firenze,
Bemporad, 1926. Prefazione a Ezio Levi, Lope de Vega e l'Italia, Florencia,
Sansoni, 1935. Introduzione a Silvio D'Amico , Storia del teatro italiano,
Milano, Bompiani, 1936. In un momento come questo, in "Nuova
Antologia", 1º gennaio 1936. Giustino Roncella nato Boggiolo, in Tutti i
romanzi, Milano, Mondadori, Tutti i romanzi, 2 voll., Milano, A. Mondadori,
1973. Novelle per un anno, 3 voll., 6 tomi, Milano, A. Mondadori, 1985.
Maschere nude, 4 voll., Milano, A. Mondadori, 1986. Lettere a Marta Abba,
Milano, A. Mondadori, 1Saggi e interventi, Milano, A. Mondadori, Oltre al Nobel
ricevette diverse onorificenze: Cavaliere di Collare dell'Ordine equestre
del Santo Sepolcro di Gerusalemmenastrino per uniforme ordinariaCavaliere di
Collare dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Arcade Minore
della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinesenastrino per uniforme
ordinariaArcade Minore della Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese —
Canicattì Intitolazioni A Luigi Pirandello è stato dedicato l'asteroide Pirandello.
Enciclopedia Italiana Treccani alla voce "Girgenti" In Andrea Camilleri. Biografia del figlio
cambiato, Milano, Luigi Pirandello, Lettere da Palermo e da Roma, Bulzoni,
Roma, nell'introduzione Il risorgimento familiare di Luigi Pirandello. intrasformazione.com,
//intrasformazione.com/index.php /intrasformazione/article/download/21/pdf. In siti web Medicina e Insonnia. in ..
Riferimenti autobiografici a questo problema che affliggeva Pirandello si
trovano in numerose sue opere: Il turno, L'amica delle mogli, Il fu Mattia
Pascal, L'uomo solo, La trappola, La giara
G. Bonghi, Biografia di Luigi Pirandello, Edizione dei classici italiani A. Camilleri, op.cit. In effetti, Luigi Pirandello affermava in un
lettera ai familiari da Roma del 27 novembre 1887: «I professori di questa
università, nella facoltà mia, sono d’una ignoranza nauseante» (in Lettere giovanili
da Palermo e da Roma Bulzoni, Roma, Pirandello difese pubblicamente durante una
lezione un suo compagno rimproverato ingiustamente dal rettore. Marco Manotta, Luigi Pirandello, Pearson
Italia S.p.a., Da Album Pirandello, I
Meridiani Mondadori, Milano, A. Camilleri, Biografia del figlio cambiato, BU «La storia di Luigi e Antonietta ... è
infatti quella di un matrimonio di una Sicilia di fine '800, combinato per
interesse, da parte di due soci nel commercio dello zolfo. Antonietta porta la
dote che assicura ai giovani sposi sbarcati da Girgenti in continente e approdati
a Roma, una vita tranquilla e permette a Luigi di affermarsi come scrittore. Il
matrimonio d'interesse è sublimato grazie alla letteratura e diventa "un
matrimonio d'amore con la moglie ideale".» (in Anna Maria Sciascia, Il
gioco dei padri. Pirandello e Sciascia, Avagliano Editore, Salvatore
Guglielmino, Hermann Grosser, Il sistema letterario Milano, Principato, Storia
3. Giancarlo Mazzacurati , Introduzione
e biografia di Pirandello, dalla Prefazione a Il fu Mattia Pascal, Einaudi
tascabili Vita di Luigi Pirandello
Pirandello e la moglie Antonietta
Gaspare Giudice, Luigi Pirandello,Unione Tipografico-Editrice Torinese, Marco
Manotta, Luigi Pirandello, Ed. Pearson Paravia Bruno Mondadori, Luigi
Pirandello, Stefano Pirandello, Andrea Pirandello, Il figlio prigioniero:
carteggio tra Luigi e Stefano Pirandello durante la guerra Mondadori, Motivazione del Premio Nobel per la
Letteratura 1934 Tutti i no di Mussolini a Pirandello. L'arcifascista non
piaceva al Duce[collegamento interrotto]
Gaetano Afeltra, "Mia cara Marta". L'amore platonico di
Pirandello Tra Pirandello e Marta Abba
ottocento lettere di emozioni Einstein e
l'invito a Pirandello. Lo scontro che nessuno vide Luciano Lucignani, Pirandello, la vita nuda,
Giunti, Pirandello e la prima guerra mondiale Archiviato il 24 marzo in . Pirandello chiede di entrare nei
Fasci, in "La Stampa",Francesco Sinigaglia, I volti della violenza a
teatro, Lucca, Argot edizioni67 In
realtà Pirandello non fu l'unico importante intellettuale italiano che si iscrisse
al Partito Nazionale Fascista nel pieno della vicenda Matteotti. Giuseppe
Ungaretti, ad esempio, si iscrisse al PNF appena nove giorni dopo il funerale
di Matteotti (Stato matricolare di Ungaretti, Università "La
Sapienza" di Roma, Ufficio storico, fasc. AS 2770, Ungaretti
Giuseppe). Documenti:Pirandello e l'adesione al fascismo Gaspare
Giudice, Luigi Pirandello, UTET Torino 1963 Pirandello e la politica, su
atuttascuola.it. Gina Lagorio «Troppi idioti» E Pirandello partì
Pirandello, nudità e fascismo
Pirandello. Gli anni del fascismo Archiviato il 24 marzo in .
Benito Mussolini, Nel solco delle grandi filosofie. Relativismo e fascismo,
in Il popolo d'Italia, «Le idee di Mazzini e di Sorel influenzarono
profondamente il fascismo di Mussolini e Gentile...» (Simonetta Falasca
Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, Rubbettino Editore, «...Sorel è veramente il notre maître»
(B.Mussolini, Il Popolo in Opera Omnia II p.126) Luigi Pirandello,
Interviste a Pirandello: parole da dire, uomo, agli altri uomini, Rubbettino
Editore, 2002nota 3316 riportato da G.
Giudice nel suo saggio Prefazione alle
Novelle per un anno, Milano 1956 Storie
dalla storia / L'oro alla PatriaIl Sole 24 ORE
Marta Sambugar, Letteratura italiana per moduli, 2 Incontro con l'autore:
Luigi Pirandello Robert S. Dombroski,
L'esistenza ubbidiente. Letterati italiani sotto il fascismo, Guida Editori,
1984 L'Ovra a Cinecittà di Natalia ed
Emanuele V. Marino, Bollati Boringhieri, Il Post.it, 8 novembre I giganti della montagna, taote.it. l'8 novembre . «Così, in una bara in affitto, riportammo ad
Agrigento le sue ceneri. Malgrado i divieti prima del gerarca, poi del
prefetto, e infine del vescovo.» In Camilleri e lo strano caso delle ceneri di
Pirandello, su PirandelloWeb, 1º ottobre . 2 gennaio . Nino Borsellino, Il dio di Pirandello:
creazione e sperimentazione, Sellerio, 2004,
159 e sgg. e Roberto Alajmo, Le ceneri di Pirandello, ed. Drago, 2008 in Saggi poesie, scritti varii Mondadori,
Milano "I filosofi hanno il torto
di non pensare alle bestie e davanti agli occhi di una bestia crolla come un
castello di carte qualunque sistema filosofico". Daniela Marcheschi, Introduzione a Luigi
Pirandello, "L'umorismo", Milano, Oscar Mondadori, X. Nel marzo del 2009, la professoressa e critico
letterario Daniela Marcheschi ha rivelato che Pirandello aveva copiato intere
pagine del saggio da opere precedenti di Léon Dumont, poi di Alfred Binet,
Gabriel Séailles, Gaetano Negri, Giovanni Marchesini, nonché dalla Storia e
fisiologia dell'arte di Ridere di Tullo Massarani. Vedi articolo de Il
Giornale, in Caro Pirandello, ti ho beccato a copiare. Luigi Pirandello, L'umorismo e altri saggi,
Giunti Editore, 1994, p.116 Salvatore Guglielmino, Hermann Grosser, Il
sistema letterario Milano, Principato, Testi 8.
Claudia Sebastiana Nobili, Pirandello: guida al Fu Mattia Pascal,
Carocci, Scrittori sull'orlo di una scelta spiritista Sambugar, Il
pensiero pirandelliano s'inserisce in un contesto culturale in cui è presente
il concetto di "relativismo": la teoria della relatività di Einstein,
il Principio di indeterminazione di Heisenberg, la teoria quantistica di Max
Planck, la filosofia del sociologo Georg Simmel che fonda il suo relativismo
sulla convinzione che non esistono leggi storiche obiettivamente valide
(http://treccani.it/enciclopedia/georg-simmel_(Dizionario-di-filosofia). E
nelle arti figurative il relativismo è ripreso dal cubismo caratterizzato da
una rappresentazione dell'oggetto considerato simultaneamente da diversi punti
di vista. Salvatore Guglielmino, Hermann
Grosser, Il sistema letterario 2000, Milano, Principato, Luigi Pirandello,
Maschere nude, Italo Zorzi e Maria Argenziano, Newton Compton Editori,
2007 Elio Providenti , Luigi Pirandello.
Epistolario familiare giovanile Quaderni della Nuova Antologia, Le Monnier,
Firenze, Roberto Alonge, Pirandello, Laterza, Bari, Elio Providenti , Luigi
Pirandello. Epistolario familiare giovanile (18861898), Quaderni della Nuova
Antologia XXIV, Le Monnier, Firenze, 1985, pag. 26. Umberto Artioli,
L'officina segreta di Pirandello, Laterza, RomaBari, Luigi Pirandello, una vita
da autore, repubblicaletteraria.it. l'8
novembre . Claudio Vicentini, Pirandello
il disagio del teatro, Saggi Marsilio, Venezia, La prima rappresentazione della commedia La
morsa si ebbe a Roma, al Teatro Metastasio, il 9 dicembre 1910, ad opera della
Compagnia del "Teatro minimo" diretta da Nino Martoglio che la mise
in scena assieme all'atto unico Lumie di Sicilia. Pirandello cedendo alle
insistenze di Martoglio acconsentì a che La morsa e Lumie di Sicilia fossero
rappresentate nella stessa serata. I due atti unici ebbero diverso esito presso
il pubblico, che accolse con favore La morsa, mentre non gradì Lumie di Sicilia
(in Interviste a Pirandello: "parole da dire, uomo, agli altri
uomini" di Ivan Pupo, editore Rubettino, Legato a ricordi della fanciullezza di
Pirandello. Davide Savio, Il carnevale
dei morti. Sconciature e danze macabre nella narrativa di Luigi Pirandello,
Novara, Interlinea, . «Il mio primo libro
fu una raccolta di versi, Mal giocondo, pubblicata prima della mia partenza per
la Germania. Lo noto, perché han voluto dire che il mio umorismo è provenuto
dal mio soggiorno in Germania; e non è vero; in quella prima raccolta di versi
più della metà sono del più schietto umorismo, e allora io non sapevo neppure
che cosa fosse l'umorismo». (Da una sintetica autobiografia, scritta da
Pirandello probabilmente fra il 1912 e il 1913, per il periodico romano
"Le lettere", del 15 ottobre 1924)
Pirandello e il cinema di Amedeo Fago Pirandello NASA. Luigi Pirandello,
Enrico 4., Firenze, Bemporad e figlio, Luigi Pirandello, Esclusa, Milano, Fratelli
Treves,Luigi Pirandello, Fu Mattia Pascal, Milano, Fratelli Treves, I
Pirandello. La famiglia e l'epoca per immagini, Sarah Zappulla Muscarà e Enzo
Zappulla, Catania, la Cantinella, Roberto Alonge, Luigi Pirandello, Roma-Bari,
Laterza, Umberto Artioli, L'officina segreta di Pirandello, Bari, Laterza, Renato
Barilli, La linea Svevo-Pirandello, Milano, Mursia, Ettore Bonora, Sulle
novelle per un anno in Montale e altro novecento, Caltanissetta-Roma, Sciascia,
Nino Borsellino, Ritratto e immagini di Pirandello, Roma-Bari, Laterza, Nino
Borsellino e Walter Pedullà (diretta da), Storia generale della letteratura
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Lazzaro. Kahlil Gibran e Luigi Pirandello, in «Asprenas», Antonino
Pagliaro, U ciclopu, dramma satiresco di
Euripide ridotto in siciliano da Luigi Pirandello, Firenze, Le Monnier, Giuditta
Podestà, Kafka e Pirandello, in "Humanitas", Filippo Puglisi, L'arte
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Sichera, «Ecce Homo!» Nomi, cifre e figure di Pirandello, Firenze, Olschki, Riccardo
Scrivano, La vocazione contesa. Note su Pirandello e il teatro, Roma, Bulzoni, Giorgio
Taffon, Luigi Pirandello nel gran teatro del mondo d'oggi, in Maestri
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'Sei personaggi', testo inedito di Luigi Pirandello, Firenze, Liberoscambio, Sarah
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Nazionale Studi Pirandelliani, su cnsp.it. Istituto di studi pirandelliani, su
studiodiluigipirandello.it. Emanuele Licastro, Pirandello fra Spengler e
Wittgenstein.
pirro:
Vincenzo Pirro (San Severo), filosofo. Docente a Palermo. Ancora
studente universitario, inizia ad insegnare presso l'Istituto Roosevelt di
Palermo, che vide tra l'altro nello stesso periodo la presenza di Don Pino
Puglisi. Allievo di Spirito alla "Sapienza" di Roma, si laureò con
una tesi sul pensiero estetico di Allmayer, di cui fu relatore Plebe.
Professore, ha insegnato a Perugia accanto ad Negri. Successivamente ha
insegnato snei licei, accompagnando all'insegnamento sempre una intensa
attività di ricerca. Fu studioso di Gentile, e pubblicò il suo primo volume,
L'attualismo di G. Gentile e la religione presso l'editore Sansoni. Fra i suoi
lavori si ricordano anche Filosofia e politica in Benedetto Croce, pubblicato
presso l'editore Bulzoni. Si interessò successivamente anche alla ricerca
storiografica e svolse numerosi studi di storia locale sulla città di Terni.
Esponente di spicco della vita culturale della città umbra, ne ha studiato gli
aspetti poco indagati di quella che fino ad allora era una città ancorata ad
una dimensione prettamente industriale. Sotto la Giunta di Gianfranco Ciaurro,
coordina il progetto per la realizzazione del nuovo museo archeologico della
città di Terni da realizzarsi nel convento di San Pietro, il progetto ebbe la
supervisione dell'archeologo Renato Peroni. Vincenzo Pirro nei suoi studi
di storia contemporanea ha ricostruito, prima della pubblicazione de Il sangue
dei vinti di Giampaolo Pansa, episodi della guerra civile nell'Umbria
meridionale, tra cui l'assassinio del sindacalista Maceo Carloni e del
dirigente d'azienda Alessandro Corradi. Nel 1989 fonda con altri
studiosi locali il "Centro Studi Storici", un'associazione culturale
di ricerca storica a cui viene collegata la rivista scientifica Memoria
Storica. L'obiettivo della rivista, uscita a detta di Pirro è quello di porre
fine "all'amnesia organizzata", facendo conoscere a tutti le vicende
di una città figlia non solo dell'industrializzazione. Accanto ad un nuovo
sguardo per le vicende passate la rivista inaugura una stagione di storiografia
libera da condizionamenti ideologici e basata sull'assoluta scientificità
nell'utilizzo delle fonti. Ha suscitato critiche per la ricostruzione di
alcuni episodi di violenza avvenuti durante la resistenza antifascista nel centro
Italia, critiche che si sono particolarmente concentrate all'indomani della sua
scomparsa ad opera di storici locali, che lo hanno accusato di
"revisionismo". In realtà il lavoro effettuato da Pirro, come anche
affermato da Parlato nella prefazione di Regnum hominis, è sempre stato
suffragato dalla presenza della fonte documentale. Inoltre le vicende
ricostruite, come ad esempio quella dell'uccisione di Corradi o Urbani, ad opera
dei partigiani non erano mai state trattate dalla storiografia cosiddetta
"ufficiale". È stato consigliere dell'stituto per la Storia
dell'Umbria Contemporanea e dell'stituto di Cultura della Storia dell'Impresa
"Franco Momigliano" e presidente della sezione di Terni dell'Istituto
per la Storia del Risorgimento italiano. È morto all'improvviso, a causa di un
infarto, nella sua casa di Terni, completando il suo ultimo studio dedicato
alla storia della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di
Perugia. -- è uscita l'opera postuma, intitolata Regnum hominis,
l'umanesimo di Giovanni Gentile. L'opera fa parte della collana scientifica
della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma, è stato ritrovato un
suo ulteriore scritto postumo dedicato al Risorgimento pubblicato con la casa
editrice Morphema intitolato Scritti sul Risorgimento; è uscito, curato da
Hervé Cavallera, un volume postumo dedicato alla pedagogia di Gentile
intitolato "Dopo Gentile dove va la scuola italiana". Pirro e
Hervè Cavallera al convegno sul pensiero di Giovanni Gentile presso l'Istituto
dell'Enciclopedia Italiana a Roma. Il
Consiglio Comunale di Terni delibera di dedicare la "Sala Tacito" di
Palazzo Carrara in Terni alla memoria di Pirro. L'inaugurazione della sala
"Vincenzo Pirro" si è svolta il 12 marzo e con l'occasione è stato presentato il
volume contenente il carteggio epistolare del professore intitolato "La
vita come Ricerca, la vita come Arte, la vita come Amore" , titolo
riferito alle omonime opere di Ugo Spirito. Il 28 Ottobre in occasione delle celebrazioni per gli
ottanta anni della fondazione del Liceo "Tacito" di Terni, viene
inaugurata, nell'atrio della scuola, una targa dedicata al prof. Vincenzo Pirro
con una dicitura tratta da una poesia di Kahil Gibran. Altre opere
postume vengono prodotte nel luglio , esce "Italia e Germania nel
Novecento", raccolta di scritti di Pirro tratti da "Nuovi Studi
Politici", rivista fondata da Salvatore Valitutti. Nel marzo esce una raccolta di memorie di scritti di
garibaldini intitolata "Correva l'anno 1867Terni e l'affrancamento di Roma
nelle memorie dei garibaldini. Nel luglio del è uscita una nuova opera di carattere
filosofico intitolata "Filosofia e Politica e Giovanni Gentile"
curata dal prof. H. A. Cavallera ed edita dalla casa editrice Aracne. La
Giunta del Comune di Terni ha deliberato la posa di una targa in memoria presso
la dimora di Pirro. La Soprintendenza
Archivistica dell'Umbria e delle Marche, dichiara l'archivio di Vincenzo Pirro
"di notevole interesse culturale" ai sensi del T.U. dei Beni
Cultural. In occasione del decennale dalla scomparsa viene scoperta,sulla casa
dove ha vissuto il professore, una targa commemorativa. In occasione del
decennale della scomparsa viene pubblicato dalla casa editrice Intermedia il
volume collettaneo Hervè A. Cavallera "L'unica via è il Pensieroscritti in
memoria di Vincenzo Pirro". Targa commemorativa di Vincenzo Pirro
posta sulla casa a Piazza Clai a Terni Opere: Opere (elenco parziale), “ Una
missiva fra Spirito e Pirro,” “L'attualismo di Gentile e la religione, Firenze,
Sansoni, Filosofia e politica in Benedetto
Croce, Roma, Bulzoni,Filosofia e politica in Giovanni Gentile, Firenze,
Sansoni, La riforma Gentile e il Fascismo, in Giornale critico della filosofia
italiana, Firenze, Sansoni, Il pensiero politico nell'idealismo italiano,
Firenze, Sansoni, 1974 La prassi come educazione nella gentiliana
interpretazione di Marx, Firenze, Sansoni, 1Cultura e politica in B. Croce,
Firenze, Sansoni, “Filosofia e politica: il problematicismo di Spirito,” Roma,
Bulzoni, “Per una storia dell'Umbria durante la repubblica fascista,” Perugia,
IRRSAE, “Terni nell'età rivoluzionaria e napoleonica,”Arrone, Thyrus, Terni e la sua Provincia durante la Repubblica
Sociale, Arrone, Thyrus,Romano Ugolini e Vincenzo Pirro, Giuseppe Petroni,
dallo Stato Pontificio all'Italia unita, Edizioni scientifiche italiane,
Napoli, (V.P.) Interamna Narthiummateriali per il museo archeologico di Terni,
Arrone, Thyrus Le acque pubbliche gli acquedotti di derivazione e le
utilizzazioni idrauliche del territorio di Terni nei sommari riguardi: tecnico,
legislativo e storico, Terni-Giada, ICSIM, Una scuola una città: il Liceo
ginnasio di Terni, Arrone, Thyrus, Terni nell'età del Risorgimento, Arrone,
Thyrus, Sull'avvenire industriale di Terni / scritti di Luigi Campofregoso;
Vincenzo Pirro Perugia: CRACE/ICSIM, Garibaldi visto da Giovanni Gentile, Roma,
Istituto per la storia del Risorgimento Italiano, 2007 "Per
Garibaldi" (V. Pirro), Arrone, Thyrus, I Giustizieri, La Brigata Gramsci
tra Umbria e Lazio, di Marcello Marcellini, uedizioni Mursia, Vincenzo Pirro ne
scrive la prefazione. Regnum hominis, L'Umanesimo di Giovanni Gentile, Collana
Scientifica Fondazione Ugo Spirito e Renzo de Felice, Roma, Ed, Nuova
Cultura, (pref.del Prof. Giuseppe Parlato)
Scritti sul Risorgimento (G.B. Furiozzi), Terni, Morphema Dopo Gentile dove va la scuola italiana
(Hervé Cavallera), Firenze, Le Lettere
La vita come ricercala vita come artela vita come amore (Hervé
Cavallera), Terni, Morphema Italia GermaniaSaggi
di Filosofia Politica, Amazon ed., luglio
Filosofia e Politica in Giovanni Gentile (Hervé Cavallera), Aracne,
Roma Maceo Carloni: Storia e Politica
(Danilo Sergio Pirro), Intermedia Edizioni, Orvieto, Cura di atti di convegno (parziale)
Manifesto del convegno su Giuseppe Petroni, Vincenzo PirroGiuseppe Garibaldi
nel centenario della morte, Terni Mostra documentaria e pubblicazioneIstituto
della Storia del Risorgimento Giuseppe Petroni Dallo Stato Pontificio
all'Italia unita. Convegno di Studio Terni con relatori i proff. Romano
Ugolini, Franco Della Peruta e Anna Maria Isastia Bicentenario della Rivoluzione
Francese, Terni Vincenzo Pirro , Gli arabi e noi: atti del convegno di studi su
Il nazionalismo arabo, Terni, maggio 1991, Arrone: Thyrus (con Domenico
Cialfi), La nascita della Repubblica e gli anni della ricostruzione: mostra
storico-documentaria, Bibliomediateca, Terni, 7ricerca storico
documentaria Domenico Cialfi e Vincenzo Pirro; sezione locale della mostra in
collaborazione con Archivio di Stato di Terni e Biblioteca comunale di Terni;
in collaborazione con Centro per la promozione del libro, ISUC, Istituto per la
storia dell'Umbria contemporanea, Arrone, Thyrus, Vincenzo Pirro , Intorno alle
miniere di ferro e alle ferriere dell'Umbria meridionale, scritti di Auguste De
Vaux et al.; Vincenzo Pirro, Terni: CRACE/ICSIM, 2003 Vincenzo Pirro , Elia
Rossi Passavanti nell'Italia del Novecento, Atti del Convegno di studi (Terni),
Arrone: Edizioni Thyrus, Vincenzo Pirro , Convegno di studi nel 4. centenario
della fondazione dell'Accademia dei Lincei (Terni), Federico Cesi e i primi
Lincei in Umbria, atti del Convegno di studi nel IV centenario della fondazione
dell'Accademia dei Lincei: Terni, Arrone: Edizioni Thyrus, Accademia Nazionale
dei Lincei Vincenzo Pirro , Mazzini nella cultura italiana: atti del Convegno
di studi, Terni, Arrone: Thyrus, Andrea Giardi e Vincenzo Pirro , Pietro
Antonio Magalott, erudito,
giureconsulto, docente di Diritto, Arrone: Thyrus, Stefania Magliani e Vincenzo
Pirro , Per Garibaldi, Arrone: Thyrus, Vincenzo Pirro , San Valentino patrono
di Terni, atti del Convegno di studi: Terni, Arrone: Thyrus, di Ugo
Spirito La vita come arte, Sansoni, Firenze, La vita come amore, Sansoni
Firenze, La riforma della scuola, Sansoni, Firenze, Il problema dell'unificazione del sapere, in
Dal mito alla scienza, Sansoni, Firenze, Storia della mia ricerca, Sansoni,
Firenze, Dall'attualismo al problematicismo, Sansoni, Firenze di Giovanni
Gentile La sala "Vincenzo Pirro" in Palazzo Carrara a
Terni Il concetto scientifico della pedagogia, in Scuola e Filosofia, Sandron
Palermo Proemio al “Giornale critico della filosofia italiana, a. I, n.
1,Sansoni, Firenze, Educazione e scuola laica, Vallecchi. Firenze Sistema di logica, II, Laterza, Bari La nuova scuola media,
Vallecchi, Firenze, Che cos'è il fascismo. Discorsi e polemiche, Vallecchi
Firenze, Saggi critici, Vallecchi, Firenze, Scritti pedagogici, III, Treves ,Milano-Roma, Origini e dottrina del fascismo, ed. riv. e accr., Istituto Nazionale Fascista,
Roma di Benedetto Croce Contributo alla critica di me stesso. Napoli, Conversazioni
critiche, Laterza, Bari, La letteratura della nuova Italia, IV, ed., Laterza, Bari Cultura e vita morale,
Laterza, Bari, Etica e politica, IV ed., Laterza, Bari, Pagine sparse, I, Laterza, Bari. Vincenzo PirroUna vittima
della guerra civile: Maceo Carloni", in Memoria Storica, Ed. Thyrus,
ArroneAnno , Memoria Storica, Ed. Thyrus, Arrone, e Memoria Storica Ed. Thyrus,
Arrone, Memoria Storica, Thyrus, Arrone, Vd. Bitti. A., Venanzi M. Covino R.,
La storia rovesciata, Crace Ed. Narni A
tal proposito si legga l'articolo uscito sul Corriere dell'Umbria del 2intitolato
La difesa di mio padre. Lettera a F. Giustinelli presidente ICSIM Regnum hominis. L'umanesimo di Giovanni
Gentile, Ed. Nuova Cultura, Roma, , Contenuto nel volume L'uomo e la Storia.
Scritti in onore di T. Nanni, Ed. Thyrus, Arrone, Comunicato stampa del Comune, su comune.terni.it.
9Terni, una targa per Vincenzo Pirro, su umbriaON, L'Unica via è il
pensieroscritti in memoria di Vincenzo Pirro, su fondazionespirito.it. Dopo Gentile dove va la scuola italiana
(Hervé Cavallera), su lelettere.it.
Vincenzo Pirro, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
DANILO PIRRO, COMPLETA AGG. su
drive.google.com. Il lungo percorso storico del prof. PirroTernimagazine del
19.05., su ternimagazine.it. Sito della
Fondazione Ugo Spirito, su fondazionespirito.it. Comunicato stampa del sindaco
di Terni in occasione della scomparsa del prof. Pirro, su comune.terni.it.
2Comunicato di Terninrete in occasione della scomparsa di Pirro, su archive.fo.
Link sull'ultima pubblicazione "Regnum hominis" [collegamento
interrotto], su nuovacultura.it. La recensione di "Regnum hominis" del
Prof. Rodolfo Sideri della Fondazione Ugo Spirito di Roma , su
certificazionenergetica.com. Recensione di "Regnum hominis" su
Archiviostorico.info, su archiviostorico.info. Presentazione di "Regnum
hominis" presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, su
igiovedi.fondazionespirito.it. 7 aprile
(archiviato dall'url originale l'8 aprile ). "Come si falsifica la
storia, il caso di Alverino Urbani" di V. Pirro L'ospite di passaggio , la
difesa di mio padre, di Danilo Sergio Pirro, testo dell'articolo del Corriere
dell'Umbria L'ultimo discorso su youtube.com. V. Pirro Sull'avvenire
industriale di Terni, scritti di Luigi Campofregoso, introduzione , su icsim.it.
5V. Pirro,Rassegna storica del Risorgimento HEGEL GEORG WILHELM FRIEDRICH; MOTI
-- su risorgimento.it. Sito web dedicato a Maceo Carloni, su maceocarloni.it.
Articolo del giornale online UmbriaOn dedicato all'inaugurazione della sala
"Vincenzo Pirro" La vita come Ricerca, la vita come Arte, la Vita
come Amore, articolo di Danilo Sergio Pirro contenuto nell'omonimo volume
commemorativo. L'Archivio un bene culturale della città.
Pitagora – Grice: “Only in Italy, in the twentieth century, a
philosopher would fight for a restitution of the Pythagorean number! – Pitagora or as Strawson would
prefer, “Pythagoras.”La scuola pitagorica a Crotone -- Pythagoras, the most
famous of the pre-Socratic Grecian philosophers. He emigrated from the island
of Samos off Asia Minor to Crotone, in southern Italy in 530. There he founded
societies based on a strict way of life. They had great political impact in
southern Italy and aroused opposition that resulted in the burning of their
meeting houses and, ultimately, in the societies’ disappearance in the fourth
century B.C. Pythagoras’s fame grew exponentially with the pasage of time. Plato’s
immediate successors in the Academy saw true philosophy as an unfolding of the
original insight of Pythagoras. By the time of Iamblichus late third century
A.D., Pythagoreanism and Platonism had become virtually identified. Spurious
writings ascribed both to Pythagoras and to other Pythagoreans arose beginning
in the third century B.C. Eventually any thinker who saw the natural world as
ordered according to pleasing mathematical relations e.g., Kepler came to be
called a Pythagorean. Modern scholarship has shown that Pythagoras was not a
scientist, mathematician, or systematic philosopher. He apparently wrote
nothing. The early evidence shows that he was famous for introducing the
doctrine of metempsychosis, according to which the soul is immortal and is reborn
in both human and animal incarnations. Rules were established to purify the
soul including the prohibition against eating beans and the emphasis on
training of the memory. General reflections on the natural world such as
“number is the wisest thing” and “the most beautiful, harmony” were preserved
orally. A belief in the mystical power of number is also visible in the
veneration for the tetractys tetrad: the numbers 14, which add up to the sacred
number 10. The doctrine of the harmony of the spheres that the heavens move in accord with number
and produce music may go back to
Pythagoras. It is often assumed that there must be more to Pythagoras’s thought
than this, given his fame in the later tradition. However, Plato refers to him
only as the founder of a way of life Republic 600a9. In his account of
pre-Socratic philosophy, Aristotle refers not to Pythagoras himself, but to the
“so-called Pythagoreans” whom he dates in the fifth century. Luigi Speranza,
“Grice e il numero pitagorico nella Italia del novecento.””
pizzi:
Grice: “About
time an Italian philosopher takes ‘la regola di Boezio’ seriously!” -- Claudio E.
A. Pizzi (Milano), filosofo. Laureato a
Milano on una tesi sui condizionali controfattuali, è diventato ricercatore e
poi incaricato di filosofia a Calabria. Ha lavorato a Siena, diventando Professore
-- è stato titolare di un insegnamento
di Logica della Prova presso la Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di
Milano Bicocca. Ha iniziato la sua attivita' di ricerca curando la
traduzione di "An Introduction to Modal Logic" di G.E.Hughes e M. J.
Cresswell, che offriva per la prima volta al pubblico italiano una panoramica
completa e aggiornata della logica intensionale. Ampliando questa linea di
ricerca, ha pubblicato due antologie con lunghe introduzioni, una dedicata alla
logica del tempo e una dedicata alla logica condizionale. A partire dalla fine
degli anni '70 ha pubblicato una serie di articoli su riviste internazionali in
cui viene introdotta una logica detta dell'implicazione consequenziale, il cui
scopo e' riformulare le basi della logica detta connessiva nel quadro della
logica modale standard. Questa traduzione linguistica consente di
assiomatizzare un certo numero di sistemi che risultano completi e decidibili
mediante tableaux. Uno sviluppo verso una generalizzazione di questi risultati
è stato conseguito in due articoli scritti in collaborazione con Timothy
Williamson. Altri temi di ricerca approfonditi nel campo della logica sono
stati il problema della definizione della necessita' in termini di contingenza,
l'applicazione di quadrati e cubi aristotelici alle nozioni modali, l'approccio
alla modalita' in termini di multimodalita', cioè mediante l'impiego di un
linguaggio base avente come primitivi un numero arbitrariamente grande di
operatori modali. Nel campo della filosofia della scienza il tema su cui ha
lavorato in modo preminente è stato quello della teoria controfattuale della
causa, a cui ha dedicato articoli e libri desti un pubblico interessato all'epistemologia
giudiziaria Sempre in questo settore ha pubblicato un libro centrato sul
problema della logica dell'abduzione, un capitolo del quale è dedicato
all'analisi di un caso giudiziario controverso, il disastro di Ustica. Sul tema
di Ustica ha poi pubblicato un volume che contiene una discussione metodologica
delle indagini ancora aperte sul caso, in merito alle quali cura attualmente un
blog. Note Introduzione alla
logica modale, Il Saggiatore, Milano, La Logica del tempo, Boringhieri, Torino,
Leggi di Natura, Modalita', Ipotesi. Feltrinelli, Milano, V. Wansing H.,
Connexive Logic in Zalta Edward N. (ed.) Stanford Encyclopedia of
Philosophy Vedi in particolare Strong
Boethius'Thesis and Consequential Implication, Journal of Philosophical Logic, V.
Necessity and Relative Contingency, Studia Logica, Generalization and
Composition of Modal Squares of Oppositions, Logica Universalis, Modalities and Multimodalities, N.Y.,
Springer, with W.Carnielli) V. in
particolare Eventi e Cause. Una prospettiva condizionalista, Giuffre', Milano, V.
Diritto, Abduzione e Prova, Giuffre', Milano, Ripensare Ustica, Createspace
(Amazon), Implicazione logica Causalità
(filosofia) Abduzione Strage di Ustica
Blog ufficiale, su claudiopizziit.wordpress.com.
pizzorno: Alessandro
Pizzorno (Trieste), filosofo. Fu un apprezzato filosofo di fama
internazionale. Compì studi a Torino,
Vienna e Parigi. Assunse la direzione del Centro di relazioni industriali della
Olivetti di Ivrea. Insegnò presso importanti università italiae: Urbino, Milano, Oxford (Nuffielde), Harvard, Teheran,
Fiesole. Oltre agli importanti studi
sulla materia sociologica condusse ricerche di sociologia economica e politica,
in special modo sulle organizzazioni sindacali e sui conflitti di classe, sulla
politica italiana e i suoi aspetti, sui rapporti tra sistemi politici ed
economici nelle società industriali. Fu
insignito di alcuni premi, tra cui la Medaglia del Presidente della Repubblica
al Premio Nazionale Letterario Pisa.
Opere: Le classi sociali (Il Mulino) Comunità e razionalizzazione
(Einaudi) Lotte operaie e sindacato in Italia, “Le regole del pluralism, I
soggetti del pluralismo. Classi, partiti, sindacati (Bologna) Le radici della
politica assoluta (Feltrinelli3) Il potere dei giudici ("Il nocciolo",
Laterza) Il velo della diversità. Studi su razionalità e riconoscimento
(Feltrinelli) Sulla maschera (Il Mulino)
Alessandro Pizzorno, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Pubblicazioni su Persée, Ministère de
l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Registrazioni di Alessandro Pizzorno, su RadioRadicale.it,
Radio Radicale.
PIACERE
– Grice: “The Italians cannot stand the “pl-“ as the Romans did – so the
placitum of Cicero is the piacere of D’Annunzio!” placitvm -- hedonism, the view that
pleasure including the absence of pain is the sole intrinsic good in life. The
hedonist may hold that, questions of morality aside, persons inevitably do seek
pleasure psychological hedonism; that, questions of psychology aside, morally
we should seek pleasure ethical hedonism; or that we inevitably do, and ought
to, seek pleasure ethical and psychological hedonism combined. Psychological
hedonism itself admits of a variety of possible forms. One may hold, e.g., that
all motivation is based on the prospect of present or future pleasure. More
plausibly, some philosophers have held that all choices of future actions are
based on one’s presently taking greater pleasure in the thought of doing one
act rather than another. Still a third type of hedonism with roots in empirical psychology is that the attainment of pleasure is the
primary drive of a wide range of organisms including human beings and is
responsible, through some form of conditioning, for all acquired motivations.
Ethical hedonists may, but need not, appeal to some form of psychological
hedonism to buttress their case. For, at worst, the truth of some form of
psychological hedonism makes ethical hedonism empty or inescapable but not false. As a value theory a theory of
what is ultimately good, ethical hedonism has typically led to one or the other
of two conceptions of morally correct action. Both of these are expressions of
moral consequentialism in that they judge actions strictly by their
consequences. On standard formulations of utilitarianism, actions are judged by
the amount of pleasure they produce for all sentient beings; on some
formulations of egoist views, actions are judged by their consequences for
one’s own pleasure. Neither egoism nor utilitarianism, however, must be wedded
to a hedonistic value theory. A hedonistic value theory admits of a variety of
claims about the characteristic sources and types of pleasure. One contentious
issue has been what activities yield the greatest quantity of pleasure with prominent candidates including
philosophical and other forms of intellectual discourse, the contemplation of
beauty, and activities productive of “the pleasures of the senses.” Most
philosophical hedonists, despite the popular associations of the word, have not
espoused sensual pleasure. Another issue, famously raised by J. S. Mill, is
whether such different varieties of pleasure admit of differences of quality as
well as quantity. Even supposing them to be equal in quantity, can we say,
e.g., that the pleasures of intellectual activity are superior in quality to
those of watching sports on television? And if we do say such things, are we
departing from strict hedonism by introducing a value distinction not really
based on pleasure at all? Most philosophers have found hedonism both psychological and ethical exaggerated in its claims. One difficulty for
both sorts of hedonism is the hedonistic paradox, which may be put as follows.
Many of the deepest and best pleasures of life of love, of child rearing, of
work seem to come most often to those who are engaging in an activity for
reasons other than pleasure seeking. Hence, not only is it dubious that we
always in fact seek or value only pleasure, but also dubious that the best way
to achieve pleasure is to seek it. Another area of difficulty concerns
happiness and its relation to pleasure.
In the tradition of Aristotle, happiness is broadly understood as something
like well-being and has been viewed, not implausibly, as a kind of natural end
of all human activities. But ‘happiness’ in this sense is broader than
‘pleasure’, insofar as the latter designates a particular kind of feeling,
whereas ‘well-being’ does not. Attributions of happiness, moreover, appear to
be normative in a way in which attributions of pleasure are not. It is thought
that a truly happy person has achieved, is achieving, or stands to achieve,
certain things respecting the “truly important” concerns of human life. Of
course, such achievements will characteristically produce pleasant feelings;
but, just as characteristically, they will involve states of active enjoyment
of activities where, as Aristotle first
pointed out, there are no distinctive feelings of pleasure apart from the doing
of the activity itself. In short, the Aristotelian thesis that happiness is the
natural end of all human activities, even if it is true, does not seem to lend
much support to hedonism psychological
or ethical.
plathegel
and ariskantHegel,
“one of the most influential and systematic of the idealists” (Grice), also
well known for his philosophy of history and philosophy of religion. Life and
works. Hegel, the eldest of three children, was born in Stuttgart, the son of a
minor financial official in the court of the Duchy of Württemberg. His mother
died when he was eleven. At eighteen, he began attending the theology seminary
or Stift attached to the at Tübingen; he
studied theology and classical languages and literature and became friendly
with his future colleague and adversary, Schelling, as well as the great genius
of G. Romantic poetry, Hölderlin. In 1793, upon graduation, he accepted a job
as a tutor for a family in Bern, and moved to Frankfurt in 1797 for a similar
post. In 1799 his father bequeathed him a modest income and the freedom to
resign his tutoring job, pursue his own work, and attempt to establish himself
in a position. In 1801, with the help of
Schelling, he moved to the town of Jena,
already widely known as the home of Schiller, Fichte, and the Schlegel
brothers. After lecturing for a few years, he became a professor in 1805. Prior
to the move to Jena, Hegel’s essays had been chiefly concerned with problems in
morality, the theory of culture, and the philosophy of religion. Hegel shared
with Rousseau and the G. Romantics many doubts about the political and moral
implications of the European Enlightenment and modern philosophy in general,
even while he still enthusiastically championed what he termed the principle of
modernity, “absolute freedom.” Like many, he feared that the modern attack on
feudal political and religious authority would merely issue in the
reformulation of new internalized and still repressive forms of authority. And
he was among that legion of G. intellectuals infatuated with ancient Greece and
the superiority of their supposedly harmonious social life, compared with the
authoritarian and legalistic character of the Jewish and later Christian
religions. At Jena, however, he coedited a journal with Schelling, The Critical
Journal of Philosophy, and came to work much more on the philosophic issues
created by the critical philosophy or “transcendental idealism” of Kant, and
its legacy in the work of Rheinhold, Fichte, and Schelling. His written work
became much more influenced by these theoretical projects and their attempt to
extend Kant’s search for the basic categories necessary for experience to be
discriminated and evaluated, and for a theory of the subject that, in some
non-empirical way, was responsible for such categories. Problems concerning the
completeness, interrelation, and ontological status of such a categorial
structure were quite prominent, along with a continuing interest in the
relation between a free, self-determining agent and the supposed constraints of
moral principles and other agents. In his early years at Jena especially before
Schelling left in 1803, he was particularly preoccupied with this problem of a
systematic philosophy, a way of accounting for the basic categories of the
natural world and for human practical activity that would ground all such
categories on commonly presupposed and logically interrelated, even
interdeducible, principles. In Hegel’s terms, this was the problem of the
relation between a “Logic” and a “Philosophy of Nature” and “Philosophy of
Spirit.” After 1803, however, while he was preparing his own systematic
philosophy for publication, what had been planned as a short introduction to
this system took on a life of its own and grew into one of Hegel’s most
provocative and influential books. Working at a furious pace, he finished
hedonistic paradox Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 365 AM
365 what would be eventually called The Phenomenology of Spirit in a
period of great personal and political turmoil. During the final writing of the
book, he had learned that Christina Burkhard would give birth to his
illegitimate son. Ludwig was born in February 1807. And he is supposed to have
completed the text on October 13, 1807, the day Napoleon’s armies captured
Jena. It was certainly an unprecedented work. In conception, it is about the
human race itself as a developing, progressively more self-conscious subject,
but its content seems to take in a vast, heterogeneous range of topics, from
technical issues in empiricist epistemology to the significance of burial
rituals. Its range is so heterogeneous that there is controversy to this day
about whether it has any overall unity, or whether it was pieced together at
the last minute. Adding to the interpretive problem, Hegel often invented his
own striking language of “inverted worlds,” “struggles to the death for
recognition,” “unhappy consciousness,” “spiritual animal kingdoms,” and
“beautiful souls.” Continuing his career
at Jena in those times looked out of the question, so Hegel accepted a job at
Bamberg editing a newspaper, and in the following year began an eight-year
stint 180816 as headmaster and philosophy teacher at a Gymnasium or secondary
school at Nürnberg. During this period, at forty-one, he married the
twenty-year-old Marie von Tucher. He also wrote what is easily his most
difficult work, and the one he often referred to as his most important, a
magisterial two-volume Science of Logic, which attempts to be a philosophical
account of the concepts necessary in all possible kinds of account-givings.
Finally, in 1816, Hegel was offered a chair in philosophy at the of Heidelberg, where he published the first
of several versions of his Encyclopedia of the Philosophical Sciences, his own
systematic account of the relation between the “logic” of human thought and the
“real” expression of such interrelated categories in our understanding of the
natural world and in our understanding and evaluation of our own activities. In
1818, he accepted the much more prestigious post in philosophy at Berlin, where
he remained until his death in 1831. Soon after his arrival in Berlin, he began
to exert a powerful influence over G. letters and intellectual life. In 1821,
in the midst of a growing political and nationalist crisis in Prussia, he
published his controversial book on political philosophy, The Philosophy of
Right. His lectures at the were later
published as his philosophy of history, of aesthetics, and of religion, and as
his history of philosophy. Philosophy. Hegel’s most important ideas were formed
gradually, in response to a number of issues in philosophy and often in
response to historical events. Moreover, his language and approach were so
heterodox that he has inspired as much controversy about the meaning of his
position as about its adequacy. Hence any summary will be as much a summary of
the controversies as of the basic position. His dissatisfactions with the
absence of a public realm, or any forms of genuine social solidarity in the G.
states and in modernity generally, and his distaste with what he called the
“positivity” of the orthodox religions of the day their reliance on law,
scripture, and abstract claims to authority, led him to various attempts to
make use of the Grecian polis and classical art, as well as the early Christian
understanding of love and a renewed “folk religion,” as critical foils to such
tendencies. For some time, he also regarded much traditional and modern
philosophy as itself a kind of lifeless classifying that only contributed to
contemporary fragmentation, myopia, and confusion. These concerns remained with
him throughout his life, and he is thus rightly known as one of the first
modern thinkers to argue that what had come to be accepted as the central
problem of modern social and political life, the legitimacy of state power, had
been too narrowly conceived. There are now all sorts of circumstances, he
argued, in which people might satisfy the modern criterion of legitimacy and
“consent” to the use of some power, but not fully understand the terms within which
such issues are posed, or assent in an attenuated, resentful, manipulated, or
confused way. In such cases they would experience no connection between their
individual will and the actual content of the institutions they are supposed to
have sanctioned. The modern problem is as much alienation Entfremdung as
sovereignty, an exercise of will in which the product of one’s will appears
“strange” or “alien,” “other,” and which results in much of modern life,
however chosen or willed, being fundamentally unsatisfying. However, during the
Jena years, his views on this issue changed. Most importantly, philosophical
issues moved closer to center stage in the Hegelian drama. He no longer
regarded philosophy as some sort of self-undermining activity that merely prepared
one for some leap into genuine “speculation” roughly Schelling’s position and
began to champion a unique kind of comprehensive, very determinate reflection
on the interrelations among all the various classical alternatives in
philosophy. Much more controversially, he also attempted to understand the way
in which such relations and transitions were also reflected in the history of
the art, politics, and religions of various historical communities. He thus
came to think that philosophy should be some sort of recollection of its past
history, a realization of the mere partiality, rather than falsity, of its past
attempts at a comprehensive teaching, and an account of the centrality of these
continuously developing attempts in the development of other human
practices.Through understanding the “logic” of such a development, a
reconciliation of sorts with the implications of such a rational process in
contemporary life, or at least with the potentialities inherent in contemporary
life, would be possible. In all such influences and developments, one
revolutionary aspect of Hegel’s position became clearer. For while Hegel still
frequently argued that the subject matter of philosophy was “reason,” or “the
Absolute,” the unconditioned presupposition of all human account-giving and
evaluation, and thereby an understanding of the “whole” within which the
natural world and human deeds were “parts,” he also always construed this claim
to mean that the subject matter of philosophy was the history of human
experience itself. Philosophy was about the real world of human change and
development, understood by Hegel to be the collective self-education of the
human species about itself. It could be this, and satisfy the more traditional
ideals because, in one of his most famous phrases, “what is actual is
rational,” or because some full account could be given of the logic or
teleological order, even the necessity, for the great conceptual and political
changes in human history. We could thereby finally reassure ourselves that the
way our species had come to conceptualize and evaluate is not finite or
contingent, but is “identical” with “what there is, in truth.” This identity
theory or Absolute Knowledgemeans that we will then be able to be “at home” in
the world and so will have understood what philosophers have always tried to
understand, “how things in the broadest possible sense of the term hang
together in the broadest possible sense of the term.” The way it all hangs
together is, finally, “due to us,” in some collective and historical and
“logical” sense. In a much disputed passage in his Philosophy of Religion
lectures, Hegel even suggested that with such an understanding, history itself
would be over. Several elements in this general position have inspired a good
deal of excitement and controversy. To advance claims such as these Hegel had
to argue against a powerful, deeply influential assumption in modern thought:
the priority of the individual, self-conscious subject. Such an assumption
means, for example, that almost all social relations, almost all our bonds to
other human beings, exist because and only because they are made, willed into
existence by individuals otherwise naturally unattached to each other. With
respect to knowledge claims, while there may be many beliefs in a common
tradition that we unreflectively share with others, such shared beliefs are
also taken primarily to be the result of individuals continuously affirming
such beliefs, however implicitly or unreflectively. Their being shared is
simply a consequence of their being simultaneously affirmed or assented to by
individuals. Hegel’s account requires a different picture, an insistence on the
priority of some kind of collective subject, which he called human “spirit” or
Geist. His general theory of conceptual and historical change requires the
assumption of such a collective subject, one that even can be said to be
“coming to self-consciousness” about itself, and this required that he argue
against the view that so much could be understood as the result of individual
will and reflection. Rather, he tried in many different ways to show that the
formation of what might appear to an individual to be his or her own particular
intention or desire or belief already reflected a complex social inheritance
that could itself be said to be evolving, even evolving progressively, with a
“logic” of its own. The completion of such collective attempts at
self-knowledge resulted in what Hegel called the realization of Absolute
Spirit, by which he either meant the absolute completion of the human attempt
to know itself, or the realization in human affairs of some sort of extrahuman
transcendence, or full expression of an infinite God. Hegel tried to advance
all such claims about social subjectivity without in some way hypostatizing or
reifying such a subject, as if it existed independently of the actions and
thoughts of individuals. This claim about the deep dependence of individuals on
one another even for their very identity, even while they maintain their
independence, is one of the best-known examples of Hegel’s attempt at a
dialectical resolution of many of the traditional oppositions and antinomies of
past thought. Hegel often argued that what appeared to be contraries in
philosophy, such as mind/body, freedom/determinism, idealism/materialism,
universal/particular, the state/the individual, or even God/man, appeared such
incompatible alternatives only because of the undeveloped and so incomplete
perspective within which the oppositions were formulated. So, in one of his more
famous attacks on such dualisms, human freedom according to Hegel could not be
understood coherently as some purely rational self-determination, independent
of heteronomous impulses, nor the human being as a perpetual opposition between
reason and sensibility. In his moral theory, Kant had argued for the latter
view and Hegel regularly returned to such Kantian claims about the opposition
of duty and inclination as deeply typical of modern dualism. Hegel claimed that
Kant’s version of a rational principle, the “categorical imperative,” was so
formal and devoid of content as not to be action-guiding it could not
coherently rule in or rule out the appropriate actions, and that the “moral
point of view” rigoristically demanded a pure or dutiful motivation to which no
human agent could conform. By contrast, Hegel claimed that the dualisms of
morality could be overcome in ethical life Sittlichkeit, those modern social
institutions which, it was claimed, provided the content or true “objects” of a
rational will. These institutions, the family, civil society, and the state,
did not require duties in potential conflict with our own substantive ends, but
were rather experienced as the “realization” of our individual free will. It
has remained controversial what for Hegel a truly free, rational
self-determination, continuous with, rather than constraining, our desire for
happiness and self-actualization, amounted to. Many commentators have noted
that, among modern philosophers, only Spinoza, whom Hegel greatly admired, was
as insistent on such a thoroughgoing compatibilism, and on a refusal to adopt
the Christian view of human beings as permanently divided against themselves.
In his most ambitious analysis of such oppositions Hegel went so far as to
claim that, not only could alternatives be shown to be ultimately compatible
when thought together within some higher-order “Notion” Begriff that resolved
or “sublated” the opposition, but that one term in such opposition could
actually be said to imply or require its contrary, that a “positing” of such a
notion would, to maintain consistency, require its own “negating,” and that it
was this sort of dialectical opposition that could be shown to require a
sublation, or Aufhebung a term of art in Hegel that simultaneously means in G.
‘to cancel’, ‘to preserve’, and ‘to raise up’. This claim for a dialectical
development of our fundamental notions has been the most severely criticized in
Hegel’s philosophy. Many critics have doubted that so much basic conceptual
change can be accounted for by an internal critique, one that merely develops
the presuppositions inherent in the affirmation of some notion or position or
related practice. This issue has especially attracted critics of Hegel’s
Science of Logic, where he tries first to show that the attempt to categorize
anything that is, simply and immediately, as “Being,” is an attempt that both
“negates itself,” or ends up categorizing everything as “Nothing,” and then
that this self-negation requires a resolution in the higher-order category of
“Becoming.” This analysis continues into an extended argument that purports to
show that any attempt to categorize anything at all must ultimately make use of
the distinctions of “essence” and “appearance,” and elements of syllogistic and
finally Hegel’s own dialectical logic, and both the details and the grand
design of that project have been the subject of a good deal of controversy.
Unfortunately, much of this controversy has been greatly confused by the
popular association of the terms “thesis,” “antithesis,” and “synthesis” with
Hegel’s theory of dialectic. These crude, mechanical notions were invented in
1837 by a less-than-sensitive Hegel expositor, Heinrich Moritz Chalybäus, and
were never used as terms of art by Hegel. Others have argued that the tensions
Hegel does identify in various positions and practices require a much broader
analysis of the historical, especially economic, context within which positions
are formulated and become important, or some more detailed attention to the empirical
discoveries or paradoxes that, at the very least, contribute to basic
conceptual change. Those worried about the latter problem have also raised
questions about the logical relation between universal and particular implied
in Hegel’s account. Hegel, following Fichte, radicalizes a Kantian claim about
the inaccessibility of pure particularity in sensations Kant had written that
“intuitions without concepts are blind”. Hegel charges that Kant did not draw
sufficiently radical conclusions from such an antiempiricist claim, that he
should have completely rethought the traditional distinction between “what was
given to the mind” and “what the mind did with the given.” By contrast Hegel is
confident that he has a theory of a “concrete universal,” concepts that cannot
be understood as pale generalizations or abstract representations of given
particulars, because they are required for particulars to Hegel, Georg Wilhelm
Friedrich Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 368
AM 368 be apprehended in the
first place. They are not originally dependent on an immediate acquaintance
with particulars; there is no such acquaintance. Critics wonder if Hegel has
much of a theory of particularity left, if he does not claim rather that
particulars, or whatever now corresponds to them, are only interrelations of
concepts, and in which the actual details of the organization of the natural
world and human history are deduced as conceptual necessities in Hegel’s
Encyclopedia. This interpretation of Hegel, that he believes all entities are
really the thoughts, expressions, or modes of a single underlying mental
substance, and that this mind develops and posits itself with some sort of
conceptual necessity, has been termed a panlogicism, a term of art coined by
Hermann Glockner, a Hegel commentator in the first half of the twentieth
century. It is a much-disputed reading. Such critics are especially concerned
with the implications of this issue in Hegel’s political theory, where the
great modern opposition between the state and the individual seems subjected to
this same logic, and the individual’s true individuality is said to reside in
and only in the political universal, the State. Thus, on the one hand, Hegel’s
political philosophy is often praised for its early identification and analysis
of a fundamental, new aspect of contemporary life the categorically distinct realm of political
life in modernity, or the independence of the “State” from the social world of
private individuals engaged in competition and private association “civil society”.
But, on the other hand, his attempt to argue for a completion of these domains
in the State, or that individuals could only be said to be free in allegiance
to a State, has been, at least since Marx, one of the most criticized aspects
of his philosophy. Finally, criticisms also frequently target the underlying
intention behind such claims: Hegel’s career-long insistence on finding some
basic unity among the many fragmented spheres of modern thought and existence,
and his demand that this unity be articulated in a discursive account, that it
not be merely felt, or gestured at, or celebrated in edifying speculation.
PostHegelian thinkers have tended to be suspicious of any such intimations of a
whole for modern experience, and have argued that, with the destruction of the
premodern world, we simply have to content ourselves with the disconnected,
autonomous spheres of modern interests. In his lecture courses these basic
themes are treated in wide-ranging accounts of the basic institutions of
cultural history. History itself is treated as fundamentally political history,
and, in typically Hegelian fashion, the major epochs of political history are
claimed to be as they were because of the internal inadequacies of past epochs,
all until some final political semiconsciousness is achieved and realized. Art
is treated equally developmentally, evolving from symbolic, through
“classical,” to the most intensely self-conscious form of aesthetic
subjectivity, romantic art. The Lectures on the Philosophy of Religion embody
these themes in some of the most controversial ways, since Hegel often treats
religion and its development as a kind of picture or accessible
“representation” of his own views about the relation of thought to being, the
proper understanding of human finitude and “infinity,” and the essentially
social or communal nature of religious life. This has inspired a characteristic
debate among Hegel scholars, with some arguing that Hegel’s appropriation of
religion shows that his own themes are essentially religious if an odd,
pantheistic version of Christianity, while others argue that he has so
Hegelianized religious issues that there is little distinctively religious
left. Influence. This last debate is typical of that prominent in the
post-Hegelian tradition. Although, in the decades following his death, there
was a great deal of work by self-described Hegelians on the history of law, on
political philosophy, and on aesthetics, most of the prominent academic
defenders of Hegel were interested in theology, and many of these were
interested in defending an interpretation of Hegel consistent with traditional
Christian views of a personal God and personal immortality. This began to
change with the work of “young Hegelians” such as D. F. Strauss 180874, Feuerbach
180472, Bruno Bauer 180982, and Arnold Ruge 180380, who emphasized the
humanistic and historical dimensions of Hegel’s account of religion, rejected
the Old Hegelian tendencies toward a reconciliation with contemporary political
life, and began to reinterpret and expand Hegel’s account of the productive
activity of human spirit eventually focusing on labor rather than intellectual
and cultural life. Strauss himself characterized the fight as between “left,”
“center,” and “right” Hegelians, depending on whether one was critical or
conservative politically, or had a theistic or a humanistic view of Hegelian
Geist. The most famous young or left Hegelian was Marx, especially during his
days in Paris as coeditor, with Ruge, of the Deutsch-französischen Jahrbücher
1844. Hegel, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 369 AM
369 In Great Britain, with its long skeptical, empiricist, and
utilitarian tradition, Hegel’s work had little influence until the latter part
of the nineteenth century, when philosophers such as Green and Caird took up
some of the holistic themes in Hegel and developed a neo-Hegelian reading of
issues in politics and religion that began to have influence in the academy.
The most prominent of the British neo-Hegelians of the next generation were
Bosanquet, McTaggart, and especially Bradley, all of whom were interested in
many of the metaphysical implications of Hegel’s idealism, what they took to be
a Hegelian claim for the “internally related” interconnection of all particulars
within one single, ideal or mental, substance. Moore and Russell waged a hugely
successful counterattack in the name of traditional empiricism and what would
be called “analytic philosophy” against such an enterprise and in this
tradition largely finished off the influence of Hegel or what was left of the
historical Hegel in these neo-Hegelian versions. In G.y, Hegel has continued to
influence a number of different schools of neo-Marxism, sometimes itself simply
called “Hegelian Marxism,” especially the Frankfurt School, or “critical
theory” group especially Adorno, Horkheimer, and Marcuse. And he has been
extremely influential in France, particularly thanks to the lectures of a
brilliant if idiosyncratic Russian émigré, Alexander Kojève, who taught Hegel in
the 0s at the École Pratique des Hautes Études to the likes of Merleau-Ponty
and Lacan. Kojève was as much influenced by Marx and Heidegger as Hegel, but
his lectures inspired many thinkers to turn again to Hegel’s account of human
selfdefinition in time and to the historicity of all institutions and practices
and so forged an unusual link between Hegel and postwar existentialism.
Hegelian themes continue to resurface in contemporary hermeneutics, in
“communitarianism” in ethics, and in the increasing attention given to
conceptual change and history in the philosophy of science. This has meant for
many that Hegel should now be regarded not only as the origin of a distinctive
tradition in European philosophy that emphasizes the historical and social nature
of human existence, but as a potential contributor to many new and often
interdisciplinary approaches to philosophy.
platonic --: “accademia platonica” Firenze
-- Grice: “An essay I recommend: “Petrarca platonico.”” -- Grice: “At Oxford
you HAVE to be platonic! Aristotelian is jaded!” -- H. P. Grice as a Platonian
commentatorvide his “Metaphysics, Philosophical Eschatology, and Plato’s
Republic” -- commentaries on Plato, a term designating the works in the
tradition of commentary hypomnema on Plato that may go back to the Old Academy
Crantor is attested by Proclus to have been the first to have “commented” on
the Timaeus. More probably, the tradition arises in the first century B.C. in
Alexandria, where we find Eudorus commenting, again, on the Timaeus, but
possibly also if the scholars who attribute to him the Anonymous Theaetetus
Commentary are correct on the Theaetetus. It seems also as if the Stoic
Posidonius composed a commentary of some sort on the Timaeus. The commentary
form such as we can observe in the biblical commentaries of Philo of Alexandria
owes much to the Stoic tradition of commentary on Homer, as practiced by the
second-century B.C. School of Pergamum. It was normal to select usually
consecutive portions of text lemmata for general, and then detailed, comment,
raising and answering “problems” aporiai, refuting one’s predecessors, and
dealing with points of both doctrine and philology. By the second century A.D.
the tradition of Platonic commentary was firmly established. We have evidence of
commentaries by the Middle Platonists Gaius, Albinus, Atticus, Numenius, and
Cronius, mainly on the Timaeus, but also on at least parts of the Republic, as
well as a work by Atticus’s pupil Herpocration of Argos, in twentyfour books,
on Plato’s work as a whole. These works are all lost, but in the surviving
works of Plutarch we find exegesis of parts of Plato’s works, such as the
creation of the soul in the Timaeus 35a36d. The Latin commentary of Calcidius
fourth century A.D. is also basically Middle Platonic. In the Neoplatonic
period after Plotinus, who did not indulge in formal commentary, though many of
his essays are in fact informal commentaries, we have evidence of much more
comprehensive exegetic activity. Porphyry initiated the tradition with commentaries
on the Phaedo, commentaries on Plato commentaries on Plato 160 160 Cratylus, Sophist, Philebus, Parmenides
of which the surviving anonymous fragment of commentary is probably a part, and
the Timaeus. He also commented on the myth of Er in the Republic. It seems to
have been Porphyry who is responsible for introducing the allegorical
interpretation of the introductory portions of the dialogues, though it was
only his follower Iamblichus who also commented on all the above dialogues, as
well as the Alcibiades and the Phaedrus who introduced the principle that each
dialogue should have only one central theme, or skopos. The tradition was
carried on in the Athenian School by Syrianus and his pupils Hermeias on the
Phaedrus surviving and Proclus Alcibiades,
Cratylus, Timaeus, Parmenides all
surviving, at least in part, and continued in later times by Damascius Phaedo,
Philebus, Parmenides and Olympiodorus Alcibiades, Phaedo, Gorgias also surviving, though sometimes only in the
form of pupils’ notes. These commentaries are not now to be valued primarily as
expositions of Plato’s thought though they do contain useful insights, and much
valuable information; they are best regarded as original philosophical
treatises presented in the mode of commentary, as is so much of later Grecian
philosophy, where it is not originality but rather faithfulness to an inspired
master and a great tradition that is being striven for. Platonism Platonism -- Damascius c.462c.550,
Grecian Neoplatonist philosopher, last head of the Athenian Academy before its
closure by Justinian in A.D. 529. Born probably in Damascus, he studied first
in Alexandria, and then moved to Athens shortly before Proclus’s death in 485.
He returned to Alexandria, where he attended the lectures of Ammonius, but came
back again to Athens in around 515, to assume the headship of the Academy.
After the closure, he retired briefly with some other philosophers, including
Simplicius, to Persia, but left after about a year, probably for Syria, where
he died. He composed many works, including a life of his master Isidorus, which
survives in truncated form; commentaries on Aristotle’s Categories, On the
Heavens, and Meteorologics I all lost; commentaries on Plato’s Alcibiades,
Phaedo, Philebus, and Parmenides, which survive; and a surviving treatise On
First Principles. His philosophical system is a further elaboration of the
scholastic Neoplatonism of Proclus, exhibiting a great proliferation of
metaphysical entities. Platonism --
Eudoxus, Grecian astronomer and mathematician, a student of Plato. He created a
test of the equality of two ratios, invented the method of exhaustion for
calculating areas and volumes within curved boundaries, and introduced an
astronomical system consisting of homocentric celestial spheres. This system
views the visible universe as a set of twenty-seven spheres contained one
inside the other and each concentric to the earth. Every celestial body is
located on the equator of an ideal eudaimonia Eudoxus of Cnidus 291 291 sphere that revolves with uniform speed
on its axis. The poles are embedded in the surface of another sphere, which
also revolves uniformly around an axis inclined at a constant angle to that of
the first sphere. In this way enough spheres are introduced to capture the apparent
motions of all heavenly bodies. Aristotle adopted the system of homocentric
spheres and provided a physical interpretation for it in his cosmology. R.E.B.
Euler diagram, a logic diagram invented by the mathematician Euler that
represents standard form statements in syllogistic logic by two circles and a
syllogism by three circles. In modern adaptations of Euler diagrams,
distributed terms are represented by complete circles and undistributed terms
by partial circles circle segments or circles made with dotted lines: Euler
diagrams are more perspicuous ways of showing validity and invalidity of
syllogisms than Venn diagrams, but less useful as a mechanical test of validity
since there may be several choices of ways to represent a syllogism in Euler diagrams,
only one of which will show that the syllogism is invalid. Plato: preeminent Grecian philosopher whose
chief contribution consists in his conception of the observable world as an
imperfect image of a realm of unobservable and unchanging “Forms,” and his
conception of the best life as one centered on the love of these divine
objects. Life and influences. Born in Athens to a politically powerful and
aristocratic family, Plato came under the influence of Socrates during his
youth and set aside his ambitions for a political career after Socrates was
executed for impiety. His travels in southern Italy and Sicily brought him into
closer contact with the followers of Pythagoras, whose research in mathematics
played an important role in his intellectual development. He was also
acquainted with Cratylus, a follower of Heraclitus, and was influenced by their
doctrine that the world is in constant flux. He wrote in opposition to the
relativism of Protagoras and the purely materialistic mode of explanation
adopted by Democritus. At the urging of a devoted follower, Dion, he became
involved in the politics of Syracuse, the wealthiest city of the Grecian world,
but his efforts to mold the ideas of its tyrant, Dionysius II, were unmitigated
failures. These painful events are described in Plato’s Letters Epistles, the
longest and most important of which is the Seventh Letter, and although the
authenticity of the Letters is a matter of controversy, there is little doubt
that the author was well acquainted with Plato’s life. After returning from his
first visit to Sicily in 387, Plato established the Academy, a fraternal
association devoted to research and teaching, and named after the sacred site
on the outskirts of Athens where it was located. As a center for political
training, it rivaled the school of Isocrates, which concentrated entirely on
rhetoric. The bestknown student of the Academy was Aristotle, who joined at the
age of seventeen when Plato was sixty and remained for twenty years. Chronology
of the works. Plato’s works, many of which take the form of dialogues between
Socrates and several other speakers, were composed over a period of about fifty
years, and this has led scholars to seek some pattern of philosophical
development in them. Increasingly sophisticated stylometric tests have been
devised to calculate the linguistic similarities among the dialogues. Ancient
sources indicate that the Laws was Plato’s last work, and there is now
consensus that many affinities exist between the style of this work and several
others, which can therefore also be safely regarded as late works; these
include the Sophist, Statesman, and Philebus perhaps written in that order.
Stylometric tests also support a rough division of Plato’s other works into
early and middle periods. For example, the Apology, Charmides, Crito,
Euthyphro, Hippias Minor, Ion, Laches, and Protagoras listed alphabetically are
widely thought to be early; while the Phaedo, Symposium, Republic, and Phaedrus
perhaps written in that order are agreed to belong to his middle period. But in
some cases it is difficult or impossible to tell which of two works belonging
to the same general period preceded the other; this is especially true of the
early dialogues. The most controversial chronological question concerns the
Timaeus: stylometric tests often place it with the later dialogues, though some
scholars think that its philosophical doctrines are discarded in the later
dialogues, and they therefore assign it to Plato’s middle period. The
underlying issue is whether he abandoned some of the main doctrines of this
middle period. Early and middle dialogues. The early dialogues typically
portray an encounter between Socrates and an interlocutor who complacently
assumes that he understands a common evaluative concept like courage, piety, or
beauty. For example, Euthyphro, in the dialogue that bears his name, denies
that there is any impiety in prosecuting his father, but repeated questioning
by Socrates shows that he cannot say what single thing all pious acts have in
common by virtue of which they are rightly called pious. Socrates professes to
have no answer to these “What is X?” questions, and this fits well with the
claim he makes in the Apology that his peculiarly human form of wisdom consists
in realizing how little he knows. In these early dialogues, Socrates seeks but
fails to find a philosophically defensible theory that would ground our use of
normative terms. The Meno is similar to these early dialogues it asks what virtue is, and fails to find an
answer but it goes beyond them and marks
a transition in Plato’s thinking. It raises for the first time a question about
methodology: if one does not have knowledge, how is it possible to acquire it
simply by raising the questions Socrates poses in the early dialogues? To show
that it is possible, Plato demonstrates that even a slave ignorant of geometry
can begin to learn the subject through questioning. The dialogue then proposes
an explanation of our ability to learn in this way: the soul acquired knowledge
before it entered the body, and when we learn we are really recollecting what we
once knew and forgot. This bold speculation about the soul and our ability to
learn contrasts with the noncommittal position Socrates takes in the Apology,
where he is undecided whether the dead lose all consciousness or continue their
activities in Hades. The confidence in immortality evident in the Meno is
bolstered by arguments given in the Phaedo, Republic, and Phaedrus. In these
dialogues, Plato uses metaphysical considerations about the nature of the soul
and its ability to learn to support a conception of what the good human life
is. Whereas the Socrates of the early dialogues focuses almost exclusively on
ethical questions and is pessimistic about the extent to which we can answer
them, Plato, beginning with the Meno and continuing throughout the rest of his
career, confidently asserts that we can answer Socratic questions if we pursue
ethical and metaphysical inquiries together. The Forms. The Phaedo is the first
dialogue in which Plato decisively posits the existence of the abstract objects
that he often called “Forms” or “Ideas.” The latter term should be used with
caution, since these objects are not creations of a mind, but exist
independently of thought; the singular Grecian terms Plato often uses to name
these abstract objects are eidos and idea. These Forms are eternal, changeless,
and incorporeal; since they are imperceptible, we can come to have knowledge of
them only through thought. Plato insists that it would be an error to identify
two equal sticks with what Equality itself is, or beautiful bodies with what
Beauty itself is; after all, he says, we might mistakenly take two equal sticks
to be unequal, but we would never suffer from the delusion that Equality itself
is unequal. The unchanging and incorporeal Form is the sort of object that is
presupposed by Socratic inquiry; what every pious act has in common with every
other is that it bears a certain relationship
called “participation” to one and
the same thing, the Form of Piety. In this sense, what makes a pious act pious
and a pair of equal sticks equal are the Forms Piety and Equality. When we call
sticks equal or acts pious, we are implicitly appealing to a standard of
equality or piety, just as someone appeals to a standard when she says that a
painted portrait of someone is a man. Of course, the pigment on the canvas is
not a man; rather, it is properly called a man because it bears a certain
relationship to a very different sort of object. In precisely this way, Plato
claims that the Forms are what many of our words refer to, even though they are
radically different sorts of objects from the ones revealed to the senses. For
Plato the Forms are not merely an unusual item to be added to our list of
existing objects. Rather, they are a source of moral and religious inspiration,
and their discovery is therefore a decisive turning point in one’s life. This
process is described by a fictional priestess named Diotima in the Symposium, a
dialogue containing a series of speeches in praise of love and concluding with
a remarkable description of the passionate response Socrates inspired in
Alcibiades, his most notorious admirer. According to Diotima’s account, those
who are in love are searching for something they do not yet understand; whether
they realize it or not, they seek the eternal possession of the good, and they
can obtain it only through productive activity of some sort. Physical love
perpetuates the species and achieves a lower form of immortality, but a more
beautiful kind of offspring is produced by those who govern cities and shape
the moral characteristics of future generations. Best of all is the kind of
love that eventually attaches itself to the Form of Beauty, since this is the
most beautiful of all objects and provides the greatest happiness to the lover.
One develops a love for this Form by ascending through various stages of
emotional attachment and understanding. Beginning with an attraction to the
beauty of one person’s body, one gradually develops an appreciation for the
beauty present in all other beautiful bodies; then one’s recognition of the
beauty in people’s souls takes on increasing strength, and leads to a deeper
attachment to the beauty of customs, laws, and systems of knowledge; and this
process of emotional growth and deepening insight eventually culminates in the
discovery of the eternal and changeless beauty of Beauty itself. Plato’s theory
of erotic passion does not endorse “Platonic love,” if that phrase designates a
purely spiritual relationship completely devoid of physical attraction or
expression. What he insists on is that desires for physical contact be
restrained so that they do not subvert the greater good that can be
accomplished in human relationships. His sexual orientation like that of many
of his Athenian contemporaries is clearly homosexual, and he values the moral
growth that can occur when one man is physically attracted to another, but in
Book I of the Laws he condemns genital activity when it is homosexual, on the
ground that such activity should serve a purely procreative purpose. Plato’s thoughts
about love are further developed in the Phaedrus. The lover’s longing for and
physical attraction to another make him disregard the norms of commonplace and
dispassionate human relationships: love of the right sort is therefore one of
four kinds of divine madness. This fourfold classificatory scheme is then used
as a model of proper methodology. Starting with the Phaedrus,
classification what Plato calls the
“collection and division of kinds”
becomes the principal method to be used by philosophers, and this
approach is most fully employed in such late works as the Sophist, Statesman,
and Philebus. Presumably it contributed to Aristotle’s interest in categories
and biological classification. The Republic. The moral and metaphysical theory
centered on the Forms is most fully developed in the Republic, a dialogue that
tries to determine whether it is in one’s own best interests to be a just
person. It is commonly assumed that injustice pays if one can get away with it,
and that just behavior merely serves the interests of others. Plato attempts to
show that on the contrary justice, properly understood, is so great a good that
it is worth any sacrifice. To support this astonishing thesis, he portrays an
ideal political community: there we will see justice writ large, and so we will
be better able to find justice in the individual soul. An ideal city, he
argues, must make radical innovations. It should be ruled by specially trained
philosophers, since their understanding of the Form of the Good will give them
greater insight into everyday affairs. Their education is compared to that of a
prisoner who, having once gazed upon nothing but shadows in the artificial
light of a cave, is released from bondage, leaves the cave, eventually learns
to see the sun, and is thereby equipped to return to the cave and see the
images there for what they are. Everything in the rulers’ lives is designed to
promote their allegiance to the community: they are forbidden private
possessions, their sexual lives are regulated by eugenic considerations, and
they are not to know who their children are. Positions of political power are
open to women, since the physical differences between them and men do not in
all cases deprive them of the intellectual or moral capacities needed for political
office. The works of poets are to be carefully regulated, for the false moral
notions of the traditional poets have had a powerful and deleterious impact on
the general public. Philosophical reflection is to replace popular poetry as
the force that guides moral education. What makes this city ideally just,
according to Plato, is the dedication of each of its components to one task for
which it is naturally suited and specially trained. The rulers are ideally
equipped to rule; the soldiers are best able to enforce their commands; and the
economic class, composed of farmers, craftsmen, builders, and so on, are
content to do their work and to leave the tasks of making and enforcing the
laws to others. Accordingly what makes the soul of a human being just is the
same principle: each of its components must properly perform its own task. The
part of us that is capable of understanding and reasoning is the part that must
rule; the assertive part that makes us capable of anger and competitive spirit
must give our understanding the force it needs; and our appetites for food and
sex must be trained so that they seek only those objects that reason approves.
It is not enough to educate someone’s reason, for unless the emotions and
appetites are properly trained they will overpower it. Just individuals are
those who have fully integrated these elements of the soul. They do not
unthinkingly follow a list of rules; rather, their just treatment of others
flows from their own balanced psychological condition. And the paradigm of a
just person is a philosopher, for reason rules when it becomes passionately
attached to the most intelligible objects there are: the Forms. It emerges that
justice pays because attachment to these supremely valuable objects is part of
what true justice of the soul is. The worth of our lives depends on the worth
of the objects to which we devote ourselves. Those who think that injustice
pays assume that wealth, domination, or the pleasures of physical appetite are
supremely valuable; their mistake lies in their limited conception of what
sorts of objects are worth loving. Late dialogues. The Republic does not
contain Plato’s last thoughts on moral or metaphysical matters. For example,
although he continues to hold in his final work, the Laws, that the family and
private wealth should ideally be abolished, he describes in great detail a
second-best community that retains these and many other institutions of
ordinary political life. The sovereignty of law in such a state is stressed
continually; political offices are to be filled by elections and lots, and
magistrates are subject to careful scrutiny and prosecution. Power is divided
among several councils and offices, and philosophical training is not a
prerequisite for political participation. This second-best state is still
worlds apart from a modern liberal democracy
poetic works and many features of private life are carefully regulated,
and atheism is punished with death but
it is remarkable that Plato, after having made no concessions to popular participation
in the Republic, devoted so much energy to finding a proper place for it in his
final work. Plato’s thoughts about metaphysics also continued to evolve, and
perhaps the most serious problem in interpreting his work as a whole is the
problem of grasping the direction of these further developments. One notorious
obstacle to understanding his later metaphysics is presented by the Parmenides,
for here we find an unanswered series of criticisms of the theory of Forms. For
example, it is said that if there is reason to posit one Form of Largeness to
select an arbitrary example then there is an equally good reason to posit an
unlimited number of Forms of this type. The “first” Form of Largeness must
exist because according to Plato whenever a number of things are large, there
is a Form of Largeness that makes them large; but now, the argument continues,
if we consider this Form together with the other large things, we should
recognize still another Form, which makes the large things and Largeness itself
large. The argument can be pursued indefinitely, but it seems absurd that there
should be an unlimited number of Forms of this one type. In antiquity the
argument was named the Third Man, because it claims that in addition to a
second type of object called “man” the
Form of Man there is even a third. What
is Plato’s response to this and other objections to his theory? He says in the
Parmenides that we must continue to affirm the existence of such objects, for
language and thought require them; but instead of responding directly to the
criticisms, he embarks on a prolonged examination of the concept of unity,
reaching apparently conflicting conclusions about it. Whether these
contradictions are merely apparent and whether this treatment of unity contains
a response to the earlier critique of the Forms are difficult matters of
interpretation. But in any case it is clear that Plato continues to uphold the
existence of unchanging realities; the real difficulty is whether and how he
modifies his earlier views about them. In the Timaeus, there seem to be no
modifications at all a fact that has led
some scholars to believe, in spite of some stylometric evidence to the
contrary, that this work was written before Plato composed the critique of the
Forms in the Parmenides. This dialogue presents an account of how a divine but
not omnipotent craftsman transformed the disorderly materials of the universe
into a harmonious cosmos by looking to the unchanging Forms as paradigms and
creating, to the best of his limited abilities, constantly fluctuating images
of those paradigms. The created cosmos is viewed as a single living organism
governed by its own divinely intelligent soul; time itself came into existence
with the cosmos, being an image of the timeless nature of the Forms; space,
however, is not created by the divine craftsman but is the characterless
receptacle in which all change takes place. The basic ingredients of the
universe are not earth, air, fire, and water, as some thinkers held; rather,
these elements are composed of planes, which are in turn made out of elementary
triangular shapes. The Timaeus is an attempt to show that although many other
types of objects besides the Forms must be invoked in order to understand the
orderly nature of the changing universe
souls, triangles, space the best
scientific explanations will portray the physical world as a purposeful and
very good approximation to a perfect pattern inherent in these unchanging and
eternal objects. But Forms do not play as important a role in the Philebus, a
late dialogue that contains Plato’s fullest answer to the question, What is the
good? He argues that neither pleasure not intelligence can by itself be
identified with the good, since no one would be satisfied with a life that
contained just one of these but totally lacked the other. Instead, goodness is
identified with proportion, beauty, and truth; and intelligence is ranked a
superior good to pleasure because of its greater kinship to these three. Here,
as in the middle dialogues, Plato insists that a proper understanding of
goodness requires a metaphysical grounding. To evaluate the role of pleasure in
human life, we need a methodology that applies to all other areas of
understanding. More specifically, we must recognize that everything can be
placed in one of four categories: the limited, the unlimited, the mixture of
these two, and the intelligent creation of this mixture. Where Forms are to be
located in this scheme is unclear. Although metaphysics is invoked to answer
practical questions, as in the Republic, it is not precisely the same
metaphysics as before. Though we naturally think of Plato primarily as a writer
of philosophical works, he regards the written word as inferior to spoken
interchange as an instrument for learning and teaching. The drawbacks inherent
in written composition are most fully set forth in the Phaedrus. There is no
doubt that in the Academy he participated fully in philosophical debate, and on
at least one occasion he lectured to a general audience. We are told by Aristoxenus,
a pupil of Aristotle, that many in Plato’s audience were baffled and
disappointed by a lecture in which he maintained that Good is one. We can
safely assume that in conversation Plato put forward important philosophical
ideas that nonetheless did not find their way into his writings. Aristotle
refers in Physics IV.2 to one of Plato’s doctrines as unwritten, and the
enigmatic positions he ascribes to Plato in Metaphysics I.6 that the Forms are to be explained in terms
of number, which are in turn generated from the One and the dyad of great and
small seem to have been expounded solely
in discussion. Some scholars have put great weight on the statement in the
Seventh Letter that the most fundamental philosophical matters must remain
unwritten, and, using later testimony about Plato’s unwritten doctrines, they
read the dialogues as signs of a more profound but hidden truth. The
authenticity of the Seventh Letter is a disputed question, however. In any
case, since Aristotle himself treats the middle and late dialogues as
undissembling accounts of Plato’s philosophy, we are on firm ground in adopting
the same approach. Cf. Plato and Platonism by Pater, an early philosophical
reading by Grice. Refs.: H. P. Grice, “Commentary on Plato’s Republic,” H. P.
Grice, “Semantics as footnotes to Cratylus.” H. P. Grice, “Plato and Cassirer,
Aristotle and I.” Luigi Speranza, “The Aristotle-Plato polemic at Oxford and
how Grice suffered iit.”
playgroup: gruppo di giocco
-- Grice: “Strictly, a playgroup is institutionalI wouldn’t say that Tom and
Jerry form a playgroup if they played chess together only once!” -- The
motivation for the three playgroups were different. Austin’s first playgroup
was for fun. Grice never attended. Austin’s new playgroup, or ‘second’ playgroup,
if you must, was a sobriquet Grice gave because it was ANYTHING BUT. Grice’s
playgroup upon Austin’s death was for fun, like the ‘first’ playgroup. Since
Grice participated in the second and third, he expanded. The second playgroup
was for ‘philosophical hacks’ who needed ‘para-philosophy.’ The third playgroup
was for fun fun. While Austin belonged to the first and the second playgroups,
there were notorious differences. In the first playgroup, he was not the
master, and his resentment towards Ayer can be seen in “Sense and Sensibilia.”
The second playgroup had Austin as the master. It is said that the playgroup
survived Austin’s demise with Grice’s leadershipBut Grice’s playgroup was still
a different thingsome complained about the disorderly and rambling natureAustin
had kept a very tidy organisation and power structure. Since Grice does NOT
mention his own playgroup, it is best to restrict playgroup as an ironic
sobriquet by Grice to anything but a playgroup, conducted after the war by
Austin, by invitation only, to full-time university lecturers in philosophy.
Austin would hold a central position, and Austin’s motivation was to ‘reach’
agreement. Usually, when agreement was not reached, Austin could be pretty
impolite. Grice found himself IN THE PLAYGROUP. He obviously preferred a
friendlier atmosphere, as his own group later testified. But he was also
involved in philosophical activity OTHER than the play group. Notably his joint
endeavours with Strawson, Warnock, Pears, and Thomson. For some reason he chose
each for a specific area: Warnock for the philosophy of perception (Grice’s implicaturum
is that he would not explore meta-ethics with Warnockhe wouldn’t feel like, nor
Warnock would). Philosophy of action of all things, with J. F. Thomson.
Philosophical psychology with D. F. Pearsso this brings Pears’s observations on
intending, deciding, predicting, to the fore. And ontology with P. F. Strawson.
Certainlty he would not involve with Strawson on endless disagreements about
the alleged divergence or lack thereof between truth-functional devices and
their vernacular counterparts! Grice also mentions collaboration with Austin in
teaching“an altogether flintier experience,” as Warnock knows and “Grice can
testify.”There was joint seminars with A. M. Quinton, and a few others. One may
add the tutorials. Some of his tutees left Griceian traces: A. G. N. Flew,
David Bostock, J. L. Ackrill, T. C. Potts. The term was meant ironically. The playgroup
activities smack of military or civil service! while this can be safely called Grice’s
playgroup, it was founded by Austin at All Souls, where it had only seven
members. After the war, Grice joined in. The full list is found elsewhere. With
Austin’s death, Grice felt the responsibility to continue with it, and plus, he
enjoyed it! In alphabetical order. It is this group that made history. J. L. Austin, A. G. N. FlewL. Gardiner, H. P.
Grice, S. N. Hampshire, R. M. Hare, H. L. A. Hart, P. H. Nowell-Smith, G. A. Paul, D. F. PearsF.
Strawson, J. F. Thomson, J. O. Urmson, G. J. Warnock, A. D. Woozley. Grice
distinguishes it very well from Ryle’s group, and the group of
neo-Wittgensteinians. And those three groups were those only involved with
‘ordinary language.’
plebe: Grice: “I think I
love Plebe: he wrote a beautiful chapter on Cicero and Latin rhetoric for his
‘brief history of ancient rhetoric,’ and like my tutee Strawson, he approached
Aristotle and modernist logic in a genial way --.” “Seguo
il verso di Orazio “Odio la massa e me ne tengo lontano”. Solo in questo sono uomo
di destra» Senatore della Repubblica Italiana LegislatureVI e VII Gruppo
parlamentareMSI-DN (fino al 31 gennaio 1977), DN-CD (dal 1º febbraio 1977)
CircoscrizionePiemonte Incarichi parlamentari Commissione parlamentare per il
parere al Governo sulle norme delegate in materia di stato giuridico del
personale della scuola (VI legisl) 2ª Commissione permanente (Giustizia) (VI,
VII legisl) 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica) (VII legisl) Rappresentanza
italiana al Parlamento europeo (VII legisl) Dati generali Partito politicoMovimento
Sociale ItalianoDestra Nazionale poi Democrazia NazionaleCostituente di Destra
Titolo di studioLaurea in filosofia UniversitàUniversità degli Studi di Torino ProfessioneDocente
universitario. Armando Plebe (Alessandria), filosofo. Si è laureato a Torino in
Filosofia, poi in Filologia classica nello stesso ateneo e infine di nuovo in
Filosofia all'Innsbruck. Testimone di nozze dell'editore Vito Laterza, grazie alla
sua intercessione conobbe Croce che lo convinse a pubblicare i suoi scritti e
ne sponsorizzò l'opera. Cominciò la sua carriera universitaria: dopo aver
iniziato a Perugia come professore incaricato di Storia della Filosofia, passò
all'Palermo dove è stato docente ordinario di storia della filosofia e
direttore dell'Istituto alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Tra il 1970 e il
1973 insegnò anche all'Istituto ticinese di alti studi a Lugano. Attività
politica Filosofo inizialmente marxista, nei primi anni settanta ha una
clamorosa rottura con il pensiero del filosofo tedesco (dovuta anche alla sua
contestazione del Sessantotto) e viene annoverato fra i sostenitori
dell'anticomunismo politico-culturale di quel periodo; dopo una militanza
di due anni con i socialdemocratici di Saragat, aderisce al Movimento Sociale
Italiano. Almirante lo nomina prima presidente del Fronte Universitario
d'Azione Nazionale e poi responsabile del settore cultura dell'MSI-DN.
Successivamente Plebe fu eletto senatore della Repubblica nelle file del MSI-DN
in Piemonte e rieletto nel 1976; in quell'anno il leader missino lo include
nella Rappresentanza italiana al Parlamento europeo. Nel gennaio 1977
rompe anche con il MSI, aderendo al gruppo parlamentare scissionista Democrazia
Nazionale (ma restò indipendente dal partito DN). Non rieletto con DN nel 1979,
lascia la competizione politica attiva. Nel 1977 aveva chiesto anche
l'iscrizione al Partito Radicale, ma dopo un'accesa votazione il partito gli negò
la tessera. Terminata l'esperienza parlamentare tornò a insegnare
all'Palermo. Storico della filosofia, in particolare del pensiero greco e di
Aristotele. Riavvicinatosi negli anni Novanta al marxismo[senza fonte],
negli anni 2000 Plebe è editorialista del quotidiano Libero. Pur sposato e
padre di tre figli, in un'intervista concessa a Pansa ha dichiarato d'aver
avuto esperienze omosessuali. Si definiva come un illuminista scettico
sostenitore d'un anarchismo intellettuale. Fra gli studiosi con cui ha
collaborato, egli riconosce come propri allievi Puglisi, Emanuele e Giovanni . Opere: “Hegel.
Filosofo della storia,” Torino, Edizioni di Filosofia, “La teoria del comico:
da Aristotele a Plutarco,” Torino, Giappichelli, “Gli hegeliani d'Italia” Vera,
Spaventa, Jaja, Maturi, Gentile, e con Augusto Guzzo, Torino, SEI, Spaventa e
Vera, Torino, Edizioni di filosofia, La nascita del comico. Nella vita e
nell'arte degli antichi greci, Bari, Laterza, Filodemo e la musica, Torino,
Edizioni di filosofia, Processo all'estetica, Firenze, La Nuova Italia.
Heidegger e il problema kantiano, Torino, Edizioni di filosofia, Breve storia
della retorica, Milano, Nuova Accademia, La dodecafonia. Documenti e pagine
critiche, Bari, Laterza, Introduzione alla logica formale. Attraverso una
lettura logistica di Aristotele, Bari, Laterza, Discorso semiserio sul romanzo, Bari, Laterza,
Estetica, a cura di, Firenze, Sansoni, 1Storia della filosofia. Per il liceo
classico, Messina-Firenze, D'Anna, Termini della filosofia contemporanea, Roma,
Armando, La filosofia dei greci nel suo
sviluppo storico, Da Socrate ad Aristotele, Aristotele e i Peripatetici più
antichi, a cura di, Firenze, La Nuova Italia, Che cosa è l'Illuminismo, Roma, Ubaldini, Che cosa ha veramente detto Marx, Roma, Ubaldini,
Che cosa ha veramente detto Hegel, Roma,
Ubaldini, Atlante concettuale delle nuove filosofie. [Termini di denunzia,
categorie dell'anticonformismo, formule di moda, vecchi concetti in nuove filosofie],
Roma, Armando, L'estetica italiana dopo Croce, Padova, RADAR, Che cosa è
l'estetica sovietica, Roma, Ubaldini, Che cosa è l'espressionismo, Roma,
Ubaldini, Dizionario filosofico, Padova, RADAR, Storia del pensiero, Roma,
Ubaldini, Filosofia della reazione, Milano, Rusconi, Quel che non ha capito Carlo Marx, Milano, Rusconi,
Il libretto della Destra, Milano, Edizioni del Borghese, A che serve la filosofia?,
Palermo, Flaccovio, Un laico contro il divorzio, Roma, INSPE, La civiltà del postcomunismo,
Roma, CEN, Storia della filosofia, La filosofia greca dal VI al IV secolo, con
Gabriele Giannantoni e Pierluigi Donini, Milano, Vallardi, Il materialismo oggi. Fisica, biologia e
filosofia oltre l'ideologia, Roma, Armando, Semiotica ed estetica, a cura di,
Roma-Baden Baden, Il libro-Field educational Italia-Agis, Leggere Kant, Roma,
Armando. Logica della poesia, Palermo, Ila Palma, Storia della filosofia, Palermo-Sao Paulo, Ila Palma, Comprende: Da
Talete a Spinoza; Da Locke ad Adorno. Manuale di estetica, con Pietro Emanuele,
Roma, Armando, Manuale di retorica, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, Storia
del pensiero occidentale, con Pietro Emanuele, Roma, Armando, Contro
l'ermeneutica, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, L'euristica. Come nasce
una filosofia, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, I filosofi e il quotidiano,
con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, Dimenticare Marx?, Milano, Rusconi, Dieci
lezioni di politica, Milano, Rusconi, Filosofi senza filosofia, con Pietro
Emanuele, Roma-Bari, Laterza, Tornerà il comunismo?, Casale Monferrato, Piemme,
Manuale dell'intellettuale di successo, con Piero Violante, Roma, Armando, Il
quinto libro del capitale. Marx contro i marxisti, Milano, Biblioteca di via
Senato, Il nuovo illuminista. Obiettivo libertà, Milano, Biblioteca di via
Senato, Memorie di sinistra e memorie di destra. Un filosofo negli anni
ruggenti, Palermo, Qanat, Armando Plebe, biografia su cinquantamilagiorni.it (Corriere
della Sera), Dario Antiseri e Silvano
Tagliagambe, Storia della filosofia: Filosofi italiani contemporanei, Bompiani,
Milano, Gli 80 anni di Plebe, il filosofo trasgressivo., cinemagay.it, Sesso,
politica e frecciate di un bastian contrario, La Repubblica.It Con Armando Plebe la destra fece un brutto
“affare”, Secolo d'Italia Senato.it.
Scheda di attività di Armando PlebeVI Legislatura Senato.it. Scheda di attività di Armando
PlebeVII Legislatura Radicali.it cinquantamila.it Patrimonio sos: in difesa dei beni culturali
e ambientali, Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.
pluralism: -- versus singularism, dualigm,
bi-dualism, and monismthe one and the many --
a philosophical perspective on the world that emphasizes diversity
rather than homogeneity, multiplicity rather than unity, difference rather than
sameness. The philosophical consequences of pluralism were addressed by Grecian
antiquity in its preoccupation with the problem of the one and the many. The
proponents of pluralism, represented principally by Empedocles, Anaxagoras, and
the Atomists Leucippus and Democritus, maintained that reality was made up of a
multiplicity of entities. Adherence to this doctrine set them in opposition to
the monism of the Eleatic School Parmenides, which taught that reality was an
impermeable unity and an unbroken solidarity. It was thus that pluralism came
to be defined as a philosophical alternative to monism. In the development of
Occidental thought, pluralism came to be contrasted not only with monism but
also with dualism, the philosophical doctrine that there are two, and only two,
kinds of existents. Descartes, with his doctrine of two distinct
substances extended non-thinking
substance versus non-extended thinking substance is commonly regarded as having provided the
clearest example of philosophical dualism. Pluralism thus needs to be
understood as marking out philosophical alternatives to both monism and
dualism. Pluralism as a metaphysical doctrine requires that we distinguish
substantival from attributive pluralism. Substantival pluralism views the world
as containing a multiplicity of substances that remain irreducible to each
other. Attributive pluralism finds the multiplicity of kinds not among the
furniture of substances that make up the world but rather among a diversity of
attributes and distinguishing properties. However, pluralism came to be defined
not only as a metaphysical doctrine but also as a regulative principle of
explanation that calls upon differing explanatory principles and conceptual
schemes to account for the manifold events of nature and the varieties of human
experience. Recent philosophical thought has witnessed a resurgence of interest
in pluralism. This was evident in the development of pragmatism, where pluralism received piquant
expression in James’s A Pluralistic Universe 9. More recently pluralism was
given a voice in the thought of the later Vitters, with its heavy accent on the
plurality of language games displayed in our ordinary discourse. Also, in the
current developments of philosophical postmodernism Jean-François Lyotard, one
finds an explicit pluralistic orientation. Here the emphasis falls on the
multiplicity of signifiers, phrase regimens, genres of discourse, and
narrational strategies. The alleged unities and totalities of thought,
discourse, and action are subverted in the interests of reclaiming the diversified
and heterogeneous world of human experience. Pluralism in contemporary thought
initiates a move into a postmetaphysical age. It is less concerned with
traditional metaphysical and epistemological issues, seeking answers to
questions about the nature and kinds of substances and attributes; and it is
more attuned to the diversity of social practices and the multiple roles of
language, discourse, and narrative in the panoply of human affairs.
singular-dual-bidual-plural quartet, the: pluralitive
logic, also called pleonetetic logic, the logic of ‘many’, ‘most’, ‘few’, and
similar terms including ‘four out of five’, ‘over 45 percent’ and so on.
Consider 1 ‘Almost all F are G’ 2 ‘Almost all F are not G’ 3 ‘Most F are G’ 4
‘Most F are not G’ 5 ‘Many F are G’ 6 ‘Many F are not G’ 1 i.e., ‘Few F are not
G’ and 6 are contradictory, as are 2 and 5 and 3 and 4. 1 and 2 cannot be true
together i.e., they are contraries, nor can 3 and 4, while 5 and 6 cannot be
false together i.e., they are subcontraries. Moreover, 1 entails 3 which
entails 5, and 2 entails 4 which entails 6. Thus 16 form a generalized “square
of opposition” fitting inside the standard one. Sometimes 3 is said to be true
if more than half the F’s are G, but this makes ‘most’ unnecessarily precise, for
‘most’ does not literally mean ‘more than half’. Although many pluralitive
terms are vague, their interrelations are logically precise. Again, one might
define ‘many’ as ‘There are at least n’, for some fixed n, at least relative to
context. But this not only erodes the vagueness, it also fails to work for
arbitrarily large and infinite domains. ‘Few’, ‘most’, and ‘many’ are binary
quantifiers, a type of generalized quantifier. A unary quantifier, such as the
standard quantifiers ‘some’ and ‘all’, connotes a second-level property, e.g.,
‘Something is F’ means ‘F has an instance’, and ‘All F’s are G’ means ‘F and
not G has no instance’. A generalized quantifier connotes a second-level
relation. ‘Most F’s are G’ connotes a binary relation between F and G, one that
cannot be reduced to any property of a truth-functional compound of F and G. In
fact, none of the standard pluralitive terms can be defined in first-order
logic. Grice lists (x) and (Ex) as “all” and “the,” and of course (Ex), “some
(at least one).” So his approach welcomes the pluralitive logico pleonetetic.
There may be a scale, as Urmson calls it, involving ‘few’ and ‘most.’ ‘Many’
may bring many a trick. Quine deals with numerical quantifiers, in “The logical
form of ‘The apostles were twelve.”In Grice, this is a clear case of what he
calls the principle of conversational fortitude: in a scale (alla Urmson)
involving a and b, the conversationalist’s preference for one item in the
ordered pair yields that the utterer implicates the negation of the other item.
These implicatura are defeasible. Refs.: Luigi Speranza, “Grice and Altham on
Geach’s pleoretetics, with and without implicatura.”
Causanscausaturum -- Causatum: plurality
of causes, as used by Mill, more than one cause of a single effect; i.e.,
tokens of different event types causing different tokens of the same event
type. Plurality of causes is distinct from overdetermination of an event by
more than one actual or potential token cause. For example, an animal’s death
has a plurality of causes: it may die of starvation, of bleeding, of a blow to
the head, and so on. Mill thought these cases were important because he saw
that the existence of a plurality of causes creates problems for his four
methods for determining causes. Mill’s method of agreement is specifically
vulnerable to the problem: the method fails to reveal the cause of an event
when the event has more than one type of cause, because the method presumes
that causes are necessary for their effects. Actually, plurality of causes is a
commonplace fact about the world because very few causes are necessary for
their effects. Unless the background conditions are specified in great detail,
or the identity of the effect type is defined very narrowly, almost all cases
involve a plurality of causes. For example, flipping the light switch is a
necessary cause of the light’s going on, only if one assumes that there will be
no short circuit across the switch, that the wiring will remain as it is, and
so on, or if one assumes that by ‘the light’s going on’ one means the light’s
going on in the normal way.
poggi: Alfredo Poggi (Sarzana) filosofo. Nacque da una famiglia di
piccoli commercianti. Ancora adolescente, rimase colpito dalla violenza usata
nei confronti del popolo durante le giornate milanesi e dal temporaneo esilio
che dovettero subire alcuni socialisti amici di famiglia. Questo lo portò a
simpatizzare per quel partito che stava nascendo e al quale si iscrise. Si
laureò in Lettere a Palermo, dove si era temporaneamente trasferito dopo la
morte del padre, discutendo una tesi su Kant e il socialismo, pubblicata l'anno
successivo con il titolo “La questione morale nel socialismo: Kant e il socialismo.”
Tornato a Sarzana si immerse nell'attività politica che lo portò ad essere
eletto nel consiglio comunale cittadino per il partito socialista.
Karl Kautsky, teorico del marxismo Si recò a Lipsia alla scuola di Wundt, fondatore
della psicologia sperimentale, dove lavorò al giornale Leipziger Volkszeitung e
dove strinse rapporti di amicizia e legami politici con i maggiori esponenti
della socialdemocrazia di quel Paese. Fra questi in primo luogo con Bebel, Kautsky e Luxemburg, personaggi che
segnarono profondamente la storia del socialismo europeo, e con i quali
mantenne rapporti epistolari. Tornato in Italia, si trasferisce a Genova
per iscriversi a quella facoltà di Giurisprudenza che gli darà una seconda
laurea e dove inizierà a collaborare a Il Lavoro di Canepa, all'Avanti!, al
Tempo di Claudio Treves, alla turatiana Critica Sociale sulla quale scriverà
per oltre cinquant'anni. Sue collaborazioni apparvero successivamente anche su La
Rivoluzione liberale di Gobetti. È in questo periodo che la polizia comincia ad
interessarsi alla sua attività politica e lo inserisce nello schedario dei
sovversivi. Inizia intanto ad insegnare nelle scuole superiori di molte
città dell'Italia centro settentrionale sempre inseguito dall'attenzione della
polizia. Sposa la sarzanese marchesina Ollandini e partecipa come delegato al Congresso
socialista di Ancona, nel corso del quale ebbe un duro scontro con il
massimalista Mussolini sul problema
della compatibilità o meno del socialismo con la massoneria. L'assemblea diede
in quell'occasione una larga maggioranza alla tesi mussoliniana
dell'incompatibilità. -- è capogruppo
socialista nel consiglio comunale di Sarzana, retto da una giunta socialista,
che nella giornata divenuta famosa dovette far fronte all'aggressione armata di
500 fascisti, capitanati da Dumini, decisi a sottomettere la città
"rossa". Come è noto i fascisti furono umiliati e cacciati,
lasciando una dozzina di cadaveri sul terreno, dall'unione della forza pubblica
e del popolo in armi, sotto l'egida dell'amministrazione comunale. Dopo la
marcia su Roma, Poggi, e con lui tutti gli antifascisti messisi in evidenza,
dovettero trovare rifugio all'estero o migrare in altre città. Fu privato per
un certo periodo dell'insegnamento e quando sedeva su una cattedra di filosofia
a Genova, fu denunciato al Tribunale speciale per la sua attività cospirativa
praticata con altri colleghi antifascisti. Amico di Rensi e della
consorte Laura Perucchi, era solito recarsi nelle domeniche d'inverno al
palazzo genovese di via Palestro dove i Rensi animavano un vero e proprio
salotto, arricchito dalla presenza di illustri personalità quali il poeta e
romanziere Pastorino, Buonaiuti, Sella o
Rossi, accomunati dall'opposizione al regime. In quell'occasione evitò
una dura condanna perché probabilmente Mussolini si ricordò di quel suo leale
tenace avversario e lo fece liberare, come attesta una registrazione esistente
nel suo fascicolo personale presso l'Archivio Centrale dello Stato: “scarcerato
e rilasciato in libertà dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato per
atto di clemenza di S.E. il Capo del Governo”. Non cessò però la
persecuzione nei suoi confronti da parte del fascismo ligure, soprattutto dopo
la nascita della Repubblica Sociale Italiana per cui, impedito nell'esercizio
della professione e perduto l'insegnamento, dovette adattarsi ad insegnare in
scuole private. Alla caduta del fascismo venne eletto segretario regionale del
partito socialista, ma fu nuovamente arrestato col figlio e condannato a morte,
pena poi commutata nella deportazione a Mauthausen. In realtà, a causa delle distruzioni
della guerra, ormai separato dal figlio, fu internato a Bolzano-Gries, fino a
quando riuscì a fuggire, in coincidenza con gli ultimi bombardamenti e la fine
della guerra, ritrovando ancora vivo suo figlio. Nel dopoguerra, dopo la
scissione socialista aderì al Partito Socialdemocratico per poi tornare, dopo
il distacco dai comunisti, in quello Socialista. Venne eletto con i voti dei
due partiti socialisti come membro laico della prima consigliatura del
Consiglio superiore della magistratura, e successivamente, prima illuso e poi
deluso per la mancata riunificazione dei due tronconi socialisti lasciò la
politica attiva. Poggi morì a Genova. Pubblicazioni principali Stato Chiesa Scuola,
Firenze, Bemporad, Cultura e Socialismo, Torino, Gobetti, Gesuiti contro lo
Stato Liberale, Milano, Unitas, Filosofia dell'azione. Saggi critici, Roma, Ed.
Dante Alighieri, Concetto del Diritto e dello Stato. Saggi critici, Padova, Ed.
Cedam, Piero Martinetti Vicenza, Collezione del Palladio,ora Riedizione Cosimo
Scarcella e Introduzione di Enrico De Mas, Milano, Marzorati, La preghiera
dell'uomo, Milano, Bocca,Giuseppe Meneghini, Alfredo Poggi, in Socialismo Spezzino, appunti per una storia,
Massa G. Meneghini, G. Meneghini Sui luttuosi fatti del luglio v. Giuseppe
Meneghini, La Caporetto del fascism Sarzana Mursia Editore Milano, P. Pastorino, Mio padre Carlo Pastorino,
Genova G. Meneghini, G. Meneghini, Alfredo Poggi G. Meneghini, Alfredo Poggi, Piero Pastorino,
Mio padre Carlo Pastorino, Genova, Liguria Edizioni Sabatelli, Giuseppe P.
Meneghini, "Alfredo Poggi" in Maria Beghi et al., Socialismo spezzino
Appunti per una storia, Massa, Centro Studi Agostino Bronzi, .Antifascismo
Fatti di Sarzana Socialdemocrazia. Alfredo Poggi. Antifascista e uomo di
cultura, da Testimoni del tempo e della storia di Isa Sivori Carabelli. Sito
istituzionale della Città di Sarzana. Alfredo Poggi nel sito
dell'ANPIAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia, su anpi.it.
poiesis Grecian, ‘production’, behavior
aimed at an external end. In Aristotle, poiesis is opposed to praxis action. It
is characteristic of crafts e.g.
building, the end of which is houses. It is thus a kinesis process. For Aristotle,
exercising the virtues, since it must be undertaken for its own sake, cannot be
poiesis. The knowledge involved in virtue is therefore not the same as that
involved in crafts. R.C. Grice, who liked opera, was fascinated by the history
of the Bardi camerata, and their idea of the ‘melopea,’ or music making.
pojero: Grice: “Like me,
he held symposia in his villa – Villa Amato in the Giardino Ingelse a Palermo –
lots of Brits there!” -- Giuseppe Amato
Pojero (Palermo), filosofo. Studiò a Napoli, quindi a Pisa, dove si laureò.
Impossibilitato a compiere grandi viaggi perché malato di angina pectoris, si
stabilì a Palermo. La villa Amato Pojero ai Giardini Inglesi divenne così luogo
di incontro di scienziati e intellettuali. Fu collaboratore della Società per
gli studi filosofici di Palermo e fondò una biblioteca filosofica che fu per
circa un trentennio punto di incontro di grandi intellettuali italiani e stranieri,
come Gentile, Vailati, Brentano, Gemelli e altri. Alla sua morte, la biblioteca
divenne parte dell'Accademia di Scienze Lettere e Arti. Di lui restano molti
quaderni di appunti, in cui si evince la sua posizione filosofica critica verso
il razionalismo, accusato di essere incapace di comprendere adeguatamente la
metafisica e la religione; tutte le scienze, al contrario, avrebbero dovuto
contribuire alla dimostrazione dell'esistenza di Dio e dell'immortalità
dell'anima. Archivio biografico
comunaleComune di Palermo, su comune.palermo.it. Amato Pojero, Giuseppe Dizionario
biografico degli italiani, 2, su
treccani.it, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.
polarity, the relation between distinct
phenomena, terms, or concepts such that each inextricably requires, though it
is opposed to, the other, as in the relation between the north and south poles
of a magnet. In application to terms or concepts, polarity entails that the
meaning of one involves the meaning of the other. This is conceptual polarity.
Terms are existentially polar provided an instance of one cannot exist unless
there exists an instance of the other. The second sense implies the first.
Supply and demand and good and evil are instances of conceptual polarity. North
and south and buying and selling are instances of existential polarity. Some polar
concepts are opposites, such as truth and falsity. Some are correlative, such
as question and answer: an answer is always an answer to a question; a question
calls for an answer, but a question can be an answer, and an answer can be a
question. The concept is not restricted to pairs and can be extended to
generate mutual interdependence, multipolarity.
poli: Baldassare Poli (Cremona), filosofo. Laureato a Bologna, insegnò
a Milano. Pubblicò il Saggio di filosofia elementare, un eclettico sistema di empirismo
e razionalismo. Insegnò a Padova, di cui fu anche magnifico
rettore. In seguito fu nominato direttore generale dei ginnasi veneti e
consigliere scolastico. Membro dell'Istituto veneto di scienze, lettere
ed arti, ne fu president. I suoi Saggi di scienza politico-legali considerano
il diritto un insieme di scienzain quanto trattano dei principie di artein
quanto applicazione dei principi giuridici nella valutazione dei singoli casi.
Ritiene che il diritto sia un'espressione provvidenziale e lo distingue in
naturale e in positivo. Combatté il positivismo negli Studii di filosofia
contemporanea, rivendicando la superiorità dello spirito sulla
materia. Opere: :Saggio filosofico
sopra la scuola dei moderni filosofi naturalisti, coll'analisi dell'organologia,
della craniologia, della fisiognomia, della psicologia comparata, e con una
teoria delle idee e de' sentimenti,” Milano, Primi elementi di filosofia,
Napoli, Elementi di filosofia teoretica e morale, Padova, La filosofia
elementare, Milano, Saggi di scienza politico-legale, Milano, Saggio di
filosofia, «Istituto Lombardo. Rendiconti», Studii di filosofia contemporanea,
«Istituto Lombardo. Rendiconti», Cenni
sull'opera di Simone Corleo: il sistema della filosofia universale, ovvero la
filosofia dell'identità, «Istituto Lombardo. Rendiconti», La filosofia
dell'incosciente, «Istituto Lombardo. Memorie», Studi C. Cantoni, Studio della
vita e delle opere di Baldassarre Poli, Milano, Filosofia Istituto veneto di
scienze, lettere ed arti. XML XLM? (check). in Dizionario biografico austriaco.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Poli,” per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria.
politeo: Giorgio Politeo insegnante al Liceo Santa Caterina di
Venezia (1882 )È seduto nella seconda fila dal basso con un bastone in mano.
Giorgio Politeo (Spalato), filosofo. Frequentò nella natìa Spalato il locale
seminario (che fungeva anche da liceo per i non seminaristi, col nome di
Ginnasio Liceo Imperiale di Spalato), ricordando in seguito che sugli stessi
banchi aveva studiato l'amato Ugo Foscolo. Proveniva da un'antica e stimata
famiglia spalatina, ma un rovescio finanziario lo costrinse a cercare un
impiego come supplente nello stesso seminario/liceo, continuando quindi gli
studi da autodidatta. Fra il 1850 e il 1852 è quindi supplente di latino,
storia e geografia a Spalato, poi nel 1853 è a Vienna per partecipare all'esame
a cattedre per insegnamento letterario nei Ginnasi del Regno Lombardo-Veneto, e
dalla memoria inviata alla commissione per la valutazione conosciamo le sue
ampie letture: Tacito, Machiavelli, Vico, Guizot, Gibbon, Schlegel, Kant,
Hegel, De Maistre, Schelling, Michelet. In tale occasione, presenta un lavoro
sul poema cavalleresco: "Che cosa l'Ariosto abbiasi più specialmente
proposto col Furioso", che viene positivamente segnalato dalla
commissione. Il Politeo viene quindi approvato per l'insegnamento per tutte le
otto classi ginnasiali: primo esempio, fino ad allora, nelle province italiane
dell'Impero Austroungarico. Nel 1854 è supplente alla cattedra di storia
universale ed austriaca presso l'Padova, ove frequenta il gruppo di studenti e
docenti dalmati, uso a riunirsi presso la casa della contessa Cattani Borelli
di Vrana: una delle famiglie più in vista nella Dalmazia austriaca. In attesa
di una prevista nomina presso un'università austriaca, ottiene una supplenza
presso il Liceo/Convitto di Santa Caterina a Venezia (dal 1867 Liceo Ginnasio
Marco Foscarini). Richiamato a Vienna, inutilmente attende per quasi tre anni
(1857-1859) la promessa cattedra universitaria ed infinesu sua richiestaviene
nuovamente inviato al Liceo Santa Caterina di Venezia. Già negli anni
precedenti indagato per la sua adesione ai principi liberali, a Venezia subisce
un processo con l'accusa di "poca ortodossia religiosa". Nonostante
il parere dell'allora Patriarca di Venezia Jacopo Monico, secondo il quale
bisognava "augurare (...) all'insegnamento uomini di così alta coscienza
come il Politeo", questi viene per punizione destinato a Mantova (allora
ancora sotto la sovranità austriaca, a differenza del resto della
Lombardia). Qui riprende gli studi, ed in particolare un saggio di
"Storia dell'Ideale Umano", per il quale termina e pubblica
l'introduzione nel 1862, col titolo "Genesi naturale di un'idea". Il
clero mantovano lo accusa di ateismo e di panteismo, mentre di converso qualche
positivista del tempo lo accusa di misticismo. La polizia quindi continua a
vigilarlo, ma in un rapporto del 23 marzo 1864 si legge che "Legato di amicizia
con persone note per la loro avversione al Governo, quali Grossi, Benzoni,
Dalla Rosa e alle famiglie D'Arco e Martinelli, egli serba condotta politica
irreprensibile ed è esemplare il suo contegno sociale e morale". Collega
del Politeo era al tempo il filosofo e pedagogista Roberto Ardigò. In
seguito alle guerre d'indipendenza, la provincia di Mantova e il Veneto vengono
annessi al Regno d'Italia ed il Politeo nel 1867 ritorna ad insegnare a
Venezia, prima presso il Liceo Marco Polo e infine di nuovonel 1870al Liceo
Foscarini e all'istituto tecnico Paolo Sarpi. In quest'ultimo anno sposa una
giovane mantovana, Maria Guadagni. Nel 1873 alla coppia nascerà una figlia,
prematuramente scomparsa a soli cinque anni. Negli anni successivi
Politeo lavora continuamente alla sua opera, manifestando sempre più un tratto
di fortissima autocritica che lo porterà a distruggere più volte i testi già
completati: a causa di questo impegno rifiuta l'offerta di una candidatura al
Parlamento. Su insistenza di Luigi Luzzatti nel 1879 partecipa al concorso per
la cattedra di filosofia morale presso l'Padova, ma l'amico Giuseppe Guerzoni
lo mette sull'avviso: le prove sono già decise e faranno di tutto per metterlo
in cattiva luce. Così accade: l'esame pubblico si chiude con un battibecco e la
candidatura di Politeo viene scartata. La sua vita da quel momento scorse
senza grandi sussulti, fra l'insegnameno e lo studio, nonché col contatto con
alcuni filosofi e pensatori del tempo, quali John Addington Symonds, Émile de
Laveleye, Ernest Renan. Muore a Venezia il 26 dicembre 1913. Opere
Durante la sua vita il Politeo pubblicò solamente la "Genesi naturale di
un'idea", mentre nel 1919 una parte dei suoi scritti venne data alle
stampe da Zanichelli. Il periodare del Politeo è caratterizzato dal
rifiuto di ogni schematismo, da frammentarietà e da continue divagazioni al
limite dell'erudizione spinta: tutto ciò ne rende assai complessa la lettura,
così come una categorizzazione. In linea generale, si può dire che il
Politeo propende verso una sorta d'irrazionalismo sentimentale, che sgorga in
lui da una sincera religiosità: in questo si può collegare con alcuni pensatori
tedeschi quali Herder, Jacobi, Hamann, pur essendo la sua scaturigine di
diversa natura. Sebbene il pensiero di Politeo sembri procedere nella
concezione della natura sulle vie dello spinozismo idealistico, pure egli si
salva da questo che considera un "paradosso mostruoso" mediante
l'accettazione del Dio personale del cristianesimo, nel quale egli fermamente crede.
"Il suo Dio, pur restando il principio plastico dell'universo, non è più
il Dio astratto di Spinoza né quello di Schelling, che si disperde nel mondo ed
esce da sé con atto incomprensibile, per ritrovarsi attraverso il processo
della natura e della storia; ma il Dio degli umili che parla al cuore con tutto
il fascino della bontà e la poesia del sacrifizio (...). Se nella "Critica
della ragione pratica" (di Kant) l'uomo si affranca dall'ordine naturale,
perché si autodetermina come fonte delle categorie, e avendo coscienza di sé
come soggetto universale, si sente vincolato a una legge che non tiene conto
della connessione necessaria delle cose; per Politeo, al contrario, il
principio morale non è una legge di ragione, ma un principio, che avendo
solidarietà con tutti gli altri elementi della vita, scaturisce dalle
profondità del sentimento, come lo scopo dell'essere umano; e le forze
intellettive e volitive non hanno altra funzione che d'interpretare e di
attuare questo impulso interiore, questo sentimento del bene (...), il cui
meccanismo e la cui origine sono inaccessibili alla ragione"
(I.Tacconi). In anni più recenti le maggiori riflessioni sull'opera dello
spalatino Giorgio Politeo sono giunte da parte di alcuni studiosi croati. Nel
tentativo di croatizzarlo, egli però viene presentato come "Juraj
Politeo". Note La voce della
Enciclopedia Italiana, riferimenti in , indica la data del 25 dicembre
1913. Copia archiviata, su mzos.hr. 29
novembre 2008 9 giugno 2007). Tre articoli della studiosa Heda Festini su Juraj
Politeo. Scritti filosofici e letterari, con introduzione di Luigi Luzzatti,
Bologna, Zanichelli, 1919. Giovanni Bordiga, Giorgio PoliteoCommemorazione,
Venezia, A. Faggi, Per un filosofo dalmata, Marzocco, 1920. Giovanni Gentile,
Giorgio Politeo in Critica, 20 novembre 1919. A. Renda, Un pensatore dalmata in
Nuovo Convito, novembre 1919. F. Tacconi, Un filosofo dalmata in Rivista
dalmatica, gennaio 1926. Ildebrando Tacconi, Giorgio Politeo, in Istria e
Dalmazia. Uomini e Tempi. Dalmazia, Udine, Del Bianco, 1992. Erminio Troilo, Un
filosofo dalmata in Bilychnis, novembre 1927.
Dalmati italiani. P.Zenoni-Politeo, in Ateneo Veneto, Enciclopedia
Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
pollastri: Neri Pollastri (Firenze), filosofo. Laureato in filosofia con
una tesi sulla filosofia della natura di Hegel, si occupa in particolare di
filosofare con le persone, campo nel quale dsvolge la libera professione, sia
privatamente che in collaborazione con amministrazioni pubbliche. Ha avuto uno sportello
di consulenza presso il quartiere 4 di Firenze e dal al ha
lavorato presso un Centro di Salute Mentale della ASL. Su questa attività
ha pubblicato l’editore Apogeo Il pensiero e la vita, Consulente filosofico
cercasi, Il filosofo in azienda (, con Paolo Cervari) e per le edizioni Di
Girolamo L’uomo è ciò che pensa (con Davide Miccione). Ha inoltre scritto
diversi articoli, alcuni dei quali in lingua inglese. Tra i fondatori di
PhronesisAssociazione Italiana per la Consulenza Filosofica, ne è stato a lungo
Presidente, e continua a dirigere (assieme a Davide Miccione) l’omonima
rivista, edita da IPOC. È stato anche coordinatore della collana “Pratiche
Filosofiche” diretta da Umberto Galimberti per Apogeo e (con D. Miccione e
Stefano Zampieri) cura la collana “Dialogos”, sempre per l’editore IPOC.
Ha insegnato consulenza filosofica in numerose Università Italiane ed è stato
relatore in quattro International Conferences on Philosophical Practice
(Copenaghen, Siviglia, Carloforte, Leusden). Ha inoltre all’attivo ricerche in
campo tradizionalmente filosofico come L’assoluto eternamente in sé cangiante.
Interpretazione olistica del sistema hegeliano (2001, La Città del Sole),
alcuni articoli di filosofia politica e altri di filosofia dell’improvvisazione.
Accanto al suo impegno nella filosofia, si occupa di commenti alla musica, in
particolare nel campo del jazz, collaborando con “Musica Jazz”, “Il Giornale
della Musica” e “All About Jazz Italia”. Nel
ha pubblicato la biografia artistica di Riccardo Tesi, Una vita a
bottoni, uscita per l’editore Squilibri. Attivo anche in campo teatrale,
come amatore ha esperienze di attore (recitando in lavori di E. Ionesco, A.
Nicolaj, G. Feydeau, N. Simon) e regista (ha diretto Sorelle Materassi di F.
Storelli dal libro di A. Palazzeschi, La tettonica dei sentimenti di
Éric-Emmanuel Schmitt e Siamo momentaneamente assenti di Luigi
Squarzina). Pensiero Davide Miccione, in La Consulenza Filosofica (2007,
Xenia), definisce la teoria della consulenza filosofica di Pollastri tutt'uno,
come in Achenbach, con una più generale concezione della filosofia e del
filosofare. È all’interno di questa idea generale, che comprende una visione
della società contemporanea, degli orizzonti attuali, dei destini della
filosofia e il ruolo che il filosofo deve svolgere, che può essere inserita la
visione della consulenza filosofica dello studioso fiorentino. Il punto di
partenza potrebbe essere posto in un’analisi della società e nel ruolo che in
essa giocano le psicoterapie e, più largamente il linguaggio e la cultura
psicoterapeutica. L’idea di Pollastri sembra essere quella di chi vede in corso
un processo di trasformazione del dolore del male in una patologia
psicologicamente rilevabile e curabile: «Oggi , tanto i manuali psicopatologici
come DSM IV, quanto la cultura diffusa, da rotocalco (sovente però confortata
da medici e psicologi che sui rotocalchi scrivono), tendono a far credere che
ogni qualvolta si stia “male” ipso facto si sia “malati”e che, di conseguenza,
sia necessario un “terapeuta” che ci guarisca.» (Pollastri, Il pensiero e
la vita: guida alla consulenza e alle pratiche filosofiche, 2004, p.91) Ciò
ovviamente porterebbe ad un estremo impoverimento nella capacità umana di
comprendere e affrontare la vita. In un mondo in cui ogni dolore è sintomo e
l’unica cosa che sembra avere importanza è che esso venga eliminato, la
filosofia e la consulenza filosofica (che secondo Pollastri sembrano più essere
due momenti di un'unica disciplina piuttosto che due cose diverse) non possono
e non devono presentarsi come pensiero strategico e risolutivo. Prendere
decisioni e risolvere problemi sono due modi attraverso cui si banalizza la
complessità e anche il fascino di ogni esperienza vitale umana. Come
giustamente sottolinea, «se c’è qualcosa di davvero originale e inattuale
che la filosofia ha da offrire all’uomo del terzo millennio , ciò è
giustappunto una prospettiva che vada oltre l’agire tecnico finalizzato,
l’intervento manipolativo sulla realtà e, dunque, l’idea stessa di efficacia.»
(ivi103) Con questa impostazione non stupirà dunque che Pollastri veda in modo
estremamente critico la presenza del concetto di aiuto nella consulenza
filosofica. Per Pollastri chi si concentra sull’aiutare il consulente rischia
di fare semplicemente una psicoterapia mascherata e poco efficace. Concentrarsi
sull’ausilio e la soluzione dei problemi posti dal consultante «può
disperdere la realtà e originale potenzialità della filosofia nel campo della
considerazione dei problemi degli individui e della loro vita; può annullare la
capacità di ri-orientare il pensiero e l’agire che la ri-flessione filosofica
porta con sé come sua assoluta specificità; può, infine, privare gli individui
e la società di quella che è forse oggi rimasta l’ultima branca del sapere
svincolata dallo strabordante e acritico dominio del produrre, del finalizzare,
e della tecnica.» (ivi124) L’onnipresenza del paradigma terapeutico non
deve fare sì che si dimentichi anche il rapporto sano che la filosofia può
mantenere con la psicologia rettamente intesa. La psicologia cioè come ricerca
di ciò che è proprio del comportamento umano che, ci ricorda Pollastri, tutti i
grandi filosofi da Platone ad Aristotele, da Montaigne a Kant, hanno sempre
coltivato. Come studio sull’uomo, e al pari di altre scienze umane che cercano
di coglierne altre limitate ma fondamentali dimensioni (si pensi
all’antropologia o alla sociologia), la psicologia va tenuta in considerazione
dallo sguardo del consulente: «Per tutti i filosofi, la psicologia è stata
nient’altro che una conoscenza tra le molte che la filosofia doveva
comprendere, criticare, porre nel giusto posto che a essa spettava entro una
comprensione filosofica del mondo. E se i “grandi filosofi” non hanno
disdegnato di occuparsi anche di psicologia , perché oggi il filosofo
consulente dovrebbe temere oltremisura di fare riferimento anche a
essa?”» Posta in un orizzonte
conoscitivo e non terapeutico la psicologia non è evitata, al pari di ogni
altra disciplina, al consulente filosofico. Lo spazio entro cui Pollastri
colloca la sua azione e la sua riflessione implica, ancor più radicalmente di
Achenbach, una lettura della filosofia come del tutto connessa con la vita di
ogni singolo uomo. Difficile cogliere la cesura tra questi e il filosofo. Se questa
differenziazione ha sicuramente un valore indicativo, convenzionale, utile per
distinguere chi ha fatto della riflessione il centro della vita, è difficile
invece trovare una differenza essenziale tra costui e l’uomo comune. L’uomo è
necessariamente filosofo: «le ragioni di questa necessità sono connesse
con nell’essenza fragile, limitata, mortale dell’uomo, […] è da questa
necessità che deriva l’urgenza dell’uomo a porsi domande, cercare senso,
aspirare alla conoscenza,-essere, cioè philo-sophos, amante del sapere.»
(ivi p.3) Ma se l’uomo è perennemente filosofo è anche perché è propria della
filosofia l’incapacità di arrestarsi a un dato, a un risultato che non sia
ulteriormente indagabile. La disciplina in questione così si mostra
propriamente nella sua attività più che nel suo corpus di conoscenze:“
«Anche la filosofia pratica, dunque, si conclude là dove produce qualcosa di
pratico per diventare altro: morale, politica, diritto.» Da questa visione
se ne deduce la inapplicabilità della filosofia in generale e più
specificatamente l’impossibilità di concepire la consulenza filosofica come una
sorta di filosofia applicata alla vita. «Il fatto è che la filosofia non
si applica, oppure è sempre applicata: essendo amore per il sapere, è infatti
qualcosa di perennemente in movimento- è un agire, un fare. E non c’è fare che
non sia fare qualcosa. Quello della filosofia è il filosofare, vale a dire il
cercare e ri-cercare, il ri-tornare sempre di nuovo sul problema, inappagati
dall’apparente soluzione, il ri-flettere incessantemente per mettere a prova le
nostre capacità di comprensione. Questo agire, che è pura e semplice filosofia,
non può essere applicato perché lo è già sempre , non potendo avvenire senza un
argomento, un tema, un problema e senza individui pensanti sui quali esso
agisce, produce, come tutte le attività , effetti pratici concreti.»
(ibidem) Opere L' assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione
olistica del sistema hegeliano, in Studi sul pensiero di Hegel, La Città del
Sole, Il pensiero e la vita. Guida alla consulenza e alle pratiche filosofiche,
Apogeo Education, Consulente filosofico cercasi, Milano, Apogeo, L’uomo è ciò che pensa. Sull’avvenire della
pratica filosofica [con Davide Miccione], Di Girolamo, Trapani, Il filosofo in
azienda. Pratiche filosofiche per le organizzazioni [con Paolo Cervari], Apogeo,
Milano, Riccardo Tesi. Una vita a bottoni, in A viva voce, Squilibri, La
consulenza filosofica. Breve storia di una disciplina atipica, in Intersezioni,
Gerd Achenbach e la fondazione della pratica filosofica, in Maieusis, La
consulenza filosofica tra saggezza e metodo, in“Intersezioni, 1, Razionalità
del sentimento e affettività della ragione. Appunti sulle condizioni di
possibilità della consulenza filosofica, in DisciplineFilosofiche, Teoria
pratica” e palle di biliardo. La consulenza filosofica come mappatura
dell’esistenza, in WalterBernardi eDomenicoMassaro(acuradi), La cura degli
altri. La filosofia come terapia dell’anima, Universitàd egli studidi Siena, From
Hegel to Improvisation. On the Method Issue in Philosophical Consultation, in
José Barrientos Rastrojo (ed.), Entre Historia y Orientaciòn Filosofica, II ,
Sevilla, Il consulente filosofico di quartiere, in Autaut, Analisi di Pier Aldo
Rovatti, La filosofia può curare?, in Phronesis, Prospettive politiche della
pratica filosofica, in Humana.mente, Improvvisare la verità. Musica jazz e
discorso filosofico, in Itinera, 10,
Note Neri Pollastri, Il pensiero
e la vita, Apogeo Education, Consulente filosofico cercasi, Apogeo, Neri
Pollastri e Paolo Cervari, Il filosofo in azienda. Pratiche filosofiche nelle
organizzazioni, Apogeo, Neri Pollastri e Davide Miccione, L'uomo è ciò che
pensa: sull'avvenire della pratica filosofica, Di Girolamo, Neri Pollastri,
L'assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema
hegeliano, in Studi sul pensiero di Hegel, La Città del Sole,Riccardo Tesi. Una
vita a bottoni, in A viva voce, Squilibri, Davide Miccione, La consulenza
Filosofica, Xenia, Davide Miccione, La consulenza Filosofica, Xenia, Consulenza
filosofica Sito internet su
neripollastri.it. Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica, su
phronesis-cf.com.
civis -- political philosophy, the study
of the nature and justification of coercive institutions. Coercive institutions
range in size from the family to the nation-state and world organizations like
the United Nations. They are institutions that at least sometimes employ force
or the threat of force to control the behavior of their members. Justifying
such coercive institutions requires showing that the authorities within them
have a right to be obeyed and that their members have a corresponding
obligation to obey them, i.e., that these institutions have legitimate
political authority over their members. Classical political philosophers, like
Plato and Aristotle, were primarily interested in providing a justification for
city-states like Athens or Sparta. But historically, as larger coercive
institutions became possible and desirable, political philosophers sought to
justify them. After the seventeenth century, most political philosophers
focused on providing a justification for nationstates whose claim to legitimate
authority is restricted by both geography and nationality. But from time to
time, and more frequently in the nineteenth and twentieth centuries, some
political philosophers have sought to provide a justification for various forms
of world government with even more extensive powers than those presently
exercised by the United Nations. And quite recently, feminist political
philosophers have raised important challenges to the authority of the family as
it is presently constituted. Anarchism from Grecian an archos, ‘no government’
rejects this central task of political philosophy. It maintains that no
coercive institutions are justified. Proudhon, the first self-described
anarchist, believed that coercive institutions should be replaced by social and
economic organizations based on voluntary contractual agreement, and he
advocated peaceful change toward anarchism. Others, notably Blanqui and
Bakunin, advocated the use of violence to destroy the power of coercive
institutions. Anarchism inspired the anarcho-syndicalist movement, Makhno and
his followers during the Russian Civil War, the
anarchists during the Civil War,
and the anarchist gauchistes during the 8 “May Events” in France. Most
political philosophers, however, have sought to justify coercive institutions;
they have simply disagreed over what sort of coercive institutions are
justified. Liberalism, which derives from the work of Locke, is the view that
coercive institutions are justified when they promote liberty. For Locke,
liberty requires a constitutional monarchy with parliamentary government. Over
time, however, the ideal of liberty became subject to at least two
interpretations. The view that seems closest to Locke’s is classical
liberalism, which is now more frequently called political libertarianism. This
form of liberalism interprets constraints on liberty as positive acts i.e.,
acts of commission that prevent people from doing what they otherwise could do.
According to this view, failing to help people in need does not restrict their
liberty. Libertarians maintain that when liberty is so interpreted only a
minimal or night-watchman state that protects against force, theft, and fraud
can be justified. In contrast, in welfare liberalism, a form of liberalism that
derives from the work of T. H. Green, constraints on liberty are interpreted to
include, in addition, negative acts i.e., acts of omission that prevent people
from doing what they otherwise could do. According to this view, failing to
help people in need does restrict their liberty. Welfare liberals maintain that
when liberty is interpreted in this fashion, coercive institutions of a welfare
state requiring a guaranteed social minimum and equal opportunity are
justified. While no one denies that when liberty is given a welfare liberal interpretation
some form of welfare state is required, there is considerable debate over
whether a minimal state is required when liberty is given a libertarian
interpretation. At issue is whether the liberty of the poor is constrained when
they are prevented from taking from the surplus possessions of the rich what
they need for survival. If such prevention does constrain the liberty of the
poor, it could be argued that their liberty should have priority over the
liberty of the rich not to be interfered with when using their surplus
possessions for luxury purposes. In this way, it could be shown that even when
the ideal of liberty is given a libertarian interpretation, a welfare state,
rather than a minimal state, is justified. Both libertarianism and welfare liberalism
are committed to individualism. This view takes the rights of individuals to be
basic and justifies the actions of coercive institutions as promoting those
rights. Communitarianism, which derives from the writings of Hegel, rejects
individualism. It maintains that rights of individuals are not basic and that
the collective can have rights that are independent of and even opposed to what
liberals claim are the rights of individuals. According to communitarians,
individuals are constituted by the institutions and practices of which they are
a part, and their rights and obligations derive from those same institutions
and practices. Fascism is an extreme form of communitarianism that advocates an
authoritarian state with limited rights for individuals. In its National
Socialism Nazi variety, fascism was also antiSemitic and militarist. In
contrast to liberalism and communitarianism, socialism takes equality to be the
basic ideal and justifies coercive institutions insofar as they promote
equality. In capitalist societies where the means of production are owned and
controlled by a relatively small number of people and used primarily for their
benefit, socialists favor taking control of the means of production and
redirecting their use to the general welfare. According to Marx, the principle
of distribution for a socialist society is: from each according to ability, to
each according to needs. Socialists disagree among themselves, however, over
who should control the means of production in a socialist society. In the
version of socialism favored by Lenin, those who control the means of
production are to be an elite seemingly differing only in their ends from the
capitalist elite they replaced. In other forms of socialism, the means of
production are to be controlled democratically. In advanced capitalist
societies, national defense, police and fire protection, income redistribution,
and environmental protection are already under democratic control. Democracy or
“government by the people” is thought to apply in these areas, and to require
some form of representation. Socialists simply propose to extend the domain of
democratic control to include control of the means of production, on the ground
that the very same arguments that support democratic control in these
recognized areas also support democratic control of the means of production. In
addition, according to Marx, socialism will transform itself into communism
when most of the work that people perform in society becomes its own reward,
making differential monetary reward generally unnecessary. Then distribution in
society can proceed according to the principle, from each according to ability,
to each according to needs. It so happens that all of the above political views
have been interpreted in ways that deny that women have the same basic rights
as men. By contrast, feminism, almost by definition, is the political view that
women and men have the same basic rights. In recent years, most political
philosophers have come to endorse equal basic rights for women and men, but
rarely do they address questions that feminists consider of the utmost
importance, e.g., how responsibilities and duties are to be assigned in family
structures. Each of these political views must be evaluated both internally and
externally by comparison with the other views. Once this is done, their
practical recommendations may not be so different. For example, if welfare
liberals recognize that the basic rights of their view extend to distant
peoples and future generations, they may end up endorsing the same degree of
equality socialists defend. Whatever their practical requirements, each of
these political views justifies civil disobedience, even revolution, when
certain of those requirements have not been met. Civil disobedience is an illegal
action undertaken to draw attention to a failure by the relevant authorities to
meet basic moral requirements, e.g., the refusal of Rosa Parks to give up her
seat in a bus to a white man in accord with the local ordinance in Montgomery,
Alabama, in 5. Civil disobedience is justified when illegal action of this sort
is the best way to get the relevant authorities to bring the law into better
correspondence with basic moral requirements. By contrast, revolutionary action
is justified when it is the only way to correct a radical failure of the
relevant authorities to meet basic moral requirements. When revolutionary
action is justified, people no longer have a political obligation to obey the
relevant authorities; that is, they are no longer morally required to obey
them, although they may still continue to do so, e.g. out of habit or fear.
Recent contemporary political philosophy has focused on the
communitarianliberal debate. In defense of the communitarian view, Alasdair
MacIntyre has argued that virtually all forms of liberalism attempt to separate
rules defining right action from conceptions of the human good. On this
account, he contends, these forms of liberalism must fail because the rules
defining right action cannot be adequately grounded apart from a conception of
the good. Responding to this type of criticism, some liberals have openly
conceded that their view is not grounded independently of some conception of
the good. Rawls, e.g., has recently made clear that his liberalism requires a
conception of the political good, although not a comprehensive conception of
the good. It would seem, therefore, that the debate between communitarians and
liberals must turn on a comparative evaluation of their competing conceptions
of the good. Unfortunately, contemporary communitarians have not yet been very
forthcoming about what particular conception of the good their view
requires.
Popolo – Grice: “’Popolo’ gives
‘population,’ it gives ‘public,’ -- res publica: -- political theory,
reflection concerning the empirical, normative, and conceptual dimensions of
political life. There are no topics that all political theorists do or ought to
address, no required procedures, no doctrines acknowledged to be authoritative.
The meaning of ‘political theory’ resides in its fluctuating uses, not in any
essential property. It is nevertheless possible to identify concerted
tendencies among those who have practiced this activity over twenty-five
centuries. Since approximately the seventeenth century, a primary question has been
how best to justify the political rule of some people over others. This
question subordinated the issue that had directed and organized most previous
political theory, namely, what constitutes the best form of political regime.
Assuming political association to be a divinely ordained or naturally necessary
feature of the human estate, earlier thinkers had asked what mode of political
association contributes most to realizing the good for humankind. Signaling the
variable but intimate relationship between political theory and political
practice, the change in question reflected and helped to consolidate acceptance
of the postulate of natural human equality, the denial of divinely or naturally
given authority of some human beings over others. Only a small minority of
postseventeenth-century thinkers have entertained the possibility, perhaps
suggested by this postulate, that no form of rule can be justified, but the
shift in question altered the political theory agenda. Issues concerning
consent, individual liberties and rights, various forms of equality as integral
to justice, democratic and other controls on the authority and power of
government none of which were among the
first concerns of ancient or medieval political thinkers moved to the center of political theory.
Recurrent tendencies and tensions in political theory may also be discerned
along dimensions that cross-cut historical divisions. In its most celebrated
representations, political theory is integral to philosophy. Systematic
thinkers such as Plato and Aristotle, Augustine and Aquinas, Hobbes and Hegel,
present their political thoughts as supporting and supported by their ethics
and theology, metaphysics and epistemology. Political argumentation must
satisfy the same criteria of logic, truth, and justification as any other; a
political doctrine must be grounded in the nature of reality. Other political
theorists align themselves with empirical science rather than philosophy. Often
focusing on questions of power, they aim to give accurate accounts and
factually grounded assessments of government and politics in particular times
and places. Books IVVI of Aristotle’s Politics inaugurate this conception of
political theory; it is represented by Montesquieu, Marx, and much of
utilitarianism, and it is the numerically predominant form of academic
political theorizing in the twentieth century. Yet others, e.g., Socrates,
Machiavelli, Rousseau, and twentieth-century thinkers such as Rawls, mix the
previously mentioned modes but understand themselves as primarily pursuing the
practical objective of improving their owpolitical societies. Grice: “I always
wonder how Cicero felt happy about his translation into Roman of Grecian
‘politeia.’ Indeed, the Romans preferred to use Lat. civitas as
a literal transliteration of ‘politeia,” in geographical sense, SIG888.118 (Scaptopara, iii A. D.),
Mitteis Chr.78.6 (iv A. D.), etc. Indeed, The Romans
used ‘res publica,’ also as one word,
respublica, the common weal, a commonwealth, state, republic (cf.
civitas); also, civil affairs, administration, or power,
etc.: qui pro republicā, non pro suā obsonat, Cato ap. Ruf.
18210; cf.: “erat tuae virtutis, in minimis tuas res ponere, de re publicā vehementius laborare,” Cic. Fam. 4, 9, 3: “dummodo ista privata sit calamitas et a rei publicae periculis sejungatur,” id. Cat. 1, 9; cf.: “si re publicā non possis frui, stultum est nolle privatā,” id. Fam. 4, 9, 4: “egestates tot egentissimorum hominum nec privatas posse res nec rem publicam sustinere,” id. Att. 9, 7, 5 (v. publicus); Cato ap. Gell. 10, 14, 3: auguratum est, rem Romanam
publicam summam fore, Att. ap. Cic. Div. 1, 22, 45: “quo utiliores rebus suis publicis essent,” Cic. Off. 1, 44, 155: “commutata ratio est rei totius publicae,” id. Att. 1, 8, 4: pro republicā niti, Cato
ap. Charis. p. 196 fin.: “merere de republicā,” Plaut. Am. prol. 40: “de re publicā disputatio . . . dubitationem ad rem publicam adeundi tollere, etc.,” Cic. Rep. 1, 7, 12: “oppugnare rem publicam,” id. Cael. 1, 1; id. Har. Resp. 8, 15; id. Sest. 23, 52: “paene victā re publicā,” id. Fam. 12, 13, 1: “delere rem publicam,” id. Sest. 15, 33; Lact. 6,
18, 28.—Esp. in the phrase e re publicā, for the good of the
State, for the public benefit: “senatūs consultis bene et e re publicā factis,” Cic. Phil. 3, 12, 30: “ea si dicam non esse e re publicā dividi,” id. Fam. 13, 8, 2; id. Mil. 5, 14; Liv. 8, 4, 12; 25, 7, 4; 34, 34, 9; Suet. Rhet.
1 init.—Post-class. and rare, also ex republicā, Gell. 6, 3, 47; 11, 9, 1; “but exque is used for euphony (class.): id eum recte atque ordine exque re publicā fecisse,” Cic. Phil. 3, 15, 38; 5, 13,
36; 10, 11, 26.— In plur.: “eae nationes respublicas suas amiserunt, C. Gracch. ap. Fest. s. h. v. p. 286 Müll.: hoc loquor de tribus his generibus rerum publicarum,” Cic. Rep. 1, 28, 44: “circuitus in rebus publicis commutationum,” id. ib. 1, 29, 45 et saep.— At times, Grice
preferred to stick with the more literal, ‘civitas.’ cīvĭtas
, ātis ( I.gen. plur. civitatium, Cic. Rep. 1, 34, 51; id. Leg. 2, 4, 9; Caes.
B. G. 4, 3; 5, 22; Sall. C. 40, 2; Liv. 1, 17, 4; 2, 6, 5; 33, 20, 11 Drak.;
42, 30, 6; 42, 44, 1; 45, 34, 1; Vell. 2, 42, 2; Quint. 2, 16, 4 N. cr.; Suet.
Tit. 8 Oud.; Cornut. ap. Charis. p. 100 P.; cf. Varr. L. L. 8, § 66; Prisc. p.
771 P.; Neue, Formenl. 1, 268), f. civis. I. Abstr., the condition or
privileges of a (Roman) citizen, citizenship, freedom of the city (upon its
conditions, v. Zimmern, Rechtsgesch. 2, § 123 sq.; “Dict. of Antiq. p. 260
sqq.): Cato, cum esset Tusculi natus, in populi romani civitatem susceptus est:
ita, cum ortu Tusculanus esset, civitate Romanus, etc.,” Cic. Leg. 2, 2, 5: “donare
aliquem civitate,” id. Balb. 13, 20; Suet. Caes. 24; 42; 76; id. Aug. 47; id.
Tib. 51; id. Ner. 24: “dare civitatem alicui,” Cic. Arch. 4, 7; 5, 10; Liv. 1,
28, 7; 8, 14, 8; Suet. Aug. 40; id. Galb. 14: accipere aliquem in civitatem,
Cic. Off. 1, 11, 35: “adsciscere in civitatem,” Liv. 6, 40, 4: “ascribere
aliquem in civitatem,” Cic. Arch. 4, 6: “aliquem foederatis civitatibus
ascribere,” id. ib. 4, 7: “in aliis civitatibus ascriptus,” id. ib. 5, 10:
“assequi,” Tac. A. 11, 23: “consequi,” Cic. Balb. 13, 31: “deponere,” id.
Caecin. 34, 100: “decedere de civitate,” id. Balb. 5, 11: “dicare se civitati,”
id. ib. 11, 28: “in civitatem,” id. ib. 12, 30: “eripere,” id. Caecin. 34, 99:
“habere,” id. Balb. 13, 31: “impertiri civitatem,” id. Arch. 5, 10: “furari civitatem,”
id. Balb. 2, 5: “petere,” Suet. Caes. 8: “Romanam assequi,” Tac. A. 11, 23:
“adipisci,” Suet. Aug. 40: “Romanam usurpare,” id. Calig. 38; id. Claud. 25:
“amittere civitatem,” Cic. Caecin. 34, 98: “adimere,” id. ib.; Suet. Caes. 28:
“petere,” id. ib. 8: “negare,” id. Aug. 40: “jus civitatis,” Cic. Caecin. 34,
98; id. Arch. 5, 11: “recipere aliquem in civitatem,” id. Caecin. 34, 100; id.
Arch. 10,22; id. Balb. 13, 31: “relinquere,” id. Caecin. 34, 100: “retinere
civitatem,” id. Balb. 12, 30: “retinere aliquem in civitate,” id. Lig. 11, 33:
“ademptio civitatis,” id. Dom. 30, 78: “commemoratio,” Cic. Verr. 2, 5, 62, §
162: “nomen,” id. ib.: “ereptor,” id. Dom. 30, 81.— B. Trop.: “ut oratio Romana
plane videatur, non civitate donata,” Quint. 8, 1, 3; cf.: “civitate Romanā
donare agricolationem,” Col. 1, 1, 12: “verbum hoc a te civitate donatum,”
naturalized, Gell. 19, 3, 3; Sen. Ep. 120, 4; id. Q. N. 5, 16, 4.—More freq.,
II. Concr., the citizens united in a community, the bodypolitic, the state, and
as this consists of one city and its territory, or of several cities, it
differs from urbs, i.e. the compass of the dwellings of the collected citizens;
“but sometimes meton., = urbs, v. B.: concilia coetusque hominum jure sociati,
quae civitates appellantur,” Cic. Rep. 6, 13, 13: “tum conventicula hominum,
quae postea civitates nominatae sunt, tum domicilia conjuncta, quas urbes
dicimus, etc.,” id. Sest. 42, 91; cf.: omnis populus, qui est talis coetus
multitudinis, qualem exposui; omnis civitas, quae est constitutio populi;
“omnis res publica, quae populi res est, etc.,” id. Rep. 1, 26, 41: “quia
sapiens non sum, nec haec urbs nec in eā civitas ... non dubitavisset, quin et
Roma urbs (esset), et eam civitas incoleret,” id. Ac. 2, 45, 137: “aucta
civitate magnitudine urbis,” Liv. 1, 45, 1: “Orgetorix civitati persuasit, ut
de finibus suis cum omnibus copiis exirent,” Caes. B. G. 1, 2 Oud.; so id. ib.
1, 4; 1, 19; 1, 31; cf. Sisenn. ap. Non. p. 429, 15: “civitates aut nationes
devictae,” Cic. Off. 1, 11, 35; Sall. C. 31, 1; Liv. 21, 1, 2: “io triumphe non
semel dicemus civitas omnis,” Hor. C. 4, 2, 51; cf. id. Epod. 16, 36 and 18:
“cum civitas in foro exspectatione erecta staret,” Liv. 3, 47, 1; so id. 2, 37,
5; 26, 18, 6; 34, 41, 1; Tac. A. 3, 11; Suet. Calig. 6; id. Tib. 17; 42:
“civitates aut condere novas aut conservare jam conditas,” Cic. Rep. 1, 7, 12;
id. Sull. 9, 28; id. Rep. 1, 8, 13; 1, 3, 5: “omnis civitas Helvetia in
quattuor pagos divisa est,” Caes. B. G. 1, 12: “quae pars civitatis Helvetiae,
etc.,” id. ib.: “non longe a Tolosatium finibus, quae civitas est in
provinciā,” id. ib. 1, 10: “Ubii, quorum fuit civitas ampla atque florens,” id.
ib. 4, 3: “Rhodiorum civitas, magna atque magnifica,” Sall. C. 51, 5; cf. id.
J. 69, 3: “Heraclea quae est civitas aequissimo jure ac foedere,” Cic. Arch. 4,
6 et saep.: “administrare civitatem,” id. Off. 1, 25, 88: “mutari civitatum
status,” id. Leg. 3, 14, 32; so, “civitatis status,” Quint. 6, 1, 16; 11, 1,
85: “(legibus) solutis stare ipsa (civitas) non possit,” id. 11, 1, 85: “lege
civitatis,” id. 12, 10, 26; cf. id. 5, 10, 25: “mos civitatis,” id. 10, 1, 107;
12, 3, 7; 1, 2, 2.—Of Plato's ideal republic: “si in illā commenticiā Platonis
civitate res ageretur,” Cic. de Or. 1, 53, 230.— 2. Trop.: “civitas caelitum,”
Plaut. Rud. prol. 2: “ut jam universus hic mundus una civitas sit communis
deorum atque hominum existimanda,” Cic. Leg. 1, 7, 23.— B. Meton., = urbs, a
city (rare and mostly post-Aug.; not in Cic. or Cæs.): civitatem incendere,
Enn. ap. Non. p. 429, 5 (Trag. 382 Vahl.): “cum errarem per totam civitatem,”
Petr. 8, 2; cf. id. 8, 141 fin.: “Lingonum,” Tac. H. 1, 54; 1, 64: “ab excidio
civitatis,” id. ib. 1, 63; “1, 69: circumjectae civitates,” id. ib. 3, 43:
“muri civitatis,” id. ib. 4, 65; id. A. 6, 42: “pererrata nocturnis
conversationibus,” Sen. Ben. 6, 32, 1: “expugnare civitatem,” Quint. 8, 3, 67;
cf.: “expugnandae civitates,” id. 12, 9, 2: “plurimas per totum orbem
civitates, terrae motu aut incendio afflictas restituit in melius,” Suet. Vesp.
17; cf. id. Tit. 8; id. Tib. 84 fin.; Lact. 2, 7, 19.— 2. Esp., the city, i. e.
Rome and its inhabitants, Tac. H. 1, 19; 2, 92; 4, 2.
pro-epi
distinction, the:
polysyllogism: a series of syllogisms connected by the fact that the conclusion
of one syllogism becomes a premise of another. The syllogism whose conclusion is
used as a premise in another syllogism within the chain is called the pro-syllogism;
the syllogism is which the conclusion of another syllogism within the chain is
used as a premise is called the epi-syllogism. To illustrate, take the standard
form of the simplest polysyllogism: “All
B is A,”All C is B, “All C is A,” “All C is A,” “ All D is C,” “All D is
A. The first member of this polysyllogism is the pro-syllogism, since its
conclusion occurs as a premise in the epi-syllogism. Grice: “Part of the charm
of my conversations with Strawson was that they were polysyllogistical, my
episyllogism invariably following his prosyllogism.””Part of the charm of my
conversations with Strawson was that they were polysyllogistical, my
episyllogism explicating at what his prosyllogism merely hinted.” Refs.: Grice,
“Robbing peter to pay paul.”
pomis: David de Pomis
(Spoleto), filosofo. Apparteneva ad un'antica famiglia ebraica romana che
affermava di essere giunta in Italia alla fine del primo secolo condottavi da
Tito dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Da Roma la famiglia si era
trasferita a Spoleto dopo il 1260 a causa della tragica fine del rabbino Elia
de' Pomis, condannata al rogo dall'Inquisizione. David ebbe la sua prima educazione dal padre
che lo avrebbe voluto coinvolto nella propria attività di banchiere. Ricevette
quindi i primi elementi di medicina e filosofia dai suoi zii Rabbi Jehiel
(Vitale) e Moses Alatino a Todi, dove si era andato a vivere con la famiglia.
Sii trasferì a Perugia dove per sei anni studiò medicina e filosofia, fino alla
laurea conseguita il 27 novembre 1551 davanti ad una commissione presieduta da
Pietro Vermiglioni e Francesco Colombo.
Fu rabbino e medico a Magliano Sabino vicino a Roma, ma per l'editto di
Papa Paolo IV che proibiva nel 1555 ai medici ebrei di frequentare i cristiani,
si trasferì da una città all'altra in Italia. Fu dapprima accolto dal conte
Niccolò Orsini che per cinque anni gli permise di esercitare la professione
medica a Pitigliano, Sorano e Sovana. Poi per tre anni fu al servizio della
famiglia Sforza a Santa Fiora. Pomis decise quindi nel 1565 di appellarsi
direttamente al papa Pio IV (1559-65) perché gli fosse concesso di rientrare a
Roma ed avere pazienti cristiani. Il permesso gli fu accordato ma subito
revocato dal successore Pio V. Pomis si trasferì allora ad Ancona e infine a
Venezia dove divenne il medico personale del doge Alvise I Mocenigo e poté
operare anche presso la popolazione cristiana. Pomis rimase a Venezia anche
quando Sisto V revocò il bando dei suoi predecessori, ed è a Venezia che egli
pubblicò la maggior parte delle sue opere.
Il primo lavoro ad essere pubblicato fu una traduzione in lingua
italiana dell'Ecclesiaste (L’Ecclesiaste di Salomone), cui fece seguito l'anno
seguente un commentario al libro stesso in forma di trattato morale (Discorso
intorno a l’humana miseria e sopr’al modo di fuggirla). Seguirono altre opere rimaste in forma
manoscritta nella quale si affrontano argomenti legati all'attualità politica,
alla guerra con l'Impero Ottomano e al sogno di Pomis di veder aperta per gli
ebrei la possibilità di un ritorno in Palestina. Dopo alcuni trattati di medicina (Brevi
discorsi, Enarratio brevis, de senum
affectibus), Pomis diede alle stampe le sue opere più famose, a cominciare
dallo Tzemach David (1587), dizionario trilingue ebraico, latino e italiano
(Venezia, 1587). L'opera, dedicata a Papa Sisto V, rappresenta un'assoluta
novità nel panorama della letteratura ebraica. L'intento dell'autore (cui erano
egualmente familiare la cultura classica e quella ebraica) era quello di
aiutare gli studiosi ebrei allo studio dell'ebraico e e quelli cristiani allo
studio dell'ebraico, e creare così occasioni di incontro e di confronto. Per
ogni lemma è offerta una spiegazione in ebraico e latino, con note esplicative
in italiano che contengono aneddoti e informazioni varie, storiche e
scientifiche, sulla storia dell'ebraismo. Nella prefazione sono incluse la
genealogia e l'autobiografia dell'autore.
Nel suo libretto De medico hebraeo enarratio apologetica (Venezia, 1588)
David de' Pomis confuta le accuse mosse contro gli ebrei e i medici ebrei, in
particolare da una bolla di Gregorio XIII. Egli sottolinea che secondo la
Bibbia e gli scritti rabbinici un medico ebreo deve dare aiuto a ogni
sofferente e cita numerosi casi di medici ebrei che si erano distinti per il
loro lavoro e la loro lealtà. L'autore offre una selezione amplissima di fonti
sia ebraiche che cristiane; e in appendice presenta una traduzione latino di
alcune parti del Pirke Abot. Di altre
opere del De Pomis, citate nei suoi scritti, restano purtroppo solo i titoli,
essendo andate perdute. Nel 1593 Pomis
fu in trattative con il Duca di Toscana Ferdinando I de' Medici per un
possibile trasferimento a Pisa come insegnante di medicina o ebraico, ma la
cosa non ebbe seguito. Pomis rimase a Venezia, dove morì. Opere (parziale)
L’Ecclesiaste di Salomone (Venetia: apresso Giordano Ziletti) Discorso intorno
a l’humana miseria e sopr’al modo di fuggirla (Venetia, appresso Giordano
Ziletti e compagni. Breve discorso nel quale se dimostra la maestà divina haver
particolar cura e custodia della republica Venetiana e che li oderni di essa
sono nel publico governo alle divine Mosaice constitutioni conformi (Modena,
Biblioteca Estense, Fondo estense, Italiano) Discorso meraviglioso di David de
Pomis, fisico ebreo, sopra la guerra promossa da Selim, imperator de’ Turchi
(Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, ms. A 428). Espositione sopra Daniele
(in ebraico) (Budapest, Accademia magiara delle Scienze, ms. Kaufmann, Brevi
discorsi (Venetia: appresso Gratioso Perchacino) Zemach David (Venetiis: apud
Ioannem de Gara,) De Medico Hebræo Enarratio Apologica (Venetiis: apud Ioannem
Variscum) Enarratio brevis, de senum affectibus (Venetiis: apud Ioannem Variscum,
1588) Note La data riportata in molte fonte, si basa su un
calcolo errato della corrispondenza tra calendario ebraico e calendario
giuliano. In una lettera conservata all'Archivio di Stato di Firenze (Mediceo
del Principato, 840, f. 882r) lo stesso
Pomis afferma esplicitamente di essere "nasciuto nel 24". O. Scalvanti, "Lauree in Medicina di
studenti israeliti a Perugia nel secolo XVI", Annali della facoltà di giurisprudenza,
Moses A. Shulvass, The Jews in the World of Renaissance, Leiden: Brill,
1973. A. D. Berns, The Bible and natural
philosophy in Renaissance Italy, Cambridge, Rabbini italiani. Shimeon Brisman, A History and Guide to
Judaic Dictionaries and Concordances, KTAV, Heinrich Graetz, History of the
Jews: From the Rise of the Kabbala to the Permanent Settlement of the Marranos
in Holland (rist. Philadelphia: Jewish Publication Society of America, John
Watkins, An Universal Biographical and Historical Dictionary, R. Phillips,
1800. David de Pomis, Jewish Virtual
Library David de Pomis, in Dizionario biografico degli italiani, Treccani.it
David de Pomis, Jewish Encyclopedia David de Pomis, Rabbini italiani. David de
Pomis, in Encyclopedia of Renaissance Philosophy
pomponazzi: important Italian
philosopher. an Aristotelian who taught at the universities of Padua and
Bologna. In De incantationibus “On Incantations,” he regards the world as a
system of natural causes that can explain apparently miraculous phenomena.
Human beings are subject to the natural order of the world, yet divine
predestination and human freedom are compatible De fato, “On Fate.” Furthermore,
he distinguishes between what is proved by natural reason and what is accepted
by faith, and claims that, since there are arguments for and against the
immortality of the human individual soul, this belief is to be accepted solely
on the basis of faith De immortalitate animae, “On the Immortality of the
Soul,” He defended his view of immortality in the Apologia and in the
Defensorium 1519. These three works were reprinted as Tractatus acutissimi
1525. Pomponazzi’s work was influential until the seventeenth century, when
Aristotelianism ceased to be the main philosophy taught at the universities.
The eighteenth-century freethinkers showed new interest in his distinction
between natural reason and faith. P.Gar. pons asinorum Latin, ‘asses’ bridge’,
a methodological device based upon Aristotle’s description of the ways in which
one finds a suitable middle term to demonstrate categorical propositions. Thus,
to prove the universal affirmative, one should consider the characters that
entail the predicate P and the characters entailed by the subject S. If we find
in the two groups of characters a common member, we can use it as a middle term
in the syllogistic proof of say ‘All S are P’. Take ‘All men are mortal’ as the
contemplated conclusion. We find that ‘organism’ is among the characters
entailing the predicate ‘mortal’ and is also found in the group of characters
entailed by the subject ‘men’, and thus it may be used in a syllogistic proof
of ‘All men are mortal’. To prove negative propositions we must, in addition,
consider characters incompatible with the predicate, or incompatible with the
subject. Finally, proofs of particular propositions require considering characters
that entail the subject. Pietro Pomponazzi
Pietro Pomponazzi Pietro Pomponazzi, noto anche col soprannome di Peretto
Mantovano. (Mantova0, filosofo. Di
famiglia agiata. Si iscrive a Padova, dove frequenta le lezioni di Francesco
Securo da Nardò, Riccobonella e Trapolino, laureandosi come Magister atrium, è
professore di filosofia nello stesso ateneo e ottiene la cattedra di filosofia
naturale dopo la morte del suo maestro Vernia, massimo esponente
dell'averroismo locale, di spirito laico e spregiudicato sino alla
miscredenza. A Padova pubblica il trattato De maximo et minimo, in
polemica con le teorie di Guglielmo Heytesbury. Passa poi a Carpi per insegnare
logica alla corte di Alberto III Pio, principe di Carpi, seguendolo nel suo
esilio a Ferrara. Nel frattempo sposa a Mantova Cornelia Dondi, dalla quale ha
due figlie. Morto Vernia, e succeduto a lui, rimane poi vedovo nel 1507 e
si risposa con Ludovica di Montagnana. Chiude lo studio di Padova nel 1509 e si
trasferisce a Ferrara dove redige un commento al De anima aristotelico. Questo
avviene in seguito all'occupazione di Padova da parte della Lega di Cambrai
nella guerra con la Repubblica veneziana. Quando Venezia rioccupa la città il
mese dopo, le lezioni universitarie vengono sospese ed egli, con altri
insegnanti, lascia la città trasferendosi, come si è visto, a Ferrara su invito
di Alfonso I d'Este per insegnare nella locale università. Chiusa anche questa
nel 1510, si trasferisce a Mantova e 'Bologna. Nuovamente vedovo, si risposa
con Adriana della Scrofa. A Bologna scrive le opere maggiori, il Tractatus
de immortalitate animae, il De fato e il De incantationibus, oltre a commenti
delle opere di Aristotele, conservati grazie agli appunti dei suoi
studenti. Il Tractatus de immortalitate animae, del 1516, in cui sostiene
che l'immortalità dell'anima non può essere dimostrata razionalmente, fece
scandalo: attaccato da più parti, il libro è pubblicamente bruciato a Venezia.
Denunciato dall'agostiniano Ambrogio Fiandino per eresia, la difesa del
cardinale Pietro Bembo gli permette di evitare terribili conseguenze ma è condannato da papa Leone X a ritrattare le
sue tesi. Pomponazzi non ritratta ma si difende con la sua Apologia del 1518 e
con il Defensorium adversus Augustinum Niphum del 1519, una risposta al De
immortalitate animae libellus di Agostino Nifo, in cui sostiene la distinzione
tra verità di fede e verità di ragione, idea ripresa da Ardigò. Queste
controversie gli impediscono di pubblicare due opere che aveva completato: il
De naturalium effectuum causis sive de incantationibus e i Libri quinque de
fato, de libero arbitrio et de praedestinatione, pubblicati postumi
rispettivamente nel 1556 e 1557, con alcune modifiche, a Basilea, da Guglielmo
Grataroli. Evita ogni problema teologico pubblicando il De nutritione et
augmentatione, il De partibus animalium e il De sensu. Malato di calcoli
renali, stende il proprio testamento e
muore l'anno dopo. Secondo i suoi allievi Brocardo ed Strozzi egli si sarebbe suicidato. Il
De immortalitate animae Aristotele nella Scuola di Atene di Raffaello Per
Aristotele l'anima è l'atto (entelechia) primo di un corpo che ha la vita in
potenza, è la sostanza che realizza le funzioni vitali del corpo. Tre sono le
funzioni dell'anima: la funzione vegetativa per la quale gli esseri vegetali,
animali e umani si nutrono e si riproducono; la funzione sensitiva per la quale
gli esseri animali e umani hanno sensazioni e immagini; la funzione
intellettiva, per la quale gli esseri umani comprendono. L'intelletto è
la capacità di giudicare le immagini fornite dai sensi. L'atto dell'intendere
si identifica con l'oggetto intelligibile, cioè con la sostanza dell'oggetto,
ossia con la verità. Aristotele distingue l'intelletto potenziale o
possibile o passivo, che è la capacità umana di intendere, dall'intelletto
attuale o attivo o agente, che è la luce intellettuale. Quest'ultimo contiene
in atto tutti gli intelligibili, e agisce sull'intelletto potenziale
comel'esempio è di Aristotelela luce mostra, mette in atto i colori che al buio
non sono visibili ma pure esistono e dunque sono in potenza: l'intelletto
agente mette in atto le verità che nell'intelletto potenziale sono soltanto in
potenza. L'intelletto agente è separato, non composto, impassibile, per sua
essenza atto…separato, esso è solo quel che è realmente, e questo solo è
immortale ed eterno. Che ne è dunque dell'anima? Nella Metafisica
Aristotele dice solo che "Bisogna esaminare se la forma esista anche dopo
la dissoluzione del composto; per alcune cose nulla lo impedisce, come, ad
esempio nel caso dell'anima, ma non dell'anima nella sua interezza, bensì
dell'intelletto, poiché è forse impossibile l'esistenza separata dell'anima
intera". L'aristotelismo a Padova si era diviso in due correnti fondamentali,
gli averroisti e gli alessandrini, seguaci questi delle interpretazioni
aristoteliche di Alessandro di Afrodisia. Averroè, secondo una concezione
influenzata dal platonismo, sosteneva l'unicità e la trascendenza non solo
dell'intelletto agente, ma anche dell'intelletto potenziale, che per lui non
appartiene ai singoli uomini ma è unico e comune all'intera specie umana.
. La dottrina di Alessandro mantiene l'unicità dell'intelletto agente,
che egli fa coincidere con Dio, ma attribuisce a ciascun uomo un intelletto
potenziale individuale, mortale insieme con il corpo.Aquino ritratto dal Beato
Angelico Infine, va ricordato che per Tommaso d'Aquino nell'uomo è presente
un'unica anima per sua natura (simpliciter) immortale, ma per un certo aspetto
(secundum quid) mortale, in quanto anche legata alle funzioni più materiali
dell'essere umano. Il Trattato dell'immortalità dell'anima, edito a
Bologna il 6 novembre 1516, trae spunto da una discussione con il domenicano
Girolamo Raguseo il quale, avendo il Pomponazzi sostenuto che la teoria di
Tommaso sull'anima non si accorda con quella aristotelica, lo aveva pregato di
provare le sue affermazioni mediante prove puramente razionali.
"Fecero bene gli antichi a porre l'uomo tra le cose eterne e quelle temporali,
cosicché egli, né puramente eterno né semplicemente temporale, partecipa delle
due nature e stando a metà fra loro, può vivere quella che vuole. Così, alcuni
uomini sembrano dei perché, dominando il proprio essere vegetativo e sensitivo,
sono quasi completamente razionali. Altri, sommersi nei sensi, sembrano bestie.
Altri ancora, uomini nel vero senso della parola, vivono mediamente secondo la
virtù, senza concedersi completamente né all'intelletto e né ai piaceri del
corpo." L'uomo dunque, "è di natura non semplice ma molteplice,
non determinata ma bifronte (ancipitis), media fra il mortale e
l'immortale"ref>Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità
dell'anima, Capitolo I, 5. e questa medietà non è il provvisorio incontro di
due nature, una corporea e l'altra spirituale, che si divideranno con la morte,
ma è la dimostrazione della reale unità dell'uomo: "La natura procede per
gradi: i vegetali hanno un poco di anima, gli animali hanno i sensi e una certa
immaginazione…alcuni animali arrivano a costruirsi case e a organizzarsi
civilmente tanto che molti uomini sembrano avere un'intelligenza molto
inferiore alla loro…vi sono animali intermedi fra la pianta e la bestia, come
la spugna…della scimmia non sai se sia uomo o bruto, analogamente l'anima intellettiva
è media fra il temporale e l'eterno." Polemizza con Averroè che ha
scisso dalla naturale unità umana il principio razionale da quello sensitivo e
con Tommaso d'Aquino, rilevando che l'anima, essendo unica, non può avere due
modi di intendere, uno dipendente e un altro indipendente dalle funzioni del
corpo; la dipendenza dell'intelligenza dalla fantasia, che dipende a sua volta
dai sensi, lega l'anima indissolubilmente al corpo e ne fa seguire lo stesso
destino di morte. È capovolta la tesi fondamentale di Tommaso: per Pomponazzi
l'anima è per sé mortale e secundum quid, in un certo senso, immortale, e non
il contrario, perché "nobilissima fra le cose materiali e al confine con
le immateriali, profuma di immortalità ma non in senso assoluto" (aliquid
immortalitatis odorat, sed non simpliciter).E ricorda che per Aristotele
l'anima non è creata da Dio, "Un uomo infatti è generato da un uomo e
anche dal sole". Riguardo al problema del rapporto fra ragione e
fede, per Pomponazzi solo la fede, non le ragioni naturali, può affermare
l'immortalità dell'anima e "coloro che camminano per le vie dei credenti
sono fermi e saldi", mentre per quanto attiene i problemi etici che la
mortalità dell'anima potrebbe suscitare, afferma che per comportarsi
virtuosamente non è affatto necessario credere all'immortalità dell'anima e
alle ricompense ultraterrene, perché la virtù è premio a sé stessa e chi
afferma che l'anima è mortale salva il principio della virtù meglio di chi la
considera immortale, perché la speranza di un premio e il terrore della pena
provoca comportamenti servili contrari alla virtù. Il Tractatus provocò
clamore e polemiche alle quale rispose nel 1518, ribadendo le sue tesi con
l'Apologia, dove nel primo libro risponde alle critiche amichevoli del suo
allievo e futuro cardinale Gaspare Contarini e negli altri due al domenicano
Vincenzo Colzade e all'agostiniano Ambrogio Fiandino. Replica con il
Defensorium adversus Agostinum Niphum alle critiche di Nifo, professore di
filosofia nell'Padova. La critica dei miracoli. Il medico mantovano
Ludovico Panizza avrebbe chiesto a Pomponazzi se possono esserci cause
soprannaturali di eventi naturali, in contrasto con le affermazioni di
Aristotele, e se si debba ammettere l'esistenza di demoni, come sostiene la Chiesa,
anche per spiegare molti fenomeni che si sono verificati. Per Pomponazzi
"dobbiamo spiegare questi fenomeni con cause naturali, senza ricorrere ai
demoni…è ridicolo lasciare l'evidenza per cercare quello che non è né evidente
né credibile". D'altra parte, poiché l'intelletto percepisce dati
sensibili, un puro spirito non potrebbe esercitare un'azione qualunque su
qualcosa di materiale: gli spiriti non possono entrare in contatto con il
nostro mondo; "in realtà vi sono uomini che, pur agendo per mezzo della
scienza, hanno prodotto effetti che, mal compresi, li hanno fatti ritenere
opera di santi o di maghi, com'è successo con Pietro d'Abano o con Cecco
d'Ascoli…altri, ritenuti santi dal volgo che pensava avessero rapporti con gli
angeli…erano magari dei mascalzoni…io credo che facessero tutto questo per
ingannare il prossimo". Ma, a parte casi di incomprensione o di
malafede, è possibile che fenomeni mirabolanti abbiano la loro causa
nell'influsso degli astri: "È assurdo che i corpi celesti, che reggono
tutto l'universo…non possano produrre effetti che di per sé sono nulla
considerando l'insieme dell'universo". Cause naturali, comunque, secondo
la scienza del tempo: il determinismo astrologico governa anche le religioni:
"al tempo degli idoli non c'era maggior vergogna della croce, nell'età
successiva non c'è nulla di più venerato...ora si curano i languori con un
segno di croce nel nome di Gesù, mentre un tempo ciò non accadeva perché non
era giunta la Sua ora". Ogni religione ha i suoi miracoli "quali
quelli che si leggono e si ricordano nella legge di Cristo ed è logico, perché
non ci possono essere profonde trasformazioni senza grandi miracoli. Ma non
sono miracoli perché contrari all'ordine dei corpi celesti ma perché sono
inconsueti e rarissimi". Nessun fenomeno ha dunque cause non
naturali: l'astrologo che abbia colto la natura delle forze celesti, può
spiegare tanto le cause di fenomeni che sembrano soprannaturali che realizzare
opere straordinarie che il popolino considererà miracolose solo perché incapace
di individuarne la causa. L'ignoranza del volgo è del resto sfruttata da
politici e da sacerdoti per tenerlo in soggezione, presentandosi ad esso come
personaggi straordinari o addirittura inviati da Dio stesso. Inoltre
Pomponazzi sostiene la sua tesi conducendo un discorso di questo tipo:"se
Dio ha creato l'universo ponendo su di esso leggi fisiche precise, sarebbe
paradossale che egli stesso agisse contro queste leggi utilizzando eventi
sovrannaturali come i miracoli". Per Pomponazzi appunto l'universo è
controllato e determinato dall'agire degli astri e Dio agisce indirettamente
muovendo questi ultimi; Pomponazzi sviluppa quindi una concezione dell'universo
deterministica. Il destino dell'uomo Se tali sono le forze che governano
il mondo, se anche i fenomeni soprannaturali hanno una spiegazione
nell'esistenza di forze naturali così potenti, esiste ancora una libertà nelle
scelte individuali dell'uomo? In Dio, conoscenza e causa delle cose coincidono
e dunque egli è veramente libero; l'uomo si esprime invece in un mondo dove
tutto è già determinato. Rifiutato il contingentismo di Alessandro di
Afrodisia, che salva la libertà umana criticando gli stoici per i quali non
esiste né contingenza né libertà umana, Pomponazzi è costretto dalla sua concezione
strettamente deterministica, ove tutto è regolato da forze naturali superiori
all'uomo, a propendere per l'impossibilità del libero
arbitrio:"...l'argomento è per me difficilissimo. Gli stoici sfuggono
facilmente alle difficoltà facendo dipendere da Dio l'atto di volontà. Per
questo l'opinione stoica appare molto probabile". Nel cristianesimo
c'è maggiore difficoltà a risolvere il problema del libero arbitrio e della
predestinazione: "Se Dio odia ab aeterno i peccatori e li condanna, è
impossibile che non li odi e non li condanni; e questi, così odiati e reietti,
è impossibile che non pecchino e non si perdano. Che rimane, allora, se non una
somma crudeltà e ingiustizia divina, e odio e bestemmia contro Dio? E questa è
una posizione molto peggiore di quella stoica. Gli stoici dicono infatti che
Dio si comporta così perché la necessità e la natura lo impongono. Secondo il
cristianesimo il fato dipende invece dalla cattiveria di Dio, che potrebbe fare
diversamente ma non vuole, mentre secondo gli stoici Dio fa così perché non può
fare altrimenti". Conclusioni Lo scrittore Matteo Bandello
Chiamato anche Peretto per la piccola statura, secondo Matteo Bandello
(Novelle). Pietro Pomponazzi "era un omicciolo molto piccolo, con un viso
che nel vero aveva più del giudeo che del cristiano e vestiva anco ad una certa
foggia che teneva più del rabbi che del filosofo, e andava sempre raso e toso;
parlava anche in certo modo che parea un giudeo tedesco che volesse imparar a
parlar italiano". Ma lo storico Paolo Giovio dirà che egli "esponeva
Aristotele e Averroè con voce dolce e limpidissima; il suo discorso era preciso
e pacato nella trattazione, mobile e concitato nella polemica; quando poi
giungeva a definire e a trarre le conclusioni, era così grave e posato che gli
studenti dai loro posti potevano annotarsi le spiegazioni". Per
nulla tenero con gli uomini di chiesa, "isti fratres truffaldini,
domenichini, franceschini, vel diabolini" riassumeva il suo spirito
ironico e motteggiante consigliando "alla filosofia credete fin dove vi
detta la ragione, alla teologia credete quel che vogliono i teologi e i prelati
con tutta la chiesa romana, perché altrimenti farete la fine delle
castagne" ma fu serio e senza compromessi nelle sue convinzioni scrivendo
nel De fato che "Prometeo è il filosofo che, nello sforzo di scoprire i
segreti divini, è continuamente tormentato da pensieri affannosi, non ha sete,
non ha fame, non dorme, non mangia, non spurga, deriso, dileggiato, insultato,
perseguitato dagli inquisitori, ludibrio del volgo. Questo è il guadagno dei
filosofi, questa la loro ricompensa". Epperò i filosofi sono per lui
"come Dei terreni, tanto lontani dagli altri come gli uomini veri lo sono
dalle figure dipinte" e lui sarebbe pronto, per amore della verità, anche
a "ritrattare quel che ho detto. Chi dice che polemizzo per il gusto di
contrastare, mente. In filosofia, chi vuol trovare la verità, dev'essere
eretico". Aristotele, Metafisica, Trattato sull'immortalità
dell'anima, Trattato sull'immortalità dell'anima. Trattato sull'immortalità
dell'anima, CAristotele, Fisica, IPietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità
dell'anima, Capitolo VII. Pietro
Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo XV. Testi De naturalium effectuum causis sive de
incantationibus, trad. Innocenti, Firenze, La Nuova Italia, Trattato
sull'immortalità dell'anima, Vittoria Perrone Compagni, Firenze, Olschki, Il
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Liguria, Italia.
pontara: Grice: “I like
Pontara: he wrote a whole essay on Kant’s problem about the reduction of the
categorical to the the prudential imperative, “Se il filne giustifica i
mezzi.”” Giuliano Pontara (Cles), filosofo. Uno dei massimi studiosi della
nonviolenza a livello internazionale. In
seguito a forti dubbi sulla eticità del servizio militare, alla fine del 1952
lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato
Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia
dell'Stoccolma. Negli anni ottanta e novanta Pontara ha anche insegnato come
professore a contratto in varie università italiane tra cui Torino, Siena,
Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento.
Pontara è uno dei fondatori della International University of Peoples'
Institutions for Peace (Iupip)Università Internazionale delle Istituzioni dei
Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn). È membro del Tribunale
permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualità è stato membro
della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet
(Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino), e sui crimini di
guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna, come presidente della giuria, e sessione
di Barcellona. Ha pubblicato libri e saggi su una molteplicità di temi di etica
pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. È stato uno dei primi ad
introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica
del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi.
Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, e alcuni dei suoi lavori
sono stati tradotti in spagnolo e francese.
Opere: “Etik, politik, revolution: en inledning och ett
stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: un'introduzione e una presa di
posizione), in G. Pontara , Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,
Staffanstorp, Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna, The Concept
of Violence, Journal of Peace Research, Voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca
scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, Utet, Torino (poi
anche Tea, Milano); Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale,
in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo,
Editori Riuniti, Roma International Charity or International Justice?, in
Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell
International, Stockholm, Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano, Antigone o
Creonte. Etica e politica nell'Era Atomica, Editori Riuniti, Roma, Etica e
generazioni future, Laterza, Bari, La personalità nonviolenta, Edizioni Gruppo
Abele, Torino, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo
Abele, Torino, Breviario per un'etica
quotidiana, Pratiche, Milano Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, Il pensiero
etico-politico di Gandhi, introduzione a Gandhi, Moandas K. Gandhi, Teoria e
pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino Registrazioni su
RadioRadicale.it, Radio Radicale.
ponte: Renato Del Ponte,
spesso scritto Renato del Ponte come firma dei suoi articoli (Lodi), filosofo.
D'impostazione tradizionalista. Dopo gli
studi classici e l'Università a Genova vive per un lungo periodo a Pontremoli,
in Lunigiana, dove insegna italiano e latino in istituti della scuola media
superior. Storico delle idee e del diritto religioso arcaico, studioso di
storia delle religioni e di simbolismo, fonda nel 1972 la rivista di
ispirazione «evoliana» Arthos (Quaderni di cultura e testimonianza
tradizionale) di cui è tuttora direttore. Della rivista sono esistite tre
serie: 8tuttora in corso, a cura delle Edizioni Arya di Genova). Cura l'edizione critica di un trattato
politico medievale: il Tractatus de potestate summi Pontificis di Guglielmo da
Sarzano; traduce e commenta la Relatio III di Quinto Aurelio Simmaco, riveduta
e ristampata nel 2008; nel 1993 traduce il saggio su Tito di B. W. Jones, La
Cronologia Vedica di Bal Gangadhar Tilak (in appendice a La dimora artica dei
Veda). È stato tra i cofondatori del
Movimento Tradizionale Romano. Nella sua attività di conferenziere, ricercatore
e studioso, pubblica numerosi libri ed articoli. Collabora attivamente con le
Edizioni Arya di Genova (ispirate dall'O.I.C.L.). Selezione di opera: Monografie “Dei e miti italici,” “Archetipi e
forme della sacralità romano-italica,” Genova, Ecig, Renato Del Ponte, “Il movimento
tradizionalista romano,” Scandiano, Sear, “La Religione dei Romani” Milano,
Rusconi, Ed. Arya, Genova .”Evola e il magico Gruppo di UR,” Borzano,
SeaR, “ I Liguri: etnogenesi di un popolo,”
Ecig, Genova, Ecig Genova. Ed. Arya, Genova . “La città degli Dei.” “La
tradizione di Roma e la sua continuità,” Ecig, Genova, Renato Del Ponte,
"Favete Linguis!" Saggi sulle fondamenta del Sacro in Roma antica.
Edizioni Arya, Genova ."Ambrosiae pocula" (Calici d'ambrosia),
Edizioni del Tridente, Treviso . "Nella Terra del Drago" note
insolite di viaggio nel Regno del Bhutan, Il Tridente, La Spezia, . Libri
curati: Julius Evola, Il mondo alla rovescia, Edizioni Arya, Genova Q. A.
Simmaco, In difesa della Tradizione, Edizioni Arya, Genova Julius Evola, Le
sacre radici del potere, Edizioni Arya, Genova. ulius Evola, Scritti sulla
Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova Adriano Romualdi, Lettere
ad un amico, Edizioni Arya, Genova Tito Livio Patavino, Hic manebimus optime!,
Edizioni Arya, Genova. “Julius Evola: etica aria,” Edizioni Arya, Genova. “Aspetti
del lessico pontificale: gli indigitamenta, in Diritto @ Storia “ I Lari nel sistema
spazio-temporale romano” in Arthos, “Santità delle mura e sanzione divina,” in
Diritto @ Storia Roma e gli Indoeuropei dopo Georges Dumézil, in Arthos, Premi
Premio "Isola d'Elba" per la Religione dei Romani. Premio "Cinque
Terre riviera ligure" per I Liguri. Sono i giorni del Premio letterario
Isola d'Elba Raffaello Brignetti, su elbaoggi.it, Julius Evola Via romana agli
Dei Raccolta di articoli su centrostudilaruna.it.
ponzio: Augusto Ponzio (San Pietro Vernotico), filosofo. È
Professore Emerito, ordinario di filosofia e teoria dei linguaggi, a Bari. Ha
contribuito come curatore e traduttore alla diffusione in Italia e all'estero
del pensiero di Pietro Ispano, Bachtin, Lévinas, Marx, Rossi-Landi, Schaff e Sebeok.
Nella sua ricerca sui segni e sul linguaggio, di questi autori ha ripreso ciò
che soprattutto li accomuna, malgrado le loro differenze, vale a dire l'idea
dell'imprescindibilità, qualsiasi sia l'oggetto di studio, e per quanto
specializzata ne sia l'analisi, dalla vita dell'individuo umano nella concreta
singolarità del suo coinvolgimento senza alibi nel destino degli altri. Si
laurea in Filosofia a Bari, con una tesi in Filosofia teoretica, con relatore Semerari,
sulla fenomenologia della relazione interpersonale, con particolare riferimento
a Totalité et Infini di Lévinas. La sua tesi viene pubblicata ed è la prima
monografia mondiale su Lévinas -- è stato assistente ordinario di Filosofia
morale a Bari, è Professore di Filosofia nei licei e istituti magistrali di
Brindisi, Francavilla Fontana, Terlizzi, Bari -- è incaricato dell'insegnamento
di Filosofia del linguaggio a Bari. Scrive la prima monografia a livello
mondiale su Bachtin. Dopo aver fondato e diretto l'Istituto di Filosofia
del linguaggio a Bari, è stato il direttore del Dipartimento di Pratiche
Linguistiche e Analisi dei Testi di Bari.. Nell'Bari, ha insegnato:
Filosofia teoretica e Filosofia morale; Filosofia del linguaggio; Semiotica; Semiotica
del testo; Teoria della comunicazione; Linguistica; Teoria dei mass-media dal
1998; Nel , nella medesima Università, viene nominato Professore Emerito ed
attualmente è stato nominato “Cultore della Materia”. -- è coordinatore
del corso di dottorato in Teoria del Linguaggio e Scienze dei Segni, che, dal
2006, e come indirizzo dal , fa parte della Scuola di dottorato in Scienze
umane. Ha diretto la collana “Teoria del linguaggio e della letteratura”
della Dedalo (Bari) e, con Ferruccio Rossi-Landi, la rivista Scienze umane, ed
è stato condirettore della rivista Lectures, fondata da Vito Carofiglio. Dirige
la collana “Segni di Segni” dell'Adriatica Editrice di Bari e la collana
“Antropologia dell'alterità” delle Edizioni dal Sud di Bari. Dirige inoltre la
serie gialla, dedicata a tematiche filosofico-linguistiche e semiotiche della
collana "Strumenti" delle edizioni Graphis di Bari. Con Cosimo Caputo
dirige la collana “Di-segno-in-segno” delle edizioni Manni di Lecce. Fonda
insieme a Claude Gandelman la serie annuale Athanor. Arte, Letteratura,
Semiotica, Filosofia, edita da Longo, Ravenna, di cui dirige la nuova serie, inaugurata con
l'editore Manni di Lecce e attualmente edita da Meltemi, Roma. Fa parte
del comitato scientifico della rivista Giano. Pace ambiente problemi globali,
Cuen, Napoli e del comitato scientifico di Millepiani, Mimesis, Milano.
Dirige la serie “Athanor. Semiotica, filosofia, arte, letteratura”, ora collana
delle Edizioni Mimesis, Scienze dei linguaggi e linguaggi delle scienze.
Intertestualità, interferenze, mutuazioni, Suasan Petrilli. Nelle
Edizioni Guerra (Perugia) ha pubblicato Enunciazione e testo letterario
nell'insegnamento dell'italiano come LS, Linguistica generale, scrittura
letteraria e traduzione, Da dove verso dove. L'altra parola nella comunicazione
globale, A mente. Processi cognitivi e formazione linguistica, È del
gennaio il libro in collaborazione con
Susan Petrilli, Lineamenti di semiotica e di filosofia del linguaggio. Inoltre
fa parte della redazione della rivista “Cultura & comunicazione” edita
della stessa casa editrice. Tra gli altri suoi libri: “Man as Sign”
(Mouton De Gruyter), “Signs, Dialogue, and Ideology” (John Benjamin3), Sujet et
altérité. Sur E. Lévinas (L'Harmattan5), Introduzione a M. Bachtin (Bompiani);
Semiotics Unbounded (Toronto University Press 2005); E. Levinas, Globalisation,
and Preventive Peace (Legas ), L'écoute de l'autre (L'Harmattan 2009), A
revolusão bachtiniana (Contexto ). Tra le sue traduzioni (dal francese,
dal russo, dal latino medievale dal tedesco): Il discorso amoroso. Seminario di
Roland Barthes (Mimesis ) e Michail Bachtin e il suo circolo, Opere in collab.
con LucianoPonzio, testo russo a fronte (Bompiani, collana “Il pensiero
Occidentale” diretta da Giovanni Reale, ); Summule logicales di Pietro Ispano
(Bompiani ); Manoscritti matematici di Karl Marx (Spirali 2006). Il
pensiero Di seguito alcuni cenni ai concetti essenziali del pensiero di Augusto
Ponzio. Filosofia del linguaggio e semiotica «La filosofia come
professione, come istituzione, presuppone una filosofia propria del linguaggio,
che si esprime nella tendenza del linguaggio al plurilinguismo dialogico, alla
correlazione dialogica delle lingue e dei linguaggi di cui sono fatte, una
filosofia del linguaggio, in cui del linguaggio è da intendersi come genitivo
soggettivo: un filosofare del linguaggio, che consiste nella pluridiscorsività
dialogizzata.» (Augusto Ponzio in La filosofia del linguaggio). I campi
di studio e di ricerca di Ponzio, sono la semiotica e filosofia del linguaggio.
"Filosofia del linguaggio" è l'espressione che meglio esprime
l'orientamento dei suoi studi e come egli affronta i problemi relativi alla
semiotica dal punto di vista della filosofia del linguaggio, alla luce degli
ultimi sviluppi delle scienze dei segni, dalla linguistica alla
biosemiotica. In tal senso il suo approccio può essere più propriamente
definito come di pertinenza della semiotica generale, anche se Ponzio si occupa
di semiotica generale, in termini di critica. La semiotica generale di Ponzio,
supera l'illusoria separazione tra le discipline umanistiche, da una parte, e
quelle logico-matematiche e le scienze naturali, dall'altra, evidenziando
invece la condizione di interconnessione tra le scienze. La sua ricerca
semiotica si riferisce a diversi campi e discipline, praticando un approccio
che è trasversale e interdisciplinare, o come direbbe lui stesso
"indisciplinato". Ponzio si occupa di semiotica, di linguistica
e delle altre scienze dei linguaggi e dei segni, nel senso della “filosofia del
linguaggio”, intendendo “del linguaggio” non come indicazione dell'oggetto
della filosofia, della filosofia che si occupa del linguaggio, ma come “la
filosofia” del linguaggio stesso, come la sua “attitudine al filosofare”.
"Filosofia del linguaggio" intesa come “filosofia del dialogo,”
apertura all'altro, disposizione all'alterità, arte dell'ascolto, messa in
crisi del monolinguismo, del monologismo, inventiva, innovazione, creatività
che nessun ordine del discorso, nessuna delimitazione dei luoghi comuni
dell'argomentare, può controllare o impedire. Genere, identità e alterità
Per Ponzio il genere, come ogni insieme, uniforma indifferentemente, cancella
le differenze tra coloro che ne fanno parte, e implica l'opposizione altrettanto
indifferente con coloro che fanno parte del genere opposto. Ogni genere a cui
l'identità si appella per affermare la sua appartenenza, per esempio
comunitaria, etnica, sessuale, nazionale, di credo, di ruolo, di mestiere, di
condizione sociale, è in opposizione a un altro genere: bianco/nero;
uomo/donna; comunitario/extracomunitario; connazionale/straniero;
professore/studente. Ponzio afferma che ogni differenza-identità, ogni
differenza di genere, al suo interno, è cancellazione della differenza
singolare e ogni genere, che ogni identità presuppone, in quanto basato
sull'indifferenza e sull'opposizione, prevede il conflitto. L'unica
differenza non indifferente e non oppositiva è la differenza singolare, fuori
identità, fuori genere, come direbbe lui “sui generis”: è l'alterità. Alterità
intesa come relazione con l'altro, alterità assoluta, di unico a unico, in cui
ciascuno è insostituibile e non indifferente. Un'alterità che l'identità
rimuove e censura, relega nel privato, ma che ciascuno vive e riconosce come
vera relazione con l'altro. Opere Monografie La relazione interpersonale,
Adriatica Editrice, Bari,) Soggetto e alterità. Da Lévinas a Lévinas, Adriatica
Ed., Bari, Soggetto e alterità. Da Lévinas a Lévinas. Con un'intervista a
Lévinas, Adriatica Editrice, Bari, Linguaggio e relazioni sociali, Adriatica
Editrice, Bari, Linguaggio e relazioni
sociali (con nuova introduzione), Bari, Graphis, Produzione linguistica e
ideologia sociale, De Donato, Bari, Produccion linguistica e ideologia social,
Corazon Editor, Madrid Jezicna proizvodnja i drustvena ideologija, Skolska
knjiga, Zagabria,Production linguistique et idéologie sociale, Editions Balzac,
Candiac (Canada) Produzione linguistica
e ideologia sociale (ampliata con nuova introduzione), Bari, Graphis, Persona umana, linguaggio e conoscenza in Adam
Schaff, Edizioni Dedalo, Bari, Filosofia del linguaggio e prassi sociale,
Milella, Lecce, Gramática transformacional e ideología política, Nueva Vision,
Buenos Aires, 1Dialettica e verità. Scienza e materialismo storico-dialettico,
Edizioni Dedalo, Bari, La semiotica in Italia. Fondamenti teorici, Edizioni
Dedalo, Bari, + antologia, Marxismo, scienza e problema dell'uomo. Con
un'intervista ad Adam Schaff, Bertani, Verona, Scuola e plurilinguismo (con
Giuseppe Mininni), Edizioni Dedalo, Bari, Michail Bachtin. Alle origini della
semiotica sovietica, Edizioni Dedalo, Bari, Segni e contraddizioni. Fra Marx e
Bachtin, Bertani, Verona, Spostamenti, Percorsi e discorsi sul segno, Adriatica
Editrice, Bari, Lo spreco dei
significanti. L'eros, la morte, la scrittura, (con Maria Grazia Tundo e Eugenia
Paulicelli), Adriatica Editrice, Bari, Fra linguaggio e letteratura, Adriatica
Editrice, Bari, Per parlare dei segni.
Talking About Signs (testo bilingue, trad. in inglese di Susan Petrilli; con
Massimo A. Bonfantini e Giuseppe Mininni), Adriatica, Bari, Filosofia del
linguaggio, Adriatica Editrice, Bari, Interpretazione e scrittura. Scienza dei
segni ed eccedenza letteraria, Bertani, Verona, Dialogo sui dialoghi (con
Massimo A. Bonfantini), Longo, Ravenna, Ferruccio Rossi-Landi e la filosofia del
linguaggio, Adriatica Editrice, Bari,Il filosofo e la tartaruga. Scritti (Angela
Biancofiore), Ravenna, Longo, Man as a Sign, (Susan Petrilli), Mouton de Gruyter,
BerlinoNew York, 1 Filosofia del linguaggio Segni valori ideologie, Adriatica
editrice, Bari, Dialogo e narrazione, Milella, Lecce, Tra semiotica e
letteratura. Introduzione a Michail Bachtin, Bompiani, Milano, Tra semiotica e
letteratura. Introduzione a Michail Bachtin (riveduta e ampliata con un nuovo
saggio introduttivo), Milano, Bompiani, La ricerca semiotica (con Omar
Calabrese e Susan Petrilli), Bologna, Esculapio, Signs Dialogue and Ideology,
(raccolta di saggi S. Petrilli), John Benjamins, Amsterdam Il dialogo della
menzogna (con Massimo A. Bonfantini), Roma, Stampa alternativa, Scrittura,
dialogo e alterità. Tra Bachtin e Lévinas, La Nuova Italia, Firenze, Fondamenti
di filosofia del linguaggio (con Patrizia Calefato e Susan Petrilli), Laterza,
Manuali, Roma-Bari Fondamenti di
filosofia del linguaggio (con Patrizia Calefato e Susan Petrilli), Laterza,
Manuali, Roma-Bari, Fundamentos da Filosofia da linguagem, di E F. Alves, con
una Introduzione di A. Ponzio Petrópolis (Brasile), Responsabilità e alterità
in Emmanuel Lévinas, Jaca Book, Milano, La differenza non indifferente.
Comunicazione, migrazione, guerra, Mimesis, Milano, La differenza non
indifferente. Comunicazione, migrazione, Guerra, Milano, Mimesis, El juego del
comunicar. Entre literatura y filosofía, Mercedes Arriaga Flórez, Episteme,
Valencia, Segni per parlare dei segni. Signs to talk about signs, Adriatica
Editrice, Bari, I segni dell'altro.
Eccedenza letteraria e prossimità, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Sujet
et altérité. Sur Emmanuel Lévinas, L'Harmattan, Paris, I ricordi, la memoria, l'oblio. Foto-grafie
senza soggetto (con Gabriella Pranzo), Bari, Edizioni dal Sud, Comunicazione,
comunità, informazione. Comunicazione mondializzata e nuove tecnologie (con M.
A. BonfantiniCalefato, C. CaputoMazzotta, S. Petrilli, M. Refice), Manni
Editore, Lecce,I tre dialoghi della menzogna e della verità (con Massimo A.
Bonfantini e Susan Petrilli), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, La rivoluzione
bachtiniana. Il pensiero di Bachtin e l'ideologia contemporanea, Levante
Editori, Bari, Metodologia della formazione linguistica, Laterza, Manuali,
Roma-Bari, Che cos'è la letteratura?
Otto questioni dialogando con Carlo Alberto Augieri, Milella, Lecce, Elogio dell'infunzionale. Critica
dell'ideologia della produttività, Castelvecchi, Roma,Elogio dell'infunzionale
(riveduta e ampliata), Milano, Mimesis, Semiotica della musica. Introduzione al
linguaggio musicale (con Michele Lomuto), Graphis, Bari, La coda dell'occhio. Letture del linguaggio
letterario, Graphis, Bari, La revolución bajtiniana. El pensamiento de Bajtin y
la ideologia contemporanea, Catedra, Madrid, Signs of research on Signs (con
Susan Petrilli), fascicolo speciale di "Semiotische Berichte" (Vienna)
Basi. Significare, inventare, dialogare
(con Massimo A. Bonfantini, Cosimo Caputo, Susan Petrilli, Thomas A. Sebeok),
Lecce, Piero Manni, La comunicazione, Graphis, Bari, La comunicazione, Bari,
Graphis Fuori campo. I segni del corpo tra rappresentazione ed eccedenza (con
Susan Petrilli), Mimesis, Milano, Il
sentire nella comunicazione globale (con Susan Petrilli), Meltemi, Roma, Philosophy
of Language, Art and Answerability in Mikhail Bakhtin (in collab. con Susan
Petrilli), Legas, New York, Ottawa, Toronto, Semiotica dell'io (con Thomas A.
Sebeok e Susan Petrilli) Meltemi, Roma, Thomas Sebeok and the Signs of Life (con
Thomas A. Sebeok e Susan Petrilli), Icon Books UK, Totem Books USA, Cambridge, Enunciazione
e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, Edizioni Guerra,
Perugia, Enunciazione e testo letterario
nell'insegnamento dell'italiano come LS, Edizioni Guerra, Perugia, I segni e la
vita la semiotica globale di Thomas A. Sebeok (con Susan Petrilli) Spirali,
Milano, Individuo umano, linguaggio e
globalizzazione nella filosofia di Adam Schaff. Con una intervista ad Adam
Schaff, Milano, Mimesis, Il linguaggio e
le lingue. Introduzione alla linguistica generale, Bari, Graphis, Il linguaggio e le lingue, Bari, Graphis Il linguaggio e le lingue, Bari, Graphis, . I
segni tra globalità e infinità. Per la critica della comunicazione globale,
Bari, Cacucci, Semioetica (con Susan
Petrilli), Roma, Meltemi, Views in Literary Semiotics (con Susan Petrilli),
Ottawa, Legas, Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione, Perugia,
Guerra, Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione (rivista e
ampliata), Perugia, Guerra, Semiotica e
dialettica, Bari, Edizioni dal Sud, La
raffigurazione letteraria (con Susan Petrilli), Milano, Mimesis, 2Semiotica
globale. Il corpo nel segno: introduzione a Thomas A. Sebeok (con Marcell
danesi e Susan Petrilli), Bari, Graphis, Testo come ipertesto e traduzione
letteraria, Rimini, Guaraldi, Reasoning with Emmanuel Lévinas (con Susan
Petrilli e Julia Ponzio). Ottawa, Legas, Semiotics Unbounded. Interpretive
Routes in the Open Network of Signs (con Susan Petrilli), Toronto, Toronto
University Press, Semiotic Animal (con Susan Petrilli e John Deely), Toronto,
Legas, Tesi per il futuro anteriore della semiotica. Il programma di ricerca
della Scuola di Bari-Lecce, (con Cosimo Caputo e Susan Petrilli), Milano,
Mimesi, Dialoghi semiotici (con Massimo A. Bonfantini e Susan Petrilli, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, The Dialogic Nature of Sign, Ottawa, Legas, La cifrematica e l'ascolto, Bari, Graphis, La
cifrematica e l'ascolto, Bari, Graphis, Fuori luogo. L'esorbitante nella
riproduzione dell'identico, Roma, Meltemi, A mente. Processi cognitivi e
formazione linguistica, Perugia, Guerra Edizioni, Semiotics Today. From Global Semiotics to
Semioethics, a Dialogic Response (con Susan Petrilli), New York, Ottawa,
Toronto, Legas, Lineamenti di semiotica
e di filosofia del linguaggio, (con Susan Petrilli), Bari, Graphis, Tre sguardi
su Auguste Dupin (con M.A. Bonfantini e B. Brunetti), Bari, Graphis, Tra Bachtin e Lévinas. Scrittura, dialogo,
alterità, Bari, Palomar, Linguaggio,
lavoro e mercato globale. Rileggendo Rossi-Landi, Milano, Mimesis, La
dissidenza cifrematica, Milano, Spirali, A revolusão bakhtiniana, San Paolo
(Brasile), Contexto, Da dove verso dove.
La parola altra nella comunicazione globale, Perugia, Edizioni Guerra, L'écoute
de l'autre, Parigi, L'Harmattan Emmanuel Levinas, Globalisation, and Preventive
Peace, Legas, Ottawa, Roland Barthes. La visione ottusa (con J. Ponzio, G.
Mininni, S. Petrilli, L. Ponzio, M. Solimini), Milano, Mimesis, Rencontres de paroles, Parigi, Alain Baudry
& Cie, Freud, l'analisi, la scrittura (con Massimo A. Bonfantini, Bruno
Brunetti), Bari, Graphis, Encontres de palavras. O outro no discurso, Pedro e
João Editores, San Carlos (Brasile), Procurando uma palavra outra, Pedro e João
Editores, San Carlos (Brasile), Interpretazione e scrittura, Scienza dei testi
ed eccedenza letteraria, Pensa Multimedia, Lecce, . In altre parole, Mimesis,
Milano, . La filosofia del linguaggio, Edizioni Laterza, Bari, . Curatele Di
seguito l'elenco dei libri Augusto Ponzio, salvo dove diversamente specificato.
In alcuni di questi sono presenti introduzioni, presentazioni e/o traduzioni ad
opera di Augusto Ponzio. Adam Schaff e Lucien Sève, Marxismo e umanesimo.
Per un'analisi semantica delle "Tesi su Feuerbach" di K. Marx, Edizioni
Dedalo, Bari (introduzione, trad. dal francese
e dal tedesco). Karl Marx, Manoscritti matematici, Edizioni Dedalo, Bari (introduzione, trad. dal tedesco, con F.
Matarrese). Adam Schaff, Saggi filosofici, Edizioni Dedalo, Bari (introduzione,
trad. dal francese e dal tedesco di saggi contenuti nel II). V. N. Volosinov, Marxismo e filosofia
del linguaggio, Edizioni Dedalo, Bari, 1976 (introduzione). V. N. Volosinov,
Freudismo, Edizioni Dedalo, Bari (introduzione). Vjaceslav Ivanov, Julia
Kristeva e altri, Michail Bachtin. Semiotica, teoria della letteratura e
marxismo, Edizioni Dedalo, Bari, (introduzione). Ernst Cassirer e altri, Il
linguaggio, Bari, Edizioni Dedalo (introduzione). Marcellesi, Baggioni e altri,
Linguaggio e classi sociali. Marrismo e stalinismo, Edizioni Dedalo, Bari, (trad.
dal francese). Pavel Medvedev, Il metodo formale e la teoria della letteratura,
Edizioni Dedalo, Bari (introduzione).
Adam Schaff, L'alienazione come fenomeno sociale, Editori Riuniti, Roma, (introduzione). V. N. Volosinov, Il linguaggio
come pratica sociale. Saggi Edizioni Dedalo, Bari (introduzione). Polifonie, Adriatica Editrice, Bari Scienze
del linguaggio e plurilinguismo. Riflessioni teoriche e problemi didattici,
“Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Bari”, Adriatica
Editrice, Bari, (introduzione). Scienze
del linguaggio e insegnamento delle lingue e delle letterature. Annali del
convegno di studi omonimo, Bari, Adriatica Editrice, Bari (introduzione).
Pietro Ispano, Tractatus. Summule logicales, Adriatica Editrice, Bari, (introduzione,
trad.e dal latino). Emmanuel Lévinas, La significanza del senso, in “Idee”, (trad. dal francese). La genesi del senso,
fascicolo monografico di “Idee”, (con M. Signore e C. Caputo). Julia Kristeva,
Il linguaggio questo sconosciuto. Iniziazione alla linguistica. Con
un'intervista di A.Ponzio a J. Kristeva, Adriatica Editrice, Bari, (introduzione, trad. dal francese). Ferruccio
Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato, Bompiani, Milano,
1992(introduzione alla quarta edizione).
Bachtin e... Averincev, Benjamin, Freud, Greimas, Lévinas, Marx, Peirce,
Valéry, Yourcenar, Welby, Laterza, Bari, 1993 (introduzione; con Paolo Jachia).
Adam Schaff, Umanesimo ecumenico, Adriatica Editrice, Bari, (introduzione). Reading su Ferruccio
Rossi-Landi. Semiosi come pratica sociale, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli (introduzione; con M.
A. Bonfantini). Ferruccio Rossi-Landi, Semiotica e ideologia, Milano, Bompiani
(introduzione 3ª ed.). Aristofane, Uccelli, Stampa alternativa, Bari-Roma, 1994
(versione-adattamento). Adam Schaff, Il mio ventesimo secolo, Adriatica
Editrice, Bari, Sulla traccia di Lévinas, “Idee”, (con M. Signore e C. Caputo). Emmanuel
Lévinas, Su Blanchot, Palomar, Bari (introduzione, traduzione, con F.
Fistetti). M. Bachtin, I.I. KanaevMedvedev, V.N. Volosinov, Bachtin e le sue
maschere. Il percorso bachtiniano fino alla pubblicazione dell'opera su
Dostoevskij (introduzione, con M. De Michiel e P. Jachia), Edizioni Dedalo,
Bari, Idea e realtà dell'Europa: Lingue, letterature, ideologie, “Annali della
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere”, Schena, Fasano (Brindisi), Comunicazione,
comunità, informazione, Manni, Lecce 1996 (introduzione). Paul Valéry, Cimitero
marino, in “Athanor”, Il Mondo/il Mare, e
in “L'immaginazione”, (Traduzione di
Paul Valéry). Michail Bachtin, Problemi dell”opera di Dostoevskij (con M. de Michiel), Edizioni dal Sud, Modugno
(Bari), 1997, (introduzione). Lisa Block de Behar, Al margine di Borges, Edizioni
dal Sud, Modugno Bari, (Traduzione di alcune
poesie di Borges, presentazione). Mijail M. Bajtin, Hacia una filosofia del
acto ético. De los borradores y otros esritos, Anthropos, Barcelona
(Commentarios con Iris Zavala). Michail Bachtin, Problemi dell'opera di
Dostoevskij Edizioni dal Sud, Bari, (presentazione, con M. De Michiel). Ferruccio
Rossi-Landi, Significato, comunicazione e parlare comune, Marsilio, Venezia,
1998 (Introduzione 3ª ed.). Michail Bachtin, La scrittura e l'umano, Saggi,
dialoghi, conversazioni, Bari Edizioni dal sud (presentazione, con di M. De
Michiel). Michail Bachtin, Per una filosofia dell'azione responsabile, Manni,
Lecce, (introduzione). Lévinas Vivant, Riflessioni sul pensiero do Emmanuel
Lévinas, Bari, Edizioni dal Sud, (Presentazione; con F. Fanizza e F. Fistetti).
Valentin N. Volosinov, Michail M. Bachtin, Marxismo e filosofia del linguaggio,
Manni, Lecce (con M. De Michiel). Giovanni Vailati, Il metodo della filosofia.
Saggi di critica del linguaggio, Ferruccio Rossi- Landi Graphis, Bari (introduzione). Adam Schaff, Disoccupazione strutturale,
“Millepiani”, Marcel Danesi, Lingua,
metafora, concetto. Vico e la linguistica cognitiva, Edizioni dal Sud, Bari,
(presentazione). Adam Schaff, Meditazioni, trad. di Loreta de Staso, Edizioni
dal Sud, Bari, (Introduzione). Emmanuel Lévinas, Dall'altro all'io, trad. it.
di J. Ponzio, Meltemi, Roma, Vita, volume di monografico Athanor. Semiotica,
Filosofia, Arte, Letteratura, n.s., 5, Meltemi, Roma. (presentazione). Michail
Bachtin. Linguaggio e scrittura, trad. di L. Ponzio, Meltemi, Roma, Pietro
Ispano. Trattato di logica. Summule logicales, Bompiani, Milano, (Introduzione
trad. dal latino) Ferruccio Rossi-Landi. Il linguaggio come lavoro e come
mercato, 5ª ediz.,Bompiani, Milano (introduzione), John Deely, Basi della
semiotica, collana “Nel segno”, diretta da Susan Petrilli e Augusto Ponzio, 2,
Bari, Giuseppe Laterza,. (Prefazione, con S. Petrilli, Mondo di Guerra, volume monografico di
Athanor. Semiotica, Filosofia, Arte, Letteratura, n.s., 9, Roma, Meltemi,
(presentazione, con A. Catone). Rossi-Landi. Ideologia, Meltemi, Roma, 2005 (Introduzione). Michail
Bachtin, Freud e il freudismo. Studio critico, trad. L. Ponzio, Milano, Mimesis
(introduzione). Karl Marx Manoscritti matematici, edizione critica con intruduzione,
Spirali, Milano, Renato Fucini, Le veglie di neri e All'aria aperta, ed.
critica Leonard G. Sbrocchi, Bari, Edizioni Dedalo (presentazione).
Rossi-Landi, Metodica filosofica e scienza dei segni, Milano, Bompiani, (introduzione Rossi-Landi, Semiotica e
ideologia, Milano. Bompiani, Qohélet. Versione in idioma saletino (e trad.
italiana), Cosimo Caputo, Lecce, Milella, (introduzione 4ª ed.). Michail
Bachtin, In dialogo. Conversazioni con Victor Duvakin trad. di R. S. Cassotti,
Milano, Esi (introduzione). Athanor. Umano troppo disumano, Roma, Meltemi (introduzione)
Linguaggi, Scienze e pratiche formative. Quaderni del Dipartimento di Pratiche
linguistiche e analisi di testi, Lecce, Pensa Multimedia (con M. Cardona). La filosofia del linguaggio,
Bari, Edizioni Laterza, . Susan
Petrilli La filosofia del linguaggio
come arte dell'ascolto / philosophy of Language as the Art of Listening, Sulla
ricerca scientifica di Augusto Ponzio, Bari, Edizioni dal Sud, Athanor. La
trappola mortale dell'identità, Roma, Meltemi Editore, e letture critiche, Bari, Edizioni dal Sud, P.
Calefato e S. Petrilli Logica,
dialogica, ideologica. I segni tra funzionalità ed eccedenza, introd., Semiosi,
infunzionalità, semiotica, Milano, Mimesis, S. Petrilli Ideology, Logic, and Dialogue in Semioethic
Perspective. in Semiotica. Journal of the International Association for Semiotic
Studies, 1Susan Petrilli, Semiotic profile: Augusto Ponzio. A Portrait of the
Semiotician and Philosopher of Language on the Occasion of his 40th year of
teaching, in Semiotix 5, Semioticon, su semioticon.The I Questioned: Emmanuel
Levinas and the critique of Occidental reason, Subject Matters, special
edition, Susan Petrilli La filosofia del linguaggio come arte
dell'ascolto / philosophy of Language as the Art of Listening, Sulla ricerca
scientifica di Augusto Ponzio, Bari, Edizioni dal Sud, saggi all'interno: Paul
Cobley, A brief note on dialogue Vincent Colapietro, In the name of that which
has been desecrated Eero Tarasti, The right to unfunctionalityexplorations in
Augusto Ponzio's philosophical semiotics Marcel Danesi, Augusto Ponzio: A brief
note on the “Italian Bakhtin” Kalevi Kull, Biosemiotic conversations: Ponzio,
Bakhtin, Kanaev, Driesch, Uexküll, Lotman Floyd Merrell, The sign's significant
other Loreta de Stasio, Lingua e letteratura, conoscenza e coscienza Winfried
Nöth and Lucia Santaella, Otherness at the roots of cultural semiosis
Giuseppe Mininni, Identità e alterità nella dinamica della coscienza storica
Cosimo Caputo, Tutto il segnico umano è linguaggio John Deely, The primary
modeling system in animals Carlo Augieri, Per Qohélet emigrato nel Sud è la
vanità ad essere “nienzi”: “dentro” il dialetto è straniera la parola dei re
Frank Nuessel, “Virtual” Augusto Ponzio Mario Signore, Dal silenzio primordiale
al brusio della parola. Alla ricerca della parola “vissuta” José Maria Nadal,
Sobre el enunciador implícito en Augusto Ponzio Genevieve Vaughan, Giving and
receiving signs Jeff Bernard, Ferruccio Rossi-Landi and a short history of the
Rossi-Landi Network Susan Petrilli, Reading Augusto Ponzio, master of signs and
languages Nicolas Bonnet, Augusto S. Petrilli, Tutt'altro. Infunzionalità ed
eccedenza come prerogative dell'umano, Milano, Mimesis. Paul Cobley, Augusto Ponzio,
in Paul Cobley , The Routledge Companion to Semiotics, London, Routledge, .
Susan Petrilli, Writing, Voice, Understandig, Ottawa, Legas, . Semiotica Filosofia del linguaggio. Sito
ufficiale, su augustoponzio.com.
Opere su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Scheda docente con estesa
. Sito dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, su uniba.it.
Portathere may be another!
Porta: Gabriele
La Porta (Roma), filosofo. Nacque dall'attrice Antonella Della Porta, di
origine milanese, interprete di noti sceneggiati Rai (da Sheridan, a Davide
Copperfield, a Maigret) e dal baritono Arturo La Porta, di famiglia pugliese
(sul Gargano), diretto da Von Karajan e in grandi compagnie con Maria Callas,
Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Giuseppe Di Stefano, Giulietta Simionato, Renata
Tebaldi, al cinema (La signora dalle camelie, Casa Ricordi) e in tv (Andrea
Chénier di M. Landi, La traviata di M. Lanfranchi). Laureatosi in
Filosofia negli anni settanta con il massimo dei voti, ha incominciato a
interessarsi a Giordano Bruno, curando e traducendo alcune opere del filosofo
di Nola, il De umbris idearum (1976) e il Cantus Circaeus (1977), riprendendo
poi le tematiche con il libro Giordano Bruno. Il nolese di ghiaccio pubblicato
da Bompiani. Per anni in Rai, ha incominciato la sua lunga carriera nel
servizio pubblico, prima come
programmista, poi, tra gli altri incarichi, come conduttore, giornalista
professionista, editorialista del Radiocorriere TV, vice caporedattore del TGR
Lazio, caporedattore del DSE RAI ("Dipartimento Scuola Educazione",
l'attuale struttura RAI Cultura). -- è stato nominato direttore di Rai 2,
incarico che ha ricoperto per un anno e mezzo e nel 1996 è diventato il primo
direttore di Rai Notte, la struttura che curava il palinsesto notturno di Rai
1, Rai 2 e Rai 3, apparendo spesso anche in video come conduttore di
trasmissioni culturali. Essendone stato ininterrottamente direttore per 14 anni
(fino al ), La Porta è stato il più longevo dirigente della storia della
televisione pubblica italiana. È stato solido il suo sodalizio umano e
professionale con Pino Gagliardi. Ha condotto, accanto allo scrittore Giuseppe
Carlotti, il programma televisivo Rai Ti presento Sophia, interamente dedicato
alla storia della filosofia. La coppia La PortaCarlotti si è riunita nel giugno
2008 per una nuova edizione del programma, sempre circondata da un numero pari
di persone. Tra gli altri libri pubblicati, La Magia (1998), Coincidenze
miracolose (2001), Storia della magia,e la trilogia di A come anima, A come
amore e C come cuore. Nell'ottobre del 2008 è uscito Dizionario
dell'inconscio e della magia, pubblicato per Sperling & Kupfer. Il suo
ultimo lavoro, Tu chiamale se vuoi coincidenze è stato pubblicato nel da La Lepre Edizioni. Il 5 maggio va in pensione e lascia la Rai, per passare
al circuito televisivo Cinquestelle, dove ha condotto, insieme con Egidio
Senatore, il programma Come State?, una diretta di 4 ore, che affrontava
tematiche sociali con la partecipazione, senza filtro, delle telefonate del pubblico;
in questo contesto hanno partecipato figure autorevoli come l'allora presidente
dell'INPS Antonio Mastrapasqua e l'allora presidente dell'Agcom Corrado
Calabrò. Dal 2 giugno al dicembre è stato direttore di EcoRadio, per la quale
ha condotto, sempre insieme a Egidio Senatore, la rubrica letteraria La Grande
Madre. Ha inoltre lavorato su EcoTv. È stato ospite fisso del format
radiofonico "News of the World" su Radio Manà Manà. Il 28 aprile è stato insignito della cittadinanza onoraria
dalla città di Boscoreale, (NA). Ha gestito per anni un blog su internet.
Malato da tempo, è morto. Televisione Come autore, curatore, giornalista e
conduttore radiotelevisivo si è occupato, principalmente, di tematiche
culturali e sociali. Tra i suoi programmi Rai ricordiamo: “Scuola aperta” “Tra
scuola e lavoro” “Ricerca sul mito” “Sulle orme degli antenati” “Incontri nella notte, colloqui con gli scrittori
contemporanei” “Segnali: appunti sui giovani d'oggi” "Incontri della
notte" (Rai 1-DSE), "Immagini da leggere" (Rai 3), “Novecento:
storia della letteratura italiana dal 1945 ad oggi” “Bellitalia”.Ha curato e
condotto, per Rai 2, “Casablanca” (1990), programma di aggiornamenti editoriali
che, tuttora, vanta il massimo ascolto per una rubrica letteraria. Ha condotto
lo spazio letterario della rubrica televisiva di Rai 2 “La Rete” ha curato e
condotto “Parlato semplice” per oltre 300 puntate, e ha curato e condotto gli
spazi storici della rubrica “Filo Rosso” di Gianni Bisiach per Rai 2-DSE.
Ha, inoltre, realizzato gli speciali televisivi “Giordano Bruno”, “Edgar Allan
Poe”, “Alla ricerca di Dracula” “Storia della Magia” ha curato e condotto gli
spazi filosofici de “La stanza del principe” (1994), ha curato e condotto le 22
puntate di “Storia della cavalleria” e
il “Prix Italia” . Per il palinsesto di
Rai Notte, è stato autore e conduttore di numerosi programmi, come “Anima Good
News”, “Il mare di notte”, “Inconscio e Magia”, “Inconscio e MagiaPsiche”,
l'unico programma televisivo RAI dedicato alla poesia, “Guarire insieme” . È stato spesso ospite, come opinionista, nelle
rubriche letterarie e culturali di Rai 1. Insegnamento Oltre alla
produzione culturale televisiva, fin dagli anni ‘70 si è occupato di
insegnamento, in particolare del rapporto tra la filosofia antica e psicologia
junghiana, e, inoltre, del settore editoriale, come curatore ed editorialista
di numerose riviste, come “Abstracta”, e come autore di più di 30 libri.
Nel 1980 è stato invitato da François Châtelet a tenere corsi presso il
Politecnico della Sorbona di Parigi sulla Magia e l'Arte della Memoria. --
è stato direttore della rivista “L'informatore Librario” per la casa editrice
Lucarini; è stato direttore, per la RaiEriPantheon, della rivista “Anima
Mundi”, con la collaborazione di James Hillman, A. Guggenbhul-Craig, F.
Donfrancesco, C. Stroppa, ecc.--è stato invitato dall'Istituto di Cultura
Italiana di New York per una serie di seminari. -- è stato docente di Filosofia antica all'Siena,
presso la cattedra del Prof. Enrico Cheli. È stato docente di Filosofia antica
e Vicedirettore della Scuola di Psicoterapia Psicosintetica ed Ipnosi
Ericksoniana “H. Bernheim” di Verona, vicedirettore della scuola di Psicanalisi
di Mestre AEPSI e docente di Filosofia per IKOSIstituto di Comunicazione
Olistica Sociale di Bari. Era vicerettore onorario dell'Università
L.U.de.S. di Lugano. Riconoscimenti Premio “Arte e Spirito” per la
televisione, conferito dalla Repubblica di San Marino nel ; Premio “Moncalieri”
alla carriera nel ; Premio “La penna d'oro”, settore spettacolo, Premio “Chianciano” per la critica
radiotelevisiva; Premio giornalistico “Magarotto”; Premio letterario
“Castiglioncello” “Cosentino” e “Cirò Marina” per l'opera Giordano Bruno.
Curiosità Iha partecipato a una puntata del gioco Soliti ignotiIdentità
nascoste di Rai 1 ove doveva essere riconosciuto tra altre 8 identità. Era un
grande tifoso della Lazio. -- è stato imitato e parodiato da Corrado Guzzanti.
Opere Introduzione e cura di Filoteo Giordano Bruno di Nola, Il canto di Circe,
Roma, Atanor, Introduzione e cura di Giordano Bruno, Ombre delle idee, Roma,
Atanor, Itinerari magici d'Italia. Una
guida alternativa, II, Centro, con Luciano Gianfranceschi, Roma, Edizioni
Mediterranee, I grandi del mistero, e con Luciano Gianfranceschi, Firenze,
Salani, Storia della magia mediterranea,
con Andrea Forte, Roma, Atanor, Un'avventura nel Rinascimento, Milano, Fiore
d'oro, Introduzione e cura di Marsilio Ficino, L'essenza dell'amore, Roma,
Atanor, Prefazione ad , Meyrink
scrittore e iniziato, Roma, Basaia, Morte di un bacio, Roma, Lucarini, I tarocchi di Giordano Bruno. Le carte della
memoria, Milano, Jaca Book, Racconti di tenebra, a cura di, Roma, Newton
Compton, Giordano Bruno. Tra magia e avventure, tra lotte e sortilegi la storia
appassionante di un uomo che, ritenuto mago dai contemporanei, fu condannato
per eresie dall'Inquisizione e arso vivo sul rogo, collaborazione alle ricerche
di Anna Mirabile, Roma, Newton Compton, La battaglia della montagna bianca,
Chieti, Solfanelli, Prefazione a Richard Dalby e Rosemary Pardoe , Fantasmi.
Storie e altre storie sulle orme di M.R. James, Roma, Newton Compton, Prefazione
a Edgar Allan Poe, Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore,
Roma, Newton Compton, Testo critico a Giuliano Nucci, Misteri di pietra, Roma,
Grapperia, Curatela di , Racconti per amore, Roma, Lucarini, 1Giordano Bruno.
Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero, Milano, Bompiani, Roma
magica e misteriosa. Dalla sedia del diavolo ai fantasmi di villa Stuart, dalla
cripta dei Cappuccini alla Porta Magica di piazza Vittorio, un viaggio
affascinante nel cuore segreto della città eterna e dei suoi dintorni, con
Francesco Fantasia, Roma, Newton Compton, Prefazione a Edgar Allan Poe, Tutti i
racconti, La Spezia, Melita, 1Misteri. Quasi un manifesto della letteratura del
mistero e del segreto, e con Franco Scaglia, Milano, Camunia, Grandi castelli,
grandi maghi, grandi roghi, Milano, Rizzoli, Storia della magia. Grandi
castelli, grandi maghi, grandi roghi, Milano, Bompiani, Il ritorno della grande madre, Milano, Il Saggiatore,
La magia, in collaborazione con Andrea Aromatico e Stefania Quattrone,
Roma-Venezia, RAI-ERI-Marsilio, Coincidenze miracolose, Roma-Rimini, RAI-ERI-Idealibri,
Donne magiche, Roma-Rimini, RAI-ERI-Idealibri, A come anima, Milano, Pratiche, Saggio
in Valerio De Filippis, La quiete del Terrifico, Fasano, Schena, C come cuore.
Pagine per lenire il mal d'amore, Milano, Pratiche, Gabriele la Porta intervista Ettore Bernabei,
Roma, Edizioni Eri, S come seduzione. Dizionario dell'eros e della sensualità,
Milano, Il Saggiatore, P come passioni. Dizionario delle emozioni e dell'estasi,
Milano, Tropea, Dizionario dell'inconscio e della magia, Milano, Sperling &
Kupfer, Prefazione a Michele lo Foco, L'armonia del dolore, Roma, Pagine, .Prefazione
a Dale Furutani, Agguato all'incrocio, Milano, Marcos y Marcos, Tu chiamale se vuoi coincidenze. Quaranta
storie realmente accadute, Roma, La lepre, Filmografia Il mistero di Dante,
regia di Louis Nero. Biografia di
Gabriele La Porta, su Cinquantamila.it, EcoRadioGabriele La Porta nuovo
direttore responsabile di Ecoradio: "Qui trovo libertà autentica", su
ecoradio.it. Morto il conduttore Rai Gabriele La PortaTv, su Agenzia ANSA, Blog
ufficiale, su gabrielelaporta.wordpress.com. Gabriele La Porta, su Internet
Movie Database, IMDb.com. La pagina
facebook di Gabriele La Porta, su facebook.com. PredecessoreDirettore di Rai
2Successore Franco Iseppi Carlo Freccero.
porta: Grice: “He is the
one with the funny illustrations of men and animals! The Italian way to comment
on Aristotle!” -- Giovanni Battista Della Porta,
indicato anche come Giambattista o Giovambattista (Vico Equense), filosofo. Terzo
figlio di Nardo Antonio e di una patrizia della famiglia Spadafora, ricevette
le basi della sua formazione culturale in casa, dove si era soliti discutere di
questioni scientifiche, e dimostrò immediatamente le sue notevoli innate
capacità, che poté sviluppare attraverso gli studi grazie alle condizioni
agiate della famiglia: il padre era infatti proprietario terriero e armatore di
navi. Prima il padre e poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero a partire
dal 1541 la carica di scrivano di mandamento. La famiglia aveva una casa a
Napoli a via Toledo (il palazzo Della Porta), una villa a Due Porte, nelle
colline intorno a Napoli, e la "villa delle Pradelle" (Vico Equense).
Tra i suoi maestri vi furono il classicista e alchimista Domenico Pizzimenti, e
i filosofi e medici Donato Antonio Altomare e Giovanni Antonio Pisano. I
viaggi e l'Academia secretorum naturae Edizione del Magiae Naturalis del
1644. Magnifying glass icon mgx2.svgAccademia dei Segreti. Nel 1558 pubblicò la
prima di varie edizioni del Magiae Naturalis, nel 1563 un'opera di
crittografia, il De Furtivis Literarum Notis, nel quale descrive il primo
esempio di sostituzione poligrafica cifrata con accenni al concetto di
sostituzione polialfabetica. Per quest'opera è ritenuto il maggiore crittografo
del Rinascimento. In questo periodo, quando già la sua fama si era
consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di
Spagna e viaggiò anche in Francia e in Italia. Del 1566 è una
pubblicazione sull'Arte del ricordare, ripubblicato poi nell'originario latino
nel 1602. Della Porta aveva fondato intanto l'Academia Secretorum Naturae
(Accademia dei Segreti), per appartenere alla quale era necessario dimostrare
di aver effettuato una nuova scoperta scientifica, sconosciuta al resto
dell'umanità, nell'ambito delle Scienze naturali; l'accento veniva tuttavia
posto più sul meraviglioso che sul metodo scientifico. Conosciute già
durante il Medioevo, le «raccolte di segreti» costituivano un vero e proprio
genere letterario che aveva incontrato una straordinaria fortuna con l'avvento
della stampa a caratteri mobili. Per segreti si intendevano conoscenze arcane,
ma anche ricette, preparazione di farmaci e pozioni dagli effetti straordinari,
riguardanti argomenti di medicina, chimica, metallurgia, cosmesi, agricoltura,
caccia, ottica, costruzione di macchine, ecc. Colui che insegnava a
padroneggiarli era chiamato «professore di segreti». L'Accademia fu però
sospettata di occuparsi di temi riguardanti la magia e l'occultismo, sicché
Della Porta venne indagato dall'Inquisizione nel 1579 e l'Accademia fu chiusa
per ordine papale: a Della Porta fu tuttavia concesso di continuare gli studi
di scienze naturali. Fu ospitato a Roma e quindi a Venezia e a Ferrara dal
cardinale Luigi d'Este. Illustrazione dal De humana physiognomonia
(1586) Nel 1583 pubblicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi
da frutta e l'anno seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua
enciclopedia sull'agricoltura. Fisiognomica e fitognomonica Nel 1586
pubblicò presso l'editore J. Cacchi di Vico Equense l'opera De humana
physiognomonia in 4 libri sulla fisiognomica, dedicato al cardinale Luigi
d'Este, che influenzerà poi l'opera dello svizzero Johann Kaspar Lavater
(1741-1801). Nel 1599 presso l'editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicherà la
seconda edizione allargata a 6 libri con ampio rimaneggiamento della
materia. Egli ritiene che «l'animo non è impassibile rispetto ai moti del
corpo e, così come il corpo, si corrompe per le passioni». Studia con
attenzione i segni delle mani (in particolare dei criminali), convinto che tali
segni non siano frutto del caso ma importanti indizi per comprendere appieno i
caratteri degli uomini. Illustrazione dal Phytognomonica, che
evidenzia l'analogia tra piante e animali. Inntanto, stimolato dai contatti con
alcuni alchimisti tra cui Oswald Croll, aveva anche pubblicato Phytognomonica,
poderoso trattato sulle proprietà dei vegetali messe in analogia con le varie
parti del corpo umano, basato sull'antica dottrina delle segnature. L'opera, corredata
da tavole illustrate, estendeva il concetto di fisiognomica alle piante (in
greco pyhtos, + gnome «opinione, sentenza» = fitognomica) elencandole a seconda
della loro localizzazione geografica. In essa Della Porta ravvisava
collegamenti occulti tra la morfologia delle piante e quella dei minerali,
degli uomini, e persino, indirettamente, degli astri e dei pianeti
dell'astrologia, in una sorta di zoomorfismo. Egli fu affascinato ed
entusiasta per il «gran Paracelso» e per i suoi «dottissimi seguaci» perché la
spagiria «produce al mondo rimedi non mai più per l'addietro caduti negli umani
intelletti [...] Onde da solleciti investigatori de' secreti della natura
applicati a morbi, hanno ritrovati soblimi ed infiniti rimedi, onde la
medicina, così gran tempo ristretta negli angusti suoi termini, or, allargando
fuori, ha ripieno il mondo de' suoi meravigliosi stupori» (Taumatologia).
La sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un
nuovo soggiorno a Venezia l'amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche
Giordano Bruno prima della sua incarcerazione. Da questa data per ordine
dell'inquisitore veneziano Della Porta dovette richiedere il permesso per le
sue pubblicazioni a Roma. Si incontrò a Padova con Paolo Sarpi e con Galileo. Ricevette
a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Nel 1603
incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall'imperatore Rodolfo
II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto. Studi
sull'ottica ed altre scienze Alambicchi per la distillazione disegnati da
Della Porta nell'omonimo trattato del 1610. Scrisse ancora di ottica (De
refractione optices), di agricoltura (Villae,), di astronomia (Coelestis
physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602),
di arte militare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris
transmutationibus, del 1609), e di chimica (De distillatione0). L'operasulla
lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581 sarà pubblicata solo
molto dopo la sua morte nel 1677. È nel campo dell'ottica che Della Porta
esercita notevoli contributi, indagando dal punto di vista matematico le
proprietà degli specchi concavi e convessi, conducendo un minuzioso studio
delle lenti su basi matematiche e descrivendo la costruzione di ingenti
apparecchi ottici, tra cui la camera oscura ed il telescopio. Giovanni
Battista Della Porta intraprese inoltre studi di chimica pratica che includono
la fabbricazione di smalti, di polveri da sparo e di cosmetici. Anche se la sua
chimica non è originale dal punto di vista teorico, i numerosi esperimenti che
ci descrive indicano un’attitudine sperimentale che lo pone fra i principali
chimici dell’epoca. I suoi studi medici sono caratterizzati principalmente
dalla ricerca di farmaci dagli effetti eccezionali, utili ad esempio per la
memoria, per produrre sogni piacevoli o incubi, rimedi contro l’impotenza e la
sterilità. Gli ultimi anni Frontespizio del De aeris transmutationibus
Fu invitato a far parte dell'Accademia dei Lincei, appena fondata da Federico
Cesi. Rivendicò senza troppa convinzione
una paternità sull'invenzione del telescopio, resa nota in quegli anni da
Galileo, anch'egli membro dell'Accademia dal 1611. Fece forse parte anche di
un'accademia letteraria dedicata alla letteratura dialettale napoletana
(Schirchiate de lo Mandracchio e 'Mprovesante de lo Cerriglio), che sappiamo
attiva nel 1614, e dell'Accademia degli Oziosi, di drammaturghi, di cui faceva
parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernández de Castro, conte di
Lemos). Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e
coltivò piante esotiche. Il suo museo privato era visitato dai viaggiatori e fu
uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il gesuita
Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. Anche il fratello
Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi e statue, mentre
l'altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva lasciato una
collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta. Fu
anche commediografo e scrisse 14 commedie in prosa, una tragicommedia, una
tragedia e un dramma liturgico, che divennero fonte di numerose opere del
successivo XVII secolo. Sei titoli di Della Porta erano presenti nella
biblioteca di Sir Thomas Browne. Opere Magiae naturalis sive de miraculis
rerum naturalium, Giovanni Battista Della Porta, De humana physiognomonia, Vico
Equense, Giuseppe Cacchi, Giovanni Battista Della Porta, Phytognomonica,
Napoli, Orazio Salviani, 1589. Giovanni Battista Della Porta, Pneumaticorum
libri tres, Napoli, Giovanni Giacomo Carlino, Giovanni Battista Della Porta, De
distillatione, Roma, Stamperia Camerale, 1608. Giovanni Battista Della Porta,
Della chirofisonomia, Napoli, Antonio Bulifon, 1677. Giovanni Battista Della
Porta, Le commedie, Vincenzo Spampanato,
1, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, Giovanni Battista Della Porta, Le
commedie, Vincenzo Spampanato, 2,
Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, 1911. Giovanni Battista Della Porta, Humana
Physiognomonia / Della Fisionomia dell'uomo libri sei, Alfonso Paolella,
Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, /. Giovanni Battista Della Porta, Ars reminiscendi,
Raffaele Sirri, 1, Edizione Nazionale
delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1996. Giovanni Battista Della Porta, Taumatologia e Criptologia,
Raffaele Sirri, 1, Edizione Nazionale
delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,
. Giovanni Battista Della Porta, De munitione libri tres, Raffaella De
Vivo, 1, Edizione Nazionale delle opere
di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, .
Giovanni Battista Della Porta, Claudii Ptolomaei Magnae Constructionis Liber
primus, Raffaella De Vivo, 1, Edizione
Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, Giovanni Battista
Della Porta, Il Teatro, Raffaele Sirri,
4, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Giovanni Battista Della Porta,
Coelestis Physiognomonia e, in appendice, Della Celeste Fisonomia, Alfonso
Paolella, 1, Edizione Nazionale delle
opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,
1996. Giovanni Battista Della Porta, De aeris transmutationibus, Alfonso
Paolella, 1, Edizione Nazionale delle
opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Giovanni
Battista Della Porta, Villae libri XII, Luigia Laserra e Gianni Antonio
Palumbo, diretti da Francesco Tateo, Edizione Nazionale delle opere
di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, /.
Giovanni Battista Della Porta, Elementorum Curvilineorum Libri tres, Veronica
Cavagna e Carlotta Leone, 1, Edizione
Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, Giovanni Battista Della Porta, Pneumaticorum libri tres,
Oreste Trabucco, 1, Edizione Nazionale
delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, Giovanni Battista Della Porta, De ea naturalis Physiognomoniae parte
quae ad manum lineas spectat libri duo, Oreste Trabucco, 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan
Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003. Note Per questo fu accusato di plagio da Giovan
Battista Bellaso, che era stato il primo ad aver proposto questo tipo di
cifratura dieci anni prima. Umberto Eco, Riccardo Fedriga, Storia della
filosofia. 2: Dall'Umanesimo a Hegel,
Laterza Edizioni Scolastiche, . William
Eamon, Il professore di segreti. Mistero, medicina e alchimia nell'Italia del
Rinascimento, trad. it. di A. M. Paci, Carocci, . Marcello Fumagalli, «Della Porta Giovan
Battista» , in Semplicisti e Stillatori: l'arte degli Aromatari, Milano, SGS,
. Gnome, su treccani.it. Luigi Turinese, Zoomorfismo, fisiognomica e
fitognomica: Della Porta antesignano della biotipologia in medicina, ne Il Cenacolo alchemico, A. Paolella e G.
Rispoli, Napoli, ed. Il Faro di Ippocrate, .
Donato Verardi, La scienza e i segreti della natura a Napoli nel
Rinascimento: La magia naturale di Giovan Battista Della Porta, 102-103, Firenze University Press, . Alfonso Paolella, Della Porta e la
Spagiria, ne Il Cenacolo alchemico, A. Paolella e G.
Rispoli, Napoli, ed. Il Faro di Ippocrate, .
Alfonso Paolella, La presenza di G.B. della Porta nel Carteggio Linceo,
in "Bruniana & Campanelliana", Vincenzo Spampanato , Le
commedie, 1, Scrittori d'Italia, Bari,
Laterza, Fausto Nicolini, Giovanni Battista Della Porta, in Enciclopedia
Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, giambattista-della-porta.
Carrol Brentano, Giovanni Battista Della Porta, in Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Saverio Ricci, Giovanni
Battista Della Porta, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giovanni Battista Della
Porta, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giovan
Battista Della Porta nell’Europa del suo tempo, Atti del Convegno di Vico
Equense, M. Torrini, Napoli 1990. Paolo Piccari, Giovan Battista Della Porta.
Il filosofo, il retore, lo scienziato, Milano, FrancoAngeli, Guido del Giudice,
Della Porta, il mago dell'arcana sapienza, Milano, Biblioteca di Via Senato, .
Alfonso Paolella, I Meteorologica di Telesio, Della Porta e Cartesio tra
credenza e scienza, Roma, in
"Bollettino geofisico: rivista dell'Associazione geofisica italiana, Alfonso
Paolella, G.B. Della Porta e l’astrologia: la Coelestis Physiognomonia,
Istituti Editoriali e Poligrafici internazionali, Pisa-Roma, in "Atti del
Convegno L’Edizione nazionale del teatro e l’opera di G.B. Della Porta",
Salerno M. Montanile, Alfonso Paolella, Appunti di filologia dellaportiana,
Istituto italiano per studi filosofici, Napoli, in "Atti del convegno di
studi: Giambattista della Porta in Edizione Nazionale” R. Sirri,Alfonso
Paolella , Giovan Battista della Porta nel IV centenario della morte, Piano di
Sorrento, Atti del Convegno, Roma, Scienze e Lettere, . Marco Santoro , La
"Mirabile" Natura. Magia e scienza in Giovan Battista Della Porta, Napoli-Vico
Equense)Atti del Convegno Internazionale, Pisa-Roma, Serra, . Raffaella De
Vivo, Tecnica e scienza nelle opere di Giovan Battista della Porta, Serra,
Pisa-Roma, in "La "Mirabile" Natura. Atti del Convegno
Internazionale", Napoli-Vico Equense Marco Santoro, Umberto Eco, Riccardo Fedriga, Storia della
filosofia. 2: Dall'Umanesimo a Hegel,
Laterza Edizioni Scolastiche, Antoni
Malet, Della Porta, Kepler, and the changing notion of optical Image, Serra,
Pisa-Roma, "La "Mirabile" Natura. Atti del Convegno
Internazionale", Napoli-Vico Equense, Marco Santoro, Accademia dei Segreti
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni
Battista Della Porta, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Giovanni Battista Della Porta, su MacTutor, University of St Andrews,
Scotland. Opere di Giovanni Battista
Della Porta, su Liber Liber. Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Giovanni Battista Della Porta, . Opere di Giovanni Battista Della Porta, su
Progetto Gutenberg. Sito dedicato a
Giovan Battista Della Porta, su gbdellaporta.it. Libro digitalizzato di Ioan.
Baptista Porta neapolitano autore (Neapoli, apud Ioa. Mariam Scotum, De
furtivis literarum notis, vulgò De ziferis libri IIII Libro digitalizzato di
Io. Baptista Porta Neapolitano auctore (Neapoli, apud Ioan. Baptistam Subtilem,
De furtivis literarum notis vulgo de ziferis libri quinque: altero libro
superaucti, et quamplurimis in locis locupletati Della Porta, il mago
dell'arcana Sapienza.
porta
– Grice:
“His name was plain “Porta,” but in Latin that was latinised as ‘portius,’ and
then this vulgarized as ‘porzio’!” – But then who wants to be called “Door”?” porzio:
Simone Porzio o anche Simone Porta (Napoli), filosofo. Dopo aver studiato a
Pisa sotto la guida di Nifo, seguì il maestro all'Napoli, guadagnandosi stima e
onori da parte degli intellettuali suoi concittadini. Scarsa in questi anni la
sua produzione, limitata ai libelli sul celibato dei preti (“De celibate”),
sull'eruzione del Monte Nuovo (De conflagratione agri puteolani) e sul
miracoloso caso di digiuno di una ragazza tedesca (De puella germanica). Lasciò
però Napoli, richiamato all'Pisa da parte del duca Cosimo I de' Medici che gli
garantì un alto stipendio e il ruolo di sopraordinario. Compose le sue opere
principali, fra cui il trattato di etica “An homo bonus, vel malus volens fiat”e
in particolare il “De mente humana,” nel quale sosteneva la mortalità
dell'anima secondo un'esegesi alessandrista di Aristotele. Proprio queste sue
dottrine mortaliste, troppo facilmente accostate e sovrapposte a quelle
sostenute da Pomponazzi nel De immortalitate animae, contribuirono a creare una
falsa leggenda biografica affermatasi dopo la sua morte, secondo la quale egli
sarebbe stato allievo e quindi semplice epigono di Peretto. In ogni caso, al di là di una innegabile
tendenza materialista nella sua esegesi di Aristotele, evidente anche nella sua
ultima opera, il “De rerum naturalium principiis,” sua a produzione è
caratterizzata anche da interessi teologici del tutto svincolati dalla
filosofia peripatetica e che sono particolarmente evidenti nei due commenti al
Pater Noster che probabilmente non estranei ai fermenti evangelici della
riforma italiana. Tornò a Napoli dove sarebbe morto. Simone Porzio fu il padre
dello storico Camillo Porzio. Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Simone Porzio Eva Del Soldato, «Porzio,
Simone», in Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Daniela Castelli, Il "De
conflagratione" di Simone Porzio: la collazione delle tre edizioni, un
volgarizzamento e il ms. Phill. dell´HRC di Austin, «Rinascimento meridionale»,
ITra aristotelismo, naturalismo e critica: Note in margine a Simone Porzio in
Critica e ragione/Critique et raison, Atti del convegno internazionale
organizzato dall'Napoli «L'Orientale», in collaborazione con l'IISF (Napoli) e
l'Université de Bourgogne (Dijon), Napoli Lorenzo Bianchi e Alberto
Postigliola, Napoli, Liguori , "De puella germanica": echi italiani
di un dibattito europeo, in La donna nel Rinascimento meridionale, Atti del
Convegno internazionale organizzato dall'Istituto Nazionale di Studi sul
Rinascimento Meridionale, Roma, Marco Santoro, Pisa-Roma, Fabrizio Serra ,"De'
sensi" e il "Del sentire":: due mss. ritrovati «Giornale critico
della filosofia italiana»,L'"Epistola" sul Monte Nuovo e l'inedito
volgarizzamento di Stefano Breventano, «Archivio Storico per le Province
Napoletane», Un bilancio storiografico: il caso Simone Porzio, «Bruniana &
Campanelliana», Tra ricerca empirica e osservazione scientifica: gli studi
ittiologici di Simone Porzio, «Archives internationales d'histoire des
sciences», "De puella germanica": l’"inedia" mirabile di
una fanciulla tedesca, «Studi filosofici», «Pòrta (latinizz. Portius o Porcius,
onde l'altro cognome con cui è noto, Pòrzio) Enciclopedie on line, sito
"Treccani.it L'Enciclopedia italiana".
Portaria: Grice: “I like Portaria, but then anyone with an interest
in Anglo-Saxon ‘soul’ should! – if a philosopher, that is! Unlike Anglo-Saxon
soul who God knews where it comes from, the Romans had spiritus, and animus
anima, which is cognate with animos in Greek meaning ‘wind’ – so that leans
towards a hylemorphic conception where the body (corpus) is what has the
‘materia’ and the ‘breath’ is the ‘forma’ -- Italian philosophers would ignore this – and
more so now when Davidson is in vogue! – if it were not for Aligheri who has
Portaria in “Paradiso” – there is indeed a serous philosophical confrontation
between a Platonic and an Aristotelian conception of the soul as seen in the
controversy between Aquino and Portaria! Portaria uses the same linguistic
tools: ‘is spiritus’ synonym with ‘anima’? Or must we speak of ‘homonymy.’ And
add ‘medium’ into the bargan! Portaria is less canonical than Aquino and should
interest Oxonians much, oh so much, more!” – Unfortunately, he was from Todi
and donated all his manuscripts to Todi, which many skip in their Grand tour –
although it IS on the Tevere as any member of the “Canottiere del Tevere” will
know!” -- Grice: “My name is Grice – Paul Grice – Matteo’s name is Matteo
Bentivgna dei Signori d’Acquasparta e Portaria -- acquasparta: matteo d'acquasparta – n. Todi
-- O.Min. cardinale di Santa Romana Chiesa Chiostro di ognissanti, personalità
francescane 09 matteo d'acquasparta. emplate-Cardinal.svg Nato1240
ca., Todi Creato cardinale16 maggio 1288 da papa Niccolò IV Deceduto1302,
Roma Manuale Matteo Bentivegna (o Bentivenga) dei Signori
d'Acquasparta (Acquasparta, 1240Roma, 29 ottobre 1302) cardinale, teologo e
filosofo italiano, appartenente all'Ordine francescano. Nacque da una
delle grandi famiglie delle Terre Arnolfe, quella dei Bentivegna, feudatari di
Acquasparta e Massa Martana, trasferitisi a Todi alla fine dell'XI secolo.
Per alcuni era fratello del cardinale Bentivegna de' Bentivegni d'Acquasparta,
Vescovo di Todi: altre ricerche mettono in dubbio il rapporto di parentela fra
i due cardinali, ma l'uso da parte di entrambi del medesimo Stemma e predicato
Nobiliare denunciano, per le ferree regole araldiche, l'appartenenza alla
stessa famiglia. Lo stemma araldico è ancora oggi visibile nella tomba di
Matteo d'Acquasparta, nel Castello di Massa Martana, e negli Annali di Todi.
Entrò giovanissimo nell'ordine francescano e ben presto si dimostrò molto dotto
soprattutto in teologia, ottenendo il compimento degli studi in due delle più
grandi Università d'Europa: Parigi e Bologna. La sua fama raggiunse Roma e
diventò dapprima lector Sacri Palatii, sostituendo John Peckham, (divenuto nel frattempo
arcivescovo di Canterbury), e poi, nel 1287, ministro generale dell'ordine
francescano. Nei conflitti sulla povertà dell'Ordine, Matteo fu uno dei
principali sostenitori della corrente maggioritaria dei Francescani (la
cosiddetta Comunità, che si opponeva ai rigoristi del movimento degli
Spirituali e difendeva un'interpretazione più blanda della Regola in materia di
povertà), e approvò il possesso di beni in comune da parte dei frati. Dante lo
nomina, biasimandolo, tramite le parole di San Bonaventura, nel Paradiso (XII,
124) in opposizione a Ubertino da Casale: «ma non fia da Casal né
d'Acquasparta,/ là onde vegnon tali alla scrittura,/ ch' uno la fugge, e
l'altro la coarta.» La sua lungimiranza e sagacia politica lo portarono
ben presto a salire nella gerarchia ecclesiastica. Nel 1288, eletto al papato,
con il nome di Niccolò IV, il francescano Girolamo Masci di Ascoli, religioso
vicino alla grande famiglia romana dei Colonna, Matteo venne creato quasi
subito cardinale prete con il titolo di San Lorenzo in Damaso (16 maggio 1288).
Al suo posto, il capitolo francescano del 1289 scelse come ministro generale
Raymond de Gaufredi, uno Spirituale di primo piano che, nonostante appartenesse
alla corrente avversaria rispetto a quella di Matteo d'Acquasparta, fu tuttavia
eletto alla guida dell'Ordine, anche per le pressioni politiche della Casa
d'Angiò, con la quale lo stesso Raymond aveva un rapporto personale molto
stretto. A partire dal suo ingresso nel collegio cardinalizio, Matteo
cominciò ad accumulare gratificazioni e incarichi. Quando venne eletto al
soglio pontificio l'eremita Pietro da Morrone, con il nome di Celestino V,
Matteo continuò ad esercitare di fatto il generalato con molta astuzia
politico-ecclesiastica. Bonifacio VIII ritratto nella basilica di
San Paolo fuori le mura Monumento funebre di Matteo in Santa Maria in
Aracoeli Dopo le dimissioni improvvise di Celestino V, divenne una pedina
determinante nel conclave di Natale del 1294, che portò all'elezione di
Benedetto Caetani, papa Bonifacio VIII, del quale fu uno dei pochissimi amici
fidati, e per il quale assunse incarichi di grande prestigio, e talora molto
delicati, prima come responsabile della cosiddetta crociata contro i Colonna,
poi come ambasciatore in Lombardia, Firenze e quindi in Romagna. Nel
1300, il papa lo inviò a Firenze come legato apostolico, nel tentativo di
pacificare le fazioni guelfe dei Cerchi e Donati, soprattutto quando giunse
all'orecchio del pontefice la notizia che i Cerchi, più numerosi, si erano alleati
con città ghibelline come Pisa e Arezzo. Il cardinale arrivò in città a
giugno, ma se ne ripartì presto perché le fazioni non gli conferirono alcuna
delega per prendere decisioni. Recatosi a Lucca, quando i Donati fecero una
congiura rientrando in Firenze alla spicciolata dall'esilio cui erano stati
condannati (come disposto in modo equanime per i capi delle due fazioni, e per
il quale esilio erano già partiti i Cerchi), egli marciò con un esercito di
lucchesi su Firenze, palesando la sua volontà di favorire i guelfi neri.
Bloccato alle porte del territorio fiorentino, arrivò comunque in città, dove
regnava ormai il malcontento da entrambe le parti sulla sua figura. Una freccia
fu lanciata verso la sua finestra nel Palazzo vescovile, obbligandolo a traslocare
per timore nel Palazzo dei Mozzi. I Signori della città, dispiaciuti per
l'accaduto, gli offrirono spontaneamente un risarcimento pecuniario, ma
eglidopo qualche perplessitàlo rifiutò. La scena, con il cardinale che guarda i
soldi indeciso se prenderli o meno, è vividamente descritta da Dino Compagni
nella sua Cronica, essendo egli stesso presente in quanto deputato alla
consegna: «I Signori, per rimediare allo sdegno avea ricevuto, gli
presentorono fiorini nuovi. E io gliel portai in una coppa d'ariento, e dissi:
"Messere, non li dísdegnate perché siano pochi, perché sanza i consigli
palesi non si può dare più moneta". Rispose gli avea cari; e molto li
guardò, e non li volle.» (Libro I, XXI) Subito dopo se ne andò dalla
città. Fu vescovo di Porto e Santa Rufina e sub-decano del Sacro Collegio.
Fedele fino all'ultimo a papa Caetani, morì a Roma agli inizi di novembre del
1302, e fu sepolto nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli, in un grandioso
monumento funebre in stile gotico, ancora oggi visibile. Note Memorie storiche di Todi di Lorenzo Leonii,
anni 1201-1207 Dante Alighieri, Divina
Commedia, Paradiso XII, vv. 124-126, testo critico della Società dantesca,
Milano Ulrico Hoepli, 1963718-719. Per
l'importante ruolo di Matteo d'Acquasparta durante il pontificato di Bonifacio
VIII vedi Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi, RCS, Milano,
Per il sepolcro, che fu presumibilmente commissionato dai suoi
confratelli, si veda: Giulia Barone, Matteo d'Acquasparta, Matteo D'Acquasparta
in Dizionario Biografico Treccani
Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi,RCS,
Milano, 2006 Ordine francescano Altri
progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Matteo d'Acquasparta Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Matteo
d'Acquasparta Matteo d'Acquasparta, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Matteo d'Acquasparta / Matteo d'Acquasparta
(altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Matteo d'Acquasparta, su
sapere.it, De Agostini. Giulia Barone,
Matteo d'Acquasparta, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Matteo d'Acquasparta, in Catholic Encyclopedia,
Robert Appleton Company. David M. Cheney, Matteo d'Acquasparta, in Catholic
Hierarchy. Salvador Miranda, ACQUASPARTA, O.F.M., Matteo d', su fiu.eduThe
Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. 6 gennaio
. Arsenio Frugoni, Matteo d'Acquasparta, in Enciclopedia dantesca, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1970. PredecessoreMinistro generale dell'Ordine
francescanoSuccessoreFrancescocoa.png Arlotto da Prato
1285-12871287-1289Raimondo di Goffredo 1289-1295 PredecessoreCardinale
presbitero di San Lorenzo in DamasoSuccessoreCardinalCoA PioM.svg vacante dal
12171288-1291Francesco Ronci 18 settembre13 ottobre
1294 PredecessorePenitenziere maggioreSuccessoreCoat of arms Holy See.svg
Bentivegna de' Bentivegn Gentile PortinoPredecessoreCardinale vescovo di Porto
e Santa RufinaSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Bernard de Languissel 2Giovanni
Minio da Morrovalle V D M Francescanesimo V D M Disputa sulla povertà
apostolicaFilosofi italiani Professore1240 1302 29 ottobre RomaCardinali
nominati da Niccolò IVCardinali francescani del XIII secoloFrancescani
italianiPersonaggi citati nella Divina Commedia (Paradiso)Scrittori medievali
in lingua latinaVescovi francescani
positive and negative freedom,
respectively, the area within which the individual is self-determining and the
area within which the individual is left free from interference by others. More
specifically, one is free in the positive sense to the extent that one has
control over one’s life, or rules oneself. In this sense the term is very close
to that of ‘autonomy’. The forces that can prevent this self-determination are
usually thought of as internal, as desires or passions. This conception of
freedom can be said to have originated with Plato, according to whom a person
is free when the parts of the soul are rightly related to each other, i.e. the
rational part of the soul rules the other parts. Other advocates of positive
freedom include Spinoza, Rousseau, Kant, and Hegel. One is free in the negative
sense if one is not prevented from doing something by another person. One is
prevented from doing something if another person makes it impossible for one to
do something or uses coercion to prevent one from doing something. Hence
persons are free in the negative sense if they are not made unfree in the
negative sense. The term ‘negative liberty’ was coined by Bentham to mean the
absence of coercion. Advocates of negative freedom include Hobbes, Locke, and
Hume. Positivum – Grice: “But what IS
the etymology of ‘positivum’?” – Grice: “All I can say is that is is VERY
complex – it’s low Latin, so forget a classicist! And you need to know about
‘porre,’ so you put, positum, but for some reason late latin speakers felt the
need to add the ‘-iv- infix, so that positum became positivum. Positivism: one
of the twelve labours by Grice. Each has an entry in this alphabetum, even if
conceptually, what they deal with is treated in other entries too.
posse --- potentia -- dunamis, also
dynamis Grecian, ‘power’, ‘capacity’, as used by pre-Socratics such as
Anaximander and Anaxagoras, one of the elementary character-powers, such as the
hot or the cold, from which they believed the world was constructed. Plato’s
early theory of Forms borrowed from the concept of character-powers as causes
present in things; courage, e.g., is treated in the Laches as a power in the
soul. Aristotle also used the word in this sense to explain the origins of the
elements. In the Metaphysics especially Book IX, Aristotle used dunamis in a
different sense to mean ‘potentiality’ in contrast to ‘actuality’ energeia or
entelecheia. In the earlier sense of dunamis, matter is treated as
potentiality, in that it has the potential to receive form and so be actualized
as a concrete substance. In the later Aristotelian sense of dunamis, dormant
abilities are treated as potentialities, and dunamis is to energeia as sleeping
is to waking, or having sight to seeing.
Potentia -- dynamic logic, a branch of logic in which, in addition to
the usual category of formulas interpretable as propositions, there is a
category of expressions interpretable as actions. Dynamic logic originally
called the modal logic of programs emerged in the late 0s as one step in a long
tradition within theoretical computer science aimed at providing a way to
formalize the analysis of programs and their action. A particular concern here
was program verification: what can be said of the effect of a program if
started at a certain point? To this end operators [a] and ‹a were introduced
with the following intuitive readings: [a]A to mean ‘after every terminating
computation according to a it is the case that A’ and ‹aA to mean ‘after some
terminating computation according to a it is the case that A’. The logic of
these operators may be seen as a generalization of ordinary modal logic: where
modal logic has one box operator A and one diamond operator B, dynamic logic
has one box operator [a] and one diamond operator ‹a for every program
expression a in the language. In possible worlds semantics for modal logic a
model is a triple U, R, V where U is a universe of points, R a binary relation,
and V a valuation assigning to each atomic formula a subset of U. In dynamic
logic, a model is a triple U, R, V where U and V are as before but R is a
family of binary relations Ra, one for every program expression a in the
language. Writing ‘Xx A’, where x is a point in U, for ‘A is true at x’ in the
model in question, we have the following characteristic truth conditions
truth-functional compounds are evaluated by truth tables, as in modal logic: Xx
P if and only if x is a point in VP, where P is an atomic formula, Xx[a]A if
and only if, for all y, if x is Ra- related to y then Xy A, Xx ‹a if and only
if, for some y, x is Ra-related to y and Xy A. Traditionally, dynamic logic
will contain machinery for rendering the three regular operators on programs:
‘!’ sum, ‘;’ composition, and ‘*’ Kleene’s star operation, as well as the test
operator ‘?’, which, operating on a proposition, will yield a program. The
action a ! b consists in carrying out a or carrying out b; the action a;b in
first carrying out a, then carrying out b; the action a* in carrying out a some
finite number of times not excluding 0; the action ?A in verifying that A. Only
standard models reflect these intuitions: Ra ! b % Ra 4 Rb, Ra;b % Ra _ Rb, Ra*
% Ra*, R?A % {x,x : Xx A} where ‘*’ is the ancestral star The smallest
propositional dynamic logic PDL is the set of formulas true at every point in
every standard model. Note that dynamic logic analyzes non-deterministic
action this is evident at the level of
atomic programs p where Rp is a relation, not necessarily a function, and also
in the definitions of Ra + b and Ra*. Dynamic logic has been extended in
various ways, e.g., to first- and second-order predicate logic. Furthermore,
just as deontic logic, tense logic, etc., are referred to as modal logic in the
wide sense, so extensions of dynamic logic in the narrow sense such as process
logic are often loosely referred to as dynamic logic in the wide sense. Dyad
dynamic logic 250 250 The philosophical
interest in dynamic logic rests with the expectation that it will prove a
fruitful instrument for analyzing the concept of action in general: a
successful analysis would be valuable in itself and would also be relevant to
other disciplines such as deontic logic and the logic of imperatives. potency, for Aristotle, a kind of capacity
that is a correlative of action. We require no instruction to grasp the difference
between ‘X can do Y’ and ‘X is doing Y’, the latter meaning that the deed is
actually being done. That an agent has a potency to do something is not a pure
prediction so much as a generalization from past performance of individual or
kind. Aristotle uses the example of a builder, meaning someone able to build,
and then confronts the Megaric objection that the builder can be called a
builder only when he actually builds. Clearly one who is doing something can do
it, but Aristotle insists that the napping carpenter has the potency to hammer
and saw. A potency based on an acquired skill like carpentry derives from the
potency shared by those who acquire and those who do not acquire the skill. An
unskilled worker can be said to be a builder “in potency,” not in the sense
that he has the skill and can employ it, but in the sense that he can acquire
the skill. In both acquisition and employment, ‘potency’ refers to the
actual either the actual acquisition of
the skill or its actual use. These post-structuralism potency 726 726 potentiality, first practical attitude
727 correlatives emerged from Aristotle’s analysis of change and becoming. That
which, from not having the skill, comes to have it is said to be “in potency”
to that skill. From not having a certain shape, wood comes to have a certain
shape. In the shaped wood, a potency is actualized. Potency must not be
identified with the unshaped, with what Aristotle calls privation. Privation is
the negation of P in a subject capable of P. Parmenides’ identification of
privation and potency, according to Aristotle, led him to deny change. How can
not-P become P? It is the subject of not-P to which the change is attributed
and which survives the change that is in potency to X. PotestasEnergeiaactusentelechia -- power, a
disposition; an ability or capacity to yield some outcome. One tradition which
includes Locke distinguishes active and passive powers. A knife has the active
power to slice an apple, which has the passive power to be sliced by the knife.
The distinction seems largely grammatical, however. Powers act in concert: the
power of a grain of salt to dissolve in water and the water’s power to dissolve
the salt are reciprocal and their manifestations mutual. Powers or dispositions
are sometimes thought to be relational properties of objects, properties
possessed only in virtue of objects standing in appropriate relations to other
objects. However, if we distinguish, as we must, between a power and its
manifestation, and if we allow that an object could possess a power that it
never manifested a grain of salt remains soluble even if it never dissolves, it
would seem that an object could possess a power even if appropriate reciprocal
partners for its manifestation were altogether non-existent. This appears to
have been Locke’s view An Essay concerning Human Understanding, 1690 of
“secondary qualities” colors, sounds, and the like, which he regarded as powers
of objects to produce certain sorts of sensory experience in observers.
Philosophers who take powers seriously disagree over whether powers are
intrinsic, “built into” properties this view, defended by C. B. Martin, seems
to have been Locke’s, or whether the connection between properties and the
powers they bestow is contingent, dependent perhaps upon contingent laws of
nature a position endorsed by Armstrong. Is the solubility of salt a
characteristic built into the salt, or is it a “second-order” property
possessed by the salt in virtue of i the salt’s possession of some “firstorder”
property and ii the laws of nature? Reductive analyses of powers, though
influential, have not fared well. Suppose a grain of salt is soluble in water.
Does this mean that if the salt were placed in water, it would dissolve? No.
Imagine that were the salt placed in water, a technician would intervene,
imposing an electromagnetic field, thereby preventing the salt from dissolving.
Attempts to exclude “blocking” conditions
by appending “other things equal” clauses perhaps face charges of circularity: in nailing down
what other things must be equal we find ourselves appealing to powers. Powers
evidently are fundamental features of our world. In the romance languages, “it
may run” means “It has power to rain.” “Il peut …” This has a cognate in the Germanic languages,
“it might rain.” “Might is right.” possibile“what
is actual is not also possiblegrave mistake!”H. P. Grice. compossible, capable
of existing or occurring together. E.g., two individuals are compossible
provided the existence of one of them is compatible with the existence of the
other. In terms of possible worlds, things are compossible provided there is
some possible world to which all of them belong; otherwise they are
incompossible. Not all possibilities are compossible. E.g., the extinction of
life on earth by the year 3000 is possible; so is its continuation until the
year 10,000; but since it is impossible that both of these things should
happen, they are not compossible. Leibniz held that any non-actualized
possibility must be incompossible with what is actual. possible worlds, alternative worlds in terms
of which one may think of possibility. The idea of thinking about possibility
in terms of such worlds has played an important part, both in Leibnizian
philosophical theology and in the development of modal logic and philosophical
reflection about it in recent decades. But there are important differences in
the forms the idea has taken, and the uses to which it has been put, in the two
contexts. Leibniz used it in his account of creation. In his view God’s mind necessarily
and eternally contains the ideas of infinitely many worlds that God could have
created, and God has chosen the best of these and made it actual, thus creating
it. Similar views are found in the thought of Leibniz’s contemporary,
Malebranche. The possible worlds are thus the complete alternatives among which
God chose. They are possible at least in the sense that they are logically
consistent; whether something more is required in order for them to be coherent
as worlds is a difficult question in Leibniz interpretation. They are complete
in that they are possible totalities of creatures; each includes a whole
possible universe, in its whole spatial extent and its whole temporal history
if it is spatially and temporally ordered. The temporal completeness deserves
emphasis. If “the world of tomorrow” is “a better world” than “the world of
today,” it will still be part of the same “possible world” the actual one; for
the actual “world,” in the relevant sense, includes whatever actually has
happened or will happen throughout all time. The completeness extends to every
detail, so that a milligram’s difference in the weight of the smallest bird
would make a different possible world. The completeness of possible worlds may
be limited in one way, however. Leibniz speaks of worlds as aggregates of
finite things. As alternatives for God’s creation, they may well not be thought
of as including God, or at any rate, not every fact about God. For this and
other reasons it is not clear that in Leibniz’s thought the possible can be
identified with what is true in some possible world, or the necessary with what
is true in all possible worlds. That identification is regularly assumed,
however, in the recent development of what has become known as possible worlds
semantics for modal logic the logic of possibility and necessity, and of other
conceptions, e.g. those pertaining to time and to morality, that have turned
out to be formally analogous. The basic idea here is that such notions as those
of validity, soundness, and completeness can be defined for modal logic in
terms of models constructed from sets of alternative “worlds.” Since the late
0s many important results have been obtained by this method, whose best-known
exponent is Saul Kripke. Some of the most interesting proofs depend on the idea
of a relation of accessibility between worlds in the set. Intuitively, one
world is accessible from another if and only if the former is possible in or
from the point of view of the latter. Different systems of modal logic are appropriate
depending on the properties of this relation e.g., on whether it is or is not
reflexive and/or transitive and/or symmetrical. The purely formal results of
these methods are well established. The application of possible worlds
semantics to conceptions occurring in metaphysically richer discourse is more
controversial, however. Some of the controversy is related to debates over the
metaphysical reality of various sorts of possibility and necessity.
Particularly controversial, and also a focus of much interest, have been
attempts to understand modal claims de re, about particular individuals as such
e.g., that I could not have been a musical performance, in terms of the
identity and nonidentity of individuals in different possible worlds. Similarly,
there is debate over the applicability of a related treatment of subjunctive
conditionals, developed by Robert Stalnaker and David Lewis, though it is clear
that it yields interesting formal results. What is required, on this approach,
for the truth of ‘If it were the case that A, then it would be the case that
B’, is that, among those possible worlds in which A is true, some world in
which B is true be more similar, in the relevant respects, to the actual world
than any world in which B is false. One of the most controversial topics is the
nature of possible worlds themselves. Mathematical logicians need not be
concerned with this; a wide variety of sets of objects, real or fictitious, can
be viewed as having the properties required of sets of “worlds” for their
purposes. But if metaphysically robust issues of modality e.g., whether there
are more possible colors than we ever see are to be understood in terms of
possible worlds, the question of the nature of the worlds must be taken
seriously. Some philosophers would deny any serious metaphysical role to the
notion of possible worlds. At the other extreme, David Lewis has defended a
view of possible worlds as concrete totalities, things of the same sort as the
whole actual universe, made up of entities like planets, persons, and so forth.
On his view, the actuality of the actual world consists only in its being this
one, the one that we are in; apart from its relation to us or our linguistic
acts, the actual is not metaphysically distinguished from the merely possible.
Many philosophers find this result counterintuitive, and the infinity of
concrete possible worlds an extravagant ontology; but Lewis argues that his
view makes possible attractive reductions of modality both logical and causal,
and of such notions as that of a proposition, to more concrete notions. Other
philosophers are prepared to say there are non-actual possible worlds, but that
they are entities of a quite different sort from the actual concrete
universe sets of propositions, perhaps,
or some other type of “abstract” object. Leibniz himself held a view of this
kind, thinking of possible worlds as having their being only in God’s mind, as
intentional objects of God’s thought.
possenti: Vittorio Possenti (Roma), filosofo. È stato professore a Venezia.
Dopo aver frequentato il Liceo Classico “Vittorio Alfieri” di Torino, si è
laureato esercitando attività di ricerca nel campo delle microonde, e
continuando a coltivare lo studio della filosofia, iniziato nel liceo e
maturato negli anni universitari. Ha poi abbandonato quest'attività per
dedicarsi direttamente alla ricerca filosofica, in un'epoca in cui se ne
diagnosticava la fine, e l'intento di decostruirla era all'apogèo. Dopo anni
presso il Rettorato dell'Università Cattolica, è stato ordinario a Venezia.
È membro fondatore dell'Institut International Jacques Maritain; membro della
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e della Pontificia Accademia di
san Tommaso d'Aquino, e per numerosi anni del Comitato Nazionale di Bioetica. Ha
fondato e diretto l'Annuario di filosofia. Seconda navigazione, e presso
l'Venezia il Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Diritti Umani. Ha tenuto
cicli di conferenze e seminari in Europa (Francia, Spagna, Polonia, Portogallo,
Russia, UK), negli USA, e Sud America (Brasile, Messico,
Argentina).Svolge intensa attività pubblicistica in campo filosofico su
quotidiani nazionali. Negli anni della formazione liceale e universitaria è
stato attratto dalla storia delle civiltà, ispirato da Vico e Toynbee; e dall'epistemologia
della fisica e dalla logica della scienza (Einstein, PBridgman). Nutrì allora
l'idea einsteniana che le teorie filosofiche
dovessero elevarsi su una schietta base scientifica, generalizzandola, e si
interessò al conflitto tra religione e scienza imperniato sull'idea di un
Assoluto personale/impersonale. A vent'anni ha incontrato l'istanza metafisica
e umanista attraverso le opere di
Maritain e di Aquino, intuendo le possibilità speculative e liberanti
incluse metafisica dell'essere e nella rivelazione cristiana. Tre sono
gli ambiti primari della sua ricerca: metafisica, pensiero teoretico e ritorno
al realismo; personalismo; filosofia politica. Studioso dell'Aquinate, del
tomismo Professoree della grande tradizione della filosofia dell'essere, ha
orientato l'attenzione critica verso Nietzsche, Heidegger, Gentile, il neo-parmenidismo
italiano, ricercando una razionalità attenta alla storia ma non consegnata
interamente alla furia del tempo: dunque il "ritorno all'eterno"
invece che l'"eterno ritorno" (Nietzsche), e la ripresa del tema
della creatio ex nihilo, assente in molta filosofia moderna. L'approccio
possentiano legge metafisica e nichilismo come due nuclei che tendono ad
escludersi, di cui il primo è la fisiologia e il secondo la patologia.
Individua pertanto nella destituzione dei valori e nella riduzione della
ragione a volontà l'esito ultimo del nichilismo europeo. Questo ha voluto
liberare l'Europa dalla metafisica, ritenuta distrutta dal criticismo, ma il
compito della filosofia dell'essere è preparare una ripresa della metafisica
dell'esistenza, tale che possa di nuovo tenere un posto nella storia della
civiltà. (Una presentazione ampia della filosofia di Possenti è in Storia della
filosofia. Filosofi italiani contemporanei, D. Antiseri e S. Tagliagambe, 14, Bompiani 2009, 446-455 . si veda anche Nichilismo e
filosofia dell'essere, intervista a V. Possenti, a c. di G. Mura, “Euntes docete.”
La riscoperta della metafisica esistenziale è un tentativo di mettere in luce
la parzialità di non poche posizioni che hanno proclamato la fine della
metafisica occidentale: Nietzsche, Gentile, Heidegger, Severino. Essi hanno
operato come reagente per la riconquista della metafisica e per la critica del
nichilismo europeo, di cui egli offre una determinazione diversa da quelle di
Nietzsche e di Heidegger (con applicazioni anche all'ambito del nichilismo
giuridico). Il rigetto del nichilismo e l'analisi dell'antirealismo, del
logicismo, del dialettismo e del razionalismo che affliggono notevole parte del
pensiero moderno, conducono l'autore a giudicare concluso e senza possibilità
di ripresa il ciclo della metafisica moderna nel cammino da Cartesio a
Gentile. La base prima della filosofia dell'essere sta nell'asserto
‘l'ente è'. Questo il grande tema da cui occorre partire: dall'ente appunto e
non dall'essere vuoto dei moderni. In tal modo crollano l'identità tra Logica e
Metafisica della modernità razionalistica, l'idea di dialettica come
generazione logico-apriorica del sapere, e l'idea di divenire come
entrare-uscire dal nulla. Qui va operata un'adeguata semantizzazione
dell'essere (dell'ente), rigettando l'errore primordiale di trattare la
questione dell'essere come questione di essenza, il che presuppone la
negazione della potenzialità. Ma se questa è presente, niente in senso
proprio va in nulla ma si trasforma. Possenti si volge verso un pensiero
positivo, in cui la filosofia è capace di progresso. È andata così delineandosi
la tesi che nello svolgimento della metafisica dai Greci a noi sia emersa, dopo
la "seconda navigazione" platonica (vedi Fedone), proseguita e
perfezionata da Aristotele, una "terza navigazione" che si esprime
nella Seinsphilosophie che ha toccato un punto di apogeo in Tommaso d'Aquino e
nei grandi tomisti Professore(R. McInerny, “Some navigational hazards”, in
libroFestschrift). In tale prospettiva è possibile tracciare un'essenziale
"storia della metafisica" quale progressiva penetrazione della verità
dell'essere, culminante nella metafisica dell'actus essendi. Si tratta di una
metafisica transontica che, prendendo le mosse dall'ente, procede verso
l'essere stesso (Esse ipsum per se subsistens), e che individua la ‘struttura
originaria' nella partecipazione dell'ente all'Essere (Le posizioni speculative
di Possenti sono consegnate alla trilogia Nichilismo e Metafisica. Terza
navigazione, Il realismo e la fine della filosofia moderna, e Ritorno
all'essere. Addio alla metafisica moderna. Esse sono discusse da ca. 20 autori
in , La Navicella della metafisica. Dibattito sul nichilismo e la terza
navigazione, Armando, Roma 2000 Cottier, Dummett, Berti, Riconda, e poi in
Realismo Metafisica Modernità. “In margine al volume di Vittorio Possenti Il
realismo e la fine della filosofia moderna”, C. Dalfino e R. Pozzo, CNR-Iliesi,
Roma. La possibilità di guadagni per
sempre rigetta l'idea fallibilista (Popper et alli), secondo cui ogni sapere
(riportato poi solo a quello delle scienze) riposa su palafitte perennemente
rivedibili. La metafisica ha per oggetto non il concetto di essere, ma
l'esistenza, e il filosofo deve sempre e nuovamente ribattezzarsi nelle sue
acque, fuggendo l'oblio dell'essere e liberandosi dal sistema che intende
racchiudere in sé la totalità. Un problema centrale di Possenti è la
possibilità di una conoscenza filosofica autonoma, che non proceda solo
sull'imbeccata che possano darle le scienze ed altre forme di conoscenza,
nonostante la necessità del dialogo tra filosofia e scienze, in quanto non
esiste un solo sapere. L'unità plurima o polivalente della ragione si
applica anche al nesso tra filosofia e Rivelazione: nell'incontro tra compito
della ragione e elezione del cristianesimo si individua un criterio di apertura
e stimolo per la filosofia nella sua ricerca di senso. Persona e
Personalismo Secondo Possenti il principio-persona è più fondamentale del
principio-responsabilità (Jonas) e del principio-speranza (Bloch), e a fortiori
delle filosofie dell'impersonale. Il concetto di persona si presta
efficacemente in una serie di problemi in cui le nozioni di individuo, di
soggetto, di coscienza risultano inadeguate; la persona è originaria e
primitiva, e raggiunge una profondità e permanenza che non hanno le altre
categorie appena citate o l'uso che spesso ne è stato fatto (Si veda il dossier
sul “Principio Persona” con contributi di G. Grandis, M. Ivaldo, A. Madricardo,
M. Pera, V. Possenti in “Studium”, L'idea di persona è essenziale per maneggiare
le grandi difficoltà insite nell'antropologia, in specie da quando in Occidente
si è cercato di elaborare un'etica procedurale di norme senza base
antropologica, che è il grande equivoco dei moderni e contemporanei.
Possenti fa parte del vasto movimento del personalismo, attivo in tutto il
Novecento e che prosegue nel XXI secolo, volto alla riscoperta integra della
persona. Compito del personalismo ontologico è di valorizzare ed integrarele
filosofie del ‘personalismo incompiuto' (Habermas, Rawls, Bobbio, L. Ferry, D.
Parfit), allontanandosi da quelle dell'esplicito antipersonalismo, Nietzsche e
Foucault in specie, ma pure Hegel, Heidegger, Severino nei quali forte è
l'empito antipersonalistico. Le assise della persona vanno ricercate
nell'ontologia, onde essa è una sostanzialità aperta alla relazione, ma non
riducibile a sola relazione. La persona è un nucleo radicale di vita e realtà
che non può essere dedotto da alcunché e che anzi fonda l'agire e lo sperare
dell'essere umano Essa come totalità
concreta è alla base di una filosofia che oggi deve fare i conti con la
centralità del tema antropologico, con le problematiche bioetiche (ad es. concernenti
lo statuto dell'embrione), e con le concezioni in cui il soggetto e la natura
umana non sono intesi come un presupposto ma come un prodotto della
prassi. Il personalismo quale insieme di scuole e correnti filosofiche
che assegnano speciale valore e dignità alla persona, non è in senso proprio
un'invenzione del ‘900, ma originariamente della Patristica, del Medioevo
cristiano e dell'Umanesimo: qui sono state elaborate in certo modo per sempre
le idee fondamentali sulla persona e dischiuso come nuovo guadagno il suo
spazio di realtà. In ciò Possenti valorizza le intuizioni di Maritain e di
Ricoeur. L'epoca dell'antropocentrismo moderno non è stata un'epoca di
riscoperta della persona. Anzi secondo A. Solgenitsin “Un antropocentrismo
sicuro di sé non può dare risposte a molte domande della vita ed è tanto più
impotente, quanto più le domande sono profonde”. Se la controversia sulla
persona si accende di nuovo in molti ambiti, è perché l'idea-realtà di persona
attraversa un momento di eclissi e richiede nuovamente la fatica del concetto.
Assolutamente primario è il nesso persona-tecnica, in cui la seconda è spesso
animata da volontà di potenza, valendo come una potenza senza etica. La
presenza nel Comitato Nazionale di Bioetica ha indotto l'autore ha dedicare
attenzione ai temi bioetici, tra cui in specie la sfida delle biotecnologie, la
rivoluzione biopolitica, l'influsso pervasivo del materialismo e del
biologismo. Il personalismo si declina poi in ambito sociale come
concezione egualitaria e comunitaria (personalismo comunitario) quale fondamento
di un ordine politico nuovo, proiettato verso la cosmopoli, la pace e il
rispetto dei diritti umani. Rilancio della filosofia politica Entro un
dialogo critico con le tradizioni del neoliberalismo e del neoilluminismo,
Possenti ha operato per mostrare il contenuto di nozioni centrali del politico
come quelle di ragion pratica, bene comune, popolo, democrazia, legge naturale,
diritti dell'uomo, laicità, ai fini di una rinnovata filosofia pubblica in pari
col suo oggetto. Uno specifico rilievo è stato assegnato al problema
teologico-politico secondo due direttrici: la ripresa postmoderna di un ruolo
pubblico per le grandi religioni; l'idea che la loro deprivatizzazione anche in
Occidente può contribuire ad un positivo rapporto fra religione e politica, nella
prospettiva di una nuova 'piazza pubblica' non agnostica ma attenta alla
matrice teologica della società civile (Estado, Democracia y Cuestión
Religiosa, Ediciones Universidad San Damaso, Madrid .). Con la filosofia
politica si opera il passaggio dal ‘piccolo mondo' dell'io al ‘grande mondo'
della società, verso la società aperta della famiglia umana. Sulla scia di
diagnosi attive dagli anni ‘50 del Novecento (H. Arendt, J. Maritain, L.
Strauss, Y. Simon, E. Voegelin) Possenti ritiene che la filosofia politica vada
riportata al suo compito primario di pensare la ‘buona società', lottando
contro la crisi concettuale che procede all'ingrosso da Weber e dall'attacco al
diritto naturale. In particolare è stata condotta una critica radicale a
Kelsen, alla sua concezione relativistica dei valori e della democrazia, al suo
intento di dissolvere l'idea di ragion pratica, tolta la quale l'ambito della
prassi precipita nell'irrazionalismo e tutto è affidato al volere (Cfr. il
dossier Cristianesimo e liberalismo nell'epoca postmarxista, “Humanitas”, con
interventi di G. Campanini, V. Zanone, R. Esposito, M. Ivaldo. Esso raccoglie
parte del dibattito sollevato dal volume Le società liberali al bivio, che vide
interventi di P. OstellinoSavona, C, Vigna, R. Cubeddu, E. Berti, L. Pellicani,
U. Scarpelli.). Contro Kelsen (e Rorty) si sostiene l'importanza della
filosofia e dell'antropologia per la democrazia, sulla base dell'idea che la
costruzione del cosmo umano è compito della ragion pratica. Insufficiente
risulta una sfera pubblica moralmente neutrale, consegnata al binomio ‘diritto
positivo e morale procedurale'. La rinascita della filosofia politica
avviene riprendendo competenza sui suoi problemi, tra cui massimo è quello
della pace: la pace necessaria che non c'è e la guerra inammissibile che c'è.
Occorre disarmare la ragione armata: ciò suggerisce che vada cercata
un'organizzazione politica del mondo oltre la sovranità degli Stati-nazione
verso un'autorità politica mondiale o ‘cosmopolitica', di cui l'ONU è lontana
immagine. Premi e riconoscimenti “Premio Internazionale Salvatore
Valitutti” per il libro Il nichilismo teoretico e la 'morte della metafisica'
(1996); “Premio Capri san Michele” per il libro Religione e vita civile. Opere
V. Possenti è autore di 35 volumi, 250 saggi e contributi, e numerose centinaia
di articoli: libri e saggi sono stati tradotti in 10 lingue. Ha curato
l'edizioni di circa 20 volumi, promuovendo la traduzione italiana di 15
libri di Jacques Maritain. Volumi Frontiere della pace, Presentazione di
M.D. Chenu, Massimo, Milano Filosofia e
società. Studi sui progetti etico-politici contemporanei, Massimo, Milano Giorgio
La Pira e il pensiero di san Tommaso, Studia Universitatis sancti Thomae in
Urbe, Roma, 2ª ed. rivista e aumentata con il titolo La Pira tra storia e
profezia. Con Tommaso maestro, Marietti, Genova-Milano La buona società. Sulla ricostruzione della
filosofia politica, Vita e Pensiero, Milano (traduzione portoghese IDL, Lisboa).
Una filosofia per la transizione. Metafisica, persona e politica in J.
Maritain, Massimo, Milano Felice Balbo e
la filosofia dell'essere, Vita e Pensiero, Milano Tra secolarizzazione e nuova
cristianità, EDB, Bologna Le società liberali al bivio. Lineamenti di filosofia
della società, Marietti, Genova 2ª ed.
(traduzione spagnola, Eiunsa, Barcellona7). Oltre l'Illuminismo. Il messaggio
sociale cristiano, Edizioni Paoline, Roma (trad. polacca, Cracovia). Razionalismo critico e metafisica. Quale
realismo?, Morcelliana, Brescia 1996 (2ª ed. ampliata) Dio e il male, Sei,
Torino (trad. spagnola, Rialp, Madrid). Cattolicesimo
e modernità. Balbo, Del Noce, Rodano, Ares, Milano Approssimazioni all'essere.
Scritti di metafisica e di morale, Il Poligrafo, Padova Il nichilismo teoretico
e la "morte della metafisica", Armando, Roma (pemio internazionale "Salvatore
Valitutti", trad. polacca, Lublin). Terza navigazione. Nichilismo e metafisica,
Armando, Roma, Nuova ed. ampliata, Armando (trad. polacca parziale, Lublin). Filosofia
e Rivelazione, Città Nuova, Roma 2ª ed. (trad. inglese, Aldershot, spagnola
Rialp, polacca Wam). La filosofia dopo il nichilismo, Rubbettino,
Soveria (trad. polacca, Lublin, rumena,
Cluj). Religione e vita civile. Il cristianesimo nel
postmoderno, Armando, 2ª ed., Roma (Premio Capri san Michele, trad. polacca) L'azione
umana. Morale, politica e Stato in Jacques Maritain, Città Nuova, Roma Essere e
libertà, Rubbettino, Soveria Radici dell'ordine civile, Marietti, Milano-Genova
Il principio-persona, Armando, Roma Profili del Novecento. Bobbio, Del Noce, La
Pira, Lazzati, Maritain, Sturzo, Effatà, Cantalupa, Le ragioni della laicità,
Rubbettino, Soveria L'uomo postmoderno.
Tecnica, religione e politica, Marietti, Milano 2Dentro il secolo breve. Paolo
VI, Maritain, La Pira, Giovanni Paolo II, Mounier, Rubettino, Soveria Nichilismo
giuridico. L'ultima parola?, Rubbettino, Soveria . La rivoluzione biopolitica.
La fatale alleanza tra materialismo e tecnica, Lindau, Torino. Pace e guerra
tra le nazioni. Kant, Maritain, Pacem in terris, Studium, Roma . I volti
dell'amore, Marietti, Milano-Genova . Il realismo e la fine della filosofia
moderna, Armando, Roma . Diritti umani. L'età delle pretese, Rubbettino,
Soveria, . Ritorno all'essere. Addio alla metafisica moderna, Armando, Roma.
Curatele e saggi in miscellanea Maritain e Marx. La critica del marxismo in
Maritain, Massimo, Milano (Trad. spagnola Cedial, Bogotà, Epistemologia e scienze umane, Massimo,
Milano, Storia e cristianesimo in Jacques Maritain, Massimo, Milano,
Contemplazione evangelica e storia, antologia di testi di J. e R. Maritain,
Gribaudi, Torino. Jacques Maritain oggi, Vita e Pensiero, Milano Jacques
Maritain e la filosofia dell'essere, Il Cardo, Venezia Nichilismo Relativismo
Verità. Un dibattito, Rubbettino, Soveria Laici o laicisti? Dibattito su
religione e democrazia, liberallibri, Firenze La questione della verità.
Filosofia, scienze, teologia, Armando, Roma Ragione e verità. L'alleanza
socratico-mosaica, Armando, Roma Nostalgia dell'altro. La spiritualità di
Giorgio La Pira, Marietti, Milano Pace e guerra tra le nazioni, Guerini e
associati, Milano Natura umana, evoluzione, etica, Guerini, Milano Governance
globale e diritti dell'uomo, (insieme a M. Nordio), Diabasis, Reggio Emilia, Ritorno
della religione? Tra ragione, fede e società, Guerini, Milano, Diritti Umani e
libertà Religiosa, Rubbettino, . Metafisica, persona, cristianesimo. Scritti in
onore di Vittorio Possenti, Armando, . Perché essere realisti? Una sfida
filosofica, (insieme a A. Lavazza), Mimesis, Milano-Udine . Note Vittorio Possenti, su Pontificia Accademia
delle Scienze Sociali. A. Giuliano, Filosofi a un bivio. Ora rialziamo lo
sguardo, su avvenire.it, A. Lavazza, Neuroscienziati, cercate l'anima, su
avvenire.it, Pontificia accademia delle scienze sociali Sito personale, su
vittoriopossenti.it. Lezione di congedo dall'Venezia, aprile , vedi mio sito
Ricerche correlate: Berti, Ivaldo, Mura, Goisis, Del Noce, La Pira, Maritain,
Tommaso Biografia e in "Filosofia a
Venezia" Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze. Università Ca'
Foscari Venezia Rassegna di articoli in "SWIFSito Web Italiano per la Filosofia",
su swif.uniba.it.
post-modern: H. P. Grice plays with the
‘modernists,’ versus the ‘neo-traditionalists.’ Since he sees a neotraditionalist
like Strawson (neotraditionalist, like neocon, is a joke) and a modernist like
Whitehead as BOTH making the same mistake, it is fair to see Grice as a
‘post-modernist’ -- of or relating to a complex set of reactions to modern
philosophy and its presuppositions, as opposed to the kind of agreement on
substantive doctrines or philosophical questions that often characterizes a
philosophical movement. Although there is little agreement on precisely what
the presuppositions of modern philosophy are, and disagreement on which
philosophers exemplify these presuppositions, postmodern philosophy typically
opposes foundationalism, essentialism, and realism. For Rorty, e.g., the
presuppositions to be set aside are foundationalist assumptions shared by the
leading sixteenth-, seventeenth-, and eighteenth-century philosophers. For
Nietzsche, Heidegger, Foucault, and Derrida, the contested presuppositions to
be set aside are as old as metaphysics itself, and are perhaps best exemplified
by Plato. Postmodern philosophy has even been characterized, by Lyotard, as
preceding modern philosophy, in the sense that the presuppositions of
philosophical modernism emerge out of a disposition whose antecedent,
unarticulated beliefs are already postmodern. Postmodern philosophy is therefore
usefully regarded as a complex cluster concept that includes the following
elements: an anti- or post- epistemological standpoint; anti-essentialism;
anti-realism; anti-foundationalism; opposition to transcendental arguments and
transcendental standpoints; rejection of the picture of knowledge as accurate
representation; rejection of truth as correspondence to reality; rejection of
the very idea of canonical descriptions; rejection of final vocabularies, i.e.,
rejection of principles, distinctions, and descriptions that are thought to be
unconditionally binding for all times, persons, and places; and a suspicion of
grand narratives, metanarratives of the sort perhaps best illustrated by
dialectical materialism. In addition to these things postmodern philosophy is
“against,” it also opposes characterizing this menu of oppositions as
relativism, skepticism, or nihilism, and it rejects as “the metaphysics of
presence” the traditional, putatively impossible dream of a complete, unique,
and closed explanatory system, an explanatory system typically fueled by binary
oppositions. On the positive side, one often finds the following themes: its
critique of the notion of the neutrality and sovereignty of reason including insistence on its pervasively
gendered, historical, and ethnocentric character; its conception of the social
construction of wordworld mappings; its tendency to embrace historicism; its
critique of the ultimate status of a contrast between epistemology, on the one
hand, and the sociology of knowledge, on the other hand; its dissolution of the
notion of the autonomous, rational subject; its insistence on the artifactual
status of divisions of labor in knowledge acquisition and production; and its
ambivalence about the Enlightenment and its ideology. Many of these elements or
elective affinities were already surfacing in the growing opposition to the
spectator theory of knowledge, in Europe and in the English-speaking world,
long before the term ‘postmodern’ became a commonplace. In Anglophone philosophy
this took the early form of Dewey’s and pragmatism’s opposition to positivism,
early Kuhn’s redescription of scientific practice, and Vitters’s insistence on
the language-game character of representation; critiques of “the myth of the
given” from Sellars to Davidson and Quine; the emergence of epistemology
naturalized; and the putative description-dependent character of data, tethered
to the theory dependence of descriptions in Kuhn, Sellars, Quine, and Arthur
Fine perhaps in all constructivists in the
philosophy of science. In Europe, many of these elective affinities surfaced
explicitly in and were identified with poststructuralism, although traces are
clearly evident in Heidegger’s and later in Derrida’s attacks on Husserl’s
residual Cartesianism; the rejection of essential descriptions
Wesensanschauungen in Husserl’s sense; Saussure’s and structuralism’s attack on
the autonomy and coherence of a transcendental signified standing over against
a selftransparent subject; Derrida’s deconstructing the metaphysics of
presence; Foucault’s redescriptions of epistemes; the convergence betweenand
English-speaking social constructivists; attacks on the language of enabling
conditions as reflected in worries about the purchase of necessary and
sufficient conditions talk on both sides of the Atlantic; and Lyotard’s many
interventions, particularly those against grand narratives. Many of these
elective affinities that characterize postmodern philosophy can also be seen in
the virtually universal challenges to moral philosophy as it has been
understood traditionally in the West, not only in G. and philosophy, but in the reevaluation of “the
morality of principles” in the work of MacIntyre, Williams, Nussbaum, John
McDowell, and others. The force of postmodern critiques can perhaps best be
seen in some of the challenges of feminist theory, as in the work of Judith
Butler and Hélène Cixous, and gender theory generally. For it is in gender
theory that the conception of “reason” itself as it has functioned in the shared
philosophical tradition is redescribed as a conception that, it is often
argued, is engendered, patriarchal, homophobic, and deeply optional. The term
‘postmodern’ is less clear in philosophy, its application more uncertain and
divided than in some other fields, e.g., postmodern architecture. In
architecture the concept is relatively clear. It displaces modernism in
assignable ways, emerges as an oppositional force against architectural
modernism, a rejection of the work and tradition inaugurated by Walter Gropius,
Henri Le Corbusier, and Mies van der Rohe, especially the International Style.
In postmodern architecture, the modernist principle of abstraction, of
geometric purity and simplicity, is displaced by multivocity and pluralism, by
renewed interest in buildings as signs and signifiers, interest in their
referential potential and resources. The modernist’s aspiration to buildings
that are timeless in an important sense is itself read by postmodernists as an
iconography that privileges the brave new world of science and technology, an
aspiration that glorifies uncritically the industrial revolution of which it is
itself a quintessential expression. This aspiration to timelessness is
displaced in postmodern architecture by a direct and self-conscious openness to
and engagement with history. It is this relative specificity of the concept
postmodern architecture that enabled Charles Jencks to write that “Modern
Architecture died in St. Louis Missouri on July 15, 2 at 3:32 P.M.”
Unfortunately, no remotely similar sentence can be written about postmodern
philosophy.
PARS-TOTUM
-- partiale-impartialisimpartiality:
Grice found this amusing. “Surely conversational maxims, constituting the
conversational immanuel, are impartiali.e. they are not part of any other
part!”“However, it’s only because they can be partial that’s the only way they
can have a bite on us!” -- a state or disposition achieved to the degree that
one’s actions or attitudes are not influenced in a relevant respect by which
members of a relevant group are benefited or harmed by one’s actions or by the
object of one’s attitudes. For example, a basketball referee and that referee’s
calls are impartial when the referee’s applications of the rules are not
affected by whether the calls help one team or the other. A fan’s approval of a
call lacks impartiality if that attitude results from the fan’s preference for
one team over the other. Impartiality in this general sense does not exclude
arbitrariness or guarantee fairness; nor does it require neutrality among
values, for a judge can be impartial between parties while favoring liberty and
equality for all. Different situations might call for impartiality in different
respects toward different groups, so disagreements arise, for example, about
when morality requires or allows partiality toward friends or family or
country. Moral philosophers have proposed various tests of the kind of
impartiality required by morality, including role reversibility (Kurt Baier),
universalizability (Hare), a veil of ignorance (Rawls), and a restriction to
beliefs shared by all rational people (Bernard Gert).
potching and
cotching: Grice coined ‘cotching’
because he was irritated to hear that Chomsky couldn’t stand ‘know’ and how to
coin ‘cognise’ to do duty for it! cognition -- cognitive dissonance, mental
discomfort arising from conflicting beliefs or attitudes held simultaneously.
Leon Festinger, who originated the theory of cognitive dissonance in a book of
that title 7, suggested that cognitive dissonance has motivational
characteristics. Suppose a person is contemplating moving to a new city. She is
considering both Birmingham and Boston. She cannot move to both, so she must
choose. Dissonance is experienced by the person if in choosing, say,
Birmingham, she acquires knowledge of bad or unwelcome features of Birmingham
and of good or welcome aspects of Boston. The amount of dissonance depends on
the relative intensities of dissonant elements. Hence, if the only dissonant
factor is her learning that Boston is cooler than Birmingham, and she does not
regard climate as important, she will experience little dissonance. Dissonance may
occur in several sorts of psychological states or processes, although the bulk
of research in cognitive dissonance theory has been on dissonance in choice and
on the justification and psychological aftereffects of choice. Cognitive
dissonance may be involved in two phenomena of interest to philosophers,
namely, self-deception and weakness of will. Why do self-deceivers try to get
themselves to believe something that, in some sense, they know to be false? One
may resort to self-deception when knowledge causes dissonance. Why do the
weak-willed perform actions they know to be wrong? One may become weak-willed
when dissonance arises from the expected consequences of doing the right thing.
-- cognitive psychotherapy, an expression introduced by Brandt in A Theory of
the Good and the Right to refer to a process of assessing and adjusting one’s
desires, aversions, or pleasures henceforth, “attitudes”. This process is
central to Brandt’s analysis of rationality, and ultimately, to his view on the
justification of morality. Cognitive psychotherapy consists of the agent’s
criticizing his attitudes by repeatedly representing to himself, in an ideally
vivid way and at appropriate times, all relevant available information. Brandt
characterizes the key definiens as follows: 1 available information is
“propositions accepted by the science of the agent’s day, plus factual
propositions justified by publicly accessible evidence including testimony of
others about themselves and the principles of logic”; 2 information is relevant
provided, if the agent were to reflect repeatedly on it, “it would make a
difference,” i.e., would affect the attitude in question, and the effect would
be a function of its content, not an accidental byproduct; 3 relevant
information is represented in an ideally vivid way when the agent focuses on it
with maximal clarity and detail and with no hesitation or doubt about its
truth; and 4 repeatedly and at appropriate times refer, respectively, to the
frequency and occasions that would result in the information’s having the
maximal attitudinal impact. Suppose Mary’s desire to smoke were extinguished by
her bringing to the focus of her attention, whenever she was about to inhale
smoke, some justified beliefs, say that smoking is hazardous to one’s health and
may cause lung cancer; Mary’s desire would have been removed by cognitive
psychotherapy. According to Brandt, an attitude is rational for a person
provided it is one that would survive, or be produced by, cognitive
psychotherapy; otherwise it is irrational. Rational attitudes, in this sense,
provide a basis for moral norms. Roughly, the correct moral norms are those of
a moral code that persons would opt for if i they were motivated by attitudes
that survive the process of cognitive psychotherapy; and ii at the time of
opting for a moral code, they were fully aware of, and vividly attentive to,
all available information relevant to choosing a moral code for a society in
which they are to live for the rest of their lives. In this way, Brandt seeks a
value-free justification for moral norms
one that avoids the problems of other theories such as those that make
an appeal to intuitions. -- cognitive
science, an interdisciplinary research cluster that seeks to account for
intelligent activity, whether exhibited by living organisms especially adult
humans or machines. Hence, cognitive psychology and artificial intelligence
constitute its core. A number of other disciplines, including neuroscience,
linguistics, anthropology, and philosophy, as well as other fields of
psychology e.g., developmental psychology, are more peripheral contributors.
The quintessential cognitive scientist is someone who employs computer modeling
techniques developing computer programs for the purpose of simulating
particular human cognitive activities, but the broad range of disciplines that
are at least peripherally constitutive of cognitive science have lent a variety
of research strategies to the enterprise. While there are a few common
institutions that seek to unify cognitive science e.g., departments, journals,
and societies, the problems investigated and the methods of investigation often
are limited to a single contributing discipline. Thus, it is more appropriate
to view cognitive science as a cross-disciplinary enterprise than as itself a
new discipline. While interest in cognitive phenomena has historically played a
central role in the various disciplines contributing to cognitive science, the
term properly applies to cross-disciplinary activities that emerged in the 0s.
During the preceding two decades each of the disciplines that became part of
cogntive science gradually broke free of positivistic and behavioristic
proscriptions that barred systematic inquiry into the operation of the mind.
One of the primary factors that catalyzed new investigations of cognitive
activities was Chomsky’s generative grammar, which he advanced not only as an
abstract theory of the structure of language, but also as an account of
language users’ mental knowledge of language their linguistic competence. A
more fundamental factor was the development of approaches for theorizing about
information in an abstract manner, and the introduction of machines computers
that could manipulate information. This gave rise to the idea that one might
program a computer to process information so as to exhibit behavior that would,
if performed by a human, require intelligence. If one tried to formulate a
unifying question guiding cognitive science research, it would probably be: How
does the cognitive system work? But even this common question is interpreted
quite differently in different disciplines. We can appreciate these differences
by looking just at language. While psycholinguists generally psychologists seek
to identify the processing activities in the mind that underlie language use,
most linguists focus on the products of this internal processing, seeking to
articulate the abstract structure of language. A frequent goal of computer
scientists, in contrast, has been to develop computer programs to parse natural
language input and produce appropriate syntactic and semantic representations.
These differences in objectives among the cognitive science disciplines
correlate with different methodologies. The following represent some of the
major methodological approaches of the contributing disciplines and some of the
problems each encounters. Artificial intelligence. If the human cognition
system is viewed as computational, a natural goal is to simulate its
performance. This typically requires formats for representing information as
well as procedures for searching and manipulating it. Some of the earliest
AIprograms drew heavily on the resources of first-order predicate calculus,
representing information in propositional formats and manipulating it according
to logical principles. For many modeling endeavors, however, it proved
important to represent information in larger-scale structures, such as frames
Marvin Minsky, schemata David Rumelhart, or scripts Roger Schank, in which
different pieces of information associated with an object or activity would be
stored together. Such structures generally employed default values for specific
slots specifying, e.g., that deer live in forests that would be part of the
representation unless overridden by new information e.g., that a particular
deer lives in the San Diego Zoo. A very influential alternative approach,
developed by Allen Newell, replaces declarative representations of information
with procedural representations, known as productions. These productions take
the form of conditionals that specify actions to be performed e.g., copying an
expression into working memory if certain conditions are satisfied e.g., the
expression matches another expression. Psychology. While some psychologists
develop computer simulations, a more characteristic activity is to acquire
detailed data from human subjects that can reveal the cognitive system’s actual
operation. This is a challenging endeavor. While cognitive activities transpire
within us, they frequently do so in such a smooth and rapid fashion that we are
unaware of them. For example, we have little awareness of what occurs when we
recognize an object as a chair or remember the name of a client. Some cognitive
functions, though, seem to be transparent to consciousness. For example, we might
approach a logic problem systematically, enumerating possible solutions and
evaluating them serially. Allen Newell and Herbert Simon have refined methods
for exploiting verbal protocols obtained from subjects as they solve such
problems. These methods have been quite fruitful, but their limitations must be
respected. In many cases in which we think we know how we performed a cognitive
task, Richard Nisbett and Timothy Wilson have argued that we are misled,
relying on folk theories to describe how our minds work rather than reporting
directly on their operation. In most cases cognitive psychologists cannot rely
on conscious awareness of cognitive processes, but must proceed as do
physiologists trying to understand metabolism: they must devise experiments that
reveal the underlying processes operative in cognition. One approach is to seek
clues in the errors to which the cognitive system cognitive science cognitive
science is prone. Such errors might be more easily accounted for by one kind of
underlying process than by another. Speech errors, such as substituting ‘bat
cad’ for ‘bad cat’, may be diagnostic of the mechanisms used to construct
speech. This approach is often combined with strategies that seek to overload
or disrupt the system’s normal operation. A common technique is to have a
subject perform two tasks at once e.g.,
read a passage while watching for a colored spot. Cognitive psychologists may
also rely on the ability to dissociate two phenomena e.g., obliterate one while
maintaining the other to establish their independence. Other types of data
widely used to make inferences about the cognitive system include patterns of
reaction times, error rates, and priming effects in which activation of one
item facilitates access to related items. Finally, developmental psychologists
have brought a variety of kinds of data to bear on cognitive science issues.
For example, patterns of acquisition times have been used in a manner similar
to reaction time patterns, and accounts of the origin and development of
systems constrain and elucidate mature systems. Linguistics. Since linguists
focus on a product of cognition rather than the processes that produce the
product, they tend to test their analyses directly against our shared knowledge
of that product. Generative linguists in the tradition of Chomsky, for
instance, develop grammars that they test by probing whether they generate the
sentences of the language and no others. While grammars are certainly G.e to
developing processing models, they do not directly determine the structure of
processing models. Hence, the central task of linguistics is not central to
cognitive science. However, Chomsky has augmented his work on grammatical
description with a number of controversial claims that are psycholinguistic in
nature e.g., his nativism and his notion of linguistic competence. Further, an
alternative approach to incorporating psycholinguistic concerns, the cognitive
linguistics of Lakoff and Langacker, has achieved prominence as a contributor
to cognitive science. Neuroscience. Cognitive scientists have generally assumed
that the processes they study are carried out, in humans, by the brain. Until
recently, however, neuroscience has been relatively peripheral to cognitive
science. In part this is because neuroscientists have been chiefly concerned
with the implementation of processes, rather than the processes themselves, and
in part because the techniques available to neuroscientists such as single-cell
recording have been most suitable for studying the neural implementation of
lower-order processes such as sensation. A prominent exception was the
classical studies of brain lesions initiated by Broca and Wernicke, which
seemed to show that the location of lesions correlated with deficits in
production versus comprehension of speech. More recent data suggest that
lesions in Broca’s area impair certain kinds of syntactic processing. However,
other developments in neuroscience promise to make its data more relevant to
cognitive modeling in the future. These include studies of simple nervous
systems, such as that of the aplysia a genus of marine mollusk by Eric Kandel,
and the development of a variety of techniques for determining the brain
activities involved in the performance of cognitive tasks e.g., recording of
evoked response potentials over larger brain structures, and imaging techniques
such as positron emission tomography. While in the future neuroscience is
likely to offer much richer information that will guide the development and
constrain the character of cognitive models, neuroscience will probably not
become central to cognitive science. It is itself a rich, multidisciplinary
research cluster whose contributing disciplines employ a host of complicated
research tools. Moreover, the focus of cognitive science can be expected to
remain on cognition, not on its implementation. So far cognitive science has
been characterized in terms of its modes of inquiry. One can also focus on the
domains of cognitive phenomena that have been explored. Language represents one
such domain. Syntax was one of the first domains to attract wide attention in
cognitive science. For example, shortly after Chomsky introduced his
transformational grammar, psychologists such as George Miller sought evidence
that transformations figured directly in human language processing. From this
beginning, a more complex but enduring relationship among linguists,
psychologists, and computer scientists has formed a leading edge for much
cognitive science research. Psycholinguistics has matured; sophisticated
computer models of natural language processing have been developed; and
cognitive linguists have offered a particular synthesis that emphasizes
semantics, pragmatics, and cognitive foundations of language. Thinking and
reasoning. These constitute an important domain of cognitive science that is
closely linked to philosophical interests. Problem cognitive science cognitive
science solving, such as that which figures in solving puzzles, playing games,
or serving as an expert in a domain, has provided a prototype for thinking.
Newell and Simon’s influential work construed problem solving as a search
through a problem space and introduced the idea of heuristics generally reliable but fallible simplifying
devices to facilitate the search. One arena for problem solving, scientific
reasoning and discovery, has particularly interested philosophers. Artificial
intelligence researchers such as Simon and Patrick Langley, as well as
philosophers such as Paul Thagard and Lindley Darden, have developed computer
programs that can utilize the same data as that available to historical
scientists to develop and evaluate theories and plan future experiments.
Cognitive scientists have also sought to study the cognitive processes
underlying the sorts of logical reasoning both deductive and inductive whose
normative dimensions have been a concern of philosophers. Philip JohnsonLaird,
for example, has sought to account for human performance in dealing with
syllogistic reasoning by describing a processing of constructing and manipulating
mental models. Finally, the process of constructing and using analogies is
another aspect of reasoning that has been extensively studied by traditional
philosophers as well as cognitive scientists. Memory, attention, and learning.
Cognitive scientists have differentiated a variety of types of memory. The
distinction between long- and short-term memory was very influential in the
information-processing models of the 0s. Short-term memory was characterized by
limited capacity, such as that exhibited by the ability to retain a seven-digit
telephone number for a short period. In much cognitive science work, the notion
of working memory has superseded short-term memory, but many theorists are
reluctant to construe this as a separate memory system as opposed to a part of
long-term memory that is activated at a given time. Endel Tulving introduced a
distinction between semantic memory general knowledge that is not specific to a
time or place and episodic memory memory for particular episodes or occurrences.
More recently, Daniel Schacter proposed a related distinction that emphasizes
consciousness: implicit memory access without awareness versus explicit memory
which does involve awareness and is similar to episodic memory. One of the
interesting results of cognitive research is the dissociation between different
kinds of memory: a person might have severely impaired memory of recent events
while having largely unimpaired implicit memory. More generally, memory
research has shown that human memory does not simply store away information as
in a file cabinet. Rather, information is organized according to preexisting
structures such as scripts, and can be influenced by events subsequent to the
initial storage. Exactly what gets stored and retrieved is partly determined by
attention, and psychologists in the information-processing tradition have
sought to construct general cognitive models that emphasize memory and
attention. Finally, the topic of learning has once again become prominent.
Extensively studied by the behaviorists of the precognitive era, learning was
superseded by memory and attention as a research focus in the 0s. In the 0s,
artificial intelligence researchers developed a growing interest in designing
systems that can learn; machine learning is now a major problem area in AI.
During the same period, connectionism arose to offer an alternative kind of
learning model. Perception and motor control. Perceptual and motor systems
provide the inputs and outputs to cognitive systems. An important aspect of perception
is the recognition of something as a particular kind of object or event; this
requires accessing knowledge of objects and events. One of the central issues
concerning perception questions the extent to which perceptual processes are
influenced by higher-level cognitive information top-down processing versus how
much they are driven purely by incoming sensory information bottom-up
processing. A related issue concerns the claim that visual imagery is a
distinct cognitive process and is closely related to visual perception, perhaps
relying on the same brain processes. A number of cognitive science inquiries
e.g., by Roger Shepard and Stephen Kosslyn have focused on how people use
images in problem solving and have sought evidence that people solve problems
by rotating images or scanning them. This research has been extremely
controversial, as other investigators have argued against the use of images and
have tried to account for the performance data that have been generated in
terms of the use of propositionally represented information. Finally, a
distinction recently has been proposed between the What and Where systems. All
of the foregoing issues concern the What system which recognizes and represents
objects as exemplars of categories. The Where system, in contrast, concerns
objects in their environment, and is particularly adapted to the dynamics of
movement. Gibson’s ecological psychology is a long-standing inquiry into this
aspect of perception, and work on the neural substrates is now attracting the
interest of cognitive scientists as well. Recent developments. The breadth of
cognitive science has been expanding in recent years. In the 0s, cognitive
science inquiries tended to focus on processing activities of adult humans or
on computer models of intelligent performance; the best work often combined
these approaches. Subsequently, investigators examined in much greater detail
how cognitive systems develop, and developmental psychologists have
increasingly contributed to cognitive science. One of the surprising findings
has been that, contrary to the claims of William James, infants do not seem to
confront the world as a “blooming, buzzing confusion,” but rather recognize
objects and events quite early in life. Cognitive science has also expanded along
a different dimension. Until recently many cognitive studies focused on what
humans could accomplish in laboratory settings in which they performed tasks
isolated from reallife contexts. The motivation for this was the assumption
that cognitive processes were generic and not limited to specific contexts.
However, a variety of influences, including Gibsonian ecological psychology
especially as interpreted and developed by Ulric Neisser and Soviet activity
theory, have advanced the view that cognition is much more dynamic and situated
in real-world tasks and environmental contexts; hence, it is necessary to study
cognitive activities in an ecologically valid manner. Another form of expansion
has resulted from a challenge to what has been the dominant architecture for
modeling cognition. An architecture defines the basic processing capacities of
the cognitive system. The dominant cognitive architecture has assumed that the
mind possesses a capacity for storing and manipulating symbols. These symbols
can be composed into larger structures according to syntactic rules that can
then be operated upon by formal rules that recognize that structure. Jerry
Fodor has referred to this view of the cognitive system as the “language of
thought hypothesis” and clearly construes it as a modern heir of rationalism.
One of the basic arguments for it, due to Fodor and Zenon Pylyshyn, is that
thoughts, like language, exhibit productivity the unlimited capacity to
generate new thoughts and systematicity exhibited by the inherent relation
between thoughts such as ‘Joan loves the florist’ and ‘The florist loves Joan’.
They argue that only if the architecture of cognition has languagelike
compositional structure would productivity and systematicity be generic
properties and hence not require special case-by-case accounts. The challenge
to this architecture has arisen with the development of an alternative
architecture, known as connectionism, parallel distributed processing, or
neural network modeling, which proposes that the cognitive system consists of
vast numbers of neuronlike units that excite or inhibit each other. Knowledge
is stored in these systems by the adjustment of connection strengths between
processing units; consequently, connectionism is a modern descendant of associationism.
Connectionist networks provide a natural account of certain cognitive phenomena
that have proven challenging for the symbolic architecture, including pattern
recognition, reasoning with soft constraints, and learning. Whether they also
can account for productivity and systematicity has been the subject of debate.
Philosophical theorizing about the mind has often provided a starting point for
the modeling and empirical investigations of modern cognitive science. The
ascent of cognitive science has not meant that philosophers have ceased to play
a role in examining cognition. Indeed, a number of philosophers have pursued
their inquiries as contributors to cognitive science, focusing on such issues
as the possible reduction of cognitive theories to those of neuroscience, the
status of folk psychology relative to emerging scientific theories of mind, the
merits of rationalism versus empiricism, and strategies for accounting for the
intentionality of mental states. The interaction between philosophers and other
cognitive scientists, however, is bidirectional, and a number of developments
in cognitive science promise to challenge or modify traditional philosophical
views of cognition. For example, studies by cognitive and social psychologists
have challenged the assumption that human thinking tends to accord with the
norms of logic and decision theory. On a variety of tasks humans seem to follow
procedures heuristics that violate normative canons, raising questions about
how philosophers should characterize rationality. Another area of empirical
study that has challenged philosophical assumptions has been the study of
concepts and categorization. Philosophers since Plato have widely assumed that
concepts of ordinary language, such as red, bird, and justice, should be
definable by necessary and sufficient conditions. But celebrated studies by
Eleanor Rosch and her colleagues indicated that many ordinary-language concepts
had a prototype structure instead. On this view, the categories employed in
human thinking are characterized by prototypes the clearest exemplars and a
metric that grades exemplars according to their degree of typicality. Recent
investigations have also pointed to significant instability in conceptual
structure and to the role of theoretical beliefs in organizing categories. This
alternative conception of concepts has profound implications for philosophical
methodologies that portray philosophy’s task to be the analysis of
concepts.
potts: “One of the few non-Oxonian English philosohpers
I can stand, but then he was my genial tutee!, so he IS Oxford. Oxford made me
and him!” --. English philosopher, tutee of H. P. Grice. Semanticist of the
best order! Structures and Categories for the
Representation of Meaning T.C. Potts. Potts, alla Grice, addresses the
representation problem ... how best to represent the meanings of linguistic
expressions... One might call this the 'semantic form' of expressions (p. xi,
italics in the original). The book begins with "three chapters in which I
survey the contributions made by linguistics, logic and computer science
respectively to the representation of meaning" (p. xii). These three
chapters are not easy to understand, principally because of Potts's obtuse
style, an example of which is that instead of saying "'either P or Q' is
false if 'P' and 'Q' are both false; otherwise, it is true," he says,
"we lay down that a proposition having the structure represented by
'either P or Q' is to be accounted false if a false proposition is substituted
for 'P' and a false proposition for 'Q', but is otherwise to be accounted
true" (p. 53). These chapters are also outdated. In particular, the
chapter on computer science, discussing the work of researchers whose goals are
the closest to Potts's own stated goals, is mainly a review of work as of the
seventies. There are citations to several of the papers in Findler (1979), but
only three to more recent research publications: Hayes (1980), Sowa (1984), and
Hobbs and Shieber (1987). Perhaps the most valuable aspect of these three chapters
is Potts's criticisms of some of the work he surveys. Of course, some of the
problems noted have been corrected in literature that Potts hasn't yet got
around to reading. By the end of the three survey chapters, Potts has
introduced two techniques that he 427 Computational Linguistics Volume
21, Number 3 then develops into his own representation-- categorial grammars
and graphs as representation formalisms. He takes the categorial analysis to be
the prior of the two, with his graphs, which he calls categorialgraphs, being
the clearer representation of sentence meaning. Unfortunately,
"formalism" and "clearer" must be taken with a grain of
salt. Potts never formally defines his categorial graphs, let alone gives a
formal semantics for them. Although I have had extensive experience reading,
interpreting, and devising graphical representations of meaning, I could not
understand the details of Potts's graphs. But then, neither, apparently, can
he: "The relationship between semantic and syntactic structures has not
been spelled out, so that it is not fully determinate what our semantic
representations represent at the syntactic level" (p. 168). The four
substantive chapters are useful for the linguistic issues that they address,
even if they are not useful for the representation scheme that they develop.
These issues, which must eventually be faced by all knowledge representation
formalisms that aspire to complete coverage of natural language include:
quantifier scope; pronouns; relative clauses; count nouns, substance nouns, and
proper names; generic propositions; deictic terms; plurals; identity; and
adverbs. Appropriately, the book does not end on a note of claimed
accomplishment, but on a note of work yet to do: "The purpose of a
philosophical book is to stimulate thought, not to put it to rest with
solutions to every problem ... It is still premature to formulate a graph
grammar for semantic representation of everyday language... The representation
problem is commonly not accorded the respect which it deserves" (p. 288).
Many people agree, and have, accordingly, produced a vast literature that Potts
is apparently not familiar with. (Some relevant collections are Cercone and
McCalla 1987, Sowa 1991, and Lehmann 1992.) Nevertheless, Potts is still correct
when he suggests that there is much work left to do.--Stuart C. Shapiro, State
University of New York at Buffalo References Cercone, Nick and McCalla, Gordon
(editors) (1987). The Knowledge Frontier: Essays in the Representation of
Knowledge. Springer-Verlag. Findler, Nicholas V. (editor) (1979). Associative
Networks: The Representation and Use of Knowledge in Computers. Academic Press.
Hayes, Patrick J. (1980). "The logic of frames." In Frame Conceptions
and Text Understanding, edited by Dieter Metzing, 46-61. de Gruyter, 1980. Also
in Readings in Knowledge Representation, edited by Ronald J. Brachman and
Hector J. Levesque, 287-295. Morgan Kaufmann. 1985. Hobbs, Jerry R., and
Shieber, Stuart M. (1987). "An algorithm for generating quantifier
scopings." Computational Linguistics, 13(1-2), 47-63. Lehmann, Fritz
(editor) (1992). Semantic Networks in Artificial Intelligence. Pergamon Press.
Sowa, John E (1984). Conceptual Structures. Addison-Wesley. Sowa, John F.
(editor) (1991). Principles of Semantic Networks: Explorations in the
Representation of Knowledge. Morgan Kaufmann. Refs.: Luigi Speranza, “Potts at
Villa Grice.”
pozza: Grice: “I like
Pozza; he uses ‘pragmatic’ quite a bit, by which he means Grice, of course!” Carlo Dalla Pozza (Taranto), filosofo. Figlio di Luigi,
ufficiale della Marina (regione Veneto) e di Cencilia Pontrelli, pugliese,
durante gli studi al Liceo Scientifico Battaglini di Taranto, Giovanni De
Tommaso, un insegnante di matematica di stile "tradizionale" gli
stimola il gusto per i problemi matematici e per l'eleganza formale delle
dimostrazioni. Carlo Dalla Pozza studia filosofia e letteratura all'Bari dove
si laurea con una tesi su Renato Serra avendo come relatore Aldo Vallone. Per
tutta la sua vita coniuga l'amore per i sistemi formali con l'amore per la
letteratura italiana, in particolare per Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci
(maestro di Renato Serra) e Gabriele d'Annunzio (e tra i classici predilisse
Torquato Tasso e Vita nuova di Dante). Dopo la laurea studia Linguistica
teorica a Bari con Ferruccio Rossi-Landi e in seguito all'Pisa, e quindi Metodi
formali alla Cattolica di Milano. Una svolta nella sua carriera intellettuale è
segnata dalla partecipazione agli "incontri di San Giuseppe"
organizzati a Torino da Norberto Bobbio. A partire da qui sviluppa nuove idee
in filosofia del diritto, specie sul lavoro di Hans Kelsen, e sulla
formalizzazione della logica deontica con particolare attenzione
all'assiomatizzazione dei principi di una Teoria generale del diritto in
collaborazione con Luigi Ferrajoli per i suoi Principia Juris. Organizza a
Taranto insieme al Comandante Nicola Marturano, allora direttore del Centro di
Elaborazione Elettronica della Marina Militare, gli incontri Infogiure Taras
Uno: Logica Informatica e Diritto, in collaborazione con il Centro di Taranto
della Università Cattolica del Sacro Cuore, al quale hanno partecipato alcune
delle figure più rappresentative del diritto, dell'informatica e della logica
italiana e internazionale, tra cui Carlos Alchourron, Antonio A. Martino, Luigi
Ferrajoli, Amedeo G. Conte, Padre Roberto Busa, Paolo Comanducci, Mario Jori,
Angela Filipponio, Giancarlo Taddei-Elmi, Riccardo Guastini e Giovanni Sartor.
Insegna per diversi anni nella scuola superiore in provincia di Taranto, mantenendosi
scientificamente attivo e partecipando a conferenze di società filosofiche
italiane (specialmente la Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza
e la Società Italiana di filosofia Analitica, dal suo primo Convegno
Nazionale fino al 6 convegno "Analitic Philosophy
and European Culture" (Genova). Viene assunto all'Lecce, dove insegna
Logica e Filosofia del linguaggio. Tra le principali influenze nei suoi
studi di linguistica e semiotica testuale vi sono quella di Petöfi che lo invita a lavorare con lui
all'Costanza. La scelta di Pozza è però quella di restare in Italia dove
continua a insegnare anche fuori Lecce, in particolare a Verona, Padova,
Bolzano e, per le sue lezioni di logica deontica, a Oltre all'influenza di
Petöfi e Kelsen, l'influenza maggiore sul suo pensiero viene dalle grandi opere
di Frege, Russell e Carnap, ai cui lavori dedica uno studio continuo, con
particolare attenzione alla visione filosofica di Carnap. Pubblica un
contributo di sapore neopositivista, discutendo e formalizzando alcune
argomentazioni in fisica quantistica. Un legame tra i suoi interessi in
linguistica e il suo lavoro in logica formale è dato dalla sua teoria formale
degli atti linguistici basata su una connessione originale tra logica
intuizionistica (usata per gli atti linguistici assertori) e logica classica
(usata per i contenuti proposizionali). Il primo passo di questa teoria viene
pubblicato in un lavoro scritto a due mani con Garola su Erkenntnis. Presentando
la sua teoria di una formalizzazione della “pragmatica,” Pozza definisce un
modello Frege-Reichenbach-Stenius per il trattamento formale delle asserzioni,
mostrando che il problema principale di questa teoria è la limitazione
introdotta da Frege (e accettata da Dummett) per cui il segno di asserzione si
può usare solo per formule elementari assertorie. Ma, come molti filosofi sostengono,
esistono atti linguistici composti; e per permettere il trattamento di atti
linguistici composti e ovviare alla limitazione del modello Frege-Reichenbach-Stenius,
Pozza introduce un insieme di connettivi “pragmatic” che permettono la
costruzione di formule assertive complesse. Il contenuto delle formule
assertive è dato dall'interpretazione classica e dai connettivi vero-funzionali.
I connettivi “pragmatic,” che connettono atti linguistici assertor, hanno invece una interpretazione
intuizionistica, non hanno cioè valori di verità ma valori di “giustificazione.”
Iinfatti un atto assertivo non è, in quanto *atto*, vero o falso, ma può essere
“giustificato” o non giustificato. In questo modo, il sistema formale distingue
l'”asseribilità” di un atto assertorio dal valore di verità della proposizione
asserita. Oltre a spiegare l'irriducibilità del segno fregeano di asserzione a
un trattamento in termini di logica classica e introdurre una fondazione
formale della teoria degli atti linguistici, Pozza dà anche una soluzione
originale del problema della compatibilità tra logica classica (Grice) e logica
non-classica (Strawson) o intuizionista. Al saggio su Erkenntnis seguono
lavori sulla logica erotetica, sulla logica deontica e sulle logiche sub-strutturale
(vedi riferimenti più sotto). Il lavoro di Pozza ha suscitato interesse in
diversi campi, dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della fisica (con
la collaborazione con Garola) alla logica e all'informatica, (specie a partire
dalla sua collaborazione con Bellin). Alla sua teoria formale della “pragmatica,”
oltre ai lavori di Anderson e Ranalter è dedicato un numero di Fondamenta
Informaticae. L'influenza di Pozza si estende così oltre che alla filosofia
della fisica e alla filosofia del linguaggio anche alla logica e
all'informatica, specie con tre convegni in suo onore organizzati a Verona, a
Parigi, e a Sirmione, basati sulla collaborazione tra il Dipartimento di
Informatica a Verona, la Queen Mary University di Londra e Parigi (Laboratoire
d'Algorithmique, Complexité et Logique). Ricordi di personalità internazionali
e di amici sono raccolti in un sito in suo onore. Opere: Una lista di
lavori di Pozza si può trovare sulla sua Home Page e su academia.edu. On
the logical foundations of the Jauch-Piron approach to Quantum Physics (with G.
Cattaneo, C. Garola, G. Nisticò), in International Journal of Theoretical
Physics, Un'interpretazione pragmatica della logica
proposizionale intuizionistica, in Usberti G, Problemi fondazionali nella
teoria del significato, Leo S. Olschki, Firenze. Una fondazione pragmatica
della logica delle domande, unpublished handwritten (draft). “Parlare di niente: termini singolari non denotanti
e atti illocutori, in 'Idee', A
pragmatic interpretation of intuitionistic propositional logic (with C.
Garola), in Erkenntnis, Una logica pragmatica per la concezione “espressiva” delle
norme, in Martino, Logica delle Norme, S.E.U., Pisa. A pragmatic interpretation
of sub-structural logics (with Bellin), in Sieg, Sommer and Talcott, Reflections
on the Foundations of Mathematics. Essays in Honor of Feferman ASL Lectures
Notes in Logic, Natick Massachusetts, Il
problema di Gettier: osservazioni su giustificazione, prova e probabilità (with
D. Chiffi), talk at the SIFA conference Analytic Philosophy and European
Culture, Genoa, A pragmatic logic for the expressive conception of norms and
values and The Frege-Geach problem, Editoria Scientifica Elettronica. Come
distinguere scienza e non-scienza: verificabilità, falsificabilità e
confermabilità bayesiana (with A. Negro), Carocci, Ferrajoli, Principia juris.
Teoria del diritto e della democrazia. La
sintassi del diritto, Bari: Edizioni Laterza: vedi//sifa.unige.it/?post_type=eventoz&p=347 vedi//sifa.unige.it/genoa04/program.htm On the logical foundations of the Jauch-Piron
approach to Quantum Physics (con Cattaneo, Garola, Nisticò), in International
Journal of Theoretical Physics, A pragmatic interpretation of intuitionistic propositional
logic (con Garola), in Erkenntnis, vedi G. Bellin and Pozza. "A pragmatic
interpretation of sub-structural logics" in Reflections on the Foundations
of Mathematics, Essays in Honor of Feferman, W.Sieg, R.Sommer and C.Talcott
eds. ASL Lecture Notes in Logic Richard Stuart Anderson Some Remarks on the
Frege-Geach Embedding Problem, Kurt Ranalter, "A Semantic Analysis of a
Logic of Assertions, Oblicagion and Causal Implication" in FI, Archiviato iin Archive.is.Fundamenta
Informaticae, 84, n.3-4, 2008 Archiviato in Archive.is. Home Page
[unisalento.academia.edu/CarloDallaPozza unisalento.academia.edu/
pozzo: Riccardo
Pozzo (Milano), filosofo. Laureato a Milano, ha conseguito il dottorato a Saarlandes
(“a reason why Italians don’t consider him Italian” – Grice) e la abilitazione
a Trier – Grice: “A reason why Italians don’t consider him an Italian
philosopher, since he earned his maximal degree without, and not within,
Italy.” -- è andato negli Stati Uniti per insegnare Kant e Hegel a Washington.
-- è tornato in Italia alla Cattedra di Storia della filosofia a Verona. -- è
succeduto a Gregory alla direzione dell'Istituto per il Lessico Intellettuale
Europeo e Storia delle Idee CNR. Ha diretto il Dipartimento Scienze Umane e
Sociali, Patrimonio Culturale CNR -- è eletto membro titolare dello Institut
International de Philosophie, del quale
è vicepresidente. -- è chiamato a 'Roma. Ordine al merito della
Repubblica Federale di Germania, è stato esperto dello Horizon Programme Committee Configuration Research
Infrastructures, membro dello Scientific Review Group for the Humanities della
European Science Foundation e presidente del comitato di programma del Congresso
Mondiale di Filosofia, organizzato dalla Fédération Internationale des Sociétés
de Philosophie a Pechino nel ; è membro
del comitato di programma del Congresso Mondiale di Filosofia. Storico della
filosofia e autore di monografie sull’aristotelismo, la storia della logica
(dal Rinascimento a Kant e Hegel), la storia delle idee e la storia delle
università, ha portato avanti la creazione di infrastrutture di ricerca per una
migliore comprensione dei testi filosofici e scientifici che hanno plasmato il
patrimonio culturale dell’umanità. Caratteristica specifica del suo approccio
alla lessicografia durante il suo mandato presso l’Istituto per il Lessico
Intellettuale Europeo e Storia delle Idee è l’uso della IT per la
documentazione e l’elaborazione di dati linguistici e testuali in italiano.
Come molte altre discipline, anche la storia della filosofia oggi sta assumendo
una prospettiva globale. Pozzo offre nuove definizioni e sperimenta pratiche
incentrate sulle interazioni culturali europeo-cinesi, prese come inizio per
estendere il modello ad altre culture. La ricerca di Pozzo riguarda
l’innovazione, la riflessione e l’inclusione. L’innovazione culturale è
qualcosa di reale che completa l’innovazione sociale e tecnologica fornendo
alla società riflessiva spazi di scambio nei quali i cittadini condividono le
proprie esperienze e fanno propri i contenuti dei beni comuni. Stiamo parlando
di spazi pubblici come università, accademie, biblioteche, musei, centri
scientifici, ma anche di qualsiasi luogo nel quale si verificano attività di
co-creazione, ad es. le infrastrutture di ricerca come DARIAH-Digital Research
Infrastructure for the Arts and the Humanities. A questo livello, l’innovazione
sociale diventa riflessiva e genera l’innovazione culturale. Innovazione
sociale e culturale Una linea di ricerca si concentra sull’introduzione della
nozione di innovazione culturale, che richiede un ripensamento dei processi di
co-creazione. Contrasta la dimensione dell’innovazione culturale con quelle di
altre forme di innovazione, compiendo un tentativo senza precedenti di
enucleare processi e prodotti dell’innovazione culturale, dimostrando al
contempo la loro operatività in alcuni casi di studio. Migrazioni e
scienze umane Pozzo riflette sulle sfide metodologiche, concettuali ed
epistemologiche della ricerca sulle migrazioni. Elabora esempi concreti per
configurare le migrazioni come un settore che accende un dialogo tra discipline
tra loro molto diverse come la sociologia, la narratologia, le scienze della
comunicazione, la IT, le scienze politiche, la psicologia sociale, gli studi
religiosi, l’economia, i diritti umani, il patrimonio culturale e la museologia
in quanto hanno accesso ai dati resi disponibili dalle infrastrutture di
ricerca, le scienze sociali computazionali e l’informatica umanistica. Le
migrazioni accompagnano l’intera storia delle civiltà, coinvolgendo relazioni e
scambi continui tra le culture e traduzioni da e per diversi contesti
linguistici, economici, politici e culturali. Le migrazioni offrono esempi
convincenti per configurare l’impatto dell’innovazione culturale poiché
richiedono trasferimenti di culture, conoscenze e competenze. Le sfide
epistemologiche hanno come obiettivo ultimo di contribuire a un cambiamento di
mentalità per quanto riguarda la riflessione e l’inclusione nei gruppi target attivi
nelle infrastrutture sociali come l’istruzione, l’apprendimento permanente,
l’assistenza sanitaria, la mobilità e la rigenerazione urbana. Monografie: “Kant y el problema de una
introducción a la lógica, transl. Javier Sánchez-Arjona Voser (Madrid: Maia,
), Adversus Ramistas: Kontroversen über
die Natur der Logik am Ende der Renaissance (Basel: Schwabe, ), Georg Friedrich Meiers Vernunftlehre: Eine
historisch-systematische Untersuchung (Stuttgart-Bad Cannstatt: Frommann-Holzboog,Kant
und das Problem einer Einleitung in die Logik: Ein Beitrag zur Rekonstruktion
der historischen Hintergründe von Kants Logik-Kolleg (Frankfurt: Lang, Hegel:
Introductio in Philosophiam: Dagli studi ginnasiali alla prima logica (Firenze:
La Nuova Italia, “Epistemological Challenges of Engaging Humanities-led
Cross-disciplinary Migration Research Issues,” in Briefs on Methodological,
Ethical and Epistemological Issues, migrationresearch.com “G. F. Meiers
rhetorisierte Logik und die freien Künste,” Rhetorica: A Journal of the History
of Rhetoric, Social and Cultural Innovation: Research Infrastructures Tackling
Migration,” Diogenes: International Journal of Human Sciences “Governing
Cultural Diversity: Common Goods, Shared Experiences, Spaces for Exchange,”
Economia della cultura: Rivista trimestrale dell’Associazione per l’Economia
della Cultura “Storia storica e storia filosofica della filosofia nel XX e XXI
secolo,” Archivio di storia della cultura, Schiavitù attiva, proprietà
intellettuale e diritti umani,” Intersezioni: Rivista di storia delle idee. Scuola di Milano Opere / Riccardo Pozzo (altra versione), su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Registrazioni su RadioRadicale.it,
Radio Radicale. Sito istituzionale, su
lettere.uniroma2.it. sul RAI Filosofia, su filosofia.rai.it.
video/469/rpozzo-le-iniziative-del-cnr-e-il-progetto-nazionale-sui-bbcc
Riccardo Pozzo sul patrimonio culturale al Museo Nazionale Romano, su tv.
t/videos/interview-prof-riccardo-pozzo-rom-20-05-/ Cultural Entrepreneurship
Institute Berlin su cultural-entrepreneurship-institute.de. Fédération
Internationale des Sociétés de Philosophie, su fisp.org. Institut International
de Philosophie, su i-i-p.o
pra: Mario dal pra, nome di battaglia colonnello Procopio (Montecchio
Maggiore), filosofo. Si è laureato a Padova sotto la guida di Troilo. Ha
iniziato a sua carriera didattica a Rovigo e Vicenza), trasferendosi poi a
Milano; ha ricoperto la cattedra di Storia della filosofia, succedendo a Banfi.
Pra ha partecipato attivamente alla Resistenza, nelle file di "Giustizia e
Libertà", guadagnandosi due croci di guerra al merito partigiano, ed ha
collaborato alla ricostruzione politica e culturale del Paese, con un'opera
didattica e scientifica sempre sorretta da un'alta ispirazione morale.
Medaglia d'oro quale benemerito della Scuola, della Cultura e dell'Arte, membro
dell'Accademia dei Lincei, dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere,
dell'Accademia Olimpica di Vicenza, nonché membro autorevole della Società
Filosofica Italiana, della quale è stato anche Presidente nazionale per un
triennio. Con decreto del presidente della Repubblica in data 27-7-1987 gli è
stato conferito il titolo di professore "emerito" della Milano a
tutti gli effetti di legge. Storico del pensiero di prestigio
internazionale (tra i suoi temi preferiti, lo scetticismo greco, Abelardo e la
logica medioevale, Hume, Condillac, la logica hegeliana, il giovane Marx, il
pragmatismo, americano e italiano, la storia della storiografia filosofica),
Dal Pra ha sempre connesso la sua attività storiografica con l'esplicitarsi di
interessi teorici che lo hanno portato ad elaborare, negli anni cinquanta,
un'originale linea di pensiero denominata "trascendentalismo della
prassi", poi evoluta in una forma di razionalismo storicista e
critico. Il suo interesse filosofico fondamentale si è infatti sempre rivolto
al chiarimento del rapporto tra teoria e prassi in una prospettiva
antimetafisica che lo ha fin dai suoi esordi posto in contrasto con le
posizioni del neoidealismo italiano, e più in generale con ogni forma di
dogmatismo teoricistico emergente nel pensiero contemporaneo, per favorire la
libera esplicazione dell'iniziativa pratico-razionale dell'uomo. Pra ha
fondato la Rivista di storia della filosofia, un riferimento costante e
prestigioso nell'ambito degli studi del pensiero occidentale, tuttora
pubblicata. Negli anni sessanta è stato autore di un fortunato Sommario
di storia della filosofia per licei, in tre volumi e più volte ristampato (La
Nuova Italia, Firenze) e poi direttore di una monumentale Storia della
filosofia (prima edizione Vallardi, Milano, Piccin, Padova, È deceduto a Milano
ed i suoi resti mortali riposano nel
Cimitero di Vicenza. Ha donato la sua biblioteca e le sue carte alla Biblioteca
di Filosofia Università degli Studi di Milano. Nel dopoguerra e negli anni
Cinquanta, in collaborazione con Andrea Vasa, Dal Pra elabora una posizione
filosofica che viene indicata come trascendentalismo della prassi.
Successivamente, avvicinandosi alle idee di Giulio Preti, Dal Pra propone uno
storicismo critico, più attento alle strutture della ragione con cui
l'esperienza storica si struttura. Opere Il realismo e il trascendente,
Padova, Cedam, Amore di sapienza. Avviamento elementare allo studio della
storia della filosofia, della scienza e della pedagogia per i licei e gli
istituti magistrali, Vicenza, Tipografia commerciale, La didache. Insegnamento
del Signore alle genti per mezzo dei dodici apostoli. Documento cristiano del I
secolo, Vicenza, Tipografia commerciale, Educare, Verona, La Scaligera, Pensiero
e realtà, Verona, La Scaligera, Scoto Eriugena ed il neoplatonismo medievale, Milano,
Bocca, Condillac, Milano, Bocca, Il pensiero di Sebastiano Maturi, Milano,
Bocca, Necessità attuale dell'universalismo cristiano, Vicenza, Collezioni del
Palladio, Valori cristiani e cultura immanentistica, Padova, Cedam, Hume,
Milano, Bocca, La storiografia filosofica antica, Milano, Bocca, Lo scetticismo
greco, Milano, Bocca, Giovanni di Salisbury, Milano, Bocca, Amalrico di Bène,
Milano, Bocca, Nicola di Autrecourt, Milano, Bocca, Il pensiero di John Dewey,
con contributi bibliografici a cura di, Milano, Bocca, Il problema logico del
linguaggio nella filosofia medioevale. Studi storico-critici, Milano, Bocca, Il pensiero filosofico di Marx (Con particolare riguardo alla filosofia della
prassi). Appunti delle lezioni di Storia della filosofia a cura della dott. M.
E. Reina. Anno accademicoMilano, La Goliardica (poi come Il pensiero filosofico
di Marx, D. Borso, Shake ed., Milano ). Il pensiero occidentale. Compendio di
storia della filosofia con larga scelta di passi dagli autori, I, La filosofia
antica e medioevale, Firenze, La Nuova Italia, Sommario di storia della
filosofia per i licei classici e scientifici, Firenze, La Nuova Italia, La dialettica in Marx. Dagli scritti giovanili
all'Introduzione alla critica dell'economia politica, Bari, Laterza, Profilo di
storia della filosofia, Firenze, La Nuova Italia, Piccola antologia filosofica,
Firenze, La Nuova Italia, La dialettica
hegeliana e l'epistemologia contemporanea, Milano, CUEM, Hume e la scienza
della natura umana, Roma-Bari, Laterza, Logica e realtà. Momenti del pensiero
medievale, Roma-Bari, Laterza, Storia della Filosofia, diretta da, 11 voll., I,
Giuseppina Scalabrino Borsani, La filosofia indiana, Milano, Vallardi, Paolo
Beonio-Brocchieri, La filosofia cinese e dell'Asia orientale, Milano, Vallardi,
Gabriele Giannantoni, Armando Plebe, Pierluigi Donini, La filosofia greca dal
VI al IV secolo, Milano, Vallardi, La filosofia ellenistica e la patristica
cristiana. Dal III sec. a.C. al V sec. d.C., Milano, Vallardi,La filosofia
medievale. Dal secolo VI al secolo XII, Milano, Vallardi, La filosofia
medievale. I secoli XIII e XIV, Milano, Vallardi, La filosofia moderna. Dal Quattrocento al
Seicento, Milano, Vallardi, Paolo
Casini, Nicolao Merker, La filosofia moderna. Il Settecento, Milano, Vallardi, La
filosofia contemporanea. L'Ottocento, Milano, Vallardi, La filosofia
contemporanea. Il Novecento, Milano, Vallardi, La filosofia della seconda metà del Novecento,
2 tomi, Padova-Milano, Piccin Nuova libraria-Vallardi, Logica, esperienza e prassi.
Momenti del pensiero moderno e contemporaneo, Napoli, Morano, Il problema del
realismo nella storia del pensiero, Milano, Unicopli, 1980. La storiografia
filosofica e la sua storia. Testi per il corso di storia della filosofia I.
A.A. con Giovanni Santinello, Eugenio Garin, Lutz Geldsetzer e Lucien Braun,
Padova, Antenore, David Hume. La vita e l'opera, Roma-Bari, Laterza, Antonio
Banfi Relazioni dall'incontro Antonio Banfi: le vie della ragione, Milano, con Dino Formaggio e Paolo Rossi, Milano,
Unicopli, Studi sul pragmatismo italiano, Napoli, Bibliopolis, Studi
sull'empirismo critico di Giulio Preti, Napoli, Bibliopolis, Filosofi del
Novecento, Milano, Franco Angeli, I problemi di metodo nella storiografia
filosofica, in Panorami filosofici. Itinerari del pensiero, Padova, Muzzio, Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia
italiana, con Fabio Minazzi, Milano, Rusconi,
Storia della filosofia e della storiografia filosofica. Scritti scelti,
Maria Assunta Del Torre, Milano, Franco Angeli, La guerra partigiana in Italia.
Dario Borso, Firenze-Milano, Giunti-INSMLI, Dialettica hegeliana ed
epistemologia analitica, Enrico Colombo, Brescia, Morcelliana, . Il
trascendentalismo della prassi, la filosofia della Resistenza, con Andrea Vasa,
Maria Grazia Sandrini, Milano-Udine, Mimesis, . Note F. Cambi, Razionalismo e prassi a Milano Milano,
1983; N. Badaloni (et al.), La storia della filosofia come sapere critico.
Studi offerti a Mario Dal Pra, Milano, Angeli, L. Bianchi,
degli scritti di Mario Dal Pra, in La storia della filosofia come sapere
critico. Studi offerti a Mario Dal Pra, Milano, A. Montesperelli, Introduzione,
in E. MirriL. Conti , Filosofi nel dissenso, Foligno, M. Mirri, Fra Vicenza e Pisa. Esperienze
morali, intellettuali e politiche di giovani degli anni ’40, in Il contributo
dell’Pisa e della Scuola Normale Superiore alla lotta antifascista ed alla guerra
di Liberazione, Pisa, A. Pacchi, Il filosofo e l’educatore, in In onore di
Mario Dal Pra, Montecchio Maggiore, F. Cassinari , Filosofia e storia della
filosofia in Mario Dal Pra. Conversazione con Fulvio Papi, «Itinerari
filosofici», E.I. Rambaldi, Ricordo di
M. Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», E. Garin, Mario Dal Pra,
«Rivista di storia della filosofia», A. Santucci, Mario Dal Pra filosofo e
storico della filosofia, «Rivista di storia della filosofia», E.I. Rambaldi,
Mario Dal Pra e l’esistenzialismo positivo di Nicola Abbagnano, «Rivista di
storia della filosofia», M.A. Del Torre
, Mario Dal Pra e i cinquant’anni della "Rivista di storia della
filosofia", Milano, G. Paganini, Dall’empirismo classico all’empirismo
«critico». Le ricerche di M. Dal Pra tra storia e teoria, «Cenobio. Rivista
trimestrale di cultura della Svizzera italiana», Giordanetti, Il fondo
manoscritto di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», E.I. Rambaldi, Et vos estote parati. Mario Dal
Pra, la vigilia, «Rivista di storia della filosofia», G. Barreca, L’archivio
Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», E. I. Rambaldi, Mario Dal
Pra in Enciclopedia filosofica, Milano, Id., Mario Dal Pra giovane insegnante a
Vicenza, «Rivista di storia della filosofia»,M. Rigamonti, Gli Hume di Mario
Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia»,M. ParodiC. Selogna, Per una
filosofia minore. Mario Dal Pra e il pensiero debole, «Rivista di storia della
filosofia»,P. Di Vona, Ricordo di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia»,
Enrico I. Rambaldi, Filologia e filosofia nella storiografia di Pra, in «ACME»,E.
Franzina, Mario Dal Pra partigiano. Dal fascismo alla Resistenza e alla sua
storia, in «Belfagor», Il fondo manoscritto di Mario Dal Pra. Descrizione, in
"Rivista di storia della filosofia",Ricordo di Pra, Informazione
filosofica, sito "studifilosofici.it". G. BarrecaGiordanetti, Fondo
Mario Dal Pra, Milano, Cisalpino, 2005. Dal Pra, Mario» in Dizionario di
filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Presentiamo Pra: l'uomo, il filosofo. Una mostra
biografico-documentaria dall'archivio inedito Università degli Studi di Milano,
Biblioteca di Filosofia, D. Borso, Mario Dal Pra. Una via religiosa alla
Resistenza, "Humanitas", L'archivio Mario Dal Pra presso l Biblioteca
di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano Fascicolo speciale in
memoria di Mario Dal Pra per il settantesimo anniversario della fondazione
della Rivista, in Rivista di storia della filosofia: LXXI, supplemento 4, ,
Milano, Franco Angeli, . D. Borso, Mario Dal Pra 'fucino', "Rivista di
storia della filosofia", Gianmarco Bisogno, Anselmo in Italia: tra Mario
Dal Pra e Sofia Vanni Rovighi, in «Dianoia. Rivista di filosofia del
Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell'Bologna», Riconoscimenti l'Accademia dei Lincei gli ha
conferito il Premio Feltrinelli per le Scienze Filosofiche.Scuola di
Milano u Treccani.itEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. OpereVincitori del Premio Feltrinelli Filosofia
Università Università Premi Feltrinelli 1950-, su lincei.it.
Praxis – “pragmatic” practical reason, the
capacity for argument or demonstrative inference, considered in its application
to the task of prescribing or selecting behavior. Some philosophical concerns
in this area pertain to the actual thought processes by which plans of action
are formulated and carried out in practical situations. A second major issue is
what role, if any, practical reason plays in determining norms of conduct. Here
there are two fundamental positions. Instrumentalism is typified by Hume’s
claim that reason is, and ought only to be, the slave of the passions.
According to instrumentalism, reason by itself is incapable of influencing
action directly. It may do so indirectly, by disclosing facts that arouse
motivational impulses. And it fulfills an indispensable function in discerning
meansend relations by which our objectives may be attained. But none of those
objectives is set by reason. All are set by the passions the desiderative and aversive impulses
aroused in us by what our cognitive faculties apprehend. It does not follow
from this alone that ethical motivation reduces to mere desire and aversion,
based on the pleasure and pain different courses of action might afford. There
might yet be a specifically ethical passion, or it might be that independently based
moral injunctions have in themselves a special capacity to provoke ordinary
desire and aversion. Nevertheless, instrumentalism is often associated with the
view that pleasure and pain, happiness and unhappiness, are the sole objects of
value and disvalue, and hence the only possible motivators of conduct. Hence,
it is claimed, moral injunctions must be grounded in these motives, and
practical reason is of interest only as subordinated to inclination. The
alternative to instrumentalism is the view championed by Kant, that practical
reason is an autonomous source of normative principles, capable of motivating
behavior independently of ordinary desire and aversion. On this view it is the
passions that lack intrinsic moral import, and the function of practical reason
is to limit their motivational role by formulating normative principles binding
for all rational agents and founded in the operation of practical reason
itself. Theories of this kind usually view moral principles as grounded in
consistency, and an impartial respect for the autonomy of all rational agents.
To be morally acceptable, principles of conduct must be universalizable, so
that all rational agents could behave in the same way without their conduct
either destroying itself or being inconsistently motivated. There are
advantages and disadvantages to each of these views. Instrumentalism offers a
simpler account of both the function of practical reason and the sources of
human motivation. But it introduces a strong subjective element by giving primacy
to desire, thereby posing a problem of how moral principles can be universally
binding. The Kantian approach offers more promise here, since it makes
universalizability essential to any type of behavior being moral. But it is
more complex, and the claim that the deliverances of practical reason carry
intrinsic motivational force is open to challenge. practical
reasoning, the inferential process by which considerations for or against
envisioned courses of action are brought to bear on the formation and execution
of intention. The content of a piece of practical reasoning is a practical
argument. Practical arguments can be complex, but they are often summarized in
syllogistic form. Important issues concerning practical reasoning include how
it relates to theoretical reasoning, whether it is a causal process, and how it
can be evaluated. Theories of practical reasoning tend to divide into two basic
categories. On one sort of view, the intrinsic features of practical reasoning
exhibit little or no difference from those of theoretical reasoning. What makes
practical reasoning practical is its subject matter and motivation. Hence the
following could be a bona fide practical syllogism: Exercise would be good for
me. Jogging is exercise. Therefore, jogging would be good for me. This argument
has practical subject matter, and if made with a view toward intention
formation it would be practical in motivation also. But it consists entirely of
propositions, which are appropriate contents for belief-states. In principle,
therefore, an agent could accept its conclusion without intending or even
desiring to jog. Intention formation requires a further step. But if the
content of an intention cannot be a proposition, that step could not count in
itself as practical reasoning unless such reasoning can employ the contents of
strictly practical mental states. Hence many philosophers call for practical
syllogisms such as: Would that I exercise. Jogging is exercise. Therefore, I
shall go jogging. Here the first premise is optative and understood to
represent the content of a desire, and the conclusion is the content of a
decision or act of intention formation. These contents are not true or false,
and so are not propositions. Theories that restrict the contents of practical reasoning
to propositions have the advantage that they allow such reasoning to be
evaluated in terms of familiar logical principles. Those that permit the
inclusion of optative content entail a need for more complex modes of
evaluation. However, they bring more of the process of intention formation
under the aegis of reason; also, they can be extended to cover the execution of
intentions, in terms of syllogisms that terminate in volition. Both accounts
must deal with cases of self-deception, in which the considerations an agent
cites to justify a decision are not those from which it sprang, and cases of
akrasia, where the agent views one course of action as superior, yet carries
out another. Because mental content is always abstract, it cannot in itself be
a nomic cause of behavior. But the states and events to which it belongs desires, beliefs, etc. can count as causes, and are so treated in
deterministic explanations of action. Opponents of determinism reject this
step, and seek to explain action solely through the teleological or justifying
force carried by mental content. Practical syllogisms often summarize very
complex thought processes, in which multiple options are considered, each with
its own positive and negative aspects. Some philosophers hold that when
successfully concluded, this process issues in a judgment of what action would
be best all things considered i.e., in
light of all relevant considerations. Practical reasoning can be evaluated in
numerous ways. Some concern the reasoning process itself: whether it is timely
and duly considers the relevant alternatives, as well as whether it is well
structured logically. Other concerns have to do with the products of practical
reasoning. Decisions may be deemed irrational if they result in incompatible
intentions, or conflict with the agent’s beliefs regarding what is possible.
They may also be criticized if they conflict with the agent’s best interests.
Finally, an agent’s intentions can fail to accord with standards of morality.
The relationship among these ways of evaluating intentions is important to the
foundations of ethics.
Prae-dicatum –praedicabile:
As in qualia being the plural of quale and universalia being the plural of
universale, predicabilia is Boethius’s plural for the ‘predicabile’ --
something Grice knew by heart from giving seminars at Oxfrod on Aristotle’s
categories with Austin and Strawson. He found the topic boring enough to give
the seminar ALONE! prædicatum: vide
Is there a praedicatum in Blackburn’s one-off predicament. He draws a skull and
communicates that there is danger. The drawsing of the skull is not
syntactically structured. So it is difficult to isolate the ‘praedicatum.’
That’s why Grice leaves matters of the praedicatum’ to reductive analyses at a
second stage of his programme, where one wants to apply, metabolically,
‘communicate’ to what an emissum does. The emissum of the form, The S is P,
predicates P of S. Vide
subjectification, and subjectum. Of especial interest to Grice and Strawson.
Lewis and Short have “praedīco,” which they render as “to say or mention before
or beforehand, to premise.” Grice as a modista is interested in parts of
speech: nomen (onoma) versus verbum (rhema) being the classical, since Plato.
The mediaeval modistae like Alcuin adapted Aristotle, and Grice follows suit.
Of particular relevance are the ‘syncategoremata,’ since Grice was obsessed
with particles, and we cannot say that ‘and’ is a predicate! This relates to
the ‘categorema.’ Liddell and Scott have “κατηγόρ-ημα,” which they render as
“accusation, charge,” Gorg.Pal.22; but in philosophy, as “predicate,” as per
Arist.Int.20b32, Metaph.1053b19, etc.; -- “οὐκ εὔοδον τὸ ἁπλοῖν ἐστι κ.”
Epicur.Fr.18.and as “head of predicables,” in
Arist.Metaph.1028a33,Ph.201a1, Zeno Stoic.1.25, etc.; περὶ κατηγορημάτων
Sphaer.ib.140. The term syncategorema comes from a passage of Priscian in
his Institutiones grammatice II , 15. “coniunctae
plenam faciunt orationem, alias autem partes, κατηγορήματα, hoc est consignificantia, appellabant.”
A distinction is made between two types of word classes ("partes
orationis," singular, "pars orationis") distinguished by
philosophers since Plato, viz. nouns (nomen, onoma) and verbs (verbum, rhema)
on the one hand, and a 'syncategorema or consignificantium. A
consignificantium, just as the unary functor "non," and any of the
three dyadic functors, "et," "vel" (or "aut") and
"si," does not have a definitive meaning on its own -- cf.
praepositio, cited by Grice, -- "the meaning of 'to,' the meaning of
'of,'" -- rather, they acquire meaning in combination or when con-joined
to one or more categorema. It is one thing to say that we employ a certain part
of speech when certain conditions are fulfilled and quite another to claim that
the role in the language of that part of speech is to say, even in an extended
sense, that those conditions are fulfilled. In Logic, the verb 'kategoreo' is
'predicate of a person or thing,' “τί τινος” Arist.Cat.3a19,al., Epicur.Fr.250;
κυρίως, καταχρηστικῶς κ., Phld.Po.5.15; “ἐναντίως ὑπὲρ τῶν αὐτῶν” Id.Oec.p.60
J.: —more freq. in Pass., to be predicated of . . , τινος Arist.Cat.2a21, APr.
26b9, al.; “κατά τινος” Id.Cat.2a37; “κατὰ παντὸς ἢ μηδενός” Id.APr.24a15: less
freq. “ἐπί τινος” Id.Metaph.998b16, 999a15; so later “ἐφ᾽ ἑνὸς οἴονται θεοῦ ἑκάτερον
τῶν ὀνομάτων -εῖσθαι” D.H.2.48; “περί τινος” Arist. Top.140b37; “τὸ κοινῇ
-ούμενον ἐπὶ πᾶσιν” Id.SE179a8: abs., τὸ κατηγορούμενον the
predicate, o τὸ ὑποκείμενον (the subject), Id.Cat.1b11,
cf.Metaph.1043a6, al.; κατηγορεῖν καὶ -εῖσθαι to be subject and predicate,
Id.APr.47b1. BANC. Praedicatum -- praedicamenta
singular: praedicamentum, in medieval philosophy, the ten Aristotelian
categories: substance, quantity, quality, relation, where, when, position i.e.,
orientation e.g., “upright”, having, action,
and passivity. These were the ten most general of all genera. All of them
except substance were regarded as accidental. It was disputed whether this
tenfold classification was intended as a linguistic division among
categorematic terms or as an ontological division among extralinguistic
realities. Some authors held that the division was primarily linguistic, and
that extralinguistic realities were divided according to some but not all the
praedicamenta. Most authors held that everything in any way real belonged to
one praedicamentum or another, although some made an exception for God. But
authors who believed in complexe significabile usually regarded them as not belonging
to any praedicamentum. Praedicabile,
also praedicabilia, sometimes called the quinque voces five words, in medieval
philosophy, genus, species, difference, proprium, and accident, the five main
ways general predicates can be predicated. The list comes from Porphyry’s
Isagoge. It was debated whether it applies to linguistic predicates only or
also to extralinguistic universals. Things that have accidents can exist
without them; other predicables belong necessarily to whatever has them. The
Aristotelian/Porphyrian notion of “inseparable accident” blurs this picture.
Genus and species are natural kinds; other predicables are not. A natural kind
that is not a narrowest natural kind is a genus; one that is not a broadest
natural kind is a species. Some genera are also species. A proprium is not a
species, but is coextensive with one. A difference belongs necessarily to
whatever has it, but is neither a natural kind nor coextensive with one.
praxis from Grecian prasso, ‘doing’,
‘acting’, in Aristotle, the sphere of thought and action that comprises the
ethical and political life of man, contrasted with the theoretical designs of
logic and epistemology theoria. It was thus that ‘praxis’ acquired its general
definition of ‘practice’ through a contrastive comparison with ‘theory’.
Throughout the history of Western philosophy the concept of praxis found a
place in a variety of philosophical vocabularies. Marx and the neoMarxists
linked the concept with a production paradigm in the interests of historical
explanation. Within such a scheme of things the activities constituting the
relations of production and exchange are seen as the dominant features of the
socioeconomic history of humankind. Significations of ‘praxis’ are also
discernible in the root meaning of pragma deed, affair, which informed the
development of pragmatism. In more
recent times the notion of praxis has played a prominent role in the formation
of the school of critical theory, in which the performatives of praxis are seen
to be more directly associated with the entwined phenomena of discourse,
communication, and social practices. The central philosophical issues addressed
in the current literature on praxis have to do with the theorypractice
relationship and the problems associated with a value-free science. The general
thrust is that of undermining or subverting the traditional bifurcation of
theory and practice via a recognition of praxis-oriented endeavors that
antedate both theory construction and the construal of practice as a mere
application of theory. Both the project of “pure theory,” which makes claims
for a value-neutral standpoint, and the purely instrumentalist understanding of
practice, as itself shorn of discernment and insight, are jettisoned. The
consequent philosophical task becomes that of understanding human thought and
action against the backdrop of the everyday communicative endeavors, habits,
and skills, and social practices that make up our inheritance in the
world. Praxis school, a school of
philosophy originating in Zagreb and Belgrade which, from 4 to 4, published the
international edition of the leading postwar Marxist journal Praxis. During the
same period, it organized the Korcula Summer School, which attracted scholars
from around the Western world. In a reduced form the school continues each
spring with the Social Philosophy Course in Dubrovnik, Croatia. The founders of
praxis philosophy include Gajo Petrovic Zagreb, Milan Kangrga Zagreb, and
Mihailo Markovic Belgrade. Another wellknown member of the group is Svetozar
Stojanovic Belgrade, and a second-generation leader is Gvozden Flego Zagreb.
The Praxis school emphasized the writings of the young Marx while subjecting
dogmatic Marxism to one of its strongest criticisms. Distinguishing between
Marx’s and Engels’s writings and emphasizing alienation and a dynamic concept
of the human being, it contributed to a greater understanding of the
interrelationship between the individual and society. Through its insistence on
Marx’s call for a “ruthless critique,” the school stressed open inquiry and
freedom of speech in both East and West. Quite possibly the most important and
original philosopher of the group, and certainly Croatia’s leading
twentieth-century philosopher, was Gajo Petrovic 793. He called for 1
understanding philosophy as a radical critique of all existing things, and 2
understanding human beings as beings of praxis and creativity. This later led
to a view of human beings as revolutionary by nature. At present he is probably
best remembered for his Marx in the Mid-Twentieth Century and Philosophie und
Revolution. Milan Kangrga b.3 also emphasizes human creativity while insisting
that one should understand human beings as producers who humanize nature. An
ethical problematic of humanity can pragmatism, ethical Praxis school 731 731 be realized through a variety of
disciplines that include aesthetics, philosophical anthropolgy, theory of
knowledge, ontology, and social thought. Mihailo Markovic b.3, a member of the
Belgrade Eight, is best known for his theory of meaning, which leads him to a
theory of socialist humanism. His most widely read work in the West is From
Affluence to Praxis: Philosophy and Social Criticism. pragmatic contradiction, a contradiction that
is generated by pragmatic rather than logical implication. A logically implies
B if it is impossible for B to be false if A is true, whereas A pragmatically
implies B if in most but not necessarily all contexts, saying ‘A’ can
reasonably be taken as indicating that B is true. Thus, if I say, “It’s
raining,” what I say does not logically imply that I believe that it is
raining, since it is possible for it to be raining without my believing it is.
Nor does my saying that it is raining logically imply that I believe that it
is, since it is possible for me to say this without believing it. But my saying
this does pragmatically imply that I believe that it is raining, since normally
my saying this can reasonably be taken to indicate that I believe it.
Accordingly, if I were to say, “It’s raining but I don’t believe that it’s
raining,” the result would be a pragmatic contradiction. The first part “It’s
raining” does not logically imply the negation of the second part “I don’t
believe that it’s raining” but my saying the first part does pragmatically
imply the negation of the second part.
Old-World pragmatism: Grice: “I dislike
the expression Old World if it means Eurasiaif it means just Europe, that’s
OK.” -- a philosophy that stresses the relation of theory to praxis and takes
the continuity of experience and nature as revealed through the outcome of
directed action as the starting point for reflection. Experience is the ongoing
transaction of organism and environment, i.e., both subject and object are
constituted in the process. When intelligently ordered, initial conditions are
deliberately transformed according to ends-inview, i.e., intentionally, into a
subsequent state of affairs thought to be more desirable. Knowledge is
therefore guided by interests or values. Since the reality of objects cannot be
known prior to experience, truth claims can be justified only as the
fulfillment of conditions that are experimentally determined, i.e., the outcome
of inquiry. As a philosophic movement, pragmatism was first formulated by
Peirce in the early 1870s in the Metaphysical Club in Cambridge, Massachusetts;
it was announced as a distinctive position in James’s 8 address to the
Philosophical Union at the of California
at Berkeley, and further elaborated according to the Chicago School, especially
by Dewey, Mead, and Jane Addams 18605. Emphasis on the reciprocity of theory
and praxis, knowledge and action, facts and values, follows from its
postDarwinian understanding of human experience, including cognition, as a
developmental, historically contingent, process. C. I. Lewis’s pragmatic a
priori and Quine’s rejection of the analytic synthetic distinction develop
these insights further. Knowledge is instrumental a tool for organizing experience
satisfactorily. Concepts are habits of belief or rules of action. Truth cannot
be determined solely by epistemological criteria because the adequacy of these
criteria cannot be determined apart from the goals sought and values
instantiated. Values, which arise in historically specific cultural situations,
are intelligently appropriated only to the extent that they satisfactorily
resolve problems and are judged worth retaining. According to pragmatic
theories of truth, truths are beliefs that are confirmed in the course of
experience and are therefore fallible, subject to further revision. True
beliefs for Peirce represent real objects as successively confirmed until they
converge on a final determination; for James, leadings that are worthwhile; and
according to Dewey’s theory of inquiry, the transformation of an indeterminate
situation into a determinate one that leads to warranted assertions. Pragmatic
ethics is naturalistic, pluralistic, developmental, and experimental. It
reflects on the motivations influencing ethical systems, examines the
individual developmental process wherein an individual’s values are gradually
distinguished from those of society, situates moral judgments within
problematic situations irreducibly individual and social, and proposes as
ultimate criteria for decision making the value for life as growth, determined
by all those affected by the actual or projected outcomes. The original
interdisciplinary development of pragmatism continues in its influence on the
humanities. Oliver Wendell Holmes, Jr., member of the Metaphysical Club, later
justice of the U.S. Supreme Court, developed a pragmatic theory of law.
Peirce’s Principle of Pragmatism, by which meaning resides in conceivable
practical effects, and his triadic theory of signs developed into the field of
semiotics. James’s Principles of Psychology 0 not only established experimental
psychology in North America, but shifted philosophical attention away from
abstract analyses of rationality to the continuity of the biological and the
mental. The reflex arc theory was reconstructed into an interactive loop of
perception, feeling, thinking, and behavior, and joined with the selective
interest of consciousness to become the basis of radical empiricism. Mead’s
theory of the emergence of self and mind in social acts and Dewey’s analyses of
the individual and society influenced the human sciences. Dewey’s theory of
education as community-oriented, based on the psychological developmental
stages of growth, and directed toward full participation in a democratic
society, was the philosophical basis of progressive education.
prae-analytic, considered but naive;
commonsensical; not tainted by prior explicit theorizing; said of judgments
and, derivatively, of beliefs or intuitions underlying such judgments.
Preanalytic judgments are often used to test philosophical theses. All things
considered, we prefer theories that accord with preanalytic judgments to those
that do not, although most theorists exhibit a willingness to revise
preanalytic assessments in light of subsequent inquiry. Thus, a preanalytic
judgment might be thought to constitute a starting point for the philosophical
consideration of a given topic. Is justice giving every man his due? It may
seem so, preanalytically. Attention to concrete examples, however, may lead us
to a different view. It is doubtful, even in such cases, that we altogether
abandon preanalytic judgments. Rather, we endeavor to reconcile apparently
competing judgments, making adjustments in a way that optimizes overall
coherence.
Præ-dicatum:
Grice
on the praedicatum/impraedicatum distinctionan impredicative definition is the
definition of a concept in terms of the totality to which it belongs. Whitehead
and Russell, in their “Principia Mathematica” introduce ‘im-predicative’
(earlier, ‘non-predicative,’ which Grice prefers) prohibiting an impredicative
definition from conceptual analysis, on the grounds that an impredicative
definition entails (to use Moore’s jargon) a paradoxwhich Grice loves. An
impredicative definition of the set R of all sets that are not members of
themselves leads to the self-contradictory conclusion that R is a member of
itself if and only if it is not a member of itself. In Grice’s rewrite:
“Austin’s paradoxical dream was to create a ‘class’ each of whose member was such
that his class had no other member.” To avoid an antinomy of this kind in the
formalization of logic, Whitehead and Russell first implement in their ramified
type theory the vicious circle principle, that no whole (totum) may contain
parts (pars) that are definable only in terms of that whole (totum). The
limitation of ramified type theory is that without use of an impredicative
definition it is impossible to quantify over every item, but only over every
item of a certain order or type. Without being able to quantify over every item
generally, many of the most important definitions and theorems of classical
philosophy cannot be formulated. Whitehead and Russell for this reason later
abandoned ramified in favour of simple type theory, which avoids a logical paradox
without outlawing an impredicative definition by forbidding the predication of
terms of any type (object, property and relation, higher-order propertiy and
relations of properties and relations, etc.) to terms of the same type.
CVM-RECTVM -- correctum: there’s‘corrigibility’ (=
correctum) and ‘incorrigibility’“The implicaturum is that something is
incorrigibile it cannot be correctedbut Chisholm never explies ‘by whom’”!
(Grice uses ‘exply’ as opposite of ‘imply’).
Who is corrigible? The emissor. “I am sorry I have to tell you you are
wrong.” On WoW: 142, Grice refers to the ‘authority’ of the utterer as a
‘rational being’ to DEEM that an M-intention is an antecedent condition for his
act of meaning. Grice uses ‘privilege’ as synonym for ‘authority’ here. But not
in the phrase ‘privileged access.’ His point is not so much about the TRUTH
(which ‘incorrigibility’ suggests), but about the DEEMING. It is part of the
authority or privilege of the utterer as rational to provide an ACCEPTABLE
assignment of an M-intention behind his utterance.
Prae-judicum -- prejudices: the life and opinions of H.
P. Grice, by H. P. Grice! PGRICE had been in the works for a while. Knowing
this, Grice is able to start his auto-biography, or memoir, to which he later
adds a specific reply to this or that objection by the editors. The reply is
divided in neat sections. After a preamble displaying his gratitude for the
volume in his honour, Grice turns to his prejudices and predilections;
which become, the life and opinions of H. P. Grice. The third section is a
reply to the editorss overview of his work. This reply itself is itself
subdivided into questions of meaning and rationality, and questions of Met. ,
philosophical psychology, and value. As the latter is repr. in “Conception” it
is possible to cite this sub-section from the Reply as a separate
piece. Grice originally entitles his essay in a brilliant manner, echoing
the style of an English non-conformist, almost: Prejudices and predilections;
which become, the life and opinions of H. P. Grice. With his Richards, a nice
Welsh surNames, Grice is punning on the first Names of both Grandy and Warner.
Grice is especially concerned with what Richards see as an ontological
commitment on Grices part to the abstract, yet poorly individuated entity of a
proposition. Grice also deals with the alleged insufficiency in his conceptual
analysis of reasoning. He brings for good measure a point about a potential
regressus ad infinitum in his account of a chain of intentions involved in meaning
that p and communicating that p. Even if one of the drafts is titled
festschrift, not by himself, this is not strictly a festschrift in that Grices
Names is hidden behind the acronym: PGRICE. Notably on the philosophy of
perception. Also in “Conception,” especially that tricky third lecture on a
metaphysical foundation for objective value. Grice is supposed to reply to
the individual contributors, who include Strawson, but does not. I cancelled
the implicaturum! However, we may identify in his oeuvre points of contacts of
his own views with the philosophers who contributed, notably Strawson. Most of
this material is reproduced verbatim, indeed, as the second part of his Reply
to Richards, and it is a philosophical memoir of which Grice is rightly proud.
The life and opinions are, almost in a joke on Witters, distinctly separated.
Under Life, Grice convers his conservative, irreverent rationalism making his
early initial appearance at Harborne under the influence of his non-conformist
father, and fermented at his tutorials with Hardie at Corpus, and his
associations with Austins play group on Saturday mornings, and some of whose
members he lists alphabetically: Austin, Gardiner, Grice, Hampshire, Hare,
Hart, Nowell-Smith, Paul, Pears, Strawson, Thomson, Urmson, and Warnock.
Also, his joint philosophising with Austin, Pears, Strawson, Thomson, and
Warnock. Under Opinions, Grice expands mainly on ordinary-language philosophy
and his Bunyanesque way to the City of Eternal Truth. Met. , Philosophical
Psychology, and Value, in “Conception,” is thus part of his Prejudices and
predilections. The philosophers Grice quotes are many and varied, such as
Bosanquet and Kneale, and from the other place, Keynes. Grice spends some
delightful time criticising the critics of ordinary-language philosophy such as
Bergmann (who needs an English futilitarian?) and Gellner. He also quotes from
Jespersen, who was "not a philosopher but wrote a philosophy of
grammar!" And Grice includes a reminiscence of the bombshells brought from
Vienna by the enfant terrible of Oxford philosophy Freddie Ayer, after being
sent to the Continent by Ryle. He recalls an air marshal at a dinner with
Strawson at Magdalen relishing on Cook Wilsons adage, What we know we know. And
more besides! After reminiscing for Clarendon, Grice will go on to reminisce
for Harvard University Press in the closing section of the Retrospective
epilogue. Refs.: The main source is “Reply to Richards,” and references to
Oxonianism, and linguistic botanising, BANC.
Prae-latum --
anaphora: a device of reference or
cross-reference in which a term called an anaphor, typically a pronoun, has its
semantic properties determined by a term or noun phrase called the anaphor’s
antecedent that occurs earlier. Sometimes the antecedent is a proper name or
other independently referring expression, as in ‘Jill went up the hill and then
she came down again’. In such cases, the anaphor refers to the same object as
its antecedent. In other cases, the anaphor seems to function as a variable bound
by an antecedent quantifier, as in ‘If any miner bought a donkey, he is
penniless’. But anaphora is puzzling because not every example falls neatly
into one of these two groups. Thus, in ‘John owns some sheep and Harry
vaccinates them’ an example due to Gareth Evans the anaphor is arguably not
bound by its antecedent ‘some sheep’. And in ‘Every miner who owns a donkey
beats it’ a famous type of case discovered by Geach, the anaphor is arguably
neither bound by ‘a donkey’ nor a uniquely referring expression.
Prae--existence, existence of the individual soul or
psyche prior to its current embodiment, when the soul or psyche is taken to be
separable and capable of existing independently from its embodiment. The
current embodiment is then often described as a reincarnation of the soul.
Plato’s Socrates refers to such a doctrine several times in the dialogues,
notably in the myth of Er in Book X of the Republic. The doctrine is
distinguished from two other teachings about the soul: creationism, which holds
that the individual human soul is directly created by God, and traducianism,
which held that just as body begets body in biological generation, so the soul
of the new human being is begotten by the parental soul. In Hinduism, the cycle
of reincarnations represents the period of estrangement and trial for the soul
or Atman before it achieves release moksha.
Prae-scriptivism, the theory that evaluative judgments
necessarily have prescriptive meaning. Associated with noncognitivism and moral
antirealism, prescriptivism holds that moral language is such that, if you say
that you think one ought to do a certain kind of act, and yet you are not
committed to doing that kind of act in the relevant circumstances, then you
either spoke insincerely or are using the word ‘ought’ in a less than
full-blooded sense. Prescriptivism owes its stature to Hare. One of his
innovations is the distinction between “secondarily evaluative” and “primarily
evaluative” words. The prescriptive meaning of secondarily evaluative words,
such as ‘soft-hearted’ or ‘chaste’, may vary significantly while their
descriptive meanings stay relatively constant. Hare argues the reverse for the
primarily evaluative words ‘good’, ‘bad’, ‘right’, ‘wrong’, ‘ought’, and
‘must’. For example, some people assign to ‘wrong’ the descriptive meaning
‘forbidden by God’, others assign it the descriptive meaning ‘causes social
conflict’, and others give it different descriptive meanings; but since all use
‘wrong’ with the same prescriptive meaning, they are using the same concept. In
part to show how moral judgments can be prescriptive and yet have the same
logical relations as indicative sentences, Hare distinguished between phrastics
and neustics. The phrastic, or content, can be the same in indicative and
prescriptive sentences; e.g., ‘Sam’s leaving’ is the phrastic not only of the
indicative ‘Sam will leave’ but also of the prescription ‘Sam ought to leave’.
Hare’s Language of Morals 2 specified that the neustic indicates mood, i.e.,
whether the sentence is indicative, imperative, interrogative, etc. However, in
an article in Mind 9 and in Sorting Out Ethics 7, he used ‘neustic’ to refer to
the sign of subscription, and ‘tropic’ to refer to the sign of mood.
Prescriptivity is especially important if moral judgments are universalizable.
For then we can employ golden rulestyle moral reasoning.
prae-Socratics: cf. pre-Griceians. the early Grecian
philosophers who were not influenced by Socrates. Generally they lived before
Socrates, but some are contemporary with him or even younger. The
classification though not the term goes back to Aristotle, who saw Socrates’
humanism and emphasis on ethical issues as a watershed in the history of
philosophy. Aristotle rightly noted that philosophers prior to Socrates had
stressed natural philosophy and cosmology rather than ethics. He credited them
with discovering material principles and moving causes of natural events, but
he criticized them for failing to stress structural elements of things formal
causes and values or purposes final causes. Unfortunately, no writing of any
pre-Socratic survives in more than a fragmentary form, and evidence of their
views is thus often indirect, based on reports or criticisms of later writers.
In order to reconstruct pre-Socratic thought, scholars have sought to collect
testimonies of ancient sources and to identify quotations from the preSocratics
in those sources. As modern research has revealed flaws in the interpretations
of ancient witnesses, it has become a principle of exegesis to base
reconstructions of their views on the actual words of the pre-Socratics
themselves wherever possible. Because of the fragmentary and derivative nature
of our evidence, even basic principles of a philosopher’s system sometimes
remain controversial; nevertheless, we can say that thanks to modern methods of
historiography, there are many points we understand better than ancient
witnesses who are our secondary sources. Our best ancient secondary source is
Aristotle, who lived soon after the pre-Socratics and had access to most of
their writings. He interprets his predecessors from the standpoint of his own
theory; but any historian must interpret philosophers in light of some
theoretical background. Since we have extensive writings of Aristotle, we understand his system and can filter out his
own prejudices. His colleague Theophrastus was the first professional historian
of philosophy. Adopting Aristotle’s general framework, he systematically
discussed pre-Socratic theories. Unfortunately his work itself is lost, but
many fragments and summaries of parts of it remain. Indeed, virtually all
ancient witnesses writing after Theophrastus depend on him for their general
understanding of the early philosophers, sometimes by way of digests of his
work. When biography became an important genre in later antiquity, biographers
collected facts, anecdotes, slanders, chronologies often based on crude a
priori assumptions, lists of book titles, and successions of school directors,
which provide potentially valuable information. By reconstructing ancient
theories, we can trace the broad outlines of pre-Socratic development with some
confidence. The first philosophers were the Milesians, philosophers of Miletus
on the Ionian coast of Asia Minor, who in the sixth century B.C. broke away
from mythological modes of explanation by accounting for all phenomena, even
apparent prodigies of nature, by means of simple physical hypotheses. Aristotle
saw the Milesians as material monists, positing a physical substrate of water, or the apeiron, or air; but their
material source was probably not a continuing substance that underlies all
changes as Aristotle thought, but rather an original stuff that was transformed
into different stuffs. Pythagoras migrated from Ionia to southern Italy,
founding a school of Pythagoreans who believed that souls transmigrated and
that number was the basis of all reality. Because Pythagoras and his early
followers did not publish anything, it is difficult to trace their development
and influence in detail. Back in Ionia, Heraclitus criticized Milesian
principles because he saw that if substances changed into one another, the
process of transformation was more important than the substances that appeared
in the cycle of changes. He thus chose the unstable substance fire as his
material principle and stressed the unity of opposites. Parmenides and the
Eleatic School criticized the notion of notbeing that theories of physical
transformations seemed to presuppose. One cannot even conceive of or talk of
not-being; hence any conception that presupposes not-being must be ruled out.
But the basic notions of coming-to-be, differentiation, and indeed change in
general presuppose not-being, and thus must be rejected. Eleatic analysis leads
to the further conclusion, implicit in Parmenides, explicit in Melissus, that
there is only one substance, what-is. Since this substance does not come into
being or change in any way, nor does it have any internal differentiations, the
world is just a single changeless, homogeneous individual. Parmenides’ argument
seems to undermine the foundations of natural philosophy. After Parmenides
philosophers who wished to continue natural philosophy felt compelled to grant
that coming-to-be and internal differentiation of a given substance were
impossible. But in order to accommodate natural processes, they posited a
plurality of unchanging, homogeneous elements
the four elements of Empedocles, the elemental stuffs of Anaxagoras, the
atoms of Democritus that by arrangement
and rearrangement could produce the cosmos and the things in it. There is no
real coming-to-be and perishing in the world since the ultimate substances are
everlasting; but some limited kind of change such as chemical combination or
mixture or locomotion could account for changing phenomena in the world of
experience. Thus the “pluralists” incorporated Eleatic principles into their
systems while rejecting the more radical implications of the Eleatic critique.
Pre-Socratic philosophers developed more complex systems as a response to
theoretical criticisms. They focused on cosmology and natural philosophy in
general, championing reason and nature against mythological traditions. Yet the
pre-Socratics have been criticized both for being too narrowly scientific in
interest and for not being scientific experimental enough. While there is some
justice in both criticisms, their interests showed breadth as well as
narrowness, and they at least made significant conceptual progress in providing
a framework for scientific and philosophical ideas. While they never developed
sophisticated theories of ethics, logic, epistemology, or metaphysics, nor
invented experimental methods of confirmation, they did introduce the concepts
that ultimately became fundamental in modern theories of cosmic, biological,
and cultural evolution, as well as in atomism, genetics, and social contract
theory. Because the Socratic revolution turned philosophy in different
directions, the pre-Socratic line died out. But the first philosophers supplied
much inspiration for the sophisticated fourthcentury systems of Plato and
Aristotle as well as the basic principles of the great Hellenistic schools,
Epicureanism, Stoicism, and Skepticism.
Prae-sub-positum: praesupposition, 1 a relation between
sentences or statements, related to but distinct from entailment and assertion;
2 what a speaker takes to be understood in making an assertion. The first
notion is semantic, the second pragmatic. The semantic notion was introduced by
Strawson in his attack on Russell’s theory of descriptions, and perhaps
anticipated by Frege. Strawson argued that ‘The present king of France is bald’
does not entail ‘There is a present king of France’ as Russell held, but
instead presupposes it. Semantic presupposition can be defined thus: a sentence
or statement S presupposes a sentence or statement SH provided S entails SH and
the negation of S also entails SH . SH is a condition of the truth or falsity
of S. Thus, since ‘There is a present king of France’ is false, ‘The present
king of France is bald’ is argued to be neither true nor false. So construed,
presupposition is defined in terms of, but is distinct from, entailment. It is
also distinct from assertion, since it is viewed as a precondition of the truth
or falsity of what is asserted. The pragmatic conception does not appeal to
truth conditions, but instead contrasts what a speaker presupposes and what
that speaker asserts in making an utterance. Thus, someone who utters ‘The
present king of France is bald’ presupposes
believes and believes that the audience believes that there is a present king of France, and
asserts that this king is bald. So conceived, presuppositions are beliefs that
the speaker takes for granted; if these beliefs are false, the utterance will
be inappropriate in some way, but it does not follow that the sentence uttered
lacks a truth-value. These two notions of presupposition are logically
independent. On the semantic characterization, presupposition is a relation
between sentences or statements requiring that there be truth-value gaps. On
the pragmatic characterization, it is speakers rather than sentences or
statements that have presuppositions; no truth-value gaps are required. Many
philosophers and linguists have argued for treating what have been taken to be
cases of semantic presupposition, including the one discussed above, as
pragmatic phenomena. Some have denied that semantic presuppositions exist. If
not, intuitions about presupposition do not support the claims that natural
languages have truth-value gaps and that we need a three-valued logic to
represent the semantics of natural language adequately. Presupposition is also
distinct from implicaturum. If someone reports that he has just torn his coat
and you say, “There’s a tailor shop around the corner,” you conversationally
implicate that the shop is open. This is not a semantic presupposition because
if it is false that the shop is open, there is no inclination to say that your
assertion was neither true nor false. It is not a pragmatic presupposition
because it is not something you believe the hearer believes.
Prae-theoretical, independent of theory. More
specifically, a proposition is pretheoretical, according to some philosophers,
if and only if it does not depend for its plausibility or implausibility on
theoretical considerations or considerations of theoretical analysis. The term
‘preanalytic’ is often used synonymously with ‘pretheoretical’, but the former
is more properly paired with analysis rather than with theory. Some
philosophers characterize pretheoretical propositions as “intuitively”
plausible or implausible. Such propositions, they hold, can regulate philosophical
theorizing as follows: in general, an adequate philosophical theory should not
conflict with intuitively plausible propositions by implying intuitively
implausible propositions, and should imply intuitively plausible propositions.
Some philosophers grant that theoretical considerations can override
“intuitions” in the sense of intuitively
plausible propositions when overall
theoretical coherence or reflective equilibrium is thereby enhanced.
Prae-
scriptum – Grice: “There must be something more to ‘sriptum’ than write since
the Romans over use it: de-scriptum has nothing to do with ‘write’, after all!”
Grice: “Scrivere has to do with writing in the sense of ‘stab’ i. e. marking
with a stylo on a tabula rasa.’ The graphein ain’t different.” praescriptum: prescriptivism. According to Grice’s prescriptive
meta-ethics, by uttering ‘p,’ the emissor may intend his recipient to entertain
a desiderative state of content ‘p.’ In which case, the emissor is
‘prescribing’ a course of conduct. As opposed to the ‘descriptum,’ which just
depicts a ‘state’ of affairs that the emissor wants to inform his recipient
about. Surely there are for Grice at
least two different modes, the buletic, which tends towards the prescriptive,
and the doxastic, which is mostly ‘descriptive.’ One has to be careful because
Grice thinks that what a philosopher like Strawson does with ‘descriptive’
expression (like ‘true,’ ‘know’ and ‘good’) and talk of pseudo-descriptive. What
is that gives the buletic a ‘prescritive’ or deontic ring to it? This is Kant’s
question. Grice kept a copy of Foots on morality as a system of hypothetical
imperatives. “So Somervillian Oxonian it hurts!”. Grice took virtue ethics more
seriously than the early Hare. Hare will end up a virtue ethicist, since he
changed from a meta-ethicist to a moralist embracing a hedonistic version of
eudaemonist utilitarianism. Grice was more Aristotelianly conservative! Unlike
Hares and Grices meta-ethical sensitivities (as members of the Oxonian school
of ordinary-language philosophy), Foot suggests a different approach to ethics.
Grice admired Foots ability to make the right conceptual distinction. Foot
is following a very Oxonian tradition best represented by the work of
Warnock. Of course, Grice was over-familiar with the virtue vs. vice distinction,
since Hardie had instilled it on him at Corpus! For Grice, virtue and vice
(and the mesotes), display an interesting logical grammar, though. Grice would
say that rationality is a virtue; fallacious reasoning is a vice. Some
things Grice takes more of a moral standpoint about. To cheat is neither
irrational nor unreasonble: just plain repulsive. As such, it would
be a vice ‒ mind not getting caught in its grip! Grice is concerned with vice
in his account of akrasia or incontinentia. If agent A KNOWS that doing x is
virtuous, yet decides to do ~x, which is vicious, A is being akratic. For
Grice, akratic behaviour applies both in the buletic or boulomaic realm and in
the doxastic realm. And it is part of the philosopher’s job to elucidate
the conceptual intricacies attached to it. 1. prima-facie (p⊃!q) V probably (p⊃q). 2. prima-facie
((A and B) ⊃!p)
V probably ( (A and B) ⊃p). 3. prima-facie ((A and B and C) ⊃!p) V probably ( (A and B
and C,) ⊃p). 4.
prima-facie ((all things before P V!p) V probably ((all things before P) ⊃ p). 5.
prima-facie ((all things are considered ⊃ !p) V probably (all things are considered, ⊃ p). 6. !q V
.q 7. Acc. Reasoning P wills that !q V Acc. Reasoning P that judges q.
Refs.: The main sources under ‘meta-ethics,’ above, BANC.
Prepostino da
Cremonasumma theologicalManichean, caraterismo.
prestipino: Giuseppe Prestipino (Gioiosa
Marea), filosofo. Professore a Siena. Attivo nel Partito Comunista Italiano, ha
alternato la sua attività di docente universitario con l'attività di
giornalista, attività politica, sindacalista.
Docente nei liceisia nella Libia post-coloniale che in Italia diviene
poi docente universitario. Sii stabilisce definitivamente in Italia, e dove
successivamente ricopre anche i ruoli di deputato regionale alla Regione
Sicilia e di sindaco di Capizzi.
Fondatore di diverse riviste accademiche e scientifiche, è noto in
particolare come pubblicista e studioso di socialismo, marxismo ed estetica. -- è
presidente onorario del Centro per la filosofia italiana di Monte Compatri e
Direttore della rivista filosofica Il contributo. Opere: “La teoria del mito e la modernità di
G. B. Vico, Palermo, Montaina, L'arte e
la dialettica in Lukàcs e Della Volpe, Messina-Firenze, D'Anna, Che cos'e la
filosofia : strutture e livelli del conoscere, Gaeta, Bibliotheca, Per una antropologia filosofica : proposte di
metodo e di lessico, Napoli, Guida, Marxismo (e tradizione gramsciana) negli
studi antropologici, Natura e società,
Roma, Editori Riuniti, Da Gramsci a Marx, Roma, Editori Riuniti, Modelli di
strutture storiche, Bibliotheca, 1Narciso e l’automobile, La Città del Sole, Realismo
e Utopia. In memoria di Lukács e Bloch, Roma, Editori Riuniti, Tre voci nel
deserto. Vico Leopardi Gramsci, Roma, Carocci. Scheda su aracneeditrice.it Chiara Loschi, Da una sponda all’altra del
Mediterraneo: memorie di militanza comunista. Intervista a Prestipino. Art. in:
Historia Magistra. Rivista di storia critica, lCatalogo del Servizio
Bibliotecario Nazionale Opere su
openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Pubblicazioni su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la
Recherche et de l'Innovation. Filosofo
Democratico Giuseppe Prestipino, docente di filosofia della storia all'Siena
Giuseppe Prestipino, RISORGIMENTO ITALIANO E DIALETTICA STORICA IN GRAMSCI ,
dal Calendario del Popolo Autori Aracne Editrice Giuseppe Prestipino.
preti: Grice: “I like Preti. He wrote
“Retorica e logica,” which I enjoyed since this is what I do: I find the
rhetoric (the implicature) to the logic (the explicature).” Grice: “Preti was a
bit of a Stevensonian, with his ‘Praxis ed empirismo, and I mean C. L. Stevenson,
not the Scots master of narrative!”. Giulio Preti (Pavia),
filosofo. Compiuti i primi studi all'Istituto Magistrale Adelaide Cairoli, si
iscrisse all'Università degli Studi di Pavia, dove fu allievo di Levi, Villa e
dell'indianista Suali; dopo essersi interessato di discipline orientalistiche,
indirizzò i suoi studi alla filosofia e si laureò nel 1933, discutendo una tesi
sul pensiero di Edmund Husserl. Grazie all'amicizia con Enzo Paci, nata nelle
aule dell'ateneo di Pavia, Giulio Preti entrò a far parte del novero di
intellettuali e studiosi che, riuniti intorno alla figura di Antonio Banfi,
avrebbero poi dato vita al movimento di rinnovamento della filosofia italiana
che si andava delineando nell'ambiente milanese di quegli anni. Segnalatosi
ben presto come acuto critico dell'orientamento idealistico predominante nella
cultura italiana della prima metà del '900, rivolse i propri interessi, oltre
che alla fenomenologia husserliana, alle più innovative correnti europee di
filosofia della scienza e del linguaggio, concentrandosi particolarmente sugli
sviluppi della logica matematica e sul positivismo logico. Nel 1937 sposa
Daria Menicanti dando vita a un matrimonio che terminerà nel 1954, anche se il
rapporto tra i due durerà tutta la vita. Nel corso della Seconda guerra
mondiale partecipò alla Resistenza, fiancheggiando formazioni comuniste, ma nel
1946 decise di non ritirare la tessera del PCI. Attivo promotore di ideali
democratici, partecipò, nel secondo dopoguerra, al dibattito culturale italiano
contribuendo a riviste e quotidiani, soprattutto di area comunista, (Il
Politecnico, Paese sera) e segnalandosi per la polemica, che lo accompagnò
lungo tutta la sua attività, contro l'impostazione umanistico-retorica dei
principali indirizzi (cattolico-spiritualista, idealistico crociano e
post-attualistico) della cultura italiana. Aderì alla dottrina marxistica
ufficiosa del PCI (non rifiutò il diamat sovietico e la larga parte del
pensiero gramsciano), e condusse autonomi studi sul giovane Marx nell'ottica di
una originale filosofia della prassi. Incaricato di Filosofia morale
presso l'Pavia nel 1950, passò nel 1954 alla Facoltà di Magistero
dell'Università degli Studi di Firenze, dove rimase come professore di Storia
della Filosofia e di Filosofia fino alla morte. Il pensiero Giulio Preti
diede dei contributi originali a pressoché tutte le discipline filosofiche:
dalla filosofia teoretica alla filosofia morale, dalla storia della filosofia
all'estetica, dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della
scienza. I suoi primi saggi, accolti nella rivista banfiana "Studi
Filosofici", lo videro coinvolto in una polemica sull'immanenza e la
trascendenza in filosofia, oltre che nella presentazione delle principali
novità filosofiche d'oltralpe. I suoi primi due volumi Fenomenologia del valore
e Idealismo e positivism, in cui emerge con evidenza quell'impostazione tesa a
conciliare istanze razionalistiche ed empiristiche cui rimarrà fedele per tutta
la vita, sono di taglio decisamente teoretico: in essi, pur mantenendo in larga
parte la terminologia e l'approccio mutuati da Husserl nel corso dei suoi
studi, dimostra la propria sensibilità alle istanze di tipo positivistico ed ai
problemi posti dal materialismo storico. Solo nel periodo successivo alla guerra
approderà ad uno studio veramente sistematico del pensiero filosofico-analitico
sviluppato in Inghilterra dalla "scuola" di Russell e Wittgenstein e
sul continente dagli autori dei circoli neo-positivistici di Vienna e Berlino,
in gran parte riparati in America nel corso degli anni trenta del '900: i
frutti di questi suoi studi saranno accolti nel volumetto Linguaggio comune e
linguaggi scientifici, oltre che in alcuni articoli apparsi in riviste e ora
raccolti nel primo volume dei “Saggi filosofici.” Pur non abbandonando mai del
tutto la propria originaria impostazione "continentale", da allora in
poi Preti si sarebbe segnalato come uno dei filosofi italiani più in sintonia
con temi e metodi della filosofia analitica. Presente nella sua opera fu anche l'influenza
del pragmatismo, anche se limitata ad alcuni aspetti generali della riflessione
sul rapporto tra teoresi e prassi, come risulta evidente dalla lettura di un
libro destinato a godere di un certo successo, “Praxis ed empirismo.” In questo
volumetto presentò in maniera relativamente organica, per quanto rapidamente,
alcuni temi al confine tra pensiero teoretico, filosofia morale e filosofia
politica. Negli anni successivi la sua opera, rimasta in parte inedita e uscita
postuma, si focalizzò su problemi concernenti temi teoretici trasversali
soprattutto nei campi della gnoseologia, della filosofia della scienza, della
metamorale (analisi teoretica di concetti propri della filosofia morale) e
dell'estetica. Pu autore anche di studi storico-filosofici. Nel campo
della storia della filosofia antica e in quello medievistico egli concentrò il
proprio interesse sui problemi della logica post-aristotelica e scolastica (si
vedano gli studi contenuti nel secondo volume dei Saggi filosofici), mentre
nell'ambito della filosofia moderna si occupò di Leibniz e della filosofia
morale di Smith. Vide la luce un libro sulla Storia del pensiero scientifico,
riguardante lo sviluppo dello spirito scientifico dall'antichità greca alla
crisi della scienza classica tra la fine Professoree l'inizio del XX. Il
suo ultimo volume “Retorica e logica: le due culture” del 1968 è un'opera a
cavallo tra la ricostruzione storico-filosofica e il saggio teoretico, con il
quale si intende dimostrare, prendendo le mosse dalla polemica aperta dallo
scienziato e scrittore inglese C. P. Snow, l'inconciliabilità tra le due forme
di cultura che si intrecciano nel dibattito occidentale, quella
logico-scientifica e quella umanistico-letteraria, e la necessità di far
prevalere la prima sulla seconda al fine di non cedere a nuove forme di
oscurantismo elitario e fanatico. Preti, inoltre, affiancò costantemente
alla propria attività di autore quella di curatore e traduttore soprattutto di
classici del pensiero filosofico. Il suo stile, volutamente trascurato, è
rapido, nervoso e semplice, in implicita polemica con il "bello
scrivere" e l'ermetismo tipico delle scuole idealistiche italiane. Altra
interessante caratteristica di Preti come autore è quella di non ritornare
quasi mai sul materiale già da lui edito: non diede mai mano infatti a seconde
edizioni delle proprie opere. Critica Secondo il parere di Franzini, nel
pensiero di Preti si assisterebbe a un tentativo di trovare una via alternativa
al rapporto fra un pensiero unitario e inglobante (di tradizione
hegeliano-crociana), e uno invece dualistico, nel distinguo fra saperi
umanistici e scientifici. Il rifiuto di una strenua dicotomia, secondo Preti,
non deve annullare bensì esaltare le differenze. Opere principali:
“Fenomenologia del valore,” Principato, MilanoMessina. “Idealismo e
positivismo,” Bompiani, Milano “Linguaggio comune e linguaggi scientifici,”
Bocca, Milano Newton, Garzanti, Milano, Il Cristianesimo universale di G. G.
Leibniz, Bocca, Milano, Praxis ed empirismo, Einaudi, Torino (nuova edizione,
con prefazione di Salvatore Veca e postfazione di Fabio Minazzi, Bruno
Mondadori, Milano) Alle origini dell'etica contemporanea: Smith, Laterza, Bari (nuova edizione, La Nuova Italia, Firenze , Storia
del pensiero scientifico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, Retorica e logica,
Torino, Einaudi, Che será, será, Firenze, Il Fiorino, Umanismo e
strutturalismo. Scritti di estetica e di letteratura con un saggio inedito,
Ermanno Migliorini, Liviana, Padova. Lo scetticismo e il problema della conoscenza,
“Rivista critica di Storia della Filosofia”, Saggi filosofici, con
presentazione di Pra, La Nuova Italia, Firenz. In principio era la carne. Saggi
filosofici inediti , Pra, Franco Angeli, Milano, Il problema dei valori:
l'etica di Moore, Alberto Peruzzi, Franco Angeli, Milano, Lezioni di filosofia
della scienza, Fabio Minazzi, Franco Angeli, Milano, Morale e metamorale. (Grice:
“moralia e transmoralia”). Saggi filosofici inediti, Ermanno Migliorini, Franco
Angeli, Milano Écrits philosophiques. Les lumières du rationalisme italien,
textes choisis et présentés par Scarantino, traduction par Marilene Raiola en
collaboration avec Thierry Loise et Luca M. Scarantino, préface parPetitot,
Éditions du Cerf, Paris, L'esperienza insegna... Scritti civili d sulla
Resistenza, a cura e con un saggio introduttivo di Fabio Minazzi, Manni Editore,
San Cesario, Lecce, In principio era la carne, Luca Maria Scarantino,
"Rivista di Storia della Filosofia", Notizie sull'operosità
scientifica e sulla carriera didattica, Fabio Minazzi, "Il Protagora"
Filosofare onestamente, andando là dove il pensiero ci porta. Lettere a Giovanni
Gentile, Fabio Minazzi, "Il Protagora", Ci terrei tanto a venire a
Firenze... Lettere ad Eugenio Garin, Fabio Minazzi, "Il Protagora",Qui
a Firenze si muore nel silenzio e nella solitudine. Lettere a Pra, Minazzi,
"Il Protagora", Philosophical Essays. Critica Rationalism as
Historical-objective Transcendentalism, edited by Fabio MinazziI. E. Peter
Lang, Bruxelles-Berlin-New York-Oxford-Wien
Note Elio Franzini, Il mito delle
due culture e la filosofia dei giornali, in "La Tigre di Carta", Aldo
Zanardo, Enciclopedia ItalianaIV
Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Fabio Minazzi, Giulio
Preti: , Franco Angeli, Milano Mario Dal Pra, Studi sull'empirismo critico di
Giulio Preti, Bibliopolis, Napoli, Pier Luigi Lecis, Filosofia, scienza,
valori: il trascendentalismo critico di Giulio Preti, Morano, Napoli, Fabio
Minazzi , Il pensiero di Giulio Preti nella cultura filosofica del Novecento,
Franco Angeli, Milano, Fabio Minazzi, L'onesto mestiere del filosofare, Franco
Angeli, Milano, Fabio Minazzi, Il cacodemone neoilluminista. L'inquietudine
pascaliana di reti, Prefazione di Fulvio Papi, Franco Angeli, Milano Alberto
Peruzzi , Giulio Preti filosofo europeo, Olschki, Firenze, Paolo Parrini e Luca Maria Scarantino , Il
pensiero filosofico di Preti, Guerini e associati, Milano, Vincenzo Tavernese,
Giulio Preti. La teoria della conoscenza nel saggio postumo In principio era la
carne, Firenze Atheneum, Scandicci, Luca
Maria Scarantino, Preti. La costruzione della filosofia come scienza sociale,
Bruno Mondadori, Milano Le mektoub tunisien de Preti. La vie et l'oeuvre d'un philosophe
italien rationaliste, sous la direction de Michele Brondino et Fabio Minazzi,
Editions Publisud, Paris, Jean Petitot, Per un nuovo illuminismo, Prefazione,
traduzione dal francese e cura di Fabio Minazzi, Bompiani, Milano 2009 Fabio
Minazzi, Suppositio pro significato non ultimato. G neorealista logico studiato
nei suoi scritti inediti, Mimesis, Milano
Fabio Minazzi, Preti: le opere e
i giorni. Una vita più che vita per la filosofia quale onesto mestiere,
Mimesis, Milano Franco Cambi, Giovanni
Mari , Intellettuale critico e filosofo attuale, Firenze University Press,
Firenze Massimo Mugnai, «Scienza e
filosofia: Geymonat e Preti» in Il contributo italiano alla storia del Pensiero
Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Minazzi e Sandrini , Il contributo di Giulio
Preti al razionalismo critico europeo, Mimesis, Milano . Fabio Minazzi, Sul
bios theretikòs di Giulio Preti , Mimesis, Milano , 2 voll. Francesco di Maria,
Saggio sul pensiero di Giulio Preti. Un punto di vista cattolico, Stamen, Roma
. Elio Franzini, Il mito delle due
culture e la filosofia dei giornali, in La Tigre di Carta, Giulio Preti dal
sito Swif dell'Bari Giulio Preti su pianetagalileo.it Giulio Preti,
presentazione Paolo Parrini e Luca Maria Scarantino dal convegno Unesco
(Conseil International de la Philosophie et des Sciences Humaines) Sul Bíos
theoretikós di Giulio Preti. Convegno internazionale nel sito dell'Università
degli studi dell'Insubria Sito internet dedicato al pensiero di Giulio Preti,
su giuliopreti.eu.
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