losano: Grice: “I like Lossano; his
research overlap with that of H. L. A. Hart, but Losano is more interested in
the philosophy and he is obviously more continental, as he should, given the
prominence of Kelsen in the field!” -- Mario
Giuseppe Losano (Casale Monferrato), filosofo. Si occupa di filosofia del
diritto e informatica giuridica. Laureato in giurisprudenza presso l'Università
degli Studi di Torino nel 1961-62 e libero docente di filosofia del diritto nel
1971, insegnò teoria generale del diritto presso la Facoltà di Scienze
Politiche dell'Università degli Studi di Milano dal 1969 al 2004. Dal 2002 al
2007 è stato Professore di Introduzione all'Informatica Giuridica e di
Filosofia del Diritto presso le Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze
Matematiche e Fisiche e presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche ed
Economiche dell'Università del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro",
sede di Alessandria. Dal 2007 è stato Professore di Filosofia del Diritto
presso la Facoltà di Giurisprudenza della stessa università, dove ha anche
insegnato Introduzione all'Informatica Giuridica. Dal 2009 è professore emerito
di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica presso la stessa università. È
professore nella Scuola di Dottorato in Diritti e Istituzioni dell'Università
degli Studi di Torino e, inoltre, nel Corso di perfezionamento del Dipartimento
di Scienze Umane per la Formazione, Milano Bicocca. È stato professore
visitante, in Brasile, presso la Universidade do Estado de Minas Gerais, Belo
Horizonte, e "professor visitante permanente" presso la Universidade
Federal da Paraíba, João Pessoa, Brasile. È socio corrispondente dell'Accademia
delle Scienze di Torino e, in Brasile, della Academia Pernambucana de Letras,
Recife, e della Academia Sergipana de Letras, Aracaju. Assoziierter
Wissenschaftler am Max-Planck-Institut für Europäische Rechtsgeschichte,
Frankfurt am Main [in italiano?]. Si occupa di storia della filosofia del
diritto; teoria generale del diritto; circolazione mondiale delle idee
giuridiche e sociali; filosofia politica; diritti umani; geopolitica;
informatica giuridica; privacy; e-publishing; edizioni di archivi storici. Ha
pubblicato in tre volumi un completo panorama sull'evoluzione della nozione di
sistema nel diritto dalle origini ai giorni nostri. Ha curato i tre volumi dei
carteggi inediti di Rudolf von Jhering con vari giuristi tedeschi e austriaci,
nonché le traduzioni italiane di importanti opere di Rudolf von Jhering e di
Hans Kelsen. In tedesco ha curato l'edizione critica delle corrispondenze dal
Giappone di Hermann Roesler. In francese ha pubblicato l'inedito corso di filosofia
del diritto tenuto a Tokyo nel 1889 da Alessandro Paternostro. Come informatico
giuridico, ha pubblicato il primo manuale italiano di informatica giuridica e
diritto informatico in tre volumi e un progetto di legge sulla tutela della
privacy; presso l'Università degli Studi di Milano è stato presidente del
"Centro di calcolo automatico" (1982-1985 e 1985-1988); nel 2001 ha
fondato il corso triennale di laurea in informatica giuridica presso
l'Università del Piemonte Orientale, primo corso interfacoltà di questo genere
in Italia, poiché è inserito tanto nella Facoltà di Scienze Matematiche,
Fisiche e Naturali, quanto nella Facoltà di Giurisprudenza. Come brasilianista,
ha studiato il filosofo Tobias Barreto e il maggior movimento sociale del Sud America,
il "Movimento Sem-Terra" (MST). Nel 1973 ha tenuto presso la Facoltà
di Giurisprudenza dell'São Paulo il primo corso brasiliano di informatica
giuridica. Ha finora pubblicato oltre 50 volumi e 500 saggi originali. Suoi
libri e saggi sono tradotti in 12 lingue. Prima di optare per il tempo
pieno all'università, è stato per anni consulente editoriale della Giulio
Einaudi Editore di Torino, poi del gruppo editoriale Elemond (Electa-Mondadori
di Milano), nonché consulente scientifico per l'informatica dell'amministratore
delegato della Siemens Data S.p.A. di Milano (in seguito Unidata e poi Siemens
Nixdorf). Riconoscimenti Nel 1971 gli è stato conferito il Prix
International des Hautes Synthèses, Nice (Francia). Nel 1971 gli è stato
conferito il Premio Honeywell per il giornalismo scientifico, Milano. Nel 1995
la fondazione tedesca Alexander von Humboldt gli ha conferito il premio per la
ricerca Alexander von Humboldt-Forschungspreis. Nel 2002 il Governo brasiliano
lo ha nominato Comendador da Ordem Nacional do Cruzeiro do Sul per meriti
culturali. Nel 2004 ha ricevuto il titolo di Dottore honoris causa dalla
Facoltà di Giurisprudenza dell'Hannover. Nel 2008 ha ricevuto il titolo di
Dottore honoris causa dell'Universidad de la República di Montevideo. Nel 2009
ha ricevuto il titolo di Dottore honoris causa dalla Facoltà di Giurisprudenza
dell'Universidad Carlos III, Madrid. Nel
il Governo austriaco gli ha conferito la Oesterreichisches Ehrenkreuz
für Wissenschaft und Kunst I. Klasse. Nel
ha ricevuto il titolo di Professor honoris causa dalla Universidade
Federal de Pernambuco (UFPE), Recife, Brasile. Nel è nominato Socio Onorario e Paul Harris
Fellow dal Rotary Club, Distretto 2032 di Casale Monferrato, Italia. Nel ha ricevuto la Medaglia d'oro dell'Ordine
degli Avvocati, Milano, Italia. Nel ha
ricevuto il titolo di Professor honoris causa dalla Universidade Federal da
Paraíba (UFPB), João Pessoa, Brasile.Opere:“Kelsen, La dottrina pura del
diritto. Einaudi, Torino (Nuova Biblioteca Scientifica Einaudi). Hans Kelsen,
La dottrina pura del diritto. Mario G. Losano, Einaudi, Torino Nuova Universale
Einaudi). La teoria di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per
il seminario di filosofia del diritto, Università Statale di Milano. Anno
Accademicom Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino Giuscibernetica.
Macchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi, Torino Libia Materiali sui
rapporti fra ideologia ed economia nel terzo mondo. Corso di filosofia
politica, Milano. Anno Accademico Cooperativa Libraria Università Torinese,
Torino 1970, ILibia 970. Materiali sui rapporti fra ideologia ed economia nel
terzo mondo.//daten.digitale-sammlungen.de/db/0010/bsb00105522/images/ . Rudolf
von Jhering, Lo scopo nel diritto. Einaudi, Torino, Rudolf von Jhering, Lo
scopo nel diritto. Introduzione, Nino Aragno Editore, Torino , Corso di
informatica giuridica, Cooperativa Universitaria Editrice Milanese, Milano Corso
di informatica giuridica. Seconda edizione ampliata: IL'elaborazione dei dati
non numerici, Unicopli, Milano IIIl diritto dell'informatica, Unicopli, Milano Corso
di informatica giuridica. Terza edizione: IL'elaborazione dei dati non numerici,
Unicopli, Milano IIIl diritto dell'informatica, Unicopli, Milano 1984, XXXI–
[317-543] + 16 (seconda edizione, 1981)
Lições de informática jurídica, Editora Resenha Tributaria, São Paulo 1974,
XVI-237 [ed. ital.: Lezioni pauliste di
informatica giuridica, Torino 1974, VII-205 ] Stato e automazione. L'esempio giapponese,
Etas Kompass, Milano 1974, 245 Babbage:
la macchina analitica. Un secolo di calcolo automatico, Etas Kompass, Milano Scheutz:
La macchina alle differenze. Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri,
Milano Machines arithmétiques. Invenzioni francesi del Settecento. Testi
originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino I grandi sistemi
giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino
1978, XXIII-361 [trad. port.: Os grandes
sistemas jurídicos, Lisboa 1979, 307 ; trad. spagn.: Los grandes sistemas
jurídicos, Madrid 1981, 405 ] I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai
diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino 1988, XXIX-370 (seconda edizione ampliata). I grandi sistemi
giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Laterza, RomaBari
2000, XIX-550 (terza edizione ampliata)
[Trad. romena: Marile sisteme juridice. Introducere în dreptul european şi
extraeuropean, Bucureşti 2005, 640
[trad. in port.: Os grandes sistemas jurídicos. Introdução aos sistemas
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Fontes, São Paulo 2007, LVII-677 ] L'informatica legislativa regionale.
L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg & Sellier,
Torino Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano 1981, 229 (Trad. in spagn.: Teoría pura del derecho.
Evolución y puntos cruciales, Bogotá Introducción a la informática jurídica,
Universidad de Palma de Mallorca, Palma 1982, 107 Automi arabi del XIII secolo. Dal "Libro
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Milano con 12 tavole a colori); ristampato con il titolo: Automi d'Oriente.
"Ingegnosi meccanismi" arabi del XIII secolo, Milano Il diritto
economico giapponese. Seconda edizione ampliata con un'appendice sul diritto
coreano, Unicopli, Milano 1984, 138
(prima edizione: 1982) Der Briefwechsel zwischen Jhering und Gerber,
Münchener Universitätsschriften. Juristische Fakultät. Abhandlungen zur
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zu Jhering und Gerber, Münchener Universitätsschriften. Juristische Fakultät.
Abhandlungen zur rechtswissenschaftlichen Grundlagenforschung, Band 55/2, Teil
2, Verlag Rolf Gremer, Ebelsbach 1984, XXIII-432 L'ammodernamento giuridico della Turchia
(1839-1926), Unicopli, Milano 1980, 150
L'ammodernamento giuridico della Turchia (1839-1926), Unicopli, Milano
1985, 155 (Seconda edizione, ristampata
anche nel 1990; prima edizione: 1980) Hermann Roesler, Berichte aus Japan
(1879-1880), Herausgegeben von Mario G. Losano, Unicopli, Milano 1984,
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Madrid L'informatica e l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano
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(Trad. in port.: Histórias de autômatos. Da Grécia Antiga à Belle
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Informatika juridike. Përkthimi dhe parathënia nga Gjergj Sinani, Istituto per
la Documentazione Giuridica, Firenze 1994, 129
(Raccolta di saggi sull'informatica giuridica, già pubblicati in
italiano e qui tradotti in albanese). Sonne in der Tasche. Italienische Politik
seit 1992. Aus dem Italienischen von Moshe Kahn, Antje Kunstmann Verlag,
München 1995, 230 Der Briefwechsel
Jherings mit Unger und Glaser, Münchener Universitätsschriften. Juristische
Fakultät. Abhandlungen zur rechtswissenschaftlichen Grundlagenforschung, Band
78, Aktiv Verlag, Ebelsbach 1996, XIII-337
Renato Treves, sociologo tra il Vecchio e il Nuovo Mondo. Con il regesto
di un archivio ignoto e la di Renato
Treves, Unicopli, Milano 1998, VIII-210
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Giuffrè, Milano 1999, XI-402 [trad. in
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English).//accademiadellescienze.it/attivita/editoria/periodici-e-collane/memorie/morali/vol-37-fasc-2-
I carteggi di Pietro Luigi Albini con Federico Sclopis e Karl Mittermaier
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English).//accademiadellescienze.it/attivita/editoria/periodici-e-collane/memorie/morali/vol-38-fasc-3-
Alle origini della filosofia del diritto in Giappone. Il corso di Alessandro
Paternostro a Tokyo nel 1889. In appendice: A. Paternostro, Cours de
philosophie du droit, 1889, Lexis, Torino , XI-246 [Cfr. n. 58] [ 978-88-904616-8-2 digitale
9788894206401] Il portoghese Wenceslau de Moraes e il Giappone ottocentesco.
Con 25 sue corrispondenze nelle epoche Meiji e Taisho (1902-1913), Lexis,
Torino , XXVII-569 [ 978-88-942064-6-3; digitale 9788894206449] Lo spagnolo Enrique
Dupuy e il Giappone ottocentesco. In appendice: Enrique Dupuy, La
transformación del Japón en la era Meiji, 1867-1894, Lexis, Torino ,
XXIII-407 [ 9788894206456 digitale
9788894206449] El valenciano Enrique Dupuy y el Japón del siglo XIX. En
apéndice: Enrique Dupuy, La transformación del Japón en la era Meiji,
1867-1894, Servei de Publicacions de la Universitat de València, Valencia ,
313 La Rete e lo Stato Islamico.
Internet e i diritti delle donne nel fondamentalismo islamico, Mimesis, Milano
, 169 978-88-575-3873-0 Norberto
Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma , 510 978-88-430-9269-7 Hans Kelsen, Due saggi
sulla democrazia in difficoltà (1920-1925). Mario G. Losano, Aragno, Torino ,
XXII-134 9-788884-198914 La libertà
d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis,
Milano , 221 9788857556147 Sito di Mario G. Losano (con completa).
losurdo:
Grice: “Losurdo has contributed to a collection on ‘fatti normativi’ which is
fascinating!” -- Grice: “I like Losurdo:
describing Nietzsche as the aristocratic rebel is genial; he also engages in
some linguistic botanising with his ‘linguaggio dell’impero’: something Romans
and Brits know well – cf. ‘Great Britaiin’ and my little England!” -- losurdo, Italian
philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle
aristocratico” -- essential Italian philosopher.
Domenico Losurdo (Sannicandro di Bari, 14
novembre 1941Ancona, 28 giugno ) filosofo, saggista e storico italiano. Losurdo
si laureò nel 1963 all'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"
sotto la guida di Pasquale Salvucci con una tesi su Johann Karl Rodbertus.
Direttore dell'Istituto di Scienze filosofiche e pedagogiche "Pasquale
Salvucci" all'Urbino, insegnò storia della filosofia nella stessa
università presso la facoltà di Scienze della Formazione. Inoltre fu presidente
dell'hegeliana Società internazionale Hegel-Marx per il pensiero dialettico
(dal 1988), membro della Società di scienze di Leibniz a Berlino (un'associazione
di scienziati che si rifà alla settecentesca Accademia Reale Prussiana delle
Scienze nella tradizione di Gottfried Wilhelm Leibniz) e direttore
dell'associazione politico-culturale Marx XXI sino alla sua morte, sopraggiunta
il 28 giugno all'età di settantasei anni
per un cancro alla gola. Dalla militanza comunista alla condanna
dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della questione afroamericana
e di quella dei nativi, Losurdo fu studioso anche partecipe della politica
nazionale e internazionale. Pensiero e opera Di formazione
marxista, descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista
eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi
allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Immanuel
Kant e il suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico
tedesco, specie di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, nel tentativo di riproporne
l'eredità (sulla scia di György Lukács in particolare), alla riaffermazione
dell'interpretazione del marxismo tedesco e non (Antonio Gramsci e i fratelli
Bertrando e Silvio Spaventa), con incursioni nell'ambito del pensiero
nietzscheano (la lettura di un Friedrich Nietzsche radicale aristocratico) e di
quello heideggeriano (in particolare la questione dell'adesione al nazismo di
Martin Heidegger). La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla
contestualizzazione del pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in
particolare dai temi della critica radicale del liberalismo, del capitalismo,
del colonialismo e dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del
totalitarismo (Hannah Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica
marxista e del materialismo storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo
in ambito marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della
tradizione intellettuale europea del liberalismo, in particolare della
tradizione classica e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di
enfatizzare l'importanza della libertà individuale in pratica il liberalismo
reale è a lungo contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi
diritti, con conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio.
Losurdo afferma che le origini del nazismo si trovano in quelle che considera
politiche colonialiste e imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le
posizioni intellettuali e politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e
Hegel furono i più grandi pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo
più grande critico. I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare
nell'ambito della storia delle idee, riguardano inoltre l'indagine delle
questioni di storia e politica contemporanee, con una attenzione critica
costante al revisionismo storico e la polemica contro le interpretazioni di
François Furet e Ernst Nolte. In particolare critica una tendenza reazionaria
tra gli storici contemporanei revisionisti riconoscibile nel lavoro di autori
come Nolte, che traccia l'impeto dietro l'Olocausto agli eccessi della
rivoluzione russa; o Furet, che collega le purghe staliniane a una «malattia»
originata dalla rivoluzione francese. Secondo Losurdo l'intenzione di questi
revisionisti è di sradicare la tradizione rivoluzionaria in quanto le loro vere
motivazioni hanno poco a che fare con la ricerca di una maggiore comprensione
del passato, ma si trovano nel clima e nei bisogni ideologici delle classi
politiche, come è più evidente nel lavoro dei revivalisti imperiali anglofoni
Paul Johnson e Niall Ferguson. Fornisce inoltre una nuova prospettiva su
rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e quelle contro il
colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle posizioni elogiative che
la maggior parte delle biografie prende nell'analisi di Mahatma Gandhi e la
nonviolenza. Losurdo volge la sua attenzione alla storia politica della
filosofia moderna tedesca da Kant a Karl Marx e del dibattito che su di essa si
sviluppa in Germania nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento, per poi
procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo, in particolare
partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia rivolte a John Locke per la
sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi. Riprendendo ciò che
afferma Arendt nel 1951 in Le origini del totalitarismo, per Losurdo il vero
peccato originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove
per la prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo
concentrazionario. Controversia degli storici Losurdo critica il concetto
di totalitarismo, sostenendo che fosse un concetto polisemico con origini nella
teologia cristiana e che applicarlo alla sfera politica richiedeva
un'operazione di schematismo astratto che utilizza elementi isolati della
realtà storica per collocare la Germania nazista e altri regimi fascisti e
l'Unione Sovietica e l'esperienza del socialismo reale e di altri Stati
socialisti nello stesso insieme, servendo così l'anticomunismo degli
intellettuali della guerra fredda piuttosto che riflettere la ricerca intellettuale.
Forte critico dell'equiparazione tra nazismo e comunismo (in particolare quello
sovietico) fatta da studiosi come François Furet e Ernst Nolte,[25][26] ma
anche da Hannah Arendt e Karl Popper,[27] nonché del concetto di «olocausto rosso»,[25]
il suo Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro pubblicato per la
prima volta nel 2008, sollevò un dibattito sulla figura di Iosif Stalin, sul
quale a suo avviso peserebbe una sorta di leggenda nera costruita per
screditare tutto il comunismo. Porta l'esempio che nel lager vi era volontà
omicida esplicita in quanto l'ebreo che vi entrava era destinato a non uscire
più (vi è una despecificazione naturalistica) mentre nel gulag no (si tratta di
despecificazione politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi quelli che il
nazismo chiamava Untermensch («sottouomini») mentre nel secondo (in cui afferma
finissero solo una parte dei dissidenti), pur essendo una pratica da
condannare, erano rinchiusi dissidenti da rieducare e non da eliminare. Losurdo
afferma che «il detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la guardia stessa
era tenuta a chiamarlo in questo modo] e dopo il 1937 [l'inizio del biennio
delle grandi purghe che seguono l'assassinio di Sergej Mironovič Kirov] è
comunque un cittadino».[25] Riprendendo anche l'opinione di Primo Levi
(internato ad Auschwitz, secondo cui il lager era moralmente più grave del
gulag) e contro Aleksandr Isaevič Solženicyn (internato in Siberia e che
affermava l'equiparazione della volontà sterminazionistica), Losurdo sostiene
che pur essendo grave che un Paese socialista nato per abolire lo sfruttamento
usi sistemi imperialisti e capitalisti, il gulag sia analogo a molti campi di
concentramento occidentali (i cui governi hanno sostenuto e sostengono di
essere paladini della libertà), che per certi versi furono anche più affini al
lager in quanto campo di sterminio e non di rieducazione, riprendendo la storia
del genocidio indiano. Egli sostiene anche che i campi di concentramento e le
colonie penali britanniche erano peggio di qualsiasi gulag, accusando anche
politici come Winston Churchill e Harry Truman di essere autori di crimini
di guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di quelli che sono stati
poi attribuiti a Stalin.[25] Losurdo ritiene inoltre che i comunisti soffrano
di autofobia, cioè paura di se stessi e della propria storia, problema
patologico che va affrontato, a differenza dell'autocritica sana.[28]
Despecificazione politico-morale e despecificazione naturalistica La
despecificazione è l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità
dei civili. Esistono due tipi di despecificazione: La despecificazione
politico-morale (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o
morali). La despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è
dovuta a fattori biologici). Per Losurdo la despecificazione naturalistica è
qualitativamente peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre
quest'ultima offre almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia,
questo non è possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione
naturalistica, che è irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che
sono di per sé immodificabili.[25][29] Inoltre a differenza di altri pensatori
ritiene quindi che l'olocausto degli ebrei non è incomparabile ed è quindi
disposto ad ammettere in questo caso una tragica peculiarità. La comparatistica
che Losurdo offre a proposito non vuole essere una relativizzazione o uno
sminuire, ma semplicemente considerare l'olocausto degli ebrei come
incomparabile significa perdere la prospettiva storica e dimenticarsi
dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o dell'olocausto americano
(l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto negli Stati Uniti mediante
la continua deportazione sempre più a ovest e la diffusione ad arte del
vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il genocidio armeno.
Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata nell'aprile del 2009 da
Guido Liguori su Liberazione (organo ufficiale del Partito della Rifondazione
Comunista) di Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro in cui
Losurdo critica la demonizzazione di Stalin effettuata dalla storiografia
maggioritaria e cerca di sottrarlo a quella che definisce «la leggenda nera su
di lui», è al centro di una polemica all'interno della redazione del suddetto
quotidiano. Venti redattori inviano una lettera di protesta al direttore del
giornale in cui si critica sia il tentativo di riabilitazione di Stalin
presente nel libro di Losurdo sia la recensione di Liguori (giudicata troppo
positiva nei confronti del libro), oltre che la scelta del direttore del
giornale di pubblicare tale recensione.[30] Il libro riceve delle recensioni
critiche per le sue affermazioni e per la metodologia di lavoro utilizzata.[31][32][33]
All'estero, soprattutto in Germania, i critici di Losurdo lo accusano di essere
un «neostalinista».[34][35][36][37] Grover Furr, autore di Krusciov mentì e
descritto come un «revisionista storico»,[38] un «revisionista in una ricerca
lunga una carriera per scagionare Stalin»[39] e un «prezioso contributo alla
scuola revisionista storica degli studi sovietici e comunisti»,[40][41][42]
elogia il lavoro di Losurdo, in particolare quello su Stalin, iniziando
un'amicizia reciproca.[43] Nel introduce
Furr a un editore italiano che pubblica la traduzione italiana di Khruschev
mentì, per cui scrive l'introduzione.[43][44] Nel aveva già scritto l'introduzione e il
retrocopertina del libro di Furr sull'assassinio di Sergej Mironovič Kirov che
rimane inedito.[43][45] Negli estratti di un convegno organizzato nel
2003 per rivalutare la figura di Stalin a cinquant'anni dalla morte
critica le rivelazioni contenute nel rapporto segreto di Nikita Sergeevič
Chruščёv, l'allora segretario generale del Partito Comunista dell'Unione
Sovietica. Secondo Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai
crimini commessi da quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle
falsità presenti in quel rapporto che Chruščёv lesse nel corso del XX Congresso
del febbraio 1956. Nella relazione al convegno dà credito a una delle accuse
principali che stavano alla base della sanguinosa repressione staliniana contro
gli oppositori, ovvero l'esistenza nell'Unione Sovietica della «realtà corposa
della quinta colonna» pronta ad allearsi col nemico.[46] Losurdo ribadisce di
non voler riabilitare Stalin, seppur calato nella sua epoca, volendo presentare
solo un'analisi dei fatti più neutrale e attuare un revisionismo
sull'esperienza generale del socialismo reale ritenuta passata, ma utile da
studiare per capire le dinamiche future del socialismo.[25][26][32]
Politica Losurdo apparteneva alla corrente del marxismo-leninismo,
ma ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede della pluralità della
lotta di classe, da collocare nel contesto dell'attenzione che rivolge al
processo di emancipazione femminile e dei popoli colonizzati.[47] Vicino
prima al Partito Comunista Italiano, poi al Partito della Rifondazione
Comunista e infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito nel Partito
Comunista d'Italia () e nel Partito Comunista Italiano (), di cui è stato
membro,[48] fu anche direttore dell'associazione politico-culturale Marx
XXI.[49] Critico del liberalismo,[50] della NATO e dell'imperialismo, in
particolare quello statunitense, Losurdo contestò l'assegnazione del Premio
Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, considerato un sostenitore
aperto del colonialismo occidentale,[51] in particolare per la sua
idealizzazione del mondo occidentale[52] e per aver affermato che ci sarebbe
bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong Kong è
cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina,
ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è
oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza».[53][54] Opere:“Auto-censura
e compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, “Hegel. Questione nazionale,
restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica, Urbino,
Università degli Studi, “Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione del 1848 e la
crisi della cultura tedesca”Roma, Editori Riuniti, Lukacs e con Pasquale Salvucci e Livio Sichirollo,
Urbino, Quattro venti, Marx e i suoi critici, e con Gian Mario Cazzaniga e
Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, La catastrofe della Germania e
l'immagine di Hegel, Milano, Guerini, Metamorfosi del moderno. e con Gian Mario
Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Hegel, Marx e la
tradizione liberale. Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Editori Riuniti,Tramonto
dell'Occidente? Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli
studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con
Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Antropologia,
prassi, emancipazione. Problemi del marxismo, e con Georges Labica e Jacques
Texier, Urbino, Quattro venti, Égalité-inégalité. Atti del Convegno organizzato
dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di
Cattolica. Cattolica, e con Alberto Burgio e Jacques Texier, Urbino, Quattro
venti, Prassi. Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno organizzato
dall'Istituto Italiano per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca Comunale di
Cattolica e con Gian Mario Cazzaniga e
Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente.
Heidegger e l'ideologia della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, Massa folla
individuo. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi
filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con Alberto Burgio e Gian Mario Cazzaniga,
Urbino, Quattro venti, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli,
La scuola di Pitagora, . Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, a
cura di, Urbino, Quattro venti Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza
del suffragio universale, Torino, Bollati Boringhieri, Marx e il bilancio
storico del Novecento, Gaeta, Bibliotheca, Napoli, La scuola di Pitagora, Gramsci
e l'Italia. Atti del Convegno internazionale di Urbino, e con Ruggero
Giacominie Michele Martelli, Napoli, La città del sole, La seconda Repubblica.
Liberismo, federalismo, postfascismo, Torino, Bollati BoringhieriAutore,
attore, autorità, e con Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, Il revisionismo
storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, Utopia e stato d'eccezione.
Sull'esperienza storica del socialismo reale, Napoli, Laboratorio politico, Ascesa
e declino delle repubbliche, e con Maurizio Viroli, Urbino, Quattro venti, Lenin
e il Novecento. Atti del Convegno internazionale di Urbino, e con Ruggero
Giacomini, Napoli, La città del sole, Metafisica. Il mondo Nascosto, con altri,
Roma-Bari, Laterza, Antonio Gramsci dal liberalismo al «Comunismo critico»,
Roma, Gamberetti, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia
politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole,
Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e
reazione, Milano, Guerini, Nietzsche. Per una biografia politica, Roma, Manifestolibri,
Il peccato originale del Novecento, Roma-Bari, Laterza, Dal Medio Oriente ai
Balcani. L'alba di sangue del secolo americano, Napoli, La città del sole, Fondamentalismi.
Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e
dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica e con Alberto Burgio, Urbino,
Quattro venti, URSS: bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo.
Urbino, e con Ruggero Giacomini, Urbino, Quattro venti, L'ebreo, il nero e
l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, Fuga dalla storia?
Il movimento comunista tra autocritica e autofobia, Napoli, La città del sole, poi
Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi, La
sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La città del sole, Universalismo e
etnocentrismo nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, La comunità,
la morte, l'Occidente. Heidegger e l'«ideologia della guerra», Torino, Bollati
Boringhieri, Nietzsche, il ribelle
aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Torino, Bollati Boringhieri,
Cinquant'anni di storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di
culture tra Oriente e Occidente. Atti del Convegno di Urbino, e con Stefano G. Azzara, Napoli, La città del
sole, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, in Karl Marx e
Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista, traduzione e introduzione di
Domenico Losurdo, Editori Laterza, Bari, Controstoria del liberalismo,
Roma-Bari, Laterza, La tradizione filosofica napoletana e l'Istituto italiano
per gli studi filosofici, Napoli, nella sede dell'Istituto, Autocensura e
compromesso nel pensiero politico di Kant, Napoli, Bibliopolis, Legittimità e
critica del moderno. Sul marxismo di Antonio Gramsci, Napoli, La città del
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Laterza,Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Roma, Carocci, Paradigmi
e fatti normativi. Tra etica, diritto e politica, con altri, Perugia, Morlacchi,
La non-violenza. Una storia fuori dal mito, Roma-Bari, Laterza, La lotta di
classe. Una storia politica e filosofica, Roma-Bari, Laterza, La sinistra
assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, . Un mondo senza
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l'Open Magazine»), Open Magazine, 19 dicembre 2006. Hannah Arendt Controstoria del liberalismo
Antonio Gramsci Genocidio indiano Grandi purghe Martin Heidegger Karl Marx
Friedrich Nietzsche Olocausto Josif Stalin Università degli Studi di Urbino
"Carlo Bo" Altri progetti Citazionio su Domenico
Losurdo Blog di Domenico Losurdo , su
domenicolosurdo.blogspot.com. Intervista a Domenico Losurdo sul RAI Filosofia , su filosofia.rai.it.
Intervista a Domenico Losurdo a RTV Svizzera , su youtube.com. Refs.:
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per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
Italia.
lottieri: Grice: “I like
Lottieri; he has quoted Hobbes and Hume and Gauthier from a game-theoretical
approach to co-operation, conversational and other – all very Griceian, if I
may mayself so say it!” -- Carlo Lottieri (Brescia), filosofo. Allievo di Alberto
Caracciolo, ha studiato a Genova, Ginevra e Parigi, dove ha ottenuto un
dottorato di ricerca sotto la guida di Raymond Boudon, discutendo la tesi
Idéologie et science dans la sociologie politique de Gaetano Mosca. Ha
collaborato con Václav Bělohradský dell'Trieste. Nel maggio 2003 è divenuto
ricercatore in filosofia del diritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Siena,
dove per molti anni ha insegnato Dottrina dello Stato. Sempre nel 2003, insieme
ad Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro ha dato vita all'Istituto Bruno Leoni, un
istituto che si ispira alla tradizione intellettuale di Luigi Einaudi e Sergio
Ricossa, e di cui egli è direttore del dipartimento Teoria Politica. Da anni è
collaboratore de Il Giornale. Ha curato l'edizione di alcune opere di
Bruno Leoni in lingua inglese, spagnola, francese e ceca. Attualmente
insegna Filosofia del Diritto a Verona e Filosofia delle scienze sociali alla
Facoltà di Teologia di Lugano (Svizzera). Pensiero La riflessione teorica
di Lottieri si sviluppa all'interno del liberalismo classico e, grazie allo
studio degli autori elitisti, si delinea quale critica del sistema di dominio
iscritto nei regimi democratici rappresentativi e nelle loro proiezioni
internazionali. I primi lavori mostrano l'adesione a tale prospettiva, che
rapidamente evolve grazie al contatto con il pensiero libertarian,
principalmente americano. È esattamente in questo senso che Piero Vernaglione
rileva come la filosofia libertaria di Lottieri metta in discussione "la
psicologia regolamentativa e anti-innovativa del burocrate", avverso a
ogni forma di rischio e cambiamento. Il volume sulla teoria libertaria,
dedicato a Murray N. Rothbard, evidenzia l'adesione ai temi classici del
pensiero liberale lockiano e giusnaturalista (difesa della proprietà, del
mercato, dell'autonomia negoziale), ma anche il maturare di questioni che sono
invece tutte interne al realismo politico europeo: specie nel confronto con
autori come Carl Schmitt, Otto Brunner e, in Italia, Gianfranco Miglio.
Mentre il testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine
sociale/comunitario (Denaro e comunità, del 2000) è una critica della
sociologia, a cui è rimproverato di avere frainteso la natura interpersonale
della moneta e delle relazioni di mercato, la monografia su Leoni pubblicata
nel 2006 muove dal pensatore torinese per delineare una filosofia libertaria
anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and the Law. In
particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene individuato come uno
studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza filosofico-giuridica alla
teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più da economisti e teorici
politici. “Denaro e comunità: eelazioni di mercato e ordinamenti giuridici
nella società liberale,” Napoli, Guida Editori, “Il pensiero libertario
contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato,
Macerata, Liberilibri, “Le ragioni del diritto: libertà individuale e ordine
giuridico nel pensiero di Bruno Leoni,”TreviglioSoveria Mannelli, FaccoRubbettino
Editore, “Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno, scritto con
Piercamillo Falasca, Soveria Mannelli, Rubbettino, “Credere nello Stato?
Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a WikiLeaks, Soveria
Mannelli, Rubbettino, “ Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero
politico, Brescia, La Scuola, Guglielmo
Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma, Studium, Every New Right Is A Freedom Lost, Plano TX,
Monolateral, Un'idea elvetica di
libertà. Nella crisi della modernità europea, Brescia, La Scuola, “Beni comuni, diritti individuali e ordine
evolutivo,”Torino, IBL Libri, Idéologie
et science dans la sociologie politique de Gaetano Mosca (Book, 1993)
[.org]. Carlo Lottieri Articoli
recentiilGiornale.it. Bruno Leoni, La
liberté et le droit, Paris, Les Belles Lettres, 2006; Bruno Leoni, Pravo a
svoboda, Praha, Liberalni Institut, 2007; Bruno Leoni, Lecciones de Filosofía
del Derecho, Madrid, Union Editorial, 2008; Bruno Leoni, Law, Liberty and the
Competitive Market, con una prefazione di Richard A. Epstein, New Brunswick NJ,
Transaction, 2008. Facoltà di Teologia
di Lugano Archiviato il 28 maggio in .. A questa fase dell'elaborazione teorica
appartengono i seguenti scritti: “La catallaxie ou la loi de la jungle? La
théorie sociale de Hayek et les critiques des constructivistes”, Journal des
Économistes et des Études Humaines, mars 1993,
43-63; "Un élitisme technocratique et libéral. L'autorité et l'État
selon Mosca”, L'Année Sociologique, 1994 (ora anche in: Raymond BoudonMohamed
CherkaouiJeffrey C. Alexander, eds., The Classical Tradition in Sociology. The
European Tradition, II (The Emergence of European Sociology: IIThe Classical
Tradition [1880-1920]), London, Sage Publications, 1997, 1123-172; “Élitisme classique (Mosca et
Pareto) et élitisme libertarien: analogies et différences”, in: Alban Bouvier,
éd., Pareto aujourd'hui, Parigi, Presses Universitaires de France, 1999, 199-219.
Pierre Garello e Nikolay Nenovsky hanno evidenziato come negli scritti
di Lottieri sull'unificazione europea, in particolare, è cruciale l'opposizione
tra l'armonizzazione spontanea emergente dal basso e l'unificazione coercitiva;
si veda: Pierre GarelloNikolay Nenovsky, "Reflections on the Evolution of Institutions
in Post-Communist Countries"[collegamento interrotto], working paper13.
Un'analisi non dissimile si trova in uno studio di Josef Sima, nel quale lo
studioso boemo evidenzia che “Lottieri identifica quattro superstizioni o
quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di creare un nuovo
Stato chiamato ‘Europa': (1) l'idea che la libertà individuale e il
policentrismo giuridico causino tensioni e, in definitiva, conflitti; (2) che
il mercato derivi dall'ordine giuridico creato dallo Stato; (3) che l'esistenza
di una distinta identità europea esiga la costruzione di un singolo Stato
continentale; e (4) che un'Europa unificata sarebbe più armoniosa e meglio in
grado di sostenere lo sviluppo delle sue componenti più povere, come quelle
dell'Europa orientale" (Josef Sima, “From the Bosom of Communism to the
Central Control of EU Planners”, Journal of Libertarian Studies, 16, n.1, Winter 200264). Nel 2000, dopo la pubblicazione di Denaro e
comunità, sulle pagine culturali del Corriere della Sera Lottieri sarà
individuato come uno degli esponenti di un liberalismo particolarmente radicale
e volto a proporre una sorta di fuga dallo Stato: Dario Fertlio,
"Libertari 2001: la grande fuga dallo Stato, Corriere della Sera, 30
ottobre 2000. Una disamina molto criticaal limite dell'insulto personaledi tale
liberalismo libertarian si ha nella recensione che Ermanno Vitale nel 2002
dedicò al volume su Rothbard scritto a quattro mani da Lottieri assieme a
Enrico Diciotti (basato su un confronto assai franco tra prospettive molto
diverse): una recensione che, rivolgendosi al solo Diciotti, si chiudeva con
l'invito per il futuro “ad occuparsi di un autore più interessante con un
autore più interessante” (Ermanno Vitale, “Rothbard, un Trasimaco piccolo
piccolo. E una modestissima proposta”, Teoria politica, XVIII, n.3,
2002189). Piero Vernaglione, Il
libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 200356. Un riferimento
garbatamente polemico alle posizioni giusnaturaliste di Lottieri si trova in
Dario Antiseri (Laicità. Le sue radici, le sue ragioni, Rubbettino). La stessa
contrapposizione è al fondo di una discussione tra i due riguardante proprio i
contenuti di quel volume://blog.centrodietica.it/?p=2005. Secondo Angelo Panebianco,questo libro di
Lottieri rappresenta "una presentazione completa e approfondita del
pensiero libertario nelle sue diverse varianti" (Angelo Panebianco, Il
potere. lo stato, la libertà. La gracile costituzione della società libera,
Bologna, il Mulino, 200483), mentre Raimondo Cubeddu evidenzia soprattutto
l'"approccio libertario ai problemi ecologici" (Raimondo Cubeddu,
Politica e certezza, Napoli, Guida, 2000203).
In un articolo di Lafaille sono espresse alcune riserve nei riguardi
delle tesi libertarie e dell'ispirazione "anarchica" della teoria del
diritto di Lottieri: Frank Lafaille, "L'anarchisme juridique de Bruno
Leoni" Archiviato il 26 marzo in .,
Jus Politicum, 37. Nella sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei
privati, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008) pure Grondona sviluppa alcune
critiche nei riguardi dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da
Lottieri, mentre in maggiore sintonia con le sue posizioni si trova Andrea
Favaro (Bruno Leoni. Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità
dell'ordinamento, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009225. A giudizio di Panebianco, nei suoi scritti
sul filosofo torinese “Lottieri mostra che, contrariamente a un'opinione
diffusa, le distanze fra la concezione del diritto di Leoni e quella di Hayek
sono notevoli. In ogni caso non fu Hayek a influenzare Leoni ma il secondo a
influenzare, almeno in parte, il primo” (Angelo Panebianco, “Introduzione” a:
Antonio Masala, a cura di, La teoria politica di Bruno Leoni, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2005, 10-11). Per
un'equilibrata analisi del volume si veda: Mauro Grondona, "Recensione a
Carlo Lottieri, Le ragioni del diritto"[collegamento interrotto], Nuova
Giurisprudenza Ligure, n.1, 2007, 55-58.
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Carlo Lottieri Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carlo
Lottieri Articoli di Carlo Lottieri
pubblicati su vari quotidiani e riviste sito dell'Istituto Bruno Leoni.
luca: Grice: “Luca
expands on Alcibiades – I have touched the topic of Alcibiade when discussing
eudaemonia, as literally having to do with the eudaemon – and the expression
occurs in connection with Socrate/Alcibiade -- Grice: “One good thing about
Luca is that if my philosophy revolves around ‘reason,’ his does it around
‘eros’!” -- Roberto Luca (Marostica), filosofo. Dopo aver frequentato il Liceo
Ginnasio G.B. Brocchi di Bassano del Grappa, si è laureato in Filosofia nel
1978 presso l'Università degli Studi di Firenze, con una tesi in Filosofia
Antica su Platone con relatore Francesco Adorno. È nipote di Francesco Guidolin. I suoi studi
sono stati incentrati inizialmente sulla tematica dell’Eros greco attraverso la
traduzione commentata dei dialoghi platonici Simposio e Fedro. Ha mantenuto
però una costante apertura alla produzione letteraria, da Omero in poi, nella
convinzione che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti
sociali, rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano,
nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità.
Nell'ultimo lavoro Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone,pur sviluppandosi la
tematica all'interno di un arco di tempo definito, l’intento non è quello di
affrontare l’argomento in senso cronologico, ma di esprimere, senza costrizioni
di “percorsi prefigurati” una distinzione logico concettuale, attraverso la
quale conseguire, almeno, dei punti fermi nell'interpretazione dell’erotica
antica. Negli studi più recenti
l'interesse principale riguarda lo sviluppo del pensiero scientifico
platonico-pitagorico, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto
alla metafisica platonica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza
di dare conto "dei fenomeni" (visibili /udibili). Per questa ragione,
l’attenzione principale è orientata alla tarda produzione platonica e al
pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche attraverso i
risultati più recenti della fisica e della cosmologia contemporanee. Opere: Platone, Simposio, La Nuova Italia,
Firenze, Platone, Fedro, La Nuova Italia, Firenze, Eros & Epos: il lessico
d'amore nei poemi omerici, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO) Platone
e la sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio Editori,
Venezia, Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio di Massimo
Cacciari, Marsilio Editori, Venezia, F
lucrezio: Grice: “By far the most important
concept in Lucrezio’s philosoophy is that of clinamen that Strawson translates
as the ‘swerve.’ It was saved from extinction by an Italian – as the novel
tells you!” Grice: “While Strawson reads it in Latin, I prefer the version in
the vulgar!” – Grice: “And by the vulgar I mean Marchetti!” Grice: “It’s
amazing how well Marchetti interprets Lucezio – there is a little treatise on
Epicureanism in the Lucrezio by Marchetti which is interesting. A real
continuity in Italian philosophy!” -- possibly the most important Italian
philosopher -- lucretius:
Roman poet, author of “De rerum natura,” an epic poem in six books. Lucretius’s
emphasis, as an orthodox Epicurean, is on the role of even the most technical
aspects of physics and philosophy in helping to attain emotional peace and
dismiss the terrors of popular religion. Each book studies some aspect of the
school’s theories, while purporting to offer elementary instruction to its
addressee, Memmius. Each begins with an ornamental proem and ends with a
passage of heightened emotional impact; the argumentation is adorned with
illustrations from personal observation, frequently of the contemporary Roman
and Italian scene. Book 1 demonstrates that nothing exists but an infinity of atoms
moving in an infinity of void. Opening with a proem on the love of Venus and
Mars (an allegory of the Roman peace), it ends with an image of Epicurus as
conqueror, throwing the javelin of war outside the finite universe of the
geocentric astronomers. Book 2 proves the mortality of all finite worlds; Book
3, after proving the mortality of the human soul, ends with a hymn on the theme
that there is nothing to feel or fear in death. The discussion of sensation and
thought in Book 4 leads to a diatribe against the torments of sexual desire.
The shape and contents of the visible world are discussed in Book 5, which ends
with an account of the origins of civilization. Book 6, about the forces that
govern meteorological, seismic, and related phenomena, ends with a frightening
picture of the plague of 429 B.C. at Athens. The unexpectedly gloomy end
suggests the poem is incomplete (also the absence of two great Epicurean
themes, friendship and the gods). Tito Lucrezio Caro
(in latino: Titus Lucretius Carus, pronuncia classica o restituta: [ˈtɪtʊs lʊˈkreːtɪ.ʊs
ˈkaː.rus] (Pompei), filosofo, seguace dell'epicureismo. Della vita di Lucrezio
ci è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né
sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato,
eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta
nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione,
forse postuma, del poema di Lucrezio, che egli starebbe curando. Ma in scrittori
romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca, Frontone, Marco
Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio, senza tuttavia
fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che non si tratta
di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è San Girolamo nel
suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui, ispirandosi ad
alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato morto suicida. Tale dato non concorda
tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso,
secondo il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile,
nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo
dato ha fatto propendere a credere che Lucrezio mori nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni.
Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate
direttamente dall'antichità. Ignoto risulta anche il luogo di nascita,
che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un
Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di
numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente
un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo
la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del
probabile) le origini campane di Lucrezio. Neppure la sua militanza politica
sembra essere ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra
affatto ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro
solitamente stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il
desiderio dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere
di tutti la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante
il fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato
e appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli
optimates. Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare
alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i
Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo
in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e
perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata
da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti
sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza
del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava
un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio
Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone. Secondo lo storico
Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio:
nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile
parente, Marco Lucrezio Frontone) appartenente quasi sicuramente all'antica
famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa
famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro
della "filosofia del giardino", diretta da Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa
di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa
dei papiri"). Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi
disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno
risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato
Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del
maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di
Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il
portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco
diffuso), romano, e sapiente epicureo. Non si sa se il poema fosse
diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato
in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato
lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che
difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut
scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le
poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e
tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse
suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di
qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso
dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo. Il
destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato
per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio,
che, tornato a Roma, sarebbe morto. La
notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna
di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio
nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è
apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De
poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una
spiegazione semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici
che si aveva all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per
Lucrezio, di epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto impazzire
improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento da piombo,
oltre che dei detti "filtri"). Se Lucrezio soffrì di un disagio
psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia, non fu a
causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare
l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura
politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la
rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che
lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù,
alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche,
definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea Fortuna") e
non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della
morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a
volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla
morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè avvenuta
per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe essere
la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per
giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di
Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici
politici. Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei
vincitori, come quella di Marco Antonio che colpirà Cicerone, e molti si
toglievano la vita, in quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e
Orazio, estimatori di Lucrezio, facevano parte della corte di Augusto, e
dovevano quindi allinearsi alla linea culturale dettata dall'imperatore,
assertore dell'antica moralità e diffusore della leggenda di Cesare (per cui
venivano cancellate le espressioni scomode di dissenso), e dal suo amico
Mecenate, in cui l'epicureismo, se non sfumato come in Orazio appuntocosì come
ogni opera che non fosse celebrativa del princeps e della grandezza di Roma non
trovava spazio, per cui Lucrezio verrà ricordato solo come grande poeta,
tralasciandone l'aspetto filosofico. Secondo Della Valle, quindi,
Lucrezio si sarebbe tolto la vita come gesto di protesta contro la classe
politica in ascesa, o perché condannato a morte da essa. Lucrezio, per il
periodo in cui è vissuto, personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era
profondamente intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia
della congiura di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti,
isolarsi dalla realtà politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai
negotia politici e uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del
potere. Le più forti correnti stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato
la classe dirigente romana in quanto più conformi alla tradizione guerriera
dell'Urbe. L'epicureismo era invece presente anche attraverso il citato
Filodemo e altri in Campania, dove Virgilio avrebbe approfondito la sua
conoscenza dell'epicureismo. Orazio non lo nomina, ma è evidente che lo
conosce, e ideologicamente gli è più vicino di altri. La natura poetica del De
rerum natura fa sì che Lucrezio col suo pessimismo esistenziale avanzi profezie
apocalittiche, visioni quasi allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice),
che accompagnano il poema. Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno
dato di lui l'immagine di un ateo psicotico in preda alle forze del male.
Appoggiandosi alla psicoanalisi qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi
cambiamenti di immagine e di pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia delirante
o di problemi di ordine psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di Lucrezio
appare oggi più plausibilmente un tentativo di mistificazione per screditare il
poeta, così come la presunta morte per suicidio sarebbe stato l'esito di un
modo di pensare perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi dell'epilessia
poi, viene avanzata sulla base dell'arcaica credenza che il poeta fosse sempre
un invasato; elemento quest'ultimo da collegare alla credenza che gli
epilettici fossero sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle loro creazioni. Comunque
altri scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio affermarono che egli non
fosse pazzo e che non si fosse ucciso. L'ipotesi della follia e del suicidio
attestata dal Chronicon di Girolamo si fondava su illazioni di Svetonio,
peraltro di difficile verifica. Potrebbe anche esserci stata una confusione
dovuta all'abbreviazione “Luc.,” impiegata indifferentemente nei codici latini
per indicare i nomi di Lucillius, Lucullus e Lucretius. Plutarco scrisse
infatti di un certo Licinio Lucullo, politico, generale e cultore dei piaceri,
che morì dopo essere impazzito a causa di un filtro d'amore. L'errore di
interpretazione dell'abbreviazione “Luc.” potrebbe così aver permesso lo scambio
dei due personaggi. A causa dell'impossibilità di ricostruire i momenti
salienti della sua vita, dunque, il progetto filosofico che egli volle
esprimere è ricostruibile interamente solo dalla sua opera, considerata tra le
più vigorose d'ogni età. Bisogna ora individuare le motivazioni che spinsero
Lucrezio a scrivere il De rerum natura, che fondamentalmente sono due. La prima
è una ragione etico-filosofica, in quanto Lucrezio, affascinato dalla filosofia
epicurea, desiderava invitare il lettore alla pratica di tale filosofia,
incitandolo a liberarsi dall'angoscia della morte e degli dèi. La seconda
motivazione invece è di carattere storico. Lucrezio era conscio che la
situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in giorno: Roma era quadro
ormai di continui scontri bellici e conseguenti dissidi; giustappunto egli, con
un evidente positivismo, voleva incoraggiare il cittadino-lettore romano a non
perdere la fiducia verso un successivo miglioramento della situazione. Lucrezio
si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma, riportandolo all'epicureismo
che era stato declinato in favore dello stoicismo. La prima cosa da distruggere
era la convinzione provvidenzialistica stoica e più propriamente romana[31]:
non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe terrifero e de le acque",
come farà dire Virgilio alla Sibilla Cumana in un colloquio con Enea[32]; non
c'è una ragione seminale universale responsabile della vita nel cosmo,
destinata a deflagrare per poi ricominciare un nuovo, identico, ciclo
esistenziale, come voleva la fisica stoica, ma un mondo che non è unico
nell'universo, peraltro infinito, essendo uno dei tanti possibili. Non c'è
quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi, ed
un giorno perirà nel suo tempo.[31] La religione, considerata come Instrumentum
regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile
come utile ma falsa. Egli afferma fin dal libro I del De rerum
natura[33]: «Tanto male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un
giorno, vinto dai terribili detti dei vati, forse cercherai di staccarti da
noi. Davvero, infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere
le norme della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori! Giustamente,
poiché se gli uomini vedessero la sicura fine dei loro travagli, in qualche
modo potrebbero contrastare le superstizioni e insieme le minacce dei vati...
Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo occorre che non i raggi del
sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la
scienza... E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla,
allora già più agevolmente di qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre
ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza, e in qual modo ciascuna si compia
senza opera alcuna di dèi.[34]» Epicuro Lucrezio colpiva
direttamente la credenza negli dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che
schiuda le fauci di una tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e
gli dèi, seppur esistenti e anche loro composti da atomi così sottili che ne
assicurano l'immortalità, non si curano del mondo né lo reggono; ma la
religione deve essere inglobata nella scoperta e nello studio della natura, che
rasserena l'animo e fa comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico
principio divino che regge il mondo è la Divina Voluptas, Venere: il piacere,
la vita stessa intesa come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in
grado di fermare lo sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la
Guerra.[31] Proprio per questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli
intelletti più grandi che hanno illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed
in ultima istanza Epicuro, sole invitto della conoscenza rasserenatrice. Non
solo, egli stesso si sente quasi un poeta rasserenatore delle tempeste umane e
proprio per questo si sente profondamente affine ai poeti delle origini, il cui
luogo principe è in Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con
una sola grande differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le
umane genti, ma di una verità affatto umana, universale e per tutti, che
attecchirà ben presto per la salvezza di Roma.[31] Epicuro è comunque, per
Lucrezio, il più grande uomo mai esistito, come risulta dai tre inni a lui
dedicati (chiamati anche "trionfi" o "elogi"): «E
dunque trionfò la vivida forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le
mura fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso
universo, da cui riporta a noi vittorioso quel che può nascere, quel che non
può, e infine per quale ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine
profondamente connaturato. Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la
religione è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo.[35]» Il
De rerum natura Magnifying glass icon mgx2.svg De rerum natura. De rerum
natura, 1570 È un poema didascalico in esametri, di genere
scientifico-filosofico, suddiviso in sei libri (raccolti in diadi),
comprendente un totale di 7415 versi, che illustrano fenomeni di dimensioni
progressivamente più ampie: dagli atomi (I-II) si passa al mondo umano (III-IV)
per arrivare ai fenomeni cosmici (V-VI).[36] Riproduce il modello prosastico e
filosofico epicureo e la struttura del poema Περὶ φύσεως di Empedocle (anche
un'opera di Epicuro aveva il medesimo titolo). Secondo i filologi vi sono
corrispondenze e simmetrie interne che corrisponderebbero ad un gusto
alessandrino. L'opera infatti è suddivisa in tre diadi, che hanno tutte un
inizio solare ed una fine tragica. Ogni diade contiene un inno ad Epicuro,
mentre il secondo e il terzo libro (in quest'ultimo è presente anche
un'esposizione della sua estetica) si aprono entrambi con un inno alla
scienza.[36] Essendo un poema didascalico, ha come modello Esiodo e
quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello esiodeo come massimo
strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri modelli potrebbero essere i
poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che usavano il poema
didascalico come sfoggio di erudizione letteraria.[37] Il destinatario e
i destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara propago (I 42), ovvero
il rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si identifica con Gaio
Memmio.[38] Più in generale, si può dire che il destinatario che l'autore si
prefigge di conquistare è il giovane aperto ad ogni esperienza, che un giorno
prenderà il posto dei politici e attuerà quella rivoluzione propugnata con
tanto fervore da Lucrezio.[38] Ma, almeno con Memmio, egli fallì: da adulto
divenne un dissoluto, fraintendendo il significato di piacere catastematico
epicureo, e fu allontanato dal Senato probri causa, cioè per immoralità. Riparò
quindi in Grecia, dove scrisse poesie licenziose e dove ce lo menziona anche
Cicerone (nelle Ad Familiares), intenzionato a distruggere la casa e il
giardino in cui proprio Epicuro risiedette, per costruirsi un palazzo,
suscitando lo sdegno degli epicurei che fecero istanza a Cicerone stesso di
intervenire per impedirglielo, senza che però Cicerone ci riuscisse.[38]
Lo stile In un simile progetto Lucrezio scelse di doversi rifare ad un modello
di stile arcaico, che vedeva in Livio Andronico, ma soprattutto in Ennio e in
Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra loro quanto meno vari: l'egestas
linguae (povertà della lingua)[39], lo vede costretto a dover arrangiare le
lacune terminologiche e tecnicistiche con l'arcaismo, ancora che proprio
Lucrezio, insieme a Cicerone, sia uno dei fondatori del lessico astratto e
filosofico latino, e a colmare e ancor meglio comprendere l'oscurità del
filosofo con la mielosa luce della poesia.[39] Discendendo più in profondità
nelle anguste gole del poema, si notano anche altri problemi cui dovette far
fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di pregnanza filosofica in
latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché poté, egli evitò la
semplice translitterazione (ad es. "Atomus" per Ατομος) e preferì
invece usare altri termini presenti già nella sua lingua magari dandogli altra
accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando neologismi. Ed è proprio
grazie all'arcaismo che Lucrezio riesce a rendere possibile tutto questo:
infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo "munificenza"
ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e moderni) delle figure di
suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e omoteleuti.[39] Molto
importante è anche il fatto che Lucrezio non si limitò a trasmettere il
messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece attraverso un
poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della filosofia,
parla per squarci imaginifici.[39][40] Filosofia di Lucrezio Magnifying
glass icon mgx2.svg Epicuro ed
Epicureismo. Ontologia Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si caratterizza
come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune esplicazioni che nel
suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il concetto di parenklisis che
Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione chiara. Nella Lettera ad
Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis al § 43[41], ma poi al § 61
parlava piuttosto di una deviazione per urto[42]. Il celebre passaggio
del libro II del De rerum natura dice: «Perciò è sempre più necessario
che i corpi deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di
poter immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è
evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non
possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile
constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione
dalla linea retta del loro percorso?[43]» Lucrezio precisa poi
ulteriormente le modalità del clinamen aggiungendo: «Infine, se ogni moto
è legato sempre ad altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine
certo, se i germi primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche
inizio di movimento che infranga le leggi del fato così che da tempo infinito
causa non sussegua a causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo
libero arbitrio, donde proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai
fati, in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il
nostro percorso non in un momento esatto, né in un punto preciso dello spazio,
ma quando lo decide la mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio
volere suggerisce l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle
membra.[44]» Per quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega
direttamente agli atomi nel loro processo creativo[45],
scrivendo: «Così è difficile rescindere da tutto il corpo le nature dell'animo
e dell'anima, senza che tutto si dissolva. Con particelle elementari così
intrecciate tra loro fin dall’origine, si producono insieme fornite d’una vita
di eguale destino: ed è chiaro che ognuna di per sé, senza l’energia
dell’altra, le facoltà del corpo e dell’anima separate, non potrebbero aver
senso: ma con moti reciprocamente comuni spira dall’una e dall’altra quel senso
acceso in noi attraverso gli organi.[46]» Gnoseologia Magnifying glass
icon mgx2.svg Critiche alla
religione. Lucrezio, incisione di Michael Burghers, 1682 Secondo
Lucrezio, che riprende in maniera radicale la tesi già di Epicuro, la religione
è la causa dei mali dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la
religione offuschi la ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e,
soprattutto, di poter accedere alla felicità, da raggiungere attraverso la
liberazione dalla paura della morte.[47] Il poema ha come argomenti principali
la lacerante antinomia fra ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La
ratio è vista da Lucrezio come quella chiarità folgorante della verità «che
squarcia le tenebre dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del
mondo e dell'uomo, quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è
ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza, che lo stesso Lucrezio denomina
spesso con il termine "superstitio". Indica l'insieme di credenze e
dunque di comportamenti umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi
e della loro potenza. Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e
pericolosa.[37][47] Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste
conseguenze della religione e adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo
poi che il mito è una rappresentazione falsata della realtà, come
nell'Evemerismo. La religione è perciò la causa principale dell'ignoranza e
dell'infelicità degli uomini.[47] Lucrezio riprende i temi principali
della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la
"parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la liberazione dalla
paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente
fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico
ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in
Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità malinconica.[47]
Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi
(animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al
calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio
evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del
tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli
organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi.[48]
Tale concezione atea, materialista, antiprovvidenzialista e storica della
natura sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età
moderna, in particolare gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie,
anch'essi atei dichiarati e a loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio
sarà inoltre seguito da Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi.[37][49] Lucrezio
nega ogni sorta di creazione, di provvidenza e di beatitudine originaria e
afferma che l'uomo si è affrancato dalla condizione di bisogno tramite la
produzione di tecniche, che sono trasposizioni della natura.[47] Per
Lucrezio, però, il progresso non è positivo a priori, ma solo finché libera
l'uomo dall'oppressione. Se è invece fonte di degradazione morale, lo condanna
duramente.[47] Anima e Animus Lucrezio introduce nel III libro del De rerum
natura una chiarificazione che nel mondo latino era stata trascurata generando
non poche confusioni, circa il concetto di animus in rapporto a quello di
anima[50]. Egli scrive: «Vi sono dunque calore e aria vitale nella
sostanza stessa del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata
quale sia la natura dell'animo e dell'animaquasi una parte dell'uomo -, rigetta
il nome di armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno
forse tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome.
Tu ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti
tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il
pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e
che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti
l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque
la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo,
obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola
prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il
corpo.» ([51]) Lucrezio riprende il concetto ellenico di anima come
"soffio vitale che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano
psyché. Questo soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona
solo “con l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile
col "noùs" ellenico, traducibile in latino con mens. Dunque animus e
mens paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità
mentale. L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al
concetto di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare
la sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora
che l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio
vitale.[47] L'angoscia esistenziale Il De rerum natura è ricchissimo di
elementi tipici dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Giacomo
Leopardi, che dell'opera di Lucrezio era un profondo conoscitore, anche se in
realtà non è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse Lucrezio.[52] Questi
elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo
di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla
filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte
contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto
dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi
e dal loro destino di dolore e morte. Altri studiosi, però ritengono che
l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia
altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più fortemente la funzione
salvifica della ratio epicurea.[53] Note
S'intende, ciechi alla dottrina di Epicuro. Sul luogo di nascita: anche se c'è chi
afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi all'unanimità che fosse originario
della Campania: di Napoli, di Ercolano, o, secondo recenti studi epigrafici, di
Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e Lucrezio sono attestati, e la gens
Lucretia aveva delle ville cfr: Biografia di Lucrezio; o perlomeno vi avesse
abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio Foppiani, Bricolage per un naufragio.
Alla deriva nella notte del mondo, nota 25, pag. 304; cfr. anche la Lucrezio
Caro, Tito su Enciclopedia Treccani
Sulla data di nascita: molti optano per il 98 a.C. o secondo altri 96
a.C. Secondo alcune fonti: Lucretius
testimonia vitae Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Sellerio, 1993 oppure 55 a.C., o secondo altri 53 a.C., cfr.
Paolo Di Sacco, Mauro Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura
latina" 1 "L'età arcaica e la
repubblica", Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Sezione 2, Modulo. Testimonianze
su Lucrezio Canfora. Lucrezio, De rerum
natura, I, 1-43. Lucrezio, De rerum
natura, I, 40. Enrico Fichera, I
"templa serena" e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella
letteratura, Roma, Bonanno edizioni, 2001.
G. Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts, tavv.
1211-1216, Monaco 1942 Enciclopedia
dell'arte antica Cfr. Gerlo 1956.
Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario contemporaneo Nel romanzo epistolare di Tiziano Colombi, Il
segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, 1993.
Nomi romani: glossario Canfora
199367. Cicerone, Ep. ad Quintum
fratrem, II 9. Stephen Greenblatt, The
Swerve, New York, W.W. Norton & Company, 2009, 53-54.
Lucrezio Canfora 199331. Classici: Lucrezio e il De rerum natura
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dicembre 13 ottobre ). Ettore Stampini, Il suicidio di Lucrezio,
Messina, Tipografia D'Amico, 1896. La
risposta di Virgilio a Lucrezio Guido
Della Valle (Napoli 1884-1962), pedagogista e docente universitario, autore di
Tito Lucrezio Caro e l'epicureismo campano, Napoli, Accademia Pontaniana,
1935. Lucrezio in Enciclopedia Italiana
Lucrezio: informazioni biografiche ibidem La natura delle
cose, Milano, Rizzoli, 1990, 62-85. Eneide, libro VI. La natura delle cose, cit. supra81. Lucrezio, La natura delle cose, vv. 101-106
cit., 81-85. La natura delle cose, cit. supra77. Il
De rerum natura di Lucrezio Introduzione a Lucrezio accesso=21
dicembre , su www2.classics.unibo.it.
Memmio su Enciclopedia Italiana Lo stile di Lucrezio C. Craca, Le possibilità della poesia.
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200017. Epicuro, Opere, E. Bignone,
Laterza 198445. Ibid.53. Lucrezio, La natura delle cose, Biagio Conte,
Milano, Rizzoli, La natura delle cose,
cit. supra271. De rerum natura, III,
329-336 Diego Fusaro , Tito Lucrezio Caro, su filosofico.net. 21 dicembre
. De rerum natura, V, 784-859. Torquato Tasso segue Lucrezio stilisticamente,
non ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV
(vv. 11-17) ripresa nel proemio della Gerusalemme liberata (I, 21-24). La natura delle cose, cit. supra, 255-257.
De rerum natura, III, vv. 130-146
Mario Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana. Lucrezio, introduzione Edizioni De rerum
natura, (Brixiae), Thoma Fer(r)ando auctore, s.d. [ma 1473] (editio princeps)
[De rerum natura] libri sex nuper emendati, Venetiis, apud Aldum, 1500 (prima
edizione aldina). In Carum Lucretium poetam commentarij a Joanne Baptista Pio
editi, Bononiae, in ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, 1511 (prima
edizione commentata). De rerum natura libri sex a Dionysio Lambino emendati
atque restituti & commentariis illustrati, Parisiis, in Gulielmi Rovillij
aedibus, 1563 (prima edizione lambiniana). De rerum natura libri VI, Patavii,
excudebat Josephus Cominus, 1721 (prima edizione cominiana). De rerum natura
libri sex, Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo
Giussani, 4 voll., Torino, E. Loescher, 1896-98 (importante edizione critica,
tuttora fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e
versione Enrico Flores, 3 voll., Napoli, Bibliopolis, 2002-09. Traduzioni
italiane Della natura delle cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti,
Londra, per G. Pickard, 1717 (prima traduzione italiana). La natura, libri VI
tradotti da Mario Rapisardi, Milano, G. Brigola, 1880. Della natura, Armando
Fellin, Torino, UTET, 1963. Della natura, Versione, introduzione e note di
Enzio Cetrangolo, Firenze, Sansoni, 1969. La natura delle cose, Introduzione di
Gian Biagio Conte, Traduzione di Luca Canali, Testo latino e commento Ivano
Dionigi, Milano, Rizzoli, 1990. La natura, Introduzione, testo criticamente
riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Milano, Garzanti,
1994 (Per la specifica sul De
rerum natura si rimanda a tale voce) V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze, Le
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Luca Canali su passioni e razionalità in Lucrezio, dall'Enciclopedia
multimediale delle scienze filosofiche, su conoscenza.rai.it. Analisi critica
del pensiero di Lucrezio, su lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia
Letteratura Letteratura Categorie: Poeti
romaniFilosofi romani 15 ottobre RomaTito Lucrezio CaroAtomistiEpicureiFilosofi
ateiLucretiiStoria dell'evoluzionismoPre-esistenzialistiPersonalità
dell'ateismo. Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia, Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura
delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia.
Luporini: Grice: “I like
Luporini; I lerarned from him how silly Austin is when talking of ‘material
object’ – a contradiction in terminis for Kant who uses ‘materie’ very
strictly; Luporini’s study of Leopardi is brilliant – and he has explored the
genius of Vinci, which is good!” -- Cesare Luporini (Ferrara), filosofo. Nei
primi anni trenta si recò prima a Friburgo, dove frequentò attivamente le
lezioni di Martin Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le lezioni di
Nicolai Hartmann. Si laureò successivamente a Firenze. Ha insegnato storia
della filosofia nelle Cagliari, Pisa e Firenze. Dopo un iniziale interesse per
l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al Partito Comunista
Italiano, per il quale fu eletto senatore nella terza legislatura (1958-1963).
Tra le altre iniziative parlamentari, fu cofirmatario, insieme ad Ambrogio
Donini, di un progetto di legge (n. 359) del 21 gennaio 1959, per un'organica e
progressista riforma della scuola, dal titolo "Istituzione della scuola
obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni", considerata passaggio
improrogabile per la democratizzazione della vita civile. Con Ranuccio Bianchi
Bandinelli, Romano Bilenchi e Marta Chiesi fu tra i fondatori della rivista
Società. Collaborò, dagli anni sessanta
in poi, ai periodici politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita,
Critica marxista. Durante il dibattito che, a seguito degli eventi del 1989,
portò alla trasformazione del PCI in PDS, si schierò decisamente contro la
"svolta" di Occhetto, aderendo alla mozione "due" di
opposizione interna, in un'orgogliosa difesa e per un rilancio della
prospettiva e degli ideali comunisti. Deceduto nel 1993, i suoi resti riposano
nella cappella di famiglia al cimitero delle Porte Sante di Firenze. La filosofia marxista Il marxismo di Luporini
è fondato su una critica radicale allo storicismo, sul rifiuto di ogni
concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo, quello marxista in
particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente storicista del
progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta letture dogmatiche
del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e meccanicismo, ma, pur
apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò di far dialogare tutto
il marxismo italiano, non ne condivideva l'anti-umanismo, in quanto il pensiero
di Marx conservava per lui un profondo umanesimo, anche negli scritti
successivi alla "rottura epistemologica" del 1845, in cui le
strutture, cioè i modelli interpretativi della società, non sono astratti ma in
funzione degli individui concreti, umani.
Nello stesso ambito marxista, tra i suoi obiettivi polemici vi furono
quelle posizioni che proponevano una interpretazione di radicale discontinuità
tra Karl Marx e Georg Hegel, cioè quelle di Galvano Della Volpe e della sua
scuola. Centrale è infatti per Luporini la nozione di contraddizione, la
marxiana "oggettività reale", che lo pone comunque in relazione con
Hegel. Il pensiero di Marx deve essere considerato una concezione aperta e
complessa, dove materialismo e dialettica compongono una sintesi mai
totalizzante (da qui il suo interesse profondo per l'elaborazione di Antonio
Gramsci) e parte fondamentale di una più generale teoria dei condizionamenti
umani. Fondamentale è, per Luporini, il
concetto di formazione economico-sociale, espressione già utilizzata da Emilio
Sereni, ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il marxismo di
costituire modelli per l'analisi degli specifici modi di produzione delle
società capitaliste, nonché per la previsione scientifica delle sue varie
forme. La legge generale delle formazioni economico-sociali è tratta
dall’Introduzione del 1857 ai Lineamenti fondamentali di critica dell'economia
politica di Marx. La struttura economica va indagata secondo logica scientifica
e bisogna stabilire un "criterio oggettivo", il momento dominante che
condiziona tutti gli altri assetti produttivi.
L'approccio storico-genetico non è un "continuum"
evoluzionistico come nella tradizione storicistica, è la fase dell'osservazione
e descrizione empirica del fenomeno dalla sua origine ed è secondario rispetto
all'approccio genetico-formale, cioè all'indagine che permette di stabilire la
categoria dominante di una determinata fase storica della produzione. Il
modello de Il Capitale può dunque aspirare all'universalità, ma anche alla
flessibilità di applicazione. La formalizzazione di un “modello” attraverso il
metodo genetico, individua anche il processo per cui i rapporti di produzione
si riflettono in qualcos’altro, la coscienza dei singoli, le relazioni
intersoggettive e le radici stesse della vita morale. È palese così il
contrasto di Luporini ad ogni disegno provvidenzialista e di ‘filosofia della
storia’, e anche in questo si rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo
tra Hegel e Marx. Per quanto riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia
non è permeata solo di pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza
attiva. La formazione filosofico-umanistica del poeta infatti, illuminista e
materialista, permette di leggere ad esempio, nelle "magnifiche sorti e
progressive" de "La Ginestra", una possibilità di rinnovamento
politico-sociale non in antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un
compito storico degli esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità
esistenziale.
SFino al 1979 esiste una
completa e accurata degli scritti di
Luporini Patrizia Guarnieri pubblicata in appendice a Filosofia e politica: scritti dedicati a
Cesare Luporini, Firenze, La Nuova Italia, Una
completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata pubblicata nel numero
speciale dedicato a Luporini dalla rivista "Il Ponte" in occasione
del centenario della nascita: Cesare Luporini, Firenze, Il Ponte Editore, Il
Ponte, N.11, (2009) (cfr. 249-289). Oltre agli studi sulla storia del pensiero
moderno e a un'elaborazione teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si
ricordano, fra le sue opere principali: “Situazione
e libertà nell'esistenza umana,” Firenze, Le Monnier, e II edizione, modificata
e aumentata, Firenze, Sansoni, terza edizione in C. Luporini, Situazione e
libertà nell'esistenza umana e altri scritti, Roma, Editori Riuniti, Filosofi
vecchi e nuovi, Firenze, Sansoni, Spazio e materia in Kant, Firenze, Sansoni, Introduzione
a K. Marx-F. Engels, L'ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, Dialettica e
materialismo, Roma, Editori Riuniti, Contiene oltre ad un'importante
Introduzione, uno scritto inedito dal titolo Marxismo e soggettività,
Il marxismo e la cultura
italiana del Novecento, in Storia d'Italia, I documenti, Einaudi, Una raccolta
di scritti sul concetto di "formazione economico-sociale" in Marx sta
in Cesare Luporini-Emilio Sereni, El Concepto de Formación Económico Social,
Cuadernos de Pasado y Presente, 39, Ver Curiosidades, Un'incidenza notevolissima
ebbe sugli studi leopardiani il suo saggio Leopardi progressivo (1947). Riconoscimenti
Nel 1954 Luporini è stato
insignito di un premio minore nell'ambito del Premio Viareggio Note
Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann seguite da Luporini, vedi l'aneddoto
raccontato dal suo allievo Sergio Landucci in Antonio Gnoli, Intervista a
Sergio Landucci, "Repubblica", 18 febbraio E.Sereni, Da Marx a Lenin: la categoria di
"formazione economico-sociale", Quaderni di Critica marxista, nr.4,
1970, pag.2973. C.Luporini, Realtà e
storicità: economia e dialettica nel marxismo, in Critica marxista, IV, nr.1,
1966, 56-109 C.Luporini, Per l'interpretazione della
categoria 'formazione economico-sociale', in Critica marxista, 1977, XV,
3, 3-26.
C.Luporini, Le “radici” della vita morale, in Morale e società, Ed.Riuniti, Roma, 1966,
pag.58. vedi il saggio di S.Lanfranchi,
Dal Leopardi ottimista della critica fascista al Leopardi progressivo della
critica marxista, Laboratoire italien, 12/, anche in laboratoireitalien.revues.org/662 Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su
premioletterarioviareggiorepaci.it. 9 agosto . Saggi critici su Luporini
Eugenio Garin, Esistenza e libertà, in Critica marxista, nr.6, 1986, pagg.5-14.
Giorgio Mele, Esistenzialismo e significato della libertà in Cesare Luporini,
in Critica Marxista, nr.6, 1986,pagg.105-130. Aldo Zanardo, Un orizzonte
filosofico materialistico, in Critica marxista, nr.6, 1986, pagg.15-42. Claudio
La Rocca, Esistenzialismo e nichilismo. Luporini e Michelstaedter, «Belfagor»,
LIV, n. 5, 30 settembre 1999, 521-538.
Roberto Mapelli, Cesare Luporini e il suo pensiero, con la prefazione di Fulvio
Papi, Milano, ed. Punto Rosso, 2008. Cesare Luporini, 1909-1993. Firenze, Il
Ponte Editore, Il Ponte, N.11, (2009). Convegni
Quarant'anni di filosofia in Italia. La ricerca di Cesare Luporini,
numero monografico di "Critica marxista", 1986, n.6. Il fascicolo
contiene gli atti delle due "giornate di studio" sull'opera di Cesare
Luporini organizzate dalla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Firenze e dalla
fondazione Gramsci di Roma, svoltesi a Firenze il 10 e 11 ottobre 1986. Il pensiero di Cesare Luporini,
Feltrinelli,1996. Nella loro maggior parte i contributi riprendono gli
interventi al Convegno promosso dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di
Filosofia, svoltosi a Firenze il 13 e 14 maggio 1994. Cesare Luporini, su Treccani.itEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Cesare Luporini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Cesare Luporini, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Cesare
Luporini, . Pubblicazioni di Cesare
Luporini, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et
de l'Innovation. Cesare Luporini, su
senato.it, Senato della Repubblica. Sito
web italiano per la filosofia -- Swifrassegna Cesare Luporini, su
swif.uniba.it. 15 gennaio 13 novembre ).
Cesare LuporiniBiblioteche dei Filosofi (SNS), su picus.unica.it. L'ultima
lezione di Cesare Luporini (una grande avventura intellettuale attraverso il
Novecento), su hyperpolis.it su Academia.edu.
Liceo -- lycæum: il peripato al liceo nel
lycobetto -- an extensive sanctuary of Apollo just east off Athens (“so my
“Athenian dialectic” has to be taken with a pinch of salt!”) -- the site of
public athletic (or gymnastic) facilities where Aristotle teaches, a center for
philosophy and systematic research in science and history organized there by
Aristotle and his associates; it begins as an informal play group, lacking any
legal status until Theophrastus, Aristotle’s colleague and principal heir,
acquires land and buildings there. By a principle of metonymy common in
philosophy (cf. ‘Academy’, ‘Oxford’, ‘Vienna’),‘Lycæum’ comes to refer
collectively to members of the school and their methods and ideas, although the
school remained relatively non-doctrinaire. Another ancient label for adherents
of the school and their ideas, apparently derived from Aristotle’s habit of
lecturing in a portico (peripatos) at the Lycæum, is ‘Peripatetic’. The school
had its heyday in its first decades, when members include Eudemus, author of
lost histories of mathematics; Aristoxenus, a prolific writer, principally on
music (large parts of two treatises survive); Dicaearchus, a polymath who
ranged from ethics and politics to psychology and geography; Meno, who compiled
a history of medicine; and Demetrius of Phaleron, a dashing intellect who
writes extensively and ruled Athens on behalf of dynasts. Under Theophrastus
and his successor Strato, the Lycæum
produces original work, especially in natural science. But by the midthird
century B.C., the Lycæum had lost its initial vigor. To judge from meager
evidence, it offered sound education but few new ideas. Some members enjoyed
political influence, but for nearly two centuries, rigorous theorizing is
displaced by intellectual history and popular moralizing. In the first century
B.C., the school enjoyed a modest renaissance when Andronicus oversaw the first
methodical edition of Aristotle’s works and began the exegetical tradition that
culminated in the monumental commentaries of Alexander of Aphrodisias. Refs.:
H. P. Grice, “Oxonian dialectic and Athenian dialectic.”
luzzago: Alessandro
Luzzago (Brescia), filosofo. Nato da Girolamo e da Paola Peschiera, in una
delle più importanti famiglie del patriziato Cittadino. Fin da bambino fu
educato alla pratica devota e all'apostolato.
Nel convento di S.Antonio dei gesuiti si impegnò in un corso di
filosofia. Proprio in quel luogo dibatté in pubblico 737 argomenti filosofici.
Con l'aiuto di Borromeo partecipò a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di
Brera. Soltanto si laureò a Padova in filosofia. Era desideroso di entrare a
far parte della Compagnia di Gesù, ma le difficoltà economiche della famiglia,
causate da alcune transazioni inopportune del padre, glielo impedirono. Fu nominato
conservatore dei Monti di Pietà, ed eletto protettore della Compagnia delle
Dimesse di S. Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso
e le Zitelle. Riorganizzò e diede nuovo impulso, inoltre, a un'altra
istituzione sorta dopo il Concilio di Trento: la Scuola della dottrina
cristiana. Per gli studenti fondò la Congregazione di S. Caterina da Siena. Per
far sì che il suo operato continuasse, fondò la Congregazione dello Spirito
Santo, che raccolse i membri della classe dirigente cittadina con l'obiettivo
di cooperare più efficacemente e concordemente al sostegno di tutte le buone
istituzioni e mantenere un clima di concordia; infatti intercedeva per la
conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso in conflitto. La sua indole caritativa emerse soprattutto
quando venne a far parte del Consiglio della città, dove seppe armonizzare le
strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte vi sono
indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello della
Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esaminò le strutture di
beneficenza per poi proporle a Brescia. In quest'occasione ebbe la possibilità
di conoscere Filippo Neri. In un'epistola del segretario a Morosini, venne
informato che Clemente VIII, aveva preso in considerazione il suo nome per la
carica di arcivescovo di Milano. Morì e fu sepolto nella chiesa di S. Barnaba a
Brescia. Le spoglie furono trasferite nella chiesa di S. Maria della Pace, ove
ancora riposano. Fu avviata presso la Congregazione dei riti la causa di
beatificazione. Leone XIII, riconosciute le sue virtù eroiche, gli conferì il
titolo di venerabile. Fonte: M. Rinaldi,
Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Antonio Cottinelli, Vita del venerabile
Alessandro Luzzago patrizio bresciano: dedicata ai comitati parrocchiali,
Tipografia e libreria Salesiana, 1883. Antonio Cistellini, Alessandro Luzzago.
Il movimento cattolico a Brescia, Morcelliana, 1998. Antonio Fappani,
Enciclopedia bresciana, Opera San Francesco di Sales, 2007. Marco Rinaldi,
«LUZZAGO, Alessandro», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 66,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2007. Simona Negruzzo, L'allievo
santo. Marcantonio Roccio precettore di Alessandro Luzzago, in «Annali di
Storia dell'Educazione e delle Istituzioni Scolastiche», 20, , 55–66. Simona Negruzzo, Dalla scuola dell'ajo
al collegio dei gesuiti: il caso del bresciano Alessandro Luzzago, in Dalla
virtù al precetto. L'educazione del gentiluomo tra '500 e '700, Brescia,
Fondazione Civiltà Bresciana, ,
39–69. Alessandro Luzzago, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
luzzato: Mosè Chaim Luzzatto (detto il Ramchal )affresco ad Acri,
Israele Mosè Luzzatto (in ebraico משה חיים לוצאטו, Moshe Chaim Luzzatto, ma il
nome si trova scritto anche come Moses Chaim o Moses Hayyim), conosciuto anche
con l'acronimo ebraico di RaMCHaL (o RaMHaL, רמח"ל), (Padova), filosofo. La
sua eredità è associata ai suoi scritti sullo Zohar, anche se viene dai più
ricordato per l'aspetto etico del suo insegnamento, in particolare attraverso
il trattato Mesillat Yesharim ("Il cammino dei giusti"). Nato
nel ghetto di Padova, ricevette un'educazione classica, sia ebraica che
italiana, mostrando sin da giovanissimo una predilezione per la letteratura.
Egli potrebbe aver frequentato l'Padova e certamente faceva parte di un gruppo
di studenti che notoriamente si interessava di misticismo e alchimia. Con la
sua vasta conoscenza di studi religiosi, arti e scienze divenne rapidamente la
figura dominante di quel gruppo. I suoi scritti dimostrano padronanza del
Tanakh, del Talmud, dei commentari rabbinici e dei codici della legge ebraica.
Scrisse da ragazzo il dramma allegorico Sansone e i filistei. Il punto di
svolta nella sua vita avvenne all'età di venti anni quando affermò di aver
ricevuto istruzioni direttamente da un essere mistico conosciuto come il
magghid. Storie simili non erano estranee ai circoli cabalistici ma non se
n'era mai sentito parlare da qualcuno in così giovane età. I suoi colleghi
erano affascinati dai riassunti scritti di queste divine lezioni, ma le
autorità superiori dei rabbini veneziani erano molto scettiche e minacciarono
di scomunicarlo. Questi scritti (o dettati), dei quali solo una piccola
parte è sopravvissuta, descrivono la convinzione di Luzzatto secondo la quale
lui e i suoi seguaci rappresentassero figure chiave nel dramma messianico che
stava per iniziare. Identificando uno dei suoi seguaci come il Messia figlio di
Davide, assunse per se stesso il ruolo di Mosè affermando che egli era la sua
reincarnazione. Secondo Luzzatto Mosè era collocato al di sopra del Messia ed
era il vero catalizzatore per la Redenzione. Minacciato di scomunica e
dopo molte discussioni, Luzzatto alla fine giurò di non trascrivere più le
lezioni del magghid, né di insegnare il misticismo. Nel 1735 Luzzatto lasciò
l'Italia per Amsterdam, credendo che in un ambiente più liberale sarebbe stato
in grado di proseguire i suoi studi. Passando dalla Germania fece appello alle
locali autorità rabbiniche perché lo proteggessero dalle minacce dei rabbini
italiani. Questi rifiutarono, costringendolo a firmare un documento in cui
affermava che tutti gli insegnamenti del magghid erano falsi. Quasi tutti i
suoi scritti furono bruciati e solo alcuni sopravvissero. Dagli scritti sullo
Zohar, nel 1958, riapparvero i 70 Tiqqunim Hadashim, inaspettatamente
conservati nella Biblioteca Bodleiana di Oxford. Questi Tikounim sono
"arrangiamenti" di pensieri ed espongono 70 diversi ed essenziali
modi per utilizzare l'ultimo verso del Chumash (Pentateuco). Insegnati parola
per parola in aramaico dal magghid del Ramchal, questi affiancano i 70 Tikouney
haZohar del Rashbi, i quali espongono le 70 fondamentali interpretazioni del
primo verso del Chumash. Amsterdam Quando finalmente Luzzatto raggiunse
Amsterdam fu in grado di continuare i suoi studi di Kabbalah relativamente
senza ostacoli. Guadagnandosi da vivere come tagliatore di diamanti, egli
continuò a scrivere ma si rifiutò di insegnare. È in questo periodo che scrisse
la sua grande opera, la Mesillat Yesharim (1740), essenzialmente un trattato
etico con un sottofondo mistico. Il libro, in 26 capitoli, rappresenta un
percorso, passo dopo passo, tramite il quale ogni persona ebrea può superare
l'inclinazione al peccato e raggiungere la santità. Redatto in un linguaggio
rabbinico molto distinto dai suoi precedenti scritti, è possibile che sia
stato scritto per trovare il legittimo riconoscimento all'interno della locale
comunità ebraica. Un altro eminente lavoro, Derekh ha-Shem ("La via
di Dio"), è un testo filosofico sullo scopo di Dio nella Creazione, nella
giustizia e nell'etica e sulle finalità della vita umana. Gli stessi argomenti
si ritrovano anche in un'opera più concisa, il Maamar Haikarim
("L'articolo sui princìpi") che come il Mesillat Yesharim è stato
recentemente tradotto in italiano. Ambedue le traduzioni sono disponibili in
rete. Il dialogo, definito socratico, Da'at Tevunoth ("La conoscenza
delle ragioni") fu scritto nella città olandese quale anello mancante tra
razionalità e Cabala, come una conversazione tra l'intelletto e l'anima che
riprese la logica della struttura dei dibattiti talmudici come mezzo per capire
e accettare il mondo che ci circonda. Uno fra i principali rabbini suoi
contemporanei, che ammirava gli scritti di Luzzatto, fu Eliyahu di Vilna, il
Gaon di Vilna (1720-1797), che era considerato il più autorevole saggio della
Torah dell'era moderna così come grande cabalista. Egli fu noto per aver detto,
dopo aver letto il Mesillat Yesharim che, se Luzzatto fosse stato ancora in
vita, avrebbe camminato da Vilna per raggiungerlo e imparare prostrandosi ai
suoi piedi. Vilna non è vicina all'Italia, separata da una distanza di circa
2050 km. Egli affermò che, letta l'opera, i primi otto capitoli non contenevano
una parola superflua. Anche Dov Ber di Mezeritch lodò il "Chassid di
Padova" e mise i suoi lavori tra quelli chassidici. Luzzatto scrisse
anche poesie e drammi molti dei quali laici (anche se molti studiosi
identificano anche in questi lavori toni mistici). I suoi scritti sono
influenzati fortemente dai poeti ebraici spagnoli e da autori italiani
contemporanei. Il cantore della sinagoga sefardita di Amsterdam, Abraham
Caceres, collaborò con Luzzatto per mettere in musica diverse sue poesie.
Acri Lapide tombaria (Tziyun) del Ramhal a Tiberiade, Israele Frustrato
dall'impossibilità di insegnare la Cabala ebraica, Luzzatto lasciò Amsterdam
per la Terra Santa nel 1743, stabilendosi a San Giovanni d'Acri. Tre anni dopo
(il 26 Iyar 5506) lui e la sua famiglia morirono di peste. Solo cento anni dopo
Luzzatto venne riscoperto dal Movimento Mussar, che adottò i suoi lavori etici.
Fu il grande etico della Torah, il rabbino Israel Salanter (1810-1883), a
mettere il Mesillat Yesharim al centro del Mussar (etico), il curriculum delle
principali Yeshivot dell'Europa orientale. Gli scrittori della Haskalah,
l'Illuminismo ebraico, per i suoi scritti laici lo dichiararono fondatore della
moderna letteratura ebraica. Anche suo cugino, il poeta Ephraim Luzzatto, esercitò
una notevole influenza sugli albori della moderna poesia ebraica.)
Sebbene sia stato stabilito dagli studiosi che la sua tomba si trova a Kfar
Yassif, il posto della sua sepoltura è tradizionalmente collocato vicino al
saggio del Talmud rabbino Akiva di Tiberiade, nel nord di Israele. La
sinagoga che egli costruì, e nella quale pregò, fu rasa la suolo dal governante
beduino della città, Daher el-Omar, nel 1758, che ci costruì sopra una moschea.
Al suo posto gli ebrei di Acri ricevettero una piccola costruzione al nord
della moschea che funziona tuttora come sinagoga e porta il nome del Ramchal;
durante gli ultimi anni la sinagoga è stata restaurata ed è stata aperta al
vasto pubblico. Nel 2007 sono stati celebrati i 300 anni dalla sua
nascita. Opere Queste, probabilmente, sono le maggiori opere di
Luzzatto: Ma'aseh Shimshon ("La storia di Sansone"); Lashon
Limudim ("Una lingua per insegnare"); Migdal Oz ("Una Torre di
Forza"); Zohar Kohelet ("Lo Zohar al Libro di Ecclesiaste");
Shivim Tikikunim ("Settanta Tikkunim"): in parallelo con i settanta
Tikkunei Zohar; Zohar Tinyanah ("Un secondo Zohar"): non esiste più;
Klallot Haillan o Klalut Hailan ("Gli elementi principali dell'Albero
[della Vita]"): sinopsi dell'opera cabalistica basilare dell'ARI; Ma'amar
Hashem ("Un discorso su Dio"); Ma'amar HaMerkava ("Un discorso
sul Carro"); Ma'amer Shem Mem-Bet ("Un discorso sulle 42 lettere del
Nome [di Dio]"); Ma'amar HaDin ("Un discorso sul Giudizio
[Divino]"); Ma'amar HaChochma o Maamar Ha'hokhma ("Un discorso sulla
Saggezza"): si concentra su Rosh haShana, Yom Kippur e Pesach da una
prospettiva cabalistica; Ma'amar HaGeulah ("Un discorso sulla
Redenzione" o "La Grande Redenzione"); Ma'amar HaNevuah
("Un discorso sulla Profezia"); Mishkanei Elyon o Mishkane 'Elyon
("Torri Esaltate"): un'interpretazione cabalstica del Tempio Santo
con un'illustrazione della dimensioni del Terzo Tempio; Ain Yisrael ("Il
Pozzo d'Israele"); Ain Yaakov ("Il Pozzo di Giacobbe");
Milchamot Hashem ("Le Guerre di Dio"): che difende la Cabala ebraica
contro i suoi detrattori; Kinnaot Hashem Tzivakot o Kinat H' Tsevaot
("Difese ardenti per il Signore degli Eserciti"): offre particolari
sulla redenzione e sul Messia; Adir Bamarom ("[Dio è] Potente nell'Alto"),
commentario della Iddrah Rabbah ("La Grande Camera della
Trebbiatura"): sezione dello Zohar; Iggrot Pitchei Chochma v'Da'at o Klale
Pit'he 'Hokhma Veda'at ("Lettere [che servono] come Introduzione alla
Saggezza e alla Conoscenza"): spiega certi principi eruditi della fede
ebraica secondo la Cabala; Sefer Daniel ("Il Libro di Daniele"):
commentario esoterico di questa opera biblica; Tiktu Tephilot ("515
Preghiere"): si focalizza sulle preghiere per la rivelazione della sovranità
di Dio; Kitzur Kavvanot ("Intenzioni abbreviate"): permette al
lettore di avere una panoramica delle preghiere e intendimenti dell'ARI;
Ma'amar HaVechuach ("Discorso [che serve come] argomento"): mette a
confronto un cabalista con un razionalista, ognuno che cerca di difendere il
proprio punto di vista; Klach Pitchei Chochma o Kala'h Pitkhe 'Hokhma
("138 introduzioni alla Saggezza"): una delle opere più importanti
del Ramchal, poiché espone il suo pensiero sulla natura simbolica degli scritti
dell'ARI e delle rispettive spiegazioni del Ramchal; Areichat Klallot HaEilan
("Dizionario dei Principali Elementi dell'Albero [della Vita]");
Klallim ("Elementi Principali"): serie di brevi presentazioni sui
maggiori principi dei sistemi cabalistici; Da'at Tevunot o Da'ath Tevunoth
("Il Cuore conosce" o "Sapere le ragioni"): opera che
spiega la dualità del positivo e negativo che esiste a tutti i livelli della
realtà, affermando che questa è la base per cui Dio "mostra il Suo Volto o
Lo occulta" all'umanità, e la doppia esistenza del bene e del male;
Peirush al Midrash Rabbah ("Commentario di Midrash Rabbah"): non
tanto cabalistico quanto simbolico; Derech Hashem o Derekh Hashem ("La Via
di Dio"): una delle sue opere più rinomate. Un'esposizione succinta delle
fondamenta della fede ebraica, che tratta anche degli obblighi dell'umanità su
questa terra e le sue relazioni con Dio; Ma'amar al HaAggadot ("Discorso
sull'Aggadah"): che spiega che la letteratura aggadica non è letterale ma
metaforica; Ma'amar HaIkkurim o Maamar Ha'ikarim ("Discorso sulle Cose
Fondamentali"): breve esposizione delle fondamenta della religione ebraica
simile a "La Via di Dio" e che concerne certe altre tematiche; Derech
Chochma o Sepher Derekh 'Hokhma ("La Via della Saggezza"): che serve
come dialogo tra un giovane e un saggio, con quest'ultimo che prepara un corso
sulla Torah che duri tutta la vita e culmini con lo studio della Cabala;
Vichuach HaChocham V'HaChassid ("L'argomentazione tra il Saggio e il
Pio"): che è in verità la prima stesura di Messilat Yesharim recentemente
ritrovato; Messilat Yesharim o Mesilat Yesharim ("Il Percorso del
Giusto"): la sua opera più famosa che permette ai lettori di arricchirsi
gradualmente in devozionescritto quando aveva 33 anni (nel 1740); Sefer
HaDikduk ("Il Libro della Grammatica"); Sefer HaHigayon ("Il
Libro della Logica"): espone il giusto modo di pensare e analizzare;
Ma'amar al HaDrasha ("Un discorso sulle Omelie"): incoraggia lo
studio di Cabala e Mussar; Sefer Hamalitza ("Il Libro dello Stile"):
offre l'arte di scrivere accuratamente e di esprimersi correttamente; Derech
Tevunot ("La Via della Comprensione"): spiega il modo di pensare
talmudico; LaYesharim Tehilla ("Sia lode al Giusto"): un'opera
drammatica. Note Yirmeyahu Bindman , Rabbi Moshe Chaim Luzzatto: His Life
and Works, Jason Aronson Inc., 1995.
Solamente nel secolo precedente un altro giovane mistico, Sabbatai Zevi
(m.1676) aveva scosso il mondo ebraico affermando di essere il Messia. Anche se
a un certo punto Zevi aveva convinto quasi tutti i rabbini europei e medio-orientali
della sua affermazione, l'episodio si concluse con la sua ritrattazione e
successiva conversione all'Islam. L'intera comunità ebraica si stava appena
riprendendo da quell'episodio, così le similitudini tra gli scritti di Luzzatto
e quelli di Zevi furono visti in maniera particolarmente pericolosa. Come
scrive Gershom Scholem: "The heated controversy about the revelations of
Moses Hayyim Luzzatto in Padua, which began in 1727, and the messianic
tendencies of his group engaged much attention in the following ten years.
Although even in their secret writings Luzzatto, Moses David Valle, and their
companions repudiated the claims of Shabbetai Zevi and his followers, they were
without doubt deeply influenced by some of the paradoxical teachings of Shabbatean
Kabbalah, especially those concerning the metaphysical prehistory of the
Messiah's soul in the realm of the kelippot. Luzzatto formulated these ideas in
a manner which removed the obviously heretical elements but still reflected,
even in his polemics against the Shabbateans, much of their spiritual universe.
He even tried to find a place for Shabbetai Zevi, though not a messianic one,
in his scheme of things." (articolo "SHABTAI ZVI ( in : Encyclopaedia
Judaica) "Rabbi Moses Hayyim Luzzatto", su Jewish Virtual
Library, IV paragrafo. 19/06/ Il libro è stato tradotto da Massimo Giuliani
presso le edizioni San Paolo, Tre tappe, distribuite nel primi 12 capitoli,
sono vigilanza (zehirut), dedizione (zerizut) e innocenza (neqiut) per
diventare giusto (zaddik) e, nei capitoli successivi, altre sei tappe: ascesi
(perishut), purezza (taharah), pietà (chasidut), umiltà (ʿanavà), timore del
peccato (jirat hachet) e santità (qedushà) per raggiungere Dio e rettificare la
Shekhinah. Secondo il suo impianto Dio
ha creato il mondo a servizio dell'uomo, il cui scopo è la comunione (devequt)
con il suo Creatore attraverso il compito di aggiustare e migliorare il mondo
stesso. Tra buona e cattiva inclinazione, ogni uomo svolge la sua battaglia per
raggiungere la via maestra. Sul
sito. Jonathan Rietti, "Deepening
one's relationship with God" , serie di lezioni in formato audio, su
Gateways Online. Moshe Hayyim Luzzatto,
The Way of God (ebraico: Derech Hashem) (6ª ed. riveduta 1998), Gerusalemme,
Feldheim Publishers15, Google Maps,
Maps.google.com, 1º gennaio 1970. 19 giugno .
Questa formula è uno dei maggiori pregi che un saggio può dire nel
lodare un altro. Alfred Sendrey, The
music of the Jews in the Diaspora (up to 1800), 1971: "...Moses Hayyim
Luzzatto, che visse ad Amsterdam dal 1736 al 1743, scrisse le poesie e Abraham
Caceres la musica." Cfr. anche
Journal of synagogue music: 53 Cantors Assembly of America1974: "Nei testi
delle poesie composte per questa occasione dai rabbini di Amsterdam, Isaac
Aboab da Fonseca (vedi nota su Luzzatto... in seguito messe in musica da
Abraham Caceres, appare anche in questo importante manoscritto musicale, sul
fol. l5b-l6a..." Abraham J.
Twerski, Lights Along the Way: Timeless Lessons for Today from Rabbi Moshe
Chaim Luzzatto's Mesillas Yesharim, Mesorah Publications, 1995, Introd. e s.v.
"Poetry and literature".
"La Sinagoga del Ramchal", su I Segreti dell'Antica Acri Le informazioni bibliografiche provengono
principalmente da Ramchal, Torah.org. 19 giugno
10 maggio ). Moseh Chajijm
Luzzatto, Centotrentotto porte di sapienza [estratto], in Mistica ebraica,
Giulio Busi, Einaudi, Torino Moseh Chajijm Luzzatto, Il sentiero dei giusti,
Massimo Giuliano, San Paolo, Cinisello Balsamo L'epistolario di Mošeh Ḥayyim
Luzzatto, Natascia Danieli, Giuntina, Firenze Moshe Chaim Luzzatto, KLaCh
Pischey Chokhmah. 138 Aperture di Saggezza, Providence University, Moshe Chaim
Luzzatto, Derech Ha-shem: La Via Di Dio, Providence University, Moshè Chayìm
Luzzatto, Articolo sui principi: Amsterdam 1743, trad. di Ralph Anzarouth,
Morashà, Milano Gadi LuzzattoMauro
Perani (edd.), Ramhal. Pensiero ebraico e kabbalah tra Padova ed Eretz Israel,
Esedra, Padova Cabala lurianica Cinque
Mondi Ebraismo in Italia Letteratura mussar Shekhinah Storia degli ebrei in
Italia Tzimtzum Altri progetti Collabora a Wikibooks Wikibooks contiene testi o
manuali su Mosè Luzzatto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Mosè Luzzatto Mosè Luzzatto, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Mosè Luzzatto, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Mosè Luzzatto, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Mosè Luzzatto, .
Biografia di Luzzatto, su jewishvirtuallibrary.org.Lezioni online sul RAMCHAL,
su torah.org.Estratti di Derech Etz Chaim del Ramchal, su
dafyomireview.com.Video di una lezione sul Ramhal di Dr. Henry Abramson V D M
Tree-of-Life Flower-of-Life Stage.svg Cabala ebraica Tree-of-Life
Flower-of-Life Stage.svg.
machiavelli: Grice: “While
Strawson prefers ‘The Prince,’ my favourite Machiavelli is the dialogo,
discorso, ovvero dialogo intorno della lingua –“ Grice: “The full title makes
it sound slightly analytic – ‘whether it should be called ‘florentine, Italian,
or tooscana’ I mean, a stipulation!” -- Grice: “Like me, we can call
Machiavelli a philosopher of language – the trend being very Florentine between
Machiavelli and Varchi.” -- possibly Italy’s greateset philosopher -- the
Italian political theorist commonly considered the most influential political
thinker of the Renaissance. Born in Florence, he was educated in the civic
humanist tradition. He was secretary to the second chancery of the republic of
Florence, with responsibilities for foreign affairs and the revival of the
domestic civic militia. His duties involved numerous diplomatic missions both
in and outside Italy. With the fall of the republic, he was dismissed by the
returning Medici regime. He lived in enforced retirement, relieved by writing
and occasional appointment to minor posts. Machaivelli’s writings fall into two
genetically connected categories: chancery writings (reports, memoranda, diplomatic
writings) and essays, the chief among them The Prince, the Discourses, the Art
of War, Florentine Histories, and the comic drama Mandragola. With Machiavelli
a new vision emerges of politics as autonomous activity leading to the creation
of free and powerful states. This vision derives its norms from what humans do
rather than from what they ought to do. As a result, the problem of evil arises
as a central issue: the political actor reserves the right “to enter into evil
when necessitated.” The requirement of classical, medieval, and civic humanist
political philosophies that politics must be practiced within the bounds of
virtue is met by redefining the meaning of virtue itself. Machiavellian virtù
is the ability to achieve “effective truth” regardless of moral, philosophical,
and theological restraints. He recognizes two limits on virtù: fortuna, understood as either chance or as a
goddess symbolizing the alleged causal powers of the heavenly bodies; and (the
agent’s own temperament, bodily humors, and the quality of the times. Thus, a
premodern astrological cosmology and the anthropology and cyclical theory of
history derived from it underlie his political philosophy. History is seen as
the conjoint product of human activity and the alleged activity of the heavens,
understood as the “general cause” of all human motions in the sublunar world.
There is no room here for the sovereignty of the Good, nor the ruling Mind, nor
Providence. Kingdoms, republics, and religions follow a naturalistic pattern of
birth, growth, and decline. But, depending on the outcome of the struggle
between virtù and fortuna, there is the possibility of political renewal; and
Machiavelli saw himself as the philosopher of political renewal. Historically,
Machiavelli’s philosophy came to be identified with Machiavellianism), the
doctrine that the reason of state recognizes no moral superior and that, in its
pursuit, everything is permitted. Although Machiavelli himself does not use the
phrase ‘reason of state’, his principles have been and continue to be invoked
in its defense. Niccolò di Bernardo dei Machiavelli
noto semplicemente come Niccolò Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469Firenze, 21
giugno 1527) è stato uno storico, filosofo, scrittore, drammaturgo, politico e
diplomatico italiano, secondo cancelliere della Repubblica Fiorentina dal 1498
al 1512. Niccolò Machiavelli (stampa primi Ottocento) Considerato,
come Leonardo da Vinci, un uomo universale, nonché figura controversa nella
Firenze dei Medici, è noto come il fondatore della scienza politica moderna, i
cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il Principe, nella quale
è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica della storia.
Questa definizione, secondo molti, descrive in maniera compiuta sia l'uomo sia
il letterato più del termine machiavellico, entrato peraltro nel linguaggio
corrente ad indicare un'intelligenza acuta e sottile, ma anche spregiudicata e,
proprio per questa connotazione negativa del termine, negli ambiti letterari
viene preferito il termine "machiavelliano". L'ortografia del
cognome è, purtroppo, ambigua: la versione "Macchiavelli", quella
della statua a lui dedicata agli Uffizi, in attesa di chiarimenti dell'Ufficio
Culturale del museo o dell'Accademia della Crusca, andrebbe considerata
ugualmente corretta in lingua italiana. L'analisi della firma del filosofo,
riportata qui accanto, farebbe propendere per la "c" singola[senza
fonte]. «Nacqui povero, ed imparai prima a stentare che a godere.»
(N. Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori.) Niccolò Machiavelli (scritto
anche Macchiavelli sulla statua a lui dedicata all'ingresso degli Uffizi)
nacque a Firenze, terzo figlio, dopo le sorelle Primavera (1465) e Margherita
(1468) e prima del fratello Totto (1475-1522); figlio di Bernardo (1432-1500) e
di Bartolomea Nelli (1441-1496). Anticamente originari della Val di Pesa, i
Machiavelli sono attestati popolani guelfi residenti almeno dal XIII secolo a
Firenze, dove occuparono uffici pubblici ed esercitarono il commercio. Il padre
Bernardo era tuttavia di così poca fortuna da esser considerato, non si sa
quanto veritieramente, figlio illegittimo: dottore in legge, risparmiatore per
carattere o per necessità, ebbe interesse agli studi di umanità, come risulta
da un suo Libro di Ricordi che è anche la principale fonte di notizie
sull'infanzia di Niccolò. La madre, secondo un suo lontano pronipote, avrebbe
composto laude sacre, rimaste peraltro sconosciute, dedicate proprio al figlio
Niccolò. Nel 1476 Niccolò cominciò a studiare latino con un certo Matteo,
l'anno dopo si dedicava allo studio della grammatica con Battista da Poppi,
all'aritmetica nel 1480 e l'anno seguente affrontava le prove scritte di
componimento in latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca
paterna: la I Deca di Tito Livio e quelle di Flavio Biondo, opere di Cicerone,
Macrobio, Prisciano e Marco Giuniano Giustino. Adulto, maneggerà anche Lucrezio
e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense. Non conobbe invece
il greco antico, ma poté leggere le traduzioni latine di alcuni degli storici
più importanti, soprattutto Tucidide, Polibio e Plutarco, da cui trasse
importantissimi spunti per la sua riflessione sulla Storia. S'interessò alla
politica anche prima di avere degli incarichi istituzionali, come dimostra una
sua lettera del 9 marzo 1498, la seconda che di lui ci è pervenutala prima è
una richiesta al cardinale Giovanni Lopez, del 2 dicembre 1497, affinché si
adoperi a riconoscere alla sua famiglia un terreno contestato dalla famiglia
dei Pazziindirizzata probabilmente all'amico Ricciardo Becchi, ambasciatore
fiorentino a Roma, nella quale egli si esprime in modo critico contro Girolamo
Savonarola. Due sono le fasi che scandiscono la vita di Niccolò
Machiavelli: nella prima parte della sua esistenza egli è impegnato soprattutto
negli affari pubblici; nella successiva nella scrittura di testi di portata
teorica e speculativa. A partire dal 1512 si apre la seconda fase segnata dal
forzato allontanamento dello storico e filosofo toscano dalla politica
attiva. «Della persona fu ben proporzionato, di mezzana statura, di corporatura
magro, eretto nel portamento con piglio ardito. I capelli ebbe neri, la
carnagione bianca ma pendente all'ulivigno; piccolo il capo, il volto ossuto,
la fronte alta. Gli occhi vividissimi e la bocca sottile, serrata, parevano
sempre un poco ghignare. Di lui più ritratti ci rimangono, di buona fattura, ma
soltanto Leonardo, col quale ebbe pur che fare ai suoi prosperi giorni, avrebbe
potuto ritradurre in pensiero, col disegno e i colori, quel fine ambiguo
sorriso» (Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli22) Caterina
Sforza Riario, ritratta da Lorenzo di Credi. Niccolò aveva già presentato al
Consiglio dei Richiesti, il 18 febbraio 1498, la propria candidatura a
segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina, ma gli fu
preferito un candidato savonaroliano. Pochi giorni però dopo la fine
dell'avventura politica e religiosa del frate ferrarese, il 28 maggio
Machiavelli fu nuovamente designato ed eletto il 15 giugno dal Consiglio degli
Ottanta, elezione ratificata dal Consiglio maggiore il 19 giugno 1498,
probabilmente grazie all'autorevole raccomandazione del Primo segretario della
Repubblica, Marcello Virgilio Adriani, che il Giovio asserisce essere stato suo
maestro. Per quanto i compiti delle due Cancellerie siano stati spesso confusi,
generalmente alla prima si attribuivano gli affari esterni, e alla seconda
quelli interni e la guerra: ma i compiti della seconda Cancelleria, presto
unificati con quelli della Cancelleria dei Dieci di libertà e pace,
consistevano nel tenere i rapporti con gli ambasciatori della Repubblica,
cosicché, essendogli stata affidata, il 14 luglio, anche questa ulteriore
responsabilità, Machiavelli finì per doversi occupare di una tale somma di
compiti da essere storicamente considerato, senza ulteriori distinzioni, il
«Segretario fiorentino». Era il tempo nel quale, conclusa l'avventura
italiana di Carlo VIII, la maggiore preoccupazione di Firenze era volta alla
riconquista di Pisaresasi indipendente dopo che Piero de' Medici l'aveva data
in pegno al re di Francia- e alleata di Venezia che, intendendo impedire
l'espansione fiorentina, aveva invaso il Casentino, occupandolo a nome dei
Medici. Il pericolo venne fronteggiato dal capitano di ventura Paolo Vitelli, e
la mediazione del duca di Ferrara Ercole I, il 6 aprile 1499, riconsegnò il
Casentino a Firenze, autorizzandola altresì a riprendersi Pisa. In marzo venne
inviato a Pontedera, dove erano acquartierate le milizie del signore di
Piombino, Jacopo d'Appiano, alleato di Firenze. In maggio scrisse il Discorso
della guerra di Pisa per il magistrato dei Dieci: poiché «Pisa bisogna averla o
per assedio o per fame o per espugnazione, con andare con artiglieria alle
mura», esaminate diverse soluzioni, si esprime favorevole a un assedio di «un
quaranta o cinquanta dì ed in questo mezzo trarne tutti gli uomini da guerra
potete, e non solamente cavarne chi vuole uscire, ma premiare chi non ne
volesse uscire, perché se ne esca. Dipoi, passato detto tempo, fare in un
subito quanti fanti si può; fare due batterie, e quanto altro è necessario per
accostarsi alle mura; dare libera licenza che se ne esca chiunque vuole, donne,
fanciulli, vecchi ed ognuno, perché ognuno a difenderla è buono; e così
trovandosi i Pisani voti di difensori dentro, battuti dai tre lati, a tre o
quattro assalti sarìa impossibile che reggessero». Il 16 luglio 1499 si
presentò a Forlì alla contessa Caterina Sforza Riario, nipote di Ludovico il
Moro e madre di Ottaviano Riario, che era stato al soldo dei fiorentini, per
rinnovare l'alleanza e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana.
Ottenne solo vaghe promesse dalla contessa che era già impegnata a sostenere lo
zio nella difficile difesa del Ducato milanese dalle mire di Luigi XII e
dovette ripartire senza aver nulla ottenuto. Era nuovamente a Firenze in
agosto, quando le artiglierie fiorentine, provocata una breccia nelle mura
pisane, aprivano la via alla conquista della città, ma il Vitelli non seppe
sfruttare l'occasione e temporeggiò finché la malaria non ebbe ragione delle
sue truppe, costringendolo a togliere l'assedio il 14 settembre. Invano ritentò
l'impresa: sospettato di tradimento, quello che «era il più reputato capitano
d'Italia» fu decapitato. Nessuna prova vi era che il Vitelli fosse stato
corrotto dai Pisani ma la giustificazione di Machiavelli, a nome della
Repubblica, in risposta alle critiche di un cancelliere di Lucca, fu che «o per
non havere voluto, sendo corropto, o per non havere potuto, non avendo la
compagnia, ne sono nati per sua colpa infiniti mali ad la nostra impresa, et
merita l'uno o l'altro errore, o tuct'a due insieme che possono stare, infinito
castigo». Conquistato il Ducato di Milano, in risposta alla richieste
fiorentine Luigi XII mandò suoi soldati a risolvere l'impresa di Pisa le cui
mura furono bensì abbattute nel luglio del 1500 ma né gli svizzeri né i
francesi entrarono in città anzi, lamentando che Firenze non li pagasse,
levarono l'assedio e sequestrarono il commissario fiorentino Luca degli
Albizzi, che fu rilasciato solo dietro riscatto. A Machiavelli, presente ai
fatti, non restava che informare la Repubblica, che decise di mandarlo in
Francia, insieme con Francesco della Casa, per cercare nuovi accordi che
risolvessero finalmente la guerra di Pisa. Il cardinale di Rouen
Georges d'Amboise Il 6 agosto 1500 raggiunsero la corte francese a Nevers,
presentando al re e al ministro, cardinale di Rouen, le rimostranze per il
cattivo comportamento dei loro soldati; sapendo che Firenze non aveva al
momento denari sufficienti a finanziare l'impresa, invitarono Luigi a
intervenire direttamente nella guerra, al termine della quale la Repubblica
avrebbe ripagato la Francia di tutte le spese. Il rifiuto dei francesiche
richiedevano a Firenze il mantenimento degli svizzeri rimasti accampati in
Lunigiana e minacciavano la rottura dell'alleanzamise i legati fiorentini,
privi di istruzioni dalla Repubblica, in difficoltà, acuite dalla ribellione di
Pistoia e dalle iniziative che frattanto aveva preso in Romagna Cesare Borgia,
i cui ambiziosi e oscuri piani potevano anche indirizzarsi contro gli interessi
fiorentini. Occorreva, pagando, mantenere buoni rapporti con la
Franciascriveva da Tours il 21 novembree guardarsi dalle macchinazioni del
papa: così, ottenuto dalla Signoria il denaro richiesto dalla Francia, Machiavelli
poteva finalmente ritornare a Firenze il 14 gennaio 1501. Quella lunga
permanenza nella corte francese verrà dislocata negli opuscoli (entrambi del
1510) De natura Gallorum, dove i francesi verranno descritti come «humilissimi
nella captiva fortuna; nella buona insolenti [ ... ] più cupidi de' danari che
del sangue [ ... ] vani et leggieri [ ... ] più tosto tachagni che prudenti»,
con una bassa opinione degli Italiani, e nel successivo Ritratto delle cose di
Francia, dove, spostandosi su un piano d'analisi prettamente politica, finisce
col fare della Francia l'esemplare dello stato moderno. Soprattutto egli
insiste sul nesso fra la prosperità della monarchia e il raggiunto processo di
unificazione nazionale, sentito come la lezione peculiare delle "cose di
Francia". Cesare Borgia «Questo signore è molto splendido e
magnifico, e nelle armi è tanto animoso che non è sì gran cosa che non gli paia
piccola, e per gloria e per acquistare Stato mai si riposa né conosce fatica o
periculo: giugne prima in un luogo che se ne possa intendere la partita donde
si lieva; fassi ben volere a' suoi soldati; ha cappati e' migliori uomini
d'Italia: le quali cose lo fanno vittorioso e formidabile, aggiunte con una
perpetua fortuna» (Machiavelli, Lettera ai Dieci del 26 giugno 1502) La
minaccia del Borgia si fece presto concreta: fermato dalle minacce della
Francia quando tentava d'impadronirsi di Bologna, si volse contro Piombino,
entrando nel territorio della Repubblica e cercando di imporle tributi, dai
quali Firenze fu nuovamente fatta salva dall'intervento di Luigi. Fra una
missione a Pistoia e un'altra a Siena, Niccolò ebbe tempo di sposare,
nell'autunno del 1501, Marietta Corsini, donna di modesta origine, dalla quale
avrà sei figli: Primerana, Bernardo, Lodovico, Guido, Piero e Baccina. Padrone
di Piombino il 3 settembre 1501, il Borgia, per mezzo del suo sodale Vitellozzo
Vitelli s'impadronì di Arezzo, dove si stabilì Piero de' Medici, poi delle
terre di Valdichiana, di Cortona, di Anghiari e di Borgo San Sepolcro e di lì passò
a investire Camerino e Urbino, chiedendo nel contempo di intavolare trattative
con Firenze che, nel frattempo, vistasi stretta dai due Borgia, padre e figlio,
aveva rinnovato gli accordi con la Francia. Il 22 giugno 1502, lo stesso
giorno della caduta della città nelle mani di Cesare, partirono per Urbino
Machiavelli e il vescovo di Volterra, Francesco Soderini, fratello di Piero:
ricevuti il 24 giugno, si sentirono ordinare di cambiare il governo della
Repubblica, pena la sua inimicizia. La crisi fu superata grazie all'intervento
delle armi francesi: avvicinandosi queste ad Arezzo, la città fu sgomberata e
restituita, insieme con le altre terre, ai Fiorentini. Riferimento a questi
casi è il breve scritto dell'anno successivo, Del modo di trattare i popoli
della Valdichiana ribellati, nel quale, preso esempio dal comportamento tenuto
dagli antichi Romani in caso di ribellioni, rimprovera il governo fiorentino di
non aver trattato severamente la ribelle città di Arezzo. Pensa che come i
Romani «fecero giudizio differente per esser differente il peccato di
quelli popoli, così dovevi fare voi, trovando ancora nei vostri ribellati
differenza di peccati [ ... ] giudico ben giudicato che a Cortona, Castiglione,
il Borgo, Foiano, si siano mantenuti i capitoli, siano vezzeggiati e vi siate
ingegnati riguadagnarli con i beneficii [ ... ] ma io non approvo che gli
Aretini, simili ai Veliterni ed Anziani non siano stati trattati come loro. [
... ] I Romani pensarono una volta che i popoli ribellati si debbano o beneficare
o spegnere e che ogni altra via sia pericolosissima.» Di fronte a quelli
che apparivano tempi nuovi e tempestosi, nei quali occorreva che uomini capaci
prendessero pronte risoluzioni, come prima riforma nell'organizzazione dello
Stato fiorentino fu resa vitalizia la carica di gonfaloniere, affidata, il 15
settembre 1502, a Pier Soderini, che appariva uomo accetto tanto agli ottimati
che ai popolani. La prima missione che egli affidò a Machiavelli fu quella di
prendere nuovamente contatto col Borgia il quale, formalmente capitano delle
truppe pontificie e finanziato da quello Stato, intendeva tuttavia agire nel
proprio interesse e in quello della sua famiglia, stringendo un nuovo patto col
Luigi XII e ottenendone libertà d'azione nei suoi piani di espansione, non solo
nei confronti di signorotti quali gli Orsini, i Baglioni e il Vitelli, già suoi
alleati, ma anche contro lo stesso Bentivoglio di Bologna. Seguendo la
tradizionale politica di alleanza con la Francia, Firenzepur diffidando del
Valentinointendeva confermargli la sua amicizia, per non essere investita dai
suoi aggressivi disegni. Machiavelli giunse a Imola dal Borgia il 7
ottobre, confidandogli che Firenze non aveva aderito all'offerta di amicizia
propostale dagli Orsini e dai Vitelli, congiurati a Magione contro il duca
Valentino, e ne ricevette in cambio un'offerta di alleanza, alla quale Niccolò,
affascinato dalla figura di Cesare Borgia, guardava con favore più di quanto
non facesse il governo fiorentino. Fu al seguito del Valentino per tutta la
durata di quei tre mesi di campagna militare e, il 1º gennaio 1503, due ore
dopo l'uccisione a tradimento di Vitellozzo e di Oliverotto da Fermo, ne
raccolse le parole «savie e affezionatissime» per i Fiorentini, invitati
nuovamente a unirsi a lui per avventarsi contro Perugia e Città di Castello.
Firenze, a questo punto, decise di mandare presso il Borgia un ambasciatore
accreditato, Jacopo Salviati, così che il nostro Segretario il 20 gennaio
lasciò il campo di Città della Pieve per fare ritorno a Firenze.
Vitellozzo Vitelli, ritratto da Luca Signorelli. «Vitellozo, Pagolo et
duca di Gravina in su muletti ne andorno incontro al duca, accompagnati da
pochi cavagli; et Vitellozo disarmato, con una cappa foderata di verde, tucto
aflicto se fussi conscio della sua futura morte, dava di sé, conosciuta la
virtù dello huomo et la passata sua fortuna, qualche ammiratione [ ... ]
Arrivati adunque questi tre davanti al duca, et salutatolo humanamente, furno
da quello ricevuti con buono volto [ ... ] Ma, veduto il duca come Liverotto vi
mancava [ ... ] adciennò con l'occhio a don Michele, al quale lLeverotto era
demandata, che provedessi in modo che Liverotto non schapassi [ ... ] Liverotto
havendo facto riverenza, si adcompagnò con gli altri; et entrati in Senigagla,
et scavalcati tutti ad lo alloggiamento del duca, et entrati seco in una stanza
secreta, furno dal duca fatti prigioni [ ... ] venuta la nocte [ ... ] al duca
parve di fare admazare Vitellozzo e Liverotto; et conductogli in uno luogo
insieme, gli fe' strangolare [ ... ] Pagolo et el duca di Gravina Orsini furno
lasciati vivi per infino che il duca intese che a Roma el papa haveva preso el
cardinale Orsino, l'arcivescovo di Firenze et messer Jacopo da Santa Croce;
dopo la quale nuova, a dì 18 di giennaio, ad Castel della Pieve furno anchora
loro nel medesimo modo strangolati» (Machiavelli, Descrizione del modo
tenuto dal duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da
Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini, giugno-agosto
1503) La morte di Alessandro VI privò Cesare Borgia delle risorse
finanziarie e politiche che gli occorrevano per mantenere il ducato di Romagna,
che si dissolse tornando a frammentarsi nelle vecchie signorie, mentre Venezia
s'impadronì di Imola e di Rimini. Dopo il brevissimo pontificato di Pio III,
Machiavelli fu inviato a Roma il 24 ottobre 1503 per il conclave che il 1º
novembre elesse Giulio II. Raccolse le ultime confidenze del Valentino, del
quale pronosticò la rovina imminente, e cercò di comprendere le intenzioni
politiche del nuovo papa, che egli sperava s'impegnasse contro i Veneziani, le
cui mire espansionistiche erano temute da Firenze: «O la sarà una porta che
aprirà loro tutta Italia, o fia la rovina loro», scrive il 24 novembre. A
Roma gli giunse la notizia della nascita del secondogenito Bernardo: «Somiglia
voi, è bianco come la neve, ma gli ha il capo che pare velluto nero, et è
peloso come voi, e da che somiglia voi parmi bello», gli scrive la moglie
Marietta il 24 novembre. E Machiavelli, che lungamente in questo scorcio di
tempo aveva frequentato la casa del cardinal Soderini, al quale forse prospettò
già il suo progetto di costituire una milizia nazionale che sostituisse
l'infida soldatesca mercenaria, il 18 dicembre s'avviò per Firenze. In
Francia Ingresso a Genova di Luigi XII, 1508. Le fortune della Francia in
Italia sembrarono declinare dopo la cacciata dal Napoletano ad opera
dell'armata spagnola di Gonzalo Fernández de Córdoba. Firenze, alleata di Luigi
XII, e timorosa delle prossime iniziative della Spagna, del papa e della nemica
tradizionale, la Siena di Pandolfo Petrucci, era interessata a conoscere i
progetti del re e a questo scopo alla sua corte mandò Machiavelli «a vedere in
viso le provvisioni che si fanno e scrivercene immediate, e aggiungervi la
coniettura e iudizio tuo». Il 22 gennaio 1504 Machiavelli era a Milano per
conferire con il luogotenente Charles II d'Amboise, che non credeva in un
attacco spagnolo in Lombardia e rassicurò Niccolò sull'amicizia francese per
Firenze. Raggiunse la corte e l'ambasciatore Niccolò Valori a Lione il 27
gennaio, ricevendo uguali rassicurazioni dal cardinale di Rouen e da Luigi
stesso. In marzo ripartiva per Firenze e di qui si recava per pochi giorni a
Piombino da Jacopo d'Appiano, per sondare la posizione di quel signorotto. È di
questo tempo la stesura del suo primo Decennale, una storia dei fatti notevoli
occorsi degli ultimi dieci anni volta in terzine: Machiavelli non è poeta,
anche se invoca Apollo nell'esordio del poemetto, ma a noi interessa il suo
giudizio sull'attualità della vicenda politica italiana e su quel che attende
Firenze: «L'imperador, con l'unica sua prole vuol presentarsi al
successor di Pietro al Gallo il colpo ricevuto duole; e Spagna che di Puglia tien
lo scetro va tendendo a' vicin laccioli e rete, per non tornar con le sue
imprese a retro; Marco, pien di paura e pien di sete, fra la pace e la guerra
tutto pende; e voi di Pisa troppa voglia avete [ .... ] Onde l'animo mio tutto
s'infiamma or di speranza, or di timor si carca tanto che si consuma a dramma a
dramma, perché saper vorrebbe dove, carca di tanti incarchi debbe, o in qual
porto, con questi venti, andar la vostra barca. Pur si confida nel nocchier
accorto ne' remi, nelle vele e nelle sarte; ma sarebbe il cammin facile e corto
se voi el tempio riapriste a Marte» (Decennale primo, vv 529-549) I
tentativi d'impadronirsi di Pisa fallirono ancora: battuta a Ponte a Cappellese
il 27 marzo 1505, Firenze doveva anche guardarsi dalle manovre dei signori ai loro
confini. Machiavelli andò a Perugia l'11 aprile per conferire col Baglioni, ora
alleato con gli Orsini, con Lucca e con Siena, poi a Mantova, per cercare
invano accordi con il marchese Giovan Francesco Gonzaga e il 17 luglio a Siena.
In settembre, fallì un nuovo assalto a Pisa e Machiavelli ne trasse spunto per
presentare la proposta della creazione di un esercito cittadino. Rimasti
diffidenti i maggiorenti della cittàche temevano che un esercito popolare
potesse costituire una minaccia per i loro interessima appoggiato dal Soderini,
Machiavelli si mosse per mesi nei borghi toscani a far leva di soldati,
istruiti «alla tedesca», e finalmente, il 15 febbraio 1506, Firenze poté vedere
la prima parata di una milizia «nazionale» che peraltro non avrà nessun ruolo
nella successiva conquista di Pisa e si rivelerà di scarso affidamento nella
difesa di Prato del 1512. Con la pace concordata con la Francia
nell'ottobre 1505, la Spagna, con Ferdinando II d'Aragona, aveva preso
definitivamente possesso del Regno di Napoli. I piccoli stati della penisola
attendevano ora le mosse di Giulio II, deciso a imporre la sua egemonia
nell'Italia centrale: nel luglio, il papa chiese a Firenze di partecipare alla
guerra che egli intendeva muovere al signore di Bologna, Giovanni Bentivoglio,
che era alleato, come Firenze, dei francesi, e perciò teoricamente amico, oltre
che confinante, dei Fiorentini. Si trattava di temporeggiare, osservando gli
sviluppi dell'impresa del papa al quale fu mandato Machiavelli, che lo incontrò
a Nepi il 27 agosto 1506. Giulio II gli dimostrò di godere dell'appoggio
della Francia, che aveva promesso di inviare truppe in suo aiuto, cosicché fu
agevole a Machiavelli promettere aiuti a sua voltadopo però che fossero
arrivati quelli di re Luigie seguì papa Giulio che, con la sua corte curiale e
pochi armati se n'andava a Perugia, ottenendo, il 13 settembre, la resa senza
combattimento di Giampaolo Baglioni che, con stupore e rimprovero del
Machiavelli e, un giorno, anche del Guicciardini, non ebbe il coraggio di
opporsi alle poche forze allora a disposizione del Papa. La corte papale, dopo
aver atteso a Cesena fino a ottobre l'arrivo dei francesi e, dopo questi, dei
Fiorentini di Marcantonio Colonna, entrò trionfante a Bologna l'11 novembre.
Machiavelli, tornato a Firenze già alla fine d'ottobre, s'occupò ancora
dell'istituzione delle milizie fiorentine: il 6 dicembre furono creati i Nove
ufficiali dell'Ordinanza e Milizia fiorentina, eletti dal popolo, responsabili
militari della Repubblica. In Germania Massimiliano I d'Asburgo Il
nuovo anno 1507 si aprì con le minacce del passaggio in Italia del «Re dei
Romani» Massimiliano, intenzionato a ribadire le proprie pretese di dominio
sulla penisola, a espellere i francesi e a farsi incoronare a Roma «imperatore
del Sacro Romano Impero». Si valutò a Firenze la possibilità di finanziargli
l'impresa in cambio della sua amicizia e del riconoscimento dell'indipendenza
della Repubblica: il 27 giugno fu inviato a questo scopo l'ambasciatore
Francesco Vettori e, il 17 dicembre, lo stesso Machiavelli. Giunse a Bolzano,
dove Massimiliano teneva corte, l'11 gennaio 1508 e le lunghe trattative
sull'esborso preteso da Massimiliano s'interruppero quando i Veneziani,
sconfiggendolo più volte, gli fecero comprendere la velleità dei suoi sogni di
gloria. Da questa esperienza Machiavelli trasse tre scritti, il Rapporto
delle cose della Magna, composto il 17 giugno 1508, il giorno dopo il suo
rientro a Firenze, il Discorso sopra le cose della Magna e sopra l'Imperatore,
del settembre 1509, e il più tardo Ritratto delle cose della Magna, del 1512,
una rielaborazione del primo Rapporto. Rileva la grande potenza della Germania,
che «abunda di uomini, di ricchezze e d'arme»; le popolazioni hanno «da
mangiare e bere e ardere per uno anno: e così da lavorare le industrie loro,
per potere in una obsidione [assedio] pascere la plebe e quelli che vivono
delle braccia, per uno anno intero sanza perdita. In soldati non spendono
perché tengono li uomini loro armati ed esercitati; e li giorni delle feste
tali uomini, in cambio delli giuochi, chi si esercita collo scoppietto, chi
colla picca e chi con una arme e chi con un'altra, giocando tra loro onori et
similia, e quali tra loro poi si godono. In salari e in altre cose spendono
poco: talmente che ogni comunità si truova ricca in publico». Importano e
consumano poco perché «le loro necessità sono assai minori delle nostre», ma
esportano molte merci «di che quasi condiscono tutta la Italia [...] e così si
godono questa loro rozza vita e libertà e per questa causa non vogliono ire
alla guerra se non sono soprappagati e questo anche non basterebbe loro, se non
fussino comandati dalle loro comunità. E però bisogna a uno imperadore molti
più denari che a uno altro principe». Tanta forza potenziale, che potrebbe fare
la grandezza politica e militare dell'Imperatore, è limitata dalle divisioni
delle comunità governate dai singoli principi, una realtà simile a quella
italiana: nessun principe tedesco vuole favorire l'imperatore, «perché,
qualunque volta in proprietà lui avessi stati o fussi potente, è domerebbe e
abbasserebbe e principi e ridurrebbeli a una obedienzia di sorte da potersene
valere a posta sua e non quando pare a loro: come fa oggi il re di Francia, e
come fece già il re Luigi, quale con l'arme e ammazzarne qualcuno li ridusse a
quella obedienzia che ancora oggi si vede». La conquista di Pisa Decisa a
concludere le operazioni militari contro Pisa, Firenze mandò Machiavelli a far
leve di soldati: in agosto condusse soldati prelevati da San Miniato e da
Pescia all'assedio della città irriducibile. Riunite altre milizie, si incaricò
di tagliare i rifornimenti bloccando l'Arno; poi, il 4 marzo del 1509, andò
prima a Lucca a intimare a quella Repubblica di cessare ogni aiuto ai Pisani e,
il 14, si recò a Piombino, incontrando gli ambasciatori di Pisa per cercare
invano un accordo di resa. Raccolte nuove truppe, in maggio era presente
all'assedio: Pisa, ormai stremata, trattava finalmente la pace. Machiavelli
accompagnò i legati pisani a Firenze dove, il 4 giugno 1509 fu firmata la resa
e l'8 giugno poté entrare in Pisa con i commissari Niccolò Capponi, Antonio
Filicaia e Alamanno Salviati. Un ben più vasto incendio era intanto
divampato nell'Italia settentrionale: stipulata un'alleanza a Cambrai, Francia,
Spagna, Impero e papato si avventavano contro la Repubblica veneziana che a
maggio cedeva i suoi possedimenti lombardi e romagnoli e, in giugno, anche
Verona, Vicenza e Padova, consegnate a Massimiliano. Firenze, da parte sua,
doveva finanziare la nuova impresa imperiale: consegnato un primo acconto in
ottobre, il 21 novembre Machiavelli era a Verona per consegnare il saldo a
Massimiliano, che era stato però costretto alla ritirata dalla controffensiva
veneziana, resa possibile dalla rivolta popolare contro i nuovi padroni. E
Machiavelli commentava dei «due re, che l'uno può fare la guerra e non vuol
farla, l'altro ben vorrebbe farla e non può», riferendosi a Luigi e a
Massimiliano che se n'era tornato in Germania a chiedere soldati e denari ai
principi tedeschi. Atteso inutilmente il ritorno dell'Imperatore, il 2
gennaio 1510 Machiavelli se ne tornò a Firenze. Venezia si salvò soprattutto
grazie alle divisioni degli alleati: mentre Luigi XII aveva tutto l'interesse
di ridurre all'impotenza Venezia per avere le mani libere nella pianura padana,
Giulio II la voleva abbastanza forte da opporsi alla Francia senza averne
contrasto alle proprie ambizioni di espansione. Per Firenze, amica della
Francia ma non nemica del papa, era necessario spiegarsi con il re francese, e
Machiavelli fu mandato a Blois, dove Luigi teneva la corte, incontrandolo il 17
giugno 1510. Machiavelli confermò l'amicizia con la Francia ma disse di
dubitare che la Repubblica potesse impegnarsi in una guerra contro Giulio II,
in grado di volgere contro Firenze forze troppo superiori: meglio sarebbe stata
una mediazione che evitasse il conflitto e sottraesse, oltre tutto, Firenze
dalla responsabilità di un impegno nel quale era difficile trarre un guadagno.
Dovette tornare a Firenze il 19 ottobre, convinto che la guerra fosse
ineluttabile. Le vittorie militari non furono sfruttate da Luigi XII e la sua
indizione di un concilio a Pisa, che condannasse il papa, provocò l'interdetto
di Giulio II contro Firenze. Il 22 settembre 1511 Machiavelli era ancora in
Francia, ottenendo dal re soltanto un breve rinvio del concilio: dalla Francia
andò a Pisa e riuscì a ottenere il trasferimento del concilio a Milano.
Il ritorno dei Medici a Firenze Le fortune di Luigi XII volgevano al tramonto:
sconfitto dalla nuova coalizione guidata dal papa, era costretto ad abbandonare
la Lombardia, lasciando Firenze politicamente isolata e incapace di resistere
alle armi spagnole. Il 31 agosto 1512 Pier Soderini fuggì a Siena, i Medici
rientrarono a Firenze: disfatto il vecchio governo, il 7 novembre anche
Machiavelli venne rimosso dal suo incarico, il successivo 10 novembre fu
confinato e multato della grande somma di mille fiorini e il 17 gli fu
interdetto l'ingresso a Palazzo Vecchio. Giuliano de' Medici duca
di Nemours Il nuovo regime processò Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi,
accusati di aver complottato contro Giuliano de' Medici, condannandoli a morte.
Anche Machiavelli è sospettato: arrestato il 12 febbraio 1513, fu anche
torturato (gli fu somministrata la corda o, com'era chiamata allora a Firenze,
la "colla"). Scrisse allora a Giuliano di Lorenzo de' Medici duca di
Nemours due sonetti, per ricordargli, ma senza averne l'aria e in forma
scherzosa, la sua condizione di carcerato: «Io ho, Giuliano, in gamba un
paio di geti e sei tratti di fune in sulle spalle; l'altre miserie mie non vo'
contalle, poiché così si trattano i poeti Menon pidocchi queste parieti
grossi e paffuti che paion farfalle, né mai fu tanto puzzo in Roncisvalle o in
Sardigna fra quegli arboreti quanto nel mio sì delicato ostello» Giulio
II moriva intanto proprio in quei giorni e dal conclave uscì eletto l'11 marzo
il cardinale de' Medici con il nome di Leone X: era la fine dei pericoli di
guerra per Firenze e anche il tempo dell'amnistia. Uscito dal carcere,
Machiavelli cercò di ottenere favori dai Medici attraverso l'ambasciatore
Francesco Vettori e lo stesso Giuliano, ma invano. Si ritirò allora nel suo
podere dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano
in Val di Pesa. L'esilio dalla politica. «Il Principe» Qui, tra le
giornate rese lunghe dall'ozio forzato, comincia a scrivere i Discorsi sopra la
prima Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interrompe per metter mano
al suo libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino ma
scritto in volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedica
dapprima a Giuliano di Lorenzo de' Medici e, dopo la morte di questi nel 1516,
a Lorenzo de' Medici, figlio di Piero "fatuo"; ma il libro uscì solo
postumo, nel 1532. Certo, non doveva farsi illusioni che un Medici potesse mai
essere quel «redentore» atteso dall'Italia contro «questo barbaro dominio», ma
da un Medici si attendeva almeno la sua propria «redenzione» dall'inattività cui
era stato relegato dal ritorno a Firenze di quella famiglia. Sperava che
l'amico Vettori, ambasciatore a Roma, si facesse interprete del suo «desiderio
[...] che questi signori Medici mi cominciasseino adoperare», dal momento «che
io sono stato a studio all'arte dello stato [...] e doverrebbe ciascheduno aver
caro servirsi d'uno che alle spese d'altri fussi pieno d'esperienza. E della
fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, avendo sempre osservato la fede,
io non debbo imparare ora a romperla; e chi è stato fedele e buono quarantatré
anni che io ho, non debbe potere mutare natura; e della fede e bontà mia ne è
testimonio la povertà mia». Delle ombre della sua povertà, ma anche delle sue
luci, Machiavelli scrive al Vettori in quella che è la più famosa lettera della
nostra letteratura: L'Albergaccio di Machiavelli a Sant'Andrea in
Percussina «Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in
su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi
metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique
corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di
quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno
parlare con loro e domandargli della ragione delle loro azioni; e quelli per
loro umanità mi rispondono; e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia;
sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte;
tutto mi trasferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo
ritenere lo avere inteso, io ho notato quello di che per la loro conversazione
ho fatto capitale, e composto uno opuscolo de Principatibus» (Lettera a
Francesco Vettori, 10 dicembre 1513) Ritornato il 3 febbraio 1514 a Firenze,
continuò a sperare a lungo che il Vettori, al quale spedì il manoscritto del
Principe, lo facesse introdurre in qualche incarico nell'amministrazione
cittadina, ma invano. Tutto dipendeva dalla volontà del papa, e Leone non era
affatto intenzionato a favorire chi non si era mostrato, a suo tempo,
favorevole agli interessi di Casa Medici. Machiavelli, da parte sua, scriveva
al Vettori di aver «lasciato i pensieri delle cose grandi e gravi» e di non
dilettarsi più di «leggere le cose antiche, né ragionare delle moderne: tutte
si sono converse in ragionamenti dolci». Si era infatti innamorato di una
«creatura tanto gentile, tanto delicata, tanto nobile e per natura e per
accidente, che io non potrei né tanto laudarla né tanto amarla che la non
meritasse più». La guerra, ripresa in Italia dalla discesa del nuovo re
di Francia Francesco I, si concluse nel settembre 1515 con la sua grande
vittoria a Marignano (oggi Melegnano) contro la vecchia «Lega santa»: Leone X
dovette accettare il dominio francese in Lombardia e la stipula a Bologna di un
concordato che riconosceva il controllo reale sul clero francese. Si rifece
impossessandosi, per conto del nipote Lorenzo, capitano generale dei
Fiorentini, del Ducato di Urbino. A quest'ultimo invano dedicava Machiavelli il
suo Principe: la sua esclusione dalla gestione degli affari di Firenze
continuava. Nel 1516 o 1517 si diede a frequentare gli «Orti Oricellari»,
latineggiamento che indica i giardini del Palazzo di Cosimo Rucellai, dove si
riunivano letterati, giuristi ed eruditi come Luigi Alamanni, Jacopo da
Diacceto, Jacopo Nardi, Zanobi Buondelmonti, Antonfrancesco degli Albizi,
Filippo de' Nerli e Battista della Palla. Qui vi lesse probabilmente qualche
capitolo di quell'Asino, poemetto in terzine che voleva essere una
contaminazione fra l'Asino d'oro di Apuleio e la Divina Commedia dantesca, ma
che lasciò presto interrotto: e al Rucellai e al Buondelmonti dedicò i Discorsi
sopra la prima Deca di Tito Livio, scritti dal 1513 al 1519. Machiavelli si era
già cimentato, quando ricopriva l'incarico di segretario della Repubblica, in
composizioni teatrali: una imitazione dell'Aulularia di Plauto e una commedia,
Le maschere, ispirata a Nebulae di Aristofane, sono tuttavia perdute. Al 1518
risale il suo capolavoro letterario, la commedia Mandragola, nel cui prologo
egli inserisce un accenno autobiografico «scusatelo con questo, che
s'ingegna con questi van pensieri fare el suo tristo tempo più suave,
perch'altrove non have dove voltare el viso; ché gli è stato interciso mostrar
con altre imprese altra virtue, non sendo premio alle fatiche sue.»
Intorno a quest'anno vanno collocate la traduzione dell'Andria di Terenzio e
stesura della novella di Belfagor arcidiavolo o Novella del demonio che pigliò
moglieil suo titolo preciso è attualmente stabilito in Favolail cui tema di
fondo è la visione pessimistica dei rapporti che legano gli esseri umani, tutti
intesi al proprio interesse a danno, se necessario, di quello di ciascun
altro. Il ritorno alla vita politica Lorenzo de' Medici morì nel 1519, lasciando
il governo di Firenze al cardinale Giulio. Costui, favorevole a Machiavelli, lo
incaricò della stesura di una storia della città sotto lauta retribuzione.
Machiavelli, galvanizzato dall'incarico, diede alle stampe nel 1521 l’Arte
della guerra, dedicandola allo stesso cardinal Giulio. Nello stesso anno fu
inviato in missione diplomatica a Carpi presso il governatore Francesco
Guicciardini di cui, pur avendo opposte visioni della Storia, divenne buon
amico. Nel 1525 cercò di guadagnare il favore di papa Clemente VII offrendogli
le Istorie fiorentine. Nel frattempo giunsero la revoca ufficiale
dell'interdizione dalla vita pubblica e l'affidamento di missioni militari in
Romagna in collaborazione col Guicciardini. L'ultima interdizione dalla
vita pubblica e la morte Nel 1527 i Medici furono cacciati da Firenze e venne
instaurata nuovamente la repubblica. Machiavelli si propose come candidato alla
carica di segretario della repubblica, ma venne respinto in quanto ritenuto
colluso coi Medici e soprattutto con papa Clemente VII. La delusione per
Machiavelli fu insopportabile. Ammalatosi repentinamente, cominciò a peggiorare
vistosamente fino alla morte, sopraggiunta il 21 giugno 1527. Abbandonato da
tutti, fu sepolto nel corso di una modesta cerimonia funebre nella tomba di
famiglia nella basilica di Santa Croce. Nel 1787 la città di Firenze fece
costruire un monumento nella basilica stessa; esso raffigura la Diplomazia
assisa su un sarcofago marmoreo. Sulla lastra frontale sono incise le parole
Tanto nomini nullum par elogium (Nessun elogio sarà mai degno di tanto
nome). Pensiero Machiavelli e il Rinascimento Con il termine
machiavellico si è spesso indicato un atteggiamento spregiudicato e disinvolto
nell'uso del potere: un buon principe deve essere astuto per evitare le
trappole tese dagli avversari, capace di usare la forza se ciò si rivela
necessario, abile manovratore negli interessi propri e del suo popolo. Ciò si
accompagna a un travaglio personale che Machiavelli sentiva nella sua attività
quotidiana e di teorico, secondo una tradizione politica che già in Cicerone
affermava: "un buon politico deve avere le giuste conoscenze, stringere
mani, vestire in modo elegante, tessere amicizie clientelari per avere
un'adeguata scorta di voti". Con Machiavelli l'Italia ha conosciuto
il più grande teorico della politica. Secondo Machiavelli la politica è il
campo nel quale l'uomo può mostrare nel modo più evidente la propria capacità
di iniziativa, il proprio ardimento, la capacità di costruire il proprio destino
secondo il classico modello del faber fortunae suae. Nel suo pensiero si
risolve il conflitto fra regole morali e ragion di Stato che impone talvolta di
sacrificare i propri princìpi in nome del superiore interesse di un popolo. La
politica deve essere autonoma da teologia e morale e non ammette ideali, è un
gioco di forze finalizzate al bene della collettività e dello stato. La
politica, svincolata da dogmatismi e princìpi teorici, guarda alla realtà
effettuale, ai "fatti": "Mi è parso più conveniente andare
dietro alla verità effettuale della cosa piuttosto che alla immaginazione di
essa". Si tratta di una visione antropocentrica che si richiama
all'Umanesimo quattrocentesco ed esprime gli ideali del Rinascimento. Magnifying
glass icon mgx2.svgRinascimento italiano. Nel Discorso o dialogo intorno
alla nostra lingua, opera di non certa attribuzione e che non fu pubblicata,
Machiavelli dà un giudizio severo su Dante Alighieri, col quale inscena un
dialogo nell'opera. Dante è rimproverato di negare la matrice fiorentina della
lingua della Commedia. Il passo assume i caratteri dell'invettiva contro il
poeta concittadino, accusato di aver infangato la reputazione di Firenze:
«[...] Dante il quale in ogni parte mostrò d'esser per ingegno, per dottrina et
per giuditio huomo eccellente, eccetto che dove egli hebbe a ragionare della
patria sua, la quale, fuori d'ogni humanità et filosofico instituto, perseguitò
con ogni spetie d'ingiuria. E non potendo altro fare che infamarla, accusò
quella d'ogni vitio, dannò gli uomini, biasimò il sito, disse male de' costumi
et delle legge di lei; et questo fece non solo in una parte de la sua cantica,
ma in tutta, et diversamente et in diversi modi: tanto l'offese l'ingiuria
dell'exilio, tanta vendetta ne desiderava! [...] Ma la Fortuna, per farlo
mendace et per ricoprire con la gloria sua la calunnia falsa di quello, l'ha
continuamente prosperata et fatta celebre per tutte le province cristiane, et
condotta al presente in tanta felicità et sì tranquillo stato, che se Dante la vedessi,
o egli accuserebbe sé stesso, o ripercosso dai colpi di quella sua innata
invidia, vorrebbe essendo risuscitato di nuovo morire.» (Niccolò
Machiavelli, Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua) Poi, durante un
altro scambio immaginario con Dante, Machiavelli rimprovera il carattere
"goffo", "osceno", addirittura "porco" del
registro utilizzato nell'Inferno: «N. Dante mio, io voglio che tu
t'emendi, et che tu consideri meglio il parlare fiorentino et la tua opera; et
vedrai che, se alcuno s'harà da vergognare, sarà più tosto Firenze che tu:
perché, se considererai bene a quel che tu hai detto, tu vedrai come ne' tuoi
versi non hai fuggito il goffo, come è quello: "Poi ci partimmo et
n'andavamo introcque"; non hai fuggito il porco, com'è quello:
"che merda fa di quel che si trangugia"; non hai fuggito
l'osceno, com'è: "le mani alzò con ambedue le fiche"; e
non avendo fuggito questo, che disonora tutta l'opera tua, tu non puoi haver
fuggito infiniti vocaboli patrii che non s'usano altrove che in quella
[...]» (Niccolò Machiavelli, Discorso o dialogo intorno alla nostra
lingua) La concezione della storia Autografo delle Historiae Fiorentinae
Per Machiavelli la storia è il punto di riferimento verso il quale il politico
deve sempre orientare la propria azione. La storia fornisce i dati oggettivi su
cui basarsi, i modelli da imitare, ma indica anche le strade da non
ripercorrere. Machiavelli si basa su una concezione ciclica della storia:
"Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi". Ma ciò
che allontana Machiavelli da una visione deterministica della storia è
l'importanza che egli attribuisce alla virtù, ovvero alla capacità dell'uomo di
dominare il corso degli eventi utilizzando opportunamente le esperienze degli
errori compiuti nel passato, nonché servendosi di tutti i mezzi e di tutte le
occasioni per la più alta finalità dello stato, facendo anche violenza, se
necessario, alla legge morale. Non a caso il Principe, nella conclusione,
abbandona il suo taglio cinico e pragmatico per esortare i sovrani italiani,
con una scrittura più solenne e venata di un certo idealismo, a riconquistare
la sovranità perduta e a cacciare l'invasore straniero. Non c'è rassegnazione
nel Principe, né tanto meno sfiducia nei confronti dell'uomo. La storia è il
prodotto dell'attività politica dell'uomo per finalità terrene esclusivamente
pratiche. Lo stato, oggetto di tale attività, nella situazione politica e nel
pensiero del tempo si identifica con la persona del principe. Di
conseguenza l'attività politica è riservata solo ai grandi protagonisti, ai
pochi capaci di agire, non al "vulgo" incapace di decisione e di
coraggio. L'obiettivo è creare o conservare lo stato, una creazione individuale
legata alle qualità e alla sorte del suo fondatore: la fine del principe può
determinare la fine del suo stato, come capitò ad esempio a Cesare Borgia. Il
Machiavelli ha dunque un'importanza fondamentale per la scoperta che la
politica è una forma particolare autonoma di attività umana, il cui studio
rende possibile la comprensione delle leggi da cui è perennemente retta la
storia; da quella scoperta discende, come suo naturale fondamento, una vigorosa
concezione della vita, incentrata unicamente sulla volontà e sulla
responsabilità dell'uomo. Una errata interpretazione del Novecento fece
del Machiavelli un precursore del movimento unitario italiano, ma la parola
nazione ha assunto l'attuale significato solo a partire dalla seconda metà del
Settecento, mentre il Machiavelli la usò in senso particolaristico e cittadino
(es. nazione fiorentina o, nel senso più generico di popolo, moltitudine).
Tuttavia, Machiavelli propugnava un principato in grado di reggersi sull'unità
etnica [senza fonte] dell'Italia; così facendo, e denunciando in tal modo una
chiara coscienza dell'esistenza di una civiltà italiana[senza fonte],
Machiavelli predicava la liberazione dell'Italia sotto il patrocinio di un
principe, criticando il dominio temporale dei Papi che spezzava in due la
penisola. Ma l'unità d'Italia resta in Machiavelli un problema solo
intuito. Non si può dubitare che avesse concepito l'idea dell'unità italiana,
ma tale idea restò indeterminata, poiché non trovò appigli concreti nella
realtà, restando perciò a livello di utopia, cui solo dava forma la figura
ideale del principe nuovo. Machiavelli dunque intraprese un viaggio che
identificò come spirituale in giro per il mondo. In seguito, tornato in patria,
ebbe una nuova visione sia del "popolo" che della "nazione"
(di qui quello che oggi definiamo rinnovamento culturale). Il principe o
De Principatibus Magnifying glass icon mgx2.svgIl Principe. Niccolò
Machiavelli nello studio, Stefano Ussi, 1894 Emblematico è il modo di trattare
argomenti delicati, quali le mosse necessarie al Principe per organizzare uno
stato ed ottenerne uno stabile e duraturo consenso. Per esempio vi troviamo
indicazioni programmatiche, quali l'utilità nello "spegnere" gli
stati abituati a vivere liberi di modo da averli sotto il proprio diretto
controllo (metodo preferito al creare un'amministrazione locale
"filo-principesca" o al recarvisi e stabilirvisi personalmente,
metodo però sempre tenuto da conto in modo da avere un occhio sempre presente
sulle proprie terre, e stabilire una figura rispettata e conosciuta in
loco). Altro elemento caratteristico del trattato sta nella scelta
dell'atteggiamento da tenere nei confronti dei sudditi, culminante nell'annosa
questione del "s'elli è meglio essere amato che temuto o e converso"
(Cap. XVII[25]). La risposta corretta si concretizzerebbe in un ipotetico principe
amato e temuto, ma essendo difficile o quasi impossibile per una persona umana
l'essere ambedue le cose, si conclude decretando che la posizione più utile
viene ad essere quella del Principe temuto (pur ricordando che mai e poi mai il
Principe dovrà rendersi odioso nei confronti del popolo, fatto che porrebbe i
prodromi della propria caduta). Qua appare indubbiamente la concezione
realistica e la concretezza del Machiavelli, il quale non viene a proporre un
ipotetico Principe perfetto, ma irrealizzabile nel concreto, bensì una figura
effettivamente possibile e soprattutto "umana". Ulteriore
atteggiamento principesco dovrà l'essere metaforicamente sia "volpe"
che "leone", in modo da potersi difendere dalle avversità sia tramite
l'astuzia (volpe) che tramite la violenza (leone). Mantenendo un solo
atteggiamento dei due non ci si potrà difendere da una minaccia violenta o di
astuzia. Spesso alla figura evocata dal Principe di Machiavelli viene associata
la figura di un uomo privo di scrupoli, di un cinismo estremo, nemico della
libertà. Inoltre gli viene erroneamente associata la frase "il fine
giustifica i mezzi", che invece mai enunciò. Questo perché la parola
"giustifica" evoca sempre un criterio morale, mentre Machiavelli non
vuole "giustificare" nulla, vuole solo valutare, in base ad un altro
metro di misura, se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire il fine
politico, l'unico fine da perseguire è il mantenimento dello Stato.
Machiavelli nella stesura del Principe si rifà alla reale situazione che gli si
presentava attorno, una situazione che necessitava essere risolta con un atto
deciso, forte, violento. Machiavelli non vuole proporre dei mezzi giustificati
da un fine, egli pone un programma politico che qualunque Principe che voglia
portare alla liberazione dell'Italia, da troppo tempo schiava, dovrà seguire.
Fuori dai suoi intenti una giustificazione morale dei punti suggeriti: egli
stende un vademecum necessariamente utile a quel Principe che finalmente vorrà
impugnare le armi. Alle accuse di sola illiberalità od autoritarismo, si può
dare una risposta leggendo il capitolo IX, "De Principatu Civili",
ritratto di un principe nascente dal e col consenso del popolo, figura ben più
solida del Principe nato dal consesso dei "grandi", cioè dei grandi
proprietari feudali. Non esiste un unico tipo di principato, ma per ognuno
troviamo un'ampia trattazione di pregi e dei difetti. Controversie sul
Principe «Quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori gli allor ne
sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue»
(Ugo Foscolo, Dei sepolcri) La gelida obiettività e un certo cinismo con cui
Machiavelli descriveva il comportamento freddo, razionale ed eventualmente
spietato che un capo di Stato deve mettere in atto, colpì i critici. Così, da
una parte vi è la linea di pensiero tradizionale, secondo la quale "Il
Principe" è un trattato di scienza politica destinato al governante, che
tramite esso saprà come affrontare i problemi, spesso drammatici, posti dal suo
ruolo di garante della stabilità dello stato. Dall'altra, troviamo
un'interpretazione secondo cui il trattato di Machiavelli, che era
originariamente un repubblicano, ha come vero scopo quello di mettere a nudo, e
quindi chiarire, le atrocità compiute dai principi dell'epoca, a vantaggio del
popolo, che di conseguenza avrebbe le dovute conoscenze per attuare le
precauzioni al fine di stare in guardia e difendersi quando si dimostra
necessario. Il principe è visto anche come figura assai drammatica, la quale,
per il bene dello stato stesso, non si può permettere di lasciare spazio al
proprio carattere, diventando così quasi un uomo-macchina.[26][27] Secondo
alcuni, Machiavelli venne in realtà accusato da subito di nicodemismo, e:
«...di non aver mirato ad altro, in quel libro, che a condurre il tiranno a
precipitosa rovina, allettandolo con precetti a lui graditi...»
(Attribuita a Niccolò Machiavelli[28]) Magnifying glass icon mgx2.svgMachiavellismo
§ L'antimachiavellismo e il repubblicanesimo. Gli esponenti di questa seconda
interpretazione (la cosiddetta "interpretazione obliqua", diffusa dal
XVII secolo, e avanzata per la prima volta da Alberico Gentili nel 1585[29]
ispirandosi a Reginald Pole[30], poi ripresa da Traiano Boccalini e in seguito
Baruch Spinoza)[31], furono numerosi soprattutto in ambito illuminista (anche
se venne rifiutata da Voltaire[32]), che vedeva in Machiavelli un precursore
della politica laica e del repubblicanesimo: la sostennero, dal Settecento,
Jean-Jacques Rousseau[33], Vittorio Alfieri[34], Giuseppe Baretti[35], Giuseppe
Maria Galanti[36], gli enciclopedisti[37] (in primis Denis Diderot[3 Opere
Discorso 8] e Jean Baptiste d'Alembert), Ugo Foscolo e Giuseppe
Parini[39], e ha avuto diffusione soprattutto nell'Ottocento, prima e durante
il Risorgimento[26]; ne è un esempio quello che Foscolo scrive nei
"Sepolcri": «Io quando il monumento / vidi ove posa il corpo di quel
grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli allor ne sfronda, ed alle
genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue». Forse alcuni di essiad
esempio, per quanto riguarda Foscolo, è un'ipotesi alternativa di Spongano e
riportata anche da Mario Pazzagliaritenevano anche che, pur essendo Il principe
un'opera fatta per i tiranni e i governanti, fosse utile lo stesso per svelare
al popolo gli intrighi del potere, ritenendo valida l'interpretazione obliqua,
qualunque fossero le intenzioni di Machiavelli.[40] In generale, per i
sostenitori di questa lettura, Il principe avrebbe, come le satire (ad esempio
Una modesta proposta di Jonathan Swift), uno scopo opposto a quello apparente,
come avverrà anche per alcuni scritti di epoca romantica (Lettera semiseria di
Grisostomo di Giovanni Berchet o alcune Operette Morali di Giacomo
Leopardi[41]). In epoca più recente, tuttavia, nella maggioranza dei
critici è prevalsa la prima interpretazione, quella tradizionale, dal quale
risalta la libertà e concretezza, anche spregiudicata, del pensiero di
Machiavelli, che non descrive mondi utopici, ma il mondo reale della politica
dei suoi tempi[42], e la sua concezione anticipatrice del realismo politico e
della cosiddetta realpolitik.[43] L'interpretazione obliqua è stata riproposta
in modo minoritario, ad esempio in alcuni monologhi del drammaturgo e attore
Dario Fo.[44] Il modello linguistico prescelto da Machiavelli è fondato
sull'uso vivo più che sui modelli letterari; lo scopo, esplicito
soprattutto nel Principe, di scrivere qualcosa di utile e chiaramente
espressivo lo induce a scegliere spesso modi di dire proverbiali di immediata
evidenza. Il lessico impiegato dall'autore si rifà a quello boccacciano, è
ricco di parole comuni e i latinismi, seppure abbondanti, provengono per lo più
dal gergo cancelleresco. Nelle sue opere ricoprono un ruolo assai rilevante
anche le metafore, i paragoni e le immagini. La concretezza è una delle
caratteristiche salienti, l'esempio concreto ed essenziale, tratto dalla storia
sia antica che recente, è sempre preferito al concetto astratto. In
generale si parla di uno stile "fresco", come lo ebbe a definire il
filosofo Nietzsche in Al di là del bene e del male, con un riferimento
particolare all'uso della paratassi, a una certa sentenziosità delle frasi,
costruite secondo un criterio di chiarezza a scapito di un maggior rigore
logico-sintattico. Machiavelli rende evidenti concetti che, se espressi con un
linguaggio più elaborato, sarebbero molto difficili da decifrare, e riesce a
esprimere le sue tesi con originale capacità espositiva. Opere Discorso
fatto al magistrato de' Dieci sopra le cose di Pisa (1499) Parole da dirle
sopra la provvisione del danaio (1503) Descrizione del modo tenuto dal Duca
Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor
Pagolo e il duca di Gravina Orsini (1503) De natura Gallorum (1510) Ritratto
delle cose di Francia (1510) Ritratto delle cose della Magna (1512) Il Principe
(1513)Testo su Wikisource Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513
–1519) Dell'arte della guerra (15191520) La vita di Castruccio Castracani da
Lucca (1520) Istorie fiorentine (1525)Riedizione Istorie fiorentine, Venezia,
1546. Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua (pubblicato nel 1730)
Decennali Mandragola (1518), commedia teatrale Belfagor arcidiavolo (15181527)
Epistolario (14971527) L'asino (1517) Edizioni critiche in pubblico dominio:
Legazioni, commissarie, scritti di governo. Fredi Chiappelli. Laterza,
Roma-Bari. Drammaturgie minori Clizia (1525) Andria, traduzione-rifacimento
dell'Andria di Terenzio Onori Nel 2009 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi
Airbus A320-216 (EI-DTI). Nella cultura di massa Il suo nome, modificato
in "Makaveli", venne usato dal rapper statunitense Tupac Shakur tra
il 1995 e il 1996 per firmare molte sue canzoni e un album uscito postumo.
Niccolò Machiavelli viene proposto anche nel videogioco Assassin's Creed 2 e il
seguito Assassin's Creed: Brotherhood, in veste di Assassino. Proprio in
quest'ultimo assume un ruolo particolarmente importante, insieme ad altri
personaggi dell'Italia rinascimentale. Niccolò Machiavelli è, assieme a John
Dee, il principale antagonista della serie di romanzi fantasy I segreti di
Nicholas Flamel, l'immortale (come capo dei servizi segreti francesi), scritta
da Michael Scott. Nella mostra "Il Principe di Niccolò Machiavelli e il
suo tempo. 1513-" (Roma, Complesso del Vittoriano, Salone Centrale, 25
aprile-16 giugno ), promossa dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e dalla
sezione italiana di Aspen Institute, la sezione "Machiavelli e il nostro
tempo: usi e abusi" presenta, tra altre "opere", Figurine
Liebig, pacchetti di sigarette, schede telefoniche, trading card, cartoline,
francobolli, giochi da tavolo e videogiochi dedicati a Machiavelli[45] Cinema e
televisione Nella serie I Borgia di Neil Jordan è interpretato da Julian
Bleach. Machiavel è una band belga, catalogabile sotto il genere progressive
rock, attiva dal 1974. Il nome della band è un chiaro omaggio a Niccolò
Machiavelli. Nella serie I Medici è interpretato da Vincenzo Crea> Edizione
nazionale delle opere Edizione Nazionale delle Opere di Niccolò Machiavelli, Salerno
Editrice di Roma: Il principe, Mario Martelli, corredo filologico
Nicoletta Marcelli, I/1, 536, 2006,
978-88-8402-520-3 Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, Francesco
Bausi, L'arte della guerra. Scritti politici minori, Giorgio Masi, Jean Jacques
Marchand, Denis Fachard, I/3, XV-726, 2001,
978-88-8402-338-4 Opere storiche, Alessandro Montevecchi, Carlo Varotti, II, 2 tomi
1052, , 978-88-8402-675-0 Teatro.
Andria-Mandragola-Clizia, Pasquale Stoppelli,
III/1, XXIX-456, , 978-88-6973-191-4 Scritti in poesia e in
prosa, Antonio Corsaro, Paola Cosentino, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Filippo
Grazzini, Nicoletta Marcelli, coordinam. di Francesco Bausi, III/2,
XXXVI-652, , 978-88-8402-770-2
Legazioni, Commissarie, Scritti di governo (1498-1500), Jean-Jacques
Marchand, V/1, 570, 2002,
978-88-8402-377-7 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo
(1501-1503), V/2, 650, 2003,
978-88-8402-408-4 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo
(1503-1504), Jean-Jacques Marchand, Matteo Melera-Morettini, V/3, 596, 2005,
978-88-8402-504-3 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo Denis
Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina,
V/4, 596, 2006, 978-88-8402-509-8 Legazioni. Commissarie.
Scritti di governo (1505-1507), Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo
Melera-Morettini, V/5, VIII-596, 2009, 978-88-8402-642-2 Legazioni. Commissarie.
Scritti di governo (1507-1510), Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo
(1510-1527), Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo Melera-Morettini. La famosa frase "Il fine giustifica il
mezzo" (o "i mezzi"), usata spesso come esempio di
machiavellismo, è del critico letterario Francesco de Sanctis, con riferimento
ad interpretazioni fuorvianti del pensiero di Machiavelli espresso nel
Principe. Il passo di De Sanctis, dal capitolo XV della sua Storia della
letteratura italiana, dedicato a Machiavelli, recita: "Ci è un piccolo
libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato
nell'ombra le altre sue opere. L'autore è stato giudicato da questo libro, e
questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel
suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia,
fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda
l'opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina. Molte difese sonosi
fatte di questo libro ingegnosissime, attribuendosi all'autore questa o quella
intenzione più o meno lodevole. Così n'è uscita una discussione limitata e un
Machiavelli rimpiccinito".
Celebrazioni per il V centenario del Principe di Machiavelli, Accademia
della Crusca, 29 novembre . 1º novembre
(archiviato il 1º novembre ).
Archivio dell'Opera di Santa Maria del Fiore, Libri dei battesimi: A dì
4 di detto maggio 1469 Niccolò Piero e Michele di m. Bernardo Machiavellidi
Santa Trinita, nacque a dì 3 a hore 4, battezzato a dì 4 Dal Villani, nella sua Cronica I Ricordi vanno dal 30 settembre 1474 al 19
agosto 1487 In Discorsi di Architettura
del senatore Giovan Battista Nelli, 1753
La sua trascrizione del De rerum natura è nel manoscritto Vaticano
Rossiano 884 L. Canfora, Noi e gli antichi,
Milano P. Giovio, Elogia clarorum
virorum, 1546, 55v: «Constat [...] a Marcello Virgilio [...] graecae atque
latinae linguae flores accepisse» R.
Ridolfi, cit.45 Lettera 11, ottobre
1499. Riccardo Bruscagli, "Niccolò
Machiavelli"(1975). Il Senato
romano fece distruggere Velletri e indebolì Anzio sottraendole la flotta: cfr.
Livio, VIII, 13 "La sua vicinanza a
Pier Soderini, vexillifer perpetuus dal 1502, si accentua progressivamente in
uno sforzo di sottrarre Firenze a un immobilismo indotto dal timore di un
potere esecutivo più forte e irrispettoso di una lunga tradizione di libertà
repubblicano-oligarchica": Grazzini, Filippo, Ante res perdita, post res
perditas : dalle dediche del Decennale primo a quella del Principe, Interpres :
rivista di studi quattrocenteschi : XXXIII, 170, Roma : Salerno, . Lettera dell'8 gennaio 1503 È un'ipotesi del Ridolfi, cit.115 Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio,
I, 27: «Giovanpagolo, il quale non stimava essere incesto e publico parricida,
non seppe, o, a dir meglio, non ardì, avendone giusta occasione, fare una impresa,
dove ciascuno avesse ammirato l'animo suo, e avesse di sé lasciato memoria
eterna, sendo il primo che avesse dimostro a' prelati quanto sia poco uno che
vive e regna come loro; ed avessi fatto una cosa, la cui grandezza avesse
superato ogni infamia, ogni pericolo, che da quella potesse dependere» Nella sua Storia d'Italia, il Guicciardini
esprime lo stesso giudizio di Machiavelli
Ritratto delle cose della Magna, in «Tutte le opere storiche, politiche
e letterarie442» Lettera ai Dieci, 1º
dicembre 1509 Il carcere, la tortura e
il ritiro all'Albergaccio, su viv-it.org. 16 novembre (archiviato il 16 novembre ). Ottenendo un giudizio evasivo: cfr. la
lettera del Vettori del 18 gennaio 1514
Lettera a Francesco Vettori, 3 agosto 1514 David Quint, Armi e nobiltà : Machiavelli,
Guicciardini e le aristocrazie cittadine, Cadmo, Studi italiani. Anno XXI, N.
1, GEN.-GIU. 2009. De credulitate et
pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e contra. Il
machiavellismo, su dizionariostoria.wordpress.com. 20 novembre (archiviato il 1º dicembre ). Machiavellismo, Treccani, su treccani.it. 20
novembre (archiviato il 1º dicembre
). Citata in Niccolò Machiavelli,
Periodici Mondadori, 1968 p.128 A.
Gentili, De legationibus, III, 2 R.
Pole, Apologia ad Carolum V Caesarem de Unitate Ecclesiae che talvolta elogiarono però anche alcuni
consigli pragmatici dati al principe, come quello della religione come
instrumentum regnii; ad esempio Voltaire, nel capitolo Se sia utile mantenere
il popolo nella superstizione, del Trattato sulla tolleranza, afferma
l'utilità, entro certi limiti, di una forma di religione razionale per il
popolo La fortuna di Machiavelli nei
secoli, su windoweb.it. 16 novembre
(archiviato il 4 marzo ).
«Machiavelli era un uomo giusto e un buon cittadino; ma, essendo legato
alla corte dei Medici, non poteva velare il proprio amore per la libertà
nell'oppressione che imperava nel suo paese. La scelta di Cesare Borgia come
proprio eroe, ben evidenziò il suo intento segreto; e la contraddizione insita
negli insegnamenti del Principe e in quelli dei Discorsi e delle Istorie
fiorentine ben dimostra quanto questo profondo pensatore politico è stata
finora studiato solo dai lettori superficiali o corrotti. La Corte pontificia
vietò severamente la diffusione di quest'opera. Ci credo ... in fondo, quanto
scritto la ritrae fedelmente. (...) il libro dei repubblicani (...) fingendo di
dare lezioni ai re, ne ha date di grandi ai popoli». (Jean Jacques Rousseau, Il
contratto sociale, III, 6) «Dal solo suo
libro Del Principe si potrebbero qua e là ricavare alcune massime immorali e
tiranniche, e queste dall'autore son messe in luce (a chi ben riflette) molto
più per disvelare ai popoli le ambiziose ed avvedute crudeltà dei principi che
non certamente per insegnare ai principi a praticarne... all'incontro, il
Machiavelli nelle Storie, e nei Discorsi sopra Tito Livio, ad ogni sua parola e
pensiero, respira libertà, giustizia, acume, verità, ed altezza d'animo somma,
onde chiunque ben legge, e molto sente, e nell'autore s'immedesima, non può
riuscire se non un fuocoso entusiasta di libertà, e un illuminatissimo amatore
d'ogni politica virtù» (Del principe e delle lettere, II, 9) «Con quel libro, se la sapessimo tutta, egli
si pensò forse di pigliare, come si suol dire, due colombi ad una fava: presentando
dall'un lato a' suoi Fiorentini come schietta e naturale una caricata e
mostruosa immagine d'un sovrano assoluto, affinché si risolvessero a non averne
mai alcuno; e cercando dall'altro di tirare insidiosamente i Medici a
governarsi in guisa che s'avessero poi a snodolare il collo, seguendo i
fraudolenti precetti da lui con molta adornezza sciorinati in quella sua
dannata opera.» G.M. Galanti, Elogio di
N. Machiavelli cittadino e segretario fiorentino Alessandro Arienzo, Gianfranco Borrelli,
Anglo-American Faces of Machiavelli, 2009; pag. 364 Voce "Machiavellismo"
dell'Encyclopedie Franco Ferrucci, Il
teatro della fortuna: potere e destino in Machiavelli e Shakespeare, Fazi
Editore, 2004; pag. 108 Mario Pazzaglia,
Note ai Sepolcri, in Antologia della letteratura italiana, vol I cfr. l'inizio del Dialogo di Tristano e di un
amico. Introduzione a: Alfredo Oriani,
Niccolò Machiavelli //repubblica.it/rubriche/la-parola//06/24/news/realpolitik-37893071/
Archiviato il 2 febbraio in .
Realpolitik Video di Dario Fo che parla
di Machiavelli (trasmissione tv Vieni via con me, su youtube.com. 9
dicembre (archiviato il 2 dicembre
). Il Principe di Niccolò Machiavelli e
il suo tempo. 1513-, Catalogo della mostra, Roma Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, , 470-95 La su Machiavelli è sterminata. Tentativi di
redigerla sono stati realizzati da Achille Norsa, Il principio della forza nel
pensiero politico di Niccolò Machiavelli, seguito da un contributo
bibliografico [1740‑1935], Milano 1936; Silvia Ruffo Fiore, Niccolò
Machiavelli: an annotated bibliography of modern criticism and scholarship
[1935‑88], New York‑Westport‑London 1990; Daria Perocco, Rassegna di studi
sulle opere letterarie del Machiavelli (1969‑1986), in "Lettere
italiane", XXXIX (1987), 544‑579;
Emanuele Cutinelli‑Rendina, Rassegna di studi sulle opere politiche e storiche
di Niccolò Machiavelli (1969‑1992), in "Lettere italiane", XLVI
(1994), 123‑172. Nel l'Istituto della Enciclopedia Italiana
Treccani ha pubblicato in 3 volumi l'opera Machiavelli: enciclopedia
machiavelliana. Di seguito una selezione di studi dal 1970. Monografie
principali (dal 1970) Felix Gilbert, Machiavelli e la vita culturale del suo
tempo, Bologna, Il mulino, 1972 Claude Lefort, Le travail de l'oeuvre Machiavel,
Paris, Gallimard, 1972 Jean-Jacques Marchand, Niccolò Machiavelli. I primi
scritti politici Nascita di un pensiero e di uno stile, Padova, Antenore, 1975
Riccardo Bruscagli, Niccolò Machiavelli, Firenze, La Nuova Italia editrice, 1ª
edizione: aprile 1975 Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Firenze,
Sansoni, 1978 (ultima ed.) Federico Chabod, Scritti su Machiavelli, Torino,
Einaudi, 1980 (ultima ed.) John Greville Agard Pocock, Il momento
machiavelliano: il pensiero politico fiorentino e la tradizione repubblicana
anglosassone, Bologna, Il mulino, 1980 Carlo Dionisotti, Machiavellerie,
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Letteratura italiana Francesco Guicciardini Teoria della ragion di Stato
Istorie fiorentine Barbara Salutati Machiavellismo Altri progetti Collabora a
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decenni. Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e Machiavelli," per il club anglo-italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
mctaggart: Irish philosopher, the leading
British personal idealist. Aside from his childhood and two extended visits to
New Zealand, McTaggart lived in Cambridge as a student and fellow of Trinity
College. His influence on others at Trinity, including Russell and Moore, was
at times great, but he had no permanent disciples. He began formulating and
defending his views by critically examining Hegel. In Studies in the Hegelian
Dialectic (1896) he argued that Hegel’s dialectic is valid but subjective,
since the Absolute Idea Hegel used it to derive contains nothing corresponding
to the dialectic. In Studies in Hegelian Cosmology (1901) he applied the
dialectic to such topics as sin, punishment, God, and immortality. In his
Commentary on Hegel’s Logic (1910) he concluded that the task of philosophy is
to rethink the nature of reality using a method resembling Hegel’s dialectic.
McTaggart attempted to do this in his major work, The Nature of Existence (two
volumes, 1921 and 1927). In the first volume he tried to deduce the nature of
reality from self-evident truths using only two empirical premises, that
something exists and that it has parts. He argued that substances exist, that
they are related to each other, that they have an infinite number of substances
as parts, and that each substance has a sufficient description, one that
applies only to it and not to any other substance. He then claimed that these
conclusions are inconsistent unless the sufficient descriptions of substances
entail the descriptions of their parts, a situation that requires substances to
stand to their parts in the relation he called determining correspondence. In
the second volume he applied these results to the empirical world, arguing that
matter is unreal, since its parts cannot be determined by determining
correspondence. In the most celebrated part of his philosophy, he argued that
time is unreal by claiming that time presupposes a series of positions, each
having the incompatible qualities of past, present, and future. He thought that
attempts to remove the incompatibility generate a vicious infinite regress.
From these and other considerations he concluded that selves are real, since
their parts can be determined by determining correspondence, and that reality
is a community of eternal, perceiving selves. He denied that there is an
inclusive self or God in this community, but he affirmed that love between the
selves unites the community producing a satisfaction beyond human
understanding.
màdera: Grice: “I like
Madera; especially because he uses words I love, like ‘sense’ – ‘la carta del
senso’ and soul – anima --.” Romano Màdera (Varese),
filosofo. È professore a Milano. Ha insegnato all'Università della Calabria
e all'Università Ca' Foscari di Venezia. È membro dell'Associazione
italiana di psicologia analitica (AIPA), dell'International Association for
Analytical Psychology (IAAP), del Laboratorio analitico delle immagini (LAI,
associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica analitica), e
fa parte della redazione della Rivista di psicologia analitica. Insieme
al filosofo italiano Luigi Vero Tarca ha fondato, alla fine degli anni novanta
del XX secolo, i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di
Milano. È tra i fondatori e i docenti di PhiloPratiche filosofiche a
Milano. Studioso del pensiero di Carl Gustav Jung, ha definito la sua
proposta nel campo della ricerca e della cura del senso "analisi
biografica a orientamento filosofico", formando nel 2007 la società degli
analisti filosofi (SABOF). Il pensiero Romano Màdera è il fondatore
dell'analisi biografica a orientamento filosofico (ABOF), pratica filosofica
volta a utilizzare e a trasformare il metodo psicoanalitico, nata agli inizi Professoree
oggi praticata in diverse città italiane. La pratica dell'analista
filosofo si rivolge alle dimensioni “sane” ed è volta alla ricerca di senso
dell'esistenza dell'analizzante: orientamento filosofico è inteso come ricerca
di senso che, a differenza della filosofia come modo di vivere dell’antichità,
parte dalla biografia storicamente, culturalmente e socialmente incarnata.
Questo è un tentativo di risposta alla crisi, a partire dal XX secolo, delle
istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza;
l'analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi
educativi e formativi integrandoli con le psicologie del profondo. L’aver
cura “terapeutica” dell’insieme della personalità e della vita dei gruppi è
stato da sempre vocazione della filosofia, riproposta come contenitore di
diversi approcci e discipline delle scienze umane, dalla psicoanalisi alla
pedagogia. Il senso è inteso come il fattore terapeutico fondamentale.
L'ABOF non si occupa della cura delle psicopatologie, a meno che
l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o
psichiatra. Essendo l'ABOF una pratica filosofica, sono richiesti
all'analista non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo
vocazionale della sua vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici
personali e comunitari. L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva
riunisce l'eredità delle psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo
valore terapeutico e come stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche
di meditazione, la psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico,
la narrazione delle storie di vita in una prospettiva sociologica. Opere:“Identità
e feticismo,” Moizzi, Milano, “Dio il Mondo, Coliseum, Milano, “L'alchimia ribelle,”
Palomar, Bari, “Jung. Biografia e teoria,” Bruno Mondadori, Milano, “L'animale
visionario,” Il Saggiatore, Milano, “Mia philosophikê askêsê”, in ê sunantêsê, “Ti
einai ê philosophika prosanatolismenê biographikê analusê?”, in ê sunantêsê, La
filosofia come stile di vita, Bruno
Mondadori, Milano, Ipoc, Milano, Il nudo piacere di vivere, Arnoldo Mondadori,
Milano, "Che cosa è l'analisi biografica a orientamento filosofico",
in Pratiche filosofiche e cura di sé, Bruno Mondadori, Milano, Jung come precursore
di una filosofia per l'anima”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per
l'anima, Rivista di psicologia analitica, Jung: Forerunner of a Philosophy for
the Soul”, in European Journal of Psychoanalysis, “ La carta del senso” Psicologia
del profondo e vita filosofica, Raffaello Cortina Editore, Milano, , Ipoc,
Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e
pratiche filosofiche (Chiara Mirabelli), Ipoc, Milano “Empirisme ou une philosophie pour l’ame?”,
in Recherches Germaniques, Université de Strasbourg, Hors série n. 9, “The Missing Link: from Jung to Hadot and
Vice Versa”, in Eranos. Its Magical Past and Alluring Future: the Spirit of a
Wondrous Place, Spring, Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano “The Quest for Meaning after God’s Death in
an Era of Chaos”, in , Jung’s Red Book for our Time: Searching for Soul under
Postmodern Conditions, 2, Chiron
Publications, Asheville, NC Sconfitta e
utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis, Milano “Che tipo di sapere potrebbe essere quello
della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura psicoanalitica, nMàdera R.,
“Dalla pseudospeciazione al capro espiatorio", in , Tabula rasa.
Neuroscienze e culture, Fondazione Intercultura , "The psychic
counterpoise to violence towards the human other", in Papadopoulos, Moral
Injury and Beyond. Understanding Human Anguish and Heling Traumatic Wounds,
Abingdon UK, New York NY: Routledge, ,
Pratiche filosofiche e cura di sé, Bruno Mondadori, Milano, Le pratiche filosofiche
nella formazione, Adultità, Guerini e Associati, Milano Bartolini P., Mirabelli
C. , L’analisi filosofica. Avventure del senso e ricerca mito-biografica,
Mimesis, Milano-Udine Campanello L.,
"L'analisi biografica a orientamento filosofico (ABOF) e le cure
palliative”, in Tessere reti per una buona morte, Rivista Italiana di Cure
Palliative, ottobre Campanello L., Sono
vivo ed è solo l'inizio, Mursia, Milano
Daddi A. I., Filosofia del profondo, formazione continua, cura di sé.
Apologia di una psicoanalisi misconosciuta, Ipoc, Milano, Daddi A. I., “Principio Misericordia,
perfezionismo morale e nuova etica. La proposta màderiana per l'Occidente del
terzo millennio”, in I. Pozzoni , Rassegna storiografica decennale, Limina
Mentis, Monza, Diana M., Contaminazioni
necessarie. La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia, counselling
filosofici, Moretti&Vitali, Bergamo, Galimberti U., Nuovo dizionario di
psicologia. Psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze, voce “Biografico, Metodo”,
Feltrinelli, Milano Gamelli I.,
Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella formazione e nella
cura, Raffaello Cortina, Milano Janigro
N. , La vocazione della psiche, Einaudi, Torino
Janigro N., Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano Malinconico A. , "Dialettica di
redazione (ancora in tema di analisi biografica a orientamento
filosofico)", in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista
di psicologia analitica, Malinconico A., Psicologia Analitica e mito
dell’immagine. Dialogando con Paolo Aite, Biblioteca di Vivarium, Milano Montanari M., “Hadot e Foucault. Per una
filosofia del profondo”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima,
Rivista di psicologia analitica, novembre 2007, 76/2007, n. s. n. 24 Montanari
M., La filosofia come cura, Mursia, Milano
Montanari M., Vivere la filosofia, Mursia, Milano Moreni L. , “Intervista a tre analisti
filosofi”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di
psicologia analitica, Ways to go beyond the nihilistic alienation Sull’analisi biografica a orientamento
filosofico Analisi biografica e cura di
sé Una nuova formazione alla cura Psiche e città. La nuova politica nelle
parole di analisti e filosofi
Quattordici punti sull’analisi biografica a orientamento filosofico Dalla pseudospeciazione al capro
espiatorio Romano Màdera et l’analyse
biographique à orientation philosophique.
maffetone: Grice: “I like Maffetone; he tries, like I do, to defend
Socrates against Thrasymacus; in the proceedings, he provides his view on the
foundations of Italian liberalism – and has recently explored the topic of what
he calls ‘il valore della vita.’” -- Sebastiano
Maffettone (Napoli), filosofo. Laureatosi in giurisprudenza all'Università
degli studi di Napoli Federico II nel 1971, dal 1975 al 1976 è stato borsista
presso l'Oxford e dal 1977 al 1980 ha studiato per conseguire un master presso
l'Londra. Campi di interesse Ha
contribuito al dibattito scientifico internazionale sui temi della bioetica e
dell'etica dell'economia e della politica. In particolare ha avuto il merito di
introdurre in Italia il pensiero di John Rawls, tentando di ricostruire i
principi del liberalismo applicandoli al contesto della globalizzazione
economica. Incarichi Ha insegnato in
diverse università italiane e internazionali, come Harvard, Columbia, Tufts
University, Boston College, University of Pennsylvania, Nuova Delhi, London School
of Economics, Sciences-Po (Paris). È direttore del dipartimento di scienze
politiche della LUISS Guido Carli, dove insegna filosofia politica. Dal è
consigliere delegato alla cultura del governatore della Regione Campania
Vincenzo De Luca e presidente della Fondazione Ravello.
Opere: “I fondamenti del liberalismo,” Laterza, Etica
Pubblica, Il Saggiatore, “La pensabilità del mondo,” Il Saggiatore, “Rawls:
un'introduzione,” Laterza, . Rawls, Polity Press, “Un mondo migliore. Giustizia
globale tra Leviatano e Cosmopoli,” Luiss University Press, “Marx nel XXI
secolo,” Luiss University Press, . Note
Pagina web di Sebastiano Maffettone
Biografia di Sebastiano Maffettone
Cv del docente Archiviato l'11 novembre
in . Opere di Sebastiano Maffettone, .
Registrazioni di Sebastiano Maffettone, su RadioRadicale.it, Radio
Radicale. Sebastiano
MaffettonePubblicazioni, LUISS Guido Carli, . 6 gennaio (archiviato dall'url originale l'11 novembre
). Sebastiano Maffettone. Rassegna di articoli SWIF Sito web Italiano per la
Filosofia. Università degli Studi di Bari.
magalotti – Grice: “I like Magalotti – very philosophical” – Grice: “When a
philosopher is a count, we don’t say that he was a professional philosopher,
but not an amateur philosopher either – ‘philosopher’ does!” – Grice: “I like
his ‘saggi’ on ‘natural experience’ – he is being Aristotelian: there is
natural experience and there is trans-natural experience – and there is
supernatural experience!” -- Medaglione nel Museo della Specola, Firenze. Il
conte Lorenzo Magalotti (Roma), filosofo. Appartenente ad una famiglia
dell'aristocrazia fiorentina, nacque a Roma, dove il padre Orazio era prefetto
dei corrieri pontifici, pochi mesi dopo la morte dell'omonimo zio cardinal. La
madre si chiamava Francesca Venturi. Studiò nel Collegio Romano, un seminario
dei Gesuiti, e successivamente nell'Pisa, dove fu allievo di Viviani e di Malpighi.
Segretario del cardinale Leopoldo de' Medici, fu nominato segretario
dell'Accademia del Cimento (fondata dal cardinale). Fece parte anche
dell'Accademia della Crusca e dell'Accademia dell'Arcadia col nome di Lindoro
Elateo. Dall'esperienza al Cimento nacquero i Saggi di naturali esperienze,
ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del Cimento. Passò al servizio
di Cosimo III de' Medici, granduca di Toscana, iniziando così un'attività
diplomatica che lo portò a una lunga serie di viaggi per tutta l'Europa
(raccolse in diverse opere le sue vivaci e brillanti relazioni di viaggio). Ottenne
il titolo di conte e la nomina ad ambasciatore residente a Vienna, sede dalla
quale venne improvvisamente rimosso per ragioni rimaste ignote e
legate verosimilmente a dissensi di natura politica col granduca. Si ritirò
allora a vita privata nei suoi possedimenti e successivamente chiese di entrare
a far parte della Confederazione dell'Oratorio di San Filippo Neri; ma si pentì
anche di questa decisione, e si ritirò definitivamente nella sua villa di
Lonchio. Si dedicò alla filosofia. La sua produzione poetica petrarcheggiante
non è ritenuta all'altezza delle sue relazioni scientifiche, tranne forse delle
canzonette anacreontiche derivanti da traduzioni dalla lingua greca di testi
dello stesso Anacreonte. Tradusse inoltre il Paradiso perduto del Milton e un
poemetto georgico di John Philips (The Cyder). Un apporto positivo hanno invece
recato i documenti della sua amicizia con Charles de Saint-Évremond. Pubblicò
anche vari scritti di divulgazione scientifica, da cui traspare la sua
particolare attenzione per la filosofia naturale di Galileo. Opere: Frontespizio di Lettere scientifiche ed
erudite di Lorenzo Magalotti (Firenze) – “Canzonette anacreontiche di Lindoro
Elateo, pastore arcade, Delle lettere familiari del conte Lorenzo Magalotti e
di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze, Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo,
Sellerio. La donna immaginaria, canzoniere del conte Lorenzo Magalotti con
altre di lui leggiadrissime composizioni inedite, raccolte e pubblicate da
Gaetano Cambiagi al nobilissimo signore Vincenzo Maria Alamanni patrizio
fiorentino marchese di Trentola, e Barone di Lodano ecc., Lucca. Lettere del
conte Lorenzo Magalotti gentiluomo fiorentino dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo
Sig. Senatore Carlo Ginori Cav. dell'Ordine di S. Stefano, Segretario delle
Riformagioni e delle Tratte, Lucca. Lettere contro l'ateismo, Venezia. Lettere
odorose, E. Falqui, Milano. Lettere scientifiche. Lettere erudite del conte
Lorenzo Magalotti gentiluomo trattenuto, e del Consiglio di Stato dell'Altezza
Reale del Serenissimo Granduca di Toscana, Firenze, Opere dei discepoli di
Galileo Galilei, ed. naz. G. Abetti e P. Pagnini, I, dedicato all'Accademia del Cimento,
Firenze. Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del cimento sotto la
protezione del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal
Segretario di essa Accademia, Milano. Scritti di corte e di mondo, Enrico
Falqui, Roma. Varie operette del conte Lorenzo Magalotti con giunta di otto
lettere su le terre odorose d'Europa e d'America dette volgarmente buccheri ora
pubblicate per la prima volta, Roma. Cesare Preti e Luigi Matt, Lorenzo
Magalotti, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Saggi di
naturali esperienze fatte nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del
serenissimo principe Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa
Accademia, In Firenze: per Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella,
1666 La donna immaginaria canzoniere del
celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta dato alla luce e
dedicato alle nobilissime dame italiane, in Firenze: appresso Andrea Bonducci,
1762 Canzonette anacreontiche di Lindoro
Elateo pastore arcade, in Firenze : per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi,
1723 Il sidro poema in due canti di
Giovanni Filips tradotto dall'inglese in toscano dal celebre conte Lorenzo
Magalotti ora per la prima volta stampato con altre traduzioni, e componimenti
di vari autori, in Firenze: appresso Andrea Bonducci, 1749 Charles de Marguetel de Saint-Denis de
Saint-Évremond, Opere slegate : precedute da un carteggio tra Magalotti e
Saint-Évremond, tradotte in toscano da Lorenzo Magalotti, edizione critica
Luigi De Nardis, Roma: Edizioni dell'Ateneo, 1964 Questo testo proviene in parte dalla relativa
voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo.
Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto
licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Elogio storico del conte Lorenzo Magalotti
nell'edizione de La donna immaginaria canzoniere del conte Lorenzo Magalotti
con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite, raccolte e pubblicate da
Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio. Riccomini, XIII-XLV, 1762 . Felice Del Beccaro,
Magalotti, Lorenzo (1637-1712), in Vittore Branca , Dizionario critico della
letteratura italiana, Torino, UTET, Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in
Inghilterra, Francia e Svezia, Bari, G. Laterza, 1968. 24 febbraio . Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Lorenzo Magalotti Collabora a Wikiquote Citazionio su Lorenzo Magalotti
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su Lorenzo Magalotti Lorenzo Magalotti,
su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Federico Millosevich, Lorenzo Magalotti, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Cesare Preti e Luigi Matt, Lorenzo Magalotti,
in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Lorenzo Magalotti, su
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Lorenzo Magalotti, su Liber
Liber. Opere di Lorenzo Magalotti, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Magalotti, . Testi on-line Relazioni di viaggio in
Inghilterra, Francia e Svezia Lettere
scientifiche ed erudite Comento sui
primi cinque canti dell'Inferno di Dante, e quattro lettere del conte Lorenzo
Magalotti Canzonette anacreontiche di
Lindoro Elateo pastore arcade Lettere
scientifiche ed erudite La donna
immaginaria Novelle (il volume contiene anche opere di altri
autori) Gli amori innocenti di Sigismondo conte d'Arco con la Principessa
Claudia Felice d'Inspruch.
maggi: Grice: “I like his portrait” – Grice: “My favourite of his
essays is on the ridiculous; but his most specifically philosophical stuff is
the ‘lectiones philosophicae’ and the ‘consilia philosophica.’” -- Vincenzo
Maggi (Pompiano), filosofo. La famiglia aveva possedimenti e anche un negozio
di farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo
maestro. Studiò filosofia a Padova con Bagolino e frequentò attivamente
gli ambienti culturali della città. Si laureò e divenne professore supplente di filosofia
nello Studio di Padova, con uno stipendio iniziale di 47 fiorini. Alla morte di
Marcantonio Passeri ottenne la cattedra di filosofia e rimase ad insegnare a
Padova. Membro dell'«Accademia degli Infiammati», strinse amicizia con
Daniele Barbaro, Bartolomeo Lombardi, Alessandro Piccolomini, Sperone Speroni,
Bernardino Tomitano, Benedetto Varchi, entrò quindi a far parte del circolo di
Pietro Bembo, frequentando insigni estimatori di Erasmo da Rotterdam, come Aonio
Paleario, Benedetto Lampridio e Emilio degli Emigli. Conobbe il cardinale
Reginald Pole, il vescovo Pier Paolo Vergerio, Marcantonio Flaminio e Alvise
Priuli. Fu in Germania dove incontrò Erasmo da Rotterdam. Il dibattito
sulla questione della lingua e sui temi estetici legati soprattutto
all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla preparazione di un
commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da Lombardi. per la prematura
morte di questi fu proseguito, concluso e fatto pubblicare da Maggi, con altra
sua opera dedicata ad Orazio, a Venezia: le In Aristotelis librum de Poetica
communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes,
dedicato al cardinale Cristoforo Madruzzo. Maggi lasciò Padova per entrare
al servizio del duca Ercole II d'Este come precettore del figlio Alfonso e,
insieme, per insegnare filosofia nell'Ferrara. Si conservano appunti delle sue
lezioni sulla Poetica. Anche della vita culturale della città estense Maggi fu protagonista,
divenendo principe dell'«Accademia dei
Filareti», che vantava membri come Ercole Bentivoglio, Alfonso Calcagnini,
Lilio Gregorio Giraldi e Giovan Battista Giraldi Cinzio, oltre a essere amico
degli umanisti Giovan Battista Pigna, Francesco Porto e Bartolomeo Ricci, che gli
diede pubblicamente merito di essere stato «il primo interprete della Poetica
di Aristotele». Del 1545 è l'orazione Mulierum praeconium o De mulierum
praestantia, dedicata ad Anna d'Este, la figlia di Ercole e di Renata di
Francia, che nello stesso anno fu tradotta in volgarenon dal Maggicon il titolo
Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne. L'edizione di questo scritto
comprende anche una anonima Essortatione a gli huomini perché non si lascino
superar dalle donne, attribuita a Ortensio Lando, che si pone come corollario
dell'orazione del Maggi. Alla chiusura temporanea dell'Università, il
Maggi ritornò a Brescia per motivi familiari e culturali, partecipando alle
riunioni dell'Accademia di Rezzato, fondata da Giacomo Chizzola. Abitò nella
quadra della cittadella vecchia, in contrada Santo Spirito: dalla polizza
d'estimo, presentata al comune di Brescia, sappiamo che era sposato con
Francesca, figlia del nobile Paris Rosa, dalla quale ebbe cinque figli. A
Brescia sedeva nel Consiglio Generale e fu incluso nell'elenco dei consiglieri
comunali della città destilla reggenza delle podestarie maggiori del
territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi, ma vi rinunciò, come
rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle sedute del Consiglio
Generale. Opere: “Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne, Brescia,
Turlini “In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in
eundem librum propriae annotationes, Venetiis, Valgrisi, (con Bartolomeo
Lombardi). De ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio,
Venetiis, Valgrisi, Lectiones philosophicae, Firenze, Biblioteca Riccardiana,
ms. Expositio in libros de Coelo et
Mundo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms D. 494. Expositio de Coelo, de Anima,
Milano, Biblioteca Ambrosiana, mss G. 69, R. 114. Quaestio de visione, Milano,
Biblioteca Ambrosiana, ms P. 71. Espositio super primo Coelo, Piacenza,
Biblioteca Passerini-Landi, ms Pollastrelli 98. Mulierum praeconium, Modena,
Biblioteca Estense, ms Estensis latinus 174. Oratio de cognitionis praestantia,
Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de Valentia, Consilia philosophica , Vincentii
Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem serenissimi Ferrariae ducis in ea
praecedentia, Archivio di Stato, Casa e Stato, Modena. Note
In Alessandro Sardi, Estensis latinus 88, Modena, Biblioteca
Estense. Giulio Bertoni, Nota su
Vincenzo Maggi, in «Giornale storico della letteratura italiana», Conor Fahy,
Un trattato di Vincenzo Maggi sulle donne e un'opera sconosciuta di Ortensio
Lando, in «Giornale storico della letteratura italiana»,Francesco Bruni,
Sperone Speroni e l'Accademia degli Infiammati, in «Filologia e letteratura»,
XIII, 1968, 24–71. Bernard Weinberg ,
Trattati di retorica e poetica, III, Roma-Bari, Laterza, 1974. Anthony J. E.
Harmsen, La théorie du ridicule chez Madius et le classicisme néerlandais, in
«Acta Conventus neolatini Bononiensis», Binghamton, NY, 1985, 491–499. Enrico Bisanti, Vincenzo Maggi,
interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, 1991.
Giorgio Tortelli, Quattro Maggi in cerca d'autore, in «Quaderni del
Lombardo-Veneto», Padova 1999, n. 48,
18–22. Vincenzo Maggi, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo
Maggi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo Maggi, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Vincenzo Maggi, su Liber Liber. Opere di Vincenzo Maggi, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl.
magi: Grice: “A fascinating philosopher – “journey around the world in
ten words,’ a gem!” -- Gianluca Magi
(Pesaro), filosofo. Ha insegnato Storia delle religioni in Cina e Storia della
filosofia all'Urbino. È docente di Storia e filosofia della religione indiana
alla Facoltà di Sociologia nello stesso ateneo. Si è dedicato alla cultura
orientale, e in particolare all'induismo, buddhismo, sufismo, taoismo,
tantrismo studiandone, in particolare, gli aspetti psicologici (psicologia
transpersonale). È uno degli autori italiani che ha maggiormente contribuito
alla elaborazione teorico-pratica e alla diffusione della psicologia transpersonale.
Nel 1996 ha fondato, in convenzione con l'Urbino, la Scuola Superiore di
Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, centro di ricerca composto da
docenti universitari che si occupano di mediare il pensiero orientale e
occidentale in campo filosofico e psicologico. Dal 2005 ne è stato il direttore
scientifico e dal è stato affiancato
nella direzione da Franco Battiato. Nel
lascia la direzione scientifica e le docenze con un asciutto comunicato
per fondare a Pesaro Incognita ◦ Advanced Creativity, centro
transdisciplinareche amplia gli orizzonti dell'esperienza precedente e
concepito come il successore dei Circoli letterari parigini del XVII secolo,
del Cabaret Voltaire dadaista di Zurigo e del programma televisivo Bitte, keine
Réclame dello stesso Franco Battiatoche dirige sempre con il musicista
catanese. La sede di "Incognita" ospita la "AC Mind
School", co-diretta dalla studiosa di estetica e orientalista Grazia
Marchianò, moglie di Elémire Zolla, Scuola che si propone di fondere l'
Immaginazione in una lega con le nuove e accreditate ricerche scientifiche, in
chiave cognitiva per il XXI secolo; tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e
ciò che si è inteso per ‘principio dell’interiorità’ in Oriente, Occidente e in
ciò che sopravvive dei mondi indigeni . In seguito all'incontro con
Franco Battiato, avvenuto nel 2003 a Rimini, in occasione della mostra
pittorica "Misticismo d'Oriente e d'Occidente", ha instaurato una
collaborazione con il musicista, che scrisse la presentazione de I 36 stratagemmi
(Edizioni Il Punto d'Incontro; dal , BestBUR), libro che ottiene un grande
successo di pubblico (39 ristampe e tradotto in 32 Paesi) e ampia risonanza
mediatica. Nel 2005 partecipa al programma televisivo Bitte, keine Réclame,
condotto da Battiato per la Rai, occupandosi di strategia taoista. Molto
rare sono le apparizioni televisive di Magi, che è intervenuto sporadicamente
all'interno del canale Sky TG 24. Il suo libro, Il Gioco dell'Eroe. Le
porte della percezione per essere straordinario in un mondo ordinario, con la
presentazione di Franco Battiato, uscito nel maggio del , vede un clamoroso
successo. Il suo nuovo libro, I 64 Enigmi. L'antica sapienza cinese per
vincere nel mondo contemporaneo, edito da Sperling & Kupfer uscito il 14 aprile
, è segnalato da Wuz.it al primo posto dei libri più attesi del . Il giorno
stesso della sua uscita balza ai primi posti della classifica dei libri più
venduti. Nel marzo esce Lo stato
intermedio, scritto in coppia con Franco Battiato. Nel libro Magi e Battiato
conversano sull'argomento rimosso dei nostri tempi: la morte. La conversazione
abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti cari agli autori: filosofia
occidentale, filosofia indiana, filosofia cinese, buddhismo, sufismo, mistica,
psicologia transpersonale, sciamanesimo, esperienze ai confini della
morte. Il 5 settembre , esce un aggiornamento ampliato del Gioco
dell'Eroe con un nuovo sottotitolo La porta dell'Immaginazione e nuova traccia
audio dal titolo "Follow the White Rabbit" creata e prodotta da Cristoforo
Magi, figlio dell'autore; è segnalato da Wuz.it al primo posto dei libri più
attesi del e ottiene i primi posti della
classifica dei libri più venduti . La presentazione dell'opera è sempre a firma
di Franco Battiato. È un vegetariano dichiarato.. Pensiero Si è
focalizzato sui modelli di pensiero asiatici per approfondirne, oltre la
portata metafisica e autorealizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza:
nel libro I 36 stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia
psicologica; nel saggio "Le arti marziali della parola" all'interno
della sua curatela del libro di Liang Shiqiu, La nobile arte dell'insulto
(Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e
dialettica; nei libri Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro
nascosto mostra il rilievo psicopedagogico della comunicazione metaforica e
umoristica delle narrazioni buddhiste e sufi. Ha inoltre elaborato e sviluppato
la dimensione della psicologia transpersonale all'interno del Gioco dell'Eroe ,
disciplina da lui creata e imperniata sulla capacità umana
dell'immaginazione. Opere: “Il dharma del sacrificio del mondo,” Panozzo,
“La filosofia del linguaggio eterno,” Urbino, “Quaderno indiano,” Scuola
superiore di filosofia orientale e comparativa di Rimini, “Il dito e la luna,”
Il Punto d'Incontro, [introduzione di Gabriele Mandel (edizione tedesca: Der
verborgene Schatz, Random House Kailash Verlag, ; I 36 stratagemmi, Il Punto
d'Incontro (dal , BestBur; edizione tedesca: 36 Strategeme. Die chinesische
Kunst der Strategie, Random House Kailash Verlag, edizione spagnola: Las 36
estratagemas. El arte secreto de la estrategia china, Obelisco Ediciones, edizione
portoghese: "Os 36 Estratagemas Chineses", Esfera dos Livros, );
Sanjiao. I tre pilastri della sapienza, Il Punto d'Incontro, Liang Shiqiu, La
nobile arte dell'insulto, Einaudi [e con
il saggio introduttivo di Gianluca Magi "Le arti marziali della
parola" e l'introduzione di Michele Serra, ]; Uscite dal sogno della
veglia. Viaggio attraverso le filosofie indiane della Liberazione, Scuola
superiore di filosofia orientale e comparativa di Rimini, La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, (edizione tedesca:Lieber ein intelligenter
Feind als ein dummer Freund, Random House Arkana Verlag); La vita è uno stato
mentale. Ovvero La conta dei frutti delle azioni nel mondo evanescente secondo
l'insegnamento di Phalu il Kashmiro, Bompiani, Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra).
Arte della guerra e della strategia indiana, Edizioni Il Punto d'Incontro, [traduzione dal sanscrito, commento e
introduzione "Lo yoga segreto del perfetto sovrano" di Gianluca Magi,
“Il Gioco dell'Eroe,” Il Punto d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco
Battiato; I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, . Lo stato intermedio, scritto
con Franco Battiato, Arte di Essere, . Il tesoro nascosto. 100 lezioni sufi,
Sperling & Kupfer, . Il Gioco dell'Eroe. La porta dell'Immaginazione, Il
Punto d'Incontro, . Nuova edizione ampliata con nuova traccia audio. Prefazione
di Franco Battiato. 101 burle spirituali, Sperling & Kupfer, . Prefazione
di Alejandro Jodorowsky. Contributi a opere enciclopediche Per la seconda
edizione, in dodici volumi, dell’Enciclopedia filosofica, promossa dal Centro
Studi Filosofici di Gallarate ed edita da Bompiani nel 2006 (poi dal Corriere
della Sera nel ), ha scritto le voci di filosofia indiana: Ahimsa; Ājīvika; Āraṇyaka;
Brahman; Brāhmaṇa; Buddhismo; Cārvāka; Darśana; Dharma; Hindūismo; India;
Jainismo; Karman; Māyā; Mīmāmsā; Mokṣa; Nāgārjuna; Nirvāṇa; Nyāya; Oṃ o aum; Sāṃkhya;
Śaṅkara; Śivaismo; Upaniṣad; Vaiśeṣika; Veda; Vedānta; Viṣṇuismo; Yoga.
Filosofia indiana in: Virgilio Melchiorre , Filosofie nel mondo, Bompiani,
Milano Al cinema Ha recitato un cameo,
nel ruolo di se stesso, nel film Niente è come sembra, di Franco Battiato, a
fianco di Jodorowsky. Jodorowsky ha scritto in seguito la presentazione del
libro di Magi La Via dell'umorismo. Premi e riconoscimenti Premio
internazionale Letteratura “ArteSpirito”. Note
Blog di Gianluca Magi 3 marzo . «Nel 1996 fondai a Rimini la “Scuola
Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa”. Oggi mi congedo dalla
Direzione scientifica e dalla docenza dei miei vari Corsi. Le cose belle hanno
un inizio e una fine. Ai tanti Allievi di questi ventidue anni, un grato saluto.
Non mi ritirerò nel mondo delle idee, che per un platonico può anche apparire
una promozione. I tempi sono maturi per l’upgrade: “Incognita” a
Pesaro. Per spaziare in temi altissimi con una narrazione
transdisciplinare. Attraverso immaginazione, religioni, filosofie, arti e
scienze. Sempre in compagnia di Franco Battiato». Incognita. Advanced Creativity Il Secolo XIX 18 settembre (Roberto Onofrio) " 'Incognita' di
Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre, un'immersione interiore al di là dello
spazio-tempo"31 Il Secolo XIX 26
giugno (Roberto Onofrio) "Advanced
Creativity Mind School. Per capire l'entrata nell'epoca del post-umano"41 Per il titolo del suo album Dieci
stratagemmi, Franco Battiato si è ispirato a I 36 stratagemmi di Gianluca Magi.
Il sottotitolo dell'album "Attraversare il mare per ingannare il
cielo" è il primo stratagemma dei trentasei che compongono che il
libro. ibs.it Stralcio della quinta puntata (youtube) Modelli strategici cinesi ed occidentali
(youtube) Corriere della Sera 5
agosto (Edoardo Camurri) wuz.it
Panorama.it (Anna Mazzone) wuz.it Panorama.it (Oriana Allegri) Il Secolo XIX 20 dicembre (Roberto Onofrio) "Aprite le porte
all'Immaginazione, c'è un mondo oltre la quotidianità"42 Gianluca Magi, I 64 Enigmi, Sperling &
Kupfer, Milano 61: «Diversi anni fa, in un’intervista, mi chiesero perché sono
vegetariano. La mia risposta fu molto sintetica (e la penso ancora così): Non
mangio animali. Non riesco a digerire l'agonia». La Repubblica 3 maggio 2006 (Michele Serra);
Il Riformista 6 aprile 2006 (Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica 26
maggio 2006 (Brunella Schisa) Il Gioco
dell'Eroe, Il Punto d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco Battiato Il Gioco dell'EroeGianluca Magi Scena del film ove compaiono Gianluca Magi e
Alejandro Jodorowsky (youtube) La Via
dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, Vicenza 20089 La Stampa 27 giugno (Il Premio è stato conferito dalle autorità
della Repubblica di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha
costruitoattraverso la sua produzione e l'attività della Scuola Superiore di
Filosofia Orientale e Comparativa di Riminiponti di comunicazione tra le
antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente, attualizzandone, in teoria e in
pratica, il loro messaggio filosofico, psicologico e spirituale per l'uomo
contemporaneo»). Gli altri premi sono stati conferiti a: Franco Battiato
(Musica), Alejandro Jodorowsky (Teatro), Franco Mussida (Arti visive), Silvano
Agosti (Cinema), Massimo Gramellini (Giornalismo), Gabriele La Porta (Televisione). Induismo Buddhismo Sufismo Taoismo Alchimia
Tantrismo Psicologia transpersonale Storia della filosofia occidentale. Sito
ufficiale di Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced Creativity
"Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio brevis di
Gianluca Magi. Riflessioni di Gianluca Magi sul Senso della vita su
riflessioni.it
magnani: Grice: “I like Magnani; he has written about
conceptual change, which I enjoyed!” -- Grice: “I like Magnani; his treatise on
the philosophy of geometry is brilliant!” --
essential Italian philosopher, not to be confussed with Tenessee
Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Lorenzo Magnani
(Sannazzaro de' Burgondi), filosofo. Lorenzo Magnani.jpg È Professore di
Filosofia della scienza presso la Sezione di Filosofia del Dipartimento di
Studi Umanistici dell'Pavia, dove dirige il Computational Philosophy
Laboratory. Dedicatosi allo studio della storia e della filosofia della
geometria fin dagli studi universitari, i suoi interessi si sono poi rivolti
all'analisi della tradizione neopositivista e postpositivista. Si è poi
dedicato al tema della scoperta scientifica e del ragionamento creativo:
soggiorni in USA presso la Carnegie Mellon University (1992) prima e poi presso
la McGill University (1992, 1993) hanno favorito l'approfondimento di alcune
tematiche riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in collegamento
con il problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale nella sua
ricerca. A partire dal 1993, inizialmente in collaborazione con Nancy J.
Nersessian e Paul Thagard, e grazie a soggiorni ed attività di insegnamento
presso il Georgia Institute of Technology (1993, 1995, 1998-2001) di Atlanta e
la University of Waterloo in Canada (1993) la sua attenzione si è anche
indirizzata verso il cosiddetto model-based reasoning. Con Nancy J. Nersessain
e Paul Thagard è stato fondatore coorganizzatore, a partire dal 1998, di una
serie di conferenze sul Model-Based Reasoning (MBR). L'attività di Weissman
Distinguished visiting professor presso il Baruch College della City University
of New York ha favorito l'attenzione per i problemi di filosofia della
tecnologia e di etica, recentemente rivolti anche al tema trascurato in filosofia
dell'analisi della violenza. I suoi interessi di ricerca includono dunque
la filosofia della scienza, la logica, le scienze cognitive, l'intelligenza
artificiale e la filosofia della medicina, nonché i rapporti fra etica e
tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito a diffondere a livello
internazionale il problema dell'abduzione con il suo primo libro sul tema dal
titolo Abduction in Reason and Science. La sua ricerca storico-scientifica ha
riguardato principalmente la geometria e la filosofia della geometria del XIX e
XX secolo. È stato (2006-) visiting professor presso la Sun Yat-sen University
in Cina. Ha diretto e dirige vari programmi di ricerca accademici
internazionali in collaboratione con USA, EU, e Cina. L'Università Ştefan cel
Mare di Suceava, Romania ha conferito a Lorenzo Magnani la Laurea honoris causa
Lorenzo Magnani dirige la Collana di Libri SAPEREStudies in Applied Philosophy,
Epistemology and Rational Ethics, Springer Science+Business Media.. Citazioni e
giudizi critici sul suo lavoro sono riportati dalla Stanford Enciclopedia of
Philosophy alle voci: Models in Science, Scientific Discovery, Information
Technology and Moral Values. Nel è stato
nominato membro della International Academy for the Philosophy of the Sciences
(AIPS). Opere (elenco parziale) In italiano Conoscenza come dovere.
Moralità distribuita in un mondo tecnologico (2006) Filosofia della violenza ()
Rispetta gli altri come cose (); In inglese Abduction, Reason, and Science.
Processes of Discovery and Explanation (Kluwer Academic/Plenum Publishers, New
York, 2001). Edizione cinese 2006;; Philosophy and Geometry. Theoretical and
Historical Issues (Kluwer, Dordrecht, 2001); Morality in a Technological World.
Knowledge as a Duty (Cambridge University Press, Cambridge, 2007) sviluppa una
teoria filosofica dei rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva
naturalistica e cognitiva. Abductive Cognition. The Epistemological and
Eco-Cognitive Dimensions of Hypothetical Reasoning (Springer Science+Business Media,
Heidelberg/Berlin, 2009); Understanding Violence. The Intertwining of Morality,
Religion, and Violence: A Philosophical Stance (Springer Science+Business
Media, Heidelberg/Berlin, ). The Abductive Structure of Scientific Creativity.
An Essay on the Ecology of Cognition (Springer Science+Business Media, Cham,
Switzerland, ). Libri collettivi, numeri speciali di riviste e libri in cinese
Ha curato libri in cinese, atti di convegni, libri collettivi e numerosi numeri
speciali di riviste accademiche internazionali. In collaborazione con T.
Bertolotti ha curato il volume Handbook of Model-Based Science presso l'editore
Springer, Switzerland, . Note Web
Page del Dipartimento di Studi Umanistici
Computational Philosophy Laboratory Web Site [Cfr. le varie pagine dedicate a questi
convegni in//www-3.unipv.it/webphilos_lab/cpl/index.php Computational
Philosophy Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Filosofia,
Pavia, Pavia (Italia)] Sun Yat-sen Award Cerimonia
Book Series SAPERE Web Page Copia
archiviata, su lesacademies.org. 25 settembre
26 settembre ). ; Edizione
cinese: Philosophy and Geometry Morality in a Technological WorldAcademic and
Professional BooksCambridge University Press
Abductive Cognition Understanding
Violence The Abductive Structure of
Scientific Creativity Author Web
Page Handbook of Model-Based
Science Lorenzo Magnani: Logica e
possibilità, su RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Lorenzo Magnani: Filosofia
della violenza, su RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Refs.
Luigi Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
magnitude, extent or size of a thing with
respect to some attribute; technically, a quantity or dimension. A quantity is
an attribute that admits of several or an infinite number of degrees, in
contrast to a quality (e.g., triangularity), which an object either has or does
not have. Measurement is assignment of numbers to objects in such a way that
these numbers correspond to the degree or amount of some quantity possessed by
their objects. The theory of measurement investigates the conditions for, and
uniqueness of, such numerical assignments. Let D be a domain of objects (e.g.,
a set of physical bodies) and L be a relation on this domain; i.e., Lab may
mean that if a and b are put on opposite pans of a balance, the pan with a does
not rest lower than the other pan. Let ; be the operation of weighing two
objects together in the same pan of a balance. We then have an empirical relational
system E % ‹ D, L, ; (. One can prove that, if E satisfies specified
conditions, then there exists a measurement function mapping D to a set Num of
real numbers, in such a way that the L and ; relations between objects in D
correspond to the m and ! relations between their numerical values. Such an
existence theorem for a measurement function from an empirical relational
system E to a numerical relational system, N % ‹ Num, m ! (, is called a
representation theorem. Measurement functions are not unique, but a uniqueness
theorem characterizes all such functions for a specified kind of empirical
relational system and specified type of numerical image. For example, suppose
that for any measurement functions f, g for E there exists real number a ( 0 such
that for any x in D, f(x) % ag(x). Then it is said that the measurement is on a
ratio scale, and the function s(x) % ax, for x in the real numbers, is the
scale transformation. For some empirical systems, one can prove that any two
measurement functions are related by f % ag ! b, where a ( 0 and b are real
numbers. Then the measurement is on an interval scale, with the scale
transformation s(x) % ax ! b; e.g., measurement of temperature without an
absolute zero is on an interval scale. In addition to ratio and interval
scales, other scale types are defined in terms of various scale
transformations; many relational systems have been mathematically analyzed for
possible applications in the behavioral sciences. Measurement with weak scale
types may provide only an ordering of the objects, so quantitative measurement
and comparative orderings can be treated by the same general methods. The older
literature on measurement often distinguishes extensive from intensive
magnitudes. In the former case, there is supposed to be an empirical operation
(like ; above) that in some sense directly corresponds to addition on numbers.
An intensive magnitude supposedly has no such empirical operation. It is
sometimes claimed that genuine quantities must be extensive, whereas an
intensive magnitude is a quality. This extensive versus intensive distinction
(and its use in distinguishing quantities from qualities) is imprecise and has
been supplanted by the theory of scale types sketched above.
mansel: philosopher,
a prominent defender of Scottish common sense philosophy. Mansel was the
Waynflete professor of metaphysical philosophy and ecclesiastical history at
Oxford, and the dean of St. Paul’s. Much of his philosophy was derived from
Kant as interpreted by Hamilton. In “Prolegomena Logica,” Mansel defines logic
as the science of the laws of thought, while in “Metaphysics,” he argues that
human faculties are not suited to know the ultimate nature of things. He drew
the religious implications of these views in his most influential work, The
Limits of Religious Thought, by arguing that God is rationally inconceivable
and that the only available conception of God is an analogical one derived from
revelation. From this he concluded that religious dogma is immune from rational
criticism. In the ensuing controversy Mansel was criticized by Spenser, Thomas
Henry Huxley, and J. S. Mill.
PLURI-VALUED/UNI-VALUE LOGIC -- many-valued
logic, a logic that rejects the principle of bivalence: every proposition is
true or false. However, there are two forms of rejection: the truth-functional
mode (many-valued logic proper), where propositions may take many values beyond
simple truth and falsity, values functionally determined by the values of their
components; and the truth-value gap mode, in which the only values are truth
and falsity, but propositions may have neither. What value they do or do not
have is not determined by the values or lack of values of their constituents.
Many-valued logic has its origins in the work of Lukasiewicz and
(independently) Post around 1920, in the first development of truth tables and
semantic methods. Lukasiewicz’s philosophical motivation for his three-valued
calculus was to deal with propositions whose truth-value was open or
“possible”e.g., propositions about the future. He proposed they might take a
third value. Let 1 represent truth, 0 falsity, and the third value be, say, ½.
We take Ý (not) and P (implication) as primitive, letting v(ÝA) % 1 † v(A) and
v(A P B) % min(1,1 † v(A)!v(B)). These valuations may be displayed: Lukasiewicz
generalized the idea in 1922, to allow first any finite number of values, and
finally infinitely, even continuum-many values (between 0 and 1). One can then
no longer represent the functionality by a matrix; however, the formulas given
above can still be applied. Wajsberg axiomatized Lukasiewicz’s calculus in
1931. In 1953 Lukasiewicz published a four-valued extensional modal logic. In
1921, Post presented an m-valued calculus, with values 0 (truth), . . . , m † 1
(falsity), and matrices defined on Ý and v (or): v(ÝA) % 1 ! v(A) (modulo m)
and v(AvB) % min (v(A),v(B)). Translating this for comparison into the same framework
as above, we obtain the matrices (with 1 for truth and 0 for falsity): The
strange cyclic character of Ý makes Post’s system difficult to interpretthough
he did give one in terms of sequences of classical propositions. A different
motivation led to a system with three values developed by Bochvar in 1939,
namely, to find a solution to the logical paradoxes. (Lukasiewicz had noted
that his three-valued system was free of antinomies.) The third value is
indeterminate (so arguably Bochvar’s system is actually one of gaps), and any
combination of values one of which is indeterminate is indeterminate;
otherwise, on the determinate values, the matrices are classical. Thus we
obtain for Ý and P, using 1, ½, and 0 as above: In order to develop a logic of
many values, one needs to characterize the notion of a thesis, or logical
truth. The standard way to do this in manyvalued logic is to separate the
values into designated and undesignated. Effectively, this is to reintroduce
bivalence, now in the form: Every proposition is either designated or
undesignated. Thus in Lukasiewicz’s scheme, 1 (truth) is the only designated
value; in Post’s, any initial segment 0, . . . , n † 1, where n‹m (0 as truth).
In general, one can think of the various designated values as types of truth,
or ways a proposition may be true, and the undesignated ones as ways it can be
false. Then a proposition is a thesis if and only if it takes only designated
values. For example, p P p is, but p 7 Ýp is not, a Lukasiewicz thesis.
However, certain matrices may generate no logical truths by this method, e.g.,
the Bochvar matrices give ½ for every formula any of whose variables is
indeterminate. If both 1 and ½ were designated, all theses of classical logic
would be theses; if only 1, no theses result. So the distinction from classical
logic is lost. Bochvar’s solution was to add an external assertion and
negation. But this in turn runs the risk of undercutting the whole
philosophical motivation, if the external negation is used in a Russell-type paradox.
One alternative is to concentrate on consequence: A is a consequence of a set
of formulas X if for every assignment of values either no member of X is
designated or A is. Bochvar’s consequence relation (with only 1 designated)
results from restricting classical consequence so that every variable in A
occurs in some member of X. There is little technical difficulty in extending
many-valued logic to the logic of predicates and quantifiers. For example, in
Lukasiewicz’s logic, v(E xA) % min {v(A(a/x)): a 1. D}, where D is, say, some
set of constants whose assignments exhaust the domain. This interprets the
universal quantifier as an “infinite” conjunction. In 1965, Zadeh introduced
the idea of fuzzy sets, whose membership relation allows indeterminacies: it is
a function into the unit interval [0,1], where 1 means definitely in, 0
definitely out. One philosophical application is to the sorites paradox, that
of the heap. Instead of insisting that there be a sharp cutoff in number of
grains between a heap and a non-heap, or between red and, say, yellow, one can
introduce a spectrum of indeterminacy, as definite applications of a concept
shade off into less clear ones. Nonetheless, many have found the idea of
assigning further definite values, beyond truth and falsity, unintuitive, and
have instead looked to develop a scheme that encompasses truthvalue gaps. One
application of this idea is found in Kleene’s strong and weak matrices of 1938.
Kleene’s motivation was to develop a logic of partial functions. For certain
arguments, these give no definite value; but the function may later be extended
so that in such cases a definite value is given. Kleene’s constraint,
therefore, was that the matrices be regular: no combination is given a definite
value that might later be changed; moreover, on the definite values the
matrices must be classical. The weak matrices are as for Bochvar. The strong
matrices yield (1 for truth, 0 for falsity, and u for indeterminacy): An
alternative approach to truth-value gaps was presented by Bas van Fraassen in
the 1960s. Suppose v(A) is undefined if v(B) is undefined for any subformula B
of A. Let a classical extension of a truth-value assignment v be any assignment
that matches v on 0 and 1 and assigns either 0 or 1 whenever v assigns no
value. Then we can define a supervaluation w over v: w(A) % 1 if the value of A
on all classical extensions of v is 1, 0 if it is 0 and undefined otherwise. A
is valid if w(A) % 1 for all supervaluations w (over arbitrary valuations). By
this method, excluded middle, e.g., comes out valid, since it takes 1 in all
classical extensions of any partial valuation. Van Fraassen presented several
applications of the supervaluation technique. One is to free logic, logic in
which empty terms are admitted. .
magni: Grice: “I love Magni – He has gems like ‘Petrus is Petrus’ – I’m
talking about his “Principia et specimen philosophiae” – The titles for the
chapters are amusing, and he refers to ‘ratio essendi’ – and other stuff –
*Very* amusing --.” Valeriano Magni, soprannominato il Monaco lungo (Milano),
filosofo. Appartenente all'ordine dei frati cappuccini, fu missionario
apostolico in Europa centrale. Discendente da una famiglia aristocratica
milanese, Valeriano Magni nacque a Milano il 15 ottobre 1586 dal conte Costantino
Magni e da Ottavia Carcassola. Nel 1588, la famiglia si trasferì a Praga, dove,
nel 1598 nacque suo fratello Francesco. Entrò nei cappuccini della
provincia boema nel 1602 a Praga prendendo il nome di Valeriano da Milano. Dopo
l'ordinazione, divenne un famoso predicatore e professore di filosofia
entrando, grazie al suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore. Presto fu
eletto Provinciale della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne
apprezzato consigliere dell'imperatore e di altri principi europei. Nel 1616 il
re di Polonia Sigismondo III gli affidò la missione cappuccina nel suo paese.
Nel 1621 l'imperatore Ferdinando II lo inviò in missione diplomatica in
Francia. Tra il 1622 e il 1623 fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I di
iera. Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di Praga
Ernesto Adalberto d'Harrach nella ricattolicizzazione della popolazione e nelle
riforme diocesane. Nel 1630 prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati
con il cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova.
Nel 1635 divenne consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e dal
1645 fu missionario apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo
e Danzica. Nel luglio del 1647 riprodusse a Varsavia di fronte al re e alla
corte l'esperimento di Torricelli usando un tubo riempito di mercurio per
produrre il vuoto. Nel 1652 riuscì a convertire il conte Ernesto
d'Assia-Rheinfels e sua moglie. Dopo che l'Praga venne affidata ai
Gesuiti nel 1623, entrò in contrasto con i gesuiti, che lo fecero arrestare a
Vienna nel 1655. Fu rilasciato dalla prigione per intervento dell'Imperatore e
tornò a Salisburgo, dove morì quello stesso anno. Opere Frutto della sua
polemica con i protestanti è l'opera De acatholicorum credendi regula judicium
(1628/31), in cui sosteneva che senza l'autorità della Chiesa, la Bibbia da
sola non era sufficiente come regola di fede per i cristiani. Trattò lo stesso
argomento nel libro Judicium de acatholicorum et catholicorum regula credendi
(1641), le cui debolezze argomentative scatenarono la controffensiva dei
protestanti. Negli scritti filosofici e nella sua attività di insegnamento,
Magni si occupò di metodologia, logica, epistemologia, cosmologia, metafisica,
matematica e scienze naturali. Rifiutò i principi aristotelico-scolastici,
ispirandosi alle dottrine di Platone, Agostino e Bonaventura. Opere
scelte: “Apologia contra imposturas Jesuitarum,” Christiana et catholica
defensio adversus Societatem Jesu,” “Opus philosophicum,” “Commentarius de
homine infami personato sub titulis Iocosi Severi Medii,” :Concussio
fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm. Conringi, “Conringiana
concussio Sanctissimi in Christo papae catholici retorta,” “Echo Absurditatum Ulrici
de Neufeld Blesa, Epistola de responsione H. Conringii, Epistola Valeriani Magni
Fratris Capucini, Epistola de quaestione utrum Primatus Rom. Pontificis, Principia
et specimen philosophiae, Acta disputationis habitae Rheinfelsae apud S.
Goarem, Organum theologicum, Methodus convincendi et revocandi haereticos, De
luce mentium, Judicium de catholicorum ei acatholicorum regula credendi, De
atheismo Aristotelis ad Mersennum, Demonstratio ocularis, loci sine locato:
corporis successiuè moti in vacuo, Bononiae, typis haeredis Victorij Benatij. Vedi
la voce nella Enciclopedia Italiana, riferimenti in . David Wootton, The Invention of Science: A
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Cygan, Opera Valeriani Magni velut manuscripta tradita aut typis impressa,
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119–178, 309-352. G. Abgottspon Von StaldenriedValerianus Magni
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Valerián Magni. 1586-1661. Kapitola z kulturních dějin Čech 17. století, Praha,
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Milano e la riforma ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della
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mainardini -- mainardini marsilio
di padova – padova: Grice: “Padova
tries to institute the ‘regnum’ as between Aristotle’s ‘polis’ and the modern
‘stato,’ but in which case, we wouldn’t call it ‘politeia’ anymore!” -- Grice: “When I studied change I focused on
von Wright – but then there is Padova and his ‘grammatica del mutamento’!” Marsilio da Padova
(Padova), filosofo. Non vi è certezza sulla sua data di nascita: alcuni
storici sono soliti indicarla nel 1270, ipotesi però opponibile poiché egli
verrebbe ad avere 41 anni nel 1311, quando cioè Albertino Mussato gli rivolge
un'epistola latina, facendo peraltro cenno alla sua florida gioventù. Altri
collocano la sua nascita attorno al 1290, data però forse troppo tarda, poiché
porterebbe poco credibilmente ad ipotizzare un suo incarico come professore oltreché
rettore all'Parigi, ad appena 22 anni. Da ciò dunque, la necessità di
individuare, quale data di nascita maggiormente probabile, l'anno 1275. Risulta
già da qui evidente, come le notizie sulla sua vita non siano affatto
molte. Nato da una famiglia di giudici e notai che viveva vicino al Duomo
di Padova, completò i suoi studi nell'università della Sorbona presso la
facoltà delle arti, dove fu insignito dell'autorità di rettore nel 1313. Il
tempo trascorso nella città influì moltissimo sull'evoluzione del suo pensiero.
Gli anni parigini furono molto importanti e fecondi per l'evoluzione del suo
pensiero e la visione dello stato di corruzione in cui versava il clero lo
portò a diventare anticurialista. A Parigi incontrò Guglielmo di Ockham e
Giovanni di Jandun, con cui condivise passione politica e atteggiamento di
avversione verso il potere temporale della Chiesa. Con Giovanni di Jandun
rimase legato da grande amicizia e assieme a lui subì l'esilio. Marsilio
dopo le sue dure affermazioni contro la Chiesa venne bollato con l'epiteto di
figlio del diavolo. Marsilio si trovava a Parigi quando si sviluppò la
lotta tra Filippo il Bello, re di Francia, e il Papato. Tutto ciò, assieme al
vivace contesto culturale in cui si muoveva, lo portò alla compilazione della
sua opera maggiore il Defensor Pacis, l'opera cui deve la sua fama e che influì
moltissimo sia sul pensiero filosofico-politico contemporaneo che su quello
successivo. A Parigi sperimentò una monarchia decisa ad accrescere il
proprio potere e la propria autorità su tutte le forze politiche centrifughe
del momento ivi compresa la Chiesa di Bonifacio VIII. Diventato consigliere
politico ed ecclesiastico di Ludovico il aro lo seguì a Roma nel 1327 in
occasione della sua incoronazione imperiale e qui fu nominato dallo stesso
Ludovico vicario spirituale della città. L'incoronazione imperiale avvenne ad
opera del popolo romano anziché del papa inaugurando, così, quella stagione
dell'impero laico che Marsilio vagheggiava e che avrebbe aperto la strada alla
laicizzazione dell'elezione imperiale e alla cosiddetta Bolla d'Oro (1356) di
Carlo IV di Boemia. Con la Bolla d'Oro fu eliminata ogni ingerenza del
papa nell'elezione imperiale diventando così un fatto esclusivamente tedesco.
Fu ancora con Ludovico quando questi si ritirò, dopo il fallimento dell'impresa
romana, in Germania dove rimase fino alla morte avvenuta tra il 1342 e il 1343.
È del periodo immediatamente antecedente la sua morte la compilazione di alcune
opere minori tra cui spicca il Defensor Minor, un piccolo capolavoro. Si può
definire l'opera di Marsilio come il prodotto di tempi in cui confluiscono la
virtù del cittadino, il nazionalismo francese e l'imperialismo
renano-germanico. Il Defensor pacis (difensore della pace), scritto nel
1324 è la sua opera più conosciuta in cui, fra l'altro, tratta dell'origine
della legge. Il suo fondamento era il concetto di pace, intesa come base
indispensabile dello Stato e come condizione essenziale dell'attività umana. Si
tratta di un'opera laica, chiara, priva di retorica, moderna e per alcuni versi
ancora attuale. La necessità dello Stato non discendeva più da finalità
etico-religiose, ma dalla natura umana nella ricerca di una vita sufficiente e
dall'esigenza di realizzare un fine prettamente umano e non altro. Da questa
esigenza nascono le varie comunità, dalla più piccola alla più grande e
complessa, lo Stato. Ne deriva la necessità di un ordinamento nella comunità
che ne assicuri la convivenza e l'esercizio delle proprie funzioni. Per
Marsilio questa esigenza ha caratteristiche prettamente umane che non
rispondono a finalità etiche ma civili, contingenti e storiche. Alla base
dell'ordinamento c'è la volontà comune dei cittadini, superiore a qualsiasi
altra volontà. È la volontà dei cittadini che attribuisce al Governo, Pars
Principans, il potere di comandare su tutte le altre parti, potere che sempre,
e comunque, è un potere delegato, esercitato in nome della volontà popolare. La
conseguenza di questo principio era che l'autorità politica non discendeva da Dio
o dal papa, ma dal popolo, inteso come sanior et melior pars. In questa ottica
egli proponeva che i vescovi venissero eletti da assemblee popolari e che il
potere del papa fosse subordinato a quello del concilio. Ludovico
il aro Marsilio pone il problema, che tratterà anche nel Defensor Minor, del
rapporto con il Papato e con i suoi principi politici costruiti. «[...] occulta valde, qua romanum imperium
dudum laboravit, laboratque continuo, vehementer contagiosa, nil minus et prona
serpere in reliquas omnes civitates et regna ipsorum iam plurima sui aviditate
temptavit invadere [...]» «[...] segretamente, con i quali aveva cercato,
e continua a cercare, di insinuarsi subdolamente in tutte le altre comunità e
regni che aveva già tentato di attaccare con la propria enorme avidità
[...]» (Marsilio da Padova, Defensor pacis, Hannover, Hahnsche
Buchhandlung, 1933) Il giudizio di Marsilio sulla chiesa come istituzione è
molto negativo e lo manifesta con la crudezza di linguaggio che gli è solita
quando affronta l'argomento dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Lo scalpore
suscitato da questa opera obbligò Marsilio a fuggire presso l'imperatore
Ludovico il aro, con il quale scese in Italia nel 1327-1328. Il Defensor
minor composto attorno al 1342 si colloca fra le opere minori di Marsilio da
Padova, ma si distingue per la sua importanza. Si differenzia dal Defensor
pacis per essere un'opera più propriamente teologica mentre l'altra è
prevalentemente politica. Lo studio condotto nel Defensor Minor riguarda la giurisdizione
civile ed ecclesiastica, la confessione auricolare, la penitenza, le
indulgenze, le crociate, i pellegrinaggi, la plenitudo potestatis, il potere
legislativo, l'origine della sovranità, il matrimonio e il divorzio.
Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus Magnifying
glass icon mgx2.svgTractatus de iurisdictione imperatoris in causis
matrimonialibus. Il Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis
matrimonialibus che Marsilio compilò in occasione del divorzio di Giovanni di
Moravia e Margherita di Tirolo-Gorizia si trova nell'ultima parte del Defensor
Minor. Attorno al 1341 le relazioni tra i coniugi Giovanni di Moravia e
Margherita del Tirolo erano tanto insostenibili che la sposa preferì fuggire.
Intervenne l'Imperatore, imparentato con la sposa, e progettò il matrimonio tra
la fuggitiva e Ludovico di Brandeburgo ma a ciò ostavano il precedente
matrimonio e alcuni legami di sangue. Tractatus de translatione Imperii
Magnifying glass icon mgx2.svgTractatus de translatione Imperii. Il Tractatus
de translatione imperii è un'opera che niente aggiunge alla fama derivatagli
dal Defensor Pacis anche se ebbe una certa diffusione in Europa. Si può
considerare questo trattato come una storia sintetica dell'Impero dalla fondazione
di Roma fino al secolo XIV. Modernità di Marsilio In Marsilio lo Stato è
concepito come prodotto umano, al di fuori da premesse teologiche quali il
peccato o simili. È fortemente affermato il principio della legge quale
prodotto della comunità dei cittadini, legge dotata di imperatività e
coattività oltre che ispirata ad un ideale di giustizia. Questo ideale di
giustizia deriva dal consorzio civile, l'unico soggetto che può stabilire ciò
che è giusto e ciò che non lo è. Per Marsilio l'uomo deve essere inteso come
libero e consapevole. Nel Defensor Pacis appare diffuso un
costituzionalismo affermato fortemente nei confronti sia dello Stato che della
Chiesa. È tra i primi studiosi a distinguere e separare il diritto dalla
morale, attribuendo il primo alla vita civile e il secondo alla coscienza.
Marsilio è sempre un uomo del suo tempo, saldamente ancorato nella sua epoca,
il Medioevo, ma con intuizioni che ne fanno un uomo nuovo, anticipatore per
certi versi del Rinascimento. La definizione del nuovo concetto di Stato,
autonomo, indipendente da qualsiasi altra istituzione umana o, a maggior
ragione, ecclesiastica è il grande merito di Marsilio. Anche nella Chiesa
viene affermata una forma di costituzionalismo contro il dilagante strapotere
dei vescovi e dei papi. È ancora l'universitas fidelium a prendere, attraverso
il Concilio, ogni decisione riguardante qualsiasi materia di ordine spirituale.
Il nostro autore non teme di scagliarsi contro la Chiesa, a negare il primato
di Pietro e di Roma, affermare la necessità del ritorno del clero a quella
povertà evangelica tanto cara ad alcune sette riformiste di cui lui certamente
conobbe e comprese il pensiero. Lotta contro la Chiesa ma solo per conservarne
o rivalutarne il più vero, autentico e originario contenuto e significato.
Quasi riformista e conservatore nello stesso tempo, riformista là dove è contro
la corruzione dilagante nella Chiesa di quel periodo, conservatore là dove
accetta la necessità di un ordine costituito, della religione, della morale,
intese nel senso più puro. La modernità di Marsilio consiste anche nel
metodo della sua trattazione e della terminologia che usa, sempre stringata ed
esaustiva, aliena da qualsiasi di quelle forme di retorica che era
caratteristica degli autori medievali.
Opere: “Il difensore della pace,” C. Vasoli. UTET, Torino, BUR, Milano,
Ancona E., C. Vasoli, CEDAM, Padova (collana Lex naturalis; Battaglia F., La filosofia politica del medio
Evo, Milano, CLUEB Battocchio R., Ecclesiologia e politica, Prefazione di G.
Piaia, Padova, Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana,
2Beonio-Brocchieri Fumagalli M.T., Storia della filosofia medievale: da Boezio
a Wyclif, Bari, Laterza, Berti E., “Il
regnum di Marsilio tra la polis aristotelica e lo Stato moderno,” Rivista di storia
della filosofia medievale, Briguglia G.,
Carocci Editore, Cadili A., Amministratore della Chiesa di Milano, in
Pensiero Politico Medievale, Capitani O., Medioevo ereticale, Bologna, Il
Mulino, Capitani O., Il medioevo, Torino, UTET, Cavallara C., La pace nella
filosofia, Ferrara, Codren C., On interpreting Marsilius' use of Augustine,
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Milano, F. Angeli, Passerin d'Entréves A., Saggi di storia del pensiero politico.
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Padova, Antenore, Piaia G., La Riforma e la Controriforma: fortuna ed
interpretazione, Padova, Antenore, Simonetta S., Dal difensore della pace al
Leviatano, Milano, UNICOPLI Toscano A., Marsilio da Padova e Niccolo
Machiavelli, Ravenna, Longo, Defensor pacis Defensor minor Tractatus de
translatione Imperii Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis
matrimonialibus Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
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du Moyen Âge. Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Marsilius
of Padua, in Italian, Marsilio dei Mainardini, Italian political theorist. He
served as rector of the University of Paris between 1312 and 1313; his anti-papal
views forced him to flee Paris (1326) for Nuremberg, where he was political and
ecclesiastic adviser of Louis of aria. His major work, Defensor pacis
(“Defender of Peace,” 1324), attacks the doctrine of the supremacy of the pope
and argues that the authority of a secular ruler elected to represent the
people is superior to the authority of the papacy and priesthood in both
temporal and spiritual affairs. Three basic claims of Marsilius’s theory are
that reason, not instinct or God, allows us to know what is just and conduces
to the flourishing of human society; that governments need to enforce obedience
to the laws by coercive measures; and that political power ultimately resides
in the people. He was influenced by Aristotle’s ideal of the state as necessary
to foster human flourishing. His thought is regarded as a major step in the
history of political philosophy and one of the first defenses of republicanism.
-- marsilio: essential Italian philosopher. Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Marsilio," per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
maistre: Il conte Joseph-Marie
de Maistre, filosofo. scrittore, politico e giurista italiano. Grice:
“’Italiano’ is a matter of speaking – he considered himself French, or
Sardinian, actually! But in them days, it was pretty unclear what it was –
imagine: Nice was Nizza!” Citazioni di Joseph de Maistre Bisogna predicare
senza sosta ai popoli i benefici dell'autorità, e ai re i benefici della
libertà. (da Memoires politiques et correspondance diplomatique) Il faut
prêcher sans cesse aux peuples les bienfaits de l'autorité, et aux rois les
bienfaits de la liberté. Credi forse che sarei stato maggiormente grato a tua
madre se, anziché farmi te e tuo fratello, avesse scritto un bellissimo
romanzo? (da una lettera alla figlia; citato nella Prefazione di Alfredo
Cattabiani a J. De Maistre, Le Serate di San Pietroburgo, Rusconi Editore) La
donna non può essere superiore che come donna, ma dal momento in cui vuole
emulare l'uomo, non è che una scimmia. (da una lettera alla figlia; citato in
Julius Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Edizioni Mediterranee, Roma,
1985 (1974)188) Le false opinioni somigliano alle monete false: coniate da
qualche malvivente e poi spese da persone oneste, che perpetuano il crimine
senza saperlo. (da Correspondance inédite: Lettre à M. l'Amiral Tchitchagof; in
Œuvres complètes) Non sono gli uomini che guidano la rivoluzione, è la
rivoluzione che guida gli uomini. (da Considération sur la France) Ogni popolo
ha il governo che si merita. Toute nation a le gouvernement qu'elle mérite. (da
Correspondance diplomatique) Qualsiasi autorità, ma soprattutto quella della
Chiesa, deve opporsi alle novità senza lasciarsi spaventare dal pericolo di
ritardare la scoperta di qualche verità, inconveniente passeggero e vantaggio
del tutto inesistente, paragonato al danno di scuotere le istituzioni e le
opinioni correnti. (da Exame de la philosophie de Bacon) Senza il potere
temporale de' Papi il mondo politico non poteva camminare, e quanto più
siffatto potere sarà attivo, meno guerre vi saranno, giacch'egli è il cui
visibile interesse non altro domanda che pace. (da Del papa, Dalla tipografia di
Porcelli, seconda versione italiana, Napoli) [Giudizio sui Sardi quale
responsabile della cancelleria sabauda] Sono più selvaggi dei selvaggi perché
il selvaggio non conosce la luce, il sardo la odia... Razza refrattaria a tutti
i sentimenti, a tutti i gusti e a tutti i talenti che onorano l'umanità. Le
serate di San Pietroburgo Ad un tal banchetto [eucaristia] gli uomini tutti
diventan UNO, satollandosi di un cibo che è uno, e tutto in tutti.
All'intendimento di rendere quanto si poteva ad un certo grado sensibile questa
trasformazione nella unità, si compiacquero gli antichi Padri di desumere le
loro comparazioni dalla spiga, e dal grappolo, i quali sono i materiali del
mistero. Poiché in quella guisa stessa che molti grani di frumento, o di uva
non altro formano che un pane, ed una bevanda, così quel pane e quel vino
mistici che alla sacra mensa ci vengono somministrati, distruggono l'Io, e ci
attraggono nella inconcepibile loro unità.Dove esiste un altare là esiste anche
una religione. [Sul boia] È un uomo? Sì: Dio lo accoglie nei suoi templi e gli
permette di pregare. Non è un criminale; tuttavia nessuna lingua accetta di
affermare, per esempio, che sia un uomo virtuoso, un onesto, che sia degno di
stima, ecc. Nessun elogio morale gli può essere tributato, perché ogni elogio
morale presuppone un rapporto con gli uomini, mentre egli non ne ha alcuno. E
tuttavia ogni grandezza, ogni potere, ogni subordinazione dipendono dal boia:
egli è l'orrore e il legame dell'associazione umana. Togliete dal mondo questo agente
incomprensibile, e nello stesso istante l'ordine lascia il posto al caos, i
troni si inabissano e la società scompare. Dio, autore della sovranità, lo è
pure del castigo; fra questi due poli ha gettato la nostra terra: "ché
Jehova è il padrone dei cardini della terra, e su di essi fa girare il
mondo". Gli uomini quindi non soltanto hanno cominciato con la scienza, ma
con una scienza diversa dalla nostra e ad essa superiore, perché partiva da un
punto più alto, il che la rendeva anche molto pericolosa. E questo vi spiega
come mai la scienza, al suo inizio, fu sempre misteriosa e restò chiusa
nell'ambito dei templi, dove infine si spense quando questa fiamma non poté
servire ad altro che a bruciare. I simboli greci di Nicea e di Costantinopoli,
e quello di sant'Atanasio, non contengono essi forse la mia fede? Io sono della
Religione di san Ignazio, di san Giustino, di sant'Atanasio, di san Gregorio
Nisseno, di san Cirillo, di san Basilio, di san Gregorio Nazianzeno , di san
Epifanio, di tutti quei Santi insomma che sono sui vostri altari e dei quali
portate i nomi, e segnatamente di san Giovanni Crisostomo, di cui avete
conservata la liturgia. Io ammetto quanto quei grandi e santi personaggi hanno
ammesso; mi rammarico di quanto si son essi rammaricati; accolgo inoltre come
Vangelo, tutti i concili ecumenici convocati nella Grecia asiatica, o nella
Grecia europea. Vi domando ora, si può essere più greco? In ogni grande
divisione della specie umana, la morte ha scelto un certo numero d'animali a
cui essa commise di divorare gli altri; così vi sono degl'insetti da preda, dei
rettili da preda, dei pesci da preda, degli uccelli da preda, e dei quadrupedi
da preda. Non vi ha un istante della di lui durata, in cui l'essere vivente non
venga divorato da un altro. Superiormente alle numerose razze d'animali è
collocato l'uomo, la cui mano struggitrice nulla risparmia di ciò che vive;
esso uccide per nutrirsi, uccide per vestirsi, uccide per ornarsi, uccide per
difendersi, uccide per solazzarsi, uccide per uccidere. L'ammirazione sfrenata
con cui troppe persone circondano Voltaire è il segno infallibile d'un animo
corrotto. Che non ci s'illuda: se qualcuno, percorrendo la propria biblioteca,
si sente attratto verso le Œuvres de Ferney, Dio non lo ama affatto. Spesso ci
si è presi gioco dell'autorità ecclesiastica che condanna i libri in
odium auctoris; in verità niente è più giusto di ciò: rifiutate gli onori a
colui che abusa del suo genio. Se questa legge fosse severamente osservata, si
vedrebbero rapidamente sparire i libri avvelenati; ma poiché non dipende da noi
promulgarla, guardiamoci almeno dal piombare nell'eccesso ben più reprensibile
dell'esaltare senza misura scrittori colpevoli, e, tra questi, soprattutto
Voltaire. Egli ha pronunciato contro se stesso, senza accorgersene, una
sentenza terribile, affermando che uno spirito corrotto non fu mai sublime. Non
c'è nulla di più vero, giacché Voltaire, con i suoi cento volumi, non fu mai
più che spiritoso; faccio eccezione delle tragedie, dove la natura dell'opera lo
costrinse ad esprimere dei nobili sentimenti estranei al suo carattere; ma
anche sul palco, su cui trionfa, egli non riesce ad ingannare gli spettatori
più sagaci. Nei suoi pezzi migliori, egli rassomiglia ai suoi due grandi
rivali, come il più abile ipocrita rassomiglia ad un santo. (Les Soirées de
Saint-Pétersbourg, in Œuvres complètes, Lyon,. La spada della giustizia non ha
fodero. Le glaive de la justice n'a point de fourreau. (da Les soirées de
Saint-Pétersbourg, Paris, 182142) La vera religione ha più che diciotto secoli
di vita; essa nacque il giorno in cui nacquero i giorni. [...] quando gli
uomini, che sempre pregarono in virtù di una religione rivelata [...], si sono
avvicil deismo, che non è nulla e non può nulla, hanno smesso a poco a poco di pregare;
e ora li vedete curvi sulla terra, intenti unicamente a leggi e studi fisici,
avendo perduto anche il minimo sentimento della loro dignità naturale. La
disgrazia di questi uomini è tale che essi non possono nemmeno più desiderare
la propria rigenerazione, non solo per la ben nota ragione che «non si può
desiderare ciò che non si conosce», ma perché trovano nel loro abbrutimento non
so quale terribile fascino che è un castigo spaventoso. (169) Se non esistesse
alcun male morale sulla terra, non ci sarebbe, di conseguenza, alcun male
fisico. Tutti i dolori sono punizioni, e ogni punizione è inflitta in eguale
misura per amore e per giustizia. Saggio sul principio generatore delle
costituzioni e delle altre istituzioni umane Uno dei grandi errori di un secolo
che li professò tutti [il 1700], fu di credere che una costituzione politica
potesse essere scritta e creata a priori, mentre ragione ed esperienza si
uniscono per dimostrare che una costituzione è un'opera divina e che proprio
ciò che vi è di più fondamentale e di più essenzialmente costituzionale nelle
leggi di una nazione non potrebbe mai essere scritto. Si è spesso creduto di
fare dello spirito di ottima lega domandando ai francesi in che libro fosse
scritta la legge salica; ma Jéróme Bignon rispondeva molto a tono, e forse
senza neanche immaginare fino a che punto avesse ragione, che essa era scritta
nei cuori dei francesi. L'uomo, poiché agisce, crede di agire da solo; e poiché
ha la coscienza della sua libertà, dimentica la sua dipendenza. Nell'ordine
fisico intende ragione, e sebbene possa, per esempio, piantare una ghianda,
innaffiarla, ecc., è capace tuttavia di convenire che non è lui a fare le
querce, poiché vede l'albero crescere e perfezionarsi senza che il potere umano
vi abbia parte e poiché, d'altra parte, non è stato lui a fare la ghianda; ma
nell'ordine sociale, in cui è presente e operante, si mette a credere di essere
realmente l'autore diretto di tutto ciò che si fa per suo mezzo: in un certo
senso, è la cazzuola che si crede architetto. Locke ha cercato il carattere
della legge nell'espressione delle volontà riunite; bisogna proprio essere
fortunati, per trovare cosi il carattere che esclude precisamente l'idea di
legge. Se c'è qualcosa di universalmente noto è il paragone di Cicerone a
proposito del sistema di Epicuro, che voleva costruire un mondo con gli atomi
che cadono a caso nel vuoto. Crederei più facilmentediceva il grande oratoreche
un pugno di lettere, gettate in aria, cadendo possano disporsi in modo da
formare un poema. Migliaia di bocche hanno ripetuto e celebrato questo
pensiero, ma non vedo tuttavia nessuno che abbia pensato a dargli il compimento
che gli manca. Supponiamo che un pugno di caratteri tipografici, gettati a
piene mani dall'alto di una torre, vengano a formare, caduti al suolo,
l'Athalie di Racine. Che ne risulterà? Che un'intelligenza ha presieduto alla
caduta e alla disposizione dei caratteri. Il buon senso non concluderà mai
diversamente. Se l'educazione non è restituita ai sacerdoti e se la scienza non
è collocata ovunque al secondo posto, i mali che ci attendono sono
incalcolabili; saremo abbrutiti dalla scienza, ed è l'estremo grado
dell'abbrutimento. Quando si pensa che una detestabile coalizione di ministri
perversi, di magistrati in delirio e di ignobili settari ha potuto, ai nostri
giorni distruggere questa meravigliosa istituzione [i Gesuiti] e farsene un
vanto, sembra di vedere quel folle che metteva trionfalmente il piede su un
orologio dicendogli: ti saprò ben impedire di far rumore. Ma che dico mai? Un
folle non è colpevole! Citazioni su Joseph de Maistre Come dovevano splendere
quelle architetture [di San Pietroburgo] al principio del secolo scorso, quando
Joseph de Maistre descriveva nella prima delle sue Soirées de
Saint-Péters-bourg l'incanto d'una sera estiva sulla Neva. (Mario Praz) Il
Conte di Maistre era più veramente un grande scrittore, un ardito pensatore che
un diplomatico. Vi aveva nel suo spirito e nel suo cuore tale una
soprabbondanza di vita, una sì perfetta tenacità dell'idea che parevagli essere
la verità rivelata o dimostrata del raziocinio, ch'egli portavala in trionfo
così alto quanto all'umana debolezza è permesso. I mezzani provvedimenti dello
spirito di parte, gl'indugi dell'intelletto, le difficoltà di tempo e di luogo,
niente faceva ostacolo a questa vigoria del genio che si stendeva sopra tutti i
subbietti che trattava, e che in ciascuno di essi lasciava una profonda
impressione. (Jacques Crétineau-Joly) Il più grande dei reazionari, Joseph de
Maistre, era 'anticapitalista' ben prima, e con più fondato argomentare, di
Franco Fortini. (Roberto Calasso) Maestro occulto del romanticismo europeo
[...] ispiratore dei reazionari e nello stesso tempo interprete sottile della
Tradizione. (Alfredo Cattabiani) Nella radicale polemica contro le tesi di
Rousseau — autore di una sconvolgente introduzione di errori — de Maistre non
risparmia colpi. Dalla convinzione che il suo avversario rimproverasse ogni
giorno il Signore per non averlo fatto nascere nobile e duca lo bolla aspramente
chiamandolo più volte plebeo. Ispirarsi oggi a Rousseau può non essere
culturalmente — per tanti versi — molto illuminante. Ma nella rigidità del
modello di de Maistre proprio non trovo spunti di approvazione. Né mi sembra
entusiasmante quello che scrive sulla possibilità teorica di uccidere il
tiranno, il quale per il resto è intoccabile totalmente super leges. (Giulio
Andreotti) Nella Savoia sono nati i grandi scrittori francesi, come de Maistre.
(Pietro Citati) Joseph de Maistre, Le
serate di Pietroburgo, I, Biblioteca cattolica, Napoli, 1827. Joseph de
Maistre, Le serate di Pietroburgo, II, Biblioteca cattolica, Napoli, 1827.
Joseph de Maistre, Le serate di Pietroburgo o Colloqui sul governo temporale
della Provvidenza, Alfredo Cattabiani, trad. it. Lorenzo Fenoglio e Anna Rosso,
Nino Aragno Editore, Torino, .
malfitano: Grice: “Malfitano, like me, is an emergentist – each ‘complesso’
grows (cresce) and the ‘complexity’ is thus best characterised as ‘crescente,’
– Malfitano uses ‘complexities’ in the plural – a theory of ‘complessita
crescenti’ – The whole point is that you get from one complex to the other.” Grice:
“I like Malfitano. His theory of ‘complessita crescente’ is admirable: he
distinguishes various ‘complesso’ – the material (subdivided into atomic, and
the ‘crescente complessita’ of the molecular), the biological complex (which
comprises the complex of the tissue, and the complex of tthe articular), the
social complex, i. e., the human being
in his inter-subjetctivity -- nd the ideological complex, the abstracta –
ideation, cognition, and conviction – there is a superior geometry, too!” -- Giovanni
Malfitano (Siracusa), filosofo italiano. Nacque da Carmelo, commerciante e
navigatore, e Santa Veneziano. Era l'ultimo di sette fratelli. Frequentò il
Liceo Classico Tommaso Gargallo, dove iniziò a nutrire l'interesse per la
materie scientifiche. Già da giovanissimo frequentava assiduamente una nota
farmacia del centro storico della città natale acquisendo notevole interesse
per la chimica e la biologia. Si iscrisse dunque alla facoltà di chimica
dell'Università degli Studi di Catania per frequentare le lezioni del professor
Alberto Peratoner. Malfitano continuò gli studi universitari a Palermo, dove si
trasferì nel 1892 al seguito di Peratoner e ottenne la laurea nel 1894 nel
capoluogo siciliano. Nel 1895 decise di abbandonare la Sicilia per spostarsi
a Milano, dove intraprese una breve carriera lavorativa nel campo della chimica
industriale agli stabilimenti Pirelli. Contemporaneamente frequentava la scuola
di microbiologia dell'Università degli Studi di Pavia, retta all'epoca da
Camillo Golgi, futuro Premio Nobel per la medicina nel 1906. Stimolato
dall'ambiente favorevole, Malfitano pubblicò nel 1897 il suo primo scritto:
Comportamento dei microrganismi sotto l'effetto delle compressioni gassose. Il
giovane siracusano iniziava in questo modo a farsi notare da colleghi e
professori, sia per la materia dei suoi studi, sia per il carattere disponibile
e solare, come ricorda in un suo libro Antonio Pensa, celebre anatomista
milanese. La carriera del giovane Malfitano prese una svolta definitiva quando,
durante un congresso internazionale a Pavia, venne notato dal futuro successore
di Pasteur, Emile Duclaux. Venne dunque invitato a trasferirsi a Parigi, avendo
ricevuto l'offerta di un impiego all'istituto Pasteur. Una volta arrivato nella
capitale francese, Malfitano si dedicò in un primo momento alla micro-biologia,
pubblicando come risultati delle sue ricerche: Protease de l'aspergillus niger,
Influence de l'oxygen sur la proteolyse en presence de Clorophorme e
Bactericidie charbonneuse. Decise di ritornare a studiare la chimica pura,
campo d'indagine scientifica che lo rese definitivamente famoso. I suoi studi
sulla chimica colloidale, arrivarono a dimostrare la natura elettrochimica
delle micelle, e riuscì a misurare con notevole precisione la conducibilità elettrica
dei colloidi. In campo pratico, mise a punto i cosiddetti ultrafiltri,
necessari per gli studi in campo teorico sui colloidi. Divenne capo di un
laboratorio chimico all'Istituto Pasteur. Gli studi si interruppero durante la
gran guerra. Al termine di essa, sposò
Vera, una studentessa russa. Subito dopo il grande conflitto ebbe inizio
l'elaborazione della più nota dottrina del chimico siracusano, ovvero la teoria
delle “complessità crescenti,” concetto alla luce del quale Malfitano non
indagò solo le micelle, ma l'esistenza in generale. Pubblicò Complexité et
micelle, e Les composés micellaires selon la notion de complexité croissant. Le
conclusioni non vennero accettate da subito, ma si dovette attendere
l'esperimento del premio Nobel Theodor Svedberg che dimostrò l'esattezza delle
intuizioni di Malfitano. Elaborò negli anni Venti una teoria che tentava
di spiegare la materia, attraverso l'esame dei diversi livelli atomici e
molecolari che la caratterizzano strutturalmente. La materia, secondo lo scienziato
siracusano, è suddivisibile in atomi, molecole, plurimolecole (polimeri e
complessi) e micelle. In ognuna delle classi citate si possono distinguere tre
tipi di unità materiali: ioniche, polari e ionopolari. L'analisi compiuta
sulla materia venne estesa in campo social-ogico da Malfitano, Tentò di
ricondurre la complessità socio-antropologica, alla complessità atomica. I
quattro ordini di “complessi” che costituiscono il mondo sono dunque: i
complesso materiale (complesso atomico e complesso molecolare), i complesso
biologico (complesso istologico e complesso citologico), il complesso sociale (l'essere
umano) e al culmine di un'ipotetica piramide il complesso ideologico
(ideazione, conoscenza e convinzioni). L'ultimo passo della speculazione
in campo filosofico era il concetto di geometria superiore, un'armonia
equilibrata e simmetrica che domina gli eventi e la materia, una variabile
fondamentale e al tempo stesso fuggevole dell'esistenza, un concetto che
rappresenta la libertà. In ultima analisi, il compito era dunque quello di
comprendere le leggi dell'armonia ordinatrice del cosmo e di preservarne la
bellezza e l'equilibrio. Soleva spesso tornare in Sicilia seppur per
brevi periodi, dovette rinunciare a questa abitudine. L'aggravarsi della sua
malattia, una cecità che gradualmente lo privò della vista, e le sue
convinzioni anti-fasciste, non gli permisero di rivedere il paese natale dalla
fine degli anni Trenta. Morì il 6 aprile 1941 nell'alloggio assegnatogli
dell'Istituto Pasteur dove aveva trascorso gran parte della sua vita. Pubblicava
le sue convinzioni filosofiche servendosi dello pseudonimo "Aporema",
termine che indicava l'impossibilità di ottenere una risposta precisa dallo studio
di un problema. Introdusse per primo a Siracusa la moda di bere il latte acido,
quello che abitualmente viene chiamato yogurt, come era già frequente nella
capitale francese. Durante una tempesta patita in mare Carmelo Malfitano
aveva fatto voto a Santa Lucia, patrona siracusana, di sposare un'orfana se
fosse riuscito a tornare incolume sulla terraferma. Carmelo sposò per questo
motivo Santa Veneziano, orfana di
entrambi i genitori. Da tale unione nacque Giovanni. Ad Repellendam
Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche121. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche122.
Antonio Pensa, Ricordi di vita universitaria (1892-1970), (Citato nel
testo Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e di Sanità nella terra di Aretusa
p.122), Cisalpino79-80. Archivio
Istituto Pasteur, su webext.pasteur.fr.
Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa,
Tyche123. Ad repellendam Pestem
Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche124. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche126.
Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità, Tyche125. Ad repellendam Pestem. Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche, Siracusa, , 121-126 Giovanni Malfitano, in Treccani.itEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Malfitano, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Refs.: H. P. Grice, “Pirotology,” – “The
pirotological ascent,” in “From the banal to the bizarre: a method for
philosophical psychology”
malipiero: Grice: “I love Malipiero’s approach to philosophy: hardly a
profession! As if someone were to be called ‘amateur cricketer’ – Malipiero
loves (‘ama’) philosophy and it shows!” – Grice: “There is philosophical wisdom
in any endevaour he finds himself in!” Grice: “One must love him for his
attempted ‘confutazione’ of Rousseau’s ‘sistema del contrato sociale’ as a
‘triumph of reason’!” -- Troilo Malipiero (Venezia), filosofo. Nacque da Angelo
di Troilo e da Emilia Fracassetti. Entrambi i genitori erano patrizi: il padre
proveniva dalla storica casata dei Malipiero (ramo "delle Procuratie
Vecchie"), mentre la madre apparteneva a una famiglia di mercanti
bergamaschi nobilitata. Dichiarava di abitare in un palazzo a Santa Maria
Zobenigo (ereditato dal padre dopo l'estinzione di un'altra linea della
famiglia), cui si aggiungevano quattro botteghe nei centralissimi quartieri di
Rialto e San Moisè; altre cinque case si trovavano tra Santa Margherita, San
Gregorio e San Martino.Esordì in politica con l'elezione a savio agli Ordini. Divenne
provveditore alle Pompe, ma non riuscì a prendere possesso della carica a causa
della caduta della Repubblica. A questo punto, lasciò la vita pubblica per dedicarsi
alla filosofia analitica del linguaggio ordinario. Fu un autore poliedrico,
capace di spaziare dall'attualità politica alla letteratura e alla tragedia di
ambito neoclassico. La prima opera pubblicata è il saggio di matematica “Dimostrazione
sulla tri-plicazione e tri-sezione dell'angolo effettuato colla retta e col
cerchio.” Più tardi si cimentò nella filosofia presentando l'opuscolo “Saggio
sugli sforzi della passione nell'intelletto e su' di lei effetti nel cuore,” in
cui sostiene di moderare il razionalismo perché nell'animo umano esso convivi
in armonia con le passioni. Questa idea,
in contrasto con quanto asserito da Rousseau, fu ribadita ne “La felicità della
nazione realizzata dal politico e dal sovrano,” uno dei suoi primi scritti in
filosofia morale. In questo lavoro Malipiero prese in esame la tendenza allo
sfarzo di una parte della società, analizzando come i governi avessero reagito
al fenomeno in epoche diverse. Nell'opera emerge la condanna al lusso sfrenato,
ma anche all'appiattimento estremo dettato da rivoluzionari e giacobini. Lo stesso pensiero moderato è ripreso nel “Trionfo
della ragione; ossia, confutazione del sistema del contratto sociale”
(ristampato, senza grosse variazioni, come “Il trionfo della verità nella
difesa dei diritti del trono ossia Confutazione del contratto sociale.” Grice:
“I find this interesting, since I also oppose contractualism to rationalism!”
-- Qui il Malipiero cercò di dimostrare come la migliore forma di governo non
fosse la democrazia, ma la monarchia. La
sua linea anti-rivoluzionaria fu affermata anche quando si tenne distante dagli
organi della Municipalità istituita sul modello, o ‘sistema’ del contratto.
Accolse perciò con favore l'arrivo degli Austriaci, come dimostrano il ‘Testamento
della spirata libertà cisalpine” e l'annesso sonetto “Confronto fra il genio
della Romana Repubblica e quello dell'Austria.” Di grande importanza è quanto
emerge nella “Voce della verità,” una memoria autografa inviata al governatore
austriaco Mailath von Székhely all'indomani del suo insediamento a Venezia. Nell'opera,
divisa in capitoli dedicati ai problemi dell'amministrazione asburgica
(polizia, zecca, commercio, diritto ecc.), si chiede quale dovesse essere il
criterio di scelta per la nuova classe dirigente veneziana. Dimostrandosi
critico nei confronti degli ex funzionari della Repubblica di Venezia (ceto a
cui lui stesso apparteneva), nominati non in base ai meriti, ma per
favoritismo, auspicava di non concedere spazio a coloro che vivevano nel lusso,
poiché entravano in politica solo per il proprio tornaconto, e soprattutto
verso i trasformisti che cambiavano opinioni con l'avvicendarsi delle
amministrazioni. Con questo lavoro
anticipò le scelte del governo austriaco che, in effetti, estromise il
patriziato dalla vita politica e assegnando le cariche amministrative a
personalità lombarde o delle province ereditarie. Si dedicò, con un certo successo, anche alla
stesura di tragedie, a tema biblico, storico o mitologico, che potessero
presentare allo spettatore esempi da seguire o da evitare. Tra queste “Il
sacrifizio di Abramo,” “Camillo,” “Prometeo ossia La prodigiosa civilizzazione
delle genti,” “Medea.” Altre opere degne di nota sono “La bottega del caffè” “Quadro
critico morale, Lo scultore e la luce, azione mitologica in apoteosi del cav.
Canova,” Il conte Ugolino in fondo alla torre di Pisa. Sciolti, Atabiba ed
Huascar. Azione tragica di spettacolo; La Verità nello spirito dei tempi e nel
nuovo carattere di nostra età (sul congresso di Verona), Zanghira e Lemanza.
Quadro poetico nelle nozze Malipiero/Martinengo dalle Palle; Elogio di Giovanni II del mr. co. Martinengo
dalle Palle; Descrizione della Montagna ov'è la chiesa della Madonna della
Corona nelle alture di Montebello. Fu confermato nobile dell'Impero Austriaco,
assieme ai figli Angelo e Angela, nati dal matrimonio con Contarina di Vincenzo
Pisani. Michele Gottardi, MALIPIERO,
Troilo, in Dizionario biografico degli italiani, 68, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.
mamiani: Grice: “I like Mamiani; unlike us at Oxford, he takes ‘science’
seriously! But in an amusingly Italian way! He has explored Newton on the
apocalypse! My favourite of his treatises is the one on space which reminds me
of Strawson – Beltrami, unlike Strawson, is non-Euclideian, and thinks Italian
needs Euclideian verbs to match!” -- Maurizio Mamiani (San Secondo Parmense),
filosofo. Linceo. Membro dell'Accademia dei Lincei ha insegnato Storia del
pensiero scientifico all'Parma, Udine e Ferrara. Si è occupato soprattutto di Isaac Newton,
del quale ha trascritto un trattato inedito sull'Apocalisse, di Cartesio e
dell'origine delle enciclopedie moderne.
Opere principali: “J. M. Guyau Abbozzo di una morale senza obbligazione
né sanzione,” Firenze, Le Monnier, “Newton filosofo della natura” Le lezioni di
ottica e la genesi del metodo newtoniano, Firenze, La Nuova Italia, “Teorie
dello spazio” -- da Descartes a Newton, Milano, FrancoAngeli, “La mappa del sapere.” La classificazione
delle scienze nella Cyclopaedia di E. Chambers, Milano, FrancoAngeli, “Il
prisma di Newton,” Roma-Bari, Laterza, Introduzione a Newton, Roma-Bari:
Laterza, “Trattato sull'Apocalisse,” Torino, Bollati Boringhieri, Isaac Newton,
Firenze, Giunti, Storia della scienza moderna, Roma-Bari, Laterza, Scienza e
Sacra scrittura nel XVII Secolo, Napoli, Vivarium. Isaac Newton, Trattato sull'Apocalisse,
Maurizio Mamiani, Torino, Bollati Boringhieri, Scienza e teologia fra Seicento
e Ottocento: studi in memoria di Maurizio Mamiani, Chiara Giuntini e Brunello
Lotti, Firenze, Olschki, Studi sul pensiero scientifico fra Seicento e
Ottocento. Ricordando Maurizio Mamiani, "I castelli di Yale", Saggi
n. 2, Il Poligrafo, Padova 2004.
Maurizio Mamiani, La Rivoluzione scientificaI domini della conoscenza:
La sintesi newtoniana in Storia della Scienza, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Maurizio Mamiani, Newton e l'Apocalisse.
mancini: Grice: “I like Mancini: he has expanded on the ethos of
cooperation – and he has explored what he calls ‘linguaggio ontologico’ and
‘alienazione’ in connection with language – he reviewed Pittau’s philosophy of
language, and published a little thing on ‘language and salvation.’ So how can
you NOT like him?” Grice: “I like
Mancini; if I dwell on philosophical eschatology, he dwells on the real thing!”
Grice: “He has studied Kant thoroughly; all the interesting bits, like his idea
of MALEVOLENTIA!” “La filosofia è il
passaggio dal senso al significato, attraverso le mediazioni culturali,
dottrinali, attraverso la struttura del puro pensare e attraverso le mediazioni
della prassi. Italo Mancini (Schieti), filosofo. Dopo aver studiato in Seminario a Fano si laureò
in filosofia all'Università Cattolica di Milano nella quale ha successivamente
insegnato per dieci anni come assistente e docente di Filosofia della
religione. Nel 1965 Carlo Bo lo vuole all'Urbino, dove insegna prima filosofia
della religione e storia del cristianesimo, poi filosofia teoretica
presso la Facoltà di magistero e, negli ultimi anni filosofia del diritto
presso la Facoltà di giurisprudenza. Studioso dei massimi teologi del
Novecento, ha curato le edizioni italiane degli scritti di Karl Barth, Rudolf
Bultmann e Dietrich Bonhoeffer pubblicando, su quest'ultimo, anche una
biografia e un'analisi dottrinale. Ha fondato l'Istituto superiore di scienze
religiose di Urbino, oggi intitolato a lui, unico esempio, per molti anni, di
"facoltà teologica" in una università laica. Tra i filosofi, si
è dedicato molto a Immanuel Kant, pubblicando (nel 1981 e nel 1988) in due tomi
Guida alla Critica della ragion pura, contribuendo notevolmente alla diffusione
del suo pensiero in ambito cattolico. In questo senso è ancora più importante
"Kant e la teologia", che Italo Mancini pubblicò nel 1975. In
quest'opera Mancini tratta la filosofia della religione kantiana, fondata su
una concezione morale rigorosa resa possibile dall'Imperativo categorico, che
prospetta una trascendenza per l'uomo, attraverso i postulati dell'immortalità
dell'anima e dell'esistenza di Dio. Questa filosofia della religione, in cui
Kant mette in rapporto la religione razionale con la religione rivelata (e che
si contraddistingue per i concetti di Male radicale e di Chiesa invisibile), è
considerata da Mancini feconda anche per la teologia cattolica alla luce del
Concilio Vaticano II. Negli anni '70 ProfessoreItalo Mancini si è anche
confrontato con Marx e il Marxismo, allora dominanti nella cultura filosofica e
politica italiana. In Marx, Mancini tiene in grande considerazione il concetto
di Alienazione, presente soprattutto nei Manoscritti economico-filosofici del
1844. Questo concetto, che esprime l'estraneazione dell'operaio in rapporto al
lavoro salariato, a causa dei modi di produzione capitalistici, capaci di
sfruttare il lavoro come fosse una merce, deve essere stimolo per la Dottrina
Sociale della Chiesa. Ciò che Mancini critica in Marx è l'ateismo e il
materialismo, attraverso l'uso della dialettica hegeliana in una prospettiva
materialistica (materialismo storico): questa concezione infatti mette in
discussione la libertà dell'uomo, inteso come persona, riducendolo all'insieme
dei suoi rapporti economici. Italo Mancini ha inoltre fatto parte della
redazione della rivista internazionale di teologia Concilium. È stato autore di
numerosi libri di notevole spessore e di grande successo editoriale. Ha fondato
nel 1981 la rivista di filosofia e teologia Hermeneutica, che esce per numeri monografici,
nota sia a livello nazionale che internazionale ed edita da Morcelliana.
La sua posizione di pensiero verteva su un cristianesimo di matrice liberale e
democratica d'impronta sociale, che cercava uno spazio autonomo e libero, dando
un'importante risposta da credente alla cultura laicista e marxista di quegli
anni sulle orme del Concilio Vaticano II. Pubblicazioni:“Ontologia
fondamentale,” La Scuola, Brescia “Rosmini” “la metafisica inedita, Argalìa,
Urbino “Filosofi esistenzialisti” Heidegger, Marcel, Wahl, Gilson, Lotze),
Argalìa, Urbino“Linguaggio e salvezza,” Vita e Pensiero, Milano “Filosofia
della religione,”Abete, Roma “Bonhoeffer, Vallecchi, Firenze “Teologia
ideologia utopia”Queriniana, Brescia “Kant e la teologia,”Cittadella, Assisi “Futuro
dell'uomo e spazio per l'invocazione”L'Astrogallo, Ancona “Con quale
comunismo?”La Locusta, Vicenza, “Con quale cristianesimo” Coines, Roma,
“Novecento teologico”Vallecchi, Firenze “Teologia ideologia utopia”Queriniana,
Brescia “Fede e cultura”Genova, Marietti “Come continuare a credere” Rusconi, Milano “Negativismo giuridico” QuattroVenti,
Urbino “Guida alla Critica della ragion
pura” I, QuattroVenti, Urbino “ Lettera a un laureando” Urbino, Quattroventi “Il
pensiero negativo e la nuova destra”Mondadori, Milano “Il quinto evangelio come
violenza ermeneutica” in “Apocalisse e ragione”, testi di Carlo Bo e altri,
Urbino, Quattroventi “Hermeneutica”
“Filosofia della prassi,”Morcelliana, Brescia “Tre follie, Camunia, Milano “Guida
alla Critica della ragion pura”“L'Analitica”QuattroVenti, Urbino “Il male
radicale per Kant, in “La ragione e il male. Atti del terzo colloquio su
filosofia e religione”, Genova, Marietti 1 De profundis per la dialettica, in
“Metafisica e dialettica”, Genova, Tilgher Tornino i volti, Marietti, Genova Giustizia
per il creato, Urbino, Quattroventi 1990, coll. "Il nuovo Leopardi"
L'Ethos dell'Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero
critico moderno, Marietti, Genova Scritti cristiani. Per una teologia del paradosso,
Marietti, Genova Opere postume Diritto e società. Studi e testi, Urbino,
Quattroventi Come leggere Maritain, Brescia, Morcelliana Ethos e cultura nella cooperazione di
credito, Piergiorgio Grassi, Urbino, Associazione per la ricerca religiosa “S.
Bernardino”, Quattroventi Bonhoeffer
(postfazione di Piergiorgio Grassi), Morcelliana, Brescia Frammento su Dio, Andrea Aguti (a cura),
prefazione di Graziano Ripanti, Brescia, Morcelliana Per Aldo Moro. Al di là
della politica, Carlo BoMario LuziItalo Mancini, Urbino, Quattroventi Opere scelte. Voll. 1-3, Brescia, Morcelliana Onorificenze
Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiananastrino per
uniforme ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana —
Roma, 27 dicembre 1966 su Mancini
Giorgio Rognini, Metafisica e sofferenza. Un itinerario critico con Italo
Mancini, Verona, Mazziana 1983 Andrea Milano, Rivelazione ed ermeneutica. Karl
Barth, Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1988,
"Biblioteca di Hermeneutica" Piergiorgio Grassi, Intervista a Italo
Mancini sulla teologia contemporanea, Urbino, Quattroventi 1992, coll. "Il
nuovo Leopardi" Enrico Moroni (a cura), La filosofia politica nel pensiero
di Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1994 Francesco D'Agostino, Italo
Mancini, filosofo del diritto, Urbino, Quattroventi 1994, coll. "Il nuovo
Leopardi" G. RipantiP. Grassi (a cura), Kerigma e prassi, Brescia,
Morcelliana, Hermeneutica 1995 Gustavo Pansini (a cura), Studi in memoria di
Italo Mancini, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 1999 Galliano Crinella (a
cura), Italo Mancini. Dalla teoresi classica alla modernità come problema,
Roma, Edizioni Studium 2000 Antonio Areddu, Cristianesimo e marxismo nel
pensiero di Italo Mancini. Una rilettura in memoriam, Pistoia, Petite Plaisance
2001 Italo Mancini tra filosofia e teologia, in "Riv. di
teologiaAsprenas", I (2003), A. Pitta (a cura), numero monografico
dedicato a Italo Mancini G. RipantiP. Grassi (a cura), Filosofia, teologia,
politica. A partire da Italo Mancini, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica 2004
Mariangela Petricola, Pensare la differenza. La questione di Dio nell'epoca
della disgregazione del senso. Una rilettura con Italo Mancini, in
“Dialegesthai. Riv. telematica di filosofia", XII
();//mondodomani.org/dialegesthai/mpet01.htm Mariangela Petricola, Pensare Dio.
Il cristianesimo differente di Italo Mancini, Assisi, Cittadella Editrice Antonio Ascione, Fedele a Dio e alla terra.
L'avventura intellettuale di Italo Mancini, Benevento, Passione Educativa Valeria Sala, Italo Mancini. Filosofo del
diritto, Torino, Giappichelli , "Recta Ratio" Altri progetti
Collabora a Wikiquote Citazionio su Italo Mancini Italo Mancini, su sapere.it, De
Agostini. Italo Mancini, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Seminario in memoriam, su pesaronotizie.com.
Centro socio culturale "Don Italo Mancini" presso il suo paese natale
Schieti, su centroitalomancini.it. 15 gennaio
22 gennaio ). Pagina sul social network Facebook, su facebook.com. cronologica , su uniurb.it. L'Istituto di
Scienze Religiose fondato da Italo Mancini, su uniurb.it. Biblioteca personale
"Ca' Fante", su uniurb.it. Rivista "Hermeneutica" fondata
da Italo Mancini, su uniurb.it. A. Aguti, Italo Mancini, in Il pensiero filosofico-religioso
italiano.org.
mangione: Grice: “I like
Mangione; for various reasons: He notes that logic is more related to
mathematics – indeed, for logicism mathematics IS logic – so the opposite to
‘formal’ logic is ‘material’ logic, not ‘informal’ as Ryle and Strawson want –
Mangione has studied ‘categories’ and talks of ‘logica matematica’ – he has
studied Frege’s ideografia, as he aptly translates his grundscrift, and he
tried to improve on the ‘nationalism’ which was ubiquitous in logic in Italy in
the ‘primo novecento’!” -- Corrado Mangione (Bagnara Calabra), filosofo.
Professore a Milano: «uno dei padri della rinascita degli studi di logica in
Italia nella seconda metà del secolo scorso».. Diresse le due collane
matematiche della casa editrice Progresso tecnico editoriale di Milano,
appendice della Aldo Martello editore, dedicata alla pubblicazione di una serie
di opuscoli tascabili di divulgazione scientifica nel campo della matematica e
della chimica. Presso l'editore
Boringhieri di Torino ha diretto la serie Testi e manuali della scienza
contemporanea. “Serie di logica matematica.” Ha contribuito alla Storia del pensiero
filosofico e scientifico pubblicata da Ludovico Geymonat per Garzanti con
specifici contributi sulla storia della logica moderna e contemporanea. Ha
successivamente ampliato e sistematizzato tali contributi nella Storia della
logica. Da Boole ai nostri giorni (con la collaborazione di Silvio Bozzi):
l'opera costituisce un ampio ed esaustivo lavoro di ricognizione e sintesi
sugli ambiti di ricerca e sui risultati della logica contemporanea. Per Franco Muzzio & C. Editore ha diretto
la collana editoriale Muzzio scienze.
Insieme a Edoardo Ballo, Silvio Bozzi, Gabriele Lolli e Paolo Pagli, ha
curato, per Bollati Boringhieri, l'edizione italiana delle opere di Kurt
Gödel. Pubblicazioni: “Logica matematica,” Torino,
Boringhieri, Rózsa Péter, “Giocando con l'infinito: matematica per tutti, traduzione
di Giulio Giorello, Milano, Feltrinelli (curatore, con Gabriele Lolli) “Matematica e calcolatore, Le Scienze quaderni,
Milano, “Scienza e filosofia: saggi in onore di Ludovico Geymonat, Milano,
Garzanti “Storia della logica, CUEM “Storia della logica”“Da Boole ai nostri
giorni, Garzanti libri, “Frege. Logica e aritmetica, scritti raccolti Corrado
Mangione con prefazione di Ludovico Geymonat, Torino, Boringhieri. “Logic and
Philosophy in Italy. Some trends and perspectives. Essays in Honor of Corrado
Mangione, Edoardo Ballo e Miriam Franchella, Polimetrica Publisher (raccolta di
studi in onore di Corrado Mangione)
Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia di una lunga
amicizia», in: Logic and philosophy in
Italy: some trends and perspectives. Essays in Honor of Corrado Mangione. Franco
Prattico, «Pubblicate tutte le opere del grande logico austriaco» dalla
Repubblica, articolo disponibile sul database SWIF dell'Bari.
manfredi. Grice: “I like the “liber de homine.” It
reminds me that among my unpublications there’s a ‘Why’!” Grice: “While the
Italians aptly use the same particle for ‘why’ and ‘for’, the Anglo-Saxons
didn’t! That must be because ‘for’ is usually otiose: “Why are you eating.”
“For I am hungry, say I!” cf. “I am hungry.” -- Liber de homine. Girolamo Manfredi
(Bologna), filosofo. Sappiamo che il padre si chiamava Antonio, mentre i suoi
fratelli si laurearono in diritto canonico ed ebbero notevoli incarichi. Nel
1453 era "studens in artibus" a Bologna, ma concluse gli studi a
Ferrara e si laureò nel 1455. A Ferrara entrò in contatto con circoli
umanistici. Insegnò logica a Bologna; entrò negli ordini minori e nel 1459 ebbe
la tonsura. Nel 1466 ottenne il
dottorato in medicina all'Parma, continuando a insegnare a Bologna nel 1465–66.
Continuò poi a insegnare varie materie a Bologna, fino alla morte. Riceveva un
compenso superiore alla media ed è il docente più citato nei Libri partitorum.
Esercitò l'astrologia e fu attaccato, fra gli altri, da Giovanni Pico della
Mirandola (Disputationes adversus astrologiam divinatricem). Collaborò con Cola Montano e Galeotto Marzio.
Scrisse opere divulgative in volgare. La sua opera Il Perché fu un successo per
secoli. Opere, “Tractato de la
pestilentia,” Bologna, Johann Schriber, “Prognosticon anni 1490,” Bologna,
Bazaliero Bazalieri, “Liber de homine,” Impressum Bononiae, Ugo Ruggeri, Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Girolamo Manfredi, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl.
manicone: Michelangelo Manicone (Vico del Gargano), filosofo. -- è una
delle personalità più caratteristiche del suo tempo della Capitanata.
Padre Michelangelo Manicone nacque a Vico del Gargano (Foggia) il 4 marzo 1745,
ma la data, le circostanze e le cause della sua morte, fino a qualche anno fa,
erano avvolte da una fitta nebbia comedel restomolti periodi della sua vita;
tuttavia è stata stabilita come data di morte il 18 aprile 1810 nel convento di
San Francesco ad Ischitella. La
che lo riguarda è scarna e lacunosa, nonostante il fascino della sua
persona e delle sue idee. Era definito il “monacello rivoluzionario”
(a causa della sua bassa statura, che sembrerebbe di 1,40 m). La sua
indole illuministica consisteva in una sete di sapere che non si placava con il
dogmatismo, ma con l'esperienza diretta, lo studio approfondito dei fenomeni
naturali e della scienza, un'osservazione empirica che poteva fornire una
risposta valida e concreta alle varie problematiche e quindi un aiuto pratico
all'uomo, al suo benessere e sviluppo, alla sua felicità. Ciò gli costò l'inimicizia
di chi, seppur in pieno illuminismo, diffidava e demonizzava la scienza.
Lo sviluppo economico-sociale che teorizzava Padre Manicone consisteva in uno
sviluppo connesso e, per certi versi, dipendente dall'ambiente, perché egli
riteneva che la natura fosse una fonte primaria di ricchezza e la sua
distruzione avrebbe potuto segnare la fine dello sviluppo. Manicone può
essere considerato un profeta dello sviluppo sostenibile, perché in pieno
Settecento, quando le industrie erano inesistenti, ebbe un'ampiezza di vedute
che gli consentì di prevedere le conseguenze disastrose che avrebbe portato
l'uso improprio e scriteriato delle risorse naturali. Le opere in cui
Manicone tratta, tra gli altri, il tema dello sviluppo sostenibile, sono La
Fisica Appula (cioè dell'Apulia) e La Fisica Daunica (cioè della Daunia, antico
nome della Capitanata). Secondo il “monacello”, uno dei peggiori atti compiuti
dall'uomo del suo tempo era la cesinazione selvaggia dei boschi garganici, un
tempo rigogliosi, come anche attesto da Orazio nelle Epistole: «Garganum mugire
putes nemus». Riferisce che il disboscamento del promontorio iniziò nel
1764, con il taglio “barbaro” dei pini nel territorio “Difesa” di Vico del
Gargano e la cesinazione degli ischi ad Ischitella, talmente “furiosa” che, ad
inizio Ottocento, l'Abate Longano denunciò la carenza di legna da ardere per
gli ischitellani. La causa di questo disboscamento fu la volontà di
destinare i suoli a coltura, anche quelli non adatti a questo scopo e più utili
al pascolo e alla produzione di legname, vista la “rocciosità” della terra sul
promontorio del Gargano. Manicone spiega anche la diminuzione della fauna
selvatica nel Gargano, sempre dovuta alla cesinazione, che diminuiva i
nascondigli per gli animali selvatici, e li rendeva più vulnerabili. Ne
“La Fisica Appula”, il frate dedica un intero libro al Mefitismo (insalubrità
dell'aria) e alle cause che lo generano. Egli sostiene che l'inquinamento può
avere cause naturali o accidentali (provocate dall'uomo), può essere anche indigeno
(proprio della zona) o esotico (derivante da altre zone). Secondo il Manicone
le principali cause accidentali del mefitismo erano: 1. Le condizioni
igieniche precarie delle strade e delle abitazioni; 2. L'insana abitudine di
depositare gli escrementi nelle strade; 3. La sepoltura dei centro abitato (consuetudine abolita nel 1804
con l'Editto di Saint-Cloud, ma anticipata nel 1792 a Vico del Gargano da
Pietro de Finis, che fece costruire il cimitero monumentale di San Pietro); 4.
Il taglio dei boschi (invece gli alberi sono importanti perché emettono
ossigeno e assorbono anidride carbonica). Lo studio del frate sul territorio
garganico fu talmente minuzioso da fargli notare un mutamento climatico dalla
metà del Settecento all'Ottocento; in alcune zone del Gargano, ci furono sbalzi
di temperatura che provocarono un sensibile calo di precipitazioni nevose e
mitigarono parecchio gli inverni. Secondo il Manicone, la causa è attribuibile
al disboscamento iniziato nel 1764: il taglio delle foreste avrebbe consentito
al sole di riscaldare prima e maggiormente i suoli e soprattutto non avrebbe
bloccato i venti provenienti da Nord e da Sud, quindi le zone meridionali
rispetto alle alture garganiche si sarebbero raffreddate a causa dell'arrivo
della Tramontana da Nord, mentre nel Gargano settentrionale sarebbero arrivati
maggiormente i venti caldi del Sud. Un rimboschimento avrebbe reso più fertili
le terre coltivabili, ma Manicone stesso, dopo aver dato questo suggerimento,
esprime la consapevolezza di “aver cantato ai sordi”. Viaggiò molto per
l'Europa, studiando Medicina a Vienna e a Berlino, Scienze Fisiche a Londra e
Scienze Naturali a Bruxelles. È noto soprattutto per il suo trattato, La
Fisica Appula (1806), un'opera di cinque tomi, in cui analizza le caratteristiche
fisiche delle terre di Puglia e soprattutto del Gargano. Al Manicone è
intitolato il Centro Studi e Documentazione del Parco Nazionale del Gargano
sito presso il Convento di San Matteo a San Marco in Lamis. Descrizione
di Vico Del Gargano nella Fisica daunica Al tempo di Manicone la popolazione
vichese era di 6131 abitanti, circa lo stesso numero di residenti effettivi
attuali. L'area abitata era più ristretta e consisteva nel nucleo originario
(Casale, Civita e Terra) e i quartieri nuovi di San Marco, Carmine, la
Misericordia e Fuoriporta. L'incuria delle istituzioni si manifestava nella
scarsa attenzione verso l'igiene delle acque del Casale (quartiere
affollatissimo), originariamente buone e dolci ma inquinate dall'incuria
generale; anche le strade strette e ombrose della Civita erano soggette ad
abbandono e perennemente sporche. Soltanto i quartieri nuovi erano larghi,
puliti e soleggiati. Le Istituzioni mancavano anche laddove era
necessario rendere più agevole il lavoro dei contadini e dei pastori vichesi,
costruendo strade per diminuire gli ostacoli a cui erano sottoposti
quotidianamente questi uomini quando si recavano nelle loro campagne, poste
spesso in profonde valli o zone impervie. La popolazione vichese era
laboriosa e onesta e non c'erano grandi disuguaglianze economiche, tuttavia
Manicone descrive i suoi compaesani come barbari e incivili, infatti non hanno
riguardo per l'ambiente, ad esempio i pastori lasciano distruggere dalle loro
bestie le pianticelle fruttifere e le vigne, sono dediti all'alcol e spesso ciò
li porta a risse feroci. Le donne sono laboriose come gli uomini e sempre
gentili, il frate però critica fortemente l'usanza vichese, e delle donne dei
paesi del Sud in generale, di urlare e strepitare ai funerali, di portare il
lutto a vita e di vestire sfarzosamente i defunti; il primo comportamento
denota la selvatichezza della popolazione, il secondo uso può essere
anti-economico e negativo per la società e il terzo è uno spreco di denaro,
dato in pasto ai vermi. Un difetto presente in tutte le abitazioni
vichesi dell'epoca era il forno in casa, che poteva provocare incendi domestici
e inquinare l'aria interna. Dopo il 1764 a Vico molti boschi furono
tagliati per lasciare spazio ai campi di grano, ma ciò fu improduttivo
economicamente e causò lo smottamento dei terreni in pendenza, non più
trattenuti dalle radici delle piante. Nella raccolta dell'ulivo, i vichesi
distruggevano gli alberi, picchiando forte con i bastoni per far cadere le
olive; questa errata abitudine provocava la mutilazione della pianta e una
maggiore esposizione al freddo, e conseguentemente minori raccolti per gli anni
successivi. Per Manicone, il mancato sviluppo del Gargano era da imputare
anche alla pigrizia e indolenza dei suoi abitanti, che non erano capaci di
valorizzare i loro prodotti (olive, agrumi, vino, fichi, etc.) e talvolta
acquistavano prodotti meno pregiati e ad alto prezzo da altre regioni. Al
fine di comprendere come le istituzioni del tempo fossero distanti dalle reali
necessità della popolazione, è interessante la situazione che riguardò l'uso
delle acque di Canneto, infatti veniva impedito ai vichesi (anche con la forza)
di utilizzare l'acqua per l'irrigazione dei campi, perché avrebbero disturbato
l'attività di un mulino sito nel territorio di Rodi Garganico. Il giudice diede
ragione ai rodiani ma, per fortuna, questa sentenza ingiusta e ingiustificata
fu annullata dalla Regia Camera. Dalla lettura di alcune pagine delle
opere di Manicone è emerso che, pur cambiando i tempi, gli usi, le risorse a
disposizione, le conoscenze e le attività, l'uomo garganico (e non solo) viveva
e produceva nell'ottica del profitto immediato, sottovalutando gli effetti che
avrebbero potuto causare i suoi comportamenti errati nella vita della futura
comunità. Opere di Michelangelo Manicone
contesto – il contesto del
contesto. "Philosophers often say that context is very
important." "Let us
take this remark seriously.’ "Surely,
if we do, we shall want to consider this remark in its relation to this or that
problem, i. e., in context, but also in itself, i. e., out of
context.” H. P. Grice, "The
general theory of context."
mannelli: Grice: “Like me, Mannelli loved Kant, Goethe, Schiller, Virgilio
– and he has his own ‘palazzo’!” -- Filippo Amantea Mannelli (Grimaldi),
filosofia. Nato nel 1878 in un paese del Cosentino, Grimaldi, frequentò il
ginnasio a Cosenza. Successivamente si trasferì con la famiglia prima ad Aosta,
dove terminò gli studi liceali, e poi a Roma per intraprendere gli studi di
giurisprudenza. Nella capitale s'interessò sempre più al mondo politico e dopo
la laurea, conseguita con il massimo dei voti, ritornò a Cosenza e nel 1914
venne eletto Consigliere Provinciale.
Nel 1915, proprio in qualità di membro del consiglio provinciale, si
adoperò in prima persona per arricchire e promuovere l'ampliamento della
Biblioteca Provinciale di Cosenza
Letterato e poeta prolifico (la cui opera più importante è la poesia
Come le nuvole), si dedicò in tempi e con modi diversi all'attività di
approfondimento e divulgazione. Nel 1932 firmò una traduzione (in seguito
ampiamente citata e riutilizzata) dal tedesco della Xenia di Goethe. Fu saggista e redattore; negli anni cinquanta
Professorefu tra i maggiori contributori della più importante rivista di arti e
lettere della regione, la Calabria Letteraria.
Fu per più di una decade, dal 1952 alla sua morte, presidente eletto
dell'Accademia Cosentina, l'istituzione accademica calabrese che vanta un'esistenza
plurisecolare e che nel XVI secolo ebbe come presidente Bernardino
Telesio. Opere: “Inaugurandosi il
monumento al caduti grimaldesi: scultura di Duilio Cambellotti, Reggio
Calabria, Editore Il Giornale di Calabria, Goethe, traduzione metrica, Xenien, Roma
[Leipzig], Paravia, Le storiche Terme Luigiane: passato-presente-futuro,
Cosenza, Cronaca di Calabria, L'Accademia Cosentina nella sua storia secolare e
nell'oggi, Cosenza, Tip. Vincenzo Serafino. Biografia di Filippo Amantea
Mannelli in Calabriaonline.com Michele
Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in
Calabria. Xenia Edizione
Paravia[collegamento interrotto]. Anna
Vincenza Aversa, Dopoguerra calabrese: cultura e stampa, 1945/79, Editore
Pellegrini, Catanzaro, 1932. Accademia
Cosentina Biblioteca Civica di Cosenza Goethe
Poesia "Mamma" da "Come le nuvole” su Grimaldi2000
Grimaldesi da ricordare, su digilander.libero.it. Biografia di Filippo Amantea
Mannelli in Calabriaonline.com
mantovani: Mauro Mantovani
(Moncalieri), filosofo. Consegue il dottorato di ricerca in filosofia,
ecclesiastico e civile, ed il dottorato in Teologia presso la Pontificia
Università San Tommaso D’Aquino "Angelicum" nel . È Professore di
Filosofia Teoretica . Decano della Facoltà di Filosofia della UPS dal 2006 al ,
dal al
è stato Decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale
della UPS, e dal è Rettore della
Università Pontificia Salesiana. Altre
attività Da ottobre è Presidente della
Conferenza dei Rettori delle Università ed Istituzioni Pontificie Romane (CRUIPRO).
Dal è Accademico Ordinario della
Pontificia Accademia San Tommaso D’Aquino. È vicepresidente della Società
Internazionale Tommaso D’Aquino (S.I.T.A.). Nel
è stato insignito del Premio Mediterraneo “Portatore di Pace”. Posizioni Gli ambiti delle sue ricerche
spaziano sulla Filosofia della Storia, l'Ontologia, la Teologia filosofica, e
loro rapporti con la scienza. Ha compiuto studi sulla storia del tomismo, in
particolare sulla seconda scolastica spagnola. È uno dei maggiori studiosi e
conoscitori del realismo dinamico e delle opere del filosofo Tommaso Demaria.
Opere:“Fede e ragione: opposizione, composizione?” Mauro Mantovani, Scaria
Thuruthiyil, Mario Toso, Roma , LAS, “Quale globalizzazione? : l'uomo
planetario alle soglie della mondialità,” Mauro Mantovani, Scaria Thuruthiyil,
Roma, LAS, “Eleos: l'affanno della ragione: fra compassione e misericordia,” Maurizio
Marin e Mauro Mantovani, Roma, LAS, “Sulle vie del tempo: un confronto
filosofico sulla storia e sulla libertà, Roma, LAS, “Paolo VI: fede, cultura, università,”
Mauro Mantovani e Mario Toso; con la collaborazione di Teresa Greco, Giuseppe
R. M. Motta e Oliviero Riggi, Roma, LAS, “An Deus sit (Summa Theologiae I, q.
2). Los comentarios de la «primera Escuela» de Salamanca, Salamanca 2007; Fede,
cultura e scienza / Mauro Mantovani e Marilena Amerise; con la collaborazione
di Tomasz Trafny , Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, Didatttica delle
scienze: temi, esperienze, prospettive,” Cristián Desbouts e Mauro Mantovani,
Città del Vaticano: Libreria editrice vaticana, “La discussione sull’esistenza
di Dio nei teologi domenicani a Salamanca dal 1561 al 1669. Studio sui testi di
Sotomayor, Mancio, Medina, Astorga, Báñez e Godoy, RomaSalamanca “Oltre la
crisi: prospettive per un nuovo modello di sviluppo: il contributo del pensiero
realistico dinamico di Tommaso Demaria / Mauro Mantovani, Alberto Pessa,
Oliviero Riggi (a cura), Roma, LAS, ,”Momenti del logos: ricerche del
"progetto LERS" (logos, episteme, ratio, scientia) : in memoria di
Marilena Amerise e di Marco Arosio, Flavia Carderi, Mauro Mantovani, Graziano
Perillo, Roma, Nuova cultura, “Per una finanza responsabile e solidale:
problemi e prospettive, Massimo Crosti e Mauro Mantovani, Roma, LAS, “Una
ricognizione sulla Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino / Mauro Mantovani, in
Un pensiero per abitare la frontiera: sulle tracce dell'ontologia trinitaria di
Klaus Hemmerle / P. Coda, A. Clemenzia, J. Tremblay (edd.), RomaIncisa
Valdarno, Città NuovaIstituto universitario Sophia, Traduzioni, curatele e
commenti Lorenzo Cretti , La quarta navigazione: realtà storica e metafisica
organico-dinamica/Prefazione prof. Mauro Mantovani e Postfazione del prof.
Mario Toso, Associazione Nuova Costruttività -Tipografia Novastampa, Verona, Francisco
de Vitoria, Sul matrimonio (Introduzione, traduzione e commento di M. Mantovani),
Roma, Scritti teologici inediti. Tommaso Demaria; Mauro Mantovani e Roberto
Roggero, Roma,Editrice LAS. Universidad Pontificia de Salamanca, su upsa.es. 2
novembre . Pontifical University of
Saint Thomas Aquinas, su Angelicum. 2 novembre . AVEPRO, su avepro.glauco.it. 2 novembre
. L’Università Salesiana, un servizio
per l’educazione e la comunicazioneLa Stampa, su lastampa.it, 2 marzo . 2
novembre . Autorità accademiche, su
UNISAL. 2 novembre . «Il nostro impegno
per la “civiltà dell’amore”. Come vuole don Bosco»La Stampa, su lastampa.it, 3
settembre . 2 novembre .
CRUIPROConferenza Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie
Romane, su cruipro.net. 2 novembre . redazione, Nuovi accordi di cooperazione
interuniversitaria, su FarodiRoma, 28 giugno . 2 novembre . Pontificia Accademia di S. Tommaso D'Aquino,
su cultura.va. 2 novembre . Direttorio,
su S.I.T.A.. 2 novembre . PREMI
MEDITERRANEO, su fondazionemediterraneo.org. 2 novembre . A DON MAURO MANTOVANI IL PREMIO MEDITERRANEO
"PORTATORE DI PACE" . 2 novembre .
Young4Young, Mauro Mantovani, “Vita tua, vita mea”: l'insegnamento di
Tommaso Demaria è più che mai attuale [collegamento interrotto], su
Young4young. 2 novembre . Fondazione
Adriano Olivetti, su fondazioneadrianolivetti.it.
marassi: Grice: “I like
Marassi; he has written a ‘natural’ history of ‘man’ – which is interesting,
‘progetto uomo,’ he calls it!” -- Grice: “I like Marassi; he has explored
hermeneutics in the German tradition, Schleimacher to be more specific; but has
also written an essay on Heidegger; his links with me come with his idea of
metaphysics and transcendental arguments which he takes from Kant, who he reads
in both German and Italian, unlike I, or me.” – Grice: “He has written an
introduction to a comparative study of the approaches to ‘the antique’ in both
Italian and German philosophy – a fascinating topic. I suppose the Oxonian
approach, indeed Cliftonian, is a mixture of both!” -- Massimo Marassi (Cardano al Campo), filosofo.
Allievo di Melchiorre, si è laureato a
Milano con una tesi sulla differenza ontologica in Martin Heidegger,
sotto la direzione di Melchiorre e con la correlazione di Gustavo Bontadini. Ha
discusso una tesi di dottorato dal titolo Il profilo della presenza. Heidegger
e il regno della pluralità, elaborata sotto la supervisione di Melchiorre e
Grassi. Insegna filosofia a Milano. Ha coordinato l'edizione dell'Enciclopedia
filosofica (Bompiani, Milano 2006). Dal
è Direttore del Dipartimento di Filosofia dell'Università Cattolica di
Milano. Dal dirige la Rivista di
filosofia neo-scolastica. Dirige per la
casa editrice AlboVersorio la collana Epoche ed è membro del comitato
scientifico del festival La Festa della Filosofia. PSi è occupato di storia dell'umanesimo
(Bruni, Alberti, Vico), della neoscolastica tedesca (Rahner, Lotz), di
ermeneutica (Schleiermacher, Heidegger, Grassi, Gadamer), di filosofia
trascendentale (Kant), del pensiero postmoderno. I temi della sua ricerca
ruotano attorno a tre temi principali: la riflessione sui modelli
storico-teorici della filosofia della storia, l'interpretazione dell'umanesimo
italiano in riferimento alla dimensione storica e morale, l'analisi della
fondazione trascendentale del sapere.
Opere principali: “Ermeneutica della differenza. Saggio su Heidegger,
Vita e Pensiero, Milano, Schleiermacher, “Ermeneutica,” Rusconi, Milano,
Bompiani, Milano; Kant, “Critica del giudizio,” Bompiani, Milano riveduta e
ampliata, “Metafisica e metodo trascendentale,”
Lotz, “La struttura dell'esperienza, Vita e Pensiero, Milano; “Metamorfosi della storia. Momus e Alberti,” Mimesis,
Milano/ Coordinamento generale e direzione redazionale della Enciclopedia filosofica,
Bompiani, Milano. Pagina Docente dell'Università Cattolica, su
docenti.unicatt.it.
marchesini: Grice: “Cassatta
has unearthed some opinions by Marchesini which are revolutionary!” Giovanni
Marchesini (Noventa Vicentina), filosofo. Esponente del positivismo. Alievo di Roberto Ardigò, il maggiore
esponente del positivismo filosofico italiano , Giovanni Marchesini fu docente
all'Padova ove insegnò filosofia morale e pedagogia . Condirettore con Enea
Zamorani, dal 1899, della Rivista di Filosofia Pedagogia e Scienze Affini, che
nel 1901 mutò il nome in Rivista di Filosofia e Scienze affini, ne divenne poi
direttore nel 1904 e proprietario l'anno successivo, fino alla chiusura della
pubblicazione nel 1908 . Diresse, anche, un Dizionario delle scienze
pedagogiche, edito dalla Società Editrice Libraria di Milano nel 1929 . Tra i
suoi numerosi scritti, oltre ad opere di filosofia, psicologia e pedagogia,
anche diversi manuali per le scuole. Tradusse, inoltre, un testo del filosofo
empirista britannico John Locke Pensieri sull'educazione, edito da Sansoni nel
1922 e più volte ristampato . Morì a
Padova, a circa sessantatré anni, nel 1931.
Opere (selezione):“La vita,” – Grie: “Sounds promising: a treatise on
life! Cf. my ‘Philosophy of Life’”). Montagnana, Tip. di A. Spighi, “Saggio sulla
naturale unità del pensiero,” Firenze, Sansoni, “Elementi di Psicologia tratti
dalle opere filosofiche di Ardigò,” Firenze, Sansoni, “ Elementi di logica
secondo le opere di R. Ardigò, St. Mill, A. Bain ecc., prefazione di Ardigò,
Firenze, Sansoni,” Grice: “A fascinating little book: it reminded me of
Strawson’s Introduction to Logical Theory! Only Strawson would rather die than
axe me to foreword it!” –[ whereas Marchesini commissioned his tutor to drop a
word “or two””].—Grice: “Marchesini shouldn’t be so reverential towards
Ardigo.” Grice: “I count Marchesini’s oeuvre as being by Marchesini; if I want
to read Ardigo, I read Ardigo!” – “Elementi di morale, ad uso anche dei licei,
secondo le opere degli scienziati moderni, prefazione di Ardigò, Firenze,
Sansoni, “Il positivismo e il problema filosofico, Torino, F.lli Bocca, “Le
amicizie di collegio” – Grice: “I should note that Marchesini uses ‘amecizia’
in quotes! So it doesn’t really apply to my Clifton days!” -- (con prefazione di E. Morselli e in
collaborazione col Dott. Obici), Roma, Società Ed. "Dante Alighieri
", “Elementi di pedagogia : Con un'appendice di cento scelte citazioni,
Firenze, Sansoni, Doveri e diritti : ad uso delle scuole tecniche e
complementari, Milano-Palermo, R. Sandron, “La teoria dell'utile,” principi
etici fondamentali e applicazioni, Milano-Palermo, R. Sandron, “ Il Simbolismo
nella conoscenza e nella morale, Torino, Fratelli Bocca Editori, “ Il dominio
dello spirito, ossia Il problema della personalità e il diritto all'orgoglio,
Torino, F.lli Bocca, Corso sistematico di pedagogia generale , Torino, Paravia,
Il principio della indissolubilità del matrimonio e il divorzio, Padova-Verona,
Fratelli Drucker, “Elementi di logica,” ed. interamente rifusa, -- Grice: “This
makes me laugh! It’s like saying: my previous, Ardigo-based stuff, was
nonsense!” -- Firenze, Sansoni, Disegno storico delle dottrine pedagogiche, Roma,
Athenaeum, “La dottrina positiva delle idealità,” Roma, Athenaeum, “L'educazione
morale, Milano, F. Vallardi, “I problemi fondamentali della educazione,” 2ª ed.
riveduta e ampliata, Torino, Paravia, “I problemi dell'Emilio” di G. G.
Rousseau, Firenze, R. Bemporad e Figlio, “La finzione dell'educazione o la
pedagogia del Come se,” Torino, Paravia, “L'educazione del soldato, con 50
problemi per esercitazioni,” Firenze, Ed. La Voce, “Il problema della scienza
nella storia delle scienze : per i licei scientifici, Milano, Signorelli, “Dizionario
delle scienze pedagogiche : opera di consultazione pratica con un indice
sistematico, direttore Giovanni Marchesini, collaboratori: Antonio Aliotta,
Giuseppe Aliprandi e altri, Milano, Soc. Edit. Libraria, Vedi Treccani.it
L'Enciclopedia Italiana. Riferimenti in .
Vedi il testo di Mariantonella , citato in 20. Ultima ristampa: Firenze, Sansoni, 1968. Mariantonella , Giovanni Marchesini e la
«Rivista di filosofia e scienze affini». La crisi del positivismo italiano,
Collana di filosofia, Franco Angeli, .
Roberto Ardigò Positivismo. Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. F
Marchesini: -- Grice: “I don’t
think Marchesini has a philosophical background, but he fascinates me! I
especially liked his idea about ‘virility’ and the idea of a knightly code –
‘codice cavalleresco’ – The other field that fascinates me is his research on
‘inter-subjectivity’ in the living form – which he now extends to plants –
‘vivente’ – Surely we don’t refer to a cat as an object – and the philosophical
keyword here is ‘threshold,’ that Marchesini aptly uses.” Roberto Marchesini
(Bologna), filosofo. Cardine della sua proposta filosoficariconducibile, seppur
con caratteristiche proprie, alla più ampia corrente del Post-humanè lo
smascheramento di quell'errore prospettico che pone l'uomo al centro e a misura
dei suoi predicati. «Comincerò il mio viaggio dal prato più bello, quello
che l'aria non abbandona un istante, il sole vi si intrappola da splendere pur
di notte ed i profumi vergini coesistono con quelli gravidi. È qui che il dio
Pan cadde la notte dei tempi, da qui iniziò il suo girovagare incerto,
all'unico desiderio d'amare» (R. Marchesini, Il dio Pan16) Indice 1
Formazione 2 Ricerche di entomologia ed etologia cognitiva 3 Bioetica e diritti
animali 4 Zooantropologia 5 Etologia filosofica 6 Post-human 7 Narrativa 8
Progetti esteri 9 Collaborazioni editoriali 10 Note 11 Opere scelte 11.1
Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze cognitive 11.2 Zooantropologia
11.3 Etologia filosofica 11.4 Posthuman 11.5 Arte 11.6 Narrativa 12 Altri
progetti 13 i Formazione Da sempre
affascinato dalla natura e, in particolare, dal regno animale, consegue la
laurea in Medicina Veterinaria presso l'Bologna nei primi anni ottanta.
Ricerche di entomologia ed etologia cognitiva Parallelamente agli anni di
formazione universitaria, spinto da un forte interesse verso il comportamento
animale, stringe una feconda collaborazione e amicizia con l'etologo Giorgio
Celli, con il quale inizia a indagare le interazioni sociali degli imenotteri.
Per cinque anni conduce ricerche “sul campo” e, con l'ausilio della
macrofotografia, è in grado di immortalare quegli attimi di vita animale
altrimenti nvisibili all'occhio nudo: rituali di corteggiamento, di
accoppiamento e di trofallassi tra gli insetti che diventeranno il viatico per
tutta la sua ricerca futura. Nei suoi studi di entomologia approfondisce
l'analisi dei sistemi feromonali che saranno tema di alcune pubblicazioni e
della successiva ricerca sul comportamento e sul benessere animale. Nella
seconda metà degli anni ottanta, sotto la guida del professor Franco Pezza,
dell'Università degli Studi di Milano, studia i metodi di allevamento, i
parametri di benessere nelle aziende zootecniche, i fattori di incidenza del
rischio in zootecnia, le modalità di individuazione dei sinistri, pubblicando
alcuni lavori sulla medicina veterinaria delle assicurazioni. Inizia così
la sua collaborazione con diversi atenei sui temi del comportamento animale,
tenendo corsi e master di etologia applicata e medicina comportamentale. Alla
metà degli anni novanta entra nel Consiglio Direttivo della Società di Scienze Comportamentali
Applicate (SISCA) di cui diverrà Presidente focalizzando la propria attenzione
sul comportamento degli animali domestici, sugli stili di relazione
interspecifica, sui problemi e sulle patologie comportamentali. Osservando sul campo
le espressioni comportamentali e i processi di apprendimento degli animali,
inizia a considerare anacronistici e contraddittori i modelli esplicativi
tradizionali. In sintesi, quello che Marchesini propone nel panorama
delle scienze cognitive è un superamento dei tre modelli interpretativi al
comportamento animalequello behaviorista, quello etologico classico e quello
antropomorficoin virtù di un modello mentalistico unitario (un'unità necessaria
che la mente, come fenomeno unico, richiede), che valga sia per i processi
consapevoli che inconsapevoli e che descriva espressione e apprendimento in
termini elaborativi dell'informazione, sistemici o composizionali
dellecomponenti, solutivi e non reattivi, evolutivi e relazionali nella
realizzazione ontogenetica. Questo porterà alla pubblicazione di tre testi dal
forte impatto innovativo: Intelligenze plurime (2008) e Modelli cognit ivi
e comportamento animale () ed Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente
animale () Gli assunti di base della proposta di Marchesini sono i
seguenti: il soggetto è immerso in un campo di possibilità filogenetiche
che definiscono il tipo di intelligenza propensionale o specie-specificada cui
l'idea di pluralità cognitiva dove le diverse intelligenze sono comparabili ma
non commensurabili; il processo ontogenetico di costruzione dell'identità si
realizza grazie alle dotazioni innate, che ricche di virtualità evolutive,
possono essere organizzate in una molteplicità di modida cui l'idea di rapporto
dimensionale o direttamente proporzionale di innato e appreso; l'espressione
del soggetto è sempre proattiva, mossa cioè da un obiettivo, e quindi frutto di
una condizione problematica che il soggetto cerca di risolvere attraverso
ricette solutive fino al raggiungimento dell'obiettivoda cui il superamento del
concetto di rinforzo. Vi è quindi una ridefinizione della soggettività animale,
come possesso del suo qui e ora, e come capacità di mettere in dialogo tutte
quelle istanze (ontogenetiche e filogenetiche) che gli appartengono nella sua relazione
con il mondo. Bioetica e diritti animali Alla fine degli anni ottanta si
iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna, con l'intento di
sondare il rapporto uomo-natura da una prospettiva pedagogico-filosofica.
In questi anni inizia a portare nelle scuole percorsi progettati appositamente
a misura di bambini per permettere loro di conoscere la varietà del mondo
animale evitando letture antropomorfiche, quelle viziate, ad esempio, dai
sedimentati repertori culturali. È in questi anni che avviene uno degli snodi
cardine nell'attività di Marchesini: egli si accorge che le potenzialità che è
in grado di esprimere il binomio bambinoanimale (o più in generale uomoanimale)
è da ricercarsi non nella performatività quanto piuttosto nelle dinamiche che
la relazione, unica e irripetibile, è in grado di generare. L'animale coinvolto
nelle attività didattiche non è più un oggetto dal quale attingerequasi fosse
una fonte miracolosaelementi benefici al percorso formativo del bambino, ma è
nel suo essere soggetto e capace di stipulare un patto con il proprio
interlocutore che lo fa divenire elemento imprescindibile di ogni percorso
formativo. L'esperienza condotta all'interno delle scuole porta
Marchesini alla stesura del volume Natura e pedagogia (1996), inizialmente nato
per divenire la sua tesi di laurea, ma pubblicato prima della conclusione degli
studi umanistici. Le attività con i bambini lo conducono in tutta Italia
portando in evidenza due aspetti: il divorzio che si è andato realizzando
tra l'uomo e le altre specie nella cultura contemporanea, con bambini che non
sono in grado di relazionarsi con gli animali e spesso nemmeno conoscono le
specie domestiche; la svalutazione degli animali e l'incapacità della società
contemporanea di avere consapevolezza dell'importanza della relazione con le
altre specie per lo sviluppo della personalità. Per Marchesini la svalutazione
operata dalla società contemporanea parte dalla perdita di quel rapporto di
convivenza e di ospitalità che viceversa ancora caratterizzava la cultura
rurale. Nasce così il Concetto di soglia (1996) che esprime il bisogno di
uscire dalla dicotomia novecentesca dell'antropomorfismo e della reificazione
dell'eterospecifico. Temi già affrontati in due saggi precedenti, Animali di
città (1997), critico verso l'antropomorfizzazione degli animali da compagnia,
Oltre il Muro (1993), critico verso la reificazione dei cosiddetti animali da
utilità. Sono gli anni in cui riflette sul pensiero animalista e sulla bioetica
animale fondando, insieme a colei che diventerà la sua storica collaboratrice,
Sabrina Golfetto, la casa editrice Apeiron con lo scopo di creare un luogo dove
ospitare riflessioni e dibattiti su tali tematiche. Sono gli anni in cui
abbraccia, senza più abbandonarlo, il vegetarianesimo e dà vita assieme a
Luisella Battaglia e a Margherita Hack a un'intensa attività convegnistica che
confluirà nella collana Quaderni di bioetica di cui sarà direttore. Nel sostituisce Leonardo Caffo, che ne era stato
fondatore e primo direttore, nella direzione di Animal Studies: Rivista
Italiana di Antispecismo. Nel maggio
esce per le Edizioni Sonda Contro i diritti degli animali? Proposta per
un antispecismo postumanista. Il saggio affronta il tema dello specismo
passando in rassegna le incongruenze e le incoerenze nascoste nelle maglie di
un dibattito filosofico e culturale che pretende di sospendere
l'antropocentrismo, rimanendo all'interno di una cornice umanistica. Il testo
vede i commenti finali di Stefano Rodotà, Boria Sax, Luigi Lombardi Vallauri e
Ubaldo Fadini. Zooantropologia Negli anni novanta, porta la neonata
zooantropologia in Italia, disciplina all'interno della quale compie una
sistematizzazione sia a livello teorico, accanto alle antropologhe Eleonora
Fiorani e Sabrina Tonutti, sia a livello applicativo con la delineazione di
protocolli operativi nelle aree educative e assistenziali. Per ciò che
concerne la zooantropologia teorica, l'ipotesi di fondo proposta da Marchesini,
e riconducibile alla sua teoria della zootropia, è che gli animali nel corso
della storia non abbiano funto solo da produttori di prestazioni o di
collezioni di modelli da imitare ma altresì da alterità referenziale nei
processi antropopoietici. Marchesini sviluppa il concetto di "referenza
animale", inteso come contributo di cambiamento offerto all'uomo dalla
relazione con l'eterospecifico. Per Marchesini, per esempio, gli uccelli
non hanno insegnato all'uomo l'arte di volareil modo di realizzare questa
attivitàma gli hanno ispirato la dimensione esistenziale del volare. Per
Marchesini i predicati umanicome la danza, la musica, la cosmesi, la
tecnicavanno considerati come frutti ibridi, esito cioè dell'incontro
relazionale con le altre specie. Il motore della cultura umana è quindi per
Marchesini rintracciabile nell'incontro con l'alterità animale che, nella forma
di una vera e propria epifania, è stato capace di re-direzionare l'uomo lontano
dal suo centro filogenetico e dalla sua solipsia di specie dando vita a nuove
possibilità esistenziali. Per ciò che concerne la zoo-antropologia applicata,
opera una trasformazione in alcuni settori delle attività di relazione con gli
animali, dalla pet therapy alla pedagogia cinofila, impostando i
"protocolli dimensionali", vale a dire individuando nel rapporto
delle dimensioni di relazione, ciascuna dotata di specificità sia di ordine
relazionale che referenziale. In pet therapy lavorare secondo l'approccio
dimensionale significa evitare l'incontro generico tra un paziente e un animale
ma individuare le dimensioni di relazione che sono utili al fruitore secondo i
suoi bisogni specifici e renderle operative attraverso attività
specifiche. Allo scopo di formare nuovi operatori in grado di lavorare
secondo i protocolli dimensionali fonda “Scuola di Inter-Azioone Uomo-Animale
on sede a Bologna. Sii fa co-promotore di Carta Modena (Carta dei Valori e
dei Principi della Pet-Relationship) che riceve il patrocinio del Ministero
della Salute. Il documento mira a tutelare, all'interno del panorama della
attività assistite dagli animali (A.A.A.) sia il fruitore, il benessere
dell'animale coinvolto e il principio inter-relazionale che dal binomio
scaturisce. Pubblica “Etologia filosofica: alla ricerca della inttersoggettività
animale” con il quale inaugura la riflessione ontologica sul carattere
dell’intersoggettività animale, vale a dire su che cosa differenzia un “oggetto”
da un essere “vivente.” Rilegge l'ontologia animale in termini di
"desiderio". “Essere animale” (essere vivente) significa prima di
tutto "essere desiderante", una condizione di *non*-equilibrio che
rende due animali protagonisti de loro divenire nonché capaci di definire il
corso della filogenesi di specie. L'etologia filosofica diviene ben
presto un campo di ricerca entro il quale dialogano allo scopo di ridefinire i
contorni di ciò che intendiamo con essere animale. Inizia la ricerca
filosofica che va a innestarsi nella costellazione di studi definita come
post-human. È di questo period della ri-definizione dell'umano quale
entità ibrida, puntualizzato nel dettato che vede l'uomo non più misura del
mondo ma nemmeno misura di se stesso. In tale corrente filosofica ci sono per
Marchesini le giuste premesse per poter articolare la propria riflessione in
quanto il concetto di “alterità” nel progetto post-human assume un significato
molto più vasto, abbracciando di fatto le entità non umane animali e
macchiniche. Collabora con la rivista Virus inaugurando una nuova
estetica basata sull'ibrido come manifestazione contemporanea del sublime. In
tale luce il Manifesto del Teriomorfismo rappresenta il documento attraverso il
quale gli artisti rifiutano il dettato antropocentrico e riconoscono la natura
ibrida di ogni processo creativo. All'interno di tale campo d'indagine
pubblica Animal Appeal e una feconda collaborazione che travalica i campi
disciplinari e rivela ancora una volta i debiti che la cultura, in questo caso
l'arte, ha contratto con le alterità. Conosce Salsano, storico, sociologo ed
editor della casa editrice Bollati Boringhieri, che affascinato dal lavoro di
Marchesini decide di pubblicare un primo saggio sul rapporto tra bios e techne
dal titolo La fabbrica delle chimere (1999), testo che si pone a cavallo tra le
precedenti esperienze in zooantropologia e bioetica e la nuova riflessione
postumanistica. Esce Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, testo
corposo, concettualmente denso e dalla molteplicità di riferimenti, che ha
suscitato un grande dibattito nel mondo accademico portando il suo autore a
divenire punto di riferimento per ogni ricognizione che vada ad indagare i
rapporti che intercorrono tra vivente (sia esso umano o animale) e tecnica.
Sempre nel medesimo anno fonda Il Centro Studi Filosofia Postumanista allo
scopo di promuovere e sviluppare le tematiche legate al post-human da diverse
prospettive, arte, letteratura, cinema, new media, formazione. Innumerevoli
saranno poi le pubblicazioni sul pensiero postumanista, che vedranno la
pubblicazione del saggio Il tramonto dell'uomo. Inoltre, traduce, cura e scrive
la postfazione dell'edizione italiana del testo The Companion Species Manifesto
di Haraway. Esce per Mimesis Epifania animale. L'oltreuomo come
rivelazione nel quale Marchesini evidenzia come la cultura non vada pensata in
modo antropocentrico come l'esito autarchico di un processo creativo interamente
svolto dall'uomo, pur avvalendosi di materiale zoomorfo, ma come una
rivelazione epifania ispirata dal non umano. Torna in libreria con un volume
interamente dedicato al rapporto tra bios e tecnica, Tecnosfera. Proiezioni per
un futuro postumano (Castelvecchi). Rilegge il connubio tra essere umano e
tecnologia come una partnership emersa dal corredo filogenetico della specie
Sapiens, mettendo in luce le potenzialità ibridatrici e plasmatrici della
tecnologia. Da questa prospettiva, ogni invenzione, ogni scoperta, ha un
effetto epifanico; apre, cioè, una nuova dimensione di imprevisto e di
opportunità che modifica i confini e la percezione di ciò che definiamo
umano. Il mondo degli insetti (“as I observed squarrels” – Grice) così
minuziosamente osservato risulta essere particolarmente evocativo anche da un
punto di vista estetico e narrativo tant'è che dà alla luce la raccolta di
racconti lirici “Il dio Pan,” frutto in parte anche delle osservazioni compiute
tra gli imenotteri. Nei brevi racconti dedicati al dio agreste della
mitologia greca, cerca di sfatare il mito di una natura, da un lato
meccanicistica (mera esecutrice dei dettami della genetica) e dall'altro lato
bucolica e idealizzata che nulla o poco rappresenta ciò che l'autore mira ad affrescare:
una natura reale, un mondo del vivente a volte crudele ma in grado di
interconnettere profondamente tutti i suoi abitanti: la preda e il predatore,
la cavalletta e la mantide. Il testo, recepito positivamente dall'ambiente
culturale bolognese, porta Marchesini a stretto contatto con il Roversi, altra
figura che influenzerà profondamente la sua attività futura portandola a
spingersi in plurimi territori e a cavallo di numerosi discipline: dalla
narrativa alla poesia, passando per la filosofia. Pubblica il romanzo Uscendo
da Lauril e la raccolta di racconti
Specchio animale che ospita la postfazione di Leonetti. Con la pubblicazione di
Uscendo da Lauril in particolare,intraprende l'esperimento di trasferire sul
piano narrativo le evocazioni postumanistiche partendo dalla poetica
cyber-punk. In entrambi i lavori è possibile ritrovare quegli elementi che
contraddistinguono la speculazione filosoficai: la dialettica tra identità
alterità, il rifiuto di qualsiasi mito della purezza originaria e di ogni forma
di antropocentrismo. Esce per la casa editrice Mursia Ricordi di animali,
l'autobiografia volta a raccogliere la storia di vita dell'etologo osservata
tramite la lente dei numerosi animali che ne hanno scandito le tappe
fondamentali. -- è invece la volta
de La filosofia del giardiniere, pubblicato dalla Graphe edizioni nella collana
Parva. Il libro è composto di due parti, nella prima il lettore è condotto
dalle parole a passeggiare nel giardino, novello atelier darwiniano, con
stupore e riverenza. Nella seconda sono le immagini di alcuni giardini del
mondo a far continuare la riflessioni sulla cura, portate avanti da
Marchesini. Roberto Marchesini nel Centro Studi di Galliera
(Bologna) Progetti esteri Roberto Marchesini tiene regolarmente conferenze in
diversi paesi del mondo tra i quali: Stati Uniti, dove dal tiene annualmente una lecture presso
l'Harvard, Brasile, Messico, Cile, India, Australia, Francia, dove nel 2009 è
stato ospite della Sorbona, Spagna, Portogallo. Il 21 aprile è uscito per
la rivista Angelaki: Journal of the Theoretical Humanities il numero
"Philosophical Ethology III: Roberto Marchesini" Jeffrey Bussolini,
Brett Buchanan e Matthew Chrulew che raccoglie i passaggi più significativi del
lavoro di Marchesini tradotti in inglese. Nel esce invece per Springer, Over the human.
Post-humanism and the concept of animal epiphany, volume che presenta al
pubblico anlglofono la proposta postuamista di Roberto Marchesini e, in modo
particolare, il concetto di epifania animale. I suoi lavori sono stati
tradotti in inglese, portoghese, spagnolo e francese e tedesco.
Collaborazioni editoriali Roberto Marchesini è autore di oltre quaranta volumi,
più di un centinaio di saggi apparsi in opere collettanee e riviste
accademiche, scrive inoltre sulle pagine culturali di vari quotidiani nazionali
tra cui Il manifesto e La Stampa. Ha avuto infine una lunga collaborazione con
Tuttoscienze'. Da ottobre cura inoltre
la rubrica etologia a cadenza settimanale "Gli animali che dunque
siamo" per Il Corriere della Sera. Roberto Marchesini, Intelligenza
emotiva versus intelligenza cognitiva, in Pluriverso, 3, La Nuova Italia, R. Marchesini,
Introduzione all'edizione italiana di H. Montagner, Il bambino, l'animale, la
scuola, Bologna, Perdisa, 2001, VII-XI
R.Marchesini, R. Trespidi, V. Falabella, B. Salvini, G. Cocca, La via
vegetariana per un mondo migliore, Vimercate, La spiga vegetariana, 1992 Riferimento a pagina 2://novalogos.it/drive/File/LIBRO%20ANIMAL%20STUDIES%201-.pdf
//novalogos.it//drive/File/animalstudies(5).pdf
Rosi Braidotti, The Posthuman, John Wiley & Sons, R. Marchesini, Teriomorfismo, Bologna,
Apeiron, La rubrica etologica di
Roberto Marchesini per Il Corriere della Sera, su corriere.it. Opere scelte
Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze cognitive R. Marchesini, Oltre
al muro, Torino, Franco Muzzio Editore, R. Marchesini, Natura e pedagogia,
Roma, Theoria, 1996. R. Marchesini, Il concetto di soglia, Roma, Theoria, 1996.
R. Marchesini, Io e la natura, Forlì-Cesena, Macro Edizioni, 1998. R.
Marchesini, La fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate agli animali,
Torino, Bollati Boringhieri, R. Marchesini, Bioetica e scienza veterinarie,
Edizioni Scientifiche Italiane, R. Marchesini, "Intelligenza emotiva
versus intelligenza cognitiva", In Pluriverso, Firenze, La Nuova Italia, R.
Marchesini, Bioetica e biotecnologie. Questioni morali nell'era biotech,
Bologna, Apeiron, R. Marchesini, Intelligenze plurime. Manuale di scienze
cognitive animali, Bologna, Peridsa, 2 R. Marchesini, Il galateo per il cane,
Milano, Giunti, R. Marchesini, Modelli cognitivi e comportamento animale.
Coordinate di interpretazione e protocolli applicativi, Isernia, Eva, R. Marchesini, A Cognitive-Relational Approach
to Animal Expression: Revisiting Cognitive Paradigms, in Methode. Analytic Perspective,
Torino, R. Marchesini, Contro i diritti
degli animali? Proposta per un antispecismo postumanista, Alessandria, Edizioni
Sonda, R. Marchesini, Vivere con il
cane. Come migliorare il rapporto fra cani, adulti e bambini, Firenze, De
Vecchi, Il bambino e l'animale. Fondamenti per una pedagogia zooantropologica,
Roma, Anicia, R. Marchesini, Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente
animale, Bologna, Apeiron, , R. Marchesini, M. Celentano, Pluriversi cognitivi.
Questioni di filosofia ed etologia, Milano, Mimesis, R. Marchesini, Geometrie
esistenziali. Le diverse abilità nel mondo animale, Bologna, Apeiron, Zooantropologia R. Marchesini ,
Zooantropologia. Animali e umani: analisi di un rapporto, Como, Red, R.
Marchesini, Animali in città. Manuale di zooantropologia urbana, Como, Red, R.
Marchesini, L. Battaglia, M. Kilani, A. Rivera, Homo Sapiens e mucca pazza.
Antropologia del rapporto con il mondo animale, Bari, Dedalo, R. Marchesini,
Fondamenti di zooantropologia. Zooantropologia applicata, Bologna, Perdisa, R.
Marchesini e S. Tonutti, Manuale di zooantropologia, Roma, Meltemi, R. Marchesini e S. Tonutti, Il codice degli
animali magici, Firenze, De Vecchi, R. Marchesini, L'identità del cane. Storia
di un dialogo tra specie (ristampa riveduta e aggiornata), Bologna, Apeiron, ,R.
Marchesini, L'identità del gatto. La forza della convivialità, Bologna,
Apeiron, , R. Marchesini, Cane & Gatto. Due stili a confronto, Bologna,
Apeiron, Etologia filosofica R. Marchesini, Etologia filosofia. Alla ricerca
della soggettività animale, Milano, Mimesis,
R. Marchesini, Emancipazione dell'animalità, Milano, Mimesis, Posthuman R. Marchesini, Posthuman. Verso
nuovi modelli di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, R. Marchesini, Il
problema del corpo, tra umanesimo e postumanesimo, in Janus,R. Marchesini,
Tecnoscienza e approccio postumanistico, in Millepiani, R. Marchesini, Il
tramonto dell'uomo. La prospettiva postumanista, Bari, Dedalo, R. Marchesini,
Filosofia postumanista e antispecismo, in Liberazioni. Rivista di critica
antispecista, 2008. L. Caffo, R. Marchesini, Così parlò il postumano, a cura
di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos, ,R. Marchesini, Epifania animale.
L'oltreuomo come rivelazione, Milano, Mimesis, R. Marchesini, Ibridazioni e processi
evolutivi, in Formazione e post-umanesimo. Sentieri pedagogici nell'età della
tecnica, Milano, Raffello Cortina, , R.
Marchesini, Etologia filosofica. Alla ricerca della soggettività animale, con
postfazione di Felice Cimatti, Milano, Mimesis, R. Marchesini, S. Iovino, E.
Adorni, Special Issue of Relations. Beyond Anthropocentism " Past the
human: narrative ontologies and ontological stories", Milano, Led, . R.
Marchesini, Alterità. L'identità come relazione, con prefazione di Ubaldo
Fadini, Modena, Mucchi Editore, R. Marchesini, Tecnosfera. Proiezioni per un
futuro postumano, Roma, Castelvecchi, , R. Marchesini, Eco-ontologia. L'essere
come relazione, Bologna, Apeiron, R. Marchesini, Beyond Anthropocentrism.
Thoughts for a post-human philosophy, Milan, Mimesis International , Arte R.
Marchesini e Karin Andersen, Animal Appeal. Uno studio sul teriomorfismo,
Bologna, Hybris, R. Marchesini, Poetiche postumaniste in Metthew Barney.
Polimorfismo, multimodalità, neobarocco, N. Dusi e C. Saba, Silvana Editore, , R. Marchesini, "Ontani. Argonauta
dell'ibridazione", in Luigi Ontani incontra Giorgio Morandi. Casamondo,
Danilo Montanari Editore, . Narrativa R. Marchesini, Il Dio Pan. Racconti
lirici, Firenze, Firenze Libri, 1988ora Graphe.it edizioni, Perugia , R.
Marchesini, Uscendo da Lauril, Roma, Theoria, R. Marchesini, Specchio animale.
Racconti di ibridazione, Roma, Castelvecchi, R. Marchesini, Ricordi di animali, Milano,
Mursia, R. Marchesini, Il cane secondo me. Vi racconto quello che ho imparato
dai cani, Alessandria, Sonda, R.
Marchesini, La filosofia del giardiniere. Riflessioni sulla cura, Perugia,
Graphe.it edizioni. Blog ufficiale, su
marchesinietologia.it. Opere di Roberto Marchesini, . italiana di Roberto Marchesini, su Catalogo
Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Registrazioni di Roberto Marchesini, su
RadioRadicale.it, Radio Radicale. Pagina
di Roberto Marchesini su Academia.edu. Sito ufficiale SIUA (Scuola di
Interazione Uomo-Animale). Sito ufficiale del Centro Studi Filosofia
Postumanista diretto da Roberto Marchesini.
marchetti: Grice: “I love Marchetti; for once, he had to find vulgar terms
for all of Lucretius’s learned ones! The Italians used to call their own tongue
‘volgare’ then --; this is not easy matter (to translate Lucretius, not to call
your tongue volgare), especially since Lucretius was often unclear to himslf –
talk of my conversational desideratu of conversational perspicuity [sic]!” -- Grice:
“I like him because he axiomatised Galilei!” -- Alessandro Marchetti (Empoli),
filosofo. Professore di filosofia, poi di matematica all'Pisa, continuò le
ricerche di Galileo nel campo della meccanica, come il suo contemporaneo
Vincenzo Viviani. Collaborò con il medico Giuseppe Del Papa, lettore di logica
e filosofia nell'ateneo pisano. Oltre
che matematico, fu anche poeta — scrisse, infatti, alcune rime religiose,
morali ed eroiche —, ma l'opera cui deve la sua fama è la traduzione del De
rerum natura di Lucrezio, con il titolo “Della natura delle cose.” Considerata
come il manifesto del razionalismo cartesiano, la traduzione di Marchetti
influì notevolmente sul gusto arcadico per la purezza della lingua e l'eleganza
dello stile. La diffusione di idee atee
e materialiste attirò sul Marchetti l'accusa di empietà. Pur rifugiatosi nella
poesia, non riuscì ad evitare le indagini del Sant'Uffizio, ispirate
soprattutto dal gesuita lucchese Giovanni Francesco Vanni. Per altre sue opere
di successo fu attaccato dagli oppositori di Galileo. Fece parte di numerose accademie: Accademia
dei Disuniti, Accademia dell'Arcadia, Accademia dei Fisiocritici, Accademia dei
Risvegliati, Accademia della Crusca e Accademia Fiorentina. Opere: “De resistentia solidorum,” Florentiae,
typis Vincentij Vangelisti & Petri Matini (Grice: “Opera abbastanza
interessante, basata sulla teoria galileiana, cui Marchetti dà una struttura
assiomatica – ripetto, ‘assiomatica’ -- rigorosa. Tratta in larga parte il
problema dei solidi di uniforme resistenza, precedendo di mezzo secolo l'importante
trattato di Grandi), “Exercitationes mechanicae,” Pisis, ex typographia Io.
Ferretti. “Della natura delle comete,” “Lettera scritta all'illustriss. sig.
Francesco Redi,” In Firenze, alla Condotta, “Saggio delle rime eroiche morali e
sacre,” dedicato all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In
Firenze, nella stamperia di Cesare Bindi, “Anacreonte,” radotto dal testo greco
in rime toscane da Alessandro Marchetti accademico della Crusca e da lui
dedicato all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In Lucca, per
Leonardo Venturini. Tito Lucrezio Caro, “Della natura delle cose libri sei
tradotti da Alessandro Marchetti, Londra, per Giovanni Pickard. Vita e poesie
d'Alessandro Marchetti da Pistoja filosofo e matematico all'illustrissimo sig.
cavaliere Francesco Feroni marchese di Bellavista patrizio fiorentino e
accademico della Crusca, Venezia, appresso Pietro Valvasense (Contiene poesie
postume con la Vita scritta dal figlio Francesco). Gustavo Costa, Epicureismo e pederastia. Il
Lucrezio e l'Anacreonte di Alessandro Marchetti secondo il Sant'Uffizio,
Firenze, L.S. Olschki, . MARCHETTI, Alessandro, in Dizionario di filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Cesare Preti, MARCHETTI, Alessandro,
in Dizionario biografico degli italiani,
69, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Mario Saccenti, Lucrezio in Toscana. Studio su
Alessandro Marchetti, Firenze, L.S. Olschki, 1966. De rerum natura Razionalismo Alessandro
Marchetti, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giulio Natali, Alessandro
Marchetti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Marchetti, su
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Alessandro Marchetti, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl.
marchi: Grice: “Marchi displays a few features hardly found at Oxford:
He edited a magazine, “filosofia mazziniana” – I can imagine Bradley wanting to
edit “Hegeliana” at Oxford – and we do have a Gilbert Ryle Room, and an Occam
Society! The other trait is illustrated by his manifesto, “La missione di
Roma,” – Churchill would have equaled with something Anglian!” -- Vittore
Arnaldo Marchi (Potenza), filosofo. Generale di corpo d’armata italiano,
Medaglia d'oro dei Benemeriti dell'Educazione Nazionale. Professore dell'Roma “La Sapienza” di Storia
della Filosofia e Filosofia della Religione, curò la pubblicazione di diverse
riviste in cui si confrontarono alcuni studiosi del primo Novecento italiano
come Bernardino Varisco. Tra queste Dio e Popolo e “L'idealismo realistico.” Dio
e Popolo, rivista di ispirazione mazziniana, accoglie scritti miranti alla
ricostruzione della filosofia religiosa di Giuseppe Mazzini e i rapporti tra
religione e stato; nega l'ateismo e persegue l'ideale di “repubblica”. “L'idealismo
realistico,” rivista attiva tra gli anni 1924 e 1931 circa, raccoglie saggi e
teorie filosofiche di stampo antigentiliano.
A lui è dedicato il Premio tesi di Laurea “Vittore Marchi”, bandito
dall'Università degli Studi Roma Tre per i neolaureati che abbiano sostenuto
tesi su un argomento concernente il pensiero filosofico antico degne di essere
pubblicate; e il parco "Vittore Arnaldo Marchi" a Roma, Municipio
IV. Pubblicazioni principali: “Ricostruzione
della filosofia religiosa di Mazzini, in Dio e Popolo, La missione di Roma nel
mondo, Atanòr Ed., Il concetto e il metodo della ‘storia della filosofia,’ –
Grice: “His apt implicature is that if
you are an idealist, don’t shed your idealism when discussing J. J. C. Smart!”
-- Filosofia e religione, La perseveranza Ed., Potenza, La filosofia morale e
giuridica di Gentile, Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Relazione
tra la filosofia teoretica e la filosofia pratica – Grice: “I would strongly
assert that it’s the same thing: ‘Poodle is our man in practical philosophy’
sounds obscene’” -- in L'idealismo
realistico, Roma, “Le prove dell'esistenza di Dio, in L'idealismo realistico,
Roma, Riconoscimenti Medaglia d'oro ai Benemeriti dell'Educazione Nazionale Gli
è stato dedicato un parco a Roma. Antonio Gramsci (J. A. Buttigiec), Prison
notebooks 1, New York, Columbia
University Press, G. De Turris,
Fenomenologia dell'individuo assoluto, Roma, Edizioni Mediterranee.
//uniroma3.it/news.php?news=603.
marchi: Grice: “His ‘poesia del desiderio’ is confusing – he means
tenderness, as Scruton does in his book on “Sexual arousal”” -- Grice: “Perhaps
Marchi’s most provocative piece is “L’anima DEL corpo.” If I were to be tutored
on that by Hardie, I can very well imagine Hardie – he was a Scot – ‘what d’you
mean, ‘of’?” -- Luigi De Marchi (Brescia), filosofo. Psicoterapeuta di
formazione reichiana, umanista, autore di scritti talvolta controversi perché a
scopo provocatorio, si definiva Solista ed amava stare «fuori dall'Accademia».
Psicologo clinico e sociale, politologo e autore di numerosi saggi, è
stato protagonista di varie battaglie per i diritti civili e sessuali,
riuscendo nel 1971, con una sentenza della Corte Suprema[non chiaro] sulla
“Vertenza tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e Marchi”, ad ottenere la revoca dei divieti
penali all'informazione e all'assistenza anticoncezionale e ad avviare la
realizzazione di una rete di migliaia di consultori sessuologici e familiari
pubblici. Nei primi anni cinquanta è stato tra i fondatori dell'AIED, guidando l'Associazione
in qualità di Segretario Nazionale. Ha dato per oltre quarant'anni un
contributo determinante non solo alla segnalazione della pericolosità
dell'esplosione demografica (da lui definita “la madre di tutte le tragedie”) e
dei suoi corollari (fame, guerre, genocidi, disastri ambientali, disoccupazione
di massa, migrazioni disperate, crisi energetica mondiale) ma anche al
chiarimento dei meccanismi psicologici che hanno finora impedito di comprendere
e di affrontare questa tragedia planetaria. In particolare, negli anni ‘70, ha
dimostrato con alcuni fotoromanzi interpretati da noti attori (Paola Pitagora,
Ugo Pagliai, Paola Gassman, Marco Zavattini e Mario Valdemarin) che i messaggi
mass-mediatici associati alla psicologia motivazionale sono lo strumento più
efficace per indurre le masse alla regolazione delle nascite: una tesi oggi
confermata da varie organizzazioni internazionali. -- è stato presidente italiano di tre importanti
Scuole di Psicoterapia da lui fondate: quella psico-corporea di Wilhelm Reich,
quella bioenergetica di Alexander Lowen e quella umanistica di Carl Rogers. Marchi
matura un diverso punto di vista nei confronti degli approcci teorici di Reich,
Lowen e Rogers (a suo parere non avevano colto fino in fondo l'importanza della
coscienza e dell'angoscia della morte nella genesi delle patologie psichiche
umane) e propone una teoria della
cultura e della nevrosi in un libro (“Scimmietta ti amo -Psicologia Cultura
Esistenza: da Neanderthal agli scenari atomici ” Ed.Longanesi“Lo shock primario”,
Ultima Ed. Rai-Erit) che viene proclamato “Libro del Mese”. Fonda a Roma
l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale, oggi diretto da Filastro.
Pioniere della ricerca psico-sociale, è
stato Presidente Onorario della Società Italiana di Psicologia Politica . I
suoi contributi in questo campo sono stati: 1) la fondazione della
Psicopolitica (un metodo di analisi psicologica dei fenomeni socio-culturali
che da trent'anni propone una “lettura” psicologica di tali fenomeni, diversa
da quelle di carattere marxista, idealista o istituzionalista finora prevalse,
con risultati fallimentari, nelle scienze sociali e politiche tradizionali); 2)
l'elaborazione d'una nuova "Psicologia Politica Liberale" . Si è
interessato anche al teatro e alla televisione, creando programmi di cui Fellini
scrisse nel '92: “Ecco una nuova televisione culturale di cui c'è, oggi,
bisogno”. E per oltre due anni ha condotto un programma di psicologia su RaiUno
” La chiave d'oro” con Baldini. Guzzanti ha scritto di lui: “ è un felice
incrocio tra Bertrand Russell e Woody Allen”. Attivista per il
riconoscimento dei diritti alla contraccezione, al divorzio, all'interruzione
di gravidanza e all'eutanasia, ha fondato ilCentro informazioni sterilizzazione
aborto) che anticipò la legge sull'aborto in Italia, e l'Associazione italiana
per l'educazione demografica. Ha
costantemente sostenuto l'importanza del problema della crescita demografica e
dei problemi economici, ecologici, sociali e psicologici ad essa
connessi. Pur essendo favorevole alla chiusura dei manicomi, ha criticato
la legge Basaglia in quanto scaricava sulle famiglie il problema dei malati
psichiatrici pericolosi; parlando dei delitti in famiglia, evidenziò come il
nucleo familiare resti il luogo principale in cui avvengono gli omicidi, a suo
giudizio "frutto del fallimento" della legge 180 sulla salute
mentale. Propose «una riforma radicale e l'apertura di cliniche psichiatriche
che non siano i vecchi manicomi ma strutture umanizzate, oltre che di centri
per l'attività riabilitativa». Aderente al Partito Radicale, ha tenuto
per tredici anni, dal 1995 al 2008, la rubrica bisettimanale
"Controluce" su Radio Radicale, in cui ha trattato temi che venivano
altrove trattati con conformismo: il sesso e l'amore, la procreazione e la
contraccezione, le malattie e la morte, il lavoro e le rendite, la libertà e
l'autoritarismo. È stato autore della "Teoria liberale della lotta
di classe", nel volume O noi o
loro!. Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale "LUIGI DE
MARCHI"IPUE Modello, Fondatori e Storia della Scuola -- è mosso dalle
radici comuni teoriche ed epistemologiche riconducibili alla fenomenologia e
all'esistenzialismo, fondamentali correnti filosofiche del ‘900, e da alcuni
autori significativi del movimento della psicologia umanistico-esistenziale in
particolare Carl Rogers, Otto Rank, Viktor Frankl, Ludwig Binswanger, Medard
Boss, Jaspers, Eugène Minkowski. Eredita la particolare concezione dell'uomo e
della vita, che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità di
scelta. Consapevole della sovrabbondanza di Scuole Psicologiche esistenti
in Italia esitò prima di fondare l'Istituto di Psicologia Umanistica
Esistenziale. Preferì lavorare nell'ambito di indirizzi già affermati, che
sentiva geniali e creativi e fu l'iniziatore della Scuola Reichiana in Italia
Presidente dell'Istituto di Bioenergetica W. Reich di Roma e per 6 anni
Presidente dell'Istituto di Psicologia Rogersiana (FDI) e inoltre concorse a
riscoprire e valorizzare l'opera pionieristica di Rank con la pubblicazione della sua opera:
"Rank pioniere misconosciuto" Melusina Editrice. Esperienze personali
drammatiche e ricerche in campo clinico e antropologico imposero alla sua
attenzione l'importanza dell'angoscia di morte come uno dei più importanti
fattori che contribuiscono alla sofferenza psicologica e psicopatologica.
Sentì allora l'esigenza di creare una nuova Scuola che riuscisse a riconoscere
la rilevanza di questa angoscia primaria dell'uomo e di sviluppare un approccio
originale, pluralista e non dogmatico alla sofferenza umana, fondato
sull'integrazione sinergica delle tre dimensioni, di approccio
simultaneoall'essere umano in terapia verbale, corporea ed esistenziale.
Si tratta di un modello che nasce sulla scia della filosofia esistenziale,
dalla quale eredita la concezione dell'uomo e della vita che rivendica all'essere
umano il diritto e la capacità di scelta e, intende: (1) offrire la
possibilità di elaborare e affrontare le tremende tensioni esistenziali di ogni
essere umano anche nel percorso di malattia psichica e somatica nel clima di
contatto empatico, di solidarietà, convogliando nel processo terapeutico il
grande potenziale di crescita e comunicazione del paziente, la sua conoscenza
dei propri bisogni, la sua creatività, l'apporto decisivo della sua
esperienza. 2) che si presenta multidimensionale, integrato e non
dogmatico alla sofferenza umana e psichica e costantemente aperto ad arricchire
la propria prospettiva teorica e clinica attraverso un confronto critico e di
fertilizzazione con altri approcci psicoterapici, e interviene su 4 dimensioni
fondamentali dell'esperienza umana: la dimensione empatico relazionale,
che definisce il nostro modo di essere nel mondo con gli altri; la
dimensione corporea, che spesso esprime sotto forma di tensioni e dolori
muscolari la sofferenza psicologica; la dimensione esistenziale, che
riconosce l'importanza del senso che si riesce a dare alla propria
esistenza; la dimensione cognitiva, che riconosce la rilevanza sintomatica
della sofferenza psicologica e psicopatologica. Un esempio di testo provocatorio, scritto
senza avere alcuna competenza in infettivologia, è il seguente sulla
cospirazione dell'AIDS: Luigi De Marchi, AIDS......affare multi Miliardario, su
mednat.org. 16 giugno . e Aids, la grande truffa continua (2003) in: L. De
Marchi, Il nuovo pensiero forte. Marx è morto, Freud è morto e io mi sento
molto meglio; altri scritti di critica, più documentati, hanno riguardato le
sue critiche alle prassi della chemioterapia dei tumori e gli effetti
collaterali, come in Kaputt tutta la ricerca sul cancro? sempre in De Marchi,
op. cit. Addio a Luigi De Marchi lo
psicologo che inventò l'AiedRepubblica.it
Addio a Luigi De Marchi, lo psicologo che inventò l'Aied L. De Marchi, Il Solista Autobiografia d'un
italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali, Luca Bagatin, articolo su Politica Magazine,
su lucabagatin.ilcannocchiale.it. l'8
aprile (archiviato dall'url originale
l'8 ottobre 2009). Opere:“Sesso e civiltà,” Laterza introduzione: Wilhelm
Reich, Teoria dell'orgasmo e altri scritti, Lerici, Sociologia del sesso, Laterza,
Repressione sessuale e oppressione sociale, Sugar, Wilhelm Reich Biografia di
un'idea, Sugar, Psicopolitica, SugarCo, Vita e opere di Wilhelm Reich, SugarCo,
Scimmietta ti amo, Longanesi, Lo shock primario. Le radici del fanatismo da
Neandertal alle Torri Gemelle, Poesia del desiderio, La Nuova Italia, Seam, Perché
la Lega, Mondadori, Il Manifesto dei Liberist iLe idee-forza del nuovo
Umanesimo Liberale, Seam, Aids. La grande truffa (con Fabio Franchi), Roma,
Seam, O noi o loro! Produttori contro Burocrati, ecco la vera lotta di classe
della Rivoluzione Liberale, Bietti, Il SolistaAutobiografia d'un italiano fuori
dal coro, Edizioni Interculturali , Psicoterapia umanistica. L'anima del corpo:
sviluppi europei (con Antonio Lo Iacono, Maria Rita Parsi), Franco Angeli, Wilhelm
Reich Una formidabile avventura scientifica e umana (con Vincenzo Valenzi),
Macro Edizioni, Il nuovo pensiero forteMarx è morto, Freud è morto e io mi
sento molto meglio, Spirali , Svolta a destra? Ovvero non è conservatore chi combatte
parassiti, fannulloni e sfruttatori, Armando Curcio Editore, La Psicologia
Umanistica EsistenzialeRivista delle Psicoterapie, Roma “La Sapienza”, 2 Associazione italiana per l'educazione
demografica (AIED) Wilhelm Reich Blog
ufficiale, su luigidemarchi.blogspot.com.
Opere di Luigi De Marchi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Luigi De Marchi, . Registrazioni di
Luigi De Marchi, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Istituto di Psicologia Umanistica
Esistenziale "Luigi De Marchi"IPUE, su ipue.it. Archivio IPUE, su
luigidemarchi.wordpress.com. Archivio della rubrica "Controluce" che
Luigi De Marchi teneva su Radio Radicale, su radioradicale.it. Renato Vignati
Luigi De Marchi, un pionieredella psicologia italiana in Psychomedia (PM, 8 settembre
) Renato Vignati Lo sguardo sulla persona. Psicologia delle relazioni umane,
Libreriauniversitaria.it edizioni, Padova.
marconi: Grice: “Perhaps his most brilliant exegesis on ‘Vitters’ is that
about what Marconi calls ‘linguaggio private,’ as in Robinson Crusoe. Not!” -- Grice:
“Marconi has attempted to ‘formalise’ dialectic – as in Oxonian dialectic –
which is what Zeno was trying to do with his reductio ad absurdum.” Grice:
“While Marconi starts alright, with Frege, he gets entangled with ‘Vitters;’
p’rhaps his innovative approach is best seen in phrases like ‘il significato
eluso’, which may describe my implicature; but points to an etymology: ‘eluso’
is indeed ‘eluso,’ and means ‘ex-ludic,’ out of the game. The idea being that
the game is a simulated fight, and by eluding a punch from your adversary, you
are, well, ‘implicating’!” -- Diego Marconi (Torino), filosofo. Professore a Torino,
ha studiato con Luigi Pareyson a Torino e con Nicholas Rescher, Wilfrid Sellars
e Richmond H. Thomason a Pittsburgh, dove ha scritto la sua tesi di Ph.D. su
Hegel. Grice: “In Italy, it is not considered Italian to get your PhD without –
not within – Italy. Similarly, at Oxford, you cannot get your B. A. Lit.
Hum. anywhere else if you want to be
regarded as Oxonian. That’s why I never considered B. A. O. Williams an
Oxonian!” -- Noto per i suoi contributi sul pensiero di Wittgenstein, tra cui
la tesi di laurea, è stato tra i primi in Italia a promuovere la collaborazione
dei filosofi con informatici e scienziati cognitivi. In questo campo ha
presentato diversi risultati, specie riguardo al problema dell'analisi del
linguaggio. Su questi temi ha pubblicato Lexical Competence (MIT Press) e
Filosofia e scienza cognitiva (Laterza). Ha curato con Maurizio Ferraris la nuova
edizione della Enciclopedia filosofica Garzanti ed è stato presidente della
Società Italiana di Filosofia Analitica (SIFA) e membro fondatore della
European Society for Analytic Philosophy (ESAP). Opere: “Il mito del linguaggio scientifico”studio
su Wittgenstein, Milano, Mursia, Dizionari e enciclopedie, Torino,
Giappichelli, “L'eredità di Wittgenstein,”Roma-Bari, Laterza, Lampi di Stampa; “La
competenza lessicale,” Roma-Bari, Laterza, “La filosofia del linguaggio.” Da Frege ai giorni
nostri, Torino, Utet, “Filosofia e scienza cognitiva,”Roma-Bari, Laterza, “Per
la verià: relativismo e la filosofia,” Torino, Einaudi, “Verità, menzogna” –
Grice: “The etymology is an interesting one; since menzogna is cognate to my
meaning, so Marconi actually means ‘truth’ versus ‘trust’ – or honesty versus
dishonesty – seeing that one can ‘lie’ while asserting a truth – provided the
utterer thinks ‘p’ is ‘false’.” Grice: “But this is a commissioned thing, so it
shouldn’t count as it is Marconi discussing with a priest!” Trento, Il Margine,
; “Il mestiere di pensare. La filosofia nell'epoca del professionismo,” –
Grice: “His implicature, and a right one, too, is that philosophy is a
profession, which reminds me of ‘A Room with a view’: “And what, Sir Cecil, is
your profession?” “I don’t HAVE a profession!” -- Torino, Einaudi, .“La formalizzazione della
dialettica” : Hegel, Marx e la logica contemporanea,”Torino, Rosenberg &
Sellier, “ Guida a Wittgenstein: Il «Tractatus», dal «Tractatus» alle
«Ricerche», Matematica, Regole e Linguaggio privato, Psicologia, Certezza,
Forme di vita. Roma-Bari, Laterza, Filosofia analitica, Prospettive teoriche e
revisioni storiografiche. Milano, Guerini e associati, Knowledge and meaning.
Topics in Analytic Philosophy, Vercelli, Mercurio, Scritti sulla tolleranza
(John Locke), Torino, UTET, SSaggi su Marconi Il significato eluso. Saggi in
onore di Diego Marconi (Marilena Andronico, Alfredo Paternoster e Alberto
Voltolini), numero monografico della «Rivista di estetica», Marconi, Diego, in
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Intervista a Diego Marconi di Michele Herbstritt, Rivista italiana di filosofia
analitica, sito dell'Università degli Studi di Milano.
mariano: Grice: “I like Mariano: his study of Risorgimento applying the
philosophy of history is brilliant” -- Raffaele Mariano (Capua), filosofo.
Fedelissimo allievo di Vera, si occupò di filosofia e storia delle religioni.
Fu docente di Storia della Chiesa presso l'Napoli negli anni tra il 1885 al
1904. La sua indagine fu prevalentemente orientata verso l'interpretazione del
pensiero di Hegel con argomentazioni comuni agli esponenti della destra
hegeliana ottocentesca. Mariano filosofo e critico Come filosofo può
essere collocato insieme al suo maestro in quella tendenza affermatasi nella
seconda metà dell'Ottocento che privilegiava l'interpretazione sistematica e
razionale rispetto a quella rivoluzionaria dei testi di Hegel, denominata
hegelismo ortodosso. Nelle sue interpretazioni inserì talvolta temi non
strettamente legati al pensiero di Hegel affermando tra l'altro che "la
filosofia deve essere compiuta dalla religione" (Dall'idealismo nuovo a
quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane),
trattando riguardo a "ciò che dell'idealismo di Hegel è morto e di ciò che
non può morire", argomento precedentemente trattato da Benedetto Croce, il
quale risponde aspramente alle argomentazioni proposte da Mariano sul 6º numero
del 1908 de "La critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia"
diretta dallo stesso Croce: «il Mariano non ha mai capito nulla di tutto
ciò che vi è di più sostanziale in Hegel come non ha meditata seriamente
nessuna grande filosofia; e (ora si può aggiungere) non ne ha mai letto le
opere. Immaginarsi che il Mariano si afferma hegeliano, mentre sostiene che la
conoscenza non è assoluta; che rimane insuperabile il mistero; che dio esiste
fuori del mondo e sarebbe dio anche senza il mondo; e che la filosofia deve
essere compiuta dalla religione!Insomma, ciò che di Hegel "non può
morire" sarebbe ciò che Hegel non ha mai detto perché affatto indegno
della sua mente altissima.» Nel 1864 si schierò a favore del mantenimento
della pena di morte in un dibattito sul tema, in accordo con il suo maestro
Augusto Vera ( La pena di morte. Considerazioni in appoggio del prof. Vera,
1864, Napoli. ), uno dei più autorevoli difensori del mantenimento di questa
pratica. È ancora Croce che commenta con grave disappunto l'argomento:
«Notiamo in ultimo che sempre riecheggiando i vaniloqui del Vera, il Mariano si
professa filosofico difensore della pena di morte (p. IX): come se la maggiore
o minore opportunità di mettere i delinquenti in segregazione cellulare, o
d'impiccarli, ghigliottinarli, garrottarlie impalarli, costituisse una
questione filosofica. Ma il Mariano ama tutte le cause generose; e non è da
meravigliare se per esse trascenda persino i limiti della filosofia.» Fu
anche saggista con un gusto per la "critica della critica"
(cit."Storia Letteraria d'Italia, Volume III, Armando Balduino") sia
letteraria che filosofica, non trascurando l'arte che annetteva strettamente
alla morale. Rivolse la sua indagine anche al rinascimento con un Saggio
biografico critico su Giordano Bruno La vita e l'uomo, 1881 . Pubblicò
anche una monografia "apologetica" del suo maestro Augusto Vera,
Augusto Vera, 1886. Mariano storico La sua produzione fu in un secondo
momento soprattutto riferita alla storia, in particolare la storia del
cristianesimo e quella delle religioni in genere, argomenti affini anche alla
materia insegnata presso l'università napoletana. Non sono presenti particolari
innovazioni nella sua ricerca, ma fu uno dei primi a discutere la tesi proposta
dal Croce riguardo alla riduzione della storia al concetto generale
dell'arte. Opere: “Il filosofo tedesco Lassalle e il suo ‘Eraclito’: saggio
sulla filosofia hegeliana,” (Cf. Speranza e ill suo Grice: saggio sulla
pragmatica oxoniense”), “Il Risorgimento
italiano secondo i principi della filosofia della storia,” -- “La philosophie contemporaine en Italie.
Essai de philosophie hégélienne, ““La libertà di coscienza,” Milano, Hoepli, “Vera.”
Saggio critico, Roma, Tip. Civelli, “L'individuo e lo Stato nel rapporto
economico e sociale. Saggio, Milano, Treves, “Il Machiavelli del Villari, Roma,” Loescher,
(cf. “Il Grice dello Speranza”) Un nuovo libro su Leopardi, Roma, Tip. Botta, La
pena di morte. Considerazioni in appoggio del prof. Vera, Napoli. Il p. Carlo Maria Curci, Milano, Vallardi, Augusto
Vera. Necrologio, «Annuario Napoli», Dio secondo Platone, Aristotele ed Hegel,
«Acc. SMP Napoli. Atti», Biografie del
Machiavelli, 1Arte e religione, Il
brutto e il male nell'arte. Il brutto e il male nel romanzo moderno, Dall'idealismo
nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine
hegeliane, La vita e l'uomo, I rapporti dello Stato con la religione, Firenze,
Civelli, Il problema religioso in Italia, Roma, Civelli, La riforma
ecclesiastica in Italia, «Il diritto», Cristianesimo, cattolicesimo e civiltà, Papato
e socialismo ai giorni nostri. Studio, Roma, Tip. Artero e comp., Buddismo e
cristianesimo,La Storia è una scienza o un'arte?, «Fanfulla della Domenica», 1La
conversione del mondo pagano al cristianesimo, Il cristianesimo dei primi
secoli, 1902. Riconoscimenti La città d'origine del filosofo, Capua, gli ha
dedicato una strada, sede, tra l'altro, del Banco di Napoli. La targa riporta
il cognome Mariani anziché Mariano, errore che nessuna amministrazione ha
ancora provveduto a correggere. La
Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da Benedetto Croce,
6, 1908. Armando Balduino , Storia letteraria d'ItaliaL'Ottocento, III, Piccin Nuova Libraria, 1997. Piero di
Giovanni , Giovanni Gentile, La filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo,
Milano, cf. Luigi Speranza, “La pragmatica conversazionale: tra griceianismo e
anti-griceianismo.” FrancoAngeli, Paolo Malerba, Luciano Malusa, , sito della Società
filosofica italiana Guido Calogero,
«MARIANO, Raffaele» in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.
marin: Grice: “I like Giovanni Marin; for one, he loved, like I do,
rhetoric – in his own Venetian kind of way!” -- Giovanni Marin (Venezia),
filosofo. Nato dal nobile Rosso Marin, studiò con profitto sotto l'insegnamento
di Feltre, dal quale apprese la retorica. Frequentò il ginnasio, presso il
quale recitò eloquenti orazioni in encomio agli uomini illustri veneziani. Si
laureò in a Padova. Fu ambasciatore della Repubblica di Venezia presso gli
Estensi e quindi presso Firenze. Rosmini, Carlo de' Rosmini, Idea dell'ottimo
precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre e de' suoi discepoli,
Rovereto.
marliani: Grice: “I like Mariliani; especially the cavalier way in which
he refers to philosophers in his brilliant “De secta philosophorum.” Austin
would say that there possibly are sects and sub-sects!” -- Giovanni Marliani (Milano),
filosofo. Era figlio del patrizio
milanese Castello Marliani. Studiò medicina all'Pavia, dove fu allievo del
matematico Biagio Pelacani. Divenne medico nel 1440 ed entrò nel Collegio dei
fisici milanesi e intraprese una carriera nell'insegnamento passando per
diverse cattedre: medicina, fisica, filosofia e astrologia. Nel 1448 era attivo
presso lo Studio di Milano e nel 1452 tornò a Pavia. Con l'ascesa della dinastia degli Sforza a
capo del Ducato di Milano, Giovanni, appartenente alla famiglia Marliani
tradizionalmente ghibellina, aumentò il proprio prestigio. Il padre Castello
nel 1450 razionatore della Camera delle entrate straordinarie. Nel 1466
Giovanni e il fratello Daniele ottennero la concessione in esenzione dei
diritti di sfruttamento delle acque del Secchia nei pressi di Moglia, nel
Mantovano. Alla morte del duca Francesco
Sforza, nel 1467 Giovanni Marliani scrisse una lettera al nuovo duca Galeazzo
Maria Sforza in cui dichiarava di essere stato richiesto da molti Studi in
diverse città d'Italia, sperando di poter essere trasferito da Pavia a Milano e
di ricevere un aumento di salario, vista anche la sua numerosa famiglia. Il
Consiglio segreto di Milano intercedette presso lo Sforza in favore di
Giovanni, esaltando la sua fama anche oltre i confini del Ducato. Il duca Galeazzo
Maria, dopo alcuni indugi, acconsentì per conferirgli un'assegnazione annua di
1 000 fiorini, il più alto salario riconosciuto a chiunque nel Ducato. Sotto la
reggenza di Ludovico il Moro ottenne i dazi di Gallarate e della sua pieve. I suoi studi di matematica sulle frazioni, di
fisica sui problemi di statica, moto e velocità, di meccanica e di termologia,
Giovanni Marliani lo portarono ad essere tra i più grandi scienziati dell'epoca
e riuscì a mettere in discussione Thomas Bradwardine e Alberto di Sassonia. Nella sua opera Quaestio de caliditate
corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi (1472), il
Marliani distinse la temperatura dell'organismo dalla quantità e dalla
produzione del calore naturale del corpo e sostenne che la produzione del
calore naturale è più elevata in inverno che in estate. Nel 1467 si recò a Novara dal conte Gaspare
Vimercati, colpito da problemi respiratori e nel 1469 curò Rinaldo d'Este da
una gravissima malattia che lo colse durante una visita alla corte milanese.
Nel 1482 Giovanni Marliani raggiunse i vertici della propria carriera e prestò
le sue doti di medico a Federico I Gonzaga.
Giovanni Marliani morì nel 1483 e fu sepolto nella cappella milanese
della Marliani, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Le opere del Marliani furono oggetto di
studio da parte di Leonardo Da Vinci, che lo cita in diverse occasioni nel suo
Codice Atlantico. Ebbe tre figli: Paolo,
Gerolamo e Pietro Antonio, la discendenza del primo dei quali ottenne
all'inizio Professoreil titolo di conte di Busto Arsizio. Il nipote Luigi,
figlio del fratello Daniele, fu medico e Consigliere segreto di Ludovico il
Moro e di Massimiliano Sforza; divenne poi medico personale degli imperatori
Massimiliano I e Carlo V d'Asburgo e di Filippo I re di Spagna, per poi
diventare vescovo della diocesi di Tui, in Galizia. Opere: “Quaestio de caliditate corporum
humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi,” “Disputatio cum
Iohanne Arculano de diversis materiis ad philosophiam et medicinam
pertinentibus,” “Quaestio de proportione motuum in velocitate,” “Algebra
Algorismus de minutiis,” “De secta philosophorum,” “Probatio cuiusdam
sententiae,” “Calculatoris de motu locali.” Giovanni Marliani, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
marotta: Grice: “I like Marotta; the idea of a library for the Istituto
Italiano per gli studi filosofici’ at Via Monte di Dio, 11, is a geniality!” --
Gerardo Marotta (Napoli), filosofo. Si è laureato in giurisprudenza con il
massimo dei voti all'Università degli Studi di Napoli "Federico II",
presentando una tesi in filosofia del diritto dal titolo La concezione dello
Stato nel pensiero della filosofia tedesca e nella sinistra hegeliana. In seguito si è interessato presto di storia,
letteratura e filosofia, avvicinandosi dapprima all'Istituto Italiano per gli
Studi Storici fondato da Croce, poi fondando l'associazione Cultura Nuova che
diresse organizzando manifestazioni e conferenze rivolte ai giovani che
richiamarono tutte le più grandi personalità della cultura Italiana. Incoraggiato dagli auspici dell'allora
Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei Enrico Cerulli, della Sig.ra
Elena Croce, figlia del celebre filosofo, di Piovani e di Carratelli, fondò a
Napoli l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, del quale è stato
Presidente. Marotta ha donato, all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,
la propria biblioteca personale, con una dotazione di oltre 300.000 volumi
frutto di trent'anni di appassionata ricerca.
Il 25 gennaio è morto a Napoli
all'età di 89 anni a causa dell'aggravamento dei problemi respiratori che lo
avevano afflitto dopo un ricovero ospedaliero per una caduta. Premi e riconoscimenti Per i suoi importantissimi
apporti al mondo della filosofia e della cultura in generale ha avuto numerosi
riconoscimenti da centri di ricerca e di formazione di rilievo
internazionale. Ha vinto la sezione
Premio Speciale del Premio Cimitile nel 1999. Gli è stata conferita la laurea
ad honorem in Filosofia dall'Bielefeld, dall'Università Erasmus di Rotterdam,
dalla Sorbona di Parigi e dalla Seconda Napoli, e in Pedagogia dall'Università
degli Studi di Urbino. Ha ricevuto la Medaglia d'oro per i benemeriti della
cultura ed il Diploma d'onore del Parlamento europeo per l'opera svolta in
favore della cultura europea. All'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è
stato conferito, nell'aula magna dell'Roma, il Prix International pour la Paix.
Jacques Mühlethaler per l'attività svolta a favore della pace fra i popoli.
"Bidone d'Oro" per la cultura del Movimento artistico culturale
"Esasperatismo Logos & Bidone" , il 10 Ottobre 2008. Gaetano
Capaldo, È morto Gerardo Marotta, addio al fondatore dell’Istituto Studi
Filosofici, su Diario Partenopeo, 26 gennaio . 26 gennaio 26 gennaio ).
Yves Hersant (cur.), Al vero filosofo ogni terreno è patria : Hommage à
Gerardo Marotta, Les Belles Lettres, Paris 1996. Claudio Piga (cur.), Per
Gerardo Marotta. Scritti editi e inediti raccolti dagli amici di Gerardo
Marotta, Arte Tipografica, Napoli 1999. Registrazioni di Gerardo Marotta, su
RadioRadicale.it, Radio Radicale.
Biografia di Gerardo Marotta in Cinquantamila Giorni de Il Corriere
della Sera.
marramao: Grice: “Surely Marramao’s theory of time-relative identity is
more complex than Myro’s! (Myro never read Heidegeer and was proud of it, can
you believe it! He was born in Russia
and studied in the New World – so that’s understandable!” - Grice: “I like Marramao
– he has philosophised on many things, usually homoerotic: Kairos – the
opportune time – and its iconography, and Jesus against power –“ ++ marramao:
essential Italian philosopher. Giacomo Marramao (Catanzaro), filosofo. Allievo
di Eugenio Garin, nel 1969 si è laureato in Filosofia all'Firenze. Dal 1971 al
1975 ha proseguito gli studi all'Francoforte, lavorando soprattutto intorno ai
diversi filoni del marxismo italiano ed europeo. Nel 1971 ha pubblicato
Marxismo e revisionismo in Italia, rintracciando in Gentile la chiave di volta
filosofica del marxismo italiano. Dal 1976 al 1995 ha insegnato "Filosofia
della politica" e "Storia delle dottrine politiche" presso
l'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Nel 1979 è uscito il suo libro Il
politico e le trasformazioni, nel quale ha posto a confronto le tematiche del
marxismo europeo degli anni '20-30 con le analisi delle trasformazioni del
politico di Carl Schmitt (del cui pensiero egli è stato uno dei primi
riscopritori). A partire dal volume Potere e secolarizzazione (1983) è venuto
elaborando una teoria simbolica del potere (e del nesso politica-tempo)
incentrata sulla ricostruzione ‘archeologica' dei presupposti del razionalismo
occidentale. Fondamentali, nel dibattito
politico-culturale e filosofico degli anni Ottanta, le sue collaborazioni a due
riviste: Laboratorio politico (1981-1983) diretto da Mario Tronti e il Centauro
(1981-1986), diretto da Biagio de Giovanni.
È stato direttore scientifico della Fondazione Basso-Issoco, membro del
Collège International de Philosophie di Parigi e professore honoris causa
all'Bucarest. Nel 2005 la Presidenza della Repubblica francese gli ha conferito
l'onorificenza delle "Palmes Académiques". Nel 2009 ha ricevuto il
Premio internazionale di filosofia "Karl-Otto Apel" e nel il titolo di doctor honoris causa in
Filosofia dalla Universidad Nacionál de Córdoba (Argentina). Ha conseguito altri premi: Premio Pozzale
Luigi Russo a Passaggio a Occidente e Premio di filosofia "Viaggio a
Siracusa" a La passione del presente.
Insegna filosofia politica e filosofia teoretica presso il Dipartimento
di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università degli Studi Roma
Tre. Nel
è nominato professore emerito. Muovendo dallo studio del marxismo
italiano (Marxismo e revisionismo in Italia, Austromarxismo e socialismo di sinistra
fra le due guerre), ha analizzato le categorie politiche della modernità
(Potere e secolarizzazione, 1983), proponendone, in dialogo con i francofortesi
(Il politico e le trasformazioni, 1979) e con M. Weber (L'ordine disincantato,
1985), una ricostruzione simbolico-genealogica. Secondo questa lettura, che
riprende le ipotesi storico-filosofiche di Karl Löwith, nelle forme moderne di
organizzazione sociale si depositano significati che derivano da un processo di
secolarizzazione dei contenuti religiosi, ossia dalla riproposizione in
dimensione mondana dell'orizzonte simbolico cristiano. In particolare, la
secolarizzazione ha il suo centro in un processo di temporalizzazione della
storia, in virtù del quale le categorie del tempo (che traducono l'escatologia
cristiana in una generica apertura al futuro: progresso, rivoluzione,
liberazione, etc.) assumono centralità crescente nelle rappresentazioni
politiche. Su queste considerazioni, riprese anche in Dopo il Leviatano, Passaggio
a Occidente. Filosofia e globalizzazione, La passione del presente, Contro il
potere, si è innestata via via una tematizzazione esplicita del problema
filosofico della temporalità, che per molti aspetti anticipa sia le tesi oggi
in voga intorno alla "accelerazione" e al rapporto politica-velocità,
sia i temi dello spatial turn, della "svolta spaziale" contemporanea.
Contro le concezioni bergsoniana e heideggeriana, che delineano con sfumature
diverse una forma pura della temporalità, più originaria rispetto alle sue
rappresentazioni/spazializzazioni, argomenta l'inscindibilità del nesso
spazio-tempo e, richiamandosi tra l'altro alla fisica, riconduce la struttura
del tempo a un profilo aporetico e impuro, rispetto a cui la dimensione dello
spazio costituisce il riferimento formale per pensarne i paradossi. (Minima temporalia,
e Kairós. Apologia del tempo debito. Note Lectio magistralis del Prof. Giacomo Marramao
e consegna emeritato, su filosofiacomunicazionespettacolo.uniroma3.it,
Università degli Studi Roma Tre, 11 dicembre .
l'8 marzo 31 marzo ). Enciclopedia di filosofia, Garzanti libri,
Milano, 2004 ( 9788811505150); Benso S., Marramao's Kairós: The Space of “Our”
Time in the Time of Cosmic Disorientation, in “Human Studies”, anno 2008, n. 31
A. Baird, History and Kairos, in “History and Theory”, 50, Issue 1,
120–128. Figure del conflitto.
Studi in onore di Giacomo Marramao, a c. di A. Martinengo, Valter Casini
Editore, Roma 2006. D. Antiseri, S. Tagliabue, Storia della filosofia, 14: Filosofi italiani contemporanei,
Bompiani, Milano 2008, 328–339 (
9788845264474). Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Giacomo Marramao Opere di Giacomo Marramao,
. Registrazioni di Giacomo Marramao, su
RadioRadicale.it, Radio Radicale.
(selezione) , su host.uniroma3.it. Pagina personale nel sito
dell'Università degli Studi Roma Tre, su host.uniroma3.it. Video intervista a
Giacomo Marramao al Festival della Filosofia 2008, su asia.it.Luigi Speranza,
"Grice e Marrameo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
Italia.
martineau: English
philosopher of religion and ethical intuitionist. As a minister and a
professor, Martineau defended Unitarianism and opposed pantheism. In A Study of
Religion Martineau agreed with Kant that reality as we experience it is the
work of the mind, but he saw no reason to doubt his intuitive conviction that
the phenomenal world corresponds to a real world of enduring, causally related
objects. He believed that the only intelligible notion of causation is given by
willing and concluded that reality is the expression of a divine will that is
also the source of moral authority. In Types of Ethical Theory he claimed that
the fundamental fact of ethics is the human tendency to approve and disapprove
of the motives leading to voluntary actions, actions in which there are two
motives present to consciousness. After freely choosing one of the motives, the
agent can determine which action best expresses it. Since Martineau thought
that agents intuitively know through conscience which motive is higher, the
core of his ethical theory is a ranking of the thirteen principal motives, the
highest of which is reverence.
materia-forma
distinction, the -- forma: ideatumCicero was a bit at a loss when trying to
translate the Greek eidos or idea. For ‘eidos’ he had forma, but the Romans
seemed to have liked the sound of ‘idea,’ and Martianus Capella even coined
‘ideal,’ which Kant and Grice later used. idea, in the seventeenth and
eighteenth centuries, whatever is immediately before the mind when one thinks.
The notion of thinking was taken in a very broad sense; it included perception,
memory, and imagination, in addition to thinking narrowly construed. In
connection with perception, ideas were often (though not alwaysBerkeley is the
exception) held to be representational images, i.e., images of something. In
other contexts, ideas were taken to be concepts, such as the concept of a horse
or of an infinite quantity, though concepts of these sorts certainly do not
appear to be images. An innate idea was either a concept or a general truth,
such as ‘Equals added to equals yield equals’, that was allegedly not learned
but was in some sense always in the mind. Sometimes, as in Descartes, innate
ideas were taken to be cognitive capacities rather than concepts or general
truths, but these capacities, too, were held to be inborn. An adventitious
idea, either an image or a concept, was an idea accompanied by a judgment
concerning the non-mental cause of that idea. So, a visual image was an
adventitious idea provided one judged of that idea that it was caused by
something outside one’s mind, presumably by the object being seen. From Idea
Alston coined ‘ideationalism’ to refer to Grice’s theory. “Grice’s is an
ideationalist theory of meaning, drawn from Locke.”Alston calls Grice an ideationalist, and Grice takes it as a
term of abuse. Grice would occasionally use ‘mental.’ Short and Lewis have
"mens.” “terra corpus est, at mentis ignis est;” so too, “istic est de
sole sumptus; isque totus mentis est;”
f. from the root ‘men,’ whence ‘memini,’
and ‘comminiscor.’ Lewis and Short render ‘mens’ as ‘the mind,
disposition; the heart, soul.’ Lewis and Short have ‘commĭniscor,’
originally conminiscor ), mentus, from ‘miniscor,’ whence also ‘reminiscor,’
stem ‘men,’ whence ‘mens’ and ‘memini,’
cf. Varro, Lingua Latina 6, § 44. Lewis and Short render the verb as,
literally, ‘to ponder carefully, to reflect upon;’ ‘hence, as a result of
reflection; cf. 1. commentor, II.), to devise something by careful thought, to
contrive, invent, feign. Myro is perhaps unaware of the implicatura of ‘mental’
when he qualifies his -ism with ‘modest.’ Grice would seldom use mind (Grecian
nous) or mental (Grecian noetikos vs. æsthetikos). His sympathies go for more
over-arching Grecian terms like the very Aristotelian soul, the anima, i. e.
the psyche and the psychological. Grice discusses G. Myro’s essay, ‘In defence
of a modal mentalism,’ with attending commentary by R. Albritton and S. Cavell.
Grice himself would hardly use mental, mentalist, or mentalism himself, but
perhaps psychologism. Grice would use mental, on occasion, but his Grecianism
was deeply rooted, unlike Myro’s. At Clifton and under Hardie (let us recall he
came up to Oxford under a classics scholarship to enrol in the Lit. Hum.) he
knows that mental translates mentalis translates nous, only ONE part, one
third, actually, of the soul, and even then it may not include the ‘practical
rational’ one! Cf. below on ‘telementational.’
formalism: Cicero’s
translation for ‘idealism,’ or ideism -- the philosophical doctrine that
reality is somehow mind-correlative or mind-coordinatedthat the real objects
constituting the “external world” are not independent of cognizing minds, but
exist only as in some way correlative to mental operations. The doctrine
centers on the conception that reality as we understand it reflects the
workings of mind. Perhaps its most radical version is the ancient Oriental
spiritualistic or panpsychistic idea, renewed in Christian Science, that minds
and their thoughts are all there isthat reality is simply the sum total of the
visions (or dreams?) of one or more minds. A dispute has long raged within the
idealist camp over whether “the mind” at issue in such idealistic formulas was
a mind emplaced outside of or behind nature (absolute idealism), or a
nature-pervasive power of rationality of some sort (cosmic idealism), or the
collective impersonal social mind of people in general (social idealism), or
simply the distributive collection of individual minds (personal idealism).
Over the years, the less grandiose versions of the theory came increasingly to
the fore, and in recent times virtually all idealists have construed “the
minds” at issue in their theory as separate individual minds equipped with
socially engendered resources. There are certainly versions of idealism short
of the spiritualistic position of an ontological idealism that (as Kant puts it
at Prolegomena, section 13, n. 2) holds that “there are none but thinking
beings.” Idealism need certainly not go so far as to affirm that mind makes or
constitutes matter; it is quite enough to maintain (e.g.) that all of the
characterizing properties of physical existents resemble phenomenal sensory
properties in representing dispositions to affect mind-endowed creatures in a
certain sort of way, so that these properties have no standing without
reference to minds. Weaker still is an explanatory idealism which merely holds
that an adequate explanation of the real always requires some recourse to the
operations of mind. Historically, positions of the generally idealistic type
have been espoused by numerous thinkers. For example, Berkeley maintained that
“to be [real] is to be perceived” (esse est percipi). And while this does not
seem particularly plausible because of its inherent commitment to omniscience,
it seems more sensible to adopt “to be is to be perceivable” (esse est
percipile esse). For Berkeley, of course, this was a distinction without a
difference: if something is perceivable at all, then God perceives it. But if
we forgo philosophical reliance on God, the matter looks different, and pivots
on the question of what is perceivable for perceivers who are physically
realizable in “the real world,” so that physical existence could be seennot so
implausiblyas tantamount to observability-in-principle. The three positions to
the effect that real things just exactly are things as philosophy or as science
or as “common sense” takes them to bepositions generally designated as
Scholastic, scientific, and naive realism, respectivelyare in fact versions of
epistemic idealism exactly because they see reals as inherently knowable and do
not contemplate mind-transcendence for the real. Thus, the thesis of naive
(“commonsense”) realism that ‘External things exist exactly as we know them’
sounds realistic or idealistic according as one stresses the first three words
of the dictum or the last four. Any theory of natural teleology that regards
the real as explicable in terms of value could to this extent be counted as
idealistic, in that valuing is by nature a mental process. To be sure, the good
of a creature or species of creatures (e.g., their well-being or survival) need
not be something mind-represented. But nevertheless, goods count as such
precisely because if the creatures at issue could think about it, they would
adopt them as purposes. It is this circumstance that renders any sort of
teleological explanation at least conceptually idealistic in nature. Doctrines
of this sort have been the stock-in-trade of philosophy from the days of Plato
(think of the Socrates of the Phaedo) to those of Leibniz, with his insistence
that the real world must be the best possible. And this line of thought has
recently surfaced once more in the controversial “anthropic principle” espoused
by some theoretical physicists. Then too it is possible to contemplate a
position along the lines envisioned in Fichte’s Wissenschaftslehre (The Science
of Knowledge), which sees the ideal as providing the determining factor for the
real. On such a view, the real is not characterized by the science we actually
have but by the ideal science that is the telos of our scientific efforts. On
this approach, which Wilhelm Wundt characterized as “ideal-realism”
(Idealrealismus; see his Logik, 1, 2d
ed., 1895), the knowledge that achieves adequation to the real idea, clear and
distinct idealism (adaequatio ad rem) by adequately characterizing the true
facts in scientific matters is not the knowledge actually afforded by
present-day science, but only that of an ideal or perfected science. Over the
years, many objections to idealism have been advanced. Samuel Johnson thought
to refute Berkeley’s phenomenalism by kicking a stone. He conveniently forgot
that Berkeley goes to great lengths to provide for stoneseven to the point of
invoking the aid of God on their behalf. Moore pointed to the human hand as an
undeniably mind-external material object. He overlooked that, gesticulate as he
would, he would do no more than induce people to accept the presence of a hand
on the basis of the handorientation of their experience. Peirce’s “Harvard
Experiment” of letting go of a stone held aloft was supposed to establish
Scholastic realism because his audience could not control their expectation of
the stone’s falling to earth. But an uncontrollable expectation is still an
expectation, and the realism at issue is no more than a realistic
thought-exposure. Kant’s famous “Refutation of Idealism” argues that our
conception of ourselves as mindendowed beings presupposes material objects because
we view our mind-endowed selves as existing in an objective temporal order, and
such an order requires the existence of periodic physical processes (clocks,
pendula, planetary regularities) for its establishment. At most, however, this
argument succeeds in showing that such physical processes have to be assumed by
minds, the issue of their actual mind-independent existence remaining
unaddressed. (Kantian realism is an intraexperiential “empirical” realism.) It
is sometimes said that idealism confuses objects with our knowledge of them and
conflates the real with our thought about it. But this charge misses the point.
The only reality with which we inquirers can have any cognitive commerce is
reality as we conceive it to be. Our only information about reality is via the
operation of mindour only cognitive access to reality is through the mediation
of mind-devised models of it. Perhaps the most common objection to idealism
turns on the supposed mind-independence of the real: “Surely things in nature
would remain substantially unchanged if there were no minds.” This is perfectly
plausible in one sense, namely the causal onewhich is why causal idealism has
its problems. But it is certainly not true conceptually. The objector has to
specify just exactly what would remain the same. “Surely roses would smell just
as sweet in a minddenuded world!” Well . . . yes and no. To be sure, the
absence of minds would not change roses. But roses and rose fragrance and
sweetnessand even the size of rosesare all factors whose determination hinges
on such mental operations as smelling, scanning, measuring, and the like.
Mind-requiring processes are needed for something in the world to be
discriminated as a rose and determined to bear certain features.
Identification, classification, property attribution are all required and by
their very nature are all mental operations. To be sure, the role of mind is
here hypothetical. (“If certain interactions with duly constituted observers
took place, then certain outcomes would be noted.”) But the fact remains that
nothing could be discriminated or characterized as a rose in a context where
the prospect of performing suitable mental operations (measuring, smelling,
etc.) is not presupposed. Perhaps the strongest argument favoring idealism is that
any characterization of the real that we can devise is bound to be a
mind-constructed one: our only access to information about what the real is is
through the mediation of mind. What seems right about idealism is inherent in
the fact that in investigating the real we are clearly constrained to use our
own concepts to address our own issuesthat we can learn about the real only in
our own terms of reference. But what seems right about realism is that the
answers to the questions we put to the real are provided by reality
itselfwhatever the answers may be, they are substantially what they are because
it is reality itself that determines them to be that way. -- idealism,
Critical. . materia et forma. Materia-forma
distinction, the: One
of Grice’s twelve labours is against Materialism -- Cicero’s translation of
hyle, ancient Greek term for matter. Aristotle brought the word into use in
philosophy by contrast with the term for form, and as designating one of the
four causes. By hyle Aristotle usually means ‘that out of which something has
been made’, but he can also mean by it ‘that which has form’. In Aristotelian
philosophy hyle is sometimes also identified with potentiality and with
substrate. Neoplatonists identified hyle with the receptacle of Plato. Materia-forma distinction, the forma:
Grice always found ‘logical form’ redundant (“Surely we are not into
‘matter’that would be cheap!”)“‘materia-forma’ is the unity, as the Grecians
well knew.”- hylomorphism, the doctrine, first taught by Aristotle, that concrete
substance consists of form in matter (hyle). The details of this theory are
explored in the central books of Aristotle’s Metaphysics (Zeta, Eta, and
Theta). Materia-forma
distinction, the. Then there’s hylozoism: from Greek hyle, ‘matter’, and zoe, ‘life’),
the doctrine that matter is intrinsically alive, or that all bodies, from the
world as a whole down to the smallest corpuscle, have some degree or some kind
of life. It differs from panpsychism though the distinction is sometimes
blurredin upholding the universal presence of life per se, rather than of soul
or of psychic attributes. Inasmuch as it may also hold that there are no living
entities not constituted of matter, hylozoism is often criticized by theistic
philosophers as a form of atheism. The term was introduced polemically by Ralph
Cudworth, the seventeenth-century Cambridge Platonist, to help define a
position that is significantly in contrast to soul–body dualism (Pythagoras,
Plato, Descartes), reductive materialism (Democritus, Hobbes), and Aristotelian
hylomorphism. So understood, hylozoism had many advocates in the eighteenth and
nineteenth centuries, among both scientists and naturalistically minded
philosophers. In the twentieth century, the term has come to be used, rather
unhelpfully, to characterize the animistic and naive-vitalist views of the
early Greek philosophers, especially Thales, Anaximenes, Heraclitus, and
Empedocleswho could hardly count as hylozoists in Cudworth’s sophisticated
sense. If anything
characterizes ‘analytic’ philosophy, then it is presumably the emphasis placed
on analysis. But as history shows, there is a wide range of conceptions of
analysis, so such a characterization says nothing that would distinguish
analytic philosophy from much of what has either preceded or developed
alongside it. Given that the decompositional conception is usually offered
as the main conception, it might be thought that it is this that characterizes
analytic philosophy, even Oxonian 'informalists' like Strawson.But this conception
was prevalent in the early modern period, shared by both the British
Empiricists and Leibniz, for example. Given that Kant denied the
importance of de-compositional analysis, however, it might be suggested that
what characterizes analytic philosophy is the value it places on such
analysis. This might be true of G. E. Moore's early work, and of one
strand within analytic philosophy; but it is not generally true. What
characterizes analytic philosophy as it was founded by Frege and Russell is the
role played by logical analysis, which depended on the development of modern
logic. Although other and subsequent forms of analysis, such as
'linguistic' analysis, were less wedded to systems of FORMAL logic, the central
insight motivating logical analysis remained. Pappus's account of
method in ancient Greek geometry suggests that the regressive conception of
analysis was dominant at the time — however much other conceptions may also
have been implicitly involved.In the early modern period, the decompositional
conception became widespread.What characterizes analytic philosophy—or at least
that central strand that originates in the work of Frege and Russell—is the
recognition of what was called earlier the transformative or interpretive
dimension of analysis.Any analysis presupposes a particular framework of
interpretation, and work is done in interpreting what we are seeking to analyze
as part of the process of regression and decomposition. This may involve
transforming it in some way, in order for the resources of a given theory or
conceptual framework to be brought to bear. Euclidean geometry provides a
good illustration of this. But it is even more obvious in the case of
analytic geometry, where the geometrical problem is first ‘translated’ into the
language of algebra and arithmetic in order to solve it more easily.What
Descartes and Fermat did for analytic geometry, Frege and Russell did for
analytic PHILOSOPHY. Analytic philosophy is ‘analytic’ much more in the
way that analytic geometry (as Fermat's and Descartes's) is ‘analytic’ than in
the crude decompositional sense that Kant understood it. The
interpretive dimension of philosophical analysis can also be seen as
anticipated in medieval scholasticism and it is remarkable just how much of
modern concerns with propositions, meaning, reference, and so on, can be found
in the medieval literature. Interpretive analysis is also illustrated in
the nineteenth century by Bentham's conception of paraphrasis, which he
characterized as "that sort of exposition which may be afforded by
transmuting into a proposition, having for its subject some real entity, a
proposition which has not for its subject any other than a fictitious
entity." Bentham, a palaeo-Griceian, applies the idea in ‘analyzing
away’ talk of ‘obligations’, and the anticipation that we can see here of
Russell's theory of descriptions has been noted by, among others, Wisdom and
Quine in ‘Five Milestones of Empiricism.'vide: Wisdom on Bentham as
palaeo-Griceian.What was crucial in analytic philosophy, however, was the
development of quantificational theory, which provided a far more powerful
interpretive system than anything that had hitherto been available. In the
case of Frege and Russell, the system into which statements were ‘translated’
was predicate calculus, and the divergence that was thereby opened up between
the 'matter' and the logical 'form' meant that the process of 'translation' (or
logical construction or deconstruction) itself became an issue of philosophical
concern. This induced greater self-consciousness about our use of language
and its potential to mislead us (the infamous implicaturums, which are neither
matter nor form -- they are IMPLICATED matter, and the philosopher may want to
arrive at some IMPLICATED form -- as 'the'), and inevitably raised semantic,
epistemological and metaphysical questions about the relationships between
language, logic, thought and reality which have been at the core of analytic
philosophy ever since. Both Frege and Russell (after the latter's
initial flirtation with then fashionable Hegelian Oxonian idealism -- "We
were all Hegelians then") were concerned to show, against Kant, that
arithmetic (or number theory, from Greek 'arithmos,' number -- if not geometry)
is a system of analytic and not synthetic truths, as Kant misthought. In
the Grundlagen, Frege offers a revised conception of analyticity, which
arguably endorses and generalizes Kant's logical as opposed to phenomenological
criterion, i.e., (ANL) rather than (ANO) (see the supplementary section on
Kant): (AN) A truth is analytic if its proof depends only on
general logical laws and definitions. The question of whether arithmetical
truths are analytic then comes down to the question of whether they can be
derived purely logically. This was the failure of Ramsey's logicist
project.Here we already have ‘transformation’, at the theoretical level —
involving a reinterpretation of the concept of analyticity.To demonstrate this,
Frege realized that he needed to develop logical theory in order to 'FORMALISE'
a mathematical statements, which typically involve multiple generality or
multiple quantification -- alla "The altogether nice girl loves the
one-at-at-a-time sailor" (e.g., ‘Every natural number has a
successor’, i.e. ‘For every natural number x there is another natural number y
that is the successor of x’). This development, by extending the use of
function-argument analysis in mathematics to logic and providing a notation for
quantification, is essentially the achievement of his Begriffsschrift,
where he not only created the first system of predicate calculus but also,
using it, succeeded in giving a logical analysis of mathematical induction (see
Frege FR, 47-78). In Die Grundlagen der Arithmetik, Frege goes on to
provide a logical analysis of number statements (as in "Mary had two
little lambs; therefore she has one little lamb" -- "Mary has a
little lamb" -- "Mary has at least one lamb and at most one
lamb"). Frege's central idea is
that a number statement contains an assertion about a 'concept.'A statement
such as Jupiter has four moons.is to be understood NOT as *predicating* of
*Jupiter* the property of having four moons, but as predicating of the
'concept' "moon of Jupiter" the second-level property " ... has
at least and at most four instances," which can be logically
defined. The significance of this construal can be brought out by
considering negative existential statements (which are equivalent to number
statements involving "0"). Take the following negative
existential statement: Unicorns do not exist. Or
Grice's"Pegasus does not exist.""A flying horse does not
exist."If we attempt to analyze this decompositionally, taking the
'matter' to leads us to the 'form,' which as philosophers, is all we care for,
we find ourselves asking what these unicorns or this flying horse called
Pegasus are that have the property of non-existence!Martin, to provoke Quine,
called his cat 'Pegasus.'For Quine, x is Pegasus if x Pegasus-ises (Quine, to
abbreviate, speaks of 'pegasise,' which is "a solicism, at Oxford."We
may then be forced to posit the Meinongian subsistence — as opposed to
existence — of a unicorn -- cf. Warnock on 'Tigers exist' in "Metaphysics
in Logic" -- just as Meinong (in his ontological jungle, as Grice calls
it) and Russell did ('the author of Waverley does not exist -- he was invented
by the literary society"), in order for there to be something that is the
subject of our statement. On the Fregean account, however, to deny that something exists is
to say that the corresponding concept has no instance -- it is not possible to
apply 'substitutional quantification.' (This leads to the paradox of
extensionalism, as Grice notes, in that all void predicates refer to the empty
set). There is no need to posit any mysterious object, unless like Locke,
we proceed empirically with complex ideas (that of a unicorn, or flying horse)
as simple ideas (horse, winged). The Fregean analysis of (0a) consists in
rephrasing it into (0b), which can then be readily FORMALISED as(0b) The
concept unicorn is not instantiated. (0c) ~(∃x) Fx. Similarly, to say that God
exists is to say that the concept God is (uniquely) instantiated, i.e., to deny
that the concept has 0 instances (or 2 or more instances). This is
actually Russell's example ("What does it mean that (Ex)God?")But cf.
Pears and Thomson, two collaborators with Grice in the reprint of an old
Aristotelian symposium, "Is existence a predicate?"On this view,
existence is no longer seen as a (first-level) predicate, but instead,
existential statements are analyzed in terms of the (second-level) predicate is
instantiated, represented by means of the existential quantifier. As Frege
notes, this offers a neat diagnosis of what is wrong with the ontological
argument, at least in its traditional form (GL, §53). All the problems
that arise if we try to apply decompositional analysis (at least straight off)
simply drop away, although an account is still needed, of course, of concepts
and quantifiers. The possibilities that this strategy of
‘translating’ 'MATTER' into 'FORM' opens up are enormous.We are no longer
forced to treat the 'MATTER' of a statement as a guide to 'FORM', and are
provided with a means of representing that form. This is the value of
logical analysis.It allows us to ‘analyze away’ problematic linguistic MATERIAL
or matter-expressions and explain what it is going on at the level of the FORM,
not the MATTERGrice calls this 'hylemorphism,' granting "it is confusing
in that we are talking 'eidos,' not 'morphe'." This strategy was employed,
most famously, in Russell's theory of descriptions (on 'the' and 'some') which
was a major motivation behind the ideas of Wittgenstein's Tractatus.SeeGrice,
"Definite descriptions in Russell and in the vernacular"Although
subsequent philosophers were to question the assumption that there could ever
be a definitive logical analysis of a given statement, the idea that this or
that 'material' expression may be systematically misleading has
remained. To illustrate this, consider the following examples from
Ryle's essay ‘Systematically Misleading Expressions’:
(Ua) Unpunctuality is reprehensible.Or from Grice's and Strawson's
seminar on Aristotle's Categories:Smith's disinteresteness and altruism are in
the other room.Banbury is an egoism. Egoism is reprehensible Banbury is
malevolent. Malevolence is rephrensible. Banbury is an altruism. Altruism and
cooperativeness are commendable. In terms of second-order predicate calculus.
If Banbury is altruist, Banbury is commendable. (Ta) Banbury hates
(the thought of) going to hospital. Ray Noble loves the very thought
of you. In each case, we might be tempted to make unnecessary 'reification,' or
subjectification, as Grice prefers (mocking 'nominalisation' -- a category
shift) taking ‘unpunctuality’ and ‘the thought of going to hospital’ as referring
to a thing, or more specifically a 'prote ousia,' or spatio-temporal
continuant. It is because of this that Ryle describes such expressions as
‘systematically misleading’. As Ryle later told Grice, "I would have
used 'implicaturally misleading,' but you hadn't yet coined the thing!"
(Ua) and (Ta) must therefore be rephrased: (Ub) Whoever is
unpunctual deserves that other people should reprove him for being
unpunctual. Although Grice might say that it is one harmless thing to reprove
'interestedness' and another thing to recommend BANBURY himself, not his
disinterestedness. (Tb) Jones feels distressed when he thinks of what he will
undergo IF he goes to hospital. Or in more behaviouristic terms: The
dog salivates when he salivates that he will be given food.(Ryle avoided
'thinking' like the rats). In this or that FORM of the MATTER, there is no
overt talk at all of ‘unpunctuality’ or ‘thoughts’, and hence nothing to tempt
us to posit the existence of any corresponding entities. The problems that
otherwise arise have thus been ‘analyzed away’. At the time that he
wrote ‘Systematically Misleading Expressions’, Ryle too, assumed that every
statement has a form -- even Sraffa's gesture has a form -- that was to be
exhibited correctly.But when he gave up this assumption (and call himself and
Strawson 'informalist') he did not give up the motivating idea of conceptual
analysis—to show what is wrong with misleading expressions. In The Concept
of Mind Ryle sought to explain what he called the ‘category-mistake’ involved
in talk of the mind as a kind of ‘Ghost in the Machine’. "I was so
fascinated with this idea that when they offered me the editorship of
"Mind," on our first board meeting I proposed we changed the name of
the publication to "Ghost." They objected, with a smile."Ryle's
aim is to “'rectify' the conceptual geography or botany of the knowledge which
we already possess," an idea that was to lead to the articulation of
connective rather than 'reductive,' alla Grice, if not reductionist, alla
Churchland, conceptions of analysis, the emphasis being placed on elucidating
the relationships BETWEEN this or that concepts without assuming that there is
a privileged set of intrinsically basic or prior concepts (v. Oxford Linguistic
Philosophy). For Grice, surely 'intend' is prior to 'mean,' and
'utterer' is prior to 'expression'. Yet he is no reductionist. In
"Negation," introspection and incompatibility are prior to 'not.'In
"Personal identity," memory is prior to 'self.'Etc. Vide, Grice,
"Conceptual analysis and the defensible province of philosophy."Ryle
says, "You might say that if it's knowledge it cannot be rectified, but
this is Oxford! Everything is rectifiable!" What these varieties of
conceptual analysis suggest, then, is that what characterizes analysis in
analytic philosophy is something far richer than the mere ‘de-composition’ of a
concept into its ‘constituents’. Although reductive is surely a
necessity.The alternative is to take the concept as a 'theoretical' thing
introduced by Ramseyfied description in this law of this theory.For things
which are a matter of intuition, like all the concepts Grice has philosophical
intuitions for, you cannot apply the theory-theory model. You need the
'reductive analysis.' And the analysis NEEDS to be 'reductive' if it's to be
analysis at all! But this is not to say that the decompositional conception of
analysis plays no role at all. It can be found in Moore, for example.It
might also be seen as reflected in the approach to the analysis of concepts
that seeks to specify the necessary and sufficient conditions for their correct
employment, as in Grice's infamous account of 'mean' for which he lists
Urmson and Strawson as challenging the sufficiency, and himself as challenging
the necessity! Conceptual analysis in this way goes back to the Socrates
of Plato's early dialogues -- and Grice thought himself an English Socrates --
and Oxonian dialectic as Athenian dialectic-- "Even if I never saw him
bothering people with boring philosophical puzzles."But it arguably reached
its heyday with Grice.The definition of ‘knowledge’ as ‘justified true belief’
is perhaps the second most infamous example; and this definition was criticised
in Gettier's classic essay -- and again by Grice in the section on the causal
theory of 'know' in WoW -- Way of Words.The specification of necessary and
sufficient conditions may no longer be seen as the primary aim of conceptual
analysis, especially in the case of philosophical concepts such as ‘knowledge’,
which are fiercely contested.But consideration of such conditions remains a
useful tool in the analytic philosopher's toolbag, along with the implicaturum,
what Grice called his "new shining tool" "even if it comes with
a new shining skid!"The use of ‘logical form,’ as Grice
and Strawson note, tends to be otiose. They sometimes just use ‘form.’ It’s
different from the ‘syntactic matter’ of the expression. Matter is strictly
what Ammonius uses to translate ‘hyle’ as applied to this case. When Aristotle
in Anal. Pr. Uses variable letters that’s the forma or eidos; when he doesn’t
(and retreats to ‘homo’, etc.) he is into ‘hyle,’ or ‘materia.’ What other form
is there? Grammatical? Surface versus deep structure? God knows. It’s not even
clear with Witters! Grice at least has a theory. You draw a skull to
communicate there is danger. So you are concerned with the logical form of
“there is danger.” An exploration on logical form can start and SHOULD INCLUDE
what Grice calls the ‘one-off predicament,” of an open GAIIB.” To use
Carruthers’s example and Blackburn: You draw an arrow to have your followers
choose one way on the fork of the road. The logical form is that of the
communicatum. The emissor means that his follower should follow the left path.
What is the logical form of this? It may be said that “p” has a simplex logical
form, the A is Bpredicate calculus, or ‘predicative’ calculus, as Starwson more
traditionally puts it! Then there is molecular complex logical form with
‘negation,’ ‘and’, ‘or’, and ‘if.’. you can’t put it in symbols, it’s not worth
saying. Oh, no, if you can put it in symbols, it’s not worth saying. Grice
loved the adage, “quod per litteras demonstrare volumus, universaliter
demonstramus.” material
adequacy, the property that belongs to a formal definition of a concept when
that definition characterizes or “captures” the extension (or material) of the
concept. Intuitively, a formal definition of a concept is materially adequate
if and only if it is neither too broad nor too narrow. Tarski advanced the
state of philosophical semantics by discovering the criterion of material
adequacy of truth definitions contained in his convention T. Material adequacy
contrasts with analytic adequacy, which belongs to definitions that provide a
faithful analysis. Defining an integer to be even if and only if it is the
product of two consecutive integers would be materially adequate but not
analytically adequate, whereas defining an integer to be even if and only if it
is a multiple of 2 would be both materially and analytically adequate. materia/forma distinction, materia-inmateria
distinction --: immaterialism, Materia-forma -- formale/informale
distinction: informal logic: Grice preferred ‘material’ logic“What Strawson
means by ‘informal logic’ is best expressed by ‘ordinary-language logic,’ drawing
on Bergmann’s distinction between the ordinary and the ideal.” Also called
practical logic, the use of logic to identify, analyze, and evaluate arguments
as they occur in contexts of discourse in everyday conversations. In informal
logic, arguments are assessed on a case-by-case basis, relative to how the
argument was used in a given context to persuade someone to accept the
conclusion, or at least to give some reason relevant to accepting the
conclusion. One of Grice’s twelve labours is with Materialism. Immaterialism is
the view that objects are best characterized as mere collections of qualities:
“a certain colour, taste, smell, figure and consistence having been observed to
go together, are accounted one distinct thing, signified by the name apple” (Berkeley,
Principles, 1). So construed, immaterialism anticipates by some two hundred
years a doctrine defended in the early twentieth century by Russell. The
negative side of the doctrine comes in the denial of material substance or
matter. Some philosophers had held that ordinary objects are individual
material substances in which qualities inhere. The account is mistaken because,
according to immaterialism, there is no such thing as material substance, and
so qualities do not inhere in it. Immaterialism should not be confused with
Berkeley’s idealism. The latter, but not the former, implies that objects and
their qualities exist if and only if they are perceived. materia-forma distinction, the: forma: form, in metaphysics,
especially Plato’s and Aristotle’s, the structure or essence of a thing as
contrasted with its matter. Plato’s theory of Forms is a realistic ontology of
universals. In his elenchus, Socrates sought what is common to, e.g., all chairs.
Plato believed there must be an essence
or Form common to everything
falling under one concept, which makes anything what it is. A chair is a chair
because it “participates in” the Form of Chair. The Forms are ideal “patterns,”
unchanging, timeless, and perfect. They exist in a world of their own cf. the
Kantian noumenal realm. Plato speaks of them as self-predicating: the Form of
Beauty is perfectly beautiful. This led, as he realized, to the Third Man
argument that there must be an infinite number of Forms. The only true
understanding is of the Forms. This we attain through anamnesis,
“recollection.” 2 Aristotle agreed that forms are closely tied to
intelligibility, but denied their separate existence. Aristotle explains change
and generation through a distinction between the form and matter of substances.
A lump of bronze matter becomes a statue through its being molded into a
certain shape form. In his earlier metaphysics, Aristotle identified primary
substance with the composite of matter and form, e.g. Socrates. Later, he
suggests that primary substance is form
what makes Socrates what he is the form here is his soul. This notion of
forms as essences has obvious similarities with the Platonic view. They became
the “substantial forms” of Scholasticism, accepted until the seventeenth
century. Kant saw form as the a priori aspect of experience. We are presented
with phenomenological “matter,” which has no meaning until the mind imposes
some form upon it. Grice finds the ‘logical’ in ‘logical form’ otiose. “Unless
we contrast it with logical matter.” Refs.: Grice, “Form: logical and other.” A
formal fallacy is an invalid inference pattern that is described in terms of a
formal logic. There are three main cases: 1 an invalid or otherwise
unacceptable argument identified solely by its form or structure, with no
reference to the content of the premises and conclusion such as equivocation or
to other features, generally of a pragmatic character, of the argumentative
discourse such as unsuitability of the argument for the purposes for which it
is given, failure to satisfy inductive standards for acceptable argument, etc.;
the latter conditions of argument evaluation fall into the purview of informal
fallacy; 2 a formal rule of inference, or an argument form, that is not valid
in the logical system on which the evaluation is made, instances of which are
sufficiently frequent, familiar, or deceptive to merit giving a name to the
rule or form; ad 3 an argument that is an instance of a fallacious rule of
inference or of a fallacious argument form and that is not itself valid. The
criterion of satisfactory argument typically taken as relevant in discussing
formal fallacies is validity. In this regard, it is important to observe that
rules of inference and argument forms that are not valid may have instances
which may be another rule or argument form, or may be a specific argument that
are valid. Thus, whereas the argument form i P, Q; therefore R a form that
every argument, including every valid argument, consisting of two premises
shares is not valid, the argument form ii, obtained from i by substituting
P&Q for R, is a valid instance of i: ii P, Q; therefore P&Q. Since ii
is not invalid, ii is not a formal fallacy though it is an instance of i. Thus,
some instances of formally fallacious rules of inference or argument-forms may
be valid and therefore not be formal fallacies. Examples of formal fallacies
follow below, presented according to the system of logic appropriate to the
level of description of the fallacy. There are no standard names for some of
the fallacies listed below. Fallacies of sentential propositional logic.
Affirming the consequent: If p then q; q / ‘If Richard had his nephews
murdered, then Richard was an evil man; Richard was an evil man. Therefore,
Richard had his nephews murdered.’ Denying the antecedent: If p then q; not-p /
, not-q. ‘If North was found guilty by the courts, then North committed the
crimes charged of him; North was not found guilty by the courts. Therefore,
North did not commit the crimes charged of him.’ Commutation of conditionals:
If p then q / , If q then p. ‘If Reagan was a great leader, then so was
Thatcher. Therefore, if Thatcher was a great leader, then so was Reagan.”
Improper transposition: If p then q / , If not-p then not-q. ‘If the nations of
the Middle East disarm, there will be peace in the region. Therefore, if the
nations of the Middle East do not disarm, there will not be peace in the
region.’ Improper disjunctive syllogism affirming one disjunct: p or q; p / ,, not-q.
‘Either John is an alderman or a ward committeeman; John is an alderman.
Therefore, John is not a ward committeeman.’ This rule of inference would be
valid if ‘or’ were interpreted exclusively, where ‘p or EXq’ is true if exactly
one constituent is true and is false otherwise. In standard systems of logic,
however, ‘or’ is interpreted inclusively. Fallacies of syllogistic logic.
Fallacies of distribution where M is the middle term, P is the major term, and
S is the minor term. Undistributed middle term: the middle term is not
distributed in either premise roughly, nothing is said of all members of the
class it designates, as in form, grammatical formal fallacy 316 316 Some P are M ‘Some politicians are
crooks. Some M are S Some crooks are thieves. ,Some S are P. ,Some politicians
are thieves.’ Illicit major undistributed major term: the major term is
distributed in the conclusion but not in the major premise, as in All M are P
‘All radicals are communists. No S are M No socialists are radicals. ,Some S
are ,Some socialists are not not P. communists.’ Illicit minor undistributed
minor term: the minor term is distributed in the conclusion but not in the
minor premise, as in All P are M ‘All neo-Nazis are radicals. All M are S All
radicals are terrorists. ,All S are P. ,All terrorists are neoNazis.’ Fallacies
of negation. Two negative premises exclusive premises: the syllogism has two
negative premises, as in No M are P ‘No racist is just. Some M are not S Some
racists are not police. ,Some S are not P. ,Some police are not just. Illicit
negative/affirmative: the syllogism has a negative premise conclusion but no
negative conclusion premise, as in All M are P ‘All liars are deceivers. Some M
are not S Some liars are not aldermen. ,Some S are P. ,Some aldermen are
deceivers.’ and All P are M ‘All vampires are monsters. All M are S All
monsters are creatures. ,Some S are not P. ,Some creatures are not vampires.’
Fallacy of existential import: the syllogism has two universal premises and a
particular conclusion, as in All P are M ‘All horses are animals. No S are M No
unicorns are animals. ,Some S are not P. ,Some unicorns are not horses.’ A
syllogism can commit more than one fallacy. For example, the syllogism Some P
are M Some M are S ,No S are P commits the fallacies of undistributed middle,
illicit minor, illicit major, and illicit negative/affirmative. Fallacies of
predicate logic. Illicit quantifier shift: inferring from a universally
quantified existential proposition to an existentially quantified universal
proposition, as in Ex Dy Fxy / , Dy Ex Fxy ‘Everyone is irrational at some time
or other /, At some time, everyone is irrational.’ Some are/some are not
unwarranted contrast: inferring from ‘Some S are P’ that ‘Some S are not P’ or
inferring from ‘Some S are not P’ that ‘Some S are P’, as in Dx Sx & Px / ,
Dx Sx & -Px ‘Some people are left-handed / , Some people are not
left-handed.’ Illicit substitution of identicals: where f is an opaque oblique
context and a and b are singular terms, to infer from fa; a = b / , fb, as in
‘The Inspector believes Hyde is Hyde; Hyde is Jekyll / , The Inspector believes
Hyde is Jekyll.’ Forma gives rise to
formalism (or the formalists), which Grice contrasts with Ryle and Strawson’s informalism
(the informalists). Formalism is described by Grice as the the view that
mathematics concerns manipulations of symbols according to prescribed
structural rules. It is cousin to nominalism, the older and more general
metaphysical view that denies the existence of all abstract objects and is
often contrasted with Platonism, which takes mathematics to be the study of a
special class of non-linguistic, non-mental objects, and intuitionism, which
takes it to be the study of certain mental constructions. In sophisticated
versions, mathematical activity can comprise the study of possible formal
manipulations within a system as well as the manipulations themselves, and the
“symbols” need not be regarded as either linguistic or concrete. Formalism is
often associated with the mathematician formalism formalism 317 317 David Hilbert. But Hilbert held that the
“finitary” part of mathematics, including, for example, simple truths of
arithmetic, describes indubitable facts about real objects and that the “ideal”
objects that feature elsewhere in mathematics are introduced to facilitate
research about the real objects. Hilbert’s formalism is the view that the
foundations of mathematics can be secured by proving the consistency of formal
systems to which mathematical theories are reduced. Gödel’s two incompleteness
theorems establish important limitations on the success of such a project. And
then there’s “formalization,” an abstract representation of a theory that must
satisfy requirements sharper than those imposed on the structure of theories by
the axiomatic-deductive method. That method can be traced back to Euclid’s
Elements. The crucial additional requirement is the regimentation of
inferential steps in proofs: not only do axioms have to be given in advance,
but the rules representing argumentative steps must also be taken from a
predetermined list. To avoid a regress in the definition of proof and to
achieve intersubjectivity on a minimal basis, the rules are to be “formal” or
“mechanical” and must take into account only the form of statements. Thus, to
exclude any ambiguity, a precise and effectively described language is needed
to formalize particular theories. The general kind of requirements was clear to
Aristotle and explicit in Leibniz; but it was only Frege who, in his
Begriffsschrift 1879, presented, in addition to an expressively rich language
with relations and quantifiers, an adequate logical calculus. Indeed, Frege’s
calculus, when restricted to the language of predicate logic, turned out to be
semantically complete. He provided for the first time the means to formalize
mathematical proofs. Frege pursued a clear philosophical aim, namely, to
recognize the “epistemological nature” of theorems. In the introduction to his
Grundgesetze der Arithmetik 3, Frege wrote: “By insisting that the chains of
inference do not have any gaps we succeed in bringing to light every axiom,
assumption, hypothesis or whatever else you want to call it on which a proof
rests; in this way we obtain a basis for judging the epistemological nature of
the theorem.” The Fregean frame was used in the later development of
mathematical logic, in particular, in proof theory. Gödel established through
his incompleteness theorems fundamental limits of formalizations of particular
theories, like the system of Principia Mathematica or axiomatic set theories.
The general notion of formal theory emerged from the subsequent investigations
of Church and Turing clarifying the concept of ‘mechanical procedure’ or
‘algorithm.’ Only then was it possible to state and prove the incompleteness
theorems for all formal theories satisfying certain very basic representability
and derivability conditions. Gödel emphasized repeatedly that these results do
not establish “any bounds for the powers of human reason, but rather for the
potentialities of pure formalism in mathematics.” As Grice notes, to ormalize: narrowly
construed, to formulate a subject as a theory in first-order predicate logic;
broadly construed, to describe the essentials of the subject in some formal
language for which a notion of consequence is defined. For Hilbert, formalizing
mathematics requires at least that there be finite means of checking purported
proofs. The formalists speak of a
‘formal’ language, “but is it a language?”Grice. formal language: H. P. Grice,
“Bergmann on ideal language versus ordinary language,” a language in which an
expression’s grammaticality and interpretation if any are determined by
precisely defined rules that appeal only to the form or shape of the symbols
that constitute it rather than, for example, to the intention of the speaker.
It is usually understood that the rules are finite and effective so that there
is an algorithm for determining whether an expression is a formula and that the
grammatical expressions are uniquely readable, i.e., they are generated by the
rules in only one way. A paradigm example is the language of firstorder
predicate logic, deriving principally from the Begriffsschrift of Frege. The
grammatical formulas of this language can be delineated by an inductive
definition: 1 a capital letter ‘F’, ‘G’, or ‘H’, with or without a numerical
subscript, folformalism, aesthetic formal language 318 318 lowed by a string of lowercase letters
‘a’, ‘b’, or ‘c’, with or without numerical subscripts, is a formula; 2 if A is
a formula, so is -A; 3 if A and B are formulas, so are A & B, A P B, and A
7 B; 4 if A is a formula and v is a lowercase letter ‘x’, ‘y’, or ‘z’, with or
without numerical subscripts, then DvA' and EvA' are formulas where A' is
obtained by replacing one or more occurrences of some lowercase letter in A
together with its subscripts if any by v; 5 nothing is a formula unless it can
be shown to be one by finitely many applications of the clauses 14. The
definition uses the device of metalinguistic variables: clauses with ‘A’ and
‘B’ are to be regarded as abbreviations of all the clauses that would result by
replacing these letters uniformly by names of expressions. It also uses several
naming conventions: a string of symbols is named by enclosing it within single
quotes and also by replacing each symbol in the string by its name; the symbols
‘7’, ‘‘,’’, ‘&’, ‘P’, ‘-’ are considered names of themselves. The
interpretation of predicate logic is spelled out by a similar inductive
definition of truth in a model. With appropriate conventions and stipulations,
alternative definitions of formulas can be given that make expressions like ‘P
7 Q’ the names of formulas rather than formulas themselves. On this approach,
formulas need not be written symbols at all and form cannot be identified with
shape in any narrow sense. For Tarski, Carnap, and others a formal language
also included rules of “transformation” specifying when one expression can be
regarded as a consequence of others. Today it is more common to view the
language and its consequence relation as distinct. Formal languages are often
contrasted with natural languages, like English or Swahili. Richard Montague,
however, has tried to show that English is itself a formal language, whose
rules of grammar and interpretation are similar to though much more complex than predicate logic. Then there’s formal learnability theory, the
study of human language learning through explicit formal models typically
employing artifical languages and simplified learning strategies. The
fundamental problem is how a learner is able to arrive at a grammar of a
language on the basis of a finite sample of presented sentences and perhaps
other kinds of information as well. The seminal work is by E. Gold 7, who
showed, roughly, that learnability of certain types of grammars from the
Chomsky hierarchy by an unbiased learner required the presentation of
ungrammatical strings, identified as such, along with grammatical strings.
Recent studies have concentrated on other types of grammar e.g., generative transformational
grammars, modes of presentation, and assumptions about learning strategies in
an attempt to approximate the actual situation more closely. If Strawson and
Ryle are into ‘informal logic,’ Hilbert ’t. Formal logic, versus ‘material
logic,’ is the science of correct reasoning, going back to Aristotle’s Prior
Analytics, based upon the premise that the validity of an argument is a
function of its structure or logical form. The modern embodiment of formal
logic is symbolic mathematical logic. This is the study of valid inference in
artificial, precisely formulated languages, the grammatical structure of whose
sentences or well-formed formulas is intended to mirror, or be a regimentation
of, the logical forms of their natural language counterparts. These formal
languages can thus be viewed as mathematical models of fragments of natural
language. Like models generally, these models are idealizations, typically
leaving out of account such phenomena as vagueness, ambiguity, and tense. But
the idea underlying symbolic logic is that to the extent that they reflect
certain structural features of natural language arguments, the study of valid
inference in formal languages can yield insight into the workings of those
arguments. The standard course of study for anyone interested in symbolic logic
begins with the classical propositional calculus sentential calculus, or PC.
Here one constructs a theory of valid inference for a formal language built up
from a stock of propositional variables sentence letters and an expressively
complete set of connectives. In the propositional calculus, one is therefore
concerned with arguments whose validity turns upon the presence of two-valued
truth-functional sentence-forming operators on sentences such as classical
negation, conjunction, disjunction, and the like. The next step is the
predicate calculus lower functional calculus, first-order logic, elementary
quantification theory, the study of valid inference in first-order languages.
These are languages built up from an expressively complete set of connectives,
first-order universal or existential quantifiers, individual variables, names,
predicates relational symbols, and perhaps function symbols. Further, and more
specialized, work in symbolic logic might involve looking at fragments of the
language of the propositional or predicate calculus, changing the semantics
that the language is standardly given e.g., by allowing truth-value gaps or
more than two truth-values, further embellishing the language e.g., by adding
modal or other non-truth-functional connectives, or higher-order quantifiers,
or liberalizing the grammar or syntax of the language e.g., by permitting
infinitely long well-formed formulas. In some of these cases, of course,
symbolic logic remains only marginally connected with natural language
arguments as the interest shades off into one in formal languages for their own
sake, a mark of the most advanced work being done in formal logic today. Some philosophers (“me included”Grice) speak
of “formal semantics,” as opposed to Austin’s informal linguistic botanising --
the study of the interpretations of formal languages. A formal language can be
defined apart from any interpretation of it. This is done by specifying a set
of its symbols and a set of formation rules that determine which strings of
symbols are grammatical or well formed. When rules of inference transformation
rules are added and/or certain sentences are designated as axioms a logical
system also known as a logistic system is formed. An interpretation of a formal
language is roughly an assignment of meanings to its symbols and truth
conditions to its sentences. Typically a distinction is made between a standard
interpretation of a formal language and a non-standard interpretation. Consider
a formal language in which arithmetic is formulable. In addition to the symbols
of logic variables, quantifiers, brackets, and connectives, this language will
contain ‘0’, ‘!’, ‘•’, and ‘s’. A standard interpretation of it assigns the set
of natural numbers as the domain of discourse, zero to ‘0’, addition to ‘!’,
multiplication to ‘•’, and the successor function to ‘s’. Other standard
interpretations are isomorphic to the one just given. In particular, standard
interpretations are numeral-complete in that they correlate the numerals
one-to-one with the domain elements. A result due to Gödel and Rosser is that
there are universal quantifications xAx that are not deducible from the Peano
axioms if those axioms are consistent even though each An is provable. The
Peano axioms if consistent are true on each standard interpretation. Thus each
An is true on such an interpretation. Thus xAx is true on such an
interpretation since a standard interpretation is numeral-complete. However,
there are non-standard interpretations that do not correlate the numerals
one-to-one with domain elements. On some of these interpretations each An is
true but xAx is false. In constructing and interpreting a formal language we
use a language already known to us, say, English. English then becomes our metalanguage,
which we use to talk about the formal language, which is our object language.
Theorems proven within the object language must be distinguished from those
proven in the metalanguage. The latter are metatheorems. One goal of a
semantical theory of a formal language is to characterize the consequence
relation as expressed in that language and prove semantical metatheorems about
that relation. A sentence S is said to be a consequence of a set of sentences K
provided S is true on every interpretation on which each sentence in K is true.
This notion has to be kept distinct from the notion of deduction. The latter
concept can be defined only by reference to a logical system associated with a
formal language. Consequence, however, can be characterized independently of a
logical system, as was just done.
Materialism: one of the twelve labours of
H. P. Grice. d’Holbach, Paul-Henri-Dietrich, Baron, philosopher, a leading
materialist and prolific contributor to the Encyclopedia. He dharma d’Holbach,
Paul-Henri-Dietrich 231 231 was born in
the Rhenish Palatinate, settled in France at an early age, and read law at
Leiden. After inheriting an uncle’s wealth and title, he became a solicitor at
the Paris “Parlement” and a regular host of philosophical dinners attended by
the Encyclopedists and visitors of renown Gibbon, Hume, Smith, Sterne,
Priestley, Beccaria, Franklin. Knowledgeable in chemistry and mineralogy and
fluent in several languages, he tr. G. scientific works and English
anti-Christian pamphlets into . Basically, d’Holbach was a synthetic thinker,
powerful though not original, who systematized and radicalized Diderot’s
naturalism. Also drawing on Hobbes, Spinoza, Locke, Hume, Buffon, Helvétius,
and La Mettrie, his treatises were so irreligious and anticlerical that they
were published abroad anonymously or pseudonymously: Christianity Unveiled
1756, The Sacred Contagion 1768, Critical History of Jesus 1770, The Social
System 1773, and Universal Moral 1776. His masterpiece, the System of Nature
1770, a “Lucretian” compendium of eighteenth-century materialism, even shocked
Voltaire. D’Holbach derived everything from matter and motion, and upheld
universal necessity. The self-sustaining laws of nature are normative. Material
reality is therefore contrasted to metaphysical delusion, self-interest to
alienation, and earthly happiness to otherworldly optimism. More vindictive
than Toland’s, d’Holbach’s unmitigated critique of Christianity anticipated
Feuerbach, Strauss, Marx, and Nietzsche. He discredited supernatural
revelation, theism, deism, and pantheism as mythological, censured Christian
virtues as unnatural, branded piety as fanatical, and stigmatized clerical
ignorance, immorality, and despotism. Assuming that science liberates man from
religious hegemony, he advocated sensory and experimental knowledge. Believing
that society and education form man, he unfolded a mechanistic anthropology, a
eudaimonistic morality, and a secular, utilitarian social and political
program.
maximum: Grice uses ‘maximum’ variously. “Maximally effective
exchange of information.” Maximum is used in decision theory and in value
theory. Cfr. Kasher on maximin. “Maximally effective exchange of information”
(WOW: 28) is the exact phrase Grice uses, allowing it should be generalised. He
repeats the idea in “Epilogue.” Things did not change.
low-subjective contraster: in WoW: 140, Grice distinguishes between a subjective
contraster (such as “The pillar box seems red,” “I see that the pillar box is
red,” “I believe that the pillar box is red” and “I know that the pillar box is
red”) and an objective contraster (“The pillar box is red.”) Within these
subjective contraster, Grice proposes a sub-division between nonfactive
(“low-subjective”) and (“high-subjective”). Low-subjective contrasters are “The
pillar box seems red” and “I believe that the pillar box is red,” which do NOT
entail the corresponding objective contraster. The high-subjective contraster,
being factive or transparent, does. The entailment in the case of the
high-subjective contraster is explained via truth-coniditions: “A sees that the
pillar box is red” and “A knows that the pillar box is red” are analysed ‘iff’
the respective low-subjective contraster obtains (“The pillar box seems red,”
and “A believes that the pillar box is red”), the corresponding objective
contraster also obtains (“The pillar box is red”), and a third condition
specifying the objective contraster being the CAUSE of the low-subjective
contraster. Grice repeats his account of suprasegmental. Whereas in “Further
notes about logic and conversation,” he had focused on the accent on the high-subjective
contraster (“I KNOW”), he now focuses his attention on the accent on the low
subjective contraster. “I BELIEVE that the pillar box is red.” It is the
accented version that gives rise to the implicaturum, generated by the
utterer’s intention that the addressee’s will perceive some restraint or
guardedness on the part of the utterer of ‘going all the way’ to utter a claim
to ‘seeing’ or ‘knowing’, the
high-subjective contraster, but stopping short at the low-subjective
contraster.
martian
conversational implicaturum: “Oh, all the difference in the world!” Grice
converses with a Martian. About Martian x-s that the pillar box is
red. (upper x-ing organ) Martian y-s that the pillar box is red. (lower y-ing
organ). Grice: Is x-ing that the pillar box is red LIKE y-ing that the
pillar-box is red? Martian: Oh, no; there's all the difference in the world!
Analogy x smells sweet. x tastes sweet. Martian x-s the the pillar box is
red-x. Martian y-s that the pillar box is red-y. Martian x-s the pillar box is
medium red. Martian y-s the pillar box is light red.
maximal consistent set, in formal logic,
any set of sentences S that is consistenti.e., no contradiction is provable
from Sand maximally soi.e., if T is consistent and S 0 T, then S % T. It can be
shown that if S is maximally consistent and s is a sentence in the same
language, then either s ors (the negation of s) is in S. Thus, a maximally
consistent set is complete: it settles every question that can be raised in the
language.
maximin strategy, a strategy that
maximizes an agent’s minimum gain, or equivalently, minimizes his maximum loss.
Writers who work in terms of loss thus call such a strategy a minimax strategy.
The term ‘security strategy’, which avoids potential confusions, is now widely
used. For each action, its security level is its payoff under the worst-case
scenario. A security strategy is one with maximal security level. An agent’s
security strategy maximizes his expected utility if and only if (1) he is
certain that “nature” has his worst interests at heart and (2) he is certain
that nature will be certain of his strategy when choosing hers. The first
condition is satisfied in the case of a two-person zero-sum game where the
payoff structure is commonly known. In this situation, “nature” is the other
player, and her gain is equal to the first player’s loss. Obviously, these
conditions do not hold for all decision problems.
marsili: Grice: “I like Marsili, and the founder of the ‘accademia del
cimento.’ ‘Cimento’ you know, means ‘experiment,’ – only in Florence!” -- Alessandro
Marsili (Siena), filosofo. Si laureò in filosofia a Siena. Fu nominato “lettore”
di filosofia nello Studio senese. Conobbe Galileo dopo il processo in casa
dell'arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini. Nel 1638 passò alla cattedra di
filosofia nello Studio pisano, dove dal 1662 esercitò la carica di
Provveditore. Fu membro dell'Accademia del Cimento, ma le sue convinzioni
dichiaratamente aristoteliche gli impedirono di coglierne lo spirito
innovatore. Propose un esperimento per capire se lo spazio lasciato libero nel
tubo barometrico durante l'esperienza torricelliana contenesse esalazioni di
mercurio. Museo Galileo, su catalogo.museogalileo.it. Federica Favino,
Alessandro Marsili, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.
martelli: Grice: “I like Martelli: he wrote on Croce, Gramsci, and
Nietzsche!” -- Michele Martelli (San Marco in Lamis), filosofo. Ha insegnato
filosofia all'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" per quasi
quarant'anni. Laureatosi in filosofia,
ha partecipato a lungo alla lotta politica in formazioni marxiste nate a
cavallo del Sessantotto. Diventato docente nell'Urbino negli anni Settanta, ha
insegnato, tra l'altro, Filosofia della storia e Filosofia morale. Ha diretto
il master interfacoltà «Management etico e Governance delle Organizzazioni».
Collabora con MicroMega (periodico).
Pensiero Nel passato i suoi studi si sono concentrati sul pensiero di
Nietzsche, Gramsci, e di numerosi autori del Novecento, affrontando alcune tra
le più dibattute vicende e problematiche filosofico-politiche dell'ultimo
secolo. Negli ultimi anni si è occupato di temi di forte attualità, elaborando
l'idea di una filosofia volta ad una critica radicale del dogmatismo e del
fondamentalismo religioso e in generale di ogni forma di assolutismo che
minacci la libertà di pensiero, i diritti civili, le istituzioni democratiche e
la pace tra i popoli. Il suo attuale impegno di saggista è rivolto in
particolare alla difesa della laicità, contro l'interventismo politico delle gerarchie
ecclesiastiche e vaticane. Opere: “La
felicità e i suoi nemici: apologia dell'agnosticismo,” Manifestolibri, “Il
laico impertinente: laicità e democrazia nella crisi italiana,” Manifestolibri,
“La Chiesa è compatibile con la Democrazia?” Manifestolibri, “Italy, Vatican
State, Fazi editore, “Quando Dio entra in politica, Fazi editore, Senza dogmi.
L'antifilosofia di Papa Ratzinger, Editori riuniti, Teologia del terrore.
Filosofia, religione, politica dopo l'11 settembre, Manifestolibri, Il secolo del
male. Riflessioni sul Novecento, Manifestolibri, Etica e storia. Croce e
Gramsci a confronto, La città del sole, I filosofi e l'Urss. Per una critica
del «Socialismo reale», La città del sole, Gramsci filosofo della politica,
Unicopli, Nietzsche inattuale, Quattroventi, Filosofia e società nel giovane Nietzsche,
Quattroventi,Università degli studi di Urbino "Carlo Bo" Antonio
Gramsci Friedrich Nietzsche Laicità Il
laico impertinente: il blog di Michele Martelli, su
michelemartelli.blogspot.com.
martinetti: Grice:
“I like Martinetti; he wrote about eros, or as the Italians call it, ‘amore,’ –
a different root from cupidus, too! He edited a platonic anthology.” “He also
has a strange treatise on ‘the number’ which post-dates Frege!” -- «Di sé
soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro
secolo» (Cesare Goretti) Piero Martinetti (Pont Canavese),
filosofo. Professore di filosofia, in particolare filosofia teoretica e morale;
si distinse per essere stato uno dei pochi docenti universitari, nonché l'unico
filosofo universitario italiano, che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà
al Fascismo. Pier Federico
Giuseppe Celestino Mario Martinetti fu il primo dei quattro figli (tre maschi e
una femmina, senza contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco
Martinetti e di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo
classico Carlo Botta di Ivrea, si iscrisse all'Università degli Studi di
Torino, dove ebbe come insegnanti Giuseppe Allievo, Romualdo Bobba, Pasquale
D'Ercole, Giovanni Flechia e Arturo Graf, laureandosi in filosofia nel 1893
all'età di 21 anni, con una tesi su Il Sistema Sankhya. Studio sulla filosofia
indiana discussa con Pasquale D'Ercole, docente di filosofia teoretica. La tesi
viene pubblicata a Torino da Lattes nel 1896 e, grazie all'interessamento di
Giuseppe Allievo, risulta vincitrice del Premio Gautieri. Dopo la laurea
Martinetti fece un soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire
a conoscenza del fondamentale studio di Richard Garbe sulla filosofia Sāṃkhya
da poco pubblicato. Si può dunque "ipotizzare che tra gli scopi del
viaggio vi fosse anzitutto quello di approfondire gli studi indianistici,
iniziati a Torino con Giovanni Flechia e Pasquale D'Ercole."
L'insegnamento Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino,
Correggio, Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino
(1904-1905). Nel 1904 pubblicò la monumentale Introduzione alla
metafisica. I Teoria della conoscenza, chedopo che ebbe conseguito nel 1905 la
libera docenza in Filosofia teoretica all'Torinogli valse di vincere il
concorso per le cattedre di filosofia teoretica e morale dell'Accademia
scientifico-letteraria di Milano (che nel 1923 diventò Regia Università degli
Studî) nella quale insegnò dal novembre del 1906 al novembre del 1931.
Nel 1915 divenne socio corrispondente della classe di Scienze morali
dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, fondato nel 1797 da
Napoleone sul modello dell'Institut de France. Il rifiuto della
politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare figura di
intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come ai
contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto degli
intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali
antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima
guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini
sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato
effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente
l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione [...]
strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di
ozio, di violenze e di dissolutezze.» Nel 1923, in seguito a quelle che
qualificò di "circostanze pesantissime" (la marcia su Roma e la
successiva nomina di Mussolini a presidente del Consiglio il 31 ottobre 1922),
rifiutò la nomina a socio corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei
Lincei. La Società di studi filosofici e religiosi Mentre nelle sue
lezioni universitarie sviluppava un sistema di filosofia della religione, il 15
gennaio 1920 Martinetti inaugurò a Milano una Società di studi filosofici e
religiosi, formata da un gruppo di amici in "piena e perfetta indipendenza
da ogni vincolo dogmatico" dove si riunirono autorevoli intellettuali del
panorama filosofico e intellettuale italiano dell'epoca e in cui organizzò una
serie di conferenze. Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da
Luigi Fossati oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni,
riunite sotto il titolo comune di Il compito della filosofia nell'ora presente,
segneranno la sua rottura con Giovanni Gentile. In seguito ad una denuncia per
«vilipendio della eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi
Mangiagalli il 2 febbraio 1926, dovette sottoscrivere un memoriale in difesa
dei propri corsi sulla filosofia della religione. Il Congresso Nazionale
di Filosofia del 1926 Nel marzo 1926, incaricato dalla "Società Filosofica
Italiana", organizzò e presiedette il "VI Congresso Nazionale di
Filosofia". L'evento fu sospeso dopo solo due giorni dal rettore
Luigi Mangiagalli a causa di agitatori politici fascisti e cattolici. Il
congresso fu poi chiuso d'imperio dal questore: da un lato incise l'opposizione
di P. Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università Cattolica, che
faceva parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università
Cattolica) ma che, per scelta di Martinetti, non era tra i relatori; dall'altro
lato la partecipazione, fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Buonaiuti,
scomunicato "expresse vitandus" dal Sant'Uffizio, dette ai filosofi
cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congresso[25]. Come
scrive Pier Giorgio Zunino: «Le minute cronache del congresso hanno già
messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di organizzatore
dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse assai poco da
ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una certa qual
abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di più ostico
potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di regime.»
Il 31 marzo del 1926 Martinetti firma con Cesare Goretti (segretario del
Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli[26]: «Compiamo
il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto
senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del
giorno di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in
Milano: avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito
superiore achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà
degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che
impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di
vincolare la vita del pensiero.» La Rivista di filosofia A partire dal
1927 Martinetti fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per prudenza il
suo nome non vi comparve mai come tale.[27]. Tra i collaboratori della rivista
vi furono: Ennio Carando, Maria Venturini, Norberto Bobbio, Ludovico Geymonat,
Luigi Fossati (che ufficialmente ne era il direttore responsabile), Gioele
Solari, Alessandro Levi, Giulio Grasselli, Cesare Goretti[28]. Il rifiuto
del giuramento di fedeltà al Fascismo Nel dicembre 1931, quando il ministro
dell'educazione nazionale Balbino Giuliano impose ai professori universitari il
Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin
dal primo momento[29]: La lettera di rifiuto del giuramento 13 dicembre
1931 Eccellenza! Ieri sono stato chiamato dal Rettore di questa
Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto, con
squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di non
poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento
richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie
convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato
il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia
condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede,
perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza. Ho sempre diretta
la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho
mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di
subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho
sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto
che l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a
qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio.
Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie
convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che
questo non è possibile. Con questo non intendo affatto declinare
qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che
l'E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non
da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare
contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita. Dell'E.V.
dev.mo Dr. Piero Martinetti In una lettera a Guido Cagnola del 21
dicembre 1931[30] Martinetti scrive: «Ella ora saprà che io sono uno
degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno
rifiutato il giuramento di fedeltà fascista e che perciò sono stati o saranno
fra breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia:
Ruffini, Carrara, De Sanctis (lo storico), Levi Della Vida (l'orientalista),
Volterra (il matematico), Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la
cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore
intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto
una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento.» E in un'altra lettera
ad Adelchi Baratono del 27 dicembre 1931[31]: «Io non ho voluto giurare
(e così credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare
le cose di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della
coscienza? Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti,
anche per i persecutori.» Come scrive al proposito Fabio
Minazzi[32]: «Martinetti ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare
al giuramento preteso e voluto dalla dittatura fascista, nel 1931, da tutti i
docenti universitari italiani. Giustamente occorre sempre sottrarre,
criticamente, questo straordinario gesto martinettiano, invero assai
emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica antifascista, onde
comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di Martinetti non può
allora essere certamente negato, in sintonia con Franco Alessio, il carattere
dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo ha infine
indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha avuto
l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza compromessi
all'imposizione del regime fascista. In questa prospettiva Martinetti non ha
giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello stesso
"giuramento" in connessione con i suoi più profondi convincimenti
morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di docente e di
filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua
scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso
significato civile, culturale e anche filosofico.» Scrive in proposito
Amedeo Vigorelli[33]: «Una certaretorica resistenziale si è impadronita
anche di Martinetti, impedendo un approfondimento più serio e radicale dei tratti
originali del suo antifascismo […] L'atto di Martinetti non era cioè solo un
monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma
di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra
religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa
di forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non
sempre si ama ricordare che l'avversione di Martinetti al fascismo era innanzi
tutto avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche
all'esaltazione demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura
fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e
della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e
dell'ultraparlamentarismo» Il ritiro In seguito a questo suo rifiuto,
Martinetti venne messo in pensione d'autorità[34], e dal 1932 fino alla morte
si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia[35], ritirandosi nella
villa di Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di
nascita.[36] In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant,
Schopenhauer), studiò approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata
con la Introduzione alla metafisica e continuata nel 1928 con La libertà)
scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo (1934); Il Vangelo è del 1936; Ragione
e fede venne completato nel 1942. Martinetti propose come suoi successori
Adelchi Baratono per l'insegnamento della filosofia e Antonio Banfi per
l'insegnamento della Storia della Filosofia all'Università degli Studi di
Milano[37]. L'antifascismo di Martinetti Lontano da ogni forma di impegno
politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che delle
degenerazioni del parlamentarismo, Martinetti, a partire dal 1925, prese ad
annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di violenza
in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio il 28 marzo 1928, a
fronte di una serie di scandali annotava "è dunque l'associaz[ione] dei malviventi
d'Italia!"[38] . Nel 1934 scriveva: "Come persuadersi che uno stato
senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal terrore
che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al servizio del
despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli intelligenti
possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre all'estrema
rovina?"[39]. Martinetti si scagliava nei suoi appunti contro il
dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto deve servire
alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà di pensiero,
non vi è più pensiero" (1937)[40]. A questo proposito Amedeo
Vigorelli evidenzia[41] «il valore pedagogico, di educazione alla
libertà, che l'esempio morale di Martinetti ebbe per quella generazione di
intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un decisivo punto di
riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui informalmente diretta»
L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in casa di Gioele Solari, dov'era
ospite, in seguito a una delazione fatta da Pitigrilli (Dino Segre), agente
dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e alla condanna al confino di
Franco Antonicelli, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Michele Giua, Carlo Levi,
Massimo Mila, Augusto Monti, Cesare Pavese, Carlo Zini e di due studenti,
Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, e all'ammonizione di Norberto Bobbio), e
dal 15 al 20 maggio 1935 fu incarcerato a Torino[42] per sospetta connivenza
con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà, benché fosse del tutto
estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali che facevano
riferimento alla casa editrice Einaudi.[43] Al momento dell'arresto, a detta
della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già sentito
pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per
combinazione in Italia".[44]. La morte Il suo declino fisico
cominciò nel settembre 1941, in seguito a una trombosi che menomò le sue
capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un pero nella tenuta
di Spineto[45]. Alla fine del 1942 subì una prima operazione alla prostata.
"L'11 gennaio 1943 la sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il
Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza
trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento
chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla
vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e
susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima
operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che
il tempo opportuno per procedere alla seconda."[46]. Martinetti fu
ricoverato all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì il
23 marzo 1943, dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno
sul suo corpo.[47] Il funerale e la cremazione Nonostante "l'invito
del parroco di Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e
scandaloso anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato"[48],
una decina di persone seguirono l'autofurgone che portò il corpo di Martinetti
alla stazione, da dove partì in treno per Torino, per la cremazione[49].
L'eredità intellettuale In prossimità della morte Martinetti lascia la sua
biblioteca privata in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco Ruffini),
Gioele Solari e Cesare Goretti[50] . La Biblioteca verrà poi conferita dai
rispettivi eredi nel 1955 alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi
di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del
Rettorato dell'Torino, presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e
Filosofia.[51] La sua casa di Spineto è attualmente sede della
"Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti", che intende promuovere
la diffusione del suo pensiero e della sua opera a livello
internazionale. Filosofia La filosofia di Martinetti è un'interpretazione
originale dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo
razionalistico trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo
panteista trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano
atipico che fu Africano Spir (1837-1890), il quale (ancor più di Kant,
Schopenhauer o Spinoza) fu il filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu
più particolarmente legato, sulquale scrisse molti studi e un denso saggio
monografico steso verso il 1908-1912 (rimasto inedito e pubblicato postumo nel
1990) e al quale fece consacrare il terzo numero del 1937 della Rivista di
filosofia[52], filosofo che fu come lui profondamente inattuale.[53].
Come scrive Emilio Agazzi: «Il Martinetti professò una altissima stima
per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da considerarla
"immortale": in essa infatti vedeva un tentativo d'un rinnovamento
speculativo-religioso di tutta la filosofia.[54]» Scrive al proposito
Franco Alessio[55]: «Il carattere speculativo dell'interpretazione di P.
Martinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di A. Spir
esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella
costruzione dell'idealismo trascendente di P. Martinetti la speculazione di A.
Spir rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e
in Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo di P. Martinetti si trovano
nella speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto
spazio ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione
sua propria, il pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua
propria filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così
intimamente consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su
di esso. Proprio questo condusse P. Martinetti a penetrare e nell'atto stesso a
svolgere in armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova
come penetrato e attraversato da quello di P. Martinetti. In nessun altro
pensatore A. Spir fu tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura,
continuato in ciò che della sua speculazione parve propriamente essenziale.[56]»
Come scrive Amedeo Vigorelli[57]: «La lettura di Martinetti insiste sul
nucleo metafisico del suo [di Spir] pensiero, che gli pare incarnare "la
forma pura della visione religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui
per Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della
dualità fondamentale tra il vero esserel'Unità incondizionata, assoluta e
trascendente in cui si esprime il divinoe l'essere apparente e molteplice
rivelato dal mondo dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà
dualista mediante la teoria della conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir)
non è che premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua
filosofia, consistente in una forma di dualismo acosmista. Il dualismo di
realtà e apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due
effettive realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo
sprofonda."» Si può così dire che in Martinetti[58]: «il motivo
desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra "anormale" (il mondo
dell'esperienza empirico e molteplice) e "norma" (il principio
d'identità, rivelazione incoativa del divino in noi) si spoglia qui
dell'originario aspetto dualista per confluire in una visione coerentemente
monista dell'esperienza di coscienza. Monismo coscienzialista, quello
martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo, in quanto il
termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente. L'unica
realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè l'"Unità formale
assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di tale
unità è solo un'espressione simbolica.» Della filosofia di Spir,
Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione
kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant "nessun filosofo serio
può non essere in Etica "kantiano". Secondo Augusto Del Noce:
"L'intero percorso del pensiero martinettiano parte dal suo
anticlericalismo" [59], e aggiunge: "la natura del suo anticlericalismo
lo portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse di non essere mai
stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a questa Chiesa cattolica
di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo l'ha, sempre secondo Del
Noce, portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo "secondo i termini
in cui egli si sarebbe espresso, la massima secolarizzazione concepibile della
religione"[60]. E Del Noce conclude: "Ora a mio giudizio il pensiero
di Martinetti si situa appunto come momento conclusivo del pessimismo religioso
e come la sua posizione più coerente e rigorosa [61]. La riflessione
religiosa L'antologia Il Vangeloscrive Martinetti«lasciando da parte l'elemento
leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale evangelico nell'ordine
logicamente più appropriato. Tutto quello che i vangeli contengono di
essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui conservato.» Il
risultato di questo ordinamento logico è l'espunzionein quanto elaborazione
teologica successiva ai lòghia di Gesù o ancora propria all'ebraismo da cui
Gesù stesso non è immunedel Vangelo di Giovanni, degli Atti degli Apostoli,
delle Lettere (anche le Lettere di Paolo) e dell'Apocalisse. Gesù di Nazaret, e
non di Betlemme, è un profeta ebraico, l'ultimo e il più grande dei profeti.
Non quindi Figlio di Dio, nemmeno resuscitato dalla morte, né apparso realmente
ai suoi, Gesù in quanto Messia annuncia un regno messianico a cui succederebbe
escatologicamente il regno dei cieli, quello di Dio. Tuttavia non chiarendo
tale avvento escatologico, di fatto Gesù è soprattutto un maestro di dottrina
morale che esorta a rinunciare al mondo per unirsi spiritualmente e
interiormente a Dio, il bene supremo, amando il prossimo. Per Martinetti
bisogna aspirare ad una "Chiesa invisibile", in cui si possano
compendiare i valori moralmente più elevati di tutte le culture religiose,
dando vita così ad una società universale fraternamenteunita, egli
scrive: «In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra, la
vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il
triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le
anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della
carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa della
vita eterna.[62]» Gesù Cristo e il Cristianesimo fu messo sotto sequestro
dalla Prefettura non appena stampato (1934)[63], come Martinetti scrive a Guido
Cagnola: «Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale
giorno furono mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il
permesso; alle 17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze?
Io non lo so. Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse
(da Roma) il decreto definitivo di sequestro.» Con decreto del 3 dicembre
1937 Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo e Ragione e fede furono messi
all'Indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica[64]. La rinascita
del pensiero filosofico-religioso martinettiano scaturisce alla fine degli anni
novanta del secolo scorso in virtù della rinnovata proposta ermeneutica del
filosofo Alessandro Di Chiara che cura l'inedito L'Amore, Il Vangelo (Genova
1998) e Pietà verso gli animali (Genova 1999); in particolare l'interpretazione
elaborata da Di Chiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della
religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche
attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione
spirituale dei quaccheri. La nonviolenza Nel 1938 Aldo Capitini rese
visita a Martinetti, che a proposito della nonviolenza gli disse: "Forse
se discutessi con lei mi convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi
fosse detto che con l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che
c'è in Europa, firmerei la sentenza senza esitazione." [65]. La
riflessione sugli animali Negli scritti La psiche degli animali e Pietà verso
gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri umani,
possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla
regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il
benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè
provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia
e dolore: «Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra
l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza
delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza
degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma
dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere
nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.[66]» Martinetti cita
le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche
la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli
insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non
distruggere ciò che la natura costruisce. Nel proprio testamento
Martinetti dispose che una somma significativa fosse versata alla Società
Protettrice degli Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una
profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una
scelta che assumeva per lui quasi il carattere di un valore religioso.
Scrive al proposito Amedeo Vigorelli: «La scelta del vegetarianesimo non
era "generica simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato
atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda
conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una
personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul
destino di "perennità" dello spirito.[67]» La scelta della
cremazione Martinetti fu un fautore della cremazione[68] e una testimonianza
"ci dice come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri
di sua madre."[69] Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione
era una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi
nei quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di
scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i
parroci."[70] Non è però da escludere, nel caso preciso di Piero
Martinetti, che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche
una relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore
filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di
Castellamonte in provincia di Torino. Opere: Una "
martinettiana" C. Ferronato si trova nel fascicolo speciale della
Rivista di Filosofia Pietro Rossi: Piero Martinetti nel cinquantenario della morte,
Dopo questa data, di Martinetti sono stati pubblicati: “Ragione e fede,
Italo Sciuto, Gallone, Milano, Luca Natali, Morcelliana, Brescia, . Il Vangelo,
Alessandro Di Chiara, il nuovo melangolo, Genova, L'amore, Alessandro Di Chiara, Il nuovo
melangolo, Genova, Pietà verso gli animali, Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo,
Genova, La religione di Spinoza. Quattro saggi, Amedeo Vigorelli, Ghibli,
Milano, La Libertà, Aragno, Torino, Schopenhauer,
Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, Breviario spirituale, Anacleto
Verrecchia, UTET, Torino, L'educazione della volontà, Domenico Dario Curtotti,
Edizioni clandestine, Marina di Massa, Sulla teoria della conoscenza in Kant,
Luca Natali, Franco Angeli, Milano, Pier Giorgio Zunino , Piero Martinetti,
Lettere, Firenze, Olschki, ,Gesù Cristo e il Cristianesimo, prefazione di
Massimo Cacciari, Castelvecchi, Roma, ; edizione critica Luca Natali,
introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, , Il Vangelo:
un'interpretazione, Castelvecchi, Roma,
Baruch Spinoza, Etica, esposizione e commento di Piero Martinetti,
Castelvecchi, Roma, . Il numero, introduzione di Niccolò Argentieri,
Castelvecchi, Roma, Luca Natali , Le
carte di Piero Martinetti, Firenze, Olschki, , Scritti su Spinoza, Francesco
Saverio Festa, Castelvecchi, Roma, . Riconoscimenti Nella seduta del Senato
Accademico dell’Università degli Studi di Milano del 19 settembre , è stata
approvata ufficialmente la decisione del Dipartimento di Filosofia di
intitolarsi alla figura di Piero Martinetti.La città di Roma gli ha intitolato
una piazza il 27 gennaio , nel Giorno della Memoria[73]. A Milano Piero
Martinetti figura "tra i nuovi Giusti che saranno onorati al Monte Stella
dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare Goretti,
"Piero Martinetti", Archivio della Cultura Italiana 1943, f.
I81. Simonetta Fiori, I professori che
dissero "NO" al Duce, in La Repubblica, 16 aprile 2000. 18 febbraio . «Ebbe molta influenza sulla scelta che
Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma
non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando
andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse
di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee
erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti.
Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo. «che morì proprio durante l'iter scolastico
di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un
particolare rapporto»: Paviolo 200320.
«Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può
parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e
pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui
poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti
tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto
spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra
singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti da Intra (noto anche
con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo
Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono intensamente Pasquale
D'Ercole e Vittore Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai primi
del nostro»: Vigorelli 1998, 46-47. «Nel breve verbale relativo all'esame di
laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si dice
semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante quaranta minuti
innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui
presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova
pratica assegnatagli dalla Commissione"»: Paviolo 200320. La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il
lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritavaanche a
motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Torinoe
forse per questo il giovane studioso sentì il bisogno di attingere direttamente
alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del
resto l'intento di Martinetti era più filosofico che filologico, e la prima
suggestione a interessarsi del Samkhya poté venirgli, piuttosto che dalle
lezioni di Flechia, dalla conversazione con Pasquale D'Ercole, docente di
Filosofia teoretica [...] Proprio del Samkhya D'Ercole si era interessato
alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista Italiana di
Filosofia diretta da Luigi Ferri»: Vigorelli 1998, 42-44.
Dell'interesse costante di Martinetti per la filosofia indiana
testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano nel 1920, pubblicato a Milano
nel 1981 da Celuc libri: Piero Martinetti, La sapienza indiana. Corredata da
un'antologia di testi Indù e Buddhisti.
"Ma è antefatto significativo, giacché lascia intravedere ancora
una volta, questa volta sotto il rispetto particolare dei primi contatti di
Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a Lipsia
(1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti. Nella Lipsia conosciuta
da Martinetti sopravviveva Drobitsch, l'antico maestro herbartiano di Spir e
dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto
allora nascente in Germania dell'interesse per la filosofia sua." Franco
Alessio, introduzione a Piero Martinetti, Il pensiero di Africano Spir, Torino,
Albert Meynier, 1990IV-V. Richard Garbe,
Die Samkhya-Philosophie, eine Darstellung des indischen Rationalismus nach der
Quellen, Leipzig, H. Haessel, 1894.
Vigorelli 199832, nota 4. Anno
che fu per lui particolarmente duro, vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari
dalla Siberia dell'Italia meridionale", Fabio Minazzi, Il Protagora, gennaio-giugno, Lettere ,
18-19, nota 37. «Prima che della
dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo
marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi
dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»: Vigorelli 1998292. "non si vede in chi e in che cosa un
uomo come Martinettiche, per sua scelta culturale ma anche per disposizione
personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppoavrebbe
pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo
antifascismo." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione.
Piero Martinetti negli anni del Fascismo", in: Piero Martinetti, Lettere, Firenze,
XIX. Vigorelli 1998167. «Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese
partecipazione e la prego di esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di
codesta R. Accademia che hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma
circostanze pesantissime, sulle quali non è il caso di [parola illeggibile] mi
vietano nel modo più reciso di poterlo accettare»: Lettera n. 18, Piero
Martinetti a Vittorio Scialoja, presidente della Reale Accademia Nazionale dei
Lincei, 26 agosto 1923, in: Lettere ,
19. Vigorelli Vigorelli, Lettera
n. 47, Piero Martinetti a Luigi Mangiagalli, 21 marzo 1926, in: Lettere ,
51-53. «Il Congressonon ha altro fine
che di essere una manifestazione della filosofia italiana in quanto libera e
appartata da ogni contingenza del momento: come deve essere in qualunque tempo
la filosofia»: Lettera n. 37, Piero Martinetti a Tommaso Gallarati Scotti,
14 dicembre 1925, in: Lettere , p.42.
Che accusò Martinetti,ricambiato, di disonestà intellettuale nel
riguardo della filosofia scolastica, cf. Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato.
I docenti universitari e il regime fascista, Firenze, 2000192. Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché
un filosofo»: Lettera n. 31, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 29
settembre 1925, in: Lettere 33. Helmut
Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista,
Firenze, 2000, 3.4 Il congresso di filosofia del 1926, 245-263.
«Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei
cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho
permesso al P. Gemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna
delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera n. 46, Piero Martinetti a
Bernardino Varisco, 15 marzo 1926, in:Lettere , 49-50. Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare
Goretti a Luigi Mangiagalli, 31 marzo 1926, in: Lettere , p.55. «Quando Martinetti, con il rifiuto del
giuramento di fedeltà al fascismo, abbandonò l'insegnamento non rinunciò a
quegli incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse:
guardò di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di
Filosofia e non ne volle la direzione "effettiva", ma continuò
l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di
salute glielo permisero»: Vigorelli 199839.
Vigorelli 1998, 299-318. Lettera n. 104, Piero Martinetti a Balbino
Giuliano, 13 dicembre 1931, in: Lettere , 101-103. Lettera n. 106, Piero Martinetti a Guido
Cagnola, 21 dicembre 1931, in: Lettere , 105-107. Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi
Baratono, 21 dicembre 1931, in: Lettere , 107-108. Presentazione a: Davide Assael, Alle origini
della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, 200918. Vigorelli «Ella già saprà certamente che io,
in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non
appartengo quindi più all'Milano e non posso più esserle utile che
indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a Carlo Emilio Gadda, 17
marzo 1932, in: Lettere 114. «del resto
io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi
sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi,
cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia
vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a Vittorio Enzo Alfieri, 4 gennaio
1932, in: Lettere , p.109. Sulla cui
porta fece mettere un'indicazione che diceva: "Piero
Martinettiagricoltore": Paviolo 200368.
«Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che
fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da
Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui
e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la
St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi
Baratono, 21 dicembre 1931, in: Lettere , 107-108. Vigorelli 1998293. Vigorelli 1998296. Vigorelli 1998297-298. Vigorelli 1998299. "Nel registro di entrata delle Carceri
Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si faccia registrare,
nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli altri non di
religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli, Salvatorelli
e così via) si dichiarano "cattolici"alcune schede, peraltro, tra cui
quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato all'Archivio di
Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino, Registro
matricole 1935, n. 1559)", in: Lettere.
"Martinetti [...] veniva rinchiuso in una cella sulla cui porta
veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza particolare". Il
giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si ripetevano finché dopo
alcuni giorni d'arresto il Martinetti veniva finalmente scarcerato.",
Michelangelo Giorda, Piero Martinetti, Castellamonte, 199314. Paviolo 200362. «Devo darle una notizia terrificante,
relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da una pianta,
per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un leggero
tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241, Piero Martinetti a Nina
Ruffini, 16 settembre 1941, in: Lettere 231.
Cit. in: Lettere 245. «Si può
comunque, in base a testimonianze diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto
all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo
e che il corpo sia stato immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso
per decenni in circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare
lungaggini burocratiche e maggiori spese funerarie. [...] L'atto di morte
recita: " il giorno 23 del mese di marzo dell'anno 1943 alle ore quattro e
minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto Martinetti
Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»: Paviolo
200381. Paviolo 200382. "Per ultimo desidero di essere cremato e
che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale
del testamento di Piero Martinetti, Paviolo. Il testamento di Martinetti, da
lui riscritto il 2 novembre 1942, "in una grafia incerta e in una forma in
cui non si trova lo stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo 2003105)
fu considerato da sua sorella Teresa come estorto: "Le opere che al tempo
del decesso di Piero erano ancora solo allo stato di manoscritto vennero
devolute ai beneficiari della biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta
confidenza, cadde in mano a tre estranei alla famiglia, per un testamento fatto
fare a nostra insaputa a Piero, a oltre un anno da che era stato colpito da un
insulto di trombosi al cervello [...] la preziosa biblioteca, che per volontà
recisa, assoluta di Piero a me da Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima
che fosse colpito dalla trombosi, doveva andare all'Milano, prese altre vie e e
sta presentemente ancora peregrinando in attesa di destinazione
definitiva." Lettera del 25 settembre 1947 di Teresa Martinetti al cugino
Giuseppe Bertogliatti, in: Paviolo 200397.
Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti «Allo Spir, un singolare pensatore solitario,
al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3
della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo.
Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso,
sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono,
inavvertite. La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul
suo sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera
n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: Lettere
155.. «io sono sempre stato un filosofo
inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: Lettere
244. Emilio Agazzi, La filosofia di Piero
Martinetti, Milano, Unicopli, 123. «Ma è
stato Alessio a dimostrare l'importanza e l'anteriorità, rispetto ad altri
autori, della lettura di Spir per la maturazione della metafisica
martinettiana»: Vigorelli 1998,
66-67. Franco Alessio, op. cit.
II. Vigorelli Vigorelli Piero Martinetti, Breviario spirituale,
Bresci, Torino, 1972282. Lettera n. 143,
Piero Martinetti a Guido Cagnola, 17 ottobre 1934, in: Lettere. Sulla
riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco Alessio, L'idealismo religioso
di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950 (Tesi di Pavia: relatore
Michele Federico Sciacca) Paviolo
2003120. Paviolo 200328. Amedeo Vigorelli, "Martinetti e
Capitini: attualità di un confronto", in: Amedeo Vigorelli, La nostra
inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi,
Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano, 2007174. "e si conversò a lungo della inumazione
e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere
vicine le sue ceneri)" Aldo Capitini, Antifascismo tra i giovani, Célèbes
Trapani, 196657. Paviolo 200317. Paviolo 200383. "L'eretico Martinetti, italiano per
caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, 6
gennaio Archiviato il 24 settembre in . sul sito Liberacittadinanza.it Il Dipartimento di Filosofia "Piero
Martinetti", sul sito dell'Università Statale di Milano Pierluigi Battista, "Le vie dedicate ai
razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere
della Sera, 24 gennaio 19. Stefania
Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte
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su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo , Cronaca di Milano9. , Commemorazione di Piero Martinetti, Torino,
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Mancini, Amedeo Vigorelli e Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, .
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questione ebraica. Da Nello Rosselli a Piero Martinetti, Milano, Franco Angeli,
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opposero a Mussolini, Torino, Einaudi, Brigida Bonghi, La fiaccola sotto il moggio
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spinozismo in Italia (Atti delle Giornate di studio in ricordo di Emilia
Giancotti, Urbino, 2-4 ottobre 2002), D. Bostrenghi e C. Santinelli,
Bibliopolis, Napoli, 2007, 441-66. Amedeo
Vigorelli, "Piero Martinetti (1872-1943): una apologia della religione
civile", in: , Le due Torino. Primato della religione o primato della
politica?, Gianluca Cuozzo e Giuseppe Riconda, Trauben, Torino, Africano Spir
Scuola di Milano Gioele Solari Cesare Goretti Lelio Basso Adelchi Baratono
Antonio Banfi Giuramento di fedeltà al fascismo. Piero Martinetti, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Piero Martinetti / Piero Martinetti (altra
versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Piero Martinetti, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Piero Martinetti, su siusa.archivi.beniculturali.it,
Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Piero Martinetti, su Liber
Liber. Opere di Piero Martinetti, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Piero Martinetti, . Opere di Piero Martinetti digitalizzate sul
sito delle Collezioni e fondi digitali dell'Torino e all'interno della
Collezione digitale Pubblico dominio a Torino / Turin Public Domain su , a cura
del Progetto Pubblico dominio a Torino. Biblioteca della Fondazione Piero
Martinetti, Torino. Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti, su
fondazionepieromartinetti.org. Piero Martinetti, Diego Fusaro sul sito
Filosofico.net. Pierre-Philippe Druet,
"Idéalisme et transcendance chez Piero Martinetti" in: Revue
philosophique de Louvain, Giuseppe
Colombo, La filosofia come soteriologia, estratti.
martini: Grice: “One would think that his ‘discorsi filadelfici’ are
about brotherly love, but they were delivered at the Philadelphia
American-Italian Philosophical Society!” – Grice: “He wrote on Emilio and
Narciso, and a story of philosophy – starting not from Thales but Gioberti!” –
Grice: “His science of the heart – scienza del cuore – is a mystery!” Lorenzo
Martini (Cambiano), filosofo. Nato in un piccolo centro della provincia
torinese, Lorenzo Martini compì studi classici a Chieri e poi, ospitato al Real
Collegio delle Province di Torino, si rivolse allo studio delle scienze
naturalistiche. Con la laurea in medicina nel 1815, cui seguirà anche quella in
filosofia, ottenne l'insegnamento al predetto Istituto, prima di conseguire una
brillante carriera nell'ateneo torinese. Qui, infatti, ottenne prima la docenza
in fisiologia (1820) e poi quella di medicina legale, cattedra quest'ultima,
istituita nel 1832, di cui fu il primo insegnante in assoluto. Dell'Torino fu anche rettore, negli anni in
cui ebbe numerosi riconoscimenti, tra cui l'onorificenza di cavaliere
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Ma non mancarono episodi tragici, allorché, pochi anni dopo le nozze,
perse la moglie (figlia del chimico Giovanni Antonio Giobert), dalla quale
ancora non aveva avuti igli, né li avrebbe avuti in seguito, visto che non si
risposò, per dedicarsi completamente all'insegnamento e alla stesura di saggi e
manuali nelle discipline mediche. In questo filone, il più ricco, vanno almeno
segnalati gli Elementa physiologiae (1821) e il corso in dodici volumi sulle
Lezioni di fisiologia (1835-36), così come i tre volumi dell'Introduzione alla
medicina legale (1825), accanto agli Elementa medicinae forensis, politiae
medicae et hygienes (1832), cui avrebbe fatto seguito il Manuale di medicina
legale (1839). Il variegato percorso
saggistico di Lorenzo Martini non si limitò (e non si esaurì) a studi a
carattere medico-fisiologico e medico-legale. Anzi, forte del curriculum
studiorum seguito fin da giovanissimo, cercò di approfondire i pensatori
classici, come nel caso del compendio dedicato a Platone del 1844, di cui
peraltro riuscì a terminare il manoscritto poco prima di morire, arrivando
persino a stilare, nel 1840, sia pure non in forma sistematica, una Storia
della filosofia. Risultati migliori li
ebbe, tuttavia, nel campo educativo-pedagogico. Questo indirizzo è
testimoniato, oltre che dal saggio sulla Riforma della prima educazione del
1834, dai dodici volumi dell'Emilio pubblicati tra il 1821 e il 1823. Qui,
facendo leva della sua vasta cultura, tratta emblematicamente di argomenti in
cui si fondono, senza soluzione di continuità, il "viver sano" e il
"maritaggio", il "governo della famiglia" e la felicità, le
"tendenze morali" e la "moderazione nella prosperità",
passando per i modi attraverso i quali "sopportare le avversità".
Opere: “Elementa physiologiae,” Tip. Pica, Torino “Dei vantaggi che la medicina
apporta alle nazioni,” Tip. Chirio e Mina, Torino “Introduzione alla medicina
legale,” Tip. Marietti, Torino “La medicina curativa di Leroy,” Tip. Marietti,
Torino “Prime linee di polizia medica,” Tip. Fontana, Milano “Della scienza del cuore,”Tip. Fontana,
Milano “Della colera indica,”Tip. Fodratti, Torino “Elementa medicinae
forensis, politiae medicae et hygienes,” Tip. Marinetti, Torino “Manuale di
polizia medica,” Tip. Fontana, Milano “Manuale d'igiene,” Tip. Fontana, Milano “Lezioni
di fisiologia,” Tip. Pomba, Torino “Patologia
generale,” Tip. Elvetica, Capolago “Invito
a' medici piemontesi all'occasione del cholera-morbus,” Tip. Cassone e
Marzorati, Torino “Storia della
fisiologia,” Tip Cassone e Marzorati, Torino
“Manuale di medicina legale,” Tip. Fontana, Milano; “Emilio, Tip.
Marietti, Torino “Della solitudine,”Tip. Marietti, Torino “Narciso o regalo
agli sposi,”Tip. Marietti, Torino “Guerra
e pace dei sensi,”Tip. Marietti, Torino “Emilio o sia del governo della vita,”
Tip. Fontana, Milano “Discorsi filadelfici; ossia, fasti dell'ingegno
italiano,”Tip. Marietti, Torino “Riforma della prima educazione,” Tip.
Marietti, Torino “Della sapienza dei greci,” Tip. Cassone e Marzorati, Torino “Storia
della filosofia,” Tip. Pirotta, Milano “Platone compendiato e comentato,” Tip.
Elvetica, Capolago “Alcune vite di donne
celebri,”Tip. Fontana, Milano “De clarissimo viro Thoma Tosio ex ordine
Oratorum sacrae facultatis professore in regio Taurinensi Athenaeo, Tip. Regia,
Torino Vita del conte Gian-Francesco Napolio, Tip. Bocca, Torino Vita Francisci Canevarii, Torino Cenni
biografici di Lagrangia, Tip. Cassone e Marzorati, Torino Curatele A. von
Haller, Poesie scelte, Stamp. Reale, Torino J.L. Alibert, Riflessioni sulla fisiologia
delle passioni o nuova dottrina de' sentimenti morali, Tip. Marietti, Torino, F.
Redi, Consulti medici, Tip. Elvetica, Capolago, D. Alighieri, La Divina
Commedia, Tip. Marietti, Torino 1840. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel
nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in «Politecnico. Repertorio
mensile di studi applicati alla prosperità e cultura sociale», IX, Milano 1860643. G. Corniani, I secoli della letteratura
italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,
VIII, Utet, Torino 1856,
222-226. Si veda S.G.M. Berruti,
Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini,
s.e., Bologna 1847. L. Martini, Emilio,
12 voll., Tip. Marietti, Torino 1821-1823.
S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore
cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847. G. Corniani, I secoli della
letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari, VIII, Utet, Torino 1856. G.B. Gerini, Due
medici pedagogisti. Maurizio Bufalini e Lorenzo Martini, Tip. Bona, Torino
1909. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario
medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla
prosperità e cultura sociale», IX,
Milano 1860. Opere di Lorenzo Martini,
su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Martini.
martino: Grice: “I like Martino – and his
interviewees – there is indeed a ‘discepolato’ around him.” Grice: “We don’t
have anything like Martino at Oxford – Hollis is the closest I can think.”
Grice: “In his strictly philosophical explorations, Martino aptly clashes with
Croce!” -- Ernesto de Martino (Napoli), filosofo. Dopo la laurea a Napoli con
una tesi in Storia delle religioni sui gephyrismi eleusini sotto la direzione
di Adolfo Omodeo, si interessa alle discipline etnologiche. Si iscrive ai GUF e
alla Milizia Universitaria, collaborando a L'Universale di Berto Ricci e
facendo circolare in una cerchia ristretta di collaboratori un Saggio sulla
religione civile poi rimasto inedito. L'ingresso nel circolo crociano
«Erano quelli gli anni in cui Hitler sciamanizzava in Germania e in Europa, e
ancora lontano era il giorno in cui le rovine del palazzo della Cancelleria
avrebbero composto per questo atroce sciamano europeo la bara di fuoco in cui
egli tentava di seppellire il genere umano: ed erano anche gli anni in cui una
piccola parte della gioventù italiana cercava asilo nelle severe e serene
stanze di Palazzo Filomarino per risillabare il discorso elementarmente umano
altrove impossibile, persino nella propria famiglia». Il suo primo libro,
Naturalismo e storicismo nell'etnologia (1941), è un tentativo di sottoporre
l'etnologia al vaglio critico della filosofia storicista di Benedetto Croce.
Secondo de Martino, l'etnologia solo attraverso la filosofia storicista avrebbe
potuto riscattarsi dal suo naturalismo (tratto che accomuna, per de Martino,
tanto la scuola sociologica francese che gli indirizzi
"pseudostorici" tedeschi e viennesi). Fu lo stesso Croce a introdurre
il giovane de Martino all'editore Laterza, suggerendo la pubblicazione del
libro, in cui, nonostante qualche ingenuità, si può già scorgere in nuce l'idea
del successivo lavoro sul "magismo etnologico". Scritto negli anni
della seconda guerra mondiale e pubblicato nel 1948, Il mondo magico è il libro
nel quale Ernesto de Martino elabora alcune delle idee che rimarranno centrali
in tutta la sua opera successiva. Qui de Martino costruisce la sua
interpretazione del magismo come epoca storica nella quale la labilità di una
"presenza" non ancora determinatasi, viene padroneggiata attraverso
la magia, in una dinamica di crisi e riscatto. In quel periodo, de Martino
comincia a militare nei partiti di sinistra. Prima, dal 1945, lavora come
segretario di federazione, in Puglia, per il Partito Socialista Italiano;
influenzato da Gramsci e da Carlo Levi, cinque anni dopo, entra a far parte del
Partito Comunista Italiano. Anche per questa ragione, negli anni che seguono,
de Martino comincia a interessarsi sempre di più allo studio etnografico delle
società contadine del sud Italia, in contemporanea con le inchieste di
Vittorini e l’opera documentaristica di Cesare Zavattini. Di questa fase,
talvolta detta "meridionalista", fanno parte le opere più note al
grande pubblico: Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del
rimorso. Innovativo nelle sue ricerche fu l'approccio multidisciplinare,
che lo portò a costituire un'équipe di ricerca etnografica. La terra del
rimorso è la sintesi delle sue ricerche sul campo (il Salento) affiancato da
uno psichiatra (Giovanni Jervis), una psicologa (L. Jervis-Comba), un'antropologa
culturale (Amalia Signorelli), un etnomusicologo (Diego Carpitella), un
fotografo (Franco Pinna) e dalla consulenza di un medico (S. Bettini). Nello
studio del fenomeno del tarantismo vengono utilizzati anche filmati girati tra
Copertino, Nardò e Galatina. A queste monografie segue la pubblicazione
dell'importante raccolta di saggi Furore Simbolo Valore (1962). De
Martino è stato collaboratore di Raffaele Pettazzoni all'Università "La
Sapienza" di Roma, nell'ambito della Scuola romana di Storia delle religioni.
Come ordinario di Storia delle religioni e di Etnologia, dal dicembre 1958 fino
alla morte ha insegnato all'Cagliari, dove ha avuto uno stuolo di allievi. Con
Alberto Mario Cirese, Giovanni Lilliu, Cesare Cases, la sua assistente Clara
Gallini, e in seguito altri studiosi, quali Placido Cherchi, Giulio Angioni,
Pietro Clemente, e Pier Giorgio Solinas, saranno esponenti di una
significativa, sebbene mai formalizzata, scuola antropologica all'Cagliari,
della quale de Martino è considerato uno dei fondatori. È considerato uno
dei più importanti antropologi dell’età contemporanea, fondatore in Italia
dell’umanesimo etnografico e dell’etnocentrismo critico. La presenza La
presenza in senso antropologico, nella definizione di de Martino è intesa come la
capacità di conservare nella coscienza le memorie e le esperienze necessarie
per rispondere in modo adeguato ad una determinata situazione storica,
partecipandovi attivamente attraverso l'iniziativa personale e andandovi oltre
attraverso l'azione. La presenza significa dunque esserci (il
"da-sein" heideggeriano) come persone dotate di senso, in un contesto
dotato di senso. Il rito aiuta l'uomo a sopportare una sorta di "crisi
della presenza" che esso avverte di fronte alla natura, sentendo
minacciata la propria stessa vita. I comportamenti stereotipati dei riti
offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo quella che viene in seguito
definita come "tradizione". Ernesto de Martino, 11 agosto
1956, spedizione in Lucania Se si vuole rintracciare in de Martino un filo
comune e unitario tra l’influenza marxista e gramsciana della “triade
meridionalista” (esplicita anche attraverso la sua militanza diretta nel PCI
negli anni ‘50) di Morte e pianto rituale (1958), Sud e magia (1959) e La terra
del rimorso (1961), e gli appunti e i dossiers preparati per La fine del mondo,
in cui è presente un’elaborazione filosofica più marcatamente sui piani
ontologico, esistenzialista e fenomenologico e che vedranno la luce solo
posteriormente (1ed.1977) dal riordino delle carte ad opera di Angelo Brelich e
Clara Gallini, bisogna rendere centrale il nesso tra presenza/crisi/riscatto e
il processo di destorificazione del negativo ad opera dell’ethos del
trascendimento; l’immaginazione simbolica collettiva è la realizzazione di
un’ethos del trascendimento che, come un mito di fondazione per il senso di
appartenenza o la sacralizzazione dell’”oggetto” per scopi espiatori, rende
possibile il superamento di una crisi, della “presenza” in quanto soggetto che
opera nella natura, che rischia di perdersi in essa senza riscatto (escaton).
Il soggetto dunque si ricolloca nella storia tramite la cultura, e la crisi si
rivela esistenziale nel rapporto tra se’ e il mondo “altro da se’”. Ma la crisi
affonda sempre nelle materiali condizioni di vita e nelle modalità concrete di
una prassi che deve tendere e tende incessantemente alla trasformazione
rivoluzionaria (che è escatologica nelle religioni) come base insopprimibile
della costituzione di sè come soggetto: “Vi è dunque un principio trascendentale
che rende intellegibile l’utilizzazione e le altre valorizzazioni, e questo
principio è l’ethos trascendentale del trascendimento della vita nel valore:
attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il valore, per la
valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo sostiene.”
Costante, inoltre, nella ricerca sul campo, come nelle analisi ed elaborazioni
degli ultimi anni, fu l’indagine sul valore euristico assegnato ai dati psicopapatologici,
sempre legato a una riflessione critica sulla trasferibilità delle relative
nozioni in contesti culturali diversi e sulle loro implicazioni sul piano
antropologico e filosofico più generale: dalla figura dello sciamano come
“Cristo magico” ne Il mondo magico, ai fenomeni di dissociazione e possessione
(influenzato dalle letture di Shirokogoroff e Pierre Janet) nei riti della
taranta, fino alle note sulle “apocalissi psicopatologiche” ne La fine del
mondo. Il folklore progressivo Il concetto di folklore, come concezione
del mondo regressiva, secondo le “osservazioni sul folklore” del Quaderno XXVII
di Gramsci “un agglomerato indigesto di frammenti di concezioni del mondo (..)
e superstiti documenti mutili e contaminati”, ma anche di positiva creatività
delle classi subalterne (come i canti popolari), in opposizione alla cultura
dotta delle élite dirigenti, fu oggetto di riflessione dell’antropologo
partenopeo a partire dal 1949, con il saggio “Intorno ad una storia del mondo
popolare subalterno”, pubblicato su Società sul nr.3 di quell’anno, in cui
riprende studi e indagini della nuova etnologia sovietica (Tolstov, Hippius,
Cicerov, ispirati da V.J. Propp). Nel giugno 1951 in un articolo lo definì come
“proposta consapevole del popolo contro la propria condizione
socialmente subalterna, o che commenta, esprime in termini culturali, le lotte
per emanciparsene.” Il concetto fu poi ripreso, discusso problematicamente e
allargato in particolare da A.M.Cirese (in rapporto a Gramsci) e Luigi M.
Lombardi Satriani (il folklore come cultura di contestazione). I
“folkloristi” erano stati oggetto di critica di de Martino già nella sua prima
opera del 1941, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, in quanto puri
descrittori e catalogatori con criterio naturalistico e non storico-culturale:
per cui il folklore rimane, pur categorizzato come “progressivo”, come fenomeno
di indagine antropologica nei termini più complessivi di cultura
popolare. Crisi della presenza e destorificazione del negativo In quanto
alla “crisi della presenza” come spaesamento, ne La fine del mondo, Ernesto de
Martino racconta di una volta in Calabria quando, cercando una strada, egli e i
suoi collaboratori fecero salire in auto un anziano pastore perché indicasse
loro la giusta direzione da seguire, promettendogli di riportarlo poi al posto
di partenza. L'uomo salì in auto pieno di diffidenza, che si trasformò via via
in una vera e propria angoscia territoriale, non appena dalla visuale del
finestrino sparì alla vista il campanile di Marcellinara, il suo paese. Il
campanile rappresentava per l'uomo il punto di riferimento del suo circoscritto
spazio domestico, senza il quale egli si sentiva realmente spaesato. Quando lo
riportarono indietro in fretta l'uomo stava penosamente sporto fuori dal
finestrino, scrutando l'orizzonte per veder riapparire il campanile. Solo
quando lo rivide, il suo viso finalmente si riappacificò. In un altro
esempio, per esprimere il medesimo concetto, De Martino racconta degli Achilpa,
cacciatori e raccoglitori australiani, nomadi da sempre e per sopravvivenza,
che avevano però l'usanza di piantare al centro del loro accampamento un palo
sacro, intorno al quale celebravano un rito ogni volta che
"approdavano" in un luogo nuovo. Il giorno che il palo si spezzò, i
membri della tribù si lasciarono morire, sopraffatti dall'angoscia. Il
concetto di spaesamento, come una condizione molto "rischiosa" in cui
gli individui temono di perdere i propri riferimenti domestici, che in qualche
modo fungono da "indici di senso", viene inserito dunque da de
Martino nelle sue categorie di “crisi della presenza” e destorificazione del
negativo. La crisi della presenza caratterizza allora quelle condizioni
diverse nelle quali l'individuo, al cospetto di particolari eventi o situazioni
(malattia, morte, conflitti morali, migrazione), sperimenta un'incertezza, una
crisi radicale del suo essere storico (della "possibilità di esserci in
una storia umana", scrive de Martino) in quel dato momento scoprendosi
incapace di agire e determinare la propria azione. La destorificazione del negativo
permette l'universalizzazione della propria condizione umana in una dimensione
mitico-simbolica, mediata dalla religione e presente nel rito. Secondo Amalia
Signorelli, antropologa ee collaboratrice della spedizione nel Salento,
"Il dato esistenziale che ha scatenato la crisi (morte, malattia, paura e
altro ancora) viene mentalmente astratto dal contesto storico per entro il
quale è stato esperito e viene ricondotto a un tempo e a una vicenda
mitici". Se il mito è narrazione, il rito è un comportamento
orientato ad uno scopo e ripetuto con parole e gesti di significato altamente
simbolico. È così che mito, rito e simbolo diventano un circuito volto alla
soluzione della crisi, astraendo dalla storia reale in cui agisce il
negativo. Quando è il negativo a prevalere, e questo accade in fasi
particolarmente drammatiche dell’esistenza umana (come la morte di una persona
cara), può manifestarsi una crisi radicale, una “funesta miseria esistenziale”,
per cui l’ethos del trascendimento non riesce più a risolvere la crisi nel
valore e la mancata valorizzazione fa perdere anche l’operabilità sul reale.
L’attività etica della valorizzazione è necessaria per impedire la
destrutturazione dell”esserci”, in quanto il “vitale” vede per intero invaso il
suo spazio, quello dell’intersoggettività e il rapporto con il mondo. Avviene
allora che “la presenza abdica senza compenso”. Ernesto De Martino
e Muzi Epifani, 1956, durante una missione in Lucania L'elaborazione del lutto
ed il pianto rituale antico Magnifying glass icon mgx2.svg Morte di Gesù negli studi antropologici e
Planctus. Tra il 1952 e il 1956, l’etnologo organizza una serie di spedizioni
di ricerca in Lucania, accompagnato da un’equipe interdisciplinare, tra cui Vittoria
De Palma, anche lei etnologa e compagna di vita e con l’utilizzo di strumenti
quali il magnetofono e la cinepresa, innovativi rispetto all’indagine
folklorica classica. Riconnettendosi a Il mondo magico, decide di concentrarsi
sul lamento funebre e la “crisi del cordoglio”, ai segni, al simbolismo delle
ritualità legate ad una crisi esistenziale tra le più gravi, come quella che
segue la perdita di un caro, e il pianto e il dolore collettivi che
rappresentano la “crisi della presenza”, della propria e di tutti, minacciata
dalla morte. Il pericolo del lutto è dunque quello dell’annullamento
totale. In Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto
di Maria, 1958, affronta anche il senso della morte di Cristo in rapporto alla
condizione esistenziale dell'uomo nel mondo ed al momento traumatico della
esperienza della morte dei propri cari. Di fronte alla "crisi del
cordoglio" che può portare al crollo esistenziale, emerge la esigenza di
elaborare culturalmente il lutto, nella forma socialmente codificata del rito.
La consolazione offerta dal credo religioso riconduce a forme sopportabili la
carica drammatica del lutto, riferendola simbolicamente alla morte tragica di
Cristo sulla croce, forme che consentono di ritrovarsi uguali nel dolore, ma
che diventano anche promessa di resurrezione. «È possibile interpretare
la genesi del protocristianesimo come esemplarizzazione di una storica
risoluzione del cordoglio che trasforma Gesù morto in Cristo risorto e il morto
che torna nel morto-risorto presente nella chiesa e nel banchetto eucaristico.
Le apparizioni di Cristo dopo la morte testimoniano la Resurrezione e la
presenza di Cristo nella chiesa sino al compimento del piano temporale di
salvezza. Dopo l'Ascensione la discesa dello S.S. inaugura l'epoca in cui il
morto-risorto è con i credenti sino alla fine, per donare la spinta alla
testimonianza missionaria. (291:) "Il Cristianesimo diventa un grande
rituale funerario per una morte esemplare risolutiva del vario morire storico e
come pedagogia del distacco e del trascendimento rispetto a ciò che muore (il
che poteva aver luogo solo in quanto il morto era l'unto dell'Uomo-Dio)".
Abbiamo un esempio storico di soluzione della crisi e la garanzia mediante la
fede della presenza del Risorto nella comunità. La celebrazione eucaristica
rappresenta contemporaneamente l'evento passato di un Cristo al centro del
piano temporale di salvezza (mito che garantisce e fonda la salvezza futura) e
l'evento futuro della definitiva Parusia.» De Martino indaga la
persistenza, nelle realtà marginalizzate della Lucania, del pianto funebre,
come “riplasmazione” del planctus irrelativo, rito antichissimo e diffuso prima
del Cristianesimo in tutta l'area mediterranea. La destorificazione dell’evento
luttuoso, soggettivamente vissuto, permette di riportarlo ad una dimensione
mitico-rituale, e dunque al superamento della crisi. Su questi temi si è
soffermata una sua studentessa e collaboratrice, la scrittrice Muzi Epifani,
nella commedia La fuga, scritta a dieci anni dalla sua scomparsa.
Opere:
“Naturalismo e storicismo nell'etnologia,”
Laterza, Bari, n. ed. con introduzione e cura di Stefano De Matteis, Argo,
Lecce,
“Il mondo magico: prolegomeni a una storia
del magismo,” Einaudi, Torino,
Boringhieri, Torino (con introduzione di Cesare Cases e in appendice
testi di Benedetto Croce, Enzo Paci, Raffaele Pettazzoni e Mircea Eliade)
“Morte e pianto rituale nel mondo antico:
dal lamento pagano al pianto di Maria, Einaudi, Torino,
Premio Viareggio Saggistica; n. ed. Bollati
Boringhieri, Torino (con introduzione di Clara Gallini)
“Sud e magia,” Feltrinelli, Milano (con
introduzione di Umberto Galimberti).
“Sud e magia La terra del rimorso.
Contributo a una storia religiosa del Sud,” Il Saggiatore, Milano,
“Furore, simbolo, valore, Il Saggiatore,
Milano, poi Feltrinelli, Milano, (con
introduzione di Luigi M. Lombardi Satriani) e (con introduzione di Marcello Massenzio)
“Magia e civiltà. Un'antologia critica
fondamentale per lo studio del concetto di magia nella civiltà occidentale,”
Garzanti, Milano,
Mondo popolare e magia in Lucania, a cura e
con prefazione di Rocco Brienza, Basilicata, Roma-Matera,
La fine del mondo. Contributo all'analisi
delle apocalissi culturali, Clara Gallini, con introduzione di Clara Gallini e
Marcello Massenzio, Einaudi, Torino,
La collana viola: lettere (con Cesare
Pavese), Pietro Angelini, Bollati Boringhieri, Torino,
Scritti su religione, marxismo e
psicoanalisi, Roberto Altamura e Patrizia Ferretti, Nuove edizioni romane,
Roma,
Compagni e amici: lettere di Ernesto de
Martino e Pietro Secchia, Riccardo Di Donato, La nuova Italia, Firenze,
“Storia e metastoria”
“i fondamenti di una teoria del sacro,
introduzione e cura di Marcello Massenzio, Argo, Lecce,
“Note di campo: spedizione in Lucania, edizione
critica Clara Gallini, Argo, Lecce,
“L'opera a cui lavoro: apparato critico e
documentario alla Spedizione etnologica in Lucania, Clara Gallini, Argo, Lecce,
Una vicinanza discreta: lettere (con Renato
Boccassino), Francesco Pompeo, Oleandro, Roma,
“I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino,
Clara Gallini e Francesco Faeta, fotografie di Arturo Zavattini, Franco
Pinna e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, Torino,
“Panorami e spedizioni: le trasmissioni
radiofoniche,”
Luigi M. Lombardi Satriani e Letizia Bindi,
Bollati Boringhieri, Torino,
“Musiche tradizionali del Salento: le
registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto de Martino a cura e testi di Maurizio Agamennone, Squilibri,
Roma,
Scritti filosofici, Roberto Pastina, il
Mulino, Bologna,
Dal laboratorio del mondo magico: carteggi
Pietro Angelini, Argo, Lecce,
Ricerca sui guaritori e la loro clientela,
Adelina Talamonti, Argo, Lecce (con introduzione di Clara Gallini)
Etnografia del tarantismo pugliese. I
materiali della spedizione nel Salento, Amalia Signorelli e Valerio Panza,
Introduzione e commenti di Amalia Signorelli, Argo, Lecce . La fine del mondo.
Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, nuova edizione Giordana
Charuty, Daniel Fabre, Marcello Massenzio, Einaudi, Torino. E. de Martino, Promesse e minacce
dell'etnologia, in Id., Furore Simbolo Valore, Milano,
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