telementationalism: see psi-transmission. The coinage is interesting.
Since Grice has an essay on ‘modest mentalism,’ and would often use ‘mental’
for ‘psychological,’ it does make sense. ‘Ideationalism’ is analogous. this is
a special note, or rather, a very moving proem, on Grices occasion of
delivering his lectures on ‘Aspects of reason and reasoning’ at Oxford as the
Locke Lectures at Merton. Particularly apt in mentioning, with humility, his
having failed, *thrice* [sic] to obtain the Locke lectureship, Strawson did, at
once, but feeling safe under the ægis of that great English philosopher (viz.
Locke! always implicated, never explicited) now. Grice starts the proem in a
very moving, shall we say, emotional, way: I find it difficult to convey to you
just how happy I am, and how honoured I feel, in being invited to give these
lectures. Difficult, but not impossible. I think of this university and this
city, it has a cathedral, which were my home for thirty-six years, as my
spiritual and intellectual parents. The almost majestic plural is Grices
implicaturum to the town and gown! Whatever I am was originally fashioned here;
I never left Oxford, Oxford made me, and I find it a moving experience to be,
within these splendid and none too ancient walls, once more engaged in my old
occupation of rendering what is clear obscure, by flouting the desideratum of
conversational clarity and the conversational maxim, avoid obscurity of
expression, under be perspicuous [sic]!. Grices implicaturum on none too
ancient seems to be addressed to the truly ancient walls that saw Athenian
dialectic! On the other hand, Grices funny variant on the obscurum per
obscurius ‒ what Baker found as Grices skill in rendering an orthodoxy into a heterodoxy!
Almost! By clear Grice implicates Lewis and his clarity is not enough! I am, at
the same time, proud of my mid-Atlantic [two-world] status, and am, therefore,
delighted that the Old World should have called me in, or rather recalled me,
to redress, for once, the balance of my having left her for the New. His
implicaturum seems to be: Strictly, I never left? Grice concludes his proem: I
am, finally, greatly heartened by my consciousness of the fact that that great
English philosopher, under whose ægis I am now speaking, has in the late
afternoon of my days extended to me his Lectureship as a gracious consolation
for a record threefold denied to me, in my early morning, of his Prize. I pray
that my present offerings may find greater favour in his sight than did those
of long ago. They did! Even if Locke surely might have found favour to Grices
former offerings, too, Im sure. Refs.: The allusions to Locke are in “Aspects.”
Good references under ‘ideationalism,’ above, especially in connection with Myro’s
‘modest mentalism,’ The H. P. Grice Papers, BANC.
telesio: philosopher whose empiricism influences Francis Bacon
and Galileo. Telesio studies in Padova, where he completed his doctorate, and practiced philosophy in Naples and Cosenza
without holding any academic position. His major oeuvre, “De rerum natura iuxta
propria principia,” contains an attempt to interpret nature on the basis of its
own principles, which Telesio identifies with the two incorporeal active forces
of heat and cold, and the corporeal and passive physical substratum. As the two
active forces permeate all of nature and are endowed with sensation, Telesio
argues that all of nature possesses some degree of sensation. Human beings
share with animals a material substance produced by heat and coming into
existence with the body, called spirit. They are also given a mind by God.
Telesio knew various interpretations of Aristotle. However, Telesio broke with foreign exegeses, criticizing
Aristotle’s Physics and claiming that nature is investigated better by the
senses than by the intellect. Bernardino Telesio (n.
Cosenza) filosofo. Mentre le sue teorie naturali sono state successivamente
smentite, la sua enfasi sull'osservazione fece il "primo dei moderni"
che alla fine hanno sviluppato il metodo scientifico. Telesio è nato
da genitori nobili in Cosenza , una città in Calabria, Italia meridionale. È
stato istruito a Milano dallo zio, Antonio, lui stesso uno studioso e poeta di
eminenza, e poi a Roma e Padova . I suoi studi hanno incluso tutta la vasta
gamma di argomenti, classici , scienza e filosofia, che costituivano il
curriculum degli rinascimentali sapienti. Così equipaggiata, ha iniziato il suo
attacco sul aristotelismo medievale che poi fiorì a Padova e Bologna . Nel 1553
si sposò e si stabilì a Cosenza, diventando il fondatore dell'Accademia
Cosentina . Per un certo periodo ha vissuto nella casa di Alfonso III Carafa ,
duca di Nocera. Nel 1563, o forse due anni più tardi, apparve la sua grande
opera De Rerum Natura Iuxta Propria Principia ( Sulla natura delle cose secondo
i loro propri principi ), seguito da un gran numero di opere scientifiche e
filosofiche di importanza sussidiaria. Le opinioni eterodosse, che ha mantenuto
suscitato l'ira della Chiesa per conto del suo amato aristotelismo , e poco
tempo dopo la sua morte i suoi libri sono stati immessi sul Index.
Steepto Teoria della materia, calore e freddo Invece di postulare materia
e forma, si basa l'esistenza sulla materia e la forza. Questa forza ha due
elementi opposti: calore, che si espande, e fredde, che i contratti. Questi due
processi rappresentano tutte le diverse forme e tipi di esistenza, mentre la
massa su cui opera la forza rimane la stessa. L'armonia del tutto consiste nel
fatto che ogni cosa separata sviluppa in sé e per sé conformemente alla sua
natura e allo stesso tempo il suo moto avvantaggia il resto. I difetti evidenti
di questa teoria, (1) che solo i sensi possono non comprendere materia stessa, (2)
che non è chiaro come la molteplicità dei fenomeni potrebbe derivare da queste
due forze, pensato non è meno convincente di Aristotles caldo / freddo , secca
spiegazione / umido, e (3) che ha addotto alcuna prova per dimostrare
l'esistenza di queste due forze, sono stati sottolineato a suo tempo dal suo
allievo, Patrizzi . Inoltre, la sua teoria della terra fredda a riposo e
il sole caldo in moto era destinato a confutazione per mano di Copernico . Allo
stesso tempo, la teoria era sufficientemente coerente per fare una grande
impressione sul pensiero italiano. Va ricordato, però, che la sua obliterazione
di una distinzione tra superlunar e fisica sublunare era certamente abbastanza
preveggente anche se non riconosciuto dai suoi successori come particolarmente
degno di nota. Quando Telesio ha continuato a spiegare la relazione tra mente e
materia, era ancora più eterodossa. Forze materiali sono, per ipotesi, in grado
di sentire; questione deve anche essere stato fin dal primo dotato di
coscienza. Per la coscienza esiste, e non avrebbe potuto essere sviluppato dal
nulla. Questo lo porta a una forma di ilozoismo . Anche in questo caso, l'anima
è influenzato dalle condizioni materiali; di conseguenza, l'anima deve avere un
esistenza materiale. Ha inoltre dichiarato che tutta la conoscenza è sensazione
( "non-ratione sensu sed") e che l'intelligenza è, quindi, un
agglomerato di dati isolati, in sensi. Non lo fa, però, riesce a spiegare come
solo i sensi possono percepire la differenza e identità. Alla fine del suo
schema, probabilmente in ossequio alla teologiche pregiudizi, ha aggiunto un
elemento che era completamente estraneo, vale a dire, un impulso più alto,
un'anima sovrapposta da Dio, in virtù della quale ci sforziamo di là del mondo
sensibile. Questa anima divina non è affatto un concetto completamente nuovo,
se visto nel contesto di Averroestic o tommasiana teoria percettiva.
L'intero sistema di Telesio mostra lacune nella sua tesi, e l'ignoranza dei
fatti, ma allo stesso tempo è un precursore di tutte le successive
dell'empirismo , scientifico e filosofico, e segna chiaramente il periodo di
transizione da autorità e la ragione di sperimentare e individuale
responsabilità. Il ricorso a dati sensoriali Statua di Bernardino
Telesio in Piazza XV Marzo, Cosenza Telesio era il capo del grande movimento
italiano del sud, che ha protestato contro l'autorità accettata della ragione
astratta e semina i semi da cui spuntavano i metodi scientifici di Tommaso
Campanella e Giordano Bruno , di Francis Bacon e René Descartes , con i loro
risultati ampiamente divergenti. Egli, quindi, ha abbandonato la sfera
puramente intellettuale e ha proposto un'indagine sui dati forniti dai sensi,
dai quali ha ricoperto che tutta la vera conoscenza viene veramente (la sua
teoria della percezione sensoriale era essenzialmente una rielaborazione della
teoria di Aristotele dal De anima ). Telesio scrive all'inizio del
Proemio del primo libro della terza edizione del De Rerum Natura Iuxta propria
principia Libri Ix ... "che la costruzione del mondo e la grandezza dei
corpi in esso contenuti, e la natura del mondo, è da ricercare non dalla
ragione, come è stato fatto dagli antichi, ma è da intendersi per mezzo di
osservazione." ( Mundi constructionem, corporumque in eo contentorum magnitudinem,
naturamque non ratione, quod antiquioribus factum est, inquirendam, sed sensu
percipiendam. ) Questa affermazione, che si trova sulla prima pagina, riassume
ciò che molti studiosi moderni hanno generalmente considerato filosofia
telesiana, e spesso sembra che molti non leggere oltre per nella pagina
successiva si imposta il suo caldo teoria / freddo della materia informata, una
teoria che non è chiaramente informato dalla nostra idea moderna di
osservazione. Per Telesio, l'osservazione ( sensu percipiendam ) è un processo
mentale molto più grande di una semplice registrazione dei dati, l'osservazione
comprende anche il pensiero analogico. Anche se Francis Bacon è
generalmente accreditato al giorno d'oggi, con la codificazione di un induttiva
metodo che sottoscrive pienamente l'osservazione come procedura primaria per
l'acquisizione di conoscenze, non era certamente il primo a suggerire che la
percezione sensoriale dovrebbe essere la fonte primaria per la conoscenza. Tra
i filosofi naturali del Rinascimento, questo onore è generalmente conferito a
Telesio. Bacone si riconosce Telesio come "il primo dei moderni" ( De
Telesio autem bene sentimus, atque eum ut amantem veritatis, e Scientiis
utilem, e nonnullorum Placitorum emendatorem & novorum hominum primum
agnoscimus. , Da Bacon De principiis atque originibus ) per mettere
l'osservazione di sopra di tutti gli altri metodi di acquisizione delle
conoscenze sul mondo naturale. Questa frase spesso citata da Bacon, però, è
fuorviante, perché semplifica eccessivamente e travisa l'opinione di Bacone di
Telesio. La maggior parte del saggio di Bacon è un attacco a Telesio e questa
frase, invariabilmente fuori contesto, ha facilitato un malinteso generale
della filosofia naturale telesiana dando ad essa un timbro baconiana di
approvazione, che era lontano dalle intenzioni originali di Bacon. Bacone vede
in Telesio un alleato nella lotta contro l'antica autorità, ma ha poco positivo
da dire su specifiche teorie di Telesio. Ciò che forse colpisce di più De
Rerum Natura è il tentativo di Telesio di meccanizzare il più possibile.
Telesio si sforza di spiegare tutto chiaramente in termini di materia informati
dalla calda e fredda e per mantenere i suoi argomenti il più semplice
possibile. Quando i suoi colloqui si rivolgono agli esseri umani che introduce
un istinto di auto-conservazione per spiegare le loro motivazioni. E quando
discute la mente umana e la sua capacità di ragionare in astratto su argomenti
immateriali e divine, aggiunge un'anima. Per senza anima, tutto il pensiero,
dal suo ragionamento, sarebbe limitato alle cose materiali. Ciò renderebbe Dio
impensabile e chiaramente questo non era il caso, per l'osservazione dimostra
che la gente pensa di Dio. Telesii, Bernardini (1586). De Rerum Natura
Iuxta Propia Principii, Libri IX . Horatium Saluianum, Napoli. Oltre a De Rerum
Natura , ha scritto: de Somno De la quae in aere fiunt de Mari De cometis
et Circulo Lactea respirationis De USU. Gli appunti Riferimenti Neil C. Van
Deusen, Telesio: primo dei moderni (New York, 1932) link esterno
Wikimedia Commons ha mezzi relativi a Bernardino Telesio . Stanford
Encyclopedia of Philosophy entry De La sua, Quae in aere Sunt, & de
Terraemotibuspiena facsimile digitale a Linda Hall Library. Refs.: Luigi
Speranza, “Telesio e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
tempus: cited by Grice and Myro in the Grice-Myro theory of
identity. tense logic, an extension of classical logic introduced by Arthur
Prior Past, Present, and Future, 7, involving operators P and F for the past
and future tenses, or ‘it was the case that . . .’ and ‘it will be the case
that . . .’. Classical or mathematical logic was developed as a logic of
unchanging mathematical truth, and can be applied to tensed discourse only by
artificial regimentation inspired by mathematical physics, introducing
quantification over “times” or “instants.” Thus ‘It will have been the case
that p,’ which Prior represents simply as FPp, classical logic represents as ‘There
[exists] an instant t and there [exists] an instant tH such that t [is] later
than the present and tH [is] earlier than t, and at tH it [is] the case that
pH, or DtDtH t o‹t8tH ‹t8ptH, where the brackets indicate that the verbs are to
be understood as tenseless. Prior’s motives were in part linguistic to produce
a formalization less removed from natural language than the classical and in
part metaphysical to avoid ontological commitment to such entities as instants.
Much effort was devoted to finding tense-logical principles equivalent to
various classical assertions about the structure of the earlierlater order
among instants; e.g., ‘Between any two instants there is another instant’
corresponds to the validity of the axioms Pp P PPp and Fp P FFp. Less is
expressible using P and F than is expressible with explicit quantification over
instants, and further operators for ‘since’ and ‘until’ or ‘now’ and ‘then’
have been introduced by Hans Kamp and others. These are especially important in
combination with quantification, as in ‘When he was in power, all who now
condemn him then praised him.’ As tense is closely related to mood, so tense
logic is closely related to modal logic. As Kripke models for modal logic
consist each of a set X of “worlds” and a relation R of ‘x is an alternative to
y’, so for tense logic they consist each of a set X of “instants” and a
relation R of ‘x is earlier than y’: Thus instants, banished from the syntax or
proof theory, reappear in the semantics or model theory. Modality and tense are
both involved in the issue of future contingents, and one of Prior’s motives
was a desire to produce a formalism in which the views on this topic of
ancient, medieval, and early modern logicians from Aristotle with his “sea
fight tomorrow” and Diodorus Cronos with his “Master Argument” through Ockham
to Peirce could be represented. The most important precursor to Prior’s work on
tense logic was that on many-valued logics by Lukasiewicz, which was motivated
largely by the problem of future contingents. Also related to tense and mood is
aspect, and modifications to represent this grammatical category evaluating
formulas at periods rather than instants of time have also been introduced.
Like modal logic, tense logic has been the object of intensive study in
theoretical computer science, especially in connection with attempts to develop
languages in which properties of programs can be expressed and proved; variants
of tense logic under such labels as “dynamic logic” or “process logic” have
thus been extensively developed for technological rather than philosophical
motives. Refs.: H. P. Grice, “D. H. Mellor on real and irreal time.” applied by
H. P. Grice and G. Myro in the so-called “Grice-Myro theory of identity,” a
time-relative identity, drawing from A. N. Prior, of Oxford, D. Wiggins,
Wykeham professor of logic at Oxford, and Geach (married to an Oxonian
donna), time, “a moving image of
eternity” Plato; “the number of movements in respect of the before and after” Aristotle;
“the Life of the Soul in movement as it passes from one stage of act or
experience to another” Plotinus; “a present of things past, memory, a present
of things present, sight, and a present of things future, expectation”
Augustine. These definitions, like all attempts to encapsulate the essence of
time in some neat formula, are unhelpfully circular because they employ
temporal notions. Although time might be too basic to admit of definition,
there still are many questions about time that philosophers have made some
progress in answering by analysis both of how we ordinarily experience and talk
about time, and of the deliverances of science, thereby clarifying and
deepening our understanding of what time is. What follows gives a sample of
some of the more important of these issues. Temporal becoming and the A- and
B-theories of time. According to the B-theory, time consists in nothing but a
fixed “B-series” of events running from earlier to later. The A-theory requires
that these events also form an “A-series” going from the future through the
present into the past and, moreover, shift in respect to these determinations.
The latter sort of change, commonly referred to as “temporal becoming,” gives
rise to well-known perplexities concerning both what does the shifting and the
sort of shift involved. Often it is said that it is the present or now that
shifts to ever-later times. This quickly leads to absurdity. ‘The present’ and
‘now’, like ‘this time’, are used to refer to a moment of time. Thus, to say
that the present shifts to later times entails that this very moment of
time the present will become some other moment of time and
thus cease to be identical with itself! Sometimes the entity that shifts is the
property of nowness or presentness. The problem is that every event has this
property at some time, namely when it occurs. Thus, what must qualify some
event as being now simpliciter is its having the property of nowness now; and
this is the start of an infinite regress that is vicious because at each stage
we are left with an unexpurgated use of ‘now’, the very term that was supposed
to be analyzed in terms of the property of nowness. If events are to change
from being future to present and from present to past, as is required by
temporal becoming, they must do so in relation to some mysterious transcendent
entity, since temporal relations between events and/or times cannot change. The
nature of the shift is equally perplexing, for it must occur at a particular
rate; but a rate of change involves a comparison between one kind of change and
a change of time. Herein, it is change of time that is compared to change of
time, resulting in the seeming tautology that time passes or shifts at the rate
of one second per second, surely an absurdity since this is not a rate of
change at all. Broad attempted to skirt these perplexities by saying that
becoming is sui generis and thereby defies analysis, which puts him on the side
of the mystically inclined Bergson who thought that it could be known only
through an act of ineffable intuition. To escape the clutches of both
perplexity and mysticism, as well as to satisfy the demand of science to view
the world non-perspectivally, the B-theory attempted to reduce the A-series to
the B-series via a linguistic reduction in which a temporal indexical proposition
reporting an event as past, present, or future is shown to be identical with a
non-indexical proposition reporting a relation of precedence or simultaneity
between it and another event or time. It is generally conceded that such a
reduction fails, since, in general, no indexical proposition is identical with
any non-indexical one, this being due to the fact that one can have a
propositional attitude toward one of them that is not had to the other; e.g., I
can believe that it is now raining without believing that it rains tenselessly
at t 7. The friends of becoming have drawn the wrong moral from this
failure that there is a mysterious Mr. X
out there doing “The Shift.” They have overlooked the fact that two sentences
can express different propositions and yet report one and the same event or
state of affairs; e.g., ‘This is water’ and ‘this is a collection of H2O
molecules’, though differing in sense, report the same state of affairs this being water is nothing but this being a
collection of H2O molecules. It could be claimed that the same holds for the
appropriate use of indexical and non-indexical sentences; the tokening at t 7
of ‘Georgie flies at this time at present’ is coreporting with the
non-synonymous ‘Georgie flies tenselessly at t 7’, since Georgie’s flying at
this time is the same event as Georgie’s flying at t 7, given that this time is
t 7. This effects the same ontological reduction of the becoming of events to
their bearing temporal relations to each other as does the linguistic reduction.
The “coreporting reduction” also shows the absurdity of the “psychological
reduction” according to which an event’s being present, etc., requires a
relation to a perceiver, whereas an event’s having a temporal relation to
another event or time does not require a relation to a perceiver. Given that
Georgie’s flying at this time is identical with Georgie’s flying at t 7, it
follows that one and the same event both does and does not have the property of
requiring relation to a perceiver, thereby violating Leibniz’s law that
identicals are indiscernible. Continuous versus discrete time. Assume that the
instants of time are linearly ordered by the relation R of ‘earlier than’. To
say that this order is continuous is, first, to imply the property of density
or infinite divisibility: for any instants i 1 and i 2 such that Ri1i 2, there
is a third instant i 3, such that Ri1i 3 and Ri3i 2. But continuity implies
something more since density allows for “gaps” between the instants, as with
the rational numbers. Think of R as the ‘less than’ relation and the i n as
rationals. To rule out gaps and thereby assure genuine continuity it is
necessary to require in addition to density that every convergent sequence of
instants has a limit. To make this precise one needs a distance measure d
, on pairs of instants, where di m, i n
is interpreted as the lapse of time between i m and i n. The requirement of
continuity proper is then that for any sequence i l , i 2, i 3, . . . , of
instants, if di m i n P 0 as m, n P C, there is a limit instant i ø such that
di n, iø P 0 as n P C. The analogous
property obviously fails for the rationals. But taking the completion of the
rationals by adding in the limit points of convergent sequences yields the real
number line, a genuine continuum. Numerous objections have been raised to the
idea of time as a continuum and to the very notion of the continuum itself.
Thus, it was objected that time cannot be composed of durationless instants
since a stack of such instants cannot produce a non-zero duration. Modern
measure theory resolves this objection. Leibniz held that a continuum cannot be
composed of points since the points in any finite closed interval can be put in
one-to-one correspondence with a smaller subinterval, contradicting the axiom that
the whole is greater than any proper part. What Leibniz took to be a
contradictory feature is now taken to be a defining feature of infinite
collections or totalities. Modern-day Zenoians, while granting the viability of
the mathematical doctrine of the continuum and even the usefulness of its
employment in physical theory, will deny the possibility of its applying to
real-life changes. Whitehead gave an analogue of Zeno’s paradox of the
dichotomy to show that a thing cannot endure in a continuous manner. For if i
1, i 2 is the interval over which the thing is supposed to endure, then the
thing would first have to endure until the instant i 3, halfway between i 1 and
i 2; but before it can endure until i 3, it must first endure until the instant
i 4 halfway between i 1 and i 3, etc. The seductiveness of this paradox rests
upon an implicit anthropomorphic demand that the operations of nature must be
understood in terms of concepts of human agency. Herein it is the demand that
the physicist’s description of a continuous change, such as a runner traversing
a unit spatial distance by performing an infinity of runs of ever-decreasing
distance, could be used as an action-guiding recipe for performing this feat,
which, of course, is impossible since it does not specify any initial or final
doing, as recipes that guide human actions must. But to make this
anthropomorphic demand explicit renders this deployment of the dichotomy, as
well as the arguments against the possibility of performing a “supertask,”
dubious. Anti-realists might deny that we are committed to real-life change
being continuous by our acceptance of a physical theory that employs principles
of mathematical continuity, but this is quite different from the Zenoian claim
that it is impossible for such change to be continuous. To maintain that time
is discrete would require not only abandoning the continuum but also the
density property as well. Giving up either conflicts with the intuition that
time is one-dimensional. For an explanation of how the topological analysis of
dimensionality entails that the dimension of a discrete space is 0, see W.
Hurewicz, Dimension Theory, 1. The philosophical and physics literatures
contain speculations about a discrete time built of “chronons” or temporal
atoms, but thus far such hypothetical entities have not been incorporated into
a satisfactory theory. Absolute versus relative and relational time. In a
scholium to the Principia, Newton declared that “Absolute, true and
mathematical time, of itself and from its own nature, flows equably without
relation to anything external.” There are at least five interrelated senses in
which time was absolute for Newton. First, he thought that there was a
frame-independent relation of simultaneity for events. Second, he thought that
there was a frame-independent measure of duration for non-simultaneous events.
He used ‘flows equably’ not to refer to the above sort of mysterious “temporal
becoming,” but instead to connote the second sense of absoluteness and partly
to indicate two further kinds of absoluteness. To appreciate the latter, note
that ‘flows equably’ is modified by ‘without relation to anything external’.
Here Newton was asserting third sense of ‘absolute’ that the lapse of time
between two events would be what it is even if the distribution and motions of
material bodies were different. He was also presupposing a related form of
absoluteness fourth sense according to which the metric of time is intrinsic to
the temporal interval. Leibniz’s philosophy of time placed him in agreement
with Newton as regards the first two senses of ‘absolute’, which assert the
non-relative or frame-independent nature of time. However, Leibniz was very
much opposed to Newton on the fourth sense of ‘absolute’. According to
Leibniz’s relational conception of time, any talk about the length of a
temporal interval must be unpacked in terms of talk about the relation of the
interval to an extrinsic metric standard. Furthermore, Leibniz used his
principles of sufficient reason and identity of indiscernibles to argue against
a fifth sense of ‘absolute’, implicit in Newton’s philosophy of time, according
to which time is a substratum in which physical events are situated. On the
contrary, the relational view holds that time is nothing over and above the structure
of relations of events. Einstein’s special and general theories of relativity
have direct bearing on parts of these controversies. The special theory
necessitates the abandonment of frame-independent notions of simultaneity and
duration. For any pair of spacelike related events in Minkowski space-time
there is an inertial frame in which the events are simultaneous, another frame
in which the first event is temporally prior, and still a third in which the
second event is temporally prior. And the temporal interval between two
timelike related events depends on the worldline connecting them. In fact, for
any e 0, no matter how small, there is a
worldline connecting the events whose proper length is less than e. This is the
essence of the so-called twin paradox. The general theory of relativity
abandons the third sense of absoluteness since it entails that the metrical
structure of space-time covaries with the distribution of mass-energy in a
manner specified by Einstein’s field equations. But the heart of the
absoluterelational controversy as
focused by the fourth and fifth senses of ‘absolute’ is not settled by relativistic
considerations. Indeed, opponents from both sides of the debate claim to find
support for their positions in the special and general theories. H. P. Grice,
“D. H. Mellor on real and irreal time.” Tempus is ne of Arsitotle’s categories,
along with spacecfr. Kantand Grice on Strawson’s “Individuals” -- time slice:
used by Grice in two different contexts: personal identity, and identity in
general. In identity in general, Grice draws from Geach and Wiggins, and with
the formal aid of Myro, construct a system of a first-order predicate calculus
with time-relative identity -- a temporal part or stage of any concrete
particular that exists for some interval of time; a three-dimensional cross
section of a fourdimensional object. To think of an object as consisting of
time slices or temporal stages is to think of it as related to time in much the
way that it is related to space: as extending through time as well as space,
rather than as enduring through it. Just as an object made up of spatial parts
is thought of as a whole made up of parts that exist at different locations, so
an object made up of time slices is thought of as a whole made up of parts or
stages that exist at successive times; hence, just as a spatial whole is only
partly present in any space that does not include all its spatial parts, so a
whole made up of time slices is only partly present in any stretch of time that
does not include all its temporal parts. A continuant, by contrast, is most
commonly understood to be a particular that endures through time, i.e., that is
wholly present at each moment at which it exists. To conceive of an object as a
continuant is to conceive of it as related to time in a very different way from
that in which it is related to space. A continuant does not extend through time
as well as space; it does not exist at different times by virtue of the
existence of successive parts of it at those times; it is the continuant itself
that is wholly present at each such time. To conceive an object as a
continuant, therefore, is to conceive it as not made up of temporal stages, or
time slices, at all. There is another, less common, use of ‘continuant’ in which
a continuant is understood to be any particular that exists for some stretch of
time, regardless of whether it is the whole of the particular or only some part
of it that is present at each moment of the particular’s existence. According
to this usage, an entity that is made up of time slices would be a kind of
continuant rather than some other kind of particular. Philosophers have
disputed whether ordinary objects such as cabbages and kings endure through
time are continuants or only extend through time are sequences of time slices.
Some argue that to understand the possibility of change one must think of such
objects as sequences of time slices; others argue that for the same reason one
must think of such objects as continuants. If an object changes, it comes to be
different from itself. Some argue that this would be possible only if an object
consisted of distinct, successive stages; so that change would simply consist
in the differences among the successive temporal parts of an object. Others
argue that this view would make change impossible; that differences among the
successive temporal parts of a thing would no more imply the thing had changed
than differences among its spatial parts would.
H. P. Grice, “D. H. Mellor on real and irreal time.”
TERMINATVM –
TERMINANS – TERMINATURUM -- Terminus horos
-- Cicero’s transliteration of the Greianism --. terminist logic, a school of
semantics until its demise in the humanistic reforms. The chief goal of
‘terminisim’or terministic semantics -- is the elucidation (or conceptual
analysis) of the form, the “exposition,”
of a proposition advanced in the context of Scholastic disputation. The cntral
theory of terminisitc semantics concerns this or that property of this or that
term, especially the suppositum. Terminisic semantics does the work of modern
quantification theory. Important semanticists in the school include Peter of
Spain, Sherwood, Burleigh (Burlaeus), Heytesbury, and Paolo Veneto. terminus a quo-terminus a quem distinction,
the: used by Grice for the starting point of some process, as opposed to the
terminus ad quem, the ending point. E. g., change is a process that begins from
some state, the terminus a quo, and proceeds to some state at which it ends,
the terminus ad quem. In particular, in the ripening of an apple, the green
apple is the terminus a quo and the red apple is the terminus ad quem.
tertulliano: RomanGrice says that ‘you’re the cream in my coffee’
is absurd“Can you believe it?” -- Adored by Grice because he believed what he
thought was absurd. theologian, an early
father of the Christian church. A layman from Carthage, he laid the conceptual
and linguistic basis for the doctrine of the Trinity. Though appearing hostile
to philosophy “What has Athens to do with Jerusalem?” and to rationality “It is
certain because it is impossible”, Tertullian was steeped in Stoicism. He
denounced all eclecticism not governed by the normative tradition of Christian
doctrine, yet commonly used philosophical argument and Stoic concepts e.g., the
corporeality of God and the soul. Despite insisting on the sole authority of
the New Testament apostles, he joined with Montanism, which taught that the
Holy Spirit was still inspiring prophecy concerning moral discipline.
Reflecting this interest in the Spirit, Tertullian pondered the distinctions to
which he gave the neologism trinitas within God. God is one “substance” but
three “persons”: a plurality without division. The Father, Son, and Spirit are
distinct, but share equally in the one Godhead. This threeness is manifest only
in the “economy” of God’s temporal action toward the world; later orthodoxy
e.g. Athanasius, Basil the Great, Augustine, would postulate a Triunity that is
eternal and “immanent,” i.e., internal to God’s being. Tertulliano Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai
cercando il nome proprio di persona, vedi Tertulliano (nome). Tertulliano
Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (in latino: Quintus Septimius Florens
Tertullianus; Cartagine, 155 circa230 circa) , conosciuto semplicemente come
Tertulliano, è stato uno scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, fra
i più celebri del suo tempo. Negli ultimi anni della sua vita entrò in contatto
con alcune sette ritenute eretiche, come quella riconducibile al prete Montano;
per questo motivo fu l'unico apologeta cristiano antico, insieme ad Origene
Adamantio, a non ottenere il titolo di Padre della Chiesa.Tertulliano nacque a
Cartagine verso la metà del II secolo (intorno al 155) da genitori pagani
(patre centurione proconsulari, figlio di un centurione proconsolare) e, dopo
essere stato verosimilmente iniziato ai misteri di Mitra, compì gli studi di
retorica e diritto nelle scuole tradizionali imparando il greco. Visse durante
l'impero di Settimio Severo e Caracalla. Dopo una giovinezza dissipata
esercitò la professione di avvocato dapprima in Africa e in seguito a Roma;
ritornò quindi nella città natale e probabilmente verso il 195 si convertì al
cristianesimo, attratto forse dall'esempio dei martiri (Cfr. Apol. 50,15; Ad
Scap. 5,4) Nel 197 scrisse la sua prima opera, Ad nationes ("Ai
pagani"). Presi gli ordini sacerdotali, adottò posizioni religiose
molto intransigenti e nel 213 aderì alla setta religiosa dei montanisti, nota
proprio per la sua intransigenza e il suo fanatismo. Anche nel periodo
montanista, per Tertulliano la Chiesa è sempre "Madre". Negli
ultimi anni della sua vita abbandonò il gruppo per fondarne uno nuovo, quello
dei tertullianisti. Quest'ultima setta era ancora esistente all'epoca di
sant'Agostino, che riferisce di averla fatta rientrare nell'alveo
dell'ortodossia. Le ultime notizie che si possiedono su Tertulliano risalgono
al 222, quando attaccò polemicamente il pontefice romano Callisto. La sua morte
si data dopo il 230. Pensiero Tertulliano è un grande teorico e un acuto
pensatore che assume un posto di rilievo nel panorama letterario del suo
tempo. Dottrina trinitaria È considerato un grande teologo cristiano
soprattutto perché pensa ed esprime la teologia trinitaria attraverso una
terminologia latina rigorosa. A lui si deve l'introduzione del termine
"persona", nella teologia Trinitaria. Tertulliano fu
storicamente il primo scrittore ecclesiastico ad utilizzare la parola latina
trinitas ("Trinità") con riferimento al Dio biblico e a definire Dio
come unam substantiam in tribus cohaerentibus (Adversus Praxean, 12:7),
chiamati anche personae, mutuando i termini di persona e di sostanza dalla
metafisica stoica. In questo modo, distingueva l'unicità della sostanza divina
rispetto alla pluralità delle tre persone, tra loro coeterne e consustanziali
in un piano paritetico (per quanto concerne la
sostanza). Tertulliano sottolineò il fatto che la processione
presume la superiorità del Padre Dio rispetto al Figlio Dio e allo Spirito
Santo Dio, da Lui inviati, pur non negando la loro consustanzialità e
coeternità "paritetica" dal punto di vista della sostanza. Da queste
considerazioni derivò il fatto che la relazione fra il Padre Dio e il Figlio
Dio non è coeterna, bensì l'effetto della libera volontà di Dio di creare l'universo.
Tertulliano elaborò un concetto di economia della salvezza, che vede la
generazione del Figlio già in qualità di Salvatore e di Redentore e che assorbe
il Logos all'interno del mistero trinitario. La dottrina di Tertulliano
anticipava di circa un secolo il concilio di Nicea. La sua importanza storica
fu notevolmente rivalutata dalla teologia moderna. Il teologo Roger Olson lo
definì come il padre della dottrina trinitaria, mentre il gesuita francese
Joseph Moingt, nella sua opera Théologie trinitaire de Tertullien affermò che
il Contra Praxeam fu il primo trattato trinitario nella storia della Chiesa. La
sua dottrina non fu considerata perfettamente conforme alla formula nicena.
Alcuni Padri della Chiesa lo accusarono di coltivare una forma di subordinazionismo
affine all'arianesimo. La dottrina dell'anima naturaliter cristiana
Nell'Apologeticum, Tertulliano afferma che l'anima "sebbene rinchiusa nel
carcere del corpo [...] come dopo l'ubriachezza [...] nomina Dio con un solo
nome". Tali espressioni linguistiche sono per il pensatore cartaginese,
testimonianze dell'anima chenonostante l'assenza di
sovrastrutturespontaneamente menziona Dio. Tale "scoperta", per
Tertulliano, ha come obiettivo quello di dimostrare la naturalezza del sentimento
religioso senza dover ricorrere alle astrusità dei filosofi. Tertulliano
dedica uno scritto apposito a tale questione: il De testimonio animae (La
testimonianza dell'anima). In questo piccolo libro, l'apologeta cristiano
dichiara espressamente di non voler essere aiutato da chi in precedenza abbia,
in modo artificiale, utilizzato le fonti pagane per "documentare che noi
cristiani non abbiamo abbracciato alcuna dottrina nuova o mostruosa" ma
suo obiettivo è andare a ricercare le fonti dell'anima nella loro purezza più
originaria. Quest'operazione, nella sua formulazione, ha un impianto di
derivazione stoica e più precisamente si rivedono echi della dottrina
dell'anticipazione. Come dice I. Vecchiotti "ciò che interessa di più in
questa sede è l'accento messo sull'ambiente tertullianeo e il modo come questo
accento è messo. È messo cioè in modo da supporre che effettivamente il
sentimento religioso costituisca un primum rispetto ad ogni altra
determinazione: quando questa intervienevuol dire che essa rappresenta una maculazioneeconomica
o psicologicasulla nobiltà del sentimento originario". Dunque,
Tertulliano riconosce che il "concetto di Dio" (per lo più quando lo
si esprime, quando lo si dice) viene fuori nel momento in cui il soggetto umano
si allontana da tutti i tipi di costruzioni artificiali: e tale spontaneità è
sintomo dell'intrinseca presenza della religione cristiana all'interno di ogni
soggettività ed è l'indicazione fondamentale della superiorità della religione
cristiana rispetto alle molteplici religioni pagane. Il Credo quia
absurdum È attribuita a Tertulliano la famosa locuzione latina Credo quia
absurdum. In realtà l'apologeta cristiano non parla mai di
"assurdità" del concetto di Dio ma ritiene che dalla
"incomprensibilità" di quest'ultimo possa essere compresa la sua
realtà. «Hoc est, quod deum
aestimari facit, dum aestimari non capit.» «Questo è ciò che ci fa
comprendere Dio, il fatto che non lo si può comprendere.» (Apologeticum,
17, 3,) Un'altra affermazione che si immette nel solco sin qui delineato è
quella che si trova in De Carne Christi V, 4: "Natus est Dei Filius; non
pudet, quia pudendum est: et mortuus est Dei Filius; prorsus credibile est,
quia ineptum est" che si traduce in: "Nacque il Figlio di Dio; non è
vergognoso, perché v'è da vergognarsi: e il Figlio di Dio è morto: che è del
tutto credibile, poiché è del tutto incredibile". La tecnica della
praescriptione Importantissima risulta storicamente e dogmaticamente la sua
opera De praescriptione haereticorum, in cui egli giunge alla conclusione
fondamentale che è inutile disputare con gli eretici sulla base della
Scrittura, poiché essi continueranno a loro volta a fare lo stesso. La regula
fidei contiene l'interpretazione autorevole della Scrittura ed essa è trasmessa
integralmente e fedelmente solo dove sussiste la successione apostolica, cioè
dai vescovi legittimi, appartenenti all'unica Chiesa cattolica e ortodossa.
Ruolo primaziale nella conservazione dell'autentico deposito della fede lo ha
la sede vescovile di Roma. Altri aspetti del pensiero Alcune opere di
Tertulliano (De spectaculis, De virginibus velandis, De cultu feminarum) sono
improntate ad un estremo rigorismo morale che condanna ogni mondanità e diletto
terreno come un'insidia diabolica; la donna stessa, discendente di Eva, è vista
come una creatura del demonio. Tale rigorismo indusse Tertulliano ad aderire al
montanismo che predicava l'imminenza della resurrezione della carne e l'avvento
del regno di Cristo, rifiutava la gerarchia della Chiesa e prescriveva una
vita ascetica distaccata dal mondo. Degna di nota è la sua affermazione:
“Caro salutis est cardo”, “la carne è il cardine della salvezza”. Come
molti pensatori del tempo anche Tertulliano era contrario alla pratica della
contraccezione, celebre è infatti il principio da lui esposto secondo il quale:
"Impedire la nascita di un bambino significa commettere un omicidio
anticipato". Linguaggio Alla fine del II secolo e all'inizio del
III, Tertulliano è fra i primi scrittori cristiani in lingua latina e
sicuramente uno dei primissimi teologi che scrivono in questa lingua. Usa nei
suoi scritti un linguaggio specificamente tecnico preso dal gergo avvocatizio e
costruisce i periodi in modo volutamente irregolare, con interrogazioni,
esclamazioni, battute ad effetto, giochi di parole, anastrofe, metafore, così
da rendere più incisivo il discorso. Lo stile è veemente, polemico e
aspro. L'espressione libero arbitrio è entrata nel vocabolario filosofico
con Tertulliano, che per primo usò il termine «liberum arbitrium» per tradurre
il greco αὐτεξούσιος (autexousios) di Epitteto. Opere Septimi
Florensis Tertulliani Opera, 1598 Sono pervenute trenta opere teologiche e
polemiche contro i pagani, contro gli avversari religiosi e contro alcuni
cristiani che non condividevano le sue tesi. Periodo cristiano
(197-206) Ad nationes (197): in difesa del Cristianesimo contro i pagani;
Apologeticum (197): una impetuosa difesa in nome della libertà di coscienza,
sia contro i delitti manifesti imputati ai cristiani, sia contro i cosiddetti
crimina occulta, come incesti, infanticidi e altre depravazioni morali pagane;
De testimonio animae (198/200); Adversus Iudaeos (prima del 207); opera di
polemica dottrinale contro gli Ebrei; Ad martyras: esortazione ad un gruppo di
cristiani incarcerati e condan morte; De spectaculis: opera in cui vengono
considerati immorali gli spettacoli teatrali e circensi; De oratione; De
patientia; De cultu feminarum; Ad uxorem; De praescriptione haereticorum:
contro i cristiani che contaminano la fede con filosofie pagane e con
interpretazioni troppo libere della Bibbia; Adversus Hermogenem; De baptismo;
De paenitentia. Periodo influenzato dal montanismo (207-212) Ad Scapulam
(212): l'opera è indirizzata al governatore dell'Africa proconsolare che stava
conducendo una campagna contro i cristiani; De idolatria: contro quelle
attività economiche legate in qualche modo al paganesimo; De corona: contro il
servizio militare che non poteva essere compatibile con chi si professava
cristiano; De exhortatione castitatis; De virginibus velandis: opera in cui
vengono fatte considerazioni sulla donna, considerata alla stregua di un essere
inferiore; per esempio, secondo Tertulliano, deve apparire rigorosamente
velata; Adversus Marcionem, Adversus Praxean e altre: opere (trattati) di
carattere violentemente polemico contro avversari religiosi; Adversus
Valentinianos; De Scorpiace; De anima: (212) è l'opera più importante, nella
quale Tertulliano rielabora anche fonti pagane; De carne Christi; De
resurrectione mortuorum. Periodo apertamente montanista (213-220) De fuga
in persecutione; De pallio; Adversus Praxean; (prima definizione della formula
del rapporto tra una sola sostanza e tre Persone). De ieiunio adversus
Psychicos; De Monogamia; De pudicitia: contro i rapporti sessuali al di fuori
del matrimonio. Note I requisiti per
essere definito Padre della Chiesa sono elencati in Johannes Quasten,
Patrologia, Torino, Marietti, 1980, 112. San Girolamo, De viris illustribus, 53. Battista Mondin, Storia della teologia. 1: Epoca patristica, Bologna, Edizioni Studio
Domenicano, Tertulliano, Difesa del cristianesimo = Apologeticum, Marta Sordi,
Attilio Carpin, Moreno Morani, San Clemente, Adversus Praxean, 27, 11:
"Videmus duplicem statum, non confusum sed coniunctum in una persona Deum
et hominem Iesum", (Noi osserviamo una duplice condizione, non confusa ma
congiunta in una sola persona, Dio e l'uomo Gesù", trad. di G. Scarpat,
Torino, SEI, 1985143) Bryan M. Liftin, Tertullian on the Trinity (XML),
in Perichoresis: The Theological Journal of Emanuel University, Roger Olson,
The Story of Christian Theology: Twenty Centuries of Tradition and Reform.
Downers Grove, IL: InterVarsity, Parigi,
Aubier, 1966, 4 volumi; la citazione è nel volume I53. Tertulliano, Apologeticum, 17, 5-6. Tertulliano, De testimonio animae, 1, 2. Icilio Vecchiotti, La filosofia di
Tertulliano, Pubblicazioni dell'Urbino, Argalia editore. Luciano Perelli,
Storia della letteratura latina, ed. Paravia, Torino, De carnis resurrectione,
8,3. Tertulliano, Apologeticum,
9,2.8. De anima, 21, 6. "Che cos'è, dunque, che fa l'uomo
incoercibile e padrone di se stesso? (αὐτεξούσιον)" Epitteto, Diatribe,
IV, 1, 62. René Braun, Deus
christianorum. Recherches sur le vocabulaire doctrinal de Tertullien, Parigi,
Études augustiniennes, 1977 (seconda edizione ampliata, prima edizione 1962).
A. Capone, “Il problema del male in Tertulliano: l'eresia” in Pagani e
Cristiani alla ricerca della salvezza (secoli I-III), Atti del XXXIV Incontro
di studiosi dell'antichità cristiana. Roma, 5-7 maggio 2005, Roma, A. Capone,
“Plinio il Vecchio e Tertulliano: scrittura e riscrittura”, Auctores Nostri, A.
Capone, “Osservazioni sull'ironia di Tertulliano nell'Adversus Valentinianos”,
Auctores Nostri Gosta Claesson, Index Tertullianeus, Parigi, Études augustiniennes,
Pietro Podolak, Introduzione a Tertulliano, Brescia, Morcellaiana, Tertulliano,
[Opere], Parisiis, apud Laurentium Sonnium, via Iacobaea, Icilio Vecchiotti, La
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Dario Annunziata, Temi e problemi della giurisprudenza severiana. Annotazioni
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Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina, su documentacatholicamnia.eu.
con indici analitici a traduzioni in francese, inglese, russo e tedesco.
Chronica Tertullianea et Cyprianea, su
etudes-augustiniennes.paris-sorbonne.fr.
esaustiva della letteratura cristiana fino alla morte di Cipriano (258)
Catechesi, su w2.vatican.va. di papa Benedetto XVI su Tertulliano tenuta
durante l'Udienza generale.
tessitore: Grice: “If there’s Oxonian
dialectic and Athenian dialectic, there is, to follow Fulvio Tessitore, the
‘scuola napoletana.’” Deputato della Repubblica Italiana LegislatureXV Legislatura
Gruppo parlamentarePD-Ulivo CoalizioneL'Unione CircoscrizionecircoscrizioneXIXCollegioCampania1Incarichiparlamentari
Membro della 7ª Commissione (Cultura, scienza e istruzione) dal 6 giugno 2006
Sito istituzionale Senatore della Repubblica Italiana LegislatureXIV Legislatura
Gruppo parlamentareDemocratici di Sinistral'Ulivo CircoscrizioneCollegio: 2
(Napoli Bagnoli) Incarichi parlamentari Membro della Commissione per la
biblioteca dal 30 luglio 2001 al 27 aprile 2006 Membro della 7ª Commissione
permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) dal 22 giugno 2001 al 27
aprile 2006 Membro della 14ª Commissione permanente (Politiche dell'Unione
europea) dal 7 ottobre 2003 al 27 aprile 2006 Sito istituzionale Dati generali
Partito politicoDemocratici di Sinistra Titolo di studioLaurea in
giurisprudenza UniversitàUniversità degli Studi di Napoli Federico II
ProfessioneDocente universitario. Fulvio Tessitore (Napoli), filosofo. Si è
laureato in giurisprudenza (la sua tesi ricevette dignità di stampa) presso
l'Università degli Studi di Napoli, allievo di Pietro Piovani. -- è libero
docente "per meriti eccezionali" in Filosofia del diritto; l'anno
successivo diventa Professore. Ha dapprima insegnato, dal 1965 al 1975, Storia delle
dottrine politiche; quindi, dal 1975 in poi, Storia della filosofia. È stato
preside della Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Salerno dal
1968 al 1973. Dal 1978 al 1993 è stato preside della Facoltà di Lettere e
Filosofia dell'Università Federico II di Napoli, della quale è stato anche
rettore dal 1993 al 2001. Dal dicembre
del 1983 è socio dell'Accademia dell'Arcadia col nome di Echione Cineriano. È
inoltre socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e di numerose altre accademie
nazionali italiane e straniere. È professore emerito della Facultad de
Humanidades dell'Università Centrale del Venezuela, con sede a Caracas, e
professore onorario della Università dell'Avana (Cuba). Ha tenuto lezioni nelle
Düsseldorf, Erlangen-Nürnberg (Norimberga), Braunschweig, Valencia,
Halle-Wittenberg, Salamanca, Siviglia e molte altre. Ha diretto il Centro di
studi vichiani del CNR dal 1970 al 1995 ed oggi fa parte del Consiglio
scientifico dello stesso Centro. È
presidente della Fondazione Pietro Piovani per gli studi vichiani e del
Consorzio interuniversitario "Civiltà del Mediterraneo". È presidente
del Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione Internazionale D'Amato onlus.
È socio onorario dell'Istituto per l'Oriente “Carlo Alfonso Nallino” di Roma. È
vicepresidente della Fondazione "Guido e Roberto Cortese". Siede
inoltre nel Consiglio Direttivo dell'Istituto italiano per gli studi storici
fondato da Benedetto Croce. È stato componente del Consiglio Scientifico
dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani. È stato componente, dal 1989
al 1997, del Consiglio Universitario Nazionale, in cui è stato presidente del
Comitato di Lettere, Lingue e Magistero (fino al 1993). È stato vice presidente
della Fondazione Teatro di San Carlo (1997–2007), componente del Consiglio
Generale della Fondazione Banco di Napoli dal 2000 al 2006, del Consiglio
direttivo dal 1997 al 1998 e vice presidente dal 1999 al 2000 della CRUI, la
Conferenza permanente dei Rettori delle Università italiane. È Cavaliere di gran croce dell'Ordine al
merito della Repubblica. È stato senatore della Repubblica italiana nella XIV
legislatura (dal 30 maggio 2001 al 27 aprile 2006) nelle file dei Democratici
di SinistraL'Ulivo e deputato nella XV Legislatura (dall'aprile 2006 all'aprile
2008) nelle file del L'Ulivo. È medaglia d'oro della Scuola dell'arte e della
cultura (1983) e della Scienza e della cultura (1996). È autore di una
vastissima di oltre 1500 titoli, tra i
quali 26 volumi, ai quali sono stati assegnati numerosi premi. Opere principali Aspetti del pensiero
neoguelfo napoletano dopo il 1860, Morano, Napoli, 1962 Crisi e trasformazioni
dello Stato. Ricerche sul pensiero giuspubblicistico italiano tra 800 e 900, I
ed. Morano, Napoli, 1963; III ed. Giuffrè, Milano, 1988 I fondamenti della
filosofia politica di Wilhelm von Humboldt, Morano, Napoli, 1965. Stampato in
una nuova edizione nel per Liguori
editore, con un saggio di Claudio Cesa e con la
aggiornata dei lavori di Fulvio Tessitore su W. von Humboldt Friedrich
Meinecke storico delle idee, Le Monnier, Firenze, 1969 Profilo dello storicismo
politico, UTET, Torino (traduzione spagnola 1993) Introduzione allo storicismo,
Laterza, Roma-Bari, 1991, (V ed. ) Introduzione a Meinecke, Laterza, Roma-Bari,
1998 Filosofia, storia e politica in Vincenzo Cuoco, Marco, Lungro (CS), 2002
Contributi alla storia e alla teoria dello storicismo (voll. 5), Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma, Nuovi contributi alla storia e alla Teoria dello
storicismo, Edizioni di Storia e letteratura, Roma (II rist. 2004) Altri contributi alla storia e
alla teoria dello storicismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2007,
Kritischer Historismus, Böhlau, KölnWeimarWien, 2005. Interpretazione dello
storicismo, Scuola Normale Superiore, Pisa, 2008 (trad. spagnola, Barcellona,
2007). Contributi alla storiografia arabo-islamica tra Otto e Novecento,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma (III rist. 2008) Ultimi contributi alla
storia e alla teoria dello storicismo, voll. 3, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma . La mia Napoli. Frammenti di ricordi e di pensieri,
Grimaldi, Napoli, 1998. Letture quotidiane (voll. 7), Editoriale scientifica,
Napoli, 1988-, che raccolgono articoli di giornali quotidiani. Trittico
Anti-hegeliano da Diltehy a Weber. Contributo alla teoria dello storicismo, con
una nora introduttiva di E. Massimilla, Edizioni di Storia e Letteratura,
Roma, Da Cuoco a Weber. Contributi alla
storia dello storicismo, 2 voll., con una nota introduttiva di D. Conte,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, . Ha fondato e dirige i seguenti
periodici scientifici: Bollettino del
Centro di Studi Vichiani (dal 1971), diretto con G. Giarrizzo e G. Cacciatore,
e (dal ) con G. Cacciatore, E. Nuzzo e M. Sanna. Archivio di Storia della
Cultura (dal 1988), diretto dal con D.
Conte e E. Massimilla. Civiltà del Mediterraneo: I serie, diretta con G.
Galasso e S. Moscati; II serie 2002 …, diretta con F. Lomonaco. Una
biografia , su pontaniana.unina.it. 18
settembre . Curriculum del Prof. Fulvio Tessitore , su filosofia.unina.it. Tessitóre,
Fulvio, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Testa: Alfonso Testa (Borgonovo Val
Tidone), filosofo. Nasce nella nobile famiglia Testa dal giudice Giuseppe e
dalla madre N.D. Vittoria Brigidini. Viene battezzato nella Chiesa della
Collegiata il 23 febbraio 1784 alla presenza dei genitori e del conte Andrea
Arcelli, padrino e parente di Alfonso. Fu Sacerdote cattolico dal 1807, rifiutò
la cattedra filosofica dell'Pisa nel 1849 e preferì lavorare all'Parma,
divenendone nel 1859 presidente dell'area filosofica. Dal 1848 fu deputato
al Parlamento Sabaudo. Alfonso Testa. Storia di un povero pretazzuolo di
Fausto Chiesa, pubblicato dalla Lir (Libreria internazionale Romagnosi) di
Piacenza Alfonso Testa, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alfonso Testa, in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Alfonso Testa, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
testing: Grice: “A token proving testability.” Grice: “We need
a meta-test: a test for a test for implicatura.” late
14c., "small vessel used in assaying precious metals," from Old
French test, from Latin testum "earthen pot," related to testa
"piece of burned clay, earthen pot, shell" (see tete). Sense of
"trial or examination to determine the correctness of something" is
recorded from 1590s. The connecting notion is "ascertaining the quality of
a metal by melting it in a pot." Test Act was the name given to various
laws in English history meant to exclude Catholics and Nonconformists from
office, especially that of 1673, repealed 1828. Test drive (v.) is first
recorded 1954. In the sciences, capacity of a theory to undergo
experimental testing. Theories in the natural sciences are regularly subjected
to experimental tests involving detailed and rigorous control of variable
factors. Not naive observation of the workings of nature, but disciplined,
designed intervention in such workings, is the hallmark of testability.
Logically regarded, testing takes the form of seeking confirmation of theories
by obtaining positive test results. We can represent a theory as a conjunction
of a hypothesis and a statement of initial conditions, H • A. This conjunction
deductively entails testable or observational consequences O. Hence, H • A P O.
If O obtains, H • A is said to be confirmed, or rendered probable. But such
confirmation is not decisive; O may be entailed by, and hence explained by,
many other theories. For this reason, Popper insisted that the testability of
theories should seek disconfirmations or falsifications. The logical schema H •
A P O not-O not-H • A is deductively valid, hence apparently decisive. On this
view, science progresses, not by finding the truth, but by discarding the false.
Testability becomes falsifiability. This deductive schema modus tollens is also
employed in the analysis of crucial tests. Consider two hypotheses H1 and H2,
both introduced to explain some phenomenon. H1 predicts that for some test
condition C, we have the test result ‘if C then e1’, and H2, the result ‘if C
then e2’, where e1 and e2 are logically incompatible. If experiment falsifies
‘if C then e1’ e1 does not actually occur as a test result, the hypothesis H1
is false, which implies that H2 is true. It was originally supposed that the
experiments of J. B. L. Foucault constituted a decisive falsifcation of the
corpuscular theory of the nature of light, and thus provided a decisive
establishment of the truth of its rival, the wave theory of light. This account
of crucial experiments neglects certain points in logic and also the role of
auxiliary hypotheses in science. As Duhem pointed term, minor testability
908 908 out, rarely, if ever, does a
hypothesis face the facts in isolation from other supporting assumptions.
Furthermore, it is a fact of logic that the falsification of a conjunction of a
hypothesis and its auxiliary assumptions and initial conditions not-H • A is
logically equivalent to not-H or not-A, and the test result itself provides no
warrant for choosing which alternative to reject. Duhem further suggested that
rejection of any component part of a complex theory is based on
extra-evidential considerations factors like simplicity and fruitfulness and
cannot be forced by negative test results. Acceptance of Duhem’s view led Quine
to suggest that a theory must face the tribunal of experience en bloc; no
single hypothesis can be tested in isolation. Original conceptions of
testability and falsifiability construed scientific method as hypothetico-deductive.
Difficulties with these reconstructions of the logic of experiment have led
philosophers of science to favor an explication of empirical support based on
the logic of probability. Grice: “Linguists never take ‘testability’ too
conceptually, as one can witness in Saddock’s hasty proofs!”Refs: H. P. Grice,
“On testing for testing for conversational implicatura.”
testis:
n., pl. testes; Latin
testis "testicle," usually regarded as a special application of
testis "witness" (see testament), presumably because it "bears
witness to male virility" [Barnhart]. Stories that trace the use of the
Latin word to some supposed swearing-in ceremony are modern and
groundless. Compare Greek parastatai "testicles," from
parastates "one that stands by;" and French slang témoins, literally
"witnesses." But Buck thinks Greek parastatai "testicles"
has been wrongly associated with the legal sense of parastates "supporter,
defender" and suggests instead parastatai in the sense of twin "supporting
pillars, props of a mast," etc. Or it might be a euphemistic use of the
word in the sense "comrades." OED, meanwhile, points to Walde's
suggestion of a connection between testis and testa "pot, shell,
etc." (see tete). testis "witness," from PIE *tri-st-i- "third
person standing by," from root *tris- "three" (see three) on the
notion of "third person, disinterested witness." -- as Grice
notes, “it is etymologically -- or
etymythologically -- related to ‘testicles,’” -- Grice proposes an analysis of ‘testify’ in
terms of necessary and sufficient conditions, “t is a testimony iff t is an act
of telling, including any assertion apparently intended to impart information,
regardless of social setting.” In an extended use, personal letters and
messages, books, and other published material purporting to contain factual
information also constitute testimony. As Grice notes, “testimony may be
sincere or insincere” -- and may express knowledge or baseless prejudice. When
it expresses knowledge, and it is rightly believed, this knowledge is disseminated
to its recipient, near or remote. Second-hand knowledge can be passed on
further, producing long chains of testimony; but these chains always begin with
the report of an eye-witness or expert. In any social group with a common
language there is potential for the sharing, through testimony, of the fruits
of individuals’ idiosyncratic acquisition of knowledge through perception and
inference. In advanced societies specialization in the gathering and production
of knowledge and its wider dissemination through spoken and written testimony
is a fundamental socio-epistemic fact, and a very large part of each person’s
body of knowledge and belief stems from testimony. Thus, the question when a
person may properly believe what another tells her, and what grounds her
epistemic entitlement to do so, is a crucial one in epistemology. Reductionists
about testimony insist that this entitlement must derive from our entitlement
to believe what we perceive to be so, and to draw inferences from this
according to familiar general principles. See e.g., Hume’s classic discussion,
in his “Enquiry into Human Understanding,” section X. On this view, I can
perceive that someone has told me that p, but can thereby come to know that p
only by means of an inference one that
goes via additional, empirically grounded knowledge of the trustworthiness of
that person. Anti-reductionists insist, by contrast, that there is a general
entitlement to believe what one is told just as such defeated by knowledge of
one’s informant’s lack of trustworthiness her mendacity or incompetence, but
not needing to be bolstered positively by empirically based knowledge of her
trustworthiness. Anti-reductionists thus see testimony as an autonomous source
of knowledge on a par with perception, inference, and memory. One argument
adduced for anti-reductionism is transcendental: We have many beliefs acquired
from testimony, and these beliefs are knowledge; their status as knowledge
cannot be accounted for in the way required by the reductionist, i. e., the
reliability of testimony cannot be independently confirmed; therefore, the
reductionist’s insistence on this is mistaken. However, while it is perhaps
true that the reliability of all the beliefs one has that depend on past
testimony cannot be simultaneously confirmed, one can certainly sometimes
ascertain, without circularity, that a specific assertion by a particular
person is likely to be correct if,
e.g.,one’s own experience has established that that person has a good track
record of reliability about that kind of thing. Grice: “Sometimes I use
testimonium.” Refs.: H. P. Grice, “Trust and rationality.”
Thaulero: Vincenzo
Filippone-Thaulero (Roma), filosofo. Abruzzese di origine tedesca, era figlio
del barone Carlo, nobile di Chieti e patrizio teramano, e di donna Maria
Clemente. Conseguì la maturità classica al Liceo "Massimo" di Roma.
Si iscrisse nel 1948 alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "La
Sapienza" di Roma, dove si laureò a pieni voti con una tesi in Filosofia
del Diritto, Una metodologia cristiana del diritto, relatore Giorgio Del
Vecchio e ottenne il Diploma di perfezionamento con lode in Filosofia del
Diritto nella Scuola di Perfezionamento di Filosofia del Diritto dell'Roma, con
la tesi La fictio juris in Bartolo da Sassoferrato, relatore Widar Cesarini
Sforza. Assistente volontario di Giacomo Perticone, ordinario di Storia
contemporanea a Scienze politiche, usufruì di una borsa della Humboldt-Stiftung
che gli consentì lunghe permanenze di studi in Germania per approfondire i suoi
studi sulla problematica dei valori. Luigi Sturzo gli affidò insieme a
Mario d'Addio la direzione del Bollettino di Sociologia, poi divenuto nel 1956
la rivista Sociologia, divenendo uno dei maggiori collaboratori dell'Istituto
creato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. Inviato al terzo Congresso
Mondiale di Sociologia di Amsterdam (1956), fu fra i fondatori della Società
Italiana di Scienze Sociali. Conseguì nel 1965 la libera docenza in
Filosofia Morale e ricoprì vari incarichi presso il Magistero e la Facoltà di
Lettere e Filosofia dell'Salerno. Vinse il concorso a cattedra per Filosofia
Morale del Magistero di Salerno. Morì in un incidente automobilistico
insieme alle figlie Maria Gabriella e Maria Elisabeth. Gli è stata
intitolata la scuola elementare di Cologna Spiaggia (Roseto degli
Abruzzi). Opere Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, Giuffré,
Milano, Seconda attesa, Neri Pozza, Vicenza (edizione postuma). Il mare ha
voce, ha voce il vento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma (edizione
postuma). Opera omnia di Vincenzo Filippone-Thaulero: Volume I, Il darsi
dell'Origine nell'esperienza sociale e religiosa, V. Filippone-Thaulero, R.
Pezzimenti, V. Di Marco, Studium Edizioni, Roma
Saggi e articoli Il terzo Congresso Mondiale di Sociologia (Amsterdam6),
in Bollettino di Sociologia dell'Istituto Luigi Sturzo, Intorno al concetto di sociologia generale, in
Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A. Giuffré, Milano, Il
problema del risentimento in Max Scheler, in Sociologia, Bollettino
dell'Istituto Luigi Sturzo, N. 1, A. Giuffré, Milano, Scienze sociali e
Sociologia, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, AnnoA. Giuffré,
Mi-lano, La Sociologia storicista di L. Sturzo e alcuni riferimenti alle teorie
sociologiche moderne, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A.
Giuffré, Mi-lano, Razionalità e storia nella sociologia sturziana, in Civitas, L'autorità
in Max Weber, in Sociologia, gennaio-dicembre, Il problema dell'autorità in Max
Scheler, in Autorité et Liberté, Atti del IV Convegno di Cultura Europea,
Bolzano, Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, in Rivista di
Sociologia Anno I, N. 1, Roma Società e cultura nel pensiero di Max
Scheler, I, Giuffré, Milano, Conoscenza
e sociologia, in Rivista di Sociologia, Appunti per la XXXVII settimana sociale
dei cattolici d'Italia, in Rivista di Sociologia, Note sulla VIII Conferenza di
sociologia religiosa, in Rivista di Sociologia, n. 7, maggio-agosto 1965.
Cristianesimo e storia, in Rivista di Sociologia, Riflessioni su pregiudizio e
religione, in Rivista di Sociologia,
Roma, Metafisica della scienza e sociologia, in Rivista di Sociologia,
Roma, Analisi culturale ed ecumenismo, in Rivista di Sociologia, Roma, Religione
e pregiudizio (in collaborazione con O. Klineberg, T. Tentori, F. Crespi),
Cappelli, Bologna, Il problema di
un'antropologia filosofica, in Rivista di Sociologia, Il problema di un'antropologia filosofica,
Guida, Napoli, Corso di lezioni ciclostilate, con la traduzione, in appendice,
di un testo di Max Scheler). Religione e pregiudizioAnalisi di contenuto dei
libri cattolici di insegnamento religioso in Italia e in Spagna, Cappelli,
Bologna, Nota introduttiva a Nicolai Hartmann, Etica I, Fenomenologia dei
costumi, in Esperienze, Osservazioni in margine ad una ricerca su pregiudizio e
religione, in Rivista di sociologia, Società e cultura nel pensiero di Max
Scheler, II, Giuffré, Milano, Prospettive
culturali e sociologiche dell'impegno sociale (Relazione tenuta alla Consulta
dei Movimenti Effettive e Seniores della Gioventù di Azione Cattolica). Un
nuovo indirizzo storiografico nella analisi della struttura socioeconomica
meridionale (Relazione tenuta in occasione del convegno Ignazio Rozzi e
l'agricoltura meridionale, Teramo, promosso dal Centro di Studi Storici Abruzzo
Teramano), in Rivista di Sociologia, Riflessione sull'Università televisiva, in
Informazione Radio TV. Studi, documenti e notizie, Speciale Televisione e
Istruzione, RAI, Sociologia ed esperienza religiosa e politica in Luigi Sturzo,
in Ricerche di Storia sociale e religiosa. Discendente del Beato Johannes
Thauler Centro studi
Filippone-Thaulero Vincenzo Di Marco in
occasione della pubblicazione de "Il darsi dell'origine nell'esperienza
sociale e religiosa" Il Tempo, V.
Mathieu, Vincenzo Filippone-Thaulero, Salerno, G. De Rosa,Vincenzo
Filippone-Thaulero in V. Filippone-Thaulero, Seconda Attesa, Vicenza, G. De
Rosa, La storia che non passa: diario politico, Soveia Mannelli, G. Savarese,
Presentazione in V. Filippone-Thaulero, Il mare ha voce, ha voce il vento,
Roma, Centro studi Filippone-Thaulero, su centrostudifilipponethaulero.wordpress.com.
thales: Grice: “We call him Greek, but he certainly weren’t
[sic] born in Greece!” -- called by Grice the first Grecian philosopher
(“Oddly, we call him a Ionian, but the Ionian is quite a way from where he was
born!”)who poisted a ‘philosophical’ why-explanation. Grecian philosopher who was regarded as one
of the Seven Sages of Greece. He was also considered the first philosopher,
founder of the Milesians. Thales is also reputed to have been an engineer,
astronomer, mathematician, and statesman. His doctrines even early Grecian
sources know only by hearsay: he said that water is the arche, and that the
earth floats on water like a raft. The magnet has a soul, and all things are
full of the gods. Thales’ attempt to explain natural phenomena in natural
rather than exclusively supernatural terms bore fruit in his follower
Anaximander.
‘that’: a demonstrative. Since Grice would make so many
references to the ‘that’-clause, he is aware that ‘that’ is etymologically a
demonstrative, that has lost its efficacy there. But the important etymological
lesson is that what follows a ‘that’-clause (cf. the classical languages Grice
learned at Clifton, Greek and Latin) is a ‘propositio’ just because the ‘that’
POINTS at the proposition. Sometimes he refers to ‘obliquus casus,’ and ‘oratio
obliqua,’ but he is more at home with things like ‘verba percipienda,’ verba
volendi, etc. Refs.: H. P. Grice, “Bradley on this and that and thesss and
thatness.’-- ‘that’-clause: Grice’s
priority for the ‘that’-clause is multiple. He dislikes what he calls an
‘amorphous’ propositional complex. His idea is to have at least ‘The S is P,’
one act involving a subjectum or denotatum, and one involving the praedicatum.
There is also what he calls sub-perceptual utterances. They do look like structured
(“That red pillar seems red”) but they are not perceptual reports like “I
perceive that the pillar box is red.” At points he wanst to restrict utterer’s
communucatum to a ‘that’-clause; but ignoring Austin’s remark that to wonder
about what a ‘word’ ‘means’ is senseless, Grice sometimes allows for things
like ‘The cat sat on the mat’ to ‘mean’ that the cat sat on the mat. Grice
thinks that his account of ‘the red-seeming pillar box’ succeeded, and that it
was this success that prompted him to apply the thing to other areas, notably
Strawson, but one hopes, all the theses he presents in “Causal” and
“Prolegomena.” But he does not go back to the is/seems example, other than
perhaps the tie is/seems blue. The reason is that the sense-datum theory is
very complex. Note “seems.” “It seems to me that…” but the ‘that’-clause not as
a content of a state of the agent. If the pillar box seems red to Grice because
it is red, what ‘that’-clause are we talking about to involve in the
implicaturum? And what generates the implicaturum. “By uttering “The pillar box
seems red,” U conversationally implicates that there is a denial or doubt,
somewhere as to whether the pillar box IS red.” Grice thought of Staal as
particularly good at this type of formalistic philosophy, which was still
adequate to reflect the subtleties of ordinary language. How do we
define a Griceian action? How do we define a Griceian event? This is Grices
examination and criticism of Davidson, as a scientific realist, followed by a
Kantian approach to freedom and causation. Grice is especially interested in
the logical form, or explicitum, so that he can play with the implicaturum. One
of his favourite examples: He fell on his sword, having tripped as he crossed
the Galliæ. Grice manages to quote from many and varied authors (some of which
you would not expect him to quote) such as Reichenbach, but also Robinson, of
Oriel, of You Names it fame (for any x, if you can Names it, x exists).
Robinson has a brilliant essay on parts of Cook Wilsons Statement and
inference, so he certainly knows what he is talking about. Grice also quotes
from von Wright and Eddington. Grice offers a linguistic botanic survey
of autonomy and free (sugar-free, free fall, implicaturum-free) which some
have found inspirational. His favourite is Finnegans alcohol-free. Finnegans
obvious implicaturum is that everything is alcohol-laden. Grice kept a copy of
Davidsons The logical form of action sentences, since surely Davidson, Grice
thought, is making a primary philosophical point. Horses run fast; therefore,
horses run. A Davidsonian problem, and there are more to come! Smith went
fishing. Grices category shift allows us to take Smiths fishing as the
grammatical Subjects of an action sentence. Cf. indeed the way to cope with
entailment in The horse runs fast; therefore, the horse runs. Grices Actions
and events is Davidsonian in motivation, but Kantian in method, one of those
actions by Grice to promote a Griceian event! Davidson had published, Grice
thought, some pretty influential (and provocative, anti-Quineian) stuff on
actions and events, or events and actions, actually, and, worse, he was being
discussed at Oxford, too, over which Grice always keeps an eye! Davidsons
point, tersely put, is that while p.q (e.g. It is raining, and it is pouring)
denotes a concatenation of events. Smith is fishing denotes an action, which is
a kind of event, if you are following him (Davidson, not Smith). However,
Davidson is fighting against the intuition, if you are a follower of Whitehead
and Russell, to symbolise the Smith is fishing as Fs, where s stands for Smith
and F for fishing. The logical form of a report of an event or an action seems
to be slightly more complicated. Davidsons point specifically involves adverbs,
or adverbial modifiers, and how to play with them in terms of entailment. The
horse runs fast; therefore, the horse runs. Symbolise that! as Davidson told
Benson Mates! But Mates had gone to the restroom. Grice explores all these and
other topics and submits the thing for publication. Grice quotes, as t his
wont, from many and various philosophers, not just Davidson, whom he saw every
Wednesday, but others he didnt, like Reichenbach, Robinson, Kant, and, again
even a physicist like Eddington. Grice remarks that Davidson is into hypothesis,
suppositio, while he is, as he should, into hypostasis, substantia. Grice then
expands on the apparent otiosity of uttering, It is a fact that grass is green.
Grice goes on to summarise what he ironically dubs an ingenious argument.
Let σ abbreviate the operator
consists in the fact that , which, when prefixed to a sentence,
produces a predicate or epithet. Let S abbreviate Snow is white,
and let G abbreviate Grass is green. In that case, xσS is 1 just
in case xσ(y(y=y and S) = y(y=y) is 1, since the first part of the
sub-sentence which follows σ in the main sentence is logically equivalent
logically equivalent to the second part. And xσ(y(y=y and S) =
y(y=y) is 1 just in case xσ(y(if y=y, G) = y(y=y) is 1,
since y(if y=y, S) and y(if y=y, G) are each a singular term, which, if
S and G are both true, each refers to y(y=y), and are therefore
co-referential and inter-substitutable. And xσ(y(if y=y, G) =
y(y=y) is true just in case xσG is 1, since G is logically equivalent
to the sub-sentence which follows σ. So, this fallacy goes, provided that
S and G are both 1, regardless of what an utterer explicitly conveys by
uttering a token of it, any event which consists of the otiose fact that S also
consists of the otiose fact that G, and vice versa, i. e. this randomly
chosen event is identical to any other randomly chosen event. Grice hastens to
criticise this slingshot fallacy licensing the inter-substitution of this or
that co-referential singular term and this or that logically equivalent
sub-sentence as officially demanded because it is needed to license a
patently valid, if baffling, inference. But, if in addition to providing
this benefit, the fallacy saddles the philosopher with a commitment to a
hideous consequence, the rational course is to endeavour to find a way of
retaining the benefit while eliminating the disastrous accompaniment, much
as in set theory it seems rational to seek as generous a comprehension
axiom as the need to escape this or that paradox permits. Grice proposes
to retain the principle of co-reference, but prohibit is
use after the principle of logical equivalence has been
used. Grice finds such a measure to have some intuitive appeal. In
the fallacy, the initial deployment of the principle of logical equivalence seems
tailored to the production of a sentence which provides opportunity for
trouble-raising application of the principle of
co-referentiality. And if that is what the game is, why not stop
it? On the assumption that this or that problem which originally prompts
this or that analysis is at least on their way towards independent
solution, Grice turns his attention to the possibility of providing a
constructivist treatment of things which might perhaps have more intuitive
appeal than a naïve realist approach. Grice begins with a class of
happenstance attributions, which is divided into this or that basic
happenstance attribution, i.e. ascriptions to a Subjects-item of an
attribute which is metabolically expressible, and this or that non-basic
resultant happenstance attribution, in which the attribute ascribed,
though not itself metabolically expressible, is such that its possession
by a Subjects item is suitably related to the possession by that or by some
other Subjects item, of this or that attribute which is metabolically
expressible. Any member of the class of happenstance attributions may be
used to say what happens, or happens to be the case, without talking about
any special entity belonging to a class of a happening or a happenstance. A
next stage involves the introduction of the operator consists of the fact that This
operator, when prefixed to a sentence S that makes a happen-stance
attribution to a Subjects-item, yields a predicate which is satisfied by an
entity which is a happenstance, provided that sentence S is doxastically
satisfactory, i. e., 1, and that some further metaphysical condition obtains,
which ensures the metaphysical necessity of the introduction into reality of
the category of a happenstance, thereby ensuring that this new category is
not just a class of this or that fiction. As far as the slingshot fallacy,
and the hideous consequence that all facts become identical to one Great Big
Fact, in the light of a defence of Reichenbach against the realist attack,
Grice is reasonably confident that a metaphysical extension of reality will not
saddle him with an intolerable paradox, pace the caveat that, to some, the
slingshot is not contradictory in the way a paradox is, but merely an
unexpected consequence ‒ not seriously hideous, at that. What this
metaphysical condition would be which would justify the metaphysical extension
remains, alas, to be determined. It is tempting to think that the
metaphysical condition is connected with a theoretical need to have this or
that happenstance as this or that item in, say, a causal relation. Grice goes
on to provide a progression of linguistic botanising
including free. Grice distinguishes four elements or stages in the
step-by-step development of freedom. A first stage is the transeunt
causation one finds in inanimate objects, as when we experience a stone in free
fall. This is Hume’s realm, the atomistss realm. This is external or transeunt
casuation, when an object is affected by processes in other objects. A second
stage is internal or immanent causation, where a process in an object is the
outcome of previous stages in that process, as in a freely moving body. A third
stage is the internal causation of a living being, in which changes are
generated in a creature by internal features of the creature which are not
earlier stages of the same change, but independent items, the function or
finality of which is to provide for the good of the creature in question. A
fourth stage is a culminating stage at which the conception of a certain mode
by a human of something as being for that creatures good is sufficient to
initiate the doing of that thing. Grice expands on this interesting last stage.
At this stage, it is the case that the creature is liberated from every factive
cause. There is also a discussion of von Wrights table of adverbial modifiers,
or Grices pentagram. Also an exploration of specificity: Jack buttering a
parsnip in the bathroom in the presence of Jill. Grice revisits some of his
earlier concerns, and these are discussed in the appropriate places, such as
his exploration on the Grecian etymology of aition. “That”-clause should be
preferred to ‘oratio obliqua,’ since the latter is a momer when you ascribe a
psychological state rather than an utterance. Refs.: The main sources are given
under ‘oratio obliqua’ above, The BANC.
theism: as an
Aristotelian scholar, H. P. Grice is aware of the centrality of God, nous
nouseos, in Aristotle’s philosophy -- atheism from Grecian a-, ‘not’, and
theos, ‘god’, the view that there are no gods. A widely used sense denotes
merely not believing in God and is consistent with agnosticism. A stricter
sense denotes a belief that there is no God; this use has become the standard
one. In the Apology Socrates is accused of atheism for not believing in the
official Athenian gods. Some distinguish between theoretical atheism and
practical atheism. A theoretical atheist is one who self-consciously denies the
existence of a supreme being, whereas a practical atheist may believe that a
supreme being exists but lives as though there were no god. -- theology --
Grice’s philosophical theology -- concursus dei, God’s concurrence. The notion
derives from a theory from medieval philosophical theology, according to which
any case of causation involving created substances requires both the exercise
of genuine causal powers inherent in creatures and the exercise of God’s causal
activity. In particular, a person’s actions are the result of the person’s
causal powers, often including the powers of deliberation and choice, and God’s
causal endorsement. Divine concurrence maintains that the nature of God’s
activity is more determinate than simply conserving the created world in
existence. Although divine concurrence agrees with occasionalism in holding
God’s power to be necessary for any event to occur, it diverges from
occasionalism insofar as it regards creatures as causally active. -- theosophia: any philosophical mysticism,
especially those that purport to be mathematically or scientifically based,
such as Pythagoreanism, Neoplatonism, or gnosticism. Vedic Hinduism, and
certain aspects of Buddhism, Taoism, and Islamic Sufism, can also be considered
theosophical. In narrower senses, ‘theosophy’ may refer to the philosophy of
Swedenborg, Steiner, or Madame Helena Petrovna Blavatsky 183. Swedenborg’s
theosophy originally consisted of a rationalistic cosmology, inspired by
certain elements of Cartesian and Leibnizian philosophy, and a Christian
mysticism. Swedenborg labored to explain the interconnections between soul and
body. Steiner’s theosophy is a reaction to standard scientific theory. It
purports to be as rigorous as ordinary science, but superior to it by
incorporating spiritual truths about reality. According to his theosophy,
reality is organic and evolving by its own resource. Genuine knowledge is intuitive,
not discursive. Madame Blavatsky founded the Theosophical Society in 1875. Her
views were eclectic, but were strongly influenced by mystical elements of philosophy.
thema: a term Grice borrows from Stoic logic, after
attending a seminar on the topic by Benson Matesa ‘thema’ is a ground rule used
to reduce argument forms to basic forms. The Stoics analyzed arguments by their
form schema, or tropos. They represented forms using numbers to represent
claims; for example, ‘if the first, the second; but the first; therefore the
second’. Grice uses “so-and-so” for ‘the first’ and ‘such and such’ for the
‘second’. “If so and so, such and such, but so and so; therefore, such and
such.” Some forms were undemonstrable; others were reduced to the undemonstrable
argument forms by ground rules themata; e.g., if R follows from P & Q, -Q
follows from P & -R. The five undemonstrable arguments are: 1 modus ponendo
ponens; 2 modus tollendo tollens; 3 not both P and Q, P, so not-Q; 4 P or Q but
not both, P, so not-Q; and 5 disjunctive syllogism. The evidence about the four
ground rules is incomplete, but a sound and consistent system for propositional
logic can be developed that is consistent with the evidence we have. See
Diogenes Laertius, Lives of the Philosophers, for an introduction to the Stoic
theory of arguments; other evidence is more scattered.
theseus’s
ship. Grice sails on Theseus’s ship. Theseus’ ship: Example used by Grice to relativise
‘identity.’ After the hero Theseus accomplished his mission to sail to Crete to
kill the Minotaur, his ship (Ship 1) was put on display in Athens. As the time
went by, its original planks and other parts were replaced one by one with new
materials until one day all of its parts were new, with none of its original
parts remaining. Do we want to say that the completely rebuilt ship (Ship 2) is
the same as the original or that it is
a different ship? The case is further complicated. If all the original
materials were kept and eventually used to construct a ship (Ship 3), would
this ship be the same as the original? This example has inspired much
discussion concerning the problems of identity and individuation. “To be
something later is to be its closest continuer. Let us apply this view to one
traditional puzzle about identity over time: the puzzle of the ship of
Theseus.” Nozick, Philosophical Explanation. Grice basically formalized this
with G. Myro. Refs.: Collingwood, translation of Benedetto Croce, “Il paradosso
della nave di Teseo,” H. P. Grice, “Relative identity,” The Grice Papers, BANC.
θ: or theta -- Grice’s symbol for a theory. Grice uses
small-case theta for a token of a theory, and capital theta for a type of
theory.– Grice couldn’t quite stand some type of attitude he found in people
like J. M. RountreeRountree was claiming that one needs a ‘theory’ of meaning.
Grice responded: “ Rountree is wrong: if meaning is a matter of theory, it
cannot be a matter of intuition; and I’m sure it should be a matter of
intuition for Rountree!” theoretical termGrice was once attracted to Ramsey’s
essay on “Theories,” but later came to see it as ‘pretentious’. “Surely the way
*I* use ‘theory’ is not Ramsey’s!”If something is an object of an intuition by
Grice, it cannot be a theoretical termtheory and intuition don’t go together.
They repel each other! a term occurring in a scientific theory that purports to
make reference to an unobservable entity e.g., ‘electron’, property e.g., ‘the
monatomicity of a molecule’, or relation ‘greater electrical resistance’. The
qualification ‘purports to’ is required because instrumentalists deny that any
such unobservables exist; nevertheless, they acknowledge that a scientific
theory, such as the atomic theory of matter, may be a useful tool for
organizing our knowledge of observables and predicting future experiences. Scientific
realists, in contrast, maintain that at least some of the theoretical terms
e.g., ‘quark’ or ‘neutrino’ actually denote entities that are not directly
observable they hold, i.e., that such
things exist. For either group, theoretical terms are contrasted with such
observational terms as ‘rope’, ‘smooth’, and ‘louder than’, which refer to
observable entities, properties, or relations. Much philosophical controversy
has centered on how to draw the distinction between the observable and the
unobservable. Did Galileo observe the moons of Jupiter with his telescope? Do
we observe bacteria under a microscope? Do physicists observe electrons in
bubble chambers? Do astronomers observe the supernova explosions with neutrino
counters? Do we observe ordinary material objects, or are sense-data the only
observables? Are there any observational terms at all, or are all terms
theory-laden? Another important meaning of ‘theoretical term’ occurs if one
regards a scientific theory as a semiformal axiomatic system. It is then
natural to think of its vocabulary as divided into three parts, i terms of
logic and mathematics, ii terms drawn from ordinary language or from other
theories, and iii theoretical terms that constitute the special vocabulary of
that particular theory. Thermodynamics, e.g., employs i terms for numbers and
mathematical operations, ii such terms as ‘pressure’ and ‘volume’ that are
common to many branches of physics, and iii such special thermodynamical terms
as ‘temperature’, ‘heat’, and ‘entropy’. In this second sense, a theoretical
term need not even purport to refer to unobservables. For example, although
special equipment is necessary for its precise quantitatheoretical entity
theoretical term 912 912 tive
measurement, temperature is an observable property. Even if theories are not
regarded as axiomatic systems, their technical terms can be considered
theoretical. Such terms need not purport to refer to unobservables, nor be the
exclusive property of one particular theory. In some cases, e.g., ‘work’ in
physics, an ordinary word is used in the theory with a meaning that departs
significantly from its ordinary use. Serious questions have been raised about
the meaning of theoretical terms. Some philosophers have insisted that, to be
meaningful, they must be given operational definitions. Others have appealed to
coordinative definitions to secure at least partial interpretation of axiomatic
theories. The verifiability criterion has been invoked to secure the
meaningfulness of scientific theories containing such terms. A theoretical
concept or construct is a concept expressed by a theoretical term in any of the
foregoing senses. The term ‘theoretical entity’ has often been used to refer to
unobservables, but this usage is confusing, in part because, without
introducing any special vocabulary, we can talk about objects too small to be
perceived directly e.g., spheres of
gamboge a yellow resin less than 106 meters in diameter, which figured in a
historically important experiment by Jean Perrin. Grice uses Ramsey’s concept of
‘theory’“granting that Ramsey overrated theory, as all Cambridge men do!” --
theory-laden, dependent on theory; specifically, involving a theoretical
interpretation of what is perceived or recorded. In the heyday of logical
empiricism it was thought, by Carnap and others, that a rigid distinction could
be drawn between observational and theoretical terms. Later, N. R. Hanson, Paul
Feyerabend, and others questioned this distinction, arguing that perhaps all
observations are theory-laden either because our perception of the world is
colored by perceptual, linguistic, and cultural differences or because no
attempt to distinguish sharply between observation and theory has been
successful. This shift brings a host of philosophical problems. If we accept
the idea of radical theoryladenness, relativism of theory choice becomes
possible, for, given rival theories each of which conditions its own
observational evidence, the choice between them would seem to have to be made
on extra-evidential grounds, since no theory-neutral observations are
available. In its most perplexing form, relativism holds that, theory-ladenness
being granted, one theory is as good as any other, so far as the relationship
of theory to evidence is concerned. Relativists couple the thesis of
theory-ladenness with the alleged fact of the underdetermination of a theory by
its observational evidence, which yields the idea that any number of
alternative theories can be supported by the same evidence. The question
becomes one of what it is that constrains choices between theories. If
theory-laden observations cannot constrain such choices, the individual
subjective preferences of scientists, or rules of fraternal behavior agreed
upon by groups of scientists, become the operative constraints. The logic of
confirmation seems to be intrinsically contaminated by both idiosyncratic and
social factors, posing a threat to the very idea of scientific
rationality.
thomson: Grice did not collaborate with that many friends. He
did with his tutee Strawson. He later did it with G. J. Warnock only on the
theory of perception (notably the ‘visum’). He collaborated with two more
Oxonian philosophers, and with both on the philosophy of action: D. F. Pears
and J. F. Thomson. J. F. Scots London-born
philosopher who would often give seminars with H. P. Grice. They also explored
‘philosophy of action.’ Thomson presented his views on public occasons on the
topic, usually under the guidance of D. F. Pearson topics such as ‘freedom of
the will.’ Thomson has assocations with University, and is a Fellow of Corpus,
Grice’s alma. --thomsonianism: Grice
explored philosophy of action with J. F. Thomson. Thomson would socialize
mainly with Grice and D. F. Pears. Oddly, Thomson was also interested in ‘if’
and reached more or less the same Philonian consequences that Grice does.
three-year-old’s
guide to Russell’s theory of types, theby
H. P. Grice, with an appendix by P. F. Strawson, “Advice to parents,” v.
Grice’s three-year-old’s guide.
Tilgher: Adriano Tilgher (Resìna), filosofo. Nato da
padre vetraio tedesco e madre valdostana, visse a Roma dove fu amico e
collaboratore di Ernesto Buonaiuti (studioso di storia del cristianesimo ed
esponente del modernismo italiano), fino alla morte. Lavorò come bibliotecario
all'Alessandrina e collaborò ad alcuni giornali (tra gli altri, Il Mondo e il
Popolo di Roma), molti dei quali vennero poi soppressi dal regime fascista. Le
sue principali opere sono: La crisi mondiale, Estetica, e La filosofia delle morali,
nella quale delinea la sua originale visione individualistica. Collaborò al
giornale satirico Il Becco giallo. Fu tra
i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da
Benedetto Croce. Da ricordare, anche, tra i suoi diversi scritti antifascisti,
la Stroncatura di Giovanni Gentile del 1925 che, soprattutto nell'ironico e
irriverente sottotitolo, esprime un dissacrante giudizio sulla propaganda con
l'eloquente frase, di ascendenza bruniana, «lo spaccio del bestione
trionfante». Operò anche come critico
letterario e teatrale: fu tra i primi a notare l'originalità del teatro
pirandelliano, nonostante i tentativi di contestazione da parte del regime
fascista . In ambito filosofico, egli
affermò che non esiste una scienza morale unica bensì una pluralità di morali
che emergono da un fondo caotico in virtù di un'iniziativa che in parte è
creatrice di valori e in parte effetto di coincidenze casuali, anche se
fortunate. In Tilgher riaffiora il dualismo manicheo di bene e di male, ribelle
a ogni composizione dialettica propria a ogni comodo, quanto illusorio e
superficiale ottimismo. Considerò mitico, utopistico, il concetto del progresso
che non considera come altrettanto reali "il regresso, la caduta e la
colpa". Nella nota Antologia dei
Filosofi Italiani del dopoguerra, pubblicata nel 1937, oltre a suoi testi
incluse brani tratti dalle opere di Antonio Aliotta, Ernesto Buonaiuti, Julius
Evola, Piero Martinetti, Costanzo Mignone, Emilia Nobile, Giuseppe Rensi. A Ercolano gli è stato intitolato l'Istituto
d'Istruzione Superiore. Opere Arte,
Conoscenza e Realtà, Torino, Bocca, 1911 Teoria del Pragmatismo trascendentale,
Torino, Bocca 1915 Filosofi antichi, Todi, Atanor, 1921 La crisi mondiale e
Saggi di socialismo e marxismo, Bologna, Zanichelli, Voci del tempo, Roma, Libreria
di Scienza e Lettere, Relativisti contemporanei, Roma, Libreria di Scienza e
Lettere, Studi sul Teatro contemporaneo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Ricognizioni,
Roma, Libreria di Scienza e Lettere, La scena e la vita, Roma, Libreria di
Scienza e Lettere, 1925 Lo Spaccio del Bestione trionfante. Stroncatura di
Giovanni Gentile. Un libro per filosofi e non filosofi, Torino, Gobetti, con un
saggio di Antimo Negri, La Mandragora, Prefazione di Gabriele Turi, Roma,
Storia e Letteratura, La visione greca della vita, Roma, Libreria di Scienza e
Lettere, Giordano, Saggi di etica e di
filosofia del diritto, Torino, Bocca, 1928 Homo faber, Roma, Libreria di
Scienza e Lettere, col titolo Storia del concetto di lavoro nella civiltà occidentale,
Firenzelibri, 1983. La poesia dialettale napoletana, Roma, Libreria di Scienza
e Lettere, Estetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Etica di Goethe, Roma,
Maglione, Filosofi e Moralisti del Novecento, Roma, Libreria di Scienza e
Lettere, Studi di poetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Cristo e Noi,
Modena, Guanda, Critica dello Storicismo, Modena, Guanda,Antologia dei filosofi
italiani del dopoguerra, Modena, Guanda, Filosofia delle Morali, Roma, Libreria
di Scienza e Lettere, Moralità. Punti di vista sulla vita e sull'uomo, Roma,
Libreria di Scienza e Lettere,Le orecchie dell'aquila. Studio sulle fonti
dell'attualismo di Giovanni Gentile, Roma, Religio, La filosofia di Leopardi,
Roma, Religio, Raoul Bruni, Torino, Aragno,
(con l'aggiunta di altri scritti leopardiani mai riuniti in volume), Il casualismo critico, Roma, Bardi, Mistiche
nuove e Mistiche antiche, Roma, Bardi, 1946 Tempo nostro, Roma, Bardi, 1946
Diario politico Liliana Scalero, Roma, Atlantica Editrice, 1946. Marxismo socialismo
borghesia, Firenzelibri, Carteggio Croce-Tilgher, Alessandra Tarquini, Bologna,
Il Mulino, Pirandello, con testi di
Antonio Gramsci, Pisa, Scuola Normale Superiore, Alberto Einstein, S. Trappetti
e F. Secci, Dalia Edizioni, La Stampa di Torino. Redazione, Adriano Tilgher, su
Liber Liber, 6 marzo . 21 agosto .
Spaccio della bestia trionfante è un'opera del filosofo Giordano Bruno,
costituita da tre dialoghi di argomento morale, pubblicata a Londra. Le bestie
trionfanti sono i segni delle costellazioni celesti, rappresentate da animali:
è necessario «spacciarle», ovvero cacciarle dal cielo in quanto rappresentano
vecchi vizi che occorre sostituire con moderne virtù. Adriano Tilgher Una nota dell'OVRA su un presunto tentativo
di contestare Pirandello nella tournée in Argentina "si riferisce una
grave dichiarazione confidenziale fatta dal noto letterato antifascista Adriano
Tilgher all'On. Bruno Cassinelli, dichiarazione che rileva non solo l'animosità
biliosa del Tilgher contro Pirandello ma anche e soprattutto un piano
prestabilito da oltre tre mesi da rinnegati contro degli italiani che si
apprestano a far conoscere ai nostri connazionali in Argentina, le ultime
novità letterarie degli autori italiani". Luigi Sedita, Pirandello,
l'apolitico spiato, Belfagor, che riproduce la nota, sottolinea l'enfasi
negativa con cui in essa si presenta il <<noto letterato antifascista
Adriano Tilgher>> e con cui ci si sofferma "soprattutto sul suo
perdurante <<odioso atteggiamento di sfida e di ribellione al fascismo>>.
E significativo, alla luce degli studi di Canali, che il tramite tra la polizia
politica e Adriano Tilgher sia stato l'on. Bruno Cassinelli (...) Cassinelli
divenne amico di Pirandello che ne parla con deferenza in due lettere alla Abba
del '33 e del '36". Adriano Tilgher
in Dizionario Biografico degli Italiani
Giuseppe Rensi , Frammenti d’una filosofia dell’errore e del dolore, del
male e della morte, Napoli, Orthotes, Istituto d'Istruzione Superiore Adriano
Tilgher, su adrianotilgher.edu.it. Gianni Grana, Tilgher critico, in ,
Letteratura italiana. I critici, V,
Marzorati, Milano; R. Laz., «TILGHER, Adriano», in Enciclopedia ItalianaII
Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1949. il 6 dicembre .
Livia Tilgher, Adriano Tilgher com'era, Napoli, Edizioni del delfino,
1978. Ernesto Buonaiuti Modernismo
teologico Manifesto degli intellettuali antifascisti Traccani.it Enciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Adriano Tilgher, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Opere di Adriano Tilgher, su
Liber Liber. Opere di Adriano Tilgher,
su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Adriano Tilgher.
Timossi Roberto Giovanni Timossi
(Genova), filosofo. Ha compiuto i suoi studi presso l'Genova, dove ha
conseguito la laurea in Filosofia. Ha svolto attività di ricerca e di
insegnamento seminariale presso l'Ateneo genovese. I suoi principali interessi
sono rivolti alle cosiddette "questioni di frontiera", che riguardano
la filosofia, la teologia, la storia della scienza, l'epistemologia e la
religione. In questo ambito, si propone di dimostrare la possibilità di una
nuova metafisica cognitiva e in particolare di una rinnovata teologia naturale
o filosofica che proceda dai rivoluzionari risultati e dalle conoscenze della
scienza contemporanea. È inoltre noto per i suoi studi critici
sull'ateismo. Studioso di logica, ha pubblicato uno dei manuali introduttivi
più letti in Italia ("Imparare a ragionare. Un manuale di logica",
Marietti). Dal è Presidente del
Consiglio Scientifico della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca
Interdisciplinare (con Presidente onorario il fisico Ugo Amaldi) e dal membro del Comitato di Gestione della
Fondazione Compagnia di San Paolo di Torino. È accademico corrispondente della
Accademia Ligure di Scienze e Lettere. Oltre a numerosi articoli su
quotidiani e riviste specializzate, ha pubblicato saggi per case editrici di
rilevanza nazionale. Dio è
possibile? Il problema dell'esistenza di un'Entità superiore, Padova, Muzzio, Dio
e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Milano, A. Mondadori, Prove
logiche dell'esistenza di Dio da Anselmo d'Aosta a Kurt Gödel. Storia critica
dell'argomento ontologico, Milano, Marietti, L'illusione dell'ateismo. Perché
la scienza non nega Dio, presentazione del cardinale Angelo Bagnasco
arcivescovo metropolita di Genova e presidente della Conferenza Episcopale
Italiana, Cinisello Balsamo, San Paolo, Imparare a ragionare. Un manuale di logica,
Milano, Marietti, Decidere di credere. Ragionevolezza della fede, Cinisello
Balsamo, San Paolo, Nel segno del nulla. Critica dell'ateismo moderno, Torino,
Lindau, . Perché crediamo in Dio. Le ragioni della fede cristiana nel mondo
contemporaneo", Cinisello Balsamo, San Paolo, Credere per scommessa. La
sfida di Pascal tra matematica e fede, Bologna , Marietti 1820Centro Editoriale
Dehoniano
Tincari, persio. Philosopher of law,
Bergamo.
Toderini: Giambattista Toderini (Venezia),
filosofo. Frontespizio della Letteratura turchesca Figlio di Domenico Maria e
di Anna Maria Cestari, discendeva dai conti palatini Gagliardis dalla Volta.
Letterato, pubblicò la monografia in tre tomi Letteratura Turchesca, tradotta
anche in francese, frutto di una lunga permanenza a Costantinopoli. La vasta
opera merita di essere ricordata in quanto fu la prima trattazione occidentale
di storia della letteratura turca[senza fonte]. Tra gli altri scritti, in
particolare di erudizione e di filosofia morale, si ricordano la Filosofia
frankliniana delle punte preservatrici dal fulmine, particolarmente applicata
alle polveriere, alle navi, e a Santa Barbara in mare del 1771 e L'onesto uomo
ovvero saggi di morale filosofia dai principii della ragione del 1781.
Toderini è ricordato nel libro I Dogi di Venezia nella vita pubblica e privata
di Andrea da Mosto (Giunti Martello ed. 1977): «[...] La Dogaressa Pisana
morì con gran dolore del Doge il 10 marzo 1769 "circa le hore ventidue
colta da una gagliarda convulsione al petto et abbattuta dalla lunga penosa
malattia sofferta". Per tutti i tre giorni di esposizione si conservò così
fresca e rubiconda nel volto che sembrava anziché morta assorta in un dolce
riposo. Fu solennemente tumulata ai S.S. Giovanni e Paolo nella tomba comune
dei Mocenigo. Il Doge la seguì il 31 dicembre 1778, dopo nove giorni di
malattia in seguito a una infezione determinata da una risipola alla gamba
sinistra. Ai solenni funerali fatti alla sua statua ai S.S. Giovanni e Paolo
venne commemorato da Pietro Berti ed a quelli fattigli dalla Scuola di San Rocco,
cui apparteneva, dall'abate Giambattista Toderini[...].» Note Cfr. G.Toderini, Letteratura turchesca, tt.
3, presso G. Tosti, Venezia 1787 Idem,
De la litterature des Turcs, 3 voll., Poincot, Paris 1789. Cfr. Le sue opere registrate dal «Sistema Bibliotecario
Nazionale»[collegamento interrotto] Altri progetti Collabora a Wikimedia
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Toderini Opere di Giambattista Toderini
tonk: a sentential connective whose meaning and logic are
completely characterized by the two rules or axioms 1 [P P P tonk Q] and 2 [P
tonk Q P Q]. If 1 and 2 are added to any normal system, then every Q can be
derived from any P. A. N. Prior invented ‘tonk’ to show that deductive validity
must not be conceived as depending solely on arbitrary syntactically defined
rules or axioms. We may prohibit ‘tonk’ on the ground that it is not a natural,
independently meaningful notion, but we may also prohibit it on purely
syntactical grounds. E.g., we may require that, for every connective C, the
C-introduction rule [xxx P . . . C . . .] and the C-elimination rule [-C-P yyy]
be such that the yyy is part of xxx or is related to xxx in some other syntactical
way.
token-reflexive: Grice: “’Token’ is possibly the most
interesting Anglo-Saxon piece of philosophoical vocabulary: it is cognate with
‘teach’!” -- an expression that refers to itself in an act of speech or
writing, such as ‘this token’. The term was coined by Reichenbach, who
conjectured that all indexicals, all expressions whose semantic value depends
partly on features of the context of utterance, are tokenreflexive and
definable in terms of the phrase ‘this token’. He suggested that ‘I’ means the
same as ‘the person who utters this token’, ‘now’ means the same as ‘the time
at which this token is uttered’, ‘this table’ means the same as ‘the table
pointed to by a gesture accompanying this token’, and so forth. Russell made a
somewhat similar suggestion in his discussion of egocentric particulars.
Reichenbach’s conjecture is widely regarded as false; although ‘I’ does pick
out the person using it, it is not synonymous with ‘the person who utters this
token’. If it were, as David Kaplan observes, ‘If no one were to utter this
token, I would not exist’ would be true.
-- token-type distinctionGrice:
“Strictly, they are not antonymsand token is too English!” Grice: “Token is
cognate with ‘teach,’ a Graeco-Roman thing, cfr. insignuminsignareto teach is
to show, almost, with an m-intention behind.” -- first the token, then the
typeif necessary; “After all a type is a set of tokens” -- used by Grice:
there’s a type of an utterer, but there’s the individual utterer: In symbols,
“u” is an individual utterer, say, Grice. “U” is a type of utterer, say Oxonian
philosophy dons. Aas drawn by Peirce, the contrast between a category and a
member of that category. An individual or token is said to exemplify a type; it
possesses the property that characterizes that type. In philosophy this
distinction is often applied to linguistic expressions and to mental states,
but it can be applied also to objects, events, properties, and states of
affairs. Related to it are the distinctions between type and token individuation
and between qualitative and numerical identity. Distinct tokens of the same
type, such as two ants, may be qualitatively identical but cannot be
numerically identical. Irrespective of the controversial metaphysical view that
every individual has an essence, a type to which it belongs essentially, every
individual belongs to many types, although for a certain theoretical or
practical purpose it may belong to one particularly salient type e.g., the
entomologist’s Formicidae or the picnicker’s buttinsky. The typetoken
distinction as applied in the philosophy of language marks the difference
between linguistic expressions, such as words and sentences, which are the
subject of linguistics, and the products of acts of writing or speaking the
subject of speech act theory. Confusing the two can lead to conflating matters
of speaker meaning withmatters of word or sentence meaning as noted by Grice.
An expression is a linguistic type and can be used over and over, whereas a
token of a type can be produced only once, though of course it may be
reproduced copied. A writer composes an essay a type and produces a manuscript
a token, of which there might be many copies more tokens. A token of a type is
not the same as an occurrence of a type. In the previous sentence there are two
occurrences of the word ‘type’; in each inscription of that sentence, there are
two tokens of that word. In philosophy of mind the typetoken distinction
underlies the contrast between two forms of physicalism, the typetype identity
theory or type physicalism and the tokentoken identity theory or token
physicalism.
topos: Grice: “I will use the Latinate ‘commonplace’”‘locus
communis’-- topic, the analysis of common strategies of argumentation, later a
genre of literature analyzing syllogistic reasoning. Aristotle considered the
analysis of types of argument, or “topics,” the best means of describing the
art of dialectical reasoning; he also used the term to refer to the principle
underlying the strategy’s production of an argument. Later classical
commentators on Aristotle, particularly Latin rhetoricians like Cicero,
developed Aristotle’s discussions of the theory of dialectical reasoning into a
philosophical form. Boethius’s work on topics exemplifies the later classical
expansion of the scope of topics literature. For him, a topic is either a
self-evidently true universal generalization, also called a “maximal
proposition,” or a differentia, a member of the set of a maximal proposition’s
characteristics that determine its genus and species. Man is a rational animal
is a maximal proposition, and like from genus, the differentia that
characterizes the maximal proposition as concerning genera, it is a topic.
Because he believed dialectical reasoning leads to categorical, not
conditional, conclusions, Boethius felt that the discovery of an argument
entailed discovering a middle term uniting the two, previously unjoined terms
of the conclusion. Differentiae are the genera of these middle terms, and one
constructs arguments by choosing differentiae, thereby determining the middle
term leading to the conclusion. In the eleventh century, Boethius’s logical
structure of maximal propositions and differentiae was used to study
hypothetical syllogisms, while twelfth-century theorists like Abelard extended
the applicability of topics structure to the categorical syllogism. By the
thirteenth century, Peter of Spain, Robert Kilwardby, and Boethius of Dacia
applied topics structure exclusively to the categorical syllogism, principally
those with non-necessary, probable premises. Within a century, discussion of
topics structure to evaluate syllogistic reasoning was subsumed by consequences
literature, which described implication, entailment, and inference relations
between propositions. While the theory of consequences as an approach to
understanding relations between propositions is grounded in Boethian, and
perhaps Stoic, logic, it became prominent only in the later thirteenth century
with Burley’s recognition of the logical significance of propositional logic. topic-neutral, noncommittal between two or
more ontological interpretations of a term. J. J. C. Smart suggested that
introspective reports can be taken as topic-neutral: composed of terms neutral
between “dualistic metaphysics” and “materialistic metaphysics.” When one
asserts, e.g., that one has a yellowish-orange afterimage, this is tantamount
to saying ‘There is something going on that is like what is going on when I
have my eyes open, am awake, and there is an orange illuminated in good light
in front of me, i.e., when I really see an orange’. The italicized phrase is,
in Smart’s terms, topic-neutral; it refers to an event, while remaining
noncommittal about whether it is material or immaterial. The term has not
always been restricted to neutrality regarding dualism and materialism. Smart
suggests that topic-neutral descriptions are composed of “quasi-logical” words,
and hence would be suitable for any occasion where a relatively noncommittal
expression of a view is required.
toxin puzzle, a puzzle about intention and practical
rationality: trustworthy billionaire, call him Paul, offers you, Peter, a
million pounds for intending tonight to drink a certain toxin tomorrow. Peter
is convinced that Paul can tell what Peter intends independently of what Peter does.
The toxin would make Peter painfully ill for a day. But Peter needs to drink it
to get the money. Constraints on the formation of a prize-winning intention
include prohibitions against “gimmicks,” “external incentives,” and forgetting
relevant details; e. g. Peter will not receive the money if Peter has a
hypnotist “implant the intention” or hire a hit man to kill Peter should Peter
not drink the toxin. If, by midnight tonight, without violating any rules,
Peter forms an intention to drink the toxin tomorrow, Peter will find a million
pounds in his bank account when he awakes tomorrow morning. Peter probably
would drink the toxin for a million dollars. But can you, without violating the
rules, intend tonight to drink it tomorrow? Apparently, you have no reason to
drink it and an excellent reason not to drink it. Seemingly, you will infer
from this that you will eschew drinking the toxin, and believing that you will
top-down eschew drinking it seems inconsistent with intending to drink it. Even
so, there are several reports in the philosophical literature of possible
people who struck it rich when offered the toxin deal! Refs: H. P. Grice,
“Grice’s book of paradoxes, with puzzling illustrations to match!”
Trapaninapola da –
Trans-plicatum.
Grice: “There is the ‘in plico,’ and there is the ‘ex plico.’ But there is also
the ‘trans plico,’ that crosses both! Talk of pragmatic intrusion!” In his
contribution on partial logic to the Handbook of Philosophical Logic, Stephen
Blamey introduces a ‘value gap introducing’ connective named ‘transplication’
to the standard 3-valued partial logic, the Strong Kleene logic. Blamey
suggests the possibility of reading the transplication connective as a type of
conditional. I was interested to see how the transplication connective fares as
a conditional by testing it against a list of inferences concerning
conditionals. In his contribution on partial logic to the Handbook of
Philosophical Logic [1], Stephen Blamey introduces a ‘value gap introducing’
connective named ‘transplication’ (/) to the standard 3-valued partial logic,
the Strong Kleene logic. Where t stands for ‘true’, f stands for ‘false’ and n
stands for ‘neither true nor false’, the truth table for this connective is: /
1 n 0 1 1 n 0 n n n n 0 n n n Blamey suggests the possibility of reading the
transplication connective as a type of conditional. Basically, the idea is that
conditional sentences of the form ‘if A then B’ are neither true nor false when
A is false. They are also neither true nor false when either A or B is neither
true nor false. I was interested to see how the transplication connective fares
as a conditional by testing it against a list of inferences concerning
conditionals. Here are the results: (1) q
p/q × (2) ¬p p/q × (3) (p ∧ q)/r (p/r) ∨ (q/r) √ (4) (p/q) ∧ (r/s) (p/s) ∨ (r/q) √ (5) ¬(p/q) p √ (6) p/r
(p ∧
q)/r × (7) p/q, q/r p/r √ (8) p/q ¬q/¬p × (9)
p/(q ∨ ¬q)
× (10) (p ∧ ¬p)/q × Paraconsistent Transplication What would the
transplication connective look like when added to the 3-valued LP (Logic of
Paradox), which treats the third truth value b as both true and false. Well, to
begin with, application of the transplication connective’s behaviour to the
truth value b forces a step outside of the 3-valued system into a 4-valued
system, with truth values n (again neither true nor false) plus b. This
transplication connective thus finds a home in the many-valued logic FDE (First
Degree Entailment) system. The truth table for this connective is: / 1 b n 0 1
1 b n 0 b 1 b n 0 n n n n n 0 n n n n 1 Here are the results for the
transplication connective based on the logic FDE, which turns out to be the
same as that for the transplication connective based on Strong Kleene logic:
(1) q p/q × (2) ¬p p/q × (3) (p ∧ q)/r (p/r) ∨ (q/r) √ (4) (p/q) ∧ (r/s) (p/s) ∨ (r/q) √ (5) ¬(p/q)
p √ (6) p/r (p ∧ q)/r × (7) p/q, q/r p/r √ (8) p/q
¬q/¬p × (9) p/(q ∨ ¬q) × (10) (p ∧ ¬p)/q × References [1] Blamey, Stephen. ‘Partial
Logic’, In D. Gabbay and F. Guenthner, (eds.). Handbook of Philosophical Logic
Volume III. Dordrecht, D. Reidel Publishing Company, 1986, pp. 1-70. Stephen
Blamey is an Emeritus Fellow and a lecturer in Philosophy. In the past he has
been Tutor for Undergraduates and been Dean, but now he is just the largely
ceremonial Dean of Degrees. Stephen is a
logician and is involved with the philosophy of language and the philosophy of
mathematics. Now that he is retired from being a full-time philosophy tutor he
hopes finally to publish a lot of stuff that should have appeared years ago: he
has been bewilderingly bad about this – too perfectionist? – and it is only
when he has had a co-author or a collection editor breathing down his neck that
anything has actually come out. The most substantial piece so far has been
‘Partial Logic’ in Handbook of Philosophical Logic, Eds. Gabbay & Guenthner
(2nd editon: Kluwer, 2002). He was asked
to contribute this essay because he was taken to be an expert in an apparently
well-defined subject area that he did not know existed; but it turned out to be
the sort of thing he had written about in his doctoral thesis. Stephen’s most
distinctive contribution to the area is, perhaps, introducing two novel
sentence connectives, interjunction and
transplication. These were originally motivated as providing the
resources actually to analyse (not just talk about) presupposition in the
meaning of natural-language statements; but, independently of this, a lot of
technical results take off from the form of the logic in which the connectives figure;
and there are a lot of conceptual issues to address. Stephen matriculated at Exeter College, where
he did Classical Mods but switched to Mathematics & Philosophy for Finals,
and where he started graduate work. He first joined St Edmund Hall in the late
70s as a Junior Research Fellow; and, after that, the College kept him on
during a University appointment as a Junior Lecturer in Philosophy. Then he was
persuaded to do logicky things for the computing-science community and became a
Research Officer at the University’s Programming Research Group. However, he
had withdrawal symptoms for the intellectual rigour of philosophy; and happily
he got a lecturership at St Hilda’s College to teach logic and Plato.
Eventually he came back to St Edmund Hall in the 90s. But he has not had
appointments only at Oxford: for a whole term he was a Visiting Lecturer at
Bedford College, London, shortly before that college ceased to exist. Blamey is a Fellow at St. Edmund, and a lecturer in
Philosophy. In the past he has been Tutor for Undergraduates and Dean, but
now he is just the largely ceremonial Dean of Degrees. Like Grice,
Blamey is involved with the philosophy of language. Now that he is retired from
being a full-time philosophy tutor he hopes finally to publish a lot of stuff
that should have appeared years ago: he has been bewilderingly bad about this –
too perfectionist? Griceian echoes there – and it is only when he has had a
co-author or a collection editor breathing down his neck that anything has
actually come out. The most substantial piece so far has been ‘Partial
Logic’ in Handbook of Philosophical Logic, Eds. Gabbay & Guenthner, Kluwer.
He was asked to contribute this essay because he was taken to be an expert in
an apparently well-defined subject area that he did not know existed; but it
turned out to be the sort of thing he had written about. Blamey's most
distinctive contribution to the area is, perhaps, introducing two novel
sentence connectives, interjunction and transplication. Griceians
jokingly refer to Blamey's transplication as transplicature, making it
"totally" defeasible.The idea of transplicature is originally
motivated as providing the resources actually to analyse (not just talk about)
presupposition in the meaning of natural-language statements -- pretty much as
Grice's implicature.Does 'some dons are excellent' transplicate that not all
are?"Strictly, it is by the uttering of a token of 'Some dons are
excellent,' that a tutee may transplicate (or fail to transplicate, as the case
might be) that not all are."Idependently of this, a lot of technical
results take off from the form of the logic in which transplicature
figures.Transplicature happens!And there are a lot of conceptual issues to
address. Stephen matriculated at Exeter, where he did Classical Mods,
exactly like Grice -- since this gives prestige.He joined St Edmund as a Junior
Research Fellow; and, after that, St. Edmund kept him on during a University
appointment as a Junior Lecturer in Philosophy. Then he was persuaded to
do "logicky," and transplicaturish things for Grice's play group, and
became a Research Officer at the University’s Programming Research
Group. However, he had withdrawal symptoms for the intellectual rigour of
philosophy; and happily he got a lecturership elsewhere to teach
Plato. "After all, transplicature is but footnotes to
Plato."Eventually he came back to St Edmund.But he has not had
appointments only at Oxford: for a whole term (can you believe it?) he was a
Visiting Lecturer at Bedford, London, shortly before that college "ceased
to exist," as it were (cf. Grice's and Myro's theory of time-relative
identity). Refs.: Luigi Speranza: “Grice and Blamey: an unforgettable
friendship; or only at Oxford,” for the Anglo-Italian Club, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria.
PLICATURE: Grice: “I once played with all variations of plico:
there is in plico; there is ex plico, there is trans plico, there is sub plico,
there is post plico; there is prae plico; there is inter plico.” “You need a
list of all the possible Roman prefixes, and Strawson, being a closet romanist,
promptly provided it!”
Trans-
trans-naturale – meta-physicum – trans- trans-formatio – metamorphosis –
trans-sub-stantia – metaouseis – transcendentale, transplicare -- Grice: “Trust Cicero to look for the
abstract!” -- transcendentia, broadly, the property of rising out of or above
other things virtually always understood figuratively; in philosophy, the
property of being, in some way, of a higher order. A being, such as God, may be
said to be transcendent in the sense of being not merely superior, but
incomparably superior, to other things, in any sort of perfection. God’s
transcendence, or being outside or beyond the world, is also contrasted, and by
some thinkers combined, with God’s immanence, or existence within the world. In
medieval philosophy of logic, terms such as ‘being’ and ‘one’, which did not
belong uniquely to any one of the Aristotelian categories or types of
predication such as substance, quality, and relation, but could be predicated
of things belonging to any or to none of them, were called transcendental. In
Kant’s Critique of Pure Reason, principles that profess wrongly to take us
beyond the limits of any possible experience are called transcendent; whereas
anything belonging to non-empirical thought that establishes, and draws
consequences from, the possibility and limits of experience may be called
transcendental. Thus a transcendental argument in a sense still current is one
that proceeds from premises about the way in which experience is possible to
conclusions about what must be true of any experienced world. Transcendentalism
was a philosophical or religious movement in mid-nineteenth-century New
England, characterized, in the thought of its leading representative, Ralph
Waldo Emerson, by belief in a transcendent spiritual and divine principle in
human nature. Grice: “The formation of this Ciceronian expression is
fascinating. There’s the descent of the lark, and the transcend of the lark!”
-- transcendentals, also called transcendentalia, terms or concepts that apply
to all things regardless of the things’ ontological kind or category.
transcendental deduction transcendentals 926
926 Terms or concepts of this sort are transcendental in the sense that
they transcend or are superordinate to all classificatory categories. The
classical doctrine of the transcendentals, developed in detail in the later
Middle Ages, presupposes an Aristotelian ontology according to which all beings
are substances or accidents classifiable within one of the ten highest genera,
the ten Aristotelian categories. In this scheme being Grecian on, Latin ens is
not itself one of the categories since all categories mark out kinds of being.
But neither is it a category above the ten categories of substance and
accidents, an ultimate genus of which the ten categories are species. This is
because being is homonymous or equivocal, i.e., there is no single generic
property or nature shared by members of each category in virtue of which they
are beings. The ten categories identify ten irreducible, most basic ways of
being. Being, then, transcends the categorial structure of the world: anything
at all that is ontologically classifiable is a being, and to say of anything
that it is a being is not to identify it as a member of some kind distinct from
other kinds of things. According to this classical doctrine, being is the
primary transcendental, but there are other terms or concepts that transcend
the categories in a similar way. The most commonly recognized transcendentals
other than being are one unum, true verum, and good bonum, though some medieval
philosophers also recognized thing res, something aliquid, and beautiful
pulchrum. These other terms or concepts are transcendental because the
ontological ground of their application to a given thing is precisely the same
as the ontological ground in virtue of which that thing can be called a being.
For example, for a thing with a certain nature to be good is for it to perform
well the activity that specifies it as a thing of that nature, and to perform
this activity well is to have actualized that nature to a certain extent. But
for a thing to have actualized its nature to some extent is just what it is for
the thing to have being. So the actualities or properties in virtue of which a
thing is good are precisely those in virtue of which it has being. Given this
account, medieval philosophers held that transcendental terms are convertible
convertuntur or extensionally equivalent idem secundum supposita. They are not
synonymous, however, since they are intensionally distinct differunt secundum
rationem. These secondary transcendentals are sometimes characterized as
attributes passiones of being that are necessarily concomitant with it. In the
modern period, the notion of the transcendental is associated primarily with
Kant, who made ‘transcendental’ a central technical term in his philosophy. For
Kant the term no longer signifies that which transcends categorial
classification but that which transcends our experience in the sense of
providing its ground or structure. Kant allows, e.g., that the pure forms of
intuition space and time and the pure concepts of understanding categories such
as substance and cause are transcendental in this sense. Forms and concepts of
this sort constitute the conditions of the possibility of experience. transcendental argument: Grice: “I prefer
metaphysical argument.’ -- an argument that elucidates the conditions for the
possibility of some fundamental phenomenon whose existence is unchallenged or
uncontroversial in the philosophical context in which the argument is
propounded. Such an argument proceeds deductively, from a premise asserting the
existence of some basic phenomenon such as meaningful discourse, conceptualization
of objective states of affairs, or the practice of making promises, to a
conclusion asserting the existence of some interesting, substantive enabling
conditions for that phenomenon. The term derives from Kant’s Critique of Pure
Reason, which gives several such arguments. The paradigmatic Kantian
transcendental argument is the “Transcendental Deduction of the Pure Concepts
of Understanding.” Kant argued there that the objective validity of certain
pure, or a priori, concepts the “categories” is a condition for the possibility
of experience. Among the concepts allegedly required for having experience are
those of substance and cause. Their apriority consists in the fact that
instances of these concepts are not directly given in sense experience in the
manner of instances of empirical concepts such as red. This fact gave rise to
the skepticism of Hume concerning the very coherence of such alleged a priori
concepts. Now if these concepts do have objective validity, as Kant endeavored
to prove in opposition to Hume, then the world contains genuine instances of
the concepts. In a transcendental argument concerning the conditions for the
possibility of experience, it is crucial that some feature entailed by the
having of experience is identified. Then it is argued that experience could not
have this feature without satisfying some substantive conditions. In the
Transcendental Deduction, the feature of experience on which Kant concentrates
is the ability of a subject of experience to be aware of several distinct inner
states as all belonging to a single consciousness. There is no general
agreement on how Kant’s argument actually unfolded, though it seems clear to
most that he focused on the role of the categories in the synthesis or
combination of one’s inner states in judgments, where such synthesis is said to
be required for one’s awareness of the states as being all equally one’s own
states. Another famous Kantian transcendental argument the “Refutation of Idealism” in the CriToynbee,
Arnold transcendental argument 925 925
tique of Pure Reason shares a noteworthy
trait with the Transcendental Deduction. The Refutation proceeds from the
premise that one is conscious of one’s own existence as determined in time,
i.e., knows the temporal order of some of one’s inner states. According to the
Refutation, a condition for the possibility of such knowledge is one’s
consciousness of the existence of objects located outside oneself in space. If
one is indeed so conscious, that would refute the skeptical view, formulated by
Descartes, that one lacks knowledge of the existence of a spatial world
distinct from one’s mind and its inner states. Both of the Kantian
transcendental arguments we have considered, then, conclude that the falsity of
some skeptical view is a condition for the possibility of some phenomenon whose
existence is acknowledged even by the skeptic the having of experience;
knowledge of temporal facts about one’s own inner states. Thus, we can isolate
an interesting subclass of transcendental arguments: those which are
anti-skeptical in nature. Barry Stroud has raised the question whether such
arguments depend on some sort of suppressed verificationism according to which
the existence of language or conceptualization requires the availability of the
knowledge that the skeptic questions since verificationism has it that
meaningful sentences expressing coherent concepts, e.g., ‘There are tables’,
must be verifiable by what is given in sense experience. Dependence on a highly
controversial premise is undesirable in itself. Further, Stroud argued, such a
dependence would render superfluous whatever other content the anti-skeptical
transcendental argument might embody since the suppressed premise alone would
refute the skeptic. There is no general agreement on whether Stroud’s doubts
about anti-skeptical transcendental arguments are well founded. It is not
obvious whether the doubts apply to arguments that do not proceed from a
premise asserting the existence of language or conceptualization, but instead
conform more closely to the Kantian model. Even so, no anti-skeptical
transcendental argument has been widely accepted. This is evidently due to the
difficulty of uncovering substantive enabling conditions for phenomena that
even a skeptic will countenance.
transcendens -- transcendental argument: Transcendental argument --
Davidson, D.: H. P. Grice, “Reply to Davidson,” philosopher of mind and
language. His views on the relationship between our conceptions of ourselves as
persons and as complex physical objects have had an enormous impact on
contemporary philosophy. Davidson regards the mindbody problem as the problem
of the relation between mental and physical events; his discussions of
explanation assume that the entities explained are events; causation is a
relation between events; and action is a species of events, so that events are
the very subject matter of action theory. His central claim concerning events
is that they are concrete particulars
unrepeatable entities located in space and time. He does not take for granted
that events exist, but argues for their existence and for specific claims as to
their nature. In “The Individuation of Events” in Essays on Actions and Events,
0, Davidson argues that a satisfactory theory of action must recognize that we
talk of the same action under different descriptions. We must therefore assume
the existence of actions. His strongest argument for the existence of events
derives from his most original contribution to metaphysics, the semantic method
of truth Essays on Actions and Events,
10580; Essays on Truth and Interpretation, 4, 214. The argument is based on a distinctive
trait of the English language one not obviously shared by signal systems in lower
animals, namely, its productivity of combinations. We learn modes of composition
as well as words and are thus prepared to produce and respond to complex
expressions never before encountered. Davidson argues, from such
considerations, that our very understanding of English requires assuming the
existence of events. To understand Davidson’s rather complicated views about
the relationships between mind and body, consider the following claims: 1 The
mental and the physical are distinct. 2 The mental and the physical causally
interact. 3 The physical is causally closed. Darwinism, social Davidson, Donald
206 206 1 says that no mental event is
a physical event; 2, that some mental events cause physical events and vice
versa; and 3, that all the causes of physical events are physical events. If
mental events are distinct from physical events and sometimes cause them, then
the physical is not causally closed. The dilemma posed by the plausibility of
each of these claims and by their apparent incompatibility just is the
traditional mind body problem. Davidson’s resolution consists of three theses:
4 There are no strict psychological or psychophysical laws; in fact, all strict
laws are expressible in purely physical vocabulary. 5 Mental events causally
interact with physical events. 6 Event c causes event e only if some strict
causal law subsumes c and e. It is commonly held that a property expressed by M
is reducible to a property expressed by P where M and P are not logically
connected only if some exceptionless law links them. So, given 4, mental and
physical properties are distinct. 6 says that c causes e only if there are
singular descriptions, D of c and DH of e, and a “strict” causal law, L, such
that L and ‘D occurred’ entail ‘D caused D'’. 6 and the second part of 4 entail
that physical events have only physical causes and that all event causation is
physically grounded. Given the parallel between 13 and 4 6, it may seem that
the latter, too, are incompatible. But Davidson shows that they all can be true
if and only if mental events are identical to physical events. Let us say that
an event e is a physical event if and only if e satisfies a basic physical
predicate that is, a physical predicate appearing in a “strict” law. Since only
physical predicates or predicates expressing properties reducible to basic
physical properties appear in “strict” laws, every event that enters into
causal relations satisfies a basic physical predicate. So, those mental events
which enter into causal relations are also physical events. Still, the
anomalous monist is committed only to a partial endorsement of 1. The mental
and physical are distinct insofar as they are not linked by strict law but they are not distinct insofar as mental
events are in fact physical events. transcendentalism,
a religious-philosophical viewpoint held by a group of New England
intellectuals, of whom Emerson, Thoreau, and Theodore Parker were the most
important. A distinction taken over from Samuel Taylor Coleridge was the only
bond that universally united the members of the Transcendental Club, founded in
1836: the distinction between the understanding and reason, the former
providing uncertain knowledge of appearances, the latter a priori knowledge of
necessary truths gained through intuition. The transcendentalists insisted that
philosophical truth could be reached only by reason, a capacity common to all
people unless destroyed by living a life of externals and accepting as true
only secondhand traditional beliefs. On almost every other point there were
disagreements. Emerson was an idealist, while Parker was a natural realist they simply had conflicting a priori
intuitions. Emerson, Thoreau, and Parker rejected the supernatural aspects of
Christianity, pointing out its unmistakable parochial nature and sociological
development; while James Marsh, Frederick Henry Hedge, and Caleb Henry remained
in the Christian fold. The influences on the transcendentalists differed widely
and explain the diversity of opinion. For example, Emerson was influenced by
the Platonic tradition, G. Romanticism, Eastern religions, and nature poets, while
Parker was influenced by modern science, the Scottish realism of Reid and
Cousin which also emphasized a priori intuitions, and the G. Higher Critics.
Emerson, Thoreau, and Parker were also bonded by negative beliefs. They not
only rejected Calvinism but Unitarianism as well; they rejected the ordinary
concept of material success and put in its place an Aristotelian type of
selfrealization that emphasized the rational and moral self as the essence of
humanity and decried idiosyncratic self-realization that admires what is unique
in people as constituting their real value.
-- trans-finitum: definitum,
infinitum: Trans-finite number, in set theory, an infinite cardinal or ordinal
number.
Tocco: Felice Tocco (Catanzaro), filosofo. Studiò
all'Napoli con Bertrando Spaventa e in quella di Bologna, allievo di Francesco
Fiorentino. Insegnante di antropologia a Roma, divenne professore di Storia
della filosofia a Pisa e poi a Firenze. Si
pose, nelle sue Ricerche platoniche, il problema della cronologia degli scritti
platonici mentre, nella sua monografia su Giordano Bruno, negò che il filosofo
di Nola potesse essere considerato un "martire del libero pensiero",
quanto piuttosto l'interprete dei nuovi bisogni di razionalizzazione delle
teorie filosofiche, in linea con l'impulso delle ricerche scientifiche in atto
ai suoi tempi. Contribuì alla pubblicazione delle opere latine di Bruno,
individuandone tre fasi di sviluppo: una fase neoplatonica, una fase
panteistica e una atomistica. Fu
sostenitore del neokantismo, rifiutando ogni costruzione metafisica e
privilegiando le esigenze della ragione pratica. Opere Ricerche platoniche, Catanzaro; L'eresia
nel Medioevo, Firenze Le Opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate
con le italiane da Felice Tocco (R. Istituto di Studi Superiori Pratici e di
Perfezionamento in Firenze); Le Fonti più recenti della filosofia del Bruno.
Nota del socio Felice Tocco, 1892 in "Rendiconti della R. Accad. dei
Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche", 1, fasc. 7/8. 1892; Le opere inedite di
Giordano Bruno. Memoria letta all’Accademia di scienze morali e politiche della
Società Reale di Napoli dal socio Felice ToccoStudi francescani, Napoli; Studi
kantiani, Palermo. Simonetta Bassi, «Francesco Fiorentino e Felice Tocco » in
Il contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Massimo
Ferrari, I dati dell'esperienza. Il neokantismo di Felice Tocco nella filosofia
italiana tra Ottocento e Novecento, Firenze, Leo S. Olschki, Giulio Raio ,
Lezioni su Kant di Felice Tocco: Studio ed edizione, Napoli, Liguori Editore, 1Felice
Tocco, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Felice Tocco, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Felice Tocco, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
Opere di Felice Tocco, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Felice Tocco, . Opere di Felice Tocco, su Progetto Gutenberg. Tocco, Felice, in Dizionario di filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Tolomei: Giovanni Battista
Tolomei, S.I. cardinale di Santa Romana Chiesa Giovanni-Battista Tolomei
(Ptolemaeus).j pg Ritratto del cardinale Tolomei Template-Cardinal (not a
bishop).svg Incarichi ricopertiRettore dell'Università Gregoriana Cardinale
presbitero di Santo Stefano al Monte Celio (1712-1726) Camerlengo del Collegio
Cardinalizio (1720-1723) Nato3 dicembre 1653 a Pistoia Ordinato
presbitero1684 Creato cardinale17 maggio 1702 da papa Clemente XI Deceduto19
gennaio 1726 (72 anni) a Roma Manuale. Giovanni Battista Tolomei
(Pistoia), filosofo. Appartenente alla Compagnia di Gesù. Nato a Villa
Camberaia tra Pistoia e Firenze fu di nobili origini. All'età di quindici anni
fu mandato a studiare a Firenze dove studiò legge presso l'Pisa. Il 18 febbraio
1673 entrò a far parte dell'ordine dei Gesuiti e venne ordinato a Roma. Divenne
esperto di ben undici lingue tra le quali latino, greco, ebraico, siriaco,
arabo, inglese, illirico e francese. Iniziò la sua carriera teologica
esponendo le Sacre scritture nelle letture pubbliche presso la Chiesa del Gesù
a Roma. All'età di trent'anni venne eletto alla carica di procuratore generale
dell'Ordine dalla Congregazione Generale, ufficio che tenne per cinque anni,
fino a quando cioè non ottenne la cattedra di filosofia al Collegio
Romano. Opere Le sue letture, che ebbero sempre un vasto uditorio,
vennero poi date alla stampa nel 1696 con il titolo Philosphia mentis et sensuum,
nella quale, pur nel pieno rispetto dell'aristotelismo, accolse gran parte
delle scoperte naturalistiche della sua epoca, esponendole nelle sue lezioni.
Le letture vennero ristampate nel 1698 in Germania dove ottenne l'encomio
dell'Accademia di Lipsia e del celebre filosofo Leibniz. Insegnamento
Successivamente ottenne la cattedra di teologia alla Pontificia Università
Gregoriana (allora ancora Collegio Romano) e rinnovò le tematiche relative alla
controversia sul concetto di dogma già iniziate dal cardinal Bellarmino circa
un secolo prima. Le letture relative a queste lezioni furono tutte redatte in
un manoscritto di ben sei volumi in folio che tuttavia non vennero mai
pubblicati dall'autore. Eletto successivamente rettore del Collegio Romano e
del Collegio Germanico, ricoprì contemporaneamente la carica di Consultore
presso la Congregazione dei Riti. La nomina a cardinale Venne con sua
sorpresa nominato cardinale da papa Clemente XI ed ottenne il titolo di Santo
Stefano al Monte Celio. Chiamato al servizio del Pontefice per giudicare gli
errori in materia di dogmatica si occupò della pronuncia di condanna
dell'eresia del teologo francese, esponente del giansenismo Pasquier
Quesnel. In qualità di cardinale fu uno degli elettori del conclave di
nomina di papa Innocenzo XIII e di Benedetto XIII. Altri progetti
Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file
su Giovanni Battista Tolomei Giovanni
Battista Tolomei, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Battista Tolomei, su Find a Grave. Opere
di Giovanni Battista Tolomei, . Giovanni Battista Tolomei, in Catholic
Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Giovanni Battista
Tolomei, in Catholic Hierarchy. Giovanni
Battista Tolomei nell'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana,
su unigre.it. Tolomèi, Giovanni Battista, in Treccani.itEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Predecessore Rettore dell'Università
GregorianaSuccessoreEstemma UniGreg.png Angelo Alamanni, S.I.1º gennaio 16981º gennaio
1701Annibale Marchetti, S.I.Predecessore Cardinale presbitero di Santo Stefano
al Monte CelioSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Francesco Bonvisi11 luglio 171219
gennaio 1726Giovanni Battista Salerni, S.I.PredecessoreCamerlengo del Collegio
CardinalizioSuccessoreEmblem Holy See.svg Luigi Priuli20 marzo 17 gennaio
1723Bernardino Scotti
Tomatis: Francesco Tomatis (Carrù),
filosofo. Dal 2002 insegna alla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università
degli Studi di Salerno come Professore in Filosofia teoretica. Francesco
Tomatis ha studiato nelle Torino, Heidelberg, Perugia e Macerata. Laureatosi in
Filosofia teoretica all'Torino con Gianni Vattimo e Luigi Pareyson (1991),
dottore di ricerca all'Perugia (1994), seguito da Giovanni Ferretti e Giuseppe
Riconda, di cui è stato assistente all'Torino dal 1995 al 2002, è stato
borsista del Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson (1995-1998),
ricercatore della Alexander von Humboldt-Stiftung all'Freiburg im Breisgau
(1997), Professore allo Studio teologico interdiocesano di Fossano (1991-2001)
e professore ospite in alcune Università europee e americane (Madrid, Córdoba,
Mendoza..). È membro dei comitati scientifici del Centro studi
filosofico-religiosi Luigi Pareyson di Torino, della Fondazione centro studi
Augusto Del Noce di Savigliano, dell'Accademia estetica internazionale di
Rapallo, dell'Istituto Xavier Tilliette, della Internationale
Schelling-Gesellschaft. Nel 1987 ha fondato a Cuneo il Seminario angelus
novus. Nel 1991 ha fondato con Massimo Cacciari, Massimo Donà, Romano
Gasparotti, Sergio Givone, Margherita Petranzan, Carlo Sini e Vincenzo Vitiello
la rivista “Paradosso”. Dal 1995 scrive sulle pagine culturali di “Avvenire”.
Cura una rubrica sul mensile delle vallate occitane d'Italia “Ousitanio Vivo”,
di cui è collaboratore dal 1998, e dal 2005 collabora a “La Rivista del Club
alpino italiano”. Dal è garante
scientifico internazionale dell'associazione Mountain Wilderness International.
Dal 2008 è istruttore di Kung Fu classico cinese, frequentando la Scuola Kung
Fu Chang dal 1994, allievo diretto dei maestri Ignazio Cuturello e Roberto
Fassi. Pensiero Ha dedicato le sue ricerche al pensiero di Friedrich
Schelling, Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger in ambito tedesco, di Luigi
Pareyson e Luigi Einaudi in quello italiano, di Lao Tzu e Yang Chengfu nel
cinese, approfondendo in particolare il problema ontologico della libertà e del
male, del tempo e dell'escatologia, dei principi e del non-sapere. Ha poi
elaborato una filosofia esperienziale, sperimentata soprattutto in montagna,
che intende l'esistenza come esperienza personale della verticalità del limite,
e una filosofia ermeneutica del dialogo interculturale, particolarmente attenta
alla teologia cristiana trinitaria e al pensiero taoista cinese. Opere
Kenosis del logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Prefazione di
Xavier Tilliette, Città Nuova Editrice, Roma, 1994, 384 88-311-3229-6 Ontologia del male.
L'ermeneutica di Pareyson, Presentazione di Piero Coda, Città Nuova Editrice,
Roma, L'argomento ontologico.
L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, 2ª ed., Roma, Città Nuova Editrice, pareysoniana, Trauben, Torino, Pareyson. Vita,
filosofia, , 2ª ed. ampliata, Morcelliana, Brescia, Escatologia della negazione, Roma, Città Nuova
Editrice, Friedrich Schelling. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo,
Filosofia della montagna, Prefazione di Armando Torno, Postfazione di Reinhold
Messner, 3ª ed., Milano, Bompiani, Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano, Dialogo
dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Prefazione di Piero Coda, Bompiani,
Milano, Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Prefazione di
Giovanni Reale, Bompiani, Milano, 2009, 128
978-88-452-6256-2 Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in
Luigi Einaudi, Città Nuova Editrice, Roma, , Corpo e preghiera. La Via del T'ai
Chi Ch'üan, con I. Cuturello, R. Fassi, D. Magni, 2ª ed., Roma, Città Nuova
Editrice, La via della montagna, Bompiani,
Milano, Curatele Luigi Pareyson, Essere, libertà, ambiguità, Mursia, Milano, Giuseppe
Riconda, Xavier Tilliette, Del male e del bene, Città Nuova Editrice, Roma, Bruno
Forte, Vincenzo Vitiello, La vita e il suo oltre. Dialogo sulla morte, Città
Nuova Editrice, Roma, Luigi Pareyson, Iniziativa e libertà, Mursia, Milano, Mauro
Baudino, White-out, Museo Nazionale della Montagna, Torino, 2006, 48 88-7376-024-4 Friedrich Nietzsche, Su verità
e menzogna, Bompiani, Milano, 2006, 168
88-452-5741-X Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling, Sui principi
sommi. Filosofia della rivelazione 1841/42, Bompiani, Milano, , 1536 978-88-452-8094-8 Luigi Pareyson,
Prospettive di filosofia moderna e contemporanea, Mursia, Milano , Recensioni
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2006)]. Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano [recensito da: M.
Schoepflin («Jesus», 2007, 1, p.95), M. Del Vecchio («Diorama letterario», 282,
2007, 30–31), G. Pulina («Recensioni filosofiche», 29.12.2006,
recensionifilosofiche.it)]. Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao
Tzu, Bompiani, Milano 2007, 160
[recensito da: M. Iacona («Secolo d'Italia», 7.11.2007, p.9), E. Billò
(«L'Unione monregalese», 7.11.2007, p.41), G. A[schero] («La Guida», 7.12.2007,
p.16), M. Schoepflin («Giornale di Brescia»), M. Schoepflin («Avvenire»,
19.3.2008), D. Monaco («Filosofia e teologia», 2008, 2, 417–420)].
Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Pref. di G. Reale,
Bompiani, Milano 2009, 128 [recensito
da: G. Giorello («Corriere della Sera. Magazine», 7.5.2009, 18, p.29), E.
Castagna («Avvenire», 26.6.2009, p.24), M. Iacona («Il Borghese», ), A. Torno
(«Corriere della Sera», )]. Verso la città divina. L'incantesimo della
libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova, Roma , 304 [recensito da: F. Chittolina («La Guida»,
21.10., p.63); [M. Schoepflin] («Il Giornale di Brescia», 5.11., p.64); G.
Tarantino («Secolo d'Italia», 6.11., p.9); M. Iacona («Il Giornale d'Italia»,
6.11., p.11); D. Monaco («L'occhio», 1-15.11., p.21); F. Chittolina («La Voce del
Popolo», 4.12., p.6); F. Ranucci («Conquiste del lavoro», 29.12., p.4); [...]
(«Jesus», gennaio , p.110); S. Bondi («Panorama», 29.2.); E. Di Nuoscio
(«Europa», 4.5., 1 e 9); D. Anghilante («Ousitanio vivo», 376, , p.9); F.S.
Festa, («», ,// ); G. Bartoli («Dialegesthai»,
10.7.,//mondodomani.org/dialegesthai/; D. Monaco («Filosofia e teologia», ,
1, ]; P. Lubrano («Il Nostro Tempo»,
20.10., p.14)]. Note Centro studi
filosofico-religiosi Luigi Pareyson
Studio teologico interdiocesano di Fossano Accademia estetica internazionale di Rapallo Istituto
Xavier Tilliette Ousitanio VivoIl
Giornale La Rivista del Club alpino
italiano Prof. Francesco Tomatis
curriculum, pubblicazioni, biografia intellettuale. Pagina docente nel sito
dell'Università degli Studi di Salerno. F
Tomeo: Calcografia di Niccolò Leonico Tomeo
Niccolò Leonico Tomeo (in albanese: Νikolla Thomai; Venezia), filosofo. -- accademico
e docente veneziano, originario dell'Epiro, professore di filosofia
all'Padova. Tomeo è stato uno dei primi professori di origine Albanese
per insegnare greco in Padova. Tomeo nasce a Venezia, Italia il 1º
febbraio 1456 da una famiglia epirota originaria di Durazzo (Regno d'Albania).
Fu inviato a Firenze, dove ha studiato filosofia e letteratura greca sotto la
tutela del Demetrios Chalkokondyles. Nel 1497 l'Padova nomina Thomaeus come suo
primo docente ufficiale sul testo greco di Aristotele. Nel 1504
viene eletto come successore di Giorgio Valla per la cattedra di greco a
Venezia, ma poiché Thomaeus non prese l'incarico sul serio, gli successe nel
1512 Marco Musuro. Nel 1524, Thomaeus pubblica una raccolta di dialoghi
filosofici in latino, il primo dei quali era intitolato "Trophonius, sive,
De divinatione". È stato ammirato da studiosi come Erasmo per le sue capacità
filologiche. Quando l'Padova venne riaperta dopo la guerra della Lega di
Cambrai, Tomeo insegnarà all'università fino alla sua morte, avvenuta il 28
marzo 1531. Opere Aristotelis Parva quae vocant Naturalia, Bernardino
Vitali, Venezia 1523. Trophonius, sive, De divinatione, 1524. Bembo sive de
immortalitate animae, 1524. Opuscula. Ex Venetiis, Bernardino Vitali, Venezia
1525. Edizione in linea: Nicolò Leonico Tomeo, Opuscula, Ex Venetiis,
Bernardino Vitali, 1525. 18 giugno . Conversio in Latinum atque explanatio
primi libri Aristotelis de partibus animalium… nunc primum ex authoris
archetypo in lucem aeditus. G. Farri, Venezia 1540. Note Runciman 1985212: "The University of
Padua was one of the first to encourage the study of Greek; and Greeks who
could lecture on Greek texts were especially welcome. A Chair of Greek was
founded there in 1463 and given to the Athenian Demetrius Chalcondylas. One of
his successors, Nicholas Laonicus Thomaeus, an Epirot by birth, gave in 1497 a
course of lectures on Aristotle, using only the Greek text and a few
Alexandrian commentaries." Copenhaver e Schmidt 1992104: "A few
years later, cracks in the fortress of Latin Aristotelianism at Padua
encouraged the hiring of Niccolò Leonico Tomeo, an Italian-born Greek, to lecture
on the Greek Aristotle." Geanakoplos 1985358: "Born in Venice
of Greek parents (wrongly termed Albania by some scholars), Tomaeus as a youth
was sent to study in Florence, where at its stadium he read Greek literature
and philosophy with his famed compatriot, Demetrius Chalcondyles."
Ossa-Richardson 90: "Niccolò Leonico Tomeo (1456–1531), born in Venice to
Greek parents, taught philosophy at Padua from 1497, and became known as a
translator and interpreter of Aristotle. In 1524, he published a collection of
philosophical dialogues, written in an elaborate Latin; the first of these is
entitled 'Trophonius, sive, De divinatione'." Parkinson 200340:
"Pomponazzi's Paduan colleague Niccolò Leonico Tomeo (1456–1531) was
the first professor to lecture on the Greek text of Aristotle. As a Venetian of
Greek parentage, Leonico Tomeo inherited the mantle of Byzantine scholars such
as Gaza and Argyropoulos along with that of Italian humanists like Poliziano
and Barbaro." Bietenholz e Deutscher 1995, 323–324: "Niccolò LEONICO TOMEO Niccolò Leonico Tomeo (Leonicus Thomaeus) was
born in Venice of Albanian parentage (From DURRES, Albania) and studied Greek
in Florence under Demetrios *Chalcondyles. He had apparently been teaching at
the University of Padua for some time when he was appointed its first official
lecturer on the Greek text of Aristotle in 1497, since the Venetian senate's
decree called him 'very popular and acceptable to the students'. Though elected
to succeed Giorgio *Valla in the chair of Greek in Venice itself during 1504,
he does not appear to have taken the post up seriously and was superseded by
*Musurus in 1512. He returned to Padua as soon as the university reopened after
the wars of the League of Cambrai, teaching there continuously until his
death..." Bietenholz, Peter G. and
Thomas Brian Deutscher, Contemporaries of Erasmus: A Biographical Register of
the Renaissance and Reformation (Volumes 1–3), Toronto, University of Toronto
Press, Copenhaver, Brian P. and Charles B. Schmidt, Renaissance Philosophy,
Oxford, Oxford University Press, 1992,
978-0-19-219203-5. Geanakoplos, Deno J., The Career of the Little-known
Renaissance Greek Scholar Nicholas Leonicus Tomaeus and the Ascendancy of
Greco-Byzantine Aristotelianism at Padua University (1497), in Byzantina, Ossa-Richardson, Anthony, The Devil's
Tabernacle: The Pagan Oracles in Early Modern Thought, Princeton, NJ, Princeton
University Press, , 978-1-4008-4659-7.
Parkinson, G.H.R., Routledge History of Philosophy Volume IV: The Renaissance and
Seventeenth Century Rationalism, London and New York, Routledge, Runciman,
Steven, The Great Church in Captivity: A Study of the Patriarchate of
Constantinople from the Eve of the Turkish Conquest to the Greek War of
Independence, Cambridge, Cambridge University Press,Ulteriore lettura De
Bellis, Daniela, Niccolò Leonico Tomeo interprete di Aristotele naturalista, in
Physis: Rivista internazionale di storia della scienza, De Bellis, Daniela, La vita e l'ambiente di
Niccolo Leonico Tomeo, in Quaderni per la storia dell'Universita di
Padova, 13, 1980, 37-75. De Bellis, Daniela, I veicoli
dell'anima nell'analisi di Niccolo Leonico Tomeo, in Annali dell'Istituto di
filosofia, Universita di Firenze, 3Serena,
A., Niccolò Leonico Tomeo, in Appunti Letterari, Rome, 1903, 5-32. Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Niccolò Leonico Tomeo Niccolò Leonico Tomeo, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Niccolò Leonico Tomeo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Niccolò Leonico Tomeo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Niccolò
Leonico Tomeo / Niccolò Leonico Tomeo (altra versione).
Tomitano: Bernardino Tomitano (Padova),
filosofo. Fondatore di accademie letterarie, autore di commenti alle opere di
Aristotele e autore di scritti di logica, alcuni dei quali ancora inediti. Nacque a Padova da una famiglia originaria di
Feltre. Frequentò i corsi di filosofia e medicina all'Padova e si laureò in
ambedue le discipline nel 1535, appena diciottenne. Nel 1539 fu deputato dal
Senato Veneto a leggere l'Organon di Aristotele alla "Scuola di
logica" dell'Università, incarico che conservò fino al 1563. Nel periodo
in cui rimase a Padova strinse amicizia, fra gli altri, con Sperone Speroni,
Pietro Bembo, Jacopo Sadoleto, Paolo Giovio, Bernardo Navagero, Girolamo
Fracastoro e Aldo Manuzio, e fece parte dell'Accademia degli Infiammati, il cui
proposito era scrivere "compiutamente" in lingua italiana e lingua
veneta; le discussioni all'accademia degli Infiammati sono alla base dei
Quattro libri de la lingua thoscana. Scrisse anche due brevi dissertazioni
matematiche: il Moisè-Geometria (1550), la dimostrazione del teorema "due
rette possono avvicinarsi all'infinito senza mai unirsi", intuito dal
profeta ebreo per Grazia divina, e Introductio Cosmographiae, lezioni di
geometria a fondamento della cosmografia tolemaica (1551). Nel 1554 fu accusato dal Santo Uffizio veneto
di eresia per un'opera, divulgata a suo nome nel 1547 intitolata Espositione
letterale del testo di Mattheo Evangelista, traduzione della parafrasi di
Erasmo da Rotterdam al Vangelo secondo Matteo. Tomitano dimostrò, con due
scritti, che quell'opera non era sua, ma edita a sua insaputa da un "nobile
signore N., con cui era assai famigliare". Fu creduto e assolto, ma da
allora in poi i suoi scritti divennero alquanto conformisti. Nel 1563 non ottenne la cattedra di
"ordinaria filosofia" a cui aspirava. Deluso lasciò Padova e si
trasferì con la famiglia a Venezia dove esercitò con successo la professione di
medico. L'opera più importante del periodo veneziano, a parte la biografia di
Astorre Baglioni, furono il De morbo gallico in due libri, e il carme
encomiastico Thetis in onore di Enrico III di Francia nominato anche re di
Polonia (1573). Opere Introductio ad
Sophisticos Elenchos Aristotelis. Eiusdem brevis methodus diluendorum
paralogismorum per divisionem, praeter illa quae Aristoteles habuit in Elenchis.
Quam methodum B. Tomitanus ex dialogis Platonis et ex Aristotele nuper invenit.
Adiecta sunt Famigerata veterum Sophismatum exernpla, ad exercitationem
adolescentium, Venezia Ragionamenti della lingua Toscana, doue si parla del
perfetto oratore, & poeta uolgari, dell'eccellente medico & philosopho
Bernardin Tomitano, diuisi in tre libri. Nel primo si pruoua la philosophia
esser necessaria allo acquistamento della rhetorica & poetica. Nel secondo
si ragiona de i precetti dell'oratore. Et nel terzo, delle leggi appartenenti
al poeta, & al bene scriuere, si nella prosa, come nel uerso, Venezia, Giovanni
de Farri & fratelli, Nuova ediz. Quattro libri della lingua thoscana di M.
Bernardino Tomitano. Oue si prova la philosophia esser necessaria al perfetto
oratore, & poeta con due libri nuouamente aggionti, de i precetti richiesti
a lo scriuere, & parlar con eloquenza, Padoua, Lorenzo Pasquati, 1569.
Sonetti e Canzoni, in Rime diuerse di molti eccellentiss. autori nuouamente
raccolte. Libro primo, con nuoua additione ristampato, Venezia Gabriel Giolito
De Ferrarii, Esposizione letterale del testo di Mattheo Evangelista, Venezia,
1547 Sopra le Pistole di S. Paolo, Venezia, 1550 Moisè. Geometria, Mantova 1550
Introductio Cosmographiea, Venezia 1551 Prediche del reuerendissimo monsignor
Cornelio Musso, vescouo di Bitonto, fatte in diuersi tempi, et in diuersi
luoghi. Nelle quali si contengono molti santi euangelici precetti, non meno
utili, che necessarij alla interior fabrica dell'huomo cristiano. Con la tauola
delle cose più notabili in esse contenute, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari
et fratelli, 1554 Oratione recitata per nome de lo Studio de le Arti padovano
ne la creatione del Serenissimo Principe di Vinetia M. Marcantonio Trivisano,
Venezia,Clonicus, sive de Reginaldi Poli laudibus, Venezia Consiglio sopra la
peste di Vinetia. Al Magnifico M. Francesco Longo del Clarissimo M. Antonio,
Padova 1556 Corydon, sive de Venetorum laudibus, et Carmen ad Laurentium
Priolum Venetorum Principem, Venezia 1556 G. Breznicio . Animadversiones
aliquot in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. Contradictionum solutiones
in Aristotelis et Averrois dicta, in primum librum Posteriorum Resolutoriorum.
In novero Averrois Quaesita demonstrativa Argumenta, Venezia,Consiglio de
l'eccell. m. Bernardino Tomitano sopra la peste di Vinetia l'anno 1556, Padova,
appresso Gratioso Perchacino, 1556 De morbo gallico, in 2 voll, Venezia 1567
Vita e fatti di Astorre Baglioni Quattro libri della lingua thoscana, ove si
prova la philosophia esser necessaria al perfetto oratore et poeta con due
libri nuovamenti aggionti dei precetti richiesti a lo scrivere et parlar con
eloquenza, Padova 1570 Thetis. In adventu Regis Henrici III Galliae
Christianissimi et IV Poloniae Serenissimi ad felicissimam Venetiarum urbem,
Venezia, Ziletti 1574 Note Aristotelis
Opera omnia. Cum commentariis Averrois. Animadversiones et solutiones B.
Tomitani. Et alia plura. Venetiis, apud Iuntas, 1574 I primi due libri sono tesi a dimostrare che
la filosofia è necessaria all'oratore e al poeta. Il terzo libro ha per
argomento i precetti della retorica necessari alla scrittura e all'oratoria.
L'ultimo libro è dedicato alla prosa d'arte ("locutione oratoria, et de'
suoi ornamenti, con la ragion de i motti, facetie et apologi"). Antonino Poppi. Ricerche sulla teologia e la
scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Soveria Mannelli,
Rubbettino editore, 2001, Ricerche sulla
teologia e la scienza nella Scuola padovana del Cinque e SeicentoAntonino
PoppiGoogle Libri. Oratione prima alli
Signori de la S. Inquisitione di Venetia, Padova 1556, e Oratione seconda alli
Signori medesimi, Venezia, 1557.
Quest'opera è nominata solo da Anton Francesco Doni nella sua Prima
Libraria, un repertorio dei libri italiani stampati fino al 1550. L'opera del
Tomitano, pertanto, deve essere stata scritta prima del 1550. È una biografia in otto libri su Astorre
Baglioni, il capitano ucciso con Marcantonio Bragadin a Famagosta. L'opera,
composta tra il 1572 e il 1576, rimase ignota ai contemporanei del Tomitano ed
è in gran parte ancora adesso inedita. Ne sono stati stampati solo alcuni brani
a metà del XIX secolo. Girolamo
Tiraboschi, Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, della
Compagnia di Gesù, bibliotecario del serenissimo Duca di Modena, Firenze, Molini
e Landi, Marco Pecoraro, Tomitano, Bernardino, in Vittore Branca , Dizionario
critico della letteratura italiana, Torino, UTET, Bernardino Tomitano, su
sapere.it, De Agostini. Opere di Bernardino Tomitano, . Aulo Greco, Bernardino Tomitano, in Enciclopedia
dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
tornolia
Giovanni Torlonia (poeta) Corona real abierta.svg Giovanni Torlonia Pal
Braschida pal TorloniaGiovanni e A Maria Torlonia e Canova (Canova attr., 1811)
P1090719.JPG Palazzo Braschi, da palazzo Torlonia, Giovanni e A. Maria Torlonia
(Canova attr., 1811) Principe Stemma PredecessoreMarino Torlonia, principe di
Civitella Cesi, duca di Poli e di Guadagnolo Nome completoGiovanni Torlonia
TrattamentoSua Grazia NascitaRoma, 22 febbraio 1795 MorteRoma, 9 novembre 1858
DinastiaTorlonia PadreMarino Torlonia, II principe Torlonia MadreAnna Sforza
Cesarini ConsorteFrancesca Ruspoli FigliClemente Religionecattolicesimo. Giovanni
Torlonia (Roma), filosofo. Secondogenito del duca Marino e di Anna Sforza Cesarini,
figlia del VI principe di Genzano Francesco. Apparteneva a una delle più
facoltose famiglie nobiliari romane; il padre, duca di Poli e di Guadagnolo,
era titolare del feudo di Bracciano e viveva a Roma nel palazzo Torlonia, già
Núñez, in via Bocca di Leone. Anna Sforza Cesarini aveva portato in dote una
villa a Frascati, già appartenuta ai Ludovisi.
Giovanni Torlonia sposò Francesca Ruspoli (18301902), figlia di
Bartolomeo e nipote del III principe di Cerveteri Francesco; dal loro
matrimonio nacque Clemente (1852-1899).
Fabio Nannarelli, amico intimo e primo biografo di Giovanni Torlonia,
così lo descrive: I capelli castani, abbondanti e finissimi, il pallore e la
gracilità del volto… Ma se la fronte era di filosofo, l'occhio era d'artista, o
meglio, di contemplatore… Svelto nella persona. Di piccola statura, incedeva
frettoloso a testa alta e pensierosa.
Giovanni Torlonia si esprimeva con eleganza in francese, inglese e
tedesco e aveva studiato diligentemente il greco e il latino, procurandosi una
fastidiosa malattia agli occhi. Spirito avido di conoscenze, fu attratto dalla
chimica e dalla botanica. Nelle sue passeggiate nella Campagna Romana
raccoglieva e catalogava piante e fiori. Appassionato di Archeologia,
collezionava monete di epoca Romana e trascriveva antiche iscrizioni. Fu socio
della Pontificia Accademia di Archeologia. Pronunciò un discorso in occasione
del Natale di Roma del 1854. Religioso fervente, è stato introdotto da
Monsignor Carlo Passaglia allo studio della Patrologia e delle Sacre scritture.
La famiglia Torlonia lo tollerava, ma lo considerava visionario e innovatore
pericoloso. Da Platone e da Plotino
Giovanni Torlonia approdò alla filosofia tedesca, a Kant e a Fichte. Il
pensiero filosoficoscrive Nannarelliche gli tornava in contemplazione
entusiastica, gli si faceva poesia.
Giovanni Torlonia era in contatto con un gruppo di poeti, suoi coetanei,
oggi identificati come i Poeti della Scuola romana che di sera si ritrovavano
al caffè Nuovo, a piazza San Lorenzo in Lucina (Palazzo Ruspoli). Scrive
Nannarelli che Giovanni Torlonia, novello Mecenate, aveva raccolto intorno a sé
questo gruppo di giovani spinti dal comune ideale di ricondurre l'arte poetica
agli antichi splendori. Tra questi, c'erano Domenico Gnoli, Ignazio Ciampi, Giovanni
Battista Maccari, Teresa Gnoli e il Nannarelli stesso. Scrive Domenico
Gnoli:Egli volle riuniti idealisti e classicisti, nella fiducia che, temperata
la nebulosità metafisica degli uni e la gretta sensibilità degli altri, e
prendendo il meglio d'ambedue le scuole, potesse scaturire a grado a grado
un'arte nazionale o universale, profonda e intima d'idea e di sentimento,
nitida, elegante di forma. Poeta
anch'egli, scrisse versi sull'amore, sui fiori, sulla contemplazione del
Divino. Amava la poesia di Schiller, Goethe, Lenau e soprattutto di Leopardi.
Declamava Dante e Tasso. Il suo primo poemetto, Versi, del 1853, ha meritato le
lodi di Gregorovius. Suoi versi apparvero nella Raccolta di poesie I fiori
della campagna romana, stampata a Firenze nel 1857 e nella Strenna Romana, del
1858, che egli curò insieme a Paolo Emilio Castagnola. Dedicò versi alla
poetessa all'improvviso Giannina Milli e a Teresa Gnoli. Ha dedicato un sonetto
anche a Giovanna Massani, moglie di Luigi Lezzani. Giovanni Costa, Trebbiatura nella campagna
Romana, A Monte Mario, nei casali Mellini, sotto l'Osservatorio Astronomico,
Giovanni Torlonia aprì a sue spese una scuola rurale elementare. Straordinario
precursore della alfabetizzazione delle classi povere, con Giuseppe Bondino aveva
creato una Associazione promotrice delle scuole di campagna. A questa scuola
rurale privata Giovanni Torlonia dedicò una poesia in latino, pubblicata nel
1850, sull’Album, giornale letterario e di belle arti. La salute cagionevole di Giovanni Torlonia
ebbe riflessi nefasti, sia sul destino della scuola rurale di Monte Mario, sia
sul gruppo dei Poeti della Scuola romana. Fabio Nannarelli accorse al capezzale
di Giovanni Torlonia: lo udì recitare il Salmo 41 e versi di Lenau; lo udì
citare Platone e filosofi della scuola tedesca. Giovanni raccomandò alla moglie
di mandare il figlio Clemente al Collegio di Marina di Genova. Fabio Nannarelli
tentò di raccogliere intorno a sé i Poeti della Scuola romanache furono
decimati nel numero, per le morti precocima nel 1860 si trasferì a Milano.
Secondo le ferree disposizioni ricevute da Giovanni Torlonia, il suo cameriere,
Raimondo Coccioletti, distrusse tutte le carte dell'archivio personale. Non è
rimasto un ritratto, né una fotografia, del giovane duca Giovanni Torlonia. Ma
Domenico Gnoli conservava i manoscritti di tre poesie di Giovanni Torlonia,
inedite. Le pubblicò nel 1913. Note Francesca Ruspoli Fabio Nannarelli, op. cit. in . Silvio Negro, Seconda Roma, Vicenza, Neri
Pozza, Domenico Gnoli, op. citata in .
Ferdinand Gregorovius, Passeggiate per l’Italia, 1907. Domenico Gnoli, I Poeti della Scuola romana
(1850-1870), Bari, Laterza, 1913. Fabio
Nannarelli, Giovanni Torlonia, Firenze, Le Monnier, 1859. Giuseppe Cugnoni,
Vita di D. Giovanni Torlonia, Velletri, Tip. di L. Cella, Domenico Gnoli, I
Poeti della Scuola romana, Bari, Laterza, Ferruccio Ulivi, I poeti della Scuola Romana
dell'Ottocento. Antologia, Bologna, Cappelli, Mariella Casini-Cortesi, Profilo
di Giovanni Torlonia, una scuola rurale a Monte Mario, in: Strenna dei Romanisti,
Fabio Nannarelli Paolo Emilio Castagnola Domenico Gnoli (poeta e storico) Poeti
della Scuola romana Ignazio Ciampi Teresa Gnoli Torlonia Elena Gnoli.
Torricelli: Lorenzo Lippi Ritratto di
Evangelista Torricelli, 1647 circa. Evangelista Torricelli (Faenza), filosofo. Nato
a Roma (ma, fino al 1987, si è ritenuto che fosse nato a Faenza) da Gaspare
Ruberti, originario di Bertinoro e tessitore, e Giacoma Torricelli, faentina,
Evangelista Torricelli rimase orfano in tenera età e trascorse l'infanzia e
l'adolescenza a Faenza, dove fu iniziato allo studio dallo zio materno, Gian
Francesco Torricelli (Don Jacopo, monaco camaldolese), parroco di S.Ippolito,
che curò la sua educazione primaria. Frequentò poi la scuola dei Gesuiti, prima
a Faenza e quindi a Roma, dove si avvicinò agli studi di matematica, che
approfondì sotto la guida di Benedetto Castelli, padre benedettino, rinomato professore di
matematica ed idraulica al Collegio della Sapienza, e illustre discepolo di
Galileo. L'11 settembre del 1632 Evangelista Torricelli scrisse a Galileo
Galilei una lettera di risposta a sue richieste a Benedetto Castelli, che
assente in quei giorni aveva lasciato allo studente il compito di segretario;
in tale lettera Torricelli colse l'occasione per presentarsi a Galileo, che
egli ammirava grandemente come cultore di astronomia e di matematica. Il vivere
da vicino le vicende del processo a Galileo indusse Torricelli a dedicarsi più
strettamente alla matematica nonostante padroneggiasse gli strumenti teorici e
fosse un abile costruttore di cannocchiali. Negli anni dal 1632 al 1641
egli lavorò e studiò a Roma con padre Castelli e poi divenne segretario di
Giovanni Ciampoli, un alto prelato e intellettuale devoto a Galileo, che
Torricelli seguì nei suoi incarichi governativi nelle Marche e nell'Umbria. Nel
1641 Castelli presentò a Galileo, nel suo ritiro ad Arcetri, il manoscritto
dell'opera di Torricelli dal titolo: De motu gravium suggerendogli di
impiegarlo come discepolo e assistente. Così fu e il 10 ottobre 1641 Torricelli
divenne assistente di Galileo, assieme a Vincenzo Viviani, e su domanda e
insistenza di Galilei si trasferì nella sua abitazione. Galileo morì
pochi mesi dopo (l'8 gennaio del 1642). Alla sua morte, il Granduca Ferdinando II
de' Medici nominò Torricelli suo successore come matematico del Granducato di
Toscana, carica che ricoprì fino alla morte, e divenne professore di matematica
presso l'Accademia fiorentina. Frontespizio di De dimensione
parabolae in: Opera geometrica di Evangelista Torricelli (Firenze, 1644) Oltre
all'attività di matematico e studioso di geometria, nel corso della quale
elaborò diversi importanti teoremi e anticipò il calcolo infinitesimale, egli
si dedicò alla fisica, studiando il moto dei gravi e dei fluidi e approfondendo
l'ottica. Possedeva un laboratorio nel quale realizzava egli stesso lenti e
telescopi. A causa della sua prematura scomparsa, non conosciamo i particolari
del processo originale di lavorazione, poiché lo scienziato lo aveva coperto da
segreto. Torricelli si dedicò anche allo studio dei fluidi, giungendo ad
inventare il barometro a mercurio chiamato "tubo di Torricelli" o
"tubo da vuoto di Torricelli" prima della fine del 1644. Tale
invenzione era basata nella misurazione della pressione atmosferica attraverso
l'uso di un tubo che, proprio sotto la spinta di tale pressione, veniva
riempito dal mercurio fino all'altezza costante di 760 mm (esperimento
effettuato sul livello del mare). Proprio da questa invenzione è nata l'unità
di misura della pressione "millimetri di mercurio" (mmHg) e
l'uguaglianza: 1 Atm = 760 mmHg (la pressione di un'atmosfera corrisponde a 760
millimetri di mercurio). Nello stesso anno pubblicò l'opera in tre parti dal
titolo: Opera geometrica, della quale De motu gravium costituisce la seconda
parte. Torricelli morì a Firenze a soli 39 anni, pochi giorni dopo aver
contratto probabilmente una malattia (tifo oppure polmonite), e venne sepolto
nella basilica di San Lorenzo. La disputa sulla nascita di Torricelli
Torricelli si diceva faentino e tale era considerato dalle persone che lo
conoscevano, ma le ricerche compiute già subito dopo la sua morte nei registri
battesimali di Faenza non ebbero esito. Ciò diede adito ad un secolare
dibattito, durante il quale varie altre località romagnole rivendicarono
l'onore di avergli dato i natali. Nel 1958, Giuseppe Rossini ricostruì
l'albero genealogico dei Torricelli, originari della località Pideura, nel
contado faentino, risalendo di due secoli oltre la nascita di Evangelista. Solo
nel 1987, Giuseppe Bertoni, già preside del liceo che da Torricelli prende
nome, trovò nel registro dei battezzati della Basilica di San Pietro in
Vaticano l'atto di battesimo di Evangelista.[senza fonte] Ciò che aveva
tratto in inganno fino ad allora i ricercatori era il fatto che Evangelista
aveva assunto il cognome della madre anziché del padre.[senza fonte] Si sapeva
che il nome del padre era Gaspare, pertanto si cercavano notizie di un
inesistente Gaspare Torricelli. Viceversa, si avevano notizie di una Giacoma
Torricelli e si riteneva che fosse la zia paterna; era invece la madre.[senza
fonte] Evangelista Torricelli e Galileo La lettera inviata da Evangelista
Torricelli (in Roma) a Galileo Galilei (in Arcetri), datata 11 settembre 1632, è
conservata (originale autografo) alla Biblioteca Nazionale di Firenze fra i
Manoscritti Galileiani è il primo documento in ordine cronologico nel carteggio
scientifico di Torricelli. Essa rappresenta un documento fondamentale per
studiare la vita e l'opera dello scienziato faentino che descrive la
propria formazione scientifica; si dichiara a conoscenza dei fatti che
portarono a breve alla condanna di Galilei e dichiara la propria 'fede'
galileiana. Di seguito il testo: «Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Col.mo
Nella absenza del Rev.mo Padre Matematico di N. Sig.re, sono restato io;
humilissimo suo discepolo e servitore, con l'honor di suo secretario; fra le
lettere del quale havendo io letta quella di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma, a
lei ne accuso, conforme l'ordine datomi, la ricevuta, e a lui Rev.mo ne do
parte in compendio. Potrei nondimeno io medesimo assicurar V. S. che il Padre
Abbate in ogni occasione, e con il Maestro di Sacro Palazzo e con i compagni di
quello e con altri prelati ancora, ha sempre procurato di sostenere in piedi li
Dialoghi di lei Ecc.ma, e credo che sia stato causa che non si è fatta
precipitosa resolutione. Io sono pienissimamente informato d'ogni cosa.
Sono di professione matematico, ben che giovane, scolaro del Padre R.mo di 6
anni, e duoi altri havevo prima studiato da me solo sotto la disciplina delli
Padri Gesuiti. Son stato il primo che in casa del Padre Abbate, et anco in
Roma, ho studiato minutissimamente e continuamente sino al presente giorno il
libro di V. S., con quel gusto che ella si puol imaginare che habbia havuto uno
che, già havendo assai bene praticata tutta la geometria, Apollonio, Archimede,
Teodosio, et che havendo studiato Tolomeo et visto quasi ogni cosa del Ticone,
del Keplero e del Longomontano, finalmente adheriva, sforzato dalle molte
congruenze, al Copernico, et era di professione e di setta galileista. Il
Padre Grienbergiero, che è molto mio, confessa che il libro di V. S. gli ha
dato gusto grandissimo e che ci sono molte belle cose, ma che l'opinione non la
loda, e se ben pare che sia, non la tien per vera. Il Padre Scheiner, quando
gliene ho parlato, l'ha lodato, crollando la testa; dice anco che si stracca
nel leggerlo per le molte disgressioni. Io gli ricordavo le medesme scuse e
diffese che V. S. in più lochi va intessendo. Finalmente dice che V. S. si è
portato male con lui, e non ne vol parlare. Del resto io mi stimo
fortunatissimo in questo, d'esser nato in un secolo nel quale ho potuto
conoscere et riverir con lettere un Galileo, cioè un oracolo della natura, et
honorarmi della padronanza et disciplina d'un Ciampoli, mio amorevolissimo
signore, eccesso di meraviglia, o se adopri la penna o la lingua o l'ingegno.
Haverà quanto prima il Padre R.mo la carissima di V. S., e le risponderà.
Intanto V. S. Ecc.ma mi farà degno, ben che inetto, d'esser nel numero de'
servi suoi e de' seguaci del vero; che già so che il Padre R.mo, o a bocca o
per lettere me gli haverà altre volte offerito per tale. E per fine a V. S.
faccio con ogni maggior affetto riverenza. Roma, Di V. S. molto Ill.re et
Ecc.ma Sig.r Gall. Gal.» Risultati di Torricelli in fisica La lettura
approfondita delle Due nuove scienze, l'ultima opera di Galileo dei cui ultimi
capitoli seguì direttamente la stesura ad Arcetri, gli ha suggerito molti sviluppi
dei principi della meccanica ivi stabiliti; tali sviluppi sono esposti nel
trattato dal titolo De motu gravium. Nel 1644, anno di edizione della sua
Opera Geometrica, concepì il principio del barometro, costruendo quello che ora
è chiamato tubo di Torricelli e individuando il "vuoto
torricelliano". Torricelli e Viviani dimostrarono che il vuoto può
esistere in natura e che l'aria ha un peso ponendo quindi fine alle millenarie
discussioni filosofiche sull'horror vacui. Un'unità di misura della pressione è
stata chiamata Torr in suo onore e corrisponde a millimetri di mercurio.
L'unità di misura del Sistema Internazionale è invece il pascal, in onore di un
altro illustre fisico Blaise Pascal, che fece fiorire numerose ricerche
sperimentali dalla estesa e definitiva teoria della pressione atmosferica
descritta da Torricelli. La parola barometro coniata da Robert Boyle nel
1667 è oggi quasi sempre associata al nome di Torricelli che risulta quindi fra
i più celebri scienziati italiani nella storia. Risultati di Torricelli
in matematica Essendo in diretto contatto con Cavalieri iniziò a lavorare con
la Geometria degli indivisibili e ben presto superò, secondo lo stesso
Cavalieri, il suo maestro. Fu abilissimo nell'utilizzarne le tecniche,
cioè il metodo degli indivisibili, come anche il metodo d'esaustione, che era
in uso presso gli antichi, fra tutti il grande Archimede, di cui Torricelli fu
entusiasta ammiratore: a lui dobbiamo la riscoperta nel Rinascimento del
matematico siracusano. Per il gusto di imitare i classici, Torricelli
dimostrò in 21 modi diversi un teorema di Archimede: 11 con il metodo
d'esaustione, 10 con il metodo degli indivisibili. Spesso i risultati
ottenuti con la geometria degli indivisibili venivano poi confermati con altre
dimostrazioni, a causa della controversia sulla loro fondatezza. Il fatto
interessante è che lo stesso Archimede aveva elaborato una sorta di geometria
degli indivisibili, ma non la riteneva rigorosa, e perciò dimostrava sempre i
suoi risultati con il metodo d'esaustione. Tutto ciò si è scoperto soltanto nel
1906, quando il filologo danese Heilberg scoprì un palinsesto con un'opera
sconosciuta di Archimede, il Metodo meccanico, nel quale esponeva questi
procedimenti. Torricelli è famoso per la scoperta del solido di rotazione
infinitamente lungo detto tromba di Gabriele, da lui chiamato "solido
iperbolico acutissimo", avente l'area della superficie infinita, ma il
volume finito. Questo fu considerato per molto tempo un paradosso
"incredibile" per molti, incluso lo stesso Torricelli, che cercò
diverse spiegazioni alternative, anche perché l'idea di un secchio che è
possibile riempire di vernice, ma impossibile da pitturare è senz'altro
singolare. Il solido in questione ha scatenato un'aspra controversia sulla natura
dell'infinito, che ha coinvolto anche il filosofo Thomas Hobbes. In questa
disputa alcuni hanno sostenuto che il solido conducesse all'idea di un
"infinito completo". Torricelli è stato pioniere nel settore
delle serie infinite. Nella sua opera intitolata De dimensione parabolae del
1644, Torricelli considerò una successione decrescente di termini positivi
{\displaystyle a_{0},a_{1},a_{2}\cdots }{\displaystyle a_{0},a_{1},a_{2}\cdots
} e ha mostrato che la corrispondente serie telescopica {\displaystyle
(a_{0}-a_{1})+(a_{1}-a_{2})+\cdots }{\displaystyle
(a_{0}-a_{1})+(a_{1}-a_{2})+\cdots } converge necessariamente a {\displaystyle
a_{0}-L}{\displaystyle a_{0}-L}, dove L denota il limite della successione; in
questo modo riuscì a dare una dimostrazione della espressione per la somma
della serie geometrica. Onorificenze Ad Evangelista Torricelli sono stati
dedicati il cratere Torricelli di 22 km di diametro sulla Luna e l'asteroide
7437 Torricelli. Gli è anche dedicata una piazza nel centro storico di Pisa,
dove per lungo tempo aveva sede il Dipartimento di Fisica dell'Università prima
del trasloco nell'attuale sede nell'ex fabbrica Marzotto. A Faenza, è presente
una statua (ubicata di fronte alla chiesa di San Francesco) che lo raffigura
con in mano un barometro a mercurio (curiosità sulle proporzioni: l'altezza del
barometro è inferiore a quella reale, che deve essere di almeno 76 cm). Sempre
a Faenza, è intitolato a Torricelli fin dal 1865 il Liceo che ha sede
nell'antico palazzo dei Gesuiti di cui Evangelista fu allievo. Note Per la storia della scoperta della vera
origine di Torricelli, vedi anche Registrazione del convegno per il quarto
centenario della nascita di Torricelli, ottobre 2008 Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici
italiani , Fondazione BEIC, 75. Mario Di
Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione Biblioteca Europea di
Informazione Cultura, 73. Mario Di
Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC, 77. collocazione P. VI, T. XI, e. 232 In questa sperimentazione venne preceduto di
qualche anno dal fisico contemporaneo Gasparo Berti, che condusse un
esperimento "barometrico" utilizzando acqua anziché mercurio. Cfr.
L'esperimento di Berti, realizzato a Roma fra il 1640 e il 1643 Moon: Torricelli Questo testo proviene in parte dalla relativa
voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo.
Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto
licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Giuseppe Rossini, La famiglia di Evangelista
Torricelli, in Convegno di studi
torricelliani in occasione del 350º anniversario della nascita di Evangelista
Torricelli: 19-20 ottobre 1958, Faenza, Lega, Giuseppe Bertoni, La faentinità
di Evangelista Torricelli e il suo vero luogo di nascita, in Studi e ricerche
del Liceo Torricelli, Faenza, Ragazzini, Fabio Toscano, L'erede di Galileo.
Vita breve e mirabile di Evangelista Torricelli, Milano, Sironi, 2008. André
Weil (1989): Prehistory of the Zeta-Function, in "Number Theory, Trace
Formulas and Discrete Groups", Aubert, Bombieri and Goldfeld, eds.,
Academic Press Amir Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla
base del mondo moderno, Torino, Codice edizioni, Barometro di Torricelli Equazione di
Torricelli Legge di Torricelli Torr Tromba di Torricelli Liceo ginnasio statale
Evangelista Torricelli. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni
Vacca, Evangelista Torricelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Evangelista Torricelli, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc.
Evangelista Torricelli, su accademicidellacrusca.org, Accademia della
Crusca. Evangelista Torricelli, su MacTutor, University of St Andrews,
Scotland. Evangelista Torricelli, su Mathematics Genealogy Project, North
Dakota State University. Opere di
Evangelista Torricelli, su Liber Liber.
Opere di Evangelista Torricelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Opere di Evangelista Torricelli, . Evangelista Torricelli, in Catholic
Encyclopedia, Robert Appleton Company. Evangelista Torricelli, in Galileo
Project, Rice University. Carla Rita Palmerino, Evangelista Torricelli, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.
Trabucco: Mario Trabucco, filosofo. Non
abbiamo grandi notizie della sua vita, della quale sappiamo solo che esercitò
con successo la medicina a Caltagirone, soprattutto durante l'epidemia del
1622. Per il suo contributo fu creato nobile il 4 ottobre 1622 da Fernando
d'Aragona. Alcune sue opere sono conservate nella Biblioteca Comunale di
Caltagirone, città che gli ha anche dedicato una strada. Opere "De Morbis puerorum et
mulierum" Chaudon, L. M.,
Dictionnaire universel, historique, critique, et bibliographique, 1812, tomo
XVII, pag. 276, s. v. Amico e Statella, V. M., Dizionario topografico della
Sicilia, Palermo 1855, tomo I206. Libro d'oro della nobilità dell'imperial casa
amoriense, Roma, I282, s.v. Amati, A.,
Dizionario corografico dell'Italia.
Tragella: Cesare Tragella prevosto della
Chiesa cattolica CesareTragella.jpg Monastergen.png Nato4 gennaio 1852,
Trezzano sul Naviglio Ordinato presbitero dall'arcivescovo Luigi Nazari di
Calabiana Deceduto8 maggio 1934, Magenta. Cesare Tragella (Trezzano), filosofo.
Figlio primogenito di Giovanni, medico chirurgo, e da Amalia Santagostino. Dopo aver frequentato il collegio di Gorla
Minore, frequentò il seminario maggiore di Milano e divenne sacerdote nel 1874,
venendo destinato come coadiutore presso la parrocchia di Santa Maria Nuova di
Abbiategrasso dopo che il padre dal 1867 era stato assunto presso le Pie Case
degli Incurabili di quella città. Successivamente divenne dottore in teologia
presso l'Accademia pontificia di Torino. Da questo momento si occupò molto di
filosofia e di letteratura cattolica avvicinandosi molto ideologicamente alle
posizioni dell'allora arcivescovo di Milano Luigi Nazari di Calabiana. Furono questi gli anni inoltre che conobbe
don Davide Albertario, proprietario e direttore de L'Osservatore Cattolico, al
quale si legò molto a livello ideologico e per il quale scrisse diversi
articoli che vennero pubblicati sul giornale.
Le grandi opere a Magenta Nel 1884 venne nominato parroco a Magenta,
facendo il proprio ingresso il 12 giugno 1885 e qui si occupò subito delle
esigenze pratiche della città, interessandosi animosamente alla vita politica
del borgo. Nello stesso anno del suo ingresso nella nuova parrocchia fondò
assieme al celebre professore di musica Luigi Valisi la Banda civica di Magenta
che ancora oggi esiste. Nel 1893, prese parte alle esequie del maresciallo
francese Mac Mahon che si svolsero in Francia, in rappresentanza della
cittadinanza assieme al sindaco di Magenta. In questa occasione venne decorato
con la croce di cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore. Tornato a Magenta,
si prodigò per la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione di un
monumento alla memoria del maresciallo Mac Mahon che ancora oggi si trova nei
pressi della stazione ferroviaria. Nel
1898 svolse altri incarichi ufficiali di rappresentanza quando il governo
austriaco lo incaricò di distribuire le onorificenze coniate dall'Impero in
occasione dei cinquant'anni di regno dell'Imperatore Francesco Giuseppe
d'Austria (il famoso Signum Memoriae) a quei cittadini del magentino che
avessero combattuto a suo tempo nelle armate austriache. In quello stesso anno
si preoccupò di muovere col comune una petizione popolare per la costruzione di
una pensilina alla storica stazione ferroviaria di Magenta e riuscì a provvedere
dei fondi per la costruzione di un ospizio per i vecchi La Basilica Minore romana di San Martino di
Magenta, fatta erigere su progetto dell'architetto Alfonso Parrocchetti, amico
di don Cesare Targella Sempre nel 1898, accogliendo le proposte dei fedeli,
decise di costruire una nuova chiesa parrocchiale (successivamente elevata al
titolo di Basilica Minore romana) che andasse a sostituire la piccola e antica
chiesa di san Martino (che venne successivamente abbattuta). Egli stesso fu
l'autore del nuovo progetto ispirato alle cattedrali rinascimentali e si occupò
in esso di serbare la memoria storica degli eventi della battaglia di Magenta
del 4 giugno 1859 con la costruzione di una cappella espiatoria all'interno
della chiesa per accogliere le spoglie dei caduti. Quest'ultimo progetto non
ebbe l'autorizzazione della curia milanese in quanto era ritenuto sacrilego
porre delle ossa non appartenenti a santi o personalità venerate all'interno di
un luogo di culto. L'idea del Targella era indubbiamente quella di accomunare
tutti, vincitori e vinti, di fronte alla morte e ricordare nel contempo la
necessità di non creare divisioni sociali dopo l'unità italiana. Il progetto
della chiesa, ad ogni modo, venne concluso nel 1903 ed in quello stesso anno
don Tragella poté inaugurare il nuovo tempio assieme al vescovo di Vigevano,
Giacomo Merizzi e al vescovo ausiliare di Milano. Al termine di questa grande epopea venne
nominato Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e Cavaliere
dell'Ordine della Corona d'Italia e nel 1910 lasciò Magenta per Inverigo
cedendo il posto a don Domenico Bernareggi, fratello minore dell'allora vescovo
di Bergamo, Adriano Bernareggi e poi, anche lui, divenuto Vescovo (ausiliare di
Milano). Nel 1908 fondò a Magenta il
Forno Cooperativo Ambrosiano per combattere la cattiva nutrizione della
popolazione e consentire di avere pane di ottima qualità anche nelle campagne,
e a prezzi accessibili. Le accuse e gli
ultimi anni travagliati Busto di don
Cesare Tragella nella Basilica di San Martino di Magenta Malgrado la munifica
opera sostenuta dal Tragella negli anni della sua direzione della parrocchia di
Magenta, nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, venne accusato di
appropriazione indebita di fondi appartenenti alla parrocchia di San Martino e
di aver portato in fallimento la sua chiesa. Gli accusatori erano alcuni
fabbricieri magentini e alcune tra le personalità di maggiore spicco nel paese
come il commendatore Giovanni Giacobbe (direttore dell'Asilo e proprietario dell'omonima
villa storica) ed il sindaco Giovanni Brocca il quale aveva avuto non pochi
contrasti per le idee rivoluzionarie di don Tragella. Il sacerdote venne
pertanto condannato alla pena di due anni e quattro mesi di prigione. Visto
però il suo lodevole operato e la sua fama di filosofo e letterato, Vittorio
Emanuele III di Savoia lo graziò con la commutazione della pena a due mesi di
carcere da scontarsi nel carcere di San Vittore a Milano. Dopo di questo, don
Tragella visse per qualche tempo ospite del parroco di Margno in Valsassina per
poi fare ritorno a Magenta. Tornato
nella sua ex parrocchia come residente nel 1920, gli venne impartito l'ordine
di non occuparsi più della cosa pubblica, cosa non facile per un personaggio
come lui. Con il nuovo parroco insorsero subito dei contrasti circa la gestione
delle finanze della chiesa ed a questo punto, il 27 luglio 1923 gli giunse la
sospensione ecclesiastica da parte della curia.
Ammirato dal popolo malgrado le peripezie della sua vita, Cesare
Tragella si spense a Magenta l'8 maggio del 1934. Onorificenze Onorificenze italiane Cavaliere
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaCavaliere
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Cavaliere dell'Ordine della Corona
d'Italianastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Corona
d'Italia Croce pro Ecclesia et Pontificenastrino per uniforme ordinariaCroce
pro Ecclesia et Pontifice Onorificenze straniere Cavaliere dell'Ordine della
Legion d'Onore (Francia)nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine
della Legion d'Onore (Francia) Note
Tunesi, Morani, Le stagioni, op. cit..
Viviani292. Ricovero vecchi
poveri (1902-1943) Sito Lombardia Beni Culturali. Viviani, op. cit., p.292. Don Tragella ridusse il prezzo del pane
giallo di 10 centesimi al chilogrammo (quello bianco era riservato solo alle
classi più abbienti), cfr. Tunesi, Morani Le stagioni, op. cit.. Cesare Tragella, Lettera a Romolo Murri n.185
del 6 settembre 1898, in: Romolo Murri, Lorenzo Bedeschi (cur.), Carteggio. II.
Lettere a Murri. 1898, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Carlo Morani,
Natalia Tunesi, Le stagioni di un prete: storia di Don Cesare Tragella, prevosto
di Magenta Giussano, Graffiti, 1993. Carlo Morani, Natalia Tunesi, G. Vian, Le
stagioni di un prete, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», Ambrogio
Viviani, 4 giugno 1859. Dalle ricerche la prima storia vera, Magenta, Zeisciu,
1997. Magenta (Italia) Battaglia di
Magenta Centro Culturale Don Cesare
Tragella di Magenta AICAssociazione italiana centri culturali. PredecessorePrevosto
di MagentaSuccessoreMonastergen.png Carlo Giardini1885-1910Domenico Bernareggi.
Trapè: Agostino Trapè, O.S.A. (Montegiorgio),
filosofo. Uno dei massimi studiosi del pensiero di sant'Agostino. Nato a Montegiorgio
nelle Marche il 9 gennaio del 1915 Trapè fu ordinato sacerdote a Roma il 15
luglio 1937. Si laureò in Teologia sistematica nel 1938, presso l'Università
Gregoriana con una tesi intitolata Il concorso divino nel pensiero di Egidio
Romano, pubblicata a Tolentino nel 1942. Trapè fu professore presso la
Pontificia Università Lateranense dal 1960 al 1983. Priore Generale
dell'Ordine agostiniano dal 26 agosto 1965 al 10 settembre 1971 Agostino Trapè,
promosse la fondazione dell'Istituto Patristico Augustinianum. Trapè ha
fondato e diretto la "Nuova Biblioteca Agostiniana" che si occupa
della pubblicazione dell'Opera Omnia di S. Agostino in edizione bilingue
latino-italiano (Edita da Città Nuova) e la serie del "Corpus Scriptorum
Augustianorum", che pubblica le opere dei filosofi scolastici
agostiniani. Le sue opere sono state tradotte in varie lingue.
Opere (selezione) Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, Tolentino
1942; La doctrina de Seripando acerca de la concupiscencia, La ciudad de Dios Traduzione italiana; Introduzione a S.
Agostino e le grandi correnti della filosofia contemporanea. Atti del congresso
Italiano di filosofia Agostiniana, Roma 20-23 ottobre 1954. Tolentino 1956, X-XVI; Varro et Augustinus praecipui
humanitatis cultores, Latinitas Augustinus et Varro, in Atti del Congresso
internazionale di studi varroniani, Rieti, Escatologia e antiplatonismo di
Sant'Agostino, Augustinianum, S.
Agostino filosofo e teologo dell'uomo, Bollettino dell’Istituto di filosofia,
Macerata, anno accademico 1978-1979,
89-104; S. Agostino: L'ineffabilità di Dio, in «La ricerca di Dio nelle religioni», EMI,
Bologna, 1980; La Aeterni Patris e la filosofia cristiana di S. Agostino, in
Atti del VIII Congresso Tomistico internazionale, Roma S. Agostino, l'uomo, il
pastore, il mistico, Fossano, 1976; Roma, Città Nuova, 2001, 440 [traduzione spagnola, Buenos Aires, 1984;
tedesca, Monaco, 1984; Polacca, Varsavia, 1984; inglese, New York, 1986;
francese, Parigi, 1988; ungherese, Budapest, 1987]; S. Agostino, in Patrologia
III, Casale Monferrato 1978, 322-434
[traduzione spagnola, Madrid, Agostino d'Ippona, in Dizionario patristico e di
antichità cristiana, Casale Monferrato, [traduzione spagnola. Ed. Sígueme. Salamanca,
Introduzione e commento alla Lettera apostolica «Hipponensem episcopum», Roma,
1988; Introduzione generale a sant'Agostino, Roma, 2006, 380. Note
A. TRAPÉ, Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, Tolentino
1942, su agostinotrape.it. Agostino
Trapè. L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, Città Nuova, 2Agostino
Trapè. L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, Città Nuova. Agostino
Trapèapostolo della cultura. Sito internet dedicato all'opera di Agostino Trapè.
Trasci: Ferruccio Baffa Trasci vescovo della Chiesa
cattolica Coat of Arms of Ferruccio Baffa-Trasci.svg Nato27 agosto 1590 a Bisignano Deceduto30
ottobre 1656 a Roma Manuale Ferrante
Marco Antonio Baffa Trasci (Bisignano), filosofo. Baffa-Trasci Arms of
Baffa-Trasci.svg Spera in Deo D'azzurro, un aratro d'argento, sostenente un
basilisco verde. Data di fondazioneXVI secolo Etniaitaliana Manuale Baffa
Trasci nacque in una famiglia di origine arbëreshë a Bisignano in Calabria nel
1590, figlio primogenito di Pietro Antonio ed Elisabetta Anna Trentacapilli,
donna pia e molto religiosa, erede di una famiglia da più secoli ascritta al
patriziato locale. Pur essendo il primogenito della famiglia e, dunque,
contravvenendo alle regole del maggiorascato, a causa della salute cagionevole
venne avviato alla carriera ecclesiastica nel locale Seminario di Bisignano,
proseguendo in seguito gli studi a Roma e Napoli. Fu nella città partenopea che
si legò particolarmente alla Compagnia di Gesù divenendo in breve tempo uno dei
confessori più vicini a Isabella della Rovere, principessa di Bisignano. L'esilio volontario a Proceno Pur
giovanissimo per non essere distolto dai propri studi filosofici si ritirò
volontariamente a vita privata, dapprima nella Tuscia e poi ospite nel Castello
di Proceno, presso Viterbo di proprietà della nobile famiglia Sforza. Ancora
nei primi Professoreuna lapide marmore posta nella rocca ne ricordava la sua
permanenza. Da tale volontario esilio uscì in pochissime occasioni, per lo più
per viaggi in Spagna, a Saragozza e Valladolid a capo di missioni diplomatiche
presso l'arcivescovo Juan Cebrían Pedro assistito dal nipote Stanislao Baffa
Trasci. Fu durante la reclusione volontaria nella Rocca di Proceno che ebbe
modo di conoscere Galileo Galilei ospite nel palazzo durante un suo viaggio verso
Roma. La morte Ormai sessantaseienne,
dopo esser stato per alcun tempo vescovo ausiliare di Umbriatico, nell'estate
del 1656 venne creato Vescovo titolare di Massimianopoli in partibus infidelium
da papa Alessandro VII. Ferruccio Baffa
Trasci morì a Roma nell'ottobre dello stesso anno di peste presso il Lazzaretto
istituito sull'Isola Tiberina, venendo sepolto in una fossa comune. Gran Parte
dei suoi scritti vennero salvati dai nipoti e riordi XIX secolo dal pronipote
Vincenzo Baffa Trasci. Il noto storico romano Giuseppe Tomassetti dedicò un
breve saggio sulla sua figura dal titolo Cenno storico sulla vita di S.E.
Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli 15901656. Opere Traduzione dei Pensieri o Colloqui con
se stesso di Marco Aurelio Universam Aristotelis philosophiam Summa
Aristotelicha Summa Theologica Dogmatica Note
BonitaBojani, I della Rovere nell'Italia della corti, Ed. Quattroventi
2002 Tomassetti G., Cenno storico sulla
vita di S.E. Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli Roma 1888
C. Nutarelli, Proceno-Memorie storiche, Stab. Tip. FABRIZIO
Acquapendente 1932 C. Nutarelli,
Proceno-Memorie storiche, Stab. Tip. FABRIZIO Acquapendente 1932 D. Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli,
Ferruccio Baffa Trasci-un erudito italoalbanese Professoreormai dimenticato, Edizioni
MIT Cosenza Trasci PredecessoreVescovo titolare di MassimianopoliSuccessore
...luglioFilosofia Categorie: Vescovi cattolici italiani del XVII secoloTeologi
italianiFilosofi italiani Professore1590 1656 27 agosto 30 ottobre Bisignano
Roma
Treves: Renato Samuele Treves (Torino), filosofo. Compie
gli studi al Liceo M. D'Azeglio e poi nella Facoltà di Giurisprudenza
dell'Torino, dove entra in contatto, fra gli altri, con Norberto Bobbio,
Vittorio Foa, Piero Luzzati, Alessandro Passerin d'Entrèves, e simpatizza con
il gruppo di Giustizia e Libertà abbracciando i principi del socialismo
liberale. Laureatosi sotto la guida di Gioele Solari con una tesi su Henri de
Saint-Simon e conseguita la libera docenza, insegna dapprima nell'Messina, dove
viene arrestato per sospetta attività antifascista, ma subito rilasciato. Trasferito
all'Urbino viene escluso, in quanto proveniente da famiglia ebraica, dal
concorso bandito sulla sua cattedra e si trasferisce in Argentina. Qui sposa
Fiammetta Lattes da cui ha tre figli (Tullio, Aldo e Anna) e insegna filosofia
del diritto e sociologia nell'Tucumán. Rientrato in Italia e riottenuta la
cattedra nell'Parma, si trasferisce subito all'Milano dove insegna Filosofia
del diritto, Sociologia e Sociologia del diritto. Protagonista della rinascita
post-bellica della sociologia in Italia, coopera attivamente col Centro
nazionale di prevenzione e difesa sociale e col suo segretario generale Adolfo
Beria di Argentine, coordinando fra l'altro una vasta ricerca su
“L'amministrazione della giustizia e la società italiana in trasformazione” da
cui escono fra il 1967 e il 1976 dodici volumi di vari autori. Nel 1962
promuove con William M. Evan e Adam Podgórecki la costituzione del Research
Committee on Sociology of Law della International Sociological Association.
Presiede questo Comitato fino al 1974 facendosi attivo promotore, in patria e
all'estero, soprattutto in Spagna, della sociologia del diritto. Fonda la rivista italiana della disciplina, di cui
ottiene il riconoscimento accademico e che insegna a Milano sino al ritiro nel
1983. Nel 1989 è tra i promotori dell'International Institute for the Sociology
of Law di Oñati (Guipúzkoa, País Vasco, Spagna). È nominato dottore honoris
causa dalle Università del País Vasco, Carlos III de Madrid e Pandios di Atene.
Muore a Milano il 31 maggio 1992.
Pensiero Renato Treves difende una posizione filosofica relativista e
prospettivista, influenzata da autori come Karl Mannheim, José Ortega y Gasset,
Charles Wright Mills e Hans Kelsen, del quale ultimo introduce in Italia la
Dottrina pura del diritto. Alieno dal dogmatismo e paladino di una concezione
critica della scienza, rifiuta ogni visione metafisica del diritto in favore di
una visione metodologica che sfocia nella sociologia del diritto intesa come
scienza prevalentemente empirica, non avalutativa, ma ispirata a valori, nel
suo caso quelli di libertà e giustizia sociale. Treves è considerato insigne
maestro per un'intera generazione di filosofi e sociologi del diritto. Per
Renato Treves due erano i problemi che la sociologia del diritto doveva
affrontare: da un lato la posizione, la funzione e il fine del diritto nella
società vista nel suo insieme; dall'altro la società nel diritto, cioè quei
comportamenti effettivi che possono essere conformi e difformi rispetto alle
norme, ma comunque forniscono informazioni su come una società vive le regole
che si è data. Del primo problema si sono occupate soprattutto le dottrine
sociologiche e politologiche, mentre sul secondo si sono soffermate le dottrine
giuridiche antiformalistiche. Opere
principali Il diritto come relazione, Torino, 1934 Sociología y filosofía
social, Buenos Aires, 1941 Benedetto Croce, filósofo de la libertad, Buenos
Aires, 1943 Diritto e cultura, Torino, 1947 Spirito critico e spirito
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diritto , «Treves, Renato (propr.
Samuele Renato)» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.
Tria: Giovanni Andrea Tria arcivescovo della Chiesa
cattolica Template-Archbishop.svg
Incarichi ricopertiVescovo di Cariati e Cerenzia Vescovo di Larino Arcivescovo
titolare di Tiro Nato22 luglio 1676 a
Laterza Ordinato presbitero19 settembre 1699 Nominato vescovo4 marzo 1720
Consacrato vescovo17 marzo 1720 Elevato arcivescovo20 dicembre 1741 Deceduto16
gennaio 1761 a Roma Manuale Giovanni
Andrea Tria (Laterza, 22 luglio 1676Roma, 16 gennaio 1761) filosofo, teologo e
arcivescovo cattolico italiano. Figlio di Francesco Tria e Margherita Geminale,
completò i suoi studi di filosofia, teologia e ambe leggi a Napoli e Roma. Nel
1704 fu uditore di diritto canonico presso il monastero benedettino di Cava de'
Tirreni rimase al servizio di questa abbazia anche quando fu trasferito a
Roma. Il 26 agosto 1709 fu nominato
vicario generale di monsignor Lorenzo Gherardi, vescovo di Loreto e Recanati, e
tale rimase fino al 1714. Più tardi, con monsignor Giuseppe Firrao, ebbe
l'incarico di "nunzio straordinario" alla Corte del Portogallo. Quando monsignor Firrao, per questione di
salute, fu trasferito in Svizzera, Tria andò con lui a Lucerna. Durante la sua
permanenza in Svizzera intraprese un'importante missione in Svezia e
Germania. Fu eletto vescovo di Cariati e
Cerenzia ed entrò in carica il 17 marzo 1720, presiedendo il sinodo (16/18
marzo 1726). Fu trasferito poi alla
diocesi di Larino, nel Molise, il 23 febbraio 1727. Partecipò al concilio provinciale di
Benevento dal 1º al 12 maggio 1729. Nel 1740 fu nominato «consulente del Sacro
Offizio» e nel dicembre dello stesso anno fu nominato arcivescovo di Tiro. Divenne «esaminatore di Vescovi» e fu
insignito del titolo di cavaliere dell'Ordine di San Giacomo per i suoi
meritori servigi resi alla Corte di Lisbona.
Morì di apoplessia a Roma il 16 gennaio 1761. Opere Il suo erudito lavoro include: Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche
della citta e Diocesi di Larino (edite a Roma, 1744) Note di accommodamento tra
il Papato e la Corte Reale di Napoli (edito a Roma, 1743) Vita di Papa
Benedetto XIII Genealogia episcopale Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio
Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo
Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale
Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Cardinale
Gaspare Carpegna Cardinale Fabrizio Paolucci Cardinale Antonio Felice Zondadari
Arcivescovo Giovanni Andrea Tria Successione apostolica Vescovo Geronimo de
Laurenzi (1743) FontiCamillo Minieri Riccio, Memorie storiche degli
scrittori regno di Napoli, Napoli,
Tipografia dell'Aquila di V. Puzziello, Diocesi di Larino Pietro Pollidori
Giovan Battista Pollidori Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
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su Giovanni Andrea Tria Opere di
Giovanni Andrea Tria, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. David M. Cheney,
Giovanni Andrea Tria, in Catholic Hierarchy.
Trincheri: Lorenzo Gioacchino Trincheri (Pieve di
Teco), filosofo. Nacque da una famiglia benestante che aveva in possesso alcuni
ettari di terreno. Fu critico
letterario, filosofo e saggista appassionato agli autori romantici. Fu
riconosciuto e si affermò all'interno della cerchia dei letterati del suo tempo
grazie alla brillante difesa in favore di Alessandro Manzoni, quando
quest'ultimo pubblicò nel 1819 la sua prima tragediaIl Conte di Carmagnola. Fu con
il sostegno del suo maestro e amico Goethe, famoso filosofo e scrittore
romantico, che egli riuscì a far valere la proprio opinione positiva nei
confronti dell'autore dei Promessi sposi. Poche altre notizie biografiche si
conoscono a proposito della sua vita che, a causa di un incidente in cui ferì a
morte un suo amico, un certo Andrea, crollò in una situazione estremamente
travagliata. Negli ultimi anni della sua
vita si trasferì a Parigi, svolgendo incarichi di traduzione per pochi
soldi[non chiaro], per poi morire in tristezza e solitudine.
Trissino: Ritratto del 1510
di Vincenzo Catena Gian Giorgio Trissino dal Vello d'Oro (pronuncia Trìssino,
/ˈtrissino/) (Vicenza), filosofo. Persona di spicco della cultura
rinascimentale, notissimo al tempo, il Trissino incarnò perfettamente il
modello dell'intellettuale universale di tradizione umanistica. Si interessò,
infatti, di linguistica e di grammatica, di architettura e di filosofia, di
musica e di teatro, di filologia e di traduzioni, di poesia e di metrica, di
numismatica, di poliorcetica, e di molte altre discipline. Nota era, anche
presso i contemporanei, la sua erudizione sterminata, specie per quel che
riguarda la cultura e la lingua greche, sull'esempio delle quali voleva
rimodellare la poesia italiana. Fu anche un grande diplomatico e oratore
politico in contatto con tutti i grandi intellettuali della sua epoca quali
Niccolò Machiavelli, Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai, Ludovico
Ariosto, Pietro Bembo, Giambattista Giraldi Cinzio, Demetrio Calcondila,
Niccolò Leoniceno, Pietro Aretino, il condottiero Cesare Trivulzio, Papa Leone
X, Papa Clemente VII, Papa Paolo III, e l'imperatore Carlo V d'Asburgo. Fu
ambasciatore per conto del papato, della Repubblica di Venezia e degli Asburgo,
di cui fu un fedelissimo, come tutta la sua famiglia da generazioni. Scoprì e
protesse l'architetto Andrea Palladio, appena adolescente, nella sua villa di
Cricoli, vicino Vicenza, che venne da lui portato nei suoi viaggi e fu da lui
iniziato al culto della bellezza greca e delle opere di Marco Vitruvio
Pollione.Giovanni Giorgio Trissino nacque a Vicenza l'8 luglio 1478 da antica e
nobile famiglia. Suo nonno Giangiorgio combatté nella prima metà Professoreil
condottiero Niccolò Piccinino, che al servizio dei Visconti di Milano invase
alcuni territori vicentini, e riconquistò la valle di Trissino, feudo avito.
Suo padre Gaspare (1448-1487) era anch'esso uomo d'armi e colonnello al
servizio della Repubblica di Venezia e nel 1468 sposò Cecilia Bevilacqua, di
nobile famiglia veronese. Ebbe un fratello, Girolamo, scomparso prematuramente,
e tre sorelle: Antonia († 1516), Maddalena († 1512), andata in sposa al
padovano Antonio degli Obizzi, ed Elisabetta, poi suor Febronia in San Pietro
nel 1495 e dal 1518 rifondatrice insieme a Domicilla Thiene di San
Silvestro. Targa marmorea che Trissino fece realizzare a ricordo
del suo maestro Demetrio Calcondila in S.Maria della Passione a Milano Trissino
studiò greco a Milano sotto la guida del dotto bizantino Demetrio Calcondila,
sodale di Marsilio Ficino, e poi filosofia a Ferrara sotto Niccolò Leoniceno.
Da questi maestri imparò l'amore per i classici e la lingua greca, che tanta
parte ebbero nel suo stile di vita. Alla morte di Calcondila nel 1511, Trissino
fece murare una targa nella chiesa di S.Maria della Passione a Milano, dove fu
sepolto il suo maestro. Il 19 novembre 1494 sposò Giovanna, figlia del giudice
Francesco Trissino, lontana cugina, da cui ebbe cinque figli: Cecilia (nata nel
1495, visse 20 giorni), Gaspare (nato nel 1497, visse 10 giorni), Francesco
(1500-1514), Vincenzo (nato nel 1502, visse 10 giorni) e Giulio (1504-1576).
Giovanna morì il 12 aprile 1505. Trissino sosteneva l'Impero come
istituzione, come d'altronde era tradizione nella sua famiglia da generazioni,
ma ciò venne interpretato in spirito antiveneziano e, per questo, egli fu
temporaneamente esiliato dalla Serenissima. Nel 1515, durante uno dei suoi
viaggi in Germania, l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo autorizzò
all'aggiunta del predicato "dal Vello d'Oro" al proprio cognome e
alla relativa modifica dello stemma gentilizio (aurei velleris insigna quae
gestare possis et valeas), che nella parte destra riporta su fondo azzurro un
albero al naturale con fusto biforcato sul quale è posto un vello in oro, il
tronco accollato da un serpente d'argento e con un nastro d'argento tra le
foglie, caricato del motto "PAN TO ZHTOYMENON AΛΩTON" in lettere
maiuscole greche nere, preso dai versi 110 e 111 dell'Edipo re di Sofocle che
significa "Chi cerca trova", privilegi trasmissibili ai propri
discendenti. Stemma di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro come
appare nel volume dedicatogli da P.F. Castelli nel 1753. In quegli stessi anni
intraprese diversi viaggi tra Venezia, Bologna, Mantova, Milano (dove conobbe
Cesare Trivulzio, comandante francese) e Padova (dove riscoprì il De vulgari
eloquentia di Dante Alighieri). Poi si recò a Firenze ed entrò nel circolo
degli Orti Oricellari (i giardini di Palazzo Rucellai) in cui si riunivano, in
un clima di marca neoplatonica e di classicismo erudito, Niccolò Machiavelli e
i poeti Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai ed altri. Qui il Trissino
discusse il De vulgari eloquentia e compose la tragedia Sofonisba (1513-14).
Questi anni agli Orti Oricellari furono centrali, sia per quanto il poeta
ricevette intellettualmente, sia per la forte impronta che lasciò sui suoi
sodali: si vedano le tragedie di Giovanni di Bernardo Rucellai e il poemetto le
Api (in endecasillabi sciolti, concluso dalle lodi del Trissino, cfr. il
paragrafo sul Profilo religioso del Trissino) o le poesie pindariche di Luigi
Alamanni, o ancora i punti di contatto fra le tante digressioni erudite
sull'arte militare contenute nell'Italia liberata dai Goti che rimandano
all'Arte della guerra del Machiavelli, elaborata proprio in quegli anni. Anzi,
le idee linguistiche del poeta spronarono lo stesso Machiavelli a scrivere
anche lui un Dialogo sulla lingua, nel quale difende l'uso del fiorentino
moderno (cfr. il paragrafo Opere linguistiche). In seguito si recò a
Roma, dove stampò nel 1524 la Sofonisba (dedicandola papa Leone X), la prima
tragedia regolare, e la famosa Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la
lingua italiana (dedicata a Clemente VII), un arditissimo libello in cui si
suggeriva l'inserimento nell'alfabeto latino di alcune lettere greche per
segnalare alcune differenze di lettura (vedi sotto). Intanto il figlio Giulio,
di salute cagionevole, venne avviato dal padre alla carriera ecclesiastica e,
dopo il suo soggiorno a Roma sempre presso papa a Clemente VII, divenne
arciprete della cattedrale di Vicenza. Sempre a Roma, nel 1529 Trissino
diede alle stampe alcuni testi fondamentali: la versione riveduta della
Epistola, la traduzione del De vulgari eloquentia, Il castellano (dialogo sulla
lingua, dedicato a Cesare Trivulzio ed ispirato a quello dantesco), le Rime
(dedicate al cardinale Niccolò Ridolfi) e le prime quattro parti della Poetica
(il primo trattato ispirato alla Poetica di Aristotele, da poco riscoperta),
con le quali il programma di riforma letteraria classicheggiante avviato con la
Sofonisba può dirsi quasi concluso. Per i prossimi 20 anni il poeta non
stamperà più nulla. Queste opere sollevarono un grande clamore per la
loro arditezza e disorientarono (o meglio: orientarono diversamente) la
nascente letteratura italiana: nessuno aveva osato finora riformare addirittura
l'alfabeto, né aveva avuto ardire di cancellare l'intero sistema dei generi in
uso fin dal Medioevo (le sacre rappresentazioni e il poema cavalleresco, in
primis) per farne sorgere dal nulla dei nuovi, cioè poi quelli antichi (la
tragedia, la commedia e il poema epico). Da questi libelli prese avvio la
secolare questione della lingua italiana. Nel febbraio 1530 a Bologna,
nel corso dell'incoronazione di Carlo V a Re d'Italia e Sacro Romano
Imperatore, egli ebbe il privilegio di reggere il manto pontificale a Clemente
VII e nel 1532 Carlo lo nominò conte palatino e cavaliere dell'Ordine Equestre
della Milizia Aurata. Secondo quanto riportato dallo storico Castellini,
Trissino rifiutò posizioni di potere offertegli dai pontefici a seguito dei
successi riportati come diplomatico (Nunzio e Legato), ad esempio
l'arcivescovado di Napoli, il vescovado di Ferrara o la porpora cardinalizia,
in quanto desideroso di una propria discendenza ed essendo il figlio Giulio
avviato nella gerarchia ecclesiastica. Rientrato a Vicenza Trissino sposò il 26
marzo 1523 Bianca, figlia del giudice Nicolò Trissino e di Caterina Verlati,
già vedova di Alvise di Bartolomeo Trissino (morto a 45 anni nel 1522). Da
Bianca ebbe due figli: Ciro (1524-1576) e Cecilia (1526-1542). Alla nomina di
Ciro come erede universale, si scatenarono le ire di Giulio che per lungo tempo
lottò in tribunale contro il padre e il fratellastro per poi morire in odore di
eresia calvinista. Anche a seguito delle divergenze causate dai cattivi
rapporti con Giulio, la coppia si divise nel 1535 quando Bianca si trasferì a
Venezia, dove morì il 21 settembre 1540. Trissino manifestò il proprio
fervente sostegno all'Impero dedicando, qualche anno prima della morte, a Carlo
V il suo poema in 27 canti L'Italia liberata dai Goti, il primo poema regolare,
iniziato agli inizi del Cinquecento ma pubblicato nel 1547-1548, destinato,
come si vede fin dal titolo, ad essere importante per la Gerusalemme liberata
di Torquato Tasso. Nel 1548 stampò anche la commedia I Simillimi, anch'essa la
prima commedia regolare. Villa Trissino di Cricoli (VI) Intanto
nella villa di Cricoli alle porte di Vicenza, già dei Valmarana e dei Badoer e
acquistata nel 1482 dal padre Gaspare, si radunava una delle più prestigiose
Accademie vicentine. Qui Trissino scoprì uno dei più grandi talenti della
storia dell'architettura, Andrea Palladio, di cui fu mentore e mecenate, che
portò nei suoi viaggi con sé ed educò alla cultura greca e alle regole
architettoniche di Marco Vitruvio Pollione. Morì a Roma l'8 dicembre 1550
e fu sepolto nella Chiesa di Sant'Agata alla Suburra. Nel 1562 vennero
alla luce le ultime due parti della sua Poetica, la quinta e la sesta (dedicate
ad Antonio Perenoto, vescovo di Arras), che erano comunque già pronte nel 1529,
come si evince dalla chiusura della quarta parte. Il progetto culturale
Egli progettò e attuò una imponente riforma della lingua e della poesia
italiane sui modelli classici, cioè la Poetica di Aristotele (da poco
riscoperta), i poemi di Omero, e le teorie linguistiche esposte da Dante
Alighieri nel De vulgari eloquentia (riscoperto dal Trissino stesso a Padova e
pubblicato in traduzione nel 1529); un programma in piena antitesi sia con la
moda del petrarchismo di Pietro Bembo, sia con quella del romanzo cavalleresco
incarnato supremamente dall'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, che allora
infuriavano. Il programma di riforma venne esposto negli anni 1524-1529 attraverso
opere diverse, cioè un volume di ortografia e di ortofonetica (Epistola de le
lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana, del 1524, riveduta nel 1529,
e dedicata a Papa Clemente VII), un volume di teoria della lingua italiana (Il
castellano, del 1529, dedicato a Cesare Trivulzio), due manuali di grammatica
(Dubbii grammaticali e la Grammatichetta, del 1529) e un manuale di teoria dei
generi letterari (Poetica, le prime 4 parti del 1529; le ultime 2 postume
stampate nel 1562). Tali proposte (specie quella di modificare l'alfabeto
italiano inserendovi alcune lettere greche così da rendere visibili le
differenti pronunce di alcune vocali e di alcune consonanti) e la riscoperta
del trattato dantesco furono clamorosi e fecero esplodere in Italia la secolare
questione della lingua, idealmente chiusa nel 1840 da I promessi sposi di
Alessandro Manzoni. Questa intensa speculazione teorica ha il suo sbocco
fattuale in quattro opere poetiche, tutte molto importanti: la Sofonisba (1524,
dedicata a Papa Leone X), la prima tragedia regolare della letteratura moderna
(regolare si definisce un'opera costruita secondo le norme derivate dai testi
classici, essenzialmente la Poetica di Aristotele e l'Ars poetica di Orazio),
L'Italia liberata dai Goti (1548-1549, dedicata a Carlo V d'Asburgo), il primo
poema epico regolare, e I simillimi (1548, dedicata al Cardinal Farnese), la
prima commedia regolare. Si aggiunga un volume di poesie d'amore e di encomio
(Rime 1529, dedicato a Niccolò Ridolfi) di gusto antipetrarchista e ispirato ai
poeti siciliani, agli Stilnovisti, a Dante e alla tradizione del Quattrocento,
tutte cassate dal Bembo. Anche queste opere sollevarono un grande dibattito, ma
saranno destinate ad avere un ruolo centrale nello sviluppo della poesia italiana
ed europea, se si considera l'importanza che la tragedia e l'epica, ad esempio,
ebbero in tutta Europa. Al Trissino si deve anche l'invenzione
dell'endecasillabo sciolto (cioè senza rima) ad imitazione dell'esametro
classico, anche questa un'invenzione destinata a fama europea.Le opere
letterarie La produzione letteraria del poeta comprende opere di diversi
generi, non solo poetiche: innanzitutto un Architettura in italiano e
incompleto, ricerche sulla numismatica, traduzioni, orazioni varie ed opere in
latino. Se ci si concentra solo sugli studi di teoria letteraria e sulle
opere poetiche, si ha a che fare con pochi testi, ma tutti rilevantissimi,
attraverso i quali il poeta struttura un coerente programma di riforma della
poesia italiana sui modelli classici e sulla lingua dantesca ispirato alla
Poetica di Aristotele, ad Omero e al De vulgari eloquentia, un sistema da
opporre sia alle Prose della volgar lingua del Bembo di qualche anno prima
(1525), che aveva dato come modelli solo Petrarca e Boccaccio (riducendo,
quindi, i generi letterari solo alla lirica e alla novella), sia all'Orlando
furioso di Ludovico Ariosto (1532), che è un romanzo cavalleresco e non un
poema epico. Attraverso il proprio programma il poeta verrà a creare una
tradizione di gusto classico del tutto nuova in seno alla letteratura moderna,
che nei secoli a venire si affiancherà al bembismo sebbene agli inizi gli fu
avversario: il sistema trissiniano, infatti, vuole sopperire ai vuoti lasciati
dal petrarchismo bembesco e proseguire lo sperimentalismo della tradizione
antica e quattrocentesca (la cosiddetta docta varietas). Né il Trissino era
l'unico convinto di queste idee, come si dirà ancora oltre, ma era affiancato
da Sperone Speroni, Bernardo Tasso (padre di Torquato), Antonio Brocardo,
Pietro Tolomei, Antonio Colocci, Mario Equicola e altri ancora. Volendo
sintetizzare, le opere del Trissino si raccolgono intorno a tre date: ll
1524, in cui dà alle stampe a Roma la tragedia Sofonisba (composta un decennio
prima agli Orti Oricellari) e l'Epistola sulle lettere da aggiungere
all'alfabeto latino. Tutte le opere del Trissino stampate in vita sono scritte
secondo l'alfabeto da lui congegnato e non con l'alfabeto usuale. ll 1529, vero
anno campale, vengono date alle stampe sei opere, ossia la traduzione del De
vulgari eloquentia, le prime IV parti della Poetica, il dialogo Il castellano,
le Rime, i Dubbi grammaticali e la Grammatichetta. Il 1547-8, in cui dà alla
luce il poema L'Italia liberata dai Goti, e la commedia I simillini. Passeremo
in rassegna le principali opere poetiche, tranne gli Scritti linguistici, che
hanno un paragrafo apposito. Sofonisba La Sofonisba (1524) è in assoluto
la prima tragedia regolare della letteratura europea, destinata a vasta fortuna
specie in Francia. Secondo il modello antico, Trissino compone una tragedia in
endecasillabi sciolti, che imitano i trimetri giambici (il verso a questa data
fa la sua prima apparizione), divisa in quadri da cori rimati: alcuni cori sono
canzoni petrarchesche mentre altri, invece, canzoni pindariche (che fanno
anch'esse qui la loro prima apparizione e si ritroveranno nella poesia di Luigi
Alamanni e poi ancora di Gabriello Chiabrera). L'argomento (con sensibile
differenza dai classici antichi) è storico (preso da Tito Livio), non
fantastico, mitico o biblico. L'azione, come poi sarà canonico nel teatro
regolare, si svolge nello stesso posto (unità di luogo) e nello stesso giorno
(unità di tempo) e prevede in scena un numero limitato di persone. Venne
recitata per la prima volta nel 1562, durante il carnevale di Vicenza, messa in
scena dall'amico e allievo Andrea Palladio. La proposta piacque, tutto sommato,
e riscosse successo: l'endecasillabo sciolto, metro nuovo, fu approvato anche
dal Bembo (come ricorda Giraldi Cinzio) e divenne da allora in poi il metro
quasi canonico del teatro italiano, specie tragico (vedi sotto). Rime
Anche nelle Rime (1529) il poeta si mostra uno sperimentatore e il Petrarca,
modello obbligatorio a prescindere dal Bembo, si fonde con immagini derivanti
da altre epoche e da altri autori, in special modo la poesia occitana, quella
siciliana, gli stilnovisti e Dante, i poeti quattrocenteschi. Nel sistema del
Trissino è possibile usare ancora metri come, ad esempio, i sirventesi e le
ballate (cassati dal Bembo) o anche introdurre particolari nuovi come gli occhi
neri di guaiaco della donna amata, immagine inventata dal poeta su un referente
quotidiano della cultura cinquecentesca e non in linea con le immagini tipiche
del Petrarca (occhi di stelle e simili). Il Castellano Il Castellano
(1529) è un dialogo sulla lingua dedicato a Cesare Trivulzio, comandante
francese a Milano conosciuto nel 1505-6. Si ambienta a Castel Sant'Angelo e ha
per protagonisti Giovanni di Bernardo Rucellai (il castellano, appunto) e
Filippo Strozzi, amici degli Orti Oricellari. Il Trissino espone per bocca del
Rucellai il suo ideale linguistico, preso dal De vulgari eloquentia, cioè
quello di un volgare illustre o cortigiano, mobile ed aperto, fondato in parte
sull'uso moderno e concreto della lingua, e in parte sugli autori della
tradizione letteraria. Questi autori sono soprattutto Dante e Omero poiché
dotati di enargia, cioè della capacità di rendere visibili a parole ciò di cui
stanno narrando. Le idee linguistiche del Trissino sollevarono grande clamore
(fondate com'erano su un testo la cui paternità dantesca non era ancora
assicurata) e fecero scoppiare il secolare 'dibattito sulla lingua italiana'
concluso, come detto, almeno idealmente, dal Manzoni tre secoli dopo. Fra i molti
che parteciparono al dibattito si ricordi il fiorentino Niccolò Machiavelli al
quale il Trissino aveva letto il De vulgari eloquentia sempre agli Orti
Oricellari, il Bembo, ovviamente, Sperone Speroni, Baldassarre
Castiglione. Poetica Le teorie che soggiacciono a questo vasto programma
vengono esposte nella Poetica (1529), libro fondamentale non solo per il
Trissino, essendo in assoluto il primo libro di poetica in Europa ad essere
modellato sulla Poetica di Aristotele, destinato a fama secolare in tutto il
continente . Né banale né senza rischi era, come potrebbe apparire, l'idea di
resuscitare dei generi letterari di fatto morti da millenni e lontani per gusto
e ispirazione dalla società rinascimentale. Sul piano linguistico
immagina una lingua di ispirazione dantesca e omerica, cortigiana e illustre,
che contempli l'innovazione e la tradizione, che sia aperta a una
collaborazione ideale fra varie regioni italiane e non sul predominio esclusivo
del toscano trecentesco, che ottemperi anche l'inserimento di neologismi e di
dialettismi. Nella poesia lirica si appoggia, sempre dietro Dante, alla
tradizione occitana, siciliana, stilnovista e dantesca e anche petrarchesca.
Nella metrica saccheggia ampiamente il trecentesco Antonio da Tempo che ancora
contempla ballate e sirventesi, generi cassati dal Bembo, come detto, e si
mostra vicino allo sperimentalismo della poesia quattrocentesca. Discorre,
inoltre, della possibilità di utilizzare in italiano metri di stile greco e
latino, come fatto da lui nei cori della Sofonisba, proposta che avrà grande
successo nei secoli a venire, specie nella poesia per musica e nel
melodramma. Discorre poi della tragedia, della commedia, dell'ecloga
teocritea e del poema omerico, i generi resuscitati dal mondo classico. A ogni
genere vengono date ovviamente le proprie regole tratte da Aristotele, cioè le
unità di tempo e di luogo, per la tragedia e la commedia, e le unità narrative,
per il poema epico. Vengono quindi stabilite le nette differenze fra il romanzo
cavalleresco e il poema epico. Mentre il romanzo cavalleresco narra una vicenda
fantastica costituita dall'intreccio di molte storie diverse (alcune delle
quali destinate a non chiudersi nel poema poiché non necessarie alla
conclusione generale della vicenda), nel poema epico, invece, la vicenda dovrà
essere di matrice storica e dovrà essere unitaria e conclusa: essa cioè dovrà
venire raccontata dall'inizio alla fine, e i pochi protagonisti dovranno
ruotare tutti attorno ad essa, tutti per un solo scopo, e le loro vicende dovranno
venire concluse entro l'arco del poema, non lasciando nulla in sospeso. Il
genere epico, inoltre, secondo una caratteristica che gli diventerà propria,
viene dal Trissino investito di un alto valore morale e politico, profondamente
pedagogico, ignoto al romanzo, che lo trasformano in un percorso di formazione
morale e culturale. Per questi tre generi nuovi, il poeta propone
l'endecasillabo sciolto, corrispettivo moderno dell'esametro e del trimetro
giambico classici (vedi paragrafi sottostanti). Sul piano dello stile e
dei registri il poeta rimanda alle teorie dei greci Demetrio Falereo e di
Dionigi di Alicarnasso, che ponevano come vertice dello stile poetico
l'energia, cioè la capacità di rappresentare visivamente con le parole le cose
di cui s sta narrando, prerogativa, per il Trissino, dello stile di Omero e
Dante. Sempre dietro Demetrio e Dionigi, Trissino divide la lingua italiana in
quattro registri stilistici e non tre, come voluto dalla tradizione medievale e
bembesca (la cosiddetta rota Vergilii, secondo la quale esistono 3 registri
stilistici soltanto: quello basso, esemplificato dalle Bucoliche, quello medio
dalle Georgiche, e quello alto o tragico dell'Eneide). Questo veniva a
reimpostare daccapo i rapporti ormai consolidati fra genere letterario e
registro stilistico, e fu una novità che avrebbe causato non poco l'insuccesso
di un poeta il cui punto debole fu proprio lo stile. L'Italia liberata
dai Goti Dopo venti anni di silenzio dal 1529, il Trissino tornò in scena con
L'Italia liberata da' Gotthi, un vastissimo poema di endecasillabi sciolti in
27 canti, stampato nel 1547 (primi 9 canti) e nel 1548 (restanti 18), ma
iniziato intorno ai primi del secolo, nell'età di Papa Leone X. Esso è di fatto
il primo poema epico moderno e sarà destinato, come la Sofonisba, a inaugurare
un genere del tutto nuovo, in dichiarata antitesi alla tradizione
medievale del romanzo cavalleresco che in quegli anni stava sfondando con
Ludovico Ariosto. L'idea che soggiace alla composizione dell'opera è
illustrata nella famosa Dedica a Carlo V che precede il poema, dove il Trissino
dichiara di essersi ispirato ovviamente ad Aristotele e all'Iliade di Omero.
Con la guida di Omero e di Demetrio Falereo (e non di Dante, si noti), inoltre,
reclama l'uso di un volgare illustre che contempli l'inserimento di voci
dialettali, arcaiche o anche latine e greche, come infatti nel poema avviene.
Come detto più volte, inoltre, lo scopo del poema è 'ammaestrare l'imperatore',
non solo attraverso dei modelli cavallereschi, ma anche attraverso conoscenze
tecniche di architettura, arte militare e via di seguito. Il poema è
ligio, insomma, a quanto stabilito nella Poetica: la trama è tratta da un
accadimento storico cioè la guerra gotica tra l'imperatore bizantino Giustiniano
I e gli Ostrogoti che occuparono l'Italia (per la quale il poeta segue lo
storico bizantino Procopio di Cesarea), che viene raccontata dall'inizio alla
fine, e i (relativamente) pochi protagonisti ruotano attorno ad essa. I
personaggi, a loro volta, saranno specchio di altrettanti vizi e virtù da
correggere, in questa crociata che sarebbe anche un percorso di formazione
bellica e morale del suo lettore ideale, cioè Carlo V stesso. Il poema,
atteso da vent'anni dai dotti italiani, fu uno dei più clamorosi fiaschi della
storia letteraria italiana, come noto, anche se ebbe un impatto profondissimo.
Critiche violente vennero da Giambattista Giraldi Cinzio (che ne parla nei suoi
Romanzi) e da Francesco Bolognetti, ma non solo. I quali derisero il poema per
la sua imitazione pedissequa dei valori dell'eroismo classico (grandezza e
generosità d'animo, nobiltà e gloria), per l'attenzione estrema alla corretta
applicazione delle regole aristoteliche, più che alla fluidità della narrazione
o al dare un rilievo psicologico ai personaggi, assolutamente frontali.
Inoltre, la ripresa parola per parola del modello omerico (ma in generale di
tutte le moltissime fonti tradotte dal poeta) fu ritenuta noiosa, e la
solennità dell'argomento venne a scontrarsi con la prosaicità dello stile
trissiniano, del metro senza rima costruito in maniera formulare (come quello
di Omero ovviamente) che rende il dettato fiacco e stereotipato. I lunghi
intervalli eruditi, inoltre, in cui il poeta si dilunga nelle descrizioni degli
accampamenti, dei monumenti della Roma medievale, di città, architetture,
armature, eserciti, giardini, mappe geografiche dell'Italia, precetti morali,
massime e apologhi eruditi e via di seguito, soffocano la narrazione epica
(nella prima edizione il poema è addirittura corredato da tre cartine
geografiche) e rendono il poema di difficile lettura. Ciò non toglie,
tuttavia, che l'Italia liberata abbia un posto di rilievo nella letteratura: la
visione di un mondo superiore di eroi solenni e composti nella dignità del loro
ideale e della loro missione, tipicamente aristocratici, anticipava le
preoccupazioni morali della Controriforma[25]. Sarà proprio alla fine del
secolo, infatti, che il poema trissiniano avrà la sua fortuna, col Tasso ma non
solo. I simillimi Sono l'ultima opera stampata dal poeta (1548) e i
modelli sono indicati da lui stesso nella Dedica al Cardinal Farnese:
Aristofane e la Commedia antica (Menandro è stato riscoperto solo nel
Novecento), sul modello della quale il Trissino ha fornito la favola dei cori (con
l'appoggio anche dell'Arte poetica di Orazio) ma non del prologo. Dichiarata è
anche l'ascendenza da Plauto (essenzialmente i Menecmi). Il testo è costruito
in versi sciolti, ovviamente, mentre i cori sono costituiti anche da settenari
e sono rimati.Le opere linguistiche Frontespizio del Castellano di
Giangiorgio Trissino, 1529, stampato con lettere aggiunte all'alfabeto
italiano da quello greco I testi linguistici del Trissino sono essenzialmente
quattro: l'Epistola, Castellano, Dubbi, Grammatichetta, oltre, ovviamente la
Poetica. Accese discussioni suscitò il suo esordio letterario, cioè la
proposta di riformare l'alfabeto italiano contenute nell'Ɛpistola del Trissinω
de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana (1524; nel 1529 esce la
seconda versione, corretta e rivista) dove Trissino suggerisce l'adozione di
alcune vocali e consonanti dell'alfabeto greco al fine di disambiguare suoni
diversi resi allora (e ancor oggi) con la medesima grafia: e e o aperte (ε e ω)
e chiuse, z sorda e sonora (ζ), nonché la distinzione delle i e u con valore di
vocale o di consonante (j, v). In seguito avrebbe riproposto questa idea
(sebbene ricorrendo a grafie diverse) anche l'accademico della Crusca Anton
Maria Salvini nella seconda metà del XVIII secolo, sempre senza successo.
Accolta fu nei secoli a venire, invece, la proposta del Trissino di utilizzare
la z al posto della t nelle parole latine che finiscono in -tione (oratione
> orazione) e di distinguere sistematicamente nella scrittura la u da v
(uita > vita)[26]. I punti principali dell'alfabeto riformato sono i
seguenti: Nuovo caratterePronunciaDistinto da Pronuncia Ɛ εE aperta [ɛ]E e E
chiusa [e] Ω ωO aperta [ɔ]O oO chiusa [o] V vV con valore di consonante [v]U uU
con valore di vocale [u] J jcon valore di consonante J [j]I iI con valore di
vocale [i] Ӡ çZ sonora [dz]Z zZ sorda [ts] . Tali idee vengono confermate
nei testi del 1529: nel Castellano, il Trissino propone il modello di una
lingua "cortigiana-italiana" formata dagli elementi comuni a tutte le
parlate dei letterati della Penisola, non solo nel lessico ma anche al livello
della fonetica (visibile ormai grazie all'alfabeto riformato). Questa teoria si
appoggia ad Omero e soprattutto alla sua traduzione del De vulgari eloquentia,
e verrà amplificata, come già visto, nella Poetica, in riferimento a tutti i
generi letterari, e sarà illustrata materialmente nelle due grammatiche messe a
disposizione dal Trissino stesso (la Grammatichetta e i Dubbi
grammaticali). Alla sua tesi si dimostrarono particolarmente sensibili (e
ostili) i letterati toscani, ovviamente, visto che Dante stesso asserisce nel
trattato che il toscano non è il volgare illustre. Tra di essi spicca il
Machiavelli, come accennato, che compose un Dialogo sulla lingua in quegli anni,
nel quale reclama la specificità del fiorentino cinquecentesco, in opposizione
al Bembo (che voleva il fiorentino trecentesco) e anche al Trissino, che nella
grammatica di base parte sempre dalla lingua letteraria (anche perché l'unica
in grado di assicurare a livelli profondi una similarità fra i vari parlari
italiani). Un esempio: se nel toscano quattrocentesco del Poliziano è normale
usare lui in funzione di soggetto, il Bembo invece rispolvera egli e lo stesso
fa il Trissino. Machiavelli, invece, difende l'uso del lui, normale a Firenze
da almeno un secolo. La riforma trissiniana dell'alfabeto, applicata
sistematicamente dal poeta in tutti i suoi scritti (anche negli appunti!), è un
prezioso documento delle differenze di pronuncia tra toscano e lingua
cortigiana, fra lingua letteraria e pronunce nordiche (il poeta era vicentino)
perché l'autore applicò i propri criteri fonetici nel pubblicare i suoi testi o
nell'interpretare alcuni suoni del toscano. La conseguente maggior difficoltà
di lettura non favorì la diffusione dei suoi scritti e portò diverse critiche
da parte degli autori suoi contemporanei. Il profilo religioso del
Trissino Sebbene sia noto come esegeta aristotelico, il Trissino si era
formato, invece, sul finire del Quattrocento e nei primi del Cinquecento nelle
capitali culturali italiane sature di cultura neoplatonica e mistica: non ci
riferiamo solo agli anni a Milano presso il Calcondila (amico di Marsilio
Ficino) o a Ferrara presso il Leoniceno, ma soprattutto a quelli trascorsi agli
Orti Oricellari fiorentini e nella Roma di Leone X, figlio di Lorenzo de'
Medici. Importanti sono i due ritratti che ci vengono lasciati da due
contemporanei. Il primo è il quello di Giovanni di Bernardo Rucellai, che nel
poemetto in versi sciolti Le api, dopo aver discusso dell’armonia cosmica e
della dottrina ermetico-platonica dell’Anima Mundi, specifica ai vv. 698-704:
«Questo sì bello e sì alto pensiero / tu primamente rivocasti in luce / come in
cospetto degli umani ingegni / Trissino, con tua chiara e viva voce, / tu primo
i gran supplicii d’Acheronte / ponesti sotto i ben fondati piedi / scacciando
la ignoranza dei mortali». Insomma il Trissino viene riconosciuto come un
interprete del pensiero platonico e, si direbbe, democriteo. Il secondo, invece,
riguarda le esposizioni rilasciate al'Inquisizione, dopo la morte del poeta, da
parte del Checcozzi, il quale dichiara che il Trissino «faceva discendere le
anime umane dalle stelle ne’ corpi e diede a divedere come i passaggi di quelle
di pianeta in pianeta fossero stimate altrettante morti e dicesse essere pene
infernali non le retribuzioni della vita futura ma le passioni e i vizi» (in B.
Morsolin, Giangiorgio Trissino. Monografia di un gentiluomo letterato del
secolo XVI , Firenze, Le Monnier, 1894,
364–365). A questo si aggiungano ancora la ripetuta ammissione di
credere nella salvezza per sola Grazia (Morsolin, cit., 248–253, 357-378 e 407-43, confermata
nell'Epistola a Marcantonio da Mula), cioè di essere a rigore un luterano, e la
lunga requisitoria contro il clero corrotto contenuta contenuta nell'Italia
liberata, requisitoria che però, come rilevato da Maurizio Vitale (in L'omerida
italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da'
Gotthi», Istituto Veneto di Scienze ed Arti, ), non figura in tutte le stampe
del poema ma solo in quelle indirizzate forse in Germania. Anche il
Trissino, quindi, auspicava un riordino interno della Chiesa e una sua
restaurazione morale, in linea con il generale movimento di riforma che scoppio'
nel Rinascimento, con Lutero, Erasmo etc.... senza per questo farne un luterano
in senso stretto. Il Trissino, insomma, è un tipico esponente della tradizione
religiosa pretridentina, in cui il fervido sostegno alla Chiesa romana e la
vicinanza coi papi non escludono forti iniezioni di pensiero neoplatonico e
neopitagorico, di stoicismo e di astrologia, di tradizione bizantina e
millenarismo, in cui Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Agrippa von
Nettesheim, Giovanni Pico della Mirandola, Marsilio Ficino si fondono in una
forma religiosa eclettica e ancora tollerata prima dell'apertura del Concilio
di Trento (1545-1563). Le persecuzioni inizieranno dopo la morte del poeta, e
vi verrà coinvolto, invece, il figlio Giulio, vicino al calvinismo, che subirà l'Inquisizione.
Il poema del Trissino, una vera enciclopedia dello scibile, è molto
interessante a riguardo, e queste venature di pensiero religioso inquiete ed
eclettiche sono evidenti in maniera palese: si ricordino i famosi angeli del
poema che portano nomi di divinità pagane (Palladio, Onerio, Venereo etc...) e
che non sono altro che allegorie delle facoltà umane o delle potenze naturali
(Nettunio, angelo delle acque, ad esempio, o Vulcano come metonimia del fuoco)
come indicato nel De Daemonius di Michele Psello e nel pensiero neoplatonico.
Fu questo uno dei punti più bersagliati dai critici contro il poeta, per primo,
ancora una volta, Giambattista Giraldi Cinzio. Il rapporto con Palladio
Di Andrea Palladio, Trissino curò soprattutto la formazione di architetto
inteso come "umanista". Questa concezione risulta alquanto insolita
in quell'epoca, nella quale all'architetto era demandato un compito
preminentemente di tecnico specializzato. Non si può capire la formazione
umanistica e di tecnico specializzato della costruzione dell'architetto Andrea
della Gondola, senza l'intuito, l'aiuto e la protezione di Giangiorgio
Trissino. È lui a credere nel giovane lapicida che lavora in modo diverso e che
aspira a una innovazione totale nel realizzare le tante opere. Trissino gli
cambierà il nome in "Palladio", come l'angelo liberatore e vittorioso
presente nel suo poema L'Italia liberata dai Goti[27]. Secondo la
tradizione, l'incontro tra il Trissino e il futuro Palladio avvenne nel
cantiere della villa di Cricoli, nella zona nord fuori della città di Vicenza,
che in quegli anni (1538 circa) sta per essere ristrutturata secondo i canoni
dell'architettura classica. La passione per l'arte e la cultura in senso totale
sono alla base di questo scambio di idee ed esperienze che si rivelerà
fondamentale per la preziosa collaborazione tra i due "grandi". Da lì
avrà inizio la grande trasformazione dell'allievo di Girolamo Pittoni e Giacomo
da Porlezza nel celebrato Andrea Palladio. Sarà proprio Giangiorgio Trissino a
condurlo a Roma nei suoi viaggi di formazione a contatto con il mondo classico
e ad avviare il futuro genio dell'architettura a raggiungere le vette più
ardite di un'innovazione a livello mondiale, riconosciuta ed apprezzata ancora
oggi[28]. Fortuna e sfortuna del Trissino Il sistema letterario inventato
dal Trissino non fu il solo tentativo di preservare un rapporto diretto con la
cultura classica (in special modo greca), con Dante e con l'umanesimo del
Quattrocento, che il sistema bembiano escludeva. Molti altri poeti
condividevano le sue idee, infatti, come Antonio Brocardo, Bernardo Tasso,
anche loro intenti a inventare nuovi metri su imitazione dei classici.
Tuttavia, se si eccettua forse Sperone Speroni, il Trissino fu uno dei
pochi che strutturò nella sua Poetica un sistema letterario totale,
onnicomprensivo, aristotelico in senso pieno, dove ogni genere è regolato in
maniera specifica; e questo gli permetterà di essere un punto di riferimento
privilegiato nei secoli a venire. Bisognerà fare a questo punto una
distinzione essenziale fra le opere del Trissino e le sue teorie letterarie. Le
opere poetiche, forse con la sola eccezione della Sofonisba e delle Rime, sono
notoriamente brutte: lo stile è fiacco e prosaico e la narrazione dispersa in
mille meandri eruditi, ragione per cui furono conosciute da tutti, lette e
ammirate, ma non apprezzate né imitate dal punto di vista stilistico:
l'invenzione del verso sciolto, che sarà centrale nella storia letteraria
europea, infatti, non era destinata a fiorire con lui ma solo alla fine del
secolo perché venisse accettata entro un poema di genere e di stile alto come
quello epico. Le sue teorie invece, trovarono un successo secolare, non solo in
Italia ma in molti paesi europei specie nel Settecento, con la nuova moda del
classicismo. Questo specie per quel che riguarda i due generi principali del
mondo antico, la tragedia e l'epica, e con essi anche il verso sciolto.
Italia In Italia si può dire che il Trissino ebbe grande fortuna col verso
sciolto e col poema epico, ma minore col teatro tragico. La Sofonisba, quando
uscì, non era in Italia l'unica tragedia di imitazione greca, anche se era la
prima: vi erano, infatti, anche quelle di Giovanni di Bernardo Rucellai,
composte sempre agli Orti Oricellari. Ma la tragedia ispirata ai modelli greci
non trovò terreno in Italia e fu soppiantata presto, già a metà del secolo, da
quella 'alla latina', senecana (cioè piena di fantasmi, conflitti, colpi di
scena e sangue, shakespeariana insomma), riportata in auge a Ferrara dalle Orbecche
di Giambattista Giraldi Cinzio; una linea di gusto che, alla fine del
Cinquecento e nel Seicento, si sposerà in pieno col teatro gesuita, di
ispirazione anche esso stoica e senecana. Non così nell'epica e nel verso
sciolto. Il poema del Trissino è nominato infatti da tutti i principali autori
epici dell'epoca (e spesso in mala fede), da Bernardo Tasso (intento anche lui
alla realizzazione del poema Amadigi, che nella prima stesura era in versi
sciolti) e Giambattista Giraldi Cinzio (che compose contro l'Italia liberata il
volume Dei romanzi), Francesco Bolognetti e via via fino a Torquato Tasso.
Quest'ultimo parla spesso dell'Italia liberata nei Discorsi del poema eroico e,
sebbene ne rilevi i limiti, la tiene presente chiaramente come modello teorico
e anche in molti passaggi della Gerusalemme liberata (fra cui la famosa morte
di Clorinda, ripresa da quella dell'amazzone Nicandra, ad esempio). Vale la
pena specificare che il titolo di Gerusalemme liberata, infatti, non fu deciso
dal Tasso (che nei Discorsi chiama sempre il suo poema Goffredo), ma dallo
stampatore Angelo Ingegneri, che doveva aver notato la somiglianza dell'opera
tassiana col poema trissiniano. Mentre nel Rinascimento i critici
iniziavano a discutere dei rapporti fra poesia epica e romanzo cavalleresco, si
assiste a un lento processo di 'acclimatazione' del verso sciolto nei poemi
narrativi. Dapprima viene usato nei generi minori, come le ecloghe pastorali, i
poemetti georgici, gli idilli o le traduzioni, ma alla fine del secolo sarà
impiegato in opere imponenti come l'Eneide di Annibale Caro, o nel poema sacro
del Mondo creato del Tasso, o nello stile fastoso dello Stato rustico (1606) di
Giovanni Vincenzo Imperiale o quello classico di Gabriello Chiabrera
(1552-1638) in pieno Barocco. Anzi, proprio il Chiabrera (non a caso allievo di
Sperone Speroni) si può dire che sia il grande erede del Trissino, animato come
lui dal desiderio di riformare la metrica e di ricreare i generi letterari sui
modelli classici. La Poetica è citata dal Chiabrera in punti importanti, sia in
difesa del verso sciolto, sia dei generi metrici non bembeschi o nuovi, sia,
implicitamente, nella ripresa del mito di Dante e di Omero (cfr. il paragrafo
apposito in Gabriello Chiabrera). Il Trissino ebbe ancora fortuna anche
nel XVIII secolo, con l'edizione in due volumi Scipione Maffei di Tutte le
opere (Verona, Vallarsi, 1729, ancora oggi punto di riferimento
indispensabile), e con nove tragedie intitolate Sofonisba, una delle quali di
Vittorio Alfieri (1787). Grande fu l'influenza anche nel melodramma: si contano
ben quattordici Sofonisba fra il 1708 e il 1843, una delle quali di Christoph
Willibald Gluck e uno di Antonio Caldara. Ma a parte la fortuna della
Sofonisba, considerando che la riforma poetica dell'Accademia dell'Arcadia
(1690) si ispira dichiaratamente alla poesia e alla metrica del Chiabrera,
possiamo dire che il Trissino sia stato uno dei fondatori della poesia arcadica
e capostipite di una tradizione letteraria, anche quella del melodramma
settecentesco. Non a caso è uno degli autori più presenti nella Ragion poetica
(1708) di Gian Vincenzo Gravina, maestro del giovane Pietro Metastasio, la cui
prima opera sarà la tragedia Giustino, una riproposizione quasi parola per
parola del III canto dell'Italia liberata dove si narrano gli amori di Giustino
e di Sofia. Alla metà del secolo, nel 1753, Pierfilippo Castelli dedica la
poeta una intera monografia (La vita di Giovangiorgio Trissino oratore e
poeta). Si può dire, quindi, che non solo nell'epica il Trissino abbia avuto
fortuna, ma anche nel teatro italiano, anche se nelle forme del melodramma e
non quelle della tragedia, come tipico della tradizione italiana. Questo
grazie, soprattutto, alla mediazione del Chiabrera, che seppe rendere le forme
metriche del Trissino (prima fra tutte il verso sciolto) di insuperabile
eleganza. Nell'Ottocento si ricordino l'Iliade di Vincenzo Monti (1810) e
l'Odissea di Ippolito Pindemonte (1822), che proseguono la grande storia del
verso sciolto nella traduzione italiana, e le considerazioni di tre grandi
scrittori. Il primo è Manzoni che, meditando sul romanzo storico, rifletté
anche sui rapporti fra creazione poetica e verosimiglianza storica date da
Aristotele nello scritto Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti
di storia e d’invenzione. Il secondo è il Giosuè Carducci che stronco' il poema
ne I poemi minori del Tasso (in L’Ariosto e il Tasso) e il terzo è Bernardo
Morsolin che compose la biografia del poeta (Giangiorgio Trissino o monografia
di un letterato del secolo XVI, 1894) che ancora oggi è indispensabile.Francia
In Francia, invece, si assiste in un certo senso alla situazione opposta e le
teorie del Trissino trovarono vasta eco più nel teatro che nel poema epico,
questo anche perché in generale il teatro classico francese ha sempre
prediletto i modelli greci ai latini e il teatro, in genere, al melodramma. Nel
teatro francese l'influenza della Sofonisba sarà forte: la prima
rappresentazione documentata in francese è del 1554 nel castello di Blois, davanti
alla corte della regina, Caterina de' Medici, non a caso una fiorentina[29]. La
corte di Francia era già abituata d'altronde alla poesia italiana di stile
classico da almeno trent'anni, dopo il soggiorno presso Francesco I di Francia
di Luigi Alamanni. Da qui in poi si conteranno otto Sofonisba fino alla fine
del Settecento, una delle quali di Pierre Corneille. Non così invece
nell'epica, genere che in Francia trovò poco seguito, e nel verso sciolto, che
non si acclimatò mai nella poesia francese, poco adatta per suo ritmo naturale
a un verso senza rima. Il Voltaire, che amava l'Ariosto, ricorda l'Italia
liberata nel suo Saggio sulla poesia epica più che altro per rilevare le pecche
del poema. Inghilterra In Inghilterra si ricorda la fortuna del verso sciolto
(blank verse) a partire dal XVII secolo, che avrà la sua consacrazione nel
Paradiso perduto di John Milton, e le lodi tributate al Trissino da Alexander
Pope nel prologo alla Sofonisba di James Thomson (1730). Germania In
Germania si ricordano, tra il XVII e il XVIII secolo, tre Sofonisba. Anche
Goethe possedeva una copia delle Rime trissiniane Opere principali
Sofonisba, 1524, tragedia Ɛpistola del Trissino de le lettere nuωvamente
aggiunte ne la lingua Italiana, 1524: Riproduzione fotografica De vulgari
eloquentia di Dante Alighieri, 1529, traduzione Il castellano, 1529, dialogo:
Riproduzione fotografica dell'edizione Daelli 1864 Poetica, 1529, ed. integrale
del 1562 in sei parti: Riproduzione fotografica Dubbi grammaticali, 1529
Grammatichetta, 1529 L'Italia liberata dai Goti, 1547-1548, poema epico I
simillimi, 1548, commedia Galleria d'immagini Gian Giorgio
Trissinoincisione da Tutte le opere non più pubblicate di Giovan Giorgio
Trissino, 1729. Miniatura di Gian Giorgio Trissino.
Gian Giorgio Trissinoincisione da Pier Filippo Castelli La vita di
Giovangiorgio Trissino, 1753. Targa a Trissino, 1950, in
piazza Gian Giorgio Trissino. Targa posta sulla casa natale
di Gian Giorgio Trissino, in corso Fogazzaro 15 a Vicenza, opera di Bartolomeo
Bongiovanni. Medaglione posto nel salone di Palazzo Venturi
Ginori, a Firenze, raffigurante Giovan Giorgio Trissino, membro dell'Accademia
Neoplatonica che lì ebbe sede. Note
Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del
secolo XVI, Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753,
pagg 2-3. Bernardo Morsolin, Giangiorgio
Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI,Margaret Binotto, La
chiesa e il convento dei santi Filippo e Giacomo a Vicenza, 1981, nota 49. Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan
Giorgio Trissino, 1753, pag 4. Bernardo
Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI,
1878, pagg 26 e seguenti. L'incisione
recita: DEMETRIO CHALCONDYLÆ ATHENIENSIIN STUDIIS LITERARUM
GRÆCARUMEMINENTISSIMOQUI VIXIT ANNOS LXXVII MENS. VET OBIIT ANNO CHRISTI
MDXIJOANNES GEORGIUS TRISSINUS GASP. FILIUSPRÆCEPTORI OPTIMO ET
SANCTISSIMOPOSUIT. Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino,
1753, pag 5. Bernardo Morsolin,
Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg
54-55. Bernardo Morsolin Giangiorgio
Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 13-14. Giambattista Nicolini, Vita di Giangiorgio
Trissino, 1864, pag 41. Nell'originale
sofocleo "τὸ δὲ ζητούμενον ἁλωτόν", letteralmente "ciò che si
cerca, si può cogliere". Bernardo
Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI,
1878, pag 198. Pierfilippo Castelli, La
vita di Giovan Giorgio Trissino, Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan
Giorgio Trissino, 1753, pag 43. Antonio
Magrini, Reminiscenze Vicentine della Casa di Savoia, 1869, pagg 17-18. Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o
Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 190. Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o
Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 196. Silvestro Castellini, Storia della città di
Vicenza...sino all'anno 1650, Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio
Trissino, 1753, nota a pag 48 Bernardo
Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1Come
i saggi di Lucien Faggion ricordano, per preservare il patrimonio famigliare
non era inusuale sposare cugini di altri rami della medesima famiglia. La decisione di scegliere Ciro come proprio
erede ebbe ripercussioni drammatiche per diverso tempo. Oltre al trascinarsi
della causa civile intentata da Giulio al padre e a Ciro, nacque una vera e
propria faida tra i discendenti Trissino dal Vello d'Oro e i parenti del ramo
dei Trissino più prossimo alla prima moglie, Giovanna. Le voci che fecero
risalire a Ciro la denuncia anonima alla Santa Inquisizione delle simpatie
protestanti di Giulio nel 1573, spinsero Giulio Cesare, nipote di Giovanna, a
uccidere Ciro a Cornedo nel 1576, davanti a Marcantonio, uno dei suoi figli.
Quest'ultimo decise di vendicare il padre, accoltellando a morte Giulio Cesare
che usciva dalla cattedrale di Vicenza il venerdì santo del 1583. Nel 1588
Ranuccio Trissino, altro avversario dei Trissino dal Vello d'Oro, s'introdusse
nella casa di Pompeo, primogenito di Ciro, e ne uccise la moglie, Isabella
Bissari, e il figlioletto Marcantonio, nato da poco. Si vedano al proposito
vari saggi sull'argomento di Lucien Faggion, tra cui Les femmes, la famille et
le devoir de mémoire: les Trissino aux XVIe et XVIIe siècles. Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una
causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni ProfessoreAlvise
di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer,
che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi
Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il
tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion,
Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana
et Cricoli au XVIe siècle, . Bernardo
Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, voce
Trissino nel sito Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. Paolo D'Achille, Trissino, Giangiorgio, in
L'Enciclopedia dell'Italiano.
"Palladio" è anche un riferimento indiretto alla mitologia
greca: Pallade Atena era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza,
della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della
guerra; Pallade, a sua volta, è un'ambigua figura mitologica, talvolta maschio
talvolta femmina che, al di fuori della sua relazione con la dea, è citata
soltanto nell'Eneide di Virgilio. Ma è stata avanzata anche l'ipotesi che il
nome possa avere un'origine numerologica che rimanda al nome di Vitruvio, vedi
Paolo Portoghesi , La mano di Palladio, Torino, Allemandi, 2 Dal volantino
della mostra (18 aprile10 maggio 2009) dedicata a Giangiorgio Trissino a
Trissino, in occasione del 600º anniversario della promulgazione dello Statuto
del Comune del 1409, organizzata dalla Provincia di Vicenza, Comune di Trissino
e Pro Loco di Trissino. Leopoldo
Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo
di Canova, Giachetti, Losanna, 1824. Sull'autore in generale si vedano almeno
tre testi fondamentali: Pierfilippo Castelli, La vita di Giovangiorgio
Trissino, oratore e poeta, ed. Giovanni Radici, Venezia, 1753. Bernardo
Morsolin, Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, Firenze,
Le Monnier, Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, Vicenza, 31
marzo-1º aprile 1979, N. Pozza, Vicenza, Neri Pozza, 1980. Sulla
Sofonisba: Ettore Bonora La "Sofonisba" del Trissino, Storia
Lett.Italiana, Garzanti, Milano, M. Ariani, Utopia e storia nella Sofonisba di
Giangiorgio Trissino, in Tra Classicismo e Manierismo, Firenze, Olschki, C.
Musumarra, La Sofonisba ovvero della libertà, «Italianistica», Sulle
Rime: A. Quondam, Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella
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Dante attraverso il Cinquecento: Il De vulgari eloquentia e la questione della
lingua, «Rinascimento», Per le trafile del codice dantesco posseduto dal
Trissino, oggi alla Biblioteca Trivulziana di Milano, cfr. l'introduzione di P.
Ràjna alla sua edizione del De Vulgari Eloquentia (Firenze, Le Monnier) e G. Padoan,
Vicende veneziane del codice Trivulziano del “De vulgari eloquentia”, in Dante
e la cultura veneta, Atti del convegno di studi della fondazione “Giorgio
Cini”, Venezia-Padova-Verona, 30 marzo-5 aprile, V. Branca e G. Padoan,
Firenze, Olschki, 1966, 385–394. Tutti i
testi del Trissino si rileggono nei due volumi intitolati Tutte le opere
Scipione Maffei (Verona, Vallarsi, 1729), che non riproducono però l'alfabeto
inventato riformato. Alcuni testi hanno avuto delle edizioni moderne: La
Poetica si rilegge nei Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento B.
Weinberg, Bari, Laterza, 1970-1974. Il testo è riprodotto con l'alfabeto
inventato dal Trissino. Scritti linguistici, A. Castelvecchi, Roma, Salerno
(che contiene la Epistola delle lettere nuovamente aggiunte, Il Castellano, i
Dubbii grammaticali e la Grammatichetta). I testi sono riprodotti con
l'alfabeto inventato dal Trissino. La Sofonisba è stata curata da R. Cremante,
nel Teatro del Cinquecento, Napoli, Ricciardi, 1988. I testo è riprodotto con
l'alfabeto inventato dal Trissino ed è dotato di un vasto commento e
introduzione. La traduzione del De vulgari eloquentia si può leggere in D.
Alighieri, Opere, F. Chiappelli, nella collana “I classici italiani”, G. Getto,
Milano, Mursia, 1975, oppure, assieme al testo latino, nel 2 tomo dell’Opera
Omnia curata da Scipione Maffei (vedi sotto). Per l'Italia liberata dai Goti e
per I Simillimi si deve ricorrere, invece, alle prime edizioni o all'edizione
del Maffei o alle ristampe sette-ottocentesche. Per l'elenco completo di tutte
le stampe, ristampe, studi ed edizioni sul Trissino vedi Alessandro Corrieri ,
Giangiorgio Trissino. , consultabile (aggiornata al 2 settembre )
presso//nuovorinascimento.org/cinquecento/trissino.pdf. Andrea Palladio Trissino (famiglia). Treccani.itEnciclopedie
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Troilo: Erminio Troilo (Perano), filosofo. Insegnante
di filosofia teoretica a Palermo e a Padova (dal 1920), nel 1949 divenne socio
nazionale dei Lincei. Partito dal positivismo del suo maestro Roberto Ardigò,
pervenne a una sorta di metafisica, da lui chiamata realismo assoluto, che
richiama il panteismo di Giordano Bruno e di Baruch Spinoza. L'essere eterno
infinito, tutt'uno con lo spirito assoluto, è il presupposto e il principio
unificatore degli esseri relativi. Trascendente e indeterminato, l'essere si
immanentizza e si determina nella realtà e negli individui, oggettivandosi di
fronte ai soggetti come assolutamente altro da questi. Opere principali Il misticismo moderno (1899)
Idee e ideali del positivismo (1909) La filosofia di G. Bruno (2 voll.,
1907-14) Il positivismo e i diritti dello spirito (1912) Figure e studi di
storia della filosofia (1918) Lo spirito della filosofia (1925) Le ragioni
della trascendenza o del realismo assoluto (1936) Note Fonte: sito della Società Filosofica
ItalianaSezione di Sulmona, riferimenti in .
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filosofia italiana, Rusconi, Milano 1992 Silvio Cappelli, L'orizzonte
filosofico di Erminio Troilo. Idealismo e Positivismo nella prima metà Professore
2281-6569, in Mario Dal Pra Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Erminio Troilo , «Troilo, Erminio» in
Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
Erminio Troilo, biografia e nel sito
della Società Filosofica ItalianaSezione di Sulmona "Giuseppe Capograssi".
Tronti: Senatore della
Repubblica Italiana LegislatureXI e XVII Gruppo parlamentare PDS (XI), PD
(XVII) CoalizioneItalia. Bene Comune (XVII) CircoscrizioneLazio (XI) Lombardia
(XVII) Incarichi parlamentari Membro della Commissione permanente Affari esteri
ed emigrazione Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito
Comunista Italiano (Fino al 1991), Partito Democratico della Sinistra
(1991-1998), Democratici di Sinistra (1998-2007), Partito Democratico (Dal
2007) ProfessioneDocente universitario. Mario Tronti (Roma), filosofo. Considerato
uno dei principali fondatori ed esponenti del marxismo operaista teorico degli
anni sessanta. Docente per trent'anni presso l'Siena, vive a Roma. Militante
del Partito Comunista Italiano durante gli anni cinquanta, fu con Raniero
Panzieri tra i fondatori della rivista Quaderni Rossi, da cui si separò nel
1963 per fondare la rivista Classe operaia, della quale fu il direttore. Questo
percorso lo portò ad allontanarsi dal PCI, pur senza mai uscirne formalmente, e
ad animare l'esperienza radicale dell'operaismo. Tale esperienza, che va
considerata per molti versi la matrice della nuova sinistra degli anni
sessanta, si caratterizzava per il fatto di mettere in discussione le
tradizionali organizzazioni del movimento operaio (partito e sindacato) e di
collegarsi direttamente, senza intermediazioni, alla classe in sé e alle lotte
di fabbrica. Influenzato filosoficamente dall'opera di Galvano Della Volpe,
che lo aveva portato ad allontanarsi dal pensiero di Antonio Gramsci, o almeno
dalla sua versione ufficiale promossa dal PCI togliattiano, Tronti si dedicò
come studioso alla formulazione di un pensiero politico che, fondendo la teoria
con la prassi, rinnovasse il marxismo tradizionale e contribuisse a riaprire la
strada rivoluzionaria in Occidente. Di fronte all'irruzione dell'operaio-massa
sulla scena delle società occidentali, l'operaismo di Tronti seppe proporre
un'analisi moderna delle relazioni di classe e soprattutto mettere l'accento
sul fattore soggettivo, rivendicando la centralità politica della classe. Le
sue idee, debitrici anche della visione di Ernst Jünger (v.
"L'operaio", 1932), trovarono una sistemazione nel 1966, con la
pubblicazione di Operai e capitale, un libro di forte impatto letterario (è
stato inserito tra le 2250 opere del Dizionario delle opere della Letteratura
Italiana Einaudi), che eserciterà un'influenza notevole sulla contestazione
giovanile e più in generale sull'ondata di mobilitazione che ebbe inizio negli
anni immediatamente successivi. Fu proprio la sconfitta della spontaneità
operaia e dell'ondata di mobilitazione, colta anticipatamente da Tronti e non
invece da altri operaisti come Toni Negri (di qui la rottura tra loro, avvenuta
nel 1967-1968), a indurlo a spostare la sua riflessione sul "problema del
politico", ovvero della direzione e della mediazione politica. Ebbe inizio
da qui la teorizzazione trontiana dell'"autonomia del politico", cioè
la ricerca di una teoria politica realista che, in un'originale commistione di
Karl Marx e Carl Schmitt, fosse capace di colmare i limiti della soggettività
sociale. Si trattò di una fase più intellettuale che politica dell'esperienza
di Tronti, il quale si dedicò prevalentemente all'insegnamento (Filosofia
morale e poi Filosofia politica) presso l'ateneo senese e all'attività
pubblicistica, fondando tra l'altro nel 1981 l'influente rivista Laboratorio
politico. Riavvicinatosi al PCI di Enrico Berlinguer, in questo periodo Tronti
fu finalmente riabilitato dal gruppo dirigente del partito, entrando a far
parte più volte del Comitato centrale. Alle elezioni del 1992 fu eletto
al Senato della Repubblica (XI legislatura) nelle liste del Partito Democratico
della Sinistra, fu membro della Commissione parlamentare per le riforme
istituzionali dal 1992 al 1994. Negli anni successivi, non avendo condiviso le
trasformazioni post-comuniste del partito, e dopo aver lasciato la docenza
universitaria, la sua riflessione filosofica ha assunto toni pessimistici,
concentrandosi sulla fine della politica moderna e sulla critica della
democrazia. -- è stato presidente della
Fondazione CRS (Centro per la Riforma dello Stato)Archivio Pietro Ingrao.
Alle elezioni del è stato di nuovo
eletto al Senato (XVII legislatura) nelle liste del Partito Democratico per la
Lombardia. Il 14 gennaio è tra i
31 parlamentari, soprattutto di area cattolica, del PD a firmare un emendamento
contro l'articolo 5 del disegno di legge Cirinnà riguardante l'adozione del
configlio. Curiosità Mario Tronti è parente di Renato Zero: è infatti il
figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è la nonna del cantautore. Opere
In volume Operai e capitale, Einaudi, Torino, 1966; seconda edizione
accresciuta 1971; ristampa DeriveApprodi, Roma, 2006; Hegel politico, Istituto
dell'Enciclopedia italiana, Roma, 1975; Sull'autonomia del politico,
Feltrinelli, Milano, 1977; Soggetti, crisi, potere (A. Piazzi e A. De Martinis),
Cappelli, Bologna; Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma, 1980; Con le
spalle al futuro. Per un altro dizionario politico, Editori Riuniti, Roma,
1992; Berlinguer. Il Principe disarmato, Edizioni Sisifo, Roma, 1994; La
politica al tramonto, Einaudi, Torino, 1998; Cenni di Castella, Edizioni Cadmo,
Fiesole (FI), 2001; Teologia e politica al crocevia della storia (con Massimo
Cacciari), AlboVersorio, Milano, 2007 [ristampa ] Passaggio Obama. L'America,
l'Europa, la Sinistra, Ediesse, 2008 La democrazia dei cittadini. Dai cittadini
per l'Ulivo al Partito Democratico, Ediesse, Non si può accettare, Ediesse, Noi operaisti, DeriveApprodi, Dall'estremo possibile, Ediesse, Per la critica del presente, Ediesse, Dello spirito libero. Frammenti di vita e di
pensiero, Il Saggiatore, Il nano e il
manichino. La teologia come lingua della politica, Castelvecchi, Il demone della politica. Antologia di
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il pensiero di Antonio Gramsci, Feltrinelli, Milano, 1959; Scritti inediti di
economia politica di Marx, Editori Riuniti, 1963 Hobbes e Cromwell in Stato e rivoluzione in
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Il destino dei partiti, Ediesse (con Giuseppe Cotturri, F. Izzo)
Rileggendo "La libertà comunista", in G. Liguori , Galvano Della
Volpe. Un altro marxismo, Edizioni Fahrenheit 451, Roma; Classe operaia. Le
identità: storia e prospettiva, Angeli, Milano, 2001; (Tronti e Favilli) Per la
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Note "Ne La politica al tramonto,
Einaudi, 1998, un capitolo porta il titolo «Karl und Carl», per sottolineare,
anche qui allusivamente, la necessità di completare Marx con Schmitt",
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italiani contemporanei, Le Grandi Opere del Corriere della Sera, Bompiani,
Milano 2008 Archiviato il 3 dicembre in
. Mario Tronti / Deputati / Camera dei
deputati storico, su storia.camera.it. 15 gennaio . senato.itScheda di attività di Mario
TRONTIXVII Legislatura, su senato.it. 15 gennaio . Unioni civili: i numeri che mettono a rischio
le adozioni gay, su Termometro Politico, plus.google.com/+termometropolitico/. Unioni
civili, 30 senatori Pd contro le adozioni. E Gay.it pubblica la lista:
"Scrivi al malpancista". Loro: "Squadristi", su Il Fatto
Quotidiano. 19 gennaio . Le piume, le
fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di Renato Zero | Altri Mondi Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra,
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Classe operaia (rivista) Raniero Panzieri Toni Negri Massimo Cacciari Pietro
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Stato, su centroriformastato.org. "Storia e critica del concetto di
democrazia" (intervento di Tronti, 29/1/2005), disponibile anche in file
audio, su globalproject.info. Sito web italiano per la filosofia: Mario Tronti,
su lgxserver.uniba.it. Conricerca-Futuro Anteriore, su alpcub.com. Class
Against Class (con testi di Tronti in inglese), su geocities.com. "Antagonism
and Insurrection in Italian 'Operaismo'" (paper di A. Toscano) , su
goldsmiths.ac.uk. "Lotta contro gli idoli" (intervento di Tronti per
Rai Educational, su emsf.rai.it. Michele Smargiassi, Intervista a Mario Tronti:
"La lotta di classe c'è ancora", La Repubblica, Antonio Gnoli, Mario
Tronti: "Sono uno sconfitto, non un vinto. Abbiamo perso la guerra del
'900", La Repubblica.
Tulelli: Ritratto. Paolo Emilio Tulelli (Zagarise),
filosofo. Al cavaliere Paolo Emilio Tulelli sono ad oggi intitolate una via nel
Comune di Zagarise e una nel Comune di Catanzaro nel quartiere Sant'Elia, una
sala della Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro dove
l'amministrazione comunale della città di Catanzaro e la pronipote del
filosofo, giurista, scrittrice e presidente dell'associazione culturale
"Universo Minori" Rita Tulelli, giorno 13 aprile hanno apposto una targa commemorativa in suo
onore, inoltre, giorno 27 luglio è stato
posto davanti alla casa comunale di Zagarise un busto che lo raffigura
realizzato dal professore, scultore e pittore Mario Calveri. Paolo Emilio
Tulelli busto Zagarise Busto di Paolo Emilio Tulelli, creato dallo scultore
Mario Calveri, installato davanti al Comune di Zagarise in data 27 luglio
Nacque a Zagarise da Gaetano e Anna Gallelli. Appartenente ad una
famiglia di nobili origini, era un marchese, studiò presso il Convento del
Ritiro dei Filippini a Zagarise e poi frequentò a Catanzaro il Real
Liceo-Ginnasio e il Corso Teologico presso il Pontificio Seminario Teologico
Regionale San Pio X diventando sacerdote. Dal 1839 visse a Napoli dove
compì studi filosofici e nel 1855 aprì nella stessa città una scuola privata
dove insegnò per oltre vent’anni filosofia morale ed estetica. La richiesta di
poter istituire una scuola privata fu inviata in data 11 settembre 1855 alle
autorità competenti, le quali, prima di concedere le relative autorizzazioni,
chiesero al vescovo di Catanzaro dettagliate notizie in merito alla condotta
religiosa, morale e politica del richiedente, la risposta inviata loro fu:
«Elemento di condotta soda, casta e onesta» Tra gli allievi della sua
scuola molti furono appartenenti a famiglie di alto rango sociale e tra questi
è possibile annoverare i figli del re Borbone che, in segno di stima, gli
fecero dono di un orologio da camera di manifattura francese opera dei fratelli
Japis. Fu molto amico di Luigi Settembrini, il quale lo citò nella sua opera
"Lezioni di letteratura italiana", gli trasmise l’amore per la
filosofia e gli ideali patriottici, fu allievo del marchese Basilio Puoti e del
filosofo Pasquale Galluppi del quale studiò e diffuse il pensiero, evidenziando
il parallelismo con il pensiero del filosofo tedesco Immanuel Kant, così come
divulgò quello di altri filosofi meridionali, tra cui Giovanni Battista
Capasso, Tommaso Rossi e G. Masci. Nel 1860 Paolo Emilio Tulelli iniziò ad
insegnare filosofia forale all’Università degli Studi di Napoli Federico II
dietro l’impulso di Francesco Saverio De Sanctis, anno in cui, secondo
Benedetto Croce, iniziò un ventennio di vero splendore per l’ateneo napoletano.
Nello stesso anno cadde il Regno delle Due Sicilie e Paolo Emilio Tulelli,
favorevole alla formazione di uno stato unitario, portò avanti una battaglia a
livello morale e giuridico per l’abolizione della pena di morte che fino ad
allora era in vigore in tutti gli Stati d’Europa tranne il Granducato di
Toscana, la stessa sarà poi abolita con l'adozione del codice penale del Regno
d'Italia nel 1889, il cosiddetto Codice Zanardelli. La fine della dominazione
borbonica fu colta dal Tulelli come un’occasione di rinnovamento sociale e
morale ed egli instillò nei suoi insegnamenti la consapevolezza che il
rinnovamento politico dovesse essere accompagnato a quello morale, egli
riscontrava nella popolazione un’evidente scarsità intellettuale e un
sentimento religioso che si manifestava mediante pratiche di culto sempre più
lontane dall’essere ricche di valori spirituali e una società sempre più
formalista, egli cercò di contrastare questa tendenza in affinità al pensiero
del filosofo Vincenzo Gioberti. Paolo Emilio Tulelli fu un patriota e un
cattolico liberale e la sua attività di pensatore fece si che la sua notorietà
e la sua reputazione crescessero, fu inoltre un oppositore degli hegeliani
napoletani, fu a capo degli oppositori degli Spaventiani e fu rappresentante
del movimento filosofico del quale nella prima metà dell'ottocento fecero parte
Pasquale Galluppi, Ottavio Colecchi, Stefano Cusani e Vincenzo De Grazia. Sul
valore del Tulelli si sono pronunciati, fra gli altri, anche il Croce ed il
Russo. Fu Socio Ordinario delle seguenti Accademie: Accademia di
Scienze Morali e Politiche di Napoli Accademia Reale Pontaniana In relazione
all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, Tulelli e il senatore
Enrico Pessina, proposero nell'anno 1867, in qualità di soci dell'accademia, di
collocare nell'atrio dell'Università degli Studi di Napoli un busto in marmo
raffigurante il filosofo Pasquale Galluppi, l'opera fu realizzata dallo
scultore napoletano Beniamino Calì e fu inaugurata il 14 marzo dello stesso
anno con una cerimonia a cui presero parte il rettore Paolo Emilio Imbriani,
dei rappresentanti e diversi studenti. Della stessa accademia oltre ad esserne
socio ne fu anche tesoriere come si evince dalla Gazzetta Ufficiale del Regno
d'Italia di lunedì 10 febbraio 1879 in cui è contenuta la rielezione per
quell'anno alla suddetta carica: " (omissis) S.M., sulla proposta del
Ministro della Pubblica Istruzione, ha, con RR. decreti fatte le nomine e
disposizioni seguenti: (omissis) Tulelli Paolo Emilio, socio della Società
Reale di Napoli, approvata la sua rielezione a tesoriere dell'Accademia di
scienze morali e politiche della predetta Società; (omissis) ". Fu
Socio Corrispondente delle seguenti Accademie: Accademia Cosentina
Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici Fu
membro dell’Istituto Americano di New York e della Società Storica di
Pennsylvania. Testamento Paolo Emilio Tulelli visse a Napoli fino al
giorno della sua morte e nelle sue ultime volontà traspare chiaramente un
radicato e forte legame con la sua terra di origine, infatti i primi due punti
del suo testamento furono «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto
alla città di Catanzaro...» e «Col fine di promuovere e favorire nel mio
nativo Comune di Zagarise l’educazione morale e l’istruzione letteraria e
scientifica...» Dispose inoltre che fosse destinata una somma in dote ad
una ragazza indigente di Zagarise e che il resto del patrimonio del filosofo
fosse suddiviso tra i suoi parenti. Il documento, tutt'ora disponibile presso
l’Archivio Notarile di Napoli, fu depositato nel capoluogo campano il 30
gennaio 1884 presso lo studio del notaio Michele Mazzitelli sito in via S.
Giovanni numero 19. Dondazione di libri alla città di Catanzaro al fine
di fondare una biblioteca pubblica Paolo Emilio Tulelli volle donare alla città
di Catanzaro alcuni libri affinché potessero rappresentare una base di partenza
per la costituzione di una biblioteca pubblica auspicando che il suo gesto
potesse rappresentare un’esortazione a contribuire al suo ampliamento, una
volta istituita, da parte di altri uomini generosi e amanti della cultura. Il
comune di Catanzaro accettò il legato che, in caso contrario, si sarebbe dovuto
destinare ad ampliare il patrimonio della biblioteca del Real Liceo di Catanzaro
o ad un erede del de cuius nel caso in cui il anche direttivo del liceo non
avesse accettato la donazione. I libri furono trasferiti da Napoli a Catanzaro
a spese del comune, così come indicato nelle ultime volontà del filosofo, ed il
2 giugno 1889 venne istituita la biblioteca comunale che venne denominata
Biblioteca Municipale di Catanzaro "Onestà e lavoro", ma che oggi è
conosciuta come Biblioteca comunale Filippo De Nobili. «Volendo lasciare
una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro ove ebbi i primi
semi del mio sapere e le prime aspirazioni alla libertà della Patria Italiana,
lego al comune della città i miei pochi libri col fine espresso ed
incondizionato di formare il primo fondo ad una biblioteca pubblica da fondarsi
in loco adatto a vantaggio della gioventù studiosa e dei cultori della
letteratura e della scienza.» (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del
Testamento) Istituzione di una rendita per far studiare un giovane meritevole
del comune di Zagarise Per quanto concerne il comune natio, nell’intenzione di
promuovere l’educazione morale, l’istruzione letteraria e scientifica nello
stesso, Paolo Emilio Tulelli istituì una rendita annuale, denominata “Monte o
Istituto Tulelli” per far si che dei giovani meritevoli del suddetto comune
potessero studiare e conseguire la laurea. A perenne ricordo di ciò egli
dispose nelle sue ultime volontà che fosse realizzata una breve iscrizione su
una lastra di marmo e che la stessa fosse posta in un luogo pubblico del comune
di Zagarise. «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo comune di
Zagarise l'educazione morale e l'istruzione letteraria e scientifica e così
sospingere quei miei concittadini sulla via della civiltà, istituisco un Monte
o Istituto per l'educazione ed istruzione dei giovinetti di detto Comune da
elevarsi dal Real Governo in Ente Morale e giuridico con la dotazione di annue
lire duemila di rendita al 5 per cento iscritto al gran libro dei Regno
d'Italia. All'uopo destino due certificati di rendita a me intestati dell'annua
rendita di L. millesettecento con la data di Firenze 14 agosto 1878 sotto il N.
649.196 e l'altro dell'annua rendita di L. trecento della stessa data e sotto
il N. 649. Sì fatta annua rendita sarà unicamente ed esclusivamente impiegata
per l'educazione e istruzione nelle lettere e nella scienza di un giovinetto
fatto volta per volta per modo che si dirà qui appresso nato a Zagarise da
genitori ivi domiciliati almeno da dieci anni compiti, dell'età non minore di
anni sette, che sappia almeno leggere e scrivere e mostri in generale
attitudine e buona disposizione agli studi.» (Paolo Emilio Tulelli,
Estratto del Testamento) Opere Libri Dei principi sostanziali ed informatori
della scienza dell’educazioneProlusione letta nell'Università nel febbraio
1874. NapoliStamperia della Regia Università, 1874 Dei sistemi morali e della
loro possibile riduzione. NapoliTipografia della Regia Università, 1880 Della
moralità della scienza e della vitaProlusione al corso delle lezioni di
filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873. NapoliStamperia della
Regia Università, 1Elogio di Vito Buonsanto accademico pontanianoRecitato,
NapoliTipografia Del Fibreno, 1851 Filadelfos di Giovanni GemelliRecensione
letta all’accademia di scienze morali e politiche il 27 maggio 1882.
NapoliStamperia della Regia Università, 1882 L’infallibilità della ragione
umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione.
Studi critici. NapoliStamperia della Regia Università, Intorno alla morale
indipendente, Studio critico. NapoliStamperia della Regia Università, Programma
di una discussione accademica sul tema dell’educazione religiosa popolare in
Italia. 1880 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica. NapoliStamperia del
Vaglio, 1855 Prolusione ad un corso di filosofia moraleRecitata il 20
novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli. NapoliStamperia
della Regia Università, Schema di una metafisica dell’estetica. Parte prima.
NapoliStamperia della Regia Università, Schema di una metafisica dell’estetica.
Parte seconda. NapoliStamperia della Regia Università, 1877 Sopra una nuova
formula metafisica del professor TariBreve memoria. NapoliStamperia della Regia
Università, Sunto della seconda parte dello schema di una metafisica
dell’estetica S.n.t. Cenni biografici del professore Luigi Settembrini.
NapoliTipografia dell'Accademia Reale delle Scienze, 1878 Intorno alla dottrina
e alla vita del politica del Barone Pasquale GalluppiNotizie ricavate da alcuni
suoi scritti inediti e rari. Memoria letta nell’accademia di scienze morali e
politiche di Napoli nella tornata del 4 dicembre 1864. NapoliStamperia della
Regia Università, 1865 Intorno alla vita e alle opere filosofiche di Giovan
Battista Papasso e di Tommaso Rossi. Discorsi due. NapoliTipografia Cutaneo, Libera
Chiesa in libero StatoRagionamento letto all'Accademia di scienze morali e
politiche di Napoli nelle tornate del 28 e 31 ottobre 1869. Napoli Stamperia
della Regia Università, 1869 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica
recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852. NapoliStamperia del
Vaglio, 1855 Intorno alla vita e alla storia della filosofia di Giovan Battista
CapassoMemoria letta all'Accademia nella tornata del 29 Gennaio, NapoliSocietà
tipografica napoletana Tramater, La rosa di Gerico. Raccolta di prose e versi.
NapoliTipografia Del poligama, 1852 Schema di una metafisica dell'etica.
NapoliTipografia e streotipia della Regia Università, Sopra gli scritti inediti
di Pasquale GalluppiMemoria seconda letta nell'Accademia di scienze morali e
politiche di Napoli. NapoliStamperia della Regia Università, Biografia del
barone Pasquale Galluppi. S.n.t. Dei sistemi filosofici. S.n.t. Filosofia
indiana (V. "l’equilibrio" anno 1°
287 292) Su l’abolizione della pena di morteIn "Rendiconti
dell’Accademia delle scienze morali e politiche di Napoli". NapoliStamperia
della Regia Università, 1863 Notizie biografiche di Saverio BaldacchiniIn
“Annuario della Regia Università degli Studi di Napoli”, Anno scolastico Elogio
funebre di Martino Cilento. Sulla Bella di Camarda, poema del marchese
Cappelli. Napoli, 1855 Armonia della libertà politica e della Scienza morale —
Prolusione. Scambio di lettere con Giannina Milli. Poesie Preso da immenso desiderio
e ardente (Sonetto) Padre, partisti, forse desolato (Sonetto)[26] Aspirazione a
Dio (Sonetto) Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli Il pensiero morale di Paolo
Emilio Tulelli, Carlo Nardi. Società Napoletana di Storia Patria, 1966 Paolo
Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli Federico Adamoli. Collana "Il Fondo
Milli" Biografia Paolo Emilio Tulelli
Paolo Emilio Tulelli il Poeta Via
Paolo Emilio Tulelli a Zagarise Via
Paolo Emilio Tulelli a Catanzaro
Associazione "Universo Minori"
Alla Biblioteca De Nobili una targa per ricordare Paolo Emilio Tulelli La famiglia Tulelli dona a Zagarise un'opera
raffigurante il filosofo Paolo Emilio
Discorso di Paolo Emilio Imbriani all'inaugurazione del busto
raffigurante Pasquale Galluppi posto nell'Accademia di Scienze Morali e
Politiche di Napoli Gazzetta Ufficiale
del Regno d'Italia, Un Socio Corrispondente di un'accademia è un socio che
risiede in una città diversa da quella di quest'ultima Zagarise e dintorni, F. Faragò. Pagina
38 Lira italiana Della moralità
della scienza e della vitaProlusione al corso delle lezioni di filosofia morale
letta all’Università il 2 dicembre 1873
Filadelfos di Giovanni Gemelli. Recensione. L’infallibilità della ragione umana
considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi
critici. Prolusione ad un corso di
filosofia morale recitata il dì 20 novembre 1861 nella Regia Università degli
Studi di Napoli Sopra una nuova formula
metafisica del professor Tari. Breve memoria.
Intorno alla dottrina ed alla vita politica del barone Pasquale Galluppi
notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari da Paolo Emilio Tulelli
nella tornata del 4 dicembre 1864
Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio
privato il 1º dicembre 1852 Il primo
numero della Rivista Sebezia, una rivista periodica fondata da Bruto
Fabricatore che si occupava di argomenti di natura scientifica, letteraria ed
artistica, fu pubblicato nel mese di luglio del 1855 e tra i vari articoli
presenti vi fu anche la Prolusione ad un corso di lezioni di estetica di Paolo
Emilio Tulelli Schema di una metafisica
dell'etica Sopra gli scritti inediti di
Pasquale Galluppi Su l'abolizione della
pena di morte Lettere a Giannina
Milli Preso da immenso desiderio e
ardente Padre, partisti, forse desolato Aspirazione a Dio Biblioteca comunale Filippo De Nobili di
Catanzaro Università degli Studi di Napoli Federico II Pena di morte in Italia
Giannina Milli Pasquale Galluppi Luigi Settembrini/
Turco: Carlo Turco o Turchi (Asola), filosofo. Nacque
da una delle più antiche e nobili famiglie di Asola, allora fiorente cittadina
della Repubblica di Venezia, dove ricoprì importanti cariche politiche in
qualità di deputato, oratore e avvocato della Comunità. La sua prima opera poetica, la Commedia Nova
intitolata Agnella, venne rappresentata ad Asola durante i festeggiamenti per
la visita dei duchi di Nemours e Beaulieu e altri illustri francesi al loro
seguito. L'opera venne in pubblicata in seguito prima a Treviso, poi a Venezia.
Fu contemporaneo ed amico di Paolo Manuzio che in una lettera encomia la sua
Canzone in lode di Carlo V scritta in occasione della morte di
quest'ultimo: «Letta la vostra Canzone
scritta in morte del Gran Carlo V, veramente Signor Carlo onorato, non troppo
benigna stella, essendo voi dotato di si pellegrino ingegno e di tante altre
lodevoli qualità, vi condanna a scrivere dove tra molte tenebre non può
risplendere la vostra virtù, con la quale potevate illustrare voi stesso ed il
secolo nostro eccitando in altri il desiderio di assomigliarvi: laddove hora,
avendo voi il campo ristretto per esercitare le vostre più nobili parti, non
veggo come possano apparire effetti degni di voi ed alla vostra nobile
industria corrispondenti» Questa lettera
fu in seguito stampata in Venezia da Lelio Gavardo che nel 1585, sempre a
Venezia, pubblicò una tragedia in versi del Turco, intitolata Calestri, poi
pubblicata nel 1603 anche a Treviso.
Altre poesie di Carlo Turco furono stampate anche nel libro Il Sepolcro
de la illustre signora Beatrice di Dorimbergo (Brescia Fabbio, Ludovico ManginiStorie
Asolane, Lettera di Paolo Manuzio a Carlo Turchi, Lett. Volg. Venezia.
Turoldo: David Maria Turoldo,
al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno), filosofo. È stato, oltre che poeta,
figura profetica in ambito ecclesiale e civile, resistente sostenitore delle
istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. È
ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del
cattolicesimo nella seconda metà del '900, il che gli ha valso il titolo di
"coscienza inquieta della Chiesa". Nono di dieci fratelli,
Giuseppe Turoldo recepì con intensità le caratteristiche della semplice cultura
umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino. Colse e fece propria
la dignità delle condizioni povere della sua terra, che costituirono una solida
radice informante tutto lo sviluppo della sua sensibilità e della sua attività
futura. A soli 13 anni fu accolto tra i Servi di Maria nel convento di
Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di
Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno di noviziato, assumendo
il nome di fra David Maria; il 2 agosto 1935 emise la professione religiosa; il
30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Incominciò gli studi
filosofici e teologici a Venezia. Il 18 agosto 1940 nel santuario della Madonna
di Monte Berico di Vicenza venne ordinato presbitero da monsignor Ferdinando
Rodolfi, arcivescovo di Vicenza. Nel 1940 fu assegnato al convento di
Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano. Su invito del cardinale
Ildefonso Schuster, arcivescovo della città, per circa un decennio tenne la predicazione
domenicale nel duomo milanese. Insieme con il suo confratello, compagno di
studi durante tutto l’iter formativo nell’Ordine dei Servi e amico Camillo de
Piaz, si iscrisse al corso di laurea in Filosofia all'Università Cattolica di
Milano e conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con una tesi dal titolo: La
fatica della ragioneContributo per un'ontologia dell'uomo, redatta sotto la
guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini sia Carlo Bo gli offriranno il
ruolo di Assistente universitario, il primo presso Filosofia teoretica a
Milano, il secondo presso la cattedra di Letteratura all'Urbino. Presenza
milanese Durante l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 194325 aprile
1945) collaborò attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo
dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua
scelta dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria
umanità: questo è il solo scopo della vita».La sua militanza durò tutta la
vita, interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere
del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del
sistema". Rifiutò sempre di schierarsi con un partito. Il suo
impegno nel dialogo senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche
duro, si tradusse in particolare nel far nascere, insieme con Camillo De Piaz,
il centro culturale la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal
convento dei Servi conduceva al duomo). Turoldo fu uno dei principali
sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli
orfani di guerra “con la fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno
Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo
fondi presso la ricca borghesia milanese. Tra il 1948 e il 1952 si rende
noto al grande pubblico con due raccolte di liriche Io non ho mani (che gli
valse il Premio letterario Saint Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno,
presentato nella collana mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti.
A seguito di prese di posizione assunte da politici locali e da alcune autorità
ecclesiastiche, nel 1953 deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei
Servi dell’Austria e della iera. La ripresa Nel 1955 Turoldo venne dai
superiori dell’Ordine assegnato al convento della Santissima Annunziata di
Firenze, e qui incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra
Giovanni Vannucci, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, e molti
altri che nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze
di rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad
allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.
Rientrato in Italia, nel 1961 venne assegnato al convento di Santa Maria delle
Grazie, nella “sua” Udine. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un
progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli
emigrati friuliani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera
vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo Gli ultimi e ispirato al
racconto Io non ero fanciullo scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso
nel 1962 con la regia di Vito Pandolfi. Presentato all’inizio del 1963 a Udine,
il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che lo
ritenne addirittura offensivo. Nello stesso anno 1963 Turoldo incominciò
a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa comunitaria,
allargata alla partecipazione anche di laici. Questo luogo, con le indicazioni
ricevute da amici, venne individuato da padre David nell’antico Priorato
cluniacense di Sant'Egidio in Fontanella. Ottenuto il consenso del
vescovo bergamasco Clemente Gaddi, nel 1964 vi si insediò ufficialmente il 1º
novembre. Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa per
l’ospitalità, che chiamò “Casa di Emmaus”, titolo ispirato all’episodio della
cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare
il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza,
senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono
tutta la presenza e la multiforme opera di Turoldo. Costituì inoltre un punto
di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana
ed estera, in particolare dell’America latina; per molte personalità del mondo
ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al
rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni
liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione
metrica per il canto dei Salmi e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri
frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e
culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è
ispirato all’Ordine dei Servi di Maria: Servitium, e ad altre pubblicazioni che
si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La
pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente
all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio
Servitium. Innumerevoli furono gli interventi di padre David sui media,
dalla carta stampata alle trasmissioni radio e televisive; innumerevoli i
luoghi e le circostanze in cui è stato chiamato a intervenire con la sua avvincente
parola. Da ricordare in particolare i suoi “viaggi della memoria” nei luoghi
della Shoah, tra cui spicca quello del maggio 1979 a Mauthausen. In
quell'occasione compose unapreghiera, poi recitata nella cerimonia conclusiva,
pubblicata successivamente nel libro “Ritorniamo ai giorni del rischio”
(1985). La morte Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore del
pancreas, visse con lucida consapevolezza e trasparente coraggio l’ultimo
periodo della vita, dando una incoraggiante testimonianza sul cammino verso
“sorella morte”. Morì nella clinica “San Pio X” in Milano Migliaia di persone
sfilarono accanto alla bara in cui era esposto il corpo di padre David. I
funerali a Milano videro la partecipazione di una numerosa folla nella chiesa
di San Carlo al Corso, dove presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria
Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a padre Turoldo
il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la propria opinione
secondo la quale «la Chiesa riconosce la profezia troppo tardi». Un secondo
rito funebre venne celebrato nel pomeriggio a Fontanella di Sotto il Monte,
presente ancora una folla che copriva tutta la collina circostante l’antico
Priorato. Nel piccolo cimitero locale riposa ora sotto una semplice croce lignea,
in mezzo alla “sua gente”. La rivista Servitium dedicò perciò alla sua
figura un quaderno alla fine del 1992: «David M. Turoldo, frate dei Servi di
santa Maria»; e ugualmente fece nel decennale (n. 139, gennaio febbraio 2002):
«La grande passione. A dieci anni dalla morte di D.M. Turoldo». Opere
Poesia e opere letterarie «Lungo i fiumi..» I Salmi(con Gianfranco Ravasi)Milano,
San Paolo, O sensi miei... : (Poesie 1948-1988)(antologia poetica con note
introduttive di Andrea Zanzotto e Luciano Erba, postfazione di Giorgio Luzzi),
Milano, Rizzoli, 1990. Sul monte la morte, Servitium, La morte ha paura, Servitium,
Ultime poesie, Milano, Garzanti, 1999.
Teatro, Servitium, I giorni del rischio
(con Salmodia della speranza e DVD della rappresentazione in Duomo a Milano con
Moni Ovadia e Maddalena Crippa), Servitium,
Salmi e cantici. Nuova edizione
riveduta della versione metrica per il canto di David Maria Turoldo,
Servitium, La passione di San Lorenzo,
Servitium, (La terra non sarà distrutta,
Servitium, (Luminoso vuoto. Ultimi
scritti, Servitium, David M. Turoldo, Loris F. Capovilla, Nel solco di papa
Giovanni, lettere inedite, Marco Roncalli e Antonio Donadio, appendici di
Gianfranco Ravasi e Bruno Forte, Servitium editrice, (Saggistica e spiritualità Lettere dalla Casa
di Emmaus, Servitium, 1996nuova edizione
La parabola di Giobbe, Servitium, 1996nuova edizione Santa Maria(con Giovanni Vannucci),
Servitium, 1996nuova edizione. Mia chiesa, una terra sola, Servitium, Il dramma è Dio: il divino la fede la
poesia.Milano, Rizzoli, 2002. Come i primi trovadori, Servitium, Colloqui con
papa Giovanni, Servitium, 2000nuova edizione
Profezia della povertà, Servitium, nuova edizione Chiamati ad essere, Servitium, È Natale, Servitium,
Mio amico don Milani, Servitium, 2003nuova edizione Pregare, Servitium, nuova edizione Anche Dio è infelice, San Paolo, .
AmareCinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1986. Padre del mondo,
Servitium, Povero sant’Antonio, Il
Messaggero, Padova, . Narrativa Mia infanzia d’oro (allegato DVD con “Ritratto
d’autore” di Damiano Tavoliere 1990), Servitium, ...e poi la morte dell'ultimo
teologoTorino, 1969, Gribaudi. Film Gli ultimi1962Regia: Vito Pandolfi;
soggetto: David Maria Turoldo; sceneggiatura: Vito Pandolfi e David Maria Turoldo.
Note visto 28 luglio 2009. Daniela Saresella, The Dialogue between
Catholics and Communists in Italy during the 1960s, Journal of the History of
Ideas, Tra le tante, ci fu
"un'iniziativa che fu tentata pochi giorni prima della morte di Moro e che
è stata evocata da Bettino Craxi il 6 novembre del 1980, nel corso della sua
audizione nella prima Commissione d'inchiesta. In quella circostanza,
l'onorevole Craxi affermò che la notte del 4 maggio (...) fu chiamato da padre
Turoldo, che gli chiedeva sostanzialmente di domandare alla Nunziatura
apostolica di dichiararsi disponibile come sede per far svolgere una
trattativa; Turoldo chiese due giorni di silenzio stampa e insistette molto,
con veemenza, affermando che era la sola via possibile" (XVII Legislatura,
Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro,
Resoconto stenografico, seduta n. 91 di mercoledì 22 giugno Archiviato il 4 agosto in ., pagine 10-11). “Tra i memoriali di Mauthausen”, in David
Maria Turoldo, “Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non
spera”, Milano, Corriere.it "E padre Turoldo nascose le armi dei
partigiani" Archiviato il 9 marzo
in . consultato 28 luglio 2009.
Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza Morcelliana
. Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo de Piaz e la Corsia dei Servi di
Milano, Morcelliana 2008. Giuseppina Commare, Turoldo e gli «organi divini».
Lettura concordanziale di “O sensi miei...”, Olschki, 2003. Una vita con gli
amiciIl mondo delle amicizie di Turoldo, documentario Renzo Salvi, Roma,
Rai-Educational, Antonio D'Elia, La peregrinatio poietica di David Maria
Turoldo, prefazione di Dante della Terza, Firenze, Leo s. Olschki, Marco
Cardinali, Il Dio Inseguito. Viaggio alla scoperta della poesia di David Maria
Turoldo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma, 2002.
Óscar Romero Ernesto Balducci Camillo De Piaz Nazareno Fabbretti Altri
progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su David Maria Turoldo David Maria Turoldo, su Treccani.itEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
David Maria Turoldo / David Maria Turoldo (altra versione), in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. David Maria Turoldo, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di David Maria Turoldo, . Spartiti o libretti di
David Maria Turoldo, su International Music Score Library Project, Project
Petrucci LLC. Scheda ANPI estesa/
Torre – Grice: “I like Torre; his epitaph reads, ‘nuovo
Aristotele,’ which is what it was! There is a nice ‘via’ in Forli after him
that leads to the varsity! He was a Galen, and philosophised on both the soul
and the body!” -- Forlì: Jacopo da Forlì, o Giacomo da Forlì, noto anche come
Giacomo dalla Torre, Jacopo della Torre, Iacobus Foroliviensis (Forlì),
filosofo. La sua fama è dovuta al commentario alla Ars parva di Galeno. Jacopo è noto, in particolare, per i suoi
studi di embriologia. Infatti, dopo il recupero di Aristotele, nel XIII secolo,
le cui opere avevano spinto verso un rinnovato interesse per l'osservazione
diretta, si era avviato un dibattito tra i sostenitori dell'autorevolezza degli
studi antichi e i fautori dell'empiria. Questo processo si è concluso, nel XIV
secolo, secondo la studiosa Romana Martorelli Vico, proprio con l'opera di Jacopo
da Forlì, che cerca di conciliare l'embriologia aristotelica con la fisiologia
galenica, per mostrare che le differenze esistenti sono di scarsa rilevanza nei
confronti della medicina pratica. Fu
maestro, all'Padova, di Vittorino da Feltre.
La morte Morto nel 1414 secondo quanto attesta un manoscritto conservato
alla Biblioteca Malatestiana di Cesena:
Explicit questio de intensione et remissione formarum secundum
famosissimum artium et medicine doctorem magistrum Jacobum de Forlivio qui 1414
pridie ydus februarii ab hac vita ad superiora migravit. Scripta vero per me
fratrem Bellinum de Padua 1468. Si
tratta della conclusione della celebre opera De intensione et remissione
formarum di Jacopo da Forlì. Secondo
altri, sarebbe morto, invece, nel 1413.
Opere De intensione et remissione formarum Expositio in Avicennae aureum
capitulum de generatione embryi ac de extensione graduum formatione foetus in
utero In Aphorismos Hippocratis Expositio Physica I-IV Quaestiones
extravagantes Super I, II, III Tegni Galeni Note Cf. R. Martorelli Vico, Per una storia
dell'embriologia medievale del XIII e XIV secolo, Guerini e Associati, Napoli
2002134. G. Federici Vescovini, Medicina
e filosofia a Padova tra XIV e XV secolo: Jacopo da Forlì e Ugo Benzi da Siena,
in Arti e filosofia nel secolo XIV. Studi sulla tradizione aristotelica e i
"moderni", Vallecchi, Firenze 1983,
231–278. R. Martorelli Vico, Per una storia dell'embriologia medievale
del XIII e XIV secolo, Guerini e Associati, Napoli 2002. K. M. Boughan, Giacomo
da Forlì (d. 1414) on the Interior Senses and the Function of the Brain,
Medieval-Renaissance Conference XVIII, The University of Virginia's College at
Wise. Wise, Virginia; Settembre 2005. K. M. Boughan, A Vain and Superstitious
Position: Giacomo da Forli and Avicenna's Doctrine of the Noble Soul, Rocky
Mountain Medieval and Renaissance Association, Thirty-Sixth Annual Conference.
Durango, Colorado; Maggio 2004. K. M. Boughan, Passions for Healing: Giacomo da
Forli's Tegni Commentary on the Power of Imagination, at Medieval-Renaissance
Conference XVII, The University of Virginia's College at Wise. Wise, Virginia;
Settembre 2003. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Jacopo da Forlì Jacopo
da Forlì, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Super aphorismos Iacobi
Foroliuiensis in Hippocratis Aphorismos et Galeni..., su archive.org. 316409992
I0000 0001 1436 9755 IT\ICCU\BVEV\023332
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Identitieslccn-nr2003028383 Biografie
Biografie Medicina Medicina
Categorie: Medici italianiFilosofi italiani del XIV secoloFilosofi italiani
Professore1414 Forlì PadovaEmbriologiaMedici medievaliPersone legate
all'Università degli Studi di PadovaScienziati italiani
Tuveri: Deputato del Regno di Sardegna
Legislature I, II, III, IV, V Dati generali UniversitàUniversità degli Studi di
Cagliari Giovanni Battista Tuveri (Collinas), filosofo. Monumento a G. B.
Tuveri presso il municipio di Collinas Nato a Forru, l'odierna Collinas, nel
Medio Campidano, da un noto avvocato, nipote, per parte di madre, di un nobile
e influente notaio di Oristano, Domenico Vincenzo Licheri. Dal 1827 al 1833
studiò retorica e filosofia nel seminario tridentino di Cagliari, conseguendovi
il diploma di Maestro delle Arti. A diciotto anni si iscrive alla facoltà di
Giurisprudenza dell'Cagliari, verso cui mostrò sempre insofferenza per il clima
rigido e chiuso che caratterizzava l'ambiente accademico cagliaritano.
Conseguito dopo due anni il baccalaureato abbandonò l'Università e si ritirò a
Collinas per dedicarsi ai suoi studi. Di idee repubblicane cominciò
l'attività di giornalista in polemica con molti intellettuali monarchici e
conservatori. Fu un esponente del cattolicesimo federalista, e fu eletto
deputato per cinque volte al Parlamento Subalpino, ove si oppose alla fusione
della Sardegna con i territori piemontesi, e fu in forte contrapposizione con
Vincenzo Gioberti per le posizioni antirepubblicane e antimazziniane. Nel
1850 fondò a Cagliari la Gazzetta Popolare, collaborò con numerosi giornali e
nel 1871 assunse la direzione del Corriere di Sardegna. Sindaco di Forru ne
propose il cambio del nome in Collinas; consigliere provinciale a Cagliari
lottò contro il centralismo del Regno di Sardegna chiedendo maggiore autonomia,
soprattutto fiscale, per i piccoli comuni. A livello nazionale, amico di
Cattaneo e di Mazzini, sollevò la cosiddetta questione sarda, promuovendo un
riscatto dell'Isola e del popolo sardo contro uno Stato giudicato centralista e
oppressivo. Scrisse numerose opere di carattere politico, giuridico e
filosofico. Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma della
Sardegna ha promosso la ristampa dei suoi lavori, editore Carlo Delfino, con
una introduzione di Norberto Bobbio. Opere Saggio sulle opinioni
politiche del sig. deputato sardo Giovanni Siotto Pintor, Torino, Tipografia G.
Cassone, 1848. Specifici contro il codinismo, Cagliari, Tipografia
Arcivescovile, Del diritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi.
Trattato teologico-filosofico, Cagliari, Tipografia Nazionale, Il governo e i
comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Esazioni e compulsioni, Cagliari,
Tipografia A. Timon, La questione barracellare, Cagliari, Tipografia A. Timon, Della
libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1871.
Sofismi politici, Napoli, R. Rinaldi e G. Sellitto, 1883. Ristampa Tutte le
opere, 6 voll., Sassari, C. Delfino, Comprende: Il veggente; Del dritto
dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi, Aldo Accardo, Luciano Carta,
Sebastiano Mosso; introduzione di Norberto Bobbio, Della libertà e delle caste;
Sofismi politici, Maria Corona Corrias e Tito Orru, Opuscoli politici. Saggio
delle opinioni politiche del signor deputato sardo Giovanni Siotto Pintor;
Specifici di Gio. B. Tuveri contro il codinismo, Girolamo Sotgiu ,Il governo e
i Comuni; La questione barracellare, Lorenzo Del Piano e Gianfranco Contu, Scritti
giornalistici. Questione sarda, federalismo, politica internazionale, questione
religiosa, Lorenzo Del Piano, Gianfranco Contu e Luciano Carta, Per la vita e i
tempi di G. B. Tuveri e altre opere, Antonio Delogu, Fonte: "Centro di studi filologi
sardi" (). Scheda sul sito della
Camera Indipendentismo sardo Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Giovanni Battista Tuveri Opere di
Giovanni Battista Tuveri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Giovanni Battista Tuveri, . Giovanni
Battista Tuveri, su storia.camera.it, Camera dei deputati. Giovanni Battista Tuveri biografia e nel sito "Centro di studi filologi
sardi". il 27 agosto . Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia
Nazionale, Google Libri. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del
Corriere di Sardegna, Google Libri. Da G. B. Tuveri all'intuizione della
concorrenza istituzionale, di Adriano Bomboi. Venezia, Switzerland Institute in
Venice.
Terminatum
– terminus -- TERMINUS, DETERMINATVM -- determinatum: There’s the determinatum and there’s the
indeeterminatum“And then there’s ‘indeterminacy.”” “A determinatum is like a
definitum, in that a ‘term’ is like the ‘end’“Thus, I am a Mercian, from
Harborne.” “The Mericans were thus called because the lived at the end of England.”
“Popper, who doesn’t know the first thing about this, prefers, ‘demarcatum’,
which is cognate with “mercian.’” Grice was always cautious and
self-apologetic. “I’m not expecting that you’ll find this to be a complete
theory of implication, but that was not my goal, and the endeavour should be
left for another day, etc.” But consider the detail into which he, like any
other philosopher before, went when it came to what he called the ‘catalyst’
tests or ideas or tests or ideas for the implicaturum. In “Causal Theory” there
are FOUR ideas. It is good to revise the treatment in “Causal.” He proposes two
ideas with the first two examples and two further ideas with the two further
examples. Surely his goal is to apply the FOUR ideas to his own example of the
pillar box. Grice notes re: “You have not ceased eating iron”the cxample is “a
stock case of what is sometimes called " prcsupposition " and it is
often held that here 1he truth of what is irnplicd is a necessary condition of
the original statement's beirrg cither true or false.” So the first catalyst in
the first published version concerns the value, or satisfactory value. This
will be retained and sub-grouped in Essay II. “It is often held” Implicture:
but often not, and trust me I won’t. “that here the truth of what is implied
[implicated in the negative, entailed in the affirmative] is a necessary
condition of the original statement's being either true or false.” So the first
catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value.
This will be retained and sub-grouped in Essay II. “This might be disputed, but
it is at least arguable that it is so, and its being arguable might be enough
to distinguish this type of case from others.” So he is working on a
‘distinctive feature’ model. And ‘feature’ is exactly the expression he uses in
Essay II. He is looking for ‘distinctive features’ for this or that
implication. When phonologists speak of ‘distinctive feature’ they are being
philosophical or semioticians.“I shall however for convenience assume that the
common view mentioned is correct.”“This consideration clearly distinguishes
“you have not ceased eating iron” from [a case of a conventional implicaturum]
“poor BUT honest.”“Even if the implied proposition were false, i.e. if there were
no reason in the world to contrast poverty with honesty either in general or in
her case, the original statement COULD still be false.” “She [is] poor but she [is] honest” would be false if
for example she were rich and dishonest.”“One might perhaps be less comfortable
about assenting to its TRUTH if the implied contrast did not in fact obtain;
but the possibility of falsity is enough for the immediate purpose.”“My next
experiment [test, litmus ideathat he’ll apply as one of the criteria to provide
distinctive features for this or that implicaturum, with a view to identify the
nature of the animal that a conversational implicaturum is] on these examples
is to ask what it is in each case which could properly be said to be the
vehicle of implication (to do the implying).”In Essay II, since he elaborates
this at an earlier stage than when he is listing the distinctive features, he
does not deal much. It is understood that in Essay II by the time he is listing
the distinctive features, the vehicle is the UTTERER. But back in “Causal,” he
notes: “There are AT LEAST FOUR candidates, not necessarily mutually
exclusive.”“Supposing someone to have ‘uttered’ one or other of [the] sample
sentences, we may ask whether the vehicle of implication would be (FIRST) WHAT
the emissor communicated (or asserted or stated or explicitly conveyed), or
(SECOND) the emissor himself ("Surely you’re not implying that ….’ ) or (THIRD) the
utterance (FOURTH) his communicating, or
explicitly conveying that (or again his explicitly conveying that in that way);
or possibly some plurality of these items.”“As regards the first option for the
vehicle, ‘what the emissor has explicitly conveyed,’ Grice takes it that “You
have not ceased eating iron” and “Poor but honest” may differ.It seems correct
for Grice to say in the case of “eating iron” that indeed it is the case that
it is what he emissor explicitly conveys which implies that Smith has been
eating iron.On the other hand, Grice feels it would be ‘incorrect,’ or
improper, or bad, or unnatural or artificial, to say in the case of “poor but
honest” that it is the case. Rather it is NOT the case that it is WHAT the emissor explicitly conveys
which implies that there is a contrast between, e. g., honesty and poverty.”“A
sub-test on which Grice would rely is the following.If accepting that the
conventional implicaturum holds (contrast between honesty and poverty) involves
the emissor in accepting an hypothetical or conditional ‘if p, q,’ where 'p’
represents the original statement (“She [is] poor and she [is] honest) and 'q'
represents what is implied (“There is a contrast between honesty and poverty”),
it is the case that it is what the emissor explicitly conveys which is a (or
the) vehicle of implication. If that chain of acceptances does not hold, it is
not. To apply this rule to the “eat iron” and “poor but honest”, if the emissor
accepts the implication alleged to hold in the case of “eat iron”, I should
feel COMPELLED (forced, by the force of entailment) to accept the conditional
or hypothetical "If you have not ceased eating iron, you may have never
started.”[In “Causal,” Grice has yet not stressed the asymmetry between the
affirmative and the negative in alleged cases of presupposition. When, due to
the success of his implicaturum, he defines the presuppositum as a form of
implicaturum, he does stress the asymmetry: the entailment holds for the
affirmative, and the implicaturum for the negative). On the other hand, when it
comes to a CONVENTIONAL implicaturum (“poor but honest”) if the emissor
accepted the alleged implication in the case of “poor but honest”, I should NOT
feel compelled to accept the conditional or hypothetical "If she was poor
but honest, there is some contrast between poverty and honesty, or between her
poverty and her honesty." Which would yield that in the presuppositum
case, we have what is explicitly conveyed as a vehicle, but not in the case of
the conventional implicaturum.The rest of the candidates (Grice lists four and
allows for a combination) can be dealt with more cursorily.As regards OPTION II
(second):Grice should be inclined to say with regard to both “eat iron” and
“poor but honest” that the emissor could be said to have implied whatever it is
that is irnplied.As regards Option III (third: the utterance): In the case of
“poor but honest” it seems fairly clear that the utterance could be said, if
metabolically, and animistically, to ‘imply’ a contrast.It is much less clear
whether in the case of “eat iron” the utterance could be said to ‘imply’ that
Smith has been eating iron.As for option IV, in neither case would it be
evidently appropriate (correct, natural) to speak of the emissor’s explicitly
conveying that, or of his explicitly conveying that in that way, as ‘implying’
what is implied. A third catalyst idea with which Grice wish to assail my two
examples is really a TWIN idea, or catalyst, or test [That’s interestingtwo
sides of the same coin] that of the detachability or cancellability of the
implication. Consider “eat iron.”One cannot find an alternative utterance which
could be used to assert explicitly just what the utterance “Smith has not
ceased from eating iron" might be used to convey explicitly, such that
when this alternative utterance is used the implication that Smith never
started eating iron is absent. Any way of (or any utterance uttered with a view
to) conveying explicitly what is explicitly conveyed in (1) involves the
implication in question. Grice expresses this factwhich he mentioned in
seminars, but this is the first ‘popularisation’ -- by saying that in the case
of (l) the implication is NOT detachable FROM what is asserted (or simpliciter,
is not detachable). Furthermore, and here comes the twin of CANCELLABILITY: one
cannot take any form of words for which both what is asserted and what is
implied is the same as for (l), AND THEN ADD a further clause withholding
commitment from what would otherwise be implied, with the idea of ANNULLING THE
IMPLICATURUM *without* ANNULLING annulling the EXPLICITUM. One cannot intelligibly say " Smith has
left off beating his wife but I do not mean to imply that he has been beating
her." But one surely can intelligibly say, “You have not ceased eating
iron because you never started.”While Grice uses “Smith,” the sophisma (or
Griceisma) was meant in the second person, to test the tutee’s intelligence
(“Have you stopped beating your dog?”). The point is that the tutee will be
offendedwhereas he shouldn’t, and answer, “I never started, and I never
will.”Grice expresses this fact by saying that in the case of ‘eat iron’ the
implication is not cancellable or annullable (without cancelling or annulling
the assertion). If we turn to “poor but honest” we find, Grice thinks, that
there is quite a strong case for saying that here the implication IS
detachable. Therc sccms quite a good case for maintaining that if, instead of
saying " She is poor but she is honcst " I were to say, alla Frege,
without any shade, " She is poor AND she is honcst", I would assert
just what I would havc asscrtcct ii I had used thc original senterrce; but
there would now be no irnplication of a contrast between e.g', povery and
honesty. Of course, this is not a philosophical example, and it would be good
to revise what Frege thought about ‘aber.’ By the time Grice is lecturing
“Causal Theory” he had lectured for the Logic Paper for Strawson before the
war, so Whitehead and Russell are in the air.Surely in Anglo-Saxon, the
contrast is maintained, since ‘and’ means ‘versus.’“She is poor contra her
being honest.”Oddly, the same contrariety is present in Deutsche, that Frege
speaks, with ‘UND.”It’s different with Roman “et.” While Grecian ‘kai,’ even
Plato thought barbaric!The etymology of ‘by-out’ yields ‘but.’So Grice is
thinking that he can have a NEUTRAL conjoiningbut ‘and’ has this echo of contrariety,
which is still present in ‘an-swer, i. e. and-swear, to contradict. Perhaps a
better neutral version would be. Let’s start with the past version and then the
present tense version.“She was pooo-ooor, she was honest, and her parents were
the same, till she met a city feller, and she lost her honest name.”In terms of
the concepts CHOSEN, the emissor wants to start the ditty with pointing to the
fact that she is poorthis is followed by stating that she is honest. There’s
something suspicious about that.I’m sure a lady may feel offended without the
‘and’ OR ‘but’just the mere ‘succession’ or conjoining of ‘poor’ as pre-ceding
the immediate ‘honest’ ‘triggers’ an element of contrast. The present tense
seems similar: “She is poooor, she is honest, and her parents are the same, but
she’ll meet a city feller, and she’ll lose her honest name.”The question
whether, in thre case of ‘poor but honest,’ the implication is cancellable, is
slightly more cornplex, which shouldn’t if the catalysts are thought of as twins.There
is a way in which we may say that it is not cancellable, or annullable.Imagine
a Tommy marching and screaming: “She is
poor but she is honest,”“HALT!” the sargent shouts.The Tommy catches the
implicaturum:“though of course, sir, I do not mean to imply, sir, that there is
any contrast, sir, between her poverty, sir, and her honesty, sir.”As Grice
notes, this would be a puzzling and eccentric thing for a Tommy to engage
in.And though the sargent might wish to quarrel with the tommy (AtkinsTommy Atkins
is the name”), an Oxonian philosopher should NOT go so far as to say that the
tommy’s utterance is unintelligibleor as Vitters would say, ‘nunsense.’The
sargent should rather suppose, or his lieutenant, since he knows more, that
private Tommy Atkins has adopted a “most pecooliar” way of conveying the news
that she was poor and honest.The sargent’s argument to the lieu-tenant:“Atkins
says he means no disrespect, sir, but surely, sir, just conjoining poverty and
honesty like that makes one wonder.”“Vitters: this is a Cockney song! You’re
reading too much into it!”“Cockney? And why the citty feller, thenaren’t
Cockneys citty fellers. I would rather, sir, think it is what Sharp would call
a ‘sharp’ folk, sir, song, sir.’ The fourth and last test Grice imposes on his
examples is to ask whether we would be inclined to regard the fact that the
appropriate (or corresponding, since they are hardly appropriateeither of
them!Grice changes the tune as many Oxford philosophers of ordinary language do
when some female joins the Union) implication is present as being a matter of
the, if we may be metabolic and animistic, ‘meaning’ of some particular word or
phrase occurring in the sentences in question. Grice is aware and thus grants
that this may not be always a very clear or easy question to
answer.Nevertheless, Grice risks the assertion that we would be fairly happy
and contented to say that, as regards ‘poor but honest,’ the fact that the
implication obtains is a matter of the ‘meaning’ of 'but 'i. e. what Oxonians usually
mean when they ‘but.’So far as “he has not ceased from…’ is concerned we should
have at least some inclination to say that the presence of the implication is a
matter of the, metabolically, ‘meaning’ of some of the words in the sentence,
but we should be in some difficulty when it came to specifying precisely which
this word, or words are, of which this is true. Well, it’s semantics. Why did
Roman think that it was a good thing to create a lexeme, ‘cease.’“Cease” means
“stop,” or ‘leave off.”It is not a natural verb, like ‘eat.’A rational creature
felt the need to have this concept: ‘stop,’ ‘leave off,’ ‘cease.’The
communication-function it serves is to indicate that SOMETHING has been taken
place, and then this is no longer the case.“The fire ceased,” one caveman said
to his wife.The wife snaps backthis is the Iron Age:“Have you ceased eating
iron, by the way, daa:ling?”“I never started!”So it’s the ‘cease’ locution that
does the trickor equivalents, i.e. communication devices by which this or that emissor
explicitly convey more or less the same thing: a halting of some
activity.Surely the implication has nothing to do with the ‘beat’ and the
‘wife.’After third example (‘beautiful handwriting) introduced, Grice goes back
to IDEA OR TEST No. 1 (the truth-value thing). Grice notes that it is plain
that there is no case at all for regarding the truth of what is implied here
(“Strawson is hopeless at philosophy”) as a pre-condition of the truth or
falsity of what the tutor has asserted.A denial of the truth of what is implied
would have no bearing at all on whether what I have asserted is true or false.
So ‘beautiful handwring’ is much closer to ‘poor but honest’ than ‘cease eating
iron’ in this respect. Next, as for the vehicle we have the at least four options
and possible combinations.The emissor, the tutor, could certainly be said to
have implied that Strawson is hopeless (provided that this is what the tutor
intended to ‘get across’) and the emissor’s, the tutor’s explicitly saying that
(at any rate the emissor’s saying that and no more) is also certainly a vehicle
of implication. On the other hand the emissor’s words and what the emissor
explicitly conveys are, Grice thinks, not naturally here characterised as the
‘vehicle’ of implication. “Beautiful handwriting” thus differs from BOTH “don’t
cease eating iron” and “poor but honest”so the idea is to have a table alla
distinctive features, with YES/NO questions answered for each of the four
implication, and the answers they get.As for the third twin, the result is as
expected: The implication is cancellable but not detachable. And it looks as if
Grice created the examples JUST to exemplify those criteria.If the tutor adds,
'I do not of course mean to imply that Strawson is no good at philosophy” the
whole utterance is intelligible and linguistically impeccable, even though it
may be extraordinary tutorial behaviourat the other place, not Oxford --.The
tutor can no longer be said to have, or be made responsible for having implied
that Strawson was no good, even though perhaps that is what Grice’s colleagues
might conclude to be the case if Grice had nothing else to say. The implication
is not however, detachable.Any other way of making, in the same context of
utterance, just the assertion I have made would involve the same
implication.“His calligraphy is splendid and he is on time.”“Calligraphy
splendid,” Ryle objected. “That’s slightly oxymoronic, Grice‘kallos
agathos’”Finally, for TEST No. 4, ‘meaning’ of expression? The fact that the
implication holds is surely NOT a matter of any particular word or phrase
within the sentence which I have uttered.It is just the whole sentence. Had he
gone tacit and say,“Beautiful handwriting!”Rather than“He has beautiful
handwriting.”The implication SEEMS to be a matter of two particular words: the
handwriting word, viz. ‘handwriting.’ And the ‘beautiful’ word, i. e.
‘beautiful.’Any lexeme expressing same concept, ‘Calligraphy unique!’would do
the trick because this is damn by faint praise, or suggestio falsi, suppressio
veri. So in this respect “Beautiful handwring” is certainly different from
“Poor but honest” and, possibly different from “Don’t cease to eat iron!”One
obvious fact should be mentioned before one passes to the fourth example
(“kitchen or bedroom”).This case of implication is unlike the others in that
the utterance of the sentence "Strawson has beautiful handwriting"
does not really STANDARDLY involve the implication here attributed to it (but
cf. “We should have lunch together sometime” meaning “Get lost”as Grice said,
“At Oxford, that’s the standardthat’s what the ‘expression’ “means”); it
requires a special context (that it should be uttered at Collections) to attach
the implication to its utterance. More generally: it requires a special
scenario (one should avoid the structuralist Derrideian ‘context’ cf. Grice,
“The general theory of context”). If back in the house, Mrs. Grice asks, “He
has beautiful handwriting,” while not at Collections, the implicaturum would
hold. Similarly at the “Lamb and Flag,” or “Bird and Baby.”But one gets Grice’s
point. The scenario is one where Strawson is being assessed or evaluated AS A
PHILOSOPHER. Spinoza’s handwriting was, Stuart Hampshire said, “terriblewhich
made me wonder at first whether I should actually waste my time with him.”After
fourth and last example is introduced (“kitchen or bedroom”): in the case of
the Test No. I (at least four possible vehicles) one can produce a strong
argument in favour of holding that the fulfllment of the implication of the
speaker's ignorance (or that he is introducing “or” on grounds other than
Whitehead’s and Russell’s truth-functional ones) is not a precaution (or
precondition) of the truth or falsity of the disjunctive statement. Suppose
that the emissor KNOWS that his wife IS in the KITCHEN, that the house has only
two rooms, and no passages. Even though the utterer knows that his wife is in
the kitchen (as per given), the utterer can certainly still say truly (or
rather truthfully) "She is IN THE HOUSE.”SCENARIOA: Where is your wife? ii.
Where in your house is your wife?B: i. In the kitchen. ii. In the bedroom.
iiia. She’s in the house, don’t worryshe’s in the house, last time I checked.
iii. In the HOUSE (but inappropriate if mentioned in the questionunless
answered: She’s not. iv. In the kitchen or in the bedroom (if it is common
ground that the house only has two rooms there are more options) vi. v. I’m a
bachelor. vi. If she’s not in the
bedroom, she is in the kitchen. vii. If she’s not in the kitchen, she’s in the
bedroom. viii. Verbose but informative: “If she’s not in the bedroom she’s in
the kitchen, and she’s not in the kitchen” Or consider By uttering “She is in
the house,” the utterer is answering in a way that he is merely not being as
informative as he could bc if need arose.
But the true proposition [cf. ‘propositional complex’] that his wife is
IN THE HOUSE together with the true proposition that ‘THE HOUSE’ consists
entirely of a ‘kitchen’ and a ‘bedroom,’ ENTAIL or yield the proposition that
his wife is in the kitchen or in the bedroom. But IF to express the proposition
p (“My wife is in the house, that much I can tell”) in certain circumstances (a
house consisting entirely of a kitchen and a bedrooman outback bathroom which
actually belongs to the neighbourcf. Blenheim) would be to speak truly, and p
(“My wife is, do not worry, in the house”) togelher with another true
propositionassumed to be common ground, that the house consists entirely of a
kitchen and a bedroom -- entails q (“My wife is in the kitchen OR in the bedroom”),
surely to express what is entailed (“My wife is in the kitchen or in the
bedroom”) in the same circvmstances must be, has to be to speak truly. So we have to take it that the disjunctive
statement“kitchen or bedroom” -- does not fail to be TRUE or FALSE if the
implied ignorance (or the implied consideration that the utterer is uttering
‘or’ on grounds other than the truth-functional ones that ‘introduce’ “or” for
Gentzen) is in fact not realized, i. e. it is false. Secondly, as for Test No.
2 (the four or combo vehicles), Grice thinks it is fairly clear that in this
case, as in the case of “beautiful handwriting”, we could say that the emissor
had implies that he did not know (or that his ground is other than
truth-functionalassuming that he takes the questioner to be interested in the
specific locationi. e. to mean, “where IN THE HOUSE is your wife?”) and also
that his conveying explicilty that (or his conveying explicitly that rather
than something else, viz, in which room or where in the house she is, or
‘upstairs,’ or ‘downstairs,’ or ‘in the basement,’ or ‘in the attic,’ ‘went
shopping,’ ‘at the greengrocer’‘she’s been missing for three weeks’) implied
that he did not know in which one of the two selected rooms his wife is
‘resident’ (and that he has grounds other than Gentzen’s truth-functional ones
for the introduction of ‘or.’). Thirdly, the implication (‘kitchen or bedroom’)
is in a way non-detachable, in that if in a given context the utterance of the
disjunctive sentence would involve the implication that the emissor did not
know in which room his his wife was (or strictly, that the emissor is
proceeding along non-truth-functional grounds for the introduction of ‘or,’ or
even more strictly still, that the emissor has grounds other than truth-functional
for the uttering of the disjunction), this implication would also be involved
in the utterance of any other form of words which would make the same
disjunctive assertion (e.g., "Look, knowing her, the alternatives are she
is either preparing some meal in the kitchen or snoozing in the bedroom;” “One
of the following things is the case, I’m pretty confident. First thing: she is
in the kitchen, since she enjoys watching the birds from the kitchen window.
Second thing: she is in the bedroom, since she enjoys watching birds from the
bedroom window.” Etymologically, “or” is short for ‘other,’ meaning second. So
a third possibility: “I will be Anglo-Saxon: First, she is the kitchen. Second,
she is in the bedroom.” “She is in the kitchen UNLESS she is in the
bedroom”“She is in the kitchen IF SHE IS NOT in the bedroom.”“Well, it is not
the case that she is in the KITCHEN *AND* in the bedroom, De Morgan!” She is in
the kitchen, provided she is not in the bedroom” “If she is not in the kitchen,
she is in the bedroom” “Bedroom, kitchen; one of the two.” “Kitchen, bedroom;
check both just in case.”“Sleeping; alternatively, cookingyou do the
maths.”“The choices are: bedroom and kitchen.”“My choices would be: bedroom and
kitchen.”“I would think: bedroom? … kitchen?”“Disjunctively,
bedroomkitchenkitchenbedroom.”“In alternation: kitchen, bedroom, bedroom,
kitchenwho cares?”“Exclusively, bedroom, kitchen.”ln another possible way,
however, the implication could perhaps bc said to BE indeed detachable: for
there will be some contexts of utterance (as Firth calls them) in which the
‘normal’ implication (that the utterer has grounds other than truth-functional
for the utterance of a disjunction) will not hold.Here, for the first time,
Grice brings a different scenario for ‘or’:“Thc Secretary of the Aristotelian
Society, announcing ‘Our coming symposium will be in Oxford OR not take place
at all” perhaps does not imply that he is has grounds other than
truth-functional for the utterance of the disjunction. He is just being wicked,
and making a bad-taste joke. This totally extraneous scenario points to the
fact that the implication of a disjunction is cancellable.Once we re-apply it
to the ‘Where in the hell in your house your wife is? I hear the noise, but
can’t figure!’ Mutatis mutandi with the Secretary to The Aristotelian Socieety,
a man could say, “My wife is in the kitchen or in the bedroorn.”in
circumstances in which the implication (that the man has grounds other than
truth-functional for the uttering of the disjunction) would normally be
present, but he is not being co-operativesince one doesn’t HAVE to be
co-operative (This may be odd, that one appeals to helpfulness everywhere but
when it comes to the annulation!).So the man goes on, “Mind you, I am not
saying that I do not know which.”This is why we love Grice. Why I love Grice.
One would never think of finding that sort of wicked English humour in, say
Strawson. Strawson yet says that Grice should ‘let go.’ But to many, Grice is
ALWAYS humorous, and making philosophy fun, into the bargain, if that’s not the
same thing. Everybody else at the Play Group (notably the ones Grice opposed
to: Strawson, Austin, Hare, Hampshire, and Hart) would never play with him.
Pears, Warnock, and Thomson would!“Mind you, I am not saying that I do not know
which.”A: Where in the house is your wife? I need to talk to her.B: She is in
the kitchenor in the bedroom. I know where she isbut since you usually bring
trouble, I will make you decide so that perhaps like Buridan’s ass, you find
the choice impossible and refrain from ‘talking’ (i. e. bringing bad news) to
her.A: Where is your wife? B: In the kitchen or in the bedroom. I know where
she is. But I also know you are always saying that you know my wife so well.
So, calculate, by the time of the dayit’s 4 a.mwhere she could be. A: Where is
your wife? B: In the bedroom or in the kitchen. I know where she isbut remember
we were reading Heidegger yesterday? He says that a kitchen is where one cooks,
and a bedroom is where one sleeps. So I’ll let you decide if Heidegger has been
refuted, should you find her sleeping in the kitchen, or cooking in the
bedroom.A: Where is your wife? B: In the kitchen or the bedroom. I know where
she is. What you may NOT know, is that we demolished the separating wall. We
have a loft now. So all I’ll say is that she may be in both! All this might be unfriendly, unocooperative,
and perhaps ungrammatical for Austen [Grice pronounced the surname so that the
Aristotelian Society members might have a doubt]if not Vitters, but, on the
other hand, it would be a perfectly intelligible thing for a (married) man to
say. We may not even GO to bachelors. Finally, the fact that the utterance of
the disjunctive sentence normally or standardly or caeteris paribus involves
the implication of the emissor's ignorance of the truth-values of the disjuncts
(or more strictly, the implication of the emissor’s having grounds other than
truth-functional for the uttering of the disjunctive) is, I should like to say,
to be ‘explained’and Grice is being serious here, since Austin never cared to
‘explain,’ even if he could -- by reference to a general principle governingor
if that’s not too strong, guidingconversation, at least of the cooperative kind
the virtues of which we are supposed to be exulting to our tuttees. Exactly
what this principle we should not go there. To explain why the implicaturum
that the emissor is having grounds other than truth-functional ones for the
utterance of a disjunction one may appeal to the emissor being rational, assuming
his emissee to be rational, and abiding by something that Grice does NOT state
in the imperative form, but using what he calls a Hampshire modal (Grice
divides the modals as Hampshire: ‘should,’ the weakest, ‘ought’ the Hare modal,
the medium, and ‘must,’ Grice, the stronges)"One, a man, a rational man,
should not make conversational move communicating ‘p’ which may be
characterised (in strict terms of entailment) as weaker (i.e. poor at
conversational fortitude) rather than a stronger (better at conversational
fortitude) one unless there is a good reason for so doing." So Gentzen is
being crazey-basey if he thinks:p; therefore, p or q.For who will proceed like
that?“Or” is complicated, but so is ‘if.’ The Gentzen differs from the
evaluation assignemt:‘p or q’ is 1 iff p is 1 or q is 1. When we speak of
‘truth-functional’ grounds it is this assignment above we are referring to.Of
courseif p, p or q [a formulation of the Gentzen introduction]is a TAUTOLOGY
[which is what makes the introduction a rule of inference].In terms of
entailment P Or Q (independently) Is
stronger than ‘p v q’ In that either p or q entail ‘p or q’ but the reverse is
not true. Grice says that he first thought of the pragmatic rule in terms of the
theory of perception, and Strawson hints at this when he says in the footnote
to “Introduction to Logical theory” that the rule was pointed out by his tutor
in the Logic Paper, Grice, “in a different connection.” The logic paper took
place before the war, so this is early enough in Grice’s careerso the ghosts of
Whitehead and Russell were there! We can call the above ‘the principle of
conversational fortitude.’ This is certainly not an adequate formulation but
will perhaps be good enough for Grice’s purpose in “Causal.” On the assumption
that such a principle as this is of general application, one can DRAW or infer
or explain the conclusion that the utterance of a disjunctive sentence would
imply that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering
of a disjunctum, given that, first, the obvious reason for not making a
statemcnt which there is some call on one to make VALIDLY is that one is not in
a position (or entitled) to make it, and given, second, the logical ‘fact’ that
each disjunct entails the disjunctive, but not vice versa; which being so, each
disjunct is stronger (bears more conversational ‘fortitude’) than the
disjunctive. If the outline just given is on the right lines, Grice would wish
to say, we have a reason for REFUSING (as Strawson would not!) in the case of
“kitchen or bedroom” to regard the implication of the emissor having grounds
other than truth-functional for the uttering of the disjunctive as being part
of the ‘meaning’ (whatever that ‘means’) of 'or'but I should doublecheck with
O. P. Woodhe’s our man in ‘or’A man who knows about the logical relation
between a disjunction and each disjunct, i. e. a man who has at least BROWSED
Whitehead and Russelland diregards Bradley’s exclusivist account -- and who
also ‘knew,’ qua Kantian rational agent, about the alleged general principle or
guiding conversational, could work out for hirnself, surely, that a disjunctive
utterance would involve the implication which it does in fact involve. Grice
insists, however, that his aim in discussing this last pointabout the principle
of conversational fortitude EXPLAING the generation of the implicaturum -- has
been merelyto indicate the position I would wish to take up, and not to argue
scriously in favour of it. Grice’s main purpose in the excursus on implication
was to introduce four ideas or catalysts, or tesetsTEST No. I: truth-value;
TEST No. 2: Vehicle out of four; Test No. 3/Twin Test: Annulation and
Non-Detachment (is there a positive way to express thisnon-detached twins as
opposed to CONJOINT twins), and Test No. 4‘Meaning’ of expression? -- of which
Grice then goes to make some use re: the pillar box seeming red.; and to
provide some conception of the ways in which each of the four tests apply or
fail to apply to various types of implication. By the numbering of it, it seems
that by the time of Essay II he has, typically, added an extra. It’s FIVE
catalysts now, but actually, since he has two of the previous tests all rolled
up in one, it is SIX CATALSTS. He’ll go back to them in Essay IV (“Indicative
conditionals” with regard to ‘if’), and in Presupposition and Conversational
(with regard to Example I here: “You have not ceased eating iron”).
Implicaturum.He needs those catalysts. Why? It seems like he is always thinking
that someone will challenge him! This is Grice: “We can now show that, it
having been stipulated as being what it is, a conversational implicaturum must
possess certain distinctive features, they are six. By using distinctive
feature Grice is serious. He wants each of the six catalysts to apply to each
type of ‘implicaturum’, so that a table can be constructed. With answers
yes/no. Or rather here are some catalyst ideas which will help us to determine
or individuate. Six tests for implicaturum as it were. SO THESE FEATURESsix of
themapply to three of the examplesnot the ‘poor but honest’but the “you have
not ceased eating iron,” “Beautiful handwriting,” and “Kitchen or
bedroom.”First testnothing about the ‘twin’it’s ANNULATION or CANCELLABILITYas
noted in “Causal Theory”for two of the examples (‘beautiful handwriting’ and
‘kitchen or bedroom’ and NEGATIVE version of “You don’t cease to eat iron”) and
the one of the pillar boxHe adds a qualifier now: the annulation should best be
IMPLICIT. But for the fastidious philosopher, he allows for an EXPLICITATION
which may not sound grammatical enough to Austen (pronounced to rhyme with the
playgroup master, or the kindergarten’s master). To assume the presence of a
conversational implicaturum, the philosopher (and emissee) has to assume that
the principle of conversational co-operation (and not just conversational
fortitude) is being observed.However, it is mighty possible to opt out of this
and most things at Oxford, i. e. the observation of this principle of
conversational cooperation (or the earlier principle of conversational
fortitude).It follows then that now we CAN EXPLAIN WHY CANCELLABILITY IS A
DISTINCTIVE FEATURE. He left it to be understood in “Causal.”It follows then,
deductively, that an implicaturum can be canceled (or annulled) in a particular
case. The conversational implicaturum may be, drearilybut if that’s what the
fastidious philosopher axes -- explicitly canceled, if need there be, by the
addition of a clause by which the utterer states or implies that he opts out
(e. g. “The pillar box seems red but it is.” “Where is your wife?” “My lips are
sealed”). Then again the conversational implicaturum may be contextually (or
implicitly) canceled, as Grice prefers (e. g. to a very honest person, who
knows I disbelieve the examiner exists, “The loyalty examiner won’t be
summoning you at any rate”). The utterance that usually would carry an
implicaturum is used on an occasion that makes it clear or obvious that the
utterer IS opting out without having to bore his addressee by making this
obviousness explicit. SECOND DISTINCTIVE FEATURE: CONJOINING, i.e.
non-detachability.There is a second litmus test or catalyst idea.Insofar as the
calculation that a implicaturum is present requires, besides contextual and
background information only an intuitive rational knowledge or understanding or
processing of what has been explicitly conveyed (‘are you playing squash? B
shows bandaged leg) (or the, shall we say, ‘conventional’ ‘arbitrary’
‘commitment’ of the utterance), and insofar as the manner or style, of FORM, rather
than MATTER, of expression should play at best absolutely no role in the
calculation, it is NOT possible to find another way of explicitly conveying or
putting forward the same thing, the same so-and-so (say that q follows from p)
which simply ‘lacks’ the unnecessary implicaturum in question -- except [will
his excluders never end?] where some special feature of the substituted version
[this other way which he says is not conceivable] is itself relevant to the
determination of the implicaturum (in virtue of this or that conversational
maxims pertaining to the category of conversational mode. THIS BIG CAVEAT makes
you wonder that Grice regretted making fun of Kant. By adopting jocularly the
four conversational categories, he now finds himself in having to give an
excuse or exception for those implicatura generated by a flout to what he
earlier referred to as the ‘desideratum of conversational clarity,’ and which
he jocularly rephrased as a self-defeating maxim, ‘be perspicuous [sic], never
mind perspicacious!’If we call this feature, as Grice does in “Causal Theory,”
‘non-detachability’ (or conjoining)– in that the implicaturum cannot be
detached or disjointed from any alternative expression that makes the same
point -- one may expect the implicaturum carried by this or that locution to
have a high degree of non-detachability. ALTERNATIVES FOR “NOT” Not, it is not
the case, it is false that. There’s nothing unique about ‘not’.ALTERNATIVES FOR
“AND” and, nothing, furthermore, but. There othing unique about ‘and’ALTERNATIVES
FOR “OR”: One of the following is true. There is nothing unique about
‘or’ALTERNATIVES FOR “IF” Provided. ‘There is nothing unique about
‘if’ALTERNATIVES FOR “THE”There is at least one and at most one. And it exists.
(existence and uniqueness). There is nothing unique about ‘the’.THIS COVERS
STRAWSON’S first problem.What about the other English philosophers?AUSTINon
‘voluntarily’ ALTERNATIVES to ‘voluntarily,’ with the will, willingly,
intentionally. Nothing unique about ‘voluntarily.’STRAWSON on ‘true’it is the
case, redundance theory, nothing. Nothing unique about ‘true’HART ON good. To
say that ‘x is commendable’ is to recommend x. Nothing unique about ‘good.’HART
on ‘carefully.’ Da Vinci painted Mona Lisa carefully, with caution, with precaution.
Nothing unique about ‘carefully.’THIRD LITMUS TEST or idea and ATTENDING
THIRD DISTINCTIVE FEATURE. THIRD
DISTINCTIVE FEATURE is in the protasis of the conditional.The implicaturum
depends on the explicatum or explicitum, and a fortiori, the implicaturum
cannot INVOLVE anything that the explicatum involvesThere is nothing about what
an emissor explicitly conveys about “or” or a disjunctum in general, which has
to do with the emissor having grounds other than truth-functional for the
utterance of a disjunctum.The calculation of the presence of an implicaturum
presupposes an initial knowledge, or grasping, or understanding, or taking into
account of the ‘conventional’ force (not in Austin’s sense, but translating
Latin ‘vis’) of the expression the utterance of which carries the
implicaturum.A conversational implicaturum will be a condition (but not a
truth-condition), i. e. a condition that is NOT, be definition, on risk of
circularity of otiosity, included in what the emissor explicitly conveys, i. e.
the original specification of the expression's ‘conventional’ or arbitrary
forceIf I’m saying that ‘seems’ INVOLVES, as per conventional force, ‘doubt or
denial,’what’s my point? If Strawson is right that ‘if’ has the conventional
force of conventionally committing the utterer with the belief that q follows
from p, why bother? And if that were so, how come the implicaturum is still
cancellable?Though it may not be impossible for what starts life, so to speak,
as a conversational implicaturum to become conventionalized, to suppose that
this is so in a given case would require special justification. (Asking Lewis).
So, initially at least, a conversational implicaturum is, by definition and
stipulation, not part of the sense, truth-condition, conventional force, or
part of what is explicitly conveyed or put forward, or ‘meaning’ of the
expression to the employment of which the impicatum attaches. FOURTH LITMUS
TEST or catalyst idea. Mentioned in “Causal theory” YIELDS THE FOUTH DISICTINVE
FEATURE and the FIFTH distinctive feature.FOURTH DISTINCTIVE FEATURE: in the
protasis of the conditionaltruth value.The alethic valueconjoined with the test
about the VEHICLE --. He has these as two different testsand correspondingly
two distinctive features in “Causal”. The truth of a conversational
implicaturum is not required by (is not a condition for) the truth of what is
said or explicitly conveyed (what is said or explicatedthe explicatum or
explicitum, or what is explicitly conveyed or communicated) may be true -- what
is implicated may be falsethat he has beautiful handwriting, that q follows
from p, that the utterer is ENDORSING what someone else said, that the utterer
is recommending x, that the person who is said to act carefully has taken
precaution), FIFTH DISTINCTIVE FEATURE: vehiclethis is the FOURTH vehicle of
the four he mentions in “Causal”: ‘what the emissor explicitly conveys,’ ‘the
emissor himself,’ the emissor’s utterance, and fourth, the emissor’s explicitly
conveying, or explicitly conveying it that way --. The apodosis of the
conditionalor inferrability schema, since he uses ‘since,’ rather than ‘if,’ i.
e. ‘GIVEN THAT p, q. Or ‘p; therefore, q’. The implicaturum is NOT carried by
what is said or the EXPLICATUM or EXPLICITUM, or is explicitly conveyed, but
only by the ‘saying’ or EXPLICATING or EXPLICITING of what is said or of the
explicatum or explicitum, or by 'putting it that way.’The fifth and last litmus
test or catalyst idea YIELDS A SIXTH DISTINCTIVE FEATURE:Note that he never
uses ‘first, second, etc.’ just the numerals, which in a lecture format, are
not visible!SIXTH DISTINCTIVE FEATURE: INDETERMINACY. Due to the open character
of the reasoningand the choices available to fill the gap of the content of the
propositional attitude that makes the conversational rational:“He is
potentially dishonest.” “His colleagues are treacherous”Both implicatura
possible for “He hasn’t been to prison at his new job at the bankyet.”Since, to
calculate a conversational implicaturum is to calculate what has to be supposed
in order to preserve the supposition that the utterer is a rational,
benevolent, altruist agent, and that the principle of conversational
cooperation is being observed, and since there may be various possible specific
explanations or alternatives that fill the gap hereas to what is the content of
the psychological attitude to be ascribed to the utterer, a list of which may
be open, or open-ended, the conversational implicaturum in such cases will
technically be an open-ended disjunction of all such specific explanations,
which may well be infinitely non-numerable. Since the list of these IS open,
the implicaturum will have just the kind of INDETERMINACY or lack of
determinacy that an implicaturum appears in most cases to possess.
indeterminacy of translation, a pair of theses derived, originally, from a
thought experiment regarding radical translation first propounded by Quine in
Word and Object (1960) and developed in his Ontological Relativity (1969),
Theories and Things (1981), and Pursuit of Truth (1990). Radical translation is
an imaginary context in which a field linguist is faced with the challenge of
translating a hitherto unknown language. Furthermore, it is stipulated that the
linguist has no access to bilinguals and that the language to be translated is
historically unrelated to that of the linguist. Presumably, the only data the
linguist has to go on are the observable behaviors of incompleteness
indeterminacy of translation 422 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:39 AM Page 422 native
speakers amid the publicly observable objects of their environment. (1) The
strong thesis of indeterminacy, indeterminacy of translation of theoretical
sentences as wholes, is the claim that in the context of radical translation a
linguist (or linguists) could construct a number of manuals for translating the
(natives’) source language into the (linguists’) target language such that each
manual could be consistent with all possible behavior data and yet the manuals
could diverge with one another in countless places in assigning different
target-language sentences (holophrastically construed) as translations of the
same source-language sentences (holophrastically construed), diverge even to
the point where the sentences assigned have conflicting truth-values; and no
further data, physical or mental, could single out one such translation manual
as being the uniquely correct one. All such manuals, which are consistent with
all the possible behavioral data, are correct. (2) The weak thesis of
indeterminacy, indeterminacy of reference (or inscrutability of reference), is
the claim that given all possible behavior data, divergent target-language
interpretations of words within a source-language sentence could offset one
another so as to sustain different targetlanguage translations of the same
source-language sentence; and no further data, physical or mental, could single
out one such interpretation as the uniquely correct one. All such
interpretations, which are consistent with all the possible behavioral data,
are correct. This weaker sort of indeterminacy takes two forms: an ontic form
and a syntactic form. Quine’s famous example where the source-language term
‘gavagai’ could be construed either as ‘rabbit’, ‘undetached rabbit part’,
‘rabbithood’, etc. (see Word and Object), and his proxy function argument where
different ontologies could be mapped onto one another (see Ontological
Relativity, Theories and Things, and Pursuit of Truth), both exemplify the
ontic form of indeterminacy of reference. On the other hand, his example of the
Japanese classifier, where a particular three-word construction of Japanese can
be translated into English such that the third word of the construction can be
construed with equal justification either as a term of divided reference or as
a mass term (see Ontological Relativity and Pursuit of Truth), exemplifies the
syntactic form of indeterminacy of reference.
transformationGrice: “My system G makes minimal use of
transformations” -- minimal transformation rule: an axiom-schema or rule of
inference. Grice: “Strictly, an Ovidian metamorphose!” -- A transformation rule
is thus a rule for transforming a possibly empty set of wellformed formulas
into a formula, where that rule operates only upon syntactic information. It
was this conception of an axiom-schema and rule of inference that was one of
the keys to creating a genuinely rigorous science of deductive reasoning. In
the 0s, the idea was imported into linguistics, giving rise to the notion of a
transformational rule. Such a rule transforms tree structures into tree
structures, taking one from the deep structure of a sentence, which determines
its semantic interpretation, to the surface structure of that sentence, which
determines its phonetic interpretation. Grice: “Chomsky misuses
‘transformation.’”
triangulus -- Grice’s triangle. He uses the word in “Meaning
Revisited,” (WoW: 286). It’s the semiotic triange between what he calls the
‘communication device,’ the denotatum, and the soul. While
often referred to as H. P. Grice’s triangle, or H. P. Grice’s semiotic
triangle, or "Ogden/Richards triangle" the idea is also expressed in
1810, by Bernard Bolzano, in his rather obscure, Grice grants, “Beiträge zu
einer begründeteren Darstellung der Mathematik.” However, the triangle can be
traced back to the 4th century BC, in Aristotle's Peri Hermeneias (often
referred to in its Latin translation De Interpretatione, second book of his
Organon, on which Grice gave seminars as University Lecturer at Oxford with J.
L. Austin). H. P. Grice’s semiotic Triangle relates to the problem of
universals, a philosophical debate which split ancient and medieval
philosophers (mainly realists and nominalists). The triangle describes a
simplified form of relationship between the emissor as subject, a concept as
object or referent or denotatum, and its designation (sign, signans, or as
Grice prefers ‘communication device’). For more elaborated research see
Semiotics. Ogden semiotic triangle.png Contents 1Interlocutory
applications 1.1Other triangles 1.2The communicative stand 1.3Direction of fit
2See also 3References 4External links Interlocutory applications Other
triangles The relations between the triangular corners may be phrased more
precisely in causal terms as follows[citation needed][original research?]. The
matter evokes the emissor's soul. The emissor refers the matter to the symbol.
The symbol evokes the emissee’s soul. The emissee refers the symbol back to the
matter. The communicative stand Such a triangle represents ONE agent, the
emissor, whereas communication takes place between TWO (objects, not
necessarily agents). So imagine another triangle and consider that for the two
to understand each other, the content that the "triangles" represent
must fit or be aligned. Clearly, this calls for synchronisation and an
interface as well as scale among other things. Notice also, that we perceive
the world mostly through our eyes and in alternative phases of seeing and not
seeing with change in the environment as the most important information to look
for. Our eyes are lenses and we see a surface (2D) in ONE direction (focusing)
if we are stationary and the object is not moving either. This is why you may
position yourself in one corner of the triangle and by replicating (mirroring)
it, you will be able to see the whole picture, your cognitive epistemological
and the ontological existential or physical model of life, the universe,
existence, etc. combined.[citation needed][original research?] Direction
of fit Main article: Direction of fit This section has multiple issues.
Please help improve it or discuss these issues on the talk page. (Learn how and
when to remove these template messages) This section does not cite any sources.
(December ) This section is written like a personal reflection, personal essay,
or argumentative essay that states a
editor's personal feelings or presents an original argument about a
topic. (December ) Grice uses the notion of "direction of fit" (in
“Intention and Uncertainty”) to create a taxonomy of acts. This table possibly contains
original research. Please improve it by verifying the claims made and adding
inline citations. Statements consisting only of original research should be
removed. (December ) (Learn how and when to remove this template message) World
or Referentintended →Writer's Thought decoded ↑ ↓
encoded Thought Emissee's← extendedSymbol or Word Emissor's
THOUGHT retrieves SYMBOL suited to REFERENT, Word suited to World. Reader's
THOUGHT retrieves REFERENT suited to SYMBOL, World suited to Word. Actually the
arrows indicate that there is something exchanged between the two parties and
it is a feedback cycle. Especially, if you imagine that the world is
represented in the soul of both the emissor and the emissee and used for
reality check. If you look at the triangle above again, remember that reality
check is not what is indicated there between the sign and the referent and
marked as "true', because a term or a sign is allocated
"arbitrarily'. What you check for is the observance of the law of identity
which requires you and your partner to sort out that you are on the same page,
that the emissor is communicating and the emissee is understanding about the
same thing. So the chunk of reality and the term are replaceable/interchangeable
within limits and your concepts in the soul as presented in some appropriate
way are all related and mean the same thing. Usually the check does not stop
there, your ideas must also be tested for feasibility and doability to make sure
that they are "real" and not "phantasy". Reality check
comes from consolidating your experience with other people's experience to
avoid solipsism and/or by putting your ideas (projection) in practice
(production) and see the reaction. Notice, however how vague the verbs used and
how the concept of a fit itself is left unexplained in
details.[editorializing] See also The Delta Factor De dicto De se De re
References Colin Cherry (1957) On Human Communication C. K. Ogden
and I. A. Richards (1923) The Meaning of Meaning John Searle (1975)
"A Taxonomy of Illocutionary Acts", in: Gunderson, K. (ed.),
Language, Mind, and Knowledge (Minneapolis: University of Minnesota Press) 344-369. John Searle (1976) "A
Classification of Illocutionary Acts", Language in Society, 5, 1-24. External links Jessica Erickstad (1998)
Richards' Meaning of Meaning Theory. University of Colorado at Boulder. Allie
Cahill (1998) "Proper Meaning Superstition" (I. A. Richards).
University of Colorado at Boulder. Categories: SemioticsSemanticsPragmaticsPhilosophy
of languagePhilosophy of mind. Semiotisches Dreieck Zur Navigation springen.
Zur Suche springen. Das semiotische Dreieck stellt die Relation zwischen dem
Symbol, dem dadurch hervorgerufenen Begriff und dem damit gemeinten realen Ding
dar. Das semiotische Dreieck ist ein in der Sprachwissenschaft und Semiotik
verwendetes Modell. Es soll veranschaulichen, dass ein Zeichenträger (Graphem,
Syntagma, Symbol) sich nicht direkt und unmittelbar auf einen außersprachlichen
Gegenstand bezieht, sondern dieser Bezug nur mittelbar durch eine
Vorstellung/einen Begriff erfolgt. Das semiotische Dreieck publizierten
erstmals Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards in dem Werk The Meaning
of Meaning. Das semiotische Dreieck in vereinfachter Beschreibung. Die Welt
besteht aus Gegenständen, Sachverhalten, Ereignissen und Ähnlichem. Diese sind
wirklich und bestimmen alles, was geschieht. Das Symbol für ein Einzelnes davon
steht in den folgenden Dreiecken rechts und bedeutet vereinfacht: Ding oder
„was Sache ist“. Wenn der Mensch ein Ding bemerkt oder sich vorstellt, macht er
sich ein gedachtes Bild davon. Das Symbol dafür steht in den folgenden
Dreiecken oben und bedeutet: Begriff oder „was man meint“. Wenn Menschen mit
diesen Begriffen von Dingen reden, so verwenden sie Zeichen (meist hörbar,
gelegentlich auch sichtbar oder anders wahrnehmbar). Das sind Wörter (auch
Bezeichnungen, Benennungen, Symbole oder Ähnliches). Das Symbol dafür steht in
den folgenden DREIECKEN links und bedeutet: Wort oder „was man dazu sagt“.
Ding, Begriff und Wort sollen eindeutig zusammengehören. Das gelingt nicht
immer, vielmehr muss man immerzu aufpassen, ob der eben verwendete Begriff das
betrachtete Ding richtig erfasst, ob das eben verwendete Wort den gemeinten Begriff
trifft, und sogar ob das eben betrachtete Ding überhaupt eins ist und nicht
etwa einige oder gar keins. Passen die drei Ecken nicht zueinander, „So
entstehen leicht die fundamentalsten Verwechslungen (deren die ganze
Philosophie voll ist).“ Vitters: Tractatus 3.324. Das semiotische Dreieck
als bildliche Darstellung der Mehrdimensionalität der Zeichen
Begriff /\ / \
/ \ / \
/ \ Zeichen ...... Gegenstand (Wort) (Ding). Das
semiotische Dreieck ist zunächst nur ein bildliches Hilfsmittel, um sich
Beziehungen „im“ bzw. „des“ Zeichens zu veranschaulichen. Seine Interpretation
und nähere Ausgestaltung hängt daher von der zugrunde gelegten
Erkenntnistheorie ab. In entscheidender Weise wird durch das semiotische
Dreieck veranschaulicht, dass zwischen dem Wort (der Zeichenform, d. h. dem
Schriftbild oder dem Lautbild) und dem Bezeichneten (Ding, Gegenstand) keine
direkte Beziehung, sondern nur durch (mindestens) eine hier so genannte
Vermittlungsinstanz vermittelte Beziehung besteht. Graphisch wird dies durch
eine unterschiedliche Linie dargestellt. Gebräuchlich ist ein Dreieck.
Entscheidend ist die nicht-direkte Beziehung zwischen Zeichen (Wort) und
Gegenstand (Ding). Je nach Anzahl der zu veranschaulichenden (nicht
auszublendenden) Bezugspunkte und Vermittlungsinstanzen und der Art der
betonten Beziehungen kann man auch ein Quadrat, ein sonstiges Vieleck bzw.
einen mehrdimensionalen Körper benutzen. Darauf hinzuweisen ist, dass die
Vermittlungsinstanzhier mit dem mehrdeutigen Ausdruck „Begriff“ bezeichnetsehr
unterschiedlich gesehen wird, was aus dem Terminologiebefund unten deutlich
wird. Das semiotische Dreieck ist Veranschaulichung eines
Zeichenverständnisses, das dem Zeichenbegriff von Ferdinand de Saussure, wonach
ein Zeichen eine „psychische Einheit“ zwischen einem „akustischen Bild“
(Signifikanten) und einem „Begriff“ (Signifikat) (bei ihm im Sinne einer
psychischen Vorstellung) sein soll, widersprechen dürfte: statt der
„Papierblattmetapher“ für das Verhältnis von Signifikant/Signifikat (von de
Saussure) wird im semiotischen Dreieck eine optische Trennung und Distanzierung
von Zeichenkörper und Begriff (Sinn) vorgenommen. Das semiotische Dreieck
blendet auch pragmatische Bedingungen und Bezüge aus bzw. reduziert sie auf die
semantische Dimension und wird daher von pragmatischen Bedeutungstheorien
kritisiert (vgl. Semiotik). Das Fehlen einer unmittelbaren Beziehung
zwischen Zeichen und Gegenstand wird zugleich als Ausdruck der (von de Saussure
betonten) Arbitrarität und Konventionalität von Zeichen interpretiert.
Geschichte Man muss unterscheiden zwischen dem semiotischen Dreieck als Bild
und einem dreiseitigen (triadischen) Zeichenbegriff, dessen Veranschaulichung
es dient. Verbreitet wird die sprachwissenschaftliche Entwicklung so
dargestellt, als gäbe es ein semiotisches Dreieck erst seit Ogden/Richards, die
damit einen nur zweigliedrigen Zeichenbegriff von de Saussure
modifiziert/überwunden hätten. Es heißt, bis ins 19. Jahrhundert sei der
Zeichenbegriff im Wesentlichen hinsichtlich seines Sachbezugs als „zweistellige
Relation“ diskutiert worden. Andere betonen den zugrunde liegenden
dreiseitigen („triadischen“) Zeichenbegriff, der meist bei Aristoteles,
mitunter auch schon bei Platon angesetzt wird. Schon bei Platon findet sich
ein gedankliches Wort-Gegenstand-Modell zwischen Namen (Zeichen)Idee (Begriff)
und Ding. Bei Aristoteles ist ein Zeichen (semeion, damit meint er ein Wort)
ein Symptom für eine Seelenregung, d. h. für etwas, das der Sprecher sich
vorstellt. Diese Vorstellung des Sprechers ist dann ein Ikon für ein Ding. Dies
sind für ihn die primären Zeichenrelationen (rot in der untenstehenden Figur).
Davon abgeleitet ist die sekundäre Zeichenrelation (schwarz in der
Figur). Das Semiotische Dreieck bei Aristoteles Seit Aristoteles
wird vertreten, dass Zeichen Dinge der Welt nicht unvermittelt, sondern
vermittelt über einen „Begriff“, „Vorstellung“ etc. bezeichnen. Dies bedeutet
eine Differenzierung gegenüber der einfachen aliquid-stat-pro-aliquo-Konzeption
und ist „für die ganze Geschichte der Semiotik entscheidend“. Bei Aristoteles
stehen „Zeichen […] für Sachen, welche von den Bewußtseinsinhalten abgebildet
worden sind“. „Die Sachen werden von den Zeichen nicht präsentiert, sondern
repräsentiert.“. Die Interpretation von De interpretatione ist dabei seit
Jahrtausenden kontrovers. Die oben wiedergegebene Interpretation entspricht
einer psychologischen Deutung, die einen Psychologismus nahelegt. Dies
erscheint fraglich, da Aristoteles eher einen erkenntnistheoretischen Realismus
vertreten haben dürfte. Scholastik In der Sprachphilosophie der
Scholastik finden sich Überlegungen zum Dreierschema res (Sache, Ding),
intellectus (Verstand, Gedanken, Begriff), vox (Wortzeichen). Logik von
Port-Royal. In der Grammatik von Port-Royal (Mitte des 17. Jh.) soll das
semiotische Dreieck eingeführt worden sein. In der Logik von Port-Royal sind
die Gegenstände und die Sprachzeichen nicht unmittelbar, sondern über
Universalien miteinander verknüpft. Nach KANT ist das zwischen Begrifflichkeit
und Sinnlichkeit bzw. Gegenstand vermittelnde Element das Schema als ein
bildhaftes und anschauliches Zeichen. Das Verfahren des Verstandes, mit Hilfe
der ‚Einbildungskraft‘ die reinen Verstandesbegriffe zu versinnlichen, heißt
Schematismus. Auch Arthur Schopenhauer, ein deutscher Philosoph des 19.
Jahrhunderts, unterscheidet in seinem Hauptwerk Die Welt als Wille und
Vorstellung strikt zwischen Wort, Begriff und Anschauung. Ausblendung des
Referenzbezugs im Zeichenmodell von de Saussure Nach verbreiteter Auffassung
haben die moderne Sprachwissenschaft und der moderne Zeichenbegriff erst mit de
Saussure eingesetzt. Nach de Saussure ist ein Zeichen die Verbindung eines
Ausdrucks (signifiant) mit einem Inhalt (signifié), wobei das Zeichen als
„psychische Einheit mit zwei Seiten“ aufgefasst wurde. In diesem zweigliedrigen
(dyadischen) Zeichenmodell „hat die reale Welt keine Bedeutung“: „Hier
Bezeichnetes als geistige Vorstellung, dort Bezeichnendes als dessen
Materialisation in der Sprache, aber kein Platz für das Objekt selbst“.
Triadisches Zeichenmodells bei Peirce. Charles S. Peirce entwickelte eine
pragmatische Semiotik und die Pragmatik soll auf dem triadischen Zeichenmodell
von Peirce beruhen. Statt eines dyadischen entwickelte Peirce ein kommunikativ-pragmatisches,
triadisches Zeichenmodell: das Zeichen ist eine „triadische Relation
(semiotisches Dreieck)“. Dies, indem er zu Zeichenmittel und Objekt den
„Interpretanten“ ergänzte, d. h. die Bedeutung, die durch Interpretation der
Zeichenbenutzer (Sprecher bzw. Hörer) in einem Handlungszusammenhang zustande
kommt. „Das, was als Bewusstseinsinhalt erscheint, der Interpretant, ist
der individuell erkannte Sinn, der seinerseits kulturell vor- oder mitgeprägt
sein kann. Daher wird in diesem Konzept die Zeichenbedeutung (…) auch als
„kulturelle Einheit“ (Eco, 1972) postuliert.“Peirce-Interpreten wie Floyd
Merrell oder Gerhard Schönrich wenden sich gegen die Dreiecksdarstellung
peircescher Zeichentriaden, da sie suggerieren könnte, dass sich die
irreduzible triadische Relation zerlegen lasse in einzelne zweistellige
Relationen. Stattdessen schlagen sie eine Y-förmige Darstellung vor, bei der
die drei Relate jeweils durch eine Linie mit dem Mittelpunkt verbunden sind,
aber entlang der Seiten des „Dreiecks“ keine Linien verlaufen. Charles
Kay Ogden / Ivor Armstrong Richards Als „die“ Vertreter eines dreiseitigen
Zeichenmodells bzw. eines semiotischen Dreiecks (unter Ausblendung ihrer
Vorläufer) werden verbreitet Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards angeführt.
Diese erkannten eine Welt außerhalb des menschlichen Bewusstseins ausdrücklich
an und wandten sich gegen „idealistische Konzepte“. Nach Charles Kay Ogden und
Ivor Armstrong Richards symbolisiert das Zeichen (symbol) etwas und ruft einen
entsprechenden Bewusstseinsinhalt (reference) hervor, der sich auf das Objekt
(referent) bezieht. Das semiotische Dreieck wird wie folgt erklärt:
„Umweltsachverhalte werden im Gedächtnis begrifflich bzw. konzeptuell
repräsentiert und mit Sprachzeichen assoziiert. So ist z. B. das Wort „Baum“
ein Sprachzeichen, das mit dem Begriff bzw. Konzept von „BAUM“ assoziiert ist
und über diesen auf reale Bäume (Buchen, Birken, Eichen usw.) verweisen kann.“.
Siehe auch Organon-Modell (von Karl Bühler) Literatur Metamorphosen des semiotischen
Dreieck. In: Zeitschrift für Semiotik. Band 10, (darin 8 einzelne Artikel).
Umberto Eco: SemiotikEntwurf einer Theorie der Zeichen. 2. Auflage. Wilhelm
Fink Verlag, München 1991,
3-7705-2323-7. Umberto Eco: Einführung in die Semiotik. Wilhelm Fink
Verlag, München 1994, 3-7705-0633-2.
Einzelnachweise C. K. Ogden, I. A. Richards: The Meaning of Meaning.
1923 Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. Ohne
Problematisierung trotz der Nähe zu Saussure hingegen bei Kassai: Sinn. In:
Martinet (Hrsg.): Linguistik. 1973, S. 251 (S. 254 f.) referiert So wohl
Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 27 So z. B. Schülerduden,
Philosophie (2002), Semiotik Triadische Zeichenrelation. In: Homberger:
Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000 Trabant: Semiotik. Trabant:
Semiotik. So auch Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur
Sprachwissenschaft. 2000, wonach Aristoteles das Platonische Modell
„psychologisiert“ haben soll So Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie
Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie Baumgartner: Kants
„Kritik der reinen Vernunft“, Anleitung zur Lektüre. [1988], neu ersch. 5.
Auflage. ALBER, Freiburg Hierzu vor allem das Kapitel: „Zur Lehre von der
abstrakten, oder Vernunft-Erkenntnis“ (Zweiter Band) Fischer Kolleg
Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 26 Ernst: Pragmalinguistik. 2002, S.
66 Schülerduden, Philosophie (2002), Peirce So Pelz: Linguistik.
1996, S. 242 Zeichenprozess. In: Homberger: Sachwörterbuch zur
Sprachwissenschaft. 2000 Bedeutung. In: Homberger: Sachwörterbuch zur
Sprachwissenschaft. 2000 Kategorien: SemiotikSemantik. For Grice, the triangle
represents the three correspondences. First, psychophysical, second
psychosemiotic, and third semio-physical.
tisberi -- Heytesbury: w.
also called Hentisberus, Hentisberi, Tisberi before, English philosopher and
chancellor of Oxford . He wrote Sophismata “Sophisms”, Regulae solvendi
sophismata “Rules for Solving Sophisms”, and De sensu composito et diviso “On
the Composite and Divided Sense”. Other works are doubtfully attributed to him.
Heytesbury belonged to the generation immediately after Thomas Bradwardine and
Kilvington, and was among the most significant members of the Oxford
Calculators, important in the early developemnt of physics. Unlike Kilvington
but like Bradwardine, he appealed to mathematical calculations in addition to
logical and conceptual analysis in the treatment of change, motion,
acceleration, and other physical notions. His Regulae includes perhaps the most
influential treatment of the liar paradox in the Middle Ages. Heytesbury’s work
makes widespread use of “imaginary” thought experiments assuming physical
impossibilities that are yet logically consistent. His influence was especially
strong in Italy in the fifteenth century, where his works were studied widely
and commented on many times.
trinitarianism, -- “Raining, raining, raining.” -- the
theological doctrine that God consists of three persons, “in Strawson’s usage
of the expression”Vide Grice, “Personal identity,” -- The persons who
constitute the Holy Trinity are the Father; the Son, who is Jesus Christ; and
the Holy Spirit or Holy Ghost. The doctrine states that each of these three
persons is God and yet they are not three Gods but one God. According to a
traditional formulation, the three persons are but one substance. In the
opinion of Aquinas, the existence of God can be proved by human reason, but the
existence of the three persons cannot be proved and is known only by
revelation. According to Christian tradition, revelation contains information
about the relations among the three persons, and these relations ground proper
attributes of each that distinguish them from one another. Thus, since the
Father begets the Son, a proper attribute of the Father is paternity and a
proper attribute of the Son is filiation. Procession transparent Trinitarianism
928 928 or spiration is a proper
attribute of the Holy Spirit. A disagreement about procession has contributed
to dividing Eastern and Western Christianity. The Eastern Orthodox church
teaches that the Holy Spirit proceeds from the Father through the Son. A theory
of double procession according to which the Holy Spirit proceeds from the
Father and the Son has been widely accepted in the West. This disagreement is
known as the filioque ‘and the Son’ controversy because it arose from the fact
that adding this Latin phrase to the Nicene Creed became acceptable in the West
but not in the East. Unitarianism denies that God consists of three persons and
so is committed to denying the divinity of Jesus. The monotheistic faiths of
Judaism and Islam are unitarian, but there are unitarians who consider
themselves Christians. H. P. Grice, “Raining, raining, rainingmy mother and the
Trinitarians.”
tipperary: music-hall cited
by Grice. Grice liked the song and would often accompany himself at the piano
(“in Eb always”). He especially loved to recite the three verses (“Up to
mighty London came an Irishman one
day,” “Paddy wrote a letter to his Irish Molly-O,” and “Molly wrote a neat
reply to Irish Paddy-O”). Grice devises a possible counter-example to his
account of ‘communication,’ or strictly the conditions that have to be met for
the state of affairs “Emisor E communicates that p” to hold. In Grice’s
scenario, a reminiscence shared by his father, at a musical soirée in 1912,
at Harborne, Grice’s grandfather sings "Tipperary” “in a
raucous voice” (those are Grice’s father’s words) with the intention of getting
his mother-in-law (whom he knew was never too keen on the music-hall) to leave
the drawing-room. Grice’s grandfather’s mother-in-law is supposed to recognise
(and to know that she is intended to recognise) that Grice’s grandfather wants
to get rid of his mother in law“to put it bluntly,” as Grice’s father has it.
Grice’s grandfather, moreover, intends that his mother-in-law shall, in the
event, leave because she recognizes Grice’s grandfather’s intention that she shall go. Grice’s grandfather’s scheme is
that his mother-in-law should, somewhat wrongly, think that Grice’s grandfather
intends his mother-in-law to think that he intends to get rid of her by means
of the recognition of his intention that she should go. In other words, the mother-in-law
is supposed to argue: "My son-in-law intends me to *think* that he intends
to get rid of me by the raucous singing of that awful ditty complete with the
three versesstarting with “Up to mighty London came an Irishman one day” -- but
of course he, rude as he is, really wants to get rid of me by means of the
recognition of his intention to get rid of me. I am really intended to go
because he wants me to go, not because I cannot stand the singingI suppose. I
mean, I could possibly stand it, if tied up, or something." The fact that
the mother in law, while thinking she is seeing through his son-in-law’s plans,
is really *conforming* to them (a situation that would not hold if she is known
by her son-in-law to be ‘counter-suggestible’), is suggested as precluding
Grice from deeming, here, that his grandfather means by the singing in a
raucuous voice the opening line to “Tipperary” in a raucuous voice (“Up to
mighty London came an Irishman one day”) that his mother-in-law should go.
However, it is clear to Grice that, once one tries to fill in the detail of
this description, the example becomes baffling“even if I myself designed it.”
“For, how is my grandfather’s mother-in-law sposed to reach the idea that my
grandfather wants her to think that he intends to get rid of her by singing in
a raucuous voice “Up to mighty London came an Irishman one day”?” “My father
tells me that my grandfather sould sing in a *particular nasal tone*, so common
at the music-hall, which he knows *not* necessarily to be displeasing to his
mother in law (when put to use to a respectable drawing-room ballad), though it
is to most people that visit the Grices.” Grice’s grandfather’s mother in law
knows that Grice’s grandfather knows this particular nasa tone not to be
displeasing to her, but she thinks, rather wrongly, that Grice’s grandfaather
does not know that his mother-in-law knows this (she would never display his
tastes in public). The mother-in-law might then be supposed to argue: "My
son-in-law cannot want to drive me out of the drawing-room by his singing,
awful to most, since he knows that that particularly nasal tone is not really
displeasing to me. My son-in-law, however, does not know that I know he knows
this. Therefore, maybe my son-in-law is does wantsme to think that he intends
to drive me out, on the ground of a mere cause, rather than a reason, *by* his
singing." “At this point,” Grice notes, “one would expect my grandfather’s
mother-in-law to be completely at a loss to explain my grandfather’s
performance.” “I see no reason at all why my grandfather’s mother in-law should
then suppose that he *really* wants to get rid of her in some other way.”
Whether or not this example could be made to work, its complexity is ennerving.
“And the sad thing about it, is that any attempt on my part to introduce yet
further restrictions would involve more ennerving complexities still.” “It is
in general true that one cannot have intentions to achieve results which one
sees no chance of achieving; and the success of intentions of the kind involved
in communication requires he to whom communications or near-communications is
addressed to be capable in the circumstances of having certain thoughts and
drawing certain conclusions.” At some early stage in the attempted regression
the calculations required of my grandfather’s mother-in-lawy by my grandfather
will be impracticably difficult; and I suspect the limit has now been reached
(if not exceeded).” “So my grandfather, is he is a Grice, cannot have the
intentionsas reconstructed by my father, this was way back in 1912 -- required
of him in order to force the addition of further restrictions. Not only are the
calculations my grandfather would be requiring of his mother-in-law too
difficult, but it would be impossible for him to find cues to indicate to her
that the calculations should be made, even if they were within his
mother-in-law’s compass. So one is tempted to conclude that no regress is
involved.” But even should this conclusion be correct, we seem to be left with
an uncomfortable situation. For though we may know that we do not need an
infinite series of backward-looking sub-clauses, we cannot say just how many
such sub-clauses are required. “Indeed, it looks as if the definitional
expansion of "By uttering x emisor E communicates that p" might have to vary from case to case, depending on
such things as the nature of the intended response, the circumstances in which
the attempt to elicit the response is made (say, a musical soirée at Harborne
in mid-1912), and the intelligence of the utterer (in this case my grandfather)
and of the addressee (his mother in law).” It is dubious whether such variation
can be acceptable. However, Grice genially finds out that this ennerving
difficulty (of the type some of Grice’s tutees trying to outshine him would
display) is avoided if we could eliminate potential counter-examples not by
requiring the emisor to have certain additional, backward-looking, intentions,
but rather by requiring the emisor *not* to have a certain sort of intention or
complex of intentions. Potential counterexamples of the kind involves the
construction of a situation in which the emisor E intends the sendee S, in the
reflection process by which the sendee S is supposed to reach his response,
both to rely on some inference-element, i. e., ome premise or some inferential
step, E, and also to think that the emisor E intends his sendee S not to rely
on E. “What I propose, then, is to uproot such potential counterexamples by a
single clause which prohibits the emisor from having this kind of complex
intention.” We reach a redefinition: "the emisor E means that p by
uttering x" is true iff (for some sendee S and for some response r): (a)
the emisor U utters x intending (i) the sendee to produce r (2) the sendee S to think the emisor E to
intend (i) (3) the sendee S’s fulfillment of (i) to be based on the sendee S’s
fulfillment of (2) (b) there is no inference-element E such that the emsior E
utters x intending both (i') that the sendee S’s determination of r should rely
on the inference element e and (2') that the sendee S should think the emisor E
to intend that (I') be false.”
transversum -- Transversalitya term Grice borrowed from
Heidegger‘the greatest philosopher that ever lived.” -- transcendence of the sovereignty of identity
or self-sameness by recognizing the alterity of the Other as Unterschied to use Heidegger’s term which signifies the sense of relatedness by
way of difference. An innovative idea employed and appropriated by such diverse
philosophers as Merleau-Ponty, Sartre, Gilles Deleuze, and Félix Guattari,
transversality is meant to replace the Eurocentric formulation of truth as
universal in an age when the world is said to be rushing toward the global
village. Universality has been a Eurocentric idea because what is particular in
the West is universalized, whereas what is particular elsewhere remains
particularized. Since its center is everywhere and its circumference nowhere,
truth is polycentric and correlative. Particularly noteworthy is the phenomenologist Calvin O. Schrag’s attempt to
appropriate transversality by splitting the difference between the two extremes
of absolutism and relativism on the one hand and modernity’s totalizing
practices and postmodernity’s fragmentary tendencies on the other.
tropic: Grice: “Cf. Cicero, ‘Tropicus, and
sub-tropicus’ –“ used by R. M. Hare and H. P. GriceHare introduced the ‘tropic’
to contrast with the ‘phrastic,’ the ‘neustic,’ and the ‘clistic’“I often
wondered if Hare was not distinguishing too narrowly”H. P. Grice --trope, in
recent philosophical usage, an “abstract particular”; an instance of a property
occurring at a particular place and time, such as the color of the cover of
this book or this . The whiteness of this
and the whiteness of the previous
are two distinct tropes, identical neither with the universal whiteness
that is instantiated in both s, nor with the
itself; although the whiteness of this
cannot exist independently of this , this could be dyed some other color. A number of
writers, perhaps beginning with D. C. Williams, have argued that tropes must be
included in our ontology if we are to achieve an adequate metaphysics. More
generally, a trope is a figure of speech, or the use of an expression in a
figurative or nonliteral sense. Metaphor and irony, e.g., fall under the
category of tropes. If you are helping someone move a glass table but drop your
end, and your companion says, “Well, you’ve certainly been a big help,” her
utterance is probably ironical, with the intended meaning that you have been no
help. One important question is whether, in order to account for the ironical
use of this sentence, we must suppose that it has an ironical meaning in
addition to its literal meaning. Quite generally, does a sentence usable to
express two different metaphors have, in addition to its literal meaning, two
metaphorical meanings and another if it
can be hyperbolic, and so forth? Many philosophers and other theorists from
Aristotle on have answered yes, and postulated such figurative meanings in
addition to literal sentence meaning. Recently, philosophers loath to multiply
sentence meanings have denied that sentences have any non-literal
meanings.Their burden is to explain how, e.g., a sentence can be used
ironically if it does not have an ironical sense or meaning. Such philosophers
disagree on whether tropes are to be explained semantically or pragmatically. A
semantic account might hypothesize that tropes are generated by violations of
semantical rules. An important pragmatic approach is Grice’s suggestion that
tropes can be subsumed under the more general phenomenon of conversational
implicaturum.
tukey’s bit: from binary digit, a unit or measure of information.
Suggested by John W. Tukey, a bit is both an amount of information a reduction
of eight equally likely possibilities to one generates three bits [% log2 8] of
information and a system of representing that quantity. The binary system uses
1’s and 0’s.
Turing: Grice: “While not a philosopher, Turing’s thought
experiment is about the ‘conceptual analysis’ of ‘thought’” --similar to a
Griceian machine -- a machine, an
abstract automaton or imagined computer consisting of a finite automaton
operating an indefinitely long storage tape. The finite automaton provides the
computing power of the machine. The tape is used for input, output, and
calculation workspace; in the case of the universal Turing machine, it also
specifies another Turing machine. Initially, only a finite number of squares of
the tape are marked with symbols, while the rest are blank. The finite
automaton part of the machine has a finite number of internal states and
operates discretely, at times t % 0, 1, 2, . . . . At each time-step the
automaton examines the tape square under its tape head, possibly changes what
is there, moves the tape left or right, and then changes its internal state.
The law governing this sequence of actions is deterministic and is defined in a
state table. For each internal state and each tape symbol or blank under the
tape head, the state table describes the tape action performed by the machine
and gives the next internal state of the machine. Since a machine has only a
finite number of internal states and of tape symbols, the state table of a
machine is finite in length and can be stored on a tape. There is a universal
Turing machine Mu that can simulate every Turing machine including itself: when
the state table of any machine M is written on the tape of Mu, the universal
machine Mu will perform the same input-output computation that M performs. Mu
does this by using the state table of M to calculate M’s complete history for
any given input. Turing machines may be thought of as conceptual devices for
enumerating the elements of an infinite set e.g., the theorems of a formal
language, or as decision machines e.g., deciding of any truth-functional
formula whether it is a tautology. A. M. Turing showed that there are welldefined
logical tasks that cannot be carried out by any machine; in particular, no
machine can solve the halting problem. Turing’s definition of a machine was
theoretical; it was not a practical specification for a machine. After the
modern electronic computer was invented, he proposed a test for judging whether
there is a computer that is behaviorally equivalent to a human in reasoning and
intellectual creative power. The Turing test is a “black box” type of
experiment that Turing proposed as a way of deciding whether a computer can
think. Two rooms are fitted with the same input-output equipment going to an
outside experimenter. A person is placed in one room and a programmed
electronic computer in the other, each in communication with the experimenter.
By issuing instructions and asking questions, the experimenter tries to decide
which room has the computer and which the human. If the experimenter cannot
tell, that outcome is strong evidence that the computer can think as well as
the person. More directly, it shows that the computer and the human are
equivalent for all the behaviors tested. Since the computer is a finite
automaton, perhaps the most significant test task is that of doing creative
mathematics about the non-enumerable infinite.
tychism: from Grecian tyche, ‘chance’, Peirce’s doctrine that
there is absolute chance in the universe and its fundamental laws are
probabilistic and inexact. Peirce’s tychism is part of his evolutionary
cosmology, according to which all regularities of nature are products of growth
and development, i.e., results of evolution. The laws of nature develop over
time and become increasingly rigid and exact; the apparently deterministic laws
of physics are limiting cases of the basic, probabilistic laws. Underlying all
other laws is “the tendency of all things to take habits”; Peirce calls this
the Law of Habit. In his cosmology his tychism is associated with synechism,
the doctrine of the continuity of nature. His synechism involves the doctrine
of the continuity of mind and matter; Peirce sometimes expressed this view by
saying that “matter is effete mind.”
type: v.
Grice’s three-year-old’s guide to Russell’s theory of type
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