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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Wednesday, December 23, 2020

il grand tour di grice: impiegato 25/27

 

telementationalism: see psi-transmission. The coinage is interesting. Since Grice has an essay on ‘modest mentalism,’ and would often use ‘mental’ for ‘psychological,’ it does make sense. ‘Ideationalism’ is analogous. this is a special note, or rather, a very moving proem, on Grices occasion of delivering his lectures on ‘Aspects of reason and reasoning’ at Oxford as the Locke Lectures at Merton. Particularly apt in mentioning, with humility, his having failed, *thrice* [sic] to obtain the Locke lectureship, Strawson did, at once, but feeling safe under the ægis of that great English philosopher (viz. Locke! always implicated, never explicited) now. Grice starts the proem in a very moving, shall we say, emotional, way: I find it difficult to convey to you just how happy I am, and how honoured I feel, in being invited to give these lectures. Difficult, but not impossible. I think of this university and this city, it has a cathedral, which were my home for thirty-six years, as my spiritual and intellectual parents. The almost majestic plural is Grices implicaturum to the town and gown! Whatever I am was originally fashioned here; I never left Oxford, Oxford made me, and I find it a moving experience to be, within these splendid and none too ancient walls, once more engaged in my old occupation of rendering what is clear obscure, by flouting the desideratum of conversational clarity and the conversational maxim, avoid obscurity of expression, under be perspicuous [sic]!. Grices implicaturum on none too ancient seems to be addressed to the truly ancient walls that saw Athenian dialectic! On the other hand, Grices funny variant on the obscurum per obscurius ‒ what Baker found as Grices skill in rendering an orthodoxy into a heterodoxy! Almost! By clear Grice implicates Lewis and his clarity is not enough! I am, at the same time, proud of my mid-Atlantic [two-world] status, and am, therefore, delighted that the Old World should have called me in, or rather recalled me, to redress, for once, the balance of my having left her for the New. His implicaturum seems to be: Strictly, I never left? Grice concludes his proem: I am, finally, greatly heartened by my consciousness of the fact that that great English philosopher, under whose ægis I am now speaking, has in the late afternoon of my days extended to me his Lectureship as a gracious consolation for a record threefold denied to me, in my early morning, of his Prize. I pray that my present offerings may find greater favour in his sight than did those of long ago. They did! Even if Locke surely might have found favour to Grices former offerings, too, Im sure. Refs.: The allusions to Locke are in “Aspects.” Good references under ‘ideationalism,’ above, especially in connection with Myro’s ‘modest mentalism,’ The H. P. Grice Papers, BANC.

 

telesio: philosopher whose empiricism influences Francis Bacon and Galileo. Telesio studies in Padova, where he completed his doctorate,  and practiced philosophy in Naples and Cosenza without holding any academic position. His major oeuvre, “De rerum natura iuxta propria principia,” contains an attempt to interpret nature on the basis of its own principles, which Telesio identifies with the two incorporeal active forces of heat and cold, and the corporeal and passive physical substratum. As the two active forces permeate all of nature and are endowed with sensation, Telesio argues that all of nature possesses some degree of sensation. Human beings share with animals a material substance produced by heat and coming into existence with the body, called spirit. They are also given a mind by God. Telesio knew various interpretations of Aristotle. However, Telesio  broke with foreign exegeses, criticizing Aristotle’s Physics and claiming that nature is investigated better by the senses than by the intellect. Bernardino Telesio (n. Cosenza) filosofo. Mentre le sue teorie naturali sono state successivamente smentite, la sua enfasi sull'osservazione fece il "primo dei moderni" che alla fine hanno sviluppato il metodo scientifico.  Telesio è nato da genitori nobili in Cosenza , una città in Calabria, Italia meridionale. È stato istruito a Milano dallo zio, Antonio, lui stesso uno studioso e poeta di eminenza, e poi a Roma e Padova . I suoi studi hanno incluso tutta la vasta gamma di argomenti, classici , scienza e filosofia, che costituivano il curriculum degli rinascimentali sapienti. Così equipaggiata, ha iniziato il suo attacco sul aristotelismo medievale che poi fiorì a Padova e Bologna . Nel 1553 si sposò e si stabilì a Cosenza, diventando il fondatore dell'Accademia Cosentina . Per un certo periodo ha vissuto nella casa di Alfonso III Carafa , duca di Nocera. Nel 1563, o forse due anni più tardi, apparve la sua grande opera De Rerum Natura Iuxta Propria Principia ( Sulla natura delle cose secondo i loro propri principi ), seguito da un gran numero di opere scientifiche e filosofiche di importanza sussidiaria. Le opinioni eterodosse, che ha mantenuto suscitato l'ira della Chiesa per conto del suo amato aristotelismo , e poco tempo dopo la sua morte i suoi libri sono stati immessi sul Index.  Steepto  Teoria della materia, calore e freddo Invece di postulare materia e forma, si basa l'esistenza sulla materia e la forza. Questa forza ha due elementi opposti: calore, che si espande, e fredde, che i contratti. Questi due processi rappresentano tutte le diverse forme e tipi di esistenza, mentre la massa su cui opera la forza rimane la stessa. L'armonia del tutto consiste nel fatto che ogni cosa separata sviluppa in sé e per sé conformemente alla sua natura e allo stesso tempo il suo moto avvantaggia il resto. I difetti evidenti di questa teoria, (1) che solo i sensi possono non comprendere materia stessa, (2) che non è chiaro come la molteplicità dei fenomeni potrebbe derivare da queste due forze, pensato non è meno convincente di Aristotles caldo / freddo , secca spiegazione / umido, e (3) che ha addotto alcuna prova per dimostrare l'esistenza di queste due forze, sono stati sottolineato a suo tempo dal suo allievo, Patrizzi .  Inoltre, la sua teoria della terra fredda a riposo e il sole caldo in moto era destinato a confutazione per mano di Copernico . Allo stesso tempo, la teoria era sufficientemente coerente per fare una grande impressione sul pensiero italiano. Va ricordato, però, che la sua obliterazione di una distinzione tra superlunar e fisica sublunare era certamente abbastanza preveggente anche se non riconosciuto dai suoi successori come particolarmente degno di nota. Quando Telesio ha continuato a spiegare la relazione tra mente e materia, era ancora più eterodossa. Forze materiali sono, per ipotesi, in grado di sentire; questione deve anche essere stato fin dal primo dotato di coscienza. Per la coscienza esiste, e non avrebbe potuto essere sviluppato dal nulla. Questo lo porta a una forma di ilozoismo . Anche in questo caso, l'anima è influenzato dalle condizioni materiali; di conseguenza, l'anima deve avere un esistenza materiale. Ha inoltre dichiarato che tutta la conoscenza è sensazione ( "non-ratione sensu sed") e che l'intelligenza è, quindi, un agglomerato di dati isolati, in sensi. Non lo fa, però, riesce a spiegare come solo i sensi possono percepire la differenza e identità.  Alla fine del suo schema, probabilmente in ossequio alla teologiche pregiudizi, ha aggiunto un elemento che era completamente estraneo, vale a dire, un impulso più alto, un'anima sovrapposta da Dio, in virtù della quale ci sforziamo di là del mondo sensibile. Questa anima divina non è affatto un concetto completamente nuovo, se visto nel contesto di Averroestic o tommasiana teoria percettiva.  L'intero sistema di Telesio mostra lacune nella sua tesi, e l'ignoranza dei fatti, ma allo stesso tempo è un precursore di tutte le successive dell'empirismo , scientifico e filosofico, e segna chiaramente il periodo di transizione da autorità e la ragione di sperimentare e individuale responsabilità. Il ricorso a dati sensoriali  Statua di Bernardino Telesio in Piazza XV Marzo, Cosenza Telesio era il capo del grande movimento italiano del sud, che ha protestato contro l'autorità accettata della ragione astratta e semina i semi da cui spuntavano i metodi scientifici di Tommaso Campanella e Giordano Bruno , di Francis Bacon e René Descartes , con i loro risultati ampiamente divergenti. Egli, quindi, ha abbandonato la sfera puramente intellettuale e ha proposto un'indagine sui dati forniti dai sensi, dai quali ha ricoperto che tutta la vera conoscenza viene veramente (la sua teoria della percezione sensoriale era essenzialmente una rielaborazione della teoria di Aristotele dal De anima ).  Telesio scrive all'inizio del Proemio del primo libro della terza edizione del De Rerum Natura Iuxta propria principia Libri Ix ... "che la costruzione del mondo e la grandezza dei corpi in esso contenuti, e la natura del mondo, è da ricercare non dalla ragione, come è stato fatto dagli antichi, ma è da intendersi per mezzo di osservazione." ( Mundi constructionem, corporumque in eo contentorum magnitudinem, naturamque non ratione, quod antiquioribus factum est, inquirendam, sed sensu percipiendam. ) Questa affermazione, che si trova sulla prima pagina, riassume ciò che molti studiosi moderni hanno generalmente considerato filosofia telesiana, e spesso sembra che molti non leggere oltre per nella pagina successiva si imposta il suo caldo teoria / freddo della materia informata, una teoria che non è chiaramente informato dalla nostra idea moderna di osservazione. Per Telesio, l'osservazione ( sensu percipiendam ) è un processo mentale molto più grande di una semplice registrazione dei dati, l'osservazione comprende anche il pensiero analogico.  Anche se Francis Bacon è generalmente accreditato al giorno d'oggi, con la codificazione di un induttiva metodo che sottoscrive pienamente l'osservazione come procedura primaria per l'acquisizione di conoscenze, non era certamente il primo a suggerire che la percezione sensoriale dovrebbe essere la fonte primaria per la conoscenza. Tra i filosofi naturali del Rinascimento, questo onore è generalmente conferito a Telesio. Bacone si riconosce Telesio come "il primo dei moderni" ( De Telesio autem bene sentimus, atque eum ut amantem veritatis, e Scientiis utilem, e nonnullorum Placitorum emendatorem & novorum hominum primum agnoscimus. , Da Bacon De principiis atque originibus ) per mettere l'osservazione di sopra di tutti gli altri metodi di acquisizione delle conoscenze sul mondo naturale. Questa frase spesso citata da Bacon, però, è fuorviante, perché semplifica eccessivamente e travisa l'opinione di Bacone di Telesio. La maggior parte del saggio di Bacon è un attacco a Telesio e questa frase, invariabilmente fuori contesto, ha facilitato un malinteso generale della filosofia naturale telesiana dando ad essa un timbro baconiana di approvazione, che era lontano dalle intenzioni originali di Bacon. Bacone vede in Telesio un alleato nella lotta contro l'antica autorità, ma ha poco positivo da dire su specifiche teorie di Telesio.  Ciò che forse colpisce di più De Rerum Natura è il tentativo di Telesio di meccanizzare il più possibile. Telesio si sforza di spiegare tutto chiaramente in termini di materia informati dalla calda e fredda e per mantenere i suoi argomenti il più semplice possibile. Quando i suoi colloqui si rivolgono agli esseri umani che introduce un istinto di auto-conservazione per spiegare le loro motivazioni. E quando discute la mente umana e la sua capacità di ragionare in astratto su argomenti immateriali e divine, aggiunge un'anima. Per senza anima, tutto il pensiero, dal suo ragionamento, sarebbe limitato alle cose materiali. Ciò renderebbe Dio impensabile e chiaramente questo non era il caso, per l'osservazione dimostra che la gente pensa di Dio.  Telesii, Bernardini (1586). De Rerum Natura Iuxta Propia Principii, Libri IX . Horatium Saluianum, Napoli. Oltre a De Rerum Natura , ha scritto:  de Somno De la quae in aere fiunt de Mari De cometis et Circulo Lactea respirationis De USU. Gli appunti Riferimenti Neil C. Van Deusen, Telesio: primo dei moderni (New York, 1932) link esterno  Wikimedia Commons ha mezzi relativi a Bernardino Telesio . Stanford Encyclopedia of Philosophy entry De La sua, Quae in aere Sunt, & de Terraemotibuspiena facsimile digitale a Linda Hall Library. Refs.: Luigi Speranza, “Telesio e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

tempus: cited by Grice and Myro in the Grice-Myro theory of identity. tense logic, an extension of classical logic introduced by Arthur Prior Past, Present, and Future, 7, involving operators P and F for the past and future tenses, or ‘it was the case that . . .’ and ‘it will be the case that . . .’. Classical or mathematical logic was developed as a logic of unchanging mathematical truth, and can be applied to tensed discourse only by artificial regimentation inspired by mathematical physics, introducing quantification over “times” or “instants.” Thus ‘It will have been the case that p,’ which Prior represents simply as FPp, classical logic represents as ‘There [exists] an instant t and there [exists] an instant tH such that t [is] later than the present and tH [is] earlier than t, and at tH it [is] the case that pH, or DtDtH t o‹t8tH ‹t8ptH, where the brackets indicate that the verbs are to be understood as tenseless. Prior’s motives were in part linguistic to produce a formalization less removed from natural language than the classical and in part metaphysical to avoid ontological commitment to such entities as instants. Much effort was devoted to finding tense-logical principles equivalent to various classical assertions about the structure of the earlierlater order among instants; e.g., ‘Between any two instants there is another instant’ corresponds to the validity of the axioms Pp P PPp and Fp P FFp. Less is expressible using P and F than is expressible with explicit quantification over instants, and further operators for ‘since’ and ‘until’ or ‘now’ and ‘then’ have been introduced by Hans Kamp and others. These are especially important in combination with quantification, as in ‘When he was in power, all who now condemn him then praised him.’ As tense is closely related to mood, so tense logic is closely related to modal logic. As Kripke models for modal logic consist each of a set X of “worlds” and a relation R of ‘x is an alternative to y’, so for tense logic they consist each of a set X of “instants” and a relation R of ‘x is earlier than y’: Thus instants, banished from the syntax or proof theory, reappear in the semantics or model theory. Modality and tense are both involved in the issue of future contingents, and one of Prior’s motives was a desire to produce a formalism in which the views on this topic of ancient, medieval, and early modern logicians from Aristotle with his “sea fight tomorrow” and Diodorus Cronos with his “Master Argument” through Ockham to Peirce could be represented. The most important precursor to Prior’s work on tense logic was that on many-valued logics by Lukasiewicz, which was motivated largely by the problem of future contingents. Also related to tense and mood is aspect, and modifications to represent this grammatical category evaluating formulas at periods rather than instants of time have also been introduced. Like modal logic, tense logic has been the object of intensive study in theoretical computer science, especially in connection with attempts to develop languages in which properties of programs can be expressed and proved; variants of tense logic under such labels as “dynamic logic” or “process logic” have thus been extensively developed for technological rather than philosophical motives. Refs.: H. P. Grice, “D. H. Mellor on real and irreal time.” applied by H. P. Grice and G. Myro in the so-called “Grice-Myro theory of identity,” a time-relative identity, drawing from A. N. Prior, of Oxford, D. Wiggins, Wykeham professor of logic at Oxford, and Geach (married to an Oxonian donna),  time, “a moving image of eternity” Plato; “the number of movements in respect of the before and after” Aristotle; “the Life of the Soul in movement as it passes from one stage of act or experience to another” Plotinus; “a present of things past, memory, a present of things present, sight, and a present of things future, expectation” Augustine. These definitions, like all attempts to encapsulate the essence of time in some neat formula, are unhelpfully circular because they employ temporal notions. Although time might be too basic to admit of definition, there still are many questions about time that philosophers have made some progress in answering by analysis both of how we ordinarily experience and talk about time, and of the deliverances of science, thereby clarifying and deepening our understanding of what time is. What follows gives a sample of some of the more important of these issues. Temporal becoming and the A- and B-theories of time. According to the B-theory, time consists in nothing but a fixed “B-series” of events running from earlier to later. The A-theory requires that these events also form an “A-series” going from the future through the present into the past and, moreover, shift in respect to these determinations. The latter sort of change, commonly referred to as “temporal becoming,” gives rise to well-known perplexities concerning both what does the shifting and the sort of shift involved. Often it is said that it is the present or now that shifts to ever-later times. This quickly leads to absurdity. ‘The present’ and ‘now’, like ‘this time’, are used to refer to a moment of time. Thus, to say that the present shifts to later times entails that this very moment of time  the present  will become some other moment of time and thus cease to be identical with itself! Sometimes the entity that shifts is the property of nowness or presentness. The problem is that every event has this property at some time, namely when it occurs. Thus, what must qualify some event as being now simpliciter is its having the property of nowness now; and this is the start of an infinite regress that is vicious because at each stage we are left with an unexpurgated use of ‘now’, the very term that was supposed to be analyzed in terms of the property of nowness. If events are to change from being future to present and from present to past, as is required by temporal becoming, they must do so in relation to some mysterious transcendent entity, since temporal relations between events and/or times cannot change. The nature of the shift is equally perplexing, for it must occur at a particular rate; but a rate of change involves a comparison between one kind of change and a change of time. Herein, it is change of time that is compared to change of time, resulting in the seeming tautology that time passes or shifts at the rate of one second per second, surely an absurdity since this is not a rate of change at all. Broad attempted to skirt these perplexities by saying that becoming is sui generis and thereby defies analysis, which puts him on the side of the mystically inclined Bergson who thought that it could be known only through an act of ineffable intuition. To escape the clutches of both perplexity and mysticism, as well as to satisfy the demand of science to view the world non-perspectivally, the B-theory attempted to reduce the A-series to the B-series via a linguistic reduction in which a temporal indexical proposition reporting an event as past, present, or future is shown to be identical with a non-indexical proposition reporting a relation of precedence or simultaneity between it and another event or time. It is generally conceded that such a reduction fails, since, in general, no indexical proposition is identical with any non-indexical one, this being due to the fact that one can have a propositional attitude toward one of them that is not had to the other; e.g., I can believe that it is now raining without believing that it rains tenselessly at t 7. The friends of becoming have drawn the wrong moral from this failure  that there is a mysterious Mr. X out there doing “The Shift.” They have overlooked the fact that two sentences can express different propositions and yet report one and the same event or state of affairs; e.g., ‘This is water’ and ‘this is a collection of H2O molecules’, though differing in sense, report the same state of affairs  this being water is nothing but this being a collection of H2O molecules. It could be claimed that the same holds for the appropriate use of indexical and non-indexical sentences; the tokening at t 7 of ‘Georgie flies at this time at present’ is coreporting with the non-synonymous ‘Georgie flies tenselessly at t 7’, since Georgie’s flying at this time is the same event as Georgie’s flying at t 7, given that this time is t 7. This effects the same ontological reduction of the becoming of events to their bearing temporal relations to each other as does the linguistic reduction. The “coreporting reduction” also shows the absurdity of the “psychological reduction” according to which an event’s being present, etc., requires a relation to a perceiver, whereas an event’s having a temporal relation to another event or time does not require a relation to a perceiver. Given that Georgie’s flying at this time is identical with Georgie’s flying at t 7, it follows that one and the same event both does and does not have the property of requiring relation to a perceiver, thereby violating Leibniz’s law that identicals are indiscernible. Continuous versus discrete time. Assume that the instants of time are linearly ordered by the relation R of ‘earlier than’. To say that this order is continuous is, first, to imply the property of density or infinite divisibility: for any instants i 1 and i 2 such that Ri1i 2, there is a third instant i 3, such that Ri1i 3 and Ri3i 2. But continuity implies something more since density allows for “gaps” between the instants, as with the rational numbers. Think of R as the ‘less than’ relation and the i n as rationals. To rule out gaps and thereby assure genuine continuity it is necessary to require in addition to density that every convergent sequence of instants has a limit. To make this precise one needs a distance measure d ,  on pairs of instants, where di m, i n is interpreted as the lapse of time between i m and i n. The requirement of continuity proper is then that for any sequence i l , i 2, i 3, . . . , of instants, if di m i n P 0 as m, n P C, there is a limit instant i ø such that di n, iø  P 0 as n P C. The analogous property obviously fails for the rationals. But taking the completion of the rationals by adding in the limit points of convergent sequences yields the real number line, a genuine continuum. Numerous objections have been raised to the idea of time as a continuum and to the very notion of the continuum itself. Thus, it was objected that time cannot be composed of durationless instants since a stack of such instants cannot produce a non-zero duration. Modern measure theory resolves this objection. Leibniz held that a continuum cannot be composed of points since the points in any finite closed interval can be put in one-to-one correspondence with a smaller subinterval, contradicting the axiom that the whole is greater than any proper part. What Leibniz took to be a contradictory feature is now taken to be a defining feature of infinite collections or totalities. Modern-day Zenoians, while granting the viability of the mathematical doctrine of the continuum and even the usefulness of its employment in physical theory, will deny the possibility of its applying to real-life changes. Whitehead gave an analogue of Zeno’s paradox of the dichotomy to show that a thing cannot endure in a continuous manner. For if i 1, i 2 is the interval over which the thing is supposed to endure, then the thing would first have to endure until the instant i 3, halfway between i 1 and i 2; but before it can endure until i 3, it must first endure until the instant i 4 halfway between i 1 and i 3, etc. The seductiveness of this paradox rests upon an implicit anthropomorphic demand that the operations of nature must be understood in terms of concepts of human agency. Herein it is the demand that the physicist’s description of a continuous change, such as a runner traversing a unit spatial distance by performing an infinity of runs of ever-decreasing distance, could be used as an action-guiding recipe for performing this feat, which, of course, is impossible since it does not specify any initial or final doing, as recipes that guide human actions must. But to make this anthropomorphic demand explicit renders this deployment of the dichotomy, as well as the arguments against the possibility of performing a “supertask,” dubious. Anti-realists might deny that we are committed to real-life change being continuous by our acceptance of a physical theory that employs principles of mathematical continuity, but this is quite different from the Zenoian claim that it is impossible for such change to be continuous. To maintain that time is discrete would require not only abandoning the continuum but also the density property as well. Giving up either conflicts with the intuition that time is one-dimensional. For an explanation of how the topological analysis of dimensionality entails that the dimension of a discrete space is 0, see W. Hurewicz, Dimension Theory, 1. The philosophical and physics literatures contain speculations about a discrete time built of “chronons” or temporal atoms, but thus far such hypothetical entities have not been incorporated into a satisfactory theory. Absolute versus relative and relational time. In a scholium to the Principia, Newton declared that “Absolute, true and mathematical time, of itself and from its own nature, flows equably without relation to anything external.” There are at least five interrelated senses in which time was absolute for Newton. First, he thought that there was a frame-independent relation of simultaneity for events. Second, he thought that there was a frame-independent measure of duration for non-simultaneous events. He used ‘flows equably’ not to refer to the above sort of mysterious “temporal becoming,” but instead to connote the second sense of absoluteness and partly to indicate two further kinds of absoluteness. To appreciate the latter, note that ‘flows equably’ is modified by ‘without relation to anything external’. Here Newton was asserting third sense of ‘absolute’ that the lapse of time between two events would be what it is even if the distribution and motions of material bodies were different. He was also presupposing a related form of absoluteness fourth sense according to which the metric of time is intrinsic to the temporal interval. Leibniz’s philosophy of time placed him in agreement with Newton as regards the first two senses of ‘absolute’, which assert the non-relative or frame-independent nature of time. However, Leibniz was very much opposed to Newton on the fourth sense of ‘absolute’. According to Leibniz’s relational conception of time, any talk about the length of a temporal interval must be unpacked in terms of talk about the relation of the interval to an extrinsic metric standard. Furthermore, Leibniz used his principles of sufficient reason and identity of indiscernibles to argue against a fifth sense of ‘absolute’, implicit in Newton’s philosophy of time, according to which time is a substratum in which physical events are situated. On the contrary, the relational view holds that time is nothing over and above the structure of relations of events. Einstein’s special and general theories of relativity have direct bearing on parts of these controversies. The special theory necessitates the abandonment of frame-independent notions of simultaneity and duration. For any pair of spacelike related events in Minkowski space-time there is an inertial frame in which the events are simultaneous, another frame in which the first event is temporally prior, and still a third in which the second event is temporally prior. And the temporal interval between two timelike related events depends on the worldline connecting them. In fact, for any e  0, no matter how small, there is a worldline connecting the events whose proper length is less than e. This is the essence of the so-called twin paradox. The general theory of relativity abandons the third sense of absoluteness since it entails that the metrical structure of space-time covaries with the distribution of mass-energy in a manner specified by Einstein’s field equations. But the heart of the absoluterelational controversy  as focused by the fourth and fifth senses of ‘absolute’  is not settled by relativistic considerations. Indeed, opponents from both sides of the debate claim to find support for their positions in the special and general theories. H. P. Grice, “D. H. Mellor on real and irreal time.” Tempus is ne of Arsitotle’s categories, along with spacecfr. Kantand Grice on Strawson’s “Individuals” -- time slice: used by Grice in two different contexts: personal identity, and identity in general. In identity in general, Grice draws from Geach and Wiggins, and with the formal aid of Myro, construct a system of a first-order predicate calculus with time-relative identity -- a temporal part or stage of any concrete particular that exists for some interval of time; a three-dimensional cross section of a fourdimensional object. To think of an object as consisting of time slices or temporal stages is to think of it as related to time in much the way that it is related to space: as extending through time as well as space, rather than as enduring through it. Just as an object made up of spatial parts is thought of as a whole made up of parts that exist at different locations, so an object made up of time slices is thought of as a whole made up of parts or stages that exist at successive times; hence, just as a spatial whole is only partly present in any space that does not include all its spatial parts, so a whole made up of time slices is only partly present in any stretch of time that does not include all its temporal parts. A continuant, by contrast, is most commonly understood to be a particular that endures through time, i.e., that is wholly present at each moment at which it exists. To conceive of an object as a continuant is to conceive of it as related to time in a very different way from that in which it is related to space. A continuant does not extend through time as well as space; it does not exist at different times by virtue of the existence of successive parts of it at those times; it is the continuant itself that is wholly present at each such time. To conceive an object as a continuant, therefore, is to conceive it as not made up of temporal stages, or time slices, at all. There is another, less common, use of ‘continuant’ in which a continuant is understood to be any particular that exists for some stretch of time, regardless of whether it is the whole of the particular or only some part of it that is present at each moment of the particular’s existence. According to this usage, an entity that is made up of time slices would be a kind of continuant rather than some other kind of particular. Philosophers have disputed whether ordinary objects such as cabbages and kings endure through time are continuants or only extend through time are sequences of time slices. Some argue that to understand the possibility of change one must think of such objects as sequences of time slices; others argue that for the same reason one must think of such objects as continuants. If an object changes, it comes to be different from itself. Some argue that this would be possible only if an object consisted of distinct, successive stages; so that change would simply consist in the differences among the successive temporal parts of an object. Others argue that this view would make change impossible; that differences among the successive temporal parts of a thing would no more imply the thing had changed than differences among its spatial parts would.  H. P. Grice, “D. H. Mellor on real and irreal time.”

 

TERMINATVM – TERMINANS – TERMINATURUM -- Terminus horos -- Cicero’s transliteration of the Greianism --. terminist logic, a school of semantics until its demise in the humanistic reforms. The chief goal of ‘terminisim’or terministic semantics -- is the elucidation (or conceptual analysis) of the  form, the “exposition,” of a proposition advanced in the context of Scholastic disputation. The cntral theory of terminisitc semantics concerns this or that property of this or that term, especially the suppositum. Terminisic semantics does the work of modern quantification theory. Important semanticists in the school include Peter of Spain, Sherwood, Burleigh (Burlaeus), Heytesbury, and Paolo Veneto. terminus a quo-terminus a quem distinction, the: used by Grice for the starting point of some process, as opposed to the terminus ad quem, the ending point. E. g., change is a process that begins from some state, the terminus a quo, and proceeds to some state at which it ends, the terminus ad quem. In particular, in the ripening of an apple, the green apple is the terminus a quo and the red apple is the terminus ad quem.

 

tertulliano: RomanGrice says that ‘you’re the cream in my coffee’ is absurd“Can you believe it?” -- Adored by Grice because he believed what he thought was absurd.  theologian, an early father of the Christian church. A layman from Carthage, he laid the conceptual and linguistic basis for the doctrine of the Trinity. Though appearing hostile to philosophy “What has Athens to do with Jerusalem?” and to rationality “It is certain because it is impossible”, Tertullian was steeped in Stoicism. He denounced all eclecticism not governed by the normative tradition of Christian doctrine, yet commonly used philosophical argument and Stoic concepts e.g., the corporeality of God and the soul. Despite insisting on the sole authority of the New Testament apostles, he joined with Montanism, which taught that the Holy Spirit was still inspiring prophecy concerning moral discipline. Reflecting this interest in the Spirit, Tertullian pondered the distinctions to which he gave the neologism trinitas within God. God is one “substance” but three “persons”: a plurality without division. The Father, Son, and Spirit are distinct, but share equally in the one Godhead. This threeness is manifest only in the “economy” of God’s temporal action toward the world; later orthodoxy e.g. Athanasius, Basil the Great, Augustine, would postulate a Triunity that is eternal and “immanent,” i.e., internal to God’s being.  Tertulliano  Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai cercando il nome proprio di persona, vedi Tertulliano (nome).  Tertulliano Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (in latino: Quintus Septimius Florens Tertullianus; Cartagine, 155 circa230 circa) , conosciuto semplicemente come Tertulliano, è stato uno scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, fra i più celebri del suo tempo. Negli ultimi anni della sua vita entrò in contatto con alcune sette ritenute eretiche, come quella riconducibile al prete Montano; per questo motivo fu l'unico apologeta cristiano antico, insieme ad Origene Adamantio, a non ottenere il titolo di Padre della Chiesa.Tertulliano nacque a Cartagine verso la metà del II secolo (intorno al 155) da genitori pagani (patre centurione proconsulari, figlio di un centurione proconsolare) e, dopo essere stato verosimilmente iniziato ai misteri di Mitra, compì gli studi di retorica e diritto nelle scuole tradizionali imparando il greco. Visse durante l'impero di Settimio Severo e Caracalla.  Dopo una giovinezza dissipata esercitò la professione di avvocato dapprima in Africa e in seguito a Roma; ritornò quindi nella città natale e probabilmente verso il 195 si convertì al cristianesimo, attratto forse dall'esempio dei martiri (Cfr. Apol. 50,15; Ad Scap. 5,4) Nel 197 scrisse la sua prima opera, Ad nationes ("Ai pagani").  Presi gli ordini sacerdotali, adottò posizioni religiose molto intransigenti e nel 213 aderì alla setta religiosa dei montanisti, nota proprio per la sua intransigenza e il suo fanatismo. Anche nel periodo montanista, per Tertulliano la Chiesa è sempre "Madre".  Negli ultimi anni della sua vita abbandonò il gruppo per fondarne uno nuovo, quello dei tertullianisti. Quest'ultima setta era ancora esistente all'epoca di sant'Agostino, che riferisce di averla fatta rientrare nell'alveo dell'ortodossia. Le ultime notizie che si possiedono su Tertulliano risalgono al 222, quando attaccò polemicamente il pontefice romano Callisto. La sua morte si data dopo il 230.  Pensiero Tertulliano è un grande teorico e un acuto pensatore che assume un posto di rilievo nel panorama letterario del suo tempo.  Dottrina trinitaria È considerato un grande teologo cristiano soprattutto perché pensa ed esprime la teologia trinitaria attraverso una terminologia latina rigorosa. A lui si deve l'introduzione del termine "persona", nella teologia Trinitaria.  Tertulliano fu storicamente il primo scrittore ecclesiastico ad utilizzare la parola latina trinitas ("Trinità") con riferimento al Dio biblico e a definire Dio come unam substantiam in tribus cohaerentibus (Adversus Praxean, 12:7), chiamati anche personae, mutuando i termini di persona e di sostanza dalla metafisica stoica. In questo modo, distingueva l'unicità della sostanza divina rispetto alla pluralità delle tre persone, tra loro coeterne e consustanziali in un piano paritetico (per quanto concerne la sostanza).  Tertulliano sottolineò il fatto che la processione presume la superiorità del Padre Dio rispetto al Figlio Dio e allo Spirito Santo Dio, da Lui inviati, pur non negando la loro consustanzialità e coeternità "paritetica" dal punto di vista della sostanza. Da queste considerazioni derivò il fatto che la relazione fra il Padre Dio e il Figlio Dio non è coeterna, bensì l'effetto della libera volontà di Dio di creare l'universo. Tertulliano elaborò un concetto di economia della salvezza, che vede la generazione del Figlio già in qualità di Salvatore e di Redentore e che assorbe il Logos all'interno del mistero trinitario.  La dottrina di Tertulliano anticipava di circa un secolo il concilio di Nicea. La sua importanza storica fu notevolmente rivalutata dalla teologia moderna. Il teologo Roger Olson lo definì come il padre della dottrina trinitaria, mentre il gesuita francese Joseph Moingt, nella sua opera Théologie trinitaire de Tertullien affermò che il Contra Praxeam fu il primo trattato trinitario nella storia della Chiesa. La sua dottrina non fu considerata perfettamente conforme alla formula nicena. Alcuni Padri della Chiesa lo accusarono di coltivare una forma di subordinazionismo affine all'arianesimo.  La dottrina dell'anima naturaliter cristiana Nell'Apologeticum, Tertulliano afferma che l'anima "sebbene rinchiusa nel carcere del corpo [...] come dopo l'ubriachezza [...] nomina Dio con un solo nome". Tali espressioni linguistiche sono per il pensatore cartaginese, testimonianze dell'anima chenonostante l'assenza di sovrastrutturespontaneamente menziona Dio. Tale "scoperta", per Tertulliano, ha come obiettivo quello di dimostrare la naturalezza del sentimento religioso senza dover ricorrere alle astrusità dei filosofi.  Tertulliano dedica uno scritto apposito a tale questione: il De testimonio animae (La testimonianza dell'anima). In questo piccolo libro, l'apologeta cristiano dichiara espressamente di non voler essere aiutato da chi in precedenza abbia, in modo artificiale, utilizzato le fonti pagane per "documentare che noi cristiani non abbiamo abbracciato alcuna dottrina nuova o mostruosa" ma suo obiettivo è andare a ricercare le fonti dell'anima nella loro purezza più originaria.  Quest'operazione, nella sua formulazione, ha un impianto di derivazione stoica e più precisamente si rivedono echi della dottrina dell'anticipazione. Come dice I. Vecchiotti "ciò che interessa di più in questa sede è l'accento messo sull'ambiente tertullianeo e il modo come questo accento è messo. È messo cioè in modo da supporre che effettivamente il sentimento religioso costituisca un primum rispetto ad ogni altra determinazione: quando questa intervienevuol dire che essa rappresenta una maculazioneeconomica o psicologicasulla nobiltà del sentimento originario".  Dunque, Tertulliano riconosce che il "concetto di Dio" (per lo più quando lo si esprime, quando lo si dice) viene fuori nel momento in cui il soggetto umano si allontana da tutti i tipi di costruzioni artificiali: e tale spontaneità è sintomo dell'intrinseca presenza della religione cristiana all'interno di ogni soggettività ed è l'indicazione fondamentale della superiorità della religione cristiana rispetto alle molteplici religioni pagane.  Il Credo quia absurdum È attribuita a Tertulliano la famosa locuzione latina Credo quia absurdum. In realtà l'apologeta cristiano non parla mai di "assurdità" del concetto di Dio ma ritiene che dalla "incomprensibilità" di quest'ultimo possa essere compresa la sua realtà.   «Hoc est, quod deum aestimari facit, dum aestimari non capit.» «Questo è ciò che ci fa comprendere Dio, il fatto che non lo si può comprendere.»  (Apologeticum, 17, 3,) Un'altra affermazione che si immette nel solco sin qui delineato è quella che si trova in De Carne Christi V, 4: "Natus est Dei Filius; non pudet, quia pudendum est: et mortuus est Dei Filius; prorsus credibile est, quia ineptum est" che si traduce in: "Nacque il Figlio di Dio; non è vergognoso, perché v'è da vergognarsi: e il Figlio di Dio è morto: che è del tutto credibile, poiché è del tutto incredibile".  La tecnica della praescriptione Importantissima risulta storicamente e dogmaticamente la sua opera De praescriptione haereticorum, in cui egli giunge alla conclusione fondamentale che è inutile disputare con gli eretici sulla base della Scrittura, poiché essi continueranno a loro volta a fare lo stesso. La regula fidei contiene l'interpretazione autorevole della Scrittura ed essa è trasmessa integralmente e fedelmente solo dove sussiste la successione apostolica, cioè dai vescovi legittimi, appartenenti all'unica Chiesa cattolica e ortodossa. Ruolo primaziale nella conservazione dell'autentico deposito della fede lo ha la sede vescovile di Roma.  Altri aspetti del pensiero Alcune opere di Tertulliano (De spectaculis, De virginibus velandis, De cultu feminarum) sono improntate ad un estremo rigorismo morale che condanna ogni mondanità e diletto terreno come un'insidia diabolica; la donna stessa, discendente di Eva, è vista come una creatura del demonio. Tale rigorismo indusse Tertulliano ad aderire al montanismo che predicava l'imminenza della resurrezione della carne e l'avvento del regno di Cristo, rifiutava la gerarchia della Chiesa e prescriveva una vita ascetica distaccata dal mondo.  Degna di nota è la sua affermazione: “Caro salutis est cardo”, “la carne è il cardine della salvezza”.  Come molti pensatori del tempo anche Tertulliano era contrario alla pratica della contraccezione, celebre è infatti il principio da lui esposto secondo il quale: "Impedire la nascita di un bambino significa commettere un omicidio anticipato".  Linguaggio Alla fine del II secolo e all'inizio del III, Tertulliano è fra i primi scrittori cristiani in lingua latina e sicuramente uno dei primissimi teologi che scrivono in questa lingua. Usa nei suoi scritti un linguaggio specificamente tecnico preso dal gergo avvocatizio e costruisce i periodi in modo volutamente irregolare, con interrogazioni, esclamazioni, battute ad effetto, giochi di parole, anastrofe, metafore, così da rendere più incisivo il discorso. Lo stile è veemente, polemico e aspro.  L'espressione libero arbitrio è entrata nel vocabolario filosofico con Tertulliano, che per primo usò il termine «liberum arbitrium» per tradurre il greco αὐτεξούσιος (autexousios) di Epitteto.  Opere  Septimi Florensis Tertulliani Opera, 1598 Sono pervenute trenta opere teologiche e polemiche contro i pagani, contro gli avversari religiosi e contro alcuni cristiani che non condividevano le sue tesi.  Periodo cristiano (197-206)  Ad nationes (197): in difesa del Cristianesimo contro i pagani; Apologeticum (197): una impetuosa difesa in nome della libertà di coscienza, sia contro i delitti manifesti imputati ai cristiani, sia contro i cosiddetti crimina occulta, come incesti, infanticidi e altre depravazioni morali pagane; De testimonio animae (198/200); Adversus Iudaeos (prima del 207); opera di polemica dottrinale contro gli Ebrei; Ad martyras: esortazione ad un gruppo di cristiani incarcerati e condan morte; De spectaculis: opera in cui vengono considerati immorali gli spettacoli teatrali e circensi; De oratione; De patientia; De cultu feminarum; Ad uxorem; De praescriptione haereticorum: contro i cristiani che contaminano la fede con filosofie pagane e con interpretazioni troppo libere della Bibbia; Adversus Hermogenem; De baptismo; De paenitentia. Periodo influenzato dal montanismo (207-212)  Ad Scapulam (212): l'opera è indirizzata al governatore dell'Africa proconsolare che stava conducendo una campagna contro i cristiani; De idolatria: contro quelle attività economiche legate in qualche modo al paganesimo; De corona: contro il servizio militare che non poteva essere compatibile con chi si professava cristiano; De exhortatione castitatis; De virginibus velandis: opera in cui vengono fatte considerazioni sulla donna, considerata alla stregua di un essere inferiore; per esempio, secondo Tertulliano, deve apparire rigorosamente velata; Adversus Marcionem, Adversus Praxean e altre: opere (trattati) di carattere violentemente polemico contro avversari religiosi; Adversus Valentinianos; De Scorpiace; De anima: (212) è l'opera più importante, nella quale Tertulliano rielabora anche fonti pagane; De carne Christi; De resurrectione mortuorum. Periodo apertamente montanista (213-220)  De fuga in persecutione; De pallio; Adversus Praxean; (prima definizione della formula del rapporto tra una sola sostanza e tre Persone). De ieiunio adversus Psychicos; De Monogamia; De pudicitia: contro i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Note  I requisiti per essere definito Padre della Chiesa sono elencati in Johannes Quasten, Patrologia, Torino, Marietti, 1980,  112.  San Girolamo, De viris illustribus, 53.  Battista Mondin, Storia della teologia.  1: Epoca patristica, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, Tertulliano, Difesa del cristianesimo = Apologeticum, Marta Sordi, Attilio Carpin, Moreno Morani, San Clemente, Adversus Praxean, 27, 11: "Videmus duplicem statum, non confusum sed coniunctum in una persona Deum et hominem Iesum", (Noi osserviamo una duplice condizione, non confusa ma congiunta in una sola persona, Dio e l'uomo Gesù", trad. di G. Scarpat, Torino, SEI, 1985143)  Bryan M. Liftin, Tertullian on the Trinity (XML), in Perichoresis: The Theological Journal of Emanuel University, Roger Olson, The Story of Christian Theology: Twenty Centuries of Tradition and Reform. Downers Grove, IL: InterVarsity,  Parigi, Aubier, 1966, 4 volumi; la citazione è nel volume I53.  Tertulliano, Apologeticum, 17, 5-6.  Tertulliano, De testimonio animae, 1, 2.  Icilio Vecchiotti, La filosofia di Tertulliano, Pubblicazioni dell'Urbino, Argalia editore. Luciano Perelli, Storia della letteratura latina, ed. Paravia, Torino, De carnis resurrectione, 8,3.  Tertulliano, Apologeticum, 9,2.8.  De anima, 21, 6.  "Che cos'è, dunque, che fa l'uomo incoercibile e padrone di se stesso? (αὐτεξούσιον)" Epitteto, Diatribe, IV, 1, 62.  René Braun, Deus christianorum. Recherches sur le vocabulaire doctrinal de Tertullien, Parigi, Études augustiniennes, 1977 (seconda edizione ampliata, prima edizione 1962). A. Capone, “Il problema del male in Tertulliano: l'eresia” in Pagani e Cristiani alla ricerca della salvezza (secoli I-III), Atti del XXXIV Incontro di studiosi dell'antichità cristiana. Roma, 5-7 maggio 2005, Roma, A. Capone, “Plinio il Vecchio e Tertulliano: scrittura e riscrittura”, Auctores Nostri, A. Capone, “Osservazioni sull'ironia di Tertulliano nell'Adversus Valentinianos”, Auctores Nostri Gosta Claesson, Index Tertullianeus, Parigi, Études augustiniennes, Pietro Podolak, Introduzione a Tertulliano, Brescia, Morcellaiana, Tertulliano, [Opere], Parisiis, apud Laurentium Sonnium, via Iacobaea, Icilio Vecchiotti, La filosofia di Tertulliano, Pubblicazioni dell'Urbino, Argalia editore, 1970. Dario Annunziata, Temi e problemi della giurisprudenza severiana. Annotazioni su Tertulliano e Menandro, Editoriale Scientifica, Napoli. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tertulliano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tertulliano, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Tertulliano, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Tertulliano, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  (DE) Tertulliano, su ALCUIN, Ratisbona.   Opere di Tertulliano, su Musisque Deoque.  Opere di Tertulliano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Tertulliano, . Tertulliano, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina, su documentacatholicamnia.eu. con indici analitici a traduzioni in francese, inglese, russo e tedesco. Chronica Tertullianea et Cyprianea, su etudes-augustiniennes.paris-sorbonne.fr.  esaustiva della letteratura cristiana fino alla morte di Cipriano (258) Catechesi, su w2.vatican.va. di papa Benedetto XVI su Tertulliano tenuta durante l'Udienza generale.

 

tessitore: Grice: “If there’s Oxonian dialectic and Athenian dialectic, there is, to follow Fulvio Tessitore, the ‘scuola napoletana.’” Deputato della Repubblica Italiana LegislatureXV Legislatura Gruppo parlamentarePD-Ulivo CoalizioneL'Unione CircoscrizionecircoscrizioneXIXCollegioCampania1Incarichiparlamentari Membro della 7ª Commissione (Cultura, scienza e istruzione) dal 6 giugno 2006 Sito istituzionale Senatore della Repubblica Italiana LegislatureXIV Legislatura Gruppo parlamentareDemocratici di Sinistral'Ulivo CircoscrizioneCollegio: 2 (Napoli Bagnoli) Incarichi parlamentari Membro della Commissione per la biblioteca dal 30 luglio 2001 al 27 aprile 2006 Membro della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) dal 22 giugno 2001 al 27 aprile 2006 Membro della 14ª Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) dal 7 ottobre 2003 al 27 aprile 2006 Sito istituzionale Dati generali Partito politicoDemocratici di Sinistra Titolo di studioLaurea in giurisprudenza UniversitàUniversità degli Studi di Napoli Federico II ProfessioneDocente universitario. Fulvio Tessitore (Napoli), filosofo. Si è laureato in giurisprudenza (la sua tesi ricevette dignità di stampa) presso l'Università degli Studi di Napoli, allievo di Pietro Piovani. -- è libero docente "per meriti eccezionali" in Filosofia del diritto; l'anno successivo diventa Professore. Ha dapprima insegnato, dal 1965 al 1975, Storia delle dottrine politiche; quindi, dal 1975 in poi, Storia della filosofia. È stato preside della Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Salerno dal 1968 al 1973. Dal 1978 al 1993 è stato preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Federico II di Napoli, della quale è stato anche rettore dal 1993 al 2001.  Dal dicembre del 1983 è socio dell'Accademia dell'Arcadia col nome di Echione Cineriano. È inoltre socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e di numerose altre accademie nazionali italiane e straniere. È professore emerito della Facultad de Humanidades dell'Università Centrale del Venezuela, con sede a Caracas, e professore onorario della Università dell'Avana (Cuba). Ha tenuto lezioni nelle Düsseldorf, Erlangen-Nürnberg (Norimberga), Braunschweig, Valencia, Halle-Wittenberg, Salamanca, Siviglia e molte altre. Ha diretto il Centro di studi vichiani del CNR dal 1970 al 1995 ed oggi fa parte del Consiglio scientifico dello stesso Centro.  È presidente della Fondazione Pietro Piovani per gli studi vichiani e del Consorzio interuniversitario "Civiltà del Mediterraneo". È presidente del Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione Internazionale D'Amato onlus. È socio onorario dell'Istituto per l'Oriente “Carlo Alfonso Nallino” di Roma. È vicepresidente della Fondazione "Guido e Roberto Cortese". Siede inoltre nel Consiglio Direttivo dell'Istituto italiano per gli studi storici fondato da Benedetto Croce. È stato componente del Consiglio Scientifico dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani. È stato componente, dal 1989 al 1997, del Consiglio Universitario Nazionale, in cui è stato presidente del Comitato di Lettere, Lingue e Magistero (fino al 1993). È stato vice presidente della Fondazione Teatro di San Carlo (1997–2007), componente del Consiglio Generale della Fondazione Banco di Napoli dal 2000 al 2006, del Consiglio direttivo dal 1997 al 1998 e vice presidente dal 1999 al 2000 della CRUI, la Conferenza permanente dei Rettori delle Università italiane.  È Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica. È stato senatore della Repubblica italiana nella XIV legislatura (dal 30 maggio 2001 al 27 aprile 2006) nelle file dei Democratici di SinistraL'Ulivo e deputato nella XV Legislatura (dall'aprile 2006 all'aprile 2008) nelle file del L'Ulivo. È medaglia d'oro della Scuola dell'arte e della cultura (1983) e della Scienza e della cultura (1996). È autore di una vastissima  di oltre 1500 titoli, tra i quali 26 volumi, ai quali sono stati assegnati numerosi premi.  Opere principali Aspetti del pensiero neoguelfo napoletano dopo il 1860, Morano, Napoli, 1962 Crisi e trasformazioni dello Stato. Ricerche sul pensiero giuspubblicistico italiano tra 800 e 900, I ed. Morano, Napoli, 1963; III ed. Giuffrè, Milano, 1988 I fondamenti della filosofia politica di Wilhelm von Humboldt, Morano, Napoli, 1965. Stampato in una nuova edizione nel  per Liguori editore, con un saggio di Claudio Cesa e con la  aggiornata dei lavori di Fulvio Tessitore su W. von Humboldt Friedrich Meinecke storico delle idee, Le Monnier, Firenze, 1969 Profilo dello storicismo politico, UTET, Torino (traduzione spagnola 1993) Introduzione allo storicismo, Laterza, Roma-Bari, 1991, (V ed. ) Introduzione a Meinecke, Laterza, Roma-Bari, 1998 Filosofia, storia e politica in Vincenzo Cuoco, Marco, Lungro (CS), 2002 Contributi alla storia e alla teoria dello storicismo (voll. 5), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, Nuovi contributi alla storia e alla Teoria dello storicismo, Edizioni di Storia e letteratura, Roma  (II rist. 2004) Altri contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2007, Kritischer Historismus, Böhlau, KölnWeimarWien, 2005. Interpretazione dello storicismo, Scuola Normale Superiore, Pisa, 2008 (trad. spagnola, Barcellona, 2007). Contributi alla storiografia arabo-islamica tra Otto e Novecento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma (III rist. 2008) Ultimi contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, voll. 3, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma . La mia Napoli. Frammenti di ricordi e di pensieri, Grimaldi, Napoli, 1998. Letture quotidiane (voll. 7), Editoriale scientifica, Napoli, 1988-, che raccolgono articoli di giornali quotidiani. Trittico Anti-hegeliano da Diltehy a Weber. Contributo alla teoria dello storicismo, con una nora introduttiva di E. Massimilla, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma,  Da Cuoco a Weber. Contributi alla storia dello storicismo, 2 voll., con una nota introduttiva di D. Conte, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, . Ha fondato e dirige i seguenti periodici scientifici:  Bollettino del Centro di Studi Vichiani (dal 1971), diretto con G. Giarrizzo e G. Cacciatore, e (dal ) con G. Cacciatore, E. Nuzzo e M. Sanna. Archivio di Storia della Cultura (dal 1988), diretto dal  con D. Conte e E. Massimilla. Civiltà del Mediterraneo: I serie, diretta con G. Galasso e S. Moscati; II serie 2002 …, diretta con F. Lomonaco. Una biografia  , su pontaniana.unina.it. 18 settembre . Curriculum del Prof. Fulvio Tessitore , su filosofia.unina.it. Tessitóre, Fulvio, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Testa: Alfonso Testa (Borgonovo Val Tidone), filosofo. Nasce nella nobile famiglia Testa dal giudice Giuseppe e dalla madre N.D. Vittoria Brigidini. Viene battezzato nella Chiesa della Collegiata il 23 febbraio 1784 alla presenza dei genitori e del conte Andrea Arcelli, padrino e parente di Alfonso. Fu Sacerdote cattolico dal 1807, rifiutò la cattedra filosofica dell'Pisa nel 1849 e preferì lavorare all'Parma, divenendone nel 1859 presidente dell'area filosofica.  Dal 1848 fu deputato al Parlamento Sabaudo. Alfonso Testa. Storia di un povero pretazzuolo di Fausto Chiesa, pubblicato dalla Lir (Libreria internazionale Romagnosi) di Piacenza  Alfonso Testa, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Alfonso Testa, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Alfonso Testa, su storia.camera.it, Camera dei deputati.

 

testing: Grice: “A token proving testability.” Grice: “We need a meta-test: a test for a test for implicatura.” late 14c., "small vessel used in assaying precious metals," from Old French test, from Latin testum "earthen pot," related to testa "piece of burned clay, earthen pot, shell" (see tete).  Sense of "trial or examination to determine the correctness of something" is recorded from 1590s. The connecting notion is "ascertaining the quality of a metal by melting it in a pot." Test Act was the name given to various laws in English history meant to exclude Catholics and Nonconformists from office, especially that of 1673, repealed 1828. Test drive (v.) is first recorded 1954. In the sciences, capacity of a theory to undergo experimental testing. Theories in the natural sciences are regularly subjected to experimental tests involving detailed and rigorous control of variable factors. Not naive observation of the workings of nature, but disciplined, designed intervention in such workings, is the hallmark of testability. Logically regarded, testing takes the form of seeking confirmation of theories by obtaining positive test results. We can represent a theory as a conjunction of a hypothesis and a statement of initial conditions, H • A. This conjunction deductively entails testable or observational consequences O. Hence, H • A P O. If O obtains, H • A is said to be confirmed, or rendered probable. But such confirmation is not decisive; O may be entailed by, and hence explained by, many other theories. For this reason, Popper insisted that the testability of theories should seek disconfirmations or falsifications. The logical schema H • A P O not-O not-H • A is deductively valid, hence apparently decisive. On this view, science progresses, not by finding the truth, but by discarding the false. Testability becomes falsifiability. This deductive schema modus tollens is also employed in the analysis of crucial tests. Consider two hypotheses H1 and H2, both introduced to explain some phenomenon. H1 predicts that for some test condition C, we have the test result ‘if C then e1’, and H2, the result ‘if C then e2’, where e1 and e2 are logically incompatible. If experiment falsifies ‘if C then e1’ e1 does not actually occur as a test result, the hypothesis H1 is false, which implies that H2 is true. It was originally supposed that the experiments of J. B. L. Foucault constituted a decisive falsifcation of the corpuscular theory of the nature of light, and thus provided a decisive establishment of the truth of its rival, the wave theory of light. This account of crucial experiments neglects certain points in logic and also the role of auxiliary hypotheses in science. As Duhem pointed term, minor testability 908   908 out, rarely, if ever, does a hypothesis face the facts in isolation from other supporting assumptions. Furthermore, it is a fact of logic that the falsification of a conjunction of a hypothesis and its auxiliary assumptions and initial conditions not-H • A is logically equivalent to not-H or not-A, and the test result itself provides no warrant for choosing which alternative to reject. Duhem further suggested that rejection of any component part of a complex theory is based on extra-evidential considerations factors like simplicity and fruitfulness and cannot be forced by negative test results. Acceptance of Duhem’s view led Quine to suggest that a theory must face the tribunal of experience en bloc; no single hypothesis can be tested in isolation. Original conceptions of testability and falsifiability construed scientific method as hypothetico-deductive. Difficulties with these reconstructions of the logic of experiment have led philosophers of science to favor an explication of empirical support based on the logic of probability. Grice: “Linguists never take ‘testability’ too conceptually, as one can witness in Saddock’s hasty proofs!”Refs: H. P. Grice, “On testing for testing for conversational implicatura.”

 

testis: n., pl. testes; Latin testis "testicle," usually regarded as a special application of testis "witness" (see testament), presumably because it "bears witness to male virility" [Barnhart]. Stories that trace the use of the Latin word to some supposed swearing-in ceremony are modern and groundless.  Compare Greek parastatai "testicles," from parastates "one that stands by;" and French slang témoins, literally "witnesses." But Buck thinks Greek parastatai "testicles" has been wrongly associated with the legal sense of parastates "supporter, defender" and suggests instead parastatai in the sense of twin "supporting pillars, props of a mast," etc. Or it might be a euphemistic use of the word in the sense "comrades." OED, meanwhile, points to Walde's suggestion of a connection between testis and testa "pot, shell, etc." (see tete). testis "witness," from PIE *tri-st-i- "third person standing by," from root *tris- "three" (see three) on the notion of "third person, disinterested witness." -- as Grice notes, “it is etymologically  -- or etymythologically -- related to ‘testicles,’” --  Grice proposes an analysis of ‘testify’ in terms of necessary and sufficient conditions, “t is a testimony iff t is an act of telling, including any assertion apparently intended to impart information, regardless of social setting.” In an extended use, personal letters and messages, books, and other published material purporting to contain factual information also constitute testimony. As Grice notes, “testimony may be sincere or insincere” -- and may express knowledge or baseless prejudice. When it expresses knowledge, and it is rightly believed, this knowledge is disseminated to its recipient, near or remote. Second-hand knowledge can be passed on further, producing long chains of testimony; but these chains always begin with the report of an eye-witness or expert. In any social group with a common language there is potential for the sharing, through testimony, of the fruits of individuals’ idiosyncratic acquisition of knowledge through perception and inference. In advanced societies specialization in the gathering and production of knowledge and its wider dissemination through spoken and written testimony is a fundamental socio-epistemic fact, and a very large part of each person’s body of knowledge and belief stems from testimony. Thus, the question when a person may properly believe what another tells her, and what grounds her epistemic entitlement to do so, is a crucial one in epistemology. Reductionists about testimony insist that this entitlement must derive from our entitlement to believe what we perceive to be so, and to draw inferences from this according to familiar general principles. See e.g., Hume’s classic discussion, in his “Enquiry into Human Understanding,” section X. On this view, I can perceive that someone has told me that p, but can thereby come to know that p only by means of an inference  one that goes via additional, empirically grounded knowledge of the trustworthiness of that person. Anti-reductionists insist, by contrast, that there is a general entitlement to believe what one is told just as such defeated by knowledge of one’s informant’s lack of trustworthiness her mendacity or incompetence, but not needing to be bolstered positively by empirically based knowledge of her trustworthiness. Anti-reductionists thus see testimony as an autonomous source of knowledge on a par with perception, inference, and memory. One argument adduced for anti-reductionism is transcendental: We have many beliefs acquired from testimony, and these beliefs are knowledge; their status as knowledge cannot be accounted for in the way required by the reductionist, i. e., the reliability of testimony cannot be independently confirmed; therefore, the reductionist’s insistence on this is mistaken. However, while it is perhaps true that the reliability of all the beliefs one has that depend on past testimony cannot be simultaneously confirmed, one can certainly sometimes ascertain, without circularity, that a specific assertion by a particular person is likely to be correct  if, e.g.,one’s own experience has established that that person has a good track record of reliability about that kind of thing. Grice: “Sometimes I use testimonium.” Refs.: H. P. Grice, “Trust and rationality.”

 

Thaulero: Vincenzo Filippone-Thaulero (Roma), filosofo. Abruzzese di origine tedesca, era figlio del barone Carlo, nobile di Chieti e patrizio teramano, e di donna Maria Clemente. Conseguì la maturità classica al Liceo "Massimo" di Roma. Si iscrisse nel 1948 alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "La Sapienza" di Roma, dove si laureò a pieni voti con una tesi in Filosofia del Diritto, Una metodologia cristiana del diritto, relatore Giorgio Del Vecchio e ottenne il Diploma di perfezionamento con lode in Filosofia del Diritto nella Scuola di Perfezionamento di Filosofia del Diritto dell'Roma, con la tesi La fictio juris in Bartolo da Sassoferrato, relatore Widar Cesarini Sforza.  Assistente volontario di Giacomo Perticone, ordinario di Storia contemporanea a Scienze politiche, usufruì di una borsa della Humboldt-Stiftung che gli consentì lunghe permanenze di studi in Germania per approfondire i suoi studi sulla problematica dei valori.  Luigi Sturzo gli affidò insieme a Mario d'Addio la direzione del Bollettino di Sociologia, poi divenuto nel 1956 la rivista Sociologia, divenendo uno dei maggiori collaboratori dell'Istituto creato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. Inviato al terzo Congresso Mondiale di Sociologia di Amsterdam (1956), fu fra i fondatori della Società Italiana di Scienze Sociali.  Conseguì nel 1965 la libera docenza in Filosofia Morale e ricoprì vari incarichi presso il Magistero e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Salerno. Vinse il concorso a cattedra per Filosofia Morale del Magistero di Salerno.  Morì in un incidente automobilistico insieme alle figlie Maria Gabriella e Maria Elisabeth.  Gli è stata intitolata la scuola elementare di Cologna Spiaggia (Roseto degli Abruzzi).  Opere Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, Giuffré, Milano, Seconda attesa, Neri Pozza, Vicenza (edizione postuma). Il mare ha voce, ha voce il vento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma (edizione postuma). Opera omnia di Vincenzo Filippone-Thaulero: Volume I, Il darsi dell'Origine nell'esperienza sociale e religiosa, V. Filippone-Thaulero, R. Pezzimenti, V. Di Marco, Studium Edizioni, Roma  Saggi e articoli Il terzo Congresso Mondiale di Sociologia (Amsterdam6), in Bollettino di Sociologia dell'Istituto Luigi Sturzo,  Intorno al concetto di sociologia generale, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A. Giuffré, Milano, Il problema del risentimento in Max Scheler, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, N. 1, A. Giuffré, Milano, Scienze sociali e Sociologia, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, AnnoA. Giuffré, Mi-lano, La Sociologia storicista di L. Sturzo e alcuni riferimenti alle teorie sociologiche moderne, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A. Giuffré, Mi-lano, Razionalità e storia nella sociologia sturziana, in Civitas, L'autorità in Max Weber, in Sociologia, gennaio-dicembre, Il problema dell'autorità in Max Scheler, in Autorité et Liberté, Atti del IV Convegno di Cultura Europea, Bolzano, Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, in Rivista di Sociologia Anno I, N. 1, Roma Società e cultura nel pensiero di Max Scheler,  I, Giuffré, Milano, Conoscenza e sociologia, in Rivista di Sociologia, Appunti per la XXXVII settimana sociale dei cattolici d'Italia, in Rivista di Sociologia, Note sulla VIII Conferenza di sociologia religiosa, in Rivista di Sociologia, n. 7, maggio-agosto 1965. Cristianesimo e storia, in Rivista di Sociologia, Riflessioni su pregiudizio e religione, in Rivista di Sociologia,  Roma, Metafisica della scienza e sociologia, in Rivista di Sociologia, Roma, Analisi culturale ed ecumenismo, in Rivista di Sociologia, Roma, Religione e pregiudizio (in collaborazione con O. Klineberg, T. Tentori, F. Crespi), Cappelli, Bologna,  Il problema di un'antropologia filosofica, in Rivista di Sociologia,  Il problema di un'antropologia filosofica, Guida, Napoli, Corso di lezioni ciclostilate, con la traduzione, in appendice, di un testo di Max Scheler). Religione e pregiudizioAnalisi di contenuto dei libri cattolici di insegnamento religioso in Italia e in Spagna, Cappelli, Bologna, Nota introduttiva a Nicolai Hartmann, Etica I, Fenomenologia dei costumi, in Esperienze, Osservazioni in margine ad una ricerca su pregiudizio e religione, in Rivista di sociologia, Società e cultura nel pensiero di Max Scheler,  II, Giuffré, Milano, Prospettive culturali e sociologiche dell'impegno sociale (Relazione tenuta alla Consulta dei Movimenti Effettive e Seniores della Gioventù di Azione Cattolica). Un nuovo indirizzo storiografico nella analisi della struttura socioeconomica meridionale (Relazione tenuta in occasione del convegno Ignazio Rozzi e l'agricoltura meridionale, Teramo, promosso dal Centro di Studi Storici Abruzzo Teramano), in Rivista di Sociologia, Riflessione sull'Università televisiva, in Informazione Radio TV. Studi, documenti e notizie, Speciale Televisione e Istruzione, RAI, Sociologia ed esperienza religiosa e politica in Luigi Sturzo, in Ricerche di Storia sociale e religiosa. Discendente del Beato Johannes Thauler  Centro studi Filippone-Thaulero  Vincenzo Di Marco in occasione della pubblicazione de "Il darsi dell'origine nell'esperienza sociale e religiosa"  Il Tempo, V. Mathieu, Vincenzo Filippone-Thaulero, Salerno, G. De Rosa,Vincenzo Filippone-Thaulero in V. Filippone-Thaulero, Seconda Attesa, Vicenza, G. De Rosa, La storia che non passa: diario politico, Soveia Mannelli, G. Savarese, Presentazione in V. Filippone-Thaulero, Il mare ha voce, ha voce il vento, Roma, Centro studi Filippone-Thaulero, su centrostudifilipponethaulero.wordpress.com.

 

thales: Grice: “We call him Greek, but he certainly weren’t [sic] born in Greece!” -- called by Grice the first Grecian philosopher (“Oddly, we call him a Ionian, but the Ionian is quite a way from where he was born!”)who poisted a ‘philosophical’ why-explanation.  Grecian philosopher who was regarded as one of the Seven Sages of Greece. He was also considered the first philosopher, founder of the Milesians. Thales is also reputed to have been an engineer, astronomer, mathematician, and statesman. His doctrines even early Grecian sources know only by hearsay: he said that water is the arche, and that the earth floats on water like a raft. The magnet has a soul, and all things are full of the gods. Thales’ attempt to explain natural phenomena in natural rather than exclusively supernatural terms bore fruit in his follower Anaximander. 

 

‘that’: a demonstrative. Since Grice would make so many references to the ‘that’-clause, he is aware that ‘that’ is etymologically a demonstrative, that has lost its efficacy there. But the important etymological lesson is that what follows a ‘that’-clause (cf. the classical languages Grice learned at Clifton, Greek and Latin) is a ‘propositio’ just because the ‘that’ POINTS at the proposition. Sometimes he refers to ‘obliquus casus,’ and ‘oratio obliqua,’ but he is more at home with things like ‘verba percipienda,’ verba volendi, etc. Refs.: H. P. Grice, “Bradley on this and that and thesss and thatness.’-- ‘that’-clause: Grice’s priority for the ‘that’-clause is multiple. He dislikes what he calls an ‘amorphous’ propositional complex. His idea is to have at least ‘The S is P,’ one act involving a subjectum or denotatum, and one involving the praedicatum. There is also what he calls sub-perceptual utterances. They do look like structured (“That red pillar seems red”) but they are not perceptual reports like “I perceive that the pillar box is red.” At points he wanst to restrict utterer’s communucatum to a ‘that’-clause; but ignoring Austin’s remark that to wonder about what a ‘word’ ‘means’ is senseless, Grice sometimes allows for things like ‘The cat sat on the mat’ to ‘mean’ that the cat sat on the mat. Grice thinks that his account of ‘the red-seeming pillar box’ succeeded, and that it was this success that prompted him to apply the thing to other areas, notably Strawson, but one hopes, all the theses he presents in “Causal” and “Prolegomena.” But he does not go back to the is/seems example, other than perhaps the tie is/seems blue. The reason is that the sense-datum theory is very complex. Note “seems.” “It seems to me that…” but the ‘that’-clause not as a content of a state of the agent. If the pillar box seems red to Grice because it is red, what ‘that’-clause are we talking about to involve in the implicaturum? And what generates the implicaturum. “By uttering “The pillar box seems red,” U conversationally implicates that there is a denial or doubt, somewhere as to whether the pillar box IS red.” Grice thought of Staal as particularly good at this type of formalistic philosophy, which was still adequate to reflect the subtleties of ordinary language.  How do we define a Griceian action? How do we define a Griceian event? This is Grices examination and criticism of Davidson, as a scientific realist, followed by a Kantian approach to freedom and causation. Grice is especially interested in the logical form, or explicitum, so that he can play with the implicaturum. One of his favourite examples: He fell on his sword, having tripped as he crossed the Galliæ. Grice manages to quote from many and varied authors (some of which you would not expect him to quote) such as Reichenbach, but also Robinson, of Oriel, of You Names it fame (for any x, if you can Names it, x exists). Robinson has a brilliant essay on parts of Cook Wilsons Statement and inference, so he certainly knows what he is talking about. Grice also quotes from von Wright and Eddington. Grice offers a linguistic botanic survey of autonomy and free (sugar-free, free fall, implicaturum-free) which some have found inspirational. His favourite is Finnegans alcohol-free. Finnegans obvious implicaturum is that everything is alcohol-laden. Grice kept a copy of Davidsons The logical form of action sentences, since surely Davidson, Grice thought, is making a primary philosophical point. Horses run fast; therefore, horses run. A Davidsonian problem, and there are more to come! Smith went fishing. Grices category shift allows us to take Smiths fishing as the grammatical Subjects of an action sentence. Cf. indeed the way to cope with entailment in The horse runs fast; therefore, the horse runs. Grices Actions and events is Davidsonian in motivation, but Kantian in method, one of those actions by Grice to promote a Griceian event! Davidson had published, Grice thought, some pretty influential (and provocative, anti-Quineian) stuff on actions and events, or events and actions, actually, and, worse, he was being discussed at Oxford, too, over which Grice always keeps an eye! Davidsons point, tersely put, is that while p.q (e.g. It is raining, and it is pouring) denotes a concatenation of events. Smith is fishing denotes an action, which is a kind of event, if you are following him (Davidson, not Smith). However, Davidson is fighting against the intuition, if you are a follower of Whitehead and Russell, to symbolise the Smith is fishing as Fs, where s stands for Smith and F for fishing. The logical form of a report of an event or an action seems to be slightly more complicated. Davidsons point specifically involves adverbs, or adverbial modifiers, and how to play with them in terms of entailment. The horse runs fast; therefore, the horse runs. Symbolise that! as Davidson told Benson Mates! But Mates had gone to the restroom. Grice explores all these and other topics and submits the thing for publication. Grice quotes, as t his wont, from many and various philosophers, not just Davidson, whom he saw every Wednesday, but others he didnt, like Reichenbach, Robinson, Kant, and, again even a physicist like Eddington. Grice remarks that Davidson is into hypothesis, suppositio, while he is, as he should, into hypostasis, substantia. Grice then expands on the apparent otiosity of uttering, It is a fact that grass is green. Grice goes on to summarise what he ironically dubs an ingenious argument. Let σ abbreviate the operator  consists in the fact that , which, when prefixed to a sentence, produces a predicate or epithet. Let S abbreviate Snow is white, and let G abbreviate Grass is green. In that case, xσS is 1 just in case xσ(y(y=y and S) = y(y=y) is 1, since the first part of the sub-sentence which follows σ in the main sentence is logically equivalent logically equivalent to the second part. And xσ(y(y=y and S) = y(y=y) is 1 just in case xσ(y(if y=y, G) = y(y=y) is 1, since y(if y=y, S) and y(if y=y, G) are each a singular term, which, if S and G are both true, each refers to y(y=y), and are therefore co-referential and inter-substitutable. And xσ(y(if y=y, G) = y(y=y) is true just in case xσG is 1, since G is logically equivalent to the sub-sentence which follows σ. So, this fallacy goes, provided that S and G are both 1, regardless of what an utterer explicitly conveys by uttering a token of it, any event which consists of the otiose fact that S also consists of the otiose fact that G, and vice versa, i. e. this randomly chosen event is identical to any other randomly chosen event. Grice hastens to criticise this slingshot fallacy licensing the inter-substitution of this or that co-referential singular term and this or that logically equivalent sub-sentence as officially demanded because it is needed to license a patently valid, if baffling, inference. But, if in addition to providing this benefit, the fallacy saddles the philosopher with a commitment to a hideous consequence, the rational course is to endeavour to find a way of retaining the benefit while eliminating the disastrous accompaniment, much as in set theory it seems rational to seek as generous a comprehension axiom as the need to escape this or that paradox permits. Grice proposes to retain the principle of co-reference, but prohibit is use after the principle of logical equivalence has been used. Grice finds such a measure to have some intuitive appeal. In the fallacy, the initial deployment of the principle of logical equivalence seems tailored to the production of a sentence which provides opportunity for trouble-raising application of the principle of co-referentiality. And if that is what the game is, why not stop it? On the assumption that this or that problem which originally prompts this or that analysis is at least on their way towards independent solution, Grice turns his attention to the possibility of providing a constructivist treatment of things which might perhaps have more intuitive appeal than a naïve realist approach. Grice begins with a class of happenstance attributions, which is divided into this or that basic happenstance attribution, i.e. ascriptions to a Subjects-item of an attribute which is metabolically expressible, and this or that non-basic resultant happenstance attribution, in which the attribute ascribed, though not itself metabolically expressible, is such that its possession by a Subjects item is suitably related to the possession by that or by some other Subjects item, of this or that attribute which is metabolically expressible. Any member of the class of happenstance attributions may be used to say what happens, or happens to be the case, without talking about any special entity belonging to a class of a happening or a happenstance. A next stage involves the introduction of the operator  consists of the fact that  This operator, when prefixed to a sentence S that makes a happen-stance attribution to a Subjects-item, yields a predicate which is satisfied by an entity which is a happenstance, provided that sentence S is doxastically satisfactory, i. e., 1, and that some further metaphysical condition obtains, which ensures the metaphysical necessity of the introduction into reality of the category of a happenstance, thereby ensuring that this new category is not just a class of this or that fiction. As far as the slingshot fallacy, and the hideous consequence that all facts become identical to one Great Big Fact, in the light of a defence of Reichenbach against the realist attack, Grice is reasonably confident that a metaphysical extension of reality will not saddle him with an intolerable paradox, pace the caveat that, to some, the slingshot is not contradictory in the way a paradox is, but merely an unexpected consequence ‒ not seriously hideous, at that. What this metaphysical condition would be which would justify the metaphysical extension remains, alas, to be determined. It is tempting to think that the metaphysical condition is connected with a theoretical need to have this or that happenstance as this or that item in, say, a causal relation. Grice goes on to provide a progression of linguistic botanising including free. Grice distinguishes four elements or stages in the step-by-step development of freedom. A first stage is the transeunt causation one finds in inanimate objects, as when we experience a stone in free fall. This is Hume’s realm, the atomistss realm. This is external or transeunt casuation, when an object is affected by processes in other objects. A second stage is internal or immanent causation, where a process in an object is the outcome of previous stages in that process, as in a freely moving body. A third stage is the internal causation of a living being, in which changes are generated in a creature by internal features of the creature which are not earlier stages of the same change, but independent items, the function or finality of which is to provide for the good of the creature in question. A fourth stage is a culminating stage at which the conception of a certain mode by a human of something as being for that creatures good is sufficient to initiate the doing of that thing. Grice expands on this interesting last stage. At this stage, it is the case that the creature is liberated from every factive cause. There is also a discussion of von Wrights table of adverbial modifiers, or Grices pentagram. Also an exploration of specificity: Jack buttering a parsnip in the bathroom in the presence of Jill. Grice revisits some of his earlier concerns, and these are discussed in the appropriate places, such as his exploration on the Grecian etymology of aition. “That”-clause should be preferred to ‘oratio obliqua,’ since the latter is a momer when you ascribe a psychological state rather than an utterance. Refs.: The main sources are given under ‘oratio obliqua’ above, The BANC.

 

theism:  as an Aristotelian scholar, H. P. Grice is aware of the centrality of God, nous nouseos, in Aristotle’s philosophy -- atheism from Grecian a-, ‘not’, and theos, ‘god’, the view that there are no gods. A widely used sense denotes merely not believing in God and is consistent with agnosticism. A stricter sense denotes a belief that there is no God; this use has become the standard one. In the Apology Socrates is accused of atheism for not believing in the official Athenian gods. Some distinguish between theoretical atheism and practical atheism. A theoretical atheist is one who self-consciously denies the existence of a supreme being, whereas a practical atheist may believe that a supreme being exists but lives as though there were no god. -- theology -- Grice’s philosophical theology -- concursus dei, God’s concurrence. The notion derives from a theory from medieval philosophical theology, according to which any case of causation involving created substances requires both the exercise of genuine causal powers inherent in creatures and the exercise of God’s causal activity. In particular, a person’s actions are the result of the person’s causal powers, often including the powers of deliberation and choice, and God’s causal endorsement. Divine concurrence maintains that the nature of God’s activity is more determinate than simply conserving the created world in existence. Although divine concurrence agrees with occasionalism in holding God’s power to be necessary for any event to occur, it diverges from occasionalism insofar as it regards creatures as causally active.  -- theosophia: any philosophical mysticism, especially those that purport to be mathematically or scientifically based, such as Pythagoreanism, Neoplatonism, or gnosticism. Vedic Hinduism, and certain aspects of Buddhism, Taoism, and Islamic Sufism, can also be considered theosophical. In narrower senses, ‘theosophy’ may refer to the philosophy of Swedenborg, Steiner, or Madame Helena Petrovna Blavatsky 183. Swedenborg’s theosophy originally consisted of a rationalistic cosmology, inspired by certain elements of Cartesian and Leibnizian philosophy, and a Christian mysticism. Swedenborg labored to explain the interconnections between soul and body. Steiner’s theosophy is a reaction to standard scientific theory. It purports to be as rigorous as ordinary science, but superior to it by incorporating spiritual truths about reality. According to his theosophy, reality is organic and evolving by its own resource. Genuine knowledge is intuitive, not discursive. Madame Blavatsky founded the Theosophical Society in 1875. Her views were eclectic, but were strongly influenced by mystical elements of  philosophy. 

 

thema: a term Grice borrows from Stoic logic, after attending a seminar on the topic by Benson Matesa ‘thema’ is a ground rule used to reduce argument forms to basic forms. The Stoics analyzed arguments by their form schema, or tropos. They represented forms using numbers to represent claims; for example, ‘if the first, the second; but the first; therefore the second’. Grice uses “so-and-so” for ‘the first’ and ‘such and such’ for the ‘second’. “If so and so, such and such, but so and so; therefore, such and such.” Some forms were undemonstrable; others were reduced to the undemonstrable argument forms by ground rules themata; e.g., if R follows from P & Q, -Q follows from P & -R. The five undemonstrable arguments are: 1 modus ponendo ponens; 2 modus tollendo tollens; 3 not both P and Q, P, so not-Q; 4 P or Q but not both, P, so not-Q; and 5 disjunctive syllogism. The evidence about the four ground rules is incomplete, but a sound and consistent system for propositional logic can be developed that is consistent with the evidence we have. See Diogenes Laertius, Lives of the Philosophers, for an introduction to the Stoic theory of arguments; other evidence is more scattered. 

 

theseus’s ship. Grice sails on Theseus’s ship. Theseus’ ship: Example used by Grice to relativise ‘identity.’ After the hero Theseus accomplished his mission to sail to Crete to kill the Minotaur, his ship (Ship 1) was put on display in Athens. As the time went by, its original planks and other parts were replaced one by one with new materials until one day all of its parts were new, with none of its original parts remaining. Do we want to say that the completely rebuilt ship (Ship 2) is the same as the original or that it is a different ship? The case is further complicated. If all the original materials were kept and eventually used to construct a ship (Ship 3), would this ship be the same as the original? This example has inspired much discussion concerning the problems of identity and individuation. “To be something later is to be its closest continuer. Let us apply this view to one traditional puzzle about identity over time: the puzzle of the ship of Theseus.” Nozick, Philosophical Explanation. Grice basically formalized this with G. Myro. Refs.: Collingwood, translation of Benedetto Croce, “Il paradosso della nave di Teseo,” H. P. Grice, “Relative identity,” The Grice Papers, BANC.

 

θ: or theta -- Grice’s symbol for a theory. Grice uses small-case theta for a token of a theory, and capital theta for a type of theory.– Grice couldn’t quite stand some type of attitude he found in people like J. M. RountreeRountree was claiming that one needs a ‘theory’ of meaning. Grice responded: “ Rountree is wrong: if meaning is a matter of theory, it cannot be a matter of intuition; and I’m sure it should be a matter of intuition for Rountree!” theoretical termGrice was once attracted to Ramsey’s essay on “Theories,” but later came to see it as ‘pretentious’. “Surely the way *I* use ‘theory’ is not Ramsey’s!”If something is an object of an intuition by Grice, it cannot be a theoretical termtheory and intuition don’t go together. They repel each other! a term occurring in a scientific theory that purports to make reference to an unobservable entity e.g., ‘electron’, property e.g., ‘the monatomicity of a molecule’, or relation ‘greater electrical resistance’. The qualification ‘purports to’ is required because instrumentalists deny that any such unobservables exist; nevertheless, they acknowledge that a scientific theory, such as the atomic theory of matter, may be a useful tool for organizing our knowledge of observables and predicting future experiences. Scientific realists, in contrast, maintain that at least some of the theoretical terms e.g., ‘quark’ or ‘neutrino’ actually denote entities that are not directly observable  they hold, i.e., that such things exist. For either group, theoretical terms are contrasted with such observational terms as ‘rope’, ‘smooth’, and ‘louder than’, which refer to observable entities, properties, or relations. Much philosophical controversy has centered on how to draw the distinction between the observable and the unobservable. Did Galileo observe the moons of Jupiter with his telescope? Do we observe bacteria under a microscope? Do physicists observe electrons in bubble chambers? Do astronomers observe the supernova explosions with neutrino counters? Do we observe ordinary material objects, or are sense-data the only observables? Are there any observational terms at all, or are all terms theory-laden? Another important meaning of ‘theoretical term’ occurs if one regards a scientific theory as a semiformal axiomatic system. It is then natural to think of its vocabulary as divided into three parts, i terms of logic and mathematics, ii terms drawn from ordinary language or from other theories, and iii theoretical terms that constitute the special vocabulary of that particular theory. Thermodynamics, e.g., employs i terms for numbers and mathematical operations, ii such terms as ‘pressure’ and ‘volume’ that are common to many branches of physics, and iii such special thermodynamical terms as ‘temperature’, ‘heat’, and ‘entropy’. In this second sense, a theoretical term need not even purport to refer to unobservables. For example, although special equipment is necessary for its precise quantitatheoretical entity theoretical term 912   912 tive measurement, temperature is an observable property. Even if theories are not regarded as axiomatic systems, their technical terms can be considered theoretical. Such terms need not purport to refer to unobservables, nor be the exclusive property of one particular theory. In some cases, e.g., ‘work’ in physics, an ordinary word is used in the theory with a meaning that departs significantly from its ordinary use. Serious questions have been raised about the meaning of theoretical terms. Some philosophers have insisted that, to be meaningful, they must be given operational definitions. Others have appealed to coordinative definitions to secure at least partial interpretation of axiomatic theories. The verifiability criterion has been invoked to secure the meaningfulness of scientific theories containing such terms. A theoretical concept or construct is a concept expressed by a theoretical term in any of the foregoing senses. The term ‘theoretical entity’ has often been used to refer to unobservables, but this usage is confusing, in part because, without introducing any special vocabulary, we can talk about objects too small to be perceived directly  e.g., spheres of gamboge a yellow resin less than 106 meters in diameter, which figured in a historically important experiment by Jean Perrin.  Grice uses Ramsey’s concept of ‘theory’“granting that Ramsey overrated theory, as all Cambridge men do!” -- theory-laden, dependent on theory; specifically, involving a theoretical interpretation of what is perceived or recorded. In the heyday of logical empiricism it was thought, by Carnap and others, that a rigid distinction could be drawn between observational and theoretical terms. Later, N. R. Hanson, Paul Feyerabend, and others questioned this distinction, arguing that perhaps all observations are theory-laden either because our perception of the world is colored by perceptual, linguistic, and cultural differences or because no attempt to distinguish sharply between observation and theory has been successful. This shift brings a host of philosophical problems. If we accept the idea of radical theoryladenness, relativism of theory choice becomes possible, for, given rival theories each of which conditions its own observational evidence, the choice between them would seem to have to be made on extra-evidential grounds, since no theory-neutral observations are available. In its most perplexing form, relativism holds that, theory-ladenness being granted, one theory is as good as any other, so far as the relationship of theory to evidence is concerned. Relativists couple the thesis of theory-ladenness with the alleged fact of the underdetermination of a theory by its observational evidence, which yields the idea that any number of alternative theories can be supported by the same evidence. The question becomes one of what it is that constrains choices between theories. If theory-laden observations cannot constrain such choices, the individual subjective preferences of scientists, or rules of fraternal behavior agreed upon by groups of scientists, become the operative constraints. The logic of confirmation seems to be intrinsically contaminated by both idiosyncratic and social factors, posing a threat to the very idea of scientific rationality. 

 

thomson: Grice did not collaborate with that many friends. He did with his tutee Strawson. He later did it with G. J. Warnock only on the theory of perception (notably the ‘visum’). He collaborated with two more Oxonian philosophers, and with both on the philosophy of action: D. F. Pears and J. F. Thomson.  J. F. Scots London-born philosopher who would often give seminars with H. P. Grice. They also explored ‘philosophy of action.’ Thomson presented his views on public occasons on the topic, usually under the guidance of D. F. Pearson topics such as ‘freedom of the will.’ Thomson has assocations with University, and is a Fellow of Corpus, Grice’s alma. --thomsonianism: Grice explored philosophy of action with J. F. Thomson. Thomson would socialize mainly with Grice and D. F. Pears. Oddly, Thomson was also interested in ‘if’ and reached more or less the same Philonian consequences that Grice does.

 

three-year-old’s guide to Russell’s theory of types, theby H. P. Grice, with an appendix by P. F. Strawson, “Advice to parents,” v. Grice’s three-year-old’s guide.

 

Tilgher: Adriano Tilgher (Resìna), filosofo. Nato da padre vetraio tedesco e madre valdostana, visse a Roma dove fu amico e collaboratore di Ernesto Buonaiuti (studioso di storia del cristianesimo ed esponente del modernismo italiano), fino alla morte. Lavorò come bibliotecario all'Alessandrina e collaborò ad alcuni giornali (tra gli altri, Il Mondo e il Popolo di Roma), molti dei quali vennero poi soppressi dal regime fascista. Le sue principali opere sono: La crisi mondiale, Estetica, e La filosofia delle morali, nella quale delinea la sua originale visione individualistica. Collaborò al giornale satirico Il Becco giallo.  Fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce. Da ricordare, anche, tra i suoi diversi scritti antifascisti, la Stroncatura di Giovanni Gentile del 1925 che, soprattutto nell'ironico e irriverente sottotitolo, esprime un dissacrante giudizio sulla propaganda con l'eloquente frase, di ascendenza bruniana, «lo spaccio del bestione trionfante».  Operò anche come critico letterario e teatrale: fu tra i primi a notare l'originalità del teatro pirandelliano, nonostante i tentativi di contestazione da parte del regime fascista .  In ambito filosofico, egli affermò che non esiste una scienza morale unica bensì una pluralità di morali che emergono da un fondo caotico in virtù di un'iniziativa che in parte è creatrice di valori e in parte effetto di coincidenze casuali, anche se fortunate. In Tilgher riaffiora il dualismo manicheo di bene e di male, ribelle a ogni composizione dialettica propria a ogni comodo, quanto illusorio e superficiale ottimismo. Considerò mitico, utopistico, il concetto del progresso che non considera come altrettanto reali "il regresso, la caduta e la colpa".  Nella nota Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra, pubblicata nel 1937, oltre a suoi testi incluse brani tratti dalle opere di Antonio Aliotta, Ernesto Buonaiuti, Julius Evola, Piero Martinetti, Costanzo Mignone, Emilia Nobile, Giuseppe Rensi.  A Ercolano gli è stato intitolato l'Istituto d'Istruzione Superiore.  Opere Arte, Conoscenza e Realtà, Torino, Bocca, 1911 Teoria del Pragmatismo trascendentale, Torino, Bocca 1915 Filosofi antichi, Todi, Atanor, 1921 La crisi mondiale e Saggi di socialismo e marxismo, Bologna, Zanichelli, Voci del tempo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Relativisti contemporanei, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Studi sul Teatro contemporaneo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Ricognizioni, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, La scena e la vita, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, 1925 Lo Spaccio del Bestione trionfante. Stroncatura di Giovanni Gentile. Un libro per filosofi e non filosofi, Torino, Gobetti, con un saggio di Antimo Negri, La Mandragora, Prefazione di Gabriele Turi, Roma, Storia e Letteratura, La visione greca della vita, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Giordano,  Saggi di etica e di filosofia del diritto, Torino, Bocca, 1928 Homo faber, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, col titolo Storia del concetto di lavoro nella civiltà occidentale, Firenzelibri, 1983. La poesia dialettale napoletana, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Estetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Etica di Goethe, Roma, Maglione, Filosofi e Moralisti del Novecento, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Studi di poetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Cristo e Noi, Modena, Guanda, Critica dello Storicismo, Modena, Guanda,Antologia dei filosofi italiani del dopoguerra, Modena, Guanda, Filosofia delle Morali, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Moralità. Punti di vista sulla vita e sull'uomo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere,Le orecchie dell'aquila. Studio sulle fonti dell'attualismo di Giovanni Gentile, Roma, Religio, La filosofia di Leopardi, Roma, Religio, Raoul Bruni, Torino, Aragno,  (con l'aggiunta di altri scritti leopardiani mai riuniti in volume),  Il casualismo critico, Roma, Bardi, Mistiche nuove e Mistiche antiche, Roma, Bardi, 1946 Tempo nostro, Roma, Bardi, 1946 Diario politico Liliana Scalero, Roma, Atlantica Editrice, 1946. Marxismo socialismo borghesia, Firenzelibri, Carteggio Croce-Tilgher, Alessandra Tarquini, Bologna, Il Mulino,  Pirandello, con testi di Antonio Gramsci, Pisa, Scuola Normale Superiore, Alberto Einstein, S. Trappetti e F. Secci, Dalia Edizioni, La Stampa di Torino. Redazione, Adriano Tilgher, su Liber Liber, 6 marzo . 21 agosto .  Spaccio della bestia trionfante è un'opera del filosofo Giordano Bruno, costituita da tre dialoghi di argomento morale, pubblicata a Londra. Le bestie trionfanti sono i segni delle costellazioni celesti, rappresentate da animali: è necessario «spacciarle», ovvero cacciarle dal cielo in quanto rappresentano vecchi vizi che occorre sostituire con moderne virtù.  Adriano Tilgher  Una nota dell'OVRA su un presunto tentativo di contestare Pirandello nella tournée in Argentina "si riferisce una grave dichiarazione confidenziale fatta dal noto letterato antifascista Adriano Tilgher all'On. Bruno Cassinelli, dichiarazione che rileva non solo l'animosità biliosa del Tilgher contro Pirandello ma anche e soprattutto un piano prestabilito da oltre tre mesi da rinnegati contro degli italiani che si apprestano a far conoscere ai nostri connazionali in Argentina, le ultime novità letterarie degli autori italiani". Luigi Sedita, Pirandello, l'apolitico spiato, Belfagor, che riproduce la nota, sottolinea l'enfasi negativa con cui in essa si presenta il <<noto letterato antifascista Adriano Tilgher>> e con cui ci si sofferma "soprattutto sul suo perdurante <<odioso atteggiamento di sfida e di ribellione al fascismo>>. E significativo, alla luce degli studi di Canali, che il tramite tra la polizia politica e Adriano Tilgher sia stato l'on. Bruno Cassinelli (...) Cassinelli divenne amico di Pirandello che ne parla con deferenza in due lettere alla Abba del '33 e del '36".  Adriano Tilgher in Dizionario Biografico degli Italiani  Giuseppe Rensi , Frammenti d’una filosofia dell’errore e del dolore, del male e della morte, Napoli, Orthotes, Istituto d'Istruzione Superiore Adriano Tilgher, su adrianotilgher.edu.it. Gianni Grana, Tilgher critico, in , Letteratura italiana. I critici,  V, Marzorati, Milano; R. Laz., «TILGHER, Adriano», in Enciclopedia ItalianaII Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1949. il 6 dicembre . Livia Tilgher, Adriano Tilgher com'era, Napoli, Edizioni del delfino, 1978.  Ernesto Buonaiuti Modernismo teologico Manifesto degli intellettuali antifascisti Traccani.it Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Adriano Tilgher, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Adriano Tilgher, su Liber Liber.  Opere di Adriano Tilgher, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Adriano Tilgher.

 

Timossi Roberto Giovanni Timossi (Genova), filosofo. Ha compiuto i suoi studi presso l'Genova, dove ha conseguito la laurea in Filosofia. Ha svolto attività di ricerca e di insegnamento seminariale presso l'Ateneo genovese. I suoi principali interessi sono rivolti alle cosiddette "questioni di frontiera", che riguardano la filosofia, la teologia, la storia della scienza, l'epistemologia e la religione. In questo ambito, si propone di dimostrare la possibilità di una nuova metafisica cognitiva e in particolare di una rinnovata teologia naturale o filosofica che proceda dai rivoluzionari risultati e dalle conoscenze della scienza contemporanea.  È inoltre noto per i suoi studi critici sull'ateismo. Studioso di logica, ha pubblicato uno dei manuali introduttivi più letti in Italia ("Imparare a ragionare. Un manuale di logica", Marietti).  Dal  è Presidente del Consiglio Scientifico della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (con Presidente onorario il fisico Ugo Amaldi) e dal  membro del Comitato di Gestione della Fondazione Compagnia di San Paolo di Torino. È accademico corrispondente della Accademia Ligure di Scienze e Lettere.  Oltre a numerosi articoli su quotidiani e riviste specializzate, ha pubblicato saggi per case editrici di rilevanza nazionale.   Dio è possibile? Il problema dell'esistenza di un'Entità superiore, Padova, Muzzio, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Milano, A. Mondadori, Prove logiche dell'esistenza di Dio da Anselmo d'Aosta a Kurt Gödel. Storia critica dell'argomento ontologico, Milano, Marietti, L'illusione dell'ateismo. Perché la scienza non nega Dio, presentazione del cardinale Angelo Bagnasco arcivescovo metropolita di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cinisello Balsamo, San Paolo,  Imparare a ragionare. Un manuale di logica, Milano, Marietti, Decidere di credere. Ragionevolezza della fede, Cinisello Balsamo, San Paolo, Nel segno del nulla. Critica dell'ateismo moderno, Torino, Lindau, . Perché crediamo in Dio. Le ragioni della fede cristiana nel mondo contemporaneo", Cinisello Balsamo, San Paolo, Credere per scommessa. La sfida di Pascal tra matematica e fede, Bologna , Marietti 1820Centro Editoriale Dehoniano

 

Tincari, persio. Philosopher of law, Bergamo.

 

Toderini: Giambattista Toderini (Venezia), filosofo. Frontespizio della Letteratura turchesca Figlio di Domenico Maria e di Anna Maria Cestari, discendeva dai conti palatini Gagliardis dalla Volta.  Letterato, pubblicò la monografia in tre tomi Letteratura Turchesca, tradotta anche in francese, frutto di una lunga permanenza a Costantinopoli. La vasta opera merita di essere ricordata in quanto fu la prima trattazione occidentale di storia della letteratura turca[senza fonte]. Tra gli altri scritti, in particolare di erudizione e di filosofia morale, si ricordano la Filosofia frankliniana delle punte preservatrici dal fulmine, particolarmente applicata alle polveriere, alle navi, e a Santa Barbara in mare del 1771 e L'onesto uomo ovvero saggi di morale filosofia dai principii della ragione del 1781.  Toderini è ricordato nel libro I Dogi di Venezia nella vita pubblica e privata di Andrea da Mosto (Giunti Martello ed. 1977):  «[...] La Dogaressa Pisana morì con gran dolore del Doge il 10 marzo 1769 "circa le hore ventidue colta da una gagliarda convulsione al petto et abbattuta dalla lunga penosa malattia sofferta". Per tutti i tre giorni di esposizione si conservò così fresca e rubiconda nel volto che sembrava anziché morta assorta in un dolce riposo. Fu solennemente tumulata ai S.S. Giovanni e Paolo nella tomba comune dei Mocenigo. Il Doge la seguì il 31 dicembre 1778, dopo nove giorni di malattia in seguito a una infezione determinata da una risipola alla gamba sinistra. Ai solenni funerali fatti alla sua statua ai S.S. Giovanni e Paolo venne commemorato da Pietro Berti ed a quelli fattigli dalla Scuola di San Rocco, cui apparteneva, dall'abate Giambattista Toderini[...].»  Note  Cfr. G.Toderini, Letteratura turchesca, tt. 3, presso G. Tosti, Venezia 1787  Idem, De la litterature des Turcs, 3 voll., Poincot, Paris 1789.  Cfr. Le sue opere registrate dal «Sistema Bibliotecario Nazionale»[collegamento interrotto] Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giambattista Toderini Opere di Giambattista Toderini

 

tonk: a sentential connective whose meaning and logic are completely characterized by the two rules or axioms 1 [P P P tonk Q] and 2 [P tonk Q P Q]. If 1 and 2 are added to any normal system, then every Q can be derived from any P. A. N. Prior invented ‘tonk’ to show that deductive validity must not be conceived as depending solely on arbitrary syntactically defined rules or axioms. We may prohibit ‘tonk’ on the ground that it is not a natural, independently meaningful notion, but we may also prohibit it on purely syntactical grounds. E.g., we may require that, for every connective C, the C-introduction rule [xxx P . . . C . . .] and the C-elimination rule [-C-P yyy] be such that the yyy is part of xxx or is related to xxx in some other syntactical way. 

 

token-reflexive: Grice: “’Token’ is possibly the most interesting Anglo-Saxon piece of philosophoical vocabulary: it is cognate with ‘teach’!” -- an expression that refers to itself in an act of speech or writing, such as ‘this token’. The term was coined by Reichenbach, who conjectured that all indexicals, all expressions whose semantic value depends partly on features of the context of utterance, are tokenreflexive and definable in terms of the phrase ‘this token’. He suggested that ‘I’ means the same as ‘the person who utters this token’, ‘now’ means the same as ‘the time at which this token is uttered’, ‘this table’ means the same as ‘the table pointed to by a gesture accompanying this token’, and so forth. Russell made a somewhat similar suggestion in his discussion of egocentric particulars. Reichenbach’s conjecture is widely regarded as false; although ‘I’ does pick out the person using it, it is not synonymous with ‘the person who utters this token’. If it were, as David Kaplan observes, ‘If no one were to utter this token, I would not exist’ would be true.  -- token-type distinctionGrice: “Strictly, they are not antonymsand token is too English!” Grice: “Token is cognate with ‘teach,’ a Graeco-Roman thing, cfr. insignuminsignareto teach is to show, almost, with an m-intention behind.” -- first the token, then the typeif necessary; “After all a type is a set of tokens” -- used by Grice: there’s a type of an utterer, but there’s the individual utterer: In symbols, “u” is an individual utterer, say, Grice. “U” is a type of utterer, say Oxonian philosophy dons. Aas drawn by Peirce, the contrast between a category and a member of that category. An individual or token is said to exemplify a type; it possesses the property that characterizes that type. In philosophy this distinction is often applied to linguistic expressions and to mental states, but it can be applied also to objects, events, properties, and states of affairs. Related to it are the distinctions between type and token individuation and between qualitative and numerical identity. Distinct tokens of the same type, such as two ants, may be qualitatively identical but cannot be numerically identical. Irrespective of the controversial metaphysical view that every individual has an essence, a type to which it belongs essentially, every individual belongs to many types, although for a certain theoretical or practical purpose it may belong to one particularly salient type e.g., the entomologist’s Formicidae or the picnicker’s buttinsky. The typetoken distinction as applied in the philosophy of language marks the difference between linguistic expressions, such as words and sentences, which are the subject of linguistics, and the products of acts of writing or speaking the subject of speech act theory. Confusing the two can lead to conflating matters of speaker meaning withmatters of word or sentence meaning as noted by Grice. An expression is a linguistic type and can be used over and over, whereas a token of a type can be produced only once, though of course it may be reproduced copied. A writer composes an essay a type and produces a manuscript a token, of which there might be many copies more tokens. A token of a type is not the same as an occurrence of a type. In the previous sentence there are two occurrences of the word ‘type’; in each inscription of that sentence, there are two tokens of that word. In philosophy of mind the typetoken distinction underlies the contrast between two forms of physicalism, the typetype identity theory or type physicalism and the tokentoken identity theory or token physicalism. 

 

topos: Grice: “I will use the Latinate ‘commonplace’”‘locus communis’-- topic, the analysis of common strategies of argumentation, later a genre of literature analyzing syllogistic reasoning. Aristotle considered the analysis of types of argument, or “topics,” the best means of describing the art of dialectical reasoning; he also used the term to refer to the principle underlying the strategy’s production of an argument. Later classical commentators on Aristotle, particularly Latin rhetoricians like Cicero, developed Aristotle’s discussions of the theory of dialectical reasoning into a philosophical form. Boethius’s work on topics exemplifies the later classical expansion of the scope of topics literature. For him, a topic is either a self-evidently true universal generalization, also called a “maximal proposition,” or a differentia, a member of the set of a maximal proposition’s characteristics that determine its genus and species. Man is a rational animal is a maximal proposition, and like from genus, the differentia that characterizes the maximal proposition as concerning genera, it is a topic. Because he believed dialectical reasoning leads to categorical, not conditional, conclusions, Boethius felt that the discovery of an argument entailed discovering a middle term uniting the two, previously unjoined terms of the conclusion. Differentiae are the genera of these middle terms, and one constructs arguments by choosing differentiae, thereby determining the middle term leading to the conclusion. In the eleventh century, Boethius’s logical structure of maximal propositions and differentiae was used to study hypothetical syllogisms, while twelfth-century theorists like Abelard extended the applicability of topics structure to the categorical syllogism. By the thirteenth century, Peter of Spain, Robert Kilwardby, and Boethius of Dacia applied topics structure exclusively to the categorical syllogism, principally those with non-necessary, probable premises. Within a century, discussion of topics structure to evaluate syllogistic reasoning was subsumed by consequences literature, which described implication, entailment, and inference relations between propositions. While the theory of consequences as an approach to understanding relations between propositions is grounded in Boethian, and perhaps Stoic, logic, it became prominent only in the later thirteenth century with Burley’s recognition of the logical significance of propositional logic.  topic-neutral, noncommittal between two or more ontological interpretations of a term. J. J. C. Smart suggested that introspective reports can be taken as topic-neutral: composed of terms neutral between “dualistic metaphysics” and “materialistic metaphysics.” When one asserts, e.g., that one has a yellowish-orange afterimage, this is tantamount to saying ‘There is something going on that is like what is going on when I have my eyes open, am awake, and there is an orange illuminated in good light in front of me, i.e., when I really see an orange’. The italicized phrase is, in Smart’s terms, topic-neutral; it refers to an event, while remaining noncommittal about whether it is material or immaterial. The term has not always been restricted to neutrality regarding dualism and materialism. Smart suggests that topic-neutral descriptions are composed of “quasi-logical” words, and hence would be suitable for any occasion where a relatively noncommittal expression of a view is required. 

 

toxin puzzle, a puzzle about intention and practical rationality: trustworthy billionaire, call him Paul, offers you, Peter, a million pounds for intending tonight to drink a certain toxin tomorrow. Peter is convinced that Paul can tell what Peter intends independently of what Peter does. The toxin would make Peter painfully ill for a day. But Peter needs to drink it to get the money. Constraints on the formation of a prize-winning intention include prohibitions against “gimmicks,” “external incentives,” and forgetting relevant details; e. g. Peter will not receive the money if Peter has a hypnotist “implant the intention” or hire a hit man to kill Peter should Peter not drink the toxin. If, by midnight tonight, without violating any rules, Peter forms an intention to drink the toxin tomorrow, Peter will find a million pounds in his bank account when he awakes tomorrow morning. Peter probably would drink the toxin for a million dollars. But can you, without violating the rules, intend tonight to drink it tomorrow? Apparently, you have no reason to drink it and an excellent reason not to drink it. Seemingly, you will infer from this that you will eschew drinking the toxin, and believing that you will top-down eschew drinking it seems inconsistent with intending to drink it. Even so, there are several reports in the philosophical literature of possible people who struck it rich when offered the toxin deal! Refs: H. P. Grice, “Grice’s book of paradoxes, with puzzling illustrations to  match!”  

 

Trapaninapola da –

 

Trans-plicatum. Grice: “There is the ‘in plico,’ and there is the ‘ex plico.’ But there is also the ‘trans plico,’ that crosses both! Talk of pragmatic intrusion!” In his contribution on partial logic to the Handbook of Philosophical Logic, Stephen Blamey introduces a ‘value gap introducing’ connective named ‘transplication’ to the standard 3-valued partial logic, the Strong Kleene logic. Blamey suggests the possibility of reading the transplication connective as a type of conditional. I was interested to see how the transplication connective fares as a conditional by testing it against a list of inferences concerning conditionals. In his contribution on partial logic to the Handbook of Philosophical Logic [1], Stephen Blamey introduces a ‘value gap introducing’ connective named ‘transplication’ (/) to the standard 3-valued partial logic, the Strong Kleene logic. Where t stands for ‘true’, f stands for ‘false’ and n stands for ‘neither true nor false’, the truth table for this connective is: / 1 n 0 1 1 n 0 n n n n 0 n n n Blamey suggests the possibility of reading the transplication connective as a type of conditional. Basically, the idea is that conditional sentences of the form ‘if A then B’ are neither true nor false when A is false. They are also neither true nor false when either A or B is neither true nor false. I was interested to see how the transplication connective fares as a conditional by testing it against a list of inferences concerning conditionals. Here are the results: (1) q  p/q × (2) ¬p  p/q × (3) (p q)/r  (p/r) (q/r) √ (4) (p/q) (r/s)  (p/s) (r/q) √ (5) ¬(p/q)  p √ (6) p/r  (p q)/r × (7) p/q, q/r  p/r √ (8) p/q  ¬q/¬p × (9)  p/(q ¬q) × (10)  (p ¬p)/q × Paraconsistent Transplication What would the transplication connective look like when added to the 3-valued LP (Logic of Paradox), which treats the third truth value b as both true and false. Well, to begin with, application of the transplication connective’s behaviour to the truth value b forces a step outside of the 3-valued system into a 4-valued system, with truth values n (again neither true nor false) plus b. This transplication connective thus finds a home in the many-valued logic FDE (First Degree Entailment) system. The truth table for this connective is: / 1 b n 0 1 1 b n 0 b 1 b n 0 n n n n n 0 n n n n 1 Here are the results for the transplication connective based on the logic FDE, which turns out to be the same as that for the transplication connective based on Strong Kleene logic: (1) q  p/q × (2) ¬p  p/q × (3) (p q)/r  (p/r) (q/r) √ (4) (p/q) (r/s)  (p/s) (r/q) √ (5) ¬(p/q)  p √ (6) p/r  (p q)/r × (7) p/q, q/r  p/r √ (8) p/q  ¬q/¬p × (9)  p/(q ¬q) × (10)  (p ¬p)/q × References [1] Blamey, Stephen. ‘Partial Logic’, In D. Gabbay and F. Guenthner, (eds.). Handbook of Philosophical Logic Volume III. Dordrecht, D. Reidel Publishing Company, 1986, pp. 1-70. Stephen Blamey is an Emeritus Fellow and a lecturer in Philosophy. In the past he has been Tutor for Undergraduates and been Dean, but now he is just the largely ceremonial Dean of Degrees.  Stephen is a logician and is involved with the philosophy of language and the philosophy of mathematics. Now that he is retired from being a full-time philosophy tutor he hopes finally to publish a lot of stuff that should have appeared years ago: he has been bewilderingly bad about this – too perfectionist? – and it is only when he has had a co-author or a collection editor breathing down his neck that anything has actually come out. The most substantial piece so far has been ‘Partial Logic’ in Handbook of Philosophical Logic, Eds. Gabbay & Guenthner (2nd editon: Kluwer, 2002).  He was asked to contribute this essay because he was taken to be an expert in an apparently well-defined subject area that he did not know existed; but it turned out to be the sort of thing he had written about in his doctoral thesis. Stephen’s most distinctive contribution to the area is, perhaps, introducing two novel sentence connectives, interjunction and  transplication. These were originally motivated as providing the resources actually to analyse (not just talk about) presupposition in the meaning of natural-language statements; but, independently of this, a lot of technical results take off from the form of the logic in which the connectives figure; and there are a lot of conceptual issues to address.  Stephen matriculated at Exeter College, where he did Classical Mods but switched to Mathematics & Philosophy for Finals, and where he started graduate work. He first joined St Edmund Hall in the late 70s as a Junior Research Fellow; and, after that, the College kept him on during a University appointment as a Junior Lecturer in Philosophy. Then he was persuaded to do logicky things for the computing-science community and became a Research Officer at the University’s Programming Research Group. However, he had withdrawal symptoms for the intellectual rigour of philosophy; and happily he got a lecturership at St Hilda’s College to teach logic and Plato. Eventually he came back to St Edmund Hall in the 90s. But he has not had appointments only at Oxford: for a whole term he was a Visiting Lecturer at Bedford College, London, shortly before that college ceased to exist. Blamey is a Fellow at St. Edmund, and a lecturer in Philosophy. In the past he has been Tutor for Undergraduates and Dean, but now he is just the largely ceremonial Dean of Degrees.  Like Grice, Blamey is involved with the philosophy of language. Now that he is retired from being a full-time philosophy tutor he hopes finally to publish a lot of stuff that should have appeared years ago: he has been bewilderingly bad about this – too perfectionist? Griceian echoes there – and it is only when he has had a co-author or a collection editor breathing down his neck that anything has actually come out. The most substantial piece so far has been ‘Partial Logic’ in Handbook of Philosophical Logic, Eds. Gabbay & Guenthner, Kluwer. He was asked to contribute this essay because he was taken to be an expert in an apparently well-defined subject area that he did not know existed; but it turned out to be the sort of thing he had written about. Blamey's most distinctive contribution to the area is, perhaps, introducing two novel sentence connectives, interjunction and  transplication. Griceians jokingly refer to Blamey's transplication as transplicature, making it "totally" defeasible.The idea of transplicature is originally motivated as providing the resources actually to analyse (not just talk about) presupposition in the meaning of natural-language statements -- pretty much as Grice's implicature.Does 'some dons are excellent' transplicate that not all are?"Strictly, it is by the uttering of a token of 'Some dons are excellent,' that a tutee may transplicate (or fail to transplicate, as the case might be) that not all are."Idependently of this, a lot of technical results take off from the form of the logic in which transplicature figures.Transplicature happens!And there are a lot of conceptual issues to address.  Stephen matriculated at Exeter, where he did Classical Mods, exactly like Grice -- since this gives prestige.He joined St Edmund as a Junior Research Fellow; and, after that, St. Edmund kept him on during a University appointment as a Junior Lecturer in Philosophy. Then he was persuaded to do "logicky," and transplicaturish things for Grice's play group, and became a Research Officer at the University’s Programming Research Group. However, he had withdrawal symptoms for the intellectual rigour of philosophy; and happily he got a lecturership elsewhere to teach Plato. "After all, transplicature is but footnotes to Plato."Eventually he came back to St Edmund.But he has not had appointments only at Oxford: for a whole term (can you believe it?) he was a Visiting Lecturer at Bedford, London, shortly before that college "ceased to exist," as it were (cf. Grice's and Myro's theory of time-relative identity). Refs.: Luigi Speranza: “Grice and Blamey: an unforgettable friendship; or only at Oxford,” for the Anglo-Italian Club, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria.

 

PLICATURE: Grice: “I once played with all variations of plico: there is in plico; there is ex plico, there is trans plico, there is sub plico, there is post plico; there is prae plico; there is inter plico.” “You need a list of all the possible Roman prefixes, and Strawson, being a closet romanist, promptly provided it!”

 

Trans- trans-naturale – meta-physicum – trans- trans-formatio – metamorphosis – trans-sub-stantia – metaouseis – transcendentale, transplicare -- Grice: “Trust Cicero to look for the abstract!” -- transcendentia, broadly, the property of rising out of or above other things virtually always understood figuratively; in philosophy, the property of being, in some way, of a higher order. A being, such as God, may be said to be transcendent in the sense of being not merely superior, but incomparably superior, to other things, in any sort of perfection. God’s transcendence, or being outside or beyond the world, is also contrasted, and by some thinkers combined, with God’s immanence, or existence within the world. In medieval philosophy of logic, terms such as ‘being’ and ‘one’, which did not belong uniquely to any one of the Aristotelian categories or types of predication such as substance, quality, and relation, but could be predicated of things belonging to any or to none of them, were called transcendental. In Kant’s Critique of Pure Reason, principles that profess wrongly to take us beyond the limits of any possible experience are called transcendent; whereas anything belonging to non-empirical thought that establishes, and draws consequences from, the possibility and limits of experience may be called transcendental. Thus a transcendental argument in a sense still current is one that proceeds from premises about the way in which experience is possible to conclusions about what must be true of any experienced world. Transcendentalism was a philosophical or religious movement in mid-nineteenth-century New England, characterized, in the thought of its leading representative, Ralph Waldo Emerson, by belief in a transcendent spiritual and divine principle in human nature. Grice: “The formation of this Ciceronian expression is fascinating. There’s the descent of the lark, and the transcend of the lark!” -- transcendentals, also called transcendentalia, terms or concepts that apply to all things regardless of the things’ ontological kind or category. transcendental deduction transcendentals 926   926 Terms or concepts of this sort are transcendental in the sense that they transcend or are superordinate to all classificatory categories. The classical doctrine of the transcendentals, developed in detail in the later Middle Ages, presupposes an Aristotelian ontology according to which all beings are substances or accidents classifiable within one of the ten highest genera, the ten Aristotelian categories. In this scheme being Grecian on, Latin ens is not itself one of the categories since all categories mark out kinds of being. But neither is it a category above the ten categories of substance and accidents, an ultimate genus of which the ten categories are species. This is because being is homonymous or equivocal, i.e., there is no single generic property or nature shared by members of each category in virtue of which they are beings. The ten categories identify ten irreducible, most basic ways of being. Being, then, transcends the categorial structure of the world: anything at all that is ontologically classifiable is a being, and to say of anything that it is a being is not to identify it as a member of some kind distinct from other kinds of things. According to this classical doctrine, being is the primary transcendental, but there are other terms or concepts that transcend the categories in a similar way. The most commonly recognized transcendentals other than being are one unum, true verum, and good bonum, though some medieval philosophers also recognized thing res, something aliquid, and beautiful pulchrum. These other terms or concepts are transcendental because the ontological ground of their application to a given thing is precisely the same as the ontological ground in virtue of which that thing can be called a being. For example, for a thing with a certain nature to be good is for it to perform well the activity that specifies it as a thing of that nature, and to perform this activity well is to have actualized that nature to a certain extent. But for a thing to have actualized its nature to some extent is just what it is for the thing to have being. So the actualities or properties in virtue of which a thing is good are precisely those in virtue of which it has being. Given this account, medieval philosophers held that transcendental terms are convertible convertuntur or extensionally equivalent idem secundum supposita. They are not synonymous, however, since they are intensionally distinct differunt secundum rationem. These secondary transcendentals are sometimes characterized as attributes passiones of being that are necessarily concomitant with it. In the modern period, the notion of the transcendental is associated primarily with Kant, who made ‘transcendental’ a central technical term in his philosophy. For Kant the term no longer signifies that which transcends categorial classification but that which transcends our experience in the sense of providing its ground or structure. Kant allows, e.g., that the pure forms of intuition space and time and the pure concepts of understanding categories such as substance and cause are transcendental in this sense. Forms and concepts of this sort constitute the conditions of the possibility of experience.  transcendental argument: Grice: “I prefer metaphysical argument.’ -- an argument that elucidates the conditions for the possibility of some fundamental phenomenon whose existence is unchallenged or uncontroversial in the philosophical context in which the argument is propounded. Such an argument proceeds deductively, from a premise asserting the existence of some basic phenomenon such as meaningful discourse, conceptualization of objective states of affairs, or the practice of making promises, to a conclusion asserting the existence of some interesting, substantive enabling conditions for that phenomenon. The term derives from Kant’s Critique of Pure Reason, which gives several such arguments. The paradigmatic Kantian transcendental argument is the “Transcendental Deduction of the Pure Concepts of Understanding.” Kant argued there that the objective validity of certain pure, or a priori, concepts the “categories” is a condition for the possibility of experience. Among the concepts allegedly required for having experience are those of substance and cause. Their apriority consists in the fact that instances of these concepts are not directly given in sense experience in the manner of instances of empirical concepts such as red. This fact gave rise to the skepticism of Hume concerning the very coherence of such alleged a priori concepts. Now if these concepts do have objective validity, as Kant endeavored to prove in opposition to Hume, then the world contains genuine instances of the concepts. In a transcendental argument concerning the conditions for the possibility of experience, it is crucial that some feature entailed by the having of experience is identified. Then it is argued that experience could not have this feature without satisfying some substantive conditions. In the Transcendental Deduction, the feature of experience on which Kant concentrates is the ability of a subject of experience to be aware of several distinct inner states as all belonging to a single consciousness. There is no general agreement on how Kant’s argument actually unfolded, though it seems clear to most that he focused on the role of the categories in the synthesis or combination of one’s inner states in judgments, where such synthesis is said to be required for one’s awareness of the states as being all equally one’s own states. Another famous Kantian transcendental argument  the “Refutation of Idealism” in the CriToynbee, Arnold transcendental argument 925   925 tique of Pure Reason  shares a noteworthy trait with the Transcendental Deduction. The Refutation proceeds from the premise that one is conscious of one’s own existence as determined in time, i.e., knows the temporal order of some of one’s inner states. According to the Refutation, a condition for the possibility of such knowledge is one’s consciousness of the existence of objects located outside oneself in space. If one is indeed so conscious, that would refute the skeptical view, formulated by Descartes, that one lacks knowledge of the existence of a spatial world distinct from one’s mind and its inner states. Both of the Kantian transcendental arguments we have considered, then, conclude that the falsity of some skeptical view is a condition for the possibility of some phenomenon whose existence is acknowledged even by the skeptic the having of experience; knowledge of temporal facts about one’s own inner states. Thus, we can isolate an interesting subclass of transcendental arguments: those which are anti-skeptical in nature. Barry Stroud has raised the question whether such arguments depend on some sort of suppressed verificationism according to which the existence of language or conceptualization requires the availability of the knowledge that the skeptic questions since verificationism has it that meaningful sentences expressing coherent concepts, e.g., ‘There are tables’, must be verifiable by what is given in sense experience. Dependence on a highly controversial premise is undesirable in itself. Further, Stroud argued, such a dependence would render superfluous whatever other content the anti-skeptical transcendental argument might embody since the suppressed premise alone would refute the skeptic. There is no general agreement on whether Stroud’s doubts about anti-skeptical transcendental arguments are well founded. It is not obvious whether the doubts apply to arguments that do not proceed from a premise asserting the existence of language or conceptualization, but instead conform more closely to the Kantian model. Even so, no anti-skeptical transcendental argument has been widely accepted. This is evidently due to the difficulty of uncovering substantive enabling conditions for phenomena that even a skeptic will countenance.  transcendens -- transcendental argument: Transcendental argument -- Davidson, D.: H. P. Grice, “Reply to Davidson,” philosopher of mind and language. His views on the relationship between our conceptions of ourselves as persons and as complex physical objects have had an enormous impact on contemporary philosophy. Davidson regards the mindbody problem as the problem of the relation between mental and physical events; his discussions of explanation assume that the entities explained are events; causation is a relation between events; and action is a species of events, so that events are the very subject matter of action theory. His central claim concerning events is that they are concrete particulars  unrepeatable entities located in space and time. He does not take for granted that events exist, but argues for their existence and for specific claims as to their nature. In “The Individuation of Events” in Essays on Actions and Events, 0, Davidson argues that a satisfactory theory of action must recognize that we talk of the same action under different descriptions. We must therefore assume the existence of actions. His strongest argument for the existence of events derives from his most original contribution to metaphysics, the semantic method of truth Essays on Actions and Events,  10580; Essays on Truth and Interpretation, 4,  214. The argument is based on a distinctive trait of the English language one not obviously shared by signal systems in lower animals, namely, its productivity of combinations. We learn modes of composition as well as words and are thus prepared to produce and respond to complex expressions never before encountered. Davidson argues, from such considerations, that our very understanding of English requires assuming the existence of events. To understand Davidson’s rather complicated views about the relationships between mind and body, consider the following claims: 1 The mental and the physical are distinct. 2 The mental and the physical causally interact. 3 The physical is causally closed. Darwinism, social Davidson, Donald 206   206 1 says that no mental event is a physical event; 2, that some mental events cause physical events and vice versa; and 3, that all the causes of physical events are physical events. If mental events are distinct from physical events and sometimes cause them, then the physical is not causally closed. The dilemma posed by the plausibility of each of these claims and by their apparent incompatibility just is the traditional mind body problem. Davidson’s resolution consists of three theses: 4 There are no strict psychological or psychophysical laws; in fact, all strict laws are expressible in purely physical vocabulary. 5 Mental events causally interact with physical events. 6 Event c causes event e only if some strict causal law subsumes c and e. It is commonly held that a property expressed by M is reducible to a property expressed by P where M and P are not logically connected only if some exceptionless law links them. So, given 4, mental and physical properties are distinct. 6 says that c causes e only if there are singular descriptions, D of c and DH of e, and a “strict” causal law, L, such that L and ‘D occurred’ entail ‘D caused D'’. 6 and the second part of 4 entail that physical events have only physical causes and that all event causation is physically grounded. Given the parallel between 13 and 4 6, it may seem that the latter, too, are incompatible. But Davidson shows that they all can be true if and only if mental events are identical to physical events. Let us say that an event e is a physical event if and only if e satisfies a basic physical predicate that is, a physical predicate appearing in a “strict” law. Since only physical predicates or predicates expressing properties reducible to basic physical properties appear in “strict” laws, every event that enters into causal relations satisfies a basic physical predicate. So, those mental events which enter into causal relations are also physical events. Still, the anomalous monist is committed only to a partial endorsement of 1. The mental and physical are distinct insofar as they are not linked by strict law  but they are not distinct insofar as mental events are in fact physical events.  transcendentalism, a religious-philosophical viewpoint held by a group of New England intellectuals, of whom Emerson, Thoreau, and Theodore Parker were the most important. A distinction taken over from Samuel Taylor Coleridge was the only bond that universally united the members of the Transcendental Club, founded in 1836: the distinction between the understanding and reason, the former providing uncertain knowledge of appearances, the latter a priori knowledge of necessary truths gained through intuition. The transcendentalists insisted that philosophical truth could be reached only by reason, a capacity common to all people unless destroyed by living a life of externals and accepting as true only secondhand traditional beliefs. On almost every other point there were disagreements. Emerson was an idealist, while Parker was a natural realist  they simply had conflicting a priori intuitions. Emerson, Thoreau, and Parker rejected the supernatural aspects of Christianity, pointing out its unmistakable parochial nature and sociological development; while James Marsh, Frederick Henry Hedge, and Caleb Henry remained in the Christian fold. The influences on the transcendentalists differed widely and explain the diversity of opinion. For example, Emerson was influenced by the Platonic tradition, G. Romanticism, Eastern religions, and nature poets, while Parker was influenced by modern science, the Scottish realism of Reid and Cousin which also emphasized a priori intuitions, and the G. Higher Critics. Emerson, Thoreau, and Parker were also bonded by negative beliefs. They not only rejected Calvinism but Unitarianism as well; they rejected the ordinary concept of material success and put in its place an Aristotelian type of selfrealization that emphasized the rational and moral self as the essence of humanity and decried idiosyncratic self-realization that admires what is unique in people as constituting their real value.  -- trans-finitum: definitum, infinitum: Trans-finite number, in set theory, an infinite cardinal or ordinal number.

 

Tocco: Felice Tocco (Catanzaro), filosofo. Studiò all'Napoli con Bertrando Spaventa e in quella di Bologna, allievo di Francesco Fiorentino. Insegnante di antropologia a Roma, divenne professore di Storia della filosofia a Pisa e poi a Firenze.  Si pose, nelle sue Ricerche platoniche, il problema della cronologia degli scritti platonici mentre, nella sua monografia su Giordano Bruno, negò che il filosofo di Nola potesse essere considerato un "martire del libero pensiero", quanto piuttosto l'interprete dei nuovi bisogni di razionalizzazione delle teorie filosofiche, in linea con l'impulso delle ricerche scientifiche in atto ai suoi tempi. Contribuì alla pubblicazione delle opere latine di Bruno, individuandone tre fasi di sviluppo: una fase neoplatonica, una fase panteistica e una atomistica.  Fu sostenitore del neokantismo, rifiutando ogni costruzione metafisica e privilegiando le esigenze della ragione pratica.  Opere Ricerche platoniche, Catanzaro; L'eresia nel Medioevo, Firenze Le Opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate con le italiane da Felice Tocco (R. Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze); Le Fonti più recenti della filosofia del Bruno. Nota del socio Felice Tocco, 1892 in "Rendiconti della R. Accad. dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche",  1, fasc. 7/8. 1892; Le opere inedite di Giordano Bruno. Memoria letta all’Accademia di scienze morali e politiche della Società Reale di Napoli dal socio Felice ToccoStudi francescani, Napoli; Studi kantiani, Palermo. Simonetta Bassi, «Francesco Fiorentino e Felice Tocco » in Il contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Massimo Ferrari, I dati dell'esperienza. Il neokantismo di Felice Tocco nella filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Firenze, Leo S. Olschki, Giulio Raio , Lezioni su Kant di Felice Tocco: Studio ed edizione, Napoli, Liguori Editore, 1Felice Tocco, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Felice Tocco, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Felice Tocco, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Felice Tocco, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Felice Tocco, . Opere di Felice Tocco, su Progetto Gutenberg.  Tocco, Felice, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Tolomei: Giovanni Battista Tolomei, S.I. cardinale di Santa Romana Chiesa Giovanni-Battista Tolomei (Ptolemaeus).j pg Ritratto del cardinale Tolomei Template-Cardinal (not a bishop).svg   Incarichi ricopertiRettore dell'Università Gregoriana Cardinale presbitero di Santo Stefano al Monte Celio (1712-1726) Camerlengo del Collegio Cardinalizio (1720-1723)   Nato3 dicembre 1653 a Pistoia Ordinato presbitero1684 Creato cardinale17 maggio 1702 da papa Clemente XI Deceduto19 gennaio 1726 (72 anni) a Roma   Manuale. Giovanni Battista Tolomei (Pistoia), filosofo. Appartenente alla Compagnia di Gesù. Nato a Villa Camberaia tra Pistoia e Firenze fu di nobili origini. All'età di quindici anni fu mandato a studiare a Firenze dove studiò legge presso l'Pisa. Il 18 febbraio 1673 entrò a far parte dell'ordine dei Gesuiti e venne ordinato a Roma. Divenne esperto di ben undici lingue tra le quali latino, greco, ebraico, siriaco, arabo, inglese, illirico e francese.  Iniziò la sua carriera teologica esponendo le Sacre scritture nelle letture pubbliche presso la Chiesa del Gesù a Roma. All'età di trent'anni venne eletto alla carica di procuratore generale dell'Ordine dalla Congregazione Generale, ufficio che tenne per cinque anni, fino a quando cioè non ottenne la cattedra di filosofia al Collegio Romano.  Opere Le sue letture, che ebbero sempre un vasto uditorio, vennero poi date alla stampa nel 1696 con il titolo Philosphia mentis et sensuum, nella quale, pur nel pieno rispetto dell'aristotelismo, accolse gran parte delle scoperte naturalistiche della sua epoca, esponendole nelle sue lezioni. Le letture vennero ristampate nel 1698 in Germania dove ottenne l'encomio dell'Accademia di Lipsia e del celebre filosofo Leibniz.  Insegnamento Successivamente ottenne la cattedra di teologia alla Pontificia Università Gregoriana (allora ancora Collegio Romano) e rinnovò le tematiche relative alla controversia sul concetto di dogma già iniziate dal cardinal Bellarmino circa un secolo prima. Le letture relative a queste lezioni furono tutte redatte in un manoscritto di ben sei volumi in folio che tuttavia non vennero mai pubblicati dall'autore. Eletto successivamente rettore del Collegio Romano e del Collegio Germanico, ricoprì contemporaneamente la carica di Consultore presso la Congregazione dei Riti.  La nomina a cardinale Venne con sua sorpresa nominato cardinale da papa Clemente XI ed ottenne il titolo di Santo Stefano al Monte Celio. Chiamato al servizio del Pontefice per giudicare gli errori in materia di dogmatica si occupò della pronuncia di condanna dell'eresia del teologo francese, esponente del giansenismo Pasquier Quesnel.  In qualità di cardinale fu uno degli elettori del conclave di nomina di papa Innocenzo XIII e di Benedetto XIII.  Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Battista Tolomei  Giovanni Battista Tolomei, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Battista Tolomei, su Find a Grave. Opere di Giovanni Battista Tolomei, . Giovanni Battista Tolomei, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Giovanni Battista Tolomei, in Catholic Hierarchy.  Giovanni Battista Tolomei nell'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana, su unigre.it. Tolomèi, Giovanni Battista, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Predecessore Rettore dell'Università GregorianaSuccessoreEstemma UniGreg.png Angelo Alamanni, S.I.1º gennaio 16981º gennaio 1701Annibale Marchetti, S.I.Predecessore Cardinale presbitero di Santo Stefano al Monte CelioSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Francesco Bonvisi11 luglio 171219 gennaio 1726Giovanni Battista Salerni, S.I.PredecessoreCamerlengo del Collegio CardinalizioSuccessoreEmblem Holy See.svg Luigi Priuli20 marzo 17 gennaio 1723Bernardino Scotti

 

Tomatis: Francesco Tomatis (Carrù), filosofo. Dal 2002 insegna alla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università degli Studi di Salerno come Professore in Filosofia teoretica. Francesco Tomatis ha studiato nelle Torino, Heidelberg, Perugia e Macerata. Laureatosi in Filosofia teoretica all'Torino con Gianni Vattimo e Luigi Pareyson (1991), dottore di ricerca all'Perugia (1994), seguito da Giovanni Ferretti e Giuseppe Riconda, di cui è stato assistente all'Torino dal 1995 al 2002, è stato borsista del Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson (1995-1998), ricercatore della Alexander von Humboldt-Stiftung all'Freiburg im Breisgau (1997), Professore allo Studio teologico interdiocesano di Fossano (1991-2001) e professore ospite in alcune Università europee e americane (Madrid, Córdoba, Mendoza..).  È membro dei comitati scientifici del Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson di Torino, della Fondazione centro studi Augusto Del Noce di Savigliano, dell'Accademia estetica internazionale di Rapallo, dell'Istituto Xavier Tilliette, della Internationale Schelling-Gesellschaft.  Nel 1987 ha fondato a Cuneo il Seminario angelus novus. Nel 1991 ha fondato con Massimo Cacciari, Massimo Donà, Romano Gasparotti, Sergio Givone, Margherita Petranzan, Carlo Sini e Vincenzo Vitiello la rivista “Paradosso”. Dal 1995 scrive sulle pagine culturali di “Avvenire”. Cura una rubrica sul mensile delle vallate occitane d'Italia “Ousitanio Vivo”, di cui è collaboratore dal 1998, e dal 2005 collabora a “La Rivista del Club alpino italiano”. Dal  è garante scientifico internazionale dell'associazione Mountain Wilderness International. Dal 2008 è istruttore di Kung Fu classico cinese, frequentando la Scuola Kung Fu Chang dal 1994, allievo diretto dei maestri Ignazio Cuturello e Roberto Fassi.  Pensiero Ha dedicato le sue ricerche al pensiero di Friedrich Schelling, Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger in ambito tedesco, di Luigi Pareyson e Luigi Einaudi in quello italiano, di Lao Tzu e Yang Chengfu nel cinese, approfondendo in particolare il problema ontologico della libertà e del male, del tempo e dell'escatologia, dei principi e del non-sapere. Ha poi elaborato una filosofia esperienziale, sperimentata soprattutto in montagna, che intende l'esistenza come esperienza personale della verticalità del limite, e una filosofia ermeneutica del dialogo interculturale, particolarmente attenta alla teologia cristiana trinitaria e al pensiero taoista cinese.  Opere Kenosis del logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Prefazione di Xavier Tilliette, Città Nuova Editrice, Roma, 1994, 384   88-311-3229-6 Ontologia del male. L'ermeneutica di Pareyson, Presentazione di Piero Coda, Città Nuova Editrice, Roma,  L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, 2ª ed., Roma, Città Nuova Editrice,  pareysoniana, Trauben, Torino, Pareyson. Vita, filosofia, , 2ª ed. ampliata, Morcelliana, Brescia,  Escatologia della negazione, Roma, Città Nuova Editrice, Friedrich Schelling. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo, Filosofia della montagna, Prefazione di Armando Torno, Postfazione di Reinhold Messner, 3ª ed., Milano, Bompiani, Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano, Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Prefazione di Piero Coda, Bompiani, Milano, Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Prefazione di Giovanni Reale, Bompiani, Milano, 2009, 128   978-88-452-6256-2 Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova Editrice, Roma, , Corpo e preghiera. La Via del T'ai Chi Ch'üan, con I. Cuturello, R. Fassi, D. Magni, 2ª ed., Roma, Città Nuova Editrice,  La via della montagna, Bompiani, Milano, Curatele Luigi Pareyson, Essere, libertà, ambiguità, Mursia, Milano, Giuseppe Riconda, Xavier Tilliette, Del male e del bene, Città Nuova Editrice, Roma, Bruno Forte, Vincenzo Vitiello, La vita e il suo oltre. Dialogo sulla morte, Città Nuova Editrice, Roma, Luigi Pareyson, Iniziativa e libertà, Mursia, Milano, Mauro Baudino, White-out, Museo Nazionale della Montagna, Torino, 2006, 48   88-7376-024-4 Friedrich Nietzsche, Su verità e menzogna, Bompiani, Milano, 2006, 168   88-452-5741-X Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling, Sui principi sommi. Filosofia della rivelazione 1841/42, Bompiani, Milano, , 1536   978-88-452-8094-8 Luigi Pareyson, Prospettive di filosofia moderna e contemporanea, Mursia, Milano , Recensioni Kenosis del logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Pref. di X. Tilliette, Città Nuova, Roma 1994, 384  [recensito da: B. Forte («Avvenire», 10.12.1994, p.22), G. Baget Bozzo («Il Sole-24 Ore», 8.1.1995, p.27), A. Giordano («La Guida», 13.1.1995, p.3 e 20.1.1995, p.3)Bogo («la masca», 18.1.1995, p.14), G. Pirola («La Civiltà Cattolica», 146, 3483/3484, 5-19.8.1995, 333–334), F. D'Agostini («La Stampa. Tuttolibri», 30.9.1995, p.6), F. Viganò («Informazione filosofica», 26, 1995, 53–54), S. Sotgiu («Diorama letterario», 190, 1995, 34–36), B. Forte («Asprenas», 43, 1996, 1, 127–129), X. Tilliette («Gregorianum», 1996, 195–196), E. Guglielminetti («Filosofia e teologia», 1996, 2, 408–411)].  Ontologia del male. L'ermeneutica di Pareyson, Pres. di P. Coda, Città Nuova, Roma 1995, 200  [recensito da: G. Baget Bozzo («Il Sole-24 Ore», 30.7.1995, p.26), G. Ricci («Avvenire», 28.10.1995, p.19), A. Ribero («AdOvest», S. Sotgiu («Diorama letterario», M. Micelli («Informazione filosofica», 27, 1996, 24–25), F. Russo («Acta philosophica», 1996, p.185), G. Garelli («La Guida», 14.3.1997, p.8)].  L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, Città Nuova, Roma 1997, 2, 168  [recensito da: M. Schoepflin («Avvenire», 5.7.1997, p.21), F. Dal Bo («Con-tratto», 1998, 515–516), F. Pepino («la Bisalta», 15.1.1999, p.29)].   pareysoniana, Trauben, Torino 1998, 160  [recensito da: G. Garelli («La Guida», 15.1.1999, p.13), F. Russo («Acta philosophica», F.P. Ciglia («Il Pensiero», Escatologia della negazione, Città Nuova, Roma 1999, 200  [recensito da: G. Garelli («La Guida», 26.3.1999, p.4), F. Pepino («la Bisalta», 26.3.1999, p.29), M. Schoepflin («Avvenire», 10.4.1999, p.23), A. Folin («Tuttolibri», 17.6.1999, p.6), M.C. Di Nino («Dialegesthai», 2003,//mondodomani.org/dialegesthai/)].  Pareyson. Vita, filosofia, , Morcelliana, Brescia 2003, 208  [recensito da: G. A[schero] («La Guida», 14.3.2003, p.58), M. 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Rosa («TorinoSette», 13.1.2006, p.42), A. Parodi («La Stampa Web», 16.1.2006, lastampa.it), G. Pulina («Girodivite», girodivite.it), A. Rigobello («L'Osservatore romano», 2006)].  Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano [recensito da: M. Schoepflin («Jesus», 2007, 1, p.95), M. Del Vecchio («Diorama letterario», 282, 2007, 30–31), G. Pulina («Recensioni filosofiche», 29.12.2006, recensionifilosofiche.it)].  Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Bompiani, Milano 2007, 160  [recensito da: M. Iacona («Secolo d'Italia», 7.11.2007, p.9), E. Billò («L'Unione monregalese», 7.11.2007, p.41), G. A[schero] («La Guida», 7.12.2007, p.16), M. Schoepflin («Giornale di Brescia»), M. Schoepflin («Avvenire», 19.3.2008), D. Monaco («Filosofia e teologia», 2008, 2, 417–420)].  Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Pref. di G. Reale, Bompiani, Milano 2009, 128  [recensito da: G. Giorello («Corriere della Sera. Magazine», 7.5.2009, 18, p.29), E. Castagna («Avvenire», 26.6.2009, p.24), M. Iacona («Il Borghese», ), A. Torno («Corriere della Sera», )].  Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova, Roma , 304  [recensito da: F. Chittolina («La Guida», 21.10., p.63); [M. Schoepflin] («Il Giornale di Brescia», 5.11., p.64); G. Tarantino («Secolo d'Italia», 6.11., p.9); M. Iacona («Il Giornale d'Italia», 6.11., p.11); D. Monaco («L'occhio», 1-15.11., p.21); F. Chittolina («La Voce del Popolo», 4.12., p.6); F. Ranucci («Conquiste del lavoro», 29.12., p.4); [...] («Jesus», gennaio , p.110); S. Bondi («Panorama», 29.2.); E. Di Nuoscio («Europa», 4.5., 1 e 9); D. Anghilante («Ousitanio vivo», 376, , p.9); F.S. Festa, («», ,// ); G. Bartoli («Dialegesthai», 10.7.,//mondodomani.org/dialegesthai/; D. Monaco («Filosofia e teologia», , 1,  ]; P. Lubrano («Il Nostro Tempo», 20.10., p.14)].  Note  Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson  Studio teologico interdiocesano di Fossano  Accademia estetica internazionale di Rapallo Istituto Xavier Tilliette  Ousitanio VivoIl Giornale  La Rivista del Club alpino italiano  Prof. Francesco Tomatis curriculum, pubblicazioni, biografia intellettuale. Pagina docente nel sito dell'Università degli Studi di Salerno. F

 

Tomeo: Calcografia di Niccolò Leonico Tomeo Niccolò Leonico Tomeo (in albanese: Νikolla Thomai; Venezia), filosofo. -- accademico e docente veneziano, originario dell'Epiro, professore di filosofia all'Padova.  Tomeo è stato uno dei primi professori di origine Albanese per insegnare greco in Padova.   Tomeo nasce a Venezia, Italia il 1º febbraio 1456 da una famiglia epirota originaria di Durazzo (Regno d'Albania). Fu inviato a Firenze, dove ha studiato filosofia e letteratura greca sotto la tutela del Demetrios Chalkokondyles. Nel 1497 l'Padova nomina Thomaeus come suo primo docente  ufficiale sul testo greco di Aristotele. Nel 1504 viene eletto come successore di Giorgio Valla per la cattedra di greco a Venezia, ma poiché Thomaeus non prese l'incarico sul serio, gli successe nel 1512 Marco Musuro. Nel 1524, Thomaeus pubblica una raccolta di dialoghi filosofici in latino, il primo dei quali era intitolato "Trophonius, sive, De divinatione". È stato ammirato da studiosi come Erasmo per le sue capacità filologiche. Quando l'Padova venne riaperta dopo la guerra della Lega di Cambrai, Tomeo insegnarà all'università fino alla sua morte, avvenuta il 28 marzo 1531.  Opere Aristotelis Parva quae vocant Naturalia, Bernardino Vitali, Venezia 1523. Trophonius, sive, De divinatione, 1524. Bembo sive de immortalitate animae, 1524. Opuscula. Ex Venetiis, Bernardino Vitali, Venezia 1525. Edizione in linea: Nicolò Leonico Tomeo, Opuscula, Ex Venetiis, Bernardino Vitali, 1525. 18 giugno . Conversio in Latinum atque explanatio primi libri Aristotelis de partibus animalium… nunc primum ex authoris archetypo in lucem aeditus. G. Farri, Venezia 1540. Note  Runciman 1985212: "The University of Padua was one of the first to encourage the study of Greek; and Greeks who could lecture on Greek texts were especially welcome. A Chair of Greek was founded there in 1463 and given to the Athenian Demetrius Chalcondylas. One of his successors, Nicholas Laonicus Thomaeus, an Epirot by birth, gave in 1497 a course of lectures on Aristotle, using only the Greek text and a few Alexandrian commentaries."  Copenhaver e Schmidt 1992104: "A few years later, cracks in the fortress of Latin Aristotelianism at Padua encouraged the hiring of Niccolò Leonico Tomeo, an Italian-born Greek, to lecture on the Greek Aristotle."  Geanakoplos 1985358: "Born in Venice of Greek parents (wrongly termed Albania by some scholars), Tomaeus as a youth was sent to study in Florence, where at its stadium he read Greek literature and philosophy with his famed compatriot, Demetrius Chalcondyles."  Ossa-Richardson 90: "Niccolò Leonico Tomeo (1456–1531), born in Venice to Greek parents, taught philosophy at Padua from 1497, and became known as a translator and interpreter of Aristotle. In 1524, he published a collection of philosophical dialogues, written in an elaborate Latin; the first of these is entitled 'Trophonius, sive, De divinatione'."  Parkinson 200340: "Pomponazzi's Paduan colleague Niccolò Leonico Tomeo (1456–1531) was the first professor to lecture on the Greek text of Aristotle. As a Venetian of Greek parentage, Leonico Tomeo inherited the mantle of Byzantine scholars such as Gaza and Argyropoulos along with that of Italian humanists like Poliziano and Barbaro."  Bietenholz e Deutscher 1995,  323–324: "Niccolò LEONICO TOMEO  Niccolò Leonico Tomeo (Leonicus Thomaeus) was born in Venice of Albanian parentage (From DURRES, Albania) and studied Greek in Florence under Demetrios *Chalcondyles. He had apparently been teaching at the University of Padua for some time when he was appointed its first official lecturer on the Greek text of Aristotle in 1497, since the Venetian senate's decree called him 'very popular and acceptable to the students'. Though elected to succeed Giorgio *Valla in the chair of Greek in Venice itself during 1504, he does not appear to have taken the post up seriously and was superseded by *Musurus in 1512. He returned to Padua as soon as the university reopened after the wars of the League of Cambrai, teaching there continuously until his death..."  Bietenholz, Peter G. and Thomas Brian Deutscher, Contemporaries of Erasmus: A Biographical Register of the Renaissance and Reformation (Volumes 1–3), Toronto, University of Toronto Press, Copenhaver, Brian P. and Charles B. Schmidt, Renaissance Philosophy, Oxford, Oxford University Press, 1992,  978-0-19-219203-5. Geanakoplos, Deno J., The Career of the Little-known Renaissance Greek Scholar Nicholas Leonicus Tomaeus and the Ascendancy of Greco-Byzantine Aristotelianism at Padua University (1497), in Byzantina,  Ossa-Richardson, Anthony, The Devil's Tabernacle: The Pagan Oracles in Early Modern Thought, Princeton, NJ, Princeton University Press, ,  978-1-4008-4659-7. Parkinson, G.H.R., Routledge History of Philosophy Volume IV: The Renaissance and Seventeenth Century Rationalism, London and New York, Routledge, Runciman, Steven, The Great Church in Captivity: A Study of the Patriarchate of Constantinople from the Eve of the Turkish Conquest to the Greek War of Independence, Cambridge, Cambridge University Press,Ulteriore lettura De Bellis, Daniela, Niccolò Leonico Tomeo interprete di Aristotele naturalista, in Physis: Rivista internazionale di storia della scienza,  De Bellis, Daniela, La vita e l'ambiente di Niccolo Leonico Tomeo, in Quaderni per la storia dell'Universita di Padova,  13, 1980,  37-75. De Bellis, Daniela, I veicoli dell'anima nell'analisi di Niccolo Leonico Tomeo, in Annali dell'Istituto di filosofia, Universita di Firenze,  3Serena, A., Niccolò Leonico Tomeo, in Appunti Letterari, Rome, 1903,  5-32. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Niccolò Leonico Tomeo  Niccolò Leonico Tomeo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Niccolò Leonico Tomeo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Niccolò Leonico Tomeo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Niccolò Leonico Tomeo / Niccolò Leonico Tomeo (altra versione).

 

Tomitano: Bernardino Tomitano (Padova), filosofo. Fondatore di accademie letterarie, autore di commenti alle opere di Aristotele e autore di scritti di logica, alcuni dei quali ancora inediti.  Nacque a Padova da una famiglia originaria di Feltre. Frequentò i corsi di filosofia e medicina all'Padova e si laureò in ambedue le discipline nel 1535, appena diciottenne. Nel 1539 fu deputato dal Senato Veneto a leggere l'Organon di Aristotele alla "Scuola di logica" dell'Università, incarico che conservò fino al 1563. Nel periodo in cui rimase a Padova strinse amicizia, fra gli altri, con Sperone Speroni, Pietro Bembo, Jacopo Sadoleto, Paolo Giovio, Bernardo Navagero, Girolamo Fracastoro e Aldo Manuzio, e fece parte dell'Accademia degli Infiammati, il cui proposito era scrivere "compiutamente" in lingua italiana e lingua veneta; le discussioni all'accademia degli Infiammati sono alla base dei Quattro libri de la lingua thoscana. Scrisse anche due brevi dissertazioni matematiche: il Moisè-Geometria (1550), la dimostrazione del teorema "due rette possono avvicinarsi all'infinito senza mai unirsi", intuito dal profeta ebreo per Grazia divina, e Introductio Cosmographiae, lezioni di geometria a fondamento della cosmografia tolemaica (1551).  Nel 1554 fu accusato dal Santo Uffizio veneto di eresia per un'opera, divulgata a suo nome nel 1547 intitolata Espositione letterale del testo di Mattheo Evangelista, traduzione della parafrasi di Erasmo da Rotterdam al Vangelo secondo Matteo. Tomitano dimostrò, con due scritti, che quell'opera non era sua, ma edita a sua insaputa da un "nobile signore N., con cui era assai famigliare". Fu creduto e assolto, ma da allora in poi i suoi scritti divennero alquanto conformisti.  Nel 1563 non ottenne la cattedra di "ordinaria filosofia" a cui aspirava. Deluso lasciò Padova e si trasferì con la famiglia a Venezia dove esercitò con successo la professione di medico. L'opera più importante del periodo veneziano, a parte la biografia di Astorre Baglioni, furono il De morbo gallico in due libri, e il carme encomiastico Thetis in onore di Enrico III di Francia nominato anche re di Polonia (1573).  Opere Introductio ad Sophisticos Elenchos Aristotelis. Eiusdem brevis methodus diluendorum paralogismorum per divisionem, praeter illa quae Aristoteles habuit in Elenchis. Quam methodum B. Tomitanus ex dialogis Platonis et ex Aristotele nuper invenit. Adiecta sunt Famigerata veterum Sophismatum exernpla, ad exercitationem adolescentium, Venezia Ragionamenti della lingua Toscana, doue si parla del perfetto oratore, & poeta uolgari, dell'eccellente medico & philosopho Bernardin Tomitano, diuisi in tre libri. Nel primo si pruoua la philosophia esser necessaria allo acquistamento della rhetorica & poetica. Nel secondo si ragiona de i precetti dell'oratore. Et nel terzo, delle leggi appartenenti al poeta, & al bene scriuere, si nella prosa, come nel uerso, Venezia, Giovanni de Farri & fratelli, Nuova ediz. Quattro libri della lingua thoscana di M. Bernardino Tomitano. Oue si prova la philosophia esser necessaria al perfetto oratore, & poeta con due libri nuouamente aggionti, de i precetti richiesti a lo scriuere, & parlar con eloquenza, Padoua, Lorenzo Pasquati, 1569. Sonetti e Canzoni, in Rime diuerse di molti eccellentiss. autori nuouamente raccolte. Libro primo, con nuoua additione ristampato, Venezia Gabriel Giolito De Ferrarii, Esposizione letterale del testo di Mattheo Evangelista, Venezia, 1547 Sopra le Pistole di S. Paolo, Venezia, 1550 Moisè. Geometria, Mantova 1550 Introductio Cosmographiea, Venezia 1551 Prediche del reuerendissimo monsignor Cornelio Musso, vescouo di Bitonto, fatte in diuersi tempi, et in diuersi luoghi. Nelle quali si contengono molti santi euangelici precetti, non meno utili, che necessarij alla interior fabrica dell'huomo cristiano. Con la tauola delle cose più notabili in esse contenute, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli, 1554 Oratione recitata per nome de lo Studio de le Arti padovano ne la creatione del Serenissimo Principe di Vinetia M. Marcantonio Trivisano, Venezia,Clonicus, sive de Reginaldi Poli laudibus, Venezia Consiglio sopra la peste di Vinetia. Al Magnifico M. Francesco Longo del Clarissimo M. Antonio, Padova 1556 Corydon, sive de Venetorum laudibus, et Carmen ad Laurentium Priolum Venetorum Principem, Venezia 1556 G. Breznicio . Animadversiones aliquot in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. Contradictionum solutiones in Aristotelis et Averrois dicta, in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. In novero Averrois Quaesita demonstrativa Argumenta, Venezia,Consiglio de l'eccell. m. Bernardino Tomitano sopra la peste di Vinetia l'anno 1556, Padova, appresso Gratioso Perchacino, 1556 De morbo gallico, in 2 voll, Venezia 1567 Vita e fatti di Astorre Baglioni Quattro libri della lingua thoscana, ove si prova la philosophia esser necessaria al perfetto oratore et poeta con due libri nuovamenti aggionti dei precetti richiesti a lo scrivere et parlar con eloquenza, Padova 1570 Thetis. In adventu Regis Henrici III Galliae Christianissimi et IV Poloniae Serenissimi ad felicissimam Venetiarum urbem, Venezia, Ziletti 1574 Note  Aristotelis Opera omnia. Cum commentariis Averrois. Animadversiones et solutiones B. Tomitani. Et alia plura. Venetiis, apud Iuntas, 1574  I primi due libri sono tesi a dimostrare che la filosofia è necessaria all'oratore e al poeta. Il terzo libro ha per argomento i precetti della retorica necessari alla scrittura e all'oratoria. L'ultimo libro è dedicato alla prosa d'arte ("locutione oratoria, et de' suoi ornamenti, con la ragion de i motti, facetie et apologi").  Antonino Poppi. Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Soveria Mannelli, Rubbettino editore, 2001,  Ricerche sulla teologia e la scienza nella Scuola padovana del Cinque e SeicentoAntonino PoppiGoogle Libri.  Oratione prima alli Signori de la S. Inquisitione di Venetia, Padova 1556, e Oratione seconda alli Signori medesimi, Venezia, 1557.  Quest'opera è nominata solo da Anton Francesco Doni nella sua Prima Libraria, un repertorio dei libri italiani stampati fino al 1550. L'opera del Tomitano, pertanto, deve essere stata scritta prima del 1550.  È una biografia in otto libri su Astorre Baglioni, il capitano ucciso con Marcantonio Bragadin a Famagosta. L'opera, composta tra il 1572 e il 1576, rimase ignota ai contemporanei del Tomitano ed è in gran parte ancora adesso inedita. Ne sono stati stampati solo alcuni brani a metà del XIX secolo.  Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, della Compagnia di Gesù, bibliotecario del serenissimo Duca di Modena, Firenze, Molini e Landi, Marco Pecoraro, Tomitano, Bernardino, in Vittore Branca , Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET, Bernardino Tomitano, su sapere.it, De Agostini. Opere di Bernardino Tomitano, .  Aulo Greco, Bernardino Tomitano, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

tornolia Giovanni Torlonia (poeta)  Corona real abierta.svg Giovanni Torlonia Pal Braschida pal TorloniaGiovanni e A Maria Torlonia e Canova (Canova attr., 1811) P1090719.JPG Palazzo Braschi, da palazzo Torlonia, Giovanni e A. Maria Torlonia (Canova attr., 1811) Principe Stemma PredecessoreMarino Torlonia, principe di Civitella Cesi, duca di Poli e di Guadagnolo Nome completoGiovanni Torlonia TrattamentoSua Grazia NascitaRoma, 22 febbraio 1795 MorteRoma, 9 novembre 1858 DinastiaTorlonia PadreMarino Torlonia, II principe Torlonia MadreAnna Sforza Cesarini ConsorteFrancesca Ruspoli FigliClemente Religionecattolicesimo. Giovanni Torlonia (Roma), filosofo. Secondogenito del duca Marino e di Anna Sforza Cesarini, figlia del VI principe di Genzano Francesco. Apparteneva a una delle più facoltose famiglie nobiliari romane; il padre, duca di Poli e di Guadagnolo, era titolare del feudo di Bracciano e viveva a Roma nel palazzo Torlonia, già Núñez, in via Bocca di Leone. Anna Sforza Cesarini aveva portato in dote una villa a Frascati, già appartenuta ai Ludovisi.  Giovanni Torlonia sposò Francesca Ruspoli (18301902), figlia di Bartolomeo e nipote del III principe di Cerveteri Francesco; dal loro matrimonio nacque Clemente (1852-1899).  Fabio Nannarelli, amico intimo e primo biografo di Giovanni Torlonia, così lo descrive: I capelli castani, abbondanti e finissimi, il pallore e la gracilità del volto… Ma se la fronte era di filosofo, l'occhio era d'artista, o meglio, di contemplatore… Svelto nella persona. Di piccola statura, incedeva frettoloso a testa alta e pensierosa.  Giovanni Torlonia si esprimeva con eleganza in francese, inglese e tedesco e aveva studiato diligentemente il greco e il latino, procurandosi una fastidiosa malattia agli occhi. Spirito avido di conoscenze, fu attratto dalla chimica e dalla botanica. Nelle sue passeggiate nella Campagna Romana raccoglieva e catalogava piante e fiori. Appassionato di Archeologia, collezionava monete di epoca Romana e trascriveva antiche iscrizioni. Fu socio della Pontificia Accademia di Archeologia. Pronunciò un discorso in occasione del Natale di Roma del 1854. Religioso fervente, è stato introdotto da Monsignor Carlo Passaglia allo studio della Patrologia e delle Sacre scritture. La famiglia Torlonia lo tollerava, ma lo considerava visionario e innovatore pericoloso.  Da Platone e da Plotino Giovanni Torlonia approdò alla filosofia tedesca, a Kant e a Fichte. Il pensiero filosoficoscrive Nannarelliche gli tornava in contemplazione entusiastica, gli si faceva poesia.  Giovanni Torlonia era in contatto con un gruppo di poeti, suoi coetanei, oggi identificati come i Poeti della Scuola romana che di sera si ritrovavano al caffè Nuovo, a piazza San Lorenzo in Lucina (Palazzo Ruspoli). Scrive Nannarelli che Giovanni Torlonia, novello Mecenate, aveva raccolto intorno a sé questo gruppo di giovani spinti dal comune ideale di ricondurre l'arte poetica agli antichi splendori. Tra questi, c'erano Domenico Gnoli, Ignazio Ciampi, Giovanni Battista Maccari, Teresa Gnoli e il Nannarelli stesso. Scrive Domenico Gnoli:Egli volle riuniti idealisti e classicisti, nella fiducia che, temperata la nebulosità metafisica degli uni e la gretta sensibilità degli altri, e prendendo il meglio d'ambedue le scuole, potesse scaturire a grado a grado un'arte nazionale o universale, profonda e intima d'idea e di sentimento, nitida, elegante di forma.  Poeta anch'egli, scrisse versi sull'amore, sui fiori, sulla contemplazione del Divino. Amava la poesia di Schiller, Goethe, Lenau e soprattutto di Leopardi. Declamava Dante e Tasso. Il suo primo poemetto, Versi, del 1853, ha meritato le lodi di Gregorovius. Suoi versi apparvero nella Raccolta di poesie I fiori della campagna romana, stampata a Firenze nel 1857 e nella Strenna Romana, del 1858, che egli curò insieme a Paolo Emilio Castagnola. Dedicò versi alla poetessa all'improvviso Giannina Milli e a Teresa Gnoli. Ha dedicato un sonetto anche a Giovanna Massani, moglie di Luigi Lezzani.   Giovanni Costa, Trebbiatura nella campagna Romana, A Monte Mario, nei casali Mellini, sotto l'Osservatorio Astronomico, Giovanni Torlonia aprì a sue spese una scuola rurale elementare. Straordinario precursore della alfabetizzazione delle classi povere, con Giuseppe Bondino aveva creato una Associazione promotrice delle scuole di campagna. A questa scuola rurale privata Giovanni Torlonia dedicò una poesia in latino, pubblicata nel 1850, sull’Album, giornale letterario e di belle arti.  La salute cagionevole di Giovanni Torlonia ebbe riflessi nefasti, sia sul destino della scuola rurale di Monte Mario, sia sul gruppo dei Poeti della Scuola romana. Fabio Nannarelli accorse al capezzale di Giovanni Torlonia: lo udì recitare il Salmo 41 e versi di Lenau; lo udì citare Platone e filosofi della scuola tedesca. Giovanni raccomandò alla moglie di mandare il figlio Clemente al Collegio di Marina di Genova. Fabio Nannarelli tentò di raccogliere intorno a sé i Poeti della Scuola romanache furono decimati nel numero, per le morti precocima nel 1860 si trasferì a Milano. Secondo le ferree disposizioni ricevute da Giovanni Torlonia, il suo cameriere, Raimondo Coccioletti, distrusse tutte le carte dell'archivio personale. Non è rimasto un ritratto, né una fotografia, del giovane duca Giovanni Torlonia. Ma Domenico Gnoli conservava i manoscritti di tre poesie di Giovanni Torlonia, inedite. Le pubblicò nel 1913.  Note  Francesca Ruspoli  Fabio Nannarelli, op. cit. in .  Silvio Negro, Seconda Roma, Vicenza, Neri Pozza, Domenico Gnoli, op. citata in .  Ferdinand Gregorovius, Passeggiate per l’Italia, 1907.  Domenico Gnoli, I Poeti della Scuola romana (1850-1870), Bari, Laterza, 1913.  Fabio Nannarelli, Giovanni Torlonia, Firenze, Le Monnier, 1859. Giuseppe Cugnoni, Vita di D. Giovanni Torlonia, Velletri, Tip. di L. Cella, Domenico Gnoli, I Poeti della Scuola romana, Bari, Laterza,  Ferruccio Ulivi, I poeti della Scuola Romana dell'Ottocento. Antologia, Bologna, Cappelli, Mariella Casini-Cortesi, Profilo di Giovanni Torlonia, una scuola rurale a Monte Mario, in: Strenna dei Romanisti, Fabio Nannarelli Paolo Emilio Castagnola Domenico Gnoli (poeta e storico) Poeti della Scuola romana Ignazio Ciampi Teresa Gnoli Torlonia Elena Gnoli.

 

Torricelli: Lorenzo Lippi Ritratto di Evangelista Torricelli, 1647 circa. Evangelista Torricelli (Faenza), filosofo. Nato a Roma (ma, fino al 1987, si è ritenuto che fosse nato a Faenza) da Gaspare Ruberti, originario di Bertinoro e tessitore, e Giacoma Torricelli, faentina, Evangelista Torricelli rimase orfano in tenera età e trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Faenza, dove fu iniziato allo studio dallo zio materno, Gian Francesco Torricelli (Don Jacopo, monaco camaldolese), parroco di S.Ippolito, che curò la sua educazione primaria. Frequentò poi la scuola dei Gesuiti, prima a Faenza e quindi a Roma, dove si avvicinò agli studi di matematica, che approfondì sotto la guida di Benedetto Castelli,  padre benedettino, rinomato professore di matematica ed idraulica al Collegio della Sapienza, e illustre discepolo di Galileo.  L'11 settembre del 1632 Evangelista Torricelli scrisse a Galileo Galilei una lettera di risposta a sue richieste a Benedetto Castelli, che assente in quei giorni aveva lasciato allo studente il compito di segretario; in tale lettera Torricelli colse l'occasione per presentarsi a Galileo, che egli ammirava grandemente come cultore di astronomia e di matematica. Il vivere da vicino le vicende del processo a Galileo indusse Torricelli a dedicarsi più strettamente alla matematica nonostante padroneggiasse gli strumenti teorici e fosse un abile costruttore di cannocchiali.  Negli anni dal 1632 al 1641 egli lavorò e studiò a Roma con padre Castelli e poi divenne segretario di Giovanni Ciampoli, un alto prelato e intellettuale devoto a Galileo, che Torricelli seguì nei suoi incarichi governativi nelle Marche e nell'Umbria. Nel 1641 Castelli presentò a Galileo, nel suo ritiro ad Arcetri, il manoscritto dell'opera di Torricelli dal titolo: De motu gravium suggerendogli di impiegarlo come discepolo e assistente. Così fu e il 10 ottobre 1641 Torricelli divenne assistente di Galileo, assieme a Vincenzo Viviani, e su domanda e insistenza di Galilei si trasferì nella sua abitazione.  Galileo morì pochi mesi dopo (l'8 gennaio del 1642). Alla sua morte, il Granduca Ferdinando II de' Medici nominò Torricelli suo successore come matematico del Granducato di Toscana, carica che ricoprì fino alla morte, e divenne professore di matematica presso l'Accademia fiorentina.  Frontespizio di De dimensione parabolae in: Opera geometrica di Evangelista Torricelli (Firenze, 1644) Oltre all'attività di matematico e studioso di geometria, nel corso della quale elaborò diversi importanti teoremi e anticipò il calcolo infinitesimale, egli si dedicò alla fisica, studiando il moto dei gravi e dei fluidi e approfondendo l'ottica. Possedeva un laboratorio nel quale realizzava egli stesso lenti e telescopi. A causa della sua prematura scomparsa, non conosciamo i particolari del processo originale di lavorazione, poiché lo scienziato lo aveva coperto da segreto.  Torricelli si dedicò anche allo studio dei fluidi, giungendo ad inventare il barometro a mercurio chiamato "tubo di Torricelli" o "tubo da vuoto di Torricelli" prima della fine del 1644. Tale invenzione era basata nella misurazione della pressione atmosferica attraverso l'uso di un tubo che, proprio sotto la spinta di tale pressione, veniva riempito dal mercurio fino all'altezza costante di 760 mm (esperimento effettuato sul livello del mare). Proprio da questa invenzione è nata l'unità di misura della pressione "millimetri di mercurio" (mmHg) e l'uguaglianza: 1 Atm = 760 mmHg (la pressione di un'atmosfera corrisponde a 760 millimetri di mercurio). Nello stesso anno pubblicò l'opera in tre parti dal titolo: Opera geometrica, della quale De motu gravium costituisce la seconda parte.  Torricelli morì a Firenze a soli 39 anni, pochi giorni dopo aver contratto probabilmente una malattia (tifo oppure polmonite), e venne sepolto nella basilica di San Lorenzo.  La disputa sulla nascita di Torricelli Torricelli si diceva faentino e tale era considerato dalle persone che lo conoscevano, ma le ricerche compiute già subito dopo la sua morte nei registri battesimali di Faenza non ebbero esito. Ciò diede adito ad un secolare dibattito, durante il quale varie altre località romagnole rivendicarono l'onore di avergli dato i natali. Nel 1958, Giuseppe Rossini ricostruì l'albero genealogico dei Torricelli, originari della località Pideura, nel contado faentino, risalendo di due secoli oltre la nascita di Evangelista. Solo nel 1987, Giuseppe Bertoni, già preside del liceo che da Torricelli prende nome, trovò nel registro dei battezzati della Basilica di San Pietro in Vaticano l'atto di battesimo di Evangelista.[senza fonte]  Ciò che aveva tratto in inganno fino ad allora i ricercatori era il fatto che Evangelista aveva assunto il cognome della madre anziché del padre.[senza fonte] Si sapeva che il nome del padre era Gaspare, pertanto si cercavano notizie di un inesistente Gaspare Torricelli. Viceversa, si avevano notizie di una Giacoma Torricelli e si riteneva che fosse la zia paterna; era invece la madre.[senza fonte]  Evangelista Torricelli e Galileo La lettera inviata da Evangelista Torricelli (in Roma) a Galileo Galilei (in Arcetri), datata 11 settembre 1632, è conservata (originale autografo) alla Biblioteca Nazionale di Firenze fra i Manoscritti Galileiani è il primo documento in ordine cronologico nel carteggio scientifico di Torricelli. Essa rappresenta un documento fondamentale per studiare la vita e l'opera dello scienziato faentino che  descrive la propria formazione scientifica; si dichiara a conoscenza dei fatti che portarono a breve alla condanna di Galilei e dichiara la propria 'fede' galileiana. Di seguito il testo:  «Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Col.mo  Nella absenza del Rev.mo Padre Matematico di N. Sig.re, sono restato io; humilissimo suo discepolo e servitore, con l'honor di suo secretario; fra le lettere del quale havendo io letta quella di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma, a lei ne accuso, conforme l'ordine datomi, la ricevuta, e a lui Rev.mo ne do parte in compendio. Potrei nondimeno io medesimo assicurar V. S. che il Padre Abbate in ogni occasione, e con il Maestro di Sacro Palazzo e con i compagni di quello e con altri prelati ancora, ha sempre procurato di sostenere in piedi li Dialoghi di lei Ecc.ma, e credo che sia stato causa che non si è fatta precipitosa resolutione.  Io sono pienissimamente informato d'ogni cosa. Sono di professione matematico, ben che giovane, scolaro del Padre R.mo di 6 anni, e duoi altri havevo prima studiato da me solo sotto la disciplina delli Padri Gesuiti. Son stato il primo che in casa del Padre Abbate, et anco in Roma, ho studiato minutissimamente e continuamente sino al presente giorno il libro di V. S., con quel gusto che ella si puol imaginare che habbia havuto uno che, già havendo assai bene praticata tutta la geometria, Apollonio, Archimede, Teodosio, et che havendo studiato Tolomeo et visto quasi ogni cosa del Ticone, del Keplero e del Longomontano, finalmente adheriva, sforzato dalle molte congruenze, al Copernico, et era di professione e di setta galileista.  Il Padre Grienbergiero, che è molto mio, confessa che il libro di V. S. gli ha dato gusto grandissimo e che ci sono molte belle cose, ma che l'opinione non la loda, e se ben pare che sia, non la tien per vera. Il Padre Scheiner, quando gliene ho parlato, l'ha lodato, crollando la testa; dice anco che si stracca nel leggerlo per le molte disgressioni. Io gli ricordavo le medesme scuse e diffese che V. S. in più lochi va intessendo. Finalmente dice che V. S. si è portato male con lui, e non ne vol parlare.  Del resto io mi stimo fortunatissimo in questo, d'esser nato in un secolo nel quale ho potuto conoscere et riverir con lettere un Galileo, cioè un oracolo della natura, et honorarmi della padronanza et disciplina d'un Ciampoli, mio amorevolissimo signore, eccesso di meraviglia, o se adopri la penna o la lingua o l'ingegno. Haverà quanto prima il Padre R.mo la carissima di V. S., e le risponderà. Intanto V. S. Ecc.ma mi farà degno, ben che inetto, d'esser nel numero de' servi suoi e de' seguaci del vero; che già so che il Padre R.mo, o a bocca o per lettere me gli haverà altre volte offerito per tale. E per fine a V. S. faccio con ogni maggior affetto riverenza.  Roma, Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma Sig.r Gall. Gal.»  Risultati di Torricelli in fisica La lettura approfondita delle Due nuove scienze, l'ultima opera di Galileo dei cui ultimi capitoli seguì direttamente la stesura ad Arcetri, gli ha suggerito molti sviluppi dei principi della meccanica ivi stabiliti; tali sviluppi sono esposti nel trattato dal titolo De motu gravium.  Nel 1644, anno di edizione della sua Opera Geometrica, concepì il principio del barometro, costruendo quello che ora è chiamato tubo di Torricelli e individuando il "vuoto torricelliano". Torricelli e Viviani dimostrarono che il vuoto può esistere in natura e che l'aria ha un peso ponendo quindi fine alle millenarie discussioni filosofiche sull'horror vacui. Un'unità di misura della pressione è stata chiamata Torr in suo onore e corrisponde a millimetri di mercurio. L'unità di misura del Sistema Internazionale è invece il pascal, in onore di un altro illustre fisico Blaise Pascal, che fece fiorire numerose ricerche sperimentali dalla estesa e definitiva teoria della pressione atmosferica descritta da Torricelli.  La parola barometro coniata da Robert Boyle nel 1667 è oggi quasi sempre associata al nome di Torricelli che risulta quindi fra i più celebri scienziati italiani nella storia.  Risultati di Torricelli in matematica Essendo in diretto contatto con Cavalieri iniziò a lavorare con la Geometria degli indivisibili e ben presto superò, secondo lo stesso Cavalieri, il suo maestro.  Fu abilissimo nell'utilizzarne le tecniche, cioè il metodo degli indivisibili, come anche il metodo d'esaustione, che era in uso presso gli antichi, fra tutti il grande Archimede, di cui Torricelli fu entusiasta ammiratore: a lui dobbiamo la riscoperta nel Rinascimento del matematico siracusano.  Per il gusto di imitare i classici, Torricelli dimostrò in 21 modi diversi un teorema di Archimede: 11 con il metodo d'esaustione, 10 con il metodo degli indivisibili.  Spesso i risultati ottenuti con la geometria degli indivisibili venivano poi confermati con altre dimostrazioni, a causa della controversia sulla loro fondatezza.  Il fatto interessante è che lo stesso Archimede aveva elaborato una sorta di geometria degli indivisibili, ma non la riteneva rigorosa, e perciò dimostrava sempre i suoi risultati con il metodo d'esaustione. Tutto ciò si è scoperto soltanto nel 1906, quando il filologo danese Heilberg scoprì un palinsesto con un'opera sconosciuta di Archimede, il Metodo meccanico, nel quale esponeva questi procedimenti.  Torricelli è famoso per la scoperta del solido di rotazione infinitamente lungo detto tromba di Gabriele, da lui chiamato "solido iperbolico acutissimo", avente l'area della superficie infinita, ma il volume finito. Questo fu considerato per molto tempo un paradosso "incredibile" per molti, incluso lo stesso Torricelli, che cercò diverse spiegazioni alternative, anche perché l'idea di un secchio che è possibile riempire di vernice, ma impossibile da pitturare è senz'altro singolare. Il solido in questione ha scatenato un'aspra controversia sulla natura dell'infinito, che ha coinvolto anche il filosofo Thomas Hobbes. In questa disputa alcuni hanno sostenuto che il solido conducesse all'idea di un "infinito completo".  Torricelli è stato pioniere nel settore delle serie infinite. Nella sua opera intitolata De dimensione parabolae del 1644, Torricelli considerò una successione decrescente di termini positivi {\displaystyle a_{0},a_{1},a_{2}\cdots }{\displaystyle a_{0},a_{1},a_{2}\cdots } e ha mostrato che la corrispondente serie telescopica {\displaystyle (a_{0}-a_{1})+(a_{1}-a_{2})+\cdots }{\displaystyle (a_{0}-a_{1})+(a_{1}-a_{2})+\cdots } converge necessariamente a {\displaystyle a_{0}-L}{\displaystyle a_{0}-L}, dove L denota il limite della successione; in questo modo riuscì a dare una dimostrazione della espressione per la somma della serie geometrica.  Onorificenze Ad Evangelista Torricelli sono stati dedicati il cratere Torricelli di 22 km di diametro sulla Luna e l'asteroide 7437 Torricelli. Gli è anche dedicata una piazza nel centro storico di Pisa, dove per lungo tempo aveva sede il Dipartimento di Fisica dell'Università prima del trasloco nell'attuale sede nell'ex fabbrica Marzotto. A Faenza, è presente una statua (ubicata di fronte alla chiesa di San Francesco) che lo raffigura con in mano un barometro a mercurio (curiosità sulle proporzioni: l'altezza del barometro è inferiore a quella reale, che deve essere di almeno 76 cm). Sempre a Faenza, è intitolato a Torricelli fin dal 1865 il Liceo che ha sede nell'antico palazzo dei Gesuiti di cui Evangelista fu allievo.  Note  Per la storia della scoperta della vera origine di Torricelli, vedi anche Registrazione del convegno per il quarto centenario della nascita di Torricelli, ottobre 2008  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC, 75.  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione Biblioteca Europea di Informazione Cultura, 73.  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC, 77.  collocazione P. VI, T. XI, e. 232  In questa sperimentazione venne preceduto di qualche anno dal fisico contemporaneo Gasparo Berti, che condusse un esperimento "barometrico" utilizzando acqua anziché mercurio. Cfr. L'esperimento di Berti, realizzato a Roma fra il 1640 e il 1643 Moon: Torricelli  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Giuseppe Rossini, La famiglia di Evangelista Torricelli, in  Convegno di studi torricelliani in occasione del 350º anniversario della nascita di Evangelista Torricelli: 19-20 ottobre 1958, Faenza, Lega, Giuseppe Bertoni, La faentinità di Evangelista Torricelli e il suo vero luogo di nascita, in Studi e ricerche del Liceo Torricelli, Faenza, Ragazzini, Fabio Toscano, L'erede di Galileo. Vita breve e mirabile di Evangelista Torricelli, Milano, Sironi, 2008. André Weil (1989): Prehistory of the Zeta-Function, in "Number Theory, Trace Formulas and Discrete Groups", Aubert, Bombieri and Goldfeld, eds., Academic Press Amir Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla base del mondo moderno, Torino, Codice edizioni,  Barometro di Torricelli Equazione di Torricelli Legge di Torricelli Torr Tromba di Torricelli Liceo ginnasio statale Evangelista Torricelli. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Vacca, Evangelista Torricelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Evangelista Torricelli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Evangelista Torricelli, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Evangelista Torricelli, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Evangelista Torricelli, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Evangelista Torricelli, su Liber Liber.  Opere di Evangelista Torricelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Evangelista Torricelli, . Evangelista Torricelli, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Evangelista Torricelli, in Galileo Project, Rice University. Carla Rita Palmerino, Evangelista Torricelli, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Trabucco: Mario Trabucco, filosofo. Non abbiamo grandi notizie della sua vita, della quale sappiamo solo che esercitò con successo la medicina a Caltagirone, soprattutto durante l'epidemia del 1622. Per il suo contributo fu creato nobile il 4 ottobre 1622 da Fernando d'Aragona. Alcune sue opere sono conservate nella Biblioteca Comunale di Caltagirone, città che gli ha anche dedicato una strada.  Opere "De Morbis puerorum et mulierum"  Chaudon, L. M., Dictionnaire universel, historique, critique, et bibliographique, 1812, tomo XVII, pag. 276, s. v. Amico e Statella, V. M., Dizionario topografico della Sicilia, Palermo 1855, tomo I206. Libro d'oro della nobilità dell'imperial casa amoriense, Roma,  I282, s.v. Amati, A., Dizionario corografico dell'Italia.

 

Tragella: Cesare Tragella prevosto della Chiesa cattolica CesareTragella.jpg Monastergen.png Nato4 gennaio 1852, Trezzano sul Naviglio Ordinato presbitero dall'arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana Deceduto8 maggio 1934, Magenta. Cesare Tragella (Trezzano), filosofo. Figlio primogenito di Giovanni, medico chirurgo, e da Amalia Santagostino.  Dopo aver frequentato il collegio di Gorla Minore, frequentò il seminario maggiore di Milano e divenne sacerdote nel 1874, venendo destinato come coadiutore presso la parrocchia di Santa Maria Nuova di Abbiategrasso dopo che il padre dal 1867 era stato assunto presso le Pie Case degli Incurabili di quella città. Successivamente divenne dottore in teologia presso l'Accademia pontificia di Torino. Da questo momento si occupò molto di filosofia e di letteratura cattolica avvicinandosi molto ideologicamente alle posizioni dell'allora arcivescovo di Milano Luigi Nazari di Calabiana.  Furono questi gli anni inoltre che conobbe don Davide Albertario, proprietario e direttore de L'Osservatore Cattolico, al quale si legò molto a livello ideologico e per il quale scrisse diversi articoli che vennero pubblicati sul giornale.  Le grandi opere a Magenta Nel 1884 venne nominato parroco a Magenta, facendo il proprio ingresso il 12 giugno 1885 e qui si occupò subito delle esigenze pratiche della città, interessandosi animosamente alla vita politica del borgo. Nello stesso anno del suo ingresso nella nuova parrocchia fondò assieme al celebre professore di musica Luigi Valisi la Banda civica di Magenta che ancora oggi esiste. Nel 1893, prese parte alle esequie del maresciallo francese Mac Mahon che si svolsero in Francia, in rappresentanza della cittadinanza assieme al sindaco di Magenta. In questa occasione venne decorato con la croce di cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore. Tornato a Magenta, si prodigò per la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione di un monumento alla memoria del maresciallo Mac Mahon che ancora oggi si trova nei pressi della stazione ferroviaria.  Nel 1898 svolse altri incarichi ufficiali di rappresentanza quando il governo austriaco lo incaricò di distribuire le onorificenze coniate dall'Impero in occasione dei cinquant'anni di regno dell'Imperatore Francesco Giuseppe d'Austria (il famoso Signum Memoriae) a quei cittadini del magentino che avessero combattuto a suo tempo nelle armate austriache. In quello stesso anno si preoccupò di muovere col comune una petizione popolare per la costruzione di una pensilina alla storica stazione ferroviaria di Magenta e riuscì a provvedere dei fondi per la costruzione di un ospizio per i vecchi   La Basilica Minore romana di San Martino di Magenta, fatta erigere su progetto dell'architetto Alfonso Parrocchetti, amico di don Cesare Targella Sempre nel 1898, accogliendo le proposte dei fedeli, decise di costruire una nuova chiesa parrocchiale (successivamente elevata al titolo di Basilica Minore romana) che andasse a sostituire la piccola e antica chiesa di san Martino (che venne successivamente abbattuta). Egli stesso fu l'autore del nuovo progetto ispirato alle cattedrali rinascimentali e si occupò in esso di serbare la memoria storica degli eventi della battaglia di Magenta del 4 giugno 1859 con la costruzione di una cappella espiatoria all'interno della chiesa per accogliere le spoglie dei caduti. Quest'ultimo progetto non ebbe l'autorizzazione della curia milanese in quanto era ritenuto sacrilego porre delle ossa non appartenenti a santi o personalità venerate all'interno di un luogo di culto. L'idea del Targella era indubbiamente quella di accomunare tutti, vincitori e vinti, di fronte alla morte e ricordare nel contempo la necessità di non creare divisioni sociali dopo l'unità italiana. Il progetto della chiesa, ad ogni modo, venne concluso nel 1903 ed in quello stesso anno don Tragella poté inaugurare il nuovo tempio assieme al vescovo di Vigevano, Giacomo Merizzi e al vescovo ausiliare di Milano.  Al termine di questa grande epopea venne nominato Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia e nel 1910 lasciò Magenta per Inverigo cedendo il posto a don Domenico Bernareggi, fratello minore dell'allora vescovo di Bergamo, Adriano Bernareggi e poi, anche lui, divenuto Vescovo (ausiliare di Milano).  Nel 1908 fondò a Magenta il Forno Cooperativo Ambrosiano per combattere la cattiva nutrizione della popolazione e consentire di avere pane di ottima qualità anche nelle campagne, e a prezzi accessibili.  Le accuse e gli ultimi anni travagliati  Busto di don Cesare Tragella nella Basilica di San Martino di Magenta Malgrado la munifica opera sostenuta dal Tragella negli anni della sua direzione della parrocchia di Magenta, nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, venne accusato di appropriazione indebita di fondi appartenenti alla parrocchia di San Martino e di aver portato in fallimento la sua chiesa. Gli accusatori erano alcuni fabbricieri magentini e alcune tra le personalità di maggiore spicco nel paese come il commendatore Giovanni Giacobbe (direttore dell'Asilo e proprietario dell'omonima villa storica) ed il sindaco Giovanni Brocca il quale aveva avuto non pochi contrasti per le idee rivoluzionarie di don Tragella. Il sacerdote venne pertanto condannato alla pena di due anni e quattro mesi di prigione. Visto però il suo lodevole operato e la sua fama di filosofo e letterato, Vittorio Emanuele III di Savoia lo graziò con la commutazione della pena a due mesi di carcere da scontarsi nel carcere di San Vittore a Milano. Dopo di questo, don Tragella visse per qualche tempo ospite del parroco di Margno in Valsassina per poi fare ritorno a Magenta.  Tornato nella sua ex parrocchia come residente nel 1920, gli venne impartito l'ordine di non occuparsi più della cosa pubblica, cosa non facile per un personaggio come lui. Con il nuovo parroco insorsero subito dei contrasti circa la gestione delle finanze della chiesa ed a questo punto, il 27 luglio 1923 gli giunse la sospensione ecclesiastica da parte della curia.  Ammirato dal popolo malgrado le peripezie della sua vita, Cesare Tragella si spense a Magenta l'8 maggio del 1934.  Onorificenze Onorificenze italiane Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia Croce pro Ecclesia et Pontificenastrino per uniforme ordinariaCroce pro Ecclesia et Pontifice Onorificenze straniere Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) Note  Tunesi, Morani, Le stagioni, op. cit..  Viviani292.  Ricovero vecchi poveri (1902-1943) Sito Lombardia Beni Culturali.  Viviani, op. cit., p.292.  Don Tragella ridusse il prezzo del pane giallo di 10 centesimi al chilogrammo (quello bianco era riservato solo alle classi più abbienti), cfr. Tunesi, Morani Le stagioni, op. cit..  Cesare Tragella, Lettera a Romolo Murri n.185 del 6 settembre 1898, in: Romolo Murri, Lorenzo Bedeschi (cur.), Carteggio. II. Lettere a Murri. 1898, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Carlo Morani, Natalia Tunesi, Le stagioni di un prete: storia di Don Cesare Tragella, prevosto di Magenta Giussano, Graffiti, 1993. Carlo Morani, Natalia Tunesi, G. Vian, Le stagioni di un prete, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», Ambrogio Viviani, 4 giugno 1859. Dalle ricerche la prima storia vera, Magenta, Zeisciu, 1997.  Magenta (Italia) Battaglia di Magenta  Centro Culturale Don Cesare Tragella di Magenta AICAssociazione italiana centri culturali. PredecessorePrevosto di MagentaSuccessoreMonastergen.png Carlo Giardini1885-1910Domenico Bernareggi.

 

Trapè: Agostino Trapè, O.S.A. (Montegiorgio), filosofo. Uno dei massimi studiosi del pensiero di sant'Agostino.  Nato a Montegiorgio nelle Marche il 9 gennaio del 1915 Trapè fu ordinato sacerdote a Roma il 15 luglio 1937. Si laureò in Teologia sistematica nel 1938, presso l'Università Gregoriana con una tesi intitolata Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, pubblicata a Tolentino nel 1942.  Trapè fu professore presso la Pontificia Università Lateranense dal 1960 al 1983.   Priore Generale dell'Ordine agostiniano dal 26 agosto 1965 al 10 settembre 1971 Agostino Trapè, promosse la fondazione dell'Istituto Patristico Augustinianum.  Trapè ha fondato e diretto la "Nuova Biblioteca Agostiniana" che si occupa della pubblicazione dell'Opera Omnia di S. Agostino in edizione bilingue latino-italiano (Edita da Città Nuova) e la serie del "Corpus Scriptorum Augustianorum", che pubblica le opere dei filosofi scolastici agostiniani.  Le sue opere sono state tradotte in varie lingue.  Opere (selezione) Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, Tolentino 1942; La doctrina de Seripando acerca de la concupiscencia, La ciudad de Dios  Traduzione italiana; Introduzione a S. Agostino e le grandi correnti della filosofia contemporanea. Atti del congresso Italiano di filosofia Agostiniana, Roma 20-23 ottobre 1954. Tolentino 1956,  X-XVI; Varro et Augustinus praecipui humanitatis cultores, Latinitas Augustinus et Varro, in Atti del Congresso internazionale di studi varroniani, Rieti, Escatologia e antiplatonismo di Sant'Agostino, Augustinianum,  S. Agostino filosofo e teologo dell'uomo, Bollettino dell’Istituto di filosofia, Macerata, anno accademico 1978-1979,  89-104; S. Agostino: L'ineffabilità di Dio, in  «La ricerca di Dio nelle religioni», EMI, Bologna, 1980; La Aeterni Patris e la filosofia cristiana di S. Agostino, in Atti del VIII Congresso Tomistico internazionale, Roma S. Agostino, l'uomo, il pastore, il mistico, Fossano, 1976; Roma, Città Nuova, 2001, 440  [traduzione spagnola, Buenos Aires, 1984; tedesca, Monaco, 1984; Polacca, Varsavia, 1984; inglese, New York, 1986; francese, Parigi, 1988; ungherese, Budapest, 1987]; S. Agostino, in Patrologia III, Casale Monferrato 1978,  322-434 [traduzione spagnola, Madrid, Agostino d'Ippona, in Dizionario patristico e di antichità cristiana, Casale Monferrato, [traduzione spagnola. Ed. Sígueme. Salamanca, Introduzione e commento alla Lettera apostolica «Hipponensem episcopum», Roma, 1988; Introduzione generale a sant'Agostino, Roma, 2006,  380. Note  A. TRAPÉ, Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, Tolentino 1942, su agostinotrape.it.  Agostino Trapè. L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, Città Nuova, 2Agostino Trapè. L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, Città Nuova. Agostino Trapèapostolo della cultura. Sito internet dedicato all'opera di Agostino Trapè.

 

Trasci: Ferruccio Baffa Trasci vescovo della Chiesa cattolica Coat of Arms of Ferruccio Baffa-Trasci.svg   Nato27 agosto 1590 a Bisignano Deceduto30 ottobre 1656 a Roma   Manuale Ferrante Marco Antonio Baffa Trasci (Bisignano), filosofo. Baffa-Trasci Arms of Baffa-Trasci.svg Spera in Deo D'azzurro, un aratro d'argento, sostenente un basilisco verde. Data di fondazioneXVI secolo Etniaitaliana Manuale Baffa Trasci nacque in una famiglia di origine arbëreshë a Bisignano in Calabria nel 1590, figlio primogenito di Pietro Antonio ed Elisabetta Anna Trentacapilli, donna pia e molto religiosa, erede di una famiglia da più secoli ascritta al patriziato locale. Pur essendo il primogenito della famiglia e, dunque, contravvenendo alle regole del maggiorascato, a causa della salute cagionevole venne avviato alla carriera ecclesiastica nel locale Seminario di Bisignano, proseguendo in seguito gli studi a Roma e Napoli. Fu nella città partenopea che si legò particolarmente alla Compagnia di Gesù divenendo in breve tempo uno dei confessori più vicini a Isabella della Rovere, principessa di Bisignano.  L'esilio volontario a Proceno Pur giovanissimo per non essere distolto dai propri studi filosofici si ritirò volontariamente a vita privata, dapprima nella Tuscia e poi ospite nel Castello di Proceno, presso Viterbo di proprietà della nobile famiglia Sforza. Ancora nei primi Professoreuna lapide marmore posta nella rocca ne ricordava la sua permanenza. Da tale volontario esilio uscì in pochissime occasioni, per lo più per viaggi in Spagna, a Saragozza e Valladolid a capo di missioni diplomatiche presso l'arcivescovo Juan Cebrían Pedro assistito dal nipote Stanislao Baffa Trasci. Fu durante la reclusione volontaria nella Rocca di Proceno che ebbe modo di conoscere Galileo Galilei ospite nel palazzo durante un suo viaggio verso Roma.  La morte Ormai sessantaseienne, dopo esser stato per alcun tempo vescovo ausiliare di Umbriatico, nell'estate del 1656 venne creato Vescovo titolare di Massimianopoli in partibus infidelium da papa Alessandro VII.  Ferruccio Baffa Trasci morì a Roma nell'ottobre dello stesso anno di peste presso il Lazzaretto istituito sull'Isola Tiberina, venendo sepolto in una fossa comune. Gran Parte dei suoi scritti vennero salvati dai nipoti e riordi XIX secolo dal pronipote Vincenzo Baffa Trasci. Il noto storico romano Giuseppe Tomassetti dedicò un breve saggio sulla sua figura dal titolo Cenno storico sulla vita di S.E. Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli 15901656.  Opere Traduzione dei Pensieri o Colloqui con se stesso di Marco Aurelio Universam Aristotelis philosophiam Summa Aristotelicha Summa Theologica Dogmatica Note  BonitaBojani, I della Rovere nell'Italia della corti, Ed. Quattroventi 2002  Tomassetti G., Cenno storico sulla vita di S.E. Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli  Roma 1888  C. Nutarelli, Proceno-Memorie storiche, Stab. Tip. FABRIZIO Acquapendente 1932  C. Nutarelli, Proceno-Memorie storiche, Stab. Tip. FABRIZIO Acquapendente 1932  D. Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli, Ferruccio Baffa Trasci-un erudito italoalbanese Professoreormai dimenticato, Edizioni MIT Cosenza Trasci PredecessoreVescovo titolare di MassimianopoliSuccessore ...luglioFilosofia Categorie: Vescovi cattolici italiani del XVII secoloTeologi italianiFilosofi italiani Professore1590 1656 27 agosto 30 ottobre Bisignano Roma

 

Treves: Renato Samuele Treves (Torino), filosofo. Compie gli studi al Liceo M. D'Azeglio e poi nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Torino, dove entra in contatto, fra gli altri, con Norberto Bobbio, Vittorio Foa, Piero Luzzati, Alessandro Passerin d'Entrèves, e simpatizza con il gruppo di Giustizia e Libertà abbracciando i principi del socialismo liberale. Laureatosi sotto la guida di Gioele Solari con una tesi su Henri de Saint-Simon e conseguita la libera docenza, insegna dapprima nell'Messina, dove viene arrestato per sospetta attività antifascista, ma subito rilasciato. Trasferito all'Urbino viene escluso, in quanto proveniente da famiglia ebraica, dal concorso bandito sulla sua cattedra e si trasferisce in Argentina. Qui sposa Fiammetta Lattes da cui ha tre figli (Tullio, Aldo e Anna) e insegna filosofia del diritto e sociologia nell'Tucumán. Rientrato in Italia e riottenuta la cattedra nell'Parma, si trasferisce subito all'Milano dove insegna Filosofia del diritto, Sociologia e Sociologia del diritto. Protagonista della rinascita post-bellica della sociologia in Italia, coopera attivamente col Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale e col suo segretario generale Adolfo Beria di Argentine, coordinando fra l'altro una vasta ricerca su “L'amministrazione della giustizia e la società italiana in trasformazione” da cui escono fra il 1967 e il 1976 dodici volumi di vari autori. Nel 1962 promuove con William M. Evan e Adam Podgórecki la costituzione del Research Committee on Sociology of Law della International Sociological Association. Presiede questo Comitato fino al 1974 facendosi attivo promotore, in patria e all'estero, soprattutto in Spagna, della sociologia del diritto. Fonda  la rivista italiana della disciplina, di cui ottiene il riconoscimento accademico e che insegna a Milano sino al ritiro nel 1983. Nel 1989 è tra i promotori dell'International Institute for the Sociology of Law di Oñati (Guipúzkoa, País Vasco, Spagna). È nominato dottore honoris causa dalle Università del País Vasco, Carlos III de Madrid e Pandios di Atene. Muore a Milano il 31 maggio 1992.  Pensiero Renato Treves difende una posizione filosofica relativista e prospettivista, influenzata da autori come Karl Mannheim, José Ortega y Gasset, Charles Wright Mills e Hans Kelsen, del quale ultimo introduce in Italia la Dottrina pura del diritto. Alieno dal dogmatismo e paladino di una concezione critica della scienza, rifiuta ogni visione metafisica del diritto in favore di una visione metodologica che sfocia nella sociologia del diritto intesa come scienza prevalentemente empirica, non avalutativa, ma ispirata a valori, nel suo caso quelli di libertà e giustizia sociale. Treves è considerato insigne maestro per un'intera generazione di filosofi e sociologi del diritto. Per Renato Treves due erano i problemi che la sociologia del diritto doveva affrontare: da un lato la posizione, la funzione e il fine del diritto nella società vista nel suo insieme; dall'altro la società nel diritto, cioè quei comportamenti effettivi che possono essere conformi e difformi rispetto alle norme, ma comunque forniscono informazioni su come una società vive le regole che si è data. Del primo problema si sono occupate soprattutto le dottrine sociologiche e politologiche, mentre sul secondo si sono soffermate le dottrine giuridiche antiformalistiche.  Opere principali Il diritto come relazione, Torino, 1934 Sociología y filosofía social, Buenos Aires, 1941 Benedetto Croce, filósofo de la libertad, Buenos Aires, 1943 Diritto e cultura, Torino, 1947 Spirito critico e spirito dogmatico, Milano, 1954 Libertà politica e verità, Milano, 1962 Giustizia e giudici nella società italiana, Bari, Introduzione alla sociologia del diritto, Torino, Sociologia del diritto. Origini, ricerche, problemi, Torino, 1987 Sociologia e socialismo. Ricordi e incontri, Milano,  Dizionario biografico dei giursti italiani (XII-XX secolo), Bologna, Il MUlino,  André-Jean Arnaud e Simona Andrini, Jean Carbonnier, Renato Treves et la sociologie du droit. Archéologie d'une discipline, LGDJ, Parigi, 1995. Norberto Bobbio, Il magistero di Renato Treves, in La Nuova Antologia, Arturo Colombo, La lezione di Renato Treves, in La Nuova Antologia, Elías Díaz, Renato Treves in Doxa. Cuadernos de Filosofía del Derecho, Vincenzo Ferrari, Renato Treves sociologo del diritto, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, LXX, IV serie, gennaio-marzo 199321 ss. Vincenzo Ferrari, Treves, Renato, in International Encyclopedia of Law and Society, Sage, Thousand Oaks-London-New Delhi-Singapore, Vincenzo Ferrari e Nella Gridelli Velicogna, Philosophy and Sociology of Law in the Work of Renato Treves, in Ratio Juris,  6, n. 2, July 1993202 ss. Vincenzo Ferrari, Morris L. Ghezzi e Nella Gridelli Velicogna , Diritto, cultura e libertà. Atti del convegno in memoria di Renato Treves (Milano, Giuffrè, Milano, Morris L. Ghezzi, La scienza del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Mimesis, Milano-Udine, 200919 ss. Mario G. Losano, Renato Treves, sociologo tra il vecchio e il nuovo mondo, Unicopli, Milano, 2000. Pio Marconi, Il legato culturale di Renato Treves, in Sociologia del diritto, Aristide Tanzi, Renato Treves, dalla filosofia alla sociologia del diritto, ESI, Napoli, 1988. Carlo Nitsch, Renato Treves esule in Argentina. Sociologia, filosofia sociale, storia. Con documenti inediti e la traduzione di due scritti di Treves, Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Sociologia del diritto  , «Treves, Renato (propr. Samuele Renato)» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Tria: Giovanni Andrea Tria arcivescovo della Chiesa cattolica Template-Archbishop.svg   Incarichi ricopertiVescovo di Cariati e Cerenzia Vescovo di Larino Arcivescovo titolare di Tiro   Nato22 luglio 1676 a Laterza Ordinato presbitero19 settembre 1699 Nominato vescovo4 marzo 1720 Consacrato vescovo17 marzo 1720 Elevato arcivescovo20 dicembre 1741 Deceduto16 gennaio 1761 a Roma   Manuale Giovanni Andrea Tria (Laterza, 22 luglio 1676Roma, 16 gennaio 1761) filosofo, teologo e arcivescovo cattolico italiano. Figlio di Francesco Tria e Margherita Geminale, completò i suoi studi di filosofia, teologia e ambe leggi a Napoli e Roma. Nel 1704 fu uditore di diritto canonico presso il monastero benedettino di Cava de' Tirreni rimase al servizio di questa abbazia anche quando fu trasferito a Roma.  Il 26 agosto 1709 fu nominato vicario generale di monsignor Lorenzo Gherardi, vescovo di Loreto e Recanati, e tale rimase fino al 1714. Più tardi, con monsignor Giuseppe Firrao, ebbe l'incarico di "nunzio straordinario" alla Corte del Portogallo.  Quando monsignor Firrao, per questione di salute, fu trasferito in Svizzera, Tria andò con lui a Lucerna. Durante la sua permanenza in Svizzera intraprese un'importante missione in Svezia e Germania.  Fu eletto vescovo di Cariati e Cerenzia ed entrò in carica il 17 marzo 1720, presiedendo il sinodo (16/18 marzo 1726).  Fu trasferito poi alla diocesi di Larino, nel Molise, il 23 febbraio 1727.  Partecipò al concilio provinciale di Benevento dal 1º al 12 maggio 1729. Nel 1740 fu nominato «consulente del Sacro Offizio» e nel dicembre dello stesso anno fu nominato arcivescovo di Tiro.  Divenne «esaminatore di Vescovi» e fu insignito del titolo di cavaliere dell'Ordine di San Giacomo per i suoi meritori servigi resi alla Corte di Lisbona.  Morì di apoplessia a Roma il 16 gennaio 1761.  Opere Il suo erudito lavoro include:  Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della citta e Diocesi di Larino (edite a Roma, 1744) Note di accommodamento tra il Papato e la Corte Reale di Napoli (edito a Roma, 1743) Vita di Papa Benedetto XIII Genealogia episcopale Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Cardinale Gaspare Carpegna Cardinale Fabrizio Paolucci Cardinale Antonio Felice Zondadari Arcivescovo Giovanni Andrea Tria Successione apostolica Vescovo Geronimo de Laurenzi (1743) FontiCamillo Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori  regno di Napoli, Napoli, Tipografia dell'Aquila di V. Puzziello, Diocesi di Larino Pietro Pollidori Giovan Battista Pollidori Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Andrea Tria Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Andrea Tria  Opere di Giovanni Andrea Tria, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. David M. Cheney, Giovanni Andrea Tria, in Catholic Hierarchy.

 

Trincheri: Lorenzo Gioacchino Trincheri (Pieve di Teco), filosofo. Nacque da una famiglia benestante che aveva in possesso alcuni ettari di terreno.  Fu critico letterario, filosofo e saggista appassionato agli autori romantici. Fu riconosciuto e si affermò all'interno della cerchia dei letterati del suo tempo grazie alla brillante difesa in favore di Alessandro Manzoni, quando quest'ultimo pubblicò nel 1819 la sua prima tragediaIl Conte di Carmagnola. Fu con il sostegno del suo maestro e amico Goethe, famoso filosofo e scrittore romantico, che egli riuscì a far valere la proprio opinione positiva nei confronti dell'autore dei Promessi sposi. Poche altre notizie biografiche si conoscono a proposito della sua vita che, a causa di un incidente in cui ferì a morte un suo amico, un certo Andrea, crollò in una situazione estremamente travagliata.  Negli ultimi anni della sua vita si trasferì a Parigi, svolgendo incarichi di traduzione per pochi soldi[non chiaro], per poi morire in tristezza e solitudine.

 

Trissino: Ritratto del 1510 di Vincenzo Catena Gian Giorgio Trissino dal Vello d'Oro (pronuncia Trìssino, /ˈtrissino/) (Vicenza), filosofo. Persona di spicco della cultura rinascimentale, notissimo al tempo, il Trissino incarnò perfettamente il modello dell'intellettuale universale di tradizione umanistica. Si interessò, infatti, di linguistica e di grammatica, di architettura e di filosofia, di musica e di teatro, di filologia e di traduzioni, di poesia e di metrica, di numismatica, di poliorcetica, e di molte altre discipline. Nota era, anche presso i contemporanei, la sua erudizione sterminata, specie per quel che riguarda la cultura e la lingua greche, sull'esempio delle quali voleva rimodellare la poesia italiana.  Fu anche un grande diplomatico e oratore politico in contatto con tutti i grandi intellettuali della sua epoca quali Niccolò Machiavelli, Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai, Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Giambattista Giraldi Cinzio, Demetrio Calcondila, Niccolò Leoniceno, Pietro Aretino, il condottiero Cesare Trivulzio, Papa Leone X, Papa Clemente VII, Papa Paolo III, e l'imperatore Carlo V d'Asburgo. Fu ambasciatore per conto del papato, della Repubblica di Venezia e degli Asburgo, di cui fu un fedelissimo, come tutta la sua famiglia da generazioni. Scoprì e protesse l'architetto Andrea Palladio, appena adolescente, nella sua villa di Cricoli, vicino Vicenza, che venne da lui portato nei suoi viaggi e fu da lui iniziato al culto della bellezza greca e delle opere di Marco Vitruvio Pollione.Giovanni Giorgio Trissino nacque a Vicenza l'8 luglio 1478 da antica e nobile famiglia. Suo nonno Giangiorgio combatté nella prima metà Professoreil condottiero Niccolò Piccinino, che al servizio dei Visconti di Milano invase alcuni territori vicentini, e riconquistò la valle di Trissino, feudo avito. Suo padre Gaspare (1448-1487) era anch'esso uomo d'armi e colonnello al servizio della Repubblica di Venezia e nel 1468 sposò Cecilia Bevilacqua, di nobile famiglia veronese. Ebbe un fratello, Girolamo, scomparso prematuramente, e tre sorelle: Antonia († 1516), Maddalena († 1512), andata in sposa al padovano Antonio degli Obizzi, ed Elisabetta, poi suor Febronia in San Pietro nel 1495 e dal 1518 rifondatrice insieme a Domicilla Thiene di San Silvestro.   Targa marmorea che Trissino fece realizzare a ricordo del suo maestro Demetrio Calcondila in S.Maria della Passione a Milano Trissino studiò greco a Milano sotto la guida del dotto bizantino Demetrio Calcondila, sodale di Marsilio Ficino, e poi filosofia a Ferrara sotto Niccolò Leoniceno. Da questi maestri imparò l'amore per i classici e la lingua greca, che tanta parte ebbero nel suo stile di vita. Alla morte di Calcondila nel 1511, Trissino fece murare una targa nella chiesa di S.Maria della Passione a Milano, dove fu sepolto il suo maestro. Il 19 novembre 1494 sposò Giovanna, figlia del giudice Francesco Trissino, lontana cugina, da cui ebbe cinque figli: Cecilia (nata nel 1495, visse 20 giorni), Gaspare (nato nel 1497, visse 10 giorni), Francesco (1500-1514), Vincenzo (nato nel 1502, visse 10 giorni) e Giulio (1504-1576). Giovanna morì il 12 aprile 1505.  Trissino sosteneva l'Impero come istituzione, come d'altronde era tradizione nella sua famiglia da generazioni, ma ciò venne interpretato in spirito antiveneziano e, per questo, egli fu temporaneamente esiliato dalla Serenissima. Nel 1515, durante uno dei suoi viaggi in Germania, l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo autorizzò all'aggiunta del predicato "dal Vello d'Oro" al proprio cognome e alla relativa modifica dello stemma gentilizio (aurei velleris insigna quae gestare possis et valeas), che nella parte destra riporta su fondo azzurro un albero al naturale con fusto biforcato sul quale è posto un vello in oro, il tronco accollato da un serpente d'argento e con un nastro d'argento tra le foglie, caricato del motto "PAN TO ZHTOYMENON AΛΩTON" in lettere maiuscole greche nere, preso dai versi 110 e 111 dell'Edipo re di Sofocle che significa "Chi cerca trova", privilegi trasmissibili ai propri discendenti.   Stemma di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro come appare nel volume dedicatogli da P.F. Castelli nel 1753. In quegli stessi anni intraprese diversi viaggi tra Venezia, Bologna, Mantova, Milano (dove conobbe Cesare Trivulzio, comandante francese) e Padova (dove riscoprì il De vulgari eloquentia di Dante Alighieri). Poi si recò a Firenze ed entrò nel circolo degli Orti Oricellari (i giardini di Palazzo Rucellai) in cui si riunivano, in un clima di marca neoplatonica e di classicismo erudito, Niccolò Machiavelli e i poeti Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai ed altri. Qui il Trissino discusse il De vulgari eloquentia e compose la tragedia Sofonisba (1513-14). Questi anni agli Orti Oricellari furono centrali, sia per quanto il poeta ricevette intellettualmente, sia per la forte impronta che lasciò sui suoi sodali: si vedano le tragedie di Giovanni di Bernardo Rucellai e il poemetto le Api (in endecasillabi sciolti, concluso dalle lodi del Trissino, cfr. il paragrafo sul Profilo religioso del Trissino) o le poesie pindariche di Luigi Alamanni, o ancora i punti di contatto fra le tante digressioni erudite sull'arte militare contenute nell'Italia liberata dai Goti che rimandano all'Arte della guerra del Machiavelli, elaborata proprio in quegli anni. Anzi, le idee linguistiche del poeta spronarono lo stesso Machiavelli a scrivere anche lui un Dialogo sulla lingua, nel quale difende l'uso del fiorentino moderno (cfr. il paragrafo Opere linguistiche).  In seguito si recò a Roma, dove stampò nel 1524 la Sofonisba (dedicandola papa Leone X), la prima tragedia regolare, e la famosa Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana (dedicata a Clemente VII), un arditissimo libello in cui si suggeriva l'inserimento nell'alfabeto latino di alcune lettere greche per segnalare alcune differenze di lettura (vedi sotto). Intanto il figlio Giulio, di salute cagionevole, venne avviato dal padre alla carriera ecclesiastica e, dopo il suo soggiorno a Roma sempre presso papa a Clemente VII, divenne arciprete della cattedrale di Vicenza.  Sempre a Roma, nel 1529 Trissino diede alle stampe alcuni testi fondamentali: la versione riveduta della Epistola, la traduzione del De vulgari eloquentia, Il castellano (dialogo sulla lingua, dedicato a Cesare Trivulzio ed ispirato a quello dantesco), le Rime (dedicate al cardinale Niccolò Ridolfi) e le prime quattro parti della Poetica (il primo trattato ispirato alla Poetica di Aristotele, da poco riscoperta), con le quali il programma di riforma letteraria classicheggiante avviato con la Sofonisba può dirsi quasi concluso. Per i prossimi 20 anni il poeta non stamperà più nulla.  Queste opere sollevarono un grande clamore per la loro arditezza e disorientarono (o meglio: orientarono diversamente) la nascente letteratura italiana: nessuno aveva osato finora riformare addirittura l'alfabeto, né aveva avuto ardire di cancellare l'intero sistema dei generi in uso fin dal Medioevo (le sacre rappresentazioni e il poema cavalleresco, in primis) per farne sorgere dal nulla dei nuovi, cioè poi quelli antichi (la tragedia, la commedia e il poema epico). Da questi libelli prese avvio la secolare questione della lingua italiana.  Nel febbraio 1530 a Bologna, nel corso dell'incoronazione di Carlo V a Re d'Italia e Sacro Romano Imperatore, egli ebbe il privilegio di reggere il manto pontificale a Clemente VII e nel 1532 Carlo lo nominò conte palatino e cavaliere dell'Ordine Equestre della Milizia Aurata.  Secondo quanto riportato dallo storico Castellini, Trissino rifiutò posizioni di potere offertegli dai pontefici a seguito dei successi riportati come diplomatico (Nunzio e Legato), ad esempio l'arcivescovado di Napoli, il vescovado di Ferrara o la porpora cardinalizia, in quanto desideroso di una propria discendenza ed essendo il figlio Giulio avviato nella gerarchia ecclesiastica. Rientrato a Vicenza Trissino sposò il 26 marzo 1523 Bianca, figlia del giudice Nicolò Trissino e di Caterina Verlati, già vedova di Alvise di Bartolomeo Trissino (morto a 45 anni nel 1522). Da Bianca ebbe due figli: Ciro (1524-1576) e Cecilia (1526-1542). Alla nomina di Ciro come erede universale, si scatenarono le ire di Giulio che per lungo tempo lottò in tribunale contro il padre e il fratellastro per poi morire in odore di eresia calvinista. Anche a seguito delle divergenze causate dai cattivi rapporti con Giulio, la coppia si divise nel 1535 quando Bianca si trasferì a Venezia, dove morì il 21 settembre 1540.  Trissino manifestò il proprio fervente sostegno all'Impero dedicando, qualche anno prima della morte, a Carlo V il suo poema in 27 canti L'Italia liberata dai Goti, il primo poema regolare, iniziato agli inizi del Cinquecento ma pubblicato nel 1547-1548, destinato, come si vede fin dal titolo, ad essere importante per la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Nel 1548 stampò anche la commedia I Simillimi, anch'essa la prima commedia regolare.   Villa Trissino di Cricoli (VI) Intanto nella villa di Cricoli alle porte di Vicenza, già dei Valmarana e dei Badoer e acquistata nel 1482 dal padre Gaspare, si radunava una delle più prestigiose Accademie vicentine. Qui Trissino scoprì uno dei più grandi talenti della storia dell'architettura, Andrea Palladio, di cui fu mentore e mecenate, che portò nei suoi viaggi con sé ed educò alla cultura greca e alle regole architettoniche di Marco Vitruvio Pollione.  Morì a Roma l'8 dicembre 1550 e fu sepolto nella Chiesa di Sant'Agata alla Suburra.  Nel 1562 vennero alla luce le ultime due parti della sua Poetica, la quinta e la sesta (dedicate ad Antonio Perenoto, vescovo di Arras), che erano comunque già pronte nel 1529, come si evince dalla chiusura della quarta parte. Il progetto culturale Egli progettò e attuò una imponente riforma della lingua e della poesia italiane sui modelli classici, cioè la Poetica di Aristotele (da poco riscoperta), i poemi di Omero, e le teorie linguistiche esposte da Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia (riscoperto dal Trissino stesso a Padova e pubblicato in traduzione nel 1529); un programma in piena antitesi sia con la moda del petrarchismo di Pietro Bembo, sia con quella del romanzo cavalleresco incarnato supremamente dall'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, che allora infuriavano.  Il programma di riforma venne esposto negli anni 1524-1529 attraverso opere diverse, cioè un volume di ortografia e di ortofonetica (Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana, del 1524, riveduta nel 1529, e dedicata a Papa Clemente VII), un volume di teoria della lingua italiana (Il castellano, del 1529, dedicato a Cesare Trivulzio), due manuali di grammatica (Dubbii grammaticali e la Grammatichetta, del 1529) e un manuale di teoria dei generi letterari (Poetica, le prime 4 parti del 1529; le ultime 2 postume stampate nel 1562). Tali proposte (specie quella di modificare l'alfabeto italiano inserendovi alcune lettere greche così da rendere visibili le differenti pronunce di alcune vocali e di alcune consonanti) e la riscoperta del trattato dantesco furono clamorosi e fecero esplodere in Italia la secolare questione della lingua, idealmente chiusa nel 1840 da I promessi sposi di Alessandro Manzoni.  Questa intensa speculazione teorica ha il suo sbocco fattuale in quattro opere poetiche, tutte molto importanti: la Sofonisba (1524, dedicata a Papa Leone X), la prima tragedia regolare della letteratura moderna (regolare si definisce un'opera costruita secondo le norme derivate dai testi classici, essenzialmente la Poetica di Aristotele e l'Ars poetica di Orazio), L'Italia liberata dai Goti (1548-1549, dedicata a Carlo V d'Asburgo), il primo poema epico regolare, e I simillimi (1548, dedicata al Cardinal Farnese), la prima commedia regolare. Si aggiunga un volume di poesie d'amore e di encomio (Rime 1529, dedicato a Niccolò Ridolfi) di gusto antipetrarchista e ispirato ai poeti siciliani, agli Stilnovisti, a Dante e alla tradizione del Quattrocento, tutte cassate dal Bembo. Anche queste opere sollevarono un grande dibattito, ma saranno destinate ad avere un ruolo centrale nello sviluppo della poesia italiana ed europea, se si considera l'importanza che la tragedia e l'epica, ad esempio, ebbero in tutta Europa. Al Trissino si deve anche l'invenzione dell'endecasillabo sciolto (cioè senza rima) ad imitazione dell'esametro classico, anche questa un'invenzione destinata a fama europea.Le opere letterarie La produzione letteraria del poeta comprende opere di diversi generi, non solo poetiche: innanzitutto un Architettura in italiano e incompleto, ricerche sulla numismatica, traduzioni, orazioni varie ed opere in latino.  Se ci si concentra solo sugli studi di teoria letteraria e sulle opere poetiche, si ha a che fare con pochi testi, ma tutti rilevantissimi, attraverso i quali il poeta struttura un coerente programma di riforma della poesia italiana sui modelli classici e sulla lingua dantesca ispirato alla Poetica di Aristotele, ad Omero e al De vulgari eloquentia, un sistema da opporre sia alle Prose della volgar lingua del Bembo di qualche anno prima (1525), che aveva dato come modelli solo Petrarca e Boccaccio (riducendo, quindi, i generi letterari solo alla lirica e alla novella), sia all'Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1532), che è un romanzo cavalleresco e non un poema epico. Attraverso il proprio programma il poeta verrà a creare una tradizione di gusto classico del tutto nuova in seno alla letteratura moderna, che nei secoli a venire si affiancherà al bembismo sebbene agli inizi gli fu avversario: il sistema trissiniano, infatti, vuole sopperire ai vuoti lasciati dal petrarchismo bembesco e proseguire lo sperimentalismo della tradizione antica e quattrocentesca (la cosiddetta docta varietas). Né il Trissino era l'unico convinto di queste idee, come si dirà ancora oltre, ma era affiancato da Sperone Speroni, Bernardo Tasso (padre di Torquato), Antonio Brocardo, Pietro Tolomei, Antonio Colocci, Mario Equicola e altri ancora.  Volendo sintetizzare, le opere del Trissino si raccolgono intorno a tre date:  ll 1524, in cui dà alle stampe a Roma la tragedia Sofonisba (composta un decennio prima agli Orti Oricellari) e l'Epistola sulle lettere da aggiungere all'alfabeto latino. Tutte le opere del Trissino stampate in vita sono scritte secondo l'alfabeto da lui congegnato e non con l'alfabeto usuale. ll 1529, vero anno campale, vengono date alle stampe sei opere, ossia la traduzione del De vulgari eloquentia, le prime IV parti della Poetica, il dialogo Il castellano, le Rime, i Dubbi grammaticali e la Grammatichetta. Il 1547-8, in cui dà alla luce il poema L'Italia liberata dai Goti, e la commedia I simillini. Passeremo in rassegna le principali opere poetiche, tranne gli Scritti linguistici, che hanno un paragrafo apposito.  Sofonisba La Sofonisba (1524) è in assoluto la prima tragedia regolare della letteratura europea, destinata a vasta fortuna specie in Francia. Secondo il modello antico, Trissino compone una tragedia in endecasillabi sciolti, che imitano i trimetri giambici (il verso a questa data fa la sua prima apparizione), divisa in quadri da cori rimati: alcuni cori sono canzoni petrarchesche mentre altri, invece, canzoni pindariche (che fanno anch'esse qui la loro prima apparizione e si ritroveranno nella poesia di Luigi Alamanni e poi ancora di Gabriello Chiabrera). L'argomento (con sensibile differenza dai classici antichi) è storico (preso da Tito Livio), non fantastico, mitico o biblico. L'azione, come poi sarà canonico nel teatro regolare, si svolge nello stesso posto (unità di luogo) e nello stesso giorno (unità di tempo) e prevede in scena un numero limitato di persone. Venne recitata per la prima volta nel 1562, durante il carnevale di Vicenza, messa in scena dall'amico e allievo Andrea Palladio. La proposta piacque, tutto sommato, e riscosse successo: l'endecasillabo sciolto, metro nuovo, fu approvato anche dal Bembo (come ricorda Giraldi Cinzio) e divenne da allora in poi il metro quasi canonico del teatro italiano, specie tragico (vedi sotto).  Rime Anche nelle Rime (1529) il poeta si mostra uno sperimentatore e il Petrarca, modello obbligatorio a prescindere dal Bembo, si fonde con immagini derivanti da altre epoche e da altri autori, in special modo la poesia occitana, quella siciliana, gli stilnovisti e Dante, i poeti quattrocenteschi. Nel sistema del Trissino è possibile usare ancora metri come, ad esempio, i sirventesi e le ballate (cassati dal Bembo) o anche introdurre particolari nuovi come gli occhi neri di guaiaco della donna amata, immagine inventata dal poeta su un referente quotidiano della cultura cinquecentesca e non in linea con le immagini tipiche del Petrarca (occhi di stelle e simili).  Il Castellano Il Castellano (1529) è un dialogo sulla lingua dedicato a Cesare Trivulzio, comandante francese a Milano conosciuto nel 1505-6. Si ambienta a Castel Sant'Angelo e ha per protagonisti Giovanni di Bernardo Rucellai (il castellano, appunto) e Filippo Strozzi, amici degli Orti Oricellari. Il Trissino espone per bocca del Rucellai il suo ideale linguistico, preso dal De vulgari eloquentia, cioè quello di un volgare illustre o cortigiano, mobile ed aperto, fondato in parte sull'uso moderno e concreto della lingua, e in parte sugli autori della tradizione letteraria. Questi autori sono soprattutto Dante e Omero poiché dotati di enargia, cioè della capacità di rendere visibili a parole ciò di cui stanno narrando. Le idee linguistiche del Trissino sollevarono grande clamore (fondate com'erano su un testo la cui paternità dantesca non era ancora assicurata) e fecero scoppiare il secolare 'dibattito sulla lingua italiana' concluso, come detto, almeno idealmente, dal Manzoni tre secoli dopo. Fra i molti che parteciparono al dibattito si ricordi il fiorentino Niccolò Machiavelli al quale il Trissino aveva letto il De vulgari eloquentia sempre agli Orti Oricellari, il Bembo, ovviamente, Sperone Speroni, Baldassarre Castiglione.  Poetica Le teorie che soggiacciono a questo vasto programma vengono esposte nella Poetica (1529), libro fondamentale non solo per il Trissino, essendo in assoluto il primo libro di poetica in Europa ad essere modellato sulla Poetica di Aristotele, destinato a fama secolare in tutto il continente . Né banale né senza rischi era, come potrebbe apparire, l'idea di resuscitare dei generi letterari di fatto morti da millenni e lontani per gusto e ispirazione dalla società rinascimentale.  Sul piano linguistico immagina una lingua di ispirazione dantesca e omerica, cortigiana e illustre, che contempli l'innovazione e la tradizione, che sia aperta a una collaborazione ideale fra varie regioni italiane e non sul predominio esclusivo del toscano trecentesco, che ottemperi anche l'inserimento di neologismi e di dialettismi.  Nella poesia lirica si appoggia, sempre dietro Dante, alla tradizione occitana, siciliana, stilnovista e dantesca e anche petrarchesca. Nella metrica saccheggia ampiamente il trecentesco Antonio da Tempo che ancora contempla ballate e sirventesi, generi cassati dal Bembo, come detto, e si mostra vicino allo sperimentalismo della poesia quattrocentesca. Discorre, inoltre, della possibilità di utilizzare in italiano metri di stile greco e latino, come fatto da lui nei cori della Sofonisba, proposta che avrà grande successo nei secoli a venire, specie nella poesia per musica e nel melodramma.  Discorre poi della tragedia, della commedia, dell'ecloga teocritea e del poema omerico, i generi resuscitati dal mondo classico. A ogni genere vengono date ovviamente le proprie regole tratte da Aristotele, cioè le unità di tempo e di luogo, per la tragedia e la commedia, e le unità narrative, per il poema epico. Vengono quindi stabilite le nette differenze fra il romanzo cavalleresco e il poema epico. Mentre il romanzo cavalleresco narra una vicenda fantastica costituita dall'intreccio di molte storie diverse (alcune delle quali destinate a non chiudersi nel poema poiché non necessarie alla conclusione generale della vicenda), nel poema epico, invece, la vicenda dovrà essere di matrice storica e dovrà essere unitaria e conclusa: essa cioè dovrà venire raccontata dall'inizio alla fine, e i pochi protagonisti dovranno ruotare tutti attorno ad essa, tutti per un solo scopo, e le loro vicende dovranno venire concluse entro l'arco del poema, non lasciando nulla in sospeso. Il genere epico, inoltre, secondo una caratteristica che gli diventerà propria, viene dal Trissino investito di un alto valore morale e politico, profondamente pedagogico, ignoto al romanzo, che lo trasformano in un percorso di formazione morale e culturale.  Per questi tre generi nuovi, il poeta propone l'endecasillabo sciolto, corrispettivo moderno dell'esametro e del trimetro giambico classici (vedi paragrafi sottostanti).  Sul piano dello stile e dei registri il poeta rimanda alle teorie dei greci Demetrio Falereo e di Dionigi di Alicarnasso, che ponevano come vertice dello stile poetico l'energia, cioè la capacità di rappresentare visivamente con le parole le cose di cui s sta narrando, prerogativa, per il Trissino, dello stile di Omero e Dante. Sempre dietro Demetrio e Dionigi, Trissino divide la lingua italiana in quattro registri stilistici e non tre, come voluto dalla tradizione medievale e bembesca (la cosiddetta rota Vergilii, secondo la quale esistono 3 registri stilistici soltanto: quello basso, esemplificato dalle Bucoliche, quello medio dalle Georgiche, e quello alto o tragico dell'Eneide). Questo veniva a reimpostare daccapo i rapporti ormai consolidati fra genere letterario e registro stilistico, e fu una novità che avrebbe causato non poco l'insuccesso di un poeta il cui punto debole fu proprio lo stile.  L'Italia liberata dai Goti Dopo venti anni di silenzio dal 1529, il Trissino tornò in scena con L'Italia liberata da' Gotthi, un vastissimo poema di endecasillabi sciolti in 27 canti, stampato nel 1547 (primi 9 canti) e nel 1548 (restanti 18), ma iniziato intorno ai primi del secolo, nell'età di Papa Leone X. Esso è di fatto il primo poema epico moderno e sarà destinato, come la Sofonisba, a inaugurare un genere del tutto nuovo, in dichiarata antitesi alla tradizione medievale del romanzo cavalleresco che in quegli anni stava sfondando con Ludovico Ariosto.  L'idea che soggiace alla composizione dell'opera è illustrata nella famosa Dedica a Carlo V che precede il poema, dove il Trissino dichiara di essersi ispirato ovviamente ad Aristotele e all'Iliade di Omero. Con la guida di Omero e di Demetrio Falereo (e non di Dante, si noti), inoltre, reclama l'uso di un volgare illustre che contempli l'inserimento di voci dialettali, arcaiche o anche latine e greche, come infatti nel poema avviene. Come detto più volte, inoltre, lo scopo del poema è 'ammaestrare l'imperatore', non solo attraverso dei modelli cavallereschi, ma anche attraverso conoscenze tecniche di architettura, arte militare e via di seguito.  Il poema è ligio, insomma, a quanto stabilito nella Poetica: la trama è tratta da un accadimento storico cioè la guerra gotica tra l'imperatore bizantino Giustiniano I e gli Ostrogoti che occuparono l'Italia (per la quale il poeta segue lo storico bizantino Procopio di Cesarea), che viene raccontata dall'inizio alla fine, e i (relativamente) pochi protagonisti ruotano attorno ad essa. I personaggi, a loro volta, saranno specchio di altrettanti vizi e virtù da correggere, in questa crociata che sarebbe anche un percorso di formazione bellica e morale del suo lettore ideale, cioè Carlo V stesso.  Il poema, atteso da vent'anni dai dotti italiani, fu uno dei più clamorosi fiaschi della storia letteraria italiana, come noto, anche se ebbe un impatto profondissimo. Critiche violente vennero da Giambattista Giraldi Cinzio (che ne parla nei suoi Romanzi) e da Francesco Bolognetti, ma non solo. I quali derisero il poema per la sua imitazione pedissequa dei valori dell'eroismo classico (grandezza e generosità d'animo, nobiltà e gloria), per l'attenzione estrema alla corretta applicazione delle regole aristoteliche, più che alla fluidità della narrazione o al dare un rilievo psicologico ai personaggi, assolutamente frontali. Inoltre, la ripresa parola per parola del modello omerico (ma in generale di tutte le moltissime fonti tradotte dal poeta) fu ritenuta noiosa, e la solennità dell'argomento venne a scontrarsi con la prosaicità dello stile trissiniano, del metro senza rima costruito in maniera formulare (come quello di Omero ovviamente) che rende il dettato fiacco e stereotipato. I lunghi intervalli eruditi, inoltre, in cui il poeta si dilunga nelle descrizioni degli accampamenti, dei monumenti della Roma medievale, di città, architetture, armature, eserciti, giardini, mappe geografiche dell'Italia, precetti morali, massime e apologhi eruditi e via di seguito, soffocano la narrazione epica (nella prima edizione il poema è addirittura corredato da tre cartine geografiche) e rendono il poema di difficile lettura.  Ciò non toglie, tuttavia, che l'Italia liberata abbia un posto di rilievo nella letteratura: la visione di un mondo superiore di eroi solenni e composti nella dignità del loro ideale e della loro missione, tipicamente aristocratici, anticipava le preoccupazioni morali della Controriforma[25]. Sarà proprio alla fine del secolo, infatti, che il poema trissiniano avrà la sua fortuna, col Tasso ma non solo.  I simillimi Sono l'ultima opera stampata dal poeta (1548) e i modelli sono indicati da lui stesso nella Dedica al Cardinal Farnese: Aristofane e la Commedia antica (Menandro è stato riscoperto solo nel Novecento), sul modello della quale il Trissino ha fornito la favola dei cori (con l'appoggio anche dell'Arte poetica di Orazio) ma non del prologo. Dichiarata è anche l'ascendenza da Plauto (essenzialmente i Menecmi). Il testo è costruito in versi sciolti, ovviamente, mentre i cori sono costituiti anche da settenari e sono rimati.Le opere linguistiche  Frontespizio del Castellano di Giangiorgio Trissino, 1529, stampato con lettere aggiunte all'alfabeto italiano da quello greco I testi linguistici del Trissino sono essenzialmente quattro: l'Epistola, Castellano, Dubbi, Grammatichetta, oltre, ovviamente la Poetica.  Accese discussioni suscitò il suo esordio letterario, cioè la proposta di riformare l'alfabeto italiano contenute nell'Ɛpistola del Trissinω de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana (1524; nel 1529 esce la seconda versione, corretta e rivista) dove Trissino suggerisce l'adozione di alcune vocali e consonanti dell'alfabeto greco al fine di disambiguare suoni diversi resi allora (e ancor oggi) con la medesima grafia: e e o aperte (ε e ω) e chiuse, z sorda e sonora (ζ), nonché la distinzione delle i e u con valore di vocale o di consonante (j, v).  In seguito avrebbe riproposto questa idea (sebbene ricorrendo a grafie diverse) anche l'accademico della Crusca Anton Maria Salvini nella seconda metà del XVIII secolo, sempre senza successo.  Accolta fu nei secoli a venire, invece, la proposta del Trissino di utilizzare la z al posto della t nelle parole latine che finiscono in -tione (oratione > orazione) e di distinguere sistematicamente nella scrittura la u da v (uita > vita)[26].  I punti principali dell'alfabeto riformato sono i seguenti:  Nuovo caratterePronunciaDistinto da     Pronuncia Ɛ εE aperta [ɛ]E e                                       E chiusa [e] Ω ωO aperta [ɔ]O oO chiusa [o] V vV con valore di consonante [v]U uU con valore di vocale [u] J jcon valore di consonante J [j]I iI con valore di vocale [i] Ӡ çZ sonora [dz]Z zZ sorda [ts] .  Tali idee vengono confermate nei testi del 1529: nel Castellano, il Trissino propone il modello di una lingua "cortigiana-italiana" formata dagli elementi comuni a tutte le parlate dei letterati della Penisola, non solo nel lessico ma anche al livello della fonetica (visibile ormai grazie all'alfabeto riformato). Questa teoria si appoggia ad Omero e soprattutto alla sua traduzione del De vulgari eloquentia, e verrà amplificata, come già visto, nella Poetica, in riferimento a tutti i generi letterari, e sarà illustrata materialmente nelle due grammatiche messe a disposizione dal Trissino stesso (la Grammatichetta e i Dubbi grammaticali).  Alla sua tesi si dimostrarono particolarmente sensibili (e ostili) i letterati toscani, ovviamente, visto che Dante stesso asserisce nel trattato che il toscano non è il volgare illustre. Tra di essi spicca il Machiavelli, come accennato, che compose un Dialogo sulla lingua in quegli anni, nel quale reclama la specificità del fiorentino cinquecentesco, in opposizione al Bembo (che voleva il fiorentino trecentesco) e anche al Trissino, che nella grammatica di base parte sempre dalla lingua letteraria (anche perché l'unica in grado di assicurare a livelli profondi una similarità fra i vari parlari italiani). Un esempio: se nel toscano quattrocentesco del Poliziano è normale usare lui in funzione di soggetto, il Bembo invece rispolvera egli e lo stesso fa il Trissino. Machiavelli, invece, difende l'uso del lui, normale a Firenze da almeno un secolo.  La riforma trissiniana dell'alfabeto, applicata sistematicamente dal poeta in tutti i suoi scritti (anche negli appunti!), è un prezioso documento delle differenze di pronuncia tra toscano e lingua cortigiana, fra lingua letteraria e pronunce nordiche (il poeta era vicentino) perché l'autore applicò i propri criteri fonetici nel pubblicare i suoi testi o nell'interpretare alcuni suoni del toscano. La conseguente maggior difficoltà di lettura non favorì la diffusione dei suoi scritti e portò diverse critiche da parte degli autori suoi contemporanei.  Il profilo religioso del Trissino Sebbene sia noto come esegeta aristotelico, il Trissino si era formato, invece, sul finire del Quattrocento e nei primi del Cinquecento nelle capitali culturali italiane sature di cultura neoplatonica e mistica: non ci riferiamo solo agli anni a Milano presso il Calcondila (amico di Marsilio Ficino) o a Ferrara presso il Leoniceno, ma soprattutto a quelli trascorsi agli Orti Oricellari fiorentini e nella Roma di Leone X, figlio di Lorenzo de' Medici. Importanti sono i due ritratti che ci vengono lasciati da due contemporanei. Il primo è il quello di Giovanni di Bernardo Rucellai, che nel poemetto in versi sciolti Le api, dopo aver discusso dell’armonia cosmica e della dottrina ermetico-platonica dell’Anima Mundi, specifica ai vv. 698-704: «Questo sì bello e sì alto pensiero / tu primamente rivocasti in luce / come in cospetto degli umani ingegni / Trissino, con tua chiara e viva voce, / tu primo i gran supplicii d’Acheronte / ponesti sotto i ben fondati piedi / scacciando la ignoranza dei mortali». Insomma il Trissino viene riconosciuto come un interprete del pensiero platonico e, si direbbe, democriteo. Il secondo, invece, riguarda le esposizioni rilasciate al'Inquisizione, dopo la morte del poeta, da parte del Checcozzi, il quale dichiara che il Trissino «faceva discendere le anime umane dalle stelle ne’ corpi e diede a divedere come i passaggi di quelle di pianeta in pianeta fossero stimate altrettante morti e dicesse essere pene infernali non le retribuzioni della vita futura ma le passioni e i vizi» (in B. Morsolin, Giangiorgio Trissino. Monografia di un gentiluomo letterato del secolo XVI , Firenze, Le Monnier, 1894,  364–365). A questo si aggiungano ancora la ripetuta ammissione di credere nella salvezza per sola Grazia (Morsolin, cit.,  248–253, 357-378 e 407-43, confermata nell'Epistola a Marcantonio da Mula), cioè di essere a rigore un luterano, e la lunga requisitoria contro il clero corrotto contenuta contenuta nell'Italia liberata, requisitoria che però, come rilevato da Maurizio Vitale (in L'omerida italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da' Gotthi», Istituto Veneto di Scienze ed Arti, ), non figura in tutte le stampe del poema ma solo in quelle indirizzate forse in Germania.  Anche il Trissino, quindi, auspicava un riordino interno della Chiesa e una sua restaurazione morale, in linea con il generale movimento di riforma che scoppio' nel Rinascimento, con Lutero, Erasmo etc.... senza per questo farne un luterano in senso stretto. Il Trissino, insomma, è un tipico esponente della tradizione religiosa pretridentina, in cui il fervido sostegno alla Chiesa romana e la vicinanza coi papi non escludono forti iniezioni di pensiero neoplatonico e neopitagorico, di stoicismo e di astrologia, di tradizione bizantina e millenarismo, in cui Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Agrippa von Nettesheim, Giovanni Pico della Mirandola, Marsilio Ficino si fondono in una forma religiosa eclettica e ancora tollerata prima dell'apertura del Concilio di Trento (1545-1563). Le persecuzioni inizieranno dopo la morte del poeta, e vi verrà coinvolto, invece, il figlio Giulio, vicino al calvinismo, che subirà l'Inquisizione.  Il poema del Trissino, una vera enciclopedia dello scibile, è molto interessante a riguardo, e queste venature di pensiero religioso inquiete ed eclettiche sono evidenti in maniera palese: si ricordino i famosi angeli del poema che portano nomi di divinità pagane (Palladio, Onerio, Venereo etc...) e che non sono altro che allegorie delle facoltà umane o delle potenze naturali (Nettunio, angelo delle acque, ad esempio, o Vulcano come metonimia del fuoco) come indicato nel De Daemonius di Michele Psello e nel pensiero neoplatonico. Fu questo uno dei punti più bersagliati dai critici contro il poeta, per primo, ancora una volta, Giambattista Giraldi Cinzio.  Il rapporto con Palladio Di Andrea Palladio, Trissino curò soprattutto la formazione di architetto inteso come "umanista". Questa concezione risulta alquanto insolita in quell'epoca, nella quale all'architetto era demandato un compito preminentemente di tecnico specializzato. Non si può capire la formazione umanistica e di tecnico specializzato della costruzione dell'architetto Andrea della Gondola, senza l'intuito, l'aiuto e la protezione di Giangiorgio Trissino. È lui a credere nel giovane lapicida che lavora in modo diverso e che aspira a una innovazione totale nel realizzare le tante opere. Trissino gli cambierà il nome in "Palladio", come l'angelo liberatore e vittorioso presente nel suo poema L'Italia liberata dai Goti[27].  Secondo la tradizione, l'incontro tra il Trissino e il futuro Palladio avvenne nel cantiere della villa di Cricoli, nella zona nord fuori della città di Vicenza, che in quegli anni (1538 circa) sta per essere ristrutturata secondo i canoni dell'architettura classica. La passione per l'arte e la cultura in senso totale sono alla base di questo scambio di idee ed esperienze che si rivelerà fondamentale per la preziosa collaborazione tra i due "grandi". Da lì avrà inizio la grande trasformazione dell'allievo di Girolamo Pittoni e Giacomo da Porlezza nel celebrato Andrea Palladio. Sarà proprio Giangiorgio Trissino a condurlo a Roma nei suoi viaggi di formazione a contatto con il mondo classico e ad avviare il futuro genio dell'architettura a raggiungere le vette più ardite di un'innovazione a livello mondiale, riconosciuta ed apprezzata ancora oggi[28].  Fortuna e sfortuna del Trissino Il sistema letterario inventato dal Trissino non fu il solo tentativo di preservare un rapporto diretto con la cultura classica (in special modo greca), con Dante e con l'umanesimo del Quattrocento, che il sistema bembiano escludeva. Molti altri poeti condividevano le sue idee, infatti, come Antonio Brocardo, Bernardo Tasso, anche loro intenti a inventare nuovi metri su imitazione dei classici. Tuttavia, se si eccettua forse Sperone Speroni, il Trissino fu uno dei pochi che strutturò nella sua Poetica un sistema letterario totale, onnicomprensivo, aristotelico in senso pieno, dove ogni genere è regolato in maniera specifica; e questo gli permetterà di essere un punto di riferimento privilegiato nei secoli a venire.  Bisognerà fare a questo punto una distinzione essenziale fra le opere del Trissino e le sue teorie letterarie. Le opere poetiche, forse con la sola eccezione della Sofonisba e delle Rime, sono notoriamente brutte: lo stile è fiacco e prosaico e la narrazione dispersa in mille meandri eruditi, ragione per cui furono conosciute da tutti, lette e ammirate, ma non apprezzate né imitate dal punto di vista stilistico: l'invenzione del verso sciolto, che sarà centrale nella storia letteraria europea, infatti, non era destinata a fiorire con lui ma solo alla fine del secolo perché venisse accettata entro un poema di genere e di stile alto come quello epico. Le sue teorie invece, trovarono un successo secolare, non solo in Italia ma in molti paesi europei specie nel Settecento, con la nuova moda del classicismo. Questo specie per quel che riguarda i due generi principali del mondo antico, la tragedia e l'epica, e con essi anche il verso sciolto.  Italia In Italia si può dire che il Trissino ebbe grande fortuna col verso sciolto e col poema epico, ma minore col teatro tragico. La Sofonisba, quando uscì, non era in Italia l'unica tragedia di imitazione greca, anche se era la prima: vi erano, infatti, anche quelle di Giovanni di Bernardo Rucellai, composte sempre agli Orti Oricellari. Ma la tragedia ispirata ai modelli greci non trovò terreno in Italia e fu soppiantata presto, già a metà del secolo, da quella 'alla latina', senecana (cioè piena di fantasmi, conflitti, colpi di scena e sangue, shakespeariana insomma), riportata in auge a Ferrara dalle Orbecche di Giambattista Giraldi Cinzio; una linea di gusto che, alla fine del Cinquecento e nel Seicento, si sposerà in pieno col teatro gesuita, di ispirazione anche esso stoica e senecana.  Non così nell'epica e nel verso sciolto. Il poema del Trissino è nominato infatti da tutti i principali autori epici dell'epoca (e spesso in mala fede), da Bernardo Tasso (intento anche lui alla realizzazione del poema Amadigi, che nella prima stesura era in versi sciolti) e Giambattista Giraldi Cinzio (che compose contro l'Italia liberata il volume Dei romanzi), Francesco Bolognetti e via via fino a Torquato Tasso. Quest'ultimo parla spesso dell'Italia liberata nei Discorsi del poema eroico e, sebbene ne rilevi i limiti, la tiene presente chiaramente come modello teorico e anche in molti passaggi della Gerusalemme liberata (fra cui la famosa morte di Clorinda, ripresa da quella dell'amazzone Nicandra, ad esempio). Vale la pena specificare che il titolo di Gerusalemme liberata, infatti, non fu deciso dal Tasso (che nei Discorsi chiama sempre il suo poema Goffredo), ma dallo stampatore Angelo Ingegneri, che doveva aver notato la somiglianza dell'opera tassiana col poema trissiniano.  Mentre nel Rinascimento i critici iniziavano a discutere dei rapporti fra poesia epica e romanzo cavalleresco, si assiste a un lento processo di 'acclimatazione' del verso sciolto nei poemi narrativi. Dapprima viene usato nei generi minori, come le ecloghe pastorali, i poemetti georgici, gli idilli o le traduzioni, ma alla fine del secolo sarà impiegato in opere imponenti come l'Eneide di Annibale Caro, o nel poema sacro del Mondo creato del Tasso, o nello stile fastoso dello Stato rustico (1606) di Giovanni Vincenzo Imperiale o quello classico di Gabriello Chiabrera (1552-1638) in pieno Barocco. Anzi, proprio il Chiabrera (non a caso allievo di Sperone Speroni) si può dire che sia il grande erede del Trissino, animato come lui dal desiderio di riformare la metrica e di ricreare i generi letterari sui modelli classici. La Poetica è citata dal Chiabrera in punti importanti, sia in difesa del verso sciolto, sia dei generi metrici non bembeschi o nuovi, sia, implicitamente, nella ripresa del mito di Dante e di Omero (cfr. il paragrafo apposito in Gabriello Chiabrera).  Il Trissino ebbe ancora fortuna anche nel XVIII secolo, con l'edizione in due volumi Scipione Maffei di Tutte le opere (Verona, Vallarsi, 1729, ancora oggi punto di riferimento indispensabile), e con nove tragedie intitolate Sofonisba, una delle quali di Vittorio Alfieri (1787). Grande fu l'influenza anche nel melodramma: si contano ben quattordici Sofonisba fra il 1708 e il 1843, una delle quali di Christoph Willibald Gluck e uno di Antonio Caldara. Ma a parte la fortuna della Sofonisba, considerando che la riforma poetica dell'Accademia dell'Arcadia (1690) si ispira dichiaratamente alla poesia e alla metrica del Chiabrera, possiamo dire che il Trissino sia stato uno dei fondatori della poesia arcadica e capostipite di una tradizione letteraria, anche quella del melodramma settecentesco. Non a caso è uno degli autori più presenti nella Ragion poetica (1708) di Gian Vincenzo Gravina, maestro del giovane Pietro Metastasio, la cui prima opera sarà la tragedia Giustino, una riproposizione quasi parola per parola del III canto dell'Italia liberata dove si narrano gli amori di Giustino e di Sofia. Alla metà del secolo, nel 1753, Pierfilippo Castelli dedica la poeta una intera monografia (La vita di Giovangiorgio Trissino oratore e poeta). Si può dire, quindi, che non solo nell'epica il Trissino abbia avuto fortuna, ma anche nel teatro italiano, anche se nelle forme del melodramma e non quelle della tragedia, come tipico della tradizione italiana. Questo grazie, soprattutto, alla mediazione del Chiabrera, che seppe rendere le forme metriche del Trissino (prima fra tutte il verso sciolto) di insuperabile eleganza.  Nell'Ottocento si ricordino l'Iliade di Vincenzo Monti (1810) e l'Odissea di Ippolito Pindemonte (1822), che proseguono la grande storia del verso sciolto nella traduzione italiana, e le considerazioni di tre grandi scrittori. Il primo è Manzoni che, meditando sul romanzo storico, rifletté anche sui rapporti fra creazione poetica e verosimiglianza storica date da Aristotele nello scritto Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione. Il secondo è il Giosuè Carducci che stronco' il poema ne I poemi minori del Tasso (in L’Ariosto e il Tasso) e il terzo è Bernardo Morsolin che compose la biografia del poeta (Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, 1894) che ancora oggi è indispensabile.Francia In Francia, invece, si assiste in un certo senso alla situazione opposta e le teorie del Trissino trovarono vasta eco più nel teatro che nel poema epico, questo anche perché in generale il teatro classico francese ha sempre prediletto i modelli greci ai latini e il teatro, in genere, al melodramma. Nel teatro francese l'influenza della Sofonisba sarà forte: la prima rappresentazione documentata in francese è del 1554 nel castello di Blois, davanti alla corte della regina, Caterina de' Medici, non a caso una fiorentina[29]. La corte di Francia era già abituata d'altronde alla poesia italiana di stile classico da almeno trent'anni, dopo il soggiorno presso Francesco I di Francia di Luigi Alamanni. Da qui in poi si conteranno otto Sofonisba fino alla fine del Settecento, una delle quali di Pierre Corneille. Non così invece nell'epica, genere che in Francia trovò poco seguito, e nel verso sciolto, che non si acclimatò mai nella poesia francese, poco adatta per suo ritmo naturale a un verso senza rima. Il Voltaire, che amava l'Ariosto, ricorda l'Italia liberata nel suo Saggio sulla poesia epica più che altro per rilevare le pecche del poema.  Inghilterra In Inghilterra si ricorda la fortuna del verso sciolto (blank verse) a partire dal XVII secolo, che avrà la sua consacrazione nel Paradiso perduto di John Milton, e le lodi tributate al Trissino da Alexander Pope nel prologo alla Sofonisba di James Thomson (1730).  Germania In Germania si ricordano, tra il XVII e il XVIII secolo, tre Sofonisba. Anche Goethe possedeva una copia delle Rime trissiniane  Opere principali Sofonisba, 1524, tragedia Ɛpistola del Trissino de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana, 1524: Riproduzione fotografica De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, 1529, traduzione Il castellano, 1529, dialogo: Riproduzione fotografica dell'edizione Daelli 1864 Poetica, 1529, ed. integrale del 1562 in sei parti: Riproduzione fotografica Dubbi grammaticali, 1529 Grammatichetta, 1529 L'Italia liberata dai Goti, 1547-1548, poema epico I simillimi, 1548, commedia Galleria d'immagini  Gian Giorgio Trissinoincisione da Tutte le opere non più pubblicate di Giovan Giorgio Trissino, 1729.     Miniatura di Gian Giorgio Trissino.     Gian Giorgio Trissinoincisione da Pier Filippo Castelli La vita di Giovangiorgio Trissino, 1753.     Targa a Trissino, 1950, in piazza Gian Giorgio Trissino.     Targa posta sulla casa natale di Gian Giorgio Trissino, in corso Fogazzaro 15 a Vicenza, opera di Bartolomeo Bongiovanni.     Medaglione posto nel salone di Palazzo Venturi Ginori, a Firenze, raffigurante Giovan Giorgio Trissino, membro dell'Accademia Neoplatonica che lì ebbe sede.  Note  Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pagg 2-3.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI,Margaret Binotto, La chiesa e il convento dei santi Filippo e Giacomo a Vicenza, 1981, nota 49.  Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 4.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 26 e seguenti.  L'incisione recita: DEMETRIO CHALCONDYLÆ ATHENIENSIIN STUDIIS LITERARUM GRÆCARUMEMINENTISSIMOQUI VIXIT ANNOS LXXVII MENS. VET OBIIT ANNO CHRISTI MDXIJOANNES GEORGIUS TRISSINUS GASP. FILIUSPRÆCEPTORI OPTIMO ET SANCTISSIMOPOSUIT. Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 5.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 54-55.  Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 13-14.  Giambattista Nicolini, Vita di Giangiorgio Trissino, 1864, pag 41.  Nell'originale sofocleo "τὸ δὲ ζητούμενον ἁλωτόν", letteralmente "ciò che si cerca, si può cogliere".  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 198.  Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 43.  Antonio Magrini, Reminiscenze Vicentine della Casa di Savoia, 1869, pagg 17-18.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 190.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 196.  Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza...sino all'anno 1650, Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, nota a pag 48  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1Come i saggi di Lucien Faggion ricordano, per preservare il patrimonio famigliare non era inusuale sposare cugini di altri rami della medesima famiglia.  La decisione di scegliere Ciro come proprio erede ebbe ripercussioni drammatiche per diverso tempo. Oltre al trascinarsi della causa civile intentata da Giulio al padre e a Ciro, nacque una vera e propria faida tra i discendenti Trissino dal Vello d'Oro e i parenti del ramo dei Trissino più prossimo alla prima moglie, Giovanna. Le voci che fecero risalire a Ciro la denuncia anonima alla Santa Inquisizione delle simpatie protestanti di Giulio nel 1573, spinsero Giulio Cesare, nipote di Giovanna, a uccidere Ciro a Cornedo nel 1576, davanti a Marcantonio, uno dei suoi figli. Quest'ultimo decise di vendicare il padre, accoltellando a morte Giulio Cesare che usciva dalla cattedrale di Vicenza il venerdì santo del 1583. Nel 1588 Ranuccio Trissino, altro avversario dei Trissino dal Vello d'Oro, s'introdusse nella casa di Pompeo, primogenito di Ciro, e ne uccise la moglie, Isabella Bissari, e il figlioletto Marcantonio, nato da poco. Si vedano al proposito vari saggi sull'argomento di Lucien Faggion, tra cui Les femmes, la famille et le devoir de mémoire: les Trissino aux XVIe et XVIIe siècles.  Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni ProfessoreAlvise di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer, che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion, Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana et Cricoli au XVIe siècle, .  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, voce Trissino nel sito Treccani.it L'Enciclopedia Italiana.  Paolo D'Achille, Trissino, Giangiorgio, in L'Enciclopedia dell'Italiano.  "Palladio" è anche un riferimento indiretto alla mitologia greca: Pallade Atena era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra; Pallade, a sua volta, è un'ambigua figura mitologica, talvolta maschio talvolta femmina che, al di fuori della sua relazione con la dea, è citata soltanto nell'Eneide di Virgilio. Ma è stata avanzata anche l'ipotesi che il nome possa avere un'origine numerologica che rimanda al nome di Vitruvio, vedi Paolo Portoghesi , La mano di Palladio, Torino, Allemandi, 2 Dal volantino della mostra (18 aprile10 maggio 2009) dedicata a Giangiorgio Trissino a Trissino, in occasione del 600º anniversario della promulgazione dello Statuto del Comune del 1409, organizzata dalla Provincia di Vicenza, Comune di Trissino e Pro Loco di Trissino.  Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, Giachetti, Losanna, 1824. Sull'autore in generale si vedano almeno tre testi fondamentali:  Pierfilippo Castelli, La vita di Giovangiorgio Trissino, oratore e poeta, ed. Giovanni Radici, Venezia, 1753. Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, Firenze, Le Monnier, Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, Vicenza, 31 marzo-1º aprile 1979, N. Pozza, Vicenza, Neri Pozza, 1980. Sulla Sofonisba:  Ettore Bonora La "Sofonisba" del Trissino, Storia Lett.Italiana, Garzanti, Milano, M. Ariani, Utopia e storia nella Sofonisba di Giangiorgio Trissino, in Tra Classicismo e Manierismo, Firenze, Olschki, C. Musumarra, La Sofonisba ovvero della libertà, «Italianistica», Sulle Rime:  A. Quondam, Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella tradizione del classicismo, Ferrara, Panini, C. Mazzoleni, L’ultimo manoscritto delle Rime di Giovan Giorgio Trissino, in Per Cesare Bozzetti. Studi di letteratura e filologia italiana, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Sull'Italia liberata si vedano almeno (in ordine di stampa):  F. Ermini, L’Italia liberata dai Goti di Giangiorgio Trissino. Contributo alla storia dell’epopea italiana, Roma, Editrice Romana, 1895. A. Belloni, Il poema epico e mitologico, Milano, Vallardi, Ettore Bonora, L'"Italia Liberata" del Trissino,Storia della Lett. italiana,Milano, Garzanti, Marcello Aurigemma, Letteratura epica e didascalica, in Letteratura italiana,  IV, Il Cinquecento. Dal Rinascimento alla Controriforma, Bari, Laterza, 1973,  439-499. Marcello Aurigemma, Lirica, poemi e trattati civili del Cinquecento, Bari, Laterza, Guido Baldassarri. Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimentale e tradizione omerica, Roma, Bulzoni, Renato Bruscagli, Romanzo ed epos dall’Ariosto al Tasso, in Il Romanzo. Origine e sviluppo delle strutture narrative nella cultura occidentale, Pisa, ETS, D. Javitch, La politica dei generi letterari nel tardo Cinquecento, «Studi italiani», David Quint, Epic and Empire. Politics and generic form from Virgil to Milton, Princeton, Princeton University Press, F. 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Castellani-Pollidori, Niccolò Machiavelli e il Dialogo intorno alla lingua. Con un’edizione critica del testo, Firenze, Olschki,  M. R. Franco Subri, Gli scritti grammaticali inediti di Claudio Tolomei: le quattro lingue di toscana, «Giornale storico della letteratura italiana», I. Paccagnella, Il fasto delle lingue. Plurilinguismo letterario nel Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1984. M. Pozzi, Trattatisti del Cinquecento, Milano-Napoli, Ricciardi,  B. Richardson, Trattati sull’ortografia del volgare, Exeter, University of Exeter,  M. Pozzi, Gian Giorgio Trissino e la letteratura italiana, in Id., Lingua, cultura e società. Saggi sulla letteratura italiana del Cinquecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, A. Cappagli, Gli scritti ortofonici di Claudio Tolomei, «Studi di grammatica italiana», N. Maraschio, Trattati di fonetica del Cinquecento, Firenze, presso l’Accademia,  C. Giovanardi, La teoria cortigiana e il dibattito linguistico nel primo Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1998. M. Vitale, L'omerida italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da' Gotthi», Istituto Veneto de Scienze ed Arti, . Sulla traduzione di Dante e l'importanza del De vulgari eloquentia si vedano almeno (in ordine di stampa):  M. Aurigemma, Dante nella poetica linguistica del Trissino, «Ateneo veneto», foglio speciale,  C. Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, P. Floriani, Trissino: la «questione della lingua», la poetica, negli Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, etc...(ora in Gentiluomini letterati. Studi sul dibattito culturale nel primo Cinquecento, Napoli, Liguori, I. Pagani, La teoria linguistica di Dante, Napoli, Liguori,  C. Pulsoni, Per la fortuna del De vulgari Eloquentia nel primo Cinquecento: Bembo e Barbieri, «Aevum», E. Pistoiesi: Con Dante attraverso il Cinquecento: Il De vulgari eloquentia e la questione della lingua, «Rinascimento», Per le trafile del codice dantesco posseduto dal Trissino, oggi alla Biblioteca Trivulziana di Milano, cfr. l'introduzione di P. Ràjna alla sua edizione del De Vulgari Eloquentia (Firenze, Le Monnier) e G. Padoan, Vicende veneziane del codice Trivulziano del “De vulgari eloquentia”, in Dante e la cultura veneta, Atti del convegno di studi della fondazione “Giorgio Cini”, Venezia-Padova-Verona, 30 marzo-5 aprile, V. Branca e G. Padoan, Firenze, Olschki, 1966,  385–394. Tutti i testi del Trissino si rileggono nei due volumi intitolati Tutte le opere Scipione Maffei (Verona, Vallarsi, 1729), che non riproducono però l'alfabeto inventato riformato. Alcuni testi hanno avuto delle edizioni moderne:  La Poetica si rilegge nei Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento B. Weinberg, Bari, Laterza, 1970-1974. Il testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino. Scritti linguistici, A. Castelvecchi, Roma, Salerno (che contiene la Epistola delle lettere nuovamente aggiunte, Il Castellano, i Dubbii grammaticali e la Grammatichetta). I testi sono riprodotti con l'alfabeto inventato dal Trissino. La Sofonisba è stata curata da R. Cremante, nel Teatro del Cinquecento, Napoli, Ricciardi, 1988. I testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino ed è dotato di un vasto commento e introduzione. La traduzione del De vulgari eloquentia si può leggere in D. Alighieri, Opere, F. Chiappelli, nella collana “I classici italiani”, G. Getto, Milano, Mursia, 1975, oppure, assieme al testo latino, nel 2 tomo dell’Opera Omnia curata da Scipione Maffei (vedi sotto). Per l'Italia liberata dai Goti e per I Simillimi si deve ricorrere, invece, alle prime edizioni o all'edizione del Maffei o alle ristampe sette-ottocentesche. Per l'elenco completo di tutte le stampe, ristampe, studi ed edizioni sul Trissino vedi Alessandro Corrieri , Giangiorgio Trissino. , consultabile (aggiornata al 2 settembre ) presso//nuovorinascimento.org/cinquecento/trissino.pdf.  Andrea Palladio Trissino (famiglia). Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Gian Giorgio Trissino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gian Giorgio Trissino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Opere di Gian Giorgio Trissino / Gian Giorgio Trissino (altra versione) / Gian Giorgio Trissino (altra versione) / Gian Giorgio Trissino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Gian Giorgio Trissino, . Opere di Gian Giorgio Trissino, su Progetto Gutenberg. Gian Giorgio Trissino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  ItalicaRinascimento: Giovan Giorgio Trissino, L'Italia liberata dai Gotthi di Paola Cosentino.

 

Troilo: Erminio Troilo (Perano), filosofo. Insegnante di filosofia teoretica a Palermo e a Padova (dal 1920), nel 1949 divenne socio nazionale dei Lincei. Partito dal positivismo del suo maestro Roberto Ardigò, pervenne a una sorta di metafisica, da lui chiamata realismo assoluto, che richiama il panteismo di Giordano Bruno e di Baruch Spinoza. L'essere eterno infinito, tutt'uno con lo spirito assoluto, è il presupposto e il principio unificatore degli esseri relativi. Trascendente e indeterminato, l'essere si immanentizza e si determina nella realtà e negli individui, oggettivandosi di fronte ai soggetti come assolutamente altro da questi.  Opere principali Il misticismo moderno (1899) Idee e ideali del positivismo (1909) La filosofia di G. Bruno (2 voll., 1907-14) Il positivismo e i diritti dello spirito (1912) Figure e studi di storia della filosofia (1918) Lo spirito della filosofia (1925) Le ragioni della trascendenza o del realismo assoluto (1936) Note  Fonte: sito della Società Filosofica ItalianaSezione di Sulmona, riferimenti in .  Eugenio Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1960, Laterza, Roma-Bari 1961, 1997 M. Dal PraF. Minazzi, Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana, Rusconi, Milano 1992 Silvio Cappelli, L'orizzonte filosofico di Erminio Troilo. Idealismo e Positivismo nella prima metà Professore 2281-6569, in   Mario Dal Pra Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Erminio Troilo  , «Troilo, Erminio» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Erminio Troilo, biografia e  nel sito della Società Filosofica ItalianaSezione di Sulmona "Giuseppe Capograssi".

 

Tronti: Senatore della Repubblica Italiana LegislatureXI e XVII Gruppo parlamentare PDS (XI), PD (XVII) CoalizioneItalia. Bene Comune (XVII) CircoscrizioneLazio (XI) Lombardia (XVII) Incarichi parlamentari Membro della Commissione permanente Affari esteri ed emigrazione Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano (Fino al 1991), Partito Democratico della Sinistra (1991-1998), Democratici di Sinistra (1998-2007), Partito Democratico (Dal 2007) ProfessioneDocente universitario. Mario Tronti (Roma), filosofo. Considerato uno dei principali fondatori ed esponenti del marxismo operaista teorico degli anni sessanta.  Docente per trent'anni presso l'Siena, vive a Roma.  Militante del Partito Comunista Italiano durante gli anni cinquanta, fu con Raniero Panzieri tra i fondatori della rivista Quaderni Rossi, da cui si separò nel 1963 per fondare la rivista Classe operaia, della quale fu il direttore. Questo percorso lo portò ad allontanarsi dal PCI, pur senza mai uscirne formalmente, e ad animare l'esperienza radicale dell'operaismo. Tale esperienza, che va considerata per molti versi la matrice della nuova sinistra degli anni sessanta, si caratterizzava per il fatto di mettere in discussione le tradizionali organizzazioni del movimento operaio (partito e sindacato) e di collegarsi direttamente, senza intermediazioni, alla classe in sé e alle lotte di fabbrica.  Influenzato filosoficamente dall'opera di Galvano Della Volpe, che lo aveva portato ad allontanarsi dal pensiero di Antonio Gramsci, o almeno dalla sua versione ufficiale promossa dal PCI togliattiano, Tronti si dedicò come studioso alla formulazione di un pensiero politico che, fondendo la teoria con la prassi, rinnovasse il marxismo tradizionale e contribuisse a riaprire la strada rivoluzionaria in Occidente. Di fronte all'irruzione dell'operaio-massa sulla scena delle società occidentali, l'operaismo di Tronti seppe proporre un'analisi moderna delle relazioni di classe e soprattutto mettere l'accento sul fattore soggettivo, rivendicando la centralità politica della classe. Le sue idee, debitrici anche della visione di Ernst Jünger (v. "L'operaio", 1932), trovarono una sistemazione nel 1966, con la pubblicazione di Operai e capitale, un libro di forte impatto letterario (è stato inserito tra le 2250 opere del Dizionario delle opere della Letteratura Italiana Einaudi), che eserciterà un'influenza notevole sulla contestazione giovanile e più in generale sull'ondata di mobilitazione che ebbe inizio negli anni immediatamente successivi.  Fu proprio la sconfitta della spontaneità operaia e dell'ondata di mobilitazione, colta anticipatamente da Tronti e non invece da altri operaisti come Toni Negri (di qui la rottura tra loro, avvenuta nel 1967-1968), a indurlo a spostare la sua riflessione sul "problema del politico", ovvero della direzione e della mediazione politica. Ebbe inizio da qui la teorizzazione trontiana dell'"autonomia del politico", cioè la ricerca di una teoria politica realista che, in un'originale commistione di Karl Marx e Carl Schmitt, fosse capace di colmare i limiti della soggettività sociale. Si trattò di una fase più intellettuale che politica dell'esperienza di Tronti, il quale si dedicò prevalentemente all'insegnamento (Filosofia morale e poi Filosofia politica) presso l'ateneo senese e all'attività pubblicistica, fondando tra l'altro nel 1981 l'influente rivista Laboratorio politico. Riavvicinatosi al PCI di Enrico Berlinguer, in questo periodo Tronti fu finalmente riabilitato dal gruppo dirigente del partito, entrando a far parte più volte del Comitato centrale.  Alle elezioni del 1992 fu eletto al Senato della Repubblica (XI legislatura) nelle liste del Partito Democratico della Sinistra, fu membro della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali dal 1992 al 1994. Negli anni successivi, non avendo condiviso le trasformazioni post-comuniste del partito, e dopo aver lasciato la docenza universitaria, la sua riflessione filosofica ha assunto toni pessimistici, concentrandosi sulla fine della politica moderna e sulla critica della democrazia. --  è stato presidente della Fondazione CRS (Centro per la Riforma dello Stato)Archivio Pietro Ingrao.  Alle elezioni del  è stato di nuovo eletto al Senato (XVII legislatura) nelle liste del Partito Democratico per la Lombardia.  Il 14 gennaio  è tra i 31 parlamentari, soprattutto di area cattolica, del PD a firmare un emendamento contro l'articolo 5 del disegno di legge Cirinnà riguardante l'adozione del configlio.  Curiosità Mario Tronti è parente di Renato Zero: è infatti il figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è la nonna del cantautore. Opere In volume Operai e capitale, Einaudi, Torino, 1966; seconda edizione accresciuta 1971; ristampa DeriveApprodi, Roma, 2006; Hegel politico, Istituto dell'Enciclopedia italiana, Roma, 1975; Sull'autonomia del politico, Feltrinelli, Milano, 1977; Soggetti, crisi, potere (A. Piazzi e A. De Martinis), Cappelli, Bologna; Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma, 1980; Con le spalle al futuro. Per un altro dizionario politico, Editori Riuniti, Roma, 1992; Berlinguer. Il Principe disarmato, Edizioni Sisifo, Roma, 1994; La politica al tramonto, Einaudi, Torino, 1998; Cenni di Castella, Edizioni Cadmo, Fiesole (FI), 2001; Teologia e politica al crocevia della storia (con Massimo Cacciari), AlboVersorio, Milano, 2007 [ristampa ] Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra, Ediesse, 2008 La democrazia dei cittadini. Dai cittadini per l'Ulivo al Partito Democratico, Ediesse, Non si può accettare, Ediesse,  Noi operaisti, DeriveApprodi,  Dall'estremo possibile, Ediesse,  Per la critica del presente, Ediesse,  Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore,  Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica, Castelvecchi,  Il demone della politica. Antologia di scritti (1958-), Il Mulino,  Contributi, curatele Tra materialismo dialettico e filosofia della prassi. Gramsci e Labriola, in A. Caracciolo e G. Scalia , La città futura. Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci, Feltrinelli, Milano, 1959; Scritti inediti di economia politica di Marx, Editori Riuniti, 1963  Hobbes e Cromwell in Stato e rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, Milano, 1977; Operaismo e centralità operaia, Editori Riuniti, Roma (con G. Napolitano, A. Accornero e M. Cacciari) Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 1: Da Machiavelli a Cromwell, Feltrinelli, Milano, Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 2: Da Hobbes a Smith, Feltrinelli, Milano, 1981  Il destino dei partiti, Ediesse (con Giuseppe Cotturri, F. Izzo) Rileggendo "La libertà comunista", in G. Liguori , Galvano Della Volpe. Un altro marxismo, Edizioni Fahrenheit 451, Roma; Classe operaia. Le identità: storia e prospettiva, Angeli, Milano, 2001; (Tronti e Favilli) Per la critica della democrazia politica, in M. Tari , Guerra e democrazia, ManifestoLibri, Roma; Politica e destino, Sossella editore, Roma, 2006 (con contributi di  sul pensiero di Tronti); Finis Europae. Una catastrofe teologico-politica, Bibliopolis, Napoli 2008. Note  "Ne La politica al tramonto, Einaudi, 1998, un capitolo porta il titolo «Karl und Carl», per sottolineare, anche qui allusivamente, la necessità di completare Marx con Schmitt", Mario Tronti, Autobiografia filosofica, in Storia della filosofia, 14, Filosofi italiani contemporanei, Le Grandi Opere del Corriere della Sera, Bompiani, Milano 2008 Archiviato il 3 dicembre  in .  Mario Tronti / Deputati / Camera dei deputati storico, su storia.camera.it. 15 gennaio .  senato.itScheda di attività di Mario TRONTIXVII Legislatura, su senato.it. 15 gennaio .  Unioni civili: i numeri che mettono a rischio le adozioni gay, su Termometro Politico, plus.google.com/+termometropolitico/. Unioni civili, 30 senatori Pd contro le adozioni. E Gay.it pubblica la lista: "Scrivi al malpancista". Loro: "Squadristi", su Il Fatto Quotidiano. 19 gennaio .  Le piume, le fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di Renato Zero | Altri Mondi  Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo, Bari, Costanzo Preve, La teoria in pezzi. La dissoluzione del paradigma teorico operaista in Italia (Dedalo, 1984; Romolo Gobbi, Com'eri bella, classe operaia. Storia fatti e misfatti dell'operaismo italiano, Longanesi, Milano, Rita di Leo, Per una storia di Classe Operaia, in «Bailamme», n. 26, giugno 2000; Sandro Mezzadra, Operaismo, in R. Esposito e C. Galli , Enciclopedia del pensiero politico. Autori, concetti, dottrine, Laterza, Roma-Bari; Basso C., Gozzini C. e Sguazzino D. ,  delle opere e degli scritti di Mario Tronti, Dipartimento di Filosofia-Università degli Studi di Siena, Siena; Alfonso Berardinelli, Stili dell'estremismo. Critica del pensiero essenziale, Editori Riuniti, Roma, Maria Turchetto, De l'ouvrier masse à l'entrepreneurialité commune: la trajectoire déconcertante de l'opéraïsme italien, in J. Bidet e E. Kouvélakis , Dictionnaire Marx contemporain, PUF, Paris; Francesca Pozzi, Gigi Roggero, Guido Borio, Futuro anteriore: dai Quaderni rossi ai movimenti globali. Ricchezze e limiti dell'operaismo italiano, DeriveApprodi, Roma, Steve Wright, L’assalto al cielo. Per una storia dell’operaismo,  Edizioni Alegre, Roma (trad. Storming Heaven. Class Composition and Struggle in Italian Autonomist Marxism, Pluto Press, London, 2002). Cristina Corradi, Storia dei marxismi in Italia, Manifestolibri, Roma, Francesca Pozzi, Gigi Roggero, Guido Borio, Gli operaisti, Derive Approdi, Roma, 2005 Antonio Peduzzi, Lo spirito della politica e il suo destino. L'autonomia del politico, il suo tempo, Ediesse-Crs, Roma, Giuseppe Trotta e Fabio Milana , L'operaismo degli anni Sessanta. Da «Quaderni rossi» a «classe operaia», cd con la raccolta completa della rivista «classe operaia»  DeriveApprodi, Roma 2008 Antonio Peduzzi, A Cartagine poscia io venniincubi sulla teoria marxista, Arduino Sacco editore, Roma, ; Michele Filippini, Mario Tronti e l'operaismo politico degli anni Sessanta, EuroPhilosophie, . Franco Milanesi, Nel Novecento, Storia, teoria, politica nel pensiero di Mario Tronti, Mimesis, Milano,  Abecedario (Carlo Formenti), DeriveApprodi,   Operaismo Quaderni Rossi Classe operaia (rivista) Raniero Panzieri Toni Negri Massimo Cacciari Pietro Ingrao Centro per la Riforma dello Stato. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Mario Tronti, .  Mario Tronti / Mario Tronti (altra versione), su senato.it, Senato della Repubblica.  Mario Tronti, su Openpolis, Associazione Openpolis.  Registrazioni di Mario Tronti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Mario Tronti, su Internet Movie Database, IMDb.com.  Centro per la Riforma dello Stato, su centroriformastato.org. "Storia e critica del concetto di democrazia" (intervento di Tronti, 29/1/2005), disponibile anche in file audio, su globalproject.info. Sito web italiano per la filosofia: Mario Tronti, su lgxserver.uniba.it. Conricerca-Futuro Anteriore, su alpcub.com. Class Against Class (con testi di Tronti in inglese), su geocities.com. "Antagonism and Insurrection in Italian 'Operaismo'" (paper di A. Toscano) , su goldsmiths.ac.uk. "Lotta contro gli idoli" (intervento di Tronti per Rai Educational, su emsf.rai.it. Michele Smargiassi, Intervista a Mario Tronti: "La lotta di classe c'è ancora", La Repubblica, Antonio Gnoli, Mario Tronti: "Sono uno sconfitto, non un vinto. Abbiamo perso la guerra del '900", La Repubblica.

 

Tulelli: Ritratto. Paolo Emilio Tulelli (Zagarise), filosofo. Al cavaliere Paolo Emilio Tulelli sono ad oggi intitolate una via nel Comune di Zagarise e una nel Comune di Catanzaro nel quartiere Sant'Elia, una sala della Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro dove l'amministrazione comunale della città di Catanzaro e la pronipote del filosofo, giurista, scrittrice e presidente dell'associazione culturale "Universo Minori" Rita Tulelli, giorno 13 aprile  hanno apposto una targa commemorativa in suo onore, inoltre, giorno 27 luglio  è stato posto davanti alla casa comunale di Zagarise un busto che lo raffigura realizzato dal professore, scultore e pittore Mario Calveri.  Paolo Emilio Tulelli busto Zagarise Busto di Paolo Emilio Tulelli, creato dallo scultore Mario Calveri, installato davanti al Comune di Zagarise in data 27 luglio   Nacque a Zagarise da Gaetano e Anna Gallelli. Appartenente ad una famiglia di nobili origini, era un marchese, studiò presso il Convento del Ritiro dei Filippini a Zagarise e poi frequentò a Catanzaro il Real Liceo-Ginnasio e il Corso Teologico presso il Pontificio Seminario Teologico Regionale San Pio X diventando sacerdote.  Dal 1839 visse a Napoli dove compì studi filosofici e nel 1855 aprì nella stessa città una scuola privata dove insegnò per oltre vent’anni filosofia morale ed estetica. La richiesta di poter istituire una scuola privata fu inviata in data 11 settembre 1855 alle autorità competenti, le quali, prima di concedere le relative autorizzazioni, chiesero al vescovo di Catanzaro dettagliate notizie in merito alla condotta religiosa, morale e politica del richiedente, la risposta inviata loro fu: «Elemento di condotta soda, casta e onesta»  Tra gli allievi della sua scuola molti furono appartenenti a famiglie di alto rango sociale e tra questi è possibile annoverare i figli del re Borbone che, in segno di stima, gli fecero dono di un orologio da camera di manifattura francese opera dei fratelli Japis. Fu molto amico di Luigi Settembrini, il quale lo citò nella sua opera "Lezioni di letteratura italiana", gli trasmise l’amore per la filosofia e gli ideali patriottici, fu allievo del marchese Basilio Puoti e del filosofo Pasquale Galluppi del quale studiò e diffuse il pensiero, evidenziando il parallelismo con il pensiero del filosofo tedesco Immanuel Kant, così come divulgò quello di altri filosofi meridionali, tra cui Giovanni Battista Capasso, Tommaso Rossi e G. Masci. Nel 1860 Paolo Emilio Tulelli iniziò ad insegnare filosofia forale all’Università degli Studi di Napoli Federico II dietro l’impulso di Francesco Saverio De Sanctis, anno in cui, secondo Benedetto Croce, iniziò un ventennio di vero splendore per l’ateneo napoletano. Nello stesso anno cadde il Regno delle Due Sicilie e Paolo Emilio Tulelli, favorevole alla formazione di uno stato unitario, portò avanti una battaglia a livello morale e giuridico per l’abolizione della pena di morte che fino ad allora era in vigore in tutti gli Stati d’Europa tranne il Granducato di Toscana, la stessa sarà poi abolita con l'adozione del codice penale del Regno d'Italia nel 1889, il cosiddetto Codice Zanardelli. La fine della dominazione borbonica fu colta dal Tulelli come un’occasione di rinnovamento sociale e morale ed egli instillò nei suoi insegnamenti la consapevolezza che il rinnovamento politico dovesse essere accompagnato a quello morale, egli riscontrava nella popolazione un’evidente scarsità intellettuale e un sentimento religioso che si manifestava mediante pratiche di culto sempre più lontane dall’essere ricche di valori spirituali e una società sempre più formalista, egli cercò di contrastare questa tendenza in affinità al pensiero del filosofo Vincenzo Gioberti.  Paolo Emilio Tulelli fu un patriota e un cattolico liberale e la sua attività di pensatore fece si che la sua notorietà e la sua reputazione crescessero, fu inoltre un oppositore degli hegeliani napoletani, fu a capo degli oppositori degli Spaventiani e fu rappresentante del movimento filosofico del quale nella prima metà dell'ottocento fecero parte Pasquale Galluppi, Ottavio Colecchi, Stefano Cusani e Vincenzo De Grazia. Sul valore del Tulelli si sono pronunciati, fra gli altri, anche il Croce ed il Russo.  Fu Socio Ordinario delle seguenti Accademie:  Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli Accademia Reale Pontaniana In relazione all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, Tulelli e il senatore Enrico Pessina, proposero nell'anno 1867, in qualità di soci dell'accademia, di collocare nell'atrio dell'Università degli Studi di Napoli un busto in marmo raffigurante il filosofo Pasquale Galluppi, l'opera fu realizzata dallo scultore napoletano Beniamino Calì e fu inaugurata il 14 marzo dello stesso anno con una cerimonia a cui presero parte il rettore Paolo Emilio Imbriani, dei rappresentanti e diversi studenti. Della stessa accademia oltre ad esserne socio ne fu anche tesoriere come si evince dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di lunedì 10 febbraio 1879 in cui è contenuta la rielezione per quell'anno alla suddetta carica: " (omissis) S.M., sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, ha, con RR. decreti fatte le nomine e disposizioni seguenti: (omissis) Tulelli Paolo Emilio, socio della Società Reale di Napoli, approvata la sua rielezione a tesoriere dell'Accademia di scienze morali e politiche della predetta Società; (omissis) ".  Fu Socio Corrispondente delle seguenti Accademie:  Accademia Cosentina Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici Fu membro dell’Istituto Americano di New York e della Società Storica di Pennsylvania.  Testamento Paolo Emilio Tulelli visse a Napoli fino al giorno della sua morte e nelle sue ultime volontà traspare chiaramente un radicato e forte legame con la sua terra di origine, infatti i primi due punti del suo testamento furono «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro...»  e «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo Comune di Zagarise l’educazione morale e l’istruzione letteraria e scientifica...»  Dispose inoltre che fosse destinata una somma in dote ad una ragazza indigente di Zagarise e che il resto del patrimonio del filosofo fosse suddiviso tra i suoi parenti.  Il documento, tutt'ora disponibile presso l’Archivio Notarile di Napoli, fu depositato nel capoluogo campano il 30 gennaio 1884 presso lo studio del notaio Michele Mazzitelli sito in via S. Giovanni numero 19.  Dondazione di libri alla città di Catanzaro al fine di fondare una biblioteca pubblica Paolo Emilio Tulelli volle donare alla città di Catanzaro alcuni libri affinché potessero rappresentare una base di partenza per la costituzione di una biblioteca pubblica auspicando che il suo gesto potesse rappresentare un’esortazione a contribuire al suo ampliamento, una volta istituita, da parte di altri uomini generosi e amanti della cultura. Il comune di Catanzaro accettò il legato che, in caso contrario, si sarebbe dovuto destinare ad ampliare il patrimonio della biblioteca del Real Liceo di Catanzaro o ad un erede del de cuius nel caso in cui il anche direttivo del liceo non avesse accettato la donazione. I libri furono trasferiti da Napoli a Catanzaro a spese del comune, così come indicato nelle ultime volontà del filosofo, ed il 2 giugno 1889 venne istituita la biblioteca comunale che venne denominata Biblioteca Municipale di Catanzaro "Onestà e lavoro", ma che oggi è conosciuta come Biblioteca comunale Filippo De Nobili.  «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro ove ebbi i primi semi del mio sapere e le prime aspirazioni alla libertà della Patria Italiana, lego al comune della città i miei pochi libri col fine espresso ed incondizionato di formare il primo fondo ad una biblioteca pubblica da fondarsi in loco adatto a vantaggio della gioventù studiosa e dei cultori della letteratura e della scienza.»  (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Istituzione di una rendita per far studiare un giovane meritevole del comune di Zagarise Per quanto concerne il comune natio, nell’intenzione di promuovere l’educazione morale, l’istruzione letteraria e scientifica nello stesso, Paolo Emilio Tulelli istituì una rendita annuale, denominata “Monte o Istituto Tulelli” per far si che dei giovani meritevoli del suddetto comune potessero studiare e conseguire la laurea. A perenne ricordo di ciò egli dispose nelle sue ultime volontà che fosse realizzata una breve iscrizione su una lastra di marmo e che la stessa fosse posta in un luogo pubblico del comune di Zagarise.  «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo comune di Zagarise l'educazione morale e l'istruzione letteraria e scientifica e così sospingere quei miei concittadini sulla via della civiltà, istituisco un Monte o Istituto per l'educazione ed istruzione dei giovinetti di detto Comune da elevarsi dal Real Governo in Ente Morale e giuridico con la dotazione di annue lire duemila di rendita al 5 per cento iscritto al gran libro dei Regno d'Italia. All'uopo destino due certificati di rendita a me intestati dell'annua rendita di L. millesettecento con la data di Firenze 14 agosto 1878 sotto il N. 649.196 e l'altro dell'annua rendita di L. trecento della stessa data e sotto il N. 649. Sì fatta annua rendita sarà unicamente ed esclusivamente impiegata per l'educazione e istruzione nelle lettere e nella scienza di un giovinetto fatto volta per volta per modo che si dirà qui appresso nato a Zagarise da genitori ivi domiciliati almeno da dieci anni compiti, dell'età non minore di anni sette, che sappia almeno leggere e scrivere e mostri in generale attitudine e buona disposizione agli studi.»  (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Opere Libri Dei principi sostanziali ed informatori della scienza dell’educazioneProlusione letta nell'Università nel febbraio 1874. NapoliStamperia della Regia Università, 1874 Dei sistemi morali e della loro possibile riduzione. NapoliTipografia della Regia Università, 1880 Della moralità della scienza e della vitaProlusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873. NapoliStamperia della Regia Università, 1Elogio di Vito Buonsanto accademico pontanianoRecitato, NapoliTipografia Del Fibreno, 1851 Filadelfos di Giovanni GemelliRecensione letta all’accademia di scienze morali e politiche il 27 maggio 1882. NapoliStamperia della Regia Università, 1882 L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi critici. NapoliStamperia della Regia Università, Intorno alla morale indipendente, Studio critico. NapoliStamperia della Regia Università, Programma di una discussione accademica sul tema dell’educazione religiosa popolare in Italia. 1880 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica. NapoliStamperia del Vaglio, 1855 Prolusione ad un corso di filosofia moraleRecitata il 20 novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli. NapoliStamperia della Regia Università, Schema di una metafisica dell’estetica. Parte prima. NapoliStamperia della Regia Università, Schema di una metafisica dell’estetica. Parte seconda. NapoliStamperia della Regia Università, 1877 Sopra una nuova formula metafisica del professor TariBreve memoria. NapoliStamperia della Regia Università, Sunto della seconda parte dello schema di una metafisica dell’estetica S.n.t. Cenni biografici del professore Luigi Settembrini. NapoliTipografia dell'Accademia Reale delle Scienze, 1878 Intorno alla dottrina e alla vita del politica del Barone Pasquale GalluppiNotizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari. Memoria letta nell’accademia di scienze morali e politiche di Napoli nella tornata del 4 dicembre 1864. NapoliStamperia della Regia Università, 1865 Intorno alla vita e alle opere filosofiche di Giovan Battista Papasso e di Tommaso Rossi. Discorsi due. NapoliTipografia Cutaneo, Libera Chiesa in libero StatoRagionamento letto all'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli nelle tornate del 28 e 31 ottobre 1869. Napoli Stamperia della Regia Università, 1869 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852. NapoliStamperia del Vaglio, 1855 Intorno alla vita e alla storia della filosofia di Giovan Battista CapassoMemoria letta all'Accademia nella tornata del 29 Gennaio, NapoliSocietà tipografica napoletana Tramater, La rosa di Gerico. Raccolta di prose e versi. NapoliTipografia Del poligama, 1852 Schema di una metafisica dell'etica. NapoliTipografia e streotipia della Regia Università, Sopra gli scritti inediti di Pasquale GalluppiMemoria seconda letta nell'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli. NapoliStamperia della Regia Università, Biografia del barone Pasquale Galluppi. S.n.t. Dei sistemi filosofici. S.n.t. Filosofia indiana (V. "l’equilibrio" anno 1°  287 292) Su l’abolizione della pena di morteIn "Rendiconti dell’Accademia delle scienze morali e politiche di Napoli". NapoliStamperia della Regia Università, 1863 Notizie biografiche di Saverio BaldacchiniIn “Annuario della Regia Università degli Studi di Napoli”, Anno scolastico Elogio funebre di Martino Cilento. Sulla Bella di Camarda, poema del marchese Cappelli. Napoli, 1855 Armonia della libertà politica e della Scienza morale — Prolusione. Scambio di lettere con Giannina Milli. Poesie Preso da immenso desiderio e ardente (Sonetto) Padre, partisti, forse desolato (Sonetto)[26] Aspirazione a Dio (Sonetto) Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli Il pensiero morale di Paolo Emilio Tulelli, Carlo Nardi. Società Napoletana di Storia Patria, 1966 Paolo Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli Federico Adamoli. Collana "Il Fondo Milli" Biografia Paolo Emilio Tulelli  Paolo Emilio Tulelli il Poeta  Via Paolo Emilio Tulelli a Zagarise  Via Paolo Emilio Tulelli a Catanzaro  Associazione "Universo Minori"  Alla Biblioteca De Nobili una targa per ricordare Paolo Emilio Tulelli  La famiglia Tulelli dona a Zagarise un'opera raffigurante il filosofo Paolo Emilio  Discorso di Paolo Emilio Imbriani all'inaugurazione del busto raffigurante Pasquale Galluppi posto nell'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli  Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, Un Socio Corrispondente di un'accademia è un socio che risiede in una città diversa da quella di quest'ultima  Zagarise e dintorni, F. Faragò. Pagina 38  Lira italiana  Della moralità della scienza e della vitaProlusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873  Filadelfos di Giovanni Gemelli. Recensione.  L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi critici.  Prolusione ad un corso di filosofia morale recitata il dì 20 novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli  Sopra una nuova formula metafisica del professor Tari. Breve memoria.  Intorno alla dottrina ed alla vita politica del barone Pasquale Galluppi notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari da Paolo Emilio Tulelli nella tornata del 4 dicembre 1864  Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852  Il primo numero della Rivista Sebezia, una rivista periodica fondata da Bruto Fabricatore che si occupava di argomenti di natura scientifica, letteraria ed artistica, fu pubblicato nel mese di luglio del 1855 e tra i vari articoli presenti vi fu anche la Prolusione ad un corso di lezioni di estetica di Paolo Emilio Tulelli  Schema di una metafisica dell'etica  Sopra gli scritti inediti di Pasquale Galluppi  Su l'abolizione della pena di morte  Lettere a Giannina Milli  Preso da immenso desiderio e ardente  Padre, partisti, forse desolato  Aspirazione a Dio  Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro Università degli Studi di Napoli Federico II Pena di morte in Italia Giannina Milli Pasquale Galluppi Luigi Settembrini/

 

Turco: Carlo Turco o Turchi (Asola), filosofo. Nacque da una delle più antiche e nobili famiglie di Asola, allora fiorente cittadina della Repubblica di Venezia, dove ricoprì importanti cariche politiche in qualità di deputato, oratore e avvocato della Comunità.  La sua prima opera poetica, la Commedia Nova intitolata Agnella, venne rappresentata ad Asola durante i festeggiamenti per la visita dei duchi di Nemours e Beaulieu e altri illustri francesi al loro seguito. L'opera venne in pubblicata in seguito prima a Treviso, poi a Venezia. Fu contemporaneo ed amico di Paolo Manuzio che in una lettera encomia la sua Canzone in lode di Carlo V scritta in occasione della morte di quest'ultimo:  «Letta la vostra Canzone scritta in morte del Gran Carlo V, veramente Signor Carlo onorato, non troppo benigna stella, essendo voi dotato di si pellegrino ingegno e di tante altre lodevoli qualità, vi condanna a scrivere dove tra molte tenebre non può risplendere la vostra virtù, con la quale potevate illustrare voi stesso ed il secolo nostro eccitando in altri il desiderio di assomigliarvi: laddove hora, avendo voi il campo ristretto per esercitare le vostre più nobili parti, non veggo come possano apparire effetti degni di voi ed alla vostra nobile industria corrispondenti»  Questa lettera fu in seguito stampata in Venezia da Lelio Gavardo che nel 1585, sempre a Venezia, pubblicò una tragedia in versi del Turco, intitolata Calestri, poi pubblicata nel 1603 anche a Treviso.  Altre poesie di Carlo Turco furono stampate anche nel libro Il Sepolcro de la illustre signora Beatrice di Dorimbergo (Brescia Fabbio, Ludovico ManginiStorie Asolane, Lettera di Paolo Manuzio a Carlo Turchi, Lett. Volg. Venezia.

 

Turoldo: David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno), filosofo. È stato, oltre che poeta, figura profetica in ambito ecclesiale e civile, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. È ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del '900, il che gli ha valso il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa". Nono di dieci fratelli, Giuseppe Turoldo recepì con intensità le caratteristiche della semplice cultura umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino. Colse e fece propria la dignità delle condizioni povere della sua terra, che costituirono una solida radice informante tutto lo sviluppo della sua sensibilità e della sua attività futura.  A soli 13 anni fu accolto tra i Servi di Maria nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno di noviziato, assumendo il nome di fra David Maria; il 2 agosto 1935 emise la professione religiosa; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Incominciò gli studi filosofici e teologici a Venezia. Il 18 agosto 1940 nel santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza venne ordinato presbitero da monsignor Ferdinando Rodolfi, arcivescovo di Vicenza.  Nel 1940 fu assegnato al convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano. Su invito del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città, per circa un decennio tenne la predicazione domenicale nel duomo milanese. Insieme con il suo confratello, compagno di studi durante tutto l’iter formativo nell’Ordine dei Servi e amico Camillo de Piaz, si iscrisse al corso di laurea in Filosofia all'Università Cattolica di Milano e conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con una tesi dal titolo: La fatica della ragioneContributo per un'ontologia dell'uomo, redatta sotto la guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini sia Carlo Bo gli offriranno il ruolo di Assistente universitario, il primo presso Filosofia teoretica a Milano, il secondo presso la cattedra di Letteratura all'Urbino.  Presenza milanese Durante l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 194325 aprile 1945) collaborò attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita».La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema". Rifiutò sempre di schierarsi con un partito.  Il suo impegno nel dialogo senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche duro, si tradusse in particolare nel far nascere, insieme con Camillo De Piaz, il centro culturale la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei Servi conduceva al duomo).  Turoldo fu uno dei principali sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra “con la fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo fondi presso la ricca borghesia milanese.  Tra il 1948 e il 1952 si rende noto al grande pubblico con due raccolte di liriche Io non ho mani (che gli valse il Premio letterario Saint Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno, presentato nella collana mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti.  A seguito di prese di posizione assunte da politici locali e da alcune autorità ecclesiastiche, nel 1953 deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei Servi dell’Austria e della iera.  La ripresa Nel 1955 Turoldo venne dai superiori dell’Ordine assegnato al convento della Santissima Annunziata di Firenze, e qui incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra Giovanni Vannucci, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, e molti altri che nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze di rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.  Rientrato in Italia, nel 1961 venne assegnato al convento di Santa Maria delle Grazie, nella “sua” Udine. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli emigrati friuliani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo Gli ultimi e ispirato al racconto Io non ero fanciullo scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso nel 1962 con la regia di Vito Pandolfi. Presentato all’inizio del 1963 a Udine, il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che lo ritenne addirittura offensivo.  Nello stesso anno 1963 Turoldo incominciò a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa comunitaria, allargata alla partecipazione anche di laici. Questo luogo, con le indicazioni ricevute da amici, venne individuato da padre David nell’antico Priorato cluniacense di Sant'Egidio in Fontanella.  Ottenuto il consenso del vescovo bergamasco Clemente Gaddi, nel 1964 vi si insediò ufficialmente il 1º novembre.  Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa per l’ospitalità, che chiamò “Casa di Emmaus”, titolo ispirato all’episodio della cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza, senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono tutta la presenza e la multiforme opera di Turoldo. Costituì inoltre un punto di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana ed estera, in particolare dell’America latina; per molte personalità del mondo ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione metrica per il canto dei Salmi e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è ispirato all’Ordine dei Servi di Maria: Servitium, e ad altre pubblicazioni che si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio Servitium.  Innumerevoli furono gli interventi di padre David sui media, dalla carta stampata alle trasmissioni radio e televisive; innumerevoli i luoghi e le circostanze in cui è stato chiamato a intervenire con la sua avvincente parola. Da ricordare in particolare i suoi “viaggi della memoria” nei luoghi della Shoah, tra cui spicca quello del maggio 1979 a Mauthausen. In quell'occasione compose unapreghiera, poi recitata nella cerimonia conclusiva, pubblicata successivamente nel libro “Ritorniamo ai giorni del rischio” (1985).  La morte Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore del pancreas, visse con lucida consapevolezza e trasparente coraggio l’ultimo periodo della vita, dando una incoraggiante testimonianza sul cammino verso “sorella morte”. Morì nella clinica “San Pio X” in Milano Migliaia di persone sfilarono accanto alla bara in cui era esposto il corpo di padre David. I funerali a Milano videro la partecipazione di una numerosa folla nella chiesa di San Carlo al Corso, dove presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a padre Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la propria opinione secondo la quale «la Chiesa riconosce la profezia troppo tardi». Un secondo rito funebre venne celebrato nel pomeriggio a Fontanella di Sotto il Monte, presente ancora una folla che copriva tutta la collina circostante l’antico Priorato. Nel piccolo cimitero locale riposa ora sotto una semplice croce lignea, in mezzo alla “sua gente”.  La rivista Servitium dedicò perciò alla sua figura un quaderno alla fine del 1992: «David M. Turoldo, frate dei Servi di santa Maria»; e ugualmente fece nel decennale (n. 139, gennaio febbraio 2002): «La grande passione. A dieci anni dalla morte di D.M. Turoldo».  Opere Poesia e opere letterarie «Lungo i fiumi..» I Salmi(con Gianfranco Ravasi)Milano, San Paolo, O sensi miei... : (Poesie 1948-1988)(antologia poetica con note introduttive di Andrea Zanzotto e Luciano Erba, postfazione di Giorgio Luzzi), Milano, Rizzoli, 1990. Sul monte la morte, Servitium, La morte ha paura, Servitium,  Ultime poesie, Milano, Garzanti, 1999. Teatro, Servitium,  I giorni del rischio (con Salmodia della speranza e DVD della rappresentazione in Duomo a Milano con Moni Ovadia e Maddalena Crippa), Servitium,   Salmi e cantici. Nuova edizione riveduta della versione metrica per il canto di David Maria Turoldo, Servitium,  La passione di San Lorenzo, Servitium,  (La terra non sarà distrutta, Servitium,  (Luminoso vuoto. Ultimi scritti, Servitium, David M. Turoldo, Loris F. Capovilla, Nel solco di papa Giovanni, lettere inedite, Marco Roncalli e Antonio Donadio, appendici di Gianfranco Ravasi e Bruno Forte, Servitium editrice,  (Saggistica e spiritualità Lettere dalla Casa di Emmaus, Servitium, 1996nuova edizione  La parabola di Giobbe, Servitium, 1996nuova edizione  Santa Maria(con Giovanni Vannucci), Servitium, 1996nuova edizione. Mia chiesa, una terra sola, Servitium,  Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia.Milano, Rizzoli, 2002. Come i primi trovadori, Servitium, Colloqui con papa Giovanni, Servitium, 2000nuova edizione   Profezia della povertà, Servitium, nuova edizione  Chiamati ad essere, Servitium, È Natale, Servitium, Mio amico don Milani, Servitium, 2003nuova edizione    Pregare, Servitium, nuova edizione   Anche Dio è infelice, San Paolo, . AmareCinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1986. Padre del mondo, Servitium,   Povero sant’Antonio, Il Messaggero, Padova, . Narrativa Mia infanzia d’oro (allegato DVD con “Ritratto d’autore” di Damiano Tavoliere 1990), Servitium, ...e poi la morte dell'ultimo teologoTorino, 1969, Gribaudi. Film Gli ultimi1962Regia: Vito Pandolfi; soggetto: David Maria Turoldo; sceneggiatura: Vito Pandolfi e David Maria Turoldo. Note   visto 28 luglio 2009.  Daniela Saresella, The Dialogue between Catholics and Communists in Italy during the 1960s, Journal of the History of Ideas,  Tra le tante, ci fu "un'iniziativa che fu tentata pochi giorni prima della morte di Moro e che è stata evocata da Bettino Craxi il 6 novembre del 1980, nel corso della sua audizione nella prima Commissione d'inchiesta. In quella circostanza, l'onorevole Craxi affermò che la notte del 4 maggio (...) fu chiamato da padre Turoldo, che gli chiedeva sostanzialmente di domandare alla Nunziatura apostolica di dichiararsi disponibile come sede per far svolgere una trattativa; Turoldo chiese due giorni di silenzio stampa e insistette molto, con veemenza, affermando che era la sola via possibile" (XVII Legislatura, Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, Resoconto stenografico, seduta n. 91 di mercoledì 22 giugno  Archiviato il 4 agosto  in ., pagine 10-11).  “Tra i memoriali di Mauthausen”, in David Maria Turoldo, “Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera”, Milano, Corriere.it "E padre Turoldo nascose le armi dei partigiani" Archiviato il 9 marzo  in . consultato 28 luglio 2009.  Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza Morcelliana . Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo de Piaz e la Corsia dei Servi di Milano, Morcelliana 2008. Giuseppina Commare, Turoldo e gli «organi divini». Lettura concordanziale di “O sensi miei...”, Olschki, 2003. Una vita con gli amiciIl mondo delle amicizie di Turoldo, documentario Renzo Salvi, Roma, Rai-Educational, Antonio D'Elia, La peregrinatio poietica di David Maria Turoldo, prefazione di Dante della Terza, Firenze, Leo s. Olschki, Marco Cardinali, Il Dio Inseguito. Viaggio alla scoperta della poesia di David Maria Turoldo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma, 2002.  Óscar Romero Ernesto Balducci Camillo De Piaz Nazareno Fabbretti Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su David Maria Turoldo  David Maria Turoldo, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  David Maria Turoldo / David Maria Turoldo (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  David Maria Turoldo, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di David Maria Turoldo, . Spartiti o libretti di David Maria Turoldo, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.  Scheda ANPI  estesa/

 

Torre – Grice: “I like Torre; his epitaph reads, ‘nuovo Aristotele,’ which is what it was! There is a nice ‘via’ in Forli after him that leads to the varsity! He was a Galen, and philosophised on both the soul and the body!” -- Forlì: Jacopo da Forlì, o Giacomo da Forlì, noto anche come Giacomo dalla Torre, Jacopo della Torre, Iacobus Foroliviensis (Forlì), filosofo. La sua fama è dovuta al commentario alla Ars parva di Galeno.  Jacopo è noto, in particolare, per i suoi studi di embriologia. Infatti, dopo il recupero di Aristotele, nel XIII secolo, le cui opere avevano spinto verso un rinnovato interesse per l'osservazione diretta, si era avviato un dibattito tra i sostenitori dell'autorevolezza degli studi antichi e i fautori dell'empiria. Questo processo si è concluso, nel XIV secolo, secondo la studiosa Romana Martorelli Vico, proprio con l'opera di Jacopo da Forlì, che cerca di conciliare l'embriologia aristotelica con la fisiologia galenica, per mostrare che le differenze esistenti sono di scarsa rilevanza nei confronti della medicina pratica.  Fu maestro, all'Padova, di Vittorino da Feltre.  La morte Morto nel 1414 secondo quanto attesta un manoscritto conservato alla Biblioteca Malatestiana di Cesena:  Explicit questio de intensione et remissione formarum secundum famosissimum artium et medicine doctorem magistrum Jacobum de Forlivio qui 1414 pridie ydus februarii ab hac vita ad superiora migravit. Scripta vero per me fratrem Bellinum de Padua 1468.  Si tratta della conclusione della celebre opera De intensione et remissione formarum di Jacopo da Forlì.  Secondo altri, sarebbe morto, invece, nel 1413.  Opere De intensione et remissione formarum Expositio in Avicennae aureum capitulum de generatione embryi ac de extensione graduum formatione foetus in utero In Aphorismos Hippocratis Expositio Physica I-IV Quaestiones extravagantes Super I, II, III Tegni Galeni Note  Cf. R. Martorelli Vico, Per una storia dell'embriologia medievale del XIII e XIV secolo, Guerini e Associati, Napoli 2002134.  G. Federici Vescovini, Medicina e filosofia a Padova tra XIV e XV secolo: Jacopo da Forlì e Ugo Benzi da Siena, in Arti e filosofia nel secolo XIV. Studi sulla tradizione aristotelica e i "moderni", Vallecchi, Firenze 1983,  231–278. R. Martorelli Vico, Per una storia dell'embriologia medievale del XIII e XIV secolo, Guerini e Associati, Napoli 2002. K. M. Boughan, Giacomo da Forlì (d. 1414) on the Interior Senses and the Function of the Brain, Medieval-Renaissance Conference XVIII, The University of Virginia's College at Wise. Wise, Virginia; Settembre 2005. K. M. Boughan, A Vain and Superstitious Position: Giacomo da Forli and Avicenna's Doctrine of the Noble Soul, Rocky Mountain Medieval and Renaissance Association, Thirty-Sixth Annual Conference. Durango, Colorado; Maggio 2004. K. M. Boughan, Passions for Healing: Giacomo da Forli's Tegni Commentary on the Power of Imagination, at Medieval-Renaissance Conference XVII, The University of Virginia's College at Wise. Wise, Virginia; Settembre 2003. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Jacopo da Forlì  Jacopo da Forlì, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Super aphorismos Iacobi Foroliuiensis in Hippocratis Aphorismos et Galeni..., su archive.org. 316409992 I0000 0001 1436 9755  IT\ICCU\BVEV\023332 r2003028383  100947255  cb13016427c  NLA48547486 495/55427 CERL cnp00877724  Identitieslccn-nr2003028383 Biografie  Biografie Medicina  Medicina Categorie: Medici italianiFilosofi italiani del XIV secoloFilosofi italiani Professore1414 Forlì PadovaEmbriologiaMedici medievaliPersone legate all'Università degli Studi di PadovaScienziati italiani

 

 

 

Tuveri: Deputato del Regno di Sardegna Legislature I, II, III, IV, V Dati generali UniversitàUniversità degli Studi di Cagliari Giovanni Battista Tuveri (Collinas), filosofo. Monumento a G. B. Tuveri presso il municipio di Collinas Nato a Forru, l'odierna Collinas, nel Medio Campidano, da un noto avvocato, nipote, per parte di madre, di un nobile e influente notaio di Oristano, Domenico Vincenzo Licheri. Dal 1827 al 1833 studiò retorica e filosofia nel seminario tridentino di Cagliari, conseguendovi il diploma di Maestro delle Arti. A diciotto anni si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Cagliari, verso cui mostrò sempre insofferenza per il clima rigido e chiuso che caratterizzava l'ambiente accademico cagliaritano. Conseguito dopo due anni il baccalaureato abbandonò l'Università e si ritirò a Collinas per dedicarsi ai suoi studi.  Di idee repubblicane cominciò l'attività di giornalista in polemica con molti intellettuali monarchici e conservatori.  Fu un esponente del cattolicesimo federalista, e fu eletto deputato per cinque volte al Parlamento Subalpino, ove si oppose alla fusione della Sardegna con i territori piemontesi, e fu in forte contrapposizione con Vincenzo Gioberti per le posizioni antirepubblicane e antimazziniane.  Nel 1850 fondò a Cagliari la Gazzetta Popolare, collaborò con numerosi giornali e nel 1871 assunse la direzione del Corriere di Sardegna. Sindaco di Forru ne propose il cambio del nome in Collinas; consigliere provinciale a Cagliari lottò contro il centralismo del Regno di Sardegna chiedendo maggiore autonomia, soprattutto fiscale, per i piccoli comuni.  A livello nazionale, amico di Cattaneo e di Mazzini, sollevò la cosiddetta questione sarda, promuovendo un riscatto dell'Isola e del popolo sardo contro uno Stato giudicato centralista e oppressivo.  Scrisse numerose opere di carattere politico, giuridico e filosofico. Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma della Sardegna ha promosso la ristampa dei suoi lavori, editore Carlo Delfino, con una introduzione di Norberto Bobbio.  Opere Saggio sulle opinioni politiche del sig. deputato sardo Giovanni Siotto Pintor, Torino, Tipografia G. Cassone, 1848. Specifici contro il codinismo, Cagliari, Tipografia Arcivescovile, Del diritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi. Trattato teologico-filosofico, Cagliari, Tipografia Nazionale, Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Esazioni e compulsioni, Cagliari, Tipografia A. Timon, La questione barracellare, Cagliari, Tipografia A. Timon, Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1871. Sofismi politici, Napoli, R. Rinaldi e G. Sellitto, 1883. Ristampa Tutte le opere, 6 voll., Sassari, C. Delfino, Comprende: Il veggente; Del dritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi, Aldo Accardo, Luciano Carta, Sebastiano Mosso; introduzione di Norberto Bobbio, Della libertà e delle caste; Sofismi politici, Maria Corona Corrias e Tito Orru, Opuscoli politici. Saggio delle opinioni politiche del signor deputato sardo Giovanni Siotto Pintor; Specifici di Gio. B. Tuveri contro il codinismo, Girolamo Sotgiu ,Il governo e i Comuni; La questione barracellare, Lorenzo Del Piano e Gianfranco Contu, Scritti giornalistici. Questione sarda, federalismo, politica internazionale, questione religiosa, Lorenzo Del Piano, Gianfranco Contu e Luciano Carta, Per la vita e i tempi di G. B. Tuveri e altre opere, Antonio Delogu,  Fonte: "Centro di studi filologi sardi" ().  Scheda sul sito della Camera  Indipendentismo sardo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Battista Tuveri  Opere di Giovanni Battista Tuveri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Battista Tuveri, .  Giovanni Battista Tuveri, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Giovanni Battista Tuveri biografia e  nel sito "Centro di studi filologi sardi". il 27 agosto . Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Google Libri. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, Google Libri. Da G. B. Tuveri all'intuizione della concorrenza istituzionale, di Adriano Bomboi. Venezia, Switzerland Institute in Venice.

 

Terminatum – terminus -- TERMINUS, DETERMINATVM -- determinatum: There’s the determinatum and there’s the indeeterminatum“And then there’s ‘indeterminacy.”” “A determinatum is like a definitum, in that a ‘term’ is like the ‘end’“Thus, I am a Mercian, from Harborne.” “The Mericans were thus called because the lived at the end of England.” “Popper, who doesn’t know the first thing about this, prefers, ‘demarcatum’, which is cognate with “mercian.’” Grice was always cautious and self-apologetic. “I’m not expecting that you’ll find this to be a complete theory of implication, but that was not my goal, and the endeavour should be left for another day, etc.” But consider the detail into which he, like any other philosopher before, went when it came to what he called the ‘catalyst’ tests or ideas or tests or ideas for the implicaturum. In “Causal Theory” there are FOUR ideas. It is good to revise the treatment in “Causal.” He proposes two ideas with the first two examples and two further ideas with the two further examples. Surely his goal is to apply the FOUR ideas to his own example of the pillar box. Grice notes re: “You have not ceased eating iron”the cxample is “a stock case of what is sometimes called " prcsupposition " and it is often held that here 1he truth of what is irnplicd is a necessary condition of the original statement's beirrg cither true or false.” So the first catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be retained and sub-grouped in Essay II. “It is often held” Implicture: but often not, and trust me I won’t. “that here the truth of what is implied [implicated in the negative, entailed in the affirmative] is a necessary condition of the original statement's being either true or false.” So the first catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be retained and sub-grouped in Essay II. “This might be disputed, but it is at least arguable that it is so, and its being arguable might be enough to distinguish this type of case from others.” So he is working on a ‘distinctive feature’ model. And ‘feature’ is exactly the expression he uses in Essay II. He is looking for ‘distinctive features’ for this or that implication. When phonologists speak of ‘distinctive feature’ they are being philosophical or semioticians.“I shall however for convenience assume that the common view mentioned is correct.”“This consideration clearly distinguishes “you have not ceased eating iron” from [a case of a conventional implicaturum] “poor BUT honest.”“Even if the implied proposition were false, i.e. if there were no reason in the world to contrast poverty with honesty either in general or in her case, the original statement COULD still be false.” “She [is]  poor but she [is] honest” would be false if for example she were rich and dishonest.”“One might perhaps be less comfortable about assenting to its TRUTH if the implied contrast did not in fact obtain; but the possibility of falsity is enough for the immediate purpose.”“My next experiment [test, litmus ideathat he’ll apply as one of the criteria to provide distinctive features for this or that implicaturum, with a view to identify the nature of the animal that a conversational implicaturum is] on these examples is to ask what it is in each case which could properly be said to be the vehicle of implication (to do the implying).”In Essay II, since he elaborates this at an earlier stage than when he is listing the distinctive features, he does not deal much. It is understood that in Essay II by the time he is listing the distinctive features, the vehicle is the UTTERER. But back in “Causal,” he notes: “There are AT LEAST FOUR candidates, not necessarily mutually exclusive.”“Supposing someone to have ‘uttered’ one or other of [the] sample sentences, we may ask whether the vehicle of implication would be (FIRST) WHAT the emissor communicated (or asserted or stated or explicitly conveyed), or (SECOND) the emissor himself ("Surely you’re not  implying that ….’ ) or (THIRD) the utterance  (FOURTH) his communicating, or explicitly conveying that (or again his explicitly conveying that in that way); or possibly some plurality of these items.”“As regards the first option for the vehicle, ‘what the emissor has explicitly conveyed,’ Grice takes it that “You have not ceased eating iron” and “Poor but honest” may differ.It seems correct for Grice to say in the case of “eating iron” that indeed it is the case that it is what he emissor explicitly conveys which implies that Smith has been eating iron.On the other hand, Grice feels it would be ‘incorrect,’ or improper, or bad, or unnatural or artificial, to say in the case of “poor but honest” that it is the case. Rather it is NOT the case that  it is WHAT the emissor explicitly conveys which implies that there is a contrast between, e. g., honesty and poverty.”“A sub-test on which Grice would rely is the following.If accepting that the conventional implicaturum holds (contrast between honesty and poverty) involves the emissor in accepting an hypothetical or conditional ‘if p, q,’ where 'p’ represents the original statement (“She [is] poor and she [is] honest) and 'q' represents what is implied (“There is a contrast between honesty and poverty”), it is the case that it is what the emissor explicitly conveys which is a (or the) vehicle of implication. If that chain of acceptances does not hold, it is not. To apply this rule to the “eat iron” and “poor but honest”, if the emissor accepts the implication alleged to hold in the case of “eat iron”, I should feel COMPELLED (forced, by the force of entailment) to accept the conditional or hypothetical "If you have not ceased eating iron, you may have never started.”[In “Causal,” Grice has yet not stressed the asymmetry between the affirmative and the negative in alleged cases of presupposition. When, due to the success of his implicaturum, he defines the presuppositum as a form of implicaturum, he does stress the asymmetry: the entailment holds for the affirmative, and the implicaturum for the negative). On the other hand, when it comes to a CONVENTIONAL implicaturum (“poor but honest”) if the emissor accepted the alleged implication in the case of “poor but honest”, I should NOT feel compelled to accept the conditional or hypothetical "If she was poor but honest, there is some contrast between poverty and honesty, or between her poverty and her honesty." Which would yield that in the presuppositum case, we have what is explicitly conveyed as a vehicle, but not in the case of the conventional implicaturum.The rest of the candidates (Grice lists four and allows for a combination) can be dealt with more cursorily.As regards OPTION II (second):Grice should be inclined to say with regard to both “eat iron” and “poor but honest” that the emissor could be said to have implied whatever it is that is irnplied.As regards Option III (third: the utterance): In the case of “poor but honest” it seems fairly clear that the utterance could be said, if metabolically, and animistically, to ‘imply’ a contrast.It is much less clear whether in the case of “eat iron” the utterance could be said to ‘imply’ that Smith has been eating iron.As for option IV, in neither case would it be evidently appropriate (correct, natural) to speak of the emissor’s explicitly conveying that, or of his explicitly conveying that in that way, as ‘implying’ what is implied. A third catalyst idea with which Grice wish to assail my two examples is really a TWIN idea, or catalyst, or test [That’s interestingtwo sides of the same coin] that of the detachability or cancellability of the implication. Consider “eat iron.”One cannot find an alternative utterance which could be used to assert explicitly just what the utterance “Smith has not ceased from eating iron" might be used to convey explicitly, such that when this alternative utterance is used the implication that Smith never started eating iron is absent. Any way of (or any utterance uttered with a view to) conveying explicitly what is explicitly conveyed in (1) involves the implication in question. Grice expresses this factwhich he mentioned in seminars, but this is the first ‘popularisation’ -- by saying that in the case of (l) the implication is NOT detachable FROM what is asserted (or simpliciter, is not detachable). Furthermore, and here comes the twin of CANCELLABILITY: one cannot take any form of words for which both what is asserted and what is implied is the same as for (l), AND THEN ADD a further clause withholding commitment from what would otherwise be implied, with the idea of ANNULLING THE IMPLICATURUM *without* ANNULLING annulling the EXPLICITUM.  One cannot intelligibly say " Smith has left off beating his wife but I do not mean to imply that he has been beating her." But one surely can intelligibly say, “You have not ceased eating iron because you never started.”While Grice uses “Smith,” the sophisma (or Griceisma) was meant in the second person, to test the tutee’s intelligence (“Have you stopped beating your dog?”). The point is that the tutee will be offendedwhereas he shouldn’t, and answer, “I never started, and I never will.”Grice expresses this fact by saying that in the case of ‘eat iron’ the implication is not cancellable or annullable (without cancelling or annulling the assertion). If we turn to “poor but honest” we find, Grice thinks, that there is quite a strong case for saying that here the implication IS detachable. Therc sccms quite a good case for maintaining that if, instead of saying " She is poor but she is honcst " I were to say, alla Frege, without any shade, " She is poor AND she is honcst", I would assert just what I would havc asscrtcct ii I had used thc original senterrce; but there would now be no irnplication of a contrast between e.g', povery and honesty. Of course, this is not a philosophical example, and it would be good to revise what Frege thought about ‘aber.’ By the time Grice is lecturing “Causal Theory” he had lectured for the Logic Paper for Strawson before the war, so Whitehead and Russell are in the air.Surely in Anglo-Saxon, the contrast is maintained, since ‘and’ means ‘versus.’“She is poor contra her being honest.”Oddly, the same contrariety is present in Deutsche, that Frege speaks, with ‘UND.”It’s different with Roman “et.” While Grecian ‘kai,’ even Plato thought barbaric!The etymology of ‘by-out’ yields ‘but.’So Grice is thinking that he can have a NEUTRAL conjoiningbut ‘and’ has this echo of contrariety, which is still present in ‘an-swer, i. e. and-swear, to contradict. Perhaps a better neutral version would be. Let’s start with the past version and then the present tense version.“She was pooo-ooor, she was honest, and her parents were the same, till she met a city feller, and she lost her honest name.”In terms of the concepts CHOSEN, the emissor wants to start the ditty with pointing to the fact that she is poorthis is followed by stating that she is honest. There’s something suspicious about that.I’m sure a lady may feel offended without the ‘and’ OR ‘but’just the mere ‘succession’ or conjoining of ‘poor’ as pre-ceding the immediate ‘honest’ ‘triggers’ an element of contrast. The present tense seems similar: “She is poooor, she is honest, and her parents are the same, but she’ll meet a city feller, and she’ll lose her honest name.”The question whether, in thre case of ‘poor but honest,’ the implication is cancellable, is slightly more cornplex, which shouldn’t if the catalysts are thought of as twins.There is a way in which we may say that it is not cancellable, or annullable.Imagine a Tommy marching  and screaming: “She is poor but she is honest,”“HALT!” the sargent shouts.The Tommy catches the implicaturum:“though of course, sir, I do not mean to imply, sir, that there is any contrast, sir, between her poverty, sir, and her honesty, sir.”As Grice notes, this would be a puzzling and eccentric thing for a Tommy to engage in.And though the sargent might wish to quarrel with the tommy (AtkinsTommy Atkins is the name”), an Oxonian philosopher should NOT go so far as to say that the tommy’s utterance is unintelligibleor as Vitters would say, ‘nunsense.’The sargent should rather suppose, or his lieutenant, since he knows more, that private Tommy Atkins has adopted a “most pecooliar” way of conveying the news that she was poor and honest.The sargent’s argument to the lieu-tenant:“Atkins says he means no disrespect, sir, but surely, sir, just conjoining poverty and honesty like that makes one wonder.”“Vitters: this is a Cockney song! You’re reading too much into it!”“Cockney? And why the citty feller, thenaren’t Cockneys citty fellers. I would rather, sir, think it is what Sharp would call a ‘sharp’ folk, sir, song, sir.’ The fourth and last test Grice imposes on his examples is to ask whether we would be inclined to regard the fact that the appropriate (or corresponding, since they are hardly appropriateeither of them!Grice changes the tune as many Oxford philosophers of ordinary language do when some female joins the Union) implication is present as being a matter of the, if we may be metabolic and animistic, ‘meaning’ of some particular word or phrase occurring in the sentences in question. Grice is aware and thus grants that this may not be always a very clear or easy question to answer.Nevertheless, Grice risks the assertion that we would be fairly happy and contented to say that, as regards ‘poor but honest,’ the fact that the implication obtains is a matter of the ‘meaning’ of 'but 'i. e. what Oxonians usually mean when they ‘but.’So far as “he has not ceased from…’ is concerned we should have at least some inclination to say that the presence of the implication is a matter of the, metabolically, ‘meaning’ of some of the words in the sentence, but we should be in some difficulty when it came to specifying precisely which this word, or words are, of which this is true. Well, it’s semantics. Why did Roman think that it was a good thing to create a lexeme, ‘cease.’“Cease” means “stop,” or ‘leave off.”It is not a natural verb, like ‘eat.’A rational creature felt the need to have this concept: ‘stop,’ ‘leave off,’ ‘cease.’The communication-function it serves is to indicate that SOMETHING has been taken place, and then this is no longer the case.“The fire ceased,” one caveman said to his wife.The wife snaps backthis is the Iron Age:“Have you ceased eating iron, by the way, daa:ling?”“I never started!”So it’s the ‘cease’ locution that does the trickor equivalents, i.e. communication devices by which this or that emissor explicitly convey more or less the same thing: a halting of some activity.Surely the implication has nothing to do with the ‘beat’ and the ‘wife.’After third example (‘beautiful handwriting) introduced, Grice goes back to IDEA OR TEST No. 1 (the truth-value thing). Grice notes that it is plain that there is no case at all for regarding the truth of what is implied here (“Strawson is hopeless at philosophy”) as a pre-condition of the truth or falsity of what the tutor has asserted.A denial of the truth of what is implied would have no bearing at all on whether what I have asserted is true or false. So ‘beautiful handwring’ is much closer to ‘poor but honest’ than ‘cease eating iron’ in this respect. Next, as for the vehicle we have the at least four options and possible combinations.The emissor, the tutor, could certainly be said to have implied that Strawson is hopeless (provided that this is what the tutor intended to ‘get across’) and the emissor’s, the tutor’s explicitly saying that (at any rate the emissor’s saying that and no more) is also certainly a vehicle of implication. On the other hand the emissor’s words and what the emissor explicitly conveys are, Grice thinks, not naturally here characterised as the ‘vehicle’ of implication. “Beautiful handwriting” thus differs from BOTH “don’t cease eating iron” and “poor but honest”so the idea is to have a table alla distinctive features, with YES/NO questions answered for each of the four implication, and the answers they get.As for the third twin, the result is as expected: The implication is cancellable but not detachable. And it looks as if Grice created the examples JUST to exemplify those criteria.If the tutor adds, 'I do not of course mean to imply that Strawson is no good at philosophy” the whole utterance is intelligible and linguistically impeccable, even though it may be extraordinary tutorial behaviourat the other place, not Oxford --.The tutor can no longer be said to have, or be made responsible for having implied that Strawson was no good, even though perhaps that is what Grice’s colleagues might conclude to be the case if Grice had nothing else to say. The implication is not however, detachable.Any other way of making, in the same context of utterance, just the assertion I have made would involve the same implication.“His calligraphy is splendid and he is on time.”“Calligraphy splendid,” Ryle objected. “That’s slightly oxymoronic, Grice‘kallos agathos’”Finally, for TEST No. 4, ‘meaning’ of expression? The fact that the implication holds is surely NOT a matter of any particular word or phrase within the sentence which I have uttered.It is just the whole sentence. Had he gone tacit and say,“Beautiful handwriting!”Rather than“He has beautiful handwriting.”The implication SEEMS to be a matter of two particular words: the handwriting word, viz. ‘handwriting.’ And the ‘beautiful’ word, i. e. ‘beautiful.’Any lexeme expressing same concept, ‘Calligraphy unique!’would do the trick because this is damn by faint praise, or suggestio falsi, suppressio veri. So in this respect “Beautiful handwring” is certainly different from “Poor but honest” and, possibly different from “Don’t cease to eat iron!”One obvious fact should be mentioned before one passes to the fourth example (“kitchen or bedroom”).This case of implication is unlike the others in that the utterance of the sentence "Strawson has beautiful handwriting" does not really STANDARDLY involve the implication here attributed to it (but cf. “We should have lunch together sometime” meaning “Get lost”as Grice said, “At Oxford, that’s the standardthat’s what the ‘expression’ “means”); it requires a special context (that it should be uttered at Collections) to attach the implication to its utterance. More generally: it requires a special scenario (one should avoid the structuralist Derrideian ‘context’ cf. Grice, “The general theory of context”). If back in the house, Mrs. Grice asks, “He has beautiful handwriting,” while not at Collections, the implicaturum would hold. Similarly at the “Lamb and Flag,” or “Bird and Baby.”But one gets Grice’s point. The scenario is one where Strawson is being assessed or evaluated AS A PHILOSOPHER. Spinoza’s handwriting was, Stuart Hampshire said, “terriblewhich made me wonder at first whether I should actually waste my time with him.”After fourth and last example is introduced (“kitchen or bedroom”): in the case of the Test No. I (at least four possible vehicles) one can produce a strong argument in favour of holding that the fulfllment of the implication of the speaker's ignorance (or that he is introducing “or” on grounds other than Whitehead’s and Russell’s truth-functional ones) is not a precaution (or precondition) of the truth or falsity of the disjunctive statement. Suppose that the emissor KNOWS that his wife IS in the KITCHEN, that the house has only two rooms, and no passages. Even though the utterer knows that his wife is in the kitchen (as per given), the utterer can certainly still say truly (or rather truthfully) "She is IN THE HOUSE.”SCENARIOA: Where is your wife? ii. Where in your house is your wife?B: i. In the kitchen. ii. In the bedroom. iiia. She’s in the house, don’t worryshe’s in the house, last time I checked. iii. In the HOUSE (but inappropriate if mentioned in the questionunless answered: She’s not. iv. In the kitchen or in the bedroom (if it is common ground that the house only has two rooms there are more options) vi. v. I’m a bachelor.  vi. If she’s not in the bedroom, she is in the kitchen. vii. If she’s not in the kitchen, she’s in the bedroom. viii. Verbose but informative: “If she’s not in the bedroom she’s in the kitchen, and she’s not in the kitchen” Or consider By uttering “She is in the house,” the utterer is answering in a way that he is merely not being as informative as he could bc if need arose.  But the true proposition [cf. ‘propositional complex’] that his wife is IN THE HOUSE together with the true proposition that ‘THE HOUSE’ consists entirely of a ‘kitchen’ and a ‘bedroom,’ ENTAIL or yield the proposition that his wife is in the kitchen or in the bedroom. But IF to express the proposition p (“My wife is in the house, that much I can tell”) in certain circumstances (a house consisting entirely of a kitchen and a bedrooman outback bathroom which actually belongs to the neighbourcf. Blenheim) would be to speak truly, and p (“My wife is, do not worry, in the house”) togelher with another true propositionassumed to be common ground, that the house consists entirely of a kitchen and a bedroom -- entails q (“My wife is in the kitchen OR in the bedroom”), surely to express what is entailed (“My wife is in the kitchen or in the bedroom”) in the same circvmstances must be, has to be to speak truly.  So we have to take it that the disjunctive statement“kitchen or bedroom” -- does not fail to be TRUE or FALSE if the implied ignorance (or the implied consideration that the utterer is uttering ‘or’ on grounds other than the truth-functional ones that ‘introduce’ “or” for Gentzen) is in fact not realized, i. e. it is false. Secondly, as for Test No. 2 (the four or combo vehicles), Grice thinks it is fairly clear that in this case, as in the case of “beautiful handwriting”, we could say that the emissor had implies that he did not know (or that his ground is other than truth-functionalassuming that he takes the questioner to be interested in the specific locationi. e. to mean, “where IN THE HOUSE is your wife?”) and also that his conveying explicilty that (or his conveying explicitly that rather than something else, viz, in which room or where in the house she is, or ‘upstairs,’ or ‘downstairs,’ or ‘in the basement,’ or ‘in the attic,’ ‘went shopping,’ ‘at the greengrocer’‘she’s been missing for three weeks’) implied that he did not know in which one of the two selected rooms his wife is ‘resident’ (and that he has grounds other than Gentzen’s truth-functional ones for the introduction of ‘or.’). Thirdly, the implication (‘kitchen or bedroom’) is in a way non-detachable, in that if in a given context the utterance of the disjunctive sentence would involve the implication that the emissor did not know in which room his his wife was (or strictly, that the emissor is proceeding along non-truth-functional grounds for the introduction of ‘or,’ or even more strictly still, that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunction), this implication would also be involved in the utterance of any other form of words which would make the same disjunctive assertion (e.g., "Look, knowing her, the alternatives are she is either preparing some meal in the kitchen or snoozing in the bedroom;” “One of the following things is the case, I’m pretty confident. First thing: she is in the kitchen, since she enjoys watching the birds from the kitchen window. Second thing: she is in the bedroom, since she enjoys watching birds from the bedroom window.” Etymologically, “or” is short for ‘other,’ meaning second. So a third possibility: “I will be Anglo-Saxon: First, she is the kitchen. Second, she is in the bedroom.” “She is in the kitchen UNLESS she is in the bedroom”“She is in the kitchen IF SHE IS NOT in the bedroom.”“Well, it is not the case that she is in the KITCHEN *AND* in the bedroom, De Morgan!” She is in the kitchen, provided she is not in the bedroom” “If she is not in the kitchen, she is in the bedroom” “Bedroom, kitchen; one of the two.” “Kitchen, bedroom; check both just in case.”“Sleeping; alternatively, cookingyou do the maths.”“The choices are: bedroom and kitchen.”“My choices would be: bedroom and kitchen.”“I would think: bedroom? … kitchen?”“Disjunctively, bedroomkitchenkitchenbedroom.”“In alternation: kitchen, bedroom, bedroom, kitchenwho cares?”“Exclusively, bedroom, kitchen.”ln another possible way, however, the implication could perhaps bc said to BE indeed detachable: for there will be some contexts of utterance (as Firth calls them) in which the ‘normal’ implication (that the utterer has grounds other than truth-functional for the utterance of a disjunction) will not hold.Here, for the first time, Grice brings a different scenario for ‘or’:“Thc Secretary of the Aristotelian Society, announcing ‘Our coming symposium will be in Oxford OR not take place at all” perhaps does not imply that he is has grounds other than truth-functional for the utterance of the disjunction. He is just being wicked, and making a bad-taste joke. This totally extraneous scenario points to the fact that the implication of a disjunction is cancellable.Once we re-apply it to the ‘Where in the hell in your house your wife is? I hear the noise, but can’t figure!’ Mutatis mutandi with the Secretary to The Aristotelian Socieety, a man could say, “My wife is in the kitchen or in the bedroorn.”in circumstances in which the implication (that the man has grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunction) would normally be present, but he is not being co-operativesince one doesn’t HAVE to be co-operative (This may be odd, that one appeals to helpfulness everywhere but when it comes to the annulation!).So the man goes on, “Mind you, I am not saying that I do not know which.”This is why we love Grice. Why I love Grice. One would never think of finding that sort of wicked English humour in, say Strawson. Strawson yet says that Grice should ‘let go.’ But to many, Grice is ALWAYS humorous, and making philosophy fun, into the bargain, if that’s not the same thing. Everybody else at the Play Group (notably the ones Grice opposed to: Strawson, Austin, Hare, Hampshire, and Hart) would never play with him. Pears, Warnock, and Thomson would!“Mind you, I am not saying that I do not know which.”A: Where in the house is your wife? I need to talk to her.B: She is in the kitchenor in the bedroom. I know where she isbut since you usually bring trouble, I will make you decide so that perhaps like Buridan’s ass, you find the choice impossible and refrain from ‘talking’ (i. e. bringing bad news) to her.A: Where is your wife? B: In the kitchen or in the bedroom. I know where she is. But I also know you are always saying that you know my wife so well. So, calculate, by the time of the dayit’s 4 a.mwhere she could be. A: Where is your wife? B: In the bedroom or in the kitchen. I know where she isbut remember we were reading Heidegger yesterday? He says that a kitchen is where one cooks, and a bedroom is where one sleeps. So I’ll let you decide if Heidegger has been refuted, should you find her sleeping in the kitchen, or cooking in the bedroom.A: Where is your wife? B: In the kitchen or the bedroom. I know where she is. What you may NOT know, is that we demolished the separating wall. We have a loft now. So all I’ll say is that she may be in both!  All this might be unfriendly, unocooperative, and perhaps ungrammatical for Austen [Grice pronounced the surname so that the Aristotelian Society members might have a doubt]if not Vitters, but, on the other hand, it would be a perfectly intelligible thing for a (married) man to say. We may not even GO to bachelors. Finally, the fact that the utterance of the disjunctive sentence normally or standardly or caeteris paribus involves the implication of the emissor's ignorance of the truth-values of the disjuncts (or more strictly, the implication of the emissor’s having grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive) is, I should like to say, to be ‘explained’and Grice is being serious here, since Austin never cared to ‘explain,’ even if he could -- by reference to a general principle governingor if that’s not too strong, guidingconversation, at least of the cooperative kind the virtues of which we are supposed to be exulting to our tuttees. Exactly what this principle we should not go there. To explain why the implicaturum that the emissor is having grounds other than truth-functional ones for the utterance of a disjunction one may appeal to the emissor being rational, assuming his emissee to be rational, and abiding by something that Grice does NOT state in the imperative form, but using what he calls a Hampshire modal (Grice divides the modals as Hampshire: ‘should,’ the weakest, ‘ought’ the Hare modal, the medium, and ‘must,’ Grice, the stronges)"One, a man, a rational man, should not make conversational move communicating ‘p’ which may be characterised (in strict terms of entailment) as weaker (i.e. poor at conversational fortitude) rather than a stronger (better at conversational fortitude) one unless there is a good reason for so doing." So Gentzen is being crazey-basey if he thinks:p; therefore, p or q.For who will proceed like that?“Or” is complicated, but so is ‘if.’ The Gentzen differs from the evaluation assignemt:‘p or q’ is 1 iff p is 1 or q is 1. When we speak of ‘truth-functional’ grounds it is this assignment above we are referring to.Of courseif p, p or q [a formulation of the Gentzen introduction]is a TAUTOLOGY [which is what makes the introduction a rule of inference].In terms of entailment P Or Q (independently)  Is stronger than ‘p v q’ In that either p or q entail ‘p or q’ but the reverse is not true. Grice says that he first thought of the pragmatic rule in terms of the theory of perception, and Strawson hints at this when he says in the footnote to “Introduction to Logical theory” that the rule was pointed out by his tutor in the Logic Paper, Grice, “in a different connection.” The logic paper took place before the war, so this is early enough in Grice’s careerso the ghosts of Whitehead and Russell were there! We can call the above ‘the principle of conversational fortitude.’ This is certainly not an adequate formulation but will perhaps be good enough for Grice’s purpose in “Causal.” On the assumption that such a principle as this is of general application, one can DRAW or infer or explain the conclusion that the utterance of a disjunctive sentence would imply that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering of a disjunctum, given that, first, the obvious reason for not making a statemcnt which there is some call on one to make VALIDLY is that one is not in a position (or entitled) to make it, and given, second, the logical ‘fact’ that each disjunct entails the disjunctive, but not vice versa; which being so, each disjunct is stronger (bears more conversational ‘fortitude’) than the disjunctive. If the outline just given is on the right lines, Grice would wish to say, we have a reason for REFUSING (as Strawson would not!) in the case of “kitchen or bedroom” to regard the implication of the emissor having grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive as being part of the ‘meaning’ (whatever that ‘means’) of 'or'but I should doublecheck with O. P. Woodhe’s our man in ‘or’A man who knows about the logical relation between a disjunction and each disjunct, i. e. a man who has at least BROWSED Whitehead and Russelland diregards Bradley’s exclusivist account -- and who also ‘knew,’ qua Kantian rational agent, about the alleged general principle or guiding conversational, could work out for hirnself, surely, that a disjunctive utterance would involve the implication which it does in fact involve. Grice insists, however, that his aim in discussing this last pointabout the principle of conversational fortitude EXPLAING the generation of the implicaturum -- has been merelyto indicate the position I would wish to take up, and not to argue scriously in favour of it. Grice’s main purpose in the excursus on implication was to introduce four ideas or catalysts, or tesetsTEST No. I: truth-value; TEST No. 2: Vehicle out of four; Test No. 3/Twin Test: Annulation and Non-Detachment (is there a positive way to express thisnon-detached twins as opposed to CONJOINT twins), and Test No. 4‘Meaning’ of expression? -- of which Grice then goes to make some use re: the pillar box seeming red.; and to provide some conception of the ways in which each of the four tests apply or fail to apply to various types of implication. By the numbering of it, it seems that by the time of Essay II he has, typically, added an extra. It’s FIVE catalysts now, but actually, since he has two of the previous tests all rolled up in one, it is SIX CATALSTS. He’ll go back to them in Essay IV (“Indicative conditionals” with regard to ‘if’), and in Presupposition and Conversational (with regard to Example I here: “You have not ceased eating iron”). Implicaturum.He needs those catalysts. Why? It seems like he is always thinking that someone will challenge him! This is Grice: “We can now show that, it having been stipulated as being what it is, a conversational implicaturum must possess certain distinctive features, they are six. By using distinctive feature Grice is serious. He wants each of the six catalysts to apply to each type of ‘implicaturum’, so that a table can be constructed. With answers yes/no. Or rather here are some catalyst ideas which will help us to determine or individuate. Six tests for implicaturum as it were. SO THESE FEATURESsix of themapply to three of the examplesnot the ‘poor but honest’but the “you have not ceased eating iron,” “Beautiful handwriting,” and “Kitchen or bedroom.”First testnothing about the ‘twin’it’s ANNULATION or CANCELLABILITYas noted in “Causal Theory”for two of the examples (‘beautiful handwriting’ and ‘kitchen or bedroom’ and NEGATIVE version of “You don’t cease to eat iron”) and the one of the pillar boxHe adds a qualifier now: the annulation should best be IMPLICIT. But for the fastidious philosopher, he allows for an EXPLICITATION which may not sound grammatical enough to Austen (pronounced to rhyme with the playgroup master, or the kindergarten’s master). To assume the presence of a conversational implicaturum, the philosopher (and emissee) has to assume that the principle of conversational co-operation (and not just conversational fortitude) is being observed.However, it is mighty possible to opt out of this and most things at Oxford, i. e. the observation of this principle of conversational cooperation (or the earlier principle of conversational fortitude).It follows then that now we CAN EXPLAIN WHY CANCELLABILITY IS A DISTINCTIVE FEATURE. He left it to be understood in “Causal.”It follows then, deductively, that an implicaturum can be canceled (or annulled) in a particular case. The conversational implicaturum may be, drearilybut if that’s what the fastidious philosopher axes -- explicitly canceled, if need there be, by the addition of a clause by which the utterer states or implies that he opts out (e. g. “The pillar box seems red but it is.” “Where is your wife?” “My lips are sealed”). Then again the conversational implicaturum may be contextually (or implicitly) canceled, as Grice prefers (e. g. to a very honest person, who knows I disbelieve the examiner exists, “The loyalty examiner won’t be summoning you at any rate”). The utterance that usually would carry an implicaturum is used on an occasion that makes it clear or obvious that the utterer IS opting out without having to bore his addressee by making this obviousness explicit. SECOND DISTINCTIVE FEATURE: CONJOINING, i.e. non-detachability.There is a second litmus test or catalyst idea.Insofar as the calculation that a implicaturum is present requires, besides contextual and background information only an intuitive rational knowledge or understanding or processing of what has been explicitly conveyed (‘are you playing squash? B shows bandaged leg) (or the, shall we say, ‘conventional’ ‘arbitrary’ ‘commitment’ of the utterance), and insofar as the manner or style, of FORM, rather than MATTER, of expression should play at best absolutely no role in the calculation, it is NOT possible to find another way of explicitly conveying or putting forward the same thing, the same so-and-so (say that q follows from p) which simply ‘lacks’ the unnecessary implicaturum in question -- except [will his excluders never end?] where some special feature of the substituted version [this other way which he says is not conceivable] is itself relevant to the determination of the implicaturum (in virtue of this or that conversational maxims pertaining to the category of conversational mode. THIS BIG CAVEAT makes you wonder that Grice regretted making fun of Kant. By adopting jocularly the four conversational categories, he now finds himself in having to give an excuse or exception for those implicatura generated by a flout to what he earlier referred to as the ‘desideratum of conversational clarity,’ and which he jocularly rephrased as a self-defeating maxim, ‘be perspicuous [sic], never mind perspicacious!’If we call this feature, as Grice does in “Causal Theory,” ‘non-detachability’ (or conjoining)– in that the implicaturum cannot be detached or disjointed from any alternative expression that makes the same point -- one may expect the implicaturum carried by this or that locution to have a high degree of non-detachability. ALTERNATIVES FOR “NOT” Not, it is not the case, it is false that. There’s nothing unique about ‘not’.ALTERNATIVES FOR “AND” and, nothing, furthermore, but. There othing unique about ‘and’ALTERNATIVES FOR “OR”: One of the following is true. There is nothing unique about ‘or’ALTERNATIVES FOR “IF” Provided. ‘There is nothing unique about ‘if’ALTERNATIVES FOR “THE”There is at least one and at most one. And it exists. (existence and uniqueness). There is nothing unique about ‘the’.THIS COVERS STRAWSON’S first problem.What about the other English philosophers?AUSTINon ‘voluntarily’ ALTERNATIVES to ‘voluntarily,’ with the will, willingly, intentionally. Nothing unique about ‘voluntarily.’STRAWSON on ‘true’it is the case, redundance theory, nothing. Nothing unique about ‘true’HART ON good. To say that ‘x is commendable’ is to recommend x. Nothing unique about ‘good.’HART on ‘carefully.’ Da Vinci painted Mona Lisa carefully, with caution, with precaution. Nothing unique about ‘carefully.’THIRD LITMUS TEST or idea and ATTENDING THIRD  DISTINCTIVE FEATURE. THIRD DISTINCTIVE FEATURE is in the protasis of the conditional.The implicaturum depends on the explicatum or explicitum, and a fortiori, the implicaturum cannot INVOLVE anything that the explicatum involvesThere is nothing about what an emissor explicitly conveys about “or” or a disjunctum in general, which has to do with the emissor having grounds other than truth-functional for the utterance of a disjunctum.The calculation of the presence of an implicaturum presupposes an initial knowledge, or grasping, or understanding, or taking into account of the ‘conventional’ force (not in Austin’s sense, but translating Latin ‘vis’) of the expression the utterance of which carries the implicaturum.A conversational implicaturum will be a condition (but not a truth-condition), i. e. a condition that is NOT, be definition, on risk of circularity of otiosity, included in what the emissor explicitly conveys, i. e. the original specification of the expression's ‘conventional’ or arbitrary forceIf I’m saying that ‘seems’ INVOLVES, as per conventional force, ‘doubt or denial,’what’s my point? If Strawson is right that ‘if’ has the conventional force of conventionally committing the utterer with the belief that q follows from p, why bother? And if that were so, how come the implicaturum is still cancellable?Though it may not be impossible for what starts life, so to speak, as a conversational implicaturum to become conventionalized, to suppose that this is so in a given case would require special justification. (Asking Lewis). So, initially at least, a conversational implicaturum is, by definition and stipulation, not part of the sense, truth-condition, conventional force, or part of what is explicitly conveyed or put forward, or ‘meaning’ of the expression to the employment of which the impicatum attaches. FOURTH LITMUS TEST or catalyst idea. Mentioned in “Causal theory” YIELDS THE FOUTH DISICTINVE FEATURE and the FIFTH distinctive feature.FOURTH DISTINCTIVE FEATURE: in the protasis of the conditionaltruth value.The alethic valueconjoined with the test about the VEHICLE --. He has these as two different testsand correspondingly two distinctive features in “Causal”. The truth of a conversational implicaturum is not required by (is not a condition for) the truth of what is said or explicitly conveyed (what is said or explicatedthe explicatum or explicitum, or what is explicitly conveyed or communicated) may be true -- what is implicated may be falsethat he has beautiful handwriting, that q follows from p, that the utterer is ENDORSING what someone else said, that the utterer is recommending x, that the person who is said to act carefully has taken precaution), FIFTH DISTINCTIVE FEATURE: vehiclethis is the FOURTH vehicle of the four he mentions in “Causal”: ‘what the emissor explicitly conveys,’ ‘the emissor himself,’ the emissor’s utterance, and fourth, the emissor’s explicitly conveying, or explicitly conveying it that way --. The apodosis of the conditionalor inferrability schema, since he uses ‘since,’ rather than ‘if,’ i. e. ‘GIVEN THAT p, q. Or ‘p; therefore, q’. The implicaturum is NOT carried by what is said or the EXPLICATUM or EXPLICITUM, or is explicitly conveyed, but only by the ‘saying’ or EXPLICATING or EXPLICITING of what is said or of the explicatum or explicitum, or by 'putting it that way.’The fifth and last litmus test or catalyst idea YIELDS A SIXTH DISTINCTIVE FEATURE:Note that he never uses ‘first, second, etc.’ just the numerals, which in a lecture format, are not visible!SIXTH DISTINCTIVE FEATURE: INDETERMINACY. Due to the open character of the reasoningand the choices available to fill the gap of the content of the propositional attitude that makes the conversational rational:“He is potentially dishonest.” “His colleagues are treacherous”Both implicatura possible for “He hasn’t been to prison at his new job at the bankyet.”Since, to calculate a conversational implicaturum is to calculate what has to be supposed in order to preserve the supposition that the utterer is a rational, benevolent, altruist agent, and that the principle of conversational cooperation is being observed, and since there may be various possible specific explanations or alternatives that fill the gap hereas to what is the content of the psychological attitude to be ascribed to the utterer, a list of which may be open, or open-ended, the conversational implicaturum in such cases will technically be an open-ended disjunction of all such specific explanations, which may well be infinitely non-numerable. Since the list of these IS open, the implicaturum will have just the kind of INDETERMINACY or lack of determinacy that an implicaturum appears in most cases to possess. indeterminacy of translation, a pair of theses derived, originally, from a thought experiment regarding radical translation first propounded by Quine in Word and Object (1960) and developed in his Ontological Relativity (1969), Theories and Things (1981), and Pursuit of Truth (1990). Radical translation is an imaginary context in which a field linguist is faced with the challenge of translating a hitherto unknown language. Furthermore, it is stipulated that the linguist has no access to bilinguals and that the language to be translated is historically unrelated to that of the linguist. Presumably, the only data the linguist has to go on are the observable behaviors of incompleteness indeterminacy of translation 422 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:39 AM Page 422 native speakers amid the publicly observable objects of their environment. (1) The strong thesis of indeterminacy, indeterminacy of translation of theoretical sentences as wholes, is the claim that in the context of radical translation a linguist (or linguists) could construct a number of manuals for translating the (natives’) source language into the (linguists’) target language such that each manual could be consistent with all possible behavior data and yet the manuals could diverge with one another in countless places in assigning different target-language sentences (holophrastically construed) as translations of the same source-language sentences (holophrastically construed), diverge even to the point where the sentences assigned have conflicting truth-values; and no further data, physical or mental, could single out one such translation manual as being the uniquely correct one. All such manuals, which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. (2) The weak thesis of indeterminacy, indeterminacy of reference (or inscrutability of reference), is the claim that given all possible behavior data, divergent target-language interpretations of words within a source-language sentence could offset one another so as to sustain different targetlanguage translations of the same source-language sentence; and no further data, physical or mental, could single out one such interpretation as the uniquely correct one. All such interpretations, which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. This weaker sort of indeterminacy takes two forms: an ontic form and a syntactic form. Quine’s famous example where the source-language term ‘gavagai’ could be construed either as ‘rabbit’, ‘undetached rabbit part’, ‘rabbithood’, etc. (see Word and Object), and his proxy function argument where different ontologies could be mapped onto one another (see Ontological Relativity, Theories and Things, and Pursuit of Truth), both exemplify the ontic form of indeterminacy of reference. On the other hand, his example of the Japanese classifier, where a particular three-word construction of Japanese can be translated into English such that the third word of the construction can be construed with equal justification either as a term of divided reference or as a mass term (see Ontological Relativity and Pursuit of Truth), exemplifies the syntactic form of indeterminacy of reference.

 

transformationGrice: “My system G makes minimal use of transformations” -- minimal transformation rule: an axiom-schema or rule of inference. Grice: “Strictly, an Ovidian metamorphose!” -- A transformation rule is thus a rule for transforming a possibly empty set of wellformed formulas into a formula, where that rule operates only upon syntactic information. It was this conception of an axiom-schema and rule of inference that was one of the keys to creating a genuinely rigorous science of deductive reasoning. In the 0s, the idea was imported into linguistics, giving rise to the notion of a transformational rule. Such a rule transforms tree structures into tree structures, taking one from the deep structure of a sentence, which determines its semantic interpretation, to the surface structure of that sentence, which determines its phonetic interpretation. Grice: “Chomsky misuses ‘transformation.’”

 

triangulus -- Grice’s triangle. He uses the word in “Meaning Revisited,” (WoW: 286). It’s the semiotic triange between what he calls the ‘communication device,’ the denotatum, and the soul. While often referred to as H. P. Grice’s triangle, or H. P. Grice’s semiotic triangle, or "Ogden/Richards triangle" the idea is also expressed in 1810, by Bernard Bolzano, in his rather obscure, Grice grants, “Beiträge zu einer begründeteren Darstellung der Mathematik.” However, the triangle can be traced back to the 4th century BC, in Aristotle's Peri Hermeneias (often referred to in its Latin translation De Interpretatione, second book of his Organon, on which Grice gave seminars as University Lecturer at Oxford with J. L. Austin). H. P. Grice’s semiotic Triangle relates to the problem of universals, a philosophical debate which split ancient and medieval philosophers (mainly realists and nominalists).  The triangle describes a simplified form of relationship between the emissor as subject, a concept as object or referent or denotatum, and its designation (sign, signans, or as Grice prefers ‘communication device’). For more elaborated research see Semiotics.  Ogden semiotic triangle.png  Contents 1Interlocutory applications 1.1Other triangles 1.2The communicative stand 1.3Direction of fit 2See also 3References 4External links Interlocutory applications Other triangles The relations between the triangular corners may be phrased more precisely in causal terms as follows[citation needed][original research?]. The matter evokes the emissor's soul. The emissor refers the matter to the symbol. The symbol evokes the emissee’s soul. The emissee refers the symbol back to the matter. The communicative stand Such a triangle represents ONE agent, the emissor, whereas communication takes place between TWO (objects, not necessarily agents). So imagine another triangle and consider that for the two to understand each other, the content that the "triangles" represent must fit or be aligned. Clearly, this calls for synchronisation and an interface as well as scale among other things. Notice also, that we perceive the world mostly through our eyes and in alternative phases of seeing and not seeing with change in the environment as the most important information to look for. Our eyes are lenses and we see a surface (2D) in ONE direction (focusing) if we are stationary and the object is not moving either. This is why you may position yourself in one corner of the triangle and by replicating (mirroring) it, you will be able to see the whole picture, your cognitive epistemological and the ontological existential or physical model of life, the universe, existence, etc. combined.[citation needed][original research?]  Direction of fit Main article: Direction of fit  This section has multiple issues. Please help improve it or discuss these issues on the talk page. (Learn how and when to remove these template messages) This section does not cite any sources. (December ) This section is written like a personal reflection, personal essay, or argumentative essay that states a  editor's personal feelings or presents an original argument about a topic. (December ) Grice uses the notion of "direction of fit" (in “Intention and Uncertainty”) to create a taxonomy of acts.     This table possibly contains original research. Please improve it by verifying the claims made and adding inline citations. Statements consisting only of original research should be removed. (December ) (Learn how and when to remove this template message) World or Referentintended →Writer's Thought   decoded ↑ ↓ encoded  Thought Emissee's← extendedSymbol or Word   Emissor's THOUGHT retrieves SYMBOL suited to REFERENT, Word suited to World.   Reader's THOUGHT retrieves REFERENT suited to SYMBOL, World suited to Word. Actually the arrows indicate that there is something exchanged between the two parties and it is a feedback cycle. Especially, if you imagine that the world is represented in the soul of both the emissor and the emissee and used for reality check. If you look at the triangle above again, remember that reality check is not what is indicated there between the sign and the referent and marked as "true', because a term or a sign is allocated "arbitrarily'. What you check for is the observance of the law of identity which requires you and your partner to sort out that you are on the same page, that the emissor is communicating and the emissee is understanding about the same thing. So the chunk of reality and the term are replaceable/interchangeable within limits and your concepts in the soul as presented in some appropriate way are all related and mean the same thing. Usually the check does not stop there, your ideas must also be tested for feasibility and doability to make sure that they are "real" and not "phantasy". Reality check comes from consolidating your experience with other people's experience to avoid solipsism and/or by putting your ideas (projection) in practice (production) and see the reaction. Notice, however how vague the verbs used and how the concept of a fit itself is left unexplained in details.[editorializing]  See also The Delta Factor De dicto De se De re References  Colin Cherry (1957) On Human Communication  C. K. Ogden and I. A. Richards (1923) The Meaning of Meaning  John Searle (1975) "A Taxonomy of Illocutionary Acts", in: Gunderson, K. (ed.), Language, Mind, and Knowledge (Minneapolis: University of Minnesota Press)  344-369.  John Searle (1976) "A Classification of Illocutionary Acts", Language in Society, 5,  1-24. External links Jessica Erickstad (1998) Richards' Meaning of Meaning Theory. University of Colorado at Boulder. Allie Cahill (1998) "Proper Meaning Superstition" (I. A. Richards). University of Colorado at Boulder. Categories: SemioticsSemanticsPragmaticsPhilosophy of languagePhilosophy of mind. Semiotisches Dreieck Zur Navigation springen. Zur Suche springen. Das semiotische Dreieck stellt die Relation zwischen dem Symbol, dem dadurch hervorgerufenen Begriff und dem damit gemeinten realen Ding dar. Das semiotische Dreieck ist ein in der Sprachwissenschaft und Semiotik verwendetes Modell. Es soll veranschaulichen, dass ein Zeichenträger (Graphem, Syntagma, Symbol) sich nicht direkt und unmittelbar auf einen außersprachlichen Gegenstand bezieht, sondern dieser Bezug nur mittelbar durch eine Vorstellung/einen Begriff erfolgt. Das semiotische Dreieck publizierten erstmals Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards in dem Werk The Meaning of Meaning. Das semiotische Dreieck in vereinfachter Beschreibung. Die Welt besteht aus Gegenständen, Sachverhalten, Ereignissen und Ähnlichem. Diese sind wirklich und bestimmen alles, was geschieht. Das Symbol für ein Einzelnes davon steht in den folgenden Dreiecken rechts und bedeutet vereinfacht: Ding oder „was Sache ist“. Wenn der Mensch ein Ding bemerkt oder sich vorstellt, macht er sich ein gedachtes Bild davon. Das Symbol dafür steht in den folgenden Dreiecken oben und bedeutet: Begriff oder „was man meint“. Wenn Menschen mit diesen Begriffen von Dingen reden, so verwenden sie Zeichen (meist hörbar, gelegentlich auch sichtbar oder anders wahrnehmbar). Das sind Wörter (auch Bezeichnungen, Benennungen, Symbole oder Ähnliches). Das Symbol dafür steht in den folgenden DREIECKEN links und bedeutet: Wort oder „was man dazu sagt“. Ding, Begriff und Wort sollen eindeutig zusammengehören. Das gelingt nicht immer, vielmehr muss man immerzu aufpassen, ob der eben verwendete Begriff das betrachtete Ding richtig erfasst, ob das eben verwendete Wort den gemeinten Begriff trifft, und sogar ob das eben betrachtete Ding überhaupt eins ist und nicht etwa einige oder gar keins. Passen die drei Ecken nicht zueinander, „So entstehen leicht die fundamentalsten Verwechslungen (deren die ganze Philosophie voll ist).“  Vitters: Tractatus 3.324. Das semiotische Dreieck als bildliche Darstellung der Mehrdimensionalität der Zeichen  Begriff  /\  /  \    /    \    /      \     /   \ Zeichen ...... Gegenstand  (Wort)  (Ding). Das semiotische Dreieck ist zunächst nur ein bildliches Hilfsmittel, um sich Beziehungen „im“ bzw. „des“ Zeichens zu veranschaulichen. Seine Interpretation und nähere Ausgestaltung hängt daher von der zugrunde gelegten Erkenntnistheorie ab.  In entscheidender Weise wird durch das semiotische Dreieck veranschaulicht, dass zwischen dem Wort (der Zeichenform, d. h. dem Schriftbild oder dem Lautbild) und dem Bezeichneten (Ding, Gegenstand) keine direkte Beziehung, sondern nur durch (mindestens) eine hier so genannte Vermittlungsinstanz vermittelte Beziehung besteht. Graphisch wird dies durch eine unterschiedliche Linie dargestellt.  Gebräuchlich ist ein Dreieck. Entscheidend ist die nicht-direkte Beziehung zwischen Zeichen (Wort) und Gegenstand (Ding). Je nach Anzahl der zu veranschaulichenden (nicht auszublendenden) Bezugspunkte und Vermittlungsinstanzen und der Art der betonten Beziehungen kann man auch ein Quadrat, ein sonstiges Vieleck bzw. einen mehrdimensionalen Körper benutzen.  Darauf hinzuweisen ist, dass die Vermittlungsinstanzhier mit dem mehrdeutigen Ausdruck „Begriff“ bezeichnetsehr unterschiedlich gesehen wird, was aus dem Terminologiebefund unten deutlich wird.  Das semiotische Dreieck ist Veranschaulichung eines Zeichenverständnisses, das dem Zeichenbegriff von Ferdinand de Saussure, wonach ein Zeichen eine „psychische Einheit“ zwischen einem „akustischen Bild“ (Signifikanten) und einem „Begriff“ (Signifikat) (bei ihm im Sinne einer psychischen Vorstellung) sein soll, widersprechen dürfte: statt der „Papierblattmetapher“ für das Verhältnis von Signifikant/Signifikat (von de Saussure) wird im semiotischen Dreieck eine optische Trennung und Distanzierung von Zeichenkörper und Begriff (Sinn) vorgenommen.  Das semiotische Dreieck blendet auch pragmatische Bedingungen und Bezüge aus bzw. reduziert sie auf die semantische Dimension und wird daher von pragmatischen Bedeutungstheorien kritisiert (vgl. Semiotik).  Das Fehlen einer unmittelbaren Beziehung zwischen Zeichen und Gegenstand wird zugleich als Ausdruck der (von de Saussure betonten) Arbitrarität und Konventionalität von Zeichen interpretiert.  Geschichte Man muss unterscheiden zwischen dem semiotischen Dreieck als Bild und einem dreiseitigen (triadischen) Zeichenbegriff, dessen Veranschaulichung es dient.  Verbreitet wird die sprachwissenschaftliche Entwicklung so dargestellt, als gäbe es ein semiotisches Dreieck erst seit Ogden/Richards, die damit einen nur zweigliedrigen Zeichenbegriff von de Saussure modifiziert/überwunden hätten. Es heißt, bis ins 19. Jahrhundert sei der Zeichenbegriff im Wesentlichen hinsichtlich seines Sachbezugs als „zweistellige Relation“ diskutiert worden.  Andere betonen den zugrunde liegenden dreiseitigen („triadischen“) Zeichenbegriff, der meist bei Aristoteles, mitunter auch schon bei Platon angesetzt wird. Schon bei Platon findet sich ein gedankliches Wort-Gegenstand-Modell zwischen Namen (Zeichen)Idee (Begriff) und Ding. Bei Aristoteles ist ein Zeichen (semeion, damit meint er ein Wort) ein Symptom für eine Seelenregung, d. h. für etwas, das der Sprecher sich vorstellt. Diese Vorstellung des Sprechers ist dann ein Ikon für ein Ding. Dies sind für ihn die primären Zeichenrelationen (rot in der untenstehenden Figur). Davon abgeleitet ist die sekundäre Zeichenrelation (schwarz in der Figur).   Das Semiotische Dreieck bei Aristoteles Seit Aristoteles wird vertreten, dass Zeichen Dinge der Welt nicht unvermittelt, sondern vermittelt über einen „Begriff“, „Vorstellung“ etc. bezeichnen. Dies bedeutet eine Differenzierung gegenüber der einfachen aliquid-stat-pro-aliquo-Konzeption und ist „für die ganze Geschichte der Semiotik entscheidend“. Bei Aristoteles stehen „Zeichen […] für Sachen, welche von den Bewußtseinsinhalten abgebildet worden sind“. „Die Sachen werden von den Zeichen nicht präsentiert, sondern repräsentiert.“. Die Interpretation von De interpretatione ist dabei seit Jahrtausenden kontrovers. Die oben wiedergegebene Interpretation entspricht einer psychologischen Deutung, die einen Psychologismus nahelegt. Dies erscheint fraglich, da Aristoteles eher einen erkenntnistheoretischen Realismus vertreten haben dürfte.  Scholastik In der Sprachphilosophie der Scholastik finden sich Überlegungen zum Dreierschema res (Sache, Ding), intellectus (Verstand, Gedanken, Begriff), vox (Wortzeichen). Logik von Port-Royal. In der Grammatik von Port-Royal (Mitte des 17. Jh.) soll das semiotische Dreieck eingeführt worden sein. In der Logik von Port-Royal sind die Gegenstände und die Sprachzeichen nicht unmittelbar, sondern über Universalien miteinander verknüpft. Nach KANT ist das zwischen Begrifflichkeit und Sinnlichkeit bzw. Gegenstand vermittelnde Element das Schema als ein bildhaftes und anschauliches Zeichen. Das Verfahren des Verstandes, mit Hilfe der ‚Einbildungskraft‘ die reinen Verstandesbegriffe zu versinnlichen, heißt Schematismus. Auch Arthur Schopenhauer, ein deutscher Philosoph des 19. Jahrhunderts, unterscheidet in seinem Hauptwerk Die Welt als Wille und Vorstellung strikt zwischen Wort, Begriff und Anschauung. Ausblendung des Referenzbezugs im Zeichenmodell von de Saussure Nach verbreiteter Auffassung haben die moderne Sprachwissenschaft und der moderne Zeichenbegriff erst mit de Saussure eingesetzt. Nach de Saussure ist ein Zeichen die Verbindung eines Ausdrucks (signifiant) mit einem Inhalt (signifié), wobei das Zeichen als „psychische Einheit mit zwei Seiten“ aufgefasst wurde. In diesem zweigliedrigen (dyadischen) Zeichenmodell „hat die reale Welt keine Bedeutung“: „Hier Bezeichnetes als geistige Vorstellung, dort Bezeichnendes als dessen Materialisation in der Sprache, aber kein Platz für das Objekt selbst“. Triadisches Zeichenmodells bei Peirce. Charles S. Peirce entwickelte eine pragmatische Semiotik und die Pragmatik soll auf dem triadischen Zeichenmodell von Peirce beruhen. Statt eines dyadischen entwickelte Peirce ein kommunikativ-pragmatisches, triadisches Zeichenmodell: das Zeichen ist eine „triadische Relation (semiotisches Dreieck)“. Dies, indem er zu Zeichenmittel und Objekt den „Interpretanten“ ergänzte, d. h. die Bedeutung, die durch Interpretation der Zeichenbenutzer (Sprecher bzw. Hörer) in einem Handlungszusammenhang zustande kommt. „Das, was als Bewusstseinsinhalt erscheint, der Interpretant, ist der individuell erkannte Sinn, der seinerseits kulturell vor- oder mitgeprägt sein kann. Daher wird in diesem Konzept die Zeichenbedeutung (…) auch als „kulturelle Einheit“ (Eco, 1972) postuliert.“Peirce-Interpreten wie Floyd Merrell oder Gerhard Schönrich wenden sich gegen die Dreiecksdarstellung peircescher Zeichentriaden, da sie suggerieren könnte, dass sich die irreduzible triadische Relation zerlegen lasse in einzelne zweistellige Relationen. Stattdessen schlagen sie eine Y-förmige Darstellung vor, bei der die drei Relate jeweils durch eine Linie mit dem Mittelpunkt verbunden sind, aber entlang der Seiten des „Dreiecks“ keine Linien verlaufen.  Charles Kay Ogden / Ivor Armstrong Richards Als „die“ Vertreter eines dreiseitigen Zeichenmodells bzw. eines semiotischen Dreiecks (unter Ausblendung ihrer Vorläufer) werden verbreitet Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards angeführt. Diese erkannten eine Welt außerhalb des menschlichen Bewusstseins ausdrücklich an und wandten sich gegen „idealistische Konzepte“. Nach Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards symbolisiert das Zeichen (symbol) etwas und ruft einen entsprechenden Bewusstseinsinhalt (reference) hervor, der sich auf das Objekt (referent) bezieht. Das semiotische Dreieck wird wie folgt erklärt: „Umweltsachverhalte werden im Gedächtnis begrifflich bzw. konzeptuell repräsentiert und mit Sprachzeichen assoziiert. So ist z. B. das Wort „Baum“ ein Sprachzeichen, das mit dem Begriff bzw. Konzept von „BAUM“ assoziiert ist und über diesen auf reale Bäume (Buchen, Birken, Eichen usw.) verweisen kann.“. Siehe auch Organon-Modell (von Karl Bühler) Literatur Metamorphosen des semiotischen Dreieck. In: Zeitschrift für Semiotik. Band 10, (darin 8 einzelne Artikel). Umberto Eco: SemiotikEntwurf einer Theorie der Zeichen. 2. Auflage. Wilhelm Fink Verlag, München 1991,  3-7705-2323-7. Umberto Eco: Einführung in die Semiotik. Wilhelm Fink Verlag, München 1994,  3-7705-0633-2. Einzelnachweise  C. K. Ogden, I. A. Richards: The Meaning of Meaning. 1923  Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. Ohne Problematisierung trotz der Nähe zu Saussure hingegen bei Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. 1973, S. 251 (S. 254 f.) referiert  So wohl Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 27  So z. B. Schülerduden, Philosophie (2002), Semiotik  Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000  Trabant: Semiotik. Trabant: Semiotik. So auch Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000, wonach Aristoteles das Platonische Modell „psychologisiert“ haben soll  So Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie  Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie  Baumgartner: Kants „Kritik der reinen Vernunft“, Anleitung zur Lektüre. [1988], neu ersch. 5. Auflage. ALBER, Freiburg Hierzu vor allem das Kapitel: „Zur Lehre von der abstrakten, oder Vernunft-Erkenntnis“ (Zweiter Band)  Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 26  Ernst: Pragmalinguistik. 2002, S. 66  Schülerduden, Philosophie (2002), Peirce  So Pelz: Linguistik. 1996, S. 242  Zeichenprozess. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000  Bedeutung. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000 Kategorien: SemiotikSemantik. For Grice, the triangle represents the three correspondences. First, psychophysical, second psychosemiotic, and third semio-physical.

 

tisberi -- Heytesbury: w. also called Hentisberus, Hentisberi, Tisberi before, English philosopher and chancellor of Oxford . He wrote Sophismata “Sophisms”, Regulae solvendi sophismata “Rules for Solving Sophisms”, and De sensu composito et diviso “On the Composite and Divided Sense”. Other works are doubtfully attributed to him. Heytesbury belonged to the generation immediately after Thomas Bradwardine and Kilvington, and was among the most significant members of the Oxford Calculators, important in the early developemnt of physics. Unlike Kilvington but like Bradwardine, he appealed to mathematical calculations in addition to logical and conceptual analysis in the treatment of change, motion, acceleration, and other physical notions. His Regulae includes perhaps the most influential treatment of the liar paradox in the Middle Ages. Heytesbury’s work makes widespread use of “imaginary” thought experiments assuming physical impossibilities that are yet logically consistent. His influence was especially strong in Italy in the fifteenth century, where his works were studied widely and commented on many times. 

 

trinitarianism, -- “Raining, raining, raining.” -- the theological doctrine that God consists of three persons, “in Strawson’s usage of the expression”Vide Grice, “Personal identity,” -- The persons who constitute the Holy Trinity are the Father; the Son, who is Jesus Christ; and the Holy Spirit or Holy Ghost. The doctrine states that each of these three persons is God and yet they are not three Gods but one God. According to a traditional formulation, the three persons are but one substance. In the opinion of Aquinas, the existence of God can be proved by human reason, but the existence of the three persons cannot be proved and is known only by revelation. According to Christian tradition, revelation contains information about the relations among the three persons, and these relations ground proper attributes of each that distinguish them from one another. Thus, since the Father begets the Son, a proper attribute of the Father is paternity and a proper attribute of the Son is filiation. Procession transparent Trinitarianism 928   928 or spiration is a proper attribute of the Holy Spirit. A disagreement about procession has contributed to dividing Eastern and Western Christianity. The Eastern Orthodox church teaches that the Holy Spirit proceeds from the Father through the Son. A theory of double procession according to which the Holy Spirit proceeds from the Father and the Son has been widely accepted in the West. This disagreement is known as the filioque ‘and the Son’ controversy because it arose from the fact that adding this Latin phrase to the Nicene Creed became acceptable in the West but not in the East. Unitarianism denies that God consists of three persons and so is committed to denying the divinity of Jesus. The monotheistic faiths of Judaism and Islam are unitarian, but there are unitarians who consider themselves Christians. H. P. Grice, “Raining, raining, rainingmy mother and the Trinitarians.”

 

tipperary: music-hall cited by Grice. Grice liked the song and would often accompany himself at the piano (“in Eb always”). He especially loved to recite the three verses (“Up to mighty London came an Irishman one day,” “Paddy wrote a letter to his Irish Molly-O,” and “Molly wrote a neat reply to Irish Paddy-O”). Grice devises a possible counter-example to his account of ‘communication,’ or strictly the conditions that have to be met for the state of affairs “Emisor E communicates that p” to hold. In Grice’s scenario, a reminiscence shared by his father, at a musical soirée in 1912, at Harborne, Grice’s grandfather sings "Tipperary” “in a raucous voice” (those are Grice’s father’s words) with the intention of getting his mother-in-law (whom he knew was never too keen on the music-hall) to leave the drawing-room. Grice’s grandfather’s mother-in-law is supposed to recognise (and to know that she is intended to recognise) that Grice’s grandfather wants to get rid of his mother in law“to put it bluntly,” as Grice’s father has it. Grice’s grandfather, moreover, intends that his mother-in-law shall, in the event, leave because she recognizes Grice’s grandfather’s intention that she  shall go. Grice’s grandfather’s scheme is that his mother-in-law should, somewhat wrongly, think that Grice’s grandfather intends his mother-in-law to think that he intends to get rid of her by means of the recognition of his intention that she should go. In other words, the mother-in-law is supposed to argue: "My son-in-law intends me to *think* that he intends to get rid of me by the raucous singing of that awful ditty complete with the three versesstarting with “Up to mighty London came an Irishman one day” -- but of course he, rude as he is, really wants to get rid of me by means of the recognition of his intention to get rid of me. I am really intended to go because he wants me to go, not because I cannot stand the singingI suppose. I mean, I could possibly stand it, if tied up, or something." The fact that the mother in law, while thinking she is seeing through his son-in-law’s plans, is really *conforming* to them (a situation that would not hold if she is known by her son-in-law to be ‘counter-suggestible’), is suggested as precluding Grice from deeming, here, that his grandfather means by the singing in a raucuous voice the opening line to “Tipperary” in a raucuous voice (“Up to mighty London came an Irishman one day”) that his mother-in-law should go. However, it is clear to Grice that, once one tries to fill in the detail of this description, the example becomes baffling“even if I myself designed it.” “For, how is my grandfather’s mother-in-law sposed to reach the idea that my grandfather wants her to think that he intends to get rid of her by singing in a raucuous voice “Up to mighty London came an Irishman one day”?” “My father tells me that my grandfather sould sing in a *particular nasal tone*, so common at the music-hall, which he knows *not* necessarily to be displeasing to his mother in law (when put to use to a respectable drawing-room ballad), though it is to most people that visit the Grices.” Grice’s grandfather’s mother in law knows that Grice’s grandfather knows this particular nasa tone not to be displeasing to her, but she thinks, rather wrongly, that Grice’s grandfaather does not know that his mother-in-law knows this (she would never display his tastes in public). The mother-in-law might then be supposed to argue: "My son-in-law cannot want to drive me out of the drawing-room by his singing, awful to most, since he knows that that particularly nasal tone is not really displeasing to me. My son-in-law, however, does not know that I know he knows this. Therefore, maybe my son-in-law is does wantsme to think that he intends to drive me out, on the ground of a mere cause, rather than a reason, *by* his singing." “At this point,” Grice notes, “one would expect my grandfather’s mother-in-law to be completely at a loss to explain my grandfather’s performance.” “I see no reason at all why my grandfather’s mother in-law should then suppose that he *really* wants to get rid of her in some other way.” Whether or not this example could be made to work, its complexity is ennerving. “And the sad thing about it, is that any attempt on my part to introduce yet further restrictions would involve more ennerving complexities still.” “It is in general true that one cannot have intentions to achieve results which one sees no chance of achieving; and the success of intentions of the kind involved in communication requires he to whom communications or near-communications is addressed to be capable in the circumstances of having certain thoughts and drawing certain conclusions.” At some early stage in the attempted regression the calculations required of my grandfather’s mother-in-lawy by my grandfather will be impracticably difficult; and I suspect the limit has now been reached (if not exceeded).” “So my grandfather, is he is a Grice, cannot have the intentionsas reconstructed by my father, this was way back in 1912 -- required of him in order to force the addition of further restrictions. Not only are the calculations my grandfather would be requiring of his mother-in-law too difficult, but it would be impossible for him to find cues to indicate to her that the calculations should be made, even if they were within his mother-in-law’s compass. So one is tempted to conclude that no regress is involved.” But even should this conclusion be correct, we seem to be left with an uncomfortable situation. For though we may know that we do not need an infinite series of backward-looking sub-clauses, we cannot say just how many such sub-clauses are required. “Indeed, it looks as if the definitional expansion of "By uttering x emisor E communicates that p" might have to vary from case to case, depending on such things as the nature of the intended response, the circumstances in which the attempt to elicit the response is made (say, a musical soirée at Harborne in mid-1912), and the intelligence of the utterer (in this case my grandfather) and of the addressee (his mother in law).” It is dubious whether such variation can be acceptable. However, Grice genially finds out that this ennerving difficulty (of the type some of Grice’s tutees trying to outshine him would display) is avoided if we could eliminate potential counter-examples not by requiring the emisor to have certain additional, backward-looking, intentions, but rather by requiring the emisor *not* to have a certain sort of intention or complex of intentions. Potential counterexamples of the kind involves the construction of a situation in which the emisor E intends the sendee S, in the reflection process by which the sendee S is supposed to reach his response, both to rely on some inference-element, i. e., ome premise or some inferential step, E, and also to think that the emisor E intends his sendee S not to rely on E. “What I propose, then, is to uproot such potential counterexamples by a single clause which prohibits the emisor from having this kind of complex intention.” We reach a redefinition: "the emisor E means that p by uttering x" is true iff (for some sendee S and for some response r): (a) the emisor U utters x intending (i) the sendee to produce r  (2) the sendee S to think the emisor E to intend (i) (3) the sendee S’s fulfillment of (i) to be based on the sendee S’s fulfillment of (2) (b) there is no inference-element E such that the emsior E utters x intending both (i') that the sendee S’s determination of r should rely on the inference element e and (2') that the sendee S should think the emisor E to intend that (I') be false.”

 

Tooke Ἒπεα πτερόεντα 

 

transversum -- Transversalitya term Grice borrowed from Heidegger‘the greatest philosopher that ever lived.” --  transcendence of the sovereignty of identity or self-sameness by recognizing the alterity of the Other as Unterschied  to use Heidegger’s term  which signifies the sense of relatedness by way of difference. An innovative idea employed and appropriated by such diverse philosophers as Merleau-Ponty, Sartre, Gilles Deleuze, and Félix Guattari, transversality is meant to replace the Eurocentric formulation of truth as universal in an age when the world is said to be rushing toward the global village. Universality has been a Eurocentric idea because what is particular in the West is universalized, whereas what is particular elsewhere remains particularized. Since its center is everywhere and its circumference nowhere, truth is polycentric and correlative. Particularly noteworthy is the  phenomenologist Calvin O. Schrag’s attempt to appropriate transversality by splitting the difference between the two extremes of absolutism and relativism on the one hand and modernity’s totalizing practices and postmodernity’s fragmentary tendencies on the other.

 

tropic: Grice: “Cf. Cicero, ‘Tropicus, and sub-tropicus’ –“ used by R. M. Hare and H. P. GriceHare introduced the ‘tropic’ to contrast with the ‘phrastic,’ the ‘neustic,’ and the ‘clistic’“I often wondered if Hare was not distinguishing too narrowly”H. P. Grice --trope, in recent philosophical usage, an “abstract particular”; an instance of a property occurring at a particular place and time, such as the color of the cover of this book or this . The whiteness of this  and the whiteness of the previous  are two distinct tropes, identical neither with the universal whiteness that is instantiated in both s, nor with the  itself; although the whiteness of this  cannot exist independently of this , this  could be dyed some other color. A number of writers, perhaps beginning with D. C. Williams, have argued that tropes must be included in our ontology if we are to achieve an adequate metaphysics. More generally, a trope is a figure of speech, or the use of an expression in a figurative or nonliteral sense. Metaphor and irony, e.g., fall under the category of tropes. If you are helping someone move a glass table but drop your end, and your companion says, “Well, you’ve certainly been a big help,” her utterance is probably ironical, with the intended meaning that you have been no help. One important question is whether, in order to account for the ironical use of this sentence, we must suppose that it has an ironical meaning in addition to its literal meaning. Quite generally, does a sentence usable to express two different metaphors have, in addition to its literal meaning, two metaphorical meanings  and another if it can be hyperbolic, and so forth? Many philosophers and other theorists from Aristotle on have answered yes, and postulated such figurative meanings in addition to literal sentence meaning. Recently, philosophers loath to multiply sentence meanings have denied that sentences have any non-literal meanings.Their burden is to explain how, e.g., a sentence can be used ironically if it does not have an ironical sense or meaning. Such philosophers disagree on whether tropes are to be explained semantically or pragmatically. A semantic account might hypothesize that tropes are generated by violations of semantical rules. An important pragmatic approach is Grice’s suggestion that tropes can be subsumed under the more general phenomenon of conversational implicaturum.

 

tukey’s bit: from binary digit, a unit or measure of information. Suggested by John W. Tukey, a bit is both an amount of information a reduction of eight equally likely possibilities to one generates three bits [% log2 8] of information and a system of representing that quantity. The binary system uses 1’s and 0’s.

 

Turing: Grice: “While not a philosopher, Turing’s thought experiment is about the ‘conceptual analysis’ of ‘thought’” --similar to a Griceian machine -- a machine, an abstract automaton or imagined computer consisting of a finite automaton operating an indefinitely long storage tape. The finite automaton provides the computing power of the machine. The tape is used for input, output, and calculation workspace; in the case of the universal Turing machine, it also specifies another Turing machine. Initially, only a finite number of squares of the tape are marked with symbols, while the rest are blank. The finite automaton part of the machine has a finite number of internal states and operates discretely, at times t % 0, 1, 2, . . . . At each time-step the automaton examines the tape square under its tape head, possibly changes what is there, moves the tape left or right, and then changes its internal state. The law governing this sequence of actions is deterministic and is defined in a state table. For each internal state and each tape symbol or blank under the tape head, the state table describes the tape action performed by the machine and gives the next internal state of the machine. Since a machine has only a finite number of internal states and of tape symbols, the state table of a machine is finite in length and can be stored on a tape. There is a universal Turing machine Mu that can simulate every Turing machine including itself: when the state table of any machine M is written on the tape of Mu, the universal machine Mu will perform the same input-output computation that M performs. Mu does this by using the state table of M to calculate M’s complete history for any given input. Turing machines may be thought of as conceptual devices for enumerating the elements of an infinite set e.g., the theorems of a formal language, or as decision machines e.g., deciding of any truth-functional formula whether it is a tautology. A. M. Turing showed that there are welldefined logical tasks that cannot be carried out by any machine; in particular, no machine can solve the halting problem. Turing’s definition of a machine was theoretical; it was not a practical specification for a machine. After the modern electronic computer was invented, he proposed a test for judging whether there is a computer that is behaviorally equivalent to a human in reasoning and intellectual creative power. The Turing test is a “black box” type of experiment that Turing proposed as a way of deciding whether a computer can think. Two rooms are fitted with the same input-output equipment going to an outside experimenter. A person is placed in one room and a programmed electronic computer in the other, each in communication with the experimenter. By issuing instructions and asking questions, the experimenter tries to decide which room has the computer and which the human. If the experimenter cannot tell, that outcome is strong evidence that the computer can think as well as the person. More directly, it shows that the computer and the human are equivalent for all the behaviors tested. Since the computer is a finite automaton, perhaps the most significant test task is that of doing creative mathematics about the non-enumerable infinite.

 

tychism: from Grecian tyche, ‘chance’, Peirce’s doctrine that there is absolute chance in the universe and its fundamental laws are probabilistic and inexact. Peirce’s tychism is part of his evolutionary cosmology, according to which all regularities of nature are products of growth and development, i.e., results of evolution. The laws of nature develop over time and become increasingly rigid and exact; the apparently deterministic laws of physics are limiting cases of the basic, probabilistic laws. Underlying all other laws is “the tendency of all things to take habits”; Peirce calls this the Law of Habit. In his cosmology his tychism is associated with synechism, the doctrine of the continuity of nature. His synechism involves the doctrine of the continuity of mind and matter; Peirce sometimes expressed this view by saying that “matter is effete mind.”

 

type: v. Grice’s three-year-old’s guide to Russell’s theory of type

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