CORDESCHI: Grice:
“Cordeschi is fine if you are into how we can model a pirot from an automaton –
Descartes’s old idea!” -- Roberto Cordeschi (L'Aquila) filosofo. Dalla sua
città natale si trasferisce a Roma dove intraprende gli studi in filosofia alla
Sapienza a Roma sotto la supervisione di Somenzi. Si appassiona subito alla
storia della cibernetica, di cui Somenzi fu tra i primi studiosi e contributori
in Italia. Con la co-supervisione di Radice discute una tesi sui Teoremi di incompletezza
di Gödel. Insegna in alcuni licei pubblici: prima a Morino, poi ad Avezzano e
successivamente a Torino. Durante il periodo di insegnamento liceale inizia a
collaborare all'attività filosofica svolgendo una serie di seminari all'interno
del suo ateneo. Cntinua e consolida la sua attività accademica all'interno de
La Sapienza grazie ad una serie di borse di studio e contratti di ricerca.
Rricopre l ruolo di ricercatore associato sempre nel suo ateneo di origine. Viene
nominato professore associato nel Dipartimento di Filosofia a Salerno. Viene
strutturato come professore di Logica e Filosofia della scienza e diventa
direttore del corso di studio in Scienze della comunicazione. Dopo gli intensi
anni di ricerca che caratterizzarono il periodo salernitano, Cordeschi lascia
Salerno per una cattedra in Filosofia
della scienza nella sua Alma mater. Insegnerà qui, nel Dipartimento di studi
filosofici ed epistemologici, Filosofia della Scienza e Filosofia
dell'Intelligenza artificiale e delle Scienze cognitive. Le sue ricerche hanno
riguardato la storia dell'intelligenza artificiale, della cibernetica e della
protocibernetica. Si è profondamente occupato del ruolo esplicativo degli
artefatti nella comprensione della mente umana dalla protocibernetica fino alle
recenti tendenze dell'intelligenza artificiale. Opere e Pubblicazioni
Cordeschi, R., Tamburrini G. (). Alan Turing e il programma di ricerca
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scienze. Critica marxista, 1: 163-188. Cellucci, C., Cordeschi, R., De Mauro,
T., Freguglia, P., Giannantoni, G., Levi, R., Lombardo Radice, L., Veit, B.,
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(1976). Predicati. In: Cellucci, C., Cordeschi, R., De Mauro, T., Freguglia,
P., Giannantoni, G., Levi, R., Lombardo Radice, L., Veit, B., (1976).
Introduzione alla logica. Roma: Editori Riuniti. Cordeschi, R. (1975). Italian
edition of the book of Novikov P.S., Elementi di logica matematica. Roma:
Editori Riuniti. Cordeschi, R. (1973), Bilancio dell’empirismo contemporaneo.
Scientia: 1-8. Cordeschi, R. (1972). Italian edition of the book of Russell B.,
La filosofia di Leibniz: esposizione critica con un’appendice antologica. Roma:
Newton Compton Italiana. Cordeschi, R. (1967), Review of the book of Filiasi
Carcano P., Paci E. et al., Filosofia e informazione. Padova: La Cultura, 5:
419-429. Cordeschi, R. (1966). Validità e reiezione nella logica aristotelica.
Il problema della decisione. Report: Storia della Filosofia Antica. Istituto di
Filosofia, Roma. Manuscript Note
Vittorio Somenzi, La filosofia degli automi, Torino, Boringhieri,
1965. Profilo e nel sito della Sapienza Roma. Scheda in
MediaMente, sito mediamente.rai.it. Dalia Cilia, N. (). Roberto cordeschi.
Biographical note and list of publications. PARADIGMI.
CORLEO: Grice: “Corleo is a
genius -- His keyword is identity, the
Hegelian type, and that’s why he attracted Gentile’s attention! But my
favourite is his excursus on language! He talks like a veritable Griceian –
about ‘intenzione’ and ‘pre-convezione’ – and the spontaneous cry to seek
attention, Romolo from Remo, say – He very much elaborates on the subject and
the predicate and the copula, and the other parts of speech – But he retains an
empiricist, evolutionary viewpoint with which I wholly agree!” -- Deputato del
Regno d'Italia LegislatureVIII, XIV, XV Dati generali Titolo di studiolaurea
ProfessioneDocente universitario Simone Corleo (Salemi), filosofo. Studiò nel
Seminario vescovile di Mazara del Vallo. Lasciata la carriera ecclesiastica si
laureò nel 1849 in medicina presso l'Università degli Studi di Palermo e tornò
per insegnare filosofia e matematica nel Seminario mazarese e in seguito in
alcuni convitti a Palermo. Nel 1864 fu
nominato professore di filosofia morale nell'Palermo, e creò nel 1889 il primo
laboratorio di psicologia sperimentale in Italia,presso l'Istituto di
Fisiologia della Facoltà di Medicina.
Dal 1883 al 1885 è stato Rettore della Palermo. Attività politica Liberale, aderì alla
rivoluzione siciliana del 1848 e quell'anno scrisse il testo Progetto per una
adeguata costituzione siciliana. Nel 1860 durante la spedizione dei Mille, fu
nominato da Giuseppe Garibaldi governatore di Salemi. Su quel periodo scrisse
nel 1886 il memoriale Garibaldi e i Mille.
Il 27 gennaio 1861 fu eletto deputato al primo Parlamento di Torino nel
collegio di Calatafimi e vi restò fino al 1864. In questa veste prese il suo
nome la legge disciplinante l'Enfiteusi dei beni ecclesiastici in Sicilia. Nel
1880 tornò alla Camera nella XIV legislatura e riconfermato nel 1882 nella XV,
fino al 1886. Il presidente del
Consiglio Francesco Crispi lo fece investire del titolo di conte di
Salemi. Riconoscimenti Il suo corpo è
tumulato nella Chiesa di Sant'Agostino di Salemi, divenuta con delibera
comunale dell'11 ottobre 1891 pantheon dei salemitani illustri. Uno busto del Corleo si trova all'ingresso
dell'Palermo. A Simone Corleo è
intitolato inoltre (in coabitazione con l'erudito ottocentesco Gaetano Daita)
un'importante segmento viario della pianta palermitana, che collega Piazza
Croci al centralissimo Politeama e una piazza nella sua città natale
(Salemi). Anche la biblioteca di Salemi
è intitolata a Simone Corleo. Si occupò di letteratura, medicina, scienza
fisica e naturale. Scrisse diverse tragedie e opere di carattere
filosofico. Meditazioni filosofiche; Progetto
per una adeguata costituzione siciliana; La filosofia universal; Per la
filosofia morale; Storia della enfiteusi dei terreni ecclesiastici di Sicilia; Il
sistema della filosofia universale, ovvero la filosofia della identità; Lezioni
di filosofia morale. CORLEO, Simone in Dizionario BiograficoTreccani Annuario dei Rettori della Palermo Simone Corleo / Deputati / Camera dei
deputati storico
//trapaninostra.it/Foto_Trapanesi/Didascalie/Corleo_Simone.htm Alfredo Li Vecchi, Simone Corleo, in
Dizionario biografico degli italiani,
29, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1983. 22 maggio . Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Simone Corleo Collabora a Wikimedia
Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Simone Corleo Opere di Simone Corleo, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Simone Corleo, .
Simone Corleo, su storia.camera.it, Camera dei deputati. PredecessoreRettore Università degli Studi di
PalermoSuccessoreStemma Università Palermo.jpg Gaetano Giorgio
Gemmellaro18831885Emanuele Paternò Biografie
Biografie: di biografie Categorie: Deputati dell'VIII
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XIV legislatura del Regno
d'ItaliaDeputati della XV legislatura del Regno d'Italia.
CORNELIO – Grice: “I love
Cornelio – he has a gift for titling his treatises: gyymnasma!” “My favourite
of his gymnasmata is the one on what he calls the ‘generation’ of ‘man’ – in
Roman, ‘homo’ is said to come from mud, humus – and this is strange because
Prometeo created man out of mud – In Rome, the more Catholic your philosophy
is, the more ‘Aquinate’, as it were, the less Hegelian and Platonic – so trust
an Italian philosopher to believe in the Graeco-Roman myth of the ‘generation
of man’ than the story of Adam’s spare rib, etc.!” -- Tommaso Cornelio ritratto di Tommaso Cornelio, 1688 Tommaso Cornelio
(Rovito, 1614Napoli, 28 novembre 1684) medico, matematico e filosofo italiano,
protagonista della rivoluzione scientifica del secolo XVII nel Regno di
Napoli. Tommaso Cornelio nacque in
Calabria, dove poté formarsi alla scuola cosentina sulle teorie
anti-aristoteliche di Bernardino Telesio, molto studiato nell'Accademia del
capoluogo della Calabria Citeriore. È
una delle principali personalità che introdussero il pensiero moderno e
scientifico nella penisola italiana e nel regno di Napoli. Studiò medicina a
Roma, dove entrò a contatto con la cultura scientifica dell'Italia
rinascimentale, approfondendo e facendo proprie molte tesi galileiane, conobbe
il naturalismo telesiano e campanelliano, di cui fu erede il suo maestro Marco
Aurelio Severino. Appena rientrò a
Napoli divenne professore di matematica e medicina teoretica: nella capitale
del sud portò la filosofia di Cartesio e di Gassendi. Al 1663 risale la sua
opera principale, i Progymnasmata physica, in cui sono esposte le sue teorie
matematiche e filosofiche. Opere
Progymnasmata physica Ad illustriss. marchionem Marcellum Crescentium
epistola... De cognatione aëris et aquae. Ad Marcum Aurelium Severinum
epistola Questo testo proviene in parte
dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del
Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page),
pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Luca Addante, "Tommaso
Cornelio (1614-1686)" in Cosenza e i cosentini: un volo lungo tre
millenni. Soveria Mannelli: Rubbettino Editore, 2001, 57–Regno di Napoli Cartesio Pierre Gassendi
Lucantonio Porzio Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Tommaso Cornelio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Tommaso Cornelio Vittor Ivo Comparato, Tommaso Cornelio, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Tommaso Cornelio, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Tommaso Cornelio, . Giuseppe Inzitari, Tommaso Cornelio, in
Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Biografie Biografie Matematica Matematica Medicina Medicina Categorie: Medici italianiMatematici
italiani del XVII secoloFilosofi italiani Professore1614 1684 28 novembre
Rovito NapoliAccademia cosentinaRegno di NapoliSalottieri
CORRADO: Grice:
“I like Corrado; of course we have the beefsteak, the English do; but Corrado
philosophised on the near ‘cibo pitagorico’ a Crotone and produced a
philosophical cookbook for the noblemen!” --
Vincenzo Corrado (Oria), filosofo.Uomo di grande cultura, fu soprattutto
grande gastronomo e uno dei maggiori cuochi che si distinsero tra il '700 e
l'800 nelle corti nobiliari di Napoli, simbolo del suo tempo nella variegata
realtà partenopea. Fu il primo cuoco che mette per iscritto la "cucina
mediterranea", il primo, a valorizzare la grande cucina regionale
italiana. Scrisse Il cuoco galante nel 1773, definito all'epoca un libro
di alta cucina, testo richiesto in tutto il mondo dalle principali autorità
dell'epoca, e ristampato per ordini del principe per ben 6 volte.
Preparava elegantissimi banchetti in principio alla corte di Don Michele
Imperiali Principe di Francavilla presso il palazzo Cellamare di Napoli, dove
coordinava un piccolo esercito di maggiordomi, domestici, volanti e paggi e
preparava i pranzi o le cene con particolare assortimento di vivande
accoppiandole con tanta fantasia e particolari accorgimenti architettonici ed
artistici al fine di formare una coreografia sontuosa e raffinata. Vincenzo
Corrado nacque in Oria il 18 gennaio 1736 da Domenico e da Maddalena Carbone.
Rimasto orfano per la morte del padre, ancora adolescente, divenne paggio alla
corte di Don Michele Imperiali che era Principe di Modena e Francavilla
Fontana, Marchese di Oria e Gentiluomo di camera di S.M. il Re delle due
Sicilie, che lo condusse a Napoli dove risedette per diversi anni. Appena
maggiorenne, entrò a far parte della Congregazione dei Padri Celestini nel
convento di Oria. Dopo l'anno di noviziato, Vincenzo fu chiamato dal
Superiore Generale De Leo nella residenza napoletana di San Piero in Maiella,
dove si specializzò negli studi di matematica, di astronomia e filosofia. Dallo
stesso padre generale fu avviato, anche, allo studio delle scienze naturali e dell'arte
culinaria, per la quale divenne famoso. Non diventò mai sacerdote per cui, dopo
la soppressione degli ordini religiosi, all'età di 38 anni, si stabilì a
Napoli, ove risedette per oltre cinquant'anni, insegnando la lingua francese e
spagnola ai figli delle famiglie aristocratiche della città, pubblicando
contemporaneamente molte sue opere che gli diedero successo e notorietà. Per i
molti impegni che ebbe a Napoli, V. Corrado non tornò più ad Oria, anche se non
mancarono momenti di nostalgia per la lontananza dalla sua famiglia e dalla sua
città natale. Egli morì proprio a Napoli il 11 novembre 1836 all'età di 100
anni. Il Principe di Francavilla gli attribuì la mansione di "Capo
dei Servizi di Bocca" (antica mansione con cui veniva chiamato colui che
era preposto a sovrintendere alla cucina, alla preparazione delle vivande e
all'organizzazione dei banchetti) di Palazzo Cellamare, sito sulla collina
delle Mortelle prospiciente il golfo di Napoli e della famiglia del Principe,
poiché molti illustri personaggi di un certo livello e rango, che venivano a
Napoli, invitati a mensa poterono constatare la fama di questa opulenta
ospitalità più spagnolesca e tipicamente partenopea che era in uso al
tempo. Parlando del suo lavoro Vincenzo Corrado così si esprimeva:
«L'abbondanza, la varietà, la delicatezza delle vivande, la splendidezza e la
sontuosiotà delle tavole richiedevano una schiera di uomini d'arte, saggi e
probi» Questa mastodontica organizzazione, era guidata proprio da
Vincenzo Corrado. Alle sue dipendenze lavoravano un maestro di casa, un maestro
di cucina ed un maestro di scalco che aveva il compito di acquistare, di
cucinare, di dissodare e di trinciare ogni tipo di animale, mentre una schiera
di cuochi, rispettando la gerarchia allora in uso, lavorava secondo la propria
specializzazione (oggi le grandi cucine dei Ristoranti hanno i cuochi di rango)
: vi era il cuoco friggitorie, quello per le insalate, il pasticciere, il
bottigliere e il ripostiere. Tutti questi erano aiutati da una serie di sguatteri
e di serventi che avevano il compito di girare intorno al tavolo per esibire lo
spettacolo fantasioso delle portate prima ancora di servirle. Tutta questa
organizzazione era coadiuvata da un piccolo esercito di maggiordomi, domestici,
volanti e paggi che interveniva non appena il servizio di cucina consegnava le
varie portate artisticamente decorate. Vincenzo Corrado, a seconda degli
ospiti del Principe preparava i pranzi o le cene con particolare assortimento
di vivande accoppiandole con tanta fantasia e particolari accorgimenti
architettonici ed artistici al fine di formare una coreografia sontuosa e
raffinata. Egli stesso ci descrive queste splendide composizioni con pregevole
gusto e raffinatezza, lasciando, anche, delle visioni grafiche. Gli elementi
decorativi della tavola erano affidati al maestro ripostiere che usava gusto
artistico e genialità: grandi vasi in porcellana ricolmi di fiori variopinti,
alzate di cristallo e argento a tre o quattro piani colmi di dessert o frutta o
fiori o ortaggi, bianchi gruppi di porcellana raffiguranti scene arcadiche o
bucoliche; puttini d'argento; gabbiette dorate con piccoli uccellini
cinguettanti; coppe di cristallo di varie fogge in cui guizzavano pesciolini
tra foglie di rose ed altri fiori. Il centro veniva racchiuso da una cornice di
frutta, di fiori freschi e di ortaggi, secondo la stagione variante, disposti,
intervallati da piccole spalliere di agrumi in porcellana con ortolani
nell'atto di raccoglierli. La composizione era la sintesi di un artista di provata
esperienza, di raffinata fantasia e di vivace estro, capace di accoppiare tanti
svariati elementi fondendoli insieme a formare uno spettacolo di gran gusto e
di particolare gradevolezza. Il valore del tavolo di gala completato dal
vasellame, cristalleria e argenteria di grande pregio era inestimabile.
Questo senso artistico, anche, nell'arte culinaria V. Corrado lo aveva
ereditato da un suo antenato Q. M. Corrado, letterato di mestiere. Ma per
quanto dotato di una cultura autodidatta, di vivacità d'ingegno, di originalità
e di una particolare facilità nell'insegnamento, se non avesse avuto la fortuna
di conoscere Don Michele Imperiali, che ne coltivò le particolari doti
incoraggiandolo a scrivere della sua specifica arte per tramandarla ai posteri,
probabilmente sarebbe rimasto un ottimo organizzatore, un appassionato
gastronomo, ma la sua fama si sarebbe estinta con lui. Le opere Il Cuoco
Galante Il Cuoco Galante Il primo libro vegetariano della nostra
storia il credenziere: colui che si prendeva cura della credenza L'opera
fu sottoposta, fino al 1857, a ben 7 ristampe. Prodotta fino al 1801 in 7500
copie, fu diffusa, in traduzione, anche all'estero. Dalla dedica si ricava il
leitmotiv dello scritto nonché la filosofia in cui credeva l'autore, che è di
questo tenore: il “buon Gusto nella Tavola” inteso come “sano pensare”. Questo
trattato di gastronomia fu pubblicato in prima edizione nel 1773; il successo
fu istantaneo e inaspettato, in quanto la precedente opera gastronomica, La
lucerna dei cortigiani, stampata presso Napoli nel 1634 e dedicata a Ferdinando
II duca di Toscana, non era riuscita ad attirare l'interesse del pubblico che
la trascurò ignorandola. Invece grande successo ottenne la prima edizione
del "Cuoco Galante" che si esaurì rapidamente, tanto che nel 1778 il
Principe ne ordinò una seconda edizione che ebbe eguale successo. Intanto
Vincenzo Corrado migliorò e ampliò il testo di questa opera e ne preparò una
terza edizione che venne pubblicata nel 1786. La fama del libro superò i
confini del Regno di Napoli e dell'Italia; infatti dall'estero giunsero
richieste da tutti quegli stranieri che avevano conosciuto ed apprezzato il
Corrado alla corte degli Imperiali, per cui nel 1794 si pervenne ad una quarta
edizione, seguita nel 1806 dalla quinta e infine la sesta pubblicata. Assolute
novità introdotte dall'autore erano allora la patata, il pomodoro, il caffè e
la cioccolata. Altre opere Incoraggiato dal successo del Cuoco Galante,
il Principe spinse l'autore a pubblicare nel 1778 un Credenziere del buon
gusto, del bello, del soave e del dilettevole per soddisfare gli uomini di
sapere e di gusto. Egli scrisse e pubblicò inoltre Il cibo Pitagorico, Trattato
sulle patate, Manovre del cioccolato e del caffè, Trattato sull'agricoltura e
la pastorizia ed infine Poesie baccanali per commensali. La dedizione
alla grande nobiltà Siamo dunque a fine settecento. Vincenzo Corrado è il faro
della cucina moderna della nobiltà a cavallo del periodo della rivoluzione
francese. Egli privilegia i personaggi di rango in visita alla mensa del
principe con opulenta ospitalità, più spagnolesca che partenopea. Orbene in
questo contesto di sfarzo godereccio, di lusso e di differenze sociali
abissali, il Corrado rimase fin dalla giovane età abbagliato dalla nobiltà, la
gente ricca e potente, verso la quale nutrirà sempre sentimenti di grande
reverenza se non addirittura di venerazione. Proprio per riconoscenza al
Principe, Vincenzo Corrado, dando alle stampe i suoi due libri, confessa:
«Questi due libri che del buon gusto trattano, con la guida e norma scrissi, e
pur mercé la tua generosità mandai alle stampe, e Tu di propria mano ne
segnasti il titolo il -Cuoco Galante- l'uno e il -Credenziere del Buon Gusto-
l'altro, tutti e due a te li porgo come frutto di un albero dalla mano
piantato... Mio Scopo egli è di richiamare alla memoria dei nobili uomini dei
quali Tu fosti la gloria l'ornamento alla memoria e la lode. Ah? Ma qual Tu
fosti non basterebbe di dire di cento e mille lingue, per cui io stimo meglio
il tacere e con il silenzio benedire gli anni che ti fu appresso.» La
preparazione dei banchetti L'organizzazione dei magnifici banchetti e delle
cene lussuose gli diedero l'appellativo di cuoco galante. La cosa straordinaria
è che dietro gli scenari di un favoloso pranzo o cena vi era una preparazione,
quasi orchestrale della quale il direttore era il Corrado. Alle sue dipendenze
vi era una vera e propria squadra di addetti alle cucine formata da precettori
cuochi e servienti. La presentazione estetica, oltre al gusto, acquista la sua
importanza in cucina, ed il Corrado dedica grande spazio alle decorazioni e al
modo di imbandire le tavole dei banchetti. Nell'opera del Corrado sono anche
presentati i sorbetti, in vari gusti, ed il caffè, che, a differenza dall'attuale
espresso, veniva bollito in apposite caffettiere. esempio di
banchetto, tratta dall'opera il cuoco galante Precettori un precettore di
alloggio e sistemazione posti per gli invitati, un precettore di preparazione
dei cibi, un precettore abile con utensili domestici, che aveva la mansione di
far provviste e comperare il necessario al mercato per le mense, di dissodare e
di affettare ogni tipo di carne o pesce. Chef e Cuochi Il cuoco friggitore, il
cuoco per le insalate, il pasticciere, il bottigliere, il ripostiere. Serventi
lavapiatti, camerieri, maggiordomi, domestici, volteggianti e giullari che
intervenivano non appena il servizio di cucina consegnava le varie portate
artisticamente decorate. Non era solo una semplice cena, era un vero e
proprio spettacolo, fuori dall'immaginato. A volte comprendeva l'utilizzo di
100 persone per altrettanti o più invitati. I banchetti o le cene con
caratteristiche e assortimenti di piatti erano accoppiate con tanta inventiva e
particolari astuzie architettoniche ed eleganti al fine di plasmare una
scenografia sfarzosa e affinata. Egli stesso nelle sue opere e nei suoi
diari ci descrive queste splendide composizioni culinarie come opere d'arte,
quasi uno spreco consumarle. Decorazioni Bicchieri e coppe di cristallo,
posate in argento intagliate, tovaglie di pizzo fiorentino, buche e
composizioni floreali, piatti in porcellana di Capodimonte Termini
culinari "Il Cuoco Galante", proprio nella terza edizione (1786),
alfine di una maggiore comprensione, Vincenzo Corrado spiega alcuni termini
"cucinarj" usati per la preparazione delle varie pietanze, ne
riportiamo un esempio: Bianchire: Far per poco bollire in acqua quel che
si vuole; Passare: Far soffriggere cosa in qualsiasi grasso; Barda: Fetta di lardo;
Inviluppare: Involgere cosa in quel che si dirà; Arrossare: Ungere con uova
sbattute cosa; Stagionare: Far ben soffrigere le carni o altro; Piccare:
Trapassar esteriormente con fini lardelli carne; Farsa: Pastume di carne, uova,
grasso ecc.; Farcire: Riempire cosa con la sarsa; Adobare: Condire con sughi
acidi, erbette, ed aromi; Bucché: Mazzetto d'erbe aromatiche che si fa bollire
nelle vivande; Salza: Brodo alterato con aromi, con erbe, o con sughi acidi;
Colì: Denso brodo estratto dalla sostanza delle carni; Purè: Condimento che si
estrae dai legumi, o d'altro; Sapore: La polpa della frutta condita, e ridotta
in un denso liquido; Entrées: Vivande di primo servizio; Hors-dœuvres: Vivande
di tramezzo a quelle di primo servizio; Entremets: Vivande di secondo servizio;
Rilevé: Vivande di muta alle zuppe, potaggi, o d'altro. Note Gian Paolo
Spaliviero, Il Vitello tonnatoStoria e ricette. 14 agosto 14 agosto ). Vincenzo Corrado, su
mastroscappi.org. 14 agosto . Vincenzo Corrado, su pizzanapoletanismo.com. 14
agosto 14 agosto ). Altri progetti
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Corrado Opere di Vincenzo Corrado, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl.
CORSINI: Grice:
“I like Corsii; if we at Oxford had a sublime history as they do in Italy, we
surely would be philosophising about it! Corsini taught philosophy at Pisa and
spent most of his efforts in deciphering what the Romans felt interesting about
Greek philosophy!” Grice: “Corsini also explored the roots of Roman philosophy
from the earliest times – ab urbe condita,’ as the Italians put it!” -- Odoardo
Corsini, o Edoardo, nato Silvestro, (Fellicarolo), filosofo. Studiò nel
Collegio dei padri scolopi fananesi, dove in seguito entrò quale novizio nel
1717 e in seguito si trasferì nel Noviziato di Firenze. Le sue capacità
lo portarono a diventare docente di filosofia a soli vent'anni presso la stessa
scuola nel 1723, prima ancora dell'ordinazione sacerdotale del 1725. Si
trasferì quindi all'Pisa dove insegnò fino alla sua morte. Tuttavia nel
periodo che va dal 1754 al 1760, il Corsini fu eletto Superiore Generale e
dovette trasferirsi a Roma. I principali campi di studio ai quali si
applicò furono: la filosofia, la cronologia, l'epigrafia, la filologia e la
numismatica ma si interessò anche di matematica, di logica, di fisica, di
idraulica, di didattica, di storia e di lettere antiche e moderne.
Illustrazione relativa alle recensioni su De Minnisari e Dubia de Minnisari
pubblicate ne gli Acta Eruditorum. Illustrazione relativa all'Epistola ad Paulum
M. Paciaudum, ...pubblicata negli Acta Eruditorum; Ragionamento istorico sopra
la Valdichiana, Firenze; Index notarum
Graecarum quae in aereis ac marmoreis Graecorum tabulis observantur, Firenze;
De Minnisari aliorumque Armeniae regum nummis et Arsacidarum epocha dissertatio,
Firenze. A. Fabbroni, Vitae Italorum...,
Pisis E. de Tipaldo, Biografie
degli italiani illustri, X, Venezia
1845. C. Antonioli, Elogio di Odoardo Corsini, Nov. Lett. di Firenze, Ugo
Baldini, CORSINI, Edoardo, in Dizionario biografico degli italiani, 29, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1983. 3 dicembre . F. Barbieri
e M. Zuccoli, Un elogio inedito di Odoardo Corsini (con tre lettere del
Fananese a Geminiano Rondelli), Rassegna Frignanese.
Biografia SISM, su dm.unito.it. Biografia Pisa, su biblio.adm.unipi.it.
CORTESE: Grice: “I love
Cortese; first he wrote on Frege, whose views on ‘aber’ are very much like mine
on ‘but’! – But then he also wrote on ‘irony,’ alla Socrates – as per
Kierkegaard’s example, “He’s a fine fellow! => He’s a scouncrel --, and most
‘theoretically,’ as the Italians put it – on the ‘principle of meaning’ –
significato – which had me thinking – I very freely speak of the principle of
conversational helpfulness, but somehow, principle of ‘signification’ sounds
obtuse! Signification seems too natural to require a principle! If helpfulness
and benevolence are evolutionary traits, they are certainly NOT ‘instituted’ as
principles, even if they are requirements for trust and the ‘institution of
decisions’!” “I am anything but a contractualist, and principle has to be taken
with a pinch of salt!” If I speak of a rational constraint, the idea of a
principle evaporates: it’s conversation as rational cooperation – as I put it –
as different from and stronger than ‘conversation as mere cooperation’ – but
this slogan frees us from a commitment to the existence of a ‘principle’ to
which we might want later to provide with some sort of ‘psycho-logical’
validation!” -- Alessandro Cortese (Milano) filosofo. Docente universitario di
filosofia, Professore all'Università degli studi di Trieste, scrittore,
curatore di opere filosofiche e docente di lingua danese, è stato allievo di
Gustavo Bontadini e poi di Augusto del Noce che lo chiamò come assistente
all'Trieste, dove poi salì in cattedra e insegnò per molti anni fino alla
pensione. Studioso di Søren Kierkegaard,
tradusse e commentò buona parte della sua opera. Per la sua passione per questo
filosofo, cominciò negli anni cinquanta, dapprima da autodidatta, lo studio
della lingua danese, di cui in seguito divenne docente presso l'Università
Cattolica di Milano, dopo averla perfezionata con lunghi soggiorni a Copenaghen
durante i quali ebbe modo di entrare a stretto contatto con gli specialisti
kierkegaardiani. Tra i suoi campi di
interesse si annovera anche Vincenzo Gioberti, di cui curò l'edizione critica;
nel tempo libero si dedicava all'alpinismo, alla pittura ed alla musica. È morto a 67 anni, pochi giorni dopo la
conclusione della versione definitiva di un'opera a cui stava lavorando da
anni. I suoi funerali sono stati concelebrati a Sant'Angelo Lodigiano, città
d'origine della sua famiglia, dal Parroco della Chiesa dei SS. Antonio e
Francesca, da don Aldo Locatelli e dal prefetto della Biblioteca Ambrosiana di
Milano, Mons. Franco Buzzi, di cui era amico personale da tempo e che aveva
curato la prefazione di alcuni suoi libri. È sepolto nella cappella di famiglia
a Sant'Angelo Lodigiano. Opere: Una
nuova kirkegaardiana, Vita e pensiero,
Milano, Esistenzialismo e fenomenologia, SEI, Torino ,Protologia e temporalità,
Gregoriana, Roma, Kierkegaard oggi , Vita e pensiero, Milan, Del principio di
creazione o del significato, Liviana, Padova,Kierkegaard, La scuola, Brescia, Per
il concetto di ironia, Marietti, Genova, La Creazione: Un'apologia accidentale della
filosofia, prefazione di Mons. Franco Buzzi, Marietti, Genova, Traduzioni e
commenti Søren Kierkegaard, La lotta tra il vecchio e il nuovo negozio del
sapone, Liviana, Padova,Søren Kierkegaard, Enten-Eller ([Victor Eremita],
1843), Adelphi, Milano, tr. integrale, Søren Kierkegaard, L'attrice. Opera
pseudonima di Kierkegaard, Antilia, Treviso,Søren Kierkegaard, Due discorsi
edificanti del maggio 1843, Marietti, Genova, Edizioni critiche e curatele
Vincenzo Gioberti, Teorica del sovrannaturale o sia discorso sulle convenienze
della religione rivelata colla mente umana e col progresso civile delle
nazioni, 3 voll., Cedam, Padova, 1970 (fa parte di Edizione nazionale delle
opere di Vincenzo Gioberti) Angelo Marchesi, Di ermeneutica e rivelazione. Due
conferenze, a cura e con una nota di Alessandro Cortese, Lint, Trieste, Vincenzo
Gioberti, Introduzione allo studio della filosofia, Cedam, Padova, Uniba, su
lgxserver.uniba.it.
CORVAGLIA Grice: “I love Corvaglia – or
corvus in diluvio, as he called himself! – a very Italian philosopher and thus
interested in the history of Italian philosophy, especially Vannini – the fact
that he wrote plays on philosophical subjects – La casa di Seneca – helps!”
-- Nella sua biblioteca a Melissano. Luigi
Corvaglia (Melissano) filosofoo. Epigrafe casa natale di L.
Corvaglia a Melissano Luigi Corvaglia ha operato soprattutto in tre campi:
nella Filosofia del Rinascimento, nel Teatro e nella Letteratura Narrativa,
pubblicandone a suo tempo i risultati. Tra i lavori teatrali meritano di
essere ricordate le commedie:La casa di Seneca (1926); Rondini (1928); Tantalo
(1929); Santa Teresa e Aldonzo (1931). Tra gli studi
filosofico-scientifici si distinguono per vastità e profondità i volumi Le
opere di Giulio Cesare Vanini e le loro fonti (1933-34) e VaniniEdizioni e
plagi, risposta polemica condotta contro le veementi critiche ricevute da Guido
Porzio. Nel 1936 pubblica il romanzo Finibusterre, trasfigurazione quasi
sacra della sua amata terra e del popolo del Basso Salento, ch'egli incitavacon
ogni mezzo, anche se spesso travisato e intralciato e persino calunniatoa
crescere, per migliorare materialmente e moralmente. Il romanzo fu ben accolto
dalla critica. Benedetto Croce, a cui Corvaglia lo aveva dedicato, rimarcò "lo
sfondo storico rappresentato in modo assai vigoroso" e il
"trattamento dei caratteri e degli effetti". Con maggiore puntualità
Annibale Pastore (già suo professore all'Torino) gli confidava di sentire
emergere nella sua mente, attraverso figure e temi del romanzo, ricordi
sepolti, "struggente malinconia", un mondo molto simile a quello del
Manzoni, "anch'esso celato alla superficie, soffuso d'ironia-limite",
e tuttavia turbato da altri affascinanti caratteri, quali: "il sorprendente
realismo, la perfetta armonia, l'effusione poetica, l'occhio acuto e sicuro,
che scruta l'animo umano fin nelle più remote pieghe". Dal 1936 fino
alla morte si dedica totalmente, per un trentennio intero, allo studio del
pensiero del Rinascimento, animato dal bisogno di "trarre alla luce
obliterate sorgive", e percorrendo il movimento (spesso alquanto
sconosciuto) della filosofia europea, che dal Rinascimento risale fino al Medio
Evo. Dal 1943 al 1946 s'apre nella sua vita uno spiraglio di fiducia
verso gli "uomini impegnati", e si presta"doverosamente"
secondo la sua fede politicaall'attività politica, accogliendo e votandosi alla
cultura mazziniana, cui rimane fedele sin dagli anni della prima giovinezza. È
di questo periodo la pubblicazione, tra l'altro, dei Quaderni Mazziniani: Noi
Mazziniani, Mazzini ed il Partito di Azione, L'Acherontico retaggio, Il Partito
Repubblicano italiano, il discorso Ai giovani, la conferenza (edita da Laterza)
su Giuseppe Mazzini. Carta del Salento Dopo la proclamazione della
Repubblica Italiana, però, si allontana da ogni azione politica, ritenendola
del tutto estranea e lontana dall'ideale da lui vagheggiato e sperato. Si
trasferisce a Roma, nell'ambiente culturale a lui più consono, ritornando agli
studi tra i suoi libri, dove soltanto sente di vivere senza alcun compromesso,
in assoluta libertà. Cascata di S.M. di Leuca Opere postume Al
lavoro dell'ultimo ventennio si deve il proseguimento degli studi vaniniani,
con la stesura di un terzo, quarto e quinto volume, pubblicati postumi a cura della
figlia Maria. Rimasta ancora inedita e inesplorata rimane, invece, la
monografia di Giulio Cesare Scaligero, un lavoro di "speleologia
dottrinaria", come egli stesso amava dire e come lasciò scritto. Luigi
Corvaglia si spense proprio quando il traguardo era già vicino. Dovrebbe aver
ultimato anche una monografia su Gerolamo Cardano, ma anche questa andrebbe
posta tra gli inediti. Ancora oggi, a 50 anni di distanza dalla sua scomparsa,
il problema degli inediti resta aperto e forse lontano dalla soluzione.
Nel , in occasione del 50º anniversario della morte del letterato-filosofo, su
iniziativa dell'Amministrazione Comunale di Melissano, è stato avviato un
"Biennio di Studio dell'opera di Luigi Corvaglia" (-), al fine di
approfondirne e divulgarne la conoscenza. Alla realizzazione del progetto
collaborano, come protagonisti, anche l'Amministrazione Provinciale di Lecce,
l'Università degli Studi del Salento e l'Istituto Comprensivo Statale di
Melissano, che chiuderanno il biennio dei lavori, organizzando nell'aprile il "1º Convegno Nazionale di Studio su
Luigi Corvaglia", al fine di dibattere argomenti di particolare interesse
presenti nella sua opera. A tale riguardo si sta già operando non solo sul
piano della ricerca specialistica e accademica, ma anche sulla promozione
d'iniziative, che coinvolgano biblioteche e settori culturali degli Enti
Locali, creando opportunità per sviluppare in maniera articolata e organica la
ricognizione e la valorizzazione del patrimonio culturale salentino in generale
e melissanese in particolare, lasciato in eredità da Luigi Corvaglia.
La casa di Seneca- Commedia di L. Corvaglia Opere Opere
letterariecommedie La casa di Seneca (dedicata a "A mio Padre");
Tipografia Fratelli Carra, Matino (Lecce), 1926. Rondini (dedicata "Al mio
povero innocente Nova, fuggevole visione di un Infinito", che avvampa e
dilegua in vicenda amara di avventi senza natale"; Tipografia Fratelli
Carra, Matino (Lecce), 1928. Tantalo (dedicata "A mia Madre");
Tipografia Fratelli Carra, Matino (Lecce), 1929. Santa Teresa e Aldonzo
(dedicata "Alla mia donna"); L. Cappelli Editore, Bologna,
1931. Rondini- Commedia di L. Corvaglia Opere LetterarieRomanzo
Finibusterre, Editrice Dante Alighieri, Milano, 1936. Ristampato
anastaticamente nel 1981con Introduzione di Donato Valli -, presso Congedo
Editore di Galatina e successivamente nel 2006 presso Edizioni dell'Iride di
Tricase . Opere Filosofiche Le opere di Giulio Cesare Vanini e le loro
fonti, I. Anphitheatrum Aeternae
Providentiae, Società Dante Alighieri, Milano, 1933. Introduzione
semiseria dialogata per il lettore Vanini. Edizioni e plagi, Tipografia Carra
di Casarano, 1934. Ricognizione delle opere di G.C. Vanini, in "Giornale
Critico della Filosofia Italiana", fascicolo IV, 1957. Giulio Cesare
Vanini e le sue fonti, (postumo), pubblicato dalla figlia Maria Corvaglia in
"Zagaglia", n. 43, settembre 1969. La poetica di Giulio Cesare
Scaligero nella sua genesi e nel suo sviluppo, in "Giornale Critico della
Filosofia Italiana", Sansoni Edizioni Scientifiche, Firenze, 1959,
fascicolo II, 213– 239. Le opere di
Giulio Cesare Vanini, Ristampa Maria Corvaglia e Gino Pisanò, in vari tomi
presso Congedo Editore, Galatina, negli anni 1991-1994. Ora anche in Le opere
di Giulio Cesare Vanini e le loro fonti: 1 PDF Download. Opere Politiche
Quaderni Mazziniani n° 1. Noi Mazziniani, Tipografica di Matino (Lecce), 1944
Quaderni Mazziniani n° 2. Mazzini e il partito d' azione (critica), Tipografica
di Matino (Lecce), 1944 Quaderni Mazziniani n° 3. L'acherontico retaggio (con
l'elogio della vita comune), Tipografica di Matino (Lecce), 1944 Quaderni
Mazziniani n° 4. Il partito repubblicano italiano, Tipografica di Matino
(Lecce). Discorso tenuto a Lecce nel Teatro Paisiello il 21 gennaio 1945.
Giuseppe Mazzini, Discorso commemorativo tenuto a Lecce nel Teatro Apollo il 10
marzo 1947, Laterza, Bari, 1947 Tantalo- Commedia di L. Corvaglia G.R.
Ceriello, Finibusterre, in "La Sera"di Milano, 1 ottobre 1936.
Recensione ne "Il Mattino" di Napoli, 22 ottobre 1936. G. Gabrieli, Finibusterre,
Il romanzo salentino di L. C., ne "La Gazzetta del Mezzogiorno", 3
novembre 1936. Recensione ne "Il Mattino di Napoli, 17 novembre 1936. F.
M. Pugliese, Recensione in "Voce del popolo" di Taranto, 25 dicembre
1936. E. Rivalta, Recensione ne "Il Giornale d'Italia", 25 febbraio
1937. O. Fava, Il romanzo dell'autore sconosciuto, in "Il popolo" di
Roma, 2 marzo 1937. E. Vernole, Recensione in "Rinascenza salentina",
a. V, n. 2, 1937, 182-194. E. Allodoli,
Nuovi narratori, in "La Nazione", Firenze, 16 febbraio 1938. Aldo
Vallone, Profilo di Luigi Corvaglia attraverso scritti inediti, in “Zagaglia”,
XIII, n. 50, 1971, ora compreso nel volume Scritti salentini e pugliesi,
Giancarlo Vallone, Galatina, Congedo, 2003. U. Franco, Finibusterre, in "La
Voce del Sud", Lecce, 24 maggio 1975. Donato Valli, Introduzione a
Finibusterre, nella ristampa fotomeccanica presso Congedo Editore, Galatina,
nel 1981. Quintino Scozzi, Luigi Corvaglia, in Un Paese del Sud. Melissano.
Storia e tradizioni popolari, Tipografia di Matino, 1981. Maria Corvaglia e
Gino Pisanò, curatori della ristampa in vari tomi deile Opere di Giulio Cesare
Vanini e le sue fonti, Congedo Editore, Galatina, 1991-1994. Aldo Vallone,
Corvaglia Meridionalista e Polemista, in Scritti Salentini e Pugliesi,
Giancarlo Vallone,, Congedo Editore, Galatina, 2003, 211-222. Enrico Gaballo, Il Salento nella
produzione letteraria di Luigi Corvaglia (1892-1966), pubblicato su “Spicilegia
Sallentina”, n° 7, 13 gennaio . Fernando Scozzi, Luigi Corvaglia: non solo letterato,
in "Fondazione Terra d'Otranto", 11 febbraio . Gigi Montonato,
Cinquant’anni fa scompariva Luigi Corvaglia, studioso del Vanini, scrittore e
pensatore politico in “Necrologi e Ricordi”, dell’Università Popolare “Aldo
Vallone” di Galatina, pubblicato anche in "Presenza Taurisanese" a.
XXXIV n. 2febbraio . Cosimo Scarcella, Introduzione allo studio di Luigi
Corvaglia da Melissano, Tipografia Emme, Tuglie, Antonio Lucio Giannone, Luigi Corvaglia: una
figura da riscoprire, in "Presenza Taurisanese" a. XXXVI n. 1Gennaio
. Cosimo Scarcella, Luigi Corvaglia raccontato da Quintino Scozzi, in
"Presenza Taurisanese" a. XXXVI n. 4Aprile . Cosimo Scarcella , Luigi
Corvaglia. La Poetica di Giulio Cesare Scaligero nella sua genesi e nel suo
sviluppo, Musicaos Editore, . Gigi Montonato, Scarcella ripubblica il saggio di
Luigi Corvaglia sulla Poetica di G.C. Scaligero, in "Presenza
Taurisanese" a. XXXVI n. 307, Dicembre . Gigi Montonato, Convegno di
studio su Luigi Corvaglia. L'uomo, lo studioso, il pensatore politico. A
Melissano un Centro Studi, in "Presenza Taurisanese" a. XXXVIII n.
317, Gennaio . Cosimo Scarcella, Note sul pensiero politico di Luigi Corvaglia.
Popolo Sacralità Religiosità, in "Presenza Taurisanese" salentolibri.it/corvaglia-luigi-finibusterre
COSI – Grice: “I love
Cosi; my favourite of his philosophical essays on justice is the one on
‘l’accordo,’ for this is what my principle of conversational helpfulness or
co-operation is all about!” -- Giovanni Cosi
Questa voce è orfana Questa voce sull'argomento filosofi è orfana,
ovvero priva di collegamenti in entrata da altre voci. Inseriscine almeno uno
pertinente e non generico e rimuovi l'avviso. Segui i suggerimenti del progetto
di riferimento. Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un
abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Giovanni Cosi
(Firenze, 1951) è un filosofo, giurista e accademico italiano. Biografia Si laurea presso la Facoltà di
Giurisprudenza dell'Firenze. Autore di diversi libri, il cui primo è pubblicato
nel 1979 con il titolo "La liberazione artificiale", per la Giuffrè
Editore. Tra gli anni settanta e ottanta Professoretiene alcuni seminari grazie
ai quali pubblica nel 1981 due libri: "Religiosità e teoria critica"
e "Secolarizzazione e risacralizzazioni", sempre pubblicati per la
Giuffrè Editore. Questi due libri vengono fusi nel 1990 in un unico volume dal
titolo "Il sacro e giusto", edito da FrancoAngeli. Dopo aver compiuto ricerche sull'espressione
del dissenso in forma non rivoluzionaria negli ordinamenti liberal-democratici,
pubblica per la Giuffrè Editore il volume "Saggio sulla disobbedienza
civile". Dal 1985 si occupa di indagini storiche e critiche sui problemi
etici della professione legale. Da queste indagini pubblica nel 1987 il testo:
"Il giurista perduto" per l'editrice Giuntina. Ha insegnato presso le facoltà di
Giurisprudenza delle Firenze e Sassari ed è ordinario a Siena. Dal 2007 è coordinatore e responsabile
scientifico dell'Ente di formazione per mediatori istituito presso il
Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Siena. Opere (parziale) La liberazione artificiale:
l'uomo e il diritto di fronte alla droga, Giuffrè Editore, 1979, Milano Saggio
sulla disobbedienza civile: storia e critica del dissenso in democrazia,
Giuffrè Editore, 1984, Milano Il giurista perduto: avvocati e identità
professionale, Giuntina, 1987, Firenze Il sacro e il giusto: itinerari di
archetipologia giuridica, FrancoAngeli, 1990, Milano Il Logos del diritto,
Giappichelli Editore, 1993, Torino La responsabilità del giurista: etica e
professione legale, Giappichelli Editore, 1998, Torino Con Maria Antonietta Foddai,
Lo spazio della mediazione, Giuffrè Editore, 2003 Invece di giudicare, Giuffrè
Editore, 2007, 203 pagine Con Giuliana Romualdi, La mediazione dei conflitti,
Giappichelli Editore, Torino . Legge, Diritto, Giustizia, Giappichelli Editore,
Torino . Con Stefano Berni, Fare giustizia. Due scritti sulla vendetta, Giuffré
Editore, Milano . Note Giovanni Cosi,
dirittoestoria.it. 21-03-. Prof.
Giovanni Cosi, ass-equilibrio.it. 21-04-. Filosofia Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloGiuristi italiani del XX secoloGiuristi
italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1951
Firenze
COSMACINI: Grice:
“I like Cosmacini; for one he wrote on THREE areas of my concern: ‘cuore’, as
when we say that two conversationalists reach an ‘accord’! – on ‘empatia’ – a
Hellenism, and most importantly, on ‘compassione,’ which is at the root of my
principle of conversational benevolence. -- Giorgio Cosmacini (Milano), filosofo.
Si diploma con il massimo dei voti e si iscrive alla facoltà di medicina a
Pavia. Il padre, architetto di professione, muore nel gennaio del 1950 a causa
di un cancro ai polmoni, mentre Giorgio stava frequentando il secondo anno di
medicina. Nel 1951 decise di trasferirsi a Pavia per seguire più assiduamente
le lezioni e le esercitazioni del terzo anno di università. In questo periodo
gli fu diagnosticata una cardite reumatoide, dovuta allo stress per la morte
del padre. Nello stesso anno si recò in viaggio in Francia con la madre, vide
il Tour de France e assistette, negli studi di Radio France, all'intervista
radiofonica fatta ai due campioni Bartali e Coppi. Durante la sua permanenza a
Limoges conobbe l'anziano medico della famiglia Quinque, proprietari del più
rinomato negozio di porcellane della città, il quale gli regalò un'opera di
Bichat: “La vie et la mort”, per insegnargli che la vita doveva essere definita
e compresa a partire dalla morte. Gli studi medici a Pavia procedettero per il
meglio, tanto da ricevere esenzioni dalle tasse universitarie per gli ottimi
risultati ottenuti. Dopo che l'esondazione del Ticino ebbe inondato Pavia, si
trasferì nel palazzo Vistrarino, che poi abbandonò negli ultimi anni di
università, durante i quali si dedicò anima e corpo allo studio e al tirocinio
in clinica. Nel pomeriggio del 12 luglio 1954, a ventitré anni, si laureò in
medicina con un biennio di anticipo rispetto al normale corso di studi.
Nella scelta della specializzazione fu molto indeciso tra il corso in
odontoiatria e quello in radiologia, ma nel frattempo gli fu offerto un ruolo
di “volontario tappabuchi”, per colmare le lacune dell'ospedale Busto Arsizio.
Il suo nuovo impiego prevedeva l'esecuzione di pratiche endovenose e la
sperimentazione di nuove soluzioni farmaceutiche sui malati. Nonostante il suo
notevole impegno durante il tirocinio, non aveva ancora acquisito l'esperienza
necessaria per eseguire correttamente queste pratiche e soffriva di un
complesso di inferiorità. Questo svanì quando fu affiancato ad un compagno di
corso che gli fece da "mentore" e gli insegnò anche ad entrare in
confidenza col malato. Sotto le armi Nel gennaio del 1955 finisce il suo
apprendistato e, chiamato alle armi, si presenta alla Scuola di Sanità Militare
di Firenze. Questa esperienza diviene propizia allo studio della patologia
traumatica, dell'assistenza bellica, delle urgenza di guerra, delle aggressioni
da armi atomiche, chimiche, biologiche, dell'organizzazione sanitaria nelle
varie emergenze e calamità. Lasciò anche spazio per la frequentazione di un
“Corso di igiene pratica” presso l'Firenze, che seguì assiduamente nelle ore
serali, ottenendo il relativo diploma in data 24 maggio 1955. Finita
l'esperienza militare fiorentina, ulteriore pedana di lancio per la sua
carriera, viene nominato sottotenente e assegnato all'Ospedale Militare di
Milano, dopo essere risultato secondo in graduatoria. Rientrato da Firenze, le
trasformazioni di modernizzazione di quel periodo di benessere generale lo
riguardarono in prima persona: viveva a casa propria, al mattino prendeva il
tram che lo portava all'Ospedale Militare di Baggio, passava tre o quattro ore
nel “Reparto II medicina”, rincasava per il pranzo, aveva il resto della
giornata a disposizione, si incontrava con la fidanzata e gli amici prima o
dopo cena. Da lui stesso questo periodo fu definito: “Una pacchia: pagata, in
sovrappiù”. La morte di don Carlo Gnocchi La morte di don Carlo Gnocchi a
soli 53 anni, avvenuta alla fine di febbraio 1956, rattrista profondamente
Giorgio. Difatti, il sacerdote fu il padre spirituale del medico nella sua
infanzia. Anche se Giorgio, da tempo, non aveva più uno stretto legame con lui,
i suoi insegnamenti gli rimasero impressi per tutta la vita: “Non dimenticarti
di essere buono”. Medico della mutua L'esperienza dell'Ospedale Militare
si conclude nel maggio del 1956 e sul finire dello stesso anno ottiene, in
qualità di medico generico, la “convenzione della mutua” o INAM(Istituto
nazionale per l'assicurazione contro le malattie) e apre un ambulatorio
mutualistico nel quartiere della Barona di Milano. Secondo Giorgio per saper
essere medico“essere” nel senso pienonon è sufficiente la competenza acquisita,
fatta di conoscenza ed esperienza e soggetta ad aggiornamento periodico, è
necessaria anche la disponibilità, dote caratteriale permanente, fatta di
comprensione e partecipazione. Un buon medico non deve esclusivamente misurare
le problematiche della malattia, ma ha l'obbligo di analizzare le qualità
psicologiche, sociali ed esistenziali del malato. Fare bene il mestiere di
“medico della mutua” non significava gestire un certo numero di “mutuanti”;
voleva inoltre dire aver cura di una comunità di persone, ciascuna delle quali
con esigenze proprie. Qualche tempo dopo gli viene offerto un posto
all'ospedale Fatebenefratelli, in corso di Portanuova, quindi inizia a fare
numerose “supplenze” per i colleghi e anche alcune visite a domicilio. Le serie
di supplenze più numerose furono quelle a Limito e si protrassero per un anno e
mezzo. La nuova specialistica e il matrimonio Nel 1958 si iscrisse alla
specialistica di radiologia arrivando secondo all'esame di ammissione
raggiungendo in quel periodo circa trecento mutuanti. Il 15 settembre 1958
coronò il suo fidanzamento, durato otto anni, e il viaggio di nozze fu su una
Fiat Nuova 500. Della nuova utilitaria era il quarto acquirente in Italia e, in
quanto tale, la rivista Quattroruote lo ritrasse accanto all'autovettura nuova
nell'atto di aprire la portiera davanti all'ambulatorio. Al rientro dal viaggio
di nozze dovette rinunciare momentaneamente a specializzarsi in radiologia,
poiché gli fu offerta una lunga supplenza, della durata totale di sei mesi e
ben retribuita, nell'Ospedale Civile “Giuseppe Fornaroli” di Magenta. Dopo la
nascita della sua primogenita Paola, decise di continuare gli studi di
cardiologia abbozzati durante i mesi di supplenza. Ciò non gli fu possibile,
perché il suo precedente corso di specialistica in radiologia non era ancora
terminato. Tornò quindi a frequentare i corsi di radiologia e, nel giro di un
anno, si specializzò con una tesi d'avanguardia: “Il fosforo radioattivo nella
terapia della policitemia rubra (morbo di Vaquez)”. In seguito gli fu offerto
l'incarico di “assistente radiologo” nel più grande ospedale cittadino:
l'Ospedale Maggiore di Milano-Niguarda. Nell'estate del 1960 contrasse
un'epatite acuta di tipo A nell'esercizio della professione curando una giovane
malata affetta da itterizia. I primi lavori scientifici All'inizio degli
anni '60 poteva contare su più di mille assistiti; in quel periodo nacque la sua
secondogenita Barbara. Nel marzo e nell'agosto 1966, sulla più prestigiosa
rivista radiologica italiana “La Radiologia Medica”, comparvero i suoi due
primi lavori scientifici, dedicati allo studio di due malattie pressoché
sconosciute: la “emosiderosi polmonare” e la “sindrome di Dressler consecutiva
a infarto miocardico”. Alla fine dell'anno le sue pubblicazioni
scientifiche erano ventuno e sul finire del '68 circa settanta. L'Ospedale
Maggiore gli conferì il premio di “operosità scientifica”. Scrisse anche un
libro, edito da “Minerva Medica”, in collaborazione con l'amico-collega
Fiorentino Costa e dedicato a delle malattie della cistifellea relativamente
frequenti, ma ignorate da più: le “colecistosi”. L'esame per la libera
docenza Nel 1959, quando i suoi mutuanti erano circa millecinquecento, decise
di realizzare un suo sogno: la libera docenza. Per diventare professore
bisognava superare, previa ammissione “per titoli”, degli esami da sostenere a
Roma, davanti a una commissione composta da cinque cattedratici del ramo, veri
e propri “luminari”. Ma il 30 maggio 1969 il Corriere della Sera pubblicò la
notizia che quell'anno il concorso per la libera docenza, sotto decisione del
Ministro Ferrari-Aggradi, non si sarebbe svolto. Per lui quel titolo era "un
saldo di conto col passato", una garanzia per il suo futuro e un
riconoscimento di un ruolo che era congeniale alla sua persona. Finalmente dopo
una serie di lettere scambiate con l'onorevole Ferrari-Aggradi e un'ennesima
delusione per una “finta ammissione”, il 9 giugno 1971, dopo un breve esame, il
radiologo in carriera fu abilitato alla libera docenza con un decreto
ministeriale. Quando tale decreto venne notificato, il neo professore non era
più assistente all'Ospedale di Niguarda, ma già da sei mesi dirigente, nel
Policlinico Universitario, del Servizio di radiologia dell'Istituto di
patologia medica. Docenza Attualmente insegna Storia della medicina
presso la Facoltà di Filosofia e quella di Medicina e Chirurgia dell'Università
Vita-Salute San Raffaele e presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
dell'Università degli Studi di Milano. È considerato il maggiore storico della
medicina italiano ed è autore di numerose opere d'argomento storico-medico e
filosofico-medico. È collaboratore della pagina culturale del Corriere della
Sera. Il 14 gennaio il sindaco di
Milano Giuliano Pisapia gli conferisce l'Ambrogino d'oro. Opere Scienza
medica e giacobinismo in Italia. L'impresa politico-culturale di Giovanni Rasori
(1796-1799), Collana La società, Milano, Franco Angeli, 1982. Röntgen. Il
"fotografo dell'invisibile", lo scienziato che scoprì i raggi x,
Collana Biografie, Milano, Rizzoli, 1984. Gemelli. Il Machiavelli di Dio,
Collana Biografie, Milano, Rizzoli, 1985. Storia della medicina e della sanità
in Italia. Dalla peste europea alla guerra mondiale (1348-1918), Gius. Laterza
& Figli, 1987 [ I volume di 3 ] Medicina e Sanità in Italia nel Ventesimo
secolo. Dalla 'Spagnola' alla 2ª Guerra Mondiale (1918-1945), Roma-Bari,
Laterza, 1989. [ II volume di 3 ] La medicina e la sua storia. Da Carlo V al Re
Sole, Collana Osservatorio italiano, Milano, Rizzoli, 1989. Una dinastia di
medici. La saga dei Cavacciuti-Moruzzi, Collana Saggi italiani, Milano,
Rizzoli, 1992. Storia della medicina e della Sanità nell'Italia contemporanea,
Roma-Bari, Laterza, 1994. [ III volume di 3 ] G. Cosmacini-Cristina Cenedella,
I vecchi e la cura. Storia del Pio Albergo Trivulzio, Roma-Bari, Laterza, 1994.
La qualità del tuo medico. Per una filosofia della medicina, Roma-Bari,
Laterza, 1995 Medici nella storia d'Italia, Roma-Bari, Laterza, 1996 L'arte
lunga. Storia della medicina dall'antichità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 1997 Il
medico ciarlatano. Vita inimitabile di un europeo del Seicento, Laterza, 1998
Ciarlataneria e medicina. Cure, maschere, ciarle, Milano, Raffaello Cortina,
1998 La Ca' Granda dei milanesi. Storia dell'Ospedale Maggiore, Roma-Bari,
Laterza, 1999. Il mestiere di medico. Storia di una professione, Collana
Scienze e Idee, Milano, Raffaello Cortina, 2000 G. Cosmacini-Claudio Rugarli,
Introduzione alla medicina, Roma-Bari, Laterza, 2000 Biografia della Ca'
Granda. Uomini e idee dell'Ospedale Maggiore di Milano, Laterza, 2001 Medicina
e mondo ebraico. Dalla Bibbia al secolo dei ghetti, Collana Storia e Società,
Roma-Bari, Laterza, 2001 Il male del secolo. Per una storia del cancro,
Roma-Bari, Laterza, 2002 La stagione di una fine, 1943-1945, Terziaria, 2002.
Il medico giacobino. La vita e i tempi di Giovanni Rasori, Collana Storia e
Società, Roma-Bari, Laterza, 2002 G. Cosmacini-Roberto Mordacci, Salute e
bioetica, Torino, Einaudi, 2002 G. Cosmacini-Roberto Satolli, Lettera a un
medico sulla cura degli uomini, Roma-Bari, Laterza, 2003 La vita nelle mani.
Storia della chirurgia, Collana Storia e Società, Roma-Bari, Laterza, 2003 Una
vita qualunque, 1918-1940, viennepierre edizioni, 2003. Il medico materialista.
Vita e pensiero di Jakob Moleschott, Collana Storia e Società, Roma-Bari,
Laterza, 2004 «La mia baracca». Storia della fondazione Don Gnocchi,
Presentazione del Cardinale Dionigi Tettamanzi, Laterza, 2004 G.
Cosmacini-Maurizio De Filippis-Patrizia Sanseverino, La peste bianca. Milano e
la lotta antitubercolare (1888-1945), Milano, Franco Angeli, 2004. L'arte
lunga. Storia della medicina dall'antichità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2005 Il
romanzo di un giovane medico (1951-1971), viennepierre edizioni, 2005 L'Islam a
La Thuile nel Medioevo. Un «tuillèn» alla terza crociata: andata, ritorno,
morte misteriosa, KC Edizioni, 2006. Le spade di Damocle. Paure e malattie
nella storia, Collana Storia e Società, Roma-Bari, Laterza, 2006 La religiosità
della medicina. Dall'antichità a oggi, Collana Storia e Società, Roma-Bari,
Laterza, 2007 L'anello di Asclepio. 1990-2007. L'età dell'oro, viennepierre
edizioni, 2008. G. Cosmacini-Andrea W. D'Agostino, La peste, passato e
presente, Milano, Editrice San Raffaele, 2008 La medicina non è una scienza.
Breve storia delle sue scienze di base, Collana Scienze e Idee, Milano,
Raffaello Cortina, 2008 Il medico saltimbanco. Vita e avventure di Buonafede
Vitali, giramondo instancabile, chimico di talento, istrione di buona creanza,
Roma-Bari, Laterza, 2008 Prima lezione di medicina, Collana Universale.Prime
lezioni, Roma-Bari, Laterza, 2009 Il medico e il cardinale, Milano, Editrice
San Raffaele, 2009 Testamento biologico. Idee ed esperienze per una morte
giusta, Bologna, Il Mulino, G.
Cosmacini-Giuseppe Scotti, Francesco Scotti 1910-1973. Politica per amore,
Presentazione di Arturo Colombo, Milano, Franco Angeli, . Guerra e medicina.
Dall'antichità a oggi, Collana Storia e Società, Roma-Bari, Laterza, .
Compassione. Le opere di misericordia ieri e oggi, Bologna, Il Mulino, . La
scomparsa del dottore. Storia e cronaca di un'estinzione, Milano, Raffaello
Cortina, . Camillo De Lellis. Il santo dei malati, Roma-Bari, Laterza, . G.
Cosmacini-Paola Cosmacini, Il medico delle mummie. Vita e avventure di Augustus
Bozzi Granville, Collana Percorsi, Roma-Bari, Laterza, . G. Cosmacini-Giorgio
Cavalleri, 10 anni (1935-1945). Como, il lago, la montagna, NodoLibri, Tanatologia della vita e stetoscopio. Bichat,
Laënnec e la "nascita della clinica", AlboVersorio, . Medicina e
rivoluzione. La rivoluzione francese della medicina e il nostro tempo, Collana
Scienza e Idee, Milano, Raffaello Cortina, . Un triennio cruciale (1945-1948).
Como, il lago, la montagna, NodoLibri,
La forza dell'idea. Medici socialisti e compagni di strada a Milano
(1890-1980), L'Ornitorinco, Per una
scienza medica non neutrale. Tre maestri della medicina tra Ottocento e
Novecento, L'Ornitorinco, Medicina
Narrata, Sedizioni, G. Cosmacini-Martino
Menghi, Galeno e il galenismo. Scienza e idee della salute, Milano, Franco
Angeli, . Chimica della vita e microscopio. Pasteur e la microbiologia,
AlboVersorio, . Per una scienza medica non neutrale. Tre maestri della medicina
in Italia fra Ottocento e Novecento, L'Ornitorinco, Il tempo della cura. Malati, medici,
medicine, NodoLibri, Elogio della
Materia. Per una storia ideologica della medicina, Edra edizioni, L'Infinito di Leopardi. Un impossibile congedo,
Sedizioni, . Memorie dal lago e ricordi dal confine. Como, il lago, la
montagna, NodoLibri, Salute e medicina a
Milano. Sette secoli all'avanguardia, L'Ornitorinco, . La medicina dei papi,
Collana Storia e Società, Roma-Bari, Laterza,
Medici e medicina durante il fascismo, Pantarei, . Il viaggio di un
ragazzo attraverso il fascismo, 1935-1946, Pantarei, . G. Cosmacini-Giovanni
Ferrari, Historia cordis, Ass. Gianmario Beretta, . Curatele Dizionario di
storia della salute, G. Cosmacini, Giuseppe Gaudenzi, Roberto Satolli, Collana
Saggi n.807, Torino, Einaudi, 1996. Note
Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un giovane medico
(1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.35. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.49. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.50. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.69. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.87. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.89. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.96. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.98. Giorgio Cosmacini, "La mia baracca".Storia
della Fondazione Don Gnocchi, Laterza, Roma-Bari 2004, p.XX . Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.102. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.115. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.117. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.119. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.129. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.145. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.176. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.189. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.190. Giorgio Cosmacini, "Il romanzo di un
giovane medico (1951-1971)", viennepierre edizioni, 2005 pag.197. Il Sindaco consegna Ambrogino d'Oro al
professor Giorgio Cosmacini, su comune.milano.it, 14 gennaio . 9 ottobre .
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Giorgio Cosmacini Giorgio Cosmacini su don Gnocchi, su
youtube.com.
COSMI: Grice: “I love Cosmi
– for one he uses the very exact phrase I do, ‘the general principles of
discourse,’ and he also finds them to have a rational (‘razionale’) basis –
they involve those desiderata for helpful communication, a co-operative
principle – concerning most constraints I refer to: the necessity to avoid
superfluity (supperfluita) and to maximize clarity (chiarezza) – so that’s
genial!” – Grice: “Cosmi actually has two treatise, a more theoretical one,
“General principles of discourse,” and an applied tract, “Metodo’ – of the
“general principles of discourse’ – he had already elaborated on all the
figures of rhetoric, so he knew what he was talking about and where he was
leading --.” Grice: “The fact that he like me also loved Locke – and perhaps
was more of a ‘sensista’ than I am, makes him great, too!” -- Giovanni Agostino
De Cosmi (Casteltermini), filosofo. Fu un'imponente figura della cultura
siciliana. Formatosi nel Seminario dei Chierici di Agrigento, ricoprì la carica
di rettore dell'Università degli Studi di Catania; nel 1788 ricevette da
Ferdinando di Borbone l'incarico di redigere il piano regolatore delle Scuole
Normali dell'Isola. Diede un rilevante contributo all'innovazione del pensiero
pedagogico illuministico europeo. Secondo lo storico Francesco Renda il De
Cosmi fu un «grande pedagogista, il primo e il più geniale del regno
meridionale e uno dei primi e più geniali del Settecento italiano». Francesco Renda, Storia della Sicilia dalle
origini ai giorni nostri, 2, Palermo,
Sellerio, 2003753, 88-389-1914-3.
Caterina Sindoni, Giovanni Agostino De Cosmi e la scuola popolare di Sicilia,
Messina, Samperi, 160,
978-88-86038-88-1. Giovanni
Agostino De Cosmi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Giovanni Agostino De Cosmi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Biografie Storia Storia Categorie: Pedagogisti
italianiFilosofi italiani Professore1726 1810 5 luglio 24 gennaio Casteltermini
PalermoRettori dell'Università degli Studi di Catania
COSOTTINI: Grice:
“Cossotini considers ‘Home, sweet home,’ in terms of linearity – surely Miss X
can ‘improve’ on the score! Especially if she did visit Payne’s little cottage
by the sea – in Easthampton, and shed a tear!” -- Mirio Cosottini NazionalitàItalia Italia GenereMusica
contemporanea Musica sperimentale Jazz Musica d'ambiente Periodo di attività
musicale1994in attività Strumentotromba, flicorno, pianoforte EtichettaImpressus
Rec., Amirani Rec., Materiali Sonori Modifica dati su Wikidata Manuale Mirio
Cosottini (Figline Valdarno, 9 settembre 1971) è un trombettista, compositore e
filosofo italiano. Si diploma in tromba al Conservatorio di Firenze
"Luigi Cherubini”, perfezionando poi lo studio dello strumento con il
trombettista francese Pierre Thibaud. Successivamente s'interessa di
improvvisazione musicale collaborando con il collettivo sperimentale Timet,
dove riveste il ruolo di esecutore, compositore e teorico musicale. Questa
esperienza, portata avanti dal 1996 al 2002, gli consente di conoscere numerosi
musicisti e artisti italiani e stranieri, fra i quali Stefano Bollani, Monica
Demuru, Beppe Mangione, Ares Tavolazzi, Mirko Guerrini, Letizia Renzini,
Fernando Maraghini, Raffaella Giordano, il poeta Giancarlo Majorino, Andres
Bosshard, Mariposa, Enrico Gabrielli, Alessandro Fiori, Andrea de Luca, Elliott
Sharp, Zeena Parkins, Ikue Mori, Stefano Battaglia, Enrico Rava, Frank Shulte,
Werner Puntigam. Inoltre, negli stessi anni, collabora con musicisti e
compositori fra cui Maurizio Ben Omar, Oliviero Lacagnina, Vinko
Globocar. Nel 1998 compone le musiche per il film Anche le donne hanno
perso la guerra del regista Carlo Bolli, tratto da un testo teatrale di Curzio
Malaparte e prodotto da RaiSat con la collaborazione del Comune di Prato.
Nel 1999 si laurea in Filosofia all’Università degli Studi di Firenze e
prosegue gli studi in Filosofia della Musica ottenendo, nel , il Dottorato in
Storia delle Società, delle Istituzioni e del Pensiero dal Medio Evo all’Età
Contemporanea, con una tesi di Filosofia della Musica dal titolo Fenomenologia
dell'improvvisazione musicale. La prospettiva del performer. Nel 2002 è
chiamato da Stefano Bollani, che ne cura produzione e arrangiamenti, a
partecipare alle session in studio per il CD di Bobo Rondelli Disperati Intellettuali
Ubriaconi. Nel 2003, con il compositore e pianista Bruno De Franceschi,
compone le musiche per There Where We Were prodotto dalla compagnia di danza
Deja Donné, fondata da Lenka Flory e Simone Sandroni. La prima mondiale dello
spettacolo avviene al Tanzwerkstatt Europa Festival di Monaco di iera. Con De
Franceschi continuerà poi a collaborare per numerose performance in Italia e
all’estero. Collaboreranno inoltre con il gruppo vocale Tacitevoci Ensemble
(Cristiana Arcari, Elena Arcuri, Enrico Fink) dove parteciperanno anche
musicisti come Paolino Dalla Porta, Damiano Puliti, Marco Papeschi, Oliviero
Lacagnina. Nello stesso anno è poi chiamato dal regista Massimo Luconi, con il
quale nascerà successivamente una proficua e intensa collaborazione, per comporre
le musiche di No Man's Land, uno spettacolo teatrale con testo di Sandro
Veronesi e la produzione del Teatro Metastasio di Prato. Nel 2005
compone, con Dialy Maly Cissoko dell'Orchestra di Piazza Vittorio, le musiche
per Le pareti della solitudine dall'opera di Tahar Ben Jelloun, un progetto
drammaturgico per la regia di Massimo Luconi e con l'attore Ferdinando
Maraghini. Nello stesso anno, con il fagottista Alessio Pisani, fonda
l'Associazione GRIM (Musical Improvisation Research Group), la quale gli dà
modo di collaborare con musicisti come Gianni Mimmo, Mario Arcari, Angelo
Contini, Marco Tindiglia, Francesco Cigana, Filippo Pedol, Andrea Melani, Paolo
Botti, Michel Godard e Luca Cartolari degli Anatrofobia; inoltre, come GRIMedia
Records, realizza numerose produzioni discografiche. Sempre nello stesso anno
compone le musiche per la compagnia Sosta Palmizi (A.Paz e La favola Esplosa),
potendo così collaborare con danzatori come Giorgio Rossi, Raffaella Giordano,
Simone Sandroni, Masako Noguchi, Teodora Popova. Dal 2005 al insegna Improvvisazione Musicale al
Conservatorio di Padova, periodo nel quale tiene numerosi laboratori
d’improvvisazione (Exploratorium, Berlino; Corsi di Alto Perfezionamento di
Bertinoro di Romagna; Cantieri di Montepulciano; Conservatorio "Bruno
Maderna" di Cesena, Conservatorio di Musica “L. Cherubini” di
Firenze). Nel 2007 compone le musiche per il documentario storico And
They Came To Chicago: The Italian American Legacy, prodotto da Gia Amelia e con
la voce narrante di Joe Mantegna. Il documentario è premiato al WTTW11 (PBS) e
al NBC5, mentre la colonna sonora vince il Telly Awards del 2008. Sempre
nel 2008 è con Mirko Guerrini nell'ensemble che accompagna Massimo Altomare e
Stefano Bollani per i concerti legati al disco Le Fanfole, canzoni composte su
testi del poemetto metasemantico di Fosco Maraini Gnosi delle Fanfole. Nello
stesso anno instaura la collaborazione con il pianista e didatta Tonino Miano,
elaborando teorizzazioni sul rapporto tra Linearità e Nonlinearita nella musica
che poi i due sviluppano e applicano realizzando alcuni cd pubblicati per la
Impressus Records e GRIMedia Records. The Curvature of Pace del 2008. Cardinal
del 2009, che si avvale della partecipazione di Alessio Pisani e Andrea Melani,
un progetto dove i quattro musicisti si muovono pacatamente per le loro vie,
variando direzioni e anche versi, ascoltandosi sempre, ma con dialoghi liberi e
mai serrati. The Inner Life of Residue del , più coerente con un idioma
jazzistico. A fine anno appare nella classifica Top Jazz della rivista Musica
Jazz come miglior strumentista dell'anno per la categoria ottoni. Nel
2009 realizza come EA Silence (trio composto da Cosottini, Cartolari e Pisani)
Cono di Ombra e Luce ed appare di nuovo nelle classifiche di fine anno della
rivista Musica Jazz, sia nella categoria Musicista, sia come Miglior Nuovo
Talento e Strumentista (per la categoria ottoni) e Cono di Ombra e Luce,
insieme al CD Cardinal, è nella classifica di Miglior Disco dell'Anno.
Nel compone le musiche per Il Dolore,
dall'opera di Marguerite Duras. Uno spettacolo con Mariangela Melato, la regia
di Massimo Luconi e prodotto dal Teatro Comunale di Firenze e dal Teatro
Stabile di Genova; nel , uscirà il DVD dello spettacolo pubblicato per il
Corriere della Sera. Inoltre, a fine anno, risulta come Miglior Strumentista
della categoria ottoni nella classifica Top Jazz della rivista Musica Jazz ed è
anche presente come Miglior Disco con Flatime e come Miglior Formazione con
EASilence. Sempre nello stesso anno collabora di nuovo con Massimo Altomare per
le registrazioni del disco Outing dove, tra gli altri, partecipano anche
Stefano Bollani, Lorenzo Piscopo e Walter Paoli. Nel compone le musiche per Sarabanda, spettacolo
teatrale con Luciana Lo Jodice, la regia di Massimo Luconi e la produzione del
Teatro Metastatio di Prato. Nel
partecipa come musicista alla trasmissione radiofonica Il Dottor Djembè,
via dal solito tam tam di Radio RAI Tre, condotta da David Riondino, Stefano
Bollani e Mirko Guerrini. Da questa esperienza, oltre a consolidare il rapporto
artistico e di amicizia con Guerrini, inizia una fitta collaborazione con David
Riondino che accompagna spesso nei suoi spettacoli, curandone le musiche ed
eseguendole dal vivo: La musica dei matti con Mirko Guerrini (), Alatiel con
Monica Demuru (), Bocca Baciata (), Triglie, Principesse, Tronisti e Alpini ().
Sempre nello stesso anno, con Mirko Guerrini, elabora una sorta di
ritrattistica sonora costituita attorno ad alcuni vincoli fisionomici e
zodiacali, i Ritratti Sonori appunto, che ha avuto un largo spazio nella
trasmissione radiofonica Alza il Volume in onda su Radio3 e in seguito, sempre
per la stessa emittente, partecipano al Materadio, la festa che si svolge a
Matera dal e curata dalla radio.
L'esperimento dei Ritratti Sonori fu anche commissionato da La Repubblica e
pubblicato sul sito Rep TV nel giugno del . Dal collabora regolarmente con l’Exploratorium di
Berlino e con il pianista, ricercatore e insegnante di musica Reinhard Gagel.
Approfondisce i temi della didattica dell’improvvisazione con il saggio Sound
Invariance, Graphic and Improvisation (), la cui pubblicazione è curata da
Gagel stesso. Insieme, poi, pubblicano il CD Piece Without Memory (), una
creazione dialogica di suoni del tutto libera e interamente legata all'istante,
tale da produrre composizioni dallo sviluppo verticale, non direttamente legate
allo sviluppo nel tempo. Le note di copertina sono del filosofo Alessandro
Bertinetto e con lui, Cosottini, continuerà una proficua collaborazione
filosofico/musicale all’interno dell’Udine/Trieste. Con il filosofo, nel , con
il tema Improvvisare la verità parteciperà anche agli incontri di Musica e
Filosofia Prismi, organizzati dall'Ateneo Veneto (San Marco 1897,
Venezia). Nel realizza le musiche
per il CD Le radici e le aliOmaggio a Senghor con la partecipazione di Dialy
Maly Cissoko e il percussionista Papi Thiam. La musica è realizzata all’interno
di performance coordinate dal regista Massimo Luconi e con la presenza di
musicisti come Paolo Fresu e Uri Caine. Nel , dallo spettacolo Bocca
Baciata, oltre a suonare cura anche gli arrangiamenti per il CD di David
Riondino Bocca Baciata non perde ventura, anzi rinnova come fa la Luna,
distribuito dalla Materiali Sonori. Inoltre, sempre dal , collabora con il
centro di ricerca Tempo Reale, che si occupa del rapporto tra musica e nuove
tecnologie e fondato nel 1987 da Luciano Berio. In maniera particolare lavora
con il direttore Francesco Giomi e i musicisti Francesco Canavese e Monica
Benvenuti. Realizza la partitura grafica Dettagliper tre esecutori, che
consiste di una mappa e ottantuno carte con segni grafici codificati (la mappa
e le carte sono i “veicoli” e il modo in cui si legge la grafia genera
molteplici possibilità musicali); e poi la partitura grafica I-Silenceper
ensemble, che in seguito sarà registrata e distribuita in digitale
dall’etichetta TRema. Nel
costituisce con il trombonista Niccolò Pontenani il Free Chamber Brass,
un ensemble di musica improvvisata che debutta con un concerto per la rassegna
del Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano, manifestazione ideata dal
compositore Hans Werner Henze. L'ensemble suonerà all'interno della Tipografia
Madonna delle Querce dove, insieme ai musicisti del quartetto, suonano anche i
tipografi che utilizzano le loro macchine da lavoro. Oltre a ciò compone le
musiche per lo spettacolo Prometeo di Massimo Luconi e la produzione del Teatro
Stabile di Napoli. Nel collabora
alle session in studio per il CD Majakovskij!il futuro viene dal vecchio ma ha
il respiro di un ragazzo di Arlo Bigazzi e Chiara Cappelli, coinvolgendo
inoltre Mirko Guerrini e partecipando poi ad alcune rappresentazioni dal vivo
dello spettacolo di teatro e musica. Nel
partecipa con Arlo Bigazzi, Pier Luigi Andreoni e Blaine L. Reininger,
co-fondatore dei Tuxedomoon, alla realizzazione della colonna sonora per il
wordless novel del disegnatore Luca Brandi, edita dalla Hollow Press. Il CD
Tribæ Soundtrack è invece pubblicato dalla Materiali Sonori. La filosofia
e la musica I suoi studi si concentrano sulla filosofia della musica e sulla
pedagogia dell’improvvisazione musicale, scrivendo numerosi saggi per riviste
specializzate come Musica Domani, Perspectives of New Music, Aisthesis,
Musicheria e la rivista online De Musica. Inoltre, nel , pubblica Playing with
Silence per la Mimesis International, un libro sul silenzio e sulle sue
potenzialità performative, mentre nel dà
alle stampe per la ETS Metodologia dell'Improvvisazione Musicale. Tra Linearità
e Nonlinearità, un libro di metodologia dell’improvvisazione musicale nel quale
Cosottini teorizza la dicotomia tra Lineairtà e Nonlineairtà come strumento per
l’analisi dell’improvvisazione musicale. Opere 2008Musical research
Through Young Bodie in Perspectives of New Music, Volume 46/1 2009Non-linearità
per aprirsi all’improvvisazione musical in Musica Domani, trimestrale della
Società Italiana per l’Educazione Musicale, Anno XXXIX, N.151, EDT Studio del
silenzio in contesti non lineari, su DE MUSICA, annuario a cura del Seminario
Permanente di Filosofia della Musica dell’Milano, rivista online diretta da
Carlo Serra La Non-linearità dell’ElectroAcousticSilence, website All About
Jazz Italia con A. Pisani Metodi non lineari e l’improvvisazione in Musica
Domani trimestrale della Società Italiana per l’Educazione Musicale, Anno XLI,
N.158, EDT Non linearità e segno grafico in Musica Domanitrimestrale della
Società Italiana per l’Educazione Musicale, n. 164-165, EDT Ascolto creativo e
scrittura creativa di un’improvvisazione musicale in Percorsi Musicali, blog di
Ettore Garzia Five Improvisations in Ontologie Musicali, Alessandro Bertinetto
e Alessandro Arbo, AisthesisFirenze Invarianza, tempo e improvvisazione
musicale in Itinera, rivista online di filosofia e di teoria delle arti. DOI
Quando improvvisiamo, siamo tutti ciechi, 7/12/, Musicheria.netrivista di
educazione musicale Playing with Silence, Mimesis International, 978-88-5752-665-2 Sound Invariance, Graphic
and Improvisation in Improvisation enforschenImprovisierend forschen, eds.
Gagel and Schwabe, Transcript,
978-3-8376-3188-3 Metodologia dell’improvvisazione musicale. Tra
Linearità e Nonlinearità Edizioni ETS,
978-8-8467-46993 L’estetica dell’improvvisazione tra suono e silenzio in
Musica Domani, n.180 Discografia 2001Papi Thiam, MIrko, Guerrini, Mirio
Cosottini David TiopLe terribili onde della libertà Officine della Cultura
2006Kao Cissoko, Mirio Cosottini Le Radici e le Ali Teatro Metastasio di Prato
2007EAQuartett Electroacousticquartett Grimedia Rec. 2008Mirio Cosottini Tonino
Miano, The Curvature of Pace Impressus Records 2009EA Silence Cono di Ombra e
Luce Grimedia Rec./Amirani Rec. 2009Mirio Cosottini, Alessio Pisani, Tonino
Miano, Andrea Melani Cardinal Grimedia Rec./Impressus Rec. EA Silence Flatime
Grimedia Rec./Amirani Rec. EAOrchestra Likeidos Grimedia Rec./Amirani Rec. A
Windy Season TidalAmphidromic Cotidal Grimedia Rec. Mirio Cosottini Mantras IRC
Discs Mirio Cosottini, Tonino Miano The Inner Life of Residue Impressus Rec.
Reinhard Gagel, Mirio Cosottini Pieces without Memory IRC Discs Arlo Bigazzi
feat. Mirio Cosottini, Blaine L. Reininger, Pier Luigi Andreoni Tribæ
Soundtrack Materiali Sonori Timet 1996Timet Cicli di Sintesi PerBox 1997Timet
Quadri di schermo vivo Arti Elettroniche 1997Timet Colazione con la pietra Arti
Elettroniche 1998Timet La via negativa I Dischi Forma 1999Timet Restituzioni I
Dischi Forma 2000Timet Carne capitata Matrix-I Dischi Forma 2002Timet
Zaratustra I Dischi Forma Collaborazioni 1994Fulvio Caldini DataHands Ariston
1997Andrea ChimentiFernando Maraghini Qoelet Consorzio Produttori Indipendenti
1998Tacitevoci EnsembleNaqqâra Ensemble La mutazione Tve 2002Bobo Rondelli
Disperati Intellettuali Ubriaconi Venus 2003Giorgio Gaber Io non mi sento
italiano CGD 2003Irene Grandi Prima di partire CGD 2004Marco Parente L’attuale
giungla Mescal 2009Mirko Guerrini Il bianco e l'augusto Emarcy Universal
Massimo Altomare Outing Wing/Edel Neurodeliri Nuova Era autoproduzione Tempo
Reale Electroacoustic Ensemble Open Music N.1 David Riondino Bocca baciata non
perde ventura, anzi rinnova come fa la Luna Giano Produzioni/Materiali Sonori
Apparizioni in raccolte 1998V.A. Snowdoniani baccelloni attaccano Megaton 4
SnowdoniaTimet, E Sofferma E 2001V.A. Come fiori in MareLuigi Tenco, Riletto
Lilium ProduzioniMarco Parente, Se Potessi Amore Mio DVD Il Dolore regia
Massimo Luconi, musiche Mirio CosottiniCorriere della Sera 2005Le pareti della
solitudine regia Massimo Luconi, musiche Mirio Cosottini e Maly Dialy
CissokoInsekt multimedia Note Rockol com
s.r.l, √ 'Disperati Intellettuali Ubriaconi', le nuove atmosfere di Bobo
Rondelli, su Rockol. 26 agosto . Peter
M. Boenisch, recensione, tanznetz.de, 9 agosto
2003tanznetz.de/blog/2758/tanz-kino-zum-eindosen A.V., Libro Biancosulla diffusione della musica
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Archiviato il 10 agosto in . cfr. AAJ Italy Staff, AltreMusiche, 3 aprile
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Repubblica.ithttp://video.repubblica.it/edizione/firenze/madonna-il-ritratto-sonoro/98227/96609?ref=search cfr. Neri Pollastri, All About Jazz, 24
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allaboutjazz.com/pieces-without-memory-mirio-cosottini-irc-improvisation-research-center-review-by-neri-pollastri.php annuncioIl Giornale della Musica, 11 ottobre
giornaledellamusica.it/news/venezia-incontri-di-musica-e-filosofia Felice Colussi, recensioneFolk Bulletin, 15
marzo
folkbulletin.com/david-riondino-bocca-baciata-non-perde-ventura-cd-giabomateriali-sonori-99134-8012957991340/ Irene Trancossi, videoRep TV, 16 luglio
video.repubblica.it/edizione/firenze/stampatrici-e-tagliacarte-a-ritmo-di-musica-il-concerto-e-in-tipografia/246864/246969?fbclid=IwAR3xdUzA3IPV3WK3IoHuMVcjEW79APhuysATJsd425fcw-Xk91xV9DiL7P4 Mauro Leone, intervista ad Arlo BigazziDo You
Need A Sign, 5 marzo//doyouneedasign.it//03/05/arlo-bigazzi/ Salvatore Esposito, recensioneBlogFoolk
n.418, 26 luglio blogfoolk.com//07/arlo-bigazzi-feat-blaine-lreinger-pier.html.
COSTA: Grice:
“I love Costa; if I have to chose three of my favourite essays of his, those
would be, “Le passioni,” “L’uomo fuori di se: l’esternalissazione’ and above
all, his sublime, “l’estetica della communicazione,’ which is what my
philosophy is all about!” -- Mario Costa
(Torre del Greco), filosofo. È conosciuto, in particolare, per aver studiato le
conseguenze, nell'arte e nell'estetica, delle nuove tecnologie, introducendo
nel dibattito internazionale una nuova prospettiva teorica, attraverso concetti
come "estetica della comunicazione", "sublime tecnologico",
"blocco comunicante", "estetica del flusso". È stato Professore di Estetica all'Salerno e,
come professore incaricato di Metodologia e storia della critica letteraria e
di Etica ed estetica della comunicazione, ha contemporaneamente insegnato per
molti anni nelle Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e di
Nizza (Sophia-Antipolis). All'Salerno ha fondato e diretto, dal 1985, Artmedia,
Laboratorio permanente dedicato al rapporto tra tecno-scienza, filosofia ed
estetica, organizzando su queste tematiche decine di iniziative di studio,
mostre e convegni internazionali. Nel 1991 il suo libro L'estetica dei media ha
ottenuto il Premio Nazionale "Diego Fabbri". Ha pubblicato una
trentina di libri; alcuni di essi e numerosi suoi saggi sono tradotti e
pubblicati in Europa e in America. Pensiero Il suo lavoro teorico si è
svolto in due momenti successivi ed ha seguito due fondamentali direzioni di
ricerca: l'interpretazione socio-politica e filosofica delle avanguardie
artistiche del XX secolo, e l'elaborazione di una filosofia della tecnica
costruita soprattutto attraverso l'analisi dei cambiamenti che la nuova
situazione tecno-antropologica ha indotto nell'arte e nell'estetico. Per
quanto riguarda la prima delle due direzioni indicate, egli, a partire dalla
fine degli anni sessanta, ha fornito un complesso di interpretazioni
filosofiche ed estetiche di numerosi movimenti dell'avanguardia artistica e
letteraria. Momenti di particolare rilievo in questo ambito di ricerca possono
essere considerati i suoi lavori su Marcel Duchamp e sulle funzioni della
moderna critica d'arte, nonché i suoi studi sul "lettrismo" e sullo
"schematismo", movimenti artistici di grande importanza, anche
estetologica, ma, all'epoca, pressoché ignoti in Italia. Per quanto riguarda la
seconda delle direzioni indicate, il suo pensiero si è a sua volta sviluppato
secondo due assi fondamentali: uno riguardante le conseguenze sociali ed etiche
della comunicazione tecnologica, riassunte soprattutto nel libro La televisione
e le passioni del 1992 che analizza gli effetti disgreganti e distruttivi della
televisione, e poi nel più recente La disumanizzazione tecnologica del 2008, e
l'altro, dominante rispetto al primo, consistente in un ripensamento del senso
che l'"estetico" e l'"artistico" vanno assumendo nella fase
attuale delle nuove tecnologie elettro-elettroniche e digitali della scrittura,
dell'immagine, della spazialità, del suono e della comunicazione, ciò che lo ha
condotto ad una radicale ed originale reimpostazione teoretica di tutto il
campo investigato. Negli ultimi suoi lavori (Ontologia dei media del , e Dopo
la tecnica del ) la prospettiva teoretica si è andata ulteriormente
approfondendo dando luogo ad una compiuta filosofia dei media e della tecnica
in quanto tale. Alcune opere rappresentative L'estetica dei media (1990 e 1999)
può considerarsi, per i contenuti trattati e per la inedita metodologia di
indagine instaurata e seguita, un libro che apre un nuovo campo di ricerca,
prima del tutto ignorato ed inesplorato dalle discipline estetologiche, quello
appunto della "estetica dei media", da non confondere, ad esempio,
con l'estetica della fotografia o con quella del cinema, alle quali ha comunque
dedicato altri suoi importanti lavori. Il libro in questione segue ai diversi
contributi teorici relativi all'estetica della comunicazione le cui identificazione,
nominazione e formulazione teorica risalgono al 1983, e che è ora
rappresentata, nella sola Italia, da numerose Cattedre e indirizzi
universitari. Il sublime tecnologico (1990 e 1998) è considerato il lavoro più
noto e più innovativo di tutta la sua produzione teorica; è in esso che,
considerando le conseguenze indotte nel campo dell'arte e dell'estetico dalla
nuova situazione tecno-antropologica, si parla dell'oltrepassamento della
dimensione dell'arte e delle categorie ad essa connesse, nella direzione di una
nuova forma di sublime, quella appunto del sublime tecnologico, con tutto
quello che questo concetto implica e comporta. La nozione del sublime
tecnologico è stata diffusamente accolta e seguita sul piano internazionale
della teoria estetica ed ha sollecitato un incalcolabile numero di
sperimentazioni da parte di artisti di tutto il mondo. Arte contemporanea ed
estetica del flusso () traccia le linee di una nuova estetica e della
sperimentazione artistica che da essa può scaturire. Si tratta da una parte di
un violento e argomentato pamphlet contro l'arte contemporanea, ritenuta “una
congerie più o meno sgradevole di nullità mercantili”, e dall'altra della
tematizzazione ed elaborazione del concetto di “flusso estetico tecnologico”,
considerato come ultima e residua possibilità di sperimentazione per gli
artisti e come chiave per comprendere alcuni aspetti dell'ontologia
contemporanea. Dopo la tecnica () ripercorre la storia delle varie epoche della
tecnica sottolineandone la discontinuità e la capacità di agire configurando,
ogni volta in maniera diversa, l'organizzazione antropologica di chi da esse è
abitato. Sulla base di questi presupposti, si mostra come la tecnica, una volta
connessa e dipendente dai bisogni umani, si va rendendo incondizionatamente
autonoma forzando l'uomo a vivere dentro di essa, ad appartenerle e a favorire
il suo sviluppo. Opere Arte come soprastruttura, Napoli, CIDED, 1972 Teoria e
Sociologia dell'arte, Napoli, Guida Editori, 1974 Sulle funzioni della critica
d'arte e una messa a punto a proposito di Marcel Duchamp, Napoli, M.Ricciardi
Editore, 1976 Il ‘lettrismo' di Isidore Isou. Creatività e Soggetto
nell'avanguardia artistica parigina posteriore al 1945, Roma, Carucci Editore,
1980 Le immagini, la folla e il resto. Il dominio dell'immagine nella società
contemporanea, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1982 Il sublime
tecnologico, Salerno, Edisud, 1990 L'estetica dei media. Tecnologie e
produzione artistica, Lecce, Capone Editore, 1990 Il ‘lettrismo'. Storia e
Senso di un'avanguardia, Napoli, Morra, 1991 La televisione e le passioni,
Napoli, A.Guida, 1992 Lo ‘schematismo'. Avanguardia e psicologia, Napoli,
Morra, 1994 Lo ‘schématisme parisien'.Tra post-informale ed estetica della
comunicazione, Fondazione G.E.Ghirardi, Piazzola sul Brenta (Padova), 1995
Sentimento del sublime e strategie del simbolico, Salerno, Edisud, 1996 Della
fotografia senza soggetto. Per una teoria dell'oggetto tecnologico,
Genova/Milano, Costa & Nolan, 1997 Il sublime tecnologico. Piccolo trattato
di estetica della tecnologia, Roma, Castelvecchi, 1998 Tecnologie e costruzione
del testo, Napoli, L'Orientale, 1998 L'estetica dei media. Avanguardie e
tecnologia, Roma, Castelvecchi, 1999 L'estetica della comunicazione. Come il
medium ha polverizzato il messaggio. Sull'uso estetico della simultaneità a
distanza, Roma, Castelvecchi, 1999 Dall'estetica dell'ornamento alla
computerart, Napoli, Tempo Lungo, 2000 Internet e globalizzazione estetica,
Napoli, Tempo Lungo, 2002 New Technologies, Artmedia-Museo del Sannio, ottobre
2003 Dimenticare l'arte. Nuovi orientamenti nella teoria e nella
sperimentazione estetica, Milano, Franco Angeli, 2005 Phenomenology of New Tech
Arts, University of Salerno, November, 2005 L'oggetto estetico e la critica, Salerno,
Edisud, 2007 La disumanizzazione tecnologica. Il destino dell'arte nell'epoca
delle nuove tecnologie, Milano, Costa & Nolan, 2007 Della fotografia senza
soggetto. Per una teoria dell'oggetto estetico tecnologico, Milano, Costa &
Nolan, 2008 Arte contemporanea ed estetica del flusso, Vercelli, Mercurio
Edizioni, Ontologia dei media, Milano,
Postmediabooks, Dopo la tecnica. Dal
chopper alle similcose, Napoli, Liguori Editore, Progetti Il lavoro teorico di Costa teso, tra
l'altro, a definire la nuova epoca dell'estetico connessa alle neo-tecnologie
elettro-elettroniche e digitali, e a fare in modo che questa si andasse ben
configurando e definendo, si è, per ciò stesso, sempre accompagnato ad
un'intensa attività di promozione estetico-culturale: agli inizi degli
anni ottanta organizza a Napoli, col supporto della RAI-TV, una grande
esposizione di videoarte (Differenzavideo, novembre 1982); nell'ottobre 1983,
per sollecitare una riflessione sugli effetti estetico-antropologici indotti
dalle tecnologie della comunicazione, co-organizza (con Mario Perniola) presso
l'Salerno, il Convegno Estetica e antropologia i cui Atti sono, in parte,
pubblicati sulla Rivista di estetica di Torino (n. 18 del 1984); nell'ottobre
del 1983 crea, con l'artista francese Fred Forest, il movimento internazionale
dell'Estetica della comunicazione che presenta in vari contesti a Parigi nello
stesso 1983 (Electra di Frank Popper il 14 dicembre 1983) e nel 1984 (il 21
maggio al Centre Pompidou a La Revue parlée di Blaise Gautier, il 23 maggio
alla Sorbonne, al Séminaire de Philosophie de l'art di Olivier Revault
D'Allonnes); nei mesi di marzo-aprile del 1984 dà luogo al primo
evento/rassegna di estetica della comunicazione (L'immaginario tecnologico,
Benevento, Museo del Sannio); a partire dal 1985 concepisce e dirige, presso
l'Salerno, Artmedia, Convegno Internazionale di Estetica dei Media e della
Comunicazione (edizioni: 1985, 1986, 1990, 1992, 1995, 1997, 1999, 2002 a
Parigi, 2005, 2008 a Parigi); nel 1987 organizza presso l'Salerno un Convegno
Internazionale su estetica e tecnologia; nel febbraio 1989 organizza presso la
stessa Università il Convegno "Il suono da lontano". Eventi sonori e
tecnologie della comunicazione"; tra i mesi di febbraio e marzo 1989
realizza, per la RAI-TV (Dipartimento Scuola e Educazione) la trasmissione
televisiva in tre puntate: Un'estetica per i media; nel dicembre 1989 fa
svolgere, presso la settecentesca Villa Bruno (S.GiorgioNapoli) Technettronica.
Laboratorio di Estetica dei Media e della Comunicazione; nel 1990 presenta per
la prima volta in Italia presso l'Salerno due videoplays di Samuel Beckett; nel
1995 fonda e dirige, la Rivista Internazionale Multilingue Epipháneia. Ricerca
estetica e tecnologie (3 numeri tra il 1995 e il 1996); nel 1999 fonda e
dirige, presso le Edizioni Tempo Lungo di Napoli, Vertici, una «Collana di
Estetica e Poetiche» aperta alle questioni estetologiche connesse ai nuovi
media (testi di Francesco Piselli, Anne Cauquelin, Theodor W. Adorno, Mario
Costa, Marie-Claude Vettraino-Solulard, Gillo Dorfles); nei mesi di
novembre/dicembre del 2002 co-organizza a Parigi la VIII Edizione di Artmedia;
nell'ottobre 2003 co-organizza presso l'Salerno il Convegno Internazionale
Tecnologie e forme nell'arte e nella scienza; nell'ottobre 2003 organizza
presso il Museo del Sannio di Benevento la Mostra New Technologies (Roy Ascott,
Maurizio Bolognini, Fred Forest, Richard Kriesche, Mit Mitropoulos); nel
novembre 2005 organizza presso l'Salerno la IX Edizione di Artmedia; nel
dicembre 2008 co-organizza a Parigi la X Edizione di Artmedia; nell'ottobre
2009 organizza presso l'Salerno un seminario conclusivo di Artmedia dal titolo
"L'oggetto estetico dell'avvenire". Ha partecipato inoltre
all'organizzazione di convegni ed eventi a Parigi, Colonia, Toronto, Tel Aviv,
San Paolo del Brasile. Note Mario
Costa, Duchamp et le "reste", in "Traverses", 11, Parigi
1978, 75-81. Mario Costa, Sulle funzioni della critica
d'arte e una messa a punto a proposito di Marcel Duchamp, Napoli, Ricciardi
Editore, 1976; Mario Costa, L'oggetto estetico e la critica, Edisud, Salerno
2007. Mario Costa, Il 'lettrismo' di
Isidore Isou. Creatività e Soggetto nell'avanguardia artistica parigina
posteriore al 1945, Carucci Editore, Roma 1980; Mario Costa, Il 'lettrismo'.
Storia e Senso di un'avanguardia, Morra, Napoli 1991. Mario Costa, Schéma et concept de l'ornement
au schématisme, in "Schéma et schématisation", 54, Parigi 2001, 27-34. Si veda anche Signe, forme, schéma,
ornement, in "Schéma et schématisation", 57, Parigi 2002, 103-106.
Mario Costa, L'estetica dei media. Avanguardie e tecnologia,
Castelvecchi, Roma 1999; Mario Costa, Il sublime tecnologico. Piccolo trattato
di estetica della tecnologia, Castelvecchi, Roma 1998; Mario Costa, Arte
contemporanea ed estetica del flusso, Mercurio, Vercelli . Inoltre: Technology,
Artistic Production and the "Aesthetics of communication", in
"Leonardo", 24, 2, 1991,
123-125; Tecnologie e costruzione del testo, L'Orientale, Napoli 1998;
L'esthétique de la communication et le temps technologique, in "Art
Press", 258, Parigi 2002, 38-39;
Reti e destino della scrittura, in "Actes du Séminaire 2000-2001";
L'esthétique de la communication et le temps technologique, in Art Press, 258,
Parigi 2002, 38-39; La musique dans
l'espace technologique, in "Actes du Colloque Les Trans-interactifs",
Parigi, Centre Culturel Canadien, 4/5, 1988, Collection Déchiffrages, 97-103; Photographie et phénoménologie de la
présence, in "La Recherche Photographique", 7, Parigi 1989, 17-20.
Sulla diffusione e la rilevanza del suo pensiero, si vedano tra gli
altri: Philippe Bootz, The thesis of Walter Benjamin and Mario Costa, in
Philippe Bootz, Sandy Baldwin, Regards Croisés, West Virginia University Press, Alberto
Abruzzese, Il compiersi della pubblicità dal manifesto metropolitano ai
linguaggi elettronici del presente: pretesti, testi e questioni, in (Riccardo Lattuada), Nuove tendenze ed
esperienze nella comunicazione e nell'estetico, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1992, pagg. 55-83; Leila Amaral, O Caráter festivo da ciberarte, in
"Civitas. Revista de Ciências Sociais", Pontifícia Universidade
Católica do Rio Grande do Sul, Brasil, 9/2, 2009, pagg. 209-223; Priscilla
Arantes, Arte e midia: perspectivas da estética digital, Editora Senac, São Paulo,
2005, pagg. 58-60 e 166-169; Walter Zanini, A arte de communicaçâo telematica:
a interatividade no ciberspaço, in "Ars. Revista do Departamento de Artes
Plasticas", ECA/USP, 1/1, São Paulo, 2003,
11-34; Umberto Roncoroni, Benjamin y la téoria de lo sublime
tecnologico, in "Contratexto digital", 4/5, pagg.3-9; Derrick de
Kerckhove, L'estetica dei media e la sensibilità spaziale. Riflessioni su un
libro di Mario Costa, in "Mass Media", IX/4, 1990, pagg. 35-53; Frank
Popper, L'art à l'âge électronique, Paris, Hazan, Mario Costa, professore di
estetica, in MCmicrocomputer, n. 208, Roma, Pluricom, luglio/agosto 2000, 58-60,
1123-2714 (WC ACNP). Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Mario Costa // generativeart.com/on/cic/papersGA2004/16.htm
web.archive.org/web/0103191425/http://mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/c/costa.htm
http://olats.org/
livresetudes/etudes/nouvEsthetique.php http://luxflux.net/
dimenticare-l’arte-conversazione-con-
mario-costa/http://lacritica.net/gerosa.htmhttp://
vesuvioweb.com/it/wp-content/uploads/Mario-Costa-Intervista-di-Salvatore-
Argenziano-Sentimento-del-sublime-e-strategie-del-simbolico-vesuvioweb.pdfhttp://kainos.it/numero4/disvelamenti/costa.htmlhttp://losguardo.net/wp-
content/uploads//12/-19-Recensione-Costa.pdfhttp://doppiozero.
com/materiali/interviste/intervista-mario-costaolats.org/ livresetudes/
etudes/nouvEsthetique.php youtube.com/watch?v=QLyL91tWH9cyoutube.com/watch?v=1DDr8bHGlisf
oglidarte.it/fogli-freschi-di-stampa/71-estetica-costa.htmlhttp://kainos-.com/index.php/recensioni-/255-
mario-costa-ontologia-dei-mediaweb.archive.org/web/0626210948/http:// recensionifilosofiche.it/crono/2005-9-10/costa.htmFilosofia
Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1936 7 dicembre Torre del
GrecoCritici e teorici dei nuovi media
Costa: Grice: “My favourite keyword for Costa is
‘contrassegnare’!” – Grice: ““I love Costa; for one, he improves on Locke; on
the composition of ideas and how to ‘countersignal’ them with ‘vocaboli
precisi’ – I explored that a little in my ‘Prejudices and Predilections,’ when
I attack minimalism and extensionalism, and provide a way which is meant to
resemble Locke’s way of words, or rather Locke’s way of ‘complex’ words, or
‘composite’ (Costa’s ‘comporre’) out of ‘simple’ ones – as in Quine’s worn-out
‘bachelor’ unmarried male that I play with with Strawson in “In defense of a
dogma.” In this respect, it is interesting to see that Costa also wrote on
‘ellocution’ and ‘sintesi’ versus ‘analisi’!” -- Ritratto. Paolo Costa
(Ravenna), filosofo. Figlio di Domenico Costa e Lucrezia Ricciarelli, inizia a
studiare dapprima a Ravenna con modesti insegnanti, come scriverà egli stesso,
e poi a Padova, sotto Melchiorre Cesarotti e Simone Stratico. Interrompe gli
studi con l'arrivo dei francesi, svolgendo incarichi pubblici a Ravenna e a
Bologna. Ripresi gli studi umanistici,
frequenta Giordano Bianchi Dottula, Dionigi Strocchi e Pietro Giordani; durante
il Regno d'Italia ottiene la cattedra di filosofia nel liceo di Treviso prima e
in quello di Bologna poi. Soppresso il liceo pubblico dalla Restaurazione, nel
1822 continua l'insegnamento privato nella sua villa bolognese fino al 1831,
quando è costretto a riparare a Corfù perché sospettato di essere affiliato
alla Carboneria. Può rientrare nel 1832 a Bologna dove muore pochi anni
dopo. Opere I trattati Della elocuzione
e Del modo di comporre le idee e di contrassegnarle con vocaboli precisi a fine
di ben ragionare, il trattato filosofico Della sintesi e dell'analisi, i
quattro sermoni Dell'arte poetica, un Commento alla Divina Commedia, la Vita di
Dante, il Dizionario della lingua italiana, elaborato dal 1818 al 1829, poesie
(Laocoonte, 1817), lettere e traduzioni.
La dottrina Letterato neoclassico e dunque antiromantico, fu ammiratore
dei corregionali Vincenzo Monti e Pietro Giordani e sostenitore del purismo in
letteratura e del sensismo di Étienne Bonnot de Condillac in filosofia. Nella
lettera a Ferdinando Ranalli di introduzione al Della sintesi e dell'analisi
così riassume le sue concezioni filosofiche:
“È necessario, per togliere la infinita confusione che è nelle scienze
ideologiche, di dare ai vocaboli un determinato valore. Io sostengo che questo
non si può ottenere, come pensava il Locke, colle definizioni (le quali sono
scomposizioni delle idee), se prima le idee non sieno state ben composte;
sostengo che queste non si possono compor bene, se prima non si conoscono quali
ne sieno gli elementi semplici; sostengo che gli elementi semplici sono le
reminiscenze relative alle sensazioni, e che le idee si compongono di sì fatti
elementi, e del sentimento dei rapporti delle une e delle altre, cioè dei
giudizii. Da ciò conséguita che l'esperienza (se l'esperienza vale ciò che si
sente mediante l'attenzione) è il fondamento della scienza umana. I Kantisti ed
altri filosofi distinguono le idee in idee soggettive e in idee oggettive, ed
attribuiscono un'origine alle une ed un'origine alle altre. Questa distinzione può
esser buona: ma non è buona l'ammettere che abbiano origini di natura diversa.
Hanno un'origine stessa, e questo si fa palese per un solo esempio. Da idee
soggettive nascono le proposizioni seguenti: "Le reminiscenze sono in me,
le reminiscenze si associano." Qual è l'origine delle idee dalle quali
derivano sì fatte proposizioni? Il sentimento. Dire che la reminiscenza del
color di rosa è in me, è dire che io sento che è in me; così direte dell'altra
proposizione. Dalle idee oggettive nascono queste altre proposizioni: "I
corpi pesano: le rose mandano odore." Da che nascono elle? Dal sentimento:
perciocché dire che i corpi pesano, è lo stesso che dire "sento il peso,
giudico, ovvero ho il sentimento, che la cagione della mia sensazione tattile è
nel corpo." Così dire "le rose mandano odore" è dire:
"sento l'odore, ed ho il sentimento (giudico) che l'odore ha una delle
cagioni in cose fuori, cioè che non sono in me." Fra le idee soggettive e
le oggettive non vi è altra differenza, se non che nelle prime sentiamo che la
cagione è nella nostra persona; nelle seconde, che una delle cagioni è in noi,
l'altra nelle cose fuori. Ma come sentiamo noi che vi sia una cosa fuori?
Questo è il gran problema dagl'ideologi non ancora soluto; ma l'ignoranza in
che siamo non dà facoltà legittima alle scuole trascendentali di concludere che
questo giudizio non dipende dal sentire. Egli è un sentimento, cioè un rapporto
sentito fra sensazioni e reminiscenze; ché se tale non fosse, nessuno potrebbe
dire: "L'idea che ho (di una rosa p.e.), ha le sue cagioni fuori di
me" perciocché una sì fatta proposizione suppone che l'uomo, che la
proferisce, abbia o le sensazioni o le reminiscenze relative alle sensazioni
prodotte dalla rosa, e l'idea della sua persona che sente. Voi vedete chiaramente,
che nell'uno e nell'altro degli addotti esempii le modificazioni chiamate idee,
e i sentimenti dei loro rapporti sono nell'anima, e che quindi si esprimono
falsamente coloro, che dicono: "Sentiamo i corpi fuori di noi."
Dovrebbero dire: sentiamo che una delle cagioni del nostro sentire non è in
noi. Coi fondamenti da me posti si può stabilire una dottrina (se il buon
desiderio non mi acceca), per la quale vadano a terra le opinioni di coloro che
disprezzano la filosofia lockiana, e che con odiosa espressione la chiamano
dottrina de' sensuali; con che danno a divedere, che essi mattamente opinano
che il materiale organo del senso senta e percepisca, senza accorgersi che se
gli occhi e le orecchie e il naso sentissero ciascuno separatamente, non potrebbe
giammai nascere giudizio alcuno circa le qualità delle sensazioni di natura
diversa: l'uomo non potrebbe mai dire: "questo odore mi diletta più di
questo colore" e così via discorrendo. Il sentimento di un solo centro,
egli è l'anima: e l'anima sente in sé mesima, e non fuori di sé. Potrà parere
che questa dottrina sia la stessa che quella dell'idealista Bercleio (George
Berkeley); ma essa è diversa, poiché ammette che oltre le idee vi sieno fuori
dell'uomo le cagioni di esse idee. Di queste cagioni noi conosciamo
l'esistenza, e nulla più. Che cosa sono i corpi in se stessi? A questa
interrogazione non si può rispondere se non dicendo: Sono ignota cagione delle
nostre sensazioni. Sappiamo che esistono, sappiamo che si modificano, e tutto
ciò sappiamo, perché fanno delle mutazioni nell'animo nostro. Dal che si deduce
ciò che dianzi vi dissi, che le idee tutte hanno per loro primitivi elementi le
sensazioni, le reminiscenze, i sentimenti che sono nell'anima, e non fuori di
lei. Così la pensano i lockiani e i condilacchiani, chiamati per beffa dai
moderni autori col nome di sensualisti e di materialisti. Materialisti a buona
ragione si possono chiamare i nostri avversarii, o almeno materialisti per
metà, giacché ammettono che i sentimenti del corpo percepiscano, e giudichino
relativamente alle qualità delle cose esterne. Leggete le lettere filosofiche
del [[Galluppi]] stampate non è guari in Firenze. In quelle troverete
chiaramente esposte le dottrine condilacchiane, quelle di Hume circa la
causalità, e segnatamente quelle di Kant. Se dalle mie teoriche si possono
ricavare gli argomenti validi a confutare le opinioni dei trascendentali, o di
coloro, che oggi si danno il nome di eclettici, io vi prego di compilare alcune
note, o vogliam dire corollarii, pei quali si vegga manifesta la falsità di
alcuni principii del Bercleio, del Reid e del Kant, la filosofia dei quali è
fonte della massima parte delle moderne follie." (Della Sintesi e
dell'Analisi, ed. Liber Liber / Fara Editore)
Opere: Vita di Dante; Della Elocuzione, Fara editore, S. Arcangelo di
Romagna; Della sintesi e dell'analisi, Paolo Costa, Giovanni Battista Borghi e
Melchiorre Missirini, La divina commedia, con le note di Paolo Costa, e gli
argomenti dell'Ab.G. Borghi. Adorna de 500 vignette, Giovanni Battista
Niccolini e Giuseppe Bezzuoli, Firenze, Stabilimento artistico Fabris,Claudio
Chiancone, La scuola di Cesarotti e gli esordi del giovane Foscolo, Pisa,
Edizioni ETS (sulla formazione padovana
del Costa, e sulla sua amicizia giovanile col Foscolo) Filippo Mordani, Vite di
ravegnani illustri, 2ª ed., Ravenna, Stampe de' Roveri, Paolo Costa, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Paolo Costa, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Paolo Costa, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Paolo Costa, su Liber Liber. Opere
di Paolo Costa.
costanzi: Grice: “I like
Costanzi; possibly my favourite of his essays is the one on ‘amore’ and ‘morte’
– eros and Thanatos for the Oxonian!” -- Teodorico Moretti Costanzi (n.
Pozzuolo Umbro) filosofo. Dopo il conseguimento della laurea in filosofia
presso l'Bologna, ottiene la libera docenza in filosofia teoretica nel 1940.
Diviene assistente alla cattedra romana di Pantaleo Carabellese, di storia
della filosofia, e in seguito docente di estetica presso la medesima
università. Fu Professore presso l'Ateneo Bolognese. La presentazione di un volume comprendente l'opera omnia del
filosofo, riporta in luce il suo pensiero, secondo alcuni volutamente ignorato
perché alternativo all'ideologia dominante a quel tempo. Opere: Pensiero ed
essere, Perrella, Roma; Il problema dell'uno e dei molti nel pensiero di B.
Varisco, Perrella, Roma; Noluntas, Perrella, Roma; Schopenhauer, Edizioni
italiane, Roma; L'asceta moderno, Arte e storia, Roma; Spinoza, Universitas, Roma;
'L'estetica di Platone.Sua attualità', Arte e storia, Roma; L'ascetica di Heidegger,
Arte e storia, Roma; L'ascesi di coscienza e l'argomento di S. Anselmo, Arte e
storia, Roma; L'asceta moderno, 2ª ed. riv., Arte e storia, Roma; Meditazioni
inattuali sull'essere e il senso della vita, Arte e storia, Roma; La terrenità
edenica del Cristianesimo e la contaminazione spiritualistica, Patron, Bologna;
La donna angelicata e il senso della femminilità nel Cristianesimo, Patron,
Bologna; La filosofia pura, Alfa, Bologna; Il senso della storia, Alfa,
Bologna; Sul prologo di Zarathustra (Nietzsche e Schopenhauer) con trad. dello stesso
Prologo, in Ethica; L'etica nelle sue condizioni necessarie, Ed.ni di Ethica,
Bologna; L'estetica pia, Patron, Bologna, L'ora della filosofia, R. Patron,
Bologna; L'uomo come disgrazia e Dio come fortuna, Alfa, Bologna; La critica disvelatrice, Ed.ne dell'Istituto
di Filosofia dell'Bologna, Bologna; Amore, morte, eternità, L. Parma, Bologna; La
singolarità personale societaria: compimento di un itinerario senza vie,
Cooperativa libraria universitaria editrice, Bologna; L'equivoco della filosofia cristiana e il
cristianesimo-filosofia, Clueb, Bologna; e ragioni della miscredenza e quelle
cristiane della fede, Clueb, Bologna; La fede sapiente e il Cristo storico,
Sala francescana di cultura P. Antonio Giorgi, Assisi; La rivelazione filosofica, Sala francescana di
cultura P. Antonio Giorgi, Assisii; Il Cristianesimo-filosofia come tradizione
di realtà, Sala francescana di cultura, Assisi; Breviloquio della sera, Sala
francescana di cultura P. Antonio Giorgi, Assisi; La verità dell'immagine
sacra, Sala francescana di cultura, Assisi; L'identità del Lumen publicum nelle privatezze
di Anselmo e Tommaso, Il Cristianesimo-filosofia, Le Lettere, Roma, 1994 Opere,
E. Mirri e M. Moschini, Bompiani, Milano, 2009 Note «Morétti Costanzi ‹... -zi›, Teodorico», la
voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia
italiana". Vittorio Sgarbi torna a
Tuoro per presentare l'opera omnia del filosofo Teodorico Moretti-Costanzi di
Eugenio Pierucci, 26 settembre 2009, sito "UmbriaLeft.it. Il filosofo imagliato dal Sessantotto, di
Paolo Bianchi, 17 luglio 2009, sito "il Giornale.it". Fabio Milana , «MORETTI-COSTANZI, Teodorico»
in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 76, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Teodorico
Moretti Costanzi, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Teodorico
Moretti Costanzi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Teodorico
Moretti Costanzi, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere su Open Library, Internet
Archive.
cotton onto the implicaturum:
this is not cognate with the plant. It’s Welsh, rather.Strawson’s and Wiggins’s
example of the ‘suggestio falsi’or alternative to Grice’s tutee example. Since
Strawson and Wiggins are presenting the thing to the ultra-prestigious British
Academy, they thought a ‘tutee’ example would not be prestigious enough. So
they have two philosophers, Strawson and Grice, talking about a third party,
another philosopher, well known by his mood outbursts. They are assessing the
third party’s philosophical abilities at their London club. Strawson
volunteers: “And Smith?”. Grice responds: “If he had a more angelic
temperament…” Strawson, “like a fool, I rushed inStrawson Wiggins p. 520. The
angelic temperament. To like someone or something; to view someone or something
favorably. ... After we explained our plan again, the rest of the group
seemed to cotton onto it.
2. To begin to understand something. Has nothing to do with cotton 1560s,
"to prosper, succeed;" of things, "to agree, suit, fit," a
word of uncertain origin. Perhaps from Welsh cytuno "consent,
agree;" but perhaps rather a metaphor from cloth-finishing and thus
from cotton (n.).
Hensleigh Wedgwood compares cot "a fleece of wool matted together."
Meaning "become closely or intimately associated (with)," is from
1805 via the sense of "to get along together" (of persons), attested
from c. 1600. Related: Cottoned; cottoning.
Courmayeur – Grice: “The
most interesting thing about Courmayeur’s philosophy is that he is a count;
unlike Locke, or the common-or-garden English Oxonian philosopher who doesn’t
have a dime, this one has, as the Italians say, ‘all the money in the world’!
That helps with philosophy! His forte is moral philosophy AND HEGEL, which
proves that Hegel becomes the taste of aristocrats and not just dons like
Bosanquet!” - Alessandro (Alexandre) Passerin d'Entrèves et Courmayeur (Torino)
filosofo, accademico, partigiano e storico del diritto italiano. Passerin
d'Entrèves nacque a Torino ma proveniva dall'antica famiglia valdostana dei
Passerin d'Entrèves et Courmayeur; il fratello Carlo Piero, erede del titolo
comitale, era il padre dello storico Ettore Onorio Passerin d'Entrèves et
Courmayeur. Ottenuta la maturità
classica al liceo Massimo d'Azeglio di Torino, nel 1922 si laureò con Gioele
Solari (maestro anche di Bobbio e Firpo), fu tra gli amici di Piero Gobetti,
collaborò alla "Rivoluzione Liberale" e pubblicò la sua tesi su Hegel
nella casa editrice fondata dallo stesso Gobetti. I suoi altri maestri furono a
Torino Francesco Ruffini e Luigi Einaudi e, in Gran Bretagna, dove conseguì nel
1932 un dottorato sul pensiero politico medievale e sul costituzionalismo di
Richard Hooker, i celebri fratelli Carlyle, docenti all'Oxford. Nel 1935 vinse
una cattedra di storia delle dottrine politiche all'Università degli Studi di
Messina ma si trasferì presto all'Università degli Studi di Pavia, poi ritornò
a Torino. Alessandro Passerin
d'Entrèves da giovane Fu capitano di complemento degli Alpini e membro del CLN,
dal quale venne nominato, nel 1945, primo prefetto di Aosta. Insieme con
Federico Chabod, fu all'origine dello statuto della Regione autonoma Valle
d'Aosta. Sfilata partigiana dopo la
Liberazione di Aosta: il quarto da sinistra è Passerin d'Entrèves, prefetto del
C.L.N. Dal 1945 al 1956 tenne a Oxford la cattedra di studi italiani (Serena
Professor of Italian) e svolse vari semestri di insegnamento all'Università
Yale. Rientrato in Italia, Passerin
d'Entrèves insegnò dottrina dello stato e successivamente storia del pensiero
politico medievale. Dopo anni di discussione, riuscì a far inserire nei piani
di studi dell'università italiana il corso di "filosofia politica",
disciplina che insegnò fino al 1972 a Torino, quando lasciò la cattedra a
Norberto Bobbio. Nel 1969 fu tra i
fondatori della facoltà di scienze politiche dell'Torino, di cui divenne
successivamente il primo preside. Fra le sue opere più note, La dottrina dello
stato, del 1962, è considerata da molti la sintesi del suo pensiero
storico-filosofico. Fece parte di
moltissime istituzioni scientifiche e culturali in Europa e negli Stati Uniti
e, all'inizio degli anni ottanta fu presidente dell'Accademia delle Scienze di
Torino. Collaborò con il quotidiano La Stampa. Fu tra i fondatori del Centro
Pannunzio di Torino insieme ad Arrigo Olivetti, Mario Soldati, Pier Franco
Quaglieni. Ne divenne vicepresidente con la presidenza di Arrigo Olivetti. Diverse sue opere sono in questi ultimi anni
in ristampa (Giappichelli, Il Mulino, FrancoAngeli) in quanto considerate dagli
studiosi contemporanei come di particolare interesse e utili a ricentrare sulla
politica, in quanto tale, l'attuale modo di gestire la res publica. La città di Torino gli ha intitolato la
Biblioteca civica Cascina Giaione.
Pensiero Oltre che filosofo del diritto e storico del pensiero politico,
Passerin d'Entrèves viene considerato il fondatore della filosofia politica
italiana come disciplina a sé stante, finalmente distinta dalla Dottrina dello
Stato. Paradossalmente ciò avviene proprio col libro Dottrina dello Stato, dove
l'A.ben diversamente dall'ordinamento tematico della Allgemeine Staatslehre,
come pure dall'ordinamento cronologico per autori in uso nella storia del
pensiero politicoordina la materia secondo uno schema concettuale schiettamente
filosofico: "forza", "potere", "autorità". Tale
schema lumeggia tre facce della statualità, secondo una scala di qualificazione
crescente: la "forza", qualificata dall'efficacia del comando; il
"potere" come forza istituzionalmente organizzata e qualificata dal
diritto; l'"autorità" come potere qualificato da una legittimazione
ideale (per es. una qualche idea di bene comune, di patria, di giustizia). Opere La dottrina dello Stato: elementi di
analisi e di interpretazione, prefazione di Eligio Resta, postfazione di Enrica
Rigo, Torino: Giappichelli, (1962) 2009. Les bornes du royaume: écrits de
philosophie politique et d'histoire valdôtaine, Milano: F. Angeli, 1984.
Scritti sulla Valle d'Aosta, Bologna: Boni, 1979. La filosofia della politica,
Torino: UTET, 1972. Per la storia del pensiero politico medievale: pagine
sparse, Torino: G. Giappichelli, 1970. Dante politico e altri saggi, Einaudi,
Torino 1955 (trad. en. Dante as a political thinker, Oxford: Clarendon Press,
1965.) Italy and Europe, Notthingham: University of Nottingham, 1952. Natural
Law, Hutchinson University Library, 1951 (trad. it. La dottrina del diritto
naturale, Torino 1954). Alessandro Manzoni: annual italian lecture of Bristish
Academy 1949, London: G. Cumberlege, s.d. Morale, diritto ed economia, Pavia:
Libreria Internazionale F.lli Treves, 1937. Morale, Roma: Athenaeum, 1937.
Appunti di storia delle dottrine politiche: la filosofia politica medioevale,
Torino: Giappichelli, 1934. Les Passerin, Ivrea: F. Viassone, 1933. "Stato
e Chiesa secondo Zwingli", in Rivista internazionale di filosofia del
diritto, Roma, 1931. La teoria del diritto e della politica in Inghilterra
all'inizio dell'età moderna, Torino: Istituto giuridico della R. Università,
1929. Obbedienza e resistenza, Roma/Ivrea, Edizioni di Comunità, Note
Il nome è talvolta citato in francese in virtù del bilinguismo vigente
in Valle d'Aostacf. Alexandre Passerin d'Entrèves, La notion de l'État. PASSERIN D'ENTREVES E COURMAYEUR, Ettore
Onorio, di Mauro MorettiDizionario Biografico degli ItalianiVolume 81 (). Gian Mario Bravo , Alessandro Passerin
d'Entrèves (1902-1985). Politica, filosofia, accademia, cosmopolitismo e
"piccola patria", Milano: Franco Angeli 2004, 88-464-6065-0 Sergio Caruso, Giulio Maria
Chiodi, Virgilio Mura, "Attualità della memoria: Alessandro Passerin
d'Entrèves", Bollettino di filosofia politica, V, 8, 1993, 53–68,
1591-4925 Sergio Noto , Alessandro Passerin d'Entrèves pensatore
europeo, Bologna: Il Mulino 2004,
88-15-09615-9 Massimo Tringali , Obbligazione Politica in Alessandro
Passerin d'Entrèves, Pensa Multimedia 2006,
88-8232-432-X Alessandro Passerin
d'Entrèves, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Passerin d'Entrèves, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Alessandro Passerin d'Entrèves / Alessandro Passerin d'Entrèves (altra versione)
/ Alessandro Passerin d'Entrèves (altra versione), . Biografia di Passerin d'Entrèves, dal
Bollettino Università e Ricerca, su bur.it. 2 giugno 2006 (archiviato dall'url
originale l'11 marzo 2007). Biblioteca civica Passerin d'Entrèves, su
comune.torino.it. V D M Antifascismo Filosofia Filosofo del XX secoloAccademici
italiani del XX secoloPartigiani italiani 1902 1985 26 aprile 15 dicembre
Torino TorinoAccademici italiani negli Stati Uniti d'AmericaBrigate Giustizia e
LibertàFilosofi del dirittoMembri dell'Accademia delle Scienze di TorinoPersone
legate agli alpiniProfessori dell'Università degli Studi di MessinaProfessori
dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'OxfordProfessori
dell'Università YaleStorici del diritto italianiStudenti dell'Università degli
Studi di TorinoStudenti dell'Oxford
craig: Grice loved his interpolation
theorem, a theorem for firstorder logic: if a sentence y of first-order logic
entails a sentence q there is an “interpolant,” a sentence F in the vocabulary
common to q and y that entails q and is entailed by y. Originally, William
Craig proved his theorem in 7 as a lemma, to give a simpler proof of Beth’s
definability theorem, but the result now stands on its own. In abstract model
theory, logics for which an interpolation theorem holds are said to have the
Craig interpolation property. Craig’s interpolation theorem shows that
first-order logic is closed under implicit definability, so that the concepts
embodied in first-order logic are all given explicitly. In the philosophy of
science literature ‘Craig’s theorem’ usually refers to another result of
Craig’s: that any recursively enumerable set of sentences of first-order logic
can be axiomatized. This has been used to argue that theoretical terms are in
principle eliminable from empirical theories. Assuming that an empirical theory
can be axiomatized in first-order logic, i.e., that there is a recursive set of
first-order sentences from which all theorems of the theory can be proven, it
follows that the set of consequences of the axioms in an “observational”
sublanguage is a recursively enumerable set. Thus, by Craig’s theorem, there is
a set of axioms for this subtheory, the Craig-reduct, that contains only
observation terms. Interestingly, the Craig-reduct theory may be semantically
weaker, in the sense that it may have models that cannot be extended to a model
of the full theory. The existence of such a model would prove that the
theoretical terms cannot all be defined on the basis of the observational
vocabulary only, a result related to Beth’s definability theorem.
crazy-bayesy: cited by H. P.
Grice, “Aspects of reason.” Bayesian rationality, minimally, a property a
system of beliefs or the believer has in virtue of the system’s “conforming to
the probability calculus.” “Bayesians” differ on what “rationality” requires,
but most agree that i beliefs come in degrees of firmness; ii these “degrees of
belief” are theoretically or ideally quantifiable; iii such quantification can
be understood in terms of person-relative, time-indexed “credence functions”
from appropriate sets of objects of belief propositions or sentences each set closed under at least finite
truth-functional combinations into the
set of real numbers; iv at any given time t, a person’s credence function at t
ought to be usually: “on pain of a Dutch book argument” a probability function;
that is, a mapping from the given set into the real numbers in such a way that
the “probability” the value assigned to any given object A in the set is
greater than or equal to zero, and is equal to unity % 1 if A is a necessary
truth, and, for any given objects A and B in the set, if A and B are
incompatible the negation of their conjunction is a necessary truth then the
probability assigned to their disjunction is equal to the sum of the
probabilities assigned to each; so that the usual propositional probability
axioms impose a sort of logic on degrees of belief. If a credence function is a
probability function, then it or the believer at the given time is “coherent.”
On these matters, on conditional degrees of belief, and on the further
constraint on rationality many Bayesians impose that change of belief ought to
accord with “conditionalization”, the reader should consult John Earman, Bayes
or Bust? A Critical Examination of Bayesian Confirmation Theory 2; Colin Howson
and Peter Urbach, Scientific Reasoning: The Bayesian Approach 9; and Richard
Jeffrey, The Logic of Decision 5. Bayes’s
theorem, any of several relationships between prior and posterior probabilities
or odds, especially 13 below. All of these depend upon the basic relationship 0
between contemporaneous conditional and unconditional probabilities.
Non-Bayesians think these useful only in narrow ranges of cases, generally
because of skepticism about accessibility or significance of priors. According
to 1, posterior probability is prior probability times the “relevance quotient”
Carnap’s term. According to 2, posterior odds are Bayesian Bayes’s theorem
74 74 prior odds times the “likelihood
ratio” R. A. Fisher’s term. Relationship 3 comes from 1 by expanding P data via
the law of total probability. Bayes’s rule 4 for updating probabilities has you
set your new unconditional probabilities equal to your old conditional ones
when fresh certainty about data leaves probabilities conditionally upon the
data unchanged. The corresponding rule 5 has you do the same for odds. In
decision theory the term is used differently, for the rule “Choose so as to
maximize expectation of utility.”
Credibleby speaking of probability
and credibility, Grice is going modal! credibility: While Grice uses ‘probability’ as the correlatum of
desirability, he suggests ‘credibility’ is a better choice. It relates to the
‘creditum.’ Now, what is the generic for ‘trust’ when it comes to the creditum
and the desideratum? An indicative utterance expresses a belief. The utterer is
candid if he holds that belief. “Candid” applies to imperative utterances which
express genuine desires and notably the emissor’s intention that his recipient
will form a ‘desideratum.’ Following Jeffrey
and Davidson, respectively, Grice uses ‘desirability’ and ‘probability,’ but
sometimes ‘credibibility,’ realizing that ‘credibility’ is more symmetrical
with ‘desirability’ than ‘probability’ is. Urmson had explored this in
“Parenthetical verbs.” Urmson co-relates, ‘certaintly’ with ‘know’ and
‘probably’ with ‘believe.’ But Urmson adds four further adverbs: “knowingly,”
“unknowingly,” “believably,” and “unbelievably.” Urmson also includes three
more: “uncredibly,” in variation with “incredibly,” and ‘credibly.” The keyword
should be ‘credibility.’
creditum: The Romans were good at this. Notably in negative
contexts. They distinguished between an emissor being fallax and being mendax.
It all has to do with ‘creditum.’ “Creditum’ is vero, more or less along
correspondence-theoretical lines. Used by Grice for the doxastic equivalent of
the buletic or desideratum. A creditum is an implicaturum, as Grice defines the
implicaturum of the content that an addresse has to assume the utterer BELIEVES
to deem him rational. The ‘creditum’-condition is essential for Grice in his
‘exhibitive’ account to the communication. By uttering “Smoke!”, U means that
there is some if the utterer intends that his addressee BELIEVE that he, the
utterer, is in a state of soul which has the propositional complex there is
smoke. It is worth noting that BELIEF is not needed for the immediate state of
the utterer’s soul: this can always be either a desire or a belief. But a
belief is REQUIRED as the immediate (if not ultimate) response intended by the
utterer that his addressee adapt. It is curious that given the primacy that
Grice held of the desirability over the credibility that many of his
conversational maxims are formulated as imperatives aimed at matters of belief,
conditions and value of credibility, probability and adequate evidence. In the
cases where Grice emphasizes ‘information,’ which one would associate with
‘belief,’ this association may be dropped provided the exhibitive account: you
can always influence or be influenced by others in the institution of a common
decision provided you give and receive the optimal information, or rather,
provided the conversationalists assume that they are engaged in a MAXIMAL
exchange of information. That ‘information’ does not necessarily apply to
‘belief’ is obvious in how complicated an order can get, “Get me a bottle”. “Is
that all?” “No, get me a bottle and make sure that it is of French wine, and
add something to drink the wine with, and drive careful, and give my love to
Rosie.” No belief is explicitly transmitted, yet the order seems informative
enough. Grice sometimes does use ‘informative’ in a strict context involving
credibility. He divides the mode of credibility into informational (when
addressed to others) and indicative (when addressed to self), for in a
self-addressed utterance such as, “I am being silly,” one cannot intend to
inform oneself of something one already knows! The English have ‘credibility’
and belief,
which is cognate with ‘love.’ H. P. Grice, “Disposition and belief,” H. P.
Grice, “Knowledge and belief.” a dispositional psychological state in virtue of
which a person will assent to a proposition under certain conditions.
Propositional knowledge, traditionally understood, entails belief. A behavioral
view implies that beliefs are just dispositions to behave in certain ways. Your
believing that the stove is hot is just your being disposed to act in a manner
appropriate to its being hot. The problem is that our beliefs, including their
propositional content indicated by a “that”-clause, typically explain why we do
what we do. You avoid touching the stove because you believe that it’s
dangerously hot. Explaining action via beliefs refers indispensably to
propositional content, but the behavioral view does not accommodate this. A
state-object view implies that belief consists of a special relation between a
psychological state and an object of belief, what is believed. The objects of
belief, traditionally understood, are abstract propositions existing
independently of anyone’s thinking of them. The state of believing is a
propositional attitude involving some degree of confidence toward a
propositional object of belief. Such a view allows that two persons, even
separated by a long period of time, can believe the same thing. A state-object
view allows that beliefs be dispositional rather than episodic, since they can
exist while no action is occurring. Such a view grants, however, that one can
have a disposition to act owing to believing something. Regarding mental action,
a belief typically generates a disposition to assent, at least under
appropriate circumstances, to the proposition believed. Given the central role
of propositional content, however, a state-object view denies that beliefs are
just dispositions to act. In addition, such a view should distinguish between
dispositional believing and a mere disposition to believe. One can be merely
disposed to believe many things that one does not actually believe, owing to
one’s lacking the appropriate psychological attitude to relevant propositional
content. Beliefs are either occurrent or non-occurrent. Occurrent belief,
unlike non-occurrent belief, requires current assent to the proposition
believed. If the assent is self-conscious, the belief is an explicit occurrent
belief; if the assent is not self-conscious, the belief is an implicit
occurrent behaviorism, supervenient belief 78
78 belief. Non-occurrent beliefs permit that we do not cease to believe
that 2 ! 2 % 4, for instance, merely because we now happen to be thinking of
something else or nothing at all. . --
belief revision, the process by which cognitive states change in light of new
information. This topic looms large in discussions of Bayes’s Theorem and other
approaches in decision theory. The reasons prompting belief revision are
characteristically epistemic; they concern such notions as quality of evidence
and the tendency to yield truths. Many different rules have been proposed for
updating one’s belief set. In general, belief revision typically balances risk
of error against information increase. Belief revision is widely thought to
proceed either by expansion or by conceptual revision. Expansion occurs in
virtue of new observations; a belief is changed, or a new belief established,
when a hypothesis or provisional belief is supported by evidence whose
probability is high enough to meet a favored criterion of epistemic warrant.
The hypothesis then becomes part of the existing belief corpus, or is
sufficient to prompt revision. Conceptual revision occurs when appropriate
changes are made in theoretical assumptions
in accordance with such principles as simplicity and explanatory or
predictive power by which the corpus is
organized. In actual cases, we tend to revise beliefs with an eye toward
advancing the best comprehensive explanation in the relevant cognitive
domain.
Grice’s criterion for the implicaturum, --
cf. G. P. Baker, “Grice and criterial semantics” -- broadly, a sufficient
condition for the presence of a certain property or for the truth of a certain
proposition. Generally, a criterion need be sufficient merely in normal
circumstances rather than absolutely sufficient. Typically, a criterion is
salient in some way, often by virtue of being a necessary condition as well as
a sufficient one. The plural form, ‘criteria’, is commonly used for a set of
singly necessary and jointly sufficient conditions. A set of truth conditions
is said to be criterial for the truth of propositions of a certain form. A
conceptual analysis of a philosophically important concept may take the form of
a proposed set of truth conditions for paradigmatic propositions containing the
concept in question. Philosophers have proposed criteria for such notions as meaningfulness,
intentionality,
creationism, theological criterion knowledge, justification, justice,
rightness, and identity including personal identity and event identity, among
many others. There is a special use of the term in connection with Vitters’s
well-known remark that “an ‘inner process’ stands in need of outward criteria,”
e.g., moans and groans for aches and pains. The suggestion is that a
criteriological connection is needed to forge a conceptual link between items
of a sort that are intelligible and knowable to items of a sort that, but for
the connection, would not be intelligible or knowable. A mere symptom cannot
provide such a connection, for establishing a correlation between a symptom and
that for which it is a symptom presupposes that the latter is intelligible and
knowable. One objection to a criteriological view, whether about aches or
quarks, is that it clashes with realism about entities of the sort in question
and lapses into, as the case may be, behaviorism or instrumentalism. For it
seems that to posit a criteriological connection is to suppose that the nature
and existence of entities of a given sort can depend on the conditions for
their intelligibility or knowability, and that is to put the epistemological
cart before the ontological horse.
critical legal studies: explored by Grice
in his analysis of legal vs. moral right --
a loose assemblage of legal writings and thinkers in the United States
and Great Britain since the mid-0s that aspire to a jurisprudence and a
political ideology. Like the legal
realists of the 0s and 0s, the jurisprudential program is largely negative,
consisting in the discovery of supposed contradictions within both the law as a
whole and areas of law such as contracts and criminal law. The jurisprudential
implication derived from such supposed contradictions within the law is that
any decision in any case can be defended as following logically from some
authoritative propositions of law, making the law completely without guidance
in particular cases. Also like the legal
realists, the political ideology of critical legal studies is vaguely leftist,
embracing the communitarian critique of liberalism. Communitarians fault
liberalism for its alleged overemphasis on individual rights and individual
welfare at the expense of the intrinsic value of certain collective goods.
Given the cognitive relativism of many of its practitioners, critical legal
studies tends not to aspire to have anything that could be called a theory of
either law or of politics.
Grice’s
critique of conversational reason“What does Kant mean by ‘critique’? Should
he?”Grice. Critical Realism, a philosophy that at the highest level of
generality purports to integrate the positive insights of both New Realism and
idealism. New Realism was the first wave of realistic reaction to the dominant
idealism of the nineteenth century. It was a version of immediate and direct
realism. In its attempt to avoid any representationalism that would lead to
idealism, this tradition identified the immediate data of consciousness with
objects in the physical world. There is no intermediary between the knower and
the known. This heroic tour de force foundered on the phenomena of error,
illusion, and perceptual variation, and gave rise to a successor realism Critical Realism that acknowledged the mediation of “the
mental” in our cognitive grasp of the physical world. ’Critical Realism’ was
the title of a work in epistemology by Roy Wood Sellars 6, but its more general
use to designate the broader movement derives from the 0 cooperative volume,
Essays in Critical Realism: A Cooperative Study of the Problem of Knowledge,
containing position papers by Durant Drake, A. O. Lovejoy, J. B. Pratt, A. K.
Rogers, C. A. Strong, George Santayana, and Roy Wood Sellars. With New Realism,
Critical Realism maintains that the primary object of knowledge is the
independent physical world, and that what is immediately present to
consciousness is not the physical object as such, but some corresponding mental
state broadly construed. Whereas both New Realism and idealism grew out of the
conviction that any such mediated account of knowledge is untenable, the
Critical Realists felt that only if knowledge of the external world is
explained in terms of a process of mental mediation, can error, illusion, and
perceptual variation be accommodated. One could fashion an account of mental
mediation that did not involve the pitfalls of Lockean representationalism by
carefully distinguishing between the object known and the mental state through
which it is known. The Critical Realists differed among themselves both
epistemologically and metaphysically. The mediating elements in cognition were
variously construed as essences, ideas, or sensedata, and the precise role of
these items in cognicriterion, problem of the Critical Realism tion was again variously construed.
Metaphysically, some were dualists who saw knowledge as unexplainable in terms
of physical processes, whereas others principally Santayana and Sellars were
materialists who saw cognition as simply a function of conscious biological
systems. The position of most lasting influence was probably that of Sellars
because that torch was taken up by his son, Wilfrid, whose very sophisticated
development of it was quite influential.
-- critical theory, any social theory that is at the same time
explanatory, normative, practical, and self-reflexive. The term was first developed
by Horkheimer as a self-description of the Frankfurt School and its revision of
Marxism. It now has a wider significance to include any critical, theoretical
approach, including feminism and liberation philosophy. When they make claims
to be scientific, such approaches attempt to give rigorous explanations of the
causes of oppression, such as ideological beliefs or economic dependence; these
explanations must in turn be verified by empirical evidence and employ the best
available social and economic theories. Such explanations are also normative
and critical, since they imply negative evaluations of current social
practices. The explanations are also practical, in that they provide a better
self-understanding for agents who may want to improve the social conditions
that the theory negatively evaluates. Such change generally aims at
“emancipation,” and theoretical insight empowers agents to remove limits to
human freedom and the causes of human suffering. Finally, these theories must
also be self-reflexive: they must account for their own conditions of
possibility and for their potentially transformative effects. These
requirements contradict the standard account of scientific theories and
explanations, particularly positivism and its separation of fact and value. For
this reason, the methodological writings of critical theorists often attack
positivism and empiricism and attempt to construct alternative epistemologies.
Critical theorists also reject relativism, since the cultural relativity of
norms would undermine the basis of critical evaluation of social practices and
emancipatory change. The difference between critical and non-critical theories
can be illustrated by contrasting the Marxian and Mannheimian theories of
ideology. Whereas Mannheim’s theory merely describes relations between ideas of
social conditions, Marx’s theory tries to show how certain social practices
require false beliefs about them by their participants. Marx’s theory not only
explains why this is so, it also negatively evaluates those practices; it is
practical in that by disillusioning participants, it makes them capable of
transformative action. It is also self-reflexive, since it shows why some
practices require illusions and others do not, and also why social crises and
conflicts will lead agents to change their circumstances. It is scientific, in
that it appeals to historical evidence and can be revised in light of better
theories of social action, language, and rationality. Marx also claimed that
his theory was superior for its special “dialectical method,” but this is now
disputed by most critical theorists, who incorporate many different theories
and methods. This broader definition of critical theory, however, leaves a gap
between theory and practice and places an extra burden on critics to justify
their critical theories without appeal to such notions as inevitable historical
progress. This problem has made critical theories more philosophical and
concerned with questions of justification.
Grice’s
critters:
one is never sure if Grice uses ‘creature’ seriously! creation ex nihilo, the
act of bringing something into existence from nothing. According to traditional
Christian theology, God created the world ex nihilo. To say that the world was
created from nothing does not mean that there was a prior non-existent
substance out of which it was fashioned, but rather that there was not anything
out of which God brought it into being. However, some of the patristics
influenced by Plotinus, such as Gregory of Nyssa, apparently understood
creation ex nihilo to be an emanation from God according to which what is
created comes, not from nothing, but from God himself. Not everything that God
makes need be created ex nihilo; or if, as in Genesis 2: 7, 19, God made a
human being and animals from the ground, a previously existing material, God
did not create them from nothing. Regardless of how bodies are made, orthodox
theology holds that human souls are created ex nihilo; the opposing view,
traducianism, holds that souls are propagated along with bodies. creationism, acceptance of the early chapters
of Genesis taken literally. Genesis claims that the universe and all of its
living creatures including humans were created by God in the space of six days.
The need to find some way of reconciling this story with the claims of science
intensified in the nineteenth century, with the publication of Darwin’s Origin
of Species 1859. In the Southern states of the United States, the indigenous
form of evangelical Protestant Christianity declared total opposition to
evolutionism, refusing any attempt at reconciliation, and affirming total
commitment to a literal “creationist” reading of the Bible. Because of this,
certain states passed laws banning the teaching of evolutionism. More recently,
literalists have argued that the Bible can be given full scientific backing,
and they have therefore argued that “Creation science” may properly be taught
in state-supported schools in the United States without violation of the
constitutional separation of church and state. This claim was challenged in the
state of Arkansas in 1, and ultimately rejected by the U.S. Supreme Court. The
creationism dispute has raised some issues of philosophical interest and
importance. Most obviously, there is the question of what constitutes a genuine
science. Is there an adequate criterion of demarcation between science and
nonscience, and will it put evolutionism on the one side and creationism on the
other? Some philosophers, arguing in the spirit of Karl Popper, think that such
a criterion can be found. Others are not so sure; and yet others think that
some such criterion can be found, but shows creationism to be genuine science,
albeit already proven false. Philosophers of education have also taken an
interest in creationism and what it represents. If one grants that even the
most orthodox science may contain a value component, reflecting and influencing
its practitioners’ culture, then teaching a subject like biology almost
certainly is not a normatively neutral enterprise. In that case, without
necessarily conceding to the creationist anything about the true nature of
science or values, perhaps one must agree that science with its teaching is not
something that can and should be set apart from the rest of society, as an
entirely distinct phenomenon.
Grice’s
crucial experiment:
a means of deciding between rival theories (or arguments) for this or that
impicatum, that, providing parallel explanations of large classes of phenomena,
come to be placed at issue by a single fact. For example, the Newtonian
emission theory predicts that light travels faster in water than in air;
according to the wave theory, light travels slower in water than in air.
Dominique François Arago proposed a crucial experiment comparing the respective
velocities. Léon Foucault then devised an apparatus to measure the speed of
light in various media and found a lower velocity in water than in air. Arago
and Foucault concluded for the wave theory, believing that the experiment
refuted the emission theory. Other examples include Galileo’s discovery of the
phases of Venus Ptolemaic versus Copernican astronomy, Pascal’s Puy-de-Dôme
experiment with the barometer vacuists versus plenists, Fresnel’s prediction of
a spot of light in circular shadows particle versus wave optics, and
Eddington’s measurement of the gravitational bending of light rays during a
solar eclipse Newtonian versus Einsteinian gravitation. At issue in crucial
experiments is usually a novel prediction. The notion seems to derive from
Francis Bacon, whose New Organon 1620 discusses the “Instance of the Fingerpost
Instantia later experimentum crucis,” a term borrowed from the post set up
at crossroads to indicate several directions. Crucial experiments were
emphasized in early nineteenth-century scientific methodology e.g., in John F. Herschel’s A Preliminary
Discourse on the Study of Natural Philosophy 1830. Duhem argued that crucial experiments
resemble false dilemmas: hypotheses in physics do not come in pairs, so that
crucial experiments cannot transform one of the two into a demonstrated truth.
Discussing Foucault’s experiment, Duhem asks whether we dare assert that no
other hypothesis is imaginable and suggests that instead of light being either
a simple particle or wave, light might be something else, perhaps a disturbance
propagated within a dielectric medium, as theorized by Maxwell. In the
twentieth century, crucial experiments and novel predictions figured
prominently in the work of Imre Lakatos 274. Agreeing that crucial experiments
are unable to overthrow theories, Lakatos accepted them as retroactive
indications of the fertility or progress of research programs.
CUM-substantia -- co-substantia:
homoousios.
Athanasius -- early Christian father, bishop, and a leading protagonist in the
disputes concerning Christ’s relationship to God. Through major works like On
the Incarnation, Against the Arians, and Letters on the Holy Spirit, Athanasius
contributed greatly to the classical doctrines of the Incarnation and the
Trinity. Opposing all forms of Arianism, which denies Christ’s divinity and
reduced him to what Grice would call a “creature,” Athanasius teaches, in the
language of the Nicene Creed, that Christ the Son, and likewise the Holy
Spirit, are of the same being as God the Father, cosubstantialis, “homoousios.”
Thus with terminology and concepts drawn from Grecian and Graeco-Roman
philosophy, Athanasius helps to forge the distinctly Christian and
un-Hellenistic doctrine of the eternal tri-une God (“credo quia absurdum est”)
who became enfleshed in time and matter and restored humanity to immortality,
forfeited through sin, by involvement in its condition of corruption and decay.
Homoousios (Greek, ‘of the same substance’), a concept central to the Christian
doctrine of the Trinity, enshrined in the Nicene Creed (Nicaea, “Holy, Holy,
Holy”). It attests that God the Son (and by extension the Spirit) is of one and
the same being or substance (ousia) as the Father. Reflecting the insistence of
Athanasius against Arianism that Christ is God’s eternal, co-equal Son and not
a “creature,” as Grice uses the term, the Nicene “homoousios” is also to be
differentiated from a rival formula, “homoiousios” (Grecian, ‘of SIMILAR
substance’), which affirms merely the Son’s LIKENESS in being to God. Though
notoriously and superficially an argument over one Greek iota, the issue was
philosophically profound and crucial whether or not Jesus of Nazareth
incarnated God’s own being, revealed God’s own truth, and mediated God’s own
salvation. If x=x, x is like x. A horse is like a horse. Grice on implicaturum.
“There is only an implicaturum to the effect that if a horse is a horse a horse
is not like a horse.” “Similarly for Christ and God.” Cicero saw this when he
philosophised on ‘idem’ and ‘similis.’
cumberland -- LawGrice was
obsessed with laws that would introduce psychological concepts -- Cumberland,
R. English philosopher and bishop. He wrote a Latin Treatise of the Laws of
Nature 1672, tr. twice into English and once into . Admiring Grotius,
Cumberland hoped to refute Hobbes in the interests of defending Christian
morality and religion. He refused to appeal to innate ideas and a priori
arguments because he thought Hobbes must be attacked on his own ground. Hence
he offered a reductive and naturalistic account of natural law. The one basic
moral law of nature is that the pursuit of the good of all rational beings is
the best path to the agent’s own good. This is true because God made nature so
that actions aiding others are followed by beneficial consequences to the
agent, while those harmful to others harm the agent. Since the natural
consequences of actions provide sanctions that, once we know them, will make us
act for the good of others, we can conclude that there is a divine law by which
we are obligated to act for the common good. And all the other laws of nature
follow from the basic law. Cumberland refused to discuss free will, thereby suggesting
a view of human action as fully determined by natural causes. If on his theory
it is a blessing that God made nature including humans to work as it does, the
religious reader must wonder if there is any role left for God concerning
morality. Cumberland is generally viewed as a major forerunner of
utilitarianism.
In-ductum:
Grice
knew a lot about induction theory via Kneale and Keynes -- curve-fitting
problem, the problem of making predictions from past observations by fitting
curves to the data. Curve fitting has two steps: first, select a family of
curves; then, find the bestfitting curve by some statistical criterion such as
the method of least squares e.g., choose the curve that has the least sum of
squared deviations between the curve and data. The method was first proposed by
Adrian Marie Legendre 17521833 and Carl Friedrich Gauss 1777 1855 in the early
nineteenth century as a way of inferring planetary trajectories from noisy
data. More generally, curve fitting may be used to construct low-level
empirical generalizations. For example, suppose that the ideal gas law, P % nkT,
is chosen as the form of the law governing the dependence of the pressure P on
the equilibrium temperature T of a fixed volume of gas, where n is the
molecular number per unit volume and k is Boltzmann’s constant a universal
constant equal to 1.3804 $ 10†16 erg°C†1. When the parameter nk is adjustable,
the law specifies a family of curves one
for each numerCudworth, Damaris curve-fitting problem ical value of the parameter. Curve fitting
may be used to determine the best-fitting member of the family, thereby
effecting a measurement of the theoretical parameter, nk. The philosophically
vexing problem is how to justify the initial choice of the form of the law. On
the one hand, one might choose a very large, complex family of curves, which
would ensure excellent fit with any data set. The problem with this option is
that the best-fitting curve may overfit the data. If too much attention is paid
to the random elements of the data, then the predictively useful trends and
regularities will be missed. If it looks too good to be true, it probably is.
On the other hand, simpler families run a greater risk of making grossly false
assumptions about the true form of the law. Intuitively, the solution is to
choose a simplefamily of curves that maintains a reasonable degree of fit. The
simplicity of a family of curves is measured by the paucity of parameters. The
problem is to say how and why such a trade-off between simplicity and goodness
of fit should be made. When a theory can accommodate recalcitrant data only by
the ad hoc i.e., improperly
motivated addition of new terms and
parameters, students of science have long felt that the subsequent increase in
the degree of fit should not count in the theory’s favor, and such additions
are sometimes called ad hoc hypotheses. The best-known example of this sort of
ad hoc hypothesizing is the addition of epicycles upon epicycles in the
planetary astronomies of Ptolemy and Copernicus. This is an example in which a
gain in fit need not compensate for the loss of simplicity. Contemporary
philosophers sometimes formulate the curve-fitting problem differently. They
often assume that there is no noise in the data, and speak of the problem of
choosing among different curves that fit the data exactly. Then the problem is
to choose the simplest curve from among all those curves that pass through
every data point. The problem is that there is no universally accepted way of
defining the simplicity of single curves. No matter how the problem is
formulated, it is widely agreed that simplicity should play some role in theory
choice. Rationalists have championed the curve-fitting problem as exemplifying
the underdetermination of theory from data and the need to make a priori
assumptions about the simplicity of nature. Those philosophers who think that
we have no such a priori knowledge still need to account for the relevance of
simplicity to science. Whewell described curve fitting as the colligation of
facts in the quantitative sciences, and the agreement in the measured
parameters coefficients obtained by different colligations of facts as the
consilience of inductions. Different colligations of facts say on the same gas
at different volume or for other gases may yield good agreement among
independently measured values of parameters like the molecular density of the
gas and Boltzmann’s constant. By identifying different parameters found to
agree, we constrain the form of the law without appealing to a priori knowledge
good news for empiricism. But the accompanying increase in unification also
worsens the overall degree of fit. Thus, there is also the problem of how and
why we should trade off unification with total degree of fit. Statisticians
often refer to a family of hypotheses as a model. A rapidly growing literature
in statistics on model selection has not yet produced any universally accepted
formula for trading off simplicity with degree of fit. However, there is wide
agreement among statisticians that the paucity of parameters is the appropriate
way of measuring simplicity.
Grice’s
defense of modernist logic -- cut-elimination theorem, a theorem stating that a
certain type of inference rule including a rule that corresponds to modus
ponens is not needed in classical logic. The idea was anticipated by J.
Herbrand; the theorem was proved by G. Gentzen and generalized by S. Kleene.
Gentzen formulated a sequent calculus
i.e., a deductive system with rules for statements about derivability.
It includes a rule that we here express as ‘From C Y D,M and M,C Y D, infer C Y
D’ or ‘Given that C yields D or M, and that C plus M yields D, we may infer
that C yields D’. Cusa cut-elimination theorem This is called the cut rule because it
cuts out the middle formula M. Gentzen showed that his sequent calculus is an
adequate formalization of the predicate logic, and that the cut rule can be
eliminated; anything provable with it can be proved without it. One important
consequence of this is that, if a formula F is provable, then there is a proof
of F that consists solely of subformulas of F. This fact simplifies the study
of provability. Gentzen’s methodology applies directly to classical logic but
can be adapted to many nonclassical logics, including some intuitionistic
logics. It has led to some important theorems about consistency, and has illuminated
the role of auxiliary assumptions in the derivation of consequences from a
theory.
cybernetic
implicaturumWhat
Grice disliked about the cybernetic implicaturum is that it is
‘mechanisitically derivable” and thus not really ‘rational’ in the way an implicaturum
is meant to be rational. A machine cannot implicate. Grice “Method in
philosophical psychology” -- cybernetics coined by N. Wiener in 7 from Grecian
kubernetes, ‘helmsman’, the study of the communication and manipulation of
information in service of the control and guidance of biological, physical, or
chemical energy systems. Historically, cybernetics has been intertwined with
mathematical theories of information communication and computation. To describe
the cybernetic properties of systems or processes requires ways to describe and
measure information reduce uncertainty about events within the system and its
environment. Feedback and feedforward, the basic ingredients of cybernetic
processes, involve information as what
is fed forward or backward and are basic
to processes such as homeostasis in biological systems, automation in industry,
and guidance systems. Of course, their most comprehensive application is to the
purposive behavior thought of cognitively goal-directed systems such as
ourselves. Feedback occurs in closed-loop, as opposed to open-loop, systems.
Actually, ‘open-loop’ is a momer involving no loop, but it has become
entrenched. The standard example of an openloop system is that of placing a
heater with constant output in a closed room and leaving it switched on. Room
temperature may accidentally reach, but may also dramatically exceed, the
temperature desired by the occupants. Such a heating system has no means of
controlling itself to adapt to required conditions. In contrast, the standard
closed-loop system incorporates a feedback component. At the heart of
cybernetics is the concept of control. A controlled process is one in which an
end state that is reached depends essentially on the behavior of the
controlling system and not merely on its external environment. That is, control
involves partial independence for the system. A control system may be pictured
as having both an inner and outer environment. The inner environment consists
of the internal events that make up the system; the outer environment consists
of events that causally impinge on the system, threatening disruption and loss
of system integrity and stability. For a system to maintain its independence
and identity in the face of fluctuations in its external environment, it must
be able to detect information about those changes in the external environment.
Information must pass through the interface between inner and outer
environments, and the system must be able to compensate for fluctuations of the
outer environment by adjusting its own inner environmental variables.
Otherwise, disturbances in the outer environment will overcome the system bringing its inner states into equilibrium
with the outer states, thereby losing its identity as a distinct, independent system.
This is nowhere more certain than with the homeostatic systems of the body for
temperature or blood sugar levels. Control in the attainment of goals is
accomplished by minimizing error. Negative feedback, or information about
error, is the difference between activity a system actually performs output and
that activity which is its goal to perform input. The standard example of
control incorporating negative feedback is the thermostatically controlled
heating system. The actual room temperature system output carries information
to the thermostat that can be compared via goal-state comparator to the desired
temperature for the room input as embodied in the set-point on the thermostat;
a correction can then be made to minimize the difference error the furnace turns on or off. Positive
feedback tends to amplify the value of the output of a system or of a system
disturbance by adding the value of the output to the system input quantity.
Thus, the system accentuates disturbances and, if unchecked, will eventually
pass the brink of instability. Suppose that as room temperature rises it causes
the thermostatic set-point to rise in direct proportion to the rise in
temperature. This would cause the furnace to continue to output heat possibly
with disastrous consequences. Many biological maladies have just this
characteristic. For example, severe loss of blood causes inability of the heart
to pump effectively, which causes loss of arterial pressure, which, in turn,
causes reduced flow of blood to the heart, reducing pumping efficiency.
cybernetics cybernetics Cognitively
goal-directed systems are also cybernetic systems. Purposive attainment of a
goal by a goal-directed system must have at least: 1 an internal representation
of the goal state of the system a detector for whether the desired state is
actual; 2 a feedback loop by which information about the present state of the
system can be compared with the goal state as internally represented and by
means of which an error correction can be made to minimize any difference; and
3 a causal dependency of system output upon the error-correction process of
condition 2 to distinguish goal success from fortuitous goal satisfaction.
cynical
implicaturum,
Cynic -- a classical Grecian philosophical school characterized by asceticism
and emphasis on the sufficiency of virtue for happiness eudaimonia, boldness in
speech, and shamelessness in action. The Cynics were strongly influenced by
Socrates and were themselves an important influence on Stoic ethics. An ancient
tradition links the Cynics to Antisthenes c.445c.360 B.C., an Athenian. He
fought bravely in the battle of Tanagra and claimed that he would not have been
so courageous if he had been born of two Athenians instead of an Athenian and a
Thracian slave. He studied with Gorgias, but later became a close companion of
Socrates and was present at Socrates’ death. Antisthenes was proudest of his
wealth, although he had no money, because he was satisfied with what he had and
he could live in whatever circumstances he found himself. Here he follows
Socrates in three respects. First, Socrates himself lived with a disregard for
pleasure and pain e.g., walking barefoot
in snow. Second, Socrates thinks that in every circumstance a virtuous person
is better off than a nonvirtuous one; Antisthenes anticipates the Stoic
development of this to the view that virtue is sufficient for happiness,
because the virtuous person uses properly whatever is present. Third, both Socrates
and Antisthenes stress that the soul is more important than the body, and
neglect the body for the soul. Unlike the later Cynics, however, both Socrates
and Antisthenes do accept pleasure when it is available. Antisthenes also does
not focus exclusively on ethics; he wrote on other topics, including logic. He
supposedly told Plato that he could see a horse but not horseness, to which
Plato replied that he had not acquired the means to see horseness. Diogenes of
Sinope c.400c.325 B.C. continued the emphasis on self-sufficiency and on the
soul, but took the disregard for pleasure to asceticism. According to one
story, Plato called Diogenes “Socrates gone mad.” He came to Athens after being
exiled from Sinope, perhaps because the coinage was defaced, either by himself
or by others, under his father’s direction. He took ‘deface the coinage!’ as a
motto, meaning that the current standards were corrupt and should be marked as
corrupt by being defaced; his refusal to live by them was his defacing them. For
example, he lived in a wine cask, ate whatever scraps he came across, and wrote
approvingly of cannibalism and incest. One story reports that he carried a
lighted lamp in broad daylight looking for an honest human, probably intending
to suggest that the people he did see were so corrupted that they were no
longer really people. He apparently wanted to replace the debased standards of
custom with the genuine standards of nature
but nature in the sense of what was minimally required for human life,
which an individual human could achieve, without society. Because of this, he
was called a Cynic, from the Grecian word kuon dog, because he was as shameless
as a dog. Diogenes’ most famous successor was Crates fl. c.328325 B.C.. He was
a Boeotian, from Thebes, and renounced his wealth to become a Cynic. He seems
to have been more pleasant than Diogenes; according to some reports, every
Athenian house was open to him, and he was even regarded by them as a household
god. Perhaps the most famous incident involving Crates is his marriage to
Hipparchia, who took up the Cynic way of life despite her family’s opposition
and insisted that educating herself was preferable to working a loom. Like
Diogenes, Crates emphasized that happiness is self-sufficiency, and claimed that
asceticism is required for self-sufficiency; e.g., he advises us not to prefer
oysters to lentils. He argues that no one is happy if happiness is measured by
the balance of pleasure and pain, since in each period of our lives there is
more pain than pleasure. Cynicism continued to be active through the third
century B.C., and returned to prominence in the second century A.D. after an
apparent decline.
cyrenaic
implicaturum
-- Cyrenaics, a classical Grecian philosophical school that began shortly after
Socrates and lasted for several centuries, noted especially for hedonism.
Ancient writers trace the Cyrenaics back to Aristippus of Cyrene fifth-fourth
century B.C., an associate of Socrates. Aristippus came to Athens because of
Socrates’ fame and later greatly enjoyed the luxury of court life in Sicily.
Some people ascribe the founding of the school to his grandchild Aristippus,
because of an ancient report that the elder Aristippus said nothing clear about
the human end. The Cyrenaics include Aristippus’s child Arete, her child
Aristippus taught by Arete, Hegesius, Anniceris, and Theodorus. The school
seems to have been superseded by the Epicureans. No Cyrenaic writings survive,
and the reports we do have are sketchy. The Cyrenaics avoid mathematics and natural
philosophy, preferring ethics because of its utility. According to them, not
only will studying nature not make us virtuous, it also won’t make us stronger
or richer. Some reports claim that they also avoid logic and epistemology. But
this is not true of all the Cyrenaics: according to other reports, they think
logic and epistemology are useful, consider arguments and also causes as topics
to be covered in ethics, and have an epistemology. Their epistemology is
skeptical. We can know only how we are affected; we can know, e.g., that we are
whitening, but not that whatever is causing this sensation is itself white.
This differs from Protagoras’s theory; unlike Protagoras the Cyrenaics draw no
inferences about the things that affect us, claiming only that external things
have a nature that we cannot know. But, like Protagoras, the Cyrenaics base
their theory on the problem of conflicting appearances. Given their
epistemology, if humans ought to aim at something that is not a way of being
affected i.e., something that is immediately perceived according to them, we
can never know anything about it. Unsurprisingly, then, they claim that the end
is a way of being affected; in particular, they are hedonists. The end of good
actions is particular pleasures smooth changes, and the end of bad actions is
particular pains rough changes. There is also an intermediate class, which aims
at neither pleasure nor pain. Mere absence of pain is in this intermediate
class, since the absence of pain may be merely a static state. Pleasure for
Aristippus seems to be the sensation of pleasure, not including related psychic
states. We should aim at pleasure although not everyone does, as is clear from
our naturally seeking it as children, before we consciously choose to.
Happiness, which is the sum of the particular pleasures someone experiences, is
choiceworthy only for the particular pleasures that constitute it, while
particular pleasures are choiceworthy for themselves. Cyrenaics, then, are not
concerned with maximizing total pleasure over a lifetime, but only with
particular pleasures, and so they should not choose to give up particular
pleasures on the chance of increasing the total. Later Cyrenaics diverge in
important respects from the original Cyrenaic hedonism, perhaps in response to
the development of Epicurus’s views. Hegesias claims that happiness is
impossible because of the pains associated with the body, and so thinks of
happiness as total pleasure minus total pain. He emphasizes that wise people
act for themselves, and denies that people actually act for someone else.
Anniceris, on the other hand, claims that wise people are happy even if they
have few pleasures, and so seems to think of happiness as the sum of pleasures,
and not as the excess of pleasures over pains. Anniceris also begins
considering psychic pleasures: he insists that friends should be valued not
only for their utility, but also for our feelings toward them. We should even
accept losing pleasure because of a friend, even though pleasure is the end. Theodorus
goes a step beyond Anniceris. He claims that the end of good actions is joy and
that of bad actions is grief. Surprisingly, he denies that friendship is
reasonable, since fools have friends only for utility and wise people need no
friends. He even regards pleasure as intermediate between practical wisdom and
its opposite. This seems to involve regarding happiness as the end, not
particular pleasures, and may involve losing particular pleasures for long-term
happiness.
COTTRONEO: Girolamo Cotroneo (Campo
Calabro) filosofo. Professore emerito di Storia della filosofia presso l'Università
degli Studi di Messina. Laureatosi in Filosofia all'Università degli Studi di
Messina nel 1957, discutendo, sotto la supervisione di Galvano Della Volpe, una
tesi sul pensiero di Kierkegaard, ottenne nel 1975 l'incarico di Professore di
Storia della filosofia presso il medesimo Ateneo. Cotroneo è stato Presidente della Società
Filosofica Italiana e primo Presidente della Società Italiana di Storia della Filosofia
(20002004). Il cordoglio dell'Ateneo per la scomparsa del Professor Cotroneo,
su unime.it. 10 novembre . G. Reale. Per
una completa degli scritti, comprensiva
degli articoli apparsi in volumi collettanei, su riviste scientifiche e su
altri periodici, nonché delle voci di dizionario curate dall'Autore, si rinvia
a Scritti di Girolamo Cotroneo, Francesco Crapanzano, Fabio Gembillo, Emilia
Scarcella, in Lo storicismo di Girolamo
Cotroneo, Giuseppe Gembillo, Soveria Mannelli, Rubbettino, Girolamo Cotroneo, Jean Bodin teorico della
storia, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1966, . Girolamo Cotroneo, Croce e l'Illuminismo,
Napoli, Giannini, Girolamo Cotroneo, I
trattatisti dell'"ars historica", Napoli, Giannini, Girolamo
Cotroneo, Storicismo antico e nuovo, Roma, Bulzoni, 1972, . Girolamo Cotroneo, Sartre «rareté» e
storia, Napoli, Guida, Girolamo Cotroneo, Popper e la società aperta, Messina,
Armando Siciliano Editore, Girolamo Cotroneo, Le ragioni della libertà, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, 1985, .
Girolamo Cotroneo, Trittico siciliano (Scinà, Castiglia, Di Menza), Roma,
Cadmo, 1985, 88-7923-062-X. Girolamo
Cotroneo, L'ingresso nella modernità. Momenti della filosofia italiana tra
Ottocento e Novecento, Napoli, Morano, 1992,
. Girolamo Cotroneo, Questione crociane e post-crociane, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, Girolamo Cotroneo, Tra filosofia e politica. Un
dialogo con Norberto Bobbio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998, 978-88-7284-629-2. Girolamo Cotroneo, Le idee
del tempo. L'etica. La bioetica. I diritti. La pace, Soveria Mannelli, Rubbettino,
Edgar Morin, Girolamo Cotroneo e Giuseppe Gembillo, Un viandante della
complessità. Morin filosofo a Messina, Annamaria Anselmo, Messina, Armando
Siciliano Editore, Girolamo Cotroneo, Benedetto Croce e altri ancora, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Girolamo Cotroneo, Etica ed economica. Tre conversazioni,
Messina, Armando Siciliano Editore, Girolamo Cotroneo, Le virtù minori, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Girolamo Cotroneo, Croce filosofo italiano, Firenze, Le
Lettere, Epub Girolamo Cotroneo, Illuminismo, Napoli, La scuola di Pitagora, Girolamo
Cotroneo, Libertà, Napoli, La scuola di Pitagora, Girolamo Cotroneo, Storia
della filosofia, Napoli, La scuola di Pitagora, ,Girolamo Cotroneo, Positivismo,
Napoli, La scuola di Pitagora, Girolamo
Cotroneo, Filosofia della storia, Napoli, La scuola di Pitagora, Girolamo
Cotroneo, Rinascimento, Napoli, La scuola di Pitagora, Curatele Aristotele e
Chaïm Perelman, Retorica antica e "nuova retorica", introduzione e
scelta di brani Giuseppe Martano e Girolamo Cotroneo, Napoli, Il Tripode,
1988, . Itinerari dell'idealismo
italiano, Girolamo Cotroneo, Napoli, Giannini, 1989, . Raffaello Franchini, Teoria della
previsione, Girolamo Cotroneo e Giuseppe Gembillo, Messina, Armando Siciliano
Editore, Benedetto Croce, La religione della libertà. Antologia degli scritti
politici, Girolamo Cotroneo, Soveria Mannelli, Rubbettino, Il diritto alla
filosofia, Atti del Seminario di studi su Raffaello Franchini [4-5 dicembre
2000], Girolamo Cotroneo, Renata Viti Cavaliere, Soveria Mannelli, Rubbettino,
2002, 978-88-498-0523-9. Croce filosofo, Atti del Convegno
internazionale di studi in occasione del 50º anniversario della morte
[Napoli-Messina 26-30 novembre 2002], 2 voll., Giuseppe Cacciatore, Girolamo
Cotroneo, Renata Viti Cavaliere, Soveria Mannelli, Rubbettino,La Fenomenologia
dello spirito dopo duecento anni, Girolamo Cotroneo, Giusi Furnari Luvarà,
Francesca Rizzo, Napoli, Bibliopolis, Cavour, Discorsi su Stato e Chiesa, con
interventi di Pier Carlo Boggio, Marco Minghetti, Francesco Ruffini, Giovanni
Giolitti, Benedetto Croce, Benito Mussolini, Girolamo Cotroneo e Pier Francesco
Quaglieni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Letteratura critica Giovanni Reale,
Girolamo Cotroneo , in Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe , Storia della
filosofia, 14, Milano, Bompiani, Lo
storicismo di Girolamo Cotroneo, Giuseppe Gembillo, Soveria Mannelli,
Rubbettino, Giuseppe Giordano, Girolamo Cotroneo. Tra Storia della Filosofia e Liberalismo,
in Bollettino della Società Filosofica Italiana, n. 224, Roma, Carocci, Giuseppe
Giordano, Girolamo Cotroneo , in Rivista di storia della filosofia, n. 1,
Milano, Franco Angeli, Girolamo Cotroneo, in Treccani.itEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
The
desideratum of conversational concord – after Sergio Cotta.
COTTA – Grice: “My
favourite explorations by Cotta are three: ‘per che violenza?” – “dalla guerra
alla pace: un itinerario filosofico” and a secondary-literature study on ‘i
concordati’ --- which is MY philosophy. You see, Plato thought that the soul
resided in the brain – cool as he was – but Aristotle corrected him: it resides
in the HEART – Cicero loved that and coined ‘cum-cor’ – i.e . something like my
cum-operare: your hearts convene!” -- Grice: “I would say Cotta is Italy’s H.
L. A. Hart, with a bonus – he wrote on essentialism, deontic logic, and from
war to peace!” Sergio Cotta Il conte Sergio Cotta (Firenze), filosofo. Cotta
nasce a Firenze da Alberto Cotta, studioso di scienze forestali, e Mary Nicolis
di Robilant. Da parte di madre è discendente diretto del matematico Leonardo
Eulero. Studia a Firenze presso l'istituto dei barnabiti «La Querce» e poi si
iscrive alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Firenze dove si laurea nel 1945.
Chiamato alle armi con il grado di sottotenente, il giorno dell'annuncio
dell'armistizio, l'8 settembre 1943, è in Friuli. Scioltosi l'esercito, scende
in barca lungo l'Adriatico per raggiungere l'Italia non ancora occupata dai
tedeschi. Ammalatosi di malaria, dopo svariate traversie decide di raggiungere
il Piemonte, dove partecipa alla guerra di resistenza come comandante di una
brigata partigiana nella VII Divisione Autonoma "Monferrato". È tra i
primi ad entrare a Torino nei giorni della liberazione. Per la sua
partecipazione alla guerra partigiana gli vengono attribuite la Medaglia di
bronzo al valor militare (24-10-1951) e la Croce di guerra (31-3-1952). Nel
1945 sposa a Brozolo Elisabetta Radicati di Brozolo. Nascono tre figli: Irene,
Maurizio e Gabriella. Studi Dopo gli
studi sul pensiero politico dell'Illuminismo i suoi interessi si sono
incentrati sulla filosofia giusnaturalistica, che Cotta è stato in grado di
fondere con elementi della tradizione fenomenologica. A partire dagli anni
cinquanta ha pubblicato numerosi articoli e saggi monografici sulla visione
politica di Montesquieu, Gaetano Filangieri, San Tommaso e Sant'Agostino,
dedicandosi in seguito a riflessioni teoriche sul diritto e sulla politica. È
stato direttore della Rivista internazionale di filosofia del diritto. Le sue
opere sono state tradotte in francese, greco, inglese, portoghese e
spagnolo. Carriera accademica Ha
iniziato all'Torino come assistente del filosofo del diritto Norberto Bobbio.
Vinto il concorso a Professore, ha insegnato nelle Perugia, Trieste, Trento,
Firenze e infine di Roma. È stato uno dei promotori della facoltà di
giurisprudenza dell'Università "Gabriele d'Annunzio" di Teramo,
presso la quale ha insegnato filosofia del diritto. All'Università La Sapienza
di Roma ha tenuto dal 1966 al 1990 la cattedra di filosofia del diritto e, per
alcuni anni, è stato anche direttore dell'istututo omonimo, intitolato al
filosofo del diritto Giorgio Del Vecchio. Collocato a riposo nel 1995, da
allora è professore emerito. È stato socio corrispondente dell'Accademia delle
Scienze di Torino (dal 1965) e dal 1995 socio nazionale dell'Accademia dei
Lincei. Socio corrispondente dell'Institut de France e dell'Académie des
Sciences morales et politiques. Socio dell’Accademia delle Scienze di Buenos
Aires. Due volte Presidente dell’Institut International de Philosophie
Politique. Ha ricoperto la carica di presidente dell'Unione giuristi cattolici
italiani e dell'Unione internazionale giuristi cattolici. Fu tra i componenti
del comitato promotore del referendum abrogativo del 1974 della legge sul
divorzio. Tra i suoi allievi figurano Francesco D'Agostino, Bruno Montanari,
Gaetano Carcaterra, Bruno Romano, Domenico Fisichella e il famoso cantante
Antonello Venditti. Onorificenze
Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'artenastrino per uniforme
ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte — Roma, 5
settembre 1995 Medaglia di bronzo al valor militare (24 ottobre 1951) Croce di
guerra (31 marzo 1952) Grande ufficiale dell'ordine al merito della Repubblica
(27 dicembre 2003) Croce di Prima Classe al Merito della Scienza e della
Cultura della Repubblica Austriaca (14-9-1998) Cavaliere di gran croce dell'Ordine
di San Silvestro papa. Opere Montesquieu e la scienza della società, 1953
Gaetano Filangieri e il problema della legge, Torino, Giappichelli, 1954 Il
concetto di legge nella Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino, Torino,
Giappichelli, 1955 La città politica di S. Agostino, 1960 Filosofia e politica
nell'opera di Rousseau, 1964 La sfida tecnologica, 1968 L'uomo tolemaico, 1975
Quale Resistenza?, 1977 El hombre tolemaico, Ediciones RIALP, Madrid 1977
Perché la violenza, 1978 Giustificazione e obbligatorietà delle norme, 1981 Il
diritto nell'esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica, 1985 Why violence
? A philosophical interpretation, University of Florida Press, Gainesville,
1985 Dalla guerra alla pace, 1989 Diritto, persona, mondo umano, 1989 Il
diritto nell'esistenza, edizione ampliata, 1991 Il pensiero politico di
Montesquieu, Bari, Laterza, 1995 Le droit dans l’existance, Editions Bière,
Bordeaux, 1996 Soggetto umano, soggetto giuridico, 1997 I limiti della
politica, 2002 Il diritto come sistema di valori, 2004 Ontologie du phénomène
juridique, Paris, Dalloz, Perché il
diritto (nuova ed.), Brescia, La Scuola,
Note Stante la concessione
chirografata dall'ex re Umberto II il 28 marzo 1959, Sergio Cotta poteva
fregiarsi, sia pure del tutto informalmente stante l'instaurazione dal 13
giugno 1946 dell'ordinamento repubblicano e la XIV disposizione finale e
transitoria della Costituzione, del titolo nobiliare di conte. Vedi Copia
archiviata, su cnicg.net. 23 giugno 23
novembre ).. Cotta, Sergio nell'Enciclopedia
Treccani, su treccani.it. 10 maggio .
Filosofia del diritto Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su
Sergio Cotta Gaetano Carcaterra, «COTTA,
Sergio» in Enciclopedia ItalianaV Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1991. «Cotta, Sergio», la voce in Enciclopedie on line, sito
"Treccani.it L'Enciclopedia italiana". Sergio Cotta biografia nel
sito dell'ANPIAssociazione nazionale partigiani d'Italia. Ricordo di Sergio
Cotta, di Francesco D'Agostino, l'Occidentale, Giornale on-line della Fondazione
Magna Carta, Filosofia Categorie: Giuristi italiani del XX secoloFilosofi
italiani Professore1920 2007 6 ottobre 3 maggio Firenze FirenzeFilosofi della
politicaPartigiani italianiPersonalità del cattolicesimoProfessori dell'Università
degli Studi "Gabriele d'Annunzio"Membri dell'Accademia delle Scienze
di Torino
CREDARO: Grice: “I like
Credaro; it is as if he invented the universities! I especially love the way he
connects it all, in that uniquely Italian way, with the ‘assoluto’!” Ministro della Pubblica Istruzione del Regno
d'Italia Durata mandato31 marzo 191019 marzo 1914 MonarcaVittorio Emanuele III
di Savoia Capo del governoLuigi Luzzatti, Giovanni Giolitti PredecessoreEdoardo
Daneo SuccessoreEdoardo Daneo LegislatureXXIII. XXIV Senatore del Regno
d'Italia LegislatureXXV Legislatura del Regno d'Italia Sito istituzionale Dati
generali UniversitàUniversità degli Studi di Pavia Professionepedagogista
professore universitario. Luigi Credaro (Sondrio), filosofo. Casa natale di
Luigi Credaro Laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Pavia nel
1885, dove fu convittore del Collegio Ghislieri, divenne insegnante di liceo.
Nel 1889 si recò a Lipsia per perfezionarsi nello studio della filosofia e
della psicologia; ebbe come maestro Wilhelm Wundt. Tornato in Italia, insegnò a
Pavia, ove ebbe la cattedra di Storia della filosofia. Nel 1907 fondò la Rivista pedagogica. Nel
1901 gli fu affidata la cattedra di Pedagogia alla SapienzaRoma, ove insegnò
sino al 1935. Fu deputato del Partito
Radicale e ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia nei governi
Luzzatti e Giolitti IV tra il 1910 e il 1914. In tale veste, nel 1911, istituì
il Liceo moderno. Fu relatore nella
presentazione della Legge del 24 dicembre 1904 nº 689, che istitutiva dei Corsi
di perfezionamento, o più comunemente Scuole pedagogiche, di durata biennale,
di preparazione per l'esercizio all'ispettorato o per la direzione didattica
delle scuole. Fu l'ispiratore della
legge Daneo-Credaro del 1911, che stabiliva che lo stipendio dei maestri delle
scuole elementari fosse a carico del bilancio dello Stato, e non più dei
Comuni, contribuendo così in maniera determinante all'eliminazione
dell'analfabetismo in Italia. Prima di questa legge, infatti, i comuni di
campagna e quelli più poveri, specie nel Sud, non erano in grado di istituire e
mantenere scuole elementari e pertanto rendevano di fatto inapplicata la legge
Coppino del 1877 sull'obbligo scolastico.
Si interessò attivamente dei problemi agricoli e forestali della
provincia di Sondrio. Pubblicò numerose opere, in particolare sui filosofi
tedeschi Immanuel Kant e Johann Friedrich Herbart. Il 20 luglio 1919 fu nominato Commissario
Generale Civile della Venezia Tridentina, ossia la suprema autorità del
Trentino-Alto Adige che stava per essere formalmente annesso all'Italia. In
tale veste tentò una politica particolarmente conciliante verso la minoranza di
lingua tedesca e rispettosa dell'ordinamento amministrativo decentrato della
regione. In seguito, anche a causa delle pressioni dei nazionalisti, la sua
politica nei confronti della minoranza di lingua tedesca si fece più
intransigente. Testimonianza ne è la cosiddetta Lex Corbino (elaborata da
Credaro) sull'istituzione di scuole elementari nelle nuove province che è
considerata da una parte della storiografia strumento per potenziare la
presenza italiana soprattutto nel territorio mistilingue della regione a danno
della minoranza tedesca. Ciononostante, il 5 ottobre 1922 subì l'assalto di una
squadra d'azione fascista che lo costrinse alle dimissioni per far luogo
all'insediamento di un prefetto di Trento.
Terminò quindi la sua carriera politica in disparte rispetto al regime
che si andava consolidando, pur mantenendo il suo seggio da senatore. Onorificenze Cavaliere di Gran Croce decorato
di Gran Cordone dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme
ordinariaCavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine dei Santi
Maurizio e Lazzaro Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine
della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCavaliere di Gran Croce
decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia Opere Lo scetticismo
degli Accademici, 2 voll., Roma, Tip. alle Terme Diocleziane, 1889-1893. Rist.
anastatica: Milano, Istituto editoriale cisalpino, 1985. Il problema della
libertà di volere nella filosofia dei Greci, Milano, Tip. Bernardoni, 1892. La
pedagogia di G. F. Herbart, Torino, Paravia, 1902. Alfonso Testa e i primordi
del kantismo in Italia, Catania, Battiato, 1913. Guglielmo Wundt: ricordi di
uno scolaro del 1887-88, Milano, Società Anonima Editrice Dante Alighieri,
1932. Note Andrea Di Michele,
L’italianizzazione imperfetta. L’amministrazione pubblica dell’Alto Adige tra
Italia liberale e fascismo, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2003108. Analfabetismo Altri progetti Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Luigi
Credaro Luigi Credaro, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Luigi Credaro, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Luigi Credaro, .
Luigi Credaro, su storia.camera.it, Camera dei deputati. Luigi Credaro, su Senatori d'Italia, Senato
della Repubblica. L'educatore Luigi
Credaro un italiano d'altri tempi articolo di Sergio Romano, Corriere della
Sera, Filosofia Istruzione Istruzione
Politica Politica Università Università Categorie: Politici italiani del
XIX secoloPolitici italiani del XX secoloStorici della filosofia italianiPedagogisti
italiani 1860 1939 15 gennaio 15 febbraio Sondrio RomaAccademici italiani del
XIX secoloAccademici italiani del XX secoloDirettori di periodici
italianiFondatori di riviste italianeGoverno Giolitti IVGoverno
LuzzattiMinistri della pubblica istruzione del Regno d'ItaliaProfessori della sapienzaRomaProfessori
dell'Università degli Studi di PaviaSenatori della XXV legislatura del Regno
d'ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di PaviaStudenti dell'Lipsia.
CREMONINI Cremonini:
essential Italian philosopher. Nato a Cento, “Fmous for his dialettica e
cosmologia and implicature!” – Grice. Cesare Cremonini (filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Jump to navigationJump to search Cesare Cremonini Cesare Cremonini (Cento,
22 dicembre 1550 – Padova, 19 luglio 1631) è stato un filosofo italiano.
«Ad philosophiam sum vocatus, in ea totus fui.[1]» Cesare Cremonini
nacque a Cento da Mattea Pilanzi e da Matteo Cremonini, un pittore originario
di Cremona - di qui il cognome, che era originariamente Zamboni - e rifugiatosi
a Cento, di cui si conservano affreschi negli oratori delle chiese della Pietà
e di San Rocco. Un fratello di Cesare, Giovan Battista, seguirà le orme paterne
con qualche successo nelle città emiliane e in Bologna, dove morì nel
1610. Cesare prese invece la strada degli studi umanistici: studente in
legge nell'Università di Ferrara, scelse poi filosofia, allievo di Federico
Pendasio, divenendo dal 1579 insegnante di filosofia naturale nello Studio ferrarese
fino al 1589.[2] Cremonini tenne rapporti con la corte estense: di fronte a
Leonora d'Este recitò il suo poemetto Le pompe funebri, e quando si trovò a
essere oggetto di non chiarite gelosie e maldicenze da parte dei suoi colleghi
dell'Università, il 20 maggio 1589 scrisse al duca Alfonso per richiedere un
suo intervento.[2] Non risulta che Alfonso II abbia risolto i conflitti
denunciati dal Cremonini, che perciò decise di trasferirsi altrove. Il 23
novembre 1590 fu chiamato a Padova per insegnare filosofia naturale in secundo
loco, in sostituzione di Giacomo Zabarella, da poco defunto, mentre Francesco
di Niccolò Piccolomini assumeva la prima cattedra. Il 27 gennaio 1591 Cremonini
iniziò il suo corso, leggendo la prolusione Exordium habitum Patavii VI Kalendis
Februarii 1591. Contro il tentativo dei gesuiti di fondare a Padova un
proprio Studio rivale dell'Università, il Cremonini si espresse il 20 dicembre
1591 con l'Oratione contro i gesuiti a favore della Università di Padova tenuta
di fronte alla Signoria di Venezia, nella quale sostenne che Padova «per
insegnare le scienze non ha bisogno dell'aiuto de' Padri Giesuiti», e paventò i
rischi di dividere gli studenti in fazioni «come i Guelfi e Gibellini».[3]
L'autorizzazione all'apertura dello Studio non fu rilasciata e i gesuiti furono
poi espulsi dalla Repubblica nel 1606, a causa dell'interdetto scagliato dal
Papa Paolo V, cui seguì la cosiddetta Guerra dell'Interdetto. Cremonini
ebbe una famosa controversia con il suo collega Giorgio Raguseo[4] sulla natura
degli elementi, sul valore della storia delle interpretazioni di Aristotele e
sulle questioni didattiche. Difensore della medicina averroista e
sostenitore della mortalità dell'anima, legata indissolubilmente al corpo
umano, fu sospettato di eresia e nel 1598 venne denunciato all'inquisizione di
Padova. Con l'amico[5] e rivale Galileo Galilei, Cremonini, ad opera del
collega Camillo Belloni, condivise nel 1604, con accuse diverse, una denuncia
al tribunale dell'Inquisizione padovana che non ebbe alcuna conseguenza per
entrambi. Galileo fu accusato di praticare l'astrologia giudiziaria e Cremonini
di sostenere la mortalità dell'anima e che Aristotele avesse separata la
filosofia dalla teologia. Cremonini dovette affrontare altri due processi uno nel
1608 e l'altro nel 1611 dai quali uscì indenne grazie alla protezione della
Repubblica di San Marco.[6] Anche se molte fonti riportano che morì di
peste durante l'epidemia che colpì l'Italia nel 1629-1631, risulta che morì a
causa di catarro accompagnato da febbre[7]. Secondo alcuni studiosi[8]
Galileo si ispirò a Cremonini nella scelta di Simplicio come rappresentante
dell'aristotelico avversario del copernicanesimo. Pensiero Cremonini
pubblicò pochi testi della sua dottrina mentre sono a noi giunte numerose
trascrizioni delle sue lezioni che egli preferiva tenere oralmente al posto
della forma scritta. Le trascrizioni delle lezioni tenute nello Studio di
Padova e privatamente tuttavia presentano gravi problemi interpretativi che
hanno impedito alla storiografia di poter avanzare una sintesi sicura del suo
pensiero. Unica eccezione a questa difficoltà interpretativa il testo Lecturae
exordium, letto da Cremonini in occasione della sua prima lezione in Padova.
Nella prima parte dell'opera egli si rammarica che il continuo rinascere della
natura, come la successione delle stagioni, dalle sue forme ormai trascorse,
non susciti la meraviglia dell'uomo e lo sgomento per il continuo morire del
mondo. «"il mondo non è mai: nasce e muore continuamente", si
conclude con l’affermazione del dovere dell’uomo di conoscere se stesso.
L’uomo, scrive Cremonini, si scopre in mezzo alle tribolazioni dell’incostanza;
ebbene, la conoscenza di sé è l’unico strumento capace di dare all’uomo
serenità.[9]» La strada per conoscere se stessi e raggiungere la serenità
è data dalla filosofia su cui si basa la morale e la scienza. L'uomo ha avuto
in dono da Dio un intelletto onnipotente che dalla conoscenza di se stesso e
della natura giungerà a congiungersi con la beatitudine divina.[10]
Dibattito relativo alle osservazioni di Galileo Secondo una diffusa ma falsa
narrazione Cremonini fu uno di quei professori aristotelici che non solo
rifiutarono pervicacemente le scoperte galileiane in nome della filosofia
peripatetica ma si rifiutarono, invitati dallo scienziato pisano, di osservare
direttamente nel telescopio l'esistenza delle montagne della Luna, delle fasi
di Venere, dei satelliti di Giove. Questo avvenimento, tramandato come simbolo
della miopia di coloro che si ritengono custodi del vero sapere, è invece
ritenuto falso.[11] Nella lettera del 19 agosto 1610 Galilei racconta a
Keplero il comportamento dei docenti dello Studio di Padova ma non fa
nomi: «Che dire dei più celebri filosofi di questo Studio i quali, colmi
dell’ostinazione dell’aspide, nonostante più di mille volte io abbia offerto
loro la mia disponibilità, non hanno voluto vedere né i pianeti, né la luna, né
il cannocchiale? [...] Questo genere di uomini ritiene infatti che la filosofia
‹naturale› sia un libro come l’Eneide e l’Odissea e che le verità siano da
ricercare non nel mondo o nella natura, bensì (per usare le loro parole) nel
confronto dei testi.[12]» Ad un esame superficiale una lettera a Galilei
del 6 maggio 1611 del suo amico Paolo Gualdo sembrerebbe confermare che
tra coloro che rifiutarono l'osservazione con il telescopio vi fosse anche il
Cremonini: «Abbiamo qui l'Ill.mo S.r Andrea Morosini, il quale non può
patire che ’l Cremonino, mentre V.S. è stata qui, non habbia procurato né
voluto vedere queste sue osservationi, havendole io detto ch’ella se gli era
offerta di andare sino alla sua propria casa per fargliele vedere; onde le pare
che habbia torto contrariarle senza haverne fatto qualche
esperienza.[13]» Nella successiva lettera di Gualdo a Galilei si
riferisce di un colloquio con Cremonini che al rimprovero di essersi rifiutato
dell'esperienza con il telescopio risponde che lo fece perché: «[...] non
volendo approvare cose di che io non ho cognitione alcuna, né l’ho vedute.
Questo è quello, dico, ch’ha dispiacciuto al S.r Galilei, ch’ella non abbia
voluto vederle. Rispose: Credo che altri che lui non l’habbia veduto; e poi
quel mirare per quegli occhiali m’imbalordiscon la testa: basta, non ne voglio
saper altro.[14]» Marco Forlivesi ha osservato come Cremonini affermi in
questo testo che gli causò disagio mirare nel telescopio e che dunque non si
rifiutò di guardare ma non accettò di vedere cioè di accogliere
l'interpretazione galileiana di quelle osservazioni.[15] Più in generale,
Forlivesi sostiene che la posizione di Cremonini fu sempre coerente nel
ritenere che l'interpretazione dei dati osservativi non potesse andare
disgiunta dall'esistenza di una dottrina filosofico-naturale complessiva.
Forlivesi rileva altresì che lo stesso Galileo, a volte, propose ipotesi circa
la natura dei cieli non meno problematiche di quelle proposte dagli
"aristotelici". D'altra parte, come confermato dallo storico
della scienza Enrico Bellone nella sua monografia su Galilei per i
"Quaderni de 'Le Scienze'", il cannocchiale era uno strumento di
fattura "artigianale" e non scientifica, in quanto non esisteva
ancora una teoria dell'ottica - si dovrà attendere Newton - e le immagini erano
alquanto deformate. Opere Le pompe funebri ovvero Aminta e Clori, Ferrara
1590. Lecturae exordium habitum Patavii VI Kalendis Februarii 1591, Ferrara,
Benedetto Mammarelli, 1591. Explanatio proœmii librorum Aristotelis De physico
auditu, cum introductione ad naturalem Aristotelis philosophiam, continente
tractatum De pædia, descriptionemque universæ naturalis Aristoteliæ
philosophiæ, quibus adjuncta est præfatio in libros De physico auditu, Patavii,
Melchiorem Novellum, 1596. Oratio habita Ferrariae ad Clementem VIII pro S. P.
Q. Centensi, Ferrariae, 1598. Disputatio De formis quatuor corporum simplicium
quæ vocantur elementa, Venetiis, 1605. Oratio habita in creatione serenissimi
Venetiarum principis Leonardi Donati, Venetiis, 1606. Disputatio de cœlo, in
tres partes divisa, de natura cœli, de motu cœli, de motoribus cœli abstractis.
Adjecta est Apologia dictorum Aristotelis, de via lactea, et de facie in orbe
lunæ, Venetiis, Thomam Balionum, 1613. Oratione al serenissimo prencipe
Giovanni Bembo nella sua essaltatione al Prencipato, 1616. Apologia dictorum
Aristotelis, de quinta cœli substantia adversus Xenarcum, Venetiis, Meiettum,
1616. Il nascimento di Venezia, Venezia, 1617. Oratione al serenissimo prencipe
Antonio Priuli nella sua essaltatione al prencipato, 1618. Il ritorno di
Damone, Venezia, 1622. Oratione in nome della Università di Padova, 1624.
Chiorindo e Valliero, Venezia, 1624. Apologia dictorum Aristotelis De calido
innato adversus Galenum, Venetiis, Deuchiniana, 1626. Apologia dictorum
Aristotelis De origine et principatu membrorum adversus Galenum, Venetiis,
Hieronymum Piutum, 1627. Expositio in digressionem Averrhois de semine contra
Galenum pro Aristotele, 1634. Tractatus tres. Primus est de sensibus externis.
Secundus de sensibus internis. Tertius de facultate appetitiva, Venetiis, 1644.
Dialectica, Venetiis, 1663. Le nubi, Venezia, Biblioteca Marciana, XIV, 47.
Note ^ Cesare Cremonini, Testamento, 1631. Fonte: G. Tiraboschi, Storia
della letteratura italiana, riferimenti in Collegamenti esterni. ^ In A.
Favaro, Lo Studio di Padova e la Compagnia di Gesù sul finire del secolo
decimosesto, 1878, pp. 489-496. ^ Cesare Preti, Giorgio da Ragusa, in
Dizionario biografico degli italiani, vol. 55, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2001. ^ Cremonini in occasione del trasferimento di Galilei da Padova
a Firenze si rammaricava scrivendo: «Oh quanto harrebbe fatto bene anco il S.r
Galilei, non entrare in queste girandole, e non lasciar la libertà patavina.»
(Portale Galileo) ^ Portale Galileo ^ Marco Forlivesi, «Cesare Cremonini» in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero – Filosofia, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 2012. ^ Per esempio Andrea Pinotti, autore
dell'introduzione al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (Milano,
2004) ^ M. Forlivesi, Op.cit. ^ C. Cremoninus, Lecturae exordium, p. 39 ^ Marco
Forlivesi, Cesare Cremonini, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero –
Filosofia (2012), Enciclopedia Italiana Treccani ^ G. Galilei, epistola ad
Johannem Keplerum, Paduae 19 Augusti 1610, in Id., Le opere, sotto la direzione
di A. Favaro, 10° vol., 1934, lettera 379, p. 423 ^ P. Gualdo, lettera a G.
Galilei, Padova 6 maggio 1611, in G. Galilei, Le opere, cit., 11° vol., 1934,
lettera 526, p. 100 ^ P. Gualdo, lettera a G. Galilei, Padova 29 luglio 1611,
in G. Galilei, Le opere, cit., 11° vol., lettera 564, p. 165 ^ M. Forlivesi,
ibidem Bibliografia Galileo Galilei, Opere (ediz. naz.), ad Indicem; Alessandro
Tassoni, Lettere, a cura di Pietro Puliatti, Bari 1978, nn. 176, 179, 184, 187,
441; Giovanni Vincenzo Imperiale, Musaeum historicum et physicum, Venetiis
1640, pp. 172-174; Francesco Arisi, Cremona literata, Parma-Cremona 1702-41,
III, pp. 41-43, 371; Naudaeana et Patiniana, Amstelodami 1703, pp. 53-55,
182-183; Giovanni Mario Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, Venezia
1730-31, V, p. 128; Ferrante Borsetti, Historia alini Ferrariae Gymnasii,
Ferrariae 1735, II, pp. 204 s.; J. Guarino, Ad Ferrariensis Gymnasii
historiam... supplementum et animadversiones, Bononiae 1741, II, p. 65;
Ferrante Borsetti, Adversus supplementum et animadversiones, Venetiis 1742, p.
LXVII; Iacopo Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Padova 1757, III, pp. 275
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283-86; II, p. 38; Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana,
Venezia 1822-25, VII, pp. 588-591; Ernest Renan, Averroès et l'averroisme, 2,
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Firenze 1868, pp. 331-338; Antonio Favaro, Lo Studio di Padova e la Compagnia
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Paris 1881; Antonio Favaro, Galileo Galilei e lo Studio di Padova, Firenze
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della pieve e la legazione di Cesare Cremonini a Clemente VIII in Ferrara, in
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1968; Antonio Favaro, Galileo Galilei a Padova, Padova 1968, passim; Walter
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Puliatti, Bibliografia di Alessandro Tassoni, Firenze 1970, ad Indicem; Lucia
Rossetti, Manoscritti cremoniniani della University Library di Cambridge, in
Quaderni per la storia dell'Università di Padova, IV (1971), pp. 145-151;
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of Cesare Cremonini, in Manuscripta, XXIII (1979), pp. 79-87; Lina Bolzoni, La
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al Cremonini), in Rinascimento, s. 2, XIX(1979), 171-87; Tiziana Pesenti
Marangon, La Biblioteca universitaria di Padova dalla sua istituzione alla fine
della Repubblica veneta (1629-1797), Padova 1979, pp. 37-42; Leonard A.
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al tempo di Galilei, Venezia 1980; Gigi Corazzol, Angelo Portenari maestro di
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ed esperienza nel trattato "De Paedia" (1596) di Cesare Cremonini, in
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pp. 637-640; Antonio Favaro, Lo Studio di Padova e la Compagnia di Gesù sul
finire del secolo decimosesto, in «Atti del regio Istituto veneto di scienze,
lettere e arti», V, 4, 1878 Marco Forlivesi, Cesare Cremonini, in Il contributo
italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2012. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
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Cremonini, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Modifica su Wikidata Armando Carlini, Cesare Cremonini, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su
Wikidata Charles Bernard Schmitt, Cesare Cremonini, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere
di Cesare Cremonini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata
(EN) Opere di Cesare Cremonini, su Open Library, Internet Archive. Modifica su
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Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XVI
secoloFilosofi italiani del XVII secoloNati nel 1550Morti nel 1631Nati il 22
dicembreMorti il 19 luglioNati a CentoMorti a PadovaMembri dell'Accademia
galileiana di scienze lettere ed artiRefs.: Luigi Speranza,
"Grice e Cremonini," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
crespi: Grice: “Crespi is
an interesting figure; Strawson calls him an Englishman since he became a Brit!
My favourite is his edition of Marcauurelio’s remembrances – which is a n
irony: he was a roman, but left his remembrances in Hellenic; and the Italians
needed a translation! It would be as if Pocahontas’s remembrances were in
Anglo-Saxon!” -- Angelo Crespi (Milano) filosofo. Collaboratore della Critica
sociale di Filippo Turati, si avvicinò successivamente alle posizioni sturziane
e moderniste . Collaborò a Il Rinnovamento, L'Unità (rivista fondata da Gaetano
Salvemini), La Rivoluzione liberale, Coenobium. Emigrato a Londra durante il
fascismo, ospitò numerosi esuli antifascisti.
Opere principali Le vie della fede, Roma, Libreria editrice romana, 1908
Giuseppe Mazzini e la futura sintesi religiosa, Firenze, Tip. Bonducciana di A.
Meozzi, 1912 La funzione storica de l'impero britannico, Milano, Treves, 1918
Contemporary thought of Italy, London, Williams and Norgate Limited, 1926
Dall'io a Dio, con una nota di Tommaso Gallarati Scotti, Modena, Guanda, 1950
Note Nunzio Dell'Erba, Rosselli e Sturzo,
"Annali della Fondazione Ugo La Malfa", 19 (2004)274 Luigi Sturzo, Mario Sturzo, Carteggio
1924-1928 , Roma, Edizioni di storia e letteratura-Istituto Luigi Sturzo,
19857 Giovanni Bonomi, Angelo Crespi,
Cremona, Padus, 1961 Maria L. Frosio, Angelo Crespi, in Dizionario Storico del
Movimento Cattolico in Italia, III/1: Le figure rappresentative, Marietti,
Casale Monferrato 1984, 267-8 Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Angelo Crespi 306184669 I0000 0003 9805 6012
IT\ICCU\RAVV\037269 Identities-306184669
Biografie Biografie: di
biografie Filosofo del XX secoloGiornalisti italiani Professore1877 1949
Milano Londra
CRESPO.
croce:
Grice:
“I would think the fashionable Englishwoman may think Croce is the most
important philosopher that ever lived!” -- vide under “Grice as Croceian” --
Grice as Croceian: expression and intention -- Croce, B., philosopher. He was
born at Pescasseroli, in the Abruzzi, and after 6 lived in Naples. He briefly
attended the of Rome and was led to
study Herbart’s philosophy. In 4 he founded the influential journal La critica.
In 0 he was made life member of the
senate. Early in his career he befriended Giovanni Gentile, but this
friendship was breached by Gentile’s Fascism. During the Fascist period and
World War II Croce lived in isolation as the chief anti-fascist thinker in
Italy. He later became a leader of the Liberal party and at the age of eighty
founded the Institute for Historical Studies. Croce was a literary and
historical scholar who joined his great interest in these fields to philosophy.
His best-known work in the Englishspeaking world is Aesthetic as Science of
Expression and General Linguistic 2. This was the first part of his “Philosophy
of Spirit”; the second was his Logic 5, the third his theory of the Practical
9, and the fourth his Historiography 7. Croce was influenced by Hegel and the
Hegelian aesthetician Francesco De Sanctis 181783 and by Vico’s conceptions of
knowledge, history, and society. He wrote The Philosophy of Giambattista Vico 1
and a famous commentary on Hegel, What Is Living and What Is critical theory
Croce, Benedetto Dead in the Philosophy
of Hegel 7, in which he advanced his conception of the “dialectic of distincts”
as more fundamental than the Hegelian dialectic of opposites. Croce held that
philosophy always springs from the occasion, a view perhaps rooted in his
concrete studies of history. He accepted the general Hegelian identification of
philosophy with the history of philosophy. His philosophy originates from his
conception of aesthetics. Central to his aesthetics is his view of intuition,
which evolved through various stages during his career. He regards aesthetic
experience as a primitive type of cognition. Intuition involves an awareness of
a particular image, which constitutes a non-conceptual form of knowledge. Art
is the expression of emotion but not simply for its own sake. The expression of
emotion can produce cognitive awareness in the sense that the particular
intuited as an image can have a cosmic aspect, so that in it the universal
human spirit is perceived. Such perception is present especially in the
masterpieces of world literature. Croce’s conception of aesthetic has
connections with Kant’s “intuition” Anschauung and to an extent with Vico’s
conception of a primordial form of thought based in imagination fantasia.
Croce’s philosophical idealism includes fully developed conceptions of logic,
science, law, history, politics, and ethics. His influence to date has been
largely in the field of aesthetics and in historicist conceptions of knowledge
and culture. His revival of Vico has inspired a whole school of Vico
scholarship. Croce’s conception of a “Philosophy of Spirit” showed it was
possible to develop a post-Hegelian philosophy that, with Hegel, takes “the
true to be the whole” but which does not simply imitate Hegel. Croce -- expression theory of art, a theory
that defines art as the expression of feelings or emotion sometimes called
expressionism in art. Such theories first acquired major importance in the
nineteenth century in connection with the rise of Romanticism. Expression
theories are as various as the different views about what counts as expressing
emotion. There are four main variants. 1 Expression as communication. This
requires that the artist actually have the feelings that are expressed, when
they are initially expressed. They are “embodied” in some external form, and
thereby transmitted to the perceiver. Leo Tolstoy 18280 held a view of this
sort. 2 Expression as intuition. An intuition is the apprehension of the unity
and individuality of something. An intuition is “in the mind,” and hence the
artwork is also. Croce held this view, and in his later work argued that the
unity of an intuition is established by feeling. 3 Expression as clarification.
An artist starts out with vague, undefined feelings, and expression is a
process of coming to clarify, articulate, and understand them. This view
retains Croce’s idea that expression is in the artist’s mind, as well as
explanation, covering law expression theory of art 299 299 his view that we are all artists to the
degree that we articulate, clarify, and come to understand our own feelings. Collingwood
held this view. 4 Expression as a property of the object. For an artwork to be
an expression of emotion is for it to have a given structure or form. Suzanne
K. Langer 55 argued that music and the other arts “presented” or exhibited
structures or forms of feeling in general.
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altri rimpastò in uno: donde ripicchi, faide nel gregge degli yesmen
professionali. Vivete in pace nell'eterno: foste giusto senza saperlo, senza
volerlo.» (Eugenio Montale, A un grande filosofo [1972], in Id., Diario
del '71 e del '72, vv. 5-8[1]) Benedetto Croce B.Croce.jpg Ministro della
Pubblica Istruzione del Regno d'Italia Durata mandato15 giugno 1920 – 4 luglio
1921 PresidenteGiovanni Giolitti PredecessoreAndrea Torre SuccessoreOrso Mario
Corbino Ministro senza portafoglio del Regno d'Italia (periodo costituzionale
transitorio) Durata mandato22 aprile 1944 – 27 luglio 1944 PresidentePietro
Badoglio Ivanoe Bonomi Senatore del Regno d'Italia Durata mandato26 gennaio
1910 – 5 agosto 1943 Legislature XXIII,
XXIV, XXV, XXVI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXX Gruppo parlamentarePartito Liberale
Italiano Sito istituzionale Deputato dell'Assemblea Costituente Gruppo parlamentareUnione
Democratica Nazionale, Partito Liberale Italiano CollegioCollegio Unico
Nazionale Sito istituzionale Senatore della Repubblica Italiana LegislatureI
Gruppo parlamentarePLI Incarichi parlamentari Membro della sesta Commissione
permanente (Istruzione pubblica e belle arti) (17 giugno 1948 – 20 novembre
1952) Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Liberale
Italiano (1922-1952) Titolo di studioDiploma di maturità classica
UniversitàUniversità degli Studi di Napoli Federico II ProfessionePossidente,
filosofo, storico, scrittore FirmaBenedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio
1866 – Napoli, 20 novembre 1952) è stato un filosofo, storico, politico,
critico letterario e scrittore italiano, principale ideologo del liberalismo
novecentesco italiano ed esponente del neoidealismo[2]. Presentò il suo
idealismo come «storicismo assoluto», giacché «la filosofia non può essere
altro che "filosofia dello spirito" [...] e la filosofia dello
spirito non può essere altro che "pensiero storico"», ossia «pensiero
che ha come contenuto la storia», che rifugge ogni metafisica, la quale è
«filosofia di una realtà immutabile trascendente lo spirito»[3]. In funzione
anti-positivistica, nella filosofia crociana, la scienza diventa la misuratrice
della realtà, sottomessa alla filosofia, che invece comprende e spiega il
reale. Con Giovanni Gentile – dal quale lo separarono la concezione filosofica
e la posizione politica nei confronti del fascismo dopo il delitto Matteotti –
è considerato tra i maggiori protagonisti della cultura italiana ed europea
della prima metà del XX secolo, in particolare dell'idealismo. La dottrina
crociana improntata alla storiografia ebbe grande influenza politica sulla
cultura italiana; Croce, in particolare, con la sua "religione della
libertà, è ricordato come guida morale dell'antifascismo "[4], tanto che
fu anche proposto come Presidente della Repubblica italiana[5]. Fu tra i
fondatori del ricostituito Partito Liberale Italiano, assieme a Luigi
Einaudi.[6] Alcune riserve sulla sua estetica, come anche sulla critica
letteraria (in particolare sulla sua definizione di «poesia») e sulla
superiorità attribuita da Croce alla filosofia rispetto alle scienze
nell'ambito della logica, sono state, tuttavia, espresse in tempi successivi.[4]
D'altra parte, il pensiero di Croce, specialmente quello politico, ha goduto di
apprezzamenti più recenti e di una "riscoperta" anche al di fuori
dell'Italia, in Europa e nel mondo anglosassone (specialmente gli Stati Uniti
d'America), dov'è riconosciuto, al pari di pensatori come Karl Popper, come uno
dei più eminenti teorici del liberalismo europeo e un autorevole oppositore di
ogni totalitarismo.[7] Il liberalismo politico crociano distinto dal liberismo
economico fu causa di disaccordo con un altro importante esponente del
liberalismo italiano come Luigi Einaudi.[8] «... e su questo terreno,
traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere
degnamente, da uomini, pensando, operando, coltivando gli affetti gentili; e
tenerci sempre pronti alle rinunzie senza per esse disanimarci»
(Benedetto Croce dai Taccuini (marzo 1944) in Scritti e discorsi politici, Vol.
I, pp. 276-277) Croce nacque a Pescasseroli, in provincia dell'Aquila, il 25
febbraio del 1866. I genitori appartenevano a due abbienti famiglie abruzzesi:
la famiglia Sipari, quella materna, originaria della stessa Pescasseroli, ma
radicatasi anche in Capitanata e Terra di Lavoro, particolarmente legata agli
ideali liberali, e l'altra, quella paterna, originaria di Montenerodomo (in
provincia di Chieti), ma trapiantata a Napoli, legata invece ad una mentalità
di stampo borbonico[9]. Croce crebbe in un ambiente profondamente cattolico,
dal quale però, ancora adolescente, si distaccò, non riaccostandosi più per
tutta la vita alla religiosità tradizionale. Il terremoto di Casamicciola
A diciassette anni perse i genitori, Pasquale Croce e Luisa Sipari, e la
sorella Maria, periti il 28 luglio del 1883, durante il terremoto di
Casamicciola, nell'isola d'Ischia, dove Croce si trovava in vacanza con la
famiglia. Un terremoto durato non più di 90 secondi ma dalla potenza
devastatrice enorme - e per questo rimasto come esempio terribile di
distruzione nel modo di dire delle popolazioni coinvolte - dove lo stesso
Benedetto rimase «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in
più parti del corpo»[10]. Il "problema del male", in sottofondo
alla sua filosofia ottimistica sul progresso, rimarrà insoluto, se non
addirittura negato, e dietro le quinte del suo pensiero, influenzato da questi
eventi giovanili come evidenziato dalle meditazioni private dei Taccuini
personali.[11] «Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei
quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente
bramato di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di
suicidio.[12]» Fra i primi ad accorrere in suo aiuto fu il cugino Paolo
Petroni, la famiglia del quale lo assisté affettuosamente nei mesi seguenti
nella loro residenza di campagna a San Cipriano Picentino[13], paese non troppo
distante da Salerno. In seguito a questo tragico episodio fu affidato, assieme
al fratello superstite Alfonso (1867-1948), alla tutela del cugino Silvio
Spaventa, figlio della prozia Maria Anna Croce e fratello del filosofo Bertrando
Spaventa, che, mettendo da parte dei dissapori storici che aveva con la
famiglia Croce, lo accolse nella propria casa a Roma, dove il giovane Benedetto
trascorse gli anni dell'adolescenza ed ebbe modo di formarsi culturalmente[14]
fino all'età di vent'anni.[15] Primi contatti con gli intellettuali Nel
circolo culturale nella casa dello zio Silvio, Croce ebbe modo di frequentare
importanti uomini politici ed intellettuali tra cui Labriola che lo inizierà al
marxismo. Pur essendo iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università
di Napoli, Croce frequentò le lezioni di filosofia morale a Roma tenute dal
Labriola. Non terminò mai i suoi studi universitari, ma si appassionò a studi
eruditi e filosofici, trascurando il pensiero hegeliano, di cui criticava la
forma incomprensibile. Il ritorno a Napoli Lasciata la Roma troppo accesa
di passioni politiche, Croce nel 1886 tornò a Napoli, dove acquistò, per
abitarvi, la casa dove aveva trascorso la sua vita Giambattista Vico, il
filosofo napoletano amato da Croce per la concezione filosofica anticipatrice,
per certi aspetti, della sua. Nel 1890 fu tra i fondatori della Società dei
Nove Musi, un cenacolo di intellettuali. Foto di gruppo con il
giovane Benedetto Croce (terzo da sinistra, in piedi) Compì numerosi viaggi in
Spagna, Germania, Francia e Regno Unito mentre nella sua formazione culturale
cresceva l'interesse per gli studi storici e letterari, in particolare per la
poesia di Giosuè Carducci, e per le opere di Francesco De Sanctis. Nel 1895,
attraverso Antonio Labriola con cui era rimasto in contatto, si interessò al
marxismo, di cui però criticava come astorica la visione che dava del
capitalismo. Da Marx risalì alla filosofia hegeliana che cominciò ad apprezzare
e ad approfondire. La fondazione de La critica e la vita politica Nel
gennaio del 1903 uscì il primo numero della rivista La critica, con la
collaborazione di Giovanni Gentile, e stampata a sue spese fino al 1906,
allorché subentrò l'editore Laterza. Venne nominato per censo senatore nel 1910
e dal 1920 al 1921 fu Ministro della Pubblica Istruzione[16] nel quinto e
ultimo governo Giolitti[17]. Con regio decreto del 21 maggio 1920 gli fu
concesso il titolo di "Nobile". Elaborò una riforma della pubblica
istruzione che fu poi ripresa e attuata da Giovanni Gentile. Posizione
nella prima guerra mondiale «Ardenti e vivacissime furono in quei dieci mesi le
polemiche tra «interventisti» e «neutralisti», come erano chiamati. [...] non
si può dire che [gli interventisti] avessero torto, come non si può dire che
l'avessero i loro oppositori, perché dissidî di questa sorta non sono materia,
nonché di tribunali, neppure di critica scientifica, e hanno questo carattere
entrambe le tesi, appassionatamente difese, sono necessarie per l'effetto
politico e, come suona il motto, che, se una delle due opposizioni non ci
fosse, converrebbe inventarla. Più di un cosiddetto «neutralista» si sentiva
talvolta scosso dalla tesi avversaria e inclinava ad accoglierla, e il medesimo
accadeva a più di un «interventista».» ( Benedetto Croce, Storia d'Italia
dal 1871 al 1915, Bari, Laterza, 1943.) Il filosofo, nella scelta tra le due
posizioni, neutralismo o interventismo alla prima guerra mondiale, si rivolse
alla prima; ma il suo era un neutralismo che contemperava le posizioni liberali
con la possibilità dell'intervento (rimase comunque poco favorevole alla
guerra, e, non obbligato ad arruolarsi, per limiti di età - 49 anni -, non andò
mai al fronte a differenza di altri intellettuali come D'Annunzio, volontario a
52 anni).[18]. Scriveva a Henry Bigot nel 1914, che era: «pronto ad
accettare quella guerra che saremo costretti a fare, quale che sia, anche
contro la Germania, ad accettarla come una dolorosa necessità, risoluto a non
provocarla per ragioni antinazionali e settarie» (B. Croce, Epistolario,
vol. I, Napoli 1967, p. 3.) Il rapporto con il fascismo L'iniziale fiducia al
governo fascista Benedetto Croce nella sua biblioteca Inizialmente Croce
fu vicino al fascismo[19]. Ascoltò e applaudì il discorso di Mussolini al teatro
San Carlo di Napoli del 24 ottobre 1922, durante l'adunata preparatoria per la
marcia su Roma[20]. In occasione delle votazioni al Senato del 24 giugno
1924, successive all'uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti (10
giugno 1924), Croce fu tra i 225 senatori che votarono la fiducia al governo
Mussolini, insieme a Giovanni Gentile e Vincenzo Morello.[21] In seguito Croce
spiegò in un'intervista che il suo non era stato un voto fascista, aveva votato
a favore del regime perché pensava che Mussolini, se sostenuto, poteva esser
sottratto all'estremismo fascista a cui Croce faceva risalire la responsabilità
del delitto Matteotti. «Abbiamo deciso di dare il voto di fiducia. Ma,
intendiamoci, fiducia condizionata. Nell'ordine del giorno che abbiamo redatto
è detto esplicitamente che il Senato si aspetta che il Governo restauri la
legalità e la giustizia, come del resto Mussolini ha promesso nel suo discorso.
A questo modo noi lo teniamo prigioniero, pronti a negargli la fiducia se non
tiene fede alla parola data. Vedete: il fascismo è stato un bene; adesso è
divenuto un male, e bisogna che se ne vada. Ma deve andarsene senza scosse, nel
momento opportuno, e questo momento potremo sceglierlo noi, giacché la
permanenza di Mussolini al potere è condizionata al nostro
beneplacito.[22]» Croce scrisse su Il Giornale d'Italia del 9 luglio 1924
che il regime mussoliniano «non poteva e non doveva essere altro che un ponte
di passaggio per la restaurazione di un più severo regime liberale». La
rottura e il Manifesto degli intellettuali antifascisti Il filosofo abruzzese
si allontanò definitivamente dal regime allorché, su sollecitazione di Giovanni
Amendola, scrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti in replica al
Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile.[23] Lo scritto,
pubblicato sul quotidiano Il Mondo del 1º maggio 1925, tra l'altro
sosteneva: «Contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un
errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare
deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa,
non può dirsi nemmeno un errore generoso. E non è nemmeno, quello degli
intellettuali fascisti, un atto che risplende di molto delicato sentire verso
la patria, i cui travagli non è lecito sottoporre al giudizio degli stranieri,
incuranti (come, del resto, è naturale) di guardarli fuori dei diversi e
particolari interessi politici delle proprie nazioni. [...] In che mai
consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si
riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto; e, d'altra parte, il
fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore
un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all'autorità e di demagogismo, di
proclamata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti
ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di
tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla Chiesa cattolica,
di aborrimenti della cultura e di conati sterili verso una cultura priva delle
sue premesse, di sdilinquimenti mistici e di cinismo. [...] Per questa caotica
e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di
abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata
l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si
compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso
umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di
sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento.»
Secondo Norberto Bobbio, il Manifesto degli intellettuali antifascisti sancì
l'assunzione da parte di Croce del ruolo di «coscienza morale dell'antifascismo
italiano» e di «filosofo della libertà»[24]. Lo scritto segnò inoltre la
rottura dell'amicizia con Gentile, a causa delle ormai inconciliabili
divergenze filosofiche e politiche. In seguito Croce fu l'unica voce fuori dal
coro tollerata dal regime.[25] Il ruolo di Croce come coscienza
dell'antifascismo è testimoniato, tra gli altri, da Primo Levi, che nel 1975
ricordò che negli anni del fascismo e della guerra, segnati per gli
antifascisti da smarrimento morale, isolamento e incertezze, solo «La Bibbia,
Croce, la geometria, la fisica, ci apparivano fonti di certezza»[26]. Il
fascismo come "malattia morale" Benedetto Croce «Il mio
liberalismo è cosa che porto nel sangue, come figlio morale degli uomini che
fecero il Risorgimento italiano, figlio di Francesco De Sanctis e degli altri
che ho salutato sempre miei maestri di vita. La storia mi metterà tra i
vincitori o mi getterà tra i vinti. Ciò non mi riguarda. Io sento che ho quel
posto da difendere, che pel bene dell'Italia quel posto dev'essere difeso da
qualcuno, e che tra i qualcuni sono chiamato anch'io a quell'ufficio. Ecco
tutto.» (Lettera a Vittorio Enzo Alfieri del 10 ottobre 1925) Rifiutò di
entrare nell'Accademia d'Italia, fondata nel 1929, e dopo un breve appoggio al
movimento antifascista Alleanza Nazionale per la Libertà (1930), fondato dal
poeta Lauro De Bosis, si allontanò dalla vita politica[27], continuando
peraltro ad esprimere liberamente le sue idee politiche, senza che il regime
fascista lo censurasse, almeno esplicitamente[28]. L'unico atto di
ostilità violenta ed esplicita compiuto dal fascismo verso Croce fu la
devastazione della sua casa napoletana avvenuta nel novembre del 1926[29].
Negli anni successivi, quelli della sua affermazione e del cosiddetto
“consenso”, il fascismo ritenne Croce un avversario poco temibile, sostenitore
com'era della tesi di un fascismo inteso come "malattia morale"
inevitabilmente superata dal progresso della storia. Inoltre la fama di Croce
presso l'opinione pubblica europea lo proteggeva da interventi oppressivi da
parte del regime. Ebbe altresì blandi rapporti culturali con intellettuali in
qualche modo vicini al regime, anche se marginali, come un carteggio epistolare
con il tradizionalista Julius Evola, a cui espresse l'apprezzamento formale per
due opere, da pubblicare presso Laterza con il benestare dello stesso Croce,
Saggi sull'idealismo magico, Teoria dell'individuo assoluto e, successivamente,
La tradizione ermetica.[30][31][32] Nel 1931 il governo fascista richiese
ai docenti delle università italiane un atto di formale adesione al regime in
base all'articolo 18 del regio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931[33] (il
cosiddetto giuramento di fedeltà al fascismo). A seguito di tale provvedimento,
i docenti avrebbero dovuto giurare di essere fedeli non solo "alla
patria", secondo quanto già imposto dal regolamento generale universitario
del 1924, ma anche al regime fascista.[34]. In quell'occasione, Croce
incoraggiò professori come Guido Calogero e Luigi Einaudi a rimanere
all'università, «per continuare il filo dell'insegnamento secondo l'idea di
libertà»[35]. Se la sua figura fu importante per l'area politica del
liberalismo, la sua scuola ebbe durante tutto il ventennio fascista una platea
assai più ampia di allievi[36]: del resto, già prima dalle sue idee avevano
tratto esempio anche Antonio Gramsci[37] e il gruppo comunista de L'Ordine
Nuovo.Polemica sulla Giornata della fede La non adesione di Croce al fascismo
parve messa in discussione dal gesto compiuto nel 1935 durante la Guerra
d'Etiopia, quando il filosofo, in occasione della "Giornata della fede"
donò la propria medaglietta da senatore accompagnandola con questa secca
lettera al presidente del Senato: «Eccellenza, quantunque io non approvi la
politica del Governo, ho accolto in omaggio al nome della Patria, l'invito
dell'E.V., e ho rimesso alla questura del Senato la mia medaglia, che ha la
data del 1910[38]» Il gesto “suscitò negli ambienti dell'antifascismo
italiano, in patria e all'estero, sorpresa, dolore e polemiche” che colpirono
dolorosamente Croce. Al termine di un drammatico colloquio con Bianca Ceva,
inviata a sostenere il punto di vista degli antifascisti, dopo un iniziale
tentativo di giustificazione, Croce affermò: “dica che io sono sempre lo
stesso, che sono sempre con loro...”[39]. Contro le leggi razziali Nel
1938 il regime varò la legislazione antisemita (Croce non era presente
nell'aula del Senato, quale forma di protesta; egli fu uno dei pochi a
esprimersi contro di esse a livello pubblico). Il governo inviò a tutti i
professori universitari e i membri delle accademie un questionario da compilare
ai fini della classificazione "razziale". Tutti gli interpellati
risposero. L'unico intellettuale non ebreo che rifiutò di compilare il
questionario fu Croce. «L'unico effetto della richiesta dichiarazione
sarebbe di farmi arrossire, costringendo me, che ho per cognome CROCE, all'atto
odioso e ridicolo insieme di protestare che non sono ebreo, proprio quando
questa gente è perseguitata.[40]» Il filosofo, invece di restituire
compilata la scheda, inviò una lettera al presidente dell'Istituto veneto di
scienze, lettere ed arti, in cui scrisse sarcasticamente: «Gentilissimo
collega, ricevo oggi qui il questionario che avrei dovuto rimandare prima del
20. In ogni caso, io non l'avrei riempito, preferendo di farmi escludere come
supposto ebreo. Ha senso domandare a un uomo che ha circa sessant'anni di
attività letteraria e ha partecipato alla vita politica del suo paese, dove e
quando esso sia nato e altre simili cose?» (Benedetto Croce a Luigi
Messedaglia, Presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di
Venezia, 21 settembre 1938, in A. CAPRISTO, L’espulsione degli ebrei dalle
accademie italiane, Torino, Zamorani, 2003, p. 38.) Croce fu quindi espulso da
quasi tutte le accademie di cui era membro, comprese l'Accademia Nazionale dei
Lincei e la Società Napoletana di Storia Patria. All'Istituto Veneto di
Scienze, Lettere ed Arti, unica accademia che lo mantenne socio, alla fine
della guerra Croce riconoscerà il merito di non averlo espulso durante il
regime fascista.[41]. Dopo aver denunciato la persecuzione degli ebrei,
Croce però critica anche gli atteggiamenti degli ebrei stessi, sia quelli che
avevano aderito al fascismo, sia quelli che vivevano "separati",
ritenendo la specificità ebraica come pericolosa per gli ebrei stessi: «Quando
s'iniziò l'infame persecuzione contro gli ebrei, io ebbi, con un brivido di
orrore, la piena rivelazione della sostanziale delinquenza che era nel
fascismo, come chi fosse costretto ad assistere allo sgozzamento a freddo di un
innocente e mi misi di lancio dalla loro parte con tutto l'esser mio per fare
quello [...] che per loro si poteva a lenire o diminuire il loro strazio [...]
Molti danni e molte iniquità compiute dal fascismo non si possono ora riparare
per essi come per altri italiani che le soffersero, né essi vorranno chiedere
privilegi o preferenze, e anzi il loro studio dovrebbe essere di fondersi
sempre meglio con gli altri italiani; procurando di cancellare quella
distinzione e divisione nella quale hanno persistito nei secoli e che, come ha
dato occasione e pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere ne dia
ancora in avvenire... [l'idea di] popolo eletto, che è tanto poco saggia che la
fece sua Hitler, il quale, purtroppo, aveva a suo uso i mezzi che lo resero
ardito a tentarne la folle attuazione... [essi] disconoscono le premesse
storiche (Grecia, Roma, Cristianità) della civiltà di cui dovrebbero venire a
fare parte.» (Lettera a Cesare Merzagora[42][43]) Espresse quindi una
posizione di perplessità per il sionismo.[44] Benedetto Croce e
Alessandro Casati in occasione della cerimonia di insediamento di Luigi Einaudi
alla Presidenza della Repubblica Italiana Il rientro nella vita politica Dopo
la caduta del regime Croce rientrò in politica, accettando la nomina a
presidente del Partito Liberale Italiano. Durante la Resistenza cercò di
mediare tra i vari partiti antifascisti e nel 1944 fu Ministro senza
portafoglio nel secondo governo Badoglio, benché non stimasse né il Maresciallo
né il re Vittorio Emanuele III, a causa della loro compromissione col
fascismo.[45] Subito dopo la liberazione di Roma (giugno 1944) entrò a far
parte del secondo governo Bonomi, sempre come ministro senza portafoglio, ma
diede le dimissioni qualche mese dopo, il 27 luglio. Egli avrebbe preferito
l'abdicazione diretta del sovrano in favore del piccolo Vittorio Emanuele (con
rinuncia di Umberto al trono), la reggenza a Badoglio e l'incarico di capo del
governo a Carlo Sforza, ma i rappresentanti del Regno Unito si opposero.[46] Al
referendum sulla forma dello Stato (2 giugno 1946) votò per la monarchia[47],
inducendo tuttavia il Partito Liberale (di cui rimane presidente fino al 30
novembre 1947) a non schierarsi, per far sì che prevalesse sulla questione
piena ed effettiva libertà di scelta, e dichiarando in seguito: «il buon senso
fece considerare a quei milioni di votanti favorevoli alla monarchia, che, se
anche essi avessero riportato la maggioranza legale, una monarchia con debole
maggioranza non avrebbe avuto il prestigio e l'autorità necessaria, e perciò
meglio valeva accettare la forma nuova della Repubblica e procurar di farla
vivere nel miglior modo, apportandovi lealmente il contributo delle proprie
forze.»[48] Benedetto Croce con Enrico Altavilla e il Capo
provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola Concetti che Croce aveva, nella loro
sostanza, già espresso; ben prima che Umberto II, nel messaggio del 13 giugno
1946, ribadisse tale indicazione.[49]. Eletto all'Assemblea Costituente, non
accettò la proposta di essere candidato a Capo provvisorio dello Stato, così
come in seguito rifiutò la proposta, avanzata da Luigi Einaudi, di nomina a
senatore a vita[50]. Si oppose strenuamente alla firma del Trattato di pace,
con un accorato e famoso intervento all'Assemblea costituente, ritenendolo
indecoroso per la nuova Repubblica. Nel 1946 fondò a Napoli l'Istituto
italiano per gli studi storici destinando per la sede un appartamento di sua
proprietà, accanto alla propria abitazione e biblioteca nel Palazzo Filomarino
dove oggi ha sede la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce. Tra il 1949 e il
1952 fu Presidente dell'associazione PEN International e, negli stessi anni,
entrò a far parte del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Suor Orsola
Benincasa di Napoli.[51] Per un ictus cerebrale, sopravvenuto nel 1949,
rimase semiparalizzato e si ritirò in casa continuando a studiare: morì seduto
in poltrona nella sua biblioteca il 20 novembre 1952, all'età di 86 anni. I
funerali solenni si tennero nella sua Napoli e le sue spoglie tumulate nella
tomba di famiglia al Cimitero di Poggioreale[52]. Il rapporto con la
cultura cattolica «Pure filosofo quale sono [...] io stimo che il più profondo
rivolgimento spirituale compiuto dall'umanità sia stato il cristianesimo, e il
cristianesimo ho ricevuto e serbo, lievito perpetuo, nella mia anima[53]»
Il rapporto di Croce con la cultura cattolica variò nel corso del tempo. Agli
inizi del Novecento i filosofi idealisti, come Croce e Gentile, avevano
esercitato assieme alla cultura cattolica una comune critica al positivismo ottocentesco.
Alla fine degli anni venti vi era stato un progressivo allontanamento della
cultura laica e idealistica dalla cultura cattolica. Croce, pur non essendo un
anticlericale militante, riteneva importante la separazione liberale tra Chiesa
e Stato, propugnata da Cavour.[54] L'11 febbraio 1929 la Chiesa con i
Patti Lateranensi aveva ormai raggiunto un rapporto equilibrato con le
istituzioni statali italiane distaccandosi quindi dalle posizioni politiche
antifasciste dell'idealismo crociano. Croce fu contrario al Concordato e
dichiarò apertamente in Senato che «accanto o di fronte ad uomini che stimano
Parigi valer bene una messa, sono altri per i quali l'ascoltare o no una messa
è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza.»[55]
Mussolini gli rispose dichiarandolo «un imboscato della storia», e accusando il
filosofo di passatismo e di viltà di fronte al progresso storico.[56] Quando
Croce scrisse la Storia d'Europa nel secolo decimonono, il Vaticano criticò
aspramente l'autore che difendeva le filosofie esaltanti una religione della
libertà senza Dio. Il Sant'Uffizio pose all'Indice nel 1932 questo libro ma,
non ottenendo negli anni successivi da Croce un qualsiasi ripensamento, nel
1934 inserì nell'elenco dei libri proibiti tutti i suoi scritti.[57] La
polemica anti-concordataria crociana vide l'adesione del giovane filosofo
nonviolento e liberalsocialista Aldo Capitini che nell'autunno del 1936 a
Firenze, a casa di Luigi Russo, aveva avuto modo di conoscere Croce, a cui aveva
consegnato un pacco di dattiloscritti che il filosofo napoletano aveva
apprezzato e fatto pubblicare nel gennaio dell'anno seguente presso l'editore
Laterza di Bari con il titolo Elementi di un'esperienza religiosa. In poco
tempo gli Elementi diventarono uno tra i principali riferimenti letterari della
gioventù antifascista.[58] La posizione personale di Croce nei confronti
della religione cattolica è ben espressa nel suo saggio Perché non possiamo non
dirci "cristiani", scritto nel 1942. Il termine "cristiani"
inserito nel titolo tra virgolette non voleva indicare l'adesione a un credo
confessionale, bensì la consapevolezza di un'inevitabile appartenenza culturale
rappresentata nella sua particolare prospettiva dal fenomeno del cristianesimo:
non si trattava di una professione di fede cristiana dovuta a un rinnegamento
dell'agnosticismo[59] come volle fare intendere la propaganda fascista[60], ma
di riconoscere il valore storico e di «rivolgimento spirituale»: «Il
cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai
compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di
conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non
maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione
dall'alto, un intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto
legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori
scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo
confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse
quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della
libertà politica, e Roma del diritto: per la capacità dei princìpi cristiani di
contrastare il neopaganesimo e l'ateismo propagandati dal nazismo e dal
comunismo sovietico[61]:» «...sono profondamente convinto e persuaso che
il pensiero e la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell'impulso dato
da Gesù e da Paolo. Su di ciò ho scritto una breve nota, di carattere storico,
che pubblicherò appena ne avrò lo spazio disponibile. Del resto non sente Ella
che in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione
ancora cristiana della vita con un'altra che potrebbe risalire all'età
precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella
anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell'orda?[62]» Croce, in
sintesi, vede nel cristianesimo il fondamento storico della civiltà occidentale
ma non ripudia l'immanentismo radicale del suo pensiero che vede nella
religione un momento della realizzazione storica dello spirito che si avvia,
superandolo, ad una più alta sintesi.[63] All'Assemblea Costituente
lotterà contro l'inserimento, voluto dalla DC, e dal comunista Togliatti[64],
dei Patti Lateranensi nel secondo comma dell'articolo 7 della Costituzione
della Repubblica Italiana, giudicandolo come "sfacciata prepotenza
pretesca".[54] In vista delle elezioni politiche del 1948, tuttavia, si
accordò con il segretario della Democrazia Cristiana, Alcide De Gasperi, per
dare vita a un manifesto comune, Europa, cultura e libertà, contro i
totalitarismi passati e presenti. A seguito della vittoria della DC, replicò
severamente ai laici benpensanti schierati col Fronte Popolare che
sbeffeggiavano il ceto umile e contadino di cui era composto in prevalenza
l'elettorato cattolico: «Beneditele quelle beghine di cui ridete, perché
senza il loro voto e il loro impegno oggi non saremmo liberi.[65]» Nel
1950, lasciando disposizioni per la sua morte (che avverrà tre anni dopo)
scriverà invece che la sensibilità religiosa della moglie cattolica le
consentirà di evitare che un sacerdote tenti di "redimerlo"
all'ultimo minuto, perché è "cosa orrenda profittare delle infermità per
strappare a un uomo una parola che sano egli non avrebbe mai
detta".[54] Vita privata Dal 1893 al 1913 Croce fu legato
sentimentalmente e convisse con Angelina Zampanelli, fino alla morte di
lei[66][67][68]. Nel 1911 la coppia prese alloggio a Palazzo Filomarino, a
Napoli. Il 25 settembre 1913 Angelina, sofferente di cuore, morì poco più che
quarantenne a Raiano, dove insieme a Croce ella soggiornava spesso d'estate,
presso il Palazzo Rossi-Sagaria, ospiti della cugina del filosofo, Maria Teresa
Petroni, moglie di Valentino Rossi.[69] Nel 1914 Croce sposò a Torino,
con rito religioso e poi civile, Adele Rossi, da cui ebbe cinque figli: Giulio
(l'unico maschio, morto piccolo nel 1917) e le quattro figlie Elena, Alda,
Lidia (moglie dello scrittore e dissidente anticomunista polacco Gustaw
Herling-Grudziński) e Silvia.[68][70][71][72] L'opera e il pensiero «Il
filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche
mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo.» (Benedetto Croce,
Lettere a Vittorio Enzo Alfieri (1925-1952), Sicilia Nuova Editrice, Milazzo
1976, pp. X-XI.) L'opera di Croce può essere suddivisa in tre periodi: quello
degli studi storici, letterari e il dialogo con il marxismo, quello della
maturità e delle opere filosofiche sistematiche e quello dell'approfondimento teorico
e revisione della filosofia dello spirito in chiave storicista.[73] Come
idealista, ritiene che la realtà sia quella che viene concepita dal soggetto,
in quanto riflesso della sua idea e interiorità, ed è convinto che la
razionalità e la libertà emergano nella storia, pur tra immani difficoltà. La
filosofia idealista riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando
esistenza autonoma alla realtà fenomenica, ritenuta il riflesso di un'attività
interna al soggetto; l'idealismo, come in Hegel, implica una concezione etica
fortemente rigorosa, come ad esempio nel pensiero di Fichte che è incentrato
sul dovere morale dell'uomo di ricondurre il mondo al principio ideale da cui
esso ha origine; in Croce questo ideale è la libertà umana.[74][75] Definito
da Gramsci "papa laico della cultura italiana"[76], la sua filosofia
ha goduto di enorme credito nella cultura italiana del XX secolo, perlomeno
fino agli anni settanta e ottanta, in cui si sono levate molte critiche verso
il suo approccio, ritenuto superato.[7] Croce fu un intellettuale rispettato
anche al di fuori dell'Italia: la rivista Time gli dedicò la copertina negli
anni '30[7], e negli anni 2000, contestualmente alla rivalutazione del pensiero
crociano, si è registrato l'interesse della collana editoriale dell'Università
di Stanford, mentre la rivista statunitense di politica internazionale Foreign
Affairs lo inserì nel 2012 tra i pensatori più attuali tra quelli del '900,
accanto a intellettuali come Isaiah Berlin, Francis Fukuyama e Lev Trotsky.[7] Hegel
e la dialettica Magnifying glass icon mgx2.svg Lo
stesso argomento in dettaglio: Dialettica crociana e La storia come pensiero e
come azione. Parallelamente allo studio del marxismo, Croce approfondisce anche
il pensiero di Hegel; secondo entrambi la realtà si dà come spirito che
continuamente si determina e, in un certo senso, si produce. Lo spirito è
quindi la forza animatrice della realtà, che si auto-organizza dinamicamente
divenendo storia secondo un processo razionale. Da Hegel egli recupera soprattutto
il carattere razionalistico e dialettico in sede gnoseologica: la conoscenza si
produrrebbe allora attraverso processi di mediazione dal particolare
all'universale, dal concreto all'astratto, per cui Croce afferma che la
conoscenza è data dal giudizio storico, nel quale universale e particolare si
fondono recuperando la sintesi a priori di Kant e lo storicismo di Giambattista
Vico, suo altro filosofo di riferimento.[73] Da destra, Giovanni
Laterza, Stefano Jacini, Croce e Luigi De Secly. Il divenire e la logica della
dialettica, in Hegel e in Marx, è esso stesso verità in movimento; anche per
Croce la verità è dialettica, ma occorre esprimere un giudizio storico ed
esistono delle regole che arginano la pretesa giustificativa di ogni fenomeno: in
Croce lo Spirito - in quanto intelletto umano - si realizza nella storia ma nel
rispetto della libertà. Per questo ogni fatto è quindi calato nella realtà
storica, ma questo non può giustificare, con la scusa del divenire e del
progresso, aspetti deplorevoli come, ad esempio, il totalitarismo fascista o
comunista, il primo come necessario (concezione di Giovanni Gentile e della sua
idea di realtà come atto puro di pensare e agire) e il secondo come fase
storica obbligata (seguendo il concetto marxiano della dittatura del
proletariato, di cui il filosofo tedesco parla nella sua teoria
"razionalista" del materialismo storico). Quindi il materialismo
dialettico di Engels e quello storico di Marx sono da ritenersi errati. In
questo, il suo storicismo si differenzia dal pensiero di un altro filosofo
liberale, Karl Popper, secondo cui dialettica e storicismo finiscono invece per
generare quasi sempre totalitarismo (concezione assai diffusa nel pensiero del
liberalismo novecentesco).[77] Al contrario di Popper e Hannah Arendt, per
Croce la radice totalitaria è proprio nell'antistoricismo, cioè nel rifiuto
dello storicismo stesso.[78] Verso gli anni '40, il neoidealismo entrò in
crisi, sostituito da nuove filosofie come l'esistenzialismo e la fenomenologia;
sempre in nome del libertà e dell'umanesimo, Croce critica l'esistenzialista
Martin Heidegger, divenuto poi anti-umanistico e colpevole di accondiscendenza
verso il nazismo, definendolo anche "un Gentile più dotto e più acuto, ma
sostanzialmente della stessa pasta morale"[79]; esprime così nel 1939 un
tagliente giudizio sul filosofo di Essere e tempo: «Scrittore di generiche
sottigliezze, arieggiante a un Proust cattedratico, egli che, nei suoi libri
non ha dato mai segno di prendere alcun interesse o di avere alcuna conoscenza
della storia, dell'etica, della politica, della poesia, dell'arte, della
concreta vita spirituale nelle sue varie forme - quale decadenza a fronte dei
filosofi, veri filosofi tedeschi di un tempo, dei Kant, degli Schelling, degli
Hegel! -, oggi si sprofonda di colpo nel gorgo del più falso storicismo, in
quello, che la storia nega, per il quale il moto della storia viene rozzamente
e materialisticamente concepito come asserzione di etnicismi e di razzismi,
come celebrazione delle gesta di lupi e volpi, leoni e sciacalli, assente
l'unico e vero attore, l'umanità. [...] E così si appresta o si offre a rendere
servigi filosofico-politici: che è certamente un modo di prostituire la
filosofia.» (Conversazioni Critiche, Serie Quinta, Bari, Laterza, 1939,
p. 362) L'asserzione di Hegel che "la storia sia storia di libertà"
viene da Croce inquadrata nella sua concezione dialettica della libertà vista
nel suo iniziale nascere, nel successivo crescere e infine nel raggiungimento
di uno stadio finale e definitivo di maturità.[74] Croce fa proprio
questo detto hegeliano chiarendo però che non si vuole «assegnare alla storia
il tema del formarsi di una libertà che prima non era e che un giorno sarà, ma
per affermare la libertà come l'eterna formatrice della storia, soggetto stesso
di ogni storia. Come tale essa è per un verso, il principio esplicativo del
corso storico e, per l'altro, l'ideale morale dell'umanità». I popoli e gli
individui anelano sempre alla libertà, e come dice Hegel «ciò che è razionale è
reale» (cioè la ragione concepisce quello che può diventare reale) e «ciò che è
reale è razionale» (cioè esiste un'intrinseca razionalità, anche minima, in
ogni fenomeno storico, anche se non tutto il reale è ovviamente
razionale).[74][80] Croce negli ultimi anni di vita (circa 1950)
Alcuni storici, senza ben rendersi conto di quello che scrivono, sostengono che
ormai la libertà ha abbandonato la scena della storia. Ma affermare che la
libertà è morta vorrebbe dire che è morta la vita. Non esiste nella storia un
ideale che possa sostituire quello della libertà «che è l'unica che faccia
battere il cuore dell'uomo, nella sua qualità di uomo». Ciò significa che la
libertà non è una fase di presa di coscienza che conduce allo Stato etico o al
socialismo, venendo superata, ma è essa stessa la verità nel divenire, non una
fase.[74] Egli critica Hegel, poiché secondo lui il filosofo ha concepito
la dialettica in modo riduttivo, ovvero semplicemente come dialettica degli
opposti, mentre secondo Croce sussiste anche una logica dei distinti: non ogni
negazione è infatti opposizione, ma può essere semplice distinzione. Ciò
significa che certi atti ed eventi devono essere sempre considerati appunto
distinti rispetto ad altri ordini di atti ed eventi, e non ad essi opposti.
Elabora, quindi, un vero e proprio sistema, da lui denominato la filosofia
dello spirito. Inoltre, la prima importante differenza con Hegel è che nel
sistema crociano non vi rientra né la religione, né la natura. La religione
sarebbe infatti un complesso miscuglio di elementi poetici, morali e filosofici
che le impediscono di presentarsi come forma autonoma dello Spirito. La natura
poi non è altro che l'oggetto "mascherato" dell'attività economica, è
il frutto della considerazione economica diretta al mondo.[73] Qui la
realtà in quanto attività (ovvero produzione dello spirito o della storia) è
articolata in quattro forme fondamentali, suddivise per modo (teoretico o
pratico) e grado (particolare o universale): estetica (teoretica - particolare),
logica (teoretica-universale), economia (pratica - particolare), etica (pratica
- universale). La relazione tra queste quattro forme opera la suddetta logica
dei distinti, mentre all'interno di ognuna di esse si ha la dialettica degli
opposti.[73] All'interno dell'estetica infatti si ha opposizione dialettica tra
bello e brutto, all'interno della logica, l'opposizione è tra vero e falso;
nella economia tra utile e inutile e infine nell'etica tra bene e male.
Estetica Croce scrisse anche importanti opere di critica letteraria (saggi su
Goethe (1917), Ariosto, Shakespeare e Corneille (1920), "La letteratura
della nuova Italia" e "La poesia di Dante"). Egli si mosse
nell'ambito della sua teoria estetica che mirava alla scoperta delle motivazioni
profonde dell'ispirazione artistica. Quest'ultima era ritenuta tanto più valida
quanto più coerente con le categorie di bello-brutto.[73] Georg
Wilhelm Friedrich Hegel ritratto da Julius Ludwig Sebbers e Lazarus Sichling La
prima parte della teoria estetica la ritroviamo in opere come Estetica come
scienza dell'espressione e linguistica generale (1902), Breviario di estetica
(1913) e Aesthetica in nuce (1928)[81] In seguito modificò questa iniziale
teoria stabilendo per la storia un nesso con la filosofia. L'estetica, dal significato
originario del termine aisthesis (sensazione), si configura in primo luogo come
attività teoretica relativa al sensibile, si riferisce alle rappresentazioni e
alle intuizioni che noi abbiamo della realtà. Come conoscenza del
particolare l'intuizione estetica è la prima forma della vita dello Spirito.
Prima logicamente e non cronologicamente poiché tutte le forme sono presenti
insieme nello spirito. L'arte, come aspetto dell'Estetica, è una forma della
vita spirituale che consiste nella conoscenza, intuizione del particolare
che[73]: come forma dello spirito, come creatività non è sensazione,
conoscenza sensibile che è un aspetto passivo dello spirito rispetto ad una
materia oscura e ad esso estranea; come conoscenza (prima forma dell'attività
teoretica) non ha a che fare con la vita pratica. Bisogna quindi respingere
tutte le estetiche che abbiano fini edonistici, sentimentali e moralistici;
quale espressione di un valore autonomo dello spirito, l'arte non può né deve
essere giudicata secondo criteri di verità, moralità o godimento; come
intuizione pura va distinta dal concetto che è conoscenza dell'universale:
compito proprio della filosofia.[82] L'arte può essere definita quindi come
intuizione-espressione, due termini inscindibili per cui non è possibile
intuire senza esprimere né è possibile espressione senza intuizione. Ciò che
l'artista intuisce è la stessa immagine (pittorica, letteraria, musicale ecc.)
che egli per ispirazione crea da una considerazione del reale, nel senso che
l'opera artistica è l'unità indifferenziata della percezione del reale e della
semplice immagine del possibile.[73] La distinzione tra arte e non arte
risiede nel grado di intensità dell'intuizione-espressione. Tutti noi intuiamo
ed esprimiamo: ma l'artista è tale perché ha un'intuizione più forte, ricca e
profonda a cui sa far corrispondere un'espressione adeguata. Coloro che
sostengono di essere artisti potenziali poiché hanno delle intense intuizioni
ma che non sono capaci di tradurre in espressioni, non si rendono conto che in
realtà non hanno alcuna intuizione poiché se la possedessero veramente essa si
tradurrebbe in espressione.[73] L'arte non è aggiunta di una forma ad un
contenuto ma espressione, che non vuol dire comunicare, estrinsecare, ma è un
fatto spirituale, interiore come l'atto inscindibile da questa che è
l'intuizione. Nell'estetica dobbiamo far rientrare anche quella forma
dell'espressione che è il linguaggio che nella sua natura spirituale fa
tutt'uno con la poesia. L'estetica quindi come una «linguistica in generale».
Dall'estetica deriva la critica letteraria crociana, espressa in molti
saggi.[73] Logica Della logica, Croce tratta essenzialmente nella Logica
come scienza del concetto puro[83]); essa corrisponde al momento in cui
l'attività teoretica non è più affidata alla sola intuizione (all'ambito
estetico), ma partecipa dell'elemento razionale, che attinge dalla sfera
dell'universale. Il punto di arrivo di questa attività è l'elaborazione del
concetto puro, universale e concreto che esprime la verità universale di una
determinazione. La logica crociana è anche storica, nella misura in cui essa
deve analizzare la genesi e lo sviluppo (storico) degli oggetti di cui si
occupa.[73] Il termine logica in Benedetto Croce assume quindi un significato
più vicino al termine dialettica ovvero ricerca storiografica. In genere, la
Logica di Croce è lontana da criteri scientifico-razionali, e si ispira ai
metodi dell'immaginazione artistica e dell'eleganza estetico-letteraria, nei
quali il filosofo raggiunge risultati eccellenti. Di carattere decisamente
diverso è invece la filosofia delle scienze fisiche, matematiche e naturali
delle quali Croce non si occupa affatto nei suoi studi. Del resto, come segnala
Ludovico Geymonat nel suo Corso di filosofia - immagini dell'uomo, «la vera
indubbia grandezza di Croce va cercata assai più nella sua opera di
storiografo, di critico letterario, ecc., che non nella sua opera di
filosofo».[73] Giovanni Gentile ai tempi del direttorato alla
Scuola normale di Pisa (1928-36 e 1937-43). In ogni caso la logica e la
filosofia della scienza è stata sviluppata in Italia da altre correnti di
pensiero contemporaneo a quello crociano, con studiosi fra quali Giuseppe Peano
(1858-1932) e lo stesso Geymonat (1908-1991). Un orientamento parzialmente
diverso ebbe invece Giovanni Gentile che, pur criticando gli eccessi del
positivismo, intrattenne anche rapporti con matematici e fisici italiani e
cercò di instaurare un rapporto costruttivo con la cultura scientifica. Invece
Croce ebbe con la logica e la scienza un rapporto difficile. La sua posizione
portò in Italia nella prima metà del Novecento ad uno scontro dialettico fra
due culture contrapposte: quella artistico-letteraria e quella
tecnico-scientifica.[73] Il rapporto conflittuale con le scienze
matematiche e sperimentali Un caso emblematico del giudizio di Benedetto Croce
nei confronti della matematica e delle scienze sperimentali è la sua nota
diatriba con il matematico e filosofo della scienza Federigo Enriques, avvenuta
il 6 aprile 1911 in seno al congresso della Società Filosofica Italiana,
fondata e presieduta dallo stesso Enriques. Questi sosteneva che una filosofia
degna di una nazione progredita non potesse ignorare gli apporti delle più
recenti scoperte scientifiche. La visione di Enriques mal si confaceva a quella
idealistica di Croce e Gentile, come pure a gran parte degli esponenti della
filosofia italiana di allora, per lo più formata da idealisti crociani.
Croce, in particolare, rispose ad Enriques[84], liquidando in modo deciso -
"antifilosofico" secondo Enriques - la proposta di considerare la
scienza come un valido apporto alle problematiche filosofiche e sostenendo,
anzi, che matematica e scienza non sono vere forme di conoscenza, adatte solo
agli «ingegni minuti» degli scienziati e dei tecnici, contrapponendovi le
«menti universali», vale a dire quelle dei filosofi idealisti, come Croce
medesimo. I concetti scientifici non sono veri e propri concetti puri ma degli
pseudoconcetti, falsi concetti, degli strumenti pratici di costituzione
fittizia. «La realtà è storia e solo storicamente la si conosce, e le
scienze la misurano bensì e la classificano come è pur necessario, ma non
propriamente la conoscono né loro ufficio è di conoscerla nell'intrinseco».[85]
Sul tema Benedetto Croce sostenne, tra l'altro, che: «Gli uomini di
scienza [...] sono l'incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla
sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all'organismo
filosofico-storico.» (Benedetto Croce da Il risveglio filosofico e la
cultura italiana, n. 6, 1908, pp. 161-168) A proposito dello sviluppo
novecentesco della logica matematica e dell'introduzione dei formalismi
simbolici, ad opera di matematici e filosofi quali Gottlob Frege, Giuseppe
Peano, Bertrand Russell, Benedetto Croce dichiarerà: «I nuovi congegni
[della logica matematica] sono stati offerti sul mercato: e tutti, sempre, li
hanno stimati troppo costosi e complicati, cosicché non sono finora entrati né
punto né poco nell'uso. Vi entreranno nell'avvenire? La cosa non sembra
probabile e, ad ogni modo, è fuori della competenza della filosofia e
appartiene a quella della pratica riuscita: da raccomandarsi, se mai, ai
commessi viaggiatori che persuadano dell'utilità della nuova merce e le
acquistino clienti e mercati. Se molti o alcuni adotteranno i nuovi congegni
logici, questi avranno provato la loro grande o piccola utilità. Ma la loro
nullità filosofica rimane, sin da ora, pienamente provata.» (Benedetto
Croce da Logica come scienza del concetto puro,(1909)) Anni dopo, ancora
scriveva che: «Le scienze naturali e le discipline matematiche, di buona
grazia, hanno ceduto alla filosofia il privilegio della verità, ed esse
rassegnatamente, o addirittura sorridendo, confessano che i loro concetti sono
concetti di comodo e di pratica utilità, che non hanno niente da vedere con la
meditazione del vero.» (Benedetto Croce da Indagini su Hegel e e
schiarimenti filosofici (1952)) e ribadiva come: «Le finzioni delle
scienze naturali e matematiche postulano di necessità l'idea di un'idea che non
sia finta. La logica, come scienza del conoscere, non può essere, nel suo
oggetto proprio, scienza di finzioni e di nomi, ma scienza della scienza vera e
perciò del concetto filosofico e quindi filosofia della filosofia.»
(Benedetto Croce da Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici (1952))
Tuttavia ebbe altresì un cordiale e rispettoso scambio epistolare con Albert
Einstein.[86] Secondo diversi storici e filosofi (es. Giulio Giorello nel
1992[87], Enrico Bellone[88], Armando Massarenti[89]), l'influenza
antiscientifica di Croce e di Gentile[90] sarebbe stata fortemente deleteria
sia sul piano dell'istituzione scolastica per gli orientamenti pedagogici della
scuola italiana, che si sarebbe indirizzata prevalentemente agli studi
umanistici considerando quelli scientifici di secondo piano, sia per la
formazione di una classe politica e dirigente che attribuisse importanza alla
scienza e alla tecnica e portando, per conseguenza, ad un ritardo dello
sviluppo tecnologico e scientifico nazionale. «[La scuola] sarà
caratterizzata dal primato dell'umanesimo letterario e in particolare
dell'umanesimo classico. Tutte le istituzioni culturali saranno improntate al
primato delle lettere, della filosofia e della storia.[91]» Giorello nel
quarantennale della morte di Croce ha scritto che "predicò la religione
della libertà e per questo gli siamo riconoscenti. Ma la sua condanna della
scienza e la sua estetica hanno causato danni gravissimi alla nostra cultura.
Che ora esige riparazione".[92] Lo stesso Giorello però ha in parte
ritrattato l'affermazione nel 2012, negando che sia da attribuire a Croce il
mancato sviluppo scientifico italiano, adducendo che quelle che lui considerava
una "colpa" sarebbero da accreditare maggiormente alla Chiesa, agli
scienziati stessi e alla classe politica, più che all'idealismo, che trascura
le scienze ma nemmeno le ostacola, definendo la filosofia di Croce
«interessante sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di
scienza».[93] Il rapporto con le scienze umane e sociali Croce riteneva
le scienze umane e sociali prive di qualunque validità e del tutto inutili per
lo studio dei fenomeni umani. Lui stesso dichiarò più volte di non riuscire a
capire perché si dovesse sprecare del tempo a studiare «i cretini, i bambini e
i selvaggi, quando esistono pensatori come Kant».[94] Filosofia della
pratica «La legge morale [...] è la suprema forza della vita e la realtà della
Realtà.» (Filosofia della pratica. Etica ed economica [1908], Laterza,
Bari 1963, II, 1, p. 219) Economia ed etica vengono trattate in Filosofia della
pratica. Economica ed etica del 1909. Croce dà molto rilievo alla volizione
individuale che è poi l'economia, avendo egli un forte senso della realtà e
delle pulsioni che regolano la vita umana. L'utile, che è razionale, non sempre
è identico a quello degli altri: nascono allora degli utili sociali che
organizzano la vita degli individui. Il diritto, nascendo in questo modo, è in
un certo qual senso amorale, poiché i suoi obiettivi non coincidono con quelli
della morale vera e propria. Egualmente autonoma è la sfera politica, che è
intesa come luogo di incontro-scontro tra interessi differenti, ovvero
essenzialmente conflitto, quello stesso conflitto che caratterizza il vivere in
generale.[73] Croce critica anche l'idea di Stato etico elaborata da
Hegel ed estremizzata da Gentile: lo Stato non ha nessun valore filosofico e
morale, è semplicemente l'aggregazione di individui in cui si organizzano
relazioni giuridiche e politiche. L'etica è poi concepita come l'espressione
della volizione universale, propria dello spirito; non vi è un'etica naturale o
un'etica formale, e dunque non vi sono contenuti eterni propri dell'etica, ma
semplicemente essa è l'attuazione dello spirito, che manifesta in modo
razionale atti e comportamenti particolari. Questo avviene sempre in
quell'orizzonte di continuo miglioramento umano.[73] Teoria e storia della
storiografia «La storia non è giustiziera, ma giustificatrice» (Benedetto
Croce, Teoria e storia della storiografia) La storia e lo spirito: lo
storicismo assoluto Giambattista Vico Come si evince anche da Teoria e
storia della storiografia (1917) la filosofia di Croce, ispirata soprattutto a
Giambattista Vico, è fortemente storicista. Per ciò, se volessimo riassumere
con una formula la filosofia di Croce, questa sarebbe storicismo assoluto,
ossia la convinzione che tutto è storia, affermando che tutta la realtà è
spirito e che questo si dispiega nella sua interezza all'interno della storia.
La storia non è dunque una sequela capricciosa di eventi, ma l'attuazione della
Ragione. La conoscenza storica ci illumina a proposito delle genesi dei fatti,
è una comprensione dei fatti che li giustifica con il suo
dispiegarsi.[73] Si delinea in quest'ottica il compito dello storico:
egli, partendo dalle fonti storiche, deve superare ogni forma di emotività nei
confronti dell'oggetto studiato e presentarlo in forma di conoscenza. In questo
modo la storia perde la sua passionalità e diviene visione logica della realtà.
Quanto appena affermato si può evincere dalla celebre frase «la storia non è
giustiziera, ma giustificatrice». Con questo afferma che lo storico non giudica
e non fa riferimento al bene o al male. Quest'ultimo delinea, inoltre, come la
storia abbia anche un preciso orizzonte gnoseologico, poiché in primo luogo è
conoscenza, e conoscenza contemporanea, ovvero la storia non è passata, ma viva
in quanto il suo studio è motivato da interessi del presente.[73] «Il
bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni
storia il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e
remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in
realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella
quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.[95]» Magnifying glass icon
mgx2.svg Lo stesso argomento in
dettaglio: Giudizio storico. La storiografia è in seconda istanza utile per
comprendere l'intima razionalità del processo dello spirito, e in terzo luogo
essa è conoscenza non astratta, ma basata su fatti ed esperienze ben precise.
Anche se subisce l'influsso dello storicismo di Voltaire, Croce critica gli
illuministi e in generale tutti coloro che pretendono di individuare degli
assoluti che regolino la storia o la trascendano: invece la realtà è storia
nella sua totalità, e la storia è la vita stessa che si svolge autonomamente,
secondo i propri ritmi e le proprie ragioni. La storia è un cammino
progressivo per cui «Nulla c'è al di fuori dello spirito che diviene e
progredisce incessantemente: nulla c'è al di fuori della storia che è per
l'appunto questo progresso e questo divenire.»[96] Ma il positivo destinato a
superare storicamente la negatività dei periodi bui della storia non è una
certezza su cui adagiarsi: questa consapevolezza del progresso storico deve
essere confermata da un impegno costante degli uomini in azioni i cui risultati
non sono mai scontati né prevedibili.[73] La storia diviene, allora,
anche storia di libertà, dei modi in cui l'uomo promuove e realizza al meglio
la propria esistenza. La libertà si traduce, sul piano politico, in
liberalismo: una sorta di religione della libertà o di metodo interpretativo
della storia e di orientamento dell'azione, che è imprescindibile nel processo
del progresso storico-politico, come si evince dal volume del 1938 La storia
come pensiero e come azione.[73] Per Croce la libertà può essere apprezzata
solo difendendola costantemente in maniera dialettica, poiché la storia è
necessariamente contrasto: «Chi desideri in breve persuadersi che la
libertà non può vivere diversamente da come è vissuta e vivrà sempre nella
storia, di vita pericolosa e combattente, pensi per un istante a un mondo di
libertà senza contrasti, senza minacce e senza oppressioni di nessuna sorta; e
subito se ne ritrarrà inorridito come dall'immagine, peggio che della morte,
della noia infinita.» (La storia come pensiero e come azione, pp. 50-51)
Ciò però non vuol dire che Croce giustifichi la violenza come necessaria; nello
stesso saggio ammonisce infatti che «la violenza non è forza ma debolezza, né
mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla». La
concezione storica crociana ebbe grande seguito in Italia per molto tempo ed
ebbe notevole influenza anche all'estero, ad esempio per quanto riguarda la
formazione del maggior storico americano del nazismo, George Mosse.[97]
Critica letteraria Croce interviene al congresso liberale del 1946 Il
Croce critico letterario, specie quello di Poesia e non poesia, esercitò molta
influenza successiva, quasi una "dittatura intellettuale"[98] sulla
cultura italiana, ma ricevette anche critiche: ad esempio furono ritenute
scorrette, "pseudoconcetti" (riprendendo una parola usata da
Croce)[4], poiché non presentate come opinione personale ma come veri canoni
estetici, varie tesi, come la sua opposizione alle novità letterarie europee,
esemplificate dalle stroncature verso gran parte dell'opera di Gabriele
D'Annunzio, Giovanni Pascoli (di cui apprezzò solo alcune parti di Myricae e
dei Canti di Castelvecchio criticando i saggi e le poesie civili), del
crepuscolarismo e di Giacomo Leopardi: di quest'ultimo salvò, nei Canti, gli
idilli e i canti pisano-recanatesi, ma criticò le poesie "dottrinali"
e polemiche (in particolare i Paralipomeni della Batracomiomachia e la
Palinodia al marchese Gino Capponi) e le opere filosofiche (apprezzò solo una
minima parte delle Operette morali), affermando che quella leopardiana non era
vera filosofia, ma solo uno sfogo poetico in prosa, inferiore comunque alle
liriche, dovuto esclusivamente alle condizioni fisiche e psicologiche del poeta
recanatese.[99][100] Croce non considera Leopardi un vero filosofo, come
Schopenhauer, a cui invece riconosce dignità filosofica ma che non apprezza come
individuo poiché ritenuto cinico e indifferente, ma solo un pensatore, il cui
pensiero è essenzialmente al servizio della sua poesia. Sulla scorta di
Francesco de Sanctis, esprime simpatia umana al poeta recanatese per lo spirito
civile, l'impegno e la lotta eroica contro le sofferenze fisiche, come espresso
nella poesia La Ginestra.[101] Egli fu grande ammiratore soprattutto del
Carducci, in quanto classicista, razionale e sentimentale al tempo stesso, ma
senza scadere nel sentimentalismo irrazionale, e, a proposito del decadentismo
e degli autori di questo movimento, scrisse, in Del carattere della più recente
letteratura italiana: «Nel passare da Giosuè Carducci a questi tre[102],
sembra, a volte, come di passare da un uomo sano a tre malati di nervi».[103] La
polemica contro il decadentismo è figlia di quella contro il positivismo: Croce
sostiene che il misticismo decadente, che egli disapprova come sintomo di vuoto
spirituale e filosofico (Croce è razionalista e idealista al tempo stesso), è
figlio dello scientismo positivistico e delle pseudoscienze da esso generate
(come lo spiritismo): «Di qua il positivismo, di fronte il misticismo; perché
questo è figlio di quello: un positivista dopo la gelatina dei gabinetti, non
credo abbia altro di più caro che l'inconoscibile, cioè la gelatina dove si
coltiva il microbio del misticismo».[104] Onorificenze Cavaliere di Gran
Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere
di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia — 24
marzo 1921 Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per
uniforme ordinaria Commendatore
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro — 5 giugno 1921 Cavaliere dell'Ordine
Civile di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine
Civile di Savoia — 4 gennaio 1924 Opere Le opere di Benedetto Croce
spaziano dalla filosofia, alla storiografia, all'aneddotica, alla critica
letteraria e all'erudizione storica. Qui si indicano le più importanti. Per un
elenco completo si veda L'opera di Benedetto Croce, bibliografia a cura di S.
Borsari, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1964. I principi
dell'estetica crociana, oltre ad essere formulati in opere organiche, trovarono
anche applicazione critica in prefazioni e curatele di opere altrui. Tale è, ad
esempio, la prefazione all'opera di Tommaso Parodi, Poesia e letteratura:
conquista di anime e studi di critica, pubblicata postuma nel 1916 da Laterza,
a cura del Croce. Il filosofo napoletano collaborò inoltre con numerosi
articoli su vari argomenti pubblicati su molti giornali e riviste stranieri e
italiani (Cfr. Maria Panetta, Settant'anni di militanza: Benedetto Croce, tra
riviste e quotidiani) Ad esempio la sua collaborazione con il quotidiano Il
Resto del Carlino durò per più di 40 anni, dal 1910 al 1951.[105]
Filosofia dello spirito Estetica come scienza dell'espressione e linguistica
generale Logica come scienza del concetto puro Filosofia della pratica.
Economica ed Etica Teoria e storia della storiografia Saggi filosofici Problemi
di estetica e contributi alla storia dell'estetica italiana La filosofia di
Giambattista Vico Saggio sullo Hegel seguito da altri scritti di storia della
filosofia Materialismo storico ed economia marxistica Nuovi saggi di estetica
Etica e politica Ultimi saggi La poesia. Introduzione alla critica e storia
della poesia e della letteratura La storia come pensiero e come azione Il
carattere della filosofia moderna Discorsi di varia filosofia (2 voll.) Filosofia
e storiografia Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici Perché non possiamo
non dirci "cristiani" Scritti vari Primi saggi Cultura e vita morale
L'Italia dal 1914 al 1918. Pagine sulla guerra Pagine sparse (3 voll.) Nuove
pagine sparse (2 voll.) Terze pagine sparse (2 voll.) Scritti e discorsi
politici (2 voll.) Carteggio Croce-Vossler (1899-1949) B. Croce - G. Papini,
Carteggio 1902-1914 Il caso Gentile e la disonestà nella vita universitaria
italiana (1909) Scritti di Storia letteraria e politica Saggi sulla letteratura
italiana del Seicento La rivoluzione napoletana del 1799 La letteratura della
nuova Italia (6 voll.) I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo
decimottavo La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza Conversazioni
critiche Storie e leggende napoletane Manifesto degli intellettuali
antifascisti Goethe Una famiglia di patrioti ed altri saggi storici e critici
Ariosto, Shakespeare e Corneille Storia della storiografia italiana nel secolo
decimonono (2 voll.) La poesia di Dante Poesia e non poesia Storia del Regno di
Napoli Uomini e cose della vecchia Italia Storia d'Italia dal 1871 al 1915
Storia dell'età barocca in Italia Nuovi saggi sulla letteratura italiana del
Seicento Storia d'Europa nel secolo decimonono Poesia popolare e poesia d'arte
Varietà di storia letteraria e civile Vite di avventure, di fede e di passione
Poesia antica e moderna Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento La
letteratura italiana del Settecento Letture di poeti e riflessioni sulla teoria
e la critica della poesia Aneddoti di varia letteratura Isabella di Morra e
Diego Sandoval de Castro Edizione nazionale La casa editrice Bibliopolis ha in
corso di pubblicazione l'edizione nazionale delle opere di Benedetto Croce,
promossa con Decreto del Presidente della Repubblica del 14 agosto
1981[106][107]. Note ^ Eugenio Montale, Tutte le poesie, Milano,
Mondadori, 1977, p. 549, ISBN non esistente. ^ Enciclopedia italiana Treccani
alla voce "neoidealismo" ^ Emanuele Severino, La filosofia dai Greci
al nostro tempo. La filosofia contemporanea, vol. 3, 8ª ed., Milano, Rizzoli,
2013 [1996], p. 203, ISBN 978-88-17-00170-0. Giulio Giorello, Dimenticare
Croce? ^ Benedetto Croce - Senato.it ^ Partito Liberale Italiano «nato nel
1924, sciolto durante il fascismo e ricostituito nel 1943». In Enciclopedia
Treccani alla voce "Partito Liberale Italiano" Pagina jpg del
Corriere del Mezzogiorno: Luigi Mosca, L'America innamorata di Croce. La
prestigiosa rivista USA "Foreign Affairs" lo incorona tra i pensatori
più attuali, 31-01-2013. ^ Einaudi infatti sosteneva che «il liberismo non è né
punto né poco "un principio economico", non è qualcosa che si
contrapponga al liberalismo etico; è una "soluzione concreta" che
talvolta e, diciamo pure, abbastanza sovente, gli economisti danno al problema,
ad essi affidato, di cercare con l’osservazione e il ragionamento quale sia la
via più adatta, lo strumento più perfetto per raggiungere quel fine o quei
fini, materiali o spirituali che il politico o il filosofo, od il politico
guidato da una certa filosofia della vita ha graduato per ordine di importanza
subordinandoli tutti al raggiungimento della massima elevazione umana.» (in
G.Einaudi, Il buongoverno. Saggi di economia politica, 1897-1954, a cura di E.
Rossi, 1° vol., 1954, 19733, p.202) ^ Il filosofo, rispettivamente nel 1919 e
nel 1922, dedica ai paesi degli avi, sia paterni che materni, due monografie,
intitolate Montenerodomo: storia di un comune e due famiglie e Pescasseroli,
uscite per Laterza e in seguito collocate in appendice alla Storia del Regno di
Napoli (Laterza, Bari 1925 e ss.). ^ È noto, a tal proposito, l'aneddoto
narrato in un testo coevo, secondo il quale il padre del filosofo, prima di
morire tra le macerie, avrebbe detto al figlio «offri centomila lire a chi ti
salva». Cfr. C. Del Balzo, Cronaca del tremuoto di Casamicciola, Tip. De Blasio
e C., Napoli 1883, pp. 14-15. Un'analisi di quella traumatica esperienza anche
in relazione all'opera di Croce è in S. Cingari, Il giovane Croce. Una biografia
etico-politica, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000, pp. 31-40 ^ LIBRI: BENEDETTO
CROCE E IL PROBLEMA DEL MALE NELL'INDAGINE DI CUCCI Archiviato il 24 novembre
2014 in Internet Archive. ^ Testimonianza di Croce sul terremoto ^ Benedetto
Croce, Memorie della mia vita, Istituto italiano per gli studi storici, Napoli
1966. ^ "Il superstite è accolto allora nella casa romana del politico
Silvio Spaventa, cugino del padre e fratello del filosofo Bertrando. Il lutto,
lo spaesamento, l’adolescenza: non stupisce che questa miscela abbia
precipitato il giovane in una crisi d’ipocondria; e l’ostentato contegno
olimpico dell’adulto deriva forse da questo periodo oscuro. «Quegli anni»,
confessa l’autore del Contributo, furono «i soli nei quali assai volte la sera,
posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al
mattino». Nella Roma del trasformismo, Benedetto si chiude in biblioteca. Ma a
scuoterlo è Antonio Labriola, che con le lezioni sull’etica di Herbart gli
offre un appiglio cui aggrapparsi nel naufragio della fede. Croce ricorda di
averne recitato più volte i capisaldi sotto le coperte, come una
preghiera": v. A cento anni dal “Contributo” di Croce, di Matteo
Marchesini, Sole 24 ore, 10 maggio 2015. ^ Benedetto Croce, in Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. ^
Ministri della Pubblica Istruzione, su storia.camera.it. ^ Ultimo Governo
Giolitti, su storia.camera.it. ^ A. Jannazzo, Croce e la corsa verso la guerra,
in Idem, Croce e il prepartito degli intellettuali, Edizioni La Zisa, Palermo
1996, pp. 102-119. ^ Giorgio Levi della Vida, Fantômes retrouvés, Diogène
2003/4 (nº 204), p. 91. ^ Antonio Gnoli, Benedetto Croce e il suo fantasma, in
la Repubblica, 9 giugno 1990. ^ Camera dei deputati - Portale storico ^ Giugno
1924; citato in G. Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia, 1966 ^
Salvatore Guglielmino/Hermann Grosser, Il sistema letterario. Guida alla storia
letteraria e all'analisi testuale: Novecento; cit. p. 347, Casa Editrice G. Principato
S.p.A., 1989. ^ Salvatore Guglielmino/Hermann Grosser, op. cit. p. 350. ^
Sambugar, Salà, Letteratura italiana, Croce e il manifesto antifascista. ^
Primo Levi, Potassio, in Il sistema periodico, poi in Opere, Torino, Einaudi,
1987, vol. I, p. 475. ^ «La più efficace difesa della civiltà e della cultura
[...] si è avuta in Italia, per opera di Benedetto Croce. Se da noi solo una
frazione della classe colta ha capitolato di fronte al nemico [...] a
differenza di quel che è avvenuto in Germania, moltissimo è dovuto al Croce.»
(Guido De Ruggiero) Osserva Nicola Abbagnano nella sua Storia della filosofia:
«Il regime fascista, certo per costituirsi un alibi di fronte agli ambienti
internazionali della cultura, consentì tacitamente a Croce una certa libertà di
critica politica; e Croce si avvalse di questa possibilità [...] per una difesa
degli ideali di libertà... Negli anni del fascismo e della seconda guerra
mondiale la figura di Croce ha assunto perciò, agli occhi degli italiani, il
valore di un simbolo della loro aspirazione alla libertà, e ad un mondo in cui
lo spirito prevalga sulla violenza. E tale si mantiene a distanza di anni». ^
Il terzo volume del carteggio tra Benedetto Croce e Giovanni Laterza (l'editore
delle opere crociane) offre una grande quantità di esempi delle difficoltà di
mantenersi in equilibrio “tra l'opposizione concreta e organizzata al fascismo,
e l'adesione o la cinica indifferenza”. Esempi “quasi tutti orientati però
verso una precisa direzione: quella dell'autocensura, a volte praticata, altre
volte orgogliosamente respinta... Tra i molti casi che potrebbero essere citati
a illustrazione di questo atteggiamento, è notevole quello sorto attorno alla
dedica apposta da Paolo Treves, nel libro sulla filosofia di Tommaso Campanella,
al padre Claudio, scrittore e parlamentare socialista, famigerato tra i
fascisti soprattutto per il celebre duello ingaggiato nel 1915 con Mussolini.
La dedica recitava: “A mio padre, che mi additò con l'esempio la dignità della
vita”. Il 16 aprile 1930 Laterza scrive a Croce accostando, con diplomatica
sottigliezza, la lettura di un volgare trafiletto anticrociano e antilaterziano
sul “Lavoro fascista” alla questione della dedica, che egli propone al Treves
di limitare “alle prime tre parole essenziali, non essendo opportuno motivarla
allo stato attuale delle cose”. Alla lettera Croce risponde il giorno dopo,
tranquillizzando Laterza sulla “purezza” del lavoro storico del Treves e
sull'assenza in esso di riferimenti al presente, e aggiungendo, con maliziosa e
retorica ingenuità: “ma veramente non capisco perché vi abbia fatto senso
quella dedica affettuosa di un figlio al padre. O che la dignità della vita (il
corsivo è ovviamente di Croce) è un fatto politico del giorno?”. Comunque sia,
la dedica uscì poi nella versione “purgata”. Maurizio Tarantino, recensione a
Benedetto Croce-Giovanni Laterza, Carteggio 1921-1930, a c. di Antonella
Pompilio, Napoli, Roma-Bari, Istituto italiano per gli studi storici, Laterza,
2006, “L'indice”, aprile 2007 ^ L'episodio è narrato con dovizia di particolari
in una lettera di Fausto Nicolini a Giovanni Gentile riportata da Gennaro Sasso
in Per invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 139-40 ^ Alessandro
Barbera (a cura di), La biblioteca esoterica. Carteggi editoriali
Evola-Croce-Laterza 1925-1959, Roma, Fondazione Julius Evola, 1997, p. 40. ^
Cesare Medail, Julius Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della Sera, 11
gennaio 1996 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2014). ^ Cfr. la
prefazione del testo Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce (1925-1933)
pubblicato dalla Fondazione Evola nel 1995. ^ Regio Decreto Legge del
28/8/1931, n.1227, Disposizioni sull'istruzione superiore (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia dell'8/10/1931, n.233) ^ Flavio Fiorani,
Francesca Tacchi, Storia illustrata del fascismo, Giunti Editore, 2000, p. 91 ^
La Repubblica, 16 aprile 2000 ^ Giuseppe Giarrizzo rivendicò con una punta di
orgoglio l'essere annoverato tra i “nipotini” di Croce (se, nel corso di uno
sgradevole scontro, sono stato per Ernesto De Martino un «basco verde di
Palazzo Filomarino»)>>: Giarrizzo, Giuseppe, Di Benedetto Croce e del
filosofare sine titulo, Archivio di storia della cultura: XXVI, 2013, Napoli:
Liguori, 2013. ^ si veda: Antonio Gramsci, Il materialismo storico e la
filosofia di Benedetto Croce ^ B. Croce, Epistolario, I, Napoli, Istituto
italiano per gli studi storici, 1967, p. 187 ^ La vicenda è descritta e
analizzata da Gennaro Sasso, La guerra d'Etiopia e la “patria”, in Per
invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 283-9 ^ Pierluigi Battista,
Corriere della Sera, 17 dicembre 2008 ^ B. Croce, Taccuini di lavoro, V,
1944-1945, Napoli 1987, pp 28. ^ La tentazione antisemita di tre antifascisti
liberali ^ Dante Lattes, Ferruccio Pardo, Benedetto Croce e l'inutile martirio
d'Israele. L'ebraismo secondo B. Croce e secondo la filosofia crociana ^
Michele Sarfatti, Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia
dopo la seconda guerra mondiale, pag. 111 ^ Peter Tompkins, L'altra Resistenza.
Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un
protagonista, Il Saggiatore, 2009, pag. 61: «Croce rimase fermo sulle sue
posizioni: l'unica condizione alla quale i partiti antifascisti dell'opposizione
avrebbero accettato di entrare nel governo di Badoglio era l'abdicazione di
Vittorio Emanuele III. Era stato il re, disse Croce, ad aprire le porte al
fascismo, favorendolo, appoggiandolo e servendolo per vent'anni». ^ Tompkins,
op. cit. ^ Piero Operti, Lettera aperta a Benedetto Croce, Torino, Lattes, 1946
^ Giuseppe Mazzini (1948), poi in Scritti e discorsi politici, II, Bari,
Laterza, 1963, p. 451; sulle caratteristiche "affettive" del
pronunciamento di Croce al referendum, vedi Fulvio Tessitore, Il percorso
psicologico dalla monarchia alla repubblica attraverso i Taccuini di lavoro di
Benedetto Croce, in Benedetto Croce e la nascita della Repubblica. Atti del
convegno tenutosi presso il Senato della Repubblica il 20 novembre 2002,
Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, pp. 57-66 ^ "non sono veri
liberali...coloro che si fregiano, come ora taluni hanno preso a fare, del nome
di monarchici, perché il liberalismo non ha altro fine che quello di garantire
la libertà" e se "la forma Repubblicana gli offre questa...garanzia
quando non gliene offre sicura la monarchia, sarà anche eventualmente
repubblicano" (Taccuini di lavoro, 18 dicembre 1943); "se il
tentativo [la duplice abdicazione di Vittorio Emanuele III e di Umberto II]
fallisse, noi sosterremo il partito della Repubblica, adoperandoci a farla
sorgere temperata e non sfrenata, sennata e non dissennata" (Taccuini di
lavoro, 25 ottobre 1945) ^ «Benedetto Croce, mai nominato, formalmente rifiutò
prima ancora che la sua ventilata nomina potesse concretizzarsi.» (In Davide
Galliani, Il Capo dello Stato e le leggi, Volume 1, Giuffrè Editore, 2011,
p.366, nota 28 ^ Ente Morale, su UniSOB.na.it. URL consultato il 30 ottobre
2018. ^ Senato della Repubblica-Cinecittà Luce, Il filosofo della libertà:
Napoli - il funerale di Benedetto Croce ^ B. Croce, Maria Curtopassi, Dialogo
su Dio: carteggio 1941-1952, Archinto, 2007, p. 11. Il carteggio fra Croce e
Maria Curtopassi è stato pubblicato presso la casa editrice Archinto da
Giovanni Russo, autore anche della nota introduttiva (pp. 11-33).
Maurizio Griffo, Il pensiero di Benedetto Croce tra religione e laicità. La
citazione è tratta da: B. Croce, Taccuini di lavoro, vol. 6, Napoli 1987, p.
285 (3 luglio 1950)., su loccidentale.it. URL consultato il 27 febbraio 2014
(archiviato dall'url originale il 3 marzo 2014). ^ Benedetto Croce, Perché non
possiamo non dirci anticoncordatari. Discorso contro i patti lateranensi,
tratto da: Benedetto Croce, Discorsi parlamentari, Bardi editore, Roma 1983,
pp. 167-175 ^ Atti parlamentari della Camera: 1929, vol. 1, pag. 201-209 ^
Guido Verucci, Idealisti all'Indice. Croce, Gentile e la condanna del
Sant'Uffizio, Laterza, 2006 ^ Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei
viventi, Il Saggiatore, Milano, 1966, p. 131. ^ La Critica. Rivista di
Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce, 1, 1903 p.372 ^ Il
ministro dell'Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai alluse ironicamente
all'operetta crociana con un articolo intitolato Benedetto Croce rincristianito
per dispetto (In Ruggiero Romano, Paese Italia: venti secoli di identità,
Donzelli Editore, 1997 p.3) ^ B. Croce, Perché non possiamo non dirci
"cristiani, in La Critica, 20 novembre 1942; poi in Discorsi di varia
filosofia, Laterza, Bari 1945 ^ B. Croce, M. Curtopassi, Dialogo su Dio.
Carteggio 1941-1952, op.cit. ibidem. ^ F.Focher, Rc. a F. Capanna, La religione
in Benedetto Croce. Il momento della fede nella vita dello spirito e la
filosofia come religione, Bari 1965, in Rivista di studi crociati, a. II, f.
II. aprile-giugno 1965, pp.212-215 ^ Sandro Magister, Colloquio con Vittorio
Foa (Da l'Espresso, Documenti del 20 marzo 1997) ^ In Vittorio Messori, Pensare
la storia: una lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, 1992, p. 500. ^
Nello Ajello, Solo per amore, "La Repubblica, 22 marzo 1994; Gennaro
Sasso, Per invigliare me stesso, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 36-9 ^ Nel
registro mortuario di Raiano, vicino a L'Aquila, viene indicata erroneamente
come "moglie del senatore Benedetto Croce" Benedetto Croce e l'amore
^ Ottaviano Giannangeli, Benedetto Croce a Raiano, in "L'Osservatore
politico letterario", Milano-Roma, n. 10, ottobre 1964 ^ Morta Alda Croce,
figlia di Benedetto Croce ^ È morta Silvia Croce l'ultima nata del filosofo ^
Morta Lidia, l'ultima figlia ancora vivente di Benedetto Croce. Si è spenta a
Napoli a 93 anni Il pensiero filosofico di Benedetto Croce -
senato.it B. Croce, La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari
1943, pp. 35-37; 46-50 ^ B. Croce, Saggio sullo Hegel ^ Croce, da "papa
laico" a grande dimenticato ^ Renzo Grassano, La filosofia politica di
Karl Popper: 1 - La critica della dialettica hegeliana e dello storicismo;
commento a La società aperta e i suoi nemici e Miseria dello storicismo di
Popper ^ Croce e il totalitarismo ^ Carteggio Croce-Omodeo ^ Georg Wilhelm
Friedrich Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Bompiani, Milano 2006, p.
59. ^ In opposizione al positivismo che voleva riportare la storia ad una forma
della scienza, Croce si era interessato dell'estetica nella quale avrebbe
dovuto essere compresa la storia; cfr. La storia sotto il concetto generale
dell'arte, Bari 1919 ^ Per questo motivo Croce della Divina Commedia di Dante
apprezza la prima cantica dell'Inferno in quanto risultato di una forte e
sentita intuizione-espressione, mentre apprezza meno la cantica del Paradiso
dove Dante mescolerebbe poesia e filosofia ^ Nella premessa datata «novembre
1908» Croce scrive di aver trattato l'argomento nello scritto intitolato
Lineamenti di una logica come scienza del concetto puro pubblicato negli Atti
dell’Accademia pontaniana nel 1905. In effetti però avverte Croce che il volume
del 1909 «È una seconda edizione del mio pensiero, piuttosto che del mio libro»
(B. Croce, Logica, 1996, p. 7 ^ Cent'anni di ricerca in Italia. Un passato da
salvare, conferenza del prof. Carlo Bernardini, dal sito Centro Studi Enriques
(PDF) ^ B. Croce, La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari 1938, p.
314. ^ Quel che si scrivevano Einstein e Croce ^ Dimenticare Croce? (Corriere
della Sera, 21 novembre 1992) ^ La scienza negata. Il caso italiano, Codice
Edizioni, p. 6 e seguenti) ^ 1911-2011: l'Italia della scienza negata (dal blog
de Il Sole 24 Ore) ^ Ministro dell'Istruzione del governo Mussolini, promotore
della riforma scolastica varata in Italia nel 1923 ^ Lucio Lombardo Radice in
O. Pompeo Faracovi (a cura di), Federico Enriques, Approssimazione e verità,
Belforte, Livorno 1982 ^ Giulio Giorello, Dimenticare Croce?, in Il Corriere
della Sera, 21 novembre 1992 (archiviato dall'url originale il 26 novembre
2015). ^ «L'arretratezza dell'Italia in campo scientifico è il risultato di
cattive scelte dei politici da una parte e di resistenze culturali e di
incapacità degli scienziati stessi a comunicare dall'altra e che quindi
risultano indipendenti dall'idealismo crociano. A livello culturale, casomai,
esistono altre forze che potrebbero essere imputate del ritardo scientifico, si
veda per esempio la nefasta influenza della Chiesa in merito ad alcuni aspetti
delle ricerche bioetiche. La mia perplessità nei confronti di Croce non
riguarda le pretese conseguenze della sua filosofia sullo sviluppo
tecnico-scientifico del nostro Paese. Mi sembra che sia una polemica datata e
ormai superata. Non credo che dalle posizioni antiscientifiche di Croce derivi
un ritardo della società italiana nei confronti della scienza. [...] Quella di
Croce è una filosofia interessante sotto altri profili, ma poco interessante,
quando si parla di scienza e quindi è deficitaria sotto il profilo di una seria
trattazione del problema della conoscenza.» (Giulio Giorello), in È vero che
Croce odiava la scienza? - Dialogo tra Giulio Giorello e Corrado Ocone, 19
novembre 2012 ^ Vincenzo Matera, Angela Biscaldi, Mariangela Giusti, Elena
Pezzotti, Elena Rosci, Scienze umane - Corso integrato (3º anno)
(PDF)[collegamento interrotto], Marietti Scuola, p. 9. ^ Benedetto Croce, La
storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari 1938, p.5 ^ Nicola Abbagnano,
Storia della filosofia, vol. 5, p. 527 ^ Lorenzo Benadusi, Giorgio Caravale, George
L. Mosse's Italy: Interpretation, Reception, and Intellectual Heritage,
Palgrave Macmillan, 2014, p. 17 ^ Sambugar, Salà, Letteratura italiana ^ Paolo
Ruffilli, Introduzione alle Operette morali di Leopardi, ed. Garzanti ^
Sebastiano Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano ^
Croce, Schopenhauer e il nome del male ^ Si riferisce a d'Annunzio, Fogazzaro e
Pascoli ^ Riportato in Mario Pazzaglia, Letteratura italiana III ^ Benedetto
Croce, Del carattere della più recente letteratura italiana (1907), in
Letteratura della nuova Italia, vol IV (1915), Bari, 1954, pagg. 203-204 ^ Dino
Biondi, Il Resto del Carlino, 1885-1985, 1985 p. 106 ^ Edizioni Nazionali
istituite anteriormente alla legge 420/1997, su Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, n.15. URL consultato il 1º agosto 2019. ^ D.M. n. 411/2018,
concernente l'«Edizione Nazionale delle opere di Benedetto Croce. Integrazione
della composizione della Commissione» (PDF), su Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, p. 2. URL consultato il 1º agosto 2019. «VISTO il
D.P.R. 14 agosto 1981 istitutivo dell'Edizione Nazionale delle opere di
Benedetto Croce».Bibliografia Guido Fassò, Croce, Benedetto, in Novissimo
Digesto Italiano, 20 voll., diretto da A. Azara e E. Eula, vol. 5 (CRI-DIS),
Torino, Utet, 1960, pp. 16-18, ISBN non esistente. Carlo Antoni, Commento a
Croce, 2ª ed., Venezia, Neri Pozza, 1964 [1955], ISBN non esistente. R.G.
Collingwood, Croce's Philosophy of History, in "The Hibbert Journal",
XIX (1921) pp. 263–278 (ora in Id., Essays in the Philosophy of History, Edited
by William Debbins, University of Texas, 1965, pp. 3–22). Alfredo Parente, Il
pensiero politico di Benedetto Croce e il nuovo liberalismo, 1944. Sergio
Solmi, Il Croce e noi, in "La Rassegna d'Italia", a. I, nn. 2-3, 1946
(ora in Id., La letteratura italiana contemporanea, vol. II, a cura di Giovanni
Pacchiano, Milano, Adelphi, 1998). Fausto Nicolini, Benedetto Croce, Utet,
Torino, 1962. Hayden White, The Abiding Relevance of Croce's Idea of History,
in The Journal of Modern History, vol. XXXV, n. 2, June 1963, pp. 109-124.
Ottaviano Giannangeli, Benedetto Croce a Raiano, in "L'Osservatore
politico letterario", Milano-Roma, n. 10, ottobre 1964 (ora in Id.,
Operatori letterari abruzzesi, Lanciano, Itinerari, 1969). Damiano Venanzio
Fucinese, Dieci lettere inedite di Croce, in "Dimensioni", Lanciano,
a. X, 1966, n. 5-6, pp. 6-18 Ulisse Benedetti, Benedetto Croce e il Fascismo,
Roma, Volpe Rditore, Roma, 1967. Gennaro Sasso, Benedetto Croce. La ricerca
della dialettica, Napoli, Morano, 1975. Nicola Badaloni, Carlo Muscetta,
Labriola, Croce, Gentile, Roma-Bari, Laterza, 1978 (in part. di Muscetta: La
versatile precocità giovanile di Benedetto Croce. Profilo della sua lunga
operosità, Critica e metodologia letteraria di Croce, Croce scrittore:
multiforme unità della sua prosa). Gianfranco Contini, La parte di Benedetto
Croce nella cultura italiana, in Altri esercizi (1942-1971), Torino, Einaudi,
1978, pp. 31-70. Gennaro Sasso, La "Storia d'Italia" di Benedetto
Croce. Cinquant'anni dopo, Napoli, Bibliopolis, 1979. Charles Boulay, Benedetto
Croce jusqu'en 1911. Trente ans de vie intellectuelle, Ginevra, Droz, 1981
Hayden White, "The Question of Narrative in Contemporary Historical
Theory", History and Theory, Vol. 23, No. 1 (Feb., 1984), pp. 1–33. Paolo
Bonetti, Introduzione a Croce, Editori Laterza, 1984, ISBN 88-420-2417-1. Claes
G. Ryn, Will, Imagination and Reason: Babbitt, Croce and the Problem of Reality
(1986). Emma Giammattei, Retorica e idealismo, Il Mulino, Bologna, 1987.
Gennaro Sasso, Per invigilare me stesso. I taccuini di lavoro di Benedetto
Croce, Bologna, Il Mulino, 1989. Giuseppe Galasso, Croce e lo spirito del suo
tempo, Milano, Il Saggiatore, 1990 [2a. ed., Roma-Bari, Laterza, 2002]. AA.VV.,
Croce e la cultura meridionale. Atti del convegno di studi,
Sulmona-Pescasseroli-Raiano, 24-26 maggio 1991, a cura di Giuseppe Papponetti,
Pescara, Ediars, 1991. Toni Iermano, Lo scrittoio di Croce con scritti inediti
e rari, Napoli, Fiorentino, 1992. Antonio Cordeschi, Croce e la bella Angelina.
Storia di un amore, Milano, Mursia, 1994. Gennaro Sasso, Filosofia e idealismo.
I - Benedetto Croce, Napoli, Bibliopolis, 1994. Pier Vincenzo Mengaldo,
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italiano per gli studi storici Fondazione Biblioteca Benedetto Croce
Liberalismo Manifesto degli intellettuali antifascisti Premio nazionale di
cultura Benedetto Croce Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
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in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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von Ruff. Modifica su Wikidata Benedetto Croce, su storia.camera.it, Camera dei
deputati. Modifica su Wikidata Benedetto Croce, su Senatori d'Italia, Senato
della Repubblica. Modifica su Wikidata Benedetto Croce, in Il contributo
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italiano per gli studi storici fondato da Benedetto Croce, su iiss.it. La
Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, su fondazionebenedettocroce.it. Una
bibliografia di Benedetto Croce, su rivista.ssef.it (archiviato dall'url
originale il 13 maggio 2005). Una bibliografia di Benedetto Croce con corredo
di riassunti delle opere e piccoli s aggi, su nuovorealismo.it. URL consultato
il 28 novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2008).
Biografia di Benedetto Croce con elenco opere, su giornaledifilosofia.net. Il
problema dell'impressione nella ricerca filosofica del giovane Croce, su
giornaledifilosofia.net. L'elenco dei volumi dell'Edizione Nazionale, su bibliopolis.it.
Benedetto Croce, su Camera.it - Assemblea Costituente, Parlamento italiano. Le
riviste di Benedetto Croce on line. Accesso full text a «La Critica. Rivista di
letteratura, storia e filosofia» 1, 1903 - 42, 1944 e ai «Quaderni della
“Critica”» 1945 – 1951, su bibliotecafilosofia.uniroma1.it. Benedetto Croce, il
filosofo liberale, sul RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Alessandra Tarquini,
Benedetto Croce, il filosofo liberale (da Wikiradio di Radio3, in onda il
25/02/2014) PredecessoreMinistro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia SuccessoreFlag of Italy (1861–1946).svg
Andrea Torre 15
giugno 1920 – 4 luglio 1921 governo Giolitti VOrso Mario CorbinoV · D · M
Antifascismo (1919-1943) V · D · M Liberalismo V · D · M Presidenti del Partito
Liberale Italiano V · D · M Dante Alighieri Controllo di autoritàVIAF (EN)
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italiani del XX secoloStorici italiani del XX secoloPolitici italiani del XX
secoloNati nel 1866Morti nel 1952Nati il 25 febbraioMorti il 20 novembreNati a
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istruzione del Regno d'ItaliaPersonalità dell'agnosticismoFilosofi della
storiaSenatori della XXIII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della
Consulta nazionaleDeputati dell'Assemblea Costituente (Italia)Senatori della I
legislatura della Repubblica ItalianaAccademici dei LinceiAccademici
dell'ArcadiaFondatori di riviste italianePersone legate all'Università degli
Studi Suor Orsola BenincasaMembri dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed
artiGoverno Giolitti VGoverno Badoglio IIGoverno Bonomi IIStudenti
dell'Università degli Studi di Napoli Federico IICavalieri di gran croce
dell'Ordine della Corona d'ItaliaCommendatori dell'Ordine dei Santi Maurizio e
LazzaroCavalieri dell'Ordine civile di Savoia[altre]
curcio: Grice: “Curcio is
what we could call at Oxford a poet; he wrote a little book ‘Esistentee,’ an
obvious parody on Sartre, ‘L’essistentialismo e un umanesimo.’ – His background
is philososophical though, and it shows!” --
Corrado Curcio (Noto), filosofo. Ordinario di Storia e Filosofia nei Licei
Classici, fu Preside del Liceo Classico di Noto dove è ricordato per le sue
innovazioni didattiche (laboratori di teatro, attività extrascolastiche) che
resero l'istituto un luogo di avanguardia nella vita culturale locale. Fu
Lettore presso numerosi istituti di Cultura Italiana all'estero. Ricoprì la
carica di Ispettore Centrale al Ministero della pubblica istruzione e successivamente
anche quella di Direttore Generale per l'Ordine Ginnasiale. Curcio fu amico
fraterno del filosofo e grecista Carlo Diano
Curcio è ricordato anche per la sua produzione filosofica e per la sua
vasta biblioteca, donata in seguito alla sua scomparsa all'Messina. parziale Dissonanze e armonie, Noto, 1927 La
sfinge. Le piramidi. Il prezzo della salute, Noto, 1927 Commenti, libri I-XXIV,
Roma Il giro dei Templi, Bonacci, Roma, 1954 Mottetto, Bonacci, Roma Fugato,
Bonacci, Roma II grano di follia, Bonacci, Roma Senza più peso, Bonacci, Roma
Assolo, Bonacci, Roma A più voci, Bonacci, Roma L'avita vocazione, Bonacci,
Roma Esistente, Bonacci, Roma Altri occhi, Bonacci, Roma Le due cene, Bonacci,
Roma Sitio, Bonacci, Roma Consummatum, Bonacci, Roma Derelictus, Bonacci, Roma
In horto, Bonacci, Roma Paradossale, Bonacci, Roma Felix, Bonacci, Roma
Deliramentum, Bonacci, Roma.
curi: Grice:
“I like Curi; unlike me, we would call him a prolific philosopher; my favourite
are his reflections on ‘eros’, ‘amore’ and bello, but he has also written on
various topics related to maleness -- Al
Festivaletteratura di Mantova. Umberto Curi (Verona), filosofo. Curi, dopo aver
conseguito la laurea (1964) e successivamente la specializzazione (1967) in
filosofia, nel 1971 consegue la libera docenza in Storia della filosofia
moderna e contemporanea. Dal 1986 è Professore di Storia della filosofia
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di
Padova, presso la quale ha presieduto anche il corso di laurea in Filosofia,
dal 1994 al 2008. Ha diretto per oltre vent'anni la Fondazione culturale
“Istituto Gramsci Veneto” ed è stato anche per un decennio membro del Consiglio
Direttivo della Biennale di Venezia. Formatosi alla scuola di Carlo
Diano, Marino Gentile e Paolo Bozzi, in una posizione comunque di spiccata
indipendenza, all'incirca all'inizio degli anni settanta incontra Massimo Cacciari.
A partire da quel topos, si avvia un sodalizio estremamente solido e fecondo,
all'insegna di una comune ricerca del nuovo, e di un impegno teoretico
rigoroso, che va oltre il piano strettamente scientifico, in direzione di una
partecipazione civile e politica mai assorbita dentro gli schemi
dell'ortodossia, ispirata alla massima autonomia del lavoro
intellettuale. Nella sua più matura attività di ricerca, si possono
individuare tre fondamentali linee di indagine: la riflessione sul nesso
politica-guerra e sulla nozione teoretica di polemos, lungo la linea che
congiunge Eraclito a Martin Heidegger; la valorizzazione della narrazione, sia
intesa come mythos, sia concepita come opera cinematografica; la meditazione su
alcuni temi fondamentali dell'interrogazione filosofica, quali l'amore e la
morte, il dolore e il destino. Ha vinto l'edizione del Praemium Classicum Clavarense. Fra
le sue numerose opere della fase più matura, di particolare rilievo sono:
Endiadi. Figure della duplicità, Feltrinelli, Milano 1995; Polemos. Filosofia
come guerra, Bollati Boringhieri, Torino 2000; La forza dello sguardo, ivi
2004; Meglio non essere nati. La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche, ivi
2008. L'assiduo lavoro di filosofia del cinema è testimoniato soprattutto da:
Lo schermo del pensiero. Cinema e filosofia, Raffaello Cortina Editore, Milano
2000; Un filosofo al cinema, Bompiani, Milano 2006. Rifiutando di riconoscersi
in qualunque “ismo”, comunque declinato, lo stesso Curi ha dichiarato di
vedersi sinteticamente “rappresentato” in due citazioni: «Quelli che non
sono veri filosofi, ma hanno soltanto una verniciatura di casi umani, come la
gente abbronzata dal sole, vedendo quante cose si devono imparare, quante
fatiche bisogna sopportare, come si convenga, a seguire tale studio, la vita
regolata di ogni giorno, giudicano che sia una cosa difficile e impossibile per
loro [...] A questa gente bisogna mostrare che cos'è davvero il mio studio
filosofico, e quante difficoltà presenta, e quanta fatica comporta.» (Platone,
Lettera settima) «La libertà non è soltanto l'essere-liberati dalle catene né
soltanto l'esser-divenuti-liberi per la luce, ma l'autentico essere-liberi è
essere-liberatori dal buio. La ridiscesa nella caverna non è un divertimento
aggiuntivo che il presunto "libero" possa concedersi così per svago,
magari per curiosità,…ma è, esser-ci dentro tutto, essa soltanto, il compimento
autentico del divenire liberi.» (Martin Heidegger, L'essenza della
verità, Franco Volpi, Milano 1988116) Ne La brama dell'avere (), scritto con
Sabino Chialà, si ha un attento e puntuale riesame sia storico-filosofico che
critico-filologico della fondamentale categoria esistenziale dell'avere, alla
luce dell'odierno assetto socio-comunitario. Opere: Il coraggio di
pensare, manualistica di filosofia, Loescher editore, Torino . Il problema
dell'unità del sapere nel comportamentismo, CEDAM, Padova; Analisi operazionale
e operazionismo, CEDAM, Padova; L'analisi operazionale della psicologia,
Franco Angeli, Milano; Dagli Jonici alla crisi della fisica, CEDAM, Padova; Anticonformismo
e libertà intellettuale: per una dialettica tra pensiero e politica, Padova; Psicologia
e critica dell'ideologia, Bertani, Roma; La ricerca in America 1900-1940, a
cura di, Marsilio, Venezia 1978. Katastrophé. Sulle forme del mutamento
scientifico, Arsenale Cooperativa, Venezia 1982. La linea divisa. Modelli di
razionalita' e pratiche scientifiche nel pensiero occidentale, De Donato, Bari
1983. Pensare la guerra. Per una cultura della pace, Dedalo, Bari 1985.
Dimensioni del tempo, a cura di, Franco Angeli, Milano 1987. L'opera di
Einstein, Gabriele Corbo, Ferrara 1988. La cosmologia oggi tra scienza e
filosofia, Gabriele Corbo, Ferrara; La politica sommersa. Per un'analisi del
sistema politico italiano, Franco Angeli, Milan; Lo scudo di Achille. Il PCI nella grande crisi,
Franco Angeli, Milano; L'albero e la
foresta. Il Partito Democratico della Sinistra nel sistema politico italiano,
con Paolo Flores d'Arcais, Franco Angeli, Milano; The antropic principle, Cambridge,
Metamorfosi del tragico tra classico e moderno, Bari 1991 L'albero e la
foresta. Il Partito Democratico della Sinistra nel sistema politico italiano,
con Paolo Flores D'Arcais, Milano 1991 La repubblica che non c'è, Milano 1992
Pensare la guerra. Per una cultura della pace, Dedalo, Bari 1993. Poròs.
Dialogo in una società che rifiuta la bellezza, con Angelina de Lillo, Milano
1995 L'orto di Zenone. Coltivare per osmosi, con Federico Friggio, Milano 1996
La cognizione dell'amore. Eros e filosofia, Feltrinelli, Milano 1997. Il
mantello e la scarpa. Filosofia e scienza tra Platone e Einstein, Il Poligrafo,
Padova 1998. Pensare la guerra. L'Europa e il destino della politica, Dedalo,
Bari 1999. Pólemos. Filosofia come guerra, Bollati Boringhieri, Torino 2000.
Endiadi. Figure della duplicità, Feltrinelli, Milano 2000nuova edizione,
Raffaello Cortina Editore, Milano . Lo schermo del pensiero. Cinema e
filosofia, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000. Ombre delle idee. Filosofia
del cinema fra «American beauty» e «Parla con lei», Pendragon, Bologna 2002.
Filosofia del Don Giovanni. Alle origini di un mito moderno, Bruno Mondadori,
Milano 2002. Il farmaco della democrazia. Alle radici della politica,
Marinotti, Milano 2003. La forza dello sguardo, Bollati Boringhieri, Torino
2004. Skenos. Il Don Giovanni nella società dello spettacolo, con Laura
Cesaroni, Milano 2005 Libidine e denuncia. L'eros nella società della
corruzione, Milano 2005 Un filosofo al cinema, Bompiani, Milano 2006. Meglio
non essere nati. La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche, Bollati
Boringhieri, Torino 2008. Miti d'amore. Filosofia dell'eros, Bompiani, Milano
2009. Pensare con la propria testa, con due cd, Mimesis, Milano 2009.
Straniero, Raffaello Cortina Editore, Milano . Passione, Raffaello Cortina
Editore, Milano . La porta stretta. Come diventare maggiorenni, Bollati
Boringhieri, Torino . I figli di Ares. Guerra infinita e terrorismo,
Castelvecchi, Roma . La brama dell'avere (con Sabino Chialà), Il Margine,
Trento, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Umberto Curi
Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file
su Umberto Curi Umberto Curi: il mito di
Narciso sul RAI Filosofia, su filosofia.rai.it.
La pagina di Umberto Curi nel sito del Dipartimento di filosofia
dell'Università degli Studi di Padova, su filosofia.unipd.it.
cusani: Grice: “I love
Cusani; for one, I was born at Harborne, but nobody cares; Cuasani was born in
Solopaca, and there’s a ‘corso Cusani’, and a ‘Biblioteca Cusani’.” Grice:
“Cusani would have been friend with Bosanquet; both are Hegelians – Italians,
after SOME Germans, were the first to endorse the philosophy of the absolute
spirit inmanent to dialectic – Cusani does attempt to respond to a criticism on
the ‘assoluto’ brought up by Hamilton (of all people), and consdtantly refers
to the ‘metafisica dell’assoluto’ – a ‘progetto,’ he humply titles it!” -- Stefano
Cusani (Solopaca) filosofo. Idealista hegeliano vissuto nel Regno delle Due
Sicilie, esponente dell'eclettismo filosofico di Victor Cousin. Scrisse
numerosi saggi e note soprattutto di filosofia ma anche di critica letteraria,
di musica e di economiia. Nacque il 24 dicembre 1815 a Solopaca, a metà strada
tra Caserta e Benevento, all'epoca capoluogo distrettuale e di comprensorio del
Regno delle Due Sicilie, da Filippo e da Caterina Cardillo. A 28 anni, il 10
ottobre 1842, si sposò con Teresa Marcarelli, e nello stesso anno acquistò la
tessera di socio dell'Accademia Pontaniana. Agli studi di filosofia unì quelli
di grammatica, lessicografia intrapresi nella scuola del marchese Basilio
Puoti, frequentata da Francesco De Sanctis Stanislao Gatti. Trentenne, partecipò al VII° congresso degli
scienziati italiani, nell'ottobre 1845 a Napoli. Punto di partenza dell'insegnamento
filosofico di Stefano Cusani, comune a buona parte dei circoli filosofici
dell'hegelismo di stanza a Napoli, dei quali era un esponente, furono le idee
del francese Victor Cousin, il fondatore della storiografia filosofica. Fu
discepolo, oltre che della scuola napoletana del marchese Basilio Puoti.
Insegnò materie filosofiche dapprima a Montecassino, poi nel collegio Tulliano
di Arpino, dove fu affiancato da Bertrando Spaventa, chiamato poi a
sostituirlo; infine si stabilì definitivamente a Napoli nel proprio studio
privato. Morì a Napoli l'anno
successivo, poco più che trentenne, il 4 gennaio 1846. Opere La maggior parte degli scritti di
Cusani furono pubblicati su due riviste: Il progresso delle scienze, delle
lettere e delle arti (dal 1832) e Museo di letteratura e filosofia. La seconda
fu da lui stesso fondata nel 1841, con nome diverso, insieme con l'amico
Stanislao Gatti. Dopo due anni il nome fu cambiato e la rivista continuò a
uscire per un quindicennio dopo la sua morte, dal 1846 al 1860. Molti dei saggi
di filosofia più impegnati furono pubblicati, a partire dall'anno 1837, nella
rivista Antologia, fondata a Firenze nel 1821 da Giovan Pietro Vieusseux e da
Gino Capponi. Scrisse inoltre note e recensioni nel periodico l'Omnibus e nella
Rivista napolitana. Molte delle sue
opere sono archiviate presso la Biblioteca "Stefano Cusani" di
Solopaca. Saggi Gli articoli più
importanti, in cui si compendia il pensiero filosofico di Cusani: saggio Del metodo filosofico d'una storia; Della
scienza fenomenologica o dello studio dei fatti di coscienza, pubblicato sul
Progresso; Del metodo filosofico e d'una sua storia infino agli ultimi sistemi
di filosofia che sonosi veduti uscir fuori in Germania ed in Francia; Del reale
obbietto d'ogni filosofia e del solo procedimento a poterlo raggiungere; Alcune
idee intorno al romanzo storico; Della scienza fenomenologica o dello studio
de' fatti di coscienza; Della poesia drammatica; Un'obbiezione dell'Hamilton
intorno alla filosofia dell'Assoluto; Della logica trascendentale; Idea d'una
storia compendiata della filosofia; Della lirica considerata nel suo svolgimento
storico e del suo predominio sugli' altri generi di poesia ne' tempi moderni;
Dell'economia politica considerata nel suo principio e nelle sue relazioni
colle scienze morali; Del modo da trattare la scienza degli esseri. Disegno di
una metafisica; Della percezione considerata relativamente alle esistenze
esterne; Della scienza assoluta. Nel comune di Solapaca è stato indetto
nel un anno di celebrazione in occasione
del centenario della nascita nel comune di Solopaca. Una via (corso Stefano
Cusani) gli è stata intitolata a Solopaca poco dopo la sua morte. Dopo la
morte, Francesco De Sanctis, due anni più giovane di lui, lo ricordò citandolo
nella propria autobiografia: "Il Cusani dato agli stessi studi di
filosofia, aveva maggiore ingegno del superbissimo Gatti, ed era mitissima
natura d'uomo" (Francesco De Sanctis, La giovinezza, p.156). Salì al tavolo degli oratori con tale fervore
dialettico che, come scrisse il suo allievo Giucci, «da tutta la persona
grondava onorato sudore» (G. Giucci, Degli scienziati italiani formanti parte
del VII congresso in Napoli nell'autunno del 1845: notizie biografiche, Napoli.
L'amico coetaneo Cesare Correnti,
patriota milanese legato ai circoli Napoli, insegnante nella Scuola di lingua
italiana da lui fondata nel 1825, gli dedicò un necrologio: «Ecco un altro
amico, un'altra fiorita speranza di questa nostra Napoli sparire a un tratto a
noi d'intorno. Ben dissi a un tratto: poiché la sua non lunga malattia parve un
momento agli amici. Moriva il 5 gennaio, e non aveva 30 anni! Era nato in
Solopaca. Le lettere e la poesia specialmente nol sedussero, in modo che a più
severi studi non volgesse l'acuta e fervidissima mente, e a bella armonìa si
composero nell'anima sua.» (1846); parole riportate sul Necrologio di Stefano
Cusani, «Rivista europea», dicembre 1846, I251, ripr. in Scritti scelti, T.
Massarani, Forzani, Roma 1891, I, 496-500: «Ecco un altro amico, un'altra
fiorita speranza di questa nostra Napoli sparire...». Delibera del Consiglio comunale del 10
febbraio (notizia su Informatore
sannita) Archiviato il 10 febbraio in
. Necrologio di Cesare Correnti a
Stefano Cusani, nella «Rivista europea», dicembre 1846, I (p. 251),
ripubblicato in Scritti scelti, T. Massarani, Forzani, Roma 1891, I,
496–500 A. Zazo, Dizionario biobibliografico del Sannio, Napoli 1973, 105 s. P. Serafini, Necrologia di Stefano
Cusani, in "Il Progresso", E. Rocco, Necrologia di Stefano Cusani, in
"Il Lucifero", VIII (1845-46),
403 s. E. Poerio, Necrologia di Stefano Cusani, in "Omnibus",
XIII (1846)182 F. Trinchera, Necrologia di Stefano Cusani, in "Rivista
napolitana", IV (1846), 1, 396 s.
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scuola democratica N. Cortese, Napoli 1931,
136 s. e passim G. Oldrini, Gli hegeliani di Napoli. A. Vera e la
corrente "ortodossa", Milano F. Zerella, L'eclettismo francese e la cultura
filosofica meridionale nella prima metà del sec. XIX, Roma S. Mastellone,
Dall'eclettismo all'hegelismo in Italia, in "Il Pensiero politico", Stefano
Cusani, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. F
cutelli: Grice: “Cutelli is
like Hart, a jurisprudent, rather than a philosopher!” Mario Cutelli (Catania),
filosofo. Scrisse opere di diritto civile, ricoprendo alte cariche giuridiche
durante il dominio spagnolo in Sicilia.
Conte di Villa Rosata e signore dell'Alminusa. Sposò Cristina Cicala. Cutelli
conseguì il titolo di dottore in diritto civile ed ecclesiastico nel 1621
presso lo Studio di Catania e fu nominato giudice del tribunale della Gran
Corte. Si recò in Spagna per discutere al cospetto del sovrano Filippo IV delle
numerose controversie giurisdizionali. A Madrid scrisse il Patrocinium pro
regia iurisdictione inquisitoribus siculis concessa. I viceré, eletti personalmente dal re, sono
contornati da un'amministrazione corrotta che pratica attività illecite,
contribuendo alla debolezza del governo[senza fonte]. Tale situazione spinse
Mario Cutelli a intervenire per escludere dal "privilegium fori"
numerosi delitti: resistenza a pubblico ufficiale, omicidio anche tentato. Nel 1635-1637 fu nuovamente nominato giudice
della Gran Corte, pubblicando il Codicis legum sicularum libri quattuor,
manifesto del partito olivaresiano in Sicilia. Cutelli manifestava un'idea di
politica amministrativa che mirava a creare un centro unificatore e un ministro
superiore, cui fosse affidato il compito di amministrare e dirigere la
monarchia, ottenendo il rilancio economico, la riduzione delle spese e il
riequilibrio del conto fiscale. Nominato nel 1639 avvocato fiscale del Real
Patrimonio, Cutelli si recò l'anno successivo a Napoli per incarico del viceré
Francisco De Melo. Lo stesso viceré gli ordinò di tornare in Spagna per esporre
al sovrano la situazione siciliana in materia di fiscalità. Filippo IV nel 1642 gli concesse il titolo di
conte. Ritornato nel 1649 in Sicilia, fu proposto dal viceré Juan de Austria
alla presidenza del Concistorio. Nel settembre 1650, Mario Cutelli acquistò il
feudo di Mezzamandranova. Nel 1651, dopo
essere stato nominato dal Senato di Catania suo procuratore nel Parlamento,
pubblicò in lingua castigliana l'opera Catania restaurata. L'anno seguente,
dopo un ricorso del Senato di Catania che riaffermava la sua concezione
dell'impero, Filippo IV ne propose la sospensione, sino a nuovo ordine,
dall'Ufficio. Si difese scrivendo il Supplex libellus. Il 23 aprile 1652, acquistò il feudo di
Alminusa e il borgo già creato da Giuseppe Bruno, figlio del fondatore
Gregorio, per atto del notaro Pietro Cardona di Palermo. Ad Aliminusa dotò la
chiesa di Santa Anna e stabilì un legato di maritaggio di dieci onze l'anno in
favore di una figlia dei suoi vassalli, come si scorge dal suo testamento
redatto il 28 agosto 1654 innanzi al notaio Giovanni Antonio Chiarella di
Palermo. Nel luglio 1654 acquistò il feudo di Cifiliana. Morì il 17 settembre del 1654 a Palermo. Il
suo testamento rivelò la volontà di destinare una parte dei suoi possedimenti
alla fondazione di un collegio d'huomini nobili all'uso di Spagna in cui si
dovesse studiare legge canonica e civile.
Nel 1747, dopo più di un secolo dalla sua morte, fu possibile dare
inizio alla costruzione del Collegio Cutelli (poi Convitto Cutelli), perché
solo in quell'anno, con la morte di don Giovanni Cutelli, aveva posto nel
testamento tale condizione per la devoluzione dei beni. A Catania gli sono dedicati, oltre al
Convitto Cutelli, attualmente sede di un Liceo Europeo, una piazza sita sul
percorso della centrale via Vittorio Emanuele II e, soprattutto, il Liceo
Classico "Mario Cutelli".
Note Biografia di Mario Cutelli
sul sito ufficiale degli ex allievi del Convitto Cutelli. Vittorio Sciuti Russi, CUTELLI, Mario, in
Dizionario biografico degli italiani,
31, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1985. 10 ottobre . Vittorio Sciuti Russi, Mario Cutelli. Una
utopia di governo, Acireale (CT), Bonanno Editore, 1994, 130,
978-88-7796-057-3. Caterina Sindoni, La formazione dell'élite in Sicilia
tra Settecento ed Ottocento. Il "Collegio Cutelliano" di Catania, in
"Quaderni di Intercultura", Anno VIII/, 55/73,
2035-858X, DOI
10.3271/M41http://cab.unime.it/journals/index.php/qdi/article/view/1327
Caterina Sindoni, Воспитательные модели сицилийских дворян в XVIII-XIX вв.:
Колледжио Кутелли, in Идеал воспитания дворянства в Европе: XVII-XIX века (eds.
Vladislav Rjéoutski, Igor Fedyukin, Wladimir Berelowitch), Novoe Literaturnoe
Obozreniie, Moscow, , 296-319. Mario Cutelli contributo del dr. Santo
Catarame, tratto da Corrieredaristofane n° 5417 juovi nuviémmuru, 2005, su
ildelsud.org. Cenni sulla famiglia Cutelli e Testamento di Mario Cutelli
[collegamento interrotto], su apostoliuniversali.it.
dalmasso:
Grice:
“Dalmasso is what at Oxford we call a ‘derivative’ philosopher, and at
Cambridge a ‘Derrideian’! But he’s written some original work too, mostly as
editor, as in “La passione della ragione” – he has also explored ‘discourse’ in
terms of ‘rationality’ and ‘fairness’ – In my model, both conversationalists
are symmetrical, so questions of unfairness do not apply! I took the
inspiration from Chomsky!” -- Gianfranco
Dalmasso (Milano), filosofo. Professore di Filosofia Teoretica a Bergamo e
presidente onorario della Società Italiana di Filosofia Teoretica. Laureatosi a Milano, ha svolto i suoi studi
di perfezionamento a Parigi, all'École Normale Supérieure e all'École des
hautes études en sciences sociales. Allievo di Derrida, ha introdotto il
pensiero di questo autore in Italia con le traduzioni di La voix et le
phénomène (Jaca Book 1968; ult. rist. ) e di De la grammatologie (Jaca Book
1969, ult. rist. ). Dai problemi del
soggetto del discorso e della genesi del significato nel dibattito sul
nichilismo i suoi interessi si sono rivolti alla questione della struttura
della razionalità in rapporto all'etica nel pensiero greco ed agostiniano e,
più recentemente, nel pensiero di Hegel.
Ha insegnato a Calabria e Roma "Tor Vergata". È membro del
Collegio docenti del Dottorato di ricerca in Filosofia della Scuola Normale
Superiore di Pisa e del Dottorato di ricerca in Studi Umanistici Interculturali
presso l'Università degli Studi di Bergamo. È autore di vari saggi e membro del
Comitato scientifico di Phasis. European Journal of Philosophy, Oltrecorrente,
di Magazzino di Filosofia e della Rivista Internazionale di teologia e cultura
Communio. Opere: Hegel, probabilmente.
Il movimento del vero, Milano: Jaca Book. Dalmasso su Università degli Studi di
Bergamo, su unibg.it. 13 agosto 4 marzo
). Gianfranco Dalmasso. Hegel e l'Aufhebung del segno, su mondodomani.org.
Recensione di Chi dice io. Razionalità e nichilismo, Jaca Book, Milan, su
prologos.it. Intervista a Gianfranco Dalmasso su Chi dice io. Razionalità e
nichilismo, su inschibboleth.org.
dandolo:
Grice: “I love Dandolo; you know why? Because he was an amateur,
not a professional; I mean, he was a country gentleman and an earl, so if he
philosophised it wasn’t for the colour of the money! Plus, he owned a lovely
‘palazzo,’ which I would call ‘villa’! --
Tullio Dandolo (Varese), flosofo. Neoguelfo. Nacque da Vincenzo Dandolo,
scienziato e patriota, e Mariana Grossi. Il padre era esponente della
Municipalità provvisoria di Venezia, ma dopo il trattato di Campoformio, con il
quale si sancì la fine della Repubblica, dovette esulare in Francia. Venne in
seguito nominato da Napoleone senatore del Regno italico e conte. Dal 1806 al 1809
fu anche governatore civile della Dalmazia. Il piccolo Tullio passò quindi
un'infanzia assai agitata; fu cresciuto da una "cameriera disattenta"
e poi sballottato per vari collegi. A 19 anni si laureò all'Università degli
Studi di Pavia in Diritto civile e canonico (utroque iure). Dopo la morte
del padre nel 1819, passò alcuni anni (dal 1821 al '23) girando per l'Europa e
conducendo una vita mondana. In questo periodo venne a contatto con
illustri personalità culturali politiche dell'epoca. Venne sospettato dal
governo austriaco di aver partecipato alle congiure degli anni precedenti, e
per questo fatto rientrare in modo coatto in Italia (senza tuttavia essere
perseguitato). In Italia, dopo essersi dedicato ampiamente a studi letterari e
storici, sposò Giulietta, sorella di Gaetano Bargnani; uno dei futuri
cospiratori mazziniani. Dalla moglie ebbe due figli, Enrico ed Emilio. Nel 1835
rimase vedovo e affidò ad un amico di famiglia i figli, pur intervenendo
continuamente nella loro formazione. Nel 1844 si sposò in seconde nozze
con la contessa Ermellina Maselli, da cui ebbe altri due figli, Maria
(1848-1871) e Enrico II (1850-1904). I primi due, Enrico ed Emilio presero
parte alle Cinque giornate e ad altre operazioni belliche e lo stesso Tullio fu
nel '48 uno dei principali autori della rivoluzione e capo della rivolta
varesina di marzo (scoppiata in concomitanza con quella di Milano), ma nel '49
a Roma, durante la difesa della repubblica di Mazzini, Enrico morì ed Emilio
rimase gravemente ferito. Questo evento toccò molto Tullio che tuttavia, pur
dovendosi prendere cure molto onerose del superstite, avrebbe continuato
comunque i suoi studi letterari. Sui due figli (di cui il secondo morì poco più
tardi), raccolse un gran numero di documenti, memorie e storie per poi
pubblicarle nel libro Lo spirito della imitazione di Gesù Cristo esposto e
raccomandato da un padre ai suoi figli adolescenti (corrisp. di lettere
famigliari). Ricordi biografici dell'adolescenza d'Enrico e d'Emilio Dandolo,
Milano 1862. Morì ad Urbino il 16 aprile 1870. Attività letteraria
Dandolo venne sempre ignorato dai letterati, all'epoca come oggi, tanto da non
apparire nel Dizionario del Risorgimento di Michele Rosi e neanche nella dura
critica di Benedetto Croce agli "sviati della scuola cattolico
liberale" ossia i neoguelfi di cui faceva parte. Un letterato che fece
delle critiche alla sua attività fu Niccolò Tommaseo, ma risultò essere
piuttosto duro ed aspro, tanto da scrivere: "Tullio ... fin da giovane
scarabocchiò librettucci compilati o piuttosto arruffati: né di quelli che
scrisse dal venticinque al cinquantacinque sapresti quale sia il più decrepito
e il più puerile. Ma fece due opere buone, un figliolo che morì valentemente in
Roma assediata da Galli vendicatori delle oche; e un altro che scrisse la
storia, e direi quasi la vita della Legione Lombarda capitanata da Luciano
Manara, libro di senno virile e d'affetto pio...". I suoi scritti
trattano gli argomenti più vari: dalla pedagogia all'autobiografia, da quelli
di carattere storico a quelli religiosi. Molti di essi sono schizzi letterari e
filosofici o riguardano descrizioni di viaggi, città e munomenti. Inoltre,
scrisse molto intorno alla storia antica, alla nascita del Cristianesimo, al
Medioevo e al Rinascimento, pubblicando anche molti discorsi e documenti
inediti. Più che ad un contributo critico, mirava a dare un'informazione non
faziosa per una migliore conoscenza del passato. Questi suoi scritti storici
sono molto diversi fra di loro: in alcuni predilige uno stile aulico, mentre in
altri un tono popolare e facile; trattando ora gli argomenti con
approssimazione ed ora dando al racconto la coinvolgenza di un romanzo.
Opere Tra le molte opere si segnalano: Lettere su Roma e Napoli, Milano
1826; Lettere su Firenze, ibid. 1827 e Torino 1830; Saggio di lettere sulla
Svizzera. Il Cantone de' Grigioni, Milano 1829; Prospetto della Svizzera, ossia
ragionamenti da servire d'introduzione alle lettere sulla Svizzera, ibid. 1832,
voll. 2; La Svizzera considerata nelle sue vaghezze pittoresche, nella storia,
nelle leggi e ne' costumi. Lettere, ibid. 1829-1834, voll. 10; Lettere su
Venezia, 2 edizioni, ibid. 1834; Studii sul secolo di Pericle, ibid. 1836,
voll. 2; Schizzi di costumi, ibid. 1836; Studii sul secolo d'Augusto, ibid. 1837;
Semplicità o rapidi cenni sulla letteratura e sulle arti, in Album storico
poetico morale, compilato per cura di V. de Castro, Padova 1837, I, 1–15; Reminiscenze e fantasie. Schizzi
letterari, Peregrinazioni. Schizzi artistici e filosofici, Torino 1841, voll.
3; Roma e l'Impero sino a Marco Aurelio. Studi, Milano 1842-1843, voll. 6;
Firenze sino alla caduta della Repubblica, ibid. 1843; Il Medio Evo elvetico
(secc. XIV e XV). Racconti e leggende, ibid. 1844; La Svizzera pittoresca, o
corse per le Alpi e pel Jura a commentario del Medio Evo elvetico, ibid. 1846;
I secoli dei due sommi italiani Dante e Colombo, ibid. 1852; Il Settentrione
dell'Europa e dell'America nel secolo passato sin 1789, ibid. 1853, voll. 2;
L'Italia nel secolo passato sin 1789, ibid. 1853; Il Cristianesimo nascente,
ibid. 1854; La Signora di Monza. Le streghe del Tirolo. Processi famosi del
secolo decimosettimo per la prima volta cavati dalle filze originali, ibid.
1855 (rist. anast., Milano 1967); Il pensiero pagano ai giorni dell'Impero.
Studii, ibid. 1855, voll. 2; Il pensiero cristiano ai giorni dell'Impero.
Studii, ibid. 1855; Il pensiero pagano e cristiano ai giorni dell'Impero.
Studii, ibid. 1855, 3; Monachesimo e
leggende. Saggi storici, ibid. 1856, voll. 2; Roma e i papi. Studi storici,
filosofici, letterari ed artistici, ibid. 1857, voll. 5; Il secolo di Leone
Decimo. Studii, ibid. 1861, voll. 4; Lo spirito della imitazione di Gesù Cristo
esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescenti (corrisp. di
lettere famigliari). Ricordi biografici dell'adolescenza d'Enrico e d'Emilio
Dandolo, Milano 1862; La Francia nel secolo passato, ibid. 1862, voll. 2; Corse
estive nel Golfo della Spezia, ibid. 1863; Il secolo decimosettimo, ibid. 1864,
voll. 4; Ragionamenti preliminari ed indici ragionati degli studi del conte
Tullio Dandolo su Roma pagana e Roma cristiana pubblicati ad annunzio e
prospetto dell'opera, Assisi 1865 (estr. da Stella dell'Umbria, s. d.); Ricordi
di Tullio Dandolo, secondo periodo. 1521-23. Lettera a D. Sensi. Indice della
materia, Assisi 1867; Ricordi, primo e secondo periodo. 1801-23, ibid. 1868,
voll. 2; Ricordi inediti di G. Morone gran cancelliere dell'ultimo duca di
Milano..., 1520-30, a cura del D., Milano 1855 (2 ed., ibid. 1859); Alcuni
brani delle storie patrie di Giuseppe Ripamonti per la prima volta tradotti
dall'originale latino dal conte T. Dandolo, ibid. 1856; Il potere politico
cristiano. Discorsi pronunciati dal Ventura di Raulica P. R. P., a cura del
Dandolo, Milano 1858; Vicende memorabili dal 1659 al 1501 narrate da Alessandro
Verri precedute da una vita del medesimo di G. A. Maggi, a cura del D., ibid.
1858; [A. F.] Roselly de Lorgues. Note
Ricordi, primo e secondo periodo, 1801/1823 , 2 voll., Assisi 1868 La Fama, 3 apr. 1848 Il Dizionario Rosi Archiviato il 23
agosto in ., di Roberto Guerri,
direttore delle Civiche raccolte storiche di Milano. Colloqui col Manzoni, T. Lodi, Firenze 1929
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Tullio Dandolo Collabora a Wikiquote Citazionio su Tullio Dandolo Collabora a
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Dandolo Tullio Dandolo, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tullio Dandolo, in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
(IT, DE, FR) Tullio Dandolo, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della
Svizzera. Tullio Dandolo, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Tullio Dandolo, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Tullio Dandolo / Tullio Dandolo (altra
versione).
Daniele:
Grice:
“Daniele is an interesting philosopher, if you are into numismatics, his pet
topic!” -- Francesco Daniele (San
Clemente), filosofo. Figlio di Domenico Daniele e Vittoria De Angelis. Studiò
filosofia, oratoria, giurisprudenza a Napoli, dove frequentò gli intellettuali
della città. Entrò in amicizia con vari studiosi tra cui Antonio Genovesi,
Giuseppe Cirillo, Matteo Egizio. Nel 1762 curò un'edizione delle opere di
Antonio Telesio (1482-1534), zio di Bernardino, lavoro che gli procurò
l'interesse di intellettuali di giornali letterari dell'epoca. L'anno
successivo curò la pubblicazione di alcuni lavori di Marco Mondo, che era stato
il suo primo maestro. Per un breve
periodo esercitò la professione d'avvocato, ma dovette presto rientrare a San
Clemente per curare le proprietà della famiglia. A San Clemente si dedicò agli
studi della classicità acquisendo documentazioni e creando una collezione di
oggetti antichi legati al territorio di San Clemente. Nel 1773 pubblicò, sotto
il nome di Crescenzo Espersi, una critica ad alcuni studi sulle storia di
Caserta: Crescenzo Espersi Sacerdote Casertano al Signor Gennaro Ignazio
Simeoni, un ufficiale di artiglieria napoletano. Il marchese Domenico Caracciolo lo fece
richiamare a Napoli dove entrò nella segreteria di Stato. Riordinò la raccolta
delle leggi e dei diplomi dell'imperatore Federico II. In seguito a questo
lavoro fu nominato "regio istoriografo", carica che era stata di Vico
e di Assemani. Alla carica era associato un sussidio economico. Nel periodo
pubblicò Le Forche Caudine illustrate (Napoli 1778), lavoro che gli permise di
entrare all'Accademia della Crusca. Dal
1779 ricoprì nella Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere, creata nel 1778
da Ferdinando IV, la carica di censore per le memorie delle classi terza e
quarta. Nel 1780 ricevette l'incarico di sistemare la biblioteca della
Collezione Farnese, in seguito confluita nella Biblioteca Nazionale di Napoli.
Nel 1787 divenne uno dei 15 soci dell'Accademia Ercolanese, dove doveva di
curare la pubblicazione degli studi su Ercolano e Pompei, ma i fatti del 1799
interruppero la sua attività. Suo malgrado anzi fu coinvolto, a causa della sua
vicinanza con gli intellettuali vicini alla repubblica, nei fatti che
successero dopo la caduta della Repubblica partenopea. Perse tutti gli
incarichi e di conseguenza tornò agli amati studi. Nel 1802 pubblicò un saggio
di numismatica, Monete antiche di Capua, con la descrizione delle monete
capuane di cui sei inedite. Nel 1806,
sotto Giuseppe Bonaparte, riottenne le sue cariche e l'anno dopo divenne
segretario perpetuo della nuova Accademia di storia e di antichità e fu
nominato direttore della Stamperia Reale. Fu anche socio dell'accademia
Cosentina, della Plautina di Napoli, e dell'Accademia Etrusca di Cortona. Fu
membro straniero della Royal Society e, dal 19 maggio 1788, membro onorario
dell'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo. Opere Antonii Thylesii Consentini Opera,
Neapoli,1762 Crescenzo Esperti Sacerdote Casertano al Signor Gennaro Ignazio
Simeoni, Napoli, 1773 Le Forche Caudine illustrate, Caserta, 1778 I Regali
Sepolcri del duomo di Palermo riconosciuti et illustrati, Napoli, 1802 Monete
antiche di Capua, Napoli, 1802 Cronologia della famiglia Caracciolo di
Francesco de Pietri, Napoli, 1805 (curatela) Note San Clemente è una frazione di Caserta DBI.
Il libro su Google Books Si
tratta di due lettere pubblicate con il falso nome di Crescenzo Esperti. Francesco Daniele, in Dizionario biografico
degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Даниэле, Франческо, in Dizionario
Enciclopedico Brockhaus ed Efron: in 86 volumi (82 volumi e 4 supplementi), San
Pietroburgo, 1890–1907. G. Tescione, Francesco Daniele epigrafista e l’epigrafe
probabilmente sua per la Reggia di Caserta, «Archivio Storico di Terra di
Lavoro», a. VII (1980-81), 25-88. G.
Guadagno, La collezione epigrafica del Daniele a Caserta, «Epigraphica», n. 46
(1984), 185-194. V. Trombetta, Una
pagina di storia dell’Anfiteatro Campano, «Capys», XIX (1986),
81-96. A. Tirelli, Francesco Daniele: un itinerario emblematico, in
classica a Napoli nell’Ottocento, premessa di M. Gigante, II, Napoli 1987, 3-51. G. DanieleP. Di Lorenzo, La famiglia
Daniele e i suoi due palazzi in San Clemente di Caserta: note genealogiche ed
araldiche, descrizione degli edifici superstiti e ipotesi e proposte per la
loro corretta attribuzione, «Rivista di Terra di Lavoro», a. II, n. 3, ottobre
2007. A. Tirelli, Francesco Daniele e lo studio del mondo antico, in L’idea
dell’antico nel Decennio francese, in Atti del III seminario di studi “Decennio
francese (1806-, Napoli, Santa Maria Capua Vetere, 10-11-12 ottobre cura di R.
Cioffi e A. Grimaldi, Napoli , 61-76. L.
Russo, Ruolo di Francesco Daniele nel decennio francese attraverso alcune
lettere a personaggi capuani, «Rivista di Terra di Lavoro», a. IX, n. 1, aprile
. L. Russo, Lettere di Francesco Daniele al principe di Torremuzza, «Rivista di
Terra di Lavoro», a. X, n. 1, aprile . L. Russo, Lettera di Francesco Daniele a
Giovanni Paolo Schultesius (1809), «Rivista Terra di Lavoro», a. XII, n. 1,
aprile . L. Russo, Lettere di Francesco Daniele al dottor Giovanni Bianchi di
Rimini, «Rivista Terra di Lavoro», a. XIII, n. 1, aprile . Francesco Daniele un
erudito versatile ed illuminato Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Daniele Opere di Francesco Daniele, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Francesco Daniele, Filosofi italiani del XVIII
secoloFilosofi italiani del XIX secoloScrittori italiani del XVIII
secoloScrittori italiani del XIX secoloLetterati italiani 1740 1812Nati l'11
aprile 14 novembre Caserta CasertaAccademici della CruscaMembri della Royal
SocietyMembri dell'Accademia EtruscaAccademia cosentina
Dati:
Grice:
“Dati is a good one if you are into Ciceronian rhetoric as given a running
commentary by an unknown philosopher from Siena! – But mind, he also wrote,
like Shropshire, on the immortality of the soul!” -- Prima pagina delle Elegantiae minores
stampate a Basilea nel 1488 da Johann Amerbach. Agostino Dati, noto anche come
Augustinus Datus o Dathus (Siena), filosofo. Noto per il suo manuale di grammatica
Elegantiolae. Erasmo lodò Dati come uno dei maestri italiani di eloquenza. Nato
da una agiata famiglia senese, passò la maggior parte della sua vita a Siena. Studiò
con Filelfo. Dopo aver insegnato per qualche tempo a Urbino, tornò in patria e
insegnò retorica. Fu nominato segretario di Siena. Morì di peste. Molte sue
opere sono state pubblicate dal figlio Niccolò.
Lee Elegantiolae L'Isagogicus libellus pro conficiendis epistolis et
orationibus fu stampato per la prima volta a Ferrara da Andrea Belfortis. Il
testo, le Elegantiolae, ristampato oltre 100 volte con cari titoli, era
considerato "il manuale par excellence". Servì da base per i Rudimenta
grammatices di Perotti Il battesimo è
del 18 febbraio 1420DBI Egmont Lee. Van Der Laan.
Paolo Viti, Agostino Dati, in Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Agostino Dati, “Plumbinensis
Historia”, cura di Marina Riccucci, Firenze, SismelEdizioni del Galluzzo, (Società internazionale per lo studio del
Medioevo latino) Egmont Lee, Agostino Dati of Siena, in Peter Gerard
Bietenholz; Thomas Brian Deutscher , Contemporaries of Erasmus: A Biographical
Register of the Renaissance and Reformation, Toronto Press, A. H. Van Der Laan,
Antonius Liber SusatensisFamiliarum Epistolarum Compendium, in Humanistica
Lovaniensia, 44, Leuven University
Press,Agostino Dati (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Opere di Agostino Dati.
Ex- peritum
– In-peritum -- Empiricism“with a capital E, of course.”Grice. Czolbe, H.,
philosopher. He was born in Danzig and trained in theology and medicine. His
main works are Neue Darstellung des Sensualismus “New Exposition of
Sensualism,” 1855, Entstehung des Selbstbewusstseins “Origin of
Self-Consciousness,” 1856, Die Grenzen und der Ursprung der menschlichen
Erkenntnis “The Limits and Origin of Human Knowledge,” 1865, and a posthumously
published study, Grundzüge der extensionalen Erkenntnistheorie 1875. Czolbe
proposed a sensualistic theory of knowledge: knowledge is a copy of the actual,
and spatial extension is ascribed even to ideas. Space is the support of all
attributes. His later work defended a non-reductive materialism. Czolbe made
the rejection of the supersensuous a central principle and defended a radical
“senCzolbe, Heinrich Czolbe, Heinrich 201
201 sationalism.” Despite this, he did not present a dogmatic
materialism, but cast his philosophy in hypothetical form. In his study of the
origin of self-consciousness Czolbe held that dissatisfaction with the actual
world generates supersensuous ideas and branded this attitude as “immoral.” He
excluded supernatural phenomena on the basis not of physiological or scientific
studies but of a “moral feeling of duty towards the natural world-order and
contentment with it.” The same valuation led him to postulate the eternality of
terrestrial life. Nietzsche was familiar with Czolbe’s works and incorporated
some of his themes into his philosophy.
Englishry, and italianita.
Romanita ed italianita. “Inglese italianato, diavolo incarnate.” Grice was
first an Englishman, and then an Oxonianand then a philosopherand then a
genius! EnglishnessEnglishry, -- St. George for England. A critique of racism,
hostility, contempt, condescension, or prejudice, on the basis of social practices
of racial classification, and the wider phenomena of social, economic, and
political mistreatment that often accompany such classification. The most
salient instances of racism include the Nazi ideology of the “Aryan master
race,” chattel slavery, South African
apartheid in the late twentieth century, and the “Jim Crow” laws and traditions
of segregation that subjugated African descendants in the Southern United
States during the century after the
Civil War. Social theorists dispute whether, in its essence, racism is a
belief or an ideology of racial inferiority, a system of social oppression on
the basis of race, a form of discourse, discriminatory conduct, or an attitude
of contempt or heartlessness and its expression in individual or collective
behavior. The case for any of these as the essence of racism has its drawbacks,
and a proponent must show how the others can also come to be racist in virtue
of that essence. Some deny that racism has any nature or essence, insisting it
is nothing more than changing historical realities. However, these thinkers
must explain what makes each reality an instance of racism. Theorists differ
over who and what can be racist and under what circumstances, some restricting
racism to the powerful, others finding it also in some reactions by the
oppressed. Here, the former owe an explanation of why power is necessary for
racism, what sort economic or political? general or contextual?, and in whom or
what racist individuals? their racial groups?. Although virtually everyone
thinks racism objectionable, people disagree over whether its central defect is
cognitive irrationality, prejudice, economic/prudential inefficiency, or moral
unnecessary suffering, unequal treatment. Finally, racism’s connection with the
ambiguous and controversial concept of race itself is complex. Plainly, racism
presupposes the legitimacy of racial classifications, and perhaps the
metaphysical reality of races. Nevertheless, some hold that racism is also
prior to race, with racial classifications invented chiefly to explain and help
justify the oppression of some peoples by others. The term originated to
designate the pseudoscientific theories of racial essence and inferiority that
arose in Europe in the nineteenth century and were endorsed by G.y’s Third
Reich. Since the civil rights movement in the United States after World War II,
the term has come to cover a much broader range of beliefs, attitudes,
institutions, and practices. Today one hears charges of unconscious, covert,
institutional, paternalistic, benign, anti-racist, liberal, and even reverse
racism. Racism is widely regarded as involving ignorance, irrationality,
unreasonableness, injustice, and other intellectual and moral vices, to such an
extent that today virtually no one is willing to accept the classification of
oneself, one’s beliefs, and so on, as racist, except in contexts of
self-reproach. As a result, classifying anything as racist, beyond the most
egregious cases, is a serious charge and is often hotly disputed.
Dis –
cum- structum -- rational Griceian deconstruction of communication -- a demonstration
of the incompleteness or incoherence of a philosophical position using concepts
and principles of argument whose meaning and use is legitimated only by that
philosophical position. A deconstruction is thus a kind of internal conceptual
critique in which the critic implicitly and provisionally adheres to the
position criticized. The early work of Derrida is the source of the term and
provides paradigm cases of its referent. That deconstruction remains within the
position being discussed follows from a fundamental deconstructive argument
about the nature of language and thought. Derrida’s earliest deconstructions
argue against the possibility of an interior “language” of thought and
intention such that the senses and referents of terms are determined by their
very nature. Such terms are “meanings” or logoi. Derrida calls accounts that
presuppose such magical thought-terms “logocentric.” He claims, following
Heidegger, that the conception of such logoi is basic to the concepts of
Western metaphysics, and that Western metaphysics is fundamental to our
cultural practices and languages. Thus there is no “ordinary language”
uncontaminated by philosophy. Logoi ground all our accounts of intention,
meaning, truth, and logical connection. Versions of logoi in the history of
philosophy range from Plato’s Forms through the self-interpreting ideas of the
empiricists to Husserl’s intentional entities. Thus Derrida’s fullest
deconstructions are of texts that give explicit accounts of logoi, especially
his discussion of Husserl in Speech and Phenomena. There, Derrida argues that
meanings that are fully present to consciousness are in decision tree
deconstruction 209 209 principle
impossible. The idea of a meaning is the idea of a repeatable ideality. But
“repeatability” is not a feature that can be present. So meanings, as such,
cannot be fully before the mind. Selfinterpreting logoi are an incoherent
supposition. Without logoi, thought and intention are merely wordlike and have
no intrinsic connection to a sense or a referent. Thus “meaning” rests on
connections of all kinds among pieces of language and among our linguistic
interactions with the world. Without logoi, no special class of connections is
specifically “logical.” Roughly speaking, Derrida agrees with Quine both on the
nature of meaning and on the related view that “our theory” cannot be abandoned
all at once. Thus a philosopher must by and large think about a logocentric
philosophical theory that has shaped our language in the very logocentric terms
that that theory has shaped. Thus deconstruction is not an excision of
criticized doctrines, but a much more complicated, self-referential
relationship. Deconstructive arguments work out the consequences of there being
nothing helpfully better than words, i.e., of thoroughgoing nominalism.
According to Derrida, without logoi fundamental philosophical contrasts lose
their principled foundations, since such contrasts implicitly posit one term as
a logos relative to which the other side is defective. Without logos, many
contrasts cannot be made to function as principles of the sort of theory
philosophy has sought. Thus the contrasts between metaphorical and literal,
rhetoric and logic, and other central notions of philosophy are shown not to
have the foundation that their use presupposes.
De-
ductum -- deductumalso
demonstratum, argumentum -- deduction, a finite sequence of sentences whose
last sentence is a conclusion of the sequence the one said to be deduced and
which is such that each sentence in the sequence is an axiom or a premise or
follows from preceding sentences in the sequence by a rule of inference. A
synonym is ‘derivation’. Deduction is a system-relative concept. It makes sense
to say something is a deduction only relative to a particular system of axioms
and rules of inference. The very same sequence of sentences might be a
deduction relative to one such system but not relative to another. The concept
of deduction is a generalization of the concept of proof. A proof is a finite
sequence of sentences each of which is an axiom or follows from preceding
sentences in the sequence by a rule of inference. The last sentence in the
sequence is a theorem. Given that the system of axioms and rules of inference
are effectively specifiable, there is an effective procedure for determining,
whenever a finite sequence of sentences is given, whether it is a proof
relative to that system. The notion of theorem is not in general effective
decidable. For there may be no method by which we can always find a proof of a
given sentence or determine that none exists. The concepts of deduction and
consequence are distinct. The first is a syntactical; the second is semantical.
It was a discovery that, relative to the axioms and rules of inference of
classical logic, a sentence S is deducible from a set of sentences K provided
that S is a consequence of K. Compactness is an important consequence of this
discovery. It is trivial that sentence S is deducible from K just in case S is
deducible from Dedekind cut deductíon 211
211 some finite subset of K. It is not trivial that S is a consequence
of K just in case S is a consequence of some finite subset of K. This
compactness property had to be shown. A system of natural deduction is
axiomless. Proofs of theorems within a system are generally easier with natural
deduction. Proofs of theorems about a system, such as the results mentioned in
the previous paragraph, are generally easier if the system has axioms. In a secondary
sense, ‘deduction’ refers to an inference in which a speaker claims the
conclusion follows necessarily from the premises. -- deduction theorem, a
result about certain systems of formal logic relating derivability and the
conditional. It states that if a formula B is derivable from A and possibly
other assumptions, then the formula APB is derivable without the assumption of
A: in symbols, if G 4 {A} Y B then GYAPB. The thought is that, for example, if
Socrates is mortal is derivable from the assumptions All men are mortal and
Socrates is a man, then If Socrates is a man he is mortal is derivable from All
men are mortal. Likewise, If all men are mortal then Socrates is mortal is
derivable from Socrates is a man. In general, the deduction theorem is a significant
result only for axiomatic or Hilbert-style formulations of logic. In most
natural deduction formulations a rule of conditional proof explicitly licenses
derivations of APB from G4{A}, and so there is nothing to prove.
Delfico – Grice: “I love Delfico – while
he wrote on Roman jurisprudence – Hart’s favourite summer read! – mine is his
(Delfico’s, not Hart’s) little thing on the beautiful – we must remember that
back in them days of Plato, ‘kallos, ‘pulchrum,’ or ‘bellum,’ is a diminutive
of ‘bonus,,’ as in ‘bonello’ – the point is important for for Platonists, love
(that makes the world go round) is desire for the ‘bello’ including the MORAL
bello – so it is the key concept in philosophy – and not as Sibley and Scruton
narrowly conceive it!” -- Melchiorre Delfico «Il cavaliere Melchiorre Delfico [è]
giustamente ritenuto il Nestore della letteratura napoletana … Questo illustre
autore di molte opere di storia e di una varietà di soggetti interessanti,
unisce ad una vasta istruzione una accuratissima e profondissima conoscenza di
ogni aspetto che interessa la sua terra; e possiede, ad un'età così avanzata,
l'ancor più raro merito di saper comunicare le preziose esperienze acquisite
con una amenità di maniere, una facilità e semplicità di espressione che le
rendono più apprezzate a quelli che le ricevono» (Keppel Richard Craven,
Excursions in the Abruzzi and Northern Provinces of Naples, 2 volumi, Londra,
1837.) Ritratto. Melchiorre Delfico (Montorio al Vomano), filosofo. Nacque
nel castello feudale di Leognano, in provincia di Teramo, da Berardo Delfico e
da Margherita Civico. Le origini della sua famiglia risalivano almeno al secolo
XVI quando Pir (o Pyr) Giovanni di Ser Marco, generalmente riconosciuto come il
capostipite della famiglia, cambiò il proprio cognome in Delfico e adottò il
motto eat in posteros Delphica Laurus; secondo alcuni, e tra questi Luigi
Savorini, il cognome originario era “de Civitella”. All'interno della sua
famiglia va individuato come Melchiorre III, per distinguerlo da Melchiorre I
(m. 1689) e Melchiorre II (1694-1738), che fu vescovo di Muro Lucano, in
Basilicata. Gli anni della formazione Il giurista e filosofo
Gaetano Filangeri Rimasto ben presto orfano di madre, fu dapprima affidato ad
ecclesiastici ed in seguito inviato a Napoli, assieme ai fratelli Gianfilippo e
Giamberardino, per il completamento degli studi. Nella capitale del regno ebbe
maestri insigni quali Antonio Genovesi per le materie filosofiche per
l'economia, Gennaro Rossi per le materie letterarie, Pietro Ferrigno per il
diritto e Alessio Simmaco Mazzocchi per l'archeologia. Nella città
partenopea si laureò in utroque iure sotto la direzione di Gaetano
Filangieri e redasse subito diverse memorie per il governo. Aveva già indossato
l'abito ecclesiastico, ma se ne spogliò subito per motivi di salute.
Nella prima parte della vita si dedicò in particolare allo studio della
giurisprudenza e dell'economia politica, scrivendo numerosi trattati che
esercitarono un grande influsso nel miglioramento e l'abolizione di molti
abusi. Il rientro a Teramo Con il ritorno in patria di Melchiorre Delfico
e dei suoi fratelli Gianfilippo e Gianberardino ha inizio un periodo
fondamentale per la storia della città e dell'intero regno di Napoli. Intorno a
loro si riunisce un importante gruppo di intellettuali che crea le premesse per
un profondo rinnovamento sociale, politico ed economico del territorio in cui
agiscono. Tra questi troviamo scienziati, letterati, agronomi, imprenditori:
Michelangelo Cicconi, Vincenzo Comi, Fulgenzio Lattanzi, Gianfrancesco Nardi
sr, Berardo Quartapelle, Alessio Tulli, Antonio Nolli come pure Orazio Delfico,
il figlio di Giamberardino, che fu allievo di Volta e Spallanzani, e l'altro
nipote, Eugenio Michitelli, che fu architetto noto in tutto l'Abruzzo.
Parallelamente agli inizi degli anni '80 del 1700 si appassionò al
collezionismo, in particolare di libri antichi e monete di epoca romana e
preromana. L'impegno politico Giuseppe Bonaparte, re di Napoli dal
1806 al 1808 Nel 1799 fu nominato presidente del Consiglio Supremo di Pescara e
poco dopo membro del governo provvisorio della Repubblica Partenopea.
Caduta la Repubblica Partenopea andò in esilio per sette anni nella Repubblica
di San Marino che nel 1802 gli riconobbe la cittadinanza. Melchiorre Delfico
scrisse il libro Memorie storiche della Repubblica di San Marino, prima storia
organica dell'antica repubblica. Nel 1935 la Repubblica del Titano ha emesso
una serie di 12 francobolli e nel 2006 ha coniato una moneta d'argento dal
valore nominale di 5 euro per commemorare il filosofo abruzzese e ricordarne la
permanenza sul proprio territorio. Sotto Giuseppe Bonaparte, nominato re
di Napoli, Delfico entrò a far parte del Consiglio di Stato, nel 1806,
ricoprendo varie cariche ministeriali. Restaurato il governo borbonico
nel 1815 Delfico fu nominato presidente della commissione degli archivi e
successivamente Presidente della Reale Accademia delle Scienze. Nel 1820
venne eletto deputato al Parlamento napoletano e fu chiamato alla presidenza
della Giunta provvisoria di governo. Ebbe in questo periodo l'incarico di
tradurre il testo della Costituzione spagnola del 1812. Dal 1823 si stabilì
definitivamente a Teramo, dove morì nel 1835. La famiglia di Melchiorre Delfico
si estingue con Marina, sua pronipote, sposata al conte Gregorio De Filippis di
Longano, napoletano, imparentato con i Filangeri di Candida dando origine
all'attuale famiglia dei conti De Filippis marchesi Delfico (vedi la voce De
Filippis Delfico). Pensiero John Locke, filosofo e fisico
britannico Il pensiero dello studioso teramano si forgiò nel fermento culturale
del Secolo dei Lumi e del diritto naturale, le cui idee giusnaturalistiche
furono compiutamente esposte da un lato nell'opera di John Locke, dall'altro in
quella di Jean-Jacques Rousseau, nelle quali i principi del diritto naturale
erano rappresentati dalle idee di libertà e di eguaglianza di tutti gli uomini.
I fermenti culturali del periodo assunsero una valenza rivoluzionaria e
contribuirono all'abbattimento di una struttura sociale logora ed invecchiata,
che si reggeva ancora ai capricci bizantini dell'autorità invadente.
Proprio tali tesi giusnaturalistiche furono gli strumenti a cui si richiamò
l'opera del Delfico, permeata dall'anticurialismo, dalla compressione della
feudalità, dall'antifiscalismo e soprattutto dall'abbattimento del monopolio
forense, ritenuto il baluardo principale del regime. Ciò che caratterizza la
visione politica del Dèlfico è una nuova concezione dello Stato, non più
ispirato al predominio politico e svincolato dalle regole della morale
corrente. Come politico e come giurista, il Dèlfico fu eminentemente
pratico, così da poter essere ricordato come uno dei più illuminati riformatori
del suo tempo. Intitolazioni Al nome di Melchiorre Delfico sono
intitolati a Teramo il Convitto nazionale, il Liceo Classico e la Biblioteca
provinciale che dal 3 aprile del 2004 ha la propria sede nel settecentesco
palazzo Delfico. Numerosi i comuni che hanno intitolato strade
all'illuminista abruzzese; oltre a Teramo, sua patria, e alla frazione di San
Nicolò (nello stesso comune teramano), si segnalano Sant'Egidio alla Vibrata,
Penna Sant'Andrea e Roseto degli Abruzzi in provincia di Teramo; Montesilvano,
Pescara e Milano. Massoneria Squadra e compasso, simboli della
Massoneria È noto che esistono Logge massoniche intestate a Melchiorre Delfico,
ma ci si chiedeva se lui stesso fosse stato massone. Questo interrogativo
è stato posto da parecchi storici ma non esisteva una risposta documentale. Esistono
invece molte prove indiziarie relative alla sua appartenenza alla Massoneria,
per le quali rimandiamo all'appendice del volume di Franco Eugeni, Carlo Forti
(1766-1845), allievo di N. Fergola, ingegnere sul campo, citato in . I
principali indizi si possono così riassumere: I maestri ed amici
napoletani del Delfico come Antonio Genovesi, Mario Pagano, Gaetano Filangeri,
furono tutti noti massoni; In un diario del curato Crocetti di Mosciano
appaiono notizie di una Loggia massonica esistente a Teramo dal 1775; Il
Delfico, assieme all'abate Berardo Quartapelle, subisce, alla fine del
settecento, due processi per miscredenza; Delfico promuove un movimento
culturale detto '’La Rinascenza'’ di chiaro stampo illuminista; Nella
rinascenza militano tutti i cervelli illuministi del tempo: i Tulli, i
Quartapelle, Vincenzo Comi, Francesco Pradowski ed altri; La poesia di
Pradowski sembra proprio la descrizione di una Loggia; Manda il nipote Orazio
Delfico, futuro Gran Maestro della Carboneria teramana, a studiare a Pavia da
Lazzaro Spallanzani, Alessandro Volta e Lorenzo Mascheroni, tre noti massoni
del tempo. Nel 2006, lo storico Nico Perrone, pubblicando un libro basato
sulla corrispondenza del massone danese Friederich Münter con noti massoni
napoletani lo dà come sicuramente massone, anche se "il suo nome non
s'incontra nelle logge razionaliste". Opere principali Saggio
filosofico sul matrimonio, s.n.tip. ma Teramo, Consorti e Felcini, (1774), (non
firmato), ora in Opere complete, III,
83–146; Memoria sul Tribunal della Grascia e sulle leggi economiche
nelle provincie confinanti del regno, Napoli, presso Giuseppe Maria Porcelli,
(1785), ora in Opere complete, III,
265–326; Riflessioni su la vendita de' Feudi, Napoli, presso Giuseppe
Maria Porcelli, (1790), ora in Opere complete, III, 401–434; Ricerche sul vero carattere della
giurisprudenza Romana e de' suoi cultori, Napoli, presso Giuseppe Maria
Porcelli, (1791), e successive edizioni, Firenze, 1796, Napoli, 1815, ora in
Opere complete, III, 91–238; Pensieri
sulla Istoria e su l'incertezza ed inutilità della medesima, Forlì, dai torchi
dipartimentali Roveri, (1806), e successive edizioni 1808, 1809, 1814, ora in
Opere complete, II, 7–180; Nuove
ricerche sul bello, Napoli, presso Agnello Nobile, 1818, ora in Opere complete,
II, 183–296; Della antica numismatica
della città di Atri nel Piceno con un discorso preliminare su le origini
italiche, Teramo, Angeletti, 1824; nuova edizione 1826 e ristampa anastatica
Teramo, Edigrafital, 1996; Opere complete, nuova edizione curata da Giacinto
Pannella e Luigi Savorini, 4 voll., Teramo, Giovanni Fabbri editore, 1901-1904;
leggi il sommario dei quattro volumi; Carlo Forti (1766-1845), allievo di N.
Fergola, ingegnere sul campo Franco Eugeni. Opere inedite, archivio e carteggi
Le carte del filosofo e quanto resta dell'archivio di famiglia sono frazionate
in numerose collezioni pubbliche e private. Le raccolte più cospicue sono
conservate a Teramo presso il locale Archivio di Stato e presso la Biblioteca
provinciale Melchiorre Dèlfico di Teramo. Numerose carte sono conservate anche
presso la Biblioteca e l'Archivio governativi della Repubblica di San
Marino. Note Melchiorre Delfico, in Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Il Palazzo Dèlfico, Edigrafital111. Nico Perrone, La Loggia della Philantropia.
Un religioso danese a Napoli prima della rivoluzione. Con la corrispondenza
massonica e altri documenti, Palermo, Sellerio, 2006202-209. Sommario delle Opere complete di Melchiorre
Delfico, su defilippis-delfico.it. 23 maggio .
Giacinto Cantalamessa Carboni, Sulla vita e sugli scritti del
commendatore Malchiorre de' Marchesi Delfico, in Giornale arcadico di scienze,
lettere ed arti, 65, 1835, 156-187. Raffaele Liberatore, Melchiorre
Delfico. Necrologia, in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, 7, 1835,
121-135. Ristampato come Delfico (Melchiorre), in: De Tipaldo (ed.),
Biografia degli Italiani illustri, Venezia, 1835, vol .2. Ferdinando Mozzetti,
Degli studii, delle opere e delle virtù di Melchiorre Delfico, Teramo,
Angeletti, 1835. Gregorio De Filippis-Delfico, Della vita e delle opere di
Melchiorre Delfico. Libri due, Teramo, Angeletti, 1836. Raffaele Aurini,
Delfico Melchiorre, in: Dizionario bibliografico della gente d'Abruzzo, III, Teramo, Ars et Labor, 1958; ora in Nuova
edizione, Colledara (Teramo), Andromeda editrice, 2002, 2. Vincenzo Clemente, Rinascenza teramana e
riformismo napoletano, 1777-1798, l'attività di Melchiorre Delfico presso il
Consiglio delle finanze, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1981. Vincenzo
Clemente, Delfico, Melchiorre, in: Dizionario biografico degli Italiani, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1988,
36, 527–540. Donatella Striglioni
ne' Tori, L'inventario del Fondo Delfico. Archivio di Stato di Teramo, Teramo,
Centro abruzzese di ricerche storiche, 1994. Gabriele Carletti, Melchiorre
Delfico. Riforme politiche e riflessione teorica di un moderato meridionale,
Pisa, Edizioni ETS, 1996. Nico Perrone, La Loggia della Philantropia. Un
religioso danese a Napoli prima della rivoluzione, Palermo, Sellerio, 2006 88-389-2141-5
Biblioteca provinciale Melchiorre Dèlfico Delfico Orazio Delfico De
Filippis Delfico Gregorio De Filippis Delfico Melchiorre De Filippis Delfico
Troiano De Filippis Delfico Carlo Forti Friederich Münter Francesco Saverio
Petroni Giuseppe de Thomasis Antonio Nolli Altri progetti Collabora a
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su Melchiorre Delfico Notizie e ritratti
sono reperibili anche sul sito internet della famiglia, curato da Massimo De
Filippis Delfico, all'indirizzo defilippis-delfico.it. Sul sito è consultabile
anche l'Indice dei quattro volumi delle Opere Complete di Melchiorre Delfico.
Melchiorre Delfico, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. V D M
Illuministi italiani Filosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani del
XIX secoloEconomisti italianiNumismatici italiani del XVIII secoloNumismatici
italiani Professore1744 1835 1º agosto 22 giugno Montorio al Vomano
TeramoSammarinesiMinistri del Regno delle Due SicilieNumismatici
italianiIlluministiMassoniPersonalità della Repubblica Napoletana (1799)
Delfino: Grice: “Delfino is what we at
Oxford would call a ‘philosophical mathematician,’ and in Italy, an astrologer
– his specialty was the ‘motum’ of the ‘ocatva sphaera’!” “But he also wrote on
algorithms!” -- Federico Delfino, o Dolfin, (in latino: Federicus Dolphinus o
Delphinus) (Padova), filosofo. Erudito dalle multiformi attività, Delfino fu
attivo a Padova nel filone dell'aristotelismo padovano rinascimentale:
sicuramente studioso di logica e matematica, ebbe chiara fama di matematico e
di astronomo. Fu titolare della cattedra di matematica presso la prestigiosa
Padova. Fu professore di discepoli illustrissimi, fra i quali è opportuno
nominare Bernardino Telesio, Luca Girolamo Contarini, Giovan Battista Amico,
Felice Accoramboni, Daniele Barbaro e Alessandro Piccolomini. Opere: De fluxu et refluxu aquae maris, Federicus Delphinus, Padova, In Accademia
Veneta Paulus Manutius, De holometri fabrica et usu in instrumento geometrico,
olim ab Abele Fullonio invento: Acc. Frederici Delphini Disputatio de aestu
maris & motu octava sphaera, Johann Niklaus Stupanus, Abel Foullon, Padova,
In Accademia VenetaPaulus Manutius. DELFINO (Dolfin), Federico, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Federico
Delfino, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Opere di Federico Delfino, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Federico Delfino.
Delia
Deliminio
Delogu: Grice: “We can call Delogu a
Griceian; at least he has written a little tract that he entitled ‘questioni di
senso’ – which is all that my philosophy is about!” -- Antonio
Delogu (Nuoro), filosofo. Ha conseguito
la laurea in Giurisprudenza presso l'Sassari e, come vincitore di una borsa di studio
regionale di perfezionamento in Dottrina dello Stato, ha collaborato
all’attività didattica e di ricerca con Antonio Pigliaru. È stato
redattore del periodico del seminario di Dottrina dello Stato Il Trasimaco,
fondato e diretto, negli anni 1966-69, da Antonio Pigliaru. Come
vincitore di concorso ha insegnato Filosofia e Storia nei licei dal 1972 al
1982. Nel 1982 ha preso servizio presso la Facoltà di Magistero
dell’Sassari in qualità di ricercatore. Nel 1987, come vincitore di
concorso ordinario, è prof. associato e dal 2000 prof. ordinario di Filosofia
morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di
Sassari. Ha cofondato i Quaderni sardi di filosofia e scienze umane. Ha fondato
e diretto i Quaderni sardi di filosofia letteratura e scienze umane. Fa
parte del comitato scientifico della rivista Segni e comprensione
dell’Lecce. È stato direttore del Centro studi fenomenologici
dell’Sassari, ha fondato e diretto per diversi anni la sezione sassarese della
Società Filosofica Italiana. È stato direttore dal 2001 sino al 2009
della Scuola di specializzazione per la formazione degli insegnanti
dell’Sassari. Nel 1999 gli è stato conferito il Premio Sardegna-Cultura e nel
2006 il Premio Giuseppe Capograssi, dalla giuria presieduta da Giovanni Conso, presidente
dell’Accademia dei Lincei. Ha organizzato numerosi convegni, tenutisi in
Sardegna, generalmente presso l’Sassari. Tra questi: Realtà impegno progetto in
Antonio Pigliaru (1978), Libertà e liberazione nel pensiero contemporaneo
(1980); Etica e politica in Giuseppe Capograssi; G. B. Tuveri filosofo e
politico (1984), Giov. Maria Dettori filosofo e teologo (1987), Esperienza
religiosa e cultura contemporanea (1992), Le nuove frontiere della medicina tra
etica e scienza (1996), Il pensiero filosofico di A. Vasa (1990); Nella
scrittura di Salvatore Satta, in collaborazione con A. M. Morace (2003);
Filosofia e letteratura in Karol Wojtyla in collaborazione con A. M. Morace
(2005); Attualità del pensiero di Augusto Del Noce (); Scrittura e memoria della
Grande Guerra () in collaborazione con A. M. Morace. Ha partecipato in
qualità di relatore ai convegni sul pensiero di Merleau-Ponty (Lecce), E.
Mounier (centro E. Mounier Reggio Emilia), J. P. Sartre (Bari, Università Roma
TRE, La Sorbona di Parigi), Antonio Gramsci (Cagliari), Intellettuali e società
in Sardegna nell’Ottocento (Cagliari), Capograssi (Università La Sapienza,
Roma), Augusto Del Noce (Università La Sapienza, Roma); G.B.Tuveri (Cagliari),
Salvatore Satta, (Trieste); su Corpo e psiche: l’invecchiamento (Chiavari), su
I vissuti: tempo e spazio (Chiavari); è stato relatore al Corso di formazione
su Fenomenologia e psicopatologia promosso dal Dipartimento di salute mentale
di Massa Carrara. Ha tenuto lezioni seminariali sul pensiero fenomenologico
di K. Wojtyla nell’Università Cattolica di Lublino; sul pensiero di Giuseppe
Capograssi nell’Università Complutense di Madrid, sul Diritto penale
internazionale nell’Ginevra, sul pensiero filosofico politico nella Sardegna
dell’Ottocento nell’Zurigo. È stato responsabile del gruppo di ricerca
dell’Ateneo sassarese su L’etica nella filosofia italiana e francese
contemporanea, PRIN 2005-. Ha collaborato alle riviste Annuario
filosofico, Rivista internazionale di Filosofia del diritto, Nouvelle Revue théologique;
al Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-80, 3/2), alla
Enciclopedia Filosofica edita da Bompiani. Ha diretto il Master Mundis per la
Dirigenza Scolastica promosso dall’Sassari in collaborazione con la conferenza
nazionale dei Rettori. Riconoscimenti Premio "Sardegna-Cultura"
(1999) Premio "Giuseppe Capograssi" (2006) Pubblicazioni Filosofia e
insegnamento della filosofia nella scuola secondaria, Tipografia editoriale
moderna, Sassari, 1973. La critica di Merleau-Ponty alla concezione tomista
dell’uomo e della libertà in S. Tommaso nella storia del pensiero, 2, 1974. Teoria e prassi in A. Pigliaru,
Quaderni sardi di filosofia e scienze umane, 1, 1977. La Filosofia Cattolica in
Italia, Quaderni Sardi di filosofia e scienze Umane, 2-3,1978. Pluralismo
culturale ed educazione in Colloquio interideologico,“ Orientamenti
Pedagogici", 6, 1978. La Filosofia dell’educazione in A. Pigliaru; in
Quaderni Sardi di filosofia e scienze umane, 4-5, 1980. Se la corrente calda…
Un itinerario filosofico: Péguy, Sorel, Mounier, Sartre, Quaderni Sardi di
filosofia e scienze umane, 7-10, 1981. M. Ponty, Esistenzialismo, Marxismo,
Cristianesimo, , Editrice La Scuola, Brescia, 1982. Né rivolta né
rassegnazioneSaggio Su Merleau-Ponty, Ets, Pisa, 1982. Corpo e cosmo
nell’esperienza morale, Quaderni Sardi di filosofia e scienze umane, 11-12,
1983. Non vi è terza (né altra via) nell’ “Esprit” di E. Mounier; in Quaderno
Filosofico, 8, 1983. Temporalità e prassi in S. Weil, Progetto, 19-20, 1984.
Temporalità e prassi in J.P. Sartre in J. P. Sartre, teoria scrittura impegno,
V. Carofiglio e G. Semerari, Ed. Dedalo, Bari, 1985. Una filosofia disarmata:
M. Merleau- Ponty in Esistenza impegno progetto in Merleau-Ponty, G. Invitto,
Guida, Napoli, 1985. Storia e prassi in Emmanuel Mounier; in La ragione della
democrazia, Ed. Dell'oleandro, Roma 1986. Giuseppe Capograssi e la cultura
filosofico-giuridica in Sardegna, Quaderni sardi di filosofia e scienze umane,
15-16,1987. Note per una fenomenologia della esperienza religiosa; in , Chi è
Dio. Università Lateranense, Herder, Roma, 1988. Storia della cultura
filosofico-giuridica, Enciclopedia della Sardegna, 1988. La Filosofia
etico-politica di Giov. M. Dettori e la cultura sardo-piemontese tra Settecento
e Ottocento, Quaderni Sardi di Filosofia e Scienze Umane, 17-18, 1989. Il
«nucleo di vita e di luce del Rousseau capograssiano in Due convegni su
Giuseppe Capograssi, F. Mercadante, Giuffè, Milano, 1990. Filosofia e società
in Sardegna tra Settecento e Ottocento in La Sardegna e la rivoluzione
francese, M. Pinna, Editore, 1990. La Filosofia giuridica e etico-politica
negli intellettuali sardi della prima metà dell’Ottocento: D. A. Azuni, D.
FoisTola, G. Manno in Intellettuali e società in Sardegna tra Restaurazione e Unità
d’Italia, Editore, 1990. Le Radici fenomenologico-capograssiane di S. Satta
giurista-scrittore; in Salvatore Satta giurista-scrittore, U. Collu, Edizioni,
Nuoro, 1990. Soggetto debole, etica forte: da S. Weil a E. Levinas; in Le
Rivoluzioni di S. Weil, G. Invitto, Capone Editore, Lecce, 1990. Pigliaru e
Gramsci in Socialismo e democrazia, Archivio sardo del movimento operaio
contadino e autonomistico, 38-40, 1992. Tracce del postmoderno in Simone Weil,
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Battista Tuveri (1815-1887), FrancoAngeli, Milano, 1992. Cultura barbaricina e
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Questioni di senso-Breviario filosofico, Donzelli, Roma, . La vita e il
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Antonio Delogu, La Nuova Sardegna, 02 marzo , su lanuovasardegna.gelocal.it.
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Demaria: Grice: “Demaria is what we at
Oxford would call a philosophical theologian! And a dynamically realist at
that!” -- “Tommaso Demaria (Vezza d'Alba), filosofo
italiano. Famoso per numerosi studi sulla tomistica. Frequentato il
seminario di Alba, entrò come aspirante presso i salesiani di Penango
Monferrato (Asti). Dal 1926 continuò gli studi nel liceo di Valsalice (Torino)
Dal 1931 al 1935 compì studi teologici presso l’Università Gregoriana di Roma.
L'ordinazione a sacerdote fu il 28 ottobre 1934. Continuò gli studi presso
l’Istituto Missionario Scientifico della Pontificia Università Urbaniana (1935-1940).
Fu insegnante dal 1940 al 1979 presso la Facoltà di Teologia del Pontificio
Ateneo Salesiano a Torino e a Roma. Nel corso della sua carriera fu docente di:
Storia delle religioni, Missionologia, Filosofia dell’educazione, Teologia
Fondamentale, Teologia Dogmatica, Dottrina sociale della Chiesa, Sociologia
dell’Educazione. Negli anni cinquanta avviò una feconda condivisione
spirituale, teologica e filosofica con don Paolo Arnaboldi, fondatore del
Fraterno Aiuto Cristiano FAC con l'attivo incoraggiamento di San Giovanni
Calabria. Frequentò assiduamente le sedi del FAC sia a Vezza D'Alba sia a Roma.
Strutturò la sua metafisica realistico organico dinamica. Negli anni
sessanta fondò con Giacomino Costa il Movimento Ideoprassico Dinontorganico
M.I.D., oggi divenuto l'associazione Nuova Costruttività. Insieme con Paolo
Arnaboldi fecero opera di formazione e divulgazione del realismo organico
dinamico presso ambienti imprenditoriali collegati all'U.C.I.D.. Giacomino
Costa nel 1963 strutturò volutamente la grande e innovativa impresa
dell'Interporto di Rivalta Scrivia ( il così detto "porto secco" di
Genova) come applicazione dell'"organico dinamico" differenziandola
dalle imprese tipicamente liberiste. Negli anni settanta fu il referente
culturale delle "Libere Acli" movimento dei lavoratori cattolici
fuoriusciti dalle Acli a seguito della "ipotesi socialista" che portò
nel 1971 alla "sconfessione di Paolo VI" e alla frattura del
movimento. Continuò nell'ambiente dei lavoratori cattolici con la formazione e
la diffusione della "ideoprassi" (modello di sviluppo) "organico
dinamica", una vera ideologia cristiana alternativa a quella liberal
capitalista e a quella marxista comunista. Tommaso Demaria tiene un
seminario sul realismo Dinamico a Verona presso il Centro Toniolo nel 1980.
Negli anni ottanta fu intensamente attivo nella formazione alla nuova cultura
cristiana organico dinamica a Torino, Verona, Vicenza, Roma con corsi, seminari
e numerose pubblicazioni. Tra tutti i corsi tenuti merita una specifica menzione
per la testimonianza documentale completa tramite registrazione video, quello
del 1980 presso il Centro Toniolo di Verona su invito di don Gino Oliosi.
Morì a Torino il 12 luglio 1996. Il pensiero Tommaso Demaria proseguì il
lavoro di san Tommaso d'Aquino e affermava l'incompletezza del tomismo,
incapace di cogliere l'organismo come categoria ontologica a sé stante.
L'integrazione della metafisica realista con l'organismo alla metafisica
realistica integrale, strumento di straordinaria importanza per la vita
quotidiana. Lo studio dell'organismo in quanto tale, in particolare nella sua
dimensione di "struttura organica funzionale", si rivelerà infatti
importantissimo per lo studio e lo sviluppo della società in generale ma in
particolare per quella prassi economica nota col nome di "Sistemi di
Qualità" che fa appunto dell'organicità il proprio fondamento. La
possibilità di percepire l'organismo in quanto tale entità diversa
dall'organismo fisico, specifica Demaria, passa attraverso la percezione dell'ente
dinamico. Grande importanza assume l'organicità nella gestione del sociale
perché esso consente di definire con precisione il bisogno di razionalità
dell'umanità che supera le possibilità dell'essenza della persona. Questa
necessaria unità dell'agire della persona nell'umanità che ne perpetua la
presenza, in campo politico/ideoprassico egli stesso la definisce come
comunitarismo all'interno del suo testo "La società
alternativa". L'indagine sui dinamismi profondi della società
industriale e l'osservazione con metodo realistico oggettivo della realtà
storica globale nella sua consistenza ontologica portano Demaria a sviluppare
una metafisica per molti aspetti nuova ed originale. Il realismo tomista
Aderisce al tomismo e conferma la validità del realismo di San Tommaso per
tutto ciò che è in “rerum naturae” quindi per gli enti che esistono già in
natura. Coglie la necessità di innestare sul realismo tomista nuovi strumenti
metafisici per comprendere la realtà degli enti che non esistono in natura
perché costruiti o generati dall'uomo, le trasformazioni dell’essenza della
persona operata dalla liberà delle sue scelte, la natura profonda degli enti
interumani (famiglia, azienda, stato, …), l'interpretazione della realtà
storica e il suo indirizzamento. Il cambio d’epoca Individua un
cambiamento d’epoca con valore ontologico (che cambia l’essere, la forma della
società) nella rivoluzione industriale che con l’apporto della energia
meccanica a integrazione e sostituzione del lavoro umano dinamizza la società oltre
una soglia mai varcata prima nella storia. La società dinamizzata dalla
rivoluzione industriale giunge a una radicale trasformazione da “statico
sacrale” a “dinamico secolare”. Si tratta di una trasformazione qualitativa e
non solo quantitativa dei cambiamenti sociali che coinvolge l’”essere” della
società. La differenza fondamentale sta in questo: la società preindustriale
(statico sacrale) era dominata dalla natura e in questo modo ripeteva sempre sé
stessa nonostante i cambiamenti fenomenici (la vita di un romano non era così
diversa da quella di un medievale), la società industriale invece si è in larga
parte sganciata dal condizionamento della natura ed è obbligata a progettare e
costruire continuamente il proprio futuro…. Ma con quali criteri? È a questo
livello che interviene l’indagine metafisica della realtà storica il cui scopo
è proprio scoprire l’essenza profonda della realtà storica appunto. Il
realismo dinamico ontologico Riconosce nel tomismo e nella metafisica di San
Tommaso la validità nel contesto “statico sacrale” ma limiti nella
interpretazione della nuova realtà storica “dinamico secolare”. Osserva che
l’interpretazione data alla storia da Hegel prima e da Marx dopo, sono entrambe
errate e ne critica il fondamento soggettivista e la natura ateo
materialista. Integra quindi il tomismo tradizionale inaugurando la nuova
metafisica dinamica ontologica organica fondata sulla scoperta dell’ente
dinamico o anche ente di secondo grado. Dalla osservazione di ciò che
nasce dalle relazioni umane scopre che oltre agli “enti di primo grado”, gli
enti la cui essenza già è (tutti quelli che già sono in natura), esistono altri
“enti di secondo grado” gli enti la cui essenza non è, ma si fa
attivisticamente nello spazio e nel tempo. la cui nascita, vita e morte sono
costituite dalla esistenza di relazioni tra le persone (ad esempio la famiglia,
l’azienda sono enti interumani). Sono “enti dinamici” il cui comportamento è
simile a quello di un organismo, non fisico, ma costituito dall’insieme di cose
e di persone, ugualmente animato da un principio vitale, in cui le parti e il
tutto sono in reciproco equilibrio che ne genera e ne conserva la vitalità.
Quando viene meno questo reciproco equilibrio tra l’organismo tutto e le sue
parti (le membra, gli organi, le cellule) l’organismo perde la sua vitalità, si
ammala e può arrivare alla morte (e così avviene per la famiglia, l’azienda, la
comunità). Indaga osservando la realtà con metodo metafisico, realistico,
oggettivo sulle “regole”, sulla “razionalità” che sottende la vita e la
vitalità degli “enti dinamici” individuando cinque (5) “trascendentali
dinamici” che sono le 5 caratteristiche necessarie e sufficienti in un “ente
dinamico” per restare vivo e vitalmente operante. Sul fronte della
interpretazione della “storia” osserva che la sua complessità non può essere
indagata con metodi analitici partendo dalla suddivisione del tutto. Serve il
metodo della “sintesi” e quindi dalla sommatoria, aggregazione, integrazione
dei singoli “enti dinamici” in realtà e altri organismi via via più complessi e
ampi, giunge al tutto che definisce come “Ente Universale Dinamico Concreto”
EDUC senza il quale il singolo ente dinamico non avrebbe né senso né valore
metafisico. Del resto è abbastanza intuitivo comprendere che nessun ente
storico può esistere fuori dal contesto che l’ha generato. Per esempio una
semplice azienda di scarpe non può esistere nel deserto separata da tutte le
vie di comunicazione, dagli operai, dai clienti, dalle fonti di energia
eccetera. Raccoglie e coordina le sue scoperte nella nuova Metafisica
Realistico Dinamica che aggregata alla Metafisica Realistica “Statica” di San
Tommaso costituisce nell’insieme delle due componenti, la statica e la
dinamica, la Metafisica Realistica Integrale. La Società Con il nuovo
strumento metafisico (la Metafisica Realistica Integrale), individua la giusta
forma della società che definisce Organico Dinamica (“Dinontorganica”) come
vera alternativa alle due forme di società “false”, la capitalista e la
marxista di cui stende una dettagliata critica. La Prassi, L’Ideoprassi
ed il Nuovo Tipo e Modello di Sviluppo Demaria comprende che la nuova società
“dinamica secolare” avviatasi per l’effetto della rivoluzione industriale, è
costruita in vero dalla “ideoprassi” ossia dalla ideologia come prassi
razionalizzata. Una definizione corrente che sia avvicina al concetto di
“ideoprassi” di Tommaso Demaria è “modello di sviluppo” intendendo con questo
la necessità di un cambio di paradigma strutturale nella costruzione della società.
Demaria precisa meglio questa terminologia chiarendo che il TIPO DI SVILUPPO
riguarda il cambiamento di essenza profonda di una società mentre invece il
MODELLO riguarda le innumerevoli e forse infinite varianti all’interno del
medesimo tipo che si devono calare nei concreti ambiti temporali e
geografici. Le “ideoprassi”, cioè i tipi di società, riconosciute da
Tommaso Demaria sono tre (3): capitalista, marxista, “dinontorganica” e queste
sono costruite secondo i rispettivi modelli. Perciò all’interno della società
di tipo capitalista avremo molteplici modelli anche molto diversi tra loro dal
punto di vista fenomenico ma identici dal punto di vista dell’assoluto di
riferimento (cioè del tipo), in questo caso il denaro con la relativa
competitività necessaria per conquistarlo. Analogamente avviene per le altre
due ideoprassi: la ideoprassi o società di tipo marxista, con l’assoluto della
dialettica oppresso/oppressore (la vecchia lotta di classe) e la ideoprassi o
società di tipo dinontorganico con il proprio assoluto costruttivo radicato
nella dialettica della sintesi in funzione della vita. Dalla Persona
Libera e Sovrana alla Persona Cellula Secondo il Demaria nella società
“dinamica secolare”, che è laica e profana, la religione non è più accettata come
fondamento. Così anche la persona libera e sovrana che aveva il suo posto nella
società “statico sacrale” non può esistere in quanto nella società “dinamica
secolare” fin dalla nascita la persona umana viene continuamente “rimanipolata”
dalla ideoprassi corrente (capitalista o marxista).La persona umana trova la
sua giusta collocazione nella società se riconosce la sua nuova natura di
persona “cellula”, componente libera in un organismo sociale più grande. Come
persona cellula rimane sempre persona umana libera ma al contempo svincolata
dalle logiche servo/padrone, oppresso/oppressore del marxismo. L’Economia
E’un tema ampiamente trattato dal Demaria che individua tre tipi di economia:
la capitalista, la marxista/comunista, la dinontorganica. Dopo aver
profondamente analizzato e criticato le prime descrive in dettaglio i
fondamenti della economia dinontorganica. Per brevità riportiamo qui la
differenza del concetto di impresa capitalista ed impresa dinontorganica
secondo Demaria. L’impresa capitalista è un'attività economica
professionalmente organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni
o servizi. Si avvale di un complesso di beni strumentali, il mezzo concreto
(l’azienda): immobili, sedi, attrezzature, impianti, personale, metodi, procedure,
risorse. Si tratta di “cose” e tra queste anche il personale /forza lavoro.
Anima suprema dell’impresa capitalista è il profitto e secondariamente la
creatività imprenditoriale a servizio del profitto. La socialità dell’impresa
diviene un fatto ambientale ed incidentale innegabile ma secondario.
Quindi l’impresa (con la relativa azienda) capitalista secondo Demaria è una
“cosa” ridotta a capitale e lavoro. L’impresa dinontorganica (la vera
natura profonda dell’impresa secondo Demaria) è organismo dinamico economico di
base dell’attuale società industriale (o postindustriale). E’un vero organismo
dinamico, una realtà complessa, non fisica ma prodotta dall'uomo, costituita
dalla sintesi di cose e di persone autonome e cellule dell’organismo impresa, animata
da un proprio principio vitale e perciò capace di vivere ed agire a titolo
proprio. E’quindi impresa umanissima, affrancata dal materialismo capitalista.
Anima dell’impresa è la costruttività nel suo triplice aspetto economico,
sociale e “ideoprassico”, che eleva la creatività al di sopra del solo profitto
e che soddisfa ad un tempo la le esigenze della società globale e della impresa
(quali il profitto, comunque necessario ma non sufficiente). La Chiesa e
il Corpo Mistico di Cristo In ambito ecclesiologico le scoperte di Demaria ,
come da sua frequente dichiarazione , si collocano nel solco del Magistero
della Chiesa Romana Cattolica. Cinque delle sue pubblicazioni, che contengono
nell’insieme il corpo della sua opera, portano impresso l’imprimatur che
attesta l’assenza di errori in ambito di fede e morale cattolica. La
scoperta dell’“ente di secondo grado” (ente generati dalle relazioni tra le
persone) e della persona “cellula” (individuo libero che riconosce di essere
parte di un organismo più grande) sono in analogia scaturite dalla riflessione
sull’ “essere” della Chiesa (l’insieme dei cristiani) in comunione con il
“Corpo Mistico di Cristo”. Il cristiano con il battesimo cambia il suo essere e
diviene “uomo nuovo”. Quindi la persona umana (in questo caso il cristiano) è
contemporaneamente “ente di primo grado (“in rerum naturae”) che “ente di
secondo grado “(ente dinamico) come membro della Chiesa che costituisce il
“Corpo Mistico di Cristo “. La Chiesa così concepita è il primo ente dinamico
sacro della storia. Mentre il primo ente dinamico laico e profano dell’epoca
“dinamico secolare” post rivoluzione industriale è l’azienda industriale.
Pur accogliendo nella sua “metafisica realistica integrale” (la metafisica
realistica “statica” più la “dinamica”) il tomismo in toto, il suo pensiero
generò dispute con i tomisti “classici” del tempo che non riconoscono alla
Chiesa ( e nemmeno alla azienda industriale ) la natura di “ente di secondo
grado” ma unicamente la caratteristica di “ente di relazione” che per Demaria è
insufficiente per interpretare la complessità della realtà storica industriale
e la relativa mobilitazione. La Dottrina Sociale della Chiesa e
L’Ideoprassi Dinontorganica Alla Dottrina Sociale Della Chiesa Tommaso Demaria
riconosce ogni validità. Ne segnala tuttavia la incompletezza in quanto
costituita da norme etiche e morali rivolte principalmente alla persona libera
e sovrana ed atte ad incidere sul suo comportamento come singolo per migliorare
in senso cristiano la società. Ma il Demaria nella sua opera ha rilevato che la
società non è più solo costruita dalle norme morali di persone libere e sovrane
ma anche e soprattutto dalla “ideoprassi” (ideologia come prassi razionalizzata
sintesi di persone e strutture) corrente, dal suo dinamismo e dalle sue
razionalità interne autocostruttive proprie della società “dinamica secolare”.
Pertanto per incidere sulla società contemporanea che è “dinamica secolare “,
laica e profana, serve una vera e propria nuova e completa “ideoprassi”,
certamente laica e profana ma compatibile con i valori cristiani cardinali.
All'interno di questa nuova “ideoprassi” il Demaria vede inseriti tutti gli
insegnamenti della Dottrina Sociale Cristiana. Da soli e senza una propria
“ideoprassi” tali insegnamenti tendono a generare delle “paraideologie” che
hanno effetti locali e temporanei. Per ottenere effetti di trasformazione
duraturi ed è necessario avviare azioni che contengano la giusta razionalità e
caratteristiche (i 5 trascendentali dinamici) capaci di innescare cicli
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cura dell'Associazione Nuova Costruttività., su dinontorganico.it.
Demetrio: Grice: “Demetrio and the
semiotic tacit’ – “Grice: “Demetrio philosophises, in a Grecian, way, on the
‘tacit’ – literally, the unuttered --.” Grice: “While ‘tacit’ may implicate
that the vehicle is phonic, it need not be – any non-expression is a tacit act
--.” “And like me, Demetrio holds that there is a whole communication involving
the un-expressed, or tacit – or ‘suprressed’ as the scholastics preferred. Grice:
“I like Demetrio. You see, Demetrio is sa good one. – and he enriches the
Griceian vocabulary. I use ‘imply’ for implicatum and implicitum; but Demetrio,
due to the richness of the Italian language, can play with the ‘tac’ root. I
often refer to the implicit as the tacit – and the tacit is nothing but the
‘silent’ –Demetrio has this brilliant essay on the ‘sentiments’ wich are
‘taciuti’. A ‘sentimento’ is taciuto’ when it is tacit, implicit, not explicit
– his favourite scenario is a loving couple – the silence of love – he has also
played with the ‘senses’ of ‘silent,’ but it is the ‘tacit’ root that he
explores most and relates to my explicit/implicit, tacit/non-tacit
distinction!” -- Duccio Demetrio (Milano), filosofo. Le sue ricerche promuovono
la scrittura di se stessi, sia per lo sviluppo del pensiero interiore e auto
analitico, sia come pratica filosofica. Già Professore di Filosofia
dell'educazione e di Teorie e pratiche della narrazione all'Università degli
Studi di Milano-Bicocca, è ora direttore scientifico del Centro Nazionale
Ricerche e studi autobiografici della Libera università dell'Autobiografia di
Anghiari (da lui fondata nel 1998 insieme a Saverio Tutino) e di
"Accademia del silenzio".
Opere Educatori di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento
nei servizi extra-scolastici, Scandicci, La Nuova Italia, Tornare a crescere.
L'età adulta tra persistenze e cambiamenti, Milano, Guerini, 1991, 88-7802-221-7 La ricerca qualitativa in
educazione, Scandicci, La Nuova Italia, 1992,
88-221-1114-1 Duccio Demetrio, Donata Montesano Fabbri e Silvia Gherardi,
Apprendere nelle organizzazioni. Proposte per la crescita cognitiva in età
adulta, Roma, NIS, 1994, 88-430-0102-7
Duccio Demetrio e Graziella Favaro, Immigrazione e pedagogia interculturale.
Bambini, adulti, comunità nel percorso di integrazione, Firenze, La Nuova
Italia, 1994, 88-221-1084-6 L'educazione
nella vita adulta. Per una teoria fenomenologica dei vissuti e delle origini,
Roma, NIS, 1996, 88-430-0294-5 Raccontarsi.
L'autobiografia come cura di sé, Milano, Cortina, 1996, 88-7078-422-3 Duccio Demetrio e Maura Budani,
Educazione degli adulti: gli eventi e i simboli, Milano, C.U.E.M., 1996 Duccio
Demetrio e Giacomo Corna Pellegrini, Viaggio e racconti di viaggio.
Nell'esperienza di giovani e adulti, Milano, C.U.E.M., 1997 Duccio Demetrio e Graziella
Favaro, Bambini stranieri a scuola. Accoglienza e didattica interculturale
nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare, Scandicci, La Nuova
Italia, Agenda interculturale. Quotidianità e immigrazione a scuola. Idee per
chi inizia, Roma, Meltemi, Il gioco
della vita. Kit autobiografico. Trenta proposte per il piacere di raccontarsi,
Milano, Guerini, 1997, 88-7802-819-3
Pedagogia della memoria. Per se stessi, con gli altri, Roma, Meltemi,
1998, 88-86479-51-4 Elogio
dell'immaturità. Poetica dell'età irraggiungibile, Milano, Cortina, 1998, 88-7078-530-0 Demetrio Duccio e Sonia Bella,
Una nuova identità docente. Come eravamo, come siamo, Milano, Mursia, L'educazione
interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, Scandicci, La Nuova Italia,
Di che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo, Roma, Meltemi,
2000, 88-8353-055-1 Demetrio Duccio e
Mariangela Giusti, Preparare e scrivere la tesi in Scienze dell'Educazione,
Milano, Sansoni, Demetrio Duccio e Aureliana Alberici, Istituzioni di
educazione degli adulti. 1: Il metodo
autobiografico, Milano, Guerini, Demetrio Duccio e Aureliana Alberici,
Istituzioni di educazione degli adulti, Milano, Guerini, 2002, 88-8335-312-9 Album di famiglia. Scrivere i
ricordi di casa, Roma, Meltemi, 2002,
88-8353-180-9 Scritture erranti. L'autobiografia come viaggio del se nel
mondo, Roma, EDUP, 2003, 88-8421-061-5
Ricordare a scuola. Fare memoria e didattica autobiografica, Roma, Laterza,
2003, 88-420-6857-8 Manuale di
educazione degli adulti, Roma, Laterza, 2003,
88-420-6992-2 Filosofia dell'educazione ed età adulta. Simbologie, miti
e immagini di sé, Torino, UTET Liberia, L'età adulta. Teorie dell'identità e
pedagogie dello sviluppo, Roma, Carocci, 2003,
88-430-2676-3 Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di
sé, Milano, Cortina, Duccio Demetrio e Aureliana Alberici, Istituzioni di
educazione degli adulti. 2: Saperi,
competenze e apprendimento permanente, Milano, Guerini, 2004, 88-8107-160-6 Duccio Demetrio e Graziella
Favaro, Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi, Milano,
Angeli, 2004, 88-464-5725-0 In età
adulta. Le mutevoli fisionomie, Milano, Guerini, 2005, 88-8335-624-1 Filosofia del camminare.
Esercizi di meditazione mediterranea, Milano, Cortina, La vita schiva. Il
sentimento e le virtù della timidezza, Milano, Cortina, 2007, 978-88-6030-127-7 La scrittura clinica.
Consulenza autobiografica e fragilità esistenziali, Milano, Cortina, L'educazione
non è finita. Idee per difenderla, Milano, Cortina, 2009, 978-88-6030-245-8 Ascetismo metropolitano.
L'inquieta religiosità dei non credenti, Milano, Ponte alle Grazie, L'interiorità
maschile. Le solitudini degli uomini, Milano, Cortina, La religiosità degli
increduli. Per incontrare i «gentili», Padova, Messaggero, Perché amiamo scrivere. Filosofia e miti di
una passione, Milano, Cortina, ,
978-88-6030-437-7 Duccio Demetrio e Francesca Rigotti, Senza figli. Una
condizione umana, Milano, Cortina, ,
978-88-6030-494-0 Duccio Demetrio, M.Castiglioni, E.Mancino e E.Biffi,
Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Milano, Mimesis, Duccio Demetrio e Pierangelo Sequeri, Beati i
misericordiosi. Perché troveranno misericordia, Torino, Lindau, , 978-88-7180-984-7 I sensi del silenzio.
Quando la scrittura si fa dimora, Milano, Mimesis, , 978-88-575-0991-4 La religiosità della terra.
Una fede civile per la cura del mondo, Milano, Cortina, , 978-88-6030-628-9 Silenzio, Padova, Messaggero,
,Green autobiography. La natura è un racconto interiore, Anghiari, Booksalad, Ingratitudine.
La memoria breve della riconoscenza, Milano, Cortina, , 978-88-6030-841-2 Scrivi, frate Francesco.
Una guida per narrare di sè, Padova, Messaggero, La vita si cerca dentro di sé.
Lessico autobiografico, Milano, Mimesis, Terra, Milano, Dialogos, Foliage.
Vagabondare in autunno, Milano, Cortina, Opere di Duccio Demetrio / Duccio
Demetrio (altra versione) / Duccio Demetrio (altra versione), su openMLOL,
Horizons Unlimited srl
Desideri: Grice: “I like Desideri; he
would be what we at Oxford call a ‘philosopher of perception,’ and therefore
his keywords have been aisthetsis, sensation, and the rest – he has also played
with some Latinate, like ‘imaggine dell’imagine’ and with ‘empathy.’ He
endorses a Griceian sort of empathetic theory, as evidenced in the idea of
‘comprehension,’ a latinate term for English ‘understanding.’ “He has beautiful
handwriting,’ while there is a hygienic interval between I and thou, thou
getest what I mean! That he is HOPELESS at philosophy.” Fabrizio Desideri
(Empoli), filosofo. Docente di Estetica all'Firenze, ha curato edizioni di
Nietzsche, Kant, Benjamin, Kafka, per editori quali Editori riuniti, Marietti,
Newton Compton, Einaudi, Mimesis. Opere
principali Walter Benjamin: il tempo e le forme, Roma, Editori riuniti, 1980
Quartetto per la fine del tempo; una costellazione kantiana, Genova, Marietti,
1990 La porta della giustizia: saggi su Walter Benjamin, Bologna, Pendragon,
1995 Il velo di Iside: coscienza, messianismo e natura nel pensiero romantico,
Bologna, Pendragon, 1997 L'ascolto della coscienza: una ricerca filosofica,
Milano, Feltrinelli, 1998 Il fantasma dell'opera: Benjamin, Adorno e le aporie
dell'arte contemporanea, Genova, Il melangolo, 2002 Il passaggio estetico:
saggi kantiani, Genova, Il melangolo, 2003 Forme dell'estetica: dall'esperienza
del bello al problema dell'arte, Roma-Bari, Laterza, 2004 La percezione
riflessa: estetica e filosofia della mente, Milano, Raffaello Cortina, La misura del sentire: per una
riconfigurazione dell'estetica, Milano-Udine, Mimesis, Origine dell'estetico: dalle emozioni al
giudizio, Roma, Carocci, Walter Benjamin
e la percezione dell'arte: estetica, storia, teologia, Brescia,
Morcelliana, Altri progetti Collabora a
Wikiquote Citazionio su Fabrizio Desideri
Curriculum sul sito dell'Firenze.
Diano: Grice: “I love Diano, but Italians
usually take him to be a bit too Hellenic; recall that a true Roman considers
himself a Troian, i. e. an enemy of a Greek! But as a scholarship Midlands boy
from Clifton to Corpus, I’m a Dianian!” -- Carlo
Alberto Diano (Vibo Valentia), filosofo italiano, storico e traduttore sia di
classici greci sia di poeti svedesi e tedeschi. Compie gli studi
classici al Liceo Filangeri di Vibo Valentia, allora Monteleone Calabro. Rimane
orfano di padre all'età di 8 anni e questo fu un evento che segnò la sua vita e
molte delle sue scelte giovanili. Nel 1919 si trasferisce a Roma, dove si
iscrive alla Facoltà di Lettere della Sapienza ove segue le lezioni di Nicola
Festa e Vittorio Rossi. Il suo progetto è di laurearsi con una tesi in
Letteratura greca, ma la necessità di iniziare a lavorare lo spinge a scegliere
una via più breve e nel novembre del 1923 si laurea con 110 e lode con una tesi
su Giacomo Leopardi, un poeta che amò subito e che lo accompagnò nel corso di
tutta la sua vita. Immediatamente inizia a insegnare letteratura latina e
greca, dapprima come supplente e poi, dall'ottobre del 1924, di ruolo come
vincitore di concorso a cattedra. La sua prima nomina è a Vibo Valentia, cui
segue un periodo di alcuni anni a Viterbo e una breve parentesi al Liceo
Vittorio Emanuele II di Napoli. Nella città partenopea frequenta la casa di
Benedetto Croce, ma in seguito il giovane Carlo Diano si allontanerà
decisamente dal gruppo dei crociani. Dal novembre del 1931 è trasferito a Roma,
dove insegna prima al Liceo Torquato Tasso e in seguito al Liceo Terenzio
Mamiani. Sempre a Roma, nel 1935, consegue la libera docenza in lingua e
letteratura greca. È fatto oggetto di inchieste ministeriali e pressioni per il
suo rifiuto di iscriversi al Partito fascista, come chiedeva il suo ruolo di
dipendente pubblico. Né mai si iscrisse. Nel settembre del 1933, su
incarico del Ministero degli Esteri, è lettore di lingua italiana presso le
Lund, Copenaghen e Göteborg, incarichi che ricoprì fino al 1940. Gli anni in
Svezia e Danimarca non furono solo utili per apprendere alla perfezione lo
svedese e il danese, ma segnarono un profondo cambiamento. Il contatto con l'ambiente
scandinavo gli spalancò la visione della grande cultura liberale nord europea e
l'amicizia di poeti, letterati e studiosi scandinavi, tra cui lo storico delle
religioni Martin Persson Nilsson e lo scrittore ed esploratore Sven Hedin, dei
quali traduce anche alcune opere. Al suo ritorno in Italia ricopre un
incarico presso la Soprintendenza bibliografica di Roma e dal gennaio del 1944
all'aprile del 1945 è a Padova in qualità di Ispettore dell'istruzione classica
presso il Ministero dell'Educazione Nazionale della Repubblica Sociale
Italiana. Grazie a questo ruolo e obbedendo alla propria coscienza,
all'insaputa di tutti, aiuta molte persone a mettersi in salvo dalla
persecuzione fascista e nazista. Dal dicembre del 1946 ricopre gli
incarichi di Papirologia, Grammatica greca e latina, Storia della filosofia
antica, Letteratura greca e Storia antica presso la Facoltà di Lettere
dell'Bari. Nel 1950 vince il concorso alla cattedra di Letteratura greca ed è
chiamato a Padova a ricoprire, presso la Facoltà di Lettere dell'Università, la
cattedra che era stata di Manara Valgimigli. A Padova rimarrà ininterrottamente
fino alla sua morte. Più volte Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia,
fondò e diresse il Centro per la tradizione aristotelica nel Veneto.
Molte delle sue traduzioni dei tragici greci sono state messe in scena dalla
Fondazione del Dramma Antico a Siracusa, al Teatro Olimpico di Vicenza, a
Padova, portate in giro nei teatri italiani, interpretate da noti attori quali
Elena Zareschi, Arnaldo Ninchi, Ugo Pagliai. Grandi le sue traduzioni, per la
ricerca filologica, la lettura rivoluzionaria e la bellezza dello stile in
versi, fra le altre, dell'Alcesti, dell'Ippolito, dell'Elena, dei Sette a Tebe,
dell'Edipo Re, del Dyskolos di Menandro. Curò, fra le altre cose,
l'edizione di tutto il teatro greco per Sansoni e la traduzione dei Frammenti
di Eraclito, volume della Fondazione Lorenzo Valla. Insignito di numerose
onorificenze (Valentia Aurea, Premio Nazionale dei Lincei, Medaglia d'oro della
Città di Padova ecc.) e membro di numerosissime accademie in Italia, in Europa
e in USA, ebbe profonde e durature amicizie tra gli altri con Salvatore
Quasimodo, Sergio Bettini, Mircea Eliade, Walter F. Otto, Ugo Spirito, Giulio
Carlo Argan, Bernard Berenson, Rocco Montano, Santo Mazzarino, Carlo Bo, Károly
Kerényi, Martin Persson Nilsson, Renato Caccioppoli e molti altri fra i
maggiori protagonisti della vita culturale e artistica del 900. Tra i
suoi allievi più noti troviamo il filosofo ed ex sindaco di Venezia Massimo
Cacciari. Per i suoi amplissimi studi e i suoi contributi originali su
Epicuro è da tempo riconosciuto a livello internazionale come uno dei maggiori
e più autorevoli studiosi del filosofo di Samo. Nei suoi scritti teorici,
principalmente in Forma ed Evento e in Linee per una fenomenologia dell'arte,
Carlo Diano fonda un vero e proprio sistema filosofico in cui filologia, studi
storici, filosofici, sociali, storia dell'arte e la storia delle religioni si
integrano a creare un nuovo metodo di indagine. Fondamentale, a tale scopo, è
la creazione delle due categorie fenomenologiche di "forma" ed
"evento", che gli permettono non solo di esplorare l'intera civiltà
greca, ma possono divenire strumento di analisi generale di una cultura.
Opere Nella seguente , che non vuole essere esaustiva, si riportano solo le
opere principali: Commento a Leopardi. Tesi di Laurea. 1923.
Commemorazione virgiliana. Dall'Idillio all'Epos. Boll. Municip. Viterbo, 1930.
Il titolo De Finibus Bonorum et Malorum. GFI, 1933. L'acqua del tempo (poesie).
Roma, Dante Alighieri, 1933. Note epicuree, SIFC, 1935. Questioni epicuree,
RAL, 1936. La psicologia di Epicuro, GFI, 1939. Epicuri Ethica (edidit
adnotationibus instr. C.D. Florentiae, in aedibus Sansonianis, 1946. Lettere di
Epicuro e dei suoi nuovamente o per la prima volta edite da C.D., Firenze,
Sansoni 1946. Aristotele Metafisica, Libro XII. Bari, 1949. La psicologia
d'Epicuro e la teoria delle passioni, Firenze, Sansoni, 1942. Lettere di
Epicuro agli amici di Lampsaco, a Pitocle e a Mitre, SIFC, 1948. Voce
Aristotele in Enciclopedia Cattolica, Voll. I 1949. Edipo figlio della Tyche.
Commento ai vv.1075-1085 dell'Edipo Re di Sofocle, Dioniso, 1952. Forma ed
evento: principi per un'interpretazione del mondo greco, Venezia, Neri Pozza,
1952. Il mito dell'eterno ritorno, L'Approdo, 1953. Il concetto della storia
nella filosofia dei greci, in: Grande antologia filosofica, v. 2, Milano,
Marzorati, 1954. La data della Syngraphé di Anassagora. Scritti in onore di
Carlo Anti, Firenze 1954. Linee per una fenomenologia dell'arte, Venezia, Neri
Pozza, 1956. La poetica dei Feaci. Memorie dell'Accademia Patavina, 1957.
Pagine dell'Iliade, Delta, 1957. Note in margine al Dyskolos di Menandro.
Padova, Antenore, 1959. Menandro, Dyskolos ovvero Il Selvatico, testo e
traduzione, Padova, Antenore, 1960. Martin P.Nilsson, Religiosità greca,
(traduzione) Firenze, Sansoni, 1961 (I ed. 1949). Eurìpide auteur de la
catharsis tragique, Numen, 1961 (ripubblicato in italiano in Saggezza e poetica
degli antichi, 1968). Orazio e l'epicureismo, Atti Istituto Veneto, 1961. La
poetica di Epicuro, Rivista di Estetica, 7, 321-67. 1962. La filosofia del
piacere e la società degli amici, Boll. del Lions Club di Padova, 1962.
D'Annunzio e l'Ellade, in L'arte di Gabriele D'Annunzio, Atti del Convegno Int.
di Studio, 1963. L'uomo e l'evento nella tragedia attica, Siracusa, Dioniso,
1965. Il contributo siceliota alla storia del pensiero greco, Palermo, Kokalos,
1965. Euripide, Ippolito (traduzione e cura). Firenze, Sansoni, 1965. Eschilo,
I Sette a Tebe, Firenze, Sansoni, 1966. Menandro, Dyskolos ovvero il Selvatico,
Sansoni, 1966 Meleagro, Epigrammi traduzione di C.D. (con una tavola di Tono
Zancanaro) Vicenza, Neri Pozza, 1966. Epikur und die Dichter: ein Dialog zur
Poetik Epikurs, Bonn, Bouvier, 1967. Saggezza e poetiche degli antichi,
Venezia, Neri Pozza, 1968. Gotthold Ephraim Lessing, Emilia Galotti,
(traduzione) Milano, Scheiwiller, 1968. Euripide, Alcesti (traduzione e cura)
Milano, Neri Pozza, 1968. Euripide, Elettra, (traduzione e cura), Urbino,
Argalia Editore, 1968. Voci Eoicurus e Epicureanism per Enciclopedia
Britannica, 1968. Il teatro greco. Tutte le tragedie, C.D. Firenze, Sansoni,
1970 (di C.D. Saggio introduttivo. Traduzioni: Eschilo, I Sette a Tebe;
Euripide, Alcesti, Ippolito, Eracle, Elettra, Elena, Le Fenicie, Oreste, Le
Baccanti). Epicuro, Scritti morali, Trad. C. Diano, Padova, CLEUP, 1970.
Euripide, Medea, (traduzione e nota di C.D.) Padova, Liviana, 1972. Aristofane,
Lisistrata (traduzione e cura) Padova, Liviana, 1972. Anassagora padre
dell'umanesimo e la melete thanatou in L'Umanesimo e il problema della morte,
Simposio PadovaBressanone, 1972. Studi e saggi di filosofia antica,
Padova, Antenore, 1973. Scritti epicurei, Firenze, Leo Olschki, 1974. La
tragedia greca oggi, Nuova Antologia, 1974. Limite azzurro, Milano,
Scheiwiller, 1975. Eraclito, Frammenti e testimonianze, (traduzione e cura)
Milano, Fondazione Lorenzo Valla, 1980. Epicuro, Scritti morali, Milano, BUR,
1983. Forme et evenement: principes pour une interpretation du monde grec,
Editions de l'Eclat, 1994. μορφή και τύχη , Indiktos, Atene, 2006 (Traduzione
in neogreco di Forma ed Evento). Platone, Il Simposio (traduzione e cura),
Venezia, Marsilio, 1994. Forma y evento, Madrid, Visor, 2000. Il pensiero greco
da Anassimandro agli stoici, Torino, Bollati Boringhieri, 2007. Introduzione di
Massimo Cacciari. Form and Event, Fordham University Press, . Traduzione. di
Timothy C. Campbell e Lia Turtas. Introduzione Jacques Lezra. Curatele Platone,
Ione, Roma, Dante Alighieri, 1929. M.T.Cicerone, De finibus bonorum et malorum,
GFI, 1933. Omero, Iliade. Libro I, Firenze Bemporad, 1934. Platone,
DialoghiConvito, Fedro, Alcibiade I e II, Ipparco, Amanti, Teage, Carmide,
Lachete, Liside, Bari, Laterza, 1934 (II ed. 1945). Carlo Diano , Il teatro
greco: tutte le tragedie, Firenze, Sansoni, 1970 1ª ed.. Carlo Diano e Giuseppe
Serra , Eraclito, I frammenti e le testimonianze, Milano, Fondazione Lorenzo
Valla, Arnoldo Mondadori Editore, 1980 1ª ed..
Epicuro Giovanni Gentile Tragedia greca Altri progetti Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carlo
Diano Carlo Diano, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Carlo Diano, in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Carlo Diano, . Carlo Diano Forma y evento, Madrid, Circulos
Bellas Artes (estratto traduz. spagnola)Brian Duignan, Carlo Diano,
Epicureanism, in Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Carlo
Diano, nel sito "Il Ramo di Corallo", di Francesca Diano.
DIC-TUM
-- IN-DEXICAL -- indexical: Grice: This is a
compound, from IN-, emphatic, and dex-, cognate with ‘dico,’ to saycf. deixis.
-- Bradley’s thess, and whatness“Grice is improving on Scotus: Aristotle’s tode
ti is exactly Bradley’s thess whatnessand more familiar to the English ear than
Scotus feminine ‘haecceitas.’” “Russell, being pretentious, call Bradley’s
“thess” and “thatness,” but not “whatness”as a class of the ‘egocentric
particular’ -- a type of expression
whose semantic value is in part determined by features of the context of
utterance, and hence may vary with that context. Among indexicals are the
personal pronouns, such as ‘I’, ‘you’, ‘he’, ‘she’, and ‘it’; demonstratives,
such as ‘this’ and ‘that’; temporal expressions, such as ‘now’, ‘today’,
‘yesterday’; and locative expressions, such as ‘here’, ‘there’, etc. Although
classical logic ignored indexicality, many recent practitioners, following
Richard Montague, have provided rigorous theories of indexicals in the context
of formal semantics. Perhaps the most plausible and thorough treatment of
indexicals is by David Kaplan, a prominent philosopher of language and logic
whose long-unpublished “Demonstratives” was especially influential; it
eventually appeared in J. Almog, J. Perry, and H. Wettstein, eds., Themes from
Kaplan. Kaplan argues persuasively that indexical singular terms are directly
referential and a species of rigid designator. He also forcefully brings out a
crucial lesson to be learned from indexicals, namely, that there are two types
of meaning, which Kaplan calls “content” and “character.” A sentence containing
an indexical, such as ‘I am hungry’, can be used to say different things in
different contexts, in part because of the different semantic contributions
made by ‘I’ in these contexts. Kaplan calls a term’s contribution to what is
said in a context the term’s content. Though the content of an indexical like
‘I’ varies with its context, it will nevertheless have a single meaning in the
language, which Kaplan calls the indexical’s character. This character may be
conceived as a rule of function that assigns different contents to the
indexical in different contexts.-- indicatum. “oριστική,”
“oristike,”The Roman ‘indicatum’ is a composite of ‘in’ plus ‘dicatum.’ The
Romans were never sure about this. Literally for the Greeks it’s the
‘definitive’‘horistike’ klesis, inclinatio or modus animae affectationem
demonstrans indefinitivusWhile indefinitivus is the transliteration, the Romans
also used ‘finitivus’ ‘finitus,’ and ‘indicativus’ and ‘pronuntiativus’. ‘Grice
distinguishes between the indicative mode and the informational mode. One can
hardly inform oneself. Yet one can utter an utterance in the indicative mode
without it being in what he calls the informational sub-mode. It’s interesting
that Grice thinks he has to distinguish between the ‘informational’ and the
mere ‘indicative.’ Oddly when he sets the goal to which ‘co-operation’ leads,
it’s the informing/being informed, influencing/being influenced. Surely he
could have simplified that by, as he later will, psi-transmission, whatever. So
the emissor INDICATES, even in an imperative utterance, what his will is. All
moves are primarily ‘exhibitive,’ (and the function of the mode is to EXPRESS
the corresponding attitude). Only some moves are ‘protreptic.’ Grice was well
aware, if perhaps not TOO aware, since Austin was so secretive, about Austin on
the ‘perlocution.’ Because Austin wanted to deprieve the act from the cause of
the act. Thus, Austin’s communicative act may have a causal intention, leading
to this or that effectbut that would NOT be part of the philosopher’s interest.
Suppose !p; whether the order is successful and Smith does get a job he is
promised, it hardly matters to Kant, Austin, or Grice. Interestingly,
‘indicatum’ has the same root as ‘dic-‘, to saybut surely you don’t need to say
to indicate, as in Grice’s favourite indicative mood: a hand wave signaling
that the emissor knows the route or is about to leave the emissee.
Dionigi: Grice: “I like
Dionigi; for one, he wrote on Cratylo, which I love!” – Grice: “In Plato’s
Cratylo there’s possibly all the vocabulary you need to understand Peirce! As
if Plato foreshadows C. W. Morris!” -- “Postmodern Italians like Donigi, and
they created a cocktail in his honour! His philosophising on Socrates
philosophising with Cratilo on semeiosis proves Whiteheads’s dictum that all
pragmatics is footnotes to Grice, and all Grice is footnotes to Plato!” -- Roberto
Dionigi (Barletta), filosofo. Docente di Filosofia a Bologna, si è occupato
principalmente di Nietzsche e Wittgenstein.
Dopo la laurea conseguita, soggiornò a più riprese a Parigi,
partecipando al maggio francese. Frutto del suo incontro con Althusser è il suo
primo libro, Gaston Bachelard. La "filosofia" come ostacolo
epistemologico. Tornato in Italia, iniziò ad insegnare filosofia a Bologna.
Centrale, nella sua riflessione, fu il pensiero di Nietzsche (Il doppio
cervello di Nietzsche), analizzato sia in chiave ermeneutica che
logico-filosofica. Degli anni '80 sono anche due articoli su Bataille e un
lucido bilancio del comunismo di Marx ("L'uomo e l'architetto”). Il
processo di ripensamento della sinistra italiana lo vide di nuovo impegnarsi in
prima persona. Si accostò poi alla filosofia analitica e alla svolta
"linguistica", vista come approfondimento della critica della
metafisica. Gli scritti dell'ultimo decennio si concentrano sull'ermeneutica
("Nichilismo ermeneutico”), sulla semantica antica (Nomi Forme Cose. Intorno
al Cratilo di Platone) e soprattutto sul pensiero di Wittgenstein (La fatica di
descrivere. Itinerario di Wittgenstein nel linguaggio della filosofia), del
quale condivideva pienamente l'esigenza di ripensare il linguaggio come la
"cosa stessa" della filosofia.
Luisa Grosso ha diretto Cocktail Dionigi, documentario contenente
testimonianze di alcuni dei maggiori pensatori italiani su Dionigi, tra i quali
Franco Berardi, Stefano Bonaga, Eva Picardi, Umberto Eco, Massimo Cacciari,
Giacomo Marramao. Opere: Gaston
Bachelard. La "filosofia" come ostacolo epistemologico, Il doppio
cervello di Nietzsche, Bologna, Cappelli Editore, Nomi Forme Cose. Intorno al
Cratilo di Platone, La fatica di descrivere. Itinerario di Wittgenstein nel
linguaggio della filosofia, Un filosofo tra Platone e il bar, su ricerca.repubblica.it,
Cocktail Dionigi.
Disertori – Grice: “I
like Disertori; especially his ‘studi platonici’ on the archer, and, ‘under the
sky (or is it heaven – ‘cielo’ is a trick) of Saturn!” -- Beppino
Disertori Giuseppe Disertori detto
Beppino (Trento), filosofo. Si trasferisce subito a Innsbruck, dove a soli tre
anni contrae la poliomielite che lo segnerà per tutta la vita. Dopo la prima guerra mondiale rientra a
Trento, dove frequenta il Ginnasio liceo Prati. Si iscrive poi alla Facoltà di
medicina e chirurgia a Firenze e quindi si trasferisce a Genova, dove si laurea
nel 1931 con una tesi di fisiopatologia del sistema nervoso centrale.
Successivamente si trasferisce a Milano e si specializza in neurologia e
psichiatria con Carlo Besta. Torna poi a Trento, dove esercita la libera
professione: la carriera pubblica e ospedaliera gli era preclusa in quanto
privo della tessera del Partito Nazionale Fascista. Nel 1939 sposa Rosita Banfi, dalla quale ha
due figli, Donatella e Marcello.
Antifascista da sempre, negli anni quaranta partecipa attivamente alla
Resistenza, incontrando fra gli altri Egidio Reale, Randolfo Pacciardi, Gigino
Battisti, Egidio Bacchi, Giannantonio Manci. Nel 1943 è costretto a riparare in
Svizzera. Finita la guerra ritorna in Italia e, a Trento, diventa primario nel
reparto di neurologia dell'ospedale Santa Chiara e docente sia di neurologia e
psichiatria all'Padova, sia di sociopsichiatria e criminologia presso la
Facoltà di sociologia dell'Trento.
Pubblica più di 300 contributi in ambito scientifico, letterario e
filosofico. Per tutto il secondo
dopoguerra si occupa attivamente di politica, ricoprendo la carica di
presidente regionale del Partito Repubblicano Italiano. Diventa inoltre
presidente della Croce Rossa Italiana. Muore a Trento il 5 maggio 1992. Opere (elenco parziale) Il libro della vita, 1947. Trattato delle
nevrosi, 1956. De anima, 1959. Trattato di psichiatria e socio-psichiatria,
1970. Sfida al secolo, 1975. Archivio Il fondo Giuseppe Disertori, conservato
presso la Fondazione Museo storico del Trentino, a Trento, contiene
documentazione dal 1926 al 1990. Il fondo è pervenuto al Museo storico in
Trento con atto di donazione nel luglio 1988; nel 2007 la proprietà è passata
alla Fondazione Museo storico del Trentino. Al momento del versamento la
documentazione si trovava già chiaramente ordinata e organizzata dal Disertori
stesso. L'archivio è stato dichiarato di notevole interesse storico locale
(NISL). Il materiale pervenuto è costituito dall'archivio, da numerosi
periodici e da una biblioteca di circa 5.000 titoli. Il fondo conserva un ricco
carteggio con scienziati, personalità politiche e del mondo della cultura,
documenti sull'attività scientifica e pubblicazioni; cronache e materiali
raccolti durante i viaggi; recensioni alle sue opere e materiali di ricerche scientifiche. Note
Coppola, Passerini, Zandonati.
SIUSA. Fondo Disertori Giuseppe,
su SIUSASistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 16
marzo . In base alla Legge provinciale
14.02.1992, n. 11, art. 18, con deliberazione della Giunta Provinciale di
Trento, 22 ottobre 1993, n. 14971. G.
Coppola, A. Passerini e G. Zandonati , Un secolo di vita dell'Accademia degli
Agiati (1901-2000) , 2, Rovereto, Accademia
roveretana degli Agiati, 2003, 436-439.
16 marzo 18 settembre ). Biblioteca
comunale di Trento (a cura della), Sotto il segno dell'uomo: Beppino Disertori.
Atti del convegno di studio, Trento, Palazzo Geremia, 11 febbraio 1995, Comune
di Trento, Trento, 1995. S. Demarchi, Pensiero e opera letteraria di Beppino
Disertori, Manfrini, Calliano (TN), 1993. L. Menapace et al. , Note biografiche
e di Beppino Disertori 1907-1987
nell'80º compleanno, TEMI, Trento, 1987. R. Bacchi et al. , Biografia e di Beppino Disertori nel 70º compleanno,
Accademia del Buonconsiglio, Trento, 1977. Disertori Giuseppe, su SIUSASistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 16 marzo . Beppino Disertori, su
siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze
Archivistiche.
Dis-factumdis-faccere -- defeasibility. Strawson Wiggins ‘somehwere in the kitchen,’ ‘in one of
the dining-room cupboards’ unless some feature of the context defeats the
implication, there is an implicaturum to the effect that the emissor cannot
make a ‘stronger’ move by Grice’s principle of conversational fortitude (“Be ‘a
fortiori’”). Cf. G. P. Baker on H. L. A.
Hart. All very Oxonian. Cf. R. Hall, Oxonian, on ‘Excluders.’ For Strawson and
Wiggins that a principle holds ‘generally, ceteris paribus, is a condition for
the existence of conversation, or of a good conversation. Defeasibility is a
sign of the freedom of the will. The communicators can always opt out. Not a
salivating dog. Note that defeasibility does not apply just to the implicaturum.
Since probabilistic demonstrate are uncertain, there is an element of
defeasibility in the EXplicatum of a probabilistic utterance. Levinson’s quote,
“Probability, Defeasibility, and Mode Operators.” Defeasibility
-- Grice: “So far as generalizations of these kinds are concerned, it seems to
me that one needs to be able to mark five features: (1) conditionality; (2)
generality; (3) type of generality (absolute, ceteris paribus, etc., thereby,
ipso facto, discriminating with respect to defeasibility or indefeasibility).” -- Baker, “Meaning
and defeasibility”defeaterin Aspects of reason -- defeasibility, a property
that rules, principles, arguments, or bits of reasoning have when they might be
defeated by some competitor. For example, the epistemic principle ‘Objects
normally have the properties they appear to have’ or the normative principle
‘One should not lie’ are defeated, respectively, when perception occurs under
unusual circumstances e.g., under colored lights or when there is some
overriding moral consideration e.g., to prevent murder. Apparently declarative
sentences such as ‘Birds typically fly’ can be taken in part as expressing
defeasible rules: take something’s being a bird as evidence that it flies.
Defeasible arguments and reasoning inherit their defeasibility from the use of
defeasible rules or principles. Recent analyses of defeasibility include
circumscription and default logic, which belong to the broader category of
non-monotonic logic. The rules in several of these formal systems contain
special antecedent conditions and are not truly defeasible since they apply
whenever their conditions are satisfied. Rules and arguments in other
non-monotonic systems justify their conclusions only when they are not defeated
by some other fact, rule, or argument. John Pollock distinguishes between
rebutting and undercutting defeaters. ‘Snow is not normally red’ rebuts in
appropriate circumstances the principle ‘Things that look red normally are
red’, while ‘If the available light is red, do not use the principle that
things that look red normally are red’ only undercuts the embedded rule.
Pollock has influenced most other work on formal systems for defeasible
reasoning.
Defensible: H. P. Grice, “Conceptual analysis and the defensible
province of philosophy.” Grice uses the ‘territorial’ province, and the further
implicaturum is that conceptual analysis as the province of philosophy is a
defensible one. Grice thinks it is.
DE-FINITVM – FINITVM -- definitum: Grice: There is the definitum and what Kant called the
infinitum --. Grice lists ‘the’ in his list of communicative devices. He was
interested in the iota operator. After Sluga, he knew there were problems here.
He proposed a quantificational approach alla Whitehead and Russell, indeed a
Whitehead and Russellian expansion in three clauses, with identity, involved.
Why wasn’t Russell not involved with the ‘indefinite’. One would think because
that’s rendered already by (Ex), ‘some (at least one)’. Russell’s interest in definitum is not
philosophical. His background was mathematics, rather --. Grice was obsessed
with ‘aspects’ in verbs. There’s the ‘imperfect’ and the ‘perfect.’ These
translate Aristotle’s ‘teleos’ and ‘ateleos.’ But why the change from “factum”
to “fectum”? So it’s better to turn to ‘definitum,’ and ‘indefinitum, as better
paraphrases of Aristotle’s jargonkeeping in mind we are talking of his ‘teleos’
and ‘ateleos. Aristotle
and telos. In the Met. Y.1048b1835, Aristotle discusses the definition of an
action πϱᾶξις. He distinguishes two kinds of activities: kinêseis ϰινήσεις and
energeiai ἐνέϱγειαι: Only that movement in which the end is present is an
action. E.g., at the same time we are v.ing and have v.n ὁϱᾷ ἅμα, are
understanding and have understood φϱονεῖ, are thinking and have thought noei
kai nenoêken νοεῖ ϰαὶ νενόηϰεν when it is not true that at the same time we are
learning and have learnt ou manthanei kai memathêken οὐ μανθάνει ϰαὶ μεμάθηϰεν,
or are being cured and have been cured oud’ hugiazetai kai hugiastai οὐδ᾿ ὑγιάζεται
ϰαὶ ὑγίασται. At the same time we are living well and have lived well εὖ ζῇ ϰαὶ
εὖ ἔζηϰεν ἅμα, and are happy and have been happy εὐδαιμονεῖ ϰαὶ εὐδαιμόνηϰεν.
Of these processes, then, we must call the one set movements ϰινήσεις, and the
other actualities energeiai ἐνέϱγειαι. We v. that the distinctive properties of
these two categories of verbs are provided by relations of inference and
semantic compatibility between the form of the present and the form of the
perfect. In the case of energeiai, there is a relation of inference between the
present and the perfect, in the sense that when someone says I v. we can infer
I have v.n. There is also a relation of semantic compatibility since one can
very well say I have v.n and continue to v.. Thus the two forms—the present and
the perfect— are verifiable at the same time ἅμα, simultaneously. On the other
hand, in the case of kinêseis, the present and the perfect are not verifiable
at the same time. In fact, when someone says I am building a house, we cannot
infer I have built a house, at least in the sense in which the house is
finished. In addition, once the house is finished, one is no longer
constructing it, which means that there is a semantic incompatibility between
the present and the perfect. τέλος, which means both complete action, that is,
end, and limit in competition with πέϱας, plays a crucial role in this
opposition. In the category of energeiai, we have actions proper, that is,
activities that are complete τέλεια because they have an immanent finality ἐνυπάϱχει
τὸ τέλος. In the category of kinêseis, we have imperfect activities ἀτελείς
that do not carry their own end within themselves but are transitive and aim at
realizing something. Thus activities having an external goal that is at the
same time a limit peras do not carry their own goal telos within themselves;
they are directed toward a goal but this goal is not attained during the
activity, but is realized at the end of the activity. And history repeated itself, in the same
terms, regarding Slavic languages, with on the one hand the words perfective
and imperfective, modeled on the Roman opposition and imported to describe an
opposition in which lexicon and grammar are truly interwoven since it is a
question of categories of verbs, which determine the whole organization of conjugation,
and on the other hand the Russian words that are used to characterize the same
categories of verbs, and that signify the accomplished and the unaccomplished.
In the terminological imbroglio, we can once again v. the effects of a
confusion connected with the inability to acknowledge the autonomy of lexical
aspect, or, in the particular case of Slavic languages, the difficulty of
isoRomang the aspectual dimension in the general system of the language.
Nevertheless, the same questions, that of the telos and that of accomplishment,
are at the foundation of the two aspectual dimensions. They are even so
prominent that, alongside the heterogeneous inventory from which we began, we
also find, and almost simultaneously in the aspectual tradition, a leveling of
all differences in favor of two categories that are supposed to be the
categories par excellence of grammatical aspect: the perfective on the one
hand, and the imperfective on the other. However, there is also the continuing
competition of the perfect, another tr. of the same word, perfectum,
designating a category that is not exactly the same as that of the perfective,
and which is, for its part, always a grammatical category, never a lexical
category: one speaks of perfect to designate compound tenses in G. ic
languages, e. g. , of the type I have received
as opposed to I received, which corresponds to the idea that the telos
is not only achieved, but transcended in the constitution of a fixed state,
given as the result of the completion of the process. Two, or three,
grammatical categories that are the same and not the same as the two, three, or
four lexical categories. It is in the name of these categories, and literally
behind their name, that the aspectual descriptions succeeded in being applicable
to all languages, confRomang all the imperfects of all languages and also the
Eng. progressive and the Russian imperfective, all the aorists in all
languages, and aligning perfects, perfectives, the Eng. perfect, the G. Perfekt, the Roman perfectum and the Grecian
perfect. The facts are different, but the words, and the recurrence of a
problematics that v.ms invariable, are too strong. Although it is a matter of
conjugations, the lexicon and the relation to ontological questions are too
influential. The word imperfectum was invented, we
v. a hesitation that is precisely the one that causes a problem here, between
imperfectum and infectum a nonachieved finality, an absence of finality. The
important point is that the whole history of aspectual terminology is
constituted by such exchanges. The invention of the words perfectum and
imperfectum itself proceeds from an enterprise of tr., in which it is a
question of taking as a model, or rephrasing, the Grecian grammarians’
opposition between suntelikos συντελιϰός and non-suntelikos. However, the
difference between the two terminologies is noticeable. A supine past
participle, -fectum, has replaced telikos, and hence telos, thereby
reintroducing, if not tense was tense really involved in that past participle?,
at least the achievement of an act, and consequently merges with the question
of the accomplished. In this operation, the Stoics’ opposition between
suntelikos which would thus designate the choice of perfects or imperfects and
παϱατατιϰός the extensive, in which the question of the telos is not involved
was made symmetrical, introducing into aspectual terminology a binariness from
which we have never recovered. And this symmetricalization, which sought to
describe the organization of a conjugation, was then modeled on the distinction
introduced by Aristotle between tτέλειος and aἀτελής, which was not grammatical
but lexical. This resulted in a new confusion that is not without foundation
because it was already implicit in the montage constructed by the Grecian philosophers,
with on the one hand the telos used by Aristotle to differentiate types of
process, and on the other the same telos used by the Stoics to structure
conjugation. exist in G. , is said to be primarily a matter of discursive
construction with the imparfait forming the background of a narration, and the
past tenses forming the foreground of what develops and occurs. More recently,
this area has been dominated by theories that situate aspect in a theory of
discursive representations cf. Kamp’s discourse representation theory, and try
to reduce it to a matter of discursive organization: thus the models currently
most discussed make the imparfait an anaphoric mark that repeats an element of
the context instead of constructing an independent referent. Once again the
relations are inextricably confused: the types of discourse clearly have
particular aspectual properties we have already v.n this in connection with
aoristic utterances that structure both aspect and tense differently, and yet
all or almost all aspectual forms can appear anywhere, in all or almost all
types of discursive contexts. Thus we have foregrounded imparfaits, which have
been recorded and are sometimes called narrative imparfaits— e. g. , in an
utterance like Trois jours après, il mourait Three days later, he was dying,
where it is a question of narrating a prominent event, and where the
distinction between imparfait and passé simple becomes more difficult to
evaluate. We also find passé composés in narratives, where they compete with the
passé simple: that is why many analysts of the language consider the passé
simple an archaic form that is being abandoned in favor of the passé composé.
The difficulty is clear: it is hard to attach a given formal procedure to a
given enunciative structuration, not only because enunciative structures are
supposed to be compatible with several aspectual values, but first of all
because the formal procedures themselves are all, more or less broadly,
polysemous, their value depending precisely on the context and thus on the
enunciative structure in which they are situated. Here again, this is
commonplace: polysemy is everywhere in languages. But in this case it affects
aspect: it consists precisely in running through aspectual oppositions, the
very ones that are also supposed to be associated with some aspectual marker.
The case of narrative uses of the imparfait v.ms to indicate that the imparfait
can have different aspectual values, of which some are more or less apparently
perfective. The narrative passé composés for instance, Il s’est levé et il est
sorti He got up and went out describe the process in its advent and thus do not
have the same aspectual properties as those that appear in utterances
describing the state resulting from the process e.g., Désolé, en ce moment il
est sorti Sorry, he left just now. Not to mention the presents, which are
highly polysemous in many languages and which, depending on the language,
therefore occupy a more or less extensive aspectual terrain. We are obliged to
note that aspect is at least partially independent of formal procedures, that
it also plays a role elsewhere, in particular, in the enunciative
configuration. teleology: the objectivum. Grice
speaks of the objective as a maxim. This is very Latinate. So if the maxim is
an objective, the goal is the objective, or objectivum. Meaning
"goal, aim" (1881) is from military term objective point (1852),
reflecting a sense evolution in French. This
is an expansion on the desideratum. Cf. ‘desirable,’ and ‘desirability,’ and ‘end.’
Grice feels like introducing goal-oriented conceptual machinery. In a later
stage of his career he ensured that this machinery be seen as NOT
mechanistically derivable. Which is odd seeing that in the ‘progression’ of the
‘soul,’ he allows for talk of adaptiveness and survival which suggest a
mechanist explanation. If an agent has a desideratum that means that, to echo
Bennett, A displays a goal-oriented behaviour, where the goal is the ‘telos.’
Smoke cannot ‘mean’ fire, because smoke doesn’t really behave in a
goal-oriented matter. Grice does play with the idea of finality in nature,
because that would allow him to justify the objectivity of his system. how does
soul originate from matter? Does the vegetal soul have a telos.
Purposive-behaviour is obvious in plants (phototropism). If it is present in
the vegetal soul, it is present in the animal soul. If it is present in the
animal soul, it is present in the rational soul. With each stage, alla
Hartmann, there are distinctions in the specification of the telos. Grice could
be more continental than Scheler! Grices métier. Unity of science was a very
New-World expression that Grice did not quite buy. Grice was brought up in a
world, the Old World, indeed, as he calls it in his Proem to the Locke lectures,
of Snows two cultures. At the time of Grices philosophising, philosophers such
as Winch (who indeed quotes fro Grice) were contesting the idea that science is
unitary, when it comes to the explanation of rational behaviour. Since a
philosophical approach to the explanation of rational behaviour, including
conversational behaviour (to account for the conversational implicatura) is his
priority, Grice needs to distinguish himself from those who propose a unified
science, which Grice regards as eliminationist and reductionist. Grice is
ambivalent about science and also playful (philosophia regina scientiarum).
Grice seems to presuppose, or implicate, that, since there is the devil of
scientism, science cannot get at teleology. The devil is in the physiological
details, which are irrelevant. The language Grice uses to describe his Ps as
goal-oriented, aimed at survival and reproduction, seems teleological and
somewhat scientific, though. But he means that ironically! As the scholastics
use it, teleology is a science, the science of telos, or finality (cf.
Aristotle on telos aitia, causa finalis. The unity of science is threatened by
teleology, and vice versa. Unified science seeks for a mechanistically
derivable teleology. But Grices sympathies lie for detached finality. Grice is
obsessed with the Greek idea of a telos, as slightly overused by Aristotle.
Grice thinks that some actions are for their own sake. What is the telos of
Oscar Wilde? Can we speak of Oscar Wilde’s métier? If a tiger is to tigerise, a
human is to humanise, and a person is to personise. Grice thought that
teleology is a key philosophical way to contest mechanism, so popular in The
New World. Strictly, and Grice knew this, teleology is constituted as a
discipline. One term that Cicero was unable to translate! For the philosopher,
teleology is that part of philosophy that studies the realm of the telos.
Informally, teleological is opposed to mechanistic. Grice is interested in the
mechanism/teleology debate, indeed jumps into it, with a goal in mind! Grice
finds some New-World philosophers too mechanistic-oriented, in contrast with
the more two-culture atmosphere he was familiar with at Oxford! Code is the
Aristotelian, and he and Grice are especially concerned in the idea of causa
finalis. For Grice only detached finality poses a threat to Mechanism, as it
should! Axiological objectivity is possible only given finality or purpose in
Nature, the admissibility of a final cause. Grice’s “Definition” of Meaningand
CommunicatumOddly, in “Utterer’s meaning and intentions,” Grice keeps calling
his analyses ‘definition,’ and ‘re-definition.’ He is well aware of the trick
introduced by Robinson on this. definiendum plural: definienda, the expression
that is defined in a definition. The expression that gives the definition is
the definiens plural: definientia. In the definition father, male parent,
‘father’ is the definiendum and ‘male parent’ is the definiens. In the
definition ‘A human being is a rational animal’, ‘human being’ is the
definiendum and ‘rational animal’ is the definiens. Similar terms are used in
the case of conceptual analyses, whether they are meant to provide synonyms or
not; ‘definiendum’ for ‘analysandum’ and ‘definiens’ for ‘analysans’. In ‘x
knows that p if and only if it is true that p, x believes that p, and x’s
belief that p is properly justified’, ‘x knows that p’ is the analysandum and
‘it is true that p, x believes that p, and x’s belief that p is properly
justified’ is the analysans. definist,
someone who holds that moral terms, such as ‘right’, and evaluative terms, such
as ‘good’ in short, normative terms are definable in non-moral, non-evaluative
i.e., non-normative terms. William Frankena offers a broader account of a
definist as one who holds that ethical terms are definable in non-ethical
terms. This would allow that they are definable in nonethical but evaluative
terms say, ‘right’ in terms of what is
non-morally intrinsically good. Definists who are also naturalists hold that
moral terms can be defined by terms that denote natural properties, i.e.,
properties whose presence or absence can be determined by observational means.
They might define ‘good’ as ‘what conduces to pleasure’. Definists who are not
naturalists will hold that the terms that do the defining do not denote natural
properties, e.g., that ‘right’ means ‘what is commanded by God’. definition, specification of the meaning or,
alternatively, conceptual content, of an expression. For example, ‘period of
fourteen days’ is a definition of ‘fortnight’. Definitions have traditionally
been judged by rules like the following: 1 A definition should not be too
narrow. ‘Unmarried adult male psychiatrist’ is too narrow a definition for
‘bachelor’, for some bachelors are not psychiatrists. ‘Having vertebrae and a
liver’ is too narrow for ‘vertebrate’, for, even though all actual vertebrate
things have vertebrae and a liver, it is possible for a vertebrate thing to
lack a liver. 2 A definition should not be too broad. ‘Unmarried adult’ is too
broad a definition for ‘bachelor’, for not all unmarried adults are bachelors.
‘Featherless biped’ is too broad for ‘human being’, for even though all actual
featherless bipeds are human beings, it is possible for a featherless biped to
be non-human. 3 The defining expression in a definition should ideally exactly
match the degree of vagueness of the expression being defined except in a
precising definition. ‘Adult female’ for ‘woman’ does not violate this rule,
but ‘female at least eighteen years old’ for ‘woman’ does. 4 A definition
should not be circular. If ‘desirable’ defines ‘good’ and ‘good’ defines
‘desirable’, these definitions are circular. Definitions fall into at least the
following kinds: analytical definition: definition whose corresponding
biconditional is analytic or gives an analysis of the definiendum: e.g.,
‘female fox’ for ‘vixen’, where the corresponding biconditional ‘For any x, x
is a vixen if and only if x is a female fox’ is analytic; ‘true in all possible
worlds’ for ‘necessarily true’, where the corresponding biconditional ‘For any
P, P is necessarily true if and only if P is true in all possible worlds’ gives
an analysis of the definiendum. contextual definition: definition of an
expression as it occurs in a larger expression: e.g., ‘If it is not the case
that Q, then P’ contextually defines ‘unless’ as it occurs in ‘P unless Q’;
‘There is at least one entity that is F and is identical with any entity that
is F’ contextually defines ‘exactly one’ as it occurs in ‘There is exactly one
F’. Recursive definitions see below are an important variety of contextual
definition. Another important application of contextual definition is Russell’s
theory of descriptions, which defines ‘the’ as it occurs in contexts of the
form ‘The so-and-so is such-and-such’. coordinative definition: definition of a
theoretical term by non-theoretical terms: e.g., ‘the forty-millionth part of
the circumference of the earth’ for ‘meter’. definition by genus and species:
When an expression is said to be applicable to some but not all entities of a
certain type and inapplicable to all entities not of that type, the type in
question is the genus, and the subtype of all and only those entities to which
the expression is applicable is the species: e.g., in the definition ‘rational
animal’ for ‘human’, the type animal is the genus and the subtype human is the
species. Each species is distinguished from any other of the same genus by a
property called the differentia. definition in use: specification of how an
expression is used or what it is used to express: e.g., ‘uttered to express
astonishment’ for ‘my goodness’. Vitters emphasized the importance of
definition in use in his use theory of meaning. definition per genus et
differentiam: definition by genus and difference; same as definition by genus
and species. explicit definition: definition that makes it clear that it is a
definition and identifies the expression being defined as such: e.g., ‘Father’
means ‘male parent’; ‘For any x, x is a father by definition if and only if x
is a male parent’. implicit definition: definition that is not an explicit
definition. lexical definition: definition of the kind commonly thought appropriate
for dictionary definitions of natural language terms, namely, a specification
of their conventional meaning. nominal definition: definition of a noun usually
a common noun, giving its linguistic meaning. Typically it is in terms of
macrosensible characteristics: e.g., ‘yellow malleable metal’ for ‘gold’. Locke
spoke of nominal essence and contrasted it with real essence. ostensive
definition: definition by an example in which the referent is specified by
pointing or showing in some way: e.g., “ ‘Red’ is that color,” where the word
‘that’ is accompanied with a gesture pointing to a patch of colored cloth; “
‘Pain’ means this,” where ‘this’ is accompanied with an insertion of a pin
through the hearer’s skin; “ ‘Kangaroo’ applies to all and only animals like
that,” where ‘that’ is accompanied by pointing to a particular kangaroo.
persuasive definition: definition designed to affect or appeal to the
psychological states of the party to whom the definition is given, so that a
claim will appear more plausible to the party than it is: e.g., ‘self-serving
manipulator’ for ‘politician’, where the claim in question is that all
politicians are immoral. precising definition: definition of a vague expression
intended to reduce its vagueness: e.g., ‘snake longer than half a meter and
shorter than two meters’ for ‘snake of average length’; ‘having assets ten
thousand times the median figure’ for ‘wealthy’. prescriptive definition:
stipulative definition that, in a recommendatory way, gives a new meaning to an
expression with a previously established meaning: e.g., ‘male whose primary
sexual preference is for other males’ for ‘gay’. real definition: specification
of the metaphysically necessary and sufficient condition for being the kind of
thing a noun usually a common noun designates: e.g., ‘element with atomic
number 79’ for ‘gold’. Locke spoke of real essence and contrasted it with
nominal essence. recursive definition also called inductive definition and
definition by recursion: definition in three clauses in which 1 the expression
defined is applied to certain particular items the base clause; 2 a rule is
given for reaching further items to which the expression applies the recursive,
or inductive, clause; and 3 it is stated that the expression applies to nothing
else the closure clause. E.g., ‘John’s parents are John’s ancestors; any parent
of John’s ancestor is John’s ancestor; nothing else is John’s ancestor’. By the
base clause, John’s mother and father are John’s ancestors. Then by the
recursive clause, John’s mother’s parents and John’s father’s parents are
John’s ancestors; so are their parents, and so on. Finally, by the last closure
clause, these people exhaust John’s ancestors. The following defines
multiplication in terms of definition definition 214 214 addition: ‘0 $ n % 0. m ! 1 $ n % m $ n
! n. Nothing else is the result of multiplying integers’. The base clause tells
us, e.g., that 0 $ 4 % 0. The recursive clause tells us, e.g., that 0 ! 1 $ 4 %
0 $ 4 ! 4. We then know that 1 $ 4 % 0 ! 4 % 4. Likewise, e.g., 2 $ 4 % 1 ! 1 $
4 % 1 $ 4 ! 4 % 4 ! 4 % 8. stipulative definition: definition regardless of the
ordinary or usual conceptual content of the expression defined. It postulates a
content, rather than aiming to capture the content already associated with the
expression. Any explicit definition that introduces a new expression into the
language is a stipulative definition: e.g., “For the purpose of our discussion
‘existent’ means ‘perceivable’ “; “By ‘zoobeedoobah’ we shall mean ‘vain
millionaire who is addicted to alcohol’.” synonymous definition: definition of
a word or other linguistic expression by another word synonymous with it: e.g.,
‘buy’ for ‘purchase’; ‘madness’ for ‘insanity’.
Refs.: There are specific essays on
‘teleology,’ ‘final cause,’ and ‘finality,’ the The Grice Papers. Some of the
material published in “Reply to Richards” (repr. in “Conception”) and “Actions
and events,” The H. P. Grice Papers, BANC.
DATVM
-- datum:
in epistemology, the “brute fact” element to be found or postulated as a
component of perceptual experience. Some theorists who endorse the existence of
a given element in experience think that we can find this element by careful
introspection of what we experience Moore, H. H. Price. Such theorists
generally distinguish between those components of ordinary perceptual awareness
that constitute what we believe or know about the objects we perceive and those
components that we strictly perceive. For example, if we analyze
introspectively what we are aware of when we see an apple we find that what we
believe of the apple is that it is a three-dimensional object with a soft,
white interior; what we see of it, strictly speaking, is just a red-shaped
expanse of one of its facing sides. This latter is what is “given” in the intended
sense. Other theorists treat the given as postulated rather than
introspectively found. For example, some theorists treat cognition as an
activity imposing form on some material given in conscious experience. On this
view, often attributed to Kant, the given and the conceptual are interdefined
and logically inseparable. Sometimes this interdependence is seen as rendering
a description of the given as impossible; in this case the given is said to be
ineffable C. I. Lewis, Mind and the World Order. On some theories of knowledge
foundationalism the first variant of the given
that which is “found” rather than “postulated” provides the empirical foundations of what we
might know or justifiably believe. Thus, if I believe on good evidence that
there is a red apple in front of me, the evidence is the non-cognitive part of
my perceptual awareness of the red appleshaped expanse. Epistemologies
postulating the first kind of givenness thus require a single entity-type to
explain the sensorial nature of perception and to provide immediate epistemic
foundations for empirical knowledge. This requirement is now widely regarded as
impossible to satisfy; hence Wilfred Sellars describes the discredited view as
the myth of the given.
DE-GRADATVM
-- Degradatum -- degree: Grice on the flat/variable distinctionGrice
considers that ‘ought’ is weaker than ‘must’‘ought’ displays
‘degree-acceptability.’ Grice loved a degreehe uses “d” in aspects of reason --
degree, also called arity, adicity, in formal languages, a property of predicate
and function expressions that determines the number of terms with which the
expression is correctly combined to yield a well-formed expression. If an
expression combines with a single term to form a wellformed expression, it is
of degree one monadic, singulary. Expressions that combine with two terms are
of degree two dyadic, binary, and so on. Expressions of degree greater than or
equal to two are polyadic. The formation rules of a formalized language must
effectively specify the degrees of its primitive expressions as part of the
effective determination of the class of wellformed formulas. Degree is commonly
indicated by an attached superscript consisting of an Arabic numeral.
Formalized languages have been studied that contain expressions having variable
degree or variable adicity and that can thus combine with any finite number of
terms. An abstract relation that would be appropriate as extension of a
predicate expression is subject to the same terminology, and likewise for
function expressions and their associated functions. -- degree of unsolvability, a maximal set of
equally complex sets of natural numbers, with comparative complexity of sets of
natural numbers construed as recursion-theoretic reducibility ordering.
Recursion theorists investigate various notions of reducibility between sets of
natural numbers, i.e., various ways of filling in the following schematic
definition. For sets A and B of natural numbers: A is reducible to B iff if and
only if there is an algorithm whereby each membership question about A e.g.,
‘17 1 A?’ could be answered allowing consultation of an definition, contextual
degree of unsolvability 215 215
“oracle” that would correctly answer each membership question about B. This
does not presuppose that there is a “real” oracle for B; the motivating idea is
counterfactual: A is reducible to B iff: if membership questions about B were
decidable then membership questions about A would also be decidable. On the
other hand, the mathematical definitions of notions of reducibility involve no
subjunctive conditionals or other intensional constructions. The notion of
reducibility is determined by constraints on how the algorithm could use the
oracle. Imposing no constraints yields T-reducibility ‘T’ for Turing, the most
important and most studied notion of reducibility. Fixing a notion r of
reducibility: A is r-equivalent to B iff A is r-reducible to B and B is
rreducible to A. If r-reducibility is transitive, r-equivalence is an
equivalence relation on the class of sets of natural numbers, one reflecting a
notion of equal complexity for sets of natural numbers. A degree of
unsolvability relative to r an r-degree is an equivalence class under that
equivalence relation, i.e., a maximal class of sets of natural numbers any two
members of which are r-equivalent, i.e., a maximal class of equally complex in
the sense of r-reducibility sets of natural numbers. The
r-reducibility-ordering of sets of natural numbers transfers to the rdegrees:
for d and dH r-degrees, let d m, dH iff for some A 1 d and B 1 dH A is
r-reducible to B. The study of r-degrees is the study of them under this
ordering. The degrees generated by T-reducibility are the Turing degrees.
Without qualification, ‘degree of unsolvability’ means ‘Turing degree’. The
least Tdegree is the set of all recursive i.e., using Church’s thesis, solvable
sets of natural numbers. So the phrase ‘degree of unsolvability’ is slightly
misleading: the least such degree is “solvability.” By effectively coding
functions from natural numbers to natural numbers as sets of natural numbers,
we may think of such a function as belonging to a degree: that of its coding
set. Recursion theorists have extended the notions of reducibility and degree
of unsolvability to other domains, e.g. transfinite ordinals and higher types
taken over the natural numbers.
DE-MONSTRARE – DE-MONSTRATVM –
DE-MONSTRATURA -- demonstratum:
Cf. illatumIn act of communication, Grice’s focus is on the reasoning on the
emissor’s part. This is end-means. The conversational moves is the most
effectively designed move. The potential uptake by the emissee is also taken
into the consideration by the emissor. And actual uptake is not of
philosophical importance. hen Grice tried to conceptualise what ‘communicating’
and ‘smoke means fire’ have in common he came with the idea of ‘consequentia,’
as a dyadic relation that, eventually, will become triadic, with the missor and
the missee brought into the bargain. “Look that smoke, there must be fire
somewhere’“By that handwave, he meant that he was about to leave me.” In any
case, Grice’s arriving at ‘consequentia’ is exactly Hobbes’s idea in
“Computatio.’ And ‘con-sequentia’ involves a bit of ‘demonstratio.’ One thing
follows the other. One thing YIELDS the other. The link may be causal (smoke
means fire) or ‘communicative’). ‘Rationality’ is one of those words Austin
forbids to use. Grice would venture with ‘reason,’ and better, ‘reasons’ to
make it countable, and good for botanising. Only in the New World, and when he
started to get input from non-philosophers, did Grice explore ‘rationality’
itself. Oxonians philosophers take it for granted, and do not have to philosophise
about it. Especially those who belong to Grice’s play group of
‘ordinary-language’ philosophers! Oxonian philosophers will quote from the
Locke version! Obviously, while each of the four lectures credits their own
entry below, it may do to reflect on Grices overall aim. Grice structures the
lectures in the form of a philosophical dialogue with his audience. The
first lecture is intended to provide a bit of linguistic botanising for
reasonable, and rational. In later lectures, Grice tackles reason qua noun.
The remaining lectures are meant to explore what he calls the
Aequi-vocality thesis: must has only one Fregeian that crosses what he calls
the buletic-doxastic divide. He is especially concerned ‒ this being
the Kant lectures ‒ with Kants attempt to reduce the
categorical imperative to a counsel of prudence (Ratschlag der Klugheit), where
Kants prudence is Klugheit, versus skill, as in rule of skill, and even if Kant
defines Klugheit as a skill to attain what is good for oneself ‒ itself
divided into privatKlugheit and Weltklugheit. Kant re-introduces the
Aristotelian idea of eudaimonia. While a further lecture on happiness as
the pursuit of a system of ends is NOT strictly part of the either the
Kant or the Locke lectures, it relates, since eudaemonia may be
regarded as the goal involved in the relevant
imperative. “Aspects”, Clarendon, Stanford, The Kant memorial
Lectures, “Aspects,” Clarendon, Some aspects of reason, Stanford; reason,
reasoning, reasons. The lectures were also delivered as the Locke
lectures. Grice is concerned with the reduction of the categorical
imperative to the hypothetical or suppositional imperative. His main
thesis he calls the æqui-vocality thesis: must has one unique or singular
sense, that crosses the buletic-boulomaic/doxastic divide. “Aspects,”
Clarendon, Grice, “Aspects, Clarendon, Locke lecture notes: reason. On
“Aspects”. Including extensive language botany on rational, reasonable, and
indeed reason (justificatory, explanatory, and mixed). At this point,
Grice notes that linguistic botany is indispensable towards the construction of
a more systematic explanatory theory. It is an exploration of a range of
uses of reason that leads him to his Aequi-vocality thesis that must has only
one sense; also ‘Aspects of reason and reasoning,’ in Grice, “Aspects,”
Clarendon, the Locke lectures, the Kant lectures, Stanford, reason,
happiness. While Locke hardly mentions reason, his friend Burthogge does,
and profusely! It was slightly ironic that Grice had delivered these
lectures as the Rationalist Kant lectures at Stanford. He was honoured to
be invited to Oxford. Officially, to be a Locke lecture you have to be
*visiting* Oxford. While Grice was a fellow of St. Johns, he was still
most welcome to give his set of lectures on reasoning at the Sub-Faculty of
Philosophy. He quotes very many authors, including Locke! In his proemium,
Grice notes that while he was rejected the Locke scholarship back in the day,
he was extremely happy to be under Lockes ægis now! When preparing for his second
lecture, he had occasion to revise some earlier drafts dated pretty early, on
reasons, Grice, “Aspects,” Clarendon, reason, reasons. Linguistic
analysis on justificatory, explanatory and mixed uses of reason. While
Grice knows that the basic use of reason is qua verb (reasoner reasons from
premise p to conclusion c), he spends some time in exploring reason as
noun. Grice found it a bit of a roundabout way to approach
rationality. However, his distinction between justificatory and explanatory
reason is built upon his linguistic botany on the use of reason qua
noun. Explanatory reason seems more basic for Grice than justificatory
reason. Explanatory reason explains the behaviour of a rational
agent. Grice is aware of Freud and his rationalizations. An agent may
invoke some reason for his acting which is not legitimate. An agent may
convince himself that he wants to move to Bournemouth because of the weather;
when in fact, his reason to move to Bournemouth is to be closer to Cowes and
join the yacht club there. Grice loved an enthymeme. Grices enthymeme. Grice,
the implicit reasoner! As the title of the lecture implies, Grice takes the
verb, to reason, as conceptually prior. A reasoner reasons, briefly, from a
premise to a conclusion. There are types of reason: flat reason and gradual
reason. He famously reports Shropshire, another tutee with Hardie, and his
proof on the immortality of the human soul. Grice makes some remarks on akrasia
as key, too. The first lecture is then dedicated to an elucidation, and indeed
attempt at a conceptual analysis in terms of intentions and doxastic conditions
reasoner R intends that premise P yields conclusion C and believes his
intention will cause his entertaining of the conclusion from his entertaining
the premise. One example of particular interest for a study of the use of
conversational reason in Grice is that of the connection between implicaturum
and reasoning. Grice entitles the sub-section of the lecture as Too good to be
reasoning, which is of course a joke. Cf. too much love will kill you, and
Theres no such thing as too much of a good thing (Shakespeare, As you like it).
Grice notes: I have so far been considering difficulties which may arise from
the attempt to find, for all cases of actual reasoning, reconstructions of
sequences of utterances or explicit thoughts which the reasoner might plausibly
be supposed to think of as conforming to some set of canonical patterns of
inference. Grice then turns to a different class of examples, with regard to
which the problem is not that it is difficult to know how to connect them with
canonical patterns, but rather that it is only too easy (or shall I say
trivial) to make the connection. Like some children (not many), some cases of
reasoning are too well behaved for their own good. Suppose someone says to
Grice, and It is very interesting that Grice gives conversational examples.
Jack has arrived, Grice replies, I conclude from that that Jack has arrived. Or
he says Jack has arrived AND Jill has *also* arrived, And Grice replies, I
conclude that Jill has arrived.(via Gentzens conjunction-elimination). Or he
says, My wife is at home. And Grice replies, I reason from that that someone
(viz. your wife) is at home. Is there not something very strange about the
presence in my three replies of the verb conclude (in example I and II) and the
verb reason (in the third example)? misleading, but doxastically fine,
professor! It is true, of course, that if instead of my first reply I had said
(vii) vii. So Jack has arrived, has he? the strangeness would have been
removed. But here so serves not to indicate that an inference is being made,
but rather as part of a not that otiose way of expressing surprise. One might
just as well have said (viii). viii. Well, fancy that! Now, having spent a sizeable
part of his life exploiting it, Grice is not unaware of the truly fine
distinction between a statements being false (or axiologically satisfactory),
and its being true (or axiologically satisfactory) but otherwise
conversationally or pragmatically misleading or inappropriate or pointless,
and, on that account and by such a fine distinction, a statement, or an
utterance, or conversational move which it would be improper (in terms of the
reasonable/rational principle of conversational helfpulness) in one way or
another, to make. It is worth considering Grices reaction to his own
distinction. Entailment is in sight! But Grice does not find himself lured by
the idea of using that distinction here! Because Moores entailment, rather than
Grices implicaturum is entailed. Or because explicatu, rather than implicaturum
is involved. Suppose, again, that I were to break off the chapter at this
point, and switch suddenly to this argument. ix. I have two hands (here is one
hand and here is another). If had three more hands, I would have five. If I
were to have double that number I would have ten, and if four of them were
removed six would remain. So I would have four more hands than I have now. Is
one happy to describe this performance as reasoning? Depends whos one and whats
happy!? There is, however, little doubt that I have produced a canonically
acceptable chain of statements. So surely that is reasoning, if only
conversationally misleadingly called so. Or suppose that, instead of writing in
my customary free and easy style, I had framed my remarks (or at least the
argumentative portions of my remarks) as a verbal realization, so to speak, of
sequences of steps in strict conformity with the rules of a natural-deduction
system of first-order predicate logic. I give, that is to say, an updated
analogue of a medieval disputation. Implicaturum. Gentzen is Ockham. Would
those brave souls who continued to read be likely to think of my performance as
the production of reasoning, or would they rather think of it as a crazy
formalisation of reasoning conducted at some previous time? Depends on crazy or
formalisation. One is reminded of Grice telling Strawson, If you cannot
formalise, dont say it; Strawson: Oh, no! If I can formalise it, I shant say
it! The points suggested by this stream of rhetorical questions may be
summarized as follows. Whether the samples presented FAIL to achieve the title
of reasoning, and thus be deemed reasoning, or whether the samples achieve the
title, as we may figuratively put it, by the skin of their teeth, perhaps does
not very greatly matter. For whichever way it is, the samples seem to offend
against something (different things in different cases, Im sure) very central
to our conception of reasoning. So central that Moore would call it entailment!
A mechanical application of a ground rule of inference, or a concatenation
thereof, is reluctantly (if at all) called reasoning. Such a mechanical
application may perhaps legitimately enter into (i.e. form individual steps in)
authentic reasonings, but they are not themselves reasonings, nor is a string
of them. There is a demand that a reasoner should be, to a greater or lesser
degree, the author of his reasonings. Parroted sequences are not reasonings
when parroted, though the very same sequences might be reasoning if not
parroted. Ped sequences are another matter. Some of the examples Grice gives
are deficient because they are aimless or pointless. Reasoning is
characteristically addressed to this or that problem: a small problem, a large
problem, a problem within a problem, a clear problem, a hazy problem, a
practical problem, an intellectual problem; but a problem! A mere flow of ideas
minimally qualifies (or can be deemed) as reasoning, even if it happens to be
logically respectable. But if it is directed, or even monitored (with
intervention should it go astray, not only into fallacy or mistake, but also
into such things as conversational irrelevance or otiosity!), that is another
matter! Finicky over-elaboration of intervening steps is frowned upon, and in
extreme cases runs the risk of forfeiting the title of reasoning. In
conversation, such over-elaboration will offend against this or that
conversational maxim, against (presumably) some suitably formulated maxim
conjoining informativeness. As Grice noted with regard to ‘That pillar box
seems red to me.’ That would be baffling if the addressee fails to detect the
communication-point. An utterance is supposed to inform, and what is the above
meant to inform its addressee? In thought, it will be branded as pedantry or
neurotic caution. If a distinction between brooding and conversing is to be
made! At first sight, perhaps, one would have been inclined to say that greater
rather than lesser explicitnessness is a merit. Not that inexplicitness, or implicaturum-status,
as it were ‒ is bad, but that, other things being equal, the more explicitness
the better. But now it looks as if proper explicitness (or explicatum-status)
is an Aristotelian mean, or mesotes, and it would be good some time to enquire
what determines where that mean lies. The burden of the foregoing observations
seems to me to be that the provisional account of reasoning, which has been
before us, leaves out something which is crucially important. What it leaves
out is the conception of reasoning, as I like to see conversation, as a
purposive activity, as something with goals and purposes. The account or
picture leaves out, in short, the connection of reasoning with the will!
Moreover, once we avail ourselves of the great family of additional ideas which
the importation of this conception would give us, we shall be able to deal with
the quandary which I laid before you a few minutes ago. For we could say e.g.
that R reasons (informally) from p to c just in case R thinks that p and
intends that, in thinking c, he should be thinking something which would be the
conclusion of a formally valid argument the premisses of which are a
supplementation of p. This will differ from merely thinking that there exists
some formally valid supplementation of a transition from p to c, which I felt
inclined NOT to count as (or deem) reasoning. I have some hopes that this
appeal to the purposiveness or goal-oriented character of authentic reasoning
or good reasoning might be sufficient to dispose of the quandary on which I
have directed it. But I am by no means entirely confident that this is the
case, and so I offer a second possible method of handling the quandary, one to
which I shall return later when I shall attempt to place it in a larger
context. We have available to us (let us suppose) what I might call a hard way
of making inferential moves. We in fact employ this laborious, step-by-step
procedure at least when we are in difficulties, when the course is not clear,
when we have an awkward (or philosophical) audience, and so forth. An
inferential judgement, however, is a normally desirable undertaking for us only
because of its actual or hoped for destinations, and is therefore not desirable
for its own sake (a respect in which, possibly, it may differ from an
inferential capacity). Following the hard way consumes time and energy. These
are in limited supply and it would, therefore, be desirable if occasions for
employing the hard way were minimized. A substitute for the hard way, the quick
way, which is made possible by habituation and intention, is available to us,
and the capacity for it (which is sometimes called intelligence, and is known
to be variable in degree) is a desirable quality. The possibility of making a
good inferential step (there being one to be made), together with such items as
a particular inferers reputation for inferential ability, may determine whether
on a particular occasion we suppose a particular transition to be inferential
(and so to be a case of reasoning) or not. On this account, it is not essential
that there should be a single supplementation of an informal reasoning which is
supposed to be what is overtly in the inferers mind, though quite often there
may be special reasons for supposing this to be the case. So Botvinnik is properly
credited with a case of reasoning, while Shropshire is not. Drawing from his
recollections of an earlier linguistic botany on reason. Grice distinguishes
between justificatory reason and explanatory reason. There is a special case of
mixed reason, explanatory-cum-justificatory. The lecture can be seen as the way
an exercise that Austin took as taxonomic can lead to explanatory adequacy,
too! Bennett is an excellent correspondent. He holds a very interesting
philosophical correspondence with Hare. This is just one f. with Grices
correspondence with Bennett. Oxford don, Christchurh, NZ-born Bennett, of
Magdalen, B. Phil. Oxon. Bennett has an essay on the interpretation of a formal
system under Austin. It is interesting that Bennett was led to consider the
interpretation of a formal system under Austins Play Group. Bennett attends
Grices seminars. He is my favourite philosopher. Bennett quotes Grice in his
Linguistic behaviour. In return, Grice quotes Bennett in the Preface
toWOW. Bennett has an earlier essay on rationality, which evidences that
the topic is key at Grices Oxford. Bennett has studied better than anyone the
way Locke is Griceian. A word or expression does not just stand for idea, but
for the intention of the utterer to stand for it! Grice also enjoyed construal
by Bennett of Grice as a nominalist. Bennett makes a narrow use of the epithet.
Since Grice does distinguish between an utterance-token (x) and an
utterance-type, and considers that the attribution of meaning from token to
type is metabolic, this makes Grice a nominalist. Bennett is one of the few to
follow Kantotle and make him popular on the pages of the Times Literary
Supplement, of all places. Refs.: The locus classicus is “Aspects,” Clarendon.
But there are allusions on ‘reason’ and ‘rationality, in The H. P. Grice
Papers, BANC.
DE-NOTATUM
– GNOTATVM -- denotatum -- denotation, the thing or things that an expression
applies to; extension. The term is used in contrast with ‘meaning’ and
‘connotation’. A pair of expressions may apply to the same things, i.e., have
the same denotation, yet differ in meaning: ‘triangle’, ‘trilateral’; ‘creature
with a heart’, ‘creature with a kidney’; ‘bird’, ‘feathered earthling’;
‘present capital of France’, ‘City of Light’. If a term does not apply to
anything, some will call it denotationless, while others would say that it
denotes the empty set. Such terms may differ in meaning: ‘unicorn’, ‘centaur’,
‘square root of pi’. Expressions may apply to the same things, yet bring to
mind different associations, i.e., have different connotations: ‘persistent’,
‘stubborn’, ‘pigheaded’; ‘white-collar employee’, ‘office worker’,
‘professional paper-pusher’; ‘Lewis Carroll’, ‘Reverend Dodgson’. There can be
confusion about the denotation-connotation terminology, because this pair is
used to make other contrasts. Sometimes the term ‘connotation’ is used more
broadly, so that any difference of either meaning or association is considered
a difference of connotation. Then ‘creature with a heart’ and ‘creature with a
liver’ might be said to denote the same individuals or sets but to connote
different properties. In a second use, denotation is the semantic value of an
expression. Sometimes the denotation of a general term is said to be a
property, rather than the things having the property. This occurs when the
denotation-connotation terminology is used to contrast the property expressed
with the connotation. Thus ‘persistent’ and ‘pig-headed’ might be said to
denote the same property but differ in connotation.
Grice’s
deontic operator“The
deon is like the Roman ‘necesse,’ Grice was aware of Bentham’s play on words
with deontology -- as a Kantian, Griceian is a deontologist. However, he refers
to the ‘sorry story of deontic logic,’ because of von Wright (from whom he
borrowed but to whom he never returned ‘alethic’) deontic logic, the logic of
obligation and permission. There are three principal types of formal deontic
systems. 1 Standard deontic logic, or SDL, results from adding a pair of
monadic deontic operators O and P, read as “it ought to be that” and “it is
permissible that,” respectively, to the classical propositional calculus. SDL
contains the following axioms: tautologies of propositional logic, OA SPA, OA
/OA, OA / B / OA / OB, and OT, where T stands for any tautology. Rules of
inference are modus ponens and substitution. See the survey of SDL by Dagfinn
Follesdal and Risto Hilpinin in R. Hilpinin, ed., Deontic Logic, 1. 2 Dyadic
deontic logic is obtained by adding a pair of dyadic deontic operators O / and P / , to be read as “it ought to be that
. . . , given that . . .” and “it is permissible that . . . , given that . . .
,” respectively. The SDL monadic operator O is defined as OA S OA/T; i.e., a
statement of absolute obligation OA becomes an obligation conditional on
tautologous conditions. A statement of conditional obligation OA/B is true
provided that some value realized at some B-world where A holds is better than
any value realized at any B-world where A does not hold. This axiological
construal of obligation is typically accompanied by these axioms and rules of
inference: tautologies of propositional logic, modus ponens, and substitution,
PA/C SO-A/C, OA & B/C S [OA/C & OB/C], OA/C / PA/C, OT/C / OC/C, OT/C /
OT/B 7 C, [OA/B & OA/C] / OA/B 7 C, [PB/B 7 C & OA/B 7 C] / OA/B, and
[P< is the negation of any tautology. See the comparison of alternative
dyadic systems in Lennart Aqvist, Introduction to Deontic Logic and the Theory
of Normative Systems, 7. 3 Two-sorted deontic logic, due to Castañeda Thinking
and Doing, 5, pivotally distinguishes between propositions, the bearers of
truth-values, and practitions, the contents of commands, imperatives, requests,
and such. Deontic operators apply to practitions, yielding propositions. The
deontic operators Oi, Pi, Wi, and li are read as “it is obligatory i that,” “it
is permissible i that,” “it is wrong i that,” and “it is optional i denotation
deontic logic 219 219 that,”
respectively, where i stands for any of the various types of obligation,
permission, and so on. Let p stand for indicatives, where these express
propositions; let A and B stand for practitives, understood to express
practitions; and allow p* to stand for both indicatives and practitives. For
deontic definition there are PiA SOiA, WiA S OiA, and LiA SOiA &OiA. Axioms
and rules of inference include p*, if p* has the form of a truth-table
tautology, OiA /OiA, O1A / A, where O1 represents overriding obligation, modus
ponens for both indicatives and practitives, and the rule that if p & A1
& . . . & An / B is a theorem, so too is p & OiA1 & . . . &
OiAn / OiB. -- deontic paradoxes, the
paradoxes of deontic logic, which typically arise as follows: a certain set of
English sentences about obligation or permission appears logically consistent,
but when these same sentences are represented in a proposed system of deontic
logic the result is a formally inconsistent set. To illustrate, a formulation
is provided below of how two of these paradoxes beset standard deontic logic.
The contrary-to-duty imperative paradox, made famous by Chisholm Analysis, 3,
arises from juxtaposing two apparent truths: first, some of us sometimes do
what we should not do; and second, when such wrongful doings occur it is
obligatory that the best or a better be made of an unfortunate situation.
Consider this scenario. Art and Bill share an apartment. For no good reason Art
develops a strong animosity toward Bill. One evening Art’s animosity takes
over, and he steals Bill’s valuable lithographs. Art is later found out,
apprehended, and brought before Sue, the duly elected local
punishment-and-awards official. An inquiry reveals that Art is a habitual thief
with a history of unremitting parole violation. In this situation, it seems
that 14 are all true and hence mutually consistent: 1 Art steals from Bill. 2
If Art steals from Bill, Sue ought to punish Art for stealing from Bill. 3 It
is obligatory that if Art does not steal from Bill, Sue does not punish him for
stealing from Bill. 4 Art ought not to steal from Bill. Turning to standard
deontic logic, or SDL, let sstand for ‘Art steals from Bill’ and let p stand for
‘Sue punishes Art for stealing from Bill’. Then 14 are most naturally
represented in SDL as follows: 1a s. 2a s / Op. 3a O- s /p. 4a Os. Of these, 1a
and 2a entail Op by propositional logic; next, given the SDL axiom OA / B / OA
/ OB, 3a implies Os / Op; but the latter, taken in conjunction with 4a, entails
Op by propositional logic. In the combination of Op, Op, and the axiom OA /OA,
of course, we have a formally inconsistent set. The paradox of the knower,
first presented by Lennart Bqvist Noûs, 7, is generated by these apparent
truths: first, some of us sometimes do what we should not do; and second, there
are those who are obligated to know that such wrongful doings occur. Consider
the following scenario. Jones works as a security guard at a local store. One
evening, while Jones is on duty, Smith, a disgruntled former employee out for
revenge, sets the store on fire just a few yards away from Jones’s work
station. Here it seems that 13 are all true and thus jointly consistent: 1
Smith set the store on fire while Jones was on duty. 2 If Smith set the store
on fire while Jones was on duty, it is obligatory that Jones knows that Smith
set the store on fire. 3 Smith ought not set the store on fire. Independently,
as a consequence of the concept of knowledge, there is the epistemic theorem
that 4 The statement that Jones knows that Smith set the store on fire entails
the statement that Smith set the store on fire. Next, within SDL 1 and 2 surely
appear to imply: 5 It is obligatory that Jones knows that Smith set the store
on fire. But 4 and 5 together yield 6 Smith ought to set the store on fire,
given the SDL theorem that if A / B is a theorem, so is OA / OB. And therein
resides the paradox: not only does 6 appear false, the conjunction of 6 and 3
is formally inconsistent with the SDL axiom OA /OA. The overwhelming verdict
among deontic logicians is that SDL genuinely succumbs to the deontic operator
deontic paradoxes 220 220 deontic
paradoxes. But it is controversial what other approach is best followed to resolve
these puzzles. Two of the most attractive proposals are Castañeda’s two-sorted
system Thinking and Doing, 5, and the agent-and-time relativized approach of
Fred Feldman Philosophical Perspectives, 0.
Grice
on types of priority
-- Grice often uses ‘depend’but not clearly in what sensethere’s ontological
dependence, the basic one. dependence, in philosophy, a relation of one of
three main types: epistemic dependence, or dependence in the order of knowing;
conceptual dependence, or dependence in the order of understanding; and
ontological dependence, or dependence in the order of being. When a relation of
dependence runs in one direction only, we have a relation of priority. For
example, if wholes are ontologically dependent on their parts, but the latter
in turn are not ontologically dependent on the former, one may say that parts
are ontologically prior to wholes. The phrase ‘logical priority’ usually refers
to priority of one of the three varieties to be discussed here. Epistemic
dependence. To say that the facts in some class B are epistemically dependent
on the facts in some other class A is to say this: one cannot know any fact in
B unless one knows some fact in A that serves as one’s evidence for the fact in
B. For example, it might be held that to know any fact about one’s physical
environment e.g., that there is a fire in the stove, one must know as evidence
some facts about the character of one’s own sensory experience e.g., that one
is feeling warm and seeing flames. This would be to maintain that facts about
the physical world are epistemically dependent on facts about sensory
experience. If one held in addition that the dependence is not reciprocal that one can know facts about one’s sensory
experience without knowing as evidence any facts about the physical world one would be maintaining that the former
facts are epistemically prior to the latter facts. Other plausible though
sometimes disputed examples of epistemic priority are the following: facts
about the behavior of others are epistemically prior to facts about their
mental states; facts about observable objects are epistemically prior to facts
about the invisible particles postulated by physics; and singular facts e.g.,
this crow is black are epistemically prior to general facts e.g., all crows are
black. Is there a class of facts on which all others epistemically depend and
that depend on no further facts in turn
a bottom story in the edifice of knowledge? Some foundationalists say
yes, positing a level of basic or foundational facts that are epistemically
prior to all others. Empiricists are usually foundationalists who maintain that
the basic level consists of facts about immediate sensory experience.
Coherentists deny the need for a privileged stratum of facts to ground the
knowledge of all others; in effect, they deny that any facts are epistemically
prior to any others. Instead, all facts are on a par, and each is known in
virtue of the way in which it fits in with all the rest. Sometimes it appears
that two propositions or classes of them each epistemically depend on the other
in a vicious way to know A, you must
first know B, and to know B, you must first know A. Whenever this is genuinely
the case, we are in a skeptical predicament and cannot know either proposition.
For example, Descartes believed that he could not be assured of the reliability
of his own cognitions until he knew that God exists and is not a deceiver; yet
how could he ever come to know anything about God except by relying on his own
cognitions? This is the famous problem of the Cartesian circle. Another example
is the problem of induction as set forth by Hume: to know that induction is a
legitimate mode of inference, one would first have to know that the future will
resemble the past; but since the latter fact is establishable only by
induction, one could know it only if one already knew that induction is
legitimate. Solutions to these problems must show that contrary to first
appearances, there is a way of knowing one of the problematic propositions
independently of the other. Conceptual dependence. To say that B’s are
conceptually dependent on A’s means that to understand what a B is, you must
understand what an A is, or that the concept of a B can be explained or
understood only through the concept of an A. For example, it could plausibly be
claimed that the concept uncle can be understood only in terms of the concept
male. Empiricists typically maintain that we understand what an external thing
like a tree or a table is only by knowing what experiences it would induce in
us, so that the concepts we apply to physical things depend on the concepts we
apply to our experideontological ethics dependence 221 221 ences. They typically also maintain that
this dependence is not reciprocal, so that experiential concepts are
conceptually prior to physical concepts. Some empiricists argue from the thesis
of conceptual priority just cited to the corresponding thesis of epistemic
priority that facts about experiences
are epistemically prior to facts about external objects. Turning the tables,
some foes of empiricism maintain that the conceptual priority is the other way
about: that we can describe and understand what kind of experience we are
undergoing only by specifying what kind of object typically causes it “it’s a
smell like that of pine mulch”. Sometimes they offer this as a reason for
denying that facts about experiences are epistemically prior to facts about
physical objects. Both sides in this dispute assume that a relation of
conceptual priority in one direction excludes a relation of epistemic priority
in the opposite direction. But why couldn’t it be the case both that facts
about experiences are epistemically prior to facts about physical objects and
that concepts of physical objects are conceptually prior to concepts of
experiences? How the various kinds of priority and dependence are connected
e.g., whether conceptual priority implies epistemic priority is a matter in
need of further study. Ontological dependence. To say that entities of one sort
the B’s are ontologically dependent on entities of another sort the A’s means
this: no B can exist unless some A exists; i.e., it is logically or
metaphysically necessary that if any B exists, some A also exists. Ontological
dependence may be either specific the existence of any B depending on the
existence of a particular A or generic the existence of any B depending merely
on the existence of some A or other. If B’s are ontologically dependent on A’s,
but not conversely, we may say that A’s are ontologically prior to B’s. The
traditional notion of substance is often defined in terms of ontological
priority substances can exist without
other things, as Aristotle said, but the others cannot exist without them. Leibniz
believed that composite entities are ontologically dependent on simple i.e.,
partless entities that any composite
object exists only because it has certain simple elements that are arranged in
a certain way. Berkeley, J. S. Mill, and other phenomenalists have believed
that physical objects are ontologically dependent on sensory experiences that the existence of a table or a tree
consists in the occurrence of sensory experiences in certain orderly patterns.
Spinoza believed that all finite beings are ontologically dependent on God and
that God is ontologically dependent on nothing further; thus God, being
ontologically prior to everything else, is in Spinoza’s view the only
substance. Sometimes there are disputes about the direction in which a
relationship of ontological priority runs. Some philosophers hold that
extensionless points are prior to extended solids, others that solids are prior
to points; some say that things are prior to events, others that events are
prior to things. In the face of such disagreement, still other philosophers such
as Goodman have suggested that nothing is inherently or absolutely prior to
anything else: A’s may be prior to B’s in one conceptual scheme, B’s to A’s in
another, and there may be no saying which scheme is correct. Whether
relationships of priority hold absolutely or only relative to conceptual
schemes is one issue dividing realists and anti-realists.
de re: as opposed to de dicto, of what is said or of the
proposition, as opposed to de re, of the thing. Many philosophers believe the
following ambiguous, depending on whether they are interpreted de dicto or de
re: 1 It is possible that the number of U.S. states is even. 2 Galileo believes
that the earth moves. Assume for illustrative purposes that there are
propositions and properties. If 1 is interpreted as de dicto, it asserts that
the proposition that the number of U.S. states is even is a possible truth something true, since there are in fact fifty
states. If 1 is interpreted as de re, it asserts that the actual number of
states fifty has the property of being possibly even something essentialism takes to be true.
Similarly for 2; it may mean that Galileo’s belief has a certain content that the earth moves or that Galileo believes, of the earth, that
it moves. More recently, largely due to Castañeda and John Perry, many
philosophers have come to believe in de se “of oneself” ascriptions, distinct
from de dicto and de re. Suppose, while drinking with others, I notice that
someone is spilling beer. Later I come to realize that it is I. I believed at
the outset that someone was spilling beer, but didn’t believe that I was. Once
I did, I straightened my glass. The distinction between de se and de dicto
attributions is supposed to be supported by the fact that while de dicto
propositions must be either true or false, there is no true proposition
embeddable within ‘I believe that . . .’ that correctly ascribes to me the belief
that I myself am spilling beer. The sentence ‘I am spilling beer’ will not do,
because it employs an “essential” indexical, ‘I’. Were I, e.g., to designate
myself other than by using ‘I’ in attributing the relevant belief to myself,
there would be no explanation of my straightening my glass. Even if I believed
de re that LePore is spilling beer, this still does not account for why I lift
my glass. For I might not know I am LePore. On the basis of such data, some
philosophers infer that de se attributions are irreducible to de re or de dicto
attributions. Internal-external
distinctionde re -- externalism, the view that there are objective reasons for
action that are not dependent on the agent’s desires, and in that sense
external to the agent. Internalism about reasons is the view that reasons for
action must be internal in the sense that they are grounded in motivational
facts about the agent, e.g. her desires and goals. Classic internalists such as
Hume deny that there are objective reasons for action. For instance, whether
the fact that an action would promote health is a reason to do it depends on
whether one has a desire to be healthy. It may be a reason for some and not for
others. The doctrine is hence a version of relativism; a fact is a reason only
insofar as it is so connected to an agent’s psychological states that it can
motivate the agent. By contrast, externalists hold that not all reasons depend
on the internal states of particular agents. Thus an externalist could hold
that promoting health is objectively good and that the fact that an action
would promote one’s health is a reason to perform it regardless of whether one
desires health. This dispute is closely tied to the debate over motivational
internalism, which may be conceived as the view that moral beliefs for instance
are, by virtue of entailing motivation, internal reasons for action. Those who
reject motivational internalism must either deny that expressive completeness
externalism 300 300 sound moral beliefs
always provide reasons for action or hold that they provide external reasons.
DE-VOLVTVM
-- In-volutum, ex-volutumde-volutum -- The involutum/evolutum distinction, the:
evolutum:
evolutionary Grice -- Darwinism, the view that biological species evolve
primarily by means of chance variation and natural selection. Although several
important scientists prior to Charles Darwin 180982 had suggested that species
evolve and had provided mechanisms for that evolution, Darwin was the first to
set out his mechanism in sufficient detail and provide adequate empirical
grounding. Even though Darwin preferred to talk about descent with
modification, the term that rapidly came to characterize his theory was
evolution. According to Darwin, organisms vary with respect to their
characteristics. In a litter of puppies, some will be bigger, some will have
longer hair, some will be more resistant to disease, etc. Darwin termed these
variations chance, not because he thought that they were in any sense
“uncaused,” but to reject any general correlation between the variations that
an organism might need and those it gets, as Lamarck had proposed. Instead,
successive generations of organisms become adapted to their environments in a
more roundabout way. Variations occur in all directions. The organisms that happen
to possess the characteristics necessary to survive and reproduce proliferate.
Those that do not either die or leave fewer offspring. Before Darwin, an
adaptation was any trait that fits an organism to its environment. After
Darwin, the term came to be limited to just those useful traits that arose
through natural selection. For example, the sutures in the skulls of mammals
make parturition easier, but they are not adaptations in an evolutionary sense
because Danto, Arthur Coleman Darwinism 204
204 they arose in ancestors that did not give birth to live young, as is
indicated by these same sutures appearing in the skulls of egg-laying birds.
Because organisms are integrated systems, Darwin thought that adaptations had
to arise through the accumulation of numerous, small variations. As a result,
evolution is gradual. Darwin himself was unsure about how progressive
biological evolution is. Organisms certainly become better adapted to their
environments through successive generations, but as fast as organisms adapt to
their environments, their environments are likely to change. Thus, Darwinian
evolution may be goal-directed, but different species pursue different goals,
and these goals keep changing. Because heredity was so important to his theory
of evolution, Darwin supplemented it with a theory of heredity pangenesis. According to this theory, the
cells throughout the body of an organism produce numerous tiny gemmules that
find their way to the reproductive organs of the organism to be transmitted in reproduction.
An offspring receives variable numbers of gemmules from each of its parents for
each of its characteristics. For instance, the male parent might contribute 214
gemmules for length of hair to one offspring, 121 to another, etc., while the
female parent might contribute 54 gemmules for length of hair to the first
offspring and 89 to the second. As a result, characters tend to blend. Darwin
even thought that gemmules themselves might merge, but he did not think that
the merging of gemmules was an important factor in the blending of characters.
Numerous objections were raised to Darwin’s theory in his day, and one of the
most telling stemmed from his adopting a blending theory of inheritance. As
fast as natural selection biases evolution in a particular direction, blending
inheritance neutralizes its effects. Darwin’s opponents argued that each
species had its own range of variation. Natural selection might bias the
organisms belonging to a species in a particular direction, but as a species
approached its limits of variation, additional change would become more
difficult. Some special mechanism was needed to leap over the deep, though
possibly narrow, chasms that separate species. Because a belief in biological
evolution became widespread within a decade or so after the publication of
Darwin’s Origin of Species in 1859, the tendency is to think that it was
Darwin’s view of evolution that became popular. Nothing could be further from
the truth. Darwin’s contemporaries found his theory too materialistic and
haphazard because no supernatural or teleological force influenced evolutionary
development. Darwin’s contemporaries were willing to accept evolution, but not
the sort advocated by Darwin. Although Darwin viewed the evolution of species
on the model of individual development, he did not think that it was directed
by some internal force or induced in a Lamarckian fashion by the environment.
Most Darwinians adopted just such a position. They also argued that species
arise in the space of a single generation so that the boundaries between
species remained as discrete as the creationists had maintained. Ideal
morphologists even eliminated any genuine temporal dimension to evolution.
Instead they viewed the evolution of species in the same atemporal way that
mathematicians view the transformation of an ellipse into a circle. The
revolution that Darwin instigated was in most respects non-Darwinian. By the
turn of the century, Darwinism had gone into a decided eclipse. Darwin himself
remained fairly open with respect to the mechanisms of evolution. For example,
he was willing to accept a minor role for Lamarckian forms of inheritance, and
he acknowledged that on occasion a new species might arise quite rapidly on the
model of the Ancon sheep. Several of his followers were less flexible,
rejecting all forms of Lamarckian inheritance and insisting that evolutionary
change is always gradual. Eventually Darwinism became identified with the views
of these neo-Darwinians. Thus, when Mendelian genetics burst on the scene at
the turn of the century, opponents of Darwinism interpreted this new
particulate theory of inheritance as being incompatible with Darwin’s blending
theory. The difference between Darwin’s theory of pangenesis and Mendelian
genetics, however, did not concern the existence of hereditary particles.
Gemmules were as particulate as genes. The difference lay in numbers. According
to early Mendelians, each character is controlled by a single pair of genes.
Instead of receiving a variable number of gemmules from each parent for each
character, each offspring gets a single gene from each parent, and these genes
do not in any sense blend with each other. Blue eyes remain as blue as ever
from generation to generation, even when the gene for blue eyes resides opposite
the gene for brown eyes. As the nature of heredity was gradually worked out,
biologists began to realize that a Darwinian view of evolution could be
combined with Mendelian genetics. Initially, the founders of this later stage
in the development of neoDarwinism exhibited considerable variation in
Darwinism Darwinism 205 205 their
beliefs about the evolutionary process, but as they strove to produce a single,
synthetic theory, they tended to become more Darwinian than Darwin had been.
Although they acknowledged that other factors, such as the effects of small
numbers, might influence evolution, they emphasized that natural selection is
the sole directive force in evolution. It alone could explain the complex
adaptations exhibited by organisms. New species might arise through the
isolation of a few founder organisms, but from a populational perspective,
evolution was still gradual. New species do not arise in the space of a single
generation by means of “hopeful monsters” or any other developmental means. Nor
was evolution in any sense directional or progressive. Certain lineages might
become more complex for a while, but at this same time, others would become
simpler. Because biological evolution is so opportunistic, the tree of life is
highly irregular. But the united front presented by the neo-Darwinians was in
part an illusion. Differences of opinion persisted, for instance over how
heterogeneous species should be. No sooner did neo-Darwinism become the
dominant view among evolutionary biologists than voices of dissent were raised.
Currently, almost every aspect of the neo-Darwinian paradigm is being
challenged. No one proposes to reject naturalism, but those who view themselves
as opponents of neo-Darwinism urge more important roles for factors treated as
only minor by the neo-Darwinians. For example, neoDarwinians view selection as
being extremely sharp-sighted. Any inferior organism, no matter how slightly
inferior, is sure to be eliminated. Nearly all variations are deleterious.
Currently evolutionists, even those who consider themselves Darwinians,
acknowledge that a high percentage of changes at the molecular level may be
neutral with respect to survival or reproduction. On current estimates, over 95
percent of an organism’s genes may have no function at all. Disagreement also
exists about the level of organization at which selection can operate. Some
evolutionary biologists insist that selection occurs primarily at the level of
single genes, while others think that it can have effects at higher levels of
organization, certainly at the organismic level, possibly at the level of
entire species. Some biologists emphasize the effects of developmental
constraints on the evolutionary process, while others have discovered
unexpected mechanisms such as molecular drive. How much of this conceptual
variation will become incorporated into Darwinism remains to be seen. Evolutionary griceianism -- evolutionary
epistemology, a theory of knowledge inspired by and derived from the fact and
processes of organic evolution the term was coined by the social psychologist
Donald Campbell. Most evolutionary epistemologists subscribe to the theory of
evolution through natural selection, as presented by Darwin in the Origin of
Species 1859. However, one does find variants, especially one based on some
kind of neoLamarckism, where the inheritance of acquired characters is central
Spencer endorsed this view and another based on some kind of jerky or
“saltationary” evolutionism Thomas Kuhn, at the end of The Structure of Scientific
Revolutions, accepts this idea. There are two approaches to evolutionary
epistemology. First, one can think of the transformation of organisms and the
processes driving such change as an analogy for the growth of knowledge,
particularly scientific knowledge. “Darwin’s bulldog,” T. H. Huxley, was one of
the first to propose this idea. He argued that just as between organisms we
have a struggle for existence, leading to the selection of the fittest, so
between scientific ideas we have a struggle leading to a selection of the
fittest. Notable exponents of this view today include Stephen Toulmin, who has
worked through the analogy in some detail, and David Hull, who brings a
sensitive sociological perspective to bear on the position. Karl Popper
identifies with this form of evolutionary epistemology, arguing that the
selection of ideas is his view of science as bold conjecture and rigorous
attempt at refutation by another name. The problem with this analogical type of
evolutionary epistemology lies in the disanalogy between the raw variants of
biology mutations, which are random, and the raw variants of science new
hypotheses, which are very rarely random. This difference probably accounts for
the fact that whereas Darwinian evolution is not genuinely progressive, science
is or seems to be the paradigm of a progressive enterprise. Because of this
problem, a second set of epistemologists inspired by evolution insist that one
must take the biology literally. This evidence of the senses evolutionary
epistemology 294 294 group, which
includes Darwin, who speculated in this way even in his earliest notebooks,
claims that evolution predisposes us to think in certain fixed adaptive
patterns. The laws of logic, e.g., as well as mathematics and the
methodological dictates of science, have their foundations in the fact that
those of our would-be ancestors who took them seriously survived and
reproduced, and those that did not did not. No one claims that we have innate
knowledge of the kind demolished by Locke. Rather, our thinking is channeled in
certain directions by our biology. In an update of the biogenetic law,
therefore, one might say that whereas a claim like 5 ! 7 % 12 is
phylogenetically a posteriori, it is ontogenetically a priori. A major division
in this school is between the continental evolutionists, most notably the late
Konrad Lorenz, and the Anglo-Saxon supporters, e.g. Michael Ruse. The former
think that their evolutionary epistemology simply updates the critical
philosophy of Kant, and that biology both explains the necessity of the
synthetic a priori and makes reasonable belief in the thing-in-itself. The
latter deny that one can ever get that necessity, certainly not from biology,
or that evolution makes reasonable a belief in an objectively real world, independent
of our knowing. Historically, these epistemologists look to Hume and in some
respects to the pragmatists, especially
William James. Today, they acknowledge a strong family resemblance to such
naturalized epistemologists as Quine, who has endorsed a kind of evolutionary
epistemology. Critics of this position, e.g. Philip Kitcher, usually strike at
what they see as the soft scientific underbelly. They argue that the belief
that the mind is constructed according to various innate adaptive channels is
without warrant. It is but one more manifestation of today’s Darwinians
illicitly seeing adaptation everywhere. It is better and more reasonable to
think knowledge is rooted in culture, if it is person-dependent at all. A mark
of a good philosophy, like a good science, is that it opens up new avenues for
research. Although evolutionary epistemology is not favored by conventional
philosophers, who sneer at the crudities of its frequently nonphilosophically
trained proselytizers, its supporters feel convinced that they are contributing
to a forward-moving philosophical research program. As evolutionists, they are
used to things taking time to succeed. -- evolutionary psychology, the subfield
of psychology that explains human behavior and cultural arrangements by
employing evolutionary biology and cognitive psychology to discover, catalog,
and analyze psychological mechanisms. Human minds allegedly possess many
innate, special-purpose, domain-specific psychological mechanisms modules whose
development requires minimal input and whose operations are context-sensitive,
mostly automatic, and independent of one another and of general intelligence.
Disagreements persist about the functional isolation and innateness of these
modules. Some evolutionary psychologists compare the mind with its specialized modules to a Swiss army knife. Different modules
substantially constrain behavior and cognition associated with language,
sociality, face recognition, and so on. Evolutionary psychologists emphasize
that psychological phenomena reflect the influence of biological evolution.
These modules and associated behavior patterns assumed their forms during the
Pleistocene. An evolutionary perspective identifies adaptive problems and
features of the Pleistocene environment that constrained possible solutions.
Adaptive problems often have cognitive dimensions. For example, an evolutionary
imperative to aid kin presumes the ability to detect kin. Evolutionary
psychologists propose models to meet the requisite cognitive demands. Plausible
models should produce adaptive behaviors and avoid maladaptive ones e.g., generating too many false positives
when identifying kin. Experimental psychological evidence and social scientific
field observations aid assessment of these proposals. These modules have
changed little. Modern humans manage with primitive hunter-gatherers’ cognitive
equipment amid the rapid cultural change that equipment produces. The pace of
that change outstrips the ability of biological evolution to keep up.
Evolutionary psychologists hold, consequently, that: 1 contrary to
sociobiology, which appeals to biological evolution directly, exclusively
evolutionary explanations of human behavior will not suffice; 2 contrary to
theories of cultural evolution, which appeal to biological evolution
analogically, it is at least possible that no cultural arrangement has ever
been adaptive; and 3 contrary to social scientists, who appeal to some general
conception of learning or socialization to explain cultural transmission,
specialized psychological evolutionary ethics evolutionary psychology 295 295 mechanisms contribute substantially to
that process.
DE-SCRIPTVM
-- descriptum:
Grice: “The root script provides many niceties in Roman: inscriptum,
descriptum, prescriptum, subscriptum, … -- descriptivism, the thesis that the
meaning of any evaluative statement is purely descriptive or factual, i.e.,
determined, apart from its syntactical features, entirely by its truth
conditions. Nondescriptivism of which emotivism and prescriptivism are the main
varieties is the view that the meaning of full-blooded evaluative statements is
such that they necessarily express the speaker’s sentiments or commitments.
Nonnaturalism, naturalism, and supernaturalism are descriptivist views about
the nature of the properties to which the meaning rules refer. Descriptivism is
related to cognitivism and moral realism.
Discussed at large by Grice just because his tuteeF. Strawson, showed an
interst in it. theory of descriptions, an analysis, initially developed by
Peano, and borrowed from (but never returned to) Peano by Russell, of sentences
containing descriptions. In Peano’s view, it’s about the ‘article,’ definite
(‘the’) and ‘indefinite’ (‘some (at least one).’ Descriptions include
indefinite descriptions such as ‘an elephant’ and definite descriptions such as
‘the positive square root of four’. On Russell’s analysis, descriptions are
“incomplete symbols” that are meaningful only in the context of other symbols,
i.e., only in the context of the sentences containing them. Although the words
‘the first president of the United States’ appear to constitute a singular term
that picks out a particular individual, much as the name ‘George Washington’
does, Russell held that descriptions are not referring expressions, and that
they are “analyzed out” in a proper specification of the logical form of the
sentences in which they occur. The grammatical form of ‘The first president of
the United States is tall’ is simply misleading as to its logical form.
According to Russell’s analysis of indefinite descriptions, the sentence ‘I saw
a man’ asserts that there is at least one thing that is a man, and I saw that
thing symbolically, Ex Mx & Sx. The
role of the apparent singular term ‘a man’ is taken over by the existential
quantifier ‘Ex’ and the variables it binds, and the apparent singular term
disappears on analysis. A sentence containing a definite description, such as
‘The present king of France is bald’, is taken to make three claims: that at
least one thing is a present king of France, that at most one thing is a
present king of France, and that that thing is bald symbolically, Ex {[Fx & y Fy / y % x]
& Bx}. Again, the apparent referring expression ‘the present king of
France’ is analyzed away, with its role carried out by the quantifiers and
variables in the symbolic representation of the logical form of the sentence in
which it occurs. No element in that representation is a singular referring
expression. Russell held that this analysis solves at least three difficult
puzzles posed by descriptions. The first is how it could be true that George IV
wished to know whether Scott was the author of Waverly, but false that George
IV wished to know whether Scott was Scott. Since Scott is the author of
Waverly, we should apparently be able to substitute ‘Scott’ for ‘the author of
Waverly’ and infer the second sentence from the first, but we cannot. On
Russell’s analysis, ‘George IV wished to know whether Scott was the author of
Waverly’ does not, when properly understood, contain an expression ‘the author
of Waverly’ for which the name ‘Scott’ can be substituted. The second puzzle
concerns the law of excluded middle, which rules that either ‘The present king
of France is bald’ or ‘The present king of France is not bald’ must be true;
the problem is that neither the list of bald men nor that of non-bald men
contains an entry for the present king of France. Russell’s solution is that
‘The present king of France is not bald’ is indeed true if it is understood as
‘It is not the case that there is exactly one thing that is now King of France
and is bald’, i.e., as -Ex {Fx & y {[Fy / y % x] & Bx}. The final
puzzle is how ‘There is no present king of France’ or ‘The present king of
France does not exist’ can be true if
‘the present king of France’ is a referring expression that picks out
something, how can we truly deny that that thing exists? Since descriptions are
not referring expressions on Russell’s theory, it is easy for him to show that
the negation of the claim that there is at least and at most i.e., exactly one
present king of France, -Ex [Fx & y Fy / y % x], is true. Strawson offered
the first real challenge to Russell’s theory, arguing that ‘The present king of
France is bald’ does not entail but instead presupposes ‘There is a present
king of France’, so that the former is not falsified by the falsity of the
latter, but is instead deprived of a truth-value. Strawson argued for the
natural view that definite descriptions are indeed referring expressions, used
to single something out for predication. More recently, Keith Donnellan argued
that both Russell and Strawson ignored the fact that definite descriptions have
two uses. Used attributively, a definite description is intended to say
something about whatever it is true of, and when a sentence is so used it
conforms to Russell’s analysis. Used referentially, a definite description is
intended to single something out, but may not correctly describe it. For
example, seeing an inebriated man in a policeman’s uniform, one might say, “The
cop on the corner is drunk!” Donnellan would say that even if the person were a
drunken actor dressed as a policeman, the speaker would have referred to him
and truly said of him that he was drunk. If it is for some reason crucial that
the description be correct, as it might be if one said, “The cop on the corner
has the authority to issue speeding tickets,” the use is attributive; and
because ‘the cop on the corner’ does not describe anyone correctly, no one has
been said to have the authority to issue speeding tickets. Donnellan criticized
Russell for overlooking referential uses of theory of descriptions theory of
descriptions 914 914 descriptions, and
Strawson for both failing to acknowledge attributive uses and maintaining that
with referential uses one can refer to something with a definite description
only if the description is true of it. Discussion of Strawson’s and Donnellan’s
criticisms is ongoing, and has provoked very useful work in both semantics and
speech act theory, and on the distinctions between semantics and pragmatics and
between semantic reference and speaker’s reference, among others. .
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