The Grice Club

Welcome

The Grice Club

The club for all those whose members have no (other) club.

Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

Search This Blog

Wednesday, December 23, 2020

il grand tour di grice: impiegato 9/27

 

Enriques: Grice: “I like Enriques; of course his “Problemi della scienza’ implicates that philosophy does not have any!” -- Federigo Enriques (Livorno), filosofo. Il Dipartimento "Federigo Enriques" di Matematica dell'Università degli Studi di Milanovia Saldini, Milano Nato in una famiglia ebrea, si trasferì a Pisa. Suo fratello Paolo Enriques, uno zoologo, fu padre di Enzo Enriques Agnoletti e Anna Maria Enriques Agnoletti. Dopo gli studi liceali, compì gli studi universitari presso l'Pisa e la Scuola Normale Superiore; si laureò in matematica nel 1891. Federigo frequentò in seguito un anno di perfezionamento a Pisa e uno a Roma, dove ebbe modo di incontrare e collaborare col matematico Guido Castelnuovo, che poi divenne marito di sua sorella Elbina. Iniziò inoltre a collaborare con i matematici Luigi Cremona, Corrado Segre e Ugo Amaldi. Fu socio dell'Accademia dei Lincei.  Nel 1894 si trasferì a Bologna, dove insegnò presso l'ateneo della città geometria descrittiva e geometria proiettiva (di cui fu titolare di cattedra a partire dal 1896).  Nel 1922 fu invitato presso l'Roma, per occupare la cattedra di matematiche superiori e di geometria superiore. Nel 1937 venne invitato da Otto Neurath a divenire un collaboratore dell'Encyclopaedia of Unified Science, la cui pubblicazione era stata individuata come lo strumento per lo sviluppo del movimento per l'unità della scienza. Quando però furono promulgate le leggi razziali antiebraiche, nel 1938, fu espulso dall'insegnamento e da qualsiasi altra occupazione legata all'attività culturale. Durante l'occupazione tedesca fu dapprima nascosto in casa dell'allievo Attilio Frajese e poi fu nascosto a San Giovanni in Laterano. Negli anni della segregazione, insegnò a Roma nella scuola ebraica clandestina fondata dal cognato Guido Castelnuovo per i giovani ebrei estromessi dalle università italiane, e riuscì a pubblicare alcuni articoli in forma anonima sul Periodico delle Matematiche (di cui era stato direttore). Tornò a insegnare all'Università nel 1944 per altri due anni e morì a Roma il 14 giugno 1946.  Tra i fondatori della scuola italiana di geometria algebrica, Enriques allargò gli orizzonti del dibattito scientifico occupandosi di filosofia, storia e didattica della matematica. Nel 1906 fondò la Società filosofica italiana (di cui fu presidente fino al 1913), nel 1907 (assieme a Giuseppe Bruni, Antonio Dionisi, Eugenio Rignano e Andrea Giardina) fondò la rivista internazionale Rivista di Scienza e nel 1921 fu nominato direttore del Periodico di matematiche (diretto fino alla morte), organo della Mathesis (che presiedette dal 1922 al 1934). Diresse, tra l'altro, la sezione di matematica dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di matematica Enriques fu un matematico di notevole livello e la sua fama fu internazionalmente riconosciuta. I suoi contributi allo sviluppo della geometria algebrica furono rilevanti, per importanza e originalità. Il periodo in cui si trovò a vivere era un periodo di cambiamenti epocali, cambiamenti che interessarono anche i concetti base della matematica e della fisica. Enriques recepì immediatamente la portata delle novità introdotte dalle opere di Einstein, che fu da lui invitato a tenere una conferenza all'Bologna, nel 1921.  Nel campo della didattica e dei fondamenti della matematica si ricordano i testi scolastici di grande diffusione, rivolto all'insegnamento nei licei e scuole superiori, nei quali la geometria euclidea, l'algebra elementare e la trigonometria vengono presentate con il metodo razionale deduttivo. Fra le sue opere più diffuse di matematica elementare si ricordano:  Questioni riguardanti le matematiche elementari (1912) (v.1 e v. 2) Questioni riguardanti la geometria elementare, Bologna Zanichelli 1900 Elementi di Geometria ad uso delle scuole superiori (con U. Amaldi), Zanichelli Bologna 1903 e successive edizioni e ristampe fino al 1992 Nozioni di matematica ad uso dei licei moderni (con U. Amaldi), Zanichelli Bologna 1914 Gli elementi di Euclide e la critica antica e moderna, 4 volumi, Roma e Bologna 1925 Le matematiche nella storia e nella cultura, Bologna 1938 Come opere principali di matematica superiore si ricordano in particolare:  Lezioni di geometria proiettiva, (1894) (it, de). Lezioni di geometria descrittiva, Bologna 1893 Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche. Bologna, 1915-1934. Volume 1, Volume 2, Volume 3-4 Lezioni di geometria descrittiva, 1920. Le superficie algebriche, 1949 Opere di storia e filosofia della scienza Federigo Enriques, oltre alla sua attività come matematico, sviluppò significative ricerche di epistemologia, storia della scienza e filosofia della scienza. Questo suo impegno per il rinnovamento della cultura, avvenne in un periodo non facile, sia per gli eventi bellici, sia per la cultura dominante nella prima metà del Novecento, caratterizzata dalla filosofia idealistica e dal ridotto interesse verso la cultura scientifica. Fra le sue numerose opere in queste materie si ricordano:  Problemi della scienza, Zanichelli, Bologna 1906. Razionalismo e storicismo in "Rivista di Scienza", Zanichelli, Bologna, 1909. Il pragmatismo in "Scientia", Zanichelli, Bologna, 1910. Scienza e razionalismo, Zanichelli, Bologna (1912). Matematiche e teoria della conoscenza in "Scientia", Zanichelli, Bologna, 1912. Per la storia della logica, Zanichelli, Bologna, 1921. Storia del pensiero scientifico, Bologna (1932) scritta con G. Santillana. Il significato della storia del pensiero scientifico, Bologna 1936, ripubblicato da Barbieri,  9788875330125. La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni, Bologna 1938. Le dottrine di Democrito d'Abdera. Testi e commenti, 1948 con M. Mazziotti, ripubblicato per Edizioni immanenza,  978-88-98926-70-1 Federigo Enriques nelle sue opere dedicate alla storia e filosofia della scienza sviluppò una corrente di pensiero vicina al razionalismo. Assieme a Giuseppe Peano si può considerare uno dei principali scienziati italiani che si sono dedicati allo studio della logica e della filosofia della scienza nella prima metà del Novecento. In generale Enriques ha messo in luce due aspetti fondamentali del pensiero scientifico internazionale nella prima metà del sec XX: la sempre maggiore specializzazione delle discipline fisiche, tecniche, ecc. e la tendenza al rinnovamento che si è avuta sia nei fondamenti della matematica, sia nella fisica moderna.  Scientia Magnifying glass icon mgx2.svg  Scientia. Nel 1907, assieme al chimico Giuseppe Bruni, al medico Antonio Dionisi, allo zoologo Andrea Giardina e all'ingegnere Eugenio Rignano, Enriques fondò la rivista di ricerca e divulgazione scientifica Rivista di scienza (rinominata successivamente Scientia), con l'obiettivo dichiarato di superare le divisioni disciplinari in nome dell'unità del sapere scientifico e filosofico e contro l'eccessiva specializzazione accademica:  «Contro codesti criterii ristretti intende reagire soprattutto il movimento nuovo di pensiero verso la sintesi; una Filosofia libera da legami diretti coi sistemi tradizionali, sorge appunto a promuovere la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie, e ad affermare un apprezzamento più largo dei problemi della Scienza. Pel quale il particolarismo stesso viene compreso in un aspetto più adeguato nella interezza del processo scientifico.»  (Programma, Rivista di Scienza, volume I, pag.2) Enriques condusse la rivista dal 1907 al 1915, quando un articolo di Rignano sulle cause della guerra lo costrinse a rassegnare le dimissioni. Tornò alla direzione nel 1922, alla morte di quest'ultimo (e sotto sua esplicita richiesta) fino al 1938, anno delle leggi razziali. Abbandonato ogni incarico, ritornò infine alla guida di Scientia a due anni dalla morte, nel 1944.  Problemi della scienza Il primo libro significativo dedicato da Enriques a questioni di metodo e filosofia della conoscenza è l'opera Problemi della scienza (1906) nella quale compie un'analisi articolata delle varie discipline della matematica, della geometria, della meccanica, della fisica edella chimica alla fine del XIX secolo. Enriques mette in evidenza l'importanza che lo scienziato deve analizzare con la massima attenzione, sia i fondamenti logici e sperimentali delle diverse discipline, sia il contesto storico e le situazioni in cui i principi scientifici sono stati scoperti.  In quest'opera Enriques indica che: "... una visione dinamica della scienza, porta naturalmente nel terreno della storia". I fondamenti della scienza quindi non possono essere capiti completamente se non si analizza anche il contesto storico e culturale nel quale sono stati formulati. L'opera ebbe maggiore fortuna e diffusione all'estero, che non in Italia, dominata agli inizi del Novecento dalla cultura letteraria e della filosofia idealistica.  Negli anni 1909-1914 il saggio "Problemi della scienza" fu tradotto in tedesco, francese, inglese, russo e spagnolo. Il suo pensiero trova riscontro nelle teorie elaborate dai massimi epistemologi Professorefra cui l'austriaco Karl Popper (1902-1994) l'ungherese Imre Lakatos (1922-1974), e l'americano Thomas Kuhn (1922-1996). In particolare nel pensiero di Lakatos e di Kuhn viene sviluppata la concezione della formazione storica dei concetti scientifici, come opera di più autori e ricercatori, che in un determinato periodo storico elaborano una serie di principi-base sui quali viene sviluppata una teoria ipotetico-deduttiva e le successive verifiche sperimentali.  Importante è anche la presa di posizione sia rispetto alla filosofie idealistiche del ‘900, che hanno tralasciato gli aspetti della filosofia della scienza, sia la sua posizione critica rispetto alla filosofia di Kant. In particolare Enriques critica il concetto di giudizio sintetico a priori di Immanuel Kant (Critica della ragion pura 1787). Secondo Enriques i principi fondamentali delle scienze sono elaborazioni razionali derivate per induzione dall'esperienza e dalla percezione sensoriale e non sono giudizi sintetici a priori. In questo saggio Enriques porta alcuni esempio fondamentali: i postulati della geometria sono generalizzazioni, per astrazione, di semplici esperienze geometriche, che ogni allievo compie fin dalle prime osservazioni razionali del mondo esterno, svolte anche in ambito scolastico. Per Enriques i principi della geometria sono generalizzazioni di esperienze sensoriali concrete.  Allo stesso modo anche i principi della Fisica e della Chimica derivano direttamente da generalizzazioni di esperimenti reali: ad esempio la Legge di conservazione della massa dovuta al chimico Antoine Lavoisier non è un giudizio sintetico a priori, come credeva Kant. È noto infatti che deriva da semplici esperimenti fisici, svolti pesando i composti chimici prima e dopo una reazione chimica.  La nuova impostazione razionalistica e storica fu avviata in Italia da Enriques, in Francia da Pierre Duhem e in Austria da Ernst Mach e da altri autori riunitisi intorno al Circolo di Vienna. Fu poi sviluppata ulteriormente in Italia da Ludovico Geymonat (1908-1991) e dalla sua scuola milanese che nella seconda metà Professoreha ripreso gli studi di Enriques, sviluppando i temi di storia della scienza e di filosofia della scienza.  Per la storia della logica Un'altra opera fondamentale di Enriques è Per la storia della logica (1921) che mette in evidenza l'importanza della deduzione, della induzione e gli altri aspetti interpretativi ed epistemologici della logica.  Il saggio ha un approccio storico e descrittivo della logica è ricco di citazioni originali, e affronta questo difficile argomento anche con una certa ironia ed eleganza letteraria. Nell'opera, sono illustrati in modo semplice e sintetico i contributi portati a questa disciplina dai vari filosofi e scienziati nelle varie epoche. Si può considerare uno dei pochi testi in cui la materia è esposta in modo chiaro, essenziale e interessante.  Storia del pensiero scientifico Di notevole interesse per le fonti storiche citate e per la narrazione della genesi dei concetti scientifici sono la serie di opere dedicate alla storia della scienza. Il primo trattato fu la Storia del pensiero scientifico (1932) scritto in collaborazione con G. Santilana. Quest'opera ripercorre la storia delle scienze matematiche, geometriche, astronomiche, meccaniche e fisiche dall'antica Grecia fino ai giorni nostri, con numerose citazioni e fonti storiche degli autori originari.  A esso seguirono altri testi di approfondimento, sia in lingua italiana sia in altre lingue europee, fra cui Il significato della storia del pensiero scientifico (1936) e La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni (1938).  Lineamenti di filosofia della scienza Delle numerose opere di Federigo Enriques dedicate agli aspetti storici e filosofici della scienza si desumono i principali lineamenti del suo pensiero razionalista, che, a titolo orientativo si possono cercare di sintetizzare nei seguenti punti:  Equilibrio fra intuizione e ragionamento logico: nelle opere scientifiche di Enriques gli argomenti sono esposti in modo intuitivo, evidenziando i motivi sperimentali e oggettivi alla base di alcuni concetti astratti. Dopo la descrizione dei suoi principi, si sviluppa poi la materia con criteri logici, deducendo razionalmente le principali leggi, teoremi e applicazioni. Questo carattere, comune anche ai grandi scienziati del passato (Galilei, Cartesio, Newton, Eulero, Coulomb, ecc.) contraddistingue il metodo di Enriques, rispetto agli indirizzi formalisti che  si sono avuti nella logica e nella matematica del XX secolo. Problema della specializzazione delle scienze: Enriques ha colto questo aspetto critico delle numerose edeterogenee discipline scientifiche nel XIX e XX secolo. Per superare il problema della eccessiva frammentazione del sapere scientifico ha proposto di ripensare i concetti fondamentali della fisica, della geometria, della matematica e delle altre scienze naturali con criteri unitari, approfondendone il significato intuitivo, sperimentale e la sua genesi storica. Approccio storico alla conoscenza scientifica: questo aspetto caratterizza il metodo di Enriques, che ha sviluppato con passione e impegno moltissimi aspetti di storia della scienza. Secondo Enriques la storia della scienza fa parte della scienza stessa. Per capire veramente un teorema, secondo Enriques non è sufficiente capire solo la sua dimostrazione, ma anche il contesto storico nel quale è stato formulato, quali sono stati i problemi tecnici che hanno portato alla sua formulazione e come sono stati risolti tali problemi con l'applicazione delle teorie scientifiche. Enriques ha sviluppato in Italia il nuovo approccio di storia della scienza avviato dal fisico tedesco Ernst Mach (1838-1916) e dal fisico Pierre Duhem (1861-1916) precursori del gruppo di filosofi e scienziati Professoredel Circolo di Vienna. Valenza fisica dei concetti geometrici: secondo Enriques la geometria può essere considerata come il primo capitolo della fisica (Problemi della Scienza, capitolo IV), diversamente dai matematici e filosofici formalisti che la considerano una scienza astratta. L'orientamento formalista nella geometria è stato delineato da Immanuel Kant (Critica della ragion pura, 1787) per il quale i postulati geometrici non derivano solo dall'esperienza visiva, ma sono giudizi sintetici a priori di carattere soggettivo e indipendenti dalle percezioni sensoriali. La tesi di Kant è stata discussa dai massimi esperti di filosofia teoretica del XIX e XX secolo con orientamenti contrastanti. Nel XIX secolo in opposizione a Kant si è delineato un approccio fisico-sperimentale ai principi geometrici, al quale hanno aderito molti storici e filosofi della scienza. Enriques ha contribuito alla riscoperta del significato più autentico, di carattere storico, intuitivo e sperimentale alla base della geometria, della matematica e delle scienze fisiche. Contributi su Scientia Articoli Eredità ed evoluzione, su amshistorica.cib.unibo.it. I numeri e l'infinito, su amshistorica.cib.unibo.it. Il pragmatismo, su amshistorica.cib.unibo.it. Il principio di ragion sufficiente nel pensiero greco, su amshistorica.cib.unibo.it. Il problema della realtà, su amshistorica.cib.unibo.it. Il significato della critica dei principii nello sviluppo delle matematiche, su amshistorica.cib.unibo.it. Importanza della storia del pensiero scientifico nella cultura nazionale, su amshistorica.cib.unibo.it.  L'infini dans la pensee des grecs, su amshistorica.cib.unibo.it. L'infinito nella storia del pensiero, su amshistorica.cib.unibo.it.  L'oeuvre mathematique de Klein, su amshistorica.cib.unibo.it.  La connaissance historique et la connaissance scientifique dans la critique de Enrico De Michelis, su amshistorica.cib.unibo.it. La filosofia positiva e la classificazione delle scienze [collegamento interrotto], su it.wikisource.org. I motivi della filosofia di Eugenio Rignano, su amshistorica.cib.unibo.it. Recensioni (in francese)  Ailly (D'),Imago mundi, 60, 1936,  109–110  Aliotta, A.L'esperienza nella scienza, nella religione e nella morale, su amshistorica.cib.unibo.it.  Archibald, R. C.Outline of the History of Mathematics, su amshistorica.cib.unibo.it.  Bignone, E.L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, su amshistorica.cib.unibo.it.  Blanche, R.Le rationalisme de Wewell, su amshistorica.cib.unibo.it.  Bouasse H.Bachot et bachotage, su amshistorica.cib.unibo.it.  Brunetet Mieli, A.Histoire des Sciences. Antiquite, su amshistorica.cib.unibo.it.  Brunschwig, L.De la connaissance de soi, su amshistorica.cib.unibo.it.  Carbonara, C.Scienza e filosofia ai principi dell'età moderna, su amshistorica.cib.unibo.it.  Carnap, R.L'ancienne et la nouvelle logique, su amshistorica.cib.unibo.it.  Carnap, R.La Science et la Metaphysique devant l'analyse logique du langage, su amshistorica.cib.unibo.it.  Caullery, M.La science francaise depuis le XVII siecle, su amshistorica.cib.unibo.it.  Collected papers of Charles Sanders Peirce, su amshistorica.cib.unibo.it.  Correspondance du P. Marin Mersenne, su amshistorica.cib.unibo.it.  CournotConsiderations sur la marche des idees et des evenements dans les temps modernes, su amshistorica.cib.unibo.it.  Crowter, J. G.British Scientists of the Nineteenth Century, su amshistorica.cib.unibo.it.  D'Amato, F.Studi di storia della filosofia, su amshistorica.cib.unibo.it.  De Waard, G.L'experience barometrique, ses antecedents et ses explications, su amshistorica.cib.unibo.it.  Del Vecchio Veneziani, AGaetano Negri, su amshistorica.cib.unibo.it.  Della Volpe, G.La filosofia dell'esperienza di Davide Hume, su amshistorica.cib.unibo.it.  Della Volpe, G.La filosofia dell'esperienza di Davide Hume, su amshistorica.cib.unibo.it.  Dingler, H.Philosophie der Logik und Arithmetik, su amshistorica.cib.unibo.it.  Dugas, R.Essai sur l'imcomprehension mathematique, su amshistorica.cib.unibo.it.  Fano, G.Geometria non euclidea, su amshistorica.cib.unibo.it.  Frank, Ph.Theorie de la connaissance et physique moderne, su amshistorica.cib.unibo.it.  Galilei, G.Opere, su amshistorica.cib.unibo.it.  Ginzburg, B.The Adventure of Science, su amshistorica.cib.unibo.it.  Gli atomisti. Frammenti e testimonianze, su amshistorica.cib.unibo.it.  Gregory, J. C.Combustion from Heracleitos to Lavoisier, su amshistorica.cib.unibo.it.  Hahn, H.Logique, mathematique et connaissance de la realite, su amshistorica.cib.unibo.it.  Heidel, W. A.The heroic Age of Science, su amshistorica.cib.unibo.it.  Hessenberger, G.Grundlagen der Geometrie, su amshistorica.cib.unibo.it.  I frammenti degli stoici antichi, su amshistorica.cib.unibo.it.  Jaffe, H.Natural Law as controlled but not determined by Experiment, su amshistorica.cib.unibo.it.  James W.Philosophie de l'experience, su amshistorica.cib.unibo.it.  Janek, A.Die realitat vom Standpunkte des Efallelismus, su amshistorica.cib.unibo.it.  Keyser, C. J.Mathematics and the Question of Cosmic Mind, with other Essays, su amshistorica.cib.unibo.it.  La philosophie de Giovanni Vailati, su amshistorica.cib.unibo.it.  La philosophie de la nature, su amshistorica.cib.unibo.it.  Le Bon G.La Revolution Francaise et la psychologie des revolutions, su amshistorica.cib.unibo.it.  Lecat, M.Erreurs de mathematiciens des origines a nos jours, su amshistorica.cib.unibo.it.  Lennhardt, H.La nature de la connaissance et l'erreur initiale des theories, su amshistorica.cib.unibo.it.  Liebert, A.Philosophie des Unterrichtes, su amshistorica.cib.unibo.it.  Maiocco F. L.Le leggi di Mendel e l'eredita, su amshistorica.cib.unibo.it.  Marshall, C. E.Microbiology, su amshistorica.cib.unibo.it.  Matematiche e teoria della conoscenza, su amshistorica.cib.unibo.it.  Metz, A.Meyerson, une nouvelle philosophie de la connaissance, su amshistorica.cib.unibo.it.  Metzger, H.La philosophie de la matiere chez Lavoisier, su amshistorica.cib.unibo.it.  Meyerson, E.Du cheminement de la pensee, su amshistorica.cib.unibo.it.  Ness, A.Erkenntnis und Wissenschaftliches Verhalten, su amshistorica.cib.unibo.it.  Nordstrom, J.Moyen age et Renaissance, su amshistorica.cib.unibo.it.  Platone e la teoria della scienza, su amshistorica.cib.unibo.it.  Reflexions sur l'art d'ecrire un traite: a propos d'un traite de mathematiques, su amshistorica.cib.unibo.it.  Rensi, G.Le ragioni dell'Irrazionalismo, su amshistorica.cib.unibo.it.  Rey, A.Rey, A.Les mathematiques en Grece au milieu du V siecle, su amshistorica.cib.unibo.it.  Servien, P.Principes d'esthetique. Problemes d'art et langage des sciences, su amshistorica.cib.unibo.it.  Smith, D. E.The Poetry of Mathematics and other Essays, su amshistorica.cib.unibo.it.  Spirito, U.Scienza e filosofia, su amshistorica.cib.unibo.it.  Stefanini, L.Platone, su amshistorica.cib.unibo.it.  Stefanini, L.Platone, su amshistorica.cib.unibo.it.  Tannery, P.Puor l'histoire de la science hellène, su amshistorica.cib.unibo.it.  Wind, E.Das Experiment und die Metaphysik, su amshistorica.cib.unibo.it.  Wolf, A.A History of Science, Technology and Philosophy in the 16 and 17 Centuries, su amshistorica.cib.unibo.it. Edizione nazionale È in corso una edizione nazionale delle opere di Federigo Enriques. L'autore ha curato una decina di manuali didattici di geometria e algebra elementare e oltre 20 trattati di matematica superiore. Ha inoltre pubblicato un'ampia serie di testi di storia e di filosofia della scienza e numerosi articoli specializzati. L'elenco completo delle sue opere comprende oltre 300 titoli, fra saggi, articoli e trattati scientifici.   Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Spoglio di articoli e recensioni disponibile sul Catalogo Italiano dei Periodici (ACNP). Informazioni sulla storia editoriale di Scientia. Silvia Haia Antonucci e Giuliana Piperno Beer, Sapere ed essere nella Roma razzista. Gli ebrei nelle scuole e nell’università (1938-1943), Roma, Gangemi editore, Collana Roma ebraica-7,  Tina Nastasi,Federico Enriquez e la civetta di Atena, ed plus,Pisa,2003  Comunità ebraica di Livorno Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Federigo Enriques Collabora a Wikiquote Citazionio su Federigo Enriques Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Federigo Enriques  Federigo Enriques, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Federigo Enriques / Federigo Enriques (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Federigo Enriques, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Federigo Enriques, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Federigo Enriques, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Federigo Enriques, su Liber Liber.  Opere di Federigo Enriques, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Federigo Enriques, .  Gaspare Polizzi, ENRIQUES, Federigo, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Edizione nazionale delle opere. Digitalizzazione completa di Scientia e Rivista di Scienza su AMS Historica. Sito ufficiale del Centro Studi Enriques di Livorno. "Le Armonie Nascoste", un recente documentario su Enriques [collegamento interrotto], su lalimonaia.pisa.it.

 

Enzo: Grice: “I like Enzo; for one, his “Ubi es?” is a classic – only in Italy they take the Bible so seriously – “Ubi es” can be interpreted literally – sans implicature. And that’s what Enzo does.” Carlo Enzo (Burano), filosofo italiano. Il padre, Alessandro, è vetraio in una vetreria di Murano, un mestiere estremamente usurante, morirà appena cinquantenne. Uomo concreto e critico nella sua essenziale bontà.  La madre, Flaminia Vio, è una bravissima maestra merlettaia. Da lei Carlo, il maggiore di quattro figli, apprende il rigore e lo spirito di rispetto verso l'istituzione.  È lei, una cattolicalaica, che vive al servizio della Chiesa, ad accompagnare il piccolo Carlo dalle suore perché serva come chierichetto alla prima Messa.  È lei che, nel 1938, accoglie la proposta del parroco di mandare il figlio in seminario a Venezia per permettergli di continuare gli studi, ma preferisce ritardarne l'entrata e chiede alla nipote di ospitare a Venezia il cugino che potrà così frequentare i primi anni come esterno.  Negli anni di studio ginnasiale Carlo si imbatte per la seconda volta nella lettura della Bibbia. Il primo contatto era stato quando, a 7 anni, aveva deciso di leggere ai fratelli, nella traduzione di Antonio Martini, una vecchia Bibbia trovata in casa, per accompagnarli al sonno.  Dal 1938 il contatto è più corposo e sistematico, ma come nel 1934 la lettura lo entusiasma e nello stesso tempo lo delude, intuisce infatti la mancanza di adeguate conoscenze e strumenti concettuali per poter penetrare pienamente il messaggio biblico. Ha la stessa reazione anche quando, finito il liceo, sceglie gli studi teologici, dove la lettura della Bibbia è seria e critica, ma rimane, per importanza, sempre la seconda o la terza materia dopo la dogmatica e la morale.  Ordinato sacerdote nel 1950, viene mandato a fare cura pastorale come vicario cooperatore a Caorle, dove nel 1951 accoglie 350 alluvionati del Polesine. Qui, meta preferita di turisti tedeschi, studia da autodidatta la lingua tedesca per "meglio servire la Chiesa". Nel gennaio 1954 viene trasferito con lo stesso incarico nella vicina frazioncina di Ca' Cotoni per divergenze con il parroco di Caorle e a settembre dello stesso anno nella popolare parrocchia di S. Giuseppe di Castello a Venezia.  Carlo aveva conosciuto questa comunità quando vi era stato per una stazione quaresimale con il patriarca (Adeodato Piazza) e l'accoglienza ostile degli operai verso una personalità vista come filofascista aveva reso necessaria la scorta della polizia.  A S. Giuseppe di Castello Carlo compera un appartamento, indebitandosi, per fare patronato con doposcuola tutti i pomeriggi sino alle 20, e a sera gli incontri con i ragazzi più grandi.  Dal 1954 al '57 insegna alle scuole medie, prima del Lido e poi nella vicina "P.F.Calvi", organizzando anche uno spettacolo per un concorso al teatro "Goldoni".  Nell'ottobre del 1957 il vicario generale Alessandro Mari Gottardi, dopo essersi consultato con monsignore Loris Francesco Capovilla, segretario del cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, gli comunica che andrà a studiare a Roma presso la Pontificia S. Tommaso d'Aquino. Gottardi era stato suo insegnante di teologia e scienze bibliche in seminario e aveva conosciuto il suo profondo interesse per gli studi biblici, ne aveva poi apprezzato la tesi redatta nell'ultimo anno di teologia, dal titolo "La 'Giustificazione' nella Lettera ai Romani", in cui analizzava le varie interpretazioni bibliche in maniera diacronica risalendo sino alle tradizioni patristiche. Le due omelie di Carlo a S.Giuseppe di Castello ascoltate dallo stesso vicario generale avevano poi confermato quella scelta.  A Roma è ospite presso il Pontificio Collegio Nepomuceno in via Concordia ed è lì che lo viene a prelevare mons. Capovilla per una visita guidata alla città, alla vigilia del Conclave da cui uscirà papa il cardinale Roncalli. A fargli da cicerone è proprio il futuro papa Giovanni XXIII e le bellezze della città illustrate da una guida tanto preziosa assieme al paterno congedo di mons. Capovilla costituiranno il ricordo più bello della sua vita.  Dal 1957 Carlo frequenta quindi il 4º anno presso la Pontificia S.Tommaso d'Aquino dove consegue la Licenza in Theologia Universa in un solo anno con una tesi su "I Carismi" e contemporaneamente i corsi in scienze bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico, dove perfeziona lo studio dell'ebraico già iniziato in seminario, ma soprattutto ha l'incontro, decisivo per i suoi studi, con il grande biblista, il gesuita Luis Alonso Schoekel. L'anno successivo segue i corsi del quinto anno che gli avrebbero permesso di redigere la tesi su "Grazia e benevolenza" per la laurea, tesi che non può però portare a termine perché nel 1960 torna a Venezia , chiamato dal Patriarca Urbani a svolgere la funzione di vicerettore del Seminario Patriarcale, nel burrascoso periodo tra il rettorato di Valentino Vecchi e quello di Aldo Da Villa.  Da vicerettore del seminario insegna anche scienze bibliche, diviene in seguito prorettore, sino a quando, nel 1963, chiede di essere sollevato dall'incarico per poter assistere la madre paralizzata ed è quindi ascritto alla parrocchia di S.Zaccaria, dove abiterà con la madre sino al 1975.  Qui si fa promotore dell'allestimento e della conduzione di un teatro, dell'organizzazione del cinema per ragazzi, del cineforum, dell'istituzione della biblioteca, mentre cura anche l'esecuzione di opere di risanamento e ristrutturazione di tutti gli ambienti frequentati dai ragazzi. Continua ad insegnare in seminario, e dal rettore viene mandato nel Benedektinerkloster di Metten a Degendorf (Germania) per preparare alla maturità i seminaristi che studiano la lingua italiana. Dal 1963 compensa l'esiguo stipendio con l'insegnamento nella scuola pubblica, come il liceo classico "M. Polo", dove matura la sua sottoscrizione nel 1968 delle tesi del "Manifesto".  Il 15 dicembre 1969 viene nominato patriarca di Venezia Albino Luciani e pochi giorni dopo il suo insediamento emerge il suo diverso sentire con Carlo, che, nella mensile lezione culturale al clero, trattando il tema della "Consumatio saeculi" o secolarizzazione nella Bibbia, provoca una dura reazione del presule. Carlo dà le dimissioni dall'insegnamento in seminario, dapprima ritirate, dopo alcuni mesi definitive, perché lui, che da tempo nella santa messa pratica l'omelia dialogata, non si sente in consonanza con le direttive indicategli.  Sino a questo momento i patriarchi veneziani che avevano conosciuto Carlo, Adeodato Piazza, Carlo Agostini, Angelo Roncalli e Giovanni Urbani, gli avevano dimostrato la loro stima. Proprio il patriarca Giovanni Urbani aveva chiesto al giovane Carlo un commentario al Vangelo di Marco nel 1966.  Sin dagli inizi, accompagna la vita sacerdotale di Carlo una costante e intensa cura pastorale, rivolta sia ai ragazzi che agli adulti, e non solo nelle sue sedi parrocchiali. Più che trentennale è a questo proposito la collaborazione che gli chiede don Aldo Marangoni nella parrocchia di Marghera, nel quartiere Cita, nei difficili anni Settanta e, dagli anni Ottanta, a San Giacomo dell'Orio a Venezia, a testimoniare la stima e l'affetto maturati dagli anni del seminario.  Nel 1975 Carlo si laurea in filosofia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia con una tesi che verrà pubblicata nel 1983, Alle origini dell'utopia messianica.  Insegna quindi filosofia al Liceo classico "M. Foscarini" di Venezia e successivamente alle scuole medie della provincia (Oriago e Mestre) e città (Giudecca).  Nel 1989 va in pensione dall'insegnamento.  Dal 1976 al 1989 tiene alla facoltà di Lettere e Filisofia di Ca' Foscari dei cicli di seminari di esegesi biblica nell'ambito dei corsi tenuti dal prof. Arnaldo Petterlini, dal 1990 al 2003 dal prof. Romano Madera, e dal 2004 al  allo IUAV di Venezia seminari di antropologia biblica ed esegesi invitato dal prof. Renato Rizzi.  Muore all'ospedale Fatebenefratelli di Venezia il 30 gennaio .  Alcune note sul metodo Al liceo, Carlo studia filosofia scolastica, propedeutica alla teologia. Nel manuale di Calcagno, "Elementa philosophiae scolasticae" trova il capitolo dedicato alle filosofie immanentistiche, che consideravano Dio la natura o non consideravano affatto Dio e consideravano solo la natura. Lo colpisce la figura di B. Spinoza per la sua vita nascosta, dimessa , umile, scriveva infatti solo per gli amici. Ne legge l"Ethica more geometrico", commentata da G. Gentile, più facile a reperire perché considerata meno sospetta del "Tractatus theologicus politicus" che studierà in seguito, dedicando particolare attenzione al capitolo "De interpretatione". Spinoza afferma che la Bibbia va letta e interpretata con la Bibbia, era quanto Carlo aveva intuito sin da ragazzo, ma aveva abbandonato quella strada in seminario dove si praticava il metodo storico-critico. Alla Pontificia S. Tommaso a Roma, il Nuovo Testamento viene studiato ed interpretato secondo il metodo della storia delle forme (Formengeschichtemethode) che applica al testo biblico le regole dello scrivere greco-latino, mentre per il Vecchio Testamento si segue la teoria dei generi letterari. Al Pontificio Istituto Biblico ha luogo l'incontro con il gesuita spagnolo Luis Alonso Schoekel, insegnante di teologia, esegesi ed ermeneutica biblica, Schoekel ha un'attenzione speciale alle particolarità stilistiche e semantiche del lessico biblico che schiudono un nuovo orizzonte metodologico e tematico. Considera fondamentale per la comprensione dell'intera Bibbia lo studio dei primi tre capitoli di Genesi e incoraggia Carlo, verso cui dimostra profonda stima e un'amicizia che durerà sino alla propria scomparsa (1998), ad affinarne l'esegesi e a continuare il suo lavoro. E Carlo torna a Venezia con l'intenzione di mettere a frutto quanto appreso applicando le indicazioni metodologiche spinoziane. Gli studi di Schoekel su Genesi 1-3 vengono pubblicati in un numero della rivista "Biblica" del 1963. La interpretazione di Genesi è alla base di diversi testi di Carlo, dalla tesi di laurea del 1983, all'articolo su Servitium del 1996, al testo "Adamo dove sei?" del 2002. In parallelo Carlo decide di approfondire la connessione tra i testi di Genesi e il vangelo di Matteo e dal 1975 scrive diversi appunti che continuamente rivede nel corso degli anni. Da questi nasce il progetto dell'opera in 8 volumi che prende il nome di "La generazione di Gesù Cristo nel vangelo di Matteo" che vedrà la pubblicazione a partire dal 2002 ed è tuttora in corso.  Note  Morto a Venezia don Carlo Enzo, su VeneziaToday. 1º febbraio . Scritti Testo e interpretazione in Weber e Bultmann, Unicopli, Milano 1982 Alle origini dell'utopia messianica, Antenore, Padova 1983 Sulla nascita della filosofia medievale, Venezia 1984 Sitz im Leben e interpretazione, Venezia 1984 Individuo e comunità, nella riflessione biblica delle scritture antiche Servitium: Quaderni di ricerca spirituale, 1996 n. 107 Adamo dove sei?, il Saggiatore, Milano 2002 La terza delle dieci parole di “Esodo” 20 nell’interpretazione di Gesù in Le parole dell'essere: per Emanuele Severino Petterlini A., Brianese G. e Goggi G., Pearson Italia S.p.a 2005 Il Progetto di Mondo e di Uomo delle Generazioni di Israele (Genesi 1-4), Mimesis, Milano  (Opera,  1) La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. I. Gli Inizi, Mimesis, Milano  (Opera,  2) La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. II. La Legge, Mimesis, Milano  (Opera,  3) Le prime dieci parole di YHWH a Israele in Panta , Decalogo, Donà M. e Toffolo R., Bompiani,  n. 29 La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. III. La Regola dell'Apostolo, Mimesis, Milano  (Opera,  4) La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. IV. Il Regno dei Cieli, Mimesis, Milano  (Opera,  5) La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. V. La Ecclesia di Gesù Cristo, Mimesis, Milano  (Opera,  6) La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. VII. La consegna del figlio dell'Adamo, Mimesis, Milano  (Opera,  8) Genere adamico. Riflessioni sui testi fondativi della tradizione spirituale occidentale che si trovano nei primi quattro capitoli di Genesi, Servitium: Quaderni di ricerca spirituale,  n. 228 Interventi alla radio Giuda: consegnare e tradire: Marco 14,43-52 con Ludwig Monti, 3 marzo  Sulla barca le parole del regnoMatteo 13, con Romano Madera, 18 novembre  Le parole del regno Matteo 13 Attività didattica Carlo Enzo. Due lezioni bibliche: Il “mondo” del nostro Dio, Rovato 2.3.2005 e L’ “uomo” del nostro Dio, Rovato 9.3.2005 Lo Spirito di Cristo nel progetto messianico, comunità della parrocchia di S. Giacomo, Venezia La rivelazione secondo la Bibbia, Università degli studi di Venezia, Dipartimento di filosofia e Teoria della scienza, Anno accademico 2003-2004, 2003 Seminario sul “Der Mann Moses und die monotheistische religion”, 2008 Incontro tra Carlo Enzo e Romano Madera, 13 marzo , IUAV (Venezia) ‘ôLaM, il progetto consegnato, Le decadi, dieci incontri con pensatori eccellenti sul tema “Le potenze invisibili”, 27 febbraio , IUAV (Venezia) Scritti su Carlo Enzo e testimonianze Tagliapietra A. La Bibbia, libro sempre “aperto”, Gazzettino on line 13. 6. 2002 Tattara G. e altri Per una rilettura del vangelo di Matteo, Mosaico di pace (on line),  Madera R. Date al cielo quello che è del cielo, L’Unità, 6.3. Gnoli A. Rileggere la Bibbia, La Repubblica 28.12. Della Pergola F. Parola di biblista,  Della Pergola F. La Bibbia svelata,  e in Left,  n. 22 Lamonaca L. Su una nuova lettura della Genesi , 28.5. Patrignani C. Laicità: il biblista Carlo Enzo batte i marxisti ratzingheriani,  Moretto P. Un mondo possibile, [collegamento interrotto] Della Pergola F. Il problema dell’unicità e della trascendenza di Dio nella Bibbia ebraica[collegamento interrotto] Della Pergola F. Il Dio del nulla Tattara G. e altri Gesù e le donne nel vangelo di Matteo,  Della Pergola F. La lunga battaglia contro la Bibbia e in Left, 1 aprile  Video Da Burano a Roma, parte I, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria La prima visita di Roma, parte II, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Dal Biblico a Baruch Spinoza, parte III, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Gesù Maestro ed Elohîm dell'Ecclesìa, parte IV, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Vai, vai per te, parte V, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Dalla Bibbia Ebraica alla generazione di Gesù Cristo. Un'intervista di Romano Màdera La Bibbia non dice quello che ci hanno fatto credere. Un’intervista a Carlo Enzo  Date al cielo quello che è del cielo di Romano Madera, in L'Unità del 6 marzo  Rileggere la Bibbia di Antonio Gnoli, in La Repubblica.

 

Epicoco: Grice: “I like Epicoco; he has a way with words – e.g. ‘only the sick heal.” Is that synthetic a priori?” Grice: “My favourite is Epicoco’s emphasis on some symbols, like blood, and Canova’s Eros – and ‘l’amore che decide.’”Nato a Mesagne Ordinato presbitero6 gennaio 2005 dal Vescovo Giuseppe Molinari Incarichi diocesanifino al  è stato Assistente spirituale presso Movimento ecclesiale di impegno culturale, Parroco, Direttore presso Ufficio per la Cultura, Direttore presso Ufficio per la Pastorale Universitaria, Membro presso Consiglio Presbiterale Diocesano, Direttore presso Biblioteca Cardinale Carlo Confalonieri, Professore presso Istituto Superiore di Scienze Religiose. Incarichi pontificidal  è docente incaricato di filosofia presso la Pontificia Università Lateranense e dal  è preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Fides et Ratio Issr dell'Aquila Template-Priest.svg -- Luigi Maria Epicoco (Mesagne), filosofo. Preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Fides et Ratio ISSR dell'Aquila. Sacerdote dell'arcidiocesi dell'Aquila ordinato il 6 gennaio 2005 dal Vescovo Giuseppe Molinari, scrittore di libri e articoli scientifici di carattere filosofico e teologico  . Ha una cattedra in filosofia alla Pontificia Università Lateranense. Fino al  è stato insegnante all'ISSR Fides et ratio dell'Aquila, direttore della residenza universitaria San Carlo Borromeo all'Aquila e parroco della parrocchia universitaria San Giuseppe Artigiano, dove ha vissuto la tragica vicenda del terremoto occupandosi in prima linea della ricostruzione per l'arcidiocesi. Comunicatore in diverse trasmissioni sia in radio sia in televisione in particolare Radio Vaticana, Telepace, TV2000, Rai2, Rai Radio 2. Nel web è attivo nei social e in diversi blog. Nel  ha curato il commento al Vangelo della rivista Credere Edizioni San Paolo. Membro Cavaliere della Luce. Ha costituito una fraternità con gli studenti universitari che segue. Da novembre  è nato il progetto editoriale di un nuovo messalino edito da Edizioni San Paolo don Luigi Maria Epicoco. Nel  ha pubblicato un libro con la prefazione di Massimo Recalcati. Nell'estate  il Cardinale Angelo De Donatis in qualità di Gran Cancelliere della Pontificia Università Lateranense ha nominato Epicoco preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Fides et Ratio Issr dell'Aquila.  È regolarmente invitato a tenere delle conferenze, condurre degli esercizi spirituali e dei ritiri spirituali sul territorio italiano. Il 13 novembre , tiene la sua prima conferenza nella città francese di Nizza.  Libri Vergine Madre figlia del tuo figlio; Itaca editrice 2006 Jesu dulcis memoria; Itaca editrice 2007 Il grido di Benedetto XVI; con Michele G. Masciarelli; Tau editrice 2009 Futuro presente. Contributi sull'enciclica Spe salvi di Benedetto XVI; con Angelo Amato e Paola Bignardi; Tau editrice 2009 L'Immacolata perfezione. Sentieri in preparazione alla festa dell'Immacolata; Tau editrice  Io vedo il tuo volto. Arte e liturgia; Tau editrice  Ex coelesti virtute. Miscellanea di studi in onore di S. E. Mons. Giuseppe Molinari nel Suo 50º di Sacerdozio; Tau editrice  Etty Hillesum. Introduzione ad una donna; Tau editrice  Piccola introduzione alla Bibbia; Tau editrice  Qualcuno accenda la luce. Conversazioni sull'Enciclica Lumen Fidei di papa Francesco; Tau editrice  Giovanni Paolo II. Ricordi di un papa santo; con Mons. Piero Marini; Tau editrice  La misericordia ha un volto. Il Giubileo straordinario della Misericordia secondo papa Francesco; Tau editrice  Preghiere di ogni giorno; Tau editrice  Nati per amare. I giovani raccontano la famiglia; LUP  Solo i malati guariscono. L'umano del (non) credente; San Paolo, Milano  Educare è meglio che curare; Tau editrice,  La malattia è un dono di vita. Storia di Teresa Ruocco; Tau editrice  La stella, il cammino, il bambino. Il natale del viandante; San Paolo, Milano  Quello che sei per me. Parole sull'intimità; San Paolo, Milano  Amen. La Parola che salva; San Paolo, Milano  Sale non miele. Per una fede che brucia; San Paolo, Milano . Telemaco non si sbagliava. O del perché la giovinezza non è una malattia; San Paolo, Milano  L’amore che decide; Tau editrice,  Camminando tra pastori e Re Magi. Trenta piccole meditazioni e un "quaderno" per la riflessione personale: un percorso di preparazione al Natale, San Paolo, Cinisello Balsamo,  Qualcuno a cui guardare. Per una spiritualità della testimonianza, Città Nuova, Roma, . Note  A L'Aquila Epicoco diventa il nuovo preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose, in Abruzzo Web, 25 luglio .  Giovani: don Epicoco (filosofo), “proporre un incontro che può cambiare la loro vita”, in Servizio Informazione Religiosa, 11 settembre .  Intervista a Il Faro di Roma Archiviato il 22 novembre  in .  Scheda in Itaca libri  Scheda sito San Paolo  Scheda del docente nel sito dell'Università Pontificia  Articolo incarichi diocesani  Intervista a Credere  Sito della Parrocchia Universitaria L'Aquila Archiviato il 27 agosto  in .  Incarichi nel Sito Ufficiale della Diocesi, su diocesilaquila.it. 24 agosto  27 agosto ).  Scheda sul profilo di don Luigi Maria Epicoco  Radio Radicale  TV2000 Comunicato stampa  Sito Rai Caterpillar  Rai Due intervento a NemoNessuno escluso in prima serata  Membri Cavalieri della Luce Archiviato il 18 gennaio  in .  Testimonianza nella rivista Credere  Roma Sette sul nuovo Messalino edito da San Paolo  Intervista e nuovo libro sul sito Aleteia  La prefazione di Massimo Recalcati al libro di don Luigi Maria Epicoco  Don Epicoco nuovo preside dell’Issr L’Aquila  Conferenza di don Luigi Maria Epicoco a Nizza il 13 novembre . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Luigi Maria Epicoco  Luigi Maria Epicoco (canale ufficiale), su YouTube.  Sito Ufficiale della Parrocchia Universitaria Pagina pubblica ufficiale su Facebook Blog ufficiale 304907550 I0000 0004 1029 4276 o103711  Identitieslccn-no103711 Biografie  Biografie:  di   biografie Categorie: Presbiteri italianiTeologi italianiScrittori italiani Professore1980 21 ottobre Mesagne

 

 

Epitteto

 

Ercole --  Grice: “I like it when Ercole emphasizes that bit in De Interpretatione which I love – every ‘logos’ is ‘significant’ (significativo, semantikos, -- adds Ercole quoting from the Greek) of this or that – even a prayer!” -- Grice: “I must say I love Ercole; for one, he expands on my idea of the longitudinal unity of philosophy, being an Oxfordian Hegelian, almost, he thinks history can be regarded LOGICALLY: scepticism has to follow dogmatism – this is pretty interesting; for another, he tutored for years on the very same topics I did, notably “De interpretation” and “Categoriae” – The former being a theory of semiotics, of course!” -- Pasquale D'Ercole (Spinazzola) filosofo. Studente di giurisprudenza nell'Napoli, Pasquale D'Ercole manifestò ben presto i suoi interessi per gli studi filosofici e per il pensiero di Hegel. Si trasferì a Berlino ove perfezionò i suoi studi, seguì i corsi dello storico Jules Michelet ed ebbe modo di conoscere il filosofo Trendelenburg e l'insigne classicista Mommsen. Aderì anche alla "Società filosofica hegeliana".  Tornato in Italia, D'Ercole insegnò filosofia teoretica a Pavia e Torino ove ebbe tra i suoi allievi Martinetti, che con lui discusse la sua tesi di laurea. Membro della Società crematoria torinese, le sue ceneri sono custodite nel Tempio crematorio di quella città.  Il pensiero Dall'hegelismo iniziale, con l'affermarsi del positivismo, passò a posizioni di adesione all'evoluzionismo di Darwin e di Spencer.  Polemizzò con il teismo (Il teismo filosofico cristiano, 1884) giudicato contraddittorio e illusorio, manifestò interesse per la riforma della scuola (Alcune proposte di riforma nella istruzione secondaria, 1874) e per i problemi pedagogici (L'educazione del bambino secondo Pestalozzi, Fröbel e Spencer, 1886).  Opere Alcune proposte di riforma nella istruzione secondaria, Pavia, Stabilimento tipografico Successori Bizzoni, 1874. La pena di morte e la sua abolizione dichiarate teoricamente e storicamente secondo la filosofia hegeliana, Milano, U. Hoepli, 1875. Il teismo filosofico cristiano. Teoricamente e storicamente considerato, con speciale riguardo a S. Tommaso e al teismo italiano del secolo XIX, Torino, Loescher, 1884. L'educazione del bambino secondo Pestalozzi, Fröbel e Spencer, Roma, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, 1886. L'origine indiana del pitagorismo secondo L. von Schröder, Roma, Tipografia Terme Diocleziane di G. Balbi, 1891 La filosofia della natura di Pietro Ceretti, 3 voll., Torino, Unione tipografico-editrice, 1892-1905. Il saggio di panlogica, ovvero l'Enciclopedia filosofica dell'hegeliano Pietro Ceretti, 2 voll., Torino, Fratelli Bocca, 1911. Comprende I prolegomeni al saggio di panlogica ; La dottrina logico-metafisica (ossia l'esologia). La filosofia della natura (ossia l'esologia) ; La filosofia dello spirito (ossia la sinautologia) ; Apprezzamento della filosofia cerettiana. La logica aristotelica, la logica kantiana ed hegeliana e la logica matematica con accenno alla logica indiana, Torino, Vincenzo Bona, 1912. L'antico Egitto e la Caldea come precursori dell'ebraismo e del cristianesimo in morale e in religione, Bologna, Stabilimento poligrafico emiliano, 1913. Note  Fonte: F. Cambi, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  "Ebbe molta influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni." Angelo Paviolo, Piero Martinetti aneddotico. L'uomo, il filosofo, la sua terra, Le Château Edizioni, Aosta121  Cfr. la scheda nel sito "Memoteca", .  Galvano Della Volpe, «D'ERCOLE, Pasquale» in Enciclopedia Italiana, Volume 12, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1931. Franco Cambi, «D'ERCOLE, Pasquale» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 39, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1991.  Hegelismo Evoluzione Teismo  Pasquale D'Ercole, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Pasquale D'Ercole, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Pasquale D'Ercole in "Memoteca Il luogo della memoria" sito della SocremSocietà per la cremazione di Torino.

 

Esposito: Grice: “I like Esposito; of course, his ‘origine della filosofia italiana’ owes a bit to the historians of Roman literature and that infamous embassy of the very best of Grecianism: Carneade, Critolao, and Diogene!” 599 ab urbe condita!”  Roberto Esposito (Piano di Sorrento), filosofo. Professore di di filosofia teoretica presso la Scuola Normale Superiore .  Fuori dall'Italia è considerato uno degli autori di riferimento dell'Italian Theory. Ha tenuto lezioni e conferenze in molte università europee e americane. I suoi libri sono tradotti in una decina di lingue. Roberto Esposito parte dalla constatazione dell'esaurirsi del tradizionale lessico della politica e dalla consapevolezza della necessità di una sua diversa formulazione. Su questo presupposto, la sua ricerca si incentra sulla ripresa e sulla rielaborazione di questa tradizione all'interno di nuove esigenze, a partire da una reinterpretazione delle categorie classiche della filosofia. A tal fine nelle sue opere lascia interagire saperi e linguaggi differenti, dalla filosofia alla letteratura, all'arte, alla poesia, all'antropologia, alla teologia.  Dopo i primi studi sul pensiero di Vico e Machiavelli, il suo lavoro si è concentrato intorno a quattro nuclei tematici.  La riflessione sull'impolitico L'impolitico viene inteso come rovescio impensato dalla politica. Le riflessioni su questo tema sono confluite nei tre volumi Categorie dell'impolitico (il Mulino, Bologna 1988, 1999), Nove pensieri sulla politica (Bologna, il Mulino, 1993, ), L'origine della politica (Roma, Donzelli, 1996, ).  Il lavoro su comunità e biopolitica Le ricerche su questi temi sono confluite nella trilogia (Communitas, Immunitas, Bìos).  Communitas è un tentativo concettuale di ridefinire l'idea di comunità, al di fuori di ogni riferimento ai comunitarismi passati e presenti, privilegiando piuttosto gli autorida Rousseau a Kant, da Heidegger a Bataillein cui prevale una concezione della comunità in quanto legge comune dell'«essere insieme», ma anche la coscienza tragica di ciò che contiene di irrealizzabile da un punto di vista politico.  Immunitas è una lettura biopolitica dei conflitti in seno al «corpo sociale». Questo libro persegue il lavoro di scavo teorico cominciato in Communitas e pone la categoria dell'immunità al centro di questa riflessione sulle contraddittorie strategie di difesa della società rispetto ai rischi, reali e immaginari, che la insidiano. In questo senso l’immunizzazione è allo stesso tempo una protezione e una negazione della vita che rischia sempre di diventare una sorta di malattia immune del corpo sociale.  Bios è una rilettura, a partire dall'opera di Michel Foucault, della storia del pensiero biopolitico alla luce del concetto d'immunità. Essendo l'immunitas una «protezione negativa della vita», la biopolitica che ne incorpora le procedure è sempre a rischio di trasformarsi in tanatopolitica. Ciò non toglie che possa profilarsi una, sia pur problematica, nozione affermativa di biopolitica.  La decostruzione del paradigma di persona e il pensiero dell'impersonale Al concetto di persona e di impersonale ha dedicato Terza persona, Politica della vita e filosofia dell’impersonale; Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero e Le persone e le cose. A partire da una critica del concetto, giuridico romano e teologico cristiano, di persona, inteso come un dispositivo che separa la vita umana da se stessa, l’impersonale è inteso come la forma di una possibile riunificazione tra vita biologica e vita intellettuale, corpo e persona.  Pensiero italiano e filosofia europea Nel dittico costituito dai due volumi Pensiero vivente. Origine a attualità della filosofia italiana e Da fuori. Una filosofia per l'Europa ha ricostruito i caratteri prevalenti della tradizione filosofica italiana, a partire da Machiavelli, Bruno e Vico, fino a quella che viene definita Italian Theory, inserendola nell’orizzonte del pensiero europeo novecentesco. Essi riguardano la connessione tra le categorie di storia, politica e vita.  Opere: La politica e la storia. Machiavelli e Vico (Liguori, Napoli4) è tradotto in giapponese: Geiritsu Shuppan, Tokyo 1986. Categorie dell'impolitico (Il Mulino, Bologna1988; 1999) è tradotto in inglese: Fordham, New York ; in spagnolo: Katz, Buenos Aires 2006; in francese: Seuil, Paris 2005; è in corso una traduzione in cinese: Chongqing Univ. Press. Nove pensieri sulla politica (il Mulino, Bologna 1993; ) è tradotto in spagnolo: Trotta, Madrid 1996; in spagnolo per l’America latina: Fondo de cultura económica, Buonos Aires ; è in corso di traduzione in inglese: Minnesota Un. Press, Minneapolis. L'origine della politica (Donzelli, Roma 1996; ), è tradotto in spagnolo: Paidós, Barcelona ed è in corso di traduzione inglese: Fordham, New York. Communitas. Origine e destino della comunità, (Einaudi, Torino 1998; 2006) è tradotto in inglese: Stanford Univ. Press, ; in francese: Puf, Paris 2000; in spagnolo: Amorrortu, Buenos Aires-Madrid 2003; in tedesco: Diaphanes, Zürich-Berlin 2005; in portoghese: Comp. De Freud, Lisboa ; in coreano: Nanjang, Seul . Immunitas. Protezione e negazione della vita (Einaudi, Torino, 2002) è tradotto in inglese: Polity Press, London ; in tedesco: Diaphanes, Zürich-Berlin 2004; in spagnolo: Amorrortu, Buenos Aires-Madrid 2005; in coreano: Nanjang, Seul ; in sloveno: Koda, Beletrina, ; è in corso di traduzione in portoghese: UFMG. Bios. Biopolitica e filosofia (Einaudi, Torino 2004), è tradotto in inglese: Minnesota, Minneapolis 2008; in spagnolo: Amorrortu, Buenos Aires-Madrid 20; in portoghese: Edições 70, Lisboa ; è in corso di traduzione in portoghese (per il Brasile: UFMG); in sloveno: Zalozba, Lubiana; in cinese: Henan University Press; in coreano: Nanjang, Seul. Terza persona. Politica della vita e filosofia dell'impersonale (Einaudi, Torino, 2007) è tradotto in inglese: Polity Press, London ; in spagnolo: Amorrortu, Buenos Aires-Madrid 2009; in giapponese: Kodansha, Tokyo ; in tedesco parzialmente, col titolo Person und menschliches Leben: Diaphanes, Zürich-Berlin . Termini della politica. Comunità, immunità, biopolitica (Mimesis, Milano 2008) è tradotto in inglese: Fordham, New York ; spagnolo: Herder, Barcelona 2009, in francese: Les Prairies Ordinaires, Paris ; in portoghese (Brasile), UFPR, Curitiba ; è in corso di traduzione in polacco. Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana Einaudi, Torino , è tradotto in inglese: Stanford Un. Press, Stanford ; in spagnolo: Amorrortu, Buenos Aires-Madrid ; in portoghese (Brasile), UFMG, . Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero (Einaudi, Torino, ) è tradotto in inglese: Fordham, New York, ; in spagnolo: Amorrortu, Buenos Aires ; è in corso di traduzione in francese: Diaphanes-Francia; in tedesco: Diaphanes-Germania; in portoghese: UFMG. Le persone e le cose (Einaudi, Torino ) è tradotto in inglese: Polity Press, London, ; è in corso di traduzione in spagnolo: Katz; in coreano: Chaos Book; in cinese; Henan. Da fuori. Una filosofia per l’Europa, Einaudi, Torino ; è in corso di traduzione in inglese: Polity Press; in spagnolo: Amorrortu. Politica e negazione. Per una filosofia affermativa, Einaudi, Torino, . Note  Curriculum Vitae  Recensione di Marcello Serra  Corrado Claverini, La filosofia italiana come problema. Da Bertrando Spaventa all’Italian Theory, "Giornale Critico di Storia delle Idee" 15/16,  , su giornalecritico.it. 26 dicembre  26 dicembre ). Una biopolítica afirmativa. Entrevista con Roberto Esposito, di Antonio Valdecantos. Minerva, 2009  Autour de Communitas. Origine et destin de la communauté (PUF, 2000) et Immunitas. Protezione e negazione della vita (Einaudi, Turin, 2002) de Roberto Esposito. Interventions de Rada Ivekovic, Frédéric Neyrat, Boyan Manchev, Roberto Esposito. Papiers n°59. 2008 Collège international de philosophie (presentazione di Rada Ivekovic al Collège international de philosophie, 18 giugno 2005, e, più largamente, documenti di tutti gli interventi ripresi, con le risposte dell'autore).Vivimos una suerte de infarto del mundo, intervista del 3 gennaio 2007 in «La Nacion» (Buenos Aires) . Politiche della vita sul margine pericoloso dell'impersonale, intervista del 21 giugno 2007 di Roberto Ciccarelli per il «Centro per la Riforma dello Stato» . (PT) Aproximações à biopolítica, presentazione delle conferenze del 14 e 15 marzo 2008 a Lisbona . L'impolitico e l'impersonale. Lettura di Roberto Esposito, di Davide D'Alessandro, Morlacchi, Perugia . “Bíos, immunity, Life. The Thought of Roberto Esposito", in Diacritics”,n. 2, summer 2006. R. Ivekovic, B. Manchev, F. Neyrat, "Autour de Roberto Esposito“, in "Papiers” n. 59, 2008, del Collège International de Philosophie. A. Zagari, B. Gercman, A. Gonzales, Roberto Esposito, Tres Ensayos sobre una teorìa im-politica, Ediciones del signo, Buenos Aires 2009. , Incomunidad. El pensamiento politico de la comunidad a partir de Roberto Esposito, M. Caraceda e G. Velasco, Arena Libros, Madrid . “Law, Culture and the Humanities”, n. 8, , ‘Symposium on the Work of Roberto Esposito'. D. Calabrò, Les Détours d’un pensée vivante. Transpositions et changements de paradigme dans la réflexion de Roberto Esposito, Mimerais Francia . G. Bird, Containing Community: From Political Economy to Ontology in Agamben, Esposito, and Nancy, State University of New York Press, Albany . G.Bird, J. Short Roberto Esposito, community and the proper’, Routledge, London . , Wissen und LebenWissen für das Leben. Herausforderungen einer affirmativen Biopolitik, Trascript Verlag, Bielefeld . P. Langford, Roberto Esposito, Law, Community and the Political’, Routledge, London . A. Ulbricht, Multicultural Immnunisation. Liberalism and Esposito, Edinburgh Un. Press. Edinburgh . V. Manolache, Ecce Philosophia politica. ‘Diferenta’ Lui Roberto Esposito, ISPRI, Bucarest . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Roberto Esposito Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Roberto Esposito  Roberto Esposito, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Roberto Esposito, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Roberto Esposito, .  Registrazioni di Roberto Esposito, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.   degli scritti di Roberto Esposito (1976-)C. Claverini Filmato audio Video n. 4 e altre parti di "New Paths" (1, 2, 3, 5, 6), su YouTube. 10 aprile .  Le Concept d'impolitique[collegamento interrotto], conferenza del 6 dicembre 2000 per l'Université de tous les savoirs, a Parigi.Interpreting the 20th century: totalitarianism or biopolitics ?, sul sito Barcelona Metropolis

 

evola: Grice: “Evola was a bit of a linguistic philosopher; I enjoyed his rambling on the proper use of “Latin” versus “Roman;” Evola notes that the implicatures differ. ‘Roman’ he links with Spartan, and he opposes to the formation, ‘greco-romano’ o ‘classico’ – “Latin” he applies to “lingua romana,” as Orazio and Tacitus had done!” – Grice: “If I had to think of the equivalent linguistic analysis by an English philosopher, I can only think of DeFoe, and his satire on what constitutes an Englishman! Later parodied by Gilbert and Sullivan and put to good effect in “Chariots of Fire,” where Abrams is seen referred to as “HE IS.. an Englishman! For he himself has said it!” -- - Italian philosopher -- Giulio Cesare Andrea Evola, meglio conosciuto come Julius Evola (n. Roma), filosofo. Fu personalità poliedrica nel panorama culturale italiano del Novecento, in ragione dei suoi molteplici interessi: arte, filosofia, storia, politica, esoterismo, religione, costume, studi sulla razza.  Le sue posizioni si inquadrano nell'ambito di una cultura di tipo aristocratico-tradizionale e di tendenze ideologiche in gran parte presenti anche nel fascismo e nel nazionalsocialismo, pur esprimendosi talvolta in chiave critica nei confronti dei due regimi. Mussolini ne apprezza alcune impostazioni: in particolare il ritorno alla romanità e una teoria della razza in chiave spirituale. Da parte sua il filosofo nutre una pacata ammirazione nei confronti del Duce.  Evola ha una sua influenza, anche se difficilmente quantificabile, nel variegato mondo della cultura fascista: con lo scopo di indirizzarne l'impostazione culturale ed ideologica verso posizioni più affini al suo pensiero, scrive numerosi saggi, collabora intensamente con riviste e giornali di grande tiratura e partecipa alla vita accademica del suo tempo in veste di conferenziere, sia presso alcune prestigiose università italiane e straniere che nell'ambito dei corsi di mistica fascista.  Ma è lo stesso Evola, nel primo numero della rivista da lui diretta, La Torre, quando espone il suo pensiero sul mondo della tradizione, a sintetizzare la sua posizione verso il fascismo: «Nella misura che il fascismo segua e difenda tali principi, in questa stessa misura noi possiamo considerarci fascisti. E questo è tutto». C'è anche chi ritiene che in sede diplomatica Evola svolgesse missioni ad altissimi livelli per conto dello stesso governo italiano.  Nonostante ciò, le sue idee eterodosse non sempre sono ben accette dalla classe dirigente italiana del tempo e gli valgono la sospensione di alcune pubblicazioni da parte dello stesso PNF e in Germania il sospetto delle gerarchie naziste. Evola contribuisce alla divulgazione in Italia di importanti autori europei del XIX e del XX secolo: Bachofen, Guénon, Jünger, Ortega y Gasset, Spengler, Weininger, traducendo alcune loro opere e pubblicando saggi critici.  La complessità del suo pensiero gli procura, anche dopo la fine della guerra, un grande seguito negli ambienti conservatori italiani ed europei, da quelli più tradizionalisti del neofascismo (Pino Rauti ed Enzo Erra del Centro Studi Ordine Nuovo) fino a quelli rappresentati da esponenti della destra più moderata (Giano Accame, Marcello Veneziani). Le sue opere vengono tradotte e pubblicate in Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Svizzera, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti, Messico, Canada, Romania, Argentina, Brasile, Ungheria, Polonia, Turchia. Giulio Cesare Evola nacque a Roma. I genitori di Giulio Cesare Evola furono Vincenzo Evola, nato il 4 maggio 1854 e Concetta Mangiapane, nata il 15 agosto 1865. Entrambi i genitori erano siciliani,  Cinisi, un comune della Provincia di Palermo. I nonni paterni di Giulio Cesare Evola erano Giuseppe Evola e Maria Cusumano. Giuseppe Evola è riportato come falegname nell'atto di nascita di Vincenzo. I nonni materni di Giulio Cesare Evola erano Cesare Mangiapane e Caterina Munacó. Cesare Mangiapane è riportato come bottegaio nel registro delle nascite di Concetta. Vincenzo Evola e Concetta Mangiapane si sposarono a Cinisi il 25 novembre 1892. Nell'atto di matrimonio Vincenzo Evola è riportato come capo meccanico telegrafico e già residente a Roma, mentre Concetta Mangiapane è riportata come possidente. Giulio Cesare Evola aveva un fratello maggiore, Giuseppe Gaspare Dinamo Evola, nato a Roma il 7 Agosto 1895, per cui, essendo il secondo figlio maschio, seguendo la convenzione di denominazione siciliana dell'epoca, seppur con una leggera variazione, Giulio Cesare Evola fu in parte denominato in onore al nonno materno.  Benché non lo fosse, Giulio Cesare Evola è stato spesso riportato come barone, in riferimento a un presunto distante rapporto di discendenza con una famiglia aristocratica siciliana di antica origine normanna (gli Evoli, baroni di Castropignano in Molise, nel Tardo Medioevo, poi passati in Sicilia) del Regno di Sicilia. Evola studiò all'Istituto Tecnico "Leonardo da Vinci" di Roma. Le poche notizie sui suoi anni di formazione si possono ricavare dall'autobiografia intitolata Il cammino del cinabro, pubblicata nel 1963 dall'editore Scheiwiller e che, nelle intenzioni dell'autore, sarebbe dovuta uscire postuma:  «Nella prima adolescenza, mentre seguivo studi tecnici e matematici, si sviluppò in me un interesse naturale e vivo per le esperienze del pensiero e dell'arte. Da giovinetto, sùbito dopo il periodo dei romanzi d'avventure, mi ero messo in mente di compilare, insieme ad un amico, una storia della filosofia, a base di sunti. D'altra parte, se mi ero già sentito attratto da scrittori, come Wilde e D'Annunzio, presto il mio interesse si estese, da essi, a tutta la letteratura e l'arte più recenti. Passavo intere giornate in biblioteca, in un regime serrato ma libero di letture. In particolare, per me ebbe importanza l'incontro con pensatori, come Nietzsche, Michelstaedter e Weininger. Esso valse ad alimentare una tendenza di base, anche se, a tutta prima, in forme confuse e in parte distorte, quindi con una mescolanza del positivo col negativo»  (Julius Evola, Il cammino del cinabro5.) La lettura delle opere degli autori su citati (in particolare Nietzsche), ha sul giovane Evola alcune dirette conseguenze: in primo luogo un'opposizione al Cristianesimo, soprattutto in riferimento alla teoria del peccato e della redenzione, del sacrificio divino e della grazia. In secondo luogo una sorta di insofferenza verso il mondo borghese, la sua piccola morale e il suo conformismo.  Decide dunque di svincolarsi dalla routine borghese, soprattutto nei suoi aspetti più concreti e quotidiani: famiglia, lavoro, amicizie. Si iscrive alla facoltà di ingegneria, ma rifiuta di discutere la tesi per disprezzo dei titoli accademici, poiché «l'apparire come un "dottore" o un "professore" in veste autorizzata e per scopi pratici, mi sembrò cosa intollerabile, benché in seguito dovessi vedermi continuamente applicati titoli che non ho».  Prosegue nello studio dell'arte e della filosofia:  «A parte gli autori accennati, va menzionata l'influenza che su me adolescente esercitò anche il movimento che alla vigilia della prima guerra mondiale e durante la prima parte di essa ebbe per centro Giovanni Papini con le riviste Leonardo e Lacerba, in seguito in parte anche con La Voce. Fu il periodo dell'unico vero Sturm und Drang che la nostra nazione abbia conosciuto, dell'urgere di forze insofferenti del clima soffocante dell'Italietta borghese del primo novecento […] A lui e al suo gruppo si deve il nostro venire a contatto con le correnti straniere più varie e interessanti del pensiero e dell'arte d'avanguardia, con l'effetto di un rinnovamento e di un ampliamento di orizzonti»  (Julius Evola, Il cammino del cinabro5.) Successivamente si distacca anche da Papini, soprattutto per la sua conversione al cattolicesimo ed a seguito della pubblicazione del libro Storia di Cristo (1921). Inizia giovane l'attività in campo artistico: i primi quadri risalgono al 1915, le prime poesie al 1916.  Attraverso Giovanni Papini entra in contatto con alcuni esponenti del Futurismo quali Giacomo Balla e Filippo Tommaso Marinetti. Nel 1919 partecipa alla "Grande Esposizione Nazionale Futurista" di Palazzo Cova a Milano. Ben presto si stacca da questo movimento per ragioni che lui stesso espone: «Non tardai però a riconoscere che, a parte il lato rivoluzionario, l'orientamento del futurismo si accordava assai poco con le mie inclinazioni. In esso mi infastidiva il sensualismo, la mancanza di interiorità, tutto il lato chiassoso e esibizionistico, una grezza esaltazione della vita e dell'istinto curiosamente mescolata con quella del macchinismo e di una specie di americanismo, mentre, per un altro verso, ci si dava a forme sciovinistiche di nazionalismo. A quest'ultimo riguardo la divergenza mi apparve netta allo scoppio della prima guerra mondiale, a causa della violenta campagna interventista svolta sia dai futuristi che dal gruppo di Lacerba. Per me era inconcepibile che tutti costoro, con alla testa l'iconoclasta Papini, sposassero a cuor leggero i più vieti luoghi comuni patriottardi della propaganda antigermanica, credendo sul serio che si trattasse di una guerra per la difesa della civiltà e della libertà contro il barbaro e l'aggressore»  (Julius Evola, Il cammino del cinabro8.) A questa prima fase, definita dallo stesso Evola idealismo sensoriale, appartengono le opere: Fucina, studio di rumori; Five o'clock tea; e Mazzo di fiori.  Gli anni della Prima guerra mondiale  Monte Cimone di Tonezza, 1917 Frequenta a Torino un corso per allievi ufficiali e partecipa alla Prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria sull'altopiano di Asiago dal 1917 al 1918. Rientra a Roma dopo il conflitto ed attraversa una profonda crisi esistenziale che lo porta al bordo del suicidio, come egli stesso riporta ne Il cammino del cinabro: «Questa soluzione [...] fu evitata grazie a qualcosa di simile ad una illuminazione, che io ebbi nel leggere un testo del buddhismo delle origini. Fu per me una luce improvvisa: in quel momento deve essersi prodotto in me un mutamento, e il sorgere di una fermezza capace di resistere a qualsiasi crisi»  (Julius Evola, Il cammino del cinabro10.) Il passo cui si riferisce Evola è il seguente: «Chi prende l'estinzione come estinzione e, presa l'estinzione come estinzione, pensa all'estinzione, pensa sull'estinzione, pensa "Mia è l'estinzione" e si rallegra dell'estinzione, costui, io dico, non conosce l'estinzione». Si tratta di una traduzione e rielaborazione di una frase del Buddha contenuta nel discorso del Mulapariyâya Sutta (Canone pāli, Majjhima Nikaya, I).  Il secondo periodo artistico: l'astrattismo mistico Nel 1920 aderisce al Dadaismo ed entra in contatto epistolare con Tristan Tzara. Come pittore diviene uno dei massimi esponenti del Dadaismo in Italia. Questa seconda fase viene definita, sempre da Evola, astrattismo mistico ovvero una reinterpretazione dada in chiave di spiritualismo e di idealismo. A questa fase appartengono alcune importanti opere: Paesaggio interiore 10,30 (1918-20) e Astrazione (1918-20). Questo periodo vede Evola impegnato in due mostre personali: quella del gennaio 1920 alla casa d'arte Bragaglia di Roma, e quella del gennaio 1921 alla galleria Der Sturm di Berlino in cui presenta sessanta dipinti.[25]  Pubblica nel 1920, per la Collection Dada, l'opuscolo Arte astratta. Sempre nello stesso anno fonda con Gino Cantarelli la rivista Bleu e pubblica a Zurigo il poema dada La parole obscure du paysage intérieur. Collabora inoltre con Cronache d'attualità di Anton Giulio Bragaglia e con Noi di Enrico Prampolini. Nel 1923 cessa l'attività pittorica e fino al 1925 fa uso di sostanze stupefacenti con il fine di raggiungere stati alterati di coscienza: «In questo contesto, vi è anche da accennare all'effetto di alcune esperienze interiori da me affrontate a tutta prima senza una precisa tecnica e coscienza del fine, con l'aiuto di certe sostanze che non sono gli stupefacenti più in uso [...] Mi portai, per tal via, verso forme di coscienza in parte staccate dai sensi fisici».[26]  Il mancato suicidio è per Evola il momento di passaggio più significativo: fine del periodo artistico e inizio del periodo filosofico. Esce nel 1925 il primo libro di filosofia: Saggi sull'idealismo magico. Coerentemente con le posizioni teoriche della sua seconda fase artistica (astrattismo mistico) Evola si distacca dall'idealismo hegeliano in favore di una libertà interiore assoluta. Il pensiero deve prefiggersi il compito di superare i limiti dell'umano per andare verso l'oltre-uomo teorizzato da Nietzsche. L'attualismo gentiliano diventa dunque il punto di partenza: dall'Io come principio attivo della realtà su un piano logico-astratto, all'Io come criterio di potenza capace di affermare l'individuo assoluto.[30]  Secondo Evola l'individuo assoluto è immediatamente sé nelle infinite affermazioni individuali ed in ciascuna di esse si fruisce come libertà, come incondizionata agilità ed arbitrio assoluto.[31] Termina nel 1924 la Teoria e fenomenologia dell'individuo assoluto che inizia a scrivere già in trincea (nel 1917) e che viene pubblicata in due volumi (nel 1927 e nel 1930) dall'editore Bocca. In questo testo Evola si interessa delle dottrine riguardanti il sovrarazionale, il sacro e la gnosi, con l'obiettivo di tentare il superamento della dualità io/non-io. Il suo interesse verso le tradizioni orientali si manifesta in L'uomo come potenza, pubblicato nel 1926, dove compare una concezione dell'io ispirata ai dettami del tantrismo e del taoismo.  Queste ultime opere segnano un'ulteriore svolta: passaggio da una posizione filosofica di tipo teoretico ad una di tipo pragmatico. Evola cerca infatti di individuare strumenti concreti per mezzo dei quali calare nella vita quotidiana la teoria dell'Individuo assoluto. A partire dal 1924 inizia un'intensa esperienza giornalistica: partecipa alla redazione di Lo Stato democratico, una rivista contemporaneamente antifascista ed antidemocratica, e tra il 1924 e il 1926 collabora a riviste come Ultra, Bilychnis, Ignis, Atanor e Il mondo. In questo periodo Evola frequenta i circoli esoterici romani e partecipa alla vita notturna della capitale intrattenendo un tempestoso rapporto sentimentale con Sibilla Aleramo, come lei stessa riporta nel libro Amo dunque sono del 1927:  «Disumano qual è, gelido architetto di teorie funambolesche, vanitoso, perverso, s'è trovato dinanzi a me come a cosa tutta viva, tutta schietta, mentre aveva fantasticato chissà... quale avventura necrofila. E questa cosa tutta schietta l'ha turbato, l'ha commosso, segretamente […]»  (Sibilla Aleramo, Amo dunque sono, Milano, Mondadori, 1927104.)  La versione tedesca di Imperialismo pagano Tra il 1927 e il 1929 coordina il Gruppo di Ur, che si occupa di esoterismo e di ricerche sulle tradizioni extra europee: un'antologia dei fascicoli editi viene più tardi pubblicata in tre volumi (tra il 1955 e il 1956) con il titolo Introduzione alla magia quale scienza dell'Io. Conosce Arturo Reghini e legge i suoi scritti. Anche sulla scorta di esperienze condivise con il noto esoterista, nel 1928 pubblica un libro che gli procura grande fama: Imperialismo pagano. In questo pamphlet (poi tradotto in tedesco nel 1933[32]) Evola attacca violentemente il Cristianesimo ed esorta il Fascismo a ritrovare l'antica grandezza della civiltà romana:  «Oserà dunque il fascismo assumere qui, qui donde già le aquile imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare, regale […] oserà qui riprendere la fiaccola della tradizione mediterranea?»  (Julius Evola, Imperialismo pagano, Padova, Edizioni di Ar, 199624.) Influenzato dalla lettura delle opere di René Guénon abbandona in seguito le tesi estremiste di Imperialismo pagano a favore del concetto di "tradizione" e fonda con Emilio Servadio la rivista La Torre (uscita in soli dieci numeri tra febbraio e giugno del 1930), destinata a difendere principi sovrapolitici, in realtà «una tribuna di intellettuali che si battevano per un fascismo più radicale e più intrepido».[33] Critiche mosse ad alcuni personaggi del Regime dalle pagine de La Torre, provocano l'intervento di Starace che prima diffida Evola dal continuare la pubblicazione, poi proibisce a tutte le tipografie romane di stampare la rivista la cui pubblicazione, alla fine, viene sospesa.  Evola viene sorvegliato dal regime in quanto accusato di affiliazione all'Ordo Templi Orientis ed è costretto ad assumere alcune guardie del corpo (come testimoniato da Massimo Scaligero) . Inizia un periodo dedicato interamente all'alpinismo. Nel 1930, con la guida alpina Eugenio David, affronta la scalata della parete settentrionale del Lyskamm Orientale.[34] Di questa e di altre esperienze viene poi redatto un libro nel 1973: Meditazioni delle vette.[35] Evola intende l'alpinismo come pratica ascetica e meditazione spirituale: superamento dei limiti della condizione umana attraverso l'azione e la contemplazione, che divengono due elementi inseparabili, «un'ascesa che si trasforma in ascesi». Successivamente pubblica due opere: La tradizione ermetica e Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo. La prima è una disamina dell'aspetto magico, esoterico e simbolico dell'alchimia. La seconda è un saggio critico su quelle correnti di pensiero che, secondo Evola, «invece di elevare l'uomo dal razionalismo moderno e dal materialismo, lo portano ancora più in basso: spiritismo, teosofia, antroposofia e psicoanalisi». Nel 1934 appare la sua opera fondamentale, Rivolta contro il mondo moderno, nella quale traccia un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella tradizione occidentale e satya, treta, dvapara e Kali Yuga in quella induista.  In Rivolta Evola oppone il mondo tradizionale al mondo moderno. Nella prima parte analizza le categorie qualificanti l'uomo della tradizione e le antiche "razze divine"; nella seconda analizza la genesi del mondo moderno ed i processi a causa dei quali la civiltà tradizionale è crollata (dal dominio dell'autorità spirituale al dominio del "quarto stato"). Partendo da questi presupposti, tre anni dopo, esamina a fondo Il mistero del Graal (1937) e le sue implicazioni dottrinarie nelle visioni dei diversi periodi storici, impostando tutta la sua disamina sul concetto di "tradizione ghibellina dell'impero", cercando di svincolare il Graal e la sua portata simbolica dalla tradizione cristiana. A partire dal 1934 Evola collabora attivamente con la Scuola di mistica fascista, fondata da Niccolò Giani nel 1930, tenendo alcune conferenze e figurando nel comitato di redazione della rivista Dottrina fascista. La maggior parte degli interventi di Evola in conferenze e scritti, riguardano principalmente il tema del razzismo, argomento che trova appoggio sia da parte di Giani che da parte dello stesso Mussolini. Secondo Evola, tuttavia, l'espressione mistica fascista rappresenta un'incongruenza potendo parlare, al più, di etica fascista. Questo perché in realtà il fascismo, secondo Evola, «non affronta il problema dei valori superiori, i valori del sacro, solo in relazione ai quali si può parlare di mistica».[38]  Jean-Paul Lippigiurista e saggista francese, tra i più importanti studiosi d'oltralpe del pensatore tradizionalerileva di come Evola ravveda nella mistica «un elemento rilevatore di una spiritualità lunare e del polo femminile dello spirito». E infatti il sottotitolo di Diorama filosoficola pagina prima mensile e poi quindicinale curata da Evola nel quotidiano Il Regime Fascista di Cremona tra il 1934 e il 1943è: Problemi dello spirito nell'etica fascista. Nel 2009 una serie di scritti di Evola relativi alla scuola di mistica fascista, sono stati pubblicati dall'editore Controcorrente di Napoli,[40] e aiutano in parte a chiarire le posizioni assunte dal filosofo all'interno della suddetta corrente.  Le tesi sulla razza «Sia razzialmente, sia in fatto di ideali, esiste una grande opposizione fra l'uomo ariano e tradizionale europeo e il giudeo. Fin dalle origini il giudeo ci è apparso come un essere diviso in se stesso. A differenza dell’ariano egli fu sempre incapace di concepire e di realizzare un'armonia fra spirito e corpo. Il corpo significò per lui la carne, cioè una crassa e peccaminosa materialità, da cui deve redimersi per raggiungere lo spirito che per lui sta in una sfera astratta, fuori della vita. Ma nel giudeo questo impulso alla liberazione fallisce ed allora le prospettive si invertono: colui che era tormentato dal pungolo della redenzione si precipita disperatamente nella materia, si abbandona ad una brama illimitata per la materia, per la potenza materiale e per il piacere. Voi così vedete un uomo che si sente schiavo della carne e per questo vuol vedere intorno a sé solo degli schiavi come lui. Perciò egli gode dovunque egli scopra l’illusorietà dei valori superiori, dovunque torbidi retroscena si palesino dietro la facciata della spiritualità, della sacralità, della giustizia e dell’innocenza.»  (Julius Evola, La civiltà occidentale e l’intelligenza ebraica) A metà degli anni trenta Evola inizia ad orientare i propri studi su aspetti più propriamente politici, legati in particolar modo alla "questione della razza". Riprende l'attività giornalistica scrivendo su quotidiani: Il Regime Fascista, Corriere Padano, Il Giornale della Domenica, Roma, Il Popolo d'Italia, La Stampa e Il Mattino; su stampe e periodici: Logos, Educazione Fascista, La Rivista del Club Alpino Italiano, Politica, Nuova Antologia, '900, Il progresso religioso, La difesa della razza, Augustea, Carattere, Insegnare e Scuola e cultura.[56]  Nel 1937 pubblica Il Mito del Sangue (poi riedito nel 1942) dove ricostruisce le concezioni sulla razza dalle civiltà antiche fino alle teorie Professore(de Gobineau, Woltmann, de Lapouge, Chamberlain), contrapponendole alla versione moderna del razzismo biologico di stampo nazionalsocialista. Segue nel 1941 Sintesi di dottrina della razza. In questi testi esprime le sue concezioni antisemite non basate su un razzismo biologico, ma spirituale. Gli ebrei, per Evola, non possono essere considerati una razza: «Già la Bibbia parla di 7 popoli che avrebbero concorso a formare il sangue ebraico [...] Come da questo composto etnico abbia potuto sorgere un sentimento così vivo di solidarietà e di fedeltà al sangue [...] tale da far pensare che il popolo ebraico praticamente sia stato fra i popoli più razzisti della storiaquesto è un mistero [...] La formula, in ogni modo, è che gli ebrei non sono una razza ma solo una Nazione». Edizione russa dei Protocolli del 1912 Egli oppone a livello tradizionale "Giudei" ed "Ariani" (da "Arya") nel nome di una differenza di spirito. Nel 1937 pubblica la Introduzione alla quinta edizione italiana dei Protocolli dei savi di Sion, manifestando adesione al feroce e maniacale antisemitismo di Giovanni Preziosi, traduttore ed editore del pamphlet. In questa Introduzione afferma che non avrebbe importanza la non autenticità storica dell'opuscolo, visto che comunque lo stesso manifesta veridicità secondo lui attendibile nel descrivere i maneggi ebraici per il controllo della società (banche, stampa, mercato, politica). L'ebraismo è per Evola una colpa senza redenzione: «nemmeno il battesimo e la crocefissione cambia la natura ebraica».[58]  Si esprime negativamente sul colonialismo giudicando l'Etiopia conquistata dall'Italia nient'altro che una «contraffazione degenerescente di un organismo tradizionale».[59] Sempre in quegli anni tiene un ciclo di conferenze presso le Firenze e di Milano su richiesta del Ministro dell'Educazione Nazionale Bottai. Benché non ve ne sia traccia nella biografia dell'autore, il saggista Franco Cuomo scrive che Evola, nel 1938, è tra i firmatari del cosiddetto Manifesto della razza.[60] Tutt'oggi la "questione razziale" di Evola rimane un tema molto dibattuto tra gli studiosi[senza fonte]. A partire dagli anni sessanta, Evola, a più riprese, cerca di ribadirein alcuni casi rivedendo certe posizioni giovanilila sua concezione sulla razza.  Già ne Il mito del sangue Evola, in riferimento alla concezione biologica che i tedeschi fanno del razzismo, espone le sue perplessità: «È ben possibile che in questo stato il razzismo avrebbe potuto aver la possibilità di sviluppare più proficuamente gli elementi valevoli che esso può comprendere in sé. Invece, con l'assurgere a ideologia ufficiale di una rivoluzione [quella nazionalsocialista germanica], il razzismo ha finito con il pregiudicare siffatti elementi»[61] facendo riferimenti espliciti alla figura di Hitler: «[...] l'idea razzista da parte dello Hitler [...] quanto a idee nuove rispetto a quel che finora abbiamo conosciuto, non ve ne è quasi nessuna».[62]  Dedica un intero capitolo (Il problema della razza) della sua autobiografia a questo tema in cui ribadisce la necessità di interpretare il concetto di razza da un punto di vista spirituale e non biologico, contestando ad Alfred Rosenberg (il principale esponente del razzismo nazionalsocialista) la strada del razzismo materialistico intrapresa a suo tempo dalla Germania, definendola «materialismo zoologico»[63] e condannando apertamente il «fanatismo antisemita». Fanatismo verso il quale, nel 1963, dichiara: «né io, né i miei amici in Germania sapevamo degli eccessi nazisti contro gli ebrei [...] e se ne avessimo saputo in alcun modo avremmo potuto approvarli». Evola ha una concezione dell'uomo come essere costituito da corpo, anima e spirito, dove la parte spirituale deve avere il primato su quella corporea. Secondo Evola «l'opportunità di questa formulazione risiede nel fatto che una razza può degenerare, anche restando biologicamente pura, se la parte interiore e spirituale è morta, diminuita o obnubilata, se ha perso la propria forza (come presso certi tipi nordici attuali). Inoltre gli incroci, di cui oggi pochissime stirpi sono esenti, possono avere come conseguenza che ad un corpo di una data razza siano legati, in un individuo, il carattere e l'orientamento spirituale propri di un'altra razza, donde una più complessa concezione del meticciato».[65]  Lo storico Renzo De Felice, pur molto critico e severo rispetto al pensiero e alle tesi di Evola, testimonia di come lo stesso Evola respinge «anche più recisamente [dell'Acerbo] ogni teorizzazione del razzismo in chiave esclusivamente biologica»,  ponendo il pensatore tradizionale tra coloro che «imboccata una certa strada, la seppero percorrere, in confronto con tanti che scelsero quella della menzogna, dell'insulto, del completo obnubilamento di ogni valore culturale e morale, con dignità e persino con serietà». A tale proposito De Felice segnala anche che Evola non è il solo a prendere le distanze dal razzismo biologico di matrice nazionalsocialista. Altre note figure della cultura fascista del tempo, come Giacomo Acerbo, e meno note, come Vincenzo Mazzei, se ne dissociano.[67] L'impostazione critica data da De Felice su questo passaggio del pensiero di Evola è particolarmente apprezzata dagli autori filo-evoliani.[68]  Anche Paolo Orano sviluppa, secondo taluni, una forma di antisemitismo etico-sociale che rinvia a Il mito del sangue di Evola  L'approccio al "problema della razza" di Evola, come quello di Acerbo ed Orano, pur se sviluppato da posizioni e secondo logiche diverse, viene apprezzato da Mussolini che ne intravede gli elementi differenziatori da quello germanico, anche se successivamente il "Duce" non si farà scrupolo di dare patente di legittimità anche all'antisemitismo di un Preziosi, di un Interlandi e di un Gayda.  Altri autori, invece, ritengono che l'opera e il pensiero di Evola continuino ad essere razzisti tout court o addirittura emuli delle tesi di Paolo Orano. È di questo avviso Attilio Milano che, a proposito della campagna antiebraica fascista, scrive: «Primo, in ordine di tempo, e per notorietà personale, come già ricordato, fu Paolo Orano [...] dietro di lui, con una vena più scadente, comparvero anche Ebrei, Cristianesimo, Fascismo, di Alfredo Romanini, Tre aspetti del problema ebraico, di Giulio Evola [...]»  Lo storico Francesco Germinario nel suo saggio Razza del Sangue, razza dello Spirito[ analizza in particolare il progressivo avvicinamento di Evola al nazionalsocialismo, specialmente in relazione all'ammirazione che il filosofo aveva nei confronti delle SS.  La tesi di maggior rilievo del saggio di Germinario consiste nel tentativo di interpretare il razzismo evoliano come una sorta di differenzialismo in nuce, ovvero un razzismo che identifica il suo obiettivo principale nella ricomposizione dei cosiddetti tre ordini di razza: corpo, anima, spirito. Dunque, secondo Germinario, Evola riprende, seppur in maniera meno esplicita, alcune delle teorie del de Gobineu che cercano di identificare una gerarchia ideale nei gruppi delle razze umane. Lo storico torinese Francesco Cassata, che ha dedicato molti suoi scritti al rapporto tra fascismo e razzismo e agli studi sull'eugenetica, nel suo A destra del fascismo,[73] sottolinea di come il razzismo sia un aspetto centrale del pensiero evoliano, e che in realtà lo stesso è volutamente depotenziato e purificato dai suoi estimatori con lo scopo di dare una visione edulcorata delle teorie del filosofo.  Più dura la posizione del giornalista Gianni Scipione Rossi, che con il volume Il razzista totalitario. cerca di mettere in luce quegli aspetti contraddittori del pensiero evoliano rispetto al tema della razza. Ma soprattutto Il razzista totalitario tenta di dimostrare che quella di Evola non è una parentesi razzista, ma una costruzione originale ed autonoma di una teoria che accompagna tutta l'opera evoliana. Per il germanista Furio Jesi Evola è «un razzista così sporco che ripugna toccarlo con le dita».  Lo storico e saggista torinese infatti dubita fortemente della definizione spiritualistica attribuita al razzismo di Evola[76] e ritiene anzi che le sue teorie farmeticanti e triviali conducano direttamente ad Auschwitz: «Egli [Evola] non si è mai dichiarato paladino dei roghi dei libri, anche se bisogna precisare che implicitamente, da intellettuale, s'intende, ha dato una mano ai forni crematori non per libri ma per uomini». La maggior parte delle critiche mosse a Evola e ai suoi studi sulla razza (per esempio da Dana Lloyd Thomas, Gianni Scipione Rossi, Francesco Germinario, Francesco Cassata), sostanzialmente, cercano di dimostrare che il cosiddetto razzismo spirituale in realtà è una sofisticata costruzione teorica utilizzata dall'autore e ancor più dai suoi epigoni per celare il convincimento di un vero e proprio razzismo di matrice biologica, e che dunque c'è in realtà un filo diretto tra le teorie nazionalsocialiste e quelle evoliane, queste ultime solo apparentemente diverse  In ogni caso è in concomitanza con la campagna antiebraica scatenata dal regime fascista a partire dal 1937 che Julius Evola, grazie al suo "razzismo spirituale", entra definitivamente a far parte, a pieno titolo, della cultura e dell'intelligencija fascista di quegli anni. Secondo Fabio Venzi, in maniera del tutto infondata, ciò non impedisce ad Evola di avere una "doppia affiliazione" ed essere pure membro della Massoneria. Evola non aderisce al Partito fascista e tale mancata adesione gli impedisce nel 1940 di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda guerra mondiale. Nel 1942 viene pubblicato un suo saggio dal titolo Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania[80] nel quale esprime ammirazione per il nazismo tedesco, considerandolo superiore al fascismo in ragione del coraggio nel risvegliare l'antico spirito ariano e germanico. Critica tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione": per esempio una difesa della razza improntata giuridicamente ad una sorta di "igiene razziale" e il potere del Führer derivato dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini.  Evola teorizza dunque il tradizionalismo puro, ideale e radicale, capace di attuare i propri principi e di far trionfare la cultura romana e pagana delle origini. Tra l'Unione Sovietica bolscevica e gli Stati Uniti d'America capitalistici, il nazionalsocialismo tedesco gli sembra proporre una terza via: un impero europeo e pagano sotto la guida egemonica della Germania di Hitler. Nel 1943, riprendendo temi già trattati nei suoi anni giovanili, pubblica La dottrina del risveglio, un saggio sull'ascesi buddhista. Nel 1951 l'opera viene poi tradotta in inglese da Harold Edward Musson (Ñāṇavīra Thera) con l'avallo della Pali Society, anche se l'unica fonte che riporta questa informazione è lo stesso Evola: «L'edizione inglese aveva avuto il crisma della Pali Society, noto istituto accademico di studi sul buddhismo delle origini, che aveva riconosciuto la validità della mia trattazione». Ancor oggi rimane aperto, tra gli studiosi, il dibattito sull'adesione di Evola alla Repubblica Sociale, alla quale fanno accenno saggi ed opere enciclopediche di larga diffusione.In realtà subito dopo l'8 settembre, il filosofo romano, che si trova in Germania per tenere alcune conferenze, raggiunge a Monaco gli altri esuli fascisti «[...] osservando con distacco reazionario scelte che non lo convincono». Farà ritorno nell'Italia liberata solo al termine della guerra. Essendo Evola rigorosamente contrario all'abrogazione della Monarchia e alla trasformazione dell'Italia in una Repubblica, intraprende tentativi di influenza sulle SS e sui nazisti tedeschi, compreso lo stesso Heinrich Himmler. Si scopre poi, nel dopoguerra, che Evola èsia in Germania che in Italiatenuto sotto stretta sorveglianza dall'Ahnenerbe.Le SS gli permettono di avere ruoli culturali di rilievo solo nei casi in cui questo giovi alla causa tedesca. Tuttavia Evola collaborò con la sezione delle SS che si occupava di studiare e combattere le trame occulte e antitradizionali della massoneria e dei poteri forti in genere[86].  Nel 1945 Evola si trova a Vienna e nell'intento «di non schivare anzi di cercare i pericoli, nel senso di un tacito interrogare la sorte»[87] si avventura in una passeggiata durante i bombardamenti sovietici che colpiscono la capitale austriaca. Sbalzato da uno spostamento d'aria, subisce una lesione al midollo spinale che gli provoca una paralisi permanente agli arti inferiori.[88] Solo nel 1948, grazie all'interessamento di Umberto Zanotti Biancopresidente della Croce Rossa Internazionaleviene trasferito prima al sanatorio di Cuasso al Monte, poi a Bologna e infine, nel 1951, a Roma, come egli stesso riporta in una lettera inviata all'amico poeta Girolamo Comi.[89 A partire dal 1949 inizia la collaborazione con la rivista La Sfida fondata da Enzo Erra, Pino Rauti ed Egidio Sterpa, ispirando poi la nascita della nuova rivista Imperium che vede la luce nel 1950. Nel 1950 pubblica su Imperium l'opuscolo Orientamenti nel quale vengono sintetizzate in undici punti le sue idee (poi sviluppate nei libri successivi e riedite nel 1970).  Nel 1951 Evola viene arrestato con le accuse di apologia di fascismo e di essere l'ispiratore di alcuni gruppi neofascisti: si tratta del processo ai FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria). In questa occasione Evola viene difeso gratuitamente dall'avvocato Francesco Carnelutti[90] e dall'ex ministro dell'RSI Piero Pisenti ed egli stesso tiene dinanzi al Tribunale un'autodifesa poi pubblicata integralmente dalla Fondazione Julius Evola.[91] Scrive Evola:  «Dissi che attribuirmi idee fasciste era un assurdo, non in quanto erano fasciste, ma solo in quanto, rappresentavano, nel fascismo, la riapparizione di principi della grande tradizione Politica europea di Destra in genere. Io potevo aver difeso e potevo continuare a difendere certe concezioni in fatto di dottrina dello Stato. Si era liberi di fare il processo a tali concezioni. Ma in tal caso si dovevano far sedere sullo stesso banco degli accusati: Platone, un Metternich, un Bismarck, il Dante del De Monarchia e via dicendo»  (Julius Evola, Il cammino del cinabro, op. cit.,  94-95.) Pino Rauti ricorda che Evola viene portato dall'infermeria di Regina Coeli nella I sezione della Corte d'Assise di Roma su un telo retto da quattro detenuti, per l'occasione trasformati in infermieri, in quanto in tutta la Corte non vi è una sedia a rotelle.[92]   Una rara fotografia degli anni cinquanta Il processo ai FAR si conclude il 20 novembre del 1951 con l'assoluzione di Evola con formula piena.  Successivamente lo scrittore Marcello Veneziani, in relazione all'accusa mossa ad Evola di essere l'ispiratore e ideologo dei FAR, scrive che «[...] gli errori compiuti da chi ha cercato di tradurre Evola sul terreno sismico della politica, appartengono a chi li ha compiuti e non ad Evola».[93] Analoga tesi sostiene Giorgio Galli,[94] sottolineando inoltre di come lo stesso Evola è molto polemico nei confronti delle ristampe cosiddette "non autorizzate" che alcuni fanno dei suoi testi, soprattutto in relazione agli scritti giovanili (Imperialismo pagano in particolare) e a quelli relativi al problema della razza (Il mito del sangue, Indirizzi per una educazione razziale, Sintesi di dottrina della razza).  Scrive Evola in L'Italiano: «Non è certo colpa mia se alcuni giovani hanno fatto un uso arbitrario, confuso e poco serio di alcune idee dei miei libri, scambiando piani molto diversi».[95] Secondo Gianfranco De Turris, non potendo accusare Evola direttamente per i suoi scritti, si tenta di effettuare una "doppia lettura" dei suoi testi: una lettura palese per il volgo ed una "esoterica" per gli "iniziati". Furio Jesi è il primo ad avanzare questa teoria nel suo famoso Cultura di destra del 1979. Altri autori sostengono invece che Evola sia un vero e proprio cattivo maestro. Felice Pallavicinipartigiano e frequentatore di Evolacosì stigmatizza l'influenza del pensatore tradizionale sui giovani neofascisti: «Non ha fabbricato ordigni esplosivi, non è stato il capo di una banda di dinamitardi, ma le idee producono fatti, conseguenze [...] Ebbene l'evolismo ha prodotto fascismo, razzismo e antisemitismo. La rivolta ha senso solo se alla distruzione segue la ricostruzione, ma Evola ha badato solo a distruggere».[97] Nel 1953 pubblica Gli uomini e le rovinetesto che esercita grande influenza negli ambienti della destra italiananel quale spiega la decadenza del mondo moderno in seguito alla distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della Tradizione. Nel 1958 esce la Metafisica del sesso sulla forza magica e potentissima dell'atto sessuale, attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. Nel 1959 esce un testo sul pensiero di Jünger: L'«Operaio» nel pensiero di Ernst Jünger. Nel 1961 è la volta di Cavalcare la tigre in cui prosegue la sua critica al mondo moderno, offrendo una guida per coloro che pur non sentendo di appartenere interiormente a questo mondo, hanno intenzione di non cedervi psicologicamente ed esistenzialmente.  Scrive anche su alcune riviste ispirate al concetto metafisico ed immanente di Tradizione, come Il Ghibellino. Gli uomini e le rovine e Cavalcare la tigre sono considerati due testi fondamentali grazie ai quali c'è «una fattiva adesione dei giovani di destra al ribellismo antisistema partito dalle università»[98] alla fine degli anni sessanta. Scrive Pino Tosca: «Se si medita bene, ci si accorgerà che la posizione dei tradizionalisti nei fatti del '68, proviene in massima parte dalla lettura miscellanea di questi due testi».[99] Nel 1963 pubblica Il cammino del cinabro, la sua autobiografia, e nel 1968 un volume di saggi: L'arco e la clava.  In questi anni torna all'attenzione del pubblico la sua produzione artistica: nel 1963 Enrico Crispolti organizza una mostra dei suoi quadri alla galleria La Medusa di Roma; nel 1969 viene pubblicata da Scheiwiller Raâga Blanda, una raccolta di tutte le sue poesie, tra cui alcuni lavori inediti. Riprende anche l'attività giornalistica e scrive su Meridiano d'Italia, Monarchia, Barbarossa, Ordine Nuovo, Domani, Il Conciliatore, Totalità, Vie della Tradizione e Il Borghese. In questo periodo Evola assiste alla costituzione del Gruppo dei Dioscuri, sodalizio dedito al ripristino della cultualità romana ed italica, di cui è uno degli ispiratori,[100] attraverso i suoi scritti sulla romanità, il paganesimo e le idee imperiali, oltre che attraverso un particolare rapporto di intimità intellettuale con i fondatori dei Dioscuri.  Gli ultimi anni  Julius Evola in una fotografia del 1973 Vive gli ultimi anni con una pensione di invalido di guerra facendo traduzioni e scrivendo articoli, sostenuto economicamente da alcuni ammiratori guidati da Sergio Bonifazi, direttore del trimestrale Solstitivm. Un primo scompenso cardiaco si manifesta nel 1968, un secondo nel 1970. In quest'ultima occasione viene fatto ricoverare in ospedale da Placido Procesi, suo medico personale. Evola è infastidito dalle suore che lo assistono e minaccia di denunciarle per sequestro di persona. Viene fatto rientrare nella sua abitazione. La sua salute continua costantemente a peggiorare: inizia ad avere difficoltà respiratorie ed epatiche.  Poco prima della morte detta lo statuto originario di quella che sarebbe diventata la Fondazione Julius Evola per la difesa dei valori di una cultura conforme alla Tradizione.[101] Muore nella sua casa romana di corso Vittorio Emanuele l'11 giugno del 1974.  Pierre Pascal così lo ricorda nei suoi ultimi giorni: «Gli dissi il desiderio supremo di Henry de Montherlant: essere ridotto in ceneri dal fuoco, affinché fossero disperse a brezza leggera del Foro, tra i Rostri e il Tempio di Vesta. Allora quest'uomo, che era davanti a me, disteso, con le belle mani incrociate sul petto mi mormorò dolcemente e quasi impercettibilmente: "Io vorrei... ho disposto... che le mie fossero lanciate dall'alto di una montagna"». L'esecuzione testamentaria è affidata all'avvocato Paolo Andriani, condirettore della rivista Civiltà e amico fraterno, il quale riesce, dopo molte peripezie, a far cremare il corpo di Evolacome da sua esplicita richiestapresso il cimitero di Spoleto. L'amica di Evola Amalia Baccelli ricorda che il feretro rimane per molti giorni bloccato al Cimitero del Verano nella stanza mortuaria.[103] Un'urna contenente le ceneri viene consegnata alla guida emerita del CAI Eugenio Davidcompagno di scalate di Evola in giovinezzae calata nel crepaccio del Lyskamm Orientale sul Monte Rosa dal Direttore del Centro Studi Evoliani di Genova Renato Del Ponte[104]. Una seconda urna si trova invece presso la tomba di famiglia al cimitero del Verano. Evola è propugnatore del Tradizionalismo, un modello ideale e sovratemporale di società caratterizzato in senso spirituale, aristocratico e gerarchico. Secondo l'autore tale modello si riscontra, da un punto di vista storico, in civiltà quali quella egiziana, romana e indiana. Tali civiltà non si basano su criteri economici, materiali e biologici, ma sono suddivise e gestite in base a criteri di gerarchia sociale di carattere ereditario e spirituale.  L'essere e il divenire Secondo Evola ogni azione che avviene durante la vita biologica (il divenire) rispecchia direttamente una medesima azione di carattere metafisico (l'essere) e dunque imperitura e sovratemporale.  Il tempo e l'involuzione dell'uomo Il cammino dell'uomo durante la sua involuzione (come la definisce lo stesso Evola in aperto contrasto con le teorie darwiniane) avviene attraverso un percorso di tipo circolare, non lineare. Traccia di questa teoria la si trova, ad esempio, nello schema proposto da Esiodo relativo alla cosiddetta teoria delle cinque età (dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli eroi, del ferro), corrispondenti ai quattro yuga dell'induismo. Queste civiltà menzionateritenute superiori da Evolasi basano dunque su una più elevata dimensione metafisica e spirituale dell'esistenza, anziché su criteri di ordine materiale. La naturale decadenza di queste società è direttamente proporzionale all'aumento del progresso e della modernità.  Tale processo di decadenza ha inizio con la perdita dell'unico polo che in passato racchiude sia l'autorità spirituale che quella temporale e prosegue con la spinta propulsiva dei valori illuministi espressi con la Rivoluzione francese: si arriva così alla società odierna dove la dimensione spirituale dell'esistenza è andata definitivamente perduta. In particolare Evola rifiuta totalmente il concetto di egualitarismo, in favore di una visione differenziatrice della natura umana. Ne consegue un netto rifiuto per la democrazia (intesa come strumento di massa) e parimenti per ogni forma di totalitarismo, anch'esso ritenuto uno strumento di massa che si basa non su un'autorità spirituale, bensì su un'autorità esclusivamente di tipo temporale.  La via iniziatica Secondo Evola l'uomo ha la possibilità di elevarsi alla sfera divina e metafisica attraverso precise strade (il rito e l'iniziazione), utilizzando determinati strumenti (l'azione e la contemplazione) all'interno di contesti sociali predeterminati (la casta, l'impero). In aperto contrasto con le teorie di Sant'Agostino espresse nel De civitate dei ed in sintonia con i dettami del buddhismo delle origini, Evola sostiene che non esiste differenza quantitativa tra l'uomo e il dio. Per l'autore ogni uomo è un dio mortale e ogni dio un uomo immortale. Il razzismo "spirituale" Conseguenza di questo pensiero è che le differenze naturali tra gli esseri umani si rispecchierebbero anche nelle razze. Il filosofo rifiuta una visione razzista della vita in senso biologico, sostenendo invece la sua teoria del cosiddetto "razzismo spirituale". La "razza interiore" di cui parla Evola è definita come un patrimonio di tendenze e attitudini che, a seconda delle influenze ambientali, giungerebbero o meno a manifestarsi compiutamente. L'appartenenza a una razza si individuerebbe dunque sulla base delle caratteristiche spirituali, e in seguito di quelle fisiche, diventandone col tempo queste ultime il segno visibile. Partendo da questi presupposti assiomatici, Evola definisce gli ebrei come razza materialista e spiritualmente inferiore rispetto alla razza ariana, in sintonia con alcune idee del nazismo tedesco.  Nonostante il rifiuto della concezione pseudo-scientifica del razzismo biologico, nei confronti degli ebrei il "razzismo spirituale" di Evola non rappresenta una versione attenuata dell'antisemitismo nazista, ma un suo ribaltamento in senso metafisico: secondo Enzo Collotti, «il razzismo spirituale del quale parla Evola vuole partire appunto dal dato biologico, che gli pare ancora troppo rozzo e deterministico, per sublimarlo e portarlo a pieno compimento "sul piano dello spirito", ossia sul piano metafisico. In tal modo Evola intendeva potenziare e nobilitare, e non già attenuare, il razzismo, avvolgendolo in una nebulosa filosofeggiante e scrostandolo di quel tanto di ruvido antropologismo»[107]. Nel 1994 vengono ritrovate presso l'archivio crociano di Napoli sette lettere scritte da Evola a Benedetto Croce (più una, l'ottava, indirizzata all'editore Laterza). Tale ritrovamento, ad opera di Stefano Arcellafunzionario dei Beni Culturali presso la biblioteca di Napolipermette di ricostruire almeno in parte i rapporti tra Evola e il filosofo del liberalismo. Evola invia inizialmente a Croce, in una lettera del 13 aprile 1925, la richiesta di intercedere presso l'editore Laterza per la pubblicazione dei Saggi sull'idealismo magico e Teoria dell'individuo assoluto. Pochi giorni dopo Evola risponde ad una cartolina postale di Croce ringraziandolo per il giudizio di apprezzamento sul lato formale dei due manoscritti.  Laterza, nonostante l'appoggio favorevole di Benedetto Croce, scrive ad Evola una lettera il 14 settembre 1925 in cui precisa di volersi riservare «la massima libertà di decidere anche nei riguardi di autorevoli amici». Evola scrive nuovamente a Croce chiedendo aiuto per la sua nuova opera sull'alchimia: La tradizione ermetica. In una successiva, breve lettera, Evola ringrazia Croce per l'interessamento e l'anno successivo, il manoscritto esce per i tipi dell'editore barese.  Secondo Stefano Arcella[109] in questo periodo si realizza un collegamento tra due opposizioni culturali al fascismo: una in senso tradizionale (Evola) ed una in senso liberale (Croce). Secondo Gianfranco De Turris[110] Evola si rivolge a Croce in quanto preferisce aperture presso uomini e gruppi non dogmatici, più che presso l'ufficialità del regime fascista. Poiché Evola non lascia un archivio epistolare, non è possibile analizzare le risposte date da Croce alle missive dello stesso Evola. Senza le risposte di Croce diventa infatti difficile valutare l'apertura del pensatore liberale verso i contributi filosofici del pensatore tradizionale.  Lettere a Giovanni Gentile  Giovanni Gentile Evola invia, tra il 1927 e il 1929, quattro lettere al Senatore Gentile. Nonostante le marcate divergenze sul piano filosoficoEvola si discosta dall'attualismo gentiliano in favore di una rigida codificazione teoretica (l'idealismo magico)il pensatore tradizionale cerca un confronto con uno dei massimi esponenti del mondo accademico. Tale confronto, secondo Stefano Arcella[111]curatore del volume Lettere di Julius Evola a Giovanni Gentile non produce risvolti interessanti sotto il profilo speculativo in quanto i due filosofi sono su posizioni eccessivamente distanti, ed anche i presupposti dottrinali e religiosi sono inconciliabili.  Sempre Arcella afferma che «il tentativo evoliano di aprire un colloquio costruttivo rimane un fiore che non sboccia». Evola cerca di costruire, pur senza risultati apprezzabili, un punto di riferimento culturale alternativo all'ambiente gentiliano. Nel Cammino dei cinabro tenta di spiegare così le ragioni di questo mancato incontro:  «Tutti i riferimenti extra-filosofici di cui il mio sistema filosofico era ricco servirono come un comodo pretesto per l'ostracismo. Si poteva liquidare con un'alzata di spalle un sistema che accordava un posto perfino al mondo dell'iniziazione, della "magia" e di altri relitti superstiziosi. Che tutto ciò da me fosse fatto valere nei termini di un rigoroso pensiero speculativo, a poco servì. Però anche da parte mia vi era un equivoco, nei riguardi di coloro ai quali, sul piano pratico, la mia fatica speculativa poteva servire a qualcosa. Si trattava di una introduzione filosofica ad un mondo non filosofico, la quale poteva avere un significato nei soli rarissimi casi in cui la filosofia ultima avesse dato luogo ad una profonda crisi esistenziale. Ma vi era anche da considerare (e di questo in seguito mi resi sempre più conto) che i precedenti filosofici, cioè l'abito del pensiero astratto discorsivo, rappresentavano la qualificazione più sfavorevole affinché tale crisi potesse essere superata nel senso positivo da me indicato, con un passaggio a discipline realizzatrici»  (Julius Evola, Il cammino del cinabro61.) Gentile tuttavia riconosce ad Evola una certa competenza in campo esoterico-alchemico ed infatti chiede al filosofo della tradizione di curare la voce Atanor per l'Enciclopedia Italiana.[113] Anche alcuni allievi di Gentile riconoscono ad Evola una certa stima, in particolare Guido Calogero. Alessandro Giuli successivamente riporta altre informazioni, relative al carteggio Evola-Gentile, reperite all'interno della "Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici", occupandosi in particolare dei vari volumi[116] che Evola invia con dedica al Senatore.  Lettere a Carl Schmitt  Carl Schmitt Si tratta di sette lettere inviate da Evola a Schmitt tra il 1951 e il 1963, conservate nel Nachlass Carl Schmitt dell'Archivio di Stato di Düsseldorf L'epistolario mette in luce da una parte alcune amicizie e conoscenze in comune tra i due pensatori (Ernst Jünger, Armin Mohler e il principe di Rohan), dall'altra il tentativo di proporre la pubblicazione in italiano del saggio di Schmitt sul tradizionalista cattolico Donoso Cortés.Tale tentativo non va in porto, così come fallisce anche il secondo progetto editoriale, risalente al 1963, di pubblicare un'antologia schmittiana.  Di rilievo, all'interno dello scambio epistolare, le due divergenti visioni rispetto alle teorie di Donoso Cortés sul ruolo dell'uomo politico e la sua autonomia. Evola interpreta il concetto di dictatura coronada come «necessità di un potere che decida assolutamente, ma ad un livello di una dignità superiore, indicata dall'aggettivo coronada».[119] Per il giurista tedesco, invece, esiste prima di tutto un passaggio significativo che porta dal concetto della legittimità del regnare a quello della dittatura. Per Cortés, scrive Schmitt, «la dittatura incoronata, la dictadura coronada, significava solo un pis-aller pratico [...] mai ha concepito questo espediente pragmatico come una forma di salvezza religiosa o teologica».[120]  Anche in questo casocosì come già ampiamente esposto in Rivolta contro il mondo moderno[121]il costante rimando evoliano ad un fondamento trascendente dell'ordine politico rimane «quell'ineliminabile discrimine che non può essere in alcun modo occultato o minimizzato». Antonio Caracciolo sottolinea anche di come l'epistolario assume rilievo in relazione al tentativo di «fornire di solidi contrafforti ideologici e culturali il mondo conservatore che, nel dopoguerra italiano, si trovava a combattere la sua battaglia politica».[123]  Lettere a Gottfried Benn  Gottfried Benn Evola entra in contatto epistolare con Gottfried Bennmedico e poeta tedesco appartenente alla cosiddetta Rivoluzione conservatricefin dal 1930. Il primo incontro risale invece al 1934, durante la tappa berlinese di un viaggio che Evola effettua in Germania. Da quell'incontro scaturisce una famosa recensione-saggio di Benn alla traduzione tedesca di Rivolta contro il mondo moderno[124] che appare nel 1935 sulla rivista Die Literatur di Stoccarda. Nel presentare l'opera, Benn espone le sue teorie convergendo con la visione del mondo di Evola. Successivamente Francesco Tedeschi rintraccia nello Schiller-Nationalmuseum Deutsches Literaturarchiv di Marbach due lettere manoscritte (la prima del 30 luglio e la seconda del 9 agosto 1934) più una dattiloscritta del 13 settembre 1955 che Evola invia a Benn. Le prime due lettere sono importanti in quanto chiariscono la comunanza di vedute dei due autori rispetto al tema della tradizione e di una visione del mondo conservatrice, oltre al fatto che entrambi non si riconoscono nel nazismo tedesco. Dalla lettera del 9 agosto: «Sono sempre più convinto che a chi voglia difendere e realizzare senza compromessi di sorta una tradizione spirituale e aristocratica non rimanga purtroppo, oggi e nel mondo moderno, alcun margine di spazio; a meno che non si pensi unicamente a un lavoro elitario». La terza lettera è importante in quanto testimonia il tentativo di Evola di riprendere, nel dopoguerra, i rapporti con quegli esponenti conservatori che conosce negli anni trenta e quaranta. Lettere a Tristan Tzara  Tristan Tzara in un ritratto di Lajos Tihanyi Nel 1975 compaiono, in un articolo di Giovanni Lista,[128] brani di due lettere inviate da Evola a Tristan Tzara, il fondatore del Dadaismo. Dall'articolo non si evince però la loro collocazione. Solo nel 1989, grazie al lavoro di ricerca della studiosa Elisabetta Valento, tutta la corrispondenza viene trovata presso l'archivio della Fondation Jaques Doucet della biblioteca Sainte-Geneviève di Parigi.  Si tratta di una trentina di documenti tra lettere e cartoline: la prima è del 7 ottobre 1919, l'ultima del 1º agosto 1923. Molte tappe del cammino artistico del filosofo romano sono già note prima del rinvenimento della corrispondenza con Tzara: in parte perché lo stesso Evola ne parla nella sua autobiografia, in parte perché dedotte dai critici e dagli studiosi nelle partecipazioni, in qualità di articolista, che Evola ha in alcune riviste d'arte dell'epoca: Noi, Cronache d'Attualità, Dada e Bleu. Secondo la Valento, ciò che invece non è noto prima del rinvenimento della corrispondenza, sono «le modalità dell'avventura evoliana nella sfera artistica, ovvero come essa si attuò, come fu vissuta, a che mirava».  L'archivio della corrispondenza tra i due artisti ha, inoltre, il pregio di colmare il vuoto di un periodo giovanile poco conosciuto di Evola. Questo vuoto si colma sia attraverso la ricostruzione di tappe cronologiche (il recupero di alcune date, partecipazioni a mostre, riviste, incontri) sia attraverso il recupero di tappe più specificamente «psicologiche».[131] In particolare quelle che portano Evola ad annunciare il proprio suicidio (lettera 24 del 2 luglio 1921) e che raccontano di un uomo colto nel pieno male di vivere, di una sperimentazione del travaglio interiore che l'artista vive tra il 1920 e il 1921, dove la «sofferenza acuta si alterna alla disperazione». Opere dell'autore Julius Evola, Arte Astratta, posizione teorica, Roma, Maglione e Strini, 1920.    Julius Evola, La parole obscure du paysage intérieur, Roma-Zurigo, Collection Dada, 1921.   Julius Evola, Saggi sull'idealismo magico, Todi-Roma, Atanòr, Julius Evola, L'individuo e il divenire del mondo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere, 1926.   Julius Evola, L'uomo come potenza, Todi-Roma, Atanòr, Julius Evola, Teoria dell'individuo assoluto, Torino, Bocca, Julius Evola, Imperialismo pagano, Todi-Roma, Atanòr, 1928.   Julius Evola, Fenomenologia dell'individuo assoluto, Torino, Bocca, 1930.   Julius Evola, La tradizione ermetica, Bari, Laterza, 1931.   Julius Evola, Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Torino, Bocca, Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Milano, Hoepli, 1934.   Julius Evola, Tre aspetti del problema ebraico, Roma, Mediterranee, 1936.   Julius Evola, Il mistero del Graal, Bari, Laterza, 1937a.   Julius Evola, Il mito del sangue, Milano, Hoepli, 1937b.   Julius Evola, Indirizzi per una educazione razziale, Napoli, Conte, 1941a.   Julius Evola, Sintesi di dottrina della razza, Milano, Hoepli, 1941b.   Julius Evola, La dottrina del risveglio, Bari, Laterza, 1943.   Julius Evola, Lo Yoga della potenza, Torino, Bocca, 1949.   Julius Evola, Orientamenti, Roma, Imperium, 1950.   Julius Evola, Gli uomini e le rovine, Roma, Edizioni dell'Ascia, Julius Evola, Metafisica del sesso, Todi-Roma, Atanòr, 1958.   Julius Evola, L'«Operaio» nel pensiero di Ernst Jünger, Roma, Armando, 1959.   Julius Evola, Cavalcare la tigre, Milano, Vanni Scheiwiller, 1961.   Julius Evola, Il cammino del cinabro, Milano, Vanni Scheiwiller, Julius Evola, Il Fascismo. Saggio di una analisi critica dal punto di vista della destra, Roma, Volpe, Julius Evola, L'arco e la clava, Milano, Vanni Scheiwiller, 1968.   Julius Evola, Raâga Blanda, Milano, Vanni Scheiwiller, 1969.   Julius Evola, Il taoismo, Roma, Mediterranee, 1972.   Julius Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee, 1974.   Opere curate dall'autore Lao Tze, Il libro della via e della virtù, Julius Evola, Lanciano, Carabba, 1923.   Cesare Della Riviera, Il mondo magico de gli heroi, Julius Evola, Bari, Laterza, René Guénon, La crisi del mondo moderno, Julius Evola, Milano, Hoepli,  Emanuel Malinski , Léon De Poncins, La guerra occulta, Julius Evola, Milano, Hoepli, 1939.   Gustav Meyrink, Il Domenicano bianco, Julius Evola, Milano, Fratelli Bocca Editori, 1944.   Gustav Meyrink, La notte di Valpurga, Julius Evola, Milano, Fratelli Bocca Editori, 1944.   Johann Jakob Bachofen, Le madri e la virilità olimpica, Julius Evola, Torino, Bocca, 1949.   Gustav Meyrink, L'Angelo della finestra d'Occidente, Julius Evola, Milano, Fratelli Bocca Editori, 1949.   Mircea Eliade, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, Julius Evola, Milano, Fratelli Bocca Editori, 1954.   Gruppo di Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Julius Evola, Torino, Bocca, 1955.   Otto Weininger, Sesso e carattere, Julius Evola, Milano, Bocca, 1956.   Oswald Spengler, Il tramonto dell'occidente, Julius Evola, Milano, Longanesi, 1957.   Eduard Erkes, Credenze religiose della Cina antica, Julius Evola, Roma, IsMEO, 1958.   Pitagora I Versi d'Oro, 1959, Julius Evola, Todi-Roma, Atanòr.   Lao Tze, Il Libro del Principio e della sua azione, Julius Evola, Milano, Ceschina, 1959.   Gabriel Marcel, L'uomo contro l'umano, Julius Evola, Roma, Volpe, 1963.   Ernst Jünger, Al muro del tempo, Julius Evola, Roma, Volpe, 1965.   Hans-Joachim Schoeps, Questa fu la Prussia, Julius Evola, Roma, Volpe, Erik Von Kuehnelt-Leddihn, L'errore democratico, Julius Evola, Roma, Volpe, 1966.   Theodor Litt, Le scienze e l'uomo, Julius Evola, Roma, Armando, Pascal Bewerly Randolph, Magia Sexualis, Julius Evola, Roma, Mediterranee, 1969.   Karl Loewenstein, La Monarchia nello Stato moderno, Julius Evola, Roma, Volpe, 1969.   Robert Reininger, Nietzsche e il senso della vita, Julius Evola, Roma, Volpe, 1971.   Arthur Avalon, Il mondo come potenza, Julius Evola, Roma, Mediterranee, 1973.   Daisetsu Teitarō Suzuki, Saggi sul Buddhismo Zen 1, Julius Evola, Roma, Mediterranee, 1975.   Lu Tzu, Il mistero del fiore d'oro, Julius Evola, Roma, Mediterranee, Lu K'uan Yû, Lo Yoga del Tao, Julius Evola, Roma, Mediterranee, Opere curate dall'autore con lo pseudonimo Carlo d'Altavilla Theodor Litt, Istruzione tecnica e formazione umana, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando, 1958.   Gustav Meyrink, Alla frontiera dell'Aldilà, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Napoli, Casa Editrice Rocco, 1959.   Theodor Litt , Eduard Spranger, Enrico Pestalozzi, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando,  Franz Hilker, Pedagogia comparata: storia, teoria e prassi, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando, 1967.   Jacques Ulmann, Ginnastica, educazione fisica e sport dall'antichità ad oggi, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando, Karlfried Graf Dürckheim, Hara: il centro vitale dell'uomo secondo lo Zen, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Mediterranee, 1969.   Bernard George, L'ondata rossa sulla Germania dell'Est 1945-1951, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Volpe, Erik von Kuehnelt-Leddihn, L'errore democratico, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Volpe, 1969.   Hans Reiner, Etica, teoria e storia, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando,Stephan Leibfried, L'università integrata: l'istruzione superiore nella Repubblica federale tedesca e negli Usa, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando, 1971.   Ernst Cassirer, Saggio sull'uomo: introduzione ad una filosofia della cultura, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Armando,  Walter Wefers, Basi e idee dello Stato spagnolo d'oggi, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Volpe, 1965.   François Gaucher, Idee per un movimento, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Roma, Volpe, 1966.   Donald Edward Keyhoe, La verità sui dischi volanti, Carlo d'Altavilla (Julius Evola), Milano, Atlante, 1954.   Antologie di scritti non compilate dall'autore Julius Evola, I saggi di "Bilychnis", Padova, Edizioni di Ar, Julius Evola, I saggi della "Nuova Antologia", Padova, Edizioni di Ar, 1970b.   Julius Evola, L'idea di Stato, Padova, Edizioni di Ar, 1970c.   Julius Evola, Gerarchia e democrazia, Padova, Edizioni di Ar, 1970d.   Julius Evola, Meditazioni delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, 1971.   Julius Evola, Diario 1943-44, Genova, Centro Studi Evoliani, 1975.   Julius Evola, Etica aria, Genova, Centro Studi Evoliani, 1976a.   Julius Evola, L'individuo e il divenire del mondo, Carmagnola, Edizioni Arktos, 1976b.   Julius Evola, Simboli della Tradizione Occidentale, Carmagnola, Edizioni Arktos, 1977a.   Julius Evola, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mitra, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Considerazioni sulla guerra occulta, Genova, Centro Studi Evoliani, 1977c.   Julius Evola, Le razze e il mito delle origini di Roma, Monfalcone, Sentinella, 1977d.   Julius Evola, Il problema della donna, Roma, Fondazione Julius Evola, 1977e.   Julius Evola, Ultimi scritti, Napoli, Controcorrente, 1977f.   Julius Evola, La Tradizione di Roma, Padova, Edizioni di Ar, 1977g.   Julius Evola, Due imperatori, Padova, Edizioni di Ar, 1977h.   Julius Evola, Cultura e politica, Roma, Fondazione Julius Evola, 1978a.   Julius Evola, Citazioni sulla Monarchia, Palermo, Edizioni Thule, Julius Evola, L'infezione psicanalitica, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Il nichilismo attivo di Federico Nietzsche, Roma, Fondazione Julius Evola,Julius Evola, Lo Stato, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Europa una: forma e presupposti, Roma, Fondazione Julius Evola, 1979a.   Julius Evola, La questione sociale, Roma, Fondazione Julius Evola, 1979b.   Julius Evola, Saggi di dottrina politica, Sanremo, Mizar, 1979c.   Julius Evola, La satira politica di Trilussa, Roma, Fondazione Julius Evola, 1980a.   Julius Evola, Scienza ultima, Roma, Fondazione Julius Evola, 1980b.   Julius Evola, Spengler e il "Tramonto dell'Occidente", Roma, Fondazione Julius Evola, 1981a.   Julius Evola, Lo zen, Roma, Fondazione Julius Evola, 1981b.   Julius Evola, I tempi e la storia, Roma, Fondazione Julius Evola, 1982a.   Julius Evola, Civiltà americana, Roma, Fondazione Julius Evola,  Julius Evola, La forza rivoluzionaria di Roma, Roma, Fondazione Julius Evola, 1984a.   Julius Evola, Scritti sulla massoneria, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, 1984b.   Julius Evola, Oriente e occidente, Milano, La Queste, 1984c.   Julius Evola, Una maestro dei tempi moderni: René Guénon, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Filosofia, etica e mistica del razzismo, Monfalcone, Sentinella d'Italia, 1985.   Julius Evola, Monarchia, aristocrazia, tradizione, Sanremo, Casabianca, 1986a.   Julius Evola, I placebo, Roma, Fondazione Julius Evola, 1986b.   Julius Evola, Gli articoli de "La Vita Italiana" durante il periodo bellico, Treviso, Centro Studi Tradizionali, 1988.   Julius Evola, Dal crepuscolo all'oscuramento della tradizione nipponica, Treviso, Centro Studi Tradizionali, 1989.   Julius Evola, Il ciclo si chiude, americanismo e bolscevismo,  Roma, Fondazione Julius Evola,  Julius Evola, Il genio d'Israele, Catania, Il Cinabro, Julius Evola, Il problema di oriente e occidente, Roma, Fondazione Julius Evola, 1992b.   Julius Evola, Fenomenologia della sovversione in scritti politici del 1933-70, Borzano, SeaR, Julius Evola, Scritti sull'arte d'avanguardia, Roma, Fondazione Julius Evola, 1994a.   Julius Evola, Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista,” Parma, Edizioni all'insegna del veltro, Julius Evola, Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista" (1940-1943), Parma, Edizioni all'insegna del veltro, 1995a.   Julius Evola, Lo Stato, Roma, Fondazione Julius Evola, 1995b.   Julius Evola, La tragedia della Guardia di Ferro, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Scritti per "Vie della Tradizione" Palermo, Edizioni Vie della Tradizione, 1996b.   Julius Evola, Carattere, Catania, Il Cinabro, 1996c.   Julius Evola, L'idealismo realistico (1924-1928), Roma, Fondazione Julius Evola, 1997a.   Julius Evola, Idee per una destra, Roma, Fondazione Julius Evola, 1997b.   Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Julius Evola, Il "mistero iperboreo". Scritti sugli Indoeuropei 1934-1970, Roma, Fondazione Julius Evola, 2003.   Julius Evola, Critica del costume, Catania, Il Cinabro, 2005.   Julius Evola, Augustea (1941-1943). La Stampa (1942-1943), Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Anticomunismo positivo. Scritti su bolscevismo e marxismo, Napoli, Controcorrente, ulius Evola, Il Mondo alla Rovescia (Saggi critici e recensioni 1923-1959), Edizioni Arya, Genova 2008.  . Julius Evola, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertàm Napoli, Controcorrente, Julius Evola, Le sacre radici del potere, Edizioni Arya, Genova .  . Julius Evola, Civiltà americana. Scritti sugli Stati Uniti, Napoli, Controcorrente, . Julius Evola, Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova .Julius Evola, Par delà Nietzsche, Torino, Nino Aragno Editore, .Julius Evola, Fascismo Giappone Zen. Scritti sull'Oriente 1927-1975, Roma, Pagine, Julius Evola, Ernst Jünger. Il combattente, l'operaio, l'anarca, Passaggio al Bosco, , RigenerAzione Evola,  Julius Evola, Il Fascismo e l'idea politica tradizionale, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo n. 7, Raido,   Julius Evola, Mussolini e il razzismo, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo n. 8, Raido,   Julius Evola, Le SS. Guardia e Ordine della rivoluzione nazionalsocialista, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo n. 11, Raido,   Julius Evola, I "Castelli dell'Ordine" e i nuovi Junker, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo n. 12, Raido,   Julius Evola, Il significato di Roma per lo spirito "olimpico" germanico, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo n. 13, Raido,   Julius Evola, La Dottrina aria di Lotta e Vittoria, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo n. 13, Raido,   Julius Evola, Etica AriaOrizzonte Tradizionale, Edizioni Arya, Genova . Raccolte di lettere e carteggi Julius Evola, Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi (1934-1962), Gianfranco De Turris, Roma, Fondazione Julius Evola, 1987.   Julius Evola, Lettere di Julius Evola a Tristan Tzara, Elisabetta Valento, Roma, Fondazione Julius Evola, 1991.   Julius Evola, Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce (1925-1933), Stefano Arcella, Roma, Fondazione Julius Evola, 1995.   Julius Evola, La biblioteca esoterica. Evola Croce Laterza. Carteggi editoriali, Antonio Barbera, Roma, Fondazione Julius Evola, 1997.   Julius Evola, Lettere di Julius Evola a Carl Schmitt (1951-1963), Antonio Caracciolo, Roma, Fondazione Julius Evola, 2000.   Julius Evola, Lettere di Julius Evola a Giovanni Gentile (1927-1929), Stefano Arcella, Roma, Fondazione Julius Evola, 2000.  .Note  Julius Evola, La Torre. Foglio di Tradizioni varie e di espressione una, Marco Tarchi, Milano, Il Falco, 197743.  Claudio Mutti, Julius Evola sul fronte dell'Est, in Quaderni del Veltro, n. 33, 1998108.  Gianfranco De Turris, La corrispondenza tra Julius Evola e Gottfried Benn, su centrostudilaruna.it, Gianfranco De Turris, Profilo di Julius Evola, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, 4ª ed., Roma, Mediterranee, Registro degli atti di nascita di Roma per l'anno 1898, Archivio di Stato di Roma  Registro degli atti di nascita di Cinisi per l'anno 1854, Archivio di Stato di Palermo  Registro degli atti di nascita di Cinisi per l'anno 1865, Archivio di Stato di Palermo  Registro degli atti di matrimonio di Cinisi per l'anno 1892, Tribunale di Palermo  Registro degli atti di nascita di Roma per l'anno 1895, Archivio di Stato di Roma  Il Barone Immaginario Il Barone Immaginario,  Gianfranco De Turris, Ugo Mursia Editore, Milano,   Catalogus Baronum, pagina 143, numero 788.  Vanni Scheiwiller, Nota dell'editore, in Julius Evola, Il cammino del cinabro, Milano, Scheiwiller, 19633.   Gabriel Matzneff, Julius Evola l'éveilleur, in Le Monde des livres, 25 novembre 1977.  [senza fonte]  Julius Evola, Il cammino del cinabro46.  Catalogo della mostra con tutte le opere in:  Grande Esposizione Nazionale Futurista, Milano, Le Presse, 1919.  Claudio Bruni, Evola Dada, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Mediterranee.  Julius Evola, Il cammino del cinabro7  Testo Archiviato il 21 ottobre  in ., estratto: «Egli prende la terra come terra, pensa alla terra, pensa sulla terra, pensa 'Mia è la terra' e si rallegra di ciò: e perché? Perché egli non la conosce, dico io. (...) L'estinzione vale a lui come estinzione, allora egli deve non pensare all'estinzione, non pensare sull'estinzione, non pensare 'Mia è l'estinzione', non rallegrarsi dell'estinzione: e perché? Perché impari a conoscerla, dico io.»   Per un approfondimento: Gianfranco De Turris , Lettere di Julius Evola a Tristan Tzara (1919-1923), Roma, Edizioni Fondazione Julius Evola, 1991.  Carlo Fabrizio Carli, Evola pittore tra futurismo e dadaismo, su juliusevola.it. 2 maggio 2009 3 ottobre 2008).  Claudio Bruni, Evola Dada. Per un approfondimento: Vitaldo Conte, Maschere di Evola come percorso controcorrente, Atti del convegno di studi "Julius Evola e la politica", Alatri Emiliano Di Terlizzi  Archiviato il 24 luglio  in ..  Luciano De Maria, Introduzione a: FT. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori, 196954.  Per un approfondimento sulla produzione pittorica di Evola si rimanda a due cataloghi:  Julius Evola e l'arte delle avanguardie. Tra Futurismo, Dada e Alchimia, Roma, Fondazione Julius Evola, 1998 e Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Julius Evola, Il cammino del cinabro9.  Poi ristampati sotto forma di antologia: Gruppo di Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, 1955.  Per una trattazione esaustiva dell'argomento si rimanda a Renato Del Ponte, Evola e il magico gruppo di Ur, Borzano, SeaR, Julius Evola, Il cammino del cinabro88.  Francesco Lamendola, Alcuni aspetti del pensiero filosofico di Julius Evola, su esonet.org, 2007. 4 maggio 2009.  Julius Evola, Fenomenologia dell'Individuo assoluto, Roma, Mediterranee, 1Julius Evola, Heidnischer Imperialismus, Lipsia, Armanen-Verlag, 1933.  Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, 2009273.  Giuseppe Gangi, Misteri esoterici. La tradizione ermetico-esoterica in occidente, Roma, Mediterranee, 2006256.  Julius Evola, Renato Dal Ponte , Meditazioni delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, 1973.  Francesco Demattè, Julius Evola, Meditazioni delle vette, in Secolo d'Italia, 26 agosto 2003. 15 maggio 2009.  Gianfranco De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola221.  Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich87.  Alain de Benoist, Julius Evola, reazionario radicale e metafisico impegnato, in Julius Evola, Gianfranco De Turris , Gli uomini e le Rovine e Orientamenti, Roma, Mediterranee, 200146.  Julius Evola, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertà (1940-1941), Napoli, Controcorrente, 2009.  Julius Evola, Il fascismo quale volontà di impero e il cristianesimo, in Critica Fascista,  Silvio Bertoldi, Salò. Vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, Milano, Rizzoli, 1976395.  Roberto Vivarelli, Fascismo e fascismi, in Nuova storia contemporanea,  5, n. 1, 2001.  Evola stipendiato dal Duce, in Avvenire, 19 giugno 2001.  Marco Tarchi, Julius Evola e il fascismo: note per un percorso non ordinario, in  Cultura e fascismo. Letteratura, arti e spettacolo di un ventennio, Firenze, Ponte alle Grazie, Giuseppe Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione, in Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo246.  Julius Evola, Il Fascismo, saggio di un'analisi critica dal punto di vista della Destra, Volpe, Roma, 196498.  Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Pino Rauti e Rutilio Sermonti, Storia del fascismo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976,  146.  Giuseppe Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione20.  Cfr. anche, sulla critica allo stato educatore, Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich113.  Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich58.  Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, op. cit.,  93-100.  Gianfranco De Turris, Nota del curatore, in Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, op. cit.,  8-9.  Per un elenco completo delle collaborazioni giornalistiche: Gianfranco De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Julius Evola, Il mito del sangue, Milano, Hoepli, 1937204.  Julius Evola, L'esposizione antiebraica di Monaco, "Il Regime fascista", 28 dicembre 1937.  Julius Evola, I testi del Corriere Padano, Padova, Edizioni di AR, 200241.  Franco Cuomo, I Dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, Milano, Baldini Castoldi Dalai, Julius Evola, Il mito del sangue241.  Julius Evola, Il mito del sangue242.  Julius Evola, Il cammino del cinabro84.  Julius Evola, Il cammino del cinabro, Franco Rosati, Un pessimismo giustificato? Intervista a Julius Evola, in La Nation Européenne, 15 dicembre 1966. 6 maggio 2009 25 dicembre 2007).  Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, 1ª ed., Torino, Einaudi, Renzo de Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1993,  392-393.  Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Edizioni Mediterranee224 e Vanni Scheiwiller, Note dell'editore in Julius Evola, Il cammino del cinabro2.  Tale è l'opinione di un'importante testata giornalistica italiana del tempo: Il Giornale d'Italia del 20 aprile 1937 (l'articolo è firmato da Adone Nosari). Il rif. si trova in: Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, opAttilio Milano, Storia degli ebrei in Italia, Torino, Einaudi, 1992692.  Francesco Germinario, Razza del Sangue, razza dello Spirito. Julius Evola, l'antisemitismo e il nazionalsocialismo (1930-1943), Torino, Bollati Boringhieri, 2001.  Alberto Lombardo, Razza del sangue, razza dello spirito, Centro Studi La Runa. 2 luglio .  Francesco Cassata, A destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.  Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario. Evola e la leggenda dell'antisemitismo spirituale, Catanzaro, Rubbettino, 2007.  Furio Jesi, Cultura di destra, Milano, Garzanti,Guido Caldiron, Un filosofo buono per tutte le destre, in Avvenire, 29 maggio 2001 12 maggio 2006).  Furio Jesi97.  Luca Leonello Rimbotti, Linea, 14 settembre 2007, web.archive.org/web/0304192759/http://juliusevola.it/risorse/template.asp?cod=657&cat=ART&page=3 4 marzo ).  Massoneria e fascismo. Dall'intesa cordiale alla distruzione delle Logge: come nasce una «guerra di religione», Castelvecchi, Julius Evola, Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania, in Lo Stato Julius Evola, The Doctrine of Awakening, Londra, Luzac & Co., Ora in Julius Evola, The Doctrine of Awakening: The Attainment of Self-Mastery According to the Earliest Buddhist Texts, Rochester, Inner Traditions, Julius Evola, Il cammino del cinabro158.  Fra queste la Piccola Treccani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1995,  4461.  Giorgio Bocca, La Repubblica di Mussolini, Roma-Bari, Editori Laterza, 197714.  Bruno Zoratto , Julius Evola nei documenti segreti dell'Ahnenerbe, Roma, Fondazione Julius Evola,  G. De Turris, Julius Evola. Un Filosofo in Guerra 1943-45, Milano, Mursia, .  Julius Evola, Il cammino del cinabro93.  Fondazione Julius Evola, Una biografia di Julius Evola, su fondazionejuliusevola.it. 29 aprile .  Gianfranco De Turris , Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi (1933-1964), Roma, Fondazione Julius Evola, 198725.  Francesco Carnelutti, In difesa di Giulio Evola, in L'Eloquenza,  Julius Evola, Autodifesa, Roma, Edizioni Fondazione Julius Evola, 1976.  Pino Rauti, Evola: una guida per domani, in Civiltà,  Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola, Roma, Mediterranee, 19855.  Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola, op. cit.,  9-11.  Julius Evola, Razzismo e altri orrori (compreso il ghibellinismo), in L'Italiano, Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola, Felice Pallavicini, Evola, traditore dello spirito, in Corriere della Sera, 5 luglio 2000.  l'8 maggio 2009 (archiviato dall'url originale in data pre 1/1/).  Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola91.  Pino Tosca, Il cammino della Tradizione, Rimini, Il Cerchio, La via romana, Centro Studi sulle Nuove Religioni. 2 gennaio .  Julius Evola, Statuto della Fondazione Julius Evola, su juliusevola.it, 1974. 1º maggio 2009 25 dicembre 2007).  Riccardo Paradisi, Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio, in Giovanni Conti, Evola tascabile, Roma, Settimo Sigillo, 199825.  Amalia Baccelli, Ricordo dell'uomo, in Civiltà,  2, n. 8-9, 1974. //lastampa.it//01/15/edizioni/aosta/la-nostra-fuga-dagli-sul-monte-rosa-per-seppellire-le-ceneri-di-evola-OCtvBCvd8w4FQuyKGxUjLK/pagina.html  Julius Evola, Franco Freda  Orientamentiundici punti, Padova, Edizioni di Ar,  Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno327.  Enzo Collotti, Il fascismo e gli ebrei, Bari-Roma, Laterza, 200648.  Alessandro Barbera , La biblioteca esoterica. Carteggi editoriali Evola-Croce-Laterza 1925-1959, Roma, Fondazione Julius Evola, 199740.  Cesare Medail, Julius Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della Sera,  Cfr. la prefazione del testo Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce, pubblicato dalla Fondazione Evola.  Guglielmo Savelli, Cronache di un incontro mancato. Gli ardui rapporti tra l'attualismo e l'idealismo magico, su italiasociale.org, Stefano Arcella, Gentile amico e nemico, "L'Italia Settimanale", Margarete Durst, Il contributo di Julius Evola all'"Enciclopedia Italiana", in Il Veltro,  Guido Calogero, Come ci si orienta nel pensiero contemporaneo?, Sansoni, Firenze, Alessandro Giuli, Evola-Gentile-Spirito: tracce di un incontro impossibile, in Annali della Fondazione Ugo Spirito. I volumi sono: Saggi sull'idealismo magico, Teoria dell'individuo assoluto, Imperialismo pagano e Fenomenologia dell'individuo assoluto.  Alberto Lombardo, Caro conservatore ti scrivo, su centrostudilaruna.it, 2000. 4 maggio 2009.  Si tratta del saggio Donoso Cortes in gesamteuropäischer Interpretation del 1950, poi pubblicato in Carl Schmitt, Donoso CortésInterpretato in una prospettiva paneuropea, Milano, Adelphi, 1995.  Julius Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee, 1985171.  Carl Schmitt, Donoso CortésInterpretato in una prospettiva paneuropea, Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, op. cit.,  47-56.  Giovanni Damiano, Evola e l'utonomia del politico, Atti del convegno di studi "Julius Evola e la politica", Alatri 23-24 maggio 2008, Emiliano Di Terlizzi  Archiviato il 24 luglio  in ..  Antonio Caracciolo, Due atteggiamenti di fronte alla modernità, in Antonio Caracciolo , Lettere di Julius Evola a Carl Schmitt (1951-1963), Roma, Fondazione Julius Evola, 20006.  Julius Evola, Erhebung wider die moderne Welte, Stoccarda, Verlags-Anstalt, 1935.  (DE) Gottfried Benn, Sein und Werden, in Die Literatur, n. 3, 1935.  Gottfried Benn, Essere e divenire, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo modern. Evola, infatti, oltre a Benn, scrive a Guénon (1947), Eliade e Schmitt (1951) e Jünger, Giovanni Lista, Tristan Tzara et le dadaisme italien, in Europe, n. 7-8, 1975.  Julius Evola, Il cammino del cinabro, op. cit.,  23-28.  Elisabetta Valento , Lettere di Julius Evola a Tristan Tzara, Roma, Fondazione Julius Evola, 199113.  Elisabetta Valento 14.  In italiano Adriano Tilgher, Giulio Evola, in Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra, Modena, Guanda, 1937. Gianfranco De Turris, Omaggio a Julius Evola per il suo LXXV compleanno, Roma, Volpe, 1973a.   Gianfranco De Turris, Testimonianze su Evola, Roma, Mediterranee,Maura Del Serra, L'avanguardia distonica del primo Evola, in Studi Novecenteschi, Pier Luigi Aurea, Evola e il nichilismo, Palermo, Edizioni Thule, 1976.   Piero Vassallo, Modernità e tradizione nell'opera evoliana, Palermo, Edizioni Thule, 1978.   Philippe Baillet, Julius Evola e l'affermazione assoluta, Padova, Edizioni di Ar, 1978.   Marcello Veneziani, La ricerca dell'assoluto in Julius Evola, Palermo, Edizioni Thule, 1979.   Gian Franco Lami, Introduzione a Julius Evola, Roma, Volpe, 1980.   Marcello Veneziani, Julius Evola tra filosofia e tradizione, Roma, Ciarrapico editore, Roberto Melchionda, Il volto di Dioniso, Roma, Basaia, 1984.   Giovanni Ferracuti, Julius Evola, Rimini, Il Cerchio, 1984.    Anna Maria Jellamo, Julius Evola. Il filosofo della tradizione, in La destra radicale, Milano, Feltrinelli, 1984.   Piero Di Vona, Evola e Guénon. Tradizione e Civiltà, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1985.   Marguerite Yourcenar, Incontri col Tantrismo, in Il tempo grande scultore, Torino, Einaudi, Gennaro Malgieri, Modernità e Tradizione, Roma, Settimo Sigillo, 1987.    Tradizione e/o Nichilismo, letture e ri-letture di "Cavalcare la tigre", 1988, Milano, Società Editrice Barbarossa.   Antimo Negri, Julius Evola e la filosofia, Milano, Spirali, 1988.  978-88-7770-209-8.a filosofi Luca Lo Bianco, Evola, in Dizionario biografico degli italiani,  43, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1993575.   Marco Fraquelli, Il filosofo proibito, tradizione e reazione nell'opera di Julius Evola, Milano, Terziaria, 1994a.   Pablo Echaurren, Evola in Dada, Roma, Settimo Sigillo, 1994.   Gianfranco De Turris, Adolfo Morganti;, Julius Evola, mito, azione, civiltà, Rimini, Il Cerchio, Elisabetta Valento, Homo Faber, Julius Evola fra arte e alchimia, Roma, Fondazione Julius Evola, 1994d.   Renato Del Ponte, Evola e il magico "Gruppo di UR", Borzano, SeaR, 1994.   Sandro Consolato, Julius Evola e il buddismo, Borzano, SeaR, 1995.    Delle rovine ed oltre, saggi su Julius Evola, 1995, Roma, A. Pellicani.   Gianfranco De Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, il Barone e i terroristi, Roma, Mediterranee,Adriano Romualdi, Su Evola, Roma, Fondazione Julius Evola, 1998.   Giovanni Damiano, La filosofia della libertà di Julius Evola, Padova, Edizioni di Ar, 1998.   Gigi Montonato, Comi-Evola. Un rapporto ai margini del fascismo, Lecce, Congedo, Beniamino Di Dario, La via romana al Divino. Julius Evola e la religione romana, Padova, Edizioni di Ar, 2001.   Francesco Germinario, Razza del sangue, razza dello spirito, Torino, Bollati Boringhieri, 2Patricia Chiantera Stutte, Julius Evola. Dal dadaismo alla rivoluzione conservatrice (1919-1940), Roma, Aracne, 2002.  978-88-7999-317-3. Francesco Cassata, A destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola, Torino, Bollati Boringhieri, Giovanni Damiano , L'ora che viene. Intorno a Evola e a Spengler, Padova, Edizioni di Ar, Sandro Consolato, Julius Evola trentanni dopo, Roma, I libri del Graal, 2004.   Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Thomas Dana, Julius Evola e la tentazione razzista, Mesagne, Sulla rotta del sole, Alberto Lombardo, Evola, gli evoliani e gli antievoliani, Roma, Nuove Idee, Gianfranco De Turris, Esoterismo e fascismo, Roma, Mediterranee, Hans Thomas Hakl, La questione dei rapporti fra Julius Evola e Aleister Crowley, in Arthos, n. 13, 2006,  269-289. Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario, Catanzaro, Rubbettino, 2Marco Iacona, Il maestro della tradizione. Dialoghi su Julius Evola, Napoli, Controcorrente,Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Marco Iacona, Julius Evola e le vicende processuali legate ai Far (1951-54), in Nuova Storia Contemporanea, Fabio Venzi, Julius Evola e la libera muratoria, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco De Turris, Julius Evola. Un filosofo in guerra 1943 1945, Milano, Ugo Mursia Editore, ,  978-88-425-5675-6. Rene Guenon, Lettere a Julius Evola, edizioni Arktos, 2005 Heliodromos, n. 6 Nuova Serie, 1995Speciale Evola, Catania In altre lingue  Christophe Boutin, Politique et tradition: Julius Evola dans le siecle, Editions Kime, 1Jean-Paul Lippi, Julius Evola, metaphysicien et penseur politique: Essai d'analyse structurale, Éditions L'Âge d'Homme,  Jean-Paul Lippi, Julius Evola: qui suis-je?, Pardès, 1999.  978-2-86714-183-6.  Hans Thomas Hakl, Julius Evola et la "révolution conservatrice" allemande, Deux Etendards, 2002. (sotto lo pseudonimo di H.T. Hansen)Marta Monedero, Evola, Libros en Red, Mark Sedgwik, Against the Modern World: Traditionalism and the Secret Intellectual History of the Twentieth Century, Oxford, Oxford University Press, Paul Furlong, Social and Political Thought of Julius Evola (Extremism and Democracy), London, Routledge, . Documentari Dalla Trincea a Dada di Maurizio Murelli. DVD pubblicato nel 2006 dalla Società Editrice Barbarossa di Milano, della durata di 101 min., che ripercorre il periodo artistico di Evola. Con musiche di: Ain Soph, Kaiserbund, Roma, Wien, Zetazeroalfa.   Arte e cultura Avanguardia Dadaismo Futurismo Gruppo di Ur Idealismo magico Rivoluzione conservatrice Sturm und Drang Autori e pensatori tradizionali Johann Jakob Bachofen René Guénon Pio Filippani Ronconi Ernst Jünger Friedrich Nietzsche José Ortega y Gasset Arturo Reghini Giulio Parise Carl Schmitt Oswald Spengler Otto Weininger Filosofia Anticattolicesimo Esistenzialismo Idealismo Illuminismo Metafisica Neopaganesimo Neoplatonismo Pitagorismo Tradizionalismo Religione Buddhismo Cattolicesimo Cristianesimo Induismo Paganesimo Tantrismo Taoismo Via romana agli dei Storia Fascismo Nazismo Prima guerra mondiale Rivoluzione francese Seconda guerra mondiale Teoria della razza Antisemitismo Darwinismo Ebrei Protocolli dei savi di Sion Razzismo Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Julius Evola Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Julius Evola  Sito ufficiale, su fondazionejuliusevola.it.  Julius Evola, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Julius Evola, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Julius Evola, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Julius Evola, .   italiana di Julius Evola, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.  Siti web italiani Julius Evola sito non ufficiale, su juliusevola.it. 29 dicembre  14 novembre ). Rigenerazionevola, su rigenerazionevola.it Centro Studi La Runa, su centrostudilaruna.it. 29 dicembre . Siti web in altre lingue (DE) Im Geist der Tradition, su juliusevola.de. 29 dicembre .Traditionalist visionary, su juliusevola.com. 29 dicembre . Approfondimenti biografici Gianfranco De Turris, Julius Evola, su fondazionejuliusevola.it. 29 dicembre . Julius Evola: biografia essenziale, su juliusevola.it. 29 dicembre  1º luglio ). Giuseppe Vatinno, Julius Evola, un filosofo scomodo per tutti, su fondazionejuliusevola.it. 29 dicembre . Approfondimenti sul pensiero Francesco Rosati, Intervista a Julius Evola, su juliusevola.it, 1967. 29 dicembre  4 marzo ). Giovanni Monastra, Julius Evola tra le seduzioni del razzismo e la ricerca di una antropologia aristocratica durante il fascismo, su juliusevola.it. 29 dicembre  4 marzo ). Curzio Nitoglia, Le teorie evoliane dal punto di vista della tradizione cattolica, su doncurzionitoglia.com, 1994. 29 dicembre . Michele Ognissanti, Luci ed ombre su Evola, su salpan.org, Alberto Lombardo, Da Rivolta contro il mondo moderno a Gli uomini e le rovine. Julius Evola 1934-1951, su centrostudilaruna.it, Giuseppe Vatinno, Julius Evola: un filosofo scomodo per tutti, su juliusevola.it, 2004. 29 dicembre  4 marzo ). Mario Polia, Linee per una critica al concetto di Tradizione in Julius Evola, su juliusevola.it,  Giano Accame, Evola e la Konservative Revolution, su centrostudilaruna.it,  Luca Lionello Rimbotti, Evola così com'era [collegamento interrotto], su juliusevola.it,  Vitaldo Conte, Maschere di Evola come percorso controcorrente , su politicamente.net, 2008. 29 dicembre  30 ottobre ). Aleksandr Dugin, Astrazione e differenziazione in Julius Evola, su ereticamente.net. Approfondimenti su Evola artista Alcune opere dadaiste di Julius Evola, su futur-ism.it. 29 dicembre . Julius Evola [collegamento interrotto], su artericerca.it. 29 dicembre . Interviste Intervista a Julius Evola, su youtube.com. 29 dicembre . Intervista a Salvatore Tringali, su youtube.com, 2005. 29 dicembre . Intervista a Gian Franco Lami, su youtube.com, 2008. 29 dicembre . Quando Evola intervistò il conte Kalergi, su rigenrazioneevola.it. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Evola," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

 

EX-DVCTVM -- eductum: eduction, the process of initial clarification, as of a phenomenon, text, or argument, that normally takes place prior to logical analysis. Out of the flux of vague and confused experiences certain characteristics are drawn into some kind of order or intelligibility in order that attention can be focused on them Aristotle, Physics I. These characteristics often are latent, hidden, or implicit. The notion often is used with reference to texts as well as experience. Thus it becomes closely related to exegesis and hermeneutics, tending to be reserved for the sorts of clarification that precede formal or logical analyses. 

 

EX-FECTVM -- effectum: causa efficiencis -- effective procedure for the generation of a conversational implicaturum --, a step-by-step recipe for computing the values of a function. It determines what is to be done at each step, without requiring any ingenuity of anyone or any machine executing it. The input and output of the procedure consist of items that can be processed mechanically. Idealizing a little, inputs and outputs are often taken to be strings on a finite alphabet. It is customary to extend the notion to procedures for manipulating natural numbers, via a canonical notation. Each number is associated with a string, its numeral. Typical examples of effective procedures are the standard grade school procedures for addition, multiplication, etc. One can execute the procedures without knowing anything about the natural numbers. The term ‘mechanical procedure’ or ‘algorithm’ is sometimes also used. A function f is computable if there is an effective procedure A that computes f. For every m in the domain of f, if A were given m as input, it would produce fm as output. Turing machines are mathematical models of effective procedures. Church’s thesis, or Turing’s thesis, is that a function is computable provided there is a Turing machine that computes it. In other words, for every effective procedure, there is a Turing machine that computes the same function. 

 

EX-HIBITVM -- inhibitium/exhibitum distinction, the: exhibitum: Grice: “For one, I will introduce a pair of not really antonyms: the exhibitive and not the inhibitive, but the protreptic.” Grice contrasts this with the protrepticumA piece of a communicatum is an exhitibum if it is a communication-device for the emisor to display his psychological attitude. It is protrepticum if the emisor intends the sendee to entertain a state other than the uptakei. e. form a volition to close the door, for how else will he comply with the order in the imperative modeprotrepticum: the opposite of the exhibitium.

 

EX-MISSVM -- emissum: emissor. A construction out of ex- and ‘missum,’ cf. Grice on psi-trans-mis-sion. Grice’s utterer, but turned Griceian, To emit, to translate some Gricism or other. Cf. proffer.  emissum. emissor-emissum distinction. Frequently ignored by Austin. Grice usually formulates it ‘roughly.’ Strawson for some reason denied the reducibility of the emissum to the emissor. Vide his footnote in his Inaugural lecture at Oxford. it is a truth implicitly acknowledged by communication theorists themselves -- this acknowledgement is is certainly implicit in Grice's distinction between what speakers actually say, in a favored sense of 'say', and what they imply (see "Utterer's Meaning, SentenceMeaning and Word-Meaning," in Foundations of Language, 1968) -- that in almost all the things we should count as sentences there is a substantial central core of meaning which is explicable either in terms of truth-conditions or in terms of some related notion quite simply derivable from that of a truth-condition, for example the notion, as we might call it, of a compliance condition in the case of an imperative sentence or a fulfillment-condition in the case of an optative. If we suppose, therefore, that an account can be given of the notion of a truthcondition itself, an account which is indeed independent of reference to communicationintention, then we may reasonably think that the greater part of the task of a general theory of meaning has been accomplished without such reference. So let us see if we can rephrase the distinction for a one-off predicament. By drawing a skull, Blackburn communicates to his fellow Pembrokite that there is danger around. The proposition is ‘There is danger around’. Of the claims, one is literal; the other metabolical. Blackburn means that there is danger around. Blackburn communicates that there is danger around, possibly leading to death. The emissum, Blackburn’s drawing of the skull ‘means’ that there is danger around. Since the fact that Blackburn communicates that p is diaphanous, we have yet another way of posing the distinction: Blackburn communicates that there is danger around. What is communicated by Blackburnhis emissumis true. Note that in this diaphanous change from ‘Blackburn communicates that there is danger around’ and ‘What Blackburn communicates, viz. that there is danger around, is true’ we have progressed quite a bit. There are ways of involving ‘true’ in the first stage. Blackburn communicates that there is danger around, and he communicates something true. In the classical languages, this is done in the accusative case. emissum. emit. V. emissor. A good verb used by Grice. It gives us ‘emitter, and it is more Graeco-Roman than his ‘utterer,’ which Cicero would think a barbarism.

 

EX-MOTVM -- emotum: the emotum, the motum. Grice enjoyed a bit of history of philosophy. Cf. conatum. And Urmson’s company helped. Urmson produced a brilliant study of the ‘emotive’ theory of ethics, which is indeed linguistic and based on Ogden. Diog. Laert. of Zeno of Citium. πρὸς τὸν εἰπόντα, "πολλοί σου καταγελῶσιν," "ἀλλ ἐγώ," ἔφη, "οὐ κατα- γελῶμαι; to the question, who is a friend?, Zeno’s answer is, ‘a second self (alter ego). One direct way to approach friend is via emotion, as Aristotle did, and found it aporetic as did Grice. Aristotle discusses philia in Eth. Nich. but it is in Rhet. where he allows for phulia to be an emotion. Grice was very fortunate to have Hardie as his tutor. He overused Hardies lectures on Aristotle, too, and instilled them on his own tutees! Grice is concerned with the rather cryptic view by Aristotle of the friend (philos, amicus) as the alter ego. In Grice’s cooperative, concerted, view of things, a friend in need is a friend indeed! Grice is interested in Aristotle finding himself in an aporia. In Nicomachean Ethics IX.ix, Aristotle poses the question whether the happy man will need friends or not. Kosman correctly identifies this question as asking not whether friends are necessary in order to achieve eudæmonia, but why we require friends even when we are happy. The question is not why we need friends to become happy, but why we need friends when we are happy, since the eudæmon must be self-sufficient. Philia is required for the flourishing of the life of practical virtue. The solution by Aristotle to the aporia here, however, points to the requirement of friendships even for the philosopher, in his life of theoretical virtue. The olution by Aristotle to the aporia in Nicomachean Ethics IX.ix is opaque, and the corresponding passage in Eudeiman Ethics VII.xii is scarcely better. Aristotle thinks he has found the solution to this aporia. We must take two things into consideration, that life is desirable and also that the good is, and thence that it is desirable that such a nature should belong to oneself as it belongs to them. If then, of such a pair of corresponding s. there is always one s. of the desirable, and the known and the perceived are in general constituted by their participation in the nature of the determined, so that to wish to perceive ones self is to wish oneself to be of a certain definite character,—since, then we are not in ourselves possessed of each such characters, but only in participation in these qualities in perceiving and knowing—for the perceiver becomes perceived in that way in respect in which he first perceives, and according to the way in which and the object which he perceives; and the knower becomes known in the same way— therefore it is for this reason that one always desires to live, because one always desires to know; and this is because he himself wishes to be the object known. emotion, as conceived by philosophers and psychologists, any of several general types of mental states, approximately those that had been called “passions” by earlier philosophers, such as Descartes and Hume. Anger, e.g., is one emotion, fear a second, and joy a third. An emotion may also be a content-specific type, e.g., fear of an earthquake, or a token of an emotion type, e.g., Mary’s present fear that an earthquake is imminent. The various states typically classified as emotions appear to be linked together only by overlapping family resemblances rather than by a set of necessary and sufficient conditions. Thus an adequate philosophical or psychological “theory of emotion” should probably be a family of theories. Even to label these states “emotions” wrongly suggests that they are all marked by emotion, in the older sense of mental agitation a metaphorical extension of the original sense, agitated motion. A person who is, e.g., pleased or sad about something is not typically agitated. To speak of anger, fear, joy, sadness, etc., collectively as “the emotions” fosters the assumption which James said he took for granted that these are just qualitatively distinct feelings of mental agitation. This exaggerates the importance of agitation and neglects the characteristic differences, noted by Aristotle, Spinoza, and others, in the types of situations that evoke the various emotions. One important feature of most emotions is captured by the older category of passions, in the sense of ‘ways of being acted upon’. In many lanemotion emotion 259   259 guages nearly all emotion adjectives are derived from participles: e.g., the English words ‘amused’, ‘annoyed’, ‘ashamed’, ‘astonished’, ‘delighted’, ‘embarrassed’, ‘excited’, ‘frightened’, ‘horrified’, ‘irritated’, ‘pleased’, ‘terrified’, ‘surprised’, ‘upset’, and ‘worried’. When we are, e.g., embarrassed, something acts on us, i.e., embarrasses us: typically, some situation or fact of which we are aware, such as our having on unmatched shoes. To call embarrassment a passion in the sense of a way of being acted upon does not imply that we are “passive” with respect to it, i.e., have no control over whether a given situation embarrasses us and thus no responsibility for our embarrassment. Not only situations and facts but also persons may “do” something to us, as in love and hate, and mere possibilities may have an effect on us, as in fear and hope. The possibility emotions are sometimes characterized as “forward-looking,” and emotions that are responses to actual situations or facts are said to be “backward-looking.” These temporal characterizations are inaccurate and misleading. One may be fearful or hopeful that a certain event occurred in the past, provided one is not certain as to whether it occurred; and one may be, e.g., embarrassed about what is going to occur, provided one is certain it will occur. In various passions the effect on us may include involuntary physiological changes, feelings of agitation due to arousal of the autonomic nervous system, characteristic facial expressions, and inclinations toward intentional action or inaction that arise independently of any rational warrant. Phenomenologically, however, these effects do not appear to us to be alien and non-rational, like muscular spasms. Rather they seem an integral part of our perception of the situation as, e.g., an embarrassing situation, or one that warrants our embarrassment.  emotive conjugation: I went to Oxford; you went to Cambridge; he went to the London School of Economics”: a humorous verbal conjugation, designed to expose and mock first-person bias, in which ostensibly the same action is described in successively more pejorative terms through the first, second, and third persons e.g., “I am firm, You are stubborn, He is a pig-headed fool”. This example was used by Russell in the course of a BBC Radio “Brains’ Trust” discussion. It was popularized later that year when The New Statesman ran a competition for other examples. An “unprecedented response” brought in 2,000 entries, including: “I am well informed, You listen to gossip, He believes what he reads in the paper”; and “I went to Oxford, You went to Cambridge, He went to the London School of Economics” Russell was educated at Cambridge and later taught there.  -- emotivism, a noncognitivist metaethical view opposed to cognitivism, which holds that moral judgments should be construed as assertions about the moral properties of actions, persons, policies, and other objects of moral assessment, that moral predicates purport to refer to properties of such objects, that moral judgments or the propositions that they express can be true or false, and that cognizers can have the cognitive attitude of belief toward the propositions that moral judgments express. Noncognitivism denies these claims; it holds that moral judgments do not make assertions or express propositions. If moral judgments do not express propositions, the former can be neither true nor false, and moral belief and moral knowledge are not possible. The emotivist is a noncognitivist who claims that moral judgments, in their primary sense, express the appraiser’s attitudes  approval or disapproval  toward the object of evaluation, rather than make assertions about the properties of that object. Because emotivism treats moral judgments as the expressions of the appraiser’s pro and con attitudes, it is sometimes referred to as the boohurrah theory of ethics. Emotivists distinguish their thesis that moral judgments express the appraiser’s attitudes from the subjectivist claim that they state or report the appraiser’s attitudes the latter view is a form of cognitivism. Some versions of emotivism distinguish between this primary, emotive meaning of moral judgments and a secondary, descriptive meaning. In its primary, emotive meaning, a moral judgment expresses the appraiser’s attitudes toward the object of evaluation rather than ascribing properties to that object. But secondarily, moral judgments refer to those non-moral properties of the object of evaluation in virtue of which the appraiser has and expresses her attitudes. So if I judge that your act of torture is wrong, my judgment has two components. Its primary, emotive sense is to express my disapproval of your act. Its secondary, descriptive sense is to denote those non-moral properties of your act upon which I base my disapproval. These are presumably the very properties that make it an act of torture  roughly, a causing of intense pain in order to punish, coerce, or afford sadistic pleasure. By making emotive meaning primary, emotivists claim to preserve the univocity of moral language between speakers who employ different criteria of application for their moral terms. Also, by stressing the intimate connection between moral judgment and the agent’s non-cognitive attitudes, emotivists claim to capture the motivational properties of moral judgment. Some emotivists have also attempted to account for ascriptions of truth to moral judgments by accepting the redundancy account of ascriptions of truth as expressions of agreement with the original judgment. The emotivist must think that such ascriptions of truth to moral judgments merely reflect the ascriber’s agreement in noncognitive attitude with the attitude expressed by the original judgment. Critics of emotivism challenge these alleged virtues. They claim that moral agreement need not track agreement in attitude; there can be moral disagreement without disagreement in attitude between moralists with different moral views, and disagreement in attitude without moral disagreement between moralists and immoralists. By distinguishing between the meaning of moral terms and speakers’ beliefs about the extension of those terms, critics claim that we can account for the univocity of moral terms in spite of moral disagreement without introducing a primary emotive sense for moral terms. Critics also allege that the emotivist analysis of moral judgments as the expression of the appraiser’s attitudes precludes recognizing the possibility of moral judgments that do not engage or reflect the attitudes of the appraiser. For instance, it is not clear how emotivism can accommodate the amoralist  one who recognizes moral requirements but is indifferent to them. Critics also charge emotivism with failure to capture the cognitive aspects of moral discourse. Because emotivism is a theory about moral judgment or assertion, it is difficult for the emotivist to give a semantic analysis of moral predicates in unasserted contexts, such as in the antecedents of conditional moral judgments e.g., “If he did wrong, then he ought to be punished”. Finally, one might want to recognize the truth of some moral judgments, perhaps in order to make room for the possibility of moral mistakes. If so, then one may not be satisfied with the emotivist’s appeal to redundancy or disquotational accounts of the ascription of truth. Emotivism was introduced by Ayer in Language, Truth, and Logic 2d ed., 6 and refined by C. L. Stevenson in Facts and Values 3 and Ethics and Language 4.  Refs.: Luigi Speranza, “Croce, Collingwood, and Grice on the expression of emotion” -- There is an essay on “Emotions and akrasia,” but the topic is scattered in various places, such as Grice’s reply to Davidson on intending. Grice has an essay on ‘Kant and friendship,’ too, The H. P. Grice Papers, BANC.

 

EX-PERITVM -- Experitumex-periIn Roman, ex- preferred, in Grecian, im-preferred, ex-pĕrĭor , pertus ( I.act. experiero, Varr. L. L. 8, 9, 24 dub.), 4, v. dep. a. [ex- and root per-; Sanscr. par-, pi-parmi, conduct; Gr. περάω, pass through; πόρος, passage; πεῖρα, experience; Lat. porta, portus, peritus, periculum; Germ. fahren, erfahren; Eng. fare, ferry], to try a thing; viz., either by way of testing or of attempting it. I. To try, prove, put to the test. A. In tem praes. constr. with the acc., a rel. clause, or absol. (α). With acc.: “habuisse aiunt domi (venenum), vimque ejus esse expertum in servo quodam ad eam rem ipsam parato,” Cic. Cael. 24, 58: “taciturnitatem nostram,” id. Brut. 65, 231: “amorem alicujus,” id. Att. 16, 16, C, 1: “his persuaserant, uti eandem belli fortunam experirentur,” Caes. B. G. 2, 16, 3: “judicium discipulorum,” Quint. 2, 5, 12: “in quo totas vires suas eloquentia experiretur,” id. 10, 1, 109: “imperium,” Liv. 2, 59, 4: “cervi cornua ad arbores subinde experientes,” Plin. 8, 32, 50, § 117 et saep.— “With a personal object: vin' me experiri?” make trial of me, Plaut. Merc. 4, 4, 29: “hanc experiamur,” Ter. Hec. 5, 2, 12 Ruhnk.: “tum se denique errasse sentiunt, cum eos (amicos) gravis aliquis casus experiri cogit,” Cic. Lael. 22, 84: “in periclitandis experiendisque pueris,” id. Div. 2, 46, 97.—So with se. reflex., to make trial of one's powers in any thing: “se heroo (versu),” Plin. Ep. 7, 4, 3 variis se studiorum generibus, id. ib. 9, 29, 1: “se in foro,” Quint. 12, 11, 16.— (β). With a rel.-clause, ut, etc.: vosne velit an me regnare era quidve ferat Fors, Virtute experiamur, Enn. ap. Cic. Off. 1, 12, 38 (Ann. v. 204, ed. Vahl.): “lubet experiri, quo evasuru'st denique,” Plaut. Trin. 4, 2, 93: “experiri libet, quantum audeatis,” Liv. 25, 38, 11; cf. Nep. Alcib. 1, 1: “in me ipso experior, ut exalbescam, etc.,” Cic. de Or. 1, 26, 121; cf. with si: “expertique simul, si tela artusque sequantur,” Val. Fl. 5, 562.— (γ). Absol.: “experiendo magis quam discendo cognovi,” Cic. Fam. 1, 7, 10: “judicare difficile est sane nisi expertum: experiendum autem est in ipsa amicitia: ita praecurrit amicitia judicium tollitque experiendi potestatem,” id. Lael. 17, 62.— B. In the tem perf., to have tried, tested, experienced, i. e. to find or know by experience: “benignitatem tuam me experto praedicas,” Plaut. Merc. 2, 2, 18: “omnia quae dico de Plancio, dico expertus in nobis,” Cic. Planc. 9, 22: “experti scire debemus, etc.,” id. Mil. 26, 69: “illud tibi expertus promitto,” id. Fam. 13, 9, 3: “dicam tibi, Catule, non tam doctus, quam, id quod est majus, expertus,” id. de Or. 2, 17, 72: “puellae jam virum expertae,” Hor. C. 3, 14, 11; 4, 4, 3; cf. Quint. 6, 5, 7: “mala captivitatis,” Sulp. Sev. 2, 22, 5: “id opera expertus sum esse ita,” Plaut. Bacch. 3, 2, 3: “expertus sum prodesse,” Quint. 2, 4, 13: “expertus, juvenem praelongos habuisse sermones,” id. 10, 3, 32: “ut frequenter experti sumus,” id. 1, 12, 11.— “Rarely in other tenses: et exorabile numen Fortasse experiar,” may find, Juv. 13, 103.— C. To make trial of, in a hostile sense, to measure strength with, to contend with: “ut interire quam Romanos non experiri mallet,” Nep. Ham. 4, 3: “maritimis moribus mecum experitur,” Plaut. Cist. 2, 1, 11: “ipsi duces cominus invicem experti,” Flor. 3, 21, 7; 4, 10, 1; cf.: “hos cum Suevi, multis saepe bellis experti, finibus expellere non potuissent,” Caes. B. G. 4, 3, 4: “Turnum in armis,” Verg. A. 7, 434. II. To undertake, to attempt, to make trial of, undergo, experience a thing. A. In gen.: “qui desperatione debilitati experiri id nolent, quod se assequi posse diffidant. Sed par est omnes omnia experiri, qui, etc.,” Cic. Or. 1, 4; cf.: “istuc primum experiar,” Plaut. Truc. 2, 7, 47: “omnia experiri certum est, priusquam pereo,” Ter. And. 2, 1, 11: “omnia prius quam, etc.,” Caes. B. G. 7, 78, 1: “extrema omnia,” Sall. C. 26, 5; cf. “also: sese omnia de pace expertum,” Caes. B. C. 3, 57, 2: “libertatem,” i. e. to make use of, enjoy, Sall. J. 31, 5: “late fusum opus est et multiplex, etc. ... dicere experiar,” Quint. 2, 13, 17: “quod quoniam me saepius rogas, aggrediar, non tam perficiundi spe quam experiundi voluntate,” Cic. Or. 1, 2.—With ut and subj.: “nunc si vel periculose experiundum erit, experiar certe, ut hinc avolem,” Cic. Att. 9, 10, 3: “experiri, ut sine armis propinquum ad officium reduceret,” Nep. Dat. 2, 3.— B. In partic., jurid. t. t., to try or test by law, to go to law: “aut intra parietes aut summo jure experietur,” Cic. Quint. 11, 38; cf.: “in jus vocare est juris experiundi causa vocare,” Dig. 2, 4, 1; 47, 8, 4: “a me diem petivit: ego experiri non potui: latitavit,” Cic. Quint. 23, 75; Liv. 40, 29, 11: “sua propria bona malaque, cum causae dicendae data facultas sit, tum se experturum,” Liv. 3, 56, 10: “postulare ut judicium populi Romani experiri (liceat),” id. ib.—Hence, 1. expĕrĭens , entisa. (acc. to II.), experienced, enterprising, active, industrious (class.): “homo gnavus et industrius, experientissimus ac diligentissimus arator,” Cic. Verr. 2, 3, 21, § 53: “promptus homo et experiens,” id. ib. 2, 4, 17, § “37: vir fortis et experiens,” id. Clu. 8, 23: “vir acer et experiens,” Liv. 6, 34, 4: “comes experientis Ulixei,” Ov. M. 14, 159: “ingenium,” id. Am. 1, 9, 32. —With gen.: “genus experiens laborum,” inured to, patient of, Ov. M. 1, 414: “rei militaris experientissimi duces,” Arn. 2, 38 init.; cf. Vulg. 2 Macc. 8, 9.—Comp. appears not to occur.— 2. expertus , a, uma. (acc. to I.), in pass. signif., tried, proved, known by experience (freq. after the Aug. per.): “vir acer et pro causa plebis expertae virtutis,” Liv. 3, 44, 3: “per omnia expertus,” id. 1, 34, 12: “indignitates homines expertos,” id. 24, 22, 2: “dulcedo libertatis,” id. 1, 17, 3: “industria,” Suet. Vesp. 4: “artes,” Tac. A. 3, 17: saevitia, Prop. 1, 3, 18: “confidens ostento sibi expertissimo,” Suet. Tib. 19.—With gen.: “expertos belli juvenes,” Verg. A. 10, 173; cf. Tac. H. 4, 76.—Comp. and adv. appear not to occur. Empeireiaexperiential -- empiricism: One of Grice’s twelve labours -- Condillac, Étienne Bonnot de, philosopher, an empiricist who was considered the great analytical mind of his generation. Close to Rousseau and Diderot, he stayed within the church. He is closely perhaps excessively identified with the image of the statue that, in the Traité des sensations Treatise on Sense Perception, 1754, he endows with the five senses to explain how perceptions are assimilated and produce understanding cf. also his Treatise on the Origins of Human Knowledge, 1746. He maintains a critical distance from precursors: he adopts Locke’s tabula rasa but from his first work to Logique Logic, 1780 insists on the creative role of the mind as it analyzes and compares sense impressions. His Traité des animaux Treatise on Animals, 1755, which includes a proof of the existence of God, considers sensate creatures rather than Descartes’s animaux machines and sees God only as a final cause. He reshapes Leibniz’s monads in the Monadologie Monadology, 1748, rediscovered in 0. In the Langue des calculs Language of Numbers, 1798 he proposes mathematics as a model of clear analysis. The origin of language and creation of symbols eventually became his major concern. His break with metaphysics in the Traité des systèmes Treatise on Systems, 1749 has been overemphasized, but Condillac does replace rational constructs with sense experience and reflection. His empiricism has been mistaken for materialism, his clear analysis for simplicity. The “ideologues,” Destutt de Tracy and Laromiguière, found Locke in his writings. Jefferson admired him. Maine de Biran, while critical, was indebted to him for concepts of perception and the self; Cousin disliked him; Saussure saw him as a forerunner in the study of the origins of language. Empiricismone of Grice’s twelve laboursThis implicates he saw himself as a Rationalist, rather -- Cordemoy, Géraud de, philosopher and member of the Cartesian school. His most important work is his Le discernement du corps et de l’âme en six discours, published in 1666 and reprinted under slightly different titles a number of times thereafter. Also important are the Discours physique de la parole 1668, a Cartesian theory of language and communication; and Une lettre écrite à un sçavant religieux 1668, a defense of Descartes’s orthodoxy on certain questions in natural philosophy. Cordemoy also wrote a history of France, left incomplete at his death. Like Descartes, Cordemoy advocated a mechanistic physics explaining physical phenomena in terms of size, shape, and local motion, and converse Cordemoy, Géraud de 186   186 held that minds are incorporeal thinking substances. Like most Cartesians, Cordemoy also advocated a version of occasionalism. But unlike other Cartesians, he argued for atomism and admitted the void. These innovations were not welcomed by other members of the Cartesian school. But Cordemoy is often cited by later thinkers, such as Leibniz, as an important seventeenth-century advocate of atomism.  Empiricism: one of Grice’s twelve labours -- Cousin, V., philosopher who set out to merge the  psychological tradition with the pragmatism of Locke and Condillac and the inspiration of the Scottish Reid, Stewart and G. idealists Kant, Hegel. His early courses at the Sorbonne 1815 18, on “absolute” values that might overcome materialism and skepticism, aroused immense enthusiasm. The course of 1818, Du Vrai, du Beau et du Bien Of the True, the Beautiful, and the Good, is preserved in the Adolphe Garnier edition of student notes 1836; other early texts appeared in the Fragments philosophiques Philosophical Fragments, 1826. Dismissed from his teaching post as a liberal 1820, arrested in G.y at the request of the  police and detained in Berlin, he was released after Hegel intervened 1824; he was not reinstated until 1828. Under Louis-Philippe, he rose to highest honors, became minister of education, and introduced philosophy into the curriculum. His eclecticism, transformed into a spiritualism and cult of the “juste milieu,” became the official philosophy. Cousin rewrote his work accordingly and even succeeded in having Du Vrai third edition, 1853 removed from the papal index. In 1848 he was forced to retire. He is noted for his educational reforms, as a historian of philosophy, and for his translations Proclus, Plato, editions Descartes, and portraits of ladies of seventeenth-century society. Empiricismone of Grice’s twelve labours -- empirical decision theory, the scientific study of human judgment and decision making. A growing body of empirical research has described the actual limitations on inductive reasoning. By contrast, traditional decision theory is normative; the theory proposes ideal procedures for solving some class of problems. The descriptive study of decision making was pioneered by figures including Amos Tversky, Daniel Kahneman, Richard Nisbett, and Lee Ross, and their empirical research has documented the limitations and biases of various heuristics, or simple rules of thumb, routinely used in reasoning. The representativeness heuristic is a rule of thumb used to judge probabilities based on the degree to which one class represents or resembles another class. For example, we assume that basketball players have a “hot hand” during a particular game  producing an uninterrupted string of successful shots  because we underestimate the relative frequency with which such successful runs occur in the entire population of that player’s record. The availability heuristic is a rule of thumb that uses the ease with which an instance comes to mind as an index of the probability of an event. Such a rule is unreliable when salience in memory misleads; for example, most people incorrectly rate death by shark attack as more probable than death by falling airplane parts. For an overview, see D. KahnemanSlovic, and A. Tversky, eds., Judgment Under Uncertainty: Heuristics and Biases, 2. These biases, found in laypeople and statistical experts alike, have a natural explanation on accounts such as Herbert Simon’s 7 concept of “bounded rationality.” According to this view, the limitations on our decision making are fixed in part by specific features of our psychological architecture. This architecture places constraints on such factors as processing speed and information capacity, and this in turn produces predictable, systematic errors in performance. Thus, rather than proposing highly idealized rules appropriate to an omniscient Laplacean genius  more characteristic of traditional normative approaches to decision theory  empirical decision theory attempts to formulate a descriptively accurate, and thus psychologically realistic, account of rationality. Even if certain simple rules can, in particular settings, outperform other strategies, it is still important to understand the causes of the systematic errors we make on tasks perfectly representative of routine decision making. Once the context is specified, empirical decision-making research allows us to study both descriptive decision rules that we follow spontaneously and normative rules that we ought to follow upon reflection.  empiricism from empiric, ‘doctor who relies on practical experience’, ultimately from Grecian empeiria, ‘experience’, a type of theory in epistemology, the basic idea behind all examples of the type being that experience has primacy in human knowledge and justified belief. Because empiricism is not a single view but a type of view with many different examples, it is appropriate to speak not just of empiricism but of empiricisms. Perhaps the most fundamental distinction to be drawn among the various empiricisms is that between those consisting of some claim about concepts and those consisting of some empirical empiricism 262   262 claim about beliefs  call these, respectively, concept-empiricisms and belief-empiricisms. Concept-empiricisms all begin by singling out those concepts that apply to some experience or other; the concept of dizziness, e.g., applies to the experience of dizziness. And what is then claimed is that all concepts that human beings do and can possess either apply to some experience that someone has had, or have been derived from such concepts by someone’s performing on those concepts one or another such mental operation as combination, distinction, and abstraction. How exactly my concepts are and must be related to my experience and to my performance of those mental operations are matters on which concept-empiricists differ; most if not all would grant we each acquire many concepts by learning language, and it does not seem plausible to hold that each concept thus acquired either applies to some experience that one has oneself had or has been derived from such by oneself. But though concept-empiricists disagree concerning the conditions for linguistic acquisition or transmission of a concept, what unites them, to repeat, is the claim that all human concepts either apply to some experience that someone has actually had or they have been derived from such by someone’s actually performing on those the mental operations of combination, distinction, and abstraction. Most concept-empiricists will also say something more: that the experience must have evoked the concept in the person having the experience, or that the person having the experience must have recognized that the concept applies to his or her experience, or something of that sort. What unites all belief-empiricists is the claim that for one’s beliefs to possess one or another truth-relevant merit, they must be related in one or another way to someone’s experience. Beliefempiricisms differ from each other, for one thing, with respect to the merit concerning which the claim is made. Some belief-empiricists claim that a belief does not have the status of knowledge unless it has the requisite relation to experience; some claim that a belief lacks warrant unless it has that relation; others claim that a belief is not permissibly held unless it stands in that relation; and yet others claim that it is not a properly scientific belief unless it stands in that relation. And not even this list exhausts the possibilities. Belief-empiricisms also differ with respect to the specific relation to experience that is said to be necessary for the merit in question to be present. Some belief-empiricists hold, for example, that a belief is permissibly held only if its propositional content is either a report of the person’s present or remembered experience, or the belief is held on the basis of such beliefs and is probable with respect to the beliefs on the basis of which it is held. Kant, by contrast, held the rather different view that if a belief is to constitute empirical knowledge, it must in some way be about experience. Third, belief-empiricisms differ from each other with respect to the person to whose experience a belief must stand in the relation specified if it is to possess the merit specified. It need not always be an experience of the person whose belief is being considered. It might be an experience of someone giving testimony about it. It should be obvious that a philosopher might well accept one kind of empiricism while rejecting others. Thus to ask philosophers whether they are empiricists is a question void for vagueness. It is regularly said of Locke that he was an empiricist; and indeed, he was a concept-empiricist of a certain sort. But he embraced no version whatsoever of belief-empiricism. Up to this point, ‘experience’ has been used without explanation. But anyone acquainted with the history of philosophy will be aware that different philosophers pick out different phenomena with the word; and even when they pick out the same phenomenon, they have different views as to the structure of the phenomenon that they call ‘experience.’ The differences on these matters reflect yet more distinctions among empiricisms than have been delineated above. 

 

EX-PLANATVM -- explanatum: cf. iustificatumThat the distinction is not absolute shows in that explanatum cannot be non-iustificatum or vice versa. To explain is in part to justifybut Grice was in a hurry, and relying on an upublication not meant for publication! Grice on explanatory versus justificatory reasons -- early 15c., explanen, "make (something) clear in the mind, to make intelligible," from Latin explanare "to explain, make clear, make plain," literally "make level, flatten," from ex "out" (see ex-) + planus "flat" (from PIE root *pele- (2) "flat; to spread"). The spelling was altered by influence of plain. Also see plane (v.2). In 17c., occasionally used more literally, of the unfolding of material things: Evelyn has buds that "explain into leaves" ["Sylva, or, A discourse of forest-trees, and the propagation of timber in His Majesties dominions," 1664]. Related: Explainedexplainingexplains. To explain (something) away "to deprive of significance by explanation, nullify or get rid of the apparent import of," generally with an adverse implication, is from 1709. I think we may find, in our talk about reasons, three main kinds of case. (1) The first is that class of cases exemplified by the use of such a sentence as "The reason why the bridge collapsed was that the girders were made of cellophane". Variant forms would be exemplified in "The (one) reason for the collapse of the bridge was that . . ." and "The fact that the girders were made of cellophane was the (one) reason for the collapse of the bridge (why the bridge collapsed)", and so on. This type of case includes cases in which that for which the (a) reason is being given is an action. We can legitimately use such a sentence form as "The reason why he resigned his office (for his resigning his office) was that p"; and, so far as I can see, the same range of variant forms will be available. I shall take as canonical (paradigmatic) for this type of case (type (1)) the form "The (a) reason why A was (is) that B". The significant features of a type (1) case seem to me to include the following. (a) The canonical form is 'factive' both with respect to A and to B. If I use it, I imply both that it is true that A and that it is true that B. (b) If the reason why A was that B, then B is the explanation of its being the case that A; and if one reason why A was (that) B, then B is one explanation of its being the case that A, and if there are other explanations (as it is implicated that there are, or may be) then A is overdetermined; and (finally) if a part of the reason why A was that B, then B is a part of the explanation of A's being so. This feature is not unconnected with the previous one; if B is the explanation of A, then both B and A must be facts; and if one fact is a reason for another fact, then it looks as if the connection between them must be that the first explains the second. (c) In some, but not all, cases in which the reason why A was that B, we can speak of B as causing, or being the cause of, A (A's being the case). If the reason why the bridge collapsed was that the girders were made of cellophane, then we can say that the girders' being made of cellophane caused the bridge to collapse (or, at least, caused it to collapse when the bus drove onto it). But not end p.37 in all cases; it might be true that the reason why X took offence was that all Tibetans are specially sensitive to comments on their appearance, though it is very dubious whether it would be proper to describe the fact, or circumstance, that all Tibetans have this particular sensitivity as the cause of, or as causing, X to take offence. However, it may well be true that if B does cause A, then the (or a) reason why A is that B. (d) The canonical form employs 'reason' as a count-noun; it allows us to speak (for example) of the reason why A, of there being more than one reason why A, and so on. But for type (1) cases we have, at best, restricted licence to use variants in which 'reason' is used as a massnoun. "There was considerable reason why the bridge collapsed (for the bridge collapsing)" and "The weakness of the girders was some reason why the bridge collapsed" are oddities; so is "There was good reason why the bridge collapsed", though "There was a good reason why the bridge collapsed" is better; but "There was (a) bad reason why the bridge collapsed" is terrible. The discomforts engendered by attempts to treat 'reason' as a mass-noun persist even when A specifies an action; "There was considerable reason why he resigned his office" is unhappy, though one would not object to, for example, "There was considerable reason for him to resign his office", which is not a type (1) case. (e) Relativization to a person is, I think, excluded, unless (say) the relativizing 'for X' means "in X's opinion", as in "for me, the reason why the bridge collapsed was . . .". Again, this feature persists even when A specifies an action: "For him, the reason why he resigned was . . ." and "The reason for him why he resigned was . . ." are both unnatural (for different reasons). I shall call type (1) cases "reasons why" or "explanatory reasons"for etymologically, they make something ‘plain’out of nothing, almostvide Latin explanarebut never IM-planareand in any case, not to be confused with what Carnap calls an ‘explication’! (2) The cases which I am allocating to type (2) are a slightly less tidy family than those of type (1). Examples are: "The fact that they were a day late was some (a)reason for thinking that the bridge had collapsed." "The fact that they were a day late was a reason for postponing the conference." We should particularly notice the following variants and allied examples (among others): end p.38 That they were a day late was reason to think that the bridge had collapsed. There was no reason why the bridge should have collapsed. The fact that they were so late was a (gave) good reason for us to think that . . . He had reason to think that . . . (to postpone . . .) but he seemed unaware of the fact. The fact that they were so late was a reason for wanting (for us to want) to postpone the meeting. I shall take as the paradigmatic form for type (2) "That B was (a) reason (for X) to A", where "A" may conceal a psychological verb like "think", "want", or "decide", or may specify an action. Salient features seem to me to include the following. (a) Unlike type (1), where there is double factivity, the paradigmatic form is non-factive with respect to A, but factive with respect to B; with regard to B, however, modifications are available which will cancel factivity; for example, "If it were (is) the case that B, that would be a reason to A." (b) In consonance with the preceding feature, it is not claimed that B explains A (since A may not be the case), nor even that if A were the case B would explain it (since someone who actually does the action or thinks the thought specified by A may not do so because of B). It is, however, in my view (though some might question my view) claimed that B is a justification (final or provisional) for doing, wanting, or thinking whatever is specified in A. The fact that B goes at least some way towards making it the case that an appropriate person or persons should (or should have) fulfil (fulfilled) A. (c) The word "cause" is still appropriate, but in a different grammatical construction from that used for type (1). In Example (1), the fact that they were so late is not claimed to cause anyone to think that the bridge had collapsed, but it is claimed to be (or to give) cause to think just that. (d) Within type (2), 'reason' may be treated either as a count-noun or as a mass-noun. Indeed, the kinds of case which form type (2) seem to be the natural habitat of 'reason' as a mass-noun. A short version of an explanation of this fact (to which I was helped end p.39 by George Myro) seems to me to be that (i) there are no degrees of explanation: there may be more than one explanation, and something may be a part (but only a part) of the explanation, but a set of facts either does explain something or it does not. There are, however, degrees of justification (justifiability); one action or belief may be more justifiable, in a given situation, than another (there may be a better case for it). (ii) Justifiability is not just a matter of the number of supporting considerations, but rather of their combined weight (together with their outweighing the considerations which favour a rival action or belief). So a mass-term is needed, together with specifications of degree or magnitude. (e) That B may plainly be a reason for a person or people to A; indeed, when no person is mentioned or implicitly referred to, it is very tempting to suppose that it is being claimed that the fact that B would be a reason for anyone, or any normal person, to A. One might call type (2) cases "justificatory reasons" or "reasons for (to)". (3) Examples: John's reason for thinking Samantha to be a witch was that he had suddenly turned into a frog. John's reason for wanting Samantha to be thrown into the pond was that (he thought that) she was a witch. John's reason for denouncing Samantha was that she kept turning him into a frog. John's reason for denouncing Samantha was to protect himself against recurrent metamorphosis. If X's reason for doing (thinking) A was that B, it follows that X A-ed because B (because X knew (thought) that B). If X's reason for doing (wanting, etc.) A was to B, it follows that X A-ed in order to (so as to) B. The sentence form "X had several reasons for A-ing, such as that (to) B" falls, in my scheme, under type (3), unlike the seemingly similar sentence "X had reason to A, since B", which I locate under type (2). The paradigmatic form I take as being "X's reason(s) for A-ing was that B (to B)". Salient features of type (3) cases should be fairly obvious. end p.40 (a) In type (3) cases reasons may be either of the form that B or of the form to B. If they are of the former sort, then the paradigmatic form is doubly factive, factive with respect both to A and to B. It is always factive with respect to A (A-ing). When it is factive with respect to B, factivity may be cancelled by inserting "X thought that" before B. (b) Type (3) reasons are "in effect explanatory". If X's reason for A-ing was that (to) B, X's thinking that B (or wanting to B) explains his A-ing. The connection between type (3) reasons being, in effect, explanatory, and their factivity is no doubt parallel to the connection which obtains for type (1) reasons. I reserve the question of the applicability of "cause" to a special concluding comment. (c) So far as I can see, "reason" cannot, in type (3) cases, be treated as a mass-noun. This may be accounted for by the explanatory character of reasons of this type. We can, however, here talk of reasons as being bad; X's reasons for A-ing may be weak or appalling. In type (2) cases, we speak of there being little reason, or even no reason, to A. But in type (3) cases, since X's reasons are explanatory of his actions or thoughts, they have to exist. (I doubt if this is the full story, but it will have to do for the moment.) (d) Of their very nature, type (3) reasons are relative to persons. Because of their hybrid nature (they seem, as will in a moment, I hope, emerge, in a way to partake of the character both of type (1) and of type (2)) one might call them "Justificatory-Explanatory" reasons. Strawson said my explanation required an explanation. ex-plāno , āvi, ātum, 1, v. a. * I. Lit., to flatten or spread out: “suberi cortex in denos pedes undique explanatus,” Plin. 16, 8, 13, § 34.— II. Trop., of speech, to make plain or clear, to explain (class.: “syn.: explico, expono, interpretor): qualis differentia sit honesti et decori, facilius intelligi quam explanari potest,” Cic. Off. 1, 27, 94; cf. Quint. 5, 10, 4: “rem latentem explicare definiendo, obscuram explanare interpretando, etc.,” Cic. Brut. 42, 152: “explanare apertiusque dicere aliquid,” id. Fin. 2, 19, 60: “docere et explanare,” id. Off. 1, 28, 101: “aliquid conjecturā,” id. de Or. 2, 69, 280: “rem,” id. Or. 24, 80: “quem amicum tuum ais fuisse istum, explana mihi,” Ter. Ph. 2, 3, 33: “de cujus hominis moribus pauca prius explananda sunt, quam initium narrandi faciam,” Sall. C. 4, 5.—Pass. impers.: “juxta quod flumen, aut ubi fuerit, non satis explanatur,” Plin. 6, 23, 26, § 97.— 2. To utter distinctly: “et ille juravit, expressit, explanavitque verba, quibus, etc.,” Plin. Pan. 64, 3.—Hence, explānātus , a, uma. (acc. to II.), plain, distinct (rare): “claritas in voce, in lingua etiam explanata vocum impressio,” i. e. an articulate pronunciation, Cic. Ac. 1, 5, 19: parum explanatis vocibus sermo praeruptus, Sen. de Ira, 1, 1, 4.—Adv. ex-plānāte , plainly, clearly, distinctly: “scriptum,” Gell. 16, 8, 3.—Comp.: “ut definire rem cum explanatius, tum etiam uberius (o presse et anguste),” Cic. Or. 33, 117.

 

EX-PLICATVM -- implicaturum-explicaturum distinction, the:“I am aware that with ‘implicaturum,’ as opposed to ‘implicaturum,’ the distinction with ‘implicatio’ is lostfor ‘what is implied,’ in contrast, sounds vulgar.” And then there’s ‘entailment” is not as figurative as it sounds: it inovolves property and limitation -- “Paradoxes of entailment,” “Paradoxes of implication.” Philo and his teacher. Grice is not sure about ‘implicaturum.’ The quote by Moore, 1919 being:"It might be suggested that we should say "p ent q" 'means' "p ) q AND this proposition is an instance of a formal implication, which is not merely true but self-evident, like the laws of formal logic." This proposed definitions would avoid the paradoxes involved in Strachey's definition, since such true formal implications as 'All the persons in this room are more than five years old' are certainly not self-evident; and, so far as I can see, it may state something which is in fact true of p and q, whenever and only whenp ent q. I do not myself think that it gives the meaning of 'p ent q,' since the kind of relation which I see to hold between the premises and a conclusion of a syllogism seems to me one which is purely 'objective' in the sense that no psychological term, such as is involved in the meaning of 'self-evident' is involved in its definition (it it has one). I am not, however, concerned to dispute that some such definition of "p ent q" as this may be true." --- and so on. So, it is apparently all Strachey's fault. This view as to what φA . ent . ψA means has, for instance, if I understand him rightly, been asserted by Mr. O. Strachey in Mind, N.S., 93; since he asserts that, in his opinion, this is what Professor C. I. Lewis means by “φA strictly implies ψA,” and undoubtedly what Professor Lewis means by this is what I mean by φA . ent . ψA. And the same view has been frequently suggested (though I do not know that he has actually asserted it) by Mr. Russell himself (e.g., Principia Mathematica21). I 1903 B. Russell Princ. Math. ii. 14 How far formal implication is definable in terms of implication simply, or material implication as it may be called, is a difficult  question.  Source : Principles : Chapter III. Implication and Formal Implication. Source : Principia, page 7 : "When it is necessary explicitly to discriminate "implication" [i.e. "if p, then q" ] from "formal implication," it is called "material implication."Source : Principia, page 20 : "When an implication, say ϕx..ψx, is said to hold always, i.e. when (x):ϕx..ψx, we shall say that ϕx formally implies ψx"Many logicians did use ‘implicaturum’ not necessarily to mean ‘conversational implicaturum,’ but as the result of ‘implicatio’. ‘Implicatio’ was often identified with the Megarian or Philonian ‘if.’ Why? thought that we probably did need an entailment. The symposium was held in New York with Dana Scott and R. K. Meyer. The notion had been mis-introduced (according to Strawson) in the philosophical literature by Moore. Grice is especially interested in the entailment + implicaturum pair. A philosophical expression may be said to be co-related to an entailment (which is rendered in terms of a reductive analysis).  However, the use of the expression may co-relate to this or that implicaturum which is rendered reasonable in the light of the assumption by the addressee that the utterer is ultimately abiding by a principle of conversational helfpulness. Grice thinks many philosophers take an implicaturum as an entailment when they surely shouldnt! Grice was more interested than Strawson was in the coinage by Moore of entailment for logical consequence. As an analyst, Grice knew that a true conceptual analysis needs to be reductive (if not reductionist). The prongs the analyst lists are thus entailments of the concept in question. Philosophers, however, may misidentify what is an entailment for an implicaturum, or vice versa. Initially, Grice was interested in the second family of cases. With his coinage of disimplicaturum, Grice expands his interest to cover the first family of cases, too. Grice remains a philosophical methodologist. He is not so much concerned with any area or discipline or philosophical concept per se (unless its rationality), but with the misuses of some tools in the philosophy of language as committed by some of his colleagues at Oxford. While entailment, was, for Strawson mis-introduced in the philosophical literature by Moore, entailment seems to be less involved in paradoxes than if is. Grice connects the two, as indeed his tutee Strawson did! As it happens, Strawsons Necessary propositions and entailment statements is his very first published essay, with Mind, a re-write of an unpublication unwritten elsewhere, and which Grice read. The relation of consequence may be considered a meta-conditional, where paradoxes arise. Grices Bootstrap is a principle designed to impoverish the metalanguage so that the philosopher can succeed in the business of pulling himself up by his own! Grice then takes a look at Strawsons very first publication (an unpublication he had written elsewhere). Grice finds Strawson thought he could provide a simple solution to the so-called paradoxes of entailment. At the time, Grice and Strawson were pretty sure that nobody then accepted, if indeed anyone ever did and did make, the identification of the relation symbolised by the horseshoe with the relation which Moore calls entailment, pq, i. e. ~(pΛ~q) is rejected as an analysis of p entails q because it involves this or that allegedly paradoxical implicaturum, as that any false proposition entails any proposition and any true proposition is entailed by any proposition. It is a commonplace that Lewiss amendment had consequences scarcely less paradoxical in terms of the implicatura. For if p is impossible, i.e. self-contradictory, it is impossible that p and ~q. And if q is necessary, ~q is impossible and it is impossible that p and ~q; i. e., if p entails q means it is impossible that p and ~q any necessary proposition is entailed by any proposition and any self-contradictory proposition entails any proposition. On the other hand, Lewiss definition of entailment (i.e. of the relation which holds from p to q whenever q is deducible from p) obviously commends itself in some respects. Now, it is clear that the emphasis laid on the expression-mentioning character of the intensional contingent statement by writing pΛ~q is impossible instead of It is impossible that p and ~q does not avoid the alleged paradoxes of entailment. But it is equally clear that the addition of some provision does avoid them. One may proposes that one should use “entails” such that no necessary statement and no negation of a necessary statement can significantly be said to entail or be entailed by any statement; i. e. the function p entails q cannot take necessary or self-contradictory statements as arguments. The expression p entails q is to be used to mean pq is necessary, and neither p nor q is either necessary or self-contradictory, or pΛ~q is impossible and neither p nor q, nor either of their contradictories, is necessary. Thus, the paradoxes are avoided. For let us assume that p1 expresses a contingent, and q1 a necessary, proposition. p1 and ~q1 is now impossible because ~q1 is impossible. But q1 is necessary. So, by that provision, p1 does not entail q1. We may avoid the paradoxical assertion that p1 entails q2 as merely falling into the equally paradoxical assertion that p1 entails q1 is necessary. For: If q is necessary, q is necessary is, though true, not necessary, but a contingent intensional (Latinate) statement. This becomes part of the philosophers lexicon: intensĭo, f. intendo, which L and S render as a stretching out, straining, effort. E. g. oculorum, Scrib. Comp. 255. Also an intensifying, increase. Calorem suum (sol) intensionibus ac remissionibus temperando fovet,” Sen. Q. N. 7, 1, 3. The tune: “gravis, media, acuta,” Censor. 12. Hence:~(q is necessary) is, though false, possible. Hence “p1Λ~(q1 is necessary)” is, though false, possible. Hence p1 does NOT entail q1 is necessary. Thus, by adopting the view that an entailment statement, and other intensional statements, are non-necessary, and that no necessary statement or its contradictory can entail or be entailed by any statement, Strawson thinks he can avoid the paradox that a necessary proposition is entailed by any proposition, and indeed all the other associated paradoxes of entailment. Grice objected that Strawsons cure was worse than Moores disease! The denial that a necessary proposition can entail or be entailed by any proposition, and, therefore, that necessary propositions can be related to each other by the entailment-relation, is too high a price to pay for the solution of the paradoxes. And here is where Grices implicaturum is meant to do the trick! Or not! When Levinson proposed + for conversationally implicaturum, he is thinking of contrasting it with .  But things aint that easy. Even the grammar is more complicated: By uttering He is an adult, U explicitly conveys that he is an adult. What U explicitly conveys entails that he is not a child. What U implies is that he should be treated accordingly. Refs.: One good reference is the essay on “Paradoxes of entailment,” in the Grice papers; also his contribution to a symposium for the APA under a separate series, The H. P. Grice Papers, BANC. EX-PLICATVM -- Implicaturum/explicaturum distinction, the: explicatum: Grice is clear here. There is explicat- and explicit-. Both yield different fields. The explicit- has to do with what is shown. The explicat- does not. But both are cognate. And of course, the ambiguity replicates in implicit- and implicat- Short and Lewis have both ‘explicatus’ and ‘explicitus’ as Part. and P. a., from explico. “I wonder why they had to have TWO!”Grice.He once asked this to his master at Clifton. And he said, “because this is a participium heteroclitum.” Grice never forgot that! An Heteroclite Participle.  R E D U N D A N S abounding.  Art'cipium the Participle faepe o/?em redundat abounds, ut as Perfe&tum the perfe&? ter/? [aid] priùs before ; ut as explico to unfold conduplicat doubles [its Participle] explicitus explicatufque, making both explicitus and explicatus. Et and fic /3 fevi I have plantea folet is wont dare to give fatus planted, & and ferui I have put fertus placed. Cello to bcat vult will mittere produce -celfus ab -ui from [the perfe&* tenfe in] -ui ; fed but -culfus ab -i -cu!fus from [its perfr&7 in] -i. Compofitum à fto the Compound offlo to /fand [ makes]ftaturus, pariterque amd aff? -ftiturus [in the future Participle.] Etiam alfo duplex two Participles fit are made à fimplice perfeéto from one perfe&i tenfe ; tendo to/lretch habet hath tentus, and tenfus; pando to opem takes fibi to itfejf paffus, and panfus : Item affo mifcui I have mixed miftus, vel or mixtus ; alo to breed up, altus and alitus ; Poto to drink makes potatus & and potus ; lavo to wa/h, lautus and lotus. A tundo from [tundo] to knock down -tufus is made ; retundo to blunt [makes] both -tufus and -tunfus. Pinfo to bake effert makes triplex three Participles piftus, pinfufque, & pinfitus, piftus, and pinfus, and pinfitus. Civi, the perfe&? tenfe à cieo ofcieo to provoke makes the participle citus [with the i. -- Vult tendo tenfus, tentus , vult flectere pandoPanfus  Panfus paffus 5 pinfo vult piftus dare pinfus  Pinfitus ; & fevi fatus, & ferui dare fertus.  Compofitum à fto-ftaturus meliufque-ftiturus.         * Conftaturus Lucan. Mart. Obftaturus Quint.   _ Tundo in compofitis -tufus ; -tunfufque retundo  Congeminat ; plico & explicitus facit, éx-que-plicatus.  Verba in-uo &-vo-ütus tendunt ; ruo fed breve-ütus dat.  A cieo pariter manat citus , à cio citus. Cello ab -ui celfus , fed ab-i vult mittere -culfus. At Oxford, nobody was interested in the explication. That’s too explicit. It was, being English, all about the ‘innuendo,’ the ‘understatement,’ the implication. The first Oxonian was C. K. Grant, with his ‘pragmatic implication.’ Then came Nowell-Smith with his ‘contextual implication.’ Urmson was there with his ‘implied’ claims. And Strawson was saying that ‘the king of France is not bald’ implies that thereis a king of France. So, it was enough, Grice thought! We have to analyse what we imply by imply, or at least what _I_ do. He thought publishing was always vulgar. But when he was invited for one of those popularisations, when he was invited to contribute to a symposium on a topic of his choicehe chose “The causal theory of perception” and dedicates an ‘extensum excursus’ on ‘implication.’ The conclusion is simple: “The pillar box seems red” implies. And implies a LOT. So much so that neo-Wittgensteinians were saying that what Grice implies is part of what Grice is committed in terms of ‘satisfactoriness’ of what he is expressing. Not so! What Grice implies is, surely, that the pillar box may not be red. But surely he can cancel that EXPLICITLY “The pillar box seems red and is red.” So, what he implies is not part of what he explicitly commits in terms of value satisfactoriness. In terms of value satisfactoriness, Grice distinguishes between the subperceptual (“The pillar box seems red”) and the perceptual proper (“Grice perceives that the pillar box is red”). The causal theory merely states that “Grice perceives that the pillar box is red” (a perceptum for the subperceptum, “the pillar box seems red”) if and only if, first,  the pillar box is red; second, the subperceptum: the pillar box seems red; and third and last, the fact that the pillar box is red CAUSES the pillar box seeming red. None of that is explicit, but none of it is implicit. It is merely a philosophical reductive analysis which has cleared away an unnecessary implication out of the picture. The philosopher, involved in conceptual analysis, has freed from the ‘pragmatic implication’ and can provide, for his clearly stated ‘analysans,’ three different prongs which together constitute the necessary and sufficient conditionsthe analysandum. And his problem is resolved. Grice’s cavalier attitude towards the explicit is obvious in the way he treats “Wilson is a great man,” versus “the prime minister is a great man” “I don’t care if I’m not sure if I want to say that an emissor of (i) and an emissor of (ii) have put forward, in an explicit fashion, the same proposition. His account of ‘disambiguation’ is meant even more jocularly. He knows that in the New World, they spell ‘vice’ as  ‘vyse’So Wilson being in the grip of a vyse is possibly the same thing put forward as the prime minister being caught in the grip of either a carpenter’s tool or a sort of something like a sinif not both. (Etymologically, ‘vice’ and ‘vice’ are cognate, since they are ‘violent’ thingscf. violence. While ‘implicare’ developed into vulgar Engish as ‘employ,’ “it’s funny explicature did not develop into ‘exploy.’”A logical construction is an explication. A reductive analysis is an explication. Cf. Grice on Reductionism as a bete noire, sometimes misquoted as Reductivism. Grice used both ‘explanation’ and ‘explication’, so one has to be careful. When he said that he looked for a theory that would explain conversation or the implicaturum, he did not mean explication. What is the difference, etymologically, between  explicate and explain? Well, explain is from ‘explanare,’ which gives ‘explanatum.’Trop., of speech, to make plain or clear, to explain (class.:“syn.: explico, expono, interpretor): qualis differentia sit honesti et decori, facilius intelligi quam explanari potest,” Cic.Off. 1, 27, 94; cf. Quint. 5, 10, 4: “rem latentem explicare definiendo, obscuram explanare interpretando, etc.,” Cic. Brut. 42, 152: “explanare apertiusque dicere aliquid,” id. Fin. 2, 19, 60: “docere et explanare,” id. Off. 1, 28, 101: “aliquid conjecturā,” id. de Or. 2, 69, 280: “rem,” id. Or. 24, 80: “quem amicum tuum ais fuisse istum, explana mihi,” Ter. Ph. 2, 3, 33: “de cujus hominis moribus pauca prius explananda sunt, quam initium narrandi faciam,” Sall. C. 4, 5.—Pass.impers.: “juxta quod flumen, aut ubi fuerit, non satis explanatur,” Plin. 6, 23, 26, § 97.—2. To utter distinctly: “et ille juravit, expressit, explanavitque verba, quibus, etc.,” Plin. Pan. 64, 3.Hence, explānātus , a, uma. (acc. to II.), plain, distinct (rare): “claritas in voce, in lingua etiam explanata vocum impressio,” i. e. an articulate pronunciation, Cic. Ac. 1, 5, 19: parum explanatis vocibus sermo praeruptus, Sen. de Ira, 1, 1, 4. Adv. ex-plānāte , plainly, clearly, distinctly: “scriptum,” Gell. 16, 8, 3.—Comp.: “ut definire rem cum explanatius, tum etiam uberius (o presse et anguste),” Cic. Or. 33, 117.Cr. Occam. M. O. R. the necessity is explanatory necessity. Senses or conventional implicaturata (not reachable by ‘argument’) and Strawson do not explain. G. A. Paul does not explain. Unlike Austin, who was in love with a taxonomy, Grice loved an explanation. “Ἀρχὴν δὲ τῶν πάντων ὕδωρ ὑπεστήσατο, καὶ τὸν κόσμον ἔμψυχον καὶ δαιμόνων πλήρη. “Arkhen de ton panton hudor hupestesato.” Thales’s doctrine is that water is the universal primary substance, and that the world is animate and full of divinities. “Ἀλλὰ Θαλῆς μὲν ὁ τῆς τοιαύτης ἀρχηγὸς φιλοσοφίας ὕδωρ φησὶν εἶναι (διὸ καὶ τὴν γῆν ἐφ᾽ ὕδατος ἀπεφήνατο εἶναι), λαβὼν ἴσως τὴν ὑπόληψιν ταύτην ἐκ τοῦ πάντων ὁρᾶν τὴν τροφὴν ὑγρὰν οὖσαν καὶ αὐτὸ τὸ θερμὸν ἐκ τούτου γιγνόμενον καὶ τούτῳ ζῶν (τὸ δ᾽ ἐξ οὗ γίγνεται, τοῦτ᾽ ἐστὶν ἀρχὴ πάντων)διά τε δὴ τοῦτο τὴν ὑπόληψιν λαβὼν ταύτην καὶ διὰ τὸ πάντων τὰ σπέρματα τὴν φύσιν ὑγρὰν ἔχειν, τὸ δ᾽ ὕδωρ ἀρχὴν τῆς φύσεως εἶναι τοῖς ὑγροῖς. εἰσὶ δέ τινες οἳ καὶ τοὺς παμπαλαίους καὶ πολὺ πρὸ τῆς νῦν γενέσεως καὶ πρώτους θεολογήσαντας οὕτως οἴονται περὶ τῆς φύσεως ὑπολαβεῖν Ὠκεανόν τε γὰρ καὶ Τηθὺν ἐποίησαν τῆς γενέσεως πατέρας [Hom. Ξ 201], καὶ τὸν ὅρκον τῶν θεῶν ὕδωρ, τὴν καλουμένην ὑπ᾽ αὐτῶν Στύγα τῶν ποιητῶν τιμιώτατον μὲν γὰρ τὸ πρεσβύτατον, ὅρκος δὲ τὸ τιμιώτατόν ἐστιν. εἰ μὲν οὖν [984a] ἀρχαία τις αὕτη καὶ παλαιὰ τετύχηκεν οὖσα περὶ τῆς φύσεως ἡ δόξα, τάχ᾽ ἂν ἄδηλον εἴη, Θαλῆς μέντοι λέγεται οὕτως ἀποφήνασθαι περὶ τῆς πρώτης αἰτίας. (Ἵππωνα γὰρ οὐκ ἄν τις ἀξιώσειε θεῖναι μετὰ τούτων διὰ τὴν εὐτέλειαν αὐτοῦ τῆς διανοίας) Ἀναξιμένης δὲ ἀέρα καὶ Διογένης πρότερον ὕδατος καὶ μάλιστ᾽ ἀρχὴν τιθέασι τῶν ἁπλῶν σωμάτων.” De caelo: “Οἱ δ᾽ ἐφ᾽ ὕδατος κεῖσθαι [sc. τὴν γὴν]. τοῦτον γὰρ ἀρχαιότατον παρειλήφαμεν τὸν λόγον, ὅν φασιν εἰπεῖν Θαλῆν τὸν Μιλήσιον, ὡς διὰ τὸ πλωτὴν εἶναι μένουσαν ὥσπερ ξύλον ἤ τι τοιοῦτον ἕτερον (καὶ γὰρ τούτων ἐπ᾽ ἀέρος μὲν οὐθὲν πέφυκε μένειν, ἀλλ᾽ ἐφ᾽ ὕδατος), ὥσπερ οὐ τὸν αὐτὸν λόγον ὄντα περὶ τῆς γῆς καὶ τοῦ ὕδατος τοῦ ὀχοῦντος τὴν γῆν οὐδὲ γὰρ τὸ ὕδωρ πέφυκε μένειν μετέωρον, ἀλλ᾽ ἐπί τινός [294b] ἐστιν. ἔτι δ᾽ ὥσπερ ἀὴρ ὕδατος κουφότερον, καὶ γῆς ὕδωρ ὥστε πῶς οἷόν τε τὸ κουφότερον κατωτέρω κεῖσθαι τοῦ βαρυτέρου τὴν φύσιν; ἔτι δ᾽ εἴπερ ὅλη πέφυκε μένειν ἐφ᾽ ὕδατος, δῆλον ὅτι καὶ τῶν μορίων ἕκαστον [αὐτῆς] νῦν δ᾽ οὐ φαίνεται τοῦτο γιγνόμενον, ἀλλὰ τὸ τυχὸν μόριον φέρεται εἰς βυθόν, καὶ θᾶττον τὸ μεῖζον. The problem of the nature of matter, and its transformation into the myriad things of which the universe is made, engaged the natural philosophers, commencing with Thales. For his hypothesis to be credible, it was essential that he could explain how all things could come into being from water, and return ultimately to the originating material. It is inherent in Thaless hypotheses that water had the potentiality to change to the myriad things of which the universe is made, the botanical, physiological, meteorological and geological states. In Timaeus, 49B-C, Plato had Timaeus relate a cyclic process. The passage commences with that which we now call “water” and describes a theory which was possibly that of Thales. Thales would have recognized evaporation, and have been familiar with traditional views, such as the nutritive capacity of mist and ancient theories about spontaneous generation, phenomena which he may have observed, just as Aristotle believed he, himself had, and about which Diodorus Siculus, Epicurus (ap. Censorinus, D.N. IV.9), Lucretius (De Rerum Natura) and Ovid (Met. I.416-437) wrote. When Aristotle reported Thales’s pronouncement that the primary principle is water, he made a precise statement: Thales says that it [the nature of things] is water, but he became tentative when he proposed reasons which might have justified Thaless decision. Thales’s supposition may have arisen from observation. It is Aristotle’s opinion that Thales may have observed, that the nurture of all creatures is moist, and that warmth itself is generated from moisture and lives by it; and that from which all things come to be is their first principle. Then, Aristotles tone changed towards greater confidence. He declared: Besides this, another reason for the supposition would be that the semina of all things have a moist nature. In continuing the criticism of Thales, Aristotle wrote: That from which all things come to be is their first principle (Metaph. 983 b25).  Simple metallurgy had been practised long before Thales presented his hypotheses, so Thales knew that heat could return metals to a liquid state. Water exhibits sensible changes more obviously than any of the other so-called elements, and can readily be observed in the three states of liquid, vapour and ice. The understanding that water could generate into earth is basic to Thaless watery thesis. At Miletus it could readily be observed that water had the capacity to thicken into earth. Miletus stood on the Gulf of Lade through which the Maeander river emptied its waters. Within living memory, older Milesians had witnessed the island of Lade increasing in size within the Gulf, and the river banks encroaching into the river to such an extent that at Priene, across the gulf from Miletus the warehouses had to be rebuilt closer to the waters edge. The ruins of the once prosperous city-port of Miletus are now ten kilometres distant from the coast and the Island of Lade now forms part of a rich agricultural plain. There would have been opportunity to observe other areas where earth generated from water, for example, the deltas of the Halys, the Ister, about which Hesiod wrote (Theogony, 341), now called the Danube, the Tigris-Euphrates, and almost certainly the Nile. This coming-into-being of land would have provided substantiation of Thaless doctrine. To Thales water held the potentialities for the nourishment and generation of the entire cosmos. Aëtius attributed to Thales the concept that even the very fire of the sun and the stars, and indeed the cosmos itself is nourished by evaporation of the waters (Aëtius, Placita).  It is not known how Thales explained his watery thesis, but Aristotle believed that the reasons he proposed were probably the persuasive factors in Thaless considerations. Thales gave no role to the Olympian gods. Belief in generation of earth from water was not proven to be wrong until A.D. 1769 following experiments of Antoine Lavoisier, and spontaneous generation was not disproved until the nineteenth century as a result of the work of Louis Pasteur.The first philosophical explanation of the world was speculative not practical. has its intelligibility in being identified with one of its parts (the world is water). First philosophical explanation for Universe human is rational and the world in independent; He said the arché is water; Monist: He believed reality is one  Thales of Miletus, first philosophical explanation of the origin and nature of justice (and  Why after all, did a Thales  is Water.” Without the millions of species that make up the biosphere, and the billions of interactions between them that go on day by day,.Oddly, Grice had spent some time on x-questions in the Kant lectures. And why is an x-question. A philosophical explanation of conversation. A philosophical explanation of implicaturum. Description vs. explanation. Grice quotes from Fisher, Never contradict. Never explain. Taxonomy, is worse than explanation, always. Grice is exploring the taxonomy-description vs. explanation dichotomy. He would often criticise ordinary-language philosopher Austin for spending too much valuable time on linguistic botany, without an aim in his head. Instead, his inclination, a dissenting one, is to look for the big picture of it all, and disregard a piece-meal analysis. Conversation is a good example. While Austin would Subjectsify Language (Linguistic Nature), Grice rather places rationality squarely on the behaviour displayed by utterers as they make conversational moves that their addressees will judge as rational along specific lines. Observation of the principle of conversational helpfulness is rational (reasonable) along the following lines: anyone who cares about the two goals which are central to conversation, viz. giving and receiving information, and influencing and being influenced by others, is expected to have an interest in taking part in a conversation which will only be profitable (if not possible) under the assumption that it is conducted along the lines of the principle of conversational helpfulness. Grice is not interested in conversation per se, but as a basis for a theory that explains the mistakes ordinary-language philosophers are making. The case of What is known to be the case is not believed to be the case. EXPLICATUM -- “to understand”to explain -- Dilthey, W. philosopher and historian whose main project was to establish the conditions of historical knowledge, much as Kant’s Critique of Pure Reason had for our knowledge of nature. He studied theology, history, and philosophy at Heidelberg and Berlin and in 2 accepted the chair earlier held by Hegel at the  of Berlin. Dilthey’s first attempt at a critique of historical reason is found in the Introduction to the Human Sciences 3, the last in the Formation of the Historical World in the Human Sciences 0. He is also a recognized contributor to hermeneutics, literary criticism, and worldview theory. His Life of Schleiermacher and essays on the Renaissance, Enlightenment, and Hegel are model works of Geistesgeschichte, in which philosophical ideas are analyzed in relation to their social and cultural milieu. Dilthey holds that life is the ultimate nexus of reality behind which we cannot go. Life is viewed, not primarily in biological terms as in Nietzsche and Bergson, but as the historical totality of human experience. The basic categories whereby we reflect on life provide the background for the epistemological categories of the sciences. According to Dilthey, Aristotle’s category of acting and suffering is rooted in prescientific experience, which is then explicated as the category of efficacy or influence Wirkung in the human sciences and as the category of cause Ursache in the natural sciences. Our understanding of influence in the human sciences is less removed from the full reality of life than are the causal explanations arrived at in the natural sciences. To this extent the human sciences can claim a priority over the natural sciences. Whereas we have direct access to the real elements of the historical world psychophysical human beings, the elements of the natural world are merely hypothetical entities such as atoms. The natural sciences deal with outer experiences, while the human sciences are based on inner experience. Inner experience is reflexive and implicitly self-aware, but need not be introspective or explicitly self-conscious. In fact, we often have inner experiences of the same objects that outer experience is about. An outer experience of an object focuses on its physical properties; an inner experience of it on our felt responses to it. A lived experience Erlebnis of it includes both. The distinction between the natural and the human sciences is also related to the methodological difference between explanation and understanding. The natural sciences seek causal explanations of nature  connecting the discrete representations of outer experience through hypothetical generalizations. The human sciences aim at an understanding Verstehen that articulates the typical structures of life given in lived experience. Finding lived experience to be inherently connected and meaningful, Dilthey opposed traditional atomistic and associationist psychologies and developed a descriptive psychology that Husserl recognized as anticipating phenomenological psychology. In Ideas 4 Dilthey argued that descriptive psychology could provide a neutral foundation for the other human sciences, but in his later hermeneutical writings, which influenced Heidegger and Hans-Georg Gadamer, he rejected the possibility of a foundational discipline or method. In the Formation, he asserted that all the human sciences are interpretive and mutually dependent. Hermeneutically conceived, understanding is a process of interpreting the “objectifications of life,” the external expressions of human experience and activity. The understanding of others is mediated by these common objectifications and not immediately available through empathy Einfühlung. Moreover, to fully understand myself I must interpret the expressions of my life just as I interpret the expressions of others. Whereas the natural sciences aim at ever broader generalizations, the human sciences place equal weight on understanding individuality and universality. Dilthey regarded individuals as points of intersection of the social and cultural systems in which they participate. Any psychological contribution to understanding human life must be integrated into this more public framework. Although universal laws of history are rejected, particular human sciences can establish uniformities limited to specific social and cultural systems. In a set of sketches 1 supplementing the Formation, Dilthey further developed the categories of life in relation to the human sciences. After analyzing formal categories such as the partwhole relation shared by all the sciences, he distinguished the real categories of the human sciences from those of the natural sciences. The most important human science categories are value, purpose, and meaning, but they by no means exhaust the concepts needed to reflect on the ultimate sense of our existence. Such reflection receives its fullest expression in a worldview Weltanschauung, such as the worldviews developed in religion, art, and philosophy. A worldview constitutes an overall perspective on life that sums up what we know about the world, how we evaluate it emotionally, and how we respond to it volitionally. Since Dilthey distinguished three exclusive and recurrent types of worldview naturalism e.g., Democritus, Hume, the idealism of freedom e.g., Socrates, Kant, and objective idealism e.g., Parmenides, Hegel  he is often regarded as a relativist. But Dilthey thought that both the natural and the human sciences could in their separate ways attain objective truth through a proper sense of method. Metaphysical formulations of worldviews are relative only because they attempt an impossible synthesis of all truth. Explicatum -- explanation, an act of making something intelligible or understandable, as when we explain an event by showing why or how it occurred. Just about anything can be the object of explanation: a concept, a rule, the meaning of a word, the point of a chess move, the structure of a novel. However, there are two sorts of things whose explanation has been intensively discussed in philosophy: events and human actions. Individual events, say the collapse of a bridge, are usually explained by specifying their cause: the bridge collapsed because of the pressure of the flood water and its weakened structure. This is an example of causal explanation. There usually are indefinitely many causal factors responsible for the occurrence of an event, and the choice of a particular factor as “the cause” appears to depend primarily on contextual considerations. Thus, one explanation of an automobile accident may cite the icy road condition; another the inexperienced driver; and still another the defective brakes. Context may determine which of these and other possible explanations is the appropriate one. These explanations of why an event occurred are sometimes contrasted with explanations of how an event occurred. A “how” explanation of an event consists in an informative description of the process that has led to the occurrence of the event, and such descriptions are likely to involve descriptions of causal processes. The covering law model is an influential attempt to represent the general form of such explanations: an explanation of an event consists in “subsuming,” or “covering,” it under a law. When the covering law is deterministic, the explanation is thought to take the form of a deductive argument: a statement  the explanandum  describing the event to be explained is logically derived from the explanans  the law together with statements of antecedent conditions. Thus, we might explain why a given rod expanded by offering this argument: ‘All metals expand when heated; this rod is metallic and it was heated; therefore, it expanded’. Such an explanation is called a deductive-nomological explanation. On the other hand, probabilistic or statistical laws are thought to yield statistical explanations of individual events. Thus, the explanation of the contraction of a contagious disease on the basis of exposure to a patient with the disease may take the form of a statistical explanation. Details of the statistical model have been a matter of much controversy. It is sometimes claimed that although explanations, whether in ordinary life or in the sciences, seldom conform fully to the covering law model, the model nevertheless represents an ideal that all explanations must strive to attain. The covering law model, though influential, is not universally accepted. Human actions are often explained by being “rationalized’  i.e., by citing the agent’s beliefs and desires and other “intentional” mental states such as emotions, hopes, and expectations that constitute a reason for doing what was done. You opened the window because you wanted some fresh air and believed that by opening the window you could secure this result. It has been a controversial issue whether such rationalizing explanations are causal; i.e., whether they invoke beliefs and desires as a cause of the action. Another issue is whether existential polarity explanation 298   298 these “rationalizing” explanations must conform to the covering law model, and if so, what laws might underwrite such explanations.  Refs.: One good source is the “Prejudices and predilections.” Also the first set of ‘Logic and conversation.” There is also an essay on the ‘that’ versus the ‘why.’ The H. P. Grice Papers, BANC.

 

EX-PORTATVM -- Importatum/exportatum distinction, the: exportatumexportation: in classical logic, the principle that A 8 B / C is logically equivalent to A / B / C. 2 The principle A 8 B P C P A P B P C, which relevance logicians hold to be fallacious when ‘P’ is read as ‘entails’. 3 In discussions of propositional attitude verbs, the principle that from ‘a Vs that b is an f’ one may infer ‘a Vs f-hood of b’, where V has its relational transparent sense. For example, exportation in sense 3 takes one from ‘Ralph believes that Ortcutt is a spy’ to ‘Ralph believes spyhood of Ortcutt’, wherein ‘Ortcutt’ can now be replaced by a bound variable to yield ‘Dx Ralph believes spyhood of x’. 

 

EX-POSITVM -- impositum/expositum distinction, the: expositum: Grice: “My preferred term for what Strawson calls the exponible.’ In dialectica, an exponible proposition is that which needs to be expounded, i.e., elaborated or explicated in order to make clear their true ‘form,’ as opposed to its mere ‘matter.’ ‘Giorgione is so called because of his size.’ ‘Giorgione is so called because of his size’ has a misleading ‘matter’ (implicating at least two forms). It may suggestin a simple predication. In fact, it means, ‘Giorgione is called ‘Giorgione’ because of his size’. Grice’s examples: “An English pillar box is called ‘red’ because it is red,” “Grice is called ‘Grice’ because he is Grice.” “Grice is called ‘Grice’ because his Anglo-Norman ancestors had ‘grey’ in their coat of arms.” “Grice is called ‘Grice’ because his ancestor kept grice, i. e. pigs.” Another example by Grice: ‘Every man except Strawson is running’, expounded as ‘Strawson is not running and every man other than Strawson is running (for Prime Minister)’; and ‘Only Strawson says something true’, uttered by Grice. Grice claims ‘Only Strawson says something true’ should be expounded (or explicated, or explciited, or exposed, or provided ‘what is expositum, or the expositum provided: not only as ‘Strawson says something true and no one other than Strawson says something true’, but needs an implicated third clause, ‘Grice says something false’ for surely Grice is being self-referentially ironic. If only Strawson says something truethat proposition can only be uttered by Strawson. Grice borrowed it from Descartes: “Only Descarets says something ture.” This last example brings out an important aspect of exponible propositions, viz., their use in a sophisma. Sophismatic treatises are a common genre at Oxford in which this or that semantic issue is approached dialectically (what Grice calls “the Oxonian dialectic”) by its application in solving a puzzle case. Another important ingredient of an exponible proposition is its containing a particular term, sometimes called the exponible term (terminus exponibilis in Occam). Attention on such a term is focused in the study of the implicaturum of a syncategorematic expression, Note that such an exponible term could only be expounded in context, not by an explicit definition. A syncategorematic term that generates an exponible proposition is one such as: ‘twice’, ‘except’, ‘begins’ and ‘ceases [to eat iron, or ‘beat your wife,’ to use Grice’s example in “Causal Theory of Perception”]’, and ‘insofar as’ e.g. ‘Strawson insofar as he is rational is risible’.  H. P. Grice, “Implicaturum and explicaturum”

 

EX-PRESSVM -- impressum-expressum distinction, the: expressum:  At one time, Oxford was all about the Croceans! It all changed! The oppositum is the impressum, or sense-datum. In a functionalist model, you have perceptual INPUT and behavioural OUTPUT, the expressum. In between, the black box of the soul. Darwin, Eckman. Drawing  a skull meaning there is danger. cf. impressum. Inside out. Expression of Impressions. As an empiricist, Grice was into ‘impress.’ But it’s always good to have a correlatum. Grice liked an abbreviation, especially because he loved subscripts. So, he starts to analyse the ‘ordinary-language’ philosohper’s mistake by using a few symbols: there’s the phrase, or utterance, and there’s the expression, for which Grice uses ‘e’ for a ‘token,’ and ‘E’ for a type. So, suppose we are considering Hart’s use of ‘carefully.’ ‘Carefully’ would be the ‘expression,’ occurring within an utterance. Surely, since Grice uses ‘expression’ in that way, he also uses to say what Hart is doing, Hart is expressing. Grice notes that ‘expressing’ may be too strong. Hart is expressing the belief THAT if you utter an utterance containing the ‘expression’ ‘carefully,’ there is an implicaturum to the effect that the agent referred to is taking RATIONAL steps towards something. IRRATIONAL behaviour does not count as ‘careful’ behaviour. Grice uses the same abbreviations in discussing philosophy as the ‘conceptual analysis’ of this or that expression. It is all different with Ogden, Collingwood, and Croce, that Collingwood loved!  "Ideas, we may say generally, are symbols, as serving to express some actual moment or phase of experience and guiding towards fuller actualization of what is, or seems to be, involved in its existence or MEANING . That no idea is ever wholly adequate MEANS that the suggestiveness of experience is inexhaustible" Forsyth, English Philosophy, 1910, . Thus the significance of sound, the meaning of an utterance is here identical with the active response to surroundings and with the natural expression of emotions According to Husserl, the function of expression is only directly and immediately adapted to what is usually described as the meaning (Bedeutung) or the sense (Sinn) of the speech or parts of speech. Only because the meaning associated with a wordsowid expresses something, is that word-sound called 'expres- sion' (Ideen256 f). "Between the ,nearnng and the what is meant, or what it expresses, there exists an essential relation, because the meaning is the expression of the meant through its own content (Gehalt) What is meant (dieses Bedeutete) lies in the 'object' of the thought or speech. We must therefore distinguish these three-Word, Meaning, Object "1 Geyser, Gp cit p z8 PDF compression, OCR, web optimization using a watermarked evaluation copy of CVISION PDFCompresso These complexities are mentioned here to show how vague are most of the terms which are commonly thought satisfactory in this topic. Such a word as 'understand' is, unless specially treated, far too vague to serve except provisionally or at levels of discourse where a real understanding of the matter (in the reference sense) is not possible. The multiple functions of speech will be classified and discussed in the following chapter. There it will be seen that the expression of the speaker's intention is one of the five regular language functions. Grice hated Austin’s joke, the utteratum, “I use ‘utterance’ only as equivalent to 'utteratum;' for 'utteratio' I use ‘the issue of an utterance,’” so he needed something for ‘what is said’ in general, not just linguistic, ‘what is expressed,’ what is explicitly conveyed,’ ex-prĭmo , pressi, pressum, 3, v. a. premo. express (mostly poet. and in postAug. prose; “freq. in the elder Pliny): (faber) et ungues exprimet et molles imitabitur aere capillos,” Hor. A. P. 33; cf.: “alicujus furorem ... verecundiae ruborem,” Plin. 34, 14, 40, § 140: “expressa in cera ex anulo imago,” Plaut. Ps. 1, 1, 54: “imaginem hominis gypso e facie ipsa,” Plin. 35, 12, 44, § 153; cf.: “effigiem de signis,” id. ib.: “optime Herculem Delphis et Alexandrum, etc.,” id. 34, 8, 19, § 66 et saep.: “vestis stricta et singulos artus exprimens,” exhibiting, showing, Tac. G. 17: “pulcher aspectu sit athleta, cujus lacertos exercitatio expressit,” has well developed, made muscular, Quint. 8, 3, 10.

 

EX-SISTERE -- The insistens/existens distinction, the: exsistentia: Grice: “A rather complex Ciceronian construction!”Grice: “The correct spelling, at Clifton, was ‘ex-sistentia.’” -- ex-sisto or existo , stĭti, stĭtum, 3, v. n. ( I.act. August. Civ. D. 14, 13), to step out or forth, to come forth, emerge, appear (very freq. and class.). I. Prop. A. In gen.: “e latebris,” Liv. 25, 21, 3: “ab inferis,” Cic. Verr. 2, 1, 37, § 94; Liv. 39, 37, 3: “anguem ab ara exstitisse,” Cic. Div. 2, 80 fin.; cf.: vocem ab aede Junonis ex arce exstitisse (shortly before: voces ex occulto missae; and: “exaudita vox est a luco Vestae),” id. ib. 1, 45, 101: “est bos cervi figura, cujus a media fronte inter aures unum cornu exsistit excelsius,” Caes. B. G. 6, 26, 1: “submersus equus voraginibus non exstitit,” Cic. Div. 1, 33, 73; cf. Cic. Verr. 2, 4, 48, § 107: “nympha gurgite medio,” Ov. M. 5, 413: “hoc vero occultum, intestinum ac domesticum malum, non modo non exsistit, verum, etc.,” does not come to light, Cic. Verr. 2, 1, 15, § 39.— B. In partic., with the accessory notion of originating, to spring, proceed, arise, become: “vermes de stercore,” Lucr. 2, 871: “quae a bruma sata sunt, quadragesimo die vix exsistunt,” Varr. R. R. 1, 34, 1: “ut si qui dentes et pubertatem natura dicat exsistere, ipsum autem hominem, cui ea exsistant, non constare natura, non intelligat, etc.,” Cic. N. D. 2, 33 fin.: “ex hac nimia licentia ait ille, ut ex stirpe quadam, exsistere et quasi nasci tyrannum,” id. Rep. 1, 44; id. Off. 2, 23, 80; cf.: “ex luxuria exsistat avaritia necesse est,” id. Rosc. Am. 27, 75; “ut exsistat ex rege dominus, ex optimatibus factio, ex populo turba et confusio,” id. Rep. 1, 45: “ut plerumque in calamitate ex amicis inimici exsistunt,” Caes. B. C. 3, 104, 1; “for which: videte igitur, ut de rege dominus exstiterit? etc.,” Cic. Rep. 2, 26: “ex quo exsistit id civitatis genus,” id. ib. 3, 14: “hujus ex uberrimis sermonibus exstiterunt doctissimi viri,” id. Brut. 8, 31; cf. id. Or. 3, 12: “ex qua (disserendi ratione) summa utilitas exsistit,” id. Tusc. 5, 25, 72: “sermo admirantium, unde hoc philosophandi nobis subito studium exstitisset,” id. N. D. 1, 3, 6: “exsistit hoc loco quaestio subdifficilis,” id. Lael. 19, 67: “magna inter eos exsistit controversia,” Caes. B. G. 5, 28, 2: “poëtam bonum neminem sine inflammatione animorum exsistere posse,” Cic. de Or. 2, 46 fin.: exsistit illud, ut, etc., it ensues, follows, that, etc., id. Fin. 5, 23, 67; cf.: “ex quo exsistet, ut de nihilo quippiam fiat,” id. Fat. 9, 18. II. Transf., to be visible or manifest in any manner, to exist, to be: “ut in corporibus magnae dissimilitudines sunt, sic in animis exsistunt majores etiam varietates,” Cic. Off. 1, 30, 107: “idque in maximis ingeniis exstitit maxime et apparet facillime,” id. Tusc. 1, 15, 33: “si exstitisset in rege fides,” id. Rab. Post. 1, 1: “cujus magnae exstiterunt res bellicae,” id. Rep. 2, 17: “illa pars animi, in qua irarum exsistit ardor,” id. Div. 1, 29, 61: “si quando aliquod officium exstitit amici in periculis adeundis,” id. Lael. 7, 24 et saep.: “neque ullum ingenium tantum exstitisse dicebat, ut, etc.,” Cic. Rep. 2, 1; cf.: “talem vero exsistere eloquentiam, qualis fuit in Crasso, etc.,” id. de Or. 2, 2, 6; “nisi Ilias illa exstitisset,” id. Arch. 10, 24: “cujus ego dignitatis ab adolescentia fautor, in praetura autem et in consulatu adjutor etiam exstitissem,” id. Fam. 1, 9, 11; cf.: “his de causis ego huic causae patronus exstiti,” id. Rosc. Am. 2, 5: “timeo, ne in eum exsistam crudelior,” id. Att. 10, 11, 3: “sic insulsi exstiterunt, ut, etc.,” id. de Or. 2, 54, 217.Grice learned to use \/x for the existential quantifier, since “it shows the analogy with ‘or’ and avoids you fall into any ontological trap, of existential generalization, a rule of inference admissible in classical quantification theory. It allows one to infer an existentially quantified statement DxA from any instance A a/x of it. Intuitively, it allows one to infer ‘There exists a liar’ from ‘Epimenides is a liar’. It is equivalent to universal instantiation  the rule that allows one to infer any instance A a/x of a universally quantified statement ExA from ExA. Intuitively, it allows one to infer ‘My car is valuable’ from ‘Everything is valuable’. Both rules can also have equivalent formulations as axioms; then they are called specification ExA / A a/x and particularization Aa/x / DxA. All of these equivalent principles are denied by free logic, which only admits weakened versions of them. In the case of existential generalization, the weakened version is: infer DxA from Aa/x & E!a. Intuitively: infer ‘There exists a liar’ from ‘Epimenides is a liar and Epimenides exists’.  existential import, a commitment to the existence of something implied by a sentence, statement, or proposition. For example, in Aristotelian logic though not in modern quantification theory, any sentence of the form ‘All F’s are G’s’ implies ‘There is an F that is a G’ and is thus said to have as existential import a commitment to the existence of an F that is a G. According to Russell’s theory of descriptions, sentences containing definite descriptions can likewise have existential import since ‘The F is a G’ implies ‘There is an F’. The presence of singular terms is also often claimed to give rise to existential commitment. Underlying this notion of existential import is the idea  long stressed by W. V. Quine  that ontological commitment is measured by existential sentences statements, propositions of the form Dv f.  existential instantiation, a rule of inference admissible in classical quantification theory. It allows one to infer a statement A from an existentially quantified statement DxB if A can be inferred from an instance Ba/x of DxB, provided that a does not occur in either A or B or any other premise of the argument if there are any. Intuitively, it allows one to infer a contradiction C from ‘There exists a highest prime’ if C can be inferred from ‘a is a highest prime’ and a does not occur in C. Free logic allows for a stronger form of this rule: with the same provisions as above, A can be inferred from DxB if it can be inferred from Ba/x & E!a. Intuitively, it is enough to infer ‘There is a highest natural number’ from ‘a is a highest prime and a exists’.  existentialism, a philosophical and literary movement that came to prominence in Europe, particularly in France, immediately after World War II, and that focused on the uniqueness of each human individual as distinguished from abstract universal human qualities. Historians differ as to antecedents. Some see an existentialist precursor in Pascal, whose aphoristically expressed Catholic fideism questioned the power of rationalist thought and preferred the God of Scripture to the abstract “God of the philosophers.” Many agree that Kierkegaard, whose fundamentally similar but Protestant fideism was based on a profound unwillingness to situate either God or any individual’s relationship with God within a systematic philosophy, as Hegel had done, should be exact similarity existentialism 296   296 considered the first modern existentialist, though he too lived long before the term emerged. Others find a proto-existentialist in Nietzsche, because of the aphoristic and anti-systematic nature of his writings, and on the literary side, in Dostoevsky. A number of twentiethcentury novelists, such as Franz Kafka, have been labeled existentialists. A strong existentialist strain is to be found in certain other theist philosophers who have written since Kierkegaard, such as Lequier, Berdyaev, Marcel, Jaspers, and Buber, but Marcel later decided to reject the label ‘existentialist’, which he had previously employed. This reflects its increasing identification with the atheistic existentialism of Sartre, whose successes, as in the novel Nausea, and the philosophical work Being and Nothingness, did most to popularize the word. A mass-audience lecture, “Existentialism Is a Humanism,” which Sartre to his later regret allowed to be published, provided the occasion for Heidegger, whose early thought had greatly influenced Sartre’s evolution, to take his distance from Sartre’s existentialism, in particular for its self-conscious concentration on human reality over Being. Heidegger’s Letter on Humanism, written in reply to a  admirer, signals an important turn in his thinking. Nevertheless, many historians continue to classify Heidegger as an existentialist  quite reasonably, given his early emphasis on existential categories and ideas such as anxiety in the presence of death, our sense of being “thrown” into existence, and our temptation to choose anonymity over authenticity in our conduct. This illustrates the difficulty of fixing the term ‘existentialism’. Other  thinkers of the time, all acquaintances of Sartre’s, who are often classified as existentialists, are Camus, Simone de Beauvoir, and, though with less reason, Merleau-Ponty. Camus’s novels, such as The Stranger and The Plague, are cited along with Nausea as epitomizing the uniqueness of the existentialist antihero who acts out of authenticity, i.e., in freedom from any conventional expectations about what so-called human nature a concept rejected by Sartre supposedly requires in a given situation, and with a sense of personal responsibility and absolute lucidity that precludes the “bad faith” or lying to oneself that characterizes most conventional human behavior. Good scholarship prescribes caution, however, about superimposing too many Sartrean categories on Camus. In fact the latter, in his brief philosophical essays, notably The Myth of Sisyphus, distinguishes existentialist writers and philosophers, such as Kierkegaard, from absurdist thinkers and heroes, whom he regards more highly, and of whom the mythical Sisyphus condemned eternally by the gods to roll a huge boulder up a hill before being forced, just before reaching the summit, to start anew is the epitome. Camus focuses on the concept of the absurd, which Kierkegaard had used to characterize the object of his religious faith an incarnate God. But for Camus existential absurdity lies in the fact, as he sees it, that there is always at best an imperfect fit between human reasoning and its intended objects, hence an impossibility of achieving certitude. Kierkegaard’s leap of faith is, for Camus, one more pseudo-solution to this hard, absurdist reality. Almost alone among those named besides Sartre who himself concentrated more on social and political thought and became indebted to Marxism in his later years, Simone de Beauvoir 886 unqualifiedly accepted the existentialist label. In The Ethics of Ambiguity, she attempted, using categories familiar in Sartre, to produce an existentialist ethics based on the recognition of radical human freedom as “projected” toward an open future, the rejection of inauthenticity, and a condemnation of the “spirit of seriousness” akin to the “spirit of gravity” criticized by Nietzsche whereby individuals identify themselves wholly with certain fixed qualities, values, tenets, or prejudices. Her feminist masterpiece, The Second Sex, relies heavily on the distinction, part existentialist and part Hegelian in inspiration, between a life of immanence, or passive acceptance of the role into which one has been socialized, and one of transcendence, actively and freely testing one’s possibilities with a view to redefining one’s future. Historically, women have been consigned to the sphere of immanence, says de Beauvoir, but in fact a woman in the traditional sense is not something that one is made, without appeal, but rather something that one becomes. The Sartrean ontology of Being and Nothingness, according to which there are two fundamental asymmetrical “regions of being,” being-in-itself and being-for-itself, the latter having no definable essence and hence, as “nothing” in itself, serving as the ground for freedom, creativity, and action, serves well as a theoretical framework for an existentialist approach to human existence. Being and Nothingness also names a third ontological region, being-for-others, but that may be disregarded here. However, it would be a mistake to treat even Sartre’s existentialist insights, much less those of others, as dependent on this ontology, to which he himself made little direct existentialism existentialism 297   297 reference in his later works. Rather, it is the implications of the common central claim that we human beings exist without justification hence “absurdly” in a world into which we are “thrown,” condemned to assume full responsibility for our free actions and for the very values according to which we act, that make existentialism a continuing philosophical challenge, particularly to ethicists who believe right choices to be dictated by our alleged human essence or nature. 

 

EX-TENSVM -- extensum -- extensionalism: one of the twelve labours of H. P. Grice -- a family of ontologies and semantic theories restricted to existent entities. Extensionalist ontology denies that the domain of any true theory needs to include non-existents, such as fictional, imaginary, and impossible objects like Pegasus the winged horse or round squares. Extensionalist semantics reduces meaning and truth to set-theoretical relations between terms in a language and the existent objects, standardly spatiotemporal and abstract entities, that belong to the term’s extension. The extension of a name is the particular existent denoted by the name; the extension of a predicate is the set of existent objects that have the property represented by the predicate. The sentence ‘All whales are mammals’ is true in extensionalist semantics provided there are no whales that are not mammals, no existent objects in the extension of the predicate ‘whale’ that are not also in the extension of ‘mammal’. Linguistic contexts are extensional if: i they make reference only to existent objects; ii they support substitution of codesignative terms referring to the same thing, or of logically equivalent propositions, salva veritate without loss of truthvalue; and iii it is logically valid to existentially quantify conclude that There exists an object such that . . . etc. objects referred to within the context. Contexts that do not meet these requirements are intensional, non-extensional, or referentially opaque. The implications of extensionalism, associated with the work of Frege, Russell, Quine, and mainstream analytic philosophy, are to limit its explanations of mind and meaning to existent objects and material-mechanical properties and relations describable in an exclusively extensional idiom. Extensionalist semantics must try to analyze away apparent references to nonexistent objects, or, as in Russell’s extensionalist theory of definite descriptions, to classify all such predications as false. Extensionalist ontology in the philosophy of mind must eliminate or reduce propositional attitudes or de dicto mental states, expressed in an intensional idiom, such as ‘believes that ————’, ‘fears that ————’, and the like, usually in favor of extensional characterizations of neurophysiological states. Whether extensionalist philosophy can satisfy these explanatory obligations, as the thesis of extensionality maintains, is controversial. 

 

Fabri: Grice: “I like Fabri; especially the ardour by which he fought Duns Scotus – a furriner! – and his malignant influence on the Continent – he was a thoroughbred Aristotelian, like me!” --  Disputationes theologicae de restitutione et extrema unction. Filippo Fabri o Fabbri (Spinata di Brisighella) filosofo. Insegnò, presso la universitas artistarum dello Studio di Padova in via Scoti, metafisica. Criticò Francesco Patrizi, Gianfrancesco Pico, Francisco Suárez e Galileo Galilei, in difesa di Aristotele, dell'unità della metafisica e della separazione di matematica e fisica.  Opere  Filippo Fabbri, Disputationes theologicae de restitutione et extrema unctione, Venetiis, ex officina Marci Ginammi, 1624. 21 aprile .  Forlivesi, Marco () Filippo Fabri vs Patrizi, Suárez e Galilei: il valore della "Metafisica" di Aristotele e la distinzione delle scienze speculative. In: Innovazione filosofica e università tra Cinquecento e primo NovecentoPhilosophical Innovation and the University from the 16th Century to the Early 20th. La filosofia e il suo passato, 40 . CLEUP, Opere di Filippo Fabri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filippo Fabri, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Filosofia Categorie:

 

Fabro: Grice: “I like Fabro; my favourite of his essays is on Giorgio Hegel, “La dialettica,” which is really about Socrates and Alcibiades! My Athenian Dialectic which I turned into Oxonian!” --  Cornelio Fabro (Talmassons, 24 agosto 1911Roma, 4 maggio 1995) presbitero, teologo, filosofo, storico della filosofia, traduttore e accademico italiano, membro della Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo.  Nacque in Flumignano, frazione del comune di Talmassons. Entrò come aspirante nel seminario degli stimmatini. Compiuti tutti gli studi inferiori e superiori, nel 1931 si laureò in Filosofia presso la Pontificia Università Lateranense (con il massimo dei voti, la lode e l'assegnazione di un premio speciale). Il titolo della sua tesi di laurea è: L'oggettività del principio di causa e la critica di D. Hume. Alla Lateranense, il Fabro era stato in precedenza allievo del biologo Giuseppe Reverberi. Il 20 aprile 1935 riceve l'ordinazione sacerdotale a San Giovanni Laterano, e il 7 luglio consegue (con pieni voti e lode) la licenza in Teologia presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino.  Si dedica quindi allo studio da una parte delle scienze naturali e biologiche, per le quali sembra avviarsi alla docenza universitaria, dall'altra, e soprattutto, della filosofia: nel 1938 consegue il dottorato in Teologia nella Pontificia Università «Angelicum» con la dissertazione teologica La nozione metafisica di partecipazione secondo San Tommaso, che diventa un'opera capitale per la comprensione della quarta via e di tutto il pensiero tomista. Nel 1939 è docente straordinario di Metafisica nell'Ateneo Urbaniano (dal 1941 diventa ordinario).  Gli studi e le pubblicazioni si susseguono a ritmo serrato. Nel 1948 consegue la «libera docenza» di Filosofia teoretica all'Roma, ed è anche nominato professore honoris causa di Filosofia nell'Buenos Aires. Continua a insegnare nelle università pontificie, ma dal 1949 ha anche un incarico di Filosofia all'Roma. Nel 1954 diventa straordinario di Filosofia teoretica presso l'Istituto Universitario Pareggiato di Magistero «Maria Ss. Assunta» di Roma, divenendone al contempo direttore fino al 1956. Nel 1954 risulta vincitore della cattedra di Filosofia teoretica presso l'Napoli come secondo ternato.  Nel 1965 è nominato Professore di Filosofia nell'Università degli Studi di Perugia, e preside della Facoltà di Magistero nella stessa Università. Di qui in avanti è un seguito ininterrotto d'incarichi sia accademici sia culturali e istituzionali del più alto prestigio, nella Chiesa, in Italia e nel mondo. Nonostante il susseguirsi instancabile di studi, di pubblicazioni, d'impegni, e la fama che ne consegue, il padre Fabro continua a vivere modestamente e semplicemente nella parrocchia romana di Santa Croce al Flaminio, retta dai suoi confratelli stimmatini, dedicandosi alla pastorale parrocchiale, e non tirandosi mai indietro da scalmanate partite a pallone coi "regazzini" dell'oratorio, inconsapevoli di star marcando chiassosamente un centravanti così illustre.  Il pensiero Cornelio Fabro si inscrive nell'alveo della neoscolastica, o, più precisamente, del neotomismo. Il suo apporto più profondo alla metafisica classica, sulle orme di san Tommaso d'Aquino, è la distinzione reale tra essentia ("essenza") e actus essendi ("atto d'essere"). È questa tesi che lo porterà a riconoscere con sicurezza le debolezze e le aporie del pensiero moderno, il quale, movendo dall'immanentismo del cogito cartesiano, sfocia ineluttabilmente nell'ateismo. Inoltre combatté e condannò l'eterodosso pensiero modernista.  Nel saggio Introduzione all'ateismo moderno (Studium, Roma, 1964) egli ha sviluppato un ampio esame del pensiero ateo moderno, trovandone l'origine nel pensiero di Cartesio e con successivi importanti apporti di quello di Spinoza. Secondo Fabro con alcune premesse poste da essi l'ateismo ha trovato basi di sviluppo importanti. In buona sintesi: tutto nasce da una visione filosofica dell'"immanenza" che ha danneggiato fortemente il riferimento alla "trascendenza".  Altri pensatori moderni su cui si è esercitata l'acribìa fabriana sono Emanuele Severino e Karl Rahner. Sul fronte opposto, il Fabro ha valorizzato in misura importante il pensiero cristiano, esistenzialista, anti-idealista di Søren Kierkegaard, facendosi traduttore (dall'originale in lingua danese), editore e commentatore delle sue opere.  Opere Nell'arco temporale 1934-1994 Fabro pubblicò 38 libri, ciò che fa di lui uno scrittore con una produzione media superiore a un libro ogni due anni. Ma la sua produzione letteraria viene quasi raddoppiata quando si considerino i suoi contributi in diverse opere in collaborazione (circa venti); le voci per Dizionari, per Enciclopedie italiane ed estere (per la sola Enciclopedia Cattolica [1948] scrive 113 voci); gli articoli su riviste, giornali, periodici (quasi novecento); le recensioni (centinaia); ecc.  La nozione metafisica di partecipazione secondo S. Tommaso d'Aquino, S.E.I., Torino, 1939 Neotomismo e suarezismo, Piacenza, 1941 La fenomenologia della percezione, Vita e Pensiero, Milano, 1941 Percezione e pensiero, Vita e Pensiero, Milano, 1941 Introduzione all'esistenzialismo, Vita e Pensiero, Milano, 1943 Problemi dell'esistenzialismo, A.V.E., Roma, 1945 Tra Kierkegaard e Marx: per una definizione dell'esistenza, Vallecchi, Firenze, 1952 Dio. Introduzione al problema teologico, Studium, Roma, 1953 L'Assoluto nell'esistenzialismo, Miano-Catania, 1953 L'anima, Studium, Roma, 1955 Dall'essere all'esistente, Morcelliana, Brescia, 1957 Profili di Santi, Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo, 1957 Vangeli delle domeniche, Morcelliana, Brescia, 1959 Breve introduzione al Tomismo, Desclée, Roma, 1960 Georg W.F. Hegel: La dialettica, La Scuola Editrice, Brescia, 1960 Participation et causalité selon S. Thomas D'Aquin, Paris-Louvain, 1961 Partecipazione e causalità, S.E.I., Torino, 1960 Feuerbach-Marx-Engels. Materialismo dialettico e materialismo storico, La Scuola Editrice, Brescia, 1962 Introduzione all'ateismo moderno, Studium, Roma, 1964 L'uomo e il rischio di Dio, Studium, Roma, 1967 Esegesi tomistica, Pontificia Università Lateranense, Roma, 1969 Tomismo e pensiero moderno, Pontificia Università Lateranense, Roma, 1969 La svolta antropologica di Karl Rahner, Rusconi, Milano, 1974 L'avventura della teologia progressista, Rusconi, Milano, 1974 Søren Kierkegaard. Il problema della Fede, La Scuola Editrice, Brescia, 1978 La trappola del compromesso storico: da Togliatti a Berlinguer, Logos, Roma, 1979 La preghiera nel pensiero moderno, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1979 L'alienazione dell'Occidente. Osservazioni sul pensiero di Emanuele Severino, Quadrivium, Genova, 1981 Momenti dello spirito I, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», AssisiS. Damiano, 1983 Momenti dello spirito II, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», AssisiS. Damiano, 1983 Introduzione a San Tommaso, Ares, Milano, 1983 Riflessioni sulla libertà, Maggioli, Rimini, 1983 Gemma Galgani. Testimone del soprannaturale, Cipi, Roma, 1987 L'enigma Rosmini, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1988 Le prove dell'esistenza di Dio, La Scuola, Brescia, 1989 Commento al Pater Noster, (postumo), Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino, Città del Vaticano, 2002 Traduzioni Ludwig Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, L'Aquila, Japadre, 1977. Letteratura su Cornelio Fabro Antonio Pieretti , Essere e libertà. Studi in onore di Cornelio Fabro, Maggioli, Rimini, 1984. Giuseppe Mario Pizzuti , Veritatem in caritate. Studi in onore di C. Fabro, Ermes, Potenza, 1991. Rosa Goglia, La novità metafisica in Cornelio Fabro, Marsilio, Venezia, 2004. Federico Costantini , Cornelio Fabro e il problema della libertà, Forum, Udine, 2007. Elvio Celestino Fontana, Fabro all'Angelicum, EDIVI, Segni, 2008. Idem, Fabro e l'Esistenzialismo, EDIVI, Segni, . Rosa Goglia, Cornelio Fabro. Profilo biografico, cronologico, tematico da inediti, note di archivio, testimonianze, EDIVI, Segni, . Ariberto Acerbi , Crisi e destino della filosofia. Studi su Cornelio Fabro, EDUSC, Roma, . Note  Goglia, Rosa, Cornelio Fabro : profilo biografico cronologico tematico da inediti, note di archivio, testimonianze, EDIVI,  Søren Kierkegaard Neotomismo Ateismo Cornelio Fabro, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Pagina su Cornelio Fabro e sulle sue opere., su corneliofabro.org. Pagina dell'Trieste relativa a Convegno internazionale su Cornelio Fabro., su units.it. Il Fondo Fabro presso la Biblioteca della Pontificia Università della Santa Croce., su pusc.it.  

 

Faggin: Grice: “I like Faggin: he is obsessed with love; he translated Fedro, he selected some passages from the Roman philosopher Plotino and titled it, implicaturally “Dal bello al divino,” but surely for Plotino, via hypernegation, the divine IS beautiful – and finally, being an Italian, he became interested in “Dutch Protestantism” – “il Pellegrino cherubico”!” -- Giuseppe Faggin (Isola Vicentina) filosofo.  Laureatosi nel 1930 con Erminio Troilo, Faggin è stato professore di filosofia all'Padova e nei licei classici di Bassano del Grappa, Campobasso e Vicenza.  Studioso del platonismo, della tradizione mistica e dell'occultismo, ha tradotto per la prima volta in Italia le Enneadi di Plotino, pubblicate nel 1947–48 per l'Istituto Editoriale, e riedite nel 1992 da Rusconi.  Altri suoi lavori riguardano Meister Eckhart e la mistica medioevale tedesca, il filosofo Schopenhauer, la stregoneria e l'occultismo rinascimentale.  Suo figlio Federico è un importante fisico e inventore: sua l'invenzione nel 1971 del microprocessore.  Pubblicazioni Monografie Van Gogh, Padova, CEDAM, 1945. Plotino, Milano, Garzanti, 1945 (2ª ed. aggiornata: Plotino, Roma, Āśram Vidyā, 1988). Meister Eckhart e la mistica tedesca preprotestante, Bocca, Milano, 1946. Schopenhauer: il mistico senza Dio, Firenze, La nuova Italia, 1951. Le streghe: trentatré incisioni dell'epoca, Milano, Longanesi & C., 1959. Gli occultisti dell'età rinascimentale, Milano, Marzorati, 1960. Storia della filosofia: ad uso dei licei classici, Milano, Principato, 1963–65. Dal Rinascimento a Immanuel Kant, Milano, Principato, 1969. Il pensiero antico e medievale, Milano, Principato, 1972. Diabolicità del rospo, Vicenza, Neri Pozza, 1973. Dal Romanticismo alla scuola di Francoforte, Milano, Principato, 1977. Traduzioni Plotino, Enneadi, 3 voll., Introduzione, testo critico, traduzione e note di Giuseppe Faggin, Milano, Istituto Editoriale, 1947–48. Arthur Schopenhauer, I due problemi fondamentali dell'etica: 1. Sulla libertà del volere; 2. Sul fondamento della morale, Introduzione, traduzione e note di Giuseppe Faggin, Torino, Boringhieri, 1961. Meister Eckhart, Trattati e prediche, Giuseppe Faggin, Milano, Rusconi, 1982. Inni orfici, Giuseppe Faggin, Roma, Āśram Vidyā, 1991. Plotino, Enneadi. Testo greco a fronte, Giuseppe Faggin, coadiuvato da Roberto Radice, Milano, Rusconi, 1992. Note  In ricordo di Giuseppe Faggin.  Franco Volpi, Ars majeutica. Studi in onore di Giuseppe Faggin, pag. 3, Neri Pozza, 1985.  Estratti del testo su Plotino pubblicato da Giuseppe Faggin per Garzanti.  Franco Volpi , ARS MAJEUTICA. Scritti in onore di Giuseppe Faggin, Vicenza, Neri Pozza Editrice, 1985.  Giuseppe Faggin. Le ragioni dell'insegnante, dagli Atti della commemorazione.

 

Falamonica – Grice: “It seems every philosopher has a catabasis – as Eneas did!” “Falamonica spends a ‘stagione’ in hell, too!” -- “I do like Falamonica – the way he makes ‘Aristoteil’ rhyme! “E vidi alfin colui, che fra’ mortali / più degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e batter l’ali; / dico Aristotil.” – Grice: Falamonica is interesting: there is Socrates teaching Alcibiades, and Socrates teaching Plato, and Plato teaching Aristotle, and Aristotle teaching Alexander!” -- From Taggia, near Bordighera --. Gentile: Bartolomeo Fallamonica Gentile  Bartolomeo Fallamonica Gentile (Genova), filosofo. Should be under “F”? It is Bartolomeo Gentile Fallamonica” -- Poeta ligure di cui si hanno notizie dal 1469 al 1511, nacque probabilmente intorno al 1450 da Pancrazio e Violantina Piccamiglio; la famiglia Falamonica apparteneva all'albergo Gentile dal 1345.  Venne in contatto con il pensiero filosofico di Ramon Llull durante il suo lungo soggiorno nel regno d'Aragona. In Aragona si fece promotore del Lullismo, favorendo la pubblicazione di varie opere ad esso collegate. Sempre in terra iberica diede alle stampe alcuni componimenti poetici, permeati dal pensiero lullista.  Ritornato in patria, ispirato dal pensiero di Llull, compose i Canti, poema dottrinale in terzine di 42 canti , chiaramente derivato dalla Commedia di Dante, in cui il personaggio di Virgilio è sostituito proprio dal catalano.  Opere Canti Note  Le famiglie nobili genovesii, pag.87.  S. Foà, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Fiorenzo Toso, La letteratura ligure in genovese e nei dialetti locali,  2, Le Mani, Recco 2009. Raffaele Soprani, Li scrittori della Liguria: e particolarmente della maritima, pag.49, su books.google.it.  Raimondo Lullo  «FALLAMONICA, Bartolomeo Gentile», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1932. Simona Foà, «FALLAMONICA GENTILE, Bartolomeo», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 44, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1994. Angelo M.G. Scorza, Le famiglie nobili genovesi, Fratelli Frilli Editori, Trebaseleghe.

 

Falciglia – Grice: “I like Falciglia; for one, he took dialectic seriously, as any Aristotelian does! So he wrote on sensus compositum, on ‘definitio,’ on ‘demonstratio,’ and he even ventured on moral philosophy – in a nutshell, the perfect Aristotelite!” --  Giuliano Falciglia  (Salemi), filosofo. Professoree giovanissimo entrò nel convento di Sant'Agostino della sua città natale per essere poi trasferito nel 1419 a Padova per proseguine negli studi dove divenne allievo di Paolo da Venezia e Giovanni di Cipro. Fu poi più volte trasferito: nel 1422 a Siena e due anni dopo a Bologna, dove fu eletto definitore dell'ordine dell'isola sicula durante il capitolo del 4 luglio 1430 tenutosi nel convento di Montpelier.  Fu nominato baccelliere sentenziario a Padova dove insegnò teologia nel biennio 1430-32. Fu quindi nominato reggente di Rimini e socio del Generale dell'ordine durante il concilio di Basilea sostituendolo nell'incarico dal 1443. Restò fino al 1459 Generale dell'Ordine agostiniano. Questa carica gli venne più volte rinnovata nei diversi Capitoli dell'ordine tenutesi a Burges 1441, Ferrara (1451) e ad Avignone (1455) restando presumibilmente in carica fino alla sua morte, tanto che il successore Alessandro Oliva fu eletto solo il 12 maggio 1459. La data della sua morte che il Perdini indica come il 20 maggio è quindi non da tutti considerata esatta, ma si presume che possa essere deceduto entro la prima decate del mese di maggio. In questo lungo periodo a causa dei suoi gravi problemi di salute dal 1448 incaricò suo collaboratore Alessandro Oliva di Sassoforte, poi suo successore.  La salma fu sepolta nel convento agostiniano di Messina.  Opere Statuta pro conventu Parisiensi del 1447 De sensu composito De medio demostrationis Note  Giuliano da Salemi, Associazione Storico culturale S. Agostino. 30 luglio ..  La chiesa e i salemitani, su matricesalemi.blogspot.com. 30 luglio ..  Nicola Crusenio,  Agostiniana, D.Perini, Firenze, 193144-45.  Giuliano Falciglia da Salemi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  B

 

Falzea: Grice: “I like Falzea; for one he applies Apollonian principles to H. L. A. Hart’s analysis of ‘discorso giuridico’ – alla ‘discorso musicale’ – after all, there is ‘armonia’ in justice!” -- Angelo Falzea (Messina), filosofo. Laureatosi in Giurisprudenza nel 1936 e allievo di Salvatore Pugliatti, ha svolto l'intera carriera accademica alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Messina (intervallata da periodi di parallelo insegnamento in alcune università calabresi), prima come assistente poi, dal 1943 in poi, come ordinario, di Istituzioni di diritto privato e, dal 1984, di diritto civile, fino alla nomina a professore emerito, dopo essere stato collocato a riposo. Dal 1959 al 1986, fu anche preside della Facoltà di Giurisprudenza.  Socio nazionale dell'Accademia Nazionale dei Lincei e decano dei civilisti italiani fra i più noti a livello mondiale, Falzea è stato anche il più anziano ed illustre esponente della Scuola messinese di diritto civile, fondata da Salvatore Pugliatti. Condirettore della Rivista di Diritto Civile, dal 1997 al 2002 è stato anche il direttore scientifico dell'Enciclopedia del Diritto, voluta dall'editore Antonino Giuffrè, e di cui è stato uno dei fondatori.  Docente esigente, rigoroso e integerrimo, maestro della tradizione italiana della scienza del diritto, con le sue ricerche di teoria generale e dogmatica giuridica, nonché con i suoi numerosi contributi ai più diversi istituti civilistici, ha segnato, in più di sessant'anni di intensa e ricca operosità scientifica, un profondo avanzamento ed un decisivo rinnovamento degli studi giuridici in Italia. Tra i suoi allievi: Vincenzo Scalisi, Angelo Federico, Giovanni D'Amico, Attilio Gorassini, Enzo Campagna e Mario Trimarchi.  Tra i molti riconoscimenti ricevuti da Falzea nel corso degli anni, la laurea honoris causa in Scienze Politiche, conferitagli dall'Siena nel 2006, e il primo premio internazionale Bonino.  Attività scientifica e pensiero Falzea pioniere delle scienze giuridiche teoriche e della filosofia del diritto, contribuendo, con un originale metodo interdisciplinare (ma non eclettico), a mettere in relazione aree disciplinari apparentemente distanti fra loro, ma tutte convergenti a conferire più solidità ed autonomia al diritto. Sua costante preoccupazione è stata quella di integrare, sempre ed opportunamente, la prospettiva astratta logico-formale e filosofica con quella pragmatica del diritto mirante a fornire quel necessario ordine giuridico indispensabile alla coesistenza pacifica di vita materiale, vita spirituale e vita sociale. Fra i suoi maggiori risultati, la centralità della nozione di ”soggetto“, pensato sia astrattamente che in relazione alla correlativa persona fisica e reale, la fondazione di una etica giuridica e l'elaborazione di una teoria assiologica del diritto, frutto rispettivamente della sua incisiva indagine critica ed ampia comprensione concettuale delle nozioni di ”valore“da porre, per Falzea, al centro del pensiero giuridico, assieme a quello di ”interesse“e di ”categoria giuridica“ formale, quali nuclei fondanti del corpus dottrinario della giurisprudenza. Da qui, la constatazione di principio secondo cui il ”fenomeno giuridico“, nella sua accezione più ampia come fatto storico-sociale dinamico e non statico, deve essere analizzato nelle sue due componenti principali, quella ”formale“ e quella ”sostanziale“, da considerarsi sempre in un reciproco, razionale equilibrio correlativo garante di quella realtà umana fattuale di interessi e di valori.  Epistemologia giuridica e interdisciplinarità Il perno epistemologico dell'impianto teorico delineato da Falzea, quale presupposto ineludibile per l'esistenza di un qualsiasi stato di diritto, è quello che fa leva sull'imprescindibile ruolo formalizzante che ogni determinazione giuridica cogente deve avere nel catturare, indi razionalizzare (componente formale), quel nucleo affettivo-emotivo (componente sostanziale) insito in ogni fatto umano consuetudinario della vita reale. Il diritto, come realtà assiologica, è quella naturale concezione, Falzea fa notare, cui si perviene allorché si abbandona quella riduttiva visione formalistica ed astratta della giurisprudenza la quale, invece, come scienza viva e positiva, deve guardare alla realtà fattuale ed alle sue dinamiche complesse e multifattoriali, ai suoi contenuti pragmatici, di valori ed interessi. Da qui, la necessaria interdisciplinarità cui deve sottostarepur mantenendo la propria autonomiala costante giurisprudenza per non cadere in un anacronistico e sterile formalismo privo di sostanzialità.  La «forte, quasi esasperata dimensione teoretica» (ma mai grettamente dogmatica) che ha caratterizzato l'opera di Falzea, espressa non solo da un punto di vista meramente logico-formale ma sempre contestualizzata alla variegata problematicità e storicità della realtà umana, si evince, in tutta la sua evidenza, dagli scritti dedicati ai problemi di teoria generale del diritto, affrontati, oltre che in alcuni suoi lavori monografici, in certe voci la lui redatte per l'Enciclopedia del Diritto, tra gli anni '50 e '60, sì da costituire dei veri "classici" della letteratura giuridica contemporanea: fra queste, le voci “Accertamento” ( I, 1958), “Apparenza” ( II, 1958), “Efficacia Giuridica” ( XIV, 1965), “Fatto giuridico” ( XVI, 1967).  Fra i molti contributi dati da Falzea all'elaborazione teorica dell'ordinamento giuridico, in raccordo a quanto detto sopra, degno di nota è l'aver egli richiamata l'attenzionenella voce ”I fatti del sentimento“, sulla scia di parte del pensiero di Pugliattisulla rilevanza giuridica del sentimento, inteso non come un principio generale dell'ordinamento, bensì come un vero e proprio sentimento individuale o collettivo, fattualmente rilevante per il comportamento umano, che le norme giuridiche, specie quelle del diritto civile e penale, classificano come un valore positivo, da rispettare dunque, o negativo (disvalore), da reprimere invece. Da questa presupposizione quindi, con metodo contraddistinto da ampiezza dell'indagine storica e improntato al rigore filosofico, Falzea consegue uno dei suoi maggiori risultati, riguardante l'analisi del concetto generale di diritto, quale diritto positivo, cioè effettivamente vigente, scritto o no, incardinato entro un sistema assiologico fondato su un ordine razionale dello spirito umano che permette di classificare i valori umani, di una determinata società in un assegnato luogo ed in un certo tempo (storicità del diritto), secondo una scala della loro importanza. Quest'ordinamento razionale è un tratto distintivo sia del sistema culturale umano generale che dei suoi sottosistemi, fra i quali preminenti sono quello linguistico, che è il principale sistema di comunicazione, e quello giuridico, che è il sistema normativo attualizzato dell'azione umana individuale e collettiva.[25]  Da questa prospettiva, anche sulla base di un parallelo analogico-concettuale con la struttura della logica, Falzea perviene, tra l'altro, ad una elementare quanto fondamentale distinzione metagiuridica fra teoria generale del diritto e dogmatica giuridica, argomentando solidamente a favore della tesi per cui la teoria generale del diritto opera ad un livello superiore di generalità rispetto a quello in cui si colloca la dogmatica giacché quest'ultima è sempre inerente a diritti positivi storicamente attualizzati, oggetti di studio della teoria generale che, in quanto tale, non discende dunque da alcun diritto positivo particolare, e quindi neppure dalla dogmatica. La teoria generale del diritto è piuttosto riflessione metateorica su quei particolari sistemi culturali individuati dalle varie attuazioni storiche del diritto positivo, sistemi che verranno quindi interpretati speculativamente e spiegati razionalmente (interpretazione giuridica) tramite metodi centrati sulla individuazione e ordinazione concettuale. Solo in questi termini, Falzea ribadisce, si può allora più propriamente parlare, da un punto di vista positivistico, di ”scienza del diritto“, piuttosto che di semplice ”filosofia del diritto“.[26]  Nel 1991 è stata pubblicata, in sei volumi, una raccolta di scritti in suo onore, comprendente contributi tecnici e scientifici di alcuni fra i maggiori giuristi italiani, fra cui Guido Alpa, Pietro Barcellona, Paolo Barile, Cesare Massimo Bianca, Antonino Cataudella, Paolo Grossi, Elio Fazzalari, Vittorio Frosini, Nicolò Lipari, Enrico Opocher, Giorgio Oppo, Pietro Rescigno, Rodolfo Sacco, Paolo Spada, Michele Taruffo, Alberto Trabucchi.  Opere principali Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1939. La condizione e gli elementi dell'atto giuridico, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1941 (con successive edizioni). La separazione personale, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1943. L'offerta reale e la liberazione coattiva del debitore, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,  (ristampa della prima edizione del 1947, con nuova prefazione dell'autore). Il fatto naturale, CEDAM-Casa Editrice Dott. Antonio Milani, Padova, 1969. Voci di teoria generale del diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1978 (con successive edizioni). Il gene giuridico (con Danilo Mainardi), Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1983. Introduzione alle scienze giuridiche. Parte I: Il concetto di diritto, VI edizione (I edizione, 1975), Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 2008. Teoria generale del diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1999 (Fa parte di Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica,  I). Dogmatica Giuridica, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1997 (Fa parte di Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica,  II). Scritti d'occasione, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,  (Fa parte di Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica,  III). Note  Messaggio di cordoglio Archiviato il 16 febbraio  in . sul sito dell'Messina.  Cfr. P. Grossi, ”La cultura del civilista italiano“1215, in: Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Convegno di studio in onore del prof. Angelo Falzea, Messina, 4-7 giugno 2002, V. Scalisi, Dott. A. Giuffrè Editore,Cfr. la testimonianza dello stesso Falzea in: M. Sabbioneti, ”Salvatore Pugliatti“, Dizionario Biografico degli Italiani, .  Cfr.//messinaierieoggi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2801:falzea-il-preside-angelo-&catid=92:antonino-condorelli&Itemid=2906  Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“ (p. 191), in: P. Grossi, Nobiltà del diritto. Profili di giuristi, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 2008,  189-215.  Cfr. pure A. Falzea, ”Salvatore Pugliatti, il maestro“, in:  L'opera di Salvatore Pugliatti, fascicolo speciale dedicato in sua memoria, Rivista di Diritto Civile, Parte I, 1978,  534-540.  Angelo Falzea nell'Enciclopedia Treccani  Sull'importanza del contributo di Falzea alla giuscivilistica italiana, cfr., per esempio, ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.  A cui dedicava il corso annuale speciale, da lui introdotto per la prima volta nella Facoltà di Giurisprudenza di Messina, di Introduzione alle Scienze Giuridiche.  Cfr. V. Scalisi, ”Presentazione“XVIII, in: Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Convegno di studio in onore del prof. Angelo Falzea, Messina, 4-7 giugno 2002, V. Scalisi, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 2004,  XVII-XXVII.  Cfr. Motivazione della laurea honoris causa in scienze Politiche conferita dall'Università degli Studi di Siena il 6 marzo 2006 ad Angelo Falzea, in: Oltre il ”positivismo giuridico“: in onore di Angelo FalzeaSirena, ESI, Napoli, XI.  Cfr. F. Santoro-Passarelli, ”Sguardo all'opera di un giurista“ (p. 3), in: Scritti in onore di Angelo Falzea, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.,  208-209.  Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.205.  Molti dei quali riguardanti tematiche, metodologie ed indirizzi già aperti da Pugliatti (cfr. la sua biografia scientifica ”Salvatore Pugliatti, giurista inquieto“, in: P. Grossi, Nobiltà del diritto. Profili di giuristi, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 2008,  531-555), seppur ottenuti, da Falzea, secondo una sua propria visione condotta da un'originale prospettiva storica e per altre vie. Per un raffronto storico-critico fra il pensiero di Pugliatti e quello di Falzea, così come per più approfondite notizie storiche sulla ”Scuola giuridica messinese“, rinviamo a V. Scalisi, Fonti-Teoria-Metodo. Alla ricerca della «regola giuridica» nell'epoca della postmodernità, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, , Parte II, ed alle referenze ivi citate.  Cfr. G. Benedetti, ”La contemporaneità del civilista“,  1274-1275, in: Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Convegno di studio in onore del prof. Angelo Falzea, Messina, 4-7 giugno 2002, V. Scalisi, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 2004,  1229-1299.  Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.,  203-205.  Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.,  201-202, 212, che riprende quanto Falzea sostiene alle  9-10 della voce Sistema normativo e analitica della norma, dell'Enciclopedia del Diritto.  Per Falzea, il nesso fra la fattispecie, ossia la premessa normativa (ovvero, il caso particolare fattuale), e la conseguenza, ossia il suo possibile effetto giuridico, sarebbe di fondamentale importanza per chiarire la natura delle norme giuridiche, e quindi per strutturare il mondo del diritto. Cfr. F. Viola, G. Zaccaria, Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto, Editori Laterza, Roma-Bari, 1999, Cap. II, § 8144.  In merito a ciò, è utile rammentare come gli studi antropologici abbiano messo in luce il fatto saliente per il quale, in un certo senso, tutto il diritto può essere considerato come consuetudinario; cfr. U. Fabietti, F. Remotti , Dizionario di Antropologia. Etnologia, Antropologia Culturale, Antropologia Sociale, Zanichelli Editore, Bologna, 1997239; sull'importanza, poi, della consuetudine dal punto di vista dell'antropologia giuridica, cfr. pure A. Facchi, M.P. Mittica , Concetti e norme. Teorie e ricerche di antropologia giuridica, FrancoAngeli, Milano, 2000; L. Assier-Andrieu, Le Droit dans les sociétés humaines, Éditions Nathan, Paris, 1996, e "Penser le temps culturel du droit. Le destin du concept de coutume en anthropologie", L'Homme, 160 (2001)  67-90. Inoltre, per i fondamentali contributi dell'opera di Falzea all'antropologia giuridica, cfr. R. Sacco, Antropologia giuridica. Contributo ad una macrostoria del diritto, Società editrice il Mulino, Bologna, 2007.  Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.,  206-207.  Cfr. ”Omaggio ad Angelo Falzea“, cit.203.  Cfr. soprattutto la sua Introduzione alle Scienze Giuridiche.  Cfr. ”Sguardo all'opera di un giurista“,  Cfr. ”Sguardo all'opera di un giurista“, cit.4.  Cfr. A. Falzea, Teoria generale del diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1999,  278-279.  Scritti catanzaresi in onore di Angelo Falzea, ESI-Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1987. Scritti in onore di Angelo Falzea, 6 voll., Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1991. Giornate in onore di Angelo Falzea, Messina, 15-16 febbraio 1991, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 1993. Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Convegno di studio in onore del prof. Angelo Falzea, Messina, 4-7 giugno 2002, V. Scalisi, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, 2004. Oltre il ”positivismo giuridico“: in onore di Angelo FalzeaSirena, ESI-Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, . V. Scalisi, Fonti-Teoria-Metodo. Alla ricerca della «regola giuridica» nell'epoca della postmodernità, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, .  Centenario di Angelo Falzea, su gazzettadelsud.it. Ricordo di Angelo Falzea, su gazzettadelsud.it.

 

Fano: Grice: “I like Fano; for one, he took very seriously Plato’s Cratilo – “origine e natura del linguaggio,’ he has also explored a rather extravagant trend for Italian philosophers, when philosophy is reduced to ‘analisi del linguaggio’!” --  Giorgio Fano (Trieste), filosofo. Pensatore neoidealista, apparteneva a quel gruppo di artisti, letterati, e scrittori che hanno reso famosa la Trieste del primo Novecento. Egli ha letto in modo originale l'opera di Croce e Gentile. In particolare ha sottolineato l'importanza delle scienze naturali e della matematica, che nel suo sistema non sono governate dagli pseudoconcetti. Inoltre ha dato molta importanza agli aspetti più semplici e ferini dello spirito seguendo le riflessioni di Giambattista Vico.  Giorgio Fano nacque a Trieste il 17 aprile 1885. Suo padre Guglielmo era un medico affermato, sua madre Amalia Sanguinetti, da molti anni gravemente sofferente, morì quando lui era ancora bambino. Il padre Guglielmo fu uno dei pochi ebrei di allora che passarono al cattolicesimo per sincera fede. Ma tale conversione fu accompagnata da manie religiose e disordini mentali precoci.  Giovinezza e interazione con gli intellettuali giuliani Fin dall'adolescenza Fano ebbe un impulso di rivolta contro gli adulti, il loro conformismo, il loro spirito oppressivo. Nel romanzo Quasi una fantasia di Ettore Cantoni si parla di due ragazzi, in cui è facile riconoscere l'autore Ettore e il suo amico Giorgio Fano, che viaggiano e arrivano addirittura in Africa, appunto per sfuggire all'atmosfera pesante instaurata dagli adulti.  Fano fu un ragazzo ribelle, non volle accettare la disciplina della scuola; un piccolo episodio contraddistingue il suo carattere, quando gettò nella stufa il registro di classe. Frequentò le scuole austriache del tempo con scarso profitto; egli affermava che una parte delle sue difficoltà era dovuta al fatto di avere poca memoria (non quella concettuale, in cui eccelleva, ma quella specifica, dettagliata, necessaria ad es. nello studio della storia e della geografia). Così abbandonò gli studi assai prima di aver conseguito la maturità.  Ritiratosi da scuola, i suoi congiunti gli procurarono un posto di impiegato. Ma egli abbandonò l’impiego e affittò, assieme ad alcuni coetanei, una cameretta sul colle di Scorcola, dove si dedicò non solo a discussioni senza fine con gli amici, ma passò ore e ore a leggere i classici della filosofia. Più tardi a Vienna poté sentire le lezioni universitarie di alcuni luminari del tempo. Fu la lettura dei classici tedeschi, da Leibnitz a Schopenhauer, da Kant a Fichte e Hegel, a dare al suo pensiero un indirizzo al quale egli sarebbe rimasto fedele per tutta la vita, a fargli trovare le armi per la sua personale battaglia contro il dogmatismo, il fideismo, il clericalismo del proprio ambiente familiare.  Certo alla formazione di Fano ha contribuito anche l'ambiente eccezionale della Trieste di allora; fu suo amico Umberto Poli, il cui pseudonimo, Saba, fu inventato proprio da lui.  Si ispira certamente alla figura di Fano anche il sesto de I prigioni (1924) di Saba: «L’Appassionato. / Natura, perché ardo, m’ha di rosso / pelo le guance rivestite e il mento. / Non è una brezza lo spirito: è un vento / impetuoso, onde anche il Fato è scosso. /…../ Ero Mosè che ti trasse d’Egitto, / ed ho sofferto per te sulla croce. / Mi chiamano in Arabia Maometto».  Nel 1919 Saba e Fano comprarono in società la libreria antiquaria Mayländer, la futura "Libreria antica e moderna", ma non andavano d’accordo, perché Fano non era persona da accollarsi diligentemente troppi compiti "noiosi". Così i due decisero di separarsi e, poiché entrambi volevano rimanere proprietari, Fano propose di giocare questo diritto a testa o croce e vinse. Ma Saba, che era amante e cultore di libri antichi, non accettò il verdetto della sorte e convinse l’amico a cedergli ugualmente la libreria.  Un'altra persona dell'ambiente triestino con cui Fano ebbe grande amicizia è stato Virgilio Giotti. Scrive Fano[senza fonte]: «Il nostro fu un incontro come di un artista toscano con un profeta ebreo. Io ne ebbi un grande giovamento. Egli leggeva a quel tempo Zola, Maupassant e Flaubert che io non conoscevo. Per il suo carattere indolente, in molte cose esteriori della vita egli fece ciò che gli consigliavo io. Se ne venne via da Trieste, poi fece venire la famiglia a Firenze e cose simili». Ma l'amicizia fra i due subì un tremendo contraccolpo a causa delle drammatiche vicende in cui fu coinvolta Maria, sorella di Virgilio, che Fano sposò nel 1914: ebbero un figlio minorato mentale, Piero, che nel 1929 fu ucciso dalla madre, la quale si tolse a sua volta la vita. Fu una tragedia che scosse profondamente tutta la città.  In seconde nozze, nel 1931 Giorgio Fano sposò Anna Curiel, da cui ebbe un figlio di nome Guido.  Studi e insegnamenti Durante il periodo della prima guerra mondiale fu irredentista, come molti dei suoi amici, Benco, Saba, Giotti, Schiffrer e altri. In seguito il suo atteggiamento fu molto simile a quello di Benedetto Croce, e per analoghi motivi ideologici. Gli ideali egalitari non facevano presa su di lui e gli sembrava utopistico, e comunque non desiderabile, l’instaurare una società comunista. Anzi, negli anni subito dopo la prima guerra mondiale si oppose con decisione al socialismo massimalista e turbolento di allora, tanto da dimostrare, per un breve periodo, una certa comprensione per la reazione fascista. Ma, già prima di Croce, Giorgio Fano divenne un antifascista, che non perdeva alcuna occasione per manifestare apertamente le sue opinioni.  Fano si laureò in filosofia col massimo dei voti a Padova nel 1923, con una tesi dal titolo Dell’universo ovvero di me stesso: saggio di una filosofia solipsistica, tesi che fu poi pubblicata nel 1926 sulla Rivista d’Italia. Probabilmente non frequentò le lezioni universitarie a Padova, anche perché era già sposato e doveva pensare a mantenere la sua famiglia. Semmai la sua formazione universitaria si compì, oltre che a Vienna, a Firenze, dove aveva trascorso qualche anno prima della guerra e dove aveva frequentato l’ambiente de La Voce.   «Professore di filosofia presso vari licei di Trieste dal 1925, il Fano aspirava tuttavia all’insegnamento universitario, a cui giunse dopo molte traversie causate da intralci posti dalle autorità. Il motivo di queste difficoltà si deve alla fama di antifascista che egli si procurò quando, commemorando il cugino Enrico Elia, volontario nella grande guerra e morto sul Podgora nel 1915, tenne un discorso in cui traspariva, in maniera non molto velata, la convinzione che il sacrificio di tante vite per la libertà veniva rinnegato dal regime politico allora dominante. Questa sua presa di posizione gli costò alcuni giorni di carcere nella fortezza di Capodistria e la fama di antifascista si ripercosse sulla sua carriera universitaria».  Attorno a quegli anni a Trieste si andavano diffondendo le idee della psicoanalisi, in particolare ad opera di Edoardo Weiss che era stato discepolo di Freud. A Fano non piaceva questa teoria, affermando che si basava su supposte attività del pensiero immaginarie e non verificabili; il concetto di inconscio non poteva venir accettato da chi come lui basava tutto sull'autocoscienza.  Studioso di Croce, che aveva conosciuto fin dal 1912 Fano pubblicò vari articoli sulla filosofia crociana; un suo articolo, dal titolo La negazione della filosofia nell’idealismo attuale (1932) gli procurò l’attenzione di Giuseppe Lombardo Radice, che gli offrì un posto di assistente volontario di pedagogia presso la facoltà di magistero dell’Roma, dove Fano si trasferì assieme alla sua nuova famiglia. Da notare che il suo primo libro, in cui veniva esposto organicamente il suo pensiero, Il sistema dialettico dello spirito apparve solo nel 1937, quando egli aveva già 52 anni. Nel 1938, in seguito alle leggi razziali, fu allontanato dall'insegnamento universitario; riuscì però a mantenere  un posto di professore presso la Scuola Militare di Roma. Dopo l'invasione tedesca successiva all'8 settembre 1943, Fano trovò rifugio a Rocca di Mezzo, in Abruzzo dove rimase per quasi un anno. La tranquilla sicurezza, la noncuranza dei pericoli non gli vennero mai meno, né per il rischio di venir scoperti dai tedeschi (lui e la moglie avevano falsificato le carte d’identità), né per i bombardamenti alleati. Anzi, nel lungo inverno 1943-44 i tedeschi lo usarono spesso come interprete e poiché la sua casa stava proprio sulla strada maestra, spesso la cucina era piena di soldati che avevano bisogno di qualcosa. Lì, in quella cucina mal riscaldata, incurante dei rischi immediati, egli lavorò forse più di quanto non avesse mai fatto in precedenza e portò a termine l'opera: La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema dialettico dello spirito, che venne poi pubblicata nel 1946.  Finita la guerra ritrovò il suo posto presso l’Roma, e anzi per un breve periodo ricoprì anche la carica provvisoria di direttore dell’Istituto di pedagogia del Magistero, ma non si preoccupò di ottenere una sistemazione stabile, tanto che alla fine della sua carriera accademica non ebbe neanche diritto alla pensione. In compenso lavorò con continuità per quasi vent'anni, fino alla sua morte, portando a termine altri saggi rilevanti. Nel già citato saggio sul Croce aveva rivendicato l'importanza delle scienze empiriche, che nella filosofia crociana non avevano dignità conoscitiva. Nel testo Teosofia orientale e filosofia greca  troviamo una descrizione dello sviluppo storico del pensiero umano, in cui tra l'altro viene rivendicata l'importanza della matematica, mentre il Croce sosteneva che la matematica è uno pseudoconcetto. Inoltre curò la traduzione integrale dei Prolegomena ad ogni futura metafisica di Kant, di cui aveva già pubblicato degli estratti.  Infine le sue ricerche lo portarono ad esaminare il problema dell'origine della lingua, su cui espresse il suo pensiero nel Saggio sulle origini del linguaggio, poi riedito accresciuto a cura di Guido Fano.  Morì mentre presiedeva una commissione di esami.  Opere: Il sistema dialettico dello spirito, Roma, Servizi editoriali del GUF/ La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema dialettico dello spirito, Milano, Istituto editoriale italiano, 1946. Teosofia orientale e filosofia greca. Preliminari ad ogni storiografia filosofica, Firenze, La nuova Italia, Saggio sulle origini del linguaggio. Con una storia critica delle dottrine glottogoniche, Torino, Einaudi, riedizione postuma, con parti inedite, Anna e Guido Fano, col titolo Origini e natura del linguaggio, Torino, Einaudi. Neopositivismo, analisi del linguaggio e cibernetica, Torino, Einaudi/ Traduzioni Emanuele Kant, Prolegomeni ad ogni futura metafisica: estratti, traduzione, introduzione e note Giorgio Fano, Firenze, G. C. Sansoni, 1935. Emanuele Kant, Prolegomena ad ogni futura metafisica, Giorgio Fano, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1948. Note  Ettore Cantoni, Quasi una fantasia: romanzo, Milano, Treves, 1926.  Cantóni, Ettore, su treccani.it.  Giorgio Voghera su Il Piccolo del 4 gennaio 1995.  Nel 1919 viene venduta a Giorgio Fano e Umberto Poli, il poeta Umberto Saba, che in data 12 settembre 1919 ne diventa proprietario unico (Rino Alessi).  Lantier. Anna Fano. Franco Laicini, in Dizionario Biografico degli Italiani, cit. infra.  Giorgio Voghera, Gli anni della psicanalisi, Pordenone, Edizioni Studio Tesi: «Egli diceva, ad esempio, che una teoria può essere accettata solo se si prospettano anche delle ipotesi — che poi appariranno assurde e non si verificheranno concretamente — nelle quali essa dovrebbe venir respinta. La psicanalisi, invece, si mette accuratamente al coperto da ogni prova contraria».  L'estetica nel sistema di B. Croce, L'Anima, dicembre 1911; la filosofia di B. Croce, Giornale critico della filosofia italiana, Un episodio illustra bene sia l’importanza che egli annetteva al suo lavoro, sia il suo coraggio: «Una mattina, scendendo in cucina, che era diventata il suo studio, la trovò invasa da soldati tedeschi che cercavano acqua ed altro. E allora, con l’abituale tono tranquillo, dimenticando con chi aveva a che fare, lui l’ebreo, col suo viso di profeta biblico, additò ai soldati della Wehrmacht la porta: Pregodisse in tedescose lorsignori avessero la compiacenza di andare da un’altra parte. Io avrei da lavorare. Senza fiatare i soldati infilarono la porta ed egli si rimise tranquillamente al suo tavolo di lavoro per battagliare con Croce, dimentico che la più superficiale inchiesta sarebbe stata sufficiente a convogliarlo assieme alla sua famiglia verso i campi di sterminio» (Anna Fano 199347).  Il saggio è stato tradotto in inglese: The Origins and Nature of Language, translated by Susan Petrilli, Bloomington, Indianapolis, Indiana University Press, 1992.  Anna Fano, Noi ebrei, Gorizia, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione, 1993. Anna Fano, Giorgio e io: un grande amore nella Trieste del primo '900, Guido Fano, Venezia, Marsilio, 2005,  88-317-8689-X. Guido Fano, L'ottimismo di Giorgio Fano e il pessimismo di Giorgio Voghera. Brani da lettere e testi, Milano, Mimesis, Silvano Lantier, Il pensiero di Giorgio Fano: il linguaggio tra filosofia e scienza, Trieste, Riva, 1976. Silvano Lantier, Giambattista Vico e Giorgio Fano: motivi di un'affinità ideale, Udine, Del Bianco, 1981.  Franco Laicini, Giorgio Fano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 15 gennaio . Dal sito "Giorgio Fano Filosofo" si possono scaricare in formato PDF molti suoi scritti editi e inediti.

 

Fardella. Grice: “I like Fardella; for one, he is a systematic philosopher; for another, he compares Aristotle (‘demonstratio peripatetica’) with Cartesio, as the Italians call him (‘demonstratio cartesiana’) – And while Italians consider him a reactionary Cartesian, I deem  him a closet Aristotelian!” --  Ritratto. Michelangelo Fardella (Trapani), filosofo. Fardella studiò a Messina, allievo di Giovanni Alfonso Borelli, dal quale accettò la teoria atomistica di Democrito, ma abbracciò il pensiero di Cartesio, dopo averne appreso gli insegnamenti durante il suo soggiorno a Parigi dal 1678 al 1680, grazie alle conversazioni con Antoine Arnauld, Nicolas Malebranche e Bernard Lamy.  Membro dell'ordine francescano, insegnò matematica a Roma e poi a Modena, mentre a Padova, dal 1693, anno in cui divenne prete secolare, insegnò astronomia e poi filosofia. Nel 1709 lasciò lo Studio padovano, recandosi a Barcellona, e ritornando in Italia nel 1712.  Tenne una lunga corrispondenza con Leibniz e polemizzò con Matteo Giorgi, che con il suo Saggio della nuova dottrina di Renato Descartes aveva attaccato il cartesianesimo.  Pensiero Il cartesianesimo del Fardella, per quanto riconosca che «solo Cartesio trovò, fra gli antichi e i moderni, il retto e naturale metodo di filosofare», è tuttavia relativo, adeguato com'è al platonismo di Agostino. La struttura del mondo è organizzata secondo principi matematici:«Dio ha creato ogni cosa secondo peso, numero e misura, ossia secondo le leggi statiche, aritmetiche e geometriche»; mediante la matematica si comprende il mondo e si comprende così la logica di Dio.  Nel punto, che non ha peso, non ha grandezza, non è divisibile, è tuttavia l'origine di ogni estensione: «nel punto, come il numero nell'unità, si risolve l'estensione». L'anima, che non ha estensione, è un punto.  Per Fardella, non è possibile dimostrare l'esistenza indipendente delle realtà materiali: «La stessa esperienza ci insegna che spesso nel sogno percepiamo oggetti che veramente non possiamo ammettere realmente esistenti. Quante volte, la notte, mentre dormo, vedo splendere il sole sopra l'orizzonte e vedo muoversi in vari modi moltissime cose prodigiose, che non sono niente extra ideam?. Dunque, quel che sento e vedo non può in nessun modo essere dedotto come realmente esistente». E se si obbietta che una cosa è sognare, altra cosa è la veglia, per lui le cose che percepiamo nella veglia potrebbe anche essere soltanto cose percepite «con maggiore chiarezza, distinzione e ordine, benché non siano niente» in sé. I sensi non danno certezza del mondo, la quale può ritrovarsi, per il Fardella come per Cartesio, soltanto in Dio.  Opere Universae philosophiae systema, in qua nova quadam et extricata Methodo, Naturalis scientiae et Moralis fundamenta explanantur, Venezia, 1691 Universae usualis mathematicae theoria, Venezia, 1691. Utraque dialectica rationalis et mathemathica, Amsterdam, 1695. Animae humanae natura ab Augustino detecta in libris de Animae Quantitate, decimo de Trinitate, et de Animae Immortalitate, Venezia, 1698 Pensieri scientifici, Napoli, 1986. Lettera antiscolastica, Napoli, 1986. Note  Recensito immediatamente dopo la pubblicazione del primo e unico volume sulla rivista scientifica Acta Eruditorum Universae Philosophae Systema. Tomus I, Leipzig, 169239. 10 settembre .  Descartes e l'eredità cartesiana nell'Europa sei-settecentesca, Lecce, 2002. Professori e scienziati a Padova nel Settecento, Treviso, 2002. Franco Aureluio Meschini, FARDELLA, Michelangelo, in Dizionario biografico degli italiani,  44, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1994.  FARDELLA, Michelangelo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.  Opere di Michelangelo Fardella, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere su Open Library, Internet Archive.

 

farquharsonismGrice enjoyed reading Cook Wilson, and was grateful to A S L Farquharson for making that possible.

 

Fasso: Grice: “I like Fassò; for one, he was, like my friend H. L. A. Hart, a philosophical lawyer! But unlike Hart, Fassò, being a Roman, knew what he was talking about!” “My favourite is his explication of Bruto’s reaction when being brought the corpses of his two sons!” -- «Guido Fassò, mi viene a conforto col suo ottimo lavoro, che dà una diligentissima ed acuta interpretazione ed esposizione del corso non già logico ma storico, o per meglio dire, psicologico della formazione della Scienza nuova; esposizione che è utile possedere e che si segue con curiosità. Con pari bravura è condotta la ricerca di quel che il Vico attinse o credette di attingere ai quattro suoi autori.»  (Benedetto Croce, Illusione degli autori sui “loro” autori, in Quaderni della Critica, luglio 1949, n. 14)  Guido Fassò. Guido Fassò (Bologna), filosofo. Frontespizio de La storia come esperienza giuridica, Giuffrè, Milano 1953.  Giuseppe Saitta, esponente della cosiddetta «sinistra gentiliana», seguì Fassò nella redazione della tesi di laurea in Filosofia, avviandolo, per mezzo dell'indagine su Michelet, agli studi vichiani. Nato a Bologna, il 18 ottobre 1915, da Ernesto, generale dell'esercito, e Caterina Barbieri, discendente dalle famiglie Barbieri (il di lei nonno era Lodovico Barbieri) e Dallolio (Maria Sofia, moglie di Lodovico, era sorella di Alberto e Alfredo Dallolio), Guido Fassò trascorre i suoi primi anni, fino all'adolescenza, fra il Piemonte (Mondovì), l'Emilia-Romagna (Parma) e la Lombardia (Mantova). Temperamento religioso, ereditato dall'educazione famigliare e dalla frequentazione con un anziano sacerdote, egli si caratterizzò sempre per il rigore negli studi (perciò Mazzetti, suo compagno di gioventù, poté definirlo «schivo degli incontri e quasi della società, teso in un impegno di chiarezza mentale, di serietà e finezza di sentire»). Conseguita, nel 1932, la maturità classica al "Virgilio" di Mantova, si laurea, presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna, in Giurisprudenza (1936), discutendo, con Umberto Borsi, una tesi di Legislazione del lavoro, intitolata L'elemento demografico nelle provvidenze assistenziali a favore dei lavoratori. Dopo aver rinunciato ad impiegarsi come funzionario nell'Unione industriale, Fassò ottiene anche la laurea in Filosofia (1940), sotto la supervisione di Giuseppe Saitta, con una tesi di Storia della filosofia su Il pensiero filosofico e politico di Giulio Michelet. Confiderà poi al suo allievo, Enrico Pattaro, che la scelta della filosofia, lungi dall'essere redditizia, è un matrimonio con «madonna povertà», cui egli, tuttavia, non volle sottrarsi, non essendo versato, come rivelò a Fausto Nicolini, nella «professione forense». Svolse, quindi, l'attività di docente di storia e filosofia, inizialmente come supplente al "Galvani" di Bologna (1939), poi a Forlì (1939-1940) e, infine, al Liceo scientifico "Augusto Righi" di Bologna (1949-1953).  Nel 1942, convola a nozze con una sua vecchia alunna del Liceo "Galvani", Margherita Osti, figlia di Giuseppe Osti, Professore di Diritto privato all'Bologna, del quale lo stesso Fassò era stato allievo. Dall'unione nasceranno Alberto, Andrea (1945), Federico (1952) e Silvia. Nell'anno delle nozze, Fassò completava il suo primo saggio, dedicato a Il Vico nel pensiero del suo primo traduttore francese, che, però, a causa dell'indisponibilità degli editori, sarebbe stato pubblicato, grazie all'intervento di Giuseppe Saitta, solo nel 1947, come memoria dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Vicino al Partito Liberale Italiano, a guerra conclusa, nel 1951, accettò di candidarsi, per il medesimo partito, alle elezioni comunali bolognesi.  Divenuto assistente volontario di Filosofia del diritto nell'Ateneo felsineo (1947), fu convinto da Felice Battaglia a concorrere per la libera docenza, che ottenne nel 1949. Nel medesimo anno, all'Parma, gli viene quindi assegnato l'incarico in Filosofia del diritto. Aggiudicatosi l'ordinariato (1957), si trasferì successivamente a Bologna (1963), dove insegnò filosofia giuridica, presso la Facoltà di Giurisprudenza, e Storia delle dottrine politiche, nella Facoltà di Lettere e Filosofia.  Si occupò di studi vichiani (della cui validità scientifica è testimonianza una epistola di Gioele Solari del 17 maggio 1949, in cui si apprende che «l'interpretazione giuridica della Scienza nuova [proposta da Fassò] [...] supera la visione Croce-Nicolini», ponendosi al livello qualitativo di quelle del Fubini e del Donati) e groziani, della cura e traduzione dei Prolegomeni al diritto della guerra e della pace di Grozio (1949), e scrisse Vico e Grozio (1971), nonché, fra il 1966 e il 1970, la Storia della filosofia del diritto in tre volumi, giudicata da Bobbio come la «storia della filosofia del diritto [...] più completa» esistente «sulla faccia della terra».   Oltre Croce, Fassò criticò anche Gentile, autore di una «concezione speculativa indubbiamente grandiosa», che si risolveva, però, in «vana retorica», negante, entro la dialettica dello spirito, la realtà del fenomeno giuridico. Fra le altre opere, La democrazia in Grecia, del 1959 (tradotta in neogreco nel 1971, col titolo Η Δημοκρατία στην Ελλάδα [I Dimokratìa stin Ellàda], e fatta circolare durante la dittatura dei colonnelli); Il diritto naturale, del 1964; dello stesso anno è La legge della ragione, considerata una «tra le opere migliori di filosofia del diritto uscite in Italia» al tempo, e consistente in una «appassionata rivalutazione» del diritto naturale; Società, legge e ragione, apparso nell'anno della morte (i due ultimi volumi citati, tuttavia, ripropongono scritti precedenti). Le pubblicazioni in cui si esprime con più chiarezza l'ispirazione teoretica di Fassò sono, invece, La storia come esperienza giuridica del 1953 (in cui, ha commentato Bobbio, si dimostra che «tutti i rapporti che l'uomo ha con gli altri uomini, contengono un germe di organizzazione, e quindi sono istituzioni giuridiche») e Cristianesimo e società del 1956, che susciterà un vivace dibattito nell'ambiente cattolico, incontrando financo il favore di Prezzolini[25].  Colpito dalla malattia, Fassò spira nella notte del 30 ottobre 1974[26]. Il suo testamento, composto già nel 1955, disponeva funerali semplici, «senza fiori e senza seguito di estranei». In un codicillo del 1967, inoltre, soggiungeva che, «se si trovassero miei scritti incompiuti, manoscritti o dattilografati, non si stampino, perché non possono essere stati riveduti come avrei ritenuto necessario», congiuntamente all'invito a non raccogliere «in volume opuscoli sparsi o "scritti minori", operazione che non dovrebbe mai esser fatta se non dall'autore»[27].  Alla memoria di Fassò, oltre che a quella di Augusto Gaudenzi, è intitolato il Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica (CIRSFID) dell’Bologna, istituito nel 1986[28].   Benché Fassò abbia apprezzato il Romano sostenitore della concezione non normativistica del diritto, egli non poté tacerne il limite, consistente nell'assenza di una «definizione esauriente» dell'istituzione, dovuto alla volontà di Romano di tenersi «fuori dal campo della filosofia»[29]. Sinossi del pensiero Secondo Giuliano Marini fu «il più limpido storico del giusnaturalismo»[30].  Formatosi filosoficamente nella temperie culturale neoidealistica, Fassò se ne distaccò, rifiutandone soprattutto l'immanentismo[31], con La storia come esperienza giuridica[32], opera ispirata dalle suggestioni istituzionalistiche di Santi Romano (ma di questi deplorerà, nella successiva Storia della filosofia del diritto, il «circolo vizioso», per cui una «istituzione è giuridica [solo] quando è giuridica» A Croce, che faceva coincidere storia e filosofia[35][36], Fassò replicava con l'identificazione di storia e giuridicità[37], estendendo il concetto di istituzione — contrariamente a quanto aveva fatto Romano, e risolvendone così il «circolo vizioso» — a «tutti gli aspetti della vita sociale, cioè della vita dell'uomo nella storia, che è sempre vita dell'uomo in società»[33]. L'elisione dell'identità fra realtà (storica) e razionalità (filosofica) non implicava, per Fassò, la rimozione dell'Assoluto, ma egli ne negava ogni possibilità conoscitiva, ricadendo la «concreta unità del reale» (sotto l'aspetto gnoseologico) nell'ambito del privo di senso[38], sebbene restasse attingibile in uno slancio mistico, descritto, in una pagina de La legge della ragione, come partecipazione dell'«uomo [al] Valore divino, ma solo quando si faccia anch'egli Dio per unirsi a lui, trascendendo la propria umanità, la propria soggettività empirica, storica»[39]. È importante tener fermo come Fassò, quantunque abbia legato l'Assoluto a uno slancio mistico, non si sia fatto teorico di un irrazionalismo misticheggiante[40], ma — giusta l'osservazione di Lombardi Vallauri — abbia formulato un «dittico» in cui si afferma, da un lato, la «sopragiuridicità dell'etica intesa come esperienza religiosa» e, dall'altro, «la funzione essenziale della ragione giuridica nel mondo»[41]. Proprio il riconoscimento della centralità della ragione giuridica nel governo della «concreta molteplicità del reale»[42] costituì, per Fassò, un ulteriore motivo critico nei confronti dell'antigiusnaturalismo crociano, da cui, dopo l'approfondimento della storia del giusnaturalismo, prese più convintamente le distanze[43]. La concezione giusnaturalistica fassoiana, infatti, cerca di non cadere nell'errore proprio della tradizione precedente (errore che Fassò, nella Storia della filosofia del diritto, non esitò a indicare quale «difetto capitale» della scuola del diritto naturale, consistente nell'«astrattismo [e nel] conseguente antistoricismo»[44]), intendendo il diritto naturale quale «ordine che nasce dalla storia, e nel quale l'uomo non può non essere inserito proprio per la sua dimensione storica, che è la sua dimensione essenziale»[45].  Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte. B. Croce, Illusione degli autori sui “loro” autori , su Quaderni della Critica, Laterza, luglio 1949, n. 14, 89-90. 26 agosto . Ora anche in Id., Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, A. Savorelli, Napoli, Bibliopolis, Cfr. E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Bari, Laterza, .  «La sua ricerca [: di Saitta], anche storica, sembra inscindibile da una polemica e da una protesta. Polemica e protesta che attraversano ugualmente l'attività così del Calogero come dello Spirito, annoverati talora col Saitta fra gli esponenti della "sinistra" gentiliana, e come lui accusati a volte, e non certo benevolmente, di crocianesimo».  E. Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò, in G. Fassò, Scritti di filosofia del diritto, 3 voll., E. Pattaro, C. Faralli, G. Zucchini,  1, Milano, Giuffrè,  «[Fassò seguì] con particolare attenzione i corsi di Giuseppe Saitta, che gli suggerì di approfondire Michelet (che lo avrebbe condotto a Vico)».  Scheda senatore DALLOLIO Alberto, su senato.it. 18 agosto .  Scheda senatore DALLOLIO Alfredo, su senato.it. 18 agosto .  F. Tamassia, FASSÒ, Guido, in Dizionario biografico degli italiani,  45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Le parole di Mazzetti sono riportate in Carla Faralli, Il maestro e lo studioso, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino, Elenco dei laureati e diplomati nell'Anno Scolastico 1935-36 (e loro tesi) (JPG), in Annuario dell'Anno Accademico 1936-1937, Bologna, Società Tipografica già Compositori,Elenco dei laureati e diplomati nell'Anno Scolastico 1939-40 (e loro tesi) (JPG), in Annuario dell'Anno Accademico 1940-1941, Bologna, Tipografia Compositori, E. Pattaro, Alcuni ricordi personali e cenni sulla gnoseologia, ontologia e concezione della filosofia di Fassò, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino,  «Sul finire del 1965 Fassò mi disse che ci sarebbe stato un concorso per assistente ordinario alla cattedra e mi chiese se fossi interessato a partecipare. Ma mi prevenne con due avvertimenti sui quali avrei dovuto meditare prima di dargli una risposta. Essi sono: "chi fa filosofia del diritto in una facoltà di Giurisprudenza sposa madonna povertà", e "nell'università occorre sapere ingoiare amaro e sputare dolce perché l'intelligenza degli accademici è di regola superiore a quella dei comuni mortali, e ciò implica che essi siano capaci di cattiverie più raffinate e perfide di quelle di cui sono capaci i comuni mortali"».  La citazione è tratta dal carteggio Fassò-Nicolini, richiamato da E. Pattaro, nel suo Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò, premesso a G. Fassò, Scritti di filosofia del diritto, 3 voll., E. Pattaro, C. Faralli, G. Zucchini,  1, Milano, Giuffrè  «In altre lettere allo stesso Nicolini, del 23 febbraio e del 4 marzo 1948, Fassò scrive di […] non sent[ire] "nessuna vocazione per la professione forense"».  Curriculum vitae di Andrea Fassò, su unibo.it. 22 agosto .  Consiglio Nazionale del Notariato, su notariato.it. 22 agosto .  C. Faralli, Prefazione a G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, 3 voll., edizione aggiornata C. Faralli,  1, Roma-Bari, Laterza,  E. Pattaro, Gli studi vichiani di Guido Fassò , in Bollettino del Centro Studi Vichiani,  5, Napoli, Guida, 197587, nota 1. 18 agosto .  «Fassò aveva ultimato [Il Vico nel pensiero del suo primo traduttore francese] nel maggio-giugno 1942, ma — causa la difficoltà di trovare un editore — non gli fu possibile pubblicarlo allora: soltanto il 29 marzo 1947 egli poté presentarlo all'Accademia delle scienze di Bologna per il tramite di Giuseppe Saitta».  E. Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò, in G. Fassò, Scritti di filosofia del diritto, 3 voll., E. Pattaro, C. Faralli, G. Zucchini,  1, Milano, Giuffrè.  «Nel '45-'46, dopo i disagi della guerra, [Fassò] aveva ripreso le proprie ricerche incoraggiato da Felice Battaglia, che lo convinse ad affrontare l'esame di libera docenza in filosofia del diritto […]. Conseguita la libera docenza in filosofia del diritto nel 1949, nello stesso anno Fassò ebbe il suo primo incarico in questa materia, all'Parma».  F. Tamassia, FASSÒ, Guido, in Dizionario biografico degli italiani,  45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, F. Battaglia, Guido Fassò: in memoria, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, n. 2, 1975301.  «Nel 1949 [giunse] alla libera docenza, e nello stesso anno lo abilitarono a tenere l'incarico della filosofia del diritto nella Parma, ove divenne professore della materia nel 1954 e infine ordinario nel 1957. Nel 1963 il Fassò passò all'Bologna, dove rimase titolare della disciplina, tenuta con alto prestigio e qualificata dignità fino alla morte che ne chiuse la laboriosa giornata».  Enrico Pattaro, Gli studi vichiani di Guido Fassò, in Bollettino del Centro Studi Vichiani,  5, Napoli, Guida, 1975,  94-95 e nota 12.  «Tra le carte personali di Guido Fassò ho trovato una cartolina postale, vergata fitta fitta da Gioele Solari. In essa, tra le altre cose, è scritto: ‘Da tempo ero convinto della verità della interpretazione giuridica della S.[cienza] Nuova: ma Lei [Fassò] ne ha dato ampia, profonda, persuasiva dimostrazione. La cautela con cui è sostenuta è frutto della Sua modestia, e della Sua serietà di studioso. Il Suo saggio sui «quattro autori» può stare a paro cogli scritti vichiani del Donati e del Fubini e supera la visione Croce-Nicolini che sul punto della genesi giuridica della S.[cienza] N.[uova] stanno ancora sulle generali’ [cfr. nota 12: La cartolina [...] fu scritta il 17 maggio 1949]».  Guido Fassò, Prefazione, in Carla Faralli , Storia della filosofia del diritto,  1, Roma-Bari, Laterza, «‘Finalmente esiste in Italia (dico in Italia, ma potrei dire sulla faccia della terra) una storia della filosofia del diritto, non angustamente scolastica, non puramente nozionistica e per di più completa’: così Norberto Bobbio in due lettere a Guido Fassò del 27 aprile 1966 e del 18 gennaio 1971 salutava l'uscita della Storia della filosofia del diritto».  G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, 3 voll., edizione aggiornata C. Faralli,  3, Roma-Bari, Laterza,  «In tutta la filosofia del Gentile si ha una concezione speculativa indubbiamente grandiosa, ma che si risolve in vana retorica, negante l'esperienza della realtà effettuale. Non è tuttavia dalla negazione della molteplicità dei soggetti che discende la negazione della realtà del diritto nella filosofia gentiliana. Come in quella del Croce, essa è compiuta in relazione alla dialettica dello spirito, cioè del soggetto assoluto».  C. Faralli, Presentazione, in G. Fassò, La democrazia in Grecia, C. Faralli, E. Pattaro, G. Zucchini, 2ª ed., Milano, Giuffrè, 1999X,  88-14-07833-5.  «È importante, infine, sottolineare il valore di impegno civile che il filosofo bolognese riconosceva al testo e che ad esso venne riconosciuto dalla traduzione greca del 1971 [cfr. nota 8: Thessalonike, Poseidonas], all'epoca della dittatura militare in Grecia».  Norberto Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, prefazione di Luigi Ferrajoli, Roma-Bari, Laterza,  Norberto Bobbio, La filosofia del diritto in Italia , in Jus, Milano,   Carla Faralli, I momenti della riflessione critica su Guido Fassò, in Guido Fassò, Scritti di filosofia del diritto,  3, Milano, Giuffrè,  «Prezzolini chiosa Cristianesimo e società sia in un articolo su ‘Il resto del carlino’ sia nel libro Cristo e/o Machiavelli. ‘Conservo la prima edizione di Cristianesimo e società — egli scrive —... La volli come compagna perché dovevo moltissimo a quel libro, cioè non dirò l'apertura, ma la conferma dotta, serena, eppure appassionata di un punto di vista importante’. Prezzolini ritiene di aver trovato in Fassò, argomentate con un'alta filologia, sempre al corrente della produzione critica e accompagnata dalla conoscenza dei testi filosofici, quelle stesse idee che anch'egli aveva manifestato fin dal 1908 ‘lanciate piuttosto da un intuito che da un sapere storico’».  Guido Fassò , in Annuario dell'Anno Accademico 1973-1974, Bologna, Tipografia Compositori, E. Pattaro, Ricordo di Guido Fassò, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 3, Milano, Giuffrè, CIRSFIDCentro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica, su cirsfid.unibo.it. 23 agosto .  G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, 3 voll., edizione aggiornata C. Faralli,  3, Roma-Bari, Laterza,  «Romano si tiene deliberatamente fuori dal campo della filosofia, non sfruttando neppure quegli indirizzi di essa, primo fra tutti quello del Croce, che potevano valere a suffragar la sua tesi. Questa è sostenuta unicamente sul terreno della considerazione empirica del diritto, e non vuole avere né premesse né conclusioni che stiano al di fuori o al di sopra di essa. […] Neppure il Romano dà del concetto di istituzione una definizione esauriente».  G. Marini, Il giusnaturalismo nella cultura filosofica italiana del Novecento [1976], in Id., Storicità del diritto e dignità dell'uomo, Napoli, Morano, Cfr. N. Matteucci, recensione a G. Fassò, Cristianesimo e società, Giuffrè, Milano 1956, in Il Mulino,  «L'esigenza filosofica fondamentale che si palesa nei lavori del Fassò […] è quella di uscire dallo storicismo immanentistico dei Croce e dei Gentile che vedeva nella storia la manifestazione di un principio assoluto (lo Spirito, l'Atto)».  Cfr. E. Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò [1983], in appendice a G. Fassò, La storia come esperienza giuridica, C. Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino,   «L'esperienza che Fassò aveva avuto della filosofia idealistica egemone in Italia nella prima metà del secolo, la quale all'interno dei suoi precedenti studi vichiani, condotti in chiave di storia della filosofia, non necessariamente costituiva un'ipoteca con cui dover fare conti precisi, in sede teoretica — sia pure di filosofia del diritto — venne chiamata ad un inevitabile redde rationem».  G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, 3 voll., edizione aggiornata C. Faralli,  3, Roma-Bari, Laterza, Il giudizio, tuttavia, è già presente in G. Fassò, La storia come esperienza giuridica, C. Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino,  «È proprio questo, del resto, il punto debole della dottrina del Romano, che fu subito rilevato dai suoi critici: il circolo vizioso in cui egli si aggira, presupponendo la giuridicità di quella istituzione che poi identifica con il diritto. In altre parole, il Romano afferma che sono istituzione, ossia ordinamento giuridico, ossia diritto, quegli enti o corpi sociali che hanno carattere giuridico».  B. Croce, Logica come scienza del concetto puro, C. Farnetti, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis, B. Croce, La storia come pensiero e come azione, M. Conforti, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis, «Si può dire che, con la critica storica della filosofia trascendente, la filosofia stessa, nella sua autonomia, sia morta, perché la sua pretesa di autonomia era fondata appunto nel carattere suo di metafisica. Quella che ne ha preso il luogo, non è più filosofia, ma storia, o, che viene a dire il medesimo, filosofia in quanto storia e storia in quanto filosofia: la filosofia-storia, che ha per suo principio l'identità di universale ed individuale, d'intelletto e intuizione, e dichiara arbitrario o illegittimo ogni distacco dei due elementi, i quali realmente sono un solo».  G. Fassò, La storia come esperienza giuridica, C. Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino,  «L'esperienza giuridica non [è] altro che l'esperienza umana nella sua totalità, la storia stessa insomma dell'uomo».  Enrico Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, cit.153. «La concreta unità del reale, l'universale concreto, è un residuato della grandiosa retorica metafisica idealistica. Fassò, con l'onore delle armi, lo colloca nella dimensione che gli compete, ossia dell'inconoscibile, indicibile, incomunicabile per definizione: dell'indiscutibile che è tale non perché sia vero o certo di là da ogni ragionevole dubbio, bensì perché non è possibile oggetto di discorso, non è suscettibile di ragionamento, sfugge ad ogni comprensione e spiegazione razionale. Lo colloca nella dimensione del privo di senso»   Guido Fassò, La legge della ragione, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini, 2ª ed., Milano, Giuffrè, Enrico Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, cit.155, nota 10. «Resti chiaro, peraltro, che Fassò rinvia sì al piano mistico l'unità del reale, l'assoluto, l'universale concreto, ecc., ma che, non per questo, egli professa una filosofia mistica (intuizionistica)»   Il giudizio di Lombardi Vallauri è espresso nel suo Amicizia, carità, diritto, Giuffrè, Milano 1969238 («Considerata nel suo arco complessivo, l'opera di Fassò risulta formare come un dittico, che da un lato ribadisce rigorosamente la sopragiuridicità della esperienza cristiana giunta al suo culmine (identificato nella carità), e dall'altro lato riconosce la funzione preziosa della ragione giuridica ‘nel mondo, dove ogni individuo limita e contraddice l'altro e dove una norma di coesistenza è indispensabile’») e accolto in Guido Fassò, Società, legge e ragione, Milano, Edizioni di Comunità, Enrico Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, cit.158. «La ‘(concreta) molteplicità del reale’, il ‘flusso eracliteo dei particolari concrerti’, l'eterogeneo continuum di cui Fassò parla richiamando Ross, è la realtà empirica, fenomenica: molteplicità infinita di eventi originali e irripetibili, ‘non essendovi nello spazio, e più ancora nel tempo, due fenomeni perfettamente identici’»   Sulla posizione crociana rispetto al giusnaturalismo cfr., per esempio, Benedetto Croce, Filosofia della pratica. Economica ed etica, M. Tarantino, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis,  «Contraddittorio è altresì il concetto di un codice eterno, di una legislazione-limite o modello, di un diritto universale, razionale o naturale, o come altro lo si è venuto variamente intitolando. Il diritto naturale, la legislazione universale, il codice eterno, che pretende fissare il transeunte, urta contro il principio della mutevolezza delle leggi, che è conseguenza necessaria del carattere contingente e storico del loro contenuto. Se al diritto naturale si lasciasse fare quel che esso annunzia, se Dio permettesse che gli affari della Realtà fossero amministrati secondo le astratte idee degli scrittori e dei professori, si vedrebbe, con la formazione e applicazione del Codice eterno, arrestarsi di colpo lo Svolgimento, concludersi la Storia, morire la Vita, disfarsi la Realtà». Sulla presa esplicita di distanza di Fassò da Croce, cfr. Società, legge e ragione, cit.,  7-8. «Ho continuato a ripetere la stessa cosa: che il diritto nasce dalla natura umana, la quale è natura storica e natura sociale. Ho rifiutato dapprima, sotto la suggestione dell'antigiusnaturalismo del tempo in cui ero cresciuto, di chiamare naturale un siffatto diritto; più tardi, dopo avere approfondito la conoscenza storica del giusnaturalismo ed essermi meglio chiarito la parte che esso ha avuto nella difesa della libertà contro l'assolutismo politico, mi sono deciso a designare con quell'aggettivo in realtà equivoco il diritto che la ragione trova nella natura della società»   Guido Fassò, Storia della filosofia del diritto, Carla Faralli,  2, Roma-Bari, Laterza, Guido Fassò, Sicietà, legge e ragione, Milano, Edizioni di Comunità. Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.  Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, L'ordine delle opere, ivi compreso quello delle curatele e della letteratura critica, segue l'anno originario di pubblicazione. Laddove, invece, si è riscontrata coincidenza cronologica, si è preferito seguire l'ordine alfabetico.  Opere Per una più completa  degli scritti di Guido Fassò, si rinvia a Giampaolo Zucchini,  degli scritti filosofico-giuridici di Guido Fassò, in appendice al terzo volume degli Scritti di filosofia del diritto dello stesso Fassò, Enrico Pattaro, Carla Faralli, Giampaolo Zucchini, Giuffrè, Milano Guido Fassò, I «quattro auttori» del Vico. Saggio sulla genesi della Scienza nuova, Milano, Giuffrè, Guido Fassò, La storia come esperienza giuridica, Carla Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino,  Guido Fassò, Cristianesimo e società, 2ª ed., Milano, Giuffrè, Guido Fassò, La democrazia in Grecia, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini, 2ª ed., Milano, Giuffrè, Guido Fassò, Il diritto naturale, 2ª ed., Torino, ERI, Guido Fassò, La legge della ragione, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini, 2ª ed., Milano, Giuffrè, Guido Fassò, Storia della filosofia del diritto, Carla Faralli,  1, Roma-Bari, Laterza,Guido Fassò, Storia della filosofia del diritto, Carla Faralli,  2, Roma-Bari, Laterza, Guido Fassò, Storia della filosofia del diritto, Carla Faralli,  3, Roma-Bari, Laterza, Guido Fassò, Vico e Grozio, Napoli, Guida,  Guido Fassò, Società, legge e ragione, Milano, Edizioni di Comunità, Guido Fassò, Scritti di filosofia del diritto, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini,  1, Milano, Giuffrè, 1982,  . Guido Fassò, Scritti di filosofia del diritto, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini,  2, Milano, Giuffrè, Guido Fassò, Scritti di filosofia del diritto, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini,  3, Milano, Giuffrè, Curatele Ugo Grozio, Prolegomeni al diritto della guerra e della pace, traduzione, introduzione e note di Guido Fassò, aggiornamento di Carla Faralli, 3ª ed., Napoli, Morano. Franco Tamassia, Fassò, Guido, in Dizionario biografico degli italiani,  45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,Carla Faralli, Fassò, Guido, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XIIXX secolo), 2 diretto da Italo Birocchi, Ennio Cortese, Antonello Mattone, Marco Nicola Miletti, con la collaborazione della Biblioteca del Senato,  1, Bologna, Il Mulino, ,  Letteratura critica Per una più completa  degli scritti su Guido Fassò, almeno fino agli anni Ottanta, si rinvia a Carla Faralli, I momenti della riflessione critica su Guido Fassò, in appendice al terzo volume degli Scritti di filosofia del diritto dello stesso Fassò, Enrico Pattaro, Carla Faralli, Giampaolo Zucchini, Giuffrè, Milano, che passa in rassegna i contributi dedicati all'opera del filosofo felsineo. Segue, del suddetto terzo volume, la  degli scritti su Guido Fassò.  Enrico Pattaro, Gli studi vichiani di Guido Fassò , in Bollettino del Centro Studi Vichiani,  5, Napoli, Guida, Enrico Pattaro, Ricordo di Guido Fassò, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 3, Milano, Giuffrè (con  delle opere di Guido Fassò, Giampaolo Zucchini,  Felice Battaglia, Guido Fassò: in memoria, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, Antonio-Enrique Pérez Luño, L'itinerario intellettuale di Guido Fassò, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, Milano, Giuffrè, Enrico Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò, in Guido Fassò, Scritti di filosofia del diritto, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini,  1, Milano, Giuffrè, Enrico Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile,  Milano, Giuffrè, Antonio-Enrique Pérez Luño, Razon y historia en la experiencia filosofica y juridica de Guido Fassó, in Carla Faralli e Enrico Pattaro , Reason in Law. Proceedings of the Conference Held in Bologna, Milano, Giuffrè,  Giuliano Marini, Lo storicismo di Guido Fassò, in Carla Faralli e Enrico Pattaro , Reason in Law. Proceedings of the Conference Held in Bologna, Milano, Giuffrè, Dario Quaglio, Guido Fassò. Della ragione come legge, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Fernando Higinio Llano Alonso, El pensamiento iusfilosófico de Guido Fassò, Madrid, Editorial Tecnos, S.A., Carla Faralli, Norberto Bobbio e Guido Fassò. Sulla annosa e ricorrente disputa tra positivisti e giusnaturalisti, in Antonio Punzi , Metodo, linguaggio, scienza del diritto. Omaggio a Norberto Bobbio (1909-2004), Milano, Giuffrè, Paolo Grossi, Carla Faralli, Antonio-Enrique Pérez Luño, Francesco D'Agostino, Franco Todescan, Luigi Ferrajoli, Eugenio Ripepe, Luigi Lombardi Vallauri e Enrico Pattaro, Guido Fassò. Una tavola rotonda, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino,Fernando Higinio Llano Alonso, L'idea di storia come esperienza giuridica in Guido Fassò, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino, dGiuseppe Russo, Guido Fassò. Un itinerario filosofico tra diritto e natura umana, in Il Pensiero Italiano. Rivista di studi filosofici,  Guido FassòArchivio storico dell'Bologna. Franco Tamassia, «FASSÒ, Guido» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. «FASSÒ, Guido» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Fazzini: Grice: “I like Fazzini; he can be too theological, but that’s okay!” -- Lorenzo Fazzini (Vieste), filosofo. Divulgatore di materie  filosofiche e il fondatore dell'omonima scuola privata, una delle più celebri nel Regno delle Due Sicilie.  Via dedicata a Lorenzo Fazzini a Vieste Lorenzo Fazzini nacque a Vieste, in provincia di Foggia, da Tommaso e Porzia Medina, che appartenevano a due delle famiglie più agiate della città.. Ebbe tre fratelli minori, Gaetano, Antonio e Matteo; Gaetano e Antonio in seguito collaborarono alla scuola fondata da Lorenzo a Napoli.  Formazione Lorenzo Fazzini trascorse l'infanzia a Vieste. Il suo talento per la matematica fu notato fin dai primi anni; i genitori decisero quindi di far proseguire i suoi studi in ambienti che potessero garantire una formazione adeguata. Fazzini si trasferì così a Foggia, poi a Benevento e in ultimo nel seminario di Nusco, in provincia di Avellino. Qui trascorse l'adolescenza approfondendo anche lo studio dei classici.  A diciotto anni, terminato il seminario, Fazzini tornò a Vieste. Lì, poco dopo il suo rientro, recitò in Duomo un'orazione in lode dell'Arcangelo Michele che fu molto apprezzata dal clero e dai fedeli.  Il rientro nella città natale fu comunque di breve durata: desiderando continuare i suoi studi, Fazzini si trasferì infatti a Napoli, dove rimase per il resto della vita. Nel 1809 venne ordinato sacerdote e nello stesso anno ebbe come insegnante di matematica il napoletano Nicola Fergola. La scuola di quest'ultimo era un rinomato centro per la formazione di matematici e un punto di incontro per studiosi e ricercatori del Mezzogiorno; Fazzini ne fu uno degli allievi più illustri.  Fazzini proseguì anche gli studi in teologia, diritto canonico, storia della Chiesa, filosofia, scienze fisico-matematiche. Nel frattempo, tuttavia, si era avvicinato alla filosofia sensista. Nel 1817 ottenne dalla Chiesa il permesso di acquisire testi proibiti su questa corrente filosofica, a patto che non ne divulgasse i contenuti. Questo aspetto della formazione filosofica di Fazzini influirà sulla sua docenza e sulla sua personalità, determinando una contraddizione che, secondo le testimonianze di allievi e amici, lo accompagnò per tutta la vita.  Attività come insegnante Nel 1810, Fazzini aprì una scuola privata in cui venivano insegnate filosofia, matematica e fisica. La scuola aveva sede nella Strada nuova dei Pellegrini, nel quartiere di Montecalvario, e divenne uno dei centri di studio più rinomati di Napoli. Nel periodo di maggior successo la scuola arrivò a contare tra i 300 e i 400 allievi. In una data non precisabile, Fazzini dovette quindi spostare la scuola in una sede più grande, in via Magnacavallo, nello stesso quartiere.  Anche dopo aver aperto la propria scuola, comunque, Fazzini insegnò presso altre scuole private. Secondo diverse testimonianze del tempo, dedicava quindi all'insegnamento sei o sette ore al giorno. Uno dei suoi allievi fu Francesco De Sanctis, che nella sua autobiografia La giovinezza ha lasciato una descrizione molto vivace di Fazzini e del suo insegnamento, particolarmente coinvolgente per quanto riguardava la fisica.  Sembra comunque che la maggior parte del tempo di insegnamento di Fazzini fosse dedicata alla matematica. Al servizio di questa attività Fazzini pubblicò tre volumi, riediti più volte e dedicati rispettivamente all'aritmetica, alla geometria piana e alla geometria solida. Questi lavori non avevano tuttavia solo finalità didattiche: in particolare, secondo Raffaele Santoro, nei due volumi dedicati alla geometria piana e alla geometria solida, traduzione degli Elementi di Euclide, Fazzini tenne conto di diverse traduzioni precedenti, esaminandole in modo critico anche alla luce degli sviluppi recenti della geometria.  Laboratorio Oltre all'insegnamento della filosofia e delle materie scientifiche, Fazzini si dedicava alla ricerca e alla divulgazione. Al servizio di queste tre attività allestì anche un laboratorio scientifico, considerato all'epoca uno dei migliori di Napoli. Dopo la morte di Fazzini, le attrezzature del laboratorio vennero acquistate dall'Napoli.  Morte Il 4 maggio del 1837, Fazzini morì di colera, di cui era ammalato da mesi, durante la prima grande epidemia del morbo in Italia.  La salma fu provvisoriamente depositata nella chiesa di San Tommaso d'Aquino; al termine dell'epidemia, venne trasferita in quella di Santa Maria ad Ogni Bene dei Sette Dolori. Qui furono celebrate le esequie solenni; alla celebrazione parteciparono molti giovani allievi e amici che manifestarono la loro venerazione e gratitudine per il maestro. Per la cerimonia venne composta da Gaetano Donizetti una Messa da Requiem oggi perduta, mentre Basilio Puoti recitò un elogio di Fazzini, di cui era amico. Nei mesi successivi, numerose commemorazioni a stampa esaltarono le qualità di Fazzini come persona e come scienziato.  Dopo la sua morte, l'attività della scuola di Lorenzo Fazzini venne proseguita per un certo periodo dai fratelli Antonio e Gaetano. A Lorenzo sopravvissero anche i genitori, che nel frattempo si erano trasferiti con lui a Napoli: dopo la sua morte, il padre rientrò a Vieste mentre la madre rimase a Napoli.  Ricerche scientifiche Fazzini si occupò a lungo di ricerche scientifiche in vari campi della fisica. In particolare, studiò l'induzione elettromagnetica, il magnetismo in generale e la relazione tra luce e magnetismo. Non pubblicò però quasi nulla a proposito di queste ricerche, che sono note soprattutto attraverso le testimonianze di Emanuele Tellini e di Gaetano Fazzini.  Fazzini era convinto che diverse delle forze naturali allora note, e in particolare il calorico, la luce, l’elettricismo, il galvanismo e il magnetismo, fossero in realtà diverse manifestazioni di un'unica forza. Partendo da questa idea di base, studiò soprattutto il magnetismo, e in particolare due fenomeni di induzione, oggi spiegati in base alla Legge di Faraday, che erano stati scoperti negli anni immediatamente precedenti:  il magnetismo di rotazione, scoperto nel 1825 da Arago: il fenomeno per cui un ago magnetico posto sopra un disco di rame in rotazione inizia a sua volta a ruotare l'induzione tellurica, scoperta nel 1831 da Faraday: la generazione di una corrente elettrica indotta in un circuito che si muove attraverso il campo geomagnetico Per quanto riguarda il magnetismo di rotazione, Fazzini ripeté e approfondì le esperienze di Arago notando che la rotazione dell'ago magnetico si verificava anche quando al di sopra del disco di rame si sovrapponeva materiale isolante, mentre non si verificava se il disco di rame veniva sostituito da un disco di materiale isolante.  Per quanto riguarda l'induzione tellurica, Fazzini ne identificò con maggiore chiarezza le modalità. Cercò poi di combinare lo studio di questo fenomeno con quello del magnetismo di rotazione, costruendo per questo tre diversi apparecchi. Una ricostruzione dettagliata del modo in cui gli apparecchi operavano è stata fornita da Raffaele Santoro sulla base delle testimonianze lasciate da Filippo Cirelli e Gaetano Fazzini. Lorenzo Fazzini descrisse una delle sue esperienze sull'induzione tellurica in una lettera scritta in francese a Faraday e datata 3 aprile 1832; pubblicata postuma,[26] questa lettera è l'unica descrizione lasciata da Fazzini in persona riguardo ai propri esperimenti.[27]  Fazzini eseguì inoltre esperimenti sul rapporto tra luce e magnetismo, proiettando raggi di luce su un ago magnetico. Le testimonianze rimaste, tutte indirette, non permettono però, secondo Raffaele Santoro, di ricostruire in modo sicuro le intenzioni di Fazzini e i risultati dei suoi esperimenti.[28]  Opere: “I primi sei libri degli elementi di Euclide tradotti in Italiano dall'abate Fazzini (Geometria piana), Napoli, dalla stamperia francese, 1825 (ripubblicato nel 1828 presso la stessa stamperia e nel 1834 presso la stamperia del Fibreno). I libri undecimo, e duodecimo degli elementi di Euclide tradotti in italiano dall'abate Fazzini ed i teoremi scelti di Archimede sulla sfera e sul cilindro, e la misura del cerchio aggiunti dal medesimo (Geometria solida), Napoli, dalla stamperia di C. Cataneo, 1825 (ripubblicato nel 1829 presso la stamperia francese e nel 1843 presso la stamperia di Gennaro Agrelli). Elementi di aritmetica, Napoli, dalla stamperia francese, 1827 (ripubblicato nel 1829 presso la stessa stamperia e nel 1834 presso la stamperia del Fibreno). Note  I biografi di Lorenzo Fazzini hanno tradizionalmente riportato come sua data di nascita il 17 gennaio. La data corretta è stata ricavata da Raffaele Santoro in base a informazioni contenute nel registro dei Battezzati della Cattedrale di Vieste,  12236 (Santoro1). Dalla stessa fonte risulta, inoltre, che Fazzini venne battezzato col nome completo di Laurentius Maria Antonius (Santoro1).  Santoro1.  LaTosa.  Santoro3.  Puoti81.  Taddei54.  Santoro4.  Santoro,  8-9.  Santoro10.  De Sanctis,  31-38.  Santoro12.  Santoro,  12-13.  Santoro34.  Santoro35.  Puoti stima che per l'allestimento del laboratorio Fazzini avesse speso complessivamente 10 000 ducati: Puoti86.  De Sanctis35.  Santoro25.  L'elogio di Puoti fu in seguito inserito dall'autore nella raccolta dei suoi Elogi: Puoti.  In particolare: Brayda, Malpica.  Santoro52.  Puoti84.  Santoro57.  Santoro63.  Santoro,  68-69.  Santoro,  7 L. Pearce Williams , The Selected Correspondence of Michael Faraday,  11812-1848, Cambridge University Press, 1971219.  Santoro,  69-81.  Santoro,  82-94.  Francesco De Sanctis, La giovinezza. Ricordi, Gennaro Savarese, Napoli, Guida editori, 1983 [1889],Giuseppe La Tosa, Fazzini, Gaetano Emanuele, in Dizionario biografico degli italiani,  45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1995. 23 luglio . Cesare Malpica, Necrologia di Lorenzo Fazzini, in Poliorama Pittoresco, II, n. 41, 1837,  317-391. 28 luglio . Basilio Puoti, L'elogio di Lorenzo Fazzini, in Elogi, Firenze, Giunti Editore, Raffaele Santoro, Fazzini, Lorenzo, in Dizionario biografico degli italiani,  45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1995. 31 luglio . Raffaele Santoro, Lorenzo Fazzini, Bologna, Vecchiarelli Editore, , Emanuele Taddei, Necrologia di Lorenzo Fazzini, in Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, XIX, 1837,  XVIII-XIX. Carlo Tortora Brayda, Necrologia di Lorenzo Fazzini, in Il progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, XVI, n. 32, marzo-aprile,  298-302.  Michael Faraday Francesco De Sanctis Interazione elettromagnetica Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lorenzo Fazzini  Pagina dedicata a Lorenzo Fazzini, su web.tiscali.it. ViesteLORENZO FAZZINI, IL PIU' FAMOSO DEI VIESTANI ILLUSTRI, su retegargano.it.

 

Feliceto search.

 

Ferdinando: Grice: “I like Ferdinando; for one he describes himself as a ‘philosophus,’ which is good – second, he deals with ‘philosophia’ in terms of this or that ‘theorema,’ which is good, and third he follows Aristotle!” -- Epifanio Ferdinando (Mesagne), filosofo. Chiamato "il Vecchio" per distinguerlo dal figlio, fu docente di medicina e filosofia oltre che Primo Cittadino di Mesagne per ben due volte, e uno dei medici più famosi e colti della Puglia di inizio Seicento. Nasce a Mesagne, in provincia di Brindisi, il 2 novembre 1569 e ivi muore nel 1638. L'attenzione di questo medico-filosofo, laureatosi presso l'Napoli in filosofia e medicina il 24 agosto 1594, per campi non strettamente connessi a quello medico quali l'astronomia, l'astrologia, la storia e la teologia, ne testimoniano la poliedricità. Nella sua vita si dedicò, oltre che alla professione di medico, anche all'insegnamento declinando però l'offerta di una cattedra di medicina avanzatagli dall'Padova, luogo di insegnamento di menti geniali come Andrea Vesalio e Galileo Galilei, per il suo grande attaccamento al Salento e soprattutto alla sua città natale, Mesagne, di cui fu anche eletto Primo Cittadino nel 1605.   Copertina del Centum Historiae  Dedica alla Marchesa Giulia Farnese  Copertina del Theoremata Medica et Philosophica Cenni biografici ed opere principali Epifanio Ferdinando (il Vecchio), definito dai suoi concittadini “Socrate Salentino”, studiò grammatica, poetica, greco e latino sotto la sapiente guida, in Mesagne, di Francesco Riccio, intimo amico di Paolo e Aldo Manuzio. Si trasferì successivamente a Napoli nel 1588 dove studiò medicina , filosofia, geometria e matematica prima di conseguire la laurea in filosofia e medicina nel 1594. Tornò poi a Mesagne dove prese in moglie la ventinovenne Giordana Longo Pecoraio, da cui ebbe dieci figli, ed esercitò la professione di medico fino alla sua morte avvenuta il 7 dicembre del 1638. Tra le opere principali del Ferdinando grande rilievo assumono i Teoremi Medici e Filosofici, dedicati alla sua amata città natale; Morso della tarantola, che testimonia l'importanza del tarantismo e della tradizione salentina nel suo pensiero; Centum Historie o Casi Medici, raccolta di cento casi clinici più peculiari analizzati dal medico nella sua vita professionale; infine Antiqua Messapographia, attenta e appassionata analisi della storia di Mesagne.  Tutte le sue opere edite e inedite furono redatte in lingua latina e solo successivamente furono raccolte e tradotte in italiano, probabilmente dai suoi allievi. Dal punto di vista medico, ma anche culturale, l'opera di riferimento per eccellenza del Ferdinando è fuor di dubbio Centum Historiae. Pubblicata nel 1621 e scritta completamente in latino, l'opera è dedicata a Giulia Farnese, Marchesa di Mesagne, di cui l'autore fu medico di fiducia, intimo amico e compagno di viaggio, come quello che li condusse a Roma dove Epifanio conobbe Cinzio Clemente, medico di Paolo V e fu contattato, per la sua fama, da noti scienziati e medici romani dell'epoca tra cui Marco Aurelio Severino, con cui ebbe una disputa riguardo al metodo migliore di operare l'incisione della salvatella, la vena presente sul dorso della mano che parte dalla base del mignolo e si connette con la vena ulnare.  Cultura e amore per la medicina Profondo conoscitore dei classici e seguace non solo delle teorie di Ippocrate di Kos, Galeno e Avicenna, ma anche di quelle formulate da Girolamo Mercuriale, Bartolomeo Eustachio, Falloppia e Fracastoro, attento alle tradizioni della sua terra, Epifanio Ferdinando propose un nuovo metodo di insegnamento con lezioni al letto del malato, anticipando, in una certa misura, quello che sarebbe stato lo stile del Johns Hopkins statunitense: una perfetta sinergia tra lo studio teorico e la sua applicazione clinica. Per la sua grande cultura e competenza fu richiesto non solo in tutta la provincia, ma anche a Bari, Napoli e Lecce. Noto fra i concittadini per la sua bontà d'animo, curava anche senza compenso somministrando farmaci costosi pure ai poveri. Nelle sue diagnosi si concentrava sull'importanza delle analisi del sangue valutandone consistenza, opacità, densità e colore e riteneva centrale per la terapia attenersi ad una adeguata dieta. Per curare i suoi pazienti si serviva non solo di salassi, purghe e clisteri, secondo la prassi ordinaria, ma preparava anche dei farmaci di origine vegetale ottenuti miscelando quantità variabili di erbe mediche a seconda della terapia.  Nella sua vita si occupò anche di due casi di interesse neurologico e pediatrico, descritti nei particolari nelle Centum Historiae, e nutrì anche uno spiccato interesse nei confronti del tarantismo e della musica come terapia “certissima”. Grazie alle sue opere, in cui l'impostazione medico-scientifica si compenetra con quella storica, grazie ad uno stile tendente al genere narrativo, ed ai contatti che mantenne con i medici napoletani, Epifanio Ferdinando fu uno dei più importanti intermediari fra la cultura medica napoletana e quella di Terra d'Otranto del 1600.  Epifanio Ferdinando e il Tarantismo Molti studiosi, soprattutto medici come il Ferdinando, si sono interrogati sulla natura del tarantismo, o tarantolismo, dopo essere venuti a conoscenza delle cure previste dalla tradizione popolare per questo morbo, tra cui la più importante di tutte è senza dubbio la “musico-terapia”somministrata al malato da vere e proprie orchestre composte da violinisti, chitarristi e soprattutto tamburellisti a pagamento. Proprio il tamburello assume una funzione fondamentale in questo tipo di terapia poiché scandisce il tempo modificando via via il ritmo del brano che, divenuto frenetico, viene assecondato dai movimenti della danza del tarantato. La credenza vuole che il malato dopo essere stato morso dovesse espellere il veleno scatenandosi a ritmo di musica, ma non di una qualunque: il tema musicale doveva essere scelto in base al colore della tarantola responsabile del morso. Il primo documento che testimonia il legame tra musica e taranta è il Sertum Papale de Venenis redatto, presumibilmente da Guglielmo di Marra da Padova, nel primo anno del pontificato di Urbano V, nel 1362, ma il secondo a documentare per esperienza diretta questa connessione fu il medico di Mesagne Epifanio Ferdinando, vissuto nel XVII secolo. Nelle sue Centum Historiae egli analizza, tra gli altri, il caso di un suo giovane concittadino, tale Pietro Simeone, pizzicato mentre dormiva di notte in un campo. Il medico credette fermamente nella musica come terapia “certissima” criticando chi sosteneva che il tarantismo non fosse necessariamente scatenato da un morso tanto reale quanto velenoso. Inoltre, fu il primo a proporre come metodo di cura per i tarantati morsi da tarantole le malinconiche (nenie funebri).  Testimonianza del tarantismo Il gesuita Atanasio Kircher riferisce nel suo Magnes un episodio accaduto ad Andria, nel barese, talmente singolare da destare ragionevoli sospetti su quanto starebbe alla base di questa terapia:  “Come il veleno stimolato dalla musica spinge l'uomo alla danza mediante continua eccitazione dei muscoli, lo stesso fa con la tarantola; il che non avrei mai creduto se non l'avessi appreso per testimonianza dei Padri ricordati, che son degnissimi di fede. Essi infatti mi scrivono che in proposito fu tenuto un esperimento nel palazzo ducale di Andria, in presenza di uno dei nostri Padri, e d tutti i cortigiani. La duchessa infatti, per mostrare nel modo più adatto questo ammirabile prodigio della natura, ordinò che si trovasse a bella posta una taranta, la si collocasse, librata su una piccola festuca, in un vasetto colmo d'acqua, e che fossero quindi chiamati i suonatori. In un primo momento la taranta non dette alcun segno di muoversi al suono della chitarra, ma poi, allorché il suonatore dette inizio ad una musica proporzionata al suo umore, la bestiola non soltanto faceva le viste di eseguire una danza saltellando sulle zampe e agitando il corpo, ma addirittura danzava sul serio, rispettando il tempo: e se il suonatore cessava di suonare anche la bestiola sospendeva il ballo. I Padri vennero a sapere che ciò che in Andria ammirarono in quella circostanza come episodio straordinario, era a Taranto fato consueto: infatti i suonatori di Taranto, i quali erano soliti curare con la musica questo morbo anche in qualità di pubblici funzionari retribuiti con regolari stipendi (e ciò per venire incontro ai più poveri, e sollevarli dalle spese), per accelerare la cura dei pazienti in modo più certo e più facile, sogliono chiedere ai colpiti il luogo dove la taranta li ha morsicati, e il suo colore. Dopo ciò i medici citaredi sogliono portarsi subito sul luogo indicato, dove in gran numero le diverse specie di tarante si adoperano a tessere le loro tele: e quivi tentano vari generi di armonie, a cui, cosa mirabile a dirsi, or queste or quelle saltano… E quando abbiano scorto saltare una taranta di quel colore indicata dal paziente, tengono per segno certissimo di aver trovato con ciò il modulo esattamente proporzionato all'umore velenoso del tarantato e adattissimo alla cura, eseguendo la quale essi dicono che ne deriva un sicuro effetto terapeutico.”  Opere edite ed inedite Le opere edite sono:  Theoremata medica et philosophica, Venetiis 1611 apud Thomam Ballionum in folio. De vita proroganda seu iuventute conservanda et senectute retardanda, Neapoli 1612 apud Io. Bapt. Garganum et Lucretium Muccium- in quarto. Centum Historiae seu Observationes et Casus medici, Venetiis 1621 apud Thomam Ballionum in folio. Aureus De Peste Libellus, Neapoli 1626 apud Dominicum Maccaranum in 4°. Alcune opere inedite:  Libellus de apibus in 4° Tractatus de natura Leporis De coelo Messapiensi De bonitate aquae cisternae Libellus de morsu tarantolae Note  Ernesto De Martino La terra del rimorso,Milano,Est, 1996,cit.136  Magnes sive de arte magnetica opus tripartitum, Colonia, 1643770  Le notizie biografiche sono tratte da:  Mario Marti e Domenico Urgesi , Epifanio Ferdinando, medico e storico del Seicento. Atti del convegno di studi (Mesagne, 28-29 maggio 1999), Besa Editrice, Nardò, 1999 Altre fonti:  Atanasio Kircher, Magnes sive de arte magnetica opus tripartitum, Colonia, 1643 Ernesto De Martino, La terra del rimorso, Est, Milano, 1996 M. Luisa Portulano Scoditti, A. Elio Distante, Roberto Alfonsetti, Enzo Poci , Epifanio Ferdinando Medico, Storico, Filosofo (Mesagne 1569-1638), Edizione Assessorato alla Cultura Città di Mesagne, Mesagne, 1999 Nicola Caputo, De tarantulae anatome et morsu, Lecce, 1741 Altre opere pubblicate su Epifanio Ferdinando:  M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, La peste, 2001, traduzione italiana del De peste aureus libellus, Napoli, 1626 M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio FerdinandoLe centum historiae e la medicina del suo tempo, Città di Mesagne, 2000 M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio FerdinandoDe Vita Proroganda, Città di Mesagne, 2004, traduzione italiana del De Vita Proroganda seu juventute conservanda..., Napoli, 1612 M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, , Atti del XLI Congresso Nazionale della Società Italiana Storia della Medicina, Mesagne, 2001 Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ferdinando Epifanio  Opere di Epifanio Ferdinando, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.

 

Fergnani: Grice: “I love Fergnani; especially his “Il gesto e la passione,” which I apply to them extravagant Victorian male-only interactions!” -- Franco Fergnani (Milano), filosofo. Esistenzialista. Di famiglia dotata di ampia cultura e fortemente schierata contro il regime fascista, si unisce appena sedicenne alla Resistenza italiana con un deciso spirito attivista, fatto che gli costerà un arresto e la breve reclusione nel carcere di San Vittore. La passione per la filosofia lo porterà a laurearsi nel 1953 all’Università degli Studi di Milano con Antonio Banfi; dopo l’insegnamento in licei come l’Alessandro Racchetti di Crema e il Filippo Lussana di Bergamo e diverse pubblicazioni di saggi e articoli su riviste come “Il pensiero critico”, “Rivista di filosofia”, “aut aut”, “Rivista critica di storia della filosofia” e “Nuova corrente”, ottiene la cattedra di Filosofia Morale II dell’Università degli Studi di Milano nel 1971 e la mantiene ininterrottamente fino al pensionamento, avvenuto nel 2000. Fu figura di spicco nella riflessione esistenzialista novecentesca: egli può essere infatti considerato il portatore del pensiero di Jean-Paul Sartre in Italia, traducendo e curando numerosi testi del filosofo francese. Oltre che al pensiero sartriano, Fergnani dedicò molte riflessioni al marxismo occidentale e ad autori come Maurice Merleau-Ponty, Bloch, lo stesso Marx, Lukács e Althusser, tenendo inoltre corsi universitari su Martin Heidegger, Emmanuel Lévinas, Henri Bergson. Alle lezioni tenute da Fergnani, Massimo Recalcati dedica parole estremamente rilevanti, con le quali esprime al meglio le caratteristiche e il lavoro del professore: «Lezioni che apparivano ai nostri occhi come piccoli diamanti: Essere e tempo di Heidegger o L'essere e il nulla di Sartre diventavano incredibilmente vivi, pulsanti, straripavano dalle loro cornici prestabilite per entrarci dentro. La parola del professore sapeva scuoterci scuotendo i testi che commentava» . Collaborò e strinse amicizia con Fulvio Papi, Pier Aldo Rovatti e Remo Cantoni, figure anch’esse di estrema rilevanza nel panorama filosofico italiano. Le sue ceneri sono in una celletta al Cimitero Maggiore di Milano.  Opere Marxismo e filosofia contemporanea, Padus, Cremona, 1964.  Lukács critico di se stesso, 1971. Etica-Trattato teologico-politico, Baruch Spinoza, a c. di Remo Cantoni e Franco Fergnani, UTET, Torino, 1972.  Antonio Gramsci. La filosofia della prassi nei «Quaderni del carcere», Unicopli, Milano. Materialismo e rivoluzione, Jean-Paul Sartre, a c. e introduzioni di Franco Fergnani, Pier Aldo Rovatti, traduzioni di Franco Fergnani, Augusta Mattioli, Domenico Tarizzo, il Saggiatore, Milano, 1977.  La cosa umana: esistenza e dialettica nella filosofia di Sartre, Feltrinelli, Milano, 1978.  L'essere e il nulla, Jean-Paul Sartre, Traduzione di G. Del Bo, revisione Franco Fergnani e Marina Lazzari, Il Saggiatore, Milano,  Da Heidegger a Sartre, Farina Editore, Milano, .La coscienza sadica. Ripercorrendo l’analisi di Jean-Paul Sartre, Farina Editore, Milano, . Nietzsche e la filosofia dell’esistenza, Farina Editore, Milano, .Introduzione a Sartre, Franco Fergnani, Mauro Trentadue, Farina Editore, Milano, -5  Kierkegaard, A c. di Mauro Trentadue e Lorenza Mantovani, Postfazione di Patrizia De Capua, Farina Editore, Milano,   Il gesto e la passione. Sull’insegnamento di Franco Fergnani (Opera dedicata a Franco Fergnani), , Farina Editore, Milano, . Merleau-Ponty, Farina Editore, Milano .  L’Esistenzialismo ieri e oggi, Carini E., Farina G., Fergnani F., Trentadue M., Toscani F., Farina Editore, Milano, .Lezioni su Sartre, Farina Editore, Milano, . Jaspers, Farina Editore, Milano,   E.I. Rambaldi, “Gli insegnamenti filosofici nella Facoltà di Lettere (1924-1968)”, Annali di Storia delle Università italiane  F. Manzoni, “Franco Fergnani, il filosofo che ci “spiegò” Sartre”, Corriere della Sera, 19 gennaio 9.  Si confronti M. Bellini, "La filosofia come vita: la lezione di Franco Fergnani", in Materiali di Estetica,Massimo Recalcati, L'ora di lezione, Einaudi, Torino,  F. Papi, “Ricordo di Franco Fergnani”, Materiali di Estetica, n. 3, 1, 170.   Comune di Milano, app di ricerca defunti "Not 2 4get".

 

ferguson: a. philosopher. His main theme was the rise and fall of virtue in individuals and societies. In his most important work, An Essay on the History of Civil Society Ferguson argues that human happiness of which virtue is a constituent is found in pursuing social goods rather than private ends. Ferguson thought that ignoring social goods not only prevented social progress but led to moral corruption and political despotism. To support this he used classical texts and travelers’ writings to reconstruct the history of society from “rude nations” through barbarism to civilization. This allowed him to express his concern for the danger of corruption inherent in the increasing selfinterest manifested in the incipient commercial civilization of his day. He attempted to systematize his moral philosophy in The Principles of Moral and Social Science 1792. J.W.A. Fermat’s last theorem.

 

Ferrabino: Grice: “I like Ferrabino; if I were not into the unity of philosophy, I would say he is a philosophical historian – and a Roman historian, too! Strictly, a philosopher of Roman history, alla Gibbon!”  «Si compie il mio ottantesimo anno. Declinano le stelle della sera sulla diuturna milizia di storia e di magistero che fu la mia vocazione, non tradita ma superata. Misticamente m'accoglie la dimora del Verbo dove l'Io s'incontra col suo Dio nascosto.»  Aldo Ferrabino Aldo Ferrabino senato.jpg Senatore della Repubblica Italiana LegislatureI Gruppo parlamentaredemocratico cristiano Incarichi parlamentari 6ª Commissione permanente (Istruzione pubblica e belle arti) Commissione speciale ddl ratifica decreti legislativi Comitato per l'incremento della ricerca scientifica Sito istituzionale Dati generali Partito politicoDC Titolo di studiolaurea in lettere UniversitàTorino Professionestorico, filosofo, accademico, rettore. Aldo Ferrabino (Cuneo), filosofo. Pprimo dei tre figli di Angelica Toesca, donna sensibile e generosa e di Vincenzo Agostino, funzionario dello Stato, uomo dalla natura affettuosa e sobria e di idee agnostiche, che per questo motivo non volle far battezzare i figli. L'infanzia di Aldo trascorse serena circondato com'era dalle premure della madre e del padre che, avendo perduto il precedente figlio, dedicarono molte attenzioni al fanciullo nato di costituzione debole e di salute cagionevole.  A Cuneo compì il primo ciclo di studi dimostrandosi subito allievo modello e con rare doti di intelligenza. Proseguì gli studi classici a Cremona, dove il padre era stato trasferito per lavoro, e quando la famiglia dovette nuovamente trasferirsi in Alessandria, il giovane, che aveva terminato il Liceo, si iscrisse nell'ottobre del 1910, all'Torino presso la facoltà di Lettere.  Aldo Ferrabino nel suo studio a Torino A Torino, dove viveva in una camera ammobiliata, iniziò a frequentare assiduamente l'ambiente universitario dedicandosi con il massimo impegno allo studio e dando lezioni private per non dover pesare troppo sulle finanze paterne.  Il suo primo maestro fu Arturo Graf, docente di Letteratura italiana presso la stessa università, ma verso il terzo anno iniziò a seguire con crescente interesse la storia antica frequentando le lezioni dello storico Gaetano De Sanctis, con il quale si laureò nel 1914, con una tesi su Kalypso.  Insegnò presso vari Licei, a Torino, Palermo, Napoli fintanto che, ottenuta la libera docenza, divenne nel 1921 professore di storia antica dapprima presso l'Torino e in seguito presso l'Padova. Nel 1947 venne nominato rettore dell'Ateneo, incarico che durò fino al 1949, anno in cui ottenne la cattedra di Storia romana presso l'Roma, cattedra che detenne fino al 1962.   Aldo Ferrabino nel suo studio di Roma il 28 giugno 1948  Aldo Ferrabino ad Assisi nel 1954 Morta la prima moglie Mercedes dopo lunga malattia il 4 giugno 1945, Ferrabino concluse il suo periodo di avvicinamento alla religione cattolica facendosi battezzare nel dicembre 1945. Sposò poi Paola Zancan, sua collega nell'Padova, proveniente da agiata e cattolica famiglia, con la quale si stabilì a Roma, dove vivrà fino alla morte.  Iniziò in quel periodo a frequentare "La Cittadella di Assisi" diventando grande amico di don Giovanni Rossi, fondatore dell'Associazione «Pro Civitate Christiana» e della rivista La Rocca.  Ad Assisi, Ferrabino prese l'abitudine di trascorrere con la moglie e le nipoti lunghi periodi durante le vacanze estive alternate a quelle trascorse a Fregene. Nel 1948 venne eletto senatore della Repubblica Italiana per la Democrazia Cristiana e rimase al Senato fino al 1954.  Nel 1954 divenne presidente della Enciclopedia Italiana, incarico che detenne, insieme a quello di direttore scientifico avuto nel 1966, fino al 1972.  Nel 1949 era stato intanto incaricato di presiedere al Consiglio Superiore delle Accademie e nel 1950 promosse il Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche diventandone il presidente.  Nel 1950 divenne corrispondente dell'Accademia del Lincei e nel 1955 corrispondente nazionale della stessa e presidente dell'Istituto italiano per la storia antica.  Nel 1956 fu eletto presidente della Società Nazionale "Dante Alighieri" e nel 1957, insieme a Vincenzo Cappelletti, fondò la Rivista di italianistica "Il Veltro".  Pubblicò circa 200 lavori sulla storia di Atene e dei Greci, sull'Italia romana, l'età dei Cesari, la filosofia della storia, la cristologia.  Opere Kalipso, saggio d’una storia di un mito, Bocca, Torino, 1914 Arato di Sicione e l'idea federale, Le Monnier, Firenze, 1921 L'impero ateniese, 1927 La dissoluzione della libertà nella Grecia antica, cedam, Padova, 1929 L'Italia romana, Mondadori, Milano, 1934 Cesare,  244, Unione Tipografica, Edizione Torinese, 1941 La vocazione umana,  248, Nuova Edizione Ivrea, Ivrea, 1943 L'esperienza cristiana, Libreria Draghi, Padova, 1944 Le speranze immortali, Casa Editrice Società per Azioni, Padova, 1945 Trilogia del Cristo, 3 voll., Casa editrice Le tre venezie, 1946-47 Adamo,  172, Morcelliana, 1950, Brescia Le vie della storia,  241, Sansoni, Firenze, 1955 Rivelazione e cultura,  189, La Scuola, Brescia, 1956 Storia dell'uomo avanti e dopo Cristo,  190, Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi, 1957 L'essenza del Romanesimo,  291, Tumminelli, Roma, 1957 L'inno del Simposio di S. Metodio Martire, G. Giappichelli, Torino, 1958 Nuova storia di Roma, Tumminelli, Roma, 1959, seconda edizione [ 1ª edizione 1942], 3 voll. Scritti di filosofia della Storia,  XVIII-810, G. C. Sansoni, 1962 Trasfigurazioni, Aldo Martello, Milano, 1965 Pagine italiane,  332, Il Veltro, Roma, 1969,  88-85015-09-3 Misticamente,  179, Stamperia Valdonega, Verona, 1972 Opere in collaborazione La bonifica benedettina, Aldo Ferrabino, Augusto Jandolo, Luigina Fasoli, Georges Duby e altri,  199, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970 Enciclopedia dell'Arte Antica: Classica e Orientale, A. Ferrabino (presidente), Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1966 Dizionario Enciclopedico Illustrato, 12 voll., A. Ferrabino, Jannaccone, Sturzo, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 1955 Nel Centenario Della Battaglia Del Volturno1-2 ottobre, Gino Doria, Aldo Ferrabino, Nino Cortese, Francesco Flora, Ente Autonomo Volturno, Napoli, 1960 Note  da Prefazione in Aldo Ferrabino, Misticamente, Verona, 1972, pag. 5  Ripubblicato da L'Erma di Bretschneider[collegamento interrotto], 1972,  88-7062-263-0  Ripubblicato da L'Erma di Bretschneider[collegamento interrotto], 1972,  88-7062-262-2  Fonte BookFinder  I : Il figlio dell'uomo (nella testimonianza di S. Matteo) II : Il figlio di Dio (nella testimonianza di S. Giovanni) III : Il risorto (nella testimonianza di S. Paolo)  Voce "Aldo Ferrabino" in Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1976,  907–908 Giorgio De Gregori, Simonetta Buttò, Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo. Dizionario bio-bibliografico, con la collaborazione di Giuliana Zagra, presentazione di Alberto Petrucciani, Roma, Associazione Italiana Biblioteche, 199984  Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Aldo Ferrabino  Aldo Ferrabino, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Aldo Ferrabino / Aldo Ferrabino (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Aldo Ferrabino, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Aldo Ferrabino, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Aldo Ferrabino, .  Aldo Ferrabino, su senato.it, Senato della Repubblica.

 

Ferrando: Grice: “I like Ferarndo; for one, he is what I would call an Anglo-Italian – cf. Anglo-Argentine; so he philosophised on Otello, Coroliano, la creazione di Carpenter and the forces of Prentice Mulford; on Byron’s Manfredi, and more beyond!” -- Guido Ferrando (Roma), filosofo. Si laureò in filosofia a Pisa. Divenne titolare della cattedra di letteratura inglese presso la facoltà di lettere dell'Firenze e per oltre un decennio fu vicedirettore e preside del British Institute della stessa città; fu anche direttore della Biblioteca Filosofica fiorentina. In qualità di anglista s'interessò a Shakespeare, Coleridge, Yeats e i trascendentalisti Emerson e Thoreau, dando di alcuni di questi anche delle versioni. Scrisse per La Voce nei primi anni della sua pubblicazione. Fu inoltre studioso di psicologia e redattore della rivista Psiche. Collaborò con Gaetano Salvemini alla propaganda antifascista e firmò il Manifesto di Benedetto Croce (1925).  Nel 1932 espatriò negli Stati Uniti, a New York, dove continuò la sua attività antifascista, divenne professore d'italiano e filosofia presso il Vassar College e nel 1934 sposò Wilhelmina Anieka Leggett, con cui adottò la figlia Vasanti. Contribuì più tardi a fondare la Besant Hill School di Ojai, California, praticandovi l'insegnamento more socratico: "l'istruzione è un processo d'indagine dove gli studenti imparano come pensare, non cosa pensare".  Note  RootsWeb's WorldConnect Project: LEGGETT of ELY, CAMBRIDGESHIRE, ENGLAND and WEST FARMS (BRONX), NEW YORK  Guido Ferrando appointed Chairman of italian dept. in «Vassar Miscellany News», Volume XVII, N. 30, 25 febbraio 1933.  Guido Ferrando in Internet Culturale Besanthill.org 27 marzo ). Mccurdyfamilylineage.com.

 

ferrari: Grice: “Ferrari is important in at least two fronts: as a philosopher, he promotes what has been called a ‘critical illuminism’ – and who but an Italian philosopher can have as a claim to fame a treatise on ‘the philosophy of revolution’? The second front is my proof of the latitudinal unity of philosophy; for Ferrari counts as the best interpreters, with his ‘La strana sorte di Vico,’ of Vico!” essential Italian philosopher. Giuseppe Ferrari (Milano), filosofo. Federalista, repubblicano, di posizioni democratiche e socialiste, fu deputato della Sinistra nel Parlamento italiano per sei legislature dal 1860 al 1876, e senatore del Regno dal 15 maggio al 2 luglio 1876. Nato a Milano da una famiglia borgheseil padre era medicodopo la morte dei suoi genitori, avvenuta quando era ancora giovane, poté godere di una piccola rendita grazie alla quale visse senza particolari problemi economici.  Ferrari fece i suoi studî nel ginnasio S. Alessandro, fu poi alunno dell'Almo Collegio Borromeo e si laureò in utroque iure a Pavia nel 1831. Fu però più interessato dalla filosofia, che coltivò nel cerchio della gioventù milanese che si riuniva attorno a Gian Domenico Romagnosi.  Gli anni in Francia Giunto a posizioni irreligiose e scettiche, nutriva per la cultura filosofica, storica e politica francese un'ammirazione che nell'aprile 1838 lo portò a Parigi. Ferrari trascorse in Francia i successivi 21 anni. Il 27 agosto del 1840 sostenne l'esame di dottorato in filosofia alla Sorbona, con la presentazione di due tesi intitolate De religiosis Campanellae opinionibus e De l'Erreur, nella prima delle quali presentava positivamente il pensiero religioso di Tommaso Campanella, mentre nella seconda giungeva ad una conclusione scettica a proposito dei giudizî. Essi infatti non consentono di giungere alla verità assoluta in quanto essa è indissolubilmente intrecciata all'errore, così che si può dire che la verità sia un errore relativo e l'errore una verità relativa. Dal 1838 al 1847 collaborò regolarmente alla «Revue des Deux Mondes».  Introdotto nei circoli intellettuali della capitale francese da lettere di presentazione di Amedeo Peyron e Lorenzo Valerio (due allievi piemontesi di Cattaneo) e di Pierre-Simon Ballanche, Ferrari frequentò Victor Cousin, Augustin Thierry, Claude Fauriel, Jules Michelet e Edgar Quinet, come pure gli intellettuali e gli emigrati italiani che si riunivano nel salotto della principessa di Belgiojoso. Nel 1840 fu docente di filosofia al Liceo di Rochefort-sur-mer, e nel novembre di quell'anno richiese un permesso di residenza permanente in Francia, poi nel 1841 fu nominato professore supplente all'Strasburgo dove, attaccato dalla Chiesa e dal partito cattolico per le affermazioni irreligiose e scettiche espresse nel suo corso sulla filosofia del Rinascimento e per la sua presentazione favorevole della Riforma luterana nel dicembre del 1841, fu anche accusato di insegnare dottrine atee e socialiste e sospeso dall'insegnamento nel 1842 e, benché avesse ottenuto la nazionalità francese e nel 1843 il titolo di "professore aggregato" di filosofia, che lo abilitava ad insegnare all'università, non fu più reintegrato nell'insegnamento universitario francese, poiché la raccomandazione di Edgar Quinet per una sua nomina a professore supplente al Collège de France nel 1847, benché accettata dalla Facoltà, fu rifiutata dal ministero dell'Educazione.  L'allontanamento dalla cattedra di Strasburgo fu all'origine del suo lungo rapporto con Proudhon che, avendo appreso il "caso Ferrari" dalla stampa, s'interessò a lui e ai suoi scritti e dette inizio ad un'amicizia che durò sino alla morte di Proudhon, nel 1865. A partire dal 1847 Ferrari fu tra gli avversari repubblicani della monarchia orleanista, con Victor Schoelcher e Félicité de Lamennais. Durante il sollevamento delle cinque giornate di Milano contro il governo austriaco nel marzo del 1848 fu accanto a Carlo Cattaneo ma, deluso dai risultati della rivoluzione, fece rientro in Francia, dove fece un altro tentativo infruttuoso (per l'opposizione di Victor Cousin) di ottenere una cattedra all'Strasburgo. Da gennaio a giugno del 1849 insegnò la filosofia al Liceo di Bourges.  Il 2 dicembre 1851 avvenne il colpo di Stato che mise fine alla Seconda Repubblica francese e portò al trono Napoleone III; Ferrari, ricercato come repubblicano, si rifugiò à Bruxelles per sfuggire alla polizia.  Il ritorno in Italia Pur conservando il suo appartamento a Parigi, Ferrari ritornò definitivamente a Milano a metà dicembre del 1859, per partecipare alle vicende che porteranno all'unificazione e alla nascita dello stato italiano. Fu eletto deputato al Parlamento del Regno di Sardegna nel collegio di Luino nel 1859 (elezioni suppletive), confermato nelle elezioni del 27 gennaio-3 febbraio del 1861 (eletto in secondo scrutinio nello stesso collegio di Luino, nel frattempo allargato a Gavirate). Confermato per quindici anni, Ferrari sedette ala Camera dei deputati sui banchi della Sinistra ininterrottamente per sei legislature, fino al 1876 (XII Legislatura). Nel 1870 (XI Legislatura) fu pure eletto nel primo collegio di Como, ma si mantenne fedele ai suoi primi elettori. Il suo programma politico può essere riassunto nella formula: " irreligione e legge agraria", cioè lotta contro la Chiesa e il clericalismo e riforma della proprietà terriera dei latifondi, con la distribuzione di terre coltivabili ai contadini. La Chiesa e i proprietari terrieri, sostenendosi a vicenda, erano per lui i nemici naturali dell'uguaglianza, non teorica ma concreta e reale.  Per quel che concerne la forma del nuovo stato italiano, Ferrari domandava una costituzione federale di tipo svizzero o statunitense, con un esercito, delle finanze e delle leggi federali comuni, ma anche con la più ampia decentralizzazione amministrativa possibile.  Nell'agosto del 1861, dopo essersi recato sul posto, scrisse una relazione parlamentare sul Massacro di Pontelandolfo e Casalduni.  Nel giugno del 1862, contro la sua volontà, Ferrari fu nominato dal re Cavaliere Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e rimandò immediatamente il decreto di nomina al ministro della Pubblica Istruzione, che glielo aveva inviato. Ma la nomina era irrevocabile, essendo stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale.  Nominato professore di filosofia della storia all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, benché non ci fosse a quel tempo nessuna indennità parlamentare e i parlamentari non godessero di nessun beneficio, Ferrari rinunciò allo stipendio per poter rimanere in Parlamento pur continuando a insegnare. In Parlamento, Ferrari prese posizione in sede di discussione sull'intitolazione degli atti del governo, contro la denominazione di secondo, e non primo re d'Italia, assunta da Vittorio Emanuele, a più riprese contro uno stato unitario, in favore di una costituzione federale e dell'autonomia delle regioni, in particolare del Mezzogiorno.  Nonostante il Ferrari riconoscesse nell'articolo "La révolution et les réformes en Italie" del 1848 che:  «L'unité italienne n'existe que dans les régions de la littérature et de la poésie; dans ces régions, on ne trouve pas de peuples, on ne peut pas recruter d'armées, on ne peut organiser aucun gouvernement.» «L'unità italiana non esiste che nelle regioni della letteratura e della poesia; in queste regioni non si trovano popoli, non si possono reclutare eserciti, non si può organizzare nessun governo.»  (Joseph Ferrari, La révolution et les réformes en Italie, Parigi, 184810.) esprimeva ugualmente, nello stesso testo, l'auspicio che l'Unità Italiana si potesse prima o poi realizzare:  «L'Italie doit tout demander à la liberté: elle n'a ni lois, ni mœurs politiques , elle ne s'appartient pas; elle n'est ni une, ni confédérée; elle n'avancera qu'en demandant d'abord des chartes, puis la confédération, ensuite la guerre, enfin l'unité, si la fatalité le permet.» «L’Italia tutto deve domandare alla libertà: essa non ha leggi, né costumi politici, essa non appartiene a se medesima; essa non è né una né confederata; essa non progredirà se non col cominciare a chiedere costituzioni, poi la confederazione, indi la guerra, da ultimo l’Unità, se la fatalità lo permette»  (Joseph Ferrari, La révolution et les réformes en Italie, Parigi, 1848) L'8 Ottobre 1860 nel Parlamento di Torino sconfessò queste sue parole scritte 12 anni prima dicendo : Io non muto d'avviso: sono stato avversario dell'unità italiana, la credo tragica nell'azione sua, destinata a creare immemorabili martirii e crudelissimi disinganni, benché necessaria come gli scandali alla storia, come i sacrifizi e gli olocausti alle religioni.  Si è pure pronunciato contro la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia (1860), contro il trattato di commercio con la Francia (1863) e contro gli accordi con il governo francese per la ripartizione del debito già pontificio (1867) (lui, "francese al peggiorativo", come amava definirlo il suo irriducibile avversario, Mazzini), in difesa di Garibaldi per i fatti d'Aspromonte (1862), in favore della Polonia (1863) e dello spostamento della capitale da Torino a Firenze (1864), prese parte attiva ai dibattiti parlamentari sulla proclamazione di Roma capitale, sul brigantaggio, sulla situazione finanziaria del nuovo regno. Il 15 maggio del 1876 fu fatto senatore. Morì improvvisamente nella notte tra il 1º e il 2 luglio del 1876.  Assolutamente solitario e totalmente estraneo ad ogni gruppo politico e ad ogni consorteria, Ferrari non ebbe seguito e, come disse il politico Francesco Crispi intervenendo alla Camera il 3 agosto 1862:  «Ferrari, tutti lo sanno, è una delle illustrazioni del parlamento, ma non esprime se non che le sue idee individuali»  La sua azione parlamentare è stata così caratterizzata e riassunta:  «Ferrari sedeva sui banchi della Sinistra difendendo le opinioni liberali, combattendo gli arbitri e gli errori dell'amministrazione, denunciando nel piemontesismo l'indebita preminenza di una consorteria, vagheggiando la demolizione di ogni privilegio ecclesiastico, e per tutto questo poteva sembrare d'accordo con i suoi colleghi dell'Estrema, anche se talvolta si divertiva a pungerli e sgomentarli con l'indisciplinata libertà dei suoi atteggiamenti; ma intimamente non era con loro.» Discorsi parlamentari Dal 1860 al 1875:  1860, 27 maggio, Contro la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia. 1860, 8 e 11 ottobre, Contro le annessioni incondizionate. 1861, 26 marzo, Sulla interpellanza del deputato Audinot intorno alla questione romana. 1861, 4 aprile, Interpellanza relativa alle condizioni delle province meridionali. 1861, 16 e 17 aprile, Il battesimo del Regno. 1861, 26 e 30 giugno, Contro il prestito di 500 milioni. 1861, 2 dicembre, La questione romana e le condizioni delle province meridionali. 1862, 15 marzo, La ferrovia da Gallarate al Lago Maggiore. 1862, 26 marzo, Sull'esercizio provvisorio (bilancio 1862). 1862, 3 agosto, Interpellanza sul proclama del Re (Aspromonte). 1862, 29 e 30 novembre, Interpellanza sugli affari di Roma. 1863, 27 marzo, Sulla questione della Polonia. 1863, 25 e 7 novembre, Contro il trattato di commercio con la Francia. 1864, 6 maggio, Intorno al bilancio dell'Interno. 1864, 2, 4 e 5 luglio, Sulla situazione del Tesoro e sulle condizioni finanziarie del Regno. 1864, 10 novembre, Il trasporto della capitale. 1865, 17 gennaio, sul giuramento politico. 1865, 23 gennaio, sulle giornate di Torino. 1867, Interpellanza al Ministero sulla crisi del Ministero Ricasoli. 1867, 10 e 24 aprile, Contro la convenzione col governo francese per l'assunzione del debito pubblico degli ex Stati pontifici. 1867, 21 giugno, 1, 4 e 13 luglio, Contro le trattative con Roma e la nomina dei vescovi da parte del Papa. 1867, 7 e 30 luglio, Sulla violazione del diritto del non intervento. 1867, 11 e 19 dicembre, Interpellanza su Mentana. 1868, 7 marzo, Inchiesta sul corso forzoso. 1868, 15 marzo, Per la guardia nazionale. 1868, 14 e 16 marzo, Legge sul macinato. 1868, 27 e 29 aprile, Sulla sospensione dei professori all'Bologna. 1868, 4 agosto, Sulla Regia cointeressata dei tabacchi. 1868, 25 novembre, 6, 7 e 9 dicembre, Sull'assassinio di Monti e Tognetti. 1869, 13, 21, 22 e 25 gennaio, Sui disordini per la legge sul macinato. 1869, 31 maggio, 1, 2, 4 e 5 giugno, Inchiesta sulla Regia. 1870, 11 aprile, Sul bilancio dell'Interno. 1870, 12 aprile, Sul consiglio Superiore d'Istruzione. 1870, 19 agosto, I fatti di Francia. 1870, 21 dicembre, Contro la convalidazione del decreto di accettazione del plebiscito di Roma. 1872, 19 aprile, Interpellanza per la pubblicazione del Libro verde. 1872, 14 maggio, Contro la politica estera. 1872, 25 e 27 maggio, Sulla nomina dei vescovi. 1872, 21 novembre, Interpellanza intorno al divieto del comizio popolare al Colosseo. 1872, 28 novembre, Sulla politica estera. 1873, 18 marzo, Sul ripristinamento dell'appannaggio al principe Amedeo. 1873, 12 e 25 maggio, La soppressione degli ordini religiosi in Roma. 1875, 25 gennaio, Gli arresti di Villa Ruffi.Carriera universitaria Dal 1841 al 1876:  1841, autunno, Professore supplente di storia all'Strasburgo. 1862, 9 febbraio, Professore onorario dell'Napoli. 1862, 28 marzo, Professore di Filosofia della storia all'Accademia scientifico-letteraria di Milano 1864, Professore di Filosofia all'Torino. 1865, 28 giugno, Professore di Filosofia della storia all'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Cariche e titoli Dal 1836 al 1876:  1836, Direttore e fondatore della rivista L'Ateneo. 1861, 21 febbraio, Membro corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano. 1862, 20 maggio, Membro ordinario della Società reale di Napoli. 1864, 18 gennaio, Membro effettivo dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano. 1864, 6 novembre, Membro straordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. 1865, 6 dicembredicembre 1866, Membro ordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. 1870, Socio corrispondente della Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi. 1876, 19 marzo, Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma. Onorificenze Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoianastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoia — 30 aprile 1876 Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro — giugno 1862 Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine della Corona d'Italia — 1862 Il socialismo di Ferrari Come tutti i teorici socialisti italiani del primo Ottocento, Ferrari è fortemente influenzato dalle teorie francesi, e in particolare dall'Illuminismo e da Proudhon. Il suo socialismo si costituisce come una radicalizzazione del principio di uguaglianza affermato dalla rivoluzione francese.  Ferrari riconosce come unico fondamento della proprietà il lavoro: propone quindi un socialismo che, non strettamente in opposizione al liberalismo, fosse fondato sul merito individuale e sul diritto di godere dei frutti del proprio lavoro. Più che con la nascente borghesia, Ferrari si pone dunque in contrasto con i residui feudali ancora presenti in Italia, e auspica uno sviluppo industriale e una rivoluzione borghese.  Partecipa anche attivamente al dibattito risorgimentale: contrario all'unificazione della penisola, propone come obiettivo la formazione di una federazione di repubbliche, in modo da tutelare le particolarità e l'unicità delle singole regioni. Questo progetto doveva essere attuato attraverso un'insurrezione armata, aiutata dall'intervento francese. Al contrario della maggioranza dei teorici risorgimentali (in particolare Giuseppe Mazzini), i quali credevano che l'Italia avesse una missione storica, egli credevaabbastanza pragmaticamenteche fosse necessario l'intervento di uno stato estero per sconfiggere gli eserciti organizzati dei diversi stati italiani.  L'opinione pubblica doveva essere preparata alla rivoluzione (che doveva avvenire spontaneamente e non guidata da un gruppo di cospiratori) da un partito di stampo democratico, repubblicano, federalista e socialista (la questione sociale era infatti inscindibile da quella istituzionale). Il futuro stato federale sarebbe stato gestito da un'assemblea nazionale e da tante assemblee regionali.  Insieme a Guglielmo Pepe elaborò il termine neoguelfismo, per sottolineare il carattere reazionario di restaurare la presenza attiva della Chiesa nella vita politica dello Stato; Ferrari era critico verso la formula liberale Libera Chiesa in libero Stato, e affermava la necessità di una superiorità dello Stato rispetto alla Chiesa, corrispondente alla superiorità della ragione rispetto alla credenza religiosa, un rapporto Stato-Chiesa che si riallaccia alla politica ecclesiastica di Giuseppe II in Lombardia e a quella di Leopoldo I di Toscana.  Note  "Consta dai registri della Parrocchia di S. Satiro , che Giuseppe Michele Giovanni Francesco dei coniugi Giovanni e Rosalinda Ferrari nacque il 7 di marzo 1811.", "Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine", di Luigi Ferri, : G. Ferrari, La mente di G. D. Romagnosi, O. Campa, Milano, 1913145, nota 1.  Giuseppe Ferrari, Sulle opinioni religiose di Campanella, Milano, FrancoAngeli, 2009  "La fede in Dio è l'errore più primitivo, più naturale del genere umano [...]. La religione è la pratica della servitù [...] Il cristianesimo presenta tutti i vizi della rivelazione soprannaturale [...] l'autorità cristiana conduce alla dominazione dell'uomo sull'uomo [...] il cristiano è morto, l'uomo deve nascere, è nato, ha già respinto dallo Stato gli apostoli e la Chiesa.", Giuseppe Ferrari, Filosofia della rivoluzione, in: Scritti politici di Giuseppe Ferrari, Silvia Rota Ghibaudi, Torino, UTET, Camera dei Deputati, Atti del Parlamento Italianosessione del 1861,  III discussioni della Camera dei Deputati, Torino, Eredi Botta, Atti del parlamento italiano (1861)   Giuseppe Ferrari, La révolution et les réformes en Italie, Amyot, 1º gennaio 1848. 13 maggio .  storia.camera.it/regno/lavori/leg07/sed063.pdf.  P. Schinetti, Le più belle pagine di Scrittori italiani scelte da scrittori viventi. Giuseppe Ferrari, Milano, Garzanti, 1944261. Opere La mente di G. D. Romagnosi, 1835 (ried. 1913, 1924) La mente di Vico, 1837  Vico et l'Italie, 1839  De l'Erreur, 1840  Idées sur la politique de Platon et d'Aristote, 1842  Essai sur le principe et les limites de la philosophie de l'histoire, 1843  La philosophie catholique en Italie, 1844  La révolution et les révolutionnaires en Italie, 1844-1845  Des idées et de l'école de Fourier depuis 1830, 1845  La révolution et les réformes en Italie, 1848  Machiavel juge des révolutions de notre temps, 1849 (trad. it 1921)  Les philosophes salariés, 1849 (ried. 1980) La Federazione repubblicana, 1851 Filosofia della rivoluzione ( 1), 1851 (ried. 1873, 1922, 1928, 1942) Filosofia della rivoluzione ( 2), 1851 L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre 1851, 1852 Opuscoli politici e letterari ora per la prima volta tradotti, 1852 La mente di Giambattista Vico, 1854  Histoire des révolutions d'Italie, ou, Guelfes et Gibelins, 1856-1858 (ried. )  Histoire de la raison d'Etat, 1860 (ried. )  L'annexion des deux Siciles, 1860 Corso sugli scrittori politici italiani, 1862 (ried. 1929 con pref. di Adriano Olivetti) Corso sugli scrittori politici italiani e stranieri, 1863 Il governo a Firenze, 1865  La Chine et l'Europe, 1867 La mente di Pietro Giannone, 1868 Lettere chinesi sull'Italia, 1869 Storia delle Rivoluzioni d'Italia, 1872 (ried. 1921) Teoria dei periodi politici, 1874 L'aritmetica nella storia, 1875 Proudhon, 1875, (ried. Andrea Girardi, Napoli, Edizioni Immanenza,   9788898926541) La Rivoluzione e i rivoluzionari in Italia (dal 1796 al 1844), 1900 (ried. 1952) Il genio di Vico, 1916 (ried. 1928) I partiti politici italiani (dal 1789 al 1848), 1921 Le più belle pagine di Giuseppe Ferrari, 1927 (ried. 1941) Opere di Giandomenico Romagnosi, Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari, Ernesto Sestan, 1957 Scritti politici, Silvia Rota Ghibaudi, 1973 I filosofi salariati, L. La Puma, 1988 (trad. dal francese) Scritti di filosofia e di politica, M. Martirano, Il genio di Vico, 2009 Sulle opinioni religiose di Campanella, 2009 Epistolario Franco Della Peruta, "Contributo all'epistolario di Giuseppe Ferrari", in: Franco Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana, Milano, 1958. Franco Della Peruta (ed.),"Contributo all'epistolario di Giuseppe Ferrari", Rivista storica del socialismo, 1960, 3181-211. Franco Della Peruta (ed.),"Lettere di Giuseppe Ferrari a Pierre-Joseph Proudhon (1854-1861)", Annali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli, Clara M. Lovett (ed.),"Giuseppe Ferrari e la Questione Meridionalecon lettere inedite", Rassegna storica del Risorgimento, 1974, 6174-88. Clara M. Lovett (ed.), "Milano e la Convenzione di Settembredalla corrispondenza inedita di Giuseppe Ferrari", Nuova rivista storica, 1975, 59186-190. Clara M. Lovett (ed.), "Il 1848 in Lombardia dalla corrispondenza inedita di Giuseppe Ferrari", Nuova rivista storica, Clara M. Lovett (ed.),"Il Secondo Impero, il Papato e la Questione Romana. Lettere inedite di Jean Gustave Wallon a Giuseppe Ferrari", Rassegna storica del Risorgimento. Antonio Monti, Giuseppe Ferrari e la politica interna della Destra. Con un carteggio inedito, Milano, 1925.  Fonte biografica L'unica biografia e principale fonte per la vita di Ferrari è il libro di Clara M. Lovett, Giuseppe Ferrari and the Italian Revolution, Chapel Hill, 1979 (ristampa ). Altro A. Agnelli, "Giuseppe Ferrari e la filosofia della rivoluzione", in: Per conoscere Romagnosi, Robertino Ghiringhelli e F. Invernici, 1982. Chiara Ambrosoli [et alii], "Giuseppe Ferrari e la vita sociale e politica nel collegio di Gavirate-Luino", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992285-368. Luigi Ambrosoli, "Cattaneo e Ferrari: l'edizione di Capolago delle opere di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992225-240. Paolo Bagnoli, "Giuseppe Ferrari e Giuseppe Montanelli", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992241-260. Bruno Barillari, "Giuseppe Ferrari critico di Mazzini", Pensiero mazziniano, 1963, 184. Francesco Brancato, Giuseppe Ferrari e i Siciliani, Trapani, 1959. Bruno Brunello, Il pensiero di Giuseppe Ferrari, Roma, 1933. Bruno Brunello, "Ferrari e Proudhon", Rivista internazionale di filosofia del diritto, Michele Cavaleri, Giuseppe Ferrari, Milano, 1861. Cosimo Ceccuti, "Ferrari e la Nuova antologia: il destino della Francia repubblicana", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992121-130. Arturo Colombo, "Il Ferrari del Corso", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 199275-88. Luigi Compagna, "Giuseppe Ferrari collaboratore della "Revue des deux mondes", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992453-462. Maria Corrias Corona, "Il filosofo "rivoluzionario" visto da Giorgio Asproni", in : Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992203-420. Carmelo D'Amato, Ideologia e politica in Giuseppe Ferrari", Studi storici, Carmelo D'Amato, "La formazione di Giuseppe Ferrari e la cultura italiana della prima metà dell'Ottocento", Studi storici, Franco Della Peruta, "Il socialismo risorgimentale di Ferrari, Pisacane e Montanelli", Movimento operaio, Franco Della Peruta, Un capitolo di storia del socialismo risorgimentale: Proudhon e Ferrari", Studi storici, 1962, 3307-342. Franco della Peruta, "Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992285-368. Aldo Ferrari, Giuseppe Ferrari, Saggio critico, Genova, 1914. Luigi Ferri, "Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine", in: Giuseppe Ferrari, La mente di G. D. Romagnosi, Milano, 1913.  Fabrizio Frigerio, "Ferrari, Giuseppe", in: Dictionnaire international du Fédéralisme, dir.Denis de Rougemont, Bruxelles, 1994,  207–210. Gian Biagio Furiozzi, " Angelo Oliviero Olivetti e Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Paolo Virginio Gastaldi, "Nella galassia dell'Estrema", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992421-452. Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari et le fédéralisme, 1991. Robertino Ghiringhelli, "Romagnosi e Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992209-224. Carlo G. Lacaita, "Il problema della storia in Ferrari giovane", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992131-166. Eugenio Guccione, "Il laicismo politico di Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992463-474. Anna Maria Lazzarino Del Grosso, "Il Medioevo in Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 199289-108. Clara M. Lovett, "Europa e Cina nell'opera di Giuseppe Ferrari", Rassegna storica del Risorgimento, 1972, 59398-401. Maurizio Martirano, Giuseppe Ferrari editore e interprete di Vico, 2001. Maurizio Martirano, Filosofia, storia, rivoluzione. Saggio su Giuseppe Ferrari, Napoli, Liguori, .  Gilda Manganaro Favaretto, "Giuseppe Ferrari, le Risorgimento et la France", in: Revue française d'histoire des idées politiques, 2009, n. 30,  359–383. Angelo Mazzoleni, Giuseppe Ferrari. Il pensatore, lo storico, lo scrittore politico, Roma, 1925. Angelo Mazzoleni, Giuseppe Ferrari. I suoi tempi e le sue opere, Milano, 1878. Antonio Monti, "La posizione di Giuseppe Ferrari nel primo Parlamento italiano", Critica politica, 1923, 3180-186. Giulio Panizza, L'illuminismo critico di Giuseppe Ferrari, 1980. Giulio Panizza, "La teoria della fatalità nell'Histoire de la Raison d'Etat", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992109-120. Giacomo Perticone, "La concezione etico-politica di Giuseppe Ferrari", Rivista internazionale di filosofia del diritto, Charles Pfister, "Un épisode de l'histoire de la Faculté des Lettres de Strasbourg: l'affaire Ferrari", Revue internationale de l'enseignement, 1926, 56334-355. Luigi Polo Friz, "Giuseppe Ferrari e Lodovico Frapolli: un rapporto di amore e odio tra due interpreti del Risorgimento Italiano", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992385-402. Nello Rosselli, "Italia e Francia nel pensiero di Giuseppe Ferrari", Il Ponte, Silvia Rota Ghibaudi, Giuseppe Ferrari, l'evoluzione del suo pensiero (1838-1860), Firenze, 1969. Silvia Rota Ghibaudi, "Giuseppe Ferrari e la Teoria dei periodi politici", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 199245-74. Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992. Luciano Russi, "Pisacane e Ferrari: esiti socialisti dopo una rivoluzione fallita", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992261-272. M. Schiattone, Alle origini del federalismo italiano, Giuseppe Ferrari, 1996. Nicola Tranfaglia, "Giuseppe Ferrari e la storia d'Italia", Belfagor, Patrice Vermeren, "Joseph Ferrari et les droits de la liberté", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Luigi Zanzi, "Giuseppe Ferrari:un filosofo"militante", in:Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, 1992167-192. Stefano Carraro, "Alcuni aspetti del pensiero politico di Giuseppe Ferrari", BAUM, Venezia, 1986.  Gian Domenico Romagnosi Carlo Cattaneo Cinque giornate di Milano Lodovico Frapolli Pierre-Joseph Proudhon Giuseppe Mazzini Carlo Pisacane Federalismo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giuseppe Ferrari Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua francese dedicata a Giuseppe Ferrari Collabora a Wikiquote Citazionio su Giuseppe Ferrari Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giuseppe Ferrari  Giuseppe Ferrari, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Ferrari, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giuseppe Ferrari, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Giuseppe Ferrari, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Ferrari, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Giuseppe Ferrari, su Liber Liber.  Opere di Giuseppe Ferrari, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giuseppe Ferrari, .  Giuseppe Ferrari, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Giuseppe Ferrari, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.  Giancarlo Iacchini, Giuseppe Ferrari: il primo radicalsocialista italiano, dal sito del Movimento RadicalSocialista  Jean Vinatier, Giuseppe Ferrari: la Chine et l'Europe su Seriatim, n. 288, 2ème année.Filosofia Politica  Politica Risorgimento  Risorgimento Storia  Storia Università  Università Filosofo del XIX secoloStorici italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1811 1876 7 marzo 2 luglio Milano RomaFilosofi ateiCavalieri dell'Ordine civile di SavoiaUfficiali dell'Ordine dei Santi Maurizio e LazzaroUfficiali dell'Ordine della Corona d'ItaliaPersonalità del RisorgimentoSenatori della XII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della VII legislatura del Regno di SardegnaDeputati dell'VIII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della IX legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della X legislatura del Regno d'ItaliaDeputati dell'XI legislatura del Regno d'ItaliaSepolti nel Cimitero Monumentale di MilanoFederalisti. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Ferrari," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ferrari: Grice: “I like Ferrari; he was a philosopher AND a poet – a combo we don’t find too often at Oxford!” --  Ferrari (alias Novatore) Renzo Novatore  «Oggi cerco un'ora sola di furibonda anarchia e per quell'ora darei tutti i miei sogni, tutti i miei amori, tutta la mia vita.»  (Renzo Novatore)  Renzo Novatore Renzo Novatore, pseudonimo di Abele Ricieri Ferrari (Arcola), filosofo. Refrattario a ogni disciplina fin da giovanissimo, Abele Ricieri Ferrari frequentò la scuola soltanto per alcuni mesi prima di abbandonarla definitivamente ed essere costretto dal padre a lavorare nei campi. Il suo profondo desiderio di conoscenza, unito ad una notevole forza di volontà, lo spinse però ad un personalissimo studio da autodidatta che lo portò a leggere Max Stirner, Friedrich Nietzsche, Georges Palante, Oscar Wilde, Henrik Ibsen, Arthur Schopenhauer, Charles Baudelaire.  Non rinunciò comunque ad elaborare una visione autonoma, che costruì giorno dopo giorno, come ricorda il suo amico Auro D'Arcola, attraverso una costante attività meditativa.  Si sposò con Emma Rolla e con lei ebbe tre figli, uno dei quali morto in tenera età. Gli altri due, Renzo e Stelio, proseguirono sulle orme paterne una personalissima riflessione esistenzialista che svilupparono nell'ambito della produzione artistica e letteraria. Questo nonostante fosse contrario alla famiglia tradizionale e alla visione idealizzata della donna: «O ciniche prostitute, o espropriatrici audaci, ergetevi sopra la putredine ove il mondo sta immerso e fatelo impallidire sotto la luce perversa dei vostri grandi occhi profondi. Voi siete il sole più bello che oggi il sole bacia. Voi siete di un'altra razza. E l'anima vostra è un canto, un sogno la vostra vita. Scardinate il mondo o libere prostitute, o espropriatrici audaci. Io canterò per voi. Il resto è fango!»  (Le mie sentenze) L'anarchico disertore La prima volta in cui le cronache s'interessarono di lui fu nel 1910, quando un incendio distrusse la chiesa della Madonna degli Angeli nella notte tra il 15 e il 16 maggio: le indagini dei regi carabinieri portarono infatti a identificare i responsabili del gesto in un gruppo di giovani anarchici del posto, tra i quali anche Abele Ferrari.  Contrario alla guerra, nel 1915 venne richiamato sotto le armi ma si rese irreperibile. Venne dunque imputato di diserzione e condannato in contumacia alla pena di morte. Sarà poi arrestato e scarcerato in seguito ad amnistia.  «E le rane partirono... Partirono verso il regno della suprema viltà umana. Partirono verso il fango di tutte le trincee. Partirono.... E la morte venne! Venne ebbra di sangue e danzò macabramente sul mondo. Danzò con piedi di folgore... Danzò e rise... Rise e danzò... Per cinque lunghi anni. Ah, Come è volgare la morte che danza senza avere sul dorso le ali di un'idea... Che cosa idiota morire senza sapere il perché...»  (Dal poema Verso il nulla creatore) Anarchico individualista, assunto lo pseudonimo di Renzo Novatore, fu protagonista con i suoi compagni Dante Carnesecchi e Tintino Persio Rasi di alcuni dei più importanti episodi della lotta operaia del biennio rosso nella Provincia della Spezia: episodi la cui importanza non si comprende se non tenendo conto che allora La Spezia era una delle più importanti roccaforti militari italiane, circondata da una serie di forti e polveriere che ne dominavano il golfo, e caratterizzata dalla presenza di un arsenale militare e di alcune delle più importanti industrie belliche. In quel periodo molti lavoratori anelavano a "fare come in Russia", tanto che era in molti anarchici, come Errico Malatesta, la convinzione che la rivoluzione fosse dietro l'angolo e bastasse dare solo una spallata decisa.  L'antifascismo e la morte Coerente fino alla fine nella prima lotta al nascente fascismo, entrò nel mirino delle camicie nere, coadiuvate dalla polizia di Stato, e dovette fuggire per garantirsi l'incolumità; per sopravvivere si unì al bandito piemontese Sante Pollastri che era noto anche per proteggere e finanziare gli anarchici con la sua banda di rapinatori, data la simpatia politica che aveva per loro e il suo odio per il fascismo. Qualche tempo dopo la banda di Pollastri rapinò un importante cassiere di una banca, che portava una borsa piena d'oro: durante la colluttazione il ragionier Achille Casalegno venne colpito da un proiettile e morì; sebbene probabilmente fu Pollastri, che aveva già diversi omicidi di poliziotti e fascisti alle spalle, ad esplodere il colpo, al processo del 1931 costui avrebbe accusato il defunto Novatore.  Le forze dell'ordine, su incarico del governo Mussolini, intensificarono la caccia alla banda Pollastri. Il 29 novembre 1922, intorno a mezzogiorno, il maresciallo Lupano e i carabinieri Corbella e Marchetti entrarono in abiti civili nell'Osteria della Salute di Teglia, nel genovese, perché avevano individuato Pollastro ed intendevano arrestarlo. Novatore era seduto accanto al celebre bandito e ad un altro componente del gruppo, e probabilmente fu proprio lui il primo a sparare sui carabinieri, scatenando la risposta di quest'ultimi. Nello scontro a fuoco rimasero uccisi il maresciallo Lupano e un amico del bandito, il cui corpo crivellato di colpi si rivelò essere quello dell'anarchico Abele Ricieri Ferrari, noto come Renzo Novatore, ricercato per attività sovversiva e antifascismo, mentre Pollastri e l'altro compagno riuscirono a scappare. Novatore, al momento della morte, aveva con sé una pistola Browning, due caricatori di riserva, una bomba a mano ed un anello con spazio nascosto contenente una dose letale di cianuro, per suicidarsi se fosse caduto vivo nelle mani dei fascisti, oltre ad un documento falso recante il nome di Giovanni Governato.  Il pensiero Novatore si definiva anarchico individualista. Lottava per la libertà e per i diritti delle masse, ma era anche sicuro, dopo il fallimento delle insurrezioni del 1919, che non si potesse fare affidamento sul popolo:  «Le masse che sembrano adoratrici di Errico Malatesta sono vili e impotenti. Il governo e la borghesia lo sanno e sogghignano.»  «Io so, noi sappiamo, che cento uominidegni di questo nomepotrebbero fare quello che cinquecentomila "organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare.»  Il suo pensiero nichilista, anticlericale, anarchico e iconoclasta si caratterizzava soprattutto per il fortissimo individualismo, un individualismo fine a sé stesso che lo pose spesso in conflitto con altri membri del movimento anarchico di quegli anni, come Camillo Berneri (di ispirazione anarco-comunista).  «L'individualismo com'io lo sento, lo comprendo e lo intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il Comunismo, né l'Umanità. L'individualismo ha per fine sé stesso.»  (Dallo scritto Il mio individualismo iconoclasta in Iconoclasta!, 1920) «L'anarchia è per me un mezzo per giungere alla realizzazione dell'individuo; e non l'individuo un mezzo per la realizzazione di quella. Se così fosse anche l'anarchia sarebbe un fantasma. Se i deboli sognano l'anarchia per un fine sociale; i forti praticano l'anarchia come un mezzo d'individuazione.»  «Nella vita io cerco la gioia dello spirito e la lussuriosa voluttà dell'istinto. E non m'importa sapere se queste abbiano le loro radici perverse entro la caverna del bene o entro i vorticosi abissi del male. Nessun avvenire e nessuna umanità, nessun comunismo e nessuna anarchia valgono il sacrificio della mia vita. Dal giorno che mi sono scoperto ho considerato me stesso come meta suprema.»  Rimaneva salda nel suo pensiero la convinzione che agire e schierarsi fosse una necessità irrinunciabile tanto che di lui si disse che scriveva come un angelo, combatteva come un demonio.  Su di lui restò sempre fortissima l'ispirazione di Max Stirner e di Nietzsche.  Opere scritte Le opere e il ricordo del Novatore sono state in gran parte distrutte dal regime fascista e sostanzialmente a lungo dimenticate anche da alcune parti del movimento anarchico.  Le sue firme compaiono con molti pseudonimi diversi (oltre al già citato "Renzo Novatore", anche "Mario Ferrento", "Andrea Del Ferro", "Sibilla Vane", "Brunetta l'Incendiaria") su svariate pubblicazioni anarchiche dell'epoca, tra cui Il Libertario (pubblicato a La Spezia), Gli Scamiciati (Pegli), Cronaca Libertaria (Milano), Il Proletario (Pontremoli), Pagine Libertarie, Iconoclasta! (Pistoia), L'Avvenire Anarchico, Vertice (La Spezia), Nichilismo, L'Adunata dei Refrattari (New York) e Veglia (Parigi).  Da ricordare inoltre due libri di pubblicazione postuma: "Verso il nulla creatore" e "Al di sopra dell'arco".  Libri ed opuscoli  Renzo Novatore, prefazione de Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, Siracusa, "Figli dell'Etna", 1924. Renzo Novatore, prefazione biografica di Auro d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco, Siracusa, "Figli dell'Etna", 1924. Renzo Novatore, prefazioni di Virginio De Martin e Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, New York, Renzo Novatore, prefazione di Auro d'Arcola, Il mio individualismo iconoclasta, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, Camillo da Lodi [Camillo Berneri], Mario Senigallesi, Polemica, Firenze, Pistoia, Albatros, 1950. Renzo Novatore, prefazioni di Totò Di Mauro, Tito Eschini e Lato Latini, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco, Firenze, Pistoia, Albatros, 1951. Renzo Novatore, prefazione biografica di Auro d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco, Torino, Reprint Assandri, 1978. Renzo Novatore, Verso il nulla creatore, Catania, Centrolibri, Renzo Novatore, Alberto Ciampi, Un fiore selvaggio. Scritti scelti e note biografiche, Pisa, BFS Edizioni, Renzo Novatore, Toward the Creative Nothing, Portland, Venomous Butterfly Publications, Renzo Novatore, introduzione di Alfredo M. Bonanno, Verso il nulla creatore, Trieste, Edizioni Anarchismo. Renzo Novatore, Novatore, Ardent Press, . Renzo Novatore, Le rose, dove sono le rose?, Gratis Edizioni, . Renzo Novatore, Flores silvestres, Lisbona, Textos Subterraneos, . Note  Novatore: una biografia Archiviato il 22 luglio  in .  Renzo NovatoreAnarchopedia, su ita.anarchopedia.org. 17 dicembre .  dal personaggio di Sybil Vane, presente nel romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde  Maurizio Antonioli (diretto da), Dizionario biografico degli anarchici italiani, 2 voll., Pisa, Biblioteca Franco Serantini, Massimo Novelli, La furibonda anarchia. Renzo Novatore poeta, Bra (CN), Araba Fenice, Scritti, citazioni e aforismi di Renzo Novatore Archivio di testi di Renzo Novatore

 

Ferraris: Grice: “I like Ferraris – he analyses all the implicata of The Lord’s Prayer – pretty complicated – my favourite is his excursus on the implicatum of ‘thy will be done’” -- Antonio De Ferraris, detto il Galateo Antonio De Ferraris, a volte scritto “De Ferrariis”, detto il Galateo (Galatone), filosofo. Dal luogo di nascita derivò il nome “Galateo”. Il padre, il notaio Pietro De Ferraris, morì quando Antonio era ancora in giovanissima età, e perciò la madre Giovanna d'Alessandro lo affidò ai frati basiliani del paese che gli impartirono le nozioni formative di base. Chiuso il primo ciclo scolastico, proseguì gli studi a Nardò spaziando fra filosofia antica, letteratura greca e latina, medicina e geografia, discipline verso le quali mostrò vivo interesse. Passò quindi a Napoli, dove dal 1465 approfondì le discipline umanistiche e la medicina.  Antonius Galateus.JPG Molte furono le conoscenze che fece all'Accademia napoletana, dove fu ammesso attorno al 1470. Lì entrò in contatto con un gran numero di intellettuali: Benedetto Gareth detto il Chariteo, Paolo e Giovanni Attaldi, Giovanni Pontano, Teodoro Gaza, Giovan Francesco e Galeazzo Caracciolo, Giovanni Pardo, fra' Roberto da Lecce, Jacopo Sannazaro. Con l'aiuto di Girolamo Castello ottenne il diploma di medicina a Ferrara, dove soggiornò praticando la professione di medico; si trasferì poi a Venezia per poi ritornare a Napoli ed entrare nel giro della reggia partenopea, stimato a tal punto da divenire medico della corte di Ferdinando I d’Aragona.  Verso il 1478, per il suo carattere riservato e modesto, si adattò a svolgere la funzione di medico condotto a Gallipoli, dove si sposò con l'aristocratica Maria Lubelli dei baroni di Sanarica. La coppia ebbe cinque figli: Antonino, Lucrezia, Galeno, Betta e Francesca. La serenità della sua vita fu turbata nel 1480 dall'invasione di Otranto da parte dei Turchi, e De Ferraris cercò rifugio a Lecce annotando gli eventi drammatici che in seguito sarebbero stati il canovaccio per un'opera composta in latino. Fra il 1481 e il 1495, ormai medico affermato, si spostò ripetutamente fra Napoli, apprezzato dottore al servizio della corte aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di residenza. Iniziò anche a scrivere, inizialmente in forma epistolare: in Ad Hermolaum Barbarum mandò i ringraziamenti a Ermolao Barbaro per la dedica ricevuta; è seguente la redazione di Altilio Galateus εὐ πράττειν e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum de distinctione humani generis et nobilitate; e ancora, negli anni novanta del XV secolo, una seconda epistola a Barbaro e il saggio Ad Marinum Pancratium de dignitate disciplinarum.  Dopo la morte del re Ferdinando e quella, nel 1495, di Alfonso II che gli era succeduto, De Ferraris abbandonò Napoli non prima di avere composto l’Antonius Galateus medicus in Alphonsum regem epitaphium, e tornò a Lecce dove formò assieme ad altri amici studiosi l'Accademia lupiense, e dove scrisse Ad Chrysostomum De villae incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi che era andata distrutta dal fuoco. Dal 1498 al 1501 fu a Napoli, convocato dal re Federico d’Aragona che lo volle con sé, ma l'inasprimento del conflitto franco-spagnolo lo spinse a ritornare nella provincia salentina. Dal 1503 godette dell'ospitalità di Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo di comporre in latino lavori filosofici, cronachistici e commemorativi, assieme all’Esposizione del Pater Noster, unico scritto in volgare che ci è stato tramandato.  Una delle pochissime trasferte dal Salento fu quella che l'accademico effettuò a Roma presso il Papa Giulio II, a cui offrì una copia dell'atto di Donazione di Costantino, che era conservata nella biblioteca di Casole. Divenuto prete di rito greco a seguito della morte della moglie, De Ferraris morì a Lecce nel 1517.  A lui è dedicato il cenotafio nella chiesa della Madonna del Rosario (eretto nel 1788 dall'Arditi).  Il profilo culturale  Antonio De Ferraris De Ferraris fu uno studioso che, come gli intellettuali suoi contemporanei, riuscì a coniugare una vasta erudizione umanistica con nozioni scientifiche e, nel suo caso, anche con una apprezzata pratica medica. Le sue conoscenze erano di ampio respiro, e il suo bagaglio filosofico includeva la cultura classica di Aristotele, Platone ed Euclide, e quella araba di Avicenna e Averroè. Considerò che la filosofia classica era stata traviata dai pensatori medievali, come Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò solo Severino Boezio e la sua Consolatio philosophiae. In campo letterario era un estimatore della lingua spagnola, anche se prediligeva la civiltà classica e autori come Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca, Svetonio, Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di Dante, Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. De Ferraris si interessò anche delle opere geografiche di Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò lo studio di medicina, cominciando dai dottori del mondo classico (fra gli altri Ippocrate, Galeno) e arabo (Serapione il Vecchio).  Nonostante questa cultura ampia e poliedrica, De Ferraris non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue opere. Ma non sfuggì all'intellettuale il quadro generale della società dei suoi tempi e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle consuetudini spagnole.  Il suo De Situ Japygiae, scritto nel 1510-11, circolò a lungo manoscritto fino alla sua pubblicazione a Basilea (1553) ad opera del duca di Oria Giovanni Bernardino Bonifacio, e fu per secoli il più autorevole trattato storico-geografico sul Salento.  Mentre era a Bari (1503) come medico di Isabella d'Aragona (vedova di Gian Galeazzo Sforza) e precettore di sua figlia Bona Sforza (futura regina di Polonia), ebbe notizia della "Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna tredecim equitum.  Opere Oltre a decine di saggi e trattatelli la cui datazione è vaga o impossibile da determinare, De Ferraris compose le seguenti epistole in latino:  1495-1502Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi 1495-1502Ad Accium Sincerum de villa Laurentii Vallae 1495-1502Ad Franciscum Caracciolum de beneficio indignis collato 1495-1502Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopo Antonius Galateus medicus 1495-1502Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopo Antonius Galateus medicus 1495-1502Dialogus de Heremita 1495-1502De podagra 1495-1502Ad Chrysostomum, Antonius Galateus Gelasio suo salutem de nobilitate 1495-1502Ad Chrysostomum de morte fratris 1495-1502Ad illustrem comitem Potentiae 1495-1502Ad comitem potentiarum 1495-1502Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi Apuliae Antonius Galateus medicus sanitatem 1495-1502Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae 1503Antonius Galateus salutem 1503Galateus ad Chrysostomum de pugna tredecim equitum 1503Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani 1504-5Ad Prosperum Columnam 1504-5Galateus medicus ad Chrysostomum de Prospero Columna 1504-5Antonii Galatei Liciensis phiilosophi et medici praestantissimi de situ elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium 1504-8Esposizione del Pater noster De educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam 1507-10Antonius Galateus ad Antonium de Caris Neritinum episcopum 1510Ad Catholicum regem Ferdinandum 1510Beatissimo  Iulio II pontifici maximo Antonius Galateus 1510-1Antonii Galatei philosophi et medici praestantissimi De situ Japigiae ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati 1512Antonii Galatei medici Lupiensis epistola ad Nicolaum Leonicenum medicum 1512-3Petro Summontio Antonius Galateus medicus bene valere (De suo scribendi genere) 1512-3Antonius Galateus medicus Summontio suo bonam valetudinem (Callipolis descriptio) 1512-4Ad Pyrrum Castriotam 1513Illustri viro Belisario Aquevivo Galateus medicus bene valere (Vituperatio litterarum) 1513Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas 1513-4Galateus medicus Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. De Situ Japygiae (Basilea 1553), trad. italiana di Gabriella Miccoli La Iapigia. Itinerari e luoghi dell'antico Salento, a c. di Vittorio Zacchino (Lecce, Messapica Editrice, 1975) Callipolis Descriptio (trad. italiana di Amleto Pallara, Gallipoli, a c. di V. Zacchino, Lecce, Messapica Editrice 1977). Riconoscimenti Diverse città pugliesi hanno intitolato una via "Antonio De Ferraris", come Bari, Collepasso (LE), Manduria (TA), Poggiardo (LE), Santa Maria al Bagno (Nardò) o Taurisano (LE).  Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il poeta nel marzo  con l’apposizione di una lapide dedicata alla sua memoria, in Piazza Crocefisso, evento inserito nel programma delle Celebrazioni del V centenario della morte di Antonio De Ferraris.  Note  Leuzzi .  Antonio Galateo, su scienzasalento.unile.it. 1º settembre .  Antonio De Ferraris Galateo, Città di Galatone. 1º settembre  2 luglio ).  A. Romano, Antonio De Ferraris, in Dizionario biografico degli italiani,  33, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1987. 31 agosto .  Angelo Romano, DE FERRARIIS, Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, XXXIII , Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1987. 1º novembre . Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio De Ferrariis  De Ferràriis, Antonio, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 1º novembre . Galatone, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 1º novembre . «De Ferràriis, Antonio.Umanista (Galatone 1444 o 1448Lecce 1517), detto il Galateo dalla sua patria».

 

Ferraris: Grice: “Ferraris is what the in the Renaissance used to be called a ‘Renaissance man.’ My favourite of his essays is “La svolta testuale” – he is into Derrida and Yale, but I’m into Grice and Harvard, and I still connect!” -- Maurizio Ferraris (Torino), filosofo. Professore di filosofia a Torino. Presso l'ateneo torinese dirige il LabOnt (Laboratorio di Ontologia dal  Centro interdipartimentale di ontologia) di cui è stato Direttore dal 1999 al  e di cui è Presidente dal . Ha studiato a Torino, Parigi (prendendo un diploma d'études approfondies con  Derrida alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales), all'Heidelberg e insegnato in importanti università europee. Dirige la Rivista di Estetica ed è nel comitato direttivo di Critique, del Círculo Hermenéutico editorial e di aut aut. Ha collaborato al supplemento culturale de Il Sole 24 ORE; dal  scrive per le pagine culturali de la Repubblica. È inoltre editorialista per la Neue Zürcher Zeitung. Dopo aver scritto e condotto ZettelFilosofia in movimento per Rai Cultura, dal  conduce Lo Stato dell'Arte su Rai 5, dedicato all'approfondimento di temi d'attualità, politica e cultura.  In ambito teorico, ha legato il suo nome al rilancio dell'estetica come teoria della sensibilità, a un'ontologia sociale intesa come ontologia dei documenti (documentalità) e a un superamento del postmodernismo attraverso la proposta di un nuovo realismo. Ha scritto Henning Klüver, nella Süddeutsche Zeitung del 3 gennaio :  «Uno spettro si aggira, e non solo per l'Europa. Lo spettro del “nuovo realismo”. Il concetto di “nuovo realismo” è stato coniato dal filosofo italiano Maurizio Ferraris dell'Torino. [...] Il dibattito sul realismo è oggi condotto in diverse parti del mondo, dall'argentino José Luis Jerez, passando dal messicano Manuel De Landa e dall'americano Graham Harman, per arrivare fino al tedesco Markus Gabriel. [...] Grazie ai suoi innumerevoli contributi come colonnista di quotidiani come Il Sole 24 Ore e la Repubblica e a una sua trasmissione televisiva per il canale culturale Rai Scuola (ZettelFilosofia in movimento), Ferraris è divenuto nel frattempo una celebrità della scena filosofica italiana, sapendo abbinare il lavoro scientifico alle comparse pubblicheattirandosi però allo stesso tempo aspre critiche.»  ( Henning Klüver, Ich bin, also denke ich , in Süddeutsche Zeitung, traduzione italiana di Simone Maestrone, 3 gennaio . 10 ottobre .). Ferraris si laurea in Filosofia a Torino nel 1979, sotto la guida di Gianni Vattimo. Nei primi anni la sua attività si divide tra insegnamento, ricerca e giornalismo culturale. Dal 1979 al 1988 è redattore, poi condirettore, di Alfabeta, il cui comitato direttivo comprende, tra gli altri, Antonio Porta, Nanni Balestrini, Maria Corti, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Pier Aldo Rovatti e Paolo Volponi.  All'inizio degli anni ottanta inizia il suo rapporto con Jacques Derrida, che segna profondamente la sua formazione. Sul piano accademico, dopo due anni di insegnamento a Macerata (1982-83), nel 1984 inizia a insegnare a Trieste, inframmezzando l'attività didattica con una serie di soggiorni a Heidelberg dove, a contatto con Hans-Georg Gadamer, intraprende studi di ermeneutica. Nel 1995 Ferraris viene chiamato a Torino, come Professore di Estetica. Passerà all'insegnamento di Filosofia Teoretica nel 1999. Direttore di programma (cioè insegnante) al Collège international de philosophie dal 1998 al 2004, nel 1999 fonda il Laboratorio di Ontologia (LabOnt) e il Centro interuniversitario di Ontologia Teorica e Applicata (CTAO).  Pensiero L'ermeneutica I primi interessi di Ferraris si rivolgono alla filosofia post-strutturalista francese, con autori come Jean-François Lyotard, Michel Foucault, Jacques Lacan, Gilles Deleuze. Un ruolo particolare nella formazione del pensiero del filosofo italiano è stato rivestito indubbiamente da Jacques Derrida, con cui Ferraris intrattiene un rapporto di ricerca, e poi di amicizia, a partire dal 1981. Sono testimonianza di questa fase del suo pensiero le opere: Differenze (1981), Tracce (1983) e La svolta testuale (1984). Specificamente a Derrida, Ferraris ha dedicato: Postille a Derrida (1990), Honoris causa a Derrida (1998), Introduzione a Derrida (2003), Il gusto del segreto (1997) e, infine, Jackie Derrida. Ritratto a memoria (2006). Lavorando invece a contatto con Gadamer, a partire dai primi anni Ottanta Ferraris si rivolge all'ermeneutica, scrivendo: Aspetti dell'ermeneutica del Novecento (1986), Ermeneutica di Proust (1987), Nietzsche e la filosofia del Novecento (1989) e soprattutto Storia dell'ermeneutica (1988).  La svolta Alla fine degli anni ottanta Ferraris sviluppa un'articolata critica alla tradizione heideggeriana e gadameriana (si veda in particolare Cronistoria di una svolta, del 1990, postfazione alla conferenza di Heidegger La svolta), che fa valere, in particolare, l'apporto del post-strutturalismo come contestazione del retaggio romantico e idealistico che condiziona tale tradizione. La conclusione di questo percorso critico sfocia nella riconsiderazione del rapporto tra lo spirito e la lettera e in un ribaltamento della loro contrapposizione tradizionale. Spesso i filosofi e gli uomini comuni disprezzano la letterale norme e i vincoli che sono istituiti attraverso documenti e iscrizioni di vario genereanteponendole lo spiritoil pensiero e la volontàe riconoscendo la libera creatività del secondo rispetto alla prima. Per Ferraris è la lettera a precedere e fondare lo spirito. Si consuma così il passaggio alla seconda fase del pensiero del filosofo italiano.  Il realismo e l'ontologia critica Ferraris abbandona il relativismo ermeneutico e la decostruzione di Derrida per abbracciare una forma di oggettivismo realistico secondo cui l'«oggettività e realtà, considerate dall'ermeneutica radicale come principi di violenza e di sopraffazione, sono di fattoe proprio in conseguenza della contrapposizione tra spirito e lettera di cui si è dettola sola tutela nei confronti dell'arbitrio». Questo principio, valido in ambito morale, ha nel riconoscimento di una sfera di realtà indipendente dalle interpretazioni il suo fondamento teorico (si veda, in particolare, L'ermeneutica del 1998). Il mondo esterno, riconosciuto come inemendabile, e il rapporto tra schemi concettuali ed esperienza sensibile (l'estetica, riportata al suo significato etimologico di “scienza della percezione sensibile”, acquisisce una rilevanza primariasi vedano, in particolare, Analogon rationis (1994), Estetica (1996, con altri autori), L'immaginazione (1996), Experimentelle Ästhetik (2001) ed Estetica razionale (1997)) sono i temi dominanti della seconda fase del pensiero ferrarisiano, che rilegge Kant attraverso la fisica ingenua del percettologo triestino Paolo Bozzi (Il mondo esterno (2001) e Goodbye Kant! (2004)).  La “ontologia critica” ferrarisiana riconosce il mondo della vita quotidiana come largamente impenetrabile rispetto agli schemi concettuali. Il mancato riconoscimento di questo principio risale alla confusione tra ontologia (la sfera dell'essere) ed epistemologia (la sfera del sapere), di cui Ferraris articola una tematizzazione critica fondata sulcarattere di inemendabilità che è proprio dell'essere rispetto al sapere (si vedano in particolare: Ontologia (2003) e Storia dell'ontologia (2008, con altri autori). La sua riflessione sul realismo sfocia, nel , nell'elaborazione del Manifesto del New Realism.  Dall'ontologia sociale alla Documentalità L'esito naturale dell'ontologia critica è il riconoscimentoaccanto al mondo inemendabiledi un dominio di oggetti in cui la filosofia trascendentale kantiana trova la sua adeguata applicazione: gli oggetti sociali. Questa nuova fase del suo pensiero si apre idealmente con la pubblicazione di Dove sei? Ontologia del telefonino (2005) e prosegue con Babbo Natale, Gesù adulto (2006), Sans Papier (2007), La fidanzata automatica (2007), Il tunnel delle multe (2008). La tesi di fondo è che la distinzione tra ontologia ed epistemologia, unita al riconoscimento dell'autonomia ontologica della sfera degli oggetti sociali (regolata dalla legge costitutiva “oggetto = atto iscritto”), consente di correggere la tesi derridiana secondo cui "nulla esiste al di fuori del testo" (letteralmente, e asemanticamente, “non c'è fuori testo”) per teorizzare, contro Searle, che “niente di sociale esiste fuori del testo”.  Si approda così alla fase più matura del pensiero di Ferraris, esposta compiutamente e sistematizzata in quella che può essere considerata la sua summa, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce (2009). In seguito la sua  si arricchisce di piccole ma significative metafisiche dei costumi artistici e scritturalifinanche ultratecnologicicon Piangere e ridere davvero () e Filosofia per dame (), vere e proprie grammatologies, insomma, ma ri-viste, e robustamente visionarie, oltre che re-visionate, come del resto tutti gli articoli di intervento culturale (si cfr. esemplarmente quelli per Alfabeta e Alfabeta2).  Nuovo Realismo e critiche La svolta realista compiuta da Maurizio Ferraris a partire dalla formulazione dell'estetica non come filosofia dell'arte, ma come ontologia della percezione e dell'esperienza sensibile (Estetica razionale 1997, nuova edizione ), trova un'ulteriore declinazione nel Manifesto del nuovo realismo (). Il Nuovo realismo, i cui principi sono anticipati da Ferraris in un articolo uscito su Repubblica l'8 agosto  e che avvia un imponente dibattito, è in primo luogo un consuntivo di alcuni fenomeni storici, culturali, politici (l'analisi del postmoderno sino al suo deteriorarsi in populismo mediatico); da queste considerazioni consegue la messa in chiaro degli esiti prodotti dalle derive del postmoderno nel pensiero contemporaneo (l'interpretazione dei realismi filosofici e delle “teorie della verità” che si sviluppano a partire dalla fine del secolo scorso come reazione a una devianza del rapporto tra individuo e realtà); da questo scaturisce la proposta di un antidoto alla degenerazione dell'ideologia postmodernista, alla prassi degradata e mendace della relazione con il mondo che questa ha indotto: il Nuovo Realismo si identifica infatti nell'azione sinergica di tre parole-chiave, Ontologia, Critica, Illuminismo. Il Nuovo Realismo è stato oggetto di discussioni e convegni nazionali e internazionali e ha sollecitato una serie di pubblicazioni che implicano il concetto di realtà come paradigma anche in ambiti extrafilosofici.  In effetti, il dibattito sul nuovo realismo, per quantità di contributi e media implicati, non ha equivalenti nella storia culturale recente, tanto da essere stato assunto 'case study' per analisi di sociologia della comunicazione e linguistica. In campo internazionale, il Manifesto del nuovo realismo ha già avuto due traduzioni (cilena e spagnola, quest'ultima accresciuta con un nuovo saggio di Ferraris e accompagnata da ampia introduzione di Francisco José Martín anticipata sulla Revista de Occidente) seguite dall'uscita delle traduzioni inglese (Suny Press), tedesca (Klostermann), francese (Hermann), svedese (Daidalos) e dalla recente traduzione cinese (BIT Press). Sempre sul piano internazionale, il nuovo realismo è stato discusso dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, dalla Neue Zürcher Zeitung e dalla Süddeutsche Zeitung e si annuncia un fascicolo monografico del "Monist".  Inoltre, il tema è rielaborato sia in Warum es die Welt nicht gibt di Markus Gabriel (Berlin, Ullstein Verlag ), sia nel Manifiesto del nuevo realismo analógico (Buenos Aires, Círculo Herméneutico ) di Mauricio Beuchot (México-UNAM) e José Luis Jerez (Argentina-UNCo). Per ciò che riguarda l'Italia, il nuovo realismo ha sollecitato una serie di pubblicazioni che ne discutono le tesi, a cominciare da Della realtà: fini della filosofia, Milano, Garzanti  di Gianni Vattimo e Inattualità del pensiero debole, Udine, Forum,  di Pier Aldo Rovatti sino a Il senso dell'esistenza. Per un nuovo realismo ontologico, Roma, Carocci, , di Markus Gabriel, Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in discussione (M. De Caro e M. Ferraris), Torino, Einaudi,  e a Sociologia e nuovo realismo, Milano-Udine, Mimesis,  di Luca Martignani (che fa parte della collana “Nuovo Realismo” diretta da Ferraris e De Caro, che conta numerose pubblicazioni).  Al Nuovo Realismo di Ferraris hanno aderito sia filosofi di formazione analitica, come Mario De Caro (cfr. Bentornata Realtà, a c. di De Caro e Ferraris, ), sia filosofi di formazione continentale, come Mauricio Beuchot (Manifesto del realismo analogico, ), Luca Taddio (Verso un nuovo realismo, ), e Markus Gabriel (Campi di senso. Un'ontologia neorealista, ), che ha raccolto il sostegno di pensatori come Umberto Eco, Hilary Putnam e John Searle, e che si incrocia con altri movimenti realisti sorti in modo indipendente ma rispondendo a esigenze affini, come il “realismo speculativo” del filosofo francese Quentin Meillassoux e del filosofo statunitense Graham Harman. Per il nuovo realismo, il fatto che sia sempre più evidente che la scienza non è sistematicamente la misura ultima della verità e della realtà non comporta che si debba dire addio alla realtà, alla verità o alla oggettività, come aveva concluso molta filosofia del secolo scorso.  Significa piuttosto che anche la filosofia, così come la giurisprudenza, la linguistica o la storia, ha qualcosa di importante e di vero da dirci a proposito del mondo. In questo quadro, il nuovo realismo si presenta anzitutto come un realismo negativo: la resistenza che il mondo esterno oppone ai nostri schemi concettuali non va considerata come uno scacco, ma come una risorsa, come una prova dell'esistenza di un mondo solido e indipendente. Se le cose stannoin questi termini, però, il realismo negativo si trasforma in un realismo positivo (Cfr. M. Ferraris, Realismo Positivo, Rosenber e Sellier ): nella sua resistenza larealtà non costituisce soltanto un limite, ma offre anche delle possibilità e delle risorse, il che spiega come, nel mondo naturale, forme di vita differenti possano interagire nello stesso ambiente senza condividere alcuno schema concettuale; e come, nel mondo sociale, le intenzioni e i comportamenti umani siano resi possibili da una realtà che è anzitutto data, e che solo in un secondo momento potrà essere interpretata e, se necessario, trasformata. Esauritasi la stagione del postmoderno, il nuovo realismo ha intercettato un diffuso bisogno di rinnovamento in ambiti extradisciplinari come l'architettura, la letteratura, la pedagogia, la medicina.  L'ultima corrente filosofica inaugurata da Maurizio Ferraris ha provocato resistenze e critiche da parte dei sostenitori del postmodernismo e del pensiero debole.  Premi  Foto del 2007 1990 Premio filosofico "Claretta" 2005 Premio filosofico "Valitutti" 2006 Premio filosofico "Castiglioncello" 2007 Premio "Ringrose", Berkeley 2008 Premio filosofico "Viaggio a Siracusa"  Premio filosofico "Capalbio"  Premio "Humboldt Forschung", Univeristà di Monaco  Premio filosofico "Elio Matassi" Opere 1981 Differenze. La filosofia francese dopo lo strutturalismo, Milano: Multhipla,  228, seconda edizione, 2007 Milano: Edizioni Albo Versorio,  158 1983 Tracce. Nichilismo moderno postmoderno, Milano: Multhipla,  174; seconda edizione, Milano: Mimesis, La svolta testuale. Il decostruzionismo in Derrida, Lyotard, gli “Yale Critics”, Pavia: Cluep,  145; seconda edizione, 1986 Milano: Unicopliparziale in M. Asensi ,Teoría literaria y deconstrucción, Madrid: Arco / Libros, 1990 1986 Aspetti dell'ermeneutica del Novecento, in Il pensiero ermeneutico. Testi e materiali, Genova: Marietti,  209-277 1987 Ermeneutica di Proust, Milano: Guerini e associati,  124 1988 Storia dell'ermeneutica, Milano: Bompiani, nona edizione 2008,  528History of Hermeneutics, New Jersey: Humanities Press, 1996Historia de la Hermenéutica, Madrid: Akal, 2001Historia de la Hermenéutica, Città del Messico: Siglo,  XXI, 2002 1989 Nietzsche e la filosofia del Novecento, Milano: Bompiani; seconda edizione 1999,  170 1990 Cronistoria di una svolta, in Martin Heidegger, La svolta, Genova: il Melangolo (traduzione e conclusione,  35–115) 1990 Postille a Derrida, Torino: Rosenberg & Sellier,  308 1991 La filosofia e lo spirito vivente, Roma-Bari: Laterza,  280 1992 Mimica. Lutto e autobiografia da Agostino a Heidegger, Milano: Bompiani,  150Luto y Autobiografía, Città del Messico: Taurus, 2000 1992 Storia della volontà di potenza, in Friedrich Nietzsche, La volontà di potenza, Milano: Bompiani,  563–688 1994 Analogon rationis, Milano: Pratica filosofica,  150 1995 Interpretazione ed emancipazione. Studi in onore di Gianni Vattimo (con altri), Milano: Raffaello Cortina,  446 1996 L'immaginazione, Bologna: il Mulino,  157La Imaginación, tr. di F. Campillo Garcia, Madrid: Visor, 1998 (tr) İmgelem, tr. di Firat Genç, Ankara: Dost, 2008,  143 1996 Estetica, (con altri autori), Torino: Utet,  114 1997 Il gusto del segreto, con Jacques Derrida, Roma-Bari: Laterza,  181A Taste for the Secret, Londra: Blackwell, 2001 (pt) O Gosto do Segredo, Lisbona: Fim de Século, 2006El gusto del secreto, Buenos Aires-Madrid: Amorrortu editores, 2009,  256  Le goûte du secret, Paris: Hermann,  1997 Estetica razionale, Milano: Raffaello Cortina,  648 1998 Honoris causa a Derrida, Torino: Rosenberg & Sellier,  106 1998 L'ermeneutica, Roma-Bari: Laterza,  130, seconda edizione 2003La hermenéutica, Città del Messico: Taurus Mexicana, 2000,  187La Hermenéutica, tr. di by Lázaro Sanz, Madrid: Ediciones Cristiandad, 2004,  182 1999 Nietzsche, (con altri autori),Roma-Bari: Laterza,  422, seconda edizione 2004 2000 Nietzsche y el nihilismo, Madrid: Akal,  87 2001 Una Ikea di università, Milano: Raffaello Cortina,  117 2001 Experimentelle Ästhetik, Vienna: Turia und Kant,  170 2001 Il mondo esterno, Milano: Bompiani,  210 2001 L'altra estetica, (con altri autori), Torino: Einaudi,  351 2003 Introduzione a Derrida, Roma-Bari: Laterza,  161, seconda edizione 2004Introducción a Derrida, Buenos Aires-Madrid: Amorrortu editores, Ontologia, Napoli: Guida,  168 2004 Goodbye Kant!, Milano: Bompiani,  154, quinta edizione 2006Goodbye, Kant! Qué queda hoy de la «Critica de la razón pura», Madrid: Losada, 2007,  205  Goodbye, Kant! Ce qu'il reste aujourd'hui de la «Critique de la raison pure», tr. di Jean-Pierre Cometti, con una pref. di Pascal Engel, Parigi: Editions de l'éclat, 2009,  176 (sr) Goodbye Kant! Šta ostaje danas od Kritike čistog uma, tr. di Ivo Kara-Pešić, Belgrado: Paideia, Goodbye, Kant!, New York: Suny, ,  146 2005 Dove sei? Ontologia del telefonino, Milano: Bompiani,  294, seconda edizione 2006, terza edizione  con prefaz. di Umberto Eco  T'es où? Ontologie du téléphone mobile, tr. di Pierre-Emmanuel Dauzat, Parigi: Albin Michel, 2006,  312 nuova edizione in Letture di filosofia, introduzione di Umberto Eco, Milano: Il Sole 24 ore, 2007,  350¿Dónde estás? Ontología del teléfono móvil, tr. di Carmen Revilla Guzmán, Barcelona: Marbot, 2008,  320 (ro) Alo? Unde eşti? Mic tratat despre telefonul mobil, tr. di Teodora Pavel, Bucarest: RAO, 2008,  336 (hu) Hol vagy? A mobiltelefon ontológiája, tr. di Judit Gál, Budapest: Európa, 2008,  448Where are you? An Ontology of the Cell Phone, New York: Fordham UP,  248 (sr) Gde si? Ontologija mobilnog telefona, tr. di Ivo Kara-Pešić, Belgrado: Fedon,   448 2006 Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede?, Milano: Bompiani,  151 2006 Jackie Derrida. Ritratto a memoria, Torino: Bollati Boringhieri,  120Jackie Derrida. Retrato de memoria, Bogotá: Siglo del Hombre, 2007,  91 2007 Sans papier. Ontologia dell'attualità, Castelvecchi: Roma,  233 2007 La fidanzata automatica, Milano: Bompiani,  204 2008 Il tunnel delle multe. Ontologia degli oggetti quotidiani, Torino: Einaudi,  284 2008 Storia dell'ontologia (con altri), Milano: Bompiani,  Una Ikea di università. Alla prova dei fatti, nuova edizione, Milano: Raffaello Cortina,  161 2009 Piangere e ridere davvero. Feuilleton, Genova: Il melangolo,  100 2009 Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari: Laterza,  XV-429, seconda edizione Documentality: Why It Is Necessary to Leave Traces, Oxford USA: Oxford University Press,   Ricostruire la decostruzione. Cinque saggi a partire da Jacques Derrida, Milano: Bompiani,  120  Filosofia per dame, Parma: Guanda,  202  Anima e iPad, Parma: Guanda,  185, seconda edizione   Âme et iPad, Montréal: coll. Parcours Numériques, Les Presses de l'Université de Montréal, ,  216 (anche in open access) (de) Die Seeleein i-Pad?, Basel: Schwabe, ,  194  Manifesto del nuovo realismo, Roma-Bari: Laterza,  113 (ch) Manifiesto del Nuevo Realismo por Maurizio Ferraris, Ariadna, ,  134Manifiesto del Nuevo Realismo, Madrid: Actas, ,  134  Manifeste du nouveau réalisme, Paris: Hermann, ,  122Manifesto of New Realism, New York: Suny, ,  124 (de) Manifest des neuen Realismus, Frankfurt/M: Klosterman, ,  90 (se) Manifest for en nyrealism, Stockholm: Daidalos, ,  146  Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in discussione , con Mario De Caro, Torino: Einaudi,  XI 230  Lasciar tracce: documentalità e architettura, F. Visconti e R. Capozzi, Milano: Mimesis,  96  Filosofia Globalizzata, con Leonardo Caffo, Milano: Mimesis,  104  From Fictionalism to Realism , con C. Barbero, A. Voltolini, Newcastle: Cambridge Scholars Publishing,  160  Realismo Positivo, Torino: Rosenberg & Sellier,  120Positive Realism, London: Zer0 Books,   Spettri di Nietzsche, Guanda: Parma,  272 (de) Nietzsches Gespenster, Frankfurt/M: Klosterman, ,  252  Introduction to New Realism, London: Bloomsbury,  168Introducción al Nuevo Realismo, Neuquén, Argentina: Circulo Hermenéutico, ,  117  Mobilitazione Totale, Roma-Bari: Laterza,  120  Mobilitation totale. L'appelle du portable, Paris: Presses Universitaire de France, , 152Movilización total, Barcelona: Herder, ,  152  I modi dell'amicizia, con Achille Varzi, Napoli-Salerno: Orthothes,  60  Emergenza, Torino: Einaudi,  128  L'imbecillità è una cosa seria, Bologna: il Mulino,  132  Filosofia teoretica, con Enrico Terrone, Bologna: il Mulino,  333  Postverità e altri enigmi, Bologna: il Mulino,  181  Il denaro e i suoi inganni, con John R. Searle, Torino: Einaudi,  136  Intorno agli unicorni. Supercazzole, ornitorinchi, ircocervi, Bologna: il Mulino,  144  Il capitale documediale. Prolegomeni, in Scienza Nuova. Ontologia della trasformazione digitale, Torino: Rosenberg&Sellier,  11-120  From Fountain to Moleskine, Brill Research Perspectives in Art and Law, 2/4,  87  Cinema and Ontology, with E. Terrone, Milano-Udine: Mimesis,  200 Media e divulgazione Maurizio Ferraris è responsabile scientifico del seguente manuale in tre volumi per le scuole superiori:   "Pensiero in movimento", Pearson Libri in collana di quotidiani: Oltre che diverse curatele e interventi per il "Caffè Filosofico" del settimanale l'Espresso (2009) e la collana "Capire la Filosofia" de la Repubblica si segnalano:   "Felicità. Cos'è la ricerca della felicità?", Roma, la Repubblica, venerdì 9 novembre,  96  "Libertà. Quando si è davvero liberi?", Roma, la Repubblica, sabato 10 novembre,  96  "Arte. Perché certe cose sono opere d'arte?", Roma, la Repubblica, venerdì 16 novembre,  96  "Male. È possibile vivere senza il male?", Roma, la Repubblica, sabato 17 novembre,  96  "Uguaglianza. C'è qualcuno più uguale degli altri?", Roma, la Repubblica, venerdì 23 novembre,  95  "Bellezza. C'è una regola del bello?", Roma, la Repubblica, sabato 24 novembre,  95  "Mente. La mente è soltanto il cervello?", Roma, la Repubblica, venerdì 30 novembre,  95  "Morale. C'è un solo modo giusto di vivere?", Roma, la Repubblica, sabato 1º dicembre,  95  "Potere. Perché si lotta per il potere?", Roma, la Repubblica, venerdì 7 dicembre,  96  "Pensiero. Che cosa significa pensare?", Roma, la Repubblica, sabato 8 dicembre,  96  "Violenza: La violenza è inevitabile?", Roma, la Repubblica, venerdì 14 dicembre,  96  "Passione: Chi decide, la ragione o la passione?", Roma, la Repubblica, sabato 15 dicembre,  96  "Senso: Che cosa ci manca quando diciamo che la vita non ha senso?", Roma, la Repubblica, venerdì 21 dicembre,  96  "Linguaggio: Si può pensare senza parole", Roma, la Repubblica, sabato 22 dicembre,  96  "Scienza: Che cosa sanno gli scienziati?", Roma, la Repubblica, venerdì 28 dicembre,  96  "Filosofia: A cosa servono i filosofi?", Roma, la Repubblica, sabato 29 dicembre,  96 Dal settembre  ha curato, oltre a partecipare con singoli interventi, la seconda serie del "Caffè Filosofico" di Repubblica curandone gli epiloghi.  Nel biennio - ha diretto e condotto tre serie del programma televisivo ZettelFilosofia in movimento in onda su Rai Scuola. Nel  e nel  ha continuato tale lavoro nel programma televisivo "Lo stato dell'arte", in onda su RAI5. Ha condotto la rubrica di Rai cultura "Opera aperta", in onda sullo stesso canale.  Note  "Maurizio Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe , Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani,  226-235.  "Maurizio Ferraris", la Repubblica, 8 agosto ,//alfabeta2.it//09/09/manifesto-del-new-realism/#more-1513. Per una rassegna completa del dibattito sorto intorno al "Manifesto del New Realism" si veda Copia archiviata, su labont.it. Nuovo Realismo | Il sito ufficiale della rassegna nuovo realismo  R. Scarpa, Ilcaso Nuovo Realismo. La lingua del dibattito filosofico contemporaneo, Milano-Udine, Mimesis, .  Reperibileonline, fascicolo di Giugno://ortegaygasset.edu/fog/ver/552/revista-de-occidente/junio-  Questi ealtri riferimenti, con resoconti e presentazioni degli incontri, sono quireperibili: nuovorealismo.wordpress.com/rassegna/-2/ //themonist.com/wp-content/uploads//06/98-4CFP.html  Si vedano ancora, tra gli altri, Emiliano Bazzanella, La filosofia e il suo consumo. Il nuovo New Realism, Trieste, Asterios, ; Perché essere realisti? Una sfida filosofica, Andrea Lavazza e Vittorio Possenti, Milano-Udine, Mimesis, ; L. Somigli (a curadi), Negli archivi e per le strade. Il ritorno alla realtà nella narrativa di terzo millennio, Roma, Aracne, ; Architettura e realismo, Milano Maggioli, .  Âme et iPad e disponibile in francese in open access sulla  parcoursnumeriques-pum.ca  Il Caffè Filosofico. La filosofia raccontata dai filosofi  Lo stato dell`arteIl  di RAI Cultura dedicato alla filosofia, in Il  di RAI Cultura dedicato alla filosofia. 17 ottobre .  2009 "Maurizio Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe , Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani,  226-235; 2009 "Ontologia analitica e ontologie continentali: Maurizio Ferraris e i filosofi italiani di impostazione analitica", in C. Esposito e P. Porro , Filosofia contemporanea, Roma-Bari: Laterza,  692-693. dal  Rassegna Stampa Nuovo Realismo, sul sito del Labont: raccolta estesa di tutti gli interventi a proposito della proposta teorica sul realismo di Maurizio Ferraris.  Documentalità Ontologia Ermeneutica Realismo (filosofia) Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Maurizio Ferraris Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Maurizio Ferraris Sito ufficiale, su maurizioferraris.it 31 luglio ).  Maurizio Ferraris, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Maurizio Ferraris, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Maurizio Ferraris, .   Pubblicazioni di Maurizio Ferraris, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  CTAOCentro Interuniversitario di Ontologia Teoretica ed Applicata, su ctaorg.org.  l'11 novembre 2008 12 gennaio ). LABONTLaboratorio di Ontologia, su labont.it. Il «questionario Proust» a Maurizio Ferraris, su elapsus.it. Maurizio Ferraris, il Nuovo Realismo, sul  RAI Filosofia, su filosofia.rai.it.

 

ferrero: Grice: “Just for having written on the influence of Pythagoras on the Roman world, Ferrero is highly commendable! Pythagoras is crucial for Plato; and Pythagoras taught of course at what would be a Roman cives, ‘Croto.’ So it all relates!” -- Italian philosopher, author of “Pigatorismo nel mondo romano.” La Storia del Pitagorismo nel mondo romano di Leonardo Ferrero vide la luce grazie al contributo della Fondazione Parini-Chirio e della Facoltà di Lettere dell’Torino e rappresenta ancora oggi uno dei contributi più alti alla Storia della Filosofia Romana.  Animato da uno spirito che potrebbe senza dubbio definirsi per mezzo del sentimento dell’importanza maggiore, nella storia delle idee dell’Antichità, di coloro che Aristotele chiamava “i filosofi italiani”, di coloro che hanno fatto fiorire sulla terra d’Italia uno dei rami più vigorosi del pensiero filosofico occidentale. Ricco di elementi ed agile nella prosa, il libro è uno dei più importanti, se non l’unico, contributo che rende ragione della relazione tra filosofia romana e  pitagorica, rinvenendo l’importanza del pensiero speculativo alla base della cultura romana classica.  Su questa base l’a. arriva a sostenere l’idea nuova ed originale dell’ideale che l’organizzazione pitagorica ha, in ogni tempo, proposto alla classe dirigente romana che l’accolto e realizzato, non dimenticando che il fine della filosofia pitagorica è la formazione del politico.  Il piano dell’opera è semplice e chiaro. Due parti e cinque capitoli solamente permettonodi abbracciare una storia che si estende sui secoli storici della Roma prima dell’era cristiana, arricchite da un’ampia consultazione delle fonti e da un indice analitico che ne facilita la consultazione.  L’autore  Leonardo Ferrero allievo del filologo concittadino Rostagni, nel 1937 si laurea all’Torino ed inizia subito l’insegnamento. Docente all’Istituto Universitario di Magistero dell’Aquila e, poi, Ordinario di Letteratura Latina presso l’Trieste di cui è eletto Preside. L’anno successivo è nominato socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino. Leonardo Ferrero muore a Trieste il 31 dicembre 1965.

 

FERRETTI:  Grice: “I like Ferretti, for one, he wrote on intersubjectivity which is a problem for Husserl: cogitamus; nobody speaks of ‘cogitamus --; one has to distinguish between my favoured –‘inter-subjectivity’ and ‘alterity’!” – Grice: “Ferretti has also philosophised on the infinite, which poses a problem to my principle of conversational helpfulness.” -- Giovanni Ferretti (Brusasco), filosofo. Professore di filosofia teoretica a Macerata.  Si è laureato in filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore nel febbraio de ha ottenuto la licenza in Sacra Teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica di Milano con sede in Venegono Inferiore nell'ottobre del 1962. Dal 1968 al 1976 ha insegnato filosofia della religione presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, nella sede centrale di Milano, e filosofia nella sede parallela di Torino. Dal 1979 al 1985 è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia presso l'Università degli Studi di Macerata; dal 1985 al 1991 è stato Rettore della medesima Università e dal 1995 al 1998 ne è stato Presidente del Nucleo di valutazione.  Dal 1995 al 1998 è stato Presidente del Centro di studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson. È Direttore del Dipartimento di filosofia e scienze umane dell'Università degli studi di Macerata dal 1999. È membro della Giunta direttiva del Comitato scientifico del Centro Studi filosofici di Gallarate. È fondatore e fa parte della Direzione della rivista «Filosofia e Teologia» dal 1987. È tra i fondatori ed è membro del consiglio di amministrazione del Centro di studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson, con sede a Torino, dal 1995. Dal 1995 fa parte del Comitato direttivo dell’Annuario filosofico, pubblicato dal medesimo centro.  Orientamento di pensiero Sezione vuota Questa sezione sugli argomenti biografie e filosofia è ancora vuota. Aiutaci a scriverla! Pubblicazioni Max Scheler. I. Fenomenologia e antropologia personalistica, Vita e Pensiero, Milano 1972; Max Scheler. II. Filosofia della religione, Vita e Pensiero, Milano 1972; Introduzione alla teologia contemporanea. Profilo storico e antologia (in con F. Ardusso, A. Pastore Perone, U. Perone), SEI, Torino 1972, 2ª ed. ampliata e rinnovata collaborazione con il titolo La teologia contemporanea. Introduzione e brani antologici, Marietti, Torino 1980; Storia del pensiero filosofico (in collaborazione con Ugo Perone, A. Pastore Perone, C. Ciancio), 3 voll., SEI, Torino 1975; Filosofia della religione, in Dizionario Teologico Interdisciplinare,  I, Marietti, Torino 1977,  151–181; Filosofia e pedagogia. Profilo storico e analisi delle istituzione educative (in collaborazione con B. Bellerate, C. Ciancio, A. Perone, U. Perone), voll. 3, SEI, Torino 1978; In lotta con l'angelo. La filosofia degli ultimi due secoli di fronte al Cristianesimo, SEI, Torino 1989 (in collaborazione con U. Perone, A. Pastore Perone, C. Ciancio, Maurizio Pagano); Filosofia: i testi, la storia (in collaborazione con C. Ciancio, U. Perone, A. Pastore), SEI, Torino 1991; Soggettività, intersoggettività, alterità. In dialogo con Husserl e Levinas, I, Le meditazioni cartesiane di Husserl (Quaderni di ricerca e didattica, VI), Dipartimento di filosofia e scienze umane, Macerata, Macerata 1993; Soggettività, intersoggettività, alterità. In dialogo con Husserl e Levinas, II, Totalità e infinito di Emmanuel Levinas (Quaderni di ricerca e didattica, VIII), Dipartimento di Filosofia e Scienze umane, Macerata, Macerata 1993; Alterità e trascendenza. Introduzione e commento ad Altrimenti che essere di E. Levinas (Quaderni di ricerca e didattica, XI), Dipartimento di Filosofia e Scienze Umane, Macerata, Macerata 1994; Ontologia e teologia in Kant. Con commentari di testi kantiani (Quaderni di ricerca e didattica, XIV), Dipartimento di Filosofia e Scienze Umane, Macerata, Macerata 1995; La filosofia di Levinas. Alterità e trascendenza, Rosenberg & Sellier, Torino 1996; Soggettività e intersoggettività. Le Meditazioni cartesiane di Husserl, Rosenberg & Sellier, Torino 1997; Ontologia e teologia in Kant, Rosenberg & Sellier, Torino 1997 (tradotta in francese come Ontologie et Theologie chez Kant, Cerf, Paris 2001).  Università-Macerata, su unimc.it.

 

FERRI – Grice: “I love Ferri; for one, he wrote on Ficino’s ‘dottrina dell’amore,’ which is of course Plato’s – and which I may call the most complicated philosophical doctrine of love ever conceived!” -- Luigi Ferri (Bologna), filosofo. Insegnò a Firenze e 'Roma/ Venne nominato Socio Nazionale dell'Accademia dei Lincei.  Discusse in tre lettere le Confessioni di un metafisico del suo amico Terenzio Mamiani ed elaborò in tre memorie le sue concezioni.  Pubblicò la “Rivista italiana di filosofia.”  Opere”: Essai sur l'histoire de la philosophie en Italie au dixnèuvieme siècle (1869)  Luca Lo Bianco, FERRI, Luigi, in Dizionario biografico degli italiani,  47, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

ficino: Grice: “If Ficino had JUST commented on Plato’s symposium that would be already a magnificient achievement! So Renaissance – it taught the Romans and the Italians, and us, that the dialogue IS the philosophical form per tradition, whatever Cicero tried!” -- one of the most important Italian philosophers, neoplatonic philosopher who played a leading role in the cultural life of Florence. Ordained a priest in 1473, he hoped to draw people to Christ by means of Platonism. It was through Ficino’s translation and commentaries that the works of Plato first became accessible to the Latin-speaking West, but the impact of Plato’s work was considerably affected by Ficino’s other interests. He accepted Neoplatonic interpretations of Plato, including those of Plotinus, whom he tr.; and he saw Plato as the heir of Hermes Trismegistus, a mythical Egyptian sage and supposed author of the hermetic corpus, which he tr. early in his career. He embraced the notion of a prisca theologia, an ancient wisdom that encapsulated philosophic and religious truth, was handed on to Plato, and was later validated by the Christian revelation. The most popular of his original works was Three Books on Life 1489, which contains the fullest Renaissance exposition of a theory of magic, based mainly on Neoplatonic sources. He postulated a living cosmos in which the World-Soul is linked to the world-body by spirit. This relationship is mirrored in man, whose spirit or astral body links his body and soul, and the resulting correspondence between microcosm and macrocosm allows both man’s control of natural objects through magic and his ascent to knowledge of God. Other popular works were his commentary on Plato’s Symposium 1469, which presents a theory of Platonic love; and his Platonic Theology 1474, in which he argues for the immortality of the soul. Marsilio Ficino (Figline Valdarno, 19 ottobre 1433Careggi, 1º ottobre 1499) filosofo, umanista e astrologo italiano. Nato dal medico personale di Cosimo il Vecchio, Diotifeci d'Agnolo, e da Alessandra di Nanoccio, studia a Firenze sotto Luca de Bernardi e Comando Comandi e apprende le prime nozioni di greco da Francesco da Castiglione, mentre sarebbe da smentire la notizia riportata nella Vita Ficini di Giovanni Corsi, scritta del 1506, che sia stato allievo del Platina.  Il suo primo maestro di filosofia è il folignate Niccolò Tignosi, medico aristotelico autore di un De anima e di un De ideis. Conseguenza di questi insegnamenti è la sua Summa philosophiae, un gruppo di scritti in latino dedicati a Michele Mercati intorno al 1454 in cui il Ficino tratta di fisica, di logica, di Dio e di aliae multae quaestiones. Nella dedica all'amico scrive di volerlo introdurre «a quegli studi che devono impegnare la nostra età, secondo la regola del nostro Platone».  Studia Epicuro e Lucrezio, scrivendo intorno al 1457 i Commentariola in Lucretium, che distruggerà nel 1492, il De voluptate ad Antonium Calisianum, il De virtutibus moralibus e il De quattuor sectis philosophorum, dove tratta di questioni morali e dell'anima riportando opinioni platoniche, aristoteliche, epicuree e stoiche, e l'exercendae memoriae gratia, come esercitazione mnemonica e senza pretese sistematiche.  Nel 1456 scrive vari libri di Institutionum ad platonicam disciplinam, perduti, tratti da fonti latine e per questo motivo trascurati per la sentita esigenza di abbeverarsi alla diretta fonte greca. Sembra che il suo interesse al platonismo abbia indotto l'arcivescovo fiorentino Antonino Pierozzi, preoccupato di possibili deviazioni del Ficino verso eresie platoniche, a consigliargli di studiare sia medicina a Bologna sia l'opera di Tommaso d'Aquino. Ma la permanenza a Bologna dal 1457 al 1458, testimoniata da Zanobi Acciaiuoli, non è documentata e resta certo l'ininterrotto interesse per la filosofia platonica e neo-platonica. Intorno al 1460 traduce Alcinoo, Speusippo, i versi attribuiti a Pitagora e l'Assioco attribuito a Senocrate. Tradotti gli inni di Orfeo, di Omero, di Proclo e la Teogonìa di Esiodo, riceve in dono da Cosimo de' Medici un codice platonico e una villa a Careggi, che diverrà nel 1459 sede della nuova Accademia Platonica, fondata dallo stesso Ficino per volere di Cosimo, con il compito di studiare le opere di Platone e dei platonici, al fine di promuoverne la diffusione. Qui inizia la traduzione, nell'aprile del 1463, dei Libri ermetici (Corpus hermeticum), portati in Italia dalla Macedonia da Leonardo da Pistoia; la sua opera di traduzione avrà un notevole influsso nel pensiero rinascimentale europeo. Il Ficino vede in quella sapienza antica la presenza di una rivelazione, di una pia philosophia che si è attuata nel Cristianesimo ma della quale l'umanità di tutti i tempi era sempre stata partecipe. Nella dedica a Cosimo, scrive che Ermete Trismegisto «per primo disputò con grandissima sapienza della maestà divina, della gerarchia degli spiriti» (daemonum ordine), «della trasmigrazione delle anime. Per primo fu chiamato teologo: lo seguì, secondo teologo, Orfeo, poi Aglaofemo, Pitagora e Filolao, maestro del nostro divino Platone».  Esiste dunque, secondo Ficino, una concorde e antica tradizione teologica, una priscae theologiae undique sibi consona secta, che nasce con Ermete e culmina con Platone. La «pia filosofia», antitetica alle correnti di pensiero atee e materialiste, si propone di sottrarre l'anima dagli inganni dei sensi e della fantasia per elevarla alla mente; questa percepisce la verità, l'ordine di tutte le cose, sia esistenti in Dio che emanate da Lui, grazie all'illuminazione divina, affinché l'uomo, tornato fra i suoi simili, possa renderli partecipi delle verità rivelategli dalla fonte divina (divino numine revelata).  La sua traduzione latina del Corpus hermeticum, già tradotto in volgare nel 1463 da Tommaso Benci, viene stampata nel 1471; nel 1463 inizia la traduzione latina dei dialoghi platonici, conclusa forse nel 1468, e vi aggiunge nel tempo i suoi commenti: intorno al 1474 quelli al Filebo, al Fedro e al Convivio (tradotto anche in italiano), nel 1484 al Timeo, e nel 1494 al Parmenide. Dal 1469 al 1474 stende l'opera più importante, i diciotto libri della Theologia platonica de immortalitate animarum, dedicata a Lorenzo de' Medici. Dopo aver preso i voti sacerdotali il 18 dicembre 1473, compone la Religione cristiana, in italiano, di cui darà poi la versione latina nella De christiana religione. Dal 1475 al 1476 scrive la Disputatio contra iudicium astrologorum e nel 1481 viene dato alle stampe il suo Consiglio contro la pestilenza, dopo il flagello dell'epidemia del 1478.   Busto di Marsilio Ficino ad opera di Andrea Ferrucci (1522) in Santa Maria del Fiore, Firenze Nel 1484 inizia la traduzione delle Enneadi di Plotino e dal 1488 al 1493 traduce le opere di Giamblico, Proclo, Prisciano, Porfirio, Sinesio, Teofrasto, Michele Psello, la Mistica teologia e i Nomi divini dello Pseudo-Dionigi, e i frammenti di Atenagora di Atene: con questo ampio corpus platonico il Ficino persegue la sua teorizzazione della continuità della tradizione teologica da Ermete ai platonici prolungatasi attraverso Dionigi Areopagita, Agostino, Apuleio, Boezio, Macrobio, Avicebron, Al-Farabi, Avicenna, Duns Scoto, Bessarione e il Cusano.  I tre libri del De vita, usciti nel 1489, gli procurano accuse di magia dalle quali si difende con un'Apologia; nel 1495 pubblica dodici libri di Epistulae che comprendono anche opuscoli scritti dal 1476 al 1491, come il De furore divino, la Laus philosophiae, il De raptu Pauli, le Quinque claves Platonicae sapientiae, il De vita Platonis, i De laudibus philosophiae, l'Orphica comparatio Solis ad Deum, la Concordia Mosis et Platonis, gli Apologi de voluptate quattuor.  Lascia incompiuto un Commento a San Paolo per la morte sopraggiunta a sessantasei anni, nel 1499. È sepolto nel duomo di Santa Maria del Fiore, dove un monumento lo celebra come il maggior filosofo fiorentino.  È noto come Aristotele concepisca l'essere umano come sinolo, unità ordinata e indissolubile di materia e forma, di corpo e anima, cosicché il suo principale commentatore dell'antichità Alessandro di Afrodisia poteva ben dedurne esplicitamente la mortalità dell'anima contemporanea a quella del corpo. Al contrario, Platone aveva già distinto le due sostanze, concedendo all'anima una vita separata e indipendente dal destino del corpo.  A questa concezione aderisce Ficino, che in polemica contro Aristotele esalta la dottrina platonica, al punto da interpretarla come una forma di religiosità propedeutica alla fede cristiana. La sua Theologia platonica o De immortalitate animarum si apre dunque con un  «Soluamus obsecro caelestes animi caelestis patriae cupidi, soluamus quamprimum uincula compedum terrenarum ut alis sublati Platonicis, ac Deo duce, in sedem aetheream liberius peruolemus, ubi statim nostri generis excellentiam feliciter contemplabimur.» «Liberiamoci in fretta, spiriti celesti desiderosi della patria celeste, dai lacci delle cose terrene, per volare con ali platoniche e con la guida di Dio, alla sede celeste dove contempleremo beati l'eccellenza del genere nostro.»  (Ficino, Theologia Platonica, I, 1)  Delle divine lettere del gran Marsilio Ficino, frontespizio di una edizione del 1563 Per comprendere la sostanza dell'anima è necessario comprendere la struttura dell'universo, composto da cinque livelli gerarchici:  Dio; gli angeli; le anime; le qualità; la materia. Al grado inferiore sta la materia, concepita, seguendo Averroè, come pura quantità: «la materia non ha di per sé nessuna forza che possa produrre le forme», diversamente da chi, come Avicebron, la concepisce come «sostanza produttrice di forme, fonte piuttosto che soggetto delle forme».  È la qualità il principio formale che dà sostanza alle realtà corporee, grazie a «una sostanza incorporea che penetra attraverso i corpi, della quale sono strumento le qualità corporee»: questa sostanza incorporea nell'uomo si eleva al rango di anima «che genera la vita e il senso della vita anche dal fango non vivente».  Al di sopra delle anime sono gli angeli: «Sopra quelli intelletti che alli corpi s'accostano, cioè l'anime ragionevoli, non è dubbio che sono assai menti, dal commercio dei corpi al tutto divise»; e se l'intelletto dell'anima «è mobile e parte interrotto e dubbio», l'intelletto angelico è «stabile tutto, continuo e certissimo».  Al di sopra del tutto è Dio, che è unità, bontà e verità assoluta, fonte di ogni verità e di ogni vita, è atto e vita assoluta: «Dove un continuo atto e una continua vita dura, quivi è un immenso lume d'una assolutissima intelligenza» che è luce per gli uomini perché si riflette in tutte le cose. Attraverso Dio «tutte le cose son fatte, e però Iddio si trova in tutte le cose e tutte le cose si veggono in lui... Iddio è principio, perché da lui ogni cosa procede; Iddio è fine, perché a lui ogni cosa ritorna, Iddio è vita e intelligenza, perché per lui vivono le anime e le menti intendono».[25]  Dio e materia rappresentano i due estremi della natura, e la funzione dell'anima, che è considerata, diversamente da Aristotele e da Tommaso, realtà in sé e non solamente forma del corpo, è quella di incarnarsi per riunire lo spirito e la corporeità:   Amore sacro e amor profano (Tiziano): eros come mediatore dei contrari «[L'anima] … è tale da cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori... per istinto naturale, sale in alto e scende in basso. E quando sale, non lascia ciò che sta in basso e quando scende, non abbandona le cose sublimi; infatti, se abbandonasse un estremo, scivolerebbe verso l'altro e non sarebbe più la copula del mondo.»  (Ficino, Theologia Platonica, 1474[26]) La "copula mundi" è l'anima razionale che «ha sede nella terza essenza, possiede la regione mediana della natura» (obtinet naturae mediam regionem) «e tutto connette in unità». La sua opera unificatrice è resa possibile dall'amore, inteso come movimento circolare attraverso il quale Dio si disperde nel mondo a causa della sua bontà infinita, per poi produrre nuovamente negli uomini il desiderio di ricongiungersi a Lui. L'amore di cui parla Ficino è l'eros di Platone, che per l'antico filosofo greco svolgeva appunto la funzione di tramite fra il mondo sensibile e quello intelligibile, ma Ficino lo intende anche in un senso cristiano perché, a differenza di quello platonico, l'amore per lui non è solo attributo dell'uomo ma anche di Dio.[27]  Lo stesso Platone viene interpretato in una chiave di lettura che oggi definiamo piuttosto neoplatonica, sebbene Ficino non faccia distinzione tra platonismo e neoplatonismo.[28] Per lui esiste una sola filosofia, che consiste nella riflessione su quelle verità eterne, le Idee, che in quanto tali restano inalterate nel tempo e trascendono la storia. Congiungendo tutti i campi del reale secondo una concezione propria peraltro dell'astrologia e della magia, a cui Ficino rivolge notevoli interessi in virtù dell'unione vitale del mondo da essi presupposta,[29] filosofia e religione si fondono così in una visione d'insieme di reciproca complementarità, sottolineata anche nell'accostamento di termini come «pia philosophia», o «teologia platonica». Strumento dell'amore nel suo farsi portavoce dell'Uno è principalmente la Bellezza.[30]  Nel pensiero di Marsilio Ficino, Gesù Cristo è considerato un maestro spirituale spirito-guida, inviato da Dio per il bene dell'umanità:[31]  «Cos'altro era Cristo se non una specie di manuale di etica, cioè di filosofia divina, il quale visse come un inviato dal cielo, essendo lui stesso una divina Idea di virtù, manifestata agli occhi degli uomini.»  (De Christiana religione, cap. 4) Elevando il cristianesimo a religione suprema,[31] Ficino asserì che l'Incarnazione del Cristo era avvenuta anche perché Dio si potesse riunire «a tutti gli aspetti della creazione».[32] Pur esercitando un fortissimo impulso al rinnovamento del panorama filosofico dell'Europa, in cui da diversi paesi si faceva costante richiesta delle sue opere,[33] dopo la fine del Rinascimento Ficino venne tradotto e commentato sempre meno, fino ad essere accusato, immeritatamente,[31] di un ritorno al paganesimo. In Italia, dove è riconosciuta la sua influenza sull'ermetismo cinquecentesco,[34] e in particolare su Giordano Bruno,[35] sarà Giambattista Vico a raccogliere nel Settecento l'eredità neoplatonica di Ficino, di cui lesse l'opera di traduzione, rammaricandosi del fatto che la filosofia moderna si fosse allontanata da lui, rinchiudendosi nelle angustie mentali di Cartesio.[36]  Sottoposto ad attacchi nel corso del Novecento che giudicarono «retorici» e «privi di valore» i suoi scritti,[37] Ficino è stato rivalutato dallo psicanalista scrittore James Hillman, che lo definì uno «psicologo del profondo» e «precursore della psicologia junghiana», per il suo incitamento a leggere e interpretare ogni affermazione proveniente dai campi più disparati, sia della scienza che della teologia, nell'ottica dell'esperienza psicologica dell'anima, la quale viene vista cioè come «mediazione e compendio» dell'universo.[38] La conoscenza dell'anima è infatti per Hillman la «quintessenza del neoplatonismo italiano», in cui giacciono sepolte le «fantasie mistiche» di questo «strano uomo che suonava inni orfici sul liuto, che studiava la magia e componeva canti astrologici, quest'uomo gobbo, bleso, politicamente timido, senza amore, malinconico traduttore di Platone, Plotino, Proclo, Esiodo, dei Libri Ermetici, autore lui stesso di alcuni tra gli scritti più diffusi e influenti (Commento al Simposio) e scandalosamente pericolosi (Liber de vita) del suo tempo».[39]  La centralità attribuita da Ficino all'anima, per la quale, ancora ragazzo, Cosimo de' Medici lo considerava «prescelto alla cura delle anime» come suo padre medico lo era dei corpi,[40] convinse anche Erwin Panofsky che egli «ebbe un impatto paragonabile per estensione ed intensità solo a quello prodotto oggi dalla psicoanalisi».[41]  Notevole è ad esempio l'intuizione di Ficino del potere psicosomatico nella cura delle malattie, e in quello che la medicina moderna considera un effetto placebo:  «Io sono del parere che l'intenzione dell'immaginazione abbia il suo peso su immagini e medicine, non tanto al momento della preparazione, quanto in quello dell'applicazione: ad esempio, se un tale, a quel che si dice, porta indosso un'immagine fatta nei modi debiti, o certamente, se facendo uso analogo di una medicina, desidera intensamente soccorso da quella e crede senza ombra di dubbio e spera con incrollabile fermezza, da questo atteggiamento deriva certo il massimo di incremento all'aiuto che essa può dare.»  (Ficino, De vita[42]) Opere  Frontespizio di una edizione del 1560 del De triplici vita. De Voluptate (1457-8) De Amore o Commentarium in Convivium Platonis (1469) De religione Christiana et fidei pietate (1475–6) Theologia Platonica de immortalitate animarum (1482) Compendium in Timaeum (1484) De triplici vita (1489) De lumine (1492) In Epistolas Pauli commentaria (Venezia 1491; Firenze 1497) El libro dell'amore De vita Teologia platonica (1474) Sopra lo amore ovvero Convito di Platone La religione cristiana Epistolarum familiarum, liber I. Note  Rosanna Zerilli, Marsilio Ficino: alla lente dell'astrologia, Edizioni Capone, .  Ove non diversamente riportato, le notizie sulla vita e la dottrina di Ficino sono tratte da: Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana,  I, Einaudi, 1966,  373-436.  Giuseppe Saitta, Marsilio Ficino e la filosofia dell'umanesimo, pag. 2, Fiammenghi & Nanni, 1954.  Giornale storico della letteratura italiana, voll. 111-112, Francesco Novati, Egidio Gorra, Vittorio Cian, Giulio Bertoni, Carlo Calcaterra, Loescher, 1938, pag. 339.  Arthur M. Field, The Origins of the Platonic Academy of Florence, pag. 140, Princeton University Press, .  Giorgio Bàrberi Squarotti, Storia della civiltà letteraria italiana: Umanesimo e Rinascimento,  II, pag. 815, UTET, 1996.  E. Garin, pag. 231.  Giovanni Semprini, I platonici italiani, pag. 40, Edizioni Athena, 1926.   La Letteratura italiana: Storia e testi,  XIII, pag. 929, E. Garin, Riccardo Ricciardi Editore, 1950-60.  A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze, 1902.  Eugenio Garin, Ermetismo del Rinascimento, pag. 72, Ed. Riuniti, 1988.  «Primus de maiestate Dei, daemonum ordine, animarum mutationibus sapientissime disputavit. Primus igitur theologiae appellatus est autor. Eum secutus Orpheus, secundas antiquae theologiae partes obtinuit. Orphei sacris initiatus est Aglaophemo successit in theologia Pythagoras, quem Philolaus sectatus est, divi Platonis nostri praeceptor».  James D. Heiser, Prisci Theologi and the Hermetic Reformation in the Fifteenth Century, Repristination Press, .  Andrea Cusimano, Storia del pensiero occidentale, pag. 167, Lulu.com, .  L'immenso lavoro di traduzione compiuto da Marsilio Ficino è stato documentato in particolare da Paul Oskar Kristeller, in Supplementum ficinianum: Marsilii Ficini florentini philosophi platonici Opuscula inedita et dispersa, 2 voll., Firenze, Leo S. Olschki, 1937. Cfr. anche: P. O: Kristeller, The First Printed Edition of Plato's Works and the Date of Its Publication (1484), in "Science and History: Studies in Honor of Edward Rosen", Erna Hilfstein, Pawel Czartoryski, e Frank D. Grande,  25–35, Wroclaw, 1978; Marsilio Ficino as a Beginning Student of Plato, in "Scriptorium", n. 20,  41–54, 1966; Marsilio Ficino and His Work after Five Hundred Years, in "Quaderni di Rinascimento", n. 7, Firenze, 1987.  E. Garin,  241-243.  Arnaldo Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze (1902), pag. 623, Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze, 1960.  Alessandro di Afrodisia, L'animaAccattino e P. Donini, Roma-Bari, Laterza, 1996.  Marsilio Ficino su Parodos.  isentieridellaragione.weebly.com, isentieridellaragione.weebly.com/ficino.html.  Ficino, cit. in E. Garin, pag. 251.  Le divine lettere del gran Marsilio Ficino,  1, pag. 137, S. Gentile, Edizioni di storia e letteratura, 2001.  Ficino, Sopra lo amore o ver' Convito di Platone, pag. 118, G. Ottaviano, Celuc, 1973.  Ficino, cit. in E. Garin, pag. 253.  Le divine lettere del gran Marsilio Ficino,  1, pag. 157, S. Gentile, op. cit.  Trad. in Storia sociale e culturale d'Italia: La cultura filosofica e scientifica, Guido Ceriotti,  5, pag. 305, Bramante, 1988.  Ioan P. Couliano, Eros and the Magic in the Reinassance, University of Chicago Press, 1987.  Il termine "neoplatonismo" è stato coniato solo nel XIX secolo per indicare le interpretazioni platoniche che si erano andate via via sovrapponendo a partire dall'età ellenistica, ma che erano sempre state identificate col pensiero stesso di Platone, ritenuto quasi un loro capostipite (cfr. Cenni sulla tradizione platonica).  Sebastiano Gentile, Il ritorno di Platone, dei platonici e del "corpus" ermetico. Filosofia, teologia e astrologia nell'opera di Marsilio Ficino, in C. Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, P.C. Pissavino,  193-228, Milano, Bruno Mondadori, 2002.  La prospettiva storiografica di Marsilio Ficino, di E. Lo Presti, Università degli Studi di Bologna.  Battista Mondin, Storia della teologia: epoca moderna, pag. 51, Edizioni Studio Domenicano, 1996.  Citazione da A. C. Grayling, Una storia del bene. Alla riscoperta di un'etica laica, Storia e civiltà, n. 62, Bari, Edizioni Dedalo, 2006,  122-3,  978-88-220-0562-5,  635623420. 26 luglio  (archiviato il 26 luglio ). Ospitato su archive.is.  R. Marcel, Marsile Ficin, pag. 534 e sgg., Parigi, Belles Lettres, 1958.  D. P. Walker, Spiritual and Demonic Magic: From Ficino to Campanella, 0271020458, 9780271020457, The Pennsylvania State University Press, 2000.  Cesare Vasoli, Quasi sit deus: studi su Marsilio Ficino,  46-47, Conte, 1999. Cfr. anche A. Jugegno, II primo Bruno e l'influenza di Marsilio Ficino, in «Rivista critica di storia della filosofia», n. XXIII,  149-170, 1968.  Giambattista Vico, The Autobiography of Giambattista Vico, pag. 137, trad. ingl. di Max Harold Fisch e Thomas Goddard Bergin, Ithaca, New York, Cornell University Press, 1963.  R.R. Boltgar, The Classical Heritage and Its Beneficiaries,  287-288, Cambridge University Press, 1954.  James Hillman, Plotino, Ficino e Vico, precursori della psicologia junghiana (1973), trad. di Priscilla Artom,  10-14.  J. Hillman13, ivi.  Aneddoto rintracciabile in Coenobium,  3, pag. 102, edizione 2, Casa Editrice del Coenobium, 1909.  Erwin Panofsky, «Artist, Scientist, Genius: Notes on the 'Renaissance-Dämmerung'», in Renaissance: Six Essays, pag. 129, ed. Wallace K. Ferguson et al., New York, Harper Torchbook, 1962.  Marsilio Ficino, De vita, trad it, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 1991185.  Testi Marsilio Ficino, Commentarius in Convivium Platonis, in Venetia, Giovanni Farri e fratelli, 1544. Marsilio Ficino, De christiana religione, Firenze, Nicolò di Lorenzo, circa 1476. Marsilio Ficino, De triplici vita, Lugduni, apud Gulielmum Rouillium sub scuto Veneto, 1560. Marsilio Ficino, Theologia Platonica De immortalitate animorum, Gilles Gourbin, apud Aegidium Gorbinum, 1559. Marsilio Ficino, Opera omnia, Torino, Bottega d’Erasmo, 1959–1962. (ristampa anastatica dell'edizione di Basilea, 1576) Marsilio Ficino, Opere. Lettere e carteggi, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1563. Marsilio Ficino, Opere. Lettere e carteggi, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1548. Marsilio Ficino, De vita libri tres, (1489) Albano Biondi e Giuliano Pisani, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 1991,  XXXV-501. Marsilio Ficino, Scritti sull'astrologia, Ornella Pompeo Faracovi, Milano, BUR, 1999,  978-88-586-5688-4. Studi , Il neoplatonismo nel Rinascimento, Roma, 1993. , Marsilio Ficino e il ritorno a Platone, Firenze, 1986. Accademia. Revue de la Société Marsile Ficin, I, 1999 sg. (con  ficiniana). Tamara Albertini, Marsilio Ficino. Das Problem der Vermittlung von Denken und Welt in einer Metaphysik der Einfachheit, Monaco, 1997. Cesare Catà, Il Rinascimento sulla via di Damasco. Il ruolo della teologia di San Paolo in Marsilio Ficino e Nicola Cusano, in “Bruniana & Campanelliana”, XIV (2008), n.2,  523–534. Cesare Catà, L'idea di “anima stellata” nel Quattrocento fiorentino. Andrea da Barberino e la teoria psico-astrologica in Marsilio Ficino, in “Bruniana & Campanelliana”, XVI, 2 (),  629–639. Giovanni Dall'Orto, Socratic Love as a Disguise for Same-sex Love in the Italian Renaissance", in "Journal of homosexuality", XVI, n. 1/2 1989,  33–65. Gian Carlo Garfagnini, Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, Olschki, 1986, 2 voll. Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, I, Einaudi, 1966,  978-88-06-04267-7. Kent Gerard e Gert Hekma , The pursuit of sodomy: male homosexuality in Renaissance and Enlightenment, Europe Harrington Park Press, New York 1989,  33–65. James Hankins, Plato in the Italian Renaissance, Leida 1990. Paul Oskar Kristeller, Il pensiero filosofico di Marsilio Ficino, 2ª ed., Firenze, 1988 [1953]. Paul Oskar Kristeller, Il pensiero filosofico di Marsilio Ficino, Le Lettere, 2005,  88-7166-903-7. Thomas Moore, Pianeti interiori. L'astrologia psicologica di Marsilio Ficino, Moretti & Vitali, 2009. Erwin Panofsky, Il movimento neoplatonico a Firenze e nell'Italia settentrionale, in Studi di iconologia (1939), Einaudi, Torino, 1999,  184–235. Alessandro Polcri, L'etica del perfetto cittadino: la magnificenza a Firenze tra Cosimo de' Medici, Timoteo Maffei e Marsilio Ficino, in "Interpres: rivista di studi quattrocenteschi", volume 26, Roma–Salerno (2007),  195–223. Michele Schiavone, Problemi filosofici in Marsilio Ficino, Milano, 1957. Angela Voss, Marsilio Ficino, Berkeley, North Atlantic Books, 2006. Rosanna Zerilli, Marsilio Ficino alla lente dell'astrologia, Edizioni Federico Capone, Torino, . Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Marsilio Ficino Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Marsilio Ficino Collabora a Wikiquote Citazionio su Marsilio Ficino Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Marsilio Ficino Marsilio Ficino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Marsilio Ficino, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Marsilio Ficino, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Marsilio Ficino / Marsilio Ficino (altra versione) / Marsilio Ficino (altra versione) / Marsilio Ficino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Marsilio Ficino, . Opere di Marsilio Ficino, su Progetto Gutenberg.  di Marsilio Ficino, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Marsilio Ficino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Sito della società ficiniana, su ficino.it.Christopher S. Celenza, Marsilio Ficino, su Stanford Encyclopedia of Philosophy.James G. Snyder, Marsilio Ficino, su Internet Encyclopedia of Philosophy. Marsilio Ficino: dalla cristianizzazione della magia alla "magicizzazione" del cristianesimo, su aispes.net. Eugenio Garin , Una sintetica presentazione del pensiero di Ficino, RAI. James Hillman, Plotino, Ficino e Vico precursori della psicologia Junghiana , su rivistapsicologianalitica.it. Il mito greco alla corte dei Medici , su memoriedalmediterraneo.com. V D M Platonici Filosofia Filosofo del XV secoloUmanisti italianiAstrologi italiani 1433 1499 19 ottobre 1º ottobre Figline Valdarno CareggiAlchimisti italianiCabalisti italianiErmetisti italianiFilosofi cattoliciNeoplatoniciMembri dell'Accademia neoplatonicaTraduttori dal greco al latino. Refs.: Ficino’s “Commentaries on Plato,” Tatti -- Luigi Speranza, "Grice e Ficino," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

fictum: in the widest usage, whatever contrasts with what is a matter of fact. As applied to works of fiction, however, this is not the appropriate contrast. For a work of fiction, such as a historical novel, might turn out to be true regarding its historical subject, without ceasing to be fiction. The correct contrast of fiction is to non-fiction. If a work of fiction might turn out to be true, how is ‘fiction’ best defined? According to some philosophers, such as Searle, the writer of nonfiction performs illocutionary speech acts, such as asserting that such-and-such occurred, whereas the writer of fiction characteristically only pretends to perform these illocutionary acts. Others hold that the core idea to which appeal should be made is that of making-believe or imagining certain states of affairs. Kendall Walton Mimesis as Make-Believe, 0, for instance, holds that a work of fiction is to be construed in terms of a prop whose function is to serve in games of make-believe. Both kinds of theory allow for the possibility that a work of fiction might turn out to be true. 

 

fidanza: Grice: “Italians call Fidanza an ‘anti-dialectician’ but then they have Aquinas, who is an hypoer-dialectiician!” essential Italian philosopher, b. Bagnoreggio (Bagnorea), he was educated at Paris, earning a master’s degree in arts and a doctorate in theology. He joined the Franciscans about 1243, while still a student, and was elected minister general of the order in 1257. Made cardinal bishop of Albano by Pope Gregory X in 1274, Bonaventure helped organize the Second Ecumenical Council of Lyons, during the course of which he died, in July 1274. He was canonized in 1482 and named a doctor of the church in 1587. Bonaventure wrote and preached extensively on the relation between philosophy and theology, the role of reason in spiritual and religious life, and the extent to which knowledge in God is obtainable by the “wayfarer.” His basic position is nicely expressed in De reductione artium ad theologiam “On the Reduction of the Arts to Theology”: “the manifold wisdom of God, which is clearly revealed in sacred scripture, lies hidden in all knowledge and in all nature.” He adds, “all divisions of knowledge are handmaids of theology.” But he is critical of those theologians who wish to sever the connection between faith and reason. As he argues in another famous work, Itinerarium mentis ad deum “The Mind’s Journey unto God,” 1259, “since, relative to our life on earth, the world is itself a ladder for ascending to God, we find here certain traces, certain images” of the divine hand, in which God himself is mirrored. Although Bonaventure’s own philosophical outlook is Augustinian, he was also influenced by Aristotle, whose newly available works he both read and appreciated. Thus, while upholdBonaventure, Saint Bonaventure, Saint 94   94 ing the Aristotelian ideas that knowledge of the external world is based on the senses and that the mind comes into existence as a tabula rasa, he also contends that divine illumination is necessary to explain both the acquisition of universal concepts from sense images, and the certainty of intellectual judgment. His own illuminationist epistemology seeks a middle ground between, on the one hand, those who maintain that the eternal light is the sole reason for human knowing, providing the human intellect with its archetypal and intelligible objects, and, on the other, those holding that the eternal light merely influences human knowing, helping guide it toward truth. He holds that our intellect has certain knowledge when stable; eternal archetypes are “contuited by us [a nobis contuita],” together with intelligible species produced by its own fallible powers. In metaphysics, Bonaventure defends exemplarism, the doctrine that all creation is patterned after exemplar causes or ideas in the mind of God. Like Aquinas, but unlike Duns Scotus, he argues that it is through such ideas that God knows all creatures. He also adopts the emanationist principle that creation proceeds from God’s goodness, which is self-diffusive, but differs from other emanationists, such as al-Farabi, Avicenna, and Averroes, in arguing that divine emanation is neither necessary nor indirect i.e., accomplished by secondary agents or intelligences. Indeed, he sees the views of these Islamic philosophers as typical of the errors bound to follow once Aristotelian rationalism is taken to its extreme. He is also well known for his anti-Aristotelian argument that the eternity of the world  something even Aquinas following Maimonides concedes as a theoretical possibility  is demonstrably false. Bonaventure also subscribes to several other doctrines characteristic of medieval Augustinianism: universal hylomorphism, the thesis, defended by Ibn Gabirol and Avicenna among others, that everything other than God is composed of matter and form; the plurality of forms, the view that subjects and predicates in the category of substance are ordered in terms of their metaphysical priority; and the ontological view of truth, according to which truth is a kind of rightness perceived by the mind. In a similar vein, Bonaventure argues that knowledge ultimately consists in perceiving truth directly, without argument or demonstration. Bonaventure also wrote several classic works in the tradition of mystical theology. His bestknown and most popular mystical work is the aforementioned Itinerarium, written in 1259 on a pilgrimage to La Verna, during which he beheld the six-winged seraph that had also appeared to Francis of Assisi when Francis received the stigmata. Bonaventure outlines a seven-stage spiritual journey, in which our mind moves from first considering God’s traces in the perfections of irrational creatures, to a final state of peaceful repose, in which our affections are “transferred and transformed into God.” Central to his writings on spiritual life is the theme of the “three ways”: the purgative way, inspired by conscience, which expels sin; the illuminative way, inspired by the intellect, which imitates Christ; and the unitive way, inspired by wisdom, which unites us to God through love. Bonaventure’s writings most immediately influenced the work of other medieval Augustinians, such as Matthew of Aquasparta and John Peckham, and later, followers of Duns Scotus. But his modern reputation rests on his profound contributions to philosophical theology, Franciscan spirituality, and mystical thought, in all three of which he remains an authoritative source.Bonaventura da Bagnoregio (Bagnoregio, 1217/1221 circaLione, 15 luglio 1274) cardinale, filosofo e teologo italiano. Denominato Doctor Seraphicus, insegnò alla Sorbona di Parigi e fu amico di san Tommaso d'Aquino.  Vescovo e cardinale, dopo la morte venne canonizzato da papa Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa da papa Sisto V nel 1588. È considerato uno tra i più importanti biografi di san Francesco d'Assisi. Infatti alla sua biografia — la Legenda Maior — si ispirò Giotto per il ciclo delle storie sul Santo nella basilica di Assisi.  Per diciassette anni — dal 1257 — fu ministro generale dell'Ordine francescano, del quale è ritenuto uno dei padri: quasi un secondo fondatore. Sotto la sua guida furono pubblicate le Costituzioni narbonesi, su cui si basarono tutte le successive costituzioni dell'Ordine.  La visione filosofica di Bonaventura partiva dal presupposto che ogni conoscenza derivi dai sensi: l'anima conosce Dio e se stessa senza l'aiuto dei sensi esterni. Risolse il problema del rapporto tra ragione e fede in chiave platonico-agostiniana.  È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che celebra la sua memoria obbligatoria il 15 luglio o il giorno precedente nella forma straordinaria. La data in cui Bonaventura venne alla luce non è certa e viene collocata tra il 1217 e il 1221. Nacque a Civita di Bagnoregio, in Tuscia, oggi provincia di Viterbo. Era figlio di Giovanni di Fidanza, medico, e di Rita (o Ritella). Iniziò i suoi studi giovanili nel convento di San Francesco "vecchio", situato a metà strada tra Bagnoregio e Civita. Nel 1235 si recò a Parigi a studiare nella facoltà delle Arti e successivamente, nel 1243, nella facoltà di teologia. Probabilmente in quello stesso anno entrò tra i Frati Minori (Minoriti). I suoi studi di teologia terminarono nel 1253, quando divenne magister (cioè "maestro") di teologia e ottiene la licentia docendi (la "licenza d'insegnare").  Tra il 1262 e il 1264 Bonaventura fu priore del convento di San Francesco ad Orvieto che fece ristrutturare. I francescani erano di casa ad Orvieto. I Mendicanti di Francesco dovevano essere in città almeno fin dal 1216 (ben prima dell'approvazione della Regola) nel luogo stesso dove sarà edificato il complesso attuale di San Francesco, chiesa e convento; presumibilmente sul preesistente sito della citata S. Maria in Pulzella chiesa “detta Nunziata” nel quartiere di Serancia: dove sorgerà il quartier generale dei Monaldeschi.  Quello dei Frati Minori fu il primo Ordine ad insediarsi ufficialmente in Orvieto nel 1228 o 1229 presso S. Pietro in Vetera: dove è il sito del santuario federale Fanum Voltumnae di Velsna, Volsinii Etruriae capita (Tito Livio), Orvieto etrusca. Francesco era morto il 3 ottobre 1226. La Regola era stata approvata da Onorio III nell'ottobre 1223. Tracce del passaggio di Francesco nel territorio orvietano restano a La Scarzuola, dove è raffigurato il suo ritratto più antico; a Pantanelli, dove dimorò e predicò ai pesci sul Tevere; ad Alviano e Lugnano, dove predicò agli uccelli.  Insegnamento San Bonaventura, francescano, venti giorni dopo l'indizione della festa del Corpus Domini predicò il Sermo de sanctissimo corpore Christi alla presenza di papa Urbano IV e del concistoro generale. Bonaventura, con Tommaso d'Aquino, è stato tra i protagonisti di quell'evento rilevante nella storia religiosa ma anche nella storia della cultura: veniva istituita, infatti, una nuova festa per la Chiesa latina, incentrata sul mistero dell'eucaristia. Bonaventura e Tommaso, i dottori "seraphicus" ed "angelicus", furono due protagonisti del pensiero filosofico e teologico del tempo: erano stati entrambi cattedratici presso lo Studium orvietano, l'antica università della città. Nel 1250 il papa aveva autorizzato il cancelliere dell'Università a conferire la licenza di insegnamento a religiosi degli ordini mendicanti, sebbene ciò contrastasse con il diritto di cooptare i nuovi maestri rivendicato dalla corporazione universitaria. Nel 1253, di fatti, scoppiò uno sciopero al quale tuttavia i membri degli ordini mendicanti non si associarono. La corporazione universitaria richiese loro un giuramento di obbedienza agli statuti, ma essi rifiutarono e pertanto vennero esclusi dall'insegnamento.  Questa esclusione colpì anche Bonaventura, che fu maestro reggente fra il 1253 e il 1257. Nel 1254 i maestri secolari denunciarono a papa Innocenzo IV il libro del francescano Gerardo di Borgo San Donnino, Introduzione al Vangelo eterno. In questo testo fra' Gerardo, rifacendosi al pensiero di Gioacchino da Fiore, annunciava l'avvento di una «nuova età dello Spirito Santo» e di una «Chiesa cattolica puramente spirituale fondata sulla povertà», profezia che si doveva realizzare attorno al 1260. In conseguenza di questo il Papa — poco prima di morire — annullò i privilegi concessi agli ordini mendicanti.  Il nuovo pontefice papa Alessandro IV condannò il libro di Gerardo con una bolla nel 1255, prendendo tuttavia posizione a favore degli ordini mendicanti e senza più porre limiti al numero delle cattedre che essi potevano ricoprire. I secolari rifiutarono queste decisioni, venendo così scomunicati, anche per il boicottaggio da loro operato ai danni dei corsi tenuti dai frati degli ordini mendicanti. Tutto questo nonostante che i primi avessero l'appoggio del clero e dei vescovi, mentre il re di Francia Luigi IX si trovava a sostenere le posizioni dei mendicanti. Nel 1257 Bonaventura venne riconosciuto magister. Nello stesso anno fu eletto Ministro generale dell'Ordine francescano, rinunciando così alla cattedra. A partire da questa data, preso dagli impegni del nuovo servizio, accantonò gli studi e compì vari viaggi per l'Europa.  Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l'unità dei Frati Minori, prendendo posizione sia contro la corrente spirituale (influenzata dalle idee di Gioacchino da Fiore e incline ad accentuare la povertà del francescanesimo primitivo), sia contro le tendenze mondane insorte in seno all'Ordine. Favorevole a coinvolgere l'Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260 contribuì a definire le regole che dovevano guidare la vita dei suoi membri: le Costituzioni, dette appunto Narbonensi. A lui, in questo Capitolo, venne affidato l'incarico di redigere una nuova biografia di san Francesco d'Assisi che, intitolata Legenda Maior, diventerà la biografia ufficiale nell'Ordine.   Incipit del Legenda maior Infatti il Capitolo generale successivo, del 1263 (Pisa), approvò l'opera composta dal Ministro generale; mentre il Capitolo del 1266, riunito a Parigi, giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla Legenda Maior, probabilmente per proporre all'Ordine una immagine univoca del proprio fondatore, in un momento in cui le diverse interpretazioni fomentavano contrapposizioni e conducevano verso la divisione.  In modo analogo a Tommaso d'Aquino che rifiutò ripetutamente la proposta di essere nominato Arcivescovo di Napoli, nel 1265 fu nominato arcivescovo di York dal neoeletto papa Clemente IV (mai beatificato), incarico che, dopo numerose richieste al Sommo Pontefice, gli fu consentito di lasciare l'anno seguente.  Ultimi anni Negli ultimi anni della sua vita Bonaventura intervenne nelle lotte contro l'aristotelismo e nella rinata polemica fra maestri secolari e mendicanti. A Parigi, tra il 1267 e il 1269, tenne una serie di conferenze sulla necessità di subordinare e finalizzare la filosofia alla teologia. Nel 1270 lasciò Parigi per farvi però ritorno nel 1273, quando tenne altre conferenze nelle quali attaccava quelli che erano a suo parere gli errori dell'aristotelismo. Peraltro, negli anni tra il 1269 ed il 1271, fu spesso a Viterbo ove si svolgeva il famoso, lunghissimo conclave, per tenere numerosi sermoni volti ad accelerare ed indirizzare la scelta dei cardinali; alla fine fu eletto papa Gregorio X, cioè quel Tedaldo Visconti di cui Bonaventura era amico da molti anni  Fu proprio papa Gregorio X a crearlo cardinale vescovo con titolo di Albano nel concistoro del 3 giugno 1273, mentre Bonaventura soggiornava nel convento del Bosco ai Frati presso Firenze; l'anno successivo partecipò al Concilio di Lione (in cui favorì un riavvicinamento fra la Chiesa latina e quella greca), nel corso del quale morì, forse a causa di un avvelenamento, stando almeno a quanto affermò in seguito il suo segretario, Pellegrino da Bologna.[senza fonte]  Pierre de Tarentaise, futuro papa Innocenzo V, ne celebrò le esequie e Bonaventura venne inumato nella chiesa francescana di Lione. Intorno all'anno 1450 la salma venne traslata in una nuova chiesa, dedicata a San Francesco d'Assisi; la tomba venne aperta e la sua lingua venne trovata in perfetto stato di conservazione: questo fatto ne facilitò la canonizzazione, che avvenne ad opera del papa francescano Sisto IV il 14 aprile 1482, e la nomina a dottore della Chiesa, compiuta il 14 marzo1588 da un altro francescano, papa Sisto V.  Le reliquie: il «santo braccio» Il 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione del corpo del santo a Lione, venne estratta una parte del braccio destro del santo e composta in un reliquiario d'argento che l'anno seguente fu portato a Bagnoregio. Oggi il «santo braccio» è la più grande delle reliquie rimaste di san Bonaventura dopo la profanazione del suo sepolcro e la dispersione dei suoi resti compiuta dagli Ugonotti nel 1562. Si trova custodito a Bagnoregio nella concattedrale di San Nicola. Da esso, nel corso degli anni, sono state ricavate alcune reliquie minori. Frontespizio delle Meditationes Bonaventura è considerato uno dei pensatori maggiori della tradizione francescana, che anche grazie a lui si avviò a diventare una vera e propria scuola di pensiero, sia dal punto di vista teologico che da quello filosofico. Difese e ripropose la tradizione patristica, in particolare il pensiero e l'impostazione di sant'Agostino. Egli combatté apertamente l'aristotelismo, anche se ne acquisì alcuni concetti, fondamentali per il suo pensiero. Inoltre valorizzò alcune tesi della filosofia arabo-ebraica, in particolare quelle di Avicenna e di Avicebron, ispirate al neoplatonismo. Nelle sue opere ricorre continuamente l'idea del primato della sapienza, come alternativa ad una razionalità filosofica isolata dalle altre facoltà dell'uomo. Egli sostiene, infatti, che:  «(...) la scienza filosofica è una via verso altre scienze. Chi si ferma resta immerso nelle tenebre.»  Secondo Bonaventura è il Cristo la via a tutte le scienze, sia per la filosofia che per la teologia.  Il progetto di Bonaventura è una riduzione (reductio artium) non nel senso di un depotenziamento delle arti liberali, bensì della loro unificazione sotto la luce della verità rivelata, la sola che possa orientarle verso l'obiettivo perfetto a cui tende imperfettamente ogni conoscenza, il vero in sé che è Dio. La distinzione delle nove arti in tre categorie, naturali (fisica, matematica, meccanica), razionali (logica, retorica, grammatica) e morali (politica, monastica, economica) riflette la distinzione di res, signa ed actiones la cui verticalità non è altro che cammino iniziatico per gradi di perfezione verso l'unione mistica. La parzialità delle arti è per Bonaventura non altro che il rifrangersi della luce con la quale Dio illumina il mondo: prima del peccato originale Adamo sapeva leggere indirettamente Dio nel Liber Naturae (nel creato), ma la caduta è stata anche perdita di questa capacità.  Per aiutare l'uomo nel recupero della contemplazione della somma verità, Dio ha inviato all'uomo il Liber Scripturae, conoscenza supplementare che unifica ed orienta la conoscenza umana, che altrimenti smarrirebbe se stessa nell'autoreferenzialità. Attraverso l'illuminazione della rivelazione, l'intelletto agente è capace di comprendere il riflesso divino delle verità terrene inviate dall'intelletto passivo, quali pallidi riflessi delle verità eterne che Dio perfettamente pensa mediante il Verbo. Ciò rappresenta l'accesso al terzo libro, Liber Vitae, leggibile solo per sintesi collaborativa tra fede e ragione: la perfetta verità, assoluta ed eterna in Dio, non è un dato acquisito, ma una forza la cui dinamica si attua storicamente nella reggenza delle verità con le quali Dio mantiene l'ordine del creato. Lo svelamento di quest'ordine è la lettura del terzo libro che per segni di dignità sempre maggior avvicina l'uomo alla fonte di ogni verità.  La primitas divina o "primalità di Dio" è il sostegno a tutto l'impianto teologico di Bonaventura. Nella sua prima opera, il Breviloquium, egli definisce i caratteri della teologia affermando che, poiché il suo oggetto è Dio, essa ha il compito di dimostrare che la verità della sacra scrittura è da Dio, su Dio, secondo Dio ed ha come fine Dio. L'unita del suo oggetto determina come unitaria ed ordinata la teologia perché la sua struttura corrisponde ai caratteri del suo oggetto. Nella sua opera più famosa, l'Itinerarium mentis in Deum ("L'itinerario della mente verso Dio"), Bonaventura spiega che il criterio di valore e la misura della verità si acquisiscono dalla fede, e non dalla ragione (come sostenevano gli averroisti).  Da ciò fa conseguire che la filosofia serve a dare aiuto alla ricerca umana di Dio, e può farlo, come diceva sant'Agostino, solo riportando l'uomo alla propria dimensione interiore (cioè l'anima), e, attraverso questa, ricondurlo infine a Dio. Secondo Bonaventura, dunque, il «viaggio» spirituale verso Dio è frutto di una illuminazione divina, che proviene dalla «ragione suprema» di Dio stesso. Per giungere a Dio, quindi, l'uomo deve passare attraverso tre gradi, che, tuttavia, devono essere preceduti dall'intensa ed umile preghiera, poiché:  «(...) nessuno può giungere alla beatitudine se non trascende sé stesso, non con il corpo, ma con lo spirito. Ma non possiamo elevarci da noi se non attraverso una virtù superiore. Qualunque siano le disposizioni interiori, queste non hanno alcun potere senza l'aiuto della Grazia divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiedono (...) con fervida preghiera. È la preghiera il principio e la sorgente della nostra elevazione. (...) Così pregando, siamo illumi conoscere i gradi dell'ascesa a Dio.»  La "scala" dei 3 gradi dell'ascesa a Dio è simili alla "scala" dei 4 gradi dell'amore di Bernardo di Chiaravalle, anche se non uguale; tali gradi sono:  1) Il grado esteriore: «(...) è necessario che prima consideriamo gli oggetti corporei, temporali e fuori di noi, nei quali è l'orma di Dio, e questo significa incamminarsi per la via di Dio.»  2) Il grado interiore: «È necessario poi rientrare in noi stessi, perché la nostra mente è immagine di Dio, immortale, spirituale e dentro di noi, il che ci conduce nella verità di Dio.»  3) Il grado eterno: «Infine, occorre elevarci a ciò che è eterno, spiritualissimo e sopra di noi, aprendoci al primo principio, e questo dona gioia nella conoscenza di Dio e omaggio alla Sua maestà.»  Inoltre, afferma Bonaventura, in corrispondenza a tali gradi l'anima ha anche tre diverse direzioni:  «(...) L'una si riferisce alle cose esteriori, e si chiama animalità o sensibilità; l'altra ha per oggetto lo spirito, rivolto in sé e a sé; la terza ha per oggetto la mente, che si eleva spiritualmente sopra di sé. Tre indirizzi che devono disporre l'uomo a elevarsi a Dio, perché l'ami con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima (...).»  (San Bonaventura da Bagnoregio, Itinerarium mentis in Deum) Dunque, per Bonaventura, l'unica conoscenza possibile è quella contemplativa, cioè la via dell'illuminazione, che porta a cogliere le essenze eterne, e ad alcuni permette persino di accostarsi a Dio misticamente. L'illuminazione guida anche l'azione umana, in quanto solo essa determina la sinderesi, cioè la disposizione pratica al bene. Bonaventura elaborò una teologia trinitaria di derivazione agostiniana, in quanto volle evidenziare l'unità del Dio-Trino, come forza, che unisce le tre persone. Ma tale unità è conciliabile con la pluralità delle persone: unità e trinità sono sempre insieme. I dati presenti nella Scrittura presentano all'uomo la verità rivelata: in Dio vi sono tre persone. Due sono le fasi dell'auto-rivelazione di Dio: la prima nella creazione, la seconda in Cristo. Il mondo, per Bonaventura, è come un libro da cui traspare la Trinità che l'ha creato. Noi possiamo ritrovare la Trinità extra nos (cioè "fuori di noi"), intra nos ("in noi") e super nos ("sopra di noi"). Infatti, la Trinità si rivela in 3 modi:  come vestigia (o impronta) di Dio, che si manifesta in ogni essere, animato o inanimato che sia; come immagine di Dio, che si trova solo nelle creature dotate d'intelletto, in cui risplendono memoria, intelligenza e volontà; come similitudine di Dio, che è qualità propria delle creature giuste e sante, toccate dalla Grazia e animate da fede, speranza e carità; quindi, quest'ultima è ciò che ci rende "figli di Dio". La Creazione dunque è ordinata secondo una scala gerarchica trinitaria e la natura non ha sua consistenza, ma si rivela come segno visibile del principio divino che l'ha creata; solo in questo, quindi, trova il suo significato. Bonaventura trae questo principio anche da un passo evangelico, in cui i discepoli di Gesù dissero:  ««Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!» Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli.» Ma egli rispose: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre.»»  (Lc, 19,38-40) Le creature, dunque, sono impronte, immagini, similitudini di Dio, e persino le pietre "gridano" tale loro legame col divino.   Opere Breviloquium (Breviloquio) Collationes de decem praeceptis (Raccolte su dieci precetti) Collationes de septem donis Spiritus Sanctis (Raccolte sui sette doni dello Spirito Santo) Collationes in Hexaemeron (Raccolte nei Sei Giorni della Creazione) Commentaria in quattuor libros sententiarum Magistri Petri Lombardi (Commentari in quattro libri delle sentenze del maestro Pietro Lombardo) De mysterio Trinitatis (Il mistero della Trinità; questione disputata) De perfectione vitae ad sorores (La perfezione della vita alle sorelle) De reductione artium ad theologiam (La riduzione della arti alla teologia) De Regno Dei descripto in parabolis evangelicis (Il Regno di Dio descritto nelle parabole evangeliche) De scientia Christi et mysterio Trinitatis (La conoscenza di Cristo ed il mistero della Trinità) De sex alis Seraphin (Le sei ali dei Serafini) De triplici via (La triplice via) Itinerarium mentis in Deum (Itinerario della mente verso Dio) Legenda majior Sancti Francisci (La leggenda maggiore di San Francesco) Legenda minor Sancti Francisci (La leggenda minore di San Francesco) Lignum vitae (L'Albero della vita) Officium de passione Domini (L'Ufficio della passione del Signore) Quaestiones de perfectione evangelica (Questioni sopra la perfezione evangelica) Soliloquium (Soliloquio) Summa theologiae (Complesso di teologia) Vitis mystica (La vite mistica) Note  Eletto Ramacci, S. Bonaventura e il Santo Braccio, Bagnoregio, Associazione Organum, 1991.  Oggi del convento restano solo i ruderi.  Grado Giovanni Merlo, Storia di frate Francesco e dell'Ordine dei Minori, in Maria Pia Alberzoni, et al., Francesco d'Assisi e il primo secolo di storia francescana, Torino, Einaudi, 1997.  28-30.  G. Bosco, Storia ecclesiastica ad uso della gioventù utile ad ogni grado di persone, Torino, Libreria Salesiana Editore, 1904284. 4 novembre  (archiviato il 4 novembre )., con l'approvazione del card. Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino  Cesare Pinzi,Storia della Città di Viterbo,Tip.Camera dei Deputati, Roma, 1887-89,lib.VII. Il Pinzi parla dettagliatamente degli interventi di Bonaventura a Viterbo in occasione del Conclave e dell'amicizia con Gregorio X.  Testi Bonaventura da Bagnorea (presunto), Meditationes vitae Christi, Venezia, Nicolaus Jenson, circa 1478. Bonaventura da Bagnorea, Legenda maior, Milano, Ulrich Scinzenzeler, 1495. Bonaventura da Bagnorea, Opera omnia, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Bonaventura da Bagnorea, Expositiones in Testamentum novum, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Bonaventura da Bagnorea, Sermones de tempore ac de sanctis, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Bonaventura da Bagnorea, Opuscula,  1, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Bonaventura da Bagnorea, Opuscula,  2, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Bonaventura da Bagnorea, Commentaria in libros sententiarum,  1, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Bonaventura da Bagnorea, Commentaria in libros sententiarum,  2, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Studi Bettoni E., S. Bonaventura da Bagnoregio, Vita e Pensiero, Milano 1973. Bougerol J.G., Introduzione a S. Bonaventura, trad. it. di A. Calufetti, L.I.E.F., Vicenza 1988. Corvino F., Bonaventura da Bagnoregio francescano e pensatore, Città Nuova, Roma 2006. Cuttini E., Ritorno a Dio. Filosofia, teologia, etica della “mens” nel pensiero di Bonaventura da Bagnoregio, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002. Di Maio A., Piccolo glossario bonaventuriano. Prima introduzione al pensiero e al lessico di Bonaventura da Bagnoregio, Aracne, Roma 2008. Barbara Faes, Bonaventura da Bagnoregio, Biblioteca Francescana, Milano . Mathieu V., La Trinità creatrice secondo san Bonaventura, Biblioteca francescana, Milano 1994. Moretti Costanzi T., San Bonaventura, Armando, Roma 2003. Ramacci Eletto, S. Bonaventura e il Santo Braccio, Associazione Organum, Bagnoregio, 1991. Todisco O., Le creature e le parole in sant'Agostino e san Bonaventura, Anicia, Roma 1994. Vanni Rovighi S., San Bonaventura, Vita e Pensiero, Milano 1974. Raoul Manselli, BONAVENTURA da Bagnoregio, santo, in Dizionario biografico degli italiani,  11, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. 19 dicembre .  Emiliano Ramacci, Un Inno per S. Bonaventura (1560), Associazione Organum, Bagnoregio, . Emiliano Ramacci, S. Bonaventura da BagnoregioMiracoli, Associazione Organum, Bagnoregio, .  Dottore della Chiesa Filosofia scolastica. Il Quadragesimale de Contemptu Mundi Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Bonaventura da Bagnoregio Collabora a Wikiquote Citazionio su Bonaventura da Bagnoregio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Bonaventura da Bagnoregio  Bonaventura da Bagnoregio, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Bonaventura da Bagnoregio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Bonaventura da Bagnoregio, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Bonaventura da Bagnoregio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  (DE) Bonaventura da Bagnoregio, su ALCUIN, Ratisbona. Opere di Bonaventura da Bagnoregio / Bonaventura da Bagnoregio (altra versione) / Bonaventura da Bagnoregio (altra versione) / Bonaventura da Bagnoregio (altra versione) / Bonaventura da Bagnoregio (altra versione), . Audiolibri di Bonaventura da Bagnoregio, su LibriVox. Bonaventura da Bagnoregio, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Bonaventura da Bagnoregio, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.it. Tim Noone e R. E. Houser, Saint Bonaventure, su Stanford Encyclopedia of Philosophy. Biografia di San Francesco d'Assisi , su assisiofm.it. scritta da San Bonaventura da Bagnoregio Itinerario della mente in Dio , su lamelagrana.net.  Itinerarium mentis in Deum, su thelatinlibrary.com.  Oeuvres spirituelles, su abbaye-saint-benoit.ch. 26 aprile 2007 30 aprile 2007).  S. Bonaventura: Opera Omnia Peltiero Edente, su documentacatholicaomnia.eu.  San Bonaventura online, su dionysiana.wordpress.com. L'Opera omnia nell'edizione dei padri francescani di QuaracchiSalvador Miranda, BONAVENTURA, O.F.M., su fiu.eduThe Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. PredecessoreMinistro generale dell'Ordine dei Frati MinoriSuccessoreFrancescocoa.png Giovanni da Parma2 febbraio 125715 luglio 1274Girolamo Masci d'Ascoli PredecessoreCardinale vescovo di AlbanoSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Raoul Grosparmi3 giugno 127315 luglio 1274Bentivegna de' Bentivegni, O.F.M.V D M Padri e dottori della Chiesa cattolica V D M Francescanesimo Filosofia Medioevo  Medioevo Categorie: Cardinali italiani del XIII secoloFilosofi italiani del XIII secoloTeologi italiani 1274 15 luglio Bagnoregio LioneBonaventura da BagnoregioSanti canonizzati da Sisto IVCardinali nominati da Gregorio XDottori della Chiesa cattolicaFrancescani italianiInnatistiNeoplatoniciPersonaggi citati nella Divina Commedia (Paradiso)Santi per nomeSanti italiani del XIII secoloSanti minoritiScolasticiCardinali francescani del XIII secoloVescovi e cardinali vescovi di AlbanoVescovi e arcivescovi cattolici di YorkFilosofi cattoliciScrittori medievali in lingua latinaVescovi francescani. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Fidanza," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

figura: Grice: “Italian aestheticians use ‘figure’ very broadly – an iconic symbol, for example, has a figure – cf. pittura figurativa – Figura relates to imago, immagine -- figure-ground, the discrimination of an object or figure from the context or background against which it is set. Even when a connected region is grouped together properly, as in the famous figure that can be seen either as a pair of faces or as a vase, it is possible to interpret the region alternately as figure and as ground. This fact was originally elaborated in 1 by Edgar Rubin 6 1. Figureground effects and the existence of other ambiguous figures such as the Necker cube and the duck-rabbit challenged the prevailing assumption, Vitters thought, in classical theories of perception  maintained, e.g., by H. P. Grice and J. S. Mill and H. von Helmholtz  that complex perceptions could be understood in terms of primitive sensations constituting them. The underdetermination of perception by the visual stimulus, noted by Berkeley in his Essay of 1709, takes account of the fact that the retinal image is impoverished with respect to threedimensional information. Identical stimulation at the retina can result from radically different distal sources. Within Gestalt psychology, the Gestalt, or pattern, was recognized to be underdetermined by constituent parts available in proximal stimuli. M. Wertheimer 03 observed in 2 that apparent motion could be induced by viewing a series of still pictures in rapid succession. He concluded that perception of the whole, as involving movement, was fundamentally different from the perception of the static images of which it is composed. W. Köhler An example of visual reversal from Edgar Rubin: the object depicted can be seen alternately as a vase or as a pair of faces. The reversal occurs whether there is a black ground and white figure or white figure and black ground. figure figure  ground 310   310 77 observed that there was no figure ground articulation in the retinal image, and concluded that inherently ambiguous stimuli required some autonomous selective principles of perceptual organization. As subsequently developed by Gestalt psychologists, form is taken as the primitive unit of perception. In philosophical treatments, figureground effects are used to enforce the conclusion that interpretation is central to perception, and that perceptions are no more than hypotheses based on sensory data. Refs.: Grice, “You can’t see a knife as a knife,” “The Causal Theory of Perception,” Vitters on ‘seeing-as’”.  figura -- schema (Latin ‘figura,’ as in Grice, ‘figure of speech’), also schema plural: schemata, a metalinguistic frame or template used to specify an infinite set of sentences, its instances, by finite means, often taken with a side condition on how its blanks or placeholders are to be filled. The sentence ‘Either Abe argues or it is not the case that Abe argues’ is an instance of the excluded middle scheme for English: ‘Either . . . or it is not the case that . . .’, where the two blanks are to be filled with one and the same well-formed declarative English sentence. Since first-order number theory cannot be finitely axiomatized, the mathematical induction scheme is used to effectively specify an infinite set of axioms: ‘If zero is such that . . . and the successor of every number such that . . . is also such that . . . , then every number is such that . . .’, where the four blanks are to be filled with one and the same arithmetic open sentence, such as ‘it precedes its own successor’ or ‘it is finite’. Among the best-known is Tarski’s scheme T: ‘. . . is a true sentence if and only if . . .’, where the second blank is filled with a sentence and the first blank by a name of the sentence. And then there’s the figura quadrata: square of oppositionfigura quadrataGrice: “It is clear that the apparatus of Modernism does not give a faithful account of the character of semantic phenomena. One such less than faithful account, indeed, deviant account, appears in the treatment of the square of opposition.” cited by Grice in “Retrospective epilogue.” Since tutoring Strawson on this for Strawson’s ‘logic paper,’ Grice kept an interest, if only to witness Strwson’s playing with the squareand ‘uselessly trying to circle it’ -- a graphic representation of various logical relations among categorical propositions. Relations among modal and even among hypothetical propositions have also been represented on the square. Two propositions are said to be each other’s 1 contradictories if exactly one of them must be true and exactly one false; 2 contraries if they could not both be true although they could both be false; and 3 subcontraries if at least one of them must be true although both of them may be true. There is a relation of 4 subalternation of one proposition, called subaltern, to another called superaltern, if the truth of the latter implies the truth of the former, but not conversely. Applying these definitions to the four types of categorical propositions, we find that SaP and SoP are contradictories, and so are SeP and SiP. SaP and SeP are contraries. SiP and SoP are subcontraries. SiP is subaltern to SaP, and SoP is subaltern to SeP. These relations can be represented graphically in a square of opposition: The four relations on the traditional square are expressed in the following theses: Contradictories: SaP S -SoP, SeP S -SiP Contraries: -SaP & SeP or SaP P -SeP Subcontraries: SiP 7 SoP Subalterns: SaP P SiP, SeP P SoP For these relations to hold, an underlying existential assumption must be satisfied: the terms serving as subjects of propositions must be satisfied, not empty e.g., ‘man’ is satisfied and ‘elf’ empty. Only the contradictory opposition remains without that assumption. Modern interpretations of categorical propositions exclude the existential assumption; thus, only the contradictory opposition remains in the square.  Refs.: H. P. Grice, “Apuleius on the square of opposition,” H. P. Grice, “Boethius and the square of opposition.”

 

filmer: r. English political writer who produced, most importantly, the posthumous Patriarcha It is remembered because Locke attacked it in the first of his Two Treatises of Government 1690. Filmer argued that God gave complete authority over the world to Adam, and that from him it descended to his eldest son when he became the head of the family. Thereafter only fathers directly descended from Adam could properly be rulers. Just as Adam’s rule was not derived from the consent of his family, so the king’s inherited authority is not dependent on popular consent. He rightly makes laws and imposes taxes at his own good pleasure, though like a good father he has the welfare of his subjects in view. Filmer’s patriarchalism, intended to bolster the absolute power of the king, is the classic English statement of the doctrine. 

 

find playwhere Grice’s implicaturum finds play Strawson Wiggins p. 523

No comments:

Post a Comment