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Wednesday, December 23, 2020

il grand tour di grice: impiegato 4/27

  

bruno: g., -- Grice: “Italians should concentrate on the few Italian philosophical dialogues by Bruno in the vernacular, and leave those in ‘the learned’ for those who cannot deal with the ‘volgare’!” “My favourite has to be the one on Atteone – which Bruno describes as the ‘furor’ of a ‘heroe’ – Atteone il cacciatore – but the one on the Fiume at the Campidoglio is also very good!” --  Giordano Bruno – Grice: “A genius”. –  Filippo Bruno, noto con il nome di Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600), è stato un filosofo, scrittore e frate domenicano italiano vissuto nel XVI secolo.  Il suo pensiero, inquadrabile nel naturalismo rinascimentale, fondeva le più diverse tradizioni filosofiche — materialismo antico, averroismo, copernicanesimo, lullismo, scotismo, neoplatonismo, ermetismo, mnemotecnica, influssi ebraici e cabalistici — ma ruotava intorno a un'unica idea: l'infinito, inteso come l'universo infinito, effetto di un Dio infinito, fatto di infiniti mondi, da amare infinitamente. Non esistono molti documenti sulla gioventù di Bruno. È lo stesso filosofo, negli interrogatori cui fu sottoposto durante il processo che segnò gli ultimi anni della sua vita, a dare le informazioni sui suoi primi anni. «Io ho nome Giordano della famiglia di Bruni, della città de Nola vicina a Napoli dodeci miglia, nato ed allevato in quella città»,[5] e più precisamente nella contrada di san Giovanni del Cesco, ai piedi del monte Cicala, forse unico figlio del militare, l'alfiere Giovanni, e di Fraulissa Savolina, nell'anno 1548 - «per quanto ho inteso dalli miei»[6]. Il Mezzogiorno era allora parte del Regno di Napoli, compreso nella monarchia spagnola: il bambino fu battezzato col nome di Filippo, in onore dell'erede al trono di Spagna Filippo II.  La sua casa - che non esiste più - era modesta, ma nel suo De immenso egli ricorda con commossa simpatia l'ambiente che la circondava, l'«amenissimo monte Cicala»,[7] le rovine del castello del XII secolo, gli ulivi - forse in parte gli stessi di oggi - e di fronte, il Vesuvio, che egli, pensando che oltre quella montagna non vi fosse più nulla nel mondo, esplorò ragazzetto: ne trarrà l'insegnamento di non basarsi «esclusivamente sul giudizio dei sensi»,[8] come faceva, a suo dire, il grande Aristotele, imparando soprattutto che, al di là di ogni apparente limite, vi è sempre qualche cosa d'altro.  Imparò a leggere e a scrivere da un prete nolano, Giandomenico de Iannello e compì gli studi di grammatica nella scuola di un tale Bartolo di Aloia. Proseguì gli studi superiori, dal 1562 al 1565, nell'Università di Napoli, che era allora nel cortile del convento di san Domenico, per apprendere lettere, logica e dialettica da «uno che si chiamava il Sarnese»[6] e lezioni private di logica da un agostiniano, fra Teofilo da Vairano.  Il Sarnese, ossia Giovan Vincenzo de Colle, nato a Sarno, era un aristotelico di scuola averroista e a lui si fa risalire la formazione antiumanistica e antifilologica del Bruno, per il quale solo i concetti contano, nessuna importanza avendo la forma e la lingua nella quale sono espressi.[9]  Scarse le notizie sull'agostiniano Teofilo da Vairano, del quale Bruno ebbe sempre ammirazione, tanto da farlo protagonista dei suoi dialoghi cosmologici e da confidare al bibliotecario parigino Guillaume Cotin che Teofilo fu «il principale maestro che abbia avuto in filosofia».[10] Per delineare la prima formazione del Bruno, basta aggiungere che, introducendo la spiegazione del nono sigillo nella sua Explicatio triginta sigillorum del 1583, egli scrive[11] di essersi dedicato fin da giovanissimo allo studio dell'arte della memoria, influenzato probabilmente dalla lettura del trattato Phoenix seu artificiosa memoria, del 1492, di Pietro Tommai, chiamato anche Pietro Ravennate.  In convento  Interno della chiesa di san Domenico Maggiore a Napoli, dove Bruno seguì il suo noviziato e fu promosso agli ordini sacri A «14 anni, o 15 incirca»,[12] rinuncia al nome di Filippo, come imposto dalla regola domenicana, assume il nome di Giordano, in onore del Beato Giordano di Sassonia, successore di san Domenico, o forse del frate Giordano Crispo, suo insegnante di metafisica, e prende quindi l'abito di frate domenicano dal priore del convento di san Domenico Maggiore a Napoli, Ambrogio Pasca: «finito l'anno della probatione, fui admesso da lui medesimo alla professione»,[12] in realtà fu novizio il 15 giugno 1565 e professo il 16 giugno 1566, a diciotto anni. Valutando retrospettivamente, la scelta d'indossare l'abito domenicano può spiegarsi non già per un interesse alla vita religiosa o agli studi teologici – che mai ebbe, come affermò anche al processo - ma per potersi dedicare ai suoi studi prediletti di filosofia con il vantaggio di godere della condizione di privilegiata sicurezza che l'appartenenza a quell'Ordine potente certamente gli garantiva.  Che egli non fosse entrato fra i domenicani per tutelare l'ortodossia della fede cattolica lo rivelò subito l'episodio – narrato dallo stesso Bruno al processo – nel quale fra Giordano, nel convento di san Domenico, buttò via le immagini dei santi in suo possesso, conservando solo il crocefisso e invitando un novizio che leggeva la Historia delle sette allegrezze della Madonna a gettar via quel libro, una modesta operetta devozionale, pubblicata a Firenze nel 1551, perifrasi di versi in latino di Bernardo di Chiaravalle, sostituendolo magari con lo studio della Vita de' santi Padri di Domenico Cavalca. Episodio che, pur conosciuto dai superiori, non provocò sanzioni nei suoi confronti, ma che dimostra come il giovane Bruno fosse del tutto estraneo alle tematiche devozionali controriformistiche.   Chiesa di San Bartolomeo a Campagna, dove fra Giordano celebrò la sua prima messa Sembra[13] che intorno al 1569 sia andato a Roma e sia stato presentato a papa Pio V e al cardinale Scipione Rebiba, al quale avrebbe insegnato qualche elemento di quell'arte mnemonica che tanta parte avrà nella sua speculazione filosofica. Nel 1570 fu ordinato suddiacono, diacono nel 1571, e presbitero nel 1573, celebrando la sua prima messa nel convento di san Bartolomeo a Campagna, presso Salerno, a quell'epoca appartenente ai Grimaldi, principi di Monaco[14], e nel 1575 si laureò in teologia con due tesi su Tommaso d'Aquino e su Pietro Lombardo.  Non bisogna pensare che un convento fosse esclusivamente un'oasi di pace e di meditazione di spiriti eletti: soltanto dal 1567 al 1570, nei confronti dei frati di san Domenico Maggiore furono emesse diciotto sentenze di condanna per scandali sessuali, furti e perfino omicidi.[15] Non deve pertanto stupire il disprezzo che Bruno ostentò sempre nei confronti dei frati, ai quali rimproverò in particolare la mancanza di cultura; e non solo, ma, secondo un'ipotesi di Vincenzo Spampanato[16] comunemente accettata in sede critica, nel protagonista della sua commedia Candelaio, Bonifacio, egli assai probabilmente alluse proprio a un suo confratello, un fra Bonifacio da Napoli, definito nella lettera dedicatoria Alla Signora Morgana B. "candelaio in carne ed ossa"[17], ossia sodomita. Tuttavia, la possibilità di formarsi un'ampia cultura non mancava certo nel convento di san Domenico Maggiore, famoso per la ricchezza della sua biblioteca, anche se, come negli altri conventi, erano vietati i libri di Erasmo da Rotterdam che però Bruno si procurò in parte, leggendoli di nascosto. L'esperienza conventuale di Bruno fu in ogni caso decisiva: vi poté compiere i suoi studi e formare la sua cultura leggendo di tutto, da Aristotele a Tommaso d'Aquino, da san Gerolamo a san Giovanni Crisostomo, oltre alle opere di Raimondo Lullo, di Marsilio Ficino e di Nicola Cusano.  La negazione della dottrina trinitaria Nel 1576 la sua indipendenza di pensiero e la sua insofferenza verso l'osservanza dei dogmi si manifestarono inequivocabilmente. Bruno, discutendo di arianesimo con un frate domenicano, Agostino da Montalcino, ospite nel convento napoletano, sostenne che le opinioni di Ario erano meno perniciose di quel che si riteneva, dichiarando che:  «Ario diceva che il Verbo non era creatore né creatura, ma medio intra il creatore e la creatura, come il verbo è mezzo intra il dicente ed il detto, e però essere detto primogenito avanti tutte le creature, non dal quale ma per il quale è stato creato ogni cosa, non al quale ma per il quale si refferisce e ritorna ogni cosa all'ultimo fine, che è il Padre, essagerandomi sopra questo. Per il che fui tolto in suspetto e processato, tra le altre cose, forsi de questo ancora»  (Le deposizioni 2000, p. 31) E nel 1592 all'inquisitore veneziano espresse il proprio scetticismo sulla Trinità, ammettendo di aver «dubitato circa il nome di persona del Figliolo e del Spirito Santo, non intendendo queste due persone distinte dal Padre»[18] ma considerando il Figlio, neoplatonicamente, l'intelletto e lo Spirito, pitagoricamente, l'amore del Padre o l'anima del mondo, non dunque persone o sostanze distinte, ma manifestazioni divine. Denunciato da frate Agostino al padre provinciale Domenico Vita, costui istituì contro di lui un processo per eresia e, come racconterà Bruno stesso agli inquisitori veneti: «dubitando di non esser messo in preggione, me partii da Napoli ed andai a Roma»[19]. Bruno raggiunse Roma nel 1576, ospite del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, il cui procuratore, Sisto Fabri da Lucca, diverrà pochi anni dopo generale dell'Ordine e nel 1581 censurò i Saggi di Montaigne.  Sono anni di gravi disordini: a Roma sembra non farsi altro, scriveva il cronista marchigiano Guido Gualtieri, che «rubare e ammazzare: molti gittati in Tevere, né di popolo solamente, ma i monsignori, i figli di magnati, messi al tormento del fuoco, e nipoti di cardinali erano levati dal mondo»[20] e ne incolpava il vecchio e debole papa Gregorio XIII.[21]  Anche Bruno è accusato di aver ammazzato e gettato nel fiume un frate: scrive il bibliotecario Guillaume Cotin, il 7 dicembre 1585, che Bruno fuggì da Roma per «un omicidio commesso da un suo frère, per il quale egli è incolpato e in pericolo di vita, sia per le calunnie dei suoi inquisitori che, ignoranti come sono, non concepiscono la sua filosofia e lo accusano di eresia». Oltre all'accusa di omicidio, Bruno ebbe infatti notizia che nel convento napoletano erano stati trovati, tra i suoi libri, opere di san Giovanni Crisostomo e di san Gerolamo annotate da Erasmo e che si stava istruendo contro di lui un processo per eresia.  Così, nello stesso anno, il 1576, Giordano Bruno abbandona l'abito domenicano, riassume il nome di Filippo, lascia Roma e fugge in Liguria.  Peregrinazioni in Italia  Portico del Palazzo comunale di Noli, dove Bruno soggiornò per un breve periodo. Sotto il portico una lapide ricorda il soggiorno del filosofo: "Giordano Bruno / Prima d'insegnare all'Europa / Le leggi dell'ordine universale / Fu maestro in Noli / Di grammatica e cosmografia" Nell'aprile 1576 Bruno è a Genova e scrive che allora, nella chiesa di Santa Maria di Castello, si adorava come reliquia e si faceva baciare ai fedeli la coda dell'asina che portò Gesù a Gerusalemme. Da qui, va poi a Noli (oggi in provincia di Savona, allora Repubblica indipendente), dove per quattro o cinque mesi insegna grammatica ai bambini e cosmografia agli adulti.  Nel 1577 è a Savona, poi a Torino, che giudica "deliciosa città"[22] ma, non trovandovi impiego, per via fluviale s'indirizza a Venezia, dove alloggia in una locanda nella contrada di Frezzeria, facendovi stampare il suo primo scritto, andato perduto, De' segni de' tempi,[23] «per metter insieme un pocco de danari per potermi sustentar; la qual opera feci veder prima al reverendo padre maestro Remigio de Fiorenza», domenicano del convento dei Santi Giovanni e Paolo.  Ma a Venezia era in corso un'epidemia di peste che aveva fatto decine di migliaia di vittime, anche illustri, come Tiziano, così Bruno va a Padova dove, dietro consiglio di alcuni domenicani, riprende il saio, quindi se ne va a Brescia, dove si ferma nel convento domenicano; qui un monaco, «profeta, gran teologo e poliglotta», sospettato di stregoneria per essersi messo a profetizzare, viene da lui guarito, ritornando a essere - scrive ironicamente Bruno - «il solito asino».  In Savoia e a Ginevra Da Bergamo, nell'estate del 1578, decide di andare in Francia: passa per Milano e Torino, ed entra in Savoia passando l'inverno nel convento domenicano di Chambéry. Successivamente, sempre nel 1578,[23] è a Ginevra, città dov'è presente una numerosa colonia di italiani riformati. Bruno depone nuovamente il saio e si veste di cappa, cappello e spada, aderisce al calvinismo e trova lavoro come correttore di bozze, grazie all'interessamento del marchese napoletano Galeazzo Caracciolo il quale, transfuga dall'Italia, nel 1552 vi aveva fondato la comunità evangelica italiana.  Il 20 maggio 1579 s'iscrive all'Università come "Filippo Bruno nolano, professore di teologia sacra". In agosto accusa il professore di filosofia Antoine de la Faye di essere un cattivo insegnante e definisce "pedagoghi"[24] i pastori calvinisti. È probabile che Bruno volesse farsi notare, dimostrare l'eccellenza della sua preparazione filosofica e delle sue capacità didattiche per ottenere un incarico d'insegnante, costante ambizione di tutta la sua vita. Anche la sua adesione al calvinismo era mirata a questo scopo; Bruno fu in realtà indifferente a tutte le confessioni religiose: nella misura in cui l'adesione a una religione storica non pregiudicasse le sue convinzioni filosofiche e la libertà di professarle, egli sarebbe stato cattolico in Italia, calvinista in Svizzera, anglicano in Inghilterra e luterano in Germania.[23]  In Francia Arrestato per diffamazione, viene processato e scomunicato. Il 27 agosto del 1579 è costretto a ritrattare; lascia allora Ginevra e si trasferisce brevemente a Lione per passare a Tolosa, città cattolica, sede di un'importante Università, dove per quasi due anni occupò il posto di lettore, insegnandovi il De anima di Aristotele e componendo un trattato di arte della memoria, rimasto inedito e andato perduto, la Clavis magna, che si rifarebbe all'Ars magna del Lullo. A Tolosa conobbe il filosofo scettico portoghese Francisco Sanches, che volle dedicargli il suo libro Quod nihil scitur, chiamandolo "filosofo acutissimo"; ma Bruno non ricambiò la stima, se scrisse di lui di considerare «stupefacente che questo asino si dia il titolo di dottore».  Nel 1581, a causa della guerra di religione fra cattolici e ugonotti, Bruno lascia Tolosa per Parigi, dove tiene un corso di lezioni sugli attributi di Dio secondo san Tommaso d'Aquino. E in seguito al successo di queste lezioni, come egli stesso racconta agli inquisitori, «acquistai nome tale che il re Enrico terzo mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che havevo e che professava, era naturale o pur per arte magica; al qual diedi sodisfazione; e con quello che li dissi e feci provare a lui medesmo, conobbe che non era per arte magica ma per scienzia. E doppo questo feci stampar un libro de memoria, sotto titolo De umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maestà; e con questa occasione mi feci lettor straordinario e provvisionato».[25]  Appoggiando fattivamente l'operato politico di Enrico III di Valois, a Parigi Giordano Bruno sarebbe rimasto poco meno di due anni, occupato nella prestigiosa posizione di lecteur royal[26]. È a Parigi che Bruno dà alle stampe le sue prime opere pervenuteci. Oltre al De compendiosa architectura et complemento artis Lullii, vedono la luce il De umbris idearum (Le ombre delle idee) e l'Ars memoriae ("L'arte della memoria"), in un unico testo, seguiti dal Cantus Circaeus (Il canto di Circe) e dalla commedia in volgare intitolata Candelaio.[23]  De umbris idearum Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: De umbris idearum. Il volume comprende due testi, il De umbris idearum propriamente detto, e l'Ars memoriae. Nelle intenzioni dell'autore, il volume, di argomento mnemotecnico, è distinto così in una parte di carattere teorico e in una di carattere pratico.  Per Bruno l'universo è un corpo unico, organicamente formato, con un preciso ordine che struttura ogni singola cosa e la connette con tutte le altre. Fondamento di quest'ordine sono le idee, principi eterni e immutabili presenti totalmente e simultaneamente nella mente divina, ma queste idee vengono "ombrate" e si separano nell'atto di volerle intendere. Nel cosmo ogni singolo ente è dunque imitazione, immagine, "ombra" della realtà ideale che la regge. Rispecchiando in sé stessa la struttura dell'universo, la mente umana, che ha in sé non le idee ma le ombre delle idee, può raggiungere la vera conoscenza, ossia le idee e il nesso che connette ogni cosa con tutte le altre, al di là della molteplicità degli elementi particolari e del loro mutare nel tempo. Si tratta allora di cercare di ottenere un metodo conoscitivo che colga la complessità del reale, fino alla struttura ideale che sostiene il tutto.  Tale mezzo si fonda sull'arte della memoria, il cui compito è di evitare la confusione generata dalla molteplicità delle immagini e di connettere le immagini delle cose con i concetti, rappresentando simbolicamente tutto il reale.  Ars memoriae Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Ars memoriae. Nel pensiero del filosofo, l'arte della memoria opera nel medesimo mondo delle ombre delle idee, presentandosi come emulatrice della natura. Se dalle idee prendono forma le cose del mondo in quanto le idee contengono le immagini di ogni cosa, e ai nostri sensi le cose si manifestano come ombre di quelle,[27] allora tramite l'immaginazione stessa sarà possibile ripercorrere il cammino inverso, risalire cioè dalle ombre alle idee, dall'uomo a Dio: l'arte della memoria non è più un ausilio della retorica, ma un mezzo per ri-creare il mondo. È dunque un processo visionario e non un metodo razionale quello che Bruno propone. A similitudine di ogni altra arte, quella della memoria ha bisogno di sostrati (i subiecta), cioè "spazi" dell'immaginazione atti ad accogliere i simboli adatti (gli adiecta) tramite uno strumento opportuno. Con questi presupposti, l'autore costruisce un sistema che associa alle lettere dell'alfabeto immagini proprie della mitologia, in modo da rendere possibile la codifica di vocaboli e concetti secondo una particolare successione di immagini. Le lettere possono essere visualizzate su diagrammi circolari, o "ruote mnemoniche", che girando e innestandosi l'una dentro l'altra, forniscono strumenti via via più potenti.  Cantus Circaeus Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Cantus Circaeus. L'opera, sempre in latino, è composta da due dialoghi. Protagonista del primo è la maga Circe che risentita dal constatare che gli umani si comportino come animali, opera un incantesimo trasformando gli uomini in bestie, mettendo così in luce la loro autentica natura. Nel secondo dialogo Bruno, dando voce a uno dei due protagonisti, Borista, riprende l'arte della memoria mostrando come memorizzare il dialogo precedente: al testo si fa corrispondere uno scenario che viene via via suddiviso in un maggior numero di spazi e i vari oggetti lì contenuti sono le immagini relative ai concetti espressi nello scritto. Il Cantus resta dunque un trattato di mnemotecnica nel quale però il filosofo già lascia intravedere tematiche morali che saranno ampiamente riprese in opere successive, soprattutto nello Spaccio de la bestia trionfante e ne De gli eroici furori.  Candelaio Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Candelaio. Ancora nel 1582 Bruno pubblica infine il Candelaio, una commedia in cinque atti in cui alla complessità del linguaggio, un italiano popolaresco che inserisce termini in latino, toscano e napoletano, corrisponde l'eccentricità della trama, fondata su tre storie parallele.   Esterno della chiesa di Santa Maria Assunta dei Pignatelli, in Largo Corpo di Napoli, presso il Seggio del Nilo, dove Bruno ambienta il suo Candelaio. Il nome deriva dalla statua del dio Nilo. La commedia è ambientata nella Napoli-metropoli del secondo Cinquecento, in posti che il filosofo ben conosceva per avervi soggiornato durante il suo noviziato. Il candelaio Bonifacio, pur sposato con la bella Carubina, corteggia la signora Vittoria ricorrendo a pratiche magiche; l'avido alchimista Bartolomeo si ostina a voler trasformare i metalli in oro; il grammatico Manfurio si esprime in un linguaggio incomprensibile. In queste tre storie si inserisce quella del pittore Gioan Bernardo, voce dell'autore stesso[28] che con una corte di servi e malfattori si fa beffe di tutti e conquista Carubina.  In questo classico della letteratura italiana, appare un mondo assurdo, violento e corrotto, rappresentato con amara comicità, dove gli eventi si succedono in una trasformazione continua e vivace. La commedia è una feroce condanna della stupidità, dell'avarizia e della pedanteria.  Interessante nell'opera la descrizione che Bruno fa di sé stesso:  «L'autore, si voi lo conoscete, direste ch'ave una fisionomia smarrita: par che sii in contemplazione delle pene dell'inferno, par sii stato alla pressa come le barrette[29]: un che ride sol per far come fan gli altri: per il più lo vedrete fastidito e bizzarro, non si contenta di nulla, ritroso come un vecchio d'ottant'anni, fantastico com'un cane ch'ha ricevute mille spellicciate, pasciuto di cipolla.»  (da Il candelaio, a cura di Augusto Guzzo, introduzione di Antonio Riccardi, Milano, Mondadori, 1994, p. 16) «Intende venire in Inghilterra il dottor Giordano Bruno, Nolano, professore di filosofia, la cui religione non posso approvare.»  (Dalla lettera dell'ambasciatore inglese a Parigi Henry Cobham a Francis Walsingham, marzo 1583[30]) Nell'aprile 1583 Giordano Bruno lascia Parigi e parte per l'Inghilterra dove, a Londra, è ospitato dall'ambasciatore di Francia Michel de Castelnau, che gli affiancherà il letterato di origini italiane Giovanni Florio in quanto Bruno non conosceva l'inglese, accompagnandolo fino al termine del suo soggiorno inglese. Nelle deposizioni lasciate agli inquisitori veneti egli sorvola sulle motivazioni di questa partenza, riferendosi genericamente ai disordini là in corso per questioni religiose. Sulla partenza restano però aperte altre ipotesi: che Bruno fosse partito in missione segreta per conto di Enrico III;[31] che il clima a Parigi si fosse fatto pericoloso a causa dei suoi insegnamenti.[32] Bisogna aggiungere anche il fatto che davanti agli inquisitori veneziani, qualche anno più avanti, Bruno esprimerà parole di apprezzamento per la regina d'Inghilterra Elisabetta che egli aveva conosciuto andando spesso a corte con l'ambasciatore.[33]  Nel mese di giugno Bruno è a Oxford, e nella chiesa di St. Mary sostenne con uno di quei professori una disputa pubblica. Tornato a Londra, vi pubblicò, in un unico testo, l'Ars reminiscendi[34], l'Explicatio triginta sigillorum e il Sigillus sigillorum, nel quale testo inserì una lettera indirizzata al vice cancelliere dell'Università di Oxford, scrivendo che là «troveranno dispostissimo e prontissimo un uomo col quale saggiare la misura delle proprie forze». È una richiesta di poter insegnare nella prestigiosa Università. La proposta viene accolta: nell'estate del 1583 Bruno parte per Oxford.[35]  Sigillus sigillorum Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Sigillus sigillorum. Opera considerata di argomento mnemotecnico, il Sigillus, in lingua latina, è una concisa trattazione teorica nella quale il filosofo introduce tematiche decisive nel suo pensiero, quali l'unità dei processi cognitivi; l'amore come legame universale; l'unicità e infinità di una forma universale che si esplica nelle infinite figure della materia, e il "furore" nel senso di slancio verso il divino, argomenti che saranno di lì a poco sviluppati a fondo nei successivi dialoghi italiani. È presentato inoltre in quest'opera fondamentale un altro dei temi nucleari del pensiero di Bruno: la magia come guida e strumento di conoscenza e azione, argomento che egli amplierà nelle cosiddette opere magiche.  Il ritorno a Londra A Oxford Giordano Bruno tiene alcune lezioni sulle teorie copernicane, ma il suo soggiorno presso quella città dura ben poco.[35] Dagli studi di Frances Yates[36] si apprende che a Oxford non gradirono quelle novità, come testimoniò venti anni dopo, nel 1604, l'arcivescovo di Canterbury George Abbot, che fu presente alle lezioni di Bruno:  «Quell'omiciattolo italiano [...] intraprese il tentativo, tra moltissime altre cose, di far stare in piedi l'opinione di Copernico, per cui la terra gira e i cieli stanno fermi; mentre in realtà era la sua testa che girava e il suo cervello che non stava fermo.»  (Ciliberto 1996, pp. 50-51) Le lezioni furono quindi interrotte, ufficialmente per un'accusa di plagio al De vita coelitus comparanda di Marsilio Ficino. Sono anni questi difficili e amari per il filosofo, come traspare dal tono delle introduzioni alle opere immediatamente successive, i dialoghi londinesi: le polemiche accese e i rifiuti sono vissuti da Bruno come una persecuzione, «ingiusti oltraggi», e certo la "fama" che già lo aveva preceduto da Parigi non lo aiutava.[32]  Ritornato a Londra, nonostante il clima avverso,[37] in poco meno di due anni, fra il 1584 e il 1585, Bruno pubblica presso John Charlewood sei opere fra le più importanti della sua produzione: sei opere filosofiche in forma dialogica, i cosiddetti "dialoghi londinesi", o anche "dialoghi italiani", perché tutti in lingua italiana: La cena de le ceneri, De la causa, principio et uno, De l'infinito, universo e mondi, Spaccio de la bestia trionfante, Cabala del cavallo pegaseo con l'aggiunta dell'Asino cillenico, De gli eroici furori.[38]  La cena de le ceneri Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: La cena de le ceneri. L'opera, dedicata all'ambasciatore francese Michel de Castelnau, presso il quale Bruno era ospite, è divisa in cinque dialoghi, i protagonisti sono quattro e fra questi Teofilo[39] può considerarsi il portavoce dell'autore. Bruno immagina che il nobile sir Fulke Greville[40], il giorno delle Ceneri, inviti a cena Teofilo, Bruno stesso[41], Giovanni Florio, precettore della figlia dell'ambasciatore, un cavaliere e due accademici luterani di Oxford: i dottori Torquato e Nundinio. Rispondendo alle domande degli altri protagonisti, Teofilo racconta gli eventi che hanno portato all'incontro e lo svolgersi della conversazione avvenuta durante la cena, esponendo così le teorie del nolano.[42]   Busto marmoreo di Niccolò Copernico, Jordan Park, Cracovia Bruno elogia e difende la teoria dell'astronomo polacco Niccolò Copernico (1473 – 1543) contro gli attacchi dei conservatori e contro chi, come il teologo Andrea Osiander, che aveva scritto una prefazione denigratoria al De revolutionibus orbium coelestium, considera solo un'ipotesi ingegnosa quella dell'astronomo. Il mondo di Copernico, però, era ancora finito e delimitato dalla sfera delle stelle fisse. Nella Cena, Bruno non si limita a sostenere il moto della Terra di seguito alla confutazione della cosmologia tolemaica; egli presenta altresì un universo infinito: senza centro né confini. Afferma Teofilo (portavoce dell'autore) riguardo all'universo: «e sappiamo certo che essendo effetto e principiato da una causa infinita e principio infinito, deve secondo la capacità sua corporale e modo suo essere infinitamente infinito. [...] non è possibile giamai di trovar raggione semiprobabile per la quale sia margine di questo universo corporale; e per conseguenza ancora li astri che nel suo spacio si contengono, siino di numero finito; et oltre essere naturalmente determinato cento e mezzo di quello».[43] L'universo, che procede da Dio quale Causa infinita, è infinito a sua volta e contiene mondi innumerabili.  Per Bruno sono principi vani sostenere l'esistenza del firmamento con le sue stelle fisse, la finitezza dell'universo e che in questo esista un centro dove ora dovrebbe trovarsi immobile il Sole come prima vi si immaginava ferma la Terra. Formula esempi che appaiono ad alcuni autori come antesignani del principio di relatività galileiana.[44] Seguendo la Docta ignorantia del cardinale e umanista Nicola Cusano (1401 – 1464), Bruno sostiene l'infinità dell'universo in quanto effetto di una causa infinita. Bruno è ovviamente consapevole che le Scritture sostengono tutt'altro – finitezza dell'universo e centralità della Terra – ma, risponde:  «Se gli dei si fossero degnati di insegnarci la teorica delle cose della natura, come ne han fatto favore di proporci la pratica di cose morali, io più tosto mi accosterei alla fede de le loro rivelazioni, che muovermi punto della certezza de mie raggioni e proprii sentimenti»  (La cena de le ceneri: Teofilo: dialogo IV) Come occorre distinguere tra dottrine morali e filosofia naturale, così occorre distinguere tra teologi e filosofi: ai primi spettano le questioni morali, ai secondi la ricerca della verità. Dunque Bruno traccia qui un confine abbastanza netto fra opere di filosofia naturale e Sacre scritture.  De la causa, principio et uno Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: De la causa, principio et uno. I cinque dialoghi del De la causa, principio et uno intendono stabilire i principi della realtà naturale. Bruno lascia da parte l'aspetto teologico della conoscenza di Dio, del quale, come causa della natura, non possiamo conoscere nulla attraverso il «lume naturale», perché esso «ascende sopra la natura» e si può pertanto aspirare a conoscere Dio solo per fede. Ciò che interessa a Bruno è invece la filosofia e la contemplazione della natura, la conoscenza della realtà naturale nella quale, come già aveva scritto nel De umbris, possiamo soltanto cogliere le «ombre», il divino «per modo di vestigio».   La costellazione di Orione Riallacciandosi ad antiche tradizioni di pensiero, Bruno elabora una concezione animistica della materia, nella quale l'anima del mondo viene a identificarsi con la sua forma universale, e la cui prima e principale facoltà è l'intelletto universale. L'intelletto è il «principio formale costitutivo de l'universo e di ciò che in quello si contiene» e la forma non è altro che il principio vitale, l'anima delle cose le quali, proprio perché tutte dotate di anima, non hanno imperfezione.  La materia, d'altro canto, non è in sé stessa indifferenziata, un "nulla", come hanno sostenuto molti filosofi, una bruta potenza, senza atto e senza perfezione, come direbbe Aristotele.  La materia è allora il secondo principio della natura, della quale ogni cosa è formata. Essa è «potenza d'esser fatto, prodotto e creato», aspetto equivalente al principio formale che è potenza attiva, «potenza di fare, di produrre, di creare» e non può esserci l'un principio senza l'altro. Ponendosi quindi in contrasto col dualismo aristotelico, Bruno conclude che principio formale e principio materiale benché distinti non possono essere ritenuti separati, perché «il tutto secondo la sostanza è uno».  Discendono da queste considerazioni due elementi fondamentali della filosofia bruniana: uno, tutta la materia è vita e la vita è nella materia, materia infinita; due, Dio non può essere al di fuori della materia semplicemente perché non esiste un "esterno" della materia: Dio è dentro la materia, dentro di noi.[45]  De l'infinito, universo e mondi Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: De l'infinito, universo e mondi. Nel De l'infinito, universo e mondi Bruno riprende e arricchisce temi già affrontati nei dialoghi precedenti: la necessità di un accordo tra filosofi e teologi, perché «la fede si richiede per l'istituzione di rozzi popoli che denno esser governati»; l'infinità dell'universo e l'esistenza di mondi infiniti; la mancanza di un centro in un universo infinito, che comporta un'ulteriore conseguenza: la scomparsa dell'antico, ipotizzato ordine gerarchico, la «vanissima fantasia» che riteneva che al centro vi fosse il «corpo più denso e crasso» e si ascendesse ai corpi più fini e divini. La concezione aristotelica è difesa ancora da quei dottori (i pedanti) che hanno fede nella «fama de gli autori che gli son stati messi nelle mani», ma i filosofi moderni, che non hanno interesse a dipendere da quello che dicono gli altri e pensano con la loro testa, si sbarazzano di queste anticaglie e con passo più sicuro procedono verso la verità.  Chiaramente un universo eterno, infinitamente esteso, composto di un numero infinito di sistemi solari simili al nostro e sprovvisto di centro sottrae alla Terra, e di conseguenza all'uomo, quel ruolo privilegiato che Terra e uomo hanno nelle religioni giudaico-cristiane all'interno del modello della creazione, creazione che agli occhi del filosofo non ha più senso, perché come già aveva concluso nei due dialoghi precedenti, l'universo è assimilabile a un organismo vivente, dove la vita è insita in una materia infinita che perennemente muta.  Il copernicanesimo, per Bruno, rappresenta la "vera" concezione dell'universo, meglio, l'effettiva descrizione dei moti celesti. Nel Dialogo primo del De l'infinito, universo e mondi, il nolano spiega che l'universo è infinito perché tale è la sua Causa che coincide con Dio. Filoteo, portavoce dell'autore, afferma: «Qual raggione vuole che vogliamo credere che l'agente che può fare un buono infinito lo fa finito? e se lo fa finito, perché doviamo noi credere che possa farlo infinito, essendo in lui il possere et il fare tutto uno? Perché è inmutabile, non ha contingenzia nell'operazione, né nella efficacia, ma da determinata e certa efficacia depende determinato e certo effetto inmutabilmente: onde non può essere altro che quello che è; non può essere tale quale non è; non può posser altro che quel che può; non può voler altro che quel che vuole; e necessariamente non può far altro che quel che fa: atteso che l'aver potenza distinta da l'atto conviene solamente a cose mutabili».[46]  Essendo Dio infinitamente potente, dunque, il suo atto esplicativo deve esserlo altrettanto. In Dio coincidono libertà e necessità, volontà e potenza (o capacità); di conseguenza, non è credibile che all'atto della creazione Egli abbia posto un limite a sé stesso.  Bisogna tener presente che «Bruno opera una netta distinzione tra l'universo e i mondi. Parlare di un sistema del mondo non vuol dire, nella sua visione del cosmo, parlare di un sistema dell'universo. L'astronomia è legittima e possibile come scienza del mondo che cade nell'ambito della nostra percezione sensibile. Ma, al di là di esso, si estende un universo infinito che contiene quei "grandi animali" che chiamiamo astri, che racchiude una pluralità infinita di mondi. Quell'universo non ha dimensioni né misura, non ha forma né figura. Di esso, che è insieme uniforme e senza forma, che non è né armonico né ordinato, non può in alcun modo darsi un sistema».[47]Spaccio de la bestia trionfante Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Spaccio de la bestia trionfante. «Quando aviene che un poltrone o forfante monta ad esser principe o ricco, non è per mia colpa, ma per iniquità di voi altri che, per esser scarsi del lume e splendor vostro, non lo sforfantaste o spoltronaste prima, o non lo spoltronate e sforfantate al presente, o almeno appresso lo vegnate a purgar della forfantesca poltronaria, a fine che un tale non presieda. Non è errore che sia fatto un prencipe, ma che sia fatto prencipe un forfante.»  (Spaccio de la bestia trionfante, Fortuna (Sofia)[48]: dialogo II, parte II) Opera allegorica, lo Spaccio, costituito da tre dialoghi di argomento morale, si presta a essere interpretato su diversi livelli, tra i quali resta fondamentale quello dell'intento polemico di Bruno contro la Riforma protestante, che agli occhi del nolano rappresenta il punto più basso di un ciclo di decadenza iniziato col cristianesimo. Decadenza non soltanto religiosa, ma anche civile e filosofica: se Bruno aveva concluso nei precedenti dialoghi che la fede è necessaria per il governo dei «rozzi popoli» cercando di delimitare così i rispettivi campi d'azione di filosofia e religione, qui egli riapre quel confine.  Nella visione di Bruno, il legame fra l'uomo e il mondo, mondo naturale e mondo civile, è quello fra l'uomo e un Dio che non sta "nell'alto dei cieli", ma nel mondo, perché la «natura non è altro che dio nelle cose». Il filosofo, colui che cerca la Verità[49], deve pertanto necessariamente operare là dove sono situate le «ombre» del divino. L'uomo non può fare a meno di interagire con Dio, secondo il linguaggio di una comunicazione che nel mondo naturale vede l'uomo perseguire la Conoscenza, e nel mondo civile l'uomo seguire la Legge. Questo legame è proprio quello che nella storia è stato interrotto, e il mondo tutto è decaduto perché è decaduta la religione trascinando con sé e la legge e la filosofia, «di sorte che non siamo più dèi, non siamo più noi». Nello Spaccio, dunque, etica, ontologia e religione sono strettamente interconnessi. Religione, e questo va evidenziato, che Bruno intende come religione civile e naturale, e il modello cui egli si ispira è quello degli antichi Egizi e Romani, che «non adoravano Giove, come lui fusse la divinità, ma adoravano la divinità come fusse in Giove».  Per ristabilire il legame col divino occorre però che «prima togliamo dalle nostre spalli la grieve somma d'errori che ne trattiene.» È lo "spaccio", cioè l'espulsione di ciò che ha deteriorato quel legame: le "bestie trionfanti".  Le bestie trionfanti sono immaginate nelle costellazioni celesti, rappresentate da animali: occorre "spacciarle", cioè cacciarle dal cielo in quanto rappresentanti vizi che è tempo di sostituire con altre virtù: via dunque la Falsità, l'Ipocrisia, la Malizia, la «stolta fede», la Stupidità, la Fierezza, la Fiacchezza, la Viltà, l'Ozio, l'Avarizia, l'Invidia, l'Impostura, l'Adulazione e via elencando.  Occorre tornare alla semplicità, alla verità e all'operosità, ribaltando le concezioni morali che si sono ormai imposte nel mondo, secondo le quali le opere e gli affetti eroici sono privi di valore, dove credere senza riflettere è sapienza, dove le imposture umane sono fatte passare per consigli divini, la perversione della legge naturale è considerata pietà religiosa, studiare è follia, l'onore è posto nelle ricchezze, la dignità nell'eleganza, la prudenza nella malizia, l'accortezza nel tradimento, il saper vivere nella finzione, la giustizia nella tirannia, il giudizio nella violenza.  Responsabile di questa crisi è il cristianesimo: già Paolo aveva operato il rovesciamento dei valori naturali e ora Lutero, «macchia del mondo», ha chiuso il ciclo: la ruota della storia, della vicissitudine del mondo, essendo giunta al suo punto più basso, può operare un nuovo e positivo rovesciamento dei valori.  Nella nuova gerarchia di valori il primo posto spetta alla Verità, necessaria guida per non errare. A questa segue la Prudenza, la caratteristica del saggio che, conosciuta la verità, ne trae le conseguenze con un comportamento adeguato. Al terzo posto Bruno inserisce la Sofia, la ricerca della verità; quindi segue la Legge, che disciplina il comportamento civile dell'uomo; infine il Giudizio, inteso come aspetto attuatorio della legge. Bruno fa quindi discendere la Legge dalla Sapienza, in una visione razionalista nel cui centro c'è l'uomo che opera cercando la Verità, in netto contrasto col cristianesimo di Paolo, che vede la legge subordinata alla liberazione dal peccato, e con la Riforma di Lutero, che vede nella "sola fede" il faro dell'uomo. Per Bruno la "gloria di Dio" si rovescia così in «vana gloria» e il patto fra Dio e gli uomini stabilito nel Nuovo Testamento si rivela «madre di tutte le forfanterie». La religione deve tornare a essere "religione civile": legame che favorisca la «communione de gli uomini», la «civile conversazione».  Altri valori seguono i primi cinque: la Fortezza (la forza dell'animo), la Diligenza, la Filantropia, la Magnanimità, la Semplicità, l'Entusiasmo, lo Studio, l'Operosità, eccetera. E allora vedremo, conclude beffardo Bruno, «quanto siano atti a guadagnarsi un palmo di terra questi che sono cossí effusi[50] e prodighi a donar regni de' cieli».  È questa evidentemente un'etica che richiama i valori tradizionali dell'Umanesimo, cui Bruno non ha mai dato molta importanza; ma questo schema rigido è in realtà la premessa per le indicazioni di comportamento che Bruno prospetta nell'opera di poco successiva, De gli eroici furori.  Cabala del cavallo pegaseo con l'aggiunta dell'Asino cillenico Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Cabala del cavallo pegaseo. «Li nostri divi asini, privi del proprio sentimento ed affetto vegnono ad intendere non altrimente che come gli vien soffiato alle orecchie delle rivelazioni o degli dei, o dei vicarii loro; e per conseguenza a governarsi non secondo altra legge che di que' medesimi.»  (Cabala del Cavallo Pegaseo, Saulino: dialogo I) La Cabala del cavallo pegaseo viene pubblicata nel 1585 insieme a l'Asino cillenico in unico testo. Il titolo allude a Pegaso, il cavallo alato della mitologia greca nato dal sangue di Medusa decapitata da Perseo. Al termine delle sue imprese, Pegaso volò nel cielo trasformandosi in costellazione, una delle 48 elencate da Tolomeo nel suo Almagesto: la costellazione di Pegaso. "Cabala" si riferisce a una tradizione mistica originatasi in seno all'ebraismo.   Calcografia del 1596 raffigurante le stelle della costellazione di Pegaso che delineano la figura del cavallo mitologico Pegaso L'opera, percorsa da una chiara vena comica, può essere letta come un divertissement, opera d'intrattenimento senza pretese; oppure interpretata in chiave allegorica, opera satirica, atto di accusa. Il cavallo nel cielo sarebbe allora un asino idealizzato, figura celeste che rimanda all'asinità umana: all'ignoranza, quella dei cabalisti, ma anche quella dei religiosi in generale. I continui riferimenti ai testi sacri si rivelano ambigui, perché da un lato suggeriscono interpretazioni, dall'altro confondono il lettore. Uno dei filoni interpretativi, legato al lavoro critico svolto da Vincenzo Spampanato, ha individuato nel cristianesimo delle origini e in Paolo di Tarso il bersaglio polemico di Bruno.[51]  De gli eroici furori Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: De gli eroici furori. Nei dieci dialoghi che compongono l'opera De gli eroici furori, pubblicati nel 1585 sempre a Londra, Bruno individua tre specie di passioni umane: quella per la vita speculativa, volta alla conoscenza; quella per la vita pratica e attiva, e quella per la vita oziosa. Le due ultime tendenze rivelano una passione di poco valore, un «furore basso»; il desiderio di una vita volta alla contemplazione, cioè alla ricerca della verità, è invece espressione di un «furore eroico», con il quale l'anima, «rapita sopra l'orizzonte de gli affetti naturali [...] vinta da gli alti pensieri, come morta al corpo, aspira ad alto».   Diana e Atteone, Delacroix Non si giunge a tale effetto con la preghiera, con atteggiamenti devozionali, con «aprir gli occhi al cielo, alzar alto le mani» ma, al contrario, con il «venir al più intimo di sé, considerando che Dio è vicino, con sé e dentro di sé più ch'egli medesmo esser non si possa, come quello che è anima delle anime, vita delle vite, essenza de le essenze». Una ricerca che Bruno assimila a una caccia, non la comune caccia ove il cacciatore ricerca e cattura le prede, ma quella in cui il cacciatore diviene egli stesso preda, come Atteone che nel mito ripreso da Bruno, avendo visto la bellezza di Diana, si trasforma in cervo ed è fatto preda dei cani, i «pensieri de cose divine», che lo divorano «facendolo morto al volgo, alla moltitudine, sciolto dalli nodi de li perturbati sensi, [...] di sorte che tutto vede come uno, non vede più distinzioni e numeri».  La conoscenza della natura è lo scopo della scienza e quello più alto della nostra vita stessa, che da questa scelta viene trasformata in un «furore eroico» assimiliandoci alla perenne e tormentata «vicissitudine» in cui si esprime il principio che anima tutto l'universo. Il filosofo ci dice che per conoscere veramente l'oggetto della nostra ricerca (Diana ignuda) non dobbiamo essere virtuosi (virtù come medietà tra gli estremi) ma dobbiamo essere pazzi, furiosi, solo così potremmo arrivare a capire l'oggetto del nostro studio (Atteone trasformato in cervo); la ricerca e l'essere fuoriosi, non sono una virtù ma un vizio. Il dialogo è inoltre un prosimetro, come La vita nuova di Dante, un insieme di prosa e di poesia (distici, sonetti e una canzone finale).  Il ritorno in Francia  Giordano Bruno in una stampa d'epoca Il precedente periodo inglese è da considerarsi il più creativo di Bruno, periodo nel quale ha prodotto il maggior numero di opere fino a quando verso la fine del 1585 l'ambasciatore Castelnau essendo richiamato in Francia lo induce a imbarcarsi con lui; ma la nave verrà assalita dai pirati, che derubano i passeggeri d'ogni avere.  A Parigi Bruno abita vicino al Collège de Cambrai, e ogni tanto va a prendere in prestito qualche libro nella biblioteca di Saint-Victor, nella collina di Sainte-Geneviève, il cui bibliotecario, il monaco Guillaume Cotin, ha l'abitudine di annotare giornalmente quanto avveniva nella biblioteca. Entrato in qualche confidenza col filosofo, da lui sappiamo che Bruno stava per pubblicare un'opera, l'Arbor philosophorum, che non ci è pervenuta, e che aveva lasciato l'Italia per «evitare le calunnie degli inquisitori, che sono ignoranti e che, non concependo la sua filosofia, lo accuserebbero di eresia».[52]  Il monaco annota tra l'altro che Bruno era ammiratore di Tommaso d'Aquino, che disprezzava «le sottigliezze degli scolastici, dei sacramenti e anche dell'eucaristia, ignote a san Pietro e a san Paolo, i quali non seppero altro che hoc est corpus meum. Dice che i torbidi religiosi sarebbero facilmente tolti di mezzo, se fossero spazzate tali questioni e confida che questa sarà presto la fine della contesa.»[53]  L'anno successivo Bruno pubblica, dedicata a Piero Del Bene, abate di Belleville e membro della corte francese, la Figuratio Aristotelici physici auditus, un'esposizione della fisica aristotelica. Conosce il salernitano Fabrizio Mordente, che due anni prima aveva pubblicato Il Compasso, illustrazione dell'invenzione di un compasso di nuova concezione e, poiché egli non sa il latino, Bruno, che ha apprezzato la sua invenzione, pubblica i Dialogi duo de Fabricii Mordentis Salernitani prope divina adinventione ad perfectam cosmimetriae praxim, dove elogia l'inventore ma gli rimprovera di non aver compreso tutta la portata della sua invenzione, che dimostrava l'impossibilità di una divisione infinita delle lunghezze. Offeso da questi rilievi, il Mordente protestò violentemente, sicché Bruno finì col replicare con le feroci satire dell'Idiota triumphans seu de Mordentio inter geometras Deo dialogus e del Dialogus qui De somnii interpretatione seu Geometrica sylva inscribitur.  Il 28 maggio 1586 fa stampare col nome del discepolo Jean Hennequin l'opuscolo antiaristotelico Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus peripateticos, partecipando alla successiva pubblica disputa nel Collège de Cambrai, ribadendo le sue critiche alla filosofia aristotelica.[54] Contro tali critiche si levò un giovane avvocato parigino, Raoul Callier, che replicò con violenza chiamando il filosofo Giordano "Bruto".[55] Sembra che l'intervento del Callier abbia ricevuto l'appoggio di quasi tutti gli intervenuti e che si sia scatenato un putiferio di fronte al quale il filosofo preferì, una volta tanto, allontanarsi, ma le reazioni negative provocate dal suo intervento contro la filosofia aristotelica, allora ancora in grande auge alla Sorbona, unitamente alla crisi politica e religiosa in corso in Francia e alla mancanza di appoggi a corte, lo indussero a lasciare nuovamente il suolo francese.  In Germania  La Piazza del Mercato di Wittenberg Raggiunta in giugno la Germania, Bruno soggiorna brevemente a Magonza e a Wiesbaden, passando poi a Marburg, nella cui Università risulta immatricolato il 25 luglio 1586 come Theologiae doctor romanensis. Ma non trovando possibilità di insegnamento, probabilmente per le sue posizioni antiaristoteliche, il 20 agosto 1586 s'immatricola nell'Università di Wittenberg come Doctor italicus, insegnandovi per due anni, due anni che il filosofo trascorre in tranquilla operosità.[56]  «...uomo di nessun nome e autorità fra voi, sfuggito ai tumulti di Francia, non appoggiato da alcuna raccomandazione principesca, [...] mi avete ritenuto meritevole di cordialissima accoglienza, mi avete incluso nell'albo della vostra accademia, mi avete accolto in un consesso di uomini tanto nobili e dotti, da sembrare ai miei occhi non una scuola privata o una conventicola esoterica, bensì, come si conviene all'Atene tedesca, una vera università.»  (Dedica del De lampade combinatoria[57]) Nel 1587 pubblica il De lampade combinatoria lulliana, un commento dell'Ars magna di Raimondo Lullo e il De progressu et lampade venatoria logicorum,[58] commento ai Topica di Aristotele; altri commenti a opere aristoteliche sono i suoi Libri physicorum Aristotelis explanati, testi pubblicati nel 1891. Pubblica ancora, a Wittenberg, il Camoeracensis Acrotismus[59], una riedizione di Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus peripateticos. Un suo corso privato sulla Retorica sarà invece pubblicato nel 1612 col titolo di Artificium perorandi; anche le Animadversiones circa lampadem lullianam e la Lampas triginta statuarum verranno pubblicate soltanto nel 1891.  Nel saggio della Yates si fa cenno al fatto che il Mocenigo aveva riferito all'Inquisizione veneziana l'intenzione di Bruno, durante il suo periodo tedesco, di creare una nuova setta. Mentre altri accusatori (il Mocenigo negherà questa affermazione) sostenevano che egli avrebbe voluto chiamare la nuova setta dei Giordaniti e che essa avrebbe attirato molto i luterani tedeschi. L'autrice inoltre si pone la domanda se in questa setta vi fossero stati dei rapporti con i Rosacroce dato che in Germania emersero all'inizio del XVII secolo presso i circoli luterani.[60]  Il nuovo duca Cristiano I, succeduto al padre morto l'11 febbraio 1586, decide di rovesciare l'indirizzo degli insegnamenti universitari che privilegiavano le dottrine del filosofo calvinista Pietro Ramo a svantaggio delle classiche teorie aristoteliche. Dovette essere questa svolta a spingere Bruno, l'8 marzo 1588, a lasciare l'Università di Wittenberg, non senza la lettura di una Oratio valedictoria, un saluto che è un ringraziamento per l'ottima accoglienza della quale era stato gratificato:  «Sebbene fossi di nazione forestiero, esule, fuggiasco, zimbello della fortuna, piccolo di corpo, scarso di beni, privo di favore, premuto dall'odio della folla, quindi sprezzabile agli stolti e a quegli ignobilissimi che non riconoscono nobiltà se non dove splende l'oro, tinnisce l'argento, e il favore di persone loro simili tripudia e applaude, tuttavia voi, dottissimi, gravissimi e morigeratissimi senatori, non mi disprezzaste, e lo studio mio, non del tutto alieno dallo studio di tutti i dotti della vostra nazione, non lo riprovaste permettendo che fosse violata la libertà filosofica e macchiato il concetto della vostra insigne umanità.»  (citato in Opere di Giordano Bruno e Tommaso Campanella, a cura di Augusto Guzzo e Romano Amerio, Ricciardi, 1956) Ne fu ricambiato dall'affetto degli allievi, come Hieronymus Besler e Valtin Havenkenthal, il quale, nel suo saluto, lo chiama «Essere sublime, oggetto di meraviglia per tutti, dinanzi a cui stupisce la natura stessa, superata dall'opera sua, fiore d'Ausonia, Titano della splendida Nola, decoro e delizia dell'uno e l'altro cielo».  A Praga e a Helmstedt I sigilli di Giordano Bruno  Amoris   I sigilli di Giordano Bruno sono delle incisioni realizzate dallo stesso e pubblicate all'interno delle sue opere a partire dal periodo praghese. Esse rappresentano figure geometriche sovrapposte ma anche veri e propri disegni con presunte decorazioni e lettere. A parte il titolo dei sigilli non abbiamo alcuna spiegazione in merito al loro significato o al loro reale utilizzo. Fino a oggi sono state fatte molto congetture dai vari studiosi senza giungere a nessuna conclusione definitiva.  Nell'aprile del 1588 Bruno giunge a Praga, in quegli anni sede del Sacro Romano Impero, città dove rimane sei mesi. Qui pubblica, in unico testo, il De lulliano specierum scrutinio e il De lampade combinatoria Raymundi Lullii, dedicato all'ambasciatore spagnolo presso la corte imperiale, don Guillem de Santcliment (il quale vantava Raimondo Lullo fra i suoi antenati), mentre all'imperatore Rodolfo II, mecenate e appassionato di alchimia e astrologia, dedica gli Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos, che trattano di geometria, e nella dedica rileva come per guarire i mali del mondo sia necessaria la tolleranza, sia in campo strettamente religioso – «È questa la religione che io osservo, sia per una convinzione intima sia per la consuetudine vigente nella mia patria e tra la mia gente: una religione che esclude ogni disputa e non fomenta alcuna controversia» – sia in quello filosofico, campo che deve rimanere libero da autorità precostituite e da tradizioni elevate a prescrizioni normative. Quanto a lui, «alle libere are della filosofia cercai riparo dai flutti fortunosi, desiderando la sola compagnia di coloro che comandano non di chiudere gli occhi, ma di aprirli. A me non piace dissimulare la verità che vedo, né ho timore di professarla apertamente»  Ricompensato con trecento talleri dall'imperatore, in autunno Bruno, che sperava di essere accolto a corte, decide di lasciare Praga e, dopo una breve tappa a Tubinga, giunge a Helmstedt, nella cui Università, chiamata Academia Julia, si registra il 13 gennaio 1589.   Una targa presso il Planetario di Praga ricorda il passaggio del filosofo in quella città Il 1º luglio 1589, per la morte del fondatore dell'Accademia, il duca Julius von Braunschweig, vi legge l'Oratio consolatoria, ove presenta sé stesso come forestiero ed esule: «spregiai, abbandonai, perdetti la patria, la casa, la facoltà, gli onori, e ogni altra cosa amabile, appetibile, desiderabile». In Italia «esposto alla gola e alla voracità del lupo romano, qui libero. Lì costretto a culto superstizioso e insanissimo, qui esortato a riti riformati. Lì morto per violenza di tiranni, qui vivo per l'amabilità e la giustizia di un ottimo principe». Le Muse dovrebbero essere libere per diritto naturale eppure «sono invece, in Italia e in Spagna, conculcate dai piedi di vili preti, in Francia patiscono per la guerra civile rischi gravissimi, in Belgio sono sballottate da frequenti marosi, e in alcune regioni tedesche languono infelicemente».  Poche settimane dopo viene scomunicato dal sovrintendente della Chiesa luterana della città, il teologo luterano Heinrich Boethius[61] per motivi non noti: Bruno riesce così a collezionare le scomuniche delle maggiori confessioni europee, cattolica, calvinista e luterana. Il 6 ottobre 1586 presenta ricorso al prorettore dell'Accademia, Daniel Hoffmann, contro quello che egli definisce un abuso – perché «chi ha deciso qualcosa senza ascoltare l'altra parte, anche se lo ha fatto giustamente, non è stato giusto» – e una vendetta privata. Non ricevette però risposta, perché sembra che fosse stato lo stesso Hoffmann a istigare Boethius.[62]  Benché scomunicato, poté tuttavia rimanere ancora a Helmstedt, dove aveva ritrovato Valtin Acidalius Havenkenthal e Hieronymus Besler, già suo allievo a Wittenberg, che gli fa da copista e vedrà ancora brevemente in Italia, a Padova. Bruno compone diverse opere sulla magia, tutte pubblicate postume solo nel 1891: il De magia, le Theses de magia, un compendio del trattato precedente, il De magia mathematica (che presenta come fonti la Steganographia di Tritemio, il De occulta philosophia di Agrippa e lo pseudo-Alberto Magno), il De rerum principiis et elementis et causis e la Medicina lulliana, nella quale presume di aver trovato forme di applicazione della magia nella natura.  De magia "Mago" è un termine che si presta a equivoche interpretazioni, ma che per l'autore, come egli stesso chiarisce sin dall'ìncipit dell'opera, significa innanzitutto sapiente: sapienti come per esempio erano i magi dello zoroastrismo o simili depositari della conoscenza presso altre culture del passato. La magia di cui Bruno si occupa non è pertanto quella associata alla superstizione o alla stregoneria, bensì quella che vuole incrementare il sapere e agire conseguentemente.  L'assunto fondamentale da cui il filosofo parte è l'onnipresenza di un'entità unica, che egli chiama indifferentemente "spirito divino, cosmico" o "anima del mondo" o anche "senso interiore", identificabile come quel principio universale che dà vita, movimento e vicissitudine a ogni cosa o aggregato nell'universo. Il mago deve tenere presente che come da Dio, attraverso gradi intermedi, tale spirito si comunica a ogni cosa "animandola", così è altrettanto possibile tendere a Dio dall'essere animato: questa ascensione dal particolare a Dio, dal multiforme all'Uno è una possibile definizione della "magia".[63]  Lo spirito divino, che per la sua unicità e infinità connette ogni cosa a ogni altra, consente parimenti l'azione di un corpo su un altro. Bruno chiama «vincula» i singoli nessi fra le cose: "vincolo", "legatura".[64] La magia altro non è che lo studio di questi legami, di questa infinita trama "multidimensionale" che esiste nell'universo. Nel corso dell'opera Bruno distingue e spiega differenti tipi di legami – legami che possono essere utilizzati positivamente o negativamente, distinguendo così il mago dallo stregone. Esempi di legami sono la fede; i riti; i caratteri; i sigilli; le legature che vengono dai sensi, come la vista o l'udito; quelle che vengono dalla fantasia, eccetera.Alla fine di aprile del 1590 Giordano Bruno lascia Helmstedt e in giugno raggiunge Francoforte in compagnia di Besler, che prosegue verso l'Italia per studiare a Padova. Avrebbe voluto alloggiare dallo stampatore Johann Wechel, come richiese il 2 luglio al Senato di Francoforte ma la richiesta è respinta e allora Bruno andò ad abitare nel locale convento dei Carmelitani[65] i quali, per privilegio concesso da Carlo V nel 1531, non erano soggetti alla giurisdizione secolare.  Nel 1591 vedono la luce tre opere, i cosiddetti poemi francofortesi, culmine della ricerca filosofica di Giordano Bruno:[66] il De triplici minimo et mensura ad trium speculativarum scientiarum et multarum activarum artium principia libri V[67] (in cui vi sono delle immagini simili alla tabula recta di Tritemio); De monade, numero et figura liber consequens quinque; il De innumerabilibus, immenso et infigurabili, seu De universo et mundis libri octo[68].  De minimo «Chi potrà ritenere che gli strumenti diano misurazioni esatte dal momento che il fluire delle cose non mantiene un identico ritmo ed un termine non si mantiene mai alla stessa distanza dall'altro?»  (da De minimo, in Opere latine, a cura di Carlo Monti, UTET) Nei cinque libri del De minimo si distinguono tre tipi di minimo: il minimo fisico, l'atomo, che è alla base della scienza della fisica; il minimo geometrico, il punto, che è alla base della geometria, e il minimo metafisico, o monade, che è alla base della metafisica. Essere minimo significa essere indivisibile – e dunque Aristotele erra sostenendo la divisibilità all'infinito della materia – perché, se così fosse, non raggiungendo mai la minima quantità di una sostanza, il principio e fondamento di ogni sostanza, non spiegheremmo più la costituzione, mediante aggregazioni di infiniti atomi, di mondi infiniti, in un processo di formazione altrettanto infinito.[69] I composti, infatti, «non rimangono identici neppure per un attimo; ciascuno di essi, per lo scambio vicendevole degli innumerevoli atomi, si muta continuamente e ovunque in tutte le parti».  La materia, come il filosofo aveva già espresso nei dialoghi italiani, è in perenne mutazione, e ciò che dà vita a questo divenire è uno «spirito ordinatore», l'anima del mondo, una nell'universo infinito. Dunque nel divenire eracliteo dell'universo è situato l'essere parmenideo, uno ed eterno: materia e anima sono inscindibili, l'anima non agisce dall'esterno, poiché non c'è un esterno della materia. Ne viene che nell'atomo, la parte più piccola della materia, anch'esso animato dal medesimo spirito, il minimo e il massimo coincidono: è la coesistenza dei contrari: minimo-massimo; atomo-Dio; finito-infinito.[70]  Contrariamente agli atomisti, quali ad esempio Democrito e Leucippo, Bruno non ammette l'esistenza del vuoto: il cosiddetto vuoto non è che un vocabolo col quale si designa il mezzo che circonda i corpi naturali. Gli atomi hanno un "termine" in questo mezzo, nel senso che essi né si toccano né sono separati.[70] Bruno inoltre distingue fra minimi assoluti e minimi relativi, e così il minimo di un cerchio è un cerchio; il minimo di un quadrato è un quadrato, eccetera.[70]  I matematici dunque errano nella loro astrazione, considerando la divisibilità all'infinito degli enti geometrici. Quella che Bruno espone è, usando con terminologia moderna, una discretizzazione non solo della materia, ma anche della geometria, una geometria discreta.[71] Ciò è necessario onde rispettare l'aderenza alla realtà fisica della descrizione geometrica, indagine in ultima analsi non separabile da quella metafisica.[70]  De monade Nel De monade Bruno si richiama alle tradizioni pitagoriche attaccando la teoria aristotelica del motore immobile, principio di ogni movimento: le cose si trasformano per la presenza di principi interni, numerici e geometrici.  De immenso Negli otto libri del De immenso il filosofo riprende la propria teoria cosmologica, appoggiando la teoria eliocentrica copernicana ma rifiutando l'esistenza delle sfere cristalline e degli epicicli, ribadendo la concezione dell'infinità e molteplicità dei mondi. Critica l'aristotelismo, negando qualunque differenza tra la materia terrestre e celeste, la circolarità del moto planetario e l'esistenza dell'etere.  In Svizzera e di nuovo a Francoforte  Il castello di Elgg in una stampa del 1742. Il castello, situato presso Elgg e allora di proprietà di Hans Heinzel von Tägernstein, ospitò Bruno nel suo breve soggiorno nel cantone di Zurigo. Verso febbraio del 1591 Bruno parte per la Svizzera, accogliendo l'invito del nobile Hans Heinzel von Tägernstein e del teologo Raphael Egli (1559 – 1622), entrambi appassionati di alchimia. Così Bruno, per quattro o cinque mesi, ospite di Heinzel, insegna filosofia presso Zurigo: le sue lezioni, raccolte da Raphael Egli con il titolo di Summa terminorum metaphysicorum, saranno pubblicate da costui a Zurigo nel 1595 e poi, postume, a Marburg nel 1609, insieme con la Praxis descensus seu applicatio entis, rimasta incompiuta.  La Summa terminorum metaphysicorum, ovvero Somma dei termini metafisici, rappresenta un'importante testimonianza dell'attività di Giordano Bruno insegnante. Si tratta di un compendio di 52 termini fra i più frequenti nell'opera di Aristotele che Bruno spiega riassumendo. Nella Praxis descensus (Prassi del descenso) il nolano riprende gli stessi termini (con qualche differenza) questa volta esposti secondo la propria visione. Il testo consente così di confrontare puntualmente le differenze fra Aristotele e Bruno. La Praxis è divisa in tre parti, con gli stessi termini esposti secondo la divisione triadica Dio, intelletto, anima del mondo. Purtroppo l'ultima parte manca del tutto e anche la rimanente non è completamente curata.[72]  Bruno infatti ritorna a Francoforte in luglio, sempre nel 1591, per pubblicarvi ancora il De imaginum, signorum et idearum compositione, dedicato a Hans Heinzel. Ed è questa l'ultima opera la cui pubblicazione fu curata da Bruno stesso. È probabile che il filosofo avesse intenzione di tornare a Zurigo, e ciò spiegherebbe anche perché Raphael Egli abbia atteso fino al 1609 prima di pubblicare quella parte della Praxis che aveva trascritto, ma in ogni caso nella città tedesca gli eventi evolveranno ben diversamente.[72]  Allora come oggi, Francoforte era sede di un'importante fiera del libro, alla quale partecipavano i librai di tutta Europa. Era stato così che due editori, il senese Giambattista Ciotti e il fiammingo Giacomo Brittano, entrambi attivi a Venezia, avevano conosciuto Bruno nel 1590, almeno stando alla successive dichiarazioni di Ciotti stesso al Tribunale dell'Inquisizione di Venezia.[73] Il patrizio veneto Giovanni Francesco Mocenigo, che conosceva Ciotti e aveva comprato nella sua libreria il De minimo del filosofo nolano, affidò al libraio una sua lettera nella quale invitava Giordano Bruno a Venezia affinché gli insegnasse «li secreti della memoria e li altri che egli professa, come si vede in questo suo libro».[74]  Il ritorno in Italia Nell'ambito della biografia di Bruno appare quantomeno strano il fatto che egli dopo anni di peregrinazioni in Europa decidesse di tornare in Italia sapendo quanto il rischio di finire sotto le mani dell'inquisizione fosse concreto. La Yates[75] riguardo ciò sostiene che probabilmente Bruno non si considerava anticattolico ma semmai una sorta di riformatore che sperava di avere concrete possibilità di incidere sulla Chiesa. Oppure il senso di pienezza di sé o della sua "missione" da compiere aveva alterato la reale percezione del pericolo a cui poteva andare incontro. Inoltre, il clima politico, ossia l'ascesa vittoriosa di Enrico di Navarra sulla Lega cattolica sembrava costituire una valida speranza per l'attuazione delle sue idee in ambito cattolico.[76]  Nell'agosto 1591 Bruno è a Venezia. Che egli sia tornato in Italia spinto dall'offerta di Mocenigo non è affatto sicuro, tant'è che passeranno diversi mesi prima che egli accetti l'ospitalità del patrizio. In quel periodo Bruno, quarantatreenne, non era certo un uomo a cui mancavano i mezzi, anzi, egli era considerato «omo universale», pieno di ingegno e ancora nel pieno del suo momento creativo.[77] A Venezia Bruno si trattenne solo pochi giorni per poi recarsi a Padova e incontrare Besler, il suo copista di Helmstedt. Qui tenne per qualche mese lezioni agli studenti tedeschi che frequentavano quella Università e sperò invano di ottenervi la cattedra di matematica, uno dei possibili motivi per cui Bruno tornò in Italia.[78] Compone anche le Praelectiones geometricae, l'Ars deformationum, il De vinculis in genere, pubblicati postumi, e il De sigillis Hermetis et Ptolomaei et aliorum, di attribuzione incerta e andato perduto.  A novembre, con il ritorno di Besler in Germania per motivi familiari, Bruno tornò a Venezia e fu solo verso la fine del marzo 1592 che egli si stabilì in casa del patrizio veneziano, che era interessato alle arti della memoria e alle discipline magiche. Il 21 maggio Bruno informò il Mocenigo di voler tornare a Francoforte per stampare delle sue opere: questi pensò che Bruno cercasse un pretesto per abbandonare le lezioni e il giorno dopo lo fece sequestrare in casa dai suoi servitori. Il giorno successivo, il 23 maggio,[79] Mocenigo presentò all'Inquisizione una denuncia scritta, accusando Bruno di blasfemia, di disprezzare le religioni, di non credere nella Trinità divina e nella transustanziazione, di credere nell'eternità del mondo e nell'esistenza di mondi infiniti, di praticare arti magiche, di credere nella metempsicosi, di negare la verginità di Maria e le punizioni divine.  Quel giorno stesso, la sera del 23 maggio del 1592, Giordano Bruno fu arrestato e tratto nelle carceri dell'Inquisizione di Venezia, in san Domenico a Castello.  Il processo e la condanna Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Processo a Giordano Bruno. (LA) «Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam.»  (IT) «Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla.»  (Giordano Bruno rivolto ai giudici dell'Inquisizione[80])  Il processo di Giordano Bruno, bassorilievo del basamento della statua in Campo de' Fiori dello scultore Ettore Ferrari Naturalmente Bruno sa che la sua vita è in gioco e si difende abilmente dalle accuse dell'Inquisizione veneziana: nega quanto può, tace, e mente anche, su alcuni punti delicati della sua dottrina, confidando che gli inquisitori non possano essere a conoscenza di tutto quanto egli abbia fatto e scritto, e giustifica le differenze fra le concezioni da lui espresse e i dogmi cattolici con il fatto che un filosofo, ragionando secondo «il lume naturale», può giungere a conclusioni discordanti con le materie di fede, senza dover per questo essere considerato un eretico. A ogni buon conto, dopo aver chiesto perdono per gli «errori» commessi, si dichiara disposto a ritrattare quanto si trovi in contrasto con la dottrina della Chiesa.  L'Inquisizione romana chiede però la sua estradizione, che viene concessa, dopo qualche esitazione, dal Senato veneziano. Il 27 febbraio 1593 Bruno è rinchiuso nelle carceri romane del Palazzo del Sant'Uffizio. Nuovi testi, per quanto poco affidabili, essendo tutti imputati di vari reati dalla stessa Inquisizione, confermano le accuse e ne aggiungono di nuove.  Giordano Bruno fu forse torturato alla fine di marzo 1597, secondo la decisione della Congregazione presa il 24 marzo, stando all'ipotesi avanzata da Luigi Firpo e Michele Ciliberto[81], una circostanza negata invece dallo storico Andrea Del Col.[82] Giordano Bruno non rinnegò i fondamenti della sua filosofia: ribadì l'infinità dell'universo, la molteplicità dei mondi, il moto della Terra e la non generazione delle sostanze - «queste non possono essere altro che quel che sono state, né saranno altro che quel che sono, né alla loro grandezza o sostanza s'aggionge mai, o mancarà ponto alcuno, e solamente accade separatione, e congiuntione, o compositione, o divisione, o translatione da questo luogo a quell'altro»[83]. A questo proposito spiega che «il modo e la causa del moto della terra e della immobilità del firmamento sono da me prodotte con le sue raggioni et autorità e non pregiudicano all'autorità della divina scrittura». All'obiezione dell'inquisitore, che gli contesta che nella Bibbia è scritto che la «Terra stat in aeternum» e il Sole nasce e tramonta, risponde che vediamo il Sole «nascere e tramontare perché la Terra se gira circa il proprio centro»; alla contestazione che la sua posizione contrasta con «l'autorità dei Santi Padri», risponde che quelli «sono meno de' filosofi prattichi e meno attenti alle cose della natura».[84]  Il filosofo sostiene che la Terra è dotata di un'anima, che le stelle hanno natura angelica, che l'anima non è forma del corpo, e come unica concessione, è disposto ad ammettere l'immortalità dell'anima umana.   Roma, Piazza di Campo de' Fiori Il 12 gennaio 1599 è invitato ad abiurare otto proposizioni eretiche, nelle quali si comprendevano la sua negazione della creazione divina, dell'immortalità dell'anima, la sua concezione dell'infinità dell'universo e del movimento della Terra, dotata anche di anima, e di concepire gli astri come angeli. La sua disponibilità ad abiurare, a condizione che le proposizioni siano riconosciute eretiche non da sempre, ma solo ex nunc, è respinta dalla Congregazione dei cardinali inquisitori, tra i quali il Bellarmino. Una successiva applicazione della tortura, proposta dai consultori della Congregazione il 9 settembre 1599, fu invece respinta da papa Clemente VIII[85]. Nell'interrogatorio del 10 settembre Bruno si dice ancora pronto all'abiura, ma il 16 cambia idea e infine, dopo che il Tribunale ha ricevuto una denuncia anonima che accusa Bruno di aver avuto fama di ateo in Inghilterra e di aver scritto il suo Spaccio della bestia trionfante direttamente contro il papa, il 21 dicembre rifiuta recisamente ogni abiura, non avendo, dichiara, nulla di cui doversi pentire.  L'8 febbraio 1600, al cospetto dei cardinali inquisitori e dei consultori Benedetto Mandina, Francesco Pietrasanta e Pietro Millini, è costretto ad ascoltare in ginocchio la sentenza che lo scaccia dal foro ecclesiastico e lo consegna al braccio secolare. Giordano Bruno, terminata la lettura della sentenza, secondo la testimonianza di Caspar Schoppe,[86] si alza e ai giudici indirizza la storica frase: «Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam» («Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla»). Dopo aver rifiutato i conforti religiosi e il crocefisso, il 17 febbraio, con la lingua in giova – serrata da una mordacchia perché non possa parlare – viene condotto in piazza Campo de' Fiori, denudato, legato a un palo e arso vivo. Le sue ceneri saranno gettate nel Tevere.  «Egli volse il viso pieno di disprezzo quando ormai morente, gli venne posta innanzi l'immagine di Cristo crocefisso. Così morì bruciato miseramente, credo per annunciare negli altri mondi che si è immaginato in che modo i Romani sono soliti trattare gli empi e i blasfemi. Ecco qui, caro Rittershausen, il modo in cui procediamo contro gli uomini, o meglio contro i mostri di tal specie.[87]»  Pensiero Il Dio di Giordano Bruno è da un lato trascendente, in quanto supera ineffabilmente la natura, ma nello stesso tempo è immanente, in quanto anima del mondo: in questo senso, Dio e Natura sono un'unica realtà da amare alla follia, in un'inscindibile unità panenteistica di pensiero e materia, in cui dall'infinità di Dio si evince l'infinità del cosmo, e quindi la pluralità dei mondi, l'unità della sostanza, l'etica degli "eroici furori". Questi ipostatizza un Dio-Natura sotto le spoglie dell'Infinito, essendo l'infinitezza la caratteristica fondamentale del divino. Egli fa dire nel dialogo De l'infinito, universo e mondi a Filoteo:  «Io dico Dio tutto Infinito, perché da sé esclude ogni termine ed ogni suo attributo è uno e infinito; e dico Dio totalmente infinito, perché lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente: al contrario dell'infinità de l'universo, la quale è totalmente in tutto, e non in queste parti (se pur, referendosi all'infinito, possono esse chiamate parti) che noi possiamo comprendere in quello»  (Giordano Bruno, De infinito, universo e mondi[88]) Per queste argomentazioni e per le sue convinzioni sulla Sacra Scrittura, sulla Trinità e sul Cristianesimo, Giordano Bruno, già scomunicato, fu incarcerato, giudicato eretico e quindi condannato al rogo dall'Inquisizione della Chiesa cattolica. Fu arso vivo a piazza Campo de' Fiori il 17 febbraio 1600, durante il pontificato di Clemente VIII.  Ma la sua filosofia sopravvisse alla sua morte, portò all'abbattimento delle barriere tolemaiche, rivelò un universo molteplice e non centralizzato e aprì la strada alla Rivoluzione scientifica: per il suo pensiero Bruno è quindi ritenuto un precursore di alcune idee della cosmologia moderna, come il multiverso[89][90]; per la sua morte, è considerato un martire del libero pensiero.[91][92]  Giordano Bruno e la Chiesa A distanza di 400 anni, il 18 febbraio 2000 il papa Giovanni Paolo II, tramite una lettera del segretario di Stato Vaticano Angelo Sodano inviata a un convegno che si svolse a Napoli, espresse profondo rammarico per la morte atroce di Giordano Bruno, pur non riabilitandone la dottrina: anche se la morte di Giordano Bruno "costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo rammarico", tuttavia "questo triste episodio della storia cristiana moderna" non consente la riabilitazione dell'opera del filosofo nolano arso vivo come eretico, perché "il cammino del suo pensiero lo condusse a scelte intellettuali che progressivamente si rivelarono, su alcuni punti decisivi, incompatibili con la dottrina cristiana".[93] D'altronde anche nel saggio della Yates viene ribadito più volte la completa adesione di Bruno alla "religione degli egizi" scaturita dal suo sapere ermetico nonché afferma che "la religione egiziana ermetica è l'unica religione vera".[94]  La ricezione della filosofia di Bruno  Il Dizionario di Pierre Bayle  Ritratto di Caspar Schoppe, opera di Peter Paul Rubens Malgrado la messa all'Indice dei libri di Giordano Bruno decretata il 7 agosto 1603, questi continuarono a essere presenti nelle biblioteche europee, anche se rimasero equivoci e incomprensioni sulle posizioni del filosofo nolano, così come volute mistificazioni sulla sua figura. Già il cattolico Kaspar Schoppe, ex luterano che assistette alla pronuncia della sentenza e al rogo di Bruno, pur non condividendo «l'opinione volgare secondo la quale codesto Bruno fu bruciato perché luterano» finisce con l'affermare che «Lutero ha insegnato non solo le stesse cose di Bruno, ma altre ancora più assurde e terribili», mentre il frate minimo Marin Mersenne individuò, nel 1624, nella cosmologia bruniana la negazione della libertà di Dio, oltre che del libero arbitrio umano.  Mentre gli astronomi Tycho Brahe e Keplero criticarono l'ipotesi dell'infinità dell'universo, non presa in considerazione nemmeno da Galileo, il libertino Gabriel Naudé, nella sua Apologie pour tous les grands personnages qui ont testé faussement soupçonnez de magie, del 1653, esaltò in Bruno il libero ricercatore delle leggi della natura.  Pierre Bayle, nel suo Dizionario del 1697, arrivò a dubitare della morte per rogo di Bruno e vide in lui il precursore di Spinoza e di tutti i moderni panteisti, un monista ateo per il quale unica realtà è la natura. Gli rispose il teologo deista John Toland, che conosceva lo Spaccio della bestia trionfante e lodava in Bruno la serietà scientifica e il coraggio dimostrato nell'aver eliminato dalla speculazione filosofica ogni riferimento alle religioni positive; segnala lo Spaccio a Leibniz - che tuttavia considera Bruno un mediocre filosofo - e al de La Croze, convinto dell'ateismo di Bruno. Con quest'ultimo concorda il Budde, mentre Christoph August Heumann ritorna erroneamente a ipotizzare un protestantesimo di Bruno.  Con l'Illuminismo, l'interesse e la notorietà di Bruno aumenta: il matematico tedesco Johann Friedrich Weidler conosce il De immenso e lo Spaccio, mentre Jean Sylvain Bailly lo definisce «ardito e inquieto, amante delle novità e schernitore delle tradizioni», ma gli rimprovera la sua irreligiosità. In Italia Giordano Bruno è molto apprezzato da Matteo Barbieri, autore di una Storia dei matematici e filosofi del Regno di Napoli, dove afferma che Bruno «scrisse molte cose sublimi nella Metafisica, e molte vere nella Fisica e nell'Astronomia» e ne fa un precursore della teoria dell'armonia prestabilita di Leibniz e di tanta parte delle teorie di Cartesio: «Il sistema dei vortici di Cartesio, o quei globuli giranti intorno i loro centri nell'aere, e tutto il sistema fisico è di Bruno. Il principio di dubitazione saviamente da Cartesio introdotto nella filosofia a Bruno si deve, e molte altre cose nella filosofia di Cartesio sono di Bruno».  Questa tesi è negata dall'abate Niceron, per il quale il razionalista Cartesio nulla può aver preso dal Bruno, irreligioso e ateo come Spinoza, che ha identificato Dio con la natura, è rimasto legato alla filosofia del Rinascimento credendo ancora nella magia e, per quanto ingegnoso, è spesso contorto e oscuro. Johann Jacob Brucker concorda con l'incompatibilità di Cartesio con Bruno, che egli considera un filosofo molto complesso, posto tra il monismo spinoziano e il neopitagorismo, la cui concezione dell'universo consisterebbe nella sua creazione per emanazione da un'unica fonte infinita, dalla quale la natura creata non cesserebbe di dipendere.  Fu Diderot a scrivere per l'Enciclopedia la voce su Bruno, da lui considerato precursore di Leibniz - nell'armonia prestabilita, nella teoria della monade, nella ragione sufficiente - e di Spinoza, il quale, come Bruno, concepisce Dio come essenza infinita nella quale libertà e necessità coincidono: rispetto a Bruno «pochi sarebbero i filosofi paragonabili, se l'impeto della sua immaginazione gli avesse permesso di ordinare le proprie idee, unendole in un ordine sistematico, ma egli era nato poeta». Per Diderot, Bruno, che si è sbarazzato della vecchia filosofia aristotelica, è con Leibniz e Spinoza il fondatore della filosofia moderna.   Friedrich Wilhelm Schelling Nel 1789 Jacobi pubblica per la prima volta ampi estratti in tedesco del De la causa, principio et uno di «questo oscuro scrittore», che aveva però saputo dare un «disegno netto e bello del panteismo». Lo spiritualista Jacobi non condivide certo il panteismo ateo di Bruno e Spinoza, di cui ritiene inevitabili le contraddizioni, ma non manca di riconoscerne la grande importanza nella storia della filosofia moderna. Da Jacobi, nel 1802, Schelling trae spunto per il suo dialogo su Bruno, al quale riconosce di aver colto quello che per lui è il fondamento della filosofia: l'unità del Tutto, l'Assoluto, nel quale successivamente si conoscono le singole cose finite. Hegel conosce Bruno di seconda mano e nelle sue Lezioni presenta la sua filosofia come l'attività dello spirito che assume «disordinatamente» tutte le forme, realizzandosi nella natura infinita: «È un gran punto, per cominciare, quello di pensare l'unità; l'altro punto fu cercare di comprendere l'universo nel suo svolgimento, nel sistema delle sue determinazioni, mostrando come l'esteriorità sia segno delle idee».  In Italia, è l'hegeliano Bertrando Spaventa a vedere nel Bruno il precursore di Spinoza, anche se il filosofo nolano oscilla nello stabilire un chiaro rapporto fra la natura e Dio, che appare ora identificarsi con la natura e ora mantenersi come principio sovramondano, osservazioni riprese da Francesco Fiorentino, mentre il suo allievo Felice Tocco mostra come Bruno, pur dissolvendo Dio nella natura, non abbia rinunciato a una valutazione positiva della religione, concepita come utile educatrice dei popoli.  Nel primo decennio del Novecento si completa in Italia l'edizione di tutte le opere e si accelerano gli studi biografici su Giordano Bruno[95], con particolare riguardo al processo. Per Giovanni Gentile Bruno, oltre a essere un martire della libertà di pensiero, ha avuto il grande merito di dare un'impronta strettamente razionale, e dunque moderna, alla sua filosofia, trascurando misticismi medievaleggianti e suggestioni magiche. Opinione, quest'ultima, discutibile, come recentemente ha inteso mettere in luce la studiosa inglese Frances Yates, presentando Bruno nelle vesti di un autentico ermetico.  Mentre Nicola Badaloni ha rilevato come l'ostracismo decretato contro il Bruno abbia contribuito a emarginare l'Italia dalle innovative correnti della grande filosofia del Seicento europeo, fra i maggiori e più assidui contributi nella definizione della filosofia bruniana si contano attualmente quelli portati dagli studiosi Giovanni Aquilecchia e Michele Ciliberto.Intitolazioni Magnifying glass icon mgx2.svg                           Lo stesso argomento in dettaglio: Monumento a Giordano Bruno.  Medaglia con monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma, anno 1890, incisione di Luigi Broggi. La medaglia, di 60 mm, fu coniata in 205 esemplari e donata a personaggi illustri e comitati vari. Insieme a questa fu coniata un'altra medaglia di 64 mm in bronzo, abbastanza simile, a scopo commerciale Gli sono stati dedicati il cratere lunare Giordano Bruno e due asteroidi della fascia principale, 5148 Giordano e 13223 Cenaceneri. Il letterato Mario Rapisardi gli dedicò un'epigrafe: «All'ipocrisia volpeggiante / fra la scuola e la sagrestia, ai conciliatori della scienza col sillabo, / all'imbestiato borghesume, che tutto falsando e trafficando, / d'ogni sacrificio eroico / beatamente sogghigna, / le coscienze, cui sorride ancora la fede / nel trionfo di tutte le umane libertà, / lanciano oggi ad una voce dalle università Italiane / una sfida solenne / a gloria della tua virtù, / a vendetta del tuo martirio / o GIORDANO BRUNO.»  Numerose scuole sono state intitolate a Bruno in tutta Italia, in particolare licei classici o scientifici: ad esempio ad Arzano, Albenga, Roma, Torino, Mestre, Budrio e Melzo, mentre a Maddaloni gli sono stati intitolati il Convitto nazionale e il liceo classico cittadino. In Italia sono numerosi i monumenti intitolati a Giordano Bruno, sono presenti: un monumento in piazza Giordano Bruno a Nola, sua città natale, un busto a Montella, un bassorilievo a Monsampolo del Tronto e un'epigrafe a Teora. Nel Campo de' Fiori di Roma è presente il più importante monumento a Giordano Bruno che è stato eretto esattamente nel luogo in cui il filosofo fu condannato al rogo. Influenza culturale Letteratura Frances Yates si chiese, nel testo Giordano Bruno e la tradizione ermetica, quanto la figura e il ruolo del mago che Shakespeare presenta con Prospero, ne La tempesta, fosse influenzata dalla formulazione del ruolo del mago attuata da Giordano Bruno[97]. Sempre in Shakespeare, è ormai dai più accettata l'identificazione del personaggio di Berowne in Pene d'amor perdute con il filosofo italiano, considerando il parzialmente documentato e più che plausibile incontro tra i due durante il suo soggiorno inglese.[98]  Un riferimento molto più esplicito si trova in The Tragical History of Doctor Faustus, del drammaturgo inglese Christopher Marlowe (1564 – 1593): il personaggio Bruno, l'antipapa, riassume molte caratteristiche della vicenda del filosofo:  «I cardinali dormienti si affannano / a punire Bruno, che invece è lontano. Vola. / Il suo superbo corsiero, vivo come il pensiero, / Già passa le Alpi.»  (Christopher Marlowe, La triste storia del dottor Faust; citato in Jean Rocchi, Giordano Bruno davanti all'inquisizione, Stampa Alternativa) La stessa vicenda del Faust marlowiano richiama alla mente la figura del "furioso" bruniano in De gli eroici furori.[98]  Cinema  Una scena dal film Giordano Bruno di Giuliano Montaldo (1973), interpretato da Gian Maria Volonté Il filosofo è protagonista nel film di Giuliano Montaldo Giordano Bruno del 1973 nel quale è stato interpretato da Gian Maria Volonté. Giordano Bruno compare anche nel film Galileo del 1968 di Liliana Cavani. Negli anni novanta Rai Uno produce un film documentario curato da Gabriele La Porta su Giordano Bruno; il filosofo è interpretato dall'attore Ugo De Vita. Nel film Caravaggio con Alessio Boni c'è una scena in cui è mostrato il rogo di Giordano Bruno. Contrariamente alle fonti che parlano di Bruno con "la lingua in giova", il filosofo appare legato al palo mentre poco prima delle fiamme incita la gente a non lasciarsi irretire dai falsi maestri. La commedia Candelaio di Giordano Bruno è al centro della fiction Il tredicesimo apostolo - Il prescelto trasmessa dal 2012 su Canale 5. Musica Nel 2011 il rapper Caparezza ha dedicato a lui una mini-storia nel brano "Sono il tuo sogno eretico", presente in Il sogno eretico: «Infine mi chiamo come il fiume/ che battezzò colui nel cui nome fui posto in posti bui,/ mica arredati col feng shui./ Nella cella reietto perché tra fede e intelletto ho scelto il suddetto,/ Dio mi ha dato un cervello, se non lo usassi gli mancherei di rispetto./ E tutto crolla come in borsa,/ la favella nella morsa,/ la mia pelle è bella arsa./ Il processo? Bella farsa!/ Adesso mi tocca tappare la bocca nel disincanto lì fuori,/ lasciatemi in vita invece di farmi una statua in Campo de' Fiori!/ Mi bruci per ciò che predico, / è una fine che non mi merito, / mandi in cenere la verità / perché sono il tuo sogno eretico.»  (Caparezza, Sono il tuo sogno eretico, 2011) La metal band californiana Avenged Sevenfold ha dedicato a Giordano Bruno il brano intitolato Roman Sky presente nel nuovo album The Stage uscito il 28 ottobre 2016. L'album tratta infatti temi quali l'intelligenza artificiale e l'universo. Sono dedicati al filosofo anche il brano Anima Mundi di Massimiliano Larocca e l'album Numen Lumen del gruppo neofolk Hautville, che ha nelle liriche brani di Giordano Bruno. Opere (LA) De compendiosa architectura et complemento artis Lullii, Parigi 1582 (LA) De umbris idearum, Ars memoriae, Parigi 1582 (LA) Cantus Circaeus, Parigi 1582 Candelaio, Parigi 1582 (LA) Ars reminiscendi, Triginta sigilli, Triginta sigillorum explicatio, Sigillus sigillorum, Inghilterra 1583 Cena de le Ceneri, Londra 1584 De la causa, principio et uno, Londra 1584 De l'infinito, universo e mondi, Londra 1584 Spaccio della bestia trionfante, Londra 1584 Cabala del cavallo pegaseo, Londra 1585 De gli eroici furori, Londra, 1585 (LA) Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus peripateticos, Parigi 1586 (LA) Figuratio Aristotelici physici auditus, Parigi 1586 (LA) Dialogi duo de Fabricii Mordentis Salernitani prope divina adinventione, Parigi 1586 (LA) Idiota triumphans - De somnii interpretatione, Parigi 1586 (LA) Mordentius - De Mordentii circino, Parigi 1586 (LA) Animadversiones circa lampadem lullianam, (1587), Augsburg 1891 (LA) Lampas triginta statuarum (1587), Napoli 1891 (LA) Artificium perorandi (1587), Francoforte 1612 (LA) De lampade combinatoria lulliana, Wittenberg 1587 (LA) De progressu et lampade venatoria logicorum, Wittenberg 1588 (LA) Libri physicorum Aristotelis explanati (1588), Napoli 1891 (LA) Camoeracensis Acrotismus seu rationes articulorum physicorum adversus peripateticos, Wittenberg 1588 (LA) Oratio valedictoria, Wittenberg 1588 (LA) De specierum scrutinio et lampade combinatoria Raymundi Lullii, Praga 1588 (LA) Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos, Praga 1588 (LA) Oratio consolatoria, Helmstedt 1589 (LA) De magia (1590), Firenze 1891 (LA) De magia mathematica (1590), Firenze 1891 (LA) De rerum principiis et elementis et causis (1590), Firenze 1891 (LA) Medicina lulliana (1590), Firenze 1891 (LA) Theses de magia (1590), Firenze 1891 (LA) De innumerabilibus, immenso et infigurabili, Francoforte 1591 (LA) De triplici minimo et mensura, Francoforte 1591 (LA) De monade, numero et figura, Francoforte 1591 (LA) De imaginum, signorum et idearum compositione, Francoforte 1591 (LA) De vinculis in genere (1591), Firenze 1891 (LA) Summa terminorum metaphysicorum (1591), Zurigo 1595 (LA) Summa terminorum metaphysicorum. Accessit eiusdem Praxis descensus seu applicatio entis (1591), Marburg 1609 Note ^ Si tratta di un'incisione settecentesca dall'opera di T. A. Rixner e T. Siber, Leben und Lehrmeinungenberühmter Physiker. ^ Nicolaus Hieronymus Gundling, Neue Bibliothec, oder Nachricht und Urtheile von Neuen Büchern (Frankfurt and Leipzig, 1715) 622, fig. 38: File:Earlierbruno.jpg. ^ Edward A. Gosselin, A Dominican Head in Layman's Garb? A Correction to the Scientific Iconography of Giordano Bruno, in The Sixteenth Century Journal, Vol. 27, No. 3 (Autumn, 1996), p. 674. ^ Virgilio Salvestrini, Bibliografia di Giordano Bruno, Firenze, 1958. ^ Le deposizioni 2000, p. 11. Sono frasi tratte dai "costituti", cioè le deposizioni rese da Giordano Bruno stesso al Tribunale dell'Inquisizione di Venezia il 1592.  Le deposizioni 2000, p. 11. ^ Giordano Bruno, De immenso, III, 1 ^ G. Bruno, De immenso, II, 8 ^ Nel De la causa, Bruno scrive infatti che quantunque Averroè fosse arabo e perciò «ignorante di lingua greca, nella dottrina peripatetica però intese più che qualsivoglia greco che abbiamo letto; e arebbe più inteso, se non fusse stato così additto al suo nume Aristotele». (Giordano Bruno, Dialoghi italiani, p. 306) ^ V. Spampanato, Vita di Giordano Bruno, p. 651 e Candida Carella, "Nota sull'agostiniano Teofilo da Vairano", in Bruniana & Campanelliana, 1 (1995), pp. 63-82 ^ G. Bruno, Opera latine conscripta, II, 2, p. 130  Le deposizioni 2000, p. 12. ^ Verrecchia 2002, p. 27 riporta la Vita dello Spampanato del 1921, p. 149, che si riferisce al quinto documento parigino, pubblicato sempre da Spampanato nel 1933 ^ M. Ulino, L'Età Barocca dei Grimaldi di Monaco nel loro Marchesato di Campagna, Giannini Editore, Napoli, 2008 ^ Verrecchia 2002, p. 23. ^ Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano Bruno, Messina, 1921, pp. 254–255. ^ Giordano Bruno, Candelaio, a cura di Isa Guerrini Angrisani, Milano, BUR, 2008, pp. 119-120. ^ Le deposizioni 2000, p. 29. ^ Le deposizioni 2000, p. 64. ^ Citato in Verrecchia 2002, p. 39 ^ Verrecchia 2002, p. 39. ^ Così nello Spaccio de la bestia trionfante.  Ciliberto 1996, I.2. ^ Vale a dire, "istruttore di bambini", detto quindi in senso diminutivo. Il termine è raccostato a "pedante" (vedi pedante Archiviato il 15 marzo 2015 in Internet Archive., treccani.it), vocabolo che Bruno userà più volte in senso spregiativo. ^ Le deposizioni 2000, p. 18. ^ Accademico di corte. ^ Bruno 2008, introduzione, p. 145. ^ Come suggeriscono anche le medesime iniziali: G.B. ^ Le strisce di feltro che si pressano per usarle nella fattura dei cappelli. ^ Yates, 1992 p.227 ^ Vedi anche l'opinione dello storico Giuseppe Galasso, Giordano Bruno spia dai due volti Archiviato l'8 febbraio 2015 in Internet Archive., Corriere della sera, 26 ottobre 1992.  Ciliberto 1996, pp. 47-51. ^ Nel corso dell'interrogatorio in merito alla domanda se egli avesse mai lodato degli eretici rispose: «Io ho lodato molti eretici ed anco principi eretici; ma non li ho lodati come eretici, ma solamente per le virtù morali che loro avevano; né li ho mai lodati come religiosi e pii, né usato simil sorte di voce di religione. Ed in particulare nel mio libro Della causa, principio ed uno io lodo la Regina de Inghilterra e la nomino diva, non per attributo di religione, ma per un certo epiteto che li antichi ancora solevano dare a principi, ed in Inghilterra, dove allora io mi ritrovava e composi quel libro, se suole dar questo titolo de diva alla Regina; e tanto più me indussi a nominarla cusì, perché ella me conosceva, andando io continuamente con l'Ambasciator in corte. E conosco di aver errato in lodare questa donna, essendo eretica, e massime attribuendoli la voce de diva.»  (Documenti, pp 121-122) ^ L'Ars reminiscendi altro non è che la ristampa del Cantus pubblicato a Parigi nel 1582, privo però del dialogo primo.  Verrecchia 2002, pp. 117-118. ^ Sulla base di un documento scoperto da Robert McNulty. ^ Ciliberto 1996, pp. 47-48. ^ Degno di nota è che Bruno pubblica tutti e sei questi testi indicando luoghi di stampa non corrispondenti: Parigi e Venezia. ^ Dal greco: "amico di dio". ^ Folco Grivello, nel testo. ^ Nel testo Bruno si riferisce a sé stesso come "il Nolano". ^ Si ritiene che la cena sia effettivamente avvenuta. ^ Giordano Bruno, La cena de le Ceneri, in Giordano Bruno, Dialoghi filosofici italiani, a cura di Michele Ciliberto, Mondadori, Milano, 2009, p. 77 ^ (EN) Alessandro De Angelis and Catarina Espirito Santo, The contribution of Giordano Bruno to the principle of relativity (PDF), in Journal of Astronomical History and Heritage, vol. 18, n. 3, 2015, pp. 241-248. URL consultato l'11 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2016). ^ Il fatto che Dio sia nella materia non implica che Egli possa essere conosciuto, in altre parole per Giordano Bruno Dio è immanente da un punto di vista ontologico, mentre è trascendente sul piano gnoseologico. Nell'interrogatorio del 2 giugno 1592 egli dirà: «In questo universo metto una providenzia universal, in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta e si move e sta nella sua perfezione; e la intendo in due maniere, l'una nel modo con cui è presente l'anima nel corpo, tutta in tutto e tutta in qual si voglia parte, e questo chiamo natura, ombra e vestigio della divinità; l'altra nel modo ineffabile col quale Iddio per essenzia, presenzia e potenzia è in tutto e sopra tutto, non come parte, non come anima, ma in modo inesplicabile»  (Dal terzo costituto, 2 giugno 1592; Le deposizioni 2000, pp. 26-27) ^ Giordano Bruno, De l'infinito, universo e mondi, in Giordano Bruno, Dialoghi filosofici italiani, a cura di Michele Ciliberto, Mondadori, Milano, 2009, pp. 335-336. ^ Paolo Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Editori Laterza, Roma-Bari, 2011, p. 167. ^ Sofia è uno dei personaggi del dialogo: la Sapienza, o Conoscenza. Per sua bocca a parlare qui è la Fortuna, "fortuna" nel senso di sorte. "Sforfantare" si può intendere come "smascherare", "rendere evidente la disonestà". Non bisogna incolpare la sorte se alcuni diventano furfanti, ma la nostra incapacità di smascherarli e cacciarli via. I temi dell'ignorante che viene punito per la sua incapacità civile, e del saggio premiato per il suo ardire compaiono già ben delineati nel Candelaio. ^ Il termine "filosofia" ha il significato etimologico di "amore per la sapienza", e va inteso in senso lato. ^ Generosi. ^ Gianmario Ricchezza (a cura di), Giordano Bruno, La cabala e l'asino, Milano, excelsior, 2010. ^ Citato in Verrecchia 2002, p. 40 ^ Citato in Verrecchia 2002, p. 150 ^ Ciliberto 1996, p. 110. ^ Verrecchia 2002, p. 157. ^ Ciliberto 1996, p. 111. ^ Yates 1993, p.338 ^ Ciliberto 1996, p. 112. ^ Filippo Mignini, Bruniana e Campanelliana - Su di una originale traduzione dell'acrotismus di Giordano Bruno, Fabrizio Serra Editore, 2008. ^ Yates 1993, p.345 ^ Così il filosofo e giornalista Anacleto Verrecchia (Verrecchia 2002, p. 208). Altri, per esempio Michele Ciliberto, riportano che sia stato scomunicato da un tale pastore di nome Gilbert Vöet, che secondo Verrecchia non sarebbe mai esistito a Helmstedt (Ciliberto 1996, p. 117). ^ Verrecchia 2002. ^ In questo senso la magia di Bruno è uno strumento analogo all'arte della memoria, così come egli aveva teorizzato nel De umbris idearum. La trama dei vincoli di cui l'autore parla in questo testo e anche nel successivo De vinculis in genere, altro non è che l'"ordine mirabile" già descritto in quell'opera. ^ O, nella traduzione di Luciano Parinetto, "ligatura": Giordano Bruno, La magia e le ligature, traduzione di Luciano Parinetto, testo latino a fronte, Mimesis, Milano, 2000. ^ Oggi sede del Museo archeologico di Francoforte sul Meno. ^ Così Ciliberto (Ciliberto 1996, p. 120). ^ A quest'opera ci si riferisce più semplicemente col titolo De minimo. ^ Opera nota nella letteratura critica anche più semplicemente come De immenso. ^ Ciliberto 1996, p. 121.  Introduzione a Opere latine, par. 1. ^ A tale proposito: Ksenija Atanasijević, The metaphysical and geometric doctrine of Bruno, (1933), 1972.  Giordano Bruno, Somma dei termini metafisici, a cura di Guido del Giudice, Di Renzo Editore, Roma, 2010. ^ Nella deposizione di Ciotti, il 26 maggio 1592, cioè tre giorni dopo l'arresto di Bruno, leggiamo: «Io conosco Giordano Bruni da Nola o napolitano, et è un homo piccolo, scarmo, con un poco di barba nera, de età de circa 40 anni; et la prima volta ch'io viddi costui, fu a Francforte in Germania, dove ero andato alla fiera del mese di settembre, che questo settembre prossimo saran doi anni.» Citato in Giordano Bruno. Un'autobiografia, a cura di Michele Ciliberto, Castelvecchi, 2013. ^ Così il libraio Giambattista Ciotti, sempre nella dichiarazione del 26 maggio 1592 agli inquisitori veneti. ^ Yates 1993, p.374 ^ Ciò viene dedotto dalle dichiarazioni di Mocenigo su Bruno. (Yates, 1993 p.375) ^ Ciliberto 1996, pp. 124-126. ^ La cattedra sarà poi assegnata a Galileo Galilei. ^ Ciliberto 1996, p. 127. ^ Citato in Caspar Schoppe, Epistola a Konrad Rittershausen, in Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano Bruno. È la frase che Bruno pronunciò, costretto in ginocchio, dopo aver ascoltata la sentenza di condanna l'8 febbraio del 1600. ^ «Al cadere del marzo 1597 o poco più tardi Bruno subì pertanto il suo diciassettesimo interrogatorio [...] forse inasprito dall'usuale mezz'ora di applicazione del supplizio della corda», (L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, 1998, pp. 78-79). «Il 24 marzo 1597 la Congregazione stabilisce che l'imputato venga interrogato stricte, probabilmente con l'applicazione della tortura», (Ciliberto 1996, pp. 137-138). ^ «Bruno non fu mai torturato e la diversa convinzione o dubbi al riguardo dipendono da una scarsa conoscenza dello stile del Sant'Ufficio romano: il termine usato per Bruno, "stricte", indicava un interrogatorio stringente, con contestazioni specifiche, mentre la tortura veniva formalizzata in termini diversi, con il voto previo dei consultori, durante una seduta della Congregazione». A. Del Col, L'inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, 2006, pp. 546-547. ^ L. Firpo 1993, p. 301. ^ L. Firpo 1993, pp. 302-303. ^ Clemente VIII «decrevit et ordinavit quod praefigatur sibi terminus ad resipiscendum pro his quas confessus est», in L. Firpo 1993, p. 329 ^ Caspar Schoppe, Lettera a Conrad Rittershausen del 17/2/1600 L. Firpo 1993, p. 348-355 tr. it. in Simonetta Bassi (a cura di), Immagini di Giordano Bruno 1600-1725, Napoli, Procaccini,1996. Lo Schoppe, un luterano convertito al cattolicesimo, fu presente sia al momento della lettura della sentenza, sia a quello dell'esecuzione del Bruno. ^ Caspar Schopp, Lettera a Conrad Rittershausen del 17/2/1600 ^ Giordano Bruno, De l'infinito, universo e mondi, nei Dialoghi Italiani, Firenze, Sansoni 1985, pp. 382-385. ^ Stefano Ulliana, Alcune recenti interpretazioni del pensiero di Giordano Bruno, Narcissus.me, 2012, pag. 212 ^ Ognuno di noi ha un sosia ma in un altro universo, su lastampa.it. URL consultato il 22 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 4 febbraio 2018). ^ Così per esempio il filosofo e deputato italiano Bertrando Spaventa, in La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea, lezione V, a cura di G. Gentile; G. Laterza e figli, Bari 1908. Spaventa fu convinto assertore del ruolo fondamentale della filosofia italiana nel panorama della filosofia moderna, e in particolare di Bruno e Campanella. ^ Si legga anche la dedica riportata sotto il busto marmoreo Archiviato il 6 luglio 2015 in Internet Archive. a Pietrasanta, opera dello scultore Antonio Bozzano, 1909, che così termina: «evocare l'apostolato e il martirio. I liberi pensatori della Versilia». ^ Giordano Bruno, ecco il mea culpa del Papa Archiviato il 13 novembre 2013 in Internet Archive., corriere.it. ^ Franco Manganelli, La cabala nolana: dialoghi sull'asinità "di" Giordano Bruno, Guida Editori, 2005, ISBN 978-88-6042-146-3. URL consultato il 4 agosto 2017 (archiviato il 5 agosto 2017). ^ Bassi, Simonetta, Momenti della fortuna di Giordano Bruno fra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento, Rivista di storia della filosofia : LXVII, 3, 2012, Milano : Franco Angeli, 2012. ^ Monumento a Giordano Bruno, Soprintendenza di Roma ^ Giordano Bruno: return to italy in Frances Yates, Giordano Bruno and the hermetic tradition,Taylor & Francis, 1999, p.357.  Francesco Lamendola, Echi del pensiero di Giordano Bruno in Shakespeare e nella cultura inglese tra 1500 e 1600, Francesco Lamendola Archiviato il 1º dicembre 2017 in Internet Archive., ariannaeditrice.it, 25 novembre 2010.Bibliografia Opere italiane (edizione critica) Dialoghi italiani, 2 voll., nuovamente ristampati con note da Giovanni Gentile, terza edizione a cura di Giovanni Aquilecchia, Firenze, Sansoni 1985 Dialoghi filosofici italiani, a cura e con saggio introduttivo di Michele Ciliberto, Mondadori, Milano 2000 Opere italiane, 2 voll., testi critici di Giovanni Aquilecchia, coordinamento generale di Nuccio Ordine, UTET, Torino 2002 Opere latine in traduzione italiana (edizione critica) Giordano Bruno, Opere latine, introduzione di Carlo Monti, Torino, UTET, (1980) 2013. 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Tragedia in un prologo tre atti e un epilogo su ‘l reo inquisito processato colpevole impenitente ostinato et pertinace blasfemo, Fabio D'Ambrosio Editore, Milano, 2001 Voci correlate Ars combinatoria Ermetismo Infinito (filosofia) Persone giustiziate per eresia Mnemotecnica Monumento a Giordano Bruno Neoplatonismo Pluralità dei mondi Processo a Giordano Bruno Rivoluzione astronomica Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giordano Bruno Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giordano Bruno Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giordano Bruno Collegamenti esterni Giordano Bruno, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giordano Bruno, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Giordano Bruno, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Giordano Bruno, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giordano Bruno, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata (FR) Giordano Bruno, su CÉSAR - Calendrier Électronique des Spectacles sous l'Ancien régime et sous la Révolution, Huma-Num. Modifica su Wikidata (EN) Giordano Bruno, su Find a Grave. Modifica su Wikidata (EN) Giordano Bruno, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Modifica su Wikidata Opere di Giordano Bruno, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Giordano Bruno, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giordano Bruno / Giordano Bruno (altra versione), su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giordano Bruno, su Progetto Gutenberg. Modifica su Wikidata (EN) Audiolibri di Giordano Bruno, su LibriVox. Modifica su Wikidata (EN) Bibliografia di Giordano Bruno, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Modifica su Wikidata (EN) Giordano Bruno, su Goodreads. Modifica su Wikidata (EN) Giordano Bruno, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata (EN) Spartiti o libretti di Giordano Bruno, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC. Modifica su Wikidata (EN) Dilwyn Knox, Giordano Bruno, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano Bruno, I, 1921, su archive.org. Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano Bruno, II, 1921, su archive.org. La vita di Giordano Bruno - Biografia di Giordano Bruno e spaccato dell'Europa tardo-cinquecentesca, su vitadibruno.filosofia.sns.it. curato da Signum Scuola normale superiore di Pisa e Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento di Firenze Il portale di Giordano Bruno - L'uomo e il filosofo nell'Europa del Rinascimento, su filosofia.sns.it. curato da Signum Scuola normale superiore di Pisa e Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento di Firenze La biblioteca ideale di Giordano Bruno - L'opera e le fonti, su bibliotecaideale.filosofia.sns.it., Il portale di Giordano Bruno Giordano Bruno, su giordanobruno.info. Biblioteca elettronica bruniana, su warburg.sas.ac.uk., Centro Internazionale di Studi Bruniani e del Warburg Institute Centro Internazionale di Studi Bruniani, su giordanobruno.it., a cura dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Rassegna stampa, su swif.uniba.it (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2013). in occasione del 400º anniversario del rogo Opere di Giordano Bruno, su intratext.com.: testi con concordanze e liste di frequenza V · D · M Platonici V · D · M Filosofia della scienza Controllo di autoritàVIAF (EN) 68926311 · ISNI (EN) 0000 0001 2281 2585 · SBN IT\ICCU\CFIV\011211 · Europeana agent/base/168 · LCCN (EN) n79090025 · GND (DE) 118516221 · BNF (FR) cb11894377x (data) · BNE (ES) XX1154866 (data) · ULAN (EN) 500338736 · NLA (EN) 35023139 · BAV (EN) 495/16503 · CERL cnp01302061 · NDL (EN, JA) 00434649 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79090025 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Categorie: Filosofi italiani del XVI secoloScrittori italiani del XVI secoloNati nel 1548Morti nel 1600Morti il 17 febbraioNati a NolaMorti a RomaAtomisti italianiCabalisti italianiDrammaturghi italiani del XVI secoloErmetisti italianiEx domenicaniFilosofi giustiziatiGiordano BrunoMagiaNeoplatoniciPersone giustiziate per eresiaPersone giustiziate sul rogoScrittori in lingua latinaTeologi italianiVittime dell'InquisizioneMnemonistiStudenti dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIPersone scomunicate dalla Chiesa cattolica[altre]

 

apeculative philosopher. He was born in Naples, where he entered the Dominican order in 1565. In 1576 he was suspected of heresy and abandoned his order. He studied and taught in Geneva, but left because of difficulties with the Calvinists. Thereafter he studied and taught in Toulouse, Paris, England, various G. universities, and Prague. In 1591 he rashly returned to Venice, and was arrested by the Venetian Inquisition in 1592. In 1593 he was handed over to the Roman Inquisition, which burned him to death as a heretic. Because of his unhappy end, his support for the Copernican heliocentric hypothesis, and his pronounced anti-Aristotelianism, Bruno has been mistakenly seen as the proponent of a scientific worldview against medieval obscurantism. In fact, he should be interpreted in the context of Renaissance hermetism. Indeed, Bruno was so impressed by the hermetic corpus, a body of writings attributed to the mythical Egyptian sage Hermes Trismegistus, that he called for a return to the magical religion of the Egyptians. He was also strongly influenced by Lull, Nicholas of Cusa, Ficino, and Agrippa von Nettesheim, an early sixteenth-century author of an influential treatise on magic. Several of Bruno’s works were devoted to magic, and it plays an important role in his books on the art of memory. Techniques for improving the memory had long been a subject of discussion, but he linked them with the notion that one could so imprint images of the universe on the mind as to achieve special knowledge of divine realities and the magic powers associated with such knowledge. He emphasized the importance of the imagination as a cognitive power, since it brings us into contact with the divine. Nonetheless, he also held that human ideas are mere shadows of divine ideas, and that God is transcendent and hence incomprehensible. Bruno’s best-known works are the  dialogues he wrote while in England, including the following, all published in 1584: The Ash Wednesday Supper; On Cause, Principle and Unity; The Expulsion of the Triumphant Beast; and On the Infinite Universe and Worlds. He presents a vision of the universe as a living and infinitely extended unity containing innumerable worlds, each of which is like a great animal with a life of its own. He maintained the unity of matter with universal form or the World-Soul, thus suggesting a kind of pantheism attractive to later G. idealists, such as Schelling. However, he never identified the World-Soul with God, who remained separate from matter and form. He combined his speculative philosophy of nature with the recommendation of a new naturalistic ethics. Bruno’s support of Copernicus in The Ash Wednesday Supper was related to his belief that a living earth must move, and he specifically rejected any appeal to mere mathematics to prove cosmological hypotheses. In later work he described the monad as a living version of the Democritean atom. Despite some obvious parallels with both Spinoza and Leibniz, he seems not to have had much direct influence on seventeenth-century thinkers. Refs.: Luigi Speranza, Bruniana.

 

bundle: theory: Is Grice proposing a ‘bundle theory’ of “Personal identity”: He defines “I” as an interlinked chain of mnemonic states, a view that accepts the idea that concrete objects consist of properties but denies the need for introducing substrata to account for their diversity. By contrast, one traditional view of concrete particular objects is that they are complexes consisting of two more fundamental kinds of entities: properties that can be exemplified by many different objects and a substratum that exemplifies those properties belonging to a particular object. Properties account for the qualitative identity of such objects while substrata account for their numerical diversity. The bundle theory is usually glossed as the view that a concrete object is nothing but a bundle of properties. This gloss, however, is inadequate. For if a “bundle” of properties is, e.g., a set of properties, then bundles of properties differ in significant ways from concrete objects. For sets of properties are necessary and eternal while concrete objects are contingent and perishing. A more adequate statement of the theory holds that a concrete object is a complex of properties which all stand in a fundamental contingent relation, call it co-instantiation, to one another. On this account, complexes of properties are neither necessary nor eternal. Critics of the theory, however, maintain that such complexes have all their properties essentially and cannot change properties, whereas concrete objects have some of their properties accidentally and undergo change. This objection fails to recognize that there are two distinct problems addressed by the bundle theory: a individuation and b identity through time. The first problem arises for all objects, both momentary and enduring. The second, however, arises only for enduring objects. The bundle theory typically offers two different solutions to these problems. An enduring concrete object is analyzed as a series of momentary objects which stand in some contingent relation R. Different versions of the theory offer differing accounts of the relation. For example, Hume holds that the self is a series of co-instantiated impressions and ideas, whose members are related to one another by causation and resemblance this is his bundle theory of the self. A momentary object, however, is analyzed as a complex of properties all of which stand in the relation of co-instantiation to one another. Consequently, even if one grants that a momentary complex of properties has all of its members essentially, it does not follow that an enduring object, which contains the complex as a temporal part, has those properties essentially unless one endorses the controversial thesis that an enduring object has its temporal parts essentially. Similarly, even if one grants that a momentary complex of properties cannot change in its properties, it does not follow that an enduring object, which consists of such complexes, cannot change its properties. Critics of the bundle theory argue that its analysis of momentary objects is also problematic. For it appears possible that two different momentary objects have all properties in common, yet there cannot be two different complexes with all properties in common. There are two responses available to a proponent of the theory. The first is to distinguish between a strong and a weak version of the theory. On the strong version, the thesis that a momentary object is a complex of co-instantiated properties is a necessary truth, while on the weak version it is a contingent truth. The possibility of two momentary objects with all properties in common impugns only the strong version of the theory. The second is to challenge the basis of the claim that it is possible for two momentary objects to have all their properties in common. Although critics allege that such a state of affairs is conceivable, proponents argue that investigation into the nature of conceivability does not underwrite this claim. 

 

Bradwardine, fellow of Merton.

 

buonafede: Grice: “You’ve got to love Buonafede; he is all into the longitudinal unity of philosophy, literally from Remo – he has chapters on the Ancient Romans, on philosophy from the first monarchy to the second, a chapter on Cicerone, and one of a lovely phrase, the Roman equivalent to the century of Pericles, ‘filosofia nel regno di Augusto,’ but also on later developments of Italian philosophy, even a chapter on Cartesianism in Italy, and how philosophy on the whole was ‘resurrected’ or ‘revitalised’ in Italy --. I once joked that philosophers should never give much credit to Wollaston – but Buonafede totally proves me wrong!” --  Essential Italian philosopher. Appiano Buonafede, nome religioso di Tito Benvenuto Buonafede (Comacchio), religioso e letterato italiano, procuratore e prefetto generale della Congregazione dei celestini. Abbazia di Santo Spirito al Morrone, sede del prefetto generale dei Celestini e dimora temporanea di Buonafede Nato nel 1716 in una famiglia patrizia, dopo aver frequentato le prime scuole nella natia Comacchio, rimasto orfano del padre, per poter proseguire gli studi entrò nel 1734 nella Congregazione dei celestini, mutando il nome secolare di Tito Benvenuto in quello religioso di Appiano. Dopo aver frequentato il corso di filosofia a Bologna, dal 1737 seguì quello successivo di teologia a Roma. Conclusi i tre di anni di studio romani, fu trasferito a Napoli come predicatore e insegnante di teologia.  Nella città partenopea pubblicò nel 1745 Ritratti poetici, storici e critici, opera accolta favorevolmente negli ambienti culturali napoletani frequentati da Buonafede, nella quale convivono giudizi critici su alcuni importanti esponenti del pensiero moderno (quali Machiavelli e Spinoza), con parziali accoglimenti di altri (Cartesio e Locke), in uno stile composito tra il barocco e l'arcadico.  Nel 1749 fu nominato abate di un monastero pugliese, per passare poi in uno di Bergamo e in una badia di Rimini. Nel 1754 Buonafede entrò nell'Accademia dell'Arcadia, assumendo il nome di Agatopisto Cromaziano con il quale diede alle stampe numerosi lavori. Nel 1771, anche grazie alla benevolenza con cui le gerarchie della Chiesa avevano accolto i suoi scritti, fu nominato procuratore generale della Congregazione e trasferito a Roma. Sei anni dopo, divenne prefetto generale e, per ragioni del suo ufficio, fu obbligato a risiedere nell'abbazia di Santo Spirito al Morrone, nei pressi di Sulmona. Buonafede, che a Roma aveva goduto della benevolenza di Clemente XIV e quella dei salotti letterari e arcadici, non si trovò a suo agio nell'isolamento della nuova residenza. Trascorsi i tre anni dell'incarico di prefetto, nel 1780 assunse nuovamente l'ufficio di procuratore generale che, dimessosi, lasciò nel 1782.  Nel 1785 papa Pio VI lo nominò abate perpetuo di Sant'Eusebio, incarico che, senza richiedere eccessive cure, assicurò al Buonafede quei benefici economici che gli consentirono di attendere tranquillamente ai suoi lavori letterari e filosofici e di completare l'opera, dedicata allo stesso pontefice, Della restaurazione di ogni filosofia, particolarmente critica verso il pensiero moderno che aveva voluto rendersi indipendente dall'insegnamento della Chiesa cattolica.  Morì a Roma, ormai infermo, a settantasette anni, nel 1793.  La polemica con il Baretti  Il critico letterario Giuseppe Baretti: ebbe una violenta polemica con Buonafede Nel 1754 Buonafede pubblicò il Saggio di commedie filosofiche, contenente un testo in endecasillabi I filosofi fanciulli che, in uno stile comico, criticava celebri filosofi dell'antichità riportando, fuori dal contesto, citazioni dei loro scritti. Venivano beffeggiati, tra gli altri, Socrate, Democrito e Anassagora. L'opera trovò qualche apprezzamento. Dieci anni più tardi, nel 1764, Giuseppe Baretti, scrittore e critico letterario torinese, in un numero del suo periodico la Frusta letteraria nel quale era solito firmarsi con lo pseudonimo di Aristarco Scannabue, espresse giudizi negativi sul Saggio del Buonafede trovandolo irrilevante e privo di comicità. L'abate, punto sul vivo, replicò immediatamente con il libello, dai toni assai aspri, Il bue pedagogo (1764). Gli rispose ancora Baretti con una nutrita serie di articoli, Discorsi fatti dall'autore della Frusta letteraria al reverendissimo padre don Luciano Firenzuola da Comacchio autore del Bue pedagogo, pubblicati su diversi numeri della Frusta. La polemica, una delle più aspre e celebri delle cronache letterarie italiane del Settecento, proseguì ancora: Buonafede fece pressioni verso i responsabili della Repubblica di Venezia affinché eliminassero gli articoli apparsi sulla Frusta e perché Baretti fosse poi espulso dallo Stato Pontificio quando si trasferì ad Ancona. Il critico torinese non fu lasciato tranquillo neppure quando fuggì in Inghilterra: l'irriducibile Buonafede lo accusò allora di simpatie verso il protestantesimo.  Il giudizio della critica Il giudizio di Benedetto Croce fu piuttosto negativo, scrisse che le opere del Buonafede erano il risultato di «un ingegno da predicatore e da predicatore mestierante, che ha un impegno da assolvere, un sentimento da inculcare, un nemico da abbattere» senza che possano distrarlo dal suo fine «né la ricerca della verità delle cose né l'ammirazione di quel che è bello».  Più positivo il giudizio di Giulio Natali, storico della letteratura e professore di letteratura italiana all'Catania: nella voce redatta per l'Enciclopedia Italiana, giudicò il Buonafede: «uomo d'ingegno acutissimo [...] scrittore non volgare, spesso arguto e vivace» e «dotato di dottrina assai superiore a quella del Baretti».  Opere  Delle conquiste celebri, 1763 (Milano, Fondazione Mansutti) Ritratti poetici, storici e critici di varj uomini di lettere di Appio Anneo de Faba Cromaziano, Napoli, Stamperia di Giovanni di Simone, 1745. Saggio di commedie filosofiche con ampie annotazioni di A. Agatopisto Cromaziano, Faenza, pel Benedetti impressor vescovile, e delle insigni Accademie degl'illustrissimi sigg. Remoti e Filoponi, 1754. Sermone apologetico di T.B.B. per la gioventù italiana contro le accuse contenute in un libro intitolato Della necessità e verità della religione naturale, e rivelata, Lucca, per Filippo Maria Benedini, 1756. Della malignità istorica discorsi tre di A. B. contro Pier Francesco Le Courayer nuovo interprete della Istoria del Concilio di Trento di Pietro Soave, Bologna, per Lelio dalla Volpe impr. dell'Instituto delle Scienze,1757. Dell'apparizione di alcune ombre novella letteraria di T.B.B., Lucca, appresso Jacopo Giusti nuovo stampatore alla Colonna del Palio, 1758. Istoria critica e filosofica del suicidio ragionato di Agatopisto Cromaziano, Lucca, Stamperia di Vincenzo Giuntini, a spese di Giovanni Riccomini, 1761. Il testo, edizione 1788, consultabile in Google libri. Delle conquiste celebri esaminate col naturale diritto delle genti libri due di Agatopisto Cromaziano ..., Lucca, per Giovanni Riccomini, 1763. Il bue pedagogo novelle menippee di Luciano da Fiorenzuola contro una certa Frusta pseudoepigrafa di Aristarco Scannabue, Lucca, 1764. Versi liberi di Agatopisto Cromaziano messi in luce da Timoleonte Corintio con una epistola della libertà poetica ..., Cesena , Società di Pallade per Gregorio Biasini al Palazzo Dandini, 1766. Della istoria e della indole di ogni filosofia di Agatopisto Cromaziano, 7 voll., Lucca, per Giovanni Riccomini, 1766-1781. Il genio borbonico, versi epici di Agatopisto Cromaziano nelle nozze auguste delle altezze reali di Ferdinando di Borbone, infante di Spagna ... e di Maria Amalia, arciduchessa infanta, Parma, per Filippo Carmignani, stampatore per privilegio di sua altezza reale, 1769. Della restaurazione di ogni filosofia ne' secoli XVI, XVII e XVIII di Agatopisto Cromaziano, 3 voll., Venezia, Stamperia Graziosi, 1785-1789. Il testo dell'ultimo volume consultabile in Google libri, nella edizione in quattro volumi pubblicata a Milano dalla Società Tipografica de classici italiani, 1837-38. Della letteratura comacchiese lezione parenetica in difesa della patria di Agatopisto Cromaziano giuniore, Parma, Bodoni, 1786. Opere di Agatopisto Cromaziano, 16 voll., Napoli, presso Giuseppe Maria Porcelli, 1787-1789. Epistole tusculane di un solitario ad un uomo di città, Gerapoli, 1789. Storia critica del moderno diritto di natura e delle genti di Agatopisto Cromaziano, fa parte della Biblioteca cristiano-filosofica decennio primo, consacrato alla divinità...,  10, Firenze, nella Stamperia della Carità, 1799. Note  Fonte: G. Salinari, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti e link in .  Enciclopedie on line, riimenti e link in .  Soffriva di gotta e una caduta in piazza Navona aggravò le sue condizioni. G. Salinari, op. citata.  «Natali, Giulio» la voce nella Enciclopedia Italiana, III Appendice.  Fonte: G. Natali, Enciclopedia Italiana, riferimenti e link in .  Altro pseudonimo, oltre quello prevalente di Agatopisto Cromaziano, di Buonafede.  Iniziali del suo nome secolare Tito Benvenuto Buonafede.  Giambattista Salinari, «BUONAFEDE, Appiano (al secolo, Tito Benvenuto)» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 15, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1972. Gregorio Piaia: "Appiano Buonafede e le origini della storiografia filosofica cattolica”, "Vestigia philosophorum”. Il medioevo e la storiografia filosofica, Rimini, Maggioli Editore, 1983,  214-232. Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell'assicurazione, M. Bonomelli, schede bibliografiche di C. Di Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, 92. Ilario Tolomio: “Theism and the History of Philosophy: Appiano Buonafede”, en G. PiaiaG. Santinello (eds.): Models of the History of Philosophy.  III: The Second Enlightenment and the Kantian Age, Dordrecht, Springer, ,  359-379.  Antonio Genovesi Congregazione dei celestini Giuseppe Baretti Frusta letteraria Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Appiano Buonafede Collabora a Wikiquote Citazionio su Appiano Buonafede Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Appiano Buonafede  Appiano Buonafede, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giulio Natali, Appiano Buonafede, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giambattista Salinari, Appiano Buonafede, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Appiano Buonafede, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Appiano Buonafede, .  Appiano Buonafede, in G. A. Barotti e altri, Memorie istoriche di letterati ferraresi,  III, Ferrara, 1811,  197-204. Testo consultabile in Google Libri, su books.google.it. Ritratto di Appiano Buonafede. Sito "Cultura Italiaun patrimonio da esplorare", su culturaitalia.it. 24656381 I0000 0001 2124 5662  IT\ICCU\TO0V\260943 85351689  118942743  cb12240814h   XX1432000  NLA35587054 495/10399 CERL cnp00402281  Identitieslccn-n85351689 Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Categorie: Religiosi italianiLetterati italiani 1716 1793 4 gennaio 17 dicembre Comacchio RomaStoria dell'assicurazione. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Buonafede," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

BUONAMICI: Grice: There are many Buonamici, so you have to be careful – this one is a genius – he taught at Pisa, in the M. A. programme, both Aristotle’s Poetics – imitazione, il tragico, -- and his ‘motus’ – Galileo happened to be his tutee, and the rest is the leaning tower!” Francesco Buonamici (Firenze), filosofo e scrittore italiano della seconda metà del XVI secolo.  Francesco Buonamici ha studiato allo Studio di Firenze, dove ha seguito i corsi di greco con l'umanista Piero Vettori (si conservano alcune lettere scambiate tra i due).  Medico, professore di filosofia naturale, grecista e latinista, Francesco Buonamici si è ispirato molto agli antichi testi che commentava (Aristotele, Averroè, Nicomaco…).  È stato uno dei maestri di Galileo all'Pisa.  Pubblicazioni De Motu libri X, quibus generalia naturalis philosophiae principia summo studio collecta continentur, necnon universae quaestiones ad libros de physico auditu, de caelo, de ortu et interitu pertinentes explicantur, multa item Aristotelis loca explanantur et Graecorum, Averrois, aliorumque doctorum sententiae ad theses peripateticas diriguntur… (XIV kal. decemb. 1587.), apud Sermartellium, Firenze, 1591, in-fol. XX-1011 p. e indice; Discorsi poetici nella accademia fiorentina in difesa d'Aristotile. Appresso Giorgio Marescotti, Firenze, 1597, in-4, VII-156 p. ; De Alimento libri V, B. Sermartellium juniorem, 1603, Firenze, in-4 ̊, XXII-759 p. e indice, fig. Note  "Helbing 2008".  Stuart Shanker, Routledge History of Philosophy, Volume IVThe Renaissance and seventeenth century rationalism, éd. Routledge, 1993,  0-415-30876-3  Mario Otto Helbing, Mechanics and Natural Philosophy Before the Scientific RevolutionLate 16th-Century Pisa: Cesalpino and Buonamici, Humanist Masters of The Faculty of Arts, in Boston Studies in the Philosophy of Science,  254, Springer Netherlands, 2007,  1-4020-5966-3. Mario Otto Helbing La filosofia di Francesco Buonamici, professore di Galileo, Pisa 1989 Michele Cameroto, Mario Helbing: Galileo and Pisan Aristotelianism. Galileo’s De motu antiquiora and the Quaestiones de motu elementorum of the Pisan Professors, In: Early Science and Medicine 5 (2000) 319–365. Michele Camerota in Dictionary of Scientific Biography Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Buonamici  Opere di Francesco Buonamici, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Filosofia Medicina  Medicina Categorie: Medici italianiFilosofi italiani del XVI secoloScrittori italiani Professore1533 1603 29 settembre FirenzeScrittori in lingua latinaProfessori dell'Pisa

 

BUONARROTI Grice: “Some call him Michelangelo, but that’s rude!” --  See the study of Buonarroti’s Moses by Freud, “filosofia”

 

Buonsanti: Grice: “I like Buonsanti; Strawson calls him a veterinarian, but I call him a philosopher,, for surely he is a philosophical zoologist – he philosoophised, like Aristotle did, on the comparative physiology and anatomy of ‘human’ and pre-human.!” Nicola Lanzillotti Buonsanti (Ferrandina) veterinario, filosofo e patriota italiano.  Biografia Esponente di spicco della storia della medicina veterinaria italiana ed europea è stato una delle figure più rappresentative della Scuola veterinaria milanese.  Diresse l'Enciclopedia medica italiana edita da Vallardi e La Clinica veterinaria (di cui fu anche fondatore).  Opere Dizionario dei termini antichi e moderni delle scienze mediche e veterinarie Manuale delle malattie delle articolazioni Trattato di tecnica e terapeutica chirurgica generale e speciale La medicina Veterinaria all'Estero, organizzazione dell'insegnamento e del servizio sanitario  Giuseppina Bock Berti, «LANZILLOTTI BUONSANTI, Nicola» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 63, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2004. Vita di Nicola Lanzillotti Buonsanti[collegamento interrotto] tratto da "La Basilicata nel Mondo", sito Basilicata.cc. Profilo[collegamento interrotto] Biblioteca G. B. Ercolani, sito Unibo.it. Animali  Animali Biografie  Biografie Medicina  Medicina Categorie: Veterinari italianiFilosofi italiani del XIX secoloPatrioti italiani Professore1846 1924 16 ottobre 28 aprile Ferrandina Bergamo

 

BUONSANTO: Grice: “Buonsanto is a good one – I call him the Italian Wittgenstein; he talks of a reasoned grammar (grammatical ragionata) and not of rules but regoletta – and he like Austin speaks of the genius (il genio) del linguaggio – he speaks of a ‘philosophical approach’ to grammar – of ‘proposizioni’ and the rest – of etimologia, and sintassi, so he is into implicature!”  Vito Buonsanto o Buonsanti (San Vito dei Normanni, 22 giugno 1762Napoli, 22 maggio 1850) letterato, filosofo e accademico pontaniano italiano. Nato nella cittadina salentina nell'allora via Vento (oggi via Cesare Battisti), qui compie i suoi primi studi classici . Fattosi domenicano, non ancora ventenne, entra nel convento dei Padri predicatori di San Vito dei Normanni, ove si dedica allo studio della filosofia scolastica.  Diventando educatore, si distingue per le sue idee innovatrici nei metodi didattici, diventando ben presto un vero luminare del pensiero pedagogico della cittadina.  Vito Buonsanto diventa anche un attivo sostenitore del movimento repubblicano, e insieme al notaio Domenico Oronzo Carella, porta dalla vicina Brindisi un albero di naviglio per piantarlo, in segno di libertà, nella piazza antistante il Castello. Le sue convinzioni, però, lo costringono a fuggire da San Vito ed egli ripiega prima a Ostuni e poi a Martina Franca, da cui raggiunge, da ultimo, il convento di San Domenico a Napoli, dove muore.  La città natale ha dedicato al suo nome una scuola media cittadina.  Note  Fonte: Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Opere Etica iconologica, 1808; Il Nuovo sistema metrico, 1812; Introduzione alla Geografia, 1816, Introduzione alla storia antica e moderna del Regno di Napoli, 1816; Antologia Latina (i tre testi del 1853 sono conservati nella Biblioteca Comunale di San Vito dei Normanni); Ragionamento di Vito Buonsanto sul suo Sistema d'istruire i giovanetti, 1826.  Camillo M. Gamba, «BUONSANTO (Buonsanti), Vito», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 15, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1972.  Vito Buonsanto Archiviato il 6 marzo  in . biografia nel sito della Città di San Vito dei Normanni. ilosofia Letteratura  Letteratura Categorie: Letterati italianiFilosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore1762 1850 22 giugno 22 maggio San Vito dei Normanni NapoliDomenicani italiani

 

BURGIO Grice: “You gotta love Burgio: my favourite of his philosophical pieces are his study on the tradition, development and problems of ‘dialettica’ – from Athenian onwards – and his explorations of contractualism, since I’ve been called one – a contractualist I mean, as so was Grice [G. R. Grice].” --  Alberto Burgio Deputato della Repubblica Italiana LegislatureXV Legislatura Gruppo parlamentareRifondazione Comunista CoalizioneL'Unione CircoscrizioneLombardia 3 Incarichi parlamentari giunta per il regolamento; XI Commissione (Lavoro pubblico e privato); Commissione esaminatrice del premio Lucio Colletti dal 28 luglio 2006 Dati generali Partito politicoPRC Titolo di studioLaurea in lettere e filosofia Professionedocente universitario Alberto Burgio (Palermo), filosofo..  Nato a Palermo il 13 maggio 1955, dal 1993 insegna Storia della filosofia presso l'Bologna. È stato eletto deputato al Parlamento della Repubblica alle elezioni politiche del 2006 (XV legislatura).   Si è occupato prevalentemente di storia della filosofia politica e di filosofia della storia con studi su Rousseau e l'idealismo classico, la teoria della storia tra Kant e Marx e il marxismo italiano (Labriola e Gramsci), il razzismo e il nazismo.  Opere Eguaglianza, interesse, unanimità. La politica di Rousseau, Napoli, Bibliopolis, 1989.  978-88-7088-209-4. Rousseau, la politica e la storia. Tra Montesquieu e Robespierre, Milano, Guerini, 1996.  88-7802-707-3. Robespierre duecento anni dopo, con Antonio Gargano e Michel Vovelle, Napoli, La Città del Sole, 1996.  9788886521291. Studi sul razzismo italiano, a cura di, con Luciano Casali, Bologna, Clueb, 1996.  8880914308. L'invenzione delle razze. Studi su razzismo e revisionismo storico, Roma, manifestolibri, 1998.  88-7285-149-1. Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d'Italia 1870-1945, a cura di, Bologna, Il Mulino, 1999.  88-15-07200-4 (seconda ed., 2000.  88-15-07854-1). Modernità del conflitto. Saggio sulla critica marxiana del socialismo, Roma, DeriveApprodi, 1999.  88-87423-20-2. Strutture e catastrofi. Kant Hegel Marx, Roma, Editori Riuniti, 2000.  88-359-4987-4 (Vernunft und Katastrophen: Das Problem der Geschichtsentwicklung bei Kant, Hegel und Marx, Frankfurt am Main, Peter Lang, 2003;  978-3-631-39245-4). La guerra delle razze, Roma, manifestolibri, 2001.  88-7285-205-6. Gramsci storico. Una lettura dei "Quaderni del carcere", Roma–Bari, Laterza, 2003.  88-420-6854-3. La forza e il diritto. Sul conflitto tra politica e giustizia, a cura di, Roma, DeriveApprodi, 2003.  88-88738-09-6. Guerra. Scenari della nuova "grande trasformazione", Roma, DeriveApprodi, 2004.  88-88738-34-7. Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia, a cura di, Macerata, Quodlibet, 2005.  88-7462-040-3. Escalation. Anatomia della guerra infinita, con Manlio Dinucci e Vladimiro Giacché, Roma, DeriveApprodi, 2005.  88-88738-65-7. Per un lessico critico del contrattualismo moderno, Napoli, La Scuola di Pitagora, 2006.  88-89579-03-X. Dialettica. Tradizioni, problemi, sviluppi, a cura di, Macerata, Quodlibet, 2007.  978-88-7462-153-8. Per Gramsci. Crisi e potenza del moderno, Roma, DeriveApprodi, 2007.  978-88-89969-33-5. Manifesto per l'università pubblica, con Gaetano Azzariti, Alberto Lucarelli e Alfio Mastropaolo, Roma, DeriveApprodi, 2008.  978-88-89969-63-2. Senza democrazia. Un'analisi della crisi, Roma, DeriveApprodi, 2009.  978-88-89969-70-0. Nonostante Auschwitz. Il "ritorno" del razzismo in Europa, Roma, DeriveApprodi, .  978-88-6548-003-8. Rousseau e gli altri. Teoria e critica della democrazia tra Sette e Novecento, Roma, DeriveApprodi, .  978-88-6548-057-1. Il razzismo, con Gianluca Gabrielli, Roma, Ediesse, .  978-88-230-1670-5. Identità del male. La costruzione della violenza perfetta, a cura di, con Adriano Zamperini, Milano, FrancoAngeli, .  9788820450359. Gramsci. Il sistema in movimento, Roma, DeriveApprodi, .  978-88-6548-091-5. Questioni tedesche, a cura di, Mucchi, Modena,  («dianoia», 20).  1125-1514. Orgoglio e genocidio. L'etica dello sterminio nella Germania nazista, con Marina Lalatta Costerbosa, Roma, DeriveApprodi, .  978-88-6548-160-8. Il sogno di una cosa. Per Marx, Roma, DeriveApprodi, .  978-88-6548-234-6. Critica della ragione razzista, Roma, DeriveApprodi, .  978-88-6548-317-6 Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Alberto Burgio  Opere di Alberto Burgio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Alberto Burgio, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Alberto Burgio, su Openpolis, Associazione Openpolis.  Registrazioni di Alberto Burgio, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it. 15 ottobre 2008 10 ottobre 2006). Alberto Burgio. Sito web del docente Curriculum vitae e pubblicazioni, Bologna.  Filosofia Politica  Politica Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici italiani Professore1955 13 maggio PalermoDeputati della XV legislatura della Repubblica ItalianaPolitici del Partito della Rifondazione ComunistaSinistra EuropeaProfessori dell'Bologna

 

BURTIGLIONEsearch.

 

burlæus: burley -- born in Burley-in-Whaferdale, Yorkshire. Burleigh’s donkeyGrice preferred the spelling “Gualterus Burlaeus.” “One would hardly realise it’s Irish to the backbone!”Grice. Geach’s donkey: geach, Peter b.6, English philosopher and logician whose main work has been in logic and philosophy of language. A great admirer of McTaggart, he has published a sympathetic exposition of the latter’s work Truth, Love and Immortality, 9, and has always aimed to emulate what he sees as the clarity and rigor of the Scottish idealist’s thought. Greatly influenced by Frege and Vitters, Geach is particularly noted for his powerful use of what he calls “the Frege point,” better called “the Frege-Geach point,” that the same thought may occur as asserted or unasserted and yet retain the same truth-value. The point has been used by Geach to refute ascriptivist theories of responsibility, and can be employed against noncognitivist theories of ethics, which are said to face the Frege-Geach problem of accounting for the sense of moral ascriptions in contexts like ‘If he did wrong, he will be punished’. He is also noted for helping to bring Frege to the English-speaking world, through co-translations with Max Black 9 88. In logic he is known for proving, independently of Quine, a contradiction in Frege’s way out of Russell’s paradox Mind, 6, and for his defense of modern Fregean-Russellian logic against traditional Aristotelian-Scholastic logic. He also has a deep admiration for the Polish logicians. In metaphysics, Geach is known for his defense of relative identity, the thesis that an object a can be the same F where F is a kind-term as an object b while not being the same G, even though a and b are both G’s. His spirited defense of the thesis has been met by equally vigorous attacks, and it has not received wide acceptance. An obvious application of the thesis is to the defense of the doctrine of the Trinity e.g., the Father is the same god as the Son but not the same person, which has caught the attention of some philosophers of religion. Geach’s main works include Mental Acts 8, which attacks dispositional theories of mind, Reference and Generality 2, which contains much important work on logic, and the collection Logic Matters 2. A notable defender of Catholicism despite his animadversions against Scholastic logic, his religious views find their greatest exposure in God and the Soul 9, Providence and Evil 7, and The Virtues 7. He is married to the philosopher Elizabeth Anscombe.  burleigh: Grice: “Actually his name should be borough-leah, since this is what burley means in Yorkshire!” -- W. H. P. Grice preferred the spelling “Burleigh,” or “Burleighensis” if you mustBurlaeus -- “That’s how we called him at Oxford!” English philosopher who taught philosophy at Oxford and theology at Paris. An orthodox Aristotelian and a realist, he attacked Ockham’s logic and his interpretation of the Aristotelian categories. Burley commented on almost of all of Aristotle’s works in logic, natural philosophy, and moral philosophy. An early Oxford Calculator, Burley begins his work as a fellow of Merton  He later moved to  Paris. BurleyGrice adds“was a tutee of Thomas Wilton, if you heard of him.” he was  incepted, and later a a fellow of the Sorbonne. His commentary on Peter Lombard’s Sentences has been lost. After leaving Paris, Burley is ssociated with the household of Richard of Bury and the court of Edward III, who sent him as an envoy to the papal curia. De vita et moribus philosophorum,” an influential, popular account of the lives of the philosophers, has often been attributed to Burley, but modern scholarship suggests that the attribution is incorrect. Many of Burley’s independent works dealt with problems in natural philosophy, notably De intensione et remissione formarum “De potentiis animae, and De substantia orbis. De primo et ultimo instanti discusses which temporal processes have intrinsic, which extrinsic limits. In his Tractatus de formis Burley attacks Ockham’s theory of quantity. Similarly, Burley’s theory of motion opposed Ockham’s views. Ockham restricts the account of motion to the thing moving, and the quality, quantity, and place acquired by motion. By contrast, Burley emphasizes the process of motion and the quantitative measurement of that process. Burley attacks the view that the forms successively acquired in motion are included in the form finally acquired. He ridicules the view that contrary qualities hot and cold could simultaneously inhere in the same subject producing intermediate qualities warmth. Burley emphasized the formal character of logic in his De puritate artis logicae “On the Purity of the Art of Logic”, one of the great medieval treatises on logic. Ockham attacked a preliminary version of De puritate in his Summa logicae; Burley called Ockham a beginner in logic. In De puritate artis logicae, Burley makes syllogistics a subdivision of consequences. His treatment of negation is particularly interesting for his views on double negation and the restrictions on the rule that notnot-p implies p. Burley distinguished between analogous words and analogous concepts and natures. His theory of analogy deserves detailed discussion. These views, like the views expressed in most of Burley’s works, have seldom been carefully studied. Luigi Speranza, “Grice and the Mertonians.”

 

butlerianism: J., cited by H. P. Grice, principle of conversational benevolence. English theologian and Anglican bishop who made important contributions to moral philosophy, to the understanding of moral agency, and to the development of deontological ethics. Better known in his own time for The Analogy of Religion 1736, a defense, along broadly empiricist lines, of orthodox, “revealed” Christian doctrine against deist criticism, Butler’s main philosophical legacy was a series of highly influential arguments and theses contained in a collection of Sermons 1725 and in two “Dissertations” appended to The Analogy  one on virtue and the other on personal identity. The analytical method of these essays “everything is what it is and not another thing” provided a model for much of English-speaking moral philosophy to follow. For example, Butler is often credited with refuting psychological hedonism, the view that all motives can be reduced to the desire for pleasure or happiness. The sources of human motivation are complex and structurally various, he argued. Appetites and passions seek their own peculiar objects, and pleasure must itself be understood as involving an intrinsic positive regard for a particular object. Other philosophers had maintained, like Butler, that we can desire, e.g., the happiness of others intrinsically, and not just as a means to our own happiness. And others had argued that the person who aims singlemindedly at his own happiness is unlikely to attain it. Butler’s distinctive contribution was to demonstrate that happiness and pleasure themselves require completion by specific objects for which we have an intrinsic positive regard. Self-love, the desire for our own happiness, is a reflective desire for, roughly, the satisfaction of our other desires. But self-love is not our only reflective desire; we also have “a settled reasonable principle of benevolence.” We can consider the goods of others and come on reflection to desire their welfare more or less independently of particular emotional involvement such as compassion. In morals, Butler equally opposed attempts to reduce virtue to benevolence, even of the most universal and impartial sort. Benevolence seeks the good or happiness of others, whereas the regulative principle of virtue is conscience, the faculty of moral approval or disapproval of conduct and character. Moral agency requires, he argued, the capacities to reflect disinterestedly on action, motive, and character, to judge these in distinctively moral terms and not just in terms of their relation to the non-moral good of happiness, and to guide conduct by such judgments. Butler’s views about the centrality of conscience in the moral life were important in the development of deontological ethics as well as in the working out of an associated account of moral agency. Along the first lines, he argued in the “Dissertation” that what it is right for a person to do depends, not just on the non-morally good or bad consequences of an action, but on such other morally relevant features as the relationships the agent bears to affected others e.g., friend or beneficiary, or whether fraud, injustice, treachery, or violence is involved. Butler thus distinguished analytically between distinctively moral evaluation of action and assessing an act’s relation to such non-moral values as happiness. And he provided succeeding deontological theorists with a litany of examples where the right thing to do is apparently not what would have the best consequences. Butler believed God instills a “principle of reflection” or conscience in us through which we intrinsically disapprove of such actions as fraud and injustice. But he also believed that God, being omniscient and benevolent, fitted us with these moral attitudes because “He foresaw this constitution of our nature would produce more happiness, than forming us with a temper of mere general benevolence.” This points, however, toward a kind of anti-deontological or consequentialist view, sometimes called indirect consequentialism, which readily acknowledges that what it is right to do does not depend on which act will have the best consequences. It is entirely appropriate, according to indirect consequentialism, that conscience approve or disapprove of acts on grounds other than a calculation of consequences precisely because its doing so has the best consequences. Here we have a version of the sort of view later to be found, for example, in Mill’s defense of utilitarianism against the objection that it conflicts with justice and rights. Morality is a system of social control that demands allegiance to considerations other than utility, e.g., justice and honesty. But it is justifiable only to the extent that the system itself has utility. This sets up something of a tension. From the conscientious perspective an agent must distinguish between the question of which action would have the best consequences and the question of what he should do. And from that perspective, Butler thinks, one will necessarily regard one’s answer to the second question as authoritative for conduct. Conscience necessarily implicitly asserts its own authority, Butler famously claimed. Thus, insofar as agents come to regard their conscience as simply a method of social control with good consequences, they will come to be alienated from the inherent authority their conscience implicitly claims. A similar issue arises concerning the relation between conscience and self-love. Butler says that both self-love and conscience are “superior principles in the nature of man” in that an action will be unsuitable to a person’s nature if it is contrary to either. This makes conscience’s authority conditional on its not conflicting with self-love and vice versa. Some scholars, moreover, read other passages as implying that no agent could reasonably follow conscience unless doing so was in the agent’s interest. But again, it would seem that an agent who internalized such a view would be alienated from the authority that, if Butler is right, conscience implicitly claims. For Butler, conscience or the principle of reflection is uniquely the faculty of practical judgment. Unlike either self-love or benevolence, even when these are added to the powers of inference and empirical cognition, only conscience makes moral agency possible. Only a creature with conscience can accord with or violate his own judgment of what he ought to do, and thereby be a “law to himself.” This suggests a view that, like Kant’s, seeks to link deontology to a conception of autonomous moral agency.

 

byzantine. This is important since it displays Grice’s disrespect for stupid traditions. There is Austin trying to lecture what he derogatorily called ‘philosophical hack’ (“I expect he was being ironic”) into learning through the Little Oxford Dictionary. HARDLY Grice’s cup of tea. Austiin, or the ‘master,’ as Grice ironically calls him, could patronize less patrician play group members, but not him! In any case, Austin grew so tiresome, that Grice grabbed the Little Dictionary. Austin had gave him license to go and refute Ryle on ‘feeling’. “So, go and check with the dictionary, to see howmany things you can feel.” Grice started with the A and got as far as the last relevant item under the ‘B,” he hoped. “And then I realised it was all hopeless. A waste. Language botany, indeed!” At a later stage, he grew more affectionate, especially when seeing that this was part of his armoury (as Gellner had noted): a temperament, surely not shared by Strawson, for subtleties and nuances. How Byzantine can Grice feel? Vide ‘agitation.’ Does feeling Byzantine entail a feeling of BEING Byzantine? originally used of the style of art and architecture developed there 4c.-5c. C.E.; later in reference to the complex, devious, and intriguing character of the royal court of Constantinople (1937). Bȳzantĭum , ii, n., = Βυζάντιον,I.a city in Thraceon the Bosphorusopposite the Asiatic Chalcedon, later Constantinopolis, now Constantinople; among the Turks, Istamboul or Stamboul (i.e. εις τὴν πόλιν), Mel. 2, 2, 6Plin. 4, 11, 18, § 469, 15, 20, § 50 sq.; Nep. Paus. 2, 2Liv. 38, 16, 3 sq.Tac. A. 12, 63 sq.id. H. 2. 83; 3, 47 al.—II. Derivv.A. Bȳzantĭus , a, um, adj., of ByzantiumByzantine: “litora,” the Strait of ConstantinopleOv. Tr. 1, 10, 31: “portus,” Plin. 9, 15, 20, § 51.—Subst.Bȳ-zantĭi , ōrum, m., the inhabitants of ByzantiumCic. Prov. Cons. 3, 54, 6 sq.; Cic. Verr. 2, 2, 31, § 76Nep. Timoth. 1, 2Liv. 32, 33, 7.—B. Bȳzantĭăcus , a, um, adj., of Byzantium: “lacerti,” Stat. S. 4, 9, 13. — C. Bȳzantīnus , a, um, adj., the same (post-class.): “Lygos,” Aus. Clar. Urb. 2: “frigora,” Sid. Ep. 7, 17. Byzantine feeling -- Einfühlung G., ‘feeling into’, empathy. In contrast to sympathy, where one’s identity is preserved in feeling with or for the other, in empathy or Einfühlung one tends to lose oneself in the other. The concept of Einfühlung received its classical formulation in the work of Theodor Lipps, who characterized it as a process of involuntary, inner imitation whereby a subject identifies through feeling with the movement of another body, whether it be the real leap of a dancer or the illusory upward lift of an architectural column. Complete empathy is considered to be aesthetic, providing a non-representational access to beauty. Husserl used a phenomenologically purified concept of Einfühlung to account for the way the self directly recognizes the other. Husserl’s student Edith Stein described Einfühlung as a blind egoism Einfühlung 255   255 mode of knowledge that reaches the experience of the other without possessing it. Einfühlung is not to be equated with Verstehen or human understanding, which, as Dilthey pointed out, requires the use of all one’s mental powers, and cannot be reduced to a mere mode of feeling. To understand is not to apprehend something empathetically as the projected locus of an actual experience, but to apperceive the meaning of expressions of experience in relation to their context. Whereas understanding is reflective, empathy is prereflective. 

 

cabeo: Grice: “You’ve got to love Cabeo; unless, if you are sailor like me – he almost invented the North Pole – he philosophised on magnetism – a phenomenon which the Graeco-Romans found ‘magic’ (vide Carini, “L’etimologia del megnete”) – Grice: “The homerotic associations are soon discovered by the super-hero, “Magneto.”” -- Essential Italian philosopher. Niccolò Cabeo (n. Ferrara), filosofo. Con il suo nome è stato chiamato il cratere lunare Cabeus. Nel 1602 novizio della Compagnia di Gesù, ebbe Giuseppe Biancani come insegnante di matematica nel collegio gesuitico di Parma dove compiuti i suoi studi fu docente di filosofia per molti anni e ricevette gli ordini sacerdotali nel 1622. Dopo il 1622 abbandonato l'insegnamento fu predicatore in varie città italiane mantenendo sempre stretti rapporti di familiarità con Ferdinando Gonzaga e Francesco d'Este.   Cabeo prese parte alla contesa tra Bologna e Ferrara sull'introduzione del Reno nel Po Grande avvenuta negli anni 20 del seicento, prendendo le parti dei ferraresi e opponendosi alle teorie di Benedetto Castelli  Nel 1632 si stabilì a Genova dove conobbe Giovanni Battista Baliani divenendone amico. Nel suo commento alle Meteore di Aristotele Cabeo sostenne e testimoniò la priorità della scoperta della legge di caduta dei gravi dello scienziato genovese rispetto a quella di Galilei.  Cabeo collaborò con vari fisici del suo tempo su argomenti che mettevano in discussione le ricerche di Galilei: con lo stesso Baliani a Genova, con il Renieri a Pisa, con il Riccioli, suo amico e allievo anche lui del Biancani, con il quale nel 1634 aveva condotto a Ferrara esperimenti sulla caduta dei gravi. Soggiornò a Roma nello stesso periodo in cui era presente nel 1645 e nel 1646 Marin Mersenne, il "segretario dell' Europa dotta"  che vi si trovava in occasione dell'elezione di Vincenzo Carafa a generale dei gesuiti.  Tornato a Genova per dedicarsi all'insegnamento nel collegio gesuitico, morì dopo due mesi nel 1650.  Opere Fin dal 1617 Cabeo aveva iniziato a comporre la Philosophia magnetica che stampata poi a Ferrara nel 1629 fu criticata negativamente dagli studiosi galileiani. Nell'introduzione Cabeo sosteneva l'imprescindibile necessità che ogni asserzione scientifica fosse sostenuta dall'esperienza e, sulla base degli studi di Pierre Pelerin de Maricourt, di Giovanni Battista Della Porta, e di William Gilbert, dell'opera inedita del gesuita Leonardo Garzoni, asseriva, dopo aver condotto accurati esperimenti, che la Terra possedeva una qualità magnetica che assieme alla gravità faceva sì che quella fosse stabile e immobile. Nella stessa opera definiva il fenomeno della repulsione elettrica.  Nel 1646 venivano pubblicati a Roma i quattro volumi di un commento alle Meteore di Aristotele con il titolo In quatuor libros Meteorologicorum Aristotelis commentaria,et quaestiones quatuor tomis compraehensa... poi modificato nella ristampa del 1686 in Philosophia experimentalis dove Cabeo si schierava a difesa della priorità del Baliani e, nel criticare in nome dell'osservazione e dell'esperimento la concezione metafisica aristotelica, introduceva la presentazione di questioni scientifiche attuali. L'opera era condotta in duri toni antigalileiani con un'aspra contestazione del fenomeno delle maree così com'era stato descritto da Galilei sostenendo invece che fosse dovuto «all'ebollizione, operata dalla Luna, di "spiriti sulfurei e salnitrosi" presenti sul fondo del mare.»   Cabeo sostenne la validità scientifica dell'alchimia da lui ritenuta una "philosophia chimica" che, depurata da ogni aspetto esoterico , era degna di studio e osservazione.  Note  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC57.  Alfonso Ingegno, Dizionario Biografico degli Italiani,  15, (1972) alla voce corrispondente  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC56.  Domenico Massaro SFI Archiviato il 13 giugno 2008 in .  A. Ingegno, Op. cit.  Claudii Berigardi Circulus Pisanus... De veteri et peripatetica philosophia in Aristotelis libros de Coelo..., Utini 1647,  82-85; Galileo Galilei, Opere (ediz. naz.), XIV,  32-34, 35-37, 61, 77, 79, 300; XV273; XVI325; XVIII,  87, 93-95, 99, 305, 310, 312; Le opere dei discepoli di Galileo Galilei, I, L'Accademia del Cimento, parte 1, Firenze 1942,  51, 374 s., 411 s.; Fulvio Testi, Lettere, Maria Luisa Doglio, III, 1638-1646, Bari 1967,  208, 236, 239, 504 s.; Opere di Evangelista Torricelli, Faenza 1919, I, 1X; III415; Lorenzo Barotti, Memorie istoriche di letterati ferraresi, II, Ferrara 1793,  262-269; Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VIII, 1, Firenze 1812,  249 s.; Timoteo Bertelli, Sopra Pietro Peregrino di Maricourt e la sua epistola "De Magnete", in Bull. di bibliogr. e di storia delle scienze mat. e fisiche pubbl. da B. Boncompagni, I (1868),  1-32, 65-99, 101-139, 319-420; Pietro Riccardi, Biblioteca matematica italiana, Modena 1870206; Raffaello Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia, II, Firenze 1892,  257, 265-271; IV, ibid. 1895,  237 s., 279 58-, 315 ss., 391-400, 404, 413-416, 526, 570 s.; V, ibid. 1898,  9 s., 27; Silvio Magrini, Il "De Magnete" del Gilbert e i primordi della magnotologia in Italia in rapporto alla lotta intorno ai massimi sistemi, in Archivio di storia della scienza, VIII (1927), n. 2,  17-39; Jean Daujat, Origines et formation de la théorie des phénomènes électriques et magnétiques, Paris 1945,  190-204; Lynn Thorndike, A History of magic and experimental Science, New York 1958, VII,  61, 276-79, 422 ss., 685; VIII,  204, 207, 430; Alexandre Koyré, Etudes d'histoire de la pensée scientifique, Paris 1966,  198-201, 271; Serge Moscovici, L'expérience du mouvement. Jean Baptiste Baliani disciple et critique de Galilée, Paris 1967,  49 53, 55, 58; Claudio Costantini, Baliani e i gesuiti. Annotazioni in margine alla corrispondenza del Baliani con Gio. Luigi Confalonieri e Orazio Grassi, Firenze 1969,  5, 7, 52, 103; Maria Bellucci, La filosofia naturale di Claudio Berigardo, in Rivista Critica di Storia della Filosofia,  26, n. 4, 1971389, JSTOR 44021645. Charles Coulston Gillispie, Dictionary of Scientific Biography  3. New York, Scribners, 1973. John Lewis Heilbron, Electricity in the 17th and 18th Centuries. Los Angeles: University of California Press, 1979. Cesare Maffioli, Out of Galileo, The Science of Waters 1628–1718. Rotterdam: Erasmus Publishing, 1994. Peter Dear, Discipline and Experience: The Mathematical Way in the Scientific Revolution. Chicago: University of Chicago Press, 1995. Maria Teresa Borgato, Niccolò Cabeo tra teoria ed esperimenti: le leggi del moto, in G.P. Brizzi and R. Greci (ed), Gesuiti e Università in Europa, Bologna: Clueb, 2002,  361–385. Craig Martin, With Aristotelians Like These, Who Needs Anti-Aristotelians? Chymical Corpuscular Matter Theory in Niccolò Cabeo's "Meteorology", in Early Science and Medicine,  11, n. 2, 2006,  135-161, JSTOR 4130256. Carlos Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus II483.  Niccolò Cabeo, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Niccolò Cabeo, su sapere.it, De Agostini.  Alfonso Ingegno, Niccolò Cabeo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Niccolò Cabeo / Niccolò Cabeo (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Niccolò Cabeo, in Galileo Project, Rice University. V D M Compagnia di Gesù V D M Galileo Galilei 67405010 I0000 0001 2027 7283 o084262  124652794  cb124596318   XX870995  CERL cnp00480040  Identitieslccn-no084262 Biografie  Biografie Cattolicesimo  Cattolicesimo Fisica  Fisica Categorie: Gesuiti italianiFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloMatematici italiani del XVI secoloMatematici italiani Professore1586 1650 26 febbraio 30 giugno Ferrara GenovaNiccolò Cabeo (26 febbraio 158630 Giugno, 1650), noto anche come Nicolaus Cabeo , italiano gesuita filosofo , teologo , ingegnere e matematico .  Biografia E 'nato a Ferrara nel 1586, ed è stato istruito nel collegio dei Gesuiti a Parma inizio nel 1602. Passò i prossimi due anni a Padova e ha trascorso 1606-07 studia in Piacenza prima di completare tre anni (1607-10) di studio in filosofia a Parma. Ha trascorso altri quattro anni (1612-1616) a studiare teologia a Parma e l'apprendistato di un altro anno di a Mantova . Ha poi insegnato teologia e la matematica a Parma , poi nel 1622 è diventato un predicatore. Per un certo periodo ha ricevuto il patrocinio dei Duchi di Mantova e del Este a Ferrara. Durante questo periodo è stato coinvolto in idraulica progetti. Egli avrebbe poi tornare a insegnare la matematica ancora una volta in Genova , la città dove sarebbe morto nel 1650.  Egli è noto per i suoi contributi alla fisica esperimenti e osservazioni. Egli ha osservato gli esperimenti di Giovanni Battista Baliani per quanto riguarda la caduta di oggetti, e ha scritto su questi esperimenti osservando che due oggetti diversi cadono nello stesso lasso di tempo, indipendentemente dal mezzo. Inoltre ha effettuato esperimenti con pendoli e osservato che una carica elettricamente corpo può ottenere oggetti non elettrificato. Egli ha anche notato che due oggetti carichi respinti a vicenda.  Le sue osservazioni sono state pubblicate nelle opere, Philosophia Magnetica (1629) e in quatuor libros Aristotelis meteorologicorum Commentaria (1646). La prima di queste opere esaminato la causa della Terra magnetismo ed è stata dedicata ad uno studio del lavoro di William Gilbert . Cabeo pensato alla Terra immobile, e quindi non ha accettato il suo movimento come la causa del campo magnetico . Cabeo descritto attrazione elettrica in termini di effluvi elettrici, rilasciato sfregando alcuni materiali insieme. Questi effluvi spinto nell'aria circostante spostarlo. Quando l'aria riportato nella sua posizione originale, portava corpi leggeri con essa facendole muovere verso il materiale attraente. Entrambi Accademia del Cimento e Robert Boyle eseguiti esperimenti con vuoti a tentativi di confermare o smentire le idee di Cabeo.  Seconda pubblicazione di Cabeo era un commento di Aristotele Meteorologia . In questo lavoro, ha esaminato attentamente una serie di idee proposte da Galileo Galilei , tra cui il movimento della terra e la legge di caduta dei gravi. Cabeo si è opposto alle teorie di Galileo. Cabeo anche discusso la teoria del flusso d'acqua proposta da allievo di Galileo, Benedetto Castelli . Lui e Castelli sono stati coinvolti per una disputa nel nord Italia circa il reinstradamento del fiume Reno . La gente di Ferrara erano su un lato della controversia e Cabeo era il loro avvocato. Castelli ha favorito l'altro lato della controversia e agiva come agente del Papa, Urbano VIII . Cabeo anche discusso alcune idee su alchimia in questo libro.  Il cratere Cabeus sulla Luna porta il suo nome. Il LCROSS progetto ha scoperto la prova di acqua nel cratere Cabeus nell'ottobre 2009.  Guarda anche Storia di Geomagnetismo Elenco dei cattolici-scienziati chierici Riferimenti Heilbron, JL, energia elettrica nei secoli 17 e 18 . Los Angeles: University of California Press, 1979. Maffioli, Cesare, Out of Galileo, The Science of Waters 1628-1718 . Rotterdam: Erasmus Publishing, 1994. Sommervogel , Bibliothèque de la Compagnie de Jesus . Bruxelles: 1960. Gillispie, Charles Coulston , Dizionario della biografia scientifica  3. New York: Scribners, 1973 Borgato, Maria Teresa, Niccolò Cabeo Tra Teoria ed Esperimenti: le leggi del moto , in GP Brizzi e R. Greci , Gesuiti e Università in Europa, Bologna: Clueb, 2002, pp 361-385.. Caro Peter. Disciplina e Esperienza: Il modo matematico nella rivoluzione scientifica . Chicago: University of Chicago Press, 1995. This page is based on the copyrighted  article "Niccol%C3%B2_Cabeo" (Authors); it is used under the Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License. You may redistribute it, verbatim or modified, providing that you comply with the terms of the CC-BY-SA. Cookie-policy. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Cabeo," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

cacciari: Grice: “If I were today to chose a philosophical piece by Cacciari that would be his ‘angelo’ – quite a concept! If Whitehead is right, as I claim he is, when he says all philosophy is footnotes to Cratylo, Plato does deal with ‘aggelos’ as ‘metaxu’ which he then develops in Symposium – Cacciari, like Reale, are fascinated by this!” – Grice: “Solomon, who read it, illustrated Alcebiades as Eros between Dionisos and Apollo!” -- ssential Italian philosopher. Massimo Cacciari (n. Venezia) è un filosofo, politico, accademico e opinionista italiano, ex sindaco di Venezia.  Di ascendenze emiliane per via paterna (il nonno Gino Cacciari, di Medicina, si era trasferito a Venezia per dirigere i cantieri navali della città), è figlio di Pietro, pediatra, e di una casalinga proveniente da una famiglia di artisti.  Dopo aver frequentato il Ginnasio Liceo Marco Polo di Venezia, si è laureato in Filosofia nel 1967 all'Università degli Studi di Padova, con una tesi sulla Critica del Giudizio di Immanuel Kant, con relatore Dino Formaggio. Ancora studente, fu collaboratore dei professori Carlo Diano, Sergio Bettini e Giuseppe Mazzariol.  Carriera accademica Nel 1980 diviene professore associato di Estetica presso l'Istituto di Architettura di Venezia, dove nel 1985 diventa Professore. Nel 2002 fonda la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele a Cesano Maderno, di cui è preside fino al 2005. È tra i fondatori di alcune riviste di filosofia politica, che hanno segnato il dibattito dagli anni sessanta agli anni ottanta, tra cui Angelus Novus, Contropiano, il Centauro, Laboratorio politico.  Al centro della sua riflessione filosofica si colloca la crisi della razionalità moderna, che si è rivelata incapace di cogliere il senso ultimo del reale, abbandonando la ricerca dei fondamenti del conoscere. La sua visione muove dal concetto di "pensiero negativo", ravvisato nelle filosofie di Friedrich Nietzsche, di Martin Heidegger e di Ludwig Wittgenstein, per risalire ai suoi presupposti in alcuni aspetti della tradizione religiosa e del pensiero filosofico occidentali.  Ha pubblicato numerose opere e saggi, tra i quali meritano una particolare attenzione: Krisis (del 1976); Pensiero negativo e razionalizzazione; (1977), Dallo Steinhof (1980), Icone della legge (1985), L'angelo necessario (1986), Dell'inizio (1990), Della cosa ultima (2004) vincitore del Premio Cimitile. Hamletica, Adelphi, Milano, 2009 è il suo lavoro più recente. I volumi Icone della legge e L'angelo necessario presentano, inoltre, alcune pagine dedicate alla filosofia dell'icona e agli esiti del pensiero del mistico russo Pavel Aleksandrovič Florenskij.  Tra i numerosi riconoscimenti sono da ricordare la laurea honoris causa in Architettura conferita dall'Università degli Studi di Genova nel 2003, la laurea honoris causa in Scienze politiche conferita dall'Bucarest nel 2007 e la laurea honoris causa in "filologia, letteratura e tradizione classica" conferita dall'Bologna nel .  Attualmente è Presidente della fondazione Gianni Pellicani  e insegna Pensare filosofico e metafisica presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, di cui è stato anche prorettore vicario.  Suo fratello Paolo è stato deputato di Rifondazione Comunista tra il 2006 e il 2008.  Carriera politica In Potere Operaio e nel PCI Da giovane fu un politico militante e occupò con gli operai della Montedison la stazione di Mestre. Collaborò negli anni sessanta alla rivista mensile Classe operaia e, dopo contrasti interni tra Mario Tronti, Alberto Asor Rosa e Toni Negri (il quale fu un incontro essenziale per la sua formazione), diresse insieme ad Asor Rosa la rivista, definita di "materiali marxisti", Contropiano con la quale si tentò la riunificazione del gruppo. Ma il tentativo fallì e il gruppo veneto trasformò la rivista nel giornale Potere Operaio "Giornale politico dagli operai di Porto Marghera" a cui Cacciari, deluso, non aderì. In seguito entrò nel Partito Comunista Italiano, ricoprendo cariche apparentemente lontane dai suoi interessi filosofici: responsabile della Commissione Industria del PCI Veneto negli anni settanta, fu poi eletto alla Camera dei deputati dal 1976 al 1983, e fu membro della Commissione Industria della Camera.  Sindaco di Venezia (1993-2000) Fu sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 schierato tra i principali sostenitori de I Democratici di Romano Prodi tanto che si parlò di lui come un probabile leader dell'Ulivo. Fin dall'inizio della sua attività politica vide nel federalismo una tradizione da recuperare per i progressisti italiani laddove buona parte dei dirigenti della sinistra vedevano in questa attenzione agli ideali federalisti un freno al consenso elettorale del centro-sud. In preparazione delle elezioni regionali del 2000, era convinto che per vincere in una regione tradizionalmente moderata, la sinistra avrebbe dovuto agganciare una parte dell'elettorato in fuga dalla ex DC e per questo scopo tentò di "aprire" ad un'alleanza con la Lega Nord (poi disapprovata dal centro-sinistra italiano), e mosse in questa direzione politica alcuni significativi passi, ma non riuscì a convincere fino in fondo l'elettorato autonomista.  Nel 1997 fu sua la volontà di realizzare il progetto per edificare il ponte di Calatrava, il quale ha portato continue polemiche con la Corte dei conti nel corso degli anni.  Europarlamentare e consigliere regionale veneto Alle europee del 1999 si candida con la lista de I Democratici risultando eletto in due circoscrizioni: lui ha optato per quella nord-occidentale.  La sua sconfitta alle Regionali del 2000, quando fu candidato per la presidenza della regione Veneto, fece tramontare l'ipotesi che potesse diventare il futuro leader dell'Ulivo. Cacciari ottenne in quella tornata il 38,2% dei voti, uscendo sconfitto dal rappresentante della Casa delle Libertà Giancarlo Galan, che ricevette il 54,9% dei consensi. In quella tornata elettorale Cacciari ottenne un seggio da consigliere regionale: per questo si dimise, per incompatibilità, da europarlamentare.  Sindaco di Venezia (2005-) Nel 2005 annunciò l'intenzione di ricandidarsi per la seconda volta a sindaco di Venezia. I partiti di sinistra dell'Ulivo, avevano però, già raggiunto l'accordo per la candidatura unitaria del magistrato Felice Casson, ma Cacciari dichiarò di non voler rinunciare alla propria candidatura, anche a costo di spaccare l'unità della coalizione, come effettivamente avvenne, con Cacciari sostenuto da UDEUR Popolari e La Margherita e Casson appoggiato da tutti gli altri partiti del centrosinistra.  Al primo turno delle votazioni Casson ebbe il 37,7% dei voti, mentre Cacciari si fermò al 23,2%; sfruttando le divisioni presenti in maniera ancora più acuta nel centrodestra a Venezia, furono proprio i due rappresentanti del centro-sinistra ad andare al ballottaggio. A sorpresa Cacciari, seppur sostenuto da liste più deboli, riuscì a far leva sull'elettorato moderato e vinse la sfida con 1 341 voti di vantaggio sul suo competitore (50,5% contro 49,5%).  L'inattesa vittoria del politico-filosofo causò malumori all'interno della coalizione (Casson commentò il risultato esclamando: "Ha vinto Cacciari? Allora ha vinto la destra!") e una particolare situazione nel consiglio comunale veneziano: la Margherita, con il 13,4% di voti, ebbe diritto a ben 26 seggi, (mentre i DS, che ottennero il 21,2%, si dovettero accontentare di 6 seggi) e l'UDEUR, nonostante un modesto 1,4%, si accaparrò 2 seggi (a differenza di Rifondazione Comunista che con il 6,8% si aggiudicò un solo seggio).  Nel complesso, quindi, la coalizione Cacciari, con il 14,8% dei suffragi, ebbe diritto a 28 seggi, mentre il raggruppamento di Casson, con il 41%, risultò possessore di 9 seggi. Ciò consentì a Cacciari, iscritto alla Margherita, di cui era esponente di punta in Veneto, di poter governare la città con una solida maggioranza consiliare.  In occasione delle successive elezioni regionali del 2005, delle elezioni politiche del 2006 e delle amministrative del 2007 Cacciari mise in evidenza quella che egli chiamava la questione settentrionale.  Il 2 novembre 2009, anche deluso dall'evoluzione del Partito Democratico, annunciò l'abbandono della politica attiva dopo la conclusione del mandato di sindaco, avvenuta nell'aprile .  Abbastanza accesa la politica condotta dalla sua giunta contro gli ambulanti abusivi e molto contestate furono anche le ordinanze che, ai fini del decoro urbano, imponevano il divieto di vendere dei cibi da asporto presso la piazza San Marco, di girare a torso nudo, di sdraiarsi in terra ecc. Nel 2007 inoltre, con la creazione del festival di Roma da parte dell'allora sindaco Walter Veltroni, espresse disappunto nel caso in cui quello di Venezia ne fosse stato oscurato. Non pochi gli attriti con la Lega Nord in vista della sua intenzione di realizzare un campo Sinti, nella zona di Mestre. Celebre poi la campagna che favoriva l'uso dell'acqua pubblica in contrapposizione all'acquisto di quella in bottiglia. A lui si deve il restauro di Palazzo Grassi e di Punta della Dogana.  Il 23 luglio , a Mogliano Veneto, presentò il manifesto politico Verso Nord, un'Italia più vicina, diretto a chi non si riconosceva né nel PD, né nel PdL e voleva una politica per il Nord diversa da quella attuata dalla Lega. Il manifesto si è poi trasfuso in un partito politico chiamato appunto Verso Nord, nato ufficialmente il 12 ottobre .  Pensiero  Massimo Cacciari nel 1976 Nelle sue prime opere (Krisis, 1976, Pensiero negativo e razionalizzazione, 1977) Massimo Cacciari sviluppa la sua riflessione che, prendendo spunto da Friedrich Nietzsche, Ludwig Wittgenstein e Martin Heidegger, conferma «... la fine della razionalità classica e dialettica e l'emergere pieno, costruttivo, rifondativo e non distruttivo [...] del "pensiero negativo".»  Dall'analisi della cultura viennese e mitteleuropea, che si forma sullo sfondo dei grandi mutamenti del sistema capitalistico tra l'800 e il '900, Cacciari identifica una società reazionaria incapace di aprirsi alla modernità e improntata al nihilismo, punto d'arrivo del fallimento del pensiero dialettico della scuola hegeliano-marxista. In quest'ambito si origina il pensiero negativo (Negatives Denken) che ad iniziare da Schopenhauer sembra collegarsi all'irrazionalismo ma che in realtà è la conseguenza ultima della tradizione metafisica occidentale che pretendeva di superare ogni contraddizione e la negatività dell'esistenza stessa tramite quella libera volontà, coerentemente negata da Nietzsche e ancora presente invece nell'ascesi schopenhaueriana, come strumento per la liberazione dal dolore di vivere[25].  La crisi della metafisica occidentale è anche dimostrata dalla fiducia nella tecnica, presuntuosa esaltazione di quella ragione che invece rivela il sostanziale fallimento dei valori ultimi che dovrebbero guidare il progresso umano: « ...la tecnica realizza la direzione implicita della metafisica modernama nel realizzarla ne critica e liquida anche l'idea centrale [il fondamento originario]» che era la certezza dei valori. Da qui un'epoca caratterizzata dal nulla dei valori e dalla fine della filosofia ormai rivolta «tutta al passato, a prima della ratio»[26]  Con l'avvento del pensiero negativo finalmente ci si libera «da un ideale totalitario del sapere, per cui non si dipende più da un ordine naturale, fisso ed immutabile, di cui la ragione scopre le leggi, ma si interviene creativamente, dando ordine alle cose, in una molteplicità di saperi».[27]  Nelle sue ultime opere Cacciari intreccia la riflessione filosofica con quella teologica quasi risalendo ad una tradizione interpretativa platonica. Se ormai la filosofia si è specializzata e frantumata in una serie di campi specifici che cosa vorrà dire "pensare" al suo stesso inizio? Cacciari cerca la risposta in quella tradizione filosofico-teologica che pone il principio, l'"inizio" nella nozione di "Deus-Esse".[28]  Fin dal libro primo della sua opera filosofica, Dell’Inizio, Cacciari si colloca su un terreno complementare e diametralmente opposto a quello di Emanuele Severino: se il primo evidenzia la contingenza dell'originato, il secondo enfatizza l'unicità eterna dell'origine. Mentre per Cacciari l’originario è inizio a-logico, che conserva sempre inalterata la possibilità di non essere inizio di qualcosa che altro-da-sé, di negarsi come inizio e che quindi non esista originato alcuno, secondo Severino, invece, l’originario è la struttura logico-necessaria di significati il cui contenuto è tutto ciò che è, tale per cui non è mai potuto esistere, non è mai esistito e non potrà mai esistere alcun ente non originato da quell'unica totalità iniziale. Secondo Severino, la veracità di Dio e del Destino prevale sulla Sua onnipotenza, nel senso che è inevitabile e scontata in partenza la vittoria sul nemico, mentre è impossibile che Egli fugga davanti ad esso, finendo con il cadere nel nulla, il proprio contrario.[29]  Citazioni «Caro C., non possiamo proseguire la nostra via che attraverso lo straniero che ospitiamoe che chiamiamo 'nostro' Io. Questo è il vero volto dell'altro, del prossimo ineludibile, appiccicato a noi come un incubo! Hospes / hostis, necessariamente. 'Assicurarcelo' è impossibile.»  (Massimo Cacciari, Della cosa ultima, Adelphi, Mi, 2004, pag. 135) «Pietà afferra il poeta — pericolosissima pietà, sul limite estremo della misericordia inordinata.»  (Massimo Cacciari, "Della cosa ultima", Adelphi, Mi, 2004, pag. 251) Opere Introduzione di Massimo Cacciari a Georg Simmel, Saggi di estetica, Padova, 1970 Qualificazione e composizione di classe, in Contropiano n. 2, 1970 Ciclo chimico e lotte operaie, con S. Potenza, in Contropiano, n. 2, 1971 Dopo l'autunno caldo: ristrutturazione e analisi di classe, Marsilio, Padova, 1973 Pensiero negativo e razionalizzazione. Problemi e funzione della critica del sistema dialettico, 1973 Metropolis, Roma, Officina, 1973 Piano economico e composizione di classe, Feltrinelli, 1975 Lavoro, valorizzazione, cervello sociale, in Aut Aut, n. 145-146, Milano, 1975 Note intorno a «sull'uso capitalistico delle macchine» di Raniero Panzieri, in Aut Aut, n. 149-150, Milano, settembredicembre 1975 Oikos. Da Loos a Wittgenstein, con Francesco Amendolagine, Roma, 1975 Krisis, Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a Wittgenstein, Feltrinelli, 1976 (ottava edizione nel 1983) Pensiero negativo e razionalizzazione, Marsilio, Venezia, 1977 Il dispositivo Foucault, Venezia, Cluva, 1977 Dialettica e critica del politico. Saggio su Hegel, Feltrinelli, 1978 Walter Rathenau e il suo a mbiente, De Donato, 1979 Crucialità del tempo: saggi sulla concezione nietzscheana del tempo, et al, Liguori, 1980 Dallo Steinhof, Adelphi, 1980 (nuova edizione 2005) Adolf Loos e il suo angelo, Electa, 1981 Feuerbach contro Agostino d'Ippona, Adelphi, 1982 Il potere: saggi di filosofia sociale e politica, con G. Penzo, Roma, Città Nuova, 1985 Icone della legge, Adelphi, Milano, 1985 (nuova edizione 2002) Zeit ohne Kronos, Ritter Verlag, Klagenfurt, 1986 L'Angelo necessario, Adelphi, Milano, 1986 (nuova edizione 1992) Drama y duelo, Tecnos, Madrid, 1989 Le forme del fare, con Massimo Donà e Romano Gasparotti, Liguori, 1989 Dell'Inizio, Adelphi, 1990 (nuova edizione nel 2001) Dran, Méridiens de la décision dans la pensée contemporaine, Ediotions de L'Eclat, 1992 Architecture and Nihilism, Yale University Press, 1993 Desde Nietzsche: Tiempo, Arte, Politica, Biblios, Buenos Aires, 1994 Geofilosofia dell'Europa, Adelphi, Milano, 1994 (nuova edizione 2003) Großstadt, Baukunst, Nihilismus, Ritter, Klagenfurt, 1995 Migranten, Merve, Berlino, 1995 Introduzione a F. Bacone, Nuova Atlantide, Silvio Berlusconi Editore, Milano, 1995 L'Arcipelago, Adelphi, Milano, 1997 Emilio Vedova. Arbitrii luce, Catalogo della mostra, Skira, 1998 Arte, tragedia, tecnica, con Massimo Donà, Raffaello Cortina, 2000 El Dios que baila, Paidos, Buenos Aires, 2000 Duemilauno. Politica e futuro, Feltrinelli, Milano, 2001 Wohnen. Denken. Essays über Baukunst im Zeitalter der völligen Mobilmachung, Ritter Verlag, Klagenfurt und Wien, 2002 Della cosa ultima, Adelphi, Milano, 2004 La città, Pazzini, 2004 Il dolore dell'altro. Una lettura dell'Ecuba di Euripide e del libro di Giobbe, Saletta dell'Uva, 2004 Soledad acogedora. De Leopardi a Celan, Abada Editores, Madrid, 2004 Paraíso y naufragio. Musil y El hombre sin atributos, Abada Editores, Madrid, 2005 Magis Amicus Leopardi, Saletta dell'Uva, 2005 Maschere della tolleranza, Rizzoli, Milano, 2006 Introduzione a Max Weber, La politica come professione, La scienza come professione, Mondadori, Milano, 2006 Europa o Filosofia, Machado, Madrid, 2007 Tre icone, Adelphi, Milano, 2007 Anni decisivi, Saletta dell'Uva, Caserta, 2007 M. Cacciari-Mario Tronti, Teologia e politica al crocevia della storia, Milano, AlboVersorio, 2007,  978-88-975-5337-3. The Unpolitical. Essays on the Radical Critique of the Political Thought, Yale University Press, 2009 Hamletica, Milano, Adelphi, 2009,  978-88-459-2388-3. La città, Pazzini, 2009 Il dolore dell'altro. Una lettura dell'Ecuba di Euripide e del libro di Giobbe, Caserta, Saletta dell'Uva, ,  978-88-613-3035-1. M. Cacciari-Piero Coda, I comandamenti. Io sono il Signore Dio tuo, Bologna, Il Mulino, ,  978-88-151-3776-0. Enzo Bianchi-M. Cacciari, I comandamenti. Ama il prossimo tuo, Bologna, Il Mulino, ,  978-88-152-3377-6. Doppio ritratto. San Francesco in Dante e Giotto, Milano, Adelphi, ,  978-88-459-2672-3. Il potere che frena, Milano, Adelphi, ,  978-88-459-2765-2. Labirinto filosofico, Milano, Adelphi, ,  978-88-459-2876-5. Filologia e filosofia, Bologna, Bononia University Press, ,  978-88-692-3023-3. Re Lear. Padri, figli, eredi, Caserta, Saletta dell'Uva, ,  978-88-613-3082-5. M. Cacciari-Paolo Prodi, Occidente senza utopie, Bologna, Il Mulino, ,  978-88-152-6513-5. M. Cacciari-Bruno Forte, Dio nei doppi pensieri. Attualità di Italo Mancini, Brescia, Morcelliana, . Generare Dio, Bologna, Il Mulino, ,  978-88-152-7368-0. La mente inquieta. Saggio sull'Umanesimo, Torino, Einaudi, ,  978-88-062-4085-1. Ha preparato anche i testi per l'opera Prometeo. Tragedia dell'ascolto di Luigi Nono (1984-1985).  Elogio del diritto (insieme a Natalino Irti, con un saggio di Werner Wilhelm Jaeger, Milano ) Onorificenze Grand'Ufficiale dell'Ordine pro Merito Melitensi (SMOM)nastrino per uniforme ordinariaGrand'Ufficiale dell'Ordine pro Merito Melitensi (SMOM) — Venezia, 2 febbraio 2008[30] Laurea Honoris Causa in Architettura, conferita dall'Università degli Studi di Genova nel 2003[31]nastrino per uniforme ordinariaLaurea Honoris Causa in Architettura, conferita dall'Università degli Studi di Genova nel 2003[31] Laurea Honoris Causa in Scienze politiche, conferita dall'Università degli Studi di Bucarest nel 2007nastrino per uniforme ordinariaLaurea Honoris Causa in Scienze politiche, conferita dall'Università degli Studi di Bucarest nel 2007 Laurea Honoris Causa in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica, conferita dall'Alma Mater StudiorumBologna nel nastrino per uniforme ordinariaLaurea Honoris Causa in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica, conferita dall'Alma Mater StudiorumBologna nel  Premi e riconoscimenti 2005Medaglia d'oro del Círculo de Bellas Artes di Madrid 2007Uomo per la pace International Chair Jacques Derrida (Torino) Note  Enciclopedia Treccani alla voce coripsondente  Barbara Romano, i panni sporchi si lavano in casa MA IL CAV., sul piano del gusto, è UNA catastrofeCONTRO VERONICA: "Se io ho qualcosa da dire a mio marito gli scrivo privatamente""Evelina MANNA è un'amica""vengo SEMPRE paparazzato dA qualche testa di cazzo", in Dagospia, Libero, 5 maggio 2009. 21 giugno .  Camillo Langone, Cari italiani vi invidio, Roma, Fazi, ,  978-88-7625-253-2.  Giorgio Dell'Arti, Biografia di Massimo Cacciari, cinquantamila.it. 6 giugno  (archiviato il 19 luglio ).  Città di VeneziaSindaco, su comune.venezia.it.  l'8 marzo  10 febbraio ).  Cacciari Massimo, Università Vita-Salute San Raffaele. 21 giugno  1º agosto ).  vedi l'intervista "La predestinazione del male"  F. 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Restaino, Op.cit. ibidem e sgg  In Maurizio Pancaldi, Mario Trombino, Maurizio Villani, Atlante della filosofia, Hoepli editore, 2006 p.153  Giovanni Catapano, Coincidentia Oppositorum: Appunti sul pensiero di Massimo Cacciari a cura del Dipartimento di Filosofia, Padova  Cfr. Massimo Cacciari in EMSF, su emsf.rai.it. 18 aprile  24 luglio ).  Davide Grossi, La differenza tra il discorso filosofico di Severino e quello di Cacciari , in Lo SguardoRivista di Filosofia, II, n. 15, ,  166, 177,  2036-6558 (WC ACNP),  7179281251 (archiviato il 25 aprile ). Ospitato su archive.is.  Dal sito web del Sovrano Militare Ordine di Malta. Archiviato l'8 dicembre  in .  architettura.unige.it/inf/documenti03/cacciari/cacciari.htm "facoltà di architettura di genovaLaurea Honoris Causa a Massimo Cacciariaggiornato il 17 ottobre 2003" "La Facoltà di Architettura di Genova, il 15 ottobre u.s., ha conferito la laurea Honoris Causa a Massimo Cacciari. La motivazione della Facoltà sottolinea il contributo dato da Cacciari alla cultura architettonica internazionale nel corso di oltre un trentennio."  F. Dal Bo, L'utopia dell'angelo. Note a L'angelo necessario di M. Cacciari, in G. Bertagni (a cura), Architetture utopiche, «arcipelago», n. 5, 2000,  114–121. L. Tussi, La confusione dialogica Intervista con Massimo Cacciari Recensione di Geofilosofia dell'Europa, su ItaliaLibri Recensione di Hamletica, Andrea Fiamma Recensione di Il potere che frena, Andrea Fiamma Traduzione francese in versione integrale e gratuita di un libro inedito in italiano: Drân. Méridiens de la décision dans la pensée contemporaine (Drân. Meridiani della decisione nel pensiero contemporaneo) I. Bertoletti, Massimo Cacciari. Filosofia come a-teismo, Edizioni ETS, Pisa, 2008. D. Borso, Il giovane Cacciari, Mille lire stampa alternativa, Milano 1995. G. Cantarano, Immagini del nulla. La filosofia italiana contemporanea, Edizioni Bruno Mondadori, Milano, 1998. G. Catapano, Coincidentia oppositorum. Appunti sul pensiero di Massimo Cacciari, «Etica & Politica», III/2 (2001) G. Catapano, "Coincidentia oppositorum". Appunti sul pensiero di Massimo Cacciari, in Libertà, giustizia e bene in una società plurale, C. Vigna, Vita e Pensiero, Milano 2003,  475–495. J. León, “Ontología de crisis: Aion y dialéctica negativa en la crítica marxista italiana[collegamento interrotto]”, VI Congreso de la Sociedad Académica de Filosofía: Experiencia de la crisis, crisis de la experiencia. Universidad Carlos III de Madrid, 22-24 Mayo . N. Magliulo, Cacciari e Severino. Quaestiones disputatae, Mimesis, Milano-Udine, . N. Magliulo, La luce oscura. Invito al pensiero di Massimo Cacciari, Saletta Dell’Uva, Caserta, 2005. N. Magliulo, Un pensiero tragico. L’itinerario filosofico di Massimo Cacciari, Città Del Sole, Napoli, 2000. L. Mauceri, La hybris originaria. Massimo Cacciari ed Emanuele Severino, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Massimo Cacciari Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Massimo Cacciari  Massimo Cacciari, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Massimo Cacciari / Massimo Cacciari (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Massimo Cacciari, .  Massimo Cacciari, su europarl.europa.eu, Parlamento europeo.  Massimo Cacciari, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Massimo Cacciari, su Openpolis, Associazione Openpolis.  Registrazioni di Massimo Cacciari, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Cacciari: la necessità della libertà, su RAI Filosofia, su filosofia.rai.it.  PredecessoreSindaco di VeneziaSuccessoreVenezia-Stemma.svg Ugo Bergamo5 dicembre 199328 febbraio 2000Paolo CostaI Paolo Costa17 aprile 20058 aprile Giorgio OrsoniII V D M Vincitori del Premio Cesare Pavese Filosofia Politica  Politica Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1944 5 giugno VeneziaSindaci di VeneziaConsiglieri regionali del VenetoDeputati della VII legislatura della Repubblica ItalianaDeputati dell'VIII legislatura della Repubblica ItalianaDirettori di periodici italianiEuroparlamentari dell'Italia della V legislaturaFederalistiFondatori di riviste italianeMilitanti di Potere OperaioOpinionisti italianiPolitici de I DemocraticiPolitici della MargheritaPolitici del Partito Comunista ItalianoPolitici del Partito Democratico (Italia)Professori dell'Università IUAV di VeneziaStudenti dell'Università degli Studi di Padova. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Cacciari," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Cacciatore: Grice: “Cacciatore is a good one; my favourite are three: his ‘dallo storicismo allo storicismo,’ and his ‘metafisica dell’espressione’ – I never knew it had one! – and ‘la lancia di Odino,’ a Wagnerian study of Dilthey, his specialty! Speranza, on the other hand, and naturally, prefers Cacciatore’s ‘dialogo con Vico’.” Grice: “Cacciatore co-philosophised, like I with Strawson, and called the thing, genially, ‘a four-hand piece’! -- Giuseppe Cacciatore (Salerno), filosofo. Laureatosi in Filosofia presso l'Università degli studi di Roma"La Sapienza" nel 1968, ha collaborato nei primi anni settanta in qualità di assistente con Fulvio Tessitore nell'Salerno, dove ha anche avviato la sua carriera accademica. Dal 1981 è Ordinario di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Filosofia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, di cui tra il 1990 e il 1995 è stato anche Presidente del Corso di Laurea. Nel 1995, inoltre, diventa direttore del Centro di Studi Vichiani del CNR di Napoli. Dal 2001 al 2007 è stato direttore del dipartimento di filosofia "Antonio Aliotta" dell'Università federiciana. Ha tenuto numerose conferenze presso le Barcellona, Berlino, (Freie Universität Berlin e Humboldt Universität), Bochum, Brema, Brno, Bruxelles, Düsseldorf, Essen, Graz, Halle, Lipsia, Maracaibo, Monaco di iera, Parigi, Potsdam, Valencia, Varsavia, Città del Messico (UNAM e UIC). È vicepresidente del CdA e membro del comitato scientifico dell'Istituto di Studi Latinoamericani (ISLA) di Pagani, del quale è diventato direttore a partire dal 2007. Nel 2007 è stato nominato socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei. Dal  è presidente della Società Salernitana di Storia Patria Nel  è stato insignito del premio nazionale “Frascati Filosofia”. È stato Presidente della Società Italiana degli storici della filosofia dal  al . È dal  coordinatore del dottorato di ricerca in Scienze filosofiche dell'Napoli “Federico II”. A partire dal  è stato nominato rappresentante dell'Napoli “Federico II” nel comitato tecnico-scientifico del Consorzio universitario Civiltà del Mediterraneo.   Wilhelm Dilthey e il metodo delle scienze storico-sociali, Istituto di Filosofia dell'Salerno, Salerno, 1972. Scienza e filosofia in Dilthey, Voll. I e II, Napoli, Guida, 1976. Ragione e speranza nel marxismo. L'eredità di Ernst Bloch, Bari, Dedalo, 1979. La sinistra socialista nel dopoguerra, pref. di F. De Martino, Bari, Dedalo, 1979. Vita e forme della scienza storica. Saggi sulla storiografia di Dilthey, Napoli, Morano, 1985. Storicismo problematico e metodo critico, Napoli, Guida, 1993. La lancia di Odino. Teorie e metodi della scienza storica tra Ottocento e Novecento, Milano, Guerini e associati, 1994. La Quercia di Goethe. Note di viaggio dalla Germania, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1998. L'etica dello storicismo, Lecce, Milella, 2000. Metaphysik, Poesie und Geschichte. Über die Philosophie von Giambattista Vico, Akademie Verlag, Berlino, 2002. Giordano Bruno e noi. Momenti della sua fortuna tra 700 e 900, Edizioni Marte, Salerno, 2003. Cassirer interprete di Kant e altri saggi, Siciliano Editore, Messina, 2005. Filosofia pratica e filosofia civile nel pensiero di Benedetto Croce, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2005. Antonio Labriola in un altro secolo. Saggi, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2006. Saperi umani e consulenza filosofica, Meltemi Editore, Roma, 2007. L'infinito nella storia. Saggi su Vico, con una postfazione di V. Vitiello, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2009. Interculturalità, Tra etica e politica (in coll. con G. D'ANNA), Carocci, Roma, . Interculturalità. Religione e teologia politica (in coll. con R. DIANA), Guida, Napoli,  A quattro mani. Saggi di filosofia e storia della filosofia (in coll. con G. CANTILLO), M. Martirano Edizioni Marte, Salerno, . El búho y el cóndor. Ensayos en torno a la filosofía ispanoamericana, prólogo de Antonio Scocozza, epilogo edición y traducción de Maria Lida Mollo, Editorial Planeta Colombia, . La vocazione dell'arciere. Prospettive critiche sul pensiero di José Ortega y Gasset (in coll. con A. MASCOLO), Bergamo, Moretti&Vitali, . Sulla filosofia spagnola. Saggi e ricerche, Bologna, Il Mulino, . Problemi di filosofia della storia nell'età di Kant e di Hegel. Filologia, critica, storia civile, Presentazione di F. Lomonaco, Aracne, Roma, . G.Cacciatore-G. D'Anna-R. Diana , Mente, Corpo, Filosofia pratica, Interculturalità, Mimesis, Milano-Udine, , G. Cacciatore-A.Giugliano, Dimensioni filosofiche e storiche dell'interculturalità, Mimesis, Milano,  Dallo storicismo allo storicismo, Introduzione di F. Tessitore, G. Ciriello, G. D'Anna, A. Giugliano, ETS, Pisa, . In dialogo con Vico. Ricerche, note, discussioni, M. Sanna, R. Diana e A. Mascolo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Giuseppe Cacciatore  Accademia Nazionale dei Lincei, su lincei.it. Centro di Studi Vichiani, su csv.cnr.it. 30 settembre 2008 14 dicembre 2008). Istituto di Studi LatinoAmericani di Pagani, su isla.it.Filosofia Università  Università Filosofo Professore1945 2 dicembre Salerno

 

cæteris  paribus: Strawson and Wiggins: that the principle holds ceteris paribus is a necessary condition for the very existence of the activity in question. Central. Grice technically directs his attenetion to this in his “Method”. There, he tries to introduce “WILLING” as a predicate, i.e. a theoretical concept which is implicitly defined by the LAW in a THEORY that it occurs. This theory is ‘psychology,’ but understood as a ‘folk science.’ So the conditionals are ‘ceteris paribus.’ Schiffer and Cartwright were aware of this. Especially Cartwright who attended seminars on this with Grice on ‘as if.’ Schiffer was well aware of the topic via Loar and others. Griceians who were trying to come up with a theory of content without relying on semantic stuff would involve ‘caeteris paribus’ ‘laws.’ Grice in discussion with Davidson comes to the same conclusion, hence his “A T C,’ all things considered and prima facie. H. L. A. Hart, with his concept of ‘defeasibility’ relates. Vide Baker. And obviously those who regard ‘implicaturum’ as nonmonotonic. Caeteris paribus -- Levinon “generalised implicaturum as by default” default logic, a formal system for reasoning with defaults, developed by Raymond Reiter in 0. Reiter’s defaults have the form ‘P:MQ1 , . . . , MQn/R’, read ‘If P is believed and Q1 . . . Qn are consistent with one’s beliefs, then R may be believed’. Whether a proposition is consistent with one’s beliefs depends on what defaults have already been applied. Given the defaults P:MQ/Q and R:M-Q/-Q, and the facts P and R, applying the first default yields Q while applying the second default yields -Q. So applying either default blocks the other. Consequently, a default theory may have several default extensions. Normal defaults having the form P:MQ/Q, useful for representing simple cases of nonmonotonic reasoning, are inadequate for more complex cases. Reiter produces a reasonably clean proof theory for normal default theories and proves that every normal default theory has an extension. 

 

Caffarelli: Grice: “You’ve gotta love Caffarelli; he philosophised on all that I’m interested in, notably “il bello,” whih he relates to art, communication, love – and the rest of it!” -- Lamberto Caffarelli (Faenza), filosofo. Di ispirazione antroposofica. Figlio di Colombo Caffarelli e di Edvige Regoli, fu una figura singolare nel panorama culturale faentino della prima metà del Novecento. Dal 1891 al 1896 fu alunno del il seminario diocesano e successivamente frequentò la Scuola di musica di Faenza ed il Liceo musicale di Bologna, dove conseguì, nel 1902, il diploma di maestro in composizione.  Fu direttore della Scuola di musica dal 1921 al 1925 e autore dei poemi scenici "Galeotus" (1920) e "Kisa Gotami" (1919).  Gli anni tra la fine del secolo e lo scoppio del primo conflitto mondiale furono, per Caffarelli, un periodo di intensa e tormentata ricerca interiore, caratterizzata dall'allontanamento dalle credenze religiose tradizionali; gli esiti mistico-esoterici della sua ricerca accentuarono progressivamente il suo isolamento e la sua solitudine. In ambito locale ebbe stretti rapporti con i cattolici "autonomisti" della Lega democratica nazionale murriana e postmurriana, collaborando a diverse iniziative pubblicistiche quali l'«Azione» di Giuseppe Donati ed Eligio Cacciaguerra, la «Rivista bibliografica», «La Rivolta ideale».  A 33 anni partecipa al concorso della Casa Sonzogno di Milano per opere liriche da far rappresentare Teatro alla Scala con un lavoro dal titolo Galeotus, " poema scenico in 4 azioni per la musica", grazie al quale acquisì una discreta fama presso il panorama musicale italiano  Nel corso degli anni venti si avvicina agli ideali antroposofici di Rudolf Steiner, diventando uno dei primi e principali esponenti di questa corrente in Italia. La sua piena adesione alla dottrina steineriana trovò espressione ne "L'arte nel mondo spirituale" (1925), vero e proprio manifesto di un'estetica antroposofica. Di analoga ispirazione furono il poema musicale "Adonie" (1930) e il dramma "Ikhunaton" (1933)  Molto attento alle rinnovazioni culturali della sua epoca, collaborò con il compositore futurista Francesco Balilla Pratella, e partecipò alle attività del cosiddetto Cenacolo Baccarini dove conobbe anche Dino Campana. Attivo non solo come compositore, ma anche come organista, fra il 1900 e il 1921 fu organista presso la cattedrale di Faenza. Oltre alla sua attività musicale si segnalano anche traduzioni dal tedesco e saggi filosofici. Volle donare il suo archivio e la sua biblioteca alla Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza che li conserva tuttora.  Archivio Il Comune di Faenza acquisì il fondo nel 1963, in seguito alla morte di Caffarelli, il qualeprivo di erediin vita aveva già espresso la volontà di donare le sue carte e i suoi libri alla Biblioteca comunale. La loro acquisizione completa avvenne anche grazie alla volontà dell'avvocato Domenico Silvestrini (1898-1974), presidente dell'associazione faentina Amici dell'arte. Testimonianze coeve parlano di "una decina fra bauli e casse pieni di manoscritti che si trovano in un disordine impressionante". A tale donazione si aggiunse anche il pianoforte utilizzato da Caffarelli, tuttora conservato presso la biblioteca.  Pensiero Partendo dal pensiero musicale antroposofico proclamato da Steiner, sviluppa un personale sistema armonico collegato con alcune istanze della filosofia antroposofica, comprendente la tavolozza dei dodici suoni della scala cromatica e che egli chiama sistema dodecamorfo, secondo il quale la musica deve divenire immagine e manifestazione visibile traendo le sue fonti in una sfera spirituale. Così egli afferma nel saggio L'arte nel mondo spirituale, pubblicato nel 1925: «La musica non sarà più una esteriore costruzione di piacevoli temi, ma intrecci di suoni-forze, rapporti di suoni-forme, ricami di suoni-movimenti-archetipi. Tenderà a crear forme espansive, delle quali il nucleo germinale è suono archetipo.»  Così prosegue nel suo Saggio sull'Armonia sintetica: «In questo senso è possibile considerare il ciclo eptafonico accordale come il generatore del susseguente ciclo ultraeptafonico, precisamente come la gamma eptafonica diatonica genera il ciclo cromatico, e perché l'analogia sia piena, come la gamma diatonica di sette suoni ne genera altri cinque cromatici, così il ciclo eptafonico accordale genera altri cinque accordi ultraeptafonici e cromatici, che sono la sua completa espansione materiale. [...] L'accostamento che noi facciamo di queste profonde parole al mondo armonico non è arbitrario e fantastico, ma implicito nella natura stessa delle cose. E di nuova purissima luce illumina il mondo armonico, e svela così nuovi rapporti e nuove possibilità, che il mondo dei suoni ci appare essere un Sistema, come un Universo di Suoni, che nella generazione e nella vita rispecchia fedelmente le leggi cosmiche e le manifesta come Vita Sonora.»  Opere (selezione) Musica Messa in Mib per cori virili a tre voci ed organo (1910 ca.) Galeotus (1913–1920) Silfo: commento musicale per orchestra al poemetto in prosa di Arturo Onofri (1929) Le anime orfane: canto per violoncello e pianoforte (1930) Triodia seconda (1933) Saggi L' arte nel mondo spirituale: tre saggi come introduzione a una conoscenza spirituale-cosmica dell'arte (Montanari, Faenza, 1925; ried. Il Capitello del Sole, Bologna, , con una Introduzione di Alessandro Sbardelli e il saggio introduttivo "Lamberto Caffarelli. Una prospettiva di arte e di vita come ricerca spirituale" di Giuseppe Fagnocchi) Saggio sull'Armonia Sintetica (Doppia generazione delle armonie) (s.d.) Studi sull'Armonia. L'armonia come espressione vocale e strumentale, tra il 1910 ed il 1930 (manoscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza) Disegno storico sulla evoluzione della Sonata (s.d.) Il segreto spirituale di Boito, tra il 1910 ed il 1930 (manoscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza) Da Wagner a Debussy tra il 1920 ed il 1930 (manoscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza) Rudolf Steiner e gli orizzonti esoterici dell'arte, (dattiloscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza) Beethoven e la Gioia (in "I nostri quaderni", Carabba, Lanciano, 1927) Opere letterarie Prose e poesie inedite, Giovanni Cattani, Lega, Faenza, 1982 Note  Caffarelli Lamberto, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 10 settembre .  Spada, Domenico, All'egregio maestro Lamberto Caffarelli che il giorno 19 maggio 1902 veniva laureato in musica nel Liceo Rossini di Bologna alcuni amici oo. Le armonie dell'universo / canonico prof. don Domenico Spada, Faenza, tipolitografia Montanari,, [1902].  Caffarelli, Lamberto, Galeotus : poema scenico in 4 azioni per la musica / di Lamberto Caffarelli ; ornato dalle xilografie di G. Malmerendi, Faenza, Lega, stampa 1920.  Gianfranco De Turris, Esoterismo e fascismo: storia, interpretazioni, documenti, Edizioni Mediterranee, 2006,  978-88-272-1831-0. 10 settembre .  CESNUR. Center for Studies on New Religions, su cesnur.org. 10 settembre .  Roberto Zanetti, La musica italiana nel Novecento, Bramante, 1985. 10 settembre .  Ennio Grassi, Romagna futurista, Maggioli, 1986. 10 settembre .  Silvia Fanti, «Il Fondo Caffarelli della Biblioteca Manfrediana». In: Giuseppe Fagnocchi , Lamberto Caffarelli, poeta pensatore musicista faentino, Faenza, Mobydick, .,  367 e segg.  Fondo Caffarelli Lamberto, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 10 settembre .  Documento per la commemorazione dei 50 anni dalla scomparsa del Caffarelli, Giuseppe FagnocchiPro Loco Faenza   faentina. Fondi, Caffarelli Lamberto, su manfrediana.comune.faenza.ra.it.  M. Beraldo, Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in Esoterismo e Fascismo. Storia, interpretazioni, documenti, Gianfranco de Turris, Edizioni Mediterranee, Roma 2006 A. Casanova, Lamberto Caffarelli, vita, catalogo delle opere, scritti, , Stab. Grafico F.lli Lega, Faenza 1964 Giovanni Cattani, Lamberto Caffarelli e i suoi inediti, in “Torricelliana”, n.25, 1974 Giuseppe Fagnocchi , Lamberto Caffarelli, poeta pensatore musicista faentino, Mobydick, Faenza .  9788881785087 E. Golfieri, Lamberto Caffarelli. Un enigma esistenziale, in “Torricelliana”, bollettino della Società torricelliana di scienze e letteratura, n.41, Faenza 1990 E. Grassi, Romagna Futurista, Maggioli 1986 R. Savini, I faentini dello stradario, Faenza 1986  Lamberto Caffarelli, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Lamberto Caffarelli, .  (DE) Notizie su goetheanum.org , su goetheanum.org.  faentina, Fondo Lamberto Caffarelli Composizioni musicali di Lamberto Caffarelli su Scoprirete, Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino V D M Antroposofia 4089190 I0000 0000 3977 9278 90624900  1044269197  Identitieslccn-n90624900 Biografie  Biografie Musica  Musica Categorie: Compositori italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloPoeti italiani Professore1880 1963 6 agosto 13 marzo Faenza FaenzaAntroposofi italiani

 

Caffi: Grice: “I like Caffi; like me, he is a pragmatist; therefore it’s all about ‘homo faber,’ never ‘sapiens,’ the cooperation makes the ego – l’altro makes the io – ‘individuo e societa’ – he has also explored myth, and was friend with the Riviera author Albert Camus!” -- Andrea Caffi (San Pietroburgo) filosofo.  Intellettuale poliedrico e ribelle, fu sodale di figure di primo piano del panorama del Novecento europeo, quali Albert Camus, Carlo Rosselli e Nicola Chiaromonte. Nacque a San Pietroburgo, in una famiglia italiana: il padre, Giovanni Caffi, era emigrato da Belluno in Russia, dove lavorava come costumista ai Teatri Imperiali; la madre, Emilia Carlini, è una figura di cui i biografi non sono riusciti a ricostruire con precisione le origini, ma si ipotizza che fosse nata in Francia da emigrati italiani.  Già da adolescente, liceale alla scuola Internazionale di San Pietroburgo, Andrea Caffi si avvicinò alle idee socialiste e al movimento operaio. In questo periodo giovanile affiancò agli studi e al confronto dialettico l'esperienza diretta che gli fece conoscere da vicino le condizioni di sfruttamento dei lavoratori e dei contadini nella Russia zarista. Partecipò alla Rivoluzione russa del 1905, che esplose proprio nella sua città, fu arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Uscirà di galera con un anno di anticipo, grazie all'intercessione delle autorità consolari italiane, e prenderà la via dell'esilio in Germania. Trascorsi alcuni anni a Berlino, dove svolse anche studi universitari in filosofia, si trasferì a Firenze e poi a Parigi, in un contesto internazionale che di lì a poco sarebbe stato segnato dall'esplosione della Prima guerra mondiale, vista da Caffi come uno scontro fra potenze portatrici di idee progressiste e il conservatorismo dell'area germanica. Dapprima volontario nell'esercito francese e poi arruolato in quello italiano, rimase ferito due volte, la seconda proprio sul fronte dolomitico bellunese, nella zona da cui proveniva suo padre, e infine fu assegnato al servizio di comunicazione e propaganda.  Dopo la guerra, mentre allacciava relazioni nel mondo culturale italiano, decise di tornare in Russia dove collaborò con i suoi vecchi compagni socialisti libertari dei quali condivideva anche la condanna indirizzata ai metodi bolscevichi, ritenuti autoritari e violenti. In seguito a questa attività politica critica nei riguardi della Rivoluzione d'ottobre, Caffi fu arrestato: dopo le carceri zariste conobbe dunque quelle leniniste. Uscito di prigione, rimase un altro periodo a Mosca, prima di rientrare in Italia, nel 1923, dove collaborò con alcune riviste dell'area socialista. Nel 1926 il degenerare della situazione politica, con l'imporsi della dittatura fascista, costrinse Caffi a fuggire in Francia, a Versailles e poi a Parigi dove si guadagnò umilmente da vivere prevalentemente lavorando come traduttore e redattore per alcune case editrici. In questo periodo intensificò i rapporti con l'antifascismo in esilio avvicinandosi in particolare al gruppo di Giustizia e Libertà, con il quale peraltro entrò rapidamente in conflitto contestandone la prassi politica. Caffi aveva via via consolidato una visione marcatamente pacifista e nonviolenta, professando un'idea di democrazia socialista e libertaria nella quale i mezzi non possono contrastare con i fini (da qui la condanna dell'autoritarismo sovietico e del fallimento sostanziale della democrazia occidentale). Nel 1940 si trasferì a Tolosa dove fu tra gli animatori della resistenza antinazista, in stretto collegamento con le comunità di emigrati e esiliati italiani.  Nel 1948 tornò a Parigi, dove lavorò per le edizioni Gallimard e fu come sempre una figura attiva nel dibattito politico e intellettuale dell'epoca.  Fu sepolto presso il Cimitero del Père-Lachaise a Parigi.  Pensiero Il suo attivismo ne segnò l'intera esistenza da cosmopolita, sotto forma di dialoghi conviviali, di lettere e articoli sulla stampa, di rapporti epistolari.  Si formò "non tanto sulla lettura dei classici, quanto dal contatto diretto con i problemi delle classi subalterne e dalla fascinazione giovanile esercitata dalle tendenze nichiliste di cui era permeata una certa intelligencija russa. Risultò inoltre fondamentale per la formazione del pensiero politico il sentimento di “filia” verso il genere umano, e come su questo concetto di naturale empatia che lega le esistenze umane Caffi puntasse per un definitivo superamento dello Stato e delle sue logiche gerarchiche e di dominio".  Nel suo intenso girovagare per l'Europa, nella sua attenzione all'attualità sociale e politica e nel tempo dedicato alle relazioni interpersonali risiede probabilmente la spiegazione della scarsa produzione letteraria lasciata da Caffi, il cui pensiero è più facilmente deducibile dalla mole di articoli in riviste e di corrispondenza con altri intellettuali che non da grandi opere scritte in modo strutturato.  Opere Critica della violenza, con prefazione di Nicola Chiaromonte, Bompiani, Milano, 1966 (nuova edizione con prefazione di Nicola Chiaromonte e postfazione di Alberto Castelli, Roma, Castelvecchi, ). Critica della violenza, con prefazione di Nicola Chiaromonte, e/o, Roma, 1995 Appunti su Mazzini, in A. Castelli , L'Unità d'Italia. Pro e contro il Risorgimento, edizioni e/o, Roma, 1997 (seconda edizione Roma, e/o, ) Note  Nicola Del Corno, Il socievole eremita, Mondoperaio, 10/: "aveva iniziato a scrivere di politica su riviste antifasciste, e più precisamente sul Quarto Stato di Carlo Rosselli e di Pietro Nenni, e su Volontà di Roberto Marvasi e Vincenzo Torraca. Su questa rivista pubblicò le famose Cronache di dieci giornate a proposito dell'assassinio di Matteotti".  Nicola Del Corno, Il socievole eremita, Mondoperaio, 10/47.  Gino Bianco, Scritti politici di Andrea Caffi, Firenze, La Nuova Italia, 1970 Gino Bianco, Un socialista "irregolare": Andrea Caffi intellettuale e politico d'avanguardia, Cosenza, Edistampa Lerici, 1977.  88-87280-18-5 Lamberto Borghi, Società e nonviolenza nel pensiero di Andrea Caffi, in «Linea d'ombra», n. 93, 1994 Giampiero Landi , Andrea Caffi: un socialista libertario : atti del convegno di Bologna, 7 novembre 1993 / G. Armani ... [et al.] ; introduzione di Gino Bianco, Pisa, BFS, 1996. Alberto Castelli, Andrea Caffi e la rivoluzione delle coscienze, in Eretici e dissidenti. Nuovi protagonisti del XIX e XX secolo tra politica e cultura, G. Angelini e A. Colombo, Milano, Franco Angeli, 2006. Alberto Castelli, Socievolezza e amicizia nel pensiero di Andrea Caffi, in De amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, G. Angelini e M. Tesoro, Milano, Franco Angeli, 2007,  172–181. Marco Bresciani, La rivoluzione perduta : Andrea Caffi nell'Europa del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2009. Alberto Castelli, Andrea Caffi. Socialismo e critica della violenza, in L'altro Novecento. Comunismo eretico e pensiero critico, P.P. Poggio, Milano, Jaca Book, ,  393–408. Alberto Castelli , H. Arendt, A. CaffiGoodman, D. Macdonald, "politics" e il nuovo socialismo. Per una critica radicale del marxismo, Genova-Milano, Marietti 1820, . Marco Bresciani ,Cosa sperare? Il carteggio tra Andrea Caffi e Nicola Chiaromonte: un dialogo sulla rivoluzione (1932-1955), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, .  Andrea Caffi sezione biografica nel sito della rivista Una città. Fondo Andrea Caffi, Biblioteca Gino Bianco Andrea Caffi, Quaderni di appunti digitalizzati dalla Biblioteca Gino Bianco. Filosofia Politica  Politica Filosofo del XX secoloPolitici italiani del XX secoloGiornalisti italiani Professore1887 1955 1º maggio 22 luglio San Pietroburgo ParigiAntifascisti italiani

 

Caffo Grice: “I love Caffo; he has philosophised on most things *I* did! My favourite has to be his ‘bestiary’: “A is for ‘Animal’” – and that’s all the bestiary we need! He has also explored ‘altruism,’ and is in general concerned with a conceptual analysis of my basic key expressions: ‘communicazione’ (‘l’origine della communicazione umana’), ‘logica e linguaggio’ (one of the five questions of philosophy, for him), etc. – He has dialogued with syntacticians, as I did, when I met Chomsky!” --   Grice: “Caffo is a Griceian in the sense that he considers, like I do, there is a continuum between non-human animal and human animal – indeed, he is so into this, that he calls his ism ‘animalism,’ which I suppose is o-kay; perhaps we would differ on the implicatura of the term: which seems to be that ‘umano’ is JUST ‘animale’ --  Urmson and Hare loved to play witht his: “There is an animal in the backyard.” “I don’t see it.” “You won’t – it’s a bacteria.” “There is an animal in the backyard.” “I don’t see it.” “It’s Aunt Lucy.”” Leonardo Caffo (Catania), filosofo..  Si è laureato in filosofia alla Università degli Studi di Milano e ha conseguito il dottorato, sempre in Filosofia, presso l’Università degli Studi di Torino dove, sotto la guida di Maurizio Ferraris, ha poi anche lavorato al Laboratorio di Ontologia diretto da Tiziana Andina. È noto soprattutto per le sue teoria sugli Animal Studies, il postumano contemporaneo, e l’antispecismo (“debole” nella sua versione), per cui è stato anche criticato da alcuni media. Ne La vita di ogni giorno (edito da Einaudi nel ) si è invece occupato di filosofia in senso più ampio e divulgativo proponendo una "alternativa filosofia". In Fragile umanità. Il postumano contemporaneo (Einaudi, ), "si interroga su quale possa essere il nuovo paradigma di vita destinato a sostituire l'Homo Sapiens". Dal  insegna Ontologia presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino; insegna anche alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, alla Scuola Holden e al Made Program della Accademia di Belle Arti Rosario Gagliardi a Siracusa. È collaboratore de La Lettura, scrive saltuariamente anche sulle pagine culturali de La Sicilia, L'Espresso, il manifesto e il Corriere della Sera. Ha un blog su The Huffington Post. Dirige la rivista Animot: l’altra filosofia ed è opinionista di varie trasmissioni televisive, come Tagadà o Porta a Porta.  Per le sue posizioni antispeciste, interviene spesso su reti televisive e radiofoniche italiane e straniere, oltre che in festival culturali. La sua teoria dell'antispecismo debole è dibattuta nella stampa specializzata. Ha pubblicato le sue ricerche su riviste filosofiche quali The Monist, Journal of Animal Ethics, Domus, Rivista di Estetica. È stato definito da Maurizio Ferraris «il più promettente, versatile e originale tra i giovani filosofi italiani». A Milano ha co-fondato il caffè letterario Walden. Nel  è entrato a far parte, appoggiandone il progetto, nell'Advisory Panel italiano di Diem25. Nel febbraio , conduce assieme a Margherita D'Amico un programma radiofonico su Rai Radio 3, intitolato "L'umanità e altri animali". Ha partecipato come speaker alla edizione  del FestivalFilosofia di Modena con una lectio sull'antropocentrismo e le "persone non umane". È co-curatore del Public Program  della Triennale di Milano. Opere Soltanto per loro, Roma, Aracne, ,  978-88-548-4510-7. Azioni e natura umana, Rimini, Fara, ,  9788897441069. La possibilità di cambiare, Milano-Udine, Mimesis, ,  978-88-575-1108-5. Flatus Vocis, Novalogos, Aprilia, ,  978-88-9733-907-6. Adesso l'animalità, Perugia, Graphe.it, ,  978-88-97010-45-6. Il maiale non fa la rivoluzione, Casale Monferrato, Sonda, ,  978-88-7106-701-8. Margini dell’umanità, illustrazioni di Tiziana Pers, Milano-Udine, Mimesis, ,  978-88-575-2137-4. Il bosco interiore, Casale Monferrato, Sonda, ,  978-88-7106-767-4. Del destino umano. Nietzsche e i quattro errori dell'umanità, Prato, Piano B, ,  978-88-99271-80-0. La vita di ogni giorno, Torino, Einaudi, ,  978-88-06-23129-3. Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo, Torino, Einaudi, ,  978-88-06231-11-8. "28 anni. O della filosofia giovanile", in H. D. Thoreau, La Disobbedienza Civile, Einaudi, Torino ,  97888806236861,  V-XIII. Vegan. Un manifesto filosofico, Torino, Einaudi, ,  9788806235628. Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale, Milano, Mondadori, ,  9788804723226. Dopo il COVID 19. Punti per una discussione, Milano, Nottetempo, ,  9788874528394. Quattro Capanne. O della semplicità, Milano, Nottetempo, ,  9788874528066. In collaborazione con altri Leonardo Caffo e Valentina Sonzogni, Un'arte per l'altro. L'animale nella filosofia e nell'arte, Firenze, goWare, ,  9788867971244. Edizione cartacea: Graphe.it, Perugia  978-88-97010-61-6;An Art for the Other. Animals in Art and Philosophy, Lantern Books, New York  978-15-9056-489-9;  Un art pour l’autre. L’animal dans la philosophie et dans l’art, Harmattan, Parigi  978-2-336-30725-1) Leonardo Caffo e Luca Taddio , Radicalmente liberi: A partire da Marco Pannella, Milano-Udine, Mimesis, ,  978-88-5752-325-5 Leonardo Caffo e Roberto Marchesini, Così parlò il postumano, a cura di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos, ,  978-88-97339-31-1. Leonardo Caffo e Felice Cimatti , A come Animale, Milano, Bompiani, ,  978-88-452-7857-0. Leonardo Caffo e Melanie Joy, Manifesto per gli animali, Roma-Bari, Laterza, ,  9788858133538. Leonardo Caffo e Azzurra Muzzonigro, Costruire Futuri. Migrazioni, città, immaginazioni, Milano, Bompiani, ,  978-88-45295-78-2 Leonardo Caffo e Valentina Sonzogni, A partire da Tiziano Terzani, con prefazione di Angela Terzani, Pordenone, Safarà, ,  9788897561859. Leonardo Caffo e Franco La Cecla, Intromettersi, Elèuthera, Milano, ,  9788833020747. Premi Premio Nazionale Frascati Filosofia:  (miglior esordiente) NoteLeonardo Caffo, su Laboratorio di Ontologia, Dipartimento di Filosofia dell'Università degli Studi di Torino. 7 febbraio .  Elena Tabano parla del postumano contemporaneo di Caffo sul Corriere della Sera (JPG), su waitingposthuman.files.wordpress.com.  Maurizio Crippa, I vegani non sono hooligans, sono i temibili filosofi anti-umani del futuro, in Il Foglio, 12 aprile . 7 febbraio .  La fantafilosofia di Leonardo Caffo vuole togliere all'uomo ciò che lo rende tale | il Foglio, su ilfoglio.it.  Daniela Monti, L’ecologia vale più della metafisica. Ecco il nuovo orizzonte filosofico, in Corriere della Sera, 30 agosto . 7 febbraio .  Leonardo Caffo, info, su einaudi.it.  Disperanza, in bilico tra disperazione e speranza, su treccani.it.  didattica.polito.it/pls/portal30/sviluppo.scheda_pers_swas.show?m=44213 //madeprogram.it/#about  Leonardo Caffo, The Huffington Post. 7 febbraio .  Tagadà: Puntata del 25 ottobre , 25 ottobre . 7 febbraio .  bit.ly/pasquavegan  Quante storie, su raiplay.it.  Leonardo Caffo al microfono di Andrea Fazioli, su rsi.ch.  TG5, su mediasetplay.mediaset.it.  Festival for the Earth, su festivalfortheearth.com.  Leonardo Caffo, su festivaletteratura.it.  Rassegna stampa Antispecismo debole, su gallinaeinfabula.com.  Rai Cultura Filosofia,//filosofia.rai.it/articoli/caffo-il-maiale-non-fa-la-rivoluzione/22120/default.aspx. 2 marzo .  Nasce a Milano il bistrot letterario Walden | Artribune, su artribune.com.  L'umanità e altri animali, su raiplayradio.it.  Public Program , su triennale.org.  Premio Nazionale Frascati FilosofiaAlbo d'oro, Premio Nazionale Frascati. 7 febbraio .  Antispecismo Felice Cimatti Postumanesimo Peter Singer Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Leonardo Caffo  Sito ufficiale, su leonardocaffo.org.  completa, su sites.google.com. Leonardo Caffo: superare l'antropocentrismo, su raiscuola.rai.it. Leonardo Caffo e il mondo animale, su raiplay.it. Leonardo Caffo: A come animale, su raicultura.it. Filosofia Filosofo del XXI secoloSaggisti italiani Professore1988 22 novembre CataniaAccademici italiani del XXI secoloDirettori di periodici italianiProfessori del Politecnico di TorinoSostenitori del vegetarianismoStudenti dell'Università degli Studi di MilanoStudenti dell'Università degli Studi di Torino

 

 

Calboli Grice: “I like Calboli – he philosophised on much the same subjects I did – colour words (‘that tie seems/is light blue’) – the philosophy of perception, and parabola, i.e. expression. If I use ‘utterance’ broadly so does Calboli with his ‘parabola.’ One big difference is that he is a nobleman, who owned a castle that he ceded to Firenze – I did not!” --  Francesco Paulucci di Calboli   Exercitatio philosophica, 1771 Francesco Giuseppe Paulucci di Calboli (...XVIII secolo) filosofo italiano.  Opere Francesco Paulucci di Calboli, Exercitatio philosophica, Romae, Giovanni Zempel, 1771. Filosofia Filosofo ProfessoreXVIII secolo

 

Calderoni: Grice:”Calderoni knew everything – he corresponded with Lady Viola, as I didn’t – and he pleased the lady, because the lady knew that Calderoni was using all the right words – none of the heathen ‘mean,’ but all about ‘segno’ and ‘segnare’ and ‘intenso,’ – It is drawing from the Calderoni tradition that I arrive at the meaning-as-intention paradigm I’m identified with! And note that sous-entendue is Millian for implicatura!” -- Grice: “Calderoni is a genius; he is, like me, a verificationist – I mean, read my ‘Negation’: the two examples I give relate to sense data: “I’m not hearing a noise,’ and ‘That is not red.’ Calderoni tries the SAME! He founded a verificationist (or ‘pragmatist’ club at Firenze), and he corresponded with Peirce when I only decades later,  tutored my tutees on him!” --  Grice: “Calderoni is serious about truth-conditivions having to be understaood as ‘assertability’ conditions – and these assertability conditions providing much of the ‘sense;’ admittedly, he uses ‘sense’ more loosely than I do – but on the good side, he uses ‘nonsense’ in a tigher way than I do!” Mario Calderoni (Ferrara) filosofo. Fu un teorico del diritto italiano (pragmatismo analitico italiano).  Mario Calderoni nasce a Ferrara nel 1879. Fino alle scuole secondarie studia a Firenze e si laurea nel 1901 in Diritto, all'Pisa, con la tesi I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale; collabora alle riviste Il Regno e Leonardo, su cui scrive una serie di articoli, in autonomia o in collaborazione col maestro Giovanni Vailati. Presenta comunicazioni in diversi Congressi internazionali: Monaco (1896), Parigi (1900) e Ginevra (1904); mantiene contatti e scambi culturali con intellettuali di notorietà mondiale: D. Halévy, Boutroux, Russell, Couturat, Brentano, Ferrari, Pikler, Mosca, Pareto, Croce, Juvalta, C.S. Peirce e molti altri. Nel 1906 scrive il volumetto Disarmonie economiche e disarmonie morali; successivamente, nel 1909, ottiene una libera docenza in Filosofia Morale all'Bologna, dove con l'anno accademico 1912/13 tiene un corso sul pragmatismo dal titolo Teoria Generale dei valori. Tra il 1909 ed il 1910 scrivein collaborazione con Giovanni Vailati- il volume Il Pragmatismo, raccolta di tre articoli introdotti nella Rivista di Psicologia applicata (Le origini e l'idea fondamentale del Pragmatismo; Il Pragmatismo ed i vari modi di non dir niente; L'arbitrario nel funzionamento della vita psichica), che uscirà nel 1918. Morto il maestro Vailati nel 1909, col 1914 Calderoni, trascorsa l'estate a Rimini a curare i sintomi d'una bruttissima depressione, ritorna a Firenze, dove inizia nuovamente il corso universitario su Teoria Generale dei valori all'Istituto di Studi Superiori, senza riuscire a terminarlo, dal momento che, a causa di un aggravamento repentino dell'esaurimento mentale, abbandona la docenza. Muore a soli 35 anni in una casa di salute ad Imola, il 14 dicembre del 1914.  Posizioni filosofiche Mario Calderoni mette sotto analisi e in correlazione senso comune e scienza attraverso lo strumento meta-discorsivo della filosofia, intendendo costruire conoscenza e scienza coi mattoni della teoria della mente, e usando come riferimenti culturali analisi brentaniana di stati mentali e teoria dinamico-funzionale della mente di James e di Pikler [articoli di riferimento sono due: è con La Previsione nella teoria della conoscenza, del 1907, che Calderoni intende analizzare condizioni di verità e condizioni di validità della conoscenza, sia discernendo enunciazioni sensate da non-sensi sia indicando un metodo di verificazione, nell'istanza verificazionista di illustrare a fondo i meccanismi della conoscenza (verificazione e verità), oltre all'obiettivocome accade anche nel Peirce- di avvicinare teoria della conoscenza e semantica dei discorsi (verità e senso); ed è col successivo articolo L'arbitrario nel funzionamento della vita psichica che Calderoni, accettata l'eredità vailatiana, intende mostrare l'esistenza di una stretta connessione tra attività conoscitive dell'uomo comune ed attività conoscitive dello scienziato, accostando tale articolo teoria della mente e teoria della scienza]. La lettura sinottica dei due testi conduce a riconoscere nel nostro autore la tendenza a costruire una teoria della mente caratterizzata da riferimenti costanti alla teoria della conoscenza e alla teoria della scienza.  Precorrendo semiotica moderna e verificazionismo schlickiano, costuisulla scia di una certa tradizione continentale e americana indicata dal maestro Vailati- riconosce nei discorsi umani un trait d'union irresistibile tra senso e verità, e ri-definisce la norma di Peirce come norma di senso e norma di verificazione [articoli di riferimento sono due: col breve Il senso dei non sensi, del 1905, Calderoni intende esaminare cosa sia senso di una enunciazione e se esista un unico criterio idoneo a differenziare enunciazioni sensate da non-sensi o a costruire un concreto metodo di verificazione, unendo all'istanza semantica di attribuire un senso ai vari modelli di mezzo comunicativo inter-individuale il sincero desiderio analitico di rinvenire rimedi sicuri contro l'indeterminatezza naturale di termini, enunciazioni e discorsi umani, ed essendo cassa di risonanza all'obiezione contestualistica vailatiana contro l'atomismo semiotico dominante; nel successivo articolo Il Pragmatismo e i vari modi di non dir nientetotalmente debitore alla Prolusione vailatiana al corso di Storia della meccanica Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e della culturail nostro autore mostra di essere abile concretizzatore dell'eredità vailatiana tentando di mettere in stretta combinazione intuizione dell'artificialità dei discorsi umani e nozione di analisi semantica come “rimedio” all'indeterminatezza dei mezzi di comunicazione. La lettura sinottica dei due testi conduce a riconoscere in Calderoni tendenze a costruire una teoria dei discorsi umani caratterizzata da riferimenti a convenzionalismo e contestualismo, a rifiutare derive “essenzialistiche” nell'uso di termini ed enunciazioni e a sottolineare la valenza farmaceutica dell'analisi semantica.  Posizioni giusfilosofiche L'etica, nella sua dimensione totale, è tematica centrale nella riflessione culturale calderoniana, introducendo costui una modalità rivoluzionaria di considerare tale materia; nel nostro autoree in altri autori d'ambiente simile come Juvalta e Limentanila tradizionale distinzione tra etica normativa ed etica descrittiva è considerata insufficiente. Calderoni si mostra sostenitore di un orientamento innovativo in merito al discorso sullo statuto dell'etica: se l'etica normativa domina l'intero corso della storia dell'etica umana, il riconoscimento della valenza descrittiva dell'etica è ricorrenza teoretica dell'intero ottocento, avendo effetto sulla cultura ottocentesca la tendenza rinascimentale a considerare l'etica come una scienza. L'Ottocento concretizza antecedenti tendenze ad estendere all'ambito dell'etica i metodi delle scienze naturali e delle scienze sociali. Questa intuizione e il riconoscimento della centralità dell'analisi conducono Calderoni ad introdurre e sostenere un nuovo modello di statuto dell'etica: etica è una scienza costituita dai tre rami della meta-etica, dell'etica descrittiva e dell'etica normativa. Più che al discorso meta-etico, la narrazione di Calderoni si orienta verso l'etica descrittiva e normativa; in merito alla meta-etica non esiste un discorso diretto dei nostri due autori, laddove invece etica descrittiva e etica normativa sono esaminate con riferimenti diretti ed attraverso articoli mirati [articoli a cui si rinviasenza tener conto della tesi di laurea I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale dove è comunicata una visione immatura e non ancora coerente dell'etica- sono: con Du role de l'évidence en morale, del 1904, Calderoni introduce una coerente critica dell'etica normativa tradizionale mettendo sotto esame utilitarismo e kantismo etici, e con l'articolo successivo De l'utilité “marginale” dans les questions d'etìque, del 1904, introduce un tentativo di indicare un'etica descrittiva che si serva dello strumentario dell'economia; tali tentativi si concretizzano nello scritto Disarmonie economiche e disarmonie morali, contenente estesi accenni a tutti i rami della nuova scienza e mirando ad estendere in maniera definitiva all'etica lo strumentario della recente scienza economica; in L'imperativo categorico, del 1906, c'è la reazione calderoniana a neokantismo etico e ad un articolo di Croce in cui si recensiva, con molte riserve, Disarmonie; con i brevi La filosofia dei valori, del 1910, ed Il filosofo di fronte alla vita morale, del 1911, ci si limita a riassumere tematiche e discussioni antecedenti, introducendo chiarimenti ed attuando delucidazioni]. La lettura sinottica dei testi di Calderoni e Vailati mi conduce ad indicare l'esistenza di tre aree tematiche essenziali: a] un discorso sulle funzioni e sullo statuto dell'etica (meta-teoria etica), b] un dibattito sul senso di termini, enunciazioni e discorsi morali e c] una discussione su funzionamento effettivo ed ideale di un sistema morale (etica descrittiva e normativa); Calderoni si chiede cosa sia l'etica, che senso abbiano i suoi discorsi e che modello di normatività essa abbia, e si domanda come descrivere in maniera esauriente i cosiddetti mercati etici o come massimizzare l'incidenza dello scienziato della morale nella modificazione delle scelte sociali.  Più che Vailati, è Calderoni ad estrinsecare l'«atteggiamento» giuridico del Pragmatismo italiano, nella sua riflessione ius-criminalistica sulle nozioni di volizione, libertà e responsabilità. La discussione in merito alle relazioni tra volizione e diritto è fervente all'interno della cultura italiana dell'Ottocento: secondo Scuola Classica del diritto criminale volizione umana è base del momento d'attribuzione della sanzione, in connessione al “libero arbitrio”; secondo Scuola Positiva del diritto criminale è necessario sconnettere tale nozione dal concetto di “libero arbitrio”, non esistendo azioni incausate (scevre da coazione) e cadendo volizione insieme a “libero arbitrio”. Calderoni affronta il dilemma della volizione (distinzione tra atti volontari e involontari) all'interno del suo cammino di chiarimento e ridiscussione dei termini di discorso ordinario e discorsi tecnici, stimolato da alcune antecedenti intuizioni del maestro Vailati; e analizza tale dilemma in due diversi momenti della vita, nella tesi di laurea I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale, del 1901, e sia nell'articolo leonardiano Credenza e volontà. Intorno alla distinzione fra atti volontari ed involontari, del 1905, sia in un successivo contributo su altra rivista La volontarietà degli atti e la sua importanza sociale, del 1907]. La tesi di laurea di Mario Calderoni introduce un'analisi culturale ricchissima di riferimenti al diritto e immersa nello scenario storico del conflitto ottocentesco tra determinismi ed indeterminismi. Il dibattito tra scuola classica italiana (classici) e Positivisti sulle condizioni teoretiche del diritto criminale evidenzia il tentativo «conciliazionista» calderoniano di mediare tra due diversi modi di intendere libertà, sanzione e metodo scientifico, ricorrendo ad un uso attento della ri-definizione tanto caro a Vailati e all'intera analitica novecentesca. Pescando dalla metodica analitica lo strumento della ri-definizionemutuato dal maestro Vailati e riassunto con estrema abilità nella recensione al volume I presupposti filosofici della nazione del diritto di Del Vecchio -, Calderoni avvia un tentativo di «conciliazione» tra scuola classica e Positivisti, in cui «[…] la riflessione sul libero arbitrio e il diritto di punire costituisce la premessa per affrontare con un chiaro apparato concettuale l'ulteriore questione dei metodi di studio del diritto penale», attraverso un'esaustiva ridiscussione dei binomi libertà/ causazione (momento di attribuzione del delitto), tutela/ difesa (momento di esecuzione della sanzione) e metodo astratto/ concreto (momento di determinazione del delitto); il nostro autore riconosce:  Due sono i punti teorici fondamentali nei quali la scuola positiva si pone come avversaria alla classica. L'uno è rappresentato dalla questione del libero arbitrio, l'esistenza del quale la scuola “classica” postula come fondamento della imputabilità, mentre è dall'altra scuola negata. L'altro punto è la “giustificazione” del diritto di punire, che l'una pone nella giustizia, l'altra nell'utilità, nella necessità in cui si trova la società di difendersi dai suoi nemici.  Per misurare la nozione di «responsabilità» introdotta nell'orizzonte culturale italiano d'inizio secolo scorso da Mario Calderoni, è necessario muoversi tra due contributi calderoniani scarsamente esaminati dalla dottrina moderna (I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale del 1901 e Forme e criteri di responsabilità del 1908), senza trascurare come tale concetto mai si distacchi dalla distinzione vailatiana tra atti volontari e involontari o dal binomio libertà/ causazione, tanto cari al dibattito ottocentesco tra Positivisti e scuola classica italiana del diritto criminale. Gli accenni vailatiani e calderoniani ai temi della volizione, causazione, libertà confluisconoalla luce dell'attento ed autonomo esame dell'autore ferrarese- in un'assai moderna definizione del concetto di «responsabilità», in cui  Il “negatore del libero arbitrio” che non sia vittima di equivoci sul valore di tal negazione, sarà portato invece a vedere nella libertà e responsabilità, qualità esistenti nell'uomo, ma analoghe alle altre, atte cioè ad essere studiate nella loro genesi e nella loro evoluzione, suscettibili di gradazioni infinite, e subordinate alla presenza di certe condizioni e concomitanti, a concepire in altri termini la responsabilità piuttosto dinamicamente ed evoluzionisticamente, che staticamente.  Pur se tale concetto sottenda contaminazioni etiche d'inaudita modernità e benché in Forme e criteri di responsabilità sia delineata l'idea dell'esistenza di un confine sottile tra morale e diritto, il nostro autorenascendo come teorico del diritto- si mantiene saldo nel declinare come il termine «responsabilità» si usi all'interno dell'universo di diritto criminale e diritto civile; nella trattazione calderoniana «responsabilità» si immettecome in Hegel / Webernel contesto della vita statale o sociale e si smarcacome nel «marxismo occidentale» moderno e in Lévinasdai risvolti individualistici dell'etica antica. Calderoninell'incipit di Forme e criteri di responsabilità- scrive:  Pochi termini trovano, in ogni campo della vita sociale, così larga applicazione come il termine responsabilità. L'”andar soggetto a responsabilità” è la sorte, spiacevole o piacevole, di chiunque vive nella compagnia dei propri simili e si trovi in una data compagnia di dati suoi simili; e nulla potrebbe meglio servire a distinguere l'uomo vivente in società da un ipotetico uomo “vivente in stato di natura” che l'essere il primo avvolto in una fitta rete di responsabilità. Responsabilità se ne trovano dovunque gli uomini vengano in urto o in conflitto fra di loro […].  La riflessione calderoniana incentrata sulla strada della critica sia nei confronti del nazionalismo corradiniano sia nei confronti del socialismo rivoluzionario si innesta su un contesto storico e culturalecome l'Italia di Giolitti d'inizio novecentocaratterizzato dalla intensa dialettica civile tra nazionalismi e socialismi, e, all'interno di essa, tra visioni moderate (nazionalismo liberale e socialismo riformista) e concezioni estreme (nazionalismo estremo e socialismo rivoluzionario). «Gli interventi di Calderoni pubblicati sulla rivista di Corradiniscrive M. Toraldo di Francia- possono distinguersi dal punto di vista dei contenuti e cronologicamente in due gruppi: del primo fanno parte gli articoli polemici nei confronti del nazionalismo propagandato dalla rivista, nel secondo invece si collocano gli ultimi due scritti, di impronta nettamente antisocialista […]» . La via dell'analisi sul nazionalismo moderato (liberale e liberista)sondata nelle recensioni vailatiane a Pareto, Dumont, Trivero, Tombesi, Pierson, Einaudi, Rignano e Landryè battuta da Calderoni in maniera minuziosa alla luce dei due articoli Nazionalismo antiprotezionista? (1904) e Nazionalismo borghese e protezionista (1904), nella direzione d'una estesa accusa al nazionalismo corradiniano; moderati dall'interesse vailatiano verso il socialismo riformista, internazionalista, e non materialista di darwinismo sociale kiddiano e anti-materialismo effertziano, i moniti critici del nostro autore nei confronti del socialismo rivoluzionario si estrinsecano invece con consueta chiarezza nei due contributi La questione degli scioperi ferroviari (1904) e La necessità del capitale (1905). Dalle colonne della rivista corradiniana Il Regno, Calderonisulla scia del moderatismo del maestro Vailatitenta di maturare una concezione intermedia tra estremismi di “destra” e di “sinistra”, idonea a sacrificare valori e ideali della «borghesia» italiana alla tutela del bene comune dell'intera nazione, in nome della necessaria vitalità di un'industria e di un'economia in inarrestabile ascesa internazionale; a detta del nostro autorecontra Prezzolini- si deve sacrificare il bene comune dei ceti sociali abbienti sull'altare del bene nazionale:  Per me personalmente, che mi sento anzitutto italiano e poi borghese, mi auguro che l'Italia sappia sbarazzarsi di tutti gli elementi dannosi ed infecondi che la dissanguano e la opprimono; dovesse anche, in questo processo di eliminazione, andar sacrificata buona parte della borghesia attuale, per essere sostituita (attraverso il meccanismo democratico) da elementi più vitali e più utili che sono veramente gli interessi della Patria.   M. Calderoni, Scritti, Firenze, La Voce, 1924, voll. I e II M. Toraldo di Francia, Pragmatismo e disarmonie sociali: il pensiero di Mario Calderoni, Milano, Angeli, 1983 A. Di Giovanni , M. Calderoni- Scritti sul Pragmatismo, Roma, Bonanno Editore, 2007 I. Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni, Roma, IF Press, 2009 Fulvio Papi, CALDERONI, Mario, in Dizionario biografico degli italiani,  16, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1973.  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Mario Calderoni Collabora a Wikiquote Citazionio su Mario Calderoni  Mario Calderoni, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Mario Calderoni, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Mario Calderoni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Mario Calderoni, . Biografie Diritto  Diritto Filosofo del XIX secoloFilosofi italiani Professore1879 1914 30 giugno 14 dicembre Ferrara Imola

 

Caloprese: Grice: “Strictly, Caloprese taught Metastasio to be a Cartesian – I know because I relied on him for my ‘Descartes on clear and distinct perception.’” “I love Caloprese; he brings philosophy to Arcadee – The keyword is ARCADIA – or GLI ARCADI, if you must – Caloprese tutored Metastasio – Arcadia is like Oxford – et in Arcadia ego – or Cambridge – the other place – it’s a bit of a utopia – of course, Arcadia as a REAL place is in the Pelopponesus, as any Lit. Hum. Oxon. schoolboy knows! – But Caloprese brings it to civilisation, i.e. to the Roman-Italian tradition! -- Gregorio Caloprese Gregorio Caloprese, indicato anche come Gregorio Caroprese, Caropreso, Calopreso (Scalea), filosofo.  Nacque a Scalea da Carlo e da Lucrezia Gravina, che si sposarono a Roggiano nel 1653, cade così la leggenda che Gregorio fosse nato nel 1650, quando i suoi genitori ancora non si conoscevano .  «Da onestissimi parenti, di condizione cittadina, nella terra di Scalea, posta nel paese dei Bruzii, trasse, nel 1650, i suoi natali Gregorio Caloprese, o Caroprese...Fu celebre pel suo ingegno, e per l'universale sua letteratura. Visse molto tempo in Napoli, e in Roma; finalmente tornato alla patria vi morì nel 1715 all'età di 65 anni...»»  I suoi genitori si resero presto conto dell'intelligenza del loro figliolo e lo avviarono a studiare a Napoli sotto la guida del letterato Giuseppe Porcella  Si laureò successivamente nel campo a lui più congeniale della medicina. Rimase sempre in rapporto da Scalea, dove si era ritirato, con i centri intellettuali di Napoli e Roma dove risiedeva suo cugino Gian Vincenzo Gravina e dove lo stesso Caloprese soggiornò sul finire del'600.  A Scalea fondò una scuola  che ebbe una certa rinomanza e partecipò all'attività culturale dell'Accademia di Medinaceli traendone ispirazione per i suoi interessi antiautoritari e antidogmatici scientifici e filosofici che lo fecero schierare dalla parte di coloro che subordinavano l'indagine naturalistica al metodo razionale di tipo cartesiano.  Vico, Metastasio , Giannone lo qualificano come «gran renatista» ma la sua reale posizione filosofica è piuttosto da rintracciare in chi era a lui più vicino: il suo discepolo Francesco Maria Spinelli che racconta come Caloprese, tornato da Napoli a Scalea visse dei proventi di alcune sue proprietà praticando la medicina solo per i suoi amici e i poveri e che descrive la scuola di Caloprese come fondata sullo studio letterario e scientifico e l'esercizio fisico nella convinzione del rapporto tra mente e corpo. Alla lettura dei testi di Cartesio si associava quella di Lucrezio e Bacone secondo l'ideale teorico di una sintesi di sperimentalismo e atomismo, razionalismo e mentalismo.  Opere Dell'origine degli imperi. Un'etica per la politica, versione moderna con testo a fronte e note di Enrico Esposito, introduzione di Alfonso Mirto, Milano, Salviati, 2002. Opere, Fabrizio Lomonaco e Alfonso Mirto, Napoli, Giannini, 2004. Note  Alfonso Mirto, editore delle Opere di Caloprese, avverte che il personaggio nacque nel 1654 e non nel 1650 come erroneamente indicato nell'epigrafe del busto a lui dedicato  Ove non indicato diversamente, le informazioni contenute nel paragrafo "Biografia" hanno come fonte: Amedeo Quondam, Dizionario biografico degli Italiani (2006) alla voce corrispondente  Notizie su questi aspetti della vita di Caloprese, cugino di Gianvincenzo Gravina in: Francesco Guzzolino, Gian Vincenzo Gravina, Castrovillari 1993  in Luigi Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza, dalla tip. Municipale (poi: dalla tip. della Redenzione, e poi dalla tip. Migliaccio), 1869-1877 (ristampa anastatica A. Forni, 1977)  «Meravigliosa vivezza d'ingegno ed acume d'intendimento comparvero in lui sin dai più teneri anni, e gran diletto di apprendere; per cui gli avveduti genitori, solleciti di coltivare in lui si belle doti, apparati nella patria i primi rudimenti delle lettere lo inviarono di buon'ora in Napoli per imprendervi l'usato corso degli studii. Ebbe da prima a maestro delle lettere umane Giuseppe Porcella insigne letterato a quel tempo, e non ignobil poeta. Sotto la costui disciplina molto si approfittò, congiungendo alla fertilità d'ingegno fervente non interrotta applicazione; di modo che egli fece la soddisfazione del Maestro e dei suoi genitori, e l'emulazione dei compagni.» (In L. Accattatis, op. cit.)  «Nella sua patria intanto per qualche tempo era egli stato, dove date avea le prime letterarie istituzioni al celebratissimo Giov. Vincenzo Gravina, suo cugino per madre» (In L. Accattatis, op. cit.).  «...ed ebbe il vanto d'istruire nelle materie filosofiche, in cui era versatissimo, il gran Metastasio, che seco avea per ciò condotto alla sua patria, come attesta il Metastasio medesimo in una sua lettera scritta da Vienna nel 1769» (in L. Accattatis, op. cit.).  G. Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palumbo, Palermo 1987376: «Gregorio Caloprese, che abitava allora alla Scalea in Calabria, [...] godeva gran fama come uno dei maggiori cartesiani italiani ('gran renatista' lo dissero, fra gli altri, il Vico e il Giannone)». Studi critici Rena A. Syska-Lamparska, Letteratura e scienza. Gregorio Caloprese teorico e critico della letteratura, Napoli, Guida, 2005. Alfonso Mirto, Contributo alla biografia e alla  calopresiane, Napoli, Liguori editore,  Diego Forestieri, La civil società e il viver civile: una lettura sociologica delle Lezioni dell'Origine degli Imperij di Gregorio Caloprese, in «Rivista di Studi Politici», n. 4, Roma, Editrice Apes, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Gregorio Caloprese  Gregorio Caloprese, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Gregorio Caloprese, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Filosofia Filosofo del XVII secoloMedici italianiMatematici italiani Professore1654 1715 Scalea Scalea

 

Camilla: Grice: “You gotta love Camilla; I mean, if his name were not Camilla, I would call him Grice: he philosophised on all that I’m into: mainly ‘uomo’ (since he was an ancient Italian, he used the mute ‘h’ (dell’huomo’): his anima, the concetti dell’animma that he ‘dichara’ in il suo palare – la bellezza is without equal --.” De' misterii e maravigliose cause della compositione del mondo, 1564 Giovanni Camilla (scritto anche Camilli o Camillo) (Genova), filosofo.  Opere Giovanni Camilla, De' misterii e maravigliose cause della compositione del mondo, In Vinegia, Gabriele Giolito de Ferrari, 1564. Note  Camilla, Giovanni CERL cnp Filosofia Matematica  Matematica Categorie: Medici italianiFilosofi italiani ProfessoreXVI secolo XVI secolo Genova

 

Cammarata: Grice: “You gotta love Cammarata; for one, like Austin, he goes by initials, and indeed like me, A. E. – he is the Italian Hart – he thinks legality comes first, justice second – and he is possibly right – his example is Oreste’s murder and the institution of justice in Athens – However, that’s because of his Magna Grecia background – Speranza tells me that at Rome, things are different, since it’s all Brutus and the beginning of the republic – ‘il ratto di Lucrezia,’ as he puts it.” -- Angelo Ermanno Cammarata (Catania) filosofo. Fu uno dei più conosciuti rettori dell'Trieste dal 1946 al 1952, per la difesa della quale ricevette la medaglia d'oro della Cultura e dell'Arte, mentre all'Ateneo fu conferita nel 1962 la medaglia d'oro al valor civile.  Biografia Nel corso della sua carriera insegnò filosofia del diritto e altre materie giuridiche nelle Messina, Macerata, Trieste, Napoli e Roma. Allievo di Giovanni Gentile, aderì all'idealismo immanentista. Gli scritti principali di filosofia del diritto sono inseriti, in massima parte, in Formalismo e sapere giuridico, Giuffrè 1963. Buona parte degli scritti riguardanti invece la "questione di Trieste" sono pubblicati in Fra la teoria del diritto e la questione di TriesteScritti inediti e rari, Eut, Trieste 2007.  Fu anche un notevole fotografo, come documentano le due mostre (Trieste 2004 e Gorizia ) a lui dedicate.   Cammarata, Angelo Ermanno, in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. 9 luglio . Opere di Angelo Ermanno Cammarata, . Filosofia Università  Università Filosofo del XX secoloAvvocati italiani del XX secoloInsegnanti italiani Professore1899 1971 Catania RomaFilosofi del diritto

 

Campa: Grice: “You gotta love Campa; he has a gift for unusual metaphors: la fantasmagoria della parola, -- my favourite has to be his conjunct, ‘stupidity and unfaithfulness!’ --  Grice: “Philosophy runs out of names: there are British philosophers G. R. Grice and H. P. Grice, and Itallian philosophers R. Campa, and R. Campa.” Riccardo Campa  Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai cercando il sociologo, vedi Riccardo Campa (sociologo).  Riccardo Campa con il premio Nobel Eugenio Montale (1971) Riccardo Campa (Presicce), filosofo. Storico della filosofia italiano, la cui indagine teorica si è incentrata sulla relazione fra la cultura umanistica e la cultura scientifica, delineando il percorso storico della cultura occidentale, in particolare nell'ambito europeo-latinoamericano.   Negli anni sessanta e settanta ha diretto la Biblioteca delle idee, sotto la presidenza scientifica del premio Nobel Eugenio Montale e contemporaneamente è stato condirettore responsabile del periodico Nuova Antologia, nel quale ha pubblicato saggi di letteratura e filosofia sul pensiero del Novecento; vi ha inoltre tradotto e pubblicato testi di Jorge Luis Borges, George Uscătescu, Vittorio Dan Segre, André Chastel, Walter Kaufmann, Ortega y Gasset.   Riccardo Campa con Jorge Luis Borges a Roma (1983)«Riccardo Campa fue nombrado doctor honoris causa en las ciudades de Atenas y Nueva York, alfa y omega del conocimiento de lo que constituye Occidente [...] Asombra en su obra la recopilacion enciclopedica del pensamiento europeo, cimentada en la razon que la describe.» «Riccardo Campa ha ricevuto dottorati honoris causa nelle città di Atene e New York, l'alfa e l'omega della conoscenza di ciò che costituisce l'Occidente [...] Sorprende nella sua opera la raccolta enciclopedica del pensiero europeo, fondata sulla ragione che lo descrive.»  (Domingo Barbolla Camarero, Prologo, in Riccardo Campa La razon instrumental. El mesianismo nostalgico de la contemporaneidad, Madrid, Editorial Biblioteca Nueva, ) Ha partecipato, a seguito di regolare concorso a livello internazionale, al Forum Europeo di Alpbach, al Collège de France, e all'Universidad Internacional Menéndez Pelayo, e, a partire dal 1973, ha insegnato presso diverse università italiane e straniere (Bologna, Università degli Studi di Napoli Federico II, Università per stranieri di Siena, Universidad de Morón), tenendo corsi di storia delle dottrine politiche, storia della filosofia,,storia delle Americhe e diritto politico.   Riccardo Campa all'Università per Stranieri di Siena () Dal 1987 al 1991 ha diretto l'Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires e successivamente, dal 1991 al 1992, ha coordinato in Italia e nell'America Latina le attività celebrative del V Centenario dell'America , per disposizione del Ministero degli Affari Esteri.. Dal 1993 al 1997 ha svolto le funzioni di Vicepresidente della Commissione Nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero (Legge 22.12.1990, n.401). Quale ormai consolidata personalità-ponte fra i due mondi, geograficamente separati ma culturalmente legati dalle comuni radici, dal 1994 svolge le funzioni di Direttore del Centro Studi, Documentazione e Biblioteca dell'Istituto Italo-Latino Americano di Roma. Contemporaneamente è stato Vicedirettore della Società Dante Alighieri. Dal 2002 al 2005 ha presieduto il Forum Internazionale sulla Società Contemporanea di Madeira e, alla scadenza di questo mandato, è stato eletto a Roma presidente della Federazione Internazionale di Studi sull'America Latina e i Caraibi per il biennio 2005-2007.  In questo ambito, con il suo operato, ha garantito l'interscambio delle figure intellettuali più significative fra la cultura latinoamericana e quella europea, favorendone la reciproca conoscenza.  Riceve la nomina di Director Emeritus del Giambattista Vico Chair of Italian Studies en Dowling College, Nueva York nel .  Studioso di diverse discipline: dalla linguistica teorica alla filosofia del linguaggio, dalla filologia all'analisi letteraria alla storia della lingua; dalla filosofia teoretica alla filosofia della scienza, nella gestione della complessa realtà istituzionale, dal 2005 al , ha assunto l'incarico di Direttore del Centro di Eccellenza della Ricerca dell'Siena.  Già Ordinario del S.S.D SPS/2 (Storie delle dottrine politiche) presso la Facoltà di Lingua e Cultura Italiana dell'Università per Stranieri di Siena, l'11 febbraio  gli è stato conferito il titolo di "Professore emerito".  Opere Appartengono, fra gli altri, alla produzione classica:  Il potere politico nell'America Latina, Edizioni di Comunità, Milano, 1968; Il riformismo rivoluzionario cileno, Marsilio, Padova, 1970; Appunti per una storia del pensiero politico latino-americano, Lugano, Pantarei, 1971; L'universo politico omogeneo, Istituto Editoriale Internazionale, Milano, 1974 Las nuevas herejias, Biblioteca de Estudios Criticos, Madrid, Ediciones Istmo, 1978; La visione e la prassi: profilo di Bolìvar (pref. di P. Pignatti, intr. di R. Medina Elorga, postfaz. di L. C. Camacho Leyva), Istituto Italo Latino-Americano, Roma 1983; A reta e a curvaReflexōes sobre nosso tempo (Riflessioni con Oscar Niemeyer), São Paulo, Max Limonad, 1986; El estupor de EpicuroEnsayo sobre Erwin Schrödinger, Buenos Aires-Madrid, Alianza Editorial, 1988; La emocion: la filosofia de la infidelidad (prol. di R. H. Castagnino), Editorial Sudamericana, Buenos Aires, 1988; La escritura y la etimologia del mundo (con un saggio di Roland Barthes), Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 1989; La malinconia di EpicuroRiflessioni in penombra con Jorge Luis Borges, Buenos Aires, Editorial SudamericanaFondazione Internazionale Jorge Luis Borges, 1990; La primeva unità: saggio sulla storia, Le Monnier, Firenze, 1990; La practica del dictamen: del ius a la humanitas, Grupo Editor Latinoamericano, Buenos Aires, 1990; El sondeo de la apariencia: el libro y la imagen, Gedisa, Buenos Aires, 1991; La trama del tiempo: ensayo sobre Italo Calvino, Grupo Editor Latinoamericano, Buenos Aires, 1991; L'avventura e la nostalgia: Omaggio al Portogallo, Presidenza dei Consiglio dei Ministri, Roma 1994 La metarrealidad, Buenos Aires, Biblios, 1995; Le daimôn de la persuasion, Toulouse Cedex, Éditions Universitaires du Sud, 1996; The Renaissance and the invention of method, New York, Dowling College, 1998; La metafora dell'irrealtà: saggio su "Le avventure di Pinocchio", M. Pacini Fazzi, Lucca, 1999, L'esilio saggi di letteratura Latinoamericana, Il Mulino, Bologna, 2000; Il sortilegio e la vanità: saggio su Louis-Ferdinand Céline, Welland Ontario, Soleil, 2000; Caratterizzano la produzione più recente:  L'immediatezza e l'estemporaneità, New York, Dowling College PressBinghamton University, 2000; L'età delle ombre, New York, Binghamton University, 2001; Dismisura, Bologna, il Mulino, 2003; Le vestigia di Orfeo. Meditazioni in penombra con Jorge Luis Borges, Bologna, Il Mulino, 2003; A modernidade, Lisboa, Fim de século, 2005; Della comprensioneCompendio di mitografia contemporanea, Bologna, il Mulino, 2005; Ontem. L'elegia del Brasile, Bologna, il Mulino, 2007; Vicinanze abissali. L'approssimazione nell'epoca della scienza, Bologna, il Mulino, 2009; Langage et stratégie de communication, Paris, L'Harmattan, 2009; El Inca Garcilaso de la Vega, Madrid, Binghamton University, Ediciones ClasicasEdiciones del Orto, ; I Trattatisti spagnoli del diritto delle genti, Bologna, Il Mulino, ; La place et la pratique plébiscitaire, Paris, L'Harmattan, ; El sortilegio de la palabra, Madrid, Biblioteca Nueva, ; Elegy. Essays on the Word and the Desert, University Press Of The South, ; L'America Latina. Un profilo, Bologna, Il Mulino, ; La filosofia de la crisis. Epicureismo y Estoicismo, Editorial Sindéresis, Madrid, ; El tiempo de la inedia. El invierno de Gunter, AntropiQa 2.0, Badajoz, ; La eventualidad y la inexorabilidad. El invierno de Gunter, Editorial Sindéresis, Madrid, ; La Destreza y el engano. Ensayo sobre Don Quijote de Miguel de Cervantes Saavedra, Ediciones Clasicas, Madrid, ; L'America Latina. Un compendio, Bologna, Il Mulino, ; Octavio Paz. El desconcierto de la modernidad, Ediciones Clasicas, Madrid, ; La parola, Bologna, Il Mulino, ; Cervantes. La linea del horizonte, Valencia, Albatros, , L'elegia del Nuovo Mondo, Bologna, Il Mulino, . La mundializacion, Valencia, Albatros, . Il convivio linguisttico. Riflessioni sul ruolo dell'italiano nel mondo contemporaneo, Roma, Carocci,  Note  Anno di conseguimento del titolo di Professore.  Dal 1974 al 1987 ne ha diretto l'Istituto Storico-politico della Facoltà di Scienze Politiche.  Con decreto dell'11 febbraio  del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, vi è stato nominato Professore Emerito di Storia delle dottrine politiche.  Dopo averne curato, dal 2003 al 2005, il XII Congresso Internazionale, designato dall'Accademia delle Scienze di Russia ed eletto dall'Osaka.  Luigi Trenti , Il viaggio delle parole: scritti in onore di Riccardo Campa, Perugia, Guerra Editore, 2008.  978-88-557-0155-6 Antonio Requeni, Nueva vision de la literatura argentina, "Les Andes", 16 settembre 1984, 3° Seccion pag.1. Antonio Requeni, Presencia cultural de Italia en la Argentina, "La Prensa", 18 ottobre 1987, pag.3. Antonio Requeni, Los intelectuales del mundo: hoy, Riccardo Campa: la Argentina, en el laberinto de Borges, "La Nacion", 20 settembre 2006, 1-3. Jesus Francisco Sanchez, Crisis del neocapitalismo podria hacer renacer ideas del socialismo y la izquierda: Ricardo Campa, "El Sol de Durango", 22 ottobre 2008, 6/A Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Riccardo Campa Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Riccardo Campa Filosofia Letteratura  Letteratura Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italiani 1934 21 aprile PresicceProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico II

 

Campa –Grice: “You gotta love Campa – he is right that ‘artificial species’ is an oxymoron – as is ‘transhuman’ – but his philosophising about the heathens, which is how Nero found the Christians, is very relevant!”  Riccardo Campa (Mantova), filosofo. È conosciuto soprattutto per i suoi studi nel campo dell'etica della scienza e del transumanesimo e, precisamente, per la sua difesa dell'idea di evoluzione autodiretta. Svolge ricerche sia nella veste di Professore associato di Sociologia della scienza e della tecnica all'Università Jagellonica di Cracovia, sia nella veste di Presidente dell'Associazione Italiana Transumanisti, della quale è fondatore.  Laureato in Scienze politiche nel 1990 e in Filosofia nel 1994 all'Bologna, Riccardo Campa ha conseguito il titolo di Giornalista professionista presso l'Ordine dei giornalisti di Roma nel 1995, il dottorato in Epistemologia all'Università Nicolaus Copernicus di Torun nel 1999 e l'abilitazione in Sociologia all'Università Jagellonica di Cracovia nel 2009. Nell'ambito della sociologia della scienza, è annoverato tra gli allievi di Robert K. Merton, fondatore di questa disciplina. A differenza di alcuni continuatori della scuola costruttivista, Merton ha sempre mostrato un atteggiamento positivo nei confronti delle scienze, e Campa è rimasto fedele a questa impostazione. A tal proposito, il filosofo argentino-canadese Mario Bunge ha rimarcato il fatto che «Campa è uno degli ultimi esemplari rimasti di una specie in estinzione: lo studioso pro-scienza della comunità scientifica».  Pensiero I suoi studi hanno ricevuto una certa attenzione da parte dei media, a partire dal 2005, dopo che Francis Fukuyama, all'epoca consigliere per la bioetica del presidente statunitense George W. Bush, ha definito il transumanesimo «l'idea più pericolosa del mondo». Secondo Fukuyama il transumanesimo è una nuova forma di biopolitica che, pur essendo liberale e non coercitiva, rischia di minare il concetto di uguaglianza tra gli uomini. Simili posizioni critiche hanno assunto, in Italia, Marcello Veneziani, Giuliano Ferrara, Paolo Rossi, e diversi opinionisti del quotidiano cattolico Avvenire, che hanno criticato le idee di Campa e di altri filosofi e scienziati transumanisti (tra i quali, Nick Bostrom, James Hughes, Gregory Stock, e Max More), stimolando un dibattito ad ampio raggio sulle prospettive aperte dalle nuove tecnologie. Campa ha difeso le idee transumaniste in numerose pubblicazioni, interviste e dibattiti pubblici, apparendo talvolta anche in televisione, e sostenendo che le tecnologie emergenti e convergenti GRIN (un acronimo per Genetica, Robotica, Informatica e Nanotecnologia) non rappresentano un rischio inutile, come lasciano intendere i critici, ma un'opportunità di sviluppo in linea con l'atteggiamento prometeico che caratterizza la storia della civiltà occidentale. Le sue valutazioni, sull'opportunità di allungare la vita media e potenziare le facoltà mentali e fisiche dell'uomo, sono soprattutto di ordine etico e sociale.  Opere È autore di numerosi articoli e saggi, tra i quali spiccano sette libri monografici:  Epistemological Dimensions of Robert Merton's Sociology (Copernicus University Press, 2001) Il filosofo è nudo (Marszalek, 2001) Etica della scienza pura (Sestante Edizioni, 2007) Mutare o perire. La sfida del transumanesimo (Sestante Edizioni, ) Le armi robotizzate del futuro. Il problema etico (CEMISS, ) Trattato di filosofia futurista (Avanguardia 21 Edizioni, ) La specie artificiale. Saggio di bioetica evolutiva (D Editore, ) La rivincita del paganesimo. Una teoria della modernità (D Editore, ) Creatori e Creature. Anatomia dei movimenti pro e contro gli OGM (D Editore, ) La società degli automi. Studi sulla disoccupazione tecnologica e sul reddito di cittadinanza (D Editore, ) Still Think Robots Can't Do Your Job?: Essays on Automation and Technological Unemployment (D Editore, ) Credere nel futuro: Il lato mistico del transumanesimo (Orbis Idearum Press, ) È inoltre curatore della serie "Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano".  Note  Cerimonia di abilitazione all'Cracovia  C. Cipolla, Manuale di sociologia della salute, Franco Angeli, 200439.  R. Campa, Epistemological Dimensions of Robert K. Merton's Sociology, Copernicus University Press, 2001, quarta di copertina.  F. Fukuyama, “Transhumanism: The World's Most Dangerous Idea”, Foreign Policy, 1º settembre 2004.. La versione italiana è apparsa sul Corriere della Sera con il titolo “Biotecnologie: la fine dell'uomo”, il 10 febbraio 2005.  M. Veneziani, “Attenti l'uomo è fuori moda. La scienza prepara “l'oltreuomo”, Libero, 20 aprile 2005.  G. Ferrara, “Mettere in dubbio il dubbio”, Il Foglio, 11 ottobre 2005.  P. Rossi, Speranze, Il Mulino, Bologna 2008:  53-90.  A. Galli, “Nietzsche, profeta dell'eugenetica”, Avvenire, 21 settembre 2005.  Rassegna stampa degli articoli pro e contro il transumanesimo.  “Nascita del superuomo”, documentario di RAI 3, 15 novembre 2006. Archiviato l'11 aprile  in .; “Futuro in pillole”, puntata de Le Invasioni Barbariche condotta da Daria Bignardi, LA7, 21 gennaio .;“Musica maestro”, servizio biografico di RAI 1, 5 luglio .  Sito della rivista Divenire  Giorgia Mazzotti, Il Prof che suonava il rock, Gazzetta di Mantova, 8 gennaio 2008. Roberto Guerra, Futurismo per la nuova umanità, Armando Editore, Roma .  Il transumanismo. Cronaca di una rivoluzione annunciata, Lampi di Stampa, Milano 2008.  Riccardo Campa biografia e  nel sito "transumanisti.it".

 

Campailla:Grice: “You have to love Campailla; when I philosophised on ‘be orderly,’ I was drawing from Campailla: “Order is the first – ‘ordinato discorso dell’uomo;’ Campailla flouts the maxim: he allows that a man in ecstasi, in mutual contemplation of beauty, say, may lose the order – Oddly, Campailla dedicates more than a section to, then, ‘del disordinato discorso dell’uomo,’ or men, as we’d prefer!”  Grice: “You’ve gotta love Campailla – I would have preferred he chose the Graeco-Roman mythology, but he chose “Adamo,” and he provides, in verse, all I ever philosophised on – human discourse – discorso umano – on top, he considers ‘amore’ as a ‘passione dell’anima,’ and speaks of ‘self-love’ (amore proprio) and even virility and testicles – a Renaissance man!”  Tommaso Campailla (Modica), filosofo. Campailla, filosofo e poeta 3La cura della sifilide con le botti del Campailla Tommaso Campailla nasce a Modica, in Sicilia, il 6 aprile del 1668, nell'attuale Via Posterla, sotto la rupe del Castello dei Conti e a pochi metri dalla casa che quasi 250 anni dopo vide nascere un altro importante concittadino, Salvatore Quasimodo.   Tommaso Campailla, incisione dall'Adamo (Roma-Palermo, 1737) Mostrò le sue migliori doti d'ingegno in età matura, giacché, in gioventù, per la sua gracile costituzione, il padre preferì educarlo in campagna affinché si irrobustisse all'aria aperta, piuttosto che indirizzarlo agli studi. Nel 1684, si trasferì a Catania per studiarvi giurisprudenza, ma l'improvvisa morte del padre, che lo lasciava erede di un discreto patrimonio, lo costrinse a ritornare nella città natale, la sua cara Modica, in cui rimase fino alla morte, senza mai muoversi da essa.  Lì, poté dedicarsi interamente agli amati studi, prevalentemente da autodidatta, coltivando con passione ed abnegazione, fra le tante discipline, l'astronomia, le lettere e la filosofia. Sempre da autodidatta, studiò Aristotele e i classici, per poi dedicarsi alla fisica, forse spinto dall'onda emotiva suscitata dal terribile sisma che, nel 1693, distrusse Modica e tutto il Val di Noto.  Morì per un colpo apoplettico, il 7 febbraio del 1740. Il suo corpo fu sepolto sotto l'altare maggiore del duomo di San Giorgio in Modica, del quale una lapide, deposta alla sinistra dell'ingresso principale, lo ricorda.  Campailla, filosofo e poeta Studioso di Cartesio, che vuole conciliare con la filosofia scolastica, ne applicò i principi alle sue indagini conoscitive, fatte di osservazione ed esperimenti, divenendo, insieme col filosofo trapanese Michelangelo Fardella, uno dei principali divulgatori delle teorie cartesiane in Sicilia.  Poeta raffinato, fu accademico degli Assorditi di Urbino, dei Geniali di Palermo, e della più celebre Accademia degli Arcadi di Roma; restaurò quindi l'Accademia degli Infocati nella sua città natale. Nel 1709 diede alle stampe i primi sei canti (ispirati ai moduli letterari lucreziani) del poema filosofico, in due parti, L'Adamo, ovvero il Mondo Creato, successivamente dedicato, nella sua stesura completa (in venti canti) del 1723, a Carlo VI d'Austria, Imperatore e Re di Sicilia. Il poema, che conobbe una discreta fortuna e che è stato recentemente ristampato, rappresenta una summa delle idee teologiche, cosmologiche, fisiche e filosofiche dell'autore, alla luce del cartesianesimo.  All'inizio del Settecento, la fama del Campailla, tra l'altro in corrispondenza epistolare con importanti personalità fra i quali Ludovico Antonio Muratori (bibliotecario del Duca di Modena), si diffuse anche all'estero, toccando Lipsia, Parigi, Londra, tanto che il filosofo George Berkeley volle conoscerlo personalmente e, poiché il Campailla non si muoveva mai dalla sua città natale (come Kant), nel 1718 fu lo stesso Berkeley a recarsi in Sicilia a trovarlo, informandolo fra l'altro delle nuove teorie newtoniane, le quali verranno poi usate dal Campailla nelle sue successive opere.  Il Muratori si fece intermediario persino per una cattedra all'Padova da assegnargli, invito che venne pure da Londra, ma il suo ostinato rifiuto a viaggiare e lasciare la sua Modica (in ciò, ancora simile a Kant) lo portò a declinare tali prestigiose ed onorevoli proposte. Per lo stesso motivo, invitato ad assistere, il 24 dicembre 1713, all'incoronazione a Re di Sicilia, nella Cattedrale di Palermo, del Duca Vittorio Amedeo II di Savoia, disdisse gentilmente la visita.  Nel 1738, pubblicò, rimanendo però incompiuto, il poema sacro L'Apocalisse di San Paolo, in cui, oltre ad affrontare i temi della grazia e della virtù attiva, fornì pure una personale confutazione delle teorie di Miguel Molinos, fondatore del "Quietismo", un'eresia che aspirava all'unificazione con Dio. Infine, nello stesso periodo, iniziò a scrivere il primo volume di un'opera sistematica intitolata Opuscoli filosofici, di cui uscì solo il primo volume (in dialoghi) intitolato Considerazioni sopra la fisica del signor Isacco Newton (1738), contemporaneamente alla stesura di un trattato, in due volumi, di fisica cartesiana, pubblicato postumo, nel 1841, sotto il titolo Filosofia per principi e cavalieri.  La cura della sifilide con le botti del Campailla Pur non essendo medico di professione, Campailla riuscì tuttavia a promuovere, nella Contea di Modica, gli studi di medicina. Infatti, il suo impegno, quasi umanitario, lo portò a sperimentare, dal 1698 in poi, le sue famose "botti" (dette poi botti del Campailla) per la cura non solo della sifilide (considerata, allora, il male del secolo, e ritenuta dalla Chiesa come un castigo di Dio per i peccati degli uomini), ma anche dei reumatismi e, in genere, di qualunque forma di artrosi.  La "botte", in realtà, è una stufa mercuriale con all'interno uno sgabello, sul quale il paziente veniva fatto sedere, in attesa della cura. Questa consisteva nel versare, in un braciere che si trovava pure all'interno della stufa, la relativa dose di cinabro, da cui, per sublimazione, esalavano dei vapori di mercurio, che erano poi assorbiti dal corpo del paziente in piena sudorazione. La novità introdotta dal Campailla consistette nell'aggiunta di incenso all'interno della botte, in una dose che consentiva, ai vapori sprigionati, di essere più "respirabili" per un certo lasso di tempo, variabile dai 10 ai 20 minuti circa, a seconda dalle condizioni soggettive del paziente.  Il contributo del Campailla consentì pure di modificare la forma della botte, rispetto alle altre già esistenti in Italia ed in Europa, le quali avevano un foro in alto da cui fuoriusciva la testa del paziente che, in tal modo, non poteva respirare i vapori di mercurio medicamentosi. Tuttavia, questi vapori, così esalati, erano curativi solamente per i sifilomi che infestavano la cute, i quali regredivano sì ma senza remissione del morbo (che solo con l'avvento della penicillina, nel '900, si debellerà), con i germi patogeni che continuavano ad agire e moltiplicarsi nel sangue dei soggetti infetti.  Invece, grazie all'innovazione del Campailla, i pazienti, completamente all'interno della botte, potevano ora respirare la miscela di mercurio e incenso, la quale, agendo così in modo sottocutaneo, uccideva i germi diminuendone la carica patogena; spesso, si ottenevano delle guarigioni, a volte anche definitive, che, all'epoca, venivano considerate quasi miracolose. Infatti, un rapporto medico dell'epoca riferisce che  " [...] Dopo la cura mercuriale col metodo Campailla, si può assistere a delle rinascite complete di individui ridotti in condizioni impressionanti di cachessia o con lesioni tali da rendersi impossibile qualsiasi intervento curativo per via percutanea o ipodermica".  I risultati furono talmente soddisfacenti che Modica acquisì notorietà in tutta Europa proprio per le botti del Campailla, ancor oggi esistenti all'interno dell'antico Ospedale di S. Maria della Pietà e visitabili all'interno di un percorso museale appositamente dedicato.  Negli anni a venire, le botti del Campailla furono, ma con scarsi risultati, imitate altrove, sia in Italia che all'estero: ad esempio, nel 1891, sorse a Palermo, per volere del prof. Mannino della locale facoltà di Medicina, un Sanatorio Campailla; agli inizi del '900, fu poi costruita, a Roma, una cosiddetta Botte di Modica; a Milano, ancora negli anni '50, furono costruite botti di vetro sul modello di quelle del Campailla; mentre, a Parigi, furono fondati istituti a imitazione del Sifilocomio Campailla palermitano, per la cura delle malattie reumatiche e nevralgiche.  Teatro La rappresentazione Cygnus, atto unico scritto da Nausica Zocco, prende spunto dalla vita e dalle opere di Tommaso Campailla, ed è stato portato in scena l'8 maggio  a Modica, per la regia di Tiziana Spadaro.  Note  L'esatta data di nascita è riscontrabile, come quella di morte, negli appositi registri dell'Archivio Parrocchiale della Chiesa Madre di San Giorgio in Modica.  Taluni, sulla base di nessuna fonte storica attendibile, hanno diffuso l'infondata notizia secondo cui il Campailla stesso sia stato vittima della sifilide, contrariamente al fatto che lo studioso modicano costruì comunque le sue botti, per il trattamento di questa infezione, nel 1698, quando aveva solo 30 anni, ma morì a 72 anni, età veneranda e considerevole, per quei tempi, in cui la vita media di un individuo di sesso maschile era di 55-58 anni, per non tener conto poi del fatto che, nel Settecento (e così, fino all'avvento degli antibiotici nel Novecento), un sifilitico aveva comunque delle bassissime aspettative di vita dopo il manifestarsi della malattia, dell'ordine di pochissimi anni. Ad ogni modo, le botti del Campailla raccolsero, per molti decenni, un gran numero di pareri positivi a favore di un loro benefico influsso contro il morbo.  Tommaso Campailla, "L'Adamo" ovvero "Il mondo creato" poema filosofico , Volume unico, Messina, Michele Chiaramonte e Antonino Provenzano, 1728. //treccani.it/enciclopedia/tommaso-campailla/  Cfr. D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, Tipografia Lorenzo Dato, Palermo, 1824,  I, Capo III.  Tratto dalla Rassegna di Clinica, Terapia e Scienze Affini, Anno XXVIII, Fascicolo IV.  Secondio Sinesio, Vita del celebre filosofo, e poeta Signor D. Tommaso Campailla, Patrizio modicano, Siracusa, 1783; ristampa Modica, 2005. Valentino Guccione , Tommaso Campailla ed il suo museo in Modica, Leggio & Diquattro, Ragusa, 1992. Carmelo Ottaviano, Tommaso Campailla. Contributo all'interpretazione e alla storia del cartesianesimo in Italia, introduzione e note Domenico D'Orsi, CEDAM, Padova, 1999. Giovanni Criscione, Tommaso Campailla. Un poeta e filosofo modicano, Idealprint, Modica, 2000. Valentino Guccione, Tommaso Campailla, il suo museo, la scuola medica modicana, Comune di Modica, Modica, 2001.  Tommaso Campailla e la Scuola Medica Modicana, Ed. IngegniCulturaModica, Modica, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Tommaso Campailla Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tommaso Campailla  Tommaso Campailla, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tommaso Campailla, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Tommaso Campailla, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Tommaso Campailla, .

 

Campanella -- campanella: Grice: “One has to take Campanella seriously; admittedly, an Oxonian will focus on More, but Campanella is closer to Plato! I especially like that the walls of the city of “Sol” – it’s a proper name for the prince, not the sun! – have all the semiotic elements of the semiotic systems by which the ‘solari’ communicate – Campanella designs a very Griceian model based on ‘efficiency’ and LOVE! There’s ibenevolence everywhere – indeed, it is Campanella’s Sol’s City that I was thinking when inventing the principle of conversational benevolence to be spoken in the City of Eternal Truth!” -- one of the most important of the Italian philosophers.  H. P. Grice enjoyed his philosophical poems. Philosopher.  He joined the Dominican order in 1582. Most of the years between 1592 and 1634 he spent in prison for heresy and for conspiring to replace  rule in southern Italy with a utopian republic. He fled to France in 1634 and spent his last years in freedom. Some of his best poetry was written while he was chained in a dungeon; and during less rigorous confinement he managed to write over a hundred books, not all of which survive. His best-known work, The City of the Sun 1602; published 1623, describes a community governed in accordance with astrological principles, with a priest as head of state. In later political writings, Campanella attacked Machiavelli and called for either a universal  monarchy with the pope as spiritual head or a universal theocracy with the pope as both spiritual and temporal leader. His first publication was Philosophy Demonstrated by the Senses 1591, which supported the theories of Telesio and initiated his lifelong attack on Aristotelianism. He hoped to found a new Christian philosophy based on the two books of nature and Scripture, both of which are manifestations of God. While he appealed to sense experience, he was not a straightforward empiricist, for he saw the natural world as alive and sentient, and he thought of magic as a tool for utilizing natural processes. In this he was strongly influenced by Ficino. Despite his own difficulties with Rome, he wrote in support of Galileo. Tommaso Campanella, al secolo chiamato Giovan Domenico Campanella, noto anche con lo pseudonimo di Settimontano Squilla (Stilo, 5 settembre 1568Parigi, 21 maggio 1639), filosofo, teologo, poeta e frate domenicano italiano. Giovan Domenico Campanella nacque a Stilo, un piccolo borgo della Calabria Ulteriore, al tempo parte del Regno di Napoli (attualmente in provincia di Reggio Calabria), il 5 settembre del 1568, come egli stesso più volte afferma nei suoi scritti e come dichiarò il 23 novembre del 1599 nel carcere di Castel Nuovo a Napoli, al giudice Antonio Peri: «son di una terra chiamata Stilo in Calabria Ultra, mio padre si domanda Geronimo Campanella e mia madre Caterina Basile». Fino al 1806 si conservava anche l'atto di battesimo nella parrocchia di San Biagio, borgo di Stilo, così redatto: «A dì 12 settembre 1568, battezzato Giovan Domenico Campanella figlio di Geronimo e Catarinella Martello, nato il giorno 5, da me D. Terentio Romano, parroco di S. Biaggio [sic] nel Borgo». Il padre era un ciabattino povero e analfabeta che non poteva permettersi di mandare i figli a scuola e Giovan Domenico ascoltava dalla finestra le lezioni del maestro del paese, segno precoce di quella voglia di conoscenza che non l'abbandonò per tutta la vita.  Nel 1581 la famiglia si trasferì nella vicina Stignano e nella primavera del 1582 il padre pensò di mandare il figlio presso un fratello, a Napoli, perché vi studiasse diritto, ma il giovane Campanella, per il desiderio di seguire corsi regolari di studi e abbandonare un destino di miseria, più che per una reale vocazione religiosa, decise di entrare nell'Ordine domenicano. Novizio nel convento della vicina Placanica, vi fece i primi studi e pronunciò i voti a quindici anni nel convento di San Giorgio Morgeto, assumendo il nome di Tommaso (in onore di san Tommaso d'Aquino), continuando gli studi superiori a Nicastro dal 1585 al 1587 e poi, a vent'anni, a Cosenza, dove affrontò lo studio della teologia.  L'istruzione ricevuta dai domenicani non lo soddisfaceva e non gli era sufficiente: «essendo inquieto, perché mi sembrava una verità non sincera, o piuttosto falsità in luogo della verità rimanere nel Peripato, esaminai tutti i commentatori d'Aristotele, i greci, i latini e gli arabi; e cominciai a dubitare ancor più dei loro dogmi, e perciò volli indagare se le cose ch'essi dicevano fossero nella natura, che io avevo imparato dalle dottrine dei sapienti essere il vero codice di Dio. E poiché i miei maestri non potevano rispondere alle miei obiezioni contro i loro insegnamenti, decisi di leggere da me tutti i libri di Platone, di Plinio, di Galeno, degli stoici, dei seguaci di Democrito e principalmente i Telesiani, e metterli a confronto con il primo codice del mondo per sapere, attraverso l'originale e autografo, quanto le copie contenessero di vero o di falso».  Fu in particolare il De rerum natura iuxta propria principia di Bernardino Telesio una rivelazione e una liberazione insieme: scoprì che non esisteva soltanto la filosofia scolastica e che la natura poteva essere osservata per quello che è, e poteva e doveva essere indagata con i mezzi concreti posseduti dall'uomo, con i sensi e con la ragione, prima osservando e poi ragionando, senza schemi precostituiti e senza mandare a memoria quanto altri credevano di aver già scoperto e di conoscere su di essa. Era il 1588 e Telesio, che da anni era tornato a vivere nella nativa Cosenza, vi moriva ottantenne proprio in quei giorni. Il neofita frate entusiasta non poté sottrarsi a deporre sulla bara, nel duomo, versi latini di ringraziamento devoto. Quelle che dai suoi superiori furono considerate intemperanze gli costarono il trasferimento nel piccolo convento di Altomonte, dove tuttavia il Campanella non rimase inattivo: la segnalazione di alcuni amici, che gli mostrarono il libro di un certo Jacopo Antonio Marta, napoletano, scritto contro l'amato Telesio, lo spinse a replicare e nell'agosto del 1589 concluse quella che è la sua prima opera, la Philosophia sensibus demonstrata, pubblicata a Napoli due anni dopo.  In essa Campanella ribadì la sua adesione al naturalismo di Telesio, inquadrato però in una cornice neoplatonica, di derivazione ficiniana, per la quale le leggi della natura non mantengono più la loro autonomia, come in Telesio, ma sono spiegate dall'azione creatrice di Dio, dal quale deriva anche l'ordine provvidenziale che governa l'universo: «chi regola la natura è quel glorioso Iddio, sapientissimo artefice, che ha provveduto in modo da non reprimere le forze della natura, nella quale tuttavia agisce con misura».  Campanella non poteva rimanere a lungo ad Altomonte: alla fine del 1589 abbandonò il convento calabrese e se ne andò a Napoli, ospite dei marchesi del Tufo. Nella capitale del viceregno, pur non abbandonando l'abito di frate, fu tutto inteso ad approfondire i suoi interessi neoplatonici e scientifici, che allora erano connessi strettamente con gli studi alchemici e magici: «scrissi due opere, l'una del senso, l'altra della investigazione delle cose. A scrivere il libro De sensu rerum mi spinse una disputa avuta prima in pubblico, poi in privato con Giovanni Battista Della Porta, lo stesso che scrisse la Fisiognomica, il quale sosteneva che della simpatia e dell'antipatia non si può rendere ragione; disputa con lui avuta appunto quando esaminavamo insieme il suo libro già stampato. Scrissi poi il De investigatione rerum, perché mi pareva che i peripatetici ed i platonici portassero i giovani per una via larga ma non diritta alla ricerca della verità». Il De sensu rerum et magia, iniziato a scrivere in latino nel 1590, fu completato e dedicato al granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici nel 1592; sequestratogli il manoscritto a Bologna dal Sant'Uffizio, fu riscritto in italiano nel 1604, tradotto in latino nel 1609 e pubblicato finalmente nel 1620 a Francoforte. Campanella vi persegue una sintesi di naturalismo telesiano e di platonismo: a Democrito e ai materialisti rimprovera di voler far derivare l'ordine del mondo all'azione degli atomi, che non hanno sensibilità, e agli aristotelici la mancata iniziativa di Dio nella costituzione della natura. D'altra parte egli non intende nemmeno sacrificare l'autonomia delle forze che agiscono nella natura, pur se la spiegazione ultima delle cose va ricercata nella primitiva azione divina.  Secondo Campanella, i tre principi, materia, caldo e freddo, di cui è composta la natura, sono frutto della creazione divina: «Dio prima fece lo spazio, composto pure di Potenza, Sapienza e Amore [...] e dentro a quello pose la materia, che è la mole corporea [...] Nella materia poi Dio seminò due principi maschi, cioè attivi, il caldo e il freddo, perché la materia e lo spazio sono femmine, principi passivi. E questi maschi, da codesta materia divisa, combattendo, formano due elementi, cielo e terra, che combattendo tra loro, dalla loro virtù fatta languida nascono i secondi enti, avendo per guida della generazione le tre influenze, la Necessità, il Fato e l'Armonia, che portano l'Idea».  Le tre primalità (primalitates)che corrispondono alle tre nature divinecostituiscono il triplice carattere di ogni essere: Dio «ha dato a tutte le cose potenza di vivere, sapienza e amore quanto basti alla loro conservazione [...] Dunque il calore può, sente e ama essere, e così ogni cosa, e desidera eternarsi come Dio e attraverso Dio nessuna cosa muore ma si muta soltanto, anche se ogni cosa pare morta all'altra e in verità è morta, così come il fuoco pare cattivo al freddo ed è veramente cattivo per lui, ma per Dio ogni cosa è viva e buona». Se si considera ogni cosa nel tutto ci si rende conto che nulla muore veramente: «muore il pane e si fa chilo, questo muore e si fa sangue, poi il sangue muore e si fa carne, nervi, ossa, spirito, seme e patisce varie morti e vite, dolori e piaceri».  Dalla Potenza le cose sono solo perché possono essere e hanno una determinata natura; Dio attraverso questa potenza dona la Necessità alle cose, la Sapienza permette alle cose di conoscere il Fato, ossia il saper vedere la successione di causa-effetto nei processi naturali e infine l'Amore permette l'Armonia fra gli esseri, perché questi amano essere così e non diversamente: «tutti gli enti si compongono di Potenza, Sapienza e Amore e ognuno è perché può essere, sa essere e ama essere, combatte contro il non essere e, quando gli manca il potere o il sapere o l'amore dell'essere, muore e si trasmuta in chi ne ha di più».  Tutte le cose hanno sensibilità: «Tanta sciocchezza è negare il senso alle cose perché non hanno occhi, né bocca, né orecchie, quanto è negare il moto al vento perché non ha gambe, e il mangiare al fuoco perché non ha denti, e il vedere a chi sta in campagna perché non ha finestre da cui affacciarsi e all'aquila perché non ha occhiali. La medesima sciocchezza indusse altri a credere che Dio abbia certo corpo e occhi e mani».  Inoltre Campanella ci parla anche delle primalità del non-essere, presenti inevitabilmente nel mondo finito, che sono l’Impotenza, l’Insipienza e l’Odio: solo in Dio, che è infinito, le primalità dell'essere non sono contrastate dalle primalità del non-essere. A queste tre primalità si contrappongono le potenze negative, che possono variamente combinarsi alle primalità nell'ambito delle varie forme della magia, che è l'insieme delle regole che vanno osservate per intervenire nella natura. Il mago è il sapiente che scopre le relazioni esistenti tra le cose: «beato chi legge nel libro della natura, e impara quello che le cose sono, da esso e non dal proprio capriccio, e impara così l'arte e il governo divino, facendosi di conseguenza, con la magia naturale, simile e unanime a Dio».  La magia si manifesta attraverso le sensazioni, che possono essere negative o positive: sensazioni che l'uomo coglie, e che gli fanno capire di essere parte integrante di un ordine universale; tuttavia, nonostante sia parte di questo ordine, può opporsi a tale ordine, e se si oppone all'ordine universale la magia è negativa, se invece si armonizza, ovvero cerca di seguire l'ordine universale, allora la magia è positiva.  La pubblicazione della Philosophia sensibus demonstrata provocò scandalo nel convento di San Domenico: un domenicano che non frequenta il convento e che rifiuta Aristotele e San Tommaso per Telesio non può essere un buon cattolico. Anche se nessuna affermazione eretica è contenuta nel libro, in un giorno imprecisato del 1591 Campanella fu arrestato dalle guardie del nunzio apostolico con l'accusa di pratiche demoniache. Non si conoscono gli atti del processo ma è conservato il testo della sentenza, emessa in San Domenico il 28 agosto 1592, contro «frater Thomas Campanella de Stilo provinciae Calabriae» dal padre provinciale di Napoli, fra Erasmo Tizzano e da altri giudici domenicani. L'accusa di praticare con il demonio e di aver pronunciato una frase irriverente contro l'uso delle scomuniche vengono a cadere, ma resta quella di essere un telesiano, di non tener conto dell'ortodossia filosofica di Tommaso d'Aquino e di essere stato per mesi «in domibus saecolarium extra religionem»: dopo quasi un anno di carcere già scontato, è allora sufficiente che reciti dei salmi e torni, entro otto giorni, nel suo convento di Altomonte.  Campanella si guardò bene dall'ubbidire all'ordine del tribunale, che lo avrebbe costretto a rinunciare, a soli 24 anni, a un mondo di cultura nel quale egli era convinto di poter offrire un contributo fondamentale. Così, munito di una lusinghiera lettera di presentazione al granduca di Toscana, rilasciatagli dall'amico ed estimatore, il padre provinciale di Calabria fra Giovanni Battista da Polistena, il 5 settembre 1592 fra Tommaso partì da Napoli alla volta di Firenze, con il suo carico di libri e manoscritti, contando su di un posto di insegnante a Pisa o a Siena.  La prudente diffidenza di Ferdinando I, che non mancò di chiedere informazioni sul suo conto al cardinale Del Monte, ottenendo una risposta negativa, spinse il 16 ottobre Campanella a lasciare Firenze per Bologna, dove l'Inquisizione, che lo sorvegliava, per mezzo di due falsi frati gli rubò gli scritti che si portava appresso, per poterli esaminare in cerca di prove a suo danno. Ai primi del 1593 Campanella fu a Padova, ospite del convento di Sant'Agostino. Qui, tre giorni dopo il suo arrivo, il Padre generale del convento venne nottetempo sodomizzato da alcuni frati, senza che egli potesse identificarli, e perciò, fra i tanti sospettati del grave abuso, anche il Campanella fu messo sotto inchiesta. Non si sa se dall'inchiesta si passò a un processo che abbia visto imputato, tra gli altri frati, anche Campanella: in ogni caso egli ne uscì innocente.  Rimase a Padova, probabilmente con la speranza di trovarvi lavoro; vi incontrò Galileo e conobbe il medico e filosofo veneziano Andrea Chiocco. Ma il Sant'Uffizio lo teneva ormai sotto osservazione: alla fine del 1593 o all'inizio del 1594 fu nuovamente arrestato. Fu accusato di:  aver scritto l'opuscolo De tribus impostoribusMosè, Gesù e Maomettodiretto contro le tre religioni monoteiste, un libro della cui esistenza allora si favoleggiava, ma che nessuno aveva mai letto; sostenere le opinioni atee di Democrito, evidentemente un'accusa tratta dall'esame del suo scritto De sensu rerum et magia, rubatogli a Bologna; essere oppositore della dottrina e dell'istituzione della Chiesa; essere eretico; aver disputato su questioni di fede con un giudaizzante, forse condividendone le tesi, e di non averlo comunque denunciato; aver scritto un sonetto contro Cristo, il cui autore sarebbe stato però, secondo Campanella, Pietro Aretino; possedere un libro di geomanzia, che in effetti gli fu sequestrato al momento dell'arresto. A Padova, in un primo tempo gli furono contestate solo le ultime tre accuse: per estorcere le confessioni, Campanella e due imputati presunti «giudaizzanti», Ottavio Longo, originario di Barletta, e Giovanni Battista Clario, di Udine, medico dell'arciduca Carlo d'Asburgo, furono sottoposti a tortura. Nel frattempo, dall'esame del suo De sensu rerum, fatto a Roma, dovettero trarsi nuove imputazioni, che richiesero lo spostamento del processo da Padova a Roma, dove infatti Campanella fu condotto e rinchiuso nel carcere dell'Inquisizione l'11 ottobre 1594.  Per difendersi dalle nuove accuse di essere oppositore della Chiesa, Campanella scrisse già nel carcere padovano un De monarchia Christianorum, perduto, e il De regimine ecclesiae, ai quali fece seguito, nel 1595, per contestare l'accusa di intelligenza con i protestanti, il Dialogum contra haereticos nostri temporis et cuisque saeculi e, a difesa dell'ortodossia di Telesio e dei suoi seguaci, la Defensio Telesianorum ad Sanctum Officium. La tortura cui fu sottoposto nell'aprile del 1595 segnò la pratica conclusione del processo: il 16 maggio Campanella abiurava nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva e veniva confinato nel convento domenicano di Santa Sabina, sul colle Aventino. Le disavventure giudiziarie di Campanella non finirono però qui. Il 31 dicembre 1596 era stato liberato dal confino di Santa Sabina e assegnato al convento di Santa Maria sopra Minerva; intanto, a Napoli, un concittadino di Campanella, condannato a morte per reati comuni, Scipione Prestinace, prima di essere giustiziato il 17 febbraio 1597, forse per ritardare l'esecuzione, denunciava diversi suoi conterranei e il Campanella in particolare, accusandolo di essere eretico: così, il 5 marzo, Campanella fu nuovamente arrestato.[25]  Non si conoscono i precisi contenuti della deposizione del Prestinace né i dettagli del nuovo processo, che si concluse il 17 dicembre 1597: nella sentenza, Campanella fu assolto dalle imputazioni e, diffidato dallo scrivere, liberato «sub cautione iuratoria de se representando toties quoties», finché, consegnato ai suoi superiori, questi lo confinino in qualche convento «senza pericolo e scandalo».  In tutto questo periodo di tempo, il Campanella non era certamente rimasto inoperoso nemmeno sotto l'aspetto della produzione speculativa e letteraria: oltre agli scritti difensivi del De monarchia, del Dialogo contro i Luterani e del De regimine, e ai Discorsi ai prìncipi d'Italia, che è un tentativo di captatio benevolentiae all'indirizzo della Spagna, giustificato dalla difficile situazione giudiziaria, scrisse l'Epilogo magno, destinato a essere integrato nella successiva Philosophia realis, con il Prodromus philosophiae instaurandae, pubblicato nel 1617, l'Arte metrica, dedicata al compagno di sventura Giovan Battista Clario, la Poetica, dedicata al cardinale Cinzio Aldobrandini, e i perduti Consultazione della repubblica Veneta, Syntagma de rei equestris praestantia, De modo sciendi e Physiologia.  Ai primi del 1598 Campanella prese la via di Napoli, dove si fermò diversi mesi, dando lezioni di geografia, scrivendo le perdute Cosmographia e Encyclopaedia facilis e terminando l'Epilogo Magno. In luglio s'imbarcò per la Calabria: sbarcato a Piana di Sant'Eufemia, raggiunse Nicastro e di qui, il 15 agosto, Stilo, ospite del convento domenicano di Santa Maria di Gesù.  Per poco tempo il Campanella rimase tranquillo in convento, dove scrisse il piccolo trattato De predestinatione et reprobatione et auxiliis divinae gratiae, nel quale affermò la dottrina cattolica del libero arbitrio. In un abbozzo dei suoi Articuli prophetales, appare già l'attesa del nuovo secolo che gli sembra annunciato da fenomeni straordinari: inondazioni del Po e del Tevere, allagamenti e terremoti in Calabria, il passaggio di una cometa, profezie e coincidenze astrologiche. Un nuovo mondo sembra alle porte, a sostituire il vecchio che in Calabria, ma non solo, vedeva «i soprusi dei nobili, la depravazione del clero, le violenze d'ogni specie [...] la Santa Sede [...] sanciva i soprusi e proteggeva i prepotenti. Il clero minore, corrottissimo nei costumi, abusava ogni giorno più delle immunità ecclesiastiche, e profanava in ogni modo il suo ufficio. Fazioni avverse contendevano talvolta aspramente tra loro, e non poche lotte erano coronate da omicidi e delitti d'ogni specie. Gruppi di frati si davano alla campagna, e, forniti di comitive armate, agivano come banditi, senza che il governo riuscisse a colpirli [...] I nobili e le famiglie private, dilaniate da inimicizie ereditarie, tenevano agitato il paese con combattimenti incessanti tra fazioni [...] l'estrema severità delle leggi, che comminavano la pena di morte per moltissimi delitti anche minimi [...] la frequenza delle liti e delle contese, aumentavano in maniera preoccupante il numero dei banditi».[26]  In tale situazione di degrado e nell'illusione di un rivolgimento già scritto nelle stelle, Campanella progettò, senza preoccuparsi di valutare realisticamente le possibilità di realizzazione, la costituzione in Calabria di una repubblica ideale, comunistica e insieme teocratica. Era necessario per questo cacciare gli Spagnoli, ricorrendo anche all'aiuto dei Turchi: cominciò a predicare dai primi mesi del 1599 l'imminente ed epocale rivolgimento, intessendo nell'estate una fitta trama di contatti con le poche decine di congiurati che aderirono a quella fantastica impresa. Le autorità ebbero ben presto sentore del tentativo di insurrezione e in agosto truppe spagnole intervennero a rafforzare i presidi. Il 17 agosto Campanella fuggì dal convento di Stilo, nascondendosi prima a Stignano, poi nel convento di Santa Maria di Titi; infine, nascosto in casa di un amico, progettò di imbarcarsi da Roccella, ma venne tradito e consegnato il 6 settembre agli spagnoli. Incarcerato a Castelvetere, il 10 settembre firmò una confessione nella quale faceva i nomi dei principali congiurati, negando ogni sua partecipazione all'impresa. Ma le testimonianze dei suoi complici erano concordi nell'indicarlo come capo della cospirazione.  Trasferito a Napoli insieme ai suoi compagni di avventura, Campanella fu rinchiuso in Castel Nuovo. Il 23 novembre 1599 avvenne il riconoscimento formale dell'accusato, descritto come «giovane con barba nera, vestito di abiti civili, con cappello nero, casacca nera, calzoni di cuoio e mantello di lana». Il Santo Uffizio non ottenne dall'autorità spagnola che i religiosi imputatiCampanella e altri sette frati domenicanifossero trasferiti a Roma e papa Clemente VIII, l'11 gennaio 1600, nominò il nunzio a Napoli, Jacopo Aldobrandini e don Pedro de Vera, che fu fatto ecclesiastico per l'occasione, giudici nel processo che si sarebbe tenuto a Napoli. Ad essi venne aggiunto il 19 aprile il domenicano Alberto Tragagliolo, vescovo di Termoli, già consultore nel primo processo, scelto dal papa per trattare in modo favorevole Campanella, poiché Clemente VIII era, anche se prudentemente, antispagnolo.  Campanella era passato sotto la giurisdizione del Sant'Uffizio, che nessun tribunale statale poteva violare, nemmeno nei casi di lesa maestà. Ciò permise di ritardare la prevedibile condanna a morte del frate. Durante il processo presieduto dal vescovo Benedetto Mandina, Campanella, sotto tortura, riconobbe le proprie eresie e, in quanto relapso, diventò passibile della pena capitale. La sua strategia di difesa, disperata e rischiosissima, fu quella di fingersi pazzo, poiché un eretico insano di mente non poteva essere messo a morte dal Sant'Uffizio.  I giudici, dubbiosi, lo sottoposero il 18 luglio, per un'ora, al supplizio della corda per fargli confessare la simulazione, ma egli resistette, rispondendo alle domande cantando o dicendo cose senza senso. L'accettazione da parte dei giudici della pazzia avvenne il 4 e 5 giugno 1601, durante una terribile seduta di tortura denominata "la veglia", che consistette in 40 ore di corda alternata al cavalletto, con tre brevi interruzioni. La resistenza morale e fisica di Campanella gli permise di superare la prova, anche se rimase poi tra la vita e la morte per sei mesi.   Frontespizio della Metaphysica Trascorse 27 anni in prigione a Napoli. Durante la prigionia scrisse le sue opere più importanti: La Monarchia di Spagna (1600), Aforismi Politici (1601), Atheismus triumphatus (1605-1607), Quod reminiscetur (1606?), Metaphysica (1609-1623), Theologia (1613-1624), e la sua opera più famosa, La città del Sole (1602), in cui vagheggiava l'instaurazione di una felice e pacifica repubblica universale retta su principi di giustizia naturale. Egli addirittura intervenne sul cosiddetto “primo processo a Galileo Galilei” con la sua coraggiosa Apologia di Galileo (scritta nel 1616 e pubblicata nel 1622).  Fu infine scarcerato nel 1626, grazie a Maffeo Barberini, arcivescovo di Nazareth a Barletta, poi papa col nome di Urbano VIII, che personalmente intercedette presso Filippo IV di Spagna. Campanella fu portato a Roma e tenuto per qualche tempo presso il Sant'Uffizio; fu liberato definitivamente nel 1629. Visse per cinque anni a Roma, dove fu il consigliere di Urbano VIII per le questioni astrologiche, avendo con successo, secondo il Papa, impedito il verificarsi di profezie che preannunciavano la sua morte imminente in occasione di due eclissi del 1628 e 1630.  Nel 1634, però, una nuova cospirazione in Calabria, portata avanti da uno dei suoi seguaci, gli procurò nuovi problemi. Con l'aiuto del cardinale Barberini e dell'ambasciatore francese de Noailles, fuggì in Francia, dove fu benevolmente ricevuto alla corte di Luigi XIII. Protetto dal cardinale Richelieu e finanziato dal re, passò il resto dei suoi giorni al convento parigino di Saint-Honoré. Il suo ultimo lavoro fu un poema che celebrava la nascita del futuro Luigi XIV (Ecloga in portentosam Delphini nativitatem).  Gli è stato dedicato un asteroide, 4653 Tommaso.  Il pensiero di Campanella prende le mosse, in età giovanile, dalle conclusioni cui era giunto Bernardino Telesio; egli si riallaccia quindi al naturalismo telesiano, sostenendo che la natura vada conosciuta nei suoi propri principi, che sono tre: caldo, freddo e materia. Essendo tutti gli esseri formati da questi tre elementi, allora gli esseri della natura sono tutti dotati di sensibilità, in quanto la struttura della natura è comune a tutti gli enti; quindi mentre Telesio aveva affermato che anche i sassi possono conoscere, Campanella porta all'esasperazione questo naturalismo, e sostiene che anche i sassi conoscono, perché nei sassi noi ritroviamo questi tre principi, ovvero caldo, freddo e massa corporea (materia).  Il problema della conoscenza (e la rivalutazione dell'uomo) Il naturalismo di Campanella, in conseguenza di ciò, comporta una teoria della conoscenza essenzialmente sensistica: egli sosteneva infatti che tutta la conoscenza è possibile solo grazie all'azione diretta o indiretta dei sensi, e che Cristoforo Colombo aveva potuto scoprire l'America perché si era rifatto alla sensazione, non di certo alla razionalità. La razionalità deriva dalla sensazione: non esiste una conoscenza razionale intellettiva che non derivi da quella sensitiva. Tuttavia Campanella, a differenza di Telesio, cerca di rivalutare l'uomo e pertanto afferma l'esistenza di due tipi di conoscenze: una innata, una sorta di coscienza interiore, e una conoscenza esteriore, che si avvale dei sensi. La prima è definita ‘sensus inditus', che è la conoscenza di sé, la seconda ‘sensus additus' che è la conoscenza del mondo esterno. La conoscenza del mondo esterno appartiene a tutti, anche agli animali; la conoscenza di sé, invece, appartiene solo all'uomo, ed è la coscienza di essere un essere pensante. Campanella si rifà ad Agostino d'Ippona, poiché afferma che noi possiamo dubitare della conoscenza del mondo esterno, mentre non possiamo dubitare della conoscenza di sé. Questo ‘sensus inditus' sarà poi il punto essenziale della filosofia cartesiana, che si basa sul ‘cogito': io penso quindi esisto (cogito ergo sum).  La religione e la politica In base a queste premesse, Campanella si sofferma sulla religione che egli distingue in due tipologie: una religione naturale e religioni positive. La religione naturale è una religione che rispetta l'ordine universale dell'universo stesso; le religioni positive sono invece religioni che vengono imposte dallo stato. Campanella afferma però che il cristianesimo è l'unica religione positiva, poiché è imposto dallo stato, ma al contempo coincide con l'ordine naturale (cui però aggiunge il valore della rivelazione). Tuttavia anche questa teoria della religione razionale contrastava con i dogmi della Chiesa della Controriforma. Egli sostenne, del resto, la superiorità del potere temporale su quello spirituale, individuando poi il potere supremo, di volta in volta, nella Spagna e poi nella Francia, a seconda di convenienze politiche e personali.  La città del Sole Magnifying glass icon mgx2.svg La città del Sole.  Civitas Solis Campanella fu autore anche di un'importante opera di carattere utopico, ovvero La città del Sole. Nella Città del Sole egli descrive una città ideale, utopica, governata dal Metafisico, un re-sacerdote volto al culto del Dio Sole, un dio laico proprio di una religione naturale, di cui Campanella stesso è sostenitore, pur presupponendo razionalmente che coincida con la religione cristiana. Questo re-sacerdote si avvale di tre assistenti, rappresentanti le tre primalità su cui si incentra la metafisica campanelliana: Potenza, Sapienza e Amore. In questa città vige la comunione dei beni e la comunione delle donne. Nel delineare la sua concezione collettivista della società, Campanella si rifà a Platone (V secolo a.C.) e all'Utopia di Tommaso Moro (1517); fra gli antecedenti dell'utopismo campanelliano è da annoverare anche La nuova Atlantide di Francesco Bacone. L'utopismo partiva dal presupposto che, poiché non si poteva realizzare un modello di Stato che rispecchiasse la giustizia e l'uguaglianza, allora questo Stato si ipotizzava, come aveva fatto a suo tempo Platone. È però importante sottolineare che, mentre Campanella tratta una realtà utopistica, Niccolò Machiavelli rappresenta la realtà concretamente, e la sua concezione dello Stato non è affatto utopistica, ma assume una valenza di metodo di governo, finalizzato ad ottenere e mantenere stabilmente il potere.  Interpretazioni storiografiche del pensiero politico L'incertezza è già evidente nell'interpretazione della critica idealistica, che, nei limiti di una conoscenza ancora incompleta dell'opera, coglie nel pensiero campanelliano un deciso orientamento in direzione del moderno immanentismo, contaminato tuttavia da residui del passato e della tradizione cristiana e medioevale.  Per Silvio Spaventa, Campanella è il "filosofo della restaurazione cattolica", in quanto la stessa proposizione che la ragione domina il mondo, è inficiata dalla convinzione che essa risieda unicamente nel papato. Non molto dissimile la lettura di Francesco de Sanctis: "Il quadro è vecchio, ma lo spirito è nuovo. Perché Campanella è un riformatore, vuole il papa sovrano, ma vuole che il sovrano sia ragione non solo di nome ma di fatto, perché la ragione governa il mondo". È la ragione che determina e giustifica i mutamenti politici, e questi ultimi "sono vani se non hanno per base l'istruzione e la felicità delle classi più numerose". Tutto ciò conduce Campanella, secondo il pensiero idealista, alla concezione di un moderno immanentismo. Opere Aforismi politici, A. Cesaro, Guida, Napoli 1997 An monarchia Hispanorum sit in augmento, vel in statu, vel in decremento, L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Antiveneti, L. Firpo, Olschki, Firenze 1944 Apologeticum ad Bellarminum, G. Ernst, in «Rivista di storia della filosofia», XLVII, 1992 Apologeticus ad libellum ‘De siderali fato vitando’, L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Apologeticus in controversia de concepitone beatae Virginis, A. Langella, L'Epos, Palermo 2004 Apologia pro Galileo, Michel-Pierre Lerner. Pisa, Scuola Normale Superiore, 2006 Apologia pro Scholis Piis, L. Volpicelli, Giuntine-Sansoni, Firenze 1960 Articoli prophetales, G. Ernst, La Nuova Italia, Firenze 1977 Astrologicorum libri VII, Francofurti 1630 L'ateismo trionfato, ovvero riconoscimento filosofico della religione universale contra l'antichristianesimo macchiavellesco, G. Ernst, Edizioni della Normale, Pisa 2004  88-7642-125-4 De aulichorum technis, G. Ernst, in «Bruniana e Campanelliana», II, 1996 Avvertimento al re di Francia, al re di Spagna e al sommo pontefice, L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Calculus nativitatis domini Philiberti Vernati, L. Firpo, in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, 74, 1938-1939 Censure sopra il libro del Padre Mostro [Niccolò Riccardi]. Proemio e Tavola delle censure, L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Censure sopra il libro del Padre Mostro: «Ragionamenti sopra le litanie di nostra Signora», A. Terminelli, Edizioni Monfortane, Roma 1998 Chiroscopia, G. Ernst, in «Bruniana e Campanelliana», I, 1995 La città del Sole, L. Firpo, Laterza, Roma-Bari 2008  88-420-5330-9 Commentaria super poematibus Urbani VIII, codd. Barb. Lat. 1918, 2037, 2048, Biblioteca Vaticana Compendiolum physiologiae tyronibus recitandum, cod. Barb. Lat. 217, Biblioteca Vaticana Compendium de rerum natura o Prodromus philosophiae instaurandae, Francofurti 1617 Compendium veritatis catholicae de praedestinatione, L. Firpo, Olschki, Firenze 1951 Consultationes aphoristicae gerendae rei praesentis temporis cum Austriacis ac Italis, L. Firpo, Olschki, Firenze 1951 Defensio libri sui 'De sensu rerum', apud L. Boullanget, Parisiis 1636 Dialogo politico contro Luterani, Calvinisti e altri eretici, D. Ciampoli, Carabba, Lanciano 1911 Dialogo politico tra un Veneziano, Spagnolo e Francese, L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Discorsi ai principi d'Italia, L. Firpo, Chiantore, Torino 1945 Discorsi della libertà e della felice soggezione allo Stato ecclesiastico, L. Firpo, s.e., Torino 1960 Discorsi universali del governo ecclesiastico, L. Firpo, UTET, Torino 1949 Disputatio contra murmurantes in bullas ss. Pontificum adversus iudiciarios, apud T. Dubray, Parisiis 1636 Disputatio in prologum instauratarum scientiarum, R. Amerio, SEI, Torino 1953 Documenta ad Gallorum nationem, L. Firpo, Olschki, Firenze 1951 Epilogo Magno, C. Ottaviano, R. Accademia d'Italia, Roma 1939 Expositio super cap. IX epistulae sancti Pauli ad Romanos, apud T. Dubray, Parisiis 1636 Index commentariorum Fr. T. Campanellae, L. Firpo, in «Rivista di storia della filosofia», II, 1947 Lettere 1595-1638, G. Ernst, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2000 Lista dell'opere di fra T. Campanella distinte in tomi nove, L. Firpo, in «Rivista di storia della filosofia», II, 1947 Medicinalium libri VII, ex officina I. Phillehotte, sumptibus I. Caffinet F. Plaignard, Lugduni 1635 Metafisica, Giovanni Di Napoli, (brani scelti del testo latino e traduzione italiana, 3 volumi), Bologna, Zanichelli 1967 Metafisica. Universalis philosophiae seu metaphysicarum rerum iuxta propria dogmata. Liber 1ºPonzio, Levante, Bari 1994 Metafisica. Universalis philosophiae seu metaphysicarum rerum iuxta propria dogmata. Liber 14º, T. Rinaldi, Levante, Bari 2000 Monarchia Messiae, L. Firpo, Bottega d'Erasmo, Torino 1960 Philosophia rationalis, apud I. Dubray, Parisiis 1638 (comprende Logicorum libri tres) Philosophia realis, ex typographia D. Houssaye, Parisiis 1637 Philosophia sensibus demonstrata, L. De Franco, Vivarium, Napoli 1992 Le poesie, F. Giancotti, Einaudi, Torino 1998 Poetica, L. Firpo, Mondatori, Milano 1954 De praecedentia, presertim religiosorum, M. Miele, in «Archivum Fratrum Praedicatorum», LII, 1982 De praedestinatione et reprobatione et auxiliis divinae gratiae cento Thomisticus, apud I. Dubray, Parisiis 1636 Quod reminiscentur et convertentur ad Dominum universi fines terrae, R. Amerio, CEDAM, Padova 1939 (L. I-II), Olschki, Firenze 1955-1960 (L. III-IV) Del senso delle cose e della magia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003 De libris propriis et recta ratione. Studendi syntagma, A. Brissoni, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996 Theologia, L. I-XXX, Libro Primo, Edizione Romano Amerio, Vita e Pensiero, Milano, 1936. Scelta di alcune poesie filosoficheChoix de quelques poésies philosophiques, Edizione Marco Albertazzi, Traduzione francese di Franc Ducros, La Finestra editrice, Lavis   978-88-95925-70-7. Campanella nel cinema La città del sole, regia di Gianni Amelio (1973) Note  A. Casadei, M. Santagati, Manuale di letteratura italiana medievale e moderna, Laterza, Roma-Bari 249.  Luigi Firpo, Campanella Tommaso, «Dizionario biografico degli Italiani», Roma 1974: «Non hanno fondamento le asserzioni ricorrenti, attizzate da un patetico campanilismo, che lo vorrebbero nato nel vicino comune di Stignano». Nel Novecento nacque una disputa campanilistica tra il comune di Stilo e quello di Stignano, che rivendica di aver dato i natali al filosofo calabrese e indica nel proprio territorio la presunta casa natale di Campanella  In Luigi Firpo, I processi di Tommaso Campanella, Roma 1998117  In Opere di Tommaso Campanella, Alessandro d'Ancona, Torino 185412. Un decreto del 16 maggio 1968 ad opera del Ministero della Pubblica Istruzione Caleffi fissa la casa natale di Tommaso Campanella nell'attuale Comune di Stignano, al tempo casale del vastissimo territorio di Stilo, adducendo a prova del fatto l'archivio provinciale di Napoli. La differente indicazione del cognome della madre, Basile e Martello, fa ritenere che quest'ultimo sia un soprannome  Massimo Baldini,Nota biobibliografica, in T. Campanella, La Città del Sole, Newton Compton, Roma 1995, p.16  T. Campanella, Syntagma de libris propriis et recta ratione studendi, I  Germana Ernst, Tommaso Campanella: The Book and the Body of Nature [1 ed.], 9048131251, 9789048131259, Springer Netherlands, .  Gli amici Giovanni Francesco Branca, medico di Castrovillari, e Rogliano da Rogiano, entrambi telesiani, gli segnalarono il libro dell'aristotelico Marta, il Propugnaculum Arìstotelis adversus principia B. Telesii, Roma 1587  Philosophia sensibus demonstrata, impressum Neapoli per Horativm Salvianum 1591  Il libro è andato perduto  T. Campanella, Syntagma de libris propris14  John M. Headley, Tommaso Campanella and the Transformation of the World, 0691026793, 9780691026794, Princeton University Press, 1997.  T. Campanella, De sensu rerum et magia, II, 26  Pubblicata da Vincenzo Spampanato in Vita di Giordano Bruno, Messina 1921572  Il cardinale rispose che l'inquisitore fra Vincenzo da Montesanto gli aveva riferito che del Campanella «si rivedono molti libri pieni [...] di leggerezza e vanitade, e [...] ancora non sono chiari se vi sia cosa che appartenghi alla religione»; cfr: lettera del Del Monte a Ferdinando I del 25 settembre 1592 in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo, f. 3759  La vicenda di questo sequestro, simulato con il furto, è esaminata da Luigi Firpo, Appunti campanelliani, in «Giornale critico della filosofia italiana», XXI, 1940  Non vi sono documenti relativi a quell'episodio, essendone unica fonte lo stesso Campanella in due sue tarde lettere, a papa Paolo V il 12 aprile 1607 e a Kaspar Schoppe il 1º giugno dello stesso anno, nelle quali Campanella sottolinea la sua innocenza senza entrare in dettagli.  Campanella, lettera a Kaspar Schoppe del 1º giugno 1607: «accusarunt me quod composuerim librum de tribus impostoribus, qui tamen invenitur typis excusis annos triginta ante ortum meum ex utero matri».  Due libri di simile contenuto furono scritti soltanto alla fine del Seicento e ai primi del Settecento.  Campanella, ivi: «quod sentirem cum Democrito, quando ego iam contra Democritum libros edideram».  Ibidem: «quod de ecclesiae republica et doctrina male sentirem».  Ibidem: «quod sim haereticus».  Campanella, lettera al papa del 12 aprile 1607: «Primo ex dicto unius judaizantis molestatus». Il giudaizzante dovrebbe essere un certo Ottavio Longo da Barletta, anch'egli arrestato a Padova e processato a Roma.  Ibidem: «secundo ob rythmum impium Aretini non meum».  «Lecta depositione Scipionis Prestinacis de Stylo, Squillacensis Diocesis, facta in Curia archiepiscopali Neapolitana, Illustrissimi et Reverendissimi Domini Cardinales generales Inquisitionis praefatae mandaverunt dictum fratrem Thomam reduci ad carceres dictae Sanctae Inquisitionis», in L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella88  C. Dentice di Accadia, Tommaso Campanella, 1921,  43-44  Opere Tommaso Campanella, Apologia pro Galileo, Frankfurt am Main, Gottfried Tampach, 1622. Tommaso Campanella, Metaphysica,  1, Paris, 1638. Tommaso Campanella, Metaphysica,  2, Paris, 1638. Tommaso Campanella, Metaphysica,  3, Paris, 1638. Tommaso Campanella, Poesie, Bari, Laterza, 1915.  Tommaso Campanella, Medicinalium libri, Lugduni, ex officina Ioannis Pillehotte : sumptibus Ioannis Caffin, & Francisci Plaignard, 1635. Delle virtù e dei vizi in particolare, testo critico e traduzione Romano Amerio, Ed. Centro internazionale di studi umanistici, Roma, 1978 Studi Luigi Amabile, Fra Tommaso Campanella, la sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia, 3 voll., Morano, Napoli 1882 (ristampa anastatica, Franco Pancallo Editore, Locri 2009). ID., L'andata di Fra Tommaso Campanella a Roma dopo la lunga prigionia di Napoli, Memoria letta all'Accademia Reale di Scienze Morali e Politiche, Tipografia della Regia Università, Napoli 1886 (ristampa anastatica, Franco Pancallo Editore, Locri 2009). ID., Fra Tommaso Campanella ne' castelli di Napoli, in Roma ed in Parigi, 2 voll., Morano, Napoli 1887. Giuliano F. Commito, IUXTA PROPRIA PRINCIPIALibertà e giustizia nell'assolutismo moderno. Tra realismo e utopia, Aracne, Roma, 2009,  978-88-548-2831-5. 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Ylenia Fiorenza, Quel folle d'un saggio, Tommaso Campanella, l'impeto di un filosofo poeta, Napoli, Città del Sole, 2009. Paola Gatti, Il gran libro del mondo nella filosofia di Tommaso Campanella, Roma, Gregoriana & Biblical Press, . Sharo Gambino, Vita di Tommaso Campanella, Reggio Calabria, Città del Sole Edizioni, 2008,  978-88-7351-241-7. Saverio Ricci, Campanella (Apocalisse e governo universale), Roma, Salerno Editrice, . Luca Addante, Tommaso Campanella. Il filosofo immaginato, interpretato, falsato, Roma-Bari, Laterza, .  Metafisica (Tommaso Campanella) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Tommaso Campanella Collabora a Wikiquote Citazionio su Tommaso Campanella Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tommaso Campanella  Tommaso Campanella, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tommaso Campanella, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tommaso Campanella, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Tommaso Campanella, su The Encyclopedia of Science Fiction.  Tommaso Campanella, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Tommaso Campanella, su Liber Liber.  Opere di Tommaso Campanella, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Tommaso Campanella, . Opere di Tommaso Campanella, su Progetto Gutenberg. Audiolibri di Tommaso Campanella, su LibriVox.  di Tommaso Campanella, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff.   italiana di Tommaso Campanella, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Tommaso Campanella, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Archivio Tommaso Campanella, su iliesi.cnr.it. Le opere di Campanella, su bivio.filosofia.sns.it. Historiographiae liber unus iuxta propria principia, su imagohistoriae.filosofia.sns.it. testo tratto da Tutte le opere di Tommaso Campanella, Milano, 1954.Germana Ernst, Tommaso Campanella, in Edward N. Zalta , Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Stanford. Filosofia Letteratura  Letteratura Filosofo del XVII secoloTeologi italianiPoeti italiani Professore1568 1639 5 settembre 21 maggio Stilo ParigiDomenicani italianiLetteratura utopicaAccademia cosentinaVallata dello StilaroErmetisti italianiAforisti italianiItaliani emigrati in Francia. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Campanella," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, ItaliaCampanelliana.

 

Cantoni: Grice: “You gotta love Cantoni; I call him the Italian Hampshire! Cantoni philosophises on ‘anthropology’ and he has not the least interest in past philosophies, -- only contemporary! – Oddly, he reclaimed the good use of ‘primitive,’ meaning ‘originary,’ and he has philosophised on pleasure and com-placent – also on ‘seduction,’ and eros. It is most interesting that he reclaimed the concept of ‘umano,’ when dealing with anthropology, as he considers the ‘disumano’, and the ‘crisi dell’uomo,’ and also the ‘desagio dell’uomo’ – He has philosophised on the complex concept of the ‘tragic’ alla Nietzsche – and he dared translate my métier and Fichte’s bestimmung as ‘la missione dell’uomo’! – Like other Italian philosophers they joke at trouser words and he has philosophised on ‘what Socrates actually said’! My favourite is his treatise on Remo and Romolo in ‘mito e storia’ -- Remo Cantoni (Milano), filosofo. Insegnò filosofia morale in alcune università italiane.  In opposizione alla tradizione storicista, idealistica crociana si occupò di cultura e storia usando contaminazioni sociologiche e antropologiche. Per queste aperture venne considerato uno dei maggiori promotori dell'antropologia culturale in Italia. Nel solco del maestro Antonio Banfi fu uno dei maggiori esponenti della "Scuola di Milano".  Oltre ai numerosi volumi pubblicati fondò le riviste Studi filosofici e Il pensiero critico.  Fu allievo del filosofo Antonio Banfi, coetaneo e amico di Vittorio Sereni e Dino Formaggio. Nella cerchia di amicizie di Banfi conobbe la poetessa Antonia Pozzi che di lui si innamorò di amore non corrisposto. In una lettera a Sereni ella scrisse:  «[…] Non riesco nemmeno a trarre un senso da tutti questi giorni che abbiamo vissuto insieme: sono qui, in questa pausa di solitudine, come un po' d'acqua ferma per un attimo sopra un masso sporgente in mezzo alla cascata, che aspetta di precipitare ancora. Vivo come se un torrente mi attraversasse; tutto ha un senso di così immediata fine, e è sogno che sa d'esser sogno, eppure mi strappa con così violente braccia via dalla realtà. […] Sempre così smisuratamente perduta ai margini della vita reale: difficilmente la vita reale mi avrà e se mi avrà sarà la fine di tutto quello che c'è di meno banale in me. Forse davvero il mio destino sarà di scrivere dei bei libri per i bambini che non avrò avuti. Povero Manzi: senza saper niente, mi chiamava Tonia Kröger. E questi tuoi occhi che sono tutto un mondo, con già scritta la tua data di morte […] Un'ora sola in cui si guardi in silenzio è tanto più vasta di tutte le possibili vite […]»  Pensiero Antropologia e mito Cantoni definiva come "primitivo" quel pensiero sincretico che non distingueva nettamente tra mito e realtà tra affezione e razionalità. In questo senso "primitivo" in Cantoni assume una valenza psicologica più che antropologica. Il pensiero mitico, scrive Cantoni in "Pensiero dei primitivi, preludio ad un'antropologia", non è "arbitrario e caotico", ma "pervaso di una razionalità" (p. 299); una "razionalità fusa in un crogiuolo affettivo" (p. 196).  Secondo Cantoni "una delle differenze fondamentali tra il pensiero moderno e quello primitivo consiste nel fatto che il pensiero moderno ha una chiara coscienza della relazione e dell'intreccio delle varie forme culturali tra loro e può sempre transitare da una all'altra quando lo voglia; mentre noi sappiamo, ad esempio, che v'è un conflitto tra la scienza e la religione, l'arte e la morale, il sogno e la realtà, il pensiero logico e la creazione mitica, i primitivi mantengono tutte queste forme su di un piano indistinto per cui fondono e confondono ciò che noi non sempre distinguiamo, ma possiamo pur sempre distinguere. Questa mancanza di distinzioni nette è uno dei caratteri più salienti della mentalità primitiva" (p. 183)  Quindi "sogno e realtà trapassano uno nell'altro e costituiscono nella loro saldatura un continuum omogeneo" (p. 185).  Cantoni si occupò con prefazioni, traduzioni, curatele e altro di Søren Kierkegaard, Fëdor Dostoevskij, Friedrich Nietzsche, Franz Kafka, Baruch Spinoza, Johann Gottlieb Fichte, Ernest Renan, Nicolai Hartmann, Julian Huxley, Honoré de Balzac, Karl Jaspers, Antonio Banfi, Émile Durkheim, Sofocle e Robert Musil.  Opere Il pensiero dei primitivi, Milano: Garzanti, 1941; n. ed. Milano: La goliardica, 1959; Milano: Il Saggiatore, 1963, 1966, 1968, 1974 Estetica ed etica nel pensiero di Kierkegaard, Milano: Denti, 1945 Crisi dell'uomo: il pensiero di Dostoevskij, Milano: Mondadori, 1948, n. ed. Milano: Il Saggiatore, 1975 La coscienza inquieta: Soren Kierkegaard, Milano: Mondadori, 1949; n. ed. Milano: Il Saggiatore, 1976 Mito e storia, Milano: Mondadori, 1953 La vita quotidiana: ragguagli dell'epoca, Milano: Mondadori, 1955 (articoli apparsi su "Epoca" 1950-54); n. ed. Milano: Il Saggiatore, 1966, 1972 La coscienza mitica, Milano: Universitarie, 1957 (lezioni dell'anno accademico 1956-57) Umano e disumano, Milano: IEI, 1958 Il pensiero dei primitivi, Milano: La goliardica, 1959 Il tragico come problema filosofico, Milano: La goliardica, 1960 La crisi dei valori e la filosofia contemporanea: con appendice sullo storicismo, Milano: La goliardica, 1961 Filosofia del mito, Milano: La goliardica, 1962 Il problema antropologico nella filosofia contemporanea, Milano: La goliardica, 1963 Tragico e senso comune, Cremona: Mangiarotti, 1963 Società e cultura, Milano: La goliardica, 1964 Filosofie della storia e senso della vita, Milano: La goliardica, 1965 Scienze umane e antropologia filosofica, Milano: La goliardica, 1966 Illusione e pregiudizio: l'uomo etnocentrico, Milano: Il Saggiatore, 1967, 1970 Storicismo e scienze dell'uomo, Milano: La goliardica, 1967 Personalità, anomia e sistema sociale, Milano: La goliardica, 1969 (con Franco Fergnani) Che cosa ha veramente detto Kafka, Roma: Ubaldini, 1970 Il significato del tragico, Milano: La goliardica, 1970 Introduzione alle scienze umane, Milano: La goliardica, 1971 Che cosa ha detto veramente Hartmann, Roma: Ubaldini, 1972 Robert Musil e la crisi dell'uomo europeo, Milano: La goliardica, 1972; n. ed. Milano: Cuem, 2000  8860016673 Persona, cultura e società nelle scienze umane, Milano: Cisalpino-Goliardica, 1973 Antropologia quotidiana, Milano: Rizzoli, 1975 Il senso del tragico e il piacere, prefazione di Nicola Abbagnano, Milano: Editoriale nuova, 1978 Franz Kafka e il disagio dell'uomo contemporaneo, con una nota di Carlo Montaleone , Milano: Unicopli, 2000  8840005986 Note  Attiva tra 1950 ed il 1962 e edita dall'Istituto Editoriale Italiano  Lettere d'amore di Antonia Pozzi Archiviato il 12 dicembre 2008 in . il 17 dicembre 2008  Carlo Montaleone, Cultura a Milano nel dopoguerra. Filosofia e engagement in Remo Cantoni, Torino: Bollati Boringhieri, 1996  8833909689 Caterina Genna, «Il pensiero critico» di Remo Cantoni, Firenze: Le Lettere, 2008  8860871603 Massimiliano Cappuccio e Alessandro Sardi , Remo Cantoni, Milano: Cuem, 2007  9788860011381 Clementina Gily Reda, L'antropologia filosofica di Remo Cantoni. Miti come arabeschi, Fondazione Ugo Spirito, 2008  8886225091  Antonia Pozzi Antonio Banfi Scuola di Milano Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Remo Cantoni Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Remo Cantoni  sito di Antonia Pozzi, su antoniapozzi.it. Filosofia Letteratura  Letteratura Università  Università Filosofo del XX secoloAccademici italiani Professore1914 1978 14 ottobre 3 febbraio Milano MilanoStudenti dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di CagliariProfessori della SapienzaRomaProfessori dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università degli Studi di MilanoFondatori di riviste italianeDirettori di periodici italiani

 

Capitini: Grice: “I love Capitini: his idea (or ‘paradigma,’ as he prefers, echoing Plato and Kuhn) of ‘compresenza conversazionale’ is genial and Griceian! Capitini abbreviates all my pragmatics in the ‘tu’ – or ‘noi,’ – “I am born when I say ‘thou’’ – translated alla Buber – what more conversationally implicaturish can THEE be? (I’m using West-Country puritan patois!”) -- Aldo Capitini (Perugia) filosofo. Fu uno tra i primi in Italia a cogliere e a teorizzare il pensiero nonviolento gandhiano, al punto da essere chiamato il Gandhi italiano.   Nato in una famiglia modesta, Capitini si dedica dapprima agli studi tecnici, per necessità economiche e, in seguito, a quelli letterari, come autodidatta. La madre lavora come sarta e il padre era impiegato comunale, custode del campanile municipale di Perugia. Ritenuto inabile al servizio militare per ragioni di salute, non partecipa alla Prima guerra mondiale. Dopo gli studi della scuola tecnica e dell'istituto per ragionieri, dai diciannove ai ventuno anni si dedica alla lettura dei classici latini e greci, studiando da autodidatta anche dodici ore al giorno, dando così inizio al suo ininterrotto lavoro di approfondimento interiore e filosofico.  In questi anni legge autori e libri molto diversi tra loro, su cui forma la propria cultura letteraria e filosofica: D'Annunzio, Marinetti, Boine, Slataper, Jahier, Ibsen, Leopardi, Manzoni, la Bibbia, Gobetti, Michelstaedter, Kant, Kierkegaard (profondamente influenzato dal Vangelo), Francesco d'Assisi, Mazzini, Tolstoj e Gandhi. In questo periodo aderisce quindi al pensiero nonviolento del politico indiano.  Nel 1924 vince una borsa di studio presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, nel curriculum universitario di Lettere e Filosofia.  La lotta contro il fascismo Nel 1929 Capitini critica aspramente il Concordato con la Chiesa cattolica, da lui giudicato una "merce di scambio" per ottenere da Pio XI e dalle gerarchie ecclesiali un atteggiamento "morbido" nei confronti del fascismo. In uno dei suoi libri arriva ad affermare che «...se c'è una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista è di aver chiarito per sempre che la religione è una cosa diversa dall'istituzione».  Nel 1930 viene nominato segretario della Normale di Pisa. Durante il periodo trascorso a Pisa, Capitini matura la scelta del vegetarianismo come conseguenza della scelta di non uccidere, e ogni suo pasto alla mensa della Normale diventa un comizio efficace e silenzioso, un'affermazione della nonviolenza in opposizione alla violenza del regime fascista.  Insieme a Claudio Baglietto, suo compagno di studi, promuove tra gli studenti della Scuola Normale riunioni serali dove diffonde e discute scritti sulla nonviolenza e la nonmenzogna. Allorché Baglietto, recatosi all'estero con una borsa di studio, rifiuta di tornare in Italia in quanto obiettore di coscienza al servizio militare, scoppia lo scandalo e il direttore della Scuola Normale Giovanni Gentile, per reazione, chiede a Capitini l'iscrizione al partito fascista. Capitini rifiuta e Gentile ne decide il licenziamento. Sergio Romano scriverà:  «Gentile e Capitini si separarono poco tempo dopo nella sala delle adunanze del palazzo dei Cavalieri. Il filosofo disse di sperare che "le future esperienze gli facessero vedere la vita e la realtà delle cose sotto un aspetto diverso"; e Capitini rispose che non poteva fare altro che "contraccambiare l'augurio". Fu certamente una rottura. Ma non appena il giovane pacifista uscì dalla sala, il filosofo si voltò verso Francesco Arnaldi, che aveva assistito a questo scambio di battute, e disse "Abbiamo fatto bene a mandarlo via perché, oltre tutto, è un galantuomo".»   Benedetto Croce; in riferimento a lui Capitini scriverà: «dal Croce può venire il servizio ai valori. Il Croce è greco-europeo, perché la civiltà europea porta al suo sommo l'affermazione dei valori». A questo punto Capitini torna a Perugia nella casa paterna, vivendo di lezioni private. Nel periodo di tempo tra il 1933 e il 1934 compie frequenti viaggi a Roma, Firenze, Bologna, Torino e Milano per incontrare numerosi amici antifascisti e intessere in questo modo una fitta rete di contatti.  Nell'autunno del 1936 a Firenze, a casa di Luigi Russo, ha modo di conoscere Benedetto Croce, a cui consegna un pacco di dattiloscritti che Croce apprezza e fa pubblicare nel gennaio dell'anno seguente presso l'editore Laterza di Bari con il titolo Elementi di un'esperienza religiosa. In poco tempo gli Elementi diventano uno tra i principali riferimenti letterari della gioventù antifascista.   Giovanni Gentile negli anni trenta, ai tempi del direttorato alla Normale In seguito alla larga diffusione del suo libro, Capitini promuove assieme a Guido Calogero un movimento culturale che negli anni successivi cercherà di trasformare in un progetto politico atto a realizzare le idee di libertà individuale e di uguaglianza sociale contenute negli "Elementi". Nasce così nel 1937 il Movimento Liberalsocialista, in un anno segnato dall'assassinio dei Fratelli Rosselli, dalla morte di Antonio Gramsci e da una forte ondata di violenza repressiva contro l'opposizione antifascista. Alle attività del movimento collaborano, tra gli altri, Ugo La Malfa, Giorgio Amendola, Norberto Bobbio e Pietro Ingrao.  Nel febbraio 1942 la polizia fascista effettua una retata nel corso di una riunione del gruppo dirigente liberalsocialista, in seguito alla quale Capitini e gli altri partecipanti alla riunione vengono rinchiusi nel carcere fiorentino delle Murate. Dopo quattro mesi Capitini viene rilasciato, grazie alla sua fama di "religioso". «Quale tremenda accusa contro la religione, se il potere ha più paura dei rivoluzionari che dei religiosi», commenterà più tardi.  Nel giugno 1942 nasce il Partito d'Azione, la cui dirigenza proviene direttamente dalle file del liberalsocialismo. Capitini rifiuta di aderire a qualsiasi partito, poiché a suo giudizio «... il rinnovamento è più che politico, e la crisi odierna è anche crisi dell'assolutizzazione della politica e dell'economia». Per il suo rifiuto di collocarsi all'interno delle logiche dei partiti, Capitini rimane escluso sia dal Comitato di Liberazione Nazionale, sia dalla Costituente, pur avendo lui dato un'impronta indelebile alla nascita della Repubblica con il suo lavoro culturale, politico, filosofico e religioso di opposizione morale al fascismo.  Nel maggio 1943 Capitini viene nuovamente arrestato e rinchiuso, questa volta, nel carcere di Perugia; viene definitivamente liberato col 25 luglio.   Capitini tra gli anni '30 e '40 Il Centro di Orientamento Sociale (COS) Nel 1944 Capitini cerca di realizzare un primo esperimento di democrazia diretta e di decentralizzazione del potere, fondando a Perugia il primo Centro di Orientamento Sociale (COS), un ambiente progettuale e uno spazio politico aperto alla libera partecipazione dei cittadini, uno «...spazio nonviolento, ragionante, non menzognero», secondo la definizione data dallo stesso Capitini. Durante le riunioni del COS i problemi di gestione delle risorse pubbliche vengono discussi liberamente assieme agli amministratori locali, invitati a partecipare al dibattito per rendere conto del loro operato e per recepire le proposte dell'assemblea, con l'obiettivo di far diventare "tutti amministratori e tutti controllati". A Partire da Perugia, i COS si moltiplicano in diverse città d'Italia: Ferrara, Firenze, Bologna, Lucca, Arezzo, Ancona, Assisi, Gubbio, Foligno, Teramo, Napoli e in moltissimi altri luoghi.   Aldo Capitini nel 1929 I Centri di Orientamento Sociale si sono diffusi sul territorio nazionale, scontrandosi tuttavia con l'indifferenza della Sinistra e con l'aperta ostilità della Democrazia Cristiana, che impediscono l'affermazione su scala nazionale dell'autogoverno e della decentralizzazione del potere sperimentati con successo nelle riunioni dei COS.  Nel secondo dopoguerra Capitini diventa rettore dell'Università per stranieri di Perugia (come Commissario, dal 1944 al 1946), un incarico che sarà costretto ad abbandonare a causa delle fortissime pressioni della locale Chiesa cattolica. Si trasferisce a Pisa, dove ricopre il ruolo di docente incaricato di Filosofia morale presso l'università degli Studi.  Parallelamente all'attività didattica, politica e pedagogica, Capitini prosegue la sua attività di ricerca spirituale e religiosa, promuovendo nel 1947 il Movimento di religione insieme a Ferdinando Tartaglia, singolare figura di sacerdote scomunicato ed audace teologo, che però se ne allontanerà nel 1949. Negli anni che vanno dal 1946 al 1948 il Movimento di religione organizza una serie di convegni con cadenza trimestrale, che culminano con il "Primo congresso per la riforma religiosa" (Roma 13/15 ottobre 1948).  Nel 1948 il giovane Pietro Pinna, dopo aver ascoltato Capitini in un convegno promosso a Ferrara dal Movimento di religione, matura la sua scelta di obiezione di coscienza: è il primo obiettore del dopoguerra. Pinna è processato dal tribunale militare di Torino il 30 agosto 1949 e a nulla serve la testimonianza a suo favore di Aldo Capitini. Pinna subisce una serie di processi, condanne e carcerazioni, fino al definitivo congedo per una presunta "nevrosi cardiaca". Agli inizi degli anni 60 si dimetterà dal suo impiego in banca per raggiungere Danilo Dolci in Sicilia e dopo un anno si trasferirà a Perugia per diventare il più stretto collaboratore di Capitini.  Dopo l'arresto di Pinna, Capitini promuove una serie di attività per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, convocando a Roma nel 1950 il primo convegno italiano sul tema.  Il Centro di Orientamento Religioso (COR)  Un primo piano di Aldo Capitini (ca. 1960) Nel 1952, in occasione del quarto anniversario dell'uccisione di Gandhi, Capitini promuove un convegno internazionale e fonda il primo Centro per la nonviolenza. Sempre nel 1952 Capitini affianca ai Centri di Orientamento Sociale il Centro di Orientamento Religioso (COR), fondato a Perugia con Emma Thomas (una quacchera inglese di ottant'anni). Il COR è uno spazio aperto, in cui trova espressione la religiosità e la fede di tutte le persone, i movimenti e i gruppi che non trovavano posto nel Cattolicesimo preconciliare. Lo scopo dei COR era quello di favorire la conoscenza delle religioni diverse dalla cattolica, e di stimolare i cattolici stessi ad un approccio più critico e impegnato alle questioni religiose.  La Chiesa locale vieta la frequentazione del Centro di Orientamento Religioso, e quando nel 1955 Capitini pubblica Religione Aperta il libro viene immediatamente inserito nell'Indice dei libri proibiti. Nonostante l'ostracismo delle alte gerarchie ecclesiali, Capitini stabilisce ugualmente degli efficaci rapporti di collaborazione con alcuni cattolici come Don Lorenzo Milani e Don Primo Mazzolari.  Il 12 settembre del 1952 Capitini organizza a Perugia un convegno su La nonviolenza riguardo al mondo animale e vegetale e, insieme a Edmondo Marcucciautore di Che cos'è il vegetarismo e, al pari di Capitini, mai iscritto al partito fascistafonda la prima organizzazione nazionale di coordinamento delle tematiche del vegetarianismo, la "Società vegetariana italiana".  La polemica tra Capitini e la Chiesa Cattolica continua anche dopo il Concilio Vaticano II, con la pubblicazione del libro Severità religiosa per il Concilio. A partire dal 1956 Capitini insegna all'Cagliari come docente ordinario di Pedagogia e nel 1965 ottiene un definitivo trasferimento a Perugia. Nel marzo 1959 è tra i fondatori dell'ADESSPI, l'Associazione di Difesa e Sviluppo della Scuola Pubblica in Italia. Capitini arriva a chiedere al proprio vescovo di non essere più annoverato nella Chiesa, lui profondamente religioso, della quale non condivideva più i metodi e le idee.   La prima Bandiera della pace  Bandiera della pace portata da Capitini nella prima marcia Perugia-Assisi, attualmente custodita presso la Biblioteca San Matteo degli Armeni del comune di Perugia. Domenica 24 settembre 1961 Capitini organizza la Marcia per la Pace e la fratellanza dei popoli, un corteo nonviolento che si snoda per le strade che da Perugia portano verso Assisi, una marcia tuttora proposta in media ogni due/tre anni dalle associazioni e dai movimenti per la pace. In questa occasione viene per la prima volta utilizzata la Bandiera della pace, simbolo dell'opposizione nonviolenta a tutte le guerre. Capitini descrive l'esperienza della marcia nel libro Opposizione e liberazione: «Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle noncollaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia». Aderiscono molte personalità, tra cui lo scrittore Italo Calvino. L'impegno di Capitini per la pace infranazionale e internazionale (con particolare attenzione al pericolo atomico) lo coinvolse sempre più in una collaborazione con Norberto Bobbio, il quale raccoglierà tali riflessioni nell'opera Il problema della guerra e le vie della pace.  Negli ultimi anni della sua vita Capitini fonda e dirige un periodico intitolato Il potere di tutti, sviluppando i principi di quella che lui definì "omnicrazia", la gestione diffusa e delocalizzata del potere da lui contrapposta al centralismo dei partiti. In questi anni Capitini promuove anche il Movimento nonviolento per la Pace e il mensile "Azione nonviolenta", l'organo di stampa del movimento, che attualmente viene pubblicato a Verona.  Dedito completamente al suo lavoro di divulgatore della nonviolenza, Capitini non si sposò mai, per scelta, in modo da poter dedicare tutte le proprie energie alla sua attività.  Il 19 ottobre 1968 Aldo Capitini muore circondato da amici e allievi, dopo aver subìto un intervento chirurgico che consuma le sue ultime energie. Il 21 ottobre il leader socialista Pietro Nenni scrive una nota sul suo diario: «È morto il prof. Aldo Capitini. Era una eccezionale figura di studioso. Fautore della nonviolenza, era disponibile per ogni causa di libertà e di giustizia. (...) Mi dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante. C'è sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente, e Aldo Capitini era andato contro corrente all'epoca del fascismo e nuovamente nell'epoca post-fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello». È sepolto a Perugia nella tomba di amici del C.O.R., insieme a Emma Thomas.  Il pensiero Religione e laicità  Il Mahatma Gandhi Aldo Capitini aveva l'abitudine di definirsi un "religioso laico". Egli accomunava la religione alla morale in quanto essa critica la realtà e la spinge al cambiamentoin positivo. Quella di Capitini era un'opposizione religiosa al fascismo. Il sentimento religioso, inoltre, nasce nei momenti di difficoltà e sofferenza, in particolare nel rapporto individuale con la morte. L'idea di laicità nasceva dal distacco di Capitini dalla Chiesa cattolica, complice del regime: egli sosteneva che col Concordato del 1929 la Chiesa avesse legittimato il potere di Mussolini, dimenticando le violenze squadriste e, in tal modo, lo sostenesse garantendo la sua moralità di fronte alla maggior parte della popolazione che riponeva fiducia nell'istituzione religiosa. Capitini è molto distante dalla religione istituzionalizzata. Dio, come Ente, non esiste per Capitini: per evitare ogni equivoco e marcare la distanza della sua concezione religiosa da quella corrente, Capitini preferirà parlare di compresenza piuttosto che di Dio; per la stessa ragione, per indicare la vita religiosa così intesa non parla di fede, ma riprende da Michelstaedter il termine persuasione. Capitini si dichiara post-cristianoevidente anche dal suo "sbattezzo"e non cattolico, ma ama e si ispira alle figure religiose. Ogni figura con una profonda credenza, anche laica, è per lui un "religioso". Egli nega con decisione la divinità di Gesù Cristo: convinzione senza la quale non si può essere cristiani. Contesta, come Tolstoj, tutti gli aspetti leggendari e non dimostrabili dei Vangeli, compresa la Risurrezione. Ciò che apprezza sono le Beatitudini, il modello spirituale di un agire verso gli ultimi. Gesù ha insegnato dove può giungere una coscienza religiosa, è stato più di un uomo: "fu anche lui, come tutti, un essere con certi limiti; ma d'altra parte fu in lui, come in ogni altro essere, la qualità della coscienza che va oltre i limiti, che è in lui come in un mendicante" scrive negli Elementi. L'imitazione di Cristo secondo Capitini non è altro che realizzazione della propria realtà umana. Si potrebbe ugualmente parlare di una imitazione del Buddha, di Francesco d'Assisi, di Gandhi, di Tolstoj e molti altri.  Persuasione, apertura, compresenza, omnicrazia Col termine "persuasione", ripreso da Carlo Michelstaedter e da Gandhi, Capitini indicava la fede, sia in senso laico sia religioso, la profonda credenza in determinati valori ed assunti, e tramite essa, la capacità di persuadere gli altri della bontà del proprio ideale.   Il professor Aldo Capitini negli anni '60 L'apertura è l'opposto della chiusura conservatrice ed autoritaria del fascismo, e l'elevazione dell'anima verso l'alto e verso Dio.  Un concetto chiave nella filosofia capitiniana era la compresenza di tutti gli esseri, dei morti e dei viventi, legati tra loro ad un livello trascendente, uniti e compartecipi nella creazione di valori.  Nella vita sociale e politica la compresenza si traduce in omnicrazia, o governo di tutti, un processo in cui la popolazione tutta prende parte attiva alle decisioni e alla gestione della cosa pubblica.  La nonviolenza e il liberalsocialismo Non può mancare il concetto di nonviolenza, un ideale nobile, sinonimo di amore, coerenza di mezzi e fini, la forza in grado di sconfiggere il fascismo, che non è solo un regime, ma anche un modo di essere violento e autoritario.  Il liberalsocialismo di Capitini e di Guido Calogero si sviluppa in modo autonomo dal socialismo liberale di Carlo Rosselli. Si forma infatti in un periodo posteriore, quando il regime fascista è vicino al collasso, nell'ambiente dei giovani crociani che hanno studiato ed insegnato alla Normale di Pisa, mentre il pensiero di Rosselli, che lo precede temporalmente, essendosi forgiato nel fuoco della lotta antifascista, in Italia e in Europa, già a partire dagli anni Venti, si iscrive in modo diretto nella tradizione socialista. Capitini per liberalismo intende il libero sviluppo personale, la libera ricerca spirituale e la produzione di valori. Il socialismo è invece nei suoi intendimenti la realizzazione nel lavoro, l'assistenza fraterna dell'umanità lavoratrice soggetto corale della storia. Anche se «...il socialismo liberale di Rosselli […] è una delle eresie del socialismo, mentre il liberalsocialismo è un'eresia del liberalismo» (M. Delle Piane), si può affermare tuttavia che entrambi condividessero la critica ai totalitarismi,sia di destra che di sinistra, una visione laica della politica e l'obiettivo di una profonda riforma morale e sociale dell'Italia distrutta dalla guerra.  L'educazione e la civiltà L'educazione "profetica" è quella di colui che, con uno sguardo al futuro, è capace di criticare la realtà sulla base di valori morali, anche a costo di sembrare fuori dal suo tempo. Con l'espressione "civiltà pompeiana-americana" intende biasimare la mentalità materialista che vede nel lusso e nel possesso la realizzazione delle persone. Il "tempo aperto" è il tempo libero che ognuno potrebbe destinare alla discussione, alla socializzazione, al raccoglimento, all'elevazione spirituale. Ad Aldo Capitini sono intitolate strade in molte città di Italia: Perugia, Firenze, Roma, Pisa, Milano, ecc  Riconoscimenti Ad Aldo Capitini sono oggi intitolati un Istituto di istruzione tecnica economica e tecnologica, un centro congressi a Perugia, un'Aula magna all'interno dell'Cagliari, presso la Facoltà di Studi umanistici.  Opere 1937 Elementi di un'esperienza religiosa, Laterza, Bari. 1942 Vita religiosa, Cappelli, Bologna. 1943 Atti della presenza aperta, Sansoni, Firenze. 1947 Saggio sul soggetto della storia, La Nuova Italia, Firenze. 1948 Esistenza e presenza del soggetto in Atti del Congresso internazionale di Filosofia (II ), Castellani, Milano. 1948 La realtà di tutti, Arti Grafiche Tornar, Pisa. 1949 Italia nonviolenta, Libreria Internazionale di Avanguardia, Bologna. 1950 Nuova socialità e riforma religiosa, Einaudi, Torino. 1951 L'atto di educare, La Nuova Italia, Firenze. 1955 Religione aperta, Guanda, Modena. 1956 Colloquio corale, Pacini Mariotti, Pisa. 1957 Discuto la religione di Pio XII, Parenti, Firenze. 1958 Aggiunta religiosa all'opposizione, Parenti, Firenze. 1958 "Danilo Dolci", Piero Lacaita Editore, Manduria. 1961 Battezzati non credenti, Parenti, Firenze. 1966 Antifascismo tra i giovani, Celebes editore, Trapani. 1966 La compresenza dei morti e dei viventi, Saggiatore, Premio Viareggio Speciale. 1967 Le tecniche della nonviolenza, Feltrinelli, Milano (rist. Linea D'Ombra, Milano 1989; rist. Edizioni dell'asino, Roma 2009). 1967-1968 Educazione aperta (2 Voll.), La Nuova Italia, Firenze. 1969 Il potere di tutti, introduzione di N. Bobbio, prefazione di P. Pinna, La Nuova Italia, Firenze. 1992 Scritti sulla nonviolenza, L. Schippa, Protagon, Perugia. 1994 Scritti filosofici e religiosi, M. Martini, Protagon, Perugia. 1999 Il potere di tutti, 2 ed. riveduta e corretta, Guerra Edizioni, Perugia. 2003 Opposizione e liberazione: una vita nella nonviolenza, Piergiorgio Giacché, Napoli, L'ancora del Mediterraneo. 2004-2007- Le ragioni della nonviolenza. Antologia degli scritti, Mario Martini, ETS, Pisa scheda 2007 Lettere 1931-1968, "Epistolario di Aldo Capitini, 1"con Walter Binni, L. Binni e L. Giuliani, Carocci, Roma (intr.di M. Martini). 2008 Lettere 1952-1968, "Epistolario di Aldo Capitini, 2"con Danilo Dolci, G. Barone e S. Mazzi, Carocci, Roma. 2008 La religione dell'educazione: scritti pedagogici, Piergiorgio Giacché, La meridiana, Molfetta. 2009 Lettere 1936-1968, "Epistolario di Aldo Capitini, 3"con Guido Calogero, Th. Casadei e G. Moscati, Carocci, Roma.  L'atto di educare, M. Pomi, Armando editore, Roma.  Lettere 1941-1963, "Epistolario di Aldo Capitini, 4"con Edmondo Marcucci, A. Martellini, Carocci, Roma.  Religione Aperta, M.Martini, Laterza, Roma-Bari.  Lettere 1937-1968, "Epistolario di Aldo Capitini, 5"con Norberto BobbioPolito, Carocci, Roma.  Lettere familiari, "Epistolario di Aldo Capitini, 6"M. Soccio, Carocci, Roma.  Un'alta passione, un'alta visione. Scritti politici 1935-1968L. Binni e M. Rossi, Il Ponte Editore, Firenze.  Attraverso due terzi del secolo, Omnicrazia: il potere di tuttiL. Binni e M. Rossi, Il Ponte Editore, Firenze.  La mia nascita è quando dico un tu, quaderno per la ricercaLanfranco Binni e Marcello Rossi, Il Ponte Editore, Firenze.  Antifascismo tra i giovani, collana «Opere di Aldo Capitini», Il Ponte Editore, coedizione con Fondo Walter Binni e Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Firenze.  Nuova socialità e riforma religiosa, collana «Opere di Aldo Capitini», Il Ponte Editore, coedizione con Fondo Walter Binni e Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Firenze.  La compresenza dei morti e dei viventi, collana «Opere di Aldo Capitini», Il Ponte Editore, coedizione con Fondo Walter Binni e Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Firenze.  Educazione aperta collana «Opere di Aldo Capitini», Il Ponte ditore, Voll. 1-2, coedizione con Fondo Walter Binni e Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Firenze. Note  Incontro con il "Gandhi" italiano, La Stampa, 22 giugno 1968; Il Gandhi Italiano, Panorama n.372, 1973  Tale soprannome è condiviso con altri, come Danilo Dolci e Franco Corbelli  Capitini ricorderà: «Gentile era impaziente che io sistemassi le cose e me ne andassi, perché ero divenuto di colpo vegetariano (per la convinzione che esitando davanti all'uccisione degli animali, gli italianiche Mussolini stava portando alla guerraesitassero ancor di più davanti all'uccisione di esseri umani): e a Gentile infastidiva che io, mangiando a tavola con gli studenti, come continuavo a fare, fossi di scandalo con la mia novità». (citato in Lorenzo Guadagnucci, Restiamo animali, Milano, Terre di mezzo, 250.  978-88-6189-224-8)  Sergio Romano, Aldo Capitini e il pacifismo alla Scuola Normale, Corriere della Sera, 4 luglio 2006.  l'8 febbraio  18 giugno ).  Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano, 1966131.  Da Le lettere di religione Archiviato il 26 novembre  in . su aldocapitini.it  Edmondo Marcucci, Che cos'è il vegetarismo?, Società vegetariana italiana, 1953.  Giulio Angioni, Tutti dicono Sardegna, Cagliari, Edes, 1990, 3049  Dal sito del COS fondato da Capitini[collegamento interrotto]  Testimonianza di Luciano Capitini, figlio del cugino di primo grado Piero, il parente più stretto di Capitini  Antonio Vigilante, Religione e nonviolenza in Aldo Capitini.  Martini Mario, Aldo Capitini e le possibilità religiose della laicità, Nuova antologia : 608, 2262, 2, , Firenze (FI): Le Monnier, .  Nel 1938 aveva reso visita a Piero Martinetti, ritiratosi nella sua villa di Spineto a Castellamonte, con le cui concezioni religiose aveva una grande sintonia.  Per un approfondimento, vedi i seguenti testi: G. Calogero, Difesa del liberalsocialismo, Marzorati, Milano, 1972; M. Bovero, V. Mura, F. Sbarberi , I dilemmi del liberalsocialismo, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994; A. Capitini, Liberalsocialismo, e/o, Roma, 1996 (che raccoglie una serie di scritti apparsi fra il '37 e il '49).  Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su premioletterarioviareggiorepaci.it. 9 agosto .  Piero Craveri, CAPITINI, Aldo, in Dizionario biografico degli italiani,  18, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1975. 26 maggio .  Norberto Bobbio, La filosofia di Aldo Capitini, Religione e politica in Aldo Capitini, in Id., Maestri e compagni, Firenze, Passigli Editori, 1984. Antonio Areddu, La via italiana al gandhismo in “Il Manifesto”, 13 agosto 188810. Antonio Areddu, Non violenza e utopia. Aldo Capitini ed Ernst Bloch, in “Behemoth”, trimestrale di cultura politica, a. 1988,  4, fasc.1-2. Giacomo Zanga, Aldo Capitini. La sua vita, il suo pensiero, Torino, Bresci Editore, 1988. Marco Capanna, Speranze, Rizzoli, 1994. Mario Martini, L'etica della nonviolenza e l'aggiunta religiosa, in "Il Ponte", n. 10, 1998. Mario Martini, Capitini ispiratore di Bucchi. La sintesi di pensiero del Colloquio corale, in "Esercizi Musica e spettacolo", nn. 16-17, 1997-98. Antonio Vigilante, La realtà liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Foggia, Edizioni del Rosone, 1999. Mario Martini, I limiti della democrazia e l'aggiunta religiosa all'opposizione, in G. B. Furiozzi , Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Milano, Franco Angeli, 2001. Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, prefazione di N. Bobbio, Aosta, Stylos, 2001. Giuseppe Moscati, La presenza alla persona nell'etica di Aldo Capitini: considerazioni in alcuni scritti minori, in "Kykeion", n. 7, Firenze, University Press, 2002. Tuscano, Pasquale, Poetica e poesia di Aldo Capitini, Critica letteraria. N. 4, 2008, Napoli: Loffredo Editore, 2008. 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Polito, Pietro, editor; Impagliazzo, Pina, editor, Norberto Bobbio: testimonianze e ricordi su Aldo Capitini, Nuova antologia: 607, 2260,  (Firenze (FI): Le Monnier). Mario Martini, Aldo Capitini e le possibilità religiose della laicità, Nuova antologia: 608, 2262, 2,  (Firenze (FI): Le Monnier). Aldo Capitini (Lanfranco Binni e Marcelo Rossi), Numero speciale di “Il Ponte” n.4, luglio-agosto .  Danilo Dolci Pietro Pinna Guido Calogero Mahatma Gandhi Nonviolenza Alberto L'Abate Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Aldo Capitini Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Aldo Capitini  Aldo Capitini, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Aldo Capitini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Aldo Capitini, su sapere.it, De Agostini. Opere di Aldo Capitini, .  Associazione "Amici di Aldo Capitini", su citinv.it. Puntata de "La grande storia", su rai.it. 3 ottobre  7 marzo ). Tesi di laurea: Guido Calogero, Aldo Capitini, Norberto BobbioTre idee di democrazia per tre proposte di pace, su peacelink.it. PredecessoreRettore dell'Università per Stranieri di PerugiaSuccessore Astorre Lupattelli19441946 commissarioCarlo Sforza Filosofia Politica  Politica Filosofo del XX secoloPolitici italiani del XX secoloAntifascisti italiani 1899 1968 23 dicembre 19 ottobre Perugia PerugiaAccademici italiani del XX secoloAttivisti italianiEducatori italianiNonviolenzaPacifistiPersone legate alla Resistenza italianaPoeti italiani del XX secoloPolitici del Partito d'AzioneSostenitori del vegetarianismoTeorici dei diritti animali

 

Capizzi: Grice: “You gotta love Capizzi; he is the type of philosophical intellectual we do not have at Oxford, where it is clever to be dumb! Capizzi knows almost everything! His ‘Parmenids’s door’ is genial – and so is his philosophy on Roman philosophy (‘il colosso romano,’ ‘Catone,’ ‘Roma madre,’ ‘Roma e Sparta,’) – but my favourite is his tract on conversational implicature which he entitles, in a most Italianate manner, ‘Per l’attualismo del dialogo’.” Capizzi all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Capizzi (Genova), filosofo.  Dal 1986 fu professore associato di filosofia teoretica all'Università La Sapienza di Roma, succedendo a Guido Calogero nella cattedra che ha sede a Villa Mirafiori.  Capizzi si contraddistinse per l'accurato studio storico e filologico dei presocratici e dei filosofi greci. Contestò radicalmente le ricostruzioni ottocentesche del pensiero occidentale del VI e V secolo a.C., che attribuiscono validità storica alle interpretazioni di Aristotele e alla dossografia dipendente da Teofrasto. A questo scopo collaborò con il circolo urbinate di Bruno Gentili nello sforzo di inserire i sapienti greci nelle tematiche concernenti le città, il pubblico, il committente, l'evoluzione delle strutture sociali, il trapasso dalla tradizione orale alla società della scrittura. Antonio Capizzi ha vissuto prevalentemente a Roma, formandosi alla scuola di Pantaleo Carabellese. Ben presto entrò nei circoli degli studenti e degli studiosi che gravitavano intorno ai filosofi Ugo Spirito e Guido Calogero. Giovane professore di storia e filosofia nei licei classici prima di Frosinone e poi di Roma, negli anni quaranta fu libero docente di storia della filosofia, di storia della filosofia antica e di filosofia teoretica presso l'Università La Sapienza di Roma, evidenziandosi, fin dagli esordi, per l'originalità delle vedute e la radicalità del temperamento.  Coltivò due interessi paralleli.  Uno, da storico, per la sapienza greca arcaica, che lo portò a contestare la narrazione dei presocratici fatta da Aristotele. Questi, secondo Capizzi, scrisse «per esigenze di insegnamento del proprio pensiero» nell'ambito del Liceo, e non con lo scopo di ricostruire quanto realmente accaduto. Dopo di lui, per «un colossale equivoco», Teofrasto, i grammatici alessandrini, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Eduard Zeller, Theodor Gomperz e John Burnet protrassero «una sistematica falsificazione». Capizzi riprese, per contro, la lezione di Hermann Diels, Karl Reinhardt, Harold Cherniss, John Baptist Mc Diarmid e Geoffrey Kirk, i quali dimostrarono che Aristotele ha avuto solo interessi speculativi: per Capizzi, Aristotele, come tutti i filosofi, «ha parlato sempre e soltanto del suo tempo, della cultura del suo tempo, dei problemi del suo tempo». Approfondendo gli studi di Guido Calogero sul prelogismo, di Marcel Detienne sul mito antropomorfico, di Eric Havelock sulla diffusione orale del pensiero e di Giorgio Colli sulla sapienza prefilosofica, Capizzi fu il primo storico di formazione filosofica a scoprire l'importanza della dimensione politica negli enigmatici frammenti dei sapienti presocratici. Egli ritenne che, ogni volta che si studiano autori pre-periclei, occorra «privilegiare il rapporto tra ogni singolo autore e la sua singola città».  L'altro interesse, preminentemente teoretico, si svolse sui temi dell'attualismo del pensiero di Giovanni Gentile, che Capizzi tentò di superare liberandolo dal presupposto interioristico e cogitativistico e proponendo di passare dal pensiero alla comunicazione, in particolare a quella comunicazione protesa verso una risposta futura che è il dialogo. Intransigente oppositore dei pensieri assoluti, nella sua opera di maggior rilievo filosofico, pubblicata dopo uno studio durato 35 anni, Capizzi distinse la filosofia in "comica" e "tragica". «Per "filosofia comica"scrisseintendo quella che presuppone una struttura unitaria a priori della realtà, che pertanto analizza cose come l'"essere", l'"uomo", la "conoscenza", la "ragione", che ignora i modi di essere delle singole società, i tipi di uomo, i modi di conoscere legati ai modi di vivere, le ragioni dei singoli gruppi esistenti in vari luoghi e in vari momenti".» L'altra filosofia, ampiamente minoritaria e controcorrente, è quella che presuppone la pluralità delle culture, dei costumi, dei pensieri, e che, avendo a che fare, nei vari momenti storici, con incontri e scontri di alcune culture, alcuni costumi e alcuni pensieri, entra nell'età adulta del dilemma tragico, della scelta tra due opzioni contrarie le quali, in assoluto, non rappresentano il bene o il male, ma ciascuna il bene in un determinato sentire che spesso coincide con il male di un sentire opposto.  Opere principali Protagora. Le testimonianze e i frammenti, 1955 La difesa del libero arbitrio da Erasmo a Kant, 1963 Per un attualismo del dialogo, 1965 Dall'ateismo all'umanismo. Correnti incredule del dopoguerra e loro prospettive dialogiche, 1967 Socrate e i personaggi filosofi di Platone. Uno studio sulle strutture della testimonianza platonica e un'edizione delle testimonianze contenute nei dialoghi, Roma, 1970 Impegno e disponibilità. La doppia morale degli intellettuali di oggi, 1971 I Presocratici. Antologia di testi, Firenze, La Nuova Italia, 1972,  88-221-0263-0 Introduzione a Parmenide, Roma-Bari, Laterza, 1975 La porta di Parmenide. Due saggi per una nuova lettura del poema, 1975 I Sofisti. Antologia di testi, Firenze, La Nuova Italia, 1976 Sinfonia patriarcale. Storia antologica del pensiero maschile sulla donna, Roma, Savelli editore, 1976, scritto con Viola Angelini Alle radici ideologiche dei fascismi. Il mito della libertà individuale da Constant a Hitler, Roma, Savelli, 1977 Socrate. Antologia di testi, Firenze, La Nuova Italia, 1977 Eraclito e la sua leggenda. Proposta di una diversa lettura dei frammenti, 1979 La repubblica cosmica. Appunti per una storia non peripatetica della nascita della filosofia in Grecia, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1982 Platone e il suo tempo, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1984 Forme del sapere nei presocratici, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1987, scritto con Giovanni Casertano L'uomo a due anime. Dall'infanzia mimica, dalla comicità adolescenziale, al tragico come scelta adulta, Firenze, La Nuova Italia, 1988 Il tragico in filosofia, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1988 I sofisti ad Atene. L'uscita retorica dal dilemma tragico, Bari, Levante Editori, 1990 Paradigma, mito, scienza. Studi sul pensiero greco, Gruppo editoriale internazionale, 1995 Platone nel suo tempo. L'infanzia della filosofia e i suoi pedagoghi, 1997 Articoli "Anima e corpo nel XIII secolo", in Giornale critico della filosofia italiana, fasc. 1-2, Firenze, Sansoni, 1951 "Recenti studi sull'Eleatismo", in Rassegna di filosofia, 1955 "Il 'mito di Protagora' e la polemica sulla democrazia, "La cultura", 8, 1970 "A proposito di Parmenide e di Socrate demistificati", in Rivista critica di storia della filosofia, 32, 1977 "Appunti di un demistificatore", in Rivista critica di Storia della Filosofia, 32, 1977 "I presocratici furono filosofi? Il circolo di Pericle e le origini dello specifico filosofico", in Giornale critico della filosofia italiana 1978 "Tracce di una polemica sulla scrittura in Eraclito e Parmenide", in Giornale critico della filosofia italiana 1979 "Cerchie e polemiche filosofiche del V secolo", in Storia e civiltà dei Greci,  III, Milano, 1979 "Eliadi Meleagridi Pandionidi. Osservazioni sulla metafora mitica in Parmenide", in Quaderni Urbinati di Cultura Classica, N. S. 3, 1979 "Eraclito e Parmenide, un tipico luogo comune", in Il Contributo, luglio-agosto 1979 "A proposito di un recente libro su Parmenide", in Quaderni Urbinati di Cultura Classica, 33, 1980 "Eschilo e Parmenide", in Quaderni Urbinati di Cultura Classica, N. S. 10, 1982 "Oysia-physis, eimi-phyo, sum-fui. I due concetti di essere del pensiero antico", in "Discorsi" 3, 1983 "Mente elevata e mente profonda" in  Il Sublime: contributi per la storia di un'idea. Studi in onore di Giuseppe Martano, Napoli, 1983 "Opsis akoé. The sources of the problem of sensations in Parmenides", in Museum Philologicum Londiniense, 6, 1984 "Trasposizione del lessico omerico in Parmenide ed Empedocle", in Quaderni Urbinati di Cultura Classica, 54, 1987 "Quattro ipotesi eleatiche", in La Parola del Passato, 43, 1988 "Di Pitodoro, di Omar, di Don Ferrante e anche degli aristotelici attuali", in "Il contributo", 12, 2, 1988, pagg. 69 e segg. "Introduzione", in Platone, Protagora, Firenze, La Nuova Italia, 1991, pagg. VII-XXIV Curiosità Il 31 marzo 1977 partecipa con una delegazione di professori ad un'assemblea indetta dagli studenti della Facoltà di Lettere dell'Università La Sapienza. La discussione si fa animata soprattutto con Rosario Romeo, professore di Storia Moderna, che prima accusa Capizzi di fiancheggiare gli "squadristi rossi" e poi lo schiaffeggia. Gli Indiani metropolitani rincorrono Romeo al grido di "Compagno Capizzi, te lo giuriamo, ogni Romeo preso te lo schiaffeggiamo".. Note  La repubblica cosmica. Appunti per una storia non peripatetica della nascita della filosofia in Grecia, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1982, pag. 16  Ivi, pag. 16  Ivi, pag. 13  L'uomo a due anime. Dall'infanzia mimica, dalla comicità adolescenziale, al tragico come scelta adulta, Firenze, La Nuova Italia, 1988, pag. IX  Settantasette, su complessoperforma.it. 26-12- 4 aprile ).  Filosofia greca Presocratici Attualismo (filosofia) Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Antonio Capizzi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio Capizzi  Profilo biografico Paolo Quintili, da SWIFSito Web Italiano per la Filosofia

 

Capocasale: Grice: “You gotta love Capocasale; my favourite is his ‘corso filosofico,’ which the monks rendered as ‘CVRSVS PHILOSOPHICVS,’ almost alla Witters! Capocasale multiplies the principles of reason – I thought there was just one – On top, he uses the trouser-word, ‘vero,’ – so he thinks he is philosophising about the ‘vero principio della ragione,’ or its plural! In fact, he is philosophising about conversational implicature!” -- Giuseppe Capocasale (Montemurro), filosofo. Figura di spicco del panorama culturale in era borbonica, era noto con l'appellativo di "Socrate cristiano".   Nato in una povera famiglia, da Lorenzo e Maria Lucca, sin da ragazzino aiutò il padre nel suo mestiere di fabbro ferraio. Nel tempo libero si dedicò agli studi, mostrando grande attitudine nelle lettere e nel latino in particolare. Con la morte del padre, avvenuta quando Capocasale aveva 15 anni, visse tra Corleto Perticara, Stigliano e San Mauro Forte, procurandosi da vivere come insegnante privato, dedicandosi contemporaneamente allo studio della filosofia e del diritto.  Dopo esser stato governatore baronale di Sarconi, incarico ottenuto appena ventenne, lasciò la Basilicata per trasferirsi a Napoli, conseguendo la laurea in giurisprudenza. Dopo gli studi universitari, insegnò filosofia nella scuola dallo stesso fondata a Napoli. Dal 1801 vestì l'abito talare e, dal 1804, fu nominato da Ferdinando IV precettore di logica e di metafisica all'Napoli.  Perse tale incarico con l'arrivo di Giuseppe Bonaparte: sotto il suo governo gli fu concessa solamente la docenza privata. Con la restaurazione, Ferdinando IV lo nominò vescovo di Cassano nel 1816. Capocasale, tuttavia, preferendo l'insegnamento, rinunciò alla carica, così come fece più tardi con l'incarico di pari grado conferitogli per la diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo. Sempre nell'ateneo partenopeo ebbe, dal 1818, la cattedra di diritto di natura e delle genti: i suoi teoremi, di stampo lockiano, ebbero una certa risonanza, tanto da essere citati da filosofi come Francesco Fiorentino, Giovanni Gentile e Eugenio Garin.  Alcuni suoi discepoli divennero importanti personalità culturali del tempo come Francesco Iavarone, Giustino Quadrari, Giuseppe Scorza, Gaetano Arcieri e Giuseppe Mazzarella. Sempre fedele alla monarchia borbonica, si schierò contro le insurrezioni carbonare del 1820. Dal 1822 fu precettore del futuro re delle Due Sicilie: Ferdinando II. Fu inoltre membro di varie Accademie come la Parmense, la Fiorentina, la Cosentina, l'Augusta di Perugia, Aletina e Renia di Bologna, degli Intrepidi di Ferrara, de' Nascenti e degli Assorditi di Urbino, dei Filoponi di Faenza.  Opere Divota novena del gloriosissimo taumaturgo S. Mauro, Roma, 1781. Esercizio di divozione verso il glorioso confessore S. Rocco, Napoli, 1781. Cursus philosophicus, Napoli, 1789. Saggio di politica privata per uso dei giovanetti ricavata dagli scritti dei più sensati pensatori, Napoli, 1791. Catechismo dell'uomo e del cittadino, Napoli, 1792. Codice eterno ridotto in sistema secondo i veri principi della ragione e del buon senso, Napoli, 1793. Saggio di fisica per giovanetti, Napoli, 1796. Istituzioni elementari di matematica, Napoli, 1824. Note  F. De Sanctis, La giovinezza; memorie postume seguite da testimonianze biografiche di amici e discepoli, Einaudi, 1961, p.41  L. Alonzi, Il Vescovo-prefetto. La diocesi di Sora nel periodo napoleonico (1796-1818), Centro Studi Sorani "Vincenzo Patriarca", Sora 1998254, n. 138.  F. Fiorentino, Giornale napoletano di folosofia e lettere, scienze morali e politiche, 1876,  513  G. Gentile, Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galluppi,  II, Sansoni, Firenze 1937,  103 e ss.  E. Garin, Storia della filosofia italiana,  III, Einaudi, Torino 1978,  995 e 1101.  E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII, e de' contemporanei, Volume 8, Alvisopoli, 1841, p.103  E. Di Tipaldo , Biografia degli italiani illustri,  VIII, Tip. Alvisopoli, Venezia 1841,  103-104, ad vocem, su books.google.it. Giacoma Maria Pagano, CAPOCASALE, Giuseppe, in Dizionario biografico degli italiani,  18, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1975.  Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giuseppe Capocasale  Alcuni documenti riguardanti Capocasale sono visibili sul sito Montemurro Sul Web Giuseppe Capocasale, un filosofo lucano alla corte dei Borboni[collegamento interrotto] dal sito del Consiglio regionale della Basilicata Filosofia Categorie: Abati e badesse italianiFilosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore1754 1828 1º marzo 21 ottobre Montemurro Napoli

 

capocci: Grice: “I like Capocci; he was a Griceian; he opposed Aquinas on the dependence of will and intellectus – surely they are independent, and possibly the will is more basic! La ‘volonta,’ as the Italians call it! -- “That’s how I shall call himothers favour “Giacomo da Viterbo.”” Essential Italian philosopher -- Capocci (Viterbo), filosofo. Beato Giacomo da Viterbo, olio su tela XVII secolo, Viterbo, chiesa della Santissima Trinità   Religioso, teologo e vescovo    Nascitacirca 1255, Viterbo Morte1307, Napoli Venerato daChiesa cattolica Beatificazione1911 da Papa Pio X Ricorrenza4 giugno Manuale Giacomo da Viterbo, O.E.S.A. arcivescovo della Chiesa cattolica GiacomoDaVt.Trin.jpg Template-Metropolitan Archbishop.svg   Incarichi ricopertiArcivescovo di Benevento, Arcivescovo di Napoli   Natocirca 1255 a Viterbo Elevato arcivescovo1302 Deceduto1307 a Napoli   Manuale Giacomo da Viterbo (Viterbo, 1255 circaNapoli, 1307) filosofo, teologo e arcivescovo cattolico italiano, appartenente all'Ordine di Sant'Agostino, beatificato da papa Pio X nel 1911.  Fu arcivescovo di Benevento nel 1302, poi di Napoli, dal 1302 fino alla morte (1307).  Nacque a Viterbo tra il 1255 ed il 1256; alcuni storici Professorelo hanno considerato appartenente alla nobile famiglia viterbese dei Capocci, ma in proposito sussistono attualmente molti dubbi. Studiò sicuramente presso il convento viterbese della Santissima Trinità degli Eremitani di Sant'Agostino, nel cui ordine entrò intorno al 1272, sempre presso lo stesso convento. Recatosi a Parigi, si perfezionò negli studi teologici con il confratello filosofo e teologo Egidio Romano; rientrato in Italia, ricoprì più volte, tra il 1281 ed il 1286, su indicazione di Egidio, le cariche di Definitore e Visitatore nella Provincia Romana del suo ordine. Tornato a Parigi per completare gli studi, conseguì prima il baccellierato (1288) e quindi, nel 1293, il dottorato in teologia. In quegli anni mostrò tutte le sue grandi capacità letterarie e filosofiche, arrivando a succedere allo stesso Egidio Romanoche era stato nel frattempo eletto Priore Generale dell'Ordinepresso lo Studium parigino e guadagnandosi l'appellativo di Doctor speculativus. Nel 1300 ricevette l'incarico di Primus Lector, cioè Direttore dell'insegnamento, presso lo Studium fondato a Napoli dagli agostiniani.  Scrisse la sua opera più conosciuta, il trattato De regimine christiano, negli anni tra il 1296 ed il 1303, epoca in cui si faceva sempre più acuto lo scontro tra papa Bonifacio VIII ed il re di Francia Filippo IV il Bello. Il lavoro di Giacomo riprendeva le tesi della bolla pontificia Unam Sanctam, difendendo l'idea ierocratica, o, meglio, teocratica, ed il diritto del papato ad esercitare il potere temporale.  Bonifacio VIII gli manifestò la sua stima ordinandolo prima arcivescovo di Benevento, il 3 settembre 1302, e quindi nominandolo, il 12 dicembre dello stesso anno, dopo soli tre mesi, arcivescovo dell'ancor più prestigiosa sede di Napoli. Qui, grazie all'appoggio del re Carlo II d'Angiò e di suo figlio Roberto, con i quali ebbe ottimi rapporti, diede notevole impulso ai lavori per la costruzione di una nuova Cattedrale.  Il suo ruolo fu importante anche in occasione della canonizzazione del santo pontefice Celestino V in quanto fu affidata proprio a lui la causa, da parte di papa Clemente V: per istruire tale causa nel 1306 ascoltò non meno di trecento testimoni, tra Campania ed Abruzzo. La morte lo colse alla fine del 1307, ma se ne ignora la data precisa, così come non è noto il luogo della sepoltura. Subito dopo la morte fu venerato come santo.  Il suo culto venne confermato ab immemorabili il 14 giugno 1914 da papa Pio X; la sua memoria liturgica ricorre il 4 giugno.  Il De regimine christiano e le altre opere L'opera più significativa di Giacomo è sicuramente il De regimine christianodedicato a papa Bonifacio VIII e terminato presumibilmente nel 1303in cui il religioso viterbese approfondisce i temi, estremamente rilevanti in quegli anni, del papato, inteso come teocrazia, e del potere temporale della Chiesa. In questo lavoro Giacomo, partendo da considerazioni di stampo prettamente agostiniano, ritiene che il potere temporale abbia un fondamento naturale, perfezionato dall'opera della Chiesa. Questo scritto ha suscitato nei secoli l'interesse di molti teologi e studiosi, anche perché è comunemente considerato il primo trattato sistematico sulla Chiesa; ve ne sono attualmente diverse traduzioni in varie lingue: in italiano la più recente è quella del 1993, A. Rizzacasa e G. B. Marcoaldi, che ha il significativo titolo de Il Governo della Chiesa. Tra le altre opere di Giacomo tradotte e pubblicate vanno ricordati due lavori squisitamente teologici, le Quaestiones disputatae de praedicamentis in divinis, collocabili tra il 1293 ed il 1295 e pubblicate dall'Ypma, che sono ritenute di grande interesse da parte degli studiosi, e la Summa de peccatorum distinctione, scritta tra il 1300 ed il 1306, ed edita dall'Ambrasi. Esistono tuttora numerosi manoscritti di questo teologo agostiniano che non sono stati tradotti integralmente.  Note  L'argomento è approfondito da Ugo Mariani, Giacomo da Viterbo in Chiesa e Stato nei teologi agostiniani del XIV secolo, Roma, 1957; lo studioso agostiniano, dopo lunghe ricerche, non ha trovato alcuna menzione di Giacomo tra i membri della famiglia viterbese dei Capocci. Lo stesso Mariani indica l'epoca della nascita, desunta da altre ricerche.  Molte notizie sulla vita di Giacomo sono reperibili on line nella monografia di Paolo Vian,GIACOMO DA VITERBO, su Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, che reca anche una notevole .  Su questi aspetti della biografia si veda il volume di Giacomo da Viterbo Il Governo della Chiesa (De regimine christiano), Nardini, Firenze, 1993, con traduzione e commento di G.B.Marcoaldi e A.Rizzacasa, che reca una interessante e corposa nota bio-bibliografica , ricca di notizie sulla vita di questo religioso  Si veda in proposito l'edizione succitata del 1993 del De regimine christiano, nella cui introduzione vengono ampiamente trattate tali problematiche.  Secondo il Vian (op.cit.) la sua morte va collocata tra il 6 settembre 1307, ultima data in cui il suo nome compare in una lettera di Carlo II d'Angiò, ed una data antecedente il 17 marzo 1308, giorno in cui Clemente V ne nominò il successore alla sede arcivescovile di Napoli, Umberto de Montauro.  Sempre secondo Vian (op.cit.) vi sono immagini del Trecento, nel viterbese, nel beneventano e nel napoletano, in cui Giacomo viene raffigurato con l'aureola dei Santi, ad indicare la fama di santità di cui godette sin dalla morte.  Fino al 2005 la memoria era il 12 dicembre.  Lo precisa puntualmente l'articolo di Bruno Silvestrini,O.S.A., su SantieBeati on-line (v.).  Si veda in proposito quello che scrive sulle Quaestiones il Mariani (op.cit.).   Henri-Xavier Arquillière, Le plus ancien traité de l'Église. Jacques de Viterbe: de regimine christiano (1301-1302) Étude des sources et édition critique, Parigi, 1926.  David Gutierrez, De beati Jacopi Viterbiensis vita, operibus et doctrina theologica, Roma, 1939. Fidel Casado, El pensamiento filosofico del Beato Santiago de Viterbo, in " La Ciudad de Diós " Ugo Mariani, Chiesa e Stato nei teologi agostiniani del sec. XIV, Roma, 1957,  75-88 e 151-174. Domenico Maffei, La donazione di Costantino nei giuristi medievali, Milano, 1964129. R.W. e A.J. Carlyle, Il pensiero politico medievale, Luigi Firpo, III, Bari 1967, 94 e 433-442. Giacomo da Viterbo, Il Governo della Chiesa, note e commento di Aurelio Rizzacasa e Giovanni B. Marcoaldi, Nardini, Firenze, 1993. Giuseppe Signorelli, Viterbo nella Storia della Chiesa, Cionfi, Viterbo, 1907.  Viterbo Ordine di Sant'Agostino Egidio Romano Bonifacio VIII Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giacomo da Viterbo  Paolo Vian, Giacomo da Viterbo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giacomo da Viterbo, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.it.  Filippo Cancelli, Giacomo da Viterbo, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.Antoine Côté, James of Viterbo, in Edward N. Zalta , Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Stanford. PredecessoreArcivescovo di BeneventoSuccessoreArchbishopPallium PioM.svg Adenolfo1302Monaldo Monaldeschi, O.F.M.PredecessoreArcivescovo di NapoliSuccessoreArchbishopPallium PioM.svg Filippo Minutolo1302-1307Umberto de Montauro Filosofia Filosofo del XIV secoloTeologi italianiArcivescovi cattolici italiani Professore1307 Viterbo NapoliBeati italianiBeati proclamati da Pio XBeati agostinianiAgostiniani italianiScrittori medievali in lingua latina

 

Capodilista: Grice: “I like Capodilista – good vintage (literally)! – Capodilista is difficult to comprehend, but when I was struggling to find examples of implicatura due to exploiting ‘be perspicuous,’ he was whom I was thinking! Keywords in his philosophy are ‘il non-detto,’ ‘homos eroticus’ – filosofia dell’espressione – metafisica – equilibrio apolineo-dionisiaco, positive-negativo –“  “Un pensiero perfetto in sé non esiste; un pensiero è perfetto solo nella serie innumerabile dei pensieri che nascono da esso.»  (Quaderni). Andrea Emo Capodilista (Battaglia Terme) filosofo. Appartenente ad una famiglia veneziana di nobili origini, nacque nella villa di famiglia da Angelo Emo Capodilista e da Emilia dei baroni Barracco. Sposò Giuseppina Pignatelli dei principi di Monteroduni, dalla quale ebbe due figlie.  Emo, inizialmente allievo di Giovanni Gentile nel periodo in cui questi insegnava all'Università La Sapienza di Roma, non si laureò mai, tuttavia elaborò una sua personale dottrina che, mai pubblicata, rimase sconosciuta agli specialisti della materia sino a quando le sue centinaia di quaderni di annotazioni autografe non vennero nel 1986 nelle mani di Massimo Cacciari, il quale riconobbe in essi l'autore di un'importante e originale filosofia.  Di carattere schivo e appartato, ebbe poche ma importanti amicizie, con Alberto Savinio, Ugo Spirito e Cristina Campo, la poetessa dalla personalità e dagli interessi affini ai suoi, con la quale intrattenne un rapporto non solo epistolare ma fatto anche di incontri a palazzo Emo e di lunghissime telefonate.  Pensiero Emo non volle mai organizzare il suo pensiero in una forma sistematica ma questo non fa certo di lui un filosofo estemporaneo.  Le sue riflessioni sul nihilismo, ad esempio, possono essere considerate un'anticipazione del pensiero di Heidegger.  Almeno fino agli anni trenta, Emo si dichiarò sempre debitore dell'attualismo gentiliano ma partendo da questo giunse a trasformarlo in un pensiero dove l'atto è raffigurazione dell'autonegazione del Nulla che comunque conserva una sua funzione positiva così com'è nella religione cristiana dove il Nulla, la morte ha la funzione di salvezza nella redenzione.  Per Emo, infatti «credere in Dio è credere nel nulla».  Mentre dunque in Nietzsche la vittoria sul Nulla è affidata all'oltreuomo, Emo sa bene che «tutte le forme superiori dello spirito intristiscono e cercano invano di uscire da sé per trovare qualcosa che le salvi».  Un'istanza di salvezza che trova senso in una religione dove « Dio deve espiare la sua universalità, deve distruggere ogni valore e il proprio, sì che lo sparire, il nascondersi di Dio nella sua espiazione non è altro che la nuova creazione, la nuova creazione dei valori; e così il ciclo ricomincia».  Dio «si abolisce col suo stesso realizzarsi».  Un altro punto fondamentale del pensiero religioso di Emo è la figura centrale dell'individuo, della persona contrapposta alle astrazioni della collettività, sia quella esaltata dallo Stato etico gentiliano o quella delle religioni socializzanti. «L'individuo non può essere un dato; esso può essere solo un soggetto cioè una resurrezione».  L'età moderna è assillata da questo fondamentale problema :«Il problema è questo: di quali fedi si nutre e sussiste il mondo moderno; quale è la fede autentica che lo sostiene nella vita che gli dà la forza dell'attività e la convinzione di partecipare con la sua vita (o la sua azione o il suo essere) alla immortalità, cioè all'assoluto? Ogni uomo ha bisogno dell'assoluto e pertanto il suo problema è questa partecipazione all'assoluto»  Come raggiungerà l'assoluto l'uomo contemporaneo? Quale sarà la sua fede laica? non certo quella collettivistica-sociale che ha fatto uso della violenza e ha fallito ma neppure quella cristiana che ha compresso la libertà di coscienza.  «I cristiani sono nati sotto il segno dello scandalo» ma oggi la Chiesa si è allontanata dalla sua scandalosa azione originaria.  «Perché in ogni fede vi è qualcosa di scandaloso e di vergognoso? Perché vi è qualcosa di vergognoso nella verità e nella vita stessa? Forse l'elemento vergognoso è l'individualità pura attorno a cui verte la fede e che si crea con la sua negazione; l'individualità è sempre nuda e la nudità è scandalosa. I vestiti sono l'uniforme della società. Invano l'uomo (e la donna) credono di distinguersi con le vesti; e credono che la nudità sia uniformità. In realtà le vesti sono il riconoscimento della società, del sociale. Ma le vesti sarebbero nulla se non fossero animate dalla vita di una nudità. La veste è orgogliosa della nudità che essa socializza»  È quindi con la libertà individuale, con la "nudità" individuale, con il rifiuto di ogni "veste" di uniformità ed obbedienza all'autorità di una Chiesa o ad una dottrina collettivizzante, che l'uomo recupera la sua essenza individuale che si fonda sull'amore alta espressione del "singolo".  Opere Il dio negativo. Scritti teoretici 1925-1981, Massimo Donà e Romano Gasparotti, Marsilio, Venezia, 1989. Le voci delle Muse. Scritti sulla religione e sull'arte. 1918-1981, Massimo Donà e Romano Gasparotti, Marsilio, Venezia, 1992. Supremazia e maledizione. Diario filosofico 1973, Massimo Donà e Romano Gasparotti, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1998. Lettere a Cristina Campo. 1972-1976, Giovanna Fozzer, In forma di parole, Bologna, 2001. Il monoteismo democratico. Religione, politica e filosofia nei Quaderni del 1953, Laura Sanò, Mondadori, Milano, 2003. Quaderni di metafisica. 1927-1981, Massimo Donà e Romano Gasparotti, pref. di Massimo Cacciari, contributi di Enrico Ghezzi, Giulio Giorello, Laura Sanò, Carlo Sini, Vincenzo Vitiello, Francesco Tomatis e Andrea Tagliapietra. Bompiani, Milano, 2006. Aforismi per vivere. Tutte le parole non dette si ricordano di noi, Raffaella Toffolo, Mimesis, Milano, 2007. La voce incomparabile del silenzio (dai taccuini), Massimo Donà e Raffaella Toffolo, con postfazioni di Massimo Cacciari, Giulio Giorello, Massimo Donà e Raffaella Toffolo. Gallucci, Roma, . Verso la notte e le sue ignote costellazioni. Scritti sulla politica e la storia, Massimo Donà, Raffaella Toffolo, Gallucci, Roma, . Note  Il pittore realizzò dei ritratti di Andrea e della moglie  La prima lettera di Emo è del febbraio del 1972 a cui seguirono altre 12 sino al 10 ottobre 1976; della Campo vi è una sola lettera  Andrea Emo e i "Quaderni di metafisica" Intervista a Massimo Donà di Luca Viglialoro  Op. cit.Ibidem  Op.cit. Ibidem  da Andrea Emo, Il monoteismo democratico. Religione, politica e filosofia nei Quaderni del 1953, Laura Sanò, 2003, Bruno Mondadori editore, in Quaderni 19531  Quaderni 1953 op.cit47  Quaderni 1953 op.cit.p. 14  Quaderni 1953 op.cit.p. 37  Laura Sanò, Un daimon solitario. Il pensiero di Andrea Emo, Prefazione di U. Curi, Napoli, La Città del Sole, 2001,  242.  88-8292-059-3. Daniele Mont D'Arpizio, Andrea Emo, il profeta dell'angoscia, in La Difesa del popolo, 11 gennaio 200925. Giovanni Sessa, La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo, introduzione di Romano Gasparotti, con un inedito di Andrea Emo, Edizioni Bietti, Milano .  Cristina Campo Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Andrea Emo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Andrea Emo  Maria Virginia Geremia, «EMO CAPODILISTA, Andrea» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 42, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993. Aforismi tratti dai Quaderni di Andrea Emo su Aforismario Filosofia Filosofo Professore1901 1983 14 ottobreMorti l'11 dicembre Battaglia Terme RomaPosizioni e teorie filosofiche

 

 

Capograssi: Grice: “I love Capograssi; at Oxford we’d call him a lawyer, but the Italians call him a philosopher! My favourite of his tracts is his attempts – linked as he was to the Napoli area – Vico relevant! Oddly, he stresses the ‘Catholic,’ or RC, as we say at Oxford, rather than the heathen, pagan, side, of this illustrious philosopher who Strawson – as along indeed with Speranza -- think as the greatest Italian philosopher that ever lived – I mean, what can be more Italian than Vico?!” -- Giuseppe Capograssi (Sulmona), filosofo. Si è occupato principalmente di filosofia del diritto. Fu membro della Corte costituzionale. Giuseppe Capograssi nacque a Sulmona da un'antica famiglia nobile che vi si era trasferita da un comune della provincia di Salerno nel 1319, a seguito del vescovo Andrea. Nipote di Nunzio Federigo Faraglia, Capograssi si laureò in Giurisprudenza a Roma nel novembre del 1911 discutendo la tesi di laurea "Lo Stato e la Storia", in cui già affiorano le problematiche connesse alle interrelazioni fra individuo, società e Stato: problematiche che impegneranno tutta la sua attività di studioso.  Dopo aver esercitato l'avvocatura, iniziò la carriera accademica all'Università degli Studi di Sassari, poi insegnò all'Università degli Studi di Macerata, dove venne nominato anche rettore e quindi si trasferì nel 1938 a Padova, poi nel 1940 a Roma, di qui a Napoli, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, per un decennio, trascorso il quale si trasferì ex novo a Roma.  Nel luglio del 1943 prese parte ai lavori che portarono alla redazione del Codice di Camaldoli.  Il 3 dicembre 1955 venne nominato giudice della Corte costituzionale dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e giurò il 15 dicembre insieme agli altri quattordici giudici. Di fatto non partecipò ai lavori della Corte in quanto morì il giorno della seduta inaugurale (23 aprile 1956).  Fu tra i fondatori dell'Ugci (Unione giuristi cattolici italiani), di cui fu anche il primo presidente.  Pensiero La sua filosofia viene denominata "dottrina dell'esperienza giuridica" ed è rivolta alla centralizzazione della volontà del soggetto agente, che si imprime nell'azione stessa, vera fonte di espressione giuridica e di vita. La filosofia dovrebbe quindi occuparsi della vita e dell'azione, avendo a centro della sua speculazione la "persona".  Il suo pensiero si ricollega al personalismo cattolico, il cui approfondimento si ebbe proprio nel Novecento, sulle orme di sant'Agostino, Pascal, Rosmini, anche ad opera di pensatori francesi quali Maritain e Mounier. Perciò, l'aver posto al centro della sua indagine il problema di comprendere i rapporti essenziali che intercorrono fra il diritto, inteso come esigenza giuridica, e la vita consente alla sua filosofia del diritto di superare il campo della tecnica giuridica per pervenire ad una visione organica e totale del reale, cioè a Dio.  Opere Fede e scienza, 1912 Saggio sullo Stato, 1918 Riflessioni sull'autorità e la sua crisi, 1921 La nuova democrazia diretta, 1922 Analisi dell'esperienza comune, 1930 Studi sull'esperienza giuridica, 1932 Introduzione alla vita etica, 1953 Il problema della scienza del diritto, 1937 Incertezze sull'individuo, Milano, Giuffrè, 1969 Pensieri a Giulia, 1918-1924  Note  Sito web della Corte costituzionale: note biografiche giudice. Archiviato il 3 febbraio  in .  I Pensieri a Giulia sono alcuni scritti di Capograssi, vergati su foglietti e conseglla sua futura moglie Giulia Ravaglia dal dicembre del 1918 al 18 febbraio 1924, data del loro matrimonio. Nei Pensieri, poi raccolti e pubblicati, si colgono i momenti salienti della sua maturazione intellettuale e spirituale che culminerà nella conversione.  M. Glustich, La teoria dei valori in Giuseppe Capograssi, Alassio, 1972. Jesús Ballesteros, La filosofía jurídica de Giuseppe Capograsi, Roma-Madrid, Instituto Jurídico Español de Roma, C.S.I.C., 1973 (in spagnolo) Giuseppe Papponetti, Capograssi a Sulmona. Sei secoli in un paese, Milano, Giuffrè, 1990. Ulderico Pomarici, L'individuo oltre lo Stato. La filosofia del diritto di Giuseppe Capograssi, Napoli, Editoriale Scientifica, 1996 M. G. Esposito, Diritto e vita, La lezione di Capograssi, Milano, Giuffrè, 1997. Giuseppe Papponetti, Un inventario cinquecentesco di casa Capograssi, L'Aquila, Deputazione Abruzzese di Storia Patria, 2003. Antonio Delogu, Introduzione alla Analisi della esperienza comune in: Giuseppe Capograssi, La vita etica, Francesco Mercadante, Milano, Bompiani, 2007. Raffaele Panico, Giuseppe Capograssi: le nuove generazioni e l'unità del Mondo. La scoperta dell'individuo contemporaneo nel segno del personalismo cristiano, Rinascita 'Filosofia', pag. 16 'Cultura', edizione quotidiana del 9/10 febbraio 2008. Antonio Delogu e Aldo Maria Morace, Esperienza e verità. Giuseppe Capograssi: un Maestro oltre il suo tempo, Bologna, Il Mulino, 2009. Antonio Delogu  Antonio Pigliaru, Saggi capograssiani, Roma, SPES, . Antonio Merlino, La recezione di Kelsen in Italia. Santi Romano e Giuseppe Capograssi, in "Challenging Centralism. Decentramento e autonomie nel pensiero politico europeo", Firenze, Firenze University Press,  Vincenzo Lattanzi, Giuseppe Capograssi. I sentieri dell'uomo comune, con prefazione di Francesco Mercadante, Edizioni Solfanelli, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Giuseppe Capograssi  Vittorio Frosini, CAPOGRASSI, Giuseppe, in Dizionario biografico degli italiani,  18, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1975. 3 ottobre .  Filosofia Categorie: Giuristi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1889 1956 21 marzo 23 aprile Sulmona RomaFilosofi del dirittoGiudici della Corte costituzionale (Italia)Militanti cattolici italianiNobili italiani del XX secoloNobili italiani del XXI secoloProfessori della SapienzaRomaProfessori dell'Università degli Studi di MacerataProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIProfessori dell'Università degli Studi di SassariRettori dell'Università degli Studi di MacerataStudenti della SapienzaRoma

 

Caporali: Grice: “You gotta (as we say at Berkeley) love (as we say at Berkeley) Caporali – typically Italian he dedicates his life to philosophise on Pythagoras (or Pitagora, as he prefers) just because he is ‘italico,’ or ‘Italiano,’ with the capital I that was then in fashion!” Grice: “What I like about Caporali is that, unlike the 98% of Italian philosoophers, he detests German philosophy, as represented by Muri – “See how clear the religion of the Italian anti-clerics is compared to the German obscurity of Muri!’ And right he is, too!”   -- Grice: “For the Oxonians I always recommend his “epitome di filosofia italiana,’ which, I subtitle it as “From Pythagoras to Pythagoras, and back!” – His three-part tract on Pythagoras (Natura, Uomo, Other) is fascinating – especially the other – he also philosophised on ‘scienza nuova.’” --   Enrico Caporali (Como), filosofo. Laureatosi in giurisprudenza all'Padova, studiò anche storia e geografia presso l'ateneo bolognese, così come approcciò, sia Italia che all'estero, le scienze naturali e la matematica.  Nel corso dei suoi viaggi si avvicinò al movimento metodista, tanto che nel 1875 a Milano, dove l'anno prima aveva dato alle stampe la Geografia enciclopedica, ne ricevette l'ordinazione a evangelista, mentre quella a diacono la ricevette a Terni nel 1879. E, non a caso, Caporali è stato segnalato fra le menti più eccelse dell'evangelicismo.  Dal 1876 a Perugia, e poi come ministro a Todi dalla fine del 1881, finì per distaccarsi dal movimento metodista. È in quel contesto che diede vita alla rivista La nuova scienza, uscita in 6 volumi tra il 1882 e il 1896. La notorietà che ne conseguì gli portò l'offerta di reggere come titolare, su indicazione di Nicola Fornelli, la cattedra di filosofia all'Bologna, che tuttavia Caporali rifiutò.  Dal 1905 riprese e approfondì le questioni filosofiche, studiando, in particolare, la dottrina di Pitagora, che avrebbe ricondotto, da nazionalista qual era, ad una tradizione italica e latina, in funzione anti-straniera. Secondo Caporali, la formulazione pitagorica del numero reale consentiva di riconoscere la relazione dell'espressione della coscienza e della volontà umane con i problemi della vita.  Opere principali Geografia enciclopedica rispondente al bisogno degl'italiani ordinata alfabeticamente, Politti, Milano 1873. Epitome di Filosofia italica della nuova scienza. Vademecum delle persone colte che vogliono diventare filosoficamente italiane, Tip. dell'Umbria, Spoleto 1911; La natura secondo Pitagora, Atanor, Todi 1914; L'uomo secondo Pitagora, Atanor, Todi 1915; Il pitagorismo confrontato con le altre scuole, Atanor, Todi 1916; La Chiara religione degli anticlericali italiani con la nebbiosa tedesca di Romolo Murri (della pubblica opinione moderatore), Tip. Tuderte, Todi 1916. Note  L'Enciclopedia Italiana, vedi , indica il 1841 come anno di nascita.  V. Vinay, Luigi Desanctis, Claudiana, Torino 1965240.  In tal senso B. Croce, Pescasseroli, Laterza, Bari 192255, che lo cita con i filosofi protestanti Taglialatela e Mazzarella.  G.B. Furiozzi, Enrico Caporali tra politica, religione e filosofia, in Idem, Dal Risorgimento all'Italia liberale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1997,  125–136. R. Mariani, Del sommo filosofo pitagorico Enrico Caporali da Como (1838-1918): da Pitagora ad Alberto Einstein, Domini, Perugia 1955. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Enrico Caporali  M.C.C., «CAPORALI, Enrico», in Enciclopedia Italiana, I Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1938. Luca Pilone, «Enrico Caporali», in Dizionario biografico dei protestanti in Italia, Società di studi valdesi, sito studivaldesi.org. Filosofia Filosofo del XIX secoloFilosofi italiani Professore1838 1918 Como TodiScrittori italiani del XX secoloPersonalità del protestantesimo

 

Cappelletti: Grice: “I like Cappelletti – and so does he! He is into what he calls, in Latin, to show off, ‘philosophia anthropologica,’ which is MY thing – I mean, one can explore the philosophy of ‘life’ (bios) per se, and Aristotle on the ‘entelechia’ of a vegetable, but vegetable implicatures are boring (to us); the idea of ‘psychology’ features large, and also ‘vita.’ When Cicero dealt with Aristotle’s philosophy of life (zoe, bios, psyche) he found himself in trouble: vita, anima – And then came Ficino and Pico! Cappelletti knows it all, and it shows!” --  Vincenzo Cappelletti (Roma ), filosofo.  Dopo gli studi liceali classici, si laurea prima in medicina poi in filosofia. Nel 1967, consegue la libera docenza in storia della scienza che, dal 1968 al 1971, insegna, per incarico, all'Perugia, quindi, dal 1972, all'Roma La Sapienza dove, nel 1980, consegue l'ordinariato; ha successivamente insegnato la stessa disciplina all'Università Roma Tre fino al 2002, quando è andato in quiescenza.  Nel 1956, inizia a collaborare con l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana di Roma, fino a diventarne, nel 1969, vicedirettore generale, quindi, l'anno successivo, direttore generale, carica che manterrà fino al 1992. Questo periodo, vedrà una progressiva affermazione sia in campo nazionale che internazionale dell'Istituto, con un forte incremento nella produzione delle opere nonché l'apertura di nuovi ed innovativi progetti editoriali.  Dal 1992 al 2002, è vicepresidente e direttore scientifico dell'Enciclopedia Italiana, carica rivestita negli anni trenta da Giovanni Gentile, poi da Gaetano De Sanctis, quindi da Aldo Ferrabino di cui Cappelletti sarà appunto collaboratore negli anni 50'. Già condirettore della rivista di storia della scienza Physis (dal 1991) e degli Archives Internationales d'Histoire des Sciences, dirige, dal 1956, Il Veltro. Rivista della civiltà italiana (da lui fondata assieme a Aldo Ferrabino), nonché presiede la casa editrice Studium. È anche socio storico dei "Martedì Letterari".  Dal 1970 al , è presidente della Domus Galilaeana di Pisa e, dal 1989 al 1997, dell'Académie Internationale d'Histoire des Sciences. Dal 1999, è presidente della Società Italiana di Storia della Scienza (presidente onorario dal ) e, dal 1997 al , dell'Istituto Accademico di Roma. Inoltre, dal 2001 al 2005, è commissario straordinario dell'Istituto Italiano di Studi Germanici, quindi presidente dal 2006 al , promuovendone il passaggio da istituzione culturale a ente di ricerca. Presiede inoltre, dal 1988, la Società Europea di Cultura, fra gli anni 80' e 90' il Centro Italiano di Sessuologia (CIS), la Fondazione Nazionale "C. Collodi" dal 1989, il Consorzio BAICR-Sistema Cultura (Biblioteche e Archivi Istituti Culturali di Roma) dal 1991, la Fondazione FUCI dal 1996 al .  Dottore honoris causa dell'El Salvador e di Moron-Buenos Aires, è stato socio straniero dell’Accademia delle Scienze di Bucarest. Nel 1991, riceve il Premio internazionale Montaigne per le scienze umane. Medaglia d'oro al merito accademico, è insignito, nel 2003, della medaglia Koiré dell'Académie Internationale d'Histoire des Sciences e, per due volte, della medaglia d'oro al merito della cultura italiana, sia per gli sviluppi dell'Enciclopedia Italiana che per la promozione degli studi di storia della scienza.  La sua attività scientifica ha riguardato inizialmente la storia e l'epistemologia delle scienze biologiche nella Germania dell'Ottocento, quindi le teorie psicoanalitiche, in particolare la psicoanalisi freudiana e la psicologia analitica, nei loro rapporti con le altre discipline socio-umanistiche, fra cui l'antropologia, la politica e la filosofia. Ha anche curato collectanee su aspetti del pensiero nonché le opere di alcuni scienziati del Settecento e dell'Ottocento, fra cui Giovanni Battista Morgagni, Emil Du Bois-Reymond, Rudolf Virchow, Hermann von Helmholtz. Quindi, dopo aver ulteriormente approfondito gli aspetti storiografici e metodologici delle scienze esatte e naturali, i suoi interessi di ricerca si sono rivolti verso la filosofia e la sociologia delle scienze, analizzando, sia dal punto di vista storiografico che epistemologico, i rapporti storico-dialettici fra scienza e società, con particolare riguardo alle scienze umane.  Pubblicazioni principali Emil Du Bois-ReymondI sette enigmi del mondo , Firenze, Tip. L'impronta, 1957. Atomi e vita, Bologna, Edizioni Cappelli, 1958. Entelechìa. Saggi sulle dottrine biologiche del secolo XIX, Firenze, G.C. Sansoni, 1965. Opere di Hermann von Helmholtz , Torino, UTET, 1967 (2ª ed., 1995). Rudolf VirchowVecchio e nuovo vitalismo , Roma-bari, Editori Laterza, 1969. L'interpretazione dei fenomeni della vita , Bologna, Società editrice il Mulino, 1972. Emil Du Bois-ReymondI confini della conoscenza della natura , Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1973. Freud. Struttura della metapsicologia, Roma-Bari, Editori Laterza, 1973. Epistemologia, metodologia clinica e storia della scienza medica (), 5 voll. (IV e V curati da V. Cappelletti e Dario Antiseri, 1982), Roma, Arti grafiche E. Cossidente, 1977-82. La scienza tra storia e società, Roma, Edizioni Studium, 1978. Saggi di storia del pensiero scientifico dedicati a Valerio Tonini , Roma, Casa Editrice Jouvence, 1983. Antropologia dei valori e critica del marxismo , Roma, PWPA-Edizioni dell'Accademia, 1984. Alle origini della "philosophia anthropologica", Napoli, Guida editori, 1985. De sedibus, et causis. Morgagni nel centenario (curato assieme a Federico Di Trocchio), Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1986. L'Enciclopedia Italiana per l'Europa: le nuove opere Treccani, Roma, Quaderni de Il Veltro, 1992. Le scienze umane nella cultura e nella società odierne , Edizioni Studium, 1993. Etnia e Stato, localismo e universalismo , Roma, Edizioni Studium, 1995. Introduzione a Freud, Roma-Bari, Editori Laterza, 1997 (2ª ed., 2000; 3ª ed. ampliata, ). Filosofia come scienza rigorosa. Edmund Husserl a centocinquant'anni dalla nascita (con Renato Cristin), Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino Editore, . L'Università e la sua riforma (curato assieme a Giuseppe Bertagna), Roma, Edizioni Studium, . Natura e pensiero. Percorsi storico-filosofici, Roma, Aracne Editrice, . Onorificenze Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte — Roma, 28 novembre 1992 Note  Notizie bio-bibliografiche sull'autore si trovano in V. Cappelletti, Natura e pensiero. Percorsi storico-filosofici, Aracne Editrice, Roma, , Introduzione di G. Cimino ( 9-48), Appendice ( 247-252).  Cfr. V. Cappelletti, "Attualità della storiografia scientifica", in:  La storiografia della scienza: metodi e prospettive, Quaderni di storia e critica della scienza, N. 5, Domus Galilaeana (Pisa), CLUEB, Bologna, 1975,  315-329.  La maggior parte delle notizie biografiche qui riportate, sono tratte dalla biografia dell'autore scritta da G. Cimino per l'Enciclopedia Italiana (cfr. sezioni "" e "").  Istituto Italiano di Studi germaniciHome page  Società europea di CulturaHome page  Guido Cimino, CAPPELLETTI, Vincenzo, in Enciclopedia Italiana, V Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1991, vincenzo-cappelletti. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Vincenzo Cappelletti  Vincenzo Cappelletti, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.   italiana di Vincenzo Cappelletti, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.  Registrazioni di Vincenzo Cappelletti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Vincenzo Cappelletti: La nascita della Psicoanalisi. Aforismi, storia del termine inconscio, documento video, Rai Scuola.Filosofia Filosofo del XX secoloStorici della scienza italiani 1930  2 agosto 21 maggio Roma Roma

 

Capra: Grice: “Plato, who never fought, thought the soul was in the brain; Aristotle, who taught Alexander, and knew of Alcebiades, a warrior, was aware of the sinews of the body; he thinks the ‘anima’ was in the heart – ‘enthymema’ – Ryle laughed at them all, stupidly. The issue is VERY subtle – And Marcello Capra explores the conceptual intricacies of applying a spatial concept (like ‘sedis,’ the most general spatial concept, actually) to ‘anima’ – And the good thing is that he philosophised with his companion while they did peripatetics along the valley of the river in Nicosia!” “Why is it that philosophers always have to self-segregate; people spoke derogatorily of the Oxford School of Ordinary Language Philosophy, but there were THREE schools: mine, Witters’s followers’s, and Ryleans – and each could not stand the other! Well, Capra, bored of Palermo, founds in Nicosia his own academy – At Oxford we had unfortunately to SHARE the town, if not the gown!” -- Marcello Capra (Nicosia), filosofo..  Studiò medicina a Padova sotto la guida di Giovanni Battista Montano e del celebre Gabriele Falloppio. Tornato a Nicosia, vi fondò una scuola di medicina e filosofia. In seguito, si trasferì prima a Palermo e poi a Messina. Divenne medico personale di Don Giovanni D'Austria e medico della flotta dell'Impero Spagnolo, per cui partecipò nel 1571 alla battaglia di Lepanto. Tornato in Sicilia, su incarico del viceré Don Diego Enriquez de Gusman studiò l'epidemia di peste verificatasi nel 1591 e 1592 e descrisse i risultati dei suoi studi in un volume dal titolo De morbi pandemici causis, symptomatibus et curatione, che fu pubblicato a Messina nel 1593. Scrisse anche un volume sulle proprietà mediche della scorzonera. Marcello Capra si occupò anche di filosofia e nel 1589 pubblicò a Palermo due opere filosofiche. La prima di tali opere fu dedicata alla sede dell'anima e considerava i principi di Aristotele e i quesiti di Galeno; la seconda trattava dell'immortalità dell'anima alla luce del pensiero di Aristotele, Pitagora, Epicuro e Averroè. Di Marcello Capra non si conoscono esattamente il luogo e la data precisa della morte.  Note  Vedi Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  G.E. Ortolani, Biografia degli uomini illustri della Sicilia, Nicola Garrasi Editore, Napoli, 1821.  Giuliano Gliozzi, CAPRA, Marcello, in Dizionario biografico degli italiani,  19, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1979. 2 luglio .  Filosofia Medicina  Medicina Categorie: Medici italianiFilosofi italiani Professore1510 Nicosia (Italia)

 

Capua: Grice: “I like Capua – from the middle of nowhere – Lago Laceno – he founds an “Accademia degl’Investiganti” in Capri! To philosophise!” -- Ritratto di Leonardo di Capua. Leonardo Di Capua (Bagnoli Irpino), filosofo.  Impegnato nella ricerca e nella sperimentazione, in antitesi ai vecchi capiscuola come Aristotele, Ippocrate, Galeno ed altri, fu a capo di un'accademia dal nome gli "Investiganti".  Nel 1681 pubblicò il "Parere", sostenendo le idee di chi opponeva la ricerca medica e scientifica al sapere della tradizione.  Ingresso del portone della casa di nascita di Leonardo di Capua. Via Carpine, Bagnoli Irpino Leonardo di Capua nacque a Bagnoli Irpino il 10 agosto 1617 da Cesare e Giovanna Bruno, dei quali fu l'ultimo figlio. Nonostante la famiglia fosse facoltosa, non gli venne assegnato un precettore che lo seguisse negli studi oltre le basi grammaticali. Ad ogni modo, egli si dedicò con passione, sin da giovanissimo, all'approfondimento del latino, del greco e della retorica. Ad undici anni, nel 1628, perse entrambi i genitori e dovette cominciare a provvedere da sé alla sua educazione. Trasferitosi a Napoli per seguire la sorella, frequentò la scuola dei padri della Compagnia di Gesù, studiando per sette anni filosofia e teologia. A diciotto anni si dedicò agli studi giuridici e successivamente alla medicina. Imparò le Istituzioni di Giustiniano, leggendo al tempo stesso anche le osservazioni di Giacomo Cuiacio, testi che segnarono profondamente la sua formazione, come è evidente in vari passaggi del suo "Parere" e nelle sue "Lezioni intorno alla natura delle mofete". All'età di 22 anni si laureò in medicina e fece ritorno a Bagnoli, con l’intenzione di approfondire le sue conoscenze naturali ed anatomiche, effettuando osservazioni dirette su animali vivi sezionati e con il supporto di testi reperiti a Napoli. Proprio in quegli anni prese forma il suo pensiero critico circa l'inadeguatezza del metodo utilizzato sino ad allora in ambito medico. Degli anni di ritiro a Bagnoli non abbiamo ulteriori notizie biografiche. Niccolò Amenta, autore di una sua biografia, ci riferisce anche di una certa attività letteraria, collocabile in questo periodo, di cui, tuttavia, non ci è giunta testimonianza: i suoi testi furono rubati mentre era in viaggio verso Napoli.  Il trasferimento a Napoli Intorno ai primi mesi degli anni Quaranta si trasferì definitivamente nella città partenopea. Probabilmente il suo trasferimento fu favorito dalla presenza a Napoli di Tommaso Cornelio, suo amico, il quale vantava una lunga preparazione alla scuola galileiana e indirizzò Di Capua alla ricerca scientifica nella linea segnata da Galileo Galilei e da Cartesio, protagonisti della rivoluzione che la filosofia sperimentale portava all'interno di una cultura legata al passato e in cui vigeva la legge dell'"ipse dixit". Sulla scia di questo fervore intellettuale, Di Capua fondò intorno al 1650 insieme a Tommaso Cornelio, Francesco D'Andrea e Giovanni Alfonso Borelli l'Accademia degli Investiganti, accademia filosofica e scientifica di ispirazione antiaristotelica.  Vita privata Di Capua si sposò quando aveva già quarant'anni con Annamaria Orilia, molto più giovane di lui. I due convissero a Napoli dove nacque anche la loro prima ed unica figlia nel 1673, morta appena nata. La sua casa fu spesso luogo, ad ogni modo, di incontri tra gli intellettuali napoletani che facevano capo all'Accademia degli Investiganti. Due anni prima della sua morte, Di Capua ottenne il riconoscimento dal Principe Francesco Carafa, di essere iscritto all'Arcadia di Roma, con il nome di Alessi Cillenio. Tale riconoscimento scaturisce dalla fama e dall'operosità scientifica che ottenne non solo a Napoli, ma in tutta Italia. A causa del suo ruolo di spicco all'interno dell'Accademia e della pubblicazione della sua opera più celebre, il "Parere", fu coinvolto nel "processo agli ateisti", che fu da molti visto come un processo indetto dal tribunale dell'Inquisizione per contrastare il diffondersi delle nuove idee in ambito scientifico e filosofico. Il processo era ancora aperto quando Leonardo Di Capua morì a Napoli il 17 giugno 1695, e fu poi sepolto nella Chiesa di S. Pietro a Majella.  Leonardo Di Capua e il contesto culturale del Seicento L'ambiente culturale a Napoli Di Capua fu un professionista scrupoloso e un illustre innovatore scientifico nello scenario culturale napoletano della seconda metà del Seicento. Egli dimostrò notevole interesse per le dispute galileiane e i processi contro lo scienziato pisano, che in quegli anni erano al centro delle cronache del mondo politico, religioso e scientifico. In quel periodo Di Capua era anche interessato al pensiero di Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Giambattista Della Porta, ma soprattutto era affascinato dalle novità scientifiche a cui lo introdusse il suo amico Tommaso Cornelio, riguardanti i libri e le pubblicazioni dei principali scienziati e filosofi italiani ed europei come Francesco Bacone, Cartesio, William Harvey, Thomas Hobbes, Pierre Gassendi, Daniel Samert, Robert Hooke, Thomas Willis, Robert Boyle.  Tra Tommaso Cornelio e Di Capua sorse una solida amicizia basata su ideali comuni: entrambi non condividevano né l'autoritarismo aristotelico né le vecchie teorie di Ippocrate e di Galeno. Dello stesso pensiero era Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), medico fisico e matematico, ammiratore, anche lui, del metodo di Galileo. Infatti lo sperimentalismo galileiano, basilare nell'attività dell'Accademia del Cimento, influenzò e si congiunse con l'attivismo speculativo degli Investiganti napoletani.  L'ambiente culturale napoletano era dunque vivo e attivo e le librerie di via San Biagio dei Librai divennero centri di raduno intellettuale, in cui si discuteva sulle novità di fisica, astronomia, filosofia e medicina. Di Capua, ancora prima della fondazione dell'Accademia degli Investiganti, aveva già incominciato a contribuire al risorgere della cultura napoletana, partecipando attivamente alle riunioni e ai circoli culturali sorti a Napoli nella seconda metà del Seicento, tra cui quello fondato da Camillo Colonna. In un’ottica del tutto contrastante alla Controriforma della Chiesa cattolica che da circa cinquanta anni aveva preso piede, Napoli diventa il centro della vita letteraria e delle attività scientifico filosofiche, spostando l'attenzione da Firenze a Napoli: si passa dal “Cimento” e dai “Lincei” agli “Investiganti”, dalle Accademie fiorentine e romane a quella napoletana.  Leonardo Di Capua si formò quindi in questa “nuova” Napoli, sotto lo stimolo, l'esempio e l'amicizia di Tommaso Cornelio e Alfonso Borelli, i quali, durante i loro viaggi, erano stati illuminati dall’ “Accademie des Sciences” di Parigi e la “Royal Society” di Londra. È in questo contesto culturale che l’opera di Di Capua “ Il Parere” richiama l’attenzione del famosissimo Francesco Redi e della Regina di Svezia.  Leonardo Di Capua, Francesco Redi e la Regina di Svezia Leonardo Di Capua e Francesco Redi erano entrambi scienziati, intellettuali, accaniti osservatori della natura; tutti e due seguivano il metodo sperimentale secondo lo spirito galileiano. Il 21 dicembre 1683 il Redi scrisse a Di Capua una lettera dopo aver letto le sue "Lezioni sulla natura delle mofete", in cui gli manifesta tutta la sua stima e ammirazione. Francesco Redi fu un famosissimo medico, il primo ad effettuare ricerche sul cancro e sulla parassitologia.  L’ammirazione che provava nei confronti del Di Capua era la dimostrazione che quest’ultimo era inserito nell'élite culturale italiana del tempo, anche al di fuori del circuito napoletano, fino al punto che la Regina Maria Cristina di Svezia si interessò vivamente a lui e alle sue idee, comunicandogli il desiderio di conoscere con maggiore chiarezza ed approfondimenti il suo parere sullo stato dell’incertezza della medicina. Di Capua scrisse allora i “Tre Ragionamenti sull'Incertezza dei Medicamenti”.  Leonardo Di Capua e Giambattista Vico Nelle sue pubblicazioni Di Capua non fa menzione di Vico, suo devoto alunno, probabilmente in quanto al momento della sua morte il Vico aveva soltanto 25 anni. Di Capua quindi non aveva avuto modo di intuire le capacità intellettuali di Vico, il suo genio raziocinante di storico e di filosofo. Certamente il Vico fu influenzato dalle idee e dalle teorie di Di Capua, che affiorano in alcune orazioni giovanili vichiane (il concetto della divinità presente in tutta la natura). Il Vico, di natura solitaria, fu molto sensibile alle novità scientifiche e filosofiche del tempo, partecipò al movimento culturale napoletano e frequentò la casa Di Capua, che considerava il suo ideale maestro.  L'Accademia degli Investiganti Magnifying glass icon mgx2.svgAccademia degli Investiganti. Nel 1650 Leonardo Di Capua, Tommaso Cornelio, Francesco D'Andrea, Giovanni Alfonso Borelli fondarono a Napoli l'Accademia degli Investiganti insieme ad altre illustri personalità del mondo scientifico filosofico napoletano. Questa Accademia sorse in uno scenario di fervore intellettuale nuovo, dall'esigenza, quindi, di allontanarsi dalla filosofia aristotelica e dalle teorie di Ippocrate e di Galeno, per abbracciare le nuove teorie rivoluzionarie.[25] Il motto degli Investiganti era una citazione di Lucrezio: "vestigia lustrat"[26] seguito dall'immagine di un cane che segue le tracce e fiuta le impronte, rappresentando a pieno lo sforzo degli Investiganti nella ricerca delle cause alla base dei fenomeni naturali.  L'Accademia fu chiusa per la peste nel 1656. Venne riaperta dal marchese Andrea Conclubet, spinta da una nuova energia vitale: superare l'arretratezza culturale del paese per mettersi al passo con gli altri Stati europei. Gli investiganti si riunivano ogni 20 giorni e non si limitavano alla discussione dei vari argomenti, ma anche alla sperimentazione proprio come gli accademici della Royal Society di Londra e del Cimento.[27] Alla riapertura dell'Accademia, quindi, le prime lezioni furono tenute dal Di Capua su argomenti di natura scientifica. Altre lezioni ebbero come argomento l'anima, la fisiologia e l'embriologia. Si eseguirono anche esperimenti di fisica, meccanica e idromeccanica in situ, cioè nei luoghi dove certi fenomeni si verificavano (per esempio nella grotta del cane di Pozzuoli, nota per i fenomeni mefitici)[28].  Le nuove teorie degli Investiganti determinarono una reazione nel mondo del conservatorismo gesuitico, che sfociò nella fondazione di un'Accademia antagonista: l'"Accademia dei Discordanti", guidata dai famosi medici Carlo Pignatari e Luca Tozzi (1638-1717). Quest'ultimo fu primo medico del Regno di Napoli, professore alla Sapienza e in seguito alla morte di Marcello Malpighi, nel 1695, gli venne affidata la carica di archiatra pontificio.[29] Da allora i contrasti tra le due Accademie si moltiplicarono a tal punto che il viceré Pedro Antonio de Aragón dispose di chiudere entrambe le Accademie. In seguito Di Capua riaprì una sua scuola, dando prova della sua convinzione sulla fondatezza delle sue teorie e sul desiderio di trasmettere queste verità agli alunni[29]. Questo periodo rappresenta un momento di massima notorietà del pensiero culturale a capo di Di Capua, tanto che, il viceré spagnolo Ferdinando Gioacchino Faiardo indisse un congresso, in cui diversi medici dovettero esprimere il proprio parere per ciò che concerne lo stato delle teorie medico scientifiche oggetto di disputa. Fu così che, in occasione del convegno, Di Capua compose il suo "Parere Divisato in otto ragionamenti..", che ottenne notevoli riconoscimenti oscurando il conservatorismo cattolico dei suoi detrattori[30].  Opere  Busto del Di Capua in Piazza Leonardo Di Capua, Bagnoli Irpino. Stile ed idee Nonostante il Seicento, secolo del barocco, avesse come personaggio di spicco a Napoli Giambattista Marino (1569-1625), ritenuto dai suoi contemporanei un genio poetico di grandezza insuperabile, Di Capua si dichiarò nettamente antimarinista, in quanto la sua mentalità era di natura critica, analitica e scientifica.[31] Di Capua si formò nel pieno delle dispute letterarie tra marinisti e tradizionalisti di stampo petrarchista, come Fulvio Testi, Vincenzo da Filicaia e Alessandro Guidi. In quell'epoca predominava il trecentismo linguistico, perorato da Pietro Bembo e codificato nel famoso Vocabolario della Crusca, che Leonardo Salviati dettò e di cui nel solo Seicento esistevano ben 3 edizioni.[32] La notorietà, l'autorità, il peso culturale di questo nuovo dogma della lingua italiana ebbe una notevole presa su Di Capua grazie anche alla sua predilezione per la poesia di Petrarca.[33] Poiché i petrarchisti del Seicento erano considerati “antiquari” dai marinisti, Di Capua stesso venne etichettato come un antiquario, in quanto purista linguistico e seguace della tradizione dei dettami dell’Accademia della Crusca.[33] Di fatto, tuttavia, egli sosteneva principi rivoluzionari di scienza, seppur mediati da un linguaggio ormai "arcaico". A questo proposito dice Mario Puppo  «Tuttavia a Napoli, nella seconda metà del Seicento, si afferma intorno a Leonardo Di Capua un movimento puristico, a tendenza arcaicizzante che esercitò il suo influsso anche sul grande Vico[34]»  (Mario Puppo) Questa citazione sottolinea l'aspetto conservatore del Di Capua, riferito esclusivamente al linguaggio da lui usato, tipico del purismo letterario petrarchesco. In contrasto con questo atteggiamento letterario antiquario, Di Capua fu senza dubbio un rivoluzionario in ambito scientifico nello scenario culturale napoletano.[33] La sua produzione letteraria è, dunque, caratterizzata nel complesso da una forte contraddizione tra il "nuovo" del suo pensiero scientifico ed il "vecchio" della lingua da lui scelta.  Produzione poetica L'opera poetica di Leonardo Di Capua è costituita da duemila sonetti, due tragedie: "Il martirio di Santa Tecla" e "Il martirio di Santa Caterina", alcune commedie, una favola a sfondo idilliaco e altri scritti vari.[35] Di questa produzione non abbiamo testimonianza a causa del furto subito dal Di Capua in viaggio verso Napoli.[36] I sonetti, tanto nella forma quanto nel contenuto, sono di imitazione petrarchesca.[37] La stesura di questi ultimi, inoltre, è collocabile al periodo dell'adolescenza e, pur non potendolo affermare con certezza, è lecito intuire che la sua cosiddetta produzione poetica non abbia potuto assurgere ad alte cime, considerata anche la sua indole disposta più allo studio dei fenomeni e al razionalismo che all'aspetto psicologico o ai fattori emotivi.[38] Le opere drammatiche sono, al contrario, ispirate al modello di Gian Battista Della Porta.[38]  Il "Parere" Il Parere del Sig. Lionardo di Capua divisato in otto ragionamenti è indubbiamente l'opera più importante di Leonardo Di Capua, pubblicata a Napoli per la prima volta nel 1681, ristampata nel 1689 e ancora nel 1695 con l'inclusione delle Lezioni intorno alle mofete.[39][40] In questo testo Di Capua parte dalla pretesa di dimostrare "quanto vana, quanto priva di ogni salda dottrina fosse la filosofia di Aristotele"[41], rivendicando un rinnovamento culturale , un bisogno di liberarsi dagli eccessi del potere politico ed ideologico di alcune posizioni. Proprio a causa di questo "spirito di rivolta" rintracciabile nel testo fu intentato un processo contro Di Capua da parte dei Gesuiti, capitanati da De Benedictis, che si svolse a Napoli tra il 1688 e il 1697.[42] Nel Parere, tuttavia, più che negare il pensiero di Aristotele nel campo della conoscenza, egli intendeva contestare l'atteggiamento di coloro che ne avevano adottato in maniera eccessivamente pedissequa il metodo. La posizione da lui presa è tutta in favore della rivalutazione delle scienze e di un approccio nei confronti di queste che non sia statico, bensì critico anche nei confronti della tradizione.[43] La medicina in particolare è una scienza che non può fondarsi, a suo parere, su nozioni incontestabili, ma deve piuttosto essere costantemente messa in discussione, pur mantenendosi nei limiti dell'esperienza e della "debole ragione".[44]Nell'opera, comprensiva di otto ragionamenti, viene anche delineata la figura ideale del "buon medico", il quale deve essere allo stesso tempo anche amante della filosofia e buon conoscitore della geometria.[45]  Su esplicita richiesta della Regina di Svezia, agli otto ragionamenti iniziali, nel 1689, Leonardo Di Capua aggiunse un'appendice al "Parere": "Ragionamenti intorno all'incertezza dei medicamenti."[46] In entrambe le opere Di Capua finisce con il constatare lo stato dubbioso tanto della medicina quanto della terapia e come proprio il loro caratteristico elemento di imprevedibilità, anche in quanto soggette agli elementi umani, rendano impossibile una conoscenza del tutto obiettiva di una malattia.[47]  "Lezioni sulla natura delle mofete" Quest'opera, pubblicata a Napoli nel 1683, riprende i concetti già esposti nel "Parere" sull'aria, concepita come anima dell'universo.[48]Anche nella descrizione e nello studio delle mofete, fenomeni naturali caratterizzati dall'uscita di anidride carbonica, vapore acqueo e altri gas da terreni di origine vulcanica, Leonardo Di Capua rivela le sue attitudini alla razionalità, alla dimostrazione obiettiva di ogni evento fisico, sostenendo come la conoscenza di un fenomeno debba essere fondata sul metodo sperimentale.[49]  "Vita di Andrea Cantelmo" Nel 1693 viene pubblicata a Napoli l'ultima opera di Leonardo di Capua, una biografia del condottiero Andrea Cantelmo, il quale militò nell'esercito di Ferdinando II D'Austria e a cui veniva attribuita l'invenzione delle mine volanti e di un tipo di pistola a ripetizione con 25 colpi. La biografia diventa il pretesto per l'autore per far affiorare la sua concezione sull'individuo, sull'uomo, sui giochi della fortuna, sulla dialettica tra gli avvenimenti storici riguardanti l'uomo come personalità unica ed individuale e l'intreccio dello svolgimento degli eventi.[50]  Note  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, p.3.  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, p.4.  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, 4-5.  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, p.5-6.  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, 6-7.  Silvano Scalabrella, Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1991, volume 39, p.712.  Generoso De Rogatis, Cenni biografici degli uomini illustri di Bagnoli Irpina..., 1914, op.cit., p.62  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, p.12.  Silvano Scalabrella, Dizionario biografico degli italiani,Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1991, volume 39, p.714.  Silvano Scalabrella, Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1991, volume 39, p.714.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.57-58.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.23.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.24.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.25.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.26.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.27.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 28-29.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 33-35.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.40.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.41.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 41-42.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.37.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.38.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.39.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.45.  Carmine Jannaco Martino Capucci, Storia letteraria d'Italia, Volume 8: Il Seicento, F. Vallardi, Milano, Piccin nuova libraria, Padova 1986, pag. 745.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 46-48.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.48.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.49.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.50.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.19.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.20.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.21.  Mario Puppo, Discussioni linguistiche del Seicento, UTET, Torino 1957.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.61  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, 32-40.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.62  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., p.63  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, p.32.  Silvano Scalabrella, Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1991, volume 39, 712-714.  Leonardo Di Capua, Parere del signor Lionardo di Capoa divisato in otto ragionamenti, ne' quali partitamente narrandosi l'origine, e'l progresso della medicina, chiaramente l'incertezza della medesima si fa manifesta, Antonio Bulifon, Napoli 1681, p.94  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, p.46.  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo Di Capua, Venezia 1710, 39-48.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 62-64  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 118-121  Silvano Scalabrella, Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1991, volume 39, p.713.  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 123-124  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 87-90  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 93-95  Reppucci, Breve saggio monografico..., op. cit., 133-135  Niccolò Amenta, Vita di Lionardo di Capoa detto fra gli Arcadi Alcesto Cilleneo , Venezia 1710 Nicola Badaloni, Introduzione a Giambattista Vico , Laterza, Roma; Bari 1995, 124-147, 157-164, 246 ss., 301 s., 314 s., 352-359 Raffaele Cotugno, La sorte di Giambattista Vico e le polemiche scientifiche e letter. dalla fine del XVII alla metà del XVIII secolo, Tip. del R. Ospizio V. E., Giovinazzo 1910, 37, 52-57, 73 Salvo Mastellone, Pensiero politico e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento, D'Anna editore, Messina-Firenze 1965, 90, 157- 176 Walter Maturi, Fausto Nicolini, La giovinezza di Gian Battista Vico (1666-1700), saggio biografico, Napoli 1932, 79-90, 154-164 Camillo Minieri Riccio, Cenno storico delle Accademie fiorite nella città di Napoli, Bologna 1879, volume IV, p.531 Luciano Osbat, L'Inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti (1688-1697), Edizioni di storia e letteratura, Roma 1974, 13-19, 58 s., 93 s., 163-166 Amedeo Quondam, "Minima dandreiana: prima ricognizione sul testo delle "risposte" di F. d'Andrea a Benedetto Aletino" in Rivista storica italiana, Napoli 1970, 887-916 Gabriele Reppucci, Breve saggio monografico su Leonardo Di Capua, scienziato-medico-filosofo bagnolese (1617-1695), nel terzo centenario della sua morte, Circolo Sociale "Leonardo di Capua", Bagnoli Irpino 1995,  158 Silvano Scalabrella, «Leonardo Di Capua» in Dizionario Biografico degli italiani, Istituto della enciclopedia italiana, Roma 1991, volume 39, 712-715 Gian Battista Vico, Autobiografia, Edizioni paoline, Milano 1960, B. Croce Bari, 21-111Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Leonardo Di Capua Luoghi legati a Leonardo Di Capua su Himetop, The History of Medicine Topographical Database su himetop.wikidot.com.

 

Carabellese: Grice: “I love Carabellese; his masterpiece is ‘the rock and the sand,’ which reminds me of Tuke’s Cornwall! – Tuke captured some dialectic on the sand and rocks, which I’m sure were common in Ostia, too, back in the day! Carabellese speaks of a ‘semiotic scandal’ so it all connects with my pragmatics of dialectics or conversation.” --  Pantaleo Carabellese (Molfetta) filosofo.  Laureato in storia a Napoli (1901) e poi a Roma in filosofia (1906), insegna filosofia a Palermo (1922-1929) e a Roma (1929-1948), sposandosi nel 1936. A partire da una critica ferrata alla dottrina cartesiana (Le obbiezioni al cartesianesimo, 3 volumi, 1946; Il circolo vizioso in Cartesio, 1938), portò a compimento studi critici su diversi autori, tra i quali spiccano Immanuel Kant e Antonio Rosmini (tesi di laurea). Elaborò la dottrina dell'"ontologismo critico", in cui l'essere non è mero oggetto della coscienza ma è a essa intrinseco come fondamento irriducibile, cioè "essere-di-coscienza", che in ultima istanza altri non è che Dio (che, come già asseriva Vico, "è" e non "esiste").  Difese l'oggettività essenziale dell'Essere e la filosofia, non come sapere specialistico trincerato, ma come operatrice "per l'umanità tutta" così che "la coscienza filosofica esplica quella teoria che nel diversificarsi concreto della spiritualità risulta necessariamente implicita." E allora "lo sforzo della filosofia non potrà mai, quindi, essere compiuto atto"--seppure "la teoria...si...attu[i] sempre in una pratica, che è l'altro termine del concreto" (Il Problema della Filosofia da Kant a Fichte7). Insomma Carabellese difese la filosofia come ascesa teoretico-razionale a realtà teologiche, o come sentiero che volge al fondamento comune della vita politica e che alla politica rimane irriducibile.  Opere Critica del concreto, (1921) Il problema della filosofia da Kant a Fichte (1781-1801), (1929) Il problema teologico come filosofia, (1931) L'idealismo italiano, (1938) Il circolo vizioso in Cartesio, (1938) Le obbiezioni al cartesianesimo, (tre volumi: Il metodo, L'idea, La dualità, 1946) L'idea politica d'Italia, (1946) Da Cartesio a Rosmini. Fondazione storica dell'ontologismo critico, (1946) L'essere e la manifestazione parte II, [corsi del 1947-1948], (1998) L'essere e la manifestazione: Dialettica della Forme, [corsi del 1947-1948], (2005) L'essere, (1948)  Pagliarani, Romeo, Pantaleo Carabellese: filosofo della coscienza concreta, Ravenna, Edizioni del Girasole, 1979. Semerari, Giuseppe, La sabbia e la roccia: l'ontologia critica di Pantaleo Carabellese, Bari, Dedalo, 1982. Valori, Furia, Il problema dell'io in Pantaleo Carabellese, Napoli, ESI, 1996. Morabito, Bruno, Metafisica e Teologia in Pantaleo Carabellese, Reggio Calabria, Falzea, 2001. Bini, Andrea, Kant e Carabellese, Roma, Luiss University Press, 2006.  Ontologia Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pantaleo Carabellese  Fulvio Papi, «CARABELLESE, Pantaleo» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 19, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1976. «Carabellese, Pantaleo» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Pantaleo Carabellese Lorenzo Marras e Giuseppe Tortora, nel sito "Filosofico.net". Autolimitazione della metafisica critica? Momenti della recezione italiana di Fichte (1841-1948) con particolare riferimento all'ontologismo critico di P. Carabellese di Federico Ferraguto, Giornale di filosofia. Filosofia Filosofo Professore1877 1948 6 luglio 19 settembre Molfetta Genova

 

Caracciolo: Grice: “I like Caracciolo – at Harvard, I joked on Schlipp, and stated that Heidegger was then the greatest (grossest, in German) living philosopher – as he then was, living --. Caracciolo has dedicated his life to translate Heidegger’s ‘Dutch’ mannerism into the ‘volgare’: and now I have concluded that Heidegger is perhaps the grossest dead philosopher – “in cammino verso il linguaggio: il dire originario” –“.  Grice: “Note that Caracciolo’s ‘cammino’ translates Heidegger’s ‘weg’ – my ‘way’ of words – but for Heidegger is ‘way to’ (weg zur) – as it should!” cf. Speranza, “in cammino verso la conversazione” – versus “il cammino della convresazione’ –“ Grice: “Note that in Italian, unlike German, you drop the otiose ‘the’ of ‘way – “Nel cammino” is o-kay, but “in cammino” is the choice by Caracciolo!” – cf. Aligheri, ‘nel cammino’ OF his life, towards heaven, or paradise, that is.” -- Alberto Caracciolo (San Pietro di Morubio) filosofo. Dopo gli studi liceali nella città di Verona, si trasferì a Pavia, dove fu alunno del Collegio Ghislieri e studiò Filosofia all'Università degli Studi di Pavia. In collegio fece la conoscenza di Teresio Olivelli, con il quale collaborò alla stesura dei Quaderni del ribelle. Olivelli divenne uno dei più noti martiri della Resistenza e a lui Caracciolo dedicò, su incarico del Rettore del Ghislieri stesso, una monografia. Nel dopoguerra inizia a insegnare nei licei (a Pavia, Lodi e Brescia), ma nel 1951 ottiene la cattedra di Estetica e viene chiamato all'Università degli Studi di Genova, dove inizia la sua carriera accademica, con studi che si allargheranno presto alla filosofia teoretica e alla filosofia della religione.  Pensiero La riflessione di Caracciolo si sviluppa inizialmente all'interno della tradizione crociana, ma poi acquisisce tratti più originali a contatto con la filosofia tedesca contemporanea: specialmente Karl Jaspers, Karl Löwith e Martin Heidegger, di cui ha tradotto in italianoassieme alla moglie Maria Perotti CaraccioloIn cammino verso il Linguaggio del 1959. Di particolare interesse e importanza sono i suoi studi sul nichilismoa partire dagli scritti su Giacomo Leopardie sulla dimensione religiosa dell'esistenza. Nella sua riflessione egli ha pure mostrato una forte attenzione per il rapporto tra pensiero e poesia, tra pensiero e musica. Tra i suoi allievi vi sono stati Carlo Angelino, Giovanni Moretto, Domenico Venturelli e Gerardo Cunico.  Opere Teresio Olivelli. Biografia di un martire, Brescia 1947 (nuova edizione:1975). L'estetica di Benedetto Croce nel suo svolgimento e nei suoi limiti, Torino 1948 (edizioni successive: L'estetica e la religione di Benedetto Croce, Arona 1958, Genova, 1988). Scritti di estetica, Brescia 1949. Etica e trascendenza, Brescia 1950. Arte e pensiero nelle loro istanze metafisiche. I problemi della "Critica del giudizio", Milano 1953 (nuova edizione: Studi kantiani, Napoli 1995). La persona e il tempo, Arona 1955. Saggi filosofici, Genova 1955. Studi jaspersiani, Milano 1958. La religione come struttura e come modo autonomo della coscienza, Milano 1965 (nuova edizione: Genova 2000). Arte e linguaggio, Milano 1970. Religione ed eticità, Napoli 1971 (nuova edizione: Genova 1999). Karl Löwith, Napoli 1974 (nuova edizione: Brescia 1997). Pensiero contemporaneo e nichilismo, Napoli 1976. Nichilismo ed etica, Genova 1983. Studi heideggeriani, Genova 1989. Nulla religioso e imperativo dell'eterno, Genova 1990. Opere postume Politica e autobiografia, Brescia 1993. Leopardi e il nichilismo, Milano 1994. La virtù e il corso del mondo. Lezioni anno accademico 1975-76, Alessandria 2002. Traduzioni E. Troeltsch, L'assolutezza del Cristianesimo e la storia delle religioni, Napoli 1968. A. Lang, Introduzione alla filosofia della religione, in collaborazione con Maria Perotti Caracciolo, Brescia 1959-1969. M. Heidegger, In cammino verso il Linguaggio, in collaborazione con Maria Perotti Caracciolo, Milano 1973-1979-1990. W.F. Otto, Theophania. Lo spirito della religione greca antica, in collaborazione con Maria Perotti Caracciolo, Genova 1983.  sul pensiero filosofico di Caracciolo Giovanni Moretto, Filosofia umana. Itinerario di Alberto Caracciolo, Morcelliana, Brescia 1992. Paola Ruminelli, Esistenza e Trascendenza. Una lettura del pensiero di Alberto Caracciolo, Abelardo, Roma 1995. Alessandro Di Chiara, Lo spazio della trascendenza. La prospettiva estetica ed etico-religiosa di Alberto Caracciolo, il melangolo, Genova 2001. Domenico Venturelli, Alberto Caracciolo. Sentieri del suo filosofare, il nuovo melangolo, Genova .  Nichilismo  Alberto Caracciolo sito del comune natale di San Pietro di Morubio. Alberto Caracciolo e gli scrittori italiani del primo Ottocento, di Luciano Parisi, Project Muse, sito "muse.jhu.edu. Filosofia Letteratura  Letteratura Filosofo del XX secoloTraduttori italianiAccademici italiani Professore1918 1990 22 gennaio 4 ottobre San Pietro di Morubio GenovaProfessori dell'Università degli Studi di GenovaStudenti dell'Università degli Studi di PaviaTraduttori all'italianoTraduttori dal tedesco all'italiano

 

Caramella: Grice:”I like Caramella – like me, he is into the metaphysics of conversation! And he reminds me that I should re-read Vico!” --  Grice: “I like Caramella; he prefaced Fichte’s influential tract on ‘la filosofia della massoneria’ – but also wrote on more orthodox subjects like Kant, Cartesio, Bergson, and most of them!” – Grice: “Like me, he thought truth is found in conversation!” -- Santino Caramella (Genova), filosofo. Genovese di nascita, ancora al liceo (1919), cominciò a collaborare con Piero Gobetti, il quale gli affidò la trattazione della filosofia su Energie Nove. Dal 1921, dopo un primo contatto con Piero Gobetti e La Rivoluzione liberale, su segnalazione di questi, entrò in collaborazione con il pedagogista siciliano Giuseppe Lombardo Radice, da cui apprese le dottrine del neoidealismo di Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Dopo la laurea in Filosofia a Genova nel 1923, insegnò negli istituti superiori e conseguì la libera docenza, ma per le sue idee antifasciste fu arrestato nel 1928 e rinchiuso prima nelle carceri di Marassi a Genova, e poi fu trasferito a San Vittore a Milano; fu scarcerato il 6 luglio dello stesso anno, ma nel 1929 venne sospeso dall'insegnamento e dalla libera docenza. Ottenne, per intercessione di Croce, l'incarico di filosofia e storia della filosofia e di pedagogia presso l'Messina e, nel 1933, vinse la cattedra di pedagogia nell'Catania; negli anni 1935-1950 insegnò filosofia teoretica sempre a Catania. Nel 1939 secondo Ruggero Zangrandi prese parte ai convegni organizzati dalla Scuola di mistica fascista  Dal 1950 fino alla morte (1972) si trasferì all'Palermo, ereditando la cattedra che era stata di Giovanni Gentile. Il suo allievo principale, che ne cura il lascito, è Francesco Armetta, docente alla Pontifica Facoltà Teologica di Sicilia.  Pensiero La sua vasta cultura, gli permise di vedere la continuità del pensiero classico e cristiano e, nell'ambito del pensiero moderno, l'unità delle opposte dialettiche nella legge vivente dello spirito e nel dinamismo della natura e della storia. Fu apprezzato storico della filosofia, della pedagogia e delle scienze.  La sua filosofia si può definire un neoidealismo crociano e gentiliano, ma reinterpretatto alla luce dello spiritualismo cristiano. Il suo pensiero "supera" lo storicismo e la dottrina crociana degli opposti e dei distinti, e si esprime nell'interpretazione della pratica come eticità storica..  La religione e la teosofia rappresentano la possibilità di un pensiero spirituale più attento da un lato alla concretezza dell'uomo e dall'altro all'ineffabilità di Dio. La religione, anziché risolversi nella filosofia, colloca il proprio progresso in intima unità con il progresso della filosofia stessa: da un lato è esclusa la riduzione della religione ad atteggiamento pratico; dall'altro, le è conferita una distinta funzione teoretica.  Opere principali Problemi e sistemi della filosofia, Messina, 1930. Religione, teosofia e filosofia, (1931). Breve storia della pedagogia, Messina, 1932. La logica moderna e le scienze fisico-matematiche, Roma, 1936. La filosofia di Plotino e il neoplatonismo, Catania, 1940. Ideologia, 1942. Metafisica, filosofia dell'esperienza, 1945. Metalogica, filosofia dell'esperienza, Catania, 1946. Autocritica, in: Filosofi italiani contemporanei, M.F. Sciacca, Milano, 1946,  225-233. L'Enciclopedia di Hegel, Padova, 1947. La filosofia dello Stato nel Risorgimento, Napoli, 1947. Introduzione a Kant, Palermo, 1956. La pedagogia tedesca in Italia, Roma, 1964. Conoscenza e metafisica, Palermo, 1966. La mia prospettiva etica, Palermo, 1966. Santino Caramella-Benedetto Croce. Carteggio (1919-1947), Francesco Armetta,  40766667 Note  Ruggero Zangrandi387.  l'Enciclopedia, de La Biblioteca di Repubblica, UTET-DeAgostini, 2003, Torino  Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Feltrinelli, Milano, 1962 M.F. Sciacca, Profilo di Santino Caramella, in «Annali della Facoltà di Magistero della Palermo», 1971-72,  5-15. A. Guzzo, Santino Caramella, in «Filosofia», XXIII (1972),  165-167. M. F. Sciacca, Il pensiero di Santino Caramella, in «Atti dell'Accademia di Scienze Lettere e Arti di Palermo», XXXII (1971 -73), n. 2,  11-24. P. Piovani, La dialettica del vero e del certo nella "metafisica vichiana" di Santino Caramella, in Miscellanea di scritti filosofici in memoria di Santino Caramella, Palermo 1974,  251 -262. M. A. Raschini, Commemorazione del prof. Santino Caramella, in «Giornale di metafisica», XXIX (1974),  465-472. V. Mathieu, Filosofia contemporanea, Firenze 1978,  8-10. P. Prini, La ontologia storico-dialettica di Santino Caramella, in «Theorein», VIII (1979),  I-II. L. Pareyson, Inizi e caratteri del pensiero di Santino Caramella, in «Giornale di metafisica», n. s., I (1979),  305-330. M. Corselli, La vita dello spirito nella filosofia di Santino Caramella, in «Labor», XXI (1980),  157-163. G.M. Sciacca, Santino Caramella, filosofo, pedagogista, educatore, in «Pegaso. Annali della Facoltà di Magistero della Palermo», 1983-84,  9-22. F. Armetta, Santino Caramella. La verità in dialogo, SEI, Torino, 1995. F. Armetta, Il carteggio tra Caramella e Lombardo Radice (1919-1935). Idealismo e riforma della scuola, Sciascia Editore, Palermo, 2001. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Santino Caramella  Silvano Scalabrella, Santino Caramella, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Filosofia Filosofo del XX secoloStorici della filosofia italiani 1902 1972 22 giugno 26 gennaio Genova Palermo

 

Caramello: Grice: “I love Caramello – he exemplifies all that I say about latitudinal and longitudinal unities of philosophy – Aquinas is a ‘great,’ and Caramello has dedicated his life to him!” Pietro Caramello (Torino), filosofo.  Biografia Già allievo del prestigioso liceo classico Gioberti di Torino, entra in seminario e nel 1926 riceve l'ordinazione presbiteriale con una speciale dispensa papale dovuta alla giovane età a cui aveva completato gli studi.  Laureato in Teologia presso la Facoltà teologica torinese nel 1930, nel 1933 consegue anche il titolo in Filosofia presso l'Torino.  Dal 1931 è docente di Filosofia sistematica presso il Seminario arcivescovile con sede a Chieri, mentre tra il 1968 e il 1993 insegna Filosofia teoretica alla Facoltà teologica. Riceve il titolo onorifico di Monsignore.  Studioso di san Tommaso d'Aquino, di cui cura diverse opere tra cui un'edizione della Summa Theologiae, è stato anche Custode della Sindone fino alla revisione del Concordato del 1984.   G. Tuninetti, In Memoriam. Clero della diocesi di Torino defunto dal 1951 al 2007: vescovi, preti e diaconi, Cantalupa, Effatà Editrice, 2008. Testo parzialmente disponibile in Google Libri. Filosofia Categorie: Presbiteri italianiFilosofi italiani Professore1908 1997 6 settembre 13 maggio Torino Torino

 

Carando: Grice: “I like Carando; a typical Italian philosopher, got his ‘laurea,’ and attends literary salons! – There is a street named after him – whereas at Oxford the most we have is a “Logic lane!” --  Ennio Carando (Pettinengo), filosofo. Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. Laureatosi in Filosofia nel 1930 all'Torino, si avvicinò all'antifascismo attraverso l'influenza di Erminio Juvalta (con cui discusse la tesi di laurea) e di Piero Martinetti. Collaborò alla Rivista di filosofia di Martinetti, dove pubblicò un saggio su Africano Spir e insegnò nei licei ed istituti superiori di Cuneo, Modena e Savona. Divenuto militante comunista, al momento dell'armistizio insegnava a La Spezia. Sebbene fosse quasi completamente cieco dopo l'armistizio si diede ad organizzare formazioni partigiane in Liguria e in Piemonte (fu anche presidente del secondo CLN spezzino). Era ispettore del Raggruppamento Divisioni Garibaldi nel Cuneese, quando fu catturato in seguito ad una delazione.  Sottoposto a torture atroci, non tradì i compagni di lotta e fu trucidato con il fratello Ettore, capitano di artiglieria a cavallo in spe e capo di stato maggiore della I Divisione Garibaldi. Dopo la Liberazione, alla memoria di Ennio Carando fu concessa la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.  Ludovico Geymonat, che gli fu amico, lo ricorda come "un filosofo in senso socratico", cioè essenzialmente un educatore.  Onorificenze Medaglia d'oro al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro al valor militare «Incaricato di importanti funzioni nelle formazioni partigiane veniva catturato dal nemico a seguito di vile delazione e sottoposto alle più crudeli sevizie. Minacciato di morte se non avesse rivelato le notizie che interessavano al nemico, manteneva imperterrito il silenzio fin tanto che non veniva barbaramente trucidato. Fulgido esempio di eroismo e di attaccamento agli ideali di libertà.» — Villa Franca Piemonte (Torino), 5 febbraio 1945. Note  Vigorelli299-300 nota.  Vigorelli299 nota.  ANPI: Biografia Carando, su anpi.it.  Geymonat ; Vigorelli299-300 nota.  Dettaglio decorato, quirinale.it. 24 febbraio .  Amedeo Vigorelli, Piero Martinetti. La metafisica civile di un filosofo dimenticato, Milano, Bruno Mondadori, 1998,  88-424-9455-0. Ludovico Geymonat, Contro il moderatismo, Milano, Feltrinelli, 197874-80. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Ennio Carando Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ennio Carando Questo testo proviene in parte, o integralmente, dalla relativa voce del progetto Donne e Uomini della Resistenza, opera dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 IT Biografie  Biografie Seconda guerra mondiale  Seconda guerra mondiale Categorie: Partigiani italianiFilosofi italiani Professore1904 1945 9 ottobre 5 febbraio Pettinengo Villafranca PiemonteMedaglie d'oro al valor militare

 

Caravita: Grice: “I like Carvatia; Locke – England’s, and Oxford’s, greatest philosopher, had his sponsor, and so does Italy’s – not Bologna’s – Vico, and he was Caravita!” -- Nicola Caravita, o Nicolò Caravita (Napoli), filosofo. Appartenente a una famiglia nobile di origine spagnola resa illustre in passato da insigni giureconsulti, Nicola Caravita fu fiscale della reale Giurisdizione e professore di diritto feudale all'Napoli. Compose il trattato Nullum ius romani pontificis in Regnum neapolitanum (1707), contro le pretese feudali della Santa Sede sul regno di Napoli; l'opera, che fu poi tradotta nel 1790 in lingua italiana (Niun diritto compete al sommo pontefice sul Regno di Napoli) da Eleonora Fonseca Pimentel, fu messa all'Indice nel 1714. Nicola Caravita ebbe inoltre l'incarico di raccogliere tutte le leggi del Regno in un Codice Filippino; il Codice Filippino, era tuttavia rimasto incompiuto per l'occupazione austriaca di Napoli nel 1707.  In filosofia fu seguace dell'antiaristotelismo di Leonardo Di Capua; la sua abitazione divenne il centro della diffusione della filosofia di Cartesio a Napoli. Titolo di merito di Nicola Caravita, come peraltro del figlio Domenico, è l'essere stato amico e protettore di Giambattista Vico, a favore del quale si adoperò per fargli ottenere la cattedra di retorica all'Napoli e perché fosse accolto nell'Accademia Palatina.  Opere Nicolò Caravita, Niun diritto compete al sommo pontefice sul Regno di Napoli : dissertazione istorica-legale del consigliere Nicolò Caravita ; tradotta dal latino, ed illustrata con varie note. Aletopoli (Napoli) : 1790 (on-line) Nicolò Caravita, Ragioni a pro della fedelissima città e Regno di Napoli contr'al procedimento straordinario nelle cause del Sant'Officio, divisate in tre capi. Nel I si ragiona del grave pregiudicio della real giuridizione, Nel II si tratta dell'ordinaria maniera di giudicio, che tener si dee nel regno , e nel III si dimostra il pregiudicio, che fa alla real giuridizione, ed al regno un editto in cui si stabilisce il tribunal della 'nquisizione. Napoli , 109 (on-line[collegamento interrotto]) Note  Il "fiscale" o "procuratore fiscale" era il pubblico ufficiale che rappresentava l'interesse della legge nei giudizi; tale funzione nell'ordinamento italiano è affidata attualmente al pubblico ministero  Il nome deriva da Filippo IV di Spagna al quale il giurista Carlo Tapia aveva dedicato nel 1643 la compilazione privata di leggi del regno di Napoli, ordinate secondo il codice di Giustiniano  Fausto Nicolini, «CARAVITA, Nicola», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930. Salvatore Fodale, «CARAVITA, Nicolò», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 19, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1976.  Nicola Caravita, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Filosofia Categorie: Giuristi italiani del XVII secoloGiuristi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani del XVII secoloFilosofi italiani Professore1647 1717 24 maggio 22 novembre Napoli NapoliSalottieri

 

Carbonara: Grice: “I like Carbonara; my favourite of his tracts are one on ‘del bello,’ – another one on ‘dissegno per una filosofia critica dell’esperienza pura: immediatezza e reflessione’ – but mostly his ‘esperienza e prassi,’ which fits nicely with my functionalist method in philosophical psychology: there is input (esperienza), but there is ‘prassi,’ the behavioural output --; I would prefer this to the tract on the ‘filossofia critica’ since I’m not sure we need ‘reflexion’ to explain, say, communication – not at least in the way Carbonara does use ‘reflessione,’ alla Husserl. --  Cleto Carbonara (Potenza), filosofo. Conseguito il diploma liceale nel 1922, si trasferì con la famiglia a Napoli nel 1925, frequentando la facoltà di filosofia presso l'università partenopea. Ottenuta la laurea, nel 1929 iniziò a collaborare per la rivista Logos di Antonio Aliotta (di cui fu allievo) ed esercitò la docenza: insegnante nel Liceo di Campobasso e nel Giambattista Vico di Nocera Inferiore, professore di filosofia teoretica all'Cagliari e in quella di Catania, professore di storia della filosofia nell'ateneo di Napoli e all'Accademia della "Nunziatella".  Il pensiero Con la pubblicazione nel 1938 dell'opera Disegno d'una filosofia critica dell'esperienza pura Carbonara rifacendosi alla filosofia kantiana e riprendendo il discorso idealistico ne metteva in rilievo il tentativo fallito di Giovanni Gentile di dare concretezza al pensiero filosofico. Nell'attualismo gentiliano il ritorno ai fatti si risolveva infatti nell'atto sempre uguale e sempre diverso del pensare, unica realtà e verità del pensiero e della storia: «vera storia non è quella che si dispiega nel tempo, ma quella che si raccoglie nell'eterno atto del pensare»..  Il problema secondo Carbonara andava esaminato riportandolo alla sua origine, cioè al problema del rapporto tra esperienza e pensiero, tra realtà e pensiero così come era stato affrontato dalla filosofia kantiana e che Gentile crede di risolvere stabilendo un rapporto dialettico tra il pensiero e il suo negativo all'interno del pensiero stesso. La soluzione invece era in nuce secondo Carbonara nella sintesi a priori kantiana dove convivono forma e contenuto per cui la coscienza è per un verso forma, contenitore di un contenuto storico e per un altro coincide col suo contenuto in quanto il contenuto non avrebbe realtà al di fuori della forma della coscienza.  La successiva questione si poneva considerando oltre il rapporto del pensiero con la materia quella collegata all'origine del pensiero stesso. Ancora una volta Kant aveva intravisto la soluzione nella teoria dell'io penso che però va ora intesa non come la struttura logico-metafisica della realtà storica, ma come la sua struttura psicologico-trascendentale o "esistenziale", secondo una concezione della "filosofia dell'esperienza pura" nel senso che l'esperienza «viene a coincidere col divenire della vita spirituale e resta indifferente (deve, anzi, restare indifferente) al problema, ch'è propriamente di natura ontologica, circa la sua dipendenza o indipendenza da una realtà diversa dallo spirito»   Il rapporto tra pensiero e materia portò Carbonara ad indagare quello tra filosofia e scienza con l'opera Scienza e filosofia ai principi dell' età moderna (Galilei-Bacone-Cartesio) 1935 in cui sostiene che mentre da un punto di vista filosofico non si può andare oltre l'ambito dell'autocoscienza, del cogito cartesiano, al contrario la scienza si basa sulla necessità di fondarsi sul mondo esterno. Forse la soluzione di questa antinomia, sostiene Carbonara, va ricercata nell'«insoddisfazione dello stesso idealismo verso se stesso [...] non potendo rinunciare a se stesso ma neppure al suo opposto...nec tecum nec sine te   Cleto Carbonara si interessò anche del pensiero religioso rinascimentale a Firenze notando come in quel periodo si fosse realizzata una fusione tra il cristianesimo e la filosofia platonica e neoplatonica così come ad esempio in Marsilio Ficino prete cattolico che visse la sua fede come teologia razionale dando una base filosofica, trascurando la stessa rivelazione, alla sua spiritualità religiosa:  «Nella mente di Ficino, il platonismo si congiunge al cristianesimo non soltanto sul fondamento di una religiosità profonda da cui il primo appare permeato, ma anche per una tradizione storica ininterrotta, per cui l'antichissima saggezza dell'Oriente, ripensata da Platone e dai neoplatonici, si ritrova trasfigurata ma tuttavia persistente nei Padri della Chiesa e nei dottori della Scolastica. Come apprendiamo dall'Epistolario ficiniano, la sapienza fu intesa per la prima volta in Oriente come un dono divino e come mezzo per cui l'uomo può elevarsi fino a Dio; tale principio fu poi appreso da Pitagora, Eraclito, Platone, Aristotele, i neoplatonici; riemerse nella speculazione filosofica ispirata dalla Rivelazione cristiana e si ritrovò quindi in Agostino, Scoto, negli Arabi Avicebron, Alfarabi, Avicenna. Lo stesso Cicerone figura nella catena dei platonici latini.  Riallacciandosi a quella tradizione e meditando sui testi platonici, il Ficino concepí il disegno, portato a termine nel periodo della sua maturità spirituale, dal 1469 al 1474, di ricostruire su fondamento platonico la teologia cristiana [...] il platonismo vi è considerato come il nucleo essenziale di una teologia razionale i cui princípi coincidono con quelli della rivelazione cristiana: tale coincidenza è il principale argomento con cui si riesce a dimostrare l'eccellenza del cristianesimo rispetto alle altre religioni positive. Del resto il Ficino è disposto ad ammettere che qualsiasi culto, purché esercitato con animo puro, reca onore e gradimento a Dio.»  Opere L'individuo e la storia (1934) Scienza e filosofia ai principi dell' età moderna (Galilei-Bacone-Cartesio) 1935 Disegno critico di una filosofia dell'esperienza pura (1938) Il secolo XV (Milano, 1943) Umanesimo e Rinascimento (Catania, 1944) Del Bello e dell'Arte (1944) Introduzione alla Filosofia (Napoli, 1946) Materialismo storico e idealismo critico (1947) Sviluppo e problemi dell'estetica crociana (Napoli, 1947) I presocratici (1950) La filosofia dell'esperienza e la fondazione dell'umanesimo (Napoli, 1954) La filosofia di Plotino (1954) Persona e libertà (1959) Ricerche di un'estetica del contenuto (1960) L'esperienza e la prassi (1964) Discorso empirico delle arti (1973) Note  In Aldo Masullo, Il «materialismo» critico di Cleto Carbonara, in  La filosofia dell'esperienza di Cleto Carbonara, Giuseppe Martano e Aldo Masullo, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1965  C. Carbonara, Disegno d'una filosofia critica dell'esperienza pura, 1938 in Aldo Masullo232  Gustavo Bontadini, Studi di filosofia moderna, Vita e Pensiero, p.406  C. Carbonara, Il platonismo nel Rinascimento, in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964,  VI, pagg. 534-535  Aniello Montano, Il prisma a specchio della realtà: percorsi di filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Rubettino, Filosofia Filosofo Professore1904 1998 27 luglio Potenza NapoliProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico II

 

Carbone: Grice: “I love Carbone; my favourite of his tracts are on the ‘unexpressible’ – a contradictio in terminis – and on ‘the flesh and the voice’ –  but the favourite-favourite are  his tract on ‘il bello’ (‘eidos ed eidolon’) and even more, his “La dialettica” -- Mauro Carbone (Mantova), filosofo.  Dal 2009 è Professore di Filosofia presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Jean Moulin Lyon 3 di Lione; dal  è membro senior dell'Institut Universitaire de France. Si occupa principalmente di estetica contemporanea.   Mauro Carbone si laurea nel 1980 in Storia della Filosofia Contemporanea presso l'Università degli Studi di Bologna con la tesi dal titolo "Il problema del soggetto nella storia: Merleau-Ponty e il marxismo". Nel 1985 consegue il Diploma di Perfezionamento in Metodologia della Ricerca filosofica e Filosofia delle scienze presso l'Università degli Studi di Padova. Nel 1990 ottiene il dottorato di ricerca presso l'Institut Supérieur de Philosophie dell'Université Catholique de Louvain, in Belgio, con la tesi dal titolo "À partir de Cézanne et de Proust. La philosophie de l'expression de Maurice Merleau-Ponty", premiata dall'Académie Royale de Belgique. Dal 1994 è stato ricercatore presso l'Università degli Studi di Milano, dove nel 2001 è diventato professore associato di Estetica, inaugurando tre anni più tardi la cattedra di Estetica Contemporanea, che ha tenuto sino al 2009. Carbone è l'ideatore della rivista "Chiasmi International. Pubblicazione trilingue intorno al pensiero di Merleau-Ponty" di cui è condirettore sin dalla fondazione avvenuta nel 1999. È stato professore invitato in Francia, in Messico, alla New School for Social Research di New York (2007), all'Università Beida di Pechino (2009) e a quella cinese di Hong Kong (). Nella primavera del 2005 è stato fellow dell'Italian Academy for Advanced Studies presso la Columbia University di New York e nella primavera del  Distinguished Visiting International Scholar presso l'Università del Rhode Island. Nel 2005 ha scritto, in collaborazione con Paolo Bignamini, Condannàti alla libertà, adattamento teatrale del romanzo di Sartre L'età della ragione, che è stato messo in scena in quello stesso anno. Tra il 2008 e il  è stato tra i fondatori e direttori dell'European Network in Contemporary French Philosophy (ENCFP) insieme con Miguel de Beistegui, University of Warwick (UK), A. Davidson, Università degli Studi di Pisae F. Worms, École Normale Supérieure , il quale, con il sostegno del «Leverhulme Trust», ha organizzato un Programma internazionale di ricerca sulla filosofia Professorein Francia concentrandolo su alcune delle sue figure più importanti e sulle parole-chiave «l'essere, la vita, il concetto». Dal 2002 dirige la collana filosofica italo-francese «L'occhio e lo spirito. Estetica, fenomenologia, testi plurilingui / L'œil et l'esprit. Esthétique, phénoménologie, textes plurilingues» per Mimesis Edizioni.  Aree di Studio Mauro Carbone ha inizialmente concentrato i suoi studi sulla fenomenologia di Maurice Merleau-Ponty, indagandone il duplice ma unitario significato estetico di riflessione filosofica sull'esperienza percettiva e sull'esperienza artistica attraverso l'esame del parallelo interesse manifestato da Merleau-Ponty per l'opera pittorica di Paul Cézanne e per quella letteraria di Marcel Proust. Tale indirizzo di studi si è allargato dapprima a una più vasta considerazione della fenomenologia e poi a quella del pensiero post-strutturalistico sviluppatosi in Francia, pur mantenendosi imperniato sul parallelo interesse per la riflessione filosofica sulla pittura e sulla letteratura moderne. Questo ampliamento ha inoltre condotto gli studi di Carbone ad affrontare tematiche di carattere gnoseologico e ontologico, spingendolo anche a problematizzare il tradizionale rapporto tra la filosofia e la "non filosofia". Più recentemente, tali orientamenti hanno trovato sbocco in una riflessione sul peculiare statuto delle immagini nella nostra epoca, sulle possibili implicazioni etico-politiche del rapporto con esse e sulla dimensione ontologica dell'"essere in comune" che in tali implicazioni troverebbe espressione. Mauro Carbone ha curato, tra l'altro, l'edizione italiana di quattro opere di Maurice Merleau-Ponty (Il visibile e l'invisibile; Linguaggio Storia Natura. Corsi al Collège de France, 1952-1961; La Natura. Lezioni al Collège de France, 1956-1960; È possibile oggi la filosofia? Lezioni al Collège de France 1958-1959 e 1960-1961), di una di Jan Patočka (Saggi eretici sulla filosofia della storia) e di una di Ernst Cassirer (Eidos ed eidolon. Il problema del bello e dell'arte nei dialoghi di Platone).  Pensiero Il pensiero di Mauro Carbone è stato influenzato prevalentemente da quello di Maurice Merleau-Ponty, di cui ha sviluppato in maniera teoreticamente personale alcune nozioni che il filosofo francese aveva potuto soltanto abbozzare prima della sua morte improvvisa. Tra queste, spicca la nozione di "idea sensibile", intesa quale essenza che s'inaugura nel nostro incontro col sensibile e da questo rimane inseparabile, sedimentandosi in una peculiare temporalità retroflessa che Carbone chiama, con Merleau-Ponty, "tempo mitico". Alla prima di queste nozioni è dedicato il dittico composto dai volumi Ai confini dell'esprimibile. Merleau-Ponty a partire da Cézanne e da Proust (1990) e Una deformazione senza precedenti. Marcel Proust e le idee sensibili (2004). Nel secondo di questi volumi Carbone porta a sintesi le implicazioni filosofiche delle nozioni sopra citate nell'originale idea di "deformazione senza precedenti", con cui egli intende caratterizzare il peculiare statuto che a suo avviso la deformazione assume nell'arte Professoreal fine di staccarsi dal principio imitativo della rappresentazione e dunque dalla "concezione del modello inteso quale forma preliminarmente data". Alle nozioni sopra menzionate si è andata successivamente collegando quella di "precessione reciproca" tra immaginario e reale che Carbone ha proposto, sviluppando una formulazione di Merleau-Ponty, al fine di dar conto del prodursi della peculiare temporalità retroflessa detta "tempo mitico". Carbone ha cercato inoltre di sviluppare le implicazioni etico-politiche della concezione della memoria legata all'idea di "deformazione senza precedenti" nella sua riflessione sull'evento dell'11 settembre 2001, di cui ha sottolineato l'irriducibile carattere visivo indagandolo pertanto mediante un approccio anzitutto estetico. Egli ha altresì cercato le radici ontologiche di tali implicazioni etico-politiche nel pensiero di Maurice Merleau-Ponty, Jan Patočka e Gilbert Simondon, proponendo le nozioni di "a-individuale" e di "dividuo" per sottolineare l'intrinseco carattere relazionale (e dunque il divenire e la divisibilità) di ogni identità.  Borse di Studio, Premi e riconoscimenti scientifici 1985Borsa di studio della Communauté française de Belgique presso l'Institut Supérieur de Philosophie dell'Université Catholique de Louvain-la-Neuve (Belgio). 1987Menzione speciale per la tesi di diploma di perfezionamento al concorso per il Premio del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali per le scienze filosofiche. 1988Borsa di studio della Communauté française de Belgique presso l'Institut Supérieur de Philosophie dell'Université Catholique de Louvain-la-Neuve (Belgio). 1993Premio per la tesi di dottorato, nella Categoria delle Lettere, al concorso annuale dell'Académie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts del Belgio. 2005Fellowship all'Italian Academy for Advanced Studies in America, presso la Columbia University (New York). 2005Premio "Viaggio a Siracusa" assegnato (ex aequo) al libro Una deformazione senza precedenti in quanto migliore saggio italiano di carattere filosofico pubblicato nel 2004. 2009"Premio Internazionale Maurizio Grande", riservato a saggi d'argomento cinematografico, assegnato (ex aequo) al libro Sullo schermo dell'estetica. La pittura, il cinema e la filosofia da fare. 2005/Associate Fellow presso il Dipartimento di Filosofia dell'Warwick (UK). University of Rhode Island Distinguished Visiting International Scholar. Membro senior dell'Institut Universitaire de France. Opere Ai confini dell'esprimibile. Merleau-Ponty a partire da Cézanne e da Proust, Milano, Guerini e Associati, 1990, 1992, 1993. Il sensibile e l'eccedente. Mondo estetico, arte, pensiero, Milano, Guerini e Associati, 1996. Di alcuni motivi in Marcel Proust, Milano, Libreria Cortina, 1998. La visibilité de l'invisible. Merleau-Ponty entre Cézanne et Proust, Hildesheim, Georg Olms Verlag, 2001. La carne e la voce. In dialogo tra estetica ed etica, Milano, Mimesis, 2003 (con David Michael Levin). The Thinking of the Sensible. Merleau-Ponty's A-Philosophy, Evanston (IL), Northwestern University Press, 2004. Una deformazione senza precedenti. Marcel Proust e le idee sensibili, Macerata, Quodlibet, 2004; ed. ampliata "Proust et les idées sensibles", tr. fr. di S. Kristensen rivista da P. Rodrigo e dall'autore, Paris, Vrin, 2008; tr. ingl. di N. Keane, An unprecedented Deformation: Marcel Proust and the Sensible Ideas, Albany (NY), SUNY Press, . Essere morti insieme. L'evento dell'11 settembre 2001, Torino, Bollati Boringhieri, 2007. Sullo schermo dell'estetica. La pittura, il cinema e la filosofia da fare, Milano, Mimesis Edizioni, 2008. Merleau-Ponty, la chair des images: entre peinture et cinéma, Paris, Vrin, . Pensare (con) Patočka oggi, Mauro Carbone e Caterina Croce, Napoli, Orthotes Editrice, . Note  Chiasmi, sito ufficiale  «L'occhio e lo spirito» Archiviato il 29 novembre  in ., sito della collana.  M. Carbone, Una deformazione senza precedenti. Marcel Proust e le idee sensibili, Macerata, Quodlibet, 200494.  Opere di Mauro Carbone, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1956Nati l'8 dicembre MantovaStudenti dell'Bologna.

 

Carboni: Grice: “I love Carboni – my favourite of his tracts is ‘between the image and the ‘parable’” – a semiotics of communication with sections on ‘the tacit response,’ through the looking-glass’, ‘towards the hypertext,’ and quoting extensively from some ‘conversational-implicature’ passages in Aristotle’s metaphysics, ‘To ask ‘why is man man?’ is to ask nothing!” “For some expressions, analogy suffices!” -- Massimo Carboni (n. Livorno) è un filosofo italiano.  Biografia Massimo Carboni è docente di Estetica presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha tenuto corsi e seminari presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, la Facoltà di Beni Culturali dell’Università La Tuscia di Viterbo e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. Negli anni Ottanta e Novanta è stato a lungo attivo come critico d’arte curando numerose mostre personali e collettive presso gallerie private e spazi pubblici. Ha collaborato come curatore e come autore di saggi in catalogo alle edizioni del 1993, del 1997 e del  della Biennale di Venezia. È stato collaboratore dei quotidiani “Il Tirreno”, “Paese Sera”, “Reporter”, “la Repubblica”, “il manifesto”.  Si occupa principalmente dei rapporti tra filosofia e arti moderno-contemporanee. Su questo tema ha scritto vari contributi per la rivista di filosofia “aut-aut” ed è stato più volte invitato al Festival delle Letterature di Mantova e al Festival di Filosofia di Modena.  Da tempo collabora alla redazione dell’Enciclopedia Treccani: nel volume dal titolo XXI secolo. Gli spazi e le arti contiene il suo saggio Le arti e la tecnica: gli scenari futuri; nel volume di prossima pubblicazione dal titolo Enciclopedia dell’arte contemporanea conterrà cinque voce da lui redatte. Tra i suoi saggi si ricordano: L’angelo del fare. Fausto Melotti e la ceramica (Skira, 2003) e Il colore nell’arte (Jaca Book, 2006).  Ha curato la nuova edizione di alcune tra le opere di Gillo Dorfles, Cesare Brandi, Gilles Deleuze-Félix Guattari, Theodor Adorno. Tra le recensioni dei suoi libri si segnalano: Giacomo Marramao, Gianni Vattimo (“L’Espresso”), Gillo Dorfles (“Il Corriere della Sera”), Victor Stoichita (“il manifesto”). Al Festival delle Letterature di Mantova hanno presentato i suoi libri Carlo Sini (2005) e Georges Didi-Huberman (2007). Scrive sulle riviste in rete “Nòema” e “Images Re-vues” e sulla “Rivista di Estetica”.  Opere L’Impossibile Critico. Paradosso della critica d’arte, Kappa, 1985; Cesare Brandi. Teoria e esperienza dell’arte, Editori Riuniti, 1992, nuova ed. Jaca Book, 2004; Il Sublime è Ora. Saggio sulle estetiche contemporanee, Castelvecchi, 1993, quarta ed. 2003; Non vedi niente lì? Sentieri tra arti e filosofie del Novecento, Castelvecchi, 1999, nuova ed. ampliata 2005; L’ornamentale. Tra arte e decorazione, Jaca Book, 2000; L’occhio e la pagina. Tra immagine e parola, Jaca Book, 2002; Lo stato dell’arte. L’esperienza estetica nell’era della tecnica, Laterza, 2005; La mosca di Dreyer. L’opera della contingenza nelle arti, Jaca Book, 2007; Di più di tutto. Figure dell’eccesso, Castelvecchi, 2009; Analfabeatles. Filosofia di una passione elementare, Castelvecchi, ; Il genio è senza opera. Filosofie antiche e arti contemporanee, Jaca Book, ; Malevič. L'ultima icona. Arte, filosofia, teologia, Jaca Book, .  Opere di Massimo Carboni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. 

 

carcano: Grice: “I like Carcano; I cannot say he is an ultra-original philosopher, but I may – My favourite is actually a tract on him, on ‘meta-philosophy,’ or rather ‘language and metaphilosophy,’ which is what I’m all about! How philosophers misuse ‘believe,’ say – but Carcano has also philosophised on issues that seem very strange to Italians, like ‘logica e analisi,’ ‘semantica’ and ‘filosofia del linguaggio’ – brilliantly!” --  Paolo Filiasi Carcano (n. Napoli) fu quarto Duca di Montaltino, Nobile dei Marchesi di Carapelle, e fu anche un eminente filosofo italiano rinomato in particolare per i suoi studi di fenomenologia, filosofia del linguaggio e più in generale di filosofia analitica. Dopo gli studi universitari a Napoli, durante i quali si formò alla scuola del filosofo Antonio Aliotta e si dedicò allo studio delle scienze, Filiasi Carcano divenne a sua volta professore prima all'Università degli Studi di Napoli e poi all'Roma "La Sapienza". Sulla scia teoretica del suo maestro, l'Aliotta, Filiasi Carcano volle approfondire le problematiche poste dalla filosofia contemporanea, sia europea che americana, e riesaminare attentamente i linguaggi scientifici in uso. Tesi centrale di Filiasi Carcano è che le correnti filosofiche del '900, in particolare il pragmatismo, il neopositivismo, la fenomenologia, l'esistenzialismo e la psicoanalisi, fossero il portato dell'esigenza teoretica di una maggiore chiarezza delle varie questioni che emergevano dalla crisi culturale, vitale ed esistenziale della sua epoca.  Al centro di tale crisi giganteggiava la polemica fra pensiero metafisico e pensiero antimetafisico, soprattutto a causa del vigore critico neopositivista, contro il quale a sua volta Filiasi Carcano, che ritiene necessaria una sostanziale alleanza o quantomeno un aperto dialogo fra la metafisica e le scienze, pone diversi rilievi critici, principale dei quali è quello di minare alla base l'unità dell'esperienza, che senza una cornice o una struttura metafisica in cui inserirsi rimarrebbe indefinitamente frammentata in percezioni fra loro irrelate. A questo inconveniente si può rimediare, secondo il filosofo napoletano, temperando il positivismo e il neopositivismo con lo sperimentalismo, ovvero accompagnando alla piena accettazione del metodo scientifico una piena apertura alla voce dell'esperienza così come è stata intesa, ad esempio, nella fenomenologia di Husserl, che Filiasi Carcano ritiene per questo integralmente scientifica.  In questo senso si può procedere a mantenere una costante tensione sui problemi posti dalla filosofia, in opposizione a ogni dogmatismo di sistema, e al contempo non cadere nell'angoscia a cui conduce lo scetticismo radicale che tutto rifiuta, compresa l'esperienza. Non si tratterebbe dunque per la filosofia teoretica di definire verità immutabili ma di sincronizzarsi col ritmo del metodo scientifico, sussumendo i risultati sperimentali delle scienze e integrandoli nel continuum di una struttura metafisica mediante il ponte dell'esperienza.  Opere Crisi della civiltà e orientamenti della filosofia contemporanea, Perrella, Roma 1939. La filosofia d'oggi al congresso di Amsterdam (11-18 agosto 1948), Soc. Ed. del Foro Italiano, Roma 1950. Problematica della filosofia odierna, Fratelli Bocca, Roma 1953. Semantica, Fratelli Bocca, Roma 1955. La metodologia del rinnovarsi nel pensiero contemporaneo, Libreria scientifica editrice, Napoli 1958. Filosofia della alienazione e analisi esistenziale, CEDAM, Padova 1961. L'unificazione del sapere, Sansoni, Firenze 1964. Logica e analisi, CEDAM, Padova 1966 Filosofia e informazione, CEDAM, Padova 1967. Introduzione allo studio della filosofia linguistica, Bulzoni Editore, Roma 1972. Note  Geremia M. V. Borruso, Paolo Filiasi Carcano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Aniello Montano, La problematicità dell'esperienza e l'analisi del linguaggio nella filosofia di Paolo Filiasi Carcano, in Piero Di Giovanni , Le avanguardie della filosofia italiana nel XX secolo, FrancoAngeli, 2002. Istituto di Filosofia e Storia di filosofia della Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Roma , Scienza, linguaggio e metafilosofia. Scritti in memoria di Paolo Filiasi Carcano, Guida, Napoli 1980.  Paolo Filiasi Carcano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Filosofia Categorie:  1911 1977Nati l'11 marzo 24 febbraio Napoli RomaFilosofi italiani del XX secoloProfessori della SapienzaRoma

 

campsall: a village in Yorkshire, Richardof Balliol, semantics. Cf. Ricardus de Campsalle obtained a MA from Balliol and then became a Fellow of Merton.

 

CERNUM -- discernibile“There’s the discernible and the indiscernible, and Leibniz was a bit of a genius in focusing on the second!”Grice. indiscernibility: of identicals, the principle that if A and B are identical, there is no difference between A and B: everything true of A is true of B, and everything true of B is true of A; A and B have just the same properties; there is no property such that A has it while B lacks it, or B has it while A lacks it. A tempting formulation of this principle, ‘Any two things that are identical have all their properties in common’, verges on nonsense; for two things are never identical. ‘A is numerically identical with B’ means that A and B are one and the same. A and B have just the same properties because A, that is, B, has just the properties that it has. This principle is sometimes called Leibniz’s law. It should be distinguished from its converse, Leibniz’s more controversial principle of the identity of indiscernibles. A contraposed form of the indiscernibility of identicalscall it the distinctness of discerniblesreveals its point in philosophic dialectic. If something is true of A that is not true of B, or (to say the same thing differently) if something is true of B that is not true of A, then A and B are not identical; they are distinct. One uses this principle to attack identity claims. Classical arguments for dualism attempt to find something true of the mind that is not true of anything physical. For example, the mind, unlike everything physical, is indivisible. Also, the existence of the mind, unlike the existence of everything physical, cannot be doubted. This last argument shows that the distinctness of discernibles requires great care of application in intentional contexts. Refs.: H. P. Grice, “Definite descriptions in Leibniz and in the vernacular.”

 

conatum: Aristotle distinguishes three types of living beings: vegetables, φυτά, which possess only the ability to nourish themselves τὸ θϱεπτιϰόν; animals, ζαῷ, which possess the faculty of sensing τὸ αἰσθητιϰόν, which opens onto that of desiring, τὸ ὀϱεϰτιϰόν, to orektikon, (desdideratum); and man and — he says—any other similar or superior being, who possess in addition the ability to think, “τὸ διανοητιϰόν τε ϰαὶ νοῦς.” -- De An., 414a 29-b.orme,  the technical Stoic definition of πάθος, viz. as a particular kind of conation, or impulse (ορμή). ... 4 ' This definition (amorem ipsum conatum amicitiae faeiendae ex ... emotion and moral self-management in Galen's philosophical psychology', ..cōnātum , i, usu. in plur.: cōnāta , ōrum, n., v. conor.. The term is used by an the Wilde Reader at Oxford, that Grice once followeduntil he became a neo-Prichardian instead.(philosophy) The power or act which directs or impels to effort of any kind, whether muscular or psychical. quotations 1899, George Frederick Stout, A Manual of Psychology, page 234:Any pleasing sense-experience, when it has once taken place, will, on subsequent occasions, give rise to a conation, when its conditions are only partially repeated...

 

CALCVULATVM: Grice: “We speak of the predicate calculus, but what did the Romans mean?”account," originally "pebble used as a reckoning counter," diminutive of calx (genitive calcis) "limestone"Grice, “On the roman meaning of calculus.”Grice speaks variously of calculus. One of the characteristics of implicature is CALCULABILITY --In the second William James, he uses CALCULATE variously.  Conventional implata are not calculable. Insofar as tl1e CALCULATION that a particular conversational implicature is present requires, besides contextual and background information, only a knowledge of what has been said (or of the conventional commitment of the utterance), and insofar as the manner of expression plays no role in the CALCULATION, it will not be possible to find another way of saying the same thing, which simply lacks the implicature in question, except where some special feature of the substituted version is itself relevant to the determination of an implicature (in virtue of one of the maxims of Manner). If we call this feature NONDETACIIAlliLITY, one may expect a generalized conversational implicature that is carried by a familiar, nonspecial locution to have a high degree of nondetachability. 3. To speak approximately, since the CALCULATION of the presence of a conversational implicature presupposes an initial knowledge of the conventional force of the expression the utterance of which carries the implicature, a conversational implicatum will be a condition that is not included in the original specification of the expression's conventional force. Though it may not be impossible for what starts life, so to speak, as a conversational implicature to become conventionalized, to suppose that this is so in a given case would require special justification. So, initially at least, conversational implicata are not part of the meaning of the expressions to the employment of which they attach. 4. ·Since the. truth of a conversational implicatum is not required by the truth of what is said (what is said may be true-what is implicated may be false), the implicature is not carried by what is said, but only by the saying of what is said, or by 'putting it that way.' 5. Since, to CALCULATE a conversational implicature is to CALCULATE what has to be supposed in order to preserve the supposition that the Cooperative Principle is being observed, and since there may be various possible specific explanations, a list of which may be open, the conversational implicatum in such cases will be disjunction of such specific explanations; and if the list of these is open, the implicatum will have just the kind of indeterminacy that many actual implicata do in fact seem to possess.  cf. calculation -- Hobbes uses ‘calculationHow latin is that? calcŭlo , āre, v. a. id.,  I.to calculate, compute, reckon (late Lat.). from diminutive of ‘calx,’ a stone usef for reckon --- I. Lit., Prud. στεφ. 3, 131.— II. Trop., to consider as, to esteem, Sid. Ep. 7, 9.Grice uses ‘calculus’ slightly different, in the phrase “first-order predicate calculus with time-relative identity” -- a central branch of mathematics, originally conceived in connection with the determination of the tangent or normal to a curve and of the area between it and some fixed axis; but it also embraced the calculation of volumes and of areas of curved surfaces, the lengths of curved lines, and so on. Mathematical analysis is a still broader branch that subsumed the calculus under its rubric see below, together with the theories of functions and of infinite series. Still more general and/or abstract versions of analysis have been developed during the twentieth century, with applications to other branches of mathematics, such as probability theory. The origins of the calculus go back to Grecian mathematics, usually in problems of determining the slope of a tangent to a curve and the area enclosed underneath it by some fixed axes or by a closed curve; sometimes related questions such as the length of an arc of a curve, or the area of a curved surface, were considered. The subject flourished in the seventeenth century when the analytical geometry of Descartes gave algebraic means to extend the procedures. It developed further when the problems of slope and area were seen to require the finding of new functions, and that the pertaining processes were seen to be inverse. Newton and Leibniz had these insights in the late seventeenth century, independently and in different forms. In the Leibnizian differential calculus the differential dx was proposed as an infinitesimal increment on x, and of the same dimension as x; the slope of the tangent to a curve with y as a function of x was the ratio dy/dx. The integral, ex, was infinitely large and of the dimension of x; thus for linear variables x and y the area ey dx was the sum of the areas of rectangles y high and dx wide. All these quantities were variable, and so could admit higher-order differentials and integrals ddx, eex, and so on. This theory was extended during the eighteenth century, especially by Euler, to functions of several independent variables, and with the creation of the calculus of variations. The chief motivation was to solve differential equations: they were motivated largely by problems in mechanics, which was then the single largest branch of mathematics. Newton’s less successful fluxional calculus used limits in its basic definitions, thereby changing dimensions for the defined terms. The fluxion was the rate of change of a variable quantity relative to “time”; conversely, that variable was the “fluent” of its fluxion. These quantities were also variable; fluxions and fluents of higher orders could be defined from them. A third tradition was developed during the late eighteenth century by J. L. Lagrange. For him the “derived functions” of a function fx were definable by purely algebraic means from its Taylorian power-series expansion about any value of x. By these means it was hoped to avoid the use of both infinitesimals and limits, which exhibited conceptual difficulties, the former due to their unclear ontology as values greater than zero but smaller than any orthodox quantity, the latter because of the naive theories of their deployment. In the early nineteenth century the Newtonian tradition died away, and Lagrange’s did not gain general conviction; however, the LeibnizEuler line kept some of its health, for its utility in physical applications. But all these theories gradually became eclipsed by the mathematical analysis of A. L. Cauchy. As with Newton’s calculus, the theory of limits was central, but they were handled in a much more sophisticated way. He replaced the usual practice of defining the integral as more or less automatically the inverse of the differential or fluxion or whatever by giving independent definitions of the derivative and the integral; thus for the first time the fundamental “theorem” of the calculus, stating their inverse relationship, became a genuine theorem, requiring sufficient conditions upon the function to ensure its truth. Indeed, Cauchy pioneered the routine specification of necessary and/or sufficient conditions for truth of theorems in analysis. His discipline also incorporated the theory of discontinuous functions and the convergence or divergence of infinite series. Again, general definitions were proffered and conditions sought for properties to hold. Cauchy’s discipline was refined and extended in the second half of the nineteenth century by K. Weierstrass and his followers at Berlin. The study of existence theorems as for irrational numbers, and also technical questions largely concerned with trigonometric series, led to the emergence of set topology. In addition, special attention was given to processes involving several variables changing in value together, and as a result the importance of quantifiers was recognized  for example, reversing their order from ‘there is a y such that for all x . . .’ to ‘for all x, there is a y . . .’. This developed later into general set theory, and then to mathematical logic: Cantor was the major figure in the first aspect, while G. Peano pioneered much for the second. Under this regime of “rigor,” infinitesimals such as dx became unacceptable as mathematical objects. However, they always kept an unofficial place because of their utility when applying the calculus, and since World War II theories have been put forward in which the established level of rigor and generality are preserved and even improved but in which infinitesimals are reinstated. The best-known of these theories, the non-standard analysis of A. Robinson, makes use of model theory by defining infinitesimals as arithmetical inverses of the transfinite integers generated by a “non-standard model” of Peano’s postulates for the natural numbers. Refs.: Luigi Speranza, “Hobbes’s calculatio and Grice’s calculability.”

 

campbell: n. r.H. P. Grice drew some ideas on scientific laws from Campbell --  British physicist and philosopher of science. A successful experimental physicist, Campbell with A. Wood discovered the radioactivity of potassium. His analysis of science depended on a sharp distinction between experimental laws and theories. Experimental laws are generalizations established by observations. A theory has the following structure. First, it requires a largely arbitrary hypothesis, which in itself is untestable. To render it testable, the theory requires a “dictionary” of propositions linking the hypothesis to scientific laws, which can be established experimentally. But theories are not merely logical relations between hypotheses and experimental laws; they also require concrete analogies or models. Indeed, the models suggest the nature of the propositions in the dictionary. The analogies are essential components of the theory, and, for Campbell, are nearly always mechanical. His theory of science greatly influenced Nagel’s The Structure of Science 1. 

 

campus -- field theory, a theory that proceeds by assigning values of physical quantities to the points of space, or of space-time, and then lays down laws relating these values. For example, a field theory might suppose a value for matter density, or a temperature for each space-time point, and then relate these values, usually in terms of differential equations. In these examples there is at least the tacit assumption of a physical substance that fills the relevant region of space-time. But no such assumption need be made. For instance, in Ficino, Marsilio field theory 309   309 Maxwell’s theory of the electromagnetic field, each point of space-time carries a value for an electric and a magnetic field, and these values are then governed by Maxwell’s equations. In general relativity, the geometry e.g., the curvature of space-time is itself treated as a field, with lawlike connections with the distribution of energy and matter. Formulation in terms of a field theory resolves the problem of action at a distance that so exercised Newton and his contemporaries. We often take causal connection to require spatial contiguity. That is, for one entity to act causally on another, the two entities need to be contiguous. But in Newton’s description gravitational attraction acts across spatial distances. Similarly, in electrostatics the mutual repulsion of electric charges is described as acting across spatial distances. In the times of both Newton and Maxwell numerous efforts to understand such action at a distance in terms of some space-filling mediating substance produced no viable theory. Field theories resolve the perplexity. By attributing values of physical quantities directly to the space-time points one can describe gravitation, electrical and magnetic forces, and other interactions without action at a distance or any intervening physical medium. One describes the values of physical quantities, attributed directly to the space-time points, as influencing only the values at immediately neighboring points. In this way the influences propagate through space-time, rather than act instantaneously across distances or through a medium. Of course there is a metaphysical price: on such a description the space-time points themselves take on the role of a kind of dematerialized ether. Indeed, some have argued that the pervasive role of field theory in contemporary physics and the need for space-time points for a field-theoretic description constitute a strong argument for the existence of the space-time points. This conclusion contradicts “relationalism,” which claims that there are only spatiotemporal relations, but no space-time points or regions thought of as particulars. Quantum field theory appears to take on a particularly abstract form of field theory, since it associates a quantum mechanical operator with each space-time point. However, since operators correspond to physical magnitudes rather than to values of such magnitudes, it is better to think of the field-theoretic aspect of quantum field theory in terms of the quantum mechanical amplitudes that it also associates with the space-time points. 

 

captainship. Strawson calls Grice his captain. In the inaugural lecture. . A struggle on what seems to be such a From Meaning and Truth (Oxford: Oxford University Press, 1970) TRUTH AND MEANING central issue in philosophy should have something of a Homeric quality; and a Homeric struggle calls for gods and heroes. I can at least, though tentatively, name some living captains and benevolent shades: on the one side, say, Grice, Austin, and the later Wittgenstein; on the other, Chomsky, Frege, and the earlier Wittgenstein.

 

cardinal -- H. P. Grice and The cardinal virtues, prudence prudential (in ratione) practical wisdom, courage (fortitude in irascibili), temperance (temperantia in concuspicibili), and justice (iustitia in voluntate). Grice thought them oxymoronic: “Virtue is entire, surely!” -- Medievals deemed them cardinal from Latin cardo, ‘hinge’ because of their important or pivotal role in human flourishing. In Plato’s Republic, Socrates explains them through a doctrine of the three parts of the soul, suggesting that a person is prudent when knowledge of how to live wisdom informs her reason, courageous when informed reason governs her capacity for wrath, temperate when it also governs her appetites, and just when each part performs its proper task with informed reason in control. Development of thought on the cardinal virtues was closely tied to the doctrine of the unity of the virtues, i.e., that a person possessing one virtue will have them all. 

 

carlyleianim:, T.: When Grice was feeling that his mode operators made for poor prose he would wonder, “what Carlyle might think of this!” -- Scottish-born essayist, historian, and social critic, one of the most popular writers and lecturers in nineteenth-century Britain. His works include literary criticism, history, and cultural criticism. With respect to philosophy, his views on the theory of history are his most significant contributions. According to Carlyle, great personages are the most important causal factor in history. On Heroes, Hero-Worship and the Heroic in History 1841 asserts, “Universal History, the history of what man has accomplished in this world, is at bottom the History of the Great Men who have worked here. They were the leaders of men, these great ones; the modellers, patterns, and in a wide sense creators, of whatsoever the general mass of men contrived to do or to attain; all things that we see standing accomplished in the world are properly the outer material result, the practical realisation and embodiment, of Thoughts that dwelt in the Great Men sent into the world: the soul of the whole world’s history, it may justly be considered, were the history of these.” Carlyle’s doctrine has been challenged from many different directions. Hegelian and Marxist philosophers maintain that the so-called great men of history are not really the engine of history, but merely reflections of deeper forces, such as economic ones, while contemporary historians emphasize the priority of “history from below”  the social history of everyday people  as far more representative of the historical process.

 

Grice, in “Gli atti linguistici: aspetti e problemi di filosofia del lignuaggio.” Campi del sapere/Feltrinelli.  

 

levi: filosofo italiano - Italian philosopher of Jewish descent. Author of “Storia della filosofia romana.”

 

giornale critico della filosofia italiana.

 

giovannid. “Positivismo italiano.”

 

cassiodoro: noble Italian philosopher. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Cassiodoro," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia

 

casalegno, paolo. Italian philosopherauthor of “H. P. Grice” in “Filosofia del linguaggio.”

 

categoria -- categorical theory kategoria "accusation, prediction, category," verbal noun from kategorein "to speak against; to accuse, assert, predicate," from kata "down to" (or perhaps "against;" see cata-) + agoreuein "to harangue, to declaim (in the assembly)," from agora "public assembly" (from PIE root *ger- "to gather"). H. P. Grice lectured at Oxford on Aristotle’s Categories in joint seminars with J. L. Austin and P. F. Strawson,  a theory all of whose models are isomorphic. Because of its weak expressive power, in first-order logic with identity only theories with a finite model can be categorical; without identity no theories are categorical. A more interesting property, therefore, is being categorical in power: a theory is categorical in power a when the theory has, up to isomorphism, only one model with a domain of cardinality a. Categoricity in power shows the capacity to characterize a structure completely, only limited by cardinality. For example, the first-order theory of dense order without endpoints is categorical in power w the cardinality of the natural numbers. The first-order theory of simple discrete orderings with initial element, the ordering of the natural numbers, is not categorical in power w. There are countable discrete orders, not isomorphic to the natural numbers, that are elementary equivalent to it, i.e., have the same elementary, first-order theory. In first-order logic categorical theories are complete. This is not necessarily true for extensions of first-order logic for which no completeness theorem holds. In such a logic a set of axioms may be categorical without providing an informative characterization of the theory of its unique model. The term ‘elementary equivalence’ was introduced around 6 by Tarski for the property of being indistinguishable by elementary means. According to Oswald Veblen, who first used the term ‘categorical’ in 4, in a discussion of the foundations of geometry, that term was suggested to him by the  pragmatist John Dewey.  categoricity: Grice distinguishes a meta-category, as categoricity, from category itself. He gave seminars on Aristotle’s categories at Oxford in joint seminars with J. L. Austin and P. F. Strawson. the semantic property belonging to a set of sentences, a “postulate set,” that implicitly defines completely describes, or characterizes up to isomorphism the structure of its intended interpretation or standard model. The best-known categorical set of sentences is the postulate set for number theory attributed to Peano, which completely characterizes the structure of an arithmetic progression. This structure is exemplified by the system of natural numbers with zero as distinguished element and successor addition of one as distinguished function. Other exemplifications of this structure are obtained by taking as distinguished element an arbitrary integer, taking as distinguished function the process of adding an arbitrary positive or negative integer and taking as universe of discourse or domain the result of repeated application of the distinguished function to the distinguished element. See, e.g., Russell’s Introduction to the Mathematical Philosophy, 8. More precisely, a postulate set is defined to be categorical if every two of its models satisfying interpretations or realizations are isomorphic to each other, where, of course, two interpretations are isomorphic if between their respective universes of discourse there exists a one-to-one correspondence by which the distinguished elements, functions, relations, etc., of the one are mapped exactly onto those of the other. The importance of the analytic geometry of Descartes involves the fact that the system of points of a geometrical line with the “left-of relation” distinguished is isomorphic to the system of real numbers with the “less-than” relation distinguished. Categoricity, the ideal limit of success for the axiomatic method considered as a method for characterizing subject matter rather than for reorganizing a science, is known to be impossible with respect to certain subject matters using certain formal languages. The concept of categoricity can be traced back at least as far as Dedekind; the word is due to Dewey.   category: H. P. Grice and J. L. Austin, “Categories.” H. P. Grice and P. F. Strawson, “Categories.” an ultimate class. Categories are the highest genera of entities in the world. They may contain species but are not themselves species of any higher genera. Aristotle, the first philosopher to discuss categories systematically, listed ten, including substance, quality, quantity, relation, place, and time. If a set of categories is complete, then each entity in the world will belong to a category and no entity will belong to more than one category. A prominent example of a set of categories is Descartes’s dualistic classification of mind and matter. This example brings out clearly another feature of categories: an attribute that can belong to entities in one category cannot be an attribute of entities in any other category. Thus, entities in the category of matter have extension and color while no entity in the category of mind can have extension or color.   category mistake. Grice’s example: You’re the cream in my coffee. Usually a metaphor is a conversational implicaturum due to a category mistakeBut since obviously the mistake is intentional it is not really a mistake! Grice prefers to speak of ‘categorial falsity.’ What Ryle has in mind is different and he does mean ‘mistake.’ the placing of an entity in the wrong category. In one of Ryle’s examples, to place the activity of exhibiting team spirit in the same class with the activities of pitching, batting, and catching is to make a category mistake; exhibiting team spirit is not a special function like pitching or batting but instead a way those special functions are performed. A second use of ‘category mistake’ is to refer to the attribution to an entity of a property which that entity cannot have not merely does not happen to have, as in ‘This memory is violet’ or, to use an example from Carnap, ‘Caesar is a prime number’. These two kinds of category mistake may seem different, but both involve misunderstandings of the natures of the things being talked about. It is thought that they go beyond simple error or ordinary mistakes, as when one attributes a property to a thing which that thing could have but does not have, since category mistakes involve attributions of properties e.g., being a special function to things e.g., team spirit that those things cannot have. According to Ryle, the test for category differences depends on whether replacement of one expression for another in the same sentence results in a type of unintelligibility that he calls “absurdity.”  category theory, H. P. Grice lectured on Aristotle’s categories in joint seminars at Oxford with J. L. Austin and P. F. Strawson, a mathematical theory that studies the universal properties of structures via their relationships with one another. A category C consists of two collections Obc and Morc , the objects and the morphisms of C, satisfying the following conditions: i for each pair a, b of objects there is associated a collection Morc a, b of morphisms such that each member of Morc belongs to one of these collections; ii for each object a of Obc , there is a morphism ida , called the identity on a; iii a composition law associating with each morphism f: a P b and each morphism g: b P c a morphism gf:a P c, called the composite of f and g; iv for morphisms f: a P b, g: b P c, and h: c P d, the equation hgf % hgf holds; v for any morphism f: a P b, we have idbf % f and fida % f. Sets with specific structures together with a collection of mappings preserving these structures are categories. Examples: 1 sets with functions between them; 2 groups with group homomorphisms; 3 topological spaces with continuous functions; 4 sets with surjections instead of arbitrary maps constitute a different category. But a category need not be composed of sets and set-theoretical maps. Examples: 5 a collection of propositions linked by the relation of logical entailment is a category and so is any preordered set; 6 a monoid taken as the unique object and its elements as the morphisms is a category. The properties of an object of a category are determined by the morphisms that are coming out of and going in this object. Objects with a universal property occupy a key position. Thus, a terminal object a is characterized by the following universal property: for any object b there is a unique morphism from b to a. A singleton set is a terminal object in the category of sets. The Cartesian product of sets, the product of groups, and the conjunction of propositions are all terminal objects in appropriate categories. Thus category theory unifies concepts and sheds a new light on the notion of universality. 

 

cattaneo: essential Italian philosopher. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Cattaneo," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

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